Piccolo Avatar

di ElfaNike
(/viewuser.php?uid=95090)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** PA 1 ***
Capitolo 2: *** PA 2 ***
Capitolo 3: *** PA 3 ***
Capitolo 4: *** PA 4 ***
Capitolo 5: *** PA 5 ***
Capitolo 6: *** PA 6 ***
Capitolo 7: *** PA 7 ***
Capitolo 8: *** PA 8 ***
Capitolo 9: *** PA 9 ***
Capitolo 10: *** PA 10 ***
Capitolo 11: *** PA 11 ***
Capitolo 12: *** PA 12 ***
Capitolo 13: *** PA 13 ***
Capitolo 14: *** PA 14 ***
Capitolo 15: *** PA 15 ***
Capitolo 16: *** PA 16 ***
Capitolo 17: *** LotBF 1 ***
Capitolo 18: *** LotBF 2 ***
Capitolo 19: *** LotBF 3 ***



Capitolo 1
*** PA 1 ***


Premesse dell’autrice:
Capita nella vita di aver voglia di provare a fare un piatto da cinque stelle. Prendi ingredienti pregiati, ti assicuri della qualità della loro origine, li pulisci e li soppesi, e poi cerchi di farne saltare fuori qualcosa di molto buono... o che almeno ne renda l’idea.
Questo è quello che è successo. Ho preso i personaggi del Fandom dei Big Four, li ho inseriti nell’universo di una delle serie più belle che abbia visto, Avatar, e ho cercato di dare un senso al risultato, seguendo la composizione di un film che permette apparentemente di amalgamare bene il tutto. Il film è ‘Piccolo Buddha’ di Bernardo Bertolucci (con Keanu Reeves nel ruolo di Siddhartha, per intenderci), tratto dal romanzo di Gordon McGill. Complicato? All’apparenza lo sono anche le ricette di haute cuisine, l’importante è che il risultato si riveli gustoso e interessante.
Questo è quello che spero di ottenere. A voi l’ardua sentenza.

Questi personaggi, l’ispirazione e l’universo non mi appartengono, ma sono proprietà di Disney, Pixar, Dreamworks per quanto riguarda i Big Four, di Nickelodeon, Di Martino e Konietzko per quanto riguarda l’universo di Avatar e di McGill e Bertolucci per quanto riguarda l’idea di base e i personaggi di Darje, Norbu e Champa; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.


 


Libro 1: Piccolo Avatar


La notizia giunse al monaco Norbu mentre stava tenendo una lezione sulla reincarnazione ai giovani dominatori dell'aria.
Stava raccontando la storia di un sacerdote in procinto di sacrificare una capra, quand'ecco che la capra si era messa a ridere.
"-Perché ridi?- le chiese il sacerdote.
-Perché, dopo quattrocento anni come capra, ho scontato i miei anni e finalmente rinascerò come uomo.-
Poi però si mise a piangere, e il sacerdote gli chiese: -E ora perché piangi?-
-Piango per te, perché anch'io, prima di reincarnarmi in capra, ero stato un sacerdote che aveva sacrificato molte capre nella sua vita.-
Allora il sacerdote gettò lontano il coltello e si inginocchiò chiedendo perdono."
-Dunque... che cosa ci insegna questa storia, ragazzi?-
-Che bisogna rispettare tutte le forme di vita!- risposero i giovani monaci in coro.
Fu in quel momento che sopraggiunse un monaco minore a portargli la missiva appena ricevuta.
Monaco Norbu la prese interdetto. L'aprì. Inforcò gli occhiali e lesse. I suoi occhi si fecero umidi.
-Questa...- mormorò, agitando il foglietto davanti ai suoi studenti -...è una lettera che aspettavo da fin troppo tempo.-

Quando Avatar Darje era morto, anni addietro, non si era riusciti a trovare il successore. Poiché Avatar Darje era nato come dominatore del fuoco, si era subito cercato il nuovo Avatar tra tutti i nomadi dell'aria, ma in più di quindici anni non si era riusciti a trovarlo. In nessuno dei templi, nessun nuovo dominatore dell'aria si era mostrato portato a questo compito, nessuno aveva mai riconosciuto come suoi i cimeli del precedente Avatar e, in tutta onestà, da amico di vecchissima data di Darje qual era stato, monaco Norbu non aveva sentito in nessuno la presenza del suo compagno e maestro.
Per più di quindici anni il mondo era rimasto senza il suo faro, senza colui che garantiva l'equilibrio. I quattro popoli vivevano sì in pace, ma l'armonia mancava del suo meccanismo principale e questo aveva macchiato la mente degli uomini. Ormai la ricerca dell'Avatar non era più una necessità spirituale, ma una questione politica. Un Avatar doveva necessariamente essere nato, e tutte le potenze del mondo speravano di trovarlo tra i loro popoli, per poterne godere dei privilegi.
Monaco Norbu, quando si era reso conto del gioco politico in cui il suo ruolo di primo piano lo aveva portato, si era ritirato, contando sul fatto che sicuramente avrebbero affidato a lui il nuovo Avatar per allenarlo nel dominio dell'aria. Sperava allora di aprirlo a quell'indipendenza morale e spirituale di cui aveva il diritto e soprattutto il dovere, in quanto elemento superiore ai quattro popoli.

Monaco Norbu partì dunque, ma solo, rifiutando ogni aiuto offerto dai saggi del suo tempio, per potersi preparare in solitudine all'incontro con il candidato. Viaggiò quasi senza sosta verso il Tempio dell'Aria del Nord, meditando mentre il suo bisonte volante Champa galleggiava lentamente sopra le nuvole.
I monaci fratelli del Tempio dell'Aria del Nord lo accolsero con un misto di perplessità e sollievo, e fu subito ammesso alla presenza dei suoi fratelli Maestri.
-Monaco Norbu- gli dissero -abbiamo forse trovato una candidata al ruolo di Avatar.-
-Eppure- rispose Monaco Norbu -vi sento dubbiosi. Che cosa vi turba?-
I Maestri si scambiarono qualche occhiata, prima di rispondere: -La candidata è stata sottoposta alla prova dei cimeli, che ha superato brillantemente. Tuttavia... a parte questo segno quasi null'altro ci permette di sperare di aver ritrovato in lei Avatar Darje.-
-E per quale motivo?-
-Per lo stesso motivo per cui non ci siamo accorti di lei prima d'ora.- gli risposero mesti -La ragazza è sì nata fra i Nomadi dell'Aria, ma non ha mai ricevuto il dono del Dominio dell'Aria.-
Monaco Norbu guardò i saggi perplesso: -Non è una dominatrice dell'Aria?-
Scossero la testa, uno di loro si alzò e tese dolcemente la mano verso la porta: -È meglio se vieni a vedere.-
Fu accompagnato in un cortile dove una maestra dominatrice dell'aria stava allenando senza grandi risultati una giovane vestita da apprendista monaco, con la tunica e la mantella. La prima cosa che colpì Monaco Norbu furono i fluenti capelli lunghi che la ragazza, al contrario degli altri apprendisti, che erano rasati come d'usanza, portava stretti in una treccia.
Li indicò al saggio che lo accompagnava e gli fu risposto: -Quando nacque i suoi capelli biondi furono considerati segno di buon presagio, per cui non le furono mai tagliati. Per questo quand'era ancora bambina i suoi genitori considerarono già una prima volta di portarla qui perché fosse esaminata, ma la mancanza di ogni traccia di dominio dell'aria in lei li aveva fatti desistere.-
-E per quale motivo adesso hanno cambiato idea?-
Il saggio lo condusse dalla ragazza: -Rapunzel, questo è Monaco Norbu. È giunto fin qui per aiutarti con il tuo addestramento.-
La ragazza guardò Monaco Norbu con grandi occhi spaesati, così lui le sorrise e le mise una mano sulla spalla: -Non temere.-
-Rapunzel, puoi per favore mostrare il tuo talento al Monaco Norbu?- le chiese allora la sua maestra.
Rapunzel annuì, si diresse ad una fontana poco lontano e tese il braccio. Mosse piano la mano verso l'alto e verso il basso, e Monaco Norbu vide l'acqua della fontana seguire i suoi movimenti, alzarsi e abbassarsi al ritmo del gesto della ragazza.
-Stupefacente.- mormorò allora Monaco Norbu -Quindi è una dominatrice dell'acqua...?-
-Così pare.- il saggio sospirò deluso -Tuttavia non riusciamo a capire per quale motivo il suo domino d'origine le sia precluso.-
-Vi sarete già assicurati che la sua famiglia di nomadi dell'aria non fosse nei pressi delle tribù dell'acqua al momento del suo concepimento...- sussurrò Monaco Norbu con uno sguardo d'intesa.
-So dove volete arrivare con questo, fratello. Abbiamo già interrogato i genitori. Ci hanno assicurato che per anni non si sono avvicinati ai poli e si sono dimostrati anche scandalizzati all'idea che questa potesse essere una probabile spiegazione al dono della loro figlia.-
-Quindi lei è senza dubbio una nomade dell'aria.-
-Senza dubbio.-
-E non può dominare l'aria, ma l'acqua sì.-
-Esatto.-
Monaco Norbu soppesò la ragazza, che li osservava mentre parlavano di lei come se lei non ci fosse, e constatò che sembrava piuttosto avvezza alla cosa.
-Vi chiedo di farle ripetere la prova dei cimeli, ma questa volta vorrei sottoporla io personalmente.-
Il saggio annuì.
La prova fu organizzata in poco tempo e Monaco Norbu attese Rapunzel seduto sul pavimento di legno lucido di una grande sala vuota, davanti a un panno su cui erano disposti quattro oggetti del tutto identici, quattro pupazzetti di legno.
La ragazza fu ammessa e lasciata sola con lui. Si avvicinò e si sedette davanti a lui, che non reagì. Allora lei allungò una mano e scelse un pupazzetto, che porse poi al monaco. L'anziano, avvolto nel suo mantello porpora, guardò il pupazzetto e poi la giovane: -Te l'hanno fatto ripetere parecchie volte, immagino?-
Rapunzel alzò le spalle e per la prima volta fece sentire la sua voce sottile: -È come un gioco.- disse -a cui so di vincere sempre.-
-Questo pupazzetto non ti dice niente di più rispetto agli altri?-
-Non è quello giusto?-
Monaco Norbu annuì: -Sì, lo è. Posso chiederti come l'hai scelto?-
-Come tutte le altre volte. Non so come spiegarlo. Istinto, credo.-
-Anche questa è una domanda che ti hanno già fatto tante volte?-
Rapunzel annuì di rimando.
Monaco Norbu prese il pupazzetto e lo rigirò fra le mani: -E ti hanno mai chiesto cosa pensi della possibilità di essere l'Avatar?-
Rapunzel scosse la testa: -Non l'ho mai preso in considerazione nemmeno io. E loro non sembrano farlo più di me.-
-Quindi non sei a tuo agio in questo monastero?-
La ragazza fissò il pupazzetto in balia delle mani del maestro e non rispose. Monaco Norbu seguì il suo sguardo e posò l'oggetto.
-Se davvero sei la reincarnazione dell'Avatar, dovrai prima o poi dominare tutti e quattro gli elementi. Questo vuol dire anche l'aria.- attese una reazione della ragazza, ma questa non fece nulla, in attesa di sapere cosa ne sarebbe stato questa volta di lei.
-Tu sai dominare l'acqua, e questo è già un punto di partenza.- ragionò Monaco Norbu -Possiamo provare a ipotizzare che, per qualche strano meccanismo, il tuo allenamento non debba partire dal tuo elemento d'origine, cioè l'aria, ma dall'elemento seguente, vale a dire l'acqua.-
-Cosa vuole dire, Maestro?-
-Voglio dire che probabilmente il tuo ciclo d'apprendimento dovrà iniziare dall'acqua, poi seguirà il dominio della terra, poi quello del fuoco e, solo alla fine, quello dell'aria, che ti dà chiaramente dei problemi.-
-Non dovrò più allenarmi col dominio dell'aria?- per la prima volta, sul volto di Rapunzel si dipinse un velo di speranza.
-Per ora no. Ma è solo rimandato.- la ammonì Monaco Norbu -Dovrai affrontarlo in ogni caso.-
Ma la ragazza sembrò all'improvviso più allegra, liberata da un tremendo peso: -Quindi cosa devo fare per allenarmi nel dominio dell'acqua?-
Monaco Norbu le porse il pupazzetto, che lei prese con le due mani: -Partire. Domani io e te ci metteremo in viaggio per la Tribù dell'Acqua del Nord dove troveremo un maestro più appropriato al tuo dono.-
Rapunzel rimase interdetta.
-Non te l'aspettavi?- chiese con un sorriso Monaco Norbu.
Lei scosse la testa, così lui riprese: -Anche dopo l'allenamento del dominio dell'aria saresti stata mandata alla Tribù dell'Acqua del Nord. A questo punto anticiperemo il viaggio e lasceremo il dominio dell'aria come ultimo ostacolo.-

Champa, il bisonte volante di Monaco Norbu, fu caricato di provviste e i monaci, dai più giovani ai maestri, vennero ad augurare buon viaggio a Monaco Norbu e a Rapunzel. Poi il bisonte ondeggiò una volta la sua enorme coda e i due presero il volo.
Dopo qualche ora di viaggio, Rapunzel osservava la forma delle nuvole nel silenzio più totale.
-C'è una cosa che vorrei chiederti.-
La ragazza sobbalzò e guardò il monaco. Era rimasto immobile al centro della sella per parecchio tempo e lei non si era accorta che avesse concluso la sua meditazione, né sapeva da quanto la stesse osservando.
-Spero di potervi essere utile.- ripose con un filo di voce.
-Da quanto tempo sai di poter dominare l'acqua?-
Rapunzel alzò le spalle: -Non saprei. Credo da sempre.-
-E da quando hai iniziato concretamente a dominarla?-
-Qualche anno, credo?-
Monaco Norbu aveva un'aria assorta: -E come mai i tuoi genitori non ti hanno presentata subito?-
-Perché non lo sapevano.-
-Non gliel'hai detto?-
-No.- Rapunzel rabbrividì -Avevo paura di dirglielo. Avevano sperato tanto, quand'ero bambina, che i miei capelli preannunciassero qualcosa di speciale... e sapevo che tutti si sarebbero aspettati che cominciassi a dominare l'aria.-
-E invece domini l'acqua.-
-È successo di notte. C'era la luna piena e mi sentivo strana. Non riuscivo a dormire. Per cui sono andata a lavarmi e ho cominciato a muovere l'acqua.-
-E gliel'hai detto tu o l'hanno scoperto loro?-
-...l'hanno scoperto loro.-
-Ti fa paura l'idea di poter essere l'Avatar?-
Rapunzel si strinse le ginocchia al petto, e annuì.

Monaco Norbu e Rapunzel erano partiti da ore, ormai, e al Tempio dell'Aria i Maestri si erano riuniti in consiglio.
-Alla fine l'ha portata via.- sospirò uno.
-Era necessario, diceva. Il fratello Norbu sembrava abbastanza convinto di questo.-
-Questo vuole forse dire che la Tribù dell'Acqua del Nord si arrogherà il nome di patria del nuovo Avatar?-
-Questo andrebbe contro il ciclo delle reincarnazioni. Scombinerebbe l'equilibrio fra gli elementi!-
I mormorii si fecero scandalizzati e concitati. La preoccupazione era tanta. Poi calò di colpo il silenzio, e i saggi guardarono il loro Maestro in meditazione, colui che era il fulcro del Tempio dell'Aria del Nord, la sua luce e la sua guida. Sandman aveva riaperto gli occhi e li osservava discutere senza alcun timore. Allora i saggi furono tutti rassicurati: non avrebbero perso il loro privilegio nei confronti dell'Avatar. Quella ragazzina era una nomade dell'aria, e loro sapevano che non glielo avrebbero mai fatto dimenticare.

 




Angolino dell’autrice:
Chi sono Avatar Darje e Monaco Norbu? Sono tratti dal film di Bertolucci, in cui Lama Norbu è alla ricerca della reincarnazione del suo amico e maestro Lama Darje (che fu anche educatore del Dalai Lama). Accanto a loro, che pongono le basi della trama di fondo, ritroveremo tanti personaggi legati ai nostri Big Four, sparsi nella storia q. b., come il sale.
Con questo saluto
Nike

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** PA 2 ***


L’aria soffiava dal basso. La terrazza dava sul vuoto che circondava le montagne del Tempio dell’Aria del Nord. La maestra mostrava a tutti i suoi allievi come funzionavano gli alianti e i ragazzi, senza alcun timore, li aprivano e si mettevano a due a due dietro di lei, pronti a decollare.
Rapunzel era in fondo alla fila. Erano dispari, era rimasta sola.
La maestra faceva un giro di dimostrazione, poi atterrava e faceva partire i ragazzi a coppie, loro eseguivano gli esercizi e poi atterravano.
Poi toccava a lei. Rapunzel si avvicinava con coraggio al bordo della terrazza e guardava giù. Non capiva come gli altri si sentissero così pronti al loro primo volo. Lei temeva di cadere, anzi, sentiva in ogni sua fibra che se fosse saltata sarebbe precipitata. Rimaneva sul bordo a guardare giù, come incantata. Voleva provare, voleva fare la sua parte, (aveva sempre vissuto viaggiando su un bisonte volante, diamine!) ma non riusciva. Le sue gambe non volevano muoversi. Poi delle risatine le si infiltravano nelle orecchie e lei si sentiva stringere lo stomaco. La voce che lei probabilmente era l’unica Nomade dell’Aria senza dominio era già iniziata a circolare. Gli altri allievi la guardavano nascondendosi la bocca con la mano. Anche i suoi capelli, dalla tinta così diversa da quelle scure della sua gente, la facevano sentire ridicola. La maestra la guardava senza aspettative.
Lei faceva un passo indietro, ma non riusciva ad allontanarsi dal bordo. Gli altri allievi avevano preso a volteggiare intorno a lei. La terrazza spariva dietro la sua schiena, tutto quello che restava erano gli occhi della maestra sulle sue spalle e il vuoto a un millimetro dai suoi piedi. Sentiva il bacino dondolare, il vento riempire e muovere il suo aliante aperto, le ginocchia molli. Poi gli altri allievi volteggiavano sempre più vicino, sempre più vicino, sempre più vicino, e gli occhi della maestra erano sempre più penetranti, e il vuoto davanti a lei la circondava sempre di più... poi qualcuno la spinse, e lei precipitò.

Monaco Norbu, che guidava Champa, guardò indietro, sentendo Rapunzel lanciare un grido e tirarsi a sedere di colpo. L’uomo pensò che forse avevano viaggiato abbastanza a lungo in alta quota e che Champa doveva essere stanco, così lo fece abbassare. Tanto ormai dovevano essere quasi arrivati.
Monaco Norbu e Rapunzel arrivarono al polo nord dopo due giorni di viaggio, di primo mattino. Fecero l’ultimo tratto tenendo basso Champa perché, come disse il monaco, occorreva che i Dominatori dell'Acqua li ammettessero nella tribù.
Nel giro di un paio d'ore, dagli iceberg intorno a loro apparvero delle chiatte dirette dai gesti sapienti dei guerrieri del nord. Rapunzel sporse la testa, a bocca aperta, gli occhi che le brillavano, per cogliere quei movimenti fluidi che le sembrarono subito familiari.
Gli uomini li guidarono alla loro enorme città, abbarbicata verticalmente sul fianco di una rupe di ghiaccio, costruita su più livelli, cinta da spesse mura gelide. I viaggiatori furono fatti entrare e attraverso sistemi idraulici furono portati ai livelli più alti e condotti attraverso i grandi canali che collegavano ogni parte della città: Rapunzel poteva vedere tutte le sfumature del blu e del bianco, il grigio degli animali da traino, le teste brune degli abitanti, le loro pellicce azzurre. Era tutto bellissimo!
Furono presentati al capo della tribù. Monaco Norbu si inchinò e poi abbracciò l'enorme figura ridente del capo villaggio Nord. Era alto e massiccio, dalla lunga barba bianca e dalle spesse sopracciglia scure. Non era un dominatore, ma portava due sciabole al fianco e gli avambracci spessi lasciavano intendere che questa mancanza non era per lui di intralcio alcuno.
-Amico mio.- gli disse Monaco Norbu.
-Amico mio.- gli rispose con una pacca sulla spalla il capo villaggio Nord -Qual buon vento ti porta alla mia tribù?-
Il monaco sorrise gentilmente mentre si massaggiava la scapola: -Sono giunto con grandi notizie. Abbiamo trovato un candidato al ruolo di Avatar!-
-Magnifico!- l’omone allargò le braccia mentre una risata gli scuoteva la pancia: -Suppongo sia stata una scoperta recente?-
-Giusto qualche giorno fa.-
-E immagino tu sia venuto a cercargli un buon maestro del Dominio dell’Acqua, in attesa che si perfezioni in quello dell’Aria?-
Rapunzel ebbe un fremito, mentre Monaco Norbu agitava la mano: -In realtà, la storia è un po’ più complicata. Mi permetti?-
Il capo villaggio fece segno e i due nomadi si accomodarono davanti al suo scranno, su cui lui si lasciò andare allegramente: -Raccontami.-
Monaco Norbu allargò le braccia verso Rapunzel: -Questa giovane è la candidata a cui mi riferivo.-
Lei sorrise e fece un cenno di rispettoso saluto. Il suo sguardo era carico di aspettative e di entusiasmo, in quel luogo dove finalmente si sentiva a suo agio.
-Quindi l’hai già portata qui?- il capo villaggio Nord si grattò il mento: -Questo vuol dire che ha già concluso il suo allenamenti al Tempio dell’Aria? Eppure non porta le frecce dei maestri...-
Rapunzel abbassò gli occhi, Monaco Norbu alzò le spalle: -Si tratta di una situazione eccezionale. Vedi... nel suo caso il ciclo di allenamenti non parte dall’aria ma dall’acqua.-
-Sa dominare l’acqua? E questa sarebbe dunque la prova che è il nuovo Avatar?- lo sguardo dell’uomo si fece perplesso.
-I monaci non hanno ancora risolto tutti i misteri della reincarnazione, amico mio. Ma il suo caso è più unico che raro e mi fa ben sperare che i monaci del Tempio dell’Aria del Nord abbiano visto giusto.-
Nord rise: -Sono onorato che tu l'abbia portata qui. Tuttavia temo ci sia un problema. Vedi, le nostre tradizioni vietano alle donne l'utilizzo del dominio a fini di combattimento.-
Lo sguardo dei due nomadi si spense di colpo.
-Quindi non le insegnerete la vostra arte?- chiese Monaco Norbu dopo un momento.
Rapunzel fissava incredula l’omone con gli occhi spalancati. Non riusciva a crederci (presso i nomadi non aveva mai assistito a certe differenze, a lei risultavano nuove) e allo stesso tempo sperava che comunque si sarebbe potuta trovare una soluzione.
-Dubito che troverai uno dei nostri maestri disposto a fare un'eccezione, foss'anche per l'Avatar.-
-E tu non puoi fare niente per questo? Non posso credere che non abbiate dominatrici donne nella vostra tribù...-
-Per il momento quello che posso consigliarti è di portare l'aspirante Avatar dalla Vecchia del Corvo, che si occupa di insegnare alle nostre giovani l'arte della guarigione. Lascia che parli io con i maestri del nostro dominio e, appena sarò riuscito a ottenere qualcosa, ti contatterò.-
Monaco Norbu ringraziò di cuore il suo amico e anche Rapunzel, suo malgrado, si inchinò con lui.
Sentiva come se il suo entusiasmo fosse stato punto da uno spillone. Non vedeva l’ora di imparare a dominare l’acqua, l’idea di iniziare subito la elettrizzava e, probabilmente, con il suo carattere tra le parole ‘ai fini del combattimento’ e ‘arte della guarigione’ le seconde la stuzzicavano di più. Però c’era qualcosa che non andava, quel maledetto spillone... quel dettaglio. Non le era stato chiesto nulla. Non era stata interpellata in nessun modo. Non era stata messa alla prova né le avevano chiesto alcuna dimostrazione. Non le avevano permesso di scegliere, e non per abilità, livello, merito, ma perché era una ragazza. Sentiva il suo orgoglio ribellarsi, da qualche parte, in fondo alla sua anima. Pensò, un po’ per ripicca, che avrebbe davvero voluto imparare a combattere. Per dimostrare quanto valeva davvero. ...ma tanto a che sarebbe servito? Occorreva che rimanesse il più possibile calma ed equilibrata, come aveva imparato presso i monaci.
La scintilla di rabbia si spense subito, lasciando spazio allo sconforto. E Rapunzel seguì Monaco Norbu a testa bassa.
Uscirono, e seguirono in silenzio lo yeti al servizio di Nord, che li accompagnò in un igloo un po' in disparte, dove una signora anziana, gobba e dal naso adunco, stava dando una dimostrazione su un manichino a delle bambine. Rapunzel, sotto gli occhi di Monaco Norbu, si inchinò alla maestra, che la fece sedere in disparte perché guardasse, per ora. Il monaco si sedette fuori, accanto alla porta, e si strinse nel suo mantello porpora. Passò in meditazione l'intera durata della lezione e si riscosse solo quando Rapunzel uscì e gli posò una mano sulla spalla.
-Sono desolata di disturbarvi, maestro.- disse -Ma vorrei tornare al nostro alloggio...-
Il monaco assentì, si alzò e si incamminò.
Erano entrambi Nomadi dell'Aria, erano dediti alla meditazione e non erano estranei alle lunghe ore di silenzio. Avevano viaggiato a lungo senza dire una parola e avevano meditato insieme, e Monaco Norbu aveva imparato a cogliere il silenzio di Rapunzel, rispettoso e un po' dimesso. Si accorse quindi che il vuoto che aveva seguito la lezione della Vecchia del Corvo era diverso dal solito. Rapunzel l’aiutò a portare i bagagli, che erano stati lasciati all’ingresso degli alloggi (un paio di stanze e una saletta per mangiare, con un tavolo e delle sedie, al piano terra di un edificio di ghiaccio e neve di due piani), li ripose nelle due stanze, il tutto con sguardo assente. Quando il monaco le propose di uscire a procurarsi qualcosa da mangiare, lei rifiutò compostamente e si chiuse nella sua camera, dove Monaco Norbu la trovò ancora in meditazione una volta tornato.
Si annunciò quindi e scostò la tenda per entrare.
Rapunzel aprì gli occhi dalla sua lunga meditazione. Teneva il pupazzetto di legno sulle gambe incrociate.
-Posso disturbarti, amica mia?- il monaco si sedette accanto a lei.
-Ditemi, maestro.-
-Ti sento particolarmente turbata. C'è qualcosa di cui vuoi parlare?-
Rapunzel prese il pupazzetto fra le mani e scosse la testa.
Allora lui continuò, con aria allegra: -Se posso confidarti... ricordo quando Avatar Darje parlava dei suoi maestri. Ho imparato da lui la nobile arte dello scimmiottamento.-
Rapunzel si lasciò sfuggire un sorriso all'idea che quel venerando potesse scimmiottare il saggio Sandman: -Non penso potrei mai prendere in giro qualcuno. I monaci del Tempio sono stati buoni con me, non si sono arresi nell'insegnarmi il loro dominio, e qui mi hanno mandata da una maestra già il giorno del mio arrivo.-
Monaco Norbu le mise una mano sulla spalla: -E hai assolutamente ragione a essere loro grata. Ma sappi che hai anche il diritto di avere paura, o di essere arrabbiata. Nessuno può fartene una colpa.-
Rapunzel allora alzò gli occhi delusi sul suo maestro: -Le lezioni al Tempio le odiavo.- confessò -Sono l'unica nomade senza dominio! Ho il dominio sbagliato... Mi sono sempre sentita sbagliata. Mentre qui speravo tanto di venire accolta da dominatori come me e allenata in qualcosa per cui ho davvero un talento, e invece adesso sono lasciata indietro perché sono una ragazza! Non è giusto... non è giusto!- protestava, e Monaco Norbu le cinse le spalle. Lei si rannicchiò contro il suo fianco e si mise a piangere sommessamente.

Nord era seduto a cena con Maestro Okko, che gestiva la scuola di dominio dell'acqua che preparava i guerrieri della Tribù.
-Mi dispiace, ma non posso fare eccezioni, neanche per una ragazza che sembra essere l'Avatar.- disse il maestro -E poi... l'hanno capito se lo è davvero? O lo è o non lo è, non ci sono molte alternative.-
-Monaco Norbu mi ha esposto la sua teoria secondo cui lei dovrebbe solo iniziare il suo ciclo di allenamenti dall'acqua e non dall'aria.-
-Va bene, ma il vostro amico si è posto il problema di farle apprendere anche i domini di terra e fuoco? E se dovesse risultare incapace anche in quelli? Avrei allenato al combattimento una semplice dominatrice dell'acqua che non è affatto l'Avatar!-
-Monaco Norbu non ne ha fatto cenno, ma conoscendolo penso risponderebbe che ogni cosa va affrontata a suo tempo. E comunque se non inizia da qualche parte quella ragazzina non potrà mai dimostrare di essere l'Avatar.-
Maestro Okko addentò un pezzo di pesce: -Se fosse l'Avatar, ovviamente non potrebbe non essere allenata come combattente. È il dubbio che non lo sia che non mi convince.-
-Se fosse l'Avatar e Monaco Norbu avesse ragione a dire che deve solo iniziare dall’acqua, dovrebbe terminare il suo ciclo di allenamenti nei Templi dell'Aria, ma per arrivarci dovrebbe passare ancora per il Regno della Terra e la Nazione del Fuoco. Se avanzando dovesse fare davvero un buco nell'acqua, non succederebbe sicuramente qui.-
-Ma si verrebbe a sapere.-Nord osservò il maestro, la tempia appoggiata a due dita. Gli stava venendo un'idea, ma era una scommessa che doveva prendere lui per la ragazza: -In quel caso potrete sfidarla e batterla. Dimostrando così che la battaglia non è il posto per una donna.-
Maestro Okko parve riflettere. Nord si accarezzava la barba. Sapeva che, se anche non fosse stata l'Avatar, la giovane nomade sarebbe potuta diventare più forte di Okko, ma contava sull'orgoglio del dominatore, un orgoglio che sicuramente non gli avrebbe fatto concepire di poter essere battuto da una donna.
-E, se invece fosse l'Avatar,- aggiunse, per rendere la proposta ancora più allettante -voi potreste fregiarvi del titolo di Maestro del Dominio dell'Acqua dell'Avatar, e questo porterebbe voi a una posizione interessante... nonché la nostra Tribù a una certa influenza sulla ragazzina.-
Maestro Okko si grattò il mento. Poi, dopo un interminabile istante, senza sorridere alzò il boccale: -E sia! All'Avatar!-
Nord alzò il suo: -All'Avatar!- la trappola era scattata.

Le lezioni con il maestro Okko iniziarono il giorno seguente e Rapunzel, con la sua tunica gialla e arancione e i lunghi capelli biondi, si ritrovò in mezzo a un gruppo di ragazzi della tribù dell'acqua nelle loro pellicce azzurre e dalle teste brune.
Quando aveva ricevuto la notizia, di nuovo aveva sentito uno strano misto di emozioni: non era sicura di essere davvero in grado di diventare una guerriera, ma era sicuramente contenta che le fosse data un’opportunità e si era ripromessa di dedicarsi agli allenamenti con tutta la sua forza di volontà. Con quello che Monaco Norbu aveva fatto per lei fino a quel momento aveva deciso che avrebbe dimostrato di essere una candidata al ruolo di Avatar con tutte le carte in regola!
Tuttavia, nonostante fosse l'Avatar (probabilmente, come sottolineava spesso Okko), non le fu fatto alcuno sconto: il maestro non si fermava per colmare le sue lacune e spesso lei si trovava ad aver bisogno di tempo per cogliere qualche movimento che agli altri riusciva subito. Il fatto che fosse una ragazza, poi, e il fatto che Okko non la tutelasse in alcun modo per questo, la faceva sentire in imbarazzo davanti allo sguardo canzonatorio degli altri allievi. Li vedeva nascondere la bocca con la mano e sentiva le risatine giungerle alle orecchie, impedendole il più delle volte di concentrarsi e facendola sbagliare spesso. Il Dominio dell’Acqua la rassicurava più di quello dell’Aria ma, dopo parecchi giorni di figuracce, l’imbarazzo e il fatto di cogliere con la coda dell’occhio che, mentre lei si concentrava sui suoi movimenti tutti sbagliati, gli altri andavano avanti, la fecero sentire d’un tratto profondamente a disagio.
Monaco Norbu capì il timore che lei provava per il suo nuovo maestro, ma entrambi erano d'accordo che, per quanto potesse essere difficile, Maestro Okko era la migliore occasione per Rapunzel per diventare una potente Dominatrice dell'Acqua.
La mattina la ragazza si svegliava molto presto per l'ansia da prestazione dovuta a quella situazione. Il cielo era ancora buio e lei rimaneva con gli occhi chiusi, immobile sotto le coperte, rivolta verso il muro. Poi, all’ora di alzarsi, doveva fare violenza su se stessa per mettersi in piedi.
Una di quelle mattine, Rapunzel era ancora girata verso il muro. Era sempre con la mente rivolta verso il giorno che la attendeva, e combatteva contro se stessa per non cedere alla tentazione di non presentarsi a lezione. Non se lo sarebbe mai permesso. Poi alzò la testa di scatto: aveva sentito un rumore.
Si girò verso il centro della stanza, e incontrò gli occhi di un ragazzo che stava frugando nei suoi bagagli. Lui aveva colto subito il suo movimento e si era immobilizzato appena i loro sguardi si erano incrociati.
Seguì un momento di silenzio, poi lui con un balzo fuggì fuori dalla finestra.
-Ehi!- urlò Rapunzel, saltando giù dal letto e correndo a vedere -Ehi! Al ladro!-
Monaco Norbu arrivò in quel momento, ma lei si era già precipitata fuori scavalcando il davanzale.
Il ragazzo saltava agilmente dal un tetto all'altro, lei gli correva dietro sulle banchine dei canali. Correva a perdifiato per non perderlo di vista, e spesso doveva deviare la sua corsa sui ponti per poter attraversare i canali. Tuttavia non osava usare il dominio per salire sui tetti: l'altezza l'avrebbe bloccata. Decise quindi di sollevare una bolla d'acqua e la scaraventarla sul ladro, che schivò una, due, tre volte, poi fu colpito durante un balzo e cadde sulla banchina davanti a Rapunzel.
La ragazza gli ghiacciò i piedi e lo prese per la collottola: -Restituiscimi subito il mio pupazzetto! Ladro!-
Lui scosse la testa e gli cadde il cappuccio, rivelando una capigliatura innaturalmente bianca: -Mi dispiace! Mi dispiace, non lo farò più, prometto!-
Rapunzel allentò la presa, ma in tutta risposta il ragazzo le lanciò una raffica che la colpì allo stomaco e la mandò diversi metri più indietro. Poi spaccò con il pomo di un coltello estratto dalla saccoccia il ghiaccio che lo imprigionava e corse via.
Rapunzel si rialzò frastornata. Conosceva fin troppo bene quella sensazione: le capitava da bambina quando giocava con gli altri nomadi... Alzò gli occhi e riprese a correre, ora più confusa e incuriosita che arrabbiata: un ragazzo della Tribù dell'Acqua che dominava l'aria?!

Rapunzel non riuscì più a rintracciarlo. Il ragazzo si era ormai allontanato di parecchi isolati e sapeva di averla seminata. Soddisfatto si sedette sul tetto su cui si trovava per studiare con più attenzione il suo bottino.
Aveva girato per tutta la notte alla ricerca di case in cui frugare e al primo biancheggiare all'orizzonte aveva deciso di ritirarsi. Era ancora buio, ma sapeva che a quell'ora era facile che qualcuno si svegliasse e lo beccasse. Tuttavia, quando era passato davanti alla finestra aperta di un alloggio che credeva vuoto ormai da anni, non era riuscito a resistere alla curiosità e ci si era intrufolato.
Non si era neanche avvicinato al corpo addormentato, si era limitato a sentire il suo respiro regolare, poi aveva notato i bagagli semi sfatti di foggia straniera e aveva deciso di darci un'occhiata. Il bagaglio era minimo, ma fra i pochi cambi, qualche libro e qualche oggetto per i capelli aveva trovato un pupazzetto di legno che sembrava essere l'unica cosa interessante in quella stanza. Era stato in quel momento che la bionda si era svegliata.
Ora osservava quel giocattolo senza apparente valore, lo rigirava fra le mani e cercava di capire se non ci fosse qualche meccanismo negli snodi metallici delle braccia e delle gambe.
-Interessante.- il ragazzo alzò gli occhi e incontrò lo sguardo di un vecchio pelato con un mantello porpora -Interessante. Perché quel pupazzetto ti interessa così tanto?-
-Ti piacerebbe saperlo, eh, vecchio?- Il giovane scattò per scappare. Si allontanò parecchio, poi si sedette dietro a un parapetto, convinto di averlo seminato.
-Posso sapere come ti chiami?- e invece il vecchio era lì, di fronte a lui, con la stessa aria incuriosita e lo stesso tono gentile.
-Ma cosa...?- Il ragazzo scappò di nuovo, stupito che la sua tecnica di fuga risultasse fallimentare. Ma ogni volta che si fermava a controllare, l’uomo si trovava sempre dove si fermava lui. Prese tutti i passaggi segreti che conosceva, cambiò direzione più volte. Ma poi, quando finalmente si fermò per riprendere fiato, vide il vecchio atterrare davanti a lui, roteando sopra la testa un bastone che gli permetteva quasi di volare.
-Si può sapere cosa vuoi da me?- urlò allora il ragazzo, e gli lanciò una raffica d'aria per allontanarlo.
Il vecchio schivò con un solo passo laterale e con una mossa pulita che il ragazzo non aveva mai visto lo fece roteare un paio di volte in aria e cadere con un respiro strozzato.
-Incredibile. Incredibile e interessante. Sai dominare l'aria.- il vecchio si avvicinò e gli tese la mano: -Mi chiamo Monaco Norbu. Vorrei farti qualche domanda, se mi permetti.-
-Se permetto io?!- il ragazzo si sollevò sulle braccia.
-Sì. Sono un Nomade dell'Aria, e posseggo il tuo stesso dono. E penso di poter scommettere che tu, invece, non ne hai incontrati molti, di altri come te.-
Il ragazzo fece un cenno ironico con la testa e si rimise in piedi.
-Come avrai capito, se scappi non è un gran problema, per me. Allora, accetti un invito per una colazione con due umili Nomadi dell'Aria?-
Il ragazzo disse di chiamarsi Jack Frost, e accettò l'invito.

 




Angolino dell’autrice:
Finalmente entra in scena anche il secondi dei grandi quattro! E anche lui presenta un talento... fuori dal comune. Cosa succederà adesso?
Cercherò di pubblicare i capitoli al ritmo di uno alla settimana, di lunedì. Se per caso si rivelerà essere troppo rapido, tornerò al mio ritmo abituale di un capitolo ogni due settimane circa.
Alla prossima!
Nike

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** PA 3 ***


Il ragazzo si chiamava Jack Frost, e accettò l'invito. Onestamente, non credeva di avere la possibilità di rifiutare.
Monaco Norbu lo condusse ai loro alloggi, dove Rapunzel stava aspettando. La ragazza, che era rientrata abbattuta per essere stata seminata, li accolse a bocca aperta. Ormai il sole era sorto ed era effettivamente l'ora di colazione. Monaco Norbu li fece sedere entrambi attorno a una parca tavola e fece cenno al suo ospite di servirsi.
Jack Frost allungò titubante una mano, sentendosi schiacciato dallo sguardo affilato della ragazza seduta accanto a lui.
Monaco Norbu versò a tutti una bella tazza di tè fumante e poi si sedette con aria pacata: -Quindi...- esordì -Ti chiami Jack Frost. Questa bella ragazza seduta vicino a te si chiama Rapunzel.-
I due si scambiarono un'occhiata, e Jack Frost sentì i brividi lungo la schiena. I tre presero a mangiare in un silenzio glaciale: Rapunzel non staccava gli occhi da Jack Frost, Monaco Norbu non staccava gli occhi da Jack Frost, e Jack Frost non staccava gli occhi dal suo biscotto. Pensava di potersi rifugiare dietro a una bella faccia tosta, ma scoprì che gli risultava più facile quando aveva di fronte gente ostile -tipo le guardie della tribù- e non un affabile vecchietto che porgeva tè e pasticcini.
-Non ti dispiacerà, spero, se ti faccio qualche domanda?- chiese ad un tratto il monaco.
-Perché, ho forse la possibilità di dire di no?-
Monaco Norbu ridacchiò: -In effetti no. Ma hai sempre la libertà di non rispondere.-
Jack Frost fece un sorriso di scherno: -Non è così che mi dicono di solito.-
-Immagino che non sia stata la prima volta che ti sei intrufolato così in casa d'altri. Quindi sei già stato preso?-
-Secondo voi?-
-Immagino di sì. E ti hanno rilasciato o sei scappato tu?-
Jack Frost addentò un altro biscotto: -Cosa le cambia saperlo?-
Monaco Norbu sorseggiava il suo tè, soppesando il giovane con gli occhi: -Vorrei capire le tue potenzialità rispetto ai Dominatori dell'Acqua.-
-Cosa?!- l'esclamazione arrivò da entrambi i ragazzi.
-Lasciami spiegare, Rapunzel. Sappiamo entrambi che sei destinata a diventare una grande guerriera. E sai anche tu quanto sia fondamentale un buon allenamento. Mi chiedevo se anche il giovanotto qui presente non fosse interessato a trovare un maestro adatto alla sua... specialità.-
Rapunzel ebbe uno sguardo incredulo, mentre Jack Frost si lasciò sfuggire una risata perplessa: -Vuole allenarmi assieme a questa biondina per farmi diventare un bel damerino come lei?!-
In quel momento qualcuno si annunciò fuori dagli alloggi. Monaco Norbu andò a vedere e Rapunzel sussurrò: -Non provare a scappare.-
Jack Frost le fece un segno scocciato e rimasero entrambi immobili e in silenzio.
Dopo qualche istante entrarono Monaco Norbu e delle guardie.
-Questi signori dicono di avermi visto inseguire poco fa un ladruncolo a cui danno la caccia da parecchio.- disse il monaco.
Jack Frost si irrigidì sulla sedia, mentre il capo si avvicinava per afferrarlo per il braccio: -Proprio tu!-
Ma Monaco Norbu interruppe il suo gesto: -Non mi hanno voluto ascoltare quando ho provato a spiegar loro che in realtà stavo allenando un mio nuovo allievo. Saresti così gentile da confermarglielo, per favore?- domandò con tono pacato. Il guerriero rimase immobile, la mano salda intorno al braccio del ragazzo, subito sotto l’ascella, nel gesto di alzarlo a forza.
Lui guardò il monaco con tanto d'occhi, e annuì lentamente senza credere alle sue orecchie. Soddisfatto, Monaco Norbu si rivolse allora alle guardie: -Oggi parlerò io al capo villaggio Nord per ufficializzare la cosa. Non temete, mi prenderò personalmente ogni responsabilità.- poi aggiunse con un sorriso: -Potete lasciarlo andare, adesso.-
L’uomo ubbidì a bocca aperta. Poi esclamò: -Un Nomade dell’Aria che allena un ragazzino della Tribù?-
-Maestro Okko allena la nostra giovane Rapunzel. Non mi sembra così strano.- ribatté il monaco -Oggi chiarirò tutto con il capo villaggio. Ora, se permettete, vorremmo finire la nostra colazione.-
E con queste parole, Monaco Norbu buttò cordialmente fuori dagli alloggi le guardie, che si videro costretti ad accontentare la sua ferma richiesta.
Monaco Norbu tornò alla sua colazione.
Jack Frost non aveva cambiato espressione.
-Quindi è ufficiale. Sarà il caso che cominci a chiamarmi Maestro, allora.- disse Monaco Norbu.
Il ragazzo annuì di nuovo, sentendosi curiosamente più in trappola con quel vecchietto che non con le guardie, e il monaco riprese: -La nostra Rapunzel non seguirà i tuoi stessi allenamenti. Lei è qui per apprendere il Dominio dell'Acqua in quanto futura Avatar.-
Per la prima volta, il ragazzo dimostrò un certo interesse per la fanciulla: -Ecco cosa c'era che non andava.-
-Cos’è che non andava?- ribatté lei.
-Con quell'abito strano, non riuscivo a credere che fossi tu a prendermi di mira con quelle palle d'acqua. Quindi sei già una maestra del Dominio dell'Aria?-
Lei non rispose e distolse lo sguardo con aria offesa.
Monaco Norbu aveva osservato la scena da sopra il suo tè, poi aveva aggiunto: -E da oggi vivrai con noi.-
-Non avete paura che scappi?-
-Non credo proprio che scapperai e, anticipo la tua prossima domanda, non credo che ci farai del male di alcun tipo. Potevi usare il pugnale con cui ti sei liberato dal ghiaccio stamattina per attaccare Rapunzel e invece non l'hai neppure estratto dalla fodera. Non credo che tu sappia davvero ferire un uomo.-
A quelle parole i due ragazzi abbassarono lo sguardo pieni d'imbarazzo: Rapunzel perché si era resa conto che Monaco Norbu aveva assistito alla sua figuraccia, Jack Frost perché si era reso conto che quel vecchio l'aveva braccato da molto prima di quanto credesse.

La colazione finì e la giornata cominciò. Rapunzel si affrettò da Maestro Okko, che la accolse freddamente, mentre Monaco Norbu conduceva il suo nuovo allievo da Nord.
Rapunzel riusciva a concentrarsi molto poco a causa di tutte quelle novità che le frullavano per la testa. Cercava di scacciare dalla mente l'idea che quel Jack Frost potesse soppiantarla, e in cuor suo temeva che saltasse fuori che il nuovo Avatar in realtà fosse lui. In fondo il nuovo Avatar doveva cominciare come Dominatore dell'Aria, no? L'idea non le piaceva: ormai, grazie a Monaco Norbu, aveva cominciato ad accettare quel suo bizzarro destino e non le andava che quel bel sogno durasse così poco.
Jack Frost, dal canto suo, fu accolto dal capo villaggio Nord con un’esclamazione di sorpresa e una mano sulla sciabola, e assistette poi a una serie di domande di cui coglieva poco il nesso, tipo se qualche Nomade dell'Aria fosse passato di lì negli ultimi tempi (per inciso scoprì che no, nei vent'anni precedenti non si erano visti nomadi di alcun tipo), che ne fosse stato dei suoi genitori (ricevette la solita risposta rispettosamente composta: tristemente orfano)... Fu comunque immensamente grato a Monaco Norbu quando non rivelò al capo del villaggio il suo potere segreto.
Alla domanda del perché volesse accollarsi un ladro come allievo, per di più non Dominatore e di un popolo diverso dal suo, il vecchio rispose: -Trovo solo che abbia bisogno di un po' di disciplina.-
E la disciplina fu l'oggetto di quella loro prima giornata di lezione. Il ragazzo scoprì che il suo ‘potere segreto’ era davvero Dominio dell’Aria – non che non lo avesse immaginato, ma poiché non aveva mai incontrato Nomadi o Dominatori dell’Aria in vita sua non si era mai posto alcun problema riguardo al suo potere e si era limitato a sfruttarlo come meglio gli veniva in mente.
Il vecchio gli insegnò che erano necessarie delle posizioni di base, e la base delle posizioni caratteristiche della disciplina. Gli propinò una tiritera lunghissima sul popolo dei Nomadi dell’Aria e sulla sua storia e sulla sua cultura, si impuntò che stesse seduto composto come un vero dominatore e continuò con spiegazioni teoriche implicanti foglie che volteggiavano e bisonti che volavano. Più di una volta Jack Frost ebbe voglia di scapparsene via: che cosa accidenti ci faceva ancora lì? Com’era che nel giro di qualche ora era passato da una sessione piuttosto tranquilla di furtarelli innocui a una sessione mortalmente noiosa su una cultura con cui non aveva mai avuto a che fare? Aveva l’impressione che il mondo fosse girato intorno a lui senza che lui potesse fare niente, come uno spettatore che assiste a una scena che lo riguarda e se ne rende a malapena conto.
Alla sera, rientrarono che Jack Frost era più disorientato che mai.
La cena passò rapidamente, nessuno dei due giovani aveva voglia di parlare e Monaco Norbu rispettò il loro silenzio. L'anziano monaco si ritirò nella sua stanza e i due si andarono a distendere in camera loro.
Spensero subito la luce e Rapunzel si mise a gambe incrociate per la sua meditazione quotidiana.
Jack Frost si buttò su una branda preparata appositamente per lui con un sospiro rumoroso, la osservò perplesso per un momento, poi chiese: -Che fai?-
Rapunzel non aprì gli occhi: -Medito.-
-Mediti?-
-La meditazione è una tecnica fondamentale per i Dominatori dell'Aria.-
-Ah.-
Calò il silenzio. Rapunzel fu grata al ragazzo per quel rispetto inaspettato. Poi le venne un sospetto. Aprì gli occhi.
Jack Frost non c’era.
“Accidenti” corse alla finestra. Lo vide scomparire in fondo alla via: con un agile balzo uscì di nuovo com’era uscita quella mattina, e riprese a corrergli dietro.
Quando Jack Frost la sentì arrivare si fermò e si girò, le mani in tasca: -Non stavi meditando?-
-Non puoi scappare.- ansimò lei -Devi assolutamente tornare indietro.-
Jack Frost soppesò il suo tono e lo riconobbe pacato come quello del vecchio: non dava ordini, non aveva paura di non essere accontentata. Esponeva una verità, un dato di fatto. Quell’atteggiamento lo punse profondamente, ed ebbe voglia di vedere fino a che punto la pacatezza della ragazza avrebbe resistito. Alzò un angolo della bocca in un sorriso strafottente: -Non penso proprio.-
-Monaco Norbu ti ha salvato dalle guardie. Se non rientri potrebbe finire nei guai...-
-Questa situazione...- la interruppe lui -Non ti ricorda un po’ quella di stamattina?-
-Cosa?-
-Ho un’idea!- con un balzo salì su un tetto -Facciamo un gioco. Prova a prendermi.-
-Se ti prendo prometti che rientrerai con me da Monaco Norbu?- chiese lei.
Lui riconobbe una nota di preoccupazione, la sua sensazione di soddisfazione si fece più gradevole: -D’accordo.- e con un altro balzo corse via.
Rapunzel riprese a correre stancamente nella direzione in cui l’aveva visto sparire. Come quello facesse ad avere ancora tutte quelle energie a fine giornata, proprio non lo capiva. Maestro Okko l’aveva massacrata, quel giorno, e sentiva tutti i muscoli delle gambe protestare per quello sforzo non previsto.
Strinse i denti, ma sentiva l’irritazione montare dentro di lei: oltre a vedere che il suo maestro si dedicava a un ladro come fosse stato un giovane monaco dei Templi dell’Aria, oltre a sopportare prima gli sguardi ilari degli altri nomadi, poi di scherno dei ragazzi della tribù, e ora quello strafottente di uno che chiaramente non era cosciente della fortuna che gli era capitata, le toccava sprecare energie perché un ingrato non mettesse nei pasticci il suo maestro. Energie che le sarebbero servite l’indomani, e invece sprecate così. E l’indomani avrebbe dovuto sopportare Maestro Okko ancora più stanca di quel giorno, anzi! Magari, data la sua stanchezza, si sarebbe irritato ancora di più e l’avrebbe trattata peggio del solito!
L’apatia che era stata il suo scudo nei Templi dell’Aria risultava inutile in quel momento, e per la prima volta la paura che si agitava sempre mollemente in fondo alla sua anima si stava trasformando in rabbia.
-Dove sei? Dove sei?- ripeteva sottovoce, correndo su e giù per le vie. Inseguiva un’ombra agile come i nomadi, agile come avrebbe dovuto essere lei, e invece lei arrancava a ogni passo, e questo le faceva ancora più rabbia.
-Mi togli una curiosità?- eccolo, accovacciato in bilico sul parapetto di un ponte, e lei era ancora in basso sulla banchina. -Ti hanno vietato di usare il Dominio dell'Aria qui alla Tribù? O contro qualcuno di più debole?- chiese.
Vedeva che si era fermato, e che la lasciava avvicinare come una stupida, e questo la fece stare ancora peggio. Se non avesse fatto qualcosa sarebbe scoppiata. Arrancò su per la scala e si trovò a pochi metri da lui.
-Non usi neppure il Dominio dell’Acqua. Ti piace fare le cose difficili?-
“Non sono abbastanza brava col Dominio dell’Acqua.” pensò lei. Maestro Okko gliel’aveva fatto capire bene. E soprattutto l’aveva sfiancata la punto che, arrabbiata com’era, non se la sentiva di provare a lanciare bolle d’acqua in giro.
Jack Frost la osservava con gaudio. Non capiva cosa non andasse con quella ragazza, ma vederla così in difficoltà era un balsamo alla sensazione di trappola che si sentiva addosso da quella mattina.
-Ora basta giocare.- Rapunzel si avvicinò a lui -Dobbiamo rientrare.- e questo era un ordine.
Jack Frost fece spallucce. Poi si lasciò cadere fuori dal ponte.
Rapunzel corse a vedere, terrorizzata che fosse precipitato, ma quando si sporse non vide nessuno, l’acqua era ancora limpida. Jack Frost comparve da sotto il ponte dietro di lei: -Dai! Fammi vedere cosa sa fare un Maestro del Dominio dell’Aria!- e la spinse.

Rapunzel era ancora sporta a guardare giù. Si accorse a malapena di cosa stava succedendo. Un colpo alla schiena. Il parapetto passò sotto di lei... Poi ci fu una sensazione di vuoto allo stomaco. Poi l’acqua gelida.

Jack Frost non sapeva bene perché l’avesse fatto. Si disse che, probabilmente, se non avesse avuto il canale di sotto non avrebbe mai spinto qualcuno. Si disse che, sicuramente, non si aspettava che una Dominatrice dell’Aria cadesse come un sacco di patate. Si disse che lo immaginava uno scherzo ricorrente fra i giovani Dominatori dell’Aria.
Quando Rapunzel riemerse stancamente sul bordo del canale sollevandosi con le braccia, con un balzo roteò accanto a lei e la aiutò prendendola per i gomiti.
-Si può sapere perché non hai volato?!?- le urlò nelle orecchie.
Lei riprese fiato. Tremava. In tutta risposta, lo prese per la collottola con una mano, e con l’altra gli tirò un sonoro ceffone sulla guancia.
-Perché non sono una dominatrice, brutto incosciente.- sibilò tra i denti.
Lui la guardò con tanto d’occhi, incredulo: -Ma tu sei l’Avatar! Ma tu dovevi essere qui perché sei già Maestra del Dominio dell’Aria!-
Rapunzel non rispondeva. Tremava da capo a piedi. Jack Frost si passò una mano dietro il collo, e d’un colpo il gaudio e la soddisfazione si trasformarono in una spiacevole morsa alla bocca dello stomaco. Si tolse la pelliccia dalle spalle e la avvolse intorno alla ragazza, poi disse: -Andiamo.-

La Vecchia del Corvo si vide arrivare un ghiacciolo biondo. Jack Frost lasciò la ragazza nelle mani dell’anziana, si riprese la pelliccia e uscì dall’igloo.
Jack Frost non l’aveva mai detto a nessuno -anche perché non aveva nessuno a cui dirlo- ma era sempre stato convinto che la sua vita fosse in realtà un’enorme trappola. I suoi primi ricordi erano legati alla solita frase di composto cordoglio: ‘tristemente orfano’, e neanche si ricordava perché, o come, fosse diventato orfano. Forse era stato troppo piccolo quando era rimasto solo, o forse era davvero amnesia, ma non aveva idea di quali fossero le sue origini. Arrancando da solo per il villaggio aveva scoperto il suo dono, ma quello, unito ai suoi capelli innaturalmente bianchi, lo avevano fatto sentire ancora più isolato. L’unica cosa che lo confortava, era il fatto che quel dono fosse per lui la chiave della sua libertà. Nessuno l’aveva mai potuto controllare.
Finché non era arrivato quel vecchio, e la sua cocca bionda. E il suo dono, il suo potere, la sua chiave per la libertà, era diventato la causa per un’altra trappola: un maestro, all’inizio, lo poteva anche sopportare. L’idea di diventare forte lo allettava, anche se avrebbe voluto essere stato lui a scegliere di allenarsi, e non sentirsi avviluppato dalla buona volontà del vecchio. No, non era quello ciò che non poteva sopportare. Era la scoperta che la bionda non sapesse dominare l’aria. Nel momento in cui se ne era reso conto, aveva realizzato qualcosa: -Non è l’Avatar...- si guardò le mani: l’Avatar doveva essere un Dominatore dell’Aria. E ai Templi non era stato trovato.
Ritirò le mani nelle tasche, sentendosi più in trappola che mai.

Rapunzel fu scaldata e asciugata, e anche sgridata molto. La Vecchia del Corvo si rivelò essere scorbutica e brusca, ma comunque molto pratica.
-Ero convinta che ti avrei rivista alle mie lezioni.- sbraitò, riempiendo una ciotola di brodo -E invece scopro che sei allenata da Okko. Com’è questa storia?!-
Rapunzel teneva lo sguardo basso: -L’hanno deciso quando sono arrivata al villaggio...-
La donna le porse il brodo: -Suppongo che abbiano fatto un’eccezione perché non sei della Tribù.-
Rapunzel non la guardava, la donna la fissò da un occhio. Poi riprese: -E come ti trovi, a queste famose lezioni da Okko?-
La ragazza fece spallucce: -Non sono molto dotata, a quanto pare.-
-Figlia mia, ho visto molte dominatrici nella mia vita, e nessuna di loro ‘non è molto dotata’. Suppongo che Okko sia restìo ad allenare una donna. Te le spiega bene, le basi del dominio?-
-In realtà... non le abbiamo mai fatte.-
-Eppure al primo anno si fanno sempre. Conosco Okko da quando era un giovane guerriero, ha sempre fatto così.-
-Non mi ha messo con il primo anno. Dice che devo stare con quelli della mia età.- Rapunzel parlava con un filo di voce e molta stanchezza.
-E allora capisco perché non riesci a stare dietro alle sue lezioni. Da noi i giovani sono allenati dai sei, sette anni!-
-Ma lui non mi farà recuperare mai...- la ragazza si scaldava le mani con la ciotola fumante. Poi alzò gli occhi, un’idea improvvisa glieli faceva brillare: -Però... Non è che può insegnarmi lei?-
-Non credo che tu possa venire a due lezioni contemporaneamente. Dovrai scegliere, figliola.-
-No, sto parlando della sera! Per favore, non può farmi recuperare lei?-
La Vecchia del Corvo la guardò intensamente. Rapunzel ricambiava con occhi supplichevoli ma fermi.
-Dovrai tirare fuori molte energie. Non ci andrò leggera, e non credere che accetterò scuse di sorta. Te la senti comunque?-

Rapunzel uscì dall’igloo un po’ più tranquilla. Ormai era asciutta e rinfrancata, voleva solo più trovare Jack Frost e tornare agli alloggi a dormire.
-Comunque...- sentì una voce sopra di lei. Alzò lo sguardo e vide il ragazzo su un tetto, le mani in tasca e lo sguardo cupo -Hai perso.- con un calcio le fece cadere addosso un po’ di neve e poi si voltò, per dileguarsi con un lungo balzo.

 




Angolino dell’autrice:
Piccola puntualizzazione sul personaggio del Maestro Okko: mi sono ispirata a un fumetto francese, ‘Okko’, per l’appunto, da cui ho preso il nome e l’aspetto del personaggio. Le idee, il carattere, l’atteggiamento sono tutti propri al mio personaggio... diciamo che è l’unico personaggio esterno al mondo di ‘Avatar’ il cui nome si avvicinasse abbastanza a Pakku, Sokka, Katara, Kenna, Kaya...
Ma quindi Nord e la Vecchia del Corvo, che chiaramente è la strega di 'Ribelle - the Brave'? Be', il fatto è che a loro è stato facile assegnare un ruolo nella storia. Il problema era che non ho trovato nessun personaggio nei film che fosse convincente nel ruolo di Maestro del Dominio dell'Acqua, quindi ho cercato altrove.
Saluti
Nike

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** PA 4 ***


Jack Frost vagò tutta la notte in preda a pensieri soffocanti. La rivelazione che la tanto proclamata Avatar non era una Dominatrice dell’Aria l’aveva scombussolato parecchio: per cominciare, per quale motivo non glielo avevano detto? In fondo loro sapevano del suo dominio storto. Perché non confidargli che anche lei era così? Poi si ricordò che l’avevano conosciuto perché si era intrufolato in casa loro, e allora fece spallucce e accettò l’idea che potessero non fidarsi completamente di lui. Poi: se il novello Avatar doveva essere un Dominatore dell’Aria, allora chi era il vero candidato, lui o la bionda? Il fatto che lui avesse il dominio sbagliato faceva quindi di lui un candidato? Era per quello che Monaco Norbu l’aveva voluto come allievo? Allora perché non parlargliene subito? Tutte quelle domande gli riempivano la testa e d’improvviso, per un secondo, odiò profondamente il suo dono tutto storto.
Poi si fermò lì dov’era, in bilico sul bordo di un tetto, e si guardò le mani. Quando il vecchio l’aveva invitato a confermare spintaneamente alle guardie che era suo allievo, lui aveva collaborato perché, in effetti, l’idea di imparare il Dominio dell’Aria come si deve lo stuzzicava non poco. Anche adesso, di tutta quella storia l’unica cosa che lo convinceva era l’idea di avere un maestro per migliorare il suo dominio.
Jack Frost rimise le mani in tasca e si girò verso gli alloggi: lui era un ladro, lo era stato per tutta la vita. Era sempre riuscito a scappare, e contava sul fatto che, un volta che il vecchio gli avesse insegnato qualche trucco in più, l’allievo sarebbe risultato persino più bravo del maestro.
In fondo che volevano da lui? A lui non interessavano tutte quelle storie di Avatar e maestri! Non gli interessavano storie di politica, di grandi dominatori o altro! Lui voleva continuare a essere libero, a fare in modo che nessuno potesse metterlo in gabbia. Decise quindi che, non appena ci fosse stata l’occasione, sarebbe scappato da Monaco Norbu.

Il mattino svegliò Rapunzel con un mal di stomaco decisamente curioso: era elettrizzata per la promessa della Vecchia del Corvo, ma si sentiva terrorizzata per non essere riuscita a impedire la fuga di Jack Frost.
Quando fu il momento di alzarsi, si tirò a sedere col cuore pesante e mille discorsi pronti per giustificarsi con Monaco Norbu. Si sentiva di umore cupo.
Poi udì rumore di piatti e andò a vedere. Trovò Monaco Norbu intento a parlare affabilmente... con Jack Frost.
-Amica mia- la salutò Monaco Norbu -Mi sembravi decisamente stanca, ti abbiamo lasciato dormire un po’ di più. Come ti senti?-
Rapunzel non rispose e si sedette senza parole. Il monaco andò a prendere dell’altra acqua per il tè.
La ragazza guardò Jack Frost. Lui mangiò con tutta calma il suo biscotto, poi le lanciò uno sguardo indifferente: -Non ho mai detto che non sarei tornato da solo, né è stato mai detto che non potessi farmi un giro dopo gli allenamenti.-
La ragazza non disse nulla. Prese un biscotto e lo ruppe sul tavolo. Si sentiva di umore decisamente nero.

Nella vita dei due ragazzi si instaurò una certa routine. Grazie ai consigli della Vecchia del Corvo, per la prima volta in vita sua Rapunzel si scoprì portata per qualcosa. La prima volta che riuscì a fare un esercizio correttamente davanti a Maestro Okko al primo tentativo, l’uomo la guardò come se avesse visto un fantasma, ma poi si riscosse credendo che fosse stato solo un colpo di fortuna... o che magari finalmente la sua allieva avesse deciso di prendere seriamente le sue lezioni. Rapunzel non rivelò mai a nessuno, nemmeno al monaco, delle lezioni segrete dalla Vecchia del Corvo, e Monaco Norbu finse di non accorgersene mai. La Vecchia, dal canto suo, non accennò mai a qualsivoglia legame con Rapunzel al punto di ignorarla completamente per strada, come se davvero l'avesse vista solo per mezza lezione in occasione del suo arrivo alla Tribù, ma in realtà godeva segretamente della costernazione di Maestro Okko, che non riusciva a capacitarsi di questi imprevedibili miglioramenti. All’inizio l’uomo non riusciva a credere che quella ragazza risultasse talvolta anche più portata dei giovani che lui aveva allenato personalmente per anni. Poi pian piano ai suoi occhi la ragazza fu soppiantata dall’Avatar, e lui riconobbe quindi il talento di un’allieva speciale. Ovviamente lui ne fu contento e non esitò a far avanzare l'Avatar (lo era senza dubbio, diceva adesso) di corso.
Rapunzel arrivava a fine giornata esausta, ma stringeva i denti per la lezione notturna e dopo gli incontri con la Vecchia del Corvo rientrava che era troppo stanca per parlare e dormiva della grossa fino al giorno dopo, e Monaco Norbu la lasciava riposare fino all’ultimo momento disponibile. Poi lei divorava la colazione, che in poco tempo non fu più molto parca per stare dietro al suo stomaco e a quello di Jack Frost, e andava ad allenarsi lasciando i due uomini alla loro routine.
Jack Frost, dal canto suo, aveva deciso di bere tutti gli insegnamenti possibili che Monaco Norbu poteva impartirgli. Sapeva di essere dotato per il Dominio dell’Aria e non aveva mai subito un confronto con giovani Nomadi dell’Aria che lo ridimensionasse davvero. Era ben conscio che i due nomadi sarebbero presto ripartiti e voleva sfruttare l’occasione fino all’ultima goccia. Quando era rientrato dalla notte in cui aveva scoperto il segreto di Rapunzel, aveva trovato Monaco Norbu seduto al tavolo della cucina pronto a offrirgli con un sorriso una tazza di tè fumante. Lui allora aveva capito che non sarebbe riuscito a sondare facilmente quell’uomo silenzioso come l’aria, di cui non riusciva a cogliere i movimenti e che non sentiva spostarsi per la stanza. Doveva migliorare ancora.
Carezzando con la mente i suoi progetti di libertà, passava le serate a guardare fuori dalla finestra e spesso e volentieri lanciava sguardi alla luna in attesa del momento buono per fuggire. Ciò non toglieva che ogni tanto si concedesse qualche passeggiatina notturna per i tetti del villaggio: finché fosse tornato senza combinare guai, sapeva che il vecchio non l’avrebbe redarguito.
Le lezioni erano sempre più faticose, a causa soprattutto della fretta di imparare di Jack Frost. Nei primi tempi era talmente concentrato che a malapena si accorgeva dell’esistenza di Rapunzel: di giorno erano ognuno per sé, la sera lei spariva dalla finestra fino a dopo che lui si era addormentato, o rientrava che lui era ancora in giro per le sue passeggiate. Raramente si incrociavano. Poi il ragazzo si abituò a quella vita e cominciò a rifletterci su, e pian piano le riflessioni sul suo Dominio dell’Aria e sulle sue possibili implicazioni presero il sopravvento, fino a diventare un pensiero fisso che gli causava momenti di profondo malumore. Monaco Norbu non poté non notare il disagio del suo allievo: una mattina, dopo che Rapunzel fu uscita per recarsi a lezione, il monaco portò Jack Frost sulla piana di neve al di fuori delle mura del villaggio.
-Vecchio, perché non andiamo al nostro solito spiazzo?- chiese dopo un po’ il ragazzo.
-Oggi facciamo allenamento qui.-
Jack Frost si guardò intorno: la zona era deserta, non si vedeva nulla in nessuna direzione.
-Va bene.- disse dopo un secondo -Cosa devo fare?-
-Prima di tutto, rilassarti.- il monaco si fermò in mezzo alla neve e si mise davanti al suo allievo -E poi, parlarmi. Cosa ti turba, ragazzo?-
Jack Frost rimase interdetto. Non era proprio il tipo di lezione che si aspettava. Si guardò intorno, si massaggiò dietro il collo, poi chiese: -Non possiamo allenarci come al solito?-
-Non è possibile raggiungere il massimo livello di Dominio dell’Aria senza uno spirito quieto. E il tuo spirito non è quieto, mi sbaglio?-
-Mi ha portato qui per farmi il terzo grado?-
-Durante i nostri allenamenti mi sei sembrato a disagio. È vero che il campo d’allenamento che ci hanno assegnato è appartato e nessuno può sapere del tuo dominio, ma negli ultimi tempi ti avverto teso. Ti prego di parlarmi, perché vorrei poterti aiutare almeno un po’.-
Jack Frost aveva mille risposte sarcastiche a quella patetica offerta d’amicizia, invece decise di aprirsi con Monaco Norbu: -Perché non mi avete detto che Rapunzel non è una Dominatrice dell’Aria?-
Monaco Norbu sorrise: -Prima di tutto, perché non ne siamo certi. Potrebbe solo aver bisogno di iniziare dall’acqua, e concludere il suo ciclo di allenamenti con l’aria.-
Jack Frost annuì, ma non era tanto convinto.
Il monaco continuò: -E poi perché non volevo che sorgesse l’idea che tu potessi essere un candidato al ruolo di Avatar. Non fraintendermi...- aggiunse alzando l’indice -...non sto privilegiando Rapunzel in quanto nomade come me o sciocchezze del genere. L’ho fatto perché lei è venuta qui pronta ad affrontare le conseguenze di questa situazione, mentre tu ti sei ritrovato ad essere mio allievo nel giro di poche ore. Non volevo che, rendendo pubblico il tuo dominio, fossi caricato anche delle aspettative del tuo villaggio in quanto potenziale candidato al ruolo di Avatar.-
Jack Frost sentì lo stomaco sottosopra all’idea che il monaco facesse tutto questo per lui e lui avesse comunque l’intenzione di scappare.
-E non aveva paura che non dirmi niente mi portasse ad andarmene?- chiese, un po’ forse per mitigare quella sensazione spiacevole.
Il sorriso del monaco si fece forse un po’ più accondiscendente: -Se fossi nei panni di un ladro, credo mi farebbe scappare soprattutto il fatto di saperlo. Ma questo non mi preoccupa.-
-No?-
-No. Non sai ancora abbastanza del dominio per essere in grado di scappare.-
-Non mi ha insegnato tutto quello che sa?-
-Per prima cosa, non basta sicuramente un corso breve come il nostro per raggiungere un tale livello. E poi, per certe cose ho bisogno di fidarmi completamente di te.-
Jack Frost sentì il suo progetto di fuga pungergli dolorosamente le budella, e i brividi lungo la schiena all’idea che il monaco potesse averli indovinati: -Non si fida completamente di me?-
-Jack Frost, come potrei fidarmi di qualcuno che rischia di annegare la mia allieva?-
Il ragazzo ebbe un sussulto.
-Lei lo sa?-
-Sì.-
-Ero convinto fosse solo sveglio ad aspettarci a casa...-
Monaco Norbu scosse la testa con un sorriso.
-Ma allora perché non è intervenuto?-
-Il primo momento in cui sarei voluto intervenire era per evitare il bagno gelido a Rapunzel, ma ero troppo lontano, non sarei mai riuscito a prenderla al volo. E il secondo... mi ha anticipato lei con quello schiaffo.-
Jack Frost si sentì avvampare.
Seguì un momento di silenzio.
Il ragazzo rifletteva. Pensava che sarebbe diventato forte in poco tempo, eppure si era appena reso conto di quanto ancora probabilmente gli mancasse per diventare davvero bravo. Sapeva che quello voleva dire che forse non avrebbe avuto il livello necessario per tenere testa ai maestri della tribù una volta ripartiti i nomadi. Sapeva che se voleva migliorare avrebbe dovuto continuare ad allenarsi con il suo maestro, ma sapeva anche che non avrebbe mai rinunciato ai suoi piani di libertà.
-Prometto che non succederanno più incidenti del genere, maestro.- disse allora lui -Le dimostrerò che potrà fidarsi completamente di me! È una promessa!- e zittì malamente le sue budella che si contorcevano per la bugia. “Monaco Norbu ti ha salvato dalle guardie. Se non rientri potrebbe finire nei guai...” l’affermazione di Rapunzel gli risuonava in testa, ma lui aveva preso la sua decisione.
Monaco Norbu sorrise e si mise in posizione. Jack Frost annuì e lo imitò. L’allenamento era iniziato.

Hahn era il più bravo guerriero della classe più avanzata dell’accademia per i guerrieri della Tribù dell’Acqua. Era il più forte, il più dotato: fin dal suo primo anno in accademia non era mai stato battuto. Aveva sempre creduto di essere il fiore all’occhiello dei giovani della Tribù, di essere la punta di diamante della sua generazione, di essere guardato con rispetto dagli altri allievi e con approvazione dai maestri. Era sempre stato convinto di essere l’orgoglio di Maestro Okko.
In effetti, la mentalità di Hahn si riposava su poche convinzioni che, nell’ambito del dominio, potevano essere riassunte in due leggi generali e infrangibili: lui era il migliore, e le donne non potevano diventare guerriere.
Non si era mai veramente soffermato a chiedersi il perché. Maestro Okko l’aveva sempre dichiarato senza perdere tempo in inutili riflessioni, quindi lui era arrivato alla conclusione che le donne non erano proprio capaci di usare il dominio per la battaglia.
Poi era arrivata quella nomade.
L’aveva vista, passando accanto ai campi dei corsi dei guerrieri più giovani nei primi tempi dopo il suo arrivo. Era sempre corrucciata: anche se cercava di nasconderlo con tutte le sue forze, quando dei movimenti non le venivano assumeva uno sguardo frustrato, se non addirittura arrabbiato, e dopo essere stata atterrata da qualcuno accettava la mano per rialzarsi mordendosi il labbro. E lui si era chiesto perché i nomadi si ostinassero a umiliare una di loro facendole fare una cosa che chiaramente non sapeva fare. È così che le donne diventano isteriche, è risaputo.
Poi era arrivata quella nomade... al suo corso.
Gli era risultato difficilissimo credere ai suoi occhi, ad accettare che i giovani del suo livello si battessero contro di lei... ad armi pari. E che perdessero. Il mondo stava andando a rotoli... oppure che il livello dei giovani guerrieri suoi compagni si fosse improvvisamente abbassato. Sicuramente dovevano essere gli altri che non si impegnavano al massimo. Lui era sicuro che, col suo talento, l’avrebbe messa al tappeto senza neanche sudare.
E invece non riusciva a colpirla. Non riusciva a raggiungerla! La sua difesa era talmente impenetrabile che neanche le mosse più avanzate potevano sbilanciarla! Raccoglieva con la sua acqua i suoi attacchi e li deviava altrove, senza neppure contrattaccare!
Hahn si sentì preso in giro. Sentiva il sangue alla testa. Dopo un tempo per lui interminabile, decise di attaccare direttamente, ma prima che potesse posare il piede una lastra di ghiaccio lo anticipò e lui si trovò col sedere per terra. Quando riaprì gli occhi, la ragazza gli stava porgendo la mano: -Ti sei fatto male?-
Lui la scostò con stizza, mentre Maestro Okko commentava: -Hai lasciato perdere ogni strategia, Hahn, e questo ti ha fatto fare un passo falso. Il Dominio dell’Acqua prende la forza dell’avversario per farla sua e attaccare. Non dimenticarlo, specie in vista del tuo percorso per entrare nelle sfere di comando dei guerrieri.-
Hahn non rispose. Guardò cupamente Maestro Okko avvicinarsi a Rapunzel e metterle una mano sulla spalla con orgoglio, facendole i complimenti. Lui non sapeva che cosa passasse per la testa del maestro, ma di una cosa era certo: se non lo faceva Maestro Okko, si sarebbe occupato lui di rimettere in quadro quella femmina.
Rapunzel si rendeva poco conto delle conseguenze del suo miglioramento. Tutto quello di cui si era resa conto era il fatto che almeno adesso gli altri non nascondevano più la bocca con la mano. Ma per lei questo rientrava nella normalità degli allenamenti come li aveva conosciuti anche nei Templi dell’Aria, per cui non poteva cogliere tutto il peso degli anni passati che portava l’astio dei compagni nei suoi confronti a crescere costantemente. Probabilmente, se la notizia che lei era l’Avatar fosse stata certa gli altri non avrebbero patito così tanto: l’Avatar deve saper combattere, questa era una regola ancora più ancestrale delle loro tradizioni. Ma la notizia non era certa, e agli occhi di un mucchio di giovani feriti nell’orgoglio lei restava una femmina, e basta.
Per fortuna non sapevano che lei prendesse lezioni in segreto...
-Presto partirete.- sentenziò una sera la Vecchia del Corvo.
Rapunzel stava facendo scorrere dell’acqua su un manichino su cui erano marcati i flussi energetici.
-Cosa glielo fa pensare, maestra?-
-Se sei riuscita a tenere testa ai giovani dell’ultimo anno dell’accademia, presto Maestro Okko non avrà più nulla da insegnarti. Oltre l’accademia l’unica scuola è il campo di battaglia.-
Rapunzel annuì sovrappensiero. In realtà non ci aveva mai veramente pensato, per cui l’idea la solleticò in maniera bizzarra: -Quindi presto passerò al Dominio della Terra...-
-È probabile.- la donna annuì, poi riprese -E il tuo maestro ha già deciso cosa fare con Jack Frost?-
-In che senso?-
-Lo porterà con voi o no?-
-Non lo so.-
La Vecchia del Corvo annuì gravemente e riprese a darle indicazioni.
Rapunzel uscì dall’igloo che la luna era alta nel cielo. Con uno sbadiglio si avviò verso gli alloggi: da quando si allenava con la Vecchia del Corvo, le lezioni di Maestro Okko le erano sembrate progressivamente meno faticose, per cui anche la sera, con lei, riusciva a non stancarsi eccessivamente. Ciò nonostante, di fatto si allenava il doppio di un giovane della Tribù dell’Acqua e la notte rientrava comunque molto stanca.
Saltellando per la strada prese un po’ di acqua dai canali che costeggiava e le fece fare volute e piroette nell’aria intorno a lei, guardando lo spettacolo con un sorriso accennato sotto la luce bianca della luna.
Il discorso della Vecchia del Corvo le aveva dato a pensare: non sapeva se era contenta o meno di partire, perché da un lato avrebbe voluto dire che era diventata una vera Dominatrice dell’Acqua, mentre dall’altro le dispiaceva l’idea di lasciare un luogo dove si era finalmente sentita a casa.
Non sapeva esprimersi neanche su Jack Frost. Certo, era abbastanza sicura che viaggiare anche con lui sarebbe risultato più divertente che viaggiare in due soli, però...
Un movimento intorno alla sua finestra attirò la sua attenzione. Subito pensò che probabilmente Jack Frost stesse tornando da una delle sue passeggiate, ma poi le ombre di moltiplicarono. Sembrava stessero curiosando dentro la finestra.
“Dei ladri?” pensò “Degli altri ladri?!” e sperò che nessuno di loro si rivelasse essere un Dominatore del Fuoco incompreso.
Rapunzel si fermò dietro il muro più vicino e allungò l’occhio. Se fosse riuscita a stabilire con precisione la loro posizione avrebbe potuto immobilizzarli nel ghiaccio e chiamare subito Monaco Norbu.
Con un movimento basso sbucò da dietro l’angolo e ghiacciò il suolo dalle sue mani fino ai piedi degli intrusi, che proruppero in esclamazioni soffocate.
-Ah, ecco dov’eri!- una figura comparve alle sue spalle e le si avvicinò sovrastandola.
-Hahn?- lo riconobbe lei -Cosa ci fate qui?-
-Quindi di notte te ne vai in giro? Quindi c'è qualche trucco che ti ha fatta diventare così forte?-
-Non ti riguarda, Hahn. Tornate a casa, domani dobbiamo andare da Maestro Okko.-
-Non osare pronunciare il suo nome, ragazzina!- dietro di lui comparve un altro dei giovani del loro corso, mentre i compagni ghiacciati da Rapunzel si erano liberati e si avvicinavano dall’altra parte. Altri due comparvero dalla direzione da cui era appena arrivata. -Non so perché Maestro Okko si sia rammollito così con te di recente, ma siamo tutti d’accordo che devi imparare un paio di cose sulle tradizioni della Tribù dell’Acqua. E, se non te lo insegnerà lui, ci occuperemo noi di te, donna.-

 




Angolino dell’autrice:
Quando uno promette una pubblicazione mensile, lo fa perché ha già del materiale da parte. Il problema, per uno che promette una pubblicazione mensile, si presenta quando, rileggendo il materiale da parte, si rende conto che lo deve riscrivere! Così è stato questa settimana, e spero solo che lunedì prossimo il problema non si ripresenti di nuovo.
Facciamo una puntualizzazione veloce.
Questa storia si situa nell’universo di Avatar, e quindi nella sua linea del tempo. Poiché non esiste Republic City, la storia non si situa dopo Korra: di conseguenza, siamo prima di Aang. Per questo motivo la Tribù dell’Acqua del Nord non è ancora evoluta rispetto alle sue tradizioni e per questo motivo Okko e i suoi allievi si rivelano più ‘ostinati’ di quanto si è rivelato Pakku. D’altro canto, la serie dedica una sola puntata (una delle mie preferite se non la mia preferita: Book One- The Waterbending Master) alla questione della tradizione, mentre la fanfiction si svolge per almeno tre capitoli in un mondo in cui Rapunzel deve affrontare una società che non è in grado di superare certi pregiudizi.
Comunque la Vecchia del Corvo l’ha dichiarato: l’esperienza di Rapunzel alla Tribù dell’Acqua si avvia alla fine. Che ne sarà di Jack Frost?
A presto
Nike

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** PA 5 ***


Il getto d’acqua colpì esattamente il punto in cui un istante prima si trovava la testa di Rapunzel. La ragazza schivò all’ultimo e deviò verso il canale l’attacco che Hahn le aveva mandato addosso.
Quando i ragazzi l’avevano circondata, Rapunzel aveva formato un anello d’acqua intorno a lei, che usava perlopiù per assorbire gli attacchi e deviare i proiettili di ghiaccio. Hahn detestava quella tecnica, la detestava da quando lei l’aveva battuto, e si era ripromesso di non cascarci più. Era vero, però, che il fatto di non riuscire a colpirla lo snervava e sul lungo termine portava effettivamente l’avversario a commettere qualche passo falso. Quello che lui odiava di lei era il fatto che non attaccasse mai. Non era il comportamento di un guerriero e il fatto che nonostante ciò lui non riuscisse a batterla feriva ulteriormente il suo orgoglio.
Rapunzel dal canto suo attendeva il momento giusto per neutralizzarli ghiacciando qualche gamba, ma si rendeva conto che essere sei contro uno alla lunga la metteva in difficoltà: lei contava sempre sulla stanchezza dell’avversario, forte del suo doppio allenamento che l’aveva resa molto resistente, ma era di ritorno da una giornata intensa e sentiva che ormai i muscoli chiedevano tregua. Temeva che gli altri se ne rendessero conto, perché in quel caso sarebbero stati loro a giocare con la sua stanchezza.
Hahn diede un colpo al braccio del compagno accanto a lui: -Ho un’idea. Tenetela impegnata!- e corse via.
Rapunzel sarebbe riuscita a deviare tutti i loro attacchi finché fosse rimasta in quella situazione, ma Hahn comparve dall’alto: saltando dal ponte vicino, cadde sull’anello e lo spezzò, mandando lontano l’acqua. Rapunzel si allontanò da lui con una capovolta, ma i ragazzi non la lasciarono più rifugiarsi dietro alla stessa tecnica: per ogni attacco doveva difendersi richiamando apposta neve e acqua, e questo le impediva di economizzare le energie. Hahn le mandò addosso una grossa onda, che lei fece ruotare dietro la sua schiena e deviò contro uno degli altri ragazzi, ghiacciandolo fino al collo. Ma nel frattempo un terzo avversario la prese alla spalla e la spinse nel canale, mentre Hahn liberava il compagno.
Rapunzel riemerse sul bordo e con le mani ghiacciò i piedi dei suoi avversari.
-Tutto qui, Avatar?- Hahn ebbe un’idea, si liberò con un gesto e contrattaccò.
Rapunzel si era appena tirata su e parò l’acqua direttamente con un movimento della mano, mentre gli altri cinque reiteravano a turno gli attacchi e la spingevano indietro uno dopo l’altro. Capì che volevano rimandarla nel canale, ma lei cercava di indietreggiare lungo la banchina, cosciente che una volta in acqua avrebbero potuto ghiacciarla e lasciarla lì.
La spinsero fino alla fine dell’isolato, dove il canale piegava, ma non la lasciarono girare l’angolo. Gli attacchi provenivano da destra e sinistra e le riducevano di molto il campo visivo. Lei sentiva il bordo del canale sotto il tallone del piede sinistro, che usava per puntellarsi indietro e non arretrare ulteriormente, e si opponeva con tutte le sue forze. Con una breve rotazione dei piedi si ghiacciò fino alle caviglie per non essere spinta oltre, ma Hahn attaccò con una grossa lama ghiacciata lanciata come una freccia contro di lei. Rapunzel parò con le due braccia ma la violenza dell’impatto fu troppo forte: la schiena le si piegò indietro e cadde di testa verso il canale.
Fu in quel momento che una folata improvvisa prese i suoi avversari e li spinse lunghi distesi per terra senza che loro capissero da che parte arrivasse. Jack Frost comparve davanti a Rapunzel e la prese per il braccio prima che finisse in acqua.
-Scappa.- le disse solo.
Lei prese un secondo per recuperare l’equilibrio, poi i due sparirono dietro l’angolo.
Hahn si tirò su massaggiandosi la testa: accanto a lui, uno dei suoi aiutava uno dei compagni a uscire dal canale, dov’era stato spinto dalla folata.
-Dov’è finita?- ringhiò. Si misero in piedi e corsero a cercarli.
Jack Frost saltava sui tetti, a destra e a sinistra sopra una banchina: la sua ombra voleva attirare l'occhio degli inseguitori. Rapunzel correva e si perdeva per i vicoli più stretti, e quando prendeva abbastanza anticipo si fermava per modellare con il dominio delle pareti e creare così vicoli ciechi. I ragazzi all'inizio usavano il loro dominio per aprirsi la via, ma una volta nei vicoletti della città bassa nel buio non poterono più fare la differenza fra i veri e i falsi muri. Decisero quindi di dividersi: a due a due presero tre direzioni diverse.
Jack Frost li vide inseguire la sua ombra, ma gli bastò sparire su un tetto per far perdere le sue tracce. I due ragazzi si fermarono per capire dove dirigersi, quando lui atterrò silenziosamente dietro di loro. Con una folata, spinse uno dentro una finestra, da cui uscì l’urlo scandalizzato di una donna, mentre l’altro affrontò il ragazzo che lo fece finire di testa dentro a uno dei barili ammassati lungo il muro.
Rapunzel, invece, quando si rese conto che volevano chiuderla da due direzioni, si fermò in un vicoletto stretto e affrontò i due ragazzi che aveva alle calcagna.
-Finalmente ti sei decisa!- esclamò uno dei due -Ora non potrai più scappare!-
Rapunzel tirò su un muro dietro di loro sollevando il ghiaccio con un ampio movimento verticale delle braccia: -Chi è che non può più scappare, adesso?-
I due guardarono il muro dietro di loro interdetti, poi Rapunzel ripeté il movimento, ma questa volta il ghiacciò si sollevò sotto i loro piedi e li inglobò fino al collo. Allora lei li spinse dentro il muro, lasciando fuori solo le teste e le mani.
-Buonanotte, ragazzi.- e corse via.
Hahn braccò Rapunzel per tutta la città bassa. All’inizio riusciva a orientarsi abbastanza bene ma, a lungo andare, gli interventi urbani della ragazza avevano portato a un vero e proprio labirinto, e Hahn e il suo compagno vi girarono ancora per parecchio tempo. Jack Frost, invece, atterrò accanto a Rapunzel prima che lei si facesse trovare e, presala in braccio, con un salto la portò su un tetto fuori dalla vista degli inseguitori. La notte si riempì delle imprecazioni frustrate di Hahn mentre i due rimasero sdraiati uno accanto all'altra a riprendere fiato, le braccia spalancate sulla neve e il petto che faceva su e giù velocemente.
-Certo che... sei proprio stupida... a farti aggredire così...-
-Non ero... mai scappata... in quel modo.-
-È stato divertente... vero?-
Rapunzel sorrise: -Grazie per il tuo aiuto.-
Jack Frost fece spallucce: -Per scusarmi di quando di ho fatta cadere dal ponte.-
Lei agitò la mano senza smettere di sorridere.

Rapunzel e Jack Frost non sentirono mai alcun riferimento all’aggressione di quella notte, né da Hahn, che li guardava da lontano in cagnesco, conscio di aver fatto un buco nell’acqua, né da Maestro Okko, che era stato chiamato la mattina presto dalle guardie della città, che avevano raccattato i suoi discepoli per le vie della città bassa e li avevano portati all’accademia, né da Monaco Norbu, anche se Jack Frost non trovò mai nessun indizio sulla possibilità che, anche quella notte, lui li stesse osservando da lontano.
Videro Maestro Okko confabulare con il capo villaggio Nord, e quando lo raccontarono alla Vecchia del Corvo lei commentò solo che probabilmente era stato deciso, per il buon nome dell’accademia, di insabbiare la faccenda.
La sera ormai uscivano insieme. Jack Frost accompagnava Rapunzel alla sua lezione segreta, poi andava a bazzicare per conto suo fino a quando non si faceva ora di tornare, oppure restava nell’igloo, spaparanzato sulle pelli, a ronfare della grossa. Quell’episodio li aveva avvicinati un po’ di più, anche se lei, quando lo vedeva fantasticare guardando la luna fuori dalla finestra, non riusciva a capire dove andasse con la testa, mentre lui continuava a trovare eccessivo il suo zelo negli allenamenti. Tuttavia, il fatto di fare il tragitto insieme diede loro occasione di parlare... soprattutto all’andata, poiché al ritorno la ragazza era troppo stanca e quindi molto silenziosa.
Attraversando un ponte, Jack Frost la vide osservarlo camminare sul parapetto, le braccia larghe, dondolando sul vuoto.
-Hai paura che cada?- chiese allora.
-Ho paura del vuoto.- confessò lei.
-Soffri di vertigini?- rise lui -Una nomade che soffre di vertigini?!-
-Non prendermi in giro. Sai cosa vuol dire essere l’unica senza dominio quando tutti si lanciano giù per terrazze altissime??-
Ma lui non smetteva di ridere e lei gli corse dietro cercando di bagnarlo con l’acqua del canale fino all’igloo della maestra.
Un’altra volta, Rapunzel chiese a bruciapelo: -Quando andremo via ti mancherà la tua famiglia?-
Jack Frost ebbe un sussulto: -‘Quando andremo via’?- ripeté.
-Sì... voglio dire: verrai con noi, no? Per continuare il tuo allenamento.-
-Il vecchio non me ne ha mai parlato.-
-Ah, scusa. Probabilmente sono talmente abituata a viaggiare che mi sono abituata anche a credere che verrai con noi.- la ragazza sorrise.
Jack Frost fece spallucce.
-Comunque... non ho una famiglia.- disse dopo un momento di silenzio.
-Ah.- Rapunzel fece un’espressione triste -E cos’è successo?-
-Non lo so. Non ho memoria. Sono stato trovato e portato da qualcuno che si occupasse di me, ma poi sono scappato.-
Rapunzel non rispose, ma non perse la sua espressione triste: -Mi dispiace.-
Jack Frost fece spallucce: -Me lo dicono tutti.-
Rapunzel non aggiunse più niente.

Poi, un giorno, il monaco portò Jack Frost sulle mura della Tribù.
-Niente landa ghiacciata oggi, vecchio?- chiese, ma l’uomo liquidò le sue parole con un sorriso.
-Jack Frost.- esordì -La lezione di oggi è particolarmente importante e ho bisogno di tutta la tua attenzione.-
-Va bene.- accettò il ragazzo.
Monaco Norbu gli mostrò il bastone: -Questo è un artefatto del popolo dei Nomadi dell'Aria.-
-È quello con cui mi avete inseguito?-
-Esattamente. Però non hai visto tutto quello che può fare.- Monaco Norbu fece scattare il meccanismo e aprì l'aliante di un caldo colore ocra. Poi si mise sul bordo delle mura e si lasciò planare sul mare fuori dalla cinta. Jack Frost lo guardò esibirsi in un paio di piroette e poi atterrare di nuovo di fronte a lui -Con questo puoi muoverti fra le correnti d'aria e volare lontano. Se da chiuso lo rotei sopra la testa aumenti la tua leggerezza e agilità. Vorrei imparassi a usarlo.- l'uomo lo porse al discepolo.
Jack Frost fece scattare il meccanismo e aprì l'aliante. Monaco Norbu gli mostrò la posizione e come mettere i piedi: -Nei Templi dell'Aria le prime lezioni sono effettuate assieme al maestro, provvisto anche lui di un aliante. Qui ne abbiamo solo uno. Se dovessi avere dei problemi, non potrei soccorrerti con la stessa prontezza, per questo ho bisogno che tu oggi faccia particolarmente attenzione.-
-Va bene.- il tono di Jack Frost si era fatto più serio. Si spostò sul bordo delle mura e guardò giù. Il mare rumoreggiava molti metri più sotto. Trattenne il fiato e si lanciò.
Quando aveva scoperto di poter manovrare l'aria per attutire le sue cadute, anni prima, non aveva mai avuto paura di provare combinazioni nuove. Non si lanciava mai da troppo in alto e sotto c'era sempre morbida neve.
Quel giorno per la prima volta ebbe davvero paura di precipitare. Per fortuna l'istinto venne in suo soccorso e anche tutti gli insegnamenti del monaco. All'ultimo momento riuscì a far virare l'aliante e a prendere quota. La sensazione fu meravigliosa, e piroettò con un urlo liberatorio. Poi virò verso est e si allontanò dalle mura fino al primo grande iceberg che incontrò. Atterrò e si girò per guardare: la sagoma di Monaco Norbu era un puntino caldo in mezzo a una città bianca e blu.
“Adesso potrei...” l’idea lo solleticò in fondo al cervello “Adesso non potrebbe seguirmi...” si guardò intorno. Avrebbe potuto lasciare il monaco lì, sulle mura della città, farlo restare con un palmo di naso e finalmente andarsene. Poi rifletté: il monaco era ancora alla tribù. Altrove, era tutto neve e freddo. No, sicuramente quello non era il momento migliore per i suoi piani.
Risalì sull'aliante e tornò indietro.
Atterrò davanti al suo maestro: -È stato fantastico! Geniale!-
Il monaco riprese il bastone e lo fece girare in una mano: -Come ti ho già detto, il Dominio dell’Aria è molto più di quanto ho potuto insegnarti finora.-
Jack Frost annuì.
-Con la prova di oggi vorrei capissi quanto ancora puoi scoprire del tuo talento. Vorrei chiedere al capo villaggio Nord di lasciarti partire con noi.- dichiarò il monaco allora.
Il ragazzo ebbe un sussulto.
-Vorrei andare a parlargli domani stesso, poiché per noi è ormai tempo di partire.-
Jack Frost annuì, ma sentiva ancora il cuore nelle orecchie. Il maestro fece roteare ancora il bastone: -Hai un vero talento nel Dominio dell’Aria, mi spiacerebbe non potessi migliorare più di così.- poi aggiunse: -In ogni caso, avrei preferito che prima provassi verso l'interno delle mura. In città sarebbe stato più facile raccattarti.-
Jack Frost emise un risolino imbarazzato.

Quella sera stessa, Monaco Norbu annunciò che il giorno dopo sarebbero partiti per il Regno della Terra. I ragazzi erano scattati sulla sedia, senza credere alle loro orecchie.
-Di già?- chiese Rapunzel, che non si aspettava la notizia con così poco preavviso.
-Temo di sì, amica mia. Ormai il tuo Dominio dell'Acqua è giunto a un ottimo livello. Bisogna avanzare con il tuo allenamento. Ho già scritto al capo villaggio Nord, domattina saluteremo tutti e partiremo.-
Jack Frost invece vide il suo tempo ridursi sensibilmente. Non aveva capito che ‘è tempo’ significasse ‘domani’. Ormai non aveva più scelta: se voleva scappare doveva farlo quella notte.
Quella sera, Rapunzel uscì un’ultima volta per salutare la Vecchia del Corvo e ringraziarla. Jack Frost la accompagnò e la aspettò fuori, troppo agitato per riposare all’interno e troppo in ansia per allontanarsi, poiché temeva di non accorgersi di quando Rapunzel fosse uscita. L’attesa gli sembrò infinita, il ritorno lunghissimo.
Poi la ragazza andò a dormire, e pure lui si sdraiò sotto le coperte. Adesso doveva solo aspettare, e nel momento i cui i due nomadi si fossero addormentati attuare il suo piano.
Tese le orecchie al respiro regolare di Rapunzel. Era abbastanza sicuro che non avrebbe dovuto aspettare troppo, con lei: la notte era sempre talmente stanca da addormentarsi cadendo sul letto.
Dopo una mezz’oretta si alzò in punta di piedi e andò alla porta. Tese l’orecchio dietro le pelli: sentiva il respiro anche di Monaco Norbu, talmente leggero da essere quasi impercettibile.
Grazie alla sua esperienza di ladro sapeva di essere silenzioso, ma aveva il terrore di quell’uomo ancora più silenzioso di lui: era assolutamente cosciente che avrebbe potuto scoprirlo senza che lui se ne rendesse conto.
Uscì dalla camera e andò alla porta d’ingresso degli alloggi: di solito, Monaco Norbu lasciava lì il suo bastone... il suo aliante.
Jack lo prese e tornò rapidamente in camera.
Si avvicinò alla finestra e guardò la luna. Appoggiò un piede al davanzale e guardò Rapunzel dormire.
“Monaco Norbu ti ha salvato dalle guardie. Se non rientri potrebbe finire nei guai...” le sue parole gli tornarono in mente, ma le scacciò in malo modo: ora era o lui o il vecchio. E poi il capo villaggio Nord avrebbe sicuramente protetto il suo amico!
Con un salto fu fuori. Con un gesto l’aliante fu aperto. Con un rapido decollo fu sparito.

Alla ricerca di un luogo dove nascondersi abbastanza a lungo, in attesa della partenza dei nomadi, Jack Frost capitò vicino alle finestre dell’accademia per i guerrieri della tribù, e sentì la voce potente di Okko ridere e pronunciare il nome di Rapunzel. Incuriosito, decise di entrare a origliare.
Il maestro era seduto a un tavolo con altri maestri del Dominio dell’Acqua e stava bevendo con loro. Qualcuno doveva avergli chiesto della ragazza.
-Certo, è dotata per essere una donna.- diceva -E anche il suo miglioramento è stato stupefacente. Potrebbe avere le carte in regola per diventare davvero un buon Avatar, ma questo lo sapremo solo tra parecchio tempo.-
-Ma tu non credi che lo sia, vero?- chiese un altro maestro.
-All’inizio non lo credevo affatto, è vero. Ma i suoi progressi possono essere degni solo di un Avatar. Se lo fosse, se davvero avesse solo dovuto iniziare dall’acqua per qualche strana ragione da nomadi... allora la nostra tribù potrà fregiarsi del titolo di patria dell’Avatar.-
Jack Frost corrucciò lo sguardo. Quei discorsi lo mettevano a disagio.
-Ma è una nomade!-
-Ma cosa conta di più, il popolo o il dominio?-
Scoppiarono risa da tutte le parti, poi uno si rivolse di nuovo a Okko: -E se non lo fosse?-
L’uomo abbassò la testa, poi disse con tono grave, nel silenzio più rispettoso di tutti gli altri maestri: -In quel caso mi sarò macchiato io e solo io della colpa di aver infranto le nostre tradizioni. Rimetterò la ragazzina al suo posto e mi accollerò tutta la vergogna. Tutto quello che faccio va in gloria della nostra tribù. Alla tribù!-
-Alla tribù!- tutti alzarono i calici e brindarono.
Jack Frost credeva di aver sentito abbastanza. Si girò per andarsene, quando i maestri presero a dire qualcosa che lo fece rabbrividire.
-Anche nel caso non fosse lei, comunque la nostra tribù potrà comunque fregiarsi del titolo di patria dell’Avatar.-
-Già. Chi vuoi che creda che quel monaco si sia accollato il ladro Jack Frost per insegnargli la sola disciplina?
-Te lo dico io: se tra i nomadi può nascere un Dominatore dell’Acqua, perché da noi non può nascerne uno dell’Aria? In fondo, vedendo muovere il vecchio, riconosco proprio i movimenti del ragazzo!-
-Se davvero lui fosse un Dominatore dell’Aria, allora sarebbe lui l’Avatar più probabile!-
Okko sorrise: -Nel momento in cui il vecchio partirà, ci occuperemo noi di parlare a quel ragazzino. Vedremo di farci ascoltare.- e partirono altre risa.
Jack Frost non volle sentire di più. Con un balzo fuggì via...
...via! ...VIA! Dove andare? Dove nascondersi? Nessuna parte del villaggio era sicura: sui tetti, con Champa il vecchio l’avrebbe trovato subito; per le vie, i guerrieri l’avrebbero braccato come una volpe.
Jack Frost aprì l’aliante e sorvolò la città verso nord, alla ricerca di un luogo che gli ispirasse fiducia, che calmasse il suo cuore che pulsava tanto da uscirgli dal petto.
...non aveva mai visto il villaggio così dall’alto. Per la prima volta, sorvolò il palazzo del capo villaggio e poté passare oltre, verso la zona sacra della Tribù. Non era mai stato lì prima di allora, ma sentiva che quella zona poteva fare al caso suo.
Superò un muro e guardò giù. Vide un laghetto circondato da un morbido tappeto verde. Decise che lì poteva andare bene.

Il mattino sorse, e Rapunzel scoprì con dolore la scomparsa di Jack Frost. Monaco Norbu scosse la testa. La ragazza lo vide davvero deluso, e lo era: dopo aver parlato al ragazzo, dopo che lui e Rapunzel si erano avvicinati, dopo avergli offerto la possibilità di partire da lì, dove chiaramente non stava bene... il monaco sospirò.
Andarono al palazzo del capo villaggio, dove trovarono anche Maestro Okko.
-Sono desolato di comunicarti, amico mio, di avere perso il nostro Jack Frost.- disse il monaco.
-C’era da aspettarselo, temo.- rispose il capo villaggio Nord -Le nostre guardie hanno avuto problemi per anni, con lui. Sono già stupito che non sia scappato prima.-
-Date troppa fiducia alle persone, Maestro Norbu.- lo consolò Maestro Okko -E questo sicuramente va a vostro merito. Probabilmente ha trovato il modo di usare i vostri insegnamenti a vantaggio delle sue fughe. Non temete, troveremo noi il giovane Jack Frost e ci prenderemo cura di lui.-
-Vi ringrazio per la comprensione, Maestro Okko, ma ho gestito classi numerose di giovani Dominatori dell’Aria e non ho mai perso nessuno: sono sempre riuscito a ritrovare tutti i monelli. Vorrei potervi aiutare nelle ricerche. Con Champa posso trovarlo subito: sono molto preoccupato per lui.-
-Ne sono sicuro, ma non temete, Maestro Norbu. Adesso la cosa più importante è trovare un degno Maestro del Dominio della Terra per la nostra Rapunzel.- rispose Maestro Okko indicando la ragazza con un gesto accondiscendente -Ci occuperemo noi di Jack Frost.-
-Ti scriverò non appena avrò notizie.- si affrettò ad assicurare il capo villaggio Nord.
Fu così che Champa fu preparato con sollecitudine dai giovani dell’accademia della tribù, mentre Maestro Okko salutava Rapunzel e il capo villaggio Nord Monaco Norbu. Poi i due nomadi salirono sul bisonte e partirono.
-Maestro, perché non possiamo restare per aiutare nelle ricerche?-
-Lasciandolo fuggire ho perso ogni diritto di parola in merito. Siamo stati fortunati che ci abbiano lasciati partire.-
-Crede che lo troveranno?-
-Jack Frost è indubbiamente un ottimo Dominatore dell’Aria, ma non può nascondersi per sempre in un villaggio in cui tutti i Maestri del Dominio dell’Acqua lo stanno cercando.-

E infatti Jack Frost meditava proprio su questo problema, seduto a gambe incrociate vicino al laghetto nella zona sacra della Tribù. Dopo aver sentito i maestri discutere su di lui, si era sentito in trappola pure in casa sua, e questo lo aveva fatto stare peggio di quando aveva mentito a Monaco Norbu.
E quindi non poteva non sentirsi in un profondo disagio, da cui cercava una via di fuga. Non poteva scappare per sempre da Maestro Okko, di questo era certo. Però questo voleva dire che al villaggio non era più al sicuro, perché se Monaco Norbu aveva detto il vero lui non aveva minimamente il livello per far fronte a più Maestri del Dominio dell’Acqua insieme. Ma lui non aveva mai pensato di lasciare il villaggio!
Però... ‘Quando andremo via...’ con quelle parole aveva in effetti cominciato a farsi strada in lui l’idea che magari il suo destino non si trovasse alla Tribù dell’Acqua del Nord. E ora lui accarezzava quell’idea con un certo benessere.
Però... non poteva ignorare quanto quella storia dell’Avatar gli apparisse soffocante. Temeva francamente tutto ciò che una sua decisione di seguire Monaco Norbu potesse implicare.
Però... il mondo era decisamente più grande del suo villaggio. Andarsene gli avrebbe offerto sicuramente più possibilità di fuga che restare lì.
Il ragazzo guardò i due pesci, uno bianco e uno nero, che giravano per il laghetto. Aveva la sensazione che un giorno sarebbe comunque tornato lì, ma in quel momento non era importante.
Jack Frost aprì l'aliante, e si lanciò nell’aria. Il villaggio sfilò sotto di lui in pochi secondi. Il mare spumeggiava scuro e tempestoso. Sperò di riuscire a reggere abbastanza a lungo, e che loro non si fossero allontanati troppo...

Rapunzel sentì una leggera corrente e alzò lo guardo: Jack Frost atterrò davanti a lei.
-Ah, sei qui?- chiese Monaco Norbu, girando appena la testa dal suo posto di guida.
-Vecchio, portatemi con voi!- chiese il ragazzo, inginocchiato a riprendere fiato in mezzo alla sella.
-Ma certo che puoi! Vero che può, maestro?- esclamò Rapunzel.
-Se questo è quello che vuoi, certamente.- rispose pacato il monaco. Ma quando si rigirò, un sorriso si allargò sul suo volto, e con un movimento delle redini permise a Champa di accelerare e riprendere la sua velocità normale.

 




Angolino dell’autrice:
Il problema di chi promette parte due! Per prima cosa, la settimana scorsa ho esordito con ‘quando uno promette una pubblicazione mensile’. Errata corrige: nell’angolino del capitolo 2 ho scritto che cerco di pubblicare settimanalmente, e settimanalmente continuo a cercare di pubblicare.
Secondo, tornando al problema di chi promette una pubblicazione settimanale: questo capitolo non era previsto (e quindi ho di nuovo fatto tardi). Riscrivendo il capitolo 4 è uscito tanto materiale da doverne aggiungere uno ex novo. Ergo, ecco un quinto capitolo che conclude, finalmente!, l’esperienza di Rapunzel e Jack Frost nella Tribù dell’Acqua del Nord. Confesso che non era previsto perché in realtà ho un sacco di idee legate a Merida e Hiccup, e quindi ho cercato di accelerare il più possibile la parte precedente alle avventure di cui loro fanno parte... ma a tagliare troppo poi la storia non sta in piedi, quindi ho dovuto fare una via di mezzo.
Quindi! Adesso che sono partiti, che succederà? Dove andranno? Chi incontreranno?
A presto
Nike

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** PA 6 ***


Il fulmine squarciò l'aria a pochi metri da loro. Champa scartò bruscamente, mentre Monaco Norbu cercava di controllarlo. Rapunzel e Jack Frost si tennero stretti alla sella e lanciarono un urlo.
La tempesta li aveva colti in mare aperto e li stava spingendo fuori dalla loro rotta ormai da ore, e il loro bisonte volante era stato preso alla sprovvista. Adesso cercavano di barcamenarsi tra i venti e le correnti per poter arrivare all'occhio del ciclone, in modo da raggiungere la parte superiore delle nuvole e mettersi al sicuro.
-Vi prego, ditemi che ne usciamo vivi!- urlava disperato Jack Frost, poco abituato alla scomoda vita di vagabondo e sicuramente non preparato a quel tipo di inconvenienti.
-Non moriremo, stai tranquillo.- gli disse Monaco Norbu -In compenso, amica mia, non mi dispiacerebbe avere un piccolo aiuto...-
Rapunzel si sentì tirata in causa e provò a dominare l'acqua: le gocce cadevano sul suo dominio e venivano deviate come da un ombrello invisibile. Questo almeno diminuiva il problema della pioggia, ma non quello dei venti, che non smisero di farla da padroni.
Su esempio di Rapunzel, Jack Frost aveva provato a tenere sotto controllo le correnti, ma evidentemente non conosceva abbastanza il carattere libero del suo elemento e rischiò quasi di venire spinto fuori dalla sella.
Finalmente arrivarono al fulcro dell'uragano e sbucarono nella quiete. Allora Monaco Norbu puntò al sole e in pochi minuti erano in cielo aperto.
-Siamo salvi.- sospirò Jack Frost lasciandosi scivolare sulla sella.
-Sì, ma ci siamo allontanati dalla nostra rotta.- commentò Rapunzel.
Monaco Norbu li raggiunse dietro e aprì con attenzione la cartina fradicia, su cui posò la bussola: -Rapunzel ha ragione. La tempesta ci ha spinti troppo a ovest. E dobbiamo anche tenere conto che Champa prima o poi si stancherà.- il monaco studiò la bussola e la cartina, poi tracciò col dito un cerchio sulla mappa: -Dovremmo essere in questa zona.-
-Ma...- studiò Jack Frost -Siamo quasi alla Nazione del Fuoco! Non saremmo dovuti essere più vicini al Regno della Terra?-
-Se avessimo seguito la rotta primaria, saremmo dovuti scendere con le correnti verso sud, poi deviare a est verso il Regno della Terra.- spiegò Monaco Norbu.
-Quindi adesso cosa propone di fare, maestro?- chiese Rapunzel.
-Se a ovest c'è la terraferma, andiamo là. Avremo l'occasione di riposarci e fare rifornimenti. E, una volta passata la tempesta, ripartiremo verso est.-

La terraferma era selvaggia e rigogliosa. Quando atterrarono e la tempesta fu solo una linea scura all'orizzonte, Jack Frost non poté credere ai suoi occhi: mai aveva visto tante piante, tanti colori tutti insieme. Non ci fu verso di farlo aiutare a scaricare. Monaco Norbu e Rapunzel dovettero occuparsi di piantare il campo da soli, perché il ragazzo si era dileguato con l'aliante a esplorare.
I rami erano intricati, il fogliame era pieno di fruscii e cinguettii. Jack Frost correva su e giù agilmente da un ramo all'altro, scivolava sui tronchi, passava da un'altezza all'altra grazie a ventate del suo dominio, che gli permettevano di non cadere.
Poi, da lontano individuò una testa bionda: Rapunzel doveva essere venuta a cercarlo.
-Ehi, Rapunzel!- gridò -Vieni a vedere quante cose belle ho trovato!-
In tutta risposta, la figura bionda si voltò e dal suo pugno uscì una fiammata che Jack Frost schivò con un’esclamazione di sorpresa. Atterrò vicino alla bionda e col bastone fece un affondo per farla allontanare, ma una figura bassa e massiccia si mise in mezzo. Jack Frost ritirò il bastone e con un salto in avanti saltò sulle spalle dell’avversario, facendolo cadere, mentre schivava tutta un’altra serie di fiammate che la biondina gli lanciava addosso. Lui roteò il bastone sopra la testa per creare una folata e la ragazza cadde nel corso d’acqua dietro di lei, ritrovandosi infradiciata dalla testa ai piedi. Lui puntò il bastone sul suo naso in segno di avvertimento, però dovette allontanarsi quasi subito, perché il ragazzo di prima e altri tre nuovi arrivati lo attaccarono tutti insieme: riuscì a schivare e a saltare sui rami per darsela a gambe, ma delle creature alate lo circondarono. Poi fu raggiunto durante un salto, fu costretto a proteggersi all'ultimo secondo, e cadde finalmente per terra. Si massaggiò la testa, si assicurò che il bastone fosse intatto, e si ritrovò circondato dai cinque ragazzi. Davanti a lui, la ragazza dalla corta treccia bionda e con la frangia sugli occhi avanzò di un passo: -Bene bene.- disse, e incrociò le braccia -Cosa abbiamo qui?-

Monaco Norbu e Rapunzel avevano appena finito di piantare il campo, e il fuoco era appena stato acceso.
Jack Frost comparve a passi incerti fuori dalla vegetazione.
-Sei arrivato!- lo sgridò Rapunzel -Scansafatiche, vai a cercare qualcosa da mangiare!-
-In realtà...- mormorò il ragazzo.
Da dietro di lui apparvero i cinque giovani. La ragazza bionda fece salire le fiamme dal falò alla sua mano e le spense nel pugno: -...direi che questo non vi serve più.-
I due Nomadi si scambiarono un'occhiata e Monaco Norbu salutò con un inchino silenzioso e un sorriso cordiale.
I giovani li condussero al loro villaggio fra le montagne. Monaco Norbu apriva la fila degli ‘ospiti’, seguito da Jack Frost e poi Rapunzel, mentre Champa chiudeva la fila, circondato dalle creature alate.
-Si può sapere che hai combinato?- sibilò Rapunzel all'orecchio del suo amico.
Quello girò la testa con un sorriso divertito: -Avevo scambiato il loro capo per te.-
-Certo. È stata la lunghezza della treccia a trarti in inganno?-
Jack Frost fece spallucce.
Arrivarono al villaggio. La strada principale si popolò di gente che veniva a vedere i nuovi arrivati. Vestivano di rosso e giallo, ed erano accompagnati dalle figure serpentine e alate che accompagnavano i guerrieri. Le case erano in pietra, basse e semplici, e da un'imposta chiusa usciva il battere del martello di un fabbro. Metallo voleva dire oggetti interessanti... Jack Frost si ripromise di andare a dare un’occhiata.
I viaggiatori arrivarono fino alla piramide in fondo alla strada, davanti alla cui scalinata li attendeva il robusto e barbuto capo villaggio.
-Astrid, cosa ci hai portato?-
-Viaggiatori.-
L'uomo guardò i nuovi arrivati: -Chi siete? Cosa vi porta da queste parti?-
-Il mio nome è Monaco Norbu- il monaco fece un passo avanti -e questi sono Rapunzel e Jack Frost. Stavamo viaggiando per il Regno della Terra quando una tempesta ci ha spinti fuori rotta.-
-Dovete avere avuto molta sfortuna perché una tempesta vi abbia spinto proprio sulle nostre coste.-
-Non mi interrogo mai sulle vie a cui ci guida il destino. Una sola decisione può portare a scoprire cose nuove e a trovare amici dove non ce lo aspettiamo.-
Il capo villaggio scoppiò a ridere: -Tu mi piaci, vecchio. Il mio nome è Stoik l'Immenso. Benvenuti presso il Popolo del Sole!-
I viaggiatori furono invitati a rifocillarsi e raccontare la loro storia.
Dalla bottega del fabbro, il battere ritmico si era interrotto da un po'. Un'anta della finestra era stata scostata da un occhio verde, che osservò la scena e poi tornò dentro. L'anta si richiuse e il martello tornò a battere.

La cena si svolse su tavoli che erano stati messi uno accanto all'altro sotto la piramide a gradoni. I giovani del villaggio si esibivano in giochi con fiamme sottili per dare mostra delle loro abilità e accendere le numerose lanterne. Sotto un manto stellato Jack Frost e Rapunzel scoprirono le creature serpentine che accompagnavano la vita del Popolo del Sole.
-Sono draghi.- spiegò Astrid a Rapunzel, che si era accovacciata davanti a una creatura e tendeva la mano per accarezzarla -Queste montagne sono la loro casa, sono loro che hanno insegnato al nostro Popolo il Dominio del Fuoco più puro.-
-E com'è vivere con loro?- chiese la ragazza.
Astrid la guardò perplessa: -In che senso?-
Da dietro di lei, il ragazzo massiccio si sporse per chiedere: -Perché, è possibile vivere senza di loro?-
Astrid gli spinse indietro la faccia: -Taci, Moccicoso.-
Jack Frost si avvicinò per sentire, e Rapunzel si spiegò: -Cosa fanno con voi? Vi aiutano nei lavori? Nella vita di tutti i giorni?-
-Certo. Noi viviamo completamente in simbiosi con loro, ci hanno accolti nella loro casa. Sono i nostri maestri.-
Jack Frost emise un "Wow" sognante.
-I Nomadi dell'Aria hanno imparato a vivere in simbiosi con i bisonti volanti.- raccontò Rapunzel -E il mio popolo ha imparato da loro a dominare l'aria.-
Jack Frost la guardò con gli stessi occhi sognanti con cui aveva guardato Astrid.
Quest'ultima spostò quindi l'attenzione su di lui: -E tu? Non hai proprio l'aria di essere un Nomade.-
Il ragazzo ridacchio in imbarazzo: -Io vengo dalla Tribù dell'Acqua del Nord.-
-Davvero? E come mai sei partito con due Nomadi?-
-Voglio esplorare il mondo. Lassù il paesaggio non è molto vario, almeno all'interno della città.-
-Com'è il paesaggio, lassù?-
E il ragazzo si mise a raccontare, mentre Astrid lo guardava con espressione sognante e si lasciava scappare qualche "Wow".
A capotavola, Monaco Norbu sedeva accanto al capo villaggio Stoik.
-Certo che è molto inusuale che un monaco si porti dietro due discepoli di due popoli diversi.- commentò Stoik.
-Sono due giovani benedetti da doni fuori dalla norma, li sto accompagnando perché trovino delle risposte.-
Stoik lo guardò per un secondo, poi cambiò discorso: -E ci sono più state novità riguardo alla ricerca del nuovo Avatar? Se non mi sbaglio dopo Darje sarebbe dovuto nascere fra i Nomadi.-
-Quello- rispose il monaco -è ciò che spinge me a viaggiare.-
-Nessuna novità, quindi?-
-Forse qualcuna, ma temo che questo non voglia dire risposte.-
-Spero che il vostro viaggio porti buoni frutti, allora.-

Finita la cena, le lanterne furono spente e Monaco Norbu fu invitato ad alloggiare nella casa del capo villaggio. Rapunzel e Jack Frost, invece, furono assegnati ai dormitori dei giovani guerrieri della tribù.
La gente si era pian piano ritirata in casa, Astrid e gli altri erano rimasti a occuparsi delle ultime lanterne. Poi fecero segno ai due viaggiatori di seguirli.
Lungo la strada, passarono davanti alla bottega del fabbro, e Jack Frost sentì ancora lavorare dentro. Era il momento. Gettò uno sguardo a dove fossero gli altri: si erano allontanati un po', ma sapeva che li avrebbe raggiunti di lì a poco.
Si avvicinò alle ante e, facendo molta attenzione a non far rumore, ne scostò una. Vide un forno ancora acceso, che illuminava la stanza da destra. Sotto il forno, un drago nero dormiva placido e appallottolato. Ancora più a sinistra, muovendo piano la testa, il ragazzo vide le mani del fabbro, e il metallo che veniva lavorato.
Fece per scostarsi ancora per vedere meglio, ma qualcuno lo chiamò sottovoce. Rapidamente riaccostò l'anta e corse dagli altri, meditando su quello che aveva visto. Gli dispiaceva non aver potuto guardare in faccia il fabbro: gli sembrava di aver perso un dettaglio.
“Ripasserò più tardi.” si rassicurò.
Rapunzel, invece, era andata avanti perché aveva visto una piccola costruzione che la interessava: una sorta di tempietto, da cui si accedeva passate delle colonne e in cui si trovava una statua alta e dallo sguardo severo, di un uomo impettito nella sua barbetta nera e il suo alto cappello.
-Chi è?- chiese a Testabruta, che l’aveva accompagnata.
-Quello è Avatar Darje. Fu ospite qui da noi per conoscere i draghi, questa statua è in memoria del suo viaggio.-
Rapunzel annuì senza staccare gli occhi dalla statua dell’uomo.
-Vorrei prendere un momento per meditare, se possibile.- chiese. Tutti i dubbi sulla sua vera natura di Avatar non erano certo scomparsi con l’allenamento presso la Tribù dell’Acqua del Nord, e sentiva che quello era un buon momento per cercare qualche risposta.
Testabruta annuì facendo spallucce: -Allora ti aspetto fuori.- e uscì.
Rapunzel si sedette a gambe incrociate davanti alla statua e chiuse gli occhi.
Jack Frost, intanto, aveva raggiunto gli altri guerrieri: -Dov’è Rapunzel?- chiese ad Astrid.
-Testabruta la sta accompagnando al dormitorio.- rispose la ragazza.
Lui annuì e continuò a camminare con loro. Dopo un po’, però, si rese conto che stavano uscendo dal centro abitato.
-E perché noi non ci stiamo andando?- chiese allora.
Non gli fu risposto. Lui non disse niente, ma rimpianse di non avere il suo aliante con lui.
Fu condotto a uno spiazzo circondato dagli alberi: -Questo- disse Astrid -è il nostro campo di allenamento.-
-Sicuramente non avrei detto il dormitorio.- rispose Jack Frost.
-Sei stato bravo ad atterrare me e Moccicoso, nel bosco.- riprese lei.
Allora Jack Frost capì dove voleva arrivare: -Volete la rivincita?- mormorò con un sorriso storto.
-Nessuno può mettere i piedi in testa ai guerrieri del Popolo del Sole.-
Jack Frost si vide circondato da Astrid, Moccicoso, e gli altri due ragazzi del gruppo di guerrieri, Testaditufo e Gambedipesce.
-Non mi sembra leale.- mormorò.
-Se vuoi un aiuto, lì dietro ci sono le cisterne, Dominatore dell’Acqua.- indicò Astrid.
Jack Frost rivide Astrid infradiciata nel corso d’acqua dopo che lui l’aveva fatta cadere quel pomeriggio, realizzò il loro errore, e sorrise, pronto a difendersi.

Rapunzel non riusciva a concentrarsi. Aveva una brutta sensazione addosso, che le sembrava arrivare dalla statua stessa. Aprì gli occhi.
-Hai finito?- chiese Testabruta, sulla soglia del tempio.
Lei annuì, un po’ delusa, e si alzò per seguirla. Quando arrivarono al dormitorio si guardò intorno: -Dove sono gli altri?-
Testabruta fece spallucce: -Astrid voleva mostrare qualcosa a Jack Frost.-
-Davvero? E perché non li raggiungiamo?-
Testabruta scosse la testa: -Noi li aspettiamo qui.-
Rapunzel andò all’angolo dove erano ammassati i loro bagagli e sfiorò l’aliante chiuso. La brutta sensazione continuava a puntellarle il fianco: si era accorta che Testabruta non staccava gli occhi da ogni suo movimento. Si guardò intorno: non vedeva alcun contenitore che potesse contenere acqua... A parte le borracce che facevano parte dei loro bagagli.
Si abbassò per togliere il tappo, Testabruta si mise in posizione di difesa.
-Tranquilla, voglio solo bere un sorso...-
Vedendo che la Nomade dell’Aria non accennava a toccare l’aliante, la guerriera abbassò la guardia.

Jack Frost schivò con una capriola a terra la fiammata e corse a rifugiarsi dietro le cisterne. Nel momento in cui aveva capito che i guerrieri del Sole lo credevano un Dominatore dell’Acqua aveva deciso di tenerli nell’errore. Per far ciò, era necessario che non lo vedessero mentre dominava l’aria, ma anche quello risultava complicato, dal momento che erano quattro contro uno. Fino a quel momento non si era allontanato dalle cisterne e usava l’aria per sollevare la superficie dell’acqua in modo da confonderli, e non appena lo perdevano di vista usava il suo dominio per spingerli lontano. Sapeva, però, che il bluff non sarebbe durato a lungo.
-Tutto qui quello che sai fare?- gli chiedeva Astrid -Ti credevo un Dominatore dell’Acqua molto più potente!-
“Eh, biondina, sapessi...” Jack Frost si trovò Moccicoso di fronte, che lo attaccò lanciando una sequenza di tre fiammate una dietro l’altra.
Jack Frost si coprì con le braccia, e la fiammata fu fermata da un muro d’acqua. Il ragazzo si guardò le mani perplesso: -Questa è bella...- mormorò. Poi alzò gli occhi e vide nell’ombra di un albero Rapunzel, che si portò un dito alle labbra.
Jack Frost sorrise e colse al volo. Imitando (malamente, ma tanto i guerrieri non potevano saperlo) i movimenti dei dominatori che per tutta la sua vita aveva visto esercitare alla Tribù, mandò dell’acqua contro Moccicoso, che si ritrovò le gambe ghiacciate, poi uscì a fronteggiare Astrid.

Al dormitorio, Testabruta agitava la testa da tutte le parti. L’attacco di Rapunzel l’aveva presa alla sprovvista e si era ritrovata congelata fino al collo e a metà avambracci, le mani accuratamente fuori dal ghiaccio per evitare che lo sciogliesse da dentro. Si ritrovava così in grado di lanciare fiammate dai palmi e dalla bocca, ma incapace di trovare il modo di liberarsi per timore di scottarsi le braccia volgendo contro se stessa il proprio dominio.
-Rutto!- urlò sottovoce -Ehi, Rutto! Aiutami!-
Dalla porta entrò il tondo muso verde di un drago, ma non era solo. Testabruta riconobbe il nuovo arrivato e deglutì.

-Finalmente ti sei deciso a fare sul serio!- esclamò soddisfatta Astrid.
Jack Frost era circondato da alte mura d’acqua che lo proteggevano. Lui faceva vaghi movimenti in una direzione, Rapunzel dal suo nascondiglio si occupava del resto.
Quando il ragazzo provò ad attaccare, però, l’acqua non reagì e lui ebbe un sospiro di scoramento. Ah già!
Poi Astrid decise di prenderlo di petto e attaccò a piena potenza: Jack Frost si difese finché Testaditufo non li circondò con una fiammata. Lì dentro Rapunzel non poteva vedere cosa stesse succedendo: ormai il gioco era finito. Astrid era nell’anello con lui e attaccò con più potenza di prima.
Allora tutta l’acqua di una cisterna si sollevò e si mosse circolarmente intorno al ragazzo spegnendo tutte le fiamme senza che lui avesse mosso un dito... questo perché lui aveva respinto la ragazza con una raffica che l’aveva fatta volare lontano.
-Ma che cosa...?-
Rapunzel comparve vicino a lui e gli porse l’aliante: -Vi sembra leale combattere quattro contro uno?-
Astrid si era rimessa in piedi senza parole, mentre Gambedipesce analizzava la situazione.
-Hanno i domini invertiti!- sentenziò scandalizzato.
-Che cosa?!-
Ma Jack Frost e Rapunzel stavano già approfittando dell’effetto sorpresa: il bastone permise a Jack Frost di produrre raffiche potenti che mandarono Testaditufo, Gambedipesce e Moccicoso dentro una cisterna, la cui acqua fu ghiacciata nel momento in cui emersero con la testa, mentre Astrid si mise in guardia.
-Adesso basta.- intervenne allora una voce.
Astrid guardò chi aveva parlato: Testabruta avanzava a sguardo basso, seguita da un uomo dalla mano e dalla gamba di legno.
-Scaracchio?- chiese -Cosa ci fai qui?-
-Come vostro allenatore, sono passato al dormitorio per controllare che voi reclute aveste sistemato gli ospiti in maniera dignitosa.-
-Sistemarci!- li prese in giro Jack Frost, ridendo -Almeno ci hanno provato!-
Rapunzel scongelò i tre ragazzi nella cisterna e, sollevandoli con l’acqua, li fece uscire.
Scaracchio guardò le reclute con occhio severo: -Parleremo domani, quando gli ospiti saranno partiti. Portate i due ragazzi al dormitorio, e non voglio più sentire una mosca.-
I ragazzi obbedirono, e Jack Frost e Rapunzel li seguirono in silenzio.

Il mattino dopo Champa fu caricato di nuove provviste e i viaggiatori salutarono, mentre Monaco Norbu ringraziava per l'ospitalità. Jack Frost lanciò uno sguardo desideroso nella direzione da cui continuava a provenire un battere ritmico, ma Scaracchio guardò storto i due giovani viaggiatori e lui desistette.
Il monaco fece decollare il bisonte, e Jack Frost guardò giù, verso le ante chiuse del fabbro. Alla fine non l'aveva più visto in faccia. Gli spiacque un sacco, perché aveva davvero la sensazione di essersi perso qualcosa.

 




Angolino dell’autrice:
Capitolo oserei dire più pimpante dei precedenti! Adesso che Rapunzel e Jack Frost esplorano il mondo, è molto più facile inventare avventure divertenti da scrivere... e far affrontare ai due i guerrieri... ops le ‘reclute’ del Popolo del Sole è stato decisamente divertente.
Una puntualizzazione: perché scegliere i vichinghi per rappresentare il Popolo del Sole, che nell’originale era ispirato, almeno credo, a civiltà simil-Azteche? L’idea è nata dai draghi: dove altro trovarli se non proprio presso il Popolo del Sole? Inoltre, la loro poca diffidenza nei confronti dei viaggiatori è sempre dovuta al fatto che la storia si svolge prima di Aang e quindi anche prima di Roku e di Sozin, il quale dando la caccia ai draghi per ucciderli ha anche segnato l’isolamento del Popolo del Sole.
Inoltre, ho voluto scrivere un capitolo che desse fastidio: finora nelle storie per qualche magica ragione i Big Four si incontrano ‘per caso’, vanno d'accordo subito e senza troppi giri di parole, diventano subito amici etc etc. In questo capitolo ho cercato di invertire la rotta: Jack Frost doveva incontrare il ‘fabbro misterioso’ ma ‘per caso’ non ha potuto farlo. Quindi a lui è rimasto questo fastidio, se vogliamo, di essersi perso qualcosa, un fastidio, anche minimo, che spero tanto di aver trasmesso a chi legge, perché sono una persona sadicamente dispettosa :D Anche perché, vi dico già, Jack Frost non rimetterà più piede presso il Popolo del Sole.
A presto
Nike

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** PA 7 ***


Il viaggio per il Regno della Terra procedette senza alcun altro inconveniente. I tre viaggiatori giunsero sulle coste in pochi giorni di volo attraverso il mare e poi si diressero verso la capitale, Ba Sing See, nella speranza di trovarvi un buon maestro del Dominio della Terra.
Nel loro tragitto, si fermarono in varie città, dove, chiedendo indicazioni, dovettero rispondere anche a parecchie domande e questo portò al diffondersi della notizia che l'Avatar stava attraversando quelle terre. Ovviamente le risposte evasive dei tre viaggiatori portarono a una confusione delle notizie: l'Avatar era un ragazzo, l'Avatar era una ragazza, era davvero un Nomade, in realtà era della Tribù dell'Acqua. Poiché i due giovani erano sempre insieme, alla gente bastava dare un'occhiata e ascoltare solo quello che voleva sentire per costruire in pochi secondi la storia che preferiva.
Tuttavia il passaparola portò i suoi frutti: Monaco Norbu ricevette delle notizie dal Tempio dell'Aria dell'Est. I monaci li informavano di un festival annuale che si sarebbe tenuto in quei giorni in cui si riunivano i migliori Dominatori della Terra, e consigliavano loro di parteciparvi per incontrare personalità che potevano rivelarsi utili.
Si trattava di un festival che richiamava anche giocolieri e circensi dalle regioni vicine e girovaghi, e quando vi arrivarono Monaco Norbu lasciò liberi i suoi discepoli perché esplorassero quel mondo di esibizioni e bizzarrerie. Lui andò invece a un padiglione dove offrivano da bere e chiese un tè, poi si sedette in attesa di vedere qualcuno a cui chiedere informazioni.
Rapunzel e Jack Frost si persero per i padiglioni, in mezzo a stramberie e dimostrazioni di ogni tipo.
-Vieni Rapunzel!- le indicò il ragazzo: -Da quella parte c'è un circo di Dominatori del Fuoco!-
Lei lo seguì: -Ma non dovremmo cercare i Dominatori della Terra, prima?-
-Tanto dovrai imparare anche quello, prima o poi... e poi i giochi con le fiamme sono più divertenti di quelli con le pietre!-
Rapunzel si lasciò guidare e arrivarono sotto un palco in legno dove un giocoliere faceva vorticare un serpente di fuoco sopra la testa.
I due si avvicinarono e lo guardarono far muovere la figura come fosse un animale vero, fargli fare le capovolte e le giravolte, farlo precipitare sul pubblico per farlo risalire all'ultimo secondo. La folla si abbandonava a esclamazioni di stupore e i due giovani di univano a lei con gli occhi spalancati e pieni di meraviglia.
Poi Rapunzel abbassò lo sguardo e diede una gomitata a Jack Frost: poco più in là, una figura incappucciata in mezzo alla folla seguiva lo spettacolo silenziosamente.
I due la guardarono perplessi, poi la videro abbassare lo sguardo alla sua destra e scattare di corsa alla sua sinistra. Dietro di lei apparvero delle guardie: -Ehi! Ferma! Fermatela!-
La figura incappucciata svicolava fra la folla, che si apriva davanti alla sua corsa.
Rapunzel cercò Jack Frost con lo sguardo: -Che sia un ladro?- voleva proporgli di aiutare le guardie, ma lui era già sparito nella folla, sicuramente non con la stessa intenzione. Lei osservò perplessa il punto in cui lui si era trovato poco prima e sospirò: Ah, già!
Jack Frost aveva preso a correre di traverso per intercettare la fuga del ladro misterioso. Scivolò fra una bancarella e l’altra, tagliò attraverso i padiglioni, giunse a una fila di tende. Si nascose fra due di queste e quando passò l’incappucciato lui lo prese per il braccio e lo tirò fuori dal campo visivo delle guardie. Quello si divincolò ma lui gli fece segno di fare silenzio: rimasero immobili per qualche secondo, lasciando che gli uomini li superassero, poi lentamente si dileguarono dietro alle tende che circoscrivevano la fiera.
Quando furono a distanza di sicurezza, Jack Frost si aprì in un sorriso soddisfatto: -Prego, non c'è di che.- disse.
La figura alzò lo sguardo per fissarlo, rivelando due occhi di un azzurro chiaro: -Non mi sembrava di averti chiesto di aiutarmi.- la risposta giunse con una voce femminile.
Il ragazzo ci rimase male: -A me è sembrato che ne avessi bisogno. Pensavo che un po' di solidarietà non potesse far male...- mormorò scocciato.
-Solidarietà...? Ma per chi mi hai presa?-
-Non lo so... incappucciata in mezzo alla folla e inseguita dalle guardie, che impressione credi di dare?- esclamò il ragazzo -E guarda che se vuoi fregare la gente, non devi farlo a volto coperto, se no sei facilmente reperibile e poi ti trovano subito!-
La ragazza si abbassò per un istante il cappuccio, rivelando una cascata di ricci rossi, e si indicò la testa: -Perché questi non mi rendono facilmente reperibile?!- poi, ritirandoselo su, studiò un attimo il ragazzo,: -Credi che sia una ladra...?-
-Non lo sei?-
Lei lo fissò intensamente un attimo, valutando cosa rispondere. Infine disse: -Non credo che un ladro debba dire in giro se lo è o meno, no?-
Jack Frost sospirò: -Non hai tutti i torti.-
Lei ridacchiò: -Tu, invece... se mi hai aiutata per solidarietà vuol dire che sei un ladro anche tu?-
Jack Frost si grattò dietro il collo: -Eh già.- poi aggiunse: -Mi chiamo Jack Frost.-
-Io sono Merida.- la ragazza gli tese la mano e lui la afferrò con un sorriso allegro.
-Allora, cosa spinge un ladro straniero a questo festival?- chiese la ragazza.
Jack Frost ridacchiò: -Non posso dirtelo: sono un ladro, ricordi?-
Lei lo guardò con sguardo acuto: -Posso comprendere.-
-E poi, suppongo che anche tu sia qui per motivi che non puoi rivelarmi.- le fece l’occhiolino.
Lo sguardo della ragazza si fece ancora più acuto: -Supponi bene.- rispose sorridendo.
Allora lui le fece cenno: -Ti va di fare un giro assieme?- le propose: -Per divertirci un po’!-
E lei accettò subito.
Si avviarono per il festival: -Ehi, là c’è musica!- e il ragazzo fu trascinato verso un gruppo di musicisti che con tamburi e chitarre tenevano allegra la compagnia.
Allora si misero a ballare nella folla, lui agitandosi in tutte le direzioni, lei muovendo le braccia di qua e di là, quando lui diede di spalla alla ragazza, indicandole un tipo seduto poco più in là: -Che ne dici?-
Lei si guardò intorno senza fermarsi: -Cosa?-
-Non noti niente?-
Merida scosse la testa, poi le cadde l’occhio sulla borsa del tipo, incautamente aperta appesa alla sua seggiola. Allora capì e si affrettò a scusarsi: -Ero presa dalla musica! Senti, stasera lasciamo perdere il lavoro e divertiamoci!-
Jack Frost rimase stupito: di solito quel tipo di festival attirava i ladri proprio per il lavoro... ma non poté rifletterci a lungo, perché la ragazza lo trascinò di nuovo lontano, attirata dal profumo di carne alla brace.
Un istante dopo Rapunzel picchiettava sulla spalla del tipo dalla sacca appesa alla seggiola per chiedere se non avesse per caso visto un ragazzo della Tribù dell’Acqua dai capelli bianchi, ricevendo una lenta scossa della testa. La ragazza sospirò irritata e riprese la sua ricerca.
Intanto, Jack Frost aveva seguito Merida verso il padiglione della carne e aveva seguito il suo sguardo desideroso fisso sugli spiedi. Allora fece per allungare una mano per prenderne uno, ma una voce interruppe il suo gesto: -Eccola! Ferma!-
Erano di nuovo le guardie. I due ripresero la loro corsa attraverso la folla, raggiunsero il centro della fiera, dominata da una grande fontana, dal bacino basso e largo, e Jack Frost prese la ragazza per la vita: -Tieniti forte!- e con un agile salto e una folata verso il basso spiccò un balzo che li portò dall’altra parte della fontana. Poi si voltò e con un altro colpo di vento deviò i getti d’acqua verso le guardie per spingerli indietro. Certo, non aveva la stessa potenza del vero Dominio dell’Acqua, però era abbastanza per disorientare gli inseguitori.
I due sparirono di nuovo tra la folla, ma quando Merida si guardò intorno non vide più nessuno: Jack Frost era sparito.
Allora si sentì picchiettare sulla spalla e si girò: davanti a lei comparve una Nomade dell’Aria dalla lunga treccia bionda.
-Scusa, hai per caso visto un ragazzo con i vestiti della foggia della Tribù dell’Acqua e i capelli bianchi?-
Lei la guardò interdetta e non seppe subito cosa rispondere. Ripiegò subito su un neutralissimo: -Perché lo cerchi?-
-Perché stiamo viaggiando assieme e l’ho perso quando ha cominciato a seguire un tipo incappucciato...- la ragazza socchiuse gli occhi mentre fissava intensamente il mantello che nascondeva tutta la figura di Merida: -Anche se... il tuo mantello mi ricorda proprio lui...-
Merida ridacchiò a disagio, ma Jack Frost sorse a toglierla dall’imbarazzo: -Oh, Rapunzel! Ecco dov’eri finita!-
-Dov’ero finita io?! Ti ho cercato dappertutto!-
-Anche io! Giuro!- e a quelle parole Merida si nascose la bocca con la mano per soffocare una risata.
Rapunzel sospirò: -Bugiardo. Dove li hai presi, quegli spiedi?-
Lui li fece comparire da dietro la schiena e ne porse uno a Merida: -Dal padiglione laggiù.- e porse l’altro a Rapunzel: -Ecco, per te. Vedi? Ti stavo davvero cercando!-
Merida li guardava divertita, masticando la carne. Rapunzel guardò lo spiedo disgustata: -Non mangio carne, grazie. Questo puoi averlo tu.- glielo rese e aggiunse: -Non sto a chiedere con che soldi li hai comprati.-
Jack Frost rise e fece un gesto di noncuranza, poi indicò la folla col pollice: -Allora, continuiamo il giro?- e le due ragazze annuirono.
Si dedicarono, per le ore successive, a provare tutte le attrazioni che trovavano: Jack Frost provò la prova di forza col martello, battuto da una fierissima Merida, poi Rapunzel si avvicinò agli animali esotici, che gli altri due liberarono dalle gabbie tutti in un colpo solo. Nel fuggi fuggi generale che ne seguì, ridendo le dissero che lo avevano fatto per lei e per il suo amore per gli animali. Rapunzel non rispose per risparmiare fiato per correre, ma si ripromise di fargliela pagare. Quando passarono di nuovo vicino alla fontana, gli schizzi per terra si ghiacciarono sotto i piedi di Jack Frost e lui con uno scivolone finì contro una bancarella di stoffe. La padrona prese a strillare e lui scansò una scopa per pochi millimetri.
-Ben gli sta!- commentò Rapunzel.
Merida guardò il ragazzo raggiungerle borbottando: -Mi sembra un tipo ribelle.-
-Non ne hai idea!-
-Per fortuna che ci sei tu a tenerlo sotto controllo!-
-Eh sì...- poi si accorse che Merida stava ridendo. Allora sorrise anche lei: -Va bene, hai vinto!-
Intanto Jack Frost le aveva raggiunte. Indicò la fontana: -Tregua?- implorò.
I tre si sedettero, e Rapunzel si guardò intorno: -Presto dovremo tornare dal maestro...-
La ragazza li squadrò un attimo: -Maestro? Un maestro Nomade, suppongo?-
-Già.-
-Aspetta... non sarete voi quelli di cui si parla tanto?-
-Si parla tanto di noi?-
-Sì. Si dice che l'Avatar stia girando per queste zone, che sia un ragazzo Nomade dell'Aria con il suo maestro monaco e un amico della Tribù dell'Acqua... O che sia una ragazza della Tribù dell'Acqua con una sua amica Nomade... e sono solo due delle versioni che ho sentito in giro in questo periodo. Però sono tutti d’accordo che sia accompagnato da un monaco.-
-Non male!- rise Jack Frost.
-Quindi uno di voi due è davvero l'Avatar?-
-Più o meno.- disse Rapunzel -Non è così semplice.-
-Perché no?-
Rapunzel e Jack Frost si scambiarono un'occhiata perplessa, indecisi se parlare o meno.
-Dai! Manterrò il segreto! Solidarietà tra ladri, ricordate?- insistette la ragazza. Li guardò con gli occhioni spalancati e supplichevoli -Prometto che non dirò niente a nessuno! Croce sul cuore!- e dita incrociate dietro alla schiena.
Ma non le servì insistere tanto più di così. In fondo ne avevano passate di tutti i colori insieme e lei sembrava degna di fiducia.
-In realtà io dovrei essere l'Avatar.- spiegò Rapunzel.
-Sì, sapevo che doveva nascere fra i Nomadi.-
-Però io non ho ancora acquisito il Dominio dell'Aria.-
-No?!-
-No, quello ce l'ho io.- intervenne Jack Frost.
-Ma tu sei della Tribù dell'Acqua!- lei li guardò confusa -E allora perché hanno pensato che fossi tu l'Avatar?-
-Perché io domino l'acqua.-
La ragazza rifletté un secondo. In effetti doveva aver notato che era stata lei a ghiacciare la strada sotto i piedi di Jack Frost... e che lui doveva aver usato il Dominio dell’Aria per fare quel balzo mentre fuggivano dalle guardie. Rialzò la testa: -Ma vi hanno scambiati alla nascita?- chiese.
-Mai! Ma vuoi scherzare?-
Merida non rispose. Pensava dondolando le gambe. Un abito verde compariva al ritmo dei suoi piedi da sotto il mantello.
-E come fate a essere sicuri che l'Avatar sia proprio tu?- chiese d'un tratto.
Quella domanda fu una stilettata al cuore di Rapunzel: -In che senso?-
-L'Avatar deve nascere come Dominatore dell'Aria, no? E allora cosa ti fa pensare che in realtà non sia lui, e semplicemente ci si sia sbagliati di popolo?-
Jack Frost la guardava senza parole. Rapunzel era altrettanto sconvolta: quell'idea l'aveva colpita dal primo giorno in cui aveva conosciuto il ragazzo, e lui se l’era vista piombare addosso nel modo più impensato, ma non potevano immaginarsi che una ragazza che in fondo era una sconosciuta ponesse subito, a bruciapelo, una domanda così delicata.
-Voglio dire, cos'è che determina l'Avatar? Il popolo in cui nasce o il primo Dominio che sviluppa?-
-Questo ragionamento non sta in piedi...- balbettò Jack Frost. L'ipotesi di poter essere l'Avatar gli metteva fifa e avrebbe continuato volentieri a lasciare che tutti si concentrassero su Rapunzel, quando si parlava di quell’argomento -Vorrebbe dire che, indipendentemente dal popolo a cui appartieni, se nasci con un Dominio diverso da quello con cui dovresti nascere potresti essere l'Avatar! Questo manderebbe a monte tutto il ciclo delle rinascite e anche il ciclo di apprendimento dei Domini!- gli tornarono in mente le lezioni di Monaco Norbu.
-Questo vorrebbe dire che se trovate qualcuno nel Regno della Terra che sa dominare l'Aria (o l'Acqua o il Fuoco, a questo punto) potrebbe concorrere al titolo di Avatar.- la ragazza aveva l'aria soddisfatta: era arrivata a una conclusione che le piaceva.
I due ragazzi avevano i brividi. Non erano sicuri che quella ragazza piacesse loro così tanto, dopotutto.
-Stanno arrivando le guardie.- mormorò Merida -Devo sparire o mi beccano. Grazie per la chiacchierata.- e svanì tra la folla.
I due ragazzi rimasero lì, in silenzio, assorti nei loro pensieri, ancora per qualche minuto. Poi si alzarono -Torniamo dal maestro?- chiese Jack Frost.
Camminando si diressero al padiglione dove li aspettava Monaco Norbu. Poi Rapunzel prese Jack Frost per il gomito e lo fermò: -Perché glielo abbiamo detto?- chiese a denti stretti -Abbiamo chiuso la bocca ai ragazzi del Popolo del Sole, perché a lei l'abbiamo detto senza fare niente?-
-Non lo so... ispirava fiducia.-
-Secondo te dovremmo dirlo al maestro?-
-Meglio di no, potrebbe arrabbiarsi...-
Furono d'accordo a mantenere il segreto, ma Monaco Norbu notò subito qualcosa di diverso nelle loro espressioni, quando li vide arrivare: -Questa festa vi ha portato brutte sorprese?- chiese.
-Certo che no! Siamo solo stanchi.-
Il monaco non indagò oltre. Scrutò le loro facce in cerca di indizi per qualche secondo, poi tornarono da Champa e andarono a cercare dove alloggiare.
Trovarono una locanda poco fuori città, dove i padroni offrirono loro due stanze contigue.
-Ho trovato un possibile Maestro del Dominio della Terra.- annunciò il maestro mentre cenavano nella sua camera: -La sua scuola si trova a ovest di qui, ne avremo per un paio di giorni di viaggio. Dicono che la sua fama arrivi fino a Ba Sing See.- ma la notizia non eccitò i due discepoli come si era immaginato. Li mandò quindi subito a dormire, perché si ristorassero in vista del viaggio dell'indomani.

Erano partiti da un giorno, ormai. Champa aveva volato verso est fino a una locanda isolata e un po' sconquassata. Il padrone non aveva più posto poiché alloggiava le compagnie di ritorno dal festival, ma offrì loro della legna per accendersi un fuoco nel luogo in cui si fossero accampati.
Fu quando finalmente il fuoco fu acceso che arrivò un falco messaggero dal Tempio dell'Aria dell'Est. Monaco Norbu lo lesse in silenzio poi alzò lo sguardo grave sui suoi discepoli: -Ci sono novità impreviste.- disse -I fratelli del Tempio dell'Aria dell'Est hanno ricevuto questa mattina una lettera che comunicava loro il ritrovamento di un terzo candidato al titolo di Avatar.- Rapunzel si fece rigida come il ghiaccio -Mi chiedono di andare a incontrarlo, per avere il mio parere.- il monaco ripose il messaggio -Temo che il Maestro del Dominio della Terra dovrà aspettare.- concluse con un sospiro.

La dimora del terzo candidato era segnata su una mappa allegata al messaggio. Si trovava poco distante dalla città in cui si era tenuto il festival e questo obbligò i viaggiatori a rifare al contrario tutto il viaggio del giorno precedente.
Arrivarono la sera quando era ormai ora di cena.
-Speriamo che ci offrano almeno qualcosa.- sbuffò Jack Frost mentre Champa si abbassava di quota.
La dimora del terzo candidato era impossibile da non vedere: un'enorme villa dal vasto giardino circondato da mura si ergeva solitaria in mezzo ai campi.
I viaggiatori atterrarono davanti al portone d'ingresso, su cui svettava il simbolo della famiglia, un orso, e furono fatti entrare.
Furono condotti attraverso il giardino fino alla villa, attraverso i suoi corridoi finemente arredati fino al salone di ricevimento. Una donna li attendeva, in piedi. Era alta, altera, dai lunghi capelli castani e il vestito verde chiaro. Un uomo entrò quando furono annunciati gli ospiti: era massiccio, dai ricci rossi, la barba su un mento squadrato e i baffi all'insù.
-Monaco Norbu.- salutò la nobildonna -Prego, accomodatevi.-
I tre viaggiatori obbedirono.
-Io sono Elinor DunBroch e questi è mio marito, Fergus DunBroch.-
Il monaco li salutò con un cenno del capo -Mi è stato detto che in questa casa potrebbe trovarsi un candidato al titolo di Avatar.- esordì.
-Esatto.-
-C'è forse qualche indizio che vi permette di affermarlo?-
La nobildonna storse la bocca: -Probabilmente.-
-Bene. Perché, vede, io ho qui con me altri due candidati allo stesso titolo.-
Il fatto che il maestro li avesse tirati entrambi in causa fece rabbrividire i due discepoli.
-Eppure- replicò la signora -mi è giunta voce che nessuno dei due soddisfi tutte le caratteristiche necessarie. Che questi due giovani abbiano... come dire... i domini invertiti.-
-È esatto, ma è compito dei Nomadi occuparsi di questo aspetto. Ma mi dica... dove vuole arrivare?-
La donna allungò la mano verso un'entrata laterale: -Lasciate che vi presenti mia figlia Merida.-
Agli occhi di Rapunzel e Jack Frost apparve la ragazza rosso-ricciuta del festival, che sfoggiava un elegantissimo abito verde smeraldo e uno sguardo orgoglioso e strafottente.
-Ah! Tu sei la ladra!- Jack Frost non poté trattenersi.
-Ma come osa il vostro discepolo, monaco?!- si indignò la nobildonna.
-Jack Frost. Controllati.- lo rimproverò il monaco, poi tornò a rivolgersi ai suoi ospiti: -Che cosa vorrebbe dire, questo?-
-Semplice.- prese la parola Merida -Vuol dire che loro sono degli impostori: sono io l’Avatar.-

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** PA 8 ***


-Dunque, se ho capito bene...- ricapitolò Monaco Norbu -Invece di cercare ispirazione per il Dominio della Terra siete andati a guardare i Dominatori del Fuoco, invece di aiutare le guardie a catturare quello che vi sembrava un ladro avete fatto in modo di aiutarlo, e invece di mantenere il segreto sulle vostre peculiarità come abbiamo fatto per tutto il viaggio avete raccontato tutto a una perfetta sconosciuta.-
Rapunzel e Jack Frost erano davanti a lui, seduti sui talloni attorno a un basso tavolino nella stanza che la famiglia DunBroch aveva assegnato loro.
Dopo il colloquio con Merida e i suoi genitori, in cui la ragazza si era rifiutata di esporre davanti a tutti i motivi per cui asseriva di essere l'Avatar, Monaco Norbu aveva chiesto di parlare in privato con la ragazza e aveva ottenuto un incontro per il mattino dopo. I viaggiatori erano stati rifocillati e erano stati condotti al loro alloggio.
-Sì... maestro...- mormorò desolata Rapunzel.
-Passi per lo spettacolo. Era un festival, non è così strano che abbiate cercato di vedere tutto. Per quale motivo avete pensato che aiutare un ladro potesse essere una buona cosa?-
-Non lo so...- la voce della ragazza era sempre più bassa.
-Mi era stata simpatica.- rispose invece Jack Frost, alzando le spalle -Colpa mia, chiedo scusa.-
Monaco Norbu lo guardò di uno sguardo affilato: -I tuoi trascorsi nella Tribù dell'Acqua ti spingono ancora su una cattiva strada, ragazzo mio.-
-Ma non ho rubato niente!- si difese lui -Abbiamo visto una persona in difficoltà e l'abbiamo aiutata, tutto qui!-
-E l'avete fatto per simpatia, dici?-
-Sì... mi era sembrata affidabile. Ecco tutto.-
Monaco Norbu li fissò intensamente. Poi decretò: -A questa nuova candidata penserò io. Vi prego solo di fare più attenzione la prossima volta.-
-Non succederà di nuovo!- si affrettò a rassicurarlo Rapunzel.
-Già... siamo riusciti a far tenere la bocca chiusa a quelli del Popolo del Sole, riusciremo a chiudere la bocca anche a questa qui.- sbottò Jack Frost.
-Quelli del Popolo...- ripeté esasperato Monaco Norbu, mentre Rapunzel fulminava il ragazzo con gli occhi e lui si copriva la bocca con la mano -Penso di non poterne sentire altre, va bene così. Andate a dormire, per favore.-
Jack Frost si alzò stiracchiandosi e uscì dalla stanza in cerca di un bagno. Rapunzel non si mosse.
Dopo qualche istante di silenzio, il monaco le chiese: -C'è qualche problema, amica mia?-
-Maestro... potrei farle una domanda?-
-Ma certo. Spero di poterti rispondere.-
-Cosa vuol dire che siamo entrambi candidati al titolo di Avatar?-
Il monaco sorrise dolcemente: -Questa affermazione ti ha turbata?-
Lei annuì, senza alzare gli occhi: -È da quando è venuto a cercarmi che abbiamo viaggiato per trovare dei maestri per la mia formazione. Ho sempre fatto del mio meglio per essere all’altezza di tutto questo...-
Monaco Norbu le accarezzò la testa e rispose alla sua domanda: -Vuol dire che sto riflettendo sulle molte vie che il destino ci riserva, mia dolce amica. Non temere, non lo dico perché dubito di te.-
-Ma non dubita neppure di Jack Frost?-
-In effetti no.-
Fuori dalla porta, Jack Frost staccò la schiena dalla parete con una smorfia e andò davvero a cercarsi un bagno.
 
Il mattino dopo, Monaco Norbu fu accompagnato al suo incontro con Merida. Jack Frost e Rapunzel rimasero in camera ad attendere il verdetto.
Passarono un paio d'ore, poi la porta si aprì.
-Il vostro monaco è d'accordo con me.- Merida apparve sulla soglia e appoggiò la spalla allo stipite, le braccia incrociate e lo sguardo soddisfatto.
-D'accordo con te su cosa?- chiese Rapunzel.
-Sul fatto che sono l'Avatar e che voi siete degli impostori.-
-Bugiarda.- si limitò a commentare Jack Frost.
Rapunzel invece non si rassegnò: -Non ci crederò finché non lo sentirò direttamente da Monaco Norbu!-
-In questo momento sta parlando con i miei genitori. Se accetta, sarà lui ad allenarmi nel Dominio dell'Aria, e poi i miei scriveranno alla Tribù dell'Acqua del Nord per richiedere che un Maestro venga qui.-
Jack Frost le rivolse un sorriso sghembo: -Te l'ha detto il maestro, questo?-
-Ovviamente.-
-Allora sei proprio bugiarda.- le voltò le spalle e si sedette per terra a gambe e braccia incrociate.
Merida smise di sorridere e finalmente entrò nella stanza di un passo: -Ti sto riportando le parole del tuo adorato maestro. Come osi non credermi?-
-Ci hai raccontato un sacco di storie da quando ci siamo incontrati. Non ho motivo per credere a quello che dici.-
-Se sei uno ingenuo non posso farci niente. Non ho mai detto di essere una ladra, l’hai deciso tu. Hai fatto tutto da solo e la cosa ti brucia, ma non puoi sicuramente prendertela con me!-
Jack Frost non rispose. Rapunzel non le staccava gli occhi di dosso.
Merida aspettò qualche istante, poi decise di andarsene. Mentre richiudeva la porta, Rapunzel mormorò: -Ti abbiamo detto il nostro segreto perché ci hai assicurato che potevamo fidarci di te.-
-Avete fatto male, biondina.- e la porta si richiuse dietro di lei.
 
Monaco Norbu tornò poco dopo, con aria grave. I due discepoli si alzarono in piedi al suo ingresso.
-Maestro, allora?- chiese Rapunzel.
-È davvero quello che dice di essere?- rincarò Jack Frost.
Monaco Norbu li calmò con un gesto: -Effettivamente ci sono elementi che mi portano a crederlo.-
-No! Davvero?-
-Spero che questo tuo rifiuto non sia dovuto a pregiudizi, amica mia.- la rimproverò il monaco -Tuttavia devo confessarvi che c'è qualcosa che mi sfugge. Come ho detto ai suoi genitori, ho bisogno di tempo per meditare su tutto quello che stiamo scoprendo. Ho l'impressione che mi stia sfuggendo qualcosa.-
-Non è l'unico che ha questa impressione, maestro.- commentò amaro Jack Frost.
-E ci dica! Come mai è così sicura di essere l'Avatar?-
-Vorrei potervelo dire. Purtroppo i DunBroch mi hanno pregato di tenere per me quello che ho scoperto.-
I due discepoli si mostrarono delusi, ma il maestro li rimise in riga mandandoli in giardino ad allenarsi nel loro dominio per quel poco tempo che restava loro prima di mangiare. 
 
A pranzo, i viaggiatori furono ammessi alla tavola dei DunBroch. Conobbero così anche i fratellini di Merida, tre gemellini iperattivi e incapaci di stare seduti, e un giovane dall'aria da bellimbusto, che dama Elinor presentò come il promesso di Merida: il giovane MacIntosh, che quel giorno si sarebbe unito a loro.
Jack Frost guardò il giovane con ironia, compatendolo, e Rapunzel pensò mestamente che sembravano fatti l'uno per l'altra.
L'espressione di Merida, dal canto suo, era una maschera di pietra. Per l’occasione l’avevano agghindata a festa, era truccata e i suoi capelli erano raccolti sopra la testa attorno a un accessorio largo e piatto tenuto all’attaccatura dai dei vistosi fiori bianchi. La conversazione languì per tutto il pasto e furono tutti contenti di alzarsi.
Nel pomeriggio, Monaco Norbu si dedicò al suo discepolo e mandò al laghetto del giardino Rapunzel perché continuasse gli esercizi iniziati a fine mattinata. Lei vagò per le aiuole e i sentieri, finché non trovò il suddetto laghetto su cui nuotavano placidamente anatre tartaruga.
Sorridendo, la ragazza decise di sedersi a gambe incrociate sotto un albero per meditare prima di iniziare l’allenamento, dietro a dei cespugli che la nascondessero un po’ per non essere disturbata. Fu rimanendo lì immobile che sentì dei passi avvicinarsi: erano Merida, sempre strizzata nel suo corsetto e nella sua pettinatura, e MacIntosh, tutto baldanzoso. Rimase ad ascoltare i tentativi di seduzione del ragazzo: -Madamigella, vi trovo meravigliosa.-
Merida non rispose.
-E trovo anche la vostra grazia e la vostra discrezione incantevoli.-
Ricevette di nuovo silenzio in risposta, ma non si arrese, probabilmente credendo si trattasse di nobilissima discrezione, qualità essenziale in una moglie: -Quando saremo sposati, e quando erediterò dei possedimenti DunBroch e MacIntosh, vi farò vivere nel lusso e nella ricchezza. Vedrete che non vi farò mancare nulla.- cercò di prenderle una mano.
Lei la ritrasse subito: -Dimenticate forse che sono i miei fratelli i legittimi eredi della ricchezza DunBroch?-
-Assolutamente.- rispose lui -Ma vi ricordo che buona parte di quella stessa ricchezza forma la vostra dote. Mi permetterete di credervi erede della famiglia DunBroch allo stesso titolo dei vostri fratelli.- poi si accorse che il discorso andava troppo sull’aspetto economico, così aggiunse: -Ovviamente va tutto a vantaggio della vostra importanza nella famiglia, damigella.-
-Ovviamente.- Merida sospirò.
Allora MacIntosh decise di cambiare completamente rotta: -Certo che gli ospiti di oggi erano quantomai... bizzarri. Due nomadi e uno della Tribù dell’Acqua, sembra una barzelletta. Mi chiedo cosa siano venuti a fare nella vostra dimora... i vostri genitori stanno rinnovando la servitù?-
Dietro i cespugli, il sopracciglio di Rapunzel disegnò un perfetto arco colmo di perplessità.
-Eppure non so come possano fidarsi così di gente di altri popoli. Voglio dire, se fossero dei ladri? O degli impostori?-
Rapunzel tese le orecchie, curiosa di sentire la risposta di Merida a questo proposito, ma lei non ebbe il tempo di replicare, perché lui riprese: -O se dovessero rivelarsi un pericolo? Non temete, mia damigella: ci sarò sempre io, pronto a difendervi col mio possente dominio!-
A quelle parole, MacIntosh si piazzò di spalle al laghetto, le gambe larghe e i pugni sollevati che facevano levitare due massi. Fece per fare qualche mossa di dimostrazione, ma una frusta d’acqua sorse dal laghetto e lo prese alla schiena durante un movimento, facendolo sbilanciare indietro, e  lui cadde in acqua. Si rialzò subito e si guardò intorno: -Chi è là?!- strillò.
Poi vide Rapunzel: -Il tuo amico della Tribù dell’Acqua crede forse di fare il furbo col suo dominio, nomade?-
-Il mio amico è col maestro in questo momento. Tuttavia, non so di cosa stiate parlando: se non siete in grado di tenere la posizione, dare la colpa agli altri non va a vostro onore.-
Lui la guardò in cagnesco, e lei continuò: -A meno che non crediate che sia stata io... ne sareste capace?-
Lui fece per rispondere, poi si ricordò che Merida lo stava osservando: -Ma no, ma no. Non è possibile nascere con un dominio diverso da quello del proprio popolo, no? Non sono così sciocco... Madamigella, permettetemi di lasciarvi. Vado a rendermi presentabile.- e si allontanò a grandi passi.
Le due ragazze lo guardarono andare via, poi Rapunzel sospirò: -Mi stava ubriacando di parole.-
Merida non cambiò espressione: -Non mi sembrava di averti chiesto di aiutarmi.-
Rapunzel sbuffò rialzandosi: -Prego, non c’è di che.-
Allora Merida rilassò le spalle e sospirò: -Va bene, tregua. Ti ringrazio, stava ubriacando di parole anche me.-
Rapunzel sorrise e le due ragazze presero a camminare per il giardino, Rapunzel guardandosi intorno e Merida aggiustandosi in continuazione la gonna e la capigliatura. Poi da lontano videro dama Elinor passare: Merida la guardò attentamente e drizzò la schiena per imitare la sua andatura.
Dopo qualche secondo, Rapunzel chiese: -Proprio non ci vuoi raccontare perché dici di essere l’Avatar?-
Merida scosse la testa: -Non posso.-
-Perché?-
-Perché ne andrebbe dell’onore della mia famiglia.-
-Ma essere l’Avatar è un grandissimo onore! Non è per questo che hai chiamato Monaco Norbu?-
Merida non rispose: si stava grattando con forza dietro la testa. Rapunzel la guardò fare, poi chiese: -Se ieri eri incappucciata alla fiera è perché stavi scappando dalle guardie della tua famiglia, giusto?- Merida la lasciò ragionare, cercando di capire dove volesse andare a parare -Li ho visti, in giro per la villa: hanno le stesse uniformi di quelli che ti inseguivano. Vuol dire che stavi cercando di scappare? Vuol dire che vuoi scappare, e questa dell’Avatar è la scusa perfetta?-
Merida scosse la testa ridendo: -Oh, no! Non ho nessuna intenzione di scappare! Sono fiera di essere una DunBroch! Però diciamo che... se per accertarsi che sono l’Avatar dovessi andare via fino a dopo la data del matrimonio... non mi darebbe fastidio.-
Rapunzel la guardò sconcertata: -Ti sei inventata una frottola solo per scongiurare un matrimonio?! Hai idea di cosa voglia dire essere un candidato al ruolo di Avatar?!-
-Non è una frottola. Quando ho chiamato il vostro monaco ero seria. Però no, non so cosa voglia dire essere un candidato al ruolo di Avatar e non me ne importa granché. A me interessa essere libera. Hai idea di cosa voglia dire essere moglie di uno che ti sposa solo per i soldi, e poi una volta ricco e nobile si scorda della tua esistenza?-
Rapunzel rimase interdetta: -Va bene, il matrimonio è un obbrobrio e non vuoi sposarti. Ma se davvero sei convinta di quello che dici, perché non svelare a tutti le tue prove?-
L’altra ragazza scosse la testa, poi la guardò negli occhi e disse: -Va bene, ti racconto una cosa. Tanto la sanno tutti, al villaggio te la racconterebbe chiunque. Quando mia madre era incinta di me, Avatar Darje venne a visitare il villaggio col suo seguito. Ovviamente i miei genitori gli offrirono ospitalità, e nel congedarsi posò la mano sul ventre di mia madre e la tenne lì per qualche momento.-
-Mi stai dicendo che questa è la tua prova?-
-No, ma se le mie prove dovessero rivelare che sono davvero io l’Avatar, questo vorrebbe dire che sono stata scelta da Avatar Darje in persona.-
Rapunzel non disse niente. Si congedò dalla ragazza perché il giovane MacIntosh si stava avvicinando e tornò al suo allenamento. Meditò su quella conversazione per tutto il pomeriggio.
Arrivata la sera, agli ospiti fu chiesto di cenare nei loro alloggi, poiché era necessario che i DunBroch si intrattenessero con il loro ospite. Rapunzel ripensò al pomeriggio e al fatto che adesso non trovasse più tanto che Merida e MacIntosh fossero fatti l’uno per l’altra.
Dopo mangiato, la ragazza raccontò la storia di Avatar Darje a Jack Frost, che la ascoltò con un sopracciglio inarcato dall’inizio alla fine.
-E tu credi a questa storia?- chiese alla fine.
Rapunzel annuì.
-È un’altra delle sue bugie, Rapunzel. Non stare a pensarci.-
-Ha detto che lo sanno tutti, al villaggio. Vuol dire che non è una bugia.-
-Dire che lo sanno tutti non vuol dire che lo sanno tutti.- poi aggiunse -E se anche fosse vera non vorrebbe dire niente.-
-Se Avatar Darje ha scelto in chi reincarnarsi vuol dire per forza qualcosa!-
Allora Jack Frost realizzò: -Hai paura che per questo tu non sia più considerata una candidata?-
Rapunzel giocherellò con una ciocca della treccia: -Sì.- ammise infine -Sto lavorando tanto per questo e Monaco Norbu conta su di me. Se Avatar Darje avesse deciso in chi reincarnarsi scavalcando il ciclo delle reincarnazioni, e se davvero fosse lei l’Avatar, allora tutti i miei sforzi sarebbero... inutili.-
Jack Frost annuì ma non disse niente. Non era per niente convinto ed era deciso ad andare a fondo della situazione. Tutti gli insegnamenti sul ciclo delle reincarnazioni di Monaco Norbu gli frullavano in testa e non si rassegnava al fatto che Merida potesse intromettersi in quell’equilibrio secolare in qualche modo. Doveva assolutamente capire come quella ragazza facesse ad essere così sicura di quello che diceva.
Con la scusa del bagno uscì dalla stanza, ma la sua compagna di viaggio lo guardò sospettosa e si alzò pochi minuti dopo che fu uscito.
In effetti, Jack Frost non era andato in bagno. Era saltato suoi bassi tetti della villa e correva in direzione delle stanze dei padroni di casa. Se nessuno voleva dargli delle risposte, se le sarebbe andate a cercare.
Fu così che, sbirciando in un giardino dopo l’altro, trovò infine quello delle stanze di Merida.
Rapunzel, invece, seguendolo dal basso arrivò ad una porta. Prese fiato e la socchiuse, dando un’occhiata all’interno. La stanza aveva le porte spalancate sul giardino e Merida era seduta alla fontana, giocando con il pupazzetto di Avatar Darje. Quando la vide, dalla fessura della porta, Rapunzel capì che il monaco l'aveva sottoposta alla prova dei cimeli, e che lei l’aveva passata. Sentì un tuffo al cuore.
Poi Merida fece una cosa strana, che né Jack Frost né Rapunzel poterono vedere bene. Si girò verso la fontana, dando le spalle alla sua stanza, e cominciò a maneggiare qualcosa oltre al pupazzetto. Non si capiva bene cosa fosse, ma a momenti si accendeva una debole luce traballante che scompariva quasi subito.
Il ragazzo tese il collo per carpire ogni suo movimento, poi notò a sua volta il pupazzetto di Avatar Darje. Saltò fuori dal suo nascondiglio sul tetto, esclamando: -Ehi! Quello appartiene a Rapunzel!-
Quando lo vide muoversi, anche Rapunzel corse attraverso la camera fino al giardino, per tirare Jack Frost via di lì.
Merida fu presa alla sprovvista tanto da quell’esclamazione quanto dalla folata di vento che il ragazzo aveva usato per atterrare e che la spinse in avanti. Sentendosi presa alle spalle, la ragazza rilasciò attorno a lei una fiammata enorme e incontrollata. Jack Frost ebbe il riflesso di saltare sul tetto, ma Rapunzel non poté chiamare a sé l'acqua della fontana, che era dietro a Merida e quindi troppo lontana, e si coprì con le braccia, finendo spinta indietro con un urlo.
Seguì un attimo di silenzio, mentre Merida si guardava intorno disorientata. Poi i suoi occhi corsero alle scottature sulle braccia di Rapunzel: -Oh no...-  mormorò -Oh no... sono rovinata!-
Rapunzel si tirò su faticosamente e arrancò verso la fontana, ripiegata sulle braccia, trattenendo le lacrime di dolore: -Va tutto bene.- disse con voce strozzata -Passa subito.- immerse le braccia nell'acqua: chinandosi profondamente in avanti, anche la sua treccia cadde nell’acqua e quando lei prese a curarsi i capelli brillarono della luce riflessa dal dominio nell’atto di guarigione.
-No che non va tutto bene.- Jack Frost con un balzo atterrò di nuovo sull'erba: -Hai rovinato il pupazzetto di Rapunzel, e le hai fatto molto male.- disse con tono grave.
Merida abbassò gli occhi al pupazzetto che teneva ancora in mano. Alcune parti erano carbonizzate.
-Tienilo tu, allora!- urlò, lanciandolo in faccia a Jack Frost -Chi vi ha detto di venire qui, nelle mie stanze private! Andatevene subito!-
-Sì. Forse è il caso che torniate in camera vostra.- Monaco Norbu era apparso nella stanza. Non vedendo tornare i suoi discepoli dal ‘bagno’, aveva avuto un brutto presentimento ed era venuto a cercarli.
I due abbassarono lo sguardo, mentre lui continuava: -I DunBroch ci hanno offerto ospitalità, il minimo che possiate fare è portare loro rispetto. Scusatevi per l'intrusione e andate subito in camera.-
Jack Frost si morse la lingua e obbedì, stringendo il pupazzetto rovinato: fece un mezzo inchino e biascicò un "Tutte le mie scuse." poi saltò sul tetto con agilità e scappò verso i suoi alloggi.
Monaco Norbu si avvicinò a Rapunzel e le sfiorò la spalla: -Anche tu.-
Rapunzel alzò la testa: -Scusaci. Non pensavo saremmo arrivati a tanto.-
-Adesso vai a fare un bagno. Ti aiuterà e potrai curarti senza fretta.- le ordinò il monaco.
Rapunzel obbedì e corse via. Le braccia le facevano già molto meno male.
Monaco Norbu si rivolse quindi a Merida, che non si era più mossa e non aveva perso il suo sguardo disperato: -Ti prego di accettare le mie scuse. Non accadrà più. Se può aiutarti...- aggiunse -...sappi che di loro puoi fidarti.-
-Mi hanno rivelato il loro segreto. Come faccio a essere sicura che non dicano in giro il mio?-
-Mi sa che non ti resta altro da fare.- Monaco Norbu si congedò.
Merida rimase da sola nel giardino. Si guardò le mani e scoppiò a piangere.

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** PA 9 ***


Monaco Norbu aveva spedito i suoi discepoli a dormire nel momento esatto in cui aveva rimesso piede negli alloggi, e non volle sentire una parola. Non si arrabbiò, non alzò la voce, ma quello che li mise in allarme fu il fatto che, per la prima volta, il maestro rifiutò di ascoltare le loro scuse. Disse che non era a lui che dovevano rivolgerle e che, se volevano farsi perdonare, il giorno dopo si sarebbero dovuti presentare, se Merida l'avesse voluto, davanti ai signori DunBroch.
-Non è giusto!- borbottò Jack Frost lasciandosi cadere sul materasso -Quella ci prende in giro, ci racconta un sacco di storie, rivela in giro il nostro segreto e noi siamo quelli mandati a letto in punizione!-
Rapunzel lo ascoltò con un orecchio solo. Era immersa nelle sue congetture.
-Hai notato- chiese dopo un po' -che non è una Dominatrice della Terra?-
Jack Frost alzò la testa: -So dove vuoi arrivare.- rispose, e si rilasciò cadere sul materasso -Non è come noi, se è questo che vuoi dire. Probabilmente la sua famiglia è originaria della Nazione del Fuoco.-
-Lo credi davvero? In fondo non è mai successo che i due popoli si mescolassero.-
-Non lo so e non m'importa.- il ragazzo si girò verso il muro -Non capisco come la cosa non ti faccia arrabbiare.-
-È solo che... vederla dominare il fuoco mi ha dato a pensare.-
Jack Frost mugugnò un'alzata di spalle e il discorso finì lì. In fondo aveva anche lui l'impressione che gli fosse sfuggito qualcosa.
Il mattino dopo Monaco Norbu li attendeva per la colazione. I due ragazzi si sedettero in silenzio.
Il monaco ruppe il ghiaccio per primo: -Cosa vi è preso ieri sera?-
-Volevamo delle risposte.- rispose Jack Frost dopo qualche istante -E non mi sembrava giusto che lei sapesse il nostro segreto e noi non conoscessimo il suo.-
-Il tuo è solo orgoglio, Jack Frost.- rispose il monaco -Orgoglio ferito, perché ti sei fatto prendere in giro. Ma questa non è una scusa per dimenticare che sei ospite della sua famiglia.-
-Le chiederò di nuovo scusa.- mormorò lui, un po’ più sinceramente della sera prima. Poi aggiunse: -Adesso l'unica cosa che mi dà fastidio è che il pupazzetto di Avatar Darje sia rovinato.-
-Il pupazzetto è rovinato?-
Jack Frost andò in camera a cercarlo e lo porse al maestro, che lo prese delicatamente e lo studiò da vicino: -È vero, alcune parti sono irrecuperabili.-
-Ho pensato tutta la notte a come si possa riparare, ma senza un artigiano abbastanza abile non credo sia possibile.-
-Il legno del braccio, per esempio- rifletté Rapunzel allungando il collo per vedere meglio -sarebbe da sostituire, ma i meccanismi in metallo che tenevano unite le parti sono fuse.-
-Ci vorrebbe un fabbro, per quelle.- mormorò il monaco -E comunque non è detto che le rifaccia com’era originalmente. È un oggetto molto antico.-
A Jack Frost balenò un'immagine davanti agli occhi. La bottega di un fabbro, e un drago nero addormentato per terra. Ma c'era sempre qualcosa che non riusciva ad afferrare.
-Dal Popolo del Sole c'era un fabbro...- mormorò -Non si è visto per tutto il tempo che siamo stati là.-
-Hai ragione. Ma non consiglierai di andare da lui? Dobbiamo trovarvi un Maestro del Dominio della Terra, prima.- obiettò il maestro.
-No, però... non sono riuscito a vederlo bene.-
-E la cosa ti turba molto?- domandò Rapunzel, che si sentì ad un tratto intrigata dal discorso.
-Ho l'impressione che ci sia un dettaglio che manca...- Jack Frost rigirò il pupazzetto fra le mani. Qualcosa che manca... in effetti, qualcosa che mancava c'era.
-Maestro- chiese quindi -secondo lei è possibile... dominare il metallo?- ora ricordava. Aveva visto il metallo venire lavorato, e le mani che lo lavoravano. Ma quelle mani... non tenevano attrezzi.
A Monaco Norbu si illuminarono gli occhi: -Per favore, spiegami...-
-Credo che quel fabbro avesse una sua tecnica tutta particolare. Secondo lei è possibile?-
-Ragazzo mio, dopo avervi conosciuto, credo che tutto sia possibile.- il monaco gli sorrise -Adesso però dovete tornare da Merida e assicurarvi di avere il suo perdono. E, se necessario, scusarvi anche con i suoi genitori.- e ripose il pupazzetto fra i suoi bagagli.

Dama Elinor non prese molto bene il litigio tra sua figlia e i due discepoli. Ci fu un lato positivo: si arrabbiò tanto con i due viaggiatori, che si erano dimostrati molto maleducati, quanto con sua figlia, che non era stata in grado di gestire la situazione. Per non rischiare di finire nell'irrimediabile, nessuno dei tre ragazzi fece cenno alle braccia di Rapunzel, e Monaco Norbu rispettò questa decisione, la prima su cui tutti e tre erano d'accordo.
Merida fu chiusa in camera sua in attesa che arrivasse dalla Nazione del Fuoco un Maestro in grado di permetterle di controllarsi, mentre Jack Frost e Rapunzel furono assegnati per qualche giorno alla squadra di giardinieri per dare una mano, col beneplacito di Monaco Norbu.
Nessuno dei tre ragazzi fu contento.
Monaco Norbu, invece, si offrì di andare nella Nazione del Fuoco: disse che avrebbe approfittato di questi giorni di punizione per cercare un buon Maestro per Merida, e che sarebbe andato alla ricerca di una persona che avrebbe potuto fornirgli qualche risposta riguardo al mistero dei Domini scombussolati.
-Di cosa si tratta?- chiese dama Elinor.
-Dell'anello mancante di tutte le mie congetture. Qualcuno che può permetterci di capire il mistero dietro a vostra figlia.-
Il monaco aveva toccato le corde giuste. I DunBroch gli diedero provviste per un viaggio stimato di dieci giorni, e i discepoli andarono alla porta a salutarlo. Lui fece loro mille raccomandazioni, poi partì.
Dama Elinor, che era uscita con loro e alcuni domestici, ordinò loro di raggiungere i giardinieri: -...e vi avverto- aggiunse, puntando il dito -che l'idea di tenermi un ladro in casa non mi piace per niente. Al primo passo falso vi chiudo nei vostri alloggi fino al ritorno del monaco.-
Jack Frost e Rapunzel si guardarono: si prospettava una lunga attesa fino al ritorno del loro maestro.
Furono subito messi al lavoro: il capo giardiniere, uno scorbutico Dominatore della Terra, al mattino dava loro istruzioni su cespugli da potare ed erbacce da estirpare, e loro erano tenuti a finire per la mattinata, poiché al pomeriggio dovevano dedicarsi ai loro allenamenti, dopo i quali dovevano rientrare nei loro alloggi senza lasciarli fino al mattino dopo. Per i primi due giorni filò tutto liscio, anche perché Rapunzel provvedeva a finire anche là dove Jack Frost, quando si stufava, lasciava il lavoro a metà. Probabilmente, la loro corporatura esile doveva farli sembrare ben debolucci al nerboruto capo giardiniere, che dava loro incarichi poco faticosi ma decisamente lunghi e noiosi. Poi un pomeriggio l’uomo passò in vista del laghetto, dove Rapunzel e Jack Frost si allenavano assieme, e vide il Dominio dell’Acqua. Allora si accese una lampadina nella sua testa. Il mattino dopo mostrò al ragazzo le fontane del frutteto e alla ragazza mise in mano ceste vuote: la Dominatrice dell’Aria avrebbe dovuto raccogliere tutta la frutta matura con la sua agilità, il Dominatore dell’Acqua avrebbe dovuto annaffiare il raccolto con cura. I due si guardarono bene da aggiungere qualsiasi cosa e obbedirono, salvo scambiarsi i compiti appena lasciati soli.
Al terzo giorno, Merida ebbe il permesso di uscire dalla sua stanza, poiché il giovane MacIntosh si era recato a farle visita. Fu ovviamente tirata a lucido e mandata a passeggiare per i giardini. I due ragazzi la videro girare in lontananza e sopportare con sempre meno pazienza la presenza del suo ingombrante fidanzato.
Rapunzel incontrò i suoi occhi, e le fece un cenno di saluto da lontano.
Questo portò la nobile, il pomeriggio dopo, a passeggiare un po’ più vicino al laghetto. E, il pomeriggio successivo, a soffermarsi a osservare i due ragazzi allenarsi, senza prestare ascolto alle chiacchiere di MacIntosh. Quando questi se ne andò, invece di ritirarsi da brava bambina in camera sua tornò dai due ragazzi.
-Come stai?- la salutò Rapunzel -Sei sopravvissuta anche oggi?-
Jack Frost la guardò sedersi su una panchina in pietra accanto alla ragazza.
Merida sospirò: -Mia madre sta organizzando incontri sempre più spesso.-
-Quindi il vostro matrimonio sarà a breve?-
-Non troppo, ma si avvicina. Ma se il vostro monaco si sbriga, potrebbe evitare che mia madre mi rovini la vita.-
-Il ‘nostro monaco’ ha un nome!- la rimbeccò piccato Jack Frost.
Rapunzel lo fulminò con lo sguardo: -Avevamo detto tregua.- lo redarguì.
Merida indicò le mani della ragazza: -Ti ho fatto tanto male?-
Lei scosse la testa con un sorriso: -Mi è passato subito. Ho imparato a usare il mio dominio per la guarigione su alla tribù dell’Acqua del Nord.-
Merida sorrise a sua volta, mestamente: -Quello sì che è un bel potere. Non rischi di carbonizzare tutto quello che ti sta intorno ogni volta che ti spaventi.-
-I tuoi genitori non hanno pensato prima di chiamare un maestro per aiutarti?-
-Non l’hanno mai scoperto. Hanno sempre solo creduto che fossi sfortunata...-
-Hai dato fuoco a qualcosa?-
Merida annuì: -Qualche anno fa. Non so più per quale motivo. Credo che mia madre mi avesse punita e che mi avesse chiusa in camera. Ero arrabbiata. Ho incendiato l’intera ala della villa. All’epoca loro credettero che fosse stato un incidente, io scoprii del mio dominio.-
-E non glielo hai detto?-
-Mio padre è un Dominatore della Terra molto rinomato. Avevo paura che si pensasse...- ma si zittì e scosse la testa. Poi si guardò le mani: -Quando c’è il festival spero sempre, osservando i giocolieri che dominano il fuoco, di capire come fare per controllarmi, ma alla fine non ci riesco mai. Quando sono arrabbiata o spaventata rischio di fare male a chi mi sta intorno. A voi non è mai capitato di sentirvi dei mostri, per i vostri domini sbagliati?-
I due ragazzi non risposero, ma Jack Frost si inginocchiò davanti a lei: -Va bene, tregua. Allora perché l’hai detto ai tuoi adesso?-
-Te l’ho spiegato ieri.- gli rispose Rapunzel -Se salta fuori che è l’Avatar non si sposa.-
-Non è detta neanche quello. Avatar Darje era sposato e aveva dei figli.-
-Davvero?- gli occhi di Merida si fecero grandi e lucidi -Davvero? Quindi potrei finire sposata a MacIntosh in ogni caso?-
Jack Frost sospirò e si grattò dietro il collo, esasperato e desolato allo stesso tempo: -Adesso l’unica cosa da fare è aspettare il vecchio. Sono sicuro che troverà una soluzione.-
-E se hai bisogno di aiuto con MacIntosh vieni pure a trovare noi!- si propose Rapunzel, e raccontò a Jack Frost dei dispetti che aveva fatto al nobile, facendo aprire il ragazzo in una bella risata.
Dal mattino dopo, i due si ritrovarono nel frutteto una Merida rincuorata che, nascosta fra le fronde, li aspettava per passare del tempo con loro. Così, prima di pranzo, loro svolgevano il loro lavoro e lei si esibiva in piccole fiammelle, rassicurata dal dominio di Rapunzel, che si teneva pronta a intervenire. Questo dava a Merida un po’ più di sicurezza nei suoi tentativi, e di conseguenza affrontava i suoi incontri con MacIntosh con maggior leggerezza.
Trascorsero così quattro o cinque giorni, il momento del ritorno di Monaco Norbu si avvicinava e Rapunzel e Jack Frost lo aspettavano con ansia, così come Merida, che aveva cominciato a vedere il monaco con occhi più interessati ascoltando le loro storie e i loro aneddoti. Cresceva in lei la fiducia che quell’uomo potesse aiutarla davvero.
Mancavano quindi un paio di giorni al tanto sospirato ritorno, e Merida si era attardata nel frutteto. Si sentiva sicura, adesso, a emettere fiammate un po’ più ampie, che dalla mano tesa davanti a lei potessero superare in altezza la sua testa.
Questo la galvanizzò molto e anche gli altri due furono entusiasti. Quel pomeriggio, la passeggiata portò Merida e MacIntosh nei dintorni del frutteto, al punto che il ragazzo dedusse un certo interesse per quel luogo.
-Avete forse voglia di un frutto, damigella?-
-No, no! Era solo per cambiare un po’ il percorso della nostra passeggiata. Dopo un po’ fare sempre lo stesso tragitto diventa noioso, non trovate?-
Era la prima risposta un po’ entusiasta che il giovane riceveva dalla sua fidanzata e questo lo convinse di averla ormai conquistata.
Decise di esibirsi nella raccolta di un fiore su un albero per mettersi un po’ più in mostra, ma Jack Frost, che si allenava poco lontano, mandava piccole raffiche di vento per sollevare i rami. Il giovane saltellava ma non riusciva nel suo intento, causando risatine in Merida che lui, ingoiando l’imbarazzo, prendeva come un buon segno dovuto ai suoi sforzi. Ormai era fatta.

Il mattino dopo, Merida, Jack Frost e Rapunzel si trovavano sempre nel frutteto. Merida si allenava nel suo dominio, per quanto poteva, mentre gli altri due portavano a termine l’ultima area da innaffiare e curare. Il capo giardiniere li aveva avvertiti che l’indomani si sarebbero occupati di altro.
Questa scadenza spinse Merida a volersi spingere il più lontano possibile nelle sue prove, e si misurava nel controllo della durata e della lunghezza delle fiammate dalle sue mani.
Stava gioendo dei suoi risultati quando sentì qualcosa cadere dietro di lei.
Si voltò.
MacIntosh la fissava a bocca aperta, un cesto di frutta in una mano e l’altra vuota, poiché aveva lasciato andare la mela che teneva.
Rapunzel e Jack Frost raggiunsero la scena. Il silenzio fra i due fidanzati era gelido, e Merida era immobile.
Rapunzel fu la prima a rompere il ghiaccio: -Signor MacIntosh. Non ci aspettavamo di vedervi qui.-
Lui socchiuse gli occhi, senza staccare lo sguardo da Merida. Lei deglutì.
-Ieri mi era sembrato che aveste voglia di frutta. Ho chiesto a vostra madre il permesso di cogliervene un po’ per il pranzo.-
-Ah.- Merida si riscosse, ma rimase tesa -Ah. Vi ringrazio.-
Lui annuì, ma la sua espressione non si addolcì: -Per il vostro piacere.-
-Quindi... quindi vi avremo con noi anche oggi, mi pare di capire?- continuò la ragazza.
-In realtà, ero venuto anche a parlare a vostra madre. Temo che mio padre avrà bisogno di me e dovrò abbandonarvi...-
-Oh. Peccato.-
-Già. Se mi permettete.- il ragazzo girò i tacchi e si allontanò impettito.
I due ragazzi corsero da Merida, che si era portata le mani al volto: -Mi ha vista! Mi ha vista dominare il fuoco!- esclamò senza fiato.
-E allora? Tanto se sei l’Avatar non dovrebbero essere così sorprendente.- la canzonò Jack Frost.
-A parte voi, nessuno sapeva ancora che fossi l’Avatar.- esalò lei -Mia madre non voleva che il fidanzamento fosse messo a repentaglio, nel caso in cui non fossi risultata essere davvero l’Avatar...-
-Perché, adesso è a repentaglio?-
Lei lo guardò stralunata: -Mi ha vista dominare il fuoco, Jack Frost! Questa è una catastrofe! Sono rovinata! Scommetto che è andato a rompere il fidanzamento!-
-Ma tanto non volevi sposarti!- protestò lui, sempre più confuso.
-Perché saresti rovinata?- chiese invece Rapunzel con delicatezza.
Allora Merida scoppiò: -Rifletti, Rapunzel! Te l’ho pure raccontato! Se Avatar Darje è stato da noi nell’anno precedente la mia nascita, e io ho il suo stesso dominio, che cosa penserà la gente?!-
Jack Frost allora fece il collegamento, mentre la spiritualissima Rapunzel non colse subito il problema.
-Ma tu sei il ritratto di tuo padre! Non possono sbagliare: hai i suoi occhi, i suoi capelli...- protestò lui.
-Ma la gente crede quello che vuole! Sono una nobile, sai? Non compaio in pubblico tutti i giorni! Se si sparge la voce sbagliata, sono rovinata!-
-Che voce sbagliata?- chiese Rapunzel.
-Che in realtà sono la figlia di Avatar Darje!-
-Ma la gente ha visto tua madre incinta di te prima del suo arrivo, no?-
-Parli della stessa gente che crede che l’Avatar sia una ragazza della Tribù dell’Acqua? Secondo te perché era fondamentale che queste prove non si sapessero prima che il vostro monaco provasse che sono veramente l’Avatar?!-
Non poterono continuare. Dama Elinor si avvicinava a grandi passi verso di loro, e aveva un’espressione spaventosa. Merida deglutì, Rapunzel e Jack Frost ebbero un brivido.

La porta della camera di Merida si aprì con violenza e Dama Elinor spinse dentro sua figlia tenendola per il braccio: -Questo è troppo, Merida!- esclamò furiosa -Mi era sembrato di averti dato degli ordini!-
-Ma mamma! Non stavo facendo niente di male! Mi stavo allenando col mio dominio!-
-Non sei stata in grado di tenere nascosto il tuo Dominio del Fuoco per ben due volte in dieci giorni. Non sei in grado di controllarti, eri tenuta ad aspettare l’arrivo di un maestro!-
-Ma con i due viaggiatori ho imparato a controllarmi meglio!-
-E allo stesso tempo hai mandato all’aria il matrimonio che avevamo organizzato con tanta fatica! Cosa credi che sia venuto a dirmi MacIntosh, stamattina?-
-Ma io non volevo sposarmi con lui!-
-Basta con questa storia, Merida! Tu sei una fanciulla, e devi sposarti! Hai già mandato a monte una volta il fidanzamento con il primogenito MacGuffin: trovare un nuovo fidanzato è già stato abbastanza complicato così!-
-Con tutti i soldi che mettete nella mia dote non è stato così complicato!-
-Tutti quei soldi sono stati aggiunti, Merida, per compensare al tuo carattere!-
-Ma io non voglio sposarmi, mamma! Non sono ancora pronta per il matrimonio!-
-E cosa vorresti fare nella vita, allora? Mi spieghi?-
Allora Merida vide, negli occhi della madre, tutta l’educazione subita dalla donna nei suoi anni giovanili, tutte le tradizioni incise a forza nella sua anima che lei aveva deciso di accettare per poterci convivere. E capì che nella sua testa non esisteva altra scelta neppure nella vita di sua figlia.
-Ora.- sospirò la donna -È necessario trovare una soluzione. Bisogna convincere i MacIntosh a non rivelare il tuo segreto per evitare che tu venga rifiutata di nuovo. Non possiamo aspettare ancora, o diventerai troppo vecchia.-
Merida non diceva più niente. Si sedette sul letto. Sua madre la osservò per qualche secondo, poi sospirò e se ne andò.
La ragazza si guardò le mani, le sentiva bruciare. Si alzò, e prese il mantello nascosto dietro l’armadio.

Rapunzel e Jack Frost erano stati chiusi nei loro alloggi, come aveva avvertito Dama Elinor, e avrebbero dovuto aspettare lì il ritorno del monaco.
Jack Frost non aveva subito realizzato la cosa, poiché ebbe la sensazione che la donna li ritenesse in qualche modo responsabili del fallito matrimonio di Merida, e questo lo colpì molto più di tutto il resto. Rapunzel, dal canto suo, non si capacitava che qualcuno potesse mettere in dubbio il legame fra Merida e suo padre, e sentiva il bisogno di tempo per metabolizzare la scoperta.
I loro alloggi davano sul giardino in cui si erano allenati tutti quei giorni. Affacciati alla finestra contemplavano il laghetto, e il sentiero che portava al frutteto. Fu così che videro una figura incappucciata dirigersi silenziosa verso le entrate di servizio.
La riconobbero subito, e si scambiarono un’occhiata.
-Ma che sta facendo?!- si preoccupò Rapunzel.
Jack Frost aveva già scavalcato il davanzale: -Dai.- disse -Andiamo ad assicurarci che non si faccia male.-
I due ragazzi si misero a seguire Merida che fuggiva, sperando che non le succedesse nulla. Senza tenere conto, però, del fatto che sarebbe potuto succedere qualcosa a loro, e che Monaco Norbu era ancora lontano.

 




Angolino dell’autrice:
Capitolo in cui si introducono un po’ di elementi. Andiamo con ordine, cominciamo a sciogliere un’apparente contraddizione: Jack Frost che ipotizza l’esistenza del Dominio del Metallo? E questo prima di Avatar: l’ultimo Dominatore dell’Aria e quindi di Toph? Ebbene, il rapporto fra i Dominatori della Terra e il metallo era stato affrontato già prima di Toph: nell’episodio 1x06 Imprigionati la piattaforma in metallo è la prigione dei Dominatori della Terra come nell’episodio 2x19 Il guru la gabbia in metallo è la prigione di Toph. Considerato quindi come il metallo sia sempre stato il materiale privilegiato per sottomettere i Dominatori della Terra, non trovo impossibile che qualcuno, nella storia dei domini, si sia posto la domanda: ‘E se anche il metallo fosse dominabile?’... senza, ovviamente, anticipare Toph in alcun modo. Anche perché, ricordo, Jack Frost non è sicuro di quello che ha visto, no?
Parliamo ora di MacIntosh: ‘sempre lui?’, penserà chi conosce già il suo ruolo in mie altre precedenti storie. Be’, è stato scelto per questi capitoli in quanto l’unico che, nel film, presenti un minimo di comportamento attivo: MacGuffin è troppo timido e Dingwall troppo addormentato e, se devo scegliere qualcuno da mettere nel ruolo del pretendente imbarazzante, difficilmente prenderò uno di loro due. Inoltre, il carattere pomposo di MacIntosh lo rende il bersaglio ideale per gli scherzi di Rapunzel e Jack Frost...
E ora l’argomento più spinoso: il matrimonio combinato di Merida. Già nel capitolo precedente la nostra ribelle preferita si è messa a discutere con Rapunzel sulla diversa importanza che possono assumere il matrimonio forzato e il ruolo di Avatar. In effetti, in un’ottica ‘collettiva’, se vogliamo, ovviamente non bisogna scherzare sul ruolo di Avatar, perché è colui che deve mantenere l’equilibrio del mondo, ma in un’ottica ‘individuale’ Merida ha il terrore di diventare il soprammobile di un uomo. A chi dare torto?
Per quanto riguarda la sua discussione con Dama Elinor, ritroviamo di nuovo le tradizioni, che alla Tribù dell'Acqua hanno spinto Hahn a non accettare Rapunzel come degna avversaria, e che qui spingono Dama Elinor a cercare disperatamente di accasare sua figlia.
Un ultimo appunto: Merida che si deve sposare in fretta, se no diventa 'troppo vecchia'?! I parametri per un buon matrimonio combinato non sono inventati: ovviamente in questi casi c’è sempre dietro un interesse economico che non permette di separare il discorso delle nozze dal discorso pecuniario (e quindi dal discorso della dote). E per quanto riguarda il discorso dell’età, mi sono ispirata a Strane creature di Tracy Chevalier (La ragazza con l’orecchino di perla suona più familiare, forse?), in cui la protagonista Elizabeth Philpot è una ‘zitella’ che a venticinque anni (!!!!) si dice ormai troppo vecchia per il matrimonio: a quell’età non la vuole più nessuno. Se si ipotizzano i diciotto-venti anni come limite massimo, a Dama Elinor non resta molto più di tre anni per trovare comodamente un pretendente a Merida. E, tenendo conto del suo carattere, Dama Elinor non si aspetta certo che sia un’impresa facile...!
A presto
Nike

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** PA 10 ***


Il viaggio verso la Nazione del Fuoco fu particolarmente solitario per Monaco Norbu, ormai abituato ad avere con lui i suoi discepoli. Probabilmente, lasciare i due giovani comportava qualche rischio, qualche colpo di testa di Jack Frost, qualche sgridata da parte delle guardie e dei giardinieri, magari qualche incrinatura nello zelo necessario al loro allenamento. Tuttavia, Monaco Norbu non si preoccupava molto per questi dettagli, e questo per due motivi. Per prima cosa, nutriva una certa fiducia sul buon senso dei due ragazzi, per cui non sarebbero andati a mettersi in una situazione più spinosa di quella in cui erano già finiti. In secondo luogo, sentiva che la soluzione al mistero attorno all’erede di Avatar Darje era sempre più vicina, e l’affetto verso il suo vecchio amico lo spingeva a cercare con maggiore energia indizi che potessero sostenere la piccola ipotesi che stava andando a formarsi nella sua mente.
Arrivò sul territorio della Nazione del Fuoco e prese con decisione la direzione per raggiungere il Popolo del Sole. Ormai la strada la conosceva, e sarebbe tornato al villaggio atterrando al centro della piazza.
Quando gli uomini del Popolo del Sole lo videro arrivare lo salutarono agitando le braccia, e corsero verso Champa che atterrava dolcemente. Fu subito circondato e salutato, e Stoik avanzò verso di lui con un’espressione a metà tra il sorpreso e il perplesso.
-Che piacere!- esclamò il nerboruto capo villaggio -Non ci aspettavamo certo che sareste tornati così presto!-
Scaracchio comparve dietro di lui: -Non ci aspettavamo che sareste tornati e basta, oserei dire.-
Astrid e le altre reclute si guardavano intorno sospettose: -I vostri discepoli non ci sono?- chiese la ragazza.
-No. Purtroppo sono stati trattenuti altrove.- il monaco non si aspettava certo, dopo quello che i suoi allievi gli avevano raccontato, che le reclute fossero deluse da quell’assenza, e infatti i giovani fecero un’espressione fra l’imbarazzato e il sollevato con la sola eccezione di Astrid, che invece si corrucciò. Evidentemente aveva sperato in una rivincita.
-Non importa, non importa.- rise comunque Stoik, battendo una manona sulla spalla di Monaco Norbu -A cosa dobbiamo il vostro ritorno, monaco?-
-Alle stesse ragioni per cui viaggio, capo villaggio Stoik.- il nomade attese con un sorriso sereno la reazione del suo interlocutore, che non tardò ad arrivare.
Stoik ricordò la missione del monaco, la sua ricerca del nuovo Avatar, e la sua presenza lì gli fece allargare gli occhi dalla sorpresa. Allora si fece da parte e cedette il passo al suo ospite: -Parliamo.- disse solo.
Presero a camminare per le vie del villaggio, mentre Scaracchio e le reclute li seguivano poco distanti, lasciando che il resto del popolo si occupasse di Champa.
-Credete che la reincarnazione di Avatar Darje si trovi in questo villaggio?-
-Vorrei potervi dire che ho indizi certi, ma purtroppo torno portato solo dal sospetto di uno dei miei allievi.-
-Ero convinto che sarebbe dovuto nascere fra i Nomadi dell’Aria.-
-E in effetti il ciclo delle reincarnazioni non lascia dubbi.- assentì il monaco.
Stoik attese che aggiungesse qualcosa, ma dopo un silenzio dubbioso esclamò: -Allora cos’è andato storto?-
Monaco Norbu si fermò: erano al tempietto dedicato ad Avatar Darje: -Sono qui per scoprirlo. Avatar Darje era una persona complicata e purtroppo non bastano i soli ricordi della nostra amicizia ad aiutarmi a capire dove ritrovarlo.-
-Non è fra i nomadi? Potrebbe essere chiunque?- chiese allora gravemente l’uomo -E questi due ragazzi che vi portavate dietro... nonostante fossero di due popoli diversi... hanno qualche cosa a che fare con lui?-
-Non erano certo normali, quelli lì!- esclamò Moccicoso da poco più indietro.
-Sarebbe a dire?-
Astrid fulminò Moccicoso con lo sguardo, mentre le reclute abbassavano lo sguardo per non incontrare i suoi occhi. Allora Scaracchio prese la parola: -Pare avessero i domini invertiti.- spiegò grattandosi la pancia -E che abbiano dato una bella batosta alle nostre reclute. Per questo si vergognano a parlartene.-
Stoik scosse la testa, basito, e tornò a rivolgersi a Monaco Norbu: -I domini invertiti! Quindi questi ragazzi sarebbero...-
-I loro popoli li presentano come candidati al ruolo di Avatar. Ma non hanno potere su tutti gli elementi, come dovrebbe essere.-
-E quindi cosa sono?-
-Ho la mia ipotesi, e possiamo dire che loro rappresentano degli indizi per capire chi è veramente il nuovo Avatar.-
-Loro ti porteranno a trovare l’Avatar.- Stoik prese un momento per riflettere -E pensate di trovare un nuovo indizio qui?-
-Esattamente. Ma prima- Monaco Norbu allargò il suo sorriso -Posso chiedere se c’è un fabbro, nel vostro villaggio?-

Nel momento in cui la porta della forgia si aprì, si sentì un rimbombare di oggetti metallici e una quantità di utensili cadere per terra.
Il capo villaggio Stoik sospirò mentre faceva strada a Monaco Norbu.
-Hiccup.- disse -Non lo starai facendo ancora, spero.-
Agli occhi del monaco di presentò un ragazzino magrolino e instabile, con delle pinze in mano e l’aria assolutamente colpevole: -Io... cosa? Stare facendo cosa? Stavo martellando il ferro per quelle pentole...-
Il capo villaggio Stoik sospirò di nuovo e disse a Monaco Norbu, indicando il ragazzo: -Hiccup, mio figlio.
-Il monaco sorrise in guisa di saluto: -Vostro figlio, dite? Eppure l’ultima volta non abbiamo avuto il piacere di conoscerlo.-
-In effetti. Sapete, non esce da qui molto volentieri.-
Hiccup roteò gli occhi, mentre da fuori arrivava la voce di Moccicoso che esclamava: -È uno strano pure lui!- e il tonfo sonoro di una botta in testa, verosimilmente tirata da Astrid per zittirlo. A quelle parole, Hiccup abbassò le spalle con aria desolata.
Monaco Norbu prese la situazione in mano: -Se non vi dispiace...- chiese -...vorrei parlare con il giovane Hiccup da solo. In seguito, potremo continuare a riflettere sugli indizi di cui vi parlavo prima.-
Stoik alzò le spalle e uscì, chiudendo la porta.
-Quindi sei il figlio del capo villaggio.- esordì subito Monaco Norbu, spostando poi lo sguardo dalla porta a Hiccup -Eppure non sembra che ti considerino molto.-
Il ragazzo guardava il nuovo arrivato rigido e stretto alle sue pinze, senza parlare.
Il monaco lo studiò un momento, poi prese il suo bagaglio: -Sono qui alla ricerca di qualcuno. Un Maestro del Dominio del Fuoco... sapresti consigliarmi qualcuno?-
Hiccup continuò a fissarlo senza parlare, perplesso sul motivo per cui lo straniero si rivolgesse a lui per questa domanda nonostante fosse stato col capo villaggio fino a un momento prima.
Allora Monaco Norbu comprese che non sarebbe riuscito a rompere il ghiaccio in questo modo e svuotò un sacco su un tavolo della forgia: caddero oggetti da viaggio, chiavi e bussole, e il pupazzetto. Tutti danneggiati.
-Durante il viaggio purtroppo mi si sono rovinati un po’ di oggetti. Potresti ripararmeli mentre discuto con tuo padre riguardo alla mia ricerca?-
-C’è stato un incendio?- chiese allora Hiccup. Aveva visto, evidentemente, l’unico oggetto bruciato.
-In qualche sorta. Saresti in grado di ripararmeli prima della mia partenza?-
Il ragazzo annuì. Non lo aveva più guardato: si era concentrato sugli oggetti da riparare. Monaco Norbu lo lasciò lavorare.
Uscì al sole, dove il capo villaggio Stoik lo aspettava.
-Un ragazzo davvero interessante.- commentò il monaco.
-E siete tornato qui per lui?-
-In realtà, sono venuto nella Nazione del Fuoco alla ricerca di un maestro. Vedete... poco fa, quando vi ho parlato delle capacità dei miei allievi, non vi ho detto che ho incontrato una giovane molto particolare nel Regno della Terra.-
-Da come parlate, sembra che lei sia un’altra dal dominio sbagliato.-
-In effetti.- Monaco Norbu allargò le mani -Per questo sono tornato da voi. Ho promesso di trovarle un Maestro del Dominio del Fuoco, e sono venuto dove questo dominio trova le sue radici per chiedervi di indicarmi qualcuno che faccia al caso mio.-

La piramide a gradoni che si ergeva in cima al villaggio era il Tempio del Fuoco, oltre il quale partiva il sentiero che portava ai monti gemelli delle cerimonie. Il capo villaggio Stoik prese a salire verso la cima della piramide con passo deciso, mentre Monaco Norbu gli trottava dietro.
-Non so assolutamente come aiutarvi a trovare il miglior Maestro del Dominio del Fuoco della Nazione del Fuoco.- spiegava in tutta onestà l’uomo -Siamo un popolo abbastanza chiuso, e le montagne che ci circondano rendono difficile le comunicazioni con l’esterno. Credo che voi siate i primi stranieri dopo anni a essere arrivati qui.-
Monaco Norbu annuiva piano.
-Tuttavia, possiamo chiedere alla sacerdotessa del Tempio del Fuoco e dei Draghi. Lei potrà darvi sicuramente più informazioni di me.-
Arrivarono in cima e una donna si avvicinò. Dietro di lei, su un ampio altare bruciava un alto fuoco.
-Vi presento la sacerdotessa dei Draghi. Il suo nome è Valka.-
Monaco Norbu si inchinò con un sorriso cordiale e lei ricambiò con dolcezza.
-Sono la madre di Hiccup.- aggiunse lei con espressione d’intesa.
Stoik la guardò con disapprovazione e lei replicò: -E quindi? Vi ho visti entrare alla forgia, poco fa.-
L’uomo scosse la testa, poi tornò a rivolgersi al suo ospite: -Come vi dicevo, in quanto sacerdotessa del fuoco può esservi d’aiuto nella vostra ricerca.-
Il monaco annuì e i due furono lasciati soli.
-Mi è stato raccontato del vostro arrivo, l’ultima volta che siete stati qui.- esordì la donna -Purtroppo ero in ritiro presso il Monte dei Maestri assieme ai miei draghi.-
-Sono comunque contento di fare la vostra conoscenza. Mi chiedevo se poteste indicarmi un buon Maestro del Dominio del Fuoco.-
La donna si appoggiò al suo bastone a sonagli: -Mi stupisce che siate venuto qui da noi, che siamo un popolo molto chiuso, invece di recarvi ai Templi del Fuoco della Nazione del Fuoco o, più facilmente, al Tempio dell’Aria del Nord.-
Monaco Norbu non seppe bene cosa rispondere. Allora lei continuò: -Ci sono altre ragioni per cui siete tornato qui?-
-Cerco il Dominio del Fuoco più puro. Ha a che fare con l’Avatar.- e le spiegò brevemente di Rapunzel, di Jack Frost e soprattutto di Merida, e della questione dei domini invertiti.
-Capisco.- la sacerdotessa si sollevò dal suo bastone -E pensate che questo possa implicare anche Hiccup, in qualche modo? Perché, in quel caso, lasciate che vi dica che vi sbagliate.-
-Che cosa ve lo fa pensare?-
Lei agitò avanti e indietro il bastone, seguendolo con gli occhi mentre parlava: -Perché i giovani di cui parlate mi fanno comprendere che state ancora cercando qualcuno. Loro sono solo tre, mentre i domini sono quattro. E, invece di rivolgervi ai Templi, invece di considerare qualunque altro giovane del mio popolo, siete entrato direttamente nella forgia. Ma mio figlio, lui... ha dei doni molto singolari. È vero, non è un Dominatore del Fuoco, e questo ha molto deluso suo padre. In compenso, quello che Hiccup è in grado di fare ha messo Stoik molto in difficoltà. Cerca in tutti i modi di reprimere i doni di suo figlio.-
-Sono doni particolari?-
-Non rientrano in nessuno dei domini. E questo spaventa molto il villaggio: evidentemente gli dei furono in collera con noi per qualche motivo nel momento della sua nascita.-
Monaco Norbu rifletté su quello che aveva appena sentito. Poi chiese: -Se potessi aiutarvi a sciogliere il mistero attorno a vostro figlio mi lascereste fare qualcosa?-
-So cosa state cercando, Monaco Norbu. I domini sono quattro e volete trovare il quarto giovane col ‘dominio sbagliato’. Lasciate perdere. Hiccup non è un Dominatore della Terra.-
Monaco Norbu non disse più niente, così la sacerdotessa riprese: -Tuttavia... se vi serve un maestro per la vostra Merida, un maestro degno dell’Avatar, posso seguirvi io. La vostra giovane così speciale di cui mi parlate potrà apprendere il dominio più puro: se si rivelasse essere l’Avatar, andrà tutto a suo vantaggio. Nel caso in cui non lo sia... in ogni caso potrà allenarlo lei, una volta che l’avrete trovato.-
L’uomo accettò con un inchino e intraprese la discesa del tempio.

Hiccup corse al mucchio di utensili e raccattò il primo che gli capitò a tiro nel momento in cui sentì la porta aprirsi.
-Stai tranquillo, stai tranquillo.- salutò Monaco Norbu -Sono solo io. Non sentirti in dovere di nascondere il tuo dono.-
Il ragazzo lo guardò perplesso, stringendo il suo cacciavite, mentre un muso nero compariva dietro un tavolo di lavoro e osservava la scena con un occhio perplesso.
-Sono venuto a vedere a che punto fossi.-
Allora Hiccup appoggiò il cacciavite: -Ho iniziato a riparare la bussola. Finora sono riuscito a fare solo questo.- prese un oggetto in un panno e lo porse a Monaco Norbu.
L’uomo lo prese e lo scoprì: dentro c’era il pupazzetto di Avatar Darje. Riparato. Non nuovo, né diverso. Era esattamente come prima dell’incidente di Merida. I meccanismi interni erano stati ricostruiti con precisione e funzionavano in maniera identica per le due braccia, quella che si era salvata e quella rifatta. Le parti in legno erano state ricostruite e l’intero pupazzetto era stato ridipinto, nonostante il tempo prima e le fiamme poi avessero fatto sbiadire completamente i colori. E, questo, senza alcuna indicazione o disegno o istruzione.
-Stupefacente.- Monaco Norbu si rigirò l’oggetto fra le mani -L’hai pure ridipinto.-
-Sicuramente non erano così, i disegni.-
-Sì. Sì, sì.- l’uomo guardò il ragazzo: -Posso chiederti come hai fatto a lavorare il ferro delle articolazioni?-
Hiccup guardò da un’altra parte, la bocca sigillata.
-Non sono tuo padre. Conosco una nomade che domina l’acqua e un ragazzo della Tribù dell’Acqua che domina l’aria.-
-Sono i due che hanno sconfitto le reclute?- chiese il ragazzo -Ho sentito Scaracchio sgridarli, dopo che siete ripartiti.-
-Già. E ti dirò una cosa: secondo me a loro sarebbe piaciuto conoscerti.- sorrise allo sguardo incredulo di Hiccup: -Hanno un dono ‘sbagliato’. Sicuramente ti avrebbero capito.-
-Davvero?-
-Già. Se ti portassi da loro in questo momento, sono sicuro che sarebbero contenti di conoscerti.-
Hiccup prese un lungo momento per metabolizzare la novità. Monaco Norbu attese pazientemente, così il ragazzo ad un certo punto chiese: -Ha mai pensato al metallo?-
Il monaco non rispose, così continuò: -Il metallo è un elemento che può essere lavorato, e può essere reso quello che uno vuole. Ma ha mai pensato a come si arriva a questo risultato?- ci fu un cenno di diniego da parte del monaco -Il metallo viene scaldato, fuso e picchiato. Il metallo è un elemento spezzato, pressato, per dargli la forma che vuole qualcun altro.- Hiccup prese un pezzo di metallo da un mucchio di scarti e lo fece levitare sopra al palmo della mano. Quando poi la chiuse pugno, il metallo si accartocciò come una foglia secca: -Quando mio padre si è aspettato che diventassi un Dominatore del Fuoco, io sono diventato così.- e appoggiò il metallo compresso accanto al pupazzetto.
Monaco Norbu rifletté intensamente. A quelle parole si era scoperto preda di una lotta interiore: da un lato, nella sua ricerca del quarto giovane che la sacerdotessa aveva molto acutamente indovinato, si affidava a prove come l’intuizione di Jack Frost e, soprattutto, alla prova del pupazzetto che, nonostante non fosse stata condotta in maniera molto ortodossa, poteva essere ritenuta superata; dall’altro, il discorso di Valka e questo potere fuori da ogni concezione lo facevano esitare. Se Rapunzel, Merida e Jack Frost dicevano che i loro domini erano ‘sbagliati’ usavano una certa imprecisione: i domini erano invertiti. Ma questo potere... era sbagliato davvero. All’inizio poteva aver sperato che Jack Frost avesse visto male, ma questa era una conferma inequivocabile.
Alla fine si alzò: -Grazie per la chiacchierata.- si sarebbe preso qualche ora per pensare -Ti lascio finire il lavoro.- e uscì.

Il mattino dopo Champa fu preparato e Monaco Norbu e la sacerdotessa Valka salirono. Il monaco aveva confidato al capo villaggio i suoi dubbi, ma questi gli aveva caldamente sconsigliato di portarsi dietro Hiccup. Monaco Norbu non aveva potuto opporsi al volere del capo villaggio e aveva ceduto. Il bisonte prese il volo e i due partirono per il Regno della Terra. Mancava poco allo scadere dei dieci giorni concordati con i DunBroch ed era necessario rientrare.

Merida, dopo il litigio con sua madre per la rottura del suo fidanzamento, si era persa per le vie della città, e le nuvole avevano reso cupa le fine del pomeriggio. Jack Frost e Rapunzel l’avevano raggiunta e cercavano di confortarla. Sotto le prime gocce di pioggia non si erano resi conto che qualcuno li seguiva.

Dopo un’oretta di viaggio sorvolavano il mare, quando si sentì uno starnuto provenire dal mucchio di bagagli. Valka allungò la mano, per scoprire un Hiccup molto rosso sulle guance.
-Hiccup! Che cosa ci fai qui? Che fine hanno fatto le provviste?!-
-Le ho fatte scaricare a Sdentato.- rispose il ragazzo con un filo di voce.
Il monaco lo guardò dall’alto della sua posizione di guida: -A cosa dobbiamo quest’improvvisata?-

I tre ragazzi correvano per le strade, sotto la pioggia. Gli uomini li inseguivano e li braccavano da tutte le parti. Jack Frost era saltato su un tetto con l’aiuto del bastone, ma un masso lo aveva preso al fianco e lo aveva fatto precipitare.
Rapunzel ghiacciò per terra per far scivolare gli inseguitori, ma il selciato della strada si alzò intorno a lei e la intrappolò fino al collo.

-Aveva dimenticato il pupazzetto alla forgia.- si giustificò il ragazzo.
Monaco Norbu sorrise: -Ti ringrazio, ma ero convinto lo avessi messo nel bagaglio con gli altri oggetti che avevi riparato.-
Allora Hiccup divenne tutto rosso, sotto lo sguardo di disapprovazione della madre, e confessò: -Volevo venire a conoscere i suoi ragazzi dal dominio sbagliato. Non mi riportate indietro, vero?-
Valka sospirò e guardò il monaco, che disse, con un sorriso contento: -Temo di no: ormai siamo troppo lontani e perderemmo troppo tempo.-

Jack Frost tirava Merida per la mano. Si guardava intorno con occhio febbrile: avevano perso Rapunzel, e si odiava per questo.
In una stradina si trovarono presi da due lati e lui, in guisa di diversivo, lanciò l’aliante aperto perché lo inseguissero. L’oggetto fu abbattuto con due massi poderosi e cadde a terra spezzato.
Allora Jack Frost lanciò una folata potente nello stomaco di Merida e la spinse in un vicoletto laterale nel momento esatto in cui un sacco calava sulla sua testa.
La ragazza rotolò dietro un mucchio di rifiuti e rimase lì, senza fiato. Sentiva gli uomini imprecare: -Ma non si parlava di una ragazza della Tribù dell’Acqua o di un nomade?! Che razza di informazioni sono queste?!- e poi -Chissà quale dei due è l’Avatar?- a cui rispose una voce cavernosa: -Non è importante. Cominciamo a prenderli entrambi.-
Merida attese piangendo che tornasse il silenzio, poi strisciò fuori dai rifiuti e si rimise traballante in piedi. Tenendosi ai muri delle case vagò per le strade, completamente terrorizzata e disorientata. Fu quando raccolse l’aliante spezzato che qualcosa scattò nella sua testa, e in preda al panico corse a casa sua. Jack Frost e Rapunzel erano stati rapiti: Monaco Norbu non sarebbe stato contento.

 




Angolino dell’autrice:
Finalmente è arrivato anche il quarto dei Grandi Quattro! Ma non per questo, a quanto pare, il nostro gruppo preferito si riunirà già nel prossimo capitolo...
Puntualizziamo qualcosa, vi va?
Partiamo dal dominio del metallo ...perché alla fine è proprio questo, no? Allora aggiungiamo due cose: la prima è un doveroso riferimento al fumetto di Avatar - La promessa, parte due. Le parole del nostro Hiccup, nel momento in cui descrive il suo potere sul metallo, sono ispirate alla descrizione che Toph fa del Dominio del Metallo. Anche a questo punto fermo subito i puristi: nessuna paura, non ci sarà alcuna discontinuità con la storia di Avatar.
La seconda cosa è la reazione di tutti nei confronti di questo potere. Proprio perché non c’è ancora stata Toph, i contemporanei di Hiccup lo considerano un potere assolutamente sbagliato... questo anche Monaco Norbu che, nonostante sia aperto e paziente e pronto ad accettare tutti, resta figlio del suo tempo.
La seconda puntualizzazione riguarda il rapimento da parte dei banditi: come a Merida, anche a loro sono arrivate notizie vaghe sulla vera identità dell’Avatar, poiché quando le notizie si diffondono oralmente possono essere deformate, specie se molto imprecise. A questo punto si capisce perché Merida tema tanto che si diffondano voci sul suo legame con Avatar Darje, no?
A presto
Nike

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** PA 11 ***


Monaco Norbu non fu affatto contento.
Merida lo aveva atteso con disperazione e, quando lo aveva visto atterrare, era scoppiata a piangere. Il monaco si era guardato attorno e aveva chiesto: -Dove sono i miei discepoli?-
Ora dama Elinor lo metteva al corrente delle poche ricerche che erano state fatte, poiché era tutto avvenuto appena un paio di giorni prima. Ovviamente i DunBroch non si erano risparmiati in risorse e avevano mobilitato subito il loro intero corpo di guardia, ma fino in quel momento non c’erano stati risultati.
Monaco Norbu ascoltava in silenzio. Aveva un’espressione grave sul volto e Merida si accorse, per la prima volta da quando l’aveva conosciuto, che non sorrideva. Anche quando era intervenuto la sera in cui i suoi discepoli si erano introdotti nella sua stanza, il monaco non aveva perso la sua aria gentile, per quanto avesse usato un tono fermo.
-Lo so che le mie parole hanno poco significato per voi in questo momento, maestro.- concluse dama Elinor -Ma sappiate che mi ritengo completamente responsabile per questo orribile avvenimento. Vi prego di accettare tutte le mie scuse: ero convinta di essere in grado di gestire meglio la situazione.-
-Non fatevene una colpa inutilmente, dama Elinor.- rispose il monaco -Ho lasciato qui i miei ragazzi ben conscio della protezione che la vostra famiglia può offrire. Tuttavia li conosco e posso dirvi che non è la prima volta che girano da soli per villaggi e città, mettendosi anche di loro volontà fuori portata di ogni eventuale soccorso. Ma questo non è più il momento di cercare un responsabile a quello che è successo.-
Dama Elinor sollevò lo sguardo sul suo volto serio. L’uomo continuò: -Ho mantenuto la mia promessa. Questa è la sacerdotessa Valka: si occuperà lei di vostra figlia.- Le due donne si scambiarono un saluto -E questo giovanotto è Hiccup, suo figlio.-
Ci fu un altro giro di saluti. A Hiccup fu presentata Merida. Poi Monaco Norbu riprese la parola: -A questo punto mi unirò anche io alle ricerche. Nella speranza che con il mio contributo si possa arrivare a ritrovare i miei ragazzi in tempi brevi.-
Dama Elinor annuì: -Troverete mio marito con gli uomini a perlustrare i confini opposti della città. Da domani dovranno allargare le ricerche anche alle campagne.-
Il monaco annuì e uscì senza aggiungere altro. Il suo silenzio teso e la sua fretta rivelavano il timore di tutti: che i suoi due discepoli fossero già stati portati troppo lontano per poter essere soccorsi.

Dama Elinor si era premurata di trovare subito degli alloggi liberi per i nuovi ospiti, e Merida fu messa al lavoro con la sua nuova maestra già il giorno dopo.
La padrona di casa aveva accompagnato sua figlia in un piccolo giardino isolato dal resto del parco della villa: si trattava di un giardino di ghiaia pettinata accuratamente intorno ad alcuni massi disposti ad arte e alternati a piante dai tronchi scuri e le fronde alte e potate con attenzione. Una passerella in ardesia nera lo attraversava da un lato all’altro, allargandosi al centro in uno spiazzo spoglio e ordinato.
Valka le attendeva, mentre Hiccup era saltato sul masso più vicino e, seduto, si osservava intorno in silenzio.
Una volta che Dama Elinor si fu ritirata, la donna sorrise alla sua nuova allieva: -Quindi tu saresti la giovane nobile del Regno della Terra dal dominio sbagliato.- esordì.
Merida annuì.
-Vorrei misurare le tue capacità.- continuò allora Valka.
-Come... qui, subito?- chiese Merida.
-Certo. Non vorrai aspettare oltre spero?-
Allora Merida annuì esitante e tese la mano. Dapprima le fiamme furono non più alte di una decina di centimetri, e pian piano raggiunsero un’altezza controllata che non superava di molto la testa di Merida. Poi smise: -So arrivare fino a qui.-
Valka inarcò un sopracciglio: -Tutto qui?-
-Come, tutto qui? Per un’autodidatta mi sembra già buono... no?-
-Da quello che mi ha detto il monaco, tu sai già del tuo dominio da anni. È tutta qui l’estensione delle tue capacità? Non ti sei mai allenata prima?-
Merida scosse la testa: -Ho già dato fuoco all’intera ala nord della casa.-
Valka rifletté: -Capisco. Per questo ti trattieni?- poi continuò, quasi soprappensiero: -È un peccato, perché quando ti vedo usare il tuo dominio penso subito a una fiamma spenta sotto un mucchio di terra, oppure tutt’al più al fuoco di un caminetto. Ma stai tranquilla: non sarà sempre così. Devi sapere che il Dominio del Fuoco è il dominio del potere. Un dominatore del fuoco ha energia e volontà, e soprattutto motivazione per raggiungere quello che vuole.-
-Io... volevo solo non sposarmi.- mormorò Merida a quelle parole.
-E adesso?-
-Il matrimonio è annullato. Ma dovrò sposarmi comunque. Tutto quello che faccio non serve a nulla.-
Valka la osservò un secondo, poi riprese: -Il fuoco è l’elemento della volontà. Nel momento in cui vuoi raggiungere un obiettivo ti permette di tirare fuori l’energia necessaria. Questo può portare a derive come orgoglio o ambizione, ma se appreso nel modo più giusto farà di te una dominatrice fiera e degna di rispetto.- e, mentre parlava, Valka agitava le mani e le fiammelle uscivano e giocavano fra le sue dita, per disperdersi in mille piccole luci per il giardino, che prese a brillare di tante scintille rosse, arancioni e gialle.
Merida si guardava intorno con gli occhi che brillavano.
-Il tuo dominio dev’essere un’estensione del tuo corpo, deve arrivare fino dove vuoi tu e non oltre dove vuoi tu. I limiti non sono intorno a te ma nella tua testa. Quando parlo di energia e volontà, non parlo della tua situazione sociale ma di te stessa.-
Poi le luci si spensero una dopo l’altra e la calma tornò fra loro due. Valka sorrise a vedere lo sguardo rapito della ragazza: -Cominciamo?-
-Va bene!- Merida drizzò la schiena -Sono pronta!-

La città era stata battuta da cima a fondo. Fergus DunBroch aveva guidato i suoi uomini per le strade dal momento stesso in cui sua figlia era tornata a casa a dare l’allarme, e da quel giorno organizzava ronde e turni per la notte, per non affaticare troppo le guardie e, allo stesso tempo, evitare che le ricerche dovessero essere interrotte.
Intorno a lui le porte si chiudevano e le imposte delle finestre si socchiudevano, lasciando intravedere occhi curiosi e timorosi, ma lui non si perdeva d’animo e frugava dappertutto.
Monaco Norbu l’aveva raggiunto la sera stessa del suo ritorno e si era unito alle ricerche. I due uomini si erano scambiati poche parole, e in silenzio il monaco vagava per le strade con l’orecchio teso, nella speranza di sentire il respiro dei suoi allievi. Fergus, dal canto suo, entrava in tutte le locande e in tutte le botteghe, scopriva botole, scostava tende, riversava letti e tavoli.
Poi la perquisizione della città finì, e nella sera che avanzava furono organizzate ronde per cominciare a battere le campagne. Il nobile mandò due terzi dei suoi uomini a riposare, e consigliò a Monaco Norbu di fare lo stesso: era appena tornato, e aveva bisogno di recuperare le forze.
Il monaco ringraziò ma disse che non aveva necessità di rientrare alla villa per riposare: si sedette sotto un albero dal tronco torto e si immerse in una profonda meditazione. Fergus lo lasciò fare e si unì al primo turno di ricerche notturne.
Fu il giorno dopo che uno dei suoi uomini corse da loro per comunicare l’incontro di un tipo sospetto in una locanda sulla strada che usciva dalla città.
Monaco Norbu e Fergus accorsero col cuore in gola: da lontano sentivano urla e una lotta in corso.
-I miei uomini hanno trovato qualcosa!- esalò il nobile.
Spronò il cavallo, mentre Monaco Norbu gli teneva dietro col suo dominio, che gli permetteva di compiere balzi lunghissimi semplicemente soffiando verso il basso.
Giunsero alla locanda e videro la porta sfondata e i tavoli rovesciati, mentre un uomo correva verso Fergus urlando: -I miei cavoli! Prendetelo, quell’uomo ha distrutto i miei cavoli!-
Il nobile scese da cavallo e si diresse al capannello di guardie, che circondavano il loro obiettivo... senza comunque riuscire a raggiungerlo! Gli lanciavano addosso massi e pietre, ma quello schivava e rispondeva, e ne aveva già atterrati una decina.
Allora Fergus, con un poderoso passo in avanti, gli mandò addosso una sequenza di massi, che l’avversario dovette parare riparandosi sotto due lame di roccia che si incrociarono davanti a lui.
Monaco Norbu atterrò accanto a Fergus, che tuonò: -Dichiarate chi siete!-
-È questa l’accoglienza nella città dei DunBroch, amico?- rispose allora una voce profonda e piccata -Prima mi invitare e poi mi attaccate: non posso dire che la prima impressione sia ottima!-
Monaco Norbu fece segno a Fergus e prese la parola: -Non attaccheremo. Per favore, presentatevi.-
Le due lame di roccia furono ritirate e comparve un uomo dal fitto vello grigio, due spesse sopracciglia nere e la corta barba bianca: -Sono il Maestro della Scuola del Dominio della Terra Calmoniglio. Ho ricevuto pochi giorni fa un invito a rendermi presso la tenuta dei DunBroch, ma non credevo che fosse per tendermi una trappola.-
Fergus DunBroch fece un’espressione sorpresa: -Io non ho invitato proprio nessuno!-
Monaco Norbu intervenne: -Vi chiedo scusa, nobile Fergus. Sono stato io a mandare un invito al Maestro Calmoniglio durante il mio viaggio di ritorno, ma a causa degli ultimi avvenimenti non ho avuto occasione di avvertirvi.-
-Molto bene.- rispose il nobile, grattandosi perplesso un sopracciglio -Allora potrete chiedergli voi di lasciare andare il mio uomo?-
Maestro Calmoniglio si rese conto solo allora di avere tenuto durante tutto il dialogo per la collottola una guardia, che divincolava i piedi per aria. Con una mezza scusa lo appoggiò per terra, e con un sorriso e un inchino salutò Monaco Norbu.

Dama Elinor osservava le fiamme. Si era ritirata dopo cena nella sua stanza e si era seduta al telaio, ma non riusciva a concentrarsi e aveva finito per incantarsi.
Mentre fissava il vuoto, qualcuno bussò leggermente alla porta e aprì quando la sentì rispondere.
-Disturbo?- chiese dolcemente Valka, facendo un passo nella stanza.
Dama Elinor scosse la testa e le indicò uno scranno accanto a lei. La maestra si accomodò fra coperte e cuscini.
-Spero che mia figlia non vi stia facendo disperare.- esordì allora la padrona di casa.
-Vi confesso- sospirò la sacerdotessa -che invece vorrei mi facesse disperare di più. Ha difficoltà a lasciarsi andare.-
-La prima volta che ha usato il suo dominio ha dato fuoco a un quarto della villa.- si sentì in dovere di spiegare dama Elinor -Noi ancora non sapevamo niente, ma lei si è spaventata parecchio. Non fosse intervenuto suo padre a tirarla fuori di lì...- poi aggiunse -Forse non ho mai avuto davvero bisogno che me lo dicesse. Forse l’ho sempre saputo, in fondo, che era stata lei. Ma non me ne ero mai veramente resa conto.- sorrise -Mi basta guardare il fuoco nel camino per pensare a lei.-
Valka annuì: -Volete molto bene a vostra figlia.-
-Vorrei se ne accorgesse.- dama Elinor sospirò -Sto cercando di fare tutto il possibile perché possa avere una vita felice.-
-Con un matrimonio?-
-Con un matrimonio.-
Valka non rispose. Tornò a guardare le fiamme riflettendo fra sé. Poi disse: -Anche il rapimento dei suoi amici l’ha segnata.-
-Ne sono sicura. Ma posso garantirvi che non ha segnato solo lei.- Valka guardò la donna, e dama Elinor continuò, con una smorfia di dolore: -Mi erano stati affidati e io ho lasciato che li portassero via. Che razza di madre sono, a guardare mia figlia e sapere cosa ha passato senza che io potessi fare niente per dei ragazzi come lei?- si portò una mano alla bocca e si interruppe con un singhiozzo.
Valka tese una mano e le accarezzò la spalla. Dama Elinor riprese, con gli occhi lucidi: -E se avessero preso anche mia figlia? E se volessero venire a prendere anche lei? Ho paura per i ragazzi, per cosa potrebbe succedere loro, e sono terrorizzata per la sicurezza di Merida...-
La sacerdotessa sorrise tristemente, senza smettere di accarezzarle la spalla: -Posso capire. Tuttavia, se posso rassicurarvi, sappiate che Merida prenderà presto confidenza col suo potere e, credetemi, se c’è una cosa difficile è rapire un Dominatore del Fuoco. Inoltre, io e Monaco Norbu siamo d’accordo per non perderla più di vista.-
Dama Elinor sorrise fra le lacrime. Valka la lasciò sfogare ancora qualche istante, poi la nobildonna cercò di cambiare discorso: -E quindi avete portato con voi anche vostro figlio...-
La sacerdotessa sospirò: -Ci ha seguiti di nascosto. Non so cosa gli abbia detto il monaco, ma si è messo in testa di conoscere altri ragazzi dal dominio sbagliato.-
Dama Elinor spalancò gli occhi: -Un quarto ragazzo dal dominio sbagliato? Non sarà...-
-No, non lo è. Monaco Norbu sta cercando il Dominatore della Terra, ma non si tratta sicuramente di Hiccup. Lui...- sospirò tristemente -lui non ha un dominio normale. Probabilmente è stato maledetto dagli dei.-
-Perché lo pensate? Cosa ve lo fa dire?-
-Perché il suo potere è completamente fuori natura. Sa il cielo quanto vorrei non fosse così, ma lo è. E purtroppo è un potere troppo strano perché sia accettato dal mio popolo.-
Dama Elinor la guardò un secondo, poi commentò dolcemente: -Be’, allora direi che non è poi così male per lui che sia partito con voi.-
Valka assentì, quando qualcuno bussò alla porta.
Fu introdotto Monaco Norbu, in compagnia di uno sconosciuto.
-Dama Elinor, lasciate che vi presenti il Maestro della Scuola del Dominio della Terra, Calmoniglio.- presentò il monaco -L’ho chiamato durante il nostro viaggio di ritorno perché possa esaminare Hiccup.-
Valka si alzò in piedi: -Monaco, vi ho già detto che in mio figlio non troverete quello che state cercando.-
-Non voglio mettere in dubbio le vostre parole, ma né io né voi siamo Dominatori della Terra. Vorrei che a dichiarare una cosa del genere fosse un maestro di questa disciplina.-
La donna sospirò: -Non potete fidarvi solo delle sensazioni di un vostro discepolo, per decidere che mio figlio è la persona che cercate.-
Monaco Norbu annuì: -Allora lasciate che Maestro Calmoniglio mi dia torto. Almeno avremo già stabilito i contatti per quando avremo trovato l’Avatar.-
Valka si vide costretta ad accettare, mentre Maestro Calmoniglio esclamava: -Allora, andiamo a conoscere questo cucciolo!-

Ma la sacerdotessa risultò avere ragione.
Hiccup era stato affidato alle cure del maestro il mattino presto, ma dopo un’intera giornata di spiegazioni di posizioni, di ripetizioni di movimenti, di incoraggiamenti virili e testosteroniche pacche sulle spalle, Maestro Calmoniglio mandò a letto Hiccup e andò a incontrare Monaco Norbu e Valka intorno a una tazza di tè caldo, e dichiarò che non aveva potuto cogliere la minima traccia di Dominio della Terra nel ragazzo.
-Non ho voluto scoraggiarlo e gli ho detto che domani riproveremo. Ma è inutile spremere da una persona un dominio che non c’è.-
Monaco Norbu abbassò lo sguardo sulla sua tazza di tè. Era tornato dalle campagne solo per sentire il responso di Maestro Calmoniglio, e doveva tornare subito alle ricerche. Contava di finire il suo tè e ripartire. Tuttavia aveva sperato di sentire, almeno dal maestro, notizie più incoraggianti.
-Mancano proprio le basi perché possa essere un Dominatore della Terra.- continuò Maestro Calmoniglio.
-Cosa intendete dire?- chiese Valka.
-La Terra è l’elemento della sostanza, della stabilità. Noi dominatori siamo ostinati e resistenti. Troverete tanti stili in giro per il Regno della Terra, ma avranno tutti questa caratteristica in comune: affrontiamo di faccia il nostro avversario. Mentre quel ragazzo...- il maestro scosse la testa -...manca di tutte queste qualità. Tutte. Anche dovesse avere un barlume di dominio, difficilmente con il suo carattere schivo riuscirà a tirarlo fuori.- e con quello firmò la sua sentenza.

Mentre i maestri discutevano, Merida dormiva. Nella sua stanza tutto era spento e silenzioso, ma lei non riusciva a trovare pace. La faccia persa di Rapunzel e l’espressione sconvolta di Jack Frost la perseguitavano nei suoi sogni, e la voce cavernosa che li aveva fatti portare via le riempiva le orecchie. Le parole ‘Cominciamo a prenderli entrambi’ si deformavano nella sua memoria e si rivolgevano a lei, la cercavano, la chiamavano, dicevano ‘cominciamo a prendere anche lei’. Lei si rigirava nelle coperte e si metteva in trappola da sola, si sentiva avviluppare le gambe e le braccia, come se i suoi nascondigli non servissero più a proteggerla e i rapitori venissero a prenderla nella spazzatura in cui era finita.
Si sedette di colpo urlando e si guardò intorno, nella luce della falce di luna che le illuminava debolmente la camera. Aprì il palmo della mano sulle ginocchia e accese una fiammella che la ristorasse. Questo le capitava tutte le notti, ormai.
Poi si ricordò dei due viaggiatori, e le viscere le si contorsero nel ventre. Se lei non fosse scappata a loro non sarebbe successo niente, e questo non poteva perdonarselo.
Si alzò per fare due passi e cambiarsi un po’ le idee, perché affrontare quei pensieri tutte le notti da sola la spossava enormemente. Aprì la porta della sua stanza e scivolò silenziosamente per i corridoi. Conosceva ogni pavimento in legno di quella villa e sapeva dove passare per evitare scricchiolii e rumori.
Arrivò quindi nell’ala riservata agli ospiti e notò che una porta era socchiusa e ancora illuminata. Lei si avvicinò e scostò piano l’uscio, e sbirciò dentro: il figlio della sua maestra stava combinando qualcosa al tavolo basso al centro della stanza, e lei tese il collo per vedere: -Cosa fai?-
Il ragazzo ebbe un sussulto e la sua mano corse alla sacca accanto a lui, da cui estrasse una riga in legno: -Stavo solo martellando!- esclamò senza girarsi, la schiena rigida.
Lei si mise a ridere e entrò nella stanza: -Sono solo io. La maestra non c’è?-
Hiccup scosse la testa: -Sta parlando con gli altri maestri.-
Merida si sedette accanto a lui: -Allora? Cosa stai facendo?-
Hiccup indicò l’oggetto del suo lavoro: un bastone leggero e ben levigato era aperto in due per lungo e lui stava inserendo un meccanismo in un vano, mentre vicino c’era i resti dell’aliante di Jack Frost: -Il monaco sembrava così triste quando ha visto quest’aliante rotto.-
-E lo ripari per lui?-
Hiccup fece spallucce. Prese il meccanismo vecchio e lo studiò a fondo. Era talmente rapito dal quel nuovo giocattolo che Merida si chiese se in realtà non lo stesse riproducendo per suo interesse personale: -Apparteneva a uno dei due viaggiatori rapiti.-
Hiccup alzò lo sguardo su di lei, così lei si sentì spinta a continuare: -Il ragazzo della Tribù dell’Acqua, si chiamava Jack Frost.-
Hiccup annuì. Se lo ricordava, da quando l’aveva visto al suo primo arrivo al Popolo del Sole e aveva sfilato con i due nomadi fino a incontrare suo padre.
Prese un pezzo di metallo dalla sacca accanto a lui e la mostrò a Merida: poi, sotto i suoi occhi, gli fece assumere la forma di una placca in metallo. Lei rimase senza parole e alla fine disse: -Mi era sembrato di capire che avessi un dominio sbagliato pure tu... Ma tu non dovevi essere un Dominatore della Terra?!-
Lui la guardò perplesso, così lei spiegò: -Be’, sei il figlio della mia Maestra del Dominio del Fuoco ma oggi ti ha allenato un Maestro del Dominio della Terra. Visto che Jack Frost e Rapunzel avevano i domini invertiti, avevo immaginato che tu fossi quello che aveva invertito il dominio con me.-
Hiccup scosse la testa e appoggiò quello che stava facendo: -Non sono un Dominatore del Fuoco. Ma non sono neppure un Dominatore della Terra. Al villaggio dicono che sono maledetto.-
Merida lo guardò senza parole, così questa volta fu lui a riprendere: -Cosa ci fai qui?-
-Non riuscivo a dormire...-
-Avevi paura?-
Merida lo fissò basita e lui spiegò: -Me ne accorgo da come tremi. Lo avverto dal pavimento. Mi accorgo di come stanno le persone: oggi sapevo che il maestro era demoralizzato, e che mentiva quando mi diceva: domani andrà meglio.- abbassò lo sguardo: -Io non sono un Dominatore della Terra. E mi dispiace che il monaco dovrà venirlo a sapere.-
-A quest’ora mi sa che lo sa già.- Merida scosse le spalle, poi esclamò: -Ma davvero hai questo potere?!- lui annuì, così lei continuò: -Allora aiutami, ti prego! Con il tuo potere potremo trovare informazioni importanti, e trovare i due viaggiatori! Ti prego, aiutami a ritrovarli!-
Hiccup non sapeva bene che cosa volesse dire, né che cosa loro due potessero fare in più dell’intero corpo di guardia di Fergus DunBroch, ma si accorse che quell’idea la faceva reagire, e che le faceva passare la paura che aveva avuto fino a quel momento. Per di più, lo allettava l’idea di uscire da quella villa, di cui aveva esplorato ogni singolo angolo, anche il più recondito, e che ora lo annoiava. Così accettò.

 




Angolino dell’autrice:
Merida e Hiccup partono alla ricerca di Rapunzel e Jack Frost! Riusciranno nel loro intento? I nostri Grandi Quattro riusciranno a incontrarsi presto?
Momento precisazioni: quando Valka e Calmoniglio descrivono i loro domini, le parole che do loro sono in parte tratte dagli insegnamenti di zio Iroh nell’episodio 9 ‘Il Dominio della Terra’ della seconda serie.
Inoltre, a causa di impegni sempre più numerosi devo tornare sulla mia promessa di mantenere una pubblicazione settimanale: cercherò sempre di essere puntuale ogni domenica o lunedì, ma se mi vedo troppo carica di roba da fare dovrò far slittare la pubblicazione di una settimana. In ogni caso spero di non dover mai superare le due settimane di attesa fra una pubblicazione e l’altra.
A presto
Nike

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** PA 12 ***


Quando aveva deciso di lasciare il Popolo del Sole, ammetteva Hiccup, l’aveva fatto per curiosità. A causa del suo ‘dono’ suo padre l’aveva relegato alla funzione di fabbro e le occasioni per uscire erano sempre state troppo poche, e anche quando aveva il tempo di girare era sempre stato seguito, riacciuffato e riportato indietro. Stoik temeva che scappasse e, in effetti, data la lunghezza delle sue passeggiate, Hiccup capiva di dare proprio quell’impressione. Talvolta aveva contemplato quell’idea, in tutta onestà, e si chiedeva se montare su Sdentato e volare via non potesse essere per lui una soluzione alla sua sensazione perenne di prigionia. Ma si era sempre risposto che tanto non sapeva dove andare, quindi aveva sempre lasciato che lo riacciuffassero e lo riportassero indietro.
Poi era spuntato dal nulla quel monaco, e improvvisamente gli si era aperta una porta. Non solo Monaco Norbu aveva insinuato nella sua testa l’idea che potesse andarsene da quella forgia, ma gli aveva anche detto che probabilmente qualcuno era disposto a fare la sua conoscenza... a capirlo. La grossa novità! Quell’eventualità era bastata per attizzare la sua curiosità e lui aveva preso in considerazione, seriamente, di partire. E così aveva fatto, specie dopo aver saputo che sarebbe partita anche sua madre.
Dimentico del suo Popolo isolato dal mondo, si era quindi aperto al mondo e si era preparato a una vita di scoperte, di avventure, di esplorazioni! E invece... appena arrivato aveva scoperto che quelli che lo aspettavano non c’erano più e che tutti avevano paura che rapissero anche la figlia della padrona di casa... e si era ritrovato di nuovo chiuso dentro quattro mura.
Le aveva esplorate tutte, ogni angolo e ogni anfratto, nel giro di qualche giorno, e si era quindi stufato subito. Avrebbe tanto voluto poter uscire almeno per vedere le campagne! Lo aveva desiderato così tanto...

...e adesso vagava per le strade della città con Merida, in piena notte e con un gran freddo addosso. Quando la ragazza gli aveva proposto di andare a cercare i suoi amici lui non aveva creduto molto alla possibilità di un successo, ma gli piaceva l’idea di avere la possibilità di scoprire cose nuove.
...e adesso vagava per le strade della città al freddo.
Merida aveva voluto andare nel luogo in cui era stata aggredita, per vedere se non riuscisse a trovare qualche indizio.
Probabilmente suo padre aveva già smontato la strada pietra per pietra, ma Hiccup non disse niente.
-Ecco, è qui che Rapunzel è stata immobilizzata.- disse ad un tratto la ragazza, indicando un angolo della via. Hiccup sapeva che quel ricordo la agitava, ma decise di lasciarla fare. Non disse nulla.
Lei riprese la strada, finché non arrivò in corrispondenza del vicolo in cui era stata spinta da Jack Frost. Hiccup la sentì cedere, ma lei recuperò il controllo delle gambe e si rivolse a lui: -Qui è dove sono rimasta nascosta...- il mucchio di spazzatura era stato spostato -Tu non senti niente?-
Hiccup la osservò perplesso. Poi scosse la testa: -Cosa dovrei sentire?-
-Non lo so...- Merida si guardò intorno disorientata -Pensavo che venire qui sarebbe potuto servire a qualcosa... non lo so...- si appoggiò al muro.
Hiccup la guardò un istante, poi commentò: -Tu hai davvero tanta paura.-
Non era una domanda, e Merida si sentì colpita nell’orgoglio: -Certo che ho paura!- si difese -Sono la figlia dei DunBroch...- controllò il tono della voce e riprese, sussurrando -...sono la figlia dei DunBroch: potrei essere rapita per un riscatto, se si venisse a sapere.-
-E allora perché esci?- sussurrò di rimando lui.
Lei non seppe che rispondere. Prima che potesse dire qualunque cosa, però, Hiccup la prese per mano: -Vieni.- disse, e la portò fuori dal vicoletto.
Merida si lasciò guidare, in piena confusione: come, ‘perché usciva’? Perché lei non era fatta per stare seduta davanti al caminetto, che domande! E tutte le volte che se la svignava in città sapeva perfettamente i rischi che correva, per questo faceva attenzione a reprimere il suo carattere impulsivo e focoso! Ecco perché usciva! Eppure...
Eppure ciò non toglieva che lei avesse paura, una paura non sua, una paura instillata in lei: il suo ruolo di nobile la voleva al sicuro, il suo ruolo di nobile la voleva sposata, il suo ruolo di nobile la voleva controllata. Ecco perché aveva paura: perché il suo ruolo di nobile non la voleva lì.
Intanto Hiccup camminava per le strade tirandosela dietro, la presa salda sulla sua mano, e lei vedeva la sua testa girare nervosamente a destra e a sinistra per orientarsi nella città bassa.
-Dove mi stai portando?- chiese dopo un po’.
Lui non disse niente e la trascinò ancora un po’, poi si nascose dietro un angolo: -Qualcuno ci segue...- mormorò, guardandola dubbioso prima di riprendere a camminare -Devono averti sentita.-
-Ma eravamo soli, in quel vicolo...!-
Lui alzò le spalle: -C’erano le imposte delle case. Forse qualcuno era lì dentro.-
Merida ebbe un brivido: -Torniamo a casa...- provò a proporre, ma Hiccup aveva già cambiato direzione -Ehi, casa mia è di là!-
Lui non le diede retta e girò di nuovo bruscamente. Allora Merida ebbe un bruttissimo presentimento: -Sono in molti?-
Lui annuì, ma mantenne il sangue freddo nonostante sentisse il cuore pompargli nelle orecchie. Sapeva bene come evitare le persone. Aveva sviluppato la sua tecnica nel anni, quando voleva uscire dal villaggio senza che lo fermassero. In quel momento doveva solo fare la stessa cosa.
-Se riuscissimo a seminarli e poi a seguirli potrebbero portarci da Jack Frost e Rapunzel?- soffiò speranzosa la ragazza.
Hiccup si fermò di colpo e si appiattì contro il muro, e lei lo imitò subito. Un uomo passò nella traversa e proseguì per la sua via senza notarli.
-Sono loro...- mormorò Merida -Sono loro?-
Hiccup aspettò che l’uomo sparisse dietro l’angolo, poi prese la sua direzione: -Era uno di quelli che ci seguiva, in ogni caso.-
Merida e Hiccup arrivarono alla fine del muro e si nascosero fra due barili. Hiccup seguì i suoi passi con attenzione e memorizzò il suo percorso per un centinaio di metri. Poi uscirono e lo seguirono. Nessuno compariva per le vie.
-Questo è mio padre. Deve aver spaventato tutti con le sue ricerche.- considerò Merida.
I due ragazzi seguirono l’uomo fino ai confini della città, poi lo videro entrare in una bottega e corsero a nascondersi sotto una finestra semi-socchiusa. Lì rannicchiati tesero le orecchie, con il cuore che batteva forte... quando una figura cadde pesantemente davanti a loro, e nel contempo il selciato si deformò a intrappolarli fino al collo.
Allora l’uomo che avevano seguito fino a quel momento uscì in strada e li guardò, le braccia incrociate: -Sono loro i due ratti che mi seguivano?-
-Sì capo.- rispose l’altro -Li ho visti subito, dal tetto. Non so come facessero, ma riuscivano a evitare tutti gli uomini per le vie.-
Hiccup e Merida si scambiarono un’occhiata terrorizzata.
Il capo li scrutò per un secondo da sotto i suoi lunghi capelli neri e lerci: -Chissà che razza di poteri hanno, questi. Sono stufo di ragazzini strani.- aveva una figura massiccia e spessa, e una bocca larga e una voce bassa e roca -Portali via. E assicurati di evitare i cani del DunBroch.-
Hiccup e Merida furono fatti alzare in piedi e il brigante puntò due pugnali spessi alle loro gole: -Niente scherzi.-
I due obbedirono e seguirono la direzione che lui imponeva loro premendo i pugnali sulle loro schiene.
Li condusse fuori dalla città. Hiccup allargava il più possibile le sue percezioni, perché le parole del capo gli avevano dato una speranza. Appena percepì gli uomini dei DunBroch poco distanti da loro, si girò di scatto e fece accartocciare le lame dei pugnali, poi urlò nell’orecchio a Merida: -CORRI!-
Lei non se lo fece ripetere e si lanciò nella sua stessa direzione, ma il sentiero si deformò sotto i loro piedi e si trovarono lunghi e distesi per terra.
Il brigante li raggiunse e premette un ginocchio sulla schiena di Hiccup, chinandosi sul suo orecchio: -Pessima scelta.-
Gli fece inarcare la schiena tirandolo per i capelli ed estrasse un altro coltello, che fece scorrere sotto il mento e l’orecchio di Merida, bloccata per terra: -Non so che razza di potere tu abbia, ma non provarci più o le faccio del male.-
Hiccup annuì a fatica e fu lasciato andare.
I due furono fatti rialzare.
Merida girò appena la testa nella direzione del ragazzo, in lacrime: -Hiccup...- mormorò -...mi dispiace...-
Furono condotti in un edificio sconnesso e deserto, ma invece di entrare il brigante aprì un passaggio segreto col Dominio della Terra, e li fece entrare.
I due ragazzi furono condotti nei meandri del tunnel fino a un’ampia sala circondata da gradoni, al cui centro si ergeva un palco rettangolare totalmente in roccia, costruito per i combattimenti illegali.
Lì ritrovarono il capo e il resto degli uomini della sua banda.
-Perché ci avete messo tanto?- chiese l’uomo.
-Il ragazzino ha cercato di fare il furbo.- rispose il brigante -Ha un potere interessante. Si potrebbe rivendere bene.-
Il capo scosse la testa e si avvicinò a Hiccup a passi lenti. La sua ombra sovrastò il ragazzo finché non fu a pochi centimetri da lui. Poi gli tirò un pugno che lo fece cadere per terra.
Merida lanciò un urlo: -Ma non ha fatto niente!-
L’uomo passò lo sguardo su di lei: -Avevamo detto niente scherzi. Adesso ascoltami bene...- le prese il mento -...non ho intenzione di farti male o di restituirti malconcia. Quindi fa’ la brava e vedrai che, se i tuoi genitori pagano quello che chiederemo loro, potrai tornare a casa sana e salva, piccola DunBroch.-
Merida ebbe un brivido. L’unica speranza che le era rimasta, a quel punto, era che la portassero almeno nel luogo in cui tenevano Rapunzel e Jack Frost, nell’attesa che la sua famiglia pagasse il riscatto. Quello, almeno quello!, l’avrebbe tranquillizzata un po’.
Il capo tornò a guardare Hiccup, che si stava rimettendo in piedi: -Che potere ha?- chiese.
Il brigante che li aveva scortati fino a lì estrasse uno dei due pugnali danneggiati: -Non lo so bene, credo c’entrino le armi. Ma se ce la giochiamo bene possiamo ricavarne più di quanto abbiamo fatto con i due finti Avatar.-
Merida ebbe un tuffo al cuore: -Come...?- mormorò -Come... non sono qui...?-
-Certo che no.- il capo rise di una risata profonda e gutturale -Davvero credevi che con tutte quelle guardie in giro non ci liberassimo subito di loro?!-
La ragazza si portò le mani alla bocca, quasi in lacrime.
-Portateli via.- ordinò l’uomo -E mettiamoci in contatto col mercato nero. Almeno del piccoletto voglio liberarmi entro domani.-
Hiccup e Merida furono presi per le braccia, ma in quel momento la paura di Merida arrivò a un picco oltre il quale si trasformò in disperazione, e poi in rabbia. Rabbia, che andava ad alimentare il suo orgoglio ferito, quell’orgoglio che le aveva fatto credere di poter salvare i suoi amici e non far correre rischi al figlio della sua maestra.
Liberò le fiamme con tutta la potenza che aveva in corpo e gli uomini che la circondavano furono costretti ad allontanarsi con un balzo.
-ANCHE TU!- ruggì allora il capo, ma lei aveva preso Hiccup per mano e correva verso l’uscita.
I briganti usarono il loro dominio per bloccarle la strada, ma lei si difese e impedì loro di avvicinarsi con tutta la potenza del fuoco a cui riuscì ad attingere.
-Hiccup, apri l’uscita!- urlò lei al ragazzo.
Lui fece un passo indietro, terrorizzato, e scosse la testa: -Non posso!-
-Sbrigati! Portaci via da qui!- implorò lei, ma lui non era un Dominatore della Terra.
I briganti cominciarono a bombardarli di massi e pietre e loro furono costretti a schivarli e a ripararsi dietro la roccia più vicina: -Perché non puoi?!- urlò allora lei.
Ma prima che il ragazzo potesse rispondere la roccia si frantumò in mille pezzi e il brigante che li aveva scortati saltò su di loro.
Merida spinse via Hiccup e si mise in mezzo con una fiammata altissima. L’uomo fu costretto ad arretrare ma nel mentre un compare si era spostato lateralmente e aveva lanciato un sasso non più grosso di un pugno, che arrivò preciso allo stomaco della ragazza.
Lei si piegò su se stessa e cadde per terra, boccheggiante.
Hiccup si mise fra lei e i briganti e rimase lì, impietrito, senza sapere bene cosa fare.
Gli uomini avevano fatto attenzione a non estrarre nessun’arma, ma erano pronti ad attaccare ancora col loro dominio.
Nel panico, Hiccup sentì un momento di astio intenso verso Merida, che l’aveva messo in quella situazione impossibile e senza speranza, poi di empatia, poiché sapeva bene che lei aveva fatto di tutto per salvare i suoi amici.
Si ricordò anche che era stato lui a non accorgersi dell’uomo sui tetti, e che quindi non era totalmente colpa di Merida se in quel momento si trovavano lì.
Adesso l’unico timore che aveva era che volessero schiacciarli con quella pioggia di massi in arrivo, e temette di non riuscire a far muovere di lì Merida in tempo. Allora, si piazzò con le gambe larghe come gli aveva insegnato il maestro, in quella posizione solida e stabile propria al Dominio della Terra, e decise che qualunque cosa fosse successa non si sarebbe mosso di lì, che non avrebbe abbandonato Merida in quel modo.
Quando la prima ondata di massi fu a pochi metri da lui, Hiccup si coprì di colpo il volto con le braccia e chiuse gli occhi, pronto al dolore e alle fratture. Però non successe niente.
Dopo qualche secondo di silenzio, il ragazzo riaprì piano gli occhi, per scoprire un muro che lo proteggeva. All’ombra di quel riparo cercò il suo maestro, sperò di vederlo arrivare, ma non vide nessun viso amico. Un dubbio sfiorò allora la sua mente, e si rese conto, allora, che era stato lui.
Il suo movimento si era rivelato più pesante di quanto avrebbe dovuto essere e le braccia tremanti gli fecero capire che, tutta quella roccia, l’aveva sollevata lui.
-Sono un Dominatore della Terra davvero...- realizzò, ma non ebbe il tempo di soccorrere Merida o di aprire l’uscita che il muro che lo proteggeva si sbriciolò sotto i colpi dei briganti.
-Ragazzino...- grugnì il capo -Non so che razza di dominio ti porti dietro, ma mi stai facendo perdere la pazienza.-
Allora Hiccup fu bersaglio di una sequenza di rocce e pietre che lo fecero indietreggiare, mentre lui cercava di prendere le misure con quel nuovo potere, finché non fu a pochi centimetri da Merida e capì di essere giunto al limite.
Il capo dei briganti pestò pesantemente per terra: la roccia spuntò affilata da sotto il suo piede e si diresse verso Hiccup, che si preparò disperatamente a schivare.
Ma la terra si staccò da sotto i suoi piedi, e un vortice interruppe l’attacco. Hiccup si era lanciato su Merida e quando i due rialzarono gli occhi videro lame di roccia dove prima c’era Hiccup e, sull’ultima, in un equilibrio leggero, videro Monaco Norbu.

Il monaco aveva perso ogni dolcezza dallo sguardo e osservava in silenzio i briganti.
Il loro capo realizzò l’intrusione: -E tu chi saresti, monaco? Che cosa ci fai qui?!-
-Sono venuto a recuperare i miei ragazzi.- ripose pacato il monaco -Vi prego di restituirmeli immediatamente.-
L’uomo si liberò alla sua risata rauca: -Ci prega! Il monaco ci prega!-
-Non sono più qui...- mormorò Merida, alzando la testa e appoggiandosi su un gomito -Dicono di averli venduti...-
-A quanto pare non troverai qui i tuoi discepoli, bonzo. Hai fatto tardi.-
Monaco Norbu sollevò gli occhi da Merida a lui: -Ho detto i miei ragazzi, non solo i miei discepoli. Merida e Hiccup verranno con me.-
-Temo proprio di no.- il capo dei briganti puntò la mano contro il monaco e i suoi uomini attaccarono.
Monaco Norbu saltò nella loro direzione.

Merida accettò la mano di Hiccup e si rimise in piedi senza parole.
Monaco Norbu avanzava tranquillamente verso di loro in mezzo ai briganti, che giacevano frastornati per terra, completamente fuori gioco. Il palco era disseminato di rocce di tutte le dimensioni, gli spalti erano stati divelti.
Il monaco si tolse un po’ di polvere dal suo mantello rosso e allargò le braccia verso i due giovani, che corsero da lui.
-Adesso vi porto fuori di qui.- sussurrò, accarezzando loro la testa.
La via per l’uscita fu aperta da Hiccup, con qualche difficoltà ma con successo.I tre si diressero verso l’aria aperta, frizzantina e rischiarata dall’aurora, e salirono su Champa, che li aspettava poco distante.
Monaco Norbu fece decollare il suo bisonte, poi andò a sedersi sulla sella assieme ai due ragazzi.
-Vi devo le mie scuse.- disse dopo un lungo silenzio -Non avevo intenzione di mettervi in pericolo in questo modo.-
-Non preoccupatevi, maestro. Sono io a dovermi scusare: è stata una mia idea!- Merida stava per lanciarsi in un lungo discorso di scuse, ma il monaco la interruppe.
-Io e i maestri ci siamo messi d’accordo per non perdervi mai di vista, damigella DunBroch. E stanotte sono stato io a vegliare su di voi.-
-Voi?!- i due ragazzi lo guardarono con tanto d’occhi.
-Esatto. E non vi ho fermato. Ero convinto che voi due aveste più possibilità di far uscire allo scoperto i rapitori dei miei discepoli di quelle guardie che sfondano tutte le porte in cui entrano.-
-Ci avete usati da esca?- chiese a bruciapelo Hiccup, e il monaco annuì ancora.
-Purtroppo, quando ho cercato di entrare nella galleria per soccorrervi il mio bisonte volante si è rifiutato di seguirmi. E quando finalmente sono arrivato alla porta l’ho trovata bloccata. Ho dovuto cercare le entrate secondarie per gli spalti per potervi raggiungere.-
I due ragazzi meditarono qualche secondo, poi Hiccup ripeté: -E ci avete usati come esca.-
Monaco Norbu annuì di nuovo: -Devo ammettere di averlo fatto.-
-E perché?-
Il monaco guardò Hiccup con occhi seri: -Perché sono convinto che, in qualche modo, vi attiriate a vicenda.- e proseguì, quando vide lo sguardo esterrefatto due due giovani -Jack Frost è venuto a cercarti nella forgia nonostante fosse circondato da un intero popolo, e i miei discepoli, fra tutti i ladruncoli di fiera, decidono di aiutare proprio Merida. Questi, e non solo, sono tutti indizi che sto cercando di mettere insieme.-
-Secondo voi c’è un motivo, maestro?- chiese Merida.
Monaco Norbu annuì: -Esiste la possibilità di una spiegazione, e il dono di Hiccup mi fa propendere sempre di più per questa possibilità. Ma non chiedetemi altro- aggiunse subito -Perché vorrei prima di tutto ritrovare i miei discepoli. Solo allora tornerò a dedicarmi alle mie congetture e vi fornirò tutte le risposte che sarò in grado di trovare.-
I due giovani annuirono, e il monaco di rivolse a Hiccup: -Adesso sappiamo che il tuo vero dono è il Dominio della Terra. Nel momento in cui saremo alla villa, vorrei riprendessi ad allenarti con Maestro Calmoniglio. E, soprattutto, vorrei dimenticassi del tuo dono precedente.-
-Volete che non lo usi più?-
Monaco Norbu annuì grave: -Vorrei facessi come non fosse mai esistito. Te la senti?-
Hiccup non rispose. Di colpo, si sentì strano: gli sembrò che il monaco gli stesse chiedendo un enorme sacrificio ma, allo stesso tempo, che finalmente fosse davvero libero.
I due ragazzi si sdraiarono sulla sella, vegliati da Monaco Norbu, mentre Champa li riportava a casa, al sicuro.

 




Angolino dell’autrice:
E così sappiamo perché all’epoca di Toph non giunsero mai voci di Dominatori del Metallo che potessero aver vissuto prima di lei.
Una puntualizzazione: cielo, si attirano a vicenda! Sarà per vera amicizia? Certo che no. C’è una spiegazione, che comparirà più avanti e che è tratta direttamente dal film ‘Piccolo Buddha’. Per cui sappiate che Monaco Norbu sta parlando con cognizione di causa!
Detto questo, mi rendo conto che mi ero data non più di due settimane fra un capitolo e l’altro e che subito ne ho fatte aspettare tre. Cercherò di non farlo succedere più, ma ormai non posso promettere più niente.
A questo punto posso solo chiedere pazienza, io farò sempre del mio meglio per mantenere la parola!
A presto
Nike

Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** PA 13 ***


-Mamma! Per favore, non puoi farmi questo!-
-Mi dispiace, Merida. Non ho scelta.-
-Ma non hanno ancora trovato Rapunzel e Jack Frost! Non posso abbandonarli così! Ti prego! Non costringermi!-
Invece la costrinse.

Merida, ingessata nel suo abito più bello, veniva sballottata dalla carrozza verso Ba Sing See, mentre si chiedeva con rabbia che cosa passasse per la testa a sua madre. Non poteva credere che dopo tutto quello che aveva passato, il rapimento, l’allenamento, la donna si ostinasse ancora con quella storia del matrimonio.
Si ripeté in silenzio la spiegazione di dama Elinor: -Se non ti troviamo un fidanzato prima che si espanda completamente la voce del tuo dominio sbagliato, Merida, rischi di essere rovinata per la vita. Per quanto capisca che le ricerche dei due discepoli di Monaco Norbu abbiano la priorità assoluta, non posso comunque lasciar perdere il tuo futuro, figlia mia. Credimi, lo faccio con un peso sul cuore: vorrei mille volte che i due ragazzi siano ritrovati, prima di dover pensare di nuovo a queste questioni.- ma temeva non ci fosse abbastanza tempo. Le voci, specie se maligne, si diffondono a una velocità spaventosa, e i DunBroch si rendevano conto che, mentre loro erano rallentati dalla loro emergenza, tutto il resto della nobiltà del Regno della Terra aveva il tempo di sparlare in tutta tranquillità.
Per convincerla definitivamente, Dama Elinor si era offerta di restare alla loro dimora per affiancare personalmente il marito.
Quindi ora Merida viaggiava per il palazzo dell’Imperatore a Ba Sing See e si chiedeva che ne sarebbe stato di lei se le cose fossero continuate in quel modo.

Il suo arrivo fu imbarazzante. Le guardie accettarono il suo invito e la ammisero alla sala da ballo, e lei vi entrò con l’orribile sensazione di avere lo sguardo di tutti puntato addosso. Probabilmente MacIntosh aveva già avuto il tempo di rovinarla definitivamente.
Sola nella folla, la ragazza vagò per la sala strapiena alla ricerca del buffet, nella speranza che mangiucchiare qualcosa le facesse passare un po’ il tempo.
Sua madre l’aveva istruita con cura: doveva dare un’ottima impressione e intrattenersi il più possibile coi giovani nobili di Ba Sing See, per tastare un po’ il terreno intorno a lei.
-Sorelle, guardate un po’ chi c’è.- esclamò una voce acuta -Con quale coraggio si presenta alla corte di nostro padre?!-
Merida sospirò e si voltò. Si aspettava un benvenuto del genere: le figlie dell’Imperatore si erano avvicinate a lei, le bocche compostamente nascoste dietro i ventagli aperti, e la fissavano con occhi di ghiaccio.
-Sua Maestà l’Imperatore ha indirizzato il suo invito alla mia famiglia e io sono venuta qui per non disonorare questo privilegio.- rispose con un’espressione altrettanto affilata.
-Infatti ti sei presentata da sola... tua madre si vergogna troppo della sua condizione per presentarsi con te?-
-Mia madre è rimasta alla nostra tenuta per risolvere problemi di massima importanza...-
-C’è forse qualcosa di più importante dell’invito dell’Imperatore?- la interruppe la principessa -Puoi dire tranquillamente che sapeva benissimo che un’adultera non ha posto alla corte dell’Imperatore.-
-Mia madre non è un’adultera. E se ricordate i ricevimenti in cui è venuta accompagnata da mio padre ne troverete certamente le prove.-
-Davvero?- le principesse si avvicinarono a lei, sempre semi-nascoste dai loro ventagli -‘Tuo padre’ è un rinomato Dominatore della Terra, mi sbaglio?-
-Il più rinomato della nostra regione.- confermò con orgoglio Merida.
-E tu, invece, che cosa sei?- sibilò allora la principessa -Perché, a quanto abbiamo sentito, non puoi fregiarti dello stesso titolo...-
Merida aprì la bocca per rispondere ma non trovò niente da dire. Abbassò la testa.
-Ti ordiniamo di andartene. Alla corte dell’Imperatore non c’è posto per una bastarda.-
-Voi non potete...-
-Sappiamo perché sei qui, sai?- ridacchiarono loro -Ma non farti illusioni: nessuna famiglia nobile avrà mai la voglia di impelagarsi con una parentela così scomoda.-
Merida scosse la testa: -Ma io non sono la figlia di Avatar Darje!-
-No, in effetti nessuno può provare che fosse proprio l’Avatar.- consentirono loro -Ma lui non viaggiava solo, no? Era venuto assieme al suo seguito di Dominatori del Fuoco, mi sbaglio?-
-Cosa osate dire...- Merida sentì il cuore battere a mille.
-Che non hai nulla per provare di essere puramente nobile. Per questo ti ordiniamo di lasciare la nostra corte.- le sussurrò all’orecchio una delle principesse.
-Suvvia, Vostre Maestà.- intervenne allora una voce melliflua, che giunse suadente da dietro di loro: -Sono sicuro che Sua Maestà l’Imperatore vostro padre non apprezzerebbe sentirvi parlare così a una sua invitata.-
Le principesse si voltarono: -Ministro Pitch Black.- salutarono con un cenno.
L’uomo, alto, diafano, andò con passo dolce accanto a Merida: -Quello che voi avete sentito sono sicuramente voci di corridoio che Sua Maestà l’Imperatore vostro padre ha già valutato, prima di mandare i suoi inviti. Sono sicuro che le Vostre Maestà non oseranno mai mettere in dubbio il suo giudizio.-
Le principesse rimasero interdette dietro i loro ventagli, così lui continuò: -Permettetemi di dirvi che, in questo momento, non è il caso di dare un eccessivo spettacolo a questa storia. Posso tuttavia assicurare alle Vostre Maestà che ogni misura è stata presa per tenere ogni forma di vergogna lontana da questa corte.-
Le principesse annuirono: -Se questa è la volontà di sua Maestà l’Imperatore nostro padre...- dissero, e si allontanarono.
Merida le guardò andare via, rigide e sempre nascoste dal ventaglio, e si rivolse al ministro: -Vi ringrazio.- mormorò.
-Faccio solo il mio lavoro, damigella DunBroch.- rispose atono lui.
-Avete preso misure...?- chiese allora lei, titubante.
-Concorderete che questa storia sia decisamente scandalosa, madamigella.- spiegò lui, sullo stesso tono piatto -E capirete che l’Imperatore non può commettere leggerezze.-
-Cosa sarebbe successo, se mia madre fosse venuta al ricevimento?-
-Non sarebbe stata fatta entrare. Nonostante l’invito. Capite...- si chinò leggermente verso di lei -...per dare un segnale forte. Credetemi, vostra madre non è l’unica che ha qualcosa da nascondere.- e con questo si allontanò, lasciando Merida sola e senza fiato.
Non aveva più voglia di mangiare. Vagò per un po’ nel salone, fra la gente, quando una mano si posò dolcemente sulla sua spalla: -Merida?- chiese una voce dubbiosa.
Merida si voltò, per trovarsi davanti un volto bianco come la ceramica, labbra rosse come il sangue e capelli corvini raccolti in uno chignon morbido. Il cuore le si allargò di contentezza: -Mulan!- esclamò sollevata. Finalmente un viso amico!
-Finalmente sono riuscita a raggiungerti! Ero trattenuta da non so più che principe di che feudo quando sei entrata... e ho visto che le principesse sono venute a darti il benvenuto.-
-Già. Abbiamo dato tanto spettacolo?-
-Più loro che tu, credimi.-
In quel momento furono raggiunte dai nobili Fa, che la salutarono calorosamente: -Merida, quanto tempo! Abbiamo sentito le orribili storie che si dicono sul vostro conto... sono sconvolta!- esclamò subito dama Fa Li.
-Speravamo di incontrare i tuoi genitori a questo ricevimento per poter esprimere loro tutti il nostro sostegno...- continuò desolato Fa Zhou.
I nobili Fa erano amici stretti della famiglia DunBroch, e le due dame avevano scoperto di aspettare un erede nello stesso periodo. Avevano condiviso lo stesso attimo di felicità, e questo li rendeva dei testimoni preziosi, nonché dei carissimi amici di cui Merida aveva, in quel momento, un gran bisogno.
-Purtroppo dei contrattempi hanno impedito loro di venire a Ba Sing See, oggi. Ma comunicherò con piacere le vostre parole.-
Dama Li annuì con un sorriso: -Se possiamo fare qualcosa per voi non esitate a dircelo...-
Merida e Mulan si scambiarono un’occhiata e la figlia esclamò: -Potrei portare io il vostro messaggio ai genitori di Merida... che ne pensi, mamma?-
-Mi sembra un’ottima idea!- esclamò la donna con un sorriso.
Merida cercò di calmare gli entusiasmi: -Però di recente nella regione ci sono stati dei rapimenti...-
-Allora manderemo degli uomini a vostro sostegno. Sono sicuro che saranno molto utili a tuo padre!- si offrì Fa Zhou.
Merida annuì con gratitudine.
In quel momento fu annunciato l’arrivo dell’Imperatore, e calò il silenzio finché l’uomo, nella sua tunica gialla, la lunga barba bianca, non fece la sua apparizione, rispondendo con un gesto paterno al saluto corale che gli fu rivolto.
La festa poté quindi proseguire. I nobili Fa lasciarono sole le due damigelle, e le due ragazze corsero al buffet ridacchiando: -Sono contenta che tu venga da me... ho davvero tante cose da raccontarti!-
Mulan sorrise a sua volta: -Sì, anche perché proprio non riesco a immaginarti a Dominare il Fuoco! Non so cosa si sia immaginato quel MacIntosh... devi proprio averlo fatto disperare perché decidesse di rompere con te!-
-Le cose sono molto più complicate di così, Mulan.- sospirò Merida -Stasera ti racconterò tutto, promesso!-
Si nascosero accanto una finestra, dietro una tenda tutta drappi verde e oro, per poter chiacchierare in santa pace. Fu in quel momento che Merida sentì un sussurro che le fece drizzare le orecchie: -Quindi i DunBroch cercano ancora i ragazzi scomparsi?-
La ragazza fece segno a Mulan di fare silenzio e prese ad ascoltare: -Che scusa sciocca: due giovani dai domini invertiti non sono così complicati da trovare. Secondo me è solo una scusa per non venire ad affrontare la loro vergogna in pubblico!-
Merida sentì il cuore nelle orecchie e scostò di qualche millimetro la tenda per vedere chi stesse parlando: una dama dai ricci neri si stava intrattenendo con Pitch Black, ridendo nel suo abito rosso. Il ministro rispondeva come se sapesse molto più di quello che dava a mostrare.
Merida fece segno a Mulan: -La conosci?-
Mulan allungò il collo: -Sì: è dama Gothel. Il suo feudo è tra la tenuta dei tuoi e quella dei miei. Perché me lo chiedi?-
Merida sentiva brividi di speranza e rabbia in tutto il corpo: -Perché forse i miei sono alla fine delle loro ricerche.-

Monaco Norbu fu interrotto nella sua meditazione da un bussare forte. In realtà, la tempesta si era già annunciata dalla voce di dama Elinor, che era arrivata attutita dal corridoio: -Merida... Merida... almeno bussa, non lo disturbare così all’improvviso!-
Merida attese appena di sentirlo pronunciare le prime lettere di ‘Avanti!’ per aprire la porta e precipitarsi nella stanza senza fiato: -So dove sono Rapunzel e Jack Frost!- esclamò ancor prima che dama Elinor chiudesse la porta dietro di lei.
Il monaco inarcò le sopracciglia: -Calmati, damigella Merida. Calmati e siediti.-
La ragazza obbedì, ma era abbastanza sicura che, dei due, quello davvero agitato fosse lui.
-Sono appena tornata dal ricevimento a Ba Sing See e credo di sapere dove si trovino Rapunzel e Jack Frost!-
Monaco Norbu si accomodò davanti a lei: -Dimmi tutto.-
Merida riferì quello che aveva sentito e dama Elinor, che era rimasta in piedi alla porta, sospirò: -Questo non è un vero indizio, Merida. Dama Gothel avrebbe potuto parlare per sentito dire.-
-Ma voi non avete detto a nessuno dei domini invertiti, mi sbaglio? Allora lei come avrebbe potuto sapere di questo dettaglio?-
Monaco Norbu la calmò con una carezza al braccio e un sorriso: -Si tratta sicuramente di una nuova pista. Ti ringrazio molto per essere venuta a dirmelo immediatamente. Parlerò io stesso con questa dama.-
Merida gli sorrise e dama Elinor consigliò: -Sarebbe meglio aspettare domani nel primo pomeriggio. Se mia figlia è tornata adesso che è notte fonda vuol dire che anche dama Gothel sarà rientrata tardi. Potrebbe riposare tutta la mattina, e sarebbe sconsigliabile disturbarla in maniera inopportuna, se cerchiamo la sua collaborazione.-
Monaco Norbu assentì e sorrise ancora a Merida: -Ti ringrazio. Ti ringrazio davvero dal profondo del cuore per il tuo aiuto.-
La ragazza sorrise di rimando e sua madre la spedì subito nelle sue stanze.
Merida obbedì senza fiatare e appena fu in camera sua si tolse tutti i gingilli che sua madre le aveva infilato fra i capelli per il ricevimento.
Mulan era già in veste da casa, si era seduta su uno scranno alla finestra e la osservava svestirsi il più velocemente possibile.
-Cosa ti ha risposto, il tuo monaco?-
-Che andrà domani.- Merida si tolse anche lo stretto abito azzurro e raddoppiò la sua capacità polmonare di colpo. Inspirò profondamente.
-Tu andrai con loro?-
-Vorrei, ma mia madre lo sconsiglia. Non vuole che salti fuori che ho origliato.-
-Quindi andrà da solo?-
-No. Chiederò a qualcuno di fidato di accompagnarlo...-
-Chi?-
Merida si infilò la veste da casa ed estrasse un lungo fagotto da sotto il letto: -Adesso vedi.- le disse con un sorriso.

Hiccup fu scosso nel sonno. Si svegliò di soprassalto per trovarsi Merida che gli faceva segno di fare silenzio e di seguirlo. Lui obbedì, e i due se la svignarono dalle stanze degli ospiti facendo ben attenzione a non svegliare la Maestra Valka, che dormiva nella camera accanto.
Arrivarono di corsa al giardino zen dove Merida si allenava al Dominio del Fuoco e dove ora li attendeva Mulan.
-Lui è Hiccup, il figlio della mia maestra.-
-Lei chi è?- chiese invece lui.
-Lei è Mulan, un’amica d’infanzia.-
Mulan lo salutò con un rapido inchino, poi chiese: -Hai una maestra? Ero convinta che i tuoi si fossero arresi al fatto che non fossi una dominatrice.-
Merida ridacchiò imbarazzata, e spiegò: -In realtà MacIntosh non ha inventato proprio... tutto. Vuoi vedere?-
Mulan annuì e Merida si esibì nel suo miglior Dominio del Fuoco, mostrando tutto quello che aveva imparato nel suo allenamento, in un gioco di luci e colori che lasciò Mulan a bocca aperta.
Quando finì e tornò la luce bianca della luna, la giovane ospite non trovò le parole: -Tu... domini il fuoco? Ma mia madre... ma tua madre... e tuo padre... cosa? Che cosa?!-
Hiccup sorrise al suo stupore e Merida lo indicò: -Abbiamo i domini invertiti.-
-Cosa?!-
Hiccup non disse niente e assunse la posizione di base. La ghiaia del giardino zen e i massi che lo decoravano si sollevarono e si librarono sopra le loro teste a formare disegni tridimensionali. Hiccup fece qualche altro gioco, poi li fece posare esattamente dov’erano prima, i massi al solito posto e la ghiaia tornò a formare delle onde precise. L’allenamento con il Maestro Calmoniglio dava i suoi frutti. (In realtà Hiccup si era rivelato anche molto rapido ad apprendere, ma lui non confidò mai a nessuno che tutta la sua precisione era dovuta agli anni in cui aveva dominato il ferro per creare oggetti che richiedevano una certa precisione.)
Mulan abbassò lo sguardo sui due ragazzi: -Non ci posso credere.-
-Dovrai, invece.- Merida rise alla sua espressione.
Hiccup invece chiese: -E invece tu? Sei una dominatrice?-
Mulan scosse la testa, ma Merida prese la parola: -Ma anche lei ha il suo segreto!- poi le fece una smorfia d’intesa: -Continui a spiare gli allenamenti del campo militare, vero?-
Hiccup le guardò perplesso, così Mulan spiegò, mostrando il fagotto che Merida aveva preso da sotto il letto: -Nella mia regione ci sono parecchie rivolte. Per risolvere il problema il generale Shang ha mandato un distaccamento nel campo militare della zona.-
-E perché dovresti spiarli?-
-Perché sono molto preoccupata. Le rivolte sono spesso sanguinose e ho paura che possano raggiungere la mia famiglia. Mio padre è già rimasto ferito in battaglia, e vorrei essere in grado di proteggerlo se dovesse rivelarsi necessario.-
-E quindi come fai?-
-Il figlio del generale si occupa di allenare le truppe. Io li guardo da un promontorio del mio giardino. Sono circondata dai bambù e non mi hanno ancora beccata, e intanto imparo un sacco di cose!-
Merida scambiò con lei uno sguardo d’intesa, poi disse a Hiccup: -Adesso ti fa vedere.-
E Mulan si lanciò in una dimostrazione con la spada, che Hiccup guardò affascinato: -Ti sei mai battuta contro un vero avversario?-
Mulan scosse la testa: -Lo so che senza esperienza non serve a molto. Ma è meglio che niente, no? Intanto mi immagino i combattimenti e spero di non doverli mai usare in vita mia.-
Hiccup si trovò d’accordo.
Continuarono a parlare e ad allenarsi per quasi tutta la notte, e Mulan poté trovare finalmente dei veri avversari.

Il giorno dopo Monaco Norbu partì senza neanche pranzare. Merida e Mulan rimasero a casa col fiato sospeso. La sacerdotessa Valka e Hiccup, invece, andarono con lui.
La speranza apriva il volto del monaco in tante espressioni differenti, e la dura preoccupazione aveva di nuovo fatto spazio a uno sguardo gentile.
Arrivarono alle porte della villa di dama Gothel e Champa atterrò dolcemente.
Le guardie puntarono loro addosso le lance: -Dichiaratevi!- ordinarono.
-Siamo umili viaggiatori. Sono alla ricerca dei miei discepoli e speravo che la padrona di casa potesse aiutarmi a ritrovarli.- si presentò Monaco Norbu.
Una guardia entrò ad annunciarlo senza aggiungere una parola. Tornò poco dopo e gli fece cenno di seguirlo.
Monaco Norbu, la sacerdotessa Valka e Hiccup furono fatti passare, ma non fu permesso loro di andare molto più in là dei portoni d’ingresso del giardino.
Dama Gothel venne loro incontro con un sorriso acido: -A cosa devo questa sorpresa, monaco?-
-Cercavo i miei discepoli, dama Gothel, e speravo che voi foste in grado di aiutarmi.- ripeté il monaco.
-Che cosa vi fa pensare che io possa aiutarvi?-
-La speranza, nobile dama. Sono spariti da troppo tempo e io non so più dove cercarli. Si tratta di una giovane nomade bionda e di un ragazzo albino della Tribù dell’Acqua.-
Dama Gothel aveva tutto il peso su una gamba e guardava il monaco con le braccia incrociate e un sopracciglio inarcato: -Posso comprendere il vostro turbamento, monaco.- disse, sotto lo sguardo inquisitore di Hiccup, che era rimasto un po’ indietro, accanto a sua madre -Ma qui non troverete chi state cercando. Sono desolata, ma devo chiedervi di andarvene.-
Hiccup spalancò gli occhi, mentre Monaco Norbu provava a insistere: -Non vi è proprio arrivata nessuna notizia? Si tratta di due giovani molto speciali.-
-Tutti i discepoli sono speciali agli occhi del loro maestro. Cosa credete, monaco, che io abbia tempo di occuparmi di ogni notizia relativa al popolino?-
Monaco Norbu rimase senza parole, e lei concluse: -Adesso andate. La mia giornata è già abbastanza impegnativa.-
Il monaco annuì compìto: -Posso solo chiedervi di riferirci ogni più piccolo indizio che doveste incontrare?-
-Certo, certo.- la donna agitò la mano e i tre furono accompagnati fuori. Hiccup non staccava dalla nobile uno sguardo di fuoco.
-Andiamo, Hiccup.- gli disse il monaco -A quanto pare non sono qui.-
I cancelli si richiusero pesantemente dietro di loro e dama Gothel osservò Champa decollare e sparire in lontananza.
-Dama Gothel?- chiese allora una voce gentile -Scusatemi, vi disturbo?-
La nobile si voltò verso Rapunzel, che la stava raggiungendo con dei panni umidi al braccio: -Dimmi, tesoro. C’è qualcosa che posso fare per voi?-
-Non credo possiate fare più di così, dama Gothel. Jack Frost si sta riprendendo bene dalle ferite, e tutto grazie al vostro intervento tempestivo.-
La donna le sorrise e le accarezzò la testa: -Non potevo non aiutare due giovani in difficoltà.-
-Siete riuscita ad avere notizie dai DunBroch? Sono sicura che il nostro maestro si sta preoccupando tantissimo...-
-Purtroppo i miei messaggeri non riescono a raggiungerli. Le rivolte nella regione impediscono ogni collegamento.-
-Accidenti. Se solo avessimo Champa...- Rapunzel sospirò -Siete davvero buona con noi. Ma vi confesso che non vedo l’ora di riabbracciare il mio maestro...-
Dama Gothel continuò ad accarezzarle la testa: -Presto, tesoro. Sono sicura che accadrà presto.- “Ma non prima che tu sia arrivata a fidarti completamente di me, piccola Avatar. Potresti risultarmi davvero utile in futuro.”
Rapunzel le sorrise con affetto e le due donne si avviarono alla dimora di dama Gothel.

 




Angolino dell’autrice:
C’è Mulan! Grossa novità! In realtà, ho deciso di inserirla per un motivo ben preciso: se fino adesso mi sono concentrata sulla missione di Monaco Norbu, cercando di riprodurre un po’ ‘Piccolo Buddha’, ad un certo punto dovrà fare irruzione il mondo bello pimpante di ‘Avatar’, per cui i personaggi di soli quattro film non bastano. Quindi Mulan anticipa questo mondo pimpante che arriverà presto!
Mulan è senza alcun dubbio il mio personaggio Disney preferito, e mi dispiace tantissimo privarla qui di tutto il percorso di crescita di cui godiamo nel suo film... ma non è la protagonista, quindi pace. Tuttavia confesso che mi mancava un personaggio non dominatore forte (Ricordate Sokka, o Asami?), e quindi chi inserire se non la fanciulla più forte dell’universo Disney?
Anticipo una cosa: pensando a come inserirla, poiché è impensabile non renderla una guerriera, ho voluto ispirarmi al personaggio di Wing Chun, una fanciulla cinese che, secondo la leggenda, per proteggere il suo villaggio dagli invasori ha inventato uno stile di combattimento che ha poi preso il suo nome (per godervi questo stile andate a guardarvi i film di Ip Man, è roba buona.) Quindi! Se ogni dominio ha il suo stile, lo stile di Mulan è il Wing Chun (senza spade, ma ci arriveremo).
Poi: Rapunzel e Jack Frost sono da Gothel, ma lei non li vuole ‘restituire’. Perché? Lei non li vuole particolarmente per sé, suppongo, ma vuole assoggettare l’Avatar: siamo tutti d’accordo che in vista di macchinazioni future avere un personaggio potente dalla tua sempre utile, no?
In ultimo: rileggendo i vecchi capitoli mi rendo conto che lo stile sta decadendo, ma se aspetto di avere tempo per curarlo possiamo vederci direttamente a giugno... e io ho voglia di scrivere ora. Chiedo scusa ai vostri bulbi oculari.
Passo e chiudo
Nike

Ritorna all'indice


Capitolo 14
*** PA 14 ***


Monaco Norbu, la sacerdotessa Valka e Hiccup erano tornati per l’ora di cena e, una volta che si erano seduti a tavola, il monaco aveva raccontato mestamente del loro buco nell’acqua. Hiccup era rimasto in silenzio tutto il tempo, ma Merida aveva notato il suo sguardo perso: se gli aveva chiesto di accompagnare il monaco l’aveva fatto per un motivo, e adesso aspettava solo di sentire la sua versione dei fatti.
Hiccup non aveva quindi aperto bocca per tutta la sera, convinto che nessun adulto avrebbe mai creduto alle sue sensazioni, mentre ascoltava Monaco Norbu che si accordava con dama Elinor per poter tornare da dama Gothel e insistere per avere più notizie. Si chiese perché un uomo forte come Monaco Norbu non esigesse semplicemente che dama Gothel non gli dicesse la verità (perché gli sembrava così strano che lui non avesse capito che la donna mentiva), poi osservò i suoi piedi nudi, e il rispetto pacifico con cui si rivolgeva ai signori DunBroch. Quell’uomo era diverso da tutto quel mondo che lo circondava, e si ricordò che, nel colloquio con dama Gothel, la donna aveva fatto in modo di sottolineare la sua superiorità nei confronti del ‘popolino’... come aveva lasciato intendere credesse fare parte Monaco Norbu.
Poi Merida e Mulan si ritirarono nelle loro stanze, e Hiccup seppe che lo avrebbero aspettato.
Quando lasciò il salottino, però, qualcuno gli mise la mano sulla spalla. Si girò: Maestro Calmoniglio gli fece un sorriso baffuto: -Voglia di una passeggiata, cucciolo?- chiese.
I due si avviarono quindi per i corridoi con passo lento, e dopo qualche secondo Maestro Calmoniglio esordì: -Ti ho visto turbato, oggi a cena, ragazzo.-
Hiccup sollevò su di lui uno sguardo stupito, così lui continuò: -Sono il tuo maestro, non posso non notare certe cose.- rise -C’è qualcosa di cui vorresti parlarmi?-
Il ragazzo rifletté un momento, poi chiese: -Non potevo immaginarmi che quella donna cacciasse Monaco Norbu.-
-Ed è questo che ti ha turbato?-
Hiccup annuì: -Monaco Norbu è fortissimo. È un Maestro del Dominio dell’Aria. Perché ha ceduto subito?-
Maestro Calmoniglio sospirò: -Purtroppo non è sulla qualità del dominio che si gioca questa storia, ragazzo. Monaco Norbu sta portando avanti una missione solitaria al di fuori dei suoi Templi, e deve avere a che fare con persone potenti.-
Hiccup non rispose, così il maestro continuò: -Se dama Gothel ha davvero i suoi discepoli, l’ultima cosa da fare è inimicarsela del tutto, per poter capire come stanno davvero le cose anche anche se lei mente. C’è il rischio, se le cose vanno male, che la signora crei un incidente diplomatico coi Dominatori dell’Aria. È abbastanza importante alla corte di Ba Sing See da poterlo fare.-
Hiccup aveva lo sguardo perso e concentrato ad assimilare quei meccanismi a lui così estranei, mai visti quando era al Popolo del Sole.
Il maestro riprese: -Se l’intervento della famiglia DunBroch non dovesse portare buoni risultati, e se dama Gothel dovesse continuare ad asserire di non avere notizie dei suoi discepoli, allora Monaco Norbu dovrebbe scegliere: o accetta quello che la dama dice, o fa appello al Consiglio dei Saggi di uno dei Templi dell’Aria. Rischiando l’incidente diplomatico se davvero i suoi discepoli non sono da lei.-
-Mentiva.- affermò allora Hiccup, come fosse una verità assodata da tutti.
Il maestro si fermò e lo guardò perplesso: -Come?-
-Mentiva.-
-Ne sei sicuro?-
-Non riesco a capire come né Monaco Norbu né mia madre se ne siano accorti.-
Maestro Calmoniglio incrociò le braccia e si accarezzò il mento con una mano: -Monaco Norbu è una persona abbastanza benevola e non ha osato andare più in là di un sospetto. Ma tu mi dici che ne sei sicuro.-
Hiccup non disse niente, ma il suo sguardo non vacillò. Allora il maestro si chinò verso di lui, le mani sui fianchi: -In effetti me lo sono chiesto. Per quale motivo madamigella Merida ha chiesto proprio a te di accompagnare Monaco Norbu e la sacerdotessa Valka?-
Hiccup fece spallucce, così l’uomo si rialzò con un sorriso: -Sei davvero un mistero, tu. Il giorno in cui ti conosco sei un cucciolo senza talento, una settimana dopo diventi un Dominatore della Terra coi fiocchi. Non parli mai, ma sembri sapere tutto. Mi sono perso qualcosa?-
-Sento le vibrazioni.- spiegò allora Hiccup, laconico, e allo sguardo interrogativo del maestro aggiunse: -Capisco come stanno le persone, o se mentono: lo sento attraverso la terra.-
-E ti succede sempre?-
-Solo con la roccia o la terra. Il pavimento di legno no, devo essere molto vicino: trasmette male.-
Il maestro lo osservò un secondo basito, poi riprese a camminare con una risata: -Sei davvero un cucciolo pieno di sorprese!-
-Mi crede indemoniato?- Hiccup gli corse dietro.
Maestro Calmoniglio scosse la testa. Probabilmente la sacerdotessa Valka gli aveva spiegato tutta la storia del dono sbagliato, e la reazione del Popolo del Sole: -Ti trovo un Dominatore della Terra molto promettente, invece.- poi gli posò una mano sulla spalla: -Non lo dico spesso, ma sappi che sono davvero fiero di te, del livello a cui sei arrivato.-
Hiccup non disse niente, ma la sua faccia aveva un’espressione nuova: un misto di sorpresa, incredulità, e un sorriso incerto gli incurvò appena le labbra.

-Mentiva.- disse Hiccup, nel momento esatto in cui aprì la porta delle stanza di Merida.
Le due ragazze lo aspettavano davanti al fuoco e alzarono lo sguardo alle sue parole.
-Ne sei sicuro?- chiese Mulan.
-Ne ero sicura!- esclamò invece Merida.
Hiccup annuì e Mulan chiese: -L’hai detto ai signori DunBroch?-
Hiccup scosse la testa e Merida rispose: -Non so quanto serva denunciarla così. Se Monaco Norbu dovesse andare subito lì ad accusarla direttamente lei potrebbe cacciarlo... mentre, se aspettasse il supporto da uno dei Templi dell’Aria, lei avrebbe tutto il tempo di farli sparire da casa sua.-
-Quindi cosa consigli di fare? Lasciar fare ai tuoi?-
Merida scosse la testa indignata: -Non ho intenzione di aspettare così tanto!-
-E quindi cosa proponi?- chiese Mulan, le mani sui fianchi. La conosceva da anni, oh se la conosceva...
Merida alzò lo sguardo su Hiccup: -Me la concedi una seconda possibilità?-
Hiccup annuì e Mulan scosse la testa, una mano sugli occhi: la conosceva sì...

Mulan fu mandata in avanscoperta: Merida e Hiccup sapevano che i maestri si erano dati il compito di sorvegliarli da vicino, e lei doveva assicurarsi che, questa volta, non li seguissero. Avanzò per il corridoio fino alla stanza degli ospiti, dove Monaco Norbu, la sacerdotessa Valka e Maestro Calmoniglio discutevano pacatamente.
Sbirciò dalla porta socchiusa e senza perderli d’occhio fece segno col braccio: Merida e Hiccup corsero da dietro l’angolo e raggiunsero il cortiletto interno riservato agli ospiti.
Appena furono sulla solida terra battuta Hiccup fece segno a Mulan: adesso si assicurava lui che nessuno li seguisse. Mulan annuì e tornò a guardare nella stanza, e sorvegliò la situazione finché i due ragazzi non raggiunsero l’angolo del cortile dove dormiva Champa.
Il bisonte volante si svegliò alle carezze di Hiccup, mentre Merida gli lanciava la sella in groppa. Champa mandò un basso mugolio, mentre Hiccup e Merida salivano su di lui.
Mulan aveva abbandonato la sua missione per un attimo a quel rumore, e non fece in tempo a tornare alla sua sorveglianza che la porta delle stanze degli ospiti si aprì e fu sovrastata da un’ombra: -Cosa fate qui, madamigella Mulan?- chiese gentilmente Monaco Norbu.
-Ecco... io...- la ragazza alzò gli indici, ma l’attenzione di entrambi fu catturata da un movimento dal cortile.
Mulan, Monaco Norbu e i due maestri corsero a vedere, mentre Champa si librava in volo con potenti colpi di coda.

Merida guardò giù, verso la sua villa che si rimpiccioliva sotto di loro, e commentò: -Speriamo che Monaco Norbu non ci segua col suo aliante...-
-Non può.- rispose pacato Hiccup a cavalcioni sul collo di Champa -L’ho preso io. È lì dietro sulla sella.-
Merida si guardò intorno e vide il bastone. Non era quello di Jack Frost: il legno era nuovo e levigato di recente. Lei lo passò da una mano all’altra per vederlo, poi lo ripose e si sdraiò sulla sella, in attesa di arrivare: -Sai che se va male anche questa volta i miei chi legano nelle nostre stanze fino alla fine di questa storia, vero?- mormorò con un filo di voce.
Hiccup guidò Champa seguendo le indicazioni di Merida per un paio d’ore, poi la ragazza indicò giù: -Credo che sia lì.-
Hiccup diede un’occhiata: -Sì, quella è la villa.- e fece scendere di quota il bisonte volante.
Atterrarono nel bosco, a qualche miglia dalle mura esterne della villa. Merida si tirò il cappuccio sui riccioli rossi e scivolò per terra, seguita a ruota da Hiccup.
Fecero segno a Champa di aspettarli, poi si avviarono in silenzio per il bosco. Hiccup precedeva e tendeva tutti i suoi sensi, pronto a cogliere la presenza di guardie. Merida seguiva e faceva del suo meglio per non fare rumore.
Arrivarono alla lisce e bianche mura che si stendevano nel buio a destra e sa sinistra. Hiccup posò la mano al muro e si concentrò qualche secondo, poi fece due passi indietro e con un movimento secco fece sollevare di colpo due spuntoni di roccia che li propulsarono dall’altra parte. Atterrarono nell’erba fresca, piegando le ginocchia e ammortizzando con le mani, poi rimasero in silenzio qualche istante. Hiccup fece bene attenzione a che non fossero stati sentiti.
Poi si alzò e fece segno a Merida di seguirlo e si diressero di corsa verso il retro della villa.
-Bene.- sussurrò lei quando furono al riparo delle mura -Come li troviamo?-
-Non lo so.-
-Come non lo sai?! Non riesci a riconoscerli da come camminano?-
-Sul pavimento in legno della villa? No. E comunque l’unica volta che li ho visti erano lontani e in mezzo alla folla, quindi non sono sicuro di ricordarmi come si muovano.-
Merida scosse la testa: i suoi l’avrebbero davvero legata in camera sua, questa volta.

Dama Gothel richiuse il volume che stava leggendo alla luce del caminetto e alzò lo sguardo: Rapunzel aveva bussato e aveva chiesto il permesso di entrare.
La donna le sorrise quando lei si avvicinò titubante: -Mi dispiace disturbarvi a quest’ora, dama Gothel.-
-Non ti preoccupare, fiorellino. Dimmi tutto.-
-Volevo solo informarvi che il braccio di Jack Frost è completamente guarito: il vostro aiuto è stato fondamentale per le mie cure.-
-Non c’è di che, non c’è di che. E dimmi, riesce a mangiare da solo?-
-Per adesso ha preso da solo due cucchiaiate di minestra. Però è già incoraggiante!-
-Perfetto. Sono sicura che si rimetterà a giorni, ormai.-
-Sì. Vi ringrazio molto!-
Dama Gothel fece un altro sorriso e congedò la ragazza, che con un inchino uscì dalla sala e prese il corridoio per le sue stanze.
Jack Frost la aspettava seduto sul letto. Quando la sentì entrare alzò gli occhi su di lei.
-Sei riuscito a mangiare?- gli chiese la ragazza.
Lui annuì e accennò con la testa al piatto vuoto sul comodino: -Finito tutto.-
-E il braccio come va?-
Lui lo sollevò: era completamente bendato, ma poteva muoverlo anche se a fatica. Fece una leggera smorfia e lo appoggiò di nuovo. Poi chiese: -Ci sono novità?-
-Le stesse di un’ora fa, non le ho neanche chiesto. Ha detto che ci avrebbe avvertiti appena avesse ricevuto qualcosa.-
Jack Frost fece un sorrisetto: -Tu ti fidi davvero di lei?-
-Ma certo!-
-Nonostante non sia ancora riuscita a contattare Merida e la sua famiglia?-
Rapunzel si sedette sul letto: -Non ricominciare, Jack Frost. Sta facendo tutto il possibile per aiutarci. Se non ci fosse stata lei non ti saresti ripreso così in fretta. Non col solo ausilio del mio dominio.-
-In fondo a quel buco non era decisamente facile curare qualcuno... ma magari dai DunBroch sì.-
-Li sta cercando! Cerca di fidarti un po’ di più... ti ricordi com’erano quei briganti? Ti ricordi come ti hanno trattato? Se lei fosse stata come loro ci avrebbe chiusi in cantina! E invece guarda: lenzuola pulite e un pasto caldo!-
Jack Frost mugugnò qualcosa e ribatté: -E nei suoi giri a Ba Sing See non è riuscita a trovare un modo...?-
Rapunzel sospirò: -La regione è piena di rivolte. Dice che i messaggeri rischiano la vita a girare... e lei non vuole mettere a repentaglio la vita di troppi dei suoi uomini.-
-Encomiabile.- il ragazzo si sistemò più comodamente tra le lenzuola, poi si sporse verso la sua amica: -Io non mi fido di lei, Rapunzel. Ti prego, promettimi che faremo anche noi un tentativo per scrivere ai DunBroch!-
-Abbiamo già mandato una nostra lettera col suo primo messaggero.- lei sospirò di nuovo -Ascolta. So che lei può essere brusca, e sprezzante, a volte. Ma guardati intorno: un tetto, il caminetto, le lenzuola pulite. Pranzo e cena caldi tutti i giorni e le migliori cure per te. Non hanno nessun valore queste cose?-
Jack Frost passò lo sguardo sulla stanza e annuì piano.
Rapunzel sorrise e gli accarezzò la spalla: -Riposati. Domani proporrò di organizzare la partenza di un nuovo messaggero, o di farci portare a Ba Sing See. Vedrai che andrà tutto bene!-
Il ragazzo annuì e sentì una fitta allo stomaco a pensiero di Monaco Norbu.
Rapunzel si alzò e prese il piatto per portarlo alle cucine.
Uscì dalla stanza e si avviò per i corridoi, passò per un cortile con una fontana al suo centro e riprese una passerella per l’ala dei domestici.
Nel momento in cui sparì dietro l’angolo, Merida e Hiccup arrivarono di corsa e in silenzio alla stessa fontana e vi si appoggiarono.
-Da quella parte niente.- sussurrò lei.
Hiccup scosse la testa per darle ragione.
Merida prese un bastoncino da terra: -Allora facciamo il punto...-
Ma Hiccup le prese il braccio: -Non qui. Ci possono vedere dalla passerella.- e i due si spostarono dietro la fontana.
Rapunzel aveva restituito il piatto ai cuochi con un enorme sorriso di ringraziamento, e adesso stava tornando agli alloggi che dama Gothel aveva assegnato a lei e a Jack Frost. Completamente persa nei suoi pensieri, col suo passo leggero ripercorse la passerella e il portico in legno che costeggiava il cortile con la fontana. Canticchiando riprese il corridoio per le camere.
In quel momento Merida alzò la testa: -Hai sentito qualcosa?-
Hiccup fece cenno di no e lei si sporse da dietro la fontana per dare un’occhiata al cortile: deserto.
-Allora...- riprese disegnando per terra -...l’area dei magazzini l’abbiamo vista tutta. Di solito le passerelle portano all’ala dei domestici, mentre di qua...-
-Qui cosa c’è?- chiese Hiccup indicando un punto del disegno.
-Se è come casa mia sono le stanze degli ospiti. Ma non credo possa tenerli lì.-
-E perché?-
-Perché se rapisci qualcuno poi non lo mantieni come un ospite, no? Se davvero fossero suoi ospiti perché non ci ha contattati davvero invece di mandarvi via?-
-Non lo so. Io non ho mai rapito nessuno. Tu invece?-
Merida gli fece una smorfia e concedette: -Va bene, diamo un’occhiata anche lì. Tanto...-
E ripresero a muoversi in silenzio. Adesso dovevano percorrere i corridoi in legno e Hiccup rallentò notevolmente la sua andatura. Non gli piacevano i pavimenti in legno! Non ce n’erano al Popolo del Sole, perché doveva sopportarli proprio lì così in quel momento?
Il corridoio che avevano preso incrociava un altro corridoio. I due lo percorsero fermandosi a ogni porta, che socchiudevano appena per vedere se non ci fosse qualcuno.
Quando furono in fondo Hiccup fece segno a Merida che avrebbe girato a destra, lei fece un passo per seguirlo ma il braccio di lui la spinse improvvisamente indietro contro il muro.
In quell’istante esatto dama Gothel sfilò davanti a loro, da destra a sinistra, immersa nelle sue carte. La donna fece ancora qualche passo poi sembrò percepire un fruscio. Alzò gli occhi e tornò indietro a controllare il corridoio che tagliava quello che stava seguendo lei.
Deserto.
-C’è nessuno?- chiese -Rapunzel, sei tu?-
Silenzio.
Lei fece spallucce e riprese il suo percorso. Qualche istante dopo una porta si aprì lentamente e Hiccup e Merida uscirono con circospezione.
-Sono qui!- sibilò lei con la voce in falsetto per l’emozione.
Hiccup annuì: -E da come parlava li lascia girare liberamente.-
I due si scambiarono un’occhiata d’intesa: -Sono nelle stanze degli ospiti!-

Rapunzel era seduta sul suo letto a gambe incrociate e meditava. Jack Frost muoveva piano il braccio per allenarlo: piegava il gomito, chiudeva e riapriva le dita.
Con la coda dell’occhio vide la porta che si socchiudeva e un occhio verde che sbirciava dentro.
-Rapunzel...- chiamò a bassa voce.
Lei aprì gli occhi e seguì il suo sguardo.
Anche l’occhio verde l’aveva visto, e la porta si spalancò con veemenza: -Vi ho trovati? Siete voi?-
Jack Frost reagì all’invasione improvvisa di quello sconosciuto: saltò in piedi e con una ventata lo mandò contro il stipite della porta: -Chi sei? Cosa vuoi da noi?- lo aggredì, mentre Rapunzel si posizionava accanto a lui.
Hiccup era scivolato col sedere per terra e si massaggiava dietro la testa: -Sì, li ho trovati. Merida! Li ho trovati!- ripeté più forte.
A quelle parole i due abbassarono la guardia e Merida, che si era attardata a controllare la stanza di fianco, comparve sulla soglia.
-Siete qui!- urlò, e corse ad abbracciare i suoi amici.
Jack Frost e Rapunzel non potevano credere ai loro occhi, e si ritrovarono l’amica appesa al collo quasi in lacrime: -Vi ho cercato dappertutto! Papà ha smosso l’intero corpo guardia! Siamo stati rapiti anche noi... oh è stato orribile!-
-Merida...- sorrideva Rapunzel accarezzandole i capelli, mentre Jack Frost non staccava gli occhi da Hiccup.
-Cosa vuol dire che siete stati rapiti?- chiese -E chi è quello?-
Merida si staccò finalmente da loro e porse la mano in direzione del ragazzo, che si tirò faticosamente in piedi: -Lui è Hiccup. Il fabbro del Popolo del Sole.-
-Sei tu?- chiese allora Jack Frost, e l’altro annuì.
-Non serve che vi presentiate. So bene chi siete.- sorrise -Siete quelli che hanno dato una bella batosta alle nostre reclute.-
I due lo guardarono inorgogliti e Merida li fissò tutta in ammirazione. Poi Jack Frost tornò alla realtà: -Cosa vuol dire che siete stati rapiti?-
Merida si lanciò a raccontargli dell’inseguimento del brigante, del Dominio della Terra di Hiccup e di Monaco Norbu che li aveva salvati, mentre Hiccup chiudeva con cura la porta.
-Adesso dobbiamo riportarvi a casa. Monaco Norbu è in angoscia per voi. Oh, provate a immaginare la sua gioia nel ritrovarvi!- esclamò infine Merida.
Rapunzel annuì con un sorriso felice: -Non vedo l’ora! Vado subito ad avvertire dama Gothel e poi partiamo!-
Merida la fissò con gli occhi sbarrati: -Vai ad avvertirla?-
-Sì... in fondo ci ha ospitati qui per tutto questo tempo, è il minimo che possa fare...-
-Ma... ma... lei non vi ha voluti rimandare da noi, come puoi pensare di avere ‘un minimo da poter fare’?-
-Che vuoi dire?- chiese Jack Frost.
-Monaco Norbu è venuto qui oggi pomeriggio a chiedere di voi e lei lo ha mandato via.- spiegò Hiccup.
-Non ci credo. Dev’esserci stato un fraintendimento.- scosse la testa Rapunzel.
Merida sospirò e disse: -Dobbiamo riportarvi a casa. Io non mi fiderei di lei, Rapunzel. Per favore, partite con noi...-
Hiccup, invece, ebbe un’altra idea: -Merida, accompagna Jack Frost da Champa. Resto io qui con Rapunzel.-
-Scherzi?! Ma così ti farai scoprire!-
-Sì, ma non credo potrà fare qualcosa: tu e Jack Frost sarete fuori dalla sua portata, e questo la obbligherà a lasciarci andare, se non vuole essere denunciata, no?-
-Ne parlate come fosse una criminale.- sospirò Rapunzel, incerta.
-Glielo andiamo a chiedere subito.- rispose placidamente Hiccup.
I quattro ragazzi uscirono in giardino e raggiunsero il muro esterno. Merida si mise un braccio di Jack Frost intorno alle spalle e Hiccup li fece saltare dall’altra parte del muro. Atterrarono e Jack Frost si lasciò sfuggire un lamento.
-Aspettateci da Champa.- sussurrò il ragazzo nella notte. Poi si rivolse a Rapunzel: -Va bene. Parliamo con la tua dama Gothel. Sei pronta?-
Lei annuì, a disagio. Quello sarebbe stato il momento della verità, ma lei non era sicura di volerlo affrontare.

 


Angolino dell’autrice:
Finalmente i quattro grandi tutti insieme! Finalmente sono riusciti, all’alba di quindici capitoli, a ritrovarsi!
Adesso Rapunzel si accorgerà del fascino subdolo di dama Gothel? E Monaco Norbu risolverà finalmente il mistero che si cela dietro i quattro candidati? Si capirà chi è davvero l’Avatar?
Lo scopriremo nella prossima puntata!
A presto
Nike

Ritorna all'indice


Capitolo 15
*** PA 15 ***


Rapunzel e Hiccup camminavano in silenzio uno di fianco all’altra. Il bosco intorno a loro si estendeva buio e silenzioso mentre i due ragazzi si muovevano immersi nei loro pensieri, senza sapere bene se quella fosse la direzione giusta.
Rapunzel, in tutta sincerità, non aveva particolare timore per la situazione. Camminava leggera e silenziosa seguendo il passo distratto di Hiccup, nonostante il buio, nonostante le fronde e il sottobosco pieni di suoni sconosciuti. No, camminare in quel bosco non turbava particolarmente la sua serenità. Quello che la turbava, invece, era tutto quello che le era capitato dal suo rapimento fino a quel momento... e se non si fosse fidata della parola di Merida anche gironzolare in un luogo isolato in compagnia di un perfetto sconosciuto si sarebbe aggiunto alla sua lista di avvenimenti bizzarri.
Dopo il rapimento lei e Jack Frost erano finiti in un sotterraneo buio e umido, dove i briganti li trattavano con l’attenzione sufficiente a non farli morire di fame e reagivano ai tentativi di fuga di Jack Frost con una violenza che l’avevano lasciata senza parole. I loro gesti, il loro afferrarla per i capelli, Jack Frost raggomitolato in un angolo senza fiato l’avevano segnata profondamente e per molte notti, una volta uscita di lì, si era sognata quelle stesse scene, incapace di metabolizzarle una volta per tutte. Poi ricordava delle guardie, che avevano aperto violentemente la porta della cella e l’avevano afferrata e portata fuori dalla segreta. Ricordava di essere stata malamente buttata dentro una carrozza assieme a Jack Frost, e di aver sentito una voce di donna che esclamava indignata: “Oh, ma che modi! Trattare così due giovani indifesi!”. Rapunzel aveva alzato gli occhi, e dama Gothel le aveva teso la mano. Avevano fatto il viaggio riposandosi: Jack Frost sdraiato sulla panca dall’altra parte della carrozza, lei china a singhiozzare di sollievo sulle gambe delle dama, che le accarezzava i capelli e le sussurrava promesse di sicurezza, di riunione col suo monaco. L’aveva aiutata a curare Jack Frost e aveva cominciato a raccontarle delle rivolte che scoppiavano nella regione, sconvolta che i DunBroch li avessero tenuti all’oscuro di tutto ciò, a raccontarle della pessima condotta dell’attuale Imperatore e della necessità che il nuovo Avatar, una volta trovato, insegnasse a quel vecchio a rispettare un po’ di più i suoi sudditi. Rapunzel non aveva detto nulla dei domini invertiti né della sua vera identità, e le sembrava che quella donna volesse solo confidarsi con lei. In fondo, lei stessa le aveva raccontato i suoi incubi più terribili e la dama l’aveva ascoltata. Però si diceva che, se davvero fosse stata lei l’Avatar, probabilmente si sarebbe interessata a questo problema di cui le parlava la dama. Era sempre stata convinta che l’Avatar esistesse per i più deboli...
Accanto a lei, Hiccup camminava strisciando i piedi. Non gli importava molto del buio e degli animali della foresta, perché sapeva che si sarebbe accorto di qualunque cosa fosse avanzata nella loro direzione. Quello era il suo asso nella manica, la chiave che aveva più volte permesso di risolvere un sacco di situazioni spinose. Ma quella sera, invece... Era scocciato, perché il colloquio con dama Gothel non aveva sortito l’effetto sperato su Rapunzel. Quando si erano presentati alla dama, contava sull’effetto sorpresa. Forse c’era stato, a giudicare dal suo sguardo quando il domestico che era andato a chiamarla nelle sue stanze l’aveva portata da loro, ma il fatto che fossero in un caldo salotto con un parquet bello lucido gli aveva impedito di percepirlo chiaramente. Inoltre, la dama doveva aver colto in lui una certa perspicacia, perché nel momento in cui l’aveva visto l’aveva chiaramente riconosciuto, e aveva probabilmente capito che doveva indossare la sua maschera migliore. Ovviamente si ricordava di lui. Certamente, si ricordava che era venuto con un umile monaco. Ma poiché lei cercava un potente monaco che faceva parte dei Consigli dei Saggi, non si aspettava certo che quello stesso monaco si presentasse con due personaggi vestiti di pelli e squame, una madre e un figlio dall’aria decisamente esotica. Come avrebbe mai potuto immaginare che quello fosse il vero Monaco Norbu e un impostore, e rischiare che quel fiorellino di Rapunzel passasse un’altra esperienza angosciante come quella che aveva appena passato! E quando lui aveva provato a chiederle come sapesse dove trovare Rapunzel e Jack Frost, lei aveva risposto che lei sapeva come tenere sotto controllo il suo feudo, che a lei stava a cuore evitare ogni tipo di brigantaggio nelle sue terre, e che quindi lei attuava politiche interne davvero efficaci. Aveva categoricamente negato di sapere dei domini invertiti e del fatto che Rapunzel e Jack Frost fossero candidati al ruolo di Avatar, e quando erano entrati in argomento aveva abbracciato Rapunzel dicendo di essere stata onorata di averla avuta come ospite e che adesso che sapeva di questa storia si sentiva ancora più onorata.
Hiccup ne era uscito disgustato e se ne voleva per non aver avuto alcuno tipo di prova per convincere Rapunzel che quella donna mentiva.
Camminando, alzò lo sguardo sulla ragazza e la scoprì che lo osservava in silenzio. Non se lo aspettava, così arrossì e abbassò gli occhi.
Rapunzel ridacchiò a quella reazione e non disse niente ancora per un po’. Poi commentò: -Dev’essere stata lunga, per te, dal Popolo del Sole.-
Lui annuì impacciatamente: -Eh, sì...-
-E hai fatto tutta questa strada per venire a cercare noi?- scherzò lei, con dolcezza.
Lui non seppe cosa rispondere, così lei chiese: -Come lo trovi, questo mondo fuori dal tuo popolo?-
Hiccup balbettò qualcosa: in tutta onestà si era bevuto ogni scoperta con la rapidità del timore che quel bel sogno potesse finire, senza stare a rifletterci su: -Fan... fantastico... oserei dire...-
-Davvero?- rincarò lei, sempre sorridendo: -Cos’hai visto, fino adesso?-
-Il feudo dei DunBroch...-
-Oh, ma c’è molto più del feudo!-
-Dici?-
-Oh sì, noi nomadi viaggiamo da un Tempio dell’Aria all’altro e nel frattempo vediamo un sacco di posti bellissimi!- Rapunzel assunse un tono sognante, poi gli disse: -Quando ricominceremo a viaggiare con Monaco Norbu vedrai, ti piacerà un sacco!-
E Hiccup, in quel momento, realizzò che sì, esisteva anche la possibilità che lui non tornasse al Popolo del Sole. Guardò Rapunzel con gli occhi spalancati e lei rise di quello sguardo.
Lui sorrise a sua volta, ma sapeva che c’era qualcosa che non rendeva quella risata completamente spensierata: -Non sei contenta che torni da Monaco Norbu?- le chiese a bruciapelo.
-Certo!- rispose lei, ma la sua allegria fu passeggera: -Mi dispiace solo com’è andata con dama Gothel. Non è cattiva, ci ha aiutato parecchio, e per un disguido siete dovuti venirci a cercare voi.-
-Ma tu non credi proprio che potesse averti raccontato una bugia?-
-No.- lei scosse la testa -Non riesco a immaginare per quale motivo possa aver agito come dite voi. Non è logico.- ma Hiccup avvertì di nuovo il suo disagio, e il dispiacere che la ragazza provava a dover dubitare della donna che l’aveva tirata fuori dalle segrete. Gli dispiacque per lei e non volle aggiungere altro.
Dal canto suo Rapunzel tornò a guardarlo e con un sorriso gli accarezzò una guancia: -Però grazie per essere venuti fino a qui per noi. Siete stati molto coraggiosi.-
Hiccup non disse nulla, ma a quel contatto e allo sguardo gentile di Rapunzel il suo cuore ebbe un sussulto.
 
Merida e Jack Frost aspettavano su Champa. Lei si era lanciata a raccontare (di nuovo) tutta la storia del rapimento, con Jack Frost che ciondolava la testa e si scaldava all’idea che quei briganti avessero potuto fare male anche a lei e al fabbro. Quel tipo gli era sembrato così fragilino...! Un pugno troppo ben assestato l’avrebbe spezzato senza problemi!
Comunque rimase ad ascoltare finché Merida non gli raccontò dell’intervento di Monaco Norbu e di come aveva messo fuori gioco tutti gli avversari senza battere coglio.
-Davvero il vecchio è così forte?!- si stupì lui -E io che ero convinto che il Dominio dell’Aria fosse solo per volare e meditare!-
Merida scosse la testa, poi dopo un istante commentò: -Mi dispiace avervi messo in questa situazione.-
Jack Frost si sistemò meglio sulla sella: -Sì, be’... la prossima volta che scappi cerca di fare più attenzione.-
Merida ci rimase male. Non si aspettava certo una risposta del genere e, punta sul vivo, ribatté: -Ma io non vi ho chiesto di seguirmi!-
Il ragazzo fece spallucce e guardò un po’ il cielo, poi mormorò: -Però sono contento che almeno tu ti fossi salvata.-
Merida sorrise tristemente e, per la prima volta, stette zitta.
Jack Frost la guardò di sbieco e chiese: -Sei riuscita a far annullare il matrimonio, almeno?-
Lei non cambiò espressione: -Oh sì. Ce l’ho fatta abbastanza che ora tutti sanno il mio segreto e nessuno mi vorrà più come sposa.-
-Be’, tanto meglio.- commentò lui.
-Scherzi?!-
-No. Ti giuro, non capisco come tu possa sopportare di stare lì senza dire nulla. Io, fossi stato in te, me la sarei data a gambe molto tempo fa.-
Merida accarezzò l’idea per un lungo istante. Si immaginò uscire dal retro come aveva fatto tante volte, si immaginò bazzicare per la città, e poi uscire nei campi e non tornare più indietro. Poi però pensò a sua madre, a suo padre, e alla loro angoscia all’idea che lei fosse sparita: -Non credo potrei mai abbandonare i miei genitori. La mia famiglia mi vuole bene, non potrei mai far loro un torto del genere. Se davvero dovessi scappare, tu, non pensi che la tua famiglia possa stare in pensiero?-
-Io non ho una famiglia.- rispose amaramente lui.
Merida lo guardò basita: -Non lo sapevo!-
-Pensavi che avessi seguito Monaco Norbu con il beneplacito dei miei genitori?- sorrise il ragazzo.
-E loro che fine hanno fatto?- chiese invece lei.
-...non lo so.- e il sorriso si spense, e gli occhi guardarono altrove.
-Che cos’è successo, che vi siete dovuti separare? A loro è successo qualcosa di grave?-
-Piantala, Merida. Non mi ricordo niente di loro.-
La ragazza rifletté per un momento, lasciandogli il tempo di respirare, poi però tornò all’attacco: -E non sei curioso di sapere cosa è successo loro?-
-Merida!- la rimproverò invece lui.
-Io non avrei pace...- concluse allora lei a mezza voce, e poi tacque.
Jack Frost si ostinò a guardare fuori dalla sella, con lo stomaco in subbuglio: neanche Rapunzel aveva mai osato sondarlo così profondamente sul suo passato. Ma Merida non aveva certo il tatto della nomade!
Ma Merida lo aveva toccato su un argomento che lui da solo non aveva mai avuto il coraggio di affrontare, e gli aveva messo la pulce nell’orecchio: -Non saprei neppure a chi chiedere...- mormorò infatti dopo un po’.
-Se i tuoi genitori sono della tua Tribù dell’Acqua del Nord, sicuramente al villaggio qualcuno saprà darti delle indicazioni, no?-
-Non lo so...-
-Se vuoi quando tutto questo sarà finito chiederemo a Monaco Norbu di tornare al nord per indagare! Ti aiuteremo noi!- allora Merida allungò la mano e strinse quella del ragazzo: -E poi... se mai avessi bisogno di un posto, sappi che i DunBroch saranno sempre pronti ad aiutarti!-
Jack Frost guardò assorto quella mano calda che teneva la sua gelida, quando una voce giunse dal basso: -Siamo qui!-
Erano Rapunzel e Hiccup.
 
Il ritrovo fu felice.
I quattro ragazzi arrivarono alla villa dei DunBroch all’alba, e quando atterrarono nel cortile degli ospiti Maestro Calmoniglio si alzò dalla roccia dove li aveva aspettati e corse in casa a dare la notizia.
Tutti quanti, i genitori di Merida, Monaco Norbu, la sacerdotessa Valka e Maestro Calmoniglio corsero fuori e si precipitarono sui quattro ragazzi, che erano appena smontati dal bisonte volante.
La sacerdotessa Valka abbracciò Hiccup con trasporto, sotto lo sguardo sorridente e segretamente fiero del Maestro Calmoniglio, mentre Rapunzel e Jack Frost si stringevano a Monaco Norbu e la ragazza lasciava libero corso alle sue lacrime di gioia, in eco alle parole piene di dolcezza del suo maestro.
Merida fu raggiunta da sua madre a lunghe falcate e la donna alzò la mano con un gesto secco. Il ceffone cadde sulla sua guancia con uno schiocco improvviso. Merida abbassò la testa, rossa come i suoi riccioli, ma sua madre la prese per le spalle e la scosse: -Hai idea di quanta paura abbiamo avuto per te?!- e la strinse tra le braccia tremanti -Sciocca. Chiedessi mai il nostro aiuto...!-
Merida ricambiò la stretta con eguale forza e suo padre le abbracciò entrambe con un’espressione finalmente sollevata.
La colazione fu sontuosa e i ragazzi furono tutti lavati e rifocillati, e Merida si guardò intorno con la bocca piena: -Dov’è Mulan?-
-Nelle sue stanze.- rispose sua madre -In punizione per avervi coperti.-
Monaco Norbu intervenne allora, prima che la donna potesse aggiungere altro: -Ma oserei dire che il tempo delle punizioni è finito. Non trovate, dama Elinor?-
La donna fu costretta ad assentire, e il monaco continuò: -A questo punto non vorrei perdere altro tempo. Se le condizioni di Jack Frost lo permettono, domani vorrei partire con i nostri ragazzi per il Tempio dell’Aria del Sud, in modo da risolvere una volta per tutte il mistero che circonda il nuovo Avatar.-
Quelle parole portarono a sguardi elettrizzati e a un’eccitazione generale.
 
Quella notte, Hiccup andò di nascosto nelle stanze di Rapunzel e Jack Frost e fece loro segno di seguirlo. I due si alzarono nel buio e raggiunsero Merida e Mulan nel giardino in ghiaia dove le due ragazze li attendevano. Mulan aveva con sé la sua fedelissima spada.
-Ragazzi- esordì la padrona di casa -Questa è Mulan, una mia amica d’infanzia.-
L’interessata agitò la mano con un sorriso e disse: -Non serve che vi presentiate: so benissimo chi siete.-
Rapunzel però le tese la mano: -Molto piacere di conoscerti.-
E Jack Frost subito dietro: -Quindi... a che cosa dobbiamo questa sortita così, nel pieno della notte? Merida, non vorrai farti un’altra passeggiata!-
-Assolutamente no!- ribatté lei -Mulan aveva proposto di trovarci tutti insieme già questo pomeriggio, ma abbiamo aspettato che vi riposaste un po’...-
-...e siete venuti a chiamarci di notte.- concluse Jack Frost.
Allora Mulan prese la parola: -È vero che anche voi due avete i domini invertiti?-
Jack Frost e Rapunzel si scambiarono un’occhiata: -Perché dici ‘anche’? Vuoi dire che il fabbro...?-
-Si chiama Hiccup!- lo interruppe Merida -E sì, io e lui abbiamo il dominio invertito, come ce l’avete voi due!-
-Davvero?!- si sbalordì Jack Frost -Fa’ vedere!-
Merida e Hiccup allora presero a far duettare i loro Domini della Terra e del Fuoco, e le fiamme si intrecciavano alla ghiaia e le rocce riflettevano scintille e calore. Quando ebbero finito Rapunzel saltò al collo di Merida: -Hai trovato un maestro!-
-Sì: è sua madre...- rise Merida indicando Hiccup – È una Sacerdotessa dei Draghi.-
-Meraviglioso!-
-E voi due?- incoraggiò invece Mulan.
Allora Rapunzel sollevò l’acqua dai canali che circondavano il giardino e prese a volteggiare, e i nastri d’acqua danzavano intorno a lei, seguendo le sue braccia tese e il suo passo leggero.
Hiccup, invece, diede un colpetto alla spalla di Jack Frost: -Merida mi ha detto che questo è tuo.- e gli porse un bastone.
Jack Frost riconobbe i meccanismi dell’aliante e con uno scatto secco lo aprì: la forma era più squadrata e le ali erano in tessuto blu, e a lui piacque tantissimo: dimentico dei dolori al braccio e al ventre e della stanchezza, lanciò l’aliante in aria e con un urlo liberatorio saltò e prese il volo. Il vento lo portò in alto in alto: mentre i nastri dei Rapunzel lo seguirono fino a una certa altezza lui continuò a salire, a salire, fino a raggiungere le nuvole, a superarle, e a trovarsi davanti a un’enorme bianca luna piena. Allora chiuse gli occhi, chiuse l’aliante e si lasciò cadere, e roteò su se stesso in tutte le direzioni, mentre in basso gli altri lo guardavano, Hiccup con gli occhi spalancati, Mulan e Rapunzel con le mani sulla bocca, e Merida che faceva il tifo.
Il bastone si riaprì in aliante all’ultimo istante e con un’ampia curva Jack Frost riprese quota.
Quando atterrò gli altri batterono le mani, eccitati: -Grandioso!-
Mulan li guardava in silenzio, e stringeva la spada fra le mani. Poi chiese: -Quindi domani andrete via?-
Rapunzel annuì convinta: -Monaco Norbu si consulterà con i Saggi del Consiglio e poi dichiarerà chi è il vero Avatar.-
-E non siete spaventati?-
I quattro ragazzi abbassarono le braccia e le spalle.
-Da morire.- mormorò Rapunzel.
-Non sei la sola.- le rispose Merida.
-Credo che lo siamo tutti, ma per ragioni diverse.- considerò invece Jack Frost: -Io spero tantissimo che sia qualcun altro. Vi immaginate, me come Avatar? Ci sarebbe da ridere!-
-Riderei tantissimo, sì.- lo prese in giro Merida -Io speravo tantissimo che essere l’Avatar mi liberasse dalla vita da nobile, e invece...-
-Parli sempre come fosse chiaro che lo sei.- ribatté Jack Frost -In realtà lo sappiamo tutti che l’Avatar è Rapunzel.-
La diretta interessata allargò gli occhi: -Ma cosa dici, Jack Frost?-
-Perché, non è vero? Sei tu che sei venuta per prima alla mia Tribù per allenarti nel Dominio dell’Acqua, e sappiamo tutti che il prossimo Avatar è un Nomade dell’Aria. Non è per questo che sei partita con Monaco Norbu?-
-Sì... sì.- lei abbassò la testa -Non saprei bene cos’altro fare, nella vita, se non fossi io l’Avatar...- mormorò a mezza voce.
-E tu?- chiese allora Mulan a Hiccup -Tu non hai paura di essere l’Avatar?-
-Io?- chiese lui esitante. Passò lo sguardo sugli altri, che realizzarono che lui non aveva assolutamente realizzato il motivo per cui Monaco Norbu era venuto a cercarlo: -Io ero solo partito per conoscere voi...- e guardò negli occhi Rapunzel, che gli sorrise dolcemente.
Jack Frost seguì lo scambio di sguardi e assunse un’aria truce: -Ah, quindi non ti interessa per niente l’idea di diventare Avatar?- lo punzecchiò.
-Non credo... no.- Hiccup rifletté -Se devo dire una cosa che ho voglia di fare adesso, è viaggiare con Monaco Norbu...-
Jack Frost inarcò le sopracciglia, mentre Rapunzel dava ragione a Hiccup: -È l’unica cosa che mi mancherà, una volta che sapremo chi è l’Avatar.-
-Perché?- chiese allora Jack Frost -Dopo il vecchio smetterà di viaggiare?-
-Volevi continuare?-
-No, no...- in fondo lui aveva già deciso di fuggire da un po’... sicuramente non si aspettava di continuare a girare per il mondo col suo maestro, no?
-A me sarebbe tanto piaciuto viaggiare un po’ con lui...- sospirò malinconicamente Merida.
-Basta chiedergli! Domani, dopo che avrà rivelato chi è l’Avatar, potrai chiedergli di portarti un po’ in giro.- la provocò Jack Frost.
Merida gli fece una smorfia, e Rapunzel sospirò. Poi si rivolse a Mulan: -Tu domani verrai con noi?-
-No... penso che starò qui ad aspettare il ritorno di Merida. Sempre che non parta con il monaco!-
Merida fece una smorfia anche a lei, e concluse: -Nel remoto caso in cui non sia io l’Avatar, sappiate che chiederò a Monaco Norbu di viaggiare con lui.-
-Penso lo farò anch’io.- annuì Hiccup.
-Pure io.- rise Rapunzel, ma a unirsi a questo proposito ebbe un brivido.
Mulan sorrise: -Io non c’entro niente con questa storia di Avatar, però... piacerebbe anche a me vedere un po’ il mondo.-
Tutti girarono la testa verso Jack Frost, che faceva giochi di equilibrio col suo nuovo bastone: -Eh?- fece lui, poi aggiunse, d’impulso: -Allora non ti preoccupare. Domani, dopo la cerimonia, verremo qui con Monaco Norbu e viaggerai con noi.-
Lui non si rese propriamente conto delle implicazioni della sua promessa, ma a quelle parole Rapunzel sorrise.
 
 


Angolino dell’autrice:
In realtà questo capitolo non lo volevo scrivere. Nella mia testa in questo capitolo Monaco Norbu portava finalmente i suoi discepoli al Tempio dell’Aria e rivelava la soluzione al mistero misterioso che l’ha fatto partire nel primo capitolo.
Eppure... eppure i Quattro Grandi chiamavano per essere lasciati un po’ in pace, un po’ per conto loro, in modo da conoscersi meglio, da capire chi è chi e che cosa spinge chi a fare cosa.
Il tono si è calmato, il ritmo è rallentato. Dopo un assaggio del mondo pimpante di Avatar, adesso dobbiamo riavvicinarci alla serafica serenità del mondo del Piccolo Buddha. Il prossimo capitolo sarà quello di svolta: chissà chi si beccherà le responsabilità di essere l’Avatar, e chi invece chiederà a Monaco Norbu di partire con lui?
Confesso che non vedo l’ora di pubblicare il capitolo 16, e di passare alla seconda parte di questa storia... Ho deciso che modificherò il capitolo 1, aggiungendoci il titolo ‘Libro 1: Piccolo Avatar’, in vista dell’inizio del ‘Libro 2’... di cui non rivelo ancora il titolo.
A presto
Nike
 

Ritorna all'indice


Capitolo 16
*** PA 16 ***


Il Tempio dell’Aria del Sud comparve tra le nuvole con la sua altissima torre bianca, e i quattro giovani candidati al ruolo di Avatar di sporsero in avanti per guardarlo con gli occhi spalancati. Neppure Rapunzel era mai stata lì. Accanto a Champa, un altro bisonte volante portava i signori DunBroch e la sacerdotessa Valka.
Il mattino stesso della loro partenza, Monaco Norbu aveva inviato delle missive ai vari Templi dell’Aria, e in risposta aveva trovato, sulla strada per il Tempio, un confratello che li aspettava per permettere ai signori DunBroch di passare da una scomodissima carrozza a un ben più confortevole bisonte volante. In realtà, il signor DunBroch non aveva molto apprezzato l’idea dell’altezza, ma non gli dispiaceva pensare che, almeno, così sarebbero arrivati prima.
Quando atterrarono, i giovani monaci novizi corsero loro incontro e li aiutarono a scendere dai bisonti volanti, mentre il Saggio Sandman, giunto lì dal Tempio dell’Aria del Nord, e le Sagge rappresentanti dei Templi dell’Aria dell’Est e dell’Ovest avanzavano lentamente verso di loro.
Monaco Norbu si inchinò profondamente per salutarli, poi presentò i candidati e gli accompagnatori. I giovani monaci furono incaricati di fare gli onori di casa: Jack Frost, Merida, Hiccup e Rapunzel furono circondati da una folla di teste rasate in tunica gialla e rossa e furono spinti verso delle sale dove furono invitati a prepararsi per il grande evento. I monaci, nel frattempo, avevano invitato i signori DunBroch e la sacerdotessa Valka a seguirli in una sala spoglia dove offrirono loro del tè caldo per l’attesa.
Nella folla di giovani monaci che andavano e venivano, Merida, Hiccup e Jack Frost si scoprirono disorientati e un po’ timorosi, e il Dominatore dell’Aria, dall’alto della sua piattaforma in legno ruvido, si sporse in avanti a toccare la spalla di un monaco accanto a lui: -Dov’è Monaco Norbu?- chiese incerto.
-Si è ritirato a meditare con i Saggi.- rispose quello, e riprese le sue faccende.
Merida, all’angolo opposto della sala, scomodamente seduta su una piattaforma in legno ruvido come quella di Jack Frost, cercava di darsi un contegno da nobile che lì, lontana dal suo mondo di aristocrazia e corte, non le riusciva facile conservare.
Hiccup, nel terzo angolo della sala, seduto su un’altra di quelle piattaforme rialzate, si guardava intorno senza parole, sopraffatto da tutte quelle novità.
Rapunzel era estremamente nervosa: sapeva che quella era l’ora della verità. Sedeva sulla sua piattaforma in atteggiamento meditativo ma non riusciva a trovare pace. Quando era partita aveva abbandonato la sua vita di unica nomade a non essere dominatrice, e il Dominio dell’Acqua le aveva aperto delle possibilità che le avevano fatto capire che non sarebbe mai più tornata alla vita di prima. L’unico problema era che... l’unica alternativa che vedeva in quel momento era il ruolo di Avatar, ruolo che le avrebbe permesso di uscire definitivamente dal mondo dei Templi che oramai le stava così stretto.
-Rapunzel!- si sentì chiamare sottovoce -Rapunzel!-
Aprì gli occhi e vide Merida guardarla incerta: -Stai bene?-
-Sì.- rispose meccanicamente -Tu?-
-Un po’ a disagio...- ammise lei.
Rapunzel guardò anche i ragazzi e riconobbe nelle loro espressioni lo stesso groppo in gola che avevano lei e Merida.
In quel momento vennero a chiamarli.
Furono fatti alzare, e portati in un cortile circondato da più piani di passerelle in legno. In una delle più in alto furono condotti i signori DunBroch e la sacerdotessa Valka.
I quattro ragazzi furono fatti posizionare ciascuno in un angolo del cortile rettangolare, e furono lasciati soli. Loro rimasero lì, ad aspettare in silenzio, guardandosi l’un l’altro senza sapere bene cosa sarebbe successo poi.
Poi... arrivò Monaco Norbu, seguito in fila indiana dai Saggi. I ragazzi capirono che era giunto il momento, e che adesso avrebbero scoperto chi era davvero l’Avatar.
Il monaco li guardò uno a uno, poi si diresse a passo deciso verso Jack Frost, seguito, sempre in fila indiana, dagli alti Saggi. Arrivò davanti a lui e, alzando le mani, esclamò a gran voce: -Oh mio Maestro, sono così felice di averti ritrovato!- dopodiché si inchinò fino a terra.
Jack Frost rimase paralizzato e senza parole, e non tentò di scappare solo perché non aveva con sé l’aliante e le gambe non gli rispondevano. Con gli occhi sbarrati alzò la testa da Monaco Norbu e fissò gli altri tre ragazzi, per leggere la delusione profonda in Merida, la disperazione in Rapunzel.
Ci fu uno schioccò di frusta, Monaco Norbu si rialzò e si allontanò da lui. Tutti i giovani monaci percorsero il lato del cortile per arrivare davanti a lui e, cantando un sutra, uno dopo l’altro gli fecero un rapido inchino per proseguire nella direzione presa da Monaco Norbu e dai Saggi.
Il monaco si diresse da Hiccup e, stese le mani, esclamò: -Oh mio Maestro, sono così felice di averti ritrovato!- e si inchinò fino a terra anche davanti a lui.
Hiccup ebbe un tuffo al cuore e scambiò un’occhiata confusa con Jack Frost, il cui battito, a quella vista, stava riacquistando un suo ritmo.
Monaco Norbu si rialzò e si diresse verso Merida, mentre i giovani monaci, sempre cantando il loro sutra, si inchinavano a turno, in fila indiana, anche davanti a Hiccup.
Il monaco arrivò davanti a Merida e tese le mani, ed esclamò: -Oh mio Maestro, sono così felice di averti ritrovato!- e si chinò fino a terra anche davanti a lei.
Merida respirò profondamente, guardando quell’uomo che lei aveva imparato ad amare e rispettare come un maestro.
Poi lui si alzò nuovamente e, lasciatala allo sfilare dei giovani monaci che si inchinarono anche davanti a lei, andò finalmente da Rapunzel.
La ragazza lo guardò avanzare con un misto di stupore e speranza e lui tese le mani verso di lei: -Oh mio Maestro, sono così felice d averti ritrovato!- e si inchinò.
Quelle parole ebbero il potere di far sentire Rapunzel improvvisamente leggera, e allo stesso tempo fragile sulle gambe. Senza dire una parola si chinò fino a terra come aveva fatto Monaco Norbu e per qualche istante i due rimasero così, a offrirsi il reciproco rispetto, poi risollevarono il capo e appoggiarono uno la fronte sulla fronte dell’altra. Allora, il monaco mormorò: -E forse un giorno, amico mio, tu ritroverai me...-
Rapunzel gli sorrise, le lacrime agli occhi, e mentre si rialzava fu raggiunta da Merida, Hiccup e Jack Frost. Il monaco si rimise in piedi e li guardò con un sorriso fiero.
Hiccup lo guardava, il mento in su, e chiese: -Com’è possibile che siamo tutti e quattro l’Avatar?-
-Sono cose che succedono.- rispose pacatamente il monaco -È molto raro, ma è già successo altre volte: una manifestazione separata della stessa entità in più persone diverse. Generalmente si manifesta in tre persone, con la mente, il corpo e la parola. Tuttavia, Avatar Darje era qualcuno con un grande senso dell’umorismo, e suppongo abbia voluto imbrogliare un po’ le cose.- e l’uomo ridacchiò, probabilmente pensando alla sua giovinezza con Darje.
-Quindi chi di noi succederà ad Avatar Darje?- chiese senza fiato Rapunzel.
Lui la guardò sorridendo: -Penso che i monaci decideranno come far procedere la successione in un altro momento. Adesso ci saranno le celebrazioni per il vostro riconoscimento.- poi aggiunse, grave: -Ricordate sempre, amici miei, che voi siete la reincarnazione di Avatar Darje. Non solo uno di voi, non due, ma tutti e quattro. Tenetelo sempre a mente, mi raccomando.-
-Per questo dite che ci attiriamo a vicenda?- chiese ancora Hiccup.
L’uomo annuì, poi fece un passo indietro per lasciare spazio al Saggio Sandman, che li salutò tutti e quattro con rispetto, e con un gesto gentile invitò i novizi a portare i nuovi Avatar a preparare per le cerimonie di festeggiamento.
I quattro giovani furono di nuovo circondati dalle teste rasate e dai mantelli gialli e rossi, e furono trascinati via. Monaco Norbu li lasciò andare e, una volta spariti dentro il tempio, fu sopraffatto dall’emozione e si appoggiò al muro dietro di lui. In quel momento i signori DunBroch e la sacerdotessa Valka lo raggiunsero, nel silenzio del cortile.
-Come vedete, dama Elinor, quello che vi raccontavo aveva ragione di essere preso in considerazione.- le sorrise il monaco.
-Non posso credere che la nostra famiglia abbia un Avatar fra i suoi membri...- esalò la donna.
-Anche il fatto che adesso si debba dire ‘un’ Avatar è alquanto bizzarro.- considerò, dal canto suo, la sacerdotessa Valka -Le implicazioni sono molte, e non tutte chiarissime. Monaco Norbu, occorrerà trovare una spiegazione ancora a molti dettagli...-
Il monaco non si era staccato dal muro: -Adesso preferirei riposare. È stato un viaggio estremamente faticoso per me. Dei dettagli politici se ne dovranno occupare i sacerdoti dei templi dei quattro elementi. Ormai la mia missione è finita... potrei addirittura tornare al Tempio dell’Aria del Nord...- le gambe gli cedettero.
La sacerdotessa Valka ebbe il riflesso di sostenerlo: -Vi sentite bene?-
-Sì, non preoccupatevi per me. È solo l’emozione.- l’uomo si rimise sulle sue gambe e si avviò verso la porta da cui era arrivato, mormorando: -Eh, sì... ormai la mia missione è finita...-
Arrivò in una stanza con un’enorme campana in metallo, che lui fece rintoccare con un solo pesante colpo. Poi andò di fronte alle immagini sacre e si sedette a meditare.
 
Rapunzel, Merida, Jack Frost e Hiccup furono portati a compiere tutta una serie di riti di purificazione dai novizi, e tra un’abluzione e un incenso acceso si guardavano l’un l’altro senza parole.
I riti durarono tutto il pomeriggio e tutta la sera, e i ragazzi furono portati a dormire che la luna era già alta. Completamente frastornati, i quattro giovani si ristorarono con un sonno senza sogni, e si svegliarono ai canti del mattino. Guardando fuori dalla finestra videro due file di ragazze vestite di colori vivaci cantare e battere i piedi a ritmo, e voltarsi tutte insieme e poi voltarsi di nuovo in una danza tutta nastri e ghirigori.
I tamburi presero a suonare poco dopo, e i sutra e i canti si elevarono da ogni angolo del tempio.
I novizi li portarono a vestire delle lunghe tuniche rosse e arancione scuro, poi li precedettero in processione facendo roteare degli ombrelli variopinti dal lungo manico.
Nel frattempo, la sacerdotessa Valka andò a cercare Monaco Norbu per dirgli che le celebrazioni stavano iniziando, ma lo trovò ancora assorto in meditazione dalla sera precedente.
-È ancora lì?- chiese sottovoce a un giovane monaco che stava seduto nella stanza.
Lui rispose: -Uno come Monaco Norbu può restare così per una settimana, anche di più.-
La donna annuì con la testa e lo lasciò alla sua meditazione.
I quattro Avatar furono introdotti in una lunga sala in legno, con i monaci adulti seduti in molte file in mezzo a cui sfilarono uno dietro l’altro fino a raggiungere il palco su cui stava il Saggio Sandman. Lui li accolse con un gesto, li avvolse in una sciarpa bianca. Poi furono fatti sedere su degli scranni decorati in giallo e oro e i monaci continuarono con i loro sutra, mentre i flauti e i tamburi tenevano il ritmo.
Fu in quel momento che entrò un monaco, con passo rapido ma tranquillo, e si diresse al Saggio Sandman. Si sporse verso di lui e gli sussurrò qualcosa all’orecchio. Poi si girò, con un segno fece cessare la musica, si accostò al monaco della platea che gli era più vicino, e si disse con voce sommessa: -Monaco Norbu è passato ad altra vita.-
A quelle parole, il monaco intonò un sutra di tutt’altro tono, seguito a ruota dai confratelli.
Merida, Hiccup e Jack Frost osservarono quel brusco cambiamento e si girarono verso Rapunzel che, con le lacrime che le rigavano le guance, spiegò mestamente: -Monaco Norbu non c’è più.-
 
La cerimonia di addio fu sobria e il corpo di Monaco Norbu fu posto sopra una pira che Merida accese col suo dominio.
Quando del monaco non furono rimaste che le ceneri, i monaci le raccolsero e le diedero ai quattro ragazzi.
Merida si diresse con i suoi genitori all’interno del tempio, arrivò a un focolare acceso nei piani più bassi e vi gettò dentro le ceneri.
Hiccup scese con un bisonte volate nelle foreste che circondavano il tempio, e lì disperse le ceneri nel fitto sottobosco.
Rapunzel e Jack Frost presero Champa e volarono a sud. Il tempio non era troppo distante dal mare. Champa si abbassò sull’acqua e Rapunzel aprì il fazzoletto di lino per lasciar cadere in acqua il contenuto, poi il bisonte prese quota e Jack Frost aprì il suo.
Monaco Norbu si dissolse così sotto i loro occhi tristi, mentre Champa faceva rotta verso il tempio.
-Rapunzel...- chiese a bassa voce Jack Frost -Che ne sarà di noi adesso?-
Lei scosse le spalle: -Non ne ho idea.-
Quando atterrarono Hiccup e Merida corsero loro incontro e i quattro ragazzi si strinsero in un abbraccio, che fu interrotto dall’arrivo dei monaci.
-Sono desolato di interrompervi, Avatar Rapunzel.- disse uno chinandosi lievemente in avanti -Adesso dobbiamo organizzare il vostro viaggio.-
-Il mio viaggio?-
-Esattamente.- rispose quello -I Saggi sono tutti d’accordo che, vista la situazione alquanto... bizzarra, agli occhi del mondo è meglio rispettare il ciclo delle reincarnazioni. Dovrete partire al più presto per il Tempio dell’Aria dell’Est, dove le monache potranno dichiarare al mondo il vostro ritrovamento.-
-E noi?- chiese Merida -Che ne sarà di noi?-
-I vostri genitori vi riporteranno a casa. Anche voi, Jack Frost, sarete riportato a casa vostra alla Tribù dell’Acqua del Nord.-
-Che cosa?! Ma... Monaco Norbu ha detto che siamo tutti e quattro l’Avatar!- protestò Merida -Non potete rimandarci indietro come non fosse successo niente!-
-Adesso come adesso abbiamo bisogno di un messaggio chiaro per i templi degli altri elementi, damigella Merida.- concluse il monaco con tono gentile ma fermo.
Il Saggio Sandman attendeva all’ingresso del tempio. Quando vide Rapunzel allargò le braccia e la accolse con un sorriso. Poi la condusse dentro. Lei ebbe solo il tempo di guardarsi indietro e veder sparire dietro l’angolo Hiccup, Merida e uno sconvolto Jack Frost.
 
Quando furono rimasti solo loro tre, comparvero finalmente i signori DunBroch e la sacerdotessa Valka.
Dama Elinor abbracciò la figlia: -Mi dispiace che le cose siano successe così rapidamente, Merida.-
-Quindi... adesso torniamo a casa?- chiese incerta lei.
-Per ora sì. Ricordati che c’è Mulan che ti aspetta, devi tornare per raccontarle tutto.-
Merida annuì, completamente frastornata. Poi chiese: -Quindi loro non li vedrò più?-
Dama Elinor si voltò verso i due ragazzi. La sacerdotessa Valka si era messa dietro di loro e li consolava posando le mani sulle loro spalle.
-Certo che vi rivedrete! Mi sbaglio, sacerdotessa?-
-Il viaggio per il mio popolo è lungo e faticoso, ma sono sicura che troveremo il modo. Vero, Hiccup?-
Il ragazzo annuì, e tese la mano a Merida: -Vado a chiedere di preparare un bisonte volante per noi. A... arrivederci, allora.-
Merida gli strinse rigidamente la mano, per poi saltargli al collo e abbracciarlo con forza: -Grazie per tutto.-
Hiccup le strofinò una mano sulla schiena e se ne andò. La sacerdotessa Valka si rivolse allora a Jack Frost: -Se vuoi ti accompagniamo noi su al polo nord.-
Il ragazzo la guardava con gli occhi spalancati e lei scosse la testa: -Avrai tutto il viaggio per metabolizzare tutti questi avvenimenti. Dai, vai a fare le valigie.-
Jack Frost annuì lentamente e si allontanò catatonico, sotto lo sguardo triste di Merida, che lo salutò con la mano.
Il ragazzo prese a correre nel momento in cui sparì alla loro vista: lui tornare alla Tribù dell’Acqua del Nord? Tornare in quella trappola?!
Aveva sempre voluto fuggire, ed era rimasto perché... perché... non sapeva bene perché. L’immagine del sorriso gentile di Monaco Norbu gli balenò davanti agli occhi. Lui se li strofinò con la manica e corse a prendere il suo aliante. Doveva fuggire. Sì, quello era il momento in cui doveva fuggire. E la sua unica speranza per andarsene senza essere riacciuffato era...
Quando arrivò da Champa, trovò Hiccup intento ad accarezzarlo. Si fermò sulla soglia della stalla, ma il suo passo fu sufficiente perché l’altro ragazzo lo riconoscesse.
-Mentiva.- disse, senza voltarsi -Se torno adesso al Popolo del Sole, non potrò mai più andarmene. Ma sai...- si voltò a guardarlo negli occhi: -Io non voglio tornare alla mia vita di prima.-
Jack Frost vide il suo sguardo, e capì: -Neanch’io voglio tornare alla mia vita di prima.-
Non dovettero aggiungere altro. Issarono la sella sul dorso di Champa e montarono. Poi, con un sommesso ordine Hiccup fece decollare il bisonte volante.
Lui obbedì e presero quota. Hiccup gli fece fare un giro del tempio e guardò giù, e la vide: sua madre, la sacerdotessa Valka, ormai sola, aveva alzato lo sguardo e lo aveva visto. I loro sguardi si incontrarono e lei non fece fatica a capire che oramai suo figlio era cambiato, e non poteva più tornare a fare il fabbro. Lui le fece cenno con la mano, lei rispose annuendo. Poi abbassò la testa e si coprì gli occhi, per nascondere una lacrima. Con il cuore spezzato, Hiccup diresse Champa verso l’orizzonte.
 
Merida arrivò a casa dopo pochi giorni di viaggio, accompagnata dai monaci sui loro bisonti volanti, e si diresse subito nelle stanze di Mulan. La ragazza la vide arrivare che era sull’orlo del pianto, e corse ad abbracciarla: -Raccontami tutto.- le disse solo.
Allora Merida tirò su col naso e le disse tutto: le disse di essere l’Avatar, ma che lo erano anche gli altri. Le disse della cerimonia di riconoscimento e di quella di cremazione. Le raccontò della separazione da Monaco Norbu, dell’ultimo sguardo fiero che aveva rivolto loro, e della separazione da Rapunzel, Jack Frost e Hiccup, e dei loro sguardi persi.
Mulan ascoltò tutto in silenzio, poi la consolò dicendole che sicuramente avrebbe rivisto i suoi amici.
-I miei amici?- singhiozzò Merida.
-A me era proprio sembrato così...- mormorò l’altra ragazza.
Merida ebbe allora un’altra crisi di pianto e Mulan la consolò finché non si fu calmata.
Allora lei buttò fuori la cosa che più le faceva paura: -Come farò a tornare alla vita di prima, adesso?-
-Secondo me non tornerai alla vita di prima.- considerò a mente fredda Mulan -Dai, siete ben quattro Avatar! Sono sicura che farete grandi cose, e che diventerete quattro grandi Avatar.-
-Tu credi?-
-Ne sono sicura!- Mulan le sorrise -E magari scriveranno leggende su di voi...-
-La leggenda di quattro grandi Avatar?- mormorò Merida.
-Perché no?-
Merida non disse niente, ma masticò quelle parole ancora qualche minuto. La leggenda dei grandi quattro... Avatar?
Perché no?
...Magari, sì...

 

 
Angolino dell’autrice:
Quando mi invento queste storie, parto sempre da una scena particolare, che mi fa venire in mente tutto il resto della trama. Per questa storia, il seme di tutta l’idea era l’immagine di Monaco Norbu che riconosceva nei grandi quattro le quattro reincarnazioni dell’Avatar. Era dal capitolo 1 che non vedevo l’ora di arrivare a questo punto.
Quindi, come già anticipato dopo il salvataggio di Hiccup e Merida da parte del monaco, i quattro si attirano a vicenda, e questa ne è la ragione. E, come già anticipato, tutto questo concetto è ispirato al film ‘Piccolo Buddha’ di Bertolucci, nonostante le differenze di numeri, di ricchezza e di messaggio: i domini sono quattro, e i protagonisti sono quattro, e quindi le reincarnazioni multiple non potevano essere né più né meno che quattro; nel film, la ricchezza culturale, visiva e musicale è mille volte più profonda della mia, mentre il messaggio che passa alla morte del Monaco Norbu è totalmente diverso. Nel film si tratta delle scene finali, che devono portare a una conclusione, mentre nella mia storia questo è solo un passaggio, che ho voluto nel lutto per poter rilanciare la storia dal prossimo capitolo in poi.
A questo punto, nonostante lo spoiler che la mia storia costituisce, non posso che raccomandarvi di guardarvi il film, e di godervelo: la sua poesia ha un gusto tutto particolare, e siccome le premesse e le tematiche sono differenti potete gustarvelo senza soffrire troppo delle mie rivelazioni. (E poi c’è Keanu Reeves nei panni di Siddartha, capite cosa vuol dire? <3 <3 <3 <3)
Con ciò, abbiamo ora i grandi quattro separati e senza guida. Che succederà?
A presto
Nike

Ritorna all'indice


Capitolo 17
*** LotBF 1 ***


Libro 2: Legend of the Big Four
 
Ba Sing See brillava nella notte, facendo eco con le sue case illuminate al cielo stellato che la sovrastava. Lui, dalla sua finestra, poteva ammirare tutta la città alta con i suoi banchetti e le sue carrozze, fino alle mura che dividevano i quartieri aristocratici dai quartieri commerciali, e ancora oltre, fino all’orizzonte.
Sua madre gli appoggiò una mano sulla spalla e il mento sull’altra, guardando con lui quelle costellazioni artificiali vivere sotto di loro.
-Ormai è ufficiale, figlio mio.- mormorò con un sorriso dolce -Sua Maestà l’Imperatore darà la notizia domani stesso.-
-Le sue figlie non saranno molto contente.- commentò lui.
La donna sospirò: -Sanno benissimo che nessuna di loro sarebbe potuta ascendere al trono. Trovare il primo erede maschio sulla linea dinastica è stata una scelta necessaria.-
-Risalendo di quante generazioni, però? Io resto il figlio di un generale, il nostro ramo è stato escluso dalla linea dinastica ormai da troppe generazioni.-
-Tu sei il figlio di un nobile di antichissimo lignaggio, e tuo padre fu il miglior generale al servizio di Sua Maestà l’Imperatore. Chi meglio di te può ereditare il trono e i valori dell’antica dinastia regnante di Ba Sing See?-
Il giovane alzò le spalle, poi aggiunse: -Quando Sua Maestà l’Imperatore darà la notizia ufficiale, gli chiederò personalmente un drappello di soldati della più alta fedeltà per proteggerti, madre. Non potrei sopportare di perdere anche te per un motivo come questo.-
La donna gli accarezzò la spalla: -Abbiamo perso tuo padre per un terribile incidente. Qui io e te siamo perfettamente al sicuro, nessuno può toccarci adesso né tantomeno quando sarai dichiarato erede al trono. Adesso cerca di riposare: domani sarà una lunga giornata.-
Lui si voltò per la prima volta e depose un lieve bacio sulla fronte della donna: -Buonanotte, madre.-
Lei gli sorrise con dolcezza: -Buonanotte, bambino mio. Sono molto fiera di te.- e si allontanò con passo leggero.
Lui guardò la porta chiudersi dietro di lei e tornò a osservare la città: -Fiera di cosa, madre... queste cose non le si ottengono mai per merito...- mormorò.
Rimase in silenzio a rimuginare finché l’unica candela che illuminava le sue stanze non si spense, e lui rimase immobile al buio. Si sentiva completamente sveglio. Rimaneva in piedi, le gambe ben piantate per terra, le braccia dietro la schiena, a ricordare con dolore le circostanze della morte del padre, attanagliato dai sensi di colpa.
Ci fu un fruscìo, e lui alzo la testa di scatto. Con passo felpato si appiattì accanto alla porta. Il battente si aprì lentamente fino a coprirlo alla vista di chi stava entrando. L’intruso, vestito completamente di nero, col volto coperto, si introdusse nella stanza con fare circospetto e si avvicinò al letto. Fece per alzare un pugnale, ma il ragazzo lo aveva già afferrato da dietro e ribaltato per terra, disarmandolo.
-Chi sei, perché sei qui?- gli ringhiò in faccia, ingaggiandolo in un duello di forza nel tentativo di tenergli bloccate le braccia sul pavimento mentre lui spingeva per liberarsi.
-I fedelissimi del generale sono venuti a vendicarlo!- gli ringhiò quello di rimando.
Il giovane si sentì pugnalato al cuore a quelle parole e perse vigore. L’intruso lo spinse indietro mentre altri due comparivano alla porta armati di archi e frecce.
Il ragazzo li vide tendere le corde, vide le punte di metallo brillare della flebile luce delle stelle, e senza pensarci due volte corse alla finestra: con un salto, proteggendosi il volto con le braccia, si lanciò sul vetro e infrangendolo saltò sui tetti del palazzo, prendendolo a correre per evitare i dardi che si piantavano dietro di lui.
I tre intrusi non lo seguirono, ma una urlò: -Scappa, scappa vigliacco, e non tornare mai più!-
-Sì, altrimenti ci occuperemo noi di te e di tua madre!- rincarò un altro.
Il ragazzo correva a perdifiato, il cuore in subbuglio e il respiro strozzato. Saltando da un tetto all’altro si perse nella notte.
 
Il giorno era ormai sorto da qualche ora, ma Rapunzel non era ancora uscita dalla sua stanza. Dalla sua nomina le avevano dato una nuova veste, ampia e ocra, e una sopravveste di un arancione intenso tenuta in vita da una cintura. Era seduta alla finestra e osservava le montagne intorno al Tempio dell’Aria dell’Est. I canti e i sutra giungevano gioiosi dalle terrazze, le monache si preparavano al grande evento.
Poiché doveva essere presentata al mondo come Avatar, il consiglio delle Sagge si era trovato d’accordo sul fatto che il nuovo Avatar dovesse portare le frecce dei Maestri, in quanto rappresentante dei Nomadi dell’Aria. Poco importava che lei ancora non riuscisse a causare neanche lo spostamento di un filo d’aria. Oltre al suo solito Dominio dell’Acqua non dimostrava affinità con alcun altro elemento, e nonostante lei spiegasse che era normale perché gli altri domini di Avatar Darje erano stati ereditati dagli altri tre Avatar, le monache obiettavano che l’Avatar era uno e doveva rimanere uno. In qualche modo avrebbe riscoperto i domini mancanti: forse, con la dovuta meditazione, una volta raggiunto lo Stato dell’Avatar probabilmente qualcosa si sarebbe sbloccato una volta per tutte.
Rapunzel strinse la sua treccia fra le mani, sentendosi assolutamente impreparata a farsi rasare per farsi tatuare sulla testa dei simboli che non si meritava affatto.
Non le piaceva quella situazione. Non si aspettava affatto di finire così quando le era stato comunicato per la prima volta che sarebbe stata testata per scoprire se fosse l’Avatar. Si aspettava di sviluppare tutti i domini, di scoprire che era in grado di farlo davvero, si aspettava di essere ascoltata quando doveva prendere delle decisioni, si aspettava di sentirsi un po’ più importante e un po’ meno diversa. Poi era partita, e le sue aspettative erano cambiate. Aveva cominciato a pensare che, forse, non le importava poi più di tanto diventare importante per la sua gente perché aveva scoperto quanto le piaceva la sensazione di non essere più sola. Aveva capito che le importava più rendere fiero un maestro solo che essere l’orgoglio di tutti i nomadi.
Forse, prima di quei mesi, prima di tutte quelle scoperte, avrebbe sofferto meno quella situazione. Avrebbe accettato i consigli dei Saggi con l’umiltà della discepola che si affida all’esperienza dei suoi maestri. Adesso no. Quando l’avevano spedita da sola al Tempio dell’Aria dell’Est si era sentita privata di tutto quello che le aveva dato forza nei mesi precedenti. Ora, con quel rito così fuori luogo, sentiva che l’avrebbero defraudata di tutto quello che la faceva sentire importante, speciale. E sentiva che non sarebbe riuscita ad affrontare quel passo da sola.
La giovane novizia che bussò alla sua porta qualche minuto dopo non si sentì rispondere e, preoccupata, andò a chiamare una monaca superiora perché andasse a controllare.
La monaca si diresse con ampie falcate alle stanze della nuova Avatar, e bussò con decisione. Nessuna risposta. Provò a chiamare, ma ancora niente. Allora aprì con un movimento secco per trovare la camera vuota, il letto sfatto, le tende che danzavano alla brezza mattutina.
La monaca si precipitò alla finestra urlando un ‘Avatar Rapunzel!’ disperato, ma arrivata al davanzale lo scoprì bagnato, e le tracce d’acqua partivano dai canali che correvano sulla terrazza di sotto, per arrivare alla finestra e da lì salire alla terrazza più vicina.
Rapunzel scendeva giù, verso i piani più bassi del tempio, tenendosi una mano sul cuore, che batteva ancora all’impazzata. L’unica cosa che le aveva dato il coraggio di scappare passando dalla finestra della sua camera, che si apriva sì sui tetti e sulle terrazze più in basso del tempio, ma che dava anche sul vuoto delle montagne, era stata la sua fidata acqua, che l’aveva sollevata grazie al suo dominio, divenuto solido con gli allenamenti, a scapito delle sue fortissime vertigini.
In ogni caso, si ripromise di non fare mai più una cosa del genere.
Una volta arrivata ai piani più bassi, spinse una botola in fondo alle cucine ed entrò nelle viscere della montagna. Le deboli luci delle fessure della roccia la guidarono giù verso lo sciabordìo dell’acqua: in pochi minuti arrivò alla fonte che riforniva di acqua il tempio, e che scendeva fino in valle tra cascate e torrenti. Sotto i suoi piedi, essa si raccoglieva in una pozza limpida e cristallina, poi raggiungeva il bordo della roccia e cadeva giù in tante cascatelle. Rapunzel attraversò la pozza con l’acqua che le arrivava agli stinchi. Giunse alla cascata e guardò giù: l’acqua saltava allegramente da una roccia all’altra spezzando in più punti la sua caduta. La ragazza sentiva il suo corso e sapeva che lei l’avrebbe seguito, e che non le sarebbe successo niente. Chiuse gli occhi, l’acqua si condensò sotto i suoi piedi e lei si affidò solo alle sensazioni del suo dominio. Muovendo armoniosamente le mani, spinse il suo piedistallo liquido sul bordo, e si lasciò scivolare giù, verso la valle. Verso qualcuno che non l’avrebbe mai fatta sentire sola.
 
Dama Elinor aveva ricevuto quella mattina notizie da Ba Sing See. Oltre a un avviso di un giovane nobile scomparso di cui non le importava molto, poiché sapeva bene che questa volta la sua famiglia non avrebbe potuto essere molto d’aiuto nelle ricerche, aveva ricevuto la comunicazione ufficiale di Sua Maestà l’Imperatore che il nuovo Avatar era stato ritrovato, e che appena possibile sarebbe stato invitato alla corte di Ba Sing See per essere presentato alle alte sfere del Regno della Terra.
Dopo aver letto quella lettera, la dama aveva subito preso carta e penna e si era messa allo scrittoio, salvo fermarsi prima di scrivere qualunque cosa. Era stata presa dall’irritazione in maniera così improvvisa che non si era data la pena di informare Merida, e ora si chiedeva se non fosse il caso di farlo. In realtà, temeva più di ferirla che di aiutarla. Con tutto quello che aveva passato per dimostrare di essere l’Avatar, l’idea che sua figlia fosse stata completamente ignorata dai Nomadi dell’Aria aveva riempito il cuore di Dama Elinor di indignazione e aveva deciso d’impulso di indirizzare a Sua Maestà l’Imperatore stesso una missiva per spiegare come stessero realmente le cose. Poi però si era chiesta se fosse la cosa giusta da fare, soprattutto per la felicità di Merida: farla riconoscere immediatamente, o aspettare che Rapunzel giungesse a Ba Sing See per permettere alle due ragazze di ritrovarsi? In fondo, dopo il loro ritorno a casa senza la sacerdotessa Valka, che i nomadi dovevano aver riaccompagnato al Popolo del Sole, anche il Maestro Calmoniglio aveva fatto ritorno alla sua scuola e, a parte Mulan, tutte le persone che avevano circondato sua figlia nei momenti difficili che avevano costellato gli ultimi tempi erano uscite dalla sua vita.
Ancora rifletteva su questi argomenti quando un domestico venne a chiamarla. C’erano ospiti che attendevano di essere ricevuti.
La dama si diresse con perplessità al salotto dove erano stati fatti accomodare, perché non aspettava nessuno.
Quando entrò nella stanza, un uomo e un giovane, non troppo avvenenti a dire la verità, si alzarono a porgerle i loro saluti.
-Dama Elinor,- esordì l’uomo -Lasciate che vi presenti il mio unico figlio.-
Il ragazzo la salutò in maniera un po’ inconsapevole, con lo sguardo vacuo. Lei ricambiò per cortesia e si rivolse al padre: -A cosa devo questo gesto così gentile?-
-Mia cara dama,- spiegò allora l’uomo -mi è giunta voce che vostra figlia dovesse essere sposata all’erede della famiglia MacIntosh, ma che le trattative non siano giunte in porto.-
-E con questo, dove volete arrivare?-
-Vorrei proporvi di fidanzare madamigella Merida al mio giovane, unico erede della famiglia Dingwall.-
Dama Elinor lo fissò con gli occhi sbarrati dalla sorpresa per qualche istante, e lui le indicò le poltrone del salotto: -Se foste interessata, potremmo sederci e parlarne, che ne dite?-
La dama annuì e si sedette lentamente su uno scranno, mentre i due ospiti si accomodavano davanti a lei.
-Mio caro signor Dingwall, devo confessarvi che mi prendete completamente alla sprovvista.-
-In tutta sincerità, dama Elinor, ero convinto di non aver agito abbastanza in fretta.- e aggiunse, a mo’ di spiegazione -Dopo che i MacIntosh si sono ritirati dagli accordi.-
-Temo che non ci fosse davvero tutta questa fretta, signor Dingwall.-
-Oh, sì, invece.- l’uomo sorrise -Non crediate che non sappiamo per quale motivo i MacIntosh hanno annullato le nozze, dama Elinor.-
La dama aggrottò le sopracciglia: -Perdonatemi, non vi seguo.-
Allora l’uomo si sporse verso di lei: -Sappiamo che è una potente Dominatrice del Fuoco. Sappiamo perché. E avere nella nostra famiglia la figlia di Avatar Darje sarebbe per noi fonte di vero orgoglio.-
Dama Elinor si alzò in piedi, indignata: -Siete completamente fuori strada, signor Dingwall. Merida è la figlia legittima di mio marito Fergus DunBroch.-
Dingwall osservò il vaso del bonsai che troneggiava sul tavolino tra loro due reagire all’agitazione della donna, e sollevò lo sguardo su di lei: -E come spiegate che da due Dominatori della Terra sia nata una Dominatrice del Fuoco?-
Dama Elinor lo fulminò con lo sguardo e si apprestò a uscire dal salotto: -Siete pregati di andarvene.-
L’uomo si alzò, seguito dal figlio: -La nostra proposta resta valida, dama Elinor. Consideratela attentamente, potrebbe essere l’unica possibilità per madamigella Merida di conservare il suo posto in società.-
Dama Elinor lo seguì con gli occhi finché non fu uscito, poi si ritirò nelle sue stanze, chiedendo espressamente di essere lasciata tranquilla fino al ritorno di suo marito.
Fergus la trovò intenta a tessere, completamente persa nei suoi pensieri, e avvicinò uno sgabello al telaio, su cui si sedette pesantemente.
-Com’è andata?- chiese la dama.
-Non bene. Non capisco perché, sembra che la situazione nei campi e nel borgo si stia facendo sempre più tesa.-
-Con tutte quelle ricerche per ritrovare Rapunzel e Jack Frost devi aver spaventato molto la gente...-
-Occorreva essere tempestivi. Lo rifarei, se fosse necessario. D’altro canto, noi chiediamo il minimo come corvée ai nostri contadini e abbiamo tasse molto basse per i mercanti. Non capisco perché si debbano ribellare così.-
Dama Elinor scosse la testa e sospirò.
Allora Fergus le appoggiò una mano sulla spalla: -Cosa c’è, donna? È forse successo qualcosa?-
La dama smise di fare il suo lavoro, e gli raccontò dell’incontro con il signor Dingwall.
Fergus assunse lo stesso sguardo assassino che la moglie aveva riservato al signor Dingwall e, quando lei ebbe finito, rimase un lungo istante in silenzio a riflettere.
-Merida dovrà sposarsi, prima o poi.- assentì infine -Non potrei immaginarla isolata dalla corte di Ba Sing See per un malinteso del genere. Ma l’ottusità di quell’uomo mi lascia senza parole.-
-Purtroppo temo abbia ragione. Se davvero sono tutti convinti di un tale obbrobrio ho davvero paura che per il bene di Merida dovremo prendere in considerazione la loro proposta.-
L’uomo le prese la mano: -Parliamogliene stasera. Insieme troveremo una soluzione. Ho fiducia nella maturità di nostra figlia.-
-NO, NO E POI NO!- urlava invece ‘nostra figlia’ a tavola, sotto lo sguardo sconvolto di Mulan e l’indifferenza ribelle dei suoi fratellini -Non ho nessuna intenzione di sposarmi adesso! Non quel brutto viscido...-
-Merida! Controlla il linguaggio!- la rimproverò la madre -Ti rendi conto che potrebbe essere la tua unica possibilità per non rimanere zitella a vita?-
-Lo facciamo per il tuo bene, tesoro.- assentì Fergus.
-Non ci credo che sia la mia unica possibilità! Davvero non esistono alternative nella mia vita?!-
-Quali ti vengono in mente?- le chiese dama Elinor -Se ce ne fossero te le avremmo già proposte.-
-Se non ti sposi puoi diventare sacerdotessa dei Templi della Terra.- le spiegò suo padre -Per una giovane nobile non esistono alternative.-
Merida spostò lo sguardo su Mulan, che chinò la testa con la stessa espressione sconfitta.
Come Merida, anche Mulan faceva tutti gli sforzi possibili per rendere fieri i suoi genitori, ma esattamente come Merida si rendeva conto che i risultati erano più deludenti che incoraggianti. Ed esattamente come Merida aveva bisogno delle nottate dedicate a del sano esercizio per far passare la frustrazione per la loro condizione.
-Quando sarò sposata...- commentò la ragazza, facendo volteggiare la spada nel giardino di ghiaia sotto la luna -...penso continuerò ad allenarmi di notte. Sarà il mio segreto e continuerò a sentirmi forte.-
Merida annuì e produsse un serpente di fuoco e fiamme che mandò sull’amica. Lei schivò le sue spire e si portò fuori raggio d’azione. Poi riprese la posizione.
In quel momento la ghiaia intorno a loro si agitò in maniera familiare: qualcuno stava usando il Dominio della Terra.
Merida e Mulan si guardarono piene di speranza: -Hiccup, sei tu?- chiese la prima.
Dalle ombre spuntò invece una figura massiccia, dalla larga bocca ghignante e i capelli lerci: -Ci rivediamo, ragazzina.-
Merida fece una salto indietro e Mulan si mise in guardia: -Tu sei quel brigante!-
-Abbassa i toni, ragazzina. Siamo mercenari, non briganti.-
-L’ultima sconfitta non ti è bastata?-
-L’ultima sconfitta non è stata certo a opera tua. E, adesso, mi pare che tu sia da sola.- l’uomo ghignò, mentre i suoi compari spuntavano da tutte le parti e li circondavano -E devo dire che, ora come ora, abbiamo proprio bisogno che tu sparisca da questa casa per un po’.-
I briganti attaccarono. Merida prese Mulan per il braccio e la portò accanto a lei: -Non staccarti da me!- esclamò, e rilasciò una spirale di fiamme che portò tutti gli avversari a fare un salto indietro.
-Ti copro le spalle.- le mormorò invece Mulan, ed estrasse la spada. Con movimenti rapidi e precisi prendeva le rocce di taglio e le faceva esplodere prima che le raggiungessero, mentre Merida costringeva i suoi avversari alla difesa con continui attacchi: sapeva che le sue fiamme non avrebbero potuto fermare una roccia lanciata su dei lei a tutta velocità e l’attacco era quindi la sua migliore difesa.
Tuttavia, gli uomini erano troppi e qualcuno riuscì comunque ad attaccare. Merida schivò una, due volte le rocce, ma sapeva di essere spinta con le spalle al muro. Mulan non la abbandonava ma le sue braccia tremavano per lo sforzo. Un mercenario lanciò un coltello che Mulan schivò all’ultimo, ma i suoi capelli furono tranciati di netto. Il colpo aveva mancato il suo collo di pochissimo.
Merida allora saltò in avanti e con due dita mandò una fiammata che voleva perforare le difese dei mercenari. Quelli furono respinti ma l’ala della casa cominciò a bruciare. Fra le urla dei domestici, svegliati dal trambusto, e il fumo negli occhi, Mulan prese Merida per mano: -Andiamo via!- le urlò nelle orecchie. Le due superarono con un salto potente il muro dietro di loro e corsero fuori dall’ala della villa in fiamme, nella città in agitazione e nei campi. Dopo un tempo lunghissimo, finalmente si sentirono al sicuro e si fermarono a riprendere fiato.
Merida guardò la colonna di fumo: -La mia casa...- mormorò con le lacrime agli occhi.
Mulan le appoggiò una mano sulla spalla: -Stanno sicuramente tutti bene.- mormorò -Adesso andiamo via.-
La ragazza annuì: -Sì, forse è meglio...-
Allora Mulan si passò una mano fra i capelli, tagliati in diagonale, e sospirò: -Mia madre non sarebbe per niente contenta.-
Merida ridacchiò, mentre la sua amica prendeva la spada e con un taglio netto pareggiava i capelli: -Almeno così darai meno nell’occhio.-
-Sssh!- Mulan uscì dal sentiero e Merida le corse dietro. Le due ragazze si appiattirono fra le spighe di grano dei campi, e i mercenari a cavallo passarono e le superarono urlando e sbraitando.
-Ci stanno ancora cercando.- osservò Merida -Se torniamo a casa sono capaci di riprovare il colpo. Non posso mettere in pericolo i miei così.-
-Non possiamo stare qui. Andiamo verso le montagne... sarà più facile nascondersi.-
Merida annuì. Aspettarono che lo scalpiccìo sparisse, poi si alzarono e tagliarono i campi in direzione della catena che si stagliava all’orizzonte.
 
Rapunzel giunse il mattino dopo, al galoppo su un cavallo struzzo. Nella sua folle corsa verso qualcuno di amico, l’unica persona di cui conoscesse l’indirizzo che le era venuta in mente era stata proprio Merida.
Quando vide il fumo dell’incendio appena domato rallentò la sua corsa e chiese a un passante cosa fosse successo.
-C’è stata un’incursione nella villa dei nobili DunBroch, ieri notte. Pare che la figlia del signor DunBroch sia stata rapita.-
‘Di nuovo!’ Rapunzel traballò sulla sella, colta da tutte le paure che le erano rimaste dalla sua orribile esperienza. In capace di sentirsi al sicuro in quel posto, in assenza di Merida, la ragazza fece voltare il cavallo struzzo e corse dall’unica altra persona che le venne in mente e che fosse più vicina del Popolo del Sole, o della Tribù dell’Acqua del Nord.
Arrivò dopo pochi giorni di viaggio, a notte fonda. Dama Gothel la accolse sulla porta della sua dimora, illuminata da una fredda luce verde, con le braccia aperte e un caloroso sorriso. Rapunzel corse da lei e l’abbracciò.


 
Angolino dell’autrice:
Come annunciato nel capitolo in cui compare Mulan, da adesso in poi abbandoniamo il serafico universo del ‘Piccolo Avatar’ (che ne ha comunque viste di tutti i colori) per lanciarci a capofitto nell’universo pimpante e brulicante del mondo vero e proprio di ‘Avatar’.
Oltre a Mulan, quindi, si uniranno ai Grandi Quattro altri personaggi... tipo il misterioso giovane di inizio capitolo... e adesso i nostri quattro protagonisti saranno costretti a cavarsela senza più nessuno che faccia loro da guida.
Dove andranno a finire?
A presto
Nike

Ritorna all'indice


Capitolo 18
*** LotBF 2 ***


Egregio ministro Black,
ricevo con rammarico la notizia della scomparsa del predestinato erede al trono. Sono sicura tuttavia che il vostro illustre alleato non avrà alcun problema a ritrovare in tempi brevi suo nipote e sono altrettanto sicura che nel frattempo lo sostituirà con sicuro successo nelle sue cariche e nelle sue incombenze di fronte a Sua Maestà l’Imperatore stesso.
Vi scrivo dunque per salutare con il massimo rispetto i suoi sforzi e per comunicarvi un altro avvenimento che aiuterà tutti noi a raggiungere i nostri nobili obiettivi.
La sera di qualche giorno fa è giunta alla mia dimora una giovane, che già avevo accolto presso di me in seguito a un’orribile esperienza e a cui mi ero legata da profonda amicizia. Questa giovane mi ha confidato di essere stata riconosciuta da poco come la legittima reincarnazione di Avatar Darje stesso e di voler trovare in questo suo ruolo recentemente adottato un senso che vada al di là delle semplici cerimonie da Nomadi dell’Aria. Lei stessa ha ammesso di voler agire per il bene dell’equilibrio del mondo e di tutti e quattro i popoli. Tralasciando queste bazzecole, riflettendo insieme a lei ho compreso che è disposta ad aiutarmi a riappacificare le nostre regioni martoriate dalla rivolta che Sua Maestà l’Imperatore non riesce in alcun modo ad arginare.
Lungi da me pensare che il nostro amatissimo Imperatore non sia più in grado, a causa dell’età sicuramente, di gestire un Impero importante com’è il Regno della Terra, e tantomeno che sia il caso che qualcuno di più adatto possa liberarlo dal peso del suo ruolo! Tuttavia non mi sento di offrire a lui direttamente anche l’incombenza di gestire una ragazzina spaventata.
Per questo motivo io offro a voi, egregio ministro, e al vostro illustre alleato, la possibilità di appoggiarvi a vostro piacimento al potere del nuovo Avatar. La giovane Rapunzel è spaventata ma intelligente e coraggiosa, e sa che le mie richieste sono tutte spinte da una necessità superiore: sicuramente non rifiuterà di aiutarmi nel caso glielo chiedessi.
Nel caso vogliate approfittare di questa opportunità, vi raccomando di non dimenticare del mio ruolo di ponte con l’Avatar, e vi prego di considerare attentamente la possibilità di invitarmi a risiedere al palazzo di Sua Maestà l’Imperatore dove potrò sicuramente contribuire in maniera più efficace all’esercizio del potere.
Attendo dunque un vostro segno, egregio ministro, che mi faccia intendere che io e voi ci muoviamo nella stessa direzione.
Vi porgo i miei più calorosi saluti
Dama Gothel
 
Nobile dama Gothel,
vi ringrazio per la vostra tempestiva missiva e vi porgo anche i saluti del mio nobile alleato, che non mancherà di condurre le sue ricerche con sicuro successo come voi dite.
Mi associo a voi nel giudicare impossibile pensare di sostituire il nostro amato Imperatore, tuttavia concordo nella vostra scelta di mettere a disposizione a me i poteri del nuovo Avatar.
Ordinatele di sedare le rivolte. Che lo faccia a nome mio e del mio alleato, e ovviamente vostro. In questo modo, noi tre potremo presentarla alla corte di Ba Sing See come portatrice di pace, esattamente come lei stessa desidera.
Appena il suo lavoro sarà concluso, che sia a mezzo della parola o della forza non è importante, sarete entrambe invitate al palazzo dell’Imperatore con tutti gli onori.
Accettate i miei ossequi
Ministro Pitch Black
 
Merida e Mulan tagliarono per i campi in un’unica corsa che durò tutto il giorno e che non si interruppe nemmeno al calar delle tenebre. Quando il crepuscolo cedette il passo alla notte, Merida accese una fiammella nel palmo della mano: alla sua luce tremolante osservò la strada ampia e sterrata a cui erano giunte. A sinistra, il tracciato curvava a destra e si dirigeva alle montagne ormai vicine.
Le due ragazze si scambiarono un’occhiata e presero a seguirla. Camminarono, esauste dalla lunga fuga, fino a quando il sentiero non prese a salire. Lì si fermarono a riprendere fiato, ma Merida fu costretta a spegnare la fiammella che assottigliava sempre più, e lasciò cadere la mano lungo il fianco. Appena in tempo, poiché dopo qualche minuto di buio più completo uno scalpicciò si avvicinò rapidamente. Le due ragazze si nascosero fra le rocce, per vedere degli uomini sui cavalli struzzi, armati fino ai denti e con le torce accese, passare a pochi metri da loro.
Merida e Mulan si appiattirono a terra il più possibile e, quando fu tornato il silenzio, ripresero la marcia verso l’interno delle montagne. Non passò molto, e Mulan inciampò su qualcosa nascosto dal buio.
Merida si lasciò sfuggire un gemito: -Stai bene?-
La ragazza si sollevò sulle mani: -Scale?!-
Merida raccolse le poche energie che sentiva nelle braccia e accese un’altra fiamma: in effetti c’erano scale, ripide, incastrate nel fianco della montagna, che salivano ininterrotte a perdita d’occhio.
-Che facciamo?- chiese allora.
Mulan si rimise in piedi: -Saliamo.-
Merida annuì e aprì la strada, illuminando dove mettevano i piedi. Le due ragazze salirono per qualche ora, poi a Merida cedettero le gambe e furono costrette a fermarsi. Si sedettero sui gradini e osservarono il vuoto davanti a loro. Merida sforzò gli occhi per provare a vedere la colonna di fumo che si alzava da casa sua, ma ormai dovevano aver domato tutto. Chissà sua madre... e suo padre... e i suoi fratelli!
Per evitare di farsi prendere dal panico si concentrò sul altro. Sorrise stancamente e Mulan la guardò interrogativa.
-Mi viene in mente Rapunzel.- spiegò lei -Soffre di vertigini... non sarebbe mai riuscita a salire così in alto e non patire a guardare giù.- allora le vennero in mente i suoi amici, e due lacrime di stanchezza e nostalgia le rigarono le guance.
Mulan le sfregò una spalla: -Dai, vediamo se riusciamo ad arrivare in cima. Ho bisogno di dormire, ma qui non credo riuscirei a chiudere occhio.-
Merida annuì e riaccese la fiammella. Salirono ancora per un bel pezzo, quando finalmente le scale finirono.
Le due ragazze si tirarono lontano dal vuoto, e si lasciarono andare per terra, osando per la prima volta sentirsi al sicuro. Sopraffatte dal sonno chiusero gli occhi e senza neppure rendersene conto si addormentarono lì dov’erano.
Il sorgere del sole non bastò a disturbarle, ma Merida fu riscossa da qualcosa che l’aveva colpita alla spalla.
Aprì gli occhi, e Mulan subito dopo di lei: su di loro troneggiavano due figure femminili, le braccia incrociate e lo sguardo diffidente, stagliate contro la luce del giorno, e una l’aveva svegliata con la punta del piede.
 
-Chi siete?- domandò secca la ragazza. Merida e Mulan si alzarono sulle mani e si guardarono intorno: si erano addormentate in mezzo al piazzale antistante un massiccio portone di legno dipinto di rosso, incastrato in un solido muro alto, spesso e bianco, coperto di tegole blu.
La ragazza che aveva parlato sfoggiava una pelle bronzea dai sinuosi tatuaggi neri sulle braccia nude, cortissimi capelli rossi e uno sguardo felino e aggressivo, e vestiva un’uniforme attillata, rossa dai ricami gialli, e dei pantaloni neri. L’altra ragazza aveva grandi occhi allegri e lunghi capelli neri, che teneva tirati indietro da due fermagli ornati di piccoli fiori di loto rosa. Portava una lunga tunica verde chiaro dai nastri gialli, i pantaloni della stessa tinta fasciavano stretti le sue gambe esili così come le scarpe, che lasciavano isolato, rispetto al resto delle dita, l’alluce. E non aveva le braccia.
Merida e Mulan osservarono a bocca aperta quei due personaggi così strani, e la prima ragazza le incalzò: -Allora?-
-Ehm...- le due nobili si alzarono incerte -Dove siamo?-
-Questo non risponde alla mia domanda.-
-Come mai siete salite quassù?- chiese l’altra ragazza, dalla dolce voce sottile.
-Stavamo... fuggendo da dei mercenari.- tentennò Merida.
-Oh poverine! Vi hanno aggredito lungo la strada?- chiese sempre la ragazza in verde, mentre l’altra la interrompeva con un gesto perentorio.
-Non dare loro troppa fiducia, Vipera.-
-Non stiamo mentendo!- protestò Merida -Siamo davvero scappate per due giorni per evitare di essere rapite! E, se proprio lo vuoi sapere, io sono Merida DunBroch, figlia del nobile che domina queste terre!-
L’altra ragazza la osservò perplessa per un secondo senza muovere lo sguardo di un millimetro, sempre con le braccia incrociate, mentre Vipera passava gli occhi dall’una all’altra.
Mulan aspettava una sua reazione stringendo la spada con le due mani.
Allora quella fece un sorriso ironico, e si girò per tornare dentro le mura: -Devi essere proprio stupida per dichiarati così a degli sconosciuti, soprattutto se davvero state fuggendo da dei mercenari.-
-Aspetta! Dove vai?!- le urlò dietro Merida piccata.
-Voi non appartenete a questo posto. Se dici il vero, tornatene al tuo palazzo!- le rispose quella senza girarsi.
Allora Merida si irritò ulteriormente e tagliò la strada alla ragazza con una frustata di fiamme. L’altra si fermò un secondo, poi si girò di un passo e così, di profilo, la guardò con un occhio assassino: -Non provare a metterti contro di me, dominatrice.- ringhiò.
In quel momento qualcuno scoppiò in una risata rumorosa e le quattro ragazze alzarono lo sguardo: sulle tegole azzurre che ricoprivano il portone rosso erano comparsi tre ragazzi: uno era alto e allampanato, aveva il viso pallido e affilato con un codino nero sotto un ampio cappello piatto e portava una larga camicia bianca e altrettanto larghi pantaloni viola; il secondo era piccolino e all’apparenza gracile, vestito di verde scuro, dai larghi baffetti sottili e l’aria scocciata; il terzo, quello che aveva riso, portava solo i pantaloni viola, sfoggiando un torso abbronzato e una barba sotto il mento di un biondo scuro.
-La grande Tigre in azione, ragazzi!- rise quest’ultimo -Guardate e imparate come atterra la straniera!-
-Fatti i fatti tuoi, Scimmia.- rispose Tigre, facendo segno a Vipera di seguirla per rientrare.
La sua compagna aveva fatto appena un passo quando intervenne Mulan: -Scusate...- chiese -Potreste solo indicarci la via più breve per un rifugio, o una locanda dove cercare del cibo? Sono due giorni che scappiamo senza mangiare o bere. Avremmo davvero bisogno di mettere qualcosa sotto i denti.-
Vipera passò lo sguardo da lei a Tigre, poi di nuovo a lei, poi di nuovo a Tigre.
-Non potremmo chiedere al maestro?- domandò infine.
Tigre sbuffò rumorosamente: -Sapevo che ti saresti lasciata piegare!-
Scimmia scoppiò nuovamente a ridere: -È inutile che ti ostini, Tigre! Gru è già andato a chiedere!-
E Vipera spiegò alle due straniere: -Avete raggiunto la nostra scuola di arti marziali. Questo è un posto isolato dal mondo per permetterci di focalizzarci al massimo sulla nostra disciplina. Non troverete ristoro in nessun luogo qui vicino.-
E infatti nel giro di pochi minuti il portone rosso fu aperto da Gru, che con un sorriso fece loro cenno di entrare. Tigre si fece da parte e scambiò uno sguardo di astio con Merida quando questa le passò davanti.
Le due ragazze furono fatte accomodare nella cucina e il giovane più piccoletto, che scoprirono chiamarsi Mantide, servì loro un pasto caldo.
-Non saranno i vostri veri nomi!- esclamò ad un certo punto Merida, dopo aver mandato giù come una belva tutti gli spaghetti udon e una bella sorsata di brodo bollente.
-Le nostre identità sono legate alla nostra disciplina.- spiegò freddamente Tigre -Qualunque nome avessimo prima non ha alcuna importanza dal momento che siamo completamente devoti al nostro stile di arti marziali.-
-E questo discorso vale anche per gli altri o solo per te?- la provocò allora Merida, beccandosi una gomitata da Mulan e suscitando occhiate divertite negli altri quattro ragazzi. Tigre, dal canto suo, aveva uno sguardo che, se avesse potuto, avrebbe incenerito qualcosa.
-Dunque, dunque...- li interruppe a quel punto una voce -...chi abbiamo accolto nella nostra umile scuola?-
A quel suono, come per un riflesso condizionato, i cinque ragazzi si disposero in riga di lato alla porta, la schiena dritta e lo sguardo fisso. Era appena entrato un ometto basso e canuto, dai lunghi e sottili baffi bianchi che cadevano ai lati della bocca e una tunica marrone.
-Maestro Shifu, queste ragazze affermano di far parte della famiglia DunBroch, padrona del feudo ai piedi della montagna.- spiegò Tigre.
Il maestro squadrò le due ragazze per qualche istante, poi andò ad accomodarsi davanti a loro: -Della famiglia DunBroch, eh?- chiese -E cos’altro affermate?-
Allora Merida e Mulan si lanciarono nel racconto dettagliato dell’aggressione dei mercenari in casa DunBroch, e della loro fuga.
-E perché siete venute fino a qui, quando sareste potute andare direttamente da Fergus DunBroch facendo il giro del palazzo?-
-Sta scherzando, spero!- si scaldò Merida -Quelli mi hanno già rapita una volta, quella era la seconda! Non potevo restare lì, se tanto scappano e ci riprovano tutte le volte! C’è mia madre in quella casa!!- esclamò infine alzandosi in piedi.
-Vostra madre...- ripeté piano il maestro -Fatemi capire bene: voi siete la figlia dei due potenti Dominatori della Terra Elinor e Fergus DunBroch. Eppure poco fa avete usato il Dominio del Fuoco.-
Merida si risedette pesantemente, interdetta.
-Merida...- le mormorò Mulan -Forse è il caso di dirglielo... almeno a loro...-
Merida strinse le labbra, poi mormorò: -Sono la reincarnazione dell’Avatar Darje.-
A quelle parole, Scimmia si coprì una risatina incontrollata con la mano, mentre Mantide si lasciava scappare un -Cosa?!- incredulo.
E Merida riprese a raccontare, solo con molta meno foga e molta più nostalgia. Quando dovette parlare di Monaco Norbu trattenne a stento un singhiozzo.
Quando finì di parlare alzò gli occhi in quelli di Maestro Shifu: -Adesso che sapete tutto, potete rispondere alla nostra domanda? Si può sapere dove siamo?-
L’uomo si alzò e fece loro segno di seguirlo, portandole nel cortile fuori dalle cucine, seguiti sempre dai suoi cinque discepoli: -Questa è una scuola di arti marziali.- spiegò -Aperta dal mio amato maestro, Oogway. Dedicata esclusivamente a guerrieri non dotati di dominio.-
Merida ebbe un movimento perplesso, ma Mulan esclamò: -Davvero?!-
Il maestro la guardò dal basso: -Sì. Ciascuno dei miei allievi può vantare una tecnica e un livello tali da battere a occhi chiusi un dominatore. Senza che nessuno di loro sia dominatore a sua volta.-
-State scherzando!- si stupì Merida, ma in Mulan era scattata un’idea. O piuttosto una speranza.
-Vi prego!- esclamò portandosi davanti al maestro e inchinandosi, la spada stretta nelle due mani -Vi prego, insegnatemi!-
Shifu la guardò alzando un sopracciglio: -Non tutti possono diventare abili guerrieri. Perché dovremmo proprio insegnare la nostra arte a te?-
-Non so se sono degna della vostra arte...- rispose Mulan senza alzare lo sguardo -...però non posso combattere accanto all’Avatar e risultare per lui solo un peso. Inoltre, se al feudo dei Fa, la mia casa, dovessero arrivare le rivolte, non potrei sopportare di non sapermi difendere.-
-Noi non ci dedichiamo alle arti marziali per rivolgerle contro persone indifese come i contadini che sembrano essere coinvolti in queste rivolte.-
-Non voglio attaccare nessuno! Voglio solo proteggere chi mi è caro, ma adesso non ne sono in grado e questo mi ricopre di vergogna. Voglio davvero solo proteggere chi mi è vicino! Lo capite, questo, maestro?- Mulan alzò la fronte per incontrare nel suo inchino gli occhi dell’uomo.
Maestro Shifu la osservò un secondo in silenzio, poi decretò: -Sottoporrai la tua richiesta al nostro maestro Oogway in persona. Vipera ti accompagnerà da lui e tornerà con la risposta. Se ti rifiuterà, sarete tenute ad andarvene seduta stante.-
-E se accetta?- chiese Merida.
-Se accetta...- l’uomo si voltò verso di lei -...i miei discepoli si occuperanno di intrattenervi con le loro arti finché questa giovane non sarà alla fine del percorso stabilito per lei dal nostro maestro.-
Merida inarcò le sopracciglia, mentre Scimmia e Gru si scambiavano un’occhiata e Tigre assumeva un’espressione sadica.
Allora Mulan seguì Vipera, che la guidò canticchiando su fino al tempio che dominava la scuola. Una volta arrivate alla porta, la ragazza fece segno e Mulan l’aprì. Dall’interno si sentì una voce tremula e sorridente: -Vieni dentro, mia giovane amica. So già quale tormento ti porta da me: ti insegnerò.-
Vipera se ne andò fischiettando, mentre le porte si chiudevano dietro Mulan.
 
Il terreno, scoprì presto Merida, era molto più duro di quanto pensasse. E quella Tigre maledetta godeva a ribaltarla per permetterle di non dimenticarlo più.
La ragazza si rialzò grugnendo e, seduta per terra, si voltò per guardare la sua rivale in faccia: gli altri quattro discepoli ormai aveva capito che fra quelle due non ci sarebbe mai stata pace. E se la ridevano.
-Ancora.- esclamò Merida, e si rimise in piedi.
Si rimise in piedi tutte le volte, fino a sera.
La pomata che Gru le aveva fornito per i lividi era fredda a contatto con la pelle, ma nel buio della notte Merida poteva applicarsela lasciandosi andare a tutte le smorfie che voleva.
Mulan entrò nella stanza e si sedette accanto a lei.
-Come vanno gli allenamenti?- chiese Merida torcendosi il braccio dietro la schiena -Ormai sono tre giorni che quel Maestro Oogway ti allena. Quando finisci? Non possiamo stare qui troppo a lungo.-
Mulan osservò i lividi sulle braccia dell’amica e sorrise: -Lo dici perché hai fretta di rientrare o per salvare il tuo onore?-
Merida le fece una smorfia e Mulan sorrise: -Il maestro mi ha detto di lasciar perdere la spada. Sono abbastanza abile, dice. Adesso devo concentrarmi sull’autocontrollo attraverso il corpo a corpo.-
-Attraverso quell’arte marziale strana...-
-Il wing chun, sì.- Mulan annuì convinta. Poi riprese: -Sai... secondo me dovresti accettare che anche noi non dominatori possiamo essere forti.-
-Ma io lo accetto! Tu sei forte, Mulan!-
-Ma quando ci hanno attaccate tu mi hai subito protetta col tuo dominio.-
-Non l’ho fatto perché ti credevo debole.- rispose lei -Ci siamo allenate insieme per tutto questo tempo. Non credo affatto che tu sia debole.-
-E Tigre?-
-Lei mi sta antipatica, e basta.-
Mulan rise, poi diede la buonanotte. Merida rimase ancora un po’ seduta sul pavimento intrecciato, a mettersi la pomata e a meditare.
Il giorno dopo andò a mettersi davanti a Tigre con un’espressione diversa.
-Finalmente mi prendi sul serio.- le disse l’avversaria.
Merida attaccò con una fiammata senza aggiungere altro, mentre Tigre si portava al corpo a corpo: il Dominio del Fuoco risulta inefficace se l’avversario è troppo vicino, poiché nel momento in cui il dominatore stende il braccio per fare partire la fiammata l’avversario si trova all’altezza del suo gomito e non viene coinvolto nell’attacco. Merida questo l’aveva capito a suon di ribaltamenti e adesso fu rapida a spostarsi indietro per disimpegnarsi: Tigre rimaneva sul combattimento ravvicinato, ma Merida non temette il contatto fisico e riuscì a reagire e a farle fare quel passo indietro che la mise improvvisamente nel campo di azione del suo fuoco: Tigre dovette inarcare indietro la schiena per non essere presa in pieno da una fiammata che sfiorò il suo naso.
Le due ragazze si fermarono un istante e guardarono il maestro Shifu, che sorrise e annuì.
In quel momento arrivò Scimmia trafelato: -Ci sono degli uomini che stanno salendo la scalinata.-
Merida e i guerrieri andarono a vedere: i mercenari stavano venendo a cercarle anche lassù.
-Com’è possibile?-
Maestro Shifu guardò Merida: -Voi siete salite di notte, giusto? Come avete fatto a non inciampare?-
Merida si ricordò della fiammella: -Era un fuoco troppo debole... come hanno potuto vederlo dalla valle?-
-Evidentemente hanno potuto, c’è solo volto un po’ prima che facessero il collegamento.- replicò amaramente Tigre.
Maestro Shifu fece un gesto perentorio: -Va’ a chiamare Mulan, Merida. Prendete il sentiero dietro la scuola, e andate via di qui. Li fermiamo noi.-
Merida annuì e corse via.
 
Quando i mercenari arrivarono di fronte al portone rosso, il loro capo latrò: -Aprite immediatamente, se non volete che demoliamo la porta.-
Maestro Shifu saltò al centro del piazzale, proprio di fronte a lui: -Chi siete, e cosa siete venuti a fare qui?-
-Stiamo cercando una ragazzina dai capelli rossi. Sappiamo che la nascondete qui: vi conviene consegnarcela immediatamente o buttiamo giù questo bel palazzo.-
-Non credo proprio.-
Uno dei mercenari lanciò un masso contro il portone in guisa di avvertimento, ma Tigre saltò dal tetto e con un calcio potente deviò il colpo. I cinque guerrieri saltarono di fianco al loro maestro: -Dichiarate chi siete.-
Il mercenario rise: -Sono Drago Bludvist, e vi pentirete di esservi messi sul mio cammino.-
 
Merida e Mulan arrancavano sul ripido sentiero che le avrebbe portate alla valle vicina. Un colpo improvviso fece tremare la montagna e le due ragazze si fermarono a guardare indietro.
-Sicuramente li rallentano...- mormorò Merida -...ma non credo che in mezzo ai monti abbiano vita facile contro una truppa di briganti Dominatori della Terra.-
Mulan non disse niente. Aveva la spada al fianco, e fremeva all’idea che non si fossero ancora liberate di quei mercenari... e ancora di più che quei mercenari stessero minacciando un luogo in cui lei aveva finalmente trovato un maestro!
Si girò verso Merida, che la guardava perplessa da poco più in su.
 
Maestro Shifu e i suoi discepoli combattevano ferocemente contro la truppa di mercenari. Il maestro era rapido e scattante e la sua corsa lo rendeva impossibile da colpire con attacchi diretti. Gru schivava leggero qualunque tipo di masso, con ampi movimenti di braccia neutralizzava i nemici e con la punta delle dita rigide mirava agli occhi; Mantide era se possibile ancora più veloce del maestro: nella sua taglia ridotta ritorceva la forza degli avversari contro di loro, approfittando dei loro movimenti per ribaltarli; Scimmia si muoveva saltando direttamente da un masso in volo all’alto, dandosi la spinta con braccia e gambe: ruotava per terra, e sfruttava lo slancio per attaccare; Vipera andava di gambe e addominali, se cadeva con un colpo di anche si rimetteva in piedi, fustigava gli avversari di calci e li bloccava circondandoli con le gambe e impedendo loro di muovere le braccia; Tigre frantumava a colpi di pugni tutte le rocce che le volavano addosso e attaccava di pura potenza. I mercenari, dal canto loro, erano più numerosi e potevano supportarsi a vicenda. I loro passi ribaltavano il terreno, i loro pugni creavano dei muri per intralciare i giovani guerrieri, con le mazze sparavano rocce micidiali.
Alla lunga, finalmente uno dei dominatori riuscì a inchiodare per terra i piedi di Vipera. La caricò con un pugno, Scimmia si mise in mezzo e con un calcio rotante lo mandò lontano, ma fu subito impegnato a bloccare un altro. Tigre corse ad aprire a forza di braccia la roccia intorno ai piedi di Vipera, ma così lasciò il fianco scoperto, che fu preso i pieno da un masso volante. La ragazza fu sbalzata di lato, mentre Drago Bludvist si concentrò direttamente sulle mura candide: spingendo e sbuffando, una porzione della cinta cominciò a tremare e a creparsi, mentre l’uomo cercava di sollevarla. Maestro Shifu si girò e vide la sua scuola tremare: -NO!-
Drago Bludvist sbuffò più forte ma una fiammata lo costrinse ad abbassare le braccia per difendersi. Dal fuoco emerse Mulan che con un colpo di palmo deciso alla mandibola lo allontanò di parecchio dalle mura.
Merida era in piedi sulle tegole crepate e guardava il mercenario con gli occhi sgranati e pieni di odio: -Non solo i miei amici...- ringhiò -Non solo la mia casa...! Pure qui devi venire a fare del male?!-
-E tu, ragazzina... così spaventata da farti difendere da dei non dominatori? Finirai schiacciata come loro!-
Tigre si sollevò su un braccio tenendosi il fianco con l’altro, e con la coda dell’occhio poté giurare di aver visto lo sguardo di Merida illuminarsi di azzurro per un istante.
Merida saltò contro l’uomo roteando su se stessa e con un calcio dall’alto lanciò un cerchio di fuoco. Drago Bludvist fu costretto a schivare quel calore improvvisamente così inaudito, mentre Mulan e Merida prendevano posto nella formazione di Maestro Shifu e i suoi discepoli.
Tigre chiudeva il trio con Mulan e Merida, e quest’ultima disse: -Oggi voi sarete sconfitti qui.-
Il mercenario lanciò i suoi uomini all’attacco, e i guerrieri corsero incontro ai loro avversari: Merida prese di petto Drago Bludvist mentre Mulan schivava due o tre massi e prendeva lo slancio da un attacco avversario, che le sollevava la terra sotto i piedi per ribaltarla: lei invece ne approfittò per darsi la spinta e saltare addosso a lui e ingaggiarlo. Gli altri discepoli avevano allargato il campo di combattimento ai cortili della scuola, ma lì giocavano in casa e i briganti furono rapidamente messi in fuga.
Anche il loro capo, a vedersi abbandonato così, fu costretto alla ritirata.
Quando tornò la pace, Merida si inchinò a Maestro Shifu: -Sono desolata che la vostra scuola sia stata danneggiata.-
-Non temete, madamigella DunBroch.- rispose l’uomo -La ripareremo. Al massimo manderemo il conto delle spese a vostro padre.- e le fece l’occhiolino.
Merida e Mulan sorrisero. Maestro Shifu le invitò a restare ancora una notte, per riposare prima di affrontare il viaggio di ritorno verso casa.
Le due ragazze accettarono, e Merida rivolse un pensiero ai suoi amici: “Visto, ragazzi? Ho sconfitto i briganti che ci hanno rapiti. Chissà se da casa vostra potete sentire quanto sono soddisfatta...”.
Tigre la guardò entrare nella sua scuola senza dire niente. Adesso che l’adrenalina calava, ripensò a quello che aveva visto. A Merida in piedi sulle mura... e dubitò. Davvero l’aveva vista potente, carica di energia... o se l’era solo inventato?
 
 

 
Angolino dell’autrice:
Questo capitolo è stato iniziato tre settimane fa. Poi gli impegni si sono accumulati...
Due riflessioni rapide:
Questo capitolo nella scuola di Maestro Shifu dovrebbe teoricamente durare (nell’idea di fare episodi narrativamente più o meno tutti equivalenti) tanto quanto gli altri capitoli. Il problema è che ci sono un sacco di scene di combattimento. E quindi un sacco di duelli da descrivere. E questo prende spazio. Per questo tra una scena e l’altra i passaggi sono stati celeri: devono portare al succo in breve tempo ponendo contemporaneamente tutte le basi per lo scontro finale. E nonostante i passaggi ridotti il capitolo risulta comunque il più lungo scritto finora.
Mulan diventa brava in poco tempo nell’arte marziale del wing chun: per quanto non si possa diventare dei maestri in pochissimo tempo di nessun’arte marziale, per questo level up improvviso posso appoggiarmi a molteplici argomenti: Mulan si era già dedicata alle arti marziali spiando il campo militare nel suo feudo; Mulan si è sempre allenata con Merida e gli altri Grandi Quattro per cui era già stata battezzata allo scontro con i dominatori; Sokka nel Libro 3 della serie originale sembra non passare neppure un mese dal suo maestro di spada. È vero ci passa più di tre giorni... ma si forgia pure un’arma. E poi la mia è una storia di finzione.
I cinque cicloni... li riconoscete? Mi sono guardata una quantità di video dei loro stili di combattimento nel mondo reale per cercare di descrivere i loro movimenti! E questi stili sono una cosa pazzesca, e mi sono divertita a descriverli nella loro versione umana! A voi dirmi se sono riuscita a fare una cosa decente!
Detto ciò, spero di non far passare un altro mese prima della prossima pubblicazione. Quindi...
A presto!
Nike

Ritorna all'indice


Capitolo 19
*** LotBF 3 ***


Il giovane si era perso per le strade di Ba Sing See per giorni, braccato com’era dagli uomini in nero che lo cercavano. Sapeva che se fosse tornato alla corte avrebbero ritentato il colpo. Sapeva che se fosse tornato senza sapere di chi si trattasse sarebbe stato doppiamente vulnerabile. E che anche sua madre lo sarebbe stata. Loro avevano detto ‘Siamo venuti a vendicare il generale’: erano stati uomini di suo padre, prima che lui morisse? Sapevano delle circostanze della sua morte? O avevano un mandante e mentivano?
Il giovane si strinse nei cenci che si era procurato per coprire le sue vesti da nobile. Se fosse tornato senza prove in mano non era sicuro che qualcuno gli avrebbe creduto o l’avrebbe aiutato. Nutriva molti dubbi sulla popolarità delle scelte di Sua Maestà l’Imperatore: non per la loro equità o per la loro saggezza, ma perché sapeva che molta gente non avrebbe accettato la sua nomina a erede al trono facilmente. Per ripresentarsi a corte in sicurezza aveva bisogno di un alleato, e di un alleato potente. Qualcuno che fosse al di fuori dell’ambiente dell’aristocrazia ma che, una volta tornati a palazzo, tutti avrebbero rispettato.
Aveva sentito dire che nel Tempio dell’Aria dell’Est era stato ritrovato il nuovo Avatar. Senza sapere se poteva nutrire davvero la speranza di essere ascoltato, il giovane si era messo in marcia verso il Mare dell’Est, dove sperava di trovare un nave che l’avrebbe portato alle isole sulle cui montagne era stato costruito il tempio.
Si era incamminato per affrontare un viaggio lungo, e molto faticoso.
 
Hiccup e Jack Frost si erano trovati subito d’accordo su due cose: la prima, che mai si sarebbero più fatti trovare da chicchessia per essere riportati in quella trappola da cui erano scappati dopo la scomparsa del loro maestro; la seconda, che il primo posto in cui a entrambi sarebbe piaciuto andare era la Nazione del Fuoco. Così avevano diretto Champa verso ovest, verso il mare che tante volte il bisonte aveva attraversato per andare e tornare dal Popolo del Sole.
A quel pensiero Hiccup rabbrividiva, si sentiva profondamente scombussolato, diviso tra la voglia di riabbracciare i suoi genitori e la repulsione che gli procurava il ricordo della sua vita laggiù.
Jack Frost faceva il grosso del viaggio volteggiando rapido in tutte le direzioni col suo aliante, compiendo ampi archi sotto Champa, lasciandosi trasportare verso l’alto dal vento e poi chiudendo l’aliante per lasciarsi cadere con una risata.
Hiccup non lo perdeva d’occhio: il cielo non era propriamente il suo ambiente e, benché lui e Champa avessero sviluppato in poco tempo una certa intesa, l’idea di rimanere senza l’altro ragazzo in mezzo alle nuvole lo inquietava parecchio.
La sera, quando si accoccolavano entrambi contro il fianco caldo del bisonte volante, ogni tanto parlavano delle ragazze, e si chiedevano che fine avessero fatto.
-Merida doveva tornare a casa con i suoi genitori.- commentava Hiccup.
-Secondo te l’ha fatto davvero?- chiedeva allora Jack Frost.
-A giudicare da come sua madre la teneva l’ultima volta che l’abbiamo vista, temo non abbia avuto molta scelta.-
-Sì, però una volta tornata nel Regno della Terra potrebbe essere scappata, no?-
-Non tutti hanno solo la fuga per la testa, Jack Frost.- ribatteva seriamente Hiccup -Tanto più che nella sua regione è pieno di rivolte e di banditi. Secondo me è rimasta a casa sua.-
-Assieme a sua madre che vuole sposarla a tutti i costi?!-
-Adesso che sa che sua figlia è l’Avatar non riesco a immaginarmi dama Elinor obbligare Merida a tanto. Ma Merida è coraggiosa e sicuramente sarà rimasta a casa per assicurarsi che con tutte quelle rivolte non succeda niente a nessuno.-
Jack Frost non rispondeva, perplesso. Allora Hiccup guardava il cielo stellato e commentava: -Chissà invece come sta Rapunzel...-
-Hai ragione...- diceva allora Jack Frost -Sicuramente quei monaci non la lasceranno tranquilla un attimo.-
-Lei sì che dovrebbe fuggire.- rispondeva corrucciato Hiccup -Non posso immaginarla a soffrire.- e si passava la mano dove la ragazza l’aveva accarezzato, quando erano andati a recuperarla da dama Gothel, e arrossiva nel buio.
Jack Frost lo guardava corrucciato con la coda dell’occhio, chiedendosi cosa volesse questo qui da Rapunzel, visto che non la conosceva bene quanto lui: dimostrare di essere l’Avatar era stato l’obiettivo della ragazza da quando l’aveva incontrata, e adesso era solo contento che ci fosse riuscita. Anche se, è vero, gli aveva fatto male lo sguardo perso che lei aveva lanciato ai suoi amici prima di essere portata via dal Saggio Sandman...
 
Finalmente, un bel mattino assolato i due ragazzi arrivarono all’oceano che divideva il Regno della Terra e la Nazione del Fuoco. A partire da quel momento si tennero bassi e fecero in modo di non stancare troppo Champa: la traversata non era breve ed era fondamentale non perdere il senso dell’orientamento.
Quando il sole calò e il calore lasciò spazio alla frescura della notte i due ragazzi tirarono un sospiro. Champa atterrò dolcemente sull’acqua e loro si sdraiarono sulla sella: guardavano il cielo e fantasticavano su cosa avrebbero trovato nella Nazione del Fuoco. Hiccup faceva calcoli sulla direzione dal prendere appena avessero visto la costa: dal Tempio dell’Aria del Sud erano risaliti verso nord per vie familiari, avevano superato il deserto e, una volta all’altezza di Ba Sing See, avevano virato a ovest. Sapevano che in questo modo non avrebbero perso la strada, ma Hiccup era cosciente che in quel modo si avvicinavano pericolosamente a casa sua.
Era intento a tracciare una rotta nella sua testa quando qualcosa di enorme e nero comparve da destra e oscurò tutte le stelle, una dopo l’altra.
Gli occhi di Hiccup si spalancarono e il suo cuore fece un salto: -Jack Frost!- lo prese per il braccio.
-Un’onda?!- il ragazzo afferrò il bastone e saltò in piedi sulla sella -Hiccup! Tieniti a me!-
L’amico si strinse alla sua gamba, mentre lui faceva roteare il bastone sopra la testa. Champa si sollevò con un pesante colpo di coda e volò basso lungo l’onda, che si ripiegava dietro di loro con uno scroscio pesante. Il Dominio dell’Aria li copriva, ma Jack Frost sapeva che se fossero rimasti imprigionati nulla avrebbe impedito loro di venire trascinati sott’acqua.
Hiccup aveva chiuso gli occhi e si teneva stretto, lanciando un urlo mentre Champa accelerava.
-Ci sta chiudendo!- urlò Jack Frost, che alzò gli occhi: l’onda stava finendo e la loro unica speranza era sollevarsi e infrangere la cresta dov’era più sottile in modo da non essere presi dalla corrente.
Il bisonte reagì al suo ordine e puntò in alto. Il pelo dell’acqua si infranse in mille schizzi quando tornarono a riveder le stelle, e Hiccup tirò un sospiro di sollievo: -Possibile?- chiese -Il mare era piatto come l’olio, poco fa.-
Ma Jack Frost aveva girato la testa: -Hiccup!- esclamò invece -Attento!-
Un’altra onda, più alta della prima, si stava spezzando sopra le loro teste. In direzione diagonale rispetto all’altra. Hiccup chiuse gli occhi e Jack Frost strinse l’aliante con entrambe le mani. L’acqua li colpì pesante e fredda, e li trascinò a fondo con un boato.
 
Hiccup riaprì gli occhi quando i tiepidi raggi del sole del mattino gli accarezzarono la guancia. Dolorante si tirò a sedere, tossendo e sputacchiando: si trovava su una spiaggia dalla fine sabbia bianca, e il mare era tornato a essere piatto come una tavola.
Champa borbottava pesantemente un po’ più lontano: aveva ancora la sella, ma tutte le provviste era andate perse.
Il ragazzo si avvicinò al bisonte e gli accarezzò il muso: -Sono qui, amico mio. Stai bene?-
In quel momento sentì un grido: -Ehi, tu! Fermo dove sei!- si girò e vide spuntare delle figure dal fogliame, e in pochi secondi si trovò circondato.
 
Jack Frost era stato spinto dalla corrente fino a una scogliera piatta e bassa. La roccia era levigata dal mare e presentava qua e là delle piccole pozze di acqua residua.
Il ragazzo fu svegliato da qualcosa che lo puntellava alla testa: aprì gli occhi e scoprì una bambina, che cercava di farlo reagire usando la punta del suo aliante.
-Tutto bene?- chiese la piccoletta. Aveva lunghi capelli e grandi occhi neri, e la pelle scura -Sei stato portato qui dalla corrente?-
Jack Frost si mise a sedere tossicchiando: -Sì. Qualche onda anomala ci ha ribaltati stanotte dal nulla.- strizzò gli occhi al sole del mattino.
-Ah, ma quella non era un’onda anomala.- rispose allora la bambina: -Probabilmente erano le nostre sentinelle. Stamattina hanno detto che hanno ribaltato una strana imbarcazione al largo della costa. Strano però... non sareste dovuti sopravvivere.-
Jack Frost ebbe un brivido al tono analitico e per niente accorato della ragazzina: sembrava stesse risolvendo un problema di matematica, invece di ragionare sulla vita di uno sconosciuto.
-Va be’.- decise allora lei, come se niente fosse -Allora ti porto alla mia tribù.-
Quella parola fece scattare qualcosa nella testa di Jack Frost: -Tribù? Aspetta... quell’onda è stata prodotta dalle tue sentinelle? Non sarete mica... Dominatori dell’Acqua?!-
 
Hiccup e Champa erano stati portati dentro l’isola, fino a un piccolo villaggio di capanne, da dei giovani guerrieri dai grandi occhi scuri ed esotici e la pelle olivastra, i toraci nudi, i fianchi coperti da stoffe allegre.
Ovviamente il bisonte causò sguardi stupiti e mani davanti a bocche spalancate, ma la piccola tribù non mandò nessuna sensazione di ostilità a Hiccup. Le donne avevano stoffe colorate o gonnelline di paglia ai fianchi, le spalle scoperte e nastri di stoffa a coprir loro il décolleté. Portavano collane di conchiglie e vistosi fiori fra i lunghi capelli scuri.
Il ragazzo fu fatto sedere vicino a un fuoco e un giovane si venne a sedere davanti a loro: aveva i capelli corti che ricadevano ai lati degli occhi e uno sguardo perplesso.
-Chi siete?- chiese con profonda serietà.
-Mi chiamo Hiccup. Stavo viaggiando con un mio amico verso al Nazione del Fuoco quando un’onda anomala ci ha colti di sorpresa nella notte.-
-Un’onda anomala dici?-
-Sì...- Hiccup si accorse che la notizia non aveva lasciato indifferente il suo interlocutore -Siamo stati trascinati sott’acqua e io ho perso il mio amico...-
-Quindi eravate diretti alla Nazione del Fuoco?- lo interruppe il giovane -Per fare cosa?-
-Esplorare.-
-Mi sembra una scusa un po’ vaga.-
-Eppure è così. Ma adesso ho un altro problema: voglio ritrovare Jack Frost...-
-Se è stato preso dalla corrente non credo lo ritroverai mai.- rispose secco l’altro -Nessuno sopravvive alle correnti che circondano le nostre isole.-
Hiccup lo guardò assottigliando lo sguardo, cercando di capire fino a che punto l’altro fosse serio. E in effetti sì. L’altro era serio, e lo guardava con un’espressione che lo inquietò parecchio.
-C’è forse qualcosa che non va?- chiese allora il viaggiatore, a bruciapelo.
Il giovane non cambiò espressione: -Nessuno sopravvive alle correnti che circondano le nostre isole.- ripeté, a mo’ di spiegazione -Sono molto comode, per questo.-
Hiccup lo osservò in silenzio, e il giovane si sentì in dovere di spiegare: -Evitano a noi di occuparci di tutto il lavoro.-
-Tutto il lavoro?-
-Già.- il ragazzo si alzò in piedi e assunse una posizione familiare a Hiccup, e lui notò solo allora le enormi cisterne sparse fra le case del villaggio -Non possiamo lasciarti andare, se hai scoperto la nostra isola.-
 
Jack Frost seguiva senza parole la bambina, che saltellava allegramente nel fogliame rigoglioso e verdeggiante.
-Prima ti porto da mia sorella. È alla spiaggia: lei saprà cosa fare.- gli aveva detto, e si era incamminata.
Lui procedeva guardandosi intorno e si diceva che sì, l’ambiente gli ricordava molto il Popolo del Sole, ma questa novità della tribù di Dominatori dell’Acqua gli faceva vedere l’isola con occhi completamente diversi.
Arrivarono a una spiaggia isolata, dove una ragazza si esercitava nel suo dominio. Seguiva con le mani l’andirivieni delle onde sulla battigia, le spingeva più lontane e le tirava più vicine, sollevava il loro lembo di schiuma e lo faceva roteare in tante goccioline verso l’alto.
-Nani!- chiamò la bambina, correndo verso di lei.
La ragazza si voltò quando si sentì chiamare: -Lilo! Cosa ci fai qui? Non dovresti essere al villaggio?-
-Ero andata a dare da mangiare a Padge.- la bambina scrollò le spalle, poi sorrise e strillò: -Guarda cosa ho trovato sugli scogli!- E corse a prendere Jack Frost per la manica, strattonandolo perché si avvicinasse.
Nani ebbe un sussulto: -Lilo!- e la prese in braccio, allontanandola dall’intruso -Chi è questo straniero?!-
-L’ho trovato io! Possiamo tenerlo?-
Jack Frost stringeva il suo bastone e la guardava interdetto, mentre la sorella inarcava un sopracciglio: -Non sono sicura che al villaggio si possano tenere stranieri.-
-Ma possiamo chiedere!-
-Non so, Lilo...-
-Scusa...- si intromise allora lo ‘straniero’ -Cosa contate di fare con me? E mi puoi dire cosa stavi facendo poco fa? È davvero Dominio dell’Acqua? Ero convinto ci fossero dominatori solo ai Poli...-
-Conosce i Poli!- strillò Lilo -Conosce i Poli! Per favore, Nani, possiamo tenerlo? Me ne occuperò io, promesso!-
Nani sospirò e si massaggiò una tempia. Jack Frost si sentì completamente ignorato. Scocciato, insisté: -Ma come è possibile che ci siano Dominatori dell’Acqua qui?!-
Nani gli lanciò un’occhiata di sbieco, ancora presa dalla richiesta della sorellina:- I nostri antenati facevano parte della spedizione che dal Polo Nord è partita per raggiungere il Polo Sud. Durante il viaggio si sono persi di vista... la leggenda dice per via di una tempesta.-
-O di mostri marini giganteschi!- aggiunse eccitatissima Lilo.
-O perché sono stati attaccati da pirati.- finì Nani -Comunque sono arrivati qui e hanno deciso di rimanere.-
-Quindi è per questo siete Dominatori dell’Acqua!- esclamò Jack Frost, che finalmente era riuscito a mettere quasi tutti i pezzi a posto.
Nani annuì: -Ora sei contento? Perché ti interessa tanto?-
Jack Frost sorrise: -Perché vengo dalla Tribù dell’Acqua del Nord. Lassù ci è stato insegnato che, a parte i Poli, non è possibile trovare il dominio dell’Acqua in nessun altro posto della terra.-
-È normale. Nessuno sa che noi esistiamo.-
-Non avete provato a contattare nessuno, dopo l’arrivo sull’isola? La Nazione del Fuoco, il Regno della Terra...-
-Assolutamente no!- esclamò scandalizzata Nani -Teniamo la nostra esistenza segreta, altrimenti potremmo essere attaccati!-
-Per questo affondiamo tutte le barche che si avvicinano troppo!- aggiunse ridendo Lilo.
Jack Frost guardò la bambina come fosse un’aliena. Così come sua sorella, che non sembrava essere disturbata dal comportamento inquietante della piccola.
Decise che forse era il caso di allontanarsi senza essere troppo brusco, nella speranza che non attaccassero: -Allora... io cercherei il mio amico...-
-Sei un Dominatore dell’Acqua anche tu?- chiese invece senza preavviso Nani, le braccia incrociate.
Jack Frost rimase un momento interdetto: -No... no. Non domino l’acqua.-
-Ma vieni dal Nord vero?-
-Sì.-
-E com’è il Dominio dell’Acqua, lassù?-
Il ragazzo si rese conto che sarebbe stata lunga. Lilo e Nani lo guardavano con una certa aspettativa.
Lui si grattò dietro il collo: -Non saprei dirvi... Io non sono un Dominatore dell’Acqua.-
Nani sembrava delusa, poi però chiese: -E perché sei partito dalla Tribù? Vuoi andare al Polo Sud?-
Jack Frost scosse la testa: -No... non è così facile.-
In quel momento qualcuno arrivò alle sue spalle: -Lilo! Nani! Allontanatevi da lui!-
Jack Frost si librò in un’agilissima spirale d’aria, allertato da quel grido.
La sorella maggiore si lanciò sulla minore e la tolse dalla traiettoria di una frustata d’acqua che si abbatté dove si erano trovati fino a quel momento.
Il giovane che aveva catturato Hiccup era comparso dalla verdura della foresta e ora attaccava l’intruso, urlando: -Non dovevate allontanarvi dal villaggio! Che vi è saltato in mente?!-
Nani cercava di chiamarlo: -David, aspetta! Ascoltami!-
Ma lui era ormai concentrato sulla battaglia e attaccava Jack Frost con furia. Jack Frost, dal canto suo, schivava con lunghi balzi dalla battigia agli alberi della boscaglia e si rendeva imprendibile grazie alle ventate taglienti che spezzavano le fruste d’acqua e disperdevano le onde.
Dopo qualche attacco, David esclamò: -Sei più noioso da gestire di quell’altro, tu!-
A quelle parole Jack Frost ebbe un sussulto: -Hiccup! Cosa gli avete fatto?- in uno slancio lanciò una fustigata col bastone, la frusta d’aria che ne partì prese in pieno David e lo spinse contro il tronco dietro di lui, neutralizzandolo. Il giovane si ritrovò con il sedere per terra e il bastone puntato alla faccia.
 
Quando arrivarono al villaggio, Champa era circondato da donne che gli intrecciavano fiori vistosi e colorati al pelo, e Jack Frost vide Hiccup di spalle in mezzo a un gruppo di ragazzi urlanti.
-Hiccup!- lo raggiunse con un balzo, mentre quello si girava con un sorriso.
-Jack Frost! Dov’eri finito? Stavamo organizzando le ricerche!-
-Le ricerche?-
Hiccup indicò una piantina dell’isola, disegnata con un bastoncino nel terreno.
L’altro osservò perplesso il disegno, i fiori che li circondavano, l’aria festante: -Ma... che cosa ti è successo?-
-Hiccup ha notato che la disposizione delle cisterne non era ottimale nel villaggio.- spiegò uno dei presenti -Col suo Dominio della Terra ci ha aiutato a risistemarle e a creare dei condotti per le colture dietro al villaggio.-
Jack Frost guardò il suo amico, che gli sorrideva senza aggiungere una parola.
-Ma... allora perché quello là mi ha attaccato?- gli chiese a mezza voce, indicando David che cercava di alleviare in un angolo le ferite inferte al suo orgoglio.
-A giudicare da quello che ha detto prima di andare a cercare le due sorelle...- gli sussurrò Hiccup di rimando -...la più grande sta con lui. Probabilmente era geloso.-
Jack Frost annuì con l’aria di saperla lunga, e una voce femminile li prese alle spalle: -Ah, così ha detto, eh?-
I due si voltarono e si trovarono davanti Nani, con le braccia incrociate e l’espressione che la sapeva più lunga di loro. I due si scambiarono un’occhiata imbarazzata e lei si lasciò andare, per la prima volta da quando Jack Frost l’aveva vista, e un sorriso sghembo. Hiccup l’avrebbe definito quasi scettico.
-Quindi per adesso siete salvi.- riprese la ragazza.
-Per adesso?-
-Sapete dell’esistenza dell’isola. Le alternative sono: o rimanete per sempre o dovremo impedirvi di partire.-
-Ma Hiccup vi ha aiutati con le cisterne!- protestò Jack Frost.
-Non è un valido motivo per mettere a rischio l’intero villaggio.- Nani fece spallucce -E poi qui siamo a corto di carne.-
I due ragazzi si scambiarono un’altra occhiata e guardarono Champa. Rimasero interdetti, mentre la ragazza sondava la loro reazione, e Jack Frost si disse che, dopotutto, Lilo doveva pur aver preso da qualcuno.
-Quindi.- decise poi d’un tratto la ragazza -Tu vieni dalla Tribù dell’Acqua del Nord.-
-Sì.-
-E sei un Dominatore dell’Aria.-
Jack Frost fece un sorriso sghembo a sua volta: -La cosa ti interessa.-
-La trovo curiosa. Hai sconfitto David con una facilità impressionante.-
-Eh, sai... tanta esperienza in giro per il mondo.-
-Tante avventure, suppongo.-
-Ti piacerebbe ascoltarne qualcuna?-
-Oh, per favore. Sicuramente non sono più interessanti delle leggende dei nostri antenati.-
-Mettimi alla prova.-
Nani colse la sfida: -Tempeste apocalittiche.-
-Fatto.-
-Popoli selvaggi.-
-Fatto.-
-Mostri marini.-
Jack Frost alzò le mani: -Manca.-
Hiccup toccò una spalla all’amico: -Non credo sia il caso di flirtare... vogliono comunque impedirci di andare via.-
Jack Frost si grattò dietro al collo e lanciò un’occhiata a David, che lo osservava con sguardo truce.
Nani si allontanò ridendo: -Continueremo più tardi, allora!-
Quando quella sera il villaggio si riunì per festeggiare il nuovo sistema idrico, l’interrogatorio a Jack Frost di Nani e Lilo riprese con insistenza: -Ma se quindi hai il Dominio dell’Aria vuol dire che sei un nomade disperso?-
-Non lo so. Non credo, però.-
-I tuoi genitori non ti hanno mai raccontato niente?-
Il ragazzo fece un gesto di stizza: -Non possono raccontarmi niente. Sono morti.-
Le due ragazze fecero una piccola ‘o’ con la bocca e, con aria dispiaciuta, Lilo mormorò: -Anche noi siamo senza mamma e papà. Erano usciti una sera di tempesta.-
Il ragazzo le guardò comprensivo, e Lilo riprese: -Però sai almeno come si chiamano, no?-
-Neppure quello.-
-Neppure? E non ti sei mai chiesto da dove venissi?- Nani accarezzò la testa della sorella perché smettesse.
-Scusala. Non sa quando è ora di piantarla.- giustificò.
Jack Frost fece un cenno distratto con la mano. Le domande di Lilo gli avevano risvegliato una curiosità ormai assopita da anni, e anche il ricordo di un’altra conversazione simile, con un’altra ragazza.
‘Io non troverei pace...’ aveva detto Merida.
E anche lui non aveva trovato pace, per anni. Poi il tempo era passato, la curiosità era scemata e la necessità di rimanere libero aveva preso il sopravvento, e aveva smesso di farsi domande.
Nani lo guardava con gli stessi occhi inquisitori di quella mattina, e di quando avevano parlato una volta arrivati al villaggio.
-Va tutto bene?- chiese a un certo punto.
Il ragazzo si massaggiò la tempia: -Sì, sì. Credo di sì.-
Nani prese Lilo in braccio e la tenne saldamente: -Ti abbiamo messo a disagio?-
Ma Jack Frost con un balzo si era allontanato ed era atterrato accanto a Hiccup, che stava dando da mangiare a Champa: -Dobbiamo andare via di qui.- gli sussurrò all’orecchio.
-Ora, in questo momento?-
-Se non li cogliamo di sorpresa non ci lasceranno mai andare via.-
-Champa è incatenato per terra.- Hiccup indicò le zampe del bisonte volante.
-Ma per noi non è un problema, no?-
Hiccup scosse la testa: -Dirò a David che abbiamo intenzione di restare. Stanotte ti porterò via di qui.-
-Se non veniamo denunciati prima.- Jack Frost guardò le due ragazze, ma Nani non si era mossa e lo osservava senza dire una parola.
Fu così che quella notte Hiccup guidò Jack Frost fuori dalla loro camera sorvegliata evitando facilmente tutte le guardie, e una volta da Champa le catene finirono accartocciate per terra.
-Andate via?- chiese una vocina esile. Lilo li stava guardando, a pochi metri da loro.
Jack Frost le sorrise e si inginocchiò davanti a lei: -Avevi ragione tu a cena. Devo sapere.- le disse, mettendole una mano sulla spalla.
Nani comparve dietro la bambina con due fiori variopinti tra le dita: -Vai a cercare le tue radici?- chiese.
Jack Frost annuì, si alzò e, presa la bambina sotto le ascelle, la mise in braccio alla sorella: -So che potete capire.-
La ragazza annuì, e porse loro i fiori.
-È stato divertente.- commentò Lilo.
Jack Frost le sorrise e con un balzo agile fu sulla sella. Con un gesto mimò un grazie alle due ragazze, poi Hiccup fece decollare Champa.
Nani e Lilo non diedero l’allarme. Li guardarono abbracciate volare via, e i loro occhi spalancati sparirono nel groviglio di foglie che proteggeva il villaggio e l’isola.
 
Il viaggio al Polo Nord fu rapido, i due ragazzi persero pochissimo tempo.
-Sei sicuro di quello che vuoi fare?- chiese Hiccup quando furono in vista.
-Assolutamente sì.-
-Sai anche a chi chiedere?-
-Ho la mia idea.- Jack Frost guidò Champa nella notte fino oltre la casa del capo, e quando furono in vista del giardino spirituale atterrarono sopra le mura di neve e ghiaccio.
-Andate via.- sussurrò Jack Frost -Se restate qui rischiate di congelare, e Champa è troppo riconoscibile, giù alla tribù. Volate alla prima terraferma che incontrate e tornate a prendermi domani notte. Io conosco abbastanza il villaggio per non farmi prendere fino al vostro ritorno.-
Hiccup annuì, sollevato. Tutta quella neve lo metteva più a disagio del cielo. Non avvertiva niente, se non un freddo troppo pungente per lui.
Jack Frost li guardò allontanarsi contro il cielo stellato, poi con un balzo fu sul bordo del laghetto.
Quel posto gli ricordava il suo maestro. Nella speranza di avvertire Monaco Norbu un po’ più vicino, Jack Frost fece l’unica cosa che gli venne in mente in quel momento: si sedette a gambe incrociate a meditare.
Le due nishikigoi si misero a nuotare in cerchio davanti a lui, e lo misero in contatto con il mondo degli spiriti.
In quel momento un sacerdote dell’acqua passò di lì, e lo vide. Senza dire una parola andò ad allertare Maestro Okko.


 


 
Angolino dell’autrice:
Io finirò questa storia. Prima di iniziare qualunque altra cosa. Ci vuole solo tempo, ed è molto difficile questa volta seguire lo stesso ritmo che ho tenuto con le altre long fic.
Chiedo perdono.
Unica nota: le nishikigoi sono le carpe koi, le carpe giapponesi, molto belle da vedere. Non sono sicura che i due spiriti siano proprio questo tipo di pesce, anche se ho vaghi ricordi che si trattasse comunque di carpe. Ma, sarete d’accordo con me, per indicare due potenti spiriti ‘nishikigoi’ ha tutto un altro sapore rispetto alle ‘carpe spirituali’.
Con ciò, ci vediamo al prossimo capitolo.
A presto,
Nike

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3922199