Ai ka Hakai ka

di Andy Tsukimori
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Gli occhi di un Angelo ***
Capitolo 2: *** Ayane Kiseki ***
Capitolo 3: *** Sfiorare la morte ***



Capitolo 1
*** Gli occhi di un Angelo ***


Gli occhi di un angelo 

 

-Ayane è un mostro, anata, dobbiamo liberarcene- ruggì una donna.

 

-Ci porterà una sfortuna tremenda, attrae la sventura ti dico. La nostra famiglia andrà in rovina se la teniamo con noi- continuò scuotendo il braccio del marito.

 

-Sta’ zitta donna, lo so meglio di te, dobbiamo sbarazzarcene senza dare troppo nell’occhio-

 

 

-Se ne parlerai con gli anziani sono certa che ti daranno ragione, ti aiuteranno ad eliminarla- disse lei, abbassando leggermente la voce nel pronunciare l’ultima parola. Era pur sempre sangue del loro sangue.

 

-Rischieremmo, se non fossero d’accordo con noi saremmo obbligati a tenercela, non possiamo rischiare-

 

 

Una bambina dagli occhi verde giada li osservava, aveva solo tre anni e forse per la tenera età, o forse per l’assurdità di quei discorsi fatti davanti a lei, non sembrava capire cosa stesse accadendo.

 

 

Fu bendata con la scusa di un gioco. Qualcosa nell’aria faceva presagire il peggio.

 

 

Delle braccia la sollevarono, forse quelle di suo padre, non riconosceva quell’odore, ma d’altronde non le si era mai avvicinato. Non protestò, ogni volta che il suo comportamento non era impeccabile, si prendeva un sacco di botte. Rimase calma e silenziosa, lasciandosi trasportare chissà dove.

 

 

Salirono in macchina e il viaggio durò ore, per tutto il tempo la tennero bendata. Nessuno parlava.

 

 

Appena l’auto si fermò, sentì la portiera del guidatore aprirsi.

 

 

-Prendila e fanne ciò che vuoi, non ne voglio sapere mai più nulla- disse suo padre con voce incolore.

 

 

 

Aprì la portiera posteriore e la trascinò fuori. Delle altre mani la presero in braccio. Odoravano di cenere di sigaretta.

 

 

Quando il rumore dell’auto che si allontanava svanì del tutto, le tolsero la benda.

 

 

Un uomo e una donna sulla trentina stavano contando un mazzo di banconote, lanciandole di tanto in tanto occhiate scocciate. Erano pallidi e malconci e sembravano poco felici del loro nuovo incarico.

 

 

-Da adesso in poi noi saremo i tuoi genitori, farai ciò che ti diremo, imparerai a fare le pulizie e a cucinare quando sarai un po’ più grande, se protesterai, cercherai di fuggire, o farai qualsiasi tipo di capriccio te ne faremo pentire amaramente, hai capito bambina?-Le disse la sua nuova mamma, lo sguardo duro è inquietante.

 

La bambina annuì. Non doveva scappare, lamentarsi o disubbidire, oppure l’avrebbero picchiata, con tutta probabilità, nulla di nuovo.

 

 

 

Erano passati due anni e mezzo da quel giorno sciagurato. Ayane non ricordava consciamente ciò che era successo prima di allora, era troppo piccola, per lei aveva sempre vissuto con la mamma e il papà di adesso. Due drogati che la picchiavano, umiliavano e maltrattavano fino all’inverosimile. Guardò l’ennesima bruciatura di mozzicone sul braccio, cacciò indietro le lacrime, non aveva fatto nulla per meritarsela, ma protestare voleva dire altre botte e aveva imparato che non c’era fine alle sevizie che una bambina lamentosa potesse ricevere. Ormai sapeva che per sopravvivere doveva stare zitta e buona, il suo obiettivo era crescere ancora un po’ e scappare, prima di venire ammazzata da un calcio o un pugno.

 

 

Ultimamente delle strane creature avevano circondato la loro casa alla periferia di Tokyo. Alcune facevano una gran paura. Altre erano solo buffe. Con un mostriciattolo a forma di sfera con dei dentini da felino aveva fatto amicizia, l’aveva chiamato Bū. Forse papà le aveva dato una botta in testa troppo forte, forse era impazzita o si era rotta la testa. Per questo vedeva quei mostriciattoli.

 

 

Bū le stava sempre incollato addosso. Un giorno si era piazzato sulla sua spalla e per quanto tentasse di farlo scendere non vi era riuscita, così lo aveva tenuto con lei. 

 

 

Ma oltre al grazioso mostro-palla, altri mostri, ben più terrificanti si aggiravano tra gli alberi circostanti la casa. 

 

 

 

Una notte sentì sua madre gridare, terrorizzata raggiunse la loro camera.

 

Il letto pieno di mozziconi, bottiglie vuote dappertutto e..

 

 

Il corpo di suo padre giaceva a terra dilaniato.

 

 

-Che cazzo succede?- gridò sua madre in preda a disgusto e puro terrore.

 

 

Gli occhi di Ayane invece guardavano oltre il corpo di suo padre. 

 

Un mostro dalle fattezze nefande la osservava insanguinato. Gli occhi di un nero profondo.

 

 

Il mosto rivolse la sua attenzione alla donna, si mosse verso di lei e l’afferrò, stritolandola tra le sue mani oblunghe, strinse così forte da torcere il suo corpo ossuto e malnutrito.

 

Fu così rapido che la sentì gemere appena, per poi tacere.

 

 

Ora il mostro indicava lei, con le sue lunghe dita oscene.

 

 

Il terrore si impossessò della bambina. Aveva resistito fino ad allora, alle angherie, alle botte, alla fame. Non poteva morire ora. 

 

 

Prese a correre, sgusciò fuori di casa e corse verso gli alberi. Corse a perdifiato, i piedi nudi si scorticarono tra i sassi e i rametti al suolo, ma non si fermò. Tutto attorno a lei divenne nero. Nulla si vedeva, nulla si sentiva, credette di essere morta e dopo un tempo non meglio definito si addormentò.

 

 

 

 

 

Satoru era annoiato. Gli avevano affidato una stupida missione di ricognizione. A lui, uno stregone di prim’ordine. Pieno di stizza si apprestava a raggiungere un luogo dove era apparso un dominio incompleto. Doveva solo andare a controllare, senza fare mosse azzardate. Ma lui era deciso ad esorcizzare la maledizione che aveva aperto quel dominio. Sarebbe stato il divertimento che si meritava.

 

 

Appena riuscì a dare un’occhiata rimase allibito. 

 

Il dominio era enorme. Racchiudeva un’intera montagna, non aveva mai visto nulla di simile. 

 

 

Sorrise soddisfatto.

 

 

Entrò a tutta velocità, ma all’interno era tutto buio. Sembrava vuoto. Si sentiva insolitamente leggero. 

 

 

Scosse la testa, non c’era tempo da perdere, doveva trovare l’artefice di un dominio così esteso, seppur incompleto, le sue dimensioni erano incredibili. Sarebbe stato divertente esorcizzare una maledizione così potente.

 

 

 

Improvvisamente intravide qualcosa.

Socchiuse gli occhi per vedere meglio. Qualcuno doveva essere rimasto intrappolato lì dentro. Incredibile che fosse ancora vivo.

 

 

 

Percepiva un’energia malefica molto marcata. Forse una maledizione di livello speciale.

 

 

 

Si avvicinò alla figura e con ancora più sconcerto apprese che si trattava di una bambina, avrà avuto si e no cinque anni.

Aveva dei lunghi capelli lilla, annodati e sporchi.

 

L’energia malefica proveniva da lei. 

 

 

 

Ayane sentì una mano sfiorarle il braccio.

 

 

Aprì gli occhi e li strofinò.

 

 

-Chi sei?- chiese sorpresa e ancora mezza assonnata.

 

 

In quel buio profondo era comparso un giovane ragazzo. I capelli d’argento quasi brillavano a contrasto con l’oscurità, ma ciò che colpì maggiormente la bambina furono i suoi splendidi occhi.

 

Nelle iridi turchesi sembrava di intravedere uno splendido cielo iridescente. Erano così belli e puri che Ayane non riuscì a mascherare la sorpresa.

 

 

-Non aver paura, mi chiamo Gojo Satoru e sono uno stregone- disse il ragazzo, la fissava con interesse, era come stregato da lei.

 

 

-Come sei finita in un posto del genere?- le chiese, aiutandola a tirarsi su.

 

 

Ayane non era una bambina come le altre, fin dai primissimi anni della sua vita aveva ricevuto solo violenza e rifiuto. Una mano che con dolcezza e forza la sosteneva era più di qualcosa che non aveva nemmeno mai desiderato. 

 

 

-Scappavo da un mostro e sono finita qui dentro- disse, fidandosi di quello che sembrava un bellissimo angelo.

 

 

Satoru era estasiato. Quella bambina era un prodigio. A quell’età nemmeno lui aveva già espanso il suo dominio.

 

 

La prese in braccio. Lei lo fissava con i suoi grandi occhi di giada, erano gli occhi di un adulto. 

 

 

Notò con stupore le numerose ferite che vi erano sparse sulle sue gambe e le braccia, probabilmente ne aveva delle altre sul resto del corpo. Doveva essere molto delicato.

 

 

-Mi permetti gentilente di portarti fuori di qui?- disse con voce calda e avvolgente.

 

La bambina annuì. 

 

 

D’improvviso il buio venne surclassato da lampi di luce bianchi, viola, rossi e blu. L’infinito sembrava espandersi attorno a loro. Poi tutto svanì, lasciando spazio agli alberi fiocamente illuminati dalla luna. 

 

 

Un angelo era venuto a salvarla. Aveva percepito la sua disperazione ed era giunto a proteggerla da chi voleva farle del male.

 

 

 

Satoru Gojo stringeva tra le braccia una bambina sorprendente. Sentiva le sue costole sotto le dita, pesava pochissimo ed era sporca e malconcia. In quelle condizioni di malnutrizione aveva espanso un dominio. Non riusciva quasi a crederci.

L’avrebbe tenuta con sé per sempre. Finalmente qualcuno di strabiliante come lui in quel noioso mondo in cui viveva.

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Capitolo 2
*** Ayane Kiseki ***


Ayane Kiseki

 

 

-Va’ tutto bene Ayane-chan?- chiese Satoru premurosamente.

 

La bambina si era tagliata con della carta da origami e sembrava sull’orlo di una crisi di pianto. 

 

Per qualche strano motivo nessuna lacrima sgorgava da quegli occhioni verdi. Un’espressione bizzarra, corrucciata si era dipinta sul suo volto, mentre fissava intensamente l’indice sanguinante.

 

Il giovane si passò una mano tra i capelli, sospirando. Non la capiva proprio quella mocciosa, e dire che lui a sua volta era stato un bambino particolare.

 

-Oh insomma Ayane! Se vuoi piangere, piangi!- borbottò.

 

Quella alzò lo sguardo su di lui e scoppiò in un pianto disperato. 

 

 

All’inizio non aveva capito, poi colse cosa stava accadendo. Era triste, davvero una scena pietosa a cui assistere. Quella bambina stava piangendo per tutte le volte in cui probabilmente non aveva potuto, per paura di venire picchiata. 

 

 

Appena l’aveva portata a casa le aveva dovuto fare un doccia, e si era accorto di quanto male le era stato fatto, era piena di lividi, escoriazioni, tagli. A distanza di settimane molti erano svaniti. Solo alcune bruciature erano rimaste. Non aveva mai visto nulla del genere. Ma spiegava alla perfezione come mai fosse un’infante così insolita. Non giocava, non faceva rumore, non si lamentava e non faceva domande.

 

 

Le aveva comprato la carta da origami perché era frustrante vederla seduta, con le sue manine in grembo, composta come una vecchia signora. Voleva farla giocare. 

 

Continuava a piangere, affranta, sconsolata.

 

 

Istintivamente l’attirò a sé e l’abbracciò forte.

 

 

-Piangi pure tutte le lacrime che hai tenuto dentro, avrò pazienza per stavolta- sussurrò con voce melliflua.

 

La piccola lo strinse a sua volta e continuò a disperarsi.

 

Lui le carezzava con gentilezza i capelli, ora puliti e spazzolati. 

 

 

 

 

Ayane per la prima volta si sentì al sicuro. Tra le braccia di quel ragazzo che si prendeva così tanta cura di lei. Era un po’ distaccato, ma gentile e premuroso quando serviva, si ripromise che non se ne sarebbe mai separata. 

 

 

Si calmò dopo un bel po’. Ora era tornata a piegare la carta degli origami, mentre Satoru la osservava di sottecchi, seduto poco più in là. 

 

-Qual è il tuo cognome? Lo sai?- le domandò, fissandola con i suoi occhi dal taglio felino, incrociando le mani sotto il mento.

 

 

Lei sembrò pensarci su, ma non aveva idea di quale fosse. Era già un miracolo che ricordasse il suo nome. La mamma e il papà la chiamavano per lo più “piccola stronza” o “mocciosa”.

 

 

 

Fece segno di no con la testa.

 

 

 

-Allora te lo do io, ti chiamerai Ayane Kiseki[1]- le disse sorridendo appena.

 

 

La bambina alzò il suo sguardo di giada e incrociò quello di lui, turchese opalescente, arrossendo.

 

 

-Ascoltami, Ayane-chan. Sei molto piccola e non hai sperimentato molto di una vita serena fin’ora. Perciò per qualche anno ti permetterò di chiamarmi onī-san[2] e sarò la tua famiglia. Mi prenderò cura di te e ti proteggerò, ma devi promettermi che quando sarai più grande diventerai la mia allieva, per allora mi aspetto tu mi chiami senseī[2]- disse con estrema serietà.

 

 

La piccola sembrava confusa. Perché voleva proprio lei come allieva? La bambina che non hanno voluto nemmeno i propri defunti genitori.

 

Lui sorrise, leggendo nei suoi occhi il dubbio, come a volerla rassicurare.

 

 

-Tu sei una bambina di grande talento, non hai idea di che cosa hai fatto la sera che ti ho incontrata, quello spazio buio sterminato l’hai creato tu, ti ha protetto dai mostri. Noi quegli esseri li chiamiamo “Maledizioni”-

 

 

Ayane si fece attenta. Pensava di essersi immaginata tutto. 

 

-I mostri- azzardò timidamente -Esistono davvero?- 

 

 

Satoru annuì. 

 

 

-Ma non devi aver paura, gli stregoni possono farli sparire. Tu hai tutte le carte in regola per diventare una di noi, anzi una strega di livello ben superiore a quelle che ci sono in giro. Quel buio che hai creato, quella è roba da fuoriclasse Ayane-chan. Se mi permetterai di insegnarti, nessuno potrà farti mai più del male- i suoi occhi brillavano di una luce intensa.

 

La bambina non poteva fare a meno di restare stregata da quei due lapislazzuli.

 

 

-Prometto Gojo-San!- rispose solennemente.

 

 

Satoru si alzò e la raggiunse, poggiandole una mano sulla testa. 

 

 

-Chiamami pure fratellone- disse.

 

 

 

_________________

 

 

 

-A soli cinque anni?- bofonchiò un vecchio decrepito. 

 

Satoru gli lanciò un’occhiata annoiata. Era costretto a fare rapporto su Ayane e le circostanze della sua comparsa. Passò in rassegna tutti gli altri presenti al concilio.

 

-Ho una teoria in merito- disse.

 

-Spiegaci, cosa aspetti?- ringhiò il vecchio, con una voce stridula che Satoru sembrava a stento tollerare.

 

 

-Ho esaminato i cadaveri dei presunti genitori, gentaglia senza nessun legame con la stregoneria. Probabilmente appartiene ad una qualche famiglia minore di stregoni e per un motivo, o un altro è finita nelle mani di quei due individui. Il motivo di tanto potere potrebbe essere molto più semplice di quanto non sembra- disse, gustandosi la trepidazione del suo piccolo auditorio.

 

-La bambina ha subito maltrattamenti gravi, veniva picchiata quotidianamente e lasciata senza cibo e acqua per giorni. Lei stessa mi ha spiegato che se si lamentava, o piangeva o semplicemente fiatava, veniva picchiata ulteriormente. Ha aspettato che gli dessi il permesso per piangere- 

 

 

-In pratica, si è allenata inconsapevolmente a conservare l’energia malefica?- ipotizzò una donna dai lunghi capelli argentei raccolti in due trecce, una frontale e una posteriore.

 

-Esattamente, Mei Mei- 

 

 

-Ne ha accumulata così tanta che è stata in grado di creare un piccolo dominio incompleto, ad ogni modo impressionante ad una così giovane età- mentì.

 

 

 

-Al momento lei è con me, vorrei che una volta raggiunta l’età, si iscrivesse all’accademia. Diventerà una buona strega- aggiunse.

 

 

Gli anziani sembrarono rilassarsi. 

 

 

Satoru sapeva che se avesse detto loro che il dominio racchiudeva un’intera montagna si sarebbero allarmati e non le avrebbero permesso di stare con lui, che già tenevano d’occhio ormai da anni. 

 

Quella era davvero la sua ipotesi sull’incredibile quantità di energia malefica della bambina, ma sperava di vederla smentita presto. Se avesse avuto ragione, i livelli di energia sarebbero calati sensibilmente nelle settimane a seguire. Ma per ora il suo potere restava invariato.

 

 

___________________

 

 

Erano ormai passati cinque mesi dal giorno in cui l’aveva trovata e, nonostante il tenore di vita completamente migliorato, L ’energia malefica di Ayane era pressoché rimasta la stessa.

 

 

 

Satoru faceva l’impossibile per passare del tempo con lei, vederla spesso e assicurarsi che stesse bene. Ma a volte doveva assentarsi per qualche giorno e la piccola aveva già imparato a svolgere qualche mansione di casa , persino a cucinare qualcosa di semplice.

 

Lo faceva quasi ridere vedere come si atteggiava a piccola padrona di casa.

 

 

Appena mise piede oltre la soglia gli corse in contro abbracciandolo con forza.

 

 

Aveva assunto un colorito grazioso, i capelli lunghi erano stati accorciati in un grazioso bob appena oltre le spalle, infondo la bella stagione si avvicinava. Sorrideva sempre e Satoru si accorse di soffermarsi ad osservarla molto più spesso di quanto non si sarebbe immaginato. 

 

 

-Mi sei mancato- trillò Ayane.

 

Quello borbottò, arruffandole i capelli.

 

-Sei così attiva a quest’ora tarda? Cosa ti ho detto? Potevi aspettare il mio ritorno ma poi saresti dovuta andare a dormire- 

La rimbrottò.

 

 

Lei non amava dormire. Stava sveglia più che poteva perché di notte gli incubi la tormentavano. Nonostante stando con lui, in un ambiente sicuro e non più ostile, i ricordi di sofferenza erano ancora vividi nella sua memoria. Di giorno era una bambina felice e motivata a fare sempre bene tutti i compiti che le venivano affidati, di notte piombava nel terrore più puro, le sue grida mettevano i brividi.

 

 

 

Abitavano una piccola proprietà della famiglia Gojo, un clan prestigioso nella comunità degli stregoni. Lontani dai suoi familiari di cui non voleva mai parlare.

 

 

Non era molto grande ma era, moderno e accogliente, pulito. Era casa.

 

Ayane si fece coraggiò ed entrò nella stanza, Satoru l’aveva seguita e le rimboccò le coperte.

 

 

-Dormi bene piccola-

 

 

[1] Kiseki, Miracolo in giapponese

[2] Senseī, Maestro in giapponese 

 

 

 

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Capitolo 3
*** Sfiorare la morte ***


Sfiorare la morte


Scusate il ritardo, ecco qui un Satoru Gojo appena diciottenne e la piccola Ayane a sei anni che fa i capricci e si fa portare! :P

 





Era sera, e le strade di Tokyo erano sferzate da un vento gelido. Ayane si strinse nel cappotto. Era molto arrabbiata con il suo maestro. Le aveva detto che non si stava impegnando a sufficienza e che di questo passo non sarebbe mai diventata la più forte.

 

Dopo averla rimproverata per bene, era partito per lavoro, lasciandola sola.

 

 

Era uscita a prendere una boccata d’aria.

 

 

Lei era una strega, una di quelle che, secondo il maestro, nascevano ogni cento anni. Eppure nell’ultimo periodo non aveva compiuto nulla di strabiliante e la cosa sembrava innervosire Gojo-sensei.

 

 

 

A partire dal suo decimo compleanno aveva iniziato il suo allenamento con Satoru Gojo, il più grande stregone vivente. Ne aveva compiuti da poco quindici e in quegli anni non si era mai tirata indietro, nemmeno nei giorni più duri.

 

Per lei egli non era solo un mentore, era il giovane uomo di cui si era perdutamente innamorata.

 

Lui era la sua famiglia, lo stregone che l’aveva salvata da una vita di orrori e cresciuta per dieci anni.

 

Per questo le sue parole erano in grado di farle così male. Non c’era nulla al mondo che le importasse più di Satoru Gojo.

 

 

 

Mentre passeggiava poteva vedere piccole creature soffermarsi, osservarla e seguirla. Ci era abituata. Non aveva mai avuto il coraggio di dirlo nemmeno al suo sensei, temeva che pensasse che qualcosa in lei fosse sbagliato.

 

 

Le maledizioni.

 

 

 

Così le chiamavano gli stregoni. Orripilanti esseri nati dalle emozioni negative degli umani. C’è n’erano per tutti i gusti. Alcune piccole e buffe, che causavano piccoli malanni e acciacchi. Altre temibili, inquietanti, terrificanti, che facevano stragi di persone.

 

 

 

Gli stregoni erano gli unici in grado di neutralizzarle, tramite esorcismo.

 

 

D’improvviso le maledizioni che la stavano seguendo cambiarono direzione, allontanandosi.

 

Ayane li scrutava sempre con la coda dell’occhio. Le era parso fossero intimoriti da qualcosa. Forse il maestro la stava raggiungendo? Quando Gojo-sensei era con lei, nessuna maledizione osava avvicinarsi, persino loro temevano quello stregone strabiliante.

 

 

Svoltò in una via e notò un uomo vestito in abiti tradizionali che sostava in mezzo alla strada.

Aveva dei tratti delicati, un bel giovane sarebbe venuto da dire, ma qualcosa non andava nel suo sguardo.

 

 

I suoi occhi erano neri come la pece, sclera compresa, mettevano i brividi.

 

 

La ragazza scattò sull’attenti. Era anche lui uno di loro. La sua energia malefica era altissima. Doveva essere una maledizione di livello speciale.

 

 

Portò la mano ad uno dei pugnali e si preparò all’attacco.

 

 

 

-Mia dolce sposa, finalmente ti ho trovata-

disse quello, con voce calda e suadente.

 

 

-Non c’è bisogno di usare quelle brusche maniere, permettimi di averti e non ti accadrà nulla- aggiunse, facendo scivolare lo sguardo sulle sue armi. Il tono era lo stesso, ma suonava come una minaccia.

 

 

 

Ayane sussultò, non aveva mai sentito una maledizione parlare così chiaramente, sguainò i suoi pugnali.

 

 

-Non sono la tua sposa- sibiló.

 

 

L’essere fu rapidissimo, in un batter di cigliò fu da lei e con un colpo fece volare a terra le sue armi.

 

 

 

Fu avvolta dalle spire di un enorme serpente che sembrava sbucar fuori dal suo kimono, gli si attorcigliò sulle gambe, la vita, le braccia e il collo.

 

Era immobilizzata.

 

 

La teneva ferma, con le braccia a mezz’aria, mentre la maledizione le prese il viso con le mani.

 

 

-Mi è sembrato di averti già detto che le maniere forti non erano necessarie, ma se è così che ti piace, perché farti questo torto- ghignò.

 

Poi fece l’impensabile, la prese per i capelli e le infilò la lingua in bocca.

 

 

Non aveva nessun odore e le sue labbra erano gelide.

 

Ayane si lasciò sfuggire un gemito di rammarico. Era disgustata, non si avevano notizie di maledizioni che avevano questo genere di comportamenti.

 

 

Una rabbia cieca la travolse. Non aveva mai baciato nessuno e di certo il suo primo bacio non avrebbe mai voluto che fosse con un dannatissimo spirito.

 

 

Ogni stregone aveva la sua tecnica, o la sua abilità innata, o entrambe. Esse venivano ereditate dalla famiglia di provenienza, era raro svilupparne completamente da zero. Ma nel suo caso, assieme al maestro, erano dovuti andare per tentativi. All’inizio si erano concentrati sul vuoto. Poiché quando era bambina era stata in grado di creare uno sterminato dominio incompleto, buio e totalmente vuoto.

 

Ma col passare degli allenamenti, nuove abilità erano affiorate. Era in grado di far fluttuare gli oggetti, sprigionare onde d’urto e dar loro forma, esse potevano essere sottili e taglienti o spesse e distruttive.

 

 

L’abilità preferita del maestro era però un’altra. Durante un combattimento particolarmente duro, Ayane si era sollevata in aria, aveva cominciato a risplendere circondata di piccoli globi lattescenti, brillavano come stelle, ciascuno di loro poi si era scagliato contro Gojo sensei, esplodendo.

 

 

 

Non doveva nemmeno chiedersi quale fosse l’abilità più adatta da usare.

 

Un’affilata onda d’urto tranciò di netto il corpo del serpente, liberandola dalla presa e ferendo la maledizione.

 

 

Balzò indietro, fluttuando prima di toccare terra con estrema grazia. Riafferrò i suoi pugnali e si mise sull’attenti.

 

 

L’uomo in abiti tradizionali sembrava piuttosto sorpreso.

 

-Sei anche uno stregone?- si fece sfuggire.

 

 

Ayane rimase di stucco.

 

Anche?

 

 

-Cosa intendi? Cos’altro sarei?- chiese, facendo del suo meglio per tenere alta la guardia.

 

 

Il mostro sorrise, mostrando dei denti affilatissimi.

 

-Nessuno te l’ha detto eh?- ghignò.

 

 

-Se getti i pugnali allora te lo dirò- disse maligno.

 

 

 

Lei istintivamente abbassò lo sguardo. Erano la sua prima linea di difesa, intrisi di energia maledetta, tagliavano più a fondo di qualsiasi lama normale. Ma lei era forte, non le importava separarsene.

 

 

Li buttò a terra, sfidandolo con lo sguardo.

 

 

 

-Sei una sposa. Un’umana dalla costituzione più unica che rara. Molti secoli fa ce ne erano di più come te. Sei in grado di avere gravidanze con gli spiriti più evoluti e complessi. I pochi di noi che sono di forma più avanzata vogliono che porti in grembo la loro progenie. Il resto delle maledizioni vuole mangiarti e assorbire la tua incredibile energia per evolversi-

 

 

 

Ayane ebbe un conato. Nel processare quelle informazioni non riuscì a trattenere la nausea.

 

 

Nonostante non avesse nessun tipo di esperienza in materia, era abbastanza grande da sapere cosa servisse per concepire un figlio. L’idea la travolse e cadde in ginocchio in preda ai conati.

 

 

-Che scortese da parte tua- mormorò la maledizione.

 

 

Balzò di nuovo in avanti e stavolta una miriade di serpenti più sottili ma molto lunghi la immobilizzarono. Era complesso tagliarli tutti con la sua tecnica.

 

 

La strinsero sempre di più, fino a che sentì la testa girare.

 

La maledizione dalle fattezze umane la raggiunse, i serpenti iniziarono a muoversi, sfilandole il cappotto mentre le impedivano ogni movimento non controllato.

 

 

Non vorrà mica..

 

Si domandò la ragazza, ora in preda a puro terrore. I serpenti la trascinarono verso il basso, spaccando il cemento e facendola sprofondare nel sottosuolo.

 

 

La maledizione umanoide li seguì in quella che sembrava una cisterna di raccolta d’acqua piovana.

 

 

Alcune delle serpi cominciarono a spogliarla.

 

 

Ayane era immobilizzata dalla paura. Un rivolo di sangue le aveva solcato il viso, doveva essersi ferita quando l’avevano trascinata giù.

 

 

Cercò di darsi un contegno. Doveva calmarsi ed analizzare la situazione con obiettivo distacco, senza cadere preda delle emozioni. Così le aveva insegnato Gojo, stava solo disperdendo energia maledetta.

 

 

 

I globi di luce esplosivi erano fuori questione, sarebbe morta assieme a quei maledetti serpenti. In quella condizione nemmeno modellare l’aria per sferzare dei colpi sarebbe servito a molto.

 

 

Doveva fargli abbassare la guardia.

 

 

-Farà male?- domandò, fingendo pudico timore.

 

La maledizione sorrise oscenamente.

 

 

-Farà malissimo- sibilò.

 

 

-Ma se starai buona sarò veloce- aggiunse.

 

 

Lei annuì. Sentiva già i serpenti allentare la presa. Aveva bisogno di un po’ più di spazio di manovra.

 

 

Il mostro le si avvicinò, cercando di sfilarle la felpa, passandole le mani gelide sulla schiena.

 

Avvicinò il suo volto, che da vicino aveva un nonsoché di rettile, a quello di lei.

 

Leccò le sue labbra con un’orribile lingua biforcuta.

 

Lei combattè con ogni fibra del suo corpo l’istinto di ritrarsi con disgusto. Lo lasciò fare, ignorando il terrore.

 

 

Le serviva solo un po’ più di spazio.

 

 

Lui credendo di averla sottomessa con un cenno della mano fece sparire alcuni dei serpenti che la tenevano stretta, per poterle togliere anche i jeans.

 

 

 

Gli occhi color giada prima serrati di lei, si riaprirono in un guizzo deciso.

 

 

Caricò al massimo un calcio, intriso di energia malefica, colpendolo in pieno stomaco.

 

 

La maledizione dalle fattezze umane volò per un po’ di metri, andando a sbattere alla parete in muratura della cisterna.

 

 

L’impatto generò un’ingente quantità di detriti e polvere.

 

Ayane ne approfittò, li sollevò tutti assieme, scagliandoli nel punto in cui era finito il mostro.

 

 

Era brava a far volare gli oggetti, ma meno a librarsi in volo. Ci voleva una gran concentrazione.

 

Si sollevò a fatica verso la voragine che avevano aperto quando era stata trascinata nelle viscere della terra.

 

 

 

Le parve di cadere, ma per miracolo si aggrappò al bordo del grosso buco che si era spero nel terreno e tese tutti i muscoli, sentendoli bruciare, per tirarsi su.

 

 

-Dannata strega!- lo senti ringhiare dal sottosuolo.

 

 

-Adesso sta’ pur certa che ti scopo e ti torturo, durerà giorni!- gridò furibondo.

 

 

 

Ayane non potè fare a meno di tremare dalla paura, correva a perdifiato per allontanarsi il più possibile da quel cratere nel suolo.

 

 

Gojo-sensei

 

 

Lo pensò in automatico. Una minuscola parte di lei sperava che sarebbe venuto a salvarla, come aveva fatto dieci anni prima. Ma il maestro era partito, dopo gli allenamenti si era detto molto deluso. In fretta e furia aveva dovuto lasciare Tokyo per questioni da adulti.

 

Stavolta era sola.

 

 

Il freddo era davvero insopportabile, lo sentiva sulla pelle, pungeva come migliaia di spilli acuminati. Aveva addosso solo la felpa e i jeans mezzi sbottonati. Non poteva certo fermarsi a riabbottonarli.

 

 

Mentre correva, rifletteva, cercava di mantenere il controllo.

 

 

Doveva stare pronta nel caso altro serpenti fossero sbucati fuori e tranciarli si netto prima che la immobilizzassero di nuovo.

 

 

 

Se lo ritrovò dinanzi all’improvviso. Il volto deturpato da un’espressione oscena e violenta.

 

 

La sua prontezza di riflessi la salvò dal finirgli addosso, senza neanche capire bene come, tutt’attorno a loro si ricreò lo spazio buio e vuoto di quando era piccola.

 

 

La maledizione prese a fluttuare, senza possibilità di avanzare. Mentre lei, lì dentro, poteva volare con grande velocità.

 

 

Fu allora che si decise. Doveva esorcizzarla.

 

 

Non aveva i pugnali, perciò convogliò tutta l’energia malefica che possedeva nel suo pugno destro e volò verso di lui al massimo della velocità.

 

Aprì la mano ad un passo da lui e lo trapassò da parte a parte, trovandosi il suo cuore pulsante in mano.

 

 

Quello sputò del sangue nero come la pece dalla bocca. Gli occhi neri, sbarrati come quelli di chi è prossimo alla fine. Una scena raccapricciante. Un leggero ghigno si dipinse sul suo volto provato e sofferente.

 

-Inversione- sussurrò.

 

 

Il cuore nerastro che le pulsava in mano, divenne rosso e sanguinolento.

 

 

Un dolore indescrivibile al petto la fece crollare a terra.

 

 

Un sapore metallico le prese la bocca.

 

 

Il cuore che aveva in mano era il suo. Come poteva ancora essere anche solo in grado di constatarlo?

 

 

 

Dal petto di lei fuoriusciva un liquido nero.

 

 

-Se non muori, avrai un pezzo di me sempre con te- sussurrò la maledizione.

 

 

 

Ayane crollò a terra, mentre la maledizione svanì in un fuoco fatuo.

 

 

Gojo sensei!

 

 

____________________

 

 

Satoru era rientrato in fretta e furia. Non poteva credere alle sue orecchie. Non era stato in grado di processare a pieno quello che un sottoposto gli aveva detto.

 

 

-Uhm, maestro Gojo, mi duole disturbarvi- aveva detto una voce tremante dall’altro capo del telefono.

 

 

-Alcuni stregoni erano andati ad occuparsi di una maledizione di livello speciale apparsa nel distretto di Adachi, hanno..- la voce aveva quasi paura a dirlo.

 

 

-Hanno trovato la signorina Ayane Kiseki a terra, con uno squarcio sul petto. Non sembra mostrare segni vitali. È stata portata all’accademia di stregoneria- concluse con timore reverenziale.

 

 

Satoru aveva semplicemente riagganciato.

 

 

Si disse che era colpa sua. Le aveva dato della buona a nulla e lei si era fatta ammazzare per provare la sua forza. Un macigno gli opprimeva il petto all’idea che la ragazza fosse morta.

 

 

 

Quando arrivò la trovò nell’obitorio, su un tavolo di metallo.

 

-Satoru..- disse una donna dalle occhiaie marcate, gli posò le mani sulla spalla e come a rispondere ad una muta domanda sussurrò.

 

 

-È ancora viva- .

 

 

 

Il prodigioso stregone dovette darsi un contegno. Non era da lui tradire emozioni in momenti del genere.

 

 

Ayane era nuda su un tavolo, un telo bianco le copriva le gambe. Tra i piccoli seni vi era uno squarcio nero, da cui si diramavano numerose venature violacee.

 

 

-Non ho ancora fatto rapporto, ma nella cavità toracica c’è un cuore non umano, non so come sia possibile, deve essere il cuore della maledizione che l’ha attaccata, ma non capisco come sia possibile che sia ancora lì visto che i corpi delle maledizioni pure, evaporano- la donna era davvero scioccata, guardava Gojo in cerca di risposte.

 

 

Satoru si avvicinò lentamente, doveva mantenere la calma. Anche lui non riusciva a capire come fosse possibile, era chiaramente una tecnica di inversione. Ma lei dovrebbe essere morta. Invece spasmi impercettibili squassavano il suo piccolo petto.

 

 

Giunsero entrambi alla conclusione che la maledizione che l’aveva attaccata fosse un utero maledetto sfuggito agli anziani. Non c’era altra spiegazione.

 

 

-Sopravvivrà?- chiese, la voce totalmente incolore.

 

 

 

La donna si portò una mano al mento.

 

 

-Beh c’è speranza se è sopravvissuta fino ad adesso, ma dovremmo consultare Utahime-San sul da farsi. Non credo che senza contromisure potrà vivere normalmente. È un miracolo che sia ancora qui con noi- constatò.

 

 

 

Ayane si svegliò da quello che sembrava un incubo tremendo. Una luce fredda le ferì gli occhi, cercò con fatica di far da schermo con le mani.

 

 

-Ayane!-

 

 

La voce più suadente del mondo accarezzò il suo nome.

 

 

-Sen-sei- sussurrò a malapena.

 

 

Una mano prese la sua. Era grande e forte, era la mano del maestro.

 

 

-Sei per caso impazzita?- ringhiò il giovane uomo.

 

 

-Andare in giro ad esorcizzare maledizioni fuori dalla tua portata, ti è dato di volta il cervello per caso?-

 

 

Ayane non sembrava seguire il suo discorso. Poi tutto le tornò alla mente, vivido e spaventoso. La maledizione dalle fattezze umane che aveva tentato di prenderla con la forza.

 

 

Un conato la travolse, costandole un’incredibile fatica.

 

 

Non poteva dire al maestro la verità. Lui credeva che era stata lei a cercare una maledizione da esorcizzare. Le stava bene così, passare per una sbruffona, piuttosto che ammettere che c’era qualcosa di profondamente sbagliato nella sua esistenza.

 

 

Il maestro le aveva insegnato che le maledizioni sono quanto c’è di più impuro, crudele e disgustoso al mondo. Informarlo del fatto che, per qualche assurda ragione, erano attratte dalla sua presenza gli avrebbe sicuramente fatto ribrezzo.

 

 

 

-Mi dispiace maestro, ho sottovalutato il pericolo, non era una maledizione come le altre- mentì.

 

 

Quello cambiò immediatamente espressione, prima concitato e preoccupato, ora la fissava con freddezza.

 

 

-Pensa a rimetterti, ne parleremo poi- asserì con distacco.

 

 

Quel tono non le piacque affatto. Era lo stesso che usava quando era arrabbiato con lei.

 

 

Faceva sempre così, invece di arrabbiarsi o sbraitare diventava di ghiaccio e la ignorava.

 

 

_______________

 

 

Erano passati due giorni dall’attacco della maledizione umanoide, l’avevano spostata in una stanza di degenza, lontana da occhi indiscreti. Indossava una lunga casacca di lino, in attesa che Utahime la visitasse.

 

 

Lei era una collega del maestro, proveniva dalla facoltà di Kyoto, dove insegnava. Aveva una grande esperienza nel curare le ferite provocate dalle maledizioni. Anche se il caso di Ayane era una rarità.

 

 

 

-Non fare domande- sospirò Satoru.

 

 

Lei sfiorò la ferita, si stava già rimarginando. Il cuore non era nemmeno più visibile.

 

 

-Bisogna esorcizzarla-

 

 

 

 

 

Era sera, e le strade di Tokyo erano sferzate da un vento gelido. Ayane si strinse nel cappotto. Era molto arrabbiata con il suo maestro. Le aveva detto che non si stava impegnando a sufficienza e che di questo passo non sarebbe mai diventata la più forte.

 

Dopo averla rimproverata per bene, era partito per lavoro, lasciandola sola.

 

 

Era uscita a prendere una boccata d’aria.

 

 

Lei era una strega, una di quelle che, secondo il maestro, nascevano ogni cento anni. Eppure nell’ultimo periodo non aveva compiuto nulla di strabiliante e la cosa sembrava innervosire Gojo-sensei.

 

 

 

A partire dal suo decimo compleanno aveva iniziato il suo allenamento con Satoru Gojo, il più grande stregone vivente. Ne aveva compiuti da poco quindici e in quegli anni non si era mai tirata indietro, nemmeno nei giorni più duri.

 

Per lei egli non era solo un mentore, era il giovane uomo di cui si era perdutamente innamorata.

 

Lui era la sua famiglia, lo stregone che l’aveva salvata da una vita di orrori e cresciuta per dieci anni.

 

Per questo le sue parole erano in grado di farle così male. Non c’era nulla al mondo che le importasse più di Satoru Gojo.

 

 

 

Mentre passeggiava poteva vedere piccole creature soffermarsi, osservarla e seguirla. Ci era abituata. Non aveva mai avuto il coraggio di dirlo nemmeno al suo sensei, temeva che pensasse che qualcosa in lei fosse sbagliato.

 

 

Le maledizioni.

 

 

 

Così le chiamavano gli stregoni. Orripilanti esseri nati dalle emozioni negative degli umani. C’è n’erano per tutti i gusti. Alcune piccole e buffe, che causavano piccoli malanni e acciacchi. Altre temibili, inquietanti, terrificanti, che facevano stragi di persone.

 

 

 

Gli stregoni erano gli unici in grado di neutralizzarle, tramite esorcismo.

 

 

D’improvviso le maledizioni che la stavano seguendo cambiarono direzione, allontanandosi.

 

Ayane li scrutava sempre con la coda dell’occhio. Le era parso fossero intimoriti da qualcosa. Forse il maestro la stava raggiungendo? Quando Gojo-sensei era con lei, nessuna maledizione osava avvicinarsi, persino loro temevano quello stregone strabiliante.

 

 

Svoltò in una via e notò un uomo vestito in abiti tradizionali che sostava in mezzo alla strada.

Aveva dei tratti delicati, un bel giovane sarebbe venuto da dire, ma qualcosa non andava nel suo sguardo.

 

 

I suoi occhi erano neri come la pece, sclera compresa, mettevano i brividi.

 

 

La ragazza scattò sull’attenti. Era anche lui uno di loro. La sua energia malefica era altissima. Doveva essere una maledizione di livello speciale.

 

 

Portò la mano ad uno dei pugnali e si preparò all’attacco.

 

 

 

-Mia dolce sposa, finalmente ti ho trovata-

disse quello, con voce calda e suadente.

 

 

-Non c’è bisogno di usare quelle brusche maniere, permettimi di averti e non ti accadrà nulla- aggiunse, facendo scivolare lo sguardo sulle sue armi. Il tono era lo stesso, ma suonava come una minaccia.

 

 

 

Ayane sussultò, non aveva mai sentito una maledizione parlare così chiaramente, sguainò i suoi pugnali.

 

 

-Non sono la tua sposa- sibiló.

 

 

L’essere fu rapidissimo, in un batter di cigliò fu da lei e con un colpo fece volare a terra le sue armi.

 

 

 

Fu avvolta dalle spire di un enorme serpente che sembrava sbucar fuori dal suo kimono, gli si attorcigliò sulle gambe, la vita, le braccia e il collo.

 

Era immobilizzata.

 

 

La teneva ferma, con le braccia a mezz’aria, mentre la maledizione le prese il viso con le mani.

 

 

-Mi è sembrato di averti già detto che le maniere forti non erano necessarie, ma se è così che ti piace, perché farti questo torto- ghignò.

 

Poi fece l’impensabile, la prese per i capelli e le infilò la lingua in bocca.

 

 

Non aveva nessun odore e le sue labbra erano gelide.

 

Ayane si lasciò sfuggire un gemito di rammarico. Era disgustata, non si avevano notizie di maledizioni che avevano questo genere di comportamenti.

 

 

Una rabbia cieca la travolse. Non aveva mai baciato nessuno e di certo il suo primo bacio non avrebbe mai voluto che fosse con un dannatissimo spirito.

 

 

Ogni stregone aveva la sua tecnica, o la sua abilità innata, o entrambe. Esse venivano ereditate dalla famiglia di provenienza, era raro svilupparne completamente da zero. Ma nel suo caso, assieme al maestro, erano dovuti andare per tentativi. All’inizio si erano concentrati sul vuoto. Poiché quando era bambina era stata in grado di creare uno sterminato dominio incompleto, buio e totalmente vuoto.

 

Ma col passare degli allenamenti, nuove abilità erano affiorate. Era in grado di far fluttuare gli oggetti, sprigionare onde d’urto e dar loro forma, esse potevano essere sottili e taglienti o spesse e distruttive.

 

 

L’abilità preferita del maestro era però un’altra. Durante un combattimento particolarmente duro, Ayane si era sollevata in aria, aveva cominciato a risplendere circondata di piccoli globi lattescenti, brillavano come stelle, ciascuno di loro poi si era scagliato contro Gojo sensei, esplodendo.

 

 

 

Non doveva nemmeno chiedersi quale fosse l’abilità più adatta da usare.

 

Un’affilata onda d’urto tranciò di netto il corpo del serpente, liberandola dalla presa e ferendo la maledizione.

 

 

Balzò indietro, fluttuando prima di toccare terra con estrema grazia. Riafferrò i suoi pugnali e si mise sull’attenti.

 

 

L’uomo in abiti tradizionali sembrava piuttosto sorpreso.

 

-Sei anche uno stregone?- si fece sfuggire.

 

 

Ayane rimase di stucco.

 

Anche?

 

 

-Cosa intendi? Cos’altro sarei?- chiese, facendo del suo meglio per tenere alta la guardia.

 

 

Il mostro sorrise, mostrando dei denti affilatissimi.

 

-Nessuno te l’ha detto eh?- ghignò.

 

 

-Se getti i pugnali allora te lo dirò- disse maligno.

 

 

 

Lei istintivamente abbassò lo sguardo. Erano la sua prima linea di difesa, intrisi di energia maledetta, tagliavano più a fondo di qualsiasi lama normale. Ma lei era forte, non le importava separarsene.

 

 

Li buttò a terra, sfidandolo con lo sguardo.

 

 

 

-Sei una sposa. Un’umana dalla costituzione più unica che rara. Molti secoli fa ce ne erano di più come te. Sei in grado di avere gravidanze con gli spiriti più evoluti e complessi. I pochi di noi che sono di forma più avanzata vogliono che porti in grembo la loro progenie. Il resto delle maledizioni vuole mangiarti e assorbire la tua incredibile energia per evolversi-

 

 

 

Ayane ebbe un conato. Nel processare quelle informazioni non riuscì a trattenere la nausea.

 

 

Nonostante non avesse nessun tipo di esperienza in materia, era abbastanza grande da sapere cosa servisse per concepire un figlio. L’idea la travolse e cadde in ginocchio in preda ai conati.

 

 

-Che scortese da parte tua- mormorò la maledizione.

 

 

Balzò di nuovo in avanti e stavolta una miriade di serpenti più sottili ma molto lunghi la immobilizzarono. Era complesso tagliarli tutti con la sua tecnica.

 

 

La strinsero sempre di più, fino a che sentì la testa girare.

 

La maledizione dalle fattezze umane la raggiunse, i serpenti iniziarono a muoversi, sfilandole il cappotto mentre le impedivano ogni movimento non controllato.

 

 

Non vorrà mica..

 

Si domandò la ragazza, ora in preda a puro terrore. I serpenti la trascinarono verso il basso, spaccando il cemento e facendola sprofondare nel sottosuolo.

 

 

La maledizione umanoide li seguì in quella che sembrava una cisterna di raccolta d’acqua piovana.

 

 

Alcune delle serpi cominciarono a spogliarla.

 

 

Ayane era immobilizzata dalla paura. Un rivolo di sangue le aveva solcato il viso, doveva essersi ferita quando l’avevano trascinata giù.

 

 

Cercò di darsi un contegno. Doveva calmarsi ed analizzare la situazione con obiettivo distacco, senza cadere preda delle emozioni. Così le aveva insegnato Gojo, stava solo disperdendo energia maledetta.

 

 

 

I globi di luce esplosivi erano fuori questione, sarebbe morta assieme a quei maledetti serpenti. In quella condizione nemmeno modellare l’aria per sferzare dei colpi sarebbe servito a molto.

 

 

Doveva fargli abbassare la guardia.

 

 

-Farà male?- domandò, fingendo pudico timore.

 

La maledizione sorrise oscenamente.

 

 

-Farà malissimo- sibilò.

 

 

-Ma se starai buona sarò veloce- aggiunse.

 

 

Lei annuì. Sentiva già i serpenti allentare la presa. Aveva bisogno di un po’ più di spazio di manovra.

 

 

Il mostro le si avvicinò, cercando di sfilarle la felpa, passandole le mani gelide sulla schiena.

 

Avvicinò il suo volto, che da vicino aveva un nonsoché di rettile, a quello di lei.

 

Leccò le sue labbra con un’orribile lingua biforcuta.

 

Lei combattè con ogni fibra del suo corpo l’istinto di ritrarsi con disgusto. Lo lasciò fare, ignorando il terrore.

 

 

Le serviva solo un po’ più di spazio.

 

 

Lui credendo di averla sottomessa con un cenno della mano fece sparire alcuni dei serpenti che la tenevano stretta, per poterle togliere anche i jeans.

 

 

 

Gli occhi color giada prima serrati di lei, si riaprirono in un guizzo deciso.

 

 

Caricò al massimo un calcio, intriso di energia malefica, colpendolo in pieno stomaco.

 

 

La maledizione dalle fattezze umane volò per un po’ di metri, andando a sbattere alla parete in muratura della cisterna.

 

 

L’impatto generò un’ingente quantità di detriti e polvere.

 

Ayane ne approfittò, li sollevò tutti assieme, scagliandoli nel punto in cui era finito il mostro.

 

 

Era brava a far volare gli oggetti, ma meno a librarsi in volo. Ci voleva una gran concentrazione.

 

Si sollevò a fatica verso la voragine che avevano aperto quando era stata trascinata nelle viscere della terra.

 

 

 

Le parve di cadere, ma per miracolo si aggrappò al bordo del grosso buco che si era spero nel terreno e tese tutti i muscoli, sentendoli bruciare, per tirarsi su.

 

 

-Dannata strega!- lo senti ringhiare dal sottosuolo.

 

 

-Adesso sta’ pur certa che ti scopo e ti torturo, durerà giorni!- gridò furibondo.

 

 

 

Ayane non potè fare a meno di tremare dalla paura, correva a perdifiato per allontanarsi il più possibile da quel cratere nel suolo.

 

 

Gojo-sensei

 

 

Lo pensò in automatico. Una minuscola parte di lei sperava che sarebbe venuto a salvarla, come aveva fatto dieci anni prima. Ma il maestro era partito, dopo gli allenamenti si era detto molto deluso. In fretta e furia aveva dovuto lasciare Tokyo per questioni da adulti.

 

Stavolta era sola.

 

 

Il freddo era davvero insopportabile, lo sentiva sulla pelle, pungeva come migliaia di spilli acuminati. Aveva addosso solo la felpa e i jeans mezzi sbottonati. Non poteva certo fermarsi a riabbottonarli.

 

 

Mentre correva, rifletteva, cercava di mantenere il controllo.

 

 

Doveva stare pronta nel caso altro serpenti fossero sbucati fuori e tranciarli si netto prima che la immobilizzassero di nuovo.

 

 

 

Se lo ritrovò dinanzi all’improvviso. Il volto deturpato da un’espressione oscena e violenta.

 

 

La sua prontezza di riflessi la salvò dal finirgli addosso, senza neanche capire bene come, tutt’attorno a loro si ricreò lo spazio buio e vuoto di quando era piccola.

 

 

La maledizione prese a fluttuare, senza possibilità di avanzare. Mentre lei, lì dentro, poteva volare con grande velocità.

 

 

Fu allora che si decise. Doveva esorcizzarla.

 

 

Non aveva i pugnali, perciò convogliò tutta l’energia malefica che possedeva nel suo pugno destro e volò verso di lui al massimo della velocità.

 

Aprì la mano ad un passo da lui e lo trapassò da parte a parte, trovandosi il suo cuore pulsante in mano.

 

 

Quello sputò del sangue nero come la pece dalla bocca. Gli occhi neri, sbarrati come quelli di chi è prossimo alla fine. Una scena raccapricciante. Un leggero ghigno si dipinse sul suo volto provato e sofferente.

 

-Inversione- sussurrò.

 

 

Il cuore nerastro che le pulsava in mano, divenne rosso e sanguinolento.

 

 

Un dolore indescrivibile al petto la fece crollare a terra.

 

 

Un sapore metallico le prese la bocca.

 

 

Il cuore che aveva in mano era il suo. Come poteva ancora essere anche solo in grado di constatarlo?

 

 

 

Dal petto di lei fuoriusciva un liquido nero.

 

 

-Se non muori, avrai un pezzo di me sempre con te- sussurrò la maledizione.

 

 

 

Ayane crollò a terra, mentre la maledizione svanì in un fuoco fatuo.

 

 

Gojo sensei!

 

 

____________________

 

 

Satoru era rientrato in fretta e furia. Non poteva credere alle sue orecchie. Non era stato in grado di processare a pieno quello che un sottoposto gli aveva detto.

 

 

-Uhm, maestro Gojo, mi duole disturbarvi- aveva detto una voce tremante dall’altro capo del telefono.

 

 

-Alcuni stregoni erano andati ad occuparsi di una maledizione di livello speciale apparsa nel distretto di Adachi, hanno..- la voce aveva quasi paura a dirlo.

 

 

-Hanno trovato la signorina Ayane Kiseki a terra, con uno squarcio sul petto. Non sembra mostrare segni vitali. È stata portata all’accademia di stregoneria- concluse con timore reverenziale.

 

 

Satoru aveva semplicemente riagganciato.

 

 

Si disse che era colpa sua. Le aveva dato della buona a nulla e lei si era fatta ammazzare per provare la sua forza. Un macigno gli opprimeva il petto all’idea che la ragazza fosse morta.

 

 

 

Quando arrivò la trovò nell’obitorio, su un tavolo di metallo.

 

-Satoru..- disse una donna dalle occhiaie marcate, gli posò le mani sulla spalla e come a rispondere ad una muta domanda sussurrò.

 

 

-È ancora viva- .

 

 

 

Il prodigioso stregone dovette darsi un contegno. Non era da lui tradire emozioni in momenti del genere.

 

 

Ayane era nuda su un tavolo, un telo bianco le copriva le gambe. Tra i piccoli seni vi era uno squarcio nero, da cui si diramavano numerose venature violacee.

 

 

-Non ho ancora fatto rapporto, ma nella cavità toracica c’è un cuore non umano, non so come sia possibile, deve essere il cuore della maledizione che l’ha attaccata, ma non capisco come sia possibile che sia ancora lì visto che i corpi delle maledizioni pure, evaporano- la donna era davvero scioccata, guardava Gojo in cerca di risposte.

 

 

Satoru si avvicinò lentamente, doveva mantenere la calma. Anche lui non riusciva a capire come fosse possibile, era chiaramente una tecnica di inversione. Ma lei dovrebbe essere morta. Invece spasmi impercettibili squassavano il suo piccolo petto.

 

 

Giunsero entrambi alla conclusione che la maledizione che l’aveva attaccata fosse un utero maledetto sfuggito agli anziani. Non c’era altra spiegazione.

 

 

-Sopravvivrà?- chiese, la voce totalmente incolore.

 

 

 

La donna si portò una mano al mento.

 

 

-Beh c’è speranza se è sopravvissuta fino ad adesso, ma dovremmo consultare Utahime-San sul da farsi. Non credo che senza contromisure potrà vivere normalmente. È un miracolo che sia ancora qui con noi- constatò.

 

 

 

Ayane si svegliò da quello che sembrava un incubo tremendo. Una luce fredda le ferì gli occhi, cercò con fatica di far da schermo con le mani.

 

 

-Ayane!-

 

 

La voce più suadente del mondo accarezzò il suo nome.

 

 

-Sen-sei- sussurrò a malapena.

 

 

Una mano prese la sua. Era grande e forte, era la mano del maestro.

 

 

-Sei per caso impazzita?- ringhiò il giovane uomo.

 

 

-Andare in giro ad esorcizzare maledizioni fuori dalla tua portata, ti è dato di volta il cervello per caso?-

 

 

Ayane non sembrava seguire il suo discorso. Poi tutto le tornò alla mente, vivido e spaventoso. La maledizione dalle fattezze umane che aveva tentato di prenderla con la forza.

 

 

Un conato la travolse, costandole un’incredibile fatica.

 

 

Non poteva dire al maestro la verità. Lui credeva che era stata lei a cercare una maledizione da esorcizzare. Le stava bene così, passare per una sbruffona, piuttosto che ammettere che c’era qualcosa di profondamente sbagliato nella sua esistenza.

 

 

Il maestro le aveva insegnato che le maledizioni sono quanto c’è di più impuro, crudele e disgustoso al mondo. Informarlo del fatto che, per qualche assurda ragione, erano attratte dalla sua presenza gli avrebbe sicuramente fatto ribrezzo.

 

 

 

-Mi dispiace maestro, ho sottovalutato il pericolo, non era una maledizione come le altre- mentì.

 

 

Quello cambiò immediatamente espressione, prima concitato e preoccupato, ora la fissava con freddezza.

 

 

-Pensa a rimetterti, ne parleremo poi- asserì con distacco.

 

 

Quel tono non le piacque affatto. Era lo stesso che usava quando era arrabbiato con lei.

 

 

Faceva sempre così, invece di arrabbiarsi o sbraitare diventava di ghiaccio e la ignorava.

 

 

_______________

 

 

Erano passati due giorni dall’attacco della maledizione umanoide, l’avevano spostata in una stanza di degenza, lontana da occhi indiscreti. Indossava una lunga casacca di lino, in attesa che Utahime la visitasse.

 

 

Lei era una collega del maestro, proveniva dalla facoltà di Kyoto, dove insegnava. Aveva una grande esperienza nel curare le ferite provocate dalle maledizioni. Anche se il caso di Ayane era una rarità.

 

 

 

-Non fare domande- sospirò Satoru.

 

 

Lei sfiorò la ferita, si stava già rimarginando. Il cuore non era nemmeno più visibile.

 

 

-Bisogna esorcizzarla-

 

 

 

 

 

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