Nothing will drag you down - Finché morte non ci separi

di lisi_beth99
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Capitolo 1


Era ormai arrivato dicembre, il clima di Chicago si era fatto molto più pungente e ventoso. Quell’anno aveva già nevicato quattro volte e i cumuli di neve venivano accatastati ai lati delle strade. Camminare per le strade era quasi impossibile in alcuni punti; come sempre la gente si lamentava ma nessuno faceva nulla di concreto.

Alex lavorava come segretaria dell’Intelligence da ormai tre mesi. In quel periodo aveva assistito a scene che aveva preferito dimenticare; cose che era bene non raccontare a nessuno. In quei mesi aveva scoperto cosa distinguesse quella squadra dal resto del dipartimento di polizia.

Una volta era scesa nel garage assegnato esclusivamente all’Intelligence, quello in cui era stata un’unica volta quando avevano catturato suo padre, Danny O’ Brian. All’epoca non si era soffermata molto sul fatto che ci fosse una gabbia in metallo con solo una panca al suo interno. Ma quella volta aveva afferrato il senso e aveva pensato bene di fingere di non aver visto. Arrivata in fondo alla scala che dal suo ufficio portava direttamente in garage si era trovata davanti ad un Voight più incazzato del solito che colpiva con una spranga un sospettato mentre Dawson e Ruzek tenevano fermo quell’uomo. Fece dietrofront e tornò alla sua scrivania senza accennare al fatto. Qualche giorno dopo il sergente l’aveva chiamata nel suo ufficio e l’aveva praticamente intimata di non rivelare mai come venivano gestite certe questioni in quell’unità. – Non so che tipo di persona creda che io sia, sergente, ma le posso assicurare che quello che ho visto o vedrò non uscirà mai dalla mia bocca! Se per far parlare qualcuno andate giù pesanti non è un mio problema. Non approvo il metodo ma sono l’ultima a poter parlare. Detto ciò – si alzò dalla sedia su cui era seduta – torno al mio lavoro. – ed uscì dall’ufficio.

Hank Voight non l’avrebbe mai confessato, ma l’idea di assumere quella ragazza come segretaria si era rivelata una grande idea. Era un valore aggiunto a cui avrebbe faticato a fare a meno. Una cosa che apprezzava di Alex era la schiettezza con cui si rapportava con il resto della squadra, Hank incluso. Diverse volte aveva colto qualche cosa che agli altri era sfuggito per quanto riguardava un caso e non aveva mai mancato occasione di farlo notare. A volte risultava quasi insolente ma si vedeva che era così sciolta solo perché si sentiva come a casa, quindi nessuno aveva mai dato peso alla cosa, anzi ci ridevano su.

Quella sera Jay l’aveva invitata a cena fuori, cosa abbastanza rara visto che entrambi amavano molto il cinese sotto casa del detective.
Stavano finendo di mangiare il dolce quando lui tastò nella giacca appoggiata sul suo schienale e ne tirò fuori un astuccio di forma quadrata di colore nero, con delle rifiniture dorate. Ad Alex quasi si incastrò il boccone in gola accorgendosi che era una di quelle scatolette porta anelli.

Jay sembrava molto convito di quello che stava facendo – Alex, ormai sono praticamente sei mesi che ci frequentiamo. E tu passi quasi ogni notte a casa mia quindi, perché non rendere ufficiale la cosa? – aprì il cofanetto rivelando che al suo interno vi era poggiata una piccola chiave argentata con un brillantino viola incastonato proprio sotto all’anellino in cui passava una catenina. – Che ne dici di lasciare il tuo appartamento e trasferirti da me? -.

Quella proposta, fatta in quel modo, le rese lucidi gli occhi. Non se l’aspettava ma l’idea la elettrizzava. Era già da un po’ che rifletteva su quella possibilità, solo che non aveva ancora trovato modo di parlarne con lui. – Certo! – esclamò lanciandosi verso Jay per lasciargli un bacio sulle labbra – è un’idea fantastica! – estrasse la collanina dalla scatoletta e la allacciò dietro al collo. – Ti amo! – si lasciò scappare in preda alla gioia.

Si bloccò rendendosi conto di cosa avesse appena detto. Quella era la prima volta che quelle parole fossero pronunciate. Nessuno dei due si era mai lanciato nell’esprimere a parole quello che si dimostravano tutti i giorni… -Ti amo! – le fece eco lui accarezzando una guancia leggermente arrossata di Alex.

Inutile dire che quella notte non dormirono molto.

-*-

Il giorno seguente, al lavoro, si comportarono come al solito. Avevano deciso di tenere la notizia per loro, per nessuno sarebbe cambiato nulla e preferivano non doversi subire le battutine che già immaginavano Adam avrebbe avuto in serbo per loro.

A pranzo poi, Alex si vide con Mady per organizzare il matrimonio. Come damigella d’onore (Madison l’aveva quasi implorata) Alex avrebbe dovuto occuparsi più che altro di supportare la sposa, dato che la sua amica aveva già pianificato tutto, persino il colore delle tovaglie.

-E così te l’ha chiesto?! – era euforica vedendo la piccola chiavetta che pendeva al collo della sua migliore amica – Cosa sarà? Un cristallo di ametista? – chiese avvicinandosi per esaminare meglio il gioiello. Alex si ritrasse un po’ infastidita – Non lo so e non mi interessa! Mi piace punto e basta! – poi si accorse dello sguardo di Mady, gli occhi scintillavano di felicità – Che c’è? – chiese un po’ irritata la ragazza. – Lo ami, non è così? – la futura sposa era tornata l’amica che Alex adorava, quella carina e per nulla viziata. – è così. – confessò senza distogliere lo sguardo da Madison – Mi fa stare bene, mi fa ridere e con lui sento di poter essere sempre me stessa. Stare fra le sue braccia mi fa sentire a casa… - l’altra allargò il sorriso – Ti luccicano gli occhi, lo sai? Non ti avevo mai vista così felice e serena. Sono davvero contenta per te, tesoro! –

Il resto del tempo lo passarono a parlare del matrimonio. La data era stata fissata per il 6 di giugno, così avrebbero avuto ancora molto tempo per i preparativi. Madison aveva assunto una wedding planner (che sorpresa eh?!) che si sarebbe occupata di tutti i preparativi. Alex ascoltava con mezz’orecchio quello che le stava dicendo l’amica, continuava a giocherellare con il ciondolo a forma di chiave mentre pensava a come portare tutte le sue cose nell’appartamento di Jay.

-Mi stai ascoltando?! – domandò Madison sventolando una mano davanti al viso dell’altra – Devi accompagnarmi a trovare il vestito, Alex! E dobbiamo iniziare il prima possibile. Voglio fare il giro di tutte le boutiques presenti a Chicago e nei dintorni. -. L’altra sbuffò in tono di disappunto – Dobbiamo farle proprio tutte?! Hai almeno qualche idea di come lo vorresti? – purtroppo per lei, la sua cara amica era una persona impossibile quando si trattava di vestiti, scarpe e appartamenti. Decidersi per Mady era quasi una sfida impossibile e spesso Alex aveva dovuto minacciarla di scegliere o trascinarla fuori a forza dal negozio – Zac dice che starei benissimo in qualunque cosa, ma lui è un uomo… non fa testo! – rispose Mady facendo un cenno vago della mano – Io sarei indirizzata verso uno stile fiabesco. Sai no? Gonne ampie e piene di tulle, corpino a cuore e ricamato di piccole pietre gioiello… Sarebbe meraviglioso… - aveva assunto uno sguardo trasognante; poi tornò sulla terra – Ma preferisco provare anche altri modelli per trovare quello che mi starà meglio. Voglio essere perfetta quel giorno! –

Ad Alex scappò un sorriso. Le visite agli ateliers sarebbero state lunghe e difficili, già se lo immaginava. Ma avrebbe fatto qualunque cosa per vedere la sua amica felice.

-*-

Tornata in ufficio si lasciò scivolare sulla sua sedia girevole emettendo un leggero sbuffo. Nella stanza non c’era nessuno. Jay apparve in quel momento dalla sala svago – Com’è andato il pranzo? – Alex gli lanciò uno sguardo che valeva più di mille parole – Adoro Mady, ma credo che questo matrimonio mi farà impazzire. Hai idea di tutte le cose che vuole preparare?! La sua wedding planner vuole addirittura trovare un qualcosa da regalare ad ogni ospite, un segno per ricordarsi dell’evento! Che fine hanno fatto le semplici bomboniere con i confetti?! – aveva preso a gesticolare come suo solito quando si infervorava. Quando si accorse che l’uomo la stava fissando con uno dei suoi splendidi sorrisi, si scocciò ancora di più – Che c’è? Perché ridi? – domandò con una punta di fastidio nella voce. Lui scosse il capo ancora più divertito – Nulla. È solo che sei carina quando ti fai prendere da qualcosa. Sembri una bambina… - lei rimase a fissarlo, immobile, per qualche secondo. Poi incrociò le braccia al petto – Non mi sembra un grande complimento. – disse atona, mantenendo lo sguardo negli occhi di Jay. Il detective si abbassò per lasciarle un bacio sulle labbra ma lei afferrò una cartellina che aveva sulla scrivania e la frappose fra le loro labbra. – Non mischiamo il lavoro con la nostra vita. Specialmente ora che andremo a convivere. – era categorica su quel punto. Non voleva che i possibili problemi di coppia potessero interferire con il lavoro dell’Intelligence e viceversa. Jay non poté replicare perché si sentì la voce di Voight provenire dal fondo delle scale.

In pochi secondi il sergente fu nell’ufficio dell’Intelligence. Jay si era già allontanato dalla scrivania di Alex, così come la giovane si era già messa davanti al monitor del computer a controllare le ultime notizie sul caso che la squadra stava seguendo in quei giorni.

Hank si bloccò per un secondo trovando l’ufficio pressoché vuoto – Dove sono tutti? – chiese con il solito tono di voce. Alex distolse lo sguardo dalle e-mails che erano arrivate alla casella di posta elettronica della squadra – Kim e Kevin stanno indagando su una possibile pista. – Halstead prese la parola subito dopo – E Adam e Antonio sono andati a trovare un informatore che potrebbe sapere qualcosa sulla partita di droga tagliata male. Hailey non so dove sia. -. Il sergente li guardò per un solo istante – Lei è andata ad interrogare una possibile testimone all’ospedale. – a grandi falcate raggiunse il suo ufficio.

Di lì a poco rientrarono tutti. Portando le poche e confuse notizie che avevano raccolto. Nell’arco del pomeriggio, però, riuscirono a trovare qualcosa di utile e fecero un arresto.

Il cellulare di Alex vibrò sulla sua scrivania, controllò di chi fosse il messaggio e sorrise divertita quando vide che era Mady che la minacciava di non rifornirla più di vino se quella sera non fossero andate a bere qualcosa al Molly’s; citando le sue testuali parole “Ti taglio le scorte se non mi porti in quel locale di cui mi parli sempre! Oggi non abbiamo approfondito la questione casa! Il matrimonio mi sta già divorando l’anima…”. Quella donna era una grandissima regina del melodramma.

-*-

L’Intelligence fu in grado di chiudere completamente il caso della partita di droga tagliata male, che aveva causato la morte di ben 13 giovani vite, solo dopo le nove di quella sera. Tutti furono lasciati liberi di andare a rilassarsi e decisero di andare a festeggiare, come spesso accadeva, al Molly’s. Alex aveva ottenuto il permesso di andarsene già tre ore prima; essendo tecnicamente un’impiegata non era necessario che rimanesse per guardare gli altri redigere i loro rapporti. Colse l’occasione per rubare l’auto a Jay e scappare a casa sua (ancora per poco) per prepararsi all’uscita con Madison.

Mentre trasmettevano il giornale radio delle 20, la giovane si trovava nuovamente seduta al volante del SUV diretta al Molly’s. Spense il motore dopo una ventina di minuti e si affrettò ad entrare nel locale; le temperature a Chicago erano sempre più basse, erano alcuni anni che non raggiungevano picchi così.

Si accomodò in un tavolino verso il centro del bar, difronte al bancone dove Cruz, uno dei vigili della caserma 51 l’aveva già notata e salutata con un rapido cenno della mano.

Madison apparve sulla soglia dopo un po’, le ci volle un secondo per individuare la sua amica che spiccava fra tutti per il suo abito completamente fucsia. Si avvicinò ad Alex cominciando a ridere – Non hai mica paura di passare inosservata tu?! – la salutò con due baci sulle guance e si sedette di fronte all’altra.

Quando entrambe ebbero avuto il loro bicchiere di vino davanti al naso, Mady fissò negli occhi l’altra – Allora, hai intenzione di darmi più particolari riguardo al trasloco o continuiamo a parlare di cose a vanvera? – ad Alex si accese una scintilla di gioia nello sguardo – Sono felice! Non saprei che altro dirti… - all’amica scappò una risata gracchiata – Tesoro! Questo lo vedo! Ma voglio più particolari. Quando ti trasferisci? Ad esempio… -.

La castana giocò un po’ con il bicchiere, guardando il liquido spostarsi da una parte all’altra, - Appena arrivo a casa mi metto ad inscatolare la mia roba. Mi ci vorrà poco visto che non ho praticamente nulla. Poi inizieremo a spostare le cose più pesanti… Penso che entro settimana prossima potrò già smettere di usare quell’appartamento. Penso che Jay avesse calcolato tutto, perché dovrei pagare l’affitto fra dieci giorni… - Madison appoggiò il mento sul palmo delle mani – Certo che è proprio adorabile. E tu ancora non me l’hai presentato! – mise un finto broncio che lasciò del tutto indifferente l’altra. – Non c’è stata occasione. Vedi di non farne una questione di stato! – Alex bevve l’ultimo sorso di vino e fece cenno ad Otis di portarne un altro ad entrambe.

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Capitolo 2

La marcia nuziale invase l’intera navata della St. James Cathedral, sulla Huron Street. La sposa fece il suo ingresso esattamente alle 21:30, come era stato stabilito durante le prove per l’evento. La commozione si poteva vedere sul volto dei genitori dei futuri coniugi e sulle damigelle che avevano appena terminato di calcare la navata. Lo sposo si era completamente focalizzato sulla bellissima donna che da lì a qualche ora sarebbe stata la sua compagna di vita. L’intero percorso della sposa fu illuminato da decine di flash prodotti dalle macchine fotografiche dei giornalisti presenti all’evento: quel matrimonio sarebbe entrato nella storia di Chicago come “il matrimonio dell’anno”. L’unione tra James Rauner, figlio del governatore Bruce Vincent Rauner, e Isabel Bledel, giovane imprenditrice che aveva lavorato duramente per aiutare donne vittime di abusi e figlia del membro dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite Markus Bledel. Già da mesi i gossip riguardanti quest’unione avevano riempito decine e decine di pagine di riviste più o meno accreditate. Tutti erano rimasti colpiti dalla scelta di celebrare le nozze di sera e fare un ricevimento nella notte. La coppia aveva spiegato che, a causa dei molti impegni dei padri, avevano optato per questa scelta che avrebbe evitato loro di dover decidere tra il lavoro e la famiglia.

Isabel raggiunse l’altare e lasciò il braccio di suo padre con un sorriso che l’uomo non le aveva mai visto prima. Le lasciò un leggero bacio sulla fronte e mise le sue delicate mani in quelle di James. Quando gli sposi si voltarono verso il cardinale Blase Joseph Cupich, Sua Eminenza poté cominciare la celebrazione.

-*-

Madison, dopo il secondo bicchiere di vino, aveva estratto dalla borsa la rivista di spose più amata da tutte le donne di Chicago e la sfogliò rapidamente per arrivare alla parte che le interessava – Vedi? – domandò porgendo il giornale ad Alex – Loro sì che hanno pensato in grande! – esclamò indicando un gazebo rivestito interamente di rami di ciliegio in fiore e delicate cascate di lucine al neon – Se solo riuscissi a procurarmi anch’io dei fiori di ciliegio… - Alex chiuse bruscamente la rivista – Mady! La smetti di guardare questa roba?! Ti mette in testa delle cavolate! Non c’è bisogno di avere fiori di ciliegio, un colore come tema o dei presenti per gli ospiti! Il matrimonio non dovrebbe essere un modo per farsi vedere… Dovrebbe essere una promessa intima fra due persone che si amano. – guardò con serietà la sua amica che rimase per un attimo spiazzata – Ma vorrei che fosse il secondo matrimonio dell’anno… Non posso sperare di superare quello tra James Rauner e Isabel Bledel ma posso almeno provarci! Tu non puoi capire Alex. Ci tengo che venga ricordato come evento! -. Quei nomi riportarono alla mente della castana un servizio che avevano trasmesso in tv qualche sera prima.

Jay stava accarezzando distrattamente la schiena della sua ragazza mentre erano sdraiati sul divano, al telegiornale avevano annunciato “il matrimonio dell’anno” dando qualche dettaglio sull’organizzazione. Alex aveva ascoltato tutte le cose folli che avevano allestito: una scultura di ghiaccio che ritraeva gli sposi a grandezza naturale, un gazebo interamente ricoperto di fiori di ciliegio e chissà quante altre cose. Avevano anche fatto un’intervista agli sposi che sembravano veramente innamorati. – Non capisco che bisogno ci sia di fare le cose così in grande… - commentò lei sistemandosi fra le braccia di lui – Sono figli di gente importante, penso che gli tocchi fare le cose in grande… Ne va anche della carriera dello sposo: ho sentito dire che sta organizzando una campagna per candidarsi a sindaco… - rispose Jay lasciando poi un bacio sulla testa di Alex.

-Terra chiama Alex! – esclamò Madison muovendole una mano davanti al viso – Ti eri persa nei tuoi pensieri? – sorrise capendo che l’amica non avrebbe mai capito cosa volesse dire per lei quel matrimonio – Sì, scusa… - si affrettò Alex facendo un altro sorso di vino.

Ruzek, Atwater e Halstead entrarono al Molly’s dopo essere scappati dalla centrale. Si avvicinarono al bancone, notando tutti la presenza di Alex. Adam si avvicinò all’orecchio del suo collega – Non la lascerei da sola, o qualcuno potrebbe rubartela! – scoppiò a ridere mentre l’altro lo allontanava malamente – Sei un idiota… -. Ma Ruzek non aveva tutti i torti: un tizio sui venticinque aveva già puntato le due ragazze.

-Ciao bellezze! – Alex si vide spuntare un tipo insulso proprio accanto alla sua spalla. Gli rifilò uno sguardo di gelo puro – Guarda, lascia perdere. Io e la mia fidanzata stiamo cercando di organizzare il nostro matrimonio. A meno che tu non venda fiori o tovaglie, puoi anche tornare da dove sei venuto. – questo rimase immobile per qualche secondo, quando notò la rivista per spose aperta sul tavolo, sbiascicò qualcosa e si eclissò nel giro di un battito di palpebre. – Sei terribile! – disse Madison cominciando a ridere.

Fu allora che Alex vide Jay. La sua espressione cambiò completamente e gli occhi le si illuminarono di gioia. A Mady quel cambiamento non passò inosservato e non tardò a captare dove fosse ricaduto lo sguardo della sua amica. L’uomo si avvicinò spostando solo all’ultimo l’attenzione sulla donna seduta di fronte alla sua ragazza – E così tu devi essere il bel detective! – esclamò Madison causandosi un ematoma sullo stinco provocato dal calcio dell’altra – E tu l’amica pazza… - rispose con lo stesso tono – Vedo che mi ha descritta bene! – Madison porse la mano a Jay – Madison la pazza Gray. – Halstead la strinse – Jay Halstead. Ah scusa… Meraviglioso detective Halstead. – Non seppe perché, ma Alex avrebbe tanto voluto sprofondare in una voragine in quel momento. – Mi piaci! – rise Mady tornando a guardare la sua amica.

-*-

La cerimonia era arrivata al momento più atteso da tutti: lo scambio delle promesse. Il cardinale Cupich guardò prima la sposa e poi lo sposo - Carissimi James e Isabel siete venuti insieme nella casa del Padre, perché la vostra decisione di unirvi in matrimonio riceva il suo sigillo e la sua consacrazione davanti al ministro della Chiesa e davanti alla comunità. Voi siete già consacrati mediante il Battesimo: ora Cristo vi benedice e vi rafforza con il sacramento nuziale, perché vi amiate l’un l’altro con amore fedele e inesauribile e assumiate responsabilmente i doveri del matrimonio. Pertanto, vi chiedo di esprimere davanti alla Chiesa le vostre intenzioni. – un microfono fu messo nelle mani tremanti della sposa che, combattendo con la commozione per quel momento, cominciò a parlare – Io, Isabel Bledel, prometto di amarti ed onorarti… - ma non le fu possibile continuare perché l’infrangersi di una delle vetrate della chiesa la bloccò. Guardò il suo amato con il terrore negli occhi e non poté impedirsi di urlare quando una macchia di sangue si espanse sulla camicia di James. L’uomo cadde al suolo privo di vita. Isabel si accasciò su di lui cominciando a piangere disperata. In chiesa scoppiò il panico, tutti cercavano di uscire da lì al più presto. Le guardie del corpo corsero a proteggere la sposa e la costrinsero ad uscire. In balia delle sue emozioni si lanciò fra le braccia del padre che non sapeva come consolarla. Il governatore, appena messo in salvo nella sua vettura con la moglie e la secondogenita, estrasse il cellulare e chiamò l’unica persona di Chicago che sapeva avrebbe trovato il responsabile per la morte di suo figlio.

-*-

Madison stava raccontando di come lei ed Alex si fossero conosciute, ormai 5 anni prima. Adam e Kevin avevano presto raggiunto il loro collega e le due giovani nella speranza di scoprire qualcosa di più sulla loro nuova collega che era ancora un mistero per la maggior parte del tempo. – Un giorno arrivo al lavoro e mi ritrovo una ragazzina che mi viene presentata come la “nuova collega” che avrei dovuto formare! – stava dicendo Mady indicando l’amica che si era coperta la faccia con un tovagliolino di carta – Pensavo avesse 16 anni… E poi parlando scopro che ne aveva quasi 20! – scoppiò a ridere costringendo Alex a scoprirsi il viso – Era così fredda e distaccata da tutto e tutti… Rifilava degli sguardi killer a chiunque provasse ad avvicinarsi. – era tornata seria – Siete fortunati ad averla conosciuta ora che è migliorata nelle relazioni sociali! -. La diretta interessata le rifilò un pugno – Guarda che sono qui! Perché mi dipingi sempre come un mostro?! Avevo anche tanti lati positivi… - corrucciò lo sguardo e incrociò le braccia al petto, abbassando leggermente lo scollo dell’abito, cosa che non passò inosservata a Jay. Madison colse quella rapida occhiata da parte del detective ma non disse nulla – Amore! Avrai anche avuto delle qualità ma erano perennemente messe in ombra dal tuo caratteraccio con tutti quelli che ritenevi inferiori a te! – appoggiò una mano sulla spalla di Alex poi tornò a guardare i tre uomini – C’era un tipo, veniva spesso per delle informazioni di ogni tipo. Avevamo capito tutte che era interessato a lei – indicò l’amica mentre i ricordi le tornavano alla mente e la facevano ridere – Il poveretto ci aveva provato in ogni modo ad attirare la sua attenzione, ma lei? Alex, no! Alex era in grado di disintegrare con uno sguardo. E, quando quel tipo, arrivò con un mazzo di fiori e un… cos’era? Un peluche?! – domandò all’altra che scuoteva la testa rassegnata – Sì, un insulso orsetto rosa! Perché mai avrà preso un orso rosa?! Era così senza senso! – Adam lanciò uno sguardo ad Halstead che si stava mordendo un labbro per non scoppiare a ridere. – Sì, sì… Comunque – Mady interruppe Alex perché già sapeva che avrebbe cominciato a farne una questione infinita – Fatto sta che quel ragazzo si ritrovò davanti al nostro banco informativo con il mazzo di rose e l’orso. Gli ci vollero dei minuti prima di riuscire ad avere l’attenzione di Alex. Quando poi riuscì a chiederle di uscire lei l’ha praticamente masticato e risputato. Se n’è andato rosso dalla vergogna e non l’abbiamo mai più visto in zona… Poveretto, ancora mi chiedo che fine abbia fatto… -. L’altra si scostò una ciocca di capelli che erano scivolati davanti agli occhi – Io no. È stato imbarazzante e inutile! –. Atwater stava morendo dalla curiosità – Cosa gli ha detto? – Madison finì di bere il suo drink – Non mi ricordo esattamente ma il succo era che i fiori poteva metterseli su per il culo, l’orsetto poteva regalarlo a qualche bambina bisognosa e che lei non sarebbe mai uscita con lui perché non aveva il minimo interesse. – La diretta interessata, colta da un senso di godimento al ricordo di quella scena, si sentì libera di aggiungere – Credo di avergli anche detto che se si fosse fatto vivo di nuovo lo avrei fatto arrestare per molestie. -. Ruzek fissò la giovane che, aveva sempre inquadrato come una persona pacata e sempre educata, - Sei un mostro! – esclamò scoppiando a ridere. Lo sguardo che gli rivolse Alex lo fece smettere di botto. Mady si intromise – Lei è tanto carina e gentile ma se la fai incazzare è la fine… Quindi è meglio se state attenti ragazzi. –

Jay non aveva proferito verbo. Era rimasto a guardare le espressioni che si alternavano sul volto della sua ragazza. Ciò che lo aveva colpito la prima volta che l’aveva vista, in ospedale, era la freddezza e il modo distaccato che aveva di rapportarsi con tutto e con tutti. Appena incontrata era convinto fosse più giovane dei suoi 24 anni, poi l’aveva sentita parlare, ed aveva creduto di avere a che fare con una donna matura. Molte cose in Alex sembravano un controsenso; qualcosa nelle parole di Madison l’aveva colpito: sembrava sempre distaccarsi dagli altri. E poi aveva imparato a conoscere il suo lato duro e posato che aveva con il resto del mondo, completamente l’opposto di come si comportava quando erano solo loro due; lì Alex si scioglieva sempre e diventava così rilassata e infantile, nel senso più buono che Jay potesse pensare: viveva con emozione ogni cosa. Quel grande divario tra la Alex del lavoro e la Alex di casa poteva spaventare chi non la conosceva ma Halstead era abbastanza certo di capirla, probabilmente perché in fondo era come lei.

Si allontanò dal tavolo per chiedere un’altra birra. Si voltò leggermente quando sentì una presenza accanto a lui. Madison lo stava fissando seriamente – Sappi che se le spezzi il cuore, io ti spezzo qualcos’altro! Sei fortunato ad averla trovata. – si fermò per un attimo per guardare la sua amica, ormai una sorella – Lei è una persona fantastica, ti rende la vita più interessante… Devi solo imparare a capirla. Il suo più grande difetto è quello di non fidarsi mai delle persone, se ha deciso di venire a vivere con te significa che ti affiderebbe la sua vita in ogni istante, che per te farebbe qualunque cosa… Da che state assieme ho visto un grande cambiamento in Alex, è più rilassata, più incline ad esternare le sue emozioni. – si interruppe per un attimo – Credimi Jay, non l’ho mai vista così. Ma ripeto: se le fai del male, io ti uccido! – non lasciò il tempo all’uomo di replicare perché tornò al tavolo proprio mentre il cellulare di uno dei due agenti cominciò a squillare.

Ruzek tornò al tavolo con uno sguardo torvo, agguantò la giacca e fece un cenno ai due colleghi – Ha appena chiamato Antonio. C’è stato un omicidio alla St. James Cathedral. Dobbiamo andare. – infilò il giubbino di jeans e salutò rapidamente le due ragazze. – Ciao! È stato un piacere Madison. Devi raccontarci altre chicche su Alex! – esclamò Kevin prima di seguire il suo amico – Ciao Kevin! – rispose a tono la diretta interessata. Jay, intanto, si era avvicinato maggiormente a lei – Alex… - ma lei non lo lasciò finire – Ci vediamo domani in ufficio. Tengo il tu SUV in ostaggio! – disse col sorriso. Lui fece un cenno di assenso – ‘Notte! – la lasciò con uno dei suoi sorrisi che metteva in evidenza le fossette.

Rimaste sole, Madison fissò l’amica per una buona manciata di secondi – Che c’è?! – chiese fintamente scocciata Alex – Nulla, Jay sembra una brava persona. State bene assieme… O forse dovrei dire “stareste” visto che non vi siete nemmeno sfiorati per tutta la sera! – ed ecco che era tornata la Madison che conosceva! – Tesoro io ti ho insegnato di meglio per far cadere gli uomini ai tuoi piedi! Così mi deludi… - Alex sghignazzò finendo di bere il suo bicchiere di vino – Sei la solita. Sai che non sono per lo spettacolo gratuito. E poi è ancora presto, nessuno al lavoro sa che stiamo per andare a convivere… e preferirei che rimanesse così ancora per un po’. – confessò in tutta onestà. Mady rimase ad osservarla con lo sguardo di una sorella maggiore protettiva, poi interruppe i suoi pensieri – Beh allora?! Avete stabilito qualche regola? O è ancora troppo presto? – mentre tornava alla carica con le domande richiamò l’attenzione di uno dei baristi per farsi portare un altro giro. – Divideremo l’affitto, questo credo sia l’unico punto su cui abbiamo speso delle parole. Per il resto non ci abbiamo ancora riflettuto, però alla fine sarà come praticamente è stato da qualche tempo a questa parte. Sto da Jay quasi ogni sera… - Mady fece un ghigno malefico – Hai capito la ragazzina qui?! – Alex le diede una leggera spinta – Non credere che io sia tanto santarellina… Ma questo è tutto ciò che saprai! – l’altra si fiondò sul bicchiere di prosecco che Otis le aveva appena portato – E come farete a lavoro? Non ci sono delle regole o qualcosa del genere? – la castana si perse per un attimo nei suoi pensieri – Quelle regole valgono solo per il corpo di polizia. Io sono solo una civile che fa la segretaria. E poi il Sergente Voight mi ha fatto intendere che va bene fin quando la nostra storia non interferisce con il lavoro. Su quel punto ho già espresso la mia opinione a Jay, voglio che la nostra vita come coppia e quella come colleghi rimanga separata nettamente. – la sicurezza con cui lo affermava fece tenerezza a Madison – Tesoro, non voglio infrangere i tuoi sogni ma, sono abbastanza certa, che sarà impossibile. –

Quella frase lasciò ancora più pensierosa Alex che, quando tornò a casa verso le due di notte, non fu in grado di chiudere occhio e cominciò a riempire i primi scatoloni che aveva preso sia al lavoro che al Molly’s, dove Herrmann le aveva permesso di recuperare tutte le scatole di birra che sarebbero state raccolte dalla nettezza urbana l’indomani mattina.

 

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Capitolo 3

-Cos’abbiamo? – Halstead smontò dall’auto di Ruzek indirizzandosi verso Dawson. – Hanno sparato al figlio del governatore Rauner. – Kevin si portò le mani sui fianchi – Dannazione… - Antonio fece loro segno di seguirlo all’interno della chiesa – Voight era fuori di sé! Lui e Rauner si conoscono da anni, ha ricevuto la telefonata dopo poco che è successo il fatto. – fece vedere la scena del crimine.

Il corpo di James Rauner giaceva ancora sull’altare, coperto da un telo bianco. Il medico legale stava finendo di appuntarsi qualcosa sul suo quaderno – Buonasera detective. L’hanno colpito con un unico proiettile, penso un calibro 12. Ha trapassato il cuore dal davanti con un’angolazione che indica che il colpo è stato sparato dall’alto, dovremo fare dei calcoli precisi ma sono abbastanza certo che il cechino si sia appostato lassù. – concluse indicando il buco dove, solo poche ore prima, c’era stata una vetrata riccamente decorata.

Jay osservò l’intera chiesa cercando di capire come fossero andate le cose. Fu allora che notò Voight parlare in disparte con un uomo ben vestito attorniato da guardie del corpo: stava parlando con il governatore Rauner.

Dopo una rapida stretta di mano, il sergente si allontanò dal gruppetto e raggiunse i suoi uomini. Li chiamò attorno a sé e, con voce bassa, spiegò cosa avrebbero dovuto fare – Allora, ascoltate. Questo caso sarà sulla bocca di tutti. Tutti i riflettori saranno puntati su di noi, e tutti si aspetteranno che risolviamo il caso al più presto! Questo caso avrà la priorità su tutto! Intesi?Qualunque cosa potrà aspettare. Troviamo chi ha avuto il coraggio di uccidere il figlio di un governatore in un modo così plateale. – guardò uno ad uno i suoi sottoposti – Ora andate. Domani mattina vi voglio sul caso, potranno seguire notti insonni. Vedete di arrivare riposati. – si voltò facendo cenno ad Antonio di seguirlo. Loro avrebbero iniziato subito ad indagare.

-*-

Alex aprì gli occhi mentre la sveglia suonava da ormai una ventina di minuti. Dopo aver inscatolato buona parte delle sue cose, quella notte si era messa anche a riguardare le foto di sua madre e Max che aveva conservato gelosamente nel suo cellulare. Per tutto il tempo aveva rimuginato su quello che le aveva detto Madison al Molly’s: e se il suo piano di mantenere le vite separate le si fosse ritorto contro? Se Jay non fosse stato d’accordo? Cosa avrebbe fatto di nuovo da sola? L’idea di non avere più qualcuno con cui parlare, sfogarsi, ridere l’aveva torturata per tutta la notte e, anche quando era riuscita a prendere sonno, gli incubi l’avevano perseguitata.

Erano ormai settimane che non le succedeva più di rivedersi in quella distilleria abbandonata, con suo padre a fissarla e ordinare il suo omicidio. Il suono che, aveva creduto, segnasse la fine della sua vita le rimbombava nella mente anche da sveglia.
Si preparò rapidamente ed uscì che il sole stava appena iniziando ad illuminare il cielo. Mise in moto il SUV di Jay e si diresse verso il Med, speranzosa che il Dottor Charles avesse un po’ di tempo per lei.

Bussò piano alla porta dello studio dello psichiatra. Dopo pochi attimi l’uomo aprì la porta e guardò con aria sorpresa la giovane – Alex, che ci fai qui? Non mi sembra avessi un appuntamento oggi… - lei lo guardò con una punta di speranza – Mi scusi Dottor Charles se sono piombata qui senza preavviso né appuntamento. Speravo avesse un momento per me… - si guardò le punte delle scarpe, imbarazzata. Lo psichiatra le sorrise rincuorante e le fece cenno di accomodarsi – Vieni, siediti. Per tua fortuna nessuno ama venire qui di primo mattino. –

-Di cosa volevi parlarmi? – domandò l’uomo dopo che si furono sistemati sulle poltroncine. Stranamente Alex non sembrava per nulla restia a parlare, anzi, cominciò a raccontare d’impeto tutto quello che le frullava nella mente – Io e Jay abbiamo deciso di andare a convivere, vediamo come le cose si evolveranno. Ma non è questo il problema. Il problema è che io voglio tenere il lavoro e la vita privata separati. Non voglio che si frappongano o che una incasini l’altra. L’ho raccontato alla mia amica, Madison; lei crede sia una follia, una cosa impossibile. È così difficile per le persone dividere le due cose?! Io l’ho sempre fatto. E mi riesce anche bene!–

Daniel osservò bene la sua paziente. Sembrava stanca, confusa ed estremamente preoccupata – Tu ne hai parlato con Jay? – chiese pacato. La giovane smise di perdersi nel fiume dei suoi pensieri – Sì. Gli ho detto che non voglio mischiare la nostra vita con l’Intelligence. – l’uomo si sistemò gli occhiali – E lui? Come l’ha presa? Cosa ha detto? – a quelle domande Alex sbarrò gli occhi – Non mi ha risposto… - qualcosa nella sua mente era scattata. Appoggiò la fronte sui palmi delle mani – Sono stata un’idiota! Ho dato per scontato che anche lui la pensasse allo stesso modo… Ma chi mai vorrebbe mischiare le cose?! – guardò il dottore nella speranza che la supportasse – Alex, quello che noi possiamo provare a fare e quello che vorremmo non sempre combacia. Ognuno di noi vorrebbe che il lavoro non interferisse nella vita privata e viceversa ma, sinceramente, la cosa accade raramente. Siamo umani, è la nostra natura quella di lasciarci prendere dalle emozioni. – fece una breve pausa per permettere alla ragazza di assimilare la cosa – Tu puoi essere stata capace di separare le due vite perché perseveri nel mettere a tacere i tuoi sentimenti. Anche se vedo un netto miglioramento, la tua tendenza è sempre quella di nascondere paure e preoccupazioni a chi ti circonda. Tu stessa hai detto che Madison non sa nulla del tuo rapimento o di tuo padre… Questo ti rende sì forte, ma se continui così rischi di arrivare ad un punto in cui ti spezzerai. E lì non sarà più possibile tornare indietro. – fece una seconda pausa mentre qualche lacrima scappava al controllo di Alex – Il mio consiglio è di parlare con Jay. E parla anche con la tua amica: ti resterà vicina, ne sono certo. –

Alex si asciugò le lacrime con la manica della felpa. Raccolse la borsa dal pavimento e fece un sorriso imbarazzato al dottore – è così difficile… Per me è difficilissimo mostrarmi a nudo con gli altri. Gli unici con cui riesco siete Lei e Jay, anche se magari non sempre… - Daniel ricambiò il sorriso – Non è facile per nessuno. Ma ricorda che io ci sono in qualunque momento. – le diede una lieve carezza sulla spalla e l’accompagnò alla porta.

-*-

Voight salì gli ultimi scalini già pronto per dare un ordine ad Alex. Sbatté un plico di fogli sulla scrivania della segretaria ma dovette bloccarsi trovandola vuota. Si voltò verso il resto della squadra – Dov’è Morel? – domandò scocciato. Jay emerse dalla pila di fascicoli che stava leggendo – Ha detto che sarebbe arrivata un po’ dopo. – Hank fece schioccare la lingua sul palato – Quando arriva voglio che passi da me! – e si chiuse nel suo ufficio, come sempre.

Kim lanciò uno sguardo preoccupato a Halstead – Tutto bene? – chiese lasciando per un attimo le sue scartoffie – Sì, certo. Perché? – la guardò perplesso – Alex non arriva mai in ritardo… - Jay si scocciò per quella situazione ma non lo diede a vedere – Può succedere, non ne farei una tragedia. – e si rimise a guardare i fascicoli.

-*-

Alex parcheggiò il SUV a qualche metro dal distretto. Notò subito che c’era un po’ troppa gente davanti all’entrata. Avvicinandosi capì che si trattava di giornalisti in cerca di carpire notizie a chiunque entrasse o uscisse dall’edificio. – Permesso! – urlò per la terza volta mentre dava gomitate a chiunque per riuscire a raggiungere la porta. Salì quei pochi scalini con molta fatica, quando il Sergente Platt la vide, fece spostare alcuni cameramen per permetterle di raggiungerla con meno fatica. –Buongiorno Trudy. Che diamine è successo?! – domandò alla donna mentre entravano. – Non l’hai saputo? Hanno ucciso il figlio del governatore! – Alex si bloccò – Ma chi? Quello del “matrimonio dell’anno” ?! – mimò le virgolette con le mani. Il sergente fece un cenno di assenso – Proprio lui. L’hanno ucciso durante il matrimonio – la giovane sgranò gli occhi – Mio dio! Chissà la sposa come l’avrà presa… -

-*-

Verso le nove arrivò un’Alex tutta trafelata. Lanciò la borsa nel cassetto della sua scrivania dove era solita metterla. – Voight vuole vederti. – la accolse Atwater dalla sua scrivania esattamente difronte a quella della giovane. Lei guardò prima l’agente poi l’orologio – Cazzo! – sussurrò tra i denti. Si incamminò verso l’ufficio del sergente, cercando di legare i capelli in una coda nella speranza di rinfrescarsi un po’. Lanciò le chiavi dell’auto sulla scrivania di Jay che, in quel momento non c’era, e bussò alla porta del capo.

-Sì? – si sentì da dentro. Alex aprì l’uscio ed entrò nella stanza – Mi cercava? – l’uomo le fece cenno di sedersi. – Sei in ritardo. – cominciò con il solito tono. Lei stava per replicare ma Hank non la fece neanche cominciare – Non mi importano le tue scuse. La prossima volta, se devi entrare più tardi, vedi di avvisare me. Non voglio dover sapere dal tuo ragazzo le tue motivazioni. – incrociò le braccia al petto. Quella voleva essere una prova, voleva vedere come avrebbe reagito. Alex raddrizzò la schiena e puntò il suo sguardo negli occhi del sergente – Qui Jay Halstead è solo un collega, non il mio ragazzo. E comunque non volevo scusarmi. Ma Le prometto che non succederà più. – mantenne lo sguardo fisso. – Sono contento di sentirlo. – l’uomo si rilassò sullo schienale della sua sedia, così fece anche Alex. – Immagino avrai visto l’orda di giornalisti qui sotto. – continuò dopo qualche secondo di pausa. Lei annuì – Sono qui per sapere qualcosa sulla morte di Rauner. – rispose. – Esattamente. Non è necessario che ti dica che non devono sapere nulla, giusto? Sicuramente chiameranno per carpire qualunque informazione. Tu… - ma Alex gli parlò sopra – Io non darò neanche un’informazione e non permetterò a nessuno di avvicinarsi al nostro ufficio o ai testimoni che verranno per deporre. Chiaro. –

Doveva ammetterlo, Hank adorava quella ragazza. Era sempre così attenta e precisa; nello svolgere il suo lavoro e nell’aiutare la squadra. Sembrava sapesse sempre cosa fosse indispensabile, cosa volessero i membri dell’Intelligence e cosa fosse giusto dire ad una vittima o ai famigliari quando venivano a chiedere informazioni su un caso.

-Puoi andare. – le fece cenno di uscire. Lei si alzò ma non si mosse dal suo posto – Ho visto che c‘è una pila di fogli sulla mia scrivania, scommetto che li ha lasciati Lei. Sono le prime deposizioni che avete raccolto sulla scena, giusto? Le scansiono e le archivio digitalmente? – a Voight scappò un ghigno divertito – Se già lo sai, perché me lo chiedi? – Alex alzò le spalle – Giusto per essere sicura. – gli sorrise e fece per uscire dalla stanza – Hank. – disse ancora il sergente. Lei si bloccò – Come? – lui le rivolse uno sguardo esasperato – Smettila con questo “Lei”. Fa’ come gli altri e chiamami Hank. – la giovane rimase un po’ spiazzata dalla cosa ma non disse nulla. Richiuse la porta e tornò alla sua scrivania.

Jay comparve dalla sala svago – Sei arrivata! – la salutò con un sorriso a cui lei, molto freddamente non rispose – Già. E ti ho lasciato le chiavi accanto alla tastiera. – disse accendendo il monitor del computer e iniziando a riorganizzare le carte che avevano lasciato malamente sulla sua scrivania, il suo territorio.

I presenti passarono lo sguardo da un impietrito Jay ad una completamente impassibile Alex. Il detective lanciò un’occhiata alla sua partner che alzò le spalle. Non voleva certo immischiarsi nelle questioni di cuore del suo collega. – Che c’è? – chiese scocciata Alex – Sento i vostri occhi addosso. – smise di sistemare la pila di deposizioni ed alzò lo sguardo ma non ebbe la possibilità di continuare perché il suo telefono cominciò a squillare. Alzò la cornetta – Sì? – fece aspettando di sentire chi fosse dall’altra parte – Arrivo subito. – riattaccò e si avviò verso l’entrata del distretto. Si bloccò dopo aver fatto uno scalino – La quasi moglie della vittima è arrivata. – annunciò prima di affrettarsi giù per le scale.

Davanti al bancone del distretto c’era un piccolo gruppo di persone. Fuori dalle porte della centrale i flash delle macchine fotografiche dei giornalisti continuavano a mandare bagliori all’interno dell’edificio. Qualcuno era riuscito ad entrare e cercava di carpire informazioni dalla povera donna che veniva strattonata dalle sue guardie del corpo. Alex si frappose fra lei ed un uomo che continuava a fare domande. Il Sergente Platt stava fermando altre persone assieme a diversi agenti che faticavano un po’ a tenere a bada tutta quella gente. In qualche modo, nella baraonda, Alex fu colpita alla tempia da quello che immaginò essere l’obiettivo di qualche telecamera. Si portò subito la mano alla fronte mentre riuscivano a svicolare e salire i primi scalini. Trudy aprì loro il cancello e il gruppetto riuscì a levarsi completamente di dosso quei paparazzi.

-Mi scuso per il caos, il distretto sta facendo di tutto per impedire a quegli sciacalli di immischiarsi ma sembrano restii ad abbandonare la loro postazione. – si scusò Alex continuando a tenere la mano sulla fronte. La fidanzata della vittima riemerse dalle guardie del corpo che le avevano dato un po’ più di spazio – Non si preoccupi, sposare James mi aveva preparata a tutto questo. – si asciugò rapidamente una lacrima.

Arrivati nell’ufficio dell’Intelligence, Voight si avvicinò ai nuovi arrivati, si presentò e chiese alla signorina Bledel di seguirlo. Anche le tre guardie furono accompagnate in una delle sale interrogatori per avere da loro ogni informazione possibile. Alex si sedette sulla sua sedia e tolse finalmente la mano dalla fronte, l’obiettivo doveva averle lacerato la pelle perché sulle dita trovò del sangue – Che palle! – sussurrò rimettendosi in piedi – Dove tenete la cassetta del primo soccorso? – domandò ad Adam che era l’unico rimasto. L’uomo alzò lo sguardo dalle sue scartoffie e vide il taglio sulla fronte della giovane; si alzò e le fece cenno di seguirlo – Ti faccio vedere dove sta. È negli spogliatoi. -.

Recuperò la cassetta da un armadietto dietro alla porta d’entrata – Che diavolo è successo? – domandò l’agente mente Alex cercava del disinfettante e un batuffolo di cotone – Uno stupido cameraman con la sua stupida telecamera. Si è scatenato un casino lì sotto per qualche secondo… - spiegò tamponandosi la piccola ferita. Ruzek continuò a guardarla con le braccia conserte – E prima di scendere? – chiese ancora. Lei si bloccò – Non capisco a cosa ti stia riferendo. – l’altro alzò un sopracciglio – Da che ti conosco, non ti ho mai vista trattare Halstead con così tanta indifferenza… - Alex si voltò per guardarlo negli occhi – Vedi? È questo il problema. Già sapete tutti che io e lui usciamo assieme. Ma io non voglio essere la ragazza di Jay! Così come Kim non voleva che si sapesse di voi due per lo stesso motivo. – Adam sbarrò gli occhi per un attimo – Sì siamo uscite un paio di volte. Mi ha raccontato di voi due. – sorrise divertita dalla faccia dell’altro. – Io già non c’entro nulla qui dentro, se poi c’è sempre… - ma non sapeva come terminare la frase – Voglio che ci sia una netta linea tra la mia vita privata e quella lavorativa. Penso sia la ventesima volta che ripeto queste parole in soli due giorni… - ci rise su, però le sembrava quasi superfluo dover dire la stessa cosa per l’ennesima volta. Dovrebbe essere la prassi, no?

Uscì dallo spogliatoio qualche minuto dopo essere stata lasciata sola da Adam che non aveva saputo dirle nulla. Tornò alla sua scrivania e si mise a scansionare tutti i documenti, come da richiesta di Hank.

 

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


Capitolo 4

-Signorina Bledel, non riesce a trovare una motivazione per cui il suo fidanzato potesse venir ucciso? Magari dei nemici in politica o nei suoi progetti… - provò ancora Vight dopo che la donna aveva già ripetuto molte volte che James Rauner era amato e rispettato da tutti. Prima o poi Hank avrebbe ucciso qualcuno per tutte le volte che i parenti delle vittime non avevano voluto aprire gli occhi e rendersi conto che i loro amati famigliari non erano proprio degli stinchi di santo. – Magari qualcosa che abbia a che fare con l’ipotetica campagna per diventare sindaco di Chicago? – tentò di nuovo. Isabel scosse la testa – No. No, non credo… Quella era solo ancora un’ipotesi. Le elezioni ci saranno l’anno prossimo, c’era ancora tempo per questo. E poi aveva deciso di aspettare dopo la luna di miele per prendere una vera decisione. – si soffiò il naso e si asciugò qualche lacrima sulle guance – Era suo padre quello che sperava in una carriera sfavillante per il figlio. James no, lui stava pensando a crearsi una famiglia, la nostra famiglia… - con quel ricordo straziante, la donna non riuscì più a trattenersi e scoppiò a piangere.

Voight guardò rassegnato Antonio – Va bene così, per ora, signorina Bledel. Può andare. – aprì la porta della sala svago, dove si erano messi per non rendere la situazione pesante per la giovane, e fece un cenno ad Alex di avvicinarsi. Come la segretaria fu davanti a lui si accorse del cerotto spuntato sulla sua tempia – Che hai fatto? – domandò. Lei scosse la testa – Nulla di che. - Hank prese per buona quella risposta – Gli altri hanno finito con quelli della scorta? – Alex scosse nuovamente la testa – Non ancora. Perché? – il sergente si socchiuse la porta alle spalle – Perché la fidanzata della vittima non sa dirci nulla di utile ed è sull’orlo di una crisi di nervi. Le fai compagnia fino a quando non escono le guardi che la riportano a casa? – la giovane fece una specie di smorfia per il modo in cui Voight si rapportava con le emozioni – Certo! – entrò nella stanzetta – Puoi andare Antonio, resto io con lei. – gli fece un leggero sorriso e si sedette sulla sedia accanto a quella su cui era seduta Isabel.

-Signorina Bledel? Posso prepararle un tè o un caffè? – domandò delicatamente mentre la donna estraeva un altro fazzoletto dalla scatola che le avevano lasciato Voight e Dawson. – Magari un bicchiere d’acqua… -rispose con la voce graffiata. Alex fu rapida ad alzarsi, afferrare un bicchiere dalla credenza e una bottiglietta dal frigo – Le va bene da frigo o preferisce a temperatura ambiente? – chiese ancora – Ambiente, meglio. Grazie… - La segretaria ripose la bottiglietta in frigo e si accucciò per prenderne una identica dal mobile dove erano soliti tenerle. L’aprì con poca difficoltà e la porse ad Isabel assieme al bicchiere. – Grazie. – ripeté la donna.

Passarono attimi di silenzio poi Isabel prese la parola – Lei è mai stata innamorata? – domandò dal nulla. Alex rimase spiazzata ma decise di assecondarla, magari avrebbe detto qualcosa di utile – Sì. Lo sono tutt’ora. – confessò – Io lo sono stata due volte. – disse l’altra – La prima volta ero appena arrivata al college. La seconda settimana che ero lì incontrai questo ragazzo, di qualche anno più grande, di cui mi innamorai alla follia. Stavo così bene con lui che pensavo non avrei potuto provare la stessa cosa per nessun’altro. Poi mio padre venne a sapere che spacciava, io non ne sapevo nulla… E mi impedì di rivederlo. Credevo mi avessero portato via la cosa più bella della mia vita ma poi, per caso, un giorno incontrai James. All’inizio non sapevo se mi piacesse, aveva quel non so cosa da politico… quel carisma che però non mi convinceva. Con il tempo imparai a conoscerlo e scoprii che era la persona più buona al mondo. Mi aiutò lui a costruire la casa di accoglienza per le vittime di violenza. È stato lui ad aiutarmi nei momenti difficili… E così ho capito che era lui l’uomo della mia vita. E ora non c’è più! Come farò adesso?!– ricominciò a piangere disperata. Alex le accarezzò un braccio – All’inizio sarà difficile ma con il tempo il dolore sarà messo in un angolino e al suo posto prevarrà il ricordo di momenti felici. – ripensò ai primi tempi dopo che sua madre e Max erano morti; il dolore l’aveva sempre accompagnata ma aveva lasciato la via libera per i ricordi. Se chiudeva gli occhi poteva vedere Monique che l’abbracciava e le sussurrava che sarebbe rimasta con lei per sempre. Isabel si asciugò l’ennesima lacrima e notò lo sguardo velato nella sua interlocutrice – Questo come lo sa? – Alex sorrise tristemente – Perché ho perso mia madre e mio fratello. E mi creda, il loro ricordo non svanirà mai. Per un momento crederà che sia così ma sarà allora che riuscirà meglio a rivedere il suo fidanzato nella sua mente. –

Bussarono alla porta e Jay comparve nella stanza – Noi abbiamo finito. Può andare. Resti a disposizione, potremmo avere altre domande per Lei. – Isabel Bledel si alzò asciugandosi gli occhi e si ricongiunse alle sue guardie del corpo. Alex rimase seduta, passò un dito sotto all’occhio da cui stava per uscire una lacrima e la ricacciò indietro. – Tutto bene? – domandò cautamente Halstead senza lasciare la sua posizione all’entrata della stanza. Lei si tirò in piedi – Credo che dovremmo parlare… Scusa per il comportamento di prima. – si avvicinò e gli posò una mano sul petto – Ho un po’ di confusione… Ma credo di aver capito come risolverla. – Jay le rivolse un sorriso caloroso – Bene. Questa sera ne parliamo. – Alex si allontanò di qualche centimetro – Ordiniamo dal cinese? – lui si trattenne dal mettersi a ridere – Come sempre! Che hai fatto alla testa? – lei si toccò d’istinto il cerotto – Un cameraman di sotto, nulla di grave. –

-*-

L’intera squadra si era riunita per fare il punto della situazione. – Allora, abbiamo il figlio del governatore assassinato al suo matrimonio. La sicurezza era di alto livello ma, nonostante ciò, qualcuno è riuscito ad arrivare sul cornicione della chiesa e sparare. – disse Dawson indicando, su una foto appesa alla lavagna, il punto in cui pensavano si fosse appostato il cecchino. – Chi voleva James Rauner morto? – domandò ai suoi compagni. Alex adorava quei momenti, aveva infatti la possibilità di farsi un quadro del caso e sapere cosa avessero rivelato durante gli interrogatori a cui lei, ovviamente, non partecipava o assisteva.
-Siamo certi vero che abbiano sparato da lì e non da qualche edificio nei dintorni? – domandò Hailey un po’ perplessa. Atwater tirò fuori un fascicolo della scientifica – Secondo i calcoli la traiettoria parte proprio da quel cornicione. Nessun edificio in quell’area può combaciare: sono tutti o più bassi o messi in una posizione improbabile. – Voight guardò Jay – Halstead, tu sei stato su quel tetto. Che ne pensi? – il suo sottoposto si stava grattando il mento distrattamente – Per riuscirci, si riesce ben. Ma lo spazio è stretto e il killer doveva avere un’arma smontabile. Con il buio è possibile che nessuno l’abbia notato ma era comunque un rischio. Sicuramente è addestrato; forze speciali o esercito… - gli venne in mente quando si era addestrato come cecchino prima di essere mandato in missione. Solo qualcuno che facesse parte di un corpo militare poteva riuscire a fare quel colpo. Dal suo posto, Alex notò il leggero cambio di espressione del suo compagno. L’esperienza nei Ranger era sempre molto vivida nella sua mente.

-Okay! Quindi abbiamo un uomo addestrato che doveva avercela con la vittima. Avete scoperto qualcosa dalle guardie del corpo? – continuò Hank. Tutti scossero il capo – No capo. I due che abbiamo interrogato io e Atwater non hanno visto nulla. Erano fissati sulla sposa e la sua famiglia. Hanno solo sentito lo sparo e sono corsi a mettere in salvo la Bledel. Uno dei due ha detto di aver visto con la coda dell’occhio un’ombra su quel cornicione. Ma si è svolto tutto molto rapidamente… Non ha saputo darci nessun dettaglio. – Kim si risedette alla sua scrivania abbattuta.

Upton prese la parola – Il capo della sorveglianza con cui abbiamo parlato ha garantito che l’intera chiesa era coperta dalla sicurezza. Il governatore aveva fatto mettere sentinelle ad ogni angolo. Non ha idea di come sia riuscito il killer a passare inosservato. – Adam alzò la mano – A questo posso rispondere io! – esclamò allegramente – Mi hanno mandato il piano della sicurezza e c’era un angolo cieco. Non hanno pensato alle cantine della chiesa! – schioccò le dita mentre Voight lo guardava con tono di sufficienza – E quindi? – domandò il sergente – Le hanno fatte chiudere per il matrimonio ma non hanno pensato alle condotte delle fognature. Probabilmente è arrivato da lì. Poi dalle cantine c’è un passaggio nella torre del campanile e da là è un gioco da ragazzi arrivare a quel cornicione. – sembrava soddisfatto dall’aver trovato la falla nel piano. – Ottimo! – esclamò Hank. Poi si voltò verso Alex che osservava tutto dalla sua scrivania – Domani mattina vengono il governatore e la sua famiglia. Speriamo che abbiano qualcosa di più concreto da dirci. Aspettali direttamente all’entrata, sempre che tu non voglia far tardi… - disse ironicamente. Alex lo guardò divertita – Simpatico. Davvero… - poi tornò a smistare le mails che arrivavano sulla casella di posta elettronica della squadra.

Prima che ognuno tornasse ai suoi fascicoli, Burgess richiamò l’attenzione di tutti – Non ci avete detto cosa avete saputo dalla fidanzata della vittima. – fece notare ad Antonio e Hank. Entrambi scossero il capo – Era un buco nell’acqua. Lei non sa nulla… - rispose Voight prima di andare a recuperare il giubbotto ed uscire dall’ufficio.

-*-

Il resto della giornata lo passarono sulle carte, fra deposizioni dalla scena e tabulati telefonici della vittima, fino a cercare nei profili social. Per pranzo nessuno sembrava intenzionato ad uscire da quell’ufficio così Alex si mise il giaccone ed andò a prendere degli hot dog al chiosco dietro l’angolo. Si fermò prima nel panificio a pochi passi dal distretto e comprò una ciambella per ciascuno più un muffin completamente al cioccolato per sé. Tornò dopo una mezzoretta trovando tutti nella stessa posizione. – Ora basta! Datevi una tregua. Mi sentivo particolarmente buona oggi così vi ho preso i donuts! – esclamò facendo ondeggiare la busta di carta.

Quando si furono sistemati nella sala svago, ognuno con il suo Hot Dog, Ruzek ebbe l’ardire di aprire bocca – Avresti ben potuto prendere anche qualcosa da bere… - Alex si alzò dal bracciolo del divano su cui si era appollaiata e, molto elegantemente si avvicinò al frigo. Sbattè una bottiglietta d’acqua sul tavolo – Tieni caro! – poi prese la ciambella che giaceva ancora intoccata e la rimise nel sacchetto – Questa non te la meriti. – disse pacata prima di risedersi sul suo bracciolo. La scena scatenò l’ilarità di tutti i presenti.

Il telefono squillò sulla scrivania di Alex che corse per rispondere – Sì? – disse appoggiando il pezzetto avanzato di Hot Dog. – Okay Trudy, scendo subito. – riagganciò e si voltò verso la squadra – La madre della vittima è qui. Immagino voglia avere informazioni… - Antonio abbandonò la ciambella che aveva appena addentato – Vengo con te. – esclamò avvicinandosi alla giovane.

Quando furono all’entrata, la Platt indicò loro una donna di mezza età che camminava avanti e indietro davanti al bancone. I giornalisti, che si erano un po’ diradati, avevano avuto il buon senso di non infastidire la madre della vittima, già che sembrava molto provata da tutta quella situazione. - Signora Rauner! – la salutò cortesemente Dawson stringendole la mano – Sono il detective Dawson, si vuole accomodare? – indico la saletta in cui i membri dell’Intelligence erano soliti portare chi non volevano che salisse al piano di sopra o a chi dovevano solo dare un po’ di conforto, come in quel caso.

Alex fece per tornare di sopra ma Antonio la fermò – Vieni anche tu. –. La segretaria si richiuse la porta dello stanzino alle spalle e rimase appoggiata ad essa mente il detective fece accomodare la signora Rauner sul divanetto. – Avete scoperto qualcosa? Sapete chi volesse il mio povero bambino morto? – domandò con la voce incrinata dal pianto che stava bloccando. Dawson scosse lentamente la testa – No signora, mi spiace. Non abbiamo ancora nulla… Lei saprebbe dirci chi potrebbe aver avuto dei conti in sospeso con suo figlio? Magari qualcosa di risalente anche ad anni fa… Non ha nessuna idea? – la donna si schiarì la voce – Mio figlio è sempre stato un uomo onesto, detective! Non ha mai fatto un torto a qualcuno. Andava in chiesa ogni domenica e aveva organizzato il suo matrimonio di sera così che tutti potessero partecipare senza dover saltare il lavoro. Ci teneva moltissimo alla sua famiglia… - non riuscì più a trattenersi e una lacrima le scivolò lungo la guancia. – Signora Rauner… - provò Antonio lanciando poi un’occhiata ad Alex.

La giovane si accucciò davanti alla madre della vittima – Signora, cercheremo di capire cosa sia successo a suo figlio. Però Lei dovrebbe prepararsi all’idea che non fosse tutto limpido come pensa… - si bloccò vedendo lo sguardo allucinato della donna – Cosa vorrebbe dire? – domandò offesa – Dico solo che non si viene uccisi senza un motivo. Potrebbe aver anche fatto un torto involontario… Magari, nella sua campagna di riqualifica del territorio ha fatto arrabbiare qualcuno. Qualcuno che traeva vantaggio dalle case popolari semi abitate… Le dico solo che potrebbe essere un’ipotesi. Non Le sto dicendo che lo sappiamo per certo. – guardò il detective nella speranza che le desse una mano ma Antonio sembrava pietrificato dalle parole di Alex. Lei posò una mano sulla spalla della donna – Signora Rauner, torni a casa. Domani potrà parlare con il Sergente Voight e, speriamo, che per domani mattina ci siano delle novità. Lei non si preoccupi. Suo figlio l’amava sicuramente e non avrebbe fatto nulla per deluderla. – la Signora Rauner si asciugò gli occhi – E Lei cosa ne sa?! – domandò ancora inacidita – Perché ogni figlio cerca di non deludere i genitori, mai. – si alzò e accompagnò la donna verso l’uscita.

Quando si ricongiunse al detective lo guardò infastidita – Io ti porto l’hot dog e il donut e tu non mi dai manforte?! – l’altro digitò il codice per aprire il cancello che portava all’ufficio dell’Intelligence – Non sapevo che dire! Hai praticamente detto a quella donna che suo figlio era un criminale… - allargò le braccia mentre Alex cominciava a salire i primi scalini – Sei tu che mi hai voluta tenere lì! E poi non ha senso che rimanga convinta che suo figlio fosse uno stinco di santo. Se l’hanno fatto fuori ci sarà un motivo, no?! – Dawson scosse il capo cominciando a ridere – Sei veramente strana tu! -.

 

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


Capitolo 5

Quella sera Alex raggiunse Jay nel suo appartamento dopo essere passata dal suo per andare avanti con l’inscatolamento delle sue cose. Bussò delicatamente mentre si puliva i piedi dal fango dovuto allo scioglimento della neve. L’uomo non tardò molto ad aprire e fece entrare la sua ragazza in quella che, da lì a pochi giorni, sarebbe diventata la loro casa. – Che freddo! – esclamò come prima cosa togliendosi il cappotto. – Ho praticamente finito di mettere negli scatoloni le mie cose. Magari domani potremmo iniziare a portare qualcosa qui… - per qualche ragione si stava comportando come se nulla fosse, come se non ci fosse una questione irrisolta fra loro.

Jay rimase fermo a fissarla, le braccia conserte – Alex. – disse con un tono che ricordava molto quello di un genitore che sgrida il figlio. Lei smise di sistemare il cappotto sul divano e gli lanciò uno sguardo leggermente scocciato: non le piaceva quando usava quel tono; le ricordava estremamente suo padre. E l’ultima cosa che non voleva era che il suo compagno la trattasse come una bambina.

Rimasero a fissarsi per qualche secondo – Che è successo oggi? Perché mi hai trattato in quel modo, di punto in bianco?! – cominciò lui, avvicinandosi di qualche passo alla sua ragazza che aveva incrociato rapidamente le braccia davanti al busto: posizione che adottava ogni volta che finissero per discutere. – Non sopporto di essere vista come la tua ragazza! – sbottò Alex dopo aver deciso di non usare nessun tipo di filtro; era stufa di soppesare sempre le sue parole. Se dovevano andare a vivere assieme avrebbero dovuto imparare ad essere trasparenti l’una con l’altro.

-Ma tu sei la mia ragazza! – fece a sua volta Jay, un tono più acuto del suo solito – Appunto! Dannazione Jay, non lo capisci?! Anche se mi sono integrata nella tua squadra, non potrò essere nulla di più della tua ragazza! Forse non l’hai notato ma tutti lì dentro lanciano sempre degli strani sguardi a te quando commento qualcosa sui vostri casi! Sembra quasi che aspettino una tua reazione… E poi oggi ci si è messo pure Voight. – fece una breve pausa per riprendere il fiato. Jay si avvicinò di un passo – Non mi sembrava affatto che ci comportassimo come una coppietta sdolcinata! Non è che ti stai pentendo di aver accettato la mia proposta di trasferirti qui?! – Alex spalancò gli occhi incredula – Credi questo?! Io te l’avevo già detto che avremmo dovuto tenere le nostre vite separate! – cominciò a gesticolare andando verso la finestra – Separate?! Sei pazza se credi che sia una cosa possibile! Non puoi realmente credere che varcata la soglia del distretto, si sposti una levetta e tu diventi solo una collega! Alex, non posso smettere di amarti fino a che siamo a lavoro! E non posso neanche smettere di preoccuparmi per te! – lei si voltò con le lacrime agli occhi, una cosa che non le era mai capitata durante un litigio con qualcuno – Devi smettere di trattarmi come una bambina! So proteggermi da sola. So badare a me stessa e so come dosare le mie emozioni! Non ti sto dicendo di trattarmi con freddezza ma… - cominciò a singhiozzare così tornò a guardare fuori dalla finestra per impedirsi di vedere la faccia di Jay – Volevo dimostrare a tutti che si sbagliavano… - sussurrò rendendosi conto di quello che era realmente successo.

Inizialmente lui rimase fermo sul suo posto, poi però non riuscì a trattenersi dall’andare ad abbracciare la giovane – Mi dispiace! – esclamò con le lacrime che le rigavano le guance. Jay la costrinse a voltarsi e le asciugò un paio di lacrime con i pollici – Alex, non credo tu sia una bambina… Mi preoccupo perché ti amo. Ogni cosa che faccio la faccio perché ti amo. – la strinse a sé mentre lei tremava scossa dai singhiozzi.

Quando si fu tranquillizzata un po’, si scostò dall’abbraccio di Jay – Scusa… - sussurrò con la voce impastata e le labbra gonfie. Indicò la macchia umida sulla sua maglietta – Ti verranno i reumatismi precoci. – sorrise mentre le tornava in mente sua madre dirle la stessa cosa. Un’ondata di nostalgia la colpì in pieno e non riuscì a trattenersi dal ricominciare a piangere disperatamente. Jay le accarezzava la testa cercando di farle rilassare i muscoli che sentiva essere molto tesi – Tranquilla… Ci sono io. E se mi verranno i reumatismi, ti farò pagare le sedute dal dottore! – disse cercando di strapparle un sorriso. A quanto pare funzionò perché Alex iniziò a ridere scostandosi leggermente dalla spalla del suo compagno. Si asciugò malamente gli occhi – Che disastro… - commentò cercando un fazzoletto nella tasca della felpa. Prese la mano di Jay e lo costrinse a seguirla sul divano. Lui le circondò le spalle con un braccio – Che succede? – domandò delicatamente. Dopo essersi soffiata il naso, Alex si spostò una ciocca di capelli e si voltò leggermente per guardare Jay negli occhi – Scusa… Sono alcuni giorni che sono strana. Pensavo fosse l’eccitazione per andare a vivere assieme… - fece una breve pausa per asciugarsi l’ennesima lacrima. Lui tese i muscoli temendo che Alex volesse tornare sui suoi passi. – Ma non era quello. Venire a stare da te mi sembra l’unica cosa sensata in questo momento! Tu sei l’unico punto fisso… E mi sento un’idiota per averti trattato da schifo questa mattina. – gli occhi di Jay riacquistarono un po’ di luce a sentirsi dire quelle parole – Allora qual è il problema? Cos’è successo? –

Alex si mise a fissarsi le unghie – Ieri sera, con Mady… e poi questa mattina il dottor Charles… Tutti a dirmi che tenere le vite separate è impossibile. Volevo dimostrare a tutti che non è vero; che noi ci potevamo riuscire! Ma solo perché io l’ho sempre fatto… E poi il dottor Charles ha detto una cosa a cui non avevo quasi fatto caso fino a questa sera, mentre impacchettavo le ultime cose. Ha detto che metto a tacere le mie emozioni… che poi già lo sapevo! Ma ha detto qualcosa sul fatto che facendo così finirò per venire sopraffatta! E prima ho ripensato a questa cosa e mi sono accorta di tutte le cose che ho mandato giù… - le si incrinò la voce e ricominciò a piangere. Jay avrebbe voluto stringerla a sé ma si fermò perché sapeva che le serviva sfogare tutto quello che la stava tormentando in quel momento. – Mi manca la mia mamma! Tantissimo… - confessò sentendo un peso salirle dallo stomaco ed uscire assieme alle lacrime. Si lanciò sul petto del suo ragazzo e si lasciò cullare fra le sue braccia che le infondevano calore. Non aveva mai pronunciato quelle parole, aveva sempre trovato un modo per distrarsi quando quel pensiero si affacciava dai meandri della sua mente in cui l’aveva cacciato. Da qualche settimana aveva anche iniziato a frequentare la palestra vicino al suo appartamento (senza dirlo a Jay) per cercare di dimenticare i pensieri che la rattristavano. Ma forse il modo migliore per superarli era affrontarli realmente e non tirare di boxe qualche ora. – Sono un disastro con le emozioni! – esclamò tra un singhiozzo e l’altro.

Jay, che continuava ad accarezzarle la schiena, stava soffrendo silenziosamente vedendola così. Però forse era un bene che si sfogasse e lasciasse uscire tutto quello che le stava facendo male – Tesoro – cominciò dopo averle lasciato un bacio sulla testa – Non è vero che sei un disastro. Oggi, per fare un esempio, hai saputo creare un legame con la fidanzata della vittima. E le due ragazze francesi qualche mese fa? Anche con loro eri stata bravissima! Questo dimostra che tu sai esprimere le tue emozioni… - lei però non sembrava convinta per nulla – Ho usato le loro emozioni per scoprire qualcosa per i vostri casi. È diverso! – disse tirando su col naso. Jay non volle arrendersi – Allora che mi dici della squadra? Sai sempre di cosa abbiamo bisogno. Alex, riesci a capire sempre come stiamo! La settimana scorsa, durante il caso di droga tagliata male, hai detto qualcosa ad Hailey che l’ha aiutata a non incolparsi per la morte di quella ragazza. E il mese scorso? Kevin me l’ha raccontato: l’hai aiutato con la sorella della vittima. Sei riuscita a calmare quella donna e gli hai permesso di farle le domande che poi ci hanno condotto all’assassino di suo fratello. – fece una breve pausa – Sai cosa mi ha detto la Platt?! Che anche se Hank non lo ammetterà mai, la tua presenza nell’unità è diventata fondamentale; che sei una persona d’oro. E io non ho potuto fare altro che darle ragione! Fai solo fatica a lasciarti andare, ma lo capisco perché sono come te. – Alex riemerse dall’abbraccio – Lo so… Speravo solo di essere più brava di te a nasconderlo. – Lui fece una smorfia divertita – Più brava di me?! Lo sai che non avevo mai detto a nessuno che sono stato sposato? Erin l’ha scoperto per colpa di Will… - si bloccò rendendosi conto troppo tardi di aver fatto quel nome – Tuo fratello parla troppo! – esclamò con un sorriso timido lei. Non sembrava averla turbata quel nome. – Jay, non devi aver paura a dire quel nome. Erin Lindsay ha fatto parte della tua vita, non puoi cancellarla. – disse capendo che lui temeva di aver fatto un casino. Si tirò un po’ su per guardarlo meglio negli occhi – Davvero sono così importante per voi? – chiese con un sorriso furbo. Lui la afferrò per i fianchi e la posizionò sulle sue gambe – Estremamente. Specialmente per una persona… - ricambiò lo sguardo malizioso. Lei si spostò i capelli da una parte – E scommetto che il suo nome è Halstead. Dico bene? – si abbassò prima ancora di avere una risposta e gli lasciò un bacio sulle labbra – Veramente pensavo a Voight. – disse il detective, staccandosi da Alex – Ma anche io preferisco averti accanto tutto il tempo. Almeno posso tenerti d’occhio! – risero entrambi tronando a baciarsi.

Da quella lunga discussione erano uscite molte questioni che sarebbero riusciti a sistemare nel corso del tempo. Aver lasciato uscire tutto quello che le aveva reso il cuore pesante, aveva aiutato Alex a vedere con una nuova prospettiva la questione “lavoro e famiglia separati”.

-Troverò il modo per farmi rispettare dalla squadra senza sacrificare la nostra relazione. –sancì quella notte, dopo aver fatto l’amore con il suo ragazzo per gran parte del tempo. Jay si voltò quel tanto per intravedere gli occhi lucidi di Alex – Non è necessario. Già ti adorano e rispettano. Solo che tu non l’hai ancora notato… - le diede l’ennesimo bacio e si sistemò per mettersi a dormire: la mattina avrebbe dovuto svegliarsi presto e almeno quattro ore le avrebbe dovute dormire per non sembrare uno zombie.

-*-

Quel mattino Alex rispose all'ennesima telefonata dell'ennesimo giornalista che chiedeva se c'erano novità sul caso di Rauner. Ormai si era preparata una risposta standard che aveva scritto su un fogliettino e aveva appiccicato accanto al telefono. E anche in quell'occasione non mancò di leggerla alla persona all'altro capo - Per motivi di privacy non sono tenuta a darle nessun genere di informazione. Le consiglio di non chiamare più e permettere così alle persone che stanno lavorando al caso di trovare il colpevole. Grazie e buona giornata. - nemmeno dava il tempo di replicare che riattaccava la cornetta. - I giornalisti sono la piaga della società! - commentò tornando a cancellare mail delle reti televisive che provavano ad andare alla carica anche per iscritto - Solo dopo i politici. - aggiunse Ruzek dalla sua scrivania.

Verso mezzogiorno ricevette una telefonata dal piano di sotto: la famiglia della vittima era arrivata. Alex sperò che la madre di James Rauner avesse messo da parte quello che le aveva detto il pomeriggio prima. 

Scese all'ingresso e chiese al governatore, sua moglie, la figlia minore e le quattro guardie del corpo che si erano portati dietro di seguirla al piano di sopra. Evitò di parlare, si limitò a rispondere ad una veloce domanda del governatore e a scusarsi in anticipo per il clima che avrebbero trovato al piano di sopra.

Appena la combriccola fu fatta sistemare nella sala svago dell'Intelligence, Alex si rimise uno dei felponi che Jay teneva in ufficio in caso di necessità nonostante cozzasse parecchio con l'abito svasato bordeaux che aveva addosso quel giorno. Quella mattina infatti, il riscaldamento aveva deciso di abbandonarli in quella che era stata definita una delle giornate più fredde di quell'inverno. La ragazza aveva provveduto a chiamare subito l'assistenza ma pareva che si fossero completamente dimenticati della sua richiesta di mandare un tecnico.

Dopo appena dieci minuti da quando Voight, Jay e Antonio si erano chiusi nella saletta con il governatore e la sua famiglia, Vanessa Rauner uscì in lacrime senza degnare di uno sguardo suo padre che provava a chiamarla. Alex fu svelta a lasciare la sua postazione ed andare a fermare la giovane che si stava incamminando smarrita verso lo spogliatoio della squadra – Non può andare da quella parte signorina. – la fermò con voce ferma ma gentile. Questa si voltò con gli occhi rossi e si lasciò cadere fra le braccia della segretaria. Iniziò a singhiozzare lasciando l’altra neanche poi tanto basita.

Quando si fu tranquillizzata, si scostò con il viso arrossato – Mi dispiace… che cosa imbarazzante! – esclamò Vanessa coprendosi il volto per la vergogna – Non è un problema. È normale in una situazione del genere… - provò a consolarla Alex. La figlia del governatore tirò su con il naso – Già… Sarà difficile senza James. – la segretaria le fece cenno di seguirla alla sua scrivania. Alex porse all’altra un fazzoletto e un cioccolatino che teneva nel cassetto per emergenza. – James è… era il futuro della nostra famiglia. I miei genitori, specialmente mio padre, riponevano in lui ogni speranza che facesse carriera e ottenesse successo. Io sono sempre stata quella più anticonformista, se così mi posso definire. Non ho voluto frequentare un’università; ho scelto di studiare al conservatorio. Nella musica riuscivo a trovare un rifugio dalla mia vita… - fece una breve pausa guardandosi alle spalle per vedere cosa stesse succedendo all’interno della sala svago. Sua madre aveva cominciato a piangere e suo padre stava provando a darle un po’ di conforto sotto lo sguardo vigilie dei tre detective. Poi tornò a guardare la sua interlocutrice – Ma ora che James non c’è più le loro speranze ricadranno su di me! Lo so che sembra egoista ma non posso pensare di fare carriera in politica né studiare diritto internazionale come la mamma. Non sono cose che fanno per me e, è orribile da dire lo so, ma James mi evitava di avere i loro sguardi di disapprovazione addosso ad ogni evento di famiglia… - Alex le posò una mano sulla spalla – Io credo che non avanzeranno nessuna pretesa su di lei, signorina Rauner. E non si senta un mostro per come si sente, ognuno deve poter seguire le sue passioni. Da come ho sentito parlare di suo fratello, lui amava la sua vita e sono abbastanza convinta che non le permetterebbe mai di rovinarsi quella che si sta creando per seguire le sue orme… - l’altra si asciugò un’altra lacrima – Lo dica ai miei! Mio padre ha già iniziato a parlare di cosa potrei fare per la comunità di Chicago e di prendere il posto di James nella costituzione del comitato per i condomini ecologici. Quel progetto era un’idea di mio fratello, io non saprei neanche da dove iniziare! – la segretaria lanciò uno sguardo leggermente disperato ad Hailey che aveva appena alzato la testa dai suoi fascicoli – Magari potrebbe essere Isabel a prendere in mano quello che il suo fidanzato aveva iniziato. - tentò per provare a dare un po’ di sollievo alla ragazza. Questa fece un verso di scherno – Quella non sa fare nulla senza suo padre che le indichi cosa fare! Quando ha conosciuto James, è stato suo padre a convincerla di uscirci assieme. Aspetta sempre un cenno da quell’uomo per fare qualunque cosa! È cresciuta sottomessa a Markus Bledel e lo è tuttora! – l’odio che provava per la futura cognata lasciò Alex interdetta – Come sa queste cose? – domandò lanciando un’altra occhiata ad Upton che aveva completamente abbandonato le scartoffie per prestare attenzione alla conversazione – Perché mi aveva presa in simpatia e mi ha raccontato tutto due giorni prima del matrimonio. Mi ha raccontato dell’amore della sua vita! Uno spacciatore che aveva conosciuto al college. Pensi che suo padre è riuscito a mandarlo nell’esercito pur di non vederlo con sua figlia! – Alex non poté impedirsi di scambiare uno sguardo più che eloquente con la detective che aveva poi provveduto ad appuntarsi qualcosa sul piccolo quadernino che portava sempre con sé.

-*-

Il governatore e la sua famiglia se ne andarono dopo un’ora circa. I tre detective che avevano parlato con loro avevano riferito quello che si erano detti ma nulla sembrava interessante.

-Alex invece ha scoperto qualcosa dalla figlia. – disse Hailey facendo un sorriso in direzione dell’interessata che, persa nei suoi pensieri e completamente congelata, si era abbandonata sulla scrivania con la fronte appoggiata sulla superficie fredda e il cappuccio della felpa di Jay tirato sulla testa. Dopo che il governatore era andato via aveva iniziato a sentire una specie di stanchezza profonda ed era abbastanza sicura fosse causata dal freddo che lei non riusciva a sopportare, allo stesso modo del caldo torrido che si abbatteva spesso su Chicago durante agosto.

Alzò lo sguardo il minimo indispensabile e si trovò gli occhi di tutti addosso. Si costrinse a tirarsi su e assumere una posizione più consona. – L’ex di Isabel Bledel è un militare. Forse avete pensato al movente sbagliato. – disse cercando di mascherare la sua stanchezza. La squadra rimase per un attimo in silenzio poi Hank riprese a parlare – Abbiamo qualche altra informazione su questo tizio? – Upton alzò le spalle mentre Alex raccolse le forze per alzarsi dalla sua sedia e fingere un passo deciso.

-La Bledel mi ha detto che lo ha conosciuto al college, era uno spacciatore ma lei non lo sapeva. Da come ne parlava sembrava si amassero molto… L’ha definito il suo “grande amore”. – mimò le virgolette con le dita e fece una breve pausa con una faccia che non nascondeva il suo pensieri. - Il governatore, comunque, lo ha mandato nell’esercito. Di più non so. – concluse appoggiandosi alla scrivania di Halstead e lanciandogli uno sguardo di sfuggita. Il sergente aprì bocca per dare uno dei suoi ordini ma Alex, che era congelata ma i suoi neuroni ancora funzionavano, lo anticipò come suo solito – Domani la chiamo e la convoco il prima possibile. –guardò l’orologio notando che mancava ancora mezz’ora alla fine della sua giornata lavorativa. Quella sera si sarebbe concessa una bella doccia bollente e un tuffo nel letto. Tornò alla sua scrivania e si mise un promemoria per la mattina successiva, così da non dimenticarsi di chiamare Isabel Bledel.

 

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


Capitolo 6

-Sono esausta! – esclamò come prima cosa appena entrata nell’appartamento di Jay (ancora per poco!) – Se domani non arriva il tecnico ti giuro che uccido qualcuno! – il detective rise vedendo come la sua ragazza avesse ritrovato un po’ di energia a quel pensiero. Si avvicinò a lei e la circondò in un bellissimo e caldissimo abbraccio – Se domani non arriva nessuno, ti presterò la mia pistola. – scherzò lasciandole un bacio sulle labbra. Alex però si staccò con un finto broncio – Tu scherzi… Ma io ci muoio dal freddo! Sono tipa da clima mite, quello autunnale con dei gradi decenti durante la giornata e temperature più fresche la notte così si dorme bene. Non amo passeggiare con i pinguini tutto il giorno o cercare di non svenire dal caldo! – Jay annuiva mantenendo la sua espressione divertita – Posso sempre scaldarti io… - disse allusivamente prima di darle un secondo e un terzo bacio.

Si fiondò sotto al getto bollente della doccia e ci rimase per una ventina buona di minuti. Quando uscì percepì la voce di Jay in cucina e si chiese con chi stesse parlando. Di lì a pochi istanti comparve nella camera da letto dove Alex stava finendo di mettersi la camicia da notte – Ehi, mi hai sentito? – le chiese iniziando ad accusare anche lui la stanchezza della giornata – No, scusa… cosa mi hai detto? – rispose infilandosi i calzettoni di cotone al 100%. – Io mi faccio un toast. Lo vuoi anche tu? – continuò Jay rimanendo sulla porta. Lei scosse il capo leggermente – Sono troppo stanca. Mi farò una tazza di latte e cacao… -. Fin da ragazzina aveva preso l’abitudine di cenare in quel modo ogni qual volta fosse esausta e non voleva rischiare di svegliarsi nel cuore della notte con tutto sullo stomaco.

Raggiunse Jay nel cucinino e si mise a scaldare del latte. Si sedette poi sulla poltrona in attesa che la sua cena fosse pronta e passò un po’ di tempo ad osservare il suo ragazzo. Quando se ne accorse, lui si voltò sorridente – Che c’è? Perché mi fissi? – domandò con il toast in mano – Faccio come fai tu a lavoro! Credevi non me ne fossi accorta?! – rise nonostante la stanchezza mentre lui la raggiungeva per darle un bacio rapido – Credevo fossi sempre troppo occupata con il lavoro per accorgertene… - provò a giustificarsi tornando al tavolo – Là dentro non mi sfugge nulla, caro Jay Halstead! – fece lei con sguardo di sfida – Sarebbe una minaccia?! – ma Jay non poté attendere una risposta perché un bussare insistente alla porta d’ingresso lo fece alzare abbandonando il suo pasto.

-Will? – il fratello minore degli Halstead fece un passo nell’appartamento – Ciao! Disturbo? – sembrava agitato ma allo stesso tempo elettrizzato – No, tranquillo. Vieni pure. – Jay sembrava perplesso quanto Alex alla vista del dottore in quelle condizioni – Gliel’ho chiesto! – esclamò ancora prima di accomodarsi. Il fratello sgranò gli occhi – E? Cosa ha risposto? -. L’unica in quella stanza che non sapeva di cosa stessero parlando alzò una mano per attirare l’attenzione su di sé – Scusate, di cosa state parlando? Cosa avresti chiesto a chi? -, Will la guardò con una luce diversa negli occhi – Ho chiesto a Natalie di sposarmi. E lei ha detto sì! – aggiunse subito per rispondere anche a suo fratello – Congratulazioni fratello! – esclamò Jay dando una pacca amorevole all’altro. – Wow! Non avevo capito foste ad un punto così avanzato voi due… - disse Alex alzandosi dalla poltrona per fargli le congratulazioni e lasciare la tazza nel lavello. – Perdona il mio scarso entusiasmo… Sono esausta e infatti ora vado a dormire. Festeggiate anche per me! – sorrise prima al futuro sposo e poi al suo ragazzo – ‘Notte ragazzi! – lasciò un bacio rapido sulla guancia di Jay e si chiuse in camera da letto. Sprofondò nel sonno appena mise la testa sul cuscino.

Nella notte Alex fu svegliata da una specie di lamento che la riportò alla realtà. Aprì lentamente gli occhi cercando di capire dove si trovasse. Quando realizzò di essere nel letto a casa di Jay, realizzò anche che quel suono erano i singhiozzi strozzati dell’uomo. Aveva imparato come gestire gli incubi che, di tanto in tanto, facevano visita al detective. Si mise a sedere appoggiando la schiena alla spalliera di tessuto del letto e si avvicinò a Jay lentamente. Cominciò ad accarezzargli i capelli mentre lui, inconsciamente, spostava la testa dal cuscino al grembo di Alex. La giovane continuò a coccolare il suo ragazzo fino a che i singhiozzi non si affievolirono e poi scomparvero; le spalle si rilassarono e le mani, che fino a quel momento erano serrate a pugno e strette al busto, si lasciarono scivolare e si appoggiarono sulle gambe di lei.

Alex sorrise dolcemente alla sagoma, appena percepibile nel buio, dell’uomo che amava. Era da un po’ che i brutti sogni non facevano visita al detective e lei si domandò cosa in quella giornata poteva averlo turbato a tal punto. Solitamente infatti capitavano questi episodi quando Jay aveva una giornata particolarmente stressante o un caso difficile, ma questa volta non riusciva proprio a capire.

Si riaddormentò ancora seduta e con Jay raggomitolato addosso.

-*-

-Buongiorno! – salutò Alex fingendo di essere piena di energie. La squadra già riunita alle 7:30 di quella mattina stava scartabellando ogni documento, immagine o chat che fosse conservata nei fascicoli del caso. Tutti stavano cercando di capire chi fosse l’uomo del passato di Isabel Bledel.

Si sedette alla sua scrivania dopo aver lanciato uno sguardo preoccupato al suo compagno. Jay era uscito molto prima di lei quella mattina, senza dire nulla sulla sua meta, e la cosa l’aveva lasciata con una strana sensazione alla bocca dello stomaco.
Decise di ignorare quella vocina d’allerta e si concentrò sul trovare il numero di cellulare di Isabel Bledel. Quando la donna rispose all’altro capo del telefono, sembrava più sollevata dell’ultima volta in cui si erano viste. – Signorina Bledel, sono Alex Morel dell’Intelligence di Chicago. Si ricorda di me? – attese una risposta affermativa all’altro capo del telefono e si mise a spiegare l’oggetto della conversazione – La chiamo perché il sergente Voight avrebbe bisogno di parlare con Lei riguardo una questione ben precisa. – attese che la quasi vedova finisse di porre le sue domande e si sentì di sbilanciarsi – Si tratta del suo ex fidanzato. Quello del college di cui mi ha parlato… - smise nuovamente di parlare mentre, inconsapevolmente, Isabel le dava l’informazione che sarebbe servita alla squadra. Salutò cordialmente la donna e chiuse la telefonata. Un sorriso compiaciuto si manifestò sul suo viso mente si alzava e richiamava l’attenzione di tutti – Un giorno o l’altro mi dovrete una cena completa. – commentò mentre scriveva un nome alla lavagna: Eamonn Holt. – Questo è il tizio che state cercando. La quasi vedova me l’ha appena detto involontariamente. – alzò le spalle tornando poi verso il suo posto senza che qualcuno avesse detto qualcosa. Tutti le avevano rifilato uno sguardo divertito e leggermente più rasserenato, ora almeno avevano un nome su cui fare ricerche. Prima di risedersi Alex si voltò nuovamente e fissò gli occhi si Voight – Isabel Bledel verrà in centrale comunque, arriva per le quattro di oggi pomeriggio. -.

Il resto della giornata tutta la squadra scartabellò ogni tipo di documento in cui fosse presente il nome Eamonn Holt. Scoprirono che era stato congedato con disonore per aver disobbedito ad un ordine del suo superiore. Era rientrato in patria a fine settembre quindi era più che plausibile che fosse lui l’assassino di James Rauner. Alla squadra mancava solo trovarlo per interrogarlo. Purtroppo però, in nessun documento si faceva riferimento all’attuale domicilio. Adam e Kevin avevano fatto un tentativo al vecchio indirizzo, mentre Kim e Antonio erano stati dalla madre di Holt e Jay ed Hailey avevano fatto visita al fratello. Nessuno sapeva dove potesse essere finito l’uomo, tutti avevano tagliato i ponti con lui: era diventato violento e irascibile. La madre raccontò che, appena tornato dalla sua prima missione, aveva cambiato tutte le serrature e l’aveva costretta ad acquistare una pistola.

Verso le due di quel pomeriggio, il sergente Platt salì nell’ufficio dell’Intelligence seguita da un uomo sui venticinque anni, indossava una tuta da lavoro e con sé aveva portato una valigia con il logo della ditta dei termosifoni sulla tasca laterale – Il tecnico per aggiustare il riscaldamento è arrivato. – annunciò la donna prima di fare cenno all’ospite di mettersi al lavoro. – Finalmente! – esclamò Alex, sempre con indosso la felpa di Jay – Era troppo impegnato per venire qui prima?! – chiese sarcastica. Lui le rivolse un sorriso smagliante di chi non ha paura di fare una brutta figura – Sta’ tranquilla bellezza, ora sono qui! – le rispose posando la valigia. Alla giovane scattò un istinto omicida ma decise di fermarsi prima di voltargli la faccia a schiaffi: era meglio che prima finisse il lavoro per cui era stato chiamato. – Dove trovo la caldaia? – domandò dopo essersi sistemato. Alex dovette alzarsi e portarlo nel locale adiacente allo spogliatoio – Spero non ci voglia molto. – disse mentre tornava alla sua scrivania – Non preoccuparti dolcezza. Farò in un lampo! – lei strinse i pugni mentre si auto convinceva di stare calma.
Rientrati in centrale i membri della squadra si aggiornarono a vicenda. Burgess raccontò dell’arma acquistata dalla madre di Holt e che era sparita dall’abitazione, immaginarono l’avesse presa proprio il loro sospettato. – Okay ragazzi, teniamo un profilo basso. Di questa faccenda non parliamone con nessuno. Ed evitiamo di fare il nome di Eamonn Holt al di fuori di queste mura. Non voglio che si allarmi e magari faccia una follia. – disse Hank guardando la lavagna bianca su cui avevano raccolto tutte le informazioni. – Quell’uomo è pericoloso e potrebbe diventarlo ancora di più se si spaventasse. – concluse con voce seria.
In quel momento quell’odioso tecnico rispuntò dal corridoio mentre si puliva le mani in uno strofinaccio – Ottime notizie: ho aggiustato il guasto! – rivolse un sorriso fastidioso alla segretaria che fece finta di ignorarlo – Manderò la fattura appena rientrato in ditta. – continuò mentre riponeva gli attrezzi nella valigia. Poi si rimise in piedi accanto alla scrivania di Alex e, con fare naturale, le strappò la penna dalle mani – Scusami?! – fece lei infastidita rifilando uno sguardo di fuoco al tipo. Questo però non sembrò notarlo, intento com’era a scrivere qualcosa su un pezzo di carta trovato lì accanto. L’intera squadra guardava la scena incuriosita, tutti in attesa di vedere quale sarebbe stata la mossa di Alex. – Ho notato che fra noi c’è chimica, dolcezza. – le passò il biglietto su cui aveva scritto il suo numero di cellulare – Quando ti senti sola, fammi uno squillo. – finì con fare allusivo. Sul viso della segretaria comparve un sorriso raggiante e, mentre manteneva il contatto visivo con quello sfacciato, strappava con molta lentezza il suo numero. Lasciò cadere le briciole di carta al suolo – Spero vivamente che quando la fattura arriverà sarà compresa di un bello sconto per il ritardo che avete avuto nel riparare il guasto. – disse con tono infastidito e cambiando il sorriso in uno sguardo algido. Tornò a fissare il monitor del computer per far capire al tizio di sloggiare, questo capì l’antifona. Il sorriso da sbruffone scomparve mentre si accucciava a prendere la sua valigia e sloggiò in breve tempo senza più rivolgere la sua attenzione ad Alex. Lei lanciò un rapido sguardo a Jay che si stava coprendo la bocca per non farle vedere che stava ridendo; peccato che lei riuscisse a notare le sue fossette spuntargli oltre la mano, fece spallucce con fare angelico e sistemò le carte che quel sudicio tipo le aveva spostato.

Alex lanciò un’occhiata all’orologio al polso: erano passate le quattro e ancora non era stata avvisata da Trudy dell’arrivo di Isabel Bledel. Bloccò il monitor del computer – Io vado ad aspettare Bledel all’ingresso. Dovrebbe essere ormai qui. Se quel tipo l’ha puntata potrebbe essere in pericolo. –

All’ingresso scambiò due parole con Trudy e, dopo un quarto d’ora, Isabel Bledel fece il suo ingresso al distretto con un uomo al suo fianco. Alex si avvicinò immediatamente fingendo tranquillità anche se temeva di sapere chi fosse l’accompagnatore. Non assomigliava ad una delle guardie del corpo che aveva visto già con la donna, ma aveva un portamento militare ed uno sguardo molto attento. Doveva trattarsi di Eamonn Holt.

Certamente non poteva portarli di sopra, il sospettato avrebbe visto il suo nome e la sua faccia sulla lavagna e sarebbe andato tutto a rotoli. Fece cenno ai due di entrare nella saletta accanto all’entrata e sperò che Trudy si attivasse in qualche modo. Si pentì di non aver spiegato al sergente le ultime novità del caso e si appuntò mentalmente di trovare un modo per uscire da quella stanza il prima possibile.

Con un gesto della mano fece accomodare i due sulle poltroncine, Holt però non si spostò di una virgola dal posto che aveva preso accanto alla porta – Mi ha detto che il sergente Voight voleva parlarmi… - iniziò Isabel non capendo perché si trovassero in quella stanzina e non al piano di sopra – Lo so, mi spiace ma purtroppo è uscita una nuova pista e non ho avuto il tempo di avvisarla. – sperò che quella bugia sarebbe risultata vera alle orecchie di entrambi, specialmente dell’uomo. Eamonn sbuffò dal naso – Tipico! – esclamò guardando prima Alex poi Isabel – Pretendono che la gente sia sempre scattate quando vogliono qualcosa ma poi non si prendono neanche il tempo di presentarsi e mandano una segretaria! – indicò Alex con sdegno e per un attimo le si gelò il sangue. Fu però rapida a riprendersi – Ripeto che sono mortificata ma dovreste essere contenti di sapere che il sergente Voight ha dovuto saltare l’appuntamento con voi per trovare chi ha ucciso il suo fidanzato. – guardò Isabel ma non le sfuggì l’odio che passò negli occhi di Holt. Dopo un attimo di silenzio, la fidanzata della vittima si asciugò una lacrima – Ah già… Lui è Eamonn Holt. – indicò l’uomo alle sue spalle che si voltò di scatto – Ho pensato che potevate fare a lui direttamente le domande che volevate fare a me… - finì di dire Isabel mentre ad Alex mancava il fiato.

Holt fece un passo rapido verso la segretaria – Cosa volete sapere da me?! – domandò iniziando a perdere il controllo – Non lo so. – rispose Alex fingendo calma. Eamonn tornò a guardare fuori dalla finestra della stanzetta e notò degli strani movimenti davanti al bancone dell’accoglienza – Che succede lì fuori? – alzò di un tono la voce – Eamonn sta’ tranquillo. Siamo in un distretto di polizia, ci sarà un motivo… - provò a calmarlo Isabel senza successo. Si alzò e gli mise una mano sul braccio – Che cos’hai? Sembri teso… Forse non avrei dovuto chiederti di accompagnarmi… Forse è ancora presto… Sei tornato meno di un mese fa dal fronte e magari… - ma non finì la frase perché Holt scattò come una bestia – Sta’ zitta! – le urlò in faccia lasciandola paralizzata – Zitta! Fammi pensare! – iniziò a grattarsi la testa stressato. – Cosa…? – provò lei ancora ma Alex si precipitò verso la donna e la trascinò verso la porta. Fece appena in tempo ad aprirla di qualche centimetro prima che apparisse una pistola nelle mani di Holt. Sparò un colpo in aria e trascinò le due donne all’interno della stanza chiudendo poi la veneziana alla finestrella – Non ci pensate nemmeno per un secondo! Voi non uscirete da qui! – esclamò puntando l’arma verso il viso di Alex. – Eamonn… - provò a dire Isabel, scossa dalla paura – Cosa fai? – domandò guardandolo con le lacrime agli occhi. Alex la spinse ancora più lontano dall’uomo – è stato lui ad uccidere James. – disse fissando Holt. Isabel rimase muta, incapace di concepire quello che le era appena stato detto – L’Intelligence lo sa e a questo punto saranno qui fuori pronti ad irrompere e catturarti a qualunque costo. – forse stava sbagliando tattica ma le risultava davvero difficile pensare con quella pistola puntata addosso. Il ricordo imponente di lei in quella vecchia distilleria si fece vivido nella sua mente e tutto divenne più difficile. Holt scostò leggermente la veneziana per guardare la situazione all’esterno. Puntò lo sguardo nella segretaria e le fece segno con la pistola di avvicinarsi – Ora tu mi porterai fuori da qui! – Isabel provò ad avvicinarsi – Eamonn ti prego… - supplicò con le guance rigate dalle lacrime – Sta’ zitta e non ti muovere! – fu l’unica cosa che le rispose l’ex militare.

-Eamonn Holt! Sappiamo che sei lì dentro. Esci con le mani in alto e non ti uccideremo! – la voce di Voight fece bloccare tutto per un secondo in quella stanza. Holt lanciò un’occhiata ad Alex, forse per capire se potesse essere la verità. In cuor suo ad Alex si sciolse leggermente il nodo alla bocca dello stomaco. – Sappiamo che hai ucciso tu James Rauner. Ormai non hai via di scampo! Lascia andare gli ostaggi e troveremo un accordo. – continuò Hank da fuori. – Perché? – domandò Isabel scossa dai singhiozzi. Eamonn lasciò la sua postazione accanto alla porta solo per un attimo e le si avvicinò. Alex avrebbe potuto cogliere quell’occasione per uscire ma sapeva che, se lo avesse fatto, quasi sicuramente sarebbe seguito un bagno di sangue e lei voleva evitarlo. Rimase immobile mentre Holt si inginocchiava davanti alla figura sconvolta della donna – Non era l’uomo adatto a te… Isabel sono io l’uomo per te. Volevo tornassi ad essere mia come quando stavamo al college… - le diede una carezza dolce sulla guancia, in netto contrasto con la pistola che teneva nell’altra mano. Qualcosa in quel contatto fece scattare Isabel. Si ritrasse di scatto con uno sguardo di disgusto – Tu non potrai mai essere adatto a me! Aveva ragione mio padre quando ci ha fatti lasciare. Sei instabile! –

Naturalmente quelle parole fecero infuriare l’uomo che rispose a quell’insulto dando uno schiaffo in pieno viso alla donna – Sei solo una puttana ingrata! Ti ho salvato da una vita insignificante con un uomo insulso che ti avrebbe tradita con altre donne! Io sarei stato un marito fedele… - si rimise in piedi e, a grandi falcate, riprese il suo posto accanto alla porta e accanto ad Alex. L’afferrò per un braccio – Adesso noi usciamo da qui. – scostò leggermente la tendina a veneziana ed osservò l’ingresso del distretto. – Ho la vostra segretaria! – urlò puntando l’arma alla tempia di Alex che, per quanto possibile, rimase impassibile – Se qualcuno prova a fare una mossa, la uccido! – attese qualche secondo poi fece aprire la porta al suo ostaggio. L’intera zona era circondata da agenti in borghese o in divisa che puntavano le loro armi verso i due soggetti che uscivano dalla stanza. Alex individuò immediatamente gli occhi preoccupati di Jay. – Alex stai bene? – domandò Voight continuando però a fissare l’uomo – Sì sergente. Sto bene. – Hank rilassò impercettibilmente le spalle – Eamonn lasciala andare. Prometto che nessuno si muoverà senza un mio ordine. – l’uomo strinse maggiormente la presa sul braccio del suo ostaggio e premette con più forza la pistola sulla sua tempia – Mettete giù le armi! O giuro che le faccio un buco in testa! – minacciò.

Alex aveva gli occhi puntati in quelli di Jay, si stavano tranquillizzando a vicenda. Al detective venne un’idea e sperò che la sua ragazza avrebbe capito. Mentre Holt era fisso sul sergente Voight, Jay indicò il basso con un dito, un gesto quasi impercettibile ma che alla ragazza non sfuggì. – Abbassate le pistole! – urlò nuovamente Holt. Voight fu il primo ad obbedire – Fate come dice. – Fortunatamente a quell’uomo non sfuggiva nulla: aveva infatti captato lo scambio di sguardi fra il suo detective e la segretaria, quindi sapeva cosa sarebbe successo di lì a poco.

Mentre tutti i presenti abbassavano le armi, Alex si buttò al suolo, il più lontano possibile da Holt, e Halstead sparò un colpo che centrò il bersaglio. Il sequestratore lasciò cadere la pistola e si strinse il braccio lamentandosi per il dolore: la pallottola aveva centrato la spalla.

Ruzek si affrettò ad ammanettare l’uomo mentre si complimentava con la mira del suo collega. Alex corse da Isabel Bledel per vedere come stesse ed Hailey la raggiunse pochi istanti dopo – Stai bene? – chiese la detective alla segretaria – Certo. – rispose senza distogliere lo sguardo da Isabel che continuava a piangere. Upton le mise una mano sul polso – Va’ da Jay. Mi prendo cura io di lei. –

Ai piedi della scala che portava all’ufficio dell’Intelligence, Alex trovò Jay mentre parlava con il suo capo – Ottimo colpo Halstead. – stava dicendo Voight, poi vide la giovane avvicinarsi e un leggero sorriso apparve sul suo viso. Jay si voltò sorpreso dal sorriso del suo capo ma capì rapidamente da cosa dipendesse. Alex fece gli ultimi passi e si affiancò al suo ragazzo – Stai bene? – domandò il sergente, lei alzò le spalle – Sì… Ormai ci sono quasi abituata. – scherzò anche se iniziava a sentire la stanchezza dell’adrenalina che scemava. Anche a quello ormai era abituata. Jay aveva imparato che, quando Alex alzava le spalle in quel modo, era il suo segnale inconscio per allontanarsi da tutti e tornare nella pace di casa. Le circondò le spalle con un braccio, anche se andava contro la loro regola di non mischiare vita privata e lavoro, ed Alex si lasciò completamente avvolgere da quel calore. Appoggiò la testa sul suo petto e si ancorò con entrambe le mani al suo fianco. Il tutto fu così naturale che nemmeno Hank ci fece quasi caso. – Andate pure. Direi che per oggi avete finito entrambi. Ad Holt ci pensiamo noi. – quell’uomo appariva sempre stoico e impassibile, a tratti un vero stronzo, ma in verità celava un gran cuore e ci teneva molto al benessere di tutti i componenti della sua squadra.

-*-

Quando Jay mise in moto il SUV, Alex lo fermò mettendogli una mano sopra alla sua sul volante – Mi hai salvato la vita di nuovo. – lo guardava con occhi stanchi ma che sprizzavano amore. – Tu sei stata fondamentale perché io potessi sparare quel colpo. Direi che è stato un lavoro di squadra! – sorrise prima di tornare a guardare la strada – Ah, possiamo fermarci prima al mio appartamento? – chiese lei appena partiti – Certo. Che devi fare? – fece lui di rimando – Vorrei prendere gli scatoloni e portarli a casa nostra. Alla fine sono solo sette… pensavo di avere più roba ma in questi pochi mesi non ho comprato molto, più che altro vestiti e quelli li avevo già portati praticamente tutti… - fu un po’ strano dirlo per la prima volta ad alta voce “casa nostra” era rimasto un pensiero mai detto da lei, o meglio, mai detto con quel significato come in quel momento. – Casa nostra. – le fece eco Jay con un sorriso raggiante – Non credevo l’avresti mai detto! – confessò divertito. – Perché scusa?! – domandò lei guardandolo con un sopracciglio alzato – L’hai continuato a chiamare “il tuo appartamento” anche dopo che hai iniziato a portare le tue cose… - lei si sistemò la cintura che le stava irritando il collo – Già beh, fino ad ora non era il “nostro appartamento”. Poteva ancora cambiare tutto… Scusa, magari cambiavi idea o capivi che era una follia convivere con me. Che ne so! – gesticolò come suo solito – E cosa sarebbe cambiato adesso?! – domandò ironico Jay lanciandole un’occhiata – Mi hai salvata. E quel nostro scambio di sguardi mi ha reso limpida la questione. – disse incrociando le braccia – Ah sì? E in che modo scusa?! – continuò a stuzzicarla lui – Non c’è servito nulla di più di uno sguardo e un gesto per capire come uscire da quella situazione. E se senza parole abbiamo evitato una pallottola nella mia testa, sono certa che parlandoci riusciremo a risolvere qualunque cosa. – ci fu una breve pausa – Ti amo Jay Halstead! – esclamò sentendo il cuore pieno di felicità. Mai avrebbe pensato che da un incendio dove tutto è stato spazzato via sarebbe potuta uscire una storia del genere. Con lui si sentiva bene e a casa, una sensazione che ogni giorno sentiva crescere, con Jay poteva anche riuscire ad immaginare un futuro, una famiglia, cosa mai accaduta con le sue vecchie storie.

-Ti amo anch’io Alexandra Morel! – disse il detective prima di parcheggiare l’auto sotto l’ormai vecchio appartamento della sua ragazza. Da quel momento la loro convivenza sarebbe stata effettiva e tutto sembrava indicare che sarebbe stata un’avventura meravigliosa.







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La prossima storia della serie: "Nothing will drag you down - Tutto cambia in un attimo" 
Alex e l'Intelligence saranno in lotta contro il tempo per trovare chi ha rapito Jay Halstead e dove lo hanno portato.

 

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