Me Before You

di MissCeSCa
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 8 ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Me Before You
 




 





Prologo


 
 
 
2019

“Per una volta non potremmo passare una vacanza normale, come tutte le persone normali?”

“Cosa c’è di non normale?”

“E’ semplicemente, non normale, doversi per forza buttare giù da un elicottero o scalare qualche collina sperduta in Himalaya, per dire di essere state in vacanze. Ecco cosa non trovo normale”.

“L’Everest non è una collina, Sam. È una montagna”.

“Non è questo il punto, Lena. Perché, per una volta, non possiamo passare una vacanza in una Spa? O in Italia? Ecco! L’Italia. Potremmo passare le giornate stese sulla sabbia…lunghe passeggiate rilassanti”.

“Lo sai che anche l’Italia ha delle montagne, vero?”

Sam alza gli occhi al cielo “Sei senza speranze. Forse ho scelto la Luthor sbagliata. Avrei dovuto uscire con tuo fratello quando ne avevo l’occasione”.

“Be forse avresti dovuto” risponde Lena leggermente ironica “lo sai che ho bisogno di fare qualcosa, Sam”.

“Come buttarti da un ponte?”

“Non puoi parlare se non hai mai provato”

Sam fa una smorfia “e neanche ci tengo”.

“Devo andare” dice Lena chinandosi a baciarla.

Se chiudeva gli occhi, poteva ancora vederla, la loro storia.

Si erano conosciute cinque anni prima, ma stavano insieme solo da due. All’inizio era iniziata come una cosa casuale. Nessuna delle due aveva veramente il tempo per qualcosa di serio. Ma poi, Sam aveva incominciato ad andare con lei a sempre più cene, a sempre più riunioni di famiglia, che senza accorgersene, erano finite per ritrovarsi su questo letto, nel suo appartamento a discutere su quale vacanza scegliere per la prossima estate.

“Ci vediamo stasera?” chiede Sam.

“Dipende da come si conclude questo affare con i giapponesi. Devo ancora sentire Lex… non è escluso che io debba andare a Metropolis per incontrarli di persona.”

Sam alza gli occhi al cielo “quindi presumo che una cena sia esclusa”.

“Facciamo così” dice Lena “per farmi perdonare potrei anche concederti un albergo a cinque stelle questa volta. Niente campeggio, promesso”.

Sam stringe gli occhi “con o senza spa?”

“Ora non tentare troppo la sorte…”

“Via di qui, Luthor! E non tornare senza quel contratto firmato.”

Uscendo dalla stanza, Lena nota che ci sono venti mail sul suo telefono e cinque chiamate perse di suo fratello.

Problemi, problemi. Sempre problemi.

Prende l’ascensore per scendere nel parcheggio sotterraneo, mentre cerca di leggere le infinite mail di Lex.

La verità è che suo fratello non riuscirebbe a fare nulla senza di lei. Non è presuntuosità, la sua. È semplicemente un dato di fatto. Lex poteva anche essere il volto della Luthor corp.

Il CEO.

Ma era lei quella che tirava le fila di tutto quello che c’era dietro. Era lei quella che si sporcava le mani e passava infinite ore in ufficio a leggere clausole su clausole e studiare cavilli burocratici per ottenere degli accordi più vantaggiosi. Lex, il più delle volte, si limitava a comparire in ufficio per firmare documenti e sorridere per le foto delle copertine del giornale di turno.

“Giorno, Miss Luthor” George, il suo autista.

“Buongiorno, George” risponde uscendo dall’ascensore “com’è il tempo fuori?”

“Un disastro. Sta diluviando”

“Quindi, credo che la mia idea di prendere la moto sia esclusa”.

George scuote il capo “beh, a meno che non voglia prendere il suo yacht o abbia degli istinti suicidi, Miss Luthor, credo che sia fuori discussione”.

“Non anche tu, George. Ho appena finito una discussione con Sam sul fatto che la mia idea di divertimento consiste nel buttarmi giù da un ponte”.

“Miss Arias ha quasi sempre ragione, Miss Luthor” risponde George aprendo la portiera della macchina per farla salire.

Il tragitto verso l’ufficio è praticamente un incubo. Ogni volta che inizia a piovere, sembra che la città si trasformi magicamente in un girone dell’inferno dantesco. Gente che urla, urtandosi con gli ombrelli, taxisti che fanno a gara per raccogliere il primo passante che trovano, lavoratori che corrono infradiciati per non perdere l’ultimo treno.

Lena si sente quasi fortuna ad osservare queste scene dal sedile posteriore della sua Mercedes.

Molto probabilmente, lo è.

Fortunata.

Se osservata dall’esterno, la sua vita non può che sembrare perfetta. Fa parte di una delle cinque famiglie più ricche del mondo, almeno secondo l’ultima classifica stilata da Forbes. Ha più soldi di quanti una persona normale, con uno stipendio normale, con una vita normale, potrebbe mai fare in dieci vite. Ha una ragazza stupenda, che molto probabilmente ama, anche se non gliel’ha mai detto. Ha tutto quello che una persona normale, con una vita normale, potrebbe mai desiderare.

Il problema è che lei non si era mai sentita normale. La sua vita non aveva mai avuto niente di normale. I Luthor l’avevano adottata quando aveva quattro anni. Ricordava ancora quando Lionel, suo padre, era andato a prenderla dopo il funerale di sua madre. Da allora era stata una lotta continua. Una lotta con Lilian, per farsi accettare come figlia. Una lotta con quel “mondo” così lontano da lei, per farsi accettare come parte integrante di quella società. Una lotta con Lex, all’interno della Luthor Corp, per far capire che quella società era anche sua.

I suoi pensieri vengono bruscamente interrotti dal suo telefono.

Lex.

Ovvio.

“Sto arrivando. Tre isolati, massimo quindici minuti. La città è un incubo questa mattina.”

“Devi chiamare John a Metropolis. Dov’eri finita, Lena? È da ieri sera che provo a chiamarti. Ti avrò inviato venti mail”.

“Qual è il problema, Lex? Ero con Samantha.”

“Ovviamente” ride “perché non ci ho pensato? La mia sorellina era impegnata in attività ludiche e non aveva tempo per rispondere al telefono. La prossima volta aspetterò pazientemente la fine della vostra luna di miele settimanale per ottenere la tua attenzione”.

“Posso sapere qual è il problema, Lex?” ripete cercando di placare l’impulso di chiudergli il telefono in faccia.

“Devi chiamare John, questioni legali. Ci sono due clausole del nuovo contratto su cui sono impantanati…. Devi…….non sappiamo…….nostro……padre…..quaranta milioni”

“Lex, non ti sento. Senti c’è un tempo terribile”.

Il tempo era peggiorato di colpo. Quella che sembrava una giornata uggiosa, si era trasformata in una sorta tempesta tropicale.

Cambiamento climatico, eh?

“Ascolta, dì a Jess di farmi trovare i documenti in ufficio” urla “sarò lì massimo fra dieci minuti” dice mettendo giù il telefono.

Alza gli occhi al cielo, sbuffando.

“Questa giornata sta migliorando di minuto in minuto” dice più a sé stessa che a George.

“Stia tranquilla, Miss Luthor, massimo dieci minuti e…”

Uno stridio di pneumatici sull’asfalto. Un violento strombazzare di un clacson. Rumore di lamiere che si piegano.

Urla.

L’ultima cosa che sente, sono le urla di George.

L’ultima cosa che vede è il suo stesso riflesso sul finestrino dell’auto.

Un boato.

E poi il nulla.

 
Buongiorno a tutt* !! Non so da dove mi sia uscita questa malsana idea ahahah come ho già detto nella descrizione, state tutti tranquilli...la storia alla fine non finirà male.
Fatemi sapere cosa ne pensate e se volete mi trovate su twitter @galloncina94 "Cesca".
Grazie a chi troverà il tempo per leggere :)
 

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 ***






Capitolo 1






 
 
 
 
2021
 
“Che ne dici di “ballerina di Lap Dance?”

“Stai scherzando vero, Alex?”

“Non che tu abbia le qualifiche per molto altro, Kara”.

“Ho un master in giornalismo!”

“Come se servisse a qualcosa.”

Ecco cos’era diventata la mia vita.

La persone, l’impiegato del centro di collocamento, il mio ragazzo, mia madre, mia sorella, i miei amici, non facevano altro che ripetermi le stesse cose: “Non sei abbastanza qualificata, Kara” “Non hai abbastanza esperienza” “Non hai la giusta laurea per insegnare a dei bambini come si attraversa la strada”.

“Forse dovresti pensare a trasferirti a National City. Potresti stare con me e Kelly all’inizio. James, ti ricordi di lui?”

“Si, Alex, mi ricordo” dico sbuffando al telefono.

Ormai, quella di lamentarmi con mia sorella, stava diventando una delle mie nuove abitudini. Insieme a quella di svegliarmi alle dieci del mattino, a quella di mangiare almeno un barattolo di gelato al giorno e a quella di ascoltare stupidi podcast motivazionali che avrebbero dovuto in qualche modo cambiarmi la vita.

“Lavora alla Catco e ha detto a me e Kelly che sarebbe più che felice di parlare con Mrs Grant per quel posto di assistente di cui ti ho parlato…”

“Alex, non sono un’assistente. Sono una giornalista e poi non posso abbandonare tutto e trasferirmi dall’oggi al domani dall’altra parte del paese”.

“Prima di tutto, National City, è a solo 40 km da Mil. Seconda cosa, non abbandoneresti nessuno, Kara. Siamo nel 2021. Esistono i telefoni. Ci sono dei particolari apparecchi che si chiamano aerei e sono più che sicura che nostra madre non abbia bisogno di una badante”.  

Era vero, Eliza non aveva bisogno di nessun tipo di assistenza. Era il primario del reparto di neurologia dell’ospedale e, al momento, aveva sicuramento una vita sociale più attiva della mia.
Non che mi stessi lamentando. Non ero mai stata una persona particolarmente mondana; la mia idea di divertimento consisteva in una classica serata pizza più divano a guardare qualche infinita maratona di serie tv su Netflix.

“Molto divertente, Alex. In ogni caso non posso abbandonare Mike”.

Mike.

Stavamo insieme dal liceo.

La nostra era una di quelle tipiche relazioni che iniziano per puro caso all’età di quindici anni e senza accorgertene, ti ritrovi dieci anni dopo sullo stesso divano, con la stessa macchina, solo più vecchia, e con gli stessi problemi di incompatibilità di quando eri al liceo ma con, appunto, dieci anni in più di relazione.

Perché stavo con lui? Me l’ero domandato più volte nel corso degli anni.  Qualche tempo fa, durante una delle nostre “crisi” mensili, avevo anche stilato una sorta di lista in cinque punti di “pro Mike”.
Dico cinque, perché avevo passato quasi un pomeriggio intero a trovarne quattro e il quinto punto era semplicemente “risponde ai miei messaggi nel giro di dieci minuti”.

“Sai cosa ne penso di Mike, Kara”.

Lo sapevo.

Mia sorella non era mai stata una fan del mio ragazzo. Aveva sempre pensato che meritassi di più.  In realtà non avevo mai incontrato qualcuno a cui Mike piacesse realmente. Eliza lo tollerava perché mi voleva bene, i miei amici lo invitavano alle nostre cene del venerdì sera perché non  potevano farne a meno, ma nessuno sembrava mai così entusiasta della sua presenza.
Non che lui facesse poi così molto per piacere alle altre persone. Aveva sempre quell’atteggiamento di arroganza e supponenza che lo contraddistingueva che non faceva spesso una buona prima impressione.

“Sta cercando di aiutarmi, Alex. In realtà è stato molto carino ultimamente”.

“Ultimamente, certo” sbottò “e in che modo?” chiese sarcastica.

“Be….andiamo a correre tutte le sere insieme”.

“Sei seria? Correre? Ma ti senti, Kara? Tu odi correre. State insieme da quanti, dieci anni e non sa ancora che la cosa che odi di più al mondo è correre o fare qualsiasi tipo di attività fisica?”

“Non odio correre! Non è una delle mie attività preferite, ecco”.

Era vero, invece; il fatto che odiavo correre e che detestavo la maggior parte dell’attività che implicavano un benché minimo di sforzo fisico. Non a caso, per tutto il liceo, avevo organizzato una sorta di escamotage con Eliza, per essere esonerata dall’ora di educazione fisica.

La realtà era che avevo iniziato a correre con Mike perché era l’unico modo per passare del tempo insieme e per cercare di avere un briciolo di conversazione con lui.

“Devi vederla in modo positivo, Kara” aveva detto Mike durante una delle nostre corse serali “perdere il lavoro può cambiarti la vita e poi sono sicuro che esiste un qualche assegno di mantenimento per le persone come te”.

“Le persone come me?”

“Si, sai, persone un po’ smarrite. In cerca di opportunità, ecco! Potresti fare l’estetista o la barista. Sei abbastanza carina per fare quei tipi di lavoro, no?”

Abbastanza carina.

“ ….oppure la segretaria o la commessa. Insomma ci sarà pur qualcosa che ti piacerebbe fare. Perché devi rendere sempre tutto così complicato, Kara?”

Mi piacerebbe fare la giornalista, Mike. Ecco cosa mi piacerebbe fare. Cosa che starei ancora facendo se la gente non avesse smesso dall’oggi al domani di leggere i giornali e di informarsi con post di dubbia provenienza su Facebook o Twitter.
Ovviamente non avevo risposto in questo modo, ma avevo invece detto qualcosa come “hai ragione, cercherò di essere più positiva” o qualcosa di simile che ora non ricordo.

“Lasciamo perdere Mike per un secondo e torniamo a concentrarci su di te, Kara” disse Alex, riportandomi bruscamente alla realtà “cosa ne pensi di: scrittrice di messaggi erotici per chat di solo adulti?”

“Alex…”

“Che c’è?  Sei una giornalista. Ti piace scrivere! Almeno, potresti sfruttare la cosa e non perdere il tuo tocco magico!”

“No. E non intendo ballare seminuda appesa ad un palo in un sudicio bar, né fare la massaggiatrice o scrivere messaggi erotici per cinquantenni con la pancia in crisi di mezza età. Insomma Alex, ci sarà pur qualcosa che posso fare senza per forza buttare la mia dignità dalla finestra.”

Forse avrei dovuto solo rassegnarmi. Oppure dare ascolto a mia sorella, accettare il posto di assistente offertomi gentilmente da James, trasferirmi e lasciarmi tutto alle spalle.

Si, forse era proprio quello che ci voleva.

“Senti qui. Questo potrebbe essere interessante” disse Alex “assistenza domiciliare”.

“Cioè pulire il sedere ai vecchi?”

“Kara, dovresti davvero abbassare le tue aspettative se non hai intenzione di trasferirti e poi la paga è molto buona. Molto, molto buona. Se non accetti, potrei seriamente farlo io”.

“Probabilmente è buona perché è previsto che io debba pulirgli il sedere, Alex”.

“Non credo che si tratti di anziani. È una sorta di annuncio privato.  La famiglia chiede assistenza per qualcuno, non è specificato chi, per svolgere delle attività quotidiane”.

“Non ho proprio alternative?”

“L’alternativa sarebbe muovere il tuo culo da quel buco di città, lasciare quella palla al piede del tuo ragazzo e venire a stare da me e Kelly. Ma credo che tu non abbia intenzione di fare nessuna di queste cose o sbaglio?”

“Va bene” sbuffai “manda pure il mio numero, Alex”.

“Avrei preferito che tu avessi scelto le altre opzioni. Ma badante di qualche ricco bavoso sia!”

“Alex!”

 In fondo, che cos’avevo da perdere?


…………………………………………………………………………………………

“Quindi il colloquio è domani mattina?” chiese Eliza quella sera a cena.

“Sembra di sì” risposi “Alle otto precise. Non un minuto in più, non un minuto in meno. È stata molto categorica. Ho ricevuto una chiamata da Lilian Luthor in persona. Devo dire che all’inizio pensavo fosse uno scherzo di cattivo gusto. Non pensavo neanche che Lilian Luthor usasse un telefono per delle questioni del genere. Insomma i Luthor! Vivono in quel castello fiabesco da secoli. Sembrano quasi dell’entità intoccabili”.

I Luthor.

Non sentivo nominare quel cognome da anni. Non che fossero davvero delle entità intoccabili come avevo appena detto. O delle persone famose che non incontrerai mai nella vita.

Be, forse un po’ famose lo erano. Avevano una compagnia che fruttava milioni di dollari alla settimana ed ero quasi certa di aver letto da qualche parte che erano la quinta famiglia più ricca d’America… o del mondo?

Non ricordo.

Erano delle persone, certo.

Semplicemente erano delle persone con un mucchio di soldi e quindi molto distanti da tutto quello che conoscevo e quindi dal mio piccolo mondo fatto di un misero stipendio da dipendete di un giornale locale.
Da queste parti, Lilian e Lionel Luthor erano considerati un po’ come una sorta di famiglia reale. La famiglia reale di Midvale, anche se la loro azienda principale, la Luthor Corp, era a National city.

Avevano due figli: Lex e Lena.

Lo sapevo perché entrambi erano venuti nella nostra stessa scuola, mia e di Alex. Scuola che era anche l’unica di tutta Midvale, quindi in realtà non c’era stata molta scelta per la famiglia Luthor. Non ricordavo di aver mai scambiato una parola con nessuno dei due, anche se ricordo chiaramente di essermi scontrata una volta con Lena, in corridoio, e di averle versato addosso il contenuto del mio pranzo. Non credo di essermi mai sentita così in imbarazzo in tutta la mia vita. Se chiudo gli occhi riesco ancora a vedere il suo sguardo da “come hai osato sporcare la mia giacca firmata” su di me.  

“Be di certo non sono delle persone molto socievoli. Tu e Alex non avevate alcuni corsi, con…come si chiamava?” chiese Eliza.

“Lena Luthor!” rispose urlando Mike, ricordandoci improvvisamente della sua presenza al tavolo.

“Insomma come fate a non ricordavi di lei? Quella sì che era una bomba sexy!”

 “Non che io l’abbia mai guardata con attenzione…mi sembra ovvio” aggiunse subito dopo essersi accorto dello sguardo di disapprovazione di Eliza.

“Comunque…” dissi cercando di cambiare argomento “hai idea di chi possa aver bisogno di assistenza? In ospedale non gira nessuna voce?” chiesi a mia madre.

“Non ne ho idea, tesoro. Ma penso che lo sapremo domani mattina, no?” rispose con un sorriso “Sai già cosa indossare per il colloquio?”

“Pensavo il tailleur nero”

“Dio Santo!” esclamò Mike, interrompendo i nostri discorsi “Ma ci pensate? Come se finire su una stramaledetta carrozzella non fosse una punizione divina sufficiente, ti capita anche che si presenti la nostra Kara a tenerti compagnia!”.

Non aveva tutti i torti.

Eliza alzò gli occhi al cielo.

Domani sarebbe stata una lunga giornata.
 
 

Ok....probabilmente non avrei dovuto pubblicare questo capitolo fino alla prossima settimana, ma ho diversi capitoli già pronti, quindi mi sono detta " perché no?"
Buona lettura e se vi fa piacere lasciate un commento così so se la storia vi sta piacendo.
Se volete, mi trovate su twitter : 
 @galloncina94 
Alla prossima :)
 

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Capitolo 3
*** Capitolo 2 ***




Capitolo 2






 





 
 
 
Ho venticinque anni e credo, di essere stata definita in tanti modi nel corso della mia vita.

Mia sorella, Alex, tende di solito a definirmi “stramba” perché ho la tendenza a dire la prima cosa che mi passa per la mente.

Eliza, dice che assomiglio a mia madre, la mia vera madre. È strano essere costantemente paragonata a qualcuno che non ricordi. Ho perso i miei genitori quando avevo tre anni in un incidente stradale. Non ricordo praticamente niente di quella sera. A volte, se mi sforzo, riesco ancora a sentire il profumo di mia madre o a sentire la risata di mio padre, ma a parte questo, non ricordo molto altro.

Eliza era la migliore amica di mia madre e dopo l’incidente non aveva esitato un istante e mi aveva adottata. Credo fortemente che Alex e Eliza mi abbiano salvato la vita, in tanti piccoli modi.

Vengo definita “eccentrica” perché tendo ad indossare abiti abbastanza colorati o comunque ad indossare quello che mi piace, senza tener conto della moda attuale, in base all’umore del giorno.

Non sono propriamente una bellezza canonica. Non credo che nessuno mi definirebbe mai bella o semplicemente non ho abbastanza autostima per pensarlo.

Fino a due settimana fa, quindi esattamente quando ho perso il lavoro, non mi ero mai chiesta chi fossi veramente. Non avevo grandi pretese per la mia vita. Pensavo semplicemente che avrei continuato a lavorare per il giornale locale. Probabilmente, con grande disappunto di tutti, avrei sposato Mike, avremmo avuto qualche bambino e la nostra vita sarebbe andata avanti così, come quella di migliaia di altre persone al mondo.

Sono stata definita in tanti modi, sì.

Stramba, eccentrica, simpatica, carina, stupida, non abbastanza colta, sensibile, educata, onesta.

 La verità è che sono semplicemente una persona abbastanza ordinaria. Una di quelle persone che sta nel mezzo. Una di quelle persone che in un gruppo di amici ad una festa, probabilmente non vi ricordereste neanche. Insomma, sono una di quelle persone che non vi voltereste a guardare una seconda volta.

 Una ragazza normale.

 
………………………………………………………………………………………….
 
Alla fine avevo optato davvero per il tailleur nero. Nonostante i commenti di Mike, dopo una consulenza via Skype con Alex e Kelly, avevo deciso che fosse la scelta migliore.

“Non puoi mica presentarti in jeans e felpa” era stato il commento di mia sorella.

Probabilmente no.

Alla fine stavo pur sempre andando a sostenere un colloquio con la famiglia Luthor. Forse era per quello che durante il breve tragitto in autobus mi sentivo in prede ad un attacco di panico. O forse era perché non avevo mai avuto un vero e proprio colloquio nella mia vita. Ero stata assunta al giornale locale di Midvale subito dopo la fine dell’università. Conoscevo il proprietario da quando ero una bambina e quando aveva saputo che ero in cerca di un posto di lavoro, mi aveva subito assunta.

Non avevo mai dovuto competere con qualcuno per essere scelta e forse, era anche per questo che ero così riluttante ad accettare la proposta di mia sorella di trasferirmi a National City. Non ero mai stata una di quelle persone che amavano mettersi in gioco.

E poi in ogni caso che cosa domandano durante un colloquio di lavoro?

Se non fossi stata abbastanza qualificata? Se Lilian Luthor mi avesse chiesto di mostrare delle referenze? Non avevo nessuna esperienza nell’assistenza domiciliare. Non ero in grado di prendermi cura di qualcuno. Mike sosteneva che non ero nemmeno in grado di tenere in vita una pianta.

Senza accorgermene, mentre ero in preda ai miei vaneggiamenti, ero arrivata davanti alla casa dei Luthor.

Chiamarla casa era un eufemismo; era più un fottuto castello. Credo di esserci passata davanti un milione di volte durante la mia adolescenza, ma non l’avevo mai osservato davvero. Ricordo che Alex ed io, ci divertivamo ad inventare storie su quel posto. Entrando nel vialetto che portava all’entrata, mi resi conto che era anche più grande di quanto potessi immaginare.

Un fottuto castello, esatto.

Una ragazza che doveva avere più o meno la mia stessa età e che, presentandosi disse di chiamarsi “Jess”, mi invitò ad entrare. Venni fatta accomodare e nel giro di dieci minuti venni fatta entrare in uno studio che probabilmente era grande quanto la casa di Eliza.

“Lei deve essere Miss Danvers”.

Lilian Luthor.

Non avevo mai visto quella donna dal vivo e da vicino sembrava ancora più terrificante di quanto avessi immaginato.

“Kara, la prego” le porsi la mano.

“E Kara sia. Lilian Luthor” disse stringendo la mia mano con fare poco convinto “Vuole seguirmi? Parleremo in salotto.”

Il salotto era ancora più grande dello studio precedente. Tutto sembrava così immacolato, quasi asettico.

Senza anima.

Come se qualcuno non vivesse davvero in quel posto.

“Allora, Kara, ha qualche esperienza con la perdita della funzione motoria?”

 Perdita della funzione motoria?

“No” risposi, piuttosto in imbarazzo.

“Lei sa cos’è la monoplegia?” ora Lilian Luthor sembrava leggermente confusa.

Vacillai “la perdita dell’uso di qualche arto?”

“Be suppongo che si possa dire anche così. In questo caso parliamo della perdita dell’uso della gamba destra, Miss Danvers” eravamo tornate all’uso del cognome, non un grande segnale “è un problema per lei?”

“Per me? Non credo quanto lo possa essere per la persona in questione” azzardai con un sorriso. Il volto di Lilian Luthor era glaciale “mi scusi, non volevo…Mia sorella mi dice sempre che non rifletto mai prima di parlare”.

Avrei fatto bene a scappare, cambiare nome e nascondermi da qualche parte molto, molto lontano da qui.

“Quanti anni ha?”

“Venticinque”

“Laureata?”

“Sì”

“E’ una giornalista?”

Tentennai.

Forse, i Luthor non volevano che i loro problemi personali venissero presi in carico da una ragazza senza esperienza, ex  giornalista e che avrebbe potuto vendere la notizia alla stampa per farci su qualche soldo.

“Sì” risposi “ma non si deve preoccupare. Non mi sognerei mai di scrivere qualcosa su…”

Lilian Luthor annuì, come se il pensiero che potessi anche solo pensare di vendere la notizia alla stampa, non l’avesse nemmeno sfiorata.

“E cosa vorrebbe fare esattamente nella vita, Miss Danvers?”.

Cosa vorrei fare nella mia vita? Penso che nessuno me l’avesse mai chiesto. Io stessa credo di non averci riflettuto mai più di tanto.

Volevo scrivere.

Ma volevo fare davvero la giornalista?

“Io…credo di non averci mai pensato realmente, Mrs Luthor”.

“E perché dovrei assumerla Miss Danvers?”

Silenzio.

Che diamine ci faccio qui?

“Non mi sa dare una sola ragione per cui dovrei assumere lei e non qualche altra ragazza con una reale esperienza nell’assistenza domiciliare?”

Mi tirai un po’ su sulla sedia.

Stavo incominciando a sudare.

“Dunque, vediamo” incominciai “le persone dicono che imparo in fretta. Non mi ammalo mai. L’ultima volta avrò avuto sette anni ed è stato perché Alex, mia sorella, mi aveva attaccato la varicella. Sono abbastanza forte…quindi penso di essere in grado di riuscire a sollevare suo marito dalla sedia a rotelle nel caso ce ne fosse bisogno”.

“Mio marito?” chiese Lilian stupita “non è mio marito ad aver bisogno di assistenza, Miss Danvers. È mia figlia. Immagino si ricorderà di lei. Avete la stessa età. Suppongo che abbiate frequentato qualche corso insieme”.

Lena.

Lena era su una sedia a rotelle.

“Sua figlia?”

“Lena è stata vittima di un terribile incidente stradale, quasi due anni fa, ormai. Poteva andare molto peggio, in realtà. L’autista che guidava la macchina, George, ha perso la vita. Continuo a ripetere a mia figlia che non è la fine del mondo aver perso l’uso di una gamba, ma non sembra darmi ascolto. È caduta in una sorta di depressione. Non esce più di casa. Ha praticamente allontanato tutti. È sempre stata una ragazza testarda…in ogni caso, vuole il lavoro?”

Ero talmente frastornata dal fiume di informazioni che mi erano piovute addosso che per un attimo non credo neanche di aver colto la domanda “come, scusi?” chiesi “vuole davvero assumere me?”

“Miss Danvers” disse Lilian come se stesse parlando con una bambina di cinque anni “Quello di cui Lena ha bisogno, non è un’infermiera. Credo che mia figlia abbia semplicemente bisogno di qualcuno che le ricordi che fa ancora parte di questo mondo”.

Annui.

“Allora, vuole il lavoro?”

“Sì” risposi.

“Benissimo. Si presenti qui domani mattina alle otto precise, Miss Danvers”

“Domani? Pensavo che…”

“Non è una buona giornata per Lena oggi”

Mi alzai, rendendomi conto che Mrs Luthor stava già aspettando di accompagnarmi alla porta.

“Capita spesso?” tentai “che abbia delle giornate no, intendo?”

“Mia figlia non ha mai avuto un carattere facile. A domani Miss Danvers”.


………………………………………………………………………………………….

“Quella povera ragazza” disse Eliza quella sera a cena.

Le avevo raccontato tutto appena tornata a casa. La notizia di Lena mi aveva leggermente sconvolta. Non che la conoscessi bene, ma la notizia che una ragazza della mia stessa età fosse ridotta in quello stato, mi aveva turbata.

“Pensi che possa guarire?” chiesi di punto in bianco a mia madre.

“Non ne ho idea, tesoro…dovrei esaminare le sue cartelle cliniche e valutare la situazione” disse “ma penso che i Luthor si possano permettere dei dottori molto più bravi di me, con tutti quei soldi”.

Quella notte non chiusi occhio.



 

Ed eccoci qui con il secondo capitolo. Prima di tutto volevo ringraziarvi per le recensioni e per le visualizzzazioni alla storia. Mi fanno davvero piacere :)
Avrei dovuto postare questo capitolo domani, ma poi ho pensato che sarei stata abbastanza impegnata con il lavoro e ho pensato di farvi questo regalo domenicale! 
Se volete lasciate un commento per farmi sapere cosa ne pensate!
Come al solito, mi trovate su twitter: @galloncina94
alla prossima :) 
 
 
 
 

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Capitolo 4
*** Capitolo 3 ***


 
Capitolo 3







 
 


Mentre Lilian Luthor percorreva decisa il corridoio della casa, indicando le varie stanze senza voltarsi, io continuavo a pensare ad una via d’uscita da quella situazione.

La notte scorsa, dopo la conversazione con Eliza, non avevo chiuso occhio.  La mia testa continuava a pensare al momento in cui avevo deciso di accettare quel lavoro, maledicendosi da sola.

Che cosa mi era saltato in mente?

 Non avevo nessun tipo di esperienza con l’assistenza domiciliare e in ogni caso non mi aspettavo di dover assistere Lena Luthor.

E se mi avesse odiata? Magari si ricordava ancora di quella volta in cui le avevo versato il pranzo addosso.

“Miss Danvers?” disse Lilian richiamando la mia attenzione “mi sta ascoltando?”

Annui.

“Come le dicevo” disse continuando ad avanzare nelle stanze della casa “L’ho inclusa nella nostra assicurazione. Queste sono le chiavi della macchina. Ho pensato che magari lei e mia figlia potreste uscire qualche volta…anche se ultimamente non ne ha molta voglia”.

“Cosa le piace fare? A Lena, intendo” puntualizzai.

“A mia figlia?” Lilian sembrava sorpresa “be…una volta le piaceva fare qualsiasi cosa pur di mettersi in pericolo. La sua attività preferita era buttarsi giù dagli elicotteri, scalare montagne…Ero solita scherzare con Sam su questa cosa…”

“Chi è Sam?”

Lilian Luthor sembrava provata; la compostezza e la glacialità del giorno prima erano scomparse per lasciar posto ad un’aria stanca, quasi rassegnata.

Forse l’avevo giudicata male. Sembrava davvero dispiaciuta per Lena.

“Nessuno” rispose, ricomponendosi “per rispondere alla sua domanda, Miss Danvers. Guardare film, ascoltare la musica. Cose così”.

Guardare film e ascoltare musica.

Potevo farcela.

“Qualche altra domanda?”

“No”.

“Allora andiamo a fare le presentazioni”.

Ci fermammo davanti ad una porta e Mrs Luthor bussò.

Ci siamo, pensai.

“Lena? Sei presentabile? Volevo presentarti Miss Danvers”.

Nessuna riposta.

“Lena, Jess?”

Lilian Luthor spalancò la porta senza aspettare di ricevere un invito ad entrare.

Non ero assolutamente pronta per quello che mi trovai davanti.

Non so che cosa mi aspettassi in realtà.

Era su una sedia a rotelle, ma a parte questo, Lena non era cambiata più di tanto.

Era la stessa la ragazza che incrociavo nei corridoi del liceo. Certo, i lineamenti era cambiati, erano più maturi di una volta,
più decisi, ma per il resto, era la stessa di sempre.

Quando entrammo nella stanza, alzò lo sguardo su di me.

Aveva sempre avuto degli occhi così verdi?

Era sempre stata così…bella?

“Jess, Lena, questa è Miss Danvers” disse Lilian.

Jess mi sorrise cordiale.

Lena mi stava ancora fissando. Sembrava aspettare che io facessi qualcosa.

“Kara…puoi chiamarmi Kara” dissi porgendole la mia mano.

Lei la fissò senza accennare la minima intenzione di prenderla e così la ritirai in imbarazzo.

“Buongiorno, Miss Danvers” disse finalmente “quindi lei deve essere la mia nuova badante” aggiunse “Se non altro almeno non è brutta come le altre”.

Lilian alzò gli occhi al cielo.

“Sei tremenda, Lena” disse Jess ridendo.

“Che c’è? Ora non posso neanche più scherzare? È l’unica cosa che mi è rimasta in questa vita”.

“Miss Danvers, mi scuso per il comportamento di mia figlia. Le assicuro che di solito non è così scortese.”

“Hai ragione, madre. Di solito sono anche peggio” disse Lena fissandomi con uno sguardo che prometteva solo guai.

Dove mi ero andata a cacciare?


………………………………………………………………………………………….
 


Quando Lilian uscì dalla stanza, Jess, che scoprii essere l’assistente di Lena, mi informò di quello di cui avrei dovuto occuparmi. Le mie mansioni non erano poi così difficili o impossibili come avevo immaginato. Scoprii che Lena, in realtà, era abbastanza autosufficiente. Volendo, aiutata dai giusti mezzi, avrebbe anche potuto camminare visto che la paralisi riguardava solo una gamba, ma da quello che avevo capito, non voleva farlo. Jess era stata abbastanza vaga a riguardo.

Tutti sembravano esserlo.

“Be…Lena” disse Jess “Io per oggi avrei finito. Ti lascio nelle abili mani di Miss Danvers”.

Se ne stava andando?

Mi stava assalendo il panico.

“Per qualsiasi cosa, non esitare a chiamarmi. Ho lasciato il mio numero sul frigo in cucina” aggiunse l’assistente rivolgendo la sua attenzione su di me “divertitevi e per favore, Lena…comportati bene”.

Lena sbuffò.

Jess mi strizzò l’occhio e uscì lasciandoci da sole.

“E ora?” pensai. Ero in piedi in mezzo alla stanza e tutto quello che riuscivo a pensare era “Ti prego, dì qualcosa, Qualsiasi cosa”.

Lena sembrava non curarsi minimamente della mia presenza e aveva preso un libro che Jess aveva lasciato sulla scrivania.

“Vuole qualcosa da bere?” dissi quando il silenzio era diventato insostenibile.

“Noi due ci conosciamo?” rispose Lena, spostando improvvisamente la sua attenzione su di me e ignorando completamente
la mia domanda.

Per un attimo rimasi completamente spiazzata dai suoi occhi. Possibile che non avessi mai notato che fossero così verdi?

“No…cioè….sì” farfugliai.

Lena sembrava divertita “Respiri, Miss Danvers” sorrise “non vorrei che le venisse un infarto. Fino a prova contraria, dovrei essere io la malata”.

“Ci conosciamo” riprovai “o almeno, abbiamo frequentato qualche corso insieme al liceo”.

Annuì spostando di nuovo l’attenzione sul libro che teneva in mano e capii che la nostra conversazione era finita.


………………………………………………………………………………………….


Cercai di tenermi impegnata per il resto della giornata. Pulii, misi in ordine, annaffiai le piante. Insomma feci di tutto pur di stare lontano da Lena, la quale non sembrava apprezzare molto la mia presenza.

A volte, quando entravo nella stanza dove stava leggendo, notavo che alzava lo sguardo e mi fissava con un’espressione indecifrabile, salvo poi tornare a concentrarsi sulla sua lettura.

“Cosa sta leggendo?” provai più tardi quando mi resi conto che avevo esaurito le idee con cui impegnare il mio tempo.

Silenzio.

Sembrava non aver neanche sentito la mia voce.

Presi un respiro e riprovai “Deve essere un libro interessante per leggerlo tutto il giorno…”

Con un sospiro chiuse il libro e spostò finalmente la sua attenzione su di me.

“Non ha proprio nient’altro da fare, Miss Danvers?”.

C’era qualcosa nella sua espressione, nel suo tono di voce tagliente che mi fece vacillare.

“Ho solo pensato che se dobbiamo passare tutto questo tempo insieme, dovremmo imparare a conoscerci”.

“E quale sarebbe il punto?”

“Scusi?”

“Il punto di conoscerci, Miss Danvers”.

“Io…” tentai, ma Lena aveva già rivolto di nuovo l’attenzione al libro, come per sottolineare che la conversazione era finita.

“Bene, se ha bisogno di qualcosa, sono in cucina” dissi incamminandomi fuori dalla stanza.

“Orgoglio e pregiudizio”.

Mi voltai.

“Il libro che sto leggendo” aggiunse senza guardarmi.

Sorrisi.


………………………………………………………………………………………….



“Mi odia, Alex” dissi quella sera mentre ero sdraiata sul letto.

Ero tornata a casa distrutta e dopo aver cenato da sola, Eliza aveva il turno di notte, avevo deciso di chiamare mia sorella per
aggiornarla sul primo giorno di lavoro.

“Non essere così tragica, Kara. Non ti odia”.

“Be allora mi trova sicuramente insopportabile. Mi ha a malapena rivolto la parola” sbuffai.

“Forse dovresti provare ad essere più indulgente con lei…è naturale che sia infelice. La sua vita è cambiata radicalmente da
un giorno all’altro. Prova a metterti nei suoi panni”.

Forse, Alex, aveva ragione.

Cosa mi potevo aspettare, che Lena sprizzasse gioia da tutti i pori? Per lei doveva essere una situazione terribile. La sua vita era stata stravolta e a giudicare dalle foto che avevo visto mentre ero entrata nella sua camera da letto per pulire, la sua vita doveva essere piuttosto bella prima dell’incidente. C’erano foto di Lena mentre era intenta a scalare una montagna. Foto di lei in barca abbracciata ad una ragazza, foto in compagnia di amici, foto di lei che ballava su un tavolo…

“E… poi forse lei è così con tutti all’inizio” continuò Alex “datti del tempo, Kara. È solo il primo giorno. Sono sicura che andrà meglio”.


 


Angolo autrice: So che stavate tutti segretamente aspettando questo capitolo e spero che vi piaccia almeno un po' di quanto a me sia piaciuto scriverlo! 
Volevo dirvi che sono davvero felice di tutto il supporto che mi state dando per questa storia. Grazie per tutti i commenti, per tutte le persone che stanno seguendo la storia. 
Semplicemente grazie :) 
Non dimenticate di farmi sapere cosa ne pensate! Aspetto le vostre recensioni! 
Come sempre, mi trovate su twitter "Cesca" @galloncina94

Grazie a alla prossima! :)
 
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 5
*** Capitolo 4 ***





Capitolo 4
 






 






 
Le cose non migliorarono come aveva detto Alex, ma almeno, si può dire che io e Lena avevamo creato una sorta di nostra routine.

 Routine che consisteva più che altro nell’evitarci tutto il tempo. Erano trascorse tre settimane dal nostro primo incontro e credo, non esagero, che mi avesse rivolto la parola si e no cinque volte.

Ogni mattina, alle otto precise, arrivavo, salutavo Jess, scambiavo qualche parola con lei e poi mi mettevo a pulire o ad ascoltare la musica.

Verso le nove, Lena, di solito si presentava in cucina, prendeva qualcosa da mangiare dal frigo e accennando un saluto che consisteva in un segno del capo o in una smorfia di fastidio, si ritirava con qualche libro nello studio, dove il più delle volte la ritrovavo ore dopo, sulla sedia a rotelle intenta a guardare fuori dalla finestra o sdraiata sul divano.

A volte Mrs Luthor, di solito verso sera, si presentava e chiedeva alla figlia come fosse andata la sua giornata.

Lena rispondeva quasi sempre con indifferenza.

Lilian sembrava ferita dal suo atteggiamento e, sono sicura, di aver visto un accenno di lacrime nei suoi occhi, più di una volta.

Verso la fine della seconda settimana avevo anche incrociato il fratello di Lena, Lex. Da quello che avevo capito, non tornava spesso a Midvale, in quanto era occupato a gestire la Luthor Corp, che si trovava a National City.

Quella era stata una delle poche occasioni in cui l’avevo vista sorridere.

In quelle prime tre settimane, mi ero soffermata più volte ad osservarla. Spesso, non si accorgeva neanche di me, il che era un vantaggio. La cosa che più mi aveva colpito, era sicuramente la sua solitudine. Una solitudine che, da quello che avevo capito, si era auto imposta.

Avevo perso il conto di quante volte avevo sentito suonare il suo cellulare, di quante volte avessi sentito suonare il campanello di casa. Una volta avevo anche provato ad alzarmi per andare a rispondere, ma avevo desistito quando avevo visto i suoi occhi fulminarmi.

E poi, un venerdì qualunque, mentre mi stavo preparando per tornare a casa, Mrs Luthor apparve sulla soglia della cucina “Miss Danvers, so che probabilmente le sto chiedendo troppo…ma potrebbe rimanere ancora per qualche ora? C’è un’amica di Lena. Per un certo periodo sono state molto vicine…forse sarebbe meglio sei lei rimanesse, ecco”.

“Oh non si preoccupi. Non è assolutamente un problema” risposi togliendomi il giubbotto che avevo indossato per andare a casa “devo preparare del caffè o del the?” domandai.

“Del caffè andrebbe benissimo, grazie”.

 
………………………………………………………………………………………….
 


Prima di entrare nello studio dove Lena passava la maggior parte delle sue giornate, esitai un instante, appoggiandomi allo stipite della porta e osservai la scena. Lena era seduta sul divano, mentre la donna che Mrs Luthor aveva detto essere amica della figlia la guardava in imbarazzo seduta sulla poltrona di fronte.

“Lilian ha pensato che poteva farvi piacere un po’ di caffe” dissi entrando e appoggiando il vassoio sul tavolino in mezzo alle due donne. Fu in quel momento, con mio grande stupore, che mi resi conto che l’amica di cui aveva parlato Mrs Luthor e che ora era qui, non era altro che la ragazza che avevo visto abbracciata a Lena in una delle sue foto in camera da letto.

“Samantha Arias” disse porgendomi la mano.

“Kara Danvers” risposi stringendola in modo cordiale.

Lena non disse una parola, si limitò ad osservare lo scambio di saluti con occhi imperturbabili.

“Ti trovo bene” disse la donna rivolgendosi a Lena.

Non sapevo cosa fare, indugiai per un istante, indecisa se uscire o meno dalla stanza e lasciarle da sole.

“Kara” disse Lena. Era la prima volta che mi chiamava per nome “per favore, potresti sederti accanto a me?”

“Oh…ccc certo” dissi alquanto imbarazzata e mi accomodai sul divano.

Samantha, dal canto suo, sembrava ancora più a disagio di me.

“Allora…” disse Lena finalmente “a cosa devo questo piacere, Sam?”

La donna sembrava ferita dal suo tono ma rispose cercando di dissimulare il suo disagio “Dovevo parlarti” incominciò “ma visto che non rispondi né alle mie telefonate né ai miei messaggi, ho pensato che fosse meglio venirti a parlare di persona”.

Silenzio.

Non so se Sam si aspettasse una qualche reazione da parte sua, ma visto che non sembrava intenzionata a parlare, continuò “mi sto per sposare”.

“Cazzo” pensai.

Non osavo immaginare come si potesse sentire Lena in quel momento.

Altro silenzio.

La situazione si stava facendo imbarazzante; sia per il fatto che Lena non sembrava intenzionata a rispondere, sia per il fatto che io fossi presente in quel momento.

“Lena, ti prego, dì qualcosa” insistette, Sam.

“Congratulazioni”.

“Tutto qui?” chiese la donna con fare sarcastico.

“Cosa dovrei dirti?”

“Non lo so, qualcosa!” urlò “dopo due anni di relazione, credo di meritare più di questo, Lena.”

“Congratulazioni, davvero. Spero che tu possa essere felice, Sam”.

Incominciai a muovermi sul divano, agitandomi. La situazione stava diventando alquanto strana. Sam sembrò notarlo e si ricompose “be…” disse alzandosi “credo che sia meglio che vada. Spero che tu possa riprenderti, Lena”.

Mi alzai per accompagnarla fuori dalla stanza.

Lena non disse una parola.

Osservò la scena e basta.

Una volta fuori dallo studio, la donna si girò e con gli occhi lucidi mi disse “So che cosa sta pensando…”.

Non ero mai stata brava a nascondere i miei sentimenti e probabilmente pensava che la stessi giudicando per aver lasciato Lena quando lei ne aveva più bisogno.

“Sa, non sono stata io a lasciarla” continuò come se mi avesse letto nella mente “ci ho provato per mesi, anzi… per un anno intero…ma lei continuava a respingermi. Ha smesso di rispondere alle mie chiamate. Si è isolata da tutti. A volte mi rimprovero e dico che avrei dovuto fare di più…ma lei non è più stata la stessa dopo l’incidente e non credo che sia la gamba il suo vero problema”.

“Io…” iniziai.

“Si prenda cura di lei, Kara. Lena è una brava persona. Glielo ricordi”.

E se ne andò.

 
………………………………………………………………………………………….
 


Quella sera, prima di andare a casa, mi soffermai ad osservare Lena. Avevo notato che verso sera si spostava in veranda. Lo faceva senza sedia a rotelle, aiutandosi con delle stampelle e con la gamba sinistra.

Si sedeva lì e osservava il cielo. Più di una volta mi ero domandata che cosa pensasse.

“Le hanno mai detto che non è educato fissare le persone, Miss Danvers?”

“Merda” pensai.

“Kara. Puoi chiamarmi, Kara” dissi avvicinandomi e sedendomi vicino a lei.

Rise, non sembrando particolarmente a disagio per una volta.

“Mi dispiace che tu abbia dovuto assistere a quella scena con Sam. Non avrei dovuto coinvolgerti, Kara”.

Pronunciò il mio nome come se fosse una delle cose più naturali al mondo.

“Non fa niente, davvero”.

“Be, voglio chiederti scusa lo stesso. Se me lo permetti”.

Non avevo mai visto quell’espressione sul suo volto. I suoi lineamenti erano distesi, i suoi occhi, per una volta non erano un pozzo di infinita tristezza.

“Nessuno dovrebbe mai importi qualcosa, Kara…ed io l’ho fatto costringendoti ad assistere a quella scena penosa solo perché avevo paura di rimanere solo con lei…e per questo ti chiedo scusa”.

“Scuse accettate” sorrisi.
 

………………………………………………………………………………………….
 


“E’ stato terribile” dissi quella sera a Mike.

Lo avevo raggiunto a casa sua, non volevo imporre la sua presenza ad Eliza tutte le sere. So che non diceva nulla perché mi voleva bene, ma vedevo che incominciava a tollerarlo sempre di meno. Avevamo ordinato una pizza e, ora stavamo mangiando sul divano, con una delle partite di Mike in sottofondo.

“La sua ex ragazza è venuta a dirle che si sta per sposare, ma ci pensi?”

“Be, non puoi biasimarla” disse “Insomma, Kara… è su una sedia a rotelle, cosa ti aspettavi, che le sarebbe stata accanto come una badante? Sii sincera, tu staresti con me se fossi in quelle condizioni?”

“A parte che Lena non ha niente che non va. Ha una paralisi ad una gamba. Non usa sempre la sedia a rotelle. Ma poi non è questo il punto, Mike. Anche se fosse paralizzata dalla testa in giù sarebbe ugualmente la stessa persona di prima”.

“Si, certo. Perché tu mi stai dicendo che se io fossi paralizzato dalla testa in giù staresti con me?”

“Certo che starei con te! Che discorsi sono, Mike? Saresti sempre la stessa persona”.

“Se lo dici tu”.

“Perché tu non staresti con me?” domandai scioccata.

“Vorresti che stessi con te per pietà?”

“Pietà?”

“Si, pietà, Kara. Probabilmente era lo stesso motivo per cui quella donna stava insieme a Lena”.

“Lena, non è paralizzata. Se volesse, potrebbe camminare…insomma, a volte usa delle stampelle”.

“Be scusami…ma allora deve avere qualcosa che non va nel cervello, perdonami”.

“Sai cosa?” dissi alzandomi dal divano “improvvisamente non ho più fame. Penso che me ne andrò a casa.”


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Dopo la visita di Sam, si può dire che l’umore di Lena, se possibile, fosse anche peggiorato. Passava le giornate ad aggirarsi per casa, senza uno scopo preciso, con grande disappunto di Lilian che alzava gli occhi al cielo ogni qualvolta avessero la sfortuna di incrociarsi per i corridoi.

Per quanto riguardava il nostro rapporto, invece, le cose erano leggermente migliorate.

Dopo la breve chiacchierata in veranda di qualche sera prima, Lena sembrava tollerarmi di più. Mi chiamava Kara e non più “Miss Danvers” e avevamo iniziato a parlare effettivamente di qualcosa durante la giornata. I nostri erano per lo più battibecchi, ma Lena sembrava essere quasi sollevata di avere accanto qualcuno che le tenesse testa.

Avevo l’impressione che dopo l’incidente tutti avessero iniziata a trattarla con i guanti; un po’ come se non fosse più una persona ma più come se fosse un prezioso soprammobile che si potesse rompere da un momento all’altro. Così avevo iniziato a risponderle a tono e a farle notare quando si comportava in modo scortese.

“Sembrate una coppia di vecchia data” aveva detto uno di quei giorni Jess, osservando uno dei nostri piccoli litigi quotidiani “passate gran parte del tempo a stuzzicarvi a vicenda” sorrise “è un bene per lei”.


………………………………………………………………………………………….


Un altro piccolo cambiamento, era stato sicuramente quello per cui Lena aveva incominciato a guardare la tv senza più chiedermi di lasciare la stanza.

Quando avevo iniziato il mio lavoro lì, ormai quasi un mese e mezzo prima, era solita lanciarmi degli sguardi per farmi capire che dovevo lasciarla in pace e che avrei fatto bene a non disturbarla per le prossime ore.

Così il più delle volte, mi rifugiavo in cucina, mettevo le cuffie e aspettavo pazientemente l’ora di andare a casa.

Non che mi dispiacesse molto in realtà; avevo scoperto che Lena era appassionata di assurdi documentari scientifici, spesso con i sottotitoli. Cosa che io trovavo parecchio noiosa.

Quindi, quando in uno di quei pomeriggi mi chiese se volessi guardarne uno con lei, le risposi che avrei di gran lunga preferito ascoltare la musica o leggere qualche libro per lasciarla in pace.

“Non è il tuo genere?”

Mi strinsi nelle spalle “No, è che non mi piace leggere i sottotitoli”.

“Non sai leggere?”

Molto divertente.

“Non mi piacciono i documentari. Non credo di capirli, parlano di cose che non conosco”.

“E non credi sia proprio quello il punto? Imparare cose che non si conoscono?”

In realtà non è che non mi piacessero; non ne avevo mai visto uno, quindi non potevo saperlo. Mike tendeva sempre a monopolizzare il telecomando per guardare qualche stupida partita di football e le probabilità che volesse vedere un documentario con me, erano più o meno uguali a quelle che avevo di sposarmi con Brad Pitt.

Alla fine, però, avevo ceduto all’insistenza di Lena e avevamo passato il pomeriggio a guardare un documentario di Netflix sul cambiamento climatico. Passati i primi venti minuti di smarrimento, mi ero ritrovata completamente immersa, tanto da dimenticare completamente il fatto che il mio orario di lavoro era tecnicamente finito da più di un’ora.

“Allora?” disse Lena, quando incominciarono ad apparire sullo schermo i titoli di coda.

“Non era male” risposi cercando di rimanere più neutrale possibile.

“Non era male? Sono abbastanza sicura di averti vista piuttosto interessata”

“Stai gongolando, non è vero?”

“Sto semplicemente dicendo che non trovo sia normale che una persona arrivi alla nostra età senza aver mai visto un documentario”.

“Esiste una regola non scritta per cui si è obbligati a farlo?” borbottai.

“Posso sapere che cosa fai nel tempo libero?” mi chiese cambiando totalmente argomento.

Che razza di domanda era?

Facevo un sacco di cose nel mio tempo libero ed era semplicemente un caso che ora non me ne venisse in mente neanche una.

“Intendi quando non sono qui con te?”

Annuì.

“Be, non lo so” risposi “Delle cose normali, credo. Vado al pub, guardo delle serie tv, vado a correre con il mio ragazzo”.

“Vai a correre con il tuo ragazzo?”

“Sì”

Sembrava parecchio confusa e divertita allo stesso tempo.

“Cosa?” chiesi abbastanza stizzita.

“Niente, niente” disse divertita “Semplicemente non ti facevo un tipo atletico”.

“Non mi piace correre infatti”.

“E perché corri allora?”

“Be…”

“Cos’altro?”

“Cosa vuol dire cos’altro?”

“Hai degli altri interessi?”

Mi sforzai di pensare “Non lo so, mi piace scrivere. Non ci ho mai pensato realmente”.

“Forse dovresti incominciare a farlo. Dove abiti?”

Stavo incominciando a mettermi sulla difensiva. Non riuscivo a capire perché dopo settimane di mutismo, improvvisamente fosse così interessata alla mia vita.

“Abito a pochi chilometri da qui, vicino alla banca”.

Sorrise “E sei sempre stata qui?”

“In che senso?” chiesi.

“Non hai mai pensato di trasferirti? Mia madre mi ha detto che sei una giornalista. Sono più che sicura che esistano diverse opportunità al di fuori di questa piccola cittadina”.

“Mi sembra di sentire parlare mia sorella” sbuffai.

“Forse tua sorella ha ragione. Cosa ti trattiene in questo posto?”

“Nessuno. La mia vita è semplicemente qui”.

“La tua vita è dove decidi tu, Kara”.

“Io sono felice qui” risposi.

“Be, non dovresti esserlo. Sono sicura che ci sia un mondo che ti aspetta là fuori”.


………………………………………………………………………………………….


Più passava il tempo e più mi rendevo conto delle piccole cose.

Avevo notato che Lena aveva dei giorni sì e dei giorni no.

I giorni no, erano facili da riconoscere. Erano a scadenza settimanale e di solito, coincidevano con il martedì e il venerdì, quando Winn, il suo fisioterapista si presentava per farle fare degli esercizi che avrebbero dovuto gradualmente migliorare la situazione.

I miglioramenti c’erano; erano sotto gli occhi di tutti. Jess mi aveva detto che da un anno a questa parte le cose erano migliorate sensibilmente. All’inizio, Lena, non riusciva a fare nulla senza l’aiuto della sedia a rotelle, ma piano piano aveva incominciato ad utilizzare le stampelle e ultimamente si stancava sempre di meno ad usarle. Jess aveva aggiunto che non sarebbe mai tornata quella di una volta. I dottori erano stati categorici. Non avrebbe mai potuto riacquistare una mobilità completa della gamba destra, ma avrebbe potuto vivere comunque una vita normale.

Il problema era che per Lena, quei piccoli miglioramenti, non erano abbastanza.

Ogni volta che finiva una sessione con Winn, era sempre scontrosa, intrattabile. Si chiudeva nello studio e il più delle volte non mi rivolgeva la parola per tutto il giorno.

“Posso sapere qual è il problema?” chiesi un venerdì pomeriggio, stufa di quel suo atteggiamento infantile.

Era, come al solito, sdraiata sul divano. Sintomo che avevo imparato a conoscere come un chiaro segnale di “non rivolgermi la parola, voglio essere lasciata in pace”.

Questa volta ero decisa a non lasciare perdere.

“Com’è successo?” chiesi sedendomi sulla stessa poltrona in cui settimane si era seduta Sam.

“Intendi come mi sona ridotta così?” rispose tirandosi leggermente su a sedere “mia madre non te l’ha detto?” aggiunse sarcastica.

“Vorrei sentirlo da te”.

“Incidente in macchina”.

“Pensavo fosse capitato scalando qualche montagna o facendo bungee-jumping, o qualcosa del genere”.

Mi guardò un attimo confusa “Hai parlato con Sam?”

“No…le foto in camera da letto. So che probabilmente non avrei dovuto guardare. Non sono assolutamente fatti miei e me ne rendo conto”.

Annuì “è una cosa che pensano tutti, in realtà. Quella che mi sia fatta male in qualche attività spericolata…La realtà è che, beffa del destino, sia stato semplicemente un incidente in macchina”.

Rimanemmo in silenzio per qualche minuto.

Lena sembrava completamente persa nei suoi pensieri.

“Non è colpa tua, sai” dissi richiamando la sua attenzione su di me.

“Scusami?”

“Se quell’uomo è morto…il tuo autista. Non è colpa tua”.

Una lacrima apparve sul suo volto “Credi che non lo sappia?” urlò “è proprio questo il problema. So benissimo che non è colpa mia, ma allo stesso tempo so che se non fosse stato per me, sarebbe ancora con la sua famiglia”.

“Lena…” tentai.

“Sai quanto vale la vita di uomo, Kara?”

La guardai confusa, non sapendo cosa rispondere.

Il viso di Lena era una maschera di dolore.

“250.000 dollari. Ecco quanto vale. 250.000 fottuti dollari. Mia madre ha pensato che fosse la cifra giusta per risarcire la sua famiglia. Sai in quanti minuti la nostra azienda fattura quei soldi? No? Be’ te lo dico io. Trenta minuti, Kara. La vita di quell’uomo valeva esattamente 30 minuti e 250.000 dollari.”

Esitai un attimo, poi mi alzai e mi misi accanto a lei “vuoi che me ne vada?” domandai.

Eravamo là, nella penombra della stanza e nessuna delle due sapeva che cosa dire.

Che cosa si risponde ad una cosa del genere?

“No” rispose “Rimani ancora un po’. Raccontami qualcosa di bello”.

Ci pensai su.

“Mia sorella sostiene che ho un gusto terribile in fatto di moda” dissi indicando l’improbabile abbinamento maglioncino fucsia più jeans giallo che indossavo quel giorno.

“Difficile da non notare”.

“Eliza, la mia madre adottiva -ho perso i miei genitori quando avevo tre anni- sostiene che le ricordo mia madre. La mia vera madre. Dice che anche lei si vestiva così”

“Kara…”

“Da piccola avevo questa maglietta” continuai “era una maglietta orribile, Alex mi prendeva sempre in giro dicendo che sembravo un evidenziatore. Era una maglietta di Snoopy tutta colorata. Credo di averla messa fino a romperla.”

“Una maglietta di Snoopy? È questa la tua storia? Pensavo fossi una scrittrice…” disse scherzando dandomi un piccolo calcio con la gamba sinistra.

Sorrisi “La verità è che non ho mai più trovato una maglietta che mi piacesse così tanto. Ho anche cercato di trovare una taglia da adulti ma non è in catalogo”.

“Che disdetta. Deve essere davvero un crimine contro l’umanità, Kara”

“Oh avanti, prendimi pure in giro. Non hai mai amato nulla così tanto?”

“Oh sì” disse piano guardandomi negli occhi “Certo”.
 



 

Angolo autrice:  Come al solito, avrei dovuto pubblicare questo capitolo, almeno a metà settimana, ma come al solito, non ho resistito ahahah quindi be' vi auguro un buon inizio settimana. Spero di avervi fatto un bel regalo.
Grazie come sempre delle recensioni e grazie a tutte le persone che stanno seguendo la storia.
Fatemi sapere cosa ne pensate lasciando un commento.
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Alla prossima :)

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Capitolo 6
*** Capitolo 5 ***





Capitolo 5
 
 





 






Senza accorgermene, era arrivata l’estate e con essa tutti i problemi annessi. Non ero mai stata una grande fan del tempo afoso; preferivo di gran lunga il freddo e le giornate piovose.

In più, quest’anno, mi ero fatta trovare totalmente impreparata all’arrivo della stagione estiva; il tempo, da quando avevo iniziato a lavorare per i Luthor, era completamente volato.

Lena ed io, eravamo sempre più vicine, tanto che ultimamente, si può dire che vedessi più lei che il mio ragazzo.

Non che a Mike sembrasse importare molto della mia assenza. Era sempre impegnato con gli amici o con qualche allenamento in palestra.

L’ultima volta che avevamo passato del tempo insieme, ormai quasi una settimana fa, la serata non era andata molto bene.

 Avevamo deciso di andare al cinema, o meglio, lui aveva deciso di andare a guardare qualche film assurdo della saga di Fast & Furious, non tenendo minimamente conto che io non avessi visto nessuno dei film precedenti.

La verità era, che più passava il tempo, è più non riuscivo a capire perché stessimo ancora insieme. Sembrava che non avessimo nulla in comune e, soprattutto, sembrava che a nessuno dei due importasse minimante della vita dell’altro.

“Cos’hai oggi?” chiese Lena distraendomi dai miei pensieri.

Stavamo passeggiando in giardino, non capitava spesso; a Lena non piaceva molto uscire di casa, anche se ultimamente, utilizzando sempre di meno la sedia a rotelle e con le giornate più soleggiate, sembrava più invogliata a lasciare le sue stanze.

“In che senso che cos’ho oggi?”

“Mi sembri silenziosa. Di solito non fai altro che parlare.”

Rallentai il passo, cercando di adeguarmi alla sua andatura e risposi “Be’ forse ho capito che non sei una grande estimatrice dei miei sproloqui e ho deciso di stare zitta per una volta.”

Si fermò a guardami abbastanza confusa.

“Kara, si può sapere che succede?”

“Non è niente…è che ultimamente sto iniziando a rivalutare la mia vita e la mia relazione con Mike”.

“Mike?”

“Il mio ragazzo”.

“Capisco…” disse sedendosi su una panchina poco lontana e invitandomi a prendere posto accanto a lei “Da quanto state insieme?”

“Quasi dieci anni. Più o meno dal liceo.”

Sembrò sorpresa “Stai scherzando?”

“Non potrei essere più seria” risposi ridendo.

“E cos’ha che non va questo Mike?”

“Non lo so, credo che la nostra relazione sia ad un punto morto. Forse dopo dieci anni, è anche fisiologico”.

“Non sono una grande esperta di relazioni, Kara, ma forse dovresti parlare con lui di come ti senti”.

Parlare con Mike.

Non ricordavo neanche l’ultima volta in cui avevamo avuto una conversazione che non riguardasse la sua forma fisica, qualche assurda partita di football o quale pizza scegliere per il sabato sera.

Mi voltai a guardarla.

La sua pelle chiara sembrava quasi essere trafitta da sole.

“Com’era Sam?” chiesi di punto in bianco cambiando argomento.

Fece un respiro profondo e spostò la sua attenzione in un punto indefinito davanti a noi.

“Troppo per me”.

“Troppo per te?”

“Troppo bella, troppo simpatica, troppo tutto”.

“Lena Luhtor ha dei problemi di autostima?” le parole mi uscirono di bocca senza che riuscissi a trattenerle.

“Una cosa perfetta da dire ad una persona che passa la maggior parte del suo tempo a domandarsi se tornerà mai più quella di prima” pensai maledicendomi.

Lena, però, sembrò essere divertita dalle mie parole perché rispose “oh non sai quanto, Miss Danvers”.

Incoraggiata dalla sua reazione, continuai “Per quanto siete state insieme?”

“Due anni”

“Come vi siete conosciute?”

“Al lavoro. Sam lavora” si corresse “lavorava per la mia famiglia. Si è licenziata dalla Luthor Corp quando ci siamo lasciate.”

“Ti manca?”

Mi resi conto che avevo pronunciato le ultime parole con una certa apprensione, come se in qualche modo, la risposta a quella domanda, potesse condizionare la mia vita.

Che cosa mi stava succedendo?

Perché di punto in bianco sentivo una punta di gelosia crescere in me?

Tutto ciò era semplicemente ridicolo.

Lena ed io eravamo amiche.

Anzi, conoscenti.

“All’inizio sì, mi mancava” rispose continuando a fissare qualcosa in lontananza “Ironico, visto che sono stata io a lasciarla…ma poi ho iniziato a pensare che stesse molto meglio senza di me. Sono stata tremenda con lei quando è venuta qui…ma sono contenta che abbia trovato qualcuno con cui essere davvero felice”.

“Be’…comunque è stata lei a perderci. Insomma, tu sei Lena Luthor!”.

Alle mie parole, Lena si voltò subito a guardarmi.

“E questo cosa vorrebbe dire?” chiese divertita.

“Chiunque sarebbe fortunato ad averti, Lena. Dico sul serio. A parte quel tuo brutto carattere, sei una delle persone più intelligenti, colte e belle che io abbia mai incontrato. E credo davvero, che sotto quell’aria da dura che ti ostini a tenere, tu
sia, in realtà, una persona molto dolce.”

Lena, ora, mi stava fissando.

“Scusa” dissi dopo un instante “Non so davvero che cosa mi sia preso”.

“Sai una cosa, Kara? Credo che questo Mike sia un idiota totale.”

“Mia sorella Alex sarebbe d’accordo con te”.

“Be’ forse dovresti farmela conoscere”.


………………………………………………………………………………………….


Dopo il breve giro in giardino, ci spostammo nella veranda.

Nonostante i progressi delle ultime settimane, Lena non era in grado di camminare per lunghi tragitti senza stancarsi.

Erano passati ormai diversi mesi da quando avevo iniziato a lavorare per i Luhtor, ma non mi ero ancora abituata alla vastità di quella casa.

Sembrava tutto così grande, così pretenzioso.

Tutto così distante da quello che conoscevo.

Lena in tutto ciò, sembrava essere l’unica cosa fuori posto in quel castello di perfezione e forse, era anche per questo che si sentiva così inadeguata.

“Interessante scelta di abbinamento cromatico” disse Lena spostando la sua attenzione dal libro che stava leggendo e indicando il mio outfit giornaliero.

Eravamo entrambe sedute sul divano che Lilian aveva comprato recentemente, quando le avevo fatto notare che la figlia passava molto tempo in veranda.

“Grazie” borbottati in imbarazzo.

“Sai, non ti vesti come una persona di qui”

“E come dovrebbe vestirsi esattamente una persona di queste parti?”

“Non lo so, come una persona triste, immagino. O come mia madre…il che vuol dire più o meno la stessa cosa”.

Non potei fare a meno di ridere.

“Insomma, questa è una città dove la gente viene quando non ha più voglia di vivere, Kara. Che cosa ci fai qui? Hai venticinque anni. C’è un mondo pieno di possibilità là fuori”.

“Come ti ho già detto, sono felice qui, Lena”.

“E come ti ho già detto, Kara, non dovresti esserlo”.

“Ti piace dire agli altri quello che devono fare, vero?”

“In fondo” rise “sono pur sempre una Luthor. E poi sai che ho ragione”.

Mi voltai a guardarla “Ho paura che se lasciassi questo posto, non saprei più chi sono davvero”.

Era la prima volta che ne parlavo con qualcuno.

Forse era anche la prima volta che lo ammettevo a me stessa.

Con Alex ed Eliza usavo sempre delle scuse diverse: la mia scusa preferita era ovviamente Mike.

Scusa che usavo principalmente con mia sorella perché sapevo, che l’insofferenza nei suoi confronti, l’avrebbe distolta dal trovare il vero punto del problema.

Un’altra delle mie scuse preferite, era quella che non potevo lasciare tutto e partire dall’oggi al domani; scusa ovviamente molto più debole di quella precedente, in quanto non avevo effettivamente nulla di concreto che mi trattenesse a Midvale.

Certo, ora c’era Lena, ma credo che Mrs Luthor sarebbe riuscita a rimpiazzarmi ancora prima che avessi varcato il cancello della casa.

La verità è che avevo paura.

Tutto quello che avevo sempre conosciuto era in questa cittadina insignificante.

La mia infanzia.

La mia adolescenza.

I miei genitori.

Alex.

Eliza.

“Ho paura che se andassi via da questa città, perderei tutto. Perderei me stessa…perderei i ricordi dei miei genitori. E non voglio perderli, Lena…è l’unica cosa che mi rimane di loro. Lo so che è stupido… e lo so che le persone potrebbero dirmi che loro sono sempre con me…ma io non riesco a respirare al solo pensiero che se partissi, non ricorderei più il colore degli occhi di mia madre, il profumo di mio padre…”

Non mi ero reso conta che avevo iniziato a piangere fino a quando non sentii una mano sul mio volto.

“Non è stupido, Kara. Non permettere mai a nessuno di dirti che le tue emozioni sono sbagliate.”

Come se fosse la cosa più naturale al mondo, Lena mi attirò dolcemente a sé e io mi ritrovai a poggiare la testa sul suo petto.

Non so per quanto tempo rimanemmo in quella posizione: io appoggiata a lei e Lena che mi cullava sussurrandomi parole
rassicuranti all’orecchio.

Non so neanche chi delle due si addormentò per prima.

So solo che quando mi sveglia, ore più tardi, avvolta dal calore del suo corpo vicino al mio e dal suo respiro così calmo, mi ritrovai a domandarmi come avessi fatto a vivere per venticinque anni senza qualcosa di così bello nella mia vita.



 

 
Quando tornai a casa, quella sera, non riuscii a chiudere occhio.

Rimasi sveglia ad osservare il soffitto della mia camera, domandandomi che diamine stesse succedendo alla mia vita.

Gli ultimi mesi erano stati travolgenti, tanto da farmi mettere in discussione tutto quello che credevo sapere di me stessa.

Fino a poco tempo prima, la mia vita era perfetta; avevo un lavoro che amavo, un ragazzo che credevo di amare e pensavo che la mia vita si stesse incanalando finalmente verso il binario giusto.

Ma proprio come in qualsiasi film da quattro soldi che passano di solito il sabato sera, tutto era andato a rotoli.

Così prima avevo perso il lavoro.

Poi era iniziata la crisi con Mike.

Ora Lena.

Lena, che con quel suo carattere insopportabile; piano piano, giorno per giorno, aveva incominciato a cambiare radicalmente il mio modo di vivere, di pensare e di fare qualsiasi cosa.

Quello che era successo in veranda, solo poche ore fa, era stata solo l’ultima goccia di un vaso ormai prossimo ad esplodere.

Sembrava che ogni pezzo della mia vita si fosse come in qualche modo spostato per non tornare mai più quello di prima.

Più mi sforzavo e più mi ritrovavo a pensare che nessuno mi aveva mai ascoltato come faceva lei

Senza giudicarmi.

Nessuno mi aveva mai capito così a fondo.

Ascoltandomi.

Nessuno mi faceva sentire così al sicuro.

Abbracciandomi.

Nemmeno Mike.

Mike che, a confronto, Lena faceva apparire così insignificante, così sbagliato e Lena che, a confronto, sembrava invece così giusta, così perfetta.
 

………………………………………………………………………………………….


 
Quando arrivai dai Luthor, nessuna delle due accennò a quello che era successo in veranda.

Ci limitammo a salutarci e poi ognuna prese a svolgere quello che faceva abitualmente: lei si mise a leggere e ad ascoltare della musica mentre io pulii la maggior parte delle stanze.

“Vuoi sapere qualcosa di divertente?” dissi ore dopo mentre la raggiunsi nello studio.

Lena mi osservò confusa “Cosa?”

“Qualche giorno fa ho visto uno dei tuoi stupidi documentari con i sottotitoli. Credo che tu stia incominciando a plagiarmi”.

“Non ti sto plagiando, ti sto istruendo, Kara. Non potevi continuare a vivere nell’ignoranza”.

Risi.

“Non stai facendo solo quello, Lena.” mi trovai a pensare.

“Che cosa stai ascoltando?” chiesi cercando di scacciare quei pensieri.

“Musica classica. Ho un’amica, Veronica Sinclair, che è primo violino nella Royal Concertgebouw. Mi ha chiamata l’altro
giorno per dirmi che suonerà qui la prossima settimana”.

“Musica classica?” alzai gli occhi al cielo.

“Non sei mai andata ad un concerto?”

Lena sembrava sinceramente stupita.

Forse nel suo mondo, era completamente normale andare a concerti di quel tipo, ma io li avevo sempre trovati
particolarmente snob.

“Be qualche anno fa, con mia sorella Alex, sono andata ad un concerto di Taylor Swift…”

“Taylor Swift. Sul serio, Kara?”

“Se osi pronunciare anche solo una parola contro Taylor, giuro che la nostra amicizia finisce qui, ti avviso”.

Lena rise scuotendo la testa “Ok, mi arrendo. In ogni caso, dovresti andarci. Veronica mi ha dato due biglietti. Potresti portarci Mike”.

“Mike? Penso che preferirebbe spararsi su un piede”.

“Allora, potresti andarci con qualche tua amica, oppure da sola”.

“Da sola?” domandai stupita.

“Cosa c’è di male?”

“Non credo che faccia per me, Lena. Non penso che sia il mio ambiente, ecco.”

“Come non facevano per te i documentari con i sottotitoli, ma mi hai appena detto che ne hai visto uno e che ti è effettivamente piaciuto”.

“Non è la stessa cosa…tutti si accorgerebbero che non c’entro niente con quell’ambiente”.

Lena mi guardò “Kara, tutto il mondo, da quando ho avuto questo maledetto incidente, mi guarda come se non c’entrassi più niente con quello che mi circonda.”

“Facciamo così” dissi “ci andrò ad un sola condizione.”

“E quale sarebbe, Miss Danvers?”

Presi un respiro profondo “Voglio che sia tu ad accompagnarmi”.

 
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Alla fine, dopo averla pregata in qualsiasi lingua possibile ed immaginabile, Lena, accettò.

Era sicuramente un grande evento.

Quando avevo iniziato a lavorare per i Luhtor, Jess mi aveva confidato che Lena non lasciava la casa da quasi un anno e
mezzo; quindi quando si diffuse la notizia che mi avrebbe accompagnato al concerto, sembravano tutti alquanto sorpresi.

La settimana passò abbastanza velocemente e, senza accorgermene, arrivò la sera del concerto.

Alex mi aveva consigliato di indossare un vestito elegante ma non troppo e, alla fine, dopo varie consulenze via webcam, avevo optato per un abito vintage in raso color Tiffany.

Lilian, dapprima preoccupata, quando vide la figlia intenta a prepararsi per la serata, si commosse.

Quando, più tardi passai a prendere Lena, rimasi completamente a bocca aperta.

Se quella sera, in veranda, avevo pensato a come avessi fatto a vivere senza qualcosa di così bello nella mia vita, ora guardandola, non potevo far altro che ammettere a me stessa che non avrei più voluto farne a meno.
 

………………………………………………………………………………………….
 

Fu una serata perfetta.

Una di quelle serate che probabilmente accadono nei film; non i film di cui parlavo prima - da quattro soldi -, ma quelli con
Meryl Streep come attrice protagonista.

Quando, dopo il concerto, ci avviammo verso casa, mi trovai a pensare che, non solo non volevo che quella notte finisse, ma volevo anche che ce ne fossero altre.

Volevo che Lena mi portasse a visitare quei musei scientifici, pieni di cose che non capivo, ma che le piacevano tanto.

Volevo andare in quel paesino in Giappone, dove aveva mangiato il sushi più buono della sua vita.

Volevo che mi facesse vedere quel tramonto a Parigi, di cui mi aveva parlato con tanta passione.

Volevo qualsiasi cosa.

Volevo qualsiasi cosa, con lei.
 

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Ci fermammo davanti a casa e restammo in silenzio per diversi minuti.

Mille pensieri mi affollavano la testa.

“Mi sembra di capire che non ti sia piaciuto per niente…” iniziò Lena con tono sarcastico.

“Per niente. Credo che da uno a dieci, questa si classifichi come una delle esperienze più brutte della mia vita” continuai
andandole dietro.

Ormai stuzzicarci a vicenda, era diventata la nostra attività preferita.

“Non oso immaginare quale siano le altre, a questo punto”.

“Mmmm… credo che una delle peggiori sia stata, sicuramente, incontrare te, Lena”.

“Oh vale lo stesso per me, Kara” disse ridendo.

Ci guardammo.

Lena era davvero la persona più bella che avessi mai visto.

Non so come una persona sana di mente, potesse incontrarla e non rimanere completamente affascinato da lei.

I suoi occhi erano un pozzo verde in cui perdersi.

Quando ero un adolescente, ricordo, che ero solita prendere in giro quelle opere come l’Iliade o le tragedie di Shakespeare
dove uomini, città e famiglie venivano completamente distrutte dalla passione per una donna.

Ora, sinceramente, incominciavo a comprenderli.

“E’ stata una bellissima serata, Lena. Grazie per avermi accompagnata” dissi slacciandomi la cintura.

“Grazie a te, Kara”.

Il viso di Lena era nella penombra della macchina e non riuscivo a vederlo bene.

“Per cosa?” domandai.

“Per tutto”

“Ok, forse potresti elaborare un po’, magari?” chiesi ridendo.

Vedendo che da Lena non arrivava nessuna risposta, riprovai “Stai bene?”

Con un impeto di coraggio che non ho idea da dove mi fosse uscito, poggiai la mia mano sulla sua.

Lena, con mio grande stupore, non si scostò, ma anzi strinse la mia mano.

“Sto bene…” deglutì “è solo che non voglio che tutto questo finisca. Voglio solo rimanere un altro po’ qui…con te” mi
guardò con un’espressione che non avevo mai visto prima “puoi rimanere con me, Kara?”

Avrei voluto risponderle, che se fosse dipeso da me, sarei rimasta per sempre con lei.

Avrei voluto dirle che non l’avrei mai più lasciata per nessuna ragione al mondo, ora che finalmente l’avevo trovata.

Invece risposi “Certo. Possiamo rimanere tutto il tempo che vuoi. A casa mi aspetta solo il mio letto vuoto ed Eliza”.

Sorrise.

Chiuse gli occhi e appoggiò la sua testa alla mia spalla.

Rimanemmo nella penombra della macchina per un tempo che mi parve quasi infinito ma allo stesso tempo troppo breve.

Quando si scostò e fece per scendere dalla macchina, mi affrettai a scendere per seguirla “Vuoi una mano? Ti posso
accompagnare…”

Si voltò a guardami.

Baciala.

Fai qualcosa.

Qualsiasi cosa.

“Ce la faccio” rispose “Buonanotte, Kara”.

“Buonanotte, Lena”.

Corrile dietro.

La guardai allontanarsi con le stampelle e aspettai di vederla entrare in casa.

Poi mi voltai e risalii in auto.
 

 

Angolo autrice:  Buongiornooooo! Ok, non odiatemi e non corretemi dietro con i forconi per il modo in cui ho finito il capitolo ahahah 
Volevo precisare....in merito ai gusti musicali di Kara (Taylor Swift) è un riferimento semplicemente al fatto che io sono una bimba di Taylor ahahah non giudicatemi. 
Comunque a parte questo, spero che il capitolo vi sia piaciuto! Fatemelo sapere nei commenti, una recensione è sempre gradita! :)
Grazie come al solito e non odiatemi troppo :) alla prossima!!
Come sempre sapete dove trovarmi: @galloncina94 "Cesca" su twitter! 

 

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Capitolo 7
*** Capitolo 6 ***


 



Capitolo 6





 
 
 


 
Ero andata a correre con Mike, non lo vedevo da quasi due settimane.

Quella sera avevo finito presto dai Luthor e così avevo deciso di accettare il suo invito.

La mia testa era piena di pensieri; pensieri che avevano a che fare principalmente con Lena.

Dopo la serata del concerto, avevo cercato di mettere una sorta di distanza fra noi due; nei giorni successivi, infatti, avevo cercato di comportarmi nel modo più professionale possibile.

La verità era che tutta quella situazione mi terrorizzava.

Quando ero con lei, non facevo altro che pensare a quanto volessi baciarla, a quanto volessi toccarla, abbracciarla…starle vicino e, tutto questo, mi faceva sentire tremendamente in colpa nei confronti del mio ragazzo.

“Mi sento quasi onorato ad averti qui” disse Mike, fermandosi e incominciando a fare stretching.

Deglutii e distolsi lo sguardo.

“Lavori sempre fino a tardi, Kara. A malapena ci vediamo. I miei amici stanno incominciando a chiedermi se ho ancora una ragazza e, sinceramente, me lo sto domandando anche io”.

“Be’ non che tu abbia tutto questo tempo per me, Mike” risposi sulla difensiva “In ogni caso, i Luthor, pagano bene e Lena è meno tremenda di quanto pensassi”.

Non trovò nulla da obiettare sulla questione “soldi”.

“In ogni caso, non mi hai ancora detto che cosa vuoi fare per il tuo compleanno. Ormai non manca molto, Kara. Ho pensato che magari potremmo andare al cinema, c’è un nuovo film che vorrei assolutamente vedere…”

“Credo che Eliza stia organizzando una cena” lo interruppi “dovrebbero esserci anche Alex e Kelly. Non le vedo da un sacco di tempo”.

“Be’ se proprio ci tieni…in fin dei conti, il compleanno è il tuo”.
 

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“Mike, vorrebbe conoscerti” le dissi un pomeriggio.

Eravamo sedute sul divano a guardare un film di cui non avevo capito assolutamente nulla della trama.

Per quanto mi sforzassi, i miei tentativi di rimanere il più distaccata possibile, erano falliti miseramente.

Era come se il mio corpo fosse in qualche modo attirato al suo da una sorta di calamita invisibile.

“Il tuo ragazzo vuole conoscermi?” domandò stupita mettendo in pausa il film e voltandosi verso di me.

“Vuole sapere con chi passo tutto questo tempo”.

Lena, ora, sembrava parecchio divertita da tutta la situazione.

“Devo preparami a gestire qualche fidanzato geloso?”

Sapevo che mi stava chiaramente prendendo in giro e che tra di noi non c’era assolutamente nulla, ma non potei fare a meno di diventare tutta rossa per l’imbarazzo.

“No! Certo che no…e poi anche la mia famiglia vorrebbe conoscerti; Eliza e Alex non fanno che chiedermi di te”.

“Miss Danvers, siamo già passate all’incontro della famiglia? Pensavo che avessi almeno la decenza di portarmi fuori a cena prima”.

“Pensavo che non fossi il tipo da relazioni serie, Lena” risposi, cedendo.

Era inutile continuare a fare la persona seria con lei.

“Potrei stupirti, Kara”.

“Comunque” continuai “Eliza mi ha chiesto se volessi venire al mio compleanno sabato”.

“Sabato è il tuo compleanno?” domandò indignata “e quando pensavi di dirmelo?”

“Non è niente di che, Lena…mia madre organizzerà una piccola cena, ci saranno anche
Alex e la sua ragazza. Non pensavo neanche che avresti accettato. So che non ti piace molto uscire di casa....”

“Mi farebbe molto piacere, invece” disse interrompendo i miei vaneggiamenti “dì pure ad Eliza che ci sarò”.

 
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Quando dissi ad Eliza che Lena aveva accettato l’invito, mia madre andò nel panico più totale.

Non so se fosse il pensiero di ospitare una Luthor a turbarla così tanto, ma si mise a spolverare tutta la casa.

Prese due giorni di permesso dal lavoro e coinvolse perfino Alex e Kelly, quando arrivarono il giorno prima del mio compleanno; pulirono ogni superfice visibile ad occhio umano e cambiarono perfino disposizioni dei mobili in cucina.


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Tra una pulizia e l’altra, arrivò la sera del mio compleanno.

Alle otto e mezza precise, sentii suonare il campanello, aprii la porta e vidi Lena; indossava una felpa e un paio di jeans.

Sorrisi perché le avevo espressamente detto di non vestirsi in modo elegante e nonostante innumerevoli proteste, mi aveva ascoltata.

“Io sono Alex!” mia sorella si materializzò dietro di me “Non vedo l’ora di conoscerti! Kara non fa altro che parlare di te!”

Lena mi guardò con un sorriso malizioso “ma davvero?” chiese fissando i suoi occhi nei miei.

“Perché non entriamo?” dissi fulminando Alex con lo sguardo e dirigendomi in cucina.

Eliza stava preparando la tavola quando entrammo nella stanza.

“Mamma, Kelly, questa è Lena. Lena queste sono mia madre e la fidanzata di Alex, Kelly”.

Eliza e Kelly le rivolsero un sorriso raggiante.

“Finalmente ci conosciamo” disse mia madre porgendole la mano.

“Mrs Danvers, il piacere è mio”.

“Oh sciocchezze, chiamami Eliza”.

Lena si trovò subito a suo agio con tutti, soprattutto con Alex, con cui si mise a spettegolare di me.

Le lascia ridere in salotto e raggiunsi mia madre in cucina “Dov’è Mike?”

“A correre, credo. Ha detto che sarebbe venuto direttamente dopo aver finito” dissi.

“Non poteva evitare almeno il giorno del tuo compleanno?”


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Mike arrivò un’ora più tardi, anche se gli avevo chiaramente detto che Eliza voleva cenare per le nove.

Quando andai ad aprire la porta, lo trovai con un mazzo di fiori in mano “Buon compleanno, tesoro!” disse chinandosi per baciarmi.

Mi scostai, lasciandolo leggermente confuso “Meglio andare” dissi indicando la cucina “sei in ritardo”.

“Devo aver perso la cognizione del tempo, sai com’è quando ci si allena”.

“Come no”.

“Cosa?”

“Lasciamo perdere, Mike”.

Quando entrammo nella stanza, tutti lo salutarono abbastanza freddamente; Eliza era visibilmente scocciata dal suo ritardo, Alex non lo sopportava dai tempi del liceo e Kelly lo trovava semplicemente odioso.

Lena gli strinse la mano e gli fece un cenno del capo.

Mi sedetti in mezzo tra Alex e Mike e iniziammo a mangiare.

Durante la serata mi accorsi più volte degli sguardi che Lena lanciava a Mike, come se lo stesse studiando e non potei fare a meno di domandarmi a cosa stesse pensando.

La serata passò tranquillamente tra chiacchiere e aneddoti di Alex.

Era bello vederli così.

Era bello vedere Lena in quel modo; a suo agio e soprattutto felice.
 

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“Era tutto delizioso, Eliza” disse Lena a mia madre.

Mike fece una smorfia e io lo fulminai con lo sguardo.

“Allora, Lena” disse Mike ignorandomi completamente “Kara, mi ha detto che prima dell’incidente, eri una donna parecchio spericolata”.

“Mike” dissi a voce alta attirando l’attenzione di tutti.

“No no, fa niente, Kara” mi fermò Lena sorridendomi “Sì” continuò spostando la sua attenzione su Mike “Lo ero. Almeno una volta”.

“E non c’è nessuna speranza di tornare a scalare montagne o guidare barche, insomma quelle cose che fate voi ricchi per divertirvi”.

Ad Alex andò per traverso il vino che stava bevendo.

Kelly mi guardò preoccupata.

Lena, invece, non sembrava minimamente turbata “In caso dovesse succedere, prometto che sarai il primo a saperlo, Mike. Magari tu e Kara potreste accompagnarmi. Ultimamente, non riesco a fare a meno di lei neanche per svestirmi”.

Ovviamente non era vero, Lena non aveva nessun bisogno di quel tipo di assistenza, ma la faccia di Mike fu impagabile.
 

…………………………………………………………………………………………
 


Il resto della cena proseguì senza altri problemi.

Eliza, Alex e Kelly, tempestavano Lena di domande; all’inizio ero un po’ preoccupata che fosse troppo per lei, ma in realtà andò bene.

Scoprii diverse cose su di lei, in particolare sul lavoro alla Luthor Corp; raccontò ad Eliza che si occupava prevalente di stilare contratti e di fare da intermediario tra i vari clienti ma quello che più le mancava, le aveva confessato, era stare in laboratorio.

Sporcarsi le mani, fare esperimenti.

Mi scoprii a fissare Lena, cercando di conciliare la donna che avevo imparato a conoscere in quei mesi, con quella della donna in carriera.

Lena era brillante, potevo osservare chiaramente come avesse ammagliato tutta la mia famiglia con il suo fascino; non c’era da stupirsi se Mike fosse visibilmente turbato.
 

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“Be possiamo passare ai regali” disse Mike, quando dopo cena, ci spostammo in salotto “Questo è il mio” disse porgendomi un pacchetto.

Alex mi guardò con uno sguardo tra lo schifato e il nauseato.

Aprii il pacco.

Un pantalone da jogging.

Il mio sguardò indugiò sui pantaloni mentre pensavo che cosa dire.

“E’ molto carina” osservai.

“Davvero?” chiese stupito “Sono contento che ti piaccia!” disse e mi baciò prendendomi completamente alla sprovvista.

Lena mi guardò, il viso completamente impassibile.

Alex sembrava ancora più nauseata di prima.

“Bene” disse Eliza cercando di rompere l’atmosfera imbarazzante che si era creata “Vado a prendere la torta”.

“Anche io ho qualcosa per te” disse Lena porgendomi un pacco dalla carta raffinata.

Avevo quasi paura ad aprirlo da quanto il pacchetto sembrava essere fatto con cura.

Sciolsi delicatamente il nastro e piano piano incominciai ad intravedere una maglietta dai colori sgargianti con un disegno di Snoopy.

“Non posso crederci” dissi incominciando a piangere “come…ti sei ricordata? Dove l’hai trovata? È fuori produzione!”

Iniziai a saltellare per tutto il salotto.

“Diciamo che ho le mie conoscenze” disse Lena soddisfatta “dalla tua reazione immagino che ti sia piaciuta” rise.

Alex e Kelly osservavano la scena divertite.

“Non hai idea di quanto mi piaccia! Grazie, Lena. Sei perfetta.” e in un impeto di slancio l’abbracciai davanti a tutti.

“C’è anche un biglietto dentro” mi sussurrò all’orecchio ricambiando il mio abbraccio “leggilo da sola”.
 

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Verso le undici e mezza, Jess mi avvisò che stava per passare a recupera Lena.

Tutta la mia famiglia non faceva che continuare a riempirla di complimenti e a dirle di tornare quando voleva.

Mike ci seguì all’ingresso; dopo la mia reazione al regalo di Lena, non ci perdeva di un attimo di vista.

“Piacere di averti conosciuti, Mike” disse Lena porgendogli la mano che lui prese con riluttanza.

“Spero che tu sappia quanto sei fortunato” aggiunse prima di uscire dalla porta.
 

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Quando andai a letto quella sera, mi misi sotto le coperte e finalmente lessi il biglietto di Lena:

Midvale, 2021

Kara,

non sono mai stata brava con le parole; credo che questo privilegio, nella nostra particolare amicizia, spetti a te.

La mia testa è sempre stata parecchio scientifica, sai?

Fin da piccola, mi piacevano i problemi, i rompicapo.

Insomma qualcosa che potevo catalogare e scomporre per poi trovare una soluzione pratica e decisa.

Nel mio lavoro, nella mia vita, nella mia famiglia…non c’è mai stato spazio per l’errore.

Per 25 anni, infatti, non ho fatto altro che fare la cosa giusta.

La cosa giusta per la Luhtor Corp, la cosa giusta per i miei genitori, la cosa giusta per Lex.

Vivevo con una sorta di pilota automatico inserito.

Poi una mattina è cambiato tutto; sono finita in un letto di ospedale e la mia vita è andata completamente a rotoli.

A cosa era servito non commettere errori se poi la vita in qualche modo si era presentata lo stesso a chiedermi il conto?

Era la domanda che mi assillava ogni mattina, Kara.

E poi…sei arrivata tu.

Tu, con quel modo assurdo di vestirti e con quella tua incapacità di nascondere ogni minima emozione.

Tu che non sapevi neanche cosa fossero dei sottotitoli.

Tu che prima di conoscermi, ascoltavi solo Taylor Swift.

Tu che, con quello sorriso e con quelle battute tremende, mi hai dato ancora qualcosa per cui svegliarmi la mattina.

Tu che mi hai detto che ti senti fuori posto.

Tu che mi hai detto di essere un errore.

Forse, sei il mio errore.

Il mio primo errore commesso consapevolmente.
 
Tua, L.
 
Ps Buon compleanno.
 

 
 
 Le settimane dopo il mio compleanno furono strane.

Da un lato, sembrava che niente fosse cambiato tra me e Lena; dall’altro invece, sembrava, come se tutto, fosse in continua trasformazione.

Più il tempo passava e più avevamo gradualmente intensificato le uscite in giardino; Lena migliorava sempre di più e la distanza che era disposta a percorrere era sempre maggiore.

Eravamo andate a teatro, al cinema e di nuovo ad un concerto di musica classica.

Se qualcuno mi avesse chiesto di descrivere la felicità, avrei risposto raccontando quelle giornate con lei.

Quelle giornate passate a non fare nulla di speciale.

Ma forse, la felicità non era altro che quello.

Momenti rubati alla vita con accanto la persona giusta.

 
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Le parole del biglietto, mi avevano ossessionato per giorni.

Continuavo a pensare ai piccoli dettagli; alla sua calligrafia così perfetta, ma allo stesso tempo così decisa.

Al modo in cui si era firmata: “Tua, L”.

Tua, L.

Mia.

Lena era mia.
 

………………………………………………………………………………………….
 

“Qual è il posto più bello che hai visitato?”

Eravamo sedute in veranda, Lena stava leggendo un libro, mentre fuori imperversava un improvviso temporale estivo.

Sembrò pensarci per alcuni secondi.

“Difficile scegliere” rispose appoggiando il libro sul tavolino e guardandomi “Credo che ogni posto che ho visto mi abbia lasciato qualcosa.”

“Ma se dovessi scegliere, quale sarebbe il più bello?” insistetti.

Mi sorrise “Credo la Crystal Cave in Islanda. È una grotta creata da un curioso fenomeno scatenato dall’incontro del ghiaccio con la crosta terrestre. È davvero una delle cose più belle che abbia mai visto.”

“Faceva freddo?”

“Abbastanza” rispose.

“Quali altri posti ti sono piaciuti?”

“Oh be…vediamo: i templi di Angkor in Cambogia, la grande barriera corallina, Machu Picchu, la Grande Muraglia cinese, il Taj Mahal in India”.

“C’è un posto dove non sei mai stata?” chiesi divertita.

“Non sono mai stata in Italia. O in Irlanda, ho sempre voluto andare in Irlanda. Può bastare?”

“Una volta avevo prenotato un biglietto per l’Irlanda. Non ci sono mai andata però”.

Mi guardò confusa.

“Avevo troppo paura…ma va bene così. Forse un giorno ci andrò”.

“Niente forse, Kara.” disse prendendomi la mano “Devi promettermi che te ne andrai di qui. Promettimi che lascerai quell’idiota del tuo fidanzato e lascerai questa stupida cittadina. Hai troppo da dare a questo mondo per rimanere confinata qui”.

“Promettertelo? Hai per caso intenzione di andare da qualche parte?” chiesi divertita.

“E’ solo che…non sopporto l’idea che…” deglutì “Sei troppo speciale per nasconderti dal mondo, Kara”.

“Dimmi dove dovrei andare” dissi fissando i miei occhi nei suoi “Dimmi dove andresti tu.”

“In questo momento?”

Annui.

“In qualsiasi posto, Kara. In qualsiasi posto… con te”.

Successe tutto così velocemente, che non capii neanche chi delle due incominciò per prima a baciare l’altra.

So solo che non potevo più aspettare.

Era tutto troppo.

Lena era troppo.

Le sue labbra erano troppo.

Erano così perfette, così calde, così morbide che per un attimo pensai di morire lì seduta stante.

Lena mi baciò come se fosse la sua ultima occasione.

Come se ne dipendesse della sua vita.

Come se dovessi sparire da un momento all’altro.

In quel intreccio di mani, di sospiri, pensai che nessuno mi aveva mai baciato così…con urgenza e con delicatezza al tempo stesso.

Quando sentii la sua bocca scendere sul mio collo per poi tornare prepotentemente sulle mie labbra, realizzai che non avrei mai smesso di pensare a quel bacio per il resto della mia vita.

Realizzai che non avrei mai voluto essere baciata da nessun altro.

Quelle labbra, quella bocca, sarebbero state per sempre marchiate nella mia testa…nel mio cuore.

In qualsiasi cosa.

Per il resto della mia vita.


 


Angolo autrice:  Ma Buongiornoooo! Be se siete arrivati fino a qui, vi meritate davvero un premio per la pazienza ahahah spero di avervi fatto inizare la settimana con la giuste dose di dolcezza (non fa mai male!) Fatemi sapere cosa ne pensate e ci vediamo lunedì prossimo!!
Un grazie a tutti :) siete speciali!
Come sempre, se volete, mi trovate su twitter: "Cesca" @galloncina94 

 

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Capitolo 8
*** Capitolo 7 ***










Capitolo 7
 
 
 
 




 







Non avevo parlato a nessuno di quello che era successo con Lena, nemmeno con mia sorella.

Alex mi aveva chiamata qualche giorno dopo, chiedendomi com’era andata la mia settimana e io non avevo detto assolutamente niente.

La verità era che le cose erano diventate parecchio strane, tra me e Lena, dopo quel bacio.

Nessuna delle due sembrava intenzionata a parlarne; passavamo le giornate a guardare film o a passeggiare in giardino discutendo del tempo o di qualche stupida serie tv, evitando sempre di parlare dell’unico, vero, argomento importante tra noi.

Le cose si fecero ancora più complicate quando, un venerdì, arrivò una partecipazione di matrimonio da parte di Sam.

Il biglietto era arrivato in una elegante busta contenente il programma del matrimonio, che si sarebbe svolto in un lussuoso castello, ed una lista di doni che gli invitati potevano scegliere per la coppia.

“Pensi di andarci?” commentai.

“Per fare cosa? Per esibirmi come la ex ragazza storpia e farmi compatire da tutti?”

Ignorai il suo tono tagliente e chiesi “Devo buttarlo?”

“Fanne quello che vuoi, Kara”.

Forse fu quello che disse o il modo in cui distolse lo sguardo velocemente da me, ma per qualche motivo, non buttai l’invito.
 

………………………………………………………………………………………….
 

Qualche giorno dopo, mentre Lena era impegnata a fare fisioterapia con Winn, Mrs Luthor mi raggiunse in cucina e mi domandò come andassero le cose.

“Bene, riesce a camminare sempre di più e si stanca sempre di meno” risposi.

“E’ successo qualcosa tra di voi?”

Distolsi lo sguardo in imbarazzo.

Possibile che quella donna avesse notato qualcosa?

“In che senso?” domandai sulla difensiva.

“Non lo so…mia figlia… sembra diversa”.

Deglutii.

Cosa poteva fare?

Licenziarmi?

Alex mi avrebbe uccisa.

“Parla molto di più di prima” continuò Lilian “Prima del suo arrivo, non faceva altro che fissare il vuoto e leggere libri chiusa in casa. Qualche giorno fa, l’ho sentita ridere…Per un attimo ho pensato di avere avuto un’allucinazione, Miss Danvers…Invece mia figlia stava davvero ridendo”.

Restammo in silenzio per qualche minuto e per cercare di allentare la tensione che si era creata, preparai un caffè e glielo porsi.

Mentre bevevo un sorso della mia tazza, mi trovai a pensare che avevo giudicato male quella donna.

Giravano un sacco di voci su di lei.

 In realtà giravano un sacco di voci su tutta la famiglia Luthor.

La gente diceva che i Luthor erano una famiglia di pazzi.

I pettegolezzi più comuni erano sempre gli stessi.

Lilian era un’arrivista, poco di buono, che aveva incantato Lionel con il suo fascino da quattro soldi; Lex era un pazzo
viziato che credeva di poter comprare qualsiasi cosa con i soldi del padre e Lena…beh su di lei ne avevo sentite davvero di ogni, soprattutto nel periodo del liceo.

Lena la sgualdrina.

Lena la snob.

Lena la secchiona.

Insomma, ogni scusa era buona per parlare male di lei o della sua famiglia.

Lavorando per loro, però, avevo scoperto che nulla di tutto ciò rispecchiava davvero la realtà.

I Luthor, pur con tutti i soldi del mondo, erano semplicemente una famiglia come tante le altre.

Con i loro problemi, con i loro silenzi, con le loro preoccupazioni.

“Lena mi ha detto che è venuta a casa sua” disse Mrs Luthor distogliendomi dai miei pensieri.

“Si, era il mio compleanno. Mia madre ha preparato una cena. C’erano anche mia sorella e la sua ragazza”.

Non menzionai Mike perché non mi sembrava rilevante.

“Com’è andata?”

“Molto bene in realtà. Credo che mia madre non abbia ancora smesso di parlare di lei. È rimasta davvero colpita da Lena.”

Mrs Luthor sorrise “Mia figlia è sempre stata una ragazza che piaceva alle madri”.

Diventai rossa per l’imbarazzo.

“Piaceva anche alla madre di Sam?” azzardai.

Lilian girò il cucchiaino nel caffè e rispose “Probabile…ma Samantha non è mai stata all’altezza di mia figlia”.

Annui facendo finta di capire di cosa stesse parlando, anche se non ne avevo assolutamente idea.

“Non mi fraintenda, Miss Danvers. Non sto parlando di una questione di soldi o del fatto che non approvassi la loro relazione. Sam è una brava ragazza…una delle migliori che abbia mai incontrato, in realtà…ma…Non credo che andasse bene per Lena. Più le osservavo insieme e più mi rendevo conto che non fosse la persona giusta. La persona che l’avrebbe resa davvero felice.”

Mi guardò dritta negli occhi “Capisce cosa intendo, Kara?” mi chiese usando il mio nome.

“Penso di sì” risposi “mia madre mi dice sempre che Mike, il mio ragazzo, non è la persona giusta per me”.

Lilian sorrise “Forse dovrebbe ascoltarla. Le madri hanno una sorta di sesto senso per queste cose… e poi la persona giusta potrebbe essere più vicina del previsto….”.
 

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“Allora, Kara, che cos’hai in programma per stasera?” eravamo in giardino durante una delle nostre solite passeggiate quotidiane.

Ci misi un attimo a realizzare che la domanda era indirizzata a me; non perché ci fosse esattamente qualcun altro con noi, ma semplicemente perché Lena non mi rivolgeva direttamente la parola da qualche tempo, ormai.

“E a che cosa devo questo improvviso interesse?” chiesi.

“Pura curiosità”.

“Niente di speciale, credo.”

“Come me quindi” disse sarcastica, fermandosi bruscamente.

La guardai confusa.

“Si può sapere cosa ti prende, Lena?”

“Voglio che rifletti su quello che stai facendo, Kara”.

Alzai gli occhi al cielo.

Ero stufa di questa storia.

Ero stufa che la gente mi dicesse continuamente che cosa dovessi fare.

“Dio santo, Lena. È per questo che dopo che ci siamo baciate hai incominciato ad evitarmi come un’appestata? Perché non la puoi smettere un attimo di dirmi quello che devo fare?  Che c’è di male se mi piace guardare la tv o ascoltare la musica?” senza accorgermene avevo alzato la voce “Non siamo tutti come te, Lena! Non tutti hanno bisogno di riempire la loro vita di esperienze spericolate o di girare il mondo per sentirsi vivi!”

La guardai negli occhi e notai che stava tremando.

“Che cosa c’è di male nel volere rimanere qui? Nel volere rimanere qui con te”.

“Kara, non hai nemmeno lasciato il tuo ragazzo…”

“Potrei farlo!”

“Potresti ma non lo hai fatto. Non sai quello che vuoi, Kara, perché sei sempre rimasta qui. Non hai mai provato nulla. Non hai mai visto nulla…come puoi pensare che io sia la persona giusta se non hai mai provato nient’altro?”.

“Sei assurda, Lena” dissi sbuffando e dandole la schiena.

Avevo incominciato a piangere e non volevo assolutamente darle la soddisfazione di vedermi in quello stato.

“Un giorno potresti rimpiangere tutto quello che non hai mai avuto, Kara” disse avvicinandosi e facendomi voltare dolcemente.

Eravamo così vicine che potevo sentire il suo respiro su di me.

“Sai che cosa farei se fossi in te?”

La guardai negli occhi “Perché ho l’impressione che tu stia per dirmelo?” sorrisi.

“Prenderei il primo aereo per National City e andrei da tua sorella. Accetterei il lavoro alla Catco e vedrei come vanno le cose…”

“Ma io non sono te, Lena…”

“Per tua fortuna, Kara” disse ironica.

Restammo in silenzio per un po’.

Lì, una di fronte all’altra.

Mille pensieri che mi affollavano la testa.

“Tu che cosa facevi?” chiesi rompendo il silenzio.

“Cercavo di fare qualcosa di nuovo ogni giorno. Andavo ai concerti, provavo nuovi ristoranti, giocavo a tennis, facevo bungee jumping, scalavo montagne. Progettavo viaggi…imparavo lingue di paesi che avrei voluto visitare”.

“Be’ non si può dire che tu non abbia vissuto” risposi sarcastica.

“L’ho fatto…Sì. È questo che mi fa arrabbiare, Kara! Perché dovresti farlo anche tu! Hai un mondo di possibilità là fuori.
Vedo così tanta potenzialità in te…come puoi pensare di passare la tua vita in questo posto?”.

“Hai trovato un modo particolarmente innovativo per dirmi che non sei interessata a me, Lena.”  dissi abbassando lo sguardo.

Sentii una mano poggiarsi sotto il mio mento e spingere dolcemente il mio viso alla sua altezza.

“Credi davvero che ti stia dicendo queste cose perché non sono interessata a te, Kara?”

Ora il tono di Lena era serio.

Annui.

“Come puoi pensare ad una cosa del genere?”

“Perché io sono io…e tu beh…sei tu, Lena. Le persone come te non stanno con quelle come me”.

“Kara” disse poggiando la sua testa alla mia fronte “Tu sei la persona più bella e genuina che io abbia mai incontrato. Sono io…quella che non va bene per te”.

“Come puoi dire una cosa del genere?”

“Perché non hai mai vissuto davvero… Sei stata dieci anni con la stessa persona e ora pensi che io sia la risposta ai tuoi problemi. Ma non lo sono, Kara…o meglio potrei esserlo…ma prima devi vivere davvero.”

In un impeto di rabbia la baciai.

Lena fu colta alla sprovvista perché per poco non perse l’equilibrio.

La tirai più stretta a me e continuai a baciarla.

Fu un bacio completamente diverso da quello di qualche giorno prima.

Se quello era stato dolce, lento e pieno di dubbi; questo era tutto l’opposto.

In questo bacio c’era tutta la rabbia, la disperazione, la paura di perderla ancora prima di trovarla.

Fu un bacio pieno di aspettative, pieno di desiderio per avere di più…molto di più.

Quando mi scostai per prendere aria e riaprii gli occhi, Lena mi tirò a sé abbracciandomi.

Perché non potevamo restare così per sempre?

Perché non poteva bastare quello che avevamo?

“Tu sei la cosa più bella che mi sia mai successa, Kara Danvers” disse allontanandosi leggermente per guardami negli occhi.

“Pensa a quello che ti ho detto” continuò dolcemente “Non sei obbligata a fare quello che ti dico io. Non sei obbligata ad andare a National City o a viaggiare per il mondo. Puoi rimare qui con me, se è quello che vuoi davvero. Voglio solo che tu sia convinta della tua decisione. Voglio che tu un giorno, ti possa guardare indietro e non avere rimpianti. Solo questo”.
“…e se decidessi di andare?” domandai con un filo di voce.

La sua mano ora accarezzava dolcemente la mia guancia.

“Se decidessi di andare…Ne accetterei le conseguenze, Kara. So che potresti non tornare. È proprio per questo che voglio che tu vada…Perché se dopo tornassi da me, potrei dire di essere stata scelta consapevolmente. E allora sarei davvero felice.”
 

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Quella sera, quando tornai a casa, chiamai Alex.

Le raccontai tutto.

Le raccontai di Lena, dei baci, di quello che mi aveva detto sulla vita.

Le raccontai della paura e della felicità che al tempo stesso avevo provato in quei mesi.

Le raccontai, per la prima volta, dei miei genitori.

Le raccontai del terrore che mi paralizzava al solo pensiero di lasciare Midvale.

Le raccontai che non avevo mai provato nulla di così profondo in vita mia.

Le raccontai che non sapevo se fosse amore perché non ero mai stata innamorata.

Piansi.

Piansi tanto.

Piansi perché mi resi conto che avevo perso dieci anni della mia vita perché mi ero accontentata.

Piansi perché finalmente avevo incontrato qualcuno che mi faceva sentire felice.

Piansi come non avevo mai fatto in vita mia e per la prima volta mi sentii libera.

Libera di ricominciare.

Libera di scegliere cosa voler fare.

Libera di essere finalmente me stessa.

Libera di essere Kara.

Libera di avere finalmente l’opportunità di scegliere.

Alex non disse niente per tutta la telefonata.

Mi ascoltò e basta.

Le fui grata.

Prima di attaccare mi disse solo “Qualunque sia la tua scelta, io sarò sempre con te”.

 
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Il giorno dopo, lasciai Mike.

Mi resi conto che non aveva più senso continuare quella specie di relazione che ci ostinavamo a portare avanti.

Mi presentai al pub dove passava gran parte delle sue serate e gli parlai.

Non mi fece nessuna scenata.

Se lo aspettava, mi disse.

Stava solo aspettando che io mi decidessi a fare la prima mossa.

Come sempre.

“Posso chiederti una cosa?” mi chiese quando mi stavo incamminando verso l’uscita.

Mi voltai e lo guardai.

Annui.

“E’ per colpa sua, vero?” chiese “è Lena? È per questo che mi stai lasciando?”

Sorrisi.

Ci avevo pensato tanto, in realtà.

Era per Lena che lo stavo lasciando?

Forse, si.

O forse, no.

Lena mi aveva sicuramente aperto gli occhi, mi aveva fatto capire che una relazione non doveva essere in quel modo.

Mi aveva fatto capire che meritavo di più.

Ma no, non lo stavo lasciando per lei.

“E’ per me stessa, Mike. Ti sto lasciando per me stessa”.

Non mi ero mai sentita così viva in tutta la mia vita.
 

 
 
 

Angolo autrice: Beh che dire... Stavo scherzando quando vi ho detto che ci saremmo rivisti lunedì ahahah sorry not sorry!
Spero che sia stata una sorpresa gradita. 
Fatemi sapere cosa ne pensate lasciando una piccola recensione :) Siamo quasi al giro di boa e mi farebbe davvero piacere sapere cosa ne pensate!
Tengo specialmente a questo capitolo, soprattutto l'ultima parte... :)
Come sempre, mi trovate su Twitter: "Cesca" @galloncina94

 
 
 

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Capitolo 9
*** Capitolo 8 ***








Capitolo 8
 
 



 


 






La più felice, per la mia rottura con Mike, fu sicuramente Alex.

Quando glielo dissi, incominciò ad urlare così forte che Kelly si preoccupò talmente tanto da minacciare di chiamare la polizia.

Eliza, con il suo solito modo di fare calmo, mi sorrise e mi abbracciò, dicendomi che era felice per me.

La reazione di Lena, fu quella che mi sorprese di più.

Non so cosa mi aspettassi in realtà, ma di certo non mi aspettavo quella dolcezza.

Mi strinse forte a sé e mi disse che era fiera di me.

Non che Lena non fosse dolce, forse era semplicemente il fatto che non fossi abituata a quel tipo di comportamento, a quel tipo di attenzione.

Per dieci anni, non avevo fatto altro che accontentarmi.

Ora stavo finalmente imparando ad accettare quello che ogni persona dovrebbe meritare di ricevere ogni giorno della sua vita.

 

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Alla fine, avevo fatto bene a non buttare l’invito di Sam, perché una sera, quando stavo per andare a casa, Lena mi chiese “Cosa fai questa domenica?”

“Questa domenica? Niente di particolare, perché?”

Attese qualche instante e poi disse “Verresti ad un matrimonio con me?”
 

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Dopo aver parlato con Mrs Luthor, decidemmo che potevamo cavarcela anche senza l’aiuto di Jess, così chiamai Sam per dirle che avremmo partecipato alla cerimonia.

Dal suo tono di voce esitante, capii che non si aspettava che Lena si presentasse davvero al suo matrimonio e che l’invito era stato mandato più per cortesia che altro.

Decisi di indossare il vestito verde Tiffany che avevo messo per la nostra prima uscita ufficiale durante il concerto, un po’ perché sapevo che a Lena quel vestito piaceva, un po’ perché non avevo avuto abbastanza preavviso per comprarne uno nuovo.

Più la giornata si avvicinava e più ero nervosa.

Non ero abituata a stare in mezzo a persone di quel rango e in più ero nervosa anche per Lena.

Non avevo capito fino in fondo perché avesse cambiato idea riguardo al matrimonio di Sam.
 

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Quella domenica mattina, fu una delle giornate più belle di tutta l’estate.

Non che mi stupissi particolarmente; per le ragazze come Sam, le cose andavano sempre per il verso giusto.

Quando arrivammo in prossimità del castello, dove si sarebbe svolto il matrimonio, rimasi completamente a bocca aperta.

Lena mi guardò divertita mentre rallentavo e parcheggiavo la macchina nel lussuoso parcheggio.

“Rilassati, Kara, andrà tutto bene” disse.

“Mi sembra di essere finita in un castello delle principesse Disney”.

Parcheggiai, scesi e aiuti Lena a scendere dalla macchina dandole la mano.

“Qual è il piano?” dissi mentre ci incamminavamo verso l’entrata.

“Il piano?” chiese Lena divertita.

“Hai in mente di rovinarle il matrimonio?”

“Per chi mi hai preso, Miss Danvers? Giuro che mi comporterò da perfetta gentildonna”.


 
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La cerimonia si rivelò essere una delle più belle a cui avessi mai partecipato.

Pretenziosa ma allo stesso tempo molto genuina.

Io e Lena ci sistemammo in fondo alla stanza.

Sam era bellissima mentre percorreva la navata avvolta da un lungo abito di seta bianco.

Notai che mentre avanzava, il suo sguardò indugiò leggermente su quello di Lena che ricambiò brevemente, sorridendo.

 

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Quando la cerimonia terminò ci spostammo nei giardini dove venne servito un aperitivo prima del pranzo ufficiale.

Mi allontani da Lena per prendere qualcosa da bere all’open bar e quando tornai, la trovai a parlare con una donna.

“Finalmente ci rivediamo” stava dicendo mentre mi stavo avvicinando “La Luthor Corp non è più la stessa senza di te. Lex è un totale idiota. Non dovrei dirlo, ma non riuscirebbe a fare una “O” con un bicchiere”.

“Sei sempre la solita, Andrea” rispose Lena divertita.

Alzarono entrambe lo sguardo accorgendosi della mia presenza.

“Andrea Rojas” disse porgendomi la mano con fare ammaliante.

“Kara Danvers” dissi stringendogliela in imbarazzo.

“Ora capisco perché sei così riluttante a tornare al lavoro, Luthor” aggiunse indugiando sulla mia scollatura.

Lena capì la situazione e mise una mano possessiva attorno alla mia vita.

“Ad ogni modo…è stato un piacere rivederti, Lena. Miss Danver, spero di rivederla ancora” disse Andrea allontanandosi e lasciandosi da sole.

“Sembrava…simpatica” sorrisi divertita dalla reazione di Lena.
 

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Il pranzo fu servito verso le sei, diventando forse più una sorta di cena, in effetti.

Lena si rivelò essere la compagnia perfetta; era divertente e affabile con tutti.

Incontrai diversi suoi colleghi e amici che non facevano altro che dire quanto fossero contenti di rivederla e che non vedevano l’ora di riaverla a National City.

Uno dei suoi amici, Jack Spheer, si sedette vicino a noi e passò la maggior parte della serata in nostra compagnia.

Non avevo mai visto Lena così a suo agio e, forse, in quel momento realizzai come, in quei mesi, avessi avuto l’opportunità di conoscere solo un lato di lei.

“Allora, Kara” disse Jack attirando la mia attenzione “Così ti prendi cura della nostra piccola Luthor”.

“Ci provo” dissi cercando di nascondere il mio imbarazzo bevendo un bicchiere di vino “Ma in realtà, ti assicuro che se la cava benissimo anche senza di me”.

Sentii il braccio di Lena scivolare sotto il tavolo e la sua mano stingere la mia.

“E hai sempre lavorato in questo campo?”

“Oh no” dissi “Prima ero una giornalista”.

“Una giornalista?” chiese Jack sorpreso.

“Una delle migliori che io abbia mai letto” disse Lena sorridendo “Ha un vero talento…sto ancora cercando di farle capire le sue potenzialità”.

La guardai stupita.

Non sapevo che avesse letto i miei articoli.

Quando Lena si allontanò per parlare con qualche suo ex collega, Jack mi guardò attentamente.

“Cosa?” chiesi come a volerlo destare dai suoi pensieri.

“Sto ancora cercando di capire se a salvarle la vita sia stato quell’incidente oppure sia stata tu, Kara” rispose bevendo distrattamente l’ennesimo bicchiere di vino e guardando Lena in lontananza “Probabilmente entrambe le cose” aggiunse.
 


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Era quella la felicità?

Ridere con Lena al matrimonio della sua ex ragazza?

Non lo so, ma sicuramente, quella sera accadde qualcosa.

In mezzo alla musica, alle voci, accadde qualcosa che avevo aspettato per tutta la mia vita.

Lena, parlava e sorrideva tra me e Jack e intanto il mio cuore si riempiva di un sentimento che non avevo mai provato.
 


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Più tardi, incominciarono i balli.

Ero così distratta dall’atmosfera della serata che non mi accorsi neanche della figura che si era fermata proprio vicino al nostro tavolo.

Quando alzai gli occhi e la vidi, rimasi un attimo sorpresa.

Il cuore mi balzò in gola, preoccupata dalla reazione di Lena.

Jack, accortosi della mia improvvisa rigidità, si gustava la scena divertito.

“Grazie per essere venuta, Lena. Davvero. So che non eri tenuta a farlo, ma sono davvero contenta. Significa molto per me.”

“Era il minimo che potessi fare, Sam” disse lena con un tono che avevo incominciato a riconoscere come il tono da Luthor in affari “Sei incantevole, come sempre”.

Un guizzò di sorpresa e di malinconia al tempo stesso attraversò il viso della donna per poi ricomporsi subito.

“Ti ricordi di Kara?” aggiunse Lena prendendo la mia mano.

Sam spostò il suo sguardo su di me e, per un attimo, giuro di aver visto come una punta di disappunto passare nei suoi occhi.

“Certo” disse Sam “Come potrei dimenticare l’incantevole Miss Danvers.”

“Incantevole…davvero” disse Jack aggiungendosi alla conversazione “Credo che la nostra Kara sia riuscita in un’impresa più unica che rara”.

“Quale impresa?” chiesi divertita.

Sam rise.

Lena distolse lo sguardo imbarazzata.

“Prima o poi ci arriverai, piccola Danvers” rispose Jack.
 


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“Che ne dici?” disse Lena verso la fine della serata indicando la pista da ballo che si stava lentamente svuotando.

“Vuoi…ballare?” risposi quasi strozzandomi con lo champagne che stavo bevendo.

“Oh forza, Miss Danvers. Fino a prova contraria dovrei essere io quella con una gamba mezza storpia, non tu. Credo di poter saper gestire un lento…e poi sono quasi sicura che non mi farai cadere davanti a tutti”.

“Va bene” dissi alzandomi e porgendole la mano per alzarsi.

“Ora si che ci divertiamo” disse Jack alzando il bicchiere nella nostra direzione.

Mentre ci dirigevamo al centro della pista da ballo, potevo osservare come tutti ci stessero osservando con curiosità.

Sembrava che tutti gli invitati avessero smesso improvvisamente di occuparsi di altro per spostare la loro attenzione su di noi.

Non so se la loro fosse curiosità per spettegolare sulle reali condizioni di Lena o genuino interesse per vedere la ex fidanzata della sposa ballare con qualcun altro.

Lena non sembrava minimamente curarsi degli sguardi delle altre persone e si aggrappò saldamente a me.

“Ricordati che hai promesso di non farmi cadere” disse sorridendomi dolcemente.

“Mai” risposi guardandola negli occhi “Forza, diamo a questi quattro riccastri qualcosa di cui spettegolare”.

Chiusi gli occhi e la strinsi a me incominciando ad ondeggiare sulle note di qualche musica lenta che non riconoscevo.

Quando gli riaprii, vidi Sam in lontananza che ci stava guardando con un’espressione indecifrabile.

Mi trovai a pensare se non si pentita della sua scelta.

Scacciai quei pensieri stringendomi più vicino a Lena “Come va la gamba?” chiesi “Ti fa male?”

“Non più del solito” rispose poggiando la sua testa sulla mia spalla e lasciandosi cullare dalla mia andatura.

“A volte mi sento terribilmente in colpa” disse tornando a guardami negli occhi.

“Per cosa?” chiesi confusa.

“Perché penso che se non mi fosse successo tutto questo” indicò la sua gamba “Non ti avrei mai rincontrata. Mi sento un mostro…perché è morta una persona…ed inizio a pensare di essere una persona orribile anche solo per averci pensato”.

“Ehi, ehi, calma” dissi portando una mano sulla sua guancia accarezzandola “Prima di tutto non puoi saperlo e poi sono quasi sicura che probabilmente quando saresti tornata per qualche occasione a Midvale, probabilmente ti avrei versato qualcosa addosso come al liceo e mi avresti ritrovata”.

“Quel giorno hai rovinato la mia giacca preferita, lo sai?” disse Lena fingendosi indignata.

“Oh per favore! Ne avrai avute un centinaio nell’armadio” risposi ridendo.

“Sai una cosa?”

Avrei potuto rimanere a guardare il suo viso tutta la notte.

“Cosa?”

“Penso di non aver mai provato niente di simile nella mia vita. Per nessuno”.

Rimasi a bocca aperta per un istante.

“Non devi rispondermi, Kara. Non voglio farti nessun tipo di pressione…volevo solo che lo sapessi”.

“Vieni via con me” dissi d’impulso.

“Come?”

“Partiamo, andiamo da qualche parte. Solo io e te”.

“E dove vorresti andare, Miss Danvers, sentiamo”.

I suoi occhi non lasciavano i miei.

“Andiamo in Irlanda”.

“Irlanda?”

Non so che cosa stessi facendo.

Non ero mai stata una persona impulsiva.

Ero sempre stata una persona che prima di fare qualsiasi cosa ci pensava non una, ma cento volte.

Ma in fin dei conti, ero ancora la persona che avevo pensato di essere per ventisei anni?

Ero ancora la stessa persona che ero prima di incontrare Lena?

La risposta era abbastanza semplice.

Quasi scontata.

No.

Non lo ero più.

Ero una persona completamente diversa.

Una persona che decideva su due piedi di prendere e partire senza curarsi di niente.

“Ti prego” dissi speranzosa.

Mi guardò per un lasso di tempo che sembrò non passare mai.

“D’accordo” rispose dolcemente.

 



Angolo autrice: Scusate per il ritardo! è stata una settimana infernale e sono stanca morta... spero che il capitolo vi piaccia...fatemi sapere cosa ne pensate! Alla prossima!!
 

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