Voices

di Zoraya
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I. L'attacco. ***
Capitolo 2: *** II. Il risveglio ***
Capitolo 3: *** III. Visioni ***
Capitolo 4: *** IV. Sogno e realtà ***
Capitolo 5: *** V. Solo Natsu ***
Capitolo 6: *** VI. "Sto sempre pensando a te" ***



Capitolo 1
*** I. L'attacco. ***


Faceva caldo, un caldo infernale che le entrava nella pelle e non la faceva respirare. I capelli le si erano incollati sulla fronte e sul collo e lo star dress di Sagittarius era a brandelli, ma Lucy non si era ancora arresa. Teneva incoccate le frecce al suo arco teso ed era pronta a scagliarle sul suo nemico. Un nemico potente come mai ne avevano affrontati. Credevano che Zeref e Acnologia li avessero già messi a dura prova, ma non c’è mai fine al peggio e ormai doveva essere chiaro a tutti loro. Fairy Tail era sotto una volta scura di dolore e sangue e non c’era mai limite ai nemici che era in grado di attirare. Sempre di più, sempre più forti, sempre meno umani. Una lacrima solcò il viso di Lucy, portandosi via lo sporco e la fuliggine. Le fiamme dell’inferno la circondavano ed era un paesaggio infernale quello che si apriva davanti a lei.
Sentiva la chiave della costellazione del Leone agitarsi nell’astuccio che aveva al fianco. Il suo amico voleva combattere, forse perché aveva percepito la potenza del mago davanti a lei. Eppure, Lucy non poteva permetterglielo, non in quel momento. Avrebbe dovuto aspettare il momento giusto, il più opportuno per mostrare le sue carte. Non poteva bruciarsi subito l’unica possibilità che aveva. Non era stupida e sapeva di non poter richiamare Loki in quelle condizioni: non sarebbe durata abbastanza. Uno star dress mix, poi, era fuori discussione, in quel momento. Prese un respiro profondo e pregò di essere abbastanza, di riuscire, quanto meno, a rallentare l’avanzata del mago che la guardava paziente, quasi con sufficienza. Ecco, questo rendeva Lucy a dir poco furiosa e preoccupata. Non la stava prendendo sul serio, stava giocando con lei, con il suo potere, come se sapesse che qualsiasi cosa lei avesse fatto, avrebbe inesorabilmente perso. Non per questo, Lucy era disposta a lasciar correre. Anzi, il sangue le si infiammò nelle vene al pensiero che lui potesse davvero considerarla nulla più che una seccatura e rilasciò la corda dell’arco, osservando le frecce fendere veloci l’aria. Non si illuse neppure per un istante, anche se avrebbe tanto voluto farlo.
L’uomo davanti a lei, con un gesto secco della mano spazzò via le sue frecce, come se fossero moscerini e le piantò contro i suoi occhi. Occhi freddi e potenti, occhi in grado di scavarle nell’anima. E tutto videro quegli occhi: la sua disperazione, la sua paura, la sua rabbia… perfino la gioia che teneva custodita nel cuore, i ricordi dei giorni passati con la sua famiglia, il suo amore… e tutto si presero, perché tutto apparteneva a loro, ormai. Uno schiocco di dita, nemmeno il tempo di urlare, e Lucy venne sbalzata lontana, contro il muro di un edificio di Magnolia, uno dei pochi ancora in piedi. Crollò lì, come una marionetta a cui avessero spezzato i fili. Lo star dress era stato spazzato via e la ragazza era abbandonata in terra, come un sacco vuoto, mentre il calore e il fumo la circondavano. Non si era nemmeno accorta dell’impatto, era troppo stanca. Era crollata prima ancora di alzarsi in volo.
 
Gray vide una figura accasciarsi contro il muro, ma non aveva il tempo di andare a vedere chi fosse. Non aveva il tempo di soccorrere nessuno. Sputò un grumo di sangue e cenere che gli bloccava la gola e tornò all’attacco. Tre uomini contro di lui, se di uomini poteva parlare, a quel punto. Eppure, il termine “demoni” non gli sembrava appropriato. Gray aveva già combattuto contro dei demoni, ma non si era mai trovato così alle strette. Perfino E.N.D. sembrava più facile da gestire. Lanciò uno sguardo alla sua destra, per sincerarsi della presenza di Juvia accanto a lui. Non avrebbe permesso che le facessero del male, non più. Si era ripromesso di difenderla, di impedirle di sacrificare ancora una volta la sua vita per lui. Doveva essere lui, per una volta, a mettere lei al primo posto. Lei, a cui ancora non era riuscito a confessare i suoi sentimenti.
La ragazza gli sorrise come se non si trovassero al centro esatto dell’inferno. Juvia aveva perso il cappello da qualche parte e i capelli le danzavano intorno, scompigliati dalla foga della lotta. Si era tolta il cappotto che indossava sempre, rimanendo con il suo solito top verde che metteva in risalto quella cicatrice che si era fatta per lui, per salvarlo. Gray digrignò i denti e sentì la magia del devil slayer scorrergli  nel sangue. Lanciò uno dei suoi incantesimi più potenti, ma il suo nemico sorrise, come se non fosse stato investito da una colata di ghiaccio. La cicatrice che gli deturpava la guancia si deformò con quel sorriso e Gray si sentì avvolgere da un dolore che non aveva mai sperimentato prima. Crollò in ginocchio, sentendo la voce di Juvia che lo chiamava. Era così lontana. Non poteva sfondare quel muro di dolore. E Gray non riusciva più a vederla. Era tutto sfocato davanti al suo sguardo. Solo il dolore che sentiva al centro del petto era reale. Solo quello… No, non c’era solo il dolore. Eccola lì, nascosta talmente in fondo da essere quasi dimenticata. La rabbia. La pura e semplice rabbia. Ecco la scintilla che stava aspettando. La rassegnazione non era mai stata da lui, ma la rabbia sì, quella lo accompagnava da quando era un bambino e di quella aveva bisogno in quel momento. Era la sua ultima occasione, doveva salvare Juvia. Era l’unica cosa che contava. L’esplosione del suo potere sembrò quasi cristallizzare il tempo. Le fiamme intorno vennero avvolte dal suo ghiaccio e la distesa infernale, che un tempo era stata Magnolia, venne rivestita dal gelo. Gray smise di provare dolore, ma non riuscì ad aprire gli occhi. Le palpebre non ne volevano sapere ed erano ferme, impossibili da smuovere, quasi fossero ghiacciate anch’esse. Non riuscì a muoversi neppure quando sentì una mano incredibilmente calda poggiarsi sulla sua spalla e la sua voce chiamarlo piano. Si abbandonò tra quelle braccia che lo avrebbero sempre preso e cerco di dirle qualcosa, qualsiasi cosa, per non farla preoccupare per lui. Juvia non doveva preoccuparsi più per lui.
Juvia urlò il nome di Gray quando lo vide accasciarsi. Il ragazzo coprì la sua voce con urla animalesche, urla così potenti da ferirle le orecchie. Il cuore di Juvia non avrebbe retto a tutto quello, ne era certa. Non riusciva a vedere il suo Gray in quel modo e si ritrovò a pensare che le sarebbe andata bene qualsiasi altra cosa, qualsiasi altra punizione per la sua vita passata, ma non quello.
Prendi la mia vita, ma non farlo soffrire più.
Rivolse le sue preghiere a quel cielo livido, carico di rabbia, che scagliava contro di loro. Erano inermi di fronte a tutto quel dispiegamento di forze. Lei era inerme di fronte al suo Gray-sama ridotto in quello stato: una larva umana che aveva ancora la forza di urlare contro qualcosa che lo stava ferendo dall’interno. Un cancro si faceva largo dentro di lui, gli tagliuzzava la carne e gli organi… Juvia si era perfino dimenticata dei suoi nemici, si era dimenticata di dove si trovava. Non sentiva nulla se non le urla del ragazzo, accanto a lei. Quel ragazzo che aveva giurato di proteggere ora e per sempre. Sentì le lacrime bagnarle le guance e avvertì una strana forza arrivarle da dentro, dal cuore che pulsava dolore ad ogni battito, dai muscoli contratti e dalle ossa, che le mandavano fitte continue. Perfino loro soffrivano per quel ragazzo stremato. E pensare che fino a poche ore prima erano insieme, tutti quanti loro, nella loro gilda. Gilda che era stata demolita così tante volte da perdere il conto. Quando era successo tutto quello? Come si erano ritrovati a quel punto? Spostò lo sguardo da Gray al suo torturatore, mentre una rabbia gelida le si insediava nel cuore ridotto a brandelli. Nessuno poteva toccare Gray-sama! Nessuno! E lo avrebbero imparato anche loro. Oh, sì, lo avrebbero imparato sulla propria pelle! Si alzò in piedi,  non ricordava neanche di essere caduta in ginocchio, e attirò su di sé lo sguardo dei tre maghi, i torturatori di Gray-sama, che l’avevano ignorata durante tutta la battaglia. Erano venuti per lui, non per lei. Lei non sembrava contare nulla per quei tre. Non era una minaccia. Era questo quello che pensavano. Lei, una degli ex Element Four, non una minaccia! Oh, avrebbero pagato anche quella insolenza, anche quello era sulla lista, ma Gray-sama aveva la precedenza. Lui aveva sempre la precedenza, su tutto. Juvia sentì chiaramente la propria rabbia invaderle il petto, concentrarsi nel punto in cui doveva esserci il suo cuore, lì, dove aveva sempre tenuto il risentimento che provava per il mondo intero, quando ancora non conosceva Fairy Tail e tutto le sembrava livido e scuro come il cielo che sempre l’aveva accompagnata. La rabbia le si gonfiava dentro ad ogni respiro. Stavano facendo del male all’unica persona che era stata in grado di liberare il suo sole e di farle vedere l’azzurro senza nuvole che tutti bramavano, ma che a lei era stato precluso per anni. La donna della pioggia, così l’avevano sempre chiamata, era pronta a mostrare a tutti la forza del suo potere, che aveva tenuto nascosto perfino durante l’incontro per diventare una maga di classe S, anni prima, sull’isola di Tenrou.
Lo stomaco le si contrasse violentemente e il suo potere si liberò tutto di colpo. Una bomba d’acqua investì i fuochi vicino a loro, spense le urla di dolore di Gray e liberò loro la visuale su quanto stava accadendo intorno. I loro nemici, troppo presi a torturare il ragazzo, furono colti di sorpresa dall’intensità di quell’attacco e si ritrovarono ad essere trascinati lontano. Le gocce di pioggia si abbattevano su di loro come lame, aprendo squarci e facendo grondare sangue, che veniva, a sua volta, controllato dalla ragazza e che scorreva ai loro piedi, macchiando le strade della cittadina. Dovette concentrarsi molto, Juvia, per impedire che la sua magia ferisse anche Gray- il cui potere si era liberato all’improvviso, aiutando la ragazza- e quella persona scomposta che giaceva poco distante da loro. La ragazza cadde in ginocchio e respirò a fondo, mentre sentiva la stanchezza intorpidirle le membra. Non poteva crollare, non ancora. Doveva salvare Gray-sama e poi doveva fermare l’uomo che si stava avvicinando al sacchetto d’ossa abbandonato contro il muro. Quell’uomo emanava un’aura tale da paralizzarla, ma non poteva fermarsi. Lui non era un amico e questo stava a significare che la figura in terra, invece, era qualcuno che lei conosceva. Fece per alzarsi in piedi, ma ricadde sulle ginocchia e sentì il dolore propagarsi da quel punto in tutto il suo corpo martoriato. Provò di nuovo, ma una forte luce la distrasse e le fece battere il cuore ad una velocità che non credeva possibile. Loki, della costellazione del leone, si ergeva davanti a quell’uomo. Da lì, lei poteva vederlo bene, percepiva il suo potere e la sua disperazione.
Furono due i pensieri che le attraversarono la mente in un istante. Il primo- che le bloccò il cuore per un attimo- fu che allora la figura stesa in terra non poteva essere altri che la sua rivale in amore, il secondo- in grado di strapparle un momentaneo respiro di sollievo- fu che lei doveva essere ancora viva se Loki si stava impegnando così tanto per proteggerla. Un lamento la distrasse da quelle elucubrazioni e la ragazza strisciò verso Gray, ancora accasciato, poco distante. Si sarebbe riposata un po’ accanto a lui e poi sarebbe andata ad aiutare Loki, decise, prima di accarezzare il volto di Gray-sama, cercando di dargli il sollievo di cui necessitava.
 
Erza e Laxus correvano veloci, fianco a fianco, verso la cattedrale di Magnolia. Cana era subito dietro di loro, perfettamente sobria. Tutti e tre non riuscivano a pensare ad altro che a quella situazione surreale in cui si trovavano. Nemmeno Acnologia era stato in grado di radere al suolo così quella città.
-Laxus, Gerard mi ha parlato di questa gilda. Sono venuti qui per noi, per Natsu.- disse Erza, accelerando l’andatura per stare al passo con il ragazzo accanto a lei. Aveva provato ad avvisarli prima, ma non ne aveva avuto il tempo: la salvezza dei cittadini veniva prima di tutte le spiegazioni che avrebbe potuto dare.
-Che vogliono dall’idiota?- chiese lui, lanciandole uno sguardo di sottecchi.
-Non lo so, non siamo riusciti a scoprirlo. Sappiamo solo che vogliono lui.-
-Ragazzi!- li richiamò Cana. Entrambi si voltarono, continuando a correre. La ragazza indicava un punto davanti a sé e appariva piuttosto terrorizzata. Fu in quel momento che anche Erza, precedentemente troppo presa dalla conversazione, percepì il forte potere magico che proveniva dal punto indicato da Cana.
-Laxus, qui ci pensiamo io e Cana, tu cerca Natsu.- ordinò, perentoria come sempre.
-Non sono uno degli idioti del tuo team, Erza! Non prendo ordini da te.- la riprese lui. Sentiva anche lui che c’era qualcuno di assurdamente potente e non aveva alcuna intenzione di lasciare che Erza facesse tutto da sola.
-Non è un ordine. Abbiamo bisogno che lui rimanga in vita, qui posso cavarmela da sola.- gli fece notare la ragazza.
-Non da sola. Ci sono anche io!- urlò Cana, affiancandoli, finalmente. Non avrebbe mai lasciato i membri della sua famiglia, anche a costo della sua stessa vita. Li avrebbe sostenuti al meglio delle sue capacità.
Laxus lanciò uno sguardo alle due ragazze, stupendosi ancora una volta del fatto che le donne della gilda fossero sempre più potenti e decise degli uomini, e annuì al loro indirizzo.
-Vado a cercare Natsu. Erza, Cana…-. Lasciò volutamente la frase in sospeso, scartando a sinistra. Alzò il braccio destro, senza voltarsi a guardarle ancora.
-Ci vediamo alla gilda, Laxus.- gli urlò dietro Erza.
-Dobbiamo fare una gara di bevute!- urlò anche Cana, cercando di sdrammatizzare il momento che stavano vivendo.
Laxus si ritrovò a sorridere prima di annusare l’aria. Gli odori si erano mischiati l’uno con l’altro e quello delle cenere copriva tutto. Era difficile sentire Natsu, in quelle circostanze, ma poteva ricorrere anche agli altri sensi. Di solito il ragazzo si trovava dove c’era più casino, dove le fiamme erano più alte e quella colonna di fuoco era evidente come un faro. Era lì, sicuro come era sicuro che quel fuoco non somigliava per nulla a quello che diverse volte aveva provato quando veniva sfidato da Natsu. Faceva quasi paura, era un fuoco così distruttivo da lasciarlo senza parole, ma era comunque il fuoco del dragon slayer. Corse più forte, Laxus, proprio incontro a quel faro che illuminava l’intera città e si trovò davanti una scena che non credeva sarebbe riuscito a dimenticare facilmente.
Natsu si ergeva su un cumulo fumante di pietre e tutt’intorno non c’era altro che distruzione e morte. Davanti a lui c’erano tre maghi che non emanavano nemmeno la metà del potere che aveva percepito mentre correva con Erza e Cana. Erano a terra, ancora vivi, ma terribilmente feriti. Laxus si fermò davanti a Natsu e si piegò sulle ginocchia, nel tentativo di riprendere fiato. Gli occhi che si posarono su di lui erano più freddi del ghiaccio di Gray. Natsu non lo stava guardando davvero, come se non riuscisse a riconoscerlo.
-Deve bruciare tutto.- disse e allungò il braccio destro. Uno degli uomini a terra urlò così forte da restare senza fiato.
-Ehi, idiota! Che vuoi fare?-. Sul momento gli era parsa una buona idea quella di attirare l’attenzione di Natsu su di sé, ma ora non ne era più così sicuro. In realtà voleva solo che quell’uomo smettesse di urlare, quello che Natsu gli stava facendo lo rendeva inquieto, anche se si trattava di un nemico. La verità era che lo inquietava Natsu, quello sguardo e quel potere così distruttivo… non era in sé.
Il ragazzo ghignò, guardandolo con un’espressione così crudele da fargli fare involontariamente un passo indietro.
-Deve bruciare tutto. Devono morire tutti.- rispose, aumentando, se possibile, la potenza del suo fuoco.
-Cretino! Ci siamo anche noi in questa città! Vuoi bruciare anche i tuoi amici?-.
Smettila di insultarlo, questo non è Natsu.
-Amici? Detto da te fa ridere.-. E Natsu scoppiò davvero in una risata fredda e sarcastica. Laxus strinse i pugni, cercando di combattere la voglia di picchiarlo.
Non è in sé. Con lui in questo stato, potresti avere la peggio. Te l’ha raccontato anche Lucy… LUCY!
Fu come se uno dei suoi fulmini gli fosse esploso nella scatola cranica. Come aveva fatto a non pensarci prima? L’idiota era così stupido da non essersi mai dichiarato, ma lo sapevano tutti, alla gilda: Lucy era l’unica che poteva riportarlo in sé, ma non riusciva a sentire il suo odore da nessuna parte. Doveva cavarsela da solo, allora.
-Beh, almeno io non sono così cretino da bruciare una città in cui c’è Lucy.- lasciò andare quel nome lentamente, scandendolo bene. Glielo lanciò contro, come un sasso, ogni lettera buttata lì per colpirlo e scuoterlo da quella frenesia in cui era caduto. Era lei l’unica a cui Natsu non avrebbe mai fatto del male né volontariamente né involontariamente. Si era sempre fermato davanti a lei. E anche stavolta, Laxus vide l’espressione incerta sul suo volto.
-Lucy?- domandò Natsu, come se stesse cercando di capire qualcosa che gli sfuggiva.
-Sì, Lucy. Capelli biondi, occhi marroni, maga degli spiriti stellari, ragazza che tu a…- iniziò Laxus, sorridendo sardonico.
-LUCY!- lo interruppe Natsu. Le fiamme si spensero ad una velocità impossibile per qualunque essere umano e il ragazzo si guardò intorno, furente. -Era qui! Era vicino a me!- urlò. La rabbia stava sparendo, mentre l’angoscia si faceva sempre più largo nei suoi occhi, tornati finalmente normali.
-Laxus! Dov’è Lucy?-. Gli era arrivato ad un palmo dal naso e lo guardava terrorizzato. Laxus scosse la testa.
-Non c’era quando sono arrivato.- disse e fece appena in tempo a pronunciare quelle parole che sentirono un forte rumore e una voce conosciuta urlare a pieni polmoni.
-Wendy!- urlò in risposta Natsu, facendo per correre verso di lei.
-NATSU! LUCY HA…- urlò una seconda voce, interrottasi bruscamente in un suono strozzato, dalla parte opposta rispetto a Wendy.
-Loki.- mormorò Laxus, spalancando gli occhi. Incrociò lo sguardo di Natsu e capì che non c’era tempo da perdere.
-Corri, va’ da lei, veloce. Io penso alla ragazzina!- gli disse, riprendendo a correre verso il pericolo. Un secondo dopo gli venne in mente che forse non avrebbe dovuto lasciar andare Natsu da solo. Non avrebbe dovuto lasciarlo andare e basta, perché quelli cercavano lui, ma come avrebbe potuto dirgli di starsene buono da qualche parte se Lucy era in pericolo? Doveva fidarsi di lui.
-Ci vediamo alla gilda!- gli disse, allontanandosi e ripetendo le stesse parole di Erza.
-Vedi di portarci Wendy tutta intera!- gli rispose Natsu, già pronto a combattere.
Laxus alzò la mano destra in segno di saluto e di assenso, ma non si voltò per vedere se l’altro l’avesse visto. Non aveva tempo da perdere e doveva raggiungere la ragazzina prima che fosse troppo tardi. Non avrebbe lasciato morire nessuno, se solo avesse potuto impedirlo. Corse verso di lei e si lanciò a testa bassa contro un gruppo di maghi che arrivava verso di lui. Non lo avrebbero fermato. Il cappotto gli scivolò dalle spalle e un fulmine si abbatté al suolo. Il rumore rimbombò per tutta la città, facendo voltare i membri di Fairy Tail. Ecco un altro raggio di speranza per loro. Quando il fuoco di Natsu si era spento avevano pensato al peggio e avevano perso un punto di riferimento nella loro battaglia.
Il fulmine di Laxus aveva fatto sorridere Freed ed Erza che si trovavano in due punti molto diversi della città, aveva fatto alzare Droy da terra e aveva dato una nuova carica a Wendy, che aveva sorriso di fronte al suo nemico. Tutti si erano sentiti uniti, all’improvviso, perché i maghi più forti erano lì, con loro, e avevano ancora speranza di farcela.
Fairy Tail non si sarebbe arresa tanto facilmente e Laxus si trovò a reggere, inconsciamente, il peso di tutte le speranze dei suoi amici, senza preoccuparsi, per quella volta, di esserne o meno all’altezza. Il ragazzo correva, verso uno dei membri più giovani della sua gilda, quella ragazzina che aveva avuto paura di deluderlo al loro primo incontro. In realtà era lui che aveva deluso tutti e anche più di una volta, ma non sarebbe successo ancora. Non quel giorno.
Li avrebbe salvati, avrebbe impedito a quella gilda di prendere la sua città e di distruggere i suoi amici.
 
Wendy aveva lasciato che Charle e Happy andassero alla ricerca di aiuti dalle altre gilde e si era rifiutata di seguirli. Voleva rimanere lì a combattere con il resto del team, lo doveva ai suoi compagni che da sempre si erano presi cura di lei. Era per questo che ora si trovava da sola, in mezzo alla desolazione più totale. Non riusciva a credere ai suoi occhi annebbiati dalle lacrime che stava trattenendo a fatica. Poteva farcela, aveva già combattuto battaglie disperate prima e non era sola. Poteva sentire le voci di tutti i suoi compagni, anche se questi erano distanti da lei. Poteva sentire anche i loro pensieri, quando Warren attivava la sua telepatia. Era circondata dal loro affetto e poteva andare avanti e combattere, anche se non sapeva ancora da quale parte andare. I rumori della battaglia provenivano da ogni angolo… Fu in quel momento che Wendy riuscì a vedere le fiamme innalzarsi da quello che una volta era il centro della città di Magnolia.
-Natsu-san!- esclamò, felice di saperlo vivo, anche se particolarmente arrabbiato, almeno a giudicare dalla potenza del suo fuoco. Ora sapeva da quale parte andare.
Aveva fatto appena un paio di passi in direzione del ragazzo, quando uno spostamento d’aria la avvisò del pericolo imminente. Venne sbattuta in terra con una violenza che le tolse il fiato, ma non ebbe tempo di compiangersi, perché sentì chiaramente un potere magico così forte da lasciarla basita. Era abituata a fronteggiare nemici molto più forti di lei, era perfino abituata a stare accanto a quei mostri che erano nella sua gilda, come Erza, Laxus e perfino Natsu quando perdeva il controllo, ma non era pronta a quello. Quella potenza la fece tremare come mai prima.
Una piccola parte del suo cervello trovò, però, il tempo, per registrare che quell’uomo che si stagliava di fronte a lei, con il viso coperto, aveva un odore piuttosto familiare. Non riusciva a focalizzare bene, forse anche a causa della botta che aveva preso, ma era davvero come se lo avesse già percepito in passato.
-Una ragazzina con il marchio delle fate. La gilda è caduta sempre più in basso.- disse quell’uomo, freddo. Wendy si rialzò da terra, ignorando il dolore alle ginocchia e si mise in posizione di difesa, pronta a fronteggiarlo. Doveva combattere per la sua gilda, non poteva permettere a nessuno di insultarla. Doveva farlo per Erza-san, che l’aveva sempre protetta, per Lucy-san, che era sempre stata gentile con lei, per Gray-san, che si prendeva cura di lei e, soprattutto, per Natsu-san che era suo fratello. Serrò i denti e lanciò un rapido sguardo verso la colonna di fuoco. Si ergeva ancora maestosa ad indicare a tutti la speranza di una resistenza oltre le macerie e la paura. Illuminava la città, come un faro, spaventoso, ma certo e sicuro. Dava forza a Wendy che sapeva di non essere da sola, di avere ancora qualcuno per cui e con cui combattere.
Lo sconosciuto, davanti a lei, voltò rapidamente la testa per seguire lo sguardo della ragazzina.
-Non è stato difficile trovarlo.- disse e Wendy poté giurare di aver percepito un sorriso di scherno nella sua voce.
-Cercate Natsu-san?- chiese, in posizione di difesa. Non le piaceva per nulla il fatto che sembrasse così soddisfatto. Cosa volevano da loro? Perché avevano attaccato?
-Il ragazzo ha un grande potere dentro di sé. Lo cercano in molti.- disse l’uomo, liquidando la situazione con un’alzata di spalle, come se a lui non importasse davvero quello che stava succedendo.
-Natsu-san…- sussurrò Wendy, lanciando un altro sguardo, stavolta preoccupato, alla colonna di fuoco che sembrava essere cresciuta ulteriormente.
-Pensa alla tua situazione, ragazzina.- la riprese l’uomo. Wendy non vide nulla, non percepì nulla, sentì solo un forte dolore al fianco che la fece crollare in ginocchio. Quasi contemporaneamente, le fiamme di Natsu si spensero e la ragazza sentì il gusto acido della paura nella gola. Natsu-san aveva bisogno di lei, forse? Doveva sbrigarsi, non poteva perdere tempo con quell’uomo.
-Ruggito…- iniziò, prendendo aria. Il mago scosse la testa e sospirò, stancamente. Quella che aveva davanti era solo una ragazzina, lo sapeva, ma sapeva anche che quelli di Fairy Tail non si sarebbero mai arresi, per nessun motivo. Non poteva lasciarla andare, ma non poteva neanche ucciderla così. Aveva voglia di sfogarsi un po’, di lasciarsi un po’ andare. Erano anni che evitava gli scontri, tutto per arrivare a quel giorno e distruggere il Master di quella gilda di straccioni. Era rimasto deluso, però. Il Master aveva deciso di non scendere in campo, quindi a lui non restava altro che cercare di attirarlo. O di attirare qualcuno che condividesse qualcosa con il Master, almeno. Come suo nipote. Quel nipote di cui percepiva il potere magico, anche se si trovava parecchio distante da lui.
Forza Laxus, sono qui solo per te.
L’uomo bloccò l’attacco della ragazzina con la mano sinistra. La destra le scagliò contro una bambola di carta in grado di bloccarle ogni movimento.
Wendy provò a liberarsi da quella costrizione, ma più si agitava e più sentiva catene invisibili stringersi addosso a lei e penetrarle nella carne. Fu allora che un urlo le sfuggì dalle labbra e cercò aiuto, perché capì che da sola non sarebbe riuscita a fronteggiare quel mago. Era frustrante, ma era l’unica cosa che potesse fare, in quel momento. Lei non era mai stata una combattente e non era mai stato così evidente come in quel momento. Debole e stupida, così si sentiva, ma non sarebbe morta. Lo aveva giurato a Natsu, proprio quando erano stati attaccati ed erano stati costretti a separarsi.
“Wendy! Dobbiamo festeggiare l’anniversario del tuo arrivo alla gilda, stasera. Distruggili tutti”
“Ci vediamo alla gilda, Natsu-san”
Aveva provato a sorridere e a mostrarsi forte di fronte a lui- soprattutto perché lui si era ricordato che quello era un giorno importante per lei- ma Wendy forte non lo era ancora, non come desiderava, almeno. Per questo aveva urlato. L’unico modo per vincere quella battaglia era occuparsi di quello che sapeva fare meglio: potenziare i suoi compagni e quando vide un lampo, molto vicino a lei, non riuscì ad impedirsi di sorridere. Avrebbe combattuto insieme a Laxus, non aveva più dubbi sulla loro vittoria.
 
 
 
 
NOTE:
Ciao! Eccomi di nuovo qui, in questo fandom. Sono negata con le note abbiate pietà!
Questa è la seconda storia su Fairy Tail che decido di pubblicare e, chiaramente, aspetto tante critiche, anche perché ci sono cose che non mi convincono molto…
Partiamo subito dal presupposto che non so descrivere le scene di combattimento (in realtà faccio schifo anche nella descrizione di scene romantiche, ma fingiamo di essere incapace in una sola cosa nella vita ahahah), sono poco dinamica (sia nella scrittura che nella vita in generale). Nella lista delle cose per cui sono negata entrano, a gamba tesa, anche i titoli. Perdonate la mia incapacità, peggioro sempre di più.
Comunque, deliri e logorrea a parte, questa storia sarà una mini long, di circa 5 o 6 capitoli; ne ho scritti 6, ma non sono sicura di volerli pubblicare, visto che in realtà il sesto capitolo è nato un po’ per caso, dato che la storia doveva concludersi al quinto con un finale un po’ vago. Ho già scritto tutti i capitoli, quindi spero di essere abbastanza costante nel pubblicarli, anche se non so ogni quando lo farò.
Detto questo, ho riletto questo capitolo 100 volte, ma ho fatto sicuramente degli errori e ci sono frasi che mi suonano male, ma non riesco a trovare il modo di sistemarle, probabilmente ho bisogno di occhi esterni. Ho scelto il rating arancione, ma non ne sono molto certa. Pensavo al giallo, poi ho optato per l'arancione per solidarietà con mezza Italia, suppongo... 
Ultima cosa, di solito non uso molto le anafore, perché non è una figura retorica che amo particolarmente, ma per qualche motivo questa storia ne contiene diverse, quindi spero che possiate tollerarle più di quanto faccia di solito io.
Dovrei aver finito con gli sproloqui senza senso (credo, nel caso sproloquierò anche nei prossimi capitoli). Spero che vi piaccia!
Un bacio! 

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Capitolo 2
*** II. Il risveglio ***


Lucy emise un gemito sofferente e si passò una mano sulle ginocchia, coperte da calze scure. Era seduta sotto uno degli alberi nel giardino sul retro della sua scuola e stava mangiando il suo pranzo, insieme alle sue amiche. Queste ultime si voltarono a guardarla, preoccupate. Non era la prima volta che le capitava di provare quelle fitte alle gambe, ma nell’ultimo periodo stavano peggiorando.
-Lu-chan, tutto bene?- le chiese Levy, la sua migliore amica, nonché sua compagna di classe. Si sporse verso di lei, preoccupata. Lucy le sorrise rassicurante.
-Sì, sto bene. Ho solo avuto un’altra fitta.- commentò, minimizzando quanto le era accaduto. Erza le lanciò uno sguardo torvo, per nulla convinta di quella spiegazione.
-Ti capita fin troppo, ultimamente.- commentò, infatti, incrociando le braccia sotto il seno, nella sua posa più severa.
-Sono solo stanca.- replicò l’altra ragazza, allargando il suo sorriso, pur sapendo che non sarebbe riuscita lo stesso a convincere Erza, che stava già per rispondere a tono.
L’immensa fortuna di Lucy volle che la ragazza fosse interrotta da una risata di Cana che stava indicando qualcosa sul tetto.
Nel momento in cui sollevarono lo sguardo, riuscirono tutte a vedere un ragazzo dai capelli rosa come i ciliegi in primavera tenuto sospeso nel vuoto da un altro ragazzo. Il primo si divincolava e urlava la sua furia all’altro che si limitava a sbuffare.
-Piantala, deficiente!- lo rimbrottò l’altro, cercando di nascondere un ghigno di puro divertimento.
-Guarda che cretini!- esclamò Erza, a quel punto, buttando il proprio pranzo in terra, nella foga di alzarsi e correre sul tetto. Anche Mirajane, compagna di classe di Erza, si alzò, con più calma rispetto alla sua amica e si spostò leggermente in avanti, in modo da essere ben visibile dal tetto.
-Laxus, Natsu! Sta salendo Erza.- li avvisò, con il suo solito sorriso tranquillo, incurante di aver appena scatenato il panico nei due ragazzi. Perfino da lì sentirono le parole irripetibili dei due. Il ragazzo dai capelli rosa, tale Natsu, venne issato di nuovo sul tetto, ma i due non fecero in tempo a fare neanche un passo che le ragazze riuscirono a sentire le urla di Erza. Probabilmente le aveva sentite tutta Magnolia.
Levy scoppiò a ridere, soprattutto quando sentì il sospiro sconsolato di Lucy, accanto a sé.
-Strano che non ci fosse anche Gray.- commentò, invece, Lisanna, la sorella minore di Mirajane, che aveva anche la sfortuna di essere nella stessa classe di Natsu.
-Gray è con Juvia.- le disse Cana, tirando fuori da chissà dove una fiaschetta e bevendo una generosa sorsata.
-Non puoi bere a scuola.- la riprese Lucy, incrociando le braccia sotto il seno nella migliore delle imitazioni di Erza.
-Secondo me le ossa ti fanno male perché non bevi.- replicò, invece, Cana. -E non mi fai paura così.- le disse, poi, notando ancora la posizione che aveva assunto la ragazza.
-Con Natsu funziona.- commentò maliziosamente Mirajane attirando l’attenzione di tutte le altre ragazze, proprio come aveva voluto fare.
-Luuuuucy! Che cosa ci devi raccontare?- chiese Lisanna, con gli occhi che le brillavano. Cana si sporse verso la ragazza e Levy scosse la testa.
-Niente! È che Natsu farebbe perdere la pazienza ad un santo!- esclamò Lucy, arrossendo leggermente.
 
Da qualche tempo a quella parte, le sue amiche si erano convinte che ci fosse qualcosa tra lei e Natsu, anche se nemmeno Lucy poteva dar loro tutti i torti. Perfino lei avrebbe pensato a qualcosa del genere se ci fosse stata qualcun’altra al posto suo o se non avesse imparato a conoscere Natsu. Per qualche motivo, il ragazzo, un anno più grande di lei, l’aveva notata, un giorno, mentre era seduta proprio sotto quell’albero a mangiare da sola e a leggere e, improvvisamente, lei si era ritrovata a non avere un briciolo di privacy. Natsu la cercava tutti i giorni, anche per dirle cose di nessuna importanza, raramente non era al suo fianco e non la riaccompagnava a casa e raramente lei non aspettava la fine degli allenamenti della squadra di basket del ragazzo o non lo aiutava a studiare, pur essendo in anni differenti. Insomma, tutte queste attenzioni potevano far pensare che ci fosse qualcosa di più dell’amicizia, tra di loro, ma quello che le sue amiche non avevano ancora capito era che a Natsu lei non interessava in quel senso e una piccola parte della sua mente non poteva non rammaricarsene. Lucy scacciò velocemente quel pensiero, scuotendo forte la testa. Natsu la vedeva solo come la sua migliore amica, come le aveva detto più volte, e lei questo doveva ricordarlo bene. Non poteva lasciarsi condizionare dai pensieri delle sue amiche.
 
-E dai! Non c’è proprio niente di interessante da raccontare?- chiese Cana. Lucy sorrise ancora una volta. Le piaceva passare la pausa pranzo così, decisamente più divertente dello starsene da sola a leggere.
-A Natsu interessa solo la palla da basket, mi dispiace deluderti.- disse, immaginando già quale sarebbe stata la risposta dell’altra, che non si fece attendere. Solo che non fu Cana a commentare.
-Parli sempre di quello che interessa a lui, Lu-chan. Ma cosa interessa a te?-. Lucy dovette ammettere che quella malizia se l’aspettava da Mira o da Cana, non certo da Levy. Scoppiò a ridere, soprattutto quando Mirajane si voltò a guardare la sua migliore amica, decidendo di doversi dedicare ad altri gossip, dato che Natsu non le dava la minima soddisfazione.
-E tu, Levy? Che voleva Gajeel l’altro giorno?- chiese, infatti. Lisanna batté le mani, felice di avere novità e Cana ammiccò all’indirizzo di una paonazza Levy.
Lucy si ritrovò a ringraziare mentalmente e per l’ennesima volta Natsu, perché se lui non si fosse avvicinato a lei, quel giorno, lei non avrebbe conosciuto quelle fantastiche ragazze.
 
La mattinata era stata piuttosto faticosa e lei non vedeva l’ora di sedersi da qualche parte e di allontanarsi dal chiasso e dalla confusione. Non era abituata a stare con i suoi coetanei, Lucy. Veniva da una famiglia ricca e potente e aveva sempre avuto dei precettori che insegnavano solo a lei.
Era stata sola per tutta l’infanzia, se si escludeva la sua mamma, che le aveva insegnato tanti bei giochi. Era stata proprio lei ad insistere con il padre affinché Lucy potesse frequentare una scuola pubblica durante il liceo, perché era ora che anche lei conoscesse il mondo reale. Ovviamente la ragazza aveva grandi difficoltà a fare amicizia, visto che non conosceva la maggior parte delle cose che piacevano ai suoi coetanei. Quando, poi, si era sparsa la voce della sua ricchezza, la situazione era a dir poco peggiorata: le ragazze l’avevano etichettata come una snob e i ragazzi non sapevano di cosa parlare con lei. Aveva, quindi, preso l’abitudine di mangiare da sola. La sua vita solitaria era andata avanti così per poco più di un mese, fino al fatidico giorno. Lucy era seduta a terra, con la schiena poggiata contro la corteccia dell’albero. In una mano teneva un sandwich, nell’altra stringeva uno dei libri che preferiva in assoluto e che stava rileggendo per l’ennesima volta, quando una palla le era arrivata vicino ai piedi. Aveva sollevato lo sguardo e aveva incrociato quello di un ragazzo, con una buffa capigliatura rosa. Lui stava sorridendo allegro, una sciarpa bianca intorno al collo e una borsa da basket poggiata mollemente sulla spalla destra.
-Ciao!- la salutò allegro e si chinò a prendere la palla o così aveva pensato Lucy, ma lui si era limitato a lasciarsi cadere seduto accanto a lei.
-Sono Natsu.- si presentò e le tese la mano. Lucy rimase un secondo a guardarlo, sbattendo le palpebre, confusa da quanto stava accadendo, ma poi posò il libro e strinse la mano di lui.
-Lucy.- disse e rispose al sorriso del ragazzo. Lui le lanciò uno sguardo e sorrise imbarazzato.
-Ehm… ti sembrerò un idiota, ma quei cretini dei miei amici mi hanno sfidato a prendere il numero di una ragazza bionda e io ho pensato a te.- iniziò, passandosi una mano sulla testa. Lucy si ritirò immediatamente in se stessa e fece per riprendere il libro che aveva abbandonato, ma Natsu le prese il polso, delicatamente.
-No, aspetta. Ho sbagliato tutto, scusa.- ricominciò lui, a quel punto. -Ho una fame da lupi, ma ho dimenticato a casa sia i soldi che il pranzo, quindi gli idioti se ne sono approfittati.- tentò di spiegarsi.
-E allora perché non vai a chiederlo a qualcun’altra? Basta che sia bionda, no?- chiese retorica Lucy e inarcò le sopracciglia. Natsu allargò il suo sorriso, assumendo una delle espressioni più entusiaste del mondo, confondendo la ragazza, che non capiva cosa ci fosse di bello in quello che aveva detto.
-Beh, non sono mica venuto qui perché sei una ragazza bionda. Non sei solo una ragazza bionda. Sei Lucy. Per questo sono qui.- disse, semplicemente, come se stesse parlando di qualcosa di ovvio.
Lucy reclinò la testa di lato, inarcando maggiormente le sopracciglia. Non era molto chiaro quello che lui le aveva detto; non si erano mai visti prima di allora, quindi cosa intendeva con “sei Lucy”? Lo aveva detto come se avesse capito tutto di lei, così, dal primo sguardo. Decise di non fare domande, però, qualcosa le diceva che non avrebbe avuto risposte semplici da lui. Sospirò, quindi, e si voltò per afferrare la sua borsa.
-No, dai! Scusami, non volevo…- iniziò a dire Natsu, convinto che lei volesse andare via.
-Mi tieni un attimo questo?- chiese lei, porgendogli il sandwich mezzo mangiato che ancora stringeva nella mano sinistra. Natsu annuì, piuttosto confuso.
-Eccolo!- esclamò Lucy, tirando fuori, trionfante, una scatoletta triangolare chiusa. -Ho dei panini in più. Li puoi avere, se vuoi.- gli disse, riprendendosi il suo. Natsu si rigirò la scatola tra le mani, poi sollevò la testa e sorrise, felice.
-Sei una dea!- esclamò afferrandole le mani e facendola arrossire. -Sei meravigliosa, Lucy! Fantastica!-
-Mi metti in imbarazzo.- tentò di dire lei, ma il ragazzo la ignorò e la fece alzare di scatto.
-Vieni con me!- disse, trascinandola via con lui.
-Natsu! La borsa!-
 
Lucy sorrise, mentre quella giornata le tornava alla mente. Natsu stava arrivando in quel momento, trascinato da Erza. Laxus era poco lontano da loro e si massaggiava la testa. Probabilmente Erza aveva picchiato forte anche lui.
-Ahia! Erza lasciami! Mi fai male!- si lamentava Natsu, ignorato da tutti o quasi.
-Erza, credo che Natsu abbia imparato la lezione, ora.- disse Mirajane, sorridendo dolce all’indirizzo del ragazzo che ancora si lamentava.
-Lo so che li hai avvisati tu.- replicò Erza, ma lasciò andare lo stesso Natsu, che si mise seduto, sfregandosi la testa. Laxus si sedette accanto a Cana, rubandole la fiaschetta dalle mani, ignorando il suo “ehi!” alterato.
Natsu sollevò lo sguardo, incrociando gli occhi di Lucy, che lo guardava già severamente, e le sorrise. Poi si alzò e la raggiunse.
-Erza mi ha fatto malissimo.- disse, indicandole un punto sulla sua testa. Lucy sbuffò e incrociò le braccia sotto al seno, facendolo rabbrividire leggermente.
-Ha fatto benissimo, anzi, meriteresti di peggio. Si può sapere che cavolo avevi in testa?- lo rimproverò aspramente. Natsu si strinse nelle spalle e sollevò entrambi le mani con i palmi verso l’alto, come a chiederle una tregua.
-Luuuuuucy! Mi fa male la testa.- si lamentò. Era piuttosto evidente che cercava solo il modo di attirare la sua attenzione e anche Lucy lo sapeva, ma non riuscì comunque a mantenere il punto. Lasciò andare un sospiro rassegnato e allungò una mano verso la testa del ragazzo, accarezzandogli i capelli, nel punto indicato da lui. Natsu sorrise e si allungò sulle gambe della ragazza, come faceva quando erano in metro o sul treno e lui si sentiva male. Lucy non si scompose minimamente. Era abituata a quelle libertà che il ragazzo si prendeva. Non lo stesso sembrava valere per Mirajane, che fissava la coppia con un’espressione di pura felicità in volto.
-Che facciamo oggi?- chiese Natsu quando dovette alzarsi a malincuore a causa del suono della campanella. Aiutò Lucy a tirarsi in piedi. Mirajane sorrise e si accostò ai due ragazzi, sotto lo sguardo vigile di Cana e quello curioso di Lisanna.
-Perché non andate al cinema solo voi due a vedere un bel film romantico? E poi una cena a lume di candela! Natsu, ti aiuto io a preparare tutto!- esclamò gasata. Erza si passò una mano sul viso e fulminò Natsu; era ancora arrabbiata con lui, evidentemente.
-Dobbiamo studiare.- disse Lucy, imperturbabile, distruggendo le speranze di Mira di vederli insieme e quelle di Natsu di divertirsi. Si separarono davanti alle scale, Natsu salì al piano superiore, brontolando, insieme a Erza e a Mirajane, mentre gli altri si sparpagliarono per le varie classi.
 
Lucy si svegliò urlando. Sentiva il corpo andare a fuoco e le ossa talmente doloranti da impedirle di muoversi. Immediatamente, Virgo, la cameriera che dormiva nella stanza accanto, si precipitò da lei. Non era la prima volta che la ragazza urlava nel sonno o che sentiva così tanto dolore come quella notte, quindi in casa erano abituati. Dopo poco, infatti, apparve anche sua madre, con una tazza di camomilla fumante tra le mani. Virgo era riuscita a farla mettere seduta, con le spalle appoggiate ai morbidi cuscini del suo letto e stava cercando di farla calmare.
-Ancora quei brutti sogni?- le chiese la madre e le porse la tazza. Sorrise dolcemente quando vide le mani della figlia tremare talmente tanto da non riuscire a tenere l’oggetto. Fu lei ad accostare la tazza alla bocca della ragazza, sotto lo sguardo attento di Virgo.
-Hime-san, volete un’altra coperta?- le chiese Virgo, già pronta a lasciare le due donne da sole. Lucy scosse la testa e deglutì a vuoto, stringendo le mani al petto, nel tentativo di bloccarne il tremito incontrollato.
-Grazie, Virgo. Sei stata molto gentile.- disse Layla, accarezzando i capelli biondi della ragazza. Virgo annuì e augurò la buonanotte alle due donne, prima di andare via.
-Va tutto bene, Lucy. Ci sono io qui.- le sussurrò la madre, tentando di calmarla. Lucy si lasciò cadere in avanti, per farsi abbracciare dalla madre che le passò una mano sulla schiena. Aveva posato la tazza sul comodino della ragazza. Era ancora praticamente piena, come ogni notte, d’altronde.
-Dovremmo vedere un altro dottore per questi dolori, però.- disse. Erano andati da tutti i dottori di Magnolia, ma nessuno di loro aveva saputo dirle qualcosa su quello che le succedeva la notte né sui dolori delle ossa. Lucy si limitò ad annuire. La voce ancora non usciva, ma la ragazza stava riprendendo pian piano il controllo del proprio corpo.
-Te la senti di raccontarmi quello che hai sognato?- le chiese Layla. Lo chiedeva tutte le notti e tutte le notti Lucy rispondeva che non ricordava quanto era successo. Ed era vero. Lucy ricordava solo alcune parti del suo sogno, parti orrende, ma non aventi un filo logico e non riusciva a vedere oltre quel velo di nebbia che sembrava invaderle il cervello quando si svegliava. Sapeva solo che era orribile e la lasciava sempre sconvolta. Era così da che riuscisse a ricordare e nessuno sapeva perché.
Anche quella volta la ragazza scosse la testa e rimase a farsi coccolare dalla madre. Dopo minuti che parvero a entrambe interminabili, Lucy si riscosse e si divincolò dall’abbraccio di Layla.
-Grazie, mamma.- sussurrò, sorridendo. Layla le passò le mani tra i capelli per l’ultima volta e si alzò. Le lasciò un bacio sulla fronte, prima di uscire.
-Bevi la camomilla.- si raccomandò. La ragazza annuì e aspettò che la madre uscisse dalla stanza, che piombò nell’oscurità.
 
Il buio fu rotto, poco dopo, dalla lampada accanto a lei e la ragazza si allungò ad afferrare il cellulare che giaceva abbandonato sul comodino, vicino alla tazza della camomilla. Scrisse velocemente un messaggio e dopo qualche minuto il telefono prese a vibrare. Lucy sorrise all’istante.
-Ehi. Ti ho svegliato?- chiese a bassa voce.
-Ero ancora sveglio.- rispose la voce dall’altra parte, facendo alzare gli occhi al cielo alla ragazza.
-Dalla voce non si direbbe.-. Le rispose una leggera risata dall’altra parte.
-Non ti preoccupare. Sai che dormo male se non ti chiamo.- sussurrò la persona dall’altra parte. Lucy si passò una mano sul viso e sospirò.
-Ti va di raccontarmi quello che hai sognato?- le chiese sottovoce.
-C’eri anche tu, stavolta, Natsu.- rispose Lucy, ricordando in quel momento quella scena che non c’era mai stata prima.
-Che stavo facendo?-. La voce di Natsu sembrava stanca, ma lui la chiamava tutte le notti, da quando aveva scoperto che lei aveva gli incubi.
-Eri accanto a me e avevi uno strano vestito, nero, senza una manica… ti usciva il fuoco dalle mani.- iniziò Lucy, cercando di tagliare corto il più possibile. Voleva farlo andare a dormire, se lo meritava.
-Nel senso che stavo andando a fuoco?-. Natsu non le rendeva mai le cose facili, però. Era in grado di tenerla a telefono anche per ore se non era sicuro che lei stesse bene.
-No, nel senso che stavi usando le fiamme. Le facevi uscire tu dalle tue mani.- si spiegò meglio la ragazza, cambiando posizione sul letto.
-Meraviglioso! E com’ero? Ero forte?- si esaltò lui. Lucy poté sentire una voce maschile che si lamentava. -Zeref ti saluta.- commentò tranquillo, come se la ragazza non avesse sentito chiaramente le imprecazioni dell’altro.
-Chiedigli scusa da parte mia.- sorrise lei. Si morse il labbro per qualche secondo e poi si decise a confessare: -Sembravi davvero forte e… ecco… eri… eri bello.- disse, in un fiato e arrossì, nella penombra della stanza.
 
Dall’altra parte si sentì qualche minuto di silenzio, tanto che Lucy pensò che il ragazzo si fosse addormentato. Poi sentì un leggero sospiro.
-Lucy, c’è una cosa che dovrei dirti.- iniziò Natsu. Lucy lo conosceva così bene da sentire che c’era qualcosa che non andava. Sembrava nervoso e lei si pentì di quello che aveva detto. Le era venuto così, perché nel sogno quel pensiero l’aveva destabilizzata: con tutto quello che c’era intorno lei si era andata a concentrare su quel dettaglio?
-Natsu…- mormorò piano.
-No, aspetta, devo chiederti una cosa, però tu devi… devi…- lo sentì sospirare forte ancora una volta e sentì la voce di Zeref dire qualcosa che non riuscì a capire. -No, Zeref, smettila! No! Lasciami in pace! Non sono come te!- lo sentì borbottare, arrabbiato, e sorrise di nuovo.
-Lucy?- la chiamò lui, dopo qualche altro botta e risposta con Zeref.
-Sono qui, Natsu.- rispose la ragazza.
-Scusa, non è il momento questo, perdonami. Mi stavi parlando del sogno, no?- domandò il ragazzo, cambiando argomento.
-Sì… il resto è sempre uguale. Non riesco a vedere nulla in modo chiaro, come se ci fosse del fumo, e sento qualcuno urlare qualcosa che non capisco. C’è sangue, intorno, ma non so di chi sia, e delle voci familiari. Poi sento il dolore, quello è sempre più forte. Solo che stavolta non ero da sola in mezzo al buio, ma c’eri anche tu e mi chiamavi.- rivelò e si passò una mano tra i capelli, togliendoli dal volto.
-Ci metto dieci minuti a venire lì. Cinque se Zeref mi presta la macchina.- le disse lui. Le proponeva quella cosa tutte le notti, anche se conosceva la risposta. Un paio di volte si era anche fatto trovare lì mentre ancora parlavano e aveva bussato alla sua finestra. Avevano dormito insieme, quelle volte.
-No, resta a casa, tranquillo.-
-Lucy…-. Il tono era inequivocabile, così come i movimenti che sentiva dall’altra parte.
-Natsu, davvero. Sto bene. Ci vediamo domani mattina, va bene? Facciamo colazione insieme.- gli propose, cercando di convincerlo. Lo sentì borbottare qualcosa di indistinto e poi sentì chiaramente Zeref dirgli di rimettersi al letto perché non gli avrebbe mai prestato la macchina.
-Zeref, ma Lucy…- iniziò Natsu, ma venne brutalmente interrotto dal fratello. Di quello che quest’ultimo disse, Lucy sentì solo la parte iniziale perché poi Natsu coprì il microfono. Probabilmente gli stava rinfacciando qualcosa di imbarazzante e quindi lui le aveva impedito di sentire. Le venne da ridere e ringraziò mentalmente i due fratelli. Erano così diversi l’uno dall’altro, ma avevano comunque lo stesso potere di farla sorridere.
-Ci sentiamo domani, va bene? Così lasciamo dormire Zeref, no?- disse lei.
-Non si merita tanti riguardi…- brontolò il ragazzo, ma Lucy sapeva che stava cedendo al sonno anche lui.
-Buonanotte, Natsu… e grazie.- lo salutò lei.
-‘Notte Lu. Ci vediamo domani.- rispose lui, soffocando uno sbadiglio.
 
Lucy sorrise e rimise il telefono sul comodino. Era sempre così che andava, da quando, quel giorno di diversi mesi prima, Natsu aveva scoperto che lei soffriva di incubi. L’aveva praticamente obbligata a confidarsi con lui. Quando non gli scriveva, lui la chiamava lo stesso e un paio di volte l’aveva svegliata dopo che aveva ripreso faticosamente sonno. Lucy aveva tentato di fargli capire che si sentiva in colpa a chiamarlo tutte le notti, che lui aveva bisogno di dormire e che poteva cavarsela da sola, non era così grave, ma Natsu non ne aveva voluto sapere e si era fatto trovare sotto casa sua, in piena notte. Alla fine, Lucy aveva ceduto, così gli scriveva tutte le notti, non appena riprendeva a respirare normalmente. Sentirlo la faceva stare bene, pur con tutti i sensi di colpa del caso e non era disposta a rinunciarci facilmente, anche se non capiva perché lui si fosse fissato così. Quando glielo chiedeva, commentava con un “ Sei Lucy, no?”, come se quelle tre parole potessero spiegare tutto e lei rinunciava e gli sorrideva, grata di poter avere accanto una persona come lui.
 
 
 
 
 
 
NOTE:
Ciao! Eccoci di nuovo. In realtà avrei dovuto pubblicare questo capitolo domenica/lunedì, ma ho avuto una serie di scadenze impreviste e mi sono ritrovata a fare le ore piccole per poter finire tutto in tempo. Questo era per scusarmi per aver tardato un po’.
Ok, direi che possiamo passare al capitolo… Allora, quando ho pensato a come impostare questa storia, mi è venuto in mente di provare a fare un primo capitolo con un incipit in medias res e poi partire con il resto del racconto, per dare una sorta di senso di straniamento nell’eventuale lettore.
Ho preso in parte spunto anche da una delle tante storie/leggende/cose che si sentono sulle anime gemelle: in particolare quella storia (?) che afferma che due anime gemelle si possono incontrare di nuovo, dopo la reincarnazione, pur non ricordando la vita passata. L’idea di partenza doveva essere questa, ma ho modificato tantissimo la trama rispetto a ciò.
In questo capitolo, comunque, possiamo vedere come Lucy abbia degli incubi che riguardano alcuni avvenimenti che non riesce a spiegarsi, perché è sicura di non averli mai vissuti in prima persona. Chiaramente, dalla descrizione che ne fa a telefono, si intuisce che i suoi sogni siano legati alle avventure vissute con la gilda. Ma da cosa derivano questi sogni? Sono ricordi di una vita passata o immagini da un mondo parallelo?
Un paio di cose e poi concludo questo lunghissimo spazio. Quello che Natsu dice a Lucy nella parte in corsivo del testo (“Non sei solo una ragazza bionda. Sei Lucy” e “Sei una dea”) vuole essere una sorta di richiamo a quello che accade tra Natsu e Lucy rispettivamente dopo la prima missione e durante il loro primo incontro.
Detto ciò, mi vorrei scusare per eventuali errori che ho fatto e dire che, ovviamente, se volete segnalarli, io sono qui.
Grazie per essere arrivati fin qui!
Un bacio

Ah, mi stavo dimenticando! Ho provato a lasciare qualche spazio in più nel testo, come mi è stato consigliato (grazie ancora), ma non sono molto abituata a farlo, quindi non so se ho migliorato o peggiorato la lettura. Fatemi sapere, se vi va

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Capitolo 3
*** III. Visioni ***



Natsu sollevò il braccio destro, in segno di saluto. La stava aspettando davanti al cancello di casa, come ogni mattina, da quel giorno in cui le aveva parlato per la prima volta per una scommessa. Lucy sorrise e lo raggiunse velocemente.
-Buongiorno!- salutò lui allegro e frizzante già di prima mattina. Lucy gli porse un sacchetto chiuso e Natsu lo afferrò e lo aprì rapido e curioso. La ragazza aveva preso l’abitudine di portargli il pranzo tutti i giorni, anche perché il suo amico tendeva a dimenticarselo.
-Buongiorno.- rispose lei, più tranquilla, facendo passare il proprio sguardo sul suo migliore amico. I capelli rosa, spettinati, gli ricadevano sulla fronte e gli nascondevano gli occhi, ancora intenti a fissare l’interno del sacchetto. La cravatta della divisa scolastica era allentata e allacciata un po’ storta e la giacca era lasciata aperta. Lo zaino gli pendeva molle da una spalla, probabilmente semi vuoto, come capitava sempre. Natsu dimenticava di prendere i libri o, più spesso, non li portava proprio, visto che tanto sapeva di poter contare sul suo miglior amico- o nemico, come amava definirlo- Gray.
-Come stai?- chiese Lucy. Glielo chiedeva ogni mattina e all’inizio Natsu aveva pensato ad una domanda di rito, che esprimeva solo gentilezza e nient’altro, ma poi aveva capito che non era così: Lucy non era soltanto gentile, a lei interessava davvero, probabilmente per quell’assurdo senso di colpa per averlo svegliato anche quella notte. Sollevò il viso dal sacchetto di carta, soddisfatto di quanto aveva visto, e sorrise dolcemente.
-Tu come stai?- rilanciò lui, calcando sul “tu” iniziale. La ragazza sospirò e lanciò uno sguardo preoccupato alle occhiaie di Natsu, che si accorse della cosa.
-Smettila.- la rimproverò, allargando, però, il sorriso e passandole un braccio sulle spalle. Prima di andare via Natsu si voltò a fare un cenno di saluto verso la casa alle sue spalle.
 
Layla, la madre di Lucy, era affacciata alla finestra del secondo piano ad aspettare proprio quel cenno a cui rispondere. Era felice, la donna, di vedere sua figlia in compagnia di quel ragazzo che era un vulcano attivo. Pieno di gioia e di speranza, aveva illuminato casa loro con la sua sola presenza e aveva riportato il sorriso sul viso di Lucy, cancellando quel muro di solitudine che la ragazza si era costruita intorno da quando aveva scoperto che Layla aveva una salute cagionevole. Per anni, la donna si era sentita in colpa, perché sapeva che sua figlia rinunciava a qualunque evento per poter stare con lei e lei non riusciva a fare nulla per impedirle di sacrificarsi così. Poi, per fortuna, Natsu era arrivato nelle loro vite e nella loro casa e aveva portato altri ragazzi con lui, un bel gruppo, gentile e unito, che aveva fatto sentire Lucy apprezzata e amata. Di riflesso, anche Layla e Jude avevano beneficiato dell’arrivo di quel gruppo di ragazzi. Nelle giornate in cui Layla si sentiva peggio, ad esempio, le ragazze arrivavano a casa, portando cibo spazzatura e film di vari generi e tenevano compagnia a Lucy che si rifiutava di uscire. Quando Jude vedeva che c’era bisogno di fare dei lavoretti in casa, poteva contare sugli amici della figlia, pieni di buona volontà e, soprattutto, piuttosto bravi, a differenza dell’uomo che aveva sempre potuto contare sull’intervento di professionisti. Da quando Lucy aveva incontrato quei ragazzi, quindi, anche la loro vita era cambiata e decisamente in meglio e tutto grazie a quel Natsu. E pensare che all’inizio Jude non voleva neanche vederlo intorno a Lucy! Natsu era tutto il contrario della figlia; era distratto, non aveva voglia di studiare, esuberante e anche piuttosto distruttivo. Aveva cominciato a cambiare idea su di lui piano piano, quando aveva visto il sorriso della figlia nel momento in cui la chiamava o si presentava senza preavviso. Per non parlare dell’espressione della ragazza quando lui arrivava da lei reduce da una rissa e si faceva curare e rimproverare da Lucy… Adesso era impossibile, per entrambi, pensare a Lucy senza Natsu e viceversa. E per questo Layla non poteva fare a meno di ringraziare chiunque o qualunque cosa avesse fatto incontrare i due.
 
-Stasera vieni a cena da me?- chiese Natsu mentre camminavano verso la scuola. Aveva lasciato scivolare il braccio dalle sue spalle e si era limitato a stare accanto a Lucy. Dapprima erano rimasti in silenzio- a Lucy non piaceva molto chiacchierare la mattina-, ma Natsu non riusciva a stare zitto troppo a lungo, quindi le aveva fatto la prima domanda che gli era passata per la testa.
-Non lo so, dovrei studiare e sistemare gli appunti.- rispose Lucy.
-Scusa, in effetti non era una domanda. Papà mi ha minacciato di morte se non ti porto a cena a casa, stasera.- replicò il ragazzo e le regalò il sorriso più bello del suo repertorio. Lucy sospirò, indecisa, ma poi annuì.
-Avviso mamma, ma non dovrebbero esserci problemi.- disse e pensò alla serata che l’aspettava. Adorava il padre di Natsu e la cosa era reciproca, come le diceva sempre il ragazzo, che si lamentava perché suo padre parlava agli estranei di lei e non di lui.
-Però studiamo, prima.- lo avvisò e lo fece sbuffare e incrociare le braccia al petto.
-Sei noiosa!- si lamentò il ragazzo, ma si voltò comunque ad aspettarla, quando lei si fermò vicino al muretto che delimitava il fiume di Magnolia.
-Lucy?- la chiamò, incerto. La ragazza guardava l’orizzonte, con sguardo perso e Natsu la vide fare un passo avanti e salire sul muretto. Continuava a non rispondere e lui si stava preoccupando e non poco.
 
Fu questione di un istante, Lucy fece per muoversi e Natsu scattò in avanti, afferrandola per un polso.
-Che diamine ti prende?!- le urlò contro e la scosse. Sotto le sue dita poteva sentirla tremare, ma questo non lo rese per niente più tranquillo. La ragazza incrociò il suo sguardo, gli occhi di nuovo limpidi.
-Volevo… anzi, no, sentivo di dover camminare lungo il muretto.- provò a spiegare. Natsu sbatté le palpebre, perplesso.
-Camminare sul muretto?- ripeté. Era una risposta così normale che non riusciva a capacitarsene. L’espressione sul volto di Lucy, qualche momento prima, e quegli occhi così spenti sembravano indicare qualcosa a cui lui non voleva nemmeno pensare.
-Sì, ho sentito una strana sensazione e ho… ho visto Magnolia, ma non come la conosciamo noi.- spiegò ancora lei, sentendo le dita di lui, ora sulle spalle, aumentare la presa.
-Non ho capito.- disse Natsu. Le sopracciglia erano corrugate in un’espressione di profonda preoccupazione.
-Era una cosa strana, Natsu. Non riesco a spiegarlo neanche io… Magnolia era diversa, ma sono sicura che fosse Magnolia. Il fiume era lo stesso e anche il muretto, ma c’erano dei pescatori lì.- disse Lucy, indicando un punto poco lontano. -E sembravano conoscermi bene, mi chiamavano per nome. E con me c’era uno strano esserino.- concluse lei. Natsu la strinse ancora più forte e si avvicinò a lei, facendola arrossire violentemente.
-Natsu?- chiese, infatti, lei, cercando di allontanarsi, ma lui non sembrava propenso a lasciarla andare. La guardava come se cercasse di leggerle nella mente.
-Lucy, ho una cosa importante da dirti.- disse, all’improvviso, scandendo bene le parole, senza interrompere il contatto oculare.
-Ehi, voi due! Che state combinando? Mancano solo dieci minuti!- urlò una voce conosciuta, facendo trasalire i due ragazzi che si staccarono. Lucy era rossa in viso e questo non sfuggì allo sguardo attento di Gray, che li aveva raggiunti di corsa. Come al solito, Natsu lo stava già guardando male.
-È tardissimo!- esclamò Lucy, lanciando un’occhiata all’orologio che aveva al polso. Si era ripresa abbastanza, ma stava volutamente e palesemente evitando lo sguardo di Natsu.
-È esattamente il motivo per cui stavo correndo io.- replicò Gray e la affiancò per riprendere a correre, stavolta in compagnia degli altri due.
 
Era deciso a capirci qualcosa, ma per torturare il suo miglior nemico avrebbe dovuto aspettare di arrivare a scuola e di separarsi da Lucy. Gli lanciò uno sguardo di sottecchi e si accorse dell’espressione preoccupata di Natsu, che fissava la nuca di Lucy che correva davanti a loro.
-Che diamine succede?- gli chiese a bassa voce, dopo essersi avvicinato all’altro ragazzo. Lucy emise un lamento a mezza bocca e Natsu si tese come una corda di violino.
-Lucy?- chiese alla ragazza, che si limitò a scuotere la testa, senza fermarsi.
-Sto bene.- borbottò, ansimando. Gray diede una botta a Natsu.
-Che vuoi?- sbottò quello.
-Che stavi facendo?- ripeté lui. Avrebbe voluto aspettare di arrivare a scuola, è vero, ma non riusciva a smettere di pensare alla scena che aveva intravisto e al rossore sul viso di Lucy.
-Lucy non si sentiva bene.- rispose, evasivo, Natsu. Gray inarcò le sopracciglia, scettico.
-Quindi non ho interrotto un quasi bacio.- commentò. Non era una domanda la sua. Almeno su quello era sicuro: Natsu non era proprio una cima in quelle cose ed era certo che non avesse mai dato un bacio a una ragazza. Probabilmente non sapeva neanche da che parte iniziare.
 
-Cosa?!-. L’urlo del ragazzo richiamò l’attenzione anche di Lucy che si fermò a riprendere fiato e a guardarli. Gray si picchiettò sul polso e richiamò l’attenzione della ragazza sul fatto che mancasse sempre meno al suono della campanella. Ovviamente il suo scopo ultimo era quello di distrarla da quel buzzurro del suo amico che rischiava davvero di farsi scoprire come un idiota.
-La pianti di fare sempre tanto casino?- lo richiamò, infatti. Aveva rallentato per poter distanziare maggiormente Lucy e per concentrarsi su Natsu, che stava per prenderlo a pugni, come era evidente dalla rabbia che gli aleggiava intorno.
-E tu la pianti di rompere?-. Gray dovette concentrarsi e respirare a fondo prima per evitare di lasciarsi prendere dal momento e iniziare una rissa su due piedi. C’erano cose più importanti, in quel momento, come capire cosa facesse preoccupare così Natsu.
-Hai detto che Lucy stava poco bene.- iniziò, cauto e lo vide incupirsi. Lanciò uno sguardo alla figura della ragazza che era ormai arrivata al cancello e che aveva raggiunto Erza e Levy. Lo sguardo minaccioso di Erza era chiaramente evidente ad entrambi i ragazzi. Natsu rabbrividì leggermente e rallentò. Gray non si era neppure accorto di aver imitato l’amico.
-Non so cosa avesse, Gray.- la voce di Natsu risvegliò il ragazzo dalla contemplazione per la sua imminente morte per mano di una delle sue più care amiche. Era stato in silenzio così a lungo, e in maniera così innaturale per lui, che Gray aveva pensato che lui non volesse rispondere. Non si era neanche accorto che l’altro ragazzo si era fermato. Dovette voltarsi per incrociare il suo sguardo e quello che vide lo lasciò talmente spiazzato da non rendersi neanche conto del suono della campanella. Non aveva mai visto un mix di emozioni così; Natsu era preoccupato, arrabbiato e… terrorizzato. Gray sbatté le palpebre più volte, mentre uno strano malessere gli invadeva il petto. Cosa stava succedendo a Lucy? E perché Natsu non sembrava in grado di dirgli nulla?
-Nat…-. Non riuscì a finire nemmeno la parola che sentì un forte dolore alla testa e un colpo tale da mandarlo lungo disteso al suolo. Quelle nello sguardo di Erza non erano minacce, erano promesse.
 
 
 
-Ti sei addormentato di nuovo?! Quando inizierai a prenderla seriamente?-. Le ragazze erano di nuovo sedute a pranzare sotto il loro albero, solo che quel giorno c’erano anche i ragazzi ed Erza ne stava approfittando per strigliare a dovere Natsu. Il ragazzo non aveva neanche cominciato a mangiare e stava a capo chino a sorbirsi la sua meritata ramanzina. Rispondere avrebbe portato ad una discussione senza fine e Natsu aveva già notato lo sguardo colpevole di Lucy alle parole di Erza, quindi voleva che finisse in fretta. Forse fu proprio questo a far preoccupare Erza che si avvicinò a lui e gli mise una mano sulla fronte.
-Sei sicuro di stare bene?- gli chiese, con un tono di voce più dolce.
-Certo che sì! La smettete di chiedermelo tutti?- sbottò e si allontanò dalla sua amica. Lucy gli lanciò uno sguardo quasi supplichevole e lui sbuffò.
-Piantala pure tu.- le disse, secco. Era tutta la mattina che cercava di evitare Gray e le sue domande, che erano passate da informazioni sulla salute di Lucy a espliciti richiami ai suoi sentimenti per la ragazza. Era stanco, si era preso le botte da Erza di prima mattina, la sfuriata del suo insegnante e poi di nuovo aspri rimproveri dalla sua amica. Non ne poteva più e Lucy doveva smetterla di farlo sentire anche peggio perché non era in grado di nasconderle tutto quello.
-Natsu…-. Erza stava per ricominciare, quando venne fermata proprio da Lucy.
-È… è colpa mia.- disse, a voce alta. Natsu sospirò e le si avvicinò.
 
-Piantala.- borbottò di nuovo, sempre più infuriato con lei che non capiva che nessuno lo stava obbligando a chiamarla tutte le notti o a comportarsi in quel modo con lei.
-Faccio ancora tutti quei sogni, la notte.- disse Lucy, ignorando il ragazzo accanto a lei. Lui notò chiaramente lo sguardo che si lanciarono le ragazze: loro sapevano gran parte delle cose che riguardavano Lucy, compresa quella, e una parte di lui, poco razionale, che si affrettò a soffocare, si sentì quasi tradita. Quella parte di lui aveva sempre pensato- e sperato- di essere il solo con il quale lei si confidava, ma evidentemente non era così.
-E che c’entra l’idiota con tutto questo?- si intromise Gray, indicando con il pollice Natsu, già pronto a scattare e a sfogarsi per bene, vista la giornata che aveva passato anche a causa sua, ma poi Lucy prese un sospiro profondo e fece un sorriso talmente dolce da lasciarlo senza parole. Sorrise anche lui, di riflesso, nonostante lei non lo stesse neanche guardando, e nonostante sapesse che più tardi quei cretini dei suoi amici lo avrebbero riempito di allusioni e domande. In quel momento non gli importava di nulla che non fosse lei e il suo sorriso, questo, di sicuro, solo per lui.
-C’entra perché rimane sveglio tutte le notti per consolarmi.- buttò lì Lucy, tutto d’un fiato. Arrossì leggermente sulle guance, ma non abbassò il capo di fronte allo sguardo stupito degli altri.
-Oh, Natsu!- esclamò Mirajane, con le mani all’altezza del petto, strette l’una all’altra.
-Come sei carinoooo.- disse Lisanna, avvicinandosi e pizzicandogli la guancia. Natsu, suscitando la sorpresa di tutti, arrossì violentemente. Erza si allungò verso di lui e gli scompigliò i capelli. Lo sguardo dolce e partecipe e così incredibilmente consapevole, che il ragazzo riuscì a leggere nei suoi occhi, lo rassicurò.
 
Gray e Gajeel si scambiarono uno sguardo perplesso e poi entrambi ghignarono nello stesso momento.
-Sai, dormire poco è uno dei primi sintomi.- commentò Gray, serafico.
-Primo sintomo di cosa?- chiese minaccioso Natsu. Si stava già scaldando e questo era proprio quello che volevano Gray e Gajeel.
-Chiaro, no? Poi tu sei talmente stupido che non credo possa capirlo.- commentò Gajeel, alzandosi, imitato da Gray. Sapevano entrambi quello che sarebbe successo.
-Stupido a chi? Brutta ferraglia!- urlò in risposta Natsu, anche lui già in piedi. Erza stava per mettere fine alla discussione, durata anche troppo, secondo lei, ma venne fermata da Mirajane che immaginava che cosa volessero dire gli altri ragazzi. Lisanna si era spostata accanto a Lucy e si stava informando sulle discussioni notturne con Natsu, mentre Levy guardava in alto verso Gajeel, chiedendosi cosa avesse fatto di male per incontrare un tipo così.
-Chiamo stupido chiunque non si accorga di essersi preso una bella sbandata.- lo riprese Gajeel, facendo completamente gelare Natsu.
-Cosa?!- esclamò, invece, Lucy. Gray imprecò sottovoce, soprattutto quando notò lo sguardo di Natsu, che era passato da una sconvolta Lucy a un soddisfatto Gajeel.
-Beh, Bunny Girl, è piuttosto chiaro che lui si sia in…-. Le parole di Gajeel vennero fermate da un pugno di Natsu che poi si voltò verso la ragazza con il suo sorriso più bello.
-Direi che la frase giusta sia “innervosito per questi ragionamenti da deficienti”!- esclamò, frettolosamente, dando un altro pugno a Gajeel per buona misura. Peccato che il ragazzo non fosse molto propenso a farsi pestare, per cui, nel giro di pochi secondi, anche Gray si ritrovò coinvolto nella rissa che venne placata solo da una stanca Erza che era riuscita a liberarsi di Mirajane.
 
-Piantatela di fare i ragazzini, voi tre!- urlò alla fine, richiamando l’attenzione di tutti i ragazzi del primo, poco abituati a scene del genere, che stavano rientrando in quel momento.
-Ti fai ancora malmenare dalle donne, Natsu-san?- chiese Sting, quando lo vide arrivare verso di lui, distrutto dalla furia di Erza.
-Mi faccio malmenare solo da Erza.- commentò Natsu e afferrò rapido la manica della giacca di Lucy, affiancandosi a lei. La ragazza sussultò e arrossì quando se lo vide così vicino. Lui lanciò tutte le maledizioni del caso a quegli idioti dei suoi amici per averle messo in testa l’idea che lui si fosse innamorato.
-Allora, ci vediamo qui davanti alla fine delle lezioni, va bene?- chiese subito, pregando in cuor suo che lei non tentasse di evitare quella cena da lui.
-Sì, certo. Ti ho già detto che sarei venuta a cena da te.- rispose, ma era rigida e Natsu poteva sentirlo attraverso la stoffa della giacca.
-Anche perché altrimenti mio padre mi uccide.- commentò il ragazzo. Stava cercando di riportare la situazione alla normalità e di scacciare quel disagio che gli sembrava di sentire da lei. Certo che Gajeel e Gray avevano avuto un tempismo davvero orrendo.
Lucy sorrise, un po’ meno forzatamente di qualche minuto prima.
-Tuo padre è sempre troppo buono con te.- commentò. Era una discussione che avevano fatto più volte e Natsu non poteva negare che non si meritava per nulla un padre come Igneel, sempre comprensivo, ma era anche vero che sapeva essere incredibilmente spaventoso, quando voleva.
La verità era che Natsu si sentiva in colpa la maggior parte del tempo, perché doveva tanto a quell’uomo, ma non faceva altro che causargli problemi. Questo, almeno, era quello che accadeva prima dell’arrivo di Lucy.
 
Da quando aveva conosciuto la ragazza, infatti, aveva smesso di andarsene in giro per la città senza una meta, di lasciare i suoi libri nei cassetti e i suoi quaderni intonsi, e aveva iniziato una sorta di nuova vita. Non era diventato il primo della classe, ma aveva cominciato a studiare un po’ di più, anche perché Lucy non usciva prima di finire tutti i compiti e aveva cominciato a frequentare con assiduità i corsi pomeridiani della squadra di basket della sua scuola. Era stato un bel cambiamento e anche suo padre era parso felice della cosa. Natsu non poteva fare a meno di ringraziare mentalmente la ragazza che in quel momento gli camminava accanto.
Era stato difficile raccontarle la storia della sua vita, all’inizio. Insomma, anche lei aveva i suoi problemi familiari e non voleva farsi guardare con pietà dall’unica persona che probabilmente non sapeva cosa gli fosse accaduto. Alla fine, però, era stato costretto ad aprirsi con lei. Era un bel giorno, durante le vacanze e lui e Lucy erano usciti a fare una passeggiata e avevano dimenticato l’ombrello. Si erano ritrovati a pochi passi dalla casa di Natsu, completamenti zuppi per la pioggia che aveva preso a cadere. Il ragazzo l’aveva invitata ad entrare, allora, non poteva permetterle di restare con i vestiti bagnati, ma non poteva neanche permetterle di incontrare suo padre e suo fratello senza prima spiegarle tutta la situazione. Natsu e Zeref erano stati adottati da Igneel e sua moglie, quando Natsu aveva tre anni. Lui non ricordava molto della vita che conduceva prima di conoscere Igneel, ma suo fratello sì. Lui era di qualche anno più grande e sapeva perfettamente a cosa si stesse andando incontro, quando quei due signori eleganti erano entrati nella stanza dell’orfanotrofio di Fairy Tail, gestito dal nonnino Makarov. Come Natsu aveva appreso successivamente, all’inizio i due avrebbero voluto adottare solo Zeref, perché era più grande, più serio e più tranquillo del piccoletto dagli strambi capelli rosa che si portava dietro, ma alla fine, più che altro per volontà dello stesso Igneel che si era battuto perfino contro la moglie, avevano deciso di non separare i due. Fin da subito, Natsu non era stato facile da gestire. Aveva un animo ribelle e tendeva a comportarsi a casa esattamente come faceva nell’orfanotrofio, arrampicandosi sui tetti e rifiutandosi di fare il bagno. Tenerlo buono era pressoché impossibile e l’unico che sembrava avere un po’ di influenza su di lui era Igneel. La situazione familiare, però, non era delle migliori, visto che tutto quell’impegno non era stato preso in considerazione. I due avevano deciso di divorziare un paio di anni dopo l’adozione e l’affidamento era spettato a Igneel che lo aveva richiesto senza incontrare ostacoli da parte di quella che un tempo era la moglie. Natsu non poteva essere più felice della sorte che gli era toccata: essere amati ogni giorno da un grande uomo come Igneel e vivere ogni giorno con suo fratello accanto. Non poteva davvero chiedere di meglio, ma il meglio era arrivato lo stesso. Lucy era comparsa all’improvviso nella sua vita, dal nulla, come se fosse stata creata in una notte e solo per lui. E pensare che all’inizio non l’aveva neanche notata. Si era accostato a lei quasi per caso, perché l’aveva vista sola e aveva pensato che a sua figuraccia sarebbe stata limitata a lei e non a tutte le ragazze della scuola. E ora, per colpa di Gray e Gajeel rischiava di perderla. Potevano essere così stupidi?
 
-Allora ci vediamo dopo, eh!- le disse ancora, prima di separarsi da lei, all’altezza della scalinata che lo avrebbe portato in classe. Lei sorrise e si allontanò, sollevando la mano destra in segno di saluto. Gray lo raggiunse in un attimo e iniziò a salire con lui.
-Idioti.- commentò Natsu. Gray si passò una mano sul collo, in leggero imbarazzo.
-Non volevamo. Pensavo che fosse solo un gioco. Non immaginavo certo che tu fossi davvero…- lasciò la frase in sospeso, volutamente. Natsu sbuffò e gli lanciò un’occhiataccia.
-Che io fossi?- chiese, con un tono di sfida.
-Innamorato, cretino!- sbuffò l’altro. Il silenzio tra i due fu più lungo di quanto si aspettassero. Erano davanti alla porta dell’aula, ma nessuno voleva lasciare cadere l’argomento ed entrare.
-Cretino lo sei tu, insieme a quell’altro.- replicò Natsu. Gray fece una smorfia arrabbiata, ma non poteva negare che forse per quella volta il suo amico avesse ragione.
-Forse abbiamo esagerato, è vero, ma quando hai intenzione di smetterla di fare l’idiota in questo modo? Dovresti dirle quello che provi per lei, Natsu.- gli fece notare, prima di aprire la porta ed entrare finalmente in aula, beccandosi i rimproveri dell’insegnante che era già in aula.
Natsu lo seguì pensando che forse i suoi amici non avessero proprio tutti i torti.
 
 
 
Lucy era davanti al portone, seduta in terra, in attesa di una certa persona che stava tardando. La ragazza sciolse i capelli, per poi rifare velocemente la coda laterale con cui era uscita quella mattina e in quel momento sentì due mani bollenti sugli occhi.
-Loki, smettila. Ti ho già detto che esco con te.- disse lei, con un sorriso divertito. Ovviamente aveva riconosciuto subito chi fosse dietro di lei, ma aveva voluto farlo un po’ innervosire.
-Loki?! Lucy!- esclamò la voce di Natsu, lasciandola, per aggirarla e mettersi davanti a lei. La ragazza rise di fronte alla sua espressione imbronciata.
-Scherzavo.- lo informò, allegra, afferrandolo per un braccio e trascinandoselo dietro. Natsu sorrise, felice di vedere che lei sembrava aver dimenticato la discussione del pomeriggio.
-Ecco. Non ci tengo a vederti uscire con Loki.- le disse, fingendosi ancora arrabbiato per lo scambio di persona.
-Lo sai che io ho occhi solo per Happy.- gli ricordò, riferendosi al gatto di Natsu che ogni volta che studiavano si acciambellava sul grembo di Lucy e faceva le fusa. Il ragazzo sbuffò, contrariato, ma non disse nulla e si limitò a lasciar scivolare la mano lungo il braccio della ragazza, prima di afferrarle la mano e continuare a camminare, come se nulla fosse. Camminavano sempre così ed era assolutamente naturale per entrambi, come era naturale passare la serata seduti vicini, davanti al televisore, l’uno a casa dell’altra e viceversa.
 
Era bello stare così, solo loro due. Natsu aveva difficoltà nello spiegarsi questa cosa: lui era un tipo estremamente entusiasta e amava le situazioni caotiche e aveva tanti amici, quindi, all’inizio, non capiva perché gli piacesse stare da solo con Lucy, gli piaceva persino stare in silenzio in biblioteca se lei era con lui. Con il tempo, una nuova consapevolezza gli era nata dentro e aveva compreso il motivo di quella situazione, anche se continuava a fingere, in particolare con lei. Aveva paura che lei potesse scappare, spaventata, perché lui era stato il suo primo amico e forse per Lucy sarebbe rimasto solo e sempre quello. A Natsu sarebbe andata bene lo stesso, perché l’importante era starle vicino, consolarla quando le cose diventavano spaventose e difficili e vederla sorridere come in quel momento.
All’improvviso sentì la stretta sulla sua mano aumentare, riportandolo alla realtà. Natsu voltò la testa per poter guardare Lucy e capire quale fosse il problema e vide di nuovo gli occhi spenti che lei aveva anche quella mattina.
-Lucy?- la chiamò, ma lei non diede minimamente segno di averlo sentito. Era in un mondo tutto suo e qualsiasi cosa stesse vedendo la stava facendo soffrire, come era evidente dalla fronte corrugata e dalla stretta sulla sua mano.
 
 
Quella città era… Magnolia? Possibile che fosse rimasto così poco della città che conosceva? Gli edifici erano in pezzi, tutto intorno a lei, e la cenere ricopriva il terreno, quella strada lastricata che lei conosceva come le sue tasche. Non c’era nessuno. Era sola davanti ad un uomo che la fissava con occhi freddi e crudeli.
-Io ti vedo, Lucy Heartphilia. Vedo quello che desidera il tuo cuore.-. Era sicura che la voce fosse quella di quell’uomo, ma lui non aveva aperto bocca. Aveva sentito le sue parole dritto nella scatola cranica. Il mal di testa iniziò a martellarla, come la sera prima, come quella mattina, quando era con Natsu. Natsu! Perché non era con lei? Che gli fosse successo qualcosa? Si guardò intorno, sentendo il panico stringerle lo stomaco in una morsa fin troppo dolorosa.
-Chi sei? Che vuoi da me?- chiese, anche per lei era stato sufficiente pensare quelle parole, per sentirle nell’aria.
-Il tuo sangue aprirà la via. Lui sorgerà di nuovo.- rispose l’uomo e si avvicinò a lei. La ragazza riuscì a sentire la puzza di fumo che lui si portava dietro. Il dolore alle ossa delle gambe la stava uccidendo. Era la prima volta che le capitava una cosa del genere. Di solito i suoi sogni erano meno dettagliati, meno precisi e nessuno le parlava.
-Lui chi?-. Il pensiero le era sfuggito rapido, nonostante lei fosse interamente bloccata e non riuscisse a fare altro che restare immobile a guardare la figura vestita di nero davanti a lei.
-Dobbiamo portare a compimento il sacrificio. Chi ha provato a cancellarlo, lo riporterà tra noi. Ormai è tempo, Lucy Heartphilia. Lasciati andare, non tornare qui.-. Lucy sentì la testa scoppiarle, dopo che lui ebbe detto quelle parole. Ogni singola sillaba le si era conficcata nel cervello, come una lama, e le aveva tolto il fiato. La ragazza si portò una mano sulla fronte e si chinò in avanti. Il suo corpo era un unico ammasso dolorante e pulsante e lei voleva solo che ci fosse anche Natsu. Aveva bisogno di lui come mai prima, anche se non capiva cosa potesse fare per quello che stava accadendo all’interno della sua testa.
-Lasciami andare.- si ritrovò a pensare, supplicando quell’uomo che la guardava dall’alto in basso.
-Sei tu che devi lasciarmi andare.- le disse. Lucy si accasciò al suolo, in ginocchio, davanti a lui, totalmente alla sua mercé. Non capiva le parole di quell’uomo, non sapeva che cosa stesse accadendo. Lei voleva andare via da lì, non aveva mai voluto essere in quel luogo, avere quelle visioni, lasciare la sua realtà per quell’incubo… come poteva lasciar andare qualcosa che non aveva mai ricercato volontariamente?
E poi lo sentì. Le sue mani calde sul viso, il suo tono preoccupato…
-Lucy! Lucy! Lucy!-
 
 
-Lucy!-. L’urlo di Natsu la riportò al presente e Lucy si ritrovò a terra, con le lacrime che le solcavano il viso e il dolore che ancora non l’abbandonava. Si sentiva debole e fragile e lo sguardo che il ragazzo le rivolgeva non faceva altro che confermarle quell’impressione.
-Natsu.- esclamò, sorpresa. Lui era chinato al suo livello e le passava le mani sul volto, sulle braccia, su tutto il corpo, come se volesse sincerarsi che lei era ancora lì.
-Che è successo?- le chiese, visibilmente in ansia. Lucy scosse la testa, cercando di rimettere ordine tra i suoi pensieri.
-Non lo so. Non… capisco.- disse, guardandosi intorno, ancora confusa e persa. C’era troppa luce e le strade erano così pulite! Il contrasto con la sua visione era forte e lei non riusciva a toglierselo dalla mente. Non riusciva a togliersi dalla mente neanche quegli occhi che l’aveva guardata quasi in attesa che lei facesse qualcosa.
-Ti porto da un medico.- disse Natsu, risoluto, alzandosi e tendendole la mano. Lucy lo guardò, da sotto in su, e arrossì sulle guance, imbarazzata.
-Che succede?- la spronò il ragazzo, quando vide che lei era ancora a terra.
-Non… non riesco ad alzarmi.- confessò Lucy, chinando la testa in avanti. Sentiva la faccia andare a fuoco, ma non aveva potuto fare altro che essere onesta con lui. Lo sentì sospirare piano e chinarsi di nuovo al suo livello. Le mise due dita sotto al mento e le sollevò il capo. Lucy vide il suo sorriso dolce e sentì il cuore battere ad una velocità che non credeva possibile.
-Allora ti porto io.- le disse, allargando il suo sorriso. -Aggrappati.- continuò, voltandosi fino a darle la schiena. La ragazza portò le sue braccia intorno al collo del ragazzo e si lasciò tirare su da lui, portandosi dietro anche la borsa gonfia di libri.
-Natsu?- lo richiamò, mentre lui camminava seguendo il fiume. Il ragazzo mugugnò interrogativo.
-Non voglio andare da un medico.- gli disse, sussurrando direttamente nel suo orecchio e provocandogli dei brividi caldi lungo il collo.
-E dove vuoi andare?- le chiese e lasciò andare un sospiro, mentre la tentazione di trascinarla in ospedale anche contro la sua volontà si stava facendo sentire forte.
-A casa tua. Nella tua stanza. Voglio stendermi sul tuo letto.- disse, ingenuamente.
-Dovremmo andare da un medico a controllare la situazione, Lucy. Non va bene quello che ti sta capitando.- le fece notare, dirottando comunque i suoi passi verso casa sua.
-Sono solo stanca. A volte mi capita.- mentì la ragazza, stringendo maggiormente la presa sul suo collo.
-Sei sicura?-. Natsu poteva vedere casa sua in fondo alla strada, ma avrebbe cambiato direzione se lei avesse voluto fare diversamente.
-Sicurissima. Sto bene quando ci sei tu.- gli disse. Il cuore del ragazzo perse un paio di battiti, ma lui fece finta di nulla e continuò a camminare, cercando le chiavi nella tasca della divisa, senza far cadere Lucy.
Ovviamente arrivò davanti alla porta senza averle trovate e sbuffò, seccato da se stesso. Lucy sorrise.
-C’è qualcuno in casa?-. Lo conosceva abbastanza da sapere che probabilmente non le aveva proprio prese quella mattina.
-Forse Zeref. Spero Zeref.- borbottò, colpendo la porta con i piedi. Lucy sorrise maggiormente, sentendo dei movimenti dentro la casa. Arrossì ancora di più quando si rese conto dell’ambiguità della situazione in cui erano e meditò di nascondere il viso nella giacca del ragazzo, ma non fece in tempo perché Zeref si mostrò in tutta la sua figura, con tanto di sopracciglio inarcato.
-Che state combinando?- chiese, facendosi da parte per farlo entrare.
-Ciao anche a te.- brontolò Natsu, diretto verso il divano. Lucy fece un sorrisetto di scuse rivolto a Zeref.
-Colpa mia. Mi sono fatta male e non riesco a camminare.- spiegò la ragazza, mentendo spudoratamente.
 
Non aveva mai parlato molto con il fratello di Natsu, pur essendo una persona molto piacevole. Zeref era tutto il contrario del fratello: di poche parole e molto spesso impegnato, passava poco tempo in compagnia degli altri. Eppure, lui le lanciò uno sguardo preoccupato, mentre si avvicinava al divano dove Natsu l’aveva portata.
-Prendo del ghiaccio?- chiese.
-Ci penso io, tranquillo.- la salvò Natsu, con un sorriso allegro sul volto. Zeref fece passare il suo sguardo dall’una all’altro e inarcò entrambe le sopracciglia, stavolta scettico. Poteva non conoscere Lucy e non accorgersi delle sue bugie, ma sapeva sempre quando il fratello mentiva e quello era uno di quei momenti.
-Va bene. Ci vediamo dopo.- disse e strinse leggermente la spalla di Lucy, regalandole un piccolo sorriso incoraggiante che la lasciò sorpresa e perplessa. Natsu, invece, aveva capito perfettamente quello che si nascondeva dietro alla parola “dopo” e sapeva perfettamente che avrebbe dovuto spiegargli tutto, più tardi. Il ragazzo si sedette accanto a lei e le prese le gambe, portandole sulle sue. Subito una palla di pelo spuntò dalla cucina e si avvicinò a loro.
-Happy!- esclamò Lucy, mentre il gatto si arrampicava sul divano e iniziava a farle le fusa.
-Come ti senti?- le chiese Natsu a bruciapelo e le passò una mano sulla caviglia destra, quasi le stesse facendo un massaggio.
-Meglio. Credo sia stata la paura a bloccarmi, prima.- confessò la ragazza, prendendo ad accarezzare il gatto che si era acciambellato su di lei.
-Che cosa hai visto, stavolta?- chiese ancora lui. La stava guardando negli occhi, alla ricerca di una rassicurazione, perché aveva paura, Natsu, di quello che le stava accadendo, come se qualcuno stesse cercando di farle del male.
-Sempre Magnolia, anche se diversa da ora. Era distrutta, come se ci fosse stata una bomba. E c’era un uomo lì con me.-. Lucy si strinse nelle spalle, cercando di minimizzare l’inquietudine che la visione le aveva lasciato.
-Ero io?-. Natsu le sorrise, per rassicurarla. Lucy scosse la testa e si lasciò sfuggire una risatina.
-Non lo conoscevo. Era un uomo spaventoso, inquietante, quasi. Continuava a dirmi che dovevo lasciarlo andare.- spiegò la ragazza, distratta dalle fusa di Happy.
-Lasciarlo andare?- domandò lui. Inclinò la testa di lato e la guardò fisso per qualche secondo, facendola arrossire violentemente. Lei annuì, senza dire una parola, in parte perché non sapeva che cosa aggiungere e in parte perché quello sguardo intenso le stava togliendo quasi l’aria. Quel giorno, quando Gajeel aveva insinuato che Natsu si fosse preso una cotta per lei, aveva sentito il cuore batterle fin troppo velocemente.
 
Era innamorata di lui da così tanto tempo che non aveva potuto fare altro che sembrare scioccata di fronte all’eventualità di essere ricambiata. Natsu non poteva essere innamorato di lei, era impossibile; lei lo conosceva bene e sapeva per certo che lui non pensava affatto a cose come l’amore. Lui era ancora un bambino da questo punto di vista e non si preoccupava di altro che non fosse l’amicizia e la squadra di basket.
La reazione del ragazzo, poi, non aveva fatto altro che confermarle quei pensieri su di lui.
Natsu sbuffò, chiuse gli occhi e appoggiò la testa contro la testiera del divano, interrompendo il loro contatto visivo e permettendole di tornare a pensare lucidamente. Le vennero in mente anche quelle altre parole dell’uomo, quelle che l’avevano lasciata perplessa: “Lui sorgerà di nuovo”. Quelle decise di tenerle per sé. Non sapeva perché, ma era convinta che lo avrebbero fatto preoccupare ancora di più e lei si sentiva già abbastanza in colpa.
-Andiamo a studiare?- gli chiese, dopo qualche minuto di silenzio. Natsu sorrise, sempre ad occhi chiusi, e annuì.
-Ti porto in braccio o riesci a salire?-. Il sorriso gli si allargò sul volto, quando aprì gli occhi e la trovò rossa in volto per l’imbarazzo.
-Ce la faccio.- disse sicura. -Credo.- aggiunse poi, abbassando lo sguardo sul gatto che continuava a stare addosso. Il ragazzo rise e prese in braccio Happy che si lamentò per essere stato disturbato.
-Ti starò vicino, allora.- le disse, con un sorriso tale da mozzarle il fiato.
 
 
 
 
NOTE.
Ciao! Ed ecco un nuovo capitolo. In realtà non ho granché da dire questa volta. Probabilmente in questo capitolo si capiscono già delle cose. Siamo ancora nel mondo senza magia, in cui Lucy inizia ad avere delle visioni anche da sveglia e si ritrova a fare i conti con una paura tale da bloccarle i movimenti? Ma è solo paura la sua?
Qui si vedono un po’ anche i sentimenti di Natsu nei confronti di Lucy e di Lucy nei confronti di Natsu. E poi c’è Zeref. Quanto mi sarebbe piaciuto vedere il rapporto tra Natsu e Zeref nel manga!
Non mi viene in mente nient’altro, al momento.
Se notate errori (sicuramente ci sono), potete tranquillamente scrivere.
Ancora ciao e un abbraccio virtuale! 
 
 
 

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Capitolo 4
*** IV. Sogno e realtà ***


-Lascia questo mondo, Lucy Heartphilia. Dimentica. La realtà non è questa.-. La voce dell’uomo continuava a rimbombarle nella scatola cranica. Lucy si inginocchiò, senza forze. Si sentiva come se le stessero prosciugando tutte le energie e non riusciva a stare in piedi. Il dolore che sentiva in tutto il corpo, poi, non la aiutava. L’odore del fumo e della cenere le chiudeva la gola e le faceva bruciare gli occhi.
-Io non voglio stare qui.- lo stava supplicando, la voce rotta dal pianto che sentiva arrivare. Era così sola all’interno della sua mente e non voleva più esserlo. Voleva Natsu, aveva bisogno di lui ed era egoista a pensarlo, lo sapeva, ma non poteva farne a meno. Lui era entrato nella sua vita e Lucy non poteva farne più a meno ora.
-E allora va’. Torna alla tua vita.- le disse e le voltò le spalle, come se per lui la conversazione fosse finita, ma
Lucy non aveva avuto alcuna risposta.
Si fece forza e si alzò, stringendo i pugni, fino a conficcarsi le unghie nella carne.
-Come?- chiese, proiettando il suo pensiero verso quell’uomo che si fermò, ma rimase voltato, in modo da darle le spalle.
-Accetta. Non puoi più tornare indietro.-. Lucy scosse la testa, cercando di liberare i suoi pensieri dall’intorpidimento che le stava avvolgendo il cervello.
-Natsu.-. Fu l’unico pensiero che riuscì a formulare. L’uomo si girò e la guardò a lungo, senza commentare. La ragazza sentì le lacrime scendere lungo le guance.
-Natsu!- esclamò, non solo con il pensiero, ma anche con la voce. Tutto in lei cercava il ragazzo, tutto urlava il suo nome.
-Non è qui. Non arriverà, stavolta.- disse. -Cercalo nella tua realtà.-.
-LUCY!-. La voce di Natsu la fece trasalire ed entrambi si guardarono intorno. L’uomo, che era stato impassibile fino a quel momento, appariva quasi sconvolto e Lucy sentì rinascere la speranza nel suo cuore.
-NATSU!- urlò lei in risposta, il tono che tradiva una profonda felicità. Lui era lì, anche quella volta. L’avrebbe salvata, come l’aveva salvata in tutte le loro battaglie. Battaglie.
Perché questa parola, nella sua mente, non aveva un significato metaforico? Sembrava stesse parlando di battaglie reali, come quella che si stava combattendo nel suo sogno.
-LUI NON È QUI!- urlò l’uomo, colmando la distanza tra loro due e afferrandola per le spalle. Lucy urlò di dolore quando sentì le mani dell’uomo su di lei.
-Sta arrivando.- disse la ragazza con una sicurezza che non sapeva spiegarsi neanche lei. L’uomo la strinse ancora più forte e lei urlò di nuovo, mentre sentiva l’osso scricchiolare.
-Non lo vedrai.- la minacciò, a bassa voce, con un ghigno. Sollevò la mano destra e la colpì in pieno viso. Lucy avvertì solo un calore intenso e un dolore bruciante che la fecero svenire.
 
 
Si svegliò di colpo, stavolta senza urlare. Non riusciva a parlare né a muoversi. La sua gola era chiusa da un nodo doloroso di lacrime e sentiva il sapore del sangue. Lucy ansimò, nel buio della sua stanza, mentre brividi freddi le attraversavano il corpo, dalle spalle ai piedi. Era strano quello che le stava accadendo recentemente. Era passata dall’avere sogni e visioni confusi e poco precisi a vedere veri e propri scenari di guerra e il tutto nel giro di pochi giorni. Come nel sogno, anche ora, nel suo letto, Lucy si sentiva senza forze, come se quell’uomo le avesse preso tutto.
 
Lucy cercò nel buio il soffitto della sua stanza, visto che l’unica cosa che riusciva a fare era muovere gli occhi. Aveva la fronte imperlata di sudore freddo e sentiva un peso sul petto.
“Natsu.” pensò, come se bastasse quello per farlo comparire lì, nel suo letto, ad abbracciarla per tutta la notte, fino a farle passare quell’immobilità e quel dolore che all’improvviso era arrivato. Le avrebbe strappato un gemito se avesse avuto ancora il controllo delle sue corde vocali.
Natsu. Natsu! NATSU!
Lo cercava anche in quelle condizioni, lo cercava costantemente. Perfino nei sogni sapeva che lui sarebbe arrivato. Lucy serrò le palpebre, l’unica parte del corpo che riusciva a muovere, e prese coscienza di ogni singola parte di se stessa, di ogni muscolo e di ogni organo. Tutto di lei urlava dal dolore, ma lei non riusciva a chiamare nessuno per chiedere aiuto. Stava male, peggio di quanto fosse mai stata nella sua vita. Lucy sentì le lacrime scenderle lungo le guance e finirle nei capelli e sul cuscino. Il respiro divenne affannoso e il cuore si contrasse violentemente. Il senso di nausea prese il posto del vuoto che sentiva all’altezza dello stomaco.
Non voleva stare da sola, ma anche piangere la stava stancando e la ragazza crollò di nuovo in un sonno profondo, stavolta senza sogni.
 
 
-Lucy! Ehi! Lucy?-. La voce di Natsu la stava chiamando, bassa, come se avesse paura di romperla. Lucy aprì a fatica gli occhi, ma li richiuse immediatamente. La luce li faceva bruciare. Sentì dei rumori intorno a sé e un singhiozzo sfuggire a qualcuno.
-Puoi aprire gli occhi ora.- le disse ancora Natsu, dolce e con un tono di voce soffice. La ragazza obbedì e lo mise a fuoco. Lui era seduto accanto a lei, vestito con la divisa della scuola. La guardava sorridendo, ma nei suoi occhi Lucy poté vedere la preoccupazione.
-Ciao!- sussurrò il ragazzo, accarezzandole i capelli. Lucy sorrise e aprì la bocca per rispondere, ma neanche un suono uscì dalle sue labbra. Sentì un altro singhiozzo e voltò la testa verso la fonte. Sua madre la stava guardando e la vide cercare di trattenere le lacrime, premendosi una mano sulla bocca.
 
Lucy fece per parlare ancora, stavolta rivolta alla madre, ma, di nuovo, non riuscì ad emettere un suono. Si agitò, cercando di mettersi seduta e tentando di togliersi di dosso le coperte, ma Natsu la afferrò per le spalle, facendole girare la testa per l’improvviso ricordo che l’aveva investita con la forza di un treno.
-Tranquilla, va tutto bene.- sussurrò Natsu e lei si lasciò spingere di nuovo verso i morbidi cuscini. Layla si avvicinò e le prese la mano libera, cercando di sorridere rassicurante.
-Stanotte non ti ho sentito urlare e pensavo andasse tutto bene. Dovevo comunque venire a controllare.- disse la donna a Natsu, ma lui scosse la testa in segno di diniego.
-Non è colpa tua.- la rassicurò.
-Devo avvisare Jude.- disse Layla, prendendo il cellulare e allontanandosi. Jude era partito per un incontro di lavoro il giorno prima e stava tornando a casa da quando l’avevano chiamato per dirgli che Lucy non riusciva a svegliarsi.
-Ci sono io qui.- disse Natsu, tutta la sua attenzione già rivolta a Lucy che lo guardava con la fronte corrugata per l’ansia.
 
-Ehi, oggi restiamo a casa, va bene? Io, te e tua mamma. Che ne pensi?- le chiese, continuando ad accarezzarle il viso. Lucy si sforzò di sorridere e annuì. Gli prese la mano destra e la strinse piano. Natsu si stese accanto a lei e le passò il pollice sul dorso della mano.
-Ho chiamato Erza, le ho detto che ti senti poco bene. Avvertirà lei l’insegnante.- continuò ad aggiornarla il ragazzo. Lucy annuì di nuovo, ricacciando indietro le lacrime. Natsu era lì, accanto a lei e stava cercando di aiutarla; lei doveva farsi forza.
-Tua mamma ha chiamato un medico che ha detto che si tratta di una sorta di shock post-traumatico. Non sa a cosa sia dovuto, ma ha lasciato il numero di uno psichiatra, così potete chiamarlo. Lui può aiutarti.-.
 
Natsu parlava solo per riempire il silenzio e Lucy lo sapeva. Era preoccupato e stava fingendo che tutto andasse bene, solo per lei. Il ragazzo si spostò e poggiò la testa nell’incavo del suo collo, respirando l’odore della ragazza. Lucy sorrise quando il fiato del ragazzo le solleticò la pelle.
-Lucy, c’è un’altra cosa che voglio dirti.- iniziò Natsu dopo qualche istante di silenzio, nascondendo maggiormente il volto. La ragazza chiuse gli occhi e sentì la nausea salirle lungo l’esofago a causa della sensazione di déjà-vu che le si palesò sotto forma di un’immagine che le invase la mente: lei piangeva e stringeva a sé Natsu in una stanza che non conosceva; lui la teneva all’altezza delle spalle e le rivolgeva uno sguardo serio, mentre le diceva le esatte parole che aveva appena pronunciato. Lui probabilmente si accorse di qualcosa, perché si tirò su e la guardò preoccupato.
-Tutto bene?- le chiese. Lucy si sforzò di annuire e di ignorare il nodo allo stomaco e la nausea.
-Ne parliamo quando stai meglio, va bene?-. Natsu le sorrise e si appoggiò di nuovo a livello del collo della ragazza. Lucy sospirò.
-Hai visto di nuovo quell’uomo, vero?- chiese lui. La ragazza gli strinse la mano.
-Lo prendo per un sì.- commentò Natsu. Non disse nulla per un po’, lasciando che il silenzio intorno a loro fosse rotto solo dai rumori della strada e dai loro respiri lievi. Lucy fece per attirare l’attenzione del ragazzo, ma poi sentì il suo respiro profondo e allora rimase immobile, sorridendo dolcemente. Natsu si era addormentato accanto a lei e non se la sentiva proprio di disturbarlo. Alla fine, bastava che lui fosse lì per farla stare meglio. Il suo calore la stava già facendo rilassare e il suo respiro tranquillo la faceva sentire a casa.
 
La porta si aprì pochi istanti dopo e Layla entrò nella stanza.
-Dorme?- chiese dolcemente e si avvicinò ai due ragazzi. Lucy la guardò dal basso e vide la tenerezza con cui lei li guardava entrambi. Layla si sedette sul bordo del letto, nel lato non occupato da Natsu.
-Era preoccupatissimo stamattina. Ha detto che ha provato a chiamarti e che non hai risposto. Ho visto il tuo cellulare. Ti ha chiamato stanotte.- le disse, con un tono di voce leggero, come se non volesse scoprire qualcosa del loro rapporto. Lucy inarcò le sopracciglia e aprì la bocca per tentare di rispondere, ma non uscì neanche un suono. Layla le accarezzò una guancia e corrugò la fronte.
-Tranquilla, amore mio. Mi racconterai tutto un altro giorno.- le disse. Lucy sorrise e Natsu si mosse leggermente nel sonno, borbottando qualcosa che riguardava Happy. Layla si lasciò andare ad una risatina e si allungò per accarezzare i capelli del ragazzo, con la stessa dolcezza con cui prima aveva accarezzato la figlia.
 
-Tuo padre sta tornando a casa. Ha detto che ti porterà dai migliori specialisti di medicina di tutta Earthland.- comunicò Layla e si rigirò tra le mani il cellulare. Aveva, ovviamente, appoggiato l’idea di suo marito, ma non poteva fare a meno di sentire un certo senso di colpa: era lei quella che aveva la salute peggiore in famiglia, quindi erano i suoi geni quelli che stavano causando problemi alla sua bambina. Lo aveva detto anche a Natsu quella mattina, quando si era trovata sola ad aspettare l’arrivo del medico. Lui l’aveva abbracciata e l’aveva rassicurata. In realtà le aveva detto che era una stupida a pensare quello di sé e che ora sapeva da chi Lucy avesse preso quel lato assurdo del suo carattere. Era stata contenta che ci fosse almeno lui accanto a lei, perché, nonostante fosse solo un ragazzo, le era stato di grande aiuto.
-Sono un po’ egoista se ti dico che sono felice che Natsu sia qui invece di essere a scuola?- chiese Layla a Lucy. La ragazza sorrise di nuovo e scosse la testa.
 
Appoggiò a sua volta la mano sulla testa del ragazzo, ma non si limitò ad una carezza leggera, come la madre. Lucy immerse le dita nei capelli rosa di Natsu e giocò con le ciocche, arricciandole intorno al suo indice. Natsu si spinse maggiormente contro di lei con un sospiro che si infranse sulla sua pelle. Layla sorrise ancora nel vederli così vicini e nel vedere la figlia più tranquilla rispetto a quando si era svegliata quella mattina.
Natsu era sempre stato in grado di far rilassare Lucy, di farla sentire al sicuro, ma aveva anche l’assurda capacità di farla innervosire e impazzire. La ragazza era tornata a casa più volte arrabbiata con lui, perché le aveva lanciato addosso palloncini pieni d’acqua in pieno inverno o perché era piombato nella sua aula durante la lezione e aveva cercato di portarla fuori con lui, che era stato cacciato dalla propria classe e si annoiava… questo aveva fatto più volte innervosire Jude che aveva imposto a Lucy il divieto di parlare con Natsu.
Layla aveva sempre osservato padre e figlia discutere su quel punto e Lucy difendere a spada tratta il ragazzo che aveva insultato fino a poco prima. Non aveva potuto fare a meno di sorridere, così come non riusciva a non sorridere in quel momento: si era accorta della verità prima ancora che se ne rendesse conto sua figlia e, sicuramente, prima di Jude che aveva imparato ad accettare Natsu, pur guardandolo ancora storto quando si permetteva delle libertà con Lucy.
Lucy si era innamorata di Natsu e Jude, inconsciamente, sapeva che Natsu avrebbe portato la ragazza via da loro.
 
Layla osservò il viso stanco della figlia, mentre lei era rivolta ancora verso Natsu che aveva chiamato il suo nome durante il sonno. La vide sorridere serena, come non lo era mai stata e sospirò di sollievo. Si alzò dal letto.
-Vado a prepararvi qualcosa da mangiare.- disse, rassicurante. Voleva uscire dalla stanza e lasciarli da soli. Sua figlia era in buone mani e lei era di troppo in quella situazione. Lucy annuì, senza distogliere lo sguardo dal ragazzo che continuava a dormire.
Le occhiaie di Natsu erano evidenti perfino in quel momento, così come il suo essere irrequieto e preoccupato. Poco prima aveva mormorato il suo nome e Lucy non aveva potuto esimersi dall’arrossire leggermente, ma poi si era accorta del tono di voce del ragazzo e dall’espressione che aveva assunto. Qualunque fosse la cosa che sognava, non era niente di piacevole.
 
Riprese ad accarezzargli i capelli, nel tentativo di donargli quella calma che lui sembrava sempre pronto a dare a lei. Eppure… Lucy non poteva fare a meno di pensarci, quella mattina, ma c’era qualcosa di strano in quella situazione, anche se non riusciva a comprendere cosa fosse. Natsu era sempre stata una delle poche persone in grado di calmarla e rasserenarla, ma la calma che sentiva in quel momento era totalmente diversa da quella che aveva sentito durante il sogno, quando la voce dell’altro Natsu aveva urlato il suo nome. Nel suo sogno, quando aveva capito che lui era vicino, si era sentita al sicuro, in pace, davvero tranquilla, come non lo era in quel momento. Aveva passato la vita con la sensazione di essere sbagliata, di non essere al posto giusto e quella notte, nonostante il terrore, si era sentita davvero a casa. C’era qualcosa che non andava in lei?
 
Natsu sbuffò nel sonno, riportandola alla realtà e scacciando, momentaneamente, quella sensazione che sentiva nello stomaco. Riportò la sua attenzione su di lui, sulla linea della mascella, sulle labbra socchiuse che aveva sempre immaginato di poter baciare, sulle occhiaie che la fecero sentire in colpa e sugli occhi, che in quel momento la stavano fissando interrogativi. Lucy arrossì violentemente, colta sul fatto e tentò di distogliere lo guardo, ma il ragazzo si tirò a sedere, ancora mezzo intontito dal sonno.
 
-Mi sono addormentato.- la informò, come se lei non se ne fosse accorta, con la voce impastata. Lucy inarcò le sopracciglia e gli sorrise. Si sentiva ancora debole, ma sentiva anche un leggero calore nello stomaco e su lungo la gola. Natsu sbatté più volte le palpebre e si guardò intorno.
-Dov’è tua madre?- chiese, quando si rese conto che mancava qualcuno lì. Lucy indicò la porta. Il ragazzo si avvicinò all’improvviso, facendola arrossire violentemente.
-Siamo soli, quindi.- commentò, senza distogliere l’attenzione dal viso della ragazza.
-Lucy.- la chiamò, deciso. Aveva serrato i denti e stretto i pugni e la guardava come guardava le squadre più forti che affrontava: un misto di determinazione e sfida che le fece inarcare le sopracciglia dalla sorpresa.
-Dobbiamo parlare. Cioè, io devo parlare, tu devi ascoltare.- disse, dopo un secondo di silenzio. -Devo dirti una cosa. Devo dirtela da un po’, ma non ci sono mai riuscito e dopo la tua reazione a quello che hanno detto Gray e Gajeel l’altro giorno… Sto parlando troppo e io non sono bravo.-. Si passò una mano tra i capelli, tirandoli fin quasi a strapparli.
-Non sono bravo ad usare le parole, lo sai. Sei tu quella intelligente tra i due, ma…-. Natsu sbuffò e aprì e chiuse le mani più volte. Lucy gli sorrise, incoraggiante. Il suo cuore aveva accelerato i battiti, anche se una parte di lei cercava di riportarla con i piedi per terra e di strapparla all’eventuale delusione che avrebbe avuto. Non era certo che Natsu stesse per dichiararsi, anzi, probabilmente le stava per dire tutt’altro.
-Lucy, io mi sono…- si interruppe e le afferrò una mano, come se avesse paura che lei andasse via. -Mi sono innamorato di te.- disse tutto d’un fiato, arrossendo e distogliendo lo sguardo da lei. Il sorriso di Lucy si allargò maggiormente, mentre lei sentiva il cuore esplodere per la gioia di quel momento. Era da quando lo aveva conosciuto che non aspettava altro che quello. Le sfuggì una risatina dalle labbra e se ne stupì lei per prima: non credeva di essere in grado di parlare, quel giorno. Natsu la guardò con un misto di ansia, terrore e preoccupazione negli occhi.
-A…- la ragazza si schiarì la voce arrochita e riprovò: -Anche io.- riuscì a dire, seppur con tanta difficoltà. Il ragazzo le strinse la mano mentre un sorriso immenso gli illuminava il viso.
-Davvero?- soffiò, incredulo, avvicinandosi e poggiando la fronte su quella della ragazza. Lei annuì e gli strinse più forte la mano.
-Credevo che… se Zeref mi sveglia lo uccido.- brontolò e Lucy rise, senza staccarsi da lui.
 
Natsu le lanciò uno sguardo di sottecchi. Non riusciva a smettere di sorridere e sembrava che fosse lo stesso anche per lei.
-Ora puoi lasciarlo andare, Lucy.- disse il ragazzo. Lucy si tirò indietro, come se fosse stata scottata e lo guardò, sconcertata.
-Eh?- chiese. La voce le usciva ancora gracchiante e la ragazza tossì.
-Ho detto che ora puoi parlare. Che succede?-. Natsu la guardava stranito e Lucy scosse la testa.
-Niente. Mal di testa.- mentì, rapida, e si riavvicinò a lui, che le sorrise, non del tutto convinto.
-Vuoi uscire un po’ dalla stanza?- le chiese e le mise una mano sulla fronte.
-Andiamo giù.- disse lei e spostò le coperte, mostrandosi al ragazzo in pigiama. Nessuno dei due ci fece realmente caso, erano piuttosto abituati a quelle situazioni, ma stavolta Natsu le porse la vestaglia abbandonata i piedi del letto. Lucy lo guardò stranita. Una parte di lei sentiva che era strana questa reazione del ragazzo, che non si era mai mostrato così pudico come quel giorno, sorprendendola anche in situazioni più imbarazzanti. Come dimenticare quella volta in cui era entrato nello spogliatoio femminile, mentre lei e le sue compagne si stavano cambiando, solo perché quella mattina si era dimenticato di raccontarle ella sgridata che si era beccato il giorno prima?
 
Natsu si strinse nelle spalle, di fronte allo sguardo di lei.
-Non voglio che tuo padre mi picchi già per partito preso.- commentò e le aprì la porta, precedendola giù per le scale. Lucy sorrise, mentre la sensazione di straniamento, che aveva provato poco prima, svaniva senza lasciare quasi traccia.
-Siamo qui.- annunciò Natsu, aprendo le porte della cucina. Virgo, che stava mettendo la colazione su un vassoio per portarlo da lei, sollevò lo sguardo e strinse le mani l’una all’altra.
-Hime-san! Vi siete alzata! Sono così contenta che vorrei una punizione!- esclamò. Natsu sorrise allegro, pur essendo un po’ preoccupato per quelle strambe manie della cameriera, e si avvicinò al tavolo.
-Cosa si mangia?- chiese, proprio mentre entrava anche Layla, richiamata dalle esclamazioni di Virgo.
-Ehi, sei in piedi!- le disse e le si avvicinò. Lucy sorrise e strinse le mani della madre.
-Mi sto riprendendo.- disse, con ancora la voce un po’ roca. Se la schiarì per l’ennesima volta, cogliendo lo sguardo ancora preoccupato di Natsu, che si era girato a guardarla.
-Virgo vi stava portando da mangiare su, ma potreste restare qui, a questo punto.- propose Layla.
 
Era ancora spaventata da quello che era accaduto a sua figlia e le bastò scambiare un’occhiata con il ragazzo per sapere che neanche lui si era tranquillizzato.
 -Te la senti di raccontarci quello che è successo stanotte?- chiese Layla, gentilmente. Accompagnò la figlia al tavolo per la colazione e si sedette accanto a lei. Virgo, intanto, si era dileguata, dopo aver lasciato del latte caldo e un dolce al cioccolato, immediatamente attaccato da Natsu.
-Ho fatto un sogno. Un altro di quei sogni che faccio tutte le notti, ma stavolta…-. Lucy si interruppe, cercando di mettere insieme quello che aveva visto nel sogno. Era diventato tutto abbastanza confuso rispetto a quella mattina. Quello che le era chiaro era la sensazione di dolore e straniamento che aveva percepito, oltre alla stanchezza che l’aveva privata di tutte le forze. Natsu smise di mangiare, rivolgendole uno sguardo al di sopra della tazza che aveva preso. Layla gli scoccò un’occhiata preoccupata.
-Che è successo questa volta?- chiese la donna e strinse con forza la mano della figlia.
-È stato più duro del solito. Era così reale e… non lo so, mi sono sentita all’improvviso privata di tutta la mia forza.- concluse la ragazza, mentre si lasciava condurre dalla madre verso il tavolo.
-Non mi piace per niente questa situazione.- commentò la donna, sedendosi proprio accanto a lei. Natsu posò la tazza sul tavolo, richiamando involontariamente l’attenzione delle due.
Si grattò la testa, imbarazzato, e fece il suo più bel sorriso allegro.
-Scusate!- disse. Layla sorrise e abbassò lo sguardo sulle mani della figlia che ancora tremavano leggermente.
-No, hai ragione. Lucy, dovresti mangiare qualcosa. Ne parliamo con tuo padre quando torna.-. Lucy annuì e fece per prendere il bicchiere davanti a lei, quando una voce la gelò sul posto.
 
Questa è la tua vita, Lucy. Guarda a cosa stai rinunciando.
La voce era suadente, seducente, ben diversa da quella che popolava i suoi incubi, ma altrettanto spaventosa. Era la voce di una donna che era sicura di non conoscere. Rimase immobile, con il braccio a mezz’aria e lo sguardo perso nel vuoto. Sentiva di nuovo quel cupo terrore, che popolava di solito le sue notti, invaderle il petto.
-Lucy!- la voce di Natsu la riportò alla realtà e si rese conto di essersi immobilizzata con il braccio a mezz’aria e lo sguardo perso nel vuoto.
-Lucy!- sua madre si era aggrappata alla sua vestaglia e la guardava spaventata. Lucy sbatté le palpebre un paio di volte, per tornare in sé e poi si sforzò di sorridere.
-Scusate, ho avuto una fitta alla testa.- mentì, cercando di essere il più convincente possibile. Natsu, che era in piedi dall’altra parte del tavolo, fece il giro e si sedette sui talloni, proprio accanto a lei. la stava scrutando, con uno sguardo così preoccupato da farla sentire in colpa e felice al tempo stesso.
-Non stai per niente bene, Lucy. Dovresti tornare a letto.- le disse, deciso. Layla annuì, concorde.
-No, davvero! Ho solo bisogno di un po’ d’aria.- replicò Lucy, con il suo sorriso più rassicurante.
-Non starai mai bene se non accetti che questa è la tua vita.- le disse la madre. Lucy sbiancò e strinse forte i pugni.
-Cosa?- si sforzò di chiedere, quasi senza fiato.
-Ho detto che devi imparare ad accettare che stai male per poter guarire. Ti devi rendere conto delle tue difficoltà, altrimenti come farai ad affrontarle?- rispose la madre, sempre più preoccupata. Lucy riprese a respirare con calma. Erano solo gli strascichi del sogno, niente di più. Doveva solo calmarsi.
-Scusa, avevo capito male.- si giustificò.
 
Natsu strinse la mascella e in un rapido scatto se la caricò sulle spalle.
-Andiamo su.- disse soltanto, avviandosi verso le scale, ignorando le proteste della ragazza. Layla prese un vassoio con il succo e la torta preferita dalla figlia e li seguì. Avrebbero aspettato Jude di sopra. L’uomo l’aveva chiamata poco prima e le aveva detto di aver incontrato un medico estremamente bravo che si diceva esperto nella patologia della figlia. Layla lo sperava davvero, perché era un dolore continuo vederla in quello stato.
-Non c’era bisogno.- brontolò Lucy, dopo essersi messa a letto. Lanciò uno sguardo minaccioso a Natsu che si era avvicinato e incrociò le braccia sotto al seno.
-Tesoro, siamo solo preoccupati per te.- le fece notare Layla che riuscì a mettersi seduta accanto alla figlia e a poggiarle il vassoio sulle gambe. La ragazza non riuscì a mantenere l’espressione minacciosa anche con la madre, ma non sciolse comunque l’intreccio delle sue braccia. Natsu sbuffò e si appoggiò al muro con la schiena.
 
Lucy gli scoccò un altro sguardo risentito, ma non riuscì a mantenere a lungo il suo cipiglio arrabbiato. Natsu era palesemente spaventato da quello che le stava accadendo e da una parte lei non poteva dargli torto. Era preoccupata anche lei e aveva avuto paura ogni volta che erano andati da qualche medico. Qualsiasi cosa fosse quello che le stava accadendo, non poteva essere niente di bello o piacevole. Layla le accarezzò il braccio e le sorrise, rassicurante. La ragazza annuì, capendo al volo quello che le voleva dire la madre e sorrise al ragazzo. Lui si avvicinò e si sedette in terra, con la schiena appoggiata al comodino.
 
Natsu prese un respiro profondo, deciso a rompere quel muro di tensione e silenzio che si era creato. A lui non piaceva il silenzio.
-Ieri Zeref ha passato tutto il pomeriggio al telefono.- buttò lì, con uno sguardo furbo. Lucy spalancò gli occhi e sorrise allegra.
-Hai indagato, spero.-. Layla inarcò un sopracciglio e scosse la testa. Aveva capito quello che stava cercando di fare Natsu e gliene era grata, ma non riusciva comunque a rilassarsi.
-Ovviamente! Gli ho rubato il telefono mentre era sotto la doccia.- continuò a raccontare Natsu, soddisfatto di sé.
-E che hai trovato?-. Lucy era curiosa. Non si aspettava certo quel risvolto nella vita di Zeref, che di solito era estremamente solitario e non sembrava interessato ad aver alcun tipo di relazione.
-Pare che si senta regolarmente con una certa Mavis. Dovresti leggere i messaggi che si mandano! Zeref è così sfacciato!- esclamò il ragazzo e cercò la mano di Lucy, stringendola piano. -L’ha contattata per chiederle l’orario delle lezioni.-
-Aspetta! Zeref?! Ma se sa perfino l’orario delle tue di lezioni!- lo interruppe Lucy, completamente presa dal racconto. Layla sorrise, dolcemente. Si sentiva un po’ di troppo tra loro due, ma non aveva la forza di allontanarsi da lì. Non riusciva a lasciare il letto della figlia. Aveva un brutto presentimento.
-Eh! Appunto! Era solo una scusa. Non pensavo che sarebbe stato così deciso.- esclamò ancora Natsu.
-E poi? Che altro le ha detto?-
-Le ha chiesto di prendere un caffè insieme per ringraziarla “per il suo prezioso aiuto”. Le diceva che non avrebbe saputo come fare se lei non gli avesse risposto!-. Natsu mosse la mano libera per fare le virgolette in aria, nel citare quello che suo fratello aveva scritto nel messaggio.
-E poi niente, a quanto pare l’appuntamento è andato bene e ora si sentono e si vedono spesso.- concluse, tagliando corto. Non voleva davvero raccontare a Lucy tutto quello che aveva letto e che lo faceva arrossire ancora.
 
Lucy stava per chiedergli altri dettagli, quando il rumore della porta che sbatteva li fece irrigidire tutti. Da sopra riuscirono a sentire la voce di Jude che spiegava qualcosa a qualcuno e sentirono i passi di due persone su per le scale. La porta della camera di Lucy si aprì senza alcun riguardo e suo padre entrò preoccupato e si fiondò ad abbracciare la ragazza.
-Ho trovato un dottore bravo. Stavolta ci saprà dire qualcosa, Lucy. Me lo sento. Stavolta riuscirai a lasciarlo andare.- le sussurrò in un orecchio, rassicurante. Lucy, che aveva sentito il cuore aumentare il proprio battito non appena aveva capito chi fosse entrato in casa, si irrigidì, ma non ebbe il tempo di chiedere spiegazioni, perché l’uomo la lasciò andare. Natsu si alzò da terra e si appoggiò al muro di fronte al suo letto, mentre Layla stringeva la mano del medico che era entrato insieme a suo padre.
-Buongiorno, signora. Signorina.- salutò quest’ultimo, con un cenno del capo verso la ragazza. Lucy trattenne il fiato, mentre una strana consapevolezza le ghiacciò il sangue nelle vene. Quella voce, quella figura… non poteva, semplicemente si rifiutava di pensarlo. Non riuscì a dire nulla, ma per sua fortuna, i suoi genitori attribuirono la sua rigidità all’ansia di una ulteriore visita.
-Che ci fai qui, tu? Non dovresti stare a scuola?- chiese, nel frattempo, Jude, lanciando uno sguardo storto a Natsu.
-Sono venuto ad aiutare Lucy.- si giustificò il ragazzo. La bocca del medico si piegò in un sorrisetto allusivo.
-C’era già mia moglie qui, per lei.- brontolò ancora il padre di Lucy.
 
Layla scosse la testa e sorrise di fronte alla più che evidente gelosia dell’uomo. Natsu aveva aperto la bocca per replicare, ma venne anticipato dal medico.
-Dovreste uscire tutti, se non vi dispiace. Dovrei parlare da solo con Lucy.- disse, con un sorriso dolce e rassicurante. Lucy si irrigidì maggiormente e lanciò uno sguardo implorante a Natsu che, stranamente, colse il messaggio.
-Preferirei restare, grazie.- disse, infatti, andando ad occupare il posto di Layla che si era già alzata ed aveva aperto la porta.
-Temo che non sia possibile. Non credo che a Lucy farebbe piacere se tu la vedessi nuda.- commentò ancora il dottore. Natsu arrossì furiosamente, sotto lo sguardo perplesso di Lucy. Da quando arrossiva? L’aveva già vista nuda… ma quando? La ragazza sbatté le palpebre, cercando di liberare il cervello dalla nebbia che lo aveva avvolto per qualche istante.
-Muoviti! Uscirai prima di me!- esclamò Jude, piuttosto nervoso al solo pensiero che Natsu potesse vedere la sua bambina senza vestiti. Layla si lasciò sfuggire una risatina e si appoggiò al braccio del ragazzo che aveva sbuffato, ma si era alzato lo stesso.
 
Lucy si ritrovò ben presto da sola con il dottore che le sorrise. La sensazione di disagio non era passata per niente, per questo la ragazza provò a dire qualcosa.
-Mi scusi, credo di non ricordare il suo nome.- iniziò, tanto per riempire il silenzio che si era venuto a creare. L’uomo la guardava fisso e non sembrava voler fare nulla.
-Non l’ho detto.- si limitò a rispondere, continuando a fissarla in quel modo inquietante. Lucy deglutì, mentre un leggero mal di testa iniziava a farsi largo tra le tempie.
-Lei… mio padre ha detto che lei è un esperto di quello che mi sta accadendo.- commentò e strinse le coperte tra le dita.
-Oh sì, io so perfettamente che cosa c’è che non va.- le disse l’uomo. Lucy respirò a fondo, cercando di concentrarsi e aprì la bocca per chiedere spiegazioni, ma non riuscì a fare nulla perché si ritrovò schiacciata contro il materasso.
-Liberati da questo dolore. Lascialo andare!- disse l’uomo, stringendole le spalle e bloccandola a letto. Lucy boccheggiò per qualche secondo, ma poi le tornò la voce e urlò con quanto fiato aveva in gola.
-Questa è l’unica vita che vuoi vivere! È questa la realtà che stavi cercando!- le urlò il medico.
 
La porta si aprì violentemente e Natsu, suo padre e sua madre entrarono nella stanza.
-Natsu! Natsu, aiutami!- urlò Lucy, puntando gli occhi su di lui. Le sue fiamme avrebbero allontanato quell’uomo e lei sarebbe stata libera, di nuovo. Fu quindi con un certo orrore che vide il ragazzo affiancarsi al medico e appoggiarle le mani sulla fronte.
-Lucy, questo è quello che sei! Sconfiggi i tuoi demoni. Rimani con me.- le disse. Lei sentì gli occhi riempirsi di lacrime e le forze lasciarla, soprattutto quando i suoi genitori le si avvicinarono.
-Amore, perché vuoi andare via? Ci vuoi abbandonare di nuovo?- le chiese la madre, piangendo.
-Lucy, non andare di nuovo di là. Quella non è la tua vita, noi siamo qui. Noi ti vogliamo bene.- disse suo padre. La ragazza sentì un dolore tremendo alle gambe e le sfuggì un singhiozzo. La presa sulle sue spalle si fece ancora più forte.
-NO! NATSU!- urlò con tutta la forza che le era rimasta.
-Sono qui, sono con te. Ti amo, Lucy!- le disse lui. La ragazza spalancò gli occhi e smise di lottare.
 
Il dottore allentò la presa su di lei. Violenta, la certezza si abbatté sulla mente di Lucy che scoppiò a ridere, tra le lacrime. Si sentiva così sciocca! Un’idiota che aveva avuto la realtà sempre sotto il naso, ma non era stata in grado di vederla. Quello non era il suo Natsu ed ora ne era più che sicura. La sensazione di disagio che sentiva alla bocca dello stomaco aumentò all’improvviso e altrettanto rapidamente si placò, mentre i ricordi le tornavano alla mente.
Il dottore strinse di nuovo la presa sulle sue spalle, Natsu e i suoi genitori urlarono la loro disperazione, ma ormai la vista della ragazza era completamente sfocata e lei non riusciva neanche più a distinguerli. Vedeva solo quello che la sua mente aveva cercato di mandarle in sogno per tutto quel tempo.
 
 
-Siamo sotto attacco, dobbiamo evacuare la città.- aveva detto Makarov, quella sera. Erano andati via da poco dalla gilda, quando erano stati richiamati dai rumori che avevano sentito ai confini della città. Natsu, Gajeel, Wendy e Laxus erano stati i primi a sentire che qualcosa stava cambiando e si erano precipitati alla gilda per capire cosa stesse accadendo. Lei aveva seguito Natsu, come sempre, mentre Happy, che era stato mandato a chiamare tutti gli altri componenti di Fairy Tail, li aveva raggiunti poco dopo.
Erza, con un cipiglio particolarmente preoccupato in volto, aveva alzato lo sguardo ed aveva incontrato gli occhi di Levy che la fissavano, curiosi.
-Credo di sapere qualcosa.- aveva annunciato, ma era stata interrotta da Laxus.
-C’è tempo per le spiegazioni. Freed non potrà trattenerli ancora a lungo, la barriera sta per cedere.- aveva detto, lanciando uno sguardo al suo compagno di team, che aveva, in effetti, un aspetto tremendo e si reggeva in piedi a malapena.
-Levy, tu, Bisca e Alzack vi occuperete del piano di evacuazione. Happy e Charle, invece, dovranno andare a cercare rinforzi dalle altre gilde.- aveva ordinato il Master.
-Non c’è bisogno delle altre gilde! Bastiamo noi!- si era ribellato Natsu. Era stato così silenzioso, fino a quel momento, che si erano quasi dimenticati della sua presenza.
-Non senti il loro potere magico?- gli aveva fatto notare Lucy, guardando male.
 
Natsu, che era seduto accanto a lei da quando erano arrivati lì, le aveva sorriso.
-Tranquilla, Lucy. Non possono competere con il nostro team.- aveva detto, nel tentativo di rassicurarla. -E poi abbiamo anche il metal… dove è finito il metallaro?- aveva chiesto a quel punto, distogliendo la sua attenzione dalla ragazza.
-A casa con il bambino.-. Levy appariva ancora più preoccupata di Lucy. Aveva capito che Erza sapeva qualcosa di importante e che forse quella volta sarebbe stata veramente dura.
-Happy e Charle andranno a chiedere aiuto a Sabertooth e a Lamia Scale.- aveva ripetuto Makarov, ignorando l’interruzione di Natsu.
-Ha ragione Natsu, non c’è bisogno di chiamare Lyon.- aveva commentato Gray.
-Non è veramente il momento di fare i gelosi, voi due.- li aveva ripresi Laxus. Natsu aveva sbuffato contrariato.
-Non sono geloso.- aveva borbottato, ma era stato ignorato dall’altro ragazzo. Gray, rimasto zitto per decenza personale, aveva scoccato uno sguardo scettico al suo miglior nemico. Lo avevano notato tutti che Natsu era più nervoso che mai da quando aveva scoperto che Sting contattava spesso Lucy.
 
Mirajane aveva sorriso e si era avvicinata al ragazzo, mettendogli una mano sulla spalla.
-Oh, Natsu, tranquillo. Quelli di Sabertooth sono solo amici.- gli aveva fatto notare. Lucy aveva inarcato un sopracciglio, abbastanza confusa da quella conversazione e dall’espressione imbarazzata di Natsu, che era arrossito. Happy aveva ridacchiato.
-Ti pia…- aveva iniziato a dire, ma era stato brutalmente interrotto da Erza che lo aveva afferrato per la coda e gli aveva tappato la bocca.
-Ho qualcosa da dire.- aveva annunciato. Makarov l’aveva guardata serio e aveva  annuito, come per dirle che poteva prendere la parola. Freed, però, si era lasciato sfuggire un gemito.
-La barriera… è stata distrutta.- aveva ansimato, accasciandosi al suolo. Wendy gli fu accanto rapidamente, insieme a Bixlow. Makarov aveva scambiato uno sguardo con il nipote che appariva estremamente preoccupato.
-Andiamo.- aveva detto Levy e aveva lanciato uno sguardo a Bisca e Alzack, che avevano annuito, trascinandosi dietro Asuka.
-Portiamo le persone sulla montagna, evitate di arrivare lì.- li aveva avvisati Bisca. Li aveva guardati tutti, uno per uno, i suoi compagni di gilda. Una sensazione di gelo si era impossessata di lei, ma aveva sorriso lo stesso.
 
Anche Levy si era fermata accanto a lei e aveva guardato i suoi amici: Jet e Droy avevano la stessa espressione risoluta, ma le avevano sorriso quando aveva incrociato il loro sguardo; Makarov mordeva la pipa con forza, più preoccupato di quanto avesse dato a vedere; Bixlow era chino su Freed che si stava riprendendo, mentre Wendy si stava alzando per raggiungere Erza; quest’ultima aveva lo sguardo puntato su Natsu che a sua volta fissava Lucy, come se volesse dirle qualcosa. La sua migliore amica si stava mordendo il labbro inferiore e guardava in terra. Stava pensando a qualcosa o forse stava cercando di capire chi avessero di fronte, solo analizzando i poteri che si percepivano. Gray si era avvicinato a Juvia, che gli aveva preso la mano, spaventata. Erano tutti terrorizzati da quel poco che riuscivano a percepire e la scripter non poteva dar loro torto. Aveva  pregato silenziosamente di rivederli tutti vivi.
 
Alzack aveva sollevato l’indice e il pollice della mano destra, in segno di salute, e tutti i compagni avevano risposto, lasciandosi andare ad un urlo liberatorio.
-Combattiamo!-
-Sono tutto un fuoco!-
 
 
Lucy sentì chiaramente l’odore di cenere, il dolore, il sudore e la paura. Aprì gli occhi sul nero del cielo, non rischiarato dalle stelle, che erano coperte dal fumo nero che si alzava tutto intorno.
La ragazza provò a tirarsi su, ma l’unica cosa che le riuscì fu un gemito a fior di labbra.
Hai perso la tua occasione, ragazzina. La tua morte sarà dolorosa.
La voce nella testa non l’aveva ancora abbandonata e le aggredì il cervello.
La tua morte lo sveglierà. La tua morte libererà E.N.D. dalla sua gabbia.
Un’improvvisa sensazione di gelo le bloccò anche quel poco fiato che riusciva ancora ad incamerare. Non era possibile.
E.N.D. è morto.
Riuscì a pensare solo quelle tre parole. La sua mente intorpidita non riusciva a tirare fuori altro. Sentì una risata nel suo cervello e vide delle immagini. Immagini di Natsu che perdeva il controllo durante la missione dei cento anni e che stava per perdere il controllo anche in quel momento, da qualche parte, lì vicino.
 
NATSU!
Urlò nella sua mente, l’unico altro pensiero di senso compiuto in grado di avere. Di nuovo quella risata coprì tutto il resto, mentre immagini di quello che volevano fare a Natsu le venivano impresse a fuoco nel cervello.
Gli strapperemo la pelle, ruberemo il suo sangue e tutto il suo potere. Deve solo tirarlo fuori e poi sarà nostro.
Lucy non riuscì a replicare a quelle parole, perché un forte dolore a tutto il corpo la fece urlare come mai aveva fatto nella sua vita. Sentiva tanti aghi entrarle nella pelle e tutte le lame più affilate strapparle i muscoli dalle ossa. Tenaglie di ferro, poi, le frantumavano le ossa, una per una, mentre qualcosa le infiammava il cervello. Natsu a terra, prostrato e distrutto per colpa sua, privato della sua unica ragione di vita, del suo potere… questo le faceva quasi più male del dolore fisico.
E lei non riusciva a fare altro che urlare. Il cervello non mandava impulsi, troppo concentrato a sentire il dolore, ma anche se ci fosse riuscito, i suoi muscoli non sarebbero stati in grado di rispondere.
 
L’urlo di Natsu pose fine a quella tortura e Lucy riuscì a riprendere un po’ di fiato. Non poteva ancora muoversi e poteva a malapena parlare, ma riusciva a vederlo. Era in piedi, davanti a lei, avvolto dal suo fuoco. Era arrabbiato ed era spaventoso da vedere. Ringhiava, quasi, e stava per perdere il controllo, ma quella volta Lucy non sarebbe riuscita a fermarlo. Sperava solo di non vederlo distruggere tutti loro insieme ai nemici.
Lui si voltò a guardarla e la ragazza poté vedere un mare di promesse in quegli occhi preoccupati.
Sono qui, ti aspetto.
Di solito si arrabbiava all’idea di doversi far salvare sempre da lui, di dover dipendere sempre da Natsu e di non essere brava abbastanza, ma quel giorno non le importava. Voleva solo sorridergli ed eliminare quella preoccupazione che vedeva nei suoi occhi.
Sto bene, Natsu.
 
 
 
 
NOTE:
Ed eccoci qua, con il quarto capitolo. Ne mancano un paio alla fine, più o meno. Ok, questo è il capitolo che mi ha fatto penare di più, perché non avevo proprio idee, non sapevo e tirare ancora per le lunghe la storia dell’universo alternativo o se troncarla qui e ho scelto la seconda opzione, ma non sono per niente convinta, perché mi sembra comunque che sia avvenuto tutto troppo velocemente.
Allora, cosa dire? Qui tutti i nodi vengono al pettine e si scopre che cosa sta succedendo. Niente di troppo originale, lo so, ma mi piaceva l’idea di un mago in grado di creare delle illusioni, dei mondi perfetti che fossero capaci di rubare l’energia vitale delle vittime. Non so se si è capito dal testo, ma Lucy non riesce a muoversi perché quella realtà parallela le sta rubando la vita e l’energia; lo scopo ultimo era quello di farla morire convinta di essere nel mondo perfetto. La mente di Lucy non è riuscita a piegarsi a questa idea e si è ribellata, mandandole sogni e visioni della vera realtà.
Credo di aver fatto un casino con i tempi verbali, in particolare nella parte in corsivo, ma, a mia discolpa, posso dire di aver scritto il capitolo in più giorni non consecutivi e di averlo riletto ora, alle 2:20 di notte. Non sono così lucida da capire quanto sia grave il disastro fatto.
Penso di non avere altro da dirvi, spero che il capitolo vi sia piaciuto più di quanto sia piaciuto a me.
Un bacio!
 
 
 
 
 

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Capitolo 5
*** V. Solo Natsu ***


Un urlo le fece aprire gli occhi e lo vide, davanti a lei, in piedi e arso di quelle fiamme che a lei facevano paura. Le fiamme di E.N.D., quelle di Ignia, erano in grado di svegliare la parte bestiale di lui, quella che di solito lei riusciva a calmare. Natsu era lì, arrabbiato come lei mai l’aveva visto.
-Tu!-. Un ringhio, non un urlo, era quello che era uscito dalla gola del ragazzo, che stava fronteggiando quell’uomo, quello che l’aveva scagliata lontano e che l’aveva incantata. Gli occhi di quell’uomo si soffermarono su Natsu, ignorando lei per la prima volta da quando era iniziata la guerra.
-Salamander. Quale onore uccidere il fratello di Zeref.- commentò l’altro, perfettamente calmo.
 
Le fiamme di Natsu sembravano dotate di vita propria e Lucy si ritrovò quasi incantata a guardarlo. Voleva parlare, alzarsi e fronteggiare il pericolo con lui, come aveva sempre fatto. Non ci riusciva, il suo corpo non rispondeva ai suoi ordini. Era davvero una bambola spezzata e non poteva fare altro che guardare Natsu.
-Hai fatto del male ai miei amici, hai fatto del male a Lucy. Sono io che devo ucciderti.- urlò il ragazzo, caricando il pugno contro il nemico. L’uomo si limitò a fare un sorrisetto e a muovere la mano destra: come era accaduto con le frecce di Lucy, anche le fiamme di Natsu sparirono prima di raggiungerlo. Peccato che comunque il ragazzo non fermò la sua avanzata. Non gli importava di avere o meno le fiamme, lo avrebbe colpito lo stesso. Lui aveva ferito Lucy, aveva scatenato una guerra contro i suoi compagni e aveva distrutto la gilda. L’istinto di ucciderlo era forte, troppo forte, non era da lui, ma non gli importava nemmeno di questo. L’unica cosa che contava era Lucy, dietro di lui, immobile in maniera innaturale.
 
Non gli aveva risposto quando l’aveva chiamata ed era successo di nuovo, come contro Dimaria. Lei era di nuovo immobile, al suolo, e lui non riusciva ad accettarlo. Non ci era riuscito prima e non ci sarebbe riuscito nemmeno adesso. Lucy morta era qualcosa che la sua mente non afferrava. Un buco nel petto, lì dove dovrebbe esserci il cuore, era l’unica cosa che riusciva a focalizzare. La sua morte non poteva essere colmata e il buco sarebbe rimasto lì, per l’eternità sanguinante e dolorante.
Le sue fiamme erano intrise da quel dolore che ogni singola pulsazione gli riversava addosso. Ogni respiro era una stilettata, ogni respiro gli ricordava che lei non ne avrebbe avuti più. E non gli importava più di niente se non di raggiungere quel corpo e crollare su lei, confessarle quello che per troppo tempo non le aveva detto. A che serviva dirle qualcosa che era così evidente? Ora aveva la risposta. Ed era un idiota perché lo aveva capito quando ormai non serviva più a nessuno, a lui in primis.
 
L’uomo lo scaraventò lontano, senza muovere nemmeno un muscolo. Natsu sbatté contro qualcuno e caddero entrambi in terra.
-Salamander, idiota! Che stai combinando?- urlò la persona sotto di lui, schiacciata dal suo peso tutt’altro che leggero. Natsu scattò in piedi, senza chiedere nemmeno scusa. Non aveva sentito niente, perché niente era paragonabile a quel dolore che gli stava già squarciando il petto. Quell’uomo si stava avvicinando di nuovo alla sua Lucy.
 
-Vattene a casa, ferraglia! Non è un posto per padri, questo.- ringhiò contro Gajeel che aveva attutito la sua caduta. Gajeel prese fiato per rispondere per le rime a quel fiammifero, ma vide la sua faccia, i suoi occhi e sentì uno stano senso di paura nei confronti di quello che era, di fatto, un membro della sua famiglia, anche se non glielo avrebbe mai detto e lo avrebbe negato in ogni modo.
 
-Che è successo?- chiese stupidamente. Infatti, perfino Natsu trovò il tempo di voltarsi a guardarlo scettico. Insomma, c’era una guerra, stavano combattendo tutti e stavano anche miseramente perdendo. Stava succedendo di tutto.
-Ti si è arrugginito il cervello.-. E Natsu fece un sorriso amaro, che non gli illuminò lo sguardo, ma lo rese, se possibile, ancora più cupo. Non perse altro tempo, però, e, sotto lo sguardo preoccupato di Gajeel, si lanciò di nuovo contro il suo avversario che torreggiava su una figura in terra.
 
Non ci volle molto al dragon slayer di ferro per capire che il motivo di quello sguardo era la persona accasciata in terra. Ancora meno ci mise per capire chi fosse. Era talmente ovvio e lui era talmente stupido. In un lampo seguì il suo rivale di sempre, perché anche la Bunny Girl era una di famiglia e non l’avrebbe abbandonata.
 
 
Laxus aveva abbandonato la maglietta da qualche parte, insieme al cappotto che indossava sempre. I suoi vestiti erano a brandelli e tutti i suoi organi urlavano pietà per il trattamento a cui li stava sottoponendo. Aveva bisogno di riposarsi, ma non poteva. Doveva difendere la gilda, i suoi amici, suo nonno… tutti. Non stava andando per niente bene e ne era consapevole. Stava pensando di lanciare il Fairy Law, ma nelle sue condizioni e con quell’esercito così vasto non sarebbe bastato e lui sarebbe stato messo fuori gioco proprio nel momento in cui serviva di più.
 
Non era abbastanza forte, non lo era mai stato e non poteva permettersi di arrendersi, né in quel momento né in ogni altro momento della sua vita. Doveva restare lì, su quel campo di battaglia, tra le fiamme nere che avvolgevano la città. Fiamme di cui Natsu non era il responsabile, per una volta. Paradossalmente quel fuoco non aveva nulla del calore di quello del ragazzo. Non c’erano sentimenti. Erano fiamme aride come il cuore di chi le aveva evocate.
 
Il suo sguardo passò oltre le rovine della chiesa che aveva davanti, oltre i corpi dei soldati e si fermò lì dove vedeva Wendy alle prese con un mago molto più forte di lei. Laxus rabbrividì. Percepiva il suo potere magico anche da quella distanza. Era troppo per una ragazzina come Wendy e toccava a lui fare qualcosa. Si mosse rapido verso di lei, accorgendosi, passo dopo passo che lei aveva attivato la dragon force e che, nonostante questo, era in svantaggio enorme. Riuscì a colpire l’avversario con un fulmine un secondo prima che lui colpisse la ragazzina, che si voltò a guardarlo.
 
-Dov’è il tuo gatto, ragazzina?- chiese, affiancandola. Wendy stava combattendo da sola e nessuna persona al mondo avrebbe dovuto lasciarla da sola; era troppo piccola per affrontare tutto quello.
-Charle e Happy sono andati a reclutare aiuto. Le comunicazioni via Lacrima hanno smesso di funzionare quando ci hanno attaccato.- rispose lei, piuttosto stranita dalla domanda. Laxus non poteva che essere d’accordo con lei. Anche lui si era stupito: non era la prima cosa a cui qualcuno avrebbe pensato in quella circostanza, ma non era riuscito a farne a meno. Era strano, per lui, vederla senza la sua costante ombra, la sua gatta bianca, sempre pronta a sacrificarsi e sempre pungente e sarcastica. Gli stava dannatamente simpatica.
 
-Siete piuttosto sicuri di voi stessi per mettervi a chiacchierare nel bel mezzo di una guerra.- li richiamò quell’uomo e Laxus aggrottò le sopracciglia. Conosceva quella voce, fin troppo bene. Si mise in guardia, pronto ad attaccare con tutte le sue forze, ma Wendy gli toccò il braccio con una mano.
-Da solo non ce la farai, Laxus-san. Dobbiamo cercare di unire le nostre forze.- gli disse, senza distogliere lo sguardo dall’uomo davanti a loro, che continuava a nascondere il viso con una maschera. Eppure, a Laxus quella sensazione sembrava familiare.
 
-Sono nelle tue mani, ragazzina.- commentò distrattamente. Chi era? Perché lo conosceva?
-Sei la vergogna della tua famiglia. Farti aiutare da una mocciosa.- sputò quello tra i denti e Laxus improvvisamente capì. Conosceva quell’uomo e anche troppo bene e non era possibile che fosse lì. Ne avevano perse le tracce qualche anno prima e lui personalmente pensava si fosse ritirato e arreso. Evidentemente aveva fatto male i suoi conti.
 
-Che ci fai tu qui?- domandò, sentendo la rabbia scorrere sotto la pelle e l’aria caricarsi di elettricità.
-Sono venuto a prendere quello che è mio di diritto.- rispose l’altro, togliendosi la maschera dal volto. Ivan Dreyar, suo padre, mostrò il suo brutto ghigno al figlio.
-Non c’è più Lumen Histoire. È stata distrutta.- gli disse. Una parte della mente di Laxus era impegnata a cercare di capire come avesse fatto il padre a diventare così forte: durante i Grandi Giochi della Magia lui era riuscito a sconfiggerlo piuttosto facilmente, nonostante ci fosse una certa disparità data dal fatto che suo padre lo aveva attaccato anche con tutti gli altri componenti della gilda. Ora, però, era strano. C’era qualcosa di diverso in lui e questo gli faceva venire i brividi.
 
Quell’uomo non meritava perdono ed era arrivato finalmente a capirlo anche lui. Suo nonno aveva fatto bene ad esiliarlo e a non chiedergli più di tornare. Anche Laxus era stata cacciato dalla gilda, aveva dovuto affrontare il mondo da solo e aveva visto cosa c’era fuori da lì, ma aveva imparato da quel tremendo periodo. La solitudine, che pure faceva ancora finta di amare e cercare, era riuscita a mostrargli la strada per la vera forza e la verità su se stesso che per anni aveva ignorato: lui era debole, tanto debole, per quello doveva difendere la sua gilda.
 
-Lumen Histoire è storia vecchia. A me spetta il mondo e me lo prenderò. Tu e quel bastardo di tuo nonno non potrete fermarmi questa volta. Il risveglio sta arrivando e finalmente vedrete quanto sia stata effimera la vostra vittoria.- replicò, mellifluo, allargando le braccia verso l’esterno.
-Arriva.- urlò Laxus, slanciandosi in avanti.
-Arms! Armor!- recitò Wendy in direzione dell’altro dragon slayer. –Sono incantesimi di potenziamento, Laxus-san!-.
 
Laxus caricò un pugno con tutta la forza che gli era rimasta e scoprì che gli incantesimi di Wendy erano davvero eccezionali. Suo padre evitò facilmente il colpo e gli lanciò contro una colonna d’acqua nera come la notte. Il ragazzo riuscì a buttarsi di lato prima di essere colpito. Da quando suo padre padroneggiava la magia dell’acqua? Il ghigno di Ivan si allargò.
-Credi ancora di potermi battere?- chiese, beffardo. Laxus digrignò i denti, ma non lo degnò di una risposta. Gli avrebbe mostrato la sua superiorità in campo e sì, lo avrebbe sconfitto. Si fermò e guardò la posizione del padre, alla ricerca di punti deboli. C’era sempre un punto debole. Dietro di lui sentiva Wendy borbottare altri incantesimi di supporto. Era una ragazzina in gamba, quella, si ritrovò a pensare.
-Sei già stanco?- lo sbeffeggiò ancora Ivan e Laxus si costrinse a fare un sorriso rilassato e arrogante. Uno di quelli in grado di far ribollire il sangue al nonno.
 
-Sei tu il vecchio, tra di noi.- lo sfidò. Sapeva che stava tirando la corda e che non era saggio far arrabbiare qualcuno di cui non si conosce la vera forza, ma non poteva farne a meno.
–Hai già miseramente perso contro di me, una volta.- gli ricordò, anche, gioendo internamente quando vide la rabbia brillare nei suoi occhi. Si scrocchiò le dita e allargò il suo sorriso arrogante. Wendy, stavolta, gli si mise accanto, con un’espressione così risoluta che lui non riuscì a dirle nulla per dissuaderla. Avrebbero combattuto fianco a fianco e sconfitto quell’uomo.
 
 
Juvia stringeva la mano di Gray. Dopo quell’esplosione di potere che aveva cristallizzato due dei tre maghi che avevano combattuto contro di loro e dopo che lei aveva atterrato il terzo, la ragazza aveva portato Gray al riparo e cercava di farlo riprendere. Il ragazzo aveva gli occhi chiusi, ma respirava ancora. Sembrava solo molto debole ed era ferito. Juvia era estremamente preoccupata per lui e non riusciva a staccarsi dal suo fianco. Sapeva di dover andare ad aiutare qualcuno, ma era più forte di lei. Non avrebbe mai abbandonato Gray-sama.
 
-Gray-sama…- mormorò, accarezzandogli il volto, cercando di pulirlo dalla cenere e dal sudore, ma ottenendo di sporcarlo ancora di più. Le urla intorno a lei le fecero drizzare i capelli sulla nuca. Conosceva quella voce, era Lucy. Urlava come se le stessero strappando gli organi interni a mani nude. Urlava più forte di come aveva fatto poco prima Gray.
Basta! Lasciatela stare! Lasciatela stare! Uccidetela! Datele pace!
 
Si tappò le orecchie con le mani, mentre lacrime copiose le bagnavano le guance. Non riusciva più a sopportare tutto quel dolore. Lucy, la sua amica, la sua rivale in amore preferita, non poteva soffrire così. Non era giusto. Un altro urlo riuscì a superare la barriera delle mani di Juvia e stavolta non si trattava di un suono inarticolato, ma di parole ben precise che il suo cervello ci mise tempo ad elaborare. Era Natsu quello che urlava. Quello ancora in piedi.
 
-Sono io il tuo avversario!- urlò il ragazzo. E Juvia sentì il crepitio delle sue fiamme e poi la voce di Gajeel. Che diavolo ci faceva lui lì? Doveva stare con Levy e i bambini, non con loro! Quell’idiota! Se si fosse fatto uccidere, lei lo avrebbe ammazzato. Sarebbe prima andata a riprenderlo all’inferno e solo dopo lo avrebbe ammazzato con le sue stesse mani.
-Juvia.- mormorò Gray, attirando l’attenzione della ragazza, come sempre accadeva.
-Gray-sama, Juvia è accanto a te.- rispose dolcemente, togliendogli i capelli dagli occhi. Il ragazzo fece leva sulle mani per mettersi seduto, ma si arrese all’evidente assenza di forze e si lasciò ricadere con la testa sulle gambe della ragazza.
-Juvia, è buio qui dentro.- disse il ragazzo, voltando la testa di lato.
–Qualcuno ha spento i fuochi.- mormorò, come se non riuscisse a pensare ad altro.
 
Juvia trattenne un singhiozzo e avvertì qualcosa nel petto lacerarsi. Le lacrime continuavano a bagnarle il viso, ma cerco di tenere il basso il tono di voce.
-Sì, sei stato tu a spegnere tutto il fuoco.- sussurrò, accarezzandogli la testa. Alla luce delle fiamme la ragazza riusciva a vedere gli occhi di lui spalancati sul vuoto.
-Stai piangendo. Non piangere.- si lasciò sfuggire lui a fior di labbra. Juvia non ebbe nemmeno il tempo di cercare una scusa, perché lui crollò di nuovo. Solo allora la ragazza si lasciò sfuggire quei singhiozzi che la opprimevano.
 
Sentiva il suo petto lacerarsi ad ogni respiro e volse gli occhi al cielo, piena di rabbia. Perché a loro? Perché sempre a loro? Si piegò sul corpo di Gray, distrutta dal dolore e dalla rabbia, squassata dai singhiozzi. Aveva la nausea. Quell’odore di bruciato che impregnava l’aria, quel pugno allo stomaco che sentiva ogni volta che pensava alle urla di Lucy… tutto quello la nauseava. Voleva tornare a casa, andare via da lì, allontanarsi dalla rabbia e dal dolore. Le urla di Lucy erano qualcosa di cui non riusciva a liberarsi; le avrebbe sentite sempre nelle orecchie. Cosa le avevano fatto per farla urlare così? Poteva una persona sopravvivere a tutto quello? Stava per crollare, Juvia, abbandonarsi all’oblio, sperando di preservarsi… ma poi il suo sguardo annebbiato finì ancora su Gray-sama, che respirava piano, appoggiato a lei. Non poteva lasciarsi andare, non in quel momento, non con il ragazzo in quello stato. Doveva prima salvarlo, salvare tutti loro e poi avrebbe sfogato tutto quello che sentiva nell’anima.
-Stai tranquillo, Gray-sama, Juvia sa quello che fa.- gli mormorò nell’orecchio, prima di rinchiuderlo nella sua prigione d’acqua. Una fitta al cuore le ricordò di come aveva usato quell’incantesimo su Lucy la prima volta che l’aveva vista. Lucy. Forse sarebbe dovuta andare da lei. Lanciò uno sguardo intorno, per cercarla, ma l’unica cosa che vedeva era il fuoco di Natsu che investiva tutto l’angolo della strada. Non poteva avvicinarsi da lì, ma poteva aiutare Gajeel, che, in quel momento, era stato proiettato a qualche passo da lei.
 
-Gajeel, che ci fai qui?- chiese, avvicinandosi a lui e portandosi dietro la prigione d’acqua con Gray. Il ragazzo alzò lo sguardo.
-Che cos’ha?- chiese, con un cenno svogliato verso Gray. Fece una smorfia, guardandosi la gamba piegata in una strana angolazione.
-Ha usato gran parte del suo potere. Tu non dovresti essere qui!- disse con più forza la ragazza chinandosi su di lui e studiando la sua faccia.
-Lo so. Ho lasciato Lily con il bambino, ma dovevo cercare Levy. Era andata alla gilda prima che…-. Gajeel lasciò la frase in sospeso, indicando con un gesto della mano la devastazione che avevano intorno.
-Sì, Juvia l’ha vista. Il master l’ha allontanata. Le ha chiesto di far evacuare la città, prima dell’attacco. Probabilmente è lontana da qui, con Lily.-. La ragazza aveva un’espressione preoccupata in viso, per la sorte della sua amica e degli abitanti della città.
 
-Come ci siamo arrivati qui, Juvia?- chiese, stanco, Gajeel. Non riusciva a focalizzare nulla di quello che aveva intorno. Non era riuscito a fare nulla contro quell’uomo e non era neanche riuscito a tenere il passo con Salamander. Lui era quello che lo spaventava di più, in quel momento.
-Abbiamo seguito i nostri princìpi.- replicò la ragazza, mettendosi seduta accanto a lui. Non era una cosa che una persona normale avrebbe fatto, non in quel momento, ma Juvia aveva bisogno di riprendere fiato, di rendersi conto che non tutto era perduta, che erano ancora vivi e che ce l’avrebbero fatta, come sempre. Insieme.
-No, mi riferivo a me e te. Come ci siamo ritrovati qui? Perché?-. Gajeel, l’uomo di ferro, quello che cercava di non mostrare nemmeno un’emozione, nemmeno per sbaglio, volse su di lei i suoi occhi lucidi.
 
-Abbiamo seguito i nostri princìpi.- ripeté Juvia, accarezzandogli i capelli. Loro due non erano mai stati quel tipo di amici che hanno bisogno di dimostrarsi affetto attraverso il contatto fisico, ma in quel momento il ragazzo sembrava così fragile che Juvia non era riuscita a fermarsi.
-Princìpi del cazzo. Non li avevo prima e stavo meglio.- brontolò il ragazzo e fece una smorfia di dolore per la gamba. Aveva provato a spostarsi, ma non ci era riuscito. –La Bunny Girl… lei… non ho mai sentito nessuno soffrire così.- mormorò poi, abbassando lo sguardo. Juvia sentì gli occhi diventarle di nuovo lucidi, ma si impose di non piangere.
-Io… credo che abbiano mirato a lei dal principio.- continuò lui, cercando lo sguardo della ragazza.
-Perché l’avrebbero fatto?- chiese Juvia. Non riusciva davvero a comprendere quale interesse potessero avere quelli di Chimaera per Lucy.
-Per scatenare quello.-. Gajeel le indicò la colonna di fuoco all’angolo. Natsu nel pieno della sua furia.
 
Juvia sentiva il calore delle sue fiamma anche da lì. –Non l’hai visto, ma è spaventoso. Non è lui.-.
La ragazza annuì a se stessa. Percepiva che c’era qualcosa di sbagliato, qualcosa che non stava andando bene. Quelle fiamme erano di Natsu, ma erano diverse dal solito, più crudeli, quasi, prive della brillantezza e di quella familiarità che avevano sempre avuto. Le fiamme di Natsu erano sempre state quelle di un caldo focolare, in grado di richiamare la compagnia e l’affetto, di far riunire una famiglia. Quelle che stava vedendo ora erano fiamme distruttive. Allontanavano, non avvicinavano. La spaventavano e la facevano sentire così piccola… una bambina sperduta.
 
-Juvia lo sente.- sussurrò e strinse le braccia intorno al suo corpo, cercando di sostenersi da sola.
-Devi aiutarmi, Juvia. Fammi alzare e aiutami a fermare Natsu.- le chiese Gajeel, stupendola non poco.
-Perché vuoi fermare Natsu-san? Credo che solo lui possa ribaltare questa situazione.- chiese, ma gli passò comunque il braccio intorno, permettendo al ragazzo di usarla come sostegno.
-Tu non l’hai visto. È tremendo. Si farà del male.-. Gajeel era preoccupato e non tentava nemmeno di nasconderlo. Salamander era fuori controllo e non era più in grado di distinguere gli amici dai nemici. Aveva perso totalmente il controllo da quando l’aveva sentita urlare in quel modo. Non che Gajeel avrebbe potuto dargli torto. Si sarebbe strappato il cuore a mani nude pur di non sentirla più.
-Juvia ti porterà via. Non ti farà affrontare Natsu-san.- lo riprese con forza Juvia, beccandosi uno sguardo di fuoco dal ragazzo.
-Dobbiamo aiutarlo! Juvia!-. Gajeel le urlò contro, pur appoggiandosi a lei con tutto il suo peso. Juvia non si scompose e sostenne il ragazzo, senza preoccuparsi troppo per la sua reazione.
 
-Gray-sama ha raccontato delle cose a Juvia. Non è la prima volta che Natsu perde il controllo. L’unica persona che può fermarlo è Lucy.- spiegò risoluta e iniziò a camminare, trascinando Gajeel con lei, troppo sconvolto per opporre resistenza. Davvero quella ragazza non si rendeva conto di nulla? Lei non aveva visto Lucy, non sapeva come stava, come lui si era quasi sentito male a vedere quel corpo tagliuzzato e la sua carne quasi ridotta a brandelli.
-Ma Lucy… lei non…- iniziò a dire, sentendo l’acido risalire lungo l’esofago. Non sarebbe riuscito a spiegare a Juvia quello che aveva visto e non sarebbe mai riuscito a toglierselo dalla mente a prescindere da quello che sarebbe successo da lì in avanti.
-Anche Juvia l’ha sentita urlare. Juvia crede che le abbiano fatto qualcosa di indicibile per ridurre Natsu-san in questo stato.- disse la ragazza. –Juvia deve portarti via da qui. Deve portarti da Levy-san.- spiegò ancora.
 
Non avrebbe sentito qualcun altro soffrire in quel modo e se era vero che non poteva più aiutare Lucy, poteva ancora fare qualcosa per chi rimaneva e non sarebbe rimasta in disparte a guardare. Non l’aveva mai fatto e non avrebbe iniziato adesso. Quella era la sua famiglia! Erano i ragazzi che l’avevano accolta anche quando sarebbe stato logico allontanarla. Erano le persone che l’avevano perdonata quando anche lei  faticava a perdonare se stessa. Non avrebbe mai potuto abbandonarli e sapeva che Gajeel la pensava allo stesso modo. Perché avrebbe cercato di gettarsi nelle fiamme di Natsu, altrimenti?
 
Le aveva chiesto come si erano ritrovati ad affrontare tutto questo, proprio loro due, le persone più distaccate di Phantom Lord, e lei gli aveva detto che lo avevano fatto per rispettare i loro princìpi morali, ma loro due non ne avevano mai avuti prima di Fairy Tail. Erano sempre andati alla deriva, guidati dalle scelte del Master che mai avevano pensato di mettere in discussione. Erano anime perse che sentivano di doversi adeguare all’immagine che gli altri avevano di loro. Mai si sarebbero sacrificati per i loro compagni, prima; mai si sarebbero immischiati in qualcosa più grande di loro se non sotto precisa richiesta del loro Master. Sopravvivere era l’unico principio che avevano, l’unica cosa che entrambi perseguivano. L’amicizia, l’amore, erano cose che non sapevano si potessero trovare in una gilda.
 
Juvia si era unita solo per avere un appoggio, ma aveva rinunciato all’idea che qualcuno potesse provare affetto per lei molto tempo prima. Ci aveva rinunciato e la gilda non aveva fatto altro che confermare la sua idea. Gajeel aveva vissuto più o meno la stessa cosa. Lui aveva bisogno di un luogo da cui partire e a cui tornare nelle sue peregrinazioni. Aveva bisogno di avere le spalle coperte per tutto quello che gli veniva in mente di combinare e quello aveva trovato. Un Master che approvava la violenza contro gli altri, anche contro i più deboli, in particolar modo contro i più deboli.
 
Poi, però, qualcosa era cambiato nelle loro vite, in maniera così repentina da destabilizzarli. Avevano incontrato quelli di Fairy Tail. Li avevano disprezzati così tanto all’inizio! Gajeel trovava patetiche quelle vuote parole di amicizia e affetto con cui si riempivano la bocca e con quella loro presunzione che la famiglia fosse l’unica cosa importante al mondo. Juvia, in fondo, dentro di lei, nella parte di lei che mai si era arresa, quella più nascosta, aveva provato invidia per loro. Unirsi a Fairy Tail aveva cambiato loro la vita e nonostante tutto quello che era successo loro in quegli anni, nonostante tutte le volte che avevano rischiato di morire, erano felici, entrambi, di aver trovato quel piccolo pezzo di mondo che potevano chiamare “casa”.
-D’accordo, Juvia, facciamo come vuoi tu. Posso provare a fidarmi di quell’idiota di Salamander, per una volta.- borbottò burbero Gajeel e nascose la sua preoccupazione sotto una finta indifferenza. Juvia gli fece un sorriso rassicurante e continuò a portarlo, non più a peso morto, sempre con Gray dietro di loro, nella sua prigione d’acqua.
 
 
Erza sentiva gli occhi bruciare e il sudore colarle lungo la schiena. Accanto a lei Cana stringeva così forte le sue carte da avere le dita bianche. Era cominciato tutto talmente in fretta che a malapena si era accorta di quello che era successo: un momento prima beveva sakè e quello dopo era affiancata dalla sua compagna di gilda nella lotta più difficile che avesse affrontato fino a quel momento. Erza gli aveva detto che era da tempo che lei e Gerard facevano ricerche sulla gilda Chimaera che sembrava fin troppo interessata a Natsu. Le aveva detto che il ragazzo ne aveva sentito parlare mentre lei era impegnata con la missione dei cento anni e aveva seguito le voci, fino a scoprire un gruppo di maghi estremamente potente. Talmente potente da superare Zeref stesso.
 
Erano venuti direttamente da un altro continente con l’idea di arrivare a governare il mondo intero a partire da Magnolia. Località certo non scelta per il fascino dei suoi ciliegi. Magnolia era il luogo in cui si trovava Natsu, persona fondamentale per loro, almeno stando a quanto aveva scoperto Gerard. Volevano usare il ragazzo in un rito dell’antica magia, per prelevare il potere di E.N.D. e scatenare l’inferno in terra.
Cana aveva sentito il forte impulso di bere alla fine del racconto che Erza le aveva fatto mentre correvano verso la cattedrale, per evitare la sua distruzione. Erano arrivate tardi, ovviamente, come erano arrivate tardi per salvare la città. Fortunatamente erano riusciti ad organizzarsi e a far evacuare tutti i cittadini. Almeno sperava fossero andati via tutti.
 
Sentì Erza scrocchiarsi le dita e si voltò a guardarla; appariva incredibilmente determinata, anche se la donna davanti a loro non sembrava minimamente colpita da tutti i loro attacchi e ridacchiava.
-Beh, direi che siamo alla fine dei giochi.- commentò la donna, sempre con quell’irritante sorrisetto sulle labbra.
–Mi sono stancata di voi.- concluse, liquidando la situazione con un gesto della mano, come se loro due non fossero altro che mosche e non esseri umani.
-Lo pensò anche io. È arrivata l’ora di distruggerti.- replicò Erza, perfettamente a suo agio. Aveva la sua armatura migliore, quella con cui si sentiva paradossalmente più protetta e al sicuro, anche se le lasciava tutto il corpo scoperto e alla mercé degli attacchi del nemico. Un taglio le deturpava il fianco sinistro e stava perdendo sangue da un po’, eppure non mostrava il minimo segno di cedimento.
 
Cana la invidiava. Lei si sentiva esausta. Il braccio destro era praticamente inutilizzabile e rotto e la sua magia stava finendo. Aveva usato Fairy Glitter, ma la maledetta non era stata nemmeno scalfita dall’incantesimo. Stava perdendo le speranze, la ragazza, e pensò che avrebbe voluto suo padre lì con lei. Gildarts non era ancora tornato alla gilda, ma lei sentiva che lui sarebbe arrivato in suo soccorso, come faceva sempre quando la gilda ne aveva bisogno.
-Riuscite ancora a camminare. Che tenerezza!-. La donna si passò la lingua sulle labbra, come se stesse assaporando un piatto incredibilmente succulento. Cana serrò i denti e non rispose, anche se la sua mente aveva partorito una serie di improperi uno peggio dell’altro.
 
-Sei molto sicura di te. Lo scontro non è ancora finito.- la richiamò Erza.
-Oh, mia cara, è finito nel momento in cui siamo arrivati in città. Ci stiamo solo divertendo con voi. Non lo senti anche tu?- le chiese l’altra, prendendo un respiro profondo a occhi chiusi. –Delizioso!- esclamò, sollevando le palpebre e piantando le sue pupille in quelle di Erza.
-Cosa dovrei sentire? La puzza di bruciato? O il tuo sporco odore?-. Cana applaudì mentalmente quell’uscita di Erza, ma si irrigidì. Che qualcosa non stava andando per il verso giusto lo sentiva anche lei.
-No, ovviamente no. L’odore di E.N.D.! Lui è qui!-. Sembrava emozionata come una bambina la mattina di Natale, quando trova il regalo tanto desiderato sotto l’albero.
 
Erza inarcò un sopracciglio e si lasciò sfuggire un sorrisetto sicuro.
-Natsu ha distrutto il seme del demone e Lucy ha riscritto il libro. E.N.D. è sparito e non potrete mai averlo.- disse, assumendo la sua migliore posizione di attacco. Le successive parole della donna la congelarono sul posto e fecero scorrere dei brividi di paura lungo la schiena di Cana, che mai aveva avuto occasione di vedere il demone.
-Il libro è stato riscritto, è vero. Il vostro Natsu è umano, ma il demone è sempre lì, è un’altra anima nel suo corpo. Il seme è stato messo a riposo, ma non è mai morto. Il suo potere è in quel corpo e lui si è risvegliato. È sempre stato lì e tu lo sai.-. La sua voce era carezzevole e delicata, eppure fece crollare il mondo. Erza scosse la testa, stringendo convulsamente la katana tra le mani.
-No, no. Lui è morto… Natsu… Natsu è umano!- urlò, scacciando dalle mente quelle immagini che erano appena affiorate. Natsu che prendeva il fuoco di Ignia, Natsu che smetteva di ragionare, Natsu che perdeva il controllo… i suoi occhi e la sua perdita di memoria, come se un altro avesse preso il suo corpo in quel frangente. Scosse ancora la testa, ad occhi chiusi, come se questo potesse far sparire quello che era lampante, ora, per lei. Come se quel gesto potesse riportare indietro il mondo. Sentì un peso enorme crollarle sulle spalle.
 
-Natsu può anche avere un demone dentro di lui, ma dubito che si farà incatenare da voi. Anzi, conoscendolo starà distruggendo tutto quello che incontra sul suo cammino, compresi i tuoi compagni!- esclamò Cana, a quel punto, lanciando, contemporaneamente le sue carte contro la donna.
-Sciocca ragazza. Non hai imparato nulla dai tuoi attacchi precedenti?- le chiese lei, evitando agilmente tutte le carte.
-Ora!- urlò Cana, ignorando quello che le era stato detto. Subito, dalle carte lasciate cadere in terra, esplose una luce, un campo di forze si allungò verso la donna ed Erza si slanciò in avanti, mettendo nel colpo della sua katana tutta la rabbia e la frustrazione che le parole della maga avevano creato dentro di lei. La colpì, per la prima volta da che era iniziato il combattimento. Una ferita superficiale, ma comunque un bel passo avanti rispetto a pochi minuti prima.
 
-Ho chiesto a Freed di disegnare delle carte. Belle, vero?- chiese Cana, sorridendo ad Erza.
-Un campo che impedisce di usare il proprio potere magico. Ingegnoso.- replicò la ragazza, senza togliere gli occhi di dosso dalla maga, che si stava rialzando.
-Davvero ingegnoso, ma ti sei, letteralmente, giocata la tua carta migliore, piccola mia. Ora che lo so non mi farò fregare di nuovo dallo stesso trucco.- le fece notare l’altra. Aveva riacquistato quel sorrisetto sfrontato ed arrogante che mandava Cana fuori di testa. Avrebbe voluto cancellarglielo a suon di pugni in faccia!
-Non permetto neanche a mio padre di chiamarmi così, strega! Non sono la piccola di nessuno!- urlò, lanciando ancora delle carte verso di lei. La donna, stavolta, richiamò una folata di vento e disintegrò tutte quelle carte prima ancora di vederle arrivare a metà della strada che la divideva da quella ragazzina. Era davvero stanca di lei, la sua amica era più divertente. A riprova di questo, la maga si voltò per affrontare un nuovo attacco di Erza, che stavolta aveva capito il punto debole della maga, doveva solo costringerla ad usare la sua magia.
 
C’era un momento, infatti, in cui, nel lanciare la sua magia del vento, la donna perdeva del tutto la concentrazione sul mondo circostante. Una cosa di cui non si era accorta prima, troppo presa ad osservare il suo movimento delle mani per prevedere la direzione dell’attacco. Doveva farle scagliare ancora l’incantesimo e poi avvicinarsi quel tanto che bastava per colpirla con tutta la poca forza che le rimaneva. Faceva la commedia, Erza. Fingeva di stare meglio di quello che era. La ferita al fianco sanguinava copiosamente e la sua magia la stava abbandonando, ma continuava ad avere la forza di farsi vedere invincibile. Doveva farlo per Cana, doveva essere il punto di appoggio per la sua compagna in quella situazione così disperata. Doveva proteggere lei e tutti gli altri.
 
Erza era sempre stata una persona che metteva gli altri prima di se stessa. Lo aveva fatto sempre alla gilda. Si era sempre presa cura di Natsu e Gray, di Happy, di Lucy e poi di Wendy. Lei si era assunta il compito di essere una guida, un faro per quei ragazzi. Ci era riuscita così bene che anche la sua caduta era in grado di motivarli e di tirare fuori il meglio di loro. Quello che loro non sapevano è che lei riusciva a guidarli perché per prima si faceva guidare. La loro forza era la sua forza, lo era sempre stato, per questo non poteva permettersi di perdere la forza di Cana. Nemmeno per un istante la sua amica avrebbe dovuto vacillare. Insieme avrebbero superato anche questo.
 
Cana, falle usare di nuovo l’incantesimo.   
Le trasmise il pensiero grazie al collegamento telepatico che Warren aveva stabilito tra tutti loro. Sapeva che lo avrebbero sentito anche gli altri e, certamente, non ne sarebbero stati infastiditi. Anzi, avrebbero visto che c’erano ancora persone in grado di combattere, che Fairy Tail non era crollata e non sarebbe mai crollata. Le parole di Titania avrebbero risollevato ogni componente di quella incasinata famiglia e lo avrebbero aiutato a fare la sua parte per salvare la loro terra.
 
Cana fece un sorrisetto sghembo percependo qualcuno che si avvicinava a gran velocità. Eccolo! Lo sapeva che sarebbe arrivato e finalmente lei sentiva che la loro resistenza non era inutile. La gilda sarebbe sopravvissuta, perché Gildarts stava arrivando e avrebbe ucciso chiunque si fosse anche solo azzardato a guardare male la figlia, figuriamoci chi le aveva rotto il braccio. La ragazza non aveva certo bisogno di suo padre, ma era piacevole pensare che dalla loro parte c’era un mago così potente. Con un gesto fluido della mano sinistra lanciò le carte.
 
La maga sorrise e si preparò a scagliare l’incantesimo. Erza strinse forte la sua katana. Accadde in una frazione di secondo: l’incantesimo fu lanciato ed Erza ci entrò dentro, raggiungendo la donna al costato con la punta della sua arma. Si era resa conto, dall’esterno, che avrebbe avuto delle difficoltà entrando nel vortice, ma non pensava che sarebbe stato così. Le lame di vento le tagliavano la carne e la facevano urlare di dolore, mentre il suo corpo era totalmente in balia del movimento dell’aria. Riprendere il controllo del suo braccio le richiese più forza ed energia del previsto e la ferita che aveva procurato alla maga non sarebbe stata sufficiente a far terminare lo scontro.
 
-Erzaaa!- urlò Cana, quando vide l’amica crollare a terra. Fece per andare verso di lei, ma la maga la bloccò al suo posto.
-Stupida ragazzina! Ti ammazzo!- urlò la donna, lanciando il suo micidiale incantesimo contro Cana che ebbe solo il tempo di portarsi le braccia davanti al volto. Aspettò l’impatto con il mulinello di vento per un tempo che le parve infinito, talmente lungo che si costrinse a guardare e quello che vide le fece venire voglia di strapparsi gli occhi con le sue stesse mani. Erza era davanti a lei, trasportata in aria, priva di sensi. Sangue e brandelli di pelle della ragazza si muovevano nel turbine, mentre la donna rideva, con una luce folle nello sguardo.
-Muori! Muori!- continuava a dire, tra le risa. Cana sgranò gli occhi e cadde bocconi in terra. Era finita. Neanche la grande Titania poteva farcela quella volta.
-In realtà, credo sia arrivato il tuo turno di morire.- intervenne una voce gelida dietro di lei. Cana non ebbe neanche bisogno di voltarsi per sapere chi era. –Hai osato fare del male a mia figlia e stai torturando una mia compagna. Non credo che potrò perdonarti, anche se sei una bella donna.- concluse Gildarts, ammiccando verso la figlia che lo guardava riconoscente.
 
 
Quando Natsu sentì Lucy urlare il suo primo pensiero fu di pura felicità: la ragazza non era morta, respirava ancora, quindi non tutto era perduto. Questi i pensieri che, indicativamente, gli avevano attraversato la mente nel secondo che gli era occorso per capire cosa stesse accadendo. Il secondo dopo, ovviamente, una rabbia fuori dal comune gli aveva annebbiato anche quel poco raziocinio che gli era rimasto. Natsu sentiva il suo potere nelle vene, bruciargli il terrore, che lo aveva invaso quando aveva pensato che lei fosse morta, il disgusto che aveva provato per se stesso, per essere stato così lento, bruciare perfino la sua umanità e lasciare solo quell’ira assoluta. Aveva il pieno controllo del suo potere ora, di quel potere che per anni aveva cercato di cacciare via da sé, perché pericoloso, perché non umano.
 
Quel giorno, lì, su quel campo di battaglia, per la prima da che aveva scoperto di essere per metà un demone, creato dal desiderio di suo fratello di avere una seconda possibilità, Natsu pensò che la sua umanità, non era poi così importante. A che serviva restare umano se lei non era lì? Se non poteva condividerla con lei? Aveva di nuovo provato quel dolore atroce di perderla, forte come quando aveva visto la Lucy del futuro accasciarsi al suolo solo perché lui- anche quella volta- era stato lento o come quando l’aveva vista alla mercé di Dimaria. Sempre troppo debole e troppo lento per salvare lei. Di nuovo, lo schema si era ripetuto: lui cercava di raggiungerla, lei gli crollava davanti. Stupido, stupido Natsu.
-Sono io il tuo avversario!- urlò il ragazzo e si buttò sull’uomo davanti a lui, Master Isaac, come si era presentato quando lo aveva vista fuori controllo.
-No, tu sei il mio Re. E.N.D., Signore del potere supremo!- replicò Isaac, totalmente esaltato, riuscendo, comunque, ad evitare l’attacco del suo signore e facendo infuriare ancora di più il ragazzo.
-Io sono NATSU!-.
 
Era stanco di dover ripetere sempre e a chiunque questa cosa così dannatamente semplice. Lui non era un demone, non era un drago, non era niente di più che Natsu e si sforzava tutti i giorni affinché “solo Natsu” fosse abbastanza. Attaccò di nuovo, stavolta con ancora più ferocia. Nessuno poteva permettersi di prendersela in quel modo con Lucy e quelle urla lancinanti ancora le sentiva risuonare nella scatola cranica e, più giù, nella gabbia toracica che sembrava ancora troppo stretta per contenere quella matassa di emozioni che si erano risvegliate. Avrebbe affondato le sue mani nel sangue di quell’uomo e lo avrebbe punito per quello che aveva osato farle, per come l’aveva ridotta, in fin di vita, talmente stremata e dolorante che a malapena gli aveva risposto quando l’aveva chiamata. Sentirla urlare in quel modo aveva risollevato momentaneamente la parte di lui che l’aveva creduta morta, ma aveva anche risvegliato un dolore profondo. Aveva sofferto con lei. Ogni urlo era una stilettata al cuore, ogni lacrima una ferita sulla carne. Non riusciva a sopportarlo. Doveva mettere fine a quella situazione. Voleva mettere fine a quella situazione.
 
Voleva dormire, possibilmente nel letto di Lucy, con lei accanto che faceva finta di non accorgersi che era entrato dalla finestra, ma che lasciava sempre aperta solo per lui.
-Lasciati colpire, bastardo!- gli urlò contro, quando Isaac schivò un altro attacco. L’uomo non sembrava interessato a colpirlo, aveva qualche altra cosa in mente.
-Mio signore, sei sconvolto ora, è chiaro, ma presto ti accorgerai che quello che ho fatto era inevitabile. Solo questo avrebbe potuto garantire la tua venuta.- gli spiegò Isaac, allungando le braccia verso il cielo nero, senza una stella.
-Che diamine dici? Quale venuta?- chiese, quasi suo malgrado, Natsu. Una parte di lui era curiosa di sapere che cosa quell’uomo avesse in mente.
-La tua venuta E.N.D. può avvenire solo attraverso il fuoco, la distruzione e la morte. Dalle ceneri del mondo il tuo potere risorge. Ti nutri di questo, mio signore, e sei apparso quando tutti e tre i criteri si sono realizzati.- disse Isaac, mostrandogli, con gesto, le fiamme che ardevano in ogni punto della città, la distruzione tutto intorno e poi… Lucy. Lucy, che lui copriva con il suo corpo.
 
Inconsciamente Natsu si voltò a guardarla e vide i suoi occhi aperti che già lo fissavano con un debole sorriso e il suo petto alzarsi e abbassarsi a fatica. Non riusciva a muoversi, era piuttosto evidente, come erano evidenti le ferite che aveva sull’addome, sulle braccia e sulle gambe, piegate in una strana angolazione. Natsu si sforzò di rassicurarla in qualche modo, ma le parole non volevano saperne di venire fuori. Erano bloccate da qualche parte nella gola, impigliate nel nodo che gli bloccava il respiro nel vederla in quello stato.
Va tutto bene, Lucy. Ti porto via di qui. Dammi solo qualche minuto.
 
Questo avrebbe voluto e dovuto dirle, ma non ci riusciva. Gli sembrava tutta una sporca bugia, perché per la prima volta nella vita aveva la sensazione che non sarebbe andata per niente bene, che anche se avesse vinto quello scontro, non ci sarebbe stato un lieto fine. Lucy sembrò recepire qualcosa, perché allargò il suo sorriso dolce, nonostante fosse visibilmente stremata, e tentò di sollevare la mano destra, lì, dove aveva il marchio della gilda. Il movimento non fu mai portato a termine e la ragazza lasciò ricadere il braccio che era riuscita a sollevare solo per pochi centimetri dal suolo. Bastò la sua intenzione per accendere il fuoco di Natsu e caricarlo di nuova energia. Si voltò furente verso Master Isaac, mentre una colonna di fuoco illuminava il cielo.
 
-Lucy è ancora viva, idiota, il tuo piano è fallito!- gli urlò contro. Master Isaac poté vedere la ragione lasciare quegli occhi e il fuoco prendere possesso di qualsiasi cosa. Un fuoco in grado di bruciare il cielo, la terra e l’inferno stesso. Il fuoco di E.N.D. si era risvegliato e lui aveva già l’incantesimo pronto sulla punta della lingua. Avrebbe intrappolato il potere del demone, lo avrebbe legato a sé e avrebbe conquistato il mondo intero. Era arrivato finalmente il suo momento, quando qualcosa lo colpì come un pugno, togliendogli il fiato. Una consapevolezza improvvisa lo stordì. Come un fulmine, nella sua testa balenò quella sensazione destabilizzante che metteva a repentaglio tutto.
 
Quelle non erano le fiamme di E.N.D., non potevano essere loro. Bruciavano più dell’inferno, ma non era il potere del demone. Quelle erano le fiamme di Natsu. Quel ragazzino aveva preso totale possesso del potere del suo demone e lo aveva trasformato. Abbassò la guardia, mentre la futilità del suo piano, la sua superbia nel non considerare prima quella possibilità, nella sua volontà di non studiare quei maghi di Fairy Tail più del dovuto, gli rimbombavano in testa, insieme ad un’idea alternativa, a qualcosa che avrebbe potuto comunque usare per i suoi scopi. Quella distrazione, però, fu sufficiente per Natsu che lo investì con tutta la sua potenza, sbalzandolo qualche metro più in là. Mater Isaac rimase senza fiato nel provare su di sé quel calore tremendo, quel dolore, che straripava dal corpo del ragazzo davanti a lui e rise tra sé per la sua ingenuità.
 
Doveva immaginarlo, quella ragazzina era brava, aveva fatto bene il suo dovere e aveva riscritto correttamente il libro del demone. D’altronde era riuscita a sopravvivere alla sua illusione, si era accorta che era tutta una finzione e se n’era liberata. Aveva trovato la via della realtà tutta da sola, nonostante lui avesse creato un mondo meraviglioso per lei, un mondo in grado di attirare e inglobarla e ucciderla, come una mosca nella tela di un ragno. Un vero peccato che non avesse preferito il suo mondo e la morte pulita che aveva voluto regalarle. Sorrise, alzandosi in piedi di nuovo. Natsu aveva domato il potere di E.N.D., aveva reso pieno di luce quel potere così demoniaco, ma non ci era riuscito da solo. La luce veniva dalla ragazzina e lui vi avrebbe messo la parola fine e in modo crudele, lungo e doloroso.
 
Lanciò uno sguardo di sfida a Natsu e chiuse le dita della mano destra a pugno. Quasi immediatamente le urla di Lucy ripresero in modo ancora più violento di prima. Sembrava le stessero strappando la pelle dalle ossa, ma stavolta nessuna ferita appariva sulla sua pelle lesionata.
-Lucy! Smettila! Prenditela con me! Sono io il tuo avversario!- urlò Natsu, cercando di attirare l’attenzione su di sé.
Strappami il cuore! Uccidimi! Rendimi cieco e sordo, ma lascia stare lei!
Natsu preparò il suo ruggito più potente, lo riempì di tutta la sua disperazione e lo scagliò contro il suo avversario che rimase immobile, come se non potesse essere toccato dal ragazzo. In effetti il fuoco si divise, passando alla destra e alla sinistra di Isaac e lasciandolo illeso al centro.
-La sto bruciando dall’interno, pezzo per pezzo. Morire tra le fiamme, la morte perfetta per una come lei.- disse Isaac, perfettamente calmo, e un sorriso allegro gli si dipinse sul volto.
-Vuoi E.N.D., vero? Prendilo, tutto il suo potere è tuo, ma lasciala stare.-. Natsu crollò in ginocchio, mentre calde lacrime gli affollavano gli occhi. Non lo sopportava più, non era in grado di tollerare ancora tutto quel dolore.
-Non funziona così, avevi ragione. Serve anche la morte per completare il risveglio.-.
 
Quelle parole penetrarono nella mente annebbiata di Natsu. Il ragazzo ci mise un po’ ad elaborarle, ma quando la verità lo illuminò, rialzò lo sguardo che fino a quel momento aveva tenuto basso.
-Serve una morte, eh? Lasciala andare o l’unica morte che vedrai sarà la mia!- minacciò, sicuro di aver trovato la carta vincente, almeno quella volta.
-E con che cosa ti sarai la morte? Illuminami.- lo sfotté Isaac, sempre con quel sorrisetto sul volto. Stavolta anche Natsu sorrise, riuscendo perfino ad ignorare le urla della ragazza.
Non preoccuparti Lucy! Resisti un altro po’. Giuro che ti salverò.
 
-Questa era una città.- si limitò a dire, rialzandosi e stringendo tra le dita un pezzo di vetro di una finestra che era esplosa durante gli scontri. Il sorriso di Master Isaac svanì lentamente dal suo volto.
-Lo faresti davvero?- chiese, pur conoscendo già la risposta. Aveva studiato abbastanza il contenitore di E.N.D., sapeva che avrebbe fatto di tutto per i suoi amici, in particolare per quella Lucy. Per questo aveva scelto lei come grilletto per risvegliare il demone.
-Lasciala andare, vecchio, e forse potresti ottenere quello che vuoi. Mi hai fatto davvero arrabbiare.-.
Master Isaac aprì la mano destra e le urla di Lucy si interruppero all’improvviso, così come erano cominciate.
 
Ancora un altro po’, Lucy, e poi ti porterò via da qui.
Doveva sconfiggerlo, ma prima doveva capire quale era il suo punto debole. Le fiamme non sembravano funzionare, eppure prima era riuscito a colpirlo. Cosa era successo prima? Natsu continuava a tenere lo sguardo puntato sull’uomo, mentre il suo cervello lavorava senza posa. Aveva abbassato la guardia, per questo era riuscito a colpirlo. Doveva farlo distrarre in qualche modo, ma come? Si rigirò il pezzo di vetro tra le mani. Prima uno dei suoi incantesimi più potenti lo aveva ferito, ma non troppo gravemente. Contro un mostro del genere che cosa avrebbe dovuto fare? Liberare davvero tutto il potere di E.N.D. che sentiva agitarsi dentro di lui?
 
Una fitta improvvisa al dito lo distolse dai suoi pensieri e si accorse di essersi tagliato con il vetro e un’idea si fece pian piano largo nella sua mente.
-Sono tutto un fuoco!- esclamò con il suo sorriso più esaltato. Di nuovo una colonna di fuoco lo avvolse, non riuscendo a nascondere agli occhi di Isaac quello che stava facendo. Natsu ammiccò verso di lui e si tagliò il polso destro, incidendo la carne profondamente.
-NO! MIO SIGNORE!- urlò Isaac, con tutto il fiato che aveva in gola e si slanciò verso di lui, per cercare di fermarlo. Il fuoco di Natsu si riempì dei fulmini di Laxus e si riversò tutto contro il Master che venne avvolto da quel potere tremendo.
 
Eccolo! Il potere di E.N.D.! Era lì, mescolato a quello di Natsu, poteva sentirlo mentre lottava contro la sua controparte fatta di pura luce. Poteva sentirlo sulla pelle che si riempiva di bolle spaventose e si carbonizzava sotto il suo sguardo. Qualcuno stava urlando. Buffo, sembrava la sua voce. Era lui che urlava? No, lui aveva trovato il vero potere, che importanza poteva avere la morte di fronte a ciò?
 
Natsu crollò in ginocchio per la seconda volta nel giro di pochi minuti. Le urla di Isaac erano ancora nelle sue orecchie e lui era così stanco. Il sangue colava caldo dal suo polso lacerato e si infilava tra le sue dita. Il terreno sembrava così comodo…
-Na…tsu.-. Quella voce così bassa e rantolante non sembrava per niente la voce di Lucy. Natsu provò a mettersi in piedi, ma le gambe gli cedettero e si ritrovò di nuovo carponi. La raggiunse così, allora, strisciando fino a lei, ancora immobile.
-Lucy.- sussurrò, crollandole addosso, la testa incastrata nell’incavo del collo di lei.
–Credevo fosse troppo tardi.- continuò, cercando la sua mano e intrecciando le loro dita. Aveva nel naso il suo buon odore e si sentiva finalmente bene. A casa.
-Natsu… io... devo dirti… Natsu…- iniziò Lucy, rantolando. Ogni parola che le usciva dalle labbra sembrava pesante, a malapena riusciva a muovere la bocca e ad articolare i suoni, ma doveva dirgli quello che da troppo tempo sentiva dentro. Lui si tirò su il tanto che bastava per guardarla negli occhi e regalarle uno dei suoi sorrisi più belli.
-Me lo dici a casa, dopo che avremo vinto.- le disse.
Ti amo, Natsu.
 -Adesso… dammi qualche minuto, Lucy, sono stanco. Solo pochi minuti.-. Quelle parole le sussurrò praticamente nell’orecchio della ragazza, tornando nella posizione di prima.
Ti amo anche io, Lucy.
 
Natsu era pesante, ma Lucy non si sarebbe mai sottratta a quell’abbraccio, per nulla al mondo. Lo sentiva su di sé, lo sentiva respirare piano, sentiva il suo cuore contro la pelle, battere all’unisono con il proprio. Il dolore che sentiva per le ferite non contava, nulla contava, tranne Natsu, il suo odore e la presa sulla sua mano. Mosse il braccio libero, ignorando le stilettate di dolore, e lo sollevò fino ad arrivare alla testa del ragazzo, fino ad affondare le dita tra i suoi capelli. Lo sentì sospirare e rilassarsi contro di lei e fu allora che si permise di rilassarsi a sua volta e di chiudere gli occhi.
 
 
 
NOTE:
Eccoci qui, al quinto capitolo, se non ho sbagliato i conti da brava distratta quale sono. Questo è stato il primo capitolo che ho scritto di questa mini-long ed ero indecisa se partire da questo e poi raccontare il resto tramite un lungo flash-back o organizzare la storia come poi ho fatto.
Lo so, lo scontro con il master non è stato bellissimo, me ne rendo conto e l’espediente usato è stato poco intelligente, ma è stata l’unica cosa che mi è venuta in mente, in quel momento. Il master era troppo forte e non sapevo come fare…
Diciamo che qui riprendo le fila di tutti i personaggi comparsi nel primo capitolo. Inizialmente questo doveva essere l’ultimo capitolo in assoluto, lasciando un finale aperto a varie interpretazioni. Poi ho pensato di creare due finali, molto diversi tra loro, ma ne ho scritto solo uno, che penso di pubblicare, ma ci devo ancora riflettere (magari faccio finire la storia così ahahah).
Passando alla parte della “dichiarazione”, anche qui ci sono due interpretazioni: Lucy e Natsu hanno approfittato della telepatia di Warren oppure hanno letto l’uno i sentimenti dell’altra e non si sono realmente confessati i loro sentimenti. Lascio libero sfogo all’immaginazione.
Non credo di avere altro da dire. Come al solito, qualsiasi errore notiate potete scrivermelo senza problemi.
Un abbraccio!   
Un urlo le fece aprire gli occhi e lo vide, davanti a lei, in piedi e arso di quelle fiamme che a lei facevano paura. Le fiamme di E.N.D., quelle di Ignia, erano in grado di svegliare la parte bestiale di lui, quella che di solito lei riusciva a calmare. Natsu era lì, arrabbiato come lei mai l’aveva visto.
-Tu!-. Un ringhio, non un urlo, era quello che era uscito dalla gola del ragazzo, che stava fronteggiando quell’uomo, quello che l’aveva scagliata lontano e che l’aveva incantata. Gli occhi di quell’uomo si soffermarono su Natsu, ignorando lei per la prima volta da quando era iniziata la guerra.
-Salamander. Quale onore uccidere il fratello di Zeref.- commentò l’altro, perfettamente calmo.
 
Le fiamme di Natsu sembravano dotate di vita propria e Lucy si ritrovò quasi incantata a guardarlo. Voleva parlare, alzarsi e fronteggiare il pericolo con lui, come aveva sempre fatto. Non ci riusciva, il suo corpo non rispondeva ai suoi ordini. Era davvero una bambola spezzata e non poteva fare altro che guardare Natsu.
-Hai fatto del male ai miei amici, hai fatto del male a Lucy. Sono io che devo ucciderti.- urlò il ragazzo, caricando il pugno contro il nemico. L’uomo si limitò a fare un sorrisetto e a muovere la mano destra: come era accaduto con le frecce di Lucy, anche le fiamme di Natsu sparirono prima di raggiungerlo. Peccato che comunque il ragazzo non fermò la sua avanzata. Non gli importava di avere o meno le fiamme, lo avrebbe colpito lo stesso. Lui aveva ferito Lucy, aveva scatenato una guerra contro i suoi compagni e aveva distrutto la gilda. L’istinto di ucciderlo era forte, troppo forte, non era da lui, ma non gli importava nemmeno di questo. L’unica cosa che contava era Lucy, dietro di lui, immobile in maniera innaturale.
 
Non gli aveva risposto quando l’aveva chiamata ed era successo di nuovo, come contro Dimaria. Lei era di nuovo immobile, al suolo, e lui non riusciva ad accettarlo. Non ci era riuscito prima e non ci sarebbe riuscito nemmeno adesso. Lucy morta era qualcosa che la sua mente non afferrava. Un buco nel petto, lì dove dovrebbe esserci il cuore, era l’unica cosa che riusciva a focalizzare. La sua morte non poteva essere colmata e il buco sarebbe rimasto lì, per l’eternità sanguinante e dolorante.
Le sue fiamme erano intrise da quel dolore che ogni singola pulsazione gli riversava addosso. Ogni respiro era una stilettata, ogni respiro gli ricordava che lei non ne avrebbe avuti più. E non gli importava più di niente se non di raggiungere quel corpo e crollare su lei, confessarle quello che per troppo tempo non le aveva detto. A che serviva dirle qualcosa che era così evidente? Ora aveva la risposta. Ed era un idiota perché lo aveva capito quando ormai non serviva più a nessuno, a lui in primis.
 
L’uomo lo scaraventò lontano, senza muovere nemmeno un muscolo. Natsu sbatté contro qualcuno e caddero entrambi in terra.
-Salamander, idiota! Che stai combinando?- urlò la persona sotto di lui, schiacciata dal suo peso tutt’altro che leggero. Natsu scattò in piedi, senza chiedere nemmeno scusa. Non aveva sentito niente, perché niente era paragonabile a quel dolore che gli stava già squarciando il petto. Quell’uomo si stava avvicinando di nuovo alla sua Lucy.
 
-Vattene a casa, ferraglia! Non è un posto per padri, questo.- ringhiò contro Gajeel che aveva attutito la sua caduta. Gajeel prese fiato per rispondere per le rime a quel fiammifero, ma vide la sua faccia, i suoi occhi e sentì uno stano senso di paura nei confronti di quello che era, di fatto, un membro della sua famiglia, anche se non glielo avrebbe mai detto e lo avrebbe negato in ogni modo.
 
-Che è successo?- chiese stupidamente. Infatti, perfino Natsu trovò il tempo di voltarsi a guardarlo scettico. Insomma, c’era una guerra, stavano combattendo tutti e stavano anche miseramente perdendo. Stava succedendo di tutto.
-Ti si è arrugginito il cervello.-. E Natsu fece un sorriso amaro, che non gli illuminò lo sguardo, ma lo rese, se possibile, ancora più cupo. Non perse altro tempo, però, e, sotto lo sguardo preoccupato di Gajeel, si lanciò di nuovo contro il suo avversario che torreggiava su una figura in terra.
 
Non ci volle molto al dragon slayer di ferro per capire che il motivo di quello sguardo era la persona accasciata in terra. Ancora meno ci mise per capire chi fosse. Era talmente ovvio e lui era talmente stupido. In un lampo seguì il suo rivale di sempre, perché anche la Bunny Girl era una di famiglia e non l’avrebbe abbandonata.
 
 
Laxus aveva abbandonato la maglietta da qualche parte, insieme al cappotto che indossava sempre. I suoi vestiti erano a brandelli e tutti i suoi organi urlavano pietà per il trattamento a cui li stava sottoponendo. Aveva bisogno di riposarsi, ma non poteva. Doveva difendere la gilda, i suoi amici, suo nonno… tutti. Non stava andando per niente bene e ne era consapevole. Stava pensando di lanciare il Fairy Law, ma nelle sue condizioni e con quell’esercito così vasto non sarebbe bastato e lui sarebbe stato messo fuori gioco proprio nel momento in cui serviva di più.
 
Non era abbastanza forte, non lo era mai stato e non poteva permettersi di arrendersi, né in quel momento né in ogni altro momento della sua vita. Doveva restare lì, su quel campo di battaglia, tra le fiamme nere che avvolgevano la città. Fiamme di cui Natsu non era il responsabile, per una volta. Paradossalmente quel fuoco non aveva nulla del calore di quello del ragazzo. Non c’erano sentimenti. Erano fiamme aride come il cuore di chi le aveva evocate.
 
Il suo sguardo passò oltre le rovine della chiesa che aveva davanti, oltre i corpi dei soldati e si fermò lì dove vedeva Wendy alle prese con un mago molto più forte di lei. Laxus rabbrividì. Percepiva il suo potere magico anche da quella distanza. Era troppo per una ragazzina come Wendy e toccava a lui fare qualcosa. Si mosse rapido verso di lei, accorgendosi, passo dopo passo che lei aveva attivato la dragon force e che, nonostante questo, era in svantaggio enorme. Riuscì a colpire l’avversario con un fulmine un secondo prima che lui colpisse la ragazzina, che si voltò a guardarlo.
 
-Dov’è il tuo gatto, ragazzina?- chiese, affiancandola. Wendy stava combattendo da sola e nessuna persona al mondo avrebbe dovuto lasciarla da sola; era troppo piccola per affrontare tutto quello.
-Charle e Happy sono andati a reclutare aiuto. Le comunicazioni via Lacrima hanno smesso di funzionare quando ci hanno attaccato.- rispose lei, piuttosto stranita dalla domanda. Laxus non poteva che essere d’accordo con lei. Anche lui si era stupito: non era la prima cosa a cui qualcuno avrebbe pensato in quella circostanza, ma non era riuscito a farne a meno. Era strano, per lui, vederla senza la sua costante ombra, la sua gatta bianca, sempre pronta a sacrificarsi e sempre pungente e sarcastica. Gli stava dannatamente simpatica.
 
-Siete piuttosto sicuri di voi stessi per mettervi a chiacchierare nel bel mezzo di una guerra.- li richiamò quell’uomo e Laxus aggrottò le sopracciglia. Conosceva quella voce, fin troppo bene. Si mise in guardia, pronto ad attaccare con tutte le sue forze, ma Wendy gli toccò il braccio con una mano.
-Da solo non ce la farai, Laxus-san. Dobbiamo cercare di unire le nostre forze.- gli disse, senza distogliere lo sguardo dall’uomo davanti a loro, che continuava a nascondere il viso con una maschera. Eppure, a Laxus quella sensazione sembrava familiare.
 
-Sono nelle tue mani, ragazzina.- commentò distrattamente. Chi era? Perché lo conosceva?
-Sei la vergogna della tua famiglia. Farti aiutare da una mocciosa.- sputò quello tra i denti e Laxus improvvisamente capì. Conosceva quell’uomo e anche troppo bene e non era possibile che fosse lì. Ne avevano perse le tracce qualche anno prima e lui personalmente pensava si fosse ritirato e arreso. Evidentemente aveva fatto male i suoi conti.
 
-Che ci fai tu qui?- domandò, sentendo la rabbia scorrere sotto la pelle e l’aria caricarsi di elettricità.
-Sono venuto a prendere quello che è mio di diritto.- rispose l’altro, togliendosi la maschera dal volto. Ivan Dreyar, suo padre, mostrò il suo brutto ghigno al figlio.
-Non c’è più Lumen Histoire. È stata distrutta.- gli disse. Una parte della mente di Laxus era impegnata a cercare di capire come avesse fatto il padre a diventare così forte: durante i Grandi Giochi della Magia lui era riuscito a sconfiggerlo piuttosto facilmente, nonostante ci fosse una certa disparità data dal fatto che suo padre lo aveva attaccato anche con tutti gli altri componenti della gilda. Ora, però, era strano. C’era qualcosa di diverso in lui e questo gli faceva venire i brividi.
 
Quell’uomo non meritava perdono ed era arrivato finalmente a capirlo anche lui. Suo nonno aveva fatto bene ad esiliarlo e a non chiedergli più di tornare. Anche Laxus era stata cacciato dalla gilda, aveva dovuto affrontare il mondo da solo e aveva visto cosa c’era fuori da lì, ma aveva imparato da quel tremendo periodo. La solitudine, che pure faceva ancora finta di amare e cercare, era riuscita a mostrargli la strada per la vera forza e la verità su se stesso che per anni aveva ignorato: lui era debole, tanto debole, per quello doveva difendere la sua gilda.
 
-Lumen Histoire è storia vecchia. A me spetta il mondo e me lo prenderò. Tu e quel bastardo di tuo nonno non potrete fermarmi questa volta. Il risveglio sta arrivando e finalmente vedrete quanto sia stata effimera la vostra vittoria.- replicò, mellifluo, allargando le braccia verso l’esterno.
-Arriva.- urlò Laxus, slanciandosi in avanti.
-Arms! Armor!- recitò Wendy in direzione dell’altro dragon slayer. –Sono incantesimi di potenziamento, Laxus-san!-.
 
Laxus caricò un pugno con tutta la forza che gli era rimasta e scoprì che gli incantesimi di Wendy erano davvero eccezionali. Suo padre evitò facilmente il colpo e gli lanciò contro una colonna d’acqua nera come la notte. Il ragazzo riuscì a buttarsi di lato prima di essere colpito. Da quando suo padre padroneggiava la magia dell’acqua? Il ghigno di Ivan si allargò.
-Credi ancora di potermi battere?- chiese, beffardo. Laxus digrignò i denti, ma non lo degnò di una risposta. Gli avrebbe mostrato la sua superiorità in campo e sì, lo avrebbe sconfitto. Si fermò e guardò la posizione del padre, alla ricerca di punti deboli. C’era sempre un punto debole. Dietro di lui sentiva Wendy borbottare altri incantesimi di supporto. Era una ragazzina in gamba, quella, si ritrovò a pensare.
-Sei già stanco?- lo sbeffeggiò ancora Ivan e Laxus si costrinse a fare un sorriso rilassato e arrogante. Uno di quelli in grado di far ribollire il sangue al nonno.
 
-Sei tu il vecchio, tra di noi.- lo sfidò. Sapeva che stava tirando la corda e che non era saggio far arrabbiare qualcuno di cui non si conosce la vera forza, ma non poteva farne a meno.
–Hai già miseramente perso contro di me, una volta.- gli ricordò, anche, gioendo internamente quando vide la rabbia brillare nei suoi occhi. Si scrocchiò le dita e allargò il suo sorriso arrogante. Wendy, stavolta, gli si mise accanto, con un’espressione così risoluta che lui non riuscì a dirle nulla per dissuaderla. Avrebbero combattuto fianco a fianco e sconfitto quell’uomo.
 
 
Juvia stringeva la mano di Gray. Dopo quell’esplosione di potere che aveva cristallizzato due dei tre maghi che avevano combattuto contro di loro e dopo che lei aveva atterrato il terzo, la ragazza aveva portato Gray al riparo e cercava di farlo riprendere. Il ragazzo aveva gli occhi chiusi, ma respirava ancora. Sembrava solo molto debole ed era ferito. Juvia era estremamente preoccupata per lui e non riusciva a staccarsi dal suo fianco. Sapeva di dover andare ad aiutare qualcuno, ma era più forte di lei. Non avrebbe mai abbandonato Gray-sama.
 
-Gray-sama…- mormorò, accarezzandogli il volto, cercando di pulirlo dalla cenere e dal sudore, ma ottenendo di sporcarlo ancora di più. Le urla intorno a lei le fecero drizzare i capelli sulla nuca. Conosceva quella voce, era Lucy. Urlava come se le stessero strappando gli organi interni a mani nude. Urlava più forte di come aveva fatto poco prima Gray.
Basta! Lasciatela stare! Lasciatela stare! Uccidetela! Datele pace!
 
Si tappò le orecchie con le mani, mentre lacrime copiose le bagnavano le guance. Non riusciva più a sopportare tutto quel dolore. Lucy, la sua amica, la sua rivale in amore preferita, non poteva soffrire così. Non era giusto. Un altro urlo riuscì a superare la barriera delle mani di Juvia e stavolta non si trattava di un suono inarticolato, ma di parole ben precise che il suo cervello ci mise tempo ad elaborare. Era Natsu quello che urlava. Quello ancora in piedi.
 
-Sono io il tuo avversario!- urlò il ragazzo. E Juvia sentì il crepitio delle sue fiamme e poi la voce di Gajeel. Che diavolo ci faceva lui lì? Doveva stare con Levy e i bambini, non con loro! Quell’idiota! Se si fosse fatto uccidere, lei lo avrebbe ammazzato. Sarebbe prima andata a riprenderlo all’inferno e solo dopo lo avrebbe ammazzato con le sue stesse mani.
-Juvia.- mormorò Gray, attirando l’attenzione della ragazza, come sempre accadeva.
-Gray-sama, Juvia è accanto a te.- rispose dolcemente, togliendogli i capelli dagli occhi. Il ragazzo fece leva sulle mani per mettersi seduto, ma si arrese all’evidente assenza di forze e si lasciò ricadere con la testa sulle gambe della ragazza.
-Juvia, è buio qui dentro.- disse il ragazzo, voltando la testa di lato.
–Qualcuno ha spento i fuochi.- mormorò, come se non riuscisse a pensare ad altro.
 
Juvia trattenne un singhiozzo e avvertì qualcosa nel petto lacerarsi. Le lacrime continuavano a bagnarle il viso, ma cerco di tenere il basso il tono di voce.
-Sì, sei stato tu a spegnere tutto il fuoco.- sussurrò, accarezzandogli la testa. Alla luce delle fiamme la ragazza riusciva a vedere gli occhi di lui spalancati sul vuoto.
-Stai piangendo. Non piangere.- si lasciò sfuggire lui a fior di labbra. Juvia non ebbe nemmeno il tempo di cercare una scusa, perché lui crollò di nuovo. Solo allora la ragazza si lasciò sfuggire quei singhiozzi che la opprimevano.
 
Sentiva il suo petto lacerarsi ad ogni respiro e volse gli occhi al cielo, piena di rabbia. Perché a loro? Perché sempre a loro? Si piegò sul corpo di Gray, distrutta dal dolore e dalla rabbia, squassata dai singhiozzi. Aveva la nausea. Quell’odore di bruciato che impregnava l’aria, quel pugno allo stomaco che sentiva ogni volta che pensava alle urla di Lucy… tutto quello la nauseava. Voleva tornare a casa, andare via da lì, allontanarsi dalla rabbia e dal dolore. Le urla di Lucy erano qualcosa di cui non riusciva a liberarsi; le avrebbe sentite sempre nelle orecchie. Cosa le avevano fatto per farla urlare così? Poteva una persona sopravvivere a tutto quello? Stava per crollare, Juvia, abbandonarsi all’oblio, sperando di preservarsi… ma poi il suo sguardo annebbiato finì ancora su Gray-sama, che respirava piano, appoggiato a lei. Non poteva lasciarsi andare, non in quel momento, non con il ragazzo in quello stato. Doveva prima salvarlo, salvare tutti loro e poi avrebbe sfogato tutto quello che sentiva nell’anima.
-Stai tranquillo, Gray-sama, Juvia sa quello che fa.- gli mormorò nell’orecchio, prima di rinchiuderlo nella sua prigione d’acqua. Una fitta al cuore le ricordò di come aveva usato quell’incantesimo su Lucy la prima volta che l’aveva vista. Lucy. Forse sarebbe dovuta andare da lei. Lanciò uno sguardo intorno, per cercarla, ma l’unica cosa che vedeva era il fuoco di Natsu che investiva tutto l’angolo della strada. Non poteva avvicinarsi da lì, ma poteva aiutare Gajeel, che, in quel momento, era stato proiettato a qualche passo da lei.
 
-Gajeel, che ci fai qui?- chiese, avvicinandosi a lui e portandosi dietro la prigione d’acqua con Gray. Il ragazzo alzò lo sguardo.
-Che cos’ha?- chiese, con un cenno svogliato verso Gray. Fece una smorfia, guardandosi la gamba piegata in una strana angolazione.
-Ha usato gran parte del suo potere. Tu non dovresti essere qui!- disse con più forza la ragazza chinandosi su di lui e studiando la sua faccia.
-Lo so. Ho lasciato Lily con il bambino, ma dovevo cercare Levy. Era andata alla gilda prima che…-. Gajeel lasciò la frase in sospeso, indicando con un gesto della mano la devastazione che avevano intorno.
-Sì, Juvia l’ha vista. Il master l’ha allontanata. Le ha chiesto di far evacuare la città, prima dell’attacco. Probabilmente è lontana da qui, con Lily.-. La ragazza aveva un’espressione preoccupata in viso, per la sorte della sua amica e degli abitanti della città.
 
-Come ci siamo arrivati qui, Juvia?- chiese, stanco, Gajeel. Non riusciva a focalizzare nulla di quello che aveva intorno. Non era riuscito a fare nulla contro quell’uomo e non era neanche riuscito a tenere il passo con Salamander. Lui era quello che lo spaventava di più, in quel momento.
-Abbiamo seguito i nostri princìpi.- replicò la ragazza, mettendosi seduta accanto a lui. Non era una cosa che una persona normale avrebbe fatto, non in quel momento, ma Juvia aveva bisogno di riprendere fiato, di rendersi conto che non tutto era perduta, che erano ancora vivi e che ce l’avrebbero fatta, come sempre. Insieme.
-No, mi riferivo a me e te. Come ci siamo ritrovati qui? Perché?-. Gajeel, l’uomo di ferro, quello che cercava di non mostrare nemmeno un’emozione, nemmeno per sbaglio, volse su di lei i suoi occhi lucidi.
 
-Abbiamo seguito i nostri princìpi.- ripeté Juvia, accarezzandogli i capelli. Loro due non erano mai stati quel tipo di amici che hanno bisogno di dimostrarsi affetto attraverso il contatto fisico, ma in quel momento il ragazzo sembrava così fragile che Juvia non era riuscita a fermarsi.
-Princìpi del cazzo. Non li avevo prima e stavo meglio.- brontolò il ragazzo e fece una smorfia di dolore per la gamba. Aveva provato a spostarsi, ma non ci era riuscito. –La Bunny Girl… lei… non ho mai sentito nessuno soffrire così.- mormorò poi, abbassando lo sguardo. Juvia sentì gli occhi diventarle di nuovo lucidi, ma si impose di non piangere.
-Io… credo che abbiano mirato a lei dal principio.- continuò lui, cercando lo sguardo della ragazza.
-Perché l’avrebbero fatto?- chiese Juvia. Non riusciva davvero a comprendere quale interesse potessero avere quelli di Chimaera per Lucy.
-Per scatenare quello.-. Gajeel le indicò la colonna di fuoco all’angolo. Natsu nel pieno della sua furia.
 
Juvia sentiva il calore delle sue fiamma anche da lì. –Non l’hai visto, ma è spaventoso. Non è lui.-.
La ragazza annuì a se stessa. Percepiva che c’era qualcosa di sbagliato, qualcosa che non stava andando bene. Quelle fiamme erano di Natsu, ma erano diverse dal solito, più crudeli, quasi, prive della brillantezza e di quella familiarità che avevano sempre avuto. Le fiamme di Natsu erano sempre state quelle di un caldo focolare, in grado di richiamare la compagnia e l’affetto, di far riunire una famiglia. Quelle che stava vedendo ora erano fiamme distruttive. Allontanavano, non avvicinavano. La spaventavano e la facevano sentire così piccola… una bambina sperduta.
 
-Juvia lo sente.- sussurrò e strinse le braccia intorno al suo corpo, cercando di sostenersi da sola.
-Devi aiutarmi, Juvia. Fammi alzare e aiutami a fermare Natsu.- le chiese Gajeel, stupendola non poco.
-Perché vuoi fermare Natsu-san? Credo che solo lui possa ribaltare questa situazione.- chiese, ma gli passò comunque il braccio intorno, permettendo al ragazzo di usarla come sostegno.
-Tu non l’hai visto. È tremendo. Si farà del male.-. Gajeel era preoccupato e non tentava nemmeno di nasconderlo. Salamander era fuori controllo e non era più in grado di distinguere gli amici dai nemici. Aveva perso totalmente il controllo da quando l’aveva sentita urlare in quel modo. Non che Gajeel avrebbe potuto dargli torto. Si sarebbe strappato il cuore a mani nude pur di non sentirla più.
-Juvia ti porterà via. Non ti farà affrontare Natsu-san.- lo riprese con forza Juvia, beccandosi uno sguardo di fuoco dal ragazzo.
-Dobbiamo aiutarlo! Juvia!-. Gajeel le urlò contro, pur appoggiandosi a lei con tutto il suo peso. Juvia non si scompose e sostenne il ragazzo, senza preoccuparsi troppo per la sua reazione.
 
-Gray-sama ha raccontato delle cose a Juvia. Non è la prima volta che Natsu perde il controllo. L’unica persona che può fermarlo è Lucy.- spiegò risoluta e iniziò a camminare, trascinando Gajeel con lei, troppo sconvolto per opporre resistenza. Davvero quella ragazza non si rendeva conto di nulla? Lei non aveva visto Lucy, non sapeva come stava, come lui si era quasi sentito male a vedere quel corpo tagliuzzato e la sua carne quasi ridotta a brandelli.
-Ma Lucy… lei non…- iniziò a dire, sentendo l’acido risalire lungo l’esofago. Non sarebbe riuscito a spiegare a Juvia quello che aveva visto e non sarebbe mai riuscito a toglierselo dalla mente a prescindere da quello che sarebbe successo da lì in avanti.
-Anche Juvia l’ha sentita urlare. Juvia crede che le abbiano fatto qualcosa di indicibile per ridurre Natsu-san in questo stato.- disse la ragazza. –Juvia deve portarti via da qui. Deve portarti da Levy-san.- spiegò ancora.
 
Non avrebbe sentito qualcun altro soffrire in quel modo e se era vero che non poteva più aiutare Lucy, poteva ancora fare qualcosa per chi rimaneva e non sarebbe rimasta in disparte a guardare. Non l’aveva mai fatto e non avrebbe iniziato adesso. Quella era la sua famiglia! Erano i ragazzi che l’avevano accolta anche quando sarebbe stato logico allontanarla. Erano le persone che l’avevano perdonata quando anche lei  faticava a perdonare se stessa. Non avrebbe mai potuto abbandonarli e sapeva che Gajeel la pensava allo stesso modo. Perché avrebbe cercato di gettarsi nelle fiamme di Natsu, altrimenti?
 
Le aveva chiesto come si erano ritrovati ad affrontare tutto questo, proprio loro due, le persone più distaccate di Phantom Lord, e lei gli aveva detto che lo avevano fatto per rispettare i loro princìpi morali, ma loro due non ne avevano mai avuti prima di Fairy Tail. Erano sempre andati alla deriva, guidati dalle scelte del Master che mai avevano pensato di mettere in discussione. Erano anime perse che sentivano di doversi adeguare all’immagine che gli altri avevano di loro. Mai si sarebbero sacrificati per i loro compagni, prima; mai si sarebbero immischiati in qualcosa più grande di loro se non sotto precisa richiesta del loro Master. Sopravvivere era l’unico principio che avevano, l’unica cosa che entrambi perseguivano. L’amicizia, l’amore, erano cose che non sapevano si potessero trovare in una gilda.
 
Juvia si era unita solo per avere un appoggio, ma aveva rinunciato all’idea che qualcuno potesse provare affetto per lei molto tempo prima. Ci aveva rinunciato e la gilda non aveva fatto altro che confermare la sua idea. Gajeel aveva vissuto più o meno la stessa cosa. Lui aveva bisogno di un luogo da cui partire e a cui tornare nelle sue peregrinazioni. Aveva bisogno di avere le spalle coperte per tutto quello che gli veniva in mente di combinare e quello aveva trovato. Un Master che approvava la violenza contro gli altri, anche contro i più deboli, in particolar modo contro i più deboli.
 
Poi, però, qualcosa era cambiato nelle loro vite, in maniera così repentina da destabilizzarli. Avevano incontrato quelli di Fairy Tail. Li avevano disprezzati così tanto all’inizio! Gajeel trovava patetiche quelle vuote parole di amicizia e affetto con cui si riempivano la bocca e con quella loro presunzione che la famiglia fosse l’unica cosa importante al mondo. Juvia, in fondo, dentro di lei, nella parte di lei che mai si era arresa, quella più nascosta, aveva provato invidia per loro. Unirsi a Fairy Tail aveva cambiato loro la vita e nonostante tutto quello che era successo loro in quegli anni, nonostante tutte le volte che avevano rischiato di morire, erano felici, entrambi, di aver trovato quel piccolo pezzo di mondo che potevano chiamare “casa”.
-D’accordo, Juvia, facciamo come vuoi tu. Posso provare a fidarmi di quell’idiota di Salamander, per una volta.- borbottò burbero Gajeel e nascose la sua preoccupazione sotto una finta indifferenza. Juvia gli fece un sorriso rassicurante e continuò a portarlo, non più a peso morto, sempre con Gray dietro di loro, nella sua prigione d’acqua.
 
 
Erza sentiva gli occhi bruciare e il sudore colarle lungo la schiena. Accanto a lei Cana stringeva così forte le sue carte da avere le dita bianche. Era cominciato tutto talmente in fretta che a malapena si era accorta di quello che era successo: un momento prima beveva sakè e quello dopo era affiancata dalla sua compagna di gilda nella lotta più difficile che avesse affrontato fino a quel momento. Erza gli aveva detto che era da tempo che lei e Gerard facevano ricerche sulla gilda Chimaera che sembrava fin troppo interessata a Natsu. Le aveva detto che il ragazzo ne aveva sentito parlare mentre lei era impegnata con la missione dei cento anni e aveva seguito le voci, fino a scoprire un gruppo di maghi estremamente potente. Talmente potente da superare Zeref stesso.
 
Erano venuti direttamente da un altro continente con l’idea di arrivare a governare il mondo intero a partire da Magnolia. Località certo non scelta per il fascino dei suoi ciliegi. Magnolia era il luogo in cui si trovava Natsu, persona fondamentale per loro, almeno stando a quanto aveva scoperto Gerard. Volevano usare il ragazzo in un rito dell’antica magia, per prelevare il potere di E.N.D. e scatenare l’inferno in terra.
Cana aveva sentito il forte impulso di bere alla fine del racconto che Erza le aveva fatto mentre correvano verso la cattedrale, per evitare la sua distruzione. Erano arrivate tardi, ovviamente, come erano arrivate tardi per salvare la città. Fortunatamente erano riusciti ad organizzarsi e a far evacuare tutti i cittadini. Almeno sperava fossero andati via tutti.
 
Sentì Erza scrocchiarsi le dita e si voltò a guardarla; appariva incredibilmente determinata, anche se la donna davanti a loro non sembrava minimamente colpita da tutti i loro attacchi e ridacchiava.
-Beh, direi che siamo alla fine dei giochi.- commentò la donna, sempre con quell’irritante sorrisetto sulle labbra.
–Mi sono stancata di voi.- concluse, liquidando la situazione con un gesto della mano, come se loro due non fossero altro che mosche e non esseri umani.
-Lo pensò anche io. È arrivata l’ora di distruggerti.- replicò Erza, perfettamente a suo agio. Aveva la sua armatura migliore, quella con cui si sentiva paradossalmente più protetta e al sicuro, anche se le lasciava tutto il corpo scoperto e alla mercé degli attacchi del nemico. Un taglio le deturpava il fianco sinistro e stava perdendo sangue da un po’, eppure non mostrava il minimo segno di cedimento.
 
Cana la invidiava. Lei si sentiva esausta. Il braccio destro era praticamente inutilizzabile e rotto e la sua magia stava finendo. Aveva usato Fairy Glitter, ma la maledetta non era stata nemmeno scalfita dall’incantesimo. Stava perdendo le speranze, la ragazza, e pensò che avrebbe voluto suo padre lì con lei. Gildarts non era ancora tornato alla gilda, ma lei sentiva che lui sarebbe arrivato in suo soccorso, come faceva sempre quando la gilda ne aveva bisogno.
-Riuscite ancora a camminare. Che tenerezza!-. La donna si passò la lingua sulle labbra, come se stesse assaporando un piatto incredibilmente succulento. Cana serrò i denti e non rispose, anche se la sua mente aveva partorito una serie di improperi uno peggio dell’altro.
 
-Sei molto sicura di te. Lo scontro non è ancora finito.- la richiamò Erza.
-Oh, mia cara, è finito nel momento in cui siamo arrivati in città. Ci stiamo solo divertendo con voi. Non lo senti anche tu?- le chiese l’altra, prendendo un respiro profondo a occhi chiusi. –Delizioso!- esclamò, sollevando le palpebre e piantando le sue pupille in quelle di Erza.
-Cosa dovrei sentire? La puzza di bruciato? O il tuo sporco odore?-. Cana applaudì mentalmente quell’uscita di Erza, ma si irrigidì. Che qualcosa non stava andando per il verso giusto lo sentiva anche lei.
-No, ovviamente no. L’odore di E.N.D.! Lui è qui!-. Sembrava emozionata come una bambina la mattina di Natale, quando trova il regalo tanto desiderato sotto l’albero.
 
Erza inarcò un sopracciglio e si lasciò sfuggire un sorrisetto sicuro.
-Natsu ha distrutto il seme del demone e Lucy ha riscritto il libro. E.N.D. è sparito e non potrete mai averlo.- disse, assumendo la sua migliore posizione di attacco. Le successive parole della donna la congelarono sul posto e fecero scorrere dei brividi di paura lungo la schiena di Cana, che mai aveva avuto occasione di vedere il demone.
-Il libro è stato riscritto, è vero. Il vostro Natsu è umano, ma il demone è sempre lì, è un’altra anima nel suo corpo. Il seme è stato messo a riposo, ma non è mai morto. Il suo potere è in quel corpo e lui si è risvegliato. È sempre stato lì e tu lo sai.-. La sua voce era carezzevole e delicata, eppure fece crollare il mondo. Erza scosse la testa, stringendo convulsamente la katana tra le mani.
-No, no. Lui è morto… Natsu… Natsu è umano!- urlò, scacciando dalle mente quelle immagini che erano appena affiorate. Natsu che prendeva il fuoco di Ignia, Natsu che smetteva di ragionare, Natsu che perdeva il controllo… i suoi occhi e la sua perdita di memoria, come se un altro avesse preso il suo corpo in quel frangente. Scosse ancora la testa, ad occhi chiusi, come se questo potesse far sparire quello che era lampante, ora, per lei. Come se quel gesto potesse riportare indietro il mondo. Sentì un peso enorme crollarle sulle spalle.
 
-Natsu può anche avere un demone dentro di lui, ma dubito che si farà incatenare da voi. Anzi, conoscendolo starà distruggendo tutto quello che incontra sul suo cammino, compresi i tuoi compagni!- esclamò Cana, a quel punto, lanciando, contemporaneamente le sue carte contro la donna.
-Sciocca ragazza. Non hai imparato nulla dai tuoi attacchi precedenti?- le chiese lei, evitando agilmente tutte le carte.
-Ora!- urlò Cana, ignorando quello che le era stato detto. Subito, dalle carte lasciate cadere in terra, esplose una luce, un campo di forze si allungò verso la donna ed Erza si slanciò in avanti, mettendo nel colpo della sua katana tutta la rabbia e la frustrazione che le parole della maga avevano creato dentro di lei. La colpì, per la prima volta da che era iniziato il combattimento. Una ferita superficiale, ma comunque un bel passo avanti rispetto a pochi minuti prima.
 
-Ho chiesto a Freed di disegnare delle carte. Belle, vero?- chiese Cana, sorridendo ad Erza.
-Un campo che impedisce di usare il proprio potere magico. Ingegnoso.- replicò la ragazza, senza togliere gli occhi di dosso dalla maga, che si stava rialzando.
-Davvero ingegnoso, ma ti sei, letteralmente, giocata la tua carta migliore, piccola mia. Ora che lo so non mi farò fregare di nuovo dallo stesso trucco.- le fece notare l’altra. Aveva riacquistato quel sorrisetto sfrontato ed arrogante che mandava Cana fuori di testa. Avrebbe voluto cancellarglielo a suon di pugni in faccia!
-Non permetto neanche a mio padre di chiamarmi così, strega! Non sono la piccola di nessuno!- urlò, lanciando ancora delle carte verso di lei. La donna, stavolta, richiamò una folata di vento e disintegrò tutte quelle carte prima ancora di vederle arrivare a metà della strada che la divideva da quella ragazzina. Era davvero stanca di lei, la sua amica era più divertente. A riprova di questo, la maga si voltò per affrontare un nuovo attacco di Erza, che stavolta aveva capito il punto debole della maga, doveva solo costringerla ad usare la sua magia.
 
C’era un momento, infatti, in cui, nel lanciare la sua magia del vento, la donna perdeva del tutto la concentrazione sul mondo circostante. Una cosa di cui non si era accorta prima, troppo presa ad osservare il suo movimento delle mani per prevedere la direzione dell’attacco. Doveva farle scagliare ancora l’incantesimo e poi avvicinarsi quel tanto che bastava per colpirla con tutta la poca forza che le rimaneva. Faceva la commedia, Erza. Fingeva di stare meglio di quello che era. La ferita al fianco sanguinava copiosamente e la sua magia la stava abbandonando, ma continuava ad avere la forza di farsi vedere invincibile. Doveva farlo per Cana, doveva essere il punto di appoggio per la sua compagna in quella situazione così disperata. Doveva proteggere lei e tutti gli altri.
 
Erza era sempre stata una persona che metteva gli altri prima di se stessa. Lo aveva fatto sempre alla gilda. Si era sempre presa cura di Natsu e Gray, di Happy, di Lucy e poi di Wendy. Lei si era assunta il compito di essere una guida, un faro per quei ragazzi. Ci era riuscita così bene che anche la sua caduta era in grado di motivarli e di tirare fuori il meglio di loro. Quello che loro non sapevano è che lei riusciva a guidarli perché per prima si faceva guidare. La loro forza era la sua forza, lo era sempre stato, per questo non poteva permettersi di perdere la forza di Cana. Nemmeno per un istante la sua amica avrebbe dovuto vacillare. Insieme avrebbero superato anche questo.
 
Cana, falle usare di nuovo l’incantesimo.   
Le trasmise il pensiero grazie al collegamento telepatico che Warren aveva stabilito tra tutti loro. Sapeva che lo avrebbero sentito anche gli altri e, certamente, non ne sarebbero stati infastiditi. Anzi, avrebbero visto che c’erano ancora persone in grado di combattere, che Fairy Tail non era crollata e non sarebbe mai crollata. Le parole di Titania avrebbero risollevato ogni componente di quella incasinata famiglia e lo avrebbero aiutato a fare la sua parte per salvare la loro terra.
 
Cana fece un sorrisetto sghembo percependo qualcuno che si avvicinava a gran velocità. Eccolo! Lo sapeva che sarebbe arrivato e finalmente lei sentiva che la loro resistenza non era inutile. La gilda sarebbe sopravvissuta, perché Gildarts stava arrivando e avrebbe ucciso chiunque si fosse anche solo azzardato a guardare male la figlia, figuriamoci chi le aveva rotto il braccio. La ragazza non aveva certo bisogno di suo padre, ma era piacevole pensare che dalla loro parte c’era un mago così potente. Con un gesto fluido della mano sinistra lanciò le carte.
 
La maga sorrise e si preparò a scagliare l’incantesimo. Erza strinse forte la sua katana. Accadde in una frazione di secondo: l’incantesimo fu lanciato ed Erza ci entrò dentro, raggiungendo la donna al costato con la punta della sua arma. Si era resa conto, dall’esterno, che avrebbe avuto delle difficoltà entrando nel vortice, ma non pensava che sarebbe stato così. Le lame di vento le tagliavano la carne e la facevano urlare di dolore, mentre il suo corpo era totalmente in balia del movimento dell’aria. Riprendere il controllo del suo braccio le richiese più forza ed energia del previsto e la ferita che aveva procurato alla maga non sarebbe stata sufficiente a far terminare lo scontro.
 
-Erzaaa!- urlò Cana, quando vide l’amica crollare a terra. Fece per andare verso di lei, ma la maga la bloccò al suo posto.
-Stupida ragazzina! Ti ammazzo!- urlò la donna, lanciando il suo micidiale incantesimo contro Cana che ebbe solo il tempo di portarsi le braccia davanti al volto. Aspettò l’impatto con il mulinello di vento per un tempo che le parve infinito, talmente lungo che si costrinse a guardare e quello che vide le fece venire voglia di strapparsi gli occhi con le sue stesse mani. Erza era davanti a lei, trasportata in aria, priva di sensi. Sangue e brandelli di pelle della ragazza si muovevano nel turbine, mentre la donna rideva, con una luce folle nello sguardo.
-Muori! Muori!- continuava a dire, tra le risa. Cana sgranò gli occhi e cadde bocconi in terra. Era finita. Neanche la grande Titania poteva farcela quella volta.
-In realtà, credo sia arrivato il tuo turno di morire.- intervenne una voce gelida dietro di lei. Cana non ebbe neanche bisogno di voltarsi per sapere chi era. –Hai osato fare del male a mia figlia e stai torturando una mia compagna. Non credo che potrò perdonarti, anche se sei una bella donna.- concluse Gildarts, ammiccando verso la figlia che lo guardava riconoscente.
 
 
Quando Natsu sentì Lucy urlare il suo primo pensiero fu di pura felicità: la ragazza non era morta, respirava ancora, quindi non tutto era perduto. Questi i pensieri che, indicativamente, gli avevano attraversato la mente nel secondo che gli era occorso per capire cosa stesse accadendo. Il secondo dopo, ovviamente, una rabbia fuori dal comune gli aveva annebbiato anche quel poco raziocinio che gli era rimasto. Natsu sentiva il suo potere nelle vene, bruciargli il terrore, che lo aveva invaso quando aveva pensato che lei fosse morta, il disgusto che aveva provato per se stesso, per essere stato così lento, bruciare perfino la sua umanità e lasciare solo quell’ira assoluta. Aveva il pieno controllo del suo potere ora, di quel potere che per anni aveva cercato di cacciare via da sé, perché pericoloso, perché non umano.
 
Quel giorno, lì, su quel campo di battaglia, per la prima da che aveva scoperto di essere per metà un demone, creato dal desiderio di suo fratello di avere una seconda possibilità, Natsu pensò che la sua umanità, non era poi così importante. A che serviva restare umano se lei non era lì? Se non poteva condividerla con lei? Aveva di nuovo provato quel dolore atroce di perderla, forte come quando aveva visto la Lucy del futuro accasciarsi al suolo solo perché lui- anche quella volta- era stato lento o come quando l’aveva vista alla mercé di Dimaria. Sempre troppo debole e troppo lento per salvare lei. Di nuovo, lo schema si era ripetuto: lui cercava di raggiungerla, lei gli crollava davanti. Stupido, stupido Natsu.
-Sono io il tuo avversario!- urlò il ragazzo e si buttò sull’uomo davanti a lui, Master Isaac, come si era presentato quando lo aveva vista fuori controllo.
-No, tu sei il mio Re. E.N.D., Signore del potere supremo!- replicò Isaac, totalmente esaltato, riuscendo, comunque, ad evitare l’attacco del suo signore e facendo infuriare ancora di più il ragazzo.
-Io sono NATSU!-.
 
Era stanco di dover ripetere sempre e a chiunque questa cosa così dannatamente semplice. Lui non era un demone, non era un drago, non era niente di più che Natsu e si sforzava tutti i giorni affinché “solo Natsu” fosse abbastanza. Attaccò di nuovo, stavolta con ancora più ferocia. Nessuno poteva permettersi di prendersela in quel modo con Lucy e quelle urla lancinanti ancora le sentiva risuonare nella scatola cranica e, più giù, nella gabbia toracica che sembrava ancora troppo stretta per contenere quella matassa di emozioni che si erano risvegliate. Avrebbe affondato le sue mani nel sangue di quell’uomo e lo avrebbe punito per quello che aveva osato farle, per come l’aveva ridotta, in fin di vita, talmente stremata e dolorante che a malapena gli aveva risposto quando l’aveva chiamata. Sentirla urlare in quel modo aveva risollevato momentaneamente la parte di lui che l’aveva creduta morta, ma aveva anche risvegliato un dolore profondo. Aveva sofferto con lei. Ogni urlo era una stilettata al cuore, ogni lacrima una ferita sulla carne. Non riusciva a sopportarlo. Doveva mettere fine a quella situazione. Voleva mettere fine a quella situazione.
 
Voleva dormire, possibilmente nel letto di Lucy, con lei accanto che faceva finta di non accorgersi che era entrato dalla finestra, ma che lasciava sempre aperta solo per lui.
-Lasciati colpire, bastardo!- gli urlò contro, quando Isaac schivò un altro attacco. L’uomo non sembrava interessato a colpirlo, aveva qualche altra cosa in mente.
-Mio signore, sei sconvolto ora, è chiaro, ma presto ti accorgerai che quello che ho fatto era inevitabile. Solo questo avrebbe potuto garantire la tua venuta.- gli spiegò Isaac, allungando le braccia verso il cielo nero, senza una stella.
-Che diamine dici? Quale venuta?- chiese, quasi suo malgrado, Natsu. Una parte di lui era curiosa di sapere che cosa quell’uomo avesse in mente.
-La tua venuta E.N.D. può avvenire solo attraverso il fuoco, la distruzione e la morte. Dalle ceneri del mondo il tuo potere risorge. Ti nutri di questo, mio signore, e sei apparso quando tutti e tre i criteri si sono realizzati.- disse Isaac, mostrandogli, con gesto, le fiamme che ardevano in ogni punto della città, la distruzione tutto intorno e poi… Lucy. Lucy, che lui copriva con il suo corpo.
 
Inconsciamente Natsu si voltò a guardarla e vide i suoi occhi aperti che già lo fissavano con un debole sorriso e il suo petto alzarsi e abbassarsi a fatica. Non riusciva a muoversi, era piuttosto evidente, come erano evidenti le ferite che aveva sull’addome, sulle braccia e sulle gambe, piegate in una strana angolazione. Natsu si sforzò di rassicurarla in qualche modo, ma le parole non volevano saperne di venire fuori. Erano bloccate da qualche parte nella gola, impigliate nel nodo che gli bloccava il respiro nel vederla in quello stato.
Va tutto bene, Lucy. Ti porto via di qui. Dammi solo qualche minuto.
 
Questo avrebbe voluto e dovuto dirle, ma non ci riusciva. Gli sembrava tutta una sporca bugia, perché per la prima volta nella vita aveva la sensazione che non sarebbe andata per niente bene, che anche se avesse vinto quello scontro, non ci sarebbe stato un lieto fine. Lucy sembrò recepire qualcosa, perché allargò il suo sorriso dolce, nonostante fosse visibilmente stremata, e tentò di sollevare la mano destra, lì, dove aveva il marchio della gilda. Il movimento non fu mai portato a termine e la ragazza lasciò ricadere il braccio che era riuscita a sollevare solo per pochi centimetri dal suolo. Bastò la sua intenzione per accendere il fuoco di Natsu e caricarlo di nuova energia. Si voltò furente verso Master Isaac, mentre una colonna di fuoco illuminava il cielo.
 
-Lucy è ancora viva, idiota, il tuo piano è fallito!- gli urlò contro. Master Isaac poté vedere la ragione lasciare quegli occhi e il fuoco prendere possesso di qualsiasi cosa. Un fuoco in grado di bruciare il cielo, la terra e l’inferno stesso. Il fuoco di E.N.D. si era risvegliato e lui aveva già l’incantesimo pronto sulla punta della lingua. Avrebbe intrappolato il potere del demone, lo avrebbe legato a sé e avrebbe conquistato il mondo intero. Era arrivato finalmente il suo momento, quando qualcosa lo colpì come un pugno, togliendogli il fiato. Una consapevolezza improvvisa lo stordì. Come un fulmine, nella sua testa balenò quella sensazione destabilizzante che metteva a repentaglio tutto.
 
Quelle non erano le fiamme di E.N.D., non potevano essere loro. Bruciavano più dell’inferno, ma non era il potere del demone. Quelle erano le fiamme di Natsu. Quel ragazzino aveva preso totale possesso del potere del suo demone e lo aveva trasformato. Abbassò la guardia, mentre la futilità del suo piano, la sua superbia nel non considerare prima quella possibilità, nella sua volontà di non studiare quei maghi di Fairy Tail più del dovuto, gli rimbombavano in testa, insieme ad un’idea alternativa, a qualcosa che avrebbe potuto comunque usare per i suoi scopi. Quella distrazione, però, fu sufficiente per Natsu che lo investì con tutta la sua potenza, sbalzandolo qualche metro più in là. Mater Isaac rimase senza fiato nel provare su di sé quel calore tremendo, quel dolore, che straripava dal corpo del ragazzo davanti a lui e rise tra sé per la sua ingenuità.
 
Doveva immaginarlo, quella ragazzina era brava, aveva fatto bene il suo dovere e aveva riscritto correttamente il libro del demone. D’altronde era riuscita a sopravvivere alla sua illusione, si era accorta che era tutta una finzione e se n’era liberata. Aveva trovato la via della realtà tutta da sola, nonostante lui avesse creato un mondo meraviglioso per lei, un mondo in grado di attirare e inglobarla e ucciderla, come una mosca nella tela di un ragno. Un vero peccato che non avesse preferito il suo mondo e la morte pulita che aveva voluto regalarle. Sorrise, alzandosi in piedi di nuovo. Natsu aveva domato il potere di E.N.D., aveva reso pieno di luce quel potere così demoniaco, ma non ci era riuscito da solo. La luce veniva dalla ragazzina e lui vi avrebbe messo la parola fine e in modo crudele, lungo e doloroso.
 
Lanciò uno sguardo di sfida a Natsu e chiuse le dita della mano destra a pugno. Quasi immediatamente le urla di Lucy ripresero in modo ancora più violento di prima. Sembrava le stessero strappando la pelle dalle ossa, ma stavolta nessuna ferita appariva sulla sua pelle lesionata.
-Lucy! Smettila! Prenditela con me! Sono io il tuo avversario!- urlò Natsu, cercando di attirare l’attenzione su di sé.
Strappami il cuore! Uccidimi! Rendimi cieco e sordo, ma lascia stare lei!
Natsu preparò il suo ruggito più potente, lo riempì di tutta la sua disperazione e lo scagliò contro il suo avversario che rimase immobile, come se non potesse essere toccato dal ragazzo. In effetti il fuoco si divise, passando alla destra e alla sinistra di Isaac e lasciandolo illeso al centro.
-La sto bruciando dall’interno, pezzo per pezzo. Morire tra le fiamme, la morte perfetta per una come lei.- disse Isaac, perfettamente calmo, e un sorriso allegro gli si dipinse sul volto.
-Vuoi E.N.D., vero? Prendilo, tutto il suo potere è tuo, ma lasciala stare.-. Natsu crollò in ginocchio, mentre calde lacrime gli affollavano gli occhi. Non lo sopportava più, non era in grado di tollerare ancora tutto quel dolore.
-Non funziona così, avevi ragione. Serve anche la morte per completare il risveglio.-.
 
Quelle parole penetrarono nella mente annebbiata di Natsu. Il ragazzo ci mise un po’ ad elaborarle, ma quando la verità lo illuminò, rialzò lo sguardo che fino a quel momento aveva tenuto basso.
-Serve una morte, eh? Lasciala andare o l’unica morte che vedrai sarà la mia!- minacciò, sicuro di aver trovato la carta vincente, almeno quella volta.
-E con che cosa ti sarai la morte? Illuminami.- lo sfotté Isaac, sempre con quel sorrisetto sul volto. Stavolta anche Natsu sorrise, riuscendo perfino ad ignorare le urla della ragazza.
Non preoccuparti Lucy! Resisti un altro po’. Giuro che ti salverò.
 
-Questa era una città.- si limitò a dire, rialzandosi e stringendo tra le dita un pezzo di vetro di una finestra che era esplosa durante gli scontri. Il sorriso di Master Isaac svanì lentamente dal suo volto.
-Lo faresti davvero?- chiese, pur conoscendo già la risposta. Aveva studiato abbastanza il contenitore di E.N.D., sapeva che avrebbe fatto di tutto per i suoi amici, in particolare per quella Lucy. Per questo aveva scelto lei come grilletto per risvegliare il demone.
-Lasciala andare, vecchio, e forse potresti ottenere quello che vuoi. Mi hai fatto davvero arrabbiare.-.
Master Isaac aprì la mano destra e le urla di Lucy si interruppero all’improvviso, così come erano cominciate.
 
Ancora un altro po’, Lucy, e poi ti porterò via da qui.
Doveva sconfiggerlo, ma prima doveva capire quale era il suo punto debole. Le fiamme non sembravano funzionare, eppure prima era riuscito a colpirlo. Cosa era successo prima? Natsu continuava a tenere lo sguardo puntato sull’uomo, mentre il suo cervello lavorava senza posa. Aveva abbassato la guardia, per questo era riuscito a colpirlo. Doveva farlo distrarre in qualche modo, ma come? Si rigirò il pezzo di vetro tra le mani. Prima uno dei suoi incantesimi più potenti lo aveva ferito, ma non troppo gravemente. Contro un mostro del genere che cosa avrebbe dovuto fare? Liberare davvero tutto il potere di E.N.D. che sentiva agitarsi dentro di lui?
 
Una fitta improvvisa al dito lo distolse dai suoi pensieri e si accorse di essersi tagliato con il vetro e un’idea si fece pian piano largo nella sua mente.
-Sono tutto un fuoco!- esclamò con il suo sorriso più esaltato. Di nuovo una colonna di fuoco lo avvolse, non riuscendo a nascondere agli occhi di Isaac quello che stava facendo. Natsu ammiccò verso di lui e si tagliò il polso destro, incidendo la carne profondamente.
-NO! MIO SIGNORE!- urlò Isaac, con tutto il fiato che aveva in gola e si slanciò verso di lui, per cercare di fermarlo. Il fuoco di Natsu si riempì dei fulmini di Laxus e si riversò tutto contro il Master che venne avvolto da quel potere tremendo.
 
Eccolo! Il potere di E.N.D.! Era lì, mescolato a quello di Natsu, poteva sentirlo mentre lottava contro la sua controparte fatta di pura luce. Poteva sentirlo sulla pelle che si riempiva di bolle spaventose e si carbonizzava sotto il suo sguardo. Qualcuno stava urlando. Buffo, sembrava la sua voce. Era lui che urlava? No, lui aveva trovato il vero potere, che importanza poteva avere la morte di fronte a ciò?
 
Natsu crollò in ginocchio per la seconda volta nel giro di pochi minuti. Le urla di Isaac erano ancora nelle sue orecchie e lui era così stanco. Il sangue colava caldo dal suo polso lacerato e si infilava tra le sue dita. Il terreno sembrava così comodo…
-Na…tsu.-. Quella voce così bassa e rantolante non sembrava per niente la voce di Lucy. Natsu provò a mettersi in piedi, ma le gambe gli cedettero e si ritrovò di nuovo carponi. La raggiunse così, allora, strisciando fino a lei, ancora immobile.
-Lucy.- sussurrò, crollandole addosso, la testa incastrata nell’incavo del collo di lei.
–Credevo fosse troppo tardi.- continuò, cercando la sua mano e intrecciando le loro dita. Aveva nel naso il suo buon odore e si sentiva finalmente bene. A casa.
-Natsu… io... devo dirti… Natsu…- iniziò Lucy, rantolando. Ogni parola che le usciva dalle labbra sembrava pesante, a malapena riusciva a muovere la bocca e ad articolare i suoni, ma doveva dirgli quello che da troppo tempo sentiva dentro. Lui si tirò su il tanto che bastava per guardarla negli occhi e regalarle uno dei suoi sorrisi più belli.
-Me lo dici a casa, dopo che avremo vinto.- le disse.
Ti amo, Natsu.
 -Adesso… dammi qualche minuto, Lucy, sono stanco. Solo pochi minuti.-. Quelle parole le sussurrò praticamente nell’orecchio della ragazza, tornando nella posizione di prima.
Ti amo anche io, Lucy.
 
Natsu era pesante, ma Lucy non si sarebbe mai sottratta a quell’abbraccio, per nulla al mondo. Lo sentiva su di sé, lo sentiva respirare piano, sentiva il suo cuore contro la pelle, battere all’unisono con il proprio. Il dolore che sentiva per le ferite non contava, nulla contava, tranne Natsu, il suo odore e la presa sulla sua mano. Mosse il braccio libero, ignorando le stilettate di dolore, e lo sollevò fino ad arrivare alla testa del ragazzo, fino ad affondare le dita tra i suoi capelli. Lo sentì sospirare e rilassarsi contro di lei e fu allora che si permise di rilassarsi a sua volta e di chiudere gli occhi.
 
 
 
NOTE:
Eccoci qui, al quinto capitolo, se non ho sbagliato i conti da brava distratta quale sono. Questo è stato il primo capitolo che ho scritto di questa mini-long ed ero indecisa se partire da questo e poi raccontare il resto tramite un lungo flash-back o organizzare la storia come poi ho fatto.
Lo so, lo scontro con il master non è stato bellissimo, me ne rendo conto e l’espediente usato è stato poco intelligente, ma è stata l’unica cosa che mi è venuta in mente, in quel momento. Il master era troppo forte e non sapevo come fare…
Diciamo che qui riprendo le fila di tutti i personaggi comparsi nel primo capitolo. Inizialmente questo doveva essere l’ultimo capitolo in assoluto, lasciando un finale aperto a varie interpretazioni. Poi ho pensato di creare due finali, molto diversi tra loro, ma ne ho scritto solo uno, che penso di pubblicare, ma ci devo ancora riflettere (magari faccio finire la storia così ahahah).
Passando alla parte della “dichiarazione”, anche qui ci sono due interpretazioni: Lucy e Natsu hanno approfittato della telepatia di Warren oppure hanno letto l’uno i sentimenti dell’altra e non si sono realmente confessati i loro sentimenti. Lascio libero sfogo all’immaginazione.
Non credo di avere altro da dire. Come al solito, qualsiasi errore notiate potete scrivermelo senza problemi.
Un abbraccio!   

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Capitolo 6
*** VI. "Sto sempre pensando a te" ***


-Natsu! Lucy! - urlava un piccolo exceed, volando sulle rovine della città che un tempo era Magnolia. Era andato in missione alla ricerca dell’aiuto delle altre gilde di Fiore ed era riuscito a portare lì i maghi appena in tempo per dare il colpo di grazia a Chimaera. Aveva dovuto aspettare la fine della battaglia per andare a cercare i suoi amici.
-Natsu! Lucy! - chiamò ancora. Per quanto si spingesse lontano, non aveva ancora visto la testa rosa del suo compagno e la cosa lo stava facendo preoccupare. Dove era finito Natsu? Gli aveva promesso che si sarebbero rivisti alla fine di tutto e Natsu manteneva sempre le sue promesse.
 
-Happy! - lo richiamò qualcuno dal basso. L’exceed si voltò verso quella voce femminile, speranzoso, prima che si rendesse conto che conosceva quella voce ed era quella di Wendy, non di Lucy. La ragazzina si stava sbracciando verso di lui e il gatto blu decise di scendere a vedere come stava.
Wendy non era da sola. Steso accanto a lei c’era Laxus, ferito, ma vivo, e, seduto in terra, Sting, accompagnato dal suo fedele Lector. Sembravo stare tutti bene, alla fine.
-Wendy! Che è successo qui? - chiese, atterrando accanto a Charle. Si era diviso da lei quando erano arrivati sul luogo della battaglia. Lei era andata a cercare Wendy, che aveva trovato, evidentemente, e lui era stato accanto a Yukino per aiutarla.
-Io, Laxus-san e Sting-san abbiamo combattuto contro il padre di Laxus-san. - spiegò velocemente Wendy.
 
Happy spostò lo sguardo verso Laxus che era ancora steso e respirava affannosamente.
-Abbiamo vinto! - esclamò Sting, stringendo il pugno della mano destra.
-Abbiamo vinto grazie a te, Sting-san. - replicò timida la ragazzina, abbassando lo sguardo sulle proprie mani. –Laxus-san, credo di poter iniziare a curarti, adesso. - disse, avvicinandosi al ragazzo, che annuì. Wendy si mise in ginocchio e tese le braccia, mentre una leggera luce verde si spandeva sul corpo di Laxus che chiuse gli occhi, percependo un certo sollievo dal dolore.
-Avete visto Natsu e Lucy? - chiese Happy, contento che i suoi amici stessero bene, ma ancora profondamente preoccupato.
-No, siamo stati separati. Ci hanno fatto dividere l’uno dall’altro. - disse Wendy.
-Natsu-san sta sicuramente bene! - disse Lector, cercando di risollevare il morale all’altro exceed. Happy abbassò la testa e si sforzò di annuire.
-Li andiamo a cercare insieme, gatto. Dammi il tempo per riprendermi. Voglio cercare anche gli altri. - gli disse Laxus, parlando per la prima volta da quando era arrivato l’exceed.
 
Anche Laxus era preoccupato per i suoi compagni, non vedeva Evergreen, Freed e Bixlow da troppo tempo e voleva anche sapere come stava suo nonno, che aveva lasciato alle cure di Lily. L’exceed aveva deciso di occuparsi dei bambini della gilda e del Master, che non riusciva a muoversi dalla sua sedia.
-Grazie per essere venuto, Sting-san. - intervenne Wendy, per evitare che i suoi pensieri seguissero la stessa via di quelli dei suoi compagni. Non poteva ancora crollare, doveva prima assicurarsi che tutti stessero bene.
-È il minimo che possiamo fare per voi, Fairy Tail. - disse Sting, passandosi una mano tra i capelli e sorridendo. –Avete provato a chiedere al vostro amico con la telepatia? Forse lui può darvi delle informazioni. - continuò, prima di mordersi con forza la lingua quando vide Wendy abbassare il capo.
 
-La telepatia si è interrotta mentre combattevamo. - gli spiegò Laxus, adombrandosi. Anche quello lo rendeva inquieto. Potevano esserci tanti motivi che potevano spiegare quella situazione, ma la sua mente non poteva fare altro che considerare solo i peggiori in assoluto. Lanciò uno sguardo a Happy e vide che anche lui aveva la sua stessa espressione: i pensieri negativi non stavano invadendo solo la sua mente.
-Laxus-san, non posso fare più di così. Ora dovresti solo riposare. - disse Wendy, alzandosi con non poca fatica.
-Ti sei sforzata troppo Wendy! - la riprese Charle, che non aveva detto nemmeno una parola da quando era arrivato Happy.
 
La tristezza e la preoccupazione dell’exceed si erano attaccate anche a lei che sentiva un brutto presentimento farsi largo dentro il suo cuore. Aveva provato ad analizzare quella sensazione, per capire se fosse o meno una premonizione, ma non era riuscita a fare chiarezza dentro di lei. Charle avrebbe voluto dire qualcosa a Happy per risollevargli il morale. Non le piaceva vederlo in quel modo, però non riusciva a trovare nulla che non sembrasse una bugia.
-No, Charle, sto bene, non preoccuparti. - replicò la ragazzina, arrossendo quando si accorse dello sguardo fisso di Laxus.
 
Sting sorrise, stupendosi ancora una volta della forza della piccola dragon slayer. All’inizio, la prima volta che l’aveva vista, l’aveva considerata troppo debole per poter essere davvero importante, ma si era dovuto ricredere: non solo aveva imparato a controllare la dragon force in breve tempo, ma aveva una tenacia che raramente aveva avuto modo di vedere anche in maghi più grandi. E ne aveva passate troppe, in troppo poco tempo, ma questo sembrava un punto in comune per tutta Fairy Tail.
-Grazie, ragazzina. Andiamo a cercare gli altri. - disse Laxus, severo, interrompendo il contatto visivo con lei.
 
Era preoccupato che avesse usato troppa magia per lui, ma lei sembrava stare bene. Era felice di essere riuscito a proteggerla, per una volta non aveva fallito nel suo intento. Laxus si alzò e fece un cenno a Happy che si levò in volo, seguito da Charle e Lector. Sting si stiracchiò e si incamminò davanti a loro. Anche lui era preoccupato per la sua gilda, ma loro erano arrivati quando ormai il grosso del combattimento era avvenuto. Erano maghi freschi e riposati che avevano affrontato maghi già provati dalle battaglie contro Fairy Tail e lui sapeva quanto potessero essere molesti quelli di Fairy Tail quando volevano sfiancarti! Per questo non si stupì quando vide Yukino correre verso di lui, anche se avrebbe dovuto capire dalla sua espressione che c’era qualcosa che non andava.
 
-Master! Laxus-sama! È… orribile! - esclamò la ragazza, correndo verso di loro con le lacrime agli occhi. Happy e Charle si bloccarono a mezz’aria e Wendy trattenne rumorosamente il fiato. L’unico che non sembrava essere colpito era Laxus, che si era limitato a serrare i denti, aspettando che Yukino si avvicinasse.
-Che cosa è successo, Yukino? - le chiese Sting e le andò incontro, fino a prenderle le mani. Era sconvolta.
-No… non posso…-. Yukino scosse forte la testa, serrando gli occhi e cercando di trattenere i singhiozzi. Non riuscì a finire la frase, così si liberò dalla stretta gentile del suo Master e indicò un punto dietro di lei. Laxus accelerò il passo, senza dire nulla, seguito da Happy che stava già piangendo.
 
Wendy e Charle rimasero immobili per un tempo indefinito. Lector sentiva gli occhi farsi lucidi, anche se non sapeva perché. Vedere Yukino in quel modo gli faceva male, soprattutto perché sapeva che sotto c’era qualcosa di grosso. Si riscosse solo quando sentì la voce di Charle che chiamava delicatamente Wendy. La ragazzina sollevo lo sguardo verso di loro, trattenendo le lacrime.
-Vado a vedere se c’è bisogno di me. Grazie Yukino-san per essere venuta ad avvertirci. - disse, prima di correre sulla scia di Laxus che era già sparito.
-Dobbiamo andare anche noi! Master! -. Yukino si aggrappò al gilet del mago e lo guardò, disperata. Sting annuì e lanciò uno sguardo a Lector.
-Dobbiamo aiutarli anche ora, Sting-kun. - confermò l’exceed.
 
Charle e Wendy non dovettero correre molto prima di sentire i singhiozzi disperati di qualcuno. Avvicinandosi ancora, videro Gildarts che stringeva con forza Cana, abbandonata contro di lui. Laxus era immobile, il volto terreo. Happy era tornato a terra e calde lacrime gli bagnavano le guance. Wendy fece altri tre passi, prima di rendersi conto appieno di quello che stava accadendo. I singhiozzi provenivano da Cana, che urlava parole sconnesse, soffocate dal petto del padre. Gildarts la stringeva come se fosse la sua unica ancora di salvezza in quel mare di dolore e tremava. Laxus e Happy guardava qualcosa a terra. No, non qualcosa, qualcuno.
 
Riversa a terra, il corpo un’unica maschera di sangue rappreso, con i capelli che sembravano gareggiare con questo, in un macabro duello, giaceva Erza, spogliata della sua armatura. Wendy fece un passo e poi un altro e un altro ancora, fino a crollare a terra, accanto alla testa di Titania, la regina delle fate. Si portò una mano alla bocca, cercando di ricacciare indietro le lacrime. Charle le si mise accanto.
-Erza-san…- disse, in un soffio, Wendy. Allungò le braccia verso la ragazza. Non sentiva il suo potere magico, ma non voleva dire nulla, giusto? Erza stava solo riposando, giusto? Quelle ferite non erano così mortali come sembravano, lei le avrebbe guarito. Lo aveva sempre fatto.
-Wendy…- la richiamò dolcemente Charle, cercando di ignorare il pianto di Cana.
-NO! Posso salvarla, posso farcela! Dimmi che posso farcela, Charle! - urlò Wendy, rompendo in singhiozzi.
-È colpa mia! Tutta colpa mia! Si è messa in mezzo per salvarmi! - urlò a sua volta Cana, liberandosi dalle braccia di Gildarts. Wendy si coprì il viso con le mani, singhiozzando ancora più forte. Erza non poteva essere morta, non lei. Era sempre stata così forte…
 
Sting e Yukino arrivarono in quel momento, ma non si unirono al gruppo. Yukino pianse di nuovo, senza emettere il minimo suono, mentre Sting si morse a sangue il labbro inferiore. Lector, accanto a lui, scoppiò in lacrime, cercando di non farsi sentire dagli altri. Il dolore che proveniva da quel gruppetto era così forte che loro si sentivano quasi degli intrusi.
-Gildarts…-. Laxus dovette interrompersi e ingoiare il nodo che sentiva in gola. Si scambiò uno sguardo con Happy che piangeva disperato accanto a lui, ma che annuì risoluto. Qualsiasi fosse il compito, Gildarts era la persona più giusta in quel momento. –Portala in quello che rimane della gilda. Ci vediamo lì con tutti quanti. - riuscì a dire. Prese un respiro profondo per non scoppiare a singhiozzare come un bambino.
 
Gildarts annuì e prese in braccio il corpo inerte di Erza.
-La riporto a casa. - disse, facendo un cenno con il capo a Cana che gli si era messa accanto, ancora piangente.
-Ragazzina, io vado a cercare gli altri, tu che fai? - chiese Laxus, burbero, cercando di nascondere tutto il dolore che quella vista gli aveva causato. Wendy sollevò gli occhi bagnati di lacrime su di lui e annuì.
-Vengo anche io, Laxus-san. - disse, alzandosi, con il petto ancora squarciato dai singhiozzi.
-Voglio trovare Natsu! - disse Happy, piangendo così forte da non riuscire a volare.
-Lo troveremo. - gli rispose Laxus. –Venite anche voi? - chiese, poi, rivolto a Yukino, Sting e Lector.
-Sì, arriviamo. - rispose Sting, sintetico, raggiungendolo in poche falcate rapide. Erano le uniche parole che era riuscito a dire senza scoppiare a piangere. Lector si accostò a Charle e a Happy, partecipando al loro dolore in silenzio.   
 
 
-Laxus! Wendy! - li richiamò la voce di Romeo, che si stava sbracciando poco lontano da loro.
-Ragazzino. Dov’è tuo padre? - chiese Laxus, nascondendo molto bene il sollievo che aveva provato quando aveva visto che almeno lui era vivo e che sembrava piuttosto contento. Chiaramente non sapeva nulla di quello che era successo.
-Qui, con me! -. Romeo li aveva raggiunti di corsa, ansimando. Wendy non si sforzò neanche di sorridere, mentre Sting, Lector e Yukino si limitarono a rimanere indietro.
 
Non toccava a loro dare brutte notizie, loro potevano solo stare lì e tentare di aiutarli ad affrontare tutto.
-Che è successo? - chiese all’improvviso il ragazzino, rendendosi conto degli occhi rossi di Wendy e delle tracce che le lacrime avevano lasciato sul suo volto sporco. Laxus prese un respiro profondo, ma non era ancora pronto a raccontare quello che avevano appena visto. Da una parte non ci credeva neanche lui, ancora, si aspettava sempre di vedere Erza arrivare dalla gilda, con i capelli al vento, infuriata contro di loro che l’avevano subito data per spacciata.
 
-Romeo, hai visto Natsu? - chiese Happy, anticipando tutti gli altri. Pregò, il piccolo exceed, che il ragazzino gli desse una risposta affermativa, pregò per ricevere un “è con noi! Lucy lo sta rimproverando”, ma Romeo scosse la testa, infrangendogli il cuore e le speranze.
-Capisco. Grazie, Romeo. - disse Happy, chinando la testa e guardando il terreno con uno sguardo così perso che perfino Laxus addolcì i lineamenti del volto.
-Lo troveremo! Vedrai che Natsu-san non può essere lontano! Te l’ha promesso, no? - si intromise Lector, raggiungendo l’altro gatto. Anche lui era preoccupato per Frosch e per Rogue e poteva capire perfettamente quello che provava l’exceed blu.
 
Happy gli sorrise, riconoscente, e annuì, deciso. Non si sarebbe arreso, Natsu non lo avrebbe mai accettato. Lo avrebbe trovato insieme a Lucy, era sicuro, quei due erano insieme da qualche parte a discutere.
-Che cosa vi è successo? - chiese ancora Romeo, rivolgendosi ad entrambi, ma guardando solo Wendy che si lasciò sfuggire un singhiozzo. Aveva provato a non piangere, aveva provato ad essere forte, ma non ci riusciva. L’immagine di Erza era stampata all’interno delle sue palpebre e non riusciva a smettere di vederla in quel modo.
 
-Porta tutti alla gilda. - gli ordinò Laxus, mettendo una delle sue enormi mani sui capelli della ragazzina accanto a lui, nel tentativo impacciato di consolarla. –Sai dove posso trovare gli altri? - chiese, poi, sempre al ragazzino. Lui strinse i denti, scocciato perché gli stavano palesemente nascondendo qualcosa e guardò con sfida Laxus, senza rispondere.
-Ragazzino, è una cosa importante. - lo redarguì lui, facendo, letteralmente, scintille. Romeo gli lanciò uno sguardo arrabbiato, ma si decise a rispondere.
-Ho visto Mirajane-sama e gli altri di là. Credo abbiano bisogno di te, Wendy. - disse il ragazzino. Wendy annuì, asciugandosi gli occhi e tirando su con il naso.
-Ci vediamo alla gilda, ragazzino. - gli ricordò Laxus, iniziando a camminare. Poi si voltò a guardarlo. –Erza… lei è…- scosse la testa, incapace di continuare.
-Lei è cosa? - urlò Romeo, stringendo i pugni e sentendo le lacrime già salire agli occhi.
 
Tranquillo, non pensare subito al peggio. Non ti ha ancora detto nulla.
-Non ce l’ha fatta. - completò Charle, a testa bassa. Romeo fece passare lo sguardo sui suoi compagni, sulle lacrime di Happy, sugli occhi lucidi di Wendy, perfino sul viso distrutto di Laxus e sul labbro che si stava torturando senza riposo.
-No, lei non può… È Erza Scarlett, nessuno può averla…- mormorò, scuotendo la testa. Wendy si lasciò sfuggire un altro singhiozzo che lacerò l’aria tesa. Romeo si accasciò al suolo, guardandosi i pugni ancora chiusi. La sua mente stava ancora cercando di elaborare la notizia, il suo cuore non l’aveva ancora recepita, ma non riusciva a ignorare il pianto di Wendy e Happy, lo sguardo di Charle e quello di Laxus.
Morta. Morta. Morta.
 
Solo questo riusciva a ripetersi, ma il significato di quella parola gli era, per qualche ragione, del tutto oscuro.
Morta. Non sarebbe più entrata nella gilda con il corno gigante di qualche mostro? Morta. Non avrebbe più picchiato Natsu e Gray? Morta. Non avrebbe più fermato le scazzottate all’interno della gilda? Morta. E la torta alle fragole? Non l’avrebbe più mangiata? Morta. Adesso, Natsu, chi poteva sfidare?
 
Il dolore lo investì in pieno, lasciandolo senza respiro. Le lacrime, che si erano raggruppate nei suoi occhi, spingendo per uscire, da quando aveva sentito le prime parole di Laxus, scorrevano libere sulle sue guance. Batté un pugno in terra. Poi un altro. E un altro ancora. Fino a sentire dolore e ad escoriarsi le nocche. E urlò il suo dolore al cielo, esponendo alla luce quelle lacrime che andavano a fare compagnia a quelle di Happy che gli si era accostato.
 
Macao arrivò correndo, a sentire il grido del figlio. Dietro di lui Wakaba appariva preoccupato quanto il suo amico.
-Romeo! - urlò Macao, raggiungendo il figlio e mettendogli le mani sulle spalle. –Che diamine…? -
-Laxus? - chiese Wakaba guardando interrogativamente l’altro.
-Andate alla gilda. Il ragazzino vi spiegherà. - disse e fece un cenno ai suoi compagni. Happy diede un colpetto alla mano di Romeo, a mo’ di saluto.
-Vado a cercare Natsu. - disse, prima di alzarsi in volo. Non poteva piangere, doveva prima trovare il suo amico.
 
 
Freed si accoccolò accanto a Evergreen, seduta in terra. La ragazza si rigirava gli occhiali distrutti tra le dita della mano destra, con lo sguardo perso nel vuoto. Bixlow era lì vicino e anche lui sembrava del tutto perso nei suoi pensieri. Evergreen sollevò gli occhi su Freed, appena lui arrivò alla sua altezza e si lasciò sfuggire un sospiro, indicando con la testa il gruppetto accanto a loro. Freed annuì, ma non disse nulla. Ogni parola sembrava inutile di fronte a tutto quel dolore. Bixlow li raggiunse e si sedette anche lui in terra, circondando le spalle della ragazza con un braccio. Anche lui non riusciva a distogliere lo sguardo. L’unico altro pensiero che riuscivano a formulare riguardava Laxus. Dove era? Stava bene? Si erano separati troppo presto e non erano più riusciti a raggiungerlo.
 
Freed si alzò e si passò una mano sui pantaloni per togliere la polvere che gli era rimasta attaccata.
-Vado a cercare Laxus. – disse e guardò gli altri due che annuirono in risposta. Sapevano, come lo sapeva anche lui, che la sua era più che altro una scusa per andare via da lì. -So che sta bene, ma vorrei andare a cercarlo lo stesso. – concluse. Bixlow spostò lo sguardo verso gli altri ragazzi lì accanto e annuì.
-Rimaniamo noi qui. Va’! – disse Evergreen. Lei era preoccupata per Laxus, molto più di quanto volesse ammettere. Freed posò una mano sulla spalla di Bixlow, prima di allontanarsi da lì.
 
Non appena superò il muro del palazzo, Freed riprese a respirare liberamente. Era come se un peso gli si fosse tolto dal petto e si sentiva finalmente meno oppresso. Il ragazzo spaziò con lo sguardo tutti intorno. Della città era rimasto solo lo scheletro. Era uno spettacolo che gli metteva i brividi. C’erano ancora dei fuochi che ardevano agli angoli, anche se non più con la forza di prima, e poteva sentire nell’aria la puzza di bruciato. Era il cuore dell’inferno, quel posto. Strinse forte i pugni, chiedendosi quanto avessero perso in quella sola giornata e riprese a camminare, tentando di ignorare la morsa allo stomaco che l’aveva preso quando si era ritrovato a pensare a Laxus da solo lì fuori. Fino a quel momento era certo della sua vittoria ed era certo di trovarlo vivo e vegeto, come sempre accadeva, ma adesso non era più così sicuro. Era stato tutto troppo rapido e crudele e totalmente inaspettato. Erano stati da subito in totale svantaggio e pensare che ne sarebbero usciti fuori solo un po’ ammaccati, ma tutti insieme, gli sembrava ora pura follia. Che sciocco che era stato a non muoversi subito!
 
-Freed! Sapevo che ce l’avresti fatta! – lo richiamo una voce alla sua destra. Il ragazzo non fece in tempo a voltarsi che si ritrovò nella stretta di Max. Freed, di solito, non abbracciava nessuno, tanto più Max, con cui non aveva quasi nulla in comune, ma in quel momento capì perfettamente cosa gli passasse per la mente e ricambiò, notando il tremore dell’altro.
-Che ti è successo? – chiese, staccandosi da lui e guardando il suo volto distrutto. Max scosse la testa, con il mento che gli tremava.
-Warren e Droy… - disse soltanto, abbassando lo sguardo. -Jet e Nab stavano pensando di riportarli alla gilda, ma ci serve aiuto. -. Freed annuì, sentiva la gola secca e dovette schiarirsi la voce prima di riuscire a tirare fuori una sola parola.
 
Non aveva mai legato particolarmente con Warren e Droy, ma erano i suoi compagni di gilda e faceva male.
-Io… - si schiarì di nuovo la voce che era uscita più gracchiante del previsto -Io e Bixlow possiamo aiutare. Anche Ever. Io… vorrei solo cercare Laxus. -. Max fece un sorriso tirato.
-Sono contento che voi tre stiate bene e che ci possiate aiutare. – commentò a bassa voce e a disagio, come se sentisse che quelle non sarebbero mai state le parole adatte.
-Lì giù ci sono Bixlow ed Ever, mentre cerco Laxus possono aiutarvi loro. Vi raggiungerò presto, ma devo proprio andare. -. Freed si stava giustificando, anche se non ce n’era alcun bisogno. Max non lo avrebbe mai criticato per questo suo desiderio di cercare altri compagni vivi, lo sapeva, però aveva bisogno di farlo, di fargli capire che non li stava abbandonando, ma che ancora non ce la faceva a reggere tutto quello.
 
-Vado a chiamarli, allora. Tu trova gli altri, trovali vivi. – lo pregò Max, prima di allontanarsi.
-Max! – lo richiamò Freed. Era giusto avvertirlo. -Di là ci sono anche Elfman, Mirajane e Lisanna. E Mira, ecco… lei… -. Max ingoiò a vuoto e strinse le mani a pugno.
-Morta? – chiese, talmente tanto piano che Freed dovette leggere le sue labbra per capire.
-No! No. Lei… ha una brutta ferita. Lisanna è riuscita a bloccare l’emorragia, ma è molto debole. Ha perso un braccio. Il destro. – spiegò, mentre le immagini di quell’orrendo scontro e le lacrime dei due fratelli che si erano stretti l’uno all’altro gli si riversavano nella mente. Un fiotto di nausea gli risalì su per l’esofago e dovette concentrarsi per non vomitare al ricordo di quella ferita che deturpava il corpo della sua compagnia di gilda. Max si lasciò sfuggire un sospiro e annuì, senza aggiungere nulla. Si voltò di nuovo e si allontanò da lui, sollevando la mano destra per salutare Freed.
 
Il ragazzo riprese a camminare dalla parte opposta. Neanche il suo potere demoniaco del dolore era in grado di fare male in quel modo. Si sentiva lacerato dentro. Quanti ne avrebbe trovati vivi? Si chiese, mentre superava le case distrutte e le mura crollate. Un’insegna di un cafè era ancora appesa al suo gancio e si spostava piano al vento leggero che si era alzato. A Freed venne inspiegabilmente da sorridere a vedere quel piccolo baluardo di resistenza, si costrinse a distogliere lo sguardo da quella insegna e lo vide. Lo avrebbe riconosciuto ovunque, con quel cappotto lungo e quei capelli biondi che svettavano sopra le teste di chi lo accompagnava. Non notò Happy fino a che non lo sentì urlare il suo nome. Sollevò il braccio e andò loro incontro.
 
-Hai visto Natsu? – fu la prima cosa che disse l’exceed blu, non appena arrivò accanto a lui. Freed scosse la testa.
-Pensavo fosse con te. – disse, sorpreso di vedere i due amici separati. Happy scosse la testolina e guardò Laxus.
-Lo troveremo, dammi solo un secondo. – disse e anche questo sorprese Freed. Da quando Laxus era così rassicurante? Poi, però, notò lo sguardo di Happy, colmo di lacrime che tratteneva a stento. Freed guardò gli altri componenti del gruppetto e si accorse di quanto fossero distrutti.
-Che cosa è successo? – chiese, vedendo le guance ancora bagnate di lacrime di Wendy.
-Erza… -.
 
Laxus non doveva aggiungere nulla, perché a Freed bastava vedere la sua faccia e sentire quel tremito quasi impercettibile nella sua voce. Lo conosceva da così tanto tempo da sapere quanto stava fingendo di essere forte. Quella sola parola fu sufficiente a capire e fu come un pugno dritto allo stomaco e la nausea tornò più forte di prima. Freed sentì qualcosa crollare nel suo petto, ma si sforzò di rimettere in ordine i suoi pensieri, come sempre aveva fatto.
-Anche Warren e Droy. Ho incontrato Max. – li aggiornò brevemente. Wendy si lasciò sfuggire un altro singhiozzo e Happy tirò su con il naso. -Bixlow, Ever, Lisanna ed Elfman stanno bene, ma Mira ha bisogno di te, Wendy. Ha una brutta ferita. – continuò.
 
Prima le cose importanti. Mira può ancora riprendersi. Non puoi stare male ora. Laxus ha bisogno che tu sia forte.
-Ragazzina, va’ con Freed e aiuta Mirajane. Io e Happy andiamo a cercare gli altri. Ci vediamo alla gilda. – ordinò Laxus, sfregandosi gli occhi. Non poteva piangere, non ancora.
-Io vorrei venire con te, Laxus-san. I miei poteri potrebbero servire anche a qualcun altro! – si oppose Wendy. Charle sbuffò, visibilmente contrariata.
-Hai poca magia, Wendy! Saresti solo d’intralcio se ti dovessi sentire male! Aiutiamo Mirajane e andiamo alla gilda. Anche lì potrebbe esserci qualcuno che può avere bisogno di te. – la rimproverò l’exceed.
-Ma io… - iniziò la ragazzina.
-Vengo anche io con te, Wendy. – si offrì Yukino. -Vorrei aiutarvi. – disse poi rivolto a Freed.
-Io vado con Laxus-san. Lo aiuterò io, Wendy. Non ti preoccupare. – disse Sting. – Devo anche andare a cercare Rogue. – continuò, passandosi una mano tra i capelli, a disagio.
-L’ho visto qualche ora fa, stava venendo a cercarti. – lo aggiornò Freed, dopo essersi scambiato uno sguardo con Laxus.
-Ci vediamo tra poco. – ripeté quest’ultimo, prima di allontanarsi, seguito da Happy, Sting e Lector.
-Andiamo, Wendy? – chiese Freed, cercando di sorridere alla ragazzina. Laxus l’aveva lasciata a lui, gli aveva fatto capire, con quello sguardo, che doveva tenerla al sicuro, che lui stava per crollare e non sarebbe stato abbastanza forte anche per lei. Per questo l’aveva lasciata indietro.
 
 
-Laxus, non sento la voce di Natsu da nessuna parte. – mormorò Happy, che continuava a guardarsi intorno dall’alto.
-Forse Natsu-kun sta riposando. – tentò Lector, beccandosi lo sguardo scettico di Laxus che stava evitando appositamente le domande dell’exceed blu. Natsu non riposava. L’unica volta in cui, dopo una battaglia, era stato tranquillo era accaduto quando si era risvegliato E.N.D. Era quasi morto quel giorno. Sting aveva smesso di parlare da quando avevano lasciato Wendy e non sembrava volesse intromettersi in quel discorso. Anche lui evitava lo sguardo e le domande di Happy; era paralizzato dalla paura.
-Natsu! Lucy! – urlò Happy. -Lucy! Natsu! -.
 
Laxus si lasciò sfuggire un sorriso amaro; come Happy, anche lui era convinto che avrebbero trovato i due ragazzi insieme ed era spaventoso il fatto che non rispondessero ai loro richiami.
-Laxus! C’è qualcuno lì! – urlò Happy, indicando con la zampetta le rovine di una casa. C’era qualcosa di indefinito lì sotto, qualcosa che poteva sembrare un corpo.
-Aspetta! – tentò di fermarlo Sting, ma Happy era già partito per raggiungere quella macchia per terra.
-Happy-san! -. Lector seguì l’altro exceed, volando via veloce. L’espressione sul viso di Sting non gli piaceva per niente e non voleva lasciare da solo il suo amico.
-Li senti anche tu. – disse Laxus, laconico. Non era una domanda. Quell’odore, anzi, quei due odori erano inconfondibili, almeno per loro due. Sting annuì e accelerò il passo.
 
L’urlo degli exceed arrivò terribile e i due ragazzi sentirono il fiato bloccarsi in gola, ma non si fermarono e raggiunsero quel maledetto luogo.
Lector era ancora a mezz’aria, fermo, con gli occhi spalancati, pieni di lacrime. Sting si fermò accanto a lui e si accasciò a terra, colpendo il terreno con un pugno fiacco. Non aveva bisogno di avvicinarsi. Laxus, invece, continuò a camminare, anche se ogni passo sembrava più difficile di quello precedente. Le sue gambe erano pesanti come il marmo e il petto era oppresso da un peso enorme.
 
Corri via! Sei ancora in tempo. Non hai ancora visto nulla.
-Natsu! – urlò Happy, lanciandosi addosso al corpo del suo amico. -Lucy! -. Laxus vide l’exceed scrollare i due ragazzi, urlare il loro nome e poi lasciarsi cadere lì accanto.
-Natsu, mi avevi fatto una promessa. – borbottò, piangendo. Laxus si accostò e toccò la spalla di Natsu. Gli tremavano le mani.
Il ragazzo era freddo. Natsu non era mai freddo. Happy lo guardò, supplicandolo di dire qualcosa che potesse cancellare quello che era evidente. Laxus scosse la testa, notando, in quel momento, una chiave spezzata, accanto a Lucy.
-Dobbiamo riportarli alla gilda. – disse, ma non riuscì a muoversi. Era in ginocchio, accanto a quei due corpi abbracciati.
 
La mano di Natsu stringeva quella di Lucy, la cui mano libera era incastrata nella sciarpa di Igneel, come se avesse stretto a sé la testa del ragazzo. E forse era proprio questo quello che era successo. Laxus sbatté le palpebre, cercando di liberare gli occhi dalle lacrime. Happy si avvicinò ancora e si accoccolò, come faceva tutte le notti, quando lui e Natsu andavano a dormire a casa di Lucy. Anche la sera precedente, prima della battaglia, erano andati lì, come sempre.
-Happy. – lo chiamò Laxus, dannatamente gentile. L’exceed sentì chiaramente le lacrime nella sua voce.       -Dobbiamo portarli alla gilda. – ripeté. Sentì Sting muoversi, dietro di loro, ma non si voltò. Non era pronto a farsi vedere così.
-Laxus… -. Happy non riuscì a continuare la frase, i singhiozzi erano diventati ancora più numerosi e gli avevano troncato la parola.
-Vi aiuto. – sussurrò Sting.
 
Laxus chinò la testa e lasciò libere le lacrime, che continuavano a premere contro i suoi occhi e a chiudergli la gola. Sting si chinò e fece per aprire la mano di Natsu.
-No! Non li separare! Lasciali stare! – urlò Happy, all’improvviso, tra le lacrime, buttandosi sulle mani intrecciate dei suoi amici. Sting si lasciò sfuggire un singhiozzo e crollò anche lui, sotto lo sguardo triste e preoccupato di Lector.
 
 
Pioveva quel giorno. Era Juvia che stava facendo piovere, ma a nessuno importava. Si addiceva bene al loro umore. Il Master, seduto sulla sedia a rotelle, sembrava ancora più vecchio del solito. Più vecchio e più fragile, mentre guardava le lapidi davanti a loro. Con lui c’erano tutti i Master di tutte le gilde di Fiore, che erano lì, tutti in lacrime. Happy era accanto a Gray, che stringeva la mano di Juvia. Si era risvegliato, dopo la battaglia, nella prigione d’acqua della ragazza. Non riusciva a vedere nulla e credeva di essere morto. Dopo, quando erano tornati alla gilda, avrebbe voluto essere morto. Avrebbe fatto meno male.
 
 
Era entrato appoggiato a Juvia, che lo guidava lentamente. Accanto a lui c’era Gajeel che spingeva il vecchio Master. Dietro di loro, venivano Levy, Asuka e il bambino. Aveva sentito un silenzio irreale, rotto solo dai singhiozzi di qualcuno che non riusciva a focalizzare. Era troppo silenzioso, davvero troppo. Aveva sentito la ragazza accanto a lui trattenere il fiato e Gajeel imprecare in modo piuttosto volgare. E nessuno che lo attaccava per quello che aveva detto. Nessuna voce alzarsi per chiamarlo “stupido ghiacciolo” e chiedergli dove fosse finito. Non vedeva nulla, ma sapeva che c’era qualcosa che mancava.
-Juvia. – la chiamò, nel silenzio tombale.
-Gray-sama. – sussurrò di rimando lei, con la voce rotta.
-Non sento la voce di quel fiammifero idiota. – disse.
 
Ora non aveva scuse. Doveva rispondere. Gajeel, stranamente muto, gli mise una mano sulla spalla. C’era decisamente qualcosa che non andava. Il panico iniziò a farsi largo nel suo petto, insieme ad un sospetto strisciante che gli attraversò la mente.
-Juvia. – disse, ingoiando a vuoto e ricacciando indietro la paura.
-Dov’è quel fiammifero idiota? È qui, vero? – chiese. Sentì la ragazza tremare.
-Juvia. – ripeté, dicendo il suo nome come se fosse una preghiera.
 
Dimmi che sto sbagliando, dimmi che sono paranoico. Di’ qualcosa che porti via questo buio.
Sentì qualcuno avvicinarsi lentamente e una voce sottile, rotta dai singhiozzi dire:
-Posso aiutarti, Gray-san, se vuoi. -. Wendy si era accostata a lui. Era distrutta, stanca e con il cuore a pezzi, ma non ce la faceva a vedere anche lui stare così male. Gray si limitò ad annuire. Solo dopo, quando vide i corpi dei suoi amici a terra, quando sentì le gambe diventare di gelatina e crollare sotto di lui, quando si portò in terra anche Juvia che cercava di soffocare i singhiozzi mordendosi la mano sinistra, solo allora si accorse che forse non avrebbe voluto vedere mai più.
 
 
Wendy stava piangendo tra le braccia di Cheria, con Lyon in piedi, lì vicino. Levy singhiozzava tra le braccia di Gajeel, che doveva anche consolare Jet, aggrappato al suo braccio. Yukino, poco distante, singhiozzava nel fazzoletto, mentre Minerva si stringeva con le sue stesse braccia, accanto a Miriana- disperata tra le braccia di Kagura- e alle altre ragazze di Mermaid Heel. Rogue e Sting erano silenziosi e stringevano entrambi il proprio exceed.
 
Frosch e Lector si erano immedesimati in Happy e nel suo dolore e non riuscivano a staccarsi dai due dragon slayer. Mirajane e Lisanna piangevano insieme, mentre Elfman stringeva Evergreen tra le braccia, per la prima volta senza preoccuparsi di quello che pensavano gli altri. Ichiya, Eve, Hibiki e tutti gli altri di Blue Pegasus avevano portato i fiori che adornavano le tombe: scarlatte per Erza, gialle per Droy, rosa per Warren e blu e rosse per Lucy e Natsu, sepolti insieme, come aveva deciso Happy.
Tutti gli spiriti stellari di Lucy erano lì, in un angolo, con gli occhi bassi. Anche Loki ed Acquarius erano riusciti ad arrivare, su dispensa speciale del re degli spiriti- che voleva salutare la sua vecchia amica- nonostante le loro chiavi si fossero rotte.
Fairy Tail era abbattuta, totalmente sconfitta. Nessuna voce si alzava, nessuno aveva il coraggio di rompere il silenzio.
 
Nessuno tranne Gajeel. Il ragazzo si lasciò sfuggire una risatina, tra le lacrime che gli bagnavano il volto. Gli altri alzarono lo sguardo su di lui, chi perplesso, come Lyon e Rogue, chi scioccato, come Levy, chi scocciato, come Laxus e Gray.
-Che diamine ti prende, idiota? – sbottò Laxus, già pronto a sfogarsi con una bella rissa.
-Stavo solo pensando ad una cosa. – rispose Gajeel, lasciandosi sfuggire un’altra risatina, interrotta da un singhiozzo che non era riuscito a fermare. Gray inarcò un sopracciglio, ma poi sembrò capire e le lacrime, che era riuscito a trattenere fino a quel momento, iniziarono a scendere lungo le guance.
-Attento a piangere, Metallaro, poi ti arrugginisci davvero. – spiegò Gajeel, cercando di imitare il tono di voce di Natsu. I singhiozzi di Happy divennero più forti, ma anche lui stava sorridendo.
-Gray, non ti spogliare anche al mio funerale. – disse, con la voce in falsetto. Lucy era l’unica che continuava a rimproverarlo per quel suo comportamento.
-Rivale in amore. – sussurrò al suo fianco Juvia, piangendo amaramente.
-È la punizione peggiore che poteste pensare, principessa. – singhiozzò Virgo, mentre Aries cercava di consolarla.
-Guarda che idioti! Piangono, invece di lavorare! Infangano il nome di Fairy Tail! – disse, minacciosamente, Bisca, con un cipiglio che somigliava incredibilmente a quello di qualcuno dai capelli scarlatti.
-Certo che le ragazze avrebbero potuto mettere dei vestiti sexy. – rise Max, una mano sulla fronte, nella precisa imitazione di Warren.
-Levy sta piangendo! Come è carina! – esclamò, invece Jet, ammiccando verso l’amica, che scoppiò a ridere.
 
Perfino Laxus si lasciò sfuggire una risata, tra le lacrime calde che continuavano a scendere. Gildarts gli diede una pacca sulla spalla e strinse a sé Cana, che borbottò qualcosa sui padri troppo appiccicosi.
Rimasero ancora lì davanti per un tempo indefinito, poi Happy si alzò in volo, sotto la pioggia, e sollevò la zampa destra. Gray fu il primo a capire e sollevò anche lui il braccio destro. Aveva tutte le dita chiuse, ad eccezione del pollice e dell’indice. Dopo Gray, uno dopo l’altro, tra i singhiozzi che ancora laceravano l’aria, tutti alzarono la mano. Anche gli spiriti stellari. Perfino un ragazzo, dai capelli blu e un tatuaggio che gli contornava un occhio, che aveva guardato tutta la cerimonia da lontano.
 
Anche se non posso vederti… Anche se siamo separati e lontani… Io sto sempre pensando a te.
 
 
 
 
NOTE:
Ecco l’ultimo capitolo di questa mini-long. Credo sia stato il secondo che io abbia scritto, in realtà, per questa storia e in origine doveva essere una sorta di one-shot unita al capitolo precedente. Come credo sia evidente, ero un po’ giù di morale quando l’ho pensato/scritto e mi sono depressa ancora di più, dopo…
Il capitolo era già pronto da parecchio, ma la pigrizia, unita al fatto che dovrei studiare per la sessione estiva, scrivere delle valutazioni per il lavoro e iniziare a lavorare alla tesi, ha portato ad una latenza dell’aggiornamento.
Vorrei ringraziare tutte le persone che hanno messo la storia tra le preferite, ricordate e seguite e anche chi ha recensito o solo letto. Insomma, spero che vi sia piaciuta almeno un po’.
Sono sempre qui per qualsiasi orrore abbiate notato.
Un abbraccio!
 
 
 

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