La Principessa Mezzodemone

di __Lily
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** UNO ***
Capitolo 2: *** DUE ***
Capitolo 3: *** TRE ***
Capitolo 4: *** QUATTRO ***
Capitolo 5: *** CINQUE ***
Capitolo 6: *** SEI ***
Capitolo 7: *** SETTE ***
Capitolo 8: *** OTTO ***
Capitolo 9: *** NOVE ***
Capitolo 10: *** DIECI ***
Capitolo 11: *** UNDICI ***
Capitolo 12: *** DODICI ***



Capitolo 1
*** UNO ***


UNO.




E’ così da sempre sono io a prendermi cura di lei, io che la difendo a lei non piace combattere, non le è mai piaciuto farlo, la sua aspirazione non è diventare forte come nostro padre, forte come vorrei essere io come lo è nostro zio e come lo era anche nostro nonno, mia sorella vuole essere una sacerdotessa come nostra zia.
Asuka è diversa da me non solo nei desideri ma anche nell’aspetto, esteriormente assomiglia a nostro padre uno dei demoni più potenti che io conosca, anzi il demone più potente che io conosca.
Asuka è come i fiori delicata e pura sa difendersi ovviamente ma non le piace usare la forza, per questo l’ho sempre fatto io per lei.
A chi mi chiede perché dico sempre «mia sorella è una mia responsabilità» e ed è così, Asuka non è solo la mia gemella e una parte di me ma è anche una mia responsabilità, ed è solo per lei se ora sto sfidando nostro padre o meglio il lui di un tempo passato.
Non posso sopportare che Asuka muoia per causa mia, non voglio e non posso essere io la causa della sua morte ed ecco perché sono qui, ecco perché tutto riporta a lui al nobile Sesshomaru, al demone senza cuore che era un tempo.
Mio padre non mi ha mai guardata così, non c’era mai odio o disprezzo nel suo sguardo ma amore e fierezza, nobiltà quella a cui anche io aspiro perché voglio essere come lui.
Voglio essere forte e nobile come lo è lui senza dimenticare però il rispetto e la compassione per gli altri, anche per i nemici sconfitti.
Mi osserva stringendo lo sguardo, i suoi occhi dorati per un momento diventano due fessure.
«Mio signore questa ragazzina è arrivata come una furia e ci ha aggrediti.»
«Non vi ho aggrediti» ribatto, come avrei potuto fare del male a Jaken?
Come avrei potuto ferire lei?
Quella bambina mi guarda smarrita non ha paura di me, infondo anche se non lo sa un giorno proprio lei sarà mia madre.
«Come osi mentire anche ora di fronte al nobile Sesshomaru?»
Sento Hisui irrigidirsi dietro di me, Hiraikotsu pronto a essere scagliato così mi volto e il mio sguardo è sufficiente a farlo desistere.
Hiusi… vorrei che tu ti liberassi della mia presenza e dei tuoi sentimenti io non posso averne per te e nemmeno per altri.
«Se solo lo avessi voluto davvero ora sareste morti entrambi» rispondo mettendoci tutta la durezza possibile in quelle parole.
Lei mi fissa per un qualche istante e poi va a nascondersi dietro a mio padre.
«Cosa vuoi da me?» mi chiede infine il grande demone.
«Una tua zanna.»
Sorride forse divertito dalla mia richiesta ma io non ho tempo da perdere se non avrò quella zanna Asuka morirà.
«Vattene se non vuoi morire.»
Non rispondo ma uso la mia frusta colpendo Jaken, un giorno mi scuserò con lui per questo ma ora non ho tempo, so che quel colpo non è stato grave ma so che è stato sufficiente a spaventare il mio piccolo amico kappa.
«Jaken!»
«Non muoverti Rin.»
Jaken si rialza da terra traballante e offeso per quel colpo, forse non sopporta che qualcuno di inferiore come me lo abbia colpito?
«Non me ne andrò senza.»
«Allora morirai» risponde lui.
Parto all’attacco usando la mia spada anche se non è forte come vorrei ma mio padre me ne aveva promessa una nuova se solo non fossimo finiti in questo tempo…
Lui è più forte so che sarà un suicidio ma Asuka ne ha bisogno, ha bisogno di quella zanna, Asuka non può morire lei non deve morire e io non posso essere la causa di questa morte anche se forse tentare di batterlo sarà la mia di morte.
«Non voglio battermi con te!» grido ma è inutile per il Sesshomaru di questo tempo io non sono nulla, io non esisto ancora non sa di me e di Asuka, non sa quanto cambierà un giorno, la mamma lo dice sempre.
Quando eravamo piccole ci raccontava di come si erano conosciuti e piano piano con il tempo amati, di come era riuscita a conquistare il suo cuore un cuore che per tanto tempo era stato privo di amore.
«Non credi che sia tardi per questo?»
Il suo colpo va a segno e sento il liquido caldo del sangue colare dal mio braccio, la mia tuta da sterminatrice si sta sporcando.
Faccio una smorfia posando la mia spada a terra e lo vedo incerto qualcosa lo sta facendo esitare.
«Setsuna!»
Hisui corre da me, esamina la ferita e riprende in mano Hiraikotsu.
«Fermo sai che sarebbe un suicidio» gli dico io «sono io il tuo avversario per quanto potremmo finire tutto qui se solo acconsentissi a darmi una tua zanna.»
«Una sconosciuta viene qui pretendendo una mia zanna e minacciando chi proteggo, cerchi davvero la morte dunque.»
Non mi da nemmeno il tempo di rispondere che mi scatena contro la sua frustra, fa male, a volte negli allenamenti la usava ma non così e non per ferirmi di proposito.
L’esitazione è svanita e per quanto io sia veloce nello schivare la sua frusta lui lo è di più e mi colpisce ripetutamente per lo più sulla schiena.
Cado a terra, Hisui para la frusta con la sua arma per me ma sento l’odore del suo sangue, lo ha colpito.
«Basta!» urlo rialzandomi.
Il volto di Hisui sanguina ma non ho il tempo di aiutarlo a stento posso aiutare me stessa.
«Prendi Kirara e vattene» gli dico tornando a fissare mio padre e il suo sguardo di gelido disprezzo.
«Non ti lascio qui.»
«Hisui!»
Vorrei che per una volta non discutesse con me che facesse ciò che chiedo ma non lo farà, testardo che non è altro - penso.
Lui si avvicina a me, ripone la spada e mi afferra il polso.
«Ti ho dato la possibilità di andartene e vivere e l’hai sprecata.»
«Se Asuka muore per me non avrebbe senso vivere e senza la tua zanna lei morirà.»
«Perché dovrei dare la mia zanna a una sconosciuta? Anche nelle mie zanne c’è potere.»
«Lo so ma non ho scelta» gli dico fissandolo negli occhi.
Lo sguardo di mio padre è così diverso almeno quando guarda me o mia sorella o la mamma ma questo… è puro disprezzo.
«Chi sei? L’odore del tuo sangue…»
«Anche se te lo dicessi non mi crederesti.»
«Non amo ripetere le cose.»
Guardo verso mia madre così piccola e così simile ad Asuka nel carattere e la vedo avvicinarsi a noi, a lui.
«Sono tua figlia» rispondo io.
Sul suo volto compare una smorfia di disgusto e mi chiedo come sia stato possibile un cambiamento simile, tra loro c’è un abisso.
«Non ho una figlia.»
«Non ancora ma accadrà, io e Asuka siamo le tue figlie. Non dovrei essere qui ma un portale ci ha condotti in questo tempo e ora Asuka sta morendo perché ha dato a me il suo dannato ciondolo!»
Se mio padre mi sentisse parlare così andrebbe dritto da mio zio e gli farebbe di certo una partaccia, non ama che io dica parole come dannato ma la sua influenza in questo è stata decisamente grande.
Mi lascia libera e cado a terra stremata dalla lotta con lui e da ciò che è accaduto prima, distrutta dal dolore che provo per ciò che ho fatto e distrutta dalla preoccupazione per la mia sorellina.
Hisui para nuovamente i colpi per me e se continua così il suo Hiraikotsu dono di sua madre finirà per rovinarsi.
Mi rialzo con fatica e vorrei scoppiare a piangere ma non lo faccio.
Getto la mia arma a terra e mi inginocchio.
«Aiutami!»
La frusta mi colpisce il volto ma poi smette, sento il suo sguardo su di me freddo come non mai, come può non provare un po’ di pena?
«Tsk ecco così impari» dice Jaken avvicinandosi al suo signore.
«Asuka sta morendo ed è tutta colpa mia.»
«Setsuna…»
Hisui prova a farmi rialzare ma non voglio farlo non finché non mi aiuterà.
«Salvala.»
«Vattene» dice invece e lo sento camminare nell’erba, vedo i suoi piedi allontanarsi da me.
«Un giorno ti pentirai di questa scelta» urla Hiusi anche se il suo udito è molto più fine del nostro.
«Mi stai minacciando piccolo umano?»
Si volta verso di me e Hisui forse vorrebbe avvicinarsi per colpirci ancora non lo so ma lei lo ferma, basta solo che la sua piccola mano prenda la sua veste e lui si ferma.
«Signor Sesshomaru non puoi aiutarli? Infondo non ci hanno fatto del male.»
Il suo sguardo si posa su di lei e mi sembra diverso più gentile, non dice nulla ma riprende a camminare lasciandoci lì.
Jaken lo segue dopo un momento di esitazione nemmeno lui crede a ciò che ho detto eppure è la verità Sesshomaru è mio padre ma lei invece resta lì a fissarmi immobile.
«Aiutami» la supplico so che solo lei può aiutarmi a salvare Asuka, solo lei può convincere quel grande demone dal cuore di ghiaccio.
«Rin!»
Lei mi sorride e poi corre via raggiungendo Sesshomaru e Jaken.
Sento il corpo in fiamme ma so che nonostante tutto quella non era la sua vera forza così come non la usa mai quando ci alleniamo insieme.
«Setsuna avanti» mi dice Hisui cercando di aiutarmi ad alzarmi da terra, vedo Kirara che ci viene incontro e alla fine sono sulla sua groppa e l’ultima cosa che vedo prima di perdere i sensi è il volto di Hisui.




Il demone è sveglio raramente dorme ma il suo servitore è crollato forse il colpo ricevuto da quella ragazzina c’entra qualcosa.
«Sono tua figlia!»
Sesshomaru scuote la testa, quella mezzodemone come può essere sua figlia?
Anche se davvero venisse da un altro tempo come può esserlo? Come può lui che odia gli umani a eccezione di quella piccola bambina che ormai lo segue ovunque aver scelto una donna umana?
Non è nemmeno sicuro di volere qualcuno lui non sa cosa sia l’amore.
Sente Rin sospirare così la chiama.
«Rin sei ancora sveglia.»
«Sì» risponde piano lei per non svegliare Jaken, poi si alza e si avvicina a lui.
Le piccole braccia si stringono al corpicino.
Sesshomaru allunga la sua coda e ce la avvolge.
«E’ tardi dovresti dormire.»
«Non ci riesco oggi non funziona nemmeno contare le stelle.»
Rin ha sempre delle uscite strane ormai ci si è abituato ma è la prima volta che le sente dire una cosa simile.
«Le stelle?»
«Sì» risponde con aria triste la bambina spostando nuovamente lo sguardo sul cielo illuminato dalla luna pallida «quando la mamma era viva mi diceva che le stelle sono le anime delle persone e che nessuno sà che stella diventerà un giorno, a volte cerco la sua stella ma non so quale sia.»
Ci fu un momento di silenzio in cui la bambina posò i suoi occhi scuri sul demone di ghiaccio.
«Signor Sesshomaru credi che un giorno anche io diventerò una stella?»
Cosa si risponde a una domanda simile? Nessuno gliel’ha mai posta prima.
«Io… non lo so Rin ma se lo credi allora sì ma ci vorrà molto tempo prima di quel momento.»
«Allora Rin rimarrà con voi?» domanda la bambina speranzosa.
Dopo la morte dei genitori si sentiva sempre triste al villaggio ma la tristezza era svanita da quando aveva conosciuto il demone in quella radura.
«Sì.»
Lei gli sorride e per un momento dimentica Jaken che dorme, lo sente russare e ride un po’ più forte ma poi nella sua mente ritorna l’immagine di quella giovane ragazza che aveva sfidato il suo protettore.
«Aiutami» le aveva detto quasi con le lacrime agli occhi.
«Signor Sesshomaru posso chiederti una cosa?»
«Cosa vuoi sapere?»
La curiosità di quella bambina era così grande e lui non sempre era in grado di soddisfarla.
«La ragazza che ti ha sfidato credi abbia detto la verità? Lei è tua figlia signor Sesshomaru?»
«Temo di sì.»
I suoi occhi dorati si incupirono per qualche istante come quando le nuvole coprono il sole.
«La aiuterai allora?»
Rin si strinse un po’ nella coda calda del suo demone preferito.
«Non posso darle una mia zanna.»
«E’ perché fa male?»
«No Rin non temo il dolore. Vedi Tenseiga? Tenseiga così come Tessaiga sono state create da una zanna di mio padre, anche nelle zanne di un demone come me c’è potere quindi non posso cederle a nessuno.»
Ovvio che ricordava Tenseiga quella spada le aveva restituito la vita ma senza sapere perché sentiva che aiutare quella ragazza - la figlia del signor Sesshomaru - era la cosa giusta da fare.
«Ho capito.»
«Bene.»
«Allora perché non fai creare il ciondolo? Lei ha parlato di un ciondolo è quello che vuole alla fine e se è davvero tua figlia-»
«Non avrò mai una figlia mezzodemone» rispose risoluto lui forse con troppa durezza «prova a dormire Rin si è fatto tardi.»
Rin si distese sopra alla cada di Sesshomaru e alla fine nonostante vedesse di fronte a sé il volto di quella ragazza e i suoi occhi supplicanti si addormentò.









 

E come già annunciato nella ff di SesshomaruxRin sono tornata! Per chi non la avesse seguita alcune cose potrebbero non tornare molto o non essere capite a pieno però spero comunque che questa storia su Setsuna (che in Yashahime è l'unico personaggio a piacermi oltre a Moroha) possa essere interessante anche per voi lettori.
Siccome ho scritto 5 capitoli vi lascio una piccola anticipazione del capitolo 2. 



 

[...] I piedi di mia sorella calpestarono l’erba poi la sentii correre via senza le scarpe che aveva lasciato vicino a dove si era sdraiata.
«Non vuoi venire a salutarmi?» chiese mio padre.
Spostai il volto verso di lui e gli sorrisi poi come aveva fatto Asuka prima con me allungai la mano verso di lui che la prese e si sdraiò vicino a me.
«Mi piace qui» dissi tornando a fissare il cielo e le nuvole con le loro mille forme.
«Anche a me.»
«Padre possiamo rimanere ancora?» chiesi mentre mi mettevo a pancia in sotto così potevo guardarlo meglio.
«So che non vuoi tornare al villaggio lo capisco Setsuna, ma dobbiamo farlo.»
«Perché? Il tuo palazzo è più bello e non c’è nessuno a parte noi.»
«Perché ci sono persone che ci stanno aspettando ma ho una sorpresa per te.» [...]

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Capitolo 2
*** DUE ***


DUE.






Fin dal mio primo ricordo Asuka era al mio fianco e mi teneva la mano.
Mi sorrideva mentre raccoglieva fiori nel bellissimo giardino costruito da nostro padre, fiori rari e preziosi che tempo prima della nostra nascita aveva fatto piantare per la mamma.
«Vieni Setsuna!»
Sbruffo ma poi la raggiunsi e lei mi sorridi e.
«Prendi quello giallo» mi disse con la sua voce squillante.
«Non ne hai presi abbastanza?»
«No, avanti coglilo.»
A me non piaceva fare le corone di fiori ma a lei sì e si divertiva così tanto nel farle, il suo sorriso era come quello della mamma e quando sorrideva inevitabilmente mi sentivo felice anche io.
Colsi il fiore e glielo porsi senza smettere di intrecciare tutti quei fiori senza alcuna difficoltà.
«Grazie» rispose sorridendomi.
«Quante ne hai fatte? Prima o poi questi fiori non cresceranno più e nostro padre si arrabbierà.»
«Cresceranno Setsuna, i fiori crescono sempre e poi a papà non dispiace.»
Prese una delle corone di fiori e me la mise in testa.
«Questa è per te ti piace? Credo che il giallo ti stia bene!»
Alzai gli occhi al cielo ma non tolsi la corona, Asuka si era impegnata così tanto per farla.
«Questa è la mia invece» disse mettendosi anche lei una corona di fiori in testa, «adoro il rosa!»
Poi si sdraiò sul prato colorato a fissare il cielo, mi tese la mano e allora mi sdraiai anche io.
«Non voglio tornare al villaggio» dissi piano.
Il villaggio non mi piaceva, non importava che ci fossero gli zii e nostra cugina e tutti gli altri, non mi piaceva.
«Lo so ma tra qualche giorno torneremo.»
«Vorrei che papà e la mamma decidessero di rimanere qui per sempre.»
«Non devi avere paura Setsuna io sarò sempre con te.»
«Non ho paura Asuka ma non mi piace, non mi piace come gli abitanti ci guardano tu non-»
Mi bloccai, non volevo dirlo ad Asuka lei era molto più sensibile di me e se quella cosa era stata in grado di ferirmi allora lei ne sarebbe rimasta ferita ancora di più.
«Cosa?»
«Nulla.»
Rimansi in silenzio mentre mia sorella mi fissava, ogni giorno mi stupisco di quanto siamo diverse io e lei come il sole e la luna, entrambi splendono nel cielo ma lo fanno in modo e in momenti diversi.
Asuka è come il sole è calda e luminosa e tutti le voglio bene mentre io mi sento come la luna più sicura durante la notte, protetta dal suo manto.
Sentii dei passi ma non mi voltai sapevo già che era mio padre.
«Cosa fanno le mie principesse?» domandò sedendosi accanto a me.
«Padre!»
Asuka si tirò su e gli si gettò tra le braccia sorridendogli.
«Ti piace?» chiese dopo aver preso il suo braccio.
«Sì è molto bella.»
«Ne ho fatta una anche a Setsuna.»
Mio padre mi sorrise ma non volevo alzarmi da lì, il sole che stava scaldando il mio piccolo corpo mi faceva stare bene.
«E ne hai fatta una anche per la mamma?»
«Sì e una anche per te e Jaken.»
«Hai lavorato molto allora. Perché non vai a portargliela?»
Asuka prese le altre corone di fiori ma prima di andare ne lasciò una a nostro padre, la sua aveva dei fiori viola come la luna sulla sua fronte.
I piedi di mia sorella calpestarono l’erba poi la sentii correre via senza le scarpe che aveva lasciato vicino a dove si era sdraiata.
«Non vuoi venire a salutarmi?» chiese mio padre.
Spostai il volto verso di lui e gli sorrisi poi come aveva fatto Asuka prima con me allungai la mano verso di lui che la prese e si sdraiò vicino a me.
«Mi piace qui» dissi tornando a fissare il cielo e le nuvole con le loro mille forme.
«Anche a me.»
«Padre possiamo rimanere ancora?» chiesi mentre mi mettevo a pancia in sotto così potevo guardarlo meglio.
«So che non vuoi tornare al villaggio lo capisco Setsuna, ma dobbiamo farlo.»
«Perché? Il tuo palazzo è più bello e non c’è nessuno a parte noi.»
«Perché ci sono persone che ci stanno aspettando ma ho una sorpresa per te.»
Rimasi stupita, sì ci faceva sempre dei doni per lo più ad Asuka che adorava i kimono e ne aveva più di quanti avrebbe mai indossato ma… be’ io non ero semplice come lei per i regali.
«Ricordi Kohaku?»
«Lo zio di Hisui?»
«Sì lui. Kohaku è tornato a stare al villaggio e ha deciso di formare nuovi sterminatori, vorresti fare parte della squadra?» domandò lui fissandomi.
«Posso?» chiesi sorpresa.
«Se è ciò che vuoi sì, io e tua madre abbiamo già parlato con Kohaku ma la scelta ora è tua Setsuna.»
«Sì!» urlai e poi anche io come Asuka mi gettai tra le sue braccia, non sono mai stata brava a dimostrare i miei sentimenti per quanto io ami i miei genitori e mia sorella e tutti gli altri.
«E’ andata bene.»
Alzai lo sguardo e vidi la mamma in piedi poco più lontana da noi, in testa aveva ancora la corona di fiori fatta da Asuka.
«Mamma!»
Le sue braccia erano già lì ad accogliermi poi mi diede un bacio e mi scompigliò un po’ i capelli.
«Visto che hai accettato allora vieni voglio farti vedere una cosa.»
Uscimmo tutti e tre dal giardino e andammo nella stanza mia e di mia sorella, Asuka era già lì sorridente e vidi che la sua impazienza era molta.
«Chiudi gli occhi» disse mia madre e obbedii.
Mio padre era accanto a me, mi posò una mano sulla spalla e poi disse: «Aprili ora.»
D’avanti a me c’era una tuta da sterminatrice come quella che avevo visto alla zia Sango e proprio come la sua aveva le spalline rosa.
«Oh!»
«Ti piace?» chiese la mamma mentre me la consegnava.
«Sì! Io… grazie.»
«Sapevamo che avresti accettato e una sterminatrice che si rispetti merita una tuta come si deve.»
«Padre, madre è bellissima!»
«Quando torneremo ringrazia tua zia Sango è stata lei ad aiutarmi a creare questa tuta e Asuka ha scelto il colore delle spalline.»
«Così sarò con te anche quando ti allenerai» disse mia sorella.
Ma certo il rosa era il suo colore preferito dopo tutto.





Quella notte dopo che Asuka si fu addormentata decisi di tornare ad allenarmi con i Tengu, il giorno non potevo farlo ma la notte nessuno lo avrebbe notato.
Mia sorella dormiva tranquilla a volte parlava pure nel sonno, le tirai su la coperta che aveva calciato e dopo aver indossato la mia nuova tuta raggiunsi i protettori del palazzo di mio padre.
Non li temevo come forse avrei dovuto, sapevo bene che non avrebbero mai oltrepassato il limite che non mi avrebbero ferita troppo o altrimenti mio padre li avrebbe uccisi.
Cercai di non fare rumore, la mamma poteva ancora non sentirmi ma mio padre o Jaken sì e non ci tenevo a essere scoperta.
L’aria era fredda ma questo non mi scoraggiò dall’uscire.
I due Tengu si guardavano intorno pronti ad intervenire contro chiunque.
«Pss» li chiamai io.
«Principessa! Cosa fai qui a quest’ora?»
«Voglio allenarmi con voi» risposi risoluta.
«Non possiamo gli ordini-»
«Stanno tutti dormendo e poi se non mi alleno con voi non saprò mai quanto sono migliorata no? Forza.»
I due Tengu rimasero immobili, anzi quello a sinistra tornò a fissare la sua parte senza dire nulla.
«Vi ho detto di combattere con me.»
«Il padrone ci ucciderebbe se ti accadesse qualcosa.»
«Starò attenta ma voi non dovrete trattenervi, voglio che usiate l’illusione.»





Rin non riusciva a dormire per quanto ci provasse non ci riusciva, era inquieta e sentiva che qualcosa non andava.
Senza dire nulla al marito che sapeva perfettamente dove stesse andando scese dal letto e andò dritta nella stanza delle figlie.
Da quando erano nate spesso la notte andava a controllarle, aveva quasi perso Setsuna quel giorno, il giorno stesso della sua nascita e ancora la paura che potesse accadere loro qualcosa non la lasciava.
Asuka dormiva tranquilla nel suo letto ma la coperta era caduta a terra così Rin la prese e ce la avvolse, prima di andare da Setsuna le diede un bacio e le accarezzò i capelli, quei capelli che erano uguali a quelli di suo marito.
Si fermò a metà quando vide il letto sfatto e vuoto, sua figlia non c’era.
Corse subito verso il giardino possibile che fosse lì? Altre volte era accaduto ma quando arrivò lo trovò vuoto, i fiori ondeggiavano per via del vento ma di Setsuna non c’era traccia.
«Setsuna!» urlò.
Tornò indietro fino alla sua stanza chiamò Sesshomaru agitata per la scomparsa di Setsuna.
«Rin?»
«Non c’è! E’ sparita, Setsuna non c’è!» disse in lacrime.
«Come non c’è?»
«Io… l’ho cercata anche nel giardino non c’è, è sparita Sesshomaru.»
«Calmati ora» le disse abbracciandola «credo di sapere dov’è.»
Lui e Rin uscirono dal palazzo dicendo a Jaken di rimanere con Asuka e se si fosse svegliata di non farla uscire dalla stanza e di rimanere con lei.
«Credi che sia uscita?»
«Sì.»
Sapeva che sua figlia spesso andava fuori la notte per allenarsi, una volta o due l’aveva seguita e il giorno dopo aveva avvertito i suoi custodi di non accettare per nessun motivo le sue richieste ma a quanto sembrava era stato inutile.
Setsuna era a terra nell’erba fredda e bagnata della notte con gli occhi chiusi e le labbra contratte.
Rin ricordava ancora quanto dolorosa fosse stata quella visione in cui anni prima era finita proprio lì dove era si trovava sua figlia.
«Setsuna!»
«Ferma» disse Sesshomaru prendendole un braccio.
«Ma…»
«Aspetta dalle ancora un po’ di tempo.»
Se aveva voluto sottoporsi a quella prova allora doveva essere sicura che ne sarebbe uscita e lui voleva vedere, voleva assistere a quel momento anche se dopo ci sarebbe stata una punizione infinta per lei e anche per i Tengu.
«Fermali!» lo supplicò Rin ma non rispose, non si mosse.
Sua figlia era ancora in quel modo nulla era cambiato in quel minuto trascorso dal loro arrivo.
Sentì Rin divincolarsi dalla sua presa e correre da Setsuna, si gettò in ginocchio sull’erba fredda e bagnata della notte e ordinò ai Tengu di smetterla.
Finalmente potè prendere tra le braccia la bambina senza essere risucchiata a sua volta in una visione, le accarezzò il volto e la baciò ma Setsuna impiegò qualche istante a svegliarsi.
«Setsuna…»
«Mamma?»
«Oh! Sì sono io amore mio, va tutto bene» le disse in lacrime accarezzandole il volto, poi la strinse a sé ancora più forte senza smettere di piangere.








 

ECCOMI, nuovo aggiornamento prima del previsto perché sono molto avanti con questa ff che spero sia gradita da chi legge. Se v va fatemi sapere cosa ne pensate!
Vi lascio con una piccola anticipazione.

«Mi dispiace» dissi poco prima di arrivare alla loro stanza «se fossi più simile ad Asuka sarebbe più bello e forse mi amereste di più.»
«Guardami» disse mia madre «questo non devi pensarlo né dirlo mai più. Noi vi amiamo entrambe per come siete e non vorremo mai che cambiaste per fare felici noi. E’ giusto che siate diverse non devi sentirti in colpa per questo, capito?»
La guardai e desiderai davvero tanto di essere come lei e Asuka non che non mi piacesse assomigliare a mio padre ma loro erano così perfette e sapevano sempre cosa dire mentre io non lo sapevo mai.

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Capitolo 3
*** TRE ***


TRE.





La bambina era ancora incosciente nonostante fosse trascorso un giorno intero, il sole era sorto e poi tramontato e infine era tornata la notte.
Rin l’aveva portata nella sua stanza e Asuka ora dormiva lì accanto alla sua gemella, Jaken le aveva detto che quando Setsuna era finita nella visione dei Tengu anche Asuka aveva sofferto tanto era forte il legame che le univa.
Accarezzò il volto a entrambe e rimase lì a guardarle dormire ma sapeva di dover parlare con suo marito.
Uscì dalla stanza lasciando le bambine in quel letto mentre si tenevano per mano come facevano quando erano più piccole, sorrise e uscì.
«Rin come sta Setsuna?» domandò Jaken avvicinandosi a lei.
«Dorme ancora ma Haru dice che starà bene.»
«Quella bambina è forte anche io credo che starà bene.»
Rin si voltò ancora verso quella stanza, avrebbe voluto restare con loro ma Sesshomaru la sta aspettando.
«Jaken puoi rimanere tu con loro? Se Setsuna-»
«Ci penso io» rispose il piccolo kappa entrando nella stanza senza aggiungere altro.
Rin proseguì ancora ormai conosceva a memoria quel palazzo e sapeva dove trovare il marito, quando la sentì arrivare si voltò verso di lei.
«E’ sveglia?»
«No dorme ancora.»
Sesshomaru tornò a fissare il cielo e la luna pallida che risplendeva in quel manto scuro.
«So che sei arrabbiata con me.»
«Dovevi fermarli non capisco perché non lo hai fatto?»
Era così furiosa che avrebbe voluto urlargli contro ed era qualcosa che non accadeva da molto tempo, dal giorno in cui lui se ne era andato dal villaggio senza salutarla.
«Lo avrei fatto ma volevo vedere.»
«Cosa?! Tu non sai quanto siano dolorose quelle visioni, è per questo che non amo stare qui perché qui ci sono quei due demoni!»
«Anche io sono un demone.»
«E’ diverso.»
«Non lo è, anche io come loro ho ferito e ucciso Rin» il demone si avvicinò alla giovane umana che da tempo aveva scelto come sua compagna di vita, come madre dei suoi figli e alla fine le prese le mani e le strinse nelle sue.
«Setsuna starà bene, è forte.»
«Sono stanca di sentirlo. Tu la tratti come se fosse più grande e come se fosse una guerriera ma è ancora una bambina! Anche se non ha lo stesso carattere di Asuka non vuol dire che sia più grande di lei o che non abbia bisogno di essere protetta!»
«Rin sapevo che sarebbe stata in grado di liberarsi da sola per questo non sono intervenuto e lo avrebbe fatto se tu-»
«Se io non li avessi fermati.»
Stava soffrendo e lui lo sapeva, sapeva che in parte sua moglie aveva ragione ma sapeva anche di averne lui.
Sua figlia era una bambina è vero ma era anche una piccola guerriera, lei come lui erano animati dallo stesso fuoco, e quel fuoco era inestinguibile per entrambi.
«Non accadrà più li manderò via.»

 

Setsuna si era svegliata poco dopo e aveva trovato Asuka che dormiva scomposta accanto a lei con la coperta come sempre a terra, Jaekn era lì che le teneva d’occhio.
«Setsuna!»
«Jaken? Ma… i Tengu?» domandai guardandomi attorno.
Asuka sbuffò ma non si svegliò.
«Ti consiglio di non nominarli nemmeno quei due demoni, sono certo che molto presto se ne andranno hanno fatto fin troppi danni.»
«Se ne andranno? No!»
Scesi dal letto schivando il mio amico kappa.
«Dove pensi di andare signorina?»
«Dove sono i miei genitori?»
Mi resi conto dopo che quella era la loro stanza e non la mia e di Asuka.
«Tua madre è stata con te fino a poco fa credo che ora sia con il padrone, rimettiti al letto presto tornerà.»
«No devo parlare con loro.»
«Sei ancora convalescente non costringermi a usare il bastone!»
«Non lo faresti.»
Jaken continuò ad obiettare ma io corsi via senza sapere bene dove andare.
Provai nella mia stanza ma non c’erano, andai nelle stanze più vicine e illuminate ma non erano nemmeno lì finché annusando l’aria sentii il loro odore e finalmente capii dove cercare.
Corsi fino al giardino ma mi fermai anche se volevo entrare.
La mamma era davvero arrabbiata e non solo urlava ma stava quasi piangendo, mi sentii terribilmente in colpa per questo.
«Non accadrà più li manderò via.»
Quelle parole furono un duro colpo, non era giusto che i Tengu venissero puniti a causa mia!
«No!» urlai entrando nel giardino.
«Setsuna!»
Mi fissarono entrambi poi la mamma lasciò le mani di mio padre e mi abbracciò senza smettere di piangere, le sue lacrime erano calde sulla mia pelle.
«Sei sveglia, stai bene?» chiese esaminandomi.
«Sì sto bene.»
Mio padre mi sorrise e poi disse: «dovresti essere ancora a riposo.»
«Padre non mandarli via ti supplico, è colpa mia! Sono stata io a chiederglielo!»
«Perché? Vi ho detto così tante volte di stare lontane da loro perché invece hai chiesto una cosa simile ai Tengu?»
«Madre volevo solo allenarmi non puniteli per questo e non litigate più vi prego!»
Poi alla fine scoppiai a piangere, erano anni che non piangevo ormai ma quella volta la loro lite mi aveva ferita nel profondo.
«Non voglio che litighiate per colpa mia.»
«Va tutto bene» rispose mia madre abbracciandomi e stringendomi a sé, il suo profumo era così buono e il suo volto sempre così sorridente «non piangere va tutto bene tesoro mio.»
Mio padre ci raggiunse e mi diede un bacio, lui come me non era bravo con i sentimenti ma quei pochi gesti che concedeva significavano sempre tanto per me e Asuka.
«Setsuna va tutto bene.»
Rimasi in braccio a mia madre per un po’ e solo quella volta mi lasciai andare e tornai ad essere piccola, una bambina piccola che voleva le attenzioni dei suoi genitori solo per una notte.
«Va meglio?» chiese mia madre.
Annuii, la vidi voltarsi verso mio padre e sorridergli forse sarebbe tornato tutto normale.
«E’ ora di andare a dormire» disse il grande demone.
«Non ho molto sonno» risposi ma era una bugia sentivo gli occhi chiudersi.
«Andiamo» disse lui prendendomi in braccio e avvolgendomi nella sua coda calda e morbida.
«Non litigherete più vero?»
«No ma da ora in poi dovrai dirci ogni tuo spostamento.»
«Lo prometto padre.»
«Mi dispiace» dissi poco prima di arrivare alla loro stanza «se fossi più simile ad Asuka sarebbe più bello e forse mi amereste di più.»
«Guardami» disse mia madre «questo non devi pensarlo né dirlo mai più. Noi vi amiamo entrambe per come siete e non vorremo mai che cambiaste per fare felici noi. E’ giusto che siate diverse non devi sentirti in colpa per questo, capito?»
La guardai e desiderai davvero tanto di essere come lei e Asuka non che non mi piacesse assomigliare a mio padre ma loro erano così perfette e sapevano sempre cosa dire mentre io non lo sapevo mai.
Poi mi misero al letto baciarono prima e poi Asuka, la mamma si sdraiò accanto a me e mio padre accanto a mia sorella e quella notte dormimmo tutti e quattro insieme.


I giorni nel palazzo di mio padre erano quasi finiti e se non mi fossi ferita allenandomi con i Tengu saremmo già tornati a Musashi, mi consolava il che avrei iniziato una nuova avventura che avrei avuto qualcun’altro oltre a mio padre con cui allenarmi.
«Stai bene vero?» domandò Asuka mentre cercava di decidere quale kimono indossare.
«Sì quante volte vuoi che te lo dica?»
«Semplice ogni volta che te lo chiedo.»
Alzai gli occhi al cielo ma ero felice che Asuka si preoccupasse per me di tanto in tanto.
Mi avvicinai a mia sorella e le posai una mano sulla sua.
«Scusami Asuka so di averti spaventata.»
«Non è questo.»
«Allora cosa?» domandi curiosa.
«Io… io l’ho sentito Setsuna, ho sentito che stavi male.»
«Lo hai sentito?»
«Sì ma non so come spiegarlo» disse guardandomi.
Asuka sapeva essere molto seria quando voleva anche se come me era poco più di una bambina, presi un kimono in mano era bianco con dei fiori rossi e glielo porsi.
«Questo ti sta molto bene.»
Mi sorrise e lo scostò da una parte.
«Sei pronta?»
«No» dissi gettandomi sul letto «ma tanto torniamo lo stesso al villaggio.»
«Avanti Setsuna il villaggio non è così male e poi rivedremo Kikyo e gli zii. Mi sono mancati molto.»
«Anche a me sono mancati ma qui… qui sto bene al villaggio no. Non mi piace come ci guardano gli abitanti.»
«Lo siamo anche noi» ribatté lei mentre piegava i kimono.
«Non come loro» risposi cupa.
I miei ricordi di Musashi non erano belli a eccezione dei momenti trascorsi con Kikyo e gli zii, detestavo quella gente la trovavo rozza e insulsa e loro detestavano me per la mia natura di mezzademone ma al contrario sembravano adorare Asuka.
«Smettila di tenere il broncio e poi diventerai una sterminatrice come la zia Sango!»
«Credo che sia l’unica cosa bella del ritornare lì.»
La voce della mamma riecheggiò per le stanze mentre ci chiamava per fare colazione.
«Andiamo sistemerai dopo ciò che è rimasto.»
«Sì e poi ho così fame!»





Nostro padre fece salire Asuka su Ah-Un, anche se era in grado di farlo le piaceva che fosse lui a sollevarla io invece preferii fare da sola una volta che Ah-Un si fu accucciato.
Avevo deciso di indossare la mia tuta da sterminatrice la preferivo e poi era molto più comoda di un kimono.
La mamma sistemò alcune cose al fianco di Ah-Un e ci sorrise, ho sempre amato il suo sorriso e il suo grande calore.
«Allora siete pronte?» ci domandò.
«Sì! Finalmente rivedremo Kikyo!» disse Asuka.
Io sbruffai.
«Tesoro andrà meglio» disse la mamma «e poi ora inizierai ad allenarti con altri bambini come te e Kohaku sarà un bravissimo maestro.»
«Non è vero» risposi ma non aggiunsi altro.
Anche mio padre ci raggiunse.
«Cosa?» chiese la mamma.
«Che ci saranno bambini come me.»
«Setsuna tu, Asuka e Kikyo siete delle bambine speciali ma questo non vuol dire che siate diverse. Ciò che siete vi rende solo più speciali.»
Annuii ma sapevo che non era così non avevo nulla di speciale e la parte di demone che era in me e che mi rendeva ostili gli abitanti del villaggio.
«Andiamo» disse mio padre.
«Non sei curiosa di conoscere il tuo maestro?»
«Un po’» risposi e quella volta ero sincera, desideravo davvero conoscere colui che sarebbe diventato il mio maestro ma al tempo stesso avevo paura che anche lui mi avrebbe tratta diversamente.
«Reggetevi» ci disse lei poi raggiunse mio padre e non appena lui si librò in aria anche Ah-Un si alzò da terra e partimmo alla volta di Musashi.









 

So che questa storia è partita molto più lenta di quella sulla Sessrin e che possa risulare un po' piatta ma vi assicuro che il bello deve venire. 
Ho deciso di aggiornare oggi perché è la festa della donna e volevo quindi cogliere l'opportunità per fare gli auguri a tutte le donne che leggeranno questa FF.
Come al solito vi lascio con una piccola anticipazione.


 

Uscimmo fuori dopo che ebbi indossato la mia tuta da sterminatrice.
«Cosa ti ha insegnato tuo zio?» mi chiese curioso.
Mi allenavo anche con lui e mi piaceva imparare così tante cose da così tante persone.
«A usare gli artigli.»
«Mostramelo.»
Sguainò la sua spada mentre io mi preparavo.
«Sankon-Tessou!» urlai scagliandomi contro di lui, sapevo che avrebbe parato i miei colpi e sapevo che sarebbe sempre stato così, per quanto potessi diventare forte non avrei mai eguagliato quella forza innata che aveva lui.
La sua spada parò i colpi come previsto ma non mi arresi, riprovai ancora e ancora senza però riuscire a colpirlo ma ci andai vicina perché vidi un pezzo di stoffa del suo kimono volare via trasporta dal vento.
«Ben fatto» mi disse sorridendo «Inuyasha qualche volta serve a qualcosa.»

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Capitolo 4
*** QUATTRO ***


QUATTRO.







Arrivammo che era pomeriggio, papà aveva voluto fare una sosta anche se non ero stanca e nemmeno la mamma e Asuka lo sembravano.
«Madre mi fai una treccia?» chiese Asuka.
«Certo, vieni» rispose spalancando le braccia.
«Le tue trecce sono sempre così belle a me non vengono così» si lamentò Asuka.
«Serve solo un po’ di pratica.»
Osservai le sue dita muoversi con decisione mentre intrecciava i capelli argentei della mia gemella e sapeva sempre con esattezza dove e quando intrecciare rimasi quasi incantata.
«Ne vuoi una anche tu?»
«No si rovinerebbe in fretta e poi sta meglio ad Asuka.»
Finita la treccia mia sorella iniziò a saltellare e sorridere mentre la mamma mi fece avvicinare a lei.
«Allora cosa ne dici di una coda?»
Annuii e mi sedetti, la sentii pettinarmi i capelli con le dita e poi iniziò a raccoglierli, li tirò un po’ alzandoli e me li legò con altri capelli.
«Ecco fatto» disse facendomi una carezza «una piccola sterminatrice perfetta.»
«Credi che al maestro piacerò?»
«Non ho dubbi e poi Kohaku ci conosce da molto tempo anche se tu e Asuka non lo avete ancora incontrato.»
«Kohaku sarà un buon maestro Setsuna, dovrai dargli ascolto.»
«Lo farò.»
«Asuka vieni qui mangiamo qualcosa e poi ripartiamo.»
«Padre quando arriviamo possiamo andare dagli zii? Voglio vedere Kikyo.»
«Dopo che ci saremo sistemati e poi ci hanno invitati a cena.»
«Davvero? Evviva!»
Sorrisi, era bello vedere Asuka così contenta e io ero felice di rivedere mia cugina e gli zii se solo non fosse stato Musashi…





Zia Kagome ci aveva preparato molte cose buone e alcune provenivano dal suo tempo come il ramen che preferivamo quasi tutti e per cui mio zio Inuyasha litigava spesso con zio Shippo.
«Com’è andata al palazzo?» chiese zia Kagome porgendo un’altra ciotola allo zio.
«Be’ abbiamo avuto un piccolo incidente ma ora è tutto apposto» rispose la mamma fissandomi.
«Che è successo?» domandò lo zio dopo aver ingoiato una quantità assurda di ramen.
«Setsuna si è ferita ma ora sta bene» disse mio padre.
Le ferite erano guarite in fretta non c’era più traccia ma ricordavo ancora bene l’illusione e quanto fosse potente ed ero determinata a continuare quell’allenamento fino a quando non fossi stata in grado di liberarmi da sola.
«Volete che la controlli? Posso-»
«Non serve Kagome lo ha già fatto Haru e poi le ferite sono guarite quasi subito» disse mio padre per calmare quasi tutti.
«D’accordo ma se cambiate idea…»
«Ha fatto male, l’ho sentito.»
«Come hai fatto Asuka? E tu che hai combinato?» chiese Kikyo curiosa.
«Mi stavo allenando.»
«Con i Tengu.»
«Cosa? Contro i Tengu? Setsuna…»
«Zia Kagome sto bene e poi c’ero quasi.»
Gli zii mi fissarono con sguardi di rimprovero ma quando guardai verso mio cugina nel sguardo non c’era affatto rimprovero ma comprensione.
«Li hai cacciati spero, questa è la seconda volta che i Tengu-»
«Volevo Kagome ma Setsuna mi ha implorato di non farlo.»
«Tsk e da quando hai il cuore così tenero Sesshomaru?»
«Ti consiglio di rimangiarti ciò che hai detto» rispose mio padre posando la mano sull’elsa della spada.
«Inuyasha a cuccia!» e mio zio si schiantò sul pavimento con un rumore impressionante facendo schizzare il poco ramen rimasto nella ciotola.
«Ah ma sarà mai possibile che voi due litighiate sempre?!»
«Dannata smettila!» ribatté lui alzandosi.
«Ci ho provato anche io ma funziona solo lo dice la mamma» disse Kikyo e scoppiammo tutti a ridere.
«Non è affatto divertente!»
Mio padre fece l’occhiolino a Kikyo e poi le consegnò il regalo che le aveva preso prima di tornare al villaggio.
«Aprilo.»
«Oh zio Sesshomaru è bellissimo!»
Tirò fuori il kimono incartato in un sacco e poi si gettò tra le braccia di mio padre, a volte invidiavo il rapporto che aveva con Kikyo ma ne ero anche felice.
Kikyo era più di una cugina per me e Asuka era una sorella e noi le volevamo molto bene.
«Asuka ha scelto il colore ma ero certo che ti sarebbe piaciuto.»
«Sì!»
Poco più tardi mia sorella crollò vinta dal sonno e dagli avvenimenti degli ultimi giorni ma io non ero ancora così stanca e infondo ero felice di stare con Kikyo e gli zii per quanto disprezzassi il villaggio.
«Setsuna chan sei pronta per domani?» chiese zia Kagome.
«Sì voglio conoscere il maestro.»
«Ti troverai bene con Kohaku è una persona molto buona e gentile.»
«Se ha deciso di formare nuovi sterminatori deve sentirsi davvero pronto» disse mio zio.
«Era ora che si lasciasse il passato alle spalle» rispose serio mio padre.
«Kohaku ti deve molto.»
«Non mi deve nulla Kagome non ho fatto granché, sappiamo tutti di chi è il merito se il suo cuore batte ancora. Tenseiga non avrebbe potuto restituirgli la vita.»
«Questo è vero ma per quanto mi scocci ammetterlo se è vivo è anche merito tuo Sesshomaru.»
«Hanno ragione» aggiunse la mamma sorridendo a mio padre.
«Sarà meglio andare» rispose lui osservando Asuka che dormiva profondamente stretta alla sua coda.
«Sì» concordò la mamma.
Mio padre prese Asuka in braccio, salutò gli zii e diede un bacio a Kikyo chiedendole di venire a trovarci ora che eravamo tornati al villaggio e promettendole che la prossima volta che fossimo tornati al suo palazzo lei sarebbe venuta con noi.
«Buonanotte» dissi io salutando tutti e abbracciando mia cugina poi presi la mano di mia madre e ci avviammo verso la nostra casa.
Asuka non si svegliò nemmeno quando papà la mise nel futon e la coprì pur sapendo che quella coperta sarebbe stata scalciata lontano poco dopo.
«Dovresti dormire anche tu» disse tirando su la coperta anche a me.
«Sì ma sono agitata per domani padre.»
«Non hai motivo di esserlo Setsuna.»
«Io dicevo sul serio quando ho detto che gli altri bambini non saranno come me e poi mi evitano già.»
«Allora quei bambini sono solo dei poveri stolti e si pentiranno di aver evitato colei che un giorno diventerà una delle più grandi sterminatrici» rispose sorridendomi alla fine.
«Credi davvero che diventerò così brava?»
«Non lo credo, io lo so.»
Anche la mamma venne a darci la buonanotte.
«Tuo padre ha ragione ma anche se loro non saranno buoni con te tu ricorda di esserlo con loro mh? Essere buoni non vuol dire essere deboli.»
«Lo ricorderò.»
«Bene ora dormi» disse lei dandomi un bacio poi tutti e due si alzarono e raggiunsero il loro letto, poco dopo guardando Asuka mi addormentai.



 

Quando mi svegliai era poco più dell’alba e a parte mio padre non c’era nessun altro sveglio.
«Vuoi allenarti un po’?»
«Sì!»
Uscimmo fuori dopo che ebbi indossato la mia tuta da sterminatrice.
«Cosa ti ha insegnato tuo zio?» mi chiese curioso.
Mi allenavo anche con lui e mi piaceva imparare così tante cose da così tante persone.
«A usare gli artigli.»
«Mostramelo.»
Sguainò la sua spada mentre io mi preparavo.
«Sankon-Tessou!» urlai scagliandomi contro di lui, sapevo che avrebbe parato i miei colpi e sapevo che sarebbe sempre stato così, per quanto potessi diventare forte non avrei mai eguagliato quella forza innata che aveva lui.
La sua spada parò i colpi come previsto ma non mi arresi, riprovai ancora e ancora senza però riuscire a colpirlo ma ci andai vicina perché vidi un pezzo di stoffa del suo kimono volare via trasporta dal vento.
«Ben fatto» mi disse sorridendo «Inuyasha qualche volta serve a qualcosa.»
«Sesshomaru, Setsuna!»
«Andiamo tua madre è sveglia.»
Corsi da lei sorridente.
«Madre hai visto?!»
«Sì ma ora basta allenarsi e poi avrai tutto il pomeriggio per farlo.»
«Sì ma non con mio padre.»
«Non smetterò di allenarti Setsuna ma ora credo sia pronta la colazione.»




Dopo aver lasciato Setsuna nel luogo dove avrebbe iniziato la sua formazione con Kohaku, Sesshomaru andò da suo fratello che come previsto era rimasta a casa.
Aveva portato Asuka con sé così avrebbe potuto giocare con Kikyo mentre lui avrebbe parlato con il fratello.
«Hey non allontanatevi troppo!» urlò Inuyasha alla figlia e alla nipote mentre correvano tenendosi per mano.
«Allora Sesshomaru? Perché sei qui?»
«Devo chiederti un favore» rispose il demone a denti stretti.
«A me?»
«Sì.»
Inuyasha lo fissò per qualche secondo incredulo, Sesshomaru stava davvero chiedendo il suo aiuto?
«Cosa vuoi? Non girarci troppo intorno.»
«Devi parlare con Setsuna io… ciò che diciamo io e Rin… le nostre parole non la convincono ma forse le tue sì.»
«Riguardo a cosa?»
«Non le piace stare qui e credo che la colpa sia degli abitanti di questo villaggio, anche se non mi vuole dire di chi si tratta so che qualcuno le ha detto delle cose che l’hanno ferita» rispose il demone tremando di rabbia.
«Ho capito non aggiungere altro, dopo vado a prenderla quando avrà finito la lezione con Kohaku e mentre la riaccompagno proverò a parlarle.»
«Grazie» rispose il fratello maggiore alzandosi.
«Non è facile per quelli come noi ma Setsuna è una bambina forte e intelligente.»
«Vuole mostrarsi sempre più forte di ciò che è e temo che questo sia colpa mia, voglio solo che sia felice» rispose mentre era voltato di spalle.
«Lo è per quanto dica di detestare questo villaggio, ci penserò io in questo la capisco meglio di chiunque altro.»
Sesshomaru annuì e uscì dalla casa di Inuyasha e Kagome.







 

Eccoci siamo quasi alla fine di Yashahime, e ancora non so cosa pensare di questo anime... però vi saluto come sempre e vi ringrazio se vi va fatemi sapere cosa ne pensate, come sempre vi lascio con un estratto del prossimo capitolo.


 

«A quanto pare stiamo per formare la prima squadra, allora chi hai scelto Hisui?»
«Setsuna.»
Alzai lo sguardo e lo posai su di lui, mi sorrideva, non capivo.
«Io?» domandai sbalordita.
«Lei?» chiesero tutti in coro.
«Sì, voglio fare squadra con te se lo vuoi anche tu.»
Il maestro mi guardò e sorrise e poi sorrise ancora di più a suo nipote.
«Bene-»
«Non è giusto! Lei non dovrebbe nemmeno essere qui!» disse uno dei bambini, il suo nome era Mitsuo.
«E perché non dovrebbe essere qui?»
«Sensei lei.. lei è una mezzodemone» rispose quasi con disgusto.
Sussultai, non era la prima volta che sentivo dirmi una cosa simile dagli abitanti del villaggio.

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Capitolo 5
*** CINQUE ***


CINQUE.







Quel pomeriggio iniziò il mio addestramento da sterminatrice.
La mamma mi aveva accompagnata nel luogo dove ci saremmo allenati io e gli altri bambini e inoltre era impaziente di rivedere il suo vecchio amico Kohaku io invece ne avevo sentito parlare solo dalle gemelle e raramente da Hisui che non ricordava molto lo zio.
«Guarda Setsuna ci sono molti bambini» disse la mamma indicandoli.
Era vero c’erano abbastanza bambini almeno dieci o forse di più e Hisui era uno di quelli.
Hisui era vicino a suo zio ma quando ci vide arrivare ci corse incontro e abbracciò mia madre.
«Zia Rin!»
«Hisui sono felice di rivederti» rispose lei scompigliandogli i capelli.
Lui era più grande di me di qualche anno e a volte parlagli mi intimidiva per questo mi mettevo sulla difensiva.
«Rin quanto tempo» disse Kohaku venendoci incontro.
«Kohaku!» rispose lei e poi lo abbracciò.
Mia madre non abbracciava mai altri uomini a parte mio padre quindi il mio maestro doveva essere importante per lei.
«Sono così felice che tu sia tornato.»
«Anch’io e poi mi mancavate e anche Musashi» rispose guardandosi intorno ma poi il suo sguardo si posò su di me.
«E tu devi essere Setsuna.»
Annuii.
«Sì lei è Setsuna» rispose la mamma spingendomi un po’ avanti.
Non ero come lei e Asuka così aperte e non impacciate nel parlare con gente nuova.
«Sei pronta Setsuna?»
«Sì Sensei» risposi.
«Sensei? Be’ dovrò abituarmi a questo nome immagino» rispose sorridendo «Hisui, Setsuna andate ad unirvi agli altri io arrivo subito.»
Hisui si incamminò ma io non ci riuscivo.
«Madre…»
Lei si abbassò.
«Andrà tutto bene vedrai» rispose dandomi un bacio, «Kohaku ti insegnerà molte cose.»
Hisui tornò indietro mi prese per mano e ci unimmo agli altri bambini.
Rin rimase a guardare la figlia che titubate raggiungeva un gruppo di bambini con cui sperava potesse fare amicizia, la amava immensamente e anche se amava suo marito e il suo carattere sperava che la figlia riuscisse ad aprirsi a nuove persone anche se ciò avrebbe significato tempo, ma farla partecipare a quella formazione sarebbe stato utile o almeno lo sperò.
«Sembri molto più agitata tu di lei.»
«Temo che sia così.»
«Rin andrà bene sono certo che le piacerà o almeno lo spero.»
«Non dubito di te Kohaku ma Setsuna… lei non è come Asuka, non è facile per lei aprirsi agli altri. Ha un grande cuore ma non riesce a mostrarlo.»
«Mi ricorda qualcuno» rispose Kohaku.
«Già in questo assomiglia molto a Sesshomaru, Kohaku…»
«Tranquilla Rin la terrò d’occhio, sono più che certo che sia davvero una bambina speciale.»
«E’ meglio che vada ora.»
«Sì anche io» disse voltandosi verso i nuovi apprendisti.
«Se vuoi passa a trovarci.»
«Lo farò.»
Rin salutò Kohaku poi diede un’ultimo sguardo alla figlia e si incamminò nuovamente verso casa.




«Bambini formate un cerchio!»
Tutti obbedimmo e anche in fretta cosa che fece indubbiamente piacere al mio Sensei.
«Bene io sono il vostro maestro, il mio nome è Kohaku e lei» disse indicando un piccolo demone che gli stava a fianco «è Kirara.»
«E’ così carina!» disse un’altra bambina.
Di bambine c’erano solo tre e io ero una di quelle, il resto erano tutti maschi.
«Bene ora presentatevi a turno a partire dall’ultimo a destra.»
Io ero al centro accanto a me c’era Hisui e poi un bambino che ancora non conoscevo.
Sentii molti nomi quel giorno e parecchi li memorizzai, infondo sarebbero stati miei compagni.
«Io sono Hisui» disse il mio amico facendo un passo avanti.
Toccava a me ma odiavo essere così al centro dell’attenzione.
Guardai il mio maestro che a sua volta mi incoraggiò con lo sguardo così feci un passo avanti.
«Setsuna» dissi e poi mi rimisi al mio posto e guardai gli altri miei compagni presentarsi.
Aspettammo che tutti si presentassero poi il maestro si alzò in piedi e ci guardò uno a uno.
«Adesso voglio che scegliate un compagno ma dovete ricordare che quel compagno non lo potrete cambiare quindi pensateci bene vi lascio del tempo.»
Mi guardai attorno ma vidi che gli altri bambini già parlavano tra di loro e che la maggior parte puntavano su Hisui.
Aspettai un po’ ma nessuno venne da me e io non ebbi il coraggio di andare da loro così mi sedetti in disparte sotto a un albero e attesi che decidessero con chi stare.
Hisui era accerchiato da molti bambini e da una delle bambine Akane ma non sembrava dispiacergli, poi il mastro venne a sedersi vicino a me.
«Non dovresti scegliere il tuo compagno?» mi chiese gentilmente.
«Sì ma loro non mi vogliono.»
«Dovete ancora conoscervi bene Setsuna.»
«No Sensei loro non mi vogliono perché sono diversa» risposi fissandolo.
«E’ quello che pensi?»
«E’ quello che so, è quello che ho sentito» risposi ma non riuscii a reggere di più il suo sguardo.
«Qui non dovrai sentirti in questo modo io voglio formare nuove squadre di sterminatori e in una squadra deve esserci fiducia. Troverai il compagno giusto per te non ho dubbi» disse lui guardando gli altri bambini.
«E se non lo trovo?»
«Vuoi fare una scommessa con me Setsuna?»
«Cosa scommettiamo?»
«Decidi tu.»
Non mi venne in mente nulla e il maestro non proseguì oltre.
«Conosco da molto tempo i tuoi genitori, devo molto a tuo padre e Rin… lei è come una sorella per me.»
«Non lo sapevo.»
«Sono mancato troppo tempo da questo villaggio ma era ciò di cui avevo bisogno ma ora sono tornato» rispose sorridendomi «il tuo aspetto è come quello di Rin ma il tuo carattere è come quello del signor Sesshomaru e un carattere simile spiccherà sempre sugli altri.»
Gli sorrisi, era il primo abitante di quel villaggio che parlava bene non solo di mia madre ma anche di mio padre.
«Guarda» disse indicando Hisui che correva verso di noi.
«Zio Kohaku! Ehm… Sensei!»
«Prendi fiato Hisui!»
Arrivò quasi ansimante ma con un sorriso stampato in faccia.
«Ho scelto con chi voglio fare squadra.»
«Hai ancora del tempo per pensarci.»
«No, ho deciso Sensei.»
Il maestro si alzò in piedi e chiamò tutti gli altri così mi alzai anche io, ogni fibra del mio essere mi urlava di andarmene da lì ma era solo il primo giorno e il maestro era stato buono con me.
«A quanto pare stiamo per formare la prima squadra, allora chi hai scelto Hisui?»
«Setsuna.»
Alzai lo sguardo e lo posai su di lui, mi sorrideva, non capivo.
«Io?» domandai sbalordita.
«Lei?» chiesero tutti in coro.
«Sì, voglio fare squadra con te se lo vuoi anche tu.»
Il maestro mi guardò e sorrise e poi sorrise ancora di più a suo nipote.
«Bene-»
«Non è giusto! Lei non dovrebbe nemmeno essere qui!» disse uno dei bambini, il suo nome era Mitsuo.
«E perché non dovrebbe essere qui?»
«Sensei lei.. lei è una mezzodemone» rispose quasi con disgusto.
Sussultai, non era la prima volta che sentivo dirmi una cosa simile dagli abitanti del villaggio.
«Sì è vero Setsuna è per metà un demone, suo padre è un demone molto potente che molte volte ha difeso questo villaggio è la sua presenza che fa scappare tutti i demoni che altrimenti ci attaccherebbero, inoltre io devo molto a Sesshomaru se avete dei problemi riguardo alla sua natura allora potete andarvene» rispose ma questa volta il sorriso era svanito dal volto del mio Sensei.
Rimasi sorpresa ancora di più, davvero mi aveva difesa?
«Ma Sensei-»
«Mi avete sentito?» chiese a tutti.
Annuirono, anche Mitsuo lo fece ma il suo sguardo era di disprezzo e rabbia.
«Setsuna vuoi fare squadra con Hisui?»
Guardai Hisui e la sua mano tesa per qualche istante e poi la afferrai.
«Bene voi sarete una squadra finché rimarrete degli sterminatori» annunciò sorridente a tutti noi.
Non capivo perché Hisui tra così tanti bambini avesse scelto proprio me ma ogni volta che lo guardavo lui mi sorrideva.
Akane finì per fare squadra con Shinji e Kasumi con Hisoka.
A volte vedevo Kasumi guardare timidamente verso di me ma entrambe eravamo chiuse e introverse.
In breve tutte le squadre furono formate e per quel giorno il nostro Sensei decise che poteva bastare.
Il tramonto era vicino, il sole stava piano piano calando tingendo di arancione l’orizzonte, presto sarebbe scesa la notte e la luna avrebbe preso il suo posto.
Mi domandai cosa avesse fatto Asuka senza di me, infondo era la prima volta che stavamo divise per così tanto tempo e un po’ mi mancava.
Iniziai ad incamminarmi sapevo che quel giorno mi avrebbe accompagnata a casa zio Inuyasha ed ero felice di stare un po’ sola con lui, lui mi capiva perché era come me.
Hisui mi camminava accanto felice, sentii il suono di un uccello e vidi la chioma di un albero muoverei quando l’uccello volò via, ah che bella sensazione doveva essere quella!
«Hisui perché lo hai fatto?»
«Cosa?»
«Volevano tutti stare con te, perché hai scelto me? E’ perché nessuno mi voleva?» chiesi e alla fine trovai il coraggio di guardarlo.
La sua tuta era simile alla mia ma le sue spalline erano verdi chiare, Kirara ci aveva seguiti e camminava al fianco di Hisui.
«Ti sbagli Setsuna, io ti ho scelta perché volevo stare con te. Con zio Sesshomaru che ti allena e mio zio Kohaku diventerai una grande sterminatrice e poi così… posso stare più tempo con te» rispose impacciato.
«E perché dovresti volerlo? Forse mi hai confusa con Asuka.»
«Affatto.»
Non mi disse più nulla ma di tanto in tanto mi guardava per poi smettere non appena me ne accorgevo.
Vidi mio zio alla fine del sentiero e gli corsi incontro.
«Zio!»
«Eccoti qua!»
Si abbassò così che potessi abbracciarlo, mi diede un bacio e poi mi porse la mano.
Salutò anche Hisui scompigliandogli i capelli scuri e così simili a quelli di zio Miroku.
«Vuoi che veniamo con te?»
«Non serve e poi ho Kirara con me.»
Kirara emise un miagolio e si strusciò contro la gamba destra del mio nuovo compagno di avventure.
«Va bene ma tieni gli occhi aperti, Kirara lo affido a te.»
«A domani Setsuna! A presto zio!»
Lo guardai correre via seguito da Kirara, l’erba che veniva calpestata dai suoi stivali, piccole zolle che si alzavano per ricadere più in là.
«Sei pronta?»
«Sì.»
Camminammo per un po’ in silenzio fissando il panorama e ascoltando il gorgoglio dell’acqua che ricordava la risata di una persona possente, gli uccelli che volevano verso il sole calante e il chiacchiericcio delle donne che tornavano dal fiume con le ceste dei panni lavati.
«Setsuna c’è qualcosa di cui vorresti parlarmi?»
Lo guardai incerta per qualche secondo, i miei genitori dovevano aver detto qualcosa allo zio.
«Non cambierebbe nulla.»
«Provaci.»
«Non mi piace stare qui preferisco il palazzo di mio padre.»
«Da quando non ti piace più Musashi?»
«Io…»
«E' successo qualcosa vero?»
«Nemmeno i bambini del corso del Sensei mi vogliono qui, io non sono come loro. Il Sensei ci ha chiesto di scegliere dei compagni ma nessuno voleva stare con me perché sono una mezzodemone» risposi guardando mio zio, lui si fermò.
«Ciò che siamo è complicato da capire, siamo metà di una cosa e metà di un’altra ma non siamo poi così diversi dagli umani sai?»
«Allora perché non ci vogliono?»
«Be’… il fatto è che le persone hanno paura di ciò che non conoscono, i demoni sono associati al male per questo hanno paura.»
«Ma mio padre non è cattivo, anche il Sensei lo ha detto.»
Il volto di mio zio rimase pensieroso per un po’, poi mi sorrise e riprese a caminare.
«Tuo padre è cambiato molto negli anni e la sua presenza a Musashi è un bene. Un giorno capiranno il loro errore Setsuna.»
«Se avessero ragione? Se io… se io fossi un mostro?» domandai spaventata.
«Come potresti essere un mostro? Chi te lo ha detto?»
Mi strinsi nelle spalle.
Quella volta stavo giocando con Asuka non lontana da casa e lei era andata a riprendere la palla che era rotolata lontana, degli uomini ci videro e uno di loro disse «sono le figlie di quel demone, altri due piccoli mostri.»
Non ricordo il loro volto ma le loro parole non le ho mai dimenticate.









 

Come sempre ringrazio chi legge le mie storie e vi lascio con una piccola anticipazione del capitolo sei:

 

«Diventerò più forte di così padre, sarai orgoglioso di me anche se non sono un demone» dissi.
«Non devi diventare più forte per me e poi sono già orgoglioso di te Setsuna, lo sono dal giorno in cui sei nata. Sia tu che Asuka siete perfette così come siete e non dovresti desiderare di essere diversa.»
Gli sorrisi felice di quelle parole, quando ci voltammo per rientrare vidi mia madre sulla soglia della casa con una coperta sulle spalle che ci sorrideva.
Ci venne incontro, baciò prima mio padre e poi me.
«Tuo padre ha ragione, sei perfetta così come sei e noi siamo già molto orgogliosi di te e anche di Asuka. Se vuoi continuare a seguire i corsi di Kohaku devi farlo solo per te stessa Setsuna» mi disse spostandomi una ciocca di capelli scuri come i suoi dietro all’orecchio.
«Sì madre voglio farlo per me.»

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Capitolo 6
*** SEI ***


SEI.





«Setsuna?»
«Nessuno.»
Mio zio si fermò e quindi anche io, sentii la sua mano stringere più forte la mia poi si sedette a terra.
«Non lo dirò a tuo padre e nemmeno a tua madre, non lo dirò a nessuno.»
«Io…»
«Lo prometto Setsuna.»
Lo guardai un po’ diffidente, avrebbe davvero tenuto il segreto?
«Sai quando ero un bambino nemmeno io ero accettato nel villaggio in cui vivevo, ho visto mia madre piangere per me ma ero troppo piccolo per capire e poi quando è nata Kikyo ho capito e mi sono chiesto se sarei stato in grado di evitarle quella sofferenza.»
Era la prima volta che lo sentivo parlare così, la mamma mi aveva parlato di nonna Izayoi, io, Asuka e Kikyo avevamo degli abiti che lei aveva fatto per noi.
«Non ricordo i loro volti ma… ci hanno chiamate mostri» ammisi con aria triste, era difficile dirlo ad alta voce.
«Chiunque sia stato si sbaglia, non sei un mostro» rispose mio zio facendomi una carezza.
«Lo so ma quella parola non riesco a dimenticarla, non l’ho detto nemmeno ad Asuka lei soffrirebbe più di me e io non voglio che soffra.»
«Sei una brava sorella. Setsuna devi promettermi che se accadrà di nuovo me lo dirai.»
«Davvero sarà un segreto? Non voglio che mio padre lo sappia si arrabbierebbe e la mamma e Asuka sarebbero tristi.»
«Non lo dirò a Sesshomaru, l’ultima cosa di cui Musashi ha bisogno è di un demone arrabbiato e non è un bene far arrabbiare tuo padre. Promesso?» domandò allungando la mano.
Annuii e la strinsi.
Si rialzò e prendemmo di nuovo a camminare.
«Cosa gli dirai allora? So che ti ha chiesto mio padre di parlarmi.»
«Sei una bambina sveglia, non preoccuparti inventerò qualcosa» rispose facendomi l’occhiolino.
Guardai il cielo, le nuvole spinte dal vento andarono a coprire il sole per qualche istante e prima ancora di rendermene conto arrivammo a casa nostra.
Fuori ad aspettarmi c’era Asuka che stava intrattenendo Jaken, finalmente anche lui era tornato al villaggio.
«Jaken!» lo chiamai e poi gli corsi incontro, ero così felice di vedere il mio amico kappa.
«Setsuna!» urlarono in coro lui e mia sorella.
«Com’è andata?» chiese lei prima ancora di fermarsi.
«Bene.»
«Ahh! Sono felice! Sono simpatici i compagni? E com’è lo zio di Hisui? Cosa hai imparato? E-»
«Asuka dalle il tempo di rispondere» disse mio padre raggiungendoci insieme alla mamma.
«Inuyasha grazie» disse mia madre sorridendogli «vi aspettiamo a cena una di queste sere, l’ho detto anche a Sango.»
«Riferirò il messaggio a Kagome» disse lo zio salutando con la mano, mi guardò un’ultima volta facendomi l’occhiolino e rimasi a guardare finché non lo vidi più.
La sua veste rossa e i capelli argentei come quelli di mio padre e Asuka sparirono oltre l’orizzonte, proprio mentre il sole stava calando del tutto e la notte iniziava a farsi avanti.
«Entriamo» disse mio padre.
Asuka mi prese per mano ed entrammo dentro.
«Hai fame Setsuna? Ho preparato del tè e ci sono i biscotti di zia Kagome.»
«Un po’» risposi, in effetti quel giorno avevo mangiato poco.
«Dai! Racconta!»
Guardai Asuka e il suo incredibile entusiasmo, non che io non lo fossi ma come al solito non riuscivo a esprimerlo come faceva lei invece, così le feci un piccolo sorriso che non sfuggì a nessuno e mi sembrò che persino mio padre stesse sorridendo.
«Sei stata bene con Kohaku?»
«Sì è un bravo maestro anche se oggi non abbiamo imparato molto.»
«Allora cosa hai fatto?» chiese Asuka prima di addentare un biscotto.
«Ecco il Sensei ha voluto formare delle squadre e ha detto che non si possono cambiare finché resteremo con lui.»
«Sensei? E’ strano sentirlo chiamare così.»
«Sì anche Kohaku lo ha detto questa mattina» rispose mia madre sorridente.
«Chi l’avrebbe mai detto che quel ragazzino sarebbe diventato un maestro? Se non fosse stato per voi e quella sacerdotessa nobile Sesshomaru ora sarebbe morto.»
«Kohaku merita di vivere e di essere felice» replicò mio padre guardando un po’ severamente Jaken.
«A me è sembrato felice» dissi.
«Anche a me tesoro. Hai detto che avete formato delle squadre? Con chi sei in squadra?»
«Hisui» risposi poi anche io mangiai un biscotto mentre tutti mi fissavano.
«Hiusi?»
«Sì padre, è stato lui a scegliermi.»
«Be’ non avevo dubbi che sarebbe stato lui» rispose la mamma.
Mio padre emise un picco ringhio ma tutto sommato non era dispiaciuto, conosceva bene Hisui e la sua famiglia e la mamma era contenta.
«Ho fatto questo mentre eri via» disse Asuka porgendomi un braccialetto.
«Dove le hai trovate queste perle?» chiesi meravigliata.
Erano così belle e luminose, riuscivo quasi a vedere il mio volto riflesso in quella superficie liscia e dura.
«Le ho chieste a papà, ne ho fatto uno anche per me e Kikyo così lo abbiamo tutte e tre uguali!»
Lo presi con delicatezza, non volevo che il lavoro di Asuka finisse sul pavimento.
«Grazie.»
«Ti piace?»
«Molto, me lo metti?»
Auka sorrise, prese il braccialetto fatto con le perle che nostro padre le aveva donato e me lo legò al polso.
Era solo un oggetto in più che dimostrava il nostro legame come il ciondolo, quel ciondolo serviva a tenere sotto controllo i nostri poteri e nostro padre ci aveva fatto giurare di non toglierlo mai.
«Il mio maestro ti rispetta molto» dissi a mio padre dopo che Asuka ebbe finito di legare il braccialetto «ha detto che tu sei un demone buono.»
«U-un demone buono? Ma cosa dice quel ragazzino insolente?» borbottò Jaken.
«Sì, perché proteggi il villaggio.»
«Ha detto così?»
«Sì ma lo sapevo già» gli risposi sorridendo.




Quella notte non riuscii a prendere sonno così rimasi sdraiata a fissare Asuka che dormiva tranquilla al mio fianco, ero così agitata per la lezione che mi aspettava, ero euforica all’idea di imparare altre tecniche di combattimento da qualcuno che non fosse mio padre o mio zio.
«Sembra che le piaccia» sentii dire a mia madre.
«Sì ma non vivere qui.»
«Credi che sia successo qualcosa?»
«Domani lo saprò» rispose mio padre.
«Be’ ora che la prima lezione è andata bene puoi stare più tranquillo.»
Lo sentii ridere, era così raro che lo facesse.
«Eri tu quella agitata oggi, molto più di Setsuna.»
«E’ vero… ora dobbiamo trovare qualcosa per Asuka.»
«Le piace aiutare, credo che non ci sia posto migliore per lei se non stare al fianco di Kagome e la vecchia Kaede. Se quella è la strada che vuole prendere…»
«Non ti piace l’idea?» chiese mia madre e sentii un po’ di preoccupazione nella su voce, nel frattempo mia sorella si voltò e disse qualcosa ma spesso parlava nel sonno.
«La sosterrò sempre qualunque sarà la sua scelta, non pretendo che si getti nella mischia ma voglio che sia in grado di difendersi se dovesse servire.»
«Lo voglio anch’io, l’idea che possa trovarsi sola e in pericolo… non riesco nemmeno a pensarci.»
Asuka non sarebbe mai stata sola, io sarei rimasta al suo fianco, io l’avrei protetta.
Quella notte diventai ancora più consapevole di quel ruolo, se lei non voleva combattere dovevo rispettare quella scelta e al tempo stesso essere io la sua protettrice, era giusto così e di certo non mi pesava.
Poi i miei pensieri si focalizzarono su Hisui e la sua scelta che ancora non comprendevo.
Poco dopo mi addormentai ripensando alla giornata trascorsa.
Era normale per me svegliarmi al sorgere del sole, mi piaceva vedere come tutto si colorasse e di come la vita tornasse a farsi sentire, la mia mano era stretta a quella di Asuka ma feci attenzione a non svegliarla.
Mi guardai intorno e vidi che la mamma stava ancora dormendo e anche Jaken ma mio padre non c’era.
Mi alzai e uscii fuori sapevo che si stava allenando.
I raggi del sole nascente illuminarono i suoi capelli argentei e la sua spada, i suoi movimenti erano così fini e aggraziati e ogni volta che lo vedevo allenarsi rimanevo meravigliata era come se stesse danzando, i suoi movimenti erano tanto aggraziati quanto letali.
Avrebbe potuto uccidere chiunque senza scomporsi.
Smise poco dopo anche se si era accorto che lo stavo osservando.
«Come ci riesci?» chiesi io.
«A fare cosa?»
«Non so come spiegarlo ma i tuoi movimenti sono perfetti» dissi ancora meravigliata.
Mi raggiunse e posò la mano sulla mia testa.
«Esercizio, piano piano ci riuscirai anche tu.»
I suoi occhi dorati fissarono il cielo per qualche istante, non lontano da noi gli uccelli avevano preso a cinguettare e vidi non troppo distante da dove mi trovavo delle lepri che correvano sull’erba fresca della mattina nascente.
«Oggi ti accompagno io.»
«Sul serio?»
«Sì» mi rispose risoluto.
Musashi non piaceva molto nemmeno a mio padre, l’unica ragione per cui ci vivevamo era perché la mamma era cresciuta lì e teneva a quel luogo e ai suoi abitanti.
«Il mio Sensei sarà felice di vederti.»
«Sono passati molti anni dall’ultima volta in cui ho visto Kohaku.»
«Non vedo l’ora di imparare cose nuove!»
«Ero sicuro che ti sarebbe piaciuto» disse guardandomi negli occhi.
«Molto e poi il Sensei parla spesso di te padre.»
«Kohaku da troppa importanza ad alcune cose accadute in passato, mi attribuisce meriti che non ho.»
«Ma Jaken e la mamma dicono di no e poi anche altri dovrebbero ringraziarti» gli dissi in tono serio.
«Per cosa?»
«Perché difendi il villaggio, se gli altri demoni non attaccano è perché tu sei qui.»
Vidi una piccola scintilla nei suoi occhi e la sua bocca si curvò in un lieve sorriso.
«Setsuna ci sono molte cose che ancora non sai e se le sapessi cambieresti parere su di me, un tempo ero molto diverso da come sono ora.»
Non dissi nulla, era così raro che parlasse del suo passato.
«C’è stato un tempo in cui disprezzavo gli umani e i mezzidemoni, non comprendevo perché mio padre avesse sacrificato la sua vita per una donna umana e incolpavo Inuyasha per la sua morte, ho commesso degli errori non sono perfetto come credi.»
«Ora lo sei» risposi prendendo la sua mano, esitò qualche istante poi la strinse nella sua.
«Sono molto lontano dalla perfezione, se c’è qualcuno che è perfetto quel qualcuno è tua madre. Non credevo di poter amare qualcuno finché non ho incontrato lei e finché non siete nate voi e Kikyo.»
«Diventerò più forte di così padre, sarai orgoglioso di me anche se non sono un demone» dissi.
«Non devi diventare più forte per me e poi sono già orgoglioso di te Setsuna, lo sono dal giorno in cui sei nata. Sia tu che Asuka siete perfette così come siete e non dovresti desiderare di essere diversa.»
Gli sorrisi felice di quelle parole, quando ci voltammo per rientrare vidi mia madre sulla soglia della casa con una coperta sulle spalle che ci sorrideva.
Ci venne incontro, baciò prima mio padre e poi me.
«Tuo padre ha ragione, sei perfetta così come sei e noi siamo già molto orgogliosi di te e anche di Asuka. Se vuoi continuare a seguire i corsi di Kohaku devi farlo solo per te stessa Setsuna» mi disse spostandomi una ciocca di capelli scuri come i suoi dietro all’orecchio.
«Sì madre voglio farlo per me.»
«Bene, avanti rientriamo ora tra poco tua sorella e Jaken si sveglieranno.»
Sorrisi a tutti e due e poi corsi in casa per svegliare Asuka mentre i miei genitori approfittavano di quei piccoli momenti per scambiarsi qualche effusione.








 

Vi saluto come sempre e vi lascio con una piccola anticipazione.

 

Non mi fermai, ero piena di rabbia e volevo sfogarmi, liberarmi, tirarla tutta fuori o altrimenti sarei esplosa.
«Dillo ancora, codardo! Dillo!»
Sentii le braccia di mio padre afferrarmi e sollevarmi mentre ancora furiosa prendevo a calci l’aria e il vento mi soffiava sul volto accendendo ancora di più le mie guance rosse di rabbia e di vergogna.
Rabbia per tutti i commenti che avevo sentito negli anni ma che solo di recente avevo capito cosa davvero significassero, rabbia perché quegli stolti non riuscivano ad accettare la nostra diversità, rabbia perché nonostante mio padre difendesse il villaggio loro lo insultavano, rabbia per il modo in cui chiamavano mia madre nonostante fosse sempre buona e gentile con loro.

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Capitolo 7
*** SETTE ***


SETTE.







Quel giorno per quanto anche lui non amasse il villaggio e evitasse di farsi vedere troppo dagli abitanti mi accompagnò come aveva promesso.
Ero certa che dopo si sarebbe diretto da mio zio per avere delle risposte e sperai davvero che non dicesse nulla.
Le mattine erano abbastanza miti, presto l’estate avrebbe lasciato il passo all’autunno, agli alberi dalle foglie gialle e arancioni in cui io, Asuka e Kikyo ci gettavamo dopo aver fatto un grande mucchio.
Ci prendevamo per mano, ci guardavamo, contavamo fino a tre e poi saltavamo urlando in quel tripudio di foglie colorate.
Pensando che presto lo avremmo fatto di nuovo mi venne da sorridere.
Mio padre mi guardò, non chiese nulla ma infondo la domanda era nei suoi occhi.
«Tra poco è autunno» dissi.
«Sì non manca molto e tra non molto tu e Asuka compirete sette anni.»
«E’ vero!» risposi sorridendogli.
Ma poi man mano che entravamo nella vita attiva del villaggio il mio umore cambiò con il crescente chiacchiericcio degli abitanti, anche se non volevo iniziai ad avere un po’ di timore e afferrai la mano di mio padre.
«Va tutto bene» disse con tono rassicurante, ma ero inquieta.
«Non li sopporto.»
«Con il tempo imparerai a ignorarli vedrai.»
«Perché non riescono ad accettarci?» domandi guardandolo.
A volte gli ponevo domande difficili, domande alle quali nemmeno un demone come lui che aveva vissuto per centinaia di anni, che aveva visto nascere e cadere dinastie era in grado di rispondere.
«Hanno paura.»
«A volte anche io» ammisi e quell’ammissione non mi piacque e non solo perché mi mostrava debole ai suoi occhi ma perché era vera.
«Non devi non finché ci sarò io a proteggerti» rispose mio padre guardandomi.
Le sue parole mi scaldarono il petto, un calore si diffuse per tutto il corpo raggiungendo il mio piccolo cuore.
Stavo camminando ancora tenendo la sua mano, era più fredda della mia e anche le sue unghie erano diverse ma era mio padre e io lo amavo per questo incondizionatamente, indipendentemente da ciò che dicevano gli altri.
Stavo pensando a come sarebbe stato essere un vero demone come lui, a quanto sarei stata forte, a quanto lunga sarebbe stata la mia esistenza.
Se fossi stata come lui forse non avrei temuto gli abitanti del villaggio e se mi avessero infastidita sarebbe bastata la sola forza della mia mano per farli smettere di darmi noia e quel gesto non mi sarebbe costato fatica o rimorso.
Ero persa in quei pensieri quando senti la voce squillante di una bambina che mi chiamava, mi volta sorpresa.
A parte Kikyo e mia sorella non avevo molti amici al villaggio anche se spesso andavo a trovare le sorelle di Hiusi che come me e Asuka erano gemelle, ma quella voce non era di nessuna di loro.
Con mia grande sorpresa vidi Kasumi che mi correva dietro agitando la mano.
La sua tuta era come la mia, come tutte le altre, ma le sua spalline erano arancioni.
La guardai senza sapere bene cosa dirle, non c’eravamo mai parlate e anche lei sembrava timida eppure ora mi stava chiamando a gran voce.
«Kasumi.»
«Sono felice che sei venuta» mi disse dopo aver ripreso fiato.
Le sorrisi, non sapevo cosa rispondere a una affermazione simile, quella brava con i paroloni era Asuka non io.
«Grazie» dissi infine timidamente.
Anche lei aveva un grande sorriso come mia sorella ed ero certa che avesse anche un grande cuore.
«Credi che oggi il Sensei ci insegnerà qualcosa?»
La presenza di mio padre non sembrava intimorirla, lo guardava ma non dava segni di voler fuggire via a gambe levate.
«Kasumi!»
«Madre! Vieni.»
La madre al contrario si avvicinò timorosa osservando mio padre come se fosse un grande orco cattivo che avrebbe potuto divorare lei e la figlia in un boccone solo.
«Madre lei è Setsuna è una mia compagna» disse alla madre quando ci ebbe raggiunti.
«Salve» dissi io impacciata.
«Sarà meglio andare o il tuo maestro si arrabbierà per il ritardo» disse la madre guardandoci con occhi spaventati.
«E’ ancora presto e poi posso andare con Setsuna.»
«Kasumi-»
«Padre posso andare con lei?» chiesi io, era la prima volta che interagivo di mia iniziativa con una bambina del villaggio.
«Vai ma stai attenta.»
«Grazie!» risposi felice.
Kasumi mi prese per mano e iniziò a correre, ovviamente corsi anche io con lei.
La sua presa era salda nonostante fosse una bambina magrolina dagli occhi marroni e i capelli scuri.
Mio padre rimase indietro anche se poco dopo continuò la strada per venire a salutare il mio maestro, infondo erano anni che non vedeva quel ragazzino a cui tempo prima aveva salvato la vita.
Hisui era già li ad aspettarmi con Kirara in braccio, da quando suo zio era tornato il demone si era molto attaccato a Hisui e ora era quasi sempre con lui.
Rimase un po’ sorpreso nel vedermi arrivare con Kasumi ma poi sorrise a entrambe.
«Setsuna! Temevo che non saresti venuta.»
«Ci avevo pensato ma voglio imparare il più possibile» risposi a Hisui facendogli un breve sorriso.
«Mio zio lo diceva che saresti venuta. C’è anche tuo padre!»
Mi voltai a guardare nel punto che aveva indicato Hisui e anche Kasumi fece lo stesso, il chiacchiericcio degli altri bambini aumentò e alcuni come Mitsuo e Hisoka iniziarono a parlare male di lui guardandomi.
Sapevano che poteva sentirli ma continuarono, così strinsi forte i pugni e andai da loro mentre Hisui e Kasumi mi venivano dietro.
Afferrai per un braccio Mitsuo e lo feci voltare per bene verso di me, i miei occhi non erano dorati come quelli di mio padre ma se volevo anche io sapevo spaventare con un solo sguardo.
«Che cosa fai? Sei impazzita?!» mi urlò contro.
«Dillo ancora» lo esortai.
«Lasciami!»
«Dillo!» urlai torcendogli ancora di più il polso, poi gli diedi dei calci sulle ginocchia e lui cadde a terra.
Fino a quel momento ero riuscita a controllarmi, ogni volta che sentivo quegli stupidi abitanti parlare di noi ero stata calma, anche quando insultavano mia madre dicendo che era stata la sgualdrina del demone non avevo reagito ma ora non ce la facevo più.
Continuai a colpirlo senza fermarmi anche se Hisui ci stava provando, finché il maestro e mio padre non intervennero.
«Setsuna!»
Non mi fermai, ero piena di rabbia e volevo sfogarmi, liberarmi, tirarla tutta fuori o altrimenti sarei esplosa.
«Dillo ancora, codardo! Dillo!»
Sentii le braccia di mio padre afferrarmi e sollevarmi mentre ancora furiosa prendevo a calci l’aria e il vento mi soffiava sul volto accendendo ancora di più le mie guance rosse di rabbia e di vergogna.
Rabbia per tutti i commenti che avevo sentito negli anni ma che solo di recente avevo capito cosa davvero significassero, rabbia perché quegli stolti non riuscivano ad accettare la nostra diversità, rabbia perché nonostante mio padre difendesse il villaggio loro lo insultavano, rabbia per il modo in cui chiamavano mia madre nonostante fosse sempre buona e gentile con loro.
Vergogna per aver ceduto ai miei istinti peggiori, la verità è che quel giorno avrei potuto uccidere Mitsuo senza alcun problema, una parte di me, la parte peggiore e che non riuscivo a controllare lo voleva davvero.
«Calmati ora.»
Continuai a divincolarmi per un po’ finché alla fine mi arresi.
Fu un bene che mio padre si trovasse lì, sarebbe stato difficile da spiegare.
«E’ impazzita! L’avete vista no?» urlava Mitsuo al nostro maestro e ai nostri compagni che ci guardavano, sentii la sua mano stringermi un po’ più forte e vidi le vene del suo collo ingrandirsi.
Nascosi il volto rigato di lacrime nella coda di mio padre e rimasi così per un po’.
«Adesso basta tornate tutti al vostro posto!» disse il maestro.
Il chiacchiericcio cessò poco dopo e capii che i bambini si erano allontanati da noi.
Rimasi in braccio a mio padre non avevo il coraggio e nemmeno la voglia di vedere quei volti che pretendevano risposte e scuse.
«Setsuna, Mitsuo, una cosa simile non dovrà ripetersi mai più» disse lui con voce solenne «dovreste essere compagni d’armi indipendentemente dalla persona con cui fate squadra, non nemici l’uno dell’altra. Non voglio sapere cosa è successo o chi ha cominciato ma non voglio che si ripeta mai più. Se non riuscite a sopportare di stare nello stesso posto allora dovrete andarvene.»
«Zio! Setsuna ha sbagliato ma-»
«Hisui non devi difenderla tu, guardami» disse il maestro con una voce più gentile.
Mi asciugai il volto rigato dalle lacrime e mi voltai verso di lui.
Mitsuo era in piedi e mi guardava torvo, i suoi occhi come i miei erano carichi di rabbia.
«Pensi di riuscire a stare qui senza che si ripeta una cosa simile?»
Annuii, non volevo che la mia voce spezzata dal pianto suonasse ancora più lamentosa, di solito non lo ero.
«E tu Mitsuo?» domandò voltandosi verso il mio compagno, il suo volto era graffiato, la tuta in alcuni punti strappata e aveva un bel bernoccolo sulla fronte.
«Sì Sensei.»
«Bene, ora raggiungi gli altri» rispose, ma la gentilezza nel suo sguardo se ne era andata.
«Se vuoi portarla a casa ci vedremo domani.»
«Sta a lei decidere» rispose mio padre guardandomi.
«Resto» sussurrai.
La sua mano mi fece una carezza e poi mi posò a terra.
«Bene. Hisui andiamo, Setsuna ci raggiungerà tra poco. Signor Sesshomaru sono felice di averti rivisto, di a Rin che verrò senz’altro a trovarvi.»
Rimasi a guardare zio e nipote che si allontanavano raggiungendo gli altri bambini e incrociai lo sguardo di Kasumi che con mia grande sorpresa mi sorrise, sapevo che era un incoraggiamento, ricambiai debolmente quel sorriso.
«Setsuna-»
«Lo so, ho sbagliato padre ma… non mi sento affatto in colpa per quello che è successo. So che la mamma dice che dobbiamo essere sempre gentili anche con chi non lo è ma Mitsuo…»
Il suo sguardo gelido si posò su quel bambino e per un momento lo vidi tremare.
«Dovrei dirti che hai sbagliato ma la verità è che non lo penso, hai fatto ciò che anche io avrei voluto fare molte volte a molte persone in questo villaggio.»
La sua risposta mi stupì non poco, credevo che mi avrebbe punita.
«Non lo dirai alla mamma?»
«Dovrò farlo temo ma le dirò che abbiamo già parlato di questo. Con il tempo imparerai a non dare peso alle loro parole, ti scivoleranno addosso come se fossero acqua.»
Però nella mia testa continuava a risuonare sempre quella parola: mostro.
«Gli hai dato proprio una bella lezione, dubito che tornerà a darti fastidio.»
«Io ho usato gli artigli su Mitsuo.»
«Sì.»
Non girò troppo intorno alla risposta, non era da lui e a volta andava bene così ma altre avrei preferito che non fosse così diretto.
«Gli starò lontana il più possibile e se dirà altro proverò a ignorarlo.»
«Bene adesso vado, fai ciò che ti dice Kohaku.»
Annuii.
Il resto della lezione trascorse tranquillo, Hisui e Kasumi si comportarono come se non fosse accaduto nulla ma il Sensei ci punì comunque entrambi non facendoci mai combattere quel giorno, io in ogni caso avevo combattuto abbastanza e non me la sentivo di farmi avanti anche se mi ero calmata la mia rabbia era sempre lì e l’ultima cosa che volevo era ferire Hisui.
Fu mia madre a venire a riprendermi, vidi anche zia Kagome e ovviamente Asuka e Kikyo.
Asuka mi corse incontro e mi abbracciò e non potei fare a meno di chiedermi se anche lei avesse sentito quell’onda di rabbia che mi aveva travolta fino a straripare, e che mi aveva fatto usare gli artigli su un bambino del villaggio.
Mi abbracciò e per la prima volta non mi dispiacque, solitamente non amavo gli abbracci ma quel giorno ne avevo davvero tanto bisogno.
Quando mi separai da lei corsi da mia madre che mi prese in braccio e seppellii il volto nei suoi capelli scuri come i miei.
«Mamma!»
«E' passato» disse lei accarezzandomi, anche mia zia Kagome provò a confortarmi, ovviamente entrambe sapevano cosa i bambini stavano dicendo.
Nello sguardo di mia madre c’era molta tristezza e in parte era colpa mia, esserne consapevole era ancora più dura dell’aver sentito quelle frasi.
«E’ solo una mezzademone, come può Hisui averla scelta?» aveva detto Mitsuo.
«E’ vero» aveva confermato Hisoka.
«E’ la figlia di quel demone, mio padre dice che un tempo era spietato e che sua madre è solo una poco di buono per aver scelto di sposarlo.»

A ripensarci la rabbia risalì.
«Asuka, Kikyo andate avanti per favore» disse mia madre, loro mi guardarono e senza dire nulla corsero avanti a noi.
«Setsuna non devi dare ascolto a quei bambini» disse zia Kagome asciugandomi le lacrime «loro non capiscono ancora bene e ripetono ciò che sentono dagli adulti.»
«Loro ci odiano.»
«Non è odio è ignoranza ma di questo me ne occuperò io, sono pur sempre la sacerdotessa di questo villaggio.»
«Ma loro hanno detto cose brutte.»
«Lo so, non importa cosa dicono loro Setsuna tu devi essere superiore» aggiunse la mamma, «se offendono ignorali o sorridi. Non è la violenza la soluzione ai problemi.»
«Non volevo ferirlo ma non riuscivo a fermarmi.»
Mi guardai le mani, ripensai ai graffi sul suo volto e alla tuta strappata.
«Va tutto bene» disse mia madre prendendomi le mani tra le sue, ma in realtà non andava per niente bene perché quando arrivammo alla soglia di casa la trovammo colma di gente del villaggio armata.








 

Eccomi finalmente con il capitolo sette!
Spero che i precedenti capitoli vi siano piaciuti, ringrazio i lettori e chi commenta ogni volta e vi lascio con una piccola anticipazione!


 

Mia zia si voltò verso di lui con uno sguardo di rimprovero.
«Demone! Non ha importanza se hai protetto questo villaggio, non ti vogliamo qui! E quella bambina dovrà rispondere di ciò che ha fatto!»
Non fece in tempo a finire la frase che la frusta di mio padre lo colpì al volto facendolo sanguinare, sentii l’odore di sangue che si spandeva per l’aria fresca di quella sera con poche stelle, anche Asuka lo sentì e si nascose dietro alla mamma spaventata da ciò che stava accadendo.
«Sesshomaru fermati!»
«Ripetilo.»

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Capitolo 8
*** OTTO ***


OTTO.




Mio padre e Jaken erano fuori dall’ingresso, Jaken agitato muoveva il bastone a due teste facendogli sputacchiare un po’ di fuoco, guardai quella scena incredula e sentii le mie gambe tremare e cedere.
Tutto ciò stava accadendo per causa mia, gli abitanti infuriati erano giunti fino a lì per quello che io avevo fatto quel giorno, perché non ero stata capace di controllarmi e ora rischiavano di morire tutti.
«Kikyo rimani qui. Rin ci penso io, tu resta con le bambine» disse zia Kagome facendosi largo tra gli abitanti del villaggio.
«Setsuna!»
Asuka mi aiutò a rialzarmi, guardai mia madre e per la prima volta le vidi rabbia sul volto e non sorrisi, quei calorosi sorrisi che erano in grado di scaldare il cuore come una giornata estiva.
«Vi do ancora una volta la possibilità di andarvene» disse mio padre torvo.
Asuka e Kikyo mi stringevano la mano mentre eravamo bloccate lì a guardare quella scena.
«Non avremmo mai dovuto accettarvi in questo villaggio!» disse un uomo alzando in aria la sua accetta.
«Basta! Che cosa state facendo?»
Zia Kagome aveva raggiunto mio padre e Jaken e cercava di calmare gli abitanti come meglio poteva.
«Divina Kagome andatevene non è voi che vogliamo.»
«E chi vorreste? Datemi ascolto e tornate alle vostre case, adesso!»
Gli abitanti la guardarono e poi guardarono verso i due demoni che erano dietro di lei.
«Li difendete solo perché anche voi siete sposata con uno di loro!» sbottò un altro uomo facendosi avanti.
«Dovreste essere grati a Sesshomaru, se non fosse per lui il villaggio verrebbe attaccato molto spesso da altri demoni. Perché credete che stiano alla larga da noi? Non è un nostro nemico!»
«Volete dire che non ha mai ucciso umani?» chiese qualcun’altro.
«Ciò che ho fatto non vi riguarda» rispose mio padre «ma se tenete così poco alla vostra vita allora fatevi avanti.»
Mia zia si voltò verso di lui con uno sguardo di rimprovero.
«Demone! Non ha importanza se hai protetto questo villaggio, non ti vogliamo qui! E quella bambina dovrà rispondere di ciò che ha fatto!»
Non fece in tempo a finire la frase che la frusta di mio padre lo colpì al volto facendolo sanguinare, sentii l’odore di sangue che si spandeva per l’aria fresca di quella sera con poche stelle, anche Asuka lo sentì e si nascose dietro alla mamma spaventata da ciò che stava accadendo.
«Sesshomaru fermati!»
«Ripetilo.»
L’uomo si alzò da terra traballante per il colpo ricevuto.
«Asuka rimani qui con tua sorella e con tua cugina» disse la mamma, ci guardò e poi come aveva fatto la zia si fece largo tra la folla e raggiunse nostro padre.
«Madre!»
«Asuka ferma!» disse Kikyo prendendola per un braccio prima che anche lei scomparisse in mezzo agli abitanti infuriati, inghiottita come un relitto dal mare.
«Ora basta! Kagome ha ragione dovreste essere grati a mio marito per ciò che ha fatto per ognuno di voi e invece adesso siete qui, non solo minacciate lui ma anche mia figlia. Andatevene e dimenticheremo quello che è accaduto.»
«Tu non appartieni nemmeno a questo villaggio! Sei solo la sgualdrina di un demone!» disse l’uomo che era caduto a terra poco fa, quella volta la frusta lo colpì ancora più forte e squarciò ancora di più la sua ferita.
«Basta! Che ognuno di voi se ne torni a casa!» tuonò una voce dietro di noi e con grande gioia vidi arrivare la venerabile Kaede insieme a zio Inuyasha, al suo fianco c’erano anche zio Miroku e la zia Sango nella sua tuta da sterminatrice e con in mano Hiraikotsu.
«Venerabile Kaede!»
«Ho detto andatevene, ora!»
Gli abitanti protestarono ancora un po’ ma alla fine piano piano pur continuando a imprecare se ne andarono ma uno di loro passandomi a fianco mi colpì talmente forte che persi i sensi e rimasi incosciente per un giorno intero.




Quando iniziai a svegliarmi sentii le voci di alcune persone che non abitavano con noi, una di quelle era la voce della venerabile Kaede la sacerdotessa più anziana del villaggio.
«Cerca di ragione Sesshomaru, si tratta solo di poco tempo.»
«No» rispose risoluta la sua voce «non ce ne andremo da questo villaggio solo perché un branco di bifolchi dalla mente ristretta non ci vuole qui.»
«Kaede, Sesshomaru ha ragione non possono costringerci ad andarcene» disse mia madre sostenendo mio padre.
«Lo so mia cara ma sarebbe solo per poco tempo.»
«No Kaede non voglio andarmene, questa è casa mia!»
«Rin ha ragione, non devono andare via» disse mia zia, ma la sua voce veniva da più vicino delle altre, volevo aprire gli occhi ma faticavo a farlo.
«Quello che è accaduto la notte scorsa… sarebbe potuta andare molto peggio di così.»
«Per loro» disse mio padre.
«Non voglio altre lotte interne in questo villaggio, gli dei solo sanno quante ce ne saranno con la nascita e la caduta dei potenti. Parlerò con loro ancora, ma voi cercate di non-»
«Hanno aggredito la mia famiglia, davvero credevi che sarei rimasto a guadare sacerdotessa? Non dimenticare con chi stai parlando.»
«No non lo dimentico, so cosa sei in grado di fare e so che quei colpi erano  nulla se paragonati alle tue vere abilità. Ahh, vedo che non c’è modo di farvi ragionare.»
«Kaede sai che raramente sono dalla sua parte ma non è giusto che se ne vadano per colpa di altri. Setsuna ha perso il controllo è vero ma è anche vero che è stata provocata, questo non la giustifica ma è ancora una bambina e deve imparare a controllare la sua forza, non merita di essere punita per questo.»
In quel momento riuscii finalmente ad aprire gli occhi e il primo volto che vidi fu quello di mia zia china su di me che mi medicava la ferita che avevo ricevuto il giorno precedente.
«Zia Kagome» dissi ma ero così debole che faticavo a parlare.
«Setsuna!»
Non feci in tempo a realizzare che vidi mio padre accanto alla zia, mi aiutò a tirarmi su e mi strinse a sé, la mamma arrivò subito dopo con le lacrime agli occhi.
«Come ti senti?» mi chiese preoccupata.
«Mi fa male la testa» risposi, ed era vero, era come se il mondo fosse esploso dentro la mia testa e poi si fosse tutto capovolto più e più volte.
«Adesso ti preparo un infuso che ti farà stare meglio» disse mia zia.
La testa mi pesava e poco dopo mi accasciai contro il corpo di mio padre, trovai rassicurante la morbidezza della sua coda, il suo calore e il suo odore, era forse la cosa che più gli invidiavo oltre alla forza innata che aveva.
«Rin hai qualche erba di Jinenji?»
«Sì, ne ho alcune ma non so se andranno bene.»
«Mostramele.»
«Posso andare a prenderne altre» disse mio padre, ma avevo paura dopo quello che era successo così mi strinsi più forte a lui ricordando i contadini infuriati con loro misere armi appostati alla nostra casa nel tentativo di mandarci via.
«Mi dispiace, è stata colpa mia» dissi e poi scoppiai a piangere, non volevo, odiavo, odiavo davvero piangere e mostrarmi debole ed era già due volte che accadeva nel giro di poco tempo ma forse meritavo quella punizione per aver ferito Mitsuo, per aver usato gli artigli su di lui mentre ero in preda alla rabbia.
«No non è colpa tua» disse mio padre ricambiando la stretta.
«Non vanno bene queste erbe.»
«Vado io a prenderle, dimmi quali ti servono Kagome» disse zio Inuyasha guardandomi.
Io e lui eravamo così simili, entrambi non eravamo mai stati accettati all’interno del villaggio ma per fortuna c’erano persone che ci volevano bene lo stesso e ci supportavano.
«Digli che sono per un forte mal di testa, Jinenji saprà quali darti.»
Guardai mio zio uscire di corsa da casa nostra ma poi all’improvviso notai l’assenza di Asuka, non c’era, non era da nessuna parte.
Mi tirai su guardando ovunque ma niente.
«Dov’è Asuka? E’ ferita?» chiesi con crescente preoccupazione.
«Sta bene tesoro è con zia Sango e zio Miroku, anche Kikyo è con loro» disse la mamma sedendosi vicina a noi.
«Se non avessi aggredito Mitsuo gli abitanti non sarebbero venuti fin quì, io-»
«Sarebbero venuti lo stesso per qualche altra ragione, Setsuna quello che è accaduto con quel bambino faremo in modo che non si ripeta.»
«Non voglio stare qui, voglio tornare al tuo palazzo» dissi tra le lacrime, ormai nemmeno il corso del Sensei aveva più importanza per me, volevo solo andarmene, sparire da Musashi e non tornarci mai più.
«No vorrebbe dire dargliela vinta, così gli permetteremmo di cacciarci» rispose mio padre ma i suoi occhi dorati erano carichi di rabbia, sembravano come fulmini durante una tempesta.
«E’ meglio che continui a riposare, parlare e agitarsi non la aiuterà a stare meglio» disse zia Kagome facendomi sdraiare di nuovo, solo non volevo lasciare andare la mano di mio padre, sentirlo mentre stringeva la mia mi faceva sentire al sicuro, protetta, non servirono spiegazioni capì senza che dicessi nulla e rimase al mio fianco finché non mi addormentai di nuovo.



Asuka fece ritorno qualche giorno dopo insieme a Kikyo e non appena entrò in casa correndo come una furia, mi saltò addosso e mi abbracciò piangendo, poco dopo anche Kikyo era stretta a me e mi sentii così grata di averle nella mia vita, avrei fatto di tutto per loro.
«Sto bene» dissi a entrambe mentre continuavano a stringermi.
«Basta così, Setsuna deve prendere la sua medicina» disse zia Kagome.
Stavo bene ma il mal di testa non era passato ancora del tutto e volevo rimettermi il prima possibile perché quella sera il mio maestro sarebbe venuto a cena da noi e non volevo che mi trovasse stesa sul futon, quasi malata io che non lo ero mai stata.
Presi la medicina di mia zia senza fare storie anche se era molto amara e come ricompensa mi diede un po’ di cioccolato che proveniva dal suo tempo, avevo sentito così tante storie che riuscivo quasi ad immaginarmi lì ma non avrei mai potuto vederlo a differenza di Kikyo.
Rimasero con noi fino al tramonto poi mia zia e mia cugina se ne andarono ma promisero che sarebbero tornate il giorno successivo.
«Madre posso rimanere a dormire qui domani?» chiese Kikyo.
«Se i tuoi zii sono d’accordo sì.»
Mia cugina guardò mio padre e mia madre con occhi supplicanti e nessuno dei due fu in grado di dirle di no, così tutta felice tornò a casa sapendo che domani saremmo state insieme tutto il giorno.
Mi alzai dal futon per cambiarmi ma ricordai che la mia tuta si era rovinata e anche quello mi fece sentire male, triste e in colpa.
«Cosa succede?» domandò la mamma raggiungendomi.
«Ho rovinato la mia tuta.»
«E’ questo che ti ha fatta intristire? Non preoccuparti la aggiusteremo o ne faremo una nuova, ciò che conta è che tu e Asuka stiate bene.»
«Ci avevi lavorato così tanto.»
«E’ solo una tuta Setsuna, chiederò a Sango di aiutarmi a farne una nuova. Vuoi ancora le spalline rosa?» chiese nel tentativo di confortarmi.
Annuii poi Asuka mi prese per mano e scelse per me un kimono, alla fine mi era indifferente quel kimono non era la mia tuta da sterminatrice, quel kimono mi rendeva una bambina come le altre.
Mi ero appena sistemata e stavo per legarmi i capelli quando mio padre mi chiamò, lasciai il nastro ad Asuka e lo raggiunsi fuori.
«Padre?»
Rimasi sorpresa nel vedere Kasumi fuori dalla nostra casa che mi aspettava con un sacchettino in mano.
«Setsuna! Sono felice che stai meglio» disse posando il sacchettino a terra e poi mi abbracciò «ero preoccupata ma Hisui ha detto che eri guarita.»
«Kasumi.»
Lei mi sorrise, era una dei pochi abitanti del villaggio a non vedermi come un terribile mostro e nemmeno la presenza di mio padre sembrava spaventarla.
«Tieni è per te» disse lei prendendo il sacchettino.
Lo guardai per qualche istante timorosa, nessuno a parte la mia famiglia mi aveva mai fatto dei regali.
Alla fine lo presi con la mano che un po’ mi tremava.
Kasumi mi osservava mentre lo aprivo, i suoi occhi erano gentili e lo erano stati fin dal nostro primo incontro.
«So che non è molto ma si abbinano alla tua tuta» disse lei senza smettere di sorridermi.
Erano dei nastri rosa come le spalline che avevo chiesto di nuovo a mia madre poco fa, il colore che Asuka preferiva.
«Kasumi io… grazie.»
«Sono felice che ti piacciano. Setsuna tornerai vero?»
Rimasi a guardarla senza sapere bene cosa dire, volevo tornare?
Sì lo volevo.
Avevo paura?
Sì, temevo di perdere di nuovo il controllo e in parte temevo di incrociare lo sguardo di Mitsuo.
«Kasumi!»
«Setsuna devo andare ora, spero di rivederti presto» disse poi inaspettatamente mi abbracciò, rimasi così sorpresa che non riuscii a ricambiare quell’abbraccio anche se mi fece infinitamente piacere.
La guardai correre verso sua madre che la aspettava impaziente, tempo dopo scoprii che Kasumi era orfana, suo padre era morto in guerra e lei e la madre erano rimaste sole.
«E’ stato un bel gesto» disse mio padre guardando il punto in cui era sparita Kasumi.
«Sì, quando tornerò alle lezioni del Sensei vorrei ricambiare il suo dono.»
«Cosa vorresti regalarle?» chiese mio padre con curiosità ma forse ciò che lo sorprese non era tanto il fatto che volessi farle un dono ma che avevo detto di voler tornare a frequentare le lezioni dello zio di Hisui.
«Non lo so, non sono brava a fare regali.»
Lo sguardo mi cadde sul braccialetto che Asuka aveva fatto per me e Kikyo e pensai che forse se Kasumi avesse fatto parte del nostro gruppo sarebbe stato più bello e divertente.
«Padre puoi trovare altre perle come queste?» gli chiesi mentre rientravamo in casa e il sole tramontava alle nostre spalle tingendo di arancione l’orizzonte.







 

Spero che tutti voi che leggete questa ff stiate bene visto il periodo ancora orribile che stiamo vivendo... nel mio piccolo vi esorto a seguire le regole e vi chiedo inoltre di lasciarmi un feedback sulla storia ❤️
Vi lascio con un estratto come sempre.



 

«Setsuna, sei davvero cresciuta» disse la donna demone.
I suoi capelli erano come quelli di mio padre, i suoi occhi però non erano così calorosi ma più duri, più freddi e più cupi in parte.
Però la coda… la coda era come quella di mio padre e il suo odore era come il suo.
«Chi sei?» domandai avvicinandomi ancora un po’.
«Non temere non vi farò del male, vieni.»
Stavo per raggiungerla quando sentii la mano di mio padre sulla spalla, la sua presa era decisa e mi aveva fermata prima che potessi raggiungerla.
«Asuka vieni qui» disse lui con un tono freddo ma deciso.
Lei guardò il demone con la coda come quella di nostro padre e poi nostro padre e corse subito da noi.
Lui ci superò mettendosi d’avanti come a volerci proteggere.
«Che cosa fai qui? Non sei la benvenuta.»

 

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Capitolo 9
*** NOVE ***


NOVE.





Alla fine mi feci forza e tornai alle lezioni, qualche sera prima il Sensei e Hisui erano venuti a cena da noi, in realtà Hisui non doveva esserci ma aveva insistito così tanto che alla fine gli era stato dato il permesso.
Indossavo il kimono che Asuka aveva scelto per me quel pomeriggio e grazie alle erbe che mia zia mi aveva dato nei giorni precedenti mi sentivo molto meglio e la testa non mi faceva più male.
«Kohaku!» disse mia madre sorridendogli, «e abbiamo anche Hisui, venite.»
«Avrei dovuto avvisarti ma è successo all’ultimo e-»
«Non preoccuparti, in questa casa siete sempre i benvenuti. Asuka, Setsuna venite!»
Asuka corse subito dalla mamma e mio padre la seguì io rimasi ferma dove ero, volevo tanto rivederli ma avevo anche paura che mi giudicassero.
Asuka salutò Hisui abbracciandolo ma lei abbracciava sempre tutti e fu felice di conoscere finalmente il mio Sensei, in realtà lo avevamo conosciuto quando eravamo neonate ma non lo ricordavamo.
«Siete davvero cresciute» disse lui posando una mano sulla testa di Asuka.
«Setsuna vieni.»
Mi feci coraggio e alla seconda chiamata da parte di mia madre andai anche io a salutarli ma tenni lo sguardo basso, l’ultima cosa che volevo era vedere compassione o rabbia nei loro volti.
«Stai meglio?» mi chiese Hisui e nella sua voce sentii preoccupazione.
«Sì.»
«Bene perché ti aspettiamo alle prossime lezioni» aggiunse il maestro e finalmente alzai la testa e lo guardai, aveva un sorriso gentile sul volto anche se alcune cicatrici sembravano stonare un po’ in quel complesso.
«Sensei vuoi davvero che io torni? Anche dopo quello che è successo con Mitsuo?»
Lui si abbassò e mi guardò con serietà ma senza cancellare quell’aria gentile che lo aveva avvolto poco prima.
«Sì vorrei che tu prendessi ancora parte alle mie lezioni, Setsuna il passato è passato da ora in poi ti aiuterò a tenere sotto controllo la tua forza, insieme troveremo un modo.»
«E poi noi siamo una squadra.»
«Tutti i bambini vogliono fare squadra con te» gli ricordai io.
«Sì ma io non ho scelto nessuno di loro però.»
«Avanti andiamo a mangiare o si fredderà tutto. Asuka mostra a Kohaku il suo posto» disse la mamma e Asuka sorridendo prese per mano il Sensei e lo fece sedere accanto a mio padre.
«Credevo che momenti così non ci sarebbero stati più» disse lui con aria malinconica, aveva sempre un po’ di malinconia e non capivo perché.
«Ce ne saranno molti altri vedrai» rispose mia madre sorridendogli.
«Cosa hai fatto in questi anni?» domandò mio padre e lui non era solito interessarsi alla vita di altri, ma era evidente che Kohaku aveva un posto speciale nel suo cuore per quanto fingesse di non avere un cuore.
«Ho aiutato gli altri signor Sesshomaru, ho dedicato la mia vita a proteggere gli altri come ha fatto mio padre e anche Sango. Ho ancora molta strada da fare ma non sono più il ragazzino spaventato che avete aiutato tanti anni fa.»
«Non ho mai visto paura in te ma solo determinazione Kohaku.»
«Sono felice che mi ricordi così ma all’epoca era tutto molto diverso.»
Asuka lo osservava curiosa, ero certa che avesse mille domande da fargli e quando iniziava era come una valanga la mia sorellina, inarrestabile.
«Posso chiamarti anche io Sensei?»
«Ma certo. Asuka tu non vuoi unirti al nostro gruppo?»
«No, a me non piace combattere Sensei ma Setsuna è brava ed è forte.»
«Cosa ti piace fare?» domandò curioso lui.
«Mi piace aiutare zia Kagome quando va a curare i malati.»
Lui le sorrise e il volto di mia sorella si illuminò.
«Credo proprio che diventerà una sacerdotessa» disse mia madre guardando con dolcezza mia sorella.
«Kagome sarà un’ottima maestra per te» disse il Sensei.
«Zia Kagome è la migliore sacerdotessa che esista.»
«Un tempo c’era un’altra giovane donna che era un grande sacerdotessa sai? Forse hai sentito il suo nome.»
«Una sacerdotessa più brava di zia Kagome?» chiese Hisui che era rimasto silenzioso fino a poco fa ma che nel frattempo non aveva quasi mai smesso di guardarmi.
«Sì Hisui, il suo nome era Kikyo.»
«Kikyo? Come nostra cugina» disse Asuka puntando lo sguardo sui nostri genitori.
«Sì tesoro ma è una lunga storia, quando sarete più grandi ve la racconterò.»
«Scusatemi ho parlato troppo.»
«Non devi scusarti Kohaku, la venerabile Kikyo ti ha salvato è giusto ricordarla» disse mia madre posando una mano su quella del mio Sensei.
«Sapete anche chi è una donna molto coraggiosa? Vostra madre, anche lei ha combattuto contro i demoni in passato.»
Quella volta fui io a rimanere sorpresa, non avevo idea che mia madre così gentile e buona un tempo avesse impugnato le armi e combattuto contro i demoni.
«E’ vero?» chiesi.
«Sì ma non ero poi così forte e brava, inoltre è stato molto tempo fa.»
Finalmente c’era qualcosa in comune tra noi oltre all’aspetto fisico, credevo che a mia madre non piacesse combattere proprio come ad Asuka ma se in passato lo aveva fatto…
«E hai ucciso molti demoni?»
«No Setsuna, non molti.»
La serata passò tranquilla, i grandi rimasero a parlare mentre noi giocammo un po’ nell’aria fresca della sera di quasi inizio autunno sotto lo sguardo vigile di Jaken.
Con il tempo come avevo sperato Kasumi entrò nel nostro piccolo gruppo che di tanto in tanto comprendeva anche le sorelle di Hisui e Hisui, questo le attirò brutte critiche ma a lei non sembrò importarle e la madre che inizialmente era contraria sembrò cambiare parere piano piano proprio come Kasumi era entrata nel mio mondo.
Mio padre aveva iniziato ad aiutarle anche se segretamente, non amava che altri sapessero e a loro non sarebbe piaciuto ricevere soldi così ma quei soldi era ciò che gli consentiva di vivere decentemente e di avere del cibo ogni giorno.
Era Zia Kagome a portare quei soldi a Kasumi e sua madre, ovviamente diceva che tutto il villaggio aveva contribuito anche se non era affatto vero, fui veramente fiera di lui.
Le lezioni proseguirono senza problemi, io e Mitsuo ci evitavamo e raramente il Sensei ci faceva lottare insieme per evitare che la cosa si ripetesse, nonostante questo mio padre ogni giorno, a volte accompagnato da Asuka altre volte no, mi accompagnava dallo zio di Hisui, sapevo che temeva che gli abitanti del villaggio mi ferissero, non era per se stesso che aveva paura ma per noi.



Un anno trascorse in fretta, io e Asuka compimmo otto anni e assieme al nostro compleanno un altro evento allietò la nostra casa, qualche mese dopo il compimento dei nostri otto anni nacque Hijime.
Io e Asuka eravamo così felici di avere un fratellino, mi piaceva l’idea di essere la maggiore infondo Asuka era più grande di me anche se di pochi minuti, nonostante fossi io quella che la proteggeva sempre.
I nostri genitori ci mandarono a casa della venerabile Kaede finché Hijime non fu nato, non si trattò di molto tempo e anche se avevamo protestato erano stati irremovibili su questo.
«Come credi che sarà?» mi chiese Asuka mentre eravamo sdraiate nel nostro futon e la vecchia sacerdotessa dormiva poco distante da noi.
«Non lo so, ma voglio conoscerlo.»
«Anche io. La mamma dice che sarà un maschio.»
«Sì» risposi fissando il soffitto di quella casa che non era la mia.
Era così strano dormire lì ma ancora non comprendevo bene le ragioni che li avevano spinti a mandarci via quella volta.
Zia Kagome venne a prenderci il pomeriggio successivo, eravamo così euforiche ma anche preoccupate perché nessuno ci aveva detto nulla, in parte avevo paura che fosse accaduto qualcosa alla mamma.
«Zia Kagome!» urlai quando la vidi arrivare, mi alzai di corsa e saltai giù dal piccolo gradino della casa della vecchia sacerdotessa.
«Zia Kagome! Come sta la mamma?» urlai avvicinandomi a lei.
«Sta bene non preoccuparti.»
Asuka ci raggiunse poco dopo smettendo subito di aiutare la vecchia Kaede e correndo anche lei verso la zia.
«E’ nato? E’ un maschio? La mamma sta bene?»
«Riprendi fiato Asuka» disse zia Kagome ridendo, «La risposta è sì a tutte le tue domande. Volete venire a conoscere vostro fratello?»
«Sì!» gridammo in coro.
«Kaede le riaccompagno a casa.»
«Rin sta bene?»
«Sì sta bene si è svegliata poco fa. Salutate Kaede.»
Asuka andò da lei e la abbracciò io invece mi limitai a salutarla con la mano, ormai Kaede sapeva che non era nel mio carattere abbracciare spesso le persone e sapeva invece che Asuka era molto più espansiva e aperta di me.
«Come sono i suoi capelli?»
«Siamo quasi arrivate, tra poco lo vedrai Asuka.»
Fuori dalla nostra abitazione vidi nostro padre, gli occhi di mia sorella si illuminarono come due stelle e gli corse incontro incapace di contenere la sua gioia, io rimasi indietro tenendo il passo di mia zia.
Lei mi osservò per un po’ senza dire nulla ma poi alla fine quando stavamo per arrivare mi parlò.
«Diventare una sorella maggiore può spaventare un po’.»
«Tu hai un fratello zia?»
Per un istante si fermò e il suo sguardo si perse in ricordi passati e un velo di malinconia calò sul suo sguardo sempre allegro.
«Sì, il suo nome è Sota.»
«Sota. Non lo abbiamo mai conosciuto però.»
«No Setsuna, vedi Sota non vive in questo tempo lui abita in un posto molto lontano.»
«Ti manca?» chiesi e provai a immaginare come sarebbe stato non poter rivedere più Asuka ma fu impossibile, il dolore mi travolse come un fiume in piena e fui costretta a smettere di pensarci, mi faceva troppo male.
«Molto, penso spesso a Sota, a mia madre e al nonno però ho scelto di vivere qui e poi ho un’altra famiglia che mi vuole bene.»
«Io non so se ci riuscirei, non riesco a pensare di non poter più vedere Asuka.»
La zia mi sorrise e mi fece una carezza.
«Il legame che tu e Asuka avete è diverso è molto più forte di quello che ho io con Sota, quando tu stai male so che Asuka lo percepisce. Non devi avere paura, l'arrivo di un fratello non ti porterà via nulla Setsuna ma al contrario ti arricchirà molto.»
«Credi che mio padre continuerà ad allenarmi ancora?»
Infondo temevo che l'arrivo di Hijime mi avrebbe tolto il tempo che passavamo insieme o che di punto in bianco avrebbe smesso di allenarmi.
«Lo farà non temere.»
Ormai eravamo arrivati e non mi restava altro se non entrare in casa, Asuka era già seduta vicino alla mamma con Hijime in braccio che sorrideva felice.
Lo osservai dall’ingresso, era così piccolo e i suoi capelli erano chiari come quelli di mia sorella e di mio padre, il mio desiderio di proteggerlo aumentò ancora di più.
«Setsuna?»
Alzai la testa e vidi mio padre accanto a me, smisi di guardare e corsi dalla mamma, per prima cosa la abbracciai in fondo avevo avuto paura che non stesse bene e per quanto mi sforzassi di essere forte ero pur sempre ancora una bambina.
«Mamma!»
«Setsuna.»
Mi diede un bacio e poi Asuka mi guardò, Hijime era tranquillo la sua piccola bocca sorrideva e così sorrisi anche io, volevo davvero prenderlo in braccio ma avevo paura, paura di ferirlo o di farlo cadere così ritrassi la mano.
«Prendilo» mi disse Asuka «è così tranquillo.»
Scossi la testa senza rispondere, papà si sedette accanto a me e come sempre non servirono parole.
«Non aver paura.»
Era più facile a dirsi che a farsi, le mani mi tremavano.
«E se cade? Non posso.»
«Sono qui e anche Asuka e tua madre.»
Lo guardai poi posai lo sguardo sulla mamma che mi sorrideva, era forse un po’ stanca ma stava bene e sorrideva non mi importava di altro.
«Daglielo tesoro.»
Asuka annuì poi delicatamente mi porse Hijime, lo presi con le mani che ancora mi tremavano un po’ ma il suo sguardo sereno e fiducioso alla fine mi calmò, gli feci una carezza e guardai i suoi occhi che erano così simili ai miei e gli sorrisi felice.
Zia Kagome aveva ragione, il suo arrivo mi avrebbe decisamente arricchita e resa migliore di ciò che ero stata fino ad allora.

 


I giorni successivi furono colmi di visite di amici e parenti, io e Asuka spesso uscivamo a giocare non perché non volessimo stare lì ma dopo un po’ era diventato noioso.
Anche quel pomeriggio mentre la mamma stava allattando Hijime noi giocavamo fuori, Jaken non ci lasciava quasi mai e noi ci divertivamo a fargli degli scherzi e poi ci buttavamo sull’erba ridendo delle nostre marachelle.
«Oh ci sono dei fiori! Setsuna aspetta qui vado a prenderli per la mamma!»
«Asuka!»
Ma lei corse così veloce che in breve tempo scomparve, rimasi sdraiata sull’erba fresca a osservare le nuvole mosse dal vento da una parte all’altra, attesi e attesi ma Asuka non tornava e anche Jaken iniziava a diventare impaziente.
Annusai l’aria e sentii un odore nuovo ma che in parte mi era familiare, non capivo chi lo stesse emanando ma era di certo la ragione per cui Asuka ancora non era tornata.
«Jaken vado a vedere dov’è Asuka.»
«Portala subito qui! Non oso immaginare cosa accadrebbe altrimenti.»
Nonostante gli anni che avevano trascorso insieme Jaken temeva ancora mio padre, lo venerava come un Dio e al tempo stesso lo temeva come si teme un Dio.
Annuii e corsi nella direzione da cui proveniva l’odore.
Asuka era poco distante ma non era sola.
I fiori che aveva raccolto erano stretti nella sua mano mentre osservava il nuovo visitatore.
Mi fermai prima di raggiungerla, chi era quella donna? Anzi no, chi era quel demone?
«Asuka» la chiamai io timidamente.
«Stesuna! Vieni!»
Osservai con diffidenza la nuova arrivata, dentro di me sentivo di non dovermi avvicinare, sapevo che non dovevo farlo ma Asuka era lì e sembrava stare bene.
«Setsuna, sei davvero cresciuta» disse la donna demone.
I suoi capelli erano come quelli di mio padre, i suoi occhi però non erano così calorosi ma più duri, più freddi e più cupi in parte.
Però la coda… la coda era come quella di mio padre e il suo odore era come il suo.
«Chi sei?» domandai avvicinandomi ancora un po’.
«Non temere non vi farò del male, vieni.»
Stavo per raggiungerla quando sentii la mano di mio padre sulla spalla, la sua presa era decisa e mi aveva fermata prima che potessi raggiungerla.
«Asuka vieni qui» disse lui con un tono freddo ma deciso.
Lei guardò il demone con la coda come quella di nostro padre e poi nostro padre e corse subito da noi.
Lui ci superò mettendosi d’avanti come a volerci proteggere.
«Che cosa fai qui? Non sei la benvenuta.»
«Sesshomaru anche dopo tutto questo tempo non sei stato in grado di perdonare tua madre?»






 

Eccoci, allora spero primo che stiate bene e secondo vorrei chiedere gentilmente a chi legge se per favore mi lascia un feedback mi farebbe piacere sapere cosa ne pensate. 
Vi lascio con un piccolo estratto!



 

«Hijin-Kessou!» urlai furiosa, quella era la prima volta che provavo quella mossa, fino ad allora non mi ero mai ferita così non avevo potuto ancora sperimentare.
Uno dei miei artigli insanguinati lo colpì a una delle zampe e il lupo cadde a terra sull’erba.
Asuka si era ripresa e la mamma stava venendo verso di me.
«Alzati!»
Ma il lupo si limitò a uggiolare, il sangue cadeva copioso dal mio braccio come se fosse stato inchiostro su una pergamena, quando il lupo fece per rialzarsi affondai nuovamente la mano nel mio sangue pronta a colpirlo ancora ma un fischio lo fermò e la mamma mi raggiunse.
«Setsuna!»
«Sto bene» risposi, ma la verità è che non stavo bene, sentivo la mia testa quasi fluttuare come le nuvole nel cielo.
«Cosa è accaduto?» chiese il capo della tribù Yoro.

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Capitolo 10
*** DIECI ***


DIECI.





Lo sguardo di Asuka si posò su di me con fare interrogativo ma anche per me era la prima volta, non l’avevo mai vista o almeno non me la ricordavo.
«Perché sei venuta?» chiese mio padre con la sua voce glaciale, raramente lo avevo sentito parlare così.
«Sono passati molti anni ormai, volevo vederle e conoscere il nuovo arrivato.»
Vidi la sua mano stringersi sull’elsa della spada.
«Sesshomaru non serve essere così aggressivo, le mie intenzioni sono buone.»
«Buone? Ci ha spediti nel regno dei morti per due volte madre.»
«Era solo una prova e l’avete superata mi sembra.»
Mio padre digrignò i denti ma lei non si mosse, restò immobile.
Asuka fece dei passi in avanti, mio padre la afferrò per un braccio e la fermò.
«Sei nostra nonna?» chiese lei timidamente.
«Sì sono vostra nonna.»
Lo sguardo di Asuka si posò su nostro padre, gli fece un sorriso e lo supplicò con lo sguardo di lasciarla andare ma lui non lo fece.
«Se avessi voluto farle del male lo avrei già fatto non credi?»
«Padre.»
La sua mano alla fine la lasciò andare e lei si avvicinò a nostra nonna.
«Otto anni non dovrebbero essere poi molti per chi ha vissuto tanto a lungo quanto me, eppure era da tempo attendevo questo momento.»
Il suo sguardo diventò più gentile quando Asuka la abbracciò, rimasi a osservare la scena assieme a mio padre, nemmeno io mi fidavo molto di lei all’inizio.
Sentii dei passi venire da dietro di noi ma anche senza voltarmi capii che era mia madre, ci raggiunse con Hijime in braccio.
«Non dovevi venire» le disse mio padre.
«Va tutto bene» rispose lei senza staccare gli occhi da Asuka e dalla nonna.
«E tu non vuoi venire a salutarmi?» chiese rivolta a me.
Non avevo paura ma dopo le parole che lei e mio padre si erano rivolti avevo capito che in passato la nonna non era stata buona con loro e nonostante volesse mostrarsi forte vidi mia madre tremare un po’.
Guardai Asuka che era lì vicino a lei e la raggiunsi.
«Tra non molto non sarete più delle bambine ma giovani donne e in quanto tali dovrete sapervi difendere.»
«Setsuna è brava a combattere» disse Asuka «e anche io so difendermi.»
«Bene» disse.
«Non è la prima volta che ti vediamo vero? Ricordo il tuo odore.»
Mi fece una specie di sorriso ma non durò a lungo sul suo volto.
Osservai il suo ricco kimono blu come la notte e la strana collana che indossava.
«Ricordi bene Setsuna ma eravate nate da poco.»
«Non sei più venuta» disse Asuka.
«No era meglio per tutti se fossi rimasta lontana.»
«E così sarebbe dovuto continuare» aggiunse mio padre.
«Sesshomaru il tuo risentimento non ha fine vedo.»
«Le hai viste ora puoi andartene da qui.»
«No non ancora» rispose lei dopo averci fatto una carezza, si avvicinò ai nostri genitori con un passo leggero, quasi sembrava che stesse volando e che i suoi piedi non tacessero affatto l’erba.
«Voglio vedere anche lui.»
Mia madre guardò mio padre, era indecisa sul da farsi e quella situazione non le piaceva più di quanto non sembrava piacere a lui.
Alla fine però anche se controvoglia le lasciò prendere Hijime in braccio.
«Qual è il suo nome?»
«Credevo che sapessi tutto.»
Lo guardò con uno sguardo un po’ cupo ma il silenzio non sembrò scoraggiarla.
«Hijime» disse la mamma.
«Hijime, si è un bel nome.»
Lo sguardo del mio fratellino si posò sulla nonna, sulla sua coda simile a quella di nostro padre e un piccolo sorriso comparve sul suo volto di neonato.
Poco dopo nostro padre lo riprese senza dire nulla, forse per lui era trascorso troppo tempo da quando la nonna lo aveva preso in braccio.
«Tornerò a trovarvi. So già che la mia offerta sarà rifiutata da voi ma resta valida per le bambine e un giorno anche per lui, il mio palazzo sarà sempre aperto per loro e per voi. Mi piacerebbe che venissero a trovarmi.»
«Possiamo?» chiese Asuka stringendo il kimono della nonna.
Lei si abbassò così da essere alla sua altezza.
«Certamente, ogni volta che lo vorrete. Spero che le lascerete venire.»
«Chi mi assicura che non farai loro del male?»
«Dovrai avere fiducia in me temo.»
Senza dire nient’altro la nonna si allontanò sorridendoci un’ultima volta, poi assunse la sua vera forma e volò via nel cielo nuvoloso di quella giornata.
«Asuka, Setsuna, rientriamo ora» disse la mamma, io la seguii subito ma Asuka rimase a osservare il cielo come aspettandosi il suo ritorno.
«Asuka» la chiamò nostro padre.
«Padre ci permetterai di andare da lei?»
«Vedremo» fu la sua unica risposta poi tutti insieme rientrammo in casa.




Approfittai dei momenti che mio padre mi accompagnava alle lezioni per poter parlare con lui della nonna, avevo capito che alla mamma non piaceva parlarne quindi a differenza di Asuka che aveva sempre mille domande non dissi nulla.
Vederla non era stato facile per lei e da allora si comportava in modo strano con noi, a stento ci lasciava uscire per giocare fuori come facevamo sempre.
«Padre la nonna è davvero così cattiva?» gli chiesi poco dopo esserci allontanati da casa.
«E’ complicato rispondere a questa domanda Setsuna. Tua nonna non è facile da comprendere e il suo cuore è molto freddo, non fa nulla senza avere qualcosa in cambio.»
«Però non mi è sembrata cattiva.»
Lui si fermò e il suo sguardo dorato si perse sulla strada di fronte a noi, ma in quel momento sapevo che non vedeva le case o gli abitanti ma che era in realtà immerso nei suoi pensieri.
«Padre?»
«In passato tua nonna ha fatto cose che non avrebbe dovuto fare, in un certo senso ha ferito tua madre e anche te e Asuka.»
«Non lo ricordo.»
«Anche volendo non potresti è accaduto mesi prima delle vostra nascita, per questo non voglio che si avvicini a voi e tanto meno che andiate da lei.»
Lo osservai, era teso dalla punta dei capelli alle dita dei piedi, c’era rabbia nella sua voce come quando quei contadini erano venuti da noi e in quei momenti riuscivo quasi ad avere paura e pensavo che mai avrei voluto averlo come nemico se fossi stata un demone.
«Però non ha fatto nulla ad Asuka e nemmeno a me.»
«Questo non vuol dire nulla Setsuna, mia madre è imprevedibile.»
«Sì ma è l’unica nonna che abbiamo.»
Quell’affermazione lo colpì, lo capii da come il suo sguardo mutò anche se per poco.
«Vorresti davvero andare a trovarla?»
«Io non lo so… però Asuka sì.»
«Parlerò anche con lei, per il momento non accadrà.»
Le mie orecchie iniziarono a sentire il chiacchiericcio dei miei compagni e sul sentiero d’avanti a me comparve Kirara nella sua forma di gatto, mi fece un miagolio e mi saltò tra le braccia.
«Kirara!»
Strofinò il muso sul mio viso, io e Kirara per qualche strano motivo eravamo legate eppure non la conoscevo da molto dato che era sempre stata con il mio Sensei.
«Padre domani ci alleniamo insieme?» domandai, da quando Hijime era nato le mattine erano molto più frenetiche e il tempo sembrava essere diminuito.
«Sì, in questi giorni non lo abbiamo fatto è vero.»
«Se non vuoi più non dobbiamo continuare» dissi ma in realtà non volevo che smettesse di allenarmi, mi piacevano quei momenti e mi piaceva come imparavo ogni volta qualcosa di nuovo da lui.
Sentii il suo sguardo su di me ma non riuscii a guardarlo, avevo paura che dicesse che ora non voleva o non poteva più allenarmi.
«Credi che non voglia più allenarti?»
Mi strinsi nelle spalle come risposta.
«Per quale ragione?»
Il suo volto era serio e spesso mi chiedevo a cosa pensasse, a come fosse un tempo la sua vita e a quanti nemici avesse tolto la vita.
«Io non sono un maschio» risposi.
«E chi ha detto che una femmina non possa essere un’abile guerriera? Ho sempre saputo che lo saresti stata così come sapevo che Asuka era portata per altro. Non cambierà nulla Setsuna.»
Sorrisi felice alla sua affermazione e poi quando iniziai a intravedere Hisui e Kasumi corsi da loro.




Il tempo passava veloce, Hijime cresceva mese dopo mese ma la decisione di farci andare da nostra nonna non era cambiata, mia madre era contraria e mio padre titubante.
Non importava quanto Asuka li supplicasse la loro risposta restava un no.
Quel giorno eravamo uscite con zia Kagome e Kikyo, la zia aveva portato delle cose buone dal suo mondo e avevamo scelto di fare una merenda all’aperto.
«E’ una giornata bella per fortuna» disse la mamma dopo aver posato Hijime sul telo in cui ci trovavamo, Asuka aveva approfittato di quei momenti in cui nostro fratello dormiva per farsi fare una bella treccia e Kikyo anche aveva chiesto lo stesso.
Asuka era seduta in braccio a nostra madre radiosa come il sole timido della primavera.
«Madre posso andare a cogliere dei fiori?»
«Vai ma non allontanati troppo Asuka!»
Lei annuì ci sorrise e corse via.
Kikyo prese il suo posto e la mamma iniziò a intrecciare anche i suoi capelli come aveva fatto con quelli di mia sorella.
«Temevo avrebbe piovuto» disse zia Kagome.
«E’ vero ma è una giornata molto piacevole fortunatamente» rispose lei facendo un sorriso.
Io ero sdraiata accanto a Hijime e osservavo come sempre il cielo, c’era qualcosa di affascinante in quella massa celeste ricoperta da nuvole da forme strane e familiari, mi piaceva la sensazione che mi dava quando mi tiravo sù e la testa mi girava un po’.
«Perché hai messo la tuta?» mi chiese Kikyo.
«E’ più comoda dei kimono» risposi, ormai indossavo solo la mia tuta da sterminatrice, era raro vedermi con un kimono.
«Potresti metterne uno di tanto in tanto» ribatté lei.
«Non ascoltarla» disse zia Kagome «se la tuta ti fa sentire meglio indossala.»
Le sorrisi, lei e mio padre sembravano le uniche persone a non dare peso a ciò che indossavo, anche la mamma ultimamente mi chiedeva di mettere il kimono dato che anche io ne avevo molti ma non mi ci sentivo a mio agio.
Il pomeriggio tranquillo volse al termine con un odore sgradevole e un turbine che si avvicinò a noi scompigliando ogni cosa.
«Arriva qualcuno» dissi poco prima che il turbine ci raggiungesse.
Zia Kagome prese in mano il suo arco pronta a usarlo e la mamma smise di intrecciare i capelli di Kikyo e estrasse da sotto il vestito un pugnale ma la minaccia non era una minaccia solo zio Koga, anche se ancora non lo chiamavo così.
«Ma guarda chi si vede! Kagome!» disse lui dopo essersi fermato.
«Koga?! Sei tu?»
«L’unico direi.»
Mia zia si alzò e lo abbracciò sorridendogli ma notai che l’espressione di mia madre non era cambiata e che il pugnale era ancora stretto nella sua mano.
«Koga che cosa fai qui?»
«Sono solo di passaggio Kagome, mi spiace ma oggi non potrò trattenermi.»
«Mamma chi è questo demone?» domandò Kikyo fissando zio Koga.
«Kikyo non ti ricordi di Koga?»
Mia cugina fece segno di no con la testa.
«Colpa mia è passato troppo tempo, il mio nome è Koga sono il capo delle tribù Yoro.»
«Sei un lupo?» chiesi io «hai il loro odore.»
Il suo sguardo curioso si fissò su di me.
«Bambina sveglia, sì sono un demone lupo.»
Avevo molte domande ma proprio in quel momento sentii un dolore lancinante al braccio sinistro e capii subito che era accaduto qualcosa ad Asuka, mi voltai verso la direzione da cui era scomparsa e poi posai lo sguardo sulla mamma.
«Mamma qualcosa non va, credo che Asuka si sia fatta male.»
«Kagome pensa tu a Hijime ti prego.»
Lei scattò subito in piedi ma io fui più veloce, corsi subito nella direzione da cui veniva il suo odore misto a quello del sangue.
Asuka sto arrivando! - pensai, ma provavo così tanta paura che le mie gambe sembravano andare più piano.
Non mi ero sbagliata perché quando arrivai trovai mia sorella ferita, era a terra e si era rannicchiata per proteggersi.
«Asuka!» gridai e l’attenzione del lupo che l’aveva ferita si posò su di me «Sei stato tu a ferire mia sorella?!» gli urlai furiosa, «pagherai per questo!»
Scattai verso di lui senza nemmeno pensarci.
«Sankon-Tessou!» urlai furiosa e i miei artigli ferirono il volto del lupo.
Era la prima volta che li usavo da quando involontariamente avevo ferito Mitsuo.
Il lupo si lamentò e poi passò al contrattacco, fui abbastanza veloce da evitarlo due volte ma la terza volta mi colpì con le sue zanne facendomi cadere a terra.
Ora anche il mio braccio sanguinava.
«Asuka! Setsuna!»
La mamma era arrivata proprio nel momento in cui mi stavo rialzando.
«Adesso mi hai fatta proprio arrabbiare!» dissi piano al lupo ignorando mia madre «pagherai.»
Portai la mano alla ferita che si impregnò del mio sangue e poi mi scagliai nuovamente contro il lupo.
«Hijin-Kessou!» urlai furiosa, quella era la prima volta che provavo quella mossa, fino ad allora non mi ero mai ferita così non avevo potuto ancora sperimentare.
Uno dei miei artigli insanguinati lo colpì a una delle zampe e il lupo cadde a terra sull’erba.
Asuka si era ripresa e la mamma stava venendo verso di me.
«Alzati!»
Ma il lupo si limitò a uggiolare, il sangue cadeva copioso dal mio braccio come se fosse stato inchiostro su una pergamena, quando il lupo fece per rialzarsi affondai nuovamente la mano nel mio sangue pronta a colpirlo ancora ma un fischio lo fermò e la mamma mi raggiunse.
«Setsuna!»
«Sto bene» risposi, ma la verità è che non stavo bene, sentivo la mia testa quasi fluttuare come le nuvole nel cielo.
«Cosa è accaduto?» chiese il capo della tribù Yoro.
«Il lupo ha aggredito mia sorella» risposi, ero stanca, usare le tecniche che zio Inuyasha mi aveva insegnato e nel frattempo perdere sangue mi stava quasi facendo svenire.
Anche zia Kagome e Kikyo ci raggiunsero, Kikyo stringeva Hijime in braccio mentre la zia controllò prima Asuka che stava stretta tra le braccia della mamma e poi venne da me.
«Koga dovresti andare ora» disse zia Kagome valutando la mia ferita e cercando di fermare il sangue.
«No, il suo lupo ha ferito Asuka!»
«Devo farti una medicazione e anche a tua sorella.»
La mamma si alzò sorreggendo Asuka che era ancora impaurita da ciò che era accaduto e vidi così tanta rabbia nel suo sguardo e paura, nemmeno per la nonna aveva riservato uno sguardo simile.
«Tu e i tuoi lupi portate solo la morte» disse lei in lacrime.
«Mi dispiace non doveva accadere, i miei lupi non feriscono più gli umani e tanto meno i bambini.»
La mamma prese Asuka per un braccio e nonostante tutto la fece camminare fino a dove ero io, poi prese anche me nonostante le proteste della zia e ci avvicinammo a Koga.
«I tuoi lupi non feriscono più gli umani e i bambini hai detto? Bene allora cos’è questo?» disse spingendomi un po’ più avanti.
Il volto di zio Koga si incupì.
«Chiedere scusa non è sufficiente lo so-»
«Non lo è, vattene e non tornare mai più a Musashi o sarà la fine per te.»
Non avevo mai sentito mia madre minacciare qualcuno prima di allora.






 

Nuovo capitolo e ovviamente nuovo estratto del prossimo!

 

«Sarei dovuto essere lì» disse guardandoci.
«Gli ho dato una bella lezione» dissi stringendo la mano di mia sorella e guardando mio padre.
La sua bocca formò un’unica linea e ciò accadeva quando era di mal umore.
«Sei stata brava ma è ancora presto perché tu possa lottare contro certi demoni, arriverà il giorno non devi avere fretta Setsuna.»
«Ho solo difeso Asuka padre.»
«Sì e sono fiero di te ma io lo vedo, vedo quel fuoco che arde dentro di te e non voglio che finisca per bruciarti.»
Rimasi sorpresa da quelle parole, anche se ero una bambina mi erano chiare, cristalline come un ruscello di montagna, io volevo combattere e lui lo sapeva.

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Capitolo 11
*** UNDICI ***


UNDICI.






Zio Inuyasha non appena ci vide corse subito ad avvisare nostro padre.
La ferita di Asuka non era profonda era poco più di un morso sulla spalla, le sarebbe rimasta l’impronta per un paio di giorni e poi sarebbe sparita ma la mia ferita invece non smetteva di sanguinare e la testa aveva iniziato a girarmi ancora di più.
«Kagome.»
«Starà bene» disse lei cercando di farmi un sorriso ma la verità era che mi sentivo sempre più debole.
«Ho sonno.»
«Setsuna devi rimanere sveglia capito?»
Annuii a mia zia, ma la stanchezza era così tanta che gli occhi mi si chiudevano di continuo.
«Rin!»
Fu la voce di mio padre a farmi aprire di nuovo gli occhi e vidi le bende a terra piene del mio sangue, sembravano come tante palle di neve solo rosse.
«Cos’è successo?»
«Papà!» Asuka si gettò su di lui piangendo, vidi che cercò di consolarla ma mia sorella era un fiume in piena, non sembrava esserci una fine alle sue lacrime.
«Uno dei lupi di Koga» disse la mamma.
«Stavo cogliendo dei fiori e il lupo-»
Asuka non proseguì o se lo fece non la sentii, ero troppo stanca per tenere ancora gli occhi aperti.
«Setsuna!»
Zia Kagome mi fece svegliare di nuovo, protestai ma sapevo che lo stava facendo per il mio bene.
Sentii la voce di Asuka che mi chiamava come quella di mia zia e quando aprii gli occhi vidi mio padre accanto a me e la mamma, aveva il volto teso e lo sguardo colmo di rabbia.
«Sesshomaru, non è stato Koga a dare quell’ordine te lo assicuro.»
«Ordine o meno Kagome, guarda che è successo, se quel demone si presenterà di nuovo al villaggio lo ucciderò.»
«E’ colpa mia se non fossi andata così lontano» iniziò a dire mia sorella ma le strinsi la mano con la poca forza che avevo e cercai di rassicurarla, in quel momento entrò in casa Kikyo come un tornado seguita dalla zia Sango e Hisui.
«Kagome ho le erbe che stavi cercando.»
«Grazie Sango, puoi iniziare tu? Devo ancora cercare di fermare il sangue.»
La zia annuì dopo avermi osservata per un po’ e sul suo volto c’era tanta preoccupazione come su quello di tutti i grandi ma nessuno diceva nulla.
«Setsuna…»
«Non è nulla» disse a Hisui che mi guardava quasi sconvolto «e poi quel lupo non è messo meglio di me.»
«Kagome le erbe sono pronte.»
Hisui mi guardava in modo strano, non mi aveva mai guardata così.
«Avrei voluto vederti in azione» disse Kikyo sedendosi vicino a noi.
«Ho usato gli artigli insanguinati» risposi, parlare mi aiutava un po’ a restare sveglia ma le mie palpebre cedevano ancora di tanto in tanto.
«Ecco, ora ti preparo un infuso e poi potrai dormire» mi disse la zia facendomi una carezza.
Mi appoggiai con la testa alla spalla di mio padre lottando ancora per restare sveglia e non darla vinta né al lupo che mi aveva ferita e nemmeno al sangue che avevo perso.
«Sei stata coraggiosa» mi disse mio padre e c’era una nota di orgoglio nella sua voce, quello mi consolò più di ogni cosa, non importava più il lupo o la mia ferita, in un certo senso lo avevo reso fiero di me.
Gli sorrisi sfinita per la prova di quella giornata.
«Hisui credo che domani non verrò, chiedi scusa al Sensei per me.»
«Quando gli racconterò che hai vinto contro quel lupo sarà felice.»
«Non ho vinto, il suo capo l’ha fermato prima che potessi finirlo.»
Il volto della mamma si incupì, lei conosceva Koga anzi lo conoscevano tutti questo ormai mi era chiaro e non solo zia Kagome come credevo all’inizio.
«Sono certo che avresti vinto tu» mi rispose risoluto.
«Basta così lasciatele prendere l’infuso ora» disse zia Sango avvicinandosi con una ciotola, quelle erbe emanavano davvero un cattivo odore ma sapevo ormai che le erbe più cattive erano quelle che più facevano effetto.
«Asuka domani andrò a cogliere nuove erbe da Jinenji, vuoi venire?» le chiese zia Kagome nel tentativo di farla sentire meglio e utile «Verrà anche Kikyo.»
Mia cugina la guardò sorridente, come la zia aveva ereditato poteri molto forti e un quarto del sangue di zio Inuyasha.
«Posso andarci?»
La mamma le sorrise e le accarezzò i capelli.
«Puoi» rispose papà guardandola negli occhi, anche lui voleva vederla sorridere come me, come la mamma e le zie e Kikyo, e anche Hisui.
Del dopo non ricordo nulla, solo che i miei occhi si chiusero nonostante la compagnia e le chiacchiere delle persone che più amavo e come avevo detto a Hisui il giorno successivo lo saltai.
Quando mi svegliai era notte non sapevo quanto tempo fosse trascorso, forse qualche ora o forse un giorno ma Asuka era sempre al mio fianco e accanto a lei c’era Hijime.
Di solito Hijime dormiva vicino alla mamma e papà, mi tirai su ma lo feci troppo in fretta e la testa iniziò a girarmi di nuovo e la ferita a tirare, zia Kagome mi aveva detto di stare attenta e di non sforzarlo inutilmente.
I miei occhi vedevano leggermente meglio di quelli umani e anche il mio udito era migliore e il fiuto, perciò non impiegai molto a capire che i miei genitori non erano lì e nemmeno Jaken.
Mi stropicciai gli occhi con le mani e quando mi sentii abbastanza sicura mi alzai dal futon facendo attenzione a non svegliare Asuka e Hijime.
Camminai in punta di piedi per non farmi sentire e uscii fuori da dove invece sentivo voci provenire.
Rimasi nascosta in modo che non mi vedessero.
La mamma era avvolta dalla coda di mio padre, lui la stava abbracciando e consolando, Jaken era lì con loro non molto distante.
La luna era alta nel cielo così distante e pura e le stelle brillavano copiose sul villaggio di Musashi.
«Padron Sesshomaru cosa intendete fare?» chiese infine Jaken.
«Se fosse per me andrei alla tribù Yoro e eliminerei ogni maledetto lupo» rispose con freddezza, raramente lo avevo sentito essere tanto gelido con la voce o nelle azioni, vidi la mano della mamma stringersi più forte a lui.
«Kagome ci ha chiesto di non farlo.»
«Lo so.»
«Le dobbiamo molto Sesshomaru, anche io vorrei che pagassero ma… non possiamo non fare questo favore a Kagome.»
«Rin questa è la seconda volta che quei lupi osano fare del male a chi tengo. Prima ti hanno uccisa, ora hanno ferito le bambine.»
Lei gli fece una carezza, osservai mio padre chiudere gli occhi al suo tocco gentile e quando li riaprì la rabbia sembrava essere diminuita.
«Non dimenticherò mai quello che è accaduto quel giorno ma abbiamo fatto una promessa a Kagome e Inuyasha, a volte ho ancora la sensazione di precipitare nel vuoto ma poi mi sveglio e il brutto ricordo svanisce.»
L’hanno uccisa? - pensai sconvolta.
Certo sapevo che una delle spade di mio padre, la Tenseiga, era in grado di ridare la vita ma sapevo anche che quella spada aveva un limite, restituiva la vita ma una sola volta papà era stato chiaro su questo quando ce lo aveva spiegato.
«Non farò nulla ma se Koga o altri membri della tribù Yoro si avvicineranno nuovamente a Musashi li ucciderò.»
Non avevo dubbi che il grande Sesshomaru sarebbe stato in grado di ucciderli tutti con un colpo della sua spada.
Sorrisi perché sapevo che mio padre ci sarebbe stato sempre per proteggere noi e la mamma.
Tornai al mio futon, feci una carezza a Hijime e mi distesi accanto a mia sorella, le tirai su la coperta e le presi la mano stringendola nella mia e così mi addormentai di nuovo.




Il giorno seguente chiesi di tornare alle lezioni, il braccio faceva male ma la ferita era quasi guarita ormai, essendo per metà un demone tendevo a guarire prima degli umani.
«Sei sicura di voler andare?» chiese la mamma passandomi un po’ di tè.
«Sì sto bene, la ferita mi tira solo un po’.»
Inoltre avevo altri motivi per andarci, motivi che non potevo dire loro però.
«Setsuna-»
«Mamma sto bene» dissi cercando di farle un sorriso.
«Se vuoi andare ti accompagno.»
«Sì.»
«Asuka vieni con noi?» domandò nostro padre posando lo sguardo su di lei, era preoccupato perché Asuka si era chiusa in un lungo silenzio e lei non stava mai zitta.
Si limitò a scuotere la testa e abbassò nuovamente lo sguardo.
Papà si alzò e si mise seduto accanto a lei, le spostò una ciocca di capelli dietro l’orecchio con delicatezza.
«Avevi detto a tua zia che saresti andata con lei e Kikyo a raccogliere erbe e poi non hai più voluto andare, oggi non vuoi accompagnare tua sorella.»
Io e la mamma li guardammo senza dire niente.
«Voglio stare a casa» disse senza alzare lo sguardo su di noi.
«Non vuoi dirmi perché?»
Sapevamo tutti il perché ma tirarlo fuori sarebbe stato un bene per lei e per noi.
I suoi occhi erano lucidi e rossi, aveva pianto ma io non me ne ero accorta.
«Setsuna aveva ragione, dovevamo rimanere nel tuo palazzo.»
«Tesoro» disse la mamma raggiungendola, poi la strinse a sé e la lasciò piangere.
«So cosa stai pensando ma non è così» disse nostro padre «non è colpa tua quello che è accaduto.»
In quel momento decisi che il lupo che ci aveva attaccate e Koga avrebbero pagato per quanto successo, avrebbero pagato per quello che avevano fatto a mia madre, ad Asuka e a me, nessuno poteva far piangere in quel modo mia sorella e rimanere impunito.
«Setsuna vieni qui» disse mio padre allungando la mano verso di me, mi alzai e lo raggiunsi mettendomi vicina a lui e alla mamma che ancora consolava mia sorella.
«Nulla di quello che è accaduto negli ultimi tempi è colpa vostra, non è stata colpa tua Setsuna se i contadini sono venuti qui» disse posando i suoi occhi come l’oro su di me «e non è colpa tua Asuka se quel lupo ti ha aggredita» concluse posando la sua mano sul braccio ferito di lei.
«Padre insegnami» disse lei ed era la prima volta che le sentivo chiedere una cosa simile «credevo di sapermi difendere ma non è così, non so farlo.»
Lui le fece un sorriso.
«Lo farò, farò in modo che tu abbia tutti i mezzi possibili per difendere la tua vita.»
Asuka tirò su con il naso e si asciugò il volto rigato dalle lacrime.
«Sarei dovuto essere lì» disse guardandoci.
«Gli ho dato una bella lezione» dissi stringendo la mano di mia sorella e guardando mio padre.
La sua bocca formò un’unica linea e ciò accadeva quando era di mal umore.
«Sei stata brava ma è ancora presto perché tu possa lottare contro certi demoni, arriverà il giorno non devi avere fretta Setsuna.»
«Ho solo difeso Asuka padre.»
«Sì e sono fiero di te ma io lo vedo, vedo quel fuoco che arde dentro di te e non voglio che finisca per bruciarti.»
Rimasi sorpresa da quelle parole, anche se ero una bambina mi erano chiare, cristalline come un ruscello di montagna, io volevo combattere e lui lo sapeva.
«Non accadrà, non mi brucerò.»
«Tesoro tuo padre ha ragione, un giorno potrai dare la caccia a tutti i demoni che vorrai ma non ancora» disse la mamma.
«So di non essere ancora pronta ma ho imparato molto ultimamente, da te padre, da zio Inuyasha e dal Sensei e diventerò molto più forte di così.»
«Setsuna ogni cosa ha il suo tempo» ripeté serio lui.
Asuka si staccò dalla mamma e posò i suoi occhi su nostro padre.
«Mi allenerai dopo?»
«Sì ma a una condizione.»
«Quale?» domandò mia sorella e anche io rimasi perplessa, a me non aveva imposto nessuna condizione.
«Non voglio che tu perda te stessa Asuka, non voglio che tu smetta di essere come sei sempre stata. Questa è la condizione.»
Vidi la mamma sorridere a mio padre e fare una carezza a mia sorella.
«Lo prometto» rispose lei.
«Asuka puoi venire anche tu alle lezioni del Sensei.»
«No Setsuna, continuerò a seguire zia Kagome e la venerabile Kaede.»
Alla fine le parole di mio padre erano servite, Asuka aveva ritrovato in parte se stessa e nulla poteva rendermi più felice.
A metà strada incontrai Hisui e Kirara che iniziarono a correre verso di noi.
«Setsuna! Zio Sesshomaru!»
Asuka era rimasta a casa ad aspettare nostro padre in modo che così potesse iniziare ad allenarla ma i miei piani erano ben diversi, io volevo trovare Koga e quel maledetto lupo che la aveva aggredita.
«Padre posso andare con Hiusi e Kirara?»
Dovevo rimanere sola per attuare quel piano e ormai ricordavo bene il suo odore, più puzza forse ma lo ricordavo molto bene e con il mio fiuto lo avrei raggiunti in fretta.
Mi guardò con un po’ di sospetto ma alla fine dopo aver salutato Hisui e averci chiesto di stare attenti come al suo solito tornò verso casa e io proseguii per un po’ in silenzio con Hisui e Kirara al mio fianco.
«Setsuna che cos’hai?» mi domandò poco dopo il mio compagno d’armi.
«C'è una cosa che devo fare Hisui, oggi non verrò alla lezione.»
«Cosa? Aspetta dove vuoi andare?» mi chiese mentre iniziavo a tagliare per il bosco.
«Non seguirmi! Potrebbe essere pericoloso per te.»
«Siamo una squadra ricordi? Dove vai tu vado io e se è pericoloso per me allora potrebbe esserlo anche per te.»
«Sì ma io sono diversa.»
«No, non per me Setsuna.»
Il suo sguardo era calmo ma deciso e i suoi occhi si posarono sui miei e quel contatto mi fece sentire a disagio, quando restavamo soli mi accadeva spesso e non volevo, non volevo sentirmi in quel modo perché non mi piaceva.
Solo che le parole di Hisui mi scaldarono il cuore, per il resto del villaggio ero un mostro ma per lui rimanevo sempre io, Setsuna.
«Lo so ma non puoi venire.»
«Allora dovrai cacciarmi via con la forza.»
Mi arresi e lasciai che venisse con me per quanto sapevo che fosse sbagliato che quello non era il suo posto.
«Non torneremo in tempo per la fine delle lezione.»
«Non importa» mi rispose scuotendo le spalle.
«Hisui credi che Kirara potrebbe portarci?» domandi osservando il piccolo demone che ci seguiva senza remore, forse anche lei voleva vivere altre avventure e ormai Kohaku si era stabileito a Musashi quasi stabilmente.
«Kirara.»
Non servì altro, il suo nome pronunciato da Hisui sembrò come una formula magica delle storie che a volte mi aveva raccontato zia Kagome, in un turbine di vento Kirara si trasformò dal mite gatto che correva insieme a noi a un demone grande e forte che ci avrebbe condotti alla tribù Yoro.
«In che guaio stiamo per cacciarci?» mi domandò Hisui mentre Kirara ci conduceva da quei demoni lupo.
Era come volare con Ah-Un solo che Kirara andava molto più veloce, voleva essere libera e si sentiva libera, il vento sembrava accarezzarmi e incoraggiarmi quasi, sapevo che fare una cosa simile mi avrebbe procurata una sgridata e una punizione che forse sarebbe terminata al compimento dei miei cento anni ma non mi importava.
Il bosco si estendeva sotto di noi, gli alberi con le loro chiome verdi, i prati con i fiori che Asuka e la mamma tanto amavano, le nuvole così vicine quasi da poterle afferrare, ricordai quella volta in cui ci avevo provato ed ero caduta da Ah-Un mentre Asuka urlava il mio nome ma mio padre era stato veloce nell'afferrami e volare con lui era stato ancora più bello.
«In un brutto guaio Hisui ma sei ancora in tempo per cambiare idea.»
«Non la cambierò.»
«Allora preparati a incontrare la tribù Yoro» gli dissi voltandomi leggermente verso di lui, mentre uno spicchio di sole illuminava i nostri volti.








 

E' un po' che non aggiorno anche se ho altri 3 capitoli scritti... MA finalmente eccomi! Vi lascio come sempre con una piccola anticipazione.


 

«Setsuna!» dissi a denti stretti.
Rimasi in alto per osservare ciò che accadeva e la vidi lottare contro un ragazzino della tribù Yoro dalla pelliccia chiara, i suoi movimenti erano migliorati e non sembrava eccessivamente in difficoltà, la ferita sul braccio si era aperta di nuovo ma anche lui stava sanguinando.
Sarei intervenuto se fosse stata davvero in pericolo ma fino a quel momento era decisamente in vantaggio così rimasi a osservare da dove mi trovavo.



 

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Capitolo 12
*** DODICI ***


DODICI.







Hisui rimase senza parole per qualche istante, sì sarebbe stato decisamente un brutto guaio ma non mi importava quel lupo doveva essere punito e anche il suo capo.
Kirara sembrò sapere tranquillamente dove andare e mi chiesi se quel demone conoscesse il posto, non dovetti fare nulla o indicarle la strada secondo l’odore che ancora ricordavo, Kirara la sapeva e basta.
Metà del tempo che avremmo dovuto impiegare con il Sensei era ormai trascorso e immaginai mia madre che se incamminava verso il luogo dove sarei dovuta essere, forse zia Kagome era con lei o forse era stata Asuka ad accompagnarla e un po’ mi sentii in colpa.
«Setsuna guarda!» mi disse Hisui.
Se anche i suoi occhi potevano vederli come avrei potuto non farlo io? Riconobbi subito i membri della tribù Yoro attorniati dai lupi, erano vestiti come zio Koga.
Alcuni stavano seduti al sole, altri invece trasportavano dei grandi pezzi di legna, altri ancora prendevano acqua dal fiume che scorreva tranquillo ai piedi di quella valle.
«Kirara atterra» dissi io e il demone mi ubbidì.
Era innegabile la sintonia che avevamo come se fossimo state destinate a incontrarci io e lei.
Atterrammo al centro di quel piccolo raduno, bambini iniziarono a strillare e a correre verso i genitori o i più grandi, alcuni si misero in posizione di attacco altri di difesa.
Sorrisi difronte a quella scena, io e Hisui eravamo solo due bambini e nemmeno armati eppure era bastata così poco a spaventarli.
«Dove si trova il vostro capo?» chiesi smontando da Kirara, «voglio vedere Koga della tribù Yoro» dissi a voce alta.
Quando capirono che non eravamo una vera e propria minaccia alcuni si misero a ridere ma non la presi troppo bene, i miei artigli risolsero in fretta la situazione e le risate si trasformarono in urla di rabbia e sdegno.
«Non intendo ripeterlo! Dove si trova Koga della tribù Yoro?»
Mi guardai attorno ma non lo vidi, Koga era veloce nonostante tutto e comparve difronte a me nel momento esatto in cui iniziai a sentire il suo odore di lupo.
«Sono qui ragazzina» disse lui palesandosi dopo aver alzato un polverone.
«Credevo ti stessi nascondendo.»
«E perché dovrei? Questa è casa mia, voi piuttosto cosa fate qui?»
«Voglio battermi con te. Tu e il tuo lupo ci avete ferite e so che hai fatto del male anche a mia madre!»
Sentivo così tanta rabbia montarmi dentro, come con Mitsuo ma Koga non era Mitsuo, contro Koga avrei potuto sfogarmi liberamente e non si sarebbe ferito così in fretta.
«Quello che è accaduto quel giorno è stato un incidente, per quanto riguarda tua madre non so nemmeno chi sia.»
«Adesso fingi di non conoscerla? So bene che i tuoi lupi l’hanno uccisa!»
«Stammi bene a sentire ragazzina-»
«Smettila di chiamarmi così il mio nome è Setsuna, ricordatelo bene!»
La mia risposta parve divertirlo.
«Bene, Setsuna. Sei solo una bambina e io non combatto con i bambini, vattene e torna a casa.»
Mi voltò le spalle ma commise un errore, non avevo alcuna intenzione dia andarmene.
«Sankon-Tessou!» urlai e vidi il colpo andare a segno anche se sulla sua spalla rimase poco più di un graffio.
«Non intendo combattere con te» rispose senza voltarsi.
«Perché? Perché sono una bambina? Sono forte anche se sono ancora piccola e tu pagherai per quello che è accaduto!»
«Tale e quale al cagnolino, vuoi lottare? Bene ma non sarà contro di me. Katashi!»
Lo vidi guardarsi intorno finché un piccolo turbine non campare vicino a lui, non ebbi alcun dubbio al riguardo, quel bambino era suo figlio.
«Sarà lui il tuo avversario.»
Osservai Katashi per qualche istante, era più alto di me forse aveva anche qualche anno in più come Hisui ed era veloce come zio Koga, sarebbe stato arduo colpirlo.
I suoi capelli erano più chiari e anche la pelliccia che indossava.
«Non sono venuta qui per lui ma per te! Tu e i tuoi lupi ci avete fatto del male.»
«Non era mia intenzione ferire nessuno, quello che è accaduto è stato un incidente» rispose lui dal punto in cui era rimasto fermo.
«Potevi schivare il mio colpo.»
«Potevo ma non ho intenzione di ferirti, non mi avvicinerò più al villaggio anche se ho cari amici lì ma quello che sei venuta a chiedere… mi procurerà molti guai ragazzina.»
«Setsuna! Smettila di chiamarmi ragazzina.»
Vidi un sorriso comparire sul suo volto nonostante tutto, nonostante quella follia.
«Battiti contro di me.»
«Ti ho già detto chi sarà il tuo avversario, se non ti sta bene tornatene a casa.»
Katashi era pronto, lo vedevo dalla sua postura e dai suoi occhi che come i miei erano animati dal fuoco della lotta.
«E sia, ma se vinco ti batterai con me.»
«Sarà complicato spiegare come sei finita qui e il perché delle ferite che riporterai.»
Al fianco di Koga comparve una donna giovane e molto bella, non la conoscevo ancora ma sarebbe diventata una persona importante per me così come lui e Katashi.
«Allora?» domandò il piccolo vortice.
«Sta attento piccolo lupo» dissi e poi mi scagliai contro di lui.






Sapere che Setsuna era sparita ancora non era esattamente ciò che mi ero aspettata quel pomeriggio, dove poteva essersi cacciata? E inoltre anche Hisui era sparito e Kirara, tutto ciò era strano e mi allarmò subito.
«Kohaku sei certo di non averli visti?»
«Più che certo, mi è parso strano però non potevo lasciare gli altri bambini così.»
Strinsi forte a me Hijime continuando a chiedermi dove fosse Setsuna, cosa poteva essere accaduto?
Sesshomaru l'aveva accompagnata fino a lì quindi ero certa che stesse bene e che fosse con Kohaku e invece…
Corsi immediatamente a casa arrivando senza fiato.
Posai Hijime sul futon e mandai Jaken a chiamare Sesshomaru.
«Fa presto Jaken» lo supplicai.
Il kappa prese Ah-Un e volò via, mi sedetti a terra pensando a ogni posto possibile, sperando che stesse bene.
Quando vidi entrare Sesshomaru mi tirai su e gli corsi incontro.
«Rin che succede?» domandò allarmato lui.
«Setsuna non era alla lezione, Kohaku ha detto di non averla vista oggi» dissi cercando di trattenere le lacrime.
«Non può essere, l’ho lasciata lì assieme a Hisui.»
«Nemmeno Hisui si è visto e Kirara sembra essere sparita. Sesshomaru ho un brutto presentimento. E se fosse ferita? Se qualcuno li ha presi?»
L’idea che alcuni abitanti del villaggio potessero aver fatto una cosa simile era stata la prima cosa a cui avevo pensato.
Prendere Setsuna poteva avere senso per loro ma Hisui? Hisui non era come lei ma come loro.
«No, sono degli idioti ma non arriverebbero a tanto» rispose lui.
«Allora dove può essere andata? E Hisui?»
La preoccupazione non solo per Setsuna ma anche per Hisui era così grande che alla fine scoppiai in lacrime.
«Rin li troverò, non possono essere andati troppo lontano.»
«Ma Kirara è con loro, potrebbero essere ovunque!»
«Asuka?»
«E’ con Kagome e Kikyo, sono da Jinenji.»
Lo vidi guardarsi attorno con i suoi splendidi occhi come l’oro, ma quegli occhi tradivano preoccupazione tanto quanto la mia voce e le mie lacrime.
«Sesshomru-»
«Sta bene non ho dubbi, se fossero in pericolo Kirara lotterebbe per proteggerli.»
«Ho pensato che potessero essere al palazzo ma… anche così non ha senso.»
Le sue braccia mi avvolsero e in quel momento era ciò di cui avevo bisogno a parte riabbracciare la mia bambina.
«Temo di sapere dove è andata e vorrei tanto sbagliarmi Rin.»
«Dove?» chiesi con il cuore in gola.
«Alla tribù Yoro.»
«No, non può essere andata lì.»
Ma il suo sguardo valeva più di mille parole.
«Rimani qui vado a prenderla.»
«Anche Hisui sarà con lei, Sesshomaru-»
«Li riporterò a casa sani e salvi» rispose lui, mi diede un bacio e volò subito via verso la tribù Yoro.





Il discorso fatto non era servito a nulla, la paura che aveva Rin in parte era anche la mia, amavo e allo stesso tempo detestavo che Setsuna fosse tanto indipendente e colma di quella rabbia che spesso aveva arso in me.
Cercai di fare il più veloce possibile, sapevo bene dove si trovava quella dannata tribù e nella mia mente c’era spazio solo per ciò che avrei potuto trovare al mio arrivo.
Era ferita?
Quello era il pensiero costante e anche quello di Rin e poi c’era quel ragazzino, Hisui, avrebbe mai smesso di seguirla? Se Setsuna gli avesse detto di gettarsi da un dirupo probabilmente lo avrebbe fatto solo per accontentarla.
All’improvviso le montagne della tribù Yoro comparvero di fronte a me, sentii il suono di un fiume provenire dall’altro lato e oltre a quello grida di incitazione e odore di sangue.
«Setsuna!» dissi a denti stretti.
Rimasi in alto per osservare ciò che accadeva e la vidi lottare contro un ragazzino della tribù Yoro dalla pelliccia chiara, i suoi movimenti erano migliorati e non sembrava eccessivamente in difficoltà, la ferita sul braccio si era aperta di nuovo ma anche lui stava sanguinando.
Sarei intervenuto se fosse stata davvero in pericolo ma fino a quel momento era decisamente in vantaggio così rimasi a osservare da dove mi trovavo, qualcuno però si accorse di me, Koga alzò lo sguardo forse attratto dal mio odore e il suo sguardo tradiva preoccupazione lo vidi incerto su cosa fare se fermare quel duello o no, feci segno di no, volevo vedere mia figlia vincere contro quel piccolo lupo.
«Non ho ancora finito» le sentii dire e poi la vidi scagliarsi contro di lui con un movimento delicato, era stata brava nell’osservare e ancora più brava nell’apprendere.
Il ragazzo lupo dopo vari colpi si arrese.
Hisui le corse incontro sorridente ma lo sguardo di lei si posò sul capo della tribù.
«Ora è il tuo turno» disse lei a Koga.
«Hai vinto, fermati qui ragazzina.»
«Setsuna e no non mi fermerò, sei stato tu a condurre quel lupo al mio villaggio.»
«Il lupo è stato punito per ciò che ha fatto e io non mi avvicinerò più a Musashi, più di questo non posso fare.»
La vidi stringere i pugni e assottigliare lo sguardo, nell’aspetto era come Rin ma nel carattere era come me.
«Hai detto che ti saresti battuto con me se avessi vinto, io ho vinto.»
Koga le fece un sorriso mentre Ayame si avvicinava al figlio e anche a lei.
«Sei stata molto brava, mi dispiace per ciò che è accaduto quel giorno ma Koga ha ragione non può battersi contro di te.»
Vidi che non avrebbe desistito così decisi che era il momento di toccare terra, vidi lei e Hisui sgranare gli occhi al mio arrivo ma la sorpresa durò solo pochi istanti sul suo volto.
«Padre.»
«Non ricordo di averti dato il permesso di venire fin qui» dissi forse troppo freddamente, ma la pura che avevo provato non se ne era ancora andata.
«Mi dispiace ma dovevo farlo.»
«Non era compito tuo Setsuna.»
«E' vero dovevi farlo tu, ma ti ho sentito, hai detto alla mamma che non lo avresti fatto perché zia Kagome ti ha chiesto di non farlo. Io però non ho fatto nessuna promessa» rispose risoluta guardando male Koga e il figlio.
«Ricordi cosa ti ho detto questa mattina?»
Annuì.
«Hai vendicato Asuka, basta così.»
«E la mamma?»
Le sue parole mi freddarono, sapeva di Rin?
«Sì ho sentito tutto, non volevo ma non riuscivo a dormire» ammise con aria colpevole.
Sospirai e mi avvicinai di più a lei, mi abbassai e le presi le mani tra le mie.
«Quello che è accaduto a tua madre è ormai passato, sarei dovuto essere con voi quel giorno ma non c’ero e tu hai dovuto proteggerli al posto mio. Il lupo è stato punito e tu hai vinto questo combattimento, non potrei essere più orgoglioso di te.»
Mi sorrise e il suo sorriso mi scaldò il cuore, era raro che sorridesse e quando lo faceva era un dono prezioso per me.
Asuka era come Rin, i suoi sorrisi erano sempre molti, caldi, e la amavo infinitamente per questo ma Setsuna… per noi era più difficile sorridere.
«Un giorno sarò io a vincere, quando sarò diventato più forte tornerò a cercarti Setsuna» disse il figlio di Koga.
«Aspetterò quel giorno piccolo lupo.»
«Be' direi che possiamo concluderla qui» aggiunse Koga guardandomi e nel suo sguardo non vidi rancore ma solo divertimento.
I miei sensi però vennero attirati da qualcosa, un odore che non conoscevo molto bene ma non avevo dubbi che apparteneva a dei demoni e infatti in breve il cielo si oscurò, Kirara si trasformò e mentre si avvicinava a Hisui emise un ringhio in direzione del cielo.
«Dannazione, mettetevi al riparo presto!» urlò Koga «Ayame porta chi non può combattere dentro. Muovetevi!»
«Cosa sta arrivando?» domandai senza allontanarmi dai bambini.
«Paradisee, quei dannati uccellacci non muoiono mai.»
«Andate con lei» dissi a Hisui e Setsuna.
«No! Io rimango con te.»
«Questo non è il momento di discutere. Setsuna, Hisui voglio che vi mettiate al riparo, ora! Kirara seguili.»
Kirara sembrò obbedire molto prima di loro.
«Setsuna andiamo» disse Hisui tirandola per un braccio e poco dopo quei demoni metà uccello e metà umani piombarono giù dal cielo come grandine.







 

Sì è tantissimo che non aggiorno ma sono ferma da una vita al capitolo 15, ma ora che è iniziata la s2 proverò ad andare avanti con questa ff, sempre se interessa ancora a qualcuno. 
Vi lascio con un piccolo estratto.



 

«Prima alla tribù Yoro ti è caduto questo» disse porgendomi il nastro di Kasumi, lo presi felice di averlo ritrovato.
«Hisui grazie» dissi facendogli un sorriso, «a presto!»
Da lì fino a casa volai in braccio a mio padre, le stelle erano così vicine e la loro luce mi ricordava quella delle lucciole in una serata estiva, quando il fieno è pronto e aspetta nei campi i contadini che lo lavorino.

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