The Young Avengers - Origins

di MaryElizabethVictoria
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Andrà tutto bene ***
Capitolo 2: *** Nuova arrivata ***
Capitolo 3: *** Sentinelle ***
Capitolo 4: *** Campeggio ***
Capitolo 5: *** WandaVision ***
Capitolo 6: *** Divided we fall ***
Capitolo 7: *** RedDoor ***
Capitolo 8: *** Fuga disperata ***
Capitolo 9: *** Ritorno a casa ***
Capitolo 10: *** Consiglio di guerra ***
Capitolo 11: *** L'ora più buia ***
Capitolo 12: *** La fine di tutto ***
Capitolo 13: *** Risveglio ***



Capitolo 1
*** Andrà tutto bene ***


Elizabeth Smith non si era mai considerata speciale.

 

Era cresciuta in una cittadina molto piccola nelle vicinanze di Tulsa, Oklahoma. I suoi genitori, Perry e Samantha Smith, si occupavano entrambi di biocoltivazione. Possedevano ormai da generazioni una piccola fattoria, un tempo molto prospera, ma che ultimamente aveva attraversato momenti difficili in particolare modo dopo che il bleep aveva cancellato quasi completamente la loro comunità. Ma se in quel periodo da un lato c'erano difficoltà economiche dall'altro avevano ricevuto la loro più grande gioia, la figlia che avevano tanto atteso dopo anni di tentativi.


Elizabeth, chiamata da tutti Ellie, era una bambina buona e tranquilla. Amava  gli animali e giocare all'aperto, un po' meno fare i compiti, ma tutto sommato a scuola se la cavava. Aveva trascorso un'infanzia tranquilla, solo marginalmente toccata dagli eventi mondiali di quegli anni. I conflitti armati, i mostri, le invasioni aliene erano notizie che si vedevano solo al telegiornale della sera, intermezzate dalla pubblicità. Non rappresentavano una vera minaccia per la loro quotidianità in quanto, tutti lo sapevano, presto o tardi se ne sarebbero occupati lo Shield e gli Avengers. Li avrebbero sempre protetti sconfiggendo il pericolo di turno, questa era la convinzione comune che permetteva ai normali cittadini di dormire sonni tranquilli.


Ellie naturalmente sapeva tutto sugli Avengers. Come ogni bambino della sua generazione aveva collezionato le loro figurine, risparmiando fino all'ultimo centesimo della sua paghetta per completare l'album. Era cresciuta con i racconti delle gesta di Captain America, Thor, Hulk, Hawkeye e BlackWidow e del sacrificio di Ironman per salvare la Terra e l'universo tutto. I suoi genitori le avevano trasmesso questo senso di cieca fiducia nei loro eroi e ogni volta che la televisione riportava qualche notizia drammatica, cosa che avveniva sempre più spesso.

 

Si limitavano a liquidarla con la frase 'alla fine tutto andrà bene' che era diventato un po' il motto di famiglia.

 

Fino al giorno in cui tutto era andato dannatamente male.

 

Ellie non ricordava molto di quegli eventi. Ricordava di essersi alzata di malavoglia perché avrebbe avuto una verifica di algebra la prima ora e non si sentiva pronta, ricordava suo padre che in cucina stava leggendo il giornale e si lamentava del tempo, ricordava il sorriso di sua madre che in piedi al bancone della cucina le stava preparando un toast, ricordava che il loro cane Scully si era messo ad abbaiare all'improvviso. Poi un calore improvviso e intenso che le formicolava sulla pelle, la stanza che si riempiva di luce.

 

Ellie si era risvegliata in quello che sembrava un ospedale.

 

Era confusa, spaventata, non capiva dov'era, né cosa ci facessero tanti tubi attaccati al suo braccio e soprattutto che cosa le fosse successo. Le infermiere e i medici presenti tergiversavano. Nessuno voleva dirle cosa ne fosse stato della sua famiglia. Perché non erano lì con lei? Qualcuno li aveva avvertiti? Per tutta risposta quelli la imbottirono di tranquillanti per tre giorni, giorni in cui Ellie alternava crisi di pianto a sogni stranissimi. Sognava la sua casa e i suoi amici, ma sapeva,  dentro di sé, che quella vita ormai era finita per sempre. Sognava dei mostri spaventosi che la avvolgevano tra i loro tentacoli e che volevano il suo sangue. La legarono al letto, per la sua sicurezza dicevano, finché smise anche di sognare. Solo a quel punto il personale medico la avvisò freddamente che sarebbe stata dimessa.

 

A quel punto Ellie si era aspettata di tornare a casa. Invece, senza voler sentir ragioni o dare spiegazioni, la misero un po' a forza su un elicottero militare, scortata da quattro agenti armati, proprio come se si fosse trattato di un criminale. Ellie era ancora debolissima e comunque non avrebbe avuto modo di opporre resistenza. Notò solamente che sulle divise degli agenti c'era un simbolo che conosceva bene, che aveva imparato come tutti a riconoscere come il marchio dei buoni per eccellenza, lo stemma dello Shield.

 

Se quelle persone erano dello Shield non potevano avere cattive intenzioni, no?

Ellie per quella volta scelse di fidarsi. O meglio si fidò perché non aveva scelta.

 

-Nervosa, ragazzina?- le domandò il più giovane tra gli agenti che l'aveva in custodia. Non poteva avere molti più anni di lei, si disse Ellie, anche se il completo formale lo faceva sembrare più grande.

 

-Cristo, non ha un bell'aspetto, questo è certo- commentò il suo collega, un uomo alto e massiccio che aveva più l'aspetto di un veterano- Ehi, non è che per caso sei una di quelle con la paura di volare. Non mi vomiterai qui voglio sperare?

 

Ellie li guardò un po' stralunata.


Ci mise qualche istante per rendersi conto che parlavano proprio con lei. Era da tanto tempo che nessuno si rivolgeva a lei direttamente, men che meno per domandarle come stesse.

 

-Sto bene. Credo- riuscì a mugugnare.

 

-Bene. Meglio così. Tutto ok allora.

 

-Dove mi state portando?

 

-Non preoccuparti ragazzina. Cristo, rilassati, mi sembri un gattino spaventato...

 

-Non vogliamo farti niente di male Elizabeth. Anzi, ti stiamo portando in un bel posto. Un posto dove si prenderanno cura di te.

 

-Mic,  Donnie, smettetela- intervenne la donna che guidava l'elicottero- il nostro compito è solo di prelevare il soggetto. Non sta a noi darle informazioni.

 

Il resto del viaggio infatti avvenne senza che rivolgessero più la parola al 'Soggetto'.


Ellie non ci capiva veramente niente. Diverse ore dopo, almeno così le sembrò dal momento che non aveva con sé il suo orologio e indossava solo le ciabatte e una tuta grigia informe che le avevano dato in ospedale, cominciò a sentire davvero le vertigini. Un senso profondo di nausea la fece tremare in tutto il corpo.

 

'Alla fine tutto andrà bene' provò a ripetersi cercando di rivivere nella sua testa l'esatta pronuncia di quelle parole che sua madre le diceva sempre ' Alla fine tutto andrà bene'.

 

-Scusate. Non mi sento bene. Penso che ...io penso di stare per vomitare.

 

-Ecco. Lo avevo detto io: è una di quelle- commentò Donnie, soddisfatto di averci visto giusto.

 

-Stai tranquilla Elizabeth, è normale- le disse Mic- entrare nello spazio aereo della Barriera fa questo effetto a tutti la prima volta. Prova a rilassarti e a fare respiri profondi. Ecco, brava.

 

-Che cos'è la Barriera?- domandò Ellie, mentre cercava disperatamente di mantenersi lucida e non soccombere alla nausea.

 

-Michael! Donnie! Ultimo avvertimento- intervenne nuovamente il pilota- piantatela di fare i cretini.

 

-Piantala tu Carmen! Si può sapere da quando sei tu il capo?

 

-Intanto sono l'agente più anziano in servizio.

 

-Nonché la più rompipalle.

 

-Piantatela tutti e due, non vedete che la ragazzina non sta bene? - Ellie  per quanto stava amale non riuscì nemmeno a protestare per essere stata chiamata ragazzina da quell'agente che avevano chiamato Michael  e che avrebbe potuto benissimo avere la sua età, lui la stava reggendo per le spalle scosse dai brividi- Ehi Elizabeth. Continua a respirare con me. Sei bravissima. Siamo quasi passati...Appena entriamo nell'ala smistamento della Base dovresti sentire meno la pressione.

 

-Michael Coulson, ora stai davvero esagerando! Vuoi anche darle una brochure informativa?

 

Ellie non scoprì mai cosa avesse risposto Michael perché purtroppo in quel momento cedette e perse di nuovo i sensi. Forse era stato meglio così. Forse al suo risveglio si sarebbe resa conto che era stato tutto un sogno insensato e che i suoi genitori la stavano aspettando di sotto per fare colazione.


Avrebbe tanto voluto che il letto in cui si svegliò poco dopo fosse stato il suo, invece si ritrovò nell'ennesima stanza bianca e anonima. Ma questa volta non era da sola. China su di lei, una ragazza mora dai folti capelli ricci la fissava al di sopra di un paio di lenti con curiosità clinica.

Indossava jeans  strappati e un maglione a fantasia fluo sotto a un camice bianco che sembrava troppo grande per lei.

 

-Elizabeth Smith- la apostrofò leggendo dalla sua cartella clinica ai piedi del letto - Mi sembri a posto. Un semplice svenimento, no? Capita la prima volta che si passa la Barriera. Che esagerati, devono smetterla di portarmi in Infermeria gente che a tutti gli effetti sta bene. Ho bisogno di un paio di terminali, così non faranno troppe domande, dico bene? Se no su chi li faccio i miei esperimenti? - aggiunse giocherellando con un paio di fialette dall'aspetto molto poco rassicurante sul ripiano- La scienza deve progredire per tentativi, non trovi Elizabeth?

 

-Ellie- la corresse quasi in automatico- mi chiamano tutti Ellie.

 

-Piacere mio Ellie. Io sono Morgan- si presentò tendendole la mano entusiasta- Allora, cerchiamo di capire che cosa abbiamo qui. Aliena? Mutante? Sintezoide? Ti hanno potenziata? No, mi sembri una troppo in gamba per essere una di quelli- proseguì la ragazza continuando a sfogliare come se nulla fosse la sua cartella clinica- Gli esami mi sembrano tutti a posto. Tutto assolutamente nella norma. A parte gli enzimi, quei piccoli bastardi...

 

Dopo di che iniziò un lungo monologo sugli enzimi che Ellie proprio non riuscì a seguire.

 

-Scusami... tu sei una dottoressa?- le chiese la ragazza, sempre più confusa.

 

Morgan scoppiò a ridere.

 

-Nah... il camice era solo per scherzo. Ma per te, occhi dolci, potrei fare un'eccezione- aggiunse facendole l'occhiolino in una maniera che Elizabeth era troppo ingenua per capire- Non so se lo hai notato, ma ci si annoia parecchio da queste parti. Dovremmo pur inventarci qualcosa... Ad ogni modo, sul serio, come mai ti hanno internata qui insieme agli altri svitati? Cosa hai combinato? Hai dato fuoco al gatto? Strage di civili? Non capita tutti i giorni di essere messe in una base super segreta che in teoria non dovrebbe neanche esistere.

 

-Mi dispiace, io proprio non ti seguo. Non ho fatto proprio niente e non sono nessuna delle cose che hai detto...Sono solo Ellie.

 

-Ok. Se lo dici tu...- Morgan non riuscì a nascondere la sua delusione o per lo meno non se ne preoccupò neanche per un istante. In compenso dopo pochi minuti aveva ripreso a chiacchierare amabilmente del più e del meno, buttandosi a peso morto sulla branda a fianco di quella di Ellie.

 

Ellie dal canto suo non sapeva cosa pensare. Sembrava assurdo, ma la presenza di quella strana ragazza che le parlava spigliatamente come ad un'amica che conosceva da sempre riuscì per la prima volta in quei giorni terribili a darle un po' di serenità e di coraggio. Riuscì perfino a sorriderle, nonostante fosse ancora debole e dolorante.

 

All'improvviso la porta dell'Infermeria si aprì e Morgan smise di parlare, il corpo lievemente irrigidito nonostante cercasse di non farlo notare troppo alla sua compagna. Ma Ellie si era comunque accorta che qualcosa non andava. L'atmosfera  prima distesa stava cambiando rapidamente.

 

-Buongiorno Splendore!- annunciò con voce squillante una donna vestita di una sorta di uniforme  completamente viola- Signorina Smith, benvenuta tra noi! Vedo che hai già avuto modo di conoscere la signorina Stark, molto bene! Io sono Agatha Harkness, molto piacere.

Riservò alle due ragazze un sorriso smagliante che né Ellie né Morgan ricambiarono.

 

-Non preoccuparti, tesoro dolce, ti troverai bene qui con noi. Alla fine tutto andrà bene- disse lentamente Agatha senza smettere di sorriderle.

 

Ellie pur senza riuscire a spiegarselo avrebbe potuto giurare che la donna aveva ripetuto di proposito le esatte parole di sua madre.

 

 

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Capitolo 2
*** Nuova arrivata ***


-Io devo andarmene da qui - disse Ellie semplicemente, facendo leva sulle braccia per alzarsi dal letto.

 

-Naturalmente- il sorriso stampato sul viso di Agatha Harkness sembrava potersi espandere a dismisura sulla sua faccia dai lineamenti contratti- Devi andare al più presto in classe a conoscere tutti i tuoi nuovi amici!

 

I minuti successivi trascorsero in un dialogo surreale tra una Ellie sempre più sconvolta e agitata che non faceva altro che chiedere spiegazioni mentre la donna in viola , che  parlava e si atteggiava come una casalinga impicciona degli anni cinquanta, eludeva tutte le sue domande con una serie di insopportabili smancerie.

-Senta, grazie di tutto - ripetè a voce alta-  Grazie davvero. Ma è veramente troppo... io devo andare a casa adesso. Non avete alcun diritto di trattenermi!

 

-Oh, nessuno è trattenuto qui contro la sua volontà, sciocchina- disse Agatha pizzicando dolorosamente la guancia di Ellie nella parodia di un gesto affettuoso.

 

-Vuole dire che posso andarmene quando voglio?

 

-Questa 'sfortunatamente' non è una possibilità per il momento. Ma, ehi, ecco una notizia strepitosa: questo vuol dire che resterai con noi ancora per un po' e ci darai l'opportunità di conoscere meglio quanto sei fantastica- esclamò la donna, visibilmente su di giri all'idea , avvicinandosi ulteriormente, più di quanto mettesse Ellie  a suo agio.

 

La ragazza si ritrasse istintivamente sul lettino come per sottrarsi a qualsiasi cosa volesse farle, ma a quella anche a distanza bastò muovere leggermente le dita generando un lieve fumo violaceo perchè, come per magia, un sottile braccialetto metallico si materializzasse al polso di Ellie. Solo in quel momento si rese conto che Anche Morgan ne portava uno identico al polso sinistro e, come lei, non ne sembrava per niente entusiasta.

 

-Ecco fatto mia cara. Questo è per la tua protezione, non farci caso. Ancora non posso credere a quanto tu sia fortunata a poter frequentare un istituto tanto prestigioso. Vedi qui siamo tutti molto uniti come una vera famiglia.

 

-No, non capisce... prima intendevo proprio che devo andarmene da dall'istituto fece un ultimo d'operato tentativo di protestare, ignorando tutti i segnali che Morgan tentava di farle per implorarla di stare zitta- Sicuramente si tratta di un  malinteso. Io ce l'ho già una classe e degli amici da cui tornare. E soprattutto ho la mia di famiglia che mi starà aspettando! La prego, i miei saranno preoccupati.

 

-Oh, io non ne sarei così sicura, tesorino- commentò la donna, questa volta lasciando trapelare un accenno malevolo nella sua voce zuccherosa.

A questo punto Morgan le prese la mano stringendola fortissimo ma Ellie era troppo sconvolta per cogliere i suoi suggerimenti. Soprattutto se era la sua unica occasione di scoprire cosa sapevano della sua famiglia e perché nessuno parlava chiaro in quel maledetto posto.

 

-Se permetti un consiglio carina, a nessuno piacciono i ragazzini troppo ostinati. Io personalmente sono sempre stata  più che tollerante, vedi sono stata giovane anch'io ...qualche secolo fa... ma bisogna comprendere che ci sono delle regole- per rinforzare questo concetto prese il braccio di Ellie e lo strinse in una morsa d'acciaio che le fece scappare un gemito- E non rispettare queste regole può portare a delle conseguenze diciamo 'spiacevoli' come la signorina Stark qui presente ti può confermare.

 

-Naturalmente signora Harkness- intervenne Morgan prontamente-  Ellie è entusiasta di essere qui. Adesso può lasciarle il braccio così possiamo andare in classe? Per favore.

 

A quelle parole come se avessero premuto un interruttore la donna scattò come una molla,  ritornando in modalità casalinga e liberando una povera Ellie dalla sua presa micidiale.

 

-Oh, certamente mie care. Andate pure- aggiunse con un gesto della mano.

 

Le ragazze non se lo fecero ripetere.

 

'Grazie' mimò Ellie con la bocca nella direzione di Morgan, che le fece solo segno di tacere e seguirla. Non appena furono fuori dalla stanza la prese per mano e si misero a correre lungo quello che sembrava un corridoio infinito.

 

Tutto ciò era troppo assurdo. Le sembrava di essere precipitata come Alice in un mondo sottosopra, dove nulla aveva senso. Le pareti bianche, le piastrelle regolari , gli ampi soffitti che le circondavano erano quanto di più banale ci si potesse aspettare da un qualunque edificio, ma qualcosa dentro di lei le stava urlando che era tutto orrendamente sbagliato.

 

-Cosa diamine pensavi di fare lì dentro? Ti avrebbe spezzato il braccio se avessi continuato- le disse Morgan, ma non aveva un tono preoccupato, anzi era come se stesse parlando della cosa più naturale del mondo- Aspetta, sei indistruttibile per caso? Sarebbe davvero forte...ti servirà, soprattutto perché la  prima ora è con Banner. Ci tiene alla puntualità e credimi non vuoi vederlo arrabbiato. Sempre dritta fino alla scala sulla destra, poi secondo piano, terza porta a sinistra. Laboratorio 6. Non occorre che mi ringrazi.

 

-Tu non vieni?- si affrettò a ribattere Ellie in un tono che, si rendeva conto, avrebbe potuto benissimo suonare piuttosto disperato.

 

-Oh no, le lezioni di quantistica sono opzionali per me. E poi ho l'agenda piena di impegni- aggiunse sventolandole orgogliosamente in faccia un flaconcino molto simile a quelli che aveva appena visto in infermeria e che probabilmente la ragazza aveva appena sottratto proprio da lì- Come dicevo poco fa ci si annoia parecchio qui. Ti chiederei di unirti alla festa, ma probabilmente tu dovresti andare, è meglio che ti sbrighi o li farai incazzare già il primo giorno.

 

-Grazie...credo- Ellie non ebbe nemmeno la prontezza di scandalizzarsi.

 

Per la verità una ragazza ingenua come lei non sapeva bene come avrebbe dovuto reagire alla notizia che la sua unica pseudoamica in quel posto assurdo non avesse problemi ad ammettere di fare uso di droga. Una circostanza che nella sua tranquilla scuola di provincia, dove non succedeva mai niente degno di nota, sarebbe stato additato come un campanello di allarme. Elizabeth Smith era sempre stata una ragazza tranquilla e assennata a detta dei suoi professori: nessun cattivo comportamento, nessuna punizione, mai una preoccupazione per i suoi amati genitori e soprattutto nessuna cattiva compagnia.

 

Aveva sempre fatto quello che le dicevano, certa che quei precetti fossero per il suo bene: non bere, non drogarti, non frequentare gente strana. Ma ormai quelle regole non valevano più, si disse Ellie, qualsiasi moralismo le avessero inculcato passava decisamente in secondo piano rispetto al fatto di essere di fatto tenuta prigioniera in un luogo sconosciuto.

-E se può esserti d'aiuto la megera non stava mentendo- aggiunse Morgan come se le leggesse nel pensiero- Per quanto ti sembri strano questo posto è dello Shield ed è tutto legale. Se sei qui è perchè i tuoi hanno firmato e diciamo  pure che ti hanno fottuta come il resto noi. Non ci possiamo fare niente se non ci vogliono tra i piedi mentre salvano il mondo oppure gestiscono le loro stupide aziende superquotate, non credi?

 

Era una cosa orribile da dire, pensò Ellie istintivamente.

 

E da come lo aveva detto era chiaro che la stessa Morgan per quanto facesse finta di niente lo reputasse una specie di tradimento. In più Ellie non riusciva proprio ad immaginarsi i suoi amorevoli genitori che firmavano delle carte col governo per spedirla in una specie di ...collegio? Riformatorio, forse? In realtà non aveva ancora nemmeno capito dove l'avessero confinata, ma ciò che era certo era che nessuna persona sana di mente sarebbe voluta rimanere lì in compagnia di soggetti instabili  e inquietanti come la Harkness.

 

Quindi si, Morgan Stark era una ragazza strana e forse una 'cattiva compagnia' come l'avrebbe definita sua madre, decise, ma era anche l'unica persona che si fosse sforzata almeno un pochino di farla sentire meno fuori luogo. Era stata gentile con lei anche se non era tenuta ed Ellie fino a quel momento non aveva motivo di non fidarsi delle sue parole. A tal proposito le aveva appena detto 'come il resto di noi' quindi non erano solo loro due ad essere incastrate lì.

 

Potevano essercene degli altri, riflettè.

 

Ovviamente se da qualche parte c'era una lezione da seguire doveva esserci una classe. Perfino un professore! Insomma, un adulto che se non si fosse rivelato un altro svitato come la Harkness forse avrebbe potuto aiutarla e perfino darle ulteriori spiegazioni. Doveva cercare di riflettere più lucidamente e fare di tutto per non mettersi nei guai il primo giorno.

 

Solo cercando di calmarsi a quel modo le venne in mente un altro dettaglio importantissimo che fino ad allora aveva trascurato.

 

Stark.
Come le Stark Industries.

Come Iron Man!

 

-Aspetta...prima quella donna ti ha chiamato Stark- esclamò realizzando improvvisamente qualcosa che avrebbe dovuto esserle ovvio fin dal primo istante, ma che a causa del forte stress non aveva avuto il tempo di processare- Cioè tu saresti...sul serio quella Morgan Stark?

 

-Unica e sola - le confermò lei sorridendo mentre si dirigeva nella direzione opposta e la salutava con la mano-  Ci vediamo in giro nuova arrivata! Continua pure a fare la misteriosa riguardo a qualsiasi cosa sai fare... ma prima o poi lo verremo a sapere. Non fare quella faccia, andrà bene, solo tu non fare niente che io farei e soprattutto cerca di stare alla larga dalle Sentinelle.

 

-Morgan aspetta... che cosa sarebbe una Sentinella? - urlò Ellie, ma ormai Morgan era troppo lontana per sentirla.

 

Ellie si ritrovò ancora più confusa di prima a seguire le poche frettolose indicazioni di Morgan. Corse nella direzione indicata, osservando attorno a sé quanto tutti gli svincoli sembrassero uguali come in un dannato labirinto. Per puro miracolo riuscì a non perdersi e ad individuare il laboratorio 6. A prima vista era un normalissimo laboratorio di scienze, con una lavagna elettronica che occupava gran parte della parete dal lato della cattedra e una decina di file di bancali disposti a coppie, per il momento pieni solo a metà di ragazzi e ragazze che a prima vista sembravano avere a tutti la sua età.

 

Visto che altri stavano arrivando in quel momento Ellie ne dedusse che non era in ritardo come temeva. Ottimo, si disse, un po' perché la brava studentessa che era in lei non voleva fare la figura della ritardataria il suo primo giorno, un po' perchè vista l'accoglienza non proprio rassicurante della Harkness, che l'aveva subito ammonita sulle 'conseguenze spiacevoli' del violare le regole, temeva ripercussioni in caso contrario.

 

Infine, come tutti sanno, la regola d'oro di ogni scuola era tenere un profilo basso il primo giorno. Ellie non ebbe il tempo di finire quel pensiero che, nella fretta di andarsi a sedere  in fondo, inciampò in qualcosa andando a sbattere contro una parete rocciosa. Che cosa ci faceva un parte rocciosa in un laboratorio?

 

-Ehi, sta un po' attenta!

 

Una parete rocciosa che a quanto pare parlava, con una voce profonda e rabbiosa, riformulò incredula nella sua testa, alzando lo sguardo su quel colosso fatto di tanti sassi agglomerati in una forma vagamente umanoide. Ellie nel goffo tentativo di indietreggiare riuscì a fare di peggio, andando a scontrarsi con un secondo individuo, questa volta dal muso ferino allungato e ricoperto di pelo blu che emise subito un basso ringhio infastidito nella sua direzione.

 

-Tu... tu sei fatto di pietra ... e tu ... tu sei blu!- balbettò la ragazza,  troppo stupita per riflettere.

 

- Molto razzista da parte tua farlo notare- osservò caustico il ragazzo lupo.

 

-Scusa, ce l'hai con me per caso?- le sbraitò contro il ragazzo roccia, che per sua sfortuna era particolarmente suscettibile sul suo aspetto fisico.

 

-No, no mi dispiace- Ellie era ancora di più nel pallone- E' solo che non me lo aspettavo...voglio dire che sono nuova qui e tu non sei esattamente... normale?! Mi hai solo spaventata ... cioè non che tu sia spaventoso o roba simile...non volevo assolutamente dire questo.

 

-Secondo me ce l'ha con te-  suggerì malignamente il ragazzo lupo e prima che Ellie potesse negare proseguì- In breve, amico, ti ha detto che non sei normale e che non le fai paura perché vuole fare a botte. Già, probabilmente la novellina pensa di essere l'unica ad avere dei poteri speciali qui. Inoltre, come dicevo poco fa, visto che è chiaramente una razzista del cazzo non mi farei troppi scrupoli a darle un lezione .

 

Ad ogni parola del ragazzo lupo il colosso di pietra sembrava farsi sempre più grosso e furioso. Ellie era letteralmente terrorizzata e, non sapendo proprio cosa fare per evitare di essere ridotta in poltiglia, chiuse gli occhi e si rassegnò al suo destino : sarebbe morta per uno stupido equivoco schiacciata da un ragazzo mutante con evidenti problemi di autostima.

 

E tanti saluti al mantenere un profilo basso.

 

-C'è qualche problema?

 

Ellie riaprì gli occhi solo quando si rese conto che non era ancora morta e che qualcuno era intervenuto per un soffio a sventare la catastrofe.

 

A rivolgersi direttamente a quei due con tono perentorio era stata una bionda dai lineamenti perfetti e fisico statuario, grandi occhi celesti e con i capelli raccolti in una semplice coda alta che la slanciava ancora di più. Ellie non potè fare a meno di fissarla bocca aperta e con lo sguardo imbambolato, facendo certamente una terribile prima impressione. Non l'aveva mai incontrata prima, ma naturalmente sapeva tutto di lei. D'altro canto chi non conosceva Sarah Rogers, che era praticamente la figlia d'America?!

 

-Ma no Rogers, si scherzava- minimizzò il ragazzo lupo con un latrato nervoso, trattenendo anche l'altro che ancora schiumava di rabbia.

 

Sarah però non mutò espressione.

 

-Sta per iniziare la lezione- disse lentamente- spero per voi che non ci saranno altri scherzi idioti.

 

-Certo Sarah. Ma era uno scherzo davvero...siamo tutti amici qui- risposero i due ragazzi, non mancando nella ritirata di lanciare ad Ellie sguardi torvi ma rassegnati. Il colosso di roccia nello spostarsi rumorosamente dall'altro lato dell'aula mugugnò nella sua direzione qualcosa di simile a 'Sei morta' in una maniera per niente amichevole. Ma in quel momento Ellie era ancora troppo impegnata a squadrare Sarah da capo a piedi. Non poteva crederci: vista dal vivo sembrava ancora più fantastica che in televisione!

In un passato non troppo lontano assieme alle sue amiche non si erano perse una sola conferenza stampa in cui fosse presente la famiglia di Captain America al completo. Principalmente perchè sarebbe stato poco patriottico, come  insegnavano a scuola, ma soprattutto perchè sullo sfondo avrebbero sicuramente intravisto il sorriso magnetico di Philip, il fratello maggiore di un anno di Sarah, che faceva venire a tutte loro le ginocchia molli in una maniera indecorosa più o meno dalla pubertà.

 

Comunque mai nella vita Elizabeth Smith si sarebbe immaginata che la figlia dell'eroe nazionale Capitan America e di Daisy Johnson, attuale capo dello Shield, l'avrebbe salvata da morte certa.

 

-Non so come ringraziarti, io sono...- ma non riuscì a finire di presentarsi perchè Sarah ignorando del tutto il suo ringraziamento l'aveva già già oltrepassata per andare a sedersi nei primi banchi accanto ad una ragazza pallida e con una lunga treccia corvina.

 

Ellie stava valutando se fosse una buona idea seguirla, da un lato moriva di curiosità ma dall'altro non voleva essere troppo invadente, se non che proprio in quel momento il professor Banner, un bell'uomo dai capelli pesantemente brizzolati, entrò in aula e senza neanche darle il tempo di andarsi a presentare e chiedere ulteriori spiegazioni iniziò la sua lezione. Ellie decise che sarebbe stato meglio, per ora,  imitare gli altri e si mise in fretta seduta al primo posto che trovò libero, dove per fortuna erano già stati predisposti carta e penna a disposizione degli studenti.

Si accinse a seguire la lezione esattamente come loro cercando di farsi forza e riuscendo perfino  a trovare una punta di ottimismo. Giusto qualche mese prima lei e la sua amica avevano seguito un corso extra di preparazione per il college, per cui era abbastanza fiduciosa.

 

Purtroppo, fu subito chiaro dai primi minuti che sia lezione di Banner era di un livello ben superiore al college stesso.

 

In meno di dieci minuti la lavagna era già piena di formule di campi quantici che Ellie non riuscì quasi a copiare. In più si rese conto con sommo sconforto che l'argomento per la classe doveva risultare abbastanza semplice, visto il brusio di fondo che si era creato. Per lei invece era come se stessero parlando in una lingua straniera che non conosceva. Seguirono circa tre ore desolanti, senza alcuna pausa in mezzo, che la ragazza trascorse scarabocchiando disegnini ai lati del foglio e riflettendo sulla sua precaria condizione. Ellie capì che la lezione era finita solo quando il professore di punto in bianco posò la penna e uscì dalla classe senza aggiungere una parola.

 

I suoi studenti non furono da meno, decidendo di ignorare completamente l'abbandono del proprio insegnante.

 

Al professore succedette una donna più giovane che aveva abiti molto colorati e un'acconciatura costituita di complesse treccine. Come il suo predecessore si lanciò da subito in una appassionata spiegazione su come una volta avesse ricostruito il braccio di un uomo in vibranio, tramite una tecnica allora ritenuta sperimentale, ma che aveva ottenuto in seguito diversi riconoscimenti dalla comunità scientifica. Anche questa volta gli studenti in generale non si mostrarono entusiasti, né salutarono la professoressa quando ebbe finito di parlare, cosa che sembrò in un certo senso ferirla. Ma alla fine anche lei abbandonò la cattedra in silenzio.

 

Era una situazione ben strana, come se tra insegnanti e studenti esistesse un muro e i rispettivi schieramenti si fossero impegnati ad interagire il meno possibile.

 

Nessuno è qui contro la sua volontà un corno, pensò Ellie, cominciando a sentirsi parte del gruppo almeno in quello. Non aveva mancato di notare che tutti i suoi compagni indossavano il medesimo braccialetto e non sembravano particolarmente entusiasti di trovarsi lì.

 

Tuttavia ora il suo problema principale tornò ad essere la questione in sospeso con il ragazzo roccia, che a giudicare dallo sguardo truce non aveva scordato il loro precedente malinteso. Le lezioni mattutine erano terminate e tutti stavano abbandonando l'aula a piccoli gruppi. L'uscita era esattamente accanto al banco del colosso, perciò non aveva possibilità di aggirarlo e questa volta Sarah Rogers non era più nei paraggi, essendo uscita per prima insieme alla ragazza con la treccia corvina.

 

Inoltre Ellie, dopo averci riflettuto per un paio d'ore, non era sicura che sarebbe intervenuta una seconda volta in suo favore. Anzi a dirla tutta aveva percepito di non starle particolarmente simpatica.

 

Nel corso delle lezioni, che tanto non riusciva a seguire, Ellie aveva più volte allungato il collo per osservarla e constatare che non aveva mai perso quell'espressione stoica. Se non un paio di volte quando la sua compagna di banco le aveva sussurrato qualcosa di particolarmente divertente all'orecchio. Era stato allora, la prima volta che Sarah aveva accennato un sorriso, che Ellie si era resa conto di cosa non le tornava.

 

In tutte le fotografie rese pubbliche  e alle conferenze governative Sarah sorrideva sempre, mentre in quel contesto non lo aveva mai fatto. Ellie erratamente assorta in quella considerazione che, disgraziatamente, finì per scontrarsi con un altro ragazzo. Anche lui altissimo, biondo e ben piazzato.

 

-Ti prego, è stato un incidente, non cercare di uccidermi anche tu!- esclamò di getto.

 

-Tranquilla, probabilmente è stata colpa mia- le rispose lui, un pochino stupito dato che a differenza di quegli altri non aveva dato minimamente peso alla cosa ed  essendo il triplo di lei probabilmente non aveva neanche percepito l'urto- Tutto a posto?

 

-Si- mentì Ellie.

 

Non c'era proprio niente in quel momento che fosse a posto.

 

Inoltre non potè fare  a meno di distogliere lo sguardo dal suo interlocutore per paura di arrossire all'istante se avesse fissato troppo i suoi occhi che erano di un colore molto particolare che non avrebbe saputo feéinire se non associandolo a un cielo in tempesta.

 

-Prima sembravi pallida come un lenzuolo e adesso sei tutta rossa- proseguì lui- Per caso fa parte del tuo potere? Mi devo preoccupare?- scherzò.

 

-No- Ellie si maledisse per non essere riuscita ad evitare di mettersi nuovamente in imbarazzo.

 

-Non ti ho mai vista da queste parti.

 

-Primo giorno.

 

-Ok... Sei sicura di stare bene? Perché non so se te ne rendi conto ma mi stai rispondendo a monosillabi.

 

Lui sembrava genuinamente preoccupato mentre Ellie si sentiva sempre di più un'idiota totale. Non era abituata ad avere a che fare con i ragazzi della sua scuola, tanto meno con quelli che sembravano usciti da un mito norreno. Non aveva mai neanche avuto un ragazzo, se si escludeva un fugace flirt estivo con Perkin Sanders del campo scout. Ma quello Elllie lo considerava un tragico errore di giudizio che ormai apparteneva ad un passato sepolto.

 

-Scusami. Non è un buon momento. Né una buona giornata- riuscì a giustificarsi alla fine, accennando ai due che ancora la stavano aspettando vicino alla porta.

 

E ormai erano usciti dall'aula quasi tutti.

 

Lui per fortuna sembrò capire al volo la situazione e, fortuna ancora maggiore, non era il tipo di persona che abbandonava qualcuno in palese difficoltà.

 

-Capisco. Senti se non hai altri impegni perché non vieni a pranzare con me e i miei amici? - suggerì pacatamente- Dopo possiamo farti vedere un po' qui intorno, così eviti brutti incontri. Sempre se ti va.

 

Ellie non se lo fece ripetere. Uscirono fianco a fianco, un po' più vicini del necessario, lui si mise proprio dal lato dove stavano gli altri due ragazzi,  che, capendo l'antifona,  si guardarono dal fare commenti e li lasciarono passare. Superato quell'inconveniente Ellie si rilassò notevolmente, tanto che riuscì con una facilità inaspettata a passare alle dovute presentazioni.

 

-A proposito io sono Blake Foster.

 

-Elizabeth Smith. Tutti mi chiamano Ellie. Ovviamente puoi farlo anche tu, se ti va.

 

-Piacere mio Ellie- rispose lui con un sorriso che la mise in seria difficoltà.

 

-Senti, grazie ancora per prima- riuscì a scandire Ellie ad alta voce- Ti sarò sembrata una pazza, ma tutto è veramente nuovo qui... Inoltre giuro che con quei due si è trattato di un malinteso.

 

-Io non me ne preoccuperei troppo, entro un paio di giorni gli sarà passata- disse Blake mentre le faceva strada verso quella che era la sala mensa dove tutti stavano convergendo- Ollie e Andres non sono cattive persone. Solo sono qui da poco tempo. Come sai all'inizio non è facile per nessuno e  non potersi muovere liberamente è abbastanza seccante... ma ci si abitua, soprattutto se non si è da soli. Almeno io e gli altri siamo partiti avvantaggiati perchè ci conoscevamo da prima.

 

-Venivate dalla stessa scuola?

 

-Non esattamente- e su questo punto Blake non volle dare altre spiegazioni.

 

Dopo aver recuperato due vassoi con il pasto la condusse al tavolo che si trovava esattamente al centro del salone, dove notò subito era già seduta Sarah Rogers insieme alla ragazza con la treccia corvina e ad altri ragazzi.

 

-Ragazzi vi presento Ellie. Loro sono Sarah, Cali, Sebastian, Will e Tommy.

 

Will e Tommy che erano gemelli, entrambi con gli occhi scuri e i capelli rossicci,  ebbero subito da ridire sulla presentazione che aveva fatto Blake.

 

-Scusa amico, ma forse volevi dire Speed e Wiccan.

 

-Se ben ricordi avevamo deciso di usare nomi normali, altrimenti diventa un casino.

 

-Vuoi dire che Sarah lo ha deciso. Voi altri avete annuito. Io e mio fratello se ben ricordo ci siamo astenuti da quella conversazione- precisò l'altro gemello- che per la precisione è avvenuta 245 giorni, sei ore e tredici minuti fa. Secondo più secondo meno.

 

I due fratelli sembravano orgogliosi di aver finalmente chiarito il loro punto di vista sulla faccenda, seppur con un ritardo di circa otto mesi, ma presto si disintegrarono completamente alla conversazione scivolando in un loro mondo fatto di eloquenti silenzi. Non erano di molte parole i gemelli, preferivano di gran lunga andare per le vie di fatto se la questione era importante, altrimenti si astenevano dal dare giudizi. Ellie ebbe la sensazione che rappresentassero un mistero tanto per lei  che li aveva appena incontrati, quanto per i loro stessi amici.

 

Entrambi estremamente educati e servizievoli, mai un angolo di camicia fuori posto o un compito sbagliato, un perenne sorriso cordiale sui due volti puliti e identici come gocce d'acqua. Ma era tutta apparenza. Per la maggior parte del tempo era come se fossero da un'altra parte e, approfondendo la loro conoscenza, si percepiva quanto tra loro e questo mondo vi fosse in realtà una distanza siderale.

 

L'altra ragazza del gruppo, Cali Erikssen, non era meno misteriosa.

Dal carattere scostante e spesso capriccioso, di lei si sapeva in giro poco o niente perché non frequentava nessuno al di fuori della sua stretta cerchia. Ellie aveva notato che interagiva principalmente con Sarah e tutti gli altri sembrava tollerarli giusto perché erano compresi nel pacchetto. Aveva lunghi capelli neri e occhi di un verde acceso,  perennemente cerchiati di eye-liner, talmente penetranti che parevano capaci di leggere il pensiero.

Anche se apparentemente la stava ignorando Ellie si sentiva comunque osservata, ma era abbastanza certa senza cattive intenzioni. Forse.

 

A dire il vero si rese conto che un po' tutti nel salone la stavano osservando e non solo perché si trattasse della ragazza nuova, ma principalmente perché si era con ogni evidenza seduta al tavolo dei ragazzi popolari. Ellie aveva riconosciuto almeno in questo le stesse dinamiche della sua vecchia scuola.

 

-Deve essere stata un'ammissione molto precipitosa la tua- osservò in quel momento il ragazzo moro che Blake aveva chiamato Sebastian, sollevando appena lo sguardo dal volume che stava leggendo- Non hai con te nemmeno una borsa...o vestiti appropriati- aggiunse accennando alla tuta dell'ospedale che Ellie ancora indossava.

 

Se Sebastian Strange intendesse per appropriato il completo scuro ed eccessivamente formale che indossava lui e che lo faceva ancor più pallido Ellie non lo seppe mai con certezza. Intuì  però abbastanza chiaramente la sua implicita disapprovazione per il modo casuale con cui si era introdotta nel loro gruppo. Al contrario di Blake, che attaccava bottone facilmente con tutti, Sebastian sembrava rifuggire il più possibile la compagnia del genere umano al di fuori dei suoi amici stretti , preferendo di gran lunga dedicare il suo tempo e le sue energie allo studio di tomi alti il doppio di lui e, con ogni probabilità ,vecchi come il mondo stesso.

- A dir la verità non so bene nemmeno come ci sono finita qui- ammise la ragazza.

 

-Dal momento che qui ci rimarrai, potresti cominciare col dirci quello che sai- disse Sarah in quello che sembrava più un ordine che una proposta.

 

-Cerca di essere breve, se non ti dispiace. La lezione di Parker inizia alle due- fece notare distrattamente Sebastian, che apparentemente aveva il dono di contribuire alla conversazione senza dover staccare gli occhi dal libro che stava leggendo.

 

Anche dopo che Ellie ebbe riferito quel poco che ricordava nessuno di loro parve migliorare la sua opinione su di lei. Anzi tutti erano rimasti sulla difensiva.

 

-Ragazzi, cos'è questo terzo grado? Datele almeno il tempo di ambientarsi- intervenne Blake a questo punto.

 

-Il tempo è l'unica cosa che non le mancherà qui dentro- osservò Cali con un sospiro, mentre giocava con la forchettina di plastica del suo vassoio - Al contrario di  privacy, divertimento o scopate decenti. A meno che per quest'ultima cosa Blake non si offra volontario. In fondo ha voluto lui portarti qui per giocare a fare l'Avenger che salva la damigella. Quando si iniziano certi giochi bisognerebbe  avere il coraggio di andare fino in fondo, non sei d'accordo Ellie? E ti prego, non  dimmi che non è il tuo tipo perché è abbastanza chiaro a tutti che  gli salteresti addosso anche subito.

 

Ellie avrebbe voluto sotterrarsi, invece Blake per il momento mantenne la calma e un tono pacato.

 

-Cali, potresti evitare? So che hai problemi a riconoscere quando stai esagerando, ma adesso stai esagerando.

 

-Secondo me sei tu  quello che sta esagerando, Blake- intervenne Sarah freddamente- Cali ha solo espresso la sua opinione. Tu invece hai preso in confidenza questa sconosciuta e l'hai portata da noi. Per quale motivo? Per un paio di bulletti o perché hai pensato che l'avremmo aiutata a risolvere il mistero della sua esistenza? Perchè sai, in ogni caso non sono fatti nostri. Non la conosciamo e non possiamo sapere quali siano le sue vere intenzioni.

Solo dopo quelle parole Blake si alzò nella sua considerevole statura, gli occhi tempestosi.

 

-Se vuoi saperlo l'ho invitata a sedersi con noi perchè è sola, chiaramente traumatizzata e ha bisogno del nostro aiuto- ribatte, alzando la voce, tanto che parecchie persone si girarono per non perdersi la discussione- Se non fossi così paranoica da pensare che chiunque non conosci rappresenti una minaccia te ne renderesti conto da sola. Diamine , Sarah prova a fidarti per una volta...

 

-E l'ultima volta che ci siamo fidati della persona sbagliata, com'è finita?!- ribatte la ragazza, alzandosi a sua volta per fronteggiarlo- Ricordi? L'ultima  volta che abbiamo giocato a fare gli Avengers non-è -finita-bene!- sputò le ultime parole con rabbia, per poi rivolgersi direttamente ad Ellie con uno sguardo che avrebbe intimorito chiunque - Non ho nulla contro di te, nuova arrivata, ma avvicinati di nuovo a me o ai miei amici e noi due avremo un problema.

 

Detto questo si alzò e se ne andò, seguita a ruota da tutti gli altri, che evidentemente la pensavano come lei, pur non  mancando di riservare ad Ellie qualche occasionale sguardo di compassione. Alla fine dopo essersi scusato frettolosamente, anche Blake li seguì, cercando ancora con scarsi risultati di convincerle i suoi amici a cambiare idea.

 

Ellie rimase di nuovo da sola, al centro degli sguardi di tutti i presenti e senza la minima idea del caos che il suo arrivo avrebbe scatenato a breve e di cui quel brutto litigio non era che l'inizio.

 

 

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Capitolo 3
*** Sentinelle ***



Il pomeriggio e i giorni successivi  erano trascorsi con Blake e Sarah che non avevano perso occasione per scontrarsi praticamente su qualunque cosa.
La scenata in mensa e poi la lezione di Parker, che comunque nessuno dei due aveva seguito, erano  state solo l'inizio. Dato che entrambi volevano mantenere una parvenza di maturità- per altro senza riuscirci minimamente-  nessuno dei due  era tornato sull'argomento principale che veramente gli premeva. Elizabeth Smith non era più stata nominata, tanto da diventare il proverbiale elefante al centro della stanza.
Blake e Sarah si erano limitati al classico repertorio di cupi silenzi e occasionali acidi commenti. Inoltre anche nei giorni seguenti non erano mai arrivati a parlarsi apertamente, il che era anche peggio. Soprattutto per i loro compagni che si trovavano in mezzo ad un fuoco incrociato a cui non erano abituati.
Era destabilizzante per loro, un po' come vedere la mamma e il papà che litigano e non si parlano per giorni. Solitamente le cose si aggiustavano da sole tra di loro, avevano un carattere troppo simile per non andare d'accordo, ma nel frattempo avrebbero fatto impazzire tutti gli altri.

-Così non si può andare avanti- decretò infine Cali Erikssen, attraversando a grandi passi e senza troppe cerimonie  la parte del dormitorio comune che teoricamente doveva essere riservata ali maschi.

Fin dal loro trasferimento lì i ragazzi avevano trovato assurdo dividersi tra maschi e femmine. Per loro che erano quasi cresciuti insieme era inconcepibile separarsi proprio nel momento di maggiore vulnerabilità. Così avevano semplicemente deciso di requisire a proprio uso esclusivo una specie di sottotetto del dormitorio maschile e ricavarne i propri alloggi. Ovviamente si trattava di una soluzione di fortuna più che di una vera camerata come quella al piano di sotto, ma alla fine tutti se l'erano fatta andare bene perchè almeno gli garantiva un minimo di privacy, anche in assenza di abbastanza spazio per tutti. Agli adulti dello Shield e ai professori ammesso che lo sapessero non era importato. Finché non creavano problemi nelle camerate, non lasciavano la base e garantivano un minimo di presenza a qualche lezione li lasciavano in pace, praticamente in autogestione.
O meglio, a gestire un po' tutto, compresi il resto dei ragazzi  dotati di superpoteri al piano di sotto, erano Sarah Rogers e Blake Foster.
Per questo era fondamentale che tornassero a parlarsi regolarmente o la polveriera sotto di loro gli sarebbe presto esplosa tra le mani.

Il bersaglio dell'appello di Cali Erikssen era naturalmente Sebastian Strange, che si era riproposto  di sfruttare l'attuale situazione di stallo tra i suoi amici per isolarsi in una nicchia del loro incasinato sottotetto e studiare in santa pace. Forse illudendosi che Cali glielo avrebbe permesso.

Purtroppo la conosceva  abbastanza bene da sapere che ignorarla l'avrebbe solo irritata maggiormente.

Non se ne sarebbe andata finché non avesse ottenuto da lui tutto quello che voleva.

-Mi annoio!- dichiarò platealmente la ragazza- E Sarah è troppo occupata a tenere il punto con Blake per darmi retta.

Lui non si scompose minimamente, osservandola appena al di sopra del tomo che teneva in grembo. Decise di fare un ultimo tentativo.

-Non puoi semplicemente lasciarli perdere e trovarti qualcosa da fare?

Cali alzò le spalle con ostentata rassegnazione.

-Veramente preferirei trovare qualcuno da farmi, ma come sai siamo chiusi qui dentro il che riduce notevolmente le opzioni. Non che non ci abbia provato, comunque, ma tra tutto lo Shield che hanno generosamente dispiegato a sorvegliarci Coulson è l'unico abbastanza carino- aggiunse, stiracchiandosi come un gatto- ma niente da fare. Proprio non gli interessava: è chiaramente gay.

-Forse non gli interessavi tu- commentò Sebastian, sempre caustico.

Cali assottigliò gli occhi per fissarlo appena al di sopra delle ciglia nere, sul volto l'ombra di un sorriso. In circostanze normai si sarebbe assicurata di tormentarlo per tutto il giorno finché non lo avesse finalmente costretto ad abbandonare qualsiasi inutile ricerca stesse facendo e guardarsi un film con tutti loro o  fare qualsiasi altra attività di gruppo da normali adolescenti , che lui cercava sempre di schivare. Peccato che in quel momento avessero altre priorità.

-Forse se non avessi deciso di darti alla vita monastica anzi tempo Strange sapresti che deve ancora nascere qualcuno a cui non interesso.

Come a rinforzare il concetto, o anche solo per metterlo a disagio, Cali andò a sedersi praticamente a cavalcioni su di lui, costringendo Sebastian a spostare in tutta fretta il prezioso e fragilissimo volume che si frapponeva tra di loro in una postazione più sicura dove non potesse rovinarsi. Purtroppo non sarebbe stato il primo volume antico che soccombeva alle improvvisate di Cali.

-Quello che hai detto è inesatto sotto molteplici punti di vista- per non darle alcun tipo di soddisfazione, ebbe cura di replicare con perfetto autocontrollo proprio come se si tessero parlando da una distanza accettabile- Non ultimo il fatto che molte comunità spirituali utilizzano principalmente il sesso come veicolo per raggiungere uno stato più profondo di ascesi.

Cali scoppiò a ridere, finalmente soddisfatta.

-Lo sai che è la prima cosa non noiosa che ti sento dire più o meno da quando ti conosco?- esclamò, poi tornando sulla questione che più le interessava- Andiamo, inventati qualcosa per risolvere con Sarah e Blake: sei tu l'adulto!

-Cali, abbiamo la stessa età e lo sai benissimo.

-Poche storie Strange, sai benissimo cosa voglio dire. Muovi il culo e trova una soluzione!- si impose la ragazza con un tono che non ammetteva repliche, senza tuttavia trattenersi dall'aggiungere in tono malizioso direttamente al suo orecchio -E magari dopo mi puoi spiegare meglio cosa facevate esattamente al monastero per trovare la pace interiore...

Proprio in quel momento entrarono in stanza i gemelli. Li videro in quella posizione e con quella stranissima coordinazione che li caratterizzava fecero immediatamente un passo indietro.  Sempre all'unisono fornirono una serie di giustificazioni.

-Scusate. Non volevamo interrompere niente.

-E soprattutto non abbiamo visto niente.

-Errore nostro: dovevamo bussare.

-Torniamo più tardi. Voi...fate pure con calma.

I gemelli fecero dietrofront e li lasciarono.
Cali rise ancora più forte perché finalmente grazie alla presenza dei gemelli Maximoff era riuscita a mettere Sebastian davvero in imbarazzo. Lui la spostò di peso e si alzò immediatamente, sistemandosi compulsivamente la piega dei pantaloni del completo.

-Va bene- concesse stizzito-  Faremo così: tu parla a lei e io parlo a lui. Dopo di che ti levi di torno e mi lasci in pace.

Senza aspettare alcuna risposta da parte di lei,  afferrò in tutta fretta la giacca per uscire e recarsi a cercare Blake Foster. Non si curò di sbattere la porta dietro di sé sulle risate di Cali che lo perseguitarono fino a metà rampa di scale.



 

Intanto, seduta su una panchina dell'area comune, Elizabeth Smith stava affrontando l'ennesima giornata di depressione totale. Dal suo primo giorno la situazione non si era sbloccata. Anzi, da quando tutti in mensa l'avevano vista minacciata da Sarah Rogers, che aveva messo in chiaro di non volerla tra i piedi, nessuno le si era più avvicinato, neanche per darle fastidio.

Nemmeno Blake, che per il momento si limitava a qualche frettoloso saluto quando si incrociavano a lezione. Sembrava veramente rammaricato per lei e per la sua situazione, ma Ellie comprendeva che non volesse mettersi contro i suoi stessi amici per una sconosciuta.

Quanto a lei stava facendo il possibile per integrarsi pacificamente con la vita di quel posto.

Nessuno si era più preoccupato di spiegarle niente, così aveva dovuto arrangiarsi da sola, imitando gli altri attorno a sé.
Terminata l'ennesima lezione di livello troppo elevato perché potesse capirci qualcosa, aveva seguito alcune ragazze verso la medesima sala mensa per la cena e poi verso quello che era il dormitorio femminile, uno stanzone lungo e senza finestre, stipato di letti a castello.

Aveva aspettato che tutte prendessero posto per individuare un letto ancora disponibile, naturalmente il più  scomodo e vicino all'entrata dei bagni. Una volta posata la testa sul cuscino aveva staccato il cervello e aveva dormito senza sognare. Il giorno dopo si era svegliata tardissimo. Tutte le ragazze avevano già lasciato il dormitorio, ma non prima di averle lasciato appuntato sul cuscino un biglietto con indicati i suoi orari per i turni di pulizia delle aree comuni. Anche se le
sue compagne avevano deciso di ignorarla non significava che le avrebbero fatto sconti.  Però almeno qualche anima buona aveva pensato di procurarle almeno un cambio di vestiti e qualche oggetto per la cura personale.

Seguirono giorni fatti di altre lezioni incomprensibili, intervallate da pranzo, cena e colazione. Ellie notò che nessuno si impegnava mai troppo in aula. Forse perché non c'erano mai interrogazioni, compiti in classe o dialoghi con gli insegnanti che si avvicendavano in cattedra. Davano come l'impressione che le ore di lezione fossero state messe lì solo per riempirgli la giornata ed evitare che le persone impazzissero a forza di inerzia.

Gli stessi orari di quelle lezioni sembravano disposti a caso e ciascuno poteva scegliere di seguire quello che preferiva senza un vero e proprio piano di studi. Oppure si poteva anche scegliere di non seguire niente, come nel caso di Morgan che non aveva più rivisto né a lezione né nei dormitori o agli orari dei pasti.

Morgan Stark era praticamente sparita, tanto che Ellie arrivò a chiedersi se non se la fosse sognata. Eppure aveva notato che neanche Sarah o la sua amica dormivano con loro, quindi dovevano per forza esserci delle alternative di alloggio in quel posto. Anche se si trattava di una struttura molto ampia, ricca di corridoi e piani intermedi non tutti gli avessi erano liberi. Anzi in realtà le opzioni di spostamento dei residenti si limitavano alle aule, ai dormitori e a poche altre stanze comuni.

La maggior parte dei misteri del complesso erano ben celati dietro porte che rimanevano sempre chiuse.

Ellie passò diversi giorni a cercare di farsi una ragione dell'accaduto. Più ci pensava e più la frustrazione cresceva. Poi, una sera, decise di prendere in mano la situazione e tentare il tutto per tutto. Invece che ritirarsi nel dormitorio per la notte andò esattamente nella direzione opposta , verso il sentiero battuto all' esterno che si addentava nel bosco tutto attorno al complesso.

Aveva agito per puro impeto, rendendosi presto conto di quanto non fosse stata un'idea brillante, in special modo quando, al tramonto, il sentiero cominciò a farsi buio e lei non aveva con sé niente per illuminare davanti a sé. Continuò imperterrita mettendo un piede di fronte all'altro, gli occhi che le bruciavano di lacrime che stava cercando di ricacciare indietro.

Non si accorse nemmeno che il bracciale che le circondava il polso aveva iniziato a vibrare emettendo un ronzio basso e intermittente.
Quel cupo ronzio metallico era anche l'unico rumore che si percepiva nella notte.

Strano che in un'area così vasta non esistessero animali notturni, a ben pensarci dal suo primo giorno lì non si era mai imbattuta nemmeno in un moscerino o in una lucertola. Tutto dava l'impressione di un'ambiente sterilizzato. Persino l'erba e le piante sembravano finti!

All'improvviso Ellie percepì un movimento e si arrestò di colpo: era come se uno degli alberi si stesse muovendo verso di lei emettendo un sibilo di intensità crescente. Ok, forse non era proprio un albero, realizzò in quel momento, sembrava più un gigantesco ammasso di metallo filiforme. Adesso che si era fatto più vicino poteva distinguerne i contorni grazie al guizzo di due sensori rossi che aveva sulle sommità e che incombevano su di lei come l'imitazione di due occhi scintillanti e grotteschi.

Allungò verso di lei due delle sue molte braccia metalliche emettendo un  altro sibilo più lungo e agghiacciante, quasi un'esultazione per aver individuato l'obbiettivo, come un cane da caccia che pregusta il premio per aver catturato la sua preda.

La ragazza non provò nemmeno a reagire. Tanto non avrebbe potuto o saputo fare niente contro quella cosa mostruosa verso la quale provava solo repulsione. A pochi centimetri dal suo corpo inerme la cosa si arrestò di colpo e gli occhi rossi sparirono come se qualcuno avesse premuto un interruttore per spegnerli.

Ellie fece un passo indietro ancora raggelata e vibrante di adrenalina.

Allora si accorse che una persona, un uomo vestito di nero stava correndo verso di lei. Era tutto trafelato, tra le mani serrava l'arma di ordinanza. Capelli neri accuratamente tenuti in un taglio militare, lineamenti  vagamente asiatici e penetranti occhi scuri e preoccupati puntati su di lei. Ellie lo riconobbe come uno degli agenti che l'aveva prelevata dall'ospedale, quello più giovane, che gli altri avevano chiamato Michael Coulson.

-Hai violato il coprifuoco- spiegò lui ansimando leggermente per la corsa che aveva fatto dalla sua postazione di guardia- questo attiva automaticamente le Sentinelle. Ma cosa diamine ci facevi in giro a quest'ora? Ok, non preoccuparti, vedi... adesso l'ho disattivata. Ti riaccompagno dentro.

-Non sapevo neanche che ci fosse un coprifuoco!- protestò la ragazza, serrando i pugni al limite della sopportazione- Non mi avete spiegato niente prima di sbattermi qui dentro, tanto meno che ci fossero delle 'sentinelle' assassine pronte ad aggredire la gente!

Solo adesso aveva capito a cosa si riferisse Morgan quando le aveva detto di tenersi alla larga dalle Sentinelle, peccato che la ragazza non fosse stata più specifica dicendole anche che c'era un perimetro che non potevano oltrepassare senza essere aggrediti da quelle cose metalliche.

Coulson le riservò un'occhiata di aperta disapprovazione.

-Non ti avrebbe fatto del male. Le Sentinelle circondano la base per la vostra protezione e si attivano solo in caso di violazione dei Protocolli- ci tenne a precisare- Non si sa mai che genere di malintenzionati potrebbe farsi avanti per rapirvi, manipolarvi o per sfruttare le vostre capacità. Lo Shield desidera solo che voi siate al sicuro e che, sapendovi protetti e al riparo da ogni pericolo, anche le vostre famiglie possano adempiere i loro doveri più serenamente.

-Intendi i loro doveri verso lo Shield?- provocò Ellie, che stava cominciando a mettere velocemente insieme tutti i tasselli - Quindi i loro figli sono una sorta di ostaggio nelle vostre mani. Finché si comportano bene ed eseguono gli ordini nessun problema. Dev'essere davvero comodo per il governo avere questo tipo di ascendente su tutti quelli coi superpoteri...

-Sei in errore. Lo Shield non agisce in maniera tanto meschina! Se siete qui è solo per essere accuditi e protetti.

-Accidenti...ma ti ascolti quando parli? Sembra che tu stia recitando a memoria un manuale. E la cosa peggiore è che ci credi davvero!- lo accusò Ellie, sempre più infuriata.

Non aveva intenzione di perdonare niente a quel tipo arrogante e supponente, che non avverava avuto nemmeno la decenza di scusarsi di averla di fatto sequestrata insieme ai suoi amici dello Shield.

Lui in risposta all'aperta ostilità della ragazza si pose ancora maggiormente sulla difensiva.

-Nessuno dei genitori è stato costretto a cedere i propri figli in ostaggio, se è quello che stai insinuando. E' stata una loro scelta mandarli qui dove sono al sicuro e circondati da persone che possono comprendere e aiutare a valorizzare le loro capacità.

-In poche parole a controllarle!

-Si. Questo non lo nego. A volte c'è bisogno che le capacità anormali vengano tenute sotto controllo per evitare incidenti. A maggior ragione se a possederle sono degli adolescenti che non hanno ancora formato una solida bussola morale- Michael trasse un respiro profondo- Sei abbastanza intelligente da arrivarci da sola. Se li lasciassimo incontrollati potrebbero abusare dei loro doni in maniera scriteriata, come è già successo. Potrebbero fare del male a qualcuno là fuori, non ci pensi? Magari anche senza volerlo perchè non sono abbastanza maturi per contenersi. Invece in questo ambiente vengono seguiti e monitorati costantemente. E si, non ti nascondo che se perdessero il controllo del veicolo avremmo la possibilità di tirare il freno a mano.

-Attraverso questi?- domandò Ellie, alzando il polso destro per mostrare il braccialetto - E attraverso le Sentinelle e la Barriera. E chissà cos'altro che non ho ancora avuto la sfortuna di sperimentare! E' sbagliato. E' disumano. Non siamo cavie da laboratorio che potete rinchiudere sotto una teca di vetro e pungolare a vostro piacimento.

-Guarda che tutto quello che ti ho detto è vero: non abbiamo cattive intenzioni e posso dimostrarlo facilmente. Ad autorizzare il programma di protezione della base è stata il mio capo in persona, Daisy Rogers, che oltre a un irreprensibile agente che merita tutta la mia stima e il mio rispetto è anche la madre di una delle tue compagne. Pensi davvero che farebbe questo a sua figlia se non fosse convinta che sia la cosa migliore per lei e per tutti quanti? Anche il Capitano Rogers alla fine si è convinto che sia la soluzione migliore.

Quel 'alla fine' ribaltava completamente il senso della frase, realizzò la ragazza. Voleva dire he in un primo momento Steve Rogers aveva avuto dei dubbi sulla possibilità di impacchettare e spedire la figlia in quel posto super sorvegliato e inquietante, senza possibilità di contatti con l'esterno. Ma alla fine aveva acconsentito. Forse aveva ceduto alle pressioni della moglie che dirigeva lo Shield, oppure era successo qualcosa, qualcosa di grave abbastanza per fargli cambiare idea su tutta la linea. Qualcosa che doveva averlo toccato da vicino per costringerlo a rivedere le sue idee e i suoi principi.

Ellie ebbe quasi paura a chiederlo, eppure doveva farlo. Non sarebbe mai riuscita a venire fuori da quella storia finché non fossero stati chiari i dettagli.

-Il fratello di Sarah, Philip... come mai non è qui anche lui?

Michael si prese del tempo prima di darle una risposta, facendo un paio di respiri più profondi del normale per riorganizzare le idee. Non era una risposta facile da dare. Questa informazione non era mai stata resa pubblica al di fuori dello Shield. Si trattava di una notizia classificata come Segreto di Stato e il solo parlarne con una civile era un reato e poteva metterlo nei guai con lo Shield. E la lealtà allo Shield per lui era tutto.

-Spiacente. Non sono autorizzato a rispondere alla tua domanda- si limitò a dire in un tono piatto e formale, evitando di guardarla negli occhi.

-Andiamo...a chi potrei andarlo a raccontare? Sono praticamente prigioniera.

-Non sono autorizzato, Elizabeth. Non cercare di forzarmi la mano perchè con me non attacca.

-Bravo soldatino- commentò lei sprezzante- Ci chiedete di riporre fiducia nello Shield e in quello che rappresenta, ma la stessa fiducia non è accordata a noi. Siamo dei prigionieri e ci chiedete di accettarlo senza battere ciglio e senza emettere un fiato. A quanto sembra non abbiamo diritto neanche a una semplice domanda. Forse avete qualcosa da nascondere?

-Non risponderò alla tua domanda, sai che non lo farò. Ma se vuoi posso dirti qualcosa che mi riguarda. Vedi, non molti lo sanno al di fuori di pochi amici dello Shield, ma Philip James Rogers è stato chiamato così in onore di mio padre: Philip Coulson. Io purtroppo non l'ho mai conosciuto perchè è morto poco prima della mia nascita. Ma me ne hanno parlato. Molte volte. Tutti lo ricordano ancora come un uomo che ha dato la vita per difendere lo Shield e questo pianeta. Era un mentore per Daisy Jhonson e un amico per Steve Rogers. Per questo hanno deciso di chiamare così il loro primo figlio, per onorare la sua memoria. Ed è lo stesso motivo per cui oggi sono diventato un agente dello Shield e ne sono fiero.

'Ne sono fiero e forse, se potesse vedermi, anche lui lo sarebbe' pensava Michael in quel momento, ma non lo disse ad alta voce. Non aveva mai parlato con nessuno di suo padre se non con sua madre. Neanche con lei  veramente ne parlava spesso perchè la sua scomparsa faceva ancora troppo male. Michael , dal canto suo, si domandava come fosse possibile sentire tanto la mancanza di una persona che non aveva mai conosciuto.

Sebbene non avesse avuto un padre, nella sua vita Michael Coulson aveva sempre avuto lo Shield. Lo avevano protetto quando era piccolo, poi lo avevano addestrato affinché fosse in grado di proteggere gli altri. Avrebbe preferito farsi sparare che tradire la sua promessa e la loro fiducia. Riteneva che in fondo sarebbe stato un po' come tradire suo padre.

-Mi dispiace Michael- disse Ellie a bassa voce, quelle ultime  parole l'avevano davvero colpita e la commozione con cui erano state pronunciate nell'intimità della notte le aveva spezzato il cuore.

La ragazza non aveva dubbi sulla buona fede di Michael. Probabilmente le aveva detto la verità su tutto, ma ciò non toglie che si trattasse della sua verità. E le persone che agiscono spinte da buoni propositi credendosi dalla parte del giusto non sono meno pericolose delle altre.

-Mi dispiace davvero- proseguì fissandolo dritto negli occhi, con una durezza di cui non si credeva capace- Ma questo non giustifica nulla di quello che state facendo. E penso che se tuo padre era davvero l'eroe che tutti ti hanno sempre descritto, bhè allora credo che avrebbe avuto qualcosa da ridire sui metodi che usate qui.

Le pupille di Michael se possibile si fecero ancora più piccole e in volto gli passo un'ombra che fece rendere conto ad Ellie della sua situazione precaria.

Si trovava in un bosco, di notte, sola davanti ad un uomo armato. Quando lui le si avvicinò con un movimento agile e fluido, tanto da trovarsi a pochi centimetri da lei e incombendo con la sua statura, per un momento si trovò spiazzata.

Ancora un soffio e avrebbe quasi potuto toccarla. Avrebbe potuto fare qualunque cosa.

-Torna nella tua stanza Elizabeth- le disse Michael in un sussurro caldo e vibrante nel cupo grigiore della notte- Non sei autorizzata a stazionare qui e se insisti ad andare contro tutte le regole ci saranno delle conseguenze.

-Come è successo per Philip Rogers? -insistette la ragazza con un filo di voce, facendo leva più sulla disperazione che sul coraggio- Anche lui ha pagato le conseguenze?

-Quando un grande potere non è sotto controllo ci sono sempre delle conseguenze- replicò Coulson freddamente - Buonanotte Elizabeth.

 

 

 

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Capitolo 4
*** Campeggio ***


Si incontrarono in campo neutro, sul muretto dietro alla palestra. La palestra non la utilizzava quasi nessuno se non per qualche sporadica partita a basket, ma in generale era un posto abbastanza riservato dove parlare lontano da sguardi indiscreti.

-Ehi- la salutò Blake.

-Ehi- rispose Sarah

-Mi fai fare un tiro?

-Tu neanche fumi, lo sappiamo benissimo- osservò la ragazza, ma alla fine vista la sua insistenza gli passò comunque la sigaretta che si era appena accesa.

-Ufficialmente neanche tu - le ricordò Blake.

-Diciamo per cause di forza maggiore.

Al padre di Sarah proprio non andava giù che la sua perfetta figlia fumasse, così lei lo faceva di nascosto da quando aveva quindici anni, per pura ribellione. In famiglia lo sapeva solo Philip, che all'occorrenza la copriva sempre pur senza risparmiarle una delle sue prediche in perfetto stile Rogers. Eppure, diversamente dal padre, suo fratello era sempre pronto a ascoltare le sue ragioni e alla fine della giornata non riusciva a negare niente alla sua sorellina. Le mancava terribilmente avere quel tipo di confidenza con qualcuno, le mancava tutto del loro rapporto.

-Ti manda Sebastian?- domandò la ragazza, ricacciando indietro quel pensiero mentre accendeva un'altra sigaretta per sè.

Non si sarebbe messa a pensare a Philip o non sarebbe arrivata a fine giornata sana di mente.

-E tu hai già parlato con Cali- constatò Blake, scavalcando la balaustra per andare a sedersi sul muretto di fianco a lei- Devono essere davvero disperati se hanno deciso di coalizzarsi anziché approfittare della nostra assenza per inventare nuovi modi di darsi fastidio a vicenda.

-Sono così prevedibili.

I due si scambiarono uno sguardo carico di assenso.

-Così dovremo proprio tornare a parlarci, se non altro per farli stare tranquilli - buttò lì Blake, finendo tranquillamente di fumare la sua sigaretta. Era veramente la persona meno incline  a portare rancore che conoscesse, tanto che non ricordavano di averlo visto mai arrabbiato per più di cinque minuti.

-Io non ho mai smesso di parlarti- protestò Sarah.

-Ma hai smesso di ascoltare. E questo da prima che arrivasse Ellie Smith.

-Ancora con questa ragazza? Non ne abbiamo abbastanza di grane?Ci mancavi giusto tu con le tue iniziative da buon samaritano- tirò l'ultima boccata nervosa alla sua sigaretta prima di spegnerla- Comunque dovevi parlarmene prima e avremmo deciso insieme cosa fare, senza coinvolgere gli altri.

Solitamente era questa la loro procedura standard. E preoccuparsi di tutti gli altri prima che di sé stessi era diventato praticamente un lavoro. Eppure Blake aveva avuto la sua occasione di chiedere aiuto e di essere aiutato qualche anno prima. Sarah, anche dopo la cosa peggiore che le potesse succedere, non era mai stata vista versare una lacrima dai suoi compagni.

-Ok. Dovevo parlartene prima - convenne lui- ma non l'ho fatto perché sapevo come l'avresti presa. E perché ogni tanto farebbe bene anche a te agire fuori degli schemi.

Sarah lo guardò di sbieco al di sotto del cappuccio della felpa.
-Non esagerare, non sono messa così male- mugugnò incrociando le braccia.

Entrambi sapevano che non era vero.

Sarah era indubbiamente messa male come tutti loro, ma per il momento era anche quella che ancora non era crollata. Ci andava vicino ogni giorno ma non aveva ancora ceduto perché sentiva che se lo avesse fatto anche gli altri ne avrebbero risentito.
Continuava a ripetersi che Philip al suo posto avrebbe retto quindi anche lei doveva farcela.

-Dico solo che ultimamente tra te e i gemelli è difficile distinguere chi sia in parte una macchina- sdrammatizzò Blake- e che ogni volta che te lo chiedo dici di stare bene, anche se non è così.

-Senti, se tutto questo discorso me lo stai facendo per perorare la causa della tua nuova amichetta ti dico subito che non è che non la voglia aiutare. Solo non la conosco.

-Non è solo per lei. E' soprattutto di come stai tu che mi preoccupo.

Blake Foster forse tra tutti loro era davvero l'unico a non avere problemi a parlare chiaro e  nessuna paura di mettere sul tavolo i suoi sentimenti. Cali fingeva che non le importasse mai di niente e di nessuno e di vivere solo per divertirsi. Sebastian e i gemelli vivevano un po' nel loro mondo per evitare di confrontarsi con quello che era successo in quello reale. Morgan si era ormai staccata definitivamente da loro e li evitava da una vita, consumata da un senso di colpa mai affrontato. Sarah si comportava come se nulla fosse successo.

-Come dovrei stare? - ammise lei dopo un lungo silenzio- Non riesco a dormire. Riesco a malapena a pensare. E questo posto ti fa uscire di testa. Almeno tu potevi evitare di finirci! Tra tutti noi sei l'unico ad aver aderito volontariamente al programma, mentre i tuoi nonni erano contrari. A quest'ora potresti stare con la tua famiglia anziché in questo dannato manicomio.

-Ma io sono con la mia famiglia- osservò lui tranquillamente- Non potevo certo perdermi un campeggio tutto spesato dal governo per andare a rompermi le palle in California.

Se Sarah era rimasta colpita da quell'affermazione non volle darlo troppo a vedere, ma gli concesse uno dei suoi rari sorrisi.

-Già. Che prospettiva orribile...l'abbronzatura ti sarebbe stata malissimo-commentò sarcastica.

Quello che aveva detto lui non era che la semplice verità. Blake Foster aveva perso la madre troppo presto e non aveva mai conosciuto suo padre. Quando era nato Thor si trovava letteralmente su un altro pianeta, probabilmente in un'altra galassia a distanza di anni luce. Forse non sapeva neanche che Jane Foster fosse incinta quando se ne era andato dalla Terra. E anche se l'avesse saputo non era certo che sarebbe cambiato qualcosa nei suoi piani perché comunque la loro storia non funzionava da tempo. Blake era un ragazzo dall'animo buono e sensibile, cresciuto circondato dall'affetto della famiglia materna quanto dei suoi amici e sinceramente non aveva mai rimpianto quel padre di cui non sapeva nulla di più di qualche racconto dei genitori di Sarah.  Erano sempre stati i Rogers la sua vera famiglia da quando aveva conosciuto il loro figlio maggiore Philip, che aveva l'abitudine spiccata di portarsi a casa amichetti da inglobare nel contesto familiare. Grazie a lui Blake, dapprima molto timido, era diventato il più spigliato ed estroverso del gruppo.
Ma soprattutto era la persona che sapeva esserci al cento per cento di fronte alle difficoltà.

Allo stesso modo tutti erano stati al suo fianco quando sua madre Jane si era ammalata di una malattia rara e dal rapido decorso. Quando c'era stato bisogno di aiutarlo ad assisterla nessuno dei suoi amici si era tirato indietro, organizzandosi a turni per dargli modo di riposare e almeno non fargli perdere l'anno scolastico.
Perfino Sebastian, che notoriamente non parlava con suo padre e anzi non voleva proprio averci nulla a che fare, non aveva esitato un istante a chiamarlo per avere un suo parere in merito al caso della dottoressa Foster. Purtroppo fu presto chiaro che per la medicina quanto per la magia non c'era più niente che si potesse fare se non prepararsi all'inevitabile.

Quando era rimasto orfano Blake, al posto di trasferirsi dai suoi nonni in California, era andato a stare dai Rogers dividendo la stanza con Philip e Sebastian. Almeno fino al diploma si era detto all'epoca. Erano stati giorni bui, ma li avevano superati come tutto: insieme.

-Allora, vediamo cosa si può fare per la nuova arrivata- decise Sarah- Qualche idea da dove cominciare?

-Pensavo alla sua cartella clinica, ai documenti della Harkness... qualcosa da lì si dovrebbe capire.

-Non sarà un problema.

Come dalle previsioni di Sarah impossessarsi dei documenti fu molto semplice.
Non dovettero nemmeno forzare la serratura che ormai veniva lasciata aperta... L'infermeria dell'istituto non era mai stato un posto particolarmente sorvegliato. Per lo più era oggetto di diverse incursioni dei ragazzi che volevano prendersi qualcosa per sballarsi tanto per ingannare il tempo. La Harkness che in teoria avrebbe dovuto sorvegliarli non se ne curava e spesso lasciava addirittura gli armadietti aperti. Un po' come tutti gli adulti voleva solo essere lasciata in pace e finché nessuno andava in overdose tanto meglio.

I diversi flaconcini di pillole venivano lasciati praticamente a disposizione dei ragazzi come caramelle e mancava giusto un cartello che recitasse 'drogatevi responsabilmente e non rompete le palle'.

Andare a recuperare Ellie fu un po' più difficile, anche perché Sarah si rifiutava di scusarsi e Blake insisteva che sarebbe stato opportuno, dato quanto l'aveva messa in imbarazzo davanti a tutti. Facendo leva sulla sua coscienza la convinse quanto meno a darle una chance, anche se Sarah ci tenne a specidficare che ancora era ben lontana dal fidarsi della nuova arrivata.

Ad ogni modo trovarono Ellie seduta in un'aula vuota intenta a disegnare assorta nei suoi pensieri.
Quando li vide venire verso di lei ebbe un fremito di allarme.

Gli aveva per caso dato fastidio anche senza volerlo? Perché Sarah Rogers aveva ancora la solita espressione corrucciata e per niente amichevole.

-Ehi ciao Ellie, come stai?- cercò subito di tranquillizzarla Blake.

-Bene- mentì lei, che non si era mai sentita peggio i vita sua.

-Volevamo solo darti questi- aggiunse Sarah sbrigativa, praticamente gettandole in grembo i documenti che la riguardavano e che avevano appena sottratto- in segno di tregua. Magari ti possono servire.

-E poi volevano chiederti se ti andava di trasferirti con noi al piano di sopra- aggiunse Blake serafico, facendo immediatamente sussultare entrambe le ragazze.

-Cosa?!

-Cosa?- protestò Sarah a dir poco inviperita- Non ne abbiamo mai parlato.
-Lo stiamo facendo adesso- Blake mantenne il punto con il sorriso più disteso del mondo.

-Non abbiamo spazio. Non può funzionare.

-Non vorrei essere di incomodo...- pigolò Ellie ancora dubbiosa, se da un lato moriva dalla curiosità dall'altro era molto chiaro che Sarah non la voleva tra i piedi- ... avete già fatto abbastanza, in qualche modo mi arrangio.

-Andiamo, sarà divertente! Un po' come il campeggio.

Elizabeth adorava il campeggio! Non avendo fratelli o sorelle e non aveva mai dormito fuori casa da amiche, le poche settimane di campeggio scout rappresentavano l'unica occasione di stare sveglia fino a tardi e fare casino in compagnia.

Chiaramente non aveva idea del livello di casino raggiunto dal gruppo di Blake e Sarah, per altro legato da lunga tradizione di coabitazione.
Nel corso del tempo la casa a due piani della famiglia Rogers situata nella periferia di Brooklyn era diventata il rifugio di tutti, tanto che, chi prima chi dopo, tutti erano a vario titolo venuti ad abitare lì.

Il primo ad inaugurare quella moda era stato Sebastian Strange, che già a dodici anni aveva deciso di andarsene di casa: andare a stare dall'amico Philip come sistemazione temporanea si era presto trasformata in una soluzione più a lungo termine. L'anno dopo era arrivata Cali, che si trasferiva da Oslo a New York grazie a una borsa di studio. La sua  famiglia oltreoceano non l'aveva mai reclamata indietro e alla fine la ragazza si era legata talmente a Sarah che l'avevano praticamente adottata. I gemelli li avevano presi in casa intanto che i genitori erano in prigione, altrimenti sarebbero sicuramente  finiti in qualche laboratorio. Infine Blake, dopo la morte della madre. Secondo la filosofia di Steve Rogers dove si mangiava in sette si poteva mangiare anche in nove e la famiglia si era così definitivamente allargata; tuttavia pregò i figli di smetterla di portarsi a casa gente perché ormai la capienza massima dell'abitazione era stata raggiunta e non avrebbero più saputo dove metterli.
Per i ragazzi non era quindi una novità condividere gli spazi.
Stranamente erano i maschi ad essere i più ordinati, mentre nella camera delle ragazze sembrava sempre scoppiata una rivolta.

L'attuale sistemazione rispecchiava ancora quel principio: i ragazzi tutto sommato accomodati dignitosamente, le ragazze praticamente in accampamento di fortuna.
Alla fine Sarah dovette cedere e ricavare un giaciglio per Ellie tra il suo letto e quello di Cali. C'era da dire che Cali dormiva molto raramente lì, ma accusò comunque il colpo quando le fu detto senza troppe cerimonie di liberare almeno un cassetto per fare spazio alle poche cose di Ellie.

-Non abbiamo spazio. Non può funzionare- commentò acida.

-E' quello che ho detto io- rincarò Sarah, che con poca convinzione stava facendo vedere ad Ellie dove sistemarsi- ma il caro Blake ha tanto insistito.

Ancora una volta Elizabeth si sentì in imbarazzo davanti alla corvina degli occhi verdi, che a dirla tutta le faceva anche più paura di Sarah.

Fortunatamente, per qualche ragione Cali ritenne che la colpa di quella ulteriore riduzione di spazio fosse principalmente di Sebastian e decise di lasciar perdere Ellie per andare e rompere le palle a lui, ovunque si fosse cacciato.
La ragazza tirò un sospiro di sollievo e si accomodò sul vecchio sofà verde riconvertito a giaciglio che le avevano assegnato nella parte di mansara delle ragazze.
Ebbe modo di esaminare il plico dei suoi esami clinici ma non ci capì molto.
Per fortuna poco dopo rispuntò Cali che si trascinava appresso un Sebastian Strange piuttosto seccato di avere la camicia spiegazzata dove lei lo aveva tirato in malo modo.

-Piantala Erikksen posso camminare da solo!

-Falla finita di lamentarti. Ti ho praticamente fatto un favore- stava dicendo Cali- invece che restare nel tuo angolo a deprimerti renditi utile e dicci cosa c'è che non va nella ragazza nuova. A parte quell'insulso taglio di capelli, ovvio.

Lui prese in mano con sicurezza gli esami di Ellie, senza degnare la ragazza diano sguardo.

-Allora Dottore?- chiese Cali, puntellata al di sopra della sua spalla,  ben sapendo quanto lui detestasse essere chiamato così.

- Non c'è niente che non va- confermò distrattamente dopo aver fatto passare tutti i fogli e riservando alla povera Ellie che fremeva uno sguardo di sufficienza- A parte il taglio di capelli.

In quel momento ci si misero anche i gemelli Maximoff a dare il loro parere professionale.

-Dovremmo guardare nella tua testa- suggerì Will serafico come se avesse suggerito di fare una passeggiata al parco.

-Come scusa?

-Guardare nella tua testa- ripetè senza batter ciglio- è come srotolare la pellicola di un film e selezionare delle scene. I film sono divertenti. Scommetto che nella tua testa ci sono dei film bellissimi Ellie.

-Ehm...grazie del complimento- disse lei perchè non sapeva proprio cos'altro dire, né se si trattasse di un vero complimento- Quindi il piano sarebbe...aprirmi la testa in due?

-Guardare nella tua testa. Ma senza aprirla per davvero- tenne a specificare Tommy, cogliendo lo sguardo non esattamente tranquillo di Ellie- solo una sbirciata nei tuoi ricordi, rapida e indolore. Bhè, d'accordo... indolore forse no. Ma si può fare. Credo.

-La mamma lo saprebbe fare- precisò suo fratello- noi abbiamo circa il 13,68% delle possibilità di riuscire ad entra ed uscire senza arrecare dei danni permanenti.

-Nah. Secondo me anche il 14%. Credo- affermò Tommy, ottimista come sempre.

-Sono un po' troppi 'credo' per giudicare quest'ipotesi particolarmente attendibile- commentò distrattamente Sebastian- ma a ben pensarci se anche qualcosa andasse storto... vorrà dire che ci sarà più spazio per noi in stanza. Signori, potete procedere.
Lo aveva detto in tono talmente serio che Ellie non avrebbe saputo dire se fosse una battuta o meno.

-Un momento. Siete impazziti?- li fermò Cali -Se qualcosa andasse davvero storto e il suo cervello vi esplodesse in mano non voglio che schizzi tutto sulle pareti! O Sarah stavolta si incazzerà di brutto- andò quindi a rovistare in un baule vicino estraendone un casco da hockey che poi calò poco cerimoniosamente sulla testa di Ellie- Ecco fatto. Così è perfetto! Diamo pure inizio all'esperimento!

-Cali aspetta, io non ne sono più tanto sicura...

-Oh, non fare la piagnucolona adesso. Se non ci provi non saprai mai cosa è successo, giusto? Inoltre, se ti può consolare, in caso non dovessi farcela prenderò io il cassetto delle tue cose. Per serbare per sempre il tuo ricordo...eccetera.

-Veramente pensavo di usare io il cassetto di Elizabeth- si intromise Sebastian.
-Usarlo come? Lo riempiresti ulteriormente di libri e di altra robaccia da mercatino delle pulci.
-Questo non è vero! Inoltre tu non hai bisogno di un altro cassetto per i tuoi stracci. Adesso vuoi il cassetto solo perché lo voglio io.
-Vero- annuì Cali senza sforzarsi di negarlo- Allora che ne dici se io mi tengo tutta la sua roba e il cassetto lo dividiamo a metà?
Sebastian ci pensò su giusto qualche secondo prima di annuire.
-Andata.

-Ragazzi... io sono ancora qui e sono ancora viva-fece presente Ellie, mentre quelli andavano avanti a discutere come se nulla fosse sulle sue spoglie mortali.

Poi i gemelli posarono entrambi le mani sul casco da hockey ed Ellie si sentì fluttuare. Era una sensazione stranissima, come nuotare in una piscina di acqua colorata sulle cui pareti scorrevano come proiezioni tutti i momenti significativi della sua vita. Rivide la sua casa, la sua scuola, il primo giro in bicicletta fino in fondo alla strada, il giorno in cui suo padre aveva portato a casa il loro cane, il giorno in cui aveva perso l'autobus, il campo degli scout, la sua prima cotta... Elizabeth Smith aveva avuto fino a quel momento una vita normalissima ,ma soprattutto una vita felice, fatta di tanti piccoli momenti belli o meno belli, ma sempre comunque circondata dalle persone che amava. Stava per piangere pensando a quanto le mancavano tutti quanti...

Poi qualcosa di strano attirò la sua attenzione. In mezzo a quel marasma di colori c'era una sola proiezione più opaca delle altre. Ellie si sforzò con tutta sé stessa di nuotare in quella direzione. Avvicinandosi riuscì a vedere le scale di casa sua e quella era esattamente l'ultima cosa che ricordava prima di risvegliarsi all'ospedale, ovvero di essere scesa a fare colazione...

-No. Smettila- disse la Ellie del tempo presente.

-Stai andando benissimo!

-Non mollare la presa sul ricordo, ce l'hai quasi fatta!

-Coraggio, ancora poco e interrompiamo il collegamento.

Le voci dei gemelli le giunsero ottavate, come se provenissero da un'altra dimensione ma lei non riusciva a resistere.
Non ce la faceva proprio. Qualcosa la stava bloccando.

-Ho detto no!- urlò Ellie all'improvviso e i gemelli si ritrovarono sbattuti contro le pareti, gambe all'aria.

Ellie non aveva la minima idea di come fosse possibile quello che aveva appena fatto.


 

 

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Capitolo 5
*** WandaVision ***


Dapprima in tutta la base si spensero le luci, poi iniziarono a sentirsi le sirene che annunciavano che tutti i sistemi di alimentazione e contenimento erano andati in avaria contemporaneamente. Lo Shield fu immediatamente attivato per ripristinare la sicurezza del perimetro. Una voce robotica trasmessa da tutti gli altoparlanti invitò i ragazzi a presentare immediatamente tutti all'appello in sala mensa. Quando poi li ebbero radunati partirono gli interrogatori a tappeto.Avevano fatto qualcosa? Visto qualcosa? Secondo loro chi aveva pensato di fare quello scherzo? Si rendevano conto che qualcuno poteva farsi male?
I ragazzi naturalmente tennero tutti la bocca chiusa su Ellie e su ciò che inspiegabilmente l'invasione della sua mente aver provocato, ma cominciarono anche a guardarla sotto una luce diversa. Ellie dal canto suo attendeva il suo turno nell'angoscia, non ritenendosi capace di mentire  con la stessa naturalezza degli altri. Soprattutto se l'avessero messa sotto torchio come aveva visto fare nei film. Sudava freddo come un peccatore in chiesa.

-Devi darti una calmata- le bisbigliò Cali appena rientrata dal suo interrogatorio, egregiamente superato dal momento che era riuscita senza problemi a manipolare la conversazione a suo piacimento, riuscendo alla fine a far piangere l'esaminatore - ci metterai tutti nei guai.

-Ma io non volevo farlo apposta. E i gemelli non si sono fatti niente...forse se cercassi di spiegargli come sono andate le cose...

-Non ti crederanno. E sarà peggio per tutti.

-Che cosa possono farci di peggio che rinchiuderci qui dentro?

-Davvero me lo stai chiedendo Pollyanna? Devo essere più esplicita?!- esclamò Cali-  Diciamo che per iniziare prenderanno la tua adorabile testolina, con il tuo taglio orrendo, e la attaccheranno a tanti cavi colorati...Quando siamo arrivati qui volevano farlo.  Con Sarah ci hanno provato, questo prima che quel gran figo di suo zio desse fuori di matto e ne mandasse una dozzina in infermeria. E' stato un tale spettacolo, peccato che tu te lo sia perso! Lo zio di Sarah è già tremendamente sexy, tipo bello e maledetto, ma quando si arrabbia...

-Cali, ti dispiace?- la interruppe Sarah, in imbarazzo per lei- Ti ho già detto che non succederà mai.

-Perché no?

-Innanzi tutto perché lui è sposato! E tu sei ancora minorenne.

Cali alzò le spalle poco convinta: se non era un problema per lei non capiva perché dovesse esserlo per gli altri. La monogamia era semplicemente aberrante secondo i suoi standard. Inoltre la faceva ridere che, nonostante la sua amica si ostinasse a negare, sotto sotto era una bacchettona della peggior specie esattamente come suo padre.

-Frigida.

-Ninfomane.

-Linguaggio!- la prese in giro Cali allegramente e presto la bionda dovette lasciar perdere perché quando la sua amica si metteva in testa qualcosa, per quanto assurdo e immorale, non c'era modo di farla ragionare. Preferì quindi rivolgersi ad Ellie, che si tormentava nervosamente le mani con l'aria più colpevole del mondo. Di questo passo, come lei aveva previsto, li avrebbe messi tutti nei guai.

-Senti, qualsiasi cosa sia la risolviamo tra di noi. Non serve che gli racconti niente e soprattutto non menzionare i gemelli. Mai. Non aspettano altro che un pretesto per mettergli le mani addosso- le disse Sarah a bassa voce, poi quando sentì chiamare il suo turno aggiunse in tono perentorio- Non fare cazzate Smith.

Ellie deglutì alla non troppo velata minaccia e si avviò verso l'ufficio degli interrogatori con il passo di un condannato a morte. Non ne sarebbe mai stata all'altezza! Cali era bravissima a inventare storie e a far si che gli altri ci credessero ed era abbastanza sicura che Sarah , anche senza bisogno di parlare, avrebbe messo in soggezione chiunque, soprattutto gli agenti dello Shield che per altro lavoravano tutti per sua madre.
Certo che avrebbe provato a fare come diceva Sarah, ma non era per niente fiduciosa nelle proprie capacità di riuscire a mentire sotto pressione... anzi, lei sarebbe stata il punto debole su cui avrebbero puntato per smascherare i ragazzi. Metterli nei guai era sicuramente l'ultima cosa che voleva fare, specialmente Blake che era sempre stato dalla sua parte o i gemelli che non avevano esitato ad aiutarla. Ma cosa poteva fare lei di fronte ad agenti esperti e addestrati?

Quando tuttavia entrò nella stanza e si trovò davanti Michael Coulson, nel suo bel completo inamidato, Ellie capì di avere un margine per giocarsela.

Michael era un agente giovanissimo, per non dire alle prime armi, e per quanto potesse essere stato addestrato doveva avere poca esperienza sul campo. Tra tutti era l'unico agente ad averle dimostrato un po' di empatia, in maniera forse poco professionale e a rispondere alle sue domande per quello che gli era consentito. Era una persona sensibile, di sani principi.
Inoltre, come la vide si irrigidì un po' di più dimostrando a sua volta che non le era indifferente.
Perfetto: poteva funzionare.

-Ciao Elisabeth- la salutò con una punta di imbarazzo.

Dopotutto la loro ultima conversazione nel bosco non era finita nel migliore dei modi.

-Ciao Michael- Ellie decise si mostrarsi il più possibile spigliata e a suo agio- Come va?

-Io...si, tutto bene. Sei gentile a chiederlo. E tu stai...

-Meglio- Ellie gli regalò un timido sorriso- Rispetto all'ultima volta.

-Già. Non è stato il massimo neanche per me, anzi, da tempo volevo scusarmi se ti sono sembrato troppo insensibile nei tuoi confronti.

-Voglio dire che sto meglio grazie a te- lo interruppe Ellie, più decisa, e se Cali avesse potuto vederla sarebbe stata fiera di lei percome le stava riuscendo quella manipolazione- Dopo che abbiamo parlato l'ultima volta ho riflettuto molto su quanto mi hai detto. E penso che potresti avere ragione. Lo Shield sicuramente non ha cattive intenzioni. Ma ero così stanca e depressa dopo la giornata tremenda che avevo avuto che in quel momento non riuscivo a capirlo.

Michael la guardò con stupore e per un momento abbassò quelle difese che l'addestramento e la prudenza gli avevano sempre imposto per lasciarle scorgere una punta di ammirazione. Ammirazione per lei, realizzò Ellie, che solo in quel momento si rese conto di come stavano le cose tra di loro. Per un momento si domandò come sarebbe andata tra di loro se si fossero conosciuti in circostanze diverse, se anziché essere una prigioniera e una guardia fossero stati solo una ragazza e un ragazzo che si incontravano nel corridoio della scuola.
Il naturale rossore che le colorò le guance l'aiutò a simulare una perfetta innocenza, completando quel quadro idilliaco che gli aveva appena dipinto.

-Bene- lui dovette ricomporsi rapidamente con un veloce colpo di tosse, nascosto dietro i documenti che aveva in mano- Bene, mi fa piacere che la pensi così. Vogliamo davvero tenervi al sicuro.

-Non ne dubito.

-E se mai avessi bisogno di qualcosa...

-Saprò a chi rivolgermi.

Lui le riservò un sorriso davvero sincero che la fece sentire un pessimo essere umano.

-Bene- ripetè Coulson cercando di recuperare un tono professionale- Direi che abbiamo finito. Non voglio rubarti altro tempo.

-Come scusa...Tutto qui?

-Certo Elisabeth. Puoi andare.

-Pensavo che doveste interrogarci tutti... voglio dire, sembrava che doveste chiederci qualcosa di importante.

-Non ti mentirò su questo Elisabeth...ci sono stati dei malfunzionamenti ai nostri sistemi di natura abbastanza inspiegabile. Per il momento l'unica cosa certa è che non ci sia stato un attacco esterno ma che provenissero dall'interno del perimetro. Io e i miei colleghi stiamo cercando di individuarne la causa, ma non è facile. Nessuno ha mia visto niente di simile.

-E ...sarebbe una cosa pericolosa?- si informò Ellie, un po' preoccupata.

Michael ovviamente interpretò quella preoccupazione come apprensione verso una minaccia sconosciuta e, cedendo al suo istinto di cavaliere, si affrettò a rassicurarla.

-Non hai nulla da temere. Riusciremo a scoprire chi c' dietro e quali intenzioni aveva. Tu e gli altri siete al sicuro- disse con passione -E dal momento che hai dimostrato fiducia verso lo Shield credo che anche lo Shield dovrebbe accordarti fiducia. Sicuramente tu non c'entri con qualsiasi cosa sia successo. Quindi sei libera di andare.

'Tutto qui?' si disse Ellie, incerta di essersela cavata in maniera tanto semplice. Da un lato avrebbe voluto pressare Michael per sapere quale altre conclusioni avessero tratto da quella strana manifestazione che era stata lei a provocare. dall'altra temeva che se avesse insistito troppo avrebbe fatto nascere dei sospetti e sarebbe stata costretta a tradire il suo coinvolgimento. Prese quindi la decisione di alzarsi e fare per andarsene, dal momento che era stata formalmente congedata dall'agente Coulson.

-Un momento- disse lui ad un tratto, esitando come se non fosse stato sicuro fino a quel momento di quel gesto- Questa è per te- si risolse infine, allungando ad Ellie una piccola busta che aveva tirato fuori dalla tasca interna del completo.

La ragazza la prese e l'aprì con mani tremanti, scoprendo che conteneva una fotografia. Quella fotografia ritraeva Ellie e i suoi genitori in una posa sorridente; l'avevano scattata anni prima ad un picnic ed Ellie in seguito l'aveva conservata in camera sua, sul suo comodino. Come faceva Michael ad averla? Era stato a casa sua? Aveva incontrato i suoi genitori?
Nella fotografia tutti si mostravano sorridenti e senza una sola preoccupazione al mondo. Le  affiorarono lentamente le lacrime agli occhi.

Per un breve istante Ellie si sentì soffocata dalla nostalgia per i suoi e contemporaneamente dal senso di colpa: si stava spudoratamente approfittando del buon cuore di Michael, della sua evidente simpatia per lei e lo stava manipolando. I suoi genitori l'avevano cresciuta meglio di così, si disse.

-Non ho potuto prendere altro- si giustificò lui, che era visibilmente in imbarazzo- bhè a di la verità non è che abbia tecnicamente avuto il 'permesso' di prendere alcun che, ma ho pensato che averla ti avrebbe fatto piacere. Forse potrà aiutarti a sentirti un po' più a casa mentre sarai qui.

-E' bellissima, grazie- disse lei ricacciando indietro le lacrime- Loro stanno bene?

-Staranno bene sapendoti al sicuro- affermò Michael- e io ti prometto che farò...voglio dire che faremo di tutto per tenerti al sicuro.

Ellie annuì, si mise in tasca la fotografia e cercò di ricomporsi prima di tornare dai suoi compagni.

Loro la stavano ormai aspettando in stanza, preparati al peggio e senza la minima fiducia nel fatto che Ellie potesse superare l'interrogatorio. Quando lei raccontò come era andata li lasciò tutti a bocca aperta.

-Così ti ha dato la fotografia e ti ha semplicemente...lasciata andare?- Cali non ci poteva credere- Accidenti novellina, se avessi saputo che il suo tipo erano le verginelle acqua e sapone come te mi sarei organizzata prima! Peccato che quella nave sia salpata ormai da tempo...- commentò rassegnata.

-Cosa? No, non penso che mi consideri a quel modo- disse Ellie ancora un po' rossa- Penso che volesse solo essere gentile.

-Tu gli piaci, è abbastanza ovvio- tagliò corto Sarah, per niente interessata agli eventuali risvolti romantici e molto più orientata sul significato tattico della vicenda- e questo può tornare a nostro vantaggio. Come la strana cosa che hai fatto prima.

-Non l'ho fatto apposta- precisò per l'ennesima volta Ellie, rivolta i particolare ai gemelli- Scusatemi ancora, io non ho proprio idea di che cosa sia successo.

-Noi si!- risposero loro senza perder il consueto ottimismo- Qualcuno ti ha condizionata. Non dipende da te Ellie. Qualcuno non voleva che vedessimo quel particolare ricordo, così ha messo delle 'protezioni'... avremmo potuto tentare di forzarle, certo, ma le probabilità di causarti un danno celebrale erano troppo alte. A questo punto solo la mamma potrebbe farcela senza farti del male.

-Grandioso. E pensate che vostra madre potrebbe aiutarmi?- domandò Ellie speranzosa.

Si rese subito conto di evo detto la cosa sbagliata, perché a quel punto i gemelli si rabbuiarono immediatamente. Anche gli altri alzarono gli occhi al cielo come se fosse una situazione imbarazzante. Ellie era infatti l'unica a non sapere che Wanda Maximoff era da tempo trattenuta insieme al marito in un'altra struttura super segreta per qualche incidente con la giustizia che ai ragazzi non era mai stato spiegato nel dettaglio.

-Temo che questo non sarà possibile- disse Tommy alla fine, parlando per tutti e due-  Se noi siamo chiusi qui dentro lei lo è ancora di più.

-Non ce la facevano vedere di persona nemmeno prima... scusaci Ellie- aggiunse suo fratello.

-Tecnicamente ...non occorre andarci di persona- disse a quel punto Blake, che era rimasto per tutto il tempo in disparte ad elaborare un piano- Andiamo ragazzi, lo abbiamo già fatto un sacco di volte in passato, sapete tutti come funziona una proiezione astrale.

Gli altri lo sapevano eccome, quando erano più piccoli era diventato il loro gioco preferito. Almeno finché il padre di Sebastian non li aveva beccati in flagrante e aveva fatto a tutti la predica della vita sui danni che avrebbero potuto provocare, corredata da esempi pratici, facendogli rimpiangere quelle di Steve Rogers. In particolare a suo figlio, reo di averlo insegnato agli altri.

Al solo ricordo di quell'episodio Sebastian, che per una volta aveva deciso di lasciare da parte i suoi libri per ascoltare le ultime novità, perse il poco colore che aveva in viso.

-Non se ne parla. Troppo rischioso- dichiarò di fronte alle facce egualmente speranzose di Ellie e dei gemelli- Per quanto la conosca da poco non voglio avere la ragazza nuova sulla coscienza.

-Amico, devi per forza- insistette Blake- noi possiamo viaggiare da soli perché ormai sappiamo come si fa, ma Ellie non lo ha mai fatto e le ci vorrebbe troppo tempo per imparare. Deve venire con te, sei l'unico che può portarla senza farle correre troppi rischi.

-Ha detto che non vuole, lascialo in pace- si innervosì Cali, ma Blake non era tipo da arrendersi.

-Sebastian, per favore. E' l'unico modo che abbiamo.

Il ragazzo ci pensò un attimo, poi chinò la testa rassegnato. Di lui si poteva dire tutto tranne che si tirasse indietro quando i suoi amici avevano bisogno di lui.

-Va bene, ma qualcuno deve restare qui di guardia. Riportarci indietro al minimo problema.

-Resto io- si offrì Sarah, meditabonda- tanto viaggiare in quel modo mi fa sempre venire da vomitare.
-Sebastian, sei sicuro?- domandò ancora Cali, preoccupata. Evidentemente la ragazza era l'unica a sapere il vero motivo della sua esitazione di prima e, stranamente, non lo stava usando contro di lui. Questo non presagiva nulla di buono.

-Si se ci sei anche tu, ma facciamo in fretta- rispose il ragazzo in un lampo di sincerità disarmante- Fermami se mi vedi...andare oltre- Cali annuì e non ci fu bisogno di aggiungere altro.

Così stabilito, i ragazzi si disposero a cerchio sul pavimento in una posizione abbastanza comoda, con Sarah di guardia alla porta. Uno ad uno si sollevarono in una forma incorporea che manteneva le loro fattezze, osservando dall'alto i rispettivi corpi rimasti a terra. Quando fu il turno di Ellie fu Sebastian a separarla dal corpo e fu un'esperienza abbastanza intensa, come sentirsi strappare un enorme cerotto, ma una volta fatto la sensazione di leggerezza che provò era bellissima. Ellie si osservò con meraviglia le mani diventate trasparenti. Ormai, dopo quello che aveva visto succedere in quel posto, non si scandalizzava più di nulla.

-Andiamo, non abbiamo molto tempo- disse Sebastian tenendo ancora saldamente Ellie e guidando il gruppo in quella che sembrava una spirale infinita.
Prima che potesse rendersene conto si ritrovò in un grazioso salotto in stile vintage, dove una bellissima donna vestita di rosso acceso stava facendo zapping alla televisione. Accanto a lei un uomo altrettanto rosso su tutto il corpo robotico e con la stessa identica aria trasognata dei gemelli leggeva pacificamente il giornale. Quel posto non sembrava certo una prigione, ma in realtà l'intera casa, ricostruita minuziosamente all'interno di una fase segreta, veniva sorvegliata giorno e notte.

-Guarda Vis, i ragazzi ci sono venuti a trovare! E hanno portato i loro amici!- esclamò Wanda Maximoff accogliendoli tutti con un sorriso smagliante ed entusiasta. Come se non aspettassero altro le proiezioni dei gemelli le si fiondarono incontro come due proiettili impazziti in un momento davvero commovente, abbracciando prima lei e poi il padre. Chissà da quanto non si vedevano...

-Ci sei mancata tanto mamma! Ci sei mancato papà!

-Anche voi ci siete mancati ragazzi- disse Visione, lasciando d parte il giornale per abbracciarli come meglio potè, vista la forma incorporea  Che bella sorpresa che avete fatto a me e vostra madre!

-Vi preparo subito una bella tazza di thè, cosa ne dite?- Wanda mosse graziosamente le mani facendole lampeggiare di rosso e il thè si materializzò sul tavolino davanti a loro- Anche se in forma astrale non potete berlo non è un buon motivo per non comportarsi come una famiglia normale. Dicono che giovedì pioverà. E sono preoccupata per gli elefanti. Sarah e Philip non vengono? Non importa, sicuramente saranno con Steve, salutateli da parte mia.

-Non ci fare caso- disse Tommy a Ellie a bassa voce- la mamma a volte dice cose che sembrano scollegate, ma in realtà non lo sono. Immagino capiti quando riesci vedere passato, presente e futuro...più o meno contemporaneamente.

-Sebastian, sei stato gentile a venire anche tu! Tua madre mi viene spesso a trovare, sai,  e mi chiede sempre di te- stava proseguendo Wanda, girando tranquillamente la sua tazzina- e hai portato anche la tua ragazza! Guardali Vis, non ti ricordano tanto noi due da giovani?

-Tecnicamente siamo ancora 'giovani'- rispose lui con un sorriso- quanto meno ci sarebbe fisicamente impossibile invecchiare in questa forma!
-Non sono la sua ragazza- li interruppe Cali allarmata- Non esiste! Neanche tra un milione di anni.

-Oh, lo sarai molto prima cara- Wanda le fece l'occhiolino- ma non rivelerò chi dei vostri amici vincerà la scommessa su chi si dichiarerà per primo. Altrimenti sarebbe irregolare.

-Ma quali amici, sono tutti dei traditori...avete veramente scommesso su un eventualità tanto assurda quanto impossibile?!- esclamò Sebastian e Blake abbassò lo sguardo, colpevole.

-Bhè... in nostra difesa gli occhi ce li abbiamo - commentò- e voi due vi state sempre addosso.

-Mamma, questa è Elisabeth Smith. Prima io e Tommy abbiamo provato ad aiutarla con uno dei suoi ricordi, ma non ci siamo riusciti- disse questo punto Will, ricordando a tutti che avevano una missione- Non è che tu potresti...

-Ma certo caro, vediamo subito cosa si può fare- Wanda si mise di fronte alla proiezione di Ellie esaminandola attentamente- Non devi avere paura tesoro, ho sentito il tuo potere arrivare ancora prima di vederti. Sei in pericolo purtroppo. Chi ti ha portato via i ricordi vuole usarli per fare del male ai tuoi amici: ricorda che vedono tutto attraverso i tuoi occhi. La Costellazione naturalmente è coinvolta...Ma tu non permetterglielo! La porta rossa dovrebbe andare bene. Dovete andare- disse improvvisamente - Adesso. Non siete al sicuro. Lo Shield non è sicuro.

-Aspetta, ti prego. E i miei genitori? -domandò Ellie, il cuore in gola.

-Oh, credevo sapessi che i tuoi genitori sono morti ormai da tanto tempo- disse Wanda, la testa inclinata di lato e lo sguardo di compassione- Secondo me non devi tornare da loro. Trova Philip Rogers piuttosto, lui comunque vi spiegherà tutto. E' stato un piacere conoscerti Ellie Smith, torna a trovarci quando vuoi per una tazza di the!
-Noi non ci muoviamo da qui- commentò Visione salutandoli con la mano.

Prima che Ellie potesse protestare si sentì risucchiare indietro e si risvegliò nel suo corpo, madida di sudore. Accanto a lei anche gli altri si risvegliarono sconcertati.

-Allora com'è andata?- chiese Sarah, che per tutto il tempo li aveva vegliati - Scoperto qualcosa?
-Purtroppo no- disse Blake, aiutando Ellie ad alzarsi- Wanda non era in vena, ci ha offerto il the però. Ti saluta.

Sarah alzò le spalle e si portò via Cali, che ancora si lamentava per un presunto affronto subito.

-Blake, ma i miei genitori?- mormorò Ellie ancora terrorizzata.

-Io non mi preoccuperei troppo- minimizzò lui, cercando di tranquillizzarla- Wanda a volte confonde le cose, soprattutto sul piano temporale. Ad esempio potrebbe averti detto che i tuoi genitori sono morti perché tra cinquant'anni lo saranno. Stessa cosa con la madre di Sebastian: non può averle parlato recentemente perché sono anni che è morta. Vedi? Sicuramente si tratta di un malinteso.

-E Philip Rogers?! Dove lo trovo? Ci possiamo parlare? Wanda ha detto di trovarlo.

Blake abbassò lo sguardo, desolato.

-Purtroppo si dev'essere sbagliata ancora. Anche Philip è morto da un anno. Per fortuna che Sarah non c'era, non so come avrebbe reagito quando Wanda l'ha nominato- fece per ritirarsi, ma Ellie lo bloccò.

-Ti prego, adesso raccontami tutto.

 

 

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Capitolo 6
*** Divided we fall ***


Un anno fa tutto era diverso per la famiglia allargata dei Rogers-Jhonson.
La coppia aveva sempre desiderato una famiglia numerosa, solo non si sarebbe mai aspettata che, dopo i primi due figli, la casa si sarebbe presto riempita anche dei loro amici. Nè che di conseguenza da lì a qualche anno si sarebbero trovati a gestire una mezza dozzina di adolescenti scalmanati con capacità particolari. Avevano collaudato nella loro sovraffollata casetta di Brooklyn una sorta di caotico equilibrio, come spesso accade quando diverse persone condividono un tetto: c'erano spesso battibecchi stupidi su chi aveva finito il latte senza ricomprarlo o consumato tutta l'acqua calda della doccia, o a chi spettasse fare il bucato o chi avesse di nuovo 'preso in prestito' qualche tecnologia top secret dello Shield o, talvolta, lo stesso scudo del Capitano per usarlo a mo' di slittino per scendere le scale sfrecciando a tutta velocità. Ma al di là delle quotidiane incomprensioni, era ritenuto un bene che i ragazzi avessero compagnia, dal momento che i genitori erano spessissimo assenti per adempiere alle loro responsabilità di lavoro.

Una grossa mano a gestire quella baraonda gliela dava il figlio maggiore, Philip James Rogers, da tutti considerato proprio un ragazzo d'oro. Non solo teneva la casa in uno stato decente, badava agli altri, si assicurava che andassero a scuola con regolarità e stessero fuori dai guai, ma trovava anche il tempo di studiare, allenarsi per l'accademia militare e fare volontariato due volte a settimana. Fin dall'infanzia Philip era stato caricato di responsabilità più da adulto che da bambino, facendo un po' a tutti da padre, da madre e da confessore. Soprattutto per la sorella Sarah, che a ben vedere era la più scalmanata di tutti, Philip rappresentava una certezza sempre presente. Inoltre, al di là della famiglia, era il mondo a pretendere non meno della perfezione dal figlio di Captain America. Philip era tutto questo e riusciva a farlo sembrare facile.

Morgan Stark aveva seguito un percorso diverso e diametralmente opposto. Benché sua madre, che lavorava anche lei moltissimo e aveva poco tempo da dedicarle, avesse auspicato che si sarebbe unita al gruppo dei suoi coetanei Morgan non riusciva facilmente ad integrarsi. Benché non la si potesse certo definire una ragazzina timida era anche toppo perspicace, caparbia, a tratti saccente e spiccatamente individualista per riuscire a socializzare con facilità. E soprattutto era estremamente sincera, al punto di arrivare a offendere le persone involontariamente per la sua totale mancanza di diplomazia. Lei e Sarah erano come il giorno e la notte. Se da bambine avevano giocato spesso insieme, sempre spinte dai genitori, come erano diventate adolescenti le differenze si erano sempre più acuite fino a raffreddare i rapporti. Sarah era frizzante e attiva, sempre in giro, circondata da mille persone, impegnata in tante attività, era la reginetta del ballo bionda e carina che tutti idolatravano. Morgan invece era decisamente più chiusa, anche se aveva il suo giro di amicizie selezionate soprattutto tra persone che condividessero i suoi stessi interessi amava anche molto stare da sola, riflettere, prendersi del tempo per sé. Talvolta dimenticarsi del mondo esterno per approfondire esclusivamente le sue passioni. In particolare si dedicava anima e corpo a perseguire obbiettivi sempre troppo ambiziosi. Mentre le sue coetanee si preoccupavano solo delle feste e dei ragazzi, Morgan sentiva il bisogno di fare qualcosa di più importante, che valesse davvero il suo tempo prezioso, qualcosa che l'avesse resa degna del nome che portava.

Aveva sedici anni quando maturò la convinzione che creare un mondo migliore fosse possibile tramite l'attivismo apolitico. Si era iscritta a tutti i blog possibili che parlassero di ambientalismo e di energie rinnovabili, divorando mano mano i loro contenuti per alimentare le sue battaglie personali. Lo aveva fatto sotto il falso nome di Moonlight, dal momento che aveva presto capito che , anche solo virtualmente, non poteva presentarsi ai suoi compagni attivisti utilizzando il suo vero nome. Perché, diciamolo, essere l'unica erede dell'impero finanziario Stark in quell'ambiente non era un ottimo biglietto da visita. Dopo essere stata cacciata in malo modo da più associazioni per il semplice motivo di rientrare, a loro dire, nella categoria 'viziata figlia di papà che voleva solo ripulirsi la coscienza sventolandogli davanti i suoi soldi del cazzo, frutto del peggiore capitalismo selvaggio', questo era tra gli appellativi meno offensivi che le avevano riservato.

-Secondo me devi solo lasciarli perdere- le aveva detto Sarah, che comunque guardava sempre con sospetto le iniziative di Morgan- Non ti conoscono neanche. Sono solo un branco di svitati che con ogni probabilità godono nello scriverti le peggiori cattiverie dal seminterrato dei genitori. Sai che cosa mi fa davvero incazzare? Che i nostri genitori abbiano dedicato la vita a proteggere anche questi sfigati.

Ma Morgan non poteva essere d d'accordo con lei: per la precisione era stato solo suo padre a sacrificare la sua vita per salvare il mondo, mentre quello di Sarah se ne tornava a casa tutte le sere dai figli e dalla moglie, godendosi il suo cazzo di perfetto sogno americano.
Morgan proprio non lo sopportava: non era giusto!
Perché doveva essere lei l'orfana senza amici dal cognome che attirava gli sguardi dei curiosi?
Perchè doveva essere sua madre a piangere in silenzio la notte per l'assenza dell'uomo che non aveva mai smesso di amare?

Inutile che Sarah facesse tanto la superiore, proprio lei che di migliorare il mondo non aveva alcuna intenzione, prendendosi però tutta l'ammirazione delle persone per meriti non certo suoi.

Morgan si era dunque organizzata al meglio per celare la sua vera identità nella comunità virtuale.

Non era stato un problema considerata la notevole quantità di tecnologia a sua disposizione. Come Moonlight aveva hackerato un paio di database governativi e diffuso online informazioni riservate che riguardavano i test dell'aria e l'impatto batteriologico di certi pesticidi industriali, bravata che aveva scosso l'opinione pubblica ma soprattutto che  l'aveva subito fatta notare nell'ambiente. Insomma, aveva portato avanti le sue idee come meglio credeva sotto mentire spoglie, proprio come una paladina mascherata che lottava per la giustizia. Questo finché non aveva conosciuto lui, Bradley Harker, il giovane e carismatico leader di un movimento underground chiamato Sunburtst. A quel punto la tempesta ormonale che la quindicenne Morgan aveva represso in funzione di più alti ideali era esplosa con conseguenze devastanti sul suo buon senso.

Brad, con i suoi profondi occhi magnetici le freccine lunghe e il portamento da genio incompreso era l'unica persona che non solo sapeva ascoltarla ma che la capiva davvero! Non gli importava del suo cognome, le aveva detto, lui era l'unico che riuscisse a 'vederla per quello che era'.

-E tu sei meravigliosa- aveva detto la prima volta che si erano incontrati di persona, dopo un fitto scambio di mail, davanti a un frullato biologico in centro città- Nessuno riesce ad arrivare al vero volto delle cose come fai tu.

A quel punto Morgan si era sentita lusingata e, cosa rarissima, non era stata in grado di dire niente. Non era spigliata come Sarah che sapeva cavarsela in ogni situazione sociale. Non era in grado di flirtare spudoratamente con i ragazzi come faceva Cali.
Aveva però descritto a Brad, che la ascoltava avidamente, quanto si sentisse  a disagio ad essere diversa da loro.

-I tuoi amici non ti apprezzano come meriti e non lo faranno mai- ne aveva dedotto lui in tono grave-  Anzi, se mi permetti un consiglio dovresti lasciali perdere: sono persone tossiche. Non fraintendermi, non è colpa loro, ma piuttosto di come li hanno cresciuti. Non possiamo farci niente, ma frequentarli non ti fa bene.

Poi Bradley Harker le aveva sorriso e gli ormoni avevano fatto il resto.
Morgan si era bevuta tutto e aveva smesso di rispondere alle chiamate di Sarah o degli altri.

Finché Sarah, che non era abituata a vedersi ignorata,  non aveva deciso di prendere in mano la situazione. Morgan se l'era ritrovata in camera sua a fissarla con le braccia incrociate e un torvo sguardo di palese disapprovazione.

-Che cosa ci fai qui?

-Mi ha aperto tua madre- le aveva spiegato Sarah sempre con un cipiglio indagatore- Anche lei è preoccupata per te. Siamo tutti preoccupati per te! Non rispondi ai messaggi anche se li visualizzi tutti. A scuola non ti vediamo mai. Hai mollato anche il laboratorio di robotica...

-Superato. Praticamente ero io a fare lezione al professore.

-Il punto è che non puoi comportarti da stronza coi tuoi amici per poi pendere dalle labbra di quel Brook, o Brad o come cazzo si chiama. Lo sapevi che la settimana scorsa lui e il suo gruppetto di seguaci ha assaltato un palazzo a Washington?

-Si chiama manifestazione pacifica per i diritti civili.

-Ci sono stati dei feriti! E sarebbe andata peggio se i nostri non fossero intervenuti.

-E tu che prove hai che sia stata colpa sua?- Morgan, sicura di avere il quadro completo ben presente, lo aveva difeso a spada tratta- Si sarà trattato dei soliti infiltrati. Brad non approverebbe mai niente di violento.

-Mio padre dice che è solo un teppista e tu non dovresti fidarti di quello che ti racconta.

-Perchè se lo dice tuo padre allora sarà così, giusto? Sarah, pensa con la tua testa per una volta. Tuo padre non ha la verità in tasca solo perché e Capitan America! Brad è un perseguitato politico, se proprio vuoi saperlo, se solo fossi venuta almeno una volta ai nostri raduni sapresti di cosa parlo. Invece tu e gli altri neanche lo conoscete e vi permettete di giudicare...

-Oh, lo conosceremo presto- ribatte Sarah con malcelato disprezzo- Ho chiesto ai miei di mettere qualcuno a indagare: se il tuo boytoy dimenticherà anche solo la macchina in divieto di sosta sta sicura che lo verranno a sapere e gli faranno il culo.

-Non l'hai fatto davvero- esclamò Morgan, alterata- Chi cazzo credi di essere?

-Sono ancora tua amica. Per questo sono venuta a dirtelo di persona, in caso aveste qualcosa di strano in programma.

-Se sei venuta fin qui per minacciare te ne puoi anche andare. Non mi fai paura e Brad non ha niente da nascondere.

-Lo vedremo!

Sarah era così, voleva sempre avere l'ultima parola anche sui fatti che non la riguardavano.

Inoltre era lei a comportarsi da stronza e a impicciarsi nei fatti degli altri solo per fare la superiore, pensava Morgan.
Naturalmente riferì a Brad tutta la conversazione alla prima occasione e lui non sembrò minimamente preoccupato, segno che come pensava lei davvero non aveva nulla da nascondere. Le parlò a lungo co il suo tono calmo e posato e le disse tutto quello che lei voleva sentirsi dire. Eppure da quel giorno Morgan non era più tranquilla, nonostante le continue rassicurazioni di lui: era come se qualcosa si fosse incrinato e qualcos'altro di brutto potesse succedere da un momento all'altro.
Purtroppo aveva ragione e quel tragico errore di valutazione l'avrebbe segnata per sempre.

-Perchè non inviti anche i tuoi vecchi amici al prossimo meet up?- le aveva proposto poco tempo dopo un Brad insolitamente su di giri - così si renderanno conto di quanto sia importante quello che facciamo.
E le aveva allungato una canna che la ragazza non aveva rifiutato.

Come da sua sollecitazione Morgan quel giorno aveva scritto a Sarah. Era il primo sms che le inviava mesi. Le aveva scritto solamente se potevano parlare, allegando la posizione dove si trovava con gli altri amici del gruppo di Brad. Non si aspettava che quindici minuti dopo Sarah si sarebbe davvero presentata nella hall dell'albergo del centro dove avevano installato il loro presidio di manifestanti. Non si aspettava che sarebbe venuta con tutta la banda al seguito.
E soprattutto con Philip.

Philip Rogers era l'ultima persona che Morgan avrebbe voluto trovarsi davanti.

Philip era molto diverso dalla sorella. Intanto non se la tirava minimamente, non si aspettava che tutti scattassero sull'attenti e lo assecondassero, non era un maniaco del controllo come Sarah. Philip era semplicemente un ragazzo gentile e responsabile, che in un raro momento di follia in cui aveva pensato a sé stesso l'aveva baciata alla festa di compleanno di sua sorella, sei mesi prima. Salvo poi tirarsi indietro, scusandosi profusamente, come se non si potesse permettere per una volta di reclamare qualcosa per sé, per come la vedeva Morgan agendo come un perfetto vigliacco.
Vederlo adesso tutto preoccupato per lei la faceva ribollire di rabbia repressa.

A dire il vero erano tutti preoccupati e un po' perplessi dal trovarsi davanti il dispiegamento di forze di Bradley Harker, con tanto di presidi e cartelloni.
Vedendo le facce sconvolte dei suoi amici Morgan si pentì immediatamente di essersi lasciata coinvolgere.

-Credevo che dovessimo parlare noi due- aveva subito commentato Sarah, guardandosi intorno inorridita dalla quantità di manifestanti dallo sguardo spiritato- Cosa ci fa qui il resto del circo?

-Anche tu a quanto vedo ti sei portata dietro la cavalleria- ribatté Morgan, cercando di mantenere disperatamente il controllo della situazione- Che c'è, principessa, non muovi un passo senza che la tua corte ti segua?

-Guarda che siamo stati noi a voler venire, stronza- si era fatta avanti Cali, che nelle discussioni stava dalla parte di Sarah per principio- Se hai finito di fare la brutta imitazione di Greta Thunberg, possiamo tornarcene a  casa? Vedere tanti sfigati in una sola volta mi deprime.

Il suo approccio al problema di recuperare Morgan dalla setta pseudoambientalista che l'aveva risucchiata era di stampo molto più pratico: lo aveva detto più volte agli altri che bisognava solo darle una botta in testa e portarla via a forza, mentre tutti insistevano a 'parlarci', come se parlare avesse mai risolto qualcosa.

-Ehi! Com'è che ci hai chiamato?- urlò qualcuno dalle retrovie.

-Vi credete tanto migliori del resto di noi comuni mortali, vero?!?!

Dopo il commento di Cali gli animi dei manifestanti cominciarono a riscaldarsi, tanto che i più grossi li accerchiarono in maniera intimidatoria. Qualcuno arrivò anche ad allungare le mani nella direzione delle ragazze, ma venne bloccato dalla considerevole stazza di Blake, che non aveva esitato a mettersi di fronte a loro. Non che Sarah o Cali avessero bisogno di protezione, ma era più forte di lui dover intervenire quando vedeva delle prepotenze.

-Io non ci proverei se fossi in te amico- disse minaccioso.

E nonostante Blake Foster fosse il più pacifista tra loro il suo fisico da dio asgardiano incuteva comunque una certa soggezione.

-Non vogliamo problemi- dichiarò perentoriamente Philip Rogers, rivolgendosi direttamente al leader, ma anche ai suoi stessi compagni- Siamo venuti solo per parlare con la nostra amica. Poi ce ne andiamo.

-Lascia perdere Philip, quello che faccio non è affar tuo- disse Morgan, che voleva solo allontanarli tutti il prima possibile da quella situazione pericolosa.

-Certo che sei affar mio- ribatté subito il ragazzo facendole battere il cuore fortissimo- e non ti lascio in mezzo a questo casino.

-Tranquilli ragazzi, fermi, non è un problema- intervenne solo a quel punto Brad, che era del tutto a suo agio in quella polveriera, anzi , era letteralmente gongolante di fronte a tanti volti famosi da associare alla sua campagna.
Si era fatto avanti come un pavone che mostra la coda, ostentando un sorriso smagliante di fronte alle occhiatacce di Sarah e dei suoi amici e al disagio sempre più palese di Morgan.

- Più siamo meglio è, giusto? - proseguì, circondando in maniera possessiva la vita di Morgan, e detto questo ebbe il coraggio di tirare subito fuori il cellulare e cominciare a scattare selfie all'impazzata davanti a un gruppo di ragazzi sempre più incredulo.

Certamente mirava a questo fin dall'inizio, realizzò la ragazza solo in quel frangente, non aspettava altro che immortalare tutti in un'ottima foto promozionale a cui apporre un bell'#avengers. Quanto era stata stupida a fidarsi di un tipo del genere...
Fu allora che gli eventi iniziarono sul serio a esplodere e a precipitare.

Sarah, prima che suo fratello o Blake la potessero fermare, fu la prima a farsi avanti strappandogli di mano il cellulare e letteralmente spaccandolo in due a mani nude. Avrebbe spaccato in due anche Brad se suo fratello non l'avesse tirata indietro con altrettanta super forza.

-Sarah, fermati, ho detto che ce ne andiamo.

-Non prima di aver dato una lezione a questo coglione!

-Avete visto tutti gente?!- stava urlando Brad, le mani alzate in aria come un predicatore- Mi hanno appena aggredito senza motivo! Gli Avengers devono considerarsi al di sopra della legge per permettersi di aggredire impunemente dei comuni cittadini che stavano solo manifestando pacificamente! Tanto nessuno di noi li può toccare nella loro bella torre d'avorio dico bene?

Molti tra la folla gli diedero ragione alimentando il tenore della protesta.
Morgan avrebbe voluto sotterrarsi di fronte a quella scena indecorosa, mentre i suoi amici avrebbero voluto sotterrare lei per averli coinvolti tutti in quella pagliacciata. Intanto una piccola folla tra i passanti e semplici curiosi aveva cominciato a radunarsi nella hall dell'hotel, tutti intorno a loro e molti con palesi cattive intenzioni.

-Sarah ho detto basta!

-Lasciami! Se l'è cercata!

-Ragazzi, ci guardano tutti- avvisò Sebastian, riparandosi con la mano dalle centinaia di flash dei telefonini indirizzati su di loro- fatela finita e andiamocene da qui.

A giudicare dai commenti e dal brusio generale, ormai tutti li avevano riconosciuti come i figli degli Avengers e tutti sembravano convinti che avessero fatto qualcosa di male contro i cittadini inermi. Intanto il trambusto aveva richiamato anche i curiosi: sempre più folla si stava addensando in quel punto intasando sia entrate che uscite della struttura.

-Non qui- stabilì Philip con la sua consueta risolutezza, senza perdere d'occhio sua sorella che invece sembrava  piuttosto incline e risolverla immediatamente- Adesso noi ce ne andiamo e Morgan viene con noi- aggiunse.

La ragazza non se lo fece ripetere due volte, non esitando a mollare a Brad una gomitata per far si che la lasciasse andare immediatamente.
Lui non la prese per niente bene.

-Perfetto, vattene anche tu- le urlò contro con una violenza inaudita di cui non lo avrebbe ritenuto capace- Fate pure, scappate di fronte alla verità! Non abbiamo certo bisogno di voi per far prevalere il nostro libero messaggio, ma comunque grazie di essere passati... penso che la pubblicità faccia sempre bene a una giusta causa. E dopo oggi nessuno potrà più ignorare che gli Avengers sono un problema anche più grosso delle minacce che dicono di combattere!

-Non è questo che hai appena pensato bastardo!- intervennero i gemelli Maximoff quasi all'unisono, allarmando i loro compagni dato che era raro intervenissero in quei termini se la situazione non era disperata.
E ancora più raro che dicessero parolacce visto che Steve Rogers gli aveva detto di non farlo e loro erano gli unici a darli sempre e comunque retta.

- Hai appena pensato 'aspetta che si accorgano della bomba'- rivelarono a quel punto i gemelli.

Dopo di che scoppiò il finimondo.

Ancor prima che Sarah, finalmente libera dalla presa del fratello, riuscisse ad afferrare Brad facendogli sputare insieme a qualche dente anche l'ubicazione della carica esplosiva l'onda d'urto li colpì in pieno. Morgan si ritrovò a terra, protetta dal corpo di Philip che si era immediatamente preoccupato di tenerla al sicuro. Sarah che aveva mollato Brad giusto un secondo prima  invece fu sbalzata diversi metri più avanti, atterrando di faccia su un tappeto di frammenti di vetro sparsi dall'esplosione. Lo scoppio del primo ordigno aveva innescato il panico generale e diverse persone quel giorno morirono anche solo schiacciate nel tentativo di fuggire. O intrappolate tra le macerie, o seppellite dal crollo che seguì o arse vive dall'incendio che si propagava dal decimo piano.

Fu un bagno di sangue e di confusione.

In un primo momento si respirava quasi una calma innaturale tra i detriti che volavano da tutte le parti e gli astanti troppo shoccati per reagire. I ragazzi coordinati da Philip tentarono tutti di dare una mano come poterono per contenere i danni, prestare il primo soccorso ai feriti e soprattutto mettere in salvo quanta più gente possibile in attesa dell'intervento delle autorità. Ma molti dei loro sforzi si rivelarono controproducenti. Non aiutò il fatto che non tutti erano in grado di mantenere il controllo come Philip Rogers di fronte a quel disastro.
Blake ad esempio, come si trovò davanti il volto pieno di sangue di Sarah, vide rosso. Di conseguenza, si scatenò su di loro una tempesta completamente fuori dal suo controllo caratterizzata da tuoni spaventosi! Un fulmine colpì addirittura il palazzo, mandando in cortocircuito tutto ciò che non era ancora stato danneggiato dall'incendio.

Poco distante Cali non era meno in difficoltà a contenere Sebastian, che a sua volta aveva letteralmente perso il controllo sulla sua magia del caos che si era attivata suo malgrado non appena si era sentita minacciata. Tutti gli Stregoni concordavano che Sebastian Strange in quando figlio di una Divinità del Caos rappresentasse una minaccia per la Terra, una minaccia che sarebbe stato opportuno eliminare quanto prima proprio perché rischiava di creare da un momento all'altro una spaccatura nella realtà. Ritenevano anche che suo padre fosse stato un debole o addirittura un traditore rifiutandosi di fare subito in prima persona ciò che andava fatto non appena aveva scoperto il terribile segreto di sua moglie. Mancando di fatto di onorare il suo sacro giuramento aveva preferito semplicemente imporgli un sigillo di contenimento e affidarlo ai Rogers perché lo tenessero lontano dai guai.
Ora con ogni evidenza il sigillo non aveva retto e gli occhi del ragazzo lampeggiavano minacciosamente di giallo.

Cali non aveva peso tempo, essendo anche l'unica che ne capisse abbastanza di magia per poter fare qualcosa di concreto, aveva evocato una barriera di ghiaccio che isolasse Sebastian dal resto del gruppo e gli impedisse di aggravare la situazione, che comunque si aggravò a prescindere quando i rispettivi poteri si scontrarono.

Morgan stava ancora cercando di raccapezzarsi in mezzo alle urla, alle esplosioni e agli incantesimi quando Philip la prese per un braccio, spingendola senza troppi riguardi verso Tommy Maximoff, che si stava occupando di trasportare al sicuro con super velocità quante più persone possibili.

-Portala fuori- ringhiò- io vado di sopra a vedere cosa si può fare.

-Vengo con te- disse Sarah che si era appena rialzata da terra, aveva il viso tutto tagliato dai vetri ma tutto sommato era più apparenza che altro.

-Sarah tu esci con gli altri. Aiuta a trasportare fuori chi non ce la fa e poi chiama papà- si impose il fratello- Ci vediamo fuori, punk. Fai la brava- aggiunse, cercando di rassicurala con il nomignolo che solo lui usava.

Dopo di che, senza lasciare a nessuno il tempo di replicare, Philip corse di sopra dove si sentivano più forti le grida delle persone ancora intrappolate.
Fu anche l'ultima volta che i suoi amici lo videro perchè il soffitto crollò poco dopo.

Quando gli Avengers e lo Shield furono sul posto si trovarono davanti solo devastazione.

Morgan non avrebbe mai dimenticato la disperazione sul volto di Captain America quando gli dissero che per suo figlio purtroppo non c'era più niente da fare. Lo aveva visto cadere sulle ginocchia come un comune mortale, sopraffatto dalla peggiore delle sventure che potesse abbattersi su un genitore.

Lo scudo giaceva abbandonato a terra come se non avesse alcun valore.

Non avrebbe mai dimenticato la madre di Sarah che cercava di tenerla lontana dal palazzo ancora traballante, mentre lei urlava che voleva solo che le facessero vedere suo fratello.

I loro sguardi si incrociarono per un solo istante ma a Morgan bastò per capire che la riteneva responsabile.
E lei lo accettò perché in fondo lei stessa lo pensava.
Nessuno avrebbe potuto odiarla più di quanto lei odiasse sé stessa in quel momento.

A dimostrazione che al mondo non esisteva giustizia, vide Bradley Harker che veniva arrestato e scortato via dalla polizia, un po' malconcio ma  tutto sommato illeso.
Quando le passò davanti ebbe il coraggio di rivolgerle un commento orribile accompagnato dalla peggiore esaltazione da fanatico.

-Complimenti Stark! Oggi grazie al tuo aiuto abbiamo veramente fatto qualcosa di grande per il mondo... tuo padre sarebbe fiero di te!

Subito dopo Morgan vomitò anche l'anima sull'asfalto bruciato. 
 

 

 

 

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Capitolo 7
*** RedDoor ***


Il resto della settimana nell'istituto trascorse in uno stato di calma soltanto apparente.
Gli adulti sembravano essersi scordati del cortocircuito o comunque si erano arresi al fatto che non ne avrebbero mai identificato l'origine. Inasprirono però la sorveglianza, tanto che molto spesso si poteva vedere il personale dello Shield, prima dislocato solamente sui confini, presidiare il posto. Gli agenti nei loro completi scuri e auricolare in bella vista stazionavano di fronte alle aule, alla sala mensa e talvolta di fronte ai dormitori. I ragazzi non capivano se era una sceneggiata per farli sentire maggiormente protetti oppure per incutergli timore. Molto più probabile la seconda, si disse Ellie, vogliono farci sapere che ci tengono d'occhio.

Il lato positivo della faccenda era che ora Elisabeth vedeva Michael molto più spesso. Sebbene l'agente  Coulson cercasse sempre di mantenere un distacco professionale, specialmente di fronte ai ragazzi che la struttura ospitava, con lei non ci riusciva mai del tutto. Le pieghe del suo sorriso si allargavano sempre un po' più del dovuto non appena la vedeva insieme ai suoi amici e il suo sguardo su di lei indugiava sempre di qualche secondo in più che sugli altri. Se capitava di incontrarsi in un corridoio non troppo affollato Ellie lo salutava con cortesia e talvolta gli dedicava qualche minuto di convenevoli. Mai nulla di troppo intimo comunque.
Non parlavano di nulla in particolare, per lo più del tempo o talvolta delle lezioni di Ellie, come se entrambi temessero di sfociare in argomenti troppo personali, lui per rispetto alla sua posizione e lei perché ancora in cuor suo si vergognava per avergli mentito durate l'interrogatorio.

Ellie continuava a frequentare quella curiosa parodia di scuola insieme ai suoi nuovi amici e doveva ammettere che passare il tempo rinchiusa in quel posto strano in loro compagnia non era così male. Ci si divertiva un sacco quando Cali era in vena di scherzi e quando riusciva a coinvolgere anche i gemelli era spettacolare. Anche con le lezioni non era così male come all'inizio, soprattuto perché Blake, molto ferrato in astrofisica, la stava aiutando a recuperare i concetti base e a tenere il passo con il resto della classe. Ellie manteneva un rapporto cordiale con tutti, forse un po' meno con Sarah che non le dava ancora troppa confidenza come se si stesse riservando di valutarla. Eppure lei non attendeva altro da giorni se non un momento per poterle parlare da sola, per togliersi quell'angoscia che ancora le arrovellava il cervello.

Malgrado le spiegazioni di Blake non aveva infatti dimenticato gli ammonimenti di Wanda, in special modo il commento sui suoi genitori.

Finalmente un giorno, approfittando del fatto che tutti gli altri fossero impegnati in un corso di matematica avanzata, decise di approfittarne per parlare apertamente con Sarah. La trovò in un angolo della loro stanza, intenta ad ascoltare canzoni da un vecchio walkman.

-Devo chiederti una cosa importante- sussurrò Ellie a mezzo tono, poi, prendendo coraggio, alzò la voce finché Sarah non potè più fingere di non essersi accorta della sua presenza e dovette abbassare un po' controvoglia  le cuffie - Dobbiamo parlare. Ho bisogno di sapere da te se avete davvero scommesso su chi si dichiarerà per primo tra Cali e Sebastian?

Sarah a quella domanda del tutto fuori luogo spacciata per questione di vitale importanza assottigliò lo sguardo, sospettosa. Non si fidava ancora del tutto di Elizabeth Smith. Non si sarebbe fidata più di nessuno al di fuori della sua famiglia per molto tempo, dopo quello che era successo a suo fratello. Aveva ceduto sul fatto di accogliere Ellie tra di loro e cercare di aiutarla, questo è vero, ma lo aveva fatto solo perché glielo aveva chiesto Blake.
E in minima parte anche perché, dopo quello che avevano passato, avevano tutti bisogno di una vittoria.

-Perchè?

-Devo saperlo. Per favore- insistette Ellie- E' per una cosa che ha detto Wanda. Io devo solo sapere quanto sia attendibile.

Sarah ponderò la sua risposta per un istante, poi si ammorbidì.

-Bhè...li hai visti- ammise alla fine - Anche se sembrano in costante disaccordo la verità è che hanno un legame molto profondo. Tutti abbiamo pensato che sia solo questione di tempo.

Questa risposta non faceva che confermare i peggiori sospetti di Ellie.
Se Wanda aveva avuto ragione sulla scommessa allora poteva aver detto il vero anche sul resto, in particolare sul fatto che i suoi genitori fossero...no, non ci voleva nemmeno pensare!

-Per caso sai a cosa si potrebbe riferire parlando di una Costellazione o di una Porta rossa?

-No, certo che no. Ellie...posso sapere cosa ti ha detto esattamente Wanda per farti andare così fuori di testa?

Ellie rimorse l'interno della guancia, tentennò un istante ma alla fine vuotò il sacco.

-Ha detto che i miei genitori sono morti.

-Ascoltami bene Ellie, questo non può essere vero. Innanzi tutto Wanda confonde spesso le cose. L'hai incontrata, hai visto come vive, no? Sicuramente ti sarai resa conto che ormai non ragiona più in una linea di tempo 'normale'... è diventata troppo potente per percepire un'unica realtà, ma spesso spazia sulle alternative. In pratica dice un sacco di sciocchezze! Sarebbe capace di parlarti tutto il giorno di cosa sarebbe successo se il sole fosse esploso... e non rendersi minimamente conto che siamo ancora tutti qui e che al mondo là fuori non è capitato proprio niente! Non ancora. Ma il punto è che in quel momento lei ci crede davvero. E tu l'hai vista in una delle giornate buone.

-In che senso 'giornate buone'?

-Ha riconosciuto i gemelli- spiegò Sarah brevemente- Non è sempre così purtroppo....a volte la sua mente si perde. Crede di essere ancora a Sokovia. Oppure cerca suo fratello. In quei momenti non ci hanno mai permesso di restare... solo Visione riesce a calmarla. Bill e Tommy non ne parlano con noi ma gli fa male vederla così.

-Quindi, pensi che anche quello che ha detto sui miei genitori... non sia reale?

-Ma certo! E poi se tu sei finita qui è perché i tuoi hanno dato un assenso scritto. Forse stavi ancora troppo male per ricordartelo. Il trauma, l'ospedale e tutto il resto avranno influito. Ma di questo sono sicura: se fossero morti lo Shield te lo avrebbe detto.

Era evidente che pronunciando quelle parole la ragazza intendesse 'mia madre te lo avrebbe detto'.

Sarah Rogers  anche nel picco della sua fase di ribellione adolescenziale, in particolare modo contro le restrizioni severe imposte da suo padre sul fumo, sul bere o sul fare tardi, era abituata a considerare sua madre sempre e comunque nel giusto. Era un punto di riferimento, era lei che in famiglia mediava, almeno quanto lo faceva Philip, che di Daisy aveva preso gli aspetti migliori di pacificatore. Al contrario di sua sorella, che era sempre stata la ribelle.
Ma quel giorno l'unica ribelle era Elisabeth Smith: di fronte al pericolo che incombeva sulla sua famiglia non sarebbe certo stata zitta. Adesso basta fare la brava bambina, si disse la ragazza in un impeto di coraggio di cui si stupì lei per prima.

-Non per criticare, Sarah, ma lo Shield non ha giocato particolarmente pulito confinandoci qui- disse sostenendo lo sguardo impenetrabile di lei-  Voialtri siete qui addirittura da un anno senza contatti con l'esterno...ti sembra normale? E poi di cosa hanno paura?

-Hanno i loro buoni motivi, sicuramente li hanno. Non so per gli altri ragazzi che stanno qui, ma  noi ce lo siamo meritato. Ci sono cose che non sai.

-Ma invece lo so...insomma, Blake me lo ha detto- ammise Ellie con cautela ma anche decisa a giocarsi il tutto per tutto- Mi dispiace tanto.

Non ci volle molto a Sarah per capire esattamente a che cosa si riferisse e per accusarne il colpo.

-Wow...devi piacergli davvero molto se non ha perso tempo a raccontarti tutto!- osservò ironica.
E forse con giusto una punta di gelosia.

-Senti...non è come credi. Si preoccupa per te... più di quanto un semplice amico farebbe.

'Se non fossi così testardamente aggrappata ai tuoi problemi te ne saresti accorta da un pezzo' avrebbe volentieri aggiunto Ellie, ma cercò comunque di essere diplomatica. Era la verità. Che Blake sentisse per Sarah qualcosa di più che amicizia era abbastanza palese anche solo a qualcuno che li avesse osservati e frequentati da pochi giorni. Le stava sempre intorno, non sopportava che ce l'avesse con lui, eppure non era minimamente condiscendente, anzi trovava sempre il coraggio di contraddirla se riteneva che si stesse facendo del male da sola. Ellie in genere non si immischiava in quel genere di faccende, ma ormai era chiaro che prima Sarah se ne fosse resa conto, maggiori sarebbero state le possibilità che si calmasse.

-Questa storia che Blake si preoccupi per me mi ha proprio stancato! Io sto benissimo.

Dal modo in cui scandì le ultime sillabe, quasi con disperazione, era perfettamente chiaro che non era vero. Sarah era da tempo una meteora in caduta libera, per quanto fosse brava a nasconderlo, era molto vicino il punto di impatto.

Detto ciò la ragazza si diresse con passo deciso verso il corridoio, lasciando una Ellie spiazzata ad arrancarle dietro.

-Sarah, aspetta, dove stai andando?

- A cercarti le risposte che vuoi così disperatamente, ragazza nuova! Così forse la smetterai di ficcare il naso nei nostri affari e ad occuparti piuttosto dei fatti tuoi... Wanda non è l'unica Strega che conosciamo.

-Ce ne sono altre? Qui?!

-Agatha Harkness- confermò Sarah- Devi averla incontrata per forza. E' lei che ci ha messo questi braccialetti con un incantesimo quando siamo arrivati, altrimenti pensi che non ce ne saremmo sbarazzati subito?!

-Certo che so chi è ...quella donna mette i brividi, molto più di Wanda.

-Lo so che non è il massimo e non le stiamo nemmeno particolarmente simpatici, a dirla tutta, ma in fondo non la biasimo. Nessuno vorrebbe stare qui. Se lo sopporta è solo perché fa parte della sua condizionale con lo Shield. Non è sempre stata inoffensiva, sai? In pratica sono giunti ad un accordo: lei ci tiene d'occhio qui dentro e si evita la prigione di Westview.

Trovarono Agatha Harkness all'Infermeria, seduta di traverso su una poltrona e intenta pigramente a sfogliare una rivista, mentre nell'altra mano girava un bicchiere di martini. Il settimo della giornata. La noia purtroppo si faceva sentire anche per i guardiani del forte e, come aveva detto Sarah, nessuno era felice di stare in quel posto. Le sentì entrare, ma non sollevò nemmeno lo sguardo dalla sua rivista, agitando pigramente una mano verso la vetrinata delle pasticche.

-Anfetamine sulla destra, oppiacei nel ripiano in basso.... sintetica e qualsiasi diavoleria siano quelle  compresse verdi e blu che vi piacciono tanto sul secondo scaffale. Servitevi pure, tesorini- disse pigramente, talmente abituata alla gente che passava di lì solo per sballarsi da non farci ormai più caso- E mi raccomando, come dico sempre: un consumo responsabile è un consiglio memorabile.

Sarah sbuffò, domandandosi cosa ne avrebbe detto suo padre dei consigli che la Harkness elargiva così generosamente ai suoi studenti.

-Ehm... veramente non siamo qui per drogarci, signora Harkness- precisò Ellie, piuttosto in imbarazzo per quella scena pietosa.

E quella sarebbe stata la loro tutrice?! La potente strega che forse poteva aiutarla?!

-Ah no?- Agatha sollevò appena lo sguardo dalla sua lettura per inquadrarle nel suo campo visivo, gli occhi viola perfettamente in tinta con il suo vestito lampeggiavano leggermente nella penombra della stanza- E allora che ci fate qui, biscottini?

-Vogliamo delle risposte- disse Sarah senza andar troppo per il sottile- Sui genitori di Ellie. Puoi confermare che stanno bene?

-Che razza di domanda sarebbe?! Sei proprio sicura di non volere una pasticca, cara, una piccolina che ti migliori un po' quell'umore cupo che hai sempre? Saresti così carina se solo sorridessi un po' di più. A papà non lo diciamo... sarà il nostro piccolo segreto, ok?

-Può semplicemente rispondere?- la supplicò Ellie- Per favore.

A quel punto la Strega si raddrizzò svogliatamente sulla poltrona, mettendo da parte la sua preziosa rivista per dedicarsi più seriamente alle ragazze che aveva di fronte.

-Samantha e Perry Smith godono di ottima salute- disse a quel punto, senza un minuto di esitazione, con tono più serio e fissandola direttamente negli occhi- e non ho bisogno di un incantesimo per dirvelo, tesorini. Ci ho parlato proprio questa mattina al telefono.

-Davvero?- Ellie vibrava dall'emozione nel sentire dalla bocca di un adulto la conferma che stavano bene.
Sarah invece manteneva il suo atteggiamento scettico su tutto.

-Ma ovviamente... il contatto costante con le famiglie è un punto importante del programma. Altrimenti come potrebbero dormire sonni tranquilli senza essere aggiornati sui progressi scolastici dei loro preziosi rampolli?

-La storia delle lezioni è una cazzata- commentò Sarah- nessuno le segue per davvero. E a nessuno interessa darci dei voti. In un anno che siamo qui non abbiamo svolto un test nemmeno una volta.

-Ah, tu dici?- replicò la Harkness, con il ghigno poco rassicurante di un gatto che sta giocando- Ne sei proprio sicura, cara?

-Per favore- ripetè Ellie, che non stava più nella pelle- mi ci faccia almeno parlare!

-Questo...temo che non sia possibile. Purtroppo il regolamento non lo consente, zuccherino.

-Diciamo che in questo caso si fa un'eccezione- insistette Sarah.

L'attenzione di Agatha si spostò sulla bionda, che squadrò con aria poco amichevole.

-Signorina Rogers, tu sei proprio abituata ad ottenere sempre quello che vuoi... La preziosa principessa di papà e mamma...ma tutto sommato perché non viziarti un po' di più del dovuto?! In fondo non eri tu quella destinata a renderli orgogliosi.

Sarah resse il colpo, apparentemente, ma la sua voce iniziò a tradire urgenza e agitazione.

-Voglio parlare con mio padre, strega, adesso.

-E perché lui dovrebbe voler parlare con te? Non dubitare neanche per un momento che tuo padre sappia esattamente che quanto è successo alla vostra famiglia sia stata solo colpa tua.

Quel commento la lasciò impietrita.
Ellie si costrinse ad intervenire perché chiaramente Sarah, di solito così forte e indipendente da non aver mai bisogno di nessuno, non ce la faceva.
Non era giusto! Quelle parole non le avrebbe meritate nessuno a prescindere da come fossero andate le cose quel drammatico giorno.

-Non ascoltare una parola di quello che dice questa megera:è chiaro che è una persona malvagia- disse Ellie facendole forza, poi rivolgendosi direttamente ad Agatha Harkness- Che trucco sarebbe questo, vuole torturarci psicologicamente per convincerci a voltarci dall'altra parte mentre fa i suoi magheggi?
Quella finse indifferenza, quasi non l'avesse fatto apposta a tirare in ballo il fratello di Sarah.

-Certo che no cara! Purtroppo nel mio contratto c'è scritto chiaramente che non posso torcervi un capello- e la donna sembrava particolarmente delusa da quella spiacevole circostanza-Comunque RedDoor non lo permetterebbe.

Al solo sentire quel nome entrambe le ragazze sbiancarono riconoscendo un aggancio alle parole di Wanda. La Stanza Rossa dunque non era un posto, ma forse era una persona.

-E chi sarebbe RedDoor?- domandò Sarah, sforzandosi di mantenere una conversazione .

Agatha le dedicò un sorriso sprezzante.

-Ma come, non lo sai tesorino? La mamma non ti ha parlato di chi dirige tutto questo meraviglioso show- la donna indicò platealmente il complesso ridendo di gusto di fronte all'incredulità delle due ragazze- Forse non si fida di te. E perché dovrebbe? L'ultima volta che ha lasciato voi ragazzacci senza supervisione c'è scappato il morto. Ops, troppo presto?!

Ellie si rendeva conto che se in quel momento Sarah avesse perso le staffe lei non avrebbe potuto fare nulla per fermarla. Forse neanche Blake avrebbe potuto nonostante fisicamente fosse forse l'unico a poterla fronteggiare. Ellie vide il suo sguardo farsi di ghiaccio, la mascella serrarsi. Eppure Sarah rimase immobile in una calma soltanto apparente, mentre dentro urlava.

-Diccelo tu Agatha, scommetto che muori dalla voglia di farlo e di dare un senso alla tua patetica esistenza in questo buco di posto- affermò freddamente la bionda, in un'ultimo impeto di coraggio, scatenando nella strega solo una serie di risate ancora più stridule.

-Ti accontento subito, cara. RedDoor è semplicemente quello che voi ragazzini di questo secolo definireste 'un fottuto genio'! E' partito tutto da una sua idea...costruire questo posto, metterci voi mocciosi viziatelli...certo non è stato facile all'inizio. Capitan Manzo non era d'accordo, il Dottor Sexy storceva il naso e Pepper Stark minacciava addirittura azioni legali da milioni di dollari! Ma poi... dopo il tremendo casino che avete causato... hanno firmato tutti come agnellini. Ci hanno praticamente supplicato di mettere un freno a questi fanciulli tanto cattivi e dispettosi.

-Smettila- intervenne ancora Ellie.

-Anche i tuoi cari genitori Elizabeth- aggiunse Agatha, rivolgendosi questa volta direttamente a lei- Sono stati più che felici di mandarti qui. Detto fra noi... cominciavi a fargli paura

-Ce ne andiamo - decise Ellie con fermezza, senza lasciarsi scalfire dall'ultima frecciata malevola e tirandosi dietro anche Sarah che in quel momento era completamente in tilt.

Ebbe la netta sensazione che solo una volta che furono fuori dall'infermeria la ragazza tornasse a respirare.

-Grazie- disse solo rivolta ad Ellie.
Quella semplice parola detta da Sarah valeva un mondo.

-Non dirlo neanche, piuttosto dobbiamo trovare un modo di fare qualcosa! Non ci credo che i nostri genitori ci vogliano qui, non come dice lei almeno. Forse gli hanno mentito. Non possiamo credere a niente di quello che ha detto la Harkness, sicuramente stava solo cercando di manipolarci come avrà fatto con loro. Sono sicura che i miei genitori non mi avrebbero mai fatto niente del genere e neanche i tuoi.... devono averli ingannati su questo posto.

-Però è vero che non hanno mai chiamato- osservò Sarah, un po' depressa- Nè i miei né gli altri. Neanche una volta da quando siamo qui.

-Che ne sai? Potrebbero avergli impedito ogni comunicazione. Potrebbero avergli chiesto di non chiamare.

Sarah non riusciva a crederci, non riusciva a immaginare che suo padre si fosse fatto convincere da quella strega a non parlarle per un anno, nemmeno per sincerarsi che stessero bene lei e gli altri. Eppure, considerò, ogni ricordo che aveva di suo padre era stato prima di quello che era successo a Philip.
Dopo l'incidente in cui erano rimasti coinvolti non avevano mai avuto modo di confrontarsi apertamente, entrambi troppo vulnerabili, troppo sopraffatti da un dolore muto e insuperabile. Prima aveva attribuito quel silenzio radio al fatto che la ritenesse responsabile. Ma se invece non fosse stato così? Se la Harkness avesse davvero, come ipotizzava Ellie, approfittato di quel suo grande momento di debolezza per ingannarlo? Se era così, lo aveva di certo fatto anche con gli altri genitori.

-Dobbiamo cercare di saperne di più su questa faccenda- si risolse alla fine, ancora un po' incerta, ma determinata ad andare fino in fondo.

-Dobbiamo provare a scappare- insistette Ellie- Devo tornare a casa e vedere con i miei occhi che i miei genitori stanno bene. Ma con questi stupidi bracciali, la Barriera tutta intorno e le Sentinelle là fuori sembra impossibile.

-Difficile, ma non impossibile- valutò Sarah che, pensierosa, stava con tutta evidenza già immaginando come fare- Credo che con gli altri si possa organizzare, ma ci servirà l'aiuto di una persona. E un cellulare.

Ellie fu davvero felicissima che la ragazza stesse finalmente dalla sua parte e la appoggiasse nei suoi propositi di fuga: da sola non ce l'avrebbe mai fatta a superare le protezioni di quel posto. Fu un po' meno felice quando realizzò che il successivo passo del piano di Sarah la coinvolgeva direttamente.
Infatti, la bionda la trascinò immediatamente fino ad un altro corridoio dove, del tutto ignaro, era di guardia l'agente Coulson.
Senza spiegarle prima le sue mosse e lasciarle il tempo di protestare, Sarah la sospinse in avanti verso un perplesso Michael.

-Buongiorno ragazze- le salutò lui, sempre cortese ma formale- Come posso aiutarvi?

-Ehm. Ciao- ebbe appena il coraggio di rispondergli Ellie, finendo inevitabilmente per arrossire subito e abbassare lo sguardo.
Ed era proprio quella la reazione su cui Sarah contava.

-Diglielo Ellie- la incalzò infatti- Avanti, prima glielo dici meglio sarà per tutti.

-Dirmi cosa?- Michael si mostrò subito molto preoccupato dal suo silenzio imbarazzato, che non poteva sapere essere dovuto alla totale mancanza di preparazione da parte di Sarah, che non le aveva ancora spiegato niente del piano- Elizabeth, stai bene? Posso forse aiutarti in qualche modo?

-Io...ecco...- la ragazza, sempre più rossa, continuava a guardare Sarah in cerca di aiuto.

-E va bene. Ci penso io- disse la bionda con totale scioltezza- Ellie vorrebbe chiederti di uscire. Noi ragazze non ce la facciamo davvero più a starla a sentire che parla tutto il tempo di te, così abbiamo deciso che è il momento di mettere le cose in chiaro.

Quell'affermazione lasciò senza parole tanto Ellie quanto Michael, che addirittura fece un passo indietro, in totale sconcerto.
Al povero ragazzo mancò un battito: ovviamente aveva pensato a lei, ma sapeva bene che era solo quello, un pensiero proibito. Non sarebbe stato giusto, non sarebbe stato degno della sua missione e degli impegni che aveva preso con lo Shield soccombere a distrazioni di quel genere. Avrebbe solo finito per mettere in pericolo stupidamente la stessa Ellie, che invece doveva solo pensare a proteggere.

-Io...mi dispiace - disse subito e non era chiaro se si riferisse a sé stesso o alla faccia sconvolta della ragazza, che con ogni evidenza doveva proprio esserci rimasta male.

-Poche storie- si intromise Sarah Rogers, che non avrebbe mai giudicato una persona capace di immischiarsi in quel genere di faccenda, ma che forse lo stava facendo proprio pensando al bene della sua amica- Adesso le devi dare una risposta Coulson. Per favore, è diventato un vero martirio sentirla sospirare per te tutta la notte...

Ellie avrebbe voluto sotterrarsi.
Da Cali si sarebbe aspettata di tutto, ma Sarah quando ci si metteva poteva fare anche peggio!

Michael dal canto suo era semplicemente impietrito, neanche gli avessero appena annunciato via radio che l'Hydra aveva conquistato la base.

-Elizabeth... sono mortificato. Voglio dire, mi fa piacere, ovvio....sei una ragazza stupenda e ti assicuro che fuori da qui non ci avrei pensato un secondo! Cioè non intendevo dire che mi piaci, ecco ... parlavo solo ipoteticamente. Ma siamo tutti qui, quindi...

Non sapeva più come uscirne.

-Ti prego, capisco perfettamente- cercò di fermarlo Ellie, ma lui ormai era nel pallone e continuava a scusarsi come se avesse sbagliato qualcosa.

-Quello che sto cercando di dirti è che sono un'agente dello Shield assegnato a questa base. Non sarebbe corretto se il mio comportamento verso di te non fosse solo professionale. E' il mio lavoro- concluse infine, quasi per convincere più sé stesso che la ragazza che aveva di fronte.

-Perfetto - affermò Sarah - Quindi tutto chiarito. Andiamo Ellie- disse, trascinandola via esattamente come l'aveva portata lì e lasciando il povero Michael che ancora si scusava con loro imbarazzatissimo.

Solo quando ebbero voltato l'angolo Ellie ebbe la forza di divincolarsi e di pretendere una spiegazione dalla ragazza.

-Si può sapere perché lo hai fatto?!- esclamò esasperata.

-Guarda- Sarah per tutta risposta estrasse dalla tasca della felpa un cellulare nero, che Ellie riconobbe subito come uno di quelli in dotazione agli agenti, in particolare era esattamente come quello di Michael- Gliel'ho preso mentre era distratto dalla tua struggente dichiarazione. E lui era talmente in imbarazzo che non se ne è minimamente accorto! Ottimo lavoro Ellie!

-Non direi, hai fatto tutto da sola- si difese lei che non voleva avere nulla a che spartire con quell'ennesima presa in giro ai danni di Michael.

Per la verità, stava ancora pensando a lui così impacciato e vulnerabile, a quanto era carino quando arrossiva, al fatto che le avesse detto che era una ragazza stupenda.... e fu così che Elizabeth Smith si arrese al fatto di essersi presa una gigantesca cotta per l'agente Coulson.
Intanto Sarah stava trafficando indisturbata con il cellulare rubato.

Inviò un solo messaggio al numero che il Sergente Barnes tempo prima le aveva chiesto di memorizzare in caso avesse avuto bisogno di aiuto.

Il messaggio era molto semplice e conciso.

Sono Sarah. Per favore, vienici a prendere.

 

 

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Capitolo 8
*** Fuga disperata ***


Quella sera nel dormitorio Sarah Rogers convocò tutti a rapporto, esattamente come un generale che dispone delle sue truppe. I ragazzi si sedettero attorno a lei che senza ulteriori indugi procedette illustrar loro il piano di fuga. Era un buon piano, ad onor del vero, si capiva che non era frutto di un impulso momentaneo ma che la ragazza ci aveva riflettuto su da molto più tempo. Non era la sola comunque. Un po' tutti avevano preso in considerazione quell'ipotesi, specialmente all'inizio quando tutto gli sembrava troppo assurdo e alienante, ma la ferita ancora troppo recente che si portavano dietro unita al senso di colpa li aveva sempre trattenuti dal passare ai fatti.

L'opinione generale era che in fondo un po' se lo meritassero di restare rinchiusi lì, perché tutti a modo loro si sentivano ancora responsabili per Philip.

L'arrivo di Ellie nel gruppo aveva come spezzato quella prigione mentale, permettendogli finalmente di concentrarsi su un problema esterno e risolvibile anziché tormentarsi interiormente. Ad ogni modo, a sentir Sarah era tutto molto semplice: costruire un diversivo, rubare un Quinjet di quelli a disposizione dello Shield, superare la Barriera con le loro credenziali e darsi alla macchia. Facile come bere un bicchier d'acqua, diceva lei, mentre gli altri erano tutti più o meno scettici anche se non volevano contraddirla apertamente. Non si trattava che di sistemare i dettagli, insisteva Sarah, ormai febbrilmente assorta insieme ad Ellie nei loro preparativi in stile 'fuga da Alcatraz'.
Alla fine fu Blake come sempre a prendere la parola per il gruppo.

-Tutto fantastico Sarah, ma perchè adesso? Abbiamo avuto un anno per studiare le difese del posto, abbiamo già provato a ipotizzare qualcosa, soprattutto i primi tempi,  ma alla fine eravamo tutti d'accordo che fosse troppo rischioso...

-Ellie ha bisogno di risposte e anche io- dichiarò Sarah, che non era troppo abituata ai giri di parole, specialmente nei momenti di crisi.

-Scusa tanto, ma da quando ti importa di cosa vuole Ellie?- domandò Cali, per la verità senza sforzarsi di nascondere un po' gelosia per tutta quella attenzione che improvvisamente Sarah stava dedicando alla ragazza- Senza offesa, nuova arrivata, è stato divertente farci quattro risate e tutto... ma perché dovremmo rischiare tutti per aiutarti?

-Mi importa perché lei è una nostra amica- decise Sarah, che era stata fin ora quella più restia ad accettarla nel loro gruppo, mentre ora sembrava la più accanita sostenitrice di Ellie- E ti sto chiedendo di aiutarmi perché tu sei mia sorella.

Cali non batte ciglio ma subito la sua postura si ammorbidì.
Tutti i presenti, Ellie compresa, sapevano ormai che non c'era niente che non avrebbe fatto per Sarah, compreso mentire o uccidere. Da quando era venuta a vivere dai Rogers era stato chiaro che qualsiasi cosa ci fosse stato prima nella sua vita era intenzionata  lasciarselo alle spalle, adesso erano loro la sua famiglia.
La corvina, soddisfatta di quell'upgrade, non ebbe infatti più altro da obbiettare.

-Lo faremo stanotte- aggiunse Ellie, che era al settimo cielo, infatti era convinta che tutti insieme unendo i rispettivi talenti sicuramente ce l'avrebbero fatta e lei avrebbe presto potuto riabbracciare i suoi genitori.
L'ottimismo se non altro non le era mai mancato.

Intanto i ragazzi stavano pian piano entrando nel vivo della discussione, approfondendo i dettagli, non ultima la questione etica.

-Le tue decisioni saranno le nostre Sarah- disse alla fine Sebastian con aria grave- ma non ci stiamo dimenticando di qualcuno?

Ovviamente nessuno, in cuor suo, si era dimenticato dell'elefante ella stanza.
Solo non avevano ancora avuto il coraggio di tirarlo fuori.
Perfino i gemelli che non avevano mai avuto problemi a dire quello che pensavano fecero finta di niente.

-Ha ragione- ammise Blake - se come dici questo posto ha dietro qualcosa di losco, non possiamo andarcene senza Morgan. E non possiamo nemmeno lasciare indietro gli altri.

L'argomento Morgan Stark non veniva tirato fuori da un anno, esattamente da quando era successa la tragedia. Inizialmente erano tutti arrabbiati, delusi e feriti dal suo comportamento. Sarah non voleva neanche sentirla nominare. Come sempre era stato Blake a fare uno forzo per mettersi anche dall'altra parte. Tutti stavano male, lui per primo non poteva perdonarsi di avere perso il controllo in una situazione critica e pertanto di non essere stato d'aiuto. Chissà, se avesse controllato meglio il suo potere anziché abbandonarsi alla sua furia distruttiva avrebbe potuto salvare il suo amico Philip, che era quasi un fratello.
Blake era sicuro che se i ruoli fossero stati invertiti Philip ce l'avrebbe fatta, si sarebbe comportato come sempre nel modo corretto. Invece lui lo aveva deluso: era stato debole nel peggiore momento possibile. Sarebbe stato facile perfino adesso fare finta che non fosse così e addossare tutte le colpe a Morgan Stark. Ma pur con tutti i difetti Blake non era certo un codardo.

-Vado io a prenderla- si offrì dunque il ragazzo- inoltre se riusciamo ad aprire la Barriera per tutti anche gli altri potranno decidere di andarsene o meno in autonomia. In fondo è una loro scelta.

-Vengo con te- si propose Ellie, che lo faceva sia per solidarietà verso di lui che per avere l'occasione di ripagare Morgan della gentilezza che le aveva s riservato al suo arrivo, nel suo momento più vulnerabile. Sarah annuì con un'impercettibile cenno del capo.

-Ok per la Barriera, posso risalire alle coordinate di apertura entrando nei sitemi dello Shield- proseguì la ragazza, sempre in possesso del cellulare di Coulson, ricapitolando i diversi passaggi- Quanto ai bracciali sono un'altra storia. La magia ce li ha messi e la magia deve toglierli.

-A quello pensiamo noi- confermarono Cali e Sebastian, che tra tutti e due disponevano di notevoli risorse in quel campo- Consideralo fatto.

-Mentre noi penseremo al jet...- dissero i gemelli, che spesso si riferivano agli strumenti di tecnologia come a persone, probabilmente perché riuscivano a comunicarci come gli altri non sapevano fare- ... è sempre stato un tipo simpatico, sicuramente ci darà una mano, o in questo caso sarebbe più corretto dire un bullone!

Senza ulteriori indugi, anche per evitare che l'adrenalina di quel momento lasciasse il posto ai dubbi i ragazzi non persero tempo, dedicandosi diligentemente ai rispettivi ruoli. Ellie in particolare non stava più nella pelle, non si era mai sentita tanto iperattiva! La prospettiva di tornare a casa la mandava su di giri, ma anche il fatto che lo stesse facendo insieme ad una squadra di Avengers, o quanto meno qualcosa di molto simile!

-Per di qua- le fece strada Blake, che era uno dei pochi a  sapere del rifugio di Morgan.

Ci era stato più di un paio di volte, di nascosto dagli altri, per assicurarsi che la ragazza stesse bene o quanto meno non esagerasse con le droghe di cui faceva uso ormai regolarmente. La aiutavano a non pensare, diceva lei, ma quello che intendeva era che la aiutavano a non pensare a Philip.

La trovarono rannicchiata proprio in quel magazzino nel seminterrato che Morgan aveva riconvertito a sua base operativa. Da quando era stata portata in quella struttura non si era mai voluta mischiare agli altri, nemmeno per errore. Si era rinchiusa nella sua solitudine e nel senso di colpa, isolata in quel buio scantinato pieno di vecchie cianfrusaglie senza far altro che rimuginare sul passato.

-Ehi Morgan- accennò Blake- come va?- era più una domanda retorica che altro, dato lo stato decisamente poco lucido della ragazza, riversa su un enorme sofà impolverato e circondata da scatole di medicinali assortiti. Doveva essersi presa da poco uno dei suoi tranquillanti, qualcosa che la aiutasse a dormire un buio sonno senza sogni.

-Ehi ThunderBoy... - mormorò debolmente, ma era un buon segno, voleva dire che almeno Morgan era ancora abbastanza lucida da riconoscerlo- ...e ci sei anche tu ragazza nuova! Ma allora è proprio una festa! Datemi solo un momento, ok? Ci sono quasi...

Ma detto ciò si voltò sul fianco opposto scivolando sempre più pericolosamente nel dormiveglia.

-Morgan, ti prego, alzati... dobbiamo andare!- la supplicò Ellie- Stiamo per scappare da questo posto e tu devi venire con noi! Dai vieni, ti aiuto io, ok?

-Scappare dove?! Non lo sai che siamo tutti superstar in questo reality del cazzo- replicò lei a fatica, picchiettandosi il bracciale al polso - Ci controllano Ellie, continuamente. All'inizio mi faceva anche ridere pensarci... certo che ne devono avere di tempo da perdere... Ma sai una cosa? Dopo un po' di tempo non fa più tanto ridere.

-Morgan, per favore, cerca di fare uno sforzo...

-Lasciami stare, ragazza nuova, sei più matta di un cavallo...a Philip piacevano tanto i cavalli, a proposito...lo sapevi? Certo che no, non sai neanche di chi parlo probabilmente. Meglio così. Aveva promesso che una volta mi avrebbe accompagnato a vederli...ma poi... nemmeno questo fa tanto ridere temo. Ero più brava a far ridere le persone una volta.

A Blake si spezzava sempre di più il cuore nel vederla ridotta così.

In quanto migliore amico di Philip era anche l'unico a conoscenza dei loro trascorsi amorosi.
Era stato Philip stesso a confessargli, in un rarissimo sfogo, che aveva baciato Morgan in un momento di debolezza. Proprio lui che viveva una vita incentrata sul controllo sempre e a qualunque costo per un folle momento, che si era anche rivelato il più appagante della sua vita, era sceso a patti con la sua debolezza per la ragazza. Se Morgan Stark non si sentiva mai all'altezza di nulla, per Philip Rogers lei era semplicemente perfetta! Una cotta adolescenziale che con il tempo era diventata attrazione, poi forse qualcosa in più...

Ma il ragazzo non aveva mai avuto il coraggio di dirglielo di persona, vivendo quel sentimento come una debolezza. Dopo quel bacio fugace, istintivo, attribuito all'alcol e alla confusione che lo dominavano in quel frangente, si era immediatamente tirato indietro finendo solo per ferirla.
Philip non l'avrebbe mai trascinata in una relazione in cui sapeva non avrebbe ai avuto il primo posto, ma sarebbe stata invece obbligata a dividerlo con le sue responsabilità familiari.
Non aveva mai chiesto niente per sé stesso se non quel bacio e il solo ricordo sarebbe riuscito a fargli sopportare quella rinuncia tremenda.

Blake era l'unica persona a cui lo aveva confidato, pregandolo di mantenere il segreto.
Infatti, se Sarah lo avesse saputo, gelosa com'era del fratello, non avrebbe perdonato nessuno dei due.

Il ragazzo non poteva fare a meno di chiedersi se le cose sarebbero andata diversamente se avessero saputo. Se Philip avesse detto tutto a sua sorella, ai loro amici e soprattutto a Morgan probabilmente non sarebbe mai finito sotto quel palazzo e la loro famiglia sarebbe rimasta intatta.

-Devi venire con noi, ti prego- stava ancora insistendo Ellie, che a questo punto senza nemmeno considerare l'ipotesi di abbandonarla stava cercando di metterla in piedi a forza.

-Faccio io Ellie- disse il ragazzo, issandosi una Morgan semicosciente in braccio senza il minimo sforzo- Andiamo, non perdiamo tempo e raggiungiamo gli altri.

Il terzetto risalì la scala fino ai piani superiori per raggiungere il punto convenuto con il resto del gruppo. Nel frattempo cominciavano a vedersi intorno le tracce dell'azione degli altri.
I braccialetti magnetici che avevano al polso brillarono per un istante intensamente di verde, diventando quasi roventi prima di sganciarsi e cadere a terra in un tonfo sordo e liberatorio. Ellie si massaggiò lievemente il polso, commossa dalla scomparsa di quel segno di oppressione.
Era anche segno che qualsiasi cosa stessero facendo Cali e Sebastian aveva funzionato.

I corridoi a quel punto risuonarono di un boato sordo come di esplosioni tutte introno.
Il famoso perimetro era stato con ogni evidenza compromesso e un serpente gigante si stagliò nel cielo sopra di loro, avvolgendo con le sue notevoli spire argentee l'intero edificio.
La Barriera intorno al complesso che avrebbe dovuto contenerlo era stata evidentemente disattivata e tutte le Sentinelle e lo Shield al completo si stavano precipitando sulla creatura. Tentarono di tutto, dai proiettili al fuoco pesante, ma trattandosi di una mera illusione il rettile non poteva essere abbattuto, continuando a sibilare minaccioso.

-Jörmungandr- riconobbe Blake, che ricordava molto bene di aver visto il mitico serpente figlio di Loki e della gigantessa Angroboda tra le illustrazioni del libro di mitologia di sua madre, che da piccolo aveva letto e riletto fino a consumare le pagine nella speranza di arrivare a conoscere qualcosa di più di quel padre lontano

-E' bellissimo...- sospirò Ellie, che non aveva mai visto niente del genere.

-Sicuramente un'idea di Cali- sorrise Blake.

Ellie avrebbe voluto fermarsi almeno un'istante ad ammirare la grandiosa bestia mitologica sopra di loro, ma non avevano tempo. Con Blake che trasportava Morgan, arrivarono al prato sul retro, raggiungendo quasi il punto di ritrovo che si erano dati con gli altri. In lontananza si poteva già scorgere i contorni neri del jet che i gemelli Maximoff si erano incaricati di requisire, in pratica facendoci amicizia.

Tuttavia, propio in quel momento la strada fu loro sbarrata da una pattuglia di sei o sette agenti dello Shield accorsi a difendere la base, tra cui purtroppo riconobbero anche Michael Coulson.

Anche lui riconobbe Ellie tra i fuggitivi e ne rimase scosso.
Dentro di sé aveva già cominciato a dubitare dal momento in cui si era accorto della mancanza del cellulare, ma una parte di lui si rifiutava ancora categoricamente di credere che la ragazza potesse essere coinvolta. Una ragazza che aveva giudicato innocente, fragile, quasi bisognosa di protezione. Michael si era fidato di quell'apparenza e aveva sbagliato.
Il suo errore, dovuto a sentimenti che mai avrebbero dovuto interferire con il suo lavoro, aveva messo tutti in pericolo, realizzò. Si irrigidì e insieme agli altri puntò l'arma.

-Fermi dove siete- intimò con voce spezzata.

Ellie, pur condividendo la sua stessa angoscia, non ci pensò due volte e agì rapidamente.

-Vai e porta Morgan dagli altri- decise, rivolta a Blake Foster- Separiamoci: seguiranno me.

-Cosa? Ellie, no! Non ti lascio qui! E non siamo nemmeno sicuri che le cose andranno come dici tu...

-Seguirà me - ripetè la ragazza, ostentando un controllo che non aveva del tutto- Tu portala in salvo, io me la caverò... Sono sempre i buoni: non mi faranno del male. Però voi mettetecela tutta e scoprite cosa c'è dietro- affermò sempre con fermezza e determinazione.

Prima che Blake potesse protestare di nuovo la ragazza virò velocissima verso il bosco, in direzione opposta rispetto a  dove si trovava il jet in partenza.

Come aveva previsto Michael le fu istintivamente dietro e così pure gli altri agenti. Ellie corse a perdifiato sul sentiero di ghiaia come non aveva mai fatto in vita sua. Dietro di lei seguivano le urla degli agenti che le intimavano di arrendersi, ma tanto lei non li ascoltava minimamente.
Con il cuore che le batteva a mille e rimbombava nelle orecchie per lo sforzo, la ragazza  si augurò che almeno quanto aveva appena detto al suo amico corrispondesse al vero: se lo Shield erano davvero i buoni come avevano sempre sostenuto Michael e Sarah non le avrebbero mica sparato, no?!

Il colpo di teaser che la raggiunse alle spalle non lo aveva calcolato proprio come una possibilità. La ragazza stramazzò a terra dapprima su mani e ginocchia, poi chiudendosi a riccio mentre cercava di respirare nonostante i fremiti di dolore che si irradiano in tutto il corpo.

Quando cavolo faceva male?! Nei film lo facevano sembrare molto meno doloroso...O forse il voltaggio utilizzato era calibrato su individui 'potenziati' e non sui comuni mortali.

Ad ogni modo le furono presto addosso, tirandola in piedi con una violenza tale da strapparle la maglia e farle cadere lo zainetto che portava. Due agenti la bloccarono da dietro per le braccia, mentre un terzo le strattonò in alto la testa prendendola direttamente per la base dei capelli.

-Cosa cazzo pensavi di fare mocciosa?!- le sputò quasi in faccia, mentre le faceva tendere il collo dolorosamente.

Saranno anche stati dalla parte dei buoni, ma si trattava comunque di militari addestrati, senza alcun interesse a trattarla col guanto di velluto dopo il casino che lei e i suoi amici avevano combinato nella loro base.

-Ehi, piano Wesson, le stai facendo male!- cercò di intromettersi Michael, ma era chiaro dalla stessa paura che si percepiva nella sua voce che non aveva alcun potere di fermarli, essendo anche il membro più giovane e meno piazzato della squadra.

Infatti la sua richiesta venne facilmente ignorata da tutti.

-Dove sono andati gli altri? Parla!- ringhiò ancora il militare che la teneva per i capelli.

Ellie trasse un lungo respiro per calmare il dolore, fortunatamente aveva tanta adrenalina in corpo da spingerla ancora a reagire, anche se non sapeva per quanto tempo sarebbe durato l'effetto. Parlò a fatica a causa del fiatone e dei capelli che le errano finiti in bocca, ma si assicurò di metterci tutto il sarcasmo che poteva.

-Perché non me lo dice lei, agente? Ha proprio l'aria di uno che ha la situazione perfettamente sotto controllo.

-Stronza!

Lo schiaffo che ricevette fu come l'impatto di una meteora sulla sua povera faccia che prese a scottare. Ellie purtroppo non era abituata per niente ad incassare. Era sempre stata una ragazzina molto tranquilla e non si era mai messa in una situazione pericolosa fino a quel giorno.

-Ti ho detto di lasciarla cazzo!!- urlò Michael estraendo d'istinto la pistola di ordinanza e puntandola direttamente verso il collega.

Quel gesto parve congelarli tutti per un momento.

Con ogni evidenza non si sarebbero mai aspettati da lui una presa di posizione simile. Purtroppo questo non fece una grande impressione su Wesson, che, al contrario, si mise a sorridere in maniera per niente benevola.

-Dopo questa ti sei proprio fottuto la carriera Coulson- disse malignamente, sempre strattonando la povera Ellie con violenza- Sapevo che non eri adatto a questo lavoro. Ma tutti i capi ti tengono in palmo di mano solo per il ricordo del tuo paparino morto... te le fanno passare sempre tutte! Sono anni che aspetto che tu faccia un passo falso. E tu alla fine mi accontenti per che cosa? Per difendere una troietta che ti ha fatto gli occhi dolci.

Anche gli altri agenti che avevano le mani libere avevano estratto le pistole e adesso le avevano puntate contro Michael. Ellie trattenne il respiro per quanto la situazione si stava rapidamente mettendo male. In quel momento aveva tanta paura più per lui che per sé stessa.

-Bene Coulson- ghignò Wesson estraendo a sua volta l'arma, pronto a sparare in testa a Michael- Direi che ci siamo. Siamo tutti d'accordo che si sarà trattato di un incidente e la signora Harkness non farà troppe domande. Allora... salutami tanto papà!

Lo sparo che seguì gelò il sangue nelle vene di Elizabeth.

Il colpo che era stato sparato centrò Wesson dritto negli occhi e quello stramazzò a terra prima ancora che il ghigno che aveva in faccia si spegnesse. Michael lo guardò esterrefatto non essendo stato lui a sparare. Anche gli altri suoi compagni rimasero scioccati, ma il loro stupore durò poco cedendo il posto alla semplice paura quando il Soldato d'Inverno fu su di loro.

Molti avevano sentito parlare di lui come di una leggenda, o meglio, come una di quelle storie dell'orrore che si raccontano per spaventare i bambini. Anche quel giorno il Sergente Barnes fu all'altezza della sua sinistra fama, provvedendo ad impartire una lezione esemplare su come si tratta una ragazza.

-Sta giù- disse ad Ellie, dopo aver facilmente tolto di mezzo i due che la tenevano ferma in precedenza e avere ingaggiato una lotta corpo a corpo con gli altri.

La ragazza non se lo fece ripetere due volte, terrorizzata a sufficienza dal fragore degli spari che la sovrastavano e dalla disperazione in generale. La lotta durò poco, ma a lei sembrò un'eternità. Quando sollevò lo sguardo incrociò quello ugualmente sopraffatto di Michael.
Istintivamente e senza pensare troppo alle circostanze i due ragazzi si avvicinarono in un abbraccio improvvisato e un po' goffo, che fece sorridere impercettibilmente Bucky Barnes.

'Beata gioventù...' pensò tra sè.

Intanto però non trascurò di prepararsi ad affrontare gli ulteriori rinforzi che stavano sopraggiungendo nella loro direzione.

-Correte dagli altri, qui finisco io- disse loro con estrema tranquillità, poi rivolgendosi con un mezzo sorriso solo ad Ellie- Dì a Sarah che anche il resto dei ragazzi é in salvo e che lo zio Buck la saluta.

 

 

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Capitolo 9
*** Ritorno a casa ***


Michael ed Ellie vennero recuperati dal jet già decollato, lanciando loro un ancoraggio di emergenza e accolti sul veivolo da eroi con tanto di coro da stadio. Blake, che era stato il più preoccupato di tutti per la sorte della ragazza, corse subito ad abbracciarla sollevandola da terra senza sforzo di un buon mezzo metro.

I ragazzi erano letteralmente sopraffatti dall'euforia del momento, essendo riusciti non solo a scappare mettendo a ferro e fuoco quel posto maledetto che li aveva tenuti prigionieri per un lungo anno, ma anche a far fuggire tutti gli altri.

Nel giubilo generale Michael colse l'occasione per defilarsi un attimo in disparte rispetto al resto dei ragazzi che facevano cerchio intorno ad Ellie. Tra tutti era forse il più sconvolto dal corso degli eventi di quella folle nottata; toccando con mano la corruzione che era penetrata anche nelle file dello Shield aveva dovuto prendere una decisione rapidamente e, condizionato dal suo addestramento, non era ancora del tutto sicuro di aver preso quella giusta. Il primo pensiero razionale andò a sua madre, così fiera di lui e del suo percorso sulle orme del padre, come l'avrebbe presa quando le avrebbero detto che suo figlio era un disertore e che si era unito a una banda di fuggitivi rubando una proprietà governativa. Sempre che si fossero limitate a dirle questo e non se la fossero presa con lei. Sua madre era forse in pericolo? L'ex agente Melinda May era tosta ma era anche troppo fiduciosa nello Shield, come lo era stato suo figlio. E quelle persone avrebbero potuto sfruttare quella fiducia per coglierla di sorpresa, forse per farle del male.

Vedendolo seduto in un angolo, la testa tra le mani nella più totale confusione, Ellie avrebbe voluto avvicinarsi a lui, ma i suoi amici non le davano tregua nei festeggiamenti.

-Ellie, la tua faccia... cosa ti hanno fatto?- esclamò qualcuno e solo allora la ragazza si ricordò di quanto le facesse male il lato sinistro dove l'avevano colpita e che probabilmente adesso era tutta gonfia, offrendo uno spettacolo decisamente brutto a vedersi.

Avrebbe tanto voluto fare la tosta e dire che non era niente, ma scesa l'adrenalina le pulsava tantissimo.

-Aspetta, ci penso io- disse Cali, mettendole sul lato offeso una sua mano, che era fredda esattamente come ghiaccio e aveva anche preso una vaga sfumatura bluastra.

-Ha dei parenti di Jotunheim- spiegò Sarah, come se Ellie avesse la minima idea di che cosa diavolo significasse, poi come se si trattasse di metterla a parte di un grande segreto aggiunse- Tra di noi la chiamiamo Frozen. Come il cartone, hai presente?

Quello era certamente un grande segno di fiducia da parte di Sarah, che prima di allora non aveva mai condiviso con Ellie alcun dettaglio sul loro passato.

-Parenti regnanti per la precisione- specificò la corvina, con un certo orgoglio- A dire il vero hai davanti a te la legittima regina e un giorno non escludo di partire alla riconquista di quello che mi spetta per diritto di nascita!

-Come no, Daenerys - commentò Sebastian sempre tra il serio e il sarcastico- ma aspetta almeno che i tuoi draghi siano cresciuti... o almeno di averceli dei draghi. Altrimenti il tuo regno sarà molto breve temo.

-Ehi...te l'ho fatta vedere io quella serie, non provare a usarla contro di me!- ribatté lei inviperita.

Mentre quei due andavano avanti a battibeccare, i gemelli, che avevano inserito l'autopilota, decisero che la straordinarietà all'evento evasione meritasse anche un loro coinvolgimento attivo nella conversazione.

-Quello di Cali è un potere estremamente utile, soprattutto se fa caldo e devi tenere in fresco i cocktail a bordo piscina- confermò William,  serafico, riportando immediatamente tutti alla memoria di tempi migliori- A proposito ragazzi...voi ve lo ricordate che sapore ha un cocktail?

Quelli deglutirono amaramente. No che non lo ricordavano! Non avevano avuto alcuna occasione di festeggiare ultimamente, a parte il fatto che non avevano avuto neanche motivo di farlo, rinchiusi in quella deprimente prigione che era l'istituto. Dove per altro ogni bevanda alcolica era impossibile da trovare.

-Giustappunto...facciamo subito una breve ricognizione! della cambusa- propose Tommy.

Detto questo il ragazzo scomparve letteralmente dalla loro vista utilizzando la super velocità per fare il giro completo del jet e perquisire ogni anfratto. Quando ricomparve, accolto dalle acclamazioni di giubilo generali, reggeva in mano alcune bottiglie e dei bicchieri.
I ragazzi che non toccavano letteralmente una goccia di alcol da un anno lo accolsero come un eroe!

-Cazzo...Si trattano proprio bene allo Shield!- esclamò Blake, leggendo ad alta voce la costosa etichetta del liquore- Ecco dove vanno tutti gli extra bilancio di tua madre, Sarah.

-Zitto e versa- rispose lei con un mezzo sorriso, allungandogli subito un bicchiere - Con lo schifo di metabolismo potenziato che mi ritrovo devo cominciare a bere subito, mi ci vorrà mezza bottiglia se voglio sperare di sentire qualcosa!

Anche gli altri ritennero che versarsi da bere fosse un'ottima idea e presto si trovarono tutti con un bicchiere di qualcosa in mano, cominciando anche a mescolare a casaccio il contenuto delle diverse bottiglie per dar vita misture originali.
Quel raro momento di distensione però non era destinato a durare.

-Adesso basta!!- si mise a urlare Michael, che sei era alzato in piedi all'improvviso, in pieno sclero- Siete solo un branco di ragazzini immaturi che non fanno parlare di piscine, di cocktail e di serie tv... vi rendete minimamente conto di dove ci troviamo?! Del casino che avete causato?! Avete provocato una cazzo di rivolta!!! Sono morte delle persone, degli agenti dello Shield!

Quelle parole così violente ebbero l'effetto immediato di smorzare l'entusiasmo generale.

Anche se non era la fuga in sé che i ragazzi rimpiangevano, quella a dirla tutta l'avevano vissuta come una vera liberazione. Bensì erano i fatti antecedenti al loro ingresso all'istituto, che le parole di Michael avevano involontariamente evocato, a fargli chiudere ancora lo stomaco. Quel giorno si che erano morte molte persone, compresa quella più importante per loro.

Ellie, al contrario, ferma col proprio bicchiere pieno a mezz'aria, fremette di rabbia a quell'osservazione e calò con forza il bicchiere sul tavolino più vicino, facendone strabordare il contenuto. Quel gesto d'impulso, soprattutto compiuto da una persona solitamente calma e pacifica, richiamò istantaneamente l'attenzione di tutti.

-Vorrei farti notare che quegli 'agenti dello Shield' volevano pestare me, poi sparare a te e farlo sembrare un incidente! - disse la ragazza, fronteggiando Michael direttamente- Non mi considero una persona che acclama la violenza, ma posso dire che se la sono cercata.

-Ma gli agenti non sono tutti come loro- insistette Michael- molti sono motivati da buone intenzioni!

Ellie lo guardò in cagnesco e, complice l'occhio pesto, riuscì anche a fare una certa impressione nonostante il suo metro e sessanta scarso di statura.

-Non me ne frega un cazzo delle loro intenzioni se in pratica il risultato è quello di tenerci prigionieri- disse con una grinta che non poteva che venire dalla disperazione e dal trauma subito- Adesso devi decidere una volta per tutte da che parte stare, Michael. O vieni con noi e ci aiuti a venire a capo di chi c'è dietro a questa storia. Oppure ti scarichiamo alla prima fermata utile e vai per la tua strada. In entrambi i casi ti pregherei di smetterla di farci la morale: non siamo noi ad essere stati attivamente al servizio di un'organizzazione che rapisce i ragazzini dalle rispettive famiglie.

Michael si ritirò, visibilmente offeso ma anche colpito della risolutezza dimostrata da Ellie.
Ormai non era più la ragazzina sprovveduta e ingenua che aveva conosciuto quando l'aveva scortata alla base, o forse non lo era mai stata. Le difficoltà dell'ultimo periodo avevano portato alla luce lati del suo carattere che lei stessa non sospettava di possedere e che le erano valsi alla fine il rispetto e l'ammirazione dei suoi nuovi compagni.

-Ok, è stata una giornata impegnativa. Direi che è il momento di andare tutti a dormire- decise Sarah e nessuno commentò oltre.

In effetti, passata l'euforia del festeggiamento, si resero conto di essere tutti stravolti.

Fortunatamente il veivolo che avevano requisito era provvisto nella zona giorno di una serie di divanetti in pelle e di molti cuscini da cui ciascuno ricavò una sistemazione.
L'unica vera e propria brandina presente la riservarono a Morgan, che non si era ancora svegliata da quando erano partiti. I gemelli Maximoff si offrirono di vegliarla, dato che erano gli unici a non avere il bisogno fisiologico di dormire, inoltre volevano continuare a chiacchierare con il loro nuovo amico jet nel linguaggio delle macchine solo a loro noto.
Intanto l'autopilota li stava conducendo il più lontano possibile, si sarebbero preoccupati solo in seguito di darsi una destinazione più precisa. O forse Sarah ce l'aveva già in mente, si dissero i ragazzi, ne avrebbero sicuramente discusso in mattinata.
Michael si appartò in un angolo distante dal resto del gruppo e nonostante avesse gli occhi chiusi dormì pochissimo, impegnato com'era a riflettere sull'accaduto, ma soprattutto sulle ultime parole di Ellie. La ragazza aveva dimostrato del fegato a parlargli in quel modo e non aveva tutti i torti.
Però per lui accettarlo era ancora difficile. Era dura venire a patti con convinzioni che gli avevano inclucato da una vita, come la buona fede incontestabile dello Shield.

Intanto Cali, dopo aver riposato appena poche ore decise di alzarsi per fare una passeggiata sul ponte panoramico, dove la cupola superiore del jet lasciava ammirare sopra le loro teste un cielo notturno particolarmente ricco di stelle. La ragazza si accorse presto di non essere l'unica ad aver scelto quel posto per meditare sul da farsi.

Blake Foster si trovava seduto sul pavimento ad ammirare il panorama sopra di lui, i gomiti appoggiati sulle ginocchia flesse, in mano una bottiglia vuota della miglior qualità. E in preda ad una colossale sbornia triste.

Cali sospirò, aveva capito quale fosse il problema ancora prima che lui parlasse e pertanto si andò a sedere accanto a lui, aspettando pazientemente che fosse pronto a confidarsi. Tanto in un modo o nell'altro sempre a lei toccava rimettere insieme i suoi compagni quando stavano per crollare a pezzi. 
Blake accolse la ragazza accanto a sé con un tenue sorriso, adombrato dai suoi cupi pensieri.
In quelle rare occasioni in cui anche lui, solitamente così ottimista, si concedeva di deprimersi i suoi occhi assumevano un blu particolare, quasi tempestoso.

-Mia madre ha passato ogni singolo giorno a cercarlo per portegli dire di me- disse infine dopo un lungo silenzio- Finché non si è ammalata ed è morta, forse di crepacuore, visto che nessun medico è stato in grado di dare una spiegazione alla sua improvvisa malattia. Ti sembrerà stupido, ma io non riesco a non chiedermelo ogni volta che guardo il cielo...se anche lui ci ha mai cercato. Se almeno gli importa.

-Cambierebbe qualcosa saperlo?- chiese lei, cauta come sempre dietro una facciata di facile ironia- Non ti renderebbe diverso da quello che sei adesso. E' da stupidi combattere contro quello che non si può cambiare.

-Tu non ci pensi davvero mai? - Blake esitò un momento cercando le parole più giuste per formulare il tormento che aveva dentro che poteva condividere solo con Cali- Non pensi che sappiano di noi? Che dopo tanto tempo non se lo siano mai chiesti...

Non c'era bisogno di specificare chi, lei aveva capito perfettamente che si riferiva i loro padri, i grandi assenti della loro vita.

-Penso che agli dei non freghi un cazzo dei mortali, per questo sono dei- disse la ragazza in un sospiro- e penso anche che sia tardi. Cerca di riposare.

-Non ci riesco. Non dopo aver visto come hanno conciato Ellie... e io non l'ho protetta. Stavo per tornare a prenderla dopo aver lasciato Morgan con voi. Ma poteva essere già tardi.

-Blake, ascoltami bene- disse Cali afferrandogli le spalle per dare più enfasi al concetto- Non puoi proteggere tutti, però una cosa te la voglio dire: la tua famiglia non è dietro a quei cieli ma qui con te. Devi assolutamente ricordartene quando verrà il momento e smetterla di trattenerti.

-L'ultima volta che non mi sono trattenuto ho fatto più danni che altro.

-Ma è proprio questo il punto! Allora non eri riuscito a controllare il tuo potere. Eri troppo combattuto tra l'istinto di attaccare e la volontà di limitarti.

-Cosa vorrebbe dire?

-Vuol dire, testone, che non puoi permetterti di esitare davanti a una minaccia. Se dovremo combattere devi essere in grado di uccidere prima che uccidano te o Sarah oppure uno di noi- Cali sospirò rassegnata- Ma tu sei troppo una brava persona ... è questo a preoccuparmi davvero.

-E tu invece ne saresti capace? - osservò lui, scettico- Non ci credo.

-Se ti può consolare nessuno che non se lo sia meritato- riflettè ad alta voce la ragazza.

Poi però, notando lo sguardo preoccupato di lui, decise che non era ancora il momento giusto.
Non avrebbe capito e dopotutto non poteva pretendere che gli altri avessero il suo stesso grado di maturità sull'argomento. Soprattutto perché non si erano mai trovati nemmeno lontanamente in una situazione simile alla sua.

- Nah... scherzavo, idiota! - mentì - Dovevi vedere la tua faccia...

- Guarda che lo sapevo! - il sorriso luminoso di Blake dissipò in un istante la tempesta nei suoi occhi, ristabilendo la quiete tra di loro- Anche tu sei una brava persona Cali, più di quanto ti piace far credere.

In risposta, gli occhi smeraldini di lei brillarono per un solo istante, ricordando di mantenere una parvenza di calma, mentre la verità era che le ultime parole di lui l'avevano scossa.

Soprattutto perché Cali desiderava con tutta sé stessa che fossero vere.

 

La mattina dopo tutti si ritrovano più calmi e pronti all'azione.

La prima cosa da fare, decisero, era recarsi a casa di Ellie in Oklahoma per verificare se i suoi genitori stessero davvero bene. La ragazza non stava nella pelle al pensiero di riabbracciarli.

-Andiamoci tutti! - propose con entusiasmo- I miei vi adoreranno! E non appena gli avremo spiegato la situazione sono certa che staranno dalla nostra parte.

-Ellie, non dico che sia questo il caso, ma penso che dovresti essere preparata ad ogni evenienza- osservò Sarah, preoccupandosi di trattare l'argomento con il maggior tatto possibile.

-Intende dire che potrebbero essere morti- osservò Cali, subito raggiunta dalle occhiatacce degli altri- Che c'è? Lo stavate pensando tutti!

In effetti fino ad ora le parole di Wanda si erano rivelate esatte.
Li aveva a suo modo messi in guardia anche su RedDoor, ovvero il responsabile del loro confinamento nella struttura.

-Almeno i genitori di Ellie, che sicuramente stanno bene- sottolineò Blake-  potranno spiegarci cosa diavolo gli hanno detto per convincerli a rinchiuderla.

-Fin qui tutto chiaro. Ma di lui cosa ne facciamo?- domandò Sebastian, riferendosi a Michael, che ancora non si era schiodato dal suo angolo e si era rifiutato di unirsi al gruppo anche per la colazione che gli era stata offerta.

Michael sentendosi chiamare in causa riservò a tutti loro uno sguardo torvo.

-Non vi ostacolerò, se è questo che vi preoccupa- disse alla fine, come se gli costasse un grande sforzo- ma neanche mi unirò all'allegra comitiva.  Non dubitate, non ci metteranno molto a rintracciarvi. Avete preso un nostro mezzo di trasporto, per la miseria!

-Ma Jet ormai è un'amico, non ci tradirebbe mai- asserirono i gemelli semplicemente e in effetti tutti i sistemi di tracciamento del veivolo si erano misteriosamente disattivati.

-Perfetto! Cosa stiamo aspettando?- intervenne Morgan all'improvviso, in realtà si era svegliata da qualche minuto ma nessuno degli altri se ne era accorto- Ho sentito quello che avete detto. Si va dai genitori di Ellie, no? Peccato presentarsi a mani vuote. Dovremmo almeno portare dei fiori, se volete posso pensarci...

-Tu non vieni da nessuna parte- la interruppe Sarah con malcelata ostilità- Dopo tutto quello che hai preso sei a malapena in condizione di muoverti. E mentre siamo in missione non voglio dovermi preoccupare anche di te.

-Ma Sarah, io ce la faccio, davvero... e voglio aiutare...

-Hai già fatto abbastanza mi sembra-  decretò la bionda con una punta di sarcasmo- Ma se proprio vuoi aiutarci, cerca di non andare in overdose prima del nostro ritorno. Ecco, agente Coulson, tienila d'occhio tu se proprio non vuoi essere dei nostri- aggiunse rivolta a Michael, che per sua stessa scelta non li avrebbe accompagnati.

Quando Blake le si avvicinò per parlare un attimo in privato Sarah non lo fece neanche iniziare.

-Non provarci neanche stavolta- disse- un conto era lasciarla là, un altro tirarcela dietro come se si trattasse di una di noi.

-Vuoi dire di una nostra amica?- replicò lui- Sarah, davvero, non puoi comportarti sempre così. Parliamone un momento almeno...

-Voglio dire quello che ho detto- tagliò corto la ragazza- Adesso andiamo.

Nessun altro parlò in sua difesa. A Ellie dispiacque molto quella scena, soprattutto ora che sapeva cosa c'era dietro. Ma la fretta di raggiungere la sua famiglia, ormai così vicina, prevalse e la fece passare oltre senza commentare.

Infatti proprio in quel momento il veivolo atterrò in un campo poco distante la fattoria di Ellie e lì rimase passando in modalità invisibile.
La ragazza naturalmente scese per prima, seguita da Sarah, Blake, Cali, Sebastian e dai gemelli in direzione della casa. Tutto le sembrava tranquillo, esattamente come lo ricordava. Il giardino e l'orto tutto intorno al portico sembravano perfettamente curati, sicuramente non sarebbe stato così senza la presenza dei suoi genitori e questo la fece ben sperare.

Quando poi vide sua madre in piedi in veranda Ellie si fiondò letteralmente su di lei abbracciandola forte.

-Ellie?! Cosa ci fai qui?- Samantha Smith non era meno sorpresa di lei nel trovarsela davanti- Amore, tutto a posto? Non dovresti essere a scuola a quest'ora?

-Dovevo esserne sicura- riuscì a malapena a dire la ragazza con voce impastata dall'emozione- Dovevo vedere coi miei occhi che stessi bene!

Samantha mentre ricambiava l'abbraccio le rivolse uno sguardo sorpreso.

-Ma certo che sto bene, che domande! Tu piuttosto, avresti potuto avvisarci che tornavi a casa . Ah, non importa....sono talmente contenta di averti qui ...e anche tuo padre ne sarà entusiasta! Questi sono i tuoi amici?- chiese la donna riferendosi al gruppo di ragazzi stipati sul suo portico- Vi va di entrare per bere qualcosa di fresco?

Dopo che la signora Smith li ebbe sistemati tutti in cucina davanti a un bicchiere di limonata, Ellie si guardò tutto attorno cercando di assorbire ogni dettaglio. Tutto le sembrava perfetto come in una cartolina, esattamente come lo aveva lasciato. Appesi alle pareti c'erano gli stesi quadri, sul caminetto le stesse stoviglie e fotografie, il mobili e tutto il resto erano al loro posto.
Finalmente era a casa!

La ragazza si risvegliò da quel sogno ad occhi aperti dovuto alla troppa emozione solo quando Sarah le pungolò il braccio insistentemente.

-Allora, glielo chiedi?!

-Va bene- annuì Ellie ricordandosi dell'altro motivo di quella visita- Mamma, so che ti sembrerà strano, ma mi ricorderesti ... come ci sono finita nella scuola nuova.

-Oh, è stata un'iniziativa di tuo padre naturalmente- disse lei distrattamente mentre finiva di servire la limonata a tutti e rigovernava la cucina- Secondo me non eri ancora pronta, invece Perry ha detto che era il momento e ha avuto ragione: alla fine è andato tutto per il meglio, per fortuna, e ti sei perfino fatta dei nuovi amici. Sono proprio contenta che siate venuti tutti!

A quel punto Sarah non ce la fece più ad aspettare, anche perché stava stringendo il suo bicchiere talmente forte che tra poco lo avrebbe mandato in frantumi.

-Mi scusi tanto signora, ma esattamente chi le ha parlato della scuola per Ellie? E perché ce l'avete mandata dal momento che è perfettamente normale? E perché non avete mai chiamato, neanche per accertarvi che stesse bene?

-Finisci la tua limonata Sarah- le rispose tranquillamente la signora Smith- Tuo padre non ti ha insegnato che non è educato interrompere gli adulti che stanno parlando?

L'ultimo commento lasciò a tutti una generale impressione di inquietudine, dal momento che Sarah non si era mai presentata e la signora Smith l'aveva appena chiamata per nome.
Ma infondo poteva essere giustificato dal fatto che tutti sapevano chi fosse Sarah Rogers.

-Quanto al dire che Ellie sia normale... suppongo che da un certo punto di vista sia corretto dire così- proseguì la signora- Ma è stato tutto merito mio e di Perry. Se l'avessimo lasciata ai suoi genitori a quest'ora sarebbe, senza offesa, un'altro soggetto compromesso da recuperare esattamente come voi.

-I miei genitori?- domandò Ellie ricordando ancora perfettamente le parole di Wanda.

'I tuoi genitori sono morti ormai da tanto tempo' aveva detto e poi aveva anche aggiunto quel 'sei in pericolo' che l'aveva tenuta sveglia per tutte le notti successive.

-Intendo i tuoi veri genitori, tesoro, quei mostri orribili.... Santo cielo! Ti avrebbero allevata come una deviata senza dubbio...oggigiorno tra potenziati, alieni, mutanti e stregoni si vede proprio di tutto...Dovevamo fare qualcosa per combattere tutte queste aberrazioni!!

-Mamma...

Poteva ancora chiamarla così?!

-Perry e io ti abbiamo cresciuta con amore Elisabeth! E con i farmaci giusti aggiunti al tuo cibo e le terapie senza che tu ti accorgessi di niente abbiamo provveduto a curare sul nascere tutte le tue 'piccole anomalie'. Ti abbiamo dato una vita migliore, no? Eri felice di stare con noi e di essere una ragazza finalmente normale. E la buona notizia è che adesso, grazie a te che così gentilmente li hai condotti qui, possiamo curare anche i tuoi amici- concluse la signora Smith sorridendo alla figlia in modo assolutamente lucido e folle allo stesso tempo.

I ragazzi fecero per andarsene immediatamente, ma presto scoprirono che mentre la signora li aveva tenuti  impegnati con i suoi vaneggiamenti la casa era stata circondata da soldati armati di tutto punto. Sulla divisa nera capeggiava un simbolo che nessuno riconobbe e che assomigliava ad un arco rosso.
Non era lo Shield, ma qualcos'altro. Qualcosa con cui non avevano ancora avuto a che fare ma che presto avrebebro avuto modo di conoscere.
Il loro capo, la persona che fino a quel giorno Ellie aveva chiamato padre, si fece avanti con un ampio sorriso che sfavillò dietro agli inoffensivi occhiali da vista che aveva sempre portato.

-Te ne vai di già, Elisabeth? Non ci presenti i tuoi amici?- le domandò come se fosse la cosa più naturale del mondo.

I ragazzi non si mossero, non potevano, un po' per il rischio di pegiorare la situazione, un po' perchè comiciavano a sentrisi sempre più deboli.
Probabilmente il contenuto dei loro bicchieri non era solo limonata, realizzarono.
Sarah, glielo si leggeva in faccia, era letteralemnte disperata di averli condotti in una simile trappola senza sospettare niente.
Ellie se possibile si sentiva ancora peggio, come se le basi stesse della sua esisetnza fossero appena state spazzate via.

- Io e tua madre siamo così fieri di te, mia cara! -proseguì il signor Smith- Senza il tuo aiuto non saremmo mai riusciti a completare la nostra ricerca...facciamo così, che ne dici se dopo l'esperimento ti porto a prendere un bel gelato? Te lo sei meritato, tesoro.

-Papà...per favore, questi non siete voi.... - implorò Ellie, sconvolta come i suoi compagni che si strinsero a cerchio come per proteggersi meglio- ... se RedDoor vi sta obbligando a fare questo voi non dovete ascoltarlo!

In una scena del tutto surreale, il signor Smith con tutta la sua solita tranquillità appoggiò il cappotto e la valigetta allo stipite, raggiunse la moglie baciandola sulla guancia, esattamente come faceva sempre al suo ritorno dal lavoro. Intanto i militari che si era portato appresso non avevano abbassato le armi mantenendo la situazione congelata.

-Ma sono io RedDoor, tesoro- aggiunse rivolto ad Ellie- Non devono esserci segreti in una famiglia unita, non trovi? Ora, dove eravamo rimasti...ah si! L'esperimento!! Per caso ci sono volontari?




 

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Capitolo 10
*** Consiglio di guerra ***


Nel quartier generale dello Shield era in corso una riunione di emergenza che aveva una vaga rassomiglianza con una specie consiglio di classe dei genitori.
Steve Rogers e Bucky Barnes erano seduti alle due estremità opposte del lungo tavolo bianco e si guardavano in cagnesco. Edward Foster, il nonno di Blake, un compassato signore giunto in tutta fretta dalla California non appena lo Shield lo aveva avvertito, mandava avanti una pacata conversazione con Pepper Stark e Melinda Coulson, cercando di coinvolgere anche i suoi coetanei con scarso successo.
Il dottor Stephen Strange si era completamente isolato dagli altri, concentrato a scrutare chissà cosa nell'infinito alla ricercati risposte che non aveva.

Daisy Johnson li raggiunse non appena ebbe terminato l'ennesima telefonata. Aveva lo sguardo triste e abbattuto, segno che nemmeno lei da direttore dello Shield in carica, con a disposizione mezzi e tecnologie praticamente illimitati, aveva ancora ottenuto alcun risultato tangibile.

-I tecnici confermano che i sistemi sono tutti offline. Abbiamo attivato ogni squadra disponibile con la massima priorità. Stiamo sfruttando tutti i satelliti.

-Stephen...ancora niente?- chiese a quel punto il capitano Rogers ostentando una calma forzatissima a cui nessuno comunque credette.

-Niente- si arrese lo Stregone Supremo- Sebastian deve aver fatto qualcosa per nasconderli... sta diventando bravo -ammise, tradendo insieme alla comprensibile preoccupazione giusto una punta d'orgoglio per i progressi del figlio.

-Ho avvisato anche la famiglia di Cali - annunciò Daisy, sedendosi insieme agli altri perché stare in piedi la rendeva solo maggiormente nervosa e voleva proprio evitare di scatenare inavvertitamente un terremoto sotto di loro, sarebbe stata proprio l'ultima cosa di cui avevano bisogno- Ingvild Erikssen ha detto che prenderà il primo volo che trova da Oslo.

-Non sarà necessario, mando io qualcuno a prenderla- si offrì Pepper,  armeggiando nervosamente con il cellulare giusto per poter contribuire in qualche modo- Almeno i ragazzi sono insieme, giusto? Sono sicura che si prenderanno cura l'uno dell'altro- aggiunse infine, come per darsi coraggio.

Ma nessuno dei presenti condivise il suo ottimismo.

Steve Rogers meno di tutti.

-E sono anche insieme a quella ragazza, Elizabeth Smith - disse sommessamente  il Capitano, che ancora si rigirava tra le mani lo zainetto di Ellie, unica traccia tangibile della sua permanenza in istituto che la ragazza si era lasciata alle spalle durante la fuga.

Perché con ogni evidenza il fulcro di tutto era Elizabeth Smith, ammesso che fosse quello il vero nome di quella ragazza di cui nessuno pareva sapere niente. La sua stessa immissione nella scuola si era rivelata un mistero: a nessuno risultava il nome di quella ragazzina. Praticamente un fantasma. Come si fosse potuta creare una voragine di quel tipo nelle fila di un programma governativo super segreto era certamente l'aspetto più inquietante, perché di qualsiasi cosa si fosse trattato non era stata certo una svista ad internare una diciassettenne all'apparenza perfettamente normale in quella base. E non era un caso che adesso quella stessa ragazza partecipasse insieme a tuti i loro figli ad una fuga in piena regola...

-Di lei non sappiamo niente- precisò Daisy- i nostri ci stanno ancora lavorando.

- Incompetenti- borbottò Melinda, palesemente scontenta- Da quando me ne sono andata lo Shield si è forse ridotto tanto male da non saper gestire una semplice rivolta, per giunta  scatenata da una ragazzina diciassettenne?!

-Conosco mia figlia, non avrebbe mai scatenato una rivolta - puntualizzò Steve Rogers, come se dirlo ad alta voce lo rendesse più vero.

-A meno di non esserci costretta- commentò Bucky testardamente, i due amici si erano già scontrati prima esattamente come un anno fa a proposito, rinfacciandosi a vicenda i rispettivo coinvolgimento- Scusa, ma ci hai parlato recentemente?! Sai almeno cosa stava passando?

-Faceva parte del programma non interferire con la terapia dei ragazzi. Eravamo tutti d’accordo...

-Rispondi alla domanda Steve.

-Se avesse avuto bisogno di aiuto me lo avrebbe chiesto!

-Invece lo ha chiesto a me, guarda un po’, perchè suo padre è troppo impegnato a combattere dall’altra parte del mondo per occuparsi di quello che sta sotto il suo eroico naso!

-Adesso basta! Tutti e due!! - intervenne Daisy Jhonson, battendo i pugni sul tavolo- Vi ricordo che ciò che è successo rientra nella giurisdizione Shield, la mia... abbiamo tutti la nostra parte di responsabilità. E così i ragazzi. Li abbiamo mandati noi lì, dopo i fatti che sapete, eravamo d'accordo mi sembra...

-Io no. Sono sempre stato contrario...- commentò aspramente  il signor Foster - ...come lo sarebbe stata certamente anche la mia Jane. Non mi è mai tornato niente di quel posto... Ma mio nipote, povero ragazzo, ci è voluto andare solamente perché i suoi amici erano costretti.

'Perché li avete costretti' avrebbe voluto aggiungere, ma in fondo non ce n'era bisogno, il messaggio era passato forte e chiaro.

-E' tutta colpa mia! Non avrei mai dovuto permettergli di restare a New York dopo che la mia Jane...- sospirò infine, sconsolato, la voce tremante, senza avere nemmeno la forza di terminare la frase.

-Li riporteremo a casa Edward- gli disse Pepper con dolcezza, prendendogli delicatamente una mano tra le sue- Puoi scommetterci! In questo momento non è importante stabilire di chi sia stata la colpa... - aggiunse poi rivolta a tutti gli altri- Ora si tratta innanzi tuti di trovare i ragazzi.

Il problema era che non avevano in mano assolutamente niente.

Proprio in quel momento sentirono bussare, ma non alla porta, qualcuno stava educatamente bussando dall'esterno alla vetrata del trecentesimo piano dell'edificio in cui si trovavano.

Si trattava naturalmente di Visione, che dopo aver attirato la loro attenzione li raggiunse nella sala conferenze attraversando direttamente la finestra.

-Scusate ehm... mi ha mandato Wanda- annunciò, leggermente impacciato- Dice di non preoccuparsi: dice che Steve ha la soluzione in mano.

A quella rivelazione tutti i presenti, che avevano già i nervi a fior di pelle, impazzirono letteralmente.

-Come di non preoccuparsi!? Dove sono ragazzi? Stanno bene?!

-Ha detto che lo avreste chiesto- ammise Visione- e purtroppo mi ha fatto intendere che non stanno bene affatto, anzi, Wanda ha proprio chiesto di andare a prendere i gemelli con una certa urgenza, prima che gli accadesse qualcosa di irreparabile. Era molto agitata e straparlava... Ha detto che la Costellazione li ha presi e di fare in fretta. Solo che poi se ne è dimenticata. Ha solo aggiunto di salutarle Kaya e poi è andata a dormire. Mi dispiace, ma per il resto ne so quanto voi.

Tutti si afflosciano immediatamente sulle rispettive sedie.
Strange alzò un sopracciglio, messo palesemente a disagio dalla casuale menzione di sua moglie Kaya, scomparsa anni addietro.

Avevano tutti sperato davvero per un momento che Wanda Maximoff con la sua preveggenza potesse concretamente aiutarli a ritrovare i ragazzi, ma sapevano anche che ormai era diventata troppo potente per quanto un essere umano potesse gestire e spesso non si capiva niente dei suoi discorsi sul futuro, rendendoli di fatto inutili.
Ma non quel giorno.

Infatti Steve Rogers si illuminò improvvisamente quando credette di aver afferrato in parte il senso di quelle parole: 'Steve ha la soluzione in mano'.
E se la povera Wanda lo avesse inteso in senso letterale? Il Capitano abbassò lo sguardo sullo zainetto che aveva appunto avuto in mano per tutta la durata della conversazione. Lo aprì con una foga tale da far saltare completamente la cerniera, svuotandone subito il contenuto sul tavolo di fronte a tutti. C'erano dei libri, pochi vestiti, qualche effetto personale... e una fotografia.

Una fotografia che rappresentava la classica famiglia americana felice.

Anche la famiglia Rogers non troppo tempo prima aveva scattato una fotografia molto simile.

Steve lo ricordò con una fitta di dolore talmente profonda da costringerlo a trattenere il fiato. Era autunno, una delle rarissime occasioni in cui sia lui che Daisy erano a casa in un ancor più raro momento libero, con la maggior parte dei ragazzi impegnati altrove. Era stato naturalmente Philip a proporre di farsi una fotografia loro quattro, così, perché era semplicemente il tipo di persona che riusciva a tirare fuori le idee migliori dal nulla. Ricordava come Sarah aveva sbuffato per quell'inutile smanceria, ma alla fine si era arresa a mettersi in posa accanto a suo fratello e a impostare l'autoscatto sul cellulare. La settimana seguente era avvenuto l'incidente che aveva fatto sì che anche quella fotografia sul cellulare di Sarah andasse nel dimenticatoio insieme alle loro vite di prima..

-Steve...- la voce di Bucky lo scosse da quel doloroso pensiero- ...io li conosco questi due... me li ricordo...

Appresero che Perry e Samantha Smith, che all'epoca usavano altri nomi, si erano conosciuti sul campo, mentre lavoravano allo stesso progetto di ingegneria molecolare in un laboratorio segreto dell'Hydra. Tra una vivisezione e l'altra si erano subito intesi.
Era stato un vero e proprio amore a prima vista sbocciato tra due spiriti affini!

Entrambi brillanti menti scientifiche. Entrambi accomunati dal proposito di rendere il mondo un posto migliore, secondo la propria visione distorta, cercando il progresso con ogni messo necessario. Entrambi potevano dirsi privi scrupoli o di freni morali di qualsivoglia genere.

Erano gente estremamente pericolosa ed erano in qualche modo coinvolti con la fuga dei loro figli. Questa sicuramente non era una buona notizia.

Ma almeno avevano una pista da seguire.

-L'Hydra sarebbe implicata con la scomparsa dei ragazzi?! Ma come?

-La costellazione che ha nominato la signora Maximoff- evidenziò all'improvviso Edward Foster, che ai suoi tempi era stato un ottimo astrofisico- Quella dell'Idra è la più estesa tra le costellazioni conosciute...

-Siamo alle solite... non sarebbe la prima volta che quei bastardi riescono ad infiltrarsi...

-E questo cosa ci dovrebbe dire di quanto facciamo schifo sulla sicurezza interna?!- commentò amaramente Melinda Coulson, riaccendendo il dibattito mai sopito con i colleghi dello Shield.

-Non perdiamo altro tempo- risolse Steve Rogers - Andiamo a prenderli!

Nel frattempo a casa dei coniugi Smith tutta l'azione si era spostata nel seminterrato, dove i ragazzi erano stati fatti 'accomodare' da una nutrita scorta armata in una specie di cella attigua allo scantinato.

Ellie non aveva potuto fare a meno di pensare con grande orrore che quella era l'unica parte della casa che non conosceva. I suoi non le avevano mai permesso di entrarci. 'Ci sono solo vecchi strumenti di lavoro di papà' le era stato detto e lei non aveva più fatto domande.

Che stupida... quella porta non era nemmeno chiusa a chiave! Anzi, il più delle volte non era nemmeno chiusa bensì soltanto accostata. Purtroppo Ellie era talmente una brava bambina che non aveva mai pensato di andare a spiare che cosa si trovasse laggiù. Aveva ascoltato i suoi genitori e se ne era completamente disinteressata.

Si era fidata.
Esattamente come i suoi amici si erano fidati di lei e l'avveravano voluta aiutare, si disse , finendo per cadere dritti in trappola.

-Queste manette non hanno niente a che fare con il modello che indossavate prima... - chiarì la signora Samantha Smith mentre 'aiutava' i ragazzi ad indossare un paio ciascuno di quella nuova diavoleria- ...diciamo che quelle servivano solo a monitorare i vostri parametri vitali e a mandarci informazioni sulle vostre caratteristiche specifiche. Queste, al contrario, rappresentano un notevole upgrade, custom made appositamente per ciascuno di voi: in pratica neutralizzano qualsiasi capacità particolare in vostro possesso.

I ragazzi, ancora sotto shock e indeboliti da qualsiasi cosa gli fosse già stato somministrato con l'inganno, non poterono ribellarsi a quella nuova costrizione. Si reggevano in piedi a malapena ma si stavano sforzando di rimanere coscienti il più possibile per avere una speranza in più di uscire da quell'incubo.

Si stava ripetendo tutto, esattamente come la prima volta che si erano trovati rinchiusi, con la differenza che ora non c'era lo Shield a proteggerli o i loro genitori ad assicurarsi che non gli venisse fatto del male.
Nessuno sarebbe venuto a salvarli da quei pazzi! Erano scappati volontariamente dalla struttura, assicurandosi di non lasciare tracce e di non essere rintracciabili per nessuno... anche con tutto il dispiego di forze in possesso degli Avengers ci avrebbero messo giorni, forse di più a sapere qualcosa....E sarebbe stato indubbiamente tardi.

Nel frattempo Perry Smith continuava ad illustrare loro con eccessivo entusiasmo la sua nuova invenzione.

-Inoltre queste manette non si possono rompere o rimuovere se non con questa chiave speciale, altrimenti bhè ...esplodono! - asserì passando la chiave in questione alla moglie perché la mostrasse bene a tutti come avrebbe fatto una valletta- Con i risultati che ben potete immaginare. Ma non è l'unica caratteristica di questo device così innovativo!

Esattamente in quel momento Sebastian emise un gemito di sorpresa prima di perdere momentaneamente l'equilibrio. Sarebbe caduto in avanti sulle ginocchia se Blake non l'avesse prontamente sorretto con uno sforzo enorme.
Nello sconcerto generale Ellie e i ragazzi si voltarono tutti verso di loro allarmati, cercando di capire cosa gli stesse succedendo.

Sebastian era ancora più pallido del solito.
Un lieve rivolo di sangue scendeva da entrambi i suoi polsi in corrispondenza delle manette.

-Smettila, smettila subito!-inveì Ellie inferocita verso il suo finto padre.

Lui invece non si scompose.
Non la degnò nemmeno di uno sguardo.
In fondo non la considerava una figlia, ma  soltanto uno dei suoi esperimenti meglio riusciti.

-Sta facendo tutto da solo- spiegò con leggerezza, poi rivolgendosi a Sebastian proprio come avrebbe fatto un insegnante dalla cattedra aggiunse - Signor Strange, quanto a te ti sconsiglio caldamente di provare a fare incantesimi. Come dicevo abbiamo pensato a tutti voi in maniera particolare. Nel tuo caso, piuttosto singolare devo dire, almeno quanto quello della signorina Erikssen, usare la magia potrebbe rivelarsi molto pericoloso... azzarderei fatale. A tal proposito, puoi condividere con la classe quello che sta succedendo in questo momento?

-Arteria radiale- riuscì a dire il ragazzo a fatica, come sopraffatto a sua volta dall'orrore di una tale rivelazione.

-Molto bene! - applaudì il signor Smith, entusiasta soprattutto dall'impressione che aveva fatto suoi suoi giovani allievi, poi si rivolse alla moglie con sguardo amorevole- Cara, vuoi fornire tu la cifra del fenomeno? Se non ricordo male è il tuo campo preferito di applicazione.

-Ma certo, caro, come sei premuroso a ricordarlo- chiosò lei- Dunque, ricapitolando a favore di tutti, se si prova a usare la magia o altre 'stramberie' questo attiva le manette di contenimento e una lama rotante di vibrando le penetra i polsi fino all'arteria... in quel particolare punto con un taglio di appena 0,64 cm si avrà la perdita di coscienza in 30 secondi circa e la morte per dissanguamento in due o tre minuti al massimo... quindi, vi prego ragazzi, non metteteci alla prova.

 

-Mamma! Come hai potuto?!- esclamò Ellie, che si trovava ormai sull'orlo di una crisi di nervi.

-Notevole non è vero?Uno studio molto proficuo quello dell'ultimo anno che ci ha consentito di elaborare una cura speciale pensata per ciascuno di voi. Ma ci pensate? Finalmente potrete essere dei ragazzi normali... esattamente come avete sempre voluto! A patto di sopravvivere, questo va detto.

-Stai parlando dei miei amici!

-Non dire sciocchezze, Ellie. Non sono neanche esseri umani- la donna le si avvicinò prendendole il viso tra le mani in una grottesca parodia di un gesto dolce- Devi comprendere che tutto quello che io e tuo padre facciamo è anche per il tuo bene, ok?

E lì Ellie si giocò il tutto per tutto.
Approfittando della vicinanza tra di loro tirò una testata con tutte le forze che le erano rimaste.

La donna barcollò all'indietro, stupita e per un istante disorientata.

Quell'unico istante di smarrimento fu tutto ciò che Ellie potè sfruttare per portare a termine il suo proposito: impossessarsi della chiave delle manette che la donna aveva messo in tasca, esattamente come sapeva aveva fatto Sarah con il cellulare di Michael.
La ragazza non aveva un vero e proprio piano. Stava agendo esclusivamente spinta dall'istinto e forse con quel pizzico di intraprendenza in più che non aveva mai avuto prima, ma che scaturiva indubbiamente dai legami che aveva formato in quell'ultimo folle periodo.
Prima predi la chiave, si era detta, il resto si vedrà...

Era un piano folle, disperato, elaborato in una frazione di secondo, ma doveva tentare!

Quello che Ellie non aveva calcolato era che dopo quella mossa  fin troppo azzardata tutte le pistole della stanza erano finite puntate su di lei.
Anche se era riuscita a sottrarre a sua madre la chiave delle manette, ora era praticamente sicura che le avrebbero sparato per quello che aveva fatto.
Invece, sorprendentemente, fu sua madre stessa, che sempre fortunatamente non si era accorta del furto,  a fermarli con un cenno della mano.

-No, va bene così ....Il progresso può essere difficile da comprendere all'inizio e spaventare elementi più giovani e immaturi- sospirò la donna, massaggiandosi la fronte ferita in maniera soltanto superficiale- Vai pure  in camera tua a riposare Elisabeth. Sei chiaramente stata sottoposta ad uno stress eccessivo, poverina...non abbiamo bisogno di te per proseguire con l'esperimento. Più tardi ne riparliamo.

Nel suo sguardo esagitato Ellie riuscì a intravedere per la prima volta un'ombra di incertezza. Forse apprensione nei suoi confronti.
Probabilmente Samatha non si sarebbe mai aspettata che Ellie si sarebbe opposta a lei ,nè che avrebbe combattuto. Non lei  non quella ragazza così timida e riservata che aveva cresciuto come sua per diciassette anni.
Certo, quella donna folle era più che mai convinta di portare avanti il piano, ma forse non era ancora disposta a farle del male come invece lo era suo marito.
Non se poteva evitarlo.

Ad ogni modo, la sua non era stata una richiesta, ma un ordine ben preciso.

Alle parole di sua madre alcuni soldati si fecero avanti per scortare Ellie esattamente come una prigioniera al piano di sopra. Nonostante le proteste e le residenze della ragazza, che non voleva di certo separarsi dagli altri soprattutto dopo che aveva in tasca la chiave!

Se li avessero separati non sarebbe riuscita ad aiutarli.

Ma le guardie armate non ne vollero sapere; ormai le intenzioni dei suoi genitori, veri capi dell'operazione, erano state dichiarate e quelli se la caricarono di peso su per le scale senza curarsi delle urla e degli strepiti della ragazza.

-Lasciate stare gli altri. Lo faccio io il vostro esperimento del cazzo- si fece avanti Sarah a quel punto- Non può certo essere peggio che restare qui ad ascoltare i vostri deliri da psicopatici da manuale.

-Signorina Rogers, speravamo proprio in un tuo coinvolgimento così entusiasta! - applaudì il signor Smith- Se vuoi seguirci...ci spostiamo nel laboratorio vero e proprio!

-No. Vengo io!- si intromise Blake- Non provarci neanche ad avvicinarti a lei.

-Quanto entusiasmo! Purtroppo il macchinario è calibrato su una sola persona alla volta, temo che dovrai aspettare il tuo turno signor Foster...Ma nel frattempo vediamo di rendere le cose più interessanti. Ecco qui, mi raccomando una ciascuno...- ordinò il signor Smith passandogli una curiosa pillola viola che le guardie piantate dietro di loro li costrinsero uno ad uno, volenti o nolenti, ad ingoiare.

-Che cosa sarebbe?- domandò Blake inorridito tanto dal sapore acido della pasticca quanto dalla strana vertigine che gli stava causando e che si andava a sommare con quella pregressa.

-Un altro tipo di test. Ma anche un prezioso incentivo per la signorina Rogers, naturalmente- disse Samantha Smith, che aveva subito compreso al volo le intenzioni del marito, poi si rivolse  Sarah con tono fintamente carezzevole- Completa tutte le fasi dell'esperimento prima che puoi tesoro, ok? E forse non dovrai scoprire cosa succederà ai tuoi amici di qui a breve...

 

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Capitolo 11
*** L'ora più buia ***


La spostarono in un’altra stanza che non aveva nulla da invidiare al laboratorio dello scienziato pazzo dei fumetti. L’illuminazione era pessima, trattandosi di un ambiente completamente interrato e senza nemmeno una finestra. Sarah riuscì comunque a distinguere i contorni di tutta una serie di macchinari strani, collegati da lili blu ad una postazione centrale che a sua volta culminava in un sedile metallico, probabilmente destinato proprio a lei.

Lì accanto la stava aspettando una giovane donna scura di pelle in un camice bianco immacolato. Aveva i capelli molto mossi e ribelli, che teneva disciplinatamente raccolti in una crocchia modesta alla base della nuca, occhi vispi e intelligenti e un’aria assurdamente amichevole per quel contesto.

Sembrava molto nervosa dalla frequenza con cui si strofinava i palmi delle mani, ma riusciva lo stesso a mantenere un sorriso di cortesia molto professionale, un po’ come la rassicurante assistente del dentista, quella che si occupa di fornire le caramelle ai bambini.

-Sono Wren Nichols, molto piacere, tu devi essere Sarah- si presentò con un entusiasmo del tutto fuori luogo data la situazione- Accomodati, il dottor Reddoor sarà presto da te.

Sarah la guardò stralunata come per capire se quella nuova spostata faceva sul serio.

Lei le rivolse in risposta un cenno incoraggiante, quasi di benvenuto.

L’unico motivo per cui Sarah obbedì alle istruzioni, posizionandosi sul sedile semireclinato al centro della stanza dal quale uscivano una serie di tubi poco rassicuranti, furono le guardie armate alla porta e la non troppo velata minaccia che era stata rivolta ai suoi amici.

Wren Nichols al contrario lo interpretò come un segno distensivo di fiducia nei suoi confronti e si tranquillizzò un pochino.

-Non devi aver paura, sei in ottime mani. Il dottor Reddoor è veramente un luminare! - cinguettò ad alta voce- Vedi, riallineare i geni per riportarli in una disposizione regolare è un’operazione che ai più pare fantascienza...invece abbiamo scoperto che è possibile, in teoria. Non per tutti naturalmente. Il precedente soggetto purtroppo non ci ha dato i risultati sperati, ma sono sicura che tu invece ce la farai!

-Perfetto... se lo dice la tirocinante sarà così di certo- commentò Sarah alzando gli occhi al cielo.

Wren, che effettivamente era solo una tirocinante per altro molto mal retribuita all’interno dell’organizzazione di Reddoor, non se la prese per quel commento acido. Anzi, era in generale così abituata ad essere maltrattata verbalmente da tutti che le parole di Sarah le sembrarono addirittura gentili.

La ragazza ancora non poteva sapere che l’infermiera Nichols non era stata sempre al servizio dell’Hydra ma al contrario aveva attraversato dei brutti momenti proprio a causa loro, fino a ricevere un’offerta di lavoro che non aveva avuto modo di rifiutare. Inoltre Sarah non immaginava che proprio quella persona le stava per farle il regalo più grande della sua vita. Infatti, proprio in quel momento l’infermiera si chinò su di lei con un’espressione decisamente più seria, come per fare le una confidenza lontano dalle orecchie indiscrete dei colleghi armati che ancora le osservavano da una discreta distanza.

-Sarah, volevo solo dirti che lui sta bene- sussurrò talmente rapidamente che Sarah credette per un momento di esserselo solo immaginato.

-Cosa?

-Tuo fratello. Sta bene e ormai è fuori di qui da un pezzo... è stato avvisato che adesso ci sei finita tu. Ma non far sapere a nessuno che te l’ho detto io, per favore! Ho veramente bisogno di questi crediti per laurearmi...

-Stai mentendo- affermò la ragazza.

-Ha detto di dirti proprio letteralmente ‘punk, lascia che ci pensi io’. Ha detto anche che tu avresti capito.

Sarah ebbe un sussulto che non riuscì a mascherare neanche troppo bene.

Soltanto suo fratello la chiamava così e soltanto in privato. Come avrebbe potuto quella donna mettere le mani su un’informazione tanto privata per manipolarla? Ma se avesse detto la verità sarebbe stato troppo sconvolgente, avrebbe voluto dire che Philip davvero era ancora vivo. Era possibile?!

Avrebbe voluto chiederle di più, ma proprio in quel momento in dottore, che era andato opportunamente a cambiarsi,  le raggiunse e Wren tornò immediatamente  nel personaggio dell’assistente perfetta alla poltrona.

-Ottimo, infermiera Nichols, può andare... pensi agli altri ospiti, qui non avremo più bisogno di lei. Iniziamo la procedura!

Per un interminabile momento Sarah si concesse di sperare. Si augurò che quello che Wren le aveva appena rivelato non fosse solo l’ennesimo trucco per disorientarla.

Pensò a Philip prima di abbandonarsi alla bolla leggera e senza sogni causata dall’anestetico.

Nel frattempo, a qualche metro di profondità nel seminterrato il resto del gruppo non se la stava affatto cavando bene. Blake, Sebastian, Cali e i gemelli erano stati messi in una lunga cella rettangolare dove i loro parametri vitali erano monitorati per tener traccia dell’esperimento in corso. L’ultima pillola che avevano rifilato loro aveva avuto l’effetto di un trip amplificato su tutti tranne che su Cali, che continuava a sostenere che nei locali di Oslo aveva trovato di meglio.

In realtà la neurotossina che avevano somministrato loro aveva scarso effetto su di lei perché era progettata per innestarsi sui ricettori del dolore, in pratica costringendo il soggetto a rivivere in un loop doloroso i peggiori momenti della sua vita. Ognuno ne veniva afflitto in maniera diversa, a seconda del tipo di traumi che celava il suo passato e Cali era molto oltre quel punto. I traumi li aveva affrontati e superati a modo suo da tempo, da quando prima era diventata amica di Sarah e poi la famiglia dei Rogers l’aveva definitivamente accolta per un periodo indeterminato .

Lo stesso però non si poteva dire per i suoi compagni, che al contrario di lei erano sprofondati quasi subito in dormiveglia e poi in un sonno agitato dai loro peggiori incubi.

Wren Nichols li raggiunse giusto in quel momento per rilevare i loro parametri, lasciata passare dalle guardie che presidiavano l’imboccatura della cella restandone però all’esterno. Purtroppo in quanto più bassa in grado toccavano sempre a lei tutti i compiti più noiosi di monitoraggio clinico.

-Ancora niente signorina Erikssen? - commentò rilevando che la ragazza era l’unica del gruppo ancora sveglia- Molto strano. Proviamo ad aumentare il dosaggio?

-Oh, si, provaci per favore- rispose lei sorridendo in una maniera che Wren, non conoscendola affatto, confuse per rassicurante.

Era sempre più facile avere a che fare con i pazienti ben disposti, si disse, e da povera stagista in seno ad un’organizzazione criminale le capitava sempre così di rado...

Come l’infermiera fu a portata di mano, Cali non esitò un momento a sfruttare la poca libertà di movimento che le manette ancora le consentivano per prenderla per il collo e sbatterla contro il muro più vicino, curando di coprirle la bocca per evitare che chiedesse aiuto. Se non poteva usare la magia si sarebbe arrangiata con quello che aveva.

-Shhhh...zitta! Adesso tu mi aiuti a svegliarli e poi mi porti da Sarah.

-Io...non sono autorizzata... per favore...non puoi fare sul serio!

-Consulta il mio fascicolo, stronza, e poi dimmelo tu se sono seria.

Wren non ne aveva bisogno, li conosceva a memoria i loro fascicoli, ci aveva scritto una meravigliosa tesi per il suo primo semestre di studi che le era valsa ben 12 crediti nel modulo di Psicologia II. In particolare il fascicolo di Cali Erikssen le attribuiva cinque omicidi preterintenzionali a Oslo. Decisamente la ragazza non era solita fare minacce a vuoto.

-Ok...ma stai calma... lasciami vedere un momento

-Sbrigati!- aggiunse Cali, controllando nervosamente la porta per cogliere se le guardie si fossero accorte di qualcosa di strano.

L'infermiera si adoperò a digitare una complicata sequenza sui sui macchinari e poi a somministrare un'iniezione di liquido chiaro che ebbe l'immediato effetto di ridestare Blake e i gemelli. Ma non Sebastian.

-Perchè non si sveglia?- esclamarono i ragazzi, rischiando anche  di attirare le guardie.

-Non lo so- ammise Wren- La reazione a questo farmaco non è uguale per tutti. Non è ancora stato propriamente testato...insomma, l’esperimento era in parte anche per determinare proprio questo.

-Cosa possiamo fare?- tagliò corto Blake, che di farmaci non si intendeva per niente ma che certamente non sarebbe rimasto con le mani in mano a vedere morire il suo amico.

Il silenzio mesto che seguì rese palese che nessuno aveva idea di come aiutare Sebastian, nemmeno la ragazza dell’Hydra che meglio conosceva cosa gli era stato somministrato .

-Intanto voi trovate Sarah. Resto io con lui- decise infine Cali, rivolgendo al ragazzo uno sguardo eloquente e determinato- E Blake, rispetto ai soldati qui fuori... ricordati di ciò di cui abbiamo parlato e fai quello che devi.

-Contaci.

Il ragazzo annuì prima di partire con i gemelli appresso alla ricerca di Sarah.

Rimaste sole, Cali si rivolse direttamente all’infermiera Nichols, questa volta parlando liberamente di quanto aveva già intuito dalle sue parole di prima.

-Se ne sta andando vero?- constatò tristemente.

-Si...Qualsiasi trauma lo tenga bloccato gli sta impedendo di riprendere conoscenza e compromette le sue funzioni vitali sempre di più ogni secondo che passa da incosciente, come se si trattasse di un coma indotto da abuso di farmaci. Se non si sveglia da solo nei prossimi minuti, temo che non ci sia più niente da fare- Wren, per quanto fosse ormai abituata a veder spirare miseramente le cavie che venivano usate per i loro esperimenti, anche in condizioni peggiori di quelle di Sebastian, cercò di trovare una parola di conforto per la ragazza- Mi dispiace Cali. Non puoi fare niente per salvarlo.

-Invece si- ribatté lei, ricacciando indietro le lacrime.

Wren Nichols si rese conto delle sue reali intenzioni soltanto quando fu troppo tardi per fermarla.

Facendo l'unica cosa che le manette non le consentivano di fare Cali aveva utilizzato la sua magia per entrare nella testa di Sebastian e risolvere il problema, preferibilmente prima di dissanguarsi.

 

Quello che si trovò davanti la stupì non poco.

Si aspettava di trovarsi davanti qualche scenario traumatico, un incidente, quello che insomma lo teneva bloccato lì, invece era in una bella cucina luminosa dove si trovavano due adulti e un bambino.

Cali riconobbe il dottor Strange, in abiti civili, estremamente concentrato su una pentola dove qualcosa ribolliva. Un bellissima donna dai capelli scuri e gli occhi identici a quelli Sebastian, che doveva essere sua moglie, si trovava poco distante e lo fissava con aria scettica.

-Spatola- ordinò lui come se si trattasse di prendere una decisone drastica.

-Eccola.

-Zucchero.

-Quanto?

-Due cucchiaini.

-Sicuro?

Il dottore trasse un lungo sospiro prima di annuire con aria solenne.

-Si.

A quel punto anche sua moglie Kaya sospirò, ma di compassione.

Quanto mai lo aveva sfidato a preparare loro la cena per una volta, proprio lui che non sapeva cuocersi un uovo da solo! Di questo passo sarebbero andati tutti a letto senza cena...

-No, no. In questo modo non ti verrà mai bene- cercò di intervenire lei per limitare i danni-  Devi girare, capito? Ma non così...non vedi che si attacca tutto?! No, aspetta, dall'altro lato! E senza smettere di versare...si, no, con l'altra mano! Le due cose vanno fatte allo stesso tempo: girare e versare. Sicuro di esserne in grado? Non preferiresti che ti aiutassi io? In fondo è la prima volta che ci provi...

-Assolutamente no- rispose lui che ormai si era fatto un punto d'onore di riuscire a cucinare qualcosa di sublime così al primo colpo, per stupire quella miscredente di sua moglie che aveva osato mettere  in dubbio le sue capacità-  So perfettamente come procedere! La ricetta non mi sta riuscendo soltanto a causa delle tue continue distrazioni.

-La ricetta non ti sta riuscendo perché in cucina sei negato, Stephen, ammettilo.

Ma il dottore non si perse d'animo continuando imperterrito a procedere per tentativi ed errori. Gliel'avrebbe fatta vedere lui a Kaya se non era capace di preparare un semplice pasto! In fondo quanto poteva essere difficile? Gli sarebbe bastato seguire le indicazioni del libro di cucina che consultava ormai febbrilmente da non meno di due ore. Tuttavia, nonostante la sua dedizione, i significati più reconditi di quel testo ancora gli sfuggivano. Certamente chi lo aveva scritto doveva essere stato in possesso di qualche oscuro segreto o arcana conoscenza. Altrimenti come era possibile che gli ingredienti corrispondenti si rifiutassero di amalgamarsi come prescritto dalla ricetta? Aveva saltato qualche passaggio? Bisognava recitare qualche formula mistica mentre lo si faceva? Questo il libro non lo diceva.... ma poteva essere un inganno.

-Mi mancano solo pochi ingredienti...

-E pensi di farcela prima che nostro figlio debba partite per il college?- Kaya si voltò verso il bambino di appena dieci anni seduto a tavola che li osservava curioso -Vedi Sebastian, amore mio, tuo padre, che ai fornelli non è certo un luminare come gli piacerebbe credere, ha deciso che stasera dovremo morire di fame nell'attesa che la sua ricetta portentosa compaia magicamente dal disastro che sta combinando.

-Non mi abbasserò ad usare la magia: ho detto che ce la faccio!

-Forse dovresti, caro- commentò lei sarcastica - Almeno ci risparmieresti il supplizio di assistere impotenti al suicidio assistito di quella lasagna.

-No! Posso farcela... Kaya, cosa stai facendo con quello?- domandò alla moglie che con una mano gli puntava addosso il cellulare mentre con l'altra sulla bocca tratteneva a stento le risate.

-Niente. Mando il video sulla chat delle ragazze- ammise lei innocentemente - E ne approfitto per chiedere a Wanda se le è avanzato qualcosa da mangiare per me e Sebastian. Tu vai pure avanti con la tua crociata contro la besciamelle.

Ormai era cosa tristemente nota agli Avengers che le mogli avessero una loro chat di WhatsApp in cui amavano scambiarsi le foto dei figli e condividere i momenti privati più imbarazzanti dei rispettivi mariti.

Pochi minuti dopo, infatti, sul bancone della cucina si materializzarono dal nulla due piatti fumanti di pasta al sugo, segno che Wanda aveva raccolto il suo grido d'aiuto.

-Tesoro, la pasta di Wanda è davvero buonissima...sei sicuro di non volere che te ne lasci un po'?

-Sicurissimo.

-Tieni papà!- esclamò a quel punto il piccolo Sebastian, allungandogli tutto contento una forchettata di maccheroni che il dottore non seppe rifiutare, constatando che sua moglie aveva detto il vero: erano veramente ottimi.

Kaya ne approfittò subito per scattare loro una foto con il cellulare mentre Sebastian imboccava il padre come si fa con un malato per rimetterlo in forze.

Quel sorriso di Stephen Strange era riservato per gli altri nelle occasioni speciali e sempre per suo figlio. Nonostante la cucina devastata, il clamoroso fallimento nel preparare la cena e il fatto che sua moglie glielo avrebbe rifacciamo per il resto della vita ogni volta che a suo dire 'alzava troppo la cresta', quando era con la sua famiglia non poteva fare a meno di sentirsi l'uomo più felice del mondo.

-Oh, che teneri che siete... le ragazze la adoreranno!!- commentò Kaya tutta contenta, continuando a scattare e digitare sul cellulare.

Cali restò molto stupita: poteva davvero essere quella scenetta così innocua di perfetta armonia familiare la prigione mentale di Sebastian?

-Aspetta- le disse qualcuno, per la precisione la perfetta copia del Sebastian Strange del presente, materializzatasi accanto a lei e anche lui intento a guardare la scena, ma con orrore derivato da ciò che sapeva stava per accadere- Stanno per arrivare.

Infatti proprio in quel momento si aprì un portale nella stanza, dal quale fuoriuscirono tre individui incappucciati che non persero tempo ad attaccarli. Seguì una lotta furiosa.

Il dottor Strange, mentre con una mano teneva faticosamente a bada gli incantesimi degli avversari con l'altra si preoccupò di evocare un portale per mettere in salvo la sua famiglia prima che si trovassero in mezzo al fuco incrociato.

-Kaya, andate!- urlò alla moglie, che aveva già preso in braccio Sebastian e si stava accingendo a passare dall'altra parte, quando un quarto uomo incappucciato di cui non si erano accorti la trattenne per un braccio.

Nell'altra mano aveva un pugnale che sollevò pronto per colpire Sebastian, ma Kaya non glielo permise. Intercettò il braccio dell'assalitore e lo bloccò facilmente con una forza sicuramente non umana. Immediatamente il braccio dell'incappucciato cominciò a sgretolarsi sotto il suo tocco come se si trattasse di un castello di sabbia e così all'istante tutto il suo corpo si sgretolò come cenere sul pavimento. Gli occhi della donna ora lampeggiavano di un vorticoso giallo.

Le bastò un solo sguardo a quel punto per disintegrare anche gli altri tre avversari mentre suo marito la fissava inorridito.

-Cosa sei?- le domandò, sconvolto, guardandola per la prima volta come se non la conoscesse affatto.

-Stephen, per favore. Te lo avrei detto... stavo solo aspettando il momento giusto.

-Che cosa sei?- ripetè lui sempre più alterato- Rispondimi!

-Sono sempre io! Sono Kaya! Le cose non dovevano andare così.... Volevo dirtelo, davvero, da prima del matrimonio! Ma poi... eravamo così felici...e quando è arrivato Sebastian mi sono detta che tutto sommato non era così importante che lo sapessi. Te lo avrei detto non appena si sarebbe presentata l'occasione giusta.

Ma Kaya sapeva perfettamente che non ci sarebbe mai stata un'occasione giusta per confessare al marito di essere una divinità del caos venuta in questo mondo con l'unico scopo di distruggerlo. Certo, inizialmente si era avvicinata a lui sotto mentite spoglie umane solo per cercare di studiarne le capacità e sondarne le debolezze, non aveva certo previsto che lui le avrebbe chiesto di uscire, che di lì a poco si sarebbero innamorati e che alla fine ci avrebbe pure fatto un figlio!

Amare qualcuno era stata un'esperienza molto strana per lei che veniva dalla dimensione oscura, dove non c'era traccia di amore o sentimenti in generale.

Ma aveva deciso che non ci avrebbe rinunciato, a qualsiasi costo, neanche se avesse comportato abbandonare i suoi piani di conquista galattica e accontentarsi di vivere una semplice vita mortale con la sua famiglia.

-Mamma - chiese cautamente il piccolo Sebastian alzando la testolina verso di lei-Perché papà è arrabbiato?

-Non è niente, amore. Vai in camera tua. Io e papà dobbiamo parlare un attimo.

La porta si chiuse davanti a lui e Cali fu sbalzata fuori dalla visione del ricordo.

-E' ultima volta che l'ho vista - spiegò la proiezione di Sebastian.

-Cosa le è successo?

Sebastian non rispose indicando ancora la porta.

Cali la riaprì per trovarsi nella medesima stanza, ma cambiata.
Non c'era più alcuna traccia in quella cucina della vita familiare spensierata di prima. Era asettica, fredda. Nessun disegno appeso al frigorifero. Dovevano essere passati degli anni, realizzò. Infatti, in quel ricordo una versione più cresciuta di Sebastian reggeva un borsone e guardava suo padre con occhi diversi, più freddi e in piena ribellione adolescenziale.

-Perchè non posso semplicemente  restare qui da solo? - stava dicendo il ragazzo -Era la casa di mamma. Tu non centri niente.

Suo padre se accusò il colpo di quelle parole tanto sprezzati non gli diede la soddisfazione di dimostrarlo.

-Questo è fuori discussione- replicò, non perdendo nemmeno per un istante il suo impeccabile contegno- O dai Rogers o al tempio con me. Scegli tu.

Sebastian esitò un momento prima di trovare le parole per quello che provava a lasciare la casa dove era cresciuto.

-Ma se lei dovesse tornare e non ci trova...

-Non tornerà Sebastian. Me ne sono assicurato.

-Perchè l'hai uccisa- lo accusò il figlio, senza mezzi termini- Perché a questo punto non termini il lavoro e uccidi anche me? Sono sicuro che i tuoi amici non aspettano altro.

Ancora una volta quell'accusa parve scontrarsi contro un muro dall'altra parte.

-Dai Rogers, dunque - dedusse il dottore con noncuranza- Sbrigati a radunare le tue cose. Informerò Steve e Daisy della tua decisione.

Ma il ragazzo non si mosse, puntando sul genitore gli occhi scuri come quelli di Kaya.
Sembrava che ad accusarlo della sua grande colpa in quel momento ci fosse anche lei.

-Come è successo? Dal momento che non sono più un bambino e questa comunque sarà l'ultima volta che ci vediamo puoi raccontarmelo. Ha sofferto? Ti ha supplicato per la sua vita?

Il dottor Strange assottigliò lo sguardo, irritato. Tutti gli avevano posto quelle domande un milione di volte negli ultimi anni ma lui si era sempre, categoricamente, rifiutato di rendere conto della tragica fine del suo matrimonio con una divinità del caos.
Nemmeno a suo figlio aveva mai fornito spiegazioni, con il risultato di aumentare sempre più l'ormai abissale distanza tra di loro. Dentro di sé sapeva che Sebastian non gli avrebbe mai perdonato di averlo privato di sua madre.
Non avrebbe mai capito che non aveva avuto scelta.

-No -disse semplicemente, per poi aggiungere l'unico dettaglio che avrebbe mai rivelato ad anima viva sugli eventi di quella sera-  Ha supplicato per la tua.

Ancora una volta il ricordo si interruppe riportandoli alla prima cucina e alla famiglia che preparava la cena, quello era il loop in cui Sebastian era bloccato.

-Devi svegliarti- gli disse Cali- Sebastian devi assolutamente staccarti da tutto questo e tornate al presente!

-Non ci riesco.

-Devi! Senti, normalmente ti spiegherei con clama in che situazione di merda ci troviamo, ma aspettare i tuoi tempi mi viene un po' difficile al momento ... perché, vedi, mi sto dissanguando qui per entrare nella tua testa vuota... quindi cerca di ascoltarmi molto attentamente. Devi uscire da qui. Trova Sarah e gli altri e poi andatevene. Solitamente non mi dai mai ascolto, ma questa volta devi farlo perché è davvero importante.

Lui non sembrò scosso dalle sue parole, quanto dal fatto che mentre le pronunciava le mani di Cali stavano già cominciando a scomparire gradualmente.

-Cosa... cosa vi sta succedendo là fuori?- domandò infine, come se gli costasse uno sforzo immane.

-Te l'ho detto, non ho tempo- sorrise lei- Fai qualcosa di bello della tua vita. Qualcosa che ti faccia stare in pace con te stesso, anche se fosse ritirarti sulla cima di una montagna con quei vecchi libri che ami tanto... ma qualche volta vai anche a dare un'occhiata agli altri. E' chiaro che saranno tutti persi senza di me, non hanno la minima idea di come ci si diverta.

-Cali di cosa stai parlando? Cosa ti succede?

Adesso anche il corpo della ragazza stava svanendo.

-E poi parla con tuo padre. Ti vuole bene anche se fa schifo a dimostrarlo... e non ostinarti a non studiare medicina solo per fargli un dispetto, perché si vede che sei portato. Sei talmente un rompipalle su tutto che ti ci vedo proprio a fare il dottore.

Ormai non le era rimasto che il volto luminoso, disteso in un ultimo sorriso.

-Cazzo...la cosa più importante non te l'ho detta, ma ormai non ho davvero più tempo.

Senza poter aggiungere più nulla, la proiezione di Cali nella sua mente svanì del tutto in un soffio di vento. Sebastian rimase disorientato, ma vigile. Diede un ultimo sguardo alla porta oltre la quale i suoi genitori stavano ancora battibeccando inconsapevoli. Li lasciò andare, appartenevano a un passato che non poteva cambiare ormai.

Si risvegliò nel presente, cercando Cali e trovandola con entrambi i polsi recisi da quel marchingegno.
China su di lei, una specie di infermiera stava cercando di fare il possibile per fermare il sangue.

-Cali...Cali! - Sebastian la chiamò più volte, in maniera sempre più disperata, ma la ragazza non si mosse.

-Mi dispiace- disse sommessamente Wren Nichols, con le lacrime agli occhi.

Non si sentiva più battito.



 

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Capitolo 12
*** La fine di tutto ***


Come una bambina capricciosa, Ellie fu poco delicatamente scaricata esattamente in camera sua, al piano superiore della casa, e chiusa dentro a chiave. Ancora non poteva credere a quanto rapidamente le confortevoli mura della sua dimora, a cui non aveva fatto altro che pensare con intensa nostalgia negli ultimi mesi, fossero diventati la sua nuova gabbia. Non poteva credere che la sua vita fosse stata tutta un'enorme menzogna e che i questo momento proprio le persone di cui più si fidava la mondo stessero facendo qualcosa di terribile ai suoi amici. Ma soprattutto si abbatte su di lei la consapevolezza che li aveva condotti lei fin lì. Era tutta colpa sua.

Il corso nefasto dei suoi pensieri fu interrotto da qualcuno che bussava alla sua finestra.
Girandosi verso la fonte di quel rumore, riconobbe Morgan e Michael in bilico sulla grondaia esterna che le chiedevano silenziosamente di farli entrare il prima possibile.

Ellie non perse tempo a tirarli dentro prima che qualcuno li scoprisse.

-Ci stavate mettendo una vita, così abbiamo deciso di venire a controllare- spiegò Morgan tutta agitata e decisamente sveglia, per la precisione sembrava incontenibile, come se non vedesse l'ora di saperne di più- poi abbiamo visto i soldati là fuori e abbiamo capito che c'era qualcosa che non andava.

-Non è gente dello Shield- tenne a precisare Michael, più cauto e controllato- ma è chiaro che si tratti di professionisti equipaggiati. Ce n'è voluta di fortuna per riuscire ad aggirarli...

-Ha fatto tutto Michael per la verità, è stato proprio grande! Ha fatto saltare un fusibile della luce per distrarti e poi siamo passati dal retro arrampicandoci fin qui. Proprio non se lo aspettavano, nemmeno tra un milione di anni! Che idioti... Ad ogni modo abbiamo pensato che arrampicarci qui fosse il modo migliore per entrare a controllare e poi abbiamo trovato te!

-Non è stato troppo difficile- precisò Michael facendo il modesto- Fortunatamente quelli sembravano più concentrati sul seminterrato che sulla parte superiore della casa. Erano anche piuttosto inquieti, come se dovessero presidiare qualcosa di pericoloso. Tu ne sai qualcosa Elizabeth? Elisabeth?!

-Ellie stai bene?- si preoccupò subito Morgan- I tuoi genitori?

La ragazza sulle prime non riuscì nemmeno a rispondere.

Poi, soccombendo semplicemente alla tensione accumulata, finì per esplodere in un pianto disperato tra le braccia di Morgan. Solo dopo circa un quarto d'ora si fu sfogata a sufficienza per riuscire ad articolare quello che era successo di sotto, lasciando sgomenti gli altri due ragazzi.

In particolare Michael, che era veramente sconvolto, ma anche più che mai risoluto a partire in soccorso degli altri.

-Dammi la chiave per liberare i ragazzi Elizabeth. Io scendo e vedo cosa si può fare. Voi restate qui e barricate la porta. Quando sentirete sparare vuol dire che saranno distratti, provate a scendere dalla stessa grondaia da dove siamo arrivati noi... Dovreste farcela fino al jet. Una volta lì partite, chiamate aiuto se potete.

-Non ci penso neanche! Vengo con te- ribatte subito Morgan- Cosa pensi di fare da solo contro tutti quelli?
-Ci andiamo tutti- stabilì Ellie, facendosi coraggio- ma prima ci serve un piano. E dobbiamo anche procurarci qualcosa con cui difenderci in caso di bisogno.

In effetti, a parte l'unica pistola di Michael non avevano in mano un gran che. I suoi genitori erano sempre stati contrari all'utilizzo delle armi, almeno così avevano sempre dichiarato di fronte ad  Ellie, perciò non ne tenevano in casa. Ma date le recenti rivelazioni poteva benissimo trattarsi dell'ennesima menzogna per ingannarla. Ad ogni modo, l'idea migliore che le venne, dopo che ebbero forzato la porta della sua camera per poter scendere di sotto, fu quella di avventurarsi sempre con molta cautela fino alla cucina, alla ricerca di coltelli.

La casa degli Smith era deserta.

Evidentemente tutta l'azione si era spostata al piano interrato, dove Ellie aveva visto avendo portato i loro compagni. Quella che portava alla cantina, infatti, era l'unica porta sorvegliata dai militari. Era da lì che dovevano passare e non avevano la minima idea di come riuscirci.

Erano ancora fermi in cucina, in attesa di elaborare un piano, quando dei passi che venivano verso di loro li misero in allarme.

Michael e Morgan fecero giusto in tempo ad abbassarsi al di sotto del bancone della cucina quando la madre di Ellie, o meglio colei che si era sempre spacciata per tale, entrò in cucina.
Ellie al contrario scelse di non nascondersi, l'avrebbe affrontata correndo ancora una volta un rischio. Forse non era addestrata come Michael o intelligente come Morgan, ma di sicuro il coraggio per essere d'aiuto non le mancava.

Inoltre, era probabilmente l'unica persona che poteva sperare di raggiungere i loro amici senza farsi prima piantare un proiettile in testa se si fosse giocata le carte giuste.

-Ellie!- esclamò la signora Smith, arrestandosi dritta sulla porta.

Era il momento di agire come si era riproposta.

Se sua madre avesse avuto anche il minimo sospetto e avesse chiamato le guardie sarebbero stati tutti spacciati, pensò Ellie. Con il cuore che le pulsava a mille cercò di ostentare l'espressione più rilassata e conciliante di cui era capace.

-Mamma...ciao, che ci fai qui?

-Potrei porti la stessa domanda, tesoro- ribatté freddamente la donna, che sulla fronte aveva ancora il segno della botta che le aveva inferto Ellie nel momento in cui le aveva sottratto la chiave- Come sei uscita dalla tua stanza?

-La porta era aperta- mentì la ragazza.

-Oh, maledetti idioti...è talmente difficile trovare del personale di fiducia oggigiorno.

-Per la verità, sono venuta a cercare te mamma. Mi dispiace moltissimo per come mi sono comportata prima.

-Davvero?- il suo tono era ancora estremamente circospetto, mantenendosi a debita distanza dalla figlia come per rimarcare che trovava comunque tutto molto strano aggiunse- Comunque mi hai trovata per puro caso. Sono appena salita a preparare uno spuntino a tuo padre. Operare gli mette sempre molto appetito.

-Che pensiero carino...- commentò la ragazza sorridendo nervosamente, in palese difficoltà, sperando al contempo con tutta sé stessa che sua madre non si accorgesse di Morgan e di Michael nel loro nascondiglio- ... posso aiutarti? Magari glielo preparo io, che dici?

-Veramente prima non sei sembrata molto collaborativa. Come mai adesso hai deciso di aiutare?

-Ah, per prima...  come stavo dicendo ero veramente sconvolta, molto sconvolta... io non credo di aver realizzato quanto voi vi siate 'preoccupati per me' fino ad ora e sono stata molto sciocca. Vi devo essere sembrata talmente ingrata! Ma adesso che ho avuto il tempo di calmarmi e di riflettere l'ho capito. E sono venuta a dirti che lo apprezzo veramente.

-Ma davvero....- commentò Samantha, ancora non del tutto convinta- E per quanto riguarda i tuoi così detti 'amici'? Sembravi molto più preoccupata di loro che di noi che ti abbiamo allevata.

-Sono sicura che tu e papà sapete cosa è meglio fare- rispose Ellie con prontezza, per poi aggiungere in un lampo di genio e di improvvisazione- Se penso che a quest'ora potrei essere al loro posto...ma voi lo avete impedito, giusto? Tu lo hai impedito, mamma. Mi avete salvata.

A quelle parole che con tutta evidenza erano esattamente quelle che sperava di sentirsi dire da tutta la vita Samantha cominciò davvero ad abbassare le difese.

-Ma certo...sai che non permetterei a nessuno di farti del male, vero?

-Lo so, mamma. Certo che lo so.

La donna le fece cenno di avvicinarsi.
Ellie trattenne il fiato e ubbidì, lasciando che le spostasse i capelli dal fronte con dolcezza, come era solita fare un tempo.

-Sei così perfetta - disse Samantha Smith assorta nei suoi pensieri- non assomigli per niente a quella donna orribile. Sei esattamente la copia mia e di tuo padre! Ricorda sempre che siamo stati noi a crescerti e a rendere quello che sei oggi- fece una pausa per valutare la reazione della figlia a quell'ultima affermazione, ma Ellie era a sua volta concentratissima, si stava praticamente conficcandosi le unghie nei palmi della mani nello sforzo di non tradire la minima reazione a quel delirio che la riguardava da vicino -Quando abbiamo iniziato questo progetto ero giovane. Troppo giovane e piena di sogni. Non sapevo veramente a quali rinunce sarei andata incontro: un figlio non era minimamente contemplato, non con il lavoro mio e di tuo padre che ci impegnava così tanto. Ma quando abbiamo scoperto che l'Anomalia 75 era gravida... allora mi è venuta l'idea! Certo non è stato semplice convincere tuo padre e i suoi capi, ma alla fine ne è valsa la pena... Guardati, sei la nostra figlia perfettamente normale! L'aiuto che ci serviva per dimostrare che la terapia funziona, almeno sui soggetti molto giovani. Ci sono ottimi riscontri sui bambini fino ai cinque anni, sai, sfortunatamente lo stesso non si può dire per i soggetti adulti...nessuno di quelli è mai sopravvissuto purtroppo. La scienza purtroppo ha i suoi limiti.

-Ma cosa vuol dire?

-Vuol dire che ormai erano talmente contaminati da non poterci fare più niente. Molto triste, lo so.

-E i miei... voglio dire, i ragazzi che erano con me? A loro cosa pensi che succederà?

-Abbiamo ottime speranze di riuscire a normalizzarli, per la maggior parte. Naturalmente ci saranno eccezioni ed imprevisti, quale esperimento non ne ha? Ma io mi terrei su un cauto 60% di successo.

-Non è poi molto- commentò Ellie, letteralmente agghiacciata da quel dato.

Non meno sconvolti di lei dovevano essere Morgan e Michael, che completamente impotenti  avevano sentito tutto da dietro al bancone della cucina.

-Non è neanche poco- rispose la signora Smith-  Forse col tempo, chi lo sa, riusciremo a far meglio. Non bisogna mai perdere fiducia nel progresso, mia cara.

-Giusto... credi che potrei vederli?- azzardò Ellie- Sono davvero curiosa di vedere con i miei occhi come farete ad aiutarli.

-Non lo so tesoro, dopo come ti sei comportata prima... non so se sia una buona idea. Poi tuo padre insiste ad essere lasciato in pace mentre lavora...

-Ti prego mamma... non sto davvero nella pelle! Deve essere un lavoro particolarmente complicato... quando ricapita di assistere?!

La signora parve riflettere per qualche istante, ma alla fine, la smania di condividere quello che ritenga il loro più grande successo professionale ebbe la meglio. Rivolse alla figlia un sorriso disteso, addirittura soddisfatto. Evidentemente l'aveva convinta.

-Non hai torto, tesoro. Bene, vediamo cosa si può fare...intanto tu prepara qualcosa per tuo padre, io ti aspetto di sotto. Lascerò detto di farti passare.

Ellie le sorrise, sinceramente felice che sua madre se ne stesse andando senza essersi accorta degli altri.

-E credevo io che mia madre fosse pazza- commentò Michael, poi rivolgendosi ad Ellie che l'aveva guardato malissimo aggiunse- Comunque tu non ci vai là sotto da sola.

-Certo che ci vado- ribatte la ragazza- hai per caso un'idea migliore signor agente speciale?

Perché anche con tutta la loro buona volontà, tre ragazzini armati solo di una misera pistola e  con un paio di coltelli non avrebbero certo rappresentato una minaccia apprezzabile per quella gente che teneva in ostaggio i loro compagni al piano di sotto. Dovevano essere più furbi di così, anche se significava correre dei rischi.

-Io ce l'ho- intervenne Morgan, che aveva sfruttato il tempo durante il quale erano stati nascosti per pensare al da farsi- O pensi davvero che l'unico utilizzo possibile di quel microonde sia di scaldare un toast per lo scienziato pazzo?!

-Morgan, qualsiasi cosa cercherai di fare...non ci metteranno molto a capire il problema - constatò Ellie, preoccupata.

-Ma posso farti guadagnare tempo.

-Si, ma tu...

-Basterà che ti sbrighi a liberare gli altri, mentre io penso a rendere qualsiasi ferraglia tecnologica dal piano di sotto all'isolato intero del tutto inservibile per quei bastardi- detto ciò la ragazzina prese a smontare letteralmente l'elettrodomestico, con Michael che si mise di guardia alla porta per assicurarsi che il rumore non attirasse nessun ospite sgradito.

-Ci penso io a coprirla- asserì.

Ellie non potè fare altro che constatare che entrambi i suoi amici ormai consideravano i suoi irrimediabilmente fuori di testa. Come dargli torto? Eppure lei aveva percepito nelle parole della madre una nota autentica, probabilmente credeva genuinamente di averla salvata e di essere stata una buona madre per lei. E lo era stata davvero fino ad allora, certo, tralasciando il suo 'vero lavoro' nel seminterrato, dove appunto si apprestava a raggiungerla come d'accordo.

-Ellie...ti prego stai attenta- le sussurrò Michael prima di lasciarla andare, lo sguardo che indugiò sulla sua figura il più a lungo possibile come se temesse di vederla scomparire da un momento all'altro.

Se non altro, finalmente l'aveva chiamata Ellie e non con il più formale Elisabeth come di solito faceva!
Quel semplice pensiero servì a darle la carica che le scriva per affrontare quell'ennesima prova.

I soldati come previsto la lasciarono passare senza un fiato ed Ellie discese la scala reggendo di fronte a sé il vassoio per suo padre, la chiave delle manette speciali ben stretta in una delle mani e celata alla loro vista.
La ragazza procedette nervosamente gradino per gradino, aveva appena raggiunto il piano inferiore  quando un forte rumore da destra la fece sobbalzare.

Girandosi in quella direzione vide William, Tommy e Blake stavano disperatamente lottando corpo a corpo contro due guardie. Queste purtroppo stavano avendo abbastanza facilmente la meglio sui ragazzi, che si trovano ancora coi polsi legati. Ellie senza pensarci due volte si unì alla ressa.

-Spuntino?-domandò al soldato più grosso, quello che stava tenendo Blake in una morsa soffocante.

Questo si girò verso la ragazza giusto un istante, consentendole di sfruttare l'effetto sorpresa e  di sbattergli in testa il vassoio con tutta la forza che aveva. Sfortunatamente l'impatto non fu significativo come sperava perché l'uomo si riprese quasi subito, come se si fosse trattato di un buffetto,  emettendo un ringhio piuttosto incazzato. Lasciò la presa su Blake per avventarsi sulla povera Ellie, che ebbe giusto il tempo di gettare la chiave a Tommy Maximoff prima di impattare lei stessa all'indietro contro il pavimento.

Le mancò il fiato all'improvviso e i polmoni presero a bruciarle furiosamente. Infatti il peso dell'uomo la stava schiacciando completamente, un suo ginocchio premuto contro la gola le rendeva difficile respirare. Ellie si dibatté con braccia e gambe disperatamente, ma non riuscì a combinare un gran che con le forze che lentamente la stavano abbandonando.

Fu William Maximoff ad intervenire in sua difesa, finalmente liberato dalle manette speciali che ne limitavano il potere.

-Dormi- ordinò, mettendo le mani sulla testa dell'uomo che immediatamente crollò a terra, di lato, consentendo a una Ellie ormai provata di strisciare via da sotto di lui e raggiungere i suoi amici che si stavano radunando al centro del corridoio.

Nel frattempo altre guardie, richiamate dal trambusto erano accorse a dare manforte ai colleghi e i ragazzi si ritrovarono nuovamente circondati oltre che in palese svantaggio, sia numerico che tattico, trovandosi in campo aperto.

Fu a quel punto che le luci del bunker si spensero creando un clima di confusione generale.
Le sirene presero a suonare assordanti, mandando tutti nel panico.
Come le aveva preannunciato Morgan Stark qualsiasi tecnologia nel raggio di miglia era stata disattivata, comprese le trasmittenti dei soldati che ora si trovavano isolati rispettivamente l'un l'altro e dal centro di comando generale.

-Dietro di me- ordinò Blake a quel punto, i suoi occhi ridotti ad un turbinio impazzito e furibondo.

I suoi amici fecero rapidamente come aveva chiesto, riparandosi dietro il ragazzo mentre dal suo corpo intero scaturivano minacciose scintille blu. Non si trattenne, non quella volta, sicuro che sotto il suo comando non avrebbero fatto alcun male ai suoi amici andando invece a colpire esattamente chi lo meritava e voleva far loro del male.

Il buio venne squarciato da saette azzurre che con precisione micidiale colpirono ogni soldato che si trovava nel corridoio facendo rapidamente piazza pulita di un piccolo esercito. Un tuono roboante  rimbombò minaccioso entro i confini del basso soffitto dell'interrato con un vigore tale da far tremare le colonne di cemento che lo sorreggevano. 
Stavano rischiando che la casa intera gli crollasse addosso di lì a poco.

-Blake, adesso basta...ti prego- supplico Ellie con un sussurro disperato.

La gola le andava a fuoco e raschiava ad ogni sillaba come se le venisse strappata direttamente dalla laringe.

Fu uno spettacolo terribile e magnifico vedere i suoi occhi che mutavano colore e la scintilla omicida che si spegneva grazie al suo richiamo come se si fosse premuto un interruttore.

I corpi dei nemici si contorcevano ancora sul pavimento come in preda a convulsioni.

-Ellie, stai bene?- le rivolse uno sguardo preoccupato aiutandola a rialzarsi.

La ragazza annuì con le lacrime agli occhi.

Senza lasciar loro nemmeno un istante per riprendersi, dal piano di sopra cominciarono ad echeggiare degli spari e voci concitate tutto intorno. Probabilmente il trucchetto di Morgan, qualunque fosse, era stato rapidamente scoperto dallo squadrone di superficie e Michael la stava difendendo, eroicamente solo,  prima che potessero disfarsi di lei.

-Presto! Andiamo ad aiutarli!- esclamò Will, ma prima ancora che avesse finito di parlare suo fratello si era già fiondato a super velocità su per le scale, precedendolo nel soccorso ai loro compagni.

-Aspetta qui Ellie- disse Blake, che invece si precipitò nella direzione opposta, verso il corridoio buio dove avevano portato Sarah.

Tuttavia la strada gli fu presto tagliata da Samantha Smith, che si stagliò la centro del corridoio, lo sguardo truce e il camice bianco completamente ricoperto di sangue. reggeva in mano una scatoletta nera e compatta che lampeggiava appena illuminando il suo viso contorto dal pianto e dalla disperazione.

-Maledetti ragazzini...Avete rovinato tutto!- strepitò come impazzita del tutto-Mio marito! La mia famiglia! Il mio lavoro di una vita! Ma se pensate di passarla liscia...Dio, fosse l'ultima cosa che faccio...

-Dov'è Sarah?- ringhiò Blake senza lasciarsi minimante intimorire da quella donna.

-Non la rivedrete più temo...ma ormai cosa importa? Mio marito è ..morto. Questa è la fine di tutto in ogni caso.

Ellie aveva il fiato corto, il cuore in gola e un terribile presentimento, troppo brutto da concepire.

-Mamma...la fine di cosa? Che cosa sta succedendo di là?- chiese con un filo di voce, sempre facendo violenza sulla propria gola martoriata.

Blake istintivamente si parò davanti a lei.

- Addio Elisabeth- disse Samantha, sorridendo stancamente mentre premeva l'interruttore che aveva in mano.

L'ultima visione che Ellie ebbe di lei fu il soffitto che le crollava addosso a causa delle cariche esplosive che aveva appena azionato.
Il perfetto piano di emergenza di ogni laboratorio segreto che si rispetti: l'autodistruzione.

Avrebbe coinvolto anche loro nel crollo se all'ultimo secondo Ellie non si fosse sentita tirare via da Tommy Maximoff che ad una  super velocità  eccessiva anche per lui li condusse tutti loro fuori uno ad uno facendo su e giù dalle scale in una frazione di secondo, appena in tempo per evitare il peggio. Quando la casa crollò su sé stessa seppellendo anche il laboratorio, Ellie si trovava in uno spiazzo aperto del giardino accanto a Blake, Morgan, Michael, Will, Sebastian e Cali.

Di Sarah nessuna traccia.

Blake lanciò un urlo che avrebbe atterrito un esercito quando si rese conto dell'assenza della ragazza. Ellie si raggomitolò accanto a Michael, che sta perdendo sangue da un braccio e da una gamba, dove era stato colpito dai proiettili. le loro mani andarono ad intrecciarsi in attesa dell'epilogo.

I ragazzi superstiti, ormai allo stremo delle forze sia fisicamente che psicologicamente, vennero immediatamente circondati dai rimanenti soldati, che fecero un cerchio introno a  loro con le camionette mentre un paio di elicotteri li sovrastava dall'alto. Dietro di loro stavano arrivando mezzi pesanti, carri armati perfino e ancora un'infinità di soldati neanche si trattasse della presa di una città.

I ragazzi non avevano alcuna via di scampo e neanche la stavano cercando, completamente distrutti com'erano.

Solo a quel punto Ellie si rese conto che Cali giaceva preoccupantemente immobile tra le braccia di un Sebastian che definire sconvolto sarebbe stato riduttivo. Gli occhi del ragazzo erano ormai completamente gialli e alle sue spalle si stava aprendo qualcosa, una sorta di spaccatura nera nell'aria causata dal suo stesso potere ormai completamente fuori controllo.
Poi fu come se il cielo avesse preso a sanguinare.

-Che cos'è?- urlò qualcuno dei militari, guardandosi attorno disorientato- Che cosa cazzo è quella cosa?!

-Sono sua madre- sibilò Kaya Strange emergendo dalle ombre della dimensione oscura come una furia senza tempo.

L'unica cosa più temibile nell'universo intero di una divinità del caos scatenata era probabilmente una madre che vede suo figlio messo in pericolo. Le due cose insieme si dimostrarono letali per gli aggressori che cominciarono a liquefarsi letteralmente come se gli organi interni si stessero accartocciando su sé stessi.
Richiamati dal cataclisma, anche gli altri genitori dei ragazzi furono immediatamente sul posto, finendo con l'occuparsi più che volentieri di tutti i nemici che Kaya non aveva ancora disintegrato. Questa volta il tacito accordo degli Avengers era di non fare prigionieri.

Non sarebbero più incappati negli errori del passato, lasciando in vita propri nemici per pietà e consentendogli di riorganizzarsi e tornare a minacciare i loro figli con nuovi stratagemmi. Quella storia finiva oggi.

I ragazzi restarono dov'erano, stretti l'uno accanto all'altro come paralizzati, ad assistere alla lotta o per meglio dire all'annientamento totale e sistematico di quanto restava dell'Hydra e dei suoi alleati.

Solo Sebastian era rimasto indifferente di fronte a quello spettacolo agghiacciante, l'unica di cui gli importava in quel momento era Cali Erikssen.

-Amore- si avvicinò cautamente sua madre, interrompendo il massacro solo perché si era resa conto che suo figlio in quel momento aveva bisogno di lei- puoi lasciarla adesso. Andrà tutto bene.

Quelle parole, le parole di una madre, Ellie le aveva sentite così spesso dalla sua e ormai, si rese conto, non le avrebbe sentire più uscire dalla sua bocca.

Sebastian scosse la testa ostinatamente, non l'avrebbe lasciata d'ora in poi per nulla al mondo, mai più. Anche suo padre si era avvicinato, preoccupato quanto la moglie, dimenticando di trovarsi in mezzo ad uno scontro epocale.

Come gli altri genitori che del resto, portati a termine i rispettivi compiti e riportando in pochi minuti una vittoria schiacciante, non aspettavano altro che precipitarsi dai rispettivi figli, ansiosi come non mai di sincerarsi delle loro condizioni.

-Sebastian, lasciamela vedere... posso aiutarla- disse molto delicatamente il dottore.

-Uccidere una divinità è impossibile, come qualcuno ben sa, al massimo si riescono a rinchiudere da qualche parte facendole notevolmente incazzare- sottolineò a quel punto la dea del caos, mentre si rivolgeva all'ex marito con sguardo particolarmente agguerrito, poi però mutò atteggiamento, intenerendosi immediatamente nei confronti di suo figlio- Con una semi-divinità ci si può provare, ma non certo con un misero taglietto...vedrai che tuo padre la ricucirà senza problemi- aggiunse come se stesse parlando dello strappo di un peluche.

-Leggi anche la mente adesso?

-Come se ne avessi bisogno...Voi umani siete molto meno complicati di quanto si voglia credere, Stephen.

-Kaya, se quel portale resta aperto ci saranno conseguenze gravi sulla realtà.

-Bene, potevi pensarci prima di rinchiudermici dentro!

-Sai benissimo che non mi hai lasciato altra scelta...

-Vi dispiace?!- li interruppe Sebastian.

-Va bene, lo chiudo io il dannato portale- concesse Kaya, come se si trattasse di una seccatura- Tu pensa alla ragazza di nostro figlio...prima che decida di invertire l'asse di rotazione terrestre soltanto per vedere l'effetto che fa- minacciò infine la divinità, che non scherzava affatto ed era ben lontana dal dimenticare i torti subiti.

Poco distante da loro Visione stava abbracciando convulsamente i gemelli. Morgan Stark era praticamente stritolata nella morsa di sua madre, che si era dimenticata di indossare ancora l'armatura e le stava quasi incrinando le costole. Melinda Coulson, che cercando sempre di dimostrarsi forte e autoritaria non aveva mai abbracciato suo figlio, ruppe la tradizione quel giorno.

Tutti erano commossi e sopraffatti da quel momento in cui si stavano ricompattando famiglie che avevano vissuto disgiunte per anni.

-Blake, grazie al cielo state bene- disse Daisy Johnson, abbracciando forte il ragazzo, poi gli pose la domanda più difficile- Hai visto Sarah?

Nessuno fiatò.
Effettivamente non avrebbero saputo cosa rispondere se non che non l'avevano più vista da quando gli Smith l'avevano portata via. Poi il laboratorio era crollato.

L'incertezza mista alla speranza li devastò per un momento lungo quanto molte vite.

Poi, per una specie di miracolo che nessuno seppe spiegare, la ragazza ricomparve trascinandosi verso di loro d'un punto poco distante da dove era avvenuto lo scontro. Era pallidissima e scombinata, ancora mezza stordita dall'anestetico, ma almeno si reggeva ancora in piedi.

-Papà...- mormorò debolmente prima di abbandonarsi tra le braccia di uno Steve Rogers letteralmente sopraffatto dall'emozione, che aveva temuto per un terribile istante di aver perso anche lei-... io l'ho visto. Mi ha portata fuori lui. L'ho visto- ripetè come se si trattasse di una cosa di vitale importanza prima di svenire.

 

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Capitolo 13
*** Risveglio ***



Ellie Smith venne trasferita insieme con gli altri in una struttura dello Shield dove i feriti, compreso Michael, vennero immediatamente assistiti.
Ormai la ragazza era diventata talmente avvezza ad essere prelevata e spostata come un pacco da non farci più caso e ubbidire con passività alle istruzioni degli agenti, che le arrivavano lontane come da un altro pianeta. Era talmente sconvolta da tutto da sentirsi quasi calma. Passata l’urgenza dello scontro, l’adrenalina aveva lasciato il posto ad un vuoto totale e ovattato. Probabilmente stava ancora elaborando lo shock di aver scoperto che la sua vita fino ad ora era stata solo una menzogna.

E intanto quelli continuavano a parlare e parlare, ponendole domande stupide...

Si sentiva esausta, chissà se le avrebbero permesso di dormire almeno un paio d’ore per recuperare, pensò la ragazza afflosciandosi letteralmente sul tavolo degli interrogatori. Quando un agente fece per svegliarla, con l’intenzione di porle ulteriori domande, venne bloccato da una mano metallica.

-Sta con noi- spiegò tranquillamente il Sergente Barnes, facendo sì che finalmente la lasciassero in pace.

Effettivamente al suo risveglio la ragazza si ritrovò in un letto come si deve accanto a quelli di Sarah e di Cali.

Cali Erikssen dopo quasi tre trasfusioni di sangue, aveva finalmente ripreso conoscenza e adesso non la smetteva più di lamentarsi di essersi persa tutta l’azione. A suo dire le sarebbe piaciuto un sacco menar le mani contro quelli che li avevano segregati per un anno in quel postaccio con il solo scopo di usarli alla fine come cavie. In tutta franchezza la ragazza era piuttosto soddisfatta a di non essere morta e, a dirla tutta, ora godeva di altri vantaggi, ad esempio tutte le attenzioni di Sebastian, che non aveva mai lasciato il suo fianco durante la convalescenza e che, abbandonata ogni dignità, scattava come una molla a ogni suo desiderio.

Temere di perderla in quel modo lo aveva scosso profondamente, ma aveva anche avuto il merito di farlo riavvicinare a suo padre. Il buon dottore, oltre ad essere stato scagionato dal presunto omicidio della moglie, motivo principale dei loro scontri del passato, aveva guadagnato molti punti agli occhi di suo figlio salvando Cali per un soffio. Adesso tutti ne ridevano, ma al momento dello scontro finale Cali aveva già perso talmente tanto sangue che se fosse stata umana sicuramente non ce l’avrebbe fatta. Solo una trasfusione d’urgenza aveva di fatto evitato il peggio e l’unico donatore compatibile era stata la madre Ingvild, volata lì in tutta fretta da Oslo con l’aereo privato di Pepper.

Di questo Cali era furente.
Dopo quasi cinque anni passati ad evitarla ora doveva pure dire grazie a quella donna per averla salvata...

Poi naturalmente c’era Sarah, anche lei convalescente a causa di qualsiasi cosa le avessero iniettato e che aveva dormito più di tutti, vegliata giorno e notte dai genitori. Non appena si era svegliata tutti le erano stati addosso, costringendo quasi il personale medico a cacciarli fuori. Le avevano naturalmente chiesto cosa le fosse successo là dentro e soprattutto come fosse riuscita a scappare dal laboratorio, ma la ragazza asseriva di non ricordare niente e di avere solo dei flash ancora molto confusi sull’accaduto. Non aveva dato spiegazioni in merito a come fosse riuscita a scappare dal laboratorio e negava che qualcuno l’avesse aiutata, attribuendo le sue parole di prima allo shock e al sedativo che le avevano fatto vedere chissà cosa.

Blake Foster era sempre accanto a lei e seppur perplesso aveva accettato le sue parole, riservandosi di indagare con calma più avanti... ci sarebbe stato tempo. Intanto nessuno aveva avuto il coraggio di cacciarlo fuori dalla stanza di Sarah. Dopo aver spiegato a tutti l’accaduto e aver rassicurato il nonno, Blake si era di fatto trasferito sul divano nella stanza delle ragazze insieme a Sebastian.

I gemelli e Morgan avevano preso una poltrona ciascuno e il gruppo si era ricompattato tutto lì.

Gli adulti non poterono far altro che accettare quella situazione strana, dal momento che in gran parte era colpa loro se i ragazzi ora si sentivano più al sicuro stando insieme tra loro che con le rispettive famiglie. Parlavano pochissimo alla presenza di estranei, mentre tra di loro si scambiavano un sacco di commenti e speculazioni sull’accaduto.

In particolare Blake insisteva nel voler sapere da Sarah a chi si riferiva quando aveva dichiarato che ‘lui’ l’aveva portata fuori.

-Ma te l’ho già detto...a nessuno!- ripetè lei per l’ennesima volta- Ero ancora stordita non so neanche quello che ho detto... sarà stato Tommy a portarmi fuori insieme agli altri.

-Lui dice di no. Che non sapeva neanche dove ti avevano portata.

-Se non lui qualcun altro, che ne so, forse mi sono liberata da sola...Blake non capisco perchè è così importante parlarne adesso... alla fine me la sono cavata,no?

-Si ma è comunque strano, qualcosa non torna. E le manette che fine hanno fatto? Se non sei uscita da sola vuol dire che qualcuno ci stava aiutando...e se...

Blake non ebbe il tempo di terminare la frase o di realizzare cosa stava succedendo che la ragazza lo aveva afferrato per la maglietta, facendo leva su di essa per alzarsi a baciarlo sulla bocca. Fu un bacio incredibilmente appassionato per essere il primo di entrambi.
Probabilmente la brutta esperienza appena passata li aveva resi particolarmente affezionati alla vita e alla possibilità di esplorarsi finalmente le tonsille dopo anni che ci giravano intorno.

Quello era anche stato sicuramente il metodo migliore per scoraggiare il ragazzo dal porle ulteriori domande scomode.

Gli altri ragazzi fecero discretamente finta di non vedere, benché ormai se lo aspettassero da tempo, voltandosi dall’altra parte con un leggero sorriso in volto. Giunta la sera erano ancora semisdraiati l’una accanto all’altro con le dita intrecciate.

Stavano un po’ scomodi per la verità, ma almeno erano insieme.
Fortunatamente ci pensò Kaya Strange a prendere l’iniziativa di espandere la stanza, facendo comparire dal nulla letti in numero adeguato ai ragazzi oltre che una tavola letteralmente imbandita di ogni pietanza conosciuta.

-Materializzare non è niente di che- precisò tranquillamente la dea del caos- se ci fosse un manuale per divinità, sarebbe a pagina tre, subito dopo la prefazione di Bono Vox. Niente di complicato davvero, se volete ve lo insegno...- aggiunse rivolta ai ragazzi come se si trattasse della cosa più normale del mondo. Cali Erikssen stava già annuendo con entusiasmo.

-Assolutamente no- intervenne suo marito, sempre per limitare i danni-Non puoi andartene in giro a far comparire cose come se nulla fosse Kaya.

-Perchè no?

-Non sarebbe naturale.

-Perchè quello che fai tu invece lo è?!

-Plasmare la materia esistente è molto diverso dal crearne dal nulla. Ci sono delle conseguenze che tu neanche consideri...

-Sai dove puoi mettertele le tue amate conseguenze...

Seguì appassionato dibattito su quali limiti dovesse porsi la magia nella mutazione della realtà, segno abbastanza chiaro di almeno due cose: la prima che i due avevano visioni totalmente opposte e inconciliabili della faccenda, la seconda, diretta conseguenza della prima, che non ci sarebbe voluto molto prima che tornassero insieme.

-I tuoi facevano sempre così anche prima?- domandò Blake al suo amico, tirandolo da parte.

-Da quando ne ho memoria- confermò Sebastian, che era troppo felice di vederli di nuovo entrambi, seppur nel consueto contrasto -Dunque tu e Sarah...?

-Io e Sarah - confermò a sua volta Blake con orgoglio.

-Complimenti: ci avete messo fin troppo a decidervi.

-Senti da che pulpito... e con Cali allora?

-Non è la stessa cosa.

-E’ esattamente la stessa cosa! Con l’aggravante che, ormai sembra in un’altra vita, ho scommesso contro i gemelli soldi che nemmeno possiedo che saresti stato tu il primo a farsi avanti. Quindi non mi puoi deludere.

-Sicché dovrei sacrificarmi per farti vincere la tua stupida scommessa ed evitarti la bancarotta.

-Già, tra le altre cose... e non mi sembra un gran sacrificio detto tra noi, considerando che te la sogni anche la notte da quanto ci stai in fissa...

-Ma tu come...

-Dividiamo la camera da quando abbiamo tredici anni Sebastian. Una camera molto piccola. Ti prego, non farmi aggiungere altro.

-Ma è Cali! La conosci anche tu, non prende mai niente sul serio...e se le andassi a parlare di una cosa del genere mi riderebbe in faccia come minimo e poi me lo rinfaccerebbe a vita...e se non le interessa?! Sia chiaro che questo genere di faccende non interessa neanche a me, figuriamoci, ma insomma...è Cali!!!

-Amico, voleva sacrificarsi per salvare te... non mi sembra esattamente un segno di disinteresse.

Dopo vari ragionamenti astrusi che comunque terminavano tutti con il nome della ragazza in questione, accompagnato da frequenti recriminazioni, le obiezioni terminarono.

Con una sonora pacca sulle spalle da parte di Blake, Sebastian venne sospinto in avanti verso il letto di Cali, accingendosi a fare quello che andava fatto e parlare finalmente alla ragazza.

Tutti gli altri, curiosi com’erano di non perdersi una parola,  rimasero molto delusi quando i due tirarono le tende per isolarsi in una fitta conversazione che voleva evidentemente restare privata da entrambe le parti.

Da dietro il pesante tendaggio erano visibili solo i loro profili che gesticolavano freneticamente, dal momento che ne ciascuno difendeva le proprie ragioni.

Poi si avvicinarono e le due ombre si confusero in una sola.

Tutto era andato per il meglio.

-Alla fine hai vinto tu...fantastico- commentò Sarah, riferendosi alla famosa scommessa.

-Già- sospirò Blake che non faceva mistero di essere al settimo cielo sia per il suo amico che per sè stesso- Non è molto ma magari posso usarli per l’anticipo di un piccolo appartamento a New York e pagarmi il resto con qualche lavoretto...almeno la California è scampata ancora per un po’.

-Lo dici come se si trattasse di andare ai lavori forzati. Lo sai che hanno degli ottimi college in California?

-Se è per questo ci sono anche qui...almeno possiamo restare insieme- azzardò il ragazzo, speranzoso.

Ma a quelle parole Sarah si irrigidì notevolmente, segno che c’era qualcosa che non andava. C’era sempre qualcosa che non andava con Sarah, tutte le volte che tentava di avvicinarsi quel passo in più.
Quando c’era Philip era stata una questione di lealtà perchè è praticamente una regola non scritta che non puoi provarci spudoratamente con la sorella del tuo migliore amico, a prescindere da quanto lei sia fantastica. Dopo la sua scomparsa era stato proprio quel vuoto a dividerli, almeno in campo romantico. Quello sarebbe stato proprio il momento peggiore di iniziare qualcosa perchè sinceramente nessuno dei due era in vena. Infine ora, dopo che avevano nuovamente rischiato la vita, dopo che Blake aveva sperimentato ancora una volta che non avrebbe sopportato di perderla e si era deciso a parlarle apertamente dei suoi sentimenti, dopo che si erano baciati appassionatamente non meno di poche ore fa, ecco che Sarah trovava di nuovo la maniera di tirarsi indietro e ribaltare la situazione.

-Quanto a questo... non so se sarebbe una buona idea- disse la ragazza, affondando sempre di più le mani nelle tasche e stringendo le spalle.

-Veramente a me sembra un’ottima idea, l’unica idea che abbia senso da quando ne siamo usciti! - poi, eludendo ogni tentativo della ragazza di sottrarsi a un contatto visivo diretto, Blake la guardò direttamente negli occhi celesti aggiungendo- Voglio stare con te Sarah e con nessun altra.

-Sinceramente mi sembra troppo presto.

-O troppo tardi. O troppo avventato. O troppo perfetto... Quale altra scusa vuoi trovare?

-Non ho bisogno di trovare scuse... solo che adesso non me la sento.

-Va bene- convenne Blake- posso aspettare. Non c’è nessun problema. Che siano uno o cent’anni per me non fa differenza, sono sicuro di quello che provo. Se preferisci riparlarne tra un po’ di tempo...

-Questo assolutamente non lo accetto! - lo interruppe Sarah-Non voglio che aspetti per tutto quel tempo, non voglio per niente che aspetti qualcosa che forse non sarò mai in grado di darti! Non sarebbe giusto. Non voglio illudere proprio te. Meglio che la finiamo qua senza andare oltre...se davvero ci tieni alla nostra amicizia...possiamo restare così come eravamo prima, no?

Ma sapevano entrambi che ormai restare amici non sarebbe più stato possibile per nessuno dei due. Rimasero lì ancora per qualche minuto, sconsolati e afflitti.

Blake, che non riusciva a rassegnarsi, proprio non la capiva! Era stata lei a baciarlo, dannazione, lei a dargli una speranza! Proprio quando le cose stavano andando nel verso giusto aveva sperato di poter ufficializzare le cose anche con Sarah. Erano anni che si giravano attorno, comportandosi da coppia anche senza esserlo dichiaratamente. Sarah non era mai uscita con nessuno nonostante fosse la ragazza più ammirata della scuola praticamente da sempre, non aveva mai dato confidenza a nessuno nonostante Cali non facesse che proporle un ragazzo dopo l’altro, anche qualche ragazza per non lasciare nulla di intentato. E dopo quel bacio non aveva motivo di credere di esserle indifferente...

-Dimmi la verità- insistette il ragazzo, con il morale sotto le scarpe- Almeno questo.

Ma Sarah non ne aveva proprio intenzione.
Ormai aveva deciso che non avrebbe coinvolto nessun altro nel suo ultimo disperato progetto.
Non avrebbe messo a rischio più nessuno, tanto meno le persone di cui più le importava al mondo.

-La verità... è che ti vedo come un amico- mentì, sperando almeno di essere convincente.

Mentire a suo padre e a tutti gli altri quando gli aveva detto di non ricordare niente era stato facile, ma non era sicura di avere la fermezza necessaria per fare lo stesso con Blake.

Prima, quando si era sentita messa alle strette, aveva quasi ceduto. Era stata debole, concedendosi almeno un bacio, almeno quello, prima di dover rinunciare ad una storia mai veramente iniziata. Ma doveva essere capace fare molto di più se voleva sperare di poter ritrovare suo fratello.

Anche se questo avesse significato vedere il ragazzo che amava andarsene...letteralmente.

Blake Foster si allontanò in tutta fretta, deluso, con il cuore a pezzi ed era tutta colpa sua.

-Ahi! Thunderboy non l'ha presa bene- commentò Morgan Stark, unica ad essere stata messa al corrente del piano- Sei sicura di quello che hai fatto?

-Si- confermò Sarah, che come al solito ostentando molta più sicurezza di quella che in realtà possedeva- Non c'era altro modo di impedirgli di seguirci.

La ragazza annuì. Anche se avevano smesso di frequentarsi negli ultimi anni, era lei a conoscere Sarah da più tempo e forse l'unica a non idealizzarla. A comprendere che nei suoi tentativi di essere eroica l'amica sapeva anche essere molto crudele. Non che Morgan lo fosse meno.
Forse per questo si capivano così bene, tanto è vero che Sarah, mettendo da parte le incomprensioni del passato, si era subito rivolta a lei per elaborare un piano e mettersi sulle tracce di Philip. Senza coinvolgere nessun altro.

Se suo fratello avesse voluto farsi trovare sarebbe rimasto, dopo averla salvata dal laboratorio.

Se non si era mai fatto vivo nemmeno con lei, nemmeno sapendo quanto tutti ci stessero male  e aveva preferito che continuassero a crederlo morto ci doveva essere un ottimo motivo.
E lei lo avrebbe scoperto.

-Senti, sei proprio sicura anche di quello che mi hai detto di aver visto...- disse Morgan, giocherellando con i bordi della coperta.

-Ti parlerei ancora se così non fosse?

Effettivamente Sarah non aveva torto. Morgan sapeva benissimo di essere stata 'graziata' con lei dal momento che Sarah si era resa conto che il fratello era ancora vivo.

-Ma non lo hai detto nemmeno a tuo padre! Lui certamente può esserti molto più utile di me per trovarlo.

-Figurati, anche se fosse lui non accetterebbe mai di coinvolgermi nelle indagini... non dopo oggi. Ci ritroveremmo al punto di prima, tagliate fuori completamente! E poi sento che anche Philip non vorrebbe coinvolgere i nostri genitori...in qualsiasi cosa sia invischiato. Se vogliamo arrivare da qualche parte dobbiamo pensarci da sole.

-E gli altri?

-Ne hanno già passate troppe- decise Sarah- ci penseremo da sole coi nostri poveri mezzi.

-Sole può darsi, ma povere decisamente no!- obbiettò Morgan- Ho clonato la carta di credito di mia madre a cinque anni... direi che per le spese di viaggio siamo ampiamente coperte.

Sarah per poco non si mise a ridere, nonostante in quel momento ne avesse pochissima voglia.

-Che c'è?- chiese la piccola Stark sbuffando.

-Niente...Sei sempre la solita comunista col rolex.

-E tu la solita perfettina del cazzo- sorrise Morgan a sua volta.

Era ormai deciso. Avrebbero ritrovato Philip da sole.



 

Intanto che le ragazze definivano i dettagli del loro piano, nella sua casetta Wanda Maximoff aveva allegramente messo su il the per la sua ospite.

-Poi ho visto i tuoi ragazzi- le stava raccontando Kaya, che si era accomodata sul divano anni 50 accanto all'amica- come sono cresciuti! Dovete essere molto orgogliosi entrambi tu e Visione.

-Come anche il tuo Sebastian, un ragazzo talmente dolce ed educato!- cinguetto Wanda, versando il the nelle tazzine.

-Già... non come quel cafone di suo padre. Sono sicura che lo abbia trascurato terribilmente in mia assenza...e non solo questo- Kaya in quel momento era decisamente incline ad aspettarsi il peggio da suo marito- Senti non so come chiederlo in maniera più delicata, ma, ultimamente, che tu sappia... insomma...Stephen si scopa la sua ex?

Wanda scoppiò a ridere di fronte al caso di gelosia peggio dissimulato dell'universo.

-Christine? Oh no. La dottoressa Palmer si è sposata anni fa. Con una graziosissima infermiera. Non credo rientri più nei suoi interessi- informò l'amica.

-Bene- disse Kaya, che per quanto lo volesse minimizzare era molto più tranquilla dopo quelle rassicurazioni di Wanda, che tutto sapeva di ogni linea temporale possibile -Avrei dovuto ucciderli entrambi naturalmente e sarebbe stata una seccatura.

-Tesoro...non devi preoccuparti. Vedrai, ti supplicherà in ginocchio di tornare...E nel frattempo puoi restare con me e Vis tutto il tempo che vuoi. Ci divertiremo ancora come una volta io, te e Jane!

-Viene anche Jane? Mi avevano detto che era morta.

-Oh, loro ancora non sanno niente di cosa sia davvero successo a Jane Foster. Non hanno idea neanche di cosa stia succedendo ad Asgard!Ma certamente Jane è la chiave...- disse Wanda, sempre con il suo tono di voce trasognato- Dell'altro the?

-Si grazie!- sorrise Kaya- Allora, mia cara...raccontami tutto quello che mi sono persa.

 

 

TO BE CONTINUED...MAYBE




Buongiorno a tutti! Eccoci giunti alla conclusione di questa modesta digressione, con qualche cliffhanger come da migliori tradizioni.
Mi sono anche impegnata con la scena post credit, dai...
Ringrazio di cuore tutti quelli che hanno letto e apprezzato questa storia, a cominciare naturalmente da InsurgentMusketeer, con cui ho condiviso ogni passo...Se vi è piaciuta questa storia, vi consiglio di andare immediatamente a dare un'occhiata al suo lavoro sul fandom che è stupefacente!! Se questa piccola avventura mi ha lasciato qualcosa mentre scrivevo lo devo a lei... è stata soprattutto la nascita di una bella amicizia di penna^^
Un saluto di cuore.

Mary


 

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