Identites revealed

di Sailor Silver Ladybug
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1. Lo steccato ***
Capitolo 2: *** 2. Ciò che sente un gatto ***
Capitolo 3: *** 3. Il primo bacio di Usagi ***
Capitolo 4: *** 4. La sorveglianza ***



Capitolo 1
*** 1. Lo steccato ***


1. Lo steccato

Usagi si chiedeva da quanto tempo fosse lì, penosa, fredda, ed esposta. Poteva essere un anno... forse due, o dieci. Tre decadi... un milione di anni... e lei aveva FAME! Desiderò di avere un telefono, ma sua madre aveva detto che lei non "aveva mostrato abbastanza responsabilità". Davvero, solo perché ogni tanto dimenticava i compiti, e ok di solito non arrivava in tempo a scuola... o non si svegliava in orario. Ma cos'era una ragazza a fare? 
Lo equilibrava bene? Con tutta la cosa del dover salvare il mondo?

Non aveva un orologio, ma era passata almeno un'ora... giusto? Si chiese dove fosse Luna. La sua voce era rauca a furia di gridare aiuto, ma se Luna fosse arrivata e l'avesse trovata lei avrebbe potuto cercare... Oh, aspetta. No. Nessuno poteva scoprire che era in grado di parlare. Anche se... Mamoru aveva sentito la sua voce una volta, quindi forse non sarebbe svenuto se lei gli avesse mandato una gatta che - NO! Non aveva intenzione di cercare quel... quello… STUPIDO!

"Wow Odango" disse una voce tra le risate. "Sicuramente sai come ficcarti nei guai."

La mia solita fortuna! pensò lei desiderando selvaggiamente di poter fuggire via. Nonostante il forte desiderio di urlare e strillare, Usagi con molta calma disse, a denti stretti, "Mamoru-baka potresti aiutarmi per favore."
"Non lo so Odango," disse con voce strascicata "con te nel recinto, non ci sarebbe nessuno pronto ogni mattina a scagliarsi contro il mio petto. Potrebbe essere bello andare a scuola senza essere molestato."

Usagi sbatté i piedi sull'asfalto frustrata, con i denti ancora stretti. Non poteva dirgli nulla o lui non l'avrebbe aiutata, e iniziava a essere buio. Desiderò che lo Youma avesse colpito più vicino a casa sua, ma non poteva farci nulla se era finita in quella parte della città.
Sfortunatamente, mentre stava cercando di aiutare un cucciolo a liberarsi dalla staccionata dove si era incastrato col collare e si stava strozzando, era rimasta bloccata lei stessa, solo che lei era messa peggio. La testa, le spalle e un braccio erano da una parte del recinto, ma dal petto in giù era dall'altra parte, carponi, con indosso solo la divisa di scuola che per fortuna la copriva di più rispetto all'uniforme Sailor. I capelli erano orribilmente incastrati nel recinto, e qualcosa la tirava verso il basso. Forse la spilla, o altri capelli.

"A far del bene ci si rimette sempre!" borbottò sottovoce "Vedi se lo aiuto, il prossimo cagnolino!" Ovviamente l'avrebbe aiutato. Lo avrebbe sempre fatto. Non c'era modo che potesse girare le spalle a qualcuno che aveva bisogno di aiuto, persona o animale che fosse. Ma adesso le rimaneva solo sedere lì e ascoltare mentre Mamoru la prendeva in giro per quanto tempo lui avesse giudicato appropriato, prima di comportarsi come un essere umano.

"Da quanto tempo stai così, comunque? Pensavi forse che dall'altra parte avresti trovato il tuo cervello?" Mamoru continuava a sbeffeggiarla.

Lei rimase in silenzio. Se gli avesse parlato ad alta voce avrebbe strillato e allora sarebbe rimasta incastrata lì ed era buio e freddo. Voleva andarsene! Aveva provato, davvero, a non piangere, ma grandi e silenziose lacrime avevano iniziato a scorrerle lungo il viso e iniziò a singhiozzare lievemente. Si sentiva così misera, e voleva davvero soltanto andare a casa.

 
***

Mamoru si sentiva un idiota colossale. Quella povera ragazza stava piangendo per colpa di quello che aveva detto. Perché doveva sempre comportarsi da stupido con lei?
Si inginocchiò dietro di lei, o meglio una parte di lei, e iniziò a tirare i suoi capelli via dal recinto senza far volare una parola. Gli ci vollero almeno dieci minuti prima di spicciarli, ma lei ancora non riusciva a uscire.

Le andò dietro, la afferrò per i fianchi, e tirò. Ma lei si mosse solo quanto permetteva l'ondeggiare del recinto, per quanto lui tirasse più forte. Provò ancora, con più forza, e tutto ciò che ottenne fu un'erezione che non sarebbe sparita quando i fianchi di lei avrebbero colpito i suoi, e si immaginò a prenderla in quel modo. Vari altri tentativi non fecero altro che rendere la situazione peggiore per lui.
Alla fine le disse di aspettare un attimo, e scavalcò la recinzione in un punto poco distante da lei. Inginocchiandoglisi di fronte dovette infilare le dita tra il petto di lei e il fiocco, e un pezzo di metallo dentellato. Realizzò che aveva tutto il petto squarciato e sanguinante. E lui era stato uno stronzo totale con lei. Si sentì ancora peggio. Specie dato che stando così vicino alla sua scollatura si stava eccitando ancora di più.

"Quando hai fatto l'ultimo richiamo per il tetano?" le chiese con lo sguardo fisso sul metallo arrugginito, riflettendo se fosse il caso di portarla al Pronto Soccorso.
"Non lo so. Mi pare quando mi si è ficcato il chiodo nel piede. L'anno scorso credo".
“Ouch” doveva aver fatto male, pensò. “Beh, se è così recente non penso tu abbia bisogno dell’ospedale”. Si mosse, spostandosi fino a stendersi su un fianco così da poter guardare sotto la ragazza. “La tua spilla si è impigliata.” Mamoru iniziò a pensare a come slacciarla senza infilarle le mani nella camicetta, ma non aveva scelta. La punta che la teneva si era infilata, attraverso il fiocco, nella maglia. Le sue dita le toccarono il seno e lui arrossì nell’oscurità. 

Alla fine la spilla venne rimossa, e Usagi tirò fuori la mano per prenderla mormorando un “grazie”. Mamoru gliela diede, e lei la mise… da qualche parte. Un momento prima era lì e l’attimo dopo era sparita, un po’ come lui faceva apparire le sue rose, dal nulla. Usagi intanto provava ancora a liberarsi, e lui provò ad aiutarla, ma c’era solo una cosa da fare. Tirarle i fianchi. Accidenti!
Una volta che le prese gentilmente i fianchi, Mamoru tirò, e Usagi immediatamente balzò fuori all’indietro, sbattendo contro il cavallo dei pantaloni di lui. Mamoru si morse un gemito, e si alzò allungandole una mano per aiutarla. Poi, mentre camminavano in silenzio, si chiese una volta di più che cosa ci facesse lei in quella parte della città. Intanto, nella sua testa continuavano a risuonare le parole che le aveva rivolto.

“Mi spiace per quello che ho detto prima Usagi.” La sentì sussultare e, quando si girò a guardarla, la vide con la bocca aperta, sorpresa. Intanto continuava a chiedersi cosa lo spingesse sempre a trattarla così male. Che poi, se doveva essere onesto, a lui lei piaceva come persona. Era divertente e gentile e sveglia, anche se non lo dava a vedere.

“Uhm, tranquillo, va bene.” Gli sussurrò intanto lei. “Non sbagliavi mica sulla parte in cui ti inciampo addosso, è solo che faccio fatica ad alzarmi dal letto, non dormo molto, e sono sempre in ritardo la mattina, ed è come se tu fossi una calamita. Non penso, a parte te, di aver urtato due volte la stessa persona. E sei l’unico che su cui inciampo, sin da quando ci siamo conosciuti.” 
“Come mai non dormi abbastanza?”
“Beh tra gli incubi continui e i comb- cioè, sì ecco, incubi.”
Mamoru aveva colto il lapsus, ma non lo menzionò. Lei era peggio di un puzzle, e ancora non sapeva dove collocare il pezzo. “Che cosa sogni?” le chiese alla fine.
“C’è un ragazzo. Lui mi ama e io lo amo, ma c’è una guerra.” Usagi corrugò le sopracciglia, frustrata. “E c’è una donna crudele che mi attacca, ma lui mi si para di fronte e si prende il colpo. Muore tra le mie braccia, e subito dopo io prendo la sua spada e mi uccido. E muoio. Fa male. Tanto. All’inizio mi svegliavo urlando, ma ora pare che ci abbia fatto l’abitudine.”
“Mi suona familiare. Era un film? Quella donna, aveva i capelli rossi lunghi? E se guardi in alto c’è la terra in cielo, e non la luna?”
Usagi annuì. “Sì, ma non mi pare di aver mai visto un film del genere. Forse quando ero più piccola.”

“E perché sei in giro a quest’ora?” Mamoru era curioso. Aveva combattuto contro uno Youma appena un’ora prima di trovarla, e si era fermato lungo la strada in una libreria sperando avesse qualcosa sui cristalli. 
“Uh, ecco…” Usagi non riusciva a pensare a una scusa. “Avevo una cosa da fare… e poi c’era…” sospirò pesantemente prima di dire “Posso solo dirti che avevo un buon motivo?”
“Okay.” Mamoru si accorse che Usagi stava tremando. Ed effettivamente aveva iniziato a fare freddo, quindi la portò in un café vicino alla fermata dell’autobus. “Aspettiamo l’autobus qui”, e intanto ordinò per sé un caffè e per lei una cioccolata calda.

 
***

“Posso vedere il tuo libro?” chiese Usagi, notando il libro sulle gemme che sbucava dalla busta. “Prometto che te lo ridò”.
Quando le allungò il libro, lei sorrise per ringraziare e subito andò al glossario, sperando di trovare il cristallo d’argento menzionato. Trovò un cristallo di argento, tra quelli di vari colori, ma non era altro che un disegno tra tanti altri. Trovò poi i nomi dei Quattro generali. In quel momento, desiderò avere una penna per segnarsi tutto. Guardò di nuovo al titolo e decise che ne avrebbe presa anche lei una copia. Non aveva ancora pensato di cercare risposte in un libro.

 
***

Mamoru intanto era tornato con le loro bevande, e la stava guardando attentamente. Notò immediatamente cosa Usagi stesse guardando, cosa avesse cercato, e cioè il cristallo d’argento e i nomi dei generali. Chiuse gli occhi e sovrappose un’immagine di Sailor Moon sul volto di Usagi, e quasi rantolò quando se ne rese conto. Usagi era Sailor Moon!
Lei non gli aveva restituito il libro, e lui lo fece scivolare nella busta. “Non sapevo fossi interessata alle pietre preziose. Cosa ne sai a riguardo?”
“Poco e nulla. La mia è la perla…” rise. “Ma, come dire, mi ha incuriosita. Fra quanto arriva l’autobus?”
“Se è in orario circa tre minuti,” le rispose, indicandole la fermata. Per tenerla al caldo le aveva poggiato una mano sulla spalla. Usagi non gli aveva detto nulla e non lo aveva fermato, quindi Mamoru la lasciò lì fino all’arrivo del bus. Lei sedette vicino al finestrino, e lui scivolò accanto a lei, gustandosi la sensazione di tepore dei loro corpi vicini. Mamoru si immaginava benissimo le gambe di Usagi strette attorno ai suoi fianchi mentre… Scosse la testa. Essere adolescenti aveva i suoi lati negativi.

“Hai poi fatto quel compito di cui parlavi con Motoki ieri?” le chiese. “Hai detto che era per venerdì, giusto?”
“L’ho iniziato, ma mi confondo sempre con i tipi di parole. Qual è la differenza tra verbi e avverbi? I nomi sembrano facili… sarebbe bello se fosse tutto più facile da capire. Anche tu avevi problemi con Inglese?”
“Sì. Ci sono parole che si pronunciano nello stesso modo ma hanno significati diversi. Mi facevano impazzire. Ho odiato i test d’ingresso alle superiori per colpa loro” e rise. Parlarono fino a che non arrivò la loro fermata, e lui le chiese se voleva salire, per pulirle le ferite. Usagi si guardò il petto e fece una smorfia.

Mamoru viveva al diciottesimo piano. L’appartamento era relativamente piccolo, ma ben arredato, e tutto era nuovo. Usagi sedette sul bancone del bagno, così da non far piegare Mamoru. Il disinfettante pizzicava, ma ormai si era abituata a pulire ferite e tagli con l’alcool, che era anche peggio. Lui non disse niente alla sua non-reazione, ma la aggiunse a tutto quello che aveva imparato quella sera. Così come notò che le ferite, una volta pulite, sparivano.

“Dovrebbero guarire in un’ora, se sei veloce a guarire quanto me,” le disse, e aspettò di vedere la sua reazione. Sulla faccia di Usagi passarono varie espressioni. Sorpresa, confusione, irritazione, poi la realizzazione, e quindi shock, orrore, accettazione, e infine speranza.
“Sei tu?” chiese quindi eccitata, e lui annuì. Diede uno scatto e le apparve tra le mani la spilla. Lui fece lo stesso ed ecco che comparvero due piccole rose rosa. Mamoru sorrise, e le incastrò negli chignon di lei. “Oh grazie al cielo!” sussurrò Usagi “Adesso tutto ha senso.”
Lui la guardò di suggita “Cosa?”
Usagi arrossì di un rosa acceso e si guardò i piedi. “Cose da ragazze” mormorò. E lui capì. Le sollevò il mento e la guardò dritto negli occhi.
“No, cose da ragazza, ma anche da ragazzo.” Poi abbassò le labbra per incontrare gentilmente le sue. “Mi piaci anche tu in entrambe le forme. È il motivo principale per cui ti stuzzicavo” ammise. 
“Adesso la domanda è: dobbiamo dirlo a Luna?” disse Usagi quando si separarono. Mamoru tremò. Quella micia lo odiava, quindi lui votava no. Alla fine lei fu d’accordo, ma gli fece promettere di non arrabbiarsi se, per qualche ragione, si fosse trovata costretta a confessare. Parlarono poi per un po’ del perché stessero cercando il cristallo d’argento, e dato che entrambi lo dovevano consegnare alla principessa decisero che non avrebbero lasciato che i sospetti di Luna si mettessero tra di loro.
Poi lui la accompagnò a casa, e si offrì per aiutarla con Inglese, per stare ancora un po’ insieme.
E diventarono ognuno il mondo dell’altro.



Note della traduttrice.
Questo è il primo capitolo di una raccolta. Sono 16 OS auto-conclusive totalmente indipendenti l’una dall’altra (ce ne saranno solo due che avranno lo stesso avvio, ma si svilupperanno poi in modi diversi). 
Che dire, ragazzi. 
Ho iniziato a leggere fanfiction su Sailor Moon quest’estate (la sessione estiva fa brutti scherzi), e come mia abitudine ho sfarfallato un po’ qui su Efp, un po’ anche su fanfiction.net, e ho trovato questa serie di storielle leggere, un po’ come l’anime che, nonostante la sottotrama abbastanza complessa (non di comprensione, ma proprio ben costruita), presenta spesso episodi lievi, un po’ sciocchi, ma molto divertenti e assolutamente preziosi.
Io spero possa piacere a molti. Ho promesso all’autrice, Tori, che avrei tradotto tutte le OS, e così farò. Solo, ci metterò un pochino, perché l’università (a distanza, maledetta) me se magna.

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Capitolo 2
*** 2. Ciò che sente un gatto ***


2. Ciò che sente un gatto

Mamoru Chiba doveva ammettere che la sala giochi "The Crown" aveva due valide qualità. Entrambe bionde.Il primo era il suo migliore amico Motoki, che inizialmente lo aveva convinto a venire alla sala giochi con la scusa del caffè gratis, così che potessero studiare insieme quando c'era calma. Erano amici sin dalle scuole medie, e ora che erano al secondo anno delle scuole superiori, avevano un sacco di esami e progetti da fare. E questo gli dava un'ottima scusa per continuare a venire.

Perché la seconda ottima qualità era la ragazza per cui aveva una cotta segreta da mesi. Era solitamente la più brillante, felice e divertente ragazza sul pianeta. Il suo vizio di correre  in maniera assurda per la strada li aveva spesso portati a scontrarsi e a cadere per terra. E lui amava quando accadeva, perché significava che l'avrebbe ritrovata sopra di sé, ansimante (anche se spesso sfortunatamente era un lamento) per alcuni secondi prima che lei  si rialzasse. E sfortunatamente, quando lei era nei paraggi, lui non diceva e non faceva mai la cosa giusta.
Ogni volta che la vedeva, la sua bocca si apriva e ne uscivano fuori cose orribili, terribili e spaventose. E lui non sembrava riuscire a fermarsi. Desiderava dirle quanto fosse bella, che lei gli piaceva e che avrebbe tanto voluto uscire con lei. Ma non poteva. E non solo per la sua linguaccia velenosa. Perché Mamoru aveva un segreto. Era l'eroe mascherato Tuxedo Kamen. Combatteva mostri e si scontrava con i generali del Dark Kingdom più volte nell'arco della settimana, al fianco di Sailor Moon.

I due combattevano insieme il Negaverse ormai da mesi. All’inizio non sapeva cosa gli stesse accadendo. Poi una notte si era trasformato di fronte a Motoki. Appena aveva rivisto l’amico, le domande avevano iniziato a far affiorare i ricordi. E da quel momento i suoi insulti nei confronti di Usagi Tsukino erano diventati intenzionali. Perché avrebbe preferito morire solo e miserabile, piuttosto che rischiare di metterla in pericolo.
Attraversò le porte e si diresse al suo solito posto, con la mente fissa sulla bionda. I suoi occhi azzurri lo colpivano sempre alla bocca dello stomaco. Le sue gambe, sottili e incredibilmente lunghe, lo lasciavano sempre a bocca aperta. Lei era assolutamente incredibile. Era divertente, dolce, e talmente gentile che ogni volta lo lasciava senza fiato. Trattava chiunque come so fossero amici di lunga data.
Gli ci volle un momento per realizzare che Motoki non era al bancone. Girò la testa e guardò allo specchio dietro l’altro bancone. Motoki era chinato su un tavolo. E seduta su una delle panchine c’era Usagi. Che stava piangendo. Non il lamentio che significava che era irritata o arrabbiata. No, era piuttosto quel tipo di pianto silenzioso, e Mamoru si preoccupò.

Discusse con se stesso. Era meglio andare a vedere cosa non andasse, o aspettare e chiedere a Motoki? Dopo quella che sembrò un’eternità (ma era passato, in vero, meno di un minuto), scese dallo sgabello e si diresse al tavolo. Si avvicinò abbastanza da sentire una parte della conversazione.
“… di loro si comportavano in modo strano. Cioè, rude, orribile. Umino era il peggiore. Ha alzato la gonna di Haruna-sensei, e poi uno degli altri l’ha fatta inciampare. E poi eravamo fuori in cortile e i ragazzi hanno lanciato dei sassi alla finestra del preside. E poi Umino…” e qui si interruppe, singhiozzando. Motoki le poggiò una mano sulla spalla. “Mi ha preso la mano e ha provato… ha provato a… a baciarmi. Non in un modo carino. Sono scappata, ma… c’è qualcosa che non va con loro.” E scosse la testa. “Stupida cartomante”.
La sua mente iniziò a lavorare con quelle informazioni. Aveva visto Usagi la sera prima, giusto di fronte a un negozio di cartomanzia. Lei lo aveva colpito in testa con una scarpa. Non aveva fatto davvero tanto male, ma era stato comunque cattivo con lei. Non ci aveva dato comunque molto peso. Slittò nella panca di fronte a lei, senza nemmeno guardare Motoki mentre l’amico guardava lei. Aveva bisogno di informazioni prima di andare a controllare quel posto.
“Va tutto bene Odango? Ho sentito qualcosa, e sembra che sia stata una brutta esperienza”.
“Sì,” rispose lei quietamente. “Scusa, non volevo trattenere Motoki onii-san.”
“Va tutto bene Odango. Sei sconvolta, non è vero?” Gli chiese lui.
Motoki aveva una mano sulla sua spalla, e gli gettò un’occhiata di avvertimento. Però lui ci stava davvero provando, ad essere gentile con lei. “Nessuno dovrebbe passare quello che ha passato oggi lei, o la sua insegnante.” Rispose Motoki.
“No, è vero,” fece Mamoru. “Vuoi che ti accompagni a casa, Odango?”
“No, ma grazie Mamoru-san,” gli rispose Usagi, sorprendendolo. A quanto pareva, lei lo chiamava baka solo quando lui era maleducato con lei. Mise da parte l’informazione per un’altra volta.
Un gattino nero con una luna crescente saltò sulle gambe di Usagi e strofinò la testolina sotto il mento della ragazza.
“Hey Luna,” disse Motoki facendole una carezza. “Ti segue davvero dappertutto eh?”
Usagi abbuì, e poi sgusciò fuori dal tavolino. “Uh, devo andare adesso. Ci vediamo dopo ragazzi, va bene?”
“Va bene Usagi-chan, sta attenta.” Le fece Motoki.
“Sì!”  fece un piccolo cenno di saluto e corse fuori dalla porta, con il viso leggermente più sereno rispetto a poco prima, e Mamoru sospirò per il sollievo.
“Vado a dare una controllata a quel posto,” mormorò a Motoki.

Mamoru si diresse fuori, stringendosi nella giacca verde appena lasciò il locale. Non riusciva a togliersi dalla testa come era sottosopra Usagi. Si stava preoccupando per lei. Non l’aveva mai vista in quelle condizioni. Avrebbe preferito sentirla urlare dritto nelle sue orecchie, piuttosto che vederla piangere sul serio.
Era a metà strada tra il locale e la Casa della Fortuna quando sentì il familiare tiro nella pancia. Sailor Moon si era trasformata, e dalla direzione in cui era, Mamoru intuì subito che stava indagando sullo stesso posto in cui lui era diretto. Slittò in un vicoletto e lasciò andare la trasformazione, una rosa apparve nella sua mano e in un attimo era Tuxedo Kamen.
Corse sui tetti, saltando da uno all’altro con la facilità data dalla pratica, e poi scivolò nell’edificio sfruttando una finestra aperta al piano superiore. Mentre si faceva strada nel palazzo, gli giunsero all’orecchio i rumori di un combattimento, e sentì Sailor Moon piangere per la paura.
Quando la raggiunse, la guerriera era circondata da studenti maledetti. Incapace di combatterli o far loro del male, era arretrata fino a essere accerchiata.

Uno Youma a cui lei poteva facilmente tenere testa, ma non poteva ferire degli innocenti. Una rosa gli apparve tra le mani e lui la gettò addosso alla cartomante, sospirando di sollievo quando vide i ragazzi fermarsi. Lanciò alla giovane eroina alcuni incoraggiamenti e si girò, consapevole che lei fosse in grado di gestire il resto. Rimase comunque vicino, in caso avesse ancora bisogno di aiuto.
Jadeite uscì fuori da un angolo con un altro Youma al seguito. Aveva orecchie da gatto, grigie, e una lunga coda grigia. Non riuscì a schivare il lampo verde che iniziò a scorrergli intorno. Lanciò un ruggito appena tutto in lui iniziò a dolere, ma tutto ciò che venne fuori fu un piccolo “meow”.
Pochi attimi dopo si ritrovò sollevato dal pavimento. I suoi baffi iniziarono a fremere, la sua coda a sferzare l’aria intorno, le zampe gli facevano male. Il suo corpo gli sembrava strano, ma era perfettamente consapevole di essere stato trasformato in un gatto. Far funzionare quel suo nuovo corpo, comunque, era un problema.
Lo Youma e Jadeite erano appena scomparsi quando un piccolo gatto nero gridò a Sailor Moon che lo seguiva, prima di saltare via dietro di loro. Realizzare che la guerriera della Luna era ancora lì diede a Tuxedo Kamen speranza. Saltò e si avviò a tentoni verso di lei, che stava ancora celebrando un lavoro ben fatto. Si girò subito e lo tirò su.
“Ce l’abbiamo fatta!” disse mentre lasciava la Casa della Fortuna.

Mamoru guardò su alla bella Moon Senshi. Era calda e dolce, e gli ricordò qualcuno, anche se non riusciva a capire chi. Di nuovo provò a chiederle aiuto, ma ne venne fuori solo un altro “meow”.
“Va tutto bene Luna, non vedo nessuno,” disse Sailor Moon. Quella sì che era una bella coincidenza. Quanti gatti di nome Luna aveva incontrato in un solo giorno. “Oh” continuò poi, “questo mi sembra un buon posto. Non vedo nessuno.” Mamoru vide come lei si guardava attentamente intorno mentre entrava nel vicolo. Una luce gli fece chiudere gli occhi per un secondo.
Dopo aver strizzato gli occhi un paio di volte si girò nuovamente a guardarla. E rimase shockato. Sailor Moon era Usagi Tsukino. La ragazza di cui era innamorato e che voleva tenere lontano dai guai.
Sentì il mondo diventare nero. Questo era troppo. I suoi occhi si chiusero e si accasciò tra le sue braccia.
 

Quando i suoi occhi si aprirono di nuovo, si ritrovò su un letto con Usagi che lo guardava, carezzandogli la testa e sussurrandogli paroline gentili.
“Va tutto bene. Sei al sicuro.”
Luna era in piedi alla fine del letto, gli occhi fissi su di lui.
“Sei sicura che sia lui Luna?” chiese e la gatta annuì. Lui stava a guardare, cercando di ricordare cosa fosse accaduto.
"Meow?" chiese, provando a chiedere aiuto.
“Come mai non parla?” chiese Usagi alla sua amica.
“Non lo so. Probabilmente perché è un vero gatto, sai che io non lo sono. Vengo da un altro pianeta, ne abbiamo già parlato.”
“Scusa Luna, sono solo preoccupata. Sembrava non riuscisse nemmeno a camminare bene, prima.”
“Essere trasformato in un gatto fa questo a una persona, suppongo” rifletté il gatto. Tuxedo Kamen la fissò, sperando che potesse capirlo.
“Meow?” chiese, speranzoso.
“Mi spiace, non riusciamo a capirti. Va tutto bene comunque. Luna ha visto cos’è successo, e io sto andando a cercare lo Youma.”
Lui scosse la testa in un ‘no’. Non poteva andare a cercarlo da sola. Aveva bisogno che lui le guardasse le spalle. Cosa avrebbe fatto se ci fosse stato un secondo Youma, o se fosse stata una trappola?

“E ora, Tuxedo Kamen. Io so che è il tuo lavoro proteggermi, ma a volte finisco gli Youma prima che tu possa arrivare. A volte anche i salvatori hanno bisogno di aiuto.” Usagi sorrise. “Hai bisogno di qualcosa? Devi usare il bagno? Luna non ha una lettiera o cose simili. Onestamente credo non ci si avvicinerebbe nemmeno con un palo di 5 metri, quindi… devo portarti fuori. E immagino che non hai intenzione di mangiare cibo per gatti.”
Lui scosse la testa.
“La domanda è, dovremmo portarlo con noi,” disse invece Luna con voce ferma. “Ha ragione quando dice che spesso hai bisogno di aiuto. Non puoi sapere se c’è un altro Youma.”

Tuxedo Kamen annuì vigorosamente, e fece per sedersi sulle zampe posteriori, con quelle anteriori a tenerlo dritto. Diede un colpetto alla mano di Usagi e lei prese ad accarezzare il pelo sulla sua testa.
“Allora sai dov’è andato?” chiese Usagi.
“In un negozio per animali. Immagino ci sia almeno un altro Youma lì” le disse Luna.
“Bene, allora suppongo sia meglio un attacco furtivo. Nemmeno il tempo di un discorsetto di apertura” Usagi aggrottò la fronte. “Come mai me ne esco sempre con quelle parole? Non è che sia intenzionale.”
“Non lo so. Concentrati nel non dire nulla allora.” Luna saltò giù dal letto e scomparve per un paio di minuti. Quando fece ritorno, spinse la maniglia della porta e lui sentì il click della serratura poco dopo.
“Bene, dormono tutti. Possiamo andare.”

Usagi annuì e lo sollevò, dirigendosi verso la finestra. Si arrampicò su un piccolo balcone, e dopo essere saltata a terra corse giù per la strada, con Luna al seguito, molto più velocemente di quanto lui avrebbe mai immaginato.
Fecero un bel pezzo di strada prima che Usagi si fermasse in un vicolo. A metà strada c’era un secondo vicolo che terminava con un muro. Entrò e lo posò a terra.
“Voltati.” Ordinò Luna.
Tuxedo Kamen guardò la gatta e fece come gli era stato detto. “Potere del cristallo di luna, vieni a me!” sentì la voce calma ma ferma dietro di lui. Per alcuni lunghi secondi il vicolo fu illuminato dalla luce della sua trasformazione, poi Luna annuì permettendogli di guardare.
Sailor Moon era lì, sciolse la posa finale della fine della sua trasformazione e raggiunse il gatto per sollevarlo di nuovo. Lui vide Luna saltare e realizzò che non era sulla spalla della Senshi. Lei vi si arrampicò abbastanza facilmente. Nel momento in cui desiderò fare lo stesso, si rese conto di essere ben felice di essere pressato contro il morbido petto della ragazza, e sapeva benissimo che non c’era modo di arrampicarsi senza usare gli artigli.

Sailor Moon saltò e in un attimo stavano correndo sui tetti. Il negozio di animali verso cui erano diretti era silenzioso, tranne che per la risata aspra che riconobbe essere quella di Jadeite. La piccola eroina bionda si insinuò da una finestra e lo poggiò a terra. Luna saltò giù e lo raggiunse silenziosamente.
“Bene” sussurrò Luna. “Dovrebbero essere nel retro. Seconda porta. Dovresti essere in grado di attivare la tiara anche a bassa voce. Non lo so.”
Usagi provò a fare come la gatta aveva suggerito, poi tenne l’arma tra le mani e si avvicinò alla porta.

“Punta allo Youma con le orecchie da gatto e la coda grigie,” disse la gatta, “così Tuxedo Kamen dovrebbe riuscire a tornare normale e sarebbe in grado di aiutarti in caso di trappole o simili.”
Sailor Moon annuì. Lui e luna rimasero vicini ai suoi stivali non appena lei imboccò la porta. La aprì con un movimento veloce, poi il suo braccio si mosse così veloce che lui riuscì con difficoltà a vedere il momento in cui la tiara si trasformò in un disco. Non ci fu nemmeno uno stridio e lo Youma morì.
Tuxedo Kamen sentì di nuovo montare il dolore, e giacque sul pavimento per alcuni istanti. Quando fu di nuovo in grado di muoversi, Sailor Moon stava combattendo con un altro Youma, quest’altro blu e squamato, con artigli affilati e una lunga coda sottile. Aveva i capelli scuri, ma quella era l’unica somiglianza con una persona.

Sailor Moon venne gettata contro un muro di gabbie, con strani animali all’interno che sembravano l’incrocio tra un coniglio e un criceto. Lo Youma si stava buttando su di lei, ma Tuxedo Kamen era tornato in sé e gettò una rosa velocemente, fermando lo Youma nelle sue trappole mentre queste volavano via e circondavano il rettiliano. La cosa si dibatté, ma Sailor Moon si era già tirata su.
Tuxedo Kameno sentì il sussurro del suo attacco, e poi un’arma brillante colpì il collo dello Youma, lasciando solo un mucchietto di polvere. Jadeite non si vedeva in giro. Luna se ne stava sulla cima di una delle gabbie, e strillò non appena apparve una strana luce, prima che tutte le creature scomparissero come se non fossero mai esistite.

“Whoa,” disse Sailor Moon con un sorriso. “Ce l’abbiamo fatta. Penso sia un record Luna, tre Youma in una notte.”
“Stai migliorando tantissimo Us… cioè, Sailor Moon. Andiamo via di qui, ora.”
Sailor Moon tornò indietro e Luna e Tuxedo Kamen la seguirono per la stessa finestra da cui erano entrati. Raggiunsero il vicolo dopo poco, e lei tornò ad essere di nuovo Usagi in un lampo di luce.

Tuxedo Kamen rilasciò anche lui la sua trasformazione, tornando a essere Mamoru.

“Usagi,” le sussurrò. E poi, senza pensarci due volte, sfiorò le sue labbra con un bacio gentile. “Grazie.”
“Di-di niente” balbettò lei, arrossendo lievemente.
“Mi devo scusare con te” disse lui, e tirò fuori tutto. La sua paura di essere ferito, la sua paura, ancor più grande, che lei venisse ferita per colpa di chi era lui, il suo amore crescente per lei, e la sua ammirazione per lei, sia come Sailor Moon, sia come Usagi. Il modo in cui lui si sentiva chiamare quando lei si trasformava, e come avesse capito di tenere a entrambe le parti di lei, quasi quanto teneva alla sua Principessa della Luna.

“Principessa della Luna?” chiese Luna con eccitazione.

Mamoru annuì. “La sogno ogni notte. Mi chiede sempre di trovare il Cristallo d’Argento. Ne ha bisogno per svegliarsi.”
“Com’è? Com’è fatta?” chiese Luna. Lui notò che Usagi non aveva aperto bocca, e lo guardava con una strana espressione in viso, ma rispose alla domanda di Luna.
“È in ombra. Sta in piedi in alto su un balcone, e non le vedo il volto. Vedo solo i suoi lunghi capelli biondi. Sono raccolti in due odang-oh!” Guardò Usagi, che era tornata nell’ombra, e si gettò in ginocchio a terra un attimo dopo. “Oh Kami!” sussurrò.
Luna spostò lo sguardo da lui a Usagi più volte, prima di capire. Spalancò gli occhi e poi prese a guardare Usagi, sola con lui.

Ci fu un lievissimo sussurro da parte della biondina. “Endymion?” chiese.

Flash di ricordi iniziarono a colpirlo. Momenti passati in un grande roseto sulla terra, o su un balcone sulla luna. Poi chiese “Serenity?”
E lei anche cadde sulle ginocchia.

Luna era ancora silenziosa, mentre tutti e tre si guardavano l’un l’altro. Dopo quella che sembrò un’eternità finalmente parlò. “Ho trasformato la Principessa in una Guerriera. E il principe della Terra… oh la Centrale mi ucciderà!”
Usagi sorrise “Non lo permetterò.”
“Io nemmeno” annuì Mamoru.

Poi si alzò, e andò incontro alla ragazza che amava, aiutandola ad alzarsi prima di prenderla tra le braccia per un altro bacio gentile. “La mia Usako” le sussurrò.
“Il mio Mamo-chan” rispose lei.
Le accompagnò a casa, e la salutò. Adesso sapeva che quella notte i suoi sogni sarebbero stati diversi. Quelli di lei anche. Adesso conoscevano il loro passato. Era tempo di imparare il loro presente, e camminare insieme verso il futuro.
 


Note della traduttrice.
Lo so, sono un po’ in ritardo. Non ci sono scuse che tengano.
Però voglio un po’ spiegare.
La situazione, per via del COVID, è diventata insostenibile. Non so quanti di voi siano nella mia stessa situazione, ma non metto piede in università dal 4 marzo 2020. Più di un anno. Sono all’ultimo anno, manca poco alla mia laurea. Rendermi conto che non metterò più piede in università mi ha devastata.
So che ci sono sicuramente questioni più importanti, e che il voler fare lezione in un’aula universitaria, o studiare nella biblioteca di facoltà può sembrare un capriccio, però è anche vero che oggi come non mai la parvenza di una normalità è insieme un’utopia e una cosa a cui guardare speranzosi.
Detto ciò.
Mi scuso per il ritardo immane (circa sei mesi), ma ho passato il mio tempo chiusa nella mia cameretta, alternando gli “ommioddiogliesami”, gli “ommioddiolatesi”, gli “ommioddioiltirocinio” e gli “ommioddiocheschifoquestavita”.
Nel frattempo ho anche fatto scorpacciata di anime, giusto per non perdere le care, vecchie, abitudini.
Spero di far arrivare presto il prossimo episodio. Davvero, prometto che mi impegnerò.
Tanti saluti,
Calypso_

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Capitolo 3
*** 3. Il primo bacio di Usagi ***


3. Il primo bacio di Usagi

Tentativo

Mamoru e Motoki stavano ridendo per l’ultimo litigio di Rei e Usagi. Le due avevano messo su una litigata sugli argomenti più assurdi. Poi ci sarebbe stata quella che i clienti affezionati della sala giochi e del bar chiamavano guerra di lingue1. Che è una cosa ridicola da dire, Mamoru lo ha sempre pensato. Lo faceva sembrare come se si stessero baciando, o come se le loro lingue, da sole, avessero in qualche modo imparato a usare delle armi e stessero scagliando raffiche nella breve distanza che c’era tra le due ragazzine.

Mamoru anche, ovviamente, metteva su ridicoli teatrini con Usagi. Per la maggior parte sui suoi capelli… la chiamava Odango Atama, cioè Testa a Odango2. E la prendeva in giro per i suoi voti, per i suoi perenni ritardi, e i suoi movimenti maldestri. Ma le lamentele più veementi riguardavano il suo essere rumorosa, e la velocità della ragazza nel mandare già enormi quantità di cibo. Mamoru sorrise, a ripensare a certi loro bisticci. Non gli sarebbe dispiaciuto ingaggiare con lei una battaglia di lingue, la variante col bacio, ovviamente. Ma era abbastanza sicuro che lei non aveva ancora avuto il suo primo bacio, e che lo stava riservando per una persona speciale. Lui non glielo avrebbe mai rubato, e quindi la stuzzicava. Entrambi avevano abbassato i toni, comunque, comunque. Ora i loro litigi erano sciocchi quasi quanto lo erano quelli con Rei, e lui pensò che probabilmente potevano anche diventare buoni amici.

Riprese a guardare nella loro direzione, abbastanza sicuro, e Rei aveva il braccio attorno le spalle di Usagi, mentre entrambe ridevano insieme. Mamoru sapeva che Rei sapeva essere severa alle volte, ma sapeva anche che, come anche lui, non intendesse mai dire cose davvero cattive nei confronti dell’amica. Chiunque adorava Usagi. Era una cosa con cui non si poteva scendere a compromessi. La ragazzina era talmente dolce e gentile che attirava le persone attorno a lei.

Usagi si spostò vicino a Naru, che stava giocando a Sailor V. Mamoru la teneva d’occhio dallo specchio. Non la stava stalkerando, solo faceva attenzione a lei. Non la seguiva a casa o cose simili. Beh, non esattamente. C’erano volte che continuava a litigare con lei anche per strada, per assicurarsi che non le succedesse niente. Entrambi erano consapevoli della cosa, comunque.

Yodu entrò, dandosi arie, insieme ai suoi amici, e si diresse dritto dove Usagi e Naru stavano giocando. La piccola rossa alzò lo sguardo non appena il ragazzo più grande le mise un braccio sulle spalle. Rabbrividì e cercò di allontanarsi. Usagi, vedendo la sua reazione, si alzò e lo fissò.

“Lasciala in pace!” urlò, catturando così l’attenzione di Mamoru e Motoki, che stavano ancora al bancone. Le altre ragazze iniziarono a schierarsi dietro di lei. Usagi allungò un braccio e torse quello di lui fino a quando non lasciò Naru, che prontamente si nascose dietro le spalle dell’amica. Mamoru dovette ammettere che le cinque ragazze apparivano formidabili, ma lui conosceva Yodu, e sapeva più che bene cosa avrebbe potuto fare. Fece un cenno a Motoki e si avvicinarono anche loro due al gruppo.

I due amici teppistelli di Yodu si mossero velocemente, afferrando ognuno un braccio di Usagi e avvicinandola a Yodu. Lei iniziò a urlare per il dolore e per la rabbia. Yodu ghignò e la afferrò per la schiena con una mano, mentre l’altra si posava sulla nuca della ragazza. Iniziò a tirare Usagi più vicina, pronto a saltarle addosso in quello che aveva tutta l’aria di un bacio non voluto.

Mamoru non sapeva come aveva fatto ad attraversare l’intera stanza, ma si trovò immediatamente di fronte a Usagi, con Yodu che volava. Cadde a terra più o meno a un metro da dov’era, battendo pesantemente il sedere. Sentì i rumori di una rissa, ma nel tempo che il ragazzo era caduto a terra, Mamoru aveva preso Usagi e l’aveva portata via, saltando oltre lo sgabello di un videogioco e raggiungendo una consolle dall’altra parte della sala giochi.

La portò via tenendola stretta tra le sue braccia sicure, dietro il bancone e poi nella piccola sala relax. Si chiuse la porta alle spalle senza mai smettere di tenerla stretta, guardando come Motoki e le ragazze si fossero sbarazzati intanto della spazzatura. Naru intanto era corsa dietro ai giochi, e si era nascosta dietro lui e Usagi nella stanzetta.

Mamoru osservò Motoki e le quattro ragazze scortare fuori Yodu e gli altri due fuori dall’Arcade. Avrebbe voluto raggiungerli e pestare a sangue il ragazzo, ma la ragazzina tremante tra le sue braccia veniva per prima. Sentì, più che vedere, i loro pugni. Il suo focus era Usagi in quel momento, quindi lascò perdere la rissa nel momento in cui uscirono dal locale, e strinse forte la ragazza in un abbraccio.

Le ci vollero alcuni minuti per calmare il respiro e i singhiozzi abbastanza per parlare. “Mamoru?” tirò su col naso, ancora piuttosto turbata e spaventata. Lei lo guardò, e lui non poté far altro che stringerla un altro po’.

“Va tutto bene, Usagi, è andato via.” Non l’avrebbe certo chiamata Odango in un momento simile.

Mamoru cercò di tenere a bada la rabbia nella sua voce, non voleva assolutamente che venisse fuori quanto vicino era stato ad ammazzare Yodu. Quel ragazzino andava preso e punito per come trattava le ragazze. Ed era nella stessa classe di Mamoru. Non capiva come avesse superato la quinta elementare2! Lei ancora tremava e tirava su col naso. “Non permetterò che qualcuno ti faccia male, mai.” Le promise.

“Lo so” rispose lei, nascondendosi sul suo petto e continuando a piangere.

“Usagi?” Mamoru non era certo di voler fare quella domanda.

“Sì?” rispose lei, stavolta senza alzare lo sguardo.

“Sarebbe stato il tuo primo bacio?” e quasi si strozzò, Mamoru, nel chiedere. Lei annuì contro il suo petto, ma non disse altro. E lui avrebbe voluto strozzare Yodu. Era fortunato che Usagi era la sua priorità. Forse un po’ meno fortunato, dato che c’era anche Makoto. Non era sicuro che il ragazzo sarebbe sopravvissuto all’ira di lei. Tra l’altro, lei, Motoki e le altre ancora non tornavano.

Gli ci volle un’ora, a Mamoru, per far sbollire la rabbia.

Un’ora e ancora la rabbia di Mamoru non era passata. Sedeva al bancone, mandando giù una tazza di caffè e il suo stesso carattere. Una parte di lui voleva scovare Yodu ovunque egli fosse, e picchiarlo fino a farlo sanguinare. Non sarebbe stato corretto però, dato che aveva una forza fuori dal comune. Era un ragazzo normale per la maggior parte del tempo, ma quando il dovere chiamava lui diventava Tuxedo Kamen, il protettore di Sailor Moon, l’altra bionda imbranata della sua vita. Anche quando non era trasformato, era più forte e guariva più velocemente di chiunque altro.

Sentì un suono da dietro, e si girò in tempo per vedere Usagi tornare dal bagno. Sembrava ancora sconvolta, e aveva davvero voglia di prenderla e coccolarla. Avrebbe fatto di tutto per assicurarsi che fosse al sicuro e felice.

"Mamoru, posso chiederti un favore?" Usagi si stava strizzando le mani e aveva ancora i segni delle lacrime sulle gote. Sembrava pallida e spaventata.

Qualsiasi cosa Usagi.” Mamoru cercò di sorridere, ma non ci riuscì. Era rimasta talmente tanto tempo in bagno con Naru e le altre che si era preoccupato.

Puoi riaccompagnarmi a casa?” Tirò di nuovo su col naso e si scacciò una lacrima dall’occhio. Lui subito la avvolse con un braccio, tenendola stretta.

“Sì. A meno che tu non preferisca chiamare tuo padre e farti venire a prendere.” Usagi scosse la testa e si accoccolò più stretta alla spalla di Mamoru.

Lui fece cenno a Motoki, e colse lo sguardo delle ragazze, promettendo loro silenziosamente che sarebbe stato attento a che niente accadesse a Usagi. Tutte annuirono, certe che lui avrebbe tenuto fede al patto. Si era guadagnato in qualche modo il loro rispetto, e anche se non era stato intenzionale, era felice di ciò. Tenne stretto il braccio intorno a Usagi, e prese le due borse, sua e di lei, prima di scortarla fuori dalla sala giochi.

La passeggiata non era lunga, in un giorno normale, ma i passi di Usagi erano trascinati. Non era sicuro di cosa volesse dire alla ragazza. Voleva assicurarsi che stesse bene, ma non era mai il migliore, quando si trattava di emozioni. Non aveva conosciuto molto amore nella sua vita. Solo Motoki, e Usagi, si erano mai preoccupati davvero per lui. E per loro, lui avrebbe fatto di tutto.

“Stai bene?” chiese alla fine.

“Penso di sì. Non avrei mai pensato che qualcuno potesse fare una cosa del genere a me” soffiò. Poi “Ehi Mamoru?” chiese.

Lui si fermò a guardarla. Il sole stava iniziando a calare, e scintillava sui suoi lunghi capelli biondi, rendendola bellissima anche con le tracce di lacrime sul viso, e il naso rosso e un po’ infiammato. Le toccò una guancia e lei lo alzò gli occhi e incontrò il suo sguardo, arrossendo un po’.

“Voglio chiederti una cosa. Puoi dire di no. Non mi offendo.” Mentre parlava, aveva preso di nuovo a strizzarsi le mani, mentre il fiato le si bloccava in gola. “Mi chiedevo, sai… se forse ti andava… di baciarmi”

Mamoru rimase immobile a pensarci. Sapeva che lei in quel momento era preda delle emozioni. E sapeva anche di avere buoni tre anni più di lei. E però incontrò i suoi occhi, e sorrise, assicurandosi di farle sapere che era felice della sua richiesta.

“Non ti dirò di no, Usagi. Anzi, ne sarei onorato. Ma non stasera. Non dopo quello che è successo. Non voglio che associ il tuo primo bacio a questo. Il tuo primo bacio dovrebbe essere tutto quello che hai sempre sognato.”

Lei tirò su col naso, e poi gli buttò le braccia al collo, abbracciandolo stretto. Lui la tirò su, tenendosela vicina e lasciando che piangesse sulla sua spalla.

"Mi ha spaventato," ammise alla fine, e i suoi singhiozzi le scossero il corpo. Lui la spostò tra le sue braccia, di modo da tenerla con un braccio dietro le spalle e uno sotto le ginocchia. Le due borse gli colpivano le gambe a ogni passo, ma non se ne preoccupò. Solo, la portò a casa. Nel tempo che ci mise a raggiungere la zona residenziale in cui lei viveva, Usagi si era addormentata.

Camminò fino alla porta di casa sua e bussò piano. Ad aprire fu un ragazzino coi capelli marroni, che subito su fece indietro per chiamare la madre. Un uomo, che somigliava tanto al ragazzo, entrò nella stanza, seguito da una donna dai capelli blu.

“Per favore non svegliatela,” sussurrò Mamoru appena lo raggiunsero, “ha avuto un pessimo pomeriggio.” La donna gli fece cenno di seguirlo su per le scale. Aprì una porta con una targhetta a forma di coniglio, e tirò giù il piumino dal letto. Sopra c’erano delle lune e dei conigli disegnati, molto appropriati visti il nome di lei. La poggiò gentilmente giù, mancando per un pelo il micio nero. Gli ci vollero due tentativi per togliere le braccia di lei dal suo collo.

Una volta messa comoda e coperta, Mamoru seguì sua madre giù per le scale, con il piccolo gatto nero al seguito. Si ritrovò seduto su una sedia in salotto, a fronteggiare la sua famiglia e i penetranti occhi magenta del gatto, che si era mosso fino a sedere sul tavolinetto. Non sapeva da dove partire per iniziare a spiegare.

Io sono Ikuko,” disse quindi la donna con voce gentile, “lui è Kenji” e indicò suo marito, “e questo è Shingo”. Poi gli sorrise, “Mi puoi spiegare cosa è successo?”

Mamoru sospirò. “Mi chiamo Chiba Mamoru. Sono un amico di Usagi, delle ragazze e di Motoki” si fermò, mentre gli altri annuivano. “C’è un ragazzo, in classe con me e Motoki. È un po’ un idiota, soprattutto quando si tratta di ragazze. Oggi è arrivato alla sala giochi e ha cercato le attenzioni di Naru, afferrandole una spalla. Usagi è subito saltata per difenderla. Sapete com’è fatta” e accennò a Luna, “ha salvato Luna da quella banda di ragazzini che la stavano infastidendo.”

Tutta la famiglia della ragazza annuì. Suo padre si accigliò ma con la mano gli fece cenno di continuare.

Lui riprese. “Yodu è arrivato con un gruppo di suoi amici, ma io e Motoki non ce ne siamo accorti subito.” Nel dirlo abbassò lo sguardo, sentendosi in colpa. Se avesse notato in tempo gli altri ragazzi, non li avrebbe mai fatti avvicinare a Usagi. “Due ragazzi hanno afferrato Usagi e l’hanno trascinata fino a Yodu. Lui l’ha presa per la maglia e ha provato a baciarla. L’ho presa in tempo, ma era vicino. Credo di averlo colpito, ma sinceramente non ricordo bene. Ho preso Usagi e l’ho portata nella saletta relax. Motoki e le ragazze, tranne Naru, li hanno trascinati fuori dalla sala giochi. Sono abbastanza sicuro che Makoto gli abbia rotto un braccio. Ami ha detto di aver sentito qualcosa spezzarsi. Usagi era davvero spaventata. Si è stretta a me per un bel po’ di tempo. Ha pianto un bel po’”.

Sospirò ancora. “È andata in bagno con le ragazze e Naru, e quando è tornata mi ha chiesto di accompagnarla a casa. Credo fosse preoccupata per come avrebbe reagito, Tsukino-san,” aggiunse, guardando al padre della ragazza. L’uomo annuì soltanto, deglutendo. “Sa che nessuno di voi l’avrebbe colpevolizzata, ma credo fosse spaventata che lei potesse andare e farlo fuori.” Prese un altro profondo sospiro, poi continuò.

“In ogni caso, sarebbe stato il suo primo bacio, e penso fosse più turbata per questo, che per il fatto che lui le abbia toccato il fondoschiena. Ha dei sogni a riguardo, vuole che sia speciale. Era così spaventata che, mentre venivamo qui, mi ha chiesto di baciarla. Penso che abbia paura che lui possa provarci di nuovo.”

Abbassò di nuovo lo sguardo. "Le ho promesso che se ancora vorrà che la baci, lo farò. Ci tengo a lei, e farei qualsiasi cosa per lei, quindi se davvero vuole che io lo faccia, lo farò." Poi mandò giù un bolo di saliva, e alzò gli occhi il tanto che bastava per incrociare lo sguardo dell’uomo.

"Ti piacerebbe restare per cena?" chiese Ikuko, sorprendendolo. Era abbastanza certo che dopo le ultime parole sarebbe stato cacciato a calci. Guardò il padre di Usagi, che annuì, e suo fratello che sorrise. Anche Luna saltò sulle sue gambe e iniziò a fare le fusa. Era una reazione enormemente diversa da quella che si era aspettato.

Diede un debole sorriso e annuì. Pochi momenti dopo, sentirono piangere dalla stanza di Usagi, e in un battito di ciglia il gatto era andato, con Ikuko dietro quasi alla stessa velocità. Mamoru rimase seduto in silenzio con Kenji e Shingo, incerto su cosa dire.

"Grazie," la voce di Kenji era quieta e calma, anche se poteva sentire tutte le emozioni che aveva accumulato sottopelle.

Mamoru si inchinò di nuovo. “Ah, è giusto che lo sappiate. Yodu è bandito dalla sala giochi a vita. Motoki me l’ha detto mentre le ragazze erano in bagno.”

"Pensi che cercherà di nuovo mia sorella" chiese Shingo, con tono preoccupato.

“Non credo, ma non mi sento di assicurarlo. Però posso dire che Usagi è molto più forte di quanto sembri. E non è sola. Tra le ragazze, me e Motoki, quell’idiota non ha molte speranze” e sorrise.

Primo bacio

Era passata circa una settimana dall’incidente al Crown. Per un giorno o due si era preoccupato, perché Usagi aveva paura a mettere piede nella sala giochi. Alla fine era andato a prenderla davanti la sua scuola media, e le aveva promesso che non avrebbe lasciato il suo fianco per tutto il tempo che sarebbe voluta rimanere. Non voleva che la ragazza associasse un luogo di spensieratezza e felicità a un solo brutto momento, ed anche se non voleva farle pressione, voleva che sapesse che le avrebbe guardato le spalle se voleva entrare. Usagi sorrise a Mamoru, e il cuore del ragazzo ebbe un guizzo quando lei disse che poteva fare tutto, se lui era lì con lei. Nell’arco di quella settimana, avevano passato molto tempo insieme, non solo durante i loro scontri mattutini, o in sala giochi. Lui aveva iniziato a farle compagnia nel tragitto fino alla sala giochi, dopo scuola.

A volte le amiche di lei li raggiungevano. Scoprì che gli piaceva la quieta e studiosa Ami. Makoto sapeva essere un po’ selvaggia alle volte, ma aveva un cuore davvero romantico. E poi era dolce, e spesso costringeva tutti a mangiare. Anche Rei e Minako spesso li raggiungevano durante il tragitto. Rei era fiera e aveva un bel carattere, ma sotto sotto era dotata di saggezza e comprensione. Minako somigliava in modo sorprendente a Usagi, un piccolo raggio di sole per tutti, ma era anche una brillante mente strategica, e piena di piani per accompagnarla. Passava il tempo provando a far mettere insieme la gente, rallegrandosi quando aveva successo.

Ma era Usagi quella che lo aveva più colpito. Non aveva notato quanto i suoi pregi superassero i suoi difetti. Non importava quanta fame avesse, avrebbe dato via il suo cibo subito se qualcun altro era affamato. Aiutava animaletti e bambini piccoli. Cantava meravigliosamente, e sembrava anche saper ballare. Poteva non aver voglia di studiare, ma a conti fatti era davvero intelligente.

A volte le ragazze sparivano senza ragione, ma alla fine si era abituato, e la cosa capitava sempre nel momento migliore, quando anche lui doveva andare. Solo Motoki sapeva che lui era Tuxedo Kamen. Lo avrebbe detto anche a Usagi, se avesse avuto la certezza che la cosa non l’avrebbe messa in pericolo.

 

Un pomeriggio stava accompagnando Usagi alla sala giochi, erano solo loro due. Usagi era silenziosa. Non si era ancora ripresa dall’incidente, e la cosa lo preoccupava. Ma quel giorno aveva un sorriso sottile in volto, e lui non poteva far altro che chiedersi a cosa stesse pensando. Stavano passando nei pressi del parco quando lei si fermò a guardarlo.

"Mamoru-san?"

La guardò negli occhi, notando in loro un piccolo luccichio. "Sì?" Era curioso e, se doveva essere onesto con se stesso, non voleva fare altro che chinarsi e baciarla.

"Mi stavo chiedendo se intendevi davvero quello che hai detto?" Usagi arrossì un pochino. "Riguardo il baciarmi, se avessi ancora voluto."

Deglutì. "Sì," sussurrò.

"Vorrei che lo facessi," disse lei, e lui si accorse che con la punta della scarpa stava puntando a terra.

Lui prese a guardarsi intorno nel parco e vide una panchina che si affacciava sul ruscello. "Vieni con me," disse gentilmente. C'erano bei fiori dappertutto e pensò che fosse un bel posto per il primo bacio di una ragazza, forse. Le prese la mano e la guidò. Si sedettero insieme e lui si voltò verso di lei. "Sei sicura Usako," sussurrò, senza nemmeno preoccuparsi che il nomignolo che le aveva dato gli sfuggisse dalle labbra.

"Sono sicura." Dicendolo alzò gli occhi verso di lui, con gli occhi cerulei che brillavano per l’emozione.

Allora lui si chinò, e le poggiò delicatamente il palmo della mano sulla guancia, strofinando il pollice su e giù sulla pelle liscia. Lentamente abbassò le labbra su quelle di lei, e iniziò a lasciare piccoli baci agli angoli della bocca, prima di premere delicatamente le labbra su quelle di lei. Sapeva di burro cacao alla fragola. Fece scivolare fuori la lingua, sfiorandole appena il labbro inferiore, e quando lei aprì leggermente le labbra approfondì il bacio.

Assaggiarla, sentirla, era incredibile, e Mamoru era convinto che sarebbe potuto morire felice in quel momento, ogni suo desiderio era stato esaudito. Lei fece un piccolo suono, e gli toccò la lingua con la sua. Lui sorrise, e anche lei a ruota, prima di tirarsi indietro lentamente. Lasciò ancora piccoli baci gentili sull’angolo della sua bocca, e poi uno per uno sulle palpebre chiuse, prima di allontanarsi.

Lei fece un piccolo sospiro felice e aprì gli occhi, fissandolo con soggezione. "Wow," sussurrò. "È sempre così?"

Mamoru scosse la testa. "Non lo so. Solo che tengo molto a te. Volevo che fosse speciale."

“Anche tu tieni a me?” sorrise lei.

A lui non sfuggì la parola. Lei aveva detto anche. Significava che lei teneva a lui. Sorrise e le prese la mano. “Tantissimo, Usako.”

“Mi piace.” Ridacchiò, tenendosi una mano sulla bocca. “Usako.” Poi gli sorrise. “Mamo-chan.”

Non riuscì a trattenere la smorfia sciocca che si aprì sul suo viso.

Attacco

Col Negaverse attivo, Mamoru non aveva avuto molto tempo per vedersi da solo con Usagi nei giorni a seguire. Provavano a stare insieme quando potevano, e spesso lo si vedeva seduto al tavolo con lei e le ragazze, il pomeriggio. Non sapeva quanto lontano quella relazione sarebbe arrivata, ma Mamoru era abbastanza sicuro che si stava innamorando di lei.

Era stato facile iniziare una relazione insieme, e tutti sembravano contenti, come se non avessero fatto altro che aspettare che succedesse. Mamoru piaceva ai genitori di lei, anche a suo padre. Specialmente considerando che era stato onesto e aperto con l’uomo riguardo i suoi sentimenti e le sue intenzioni rispetto a Usagi. Le sue amiche sembravano averlo accettato nel gruppo come se fosse sempre stato lì.

Motoki lo aveva un po’ preso in giro, ma nello stesso modo in cui lui lo aveva preso in giro quando aveva iniziato a uscire con Reika. C’era un accordo silente, per cui entrambi avrebbero fatto di tutto per aiutare la ragazza del proprio amico, come fosse la propria. E non guastava sapere che per Motoki Usagi era praticamente una sorellina.

Un pomeriggio, mentre finalmente riuscivano a stare un po’ insieme, tornarono al parco, seduti su quella stessa panchina. Usagi stava diventando più propositiva, baciandolo nel modo in cui lei voleva, e a lui piaceva. Lei era la persona più dolce che lui avesse mai conosciuto, e tendeva a vivere la vita al meglio. E adesso tendeva al meglio anche nel baciare lui.

E poi sentirono le urla. Usagi balzò sulla panchina e si girò nella direzione da cui provenivano, cercando di correre da quella parte per difendere chiunque si fosse fatto male. E anche se amava questo in lei, Mamoru temette si trattasse di uno Youma che avrebbe potuto farle del male.

“Stai qua, ci penso io”.

“No!” pianse lei, “ti farai male!”

“Anche tu”, rispose lui, spingendola indietro quando provò a seguirlo.

“Non rimarrò qua!”, insisteva lei intanto, “devo andare.”

“Posso farcela” continuava lui. “Per favore, rimani qui al sicuro”. Non aveva sentito ancora Sailor Moon trasformarsi, ma sapeva che se uno Youma avesse attaccato, lei sarebbe giunta immediatamente.

E poi sentì un bip venire dal polso di lei, che distrasse entrambi. Lei coprì l’orologio, ma il suono continuò. C’era una strana lucina, e poi sentì una voce. “Moon!” pianse la voce “abbiamo bisogno di te!”.

Al che Usagi sospirò un “sto arrivando”, e quando mosse la mano apparve la faccia di Mars.

Poi si girò verso di lui. “Non dirlo a nessuno”, gli disse, e poi si spostò dietro gli alberi.

“Certo che no!”, e nel momento in cui si nascosero da sguardi curiosi tirò fuori una rosa, trasformandosi. “Sbrigati e trasformati”.

Usagi aveva la bocca spalancata. Quando la chiuse, si prese un altro secondo per fissarlo. “Girati.”

Lui obbedì. Ci fu un lampo di luce e un suono improvviso, e poi dopo qualche secondo Sailor Moon gli stava tenendo la mano.

“Scusa,” gli disse, “ma io, uhm… beh si vede più di quel che dovrebbe quando mi trasformo. Peggio che con la fuku”, continuò a mormorare.

Corsero insieme verso la fonte delle urla, e lui lanciò una rosa per fermare uno Youma che stava attaccando una donna. Sailor Moon evocò la sua tiara, “Moon tiara action!”, disse, e la lanciò con una mossa morbida. Lo Youma si disintegrò. Mars e Mercury si avvicinarono velocemente.

“Perché sei arrivata tardi? Cos’è successo?” chiese Mercury.

“Come mai Tuxie è arrivato con te?” Mars.

Sailor Venus balzò giù da un muretto. Lei e Sailor Jupiter corsero verso di loro, mentro Tuxedo Kamen le scrutava una per una. Adesso le riconosceva. Mars era Rei, Mercury era Ami, Jupiter era Makoto e Venus era Minako.

“Beh, ora si spiegano tante cose”, fece lui, e sorridendo si abbassò per baciare Sailor Moon. Lei lo baciò di rimando, sorridendo a sua volta.

“Conoscete tutte il mio ragazzo”, disse lei con un sorriso felice. Le ragazze sussultarono, poi mormorarono insieme il nome del ragazzo, ma Mamoru fu felice di notare che tutte quante lo avevano accettato come avevano fatto anche nelle sua forma civile.

“Penso che abbiamo molto di cui parlare” disse Sailor Moon, “ci incontriamo al tempio?”

Mars annuì, e tutte gli diedero il benvenuto nel loro gruppo.

 

Tori's Public Service Message

Okay, momento spiegazioni… potete saltarlo se volete, ma io devo dirlo. Ci sono cose che non sono accettabili. Tutti noi perdiamo il controllo e facciamo cose stupide seguendo “il momento”. Non è di questo che parlo. Quello di cui sto parlando è quello che succede quando qualcuno fa deliberatamente qualcosa sapendo che non è voluta. Anche un bacio può spezzare il cuore di qualcuno. Questa storia non è “brutta” come quella sul Dark Endymion, e non è nemmeno come in “Losing Control”. Qui c’è un abuso, ma non del tipo che viene punito di solito.

Per qualcuno di dolce e innocente come la quattordicenne Usagi, un bacio è davvero importante. Vi ricordate di quando Unazuki parlava del voler aspettare per il suo primo bacio? Nessuno ha mai parlato con me quando ero giovane del significato che ha un bacio. Nessuno ha sottolineato che avevo una mia scelta, che avevo il controllo del mio stesso corpo. Infatti, quelli che dovevano insegnarmelo tendevano piuttosto ad avere una bassa considerazione di ragazze e donne, e quando mi succedeva qualcosa lo minimizzavano.

Quindi, questo è il mio messaggio. IL TUO CORPO TI APPARTIENE. UOMO, DONNA, TRANSGENDER… non importa. TU hai la facoltà di decidere cosa possono o non possono farti. Se una persona ti spinge a fare qualcosa che ti fa provare tristezza, rabbia o paura, parlane con una persona di cui ti fidi. Anche se solo contatti RAINN.

Fine della spiegazione.

Note di traduzione

Prima di passare alle note, ci tengo a scusarmi con chiunque attendeva questo capitolo. Giaceva tradotto a metà da mesi nel PC, in attesa di vedere una fine. Non ho scuse, davvero.

 

1  Ho tradotto letteralmente dal giapponese, ma la versione italiana è testolina buffa, mentre quella inglese è testa a raviolo. L’odango è un’acconciatura giapponese, diventata poi popolare proprio grazie a Sailor Moon, che l’autrice era solita farsi quando frequentava l’università.

2 nell’originale è seventh grade. Ora, io sono abbastanza certa che qui l’autrice stesse facendo riferimento al modello inglese di scuola, e non a quello giapponese (che prevede un ciclo scolastico del tipo 6-3-3). Seventh grade mi fa pensare tanto alla scuola di modello inglese (ricordo alle elementari e medie la confusione per le classi che erano così strane dalle nostre). Anyway, ho supposto che quello di Mamoru fosse un modo di dire simile al “manco un bambino delle elementari” e mi sono regolata di conseguenza. Se c’è qualcuno che ne sa a riguardo, eventuali consigli/correzioni sono sempre ben accetti (anche perché per un attimo mi è venuto in mente che potessi sbagliarmi, e che intendesse piuttosto una cosa del tipo “sta in classe con Mamoru, e andava dietro alle ragazzine delle medie”, visto che Mamoru è ben più grande di Usagi e delle altre). La versione originale comunque è questa: “And he was in Mamoru's grade. He had no reason to go after a seventh grader!

 

Ci ho tenuto poi a trascrivere le note autrice di Tori, perché penso sia un importante messaggio. RAINN è l’acronimo di Rape, Abuse & Incest National Network, un’organizzazione no-profit attiva negli Stati Uniti, anzi la più grande organizzazione, che si occupa di prevenire gli stupri e aiutare le vittime di abusi.

Colgo l’occasione per spingere anche chi legge questa traduzione a seguire l’invito di Tori. Chiunque tu sia, se un’altra persona ti fa sentire a disagio, o se fa fisicamente qualcosa per farti del male in questi termini, denuncia.

Fine dello spiegone.

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Capitolo 4
*** 4. La sorveglianza ***


AN: Sì... Mamoru è un po' inquietante questa volta... non è male, solo che non possiede molte abilità sociali ed è sospettoso e curioso... e un po' innamorato. Prometto che quando la storia finirà lui migliorerà. Queste cose richiedono tempo.

TN : La storia di oggi è divisa in due parti, ma entrambe sono pubblicate in un'unica soluzione. Come avete già letto dalle note dell'autrice, il comportamento di Mamoru qui è un po' "particolare"; ça va sans dire, certi comportamenti non vanno assolutamente incoraggiati o emulati. 

Chiedo scusa qui, prima della storia, a chiunque aspettasse questo aggiornamento. L'ultimo periodo per me è stato un po' meh, e anche se non devo metterci l'inventiva in questa storia perché è già scritta, il pensiero di mettermi al PC e tradurla in certi giorni era davvero ingestibile. Non voglio giustificarmi, solo spiegare i motivi che mi hanno tenuta lontana da questi schermi. Non posso promettere nulla purtroppo, ma sappiate che faccio del mio meglio.

La sorveglianza

Capitolo 1

Curiosità

Chiba Mamoru non era un uomo sospettoso. Non di solito. Non era un uomo fuori dall’ordinario... O meglio, non lo era mai stato. No, non molto tempo fa era un uomo normale, anche se solitario. Finché non aveva incontrato LEI. Era una super-eroina della varietà più carina. Lunghi capelli biondi dorati raccolti in due chignon, con lunghi festoni che le scendevano lungo la schiena e arrivavano quasi ai piedi. E per un attimo, prima che lei cominciasse a piangere come una bambina, mentre la guardava di profilo nella gioielleria buia, aveva visto solo un assaggio di chi sarebbe potuta diventare e di chi sarebbe potuta essere. Per appena un istante gli aveva ricordato la principessa dei suoi sogni, anche se nessuna principessa poteva essere così goffa e infantile, giusto?

Non poteva essere una coincidenza che avesse incontrato due ragazze con quei lunghi capelli biondi in quello stile nello stesso giorno. Nella sua fuka, come Sailor Moon, poteva vedere il suo volto, ma non riusciva a cogliere alcun dettaglio che potesse rivelare la sua identità. Questo lo colpì come un vecchio concetto magico, chiamato glamour. Era sicuro che qualsiasi cosa le desse tutti i suoi poteri la stesse camuffando.

Lui stesso non ne sapeva molto. Dopo tutto, si era trasformato solo poche volte... ma era stato un bisogno disperato di arrivare a lei. Una rosa era apparsa improvvisamente nella sua mano con un leggero movimento, come se l'avesse estratta dal nulla. Forse una tasca subspaziale, o una qualche forma di telecinesi. Avrebbe dovuto fare delle ricerche in merito più tardi.

Ma Mamoru era incuriosito. A diciassette anni viveva da solo, in un piccolo appartamento, e, se non era soddisfatto, almeno non era infelice di questa situazione. Aveva un amico, Motoki, che lavorava alla sala giochi. E se non si sbagliava, era il posto migliore per iniziare a osservare la ragazza. Doveva sapere. Doveva scoprire se i suoi sospetti erano veri. E se lo erano, doveva imparare ogni minima cosa sulla ragazza. Chi era. Come aveva ottenuto i suoi poteri. Sapeva del cristallo? Era legata alla principessa dei suoi sogni? Perché era legato a lei?



Mamoru si passò le dita tra i capelli neri come l'inchiostro, mentre sedeva nella sua cabina a guardare Usagi. Nella sua mente la conosceva già. Dopo essere stato colpito da un compito in classe, da una scarpa e dalla stessa ragazza bionda, con qualche insulto piccato tra loro, cominciava a sentirsi come se la conoscesse. Era una stupida e un'imbranata. Era pigra e demotivata. Era una piagnucolona, senza rispetto per se stessa e senza una vera intelligenza. Mangiava troppo e troppo in fretta e non aveva alcuna educazione a tavola. E non aveva mai conosciuto veri problemi. A parte...

La sua migliore amica Naru era stata ferita nell'attacco alla gioielleria e Usagi aveva pianto per lei. Poi, aveva visto quanto Usagi fosse sconvolta una settimana prima, quando il suo amico Umino aveva iniziato a comportarsi in modo strano e aveva cercato di costringerla a baciarlo. Lei aveva pianto per ore e vederla in lacrime lo aveva turbato più di quanto avrebbe creduto.

Qualche giorno dopo aveva riso di nascosto di lei quando aveva iniziato a parlare di scrivere lettere d'amore... a lui, a Tuxedo Kamen. E poi si era preoccupato che lei fosse caduta nella trappola. E lo era stata, per un momento, ma solo perché aveva toccato quella ricevuta da Naru. Ogni giorno che passava era sempre più sicuro che la ragazza non fosse solo quello che sembrava.

E per quanto riguarda Sailor Moon... Dopo averla aiutata in gioielleria, l'aveva osservata attentamente. Era apparsa di nuovo per fermare la fuga di energia con la falsa cartomante. Non era stato facile per lei. L'aveva rivista quando aveva dovuto fermare la "malattia del sonno" causata dalle spille regalate da Jadeite alla stazione radio alle donne che scrivevano lettere d'amore.

Continuò a guardare la ragazza, sorseggiando il caffè e fingendo di studiare. Non sapeva quanto tempo fosse rimasto lì seduto prima che accadesse. Stava giocando al gioco arcade Sailor V, borbottando e urlando a turno tra sé e sé, quando alle sue spalle una bambina cominciò a piangere. La piccola non aveva più di sette anni e Mamoru non vide nessun genitore nelle vicinanze. Usagi girò di scatto la testa e si voltò istantaneamente verso la bambina, scivolando dal sedile e mettendosi a terra davanti alla ragazza dai capelli d'ebano.

"Cosa c'è, tesoro?", le sentì chiedere.

"Non riesco... non riesco a trovare la mamma!". Il bambino si lamentò.

Mamoru guardò stupito Usagi che apriva le braccia e la bambina vi si gettava dentro. Prendendo in braccio la bambina, si alzò e si diresse verso il bancone (con più grazia di quanto avrebbe creduto possibile) per parlare con Motoki. Mamoru non riuscì più a sentire ciò che veniva detto, ma osservò stupito come la bionda tirasse fuori la sua borsetta e pagasse un succo di frutta e una merendina per la bambina. Si sedette con la bambina mentre Motoki cercava nella sala giochi la madre della bambina. Gli ci vollero solo pochi minuti per trovare la donna, che stava uscendo dalla toilette, e la condusse al bancone per il loro incontro.

La madre singhiozzava e cercava di porgere qualcosa a Usagi, che scosse la testa più volte e diede alla donna, che ora stringeva la figlia, un caldo abbraccio e un sorriso. Mamoru la guardò salutare per alcuni istanti, prima di recuperare il suo zaino e andarsene.

Dopo aver atteso un minuto, Mamoru si alzò e seguì la ragazza. Rimase indietro, osservando da lontano un piccolo gatto nero che saltava dal davanzale della finestra sulla spalla di Usagi. La ragazza parlava animatamente con il felino, anche se lui non riusciva a sentire nulla di ciò che veniva detto. Li seguì per tre isolati prima che la ragazza girasse l'angolo. Quando raggiunse il punto e guardò il nuovo sentiero, lei non c'era più. Quel giorno non la vide più.

Mamoru era frustrato. Erano passati tre giorni. Tre lunghi giorni in cui aveva cercato, senza successo, di seguire la bella biondina. Il che era assurdo, perché la vedeva ovunque. Nel parco l'aveva vista arrampicarsi su un albero, molto instabilmente, per salvare un gattino. La vide portare da bere al giardiniere. La vide usare un fazzoletto come vela per un bambino che aveva costruito una piccola barca di legno. E ogni giorno che passava, si incantava sempre di più. Voleva sapere se quella ragazza era la paladina dell'amore e della giustizia.

Il problema era che, non importava quante volte la vedesse, alla fine spariva dietro un angolo e quando lui lo raggiungeva era già sparita. In qualche modo, doveva collegare un localizzatore o una telecamera alla ragazza. Forse entrambe. E sapeva come fare per metterglielo addosso. Quasi ogni giorno si incontravano mentre andavano a scuola. A dire il vero, lei gli sbatteva contro mentre sfrecciava sulla strada, correndo più velocemente di quanto lui avrebbe immaginato possibile per una persona così minuta. I lividi sul petto lo dimostrano. Stava diventando più bravo a prenderla, invece di cadere entrambi sul sedere. Ma se fosse riuscito a fare in modo di cadere sopra di lei, avrebbe potuto posizionare una telecamera al centro della spilla. E forse poteva inserire un localizzatore in una delle sue scarpe, se il momento era giusto. Lei tendeva a buttarle via regolarmente. Lui doveva solo prenderne una.

Aveva trovato un negozio di elettronica specializzato in sorveglianza e aveva corrotto un tizio dall'aspetto losco perché gli mostrasse delle telecamere che consentivano l'uso dell'audio e della vista e aveva anche acquistato il sistema. C'era una piccola scatola che poteva attaccare al retro del suo televisore per poterla osservare a piacimento. Registrava tutto ciò che lei faceva. Poteva anche guardare tramite un dispositivo portatile, che sarebbe servito anche come mappa per il tracker.

Purtroppo, le telecamere non potevano essere posizionate sulla spilla, ma erano incastonate in tre piccoli oggetti. Il primo era un peluche (aveva scelto un coniglietto), il secondo era un paio di orecchini e il terzo era una piccola spilla d'oro con una rosa rossa in cima. Acquistò due tracker, uno per le scarpe da scuola e l'altro per le scarpe da ginnastica. Erano quasi invisibili a causa delle loro dimensioni e potevano essere premuti contro l'esterno e si sarebbero attaccati in modo permanente.

Finora tutto bene, pensò Mamoru quel pomeriggio. Lei aveva tirato diversi calci al gioco delle Sailor V e la sua minuscola scarpa sinistra era volata dritta verso la sua testa. Riuscì a prenderla prima che facesse danni e attaccò rapidamente il tracker nero.

"Odango atama, sei una minaccia!", lo rimproverò mentre gli restituiva la scarpa.

"USAGI!", gridò. "Il mio nome è Usagi. Imparalo!". Afferrò la scarpa, si girò e volò via. Lui ridacchiò. Era adorabile quando era arrabbiata. Il nasino arricciato, gli occhi fiammeggianti, le guance rosa. Adorabile. Uscì rapidamente dalla sala giochi e si diresse verso casa.


Quella notte ci fu un altro attacco Youma. Nelle case del quartiere, i peluche appena acquistati prosciugavano l'energia vitale dei bambini. Si svegliò alle 2:07 del mattino e sentì il bisogno di trovare Sailor Moon e salvarla. Lei aveva paura, questo lo capì anche quando la rosa gli apparve in mano, e lui doveva raggiungerla in fretta. Raggiunse il balcone a tempo di record, si gettò sul tetto e corse verso l'attrazione. La zona commerciale di Jūban era invasa da quello che sembrava un gatto molto grande e molto arrabbiato. Ma quello che poteva vedere era una creatura che sembrava un misto tra un gatto impagliato e un porcospino. Attualmente, dalla creatura volavano punte argentate affilate verso Sailor Moon. Lei si abbassò e schivò, ma erano troppi per lei. Si gettò da un palo della luce, la prese e la tenne contro il petto e saltò sul tetto di un edificio vicino.

"Presto, usa il diadema!".

"Moon Tiara Action", urlò lei e lanciò l'oggetto contro il mostro. La cosa lo schivò e iniziò a correre verso l'edificio dopo di loro. Tuxedo Mask lanciò tre rose affilate contro lo Youma e tirò Sailor Moon dietro il suo mantello. Una volta che il mostro raggiunse la cima dell'edificio, Sailor Moon lanciò il diadema e lui lanciò altre rose. Colpi diretti da tutti e quattro i proiettili e all'improvviso la creatura scomparve lasciando un piccolo gattino di peluche sul tetto.

"Grazie per avermi salvato Tuxedo Kamen!". Sailor Moon gli rivolse quegli splendidi occhi cerulei e lui quasi si sciolse. Dio, questa ragazza è bellissima, pensò ancora.



Secondo il suo orologio erano le 3:47 del mattino quando entrò nella scuola media Jūban. Mamoru passò diversi minuti a sfogliare i dati personali della ragazza, che trovò molto interessanti. La ragazza era in realtà molto più brillante di quanto sembrasse. Il suo problema principale erano i test. Sapeva fare i compiti in classe, ma ogni volta che si sottoponeva a un test era un vero disastro. Si chiese se si trattasse di una forma di ansia... il che poteva anche spiegare le sue azioni durante i primi combattimenti che aveva visto. Tendeva a farsi prendere dal panico per un momento e aveva sempre bisogno di una sorta di incoraggiamento da parte del sottoscritto, aggiunse lui a mente, prima di affrontare finalmente lo Youma. Sembrava anche che a volte perdesse (o non facesse) i compiti.

Dopo aver ottenuto il suo indirizzo di casa, trovò il suo armadietto e fece la consegna speciale dei suoi "regali". Poi si diresse verso casa sua e si arrampicò sull'albero appena fuori dalla sua stanza. Sembrava che lei dormisse profondamente. Non fece rumore aprendo la finestra e arrampicandosi prima di sistemare il coniglietto su una mensola piena di altri giocattoli di peluche. Si assicurò che la telecamera avesse una buona angolazione, ma che il coniglietto non fosse evidente, perché, essendo una ragazza, pensava che si sarebbe ricordata di aver ricevuto un regalo del genere.

Finalmente arrivò a casa, accese la telecamera del coniglietto e si addormentò con la televisione accesa, osservando la piccola nei suoi sogni tranquilli. L'ultimo pensiero, prima che il sonno lo invadesse completamente, fu che lei russava.

Si svegliò la prima volta che la madre entrò nella sua stanza. Lei non lo fece. Sebbene dovesse scusare la prima volta, dato che la ragazza si trovava in quella particolare età dello sviluppo in cui tutto sembra accadere da un giorno all'altro, e dato che la sera prima aveva partecipato a una battaglia, alla quarta volta che la madre entrò nella stanza esultò mentalmente quando la donna le afferrò i piedi e la trascinò fuori dal letto.

La sentì lamentarsi mentre si affrettava a prendere i vestiti e, quando lei lasciò la stanza per fare la doccia e vestirsi, lui ne approfittò per fare colazione. La vide un'ultima volta mentre tornava di corsa nella stanza per prendere la borsa, urlando che non aveva finito i compiti di inglese.

Spense la televisione e uscì di casa, aspettandola allo stesso angolo in cui si scontravano quasi quotidianamente. E 3, 2, 1... Uscì, e ovviamente si trovò tra le mani una bionda minuta e leggiadra. I capelli di lei gli sferzavano il viso mentre gli sbattevano sul petto e lei quasi rimbalzava all'indietro sul sedere. Lui rise.

"Che fretta c'è, Odango Atama?", chiese con un ghigno presuntuoso. Resistette all'impulso di afferrarle il sedere con uno sforzo erculeo e la lasciò andare con cautela.

"Usagi!", urlò lei. "Merda! Devo andare!" E senza una parola se ne andò via di corsa. Lui percorse i due isolati fino al suo palazzo e accese le altre due telecamere su uno schermo diviso, sperando che lei le prendesse e le mettesse prima della lezione.

Ci volle meno tempo di quanto avrebbe immaginato perché lei aprisse l'armadietto. Ma si fermò quando vide i suoi regali e il bigliettino che le chiedeva di indossarli e di pensare al suo "ammiratore segreto". La spilla con la rosa andò al colletto, che si abbassò immediatamente in modo che un lato dello schermo fosse una semplice immagine del suo petto in crescita. Gli orecchini sono stati inseriti un attimo dopo e lui ha avuto la visione del mondo di lei che entrava in classe con diversi minuti di ritardo.

Fu immediatamente mandata in corridoio a stare in piedi per quindici minuti. Non aveva mai capito quella punizione. Perché far uscire qualcuno dalla classe per un ritardo? Non aveva senso. Sicuramente la detenzione era più adatta. Lei passò il tempo in corridoio facendo uno spuntino con qualcosa nascosto in tasca e lavorando alle ultime domande dei compiti di inglese. Si rallegrò mentalmente per quello, anche se la pagina dei verbi era stata fatta male. Sembrava che la ragazza avesse bisogno di un tutor. Immediatamente volle offrirsi come volontario.

Quando fu richiamata in classe, passò la maggior parte del tempo a scarabocchiare sul quaderno, invece di usarlo per il vero scopo, e a sonnecchiare. Il pranzo fu trascorso con una ragazzina dai capelli rossi e un ragazzo bruno e sfigato che sembrava eccessivamente interessato a tutto ciò che lei diceva e faceva, e che sembrava spuntare continuamente dal nulla e spaventare le ragazze.

Tuttavia, era la conversazione che trovava intrigante. A quanto pare, volevano andare in una nuova palestra che offriva una sorta di dimagrimento miracoloso. L'altra ragazza, Naru, guardò la sua Odango. "Ci vado di sicuro. Voglio proprio vedere se funziona. Vuoi venire con me?".

Il ragazzo, che avevano chiamato Umino, accennò al fatto che entrambe avrebbero potuto perdere qualche chilo, quando un'altra ragazza, che in realtà era in sovrappeso, si avvicinò e cominciò a picchiarlo e a gridargli che doveva farsi gli affari suoi. Poi si rivolse a Usagi. "Non credo che dovresti cercare di perdere peso. Davvero, non voglio che tu svenga di nuovo!".

Usagi rise. "Non preoccuparti, prendo le mie medicine. E onestamente, in sei mesi sono ingrassata di sette chili. Il medico dice che sto meglio".

Mamoru si accigliò. Non aveva notato una condizione medica mentre leggeva le trascrizioni della ragazza. Si chiese se avesse l'ipertiroidismo. Questo spiegherebbe quanto mangiava in sala giochi e perché i genitori avevano istituito un conto per gli spuntini. La ragazza avrebbe comunque avuto bisogno di una paghetta per giocare, ma almeno non sarebbe rimasta senza cibo. Si segnò mentalmente di iniziare a comprare snack ricchi di grassi sani e proteine, per ogni evenienza.

Mamoru era un po' preoccupato quando Usagi aveva accettato di andare a provare la palestra, ma era anche curioso della cosa. Tirò fuori il giornale che aveva portato con sé e lesse di diversi misteriosi casi di esaurimento di persone che vi si erano recate. Avrebbe dovuto sorvegliare il posto.

Improvvisamente la telecamera a spillo su un lato dello schermo cambiò angolazione, così che non si trovò più a fissare i seni di lei, anche se poteva vederli nella parte inferiore dello schermo. Per qualche motivo non aveva detto ai suoi amici dei regali. Dopo il grido di gioia che aveva emesso quando li aveva visti, non ne aveva più parlato. Si chiese se le piacessero.

Mentre lei finiva la scuola, lui passava il tempo a lavorare sui compiti e sui progetti. Sapeva di non poter perdere molti giorni di scuola per la sua sorveglianza e non voleva rimanere troppo indietro. L'ufficio presenze della scuola gli aveva detto che poteva farsi portare i compiti da Motoki. Chiamò il giovane e gli chiese di infilarli sotto la porta mentre tornava a casa. Doveva scoprire la verità entro il fine settimana. Lo sapeva e basta.

Guardava spesso lo schermo, anche se teneva il volume basso per potersi concentrare. Un'occhiata lo fece arrossire furiosamente mentre lei si stava cambiando per andare in palestra e la sua maglietta, forse appesa all'armadietto, catturava l'immagine di una Usagi a torso nudo e senza gonna. Distolse subito lo sguardo, ma non poté fare a meno di lanciare occasionalmente un'occhiata allo schermo mentre lei si metteva la tuta da ginnastica.



Usagi era completamente incapace di fare ginnastica. Inciampava e cadeva, comportandosi come una palla da bowling in procinto di fare strike quando si trovava vicino a qualcuno durante questi episodi di face-planting. L'allenatore le aveva chiesto di fare semplicemente dei giri intorno alla palestra, sostenendo che dandole una racchetta probabilmente la scuola l'avrebbe denunciata.

Dopo la scuola si era incontrata con le altre ragazze e lui la guardava frustrato mentre si dirigeva verso la palestra. Una parte di lui voleva correre a salvarla, ma doveva sapere, no? Doveva vedere se era Sailor Moon. Quando le ragazze entrarono nell'ingresso dell'edificio, un brivido lo attraversò.

"Uscite da lì...", mormorò verso il suo schermo, stringendo i pugni.

 La sorveglianza

Capitolo 2

Shapelin

Non appena le ragazze entrarono, un uomo dall'aspetto inquietante, che sembrava vagamente familiare, si avvicinò loro, offrendo un abbonamento di prova gratuito. Le ragazze entrarono nello spogliatoio e lui abbassò lo sguardo in modo da vedere a malapena lo schermo. Voleva tenerla d'occhio, ma anche lasciarle la privacy per cambiarsi. Afferrò il palmare e spense la televisione. Adesso aveva addosso solo gli orecchini, quindi la guardò mentre camminava, urtando diverse persone mentre si dirigeva verso la fermata dell'autobus, con il volume basso negli auricolari.

Sentì Usagi borbottare sottovoce a proposito di Luna. Ricordava che era il nome del suo gatto. Usò prima la cyclette e poi la rowing machine. Doveva ammettere che si impegnava molto quando iniziava qualcosa. Anche se ansimava, non si arrendeva. Buttò spesso un occhio alla stanza, e più volte allo strano uomo. Si chiese se anche lei avesse ricevuto da lui la stessa inquietante sensazione.

Salì sull'autobus, diretto verso di lei, e si sedette in fondo. Quando guardò di nuovo il dispositivo, lei era nella stanza della spa, ovviamente a cambiarsi. Distolse lo sguardo, per sicurezza, tenendo il palmare stretto al petto in modo che nessun altro potesse vederla. Non sapeva dove fossero andate le altre ragazze, ma non erano più con lei. La sentì sospirare mentre sprofondava nell'acqua, emettere lievi schizzi mentre si metteva in posizione comoda e un gemito mentre i muscoli tesi si rilasciavano.

Il suo corpo reagì quasi violentemente, risvegliandosi in un istante, e non poté fare a meno di sbirciare lo schermo. Lei era in acqua, ma si guardava sotto la superficie. Poteva vedere l'innalzamento dei suoi seni cremosi sopra la superficie e l’immagine rifratta del resto di lei. Guardò solo per un momento, ma fu sufficiente per imprimere l'immagine nel suo cervello per sempre.

Si sentì un libertino. Sbirciò di nuovo. Lei si era appoggiata allo schienale, fissando il soffitto, e lui tirò un sospiro di sollievo. Il suo corpo era ancora teso, dolorosamente pulsante, ma lei era nascosta alla sua vista.

"Chissà dove sono andati i miei amici", disse lei con un sospiro.

L'autobus si fermò a due isolati da Shapelin e lui scese, ma la reazione che stava ancora avendo lo rendeva difficile e quasi doloroso. Sentì degli schizzi, ma tenne il dispositivo in tasca, non volendo che qualcun altro la vedesse accidentalmente. Si diresse verso la palestra e si stava preparando a entrare quando la sentì sospirare.

"Se ne sono già andati?", si chiese. "Immagino che questo significhi che andrò da sola".

Un attimo dopo uscì dalle porte. Mamoru si avvicinò a lei, riuscendo a sentire il profumo di gelsomino dell'acqua del bagno, e le diede un colpetto sulla spalla. Cercò di controllare la sua bocca, assicurandosi che non uscissero insulti. Il volto di lei si contorse mentre lo guardava.

"Ehi, piccolo Odango", disse. "Io...", non era sicuro di cosa volesse dirle. "Non mi piace l'aspetto di questo posto", fece un cenno con la testa verso l'edificio. "Non è sicuro". Le porse alcuni ritagli di giornale e se ne andò prima che lei potesse dire qualcosa in risposta.

Si nascose nell'ombra di un vicolo lì vicino e la guardò mentre si sedeva su una panchina e sfogliava i ritagli di giornale. "Chissà di cosa si trattava", disse ad alta voce, e poi fu ovviamente catturata dalle storie di persone che si ammalavano e non stavano bene dopo aver lavorato lì. "Hmm", pensò, "si tratta di metodi sbagliati o di qualcosa di più? Devo parlare con Luna".

La guardò in piedi mentre l'autobus si avvicinava e si trasformò in Tuxedo Kamen per tornare a casa non appena lei fosse salita a bordo.

Voleva disperatamente uccidere il gatto di Usagi. Il felino sapeva parlare. Quando lei aveva parlato per la prima volta lo aveva scioccato e la scodella di pasta era caduta sul pavimento accanto a lui, ma si era subito ripreso quando aveva sentito alcune delle cose che diceva.

Quando Usagi era entrata in camera da letto, il maledetto gatto aveva tenuto in mano un disegno a pastello di una Usagi ingrassata e con il muso da maiale. Lei aveva gridato di rabbia e aveva strappato il disegno, accartocciandolo. Non aveva reagito diversamente e si era chiesta perché la ragazza non avesse urlato. "È l'aspetto che avrai se non ti impegni di più", aveva detto il gatto. In quel momento era caduto e le tagliatelle erano finite su di lui e sul pavimento.

Sentì Usagi sospirare e si dimenticò del disordine. "Ci sto provando Luna, ok?".

"Non credo che tu ci stia provando abbastanza", disse la gatta in tono sprezzante.

La ragazza tirò fuori i ritagli di giornale e li sfogliò di nuovo. Li ordinò per data e li pose sulla scrivania di fronte al gatto. "Dai un'occhiata a questi", disse dolcemente.

Mamoru osservò la sera mentre Usagi faceva i compiti e scendeva a cena dove toccava appena il cibo. Si preparò per andare a letto e tirò un pesante sospiro quando rimase sola in bagno. Si infilò nel letto senza dire una parola e si girò verso il muro. Lui passò alla telecamera del coniglietto e osservò le sue spalle scosse da singhiozzi silenziosi.

Oh sì, voleva assolutamente uccidere il gatto.

Mamoru si preoccupò quando Usagi uscì di casa senza fare colazione. Le andò incontro, al solito posto, e lasciò che lei lo urtasse di nuovo, ma quella mattina non c'era calore o fuoco in lei. Invece di sgridarla, le afferrò le spalle e si chinò a scrutarne il viso. Le lacrime avevano lasciato tracce sulle guance e lui la tirò delicatamente sul ciglio della strada.

"Cosa c'è che non va, piccola Odango?", le chiese, mantenendo un tono gentile.

"Niente", mentì lei. "Ho... letto quei ritagli di giornale. Grazie per l'avvertimento". La sua voce era appena superiore a un sussurro.

Senza pensarci le diede un piccolo abbraccio, poi la lasciò. Lei alzò lo sguardo su di lui, ovviamente spaventata, e gli rivolse un piccolo e timido sorriso, prima di voltarsi verso la scuola. Lui si mise al suo fianco finché non si separarono dal cancello, senza dire un'altra parola. Il silenzio non era fastidioso, ma anzi era caldo.

Lui salutò con un cenno del capo e lei alzò la mano per ricambiare il gesto con un altro timido sorriso. Mamoru capì in quel momento di essere innamorato di quella ragazza.

Quel giorno ebbe difficoltà a concentrarsi a scuola. Continuava a sporgere il palmare per sbirciare il suo quaderno, dove c'erano cuori e fiori scarabocchiati dappertutto. Quando la scuola finì, si diresse verso il Crown Gaming Center, dove sapeva che lei si sarebbe diretta per un frullato e, si sperava, per mangiare, ma la trovò fuori, che guardava mestamente, con una mano premuta sulla testa. Mentre la guardava, le gambe di lei tremavano e cominciò a cadere.

La prese al volo e la portò all'interno della sala giochi. Facendo un cenno a Motoki, portò Usagi nella sala relax. Prese un succo di frutta dal frigorifero e una barretta proteica dalla tasca subspaziale e tornò dove l'aveva adagiata sul divano. La svegliò e la spinse a mangiare e bere. Ci volle un po', ma il suo colorito cominciò a tornare, e con esso il suo temperamento.

Cercò di controllarlo, ma quando lei ammise di non aver mangiato, volle scuoterla. L'unica cosa che riusciva a immaginare era di prendere a calci quel gatto nero da un capo all'altro di Tokyo.

"Usagi?" cominciò. Non poteva raccontarle tutto quello che aveva visto e sentito, ma forse poteva farla riflettere su quello che stava facendo. "Perché non mangi? Sei troppo magra per saltare un pasto!". Cercò di controllare la voce, ma le ultime parole uscirono quasi con durezza. Strinse un pugno dietro la schiena, conficcando le unghie nel palmo.

"Ma-Mamoru?" chiese timidamente, tendendo una mano come per raggiungerlo.

"Mi dispiace Usagi, ma così non si può andare avanti". Lui tirò fuori dalla tasca diverse barrette proteiche e gliele porse. "Se non inizi a mangiare, chiamerò tua madre". Usagi sussultò alla minaccia.

"Mamoru io...", ma lui non la lasciò finire.

"Pensi che non sappia cosa direbbero quei teppisti della Shapelin a una ragazza come te. Vogliono farti sentire insicura!". Non poteva farle capire che aveva sentito Luna. "Sei troppo magra. So che ti prendo in giro per come mangi, ma questo non significa che voglio che tu smetta di mangiare". Cercò di controllare il respiro e si inginocchiò davanti a lei. "Promettimi, qui e ora, che mangerai".

Usagi annuì con la testa, ma non fu sufficiente. "La tua parola Usagi, o chiamo tua madre".

Lei sospirò: "Prometto che mangerò".

Lui si alzò e le tese la mano per aiutarla ad alzarsi. Lei se ne andò, guardandosi alle spalle con un piccolo sorriso, e lui sospirò di sollievo prima di tornare a casa.

Era sotto la doccia, pensando ancora a Usagi, quando la sentì trasformarsi. Giurò e si sciacquò il sapone dai capelli, trasformandosi non appena chiuse l'acqua. Le sue scarpe da sera scivolarono un po' sul pavimento bagnato della doccia, ma si riprese e attraversò l'appartamento fino al balcone. I sentimenti di paura di lei furono toccati dall'orrore e dalla rabbia. Qualcuno a cui teneva era in pericolo. Riconobbe i sentimenti della prima notte in cui l'aveva incontrata, quando Naru era in pericolo. Allora non la conosceva, ma ora era in grado di riconoscere i sentimenti.

Sì, Usagi era sicuramente Sailor Moon. Corse sui tetti, sfrecciando nella sera, con la luce del sole al tramonto che a volte lo accecava. La sua rabbia aumentò, così come la sua volontà di aiutare, e in pochi istanti la battaglia era finita. Si spostò allora all'interno dell'edificio, alla ricerca di lei.

Vide Luna e Sailor Moon salire le scale, la battaglia era già finita. L'eroina aveva avvolto il braccio intorno alla vita della sua insegnante, sostenendola. La spostò su una sedia accanto ai gradini e la fece sedere in attesa dell'ambulanza.

Chiamò il felino e lei si mosse verso di lui. Fece attenzione a non allungare la mano per strangolarla. "Forse", sussurrò in un sussurro mortale, "dovresti fare attenzione a ciò che dici alla tua protetta prima che si faccia male seriamente. Oggi è svenuta. Lo sapevi?".

La gatta lo guardò, sbigottita, ma lui non aveva finito. "Sai perché è svenuta, Luna? Perché hai ferito i suoi sentimenti. Le hai fatto credere di essere grassa". I suoi occhi si allargarono. "Oh sì, so chi è, e almeno la proteggerò", fece una pausa, "morirei per lei, e tu la tratti come spazzatura. Ho sentito quello che le hai detto ieri sera". Le lanciò un'occhiata severa, poi cercò Usagi.

Sailor Moon li stava guardando entrambi, ancora in cima alle scale, senza sapere cosa stesse succedendo o perché stessero parlando. Poteva sentire la sua curiosità e la sua stanchezza. Tornò a guardare Luna. "So chi è e mi preoccupo per lei. Se non ci tieni, allora esci dalla sua vita. Se lo fai, impara che ha QUATTORDICI anni e parlale con gentilezza". Si allontanò, ma mentre se ne andava chiamò da sopra la spalla: "Ti prometto che ti terrò d'occhio!".

Mamoru tentennava sulle sue scelte. A lei piaceva il rosa, ma l'unico che avevano in rosa aveva la forma di un maiale, e questo non sarebbe mai andato bene. Così scelse quello rosso. Quello a forma di cuoricino e con un pulsante di chiamata rosa. Lo collegò al suo dispositivo portatile e pagò un anno intero in anticipo. Tornò a casa per aspettare il buio e scrivere un biglietto appropriato.

Accese la televisione per guardarla dalla telecamera del coniglietto. Era adorabile. Aveva fatto i compiti, ma li aveva lasciati sopra il comò quando aveva rimesso i libri nella borsa. Lei lesse alcuni manga e litigò con suo fratello per decidere quale gioco di Sailor V fosse migliore. Aveva anche chiamato le sue amiche per assicurarsi che stessero tutte bene e aveva scritto un biglietto di auguri per la sua insegnante. È stata davvero molto dolce.

Indossava un pigiama da coniglietta per andare a letto. Non appena fu sicuro che stesse dormendo, percorse i due isolati fino a casa sua, si trasformò sotto l'albero vicino alla finestra e si infilò nella sua stanza. Prese i compiti dal comò e li infilò nello zaino.

Il nuovo oggetto che mise sul suo comodino quella sera fu un piccolo orologio rosso a forma di cuore. C'era un pulsante di chiamata, in pratica un segnale di soccorso, in modo che se lei avesse avuto bisogno di lui, avrebbe potuto chiamarlo. Il biglietto che aveva appoggiato alla rosa probabilmente non era abbastanza convincente, ma sperava che avrebbe funzionato.

 

Usagi,

Non sono molto bravo con le parole, ogni volta che ti parlo vado nel panico e non sono gentile. Volevo solo dirti che mi piaci molto e che vorrei che fossimo più che amici, ma so di averti fatto arrabbiare molto, quindi se non vuoi posso capire. Spero solo che mi permetterai di provare a farti cambiare idea. Se vuoi parlarmi, vedermi o hai bisogno di me per qualsiasi cosa, premi il piccolo pulsante sull'orologio e io sarò lì.
Conosco il tuo segreto... e se guardi il fiore, conoscerai il mio. Ti prenderò in qualsiasi momento.
Mamoru
P.S. Sei stata brava oggi!

 
Lei non trovò la lettera o il regalo se non dopo una battaglia contro uno Youma nel cuore della notte. Alla fine l'aveva sconfitto ed era tornata a casa. Poiché erano quasi le cinque del mattino, decise di rimanere sveglia, accese la luce e trovò la lettera. Appena finito di leggere, premette il pulsante e lui scivolò dall'albero nella sua camera da letto.

 

 

 

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