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Non è mai esistito
ingegno senza un poco di pazzia.
[Lucio Anneo Seneca]
Ovviamente
Rose aveva sempre saputo, da che aveva abbastanza memoria per ricordare, che
nonostante il radicale cambiamento post-guerra operato dall’intera famiglia,
fidarsi dei Malfoy non era mai
auspicabile.
D’altra
parte in qualità di figlia maggiore di un famoso Auror e membro effettivo di un
clan prolifico quale i Weasley, il concetto per cui fraternizzare con un nemico
sarebbe stata un’idea decisamente più gradita
rispetto
al farlo con un cadetto della suddetta casata era ben impiantato nell’etica
posta subito al di sopra di ogni suo passo.
Per
queste ragioni e per un’altra serie non meno importanti che prevedeva, tra
l’altro, il motivo per cui ormai da qualche anno aveva associato la parola bastardo ad un Malfoy in particolare, in
sedici anni e mezzo o quasi di rispettabile carriera scolastica nella Scuola di
Magia e Stregoneria di Hogwarts Rose Weasley aveva badato bene a tenersi quanto
più lontana possibile da un certo ossigenato.
Sarebbe
stato ottimale se il suo piano di girargli a largo avesse tenuto almeno fino
alla fine del settimo anno, momento in cui avrebbe potuto tirare un definitivo
sospiro di sollievo giacché non sarebbe stata costretta a sopravvivere sotto il
suo stesso tetto e, invero, aveva ben sperato di essere ad un passo dalla
vittoria nell’udire per l’ultima volta l’allegra canzone del Cappello Parlante.
Tanto più che, con una certa eccitazione, aveva osato voltarsi verso il suo
cugino preferito, Al, per esporgli in tono concitato la sua aspettativa di
trascorrere un anno abbastanza tranquillo, M.A.G.O. esclusi. Come a dire che in
una scala da uno a dieci, il suo livello di sicurezza circa la possibilità di
ignorare Scorpius Hyperion Malfoy rasentava l’undici, o giù di lì.
Il
problema fondamentale, come succede spesso in casi del genere, era che Rose
aveva fatto i conti senza l’oste. Quale oste? Malfoy, naturalmente.
Indipendentemente
dal bizzarro modo in cui lui riusciva a sopraggiungere sempre nei momenti in
cui lei ci faceva una figura grama e dal fatto che avesse per una qualche
ragione deciso che torturarla sarebbe stato il suo passatempo preferito per
quegli anni scolastici, il Malfoy in questione si era impuntato sulla
realizzazione di un oscuro piano partorito durante qualche fine settimana.
Il
che sarebbe stato persino accettabile, se solo non avesse coinvolto in prima
persona proprio lei: Rose. Il tutto senza avere la decenza di farglielo sapere,
ovvio. Almeno fino al misfatto vero e proprio, quando tutta una vita trascorsa
all’ombra di una morale superiore collassava su se stessa con la stessa
facilità con cui un tornado riesce ad estirpare le fondamenta di una casa.
Momento
che, purtroppo per lei, aveva visto una reale concretizzazione non molto tempo
dopo la sua progettazione, in una fresca mattina di inizio novembre.
Rose
stava come al solito tentando di raggiungere l’aula di Difesa Contro le Arti
Oscure barcamenandosi tra una pila di tomi dall’aria minacciosa e il suo ruolo
di Caposcuola, incarico ottenuto per la diligenza e la responsabilità
dimostrata in qualità di Prefetto di Grifondoro.
Proprio
mentre ricordava ad alcuni studenti di Corvonero che indossare una divisa non
necessariamente implicava anche il doverla personalizzare con spille su spille
e stemmi di vario genere oltre i quali i colori della Casa rischiavano
addirittura l’eclisse, si era vista avvicinare da un manipolo
straordinariamente misero di Serpeverde che avrebbe con ogni probabilità ignorato
se una mano non avesse afferrato crudele il suo braccio.
Prima
ancora di capacitarsene, Rose si era ritrovata rinchiusa in un’aula che, per la
fretta di rimproverare i Corvonero in questione, non aveva neppure notato; il
tutto con la consapevolezza che i suoi libri, i quali non avevano retto alla
presa repentina, giacevano spiegazzati sul fondo del corridoio alla mercé di
chiunque avesse avuto desiderio di farli suoi.
Ciò
nonostante, ritrovandosi dinanzi due occhi incredibilmente ingrigiti, la
ragazza aveva la certezza che la sorte dei suoi libri fosse l’ultima delle
preoccupazioni.
Perché
trovarsi a stretto contatto con un Malfoy in generale e con Scorpius in
particolare, non era di gran lunga una cosa positiva.
Soprattutto
per chi, come lei, portava il nome di famiglia dei Weasley.
“Si
può sapere che diavolo ti prende?” Tuonò, del tutto inviperita per il modo
ardimentoso con cui il bastardo
l’aveva non solo distolta dai propri doveri, ma sin anche trascinato in un’aula
pressoché desertica ad eccezion fatta per loro due e senza la benché minima
richiesta da parte sua.
Se
quello stronzo credeva che poteva trattarla come voleva e utilizzarla quasi
fosse stata una pezza da piedi, allor-
Labbra.
Rose
stentava a crederci, eppure stava accadendo davvero e quelle erano sul serio le
labbra di Scorpius. Ma qualcosa non quadrava. Insomma, le labbra erano quelle
di Malfoy, okay, ma il problema non era tanto questo quanto la percezione che
in quel momento non si trovassero esattamente dove di dovere.
Sulle
sue, ad essere precisi.
Il
che, tecnicamente, poteva anche essere definito come un bacio: o no?
Istintivamente
e prima ancora di rendersene conto appieno, Rose stava già rispolverando tra le
conoscenze di una vita e alla voce bacio le sembrò di ricordare che indicava un
atto in cui le labbra di due persone si univano in un segno di amore o,
perlomeno, di affetto.
Siccome
Scorpius e lei non si amavano – disgustoso anche solo a pensarlo – né tanto
meno provavano qualcosa di simile all’affetto l’un l’altro, teoricamente quella
cosa che stava succedendo tra loro non poteva realizzarsi di certo con la
parola bacio.
Ma
pur accettando i dettagli e le sottigliezze del caso, rimaneva comunque il
problema fondamentale: le labbra di Scorpius erano sulle sue e, ad aggiungersi
al danno, anche la beffa della sua lingua nella propria bocca.
-Per mille stregonerie!-
Ricordandosi
di avere ancora un corpo che rispondesse agli ordini e agli stimoli del
cervello e recuperata una discreta forza negli avambracci, Rose gli poggiò le
mani sul torace straordinariamente scolpito e con una spinta decisa allontanò
da sé e dalle sue labbra quella specie di bellimbusto da quattro soldi o poco
più.
“Ma
sei impazzito?” Gli abbaiò contro, infervorata da una rabbia che andava in
crescendo di secondo in secondo e che raggiunse l’apice quando i suoi occhi
marroni saettarono sullo sguardo odiosamente sibillino del ragazzo.
Doveva
avere le guance e le orecchie di un rosso acceso, lo sapeva e lo sentiva, ma
cosa ben peggiore era la visione di apparente tranquillità impressa nel viso
perfetto di lui. Come ad ammettere che non ci trovava assolutamente nulla di
male in ciò che era successo, o che lei credeva fosse accaduto giacché quello
sguardo la faceva sentire un tantino stonata e rimbambita a dirla tutta. Se
solo non avesse avuto ancora il sapore glaciale delle sue labbra addosso, Rose
avrebbe finito col pensare di essere impazzita lei ad immaginare certe cose – a
dirla proprio tutta – impossibili.
Chi
mai avrebbe creduto che Scorpius Malfoy aveva appena baciato, o qualsiasi cosa
fosse, Rose Weasley?
Stentava
a crederci lei per prima, figurarsi.
Che
motivo poteva poi spiegare un simile gesto?
Ripercorrendo
i precedenti sei anni, non c’era nessun avvenimento o fatto in grado di
spiegare un simile e radicale cambiamento. Più che altro Scorpius le era
sembrato interessato a lei come un Unicorno poteva esserlo per uno Schiopodo
Sparacoda. E di sicuro la cosa non era cambiata in quei primi mesi di scuola,
viste le continue frecciatine e prese per i fondelli a cui il ragazzo
ciclicamente – giornalmente sarebbe più esatto – la sottoponeva.
Perciò
che lui provasse qualcosa per lei era da escludere con la stessa sicurezza per
cui lo zio Harry non era innamorato della mamma.
Eppure
una ragione di un tale comportamento doveva pur esserci perché sì, Scorpius
Malfoy aveva diecimila difetti, ma tra questi proprio non compariva
l’istintività.
Col
passare degli anni ed avendoci a che fare in qualità di avversario congenito,
Rose aveva imparato fin troppo presto che qualunque azione del Serpeverde era
il risultato di una precisa ed elaborata programmazione che mai una volta,
neppure per sbaglio, aveva trovato poi falle nella concretizzazione.
Si
stava giusto scervellando in simili ed infruttuose elucubrazioni mentali,
quando la risata fredda ed incolore del ragazzo si dipanò per l’aula vuota
riscuotendola da ogni pensiero.
“Weasley,
Weasley, Weasley.” La canzonò con voce melliflua da stemma di famiglia, il viso
contratto in un’espressione volutamente ironica e saccente insieme. “Il ragazzo
più carino della scuola ti bacia e tu non riesci a fare a meno di pensare che
sia impazzito? Hai così poca autostima di te?”
“Più
che altro ho poca fiducia di te, Malfoy.”
Rispose inacidita lei, scocciata dal modo in cui le parole di lui riuscissero
sempre a farla sentire punta sul vivo.
Probabilmente
qualche altra ragazza al suo posto, purché non rispondente al nome Weasley o
Potter – o no? –, sarebbe stata raggiante ed orgogliosa di essere baciata, o
quello che era, da Scorpius.
Perché
come con la sua boria aveva avuto modo di farle notare, il ragazzo era davvero
uno dei più belli – carino era un eufemismo bello e buono – dell’intera
Hogwarts.
Capelli
di un biondo spento così lisci e perfetti da fare invidia a chiunque; occhi di
un incredibile ghiaccio screziato di grigio perla; fisico scultoreo; labbra
carnose; zigomi altezzosi ed eleganti;… Se è vero che la perfezione non esiste
nella realtà, Scorpius Hyperion Malfoy era comunque la persona che più ci si
avvicinava. Ma era anche il più stronzo, bastardo, cinico, arrogante ed idiota
che lei avesse mai avuto lo spiacere di conoscere.
“L’ho
sempre detto che non sei stupida, Weasley.” Concesse lui, particolarmente
arrendevole nonostante il sorriso di scherno ben impiantato sulle labbra, e la
cosa come ovvio le puzzò parecchio.
Ma
Rose non ebbe modo o tempo di chiedersene la ragione perché questa si profilò
dinanzi al suo naso nella stessa vivacità di un fulmine a ciel sereno e nella
forma banale di una fotografia.
“Straordinario
come un’invenzione Babbana talmente insulsa possa produrre così tanti benefici,
non trovi?”
Scorpius
stava ormai ghignando apertamente la sua superiorità, ma lei non lo stava
nemmeno più a sentire presa com’era ad osservare quello che doveva essere uno
scherzo di dubbio gusto.
Essendo
per metà di provenienza Babbana, Rose sapeva perfettamente che quel quadrato
statico era il risultato di una macchina fotografica istantanea non magica,
tuttavia ciò non le impedì di trattenere il respiro terrificata
nell’intercettare l’immagine catturata.
Capelli
castani, quasi mattone ed espressione da pesce lesso: quella era senza ombra di
dubbio lei.
E
quello che le stava di fronte, a zero millimetri di distanza e con le labbra
incollate, in maniera talmente passionale da risultare scioccante, sulle sue
era sicuramente lui.
Perciò
se quella era lei, e lui era Scorpius …
“Razza
di maniaco, ci hai fotografati!” Urlò quasi, scandalizzata e del tutto incapace
di distogliere gli occhi dall’immagine che le si allargava dinanzi con
prepotenza.
“Sei
sveglia, ragazzina.” Sorrise beffardo Scorpius, ritirando la foto per adagiarla
sul fondo delle tasche di retro, mentre con un incantesimo non verbale faceva
scomparire l’oggetto Babbano che lei neppure aveva notato fino a poco prima.
Al
solo pensarci le veniva la voglia di prendersi a sberle: come aveva fatto a non
accorgersi che era una trappola? E, soprattutto, come diavolo aveva potuto non
vedere la macchina fotografica accanto a lei? Quel bastardo aveva tolto persino
il flash, a ben pensarci; aveva programmato tutto!
Pian
piano lo shock iniziale andava scemando per lasciare il posto ad una rabbia
cieca, incontrollata.
“Dammela
immediatamente Malfoy, o giuro che-”
“Cosa?
Mi togli dei punti?” Alzò un sopracciglio lui, l’aria sicura di chi ha la situazione
perfettamente in pugno. “Prego, fa pure se ti rende contenta.”
“Dammela
ho detto!” Ripeté con voce di una tonalità sempre più alta, ormai prossima
all’isterismo.
Era
in ritardo a lezione, i libri chissà che diavolo di fine avevano fatto e quel
bastardo aveva appena immortalato il bacio peggiore della sua vita.
Non
che ne avesse poi dati molti di baci, per inciso, e infondo Scorpius non è che
baciasse poi tanto male, ma non era quello il punto adesso.
Lui
aveva una foto del tutto fallace in tasca e, motivo o non motivo, lei non
poteva assolutamente permettergli di tenersela.
Morgana,
non voleva neppure immaginare cosa sarebbe successo se fosse caduta in mani
sbagliate …
“Ti
ho detto di darmela, Malfoy.” Ripeté scandendo stavolta bene le parole ed estraendo
la bacchetta dalla tasca per puntargliela dritta in quel suo viso da serpe.
Ma
Scorpius non era mai stato un tipo che si lasciava intimorire da poco, o che si
faceva mettere i piedi in testa, e Rose ormai iniziava a trovare piuttosto
irritante quel sorrisetto borioso stampatogli addosso.
“Hai
intenzione di cruciarmi o vuoi solo trasfigurarmi, Weasley? E poi spiegami una
cosa, tanto per sapere: come conti di fare con il tuo ruolo di Caposcuola? O
pensi che il vecchio Doge riuscirà a chiudere un occhio per una volta?” Chiese,
rivolto più a se stesso come a voler intavolare una specie di soliloquio
personale basato sul fluire coerente dei propri pensieri.
Chiaramente
Rose era a conoscenza del fatto che anche quello, purtroppo, rientrava nei suoi
schemi preventivati e che non poteva negarne l’evidenza per quanto la
tentazione bruciasse infuocata sulla sua pelle.
Perciò
per quanto le costasse, si vide costretta a metter via la bacchetta ma non la
determinazione.
Si
sarebbe riappropriata di quella foto, costava quel che costava.
“Smettila
di giocare e ridammi quella diavolo di foto!” Lo attaccò, di nuovo avvinta dal
turbine irresistibile dell’ira.
“Ridarti? Implicherebbe che ti sia
appartenuta, prima, e questo se mi consenti non è esatto. Non mi sembra di averla
mai vista nelle tue mani, Weasley.” Ragionò caustico Scorpius, palesemente
divertito dalla piega che stava prendendo la conversazione.
Rose
dovette contare fino a dieci per non schiantarlo.
“Basta
con questi giochetti e dimmi quello che vuoi in cambio.” Cambiò quindi tattica,
mentre ormai la lezione di Pozioni e i libri in corridoio divenivano un ricordo
confuso.
All’affermazione
l’espressione sul viso di lui cambiò in modo radicale per divenire talmente
seria da incutere soggezione, persino in lei per quanto non lo desse a vedere.
“Adesso
sì che inizi a ragionare.” Osservò, prima di sedersi sulla cattedra alle sue
spalle, poggiare il mento sul palmo della mano aperta e tamburellare con le
lunghe dita sulle stesse labbra che appena poco prima poggiavano silenziose su
quelle di lei.
Se
non l’avesse già odiato abbastanza, avrebbe iniziato a farlo in quel momento
per il solo modo in cui i suoi occhi la stavano fissando.
Rose
si sentiva in imbarazzo ed impotente come in poche rare occasione le era
capitato, con una viscerale sensazione d’umiliazione a salire di sguardo in
sguardo.
“Vediamo:
potrei chiederti di girare nuda per scuola o-”
“Non
azzardarti neppure!” S’infiammò lei, paonazza al solo pensiero.
Scorpius
ghignò. “… Oppure potrei pensare di farti svolgere i miei compiti per tutto
l’anno.”
In
una frazione di secondo, Rose valutò la possibilità come la migliore che le
potesse capitare e per questo pregò nella sua realizzazione, ma era troppo
intelligente per sperarci anche.
“No,
sarebbe troppo poco, non credi?” La provocò ancora lui, nascondendo alla
perfezione il gusto dolce della vittoria dietro le pupille impenetrabili. “Però
in effetti una cosa ci sarebbe che potresti fare per me, diciamo. Una cosa da
cui magari potremo trarre giovamento entrambe, Rosie.”
Lei
fremette nel sentire il suo nomignolo preferito sputato dalle labbra di lui, ma
quando le si avvicinò e le poggiò una mano sotto al mento non fece piega.
Non
gli avrebbe dato anche la soddisfazione di piangere, no di certo.
“Ecco,
stavo pensando che sarebbe carino avere un giocattolo mio, non sei d’accordo
con me? Sai, per alleviare la noia di queste giornate.” La pizzicò, soffiandole
aria calda in faccia mentre con la mano andava a cercare e ad inanellare una
ciocca di capelli ribelli, ricordandole e sottolineando così la sua estrema
vicinanza – per la seconda volta in quel giorno – a lei.
Rose
avvertì in modo piuttosto indistinto un brivido scuoterle il corpo, ma decise
che era rabbia, soltanto rabbia e lo
accantonò, perché dopotutto non valeva la pena buttare al vento tanti sacrifici
per un bastardo del genere.
“Tu
potresti distrarmi, Weasley, sono certo che sei brava a farlo.”
Rose
avvampò al pensiero di dover divertire
quella serpe e decise che rispettare la propria integrità morale andava ben
oltre uno scandalo familiare, ragion per cui era ben decisa a mettere in chiaro
la propria posizione in merito.
“Non
ho alcuna intenzione di venire a letto con te, Malfoy, se è questo che mi stai
chiedendo. Il solo pensiero mi fa vomitare, figurati se potrei mai farlo.”
Ribatté quindi, arricciando le labbra in una smorfia di disappunto talmente
eloquente che lui non riuscì a non sorriderne.
“Piccola
Rosie, come sei ingenua. Credi davvero che io voglia fare sesso con te?” Domandò emulando un’espressione scioccata
in modo così sublime da apparire quasi veritiera.
Quasi.
“Non
per sminuire le tue doti, ma non sei certamente il mio tipo e comunque non me
lo perdonerei mai se ponessi meno alla tua illibatezza.” Chiarì con una punta
di cattiveria Scorpius, facendola talmente arrossire da non distinguersi più
dal colore della sua Casa.
Per
un istante Rose fu tentata di confutare quella provocazione e di gridargli che
non poteva saperlo se era illibata o meno, ma poi ci ripensò. Dargli spago era
l’ultima cosa che voleva e quel discorso si profilava un tantino troppo spinato
per i suoi standard. Perché sì, ad amor del vero, Scorpius aveva visto giusto
circa la sua pseudo esperienza sessuale.
“Bene,
perché nemmeno tu lo sei i- il mio t- tipo!” Replicò oltraggiata lei, cercando
di riassumere un certo autocontrollo per quanto la voce all’improvviso
balbuziente le permettesse.
Lui
fece una smorfia in risposta, ma non commentò la cosa che evidentemente faceva
parlare da sé anche solo quella forma d’imbarazzo verbale. Piuttosto le voltò
le spalle e, mani impiantate nelle tasche davanti, sembrò misurare l’intero
perimetro della finestra che gli stava di fronte. Di fronte al che Rose non
poté non tentare il tutto per tutto e, vincendo la solita pudicizia, si azzardò
ad allungare una mano verso il basso ventre per cercare di recuperare l’oggetto
a disputa della questione.
“Beccata!”
La mano di Scorpius fu comunque più veloce della sua e, che era ancora girato
di spalle, l’aveva già bloccata stringendole il polso a pochi millimetri di
distanza dal pantalone nero della divisa.
Rose
arrossì seduta stante, senza un motivo logico di fondo, mentre il ragazzo si
voltava lentamente a mostrarle un’aria sinceramente stupita.
“Non
mi sarei mai aspettato una simile bassezza dal nostro eccellente Caposcuola,
devo ammetterlo.”
“Da
te invece me la sarei aspettata benissimo.”
Risposta
sempre pronta e tagliente: l’aveva ereditata dalla madre.
Scorpius
ghignò, di nuovo, prima di avvicinare con forza il polso di lei al suo viso
fino a farle male.
“Ahi!”
“Da
questo momento in poi sei sotto il mio volere, Weasley, che ti piaccia o meno.”
Le soffiò contro, duro e glaciale come un iceberg nell’oceano. “Perciò vedi di
comportarti bene a meno che tu non voglia far venire un infarto al tuo caro
paparino.”
Scorpius
sorrise, malvagio, e Rose dovette ingoiare amaro per mandar giù l’umiliazione.
Umiliazione
che aumentava a dismisura se si prendeva in considerazione anche il battito
impazzito del suo cuore, in aumento per ogni millimetro che separava il suo volto
da quello spietato di lui.
Avrebbe
dovuto provare rancore e non batticuore; era assurdo, completamente!
“Bene,
vedo con piacere che ci siamo intesi.” La lasciò all’improvviso andare Malfoy,
un passo indietro per ritrovare il giaciglio sicuro delle tasche prima di
fissarla, fare una smorfia d’intesa e uscire a passo lento ma deciso dall’aula,
lasciandola volutamente indietro con la propria mortificazione.
E
mentre la maschera iniziava a scricchiolare rivelando occhi troppo lucidi per i
soliti standard, il corpo tremava e le mani si stringevano convulsamente a
pugno; Rose pensò che lo odiava.
Oh
sì, lo odiava.
Con tutto il cuore,
per giunta.
Ma
si sarebbe ripresa la sua dignità ad ogni costo e senza la necessità di far
impazzire suo padre nel vedere una foto che, di vero, non aveva un bel niente:
artificiale, sì, come l’espressione ieratica impiantata sul viso di Scorpius
Malfoy.
~
Albus
non era mai stato particolarmente portato per Pozioni, ma aveva deciso lo
stesso di portare avanti il corso quando sua cugina aveva dato voce in capitolo
esponendo il proprio desiderio di poterlo frequentare assieme visti i netti
rifiuti ricevuti per altri insegnamenti.
Tuttavia
il discorso tendeva ad essere un attimo rivalutato se la suddetta cugina
pensava bene di non presentarsi a lezione e senza avere il buongusto di
farglielo sapere.
A
due ore dall’inizio, Al cominciava a sentirsi un tantino cotto, a dire il vero.
E
arrabbiato; stavolta Rose avrebbe dovuto trovare un’ottima scusa per
giustificare l’assenza e non gli importava nemmeno se non era mai accaduto
prima, che di solito era lui l’assenteista e ritardatario, perché era
sinceramente troppo annoiato per riuscire a ragionare in modo razionale.
Che
poi ancora non riusciva a spiegarsi come cavolo avesse fatto a perderla di
vista. Insomma, l’attimo prima gli era di fianco semi-sommersa da una montagna
di libri e lì a rimbrottarlo per la mancanza totale di puntualità. L’istante
dopo, era con un paio di Corvonero a svolgere il proprio dovere di Caposcuola,
però da lì all’eclisse completa sembrava esserci una sorta di buco nero.
D’accordo,
si era voltato un attimo distratto dalla voce di Sean, il suo compagno di
stanza, ma come era possibile che in quel minuscolo lasso di tempo Rose fosse
riuscita a scomparire?
Beh,
smaterializzazione non poteva essere, giacché era impossibile riuscire a farlo
nel campo protetto di Hogwarts.
Al
si stava ancora lambiccando il cervello in cerca di una qualche arcana
spiegazione plausibile quando il professor Lumacorno li avvisò della fine della
lezione e del prossimo appuntamento.
-Era ora! Un altro secondo e giuro che
sarei morto! Si può sapere che diavolo di fine ha fatto Rosie?-
Alzò
gli occhi al cielo, particolarmente nervoso, e mentre raccattava le proprie
cose si avvide bene dal posare la sua bacchetta quanto più lontano possibile
dalla presa della sua mano, onde evitare pericoli imminenti all’indirizzo della
cugina.
Anche
perché suo zio Ron non gliel’avrebbe fatta passare liscia se le avesse torto
anche solo un capello.
La
mamma sgridava spesso al fratello di essere un tantino iperprotettivo con Rose,
ma poi sopraggiungeva il padre a dare man forte allo zio in difficoltà, viste e
considerate le paturnie che lo affliggevano quando si parlava di Lily.
Albus
sospettava che fosse tutta una questione di nascere donna, perché non gli
risultava che facessero tante cerimonie con lui, James o Hugo.
A
proposito di Hugo: chissà se aveva già finito la lezione di Storia della Magia,
aveva giusto un paio di cose che doveva ancora rendergli, tipo la penna
auto-scrivente di produzione Tiri Vispi Weasley, e magari poteva approfittarne
per correre a riprendersela adesso che non c’era Rose a fargli la paternale.
Trovandola
un’ottima idea, Al decise che se proprio doveva camminare tanto valeva mettersi
alla calcagna del ragazzo. Perciò infilando la borsa a tracolla e incurante
dell’esistenza di una cerniera di chiusura, uscì dall’aula salutando
alternativamente ora dei Grifondoro ora dei Tassorosso con cui aveva condiviso
la lezione e tranquillizzando i compagni di dormitorio che li avrebbe raggiunti
in Sala Comune non appena avesse recuperato una cosa. Il tutto con il pensiero
costante di Rose nella testa.
Aveva
appena girato l’angolo solitario quando una mano gli artigliò la spalla e fu
solo per un miracolo che s’impedì di urlare, evitando in tal modo una figura
non proprio da grifone ecco.
“Al!”
“Rose!
Diavolo, volevi farmi venire un infarto?” La aggredì, una mano sul cuore, prima
di ricordare della bidonata che quella gli aveva tirato e guardarla truce.
“Perché non eri a lezione? Si può sapere che fine hai fatto?”
A
quanto pareva la cugina aveva deciso che poteva benissimo ritornare alla sua
vita sociale dopo la parentesi assenteista di Pozioni e che, per farlo, era
necessario far venire un infarto al povero Albus Severus Potter del caso. Il
che sarebbe stato divertente, se non fosse stato lui quel Potter. Magari ci avrebbe riso su, ma non adesso con il
cuore in gola e la voglia di maledirla ancora in circolazione.
“Scusa,
scusa Al, non volevo spaventarti.” Accennò un sorriso dispiaciuto Rose,
sincera, e come gli succedeva sempre nell’incrociare gli occhi castagna della
ragazza, il cuore di Albus si sciolse seduta stante.
Sospirò;
era sempre stato impossibile avercela con lei per più di un paio di minuti.
“Okay,
ma devi dirmi cosa hai fatto se aspiri al mio perdono!”
Albus
sorrise, tuttavia la reazione di Rose fu piuttosto diversa da quella che si
aspettava.
La
ragazza difatti dapprima impallidì mortalmente, poi avvampò mentre le pupille
si dilatavano spaventate.
“I-
Io … N- Non è così i- importante, e- ero … Beh, m- mi sono fatta p- prendere
dalla parlantina e …”
Era
una sua impressione, o stava sudando? Comunque già il fatto che balbettasse era
preoccupante, considerato che aveva fatto quella domanda soltanto per il gusto
di sentirle raccontare qualche avventura da Caposcuola capace di risollevargli
la giornata. Doveva essere successo qualcosa di veramente grave per averla
ridotta così, a quel punto.
“Ehi
Rosie, va tutto bene?” Le domandò quindi, premuroso, fermandosi dinanzi a lei
per guardarla nel profondo degli occhi.
Rose
lo fissò per qualche istante in apnea, incerta su cosa dirgli o su cosa fare.
L’unica cosa di cui era sicura, era che non poteva nella maniera più assoluta
dirgli la verità. Al solo pensiero si sentiva mancare e comunque non era
necessario sbandierare la sua spinosa situazione ai quattro venti, ben sapendo
che avrebbe potuto uscirne perfettamente da sola.
E
poi Albus si sarebbe arrabbiato, e la foto era davvero troppo realistica per non credere che …
No,
no, meglio chiudere la faccenda da sola; dopotutto era solo un pallone
gonfiato!
“S-
Sì, è che il dovere … sai come vanno queste cose, e … proprio non me ne sono
accorta!”
“Il
tuo ruolo da Caposcuola, già.” Annuì Albus, ancora piuttosto pensieroso.
Perché
non gliel’aveva detto subito se era quello il problema? Non lo sapeva, ma non
gli quadrava. Non del tutto almeno.
“Sì,
è per quello!” S’illuminò all’istante Rose, raggiante di aver trovato quella –
seppur misera – scappatoia.
Ignorando
il fatto di sentirsi un verme in piena regola a mentire tanto spudoratamente e
decidendo di amputare la cosa ancora una volta a quel damerino di Scorpius, la
ragazza afferrò Albus per un braccio e sfoderando uno dei suoi migliori sorrisi
gli fece cenno di seguirla.
“Se
non sbaglio abbiamo un compito di Trasfigurazione da finire!” Lo redarguì,
cambiando radicalmente umore e sperando che il cugino si convincesse a lasciar
perdere l’accaduto.
Lui
la guardò a lungo, esitante, prima di sospirare, scompigliarsi ancor di più i
capelli e sorriderle di rimando, mentre dava l’arrivederci alla sua penna
auto-scrivente.
“Speravo
te ne fossi dimenticata.”
~
“Scorpius!”
Sentendosi
chiamare, il diretto interessato si fermò e, girando appena il capo, non riuscì
a trattenere un ghigno nell’acciuffare una scia verde-argento dirigersi
trafelata nella sua direzione seguita a breve distanza da un’altra decisamente
più calma e rilassata.
Palesemente
li conosceva bene entrambe e per motivi contigui: il figlio rispettivamente di
sua zia e del migliore amico di suo padre.
“Dannato
cugino, sono ore che ti chiamo!” Lo investì con la solita esuberanza il primo,
ereditata dal ramo Greengrass della famiglia. “Si può sapere a che diavolo stai
pensando?”
“Non
sono affari tuoi questi, cugino.” Fu
la laconica risposta di Scorpius mentre un sorriso sghembo si affacciava sulle
labbra carminio.
L’avere
una foto tanto compromettente al sicuro nel retro dei suoi pantaloni che
riusciva a piegarle una certa so-tutto ai suoi piedi, gli dava un incredibile
senso di potere e di compiacimento, in grado persino di fargli avere il
buonumore.
“Era
così per chiedere, non prendertela!” Alzò su le mani in segno di difesa
l’altro, ritirando di conseguenza la stretta attorno alle spalle del cugino.
“Ottavius
sa essere sempre così petulante.” Osservò apparentemente in disparte l’altro
ragazzo, quello dall’aria più taciturna e tenebrosa.
Lo spilungone,
come osava definirlo di quanto in quanto Ottavius, accennando neanche troppo
velatamente all’altezza da capogiro del moro che, per qualche centimetro,
riusciva finanche a superare il già alto Scorpius.
Ovviamente
aveva preso dal padre, anche lui alto, magro e bruno, oltre ad averne ereditato
il nome in seconda: Theodore Nott. Edmund
Theodore Nott.
“Meglio
petulante che musone come te, Ed!” Lo apostrofò l’altro, intanto che ridava una
sistemata alla divisa sgualcita, prima di posizionare gli occhi acquamarina
sulla persona distinta del cugino.
Rispetto
a Scorpius, Ottavius era quello che maggiormente rientrava negli standard
fisici dei Greengrass. Stesso viso curvilineo, stesso colore degli occhi e
stessa forma di follia intrinseca per cui la madre, specialmente, sapeva sempre
farsi riconoscere. L’unica cosa che non rientrava nei canoni materni e che
l’associava senza ombra di dubbio al padre, erano i capelli. Castani e
spettinati come solo quelli di Terence Higgs avevano saputo esserlo ai tempi in
cui militava nei Serpeverde e, sovente, riuscivano ancora ad apparire.
Ottavius
era il più bassino dei tre, per quanto il suo metro e
ottantacinque potesse esserlo. Ma competere col metro e novantuno di Edmund, o
ottantasette di Scorpius, era un bel punto a suo svantaggio. Un enorme punto,
in effetti.
“Dove
stavi andando?” Cambiò discorso il giovane Nott, guardando con aria interessata
il figlio del più vecchio amico di suo padre.
Si
conoscevano dalla nascita e, in un certo senso, potevano definirsi una sorta di
migliori amici nonostante i caratteri diametralmente opposti: sardonico e
cinico l’uno, schivo e tagliente l’altro.
“In
biblioteca.” Ghignò impercettibilmente Scorpius, il pensiero che terminava con
la certezza di chi vi avrebbe trovato
dentro.
“A
fare che?” Domandò spiazzato Ottavius; non era una novità che il cugino era
tanto intelligente quanto restio allo svolgimento dei propri compiti.
“Devo
vedere una cosa. Venite con me o no?” Si spazientì Scorpius, un'altra dote non
propriamente riconducibile ai pregi.
Edmund
e Ottavius si scambiarono un’occhiata veloce, prima di muoversi quasi in
contemporanea per seguire i passi strascicati del biondo.
Da
sempre Scorpius era considerato il leader per eccellenza, caratteristica
implicita dell’essere un Malfoy. Non che i due si lamentassero di questo, anzi:
conoscendo il ragazzo, era facile decretarlo come il capo, la mente del gruppo.
Perché sostanzialmente le idee migliori, i piani strategici e i gesti più furbi
erano quasi sempre il parto della mente riflessiva, attenta e concentrata di
Scorpius.
In
un certo qual modo, sapeva sempre come farsi rispettare e come travolgere, con
la propria tenacia, chi lo circondava.
Giunti
dinanzi alla biblioteca, Scorpius portò le mani davanti e con fermezza spalancò
teatrale l’enorme portone in legno, per farsi strada tra i pochi sguardi
stupiti che si accalcarono sull’entrata.
Come
da aspettativa, c’erano pochissime persone raccolte nella stanza, ma il ragazzo
era certo che avrebbe individuato la sua vittima anche tra milioni.
Capelli
nocciola, occhi da cerbiatta e broncio da ragazzina rigida: Rose. Una dei pochi
Weasley a non aver ereditato quella matassa di ridicoli capelli rossi. Beh, a
parte Albus ovvio, in piedi davanti ad un minaccioso scaffale di libri
dismessi.
“Vengo
subito.” Si accomiatò, senza neppure concedere agli altri due il tempo di
replicare: tipico per lui.
Rose
era concentrata nella lettura di un tomo da cui sembrava prendere spunto per
scribacchiare una qualche ricerca sul foglio da pergamena, quando avvertì con
un balzo di paura un’ombra proiettarsi dinanzi a lei.
Alzò
il capo, spaventata, e il suo viso si tinse di un’aria truce nell’identificarne
il nome.
“Che
accidenti vuoi adesso?” Sbottò, scocciata.
A
giudicare dal modo in cui saettavano infuocati i suoi occhi, doveva essere
ancora piuttosto arrabbiata per il tiro mancino che le aveva giocato qualche
ora prima.
Beh,
peccato, perché lui infondo si era divertito.
“Tieni.”
Disse con un vezzo del capo Scorpius, lanciandole da sopra il banco una
pergamena tirata fuori dalla tracolla semi-aperta.
Rose
abbassò il capo, scrutò il foglio e poi ritornò a fissare il ragazzo, stavolta
con aria perplessa.
“Sono
i miei compiti, Weasley.” Sbuffò allora lui, seccato dalla mancanza di acume
mostrata dall’altra. “Per essere la più intelligente del tuo anno, sei
piuttosto lenta.”
Lui
ghignò beffardo ed ironico come sempre, guadagnandosi un’occhiata di fuoco ed
una pergamena in pieno viso da lei.
“Fatteli
da solo, Malfoy.” Sibilò indispettita Rose, inconsapevole del guaio in cui si
stava cacciando.
Nessuno,
nessuno aveva mai osato fare tanto a
lui, il Principe delle Serpi.
-Avrai una bella lezione per questo
Weasley.- Si ripromise il ragazzo intanto che con rabbia ben
celata riposava la pergamena sul banco, in cima a quelle di lei.
“Ragazzina.”
La riprese quindi con tono antartico, allargando le mani sul tavolino per
chinarsi dinanzi a lei quel tanto che bastava ad avere i propri volti non
lontano di più di tre centimetri. “Devo forse ricordarti del nostro accordo?”
Sentendolo
così vicino e avvertendo di nuovo il fiato nonostante tutto caldo di lui su di
sé, Rose arrossì impietosamente mentre l’immagine del loro precedente pseudo
bacio si affacciava vivida ai suoi occhi.
Poteva
ancora percepire la sensazione prodotta dall’incontro delle loro labbra; il
naso freddo di lui che le solleticava il proprio; i capelli dorati che si
intrecciavano ai suoi castani …
Ma
proprio perché poteva sentire tali sensazioni ancora in modo così prepotente
addosso, che voleva assolutamente scrollarsele di dosso avvertendole come
strette e sconvenienti.
Suo
padre avrebbe dato di matto se solo avesse saputo che lei arrossiva così al
ricordo di Scorpius!
“Che
dici, potrei far vedere la foto a Potter. Sono sicuro che apprezzerebbe.” La
provocò ancora lui, derisorio, accennando con il capo al moro che si stava
avvicinando nella loro direzione.
Riscuotendosi
dai suoi pensieri e fingendo che non le pesasse una simile vicinanza, la
ragazza mise via la pergamena di Scorpius tra le sue cose prima di guardarlo
bieca.
“Sei
un bastardo.” Gli sussurrò malevola, consapevole della sempre più prossimità di
Albus.
Scorpius
rise, in quel modo freddo e senza divertimento che gli era proprio.
“Povera
piccola Rosie.” La schernì, arruffandole i capelli come avrebbe fatto un suo
parente o un amico stretto.
Lei
lo detestò ancora di più per questo, ma si avvide bene dal mostrare le proprie
emozioni dinanzi al suo sguardo duro.
Anche
se era la vittima di un suo capriccio, aveva ancora la sua dignità.
“Ehi,
che succede?” Ad attirare le attenzioni di entrambe sopraggiunse proprio la
voce di Albus, ormai giunto al capolinea.
Il
ragazzo li fissava con aria basita e Rose non poté fare a meno di arrossire,
abbassando con vergogna il capo.
“Niente
di che, Potter.” Rispose infine Scorpius per entrambe, rimettendosi in
posizione eretta e guardandolo con sguardo pensieroso da sopra il pugno chiuso
della mano. “Piuttosto non sapevo che avessi deciso di diventare il primo della
classe. Devo forse iniziare a preoccuparmi? Marinerai il Quidditch o cosa?”
Alla
domanda Albus rise, divertito.
“Niente
del genere Malfoy, sta tranquillo. Sono più che pronto a batterti ancora.”
“Tutto
da vedere.” Fece una smorfia Scorpius, che per chi lo conosceva bene poteva
anche significare che stava sorridendo. “Allora ci si vede in giro, Grifondoro.”
Il
moro rise, mentre l’altro gli lasciava distrattamente una pacca sulla spalla
intanto che si allontanava, il tutto sotto l’espressione corrucciata di Rose.
“A
presto, Serpeverde.”
N/A
Eccomi ritornata nel
fandom di Harry Potter con un’altra fanfiction sulla nuova generazione. La
verità è che mi sono talmente innamorata di questi personaggi, che non riesco
tutt’ora a staccarmene! Per quanto riguarda questa storia, stupirà sapere che
ho iniziato a scrivere questa storia esattamente il 17 settembre 2007, cioè
parecchio tempo fa. Ho aspettato un po’ per la pubblicazione perché volevo
portarmi avanti con i capitoli, di modo da non lasciarla incompleta –mi sarebbe
dispiaciuto un sacco non finirla- e mi sono ritrovata a scrivere la parola fine
prima di accorgermene.
Perciò posso dirvi che
saranno venti capitoli totali, non uno di più non uno di meno.
L’aggiornamento sarà
settimanale, all’incirca attorno al venerdì. Ma non si sa mai che decida di
aggiornare anche prima! ^.-
Mi piacerebbe
enormemente, davvero davvero tanto,
sapere cosa ne pensate. Tanto tanto! *-*
Oh, sì, prima che me ne
dimentichi, vi lascio il link con le immagini dei vari personaggi. Ho dovuto
scartabellare un bel po’ su internet, ma credo che questi si avvicinino di
molto all’idea che ho in mente io per la nuova generazione. Perciò ecco i
personaggi di →The photograph.
Vi aspetto al prossimo
capitolo, allora! Fatemi sapere, mi raccomando, ci tengo tanto, tantissimo a
questa fanfiction!
Tra il forte e il debole, tra il ricco e il povero,
tra il padrone e il servitore è la libertà che opprime,
è la legge che affranca.
[Jean-Baptiste Henri Lacordaire]
“Rose
aspettami ti prego! Almeno spiegami perché ce l’hai tanto con me tutto ad un
tratto!”
Albus
la agguantò per una mano, costringendola suo malgrado ad arrestarsi ma non a
voltarsi.
“Rosie
…”
L’interpellata
per tutta risposta sbuffò contrariata, prima di voltarsi a sostenere l’aria
perplessa sul viso del cugino che, certe volte a suo dire, sapeva essere
davvero un tonto.
“A presto Serpeverde! Puah.” Lo
scimmiottò, enfatizzando una nota smielata che il ragazzo non ricordò affatto
di aver utilizzato ma che, onde evitare aggravamenti, lasciò correre.
“Eddai,
non puoi arrabbiarti per questo!” Esclamò, quasi esterrefatto, contribuendo
senza volerlo a peggiorare la situazione.
Dopo
che Scorpius aveva raggiunto la sua combriccola ed aveva lasciato la
biblioteca, Rose aveva raccattato di fretta le sue cose e stitica di parole si
era precipitata fuori a grandi falcate.
In
un primo momento Albus era stato piuttosto spiazzato del gesto, ma aveva
impiegato non più di due secondi a recuperare quei quattro fogli di sua
appartenenza e a raggiungerla.
“Dici?”
Lo sfidò lei, sempre più inviperita.
Albus
ci pensò su un istante, poi scosse il capo. Forse era meglio di no. Rose
arrabbiata non era un bello spettacolo, specie per i malcapitati.
“Guarda
che non è poi tanto male.”
“Chi?”
Sgranò gli occhi lei, fino all’inverosimile. “Malfoy? Ti sei bevuto il cervello per caso, Al?”
Lui
s’imbronciò, offeso. “È la verità. Cioè, non è proprio come sembra. Hai visto
anche tu come si è comportato con me, prima, no?”
-Con te, appunto.-
Avrebbe voluto sottolineare Rose, ma trattenne per sé il pensiero.
Dopotutto
Albus aveva ragione per certi versi: con lui Scorpius non era mai stato tanto
stronzo quanto invece lo era con lei. Chissà perché, poi. Beh, forse in parte
era perché i loro genitori si detestavano, mentre lo zio Harry sapeva
soprassedere ben più volentieri sulle cose.
“Lasciamo
stare.” Decise quindi di piantarla lì lei, stanca da tutti gli avvenimenti che
le erano accaduti in meno di tre ore per replicare. “Andiamo in Sala Comune?”
“Sì!”
Acconsentì subito Albus, felice della pace fatta.
Chiacchierando
del più e del meno, mentre Albus le spiegava gli elementi essenziali – o
almeno, quelli che aveva intercettato lui – sulla lezione di Pozioni, i due
Grifondoro arrivarono dinanzi al ritratto della Signora Grassa, particolarmente
gaia quel giorno.
“Sapete
dirmi qual è la parola d’ordine di oggi, miei cari?” Canticchiò.
Albus
e Rose si gettarono un’occhiata obliqua, prima di rispondere.
“Altumsilentium.”
“Prego,
entrate pure, diletti.”
La
signora grassa si spostò per fare spazio al varco che dava alla torre di
Grifondoro.
Salutando
il ritratto vivente, i due ragazzi si fecero largo all’interno della Sala
Comune, del tutto priva di vita quella mattina e a ragione tra l’altro, visto
che erano quasi tutti impegnati con le lezioni.
Albus
si lanciò sul divano quasi d’istinto, mentre Rose si accomodava silenziosa ad
una delle poltroncine rossastre.
“Rosie?”
“Sì?”
“Che
voleva Malfoy da te, in biblioteca?”
La
domanda la colpì, costringendola ad alzare lo sguardo dal libro di Antiche Rune
aperto tra le sue gambe per fissarlo in quello smarrito del cugino. Poi, non
riuscendo a sostenere quegli smeraldi sinceri, lo abbassò di nuovo fingendo di
interessarsi di nuovo alla sua lettura. Iniziava a sentire un certo bruciore di
stomaco per tutte le bugie che quel dannato le stava costringendo a dire.
“Niente,
era solo per la ronda … sai, essendo Prefetto voleva sapere quando andare … A
proposito, hai poi trovato il libro che stavi cercando?” Cambiò discorso,
poggiando di nuovo lo sguardo in quello dell’altro.
Albus
la scrutò perplesso: quel giorno Rose sembrava più strana del solito.
“Più
o meno. Solo che l’ho scordato in biblioteca.”
“Ah.
Vuoi andare a riprenderlo?”
“Credo
che sopravvivrò anche senza, grazie.”
“Okay.”
Proprio
in quel momento la porta segreta si aprì e, in un vociare concitato, fecero il
loro ingresso un gruppo ben nutrito di Grifondoro tra cui spiccava la chioma
dorata di Dominique Weasley, la secondogenita dello zio Bill.
“Oh,
siete qui.” Esordì la ragazza non appena li scorse, scansando i piedi di Albus
senza troppe cerimonie per prenderne il posto.
Sembrava
nervosa. Per quanto sapesse esserlo,
ovvio. Accanto a lei Al alzò gli occhi al cielo, ben sapendo invece di cosa
stesse parlando.
“Fammi
indovinare: qualcuno ha tentato di uscire con te o cosa?”
Dominique
per tutta risposta gli lanciò un’occhiataccia. “Molto divertente, Al. Comunque
no, non è questo. Michael Grays.”
“Uhm,
il nostro Caposcuola, intendi?” Alzò un sopracciglio il moro, con aria
divertita.
Lei
lo ignorò, rivolgendosi più che altro a Rose. “Mi ha fatto una scenata perché
gli ho fatto cadere i suoi maledetti libri.” Spiegò incolore, tanto che sarebbe
apparsa del tutto diffidente se non fosse stato per la breve ma eloquente
occhiata che aveva lanciato al soffitto.
Contrariamente
alle aspettative, però, la cugina sogghignò e la cosa mandò Dominique su tutte
le furie.
“Rose!”
“Scusa,
scusami, non è per te, davvero.” Tentò di ricomporsi l’altra, fingendo di non
vedere i gesti che Albus faceva oltre i lisci capelli della bionda a volersi
domandare chi fosse il più matto tra lei e Michael Grays.
“Lasciamo
stare.” Scosse il capo Dominique, prima di voltarsi con aria glaciale verso il
cugino. “Al, a proposito, credo che dovresti uscire con Alicia un giorno o
l’altro. Sono sicura che-”
“No.”
Chiuse la questione lui, deciso.
Alicia
Violet Davies, sedici anni – stessa età di Dominique tra l’altro – e
intelligente Corvonero, aveva da anni una cotta per lui ma il ragazzo non aveva
mai voluto approfondire più di tanto la loro conoscenza. Non che fosse una brutta
ragazza, al contrario era molto carina. Capelli biondo cenere e viso dolce, con
più cervello di quanto il suo bell’aspetto lasciasse intendere. Ma Albus aveva
altro per la testa per pensare a Alicia o chi per essa. Purtroppo per lui, tra
l’altro.
Una
linea sottile increspò appena la fronte perfetta di Dominique di fronte al
netto rifiuto imposto dal cugino. Non era una pettegola, né le piaceva farsi
gli affari altrui, tuttavia delle poche certezze che aveva nella vita, su di
una era assolutamente convinta: Alicia era la ragazza perfetta per Albus.
Tuttavia la lieve arricciatura venne stirata appena l’istante dopo con calma
invidiabile, mentre si rivolgeva di nuovo a Rose.
“Prima
che me ne dimentichi, ho incontrato Scorpius Malfoy e mi ha detto di ricordarti
di fare quella cosa.” La guardò sospettosa, socchiudendo gli occhi con aria
critica. “Di che stava parlando?”
Rose
arrossì per la cinquantesima volta nella giornata, ben sapendo di cosa stesse parlando. Quel maledetto si
permetteva persino di usare la cugina per costringerla a fare quello che
voleva! Non aveva nessuna remora a trattarla in quel modo, vero?
“Forse
era per la ronda. Vero Rosie?” S’intromise Albus, trovandole inconsciamente la
scusa ideale per giustificarsi e per accomiatarsi a svolgere i compiti di
qualcun altro.
“Ma
certo, p- per la ronda. Anzi, credo proprio che andrò a modificare i turni.”
Esordì di fatti la castana, alzandosi di scatto dalla poltroncina quasi fosse
stata una molla e dirigendosi a passo marziale verso i dormitori femminili
sotto lo sguardo basito dei cugini.
“Che
le prende?”
“E
che ne so io! Sono un maschio, dopotutto!”
~
Scorpius
si soffiò le mani, cercando un po’ di calore nell’aria fredda di novembre.
Mentre
attraversava il parco di Hogwarts per raggiungere il Lago Nero, il ragazzo
aveva già pensato ad una decina di idee da riproporre alla sua piccola
schiavetta personalizzata. Il solo concetto di avere una Weasley in pieno
pugno, gli dava una scarica elettrica che non aveva eguali. Quella era, senza
ombra di dubbio, l’idea migliore che gli fosse mai venuta in mente e il tutto
grazie ad uno stupido aggeggio Babbano ritrovato da sua madre tra le
cianfrusaglie della nonna.
-Ve ne sarò sempre debitore, madre.-
L’acqua
minacciosa del lago era increspata dal sottile venticello che si era levato già
da qualche ora, ma gli occhi grigiastri del ragazzo stavano già volando lontano
verso altre mete, altre destinazioni.
E
fu così che lo trovò Rose quando, mezza congelata, fece il suo rumoroso arrivo.
Era
uscita di corsa dopo che la civetta bianchissima di Scorpius le aveva portato
il messaggio del suo proprietario di raggiungerlo immediatamente fuori nel parco per consegnargli il suo compito.
Lei
si era arrabbiata e aveva strappato il bigliettino in un impeto di nervosismo,
ma memore di una certa foto aveva dovuto acciuffare il tema appena terminato –
almeno quello, grazie al cielo – e si era precipitata letteralmente fuori,
dimenticando cappotto, guanti e sciarpe varie.
“Il
tuo tema.” Lo avvisò, mentre gli lanciava la pergamena imbrattata d’inchiostro
con aria seccata.
Scorpius
la afferrò a volo, giratosi di scatto, mostrando così le sue doti da Cercatore
di Serpeverde. Quindi, accennando ad un sogghigno sghembo, diede una rapida
lettura al pezzo prima di puntare il ceruleo dei suoi occhi nel marrone di
quelli di lei. Quello che avvertì al contatto visivo, fu adrenalina allo stato
puro.
“Potevi
fare di meglio.” Decretò, volutamente antipatico nelle sue considerazioni.
Lei
s’irrigidì e fu divertente per lui notare il modo in cui si sforzava per non
lanciargli una qualche fattura. Iniziava seriamente a prenderci gusto. E la
cosa gli piaceva, sul serio.
“Potevi
fartelo da solo, allora.” Rispose quindi Rose, cercando di apparire neutrale
nonostante la rabbia che le si leggeva negli occhi.
Scorpius
scrollò le spalle, con nonchalance. “Avrei potuto, sì. Ma non sarebbe stato
divertente, non trovi?”
Rose
s’impedì di rispondergli, onde evitare spargimenti di sangue. Anche perché era
troppo intirizzita dal freddo per riuscire a ragionare in maniera coerente.
Sperava solo che si sbrigasse quell’ameba, altrimenti rischiava una polmonite.
“Potevi
metterti il giubbino.”
“Prego?”
Rose sbatté le palpebre, incredula.
“Il
giubbino.” Ripeté sbuffando Scorpius. “Potevi anche mettertelo prima di
uscire.”
“Beh,
sai com’è, l’avrei fatto se solo qualcuno
non avesse avuto tanta fretta.” Replicò, acida, sentendosi piccata nel vivo.
Lui
sembrò meravigliarsi nell’appurare la risposta, tuttavia si riscosse
velocemente ritornando all’espressione imperturbabile di sempre.
“Non
ho mai detto di volerti vedere morta, però.” Dichiarò all’improvviso, posando
la pergamena in una tasca e avvicinandosi pericolosamente. “Dopotutto mi servi
ancora, Weasley.”
Rose
non si era accorta di quanto si fosse effettivamente avvicinato fino a quando
non avvertì qualcosa di caldo solleticarle il viso e capì che era il respiro di
lui. Senza neppure rendersene conto, aveva già alzato il capo per ritrovarsi a
sfidare gli occhi di ghiaccio del ragazzo. Scorpius era così alto, che lei
doveva allungare tutto il collo e lui piegarsi per potersi guardare in pieno
viso.
“C-
Che vuoi ancora da me?” Si allontanò bruscamente Rose subito dopo,
riscuotendosi dallo strano calore che l’aveva investita per ritrovare la
vecchia decisione.
Scorpius
sospirò, prima di alzare il capo a fissarla con aria seria. Terribilmente
seria. Così seria, che era impossibile per chiunque non trovarlo estremamente
affascinante; il che indusse Rose a girarsi del tutto per dargli le spalle e
nascondere lo strano turba memento che l’aveva colta.
“Michael
Grays.” Annunciò quindi Malfoy, senza alcun avviso, riportando così gli occhi
di lei su di sé.
La
cosa, bizzarramente, gli fece piacere, ma non si diede la pena di
preoccuparsene più di tanto.
Rose
inarcò le sopracciglia, attonita.
“Michael
Grays, cosa?”
“Quell’idiota
vuole che faccia dei turni di ronda in più.”
“Non
vedo cosa potrei farci.” Sostenne il suo sguardo Rose, con aria di sfida.
Certo
non poteva pretendere che gli altri Prefetti facessero anche il suo lavoro!
“Potresti
farlo tu.” Fu la lapidaria risposta di Scorpius, ogni traccia di divertimento
scomparsa nel suo viso perfetto.
Dopotutto
non gli era mai andato giù che quel pomposo di Michael Grays fosse diventato
Caposcuola al posto suo.
Rose
aprì la bocca per parlare, ma rimase con un pugno di mosche dal naso, troppo
sconvolta per emettere suono. Anche se a ben pensarci avrebbe dovuto
aspettarselo da lui. Ovviamente Scorpius non voleva che gli altri lavorassero
per lui, voleva soltanto che fosse lei
a farlo.
“Questo
è sleale da parte tua.” Lo mise in guardia, dura.
Lui
scosse il capo, semi-divertito.
“La
slealtà non c’entra niente. Sono soltanto affari, Weasley. Tu fai una cosa per
me, e io non faccio una cosa per te.”
Dichiarò, accennando senza troppe cerimonie alla foto che per magia era apparsa
nella presa della sua mano.
Istintivamente
Rose gli si avvicinò felina e, alzandosi sulle punte, tentò di scippargliela
dalle mani per cancellare quell’obbrobrio dalla faccia della terra, ma lui fu
più veloce di lei e con un’altra magia non verbale la rispedì da dove era
venuta.
“Lenta,
Weasley. Sei troppo lenta.” La canzonò, beffardo, mentre lei tremava tra la
rabbia ed il freddo.
“E
comunque dovresti ringraziarmi.” Aggiunse Scorpius poco prima di andarsene.
“Non capita tutti i giorni di avere il più bel ragazzo di Hogwarts a così
stretto contatto.”
Rose
pensò seriamente di mandarlo al diavolo, ma complice la foto che lui gli aveva
appena mostrato e l’immagine di suo padre mentre collassava al suolo, optò per
una degna ritirata strategica.
“Me
la riprenderò Malfoy, hai capito? Mi hai sentita?” Non poté tuttavia fare a
meno di urlargli contro la sua schiena che si faceva sempre più lontana.
Per
tutta risposta Scorpius alzò un braccio, senza fermarsi. “Sette e trenta. Sii
puntuale.”
Rimasta
sola, la ragazza si passò dapprima una mano nei capelli mattone, poi sbuffò e
infine iniziò a pestare il terreno quasi fosse stata una bambina a cui non era
stato accontentato un capriccio.
-Maledetto Malfoy. Maledetto,
maledetto, maledetto! Giuro che mi vendicherò, ti farò rimangiare tutto! Ti
odio, ti detesto!-
“Rose?”
“Sì?”
Fece brusca lei, voltandosi; non si era neppure accorta che qualcun altro le si
fosse avvicinato.
Era
suo fratello, Hugo, che le si era avvicinato cauto non appena l’aveva vista
dimenarsi in simili atteggiamenti da schizofrenica. Beh, in realtà aveva sempre
avuto dubbi circa la sanità mentale della sorella, ma da qui a beccarla mentre
pestava il suolo senza neppure un giubbino addosso nell’aria fredda di quel giorno
… Ce ne passava di acqua sotto i ponti.
“Ehm
… Sei sicura di stare bene?” Chiese, prudente, quasi fosse stato in presenza di
un pazzoide e non della dolce, posata, riflessiva Rose.
“Sicurissima!
Ma certo! Perché non dovrei?” Replicò con enfasi accesa lei, sfoderando un
sorriso che di genuino aveva ben poco.
Hugo
sospirò; e pensare che di solito era lui quello matto tra i due. “Ci stanno
aspettando tutti per il pranzo. Forza, muoviti.”
Rose
lo fissò, basita, rapita dal rosso dei suoi capelli. Tuttavia si riscosse in
fretta e si affrettò a seguirlo verso l’interno del castello. Adesso che ci
faceva caso, aveva le mani ben più fredde di un iceberg e tra un poco rischiava
addirittura l’amputazione. Meglio muoversi finché era in tempo. Non vedeva
l’ora di potersi ristorare al calduccio della Sala Grande.
“Aspettami,
Hugo!”
~
Rose
e Hugo entrarono in Sala Grande che ormai c’erano già quasi tutti gli studenti
delle varie case.
Fingendo
di non aver notato un ghigno dalla parte dei Serpeverde, la ragazza si fece
guidare dal fratello nella zona del tavolo dei Grifondoro in cui sedeva tutta
la combriccola di parenti.
Albus
era seduto tra Roxanne e Molly, entrambe quattordicenni. Accanto a Molly c’era
la sorella più piccola di due anni, Lucy, mentre di fronte si erano accomodate
Lily, Dominique e Louis.
Hugo
si sedette per istinto di fianco a Louis, che anche se aveva solo tredici anni
aveva lo stesso gusto per gli scherzi del cugino; mentre Rose prese posto tra
l’ultimogenita Potter e la secondogenita di casa Weasley-Delacour.
“Dov’eri
finita?” Le domandò Lily, intanto che si riempiva il piatto di purè di zucca.
“Fuori.
Rose stava tentando di diventare una statua di ghiaccio!” Rispose per lei Hugo,
intromettendosi nella conversazione senza farsi alcuno scrupolo.
“Davvero?”
Sgranò gli occhi Lucy, stupita.
“Ma
certo che no.” Le sorrise affettuosa Rose; essendo la più piccola, Lucy aveva
finito col diventare anche la mascotte del gruppo.
“Mi
passeresti le patate, Molly?”
“Certo
Louis.”
“Allora.”
Riprese a dire poco dopo Dominique, rivolta a Rose, senza mollare la presa.
“Hai trovato Malfoy?”
La
ragazza rischiò quasi di strozzarsi con il succo di pompelmo che stava bevendo
alla domanda. “C- Come?”
Anche
Lily si era fatta attenta alla conversazione, mentre Albus gettava di quanto in
quanto lo sguardo e intanto parlava fittamente con Roxanne.
“Sembrava
ti stesse cercando.” Continuò la bionda, persino più sicura di poco prima.
“S-
Seriamente?” Balbettò ancora Rose; doveva proprio togliere quel difetto
verbale, o sarebbe stato facile come bere un bicchier d’acqua scoprirla quando
era nervosa.
Dominique
scrollò le spalle, prima di ingollare un discreto boccone di cibo. Non era
un’impicciona ed era già stanca di apparirlo. Certe volte, guardando lei,
Victoire e Louis, veniva da chiedersi se fossero effettivamente fratelli quei
tre. Non avevano poi molto in comune, dopotutto. Per quanto riguardava
l’aspetto fisico, poi, soltanto Louis sembrava aver ereditato dal padre più del
colore degli occhi o delle efelidi sul volto, con i suoi capelli rossi e una
certa attitudine al trasgredire.
“Comunque
tutto a posto.” Pose fine alla questione Rose, che proprio non ci teneva a
centrare il pranzo su quello spocchioso cafone.
Quasi
avesse sentito il percorso dei suoi pensieri, dal tavolo dei Serpeverde si levò
uno sguardo profondo, troppo profondo
in effetti. Così tanto da risultare persino inopportuno. Invadente, più che
altro.
A
Rose diede un brivido, ma fu abbastanza sicura che si trattasse di ribrezzo
perché non poteva essere altro di diverso.
“Stasera
c’incontriamo tutti in Sala Comune. Tu puoi venire?” Le domandò speranzosa
Lily, scacciando una fastidiosa ciocca ramata da davanti.
Anche
Albus sembrava interessato giacché aveva lasciato stare per qualche istante la
conversazione con Roxanne per ascoltare la risposta della cugina.
Rose
alzò lo sguardo in modo quasi meccanico, reduce dallo scherzetto che un certo
biondo le aveva giocato nonostante i suoi multi impegni, e prima di rendersene
conto i suoi occhi stavano vagando sulla tavolata dei Serpeverde alla ricerca
forse di un volto dall’aria sardonica.
Lo
trovò e arrossì imbarazzata quando quello ghignò, sibillino, a voler insinuare
qualcosa che certamente non esisteva.
“Mi
dispiace, ma ho una ronda.” Disse quindi, abbassando il capo per non dover
sostenere quello sguardo impertinente fisso ormai su di sé.
“Ma
pensavo che-” S’intromise Albus.
“Cambio
di programmi.” Lo interruppe Rose, pentendosene appena l’istante dopo quando
gli occhi verdi di lui si tinsero di un velo di delusione.
Le
dispiaceva immensamente deludere qualcuno, soprattutto se quel qualcuno era Al,
e di tutto questo la colpa era soltanto di Scorpius Malfoy. Perciò come poteva
non odiarlo? Sentiva una spessa cortina di rancore salirle su dalle viscere,
serpentesca, e la cosa non le piaceva affatto perché solitamente non era un
tipo capace di portare livore tanto a lungo.
“Però
quando finisco posso raggiungervi!” Tentò quindi, sperando di riuscire a
risollevare il morale del cugino.
“E
ingozzarci di caramelle?”
“Eh?”
Rose si voltò incuriosita verso Louis, che aveva appena parlato.
Il
ragazzino sbuffò, spazientito, mentre Hugo faceva il gesto delle traveggole
partite nella sorella.
“Possiamo
ingozzarci di caramelle, vero Rosie?”
“Ehm,
credo di sì Louis.” Acconsentì lei, prima di sorridergli affettuosa.
“Fantastico!”
-Già, fantastico … -
~
“Rose!”
La
ragazza si voltò per sorridere all’indirizzo di Lily che, sgomitando tra gli
altri studenti, spingeva per raggiungerla.
“Che
succede?” Le chiese infine Rose una volta che quella l’ebbe raggiunta e,
sorprendendola, la vide arrossire.
“Senti,
lo so che sei impegnata e se rifiuti posso capirti benissimo, perché non vorrei
mai-”
“Lily.”
La
ragazza si fece un pochino più rossa, prima di alzare lo sguardo da cucciola e
puntarlo nel volto perplesso della cugina.
“Non
è che questo finesettimana verresti con me a Hogsmeade? C- Ci sarebbe un
ragazzo e- e ecco, sai, mi ha chiesto di uscire m- ma io …”
“Ti
senti in imbarazzo.” Intuì Rose, considerando che le era successa la stessa
cosa al suo primo appuntamento, sventato poi nel bel mezzo da James, ma quella
era un’altra storia.
“Già.”
Si fece paonazza Lily, guardandosi furtivamente attorno alla ricerca di Albus
onde evitare situazioni spiacevoli.
“Al
lo sa?” Chiese subito l’altra, notando l’insistenza con cui la rosse seguiva i
capelli mori del fratello.
Lily
scosse il capo. “No. Sai come sono fatti i miei fratelli … Farebbe una scenata
e non siamo neppure usciti una volta!”
“Okay,
okay.” Ridacchiò Rose, divertita dallo sguardo basito apparsa sul viso della
cugina, quello che le faceva ogni volta ricordare il secondo nome di battesimo
e l’originale. “Ma c’è una cosa che non capisco …”
“Cosa
vieni a fare tu?” La precedette l’altra.
“Sì.”
“E-
Ecco, avevo pensato c- che mi sarei sentita meglio se tu … Sì, beh, se venissi
con me. Ovviamente non sarai sola perché c’è questa specie di amico che-”
“Oh
Lily, non vorrai fare un appuntamento a quattro!”
Dal
modo in cui la rossa avvampò, Rose ne dedusse di averci preso in pieno.
“Se
non vuoi non fa niente … Cioè, potrei sempre disdire tutto …” Abbassò il capo
Lily, demoralizzata e sinceramente dispiaciuta, il che pesò in maniera
abbastanza grave sui sensi di colpa di Rose.
Ovviamente
Lily non avrebbe potuto chiedere ad altri che a lei, visto che era l’unica
senza uno straccio di vita sociale in quel periodo ed, in effetti, anche in
precedenza.
E
lei stava già mentendo abbastanza per deludere gli altri, perciò se proprio era
strettamente necessario tanto valeva accontentarla, infondo le avrebbe fatto
solo bene un po’ di svago.
“Questa
specie di ragazzo … Non è un maniaco,
vero?” La buttò lì, ma bastò a riaccendere lo sguardo di Lily, che l’abbracciò
di slancio.
“Oh,
grazie, grazie, grazie Rosie! Non so come farei senza di te! Te lo prometto: ci
divertiremo! E se ti annoi o cambi idea all’ultimo minuto, possiamo sempre
lasciar stare e-”
“Va
tutto bene, Lily, davvero! Mi fa piacere aiutarti!”
Al
che la rossa la stritolò in un altro abbraccio vigoroso. “Sei la mia cugina
preferita, sai?”
“Opportunista!”
La accusò amichevolmente Rose, ricevendo una linguaccia di scusa in risposta.
“Perché
cos’altro ti ha scroccato quella calcolatrice di mia sorella?”
Una
voce maschile, vagamente divertita, si frappose tra l’abbraccio delle due
costringendole suo malgrado a separarsi. Era Albus che, liberatosi dal
gruppetto di Quidditch, le aveva appena raggiunte e adesso le fissava con un
sorriso divertito stampato sul viso. Lily arrossì, mentre Rose boccheggiò un
paio di volte prima di intuire che così facendo avrebbe destato ulteriori
sospetti in lui.
“Niente
di che.” Scosse quindi il capo, sperando di risultare abbastanza convincente
per entrambe. “Lily voleva solo farsi aiutare per un compito, ecco.”
“Sì,
già … Sai, Rosie è la più brava e …” Scrollò le spalle Lily, ringraziando
mentalmente la cugina per quella prova di lealtà.
Sapeva
quanto le costasse mentire e per questo non poteva fare a meno di ammirarla.
Rose non era perfetta, magari, e a volte risultava un tantino saccente
soprattutto in fattore di regole, ma c’era sempre quando qualcuno aveva bisogno
di lei e questa era una dote ben più grande di una stupida questione di
perfezionismo.
“Rosie!
E poi ti lamenti quando sono io a chiedertelo!” Si scandalizzò ciò nonostante
Albus, ma dall’aria di scherno apparsa sul suo volto non era difficile
immaginare il suo reale stato d’animo.
“Al,
tu non mi chiedi di aiutarti, ma vuoi soltanto copiare. È un tantino diverso, non trovi anche tu?”
“Parola
mia Weasley: sei impossibile!” Di nuovo qualcuno arrivò ad intromettersi senza
alcuno invito, solo che questa volta non era la voce calda e familiare di
Albus.
“Nessuno
ha chiesto il tuo parere, Malfoy.” Si voltò a guardarlo in cagnesco Rose, che
avrebbe riconosciuto tra mille l’inflessione cadenzata della voce del
Serpeverde.
Il
ragazzo, in compagnia degli inseparabili Edmund Nott e Ottavius Higgs, fece una
smorfia che nel suo dizionario poteva benissimo equivalere ad un sorriso,
mentre con nonchalance le poggiava una mano su una spalla.
“Non
trovate abbia un bizzarro senso dell’umorismo, la nostra inossidabile
Caposcuola?” Chiese rivolto agli altri quattro e forse fu l’averlo così vicino,
ma nell’irrigidirsi Rose avvertì una nota stonata nel tono della sua battuta.
La
stava prendendo in giro, quel farabutto, e lo faceva all’insaputa di tutti!
“Non
provocarla, cugino, o finirà per toglierci qualche punto!” Lo mise in guardia
Ottavius, sghignazzando compiaciuto della sua stessa battuta.
“Potrebbe
anche farlo, sai?” Gli rispose velenosa Lily, scendendo in campo a difendere la
cugina e scoccando un’occhiataccia al fratello nel contempo per la sua
indecisione ad intervenire.
“Oh
davvero?” Alzò un sopracciglio Higgs, con aria interessata.
“Davvero.”
Assicurò Lily, decisa; Scorpius poteva anche passare, ma Edmund ed Ottavius non
le piacevano proprio.
“Hai
sentito Scorpius? Ti conviene lasciarla perdere allora!” Ironizzò il castano,
prima di scoppiare in una sonora risata.
Anche
Edmund sghignazzò, mentre Scorpius si limitò ad un discreto sorriso.
Lily
strinse i pugni e fece per aggiungere qualcosa, ma Albus fu più veloce di lei e
la anticipò.
“Nessuno
vuole rogne qui, perciò se non avete niente di intelligente da dire, noi
andremo.”
Nel
dirlo aveva assunto un tono serioso, imperturbabile, al punto tale che sia Rose
sia Lily non riuscirono a trattenersi dal guardarlo allibite, sì, ma anche
impressionate in positivo. Il ragazzo era sempre stato un tipo pacifico, con
cui era facile andare d’accordo, perciò una simile reazione era ben
stupefacente. Ecco in quel momento sembrava molto di più James che non Albus.
“Calma
Potter, era soltanto uno scherzo.” Lo sbeffeggiò in maniera alquanto sottile
Edmund, il viso contratto in un’espressione tutto fuorché rilassante.
Scorpius
conosceva fin troppo bene quello sguardo per non capire che fosse giunto il momento
di ritirarsi. Perciò, sfilando via la mano dalla spalla di Rose sotto il suo
sguardo basito, si fece incontro ad Albus per agguantare la sua.
“Non
vorrai prendertela per così poco, vero Potter?” Era più una domanda retorica,
che non altro, ma nel dirlo Scorpius l’aveva fissato tanto intensamente che era
stato impossibile per il moro non capire cosa volesse intendere.
“No.”
Scosse quindi il capo, mentre Rose rimaneva spiazzata dall’atteggiamento di
Malfoy in cui, una volta tanto, non aveva visto cinismo.
Albus
aveva ragione. Con lui era diverso. C’era rispetto, ecco; evidentemente Malfoy
senior doveva avergli inculcato qualche buon concetto alla fine e lei non
poteva fare a meno di stupirsene ogni volta che il biondo faceva o diceva
qualcosa di così disarmante per lei.
“Bene.”
Sorrise appena Scorpius, prima di voltarsi e allontanarsi, subito seguito da
due restii Edmund e Ottavius.
Rimasti
inebetiti sulla porta, Lily fu la prima a riscuotersi e a guardare suo fratello
con ammirazione.
“Al!”
Lo richiamò, eccitata e orgogliosa, ma prima che potesse dire qualsiasi cosa,
Dominique li aveva già raggiunti in compagnia della sua fidata amica Corvonero.
“Che
volevano?” Chiese, accennando con il capo al punto in cui si erano dileguati i
Serpeverde.
“Niente
d’importante.” Scosse il capo Lily. “Sentite io devo andare. Hugo mi starà
cercando visto che abbiamo lezione adesso!”
“Sì,
sì.” Si riscosse a fatica Rose, prima di sorriderle. “Ciao, Lily. Ci vediamo
più tardi.”
“Okay!
Ciao!” Salutò allegra Lily, la rabbia di poco prima dissoltasi come neve al
vento, mentre si inoltrava tra i corridoi serpeggianti di Hogwarts.
Albus
che la stava fissando in trance, quasi non si accorse della ragazza spuntata al
suo fianco se quella, non senza arrossimenti ed imbarazzi vari, non si fosse
azzardata a salutarlo.
“C-
Ciao Albus.” Mormorò, divenendo paonazza e abbassando all’istante il capo.
Il
ragazzo, riprendendosi, girò la testa alla sua destra e sfoderò un mezzo
sorriso non del tutto convinto quando si trovò davanti niente di meno che
Alicia Davies, figlia di quel Davies.
“Ciao
Alicia.” La salutò di rimando, senza troppo calore onde evitare fraintendimenti
di qualsiasi genere.
Ogni
volta che la vedeva, diveniva sempre più palese la sua cotta per lui e questo
lo costringeva ad essere un tantino più freddo della volta precedente, anche se
non gli piaceva affatto doverlo fare.
“B-
Bella giornata oggi, vero?” Azzardò Alicia poco dopo, spostando una ciocca
biondo cenere dietro l’orecchio.
Per
tutta risposta Albus fece un vago cenno del capo che poteva significare tutto,
o niente; poi allungò un passo e afferrando Rose per un braccio, la costrinse
ad uscire dalla conversazione a senso unico iniziata con Dominique.
“Ti
ricordi che dobbiamo fare quella cosa, vero?” Sibilò tra i denti, convincente.
“Oh,
ah, già.” Mormorò confusa lei, prima di gettare un’occhiata di scusa verso le
altre due. “Noi allora dovremo andare. C- Ci vediamo?”
La
cugina lanciò un’occhiata di fuoco ad Albus, ma non si lasciò andare a commenti
acidi. “Certo, Rose. Andiamo anche noi, Alicia?”
“S-
Sì.” Annuì piano l’altra, nel volto il segno della recente delusione.
Dominique
se ne accorse e per questo non poté fare a meno di lanciare un’ultima
occhiataccia in direzione di Albus, prima di allontanarsi assieme all’amica.
Una
volta in compagnia solo di Rose, il moro si lasciò sfuggire un sospiro di
sollievo che di certo non passò inosservato alla ragazza.
“Sinceramente
non capisco perché ti comporti così con Alicia.” Iniziò la giovane, intanto che
con lui si avviava verso la torre di Grifondoro per recuperare i libri che
sarebbero serviti alla prossima lezione.
“Così
come?” La tallonò Albus.
“Come
se lei non esistesse, Al.”
“Non
è vero! La saluto anche!”
Rose
gli lanciò un’occhiata ovvia. “La saluti soltanto,
veramente. E non capisco perché. È una bella ragazza e se la conoscessi, sono
sicura che-”
“Ti
prego non ti ci mettere anche tu adesso!” Sbuffò sonoramente Albus,
interrompendo lo sproloquio della cugina che già aveva il sapore di conosciuto.
“Mi basta già Dominique con questa storia.”
Nonostante
la ferma convinzione che il cugino stesse sbagliando nettamente con Alicia e
pur non capendo le giustificazioni dietro quel suo rifiuto, Rose decise che per
quel giorno forse era meglio lasciar perdere. Infondo ci pensava già abbastanza
Dominique a farlo sentire in colpa, e conoscendola non si sarebbe arresa fino
all’ottenimento, perciò a quel punto era inutile insistere a sua volta. E poi
Al tendeva a diventare piuttosto scontroso su quell’argomento.
“D’accordo.
La smetto.”
“Bene.”
Alzò gli occhi al cielo lui, ancora visibilmente seccato.
Senza
più dirsi una parola, i due cugini arrivarono in Sala Comune e, una volta qui,
si separarono per recuperare le proprie cose nei rispettivi dormitori.
Rose
aveva appena recuperato dal baule i libri di testo di Babbanologia e
Incantesimi, quando sentì qualcosa picchiettare alla finestra e, voltandosi,
non rimase affatto sorpresa di scoprire che si trattava della civetta cenerina
di Scorpius.
Sbuffando,
si alzò da terra e andò ad aprire la finestra per permettere al volatile di
entrare, non prima però di aver recuperato il bigliettino allacciato alla sua
zampetta sinistra.
Neanche
a dirlo era un messaggio del suo aguzzino.
Ho bisogno
di un calamaio. Portamelo. Ti aspetto alla Guferia. Cinque minuti. Muoviti.
S. M.
Lo
lesse mentalmente, sentendo la solita rabbia montar su con la stessa rapidità
che lui esigeva in lei. Diavolo, ma quell’idiota si rendeva conto o no, di dove
fosse la Guferia? Era un miracolo se riusciva a farcela in dieci minuti,
figurarsi in cinque! Quel bastardo, e faceva tutto quello per uno stupido
calamaio! Senza contare che si permetteva pure il lusso di incoraggiarla ad
essere celere!
Sbuffò,
spazientita, riaprendo la finestra per permettere alla civetta di uscire. Quella,
prima di andare via però, le beccò senza farle male una mano, in segno
d’amicizia.
“Almeno
tu sei simpatico, non come al tuo padrone.” Non riuscì a non commentare Rose,
carezzandolo dolcemente sulla testolina prima che prendesse senza preavviso il
volo.
Adesso
il problema principale, oltre alla questione dell’orario ovvio, era come fare
con Albus. Se il ragazzo la stava aspettando già in Sala Comune, avrebbe dovuto
dirgli l’ennesima bugia per convincerlo ad anticiparla in aula. Se invece non
era già di sotto, allora la balla avrebbe dovuto inventarla sul fatto che lei
sarebbe poi entrata dal ritratto della Signora Grassa anziché scendere dai
dormitori femminile.
Controllò
l’orologio e si accorse di avere poco più di quattro minuti.
Al
diavolo, si disse, c’avrebbe pensato in seguito a cosa inventare, una volta
posta dinanzi al problema.
Senza
sprecare altro tempo prezioso, Rose afferrò uno dei suoi calamai ed uscì di
corsa dalla stanza, sfrecciando tra i vari Grifondoro senza avere il coraggio
di vedere se Albus ci fosse o meno.
Quando
arrivò alla Guferia, aveva il fiatone e un dolore lancinante alla milza, ma
nonostante la corsa sfrenata a cui si era sottoposta notò con orrore di portare
ben sette minuti di ritardo.
“Weasley,
se uno dice cinque minuti, intende proprio cinque
minuti.” Si sollevò una voce fredda tra lo stridere dei volatili, attirando
la sua attenzione in un punto della torre nascosto nella semi-oscurità.
“Beh
…” Ansimò la ragazza, faticando a ritrovare una respirazione regolare. “La …
torre … è … un tantino … lontana … da qui …”
“Davvero?”
Si finse stupito Scorpius, procedendo verso di lei con il gomito nella mano
sinistra e il mento poggiato sul pugno chiuso di quella destra.
Rose
gli lanciò un’occhiata di fuoco, incapace di rispondere per via delle fitte
all’addome.
“Hai
portato quello che ti ho detto?” Avanzò ancora il biondo, inflessibile.
Lei
gli allungò la mano con il calamaio e stette ben attenta ad evitare ogni
contatto fisico nel passargli la boccetta.
“Posso
andare adesso?” Chiese, orgogliosa di riuscire a parlare in modo distaccato
adesso e senza tanti ansimi in mezzo.
Ma
Scorpius non sembrò neppure averla sentita, intento ad accarezzare la civetta
che Rose riconobbe come la stessa di poco prima.
Istintivamente,
senza neppure rendersene conto, gli si era avvicinata e, con una naturale
timidezza, aveva sfiorato gentile il petto della bestiola che al contatto
stridette entusiasta.
“Che
stai facendo Weasley?” Voltò appena il capo lui, mostrando un’espressione
appena intaccata da una sottile meraviglia.
Sentendosi
una processata di fronte al suo giudice, la ragazza ritrasse subito la mano
quasi si fosse scottata con l’acqua bollente e abbassò imbarazzata il capo.
“I-
Io …”
“Guarda
che non era un’accusa.” Le fece notare allora Scorpius e Rose alzando allibita
lo sguardo non poté fare a meno di trovarlo quasi dolce, il che era impossibile giacché inconciliabile con un Malfoy.
“Come
si chiama?” Cambiò allora discorso la Weasley, riprendendo a carezzare la
civetta nello stesso punto di poco prima, tra i vari stridii di giubilo.
Scorpius
la fissò per un lungo istante, pensieroso, facendola sentire inevitabilmente in
soggezione per la pesantezza di quegli occhi argentei, prima di rispondere.
“Howl.”
Rose
trovò fosse un nome semplicemente perfetto, ma stupendosi lei per prima del
pensiero e dandosene della stupida, evitò di esporlo. Dopotutto qualcuno
avrebbe potuto giudicarlo un complimento e, davvero, tutto era meno che quello.
Figurarsi!
“Hai
qualche altra pretesa idiota, o pensi che posso andare a lezione?” Riprese
invece il filo del discorso precedente, smettendo di coccolare la civetta per
gettare occhiate astiose al suo proprietario.
Lui
tuttavia non parve stupirsene, al contrario: sembrava abbastanza soddisfatto
invero.
“Attenta
a come parli, Weasley.” La avvertì, ma non c’era traccia di minaccia nella sua
voce macchiata di sano divertimento. “Potrei anche decidere di farti correre
nuda.”
“Oh-
Cosa?” S’infiammò subito Rose, che aveva pensato o meglio sperato che lui
avesse dimenticato quella provocazione.
Contrariamente
alle aspettative, Scorpius tuonò in un’altra risata fredda.
“Stavo
scherzando Weasley.” La redarguì, svagato. “Era soltanto uno scherzo.”
“Ah.”
Abbassò il capo lei, in fiamme.
Onestamente?
Non l’aveva capito. Il fatto era che quel buzzurro aveva la stessa idea
d’ironia di una mucca pazza, non era mica colpa sua!
“Non
vai?” La riprese ancora Scorpius, alzando un sopracciglio dorato con aria
eloquente.
Rose
lo guardò torva, nonostante il rossore ormai in perenne apparizione sul suo
volto. Quindi, senza né salutarlo a parole né con la mano, uscì difilato dalla
Guferia pronta a ritornare in Sala Comune per riceve, molto probabilmente,
occhiate stupite da parte di Albus e per tenere allenata la sua scarsa arte nel
mentire. Il tutto senza neppure accorgersi che Scorpius la stava fissando, nel
volto l’ombra di un sorriso.
N/A
Come promesso, eccomi di nuovo con il secondo capitolo. Sono
rimasta molto colpita dalla buona accoglienza che questa storia ha avuto e non
posso non ringraziarvi per questo. Mi fa enormemente piacere sapere che c’è più
di qualcuno che segue le mie storie! ^-^
Venendo a noi, altovoltaggio
mi faceva notare della banalità dell’espediente. In verità in un primo acchito
può sembrare davvero una cosa stupida, se ci pensi. Ma in realtà Scorpius ha
capito Rose molto più di quanto lei abbia capito se stessa e, come si avrà modo
di notare, sapeva che poteva funzionare solo con lei. L’odio tra famiglie
c’entra ben poco, a dire il vero, è più una questione di “debolezza”, non so se
mi sono spiegata. Comunque non temete, il tutto verrà trattato piuttosto
ampiamente nei prossimi capitoli.
Ad ogni modo mi fa piacere che tu me l’abbia fatto notare, in
effetti, e ti ringrazio sentitamente per la recensione che mi hai lasciata. Grazie, e grazie di cuore anche a coriandoli_di_zucchero, ValyBrick, mAd wOrLd e Aurora_Cullen.
Le vostre parole sono state davvero rincuoranti e vitalizzanti soprattutto. Non
so davvero come ringraziarvi e, intanto, spero vivamente che questo secondo capitolo
non vi abbia deluso. Già dal prossimo le cose inizieranno a prendere una piega
inaspettata, ve lo assicuro, e intanto avete trovato gli altri Weasley/Potter!
^.-
Per rispondere ad Aurora_Cullen
sull’avere la voce dei personaggi, credo sarebbe fantastico, ma non sono sicura
di esserne capace. Mi dispiace, perché mi piace essere puntigliosa sulle cose.
Eh, va beh.
Per quanto riguarda Edmund … sì, l’ammetto: è uno dei miei
preferiti! Anche se tende a scivolarmi fin troppo spesso dalle mani. u.u
Beh, detto questo e ringraziando –non ultimi- tutte le splendide
persone che hanno inserito la storia a Preferiti-barra-Seguite, vi lascio fino al prossimo
capitolo.
L’obbedienza si misura
bene solo per mezzo di divieti.
[Michel Onfray]
Per
colpa di un certo biondino dall’aria sfrontata, l’ultima settimana di scuola
era stata spossante e stressante per Rose tra turni di sorveglianza extra,
compiti a doppio e robacce varie del momento. Tuttavia il peso di quei giorni
non fu nulla a confronto del modo in cui il mondo le cadde addosso quando, quel
sabato mattina, si ritrovò a fissare infelicemente a bocca aperta Michael
Grays. Il suo grado di stupore, se fosse stato possibile misurarlo, avrebbe
toccato picchi decisamente molto alti.
“Ehm,
ciao Michael.” Lo salutò, titubante.
“Ciao
Rose!” Rispose con maggiore convinzione l’altro, in apparenza entusiasta.
Ovviamente
c’era qualcosa che non andava. Perché quando aveva deciso di aderire a quella
specie di appuntamento a quattro, non aveva affatto sospettato la possibile
intromissione dell’altro Caposcuola. Mentre invece se l’era visto sbucare
davanti con un enorme sorriso stampato in volto e l’aria di chi, al contrario,
la sapeva lunga.
Per
istinto cercò la complicità della cugina, ma Lily era troppo assorta dal viso
del suo accompagnatore per accorgersi del suo disagio e comunque a guardarla
così Rose proprio non se la sentiva di mandare tutto a monte.
Voleva
dire che avrebbe trascorso un pomeriggio a parlare di doveri e di regole:
fantastica prospettiva, no?
“Che
dite, ci avviamo?” Saltò su Michael, evidentemente eccitato.
Riscuotendosi
dallo smielato gioco di sguardi, Lily e Julius Leo Grays – esatto, fratello di
Michael Grays – si precipitarono ad annuire.
“Certo,
sicuro!” Esordì vagamente imbarazzato Julius, mentre Lily ne approfittava per
avvicinarsi di soppiatto alla cugina.
“Scusa
Rosie, non lo sapevo. Possiamo ancora tornare indietro se vuoi.” Le sussurrò in
un orecchio, sincera, accennando con il capo al ragazzo che le camminava
davanti.
Rose
le gettò una rapida occhiata e, notando la gioia malcelata, si lasciò sfuggire
un sospiro.
“Non
fa niente, Lily.” La tranquillizzò, ma prima che potessero aggiungere altro la
voce di Michael le aveva già separate.
“Rose!
Ah, ecco dove ti eri cacciata!” Esclamò contento, mentre le agguantava il
braccio in una stretta vigorosa e le sorrideva con la stessa energia.
Lily
le gettò un’occhiata dispiaciuta, ma Rose le fece cenno di non preoccuparsi
quando vide Julius affiancarsi a lei. Non era poi la fine del mondo infondo, si
ripeté. Sempre meglio di Scorpius Malfoy, comunque.
“A
proposito, ti ho vista spesso in giro a fare turni di guardia in queste notti.
Come mai?” Domandò all’improvviso Michael, accigliandosi.
Al
che la ragazza rischiò quasi di rimanerci, soffocata dalla sua stessa saliva.
Doveva
essere la giornata delle domande disarmanti, quella. Prima Albus, che aveva
insistito ad andare con loro ad Hogsmeade fino a quando lei non era stata
costretta a buttar fuori che era Lily che andava con lei per un suo appuntamento. Adesso Michael, che a
quanto pareva aveva notato i turni in surplus che un certo Prefetto
scansafatiche e despota le obbligava a fare.
Prima
della fine, sarebbe crollata, lo sentiva.
“Ehm,
sai come sono. Mi piace rendermi utile.” Tentò di districarsi da quella
sgradevole situazione facendo leva sul senso di responsabilità insito nel
Tassorosso il quale, per sua fortuna, parve abboccare appieno.
“L’avevo
pensato.” Confessò, entusiasta. “Ti svelerò una cosa, Rose: io e te siamo
identici. Dico davvero!”
“Oh,
wow … Che bello …” Mormorò appena lei, evitando per un soffio di fare
retromarcia e tornarsene al castello, preferibilmente in biblioteca.
Meno
male solo che Lily pareva divertirsi in compagnia di Julius, altrimenti sì che
c’avrebbe pensato sul serio. Forse era solo lei ad aver beccato il fratello
sbagliato. A giudicare dal modo in cui la cugina stava ridendo, senza il forse.
Per
un istante, mentre Michael si tuffava in un avvincente resoconto degli studenti
che si era visto costretto a punire la sera precedente, Rose pensò che era
piuttosto strano non aver sentito Scorpius quel giorno. Cioè, niente temi da
scrivere, o consegne da fare, o richieste bizzarre … Magari non si era ancora
svegliato. Magari aveva trovato
qualche stupida ochetta per scaldarsi il letto. Non che la cosa le
interessasse, in ogni caso, era soltanto una considerazione ingenua e senza
secondi fini. Magari aveva deciso di porre fine a quell’idiozia, e quella sì
che sarebbe stata una buona notizia …
Buona,
ma impossibile.
Decisamente.
“Ehi
Rose, mi ascolti?”
“Sì,
certo Michael. Continua pure.”
~
Albus
sbuffò sonoramente, mentre la scia di capelli castagna di sua cugina scompariva
oltre le porte di Hogwarts.
Non
riusciva a credere che Rose l’avesse bidonato per un appuntamento, tanto più se
il ragazzo in questione era niente di meno che Michael Grays. Diamine, Michael Grays! Lei era molto più
intelligente, carina e interessante di Michael Grays!
O
forse no, altrimenti non avrebbe accettato di uscire con lui … o no?
-Oh, smettila Albus, sei ridicolo.- Si
rimproverò tra sé e sé, passandosi stancamente una mano nei capelli mori,
scompigliandoli più di quanto già non fossero.
Per
fortuna ad interrompere quella spossante pseudo psicanalisi, sopraggiunse la
voce allegra di Hugo. Avendo deciso a sua volta di rimanersene al castello
piuttosto che andare ad Hogsmeade con quegli sgangherati dei suoi amici ed
essendo stato a sua volta bidonato da Lily, il quindicenne si era messo
d’accordo col cugino per fare due tiri a Quidditch. In verità Albus era
Cercatore, ma da suo padre e dai suoi numerosi zii aveva appreso anche
l’abilità del Cacciatore, perciò non si faceva problemi ad aiutare Hugo ad allenarsi
con i tiri a porta.
“Allora,
andiamo?” Domandò con il solito buonumore il ragazzino, ed Albus non poté fare
a meno di invidiarlo: ma dove la trovava tutta quell’euforia?
Probabilmente
era solo lui che quel giorno vedeva tutto in negativo.
“Certo.”
Annuì grave Albus, seguendo Hugo lungo i corridoi della scuola.
“Rose
e Lily se ne sono già andate?”
“Sì.”
Confermò tetro l’altro.
“Con
chi?” Volle informarsi Hugo per pura curiosità.
“Michael
Grays e il fratello. Rose aveva vergogna ad uscire da sola e così ha chiesto a
Lily di accompagnarla.”
Hugo
annuì, pensieroso, prima di fare una smorfia.
“Devo
dire a mia sorella di sceglierseli meglio i pretendenti. Ti immagini ai pranzi
di Natale con papà e Michael Grays allo stesso tavolo?” Ridacchiò divertito, fantasticando
sulla scena che aveva del bizzarro.
Albus
annuì, ma contrariamente al cugino non ci trovò proprio nulla di cui sorridere.
A lui il pensiero faceva ribrezzo, ma, chiaramente, era lui ad essere stonato.
Quel giorno più di tutti.
“Hai
parlato con Madama Bumb? E col professor Paciock?”
“Sì,
hanno detto che non ci sono problemi se ci alleniamo.”
“Meno
male, al-” Ma Hugo non riuscì a terminare la frase perché il tonfo di qualcosa
di metallico che cadeva a terra nascose il resto della frase.
“Ma
che diavolo …?” Albus si girò di scatto, spaurito, subito imitato dal cugino
per scoprire che il rumore era stato provocato dalla caduta di un’armatura.
Ciò
che li lasciò più allibiti, comunque, non fu tanto il ritrovarsi il copricapo a
pochi centimetri di distanza dai loro piedi, quanto piuttosto il notare una
figura mingherlina lunga distesa addosso al resto della corazza.
I
due cugini si gettarono un’occhiata reciproca, prima di avanzare in
contemporanea ad aiutare la ragazzina ancora a terra.
“Ehm,
ti sei fatta male?” Azzardò a chiederle Hugo porgendole una mano, mentre Albus
recuperava i pezzi dispersi.
La
malcapitata al suono della sua voce riapparve tra la cascata di capelli castano
chiari, mostrando così due incredibili occhi azzurro tenue.
Nel
momento stesso in cui incrociò lo sguardo chiaro di Hugo, la ragazzina si
colorò di un acceso bordeaux e, spalancando la bocca, lasciò intendere
un’espressione terrorizzata, quasi si fosse appena scontrata con il suo peggior
incubo o qualcosa del genere.
Lui
la fissò, dapprima con un sorriso affabile, poi con un’aria basita visto che
lei non si decideva né a muoversi né a parlare. Quindi fece per dire qualcosa
anche se non sapeva bene cosa, ma la fanciulla in uno scatto di reni si era già
rialzata e, tra il rossore generale, lo guardava come trasognata.
“S-
Scusa!” Biascicò infine, prima di voltarsi e correre quanto più velocemente
possibile, lasciando un interdetto Hugo ed un basito Albus a fissare la chioma
dei suoi capelli farsi sempre più distante.
“Ma
… Ma che le è preso?” Chiese infine il moro, che intanto aveva risistemato con
un colpo di bacchetta l’armatura.
Hugo,
rialzandosi, scosse il capo mentre si spolverava i pantaloni.
“Boh.
È già la terza volta stamattina che la sorprendo a seguirmi. Credo sia un po’ …
beh, sai.” Disse, disegnando con l’indice centri lungo la tempia.
“Oh,
quello.” Capì al volo Albus, che in effetti un po’ di quella sensazione di
matteria l’aveva avuta, ma poi ripensando a cosa avrebbe potuto dire Rose in
proposito si ricredette. “Forse è solo molto timida.”
“Uhm.”
Scrollò le spalle Hugo, indeciso.
“Sai
come si chiama?”
“Fa
di cognome Tyler. Lo so perché se non sbaglio è del mio stesso anno.”
“Se
non sbagli?” Ripeté sbigottito Albus. “Come sarebbe?”
“Sarebbe
che non ne sono sicuro, okay?”
“Ma
almeno sai di che Casa è?”
Hugo
lo guardò bieco; non gli piacevano quelle insinuazioni sulla sua presunta
disattenzione.
“Sì
che lo so. È di Grifondoro.”
Al
che Albus proprio non riuscì ad impedirsi di fermarsi – intanto erano arrivati
al portone principale – e di guardarlo stralunato.
“Cioè,
è della nostra Casa, del tuo anno, e
tu non sai neppure come si chiama?”
Hugo
avvampò. “Ehi, non è colpa mia se non parla mai!”
“Lily
ha ragione: sei peggio di tua sorella a distrazione.” Assentì invece Albus,
serio, ricevendo per questo una pacca poco amichevole sulla spalla.
“Smettila!”
“Di
fare cosa?”
“Di
fare il cretino! E poi dici di non assomigliare a James!”
“Ma
questo-”
“Potter!”
Sentendosi
chiamare, Albus si dimenticò per un momento della discussione aperta con il
cugino e si girò ad aspettare che Scorpius lo raggiungesse. A giudicare dal suo
sguardo, doveva essersi appena svegliato. E, con ogni probabilità, non aveva
dormito poi questo granché.
“Malfoy.
Qual buon vento ti porta qui?” Lo accolse beffardo, ma non offensivo, il moro
quando quello gli fu ormai a pochi passi di distanza.
Per
tutta risposta Scorpius fece una smorfia incomprensibile, le mani affondate
nelle tasche di retro del jeans scuro. “Dov’è la Weasley?”
Albus
alzò un sopracciglio, mentre Hugo seguiva la scena in silenzio.
“Chi,
Rose?”
“Lei.
Allora, dov’è?”
Alla
domanda, senza alcuna ragione apparente e in maniera appena percettibile, il
volto di Albus si oscurò. “Oh, beh, è a Hogsmeade. Aveva un appuntamento.”
“Un
appuntamento?” Ripeté Scorpius, quasi
che la parola non rientrasse abbastanza nel suo vocabolario.
“Già.”
Confermò cereo l’altro. “Perché?”
Il
biondo scosse il capo. “Problemi con dei ragazzini del primo anno.” La buttò
lì; era un esperto nel mentire e di certo non si faceva tanti problemi a farlo.
“Ah.
Allora dovrai fare da te, visto che è uscita con Michael Grays.” Sparò a zero
Albus, che evidentemente non gli era ancora andato giù il fatto.
Scorpius,
sorprendentemente, sembrò rimanere stupito dalla notizia. Ma poi il moro pensò
che infondo era normale, anche per lui. Insomma, Rose Weasley e Michael Grays
erano ridicoli almeno quanto un Troll e una mezzo-gigante!
Ma
Malfoy si riscosse subito, come d’abitudine. Già l’aver mostrato un’espressione
diversa da quella fredda di sempre era un bel passo avanti. Dovuto solo alla
stranezza della situazione, per altro.
“Ci
si vede, Potter.” Mormorò quindi, annuendo appena, prima di voltarsi e
scivolare via con quel passo particolare che tanto lo contraddistingueva.
Albus
rimase per la terza volta come interdetto a fissare una schiena allontanarsi,
prima di scuotere il capo e voltarsi verso Hugo, che se ne stava ancora in
disparte a rimuginare su chissà quali pensieri.
“Che
hai?” Gli domandò curioso, alzando un sopracciglio.
Il
ragazzo si ridestò dal semi-trance in cui era caduto per scuotere il capo.
“Niente,
niente, mi era solo parso … Bah, lascia stare!” Sventolò una mano a voler
scacciare ogni dubbio che, doveva ammetterlo lui per primo, non aveva alcuna
fondatezza né ragione di esistere.
Dopodiché
si girò verso il campo da Quidditch e, sfidando il cugino a superarlo, iniziò
una corsa all’ultimo arrivato che Albus accettò al volo, rivelando i rispettivi
geni paterni di Ron Weasley e Harry Potter.
~
- È. Assolutamente. Inconcepibile.-
Scorpius stava camminando a testa alta per i corridoi di Hogwarts, gettando
occhiate di fuoco a chiunque gli fosse a tiro.
Si
sentiva talmente nervoso che avrebbe volentieri spaccato la faccia a qualcuno
e, in effetti, aveva anche una certa idea sul chi menare le mani.
Fortunatamente nessuno pensò sano ostacolargli la via ai sotterrai dove
risiedeva il dormitorio dei Serpeverde e addirittura un gruppetto gli fece
largo per passare nella Sala Comune prima ancora che lui si avvicinasse. Ma una
volta dentro, il malumore di Scorpius non era passato per niente.
Sapeva
già perfettamente cosa fare e di sicuro non avrebbe dovuto perdere tutto quel
tempo inutile, se solo non avesse lasciato il giubbino in camera. D’altronde,
quando era uscito dai dormitori, non aveva avuto la benché minima intuizione
che la Weasley non si sarebbe fatta trovare per uscire con quell’idiota di
Grays. Il che, per inciso, avrebbe giocato a suo svantaggio per la prossima
settimana, così imparava ad andarsi a divertire senza avere la decenza di
avvertirlo, pur sapendo che ormai lei era sotto la sua stretta dipendenza.
“Ehi,
cugino!” Ottavius sbucò dal cumulo di coperte semi-addormentato quando Scorpius
foce irruzione in camera. “Che stai facendo?”
“Non
lo vedi?” Lo rimbeccò duro il biondo. “Esco. Vado a Hogsmeade.”
“Adesso?”
Ottavius sembrava un tantino sbalordito e a ragione tra l’altro, giacché si era
visto svegliare di soprassalto dal blitz dell’altro che cercava ferocemente
qualcosa dal fondo del baule.
Scorpius
non si era neppure fermato dalla ricerca che stava facendo, ma Ottavius non se
ne preoccupò e, balzando in piedi, stava già cercando dei pantaloni da mettere.
“Puoi
scommetterci! Anche se pensavo che saremmo rimasti qui, oggi, perché tu avevi
detto che non v-”
“Lo
so. Muoviti e basta.” Lo interruppe Malfoy, fin troppo di malumore per mettersi
a pensare a cosa avesse detto o meno.
Il
cugino lo guardò per un istante come trasognato, prima di scrollare le spalle e
riprendere a vestirsi. Mentre infilava la t-shirt ricordò vagamente che quella
mattina Scorpius non gli era sembrato tanto di umore nero, tuttavia non era
neppure conosciuto per la sua calma. Perciò tralasciò ogni dettaglio e si
apprestò ad infilare le scarpe, ben sapendo che l’altro non l’avrebbe aspettato
un secondo di più.
“Edmund?”
S’informò nonostante un certo disinteresse Scorpius, che aveva distrattamente
notato l’assenza del ragazzo.
“Non
c’è. È uscito con una.”
“Hai
fatto?” Cambiò discorso il biondo che aveva appena ritrovato il giubbino, dando
segno di aver a mala pena ascoltato la risposta del cugino mentre si avviava a
grandi falcate verso la porta.
“Sì,
sì. Arrivo.” Saltò su Ottavius, una scarpa mezza slacciata, prima di afferrare
di corsa il giubbotto ed uscire difilato dal dormitorio, tallonando Scorpius
che aveva già raggiunto la Sala Comune.
Nonostante
non ne capisse né il motivo né la fretta, Higgs si dimostrò piuttosto
transigente e lo seguì per tutta la strada verso Hogsmeade senza emettere
verbo.
Sapeva
già per esperienza diretta che quando il cugino era di così pessimo umore,
meglio lasciare da parte ogni parola e aspettare che sbollisse da solo. In
quello aveva preso senza ombra di dubbio da suo padre, Draco Malfoy, perché la
zia Astoria era troppo posata per stravolgimenti simili. In effetti Scorpius
non aveva quasi nulla della madre, a parte forse qualche impercettibile
somiglianza fisica tipo la forma del naso.
Tutti
quegli sciocchi pensieri, comunque, cascarono all’istante non appena la
cittadina magica si affacciò dinanzi ai loro occhi.
Scorpius
si fermò un istante, pensoso, prima di riprendere la camminata là dove l’aveva
interrotta e Ottavius, in una nuvola di sospiri, era già dietro di lui.
“Dove
andiamo?” Si azzardò infine a domandare, dopo tutto quel silenzio.
Non
era abituato al silenzio, con una madre come la sua; né gli piaceva, d’altra
parte.
“Ai
Tre Manici di Scopa.” Rispose sicuro Scorpius, senza tuttavia degnarlo di uno
sguardo, con il volto ancora adombrato dalla nuvola del malumore.
“Ah.
Senti, non è che posso raggiungerti dopo?”
Il
biondo si fermò e, finalmente, si voltò a fissarlo. “Che devi fare?”
“Hai
presente quella ragazza del sesto anno? È lì.” Spiegò, accennando con il capo
ad una brunetta dall’aria maliziosa.
Scorpius
ne seguì la direzione e non riuscì a trattenere una smorfia disgustata
nell’accorgersi del tipo: spudorata e alla mano. Odiava quel tipo, anche se non
ci trovava nulla di male a voler condividerci qualche notte assieme. Forse la
Weasley aveva ragione a dire che era un bastardo …
“Và
pure, levati dai piedi.” Lo spintonò ad allontanarsi quindi, fingendosi offeso.
Ottavius
sorrise, grato. “Ti devo un favore, cugino!” Si defilò, lasciandolo solo.
Scorpius
sospirò, poi passandosi una mano dietro la nuca, si avviò a passo deciso verso
il pub più ambito dagli studenti di Hogwarts. Aveva già in mente due, o tre
punizioni per la Weasley, senza contare il surplus di compiti che le avrebbe
affibbiato quella settimana, quando si accorse di essere arrivato. I Tre Manici
di Scopa.
Senza
indugiare, come gli era congeniale, spinse la porta e si fece largo tra la
calca di ragazzini, tenendo lo sguardo sempre puntato sulla sala alla ricerca
di una persona in particolare.
La
trovò lì, seduta tra Lily Potter e quel cretino di Michael Grays, mentre
sorseggiava con scarso interesse una Burrobirra.
-A noi due, Weasley.-
~
“Non
avrei mai sospettato che il preside Doge avesse pensato a me come Caposcuola.
Ovviamente ho fatto un buon lavoro da Prefetto di Tassorosso, non è per
vantarmi, ma quando mi è arrivata la lettera ero scioccato. E poi ho scoperto
che l’altro Caposcuola eri tu. Non è sconvolgente?”
Michael
la guardò raggiante, pieno di aspettative, e Rose, sebbene non avesse ascoltato
una parola di quel ritornello che la perseguitava dall’inizio dell’anno,
azzardò ad un sorriso di circostanza.
“E
tu?” Decise allora di renderla più attiva nel discorso lui, all’improvviso,
dopo tante chiacchiere vanesie e vuote. “Come hai preso la notizia che saresti
diventata Caposcuola?”
La
domanda la spiazzò per un istante, costringendola a bere un sorso di Burrobirra
per recuperare tempo, e nel rispondergli mantenne comunque lo sguardo incollato
al boccale.
“Ehm
… Scioccata … sconvolta … più o meno come te.” Mormorò appena, a disagio.
Altre
bugie. Ormai sembravano essere diventate parte integrante della sua vita. Ma
allora perché non riusciva a sentirsi meglio per questo?
“Immagino,
immagino.” Annuì grave Michael, per poi ingoiare un bel sorso del liquido
ambrato che aveva ordinato.
Rose
ne approfittò per controllare oltre che visivamente anche in maniera uditiva
come procedeva l’appuntamento della cugina.
Da
quando erano usciti per quell’insolito appuntamento a quattro, i capelli biondo
fieno di Julius erano divenuti ancor più arruffati, segno di un evidente
nervosismo che lo portava a scombinarli ogni due per tre. Ciò nonostante
sembrava piuttosto a proprio agio in compagnia di Lily, che adesso stava
ridacchiando per una qualche battuta del Tassorosso. Lui le teneva timido una
mano su un polso, quasi incerto, e di tanto in tanto la fissava terrorizzato
che lei potesse offendersi per quel gesto.
Rose
la trovò una cosa molto carina e decisamente invidiabile.
Era
davvero felice per Lily, perché Julius le era sembrato sin da subito un tipo
apposto, con il quale ridere e scherzare. Non era narcisista né petulante come
Michael, il che lasciava intendere che era lei ad aver sbagliato fratello, a
quanto pareva. E poi erano carini, Lily e Julius: lei rossa, lui biondastro;
lei energica, lui modesto.
Perciò,
qualsiasi piega tediosa avrebbe preso il suo pseudo appuntamento, ne sarebbe in
ogni caso valsa la pena.
“Ti
ho mai raccontato di quella volta che ho salvato quel ragazzo di prima dalle
acque del Lago Nero?”
Rose
pensò che sì, l’aveva fatto, almeno cento volte, ma sapeva che sarebbe stato
perfettamente inutile, che lui l’avrebbe detto comunque perciò lasciò correre.
Michael
aveva ripreso la dettagliata descrizione della sua eroica impresa e lei stava
per rituffarsi nella Burrobirra quando avvertì distintamente due occhi puntati
addosso, glaciali come solo quelli di una certa persona sapevano essere. Perciò
quando alzò il capo, calamitata dall’attrattiva di quello sguardo, sapeva già
chi si sarebbe trovata dinanzi, eppure questo non le impedì di stupirsene lo
stesso. Scorpius Malfoy la fissava da poco lontano, rigido e duro persino più
del solito, e mentre le faceva cenno con la testa di seguirlo all’esterno del
locale, Rose sentì un brivido lungo tutta la colonna vertebrale.
“Scusami,
Michael, vado un attimo a …” Scosse il capo, a corto di bugie. “Vengo subito.”
Lasciando
perdere eventuali spiegazioni e ignorando lo sguardo basito del ragazzo, Rose
si alzò e, tra i vari borbottii di scusa, si fece spazio fino ad uscire dai Tre
Manici di Scopa.
“Allora?
Mi spieghi perché mi hai fatta uscire?” Domandò seccata non appena la porta del
locale si fu richiusa alle sue spalle.
C’era
il sole ma l’aria era abbastanza fresca e lei, chiaramente, non aveva il
giubbino. Come se non bastasse Scorpius aveva deciso di erogarsi un’altra parte
del suo buonumore già pesantemente provato dalle chiacchiere continue di
Michael. Perciò non c’era di che meravigliarsi se il suo livello di pazienza
per quel giorno rasentava infimi gradi.
“Esci
con Michael Grays adesso?” Le abbaiò contro lui all’improvviso, girandosi di
scatto ed avvicinandosi minaccioso a lei, che si sentì ancora più piccola di
quanto già non fosse sotto il peso dei suoi occhi dardeggianti.
“M-
Ma io … Veramente …” Biascicò, intimorita; in tanti anni da che lo conosceva,
non ricordava di averlo mai visto così furente, o almeno non con lei.
Ironico
sì, nervoso anche, divertito poi … ma arrabbiato no, quello mai. Doveva
preoccuparsi? Provò a ripercorrere le sue azioni dei giorni precedenti, ma non
le sembrava ci fosse stato qualcosa in grado di giustificare un simile
atteggiamento nei suoi confronti. Forse era solo impazzito. Schizzato sarebbe
stato più preciso a giudicare dal modo in cui serrava la mascella spigolosa.
“Sì
che non sei mai stata tanto metodica in fatto di ragazzi, ma non pensavo
riuscissi a scendere a così bassi livelli Weasley.” Le sputò addosso con voce
fredda, che mal si accordava alla rabbia covata dentro e visibile attraverso gli
occhi grigi.
Rose
retrocedette di un passo per un istinto automatico, spaventata dalla ferocia
che riusciva a leggergli addosso. Ciò nonostante il suo cervello riusciva a
ragionare ancora abbastanza bene per non accorgersi dell’insulto. Del pesante insulto.
“Almeno
io non vado a letto con la prima che capita.” Ribatté, a tono, nonostante i
brividi che la spietatezza di lui riusciva a provocarle.
A
quelle parole Scorpius scoppiò in una risata che di genuino aveva ben poco,
fredda come il suo cuore.
“Questa
è bella! Sei per caso gelosa, Weasley?” La provocò, seducente e crudele
insieme.
Intanto
le si era avvicinato con aria di sfida fino a poggiarle una mano su una spalla
e con uno strattone la spinse ad accostarsi al suo viso in modo da poter
sfiorare con le proprie labbra l’orecchio destro, ormai bordeaux, di lei.
“Non
ti starai innamorando di me, Rose.”
Sentire
il suo nome pronunciato sibilante dalla voce fattasi sensuale di lui, le
provocò una serie di tremiti completamente differenti da quelli spaventati di
poco prima, che si andavano ad aggiungere ad un ritmo cardiaco atipico e ad
inquietanti sfarfallii continui nello stomaco per triplicarne l’intensità.
Rose
chiuse gli occhi, contando mentalmente fino a dieci per obbligarsi a recuperare
un minimo di autocontrollo. Si sentiva del tutto disorientata e la cosa le
piaceva sempre meno perché sapeva che la colpa era da indurre soltanto a
Scorpius. Una parte del suo raziocinio le ricordava con in fibrillazione di
stare commettendo il più grande errore della sua vita a farsi vedere tanto
disarmata agli occhi del suo incubo personale, ma la parte emotiva, quella che
di rado veniva fuori, voleva soltanto lasciarsi andare tra quelle braccia
muscolose.
“No!”
Il pensiero bastò a mandarla in tilt e a darle la forza di allontanare, brusca,
Scorpius da sé.
Lui
la fissò, impenetrabile, e lei dovette abbassare lo sguardo, con il fiatone
quasi avesse corso per miglia. Si sentiva destabilizzata, senza forza e al
limite della sopportazione umana. Gli occhi le bruciavano e le guance erano in
fiamme, ma la cosa peggiore era prendere coscienza del senso di perdita
apertosi come una voragine nel suo petto.
Scorpius
la guardò ancora a lungo, la freddezza di sempre ormai del tutto ritrovata,
prima di affondare le mani nelle tasche come era solito fare quando intendeva
troncare lì la questione.
“Quando
esci, voglio saperlo. Tu non fai un
passo senza che io ne sia al corrente, chiaro? Non voglio svegliarmi mai più e
sapere che sei andata a divertirti con qualcuno.” Fece una smorfia nel dirlo,
ripensando a quel demente di Michael Grays.
Rose
avvertì una pesante dose di possessione nelle parole di lui e la cosa le fece
scattare una furia imprevedibile dentro, perché in qualche modo il ragazzo
riusciva sempre a farla sentire umiliata relegandola a mero oggetto da
schiavizzare a proprio piacimento.
“La
mia vita non ti riguarda, Malfoy! Tu non sei nessuno per ordinarmi cosa devo
fare!” Gli urlò contro lei, indispettita.
Ormai
era bordeaux, solo che stavolta non per l’imbarazzo quanto per ira repressa e
per tutta la spossante giornata che era stata costretta a sopportare fino a
quel momento, monologhi di Michael inclusi.
“Forse
non ci siamo capiti bene, Weasley.” Scosse il capo lui, calmo, per poi fissarla
con intensità crescente. “Tu continua ad avere questo atteggiamento, e tuo
padre assieme al giornale si ritroverà con la foto della sua piccola bambina
mentre bacia il figlio del suo più
acerrimo nemico, e ti giuro che non è uno scherzo. Tu sai che ne sono capace.”
Ovviamente lo
sapeva, o non si sarebbe messa a fargli da sguattera per un’intera settimana,
svilendo se stessa.
Tuttavia
udirlo di nuovo fu peggio di un pugno allo stomaco e il dolore, di certo, molto
più intenso e profondo. Sentì la rabbia scivolare via e una spossatezza
infinita prenderne il posto. Adesso sapeva come ci si sentiva ad avere le mani
legate e non era bello, non lo era affatto.
Lo
seguì con lo sguardo mentre si allontanava da lei, senza alcun saluto, e fu
solo per un’instancabile forza di volontà che s’impedì di piangere. Avrebbe
voluto rincorrerlo e prendere a pugni quella sua faccia perfetta, colpire ogni
centimetro di pelle visibile fino a quando non fosse svenuta. Avrebbe voluto
detestarlo e basta, ma c’era qualcos’altro che bruciava dentro e che era
impossibile da ignorare.
Perciò
non le rimase che accantonare ogni desiderio, stringersi nella felpa e prendere
un bel respiro, prima di ritornare nel pub dove con ogni probabilità Michael la
stava aspettando per raccontarle l’ennesimo aneddoto della sua spettacolare
carriera da Prefetto prima, Caposcuola poi.
~
Dopo
aver passato uno dei peggiori giorni della sua vita, Rose fu molto contenta di
ritornarsene ad Hogwarts. All’ingresso lei e Lily lasciarono i loro cavalieri
per dirigersi verso la Sala Comune e la cugina ne approfittò per raccontarle un
paio di espedienti sul suo appuntamento con Julius. Il tutto contornato da un
sorriso raggiante che si andava a scontrare con l’espressione scossa del viso
di Rose.
“Oh
Rosie, credo proprio che mi sono innamorata!” Esordì ad un certo punti Lily,
felicissima. “Julius è stato fantastico, l’hai visto anche tu, no? Mi dispiace
solo che tu non ti sia divertita …”
Vedendola
rattristarsi per lei, Rose si premurò di circondarle affettuosa le spalle. “Mi
ha fatto piacere aiutarti, Lily. E comunque non è andata poi così male!”
“Davvero?”
-È andata peggio.-
Avrebbe voluto rispondere, tuttavia ritenne più opportuno tenere per sé il
pensiero.
“Davvero.”
“Grazie,
Rosie. Sul serio, non so come farei senza di te!” La abbracciò di slancio Lily,
che la superava di almeno un palmo nonostante i due anni di differenza.
“Vorrà
dire che un giorno mi ripagherai!” Le fece l’occhiolino l’altra non appena si
furono separate, complice.
La
rossa rise, divertita, toccando il cielo con un dito. “Puoi contarci!”
“Ehi
Rose, com’è andato l’appuntamento con Michael Grays?”
Le
due ragazze si voltarono giusto in tempo per scorgere Hugo avanzare divertito
verso di loro. Per istinto Lily gettò un’occhiata supplice alla cugina che,
senza il bisogno di parole, aveva già deciso cosa fare. Una promessa era una
promessa e lei aveva giurato di non dire niente ai ragazzi circa l’origine di
quell’uscita.
“Stupendamente.”
Rispose, sforzandosi di apparire convincente e riempiendo il tutto con un
sorriso tirato.
“Perciò
ci uscirai di nuovo? Devo iniziare a chiamarlo cognato, o cosa?” Continuò
ironico il fratello, sulla stessa linea di prima e senza alcuna intenzione di
demordere.
Quando
gli capitava un’altra occasione ghiotta come quella? Diavolo, Rose e Michael
Grays! Doveva per forza prenderla in
giro, era insito nel suo dna Weasley e i suoi maestri, James e Fred, ci sarebbero
rimasti male se non l’avesse fatto.
“Non
devi iniziare a fare niente, Hugo. L’appuntamento è finito, perciò stop. Basta
parlarne.” Sentenziò, rabbrividendo al pensiero di dover definire quella specie
di uscita con il vocabolo appuntamento, che poco rendeva l’idea di ciò che era
effettivamente successo.
“Eddai
Rose! Non puoi negarmi i dettagli!” La supplicò quasi il ragazzo, aggrappandosi
al braccio della sorella e guardandola con occhi da cucciolo, quelli che
utilizzava sempre quando voleva ottenere qualcosa.
“Sì
che posso, invece.”
“Hugo,
dai, smettila di stressare tua sorella.” S’intromise Lily, che era troppo grata
alla cugina per non correrle in soccorso.
“Umpf,
e va bene.” Cedette lui, sbuffando sonoramente.
Come
James gli aveva insegnato, non era mai una buona cosa mettersi a combattere
contro due Weasley, specie se donne.
“Dove
stavate andando?”
“A
posare i giubbini per andare a mangiare. Tu?”
“In
Sala Grande. Ho una fame …!” Si massaggiò la pancia Hugo, mentre la sorella
alzava gli occhi al cielo.
Entrambe
avevano ereditato dal padre quella tendenza a volersi rimpinzare lo stomaco
ogni quarto d’ora, tanto che la mamma li definiva in modo più semplice dei pozzi senza fondo, ma grazie al cielo
tutti e due potevano contare sullo stesso metabolismo accelerato che aveva
impedito a Ron di non ingrassare mai in tutti quegli anni.
Proprio
in quel momento, da uno dei corridoi in fondo, sbucò la figura agile del
professor Vitious e ad un primo acchito sembrava puntare proprio a loro.
“Caposcuola
Weasley, dovrei parlarle.”
La
sensazione a quanto pareva era giusta e, gettando occhiate perplesse a Lily e a
Hugo, Rose fece loro cenno di andare pure avanti. Da sola con lui, la ragazza
non poté evitare di indossare un’espressione stupita, quasi stralunata. Non
aveva la benché minima idea di cosa volesse il professore di Incantesimi da
lei.
“Le
dirò che sono molto deluso di lei signorina per una tale dimenticanza. Non mi
sarei mai aspettato un errore simile e non vorrei vedermi costretto a ritirare
l’enorme fiducia che ho riposto in lei, perciò mi auguro che un evento simile
non si ripeta mai più.”
Rose
non riusciva a seguire affatto il discorso o dove il professore volesse andare
a parare, però a giudicare dal volto adombrato di Vitious era decisamente
meglio non interromperlo.
“Fortunatamente
tutti gli studenti del terzo sono ritornati a Hogwarts senza inconvenienti, ma
lei mi capirà se non posso tirare un sospiro di sollievo. Una cosa del genere
non si è mai vista ad Hogwarts e per quanto sia certo che si sia trattato
soltanto di una defaillance del momento, non ho potuto comunque lasciare la
cosa fine a se stessa. Ho già provveduto a parlarne con il professor Paciock,
perciò se-”
“Ehm,
mi scusi ma …” Del tutto nel pallone, la ragazza decise bene che era arrivato
il momento opportuno per svelargli i propri dilemmi in merito alla faccenda. “Credo
di non riuscire a seguirla, professore.”
Vitious
la guardò basito per qualche istante, incerto su come reputare la cosa, ma poi
notando la sincerità nei suoi occhi castagna, intuì che Rose davvero non aveva
afferrato per bene la questione.
Sospirò.
“Signorina Weasley, in qualità di Caposcuola lei ha il dovere di assicurarsi che tutti gli studenti del terzo anno che
aderiscano alle gite ad Hogsmeade, facciano poi ritorno effettivo ad Hogwarts.”
“Questo
lo so, ma i Prefetti di Corvonero avevano-”
Rose
si bloccò, scioccata e impietrita, mentre un viso conosciuto la guardava
derisorio dal corridoio sul fondo.
-Malfoy.-
Avrebbe dovuto immaginarselo; come aveva fatto a non capire che dietro tutto
quello c’era il suo zampino? Cos’era? Un modo per fargliela pagare dell’uscita?
Quel farabutto … Doveva essere andato dritto dai Prefetti di Corvonero, che
avevano il compito preciso di preoccuparsi del ritorno a scuola degli studenti
dei terzi anni, e aveva detto loro di non preoccuparsi, che ci avrebbe pensato laWeasley
a farlo …
-Che bastardo …-
Sentiva
le lacrime bruciarle gli occhi, ma per principio evitava di mostrarsi tanto
fragile agli altri, perciò con uno sforzo enorme represse qualsiasi istinto
vittimistico o omicida del momento.
“Ha
ragione, professor Vitious.” Si vide quindi costretta a dire, con il cuore in
gola e un nodo allo stomaco. “Non succederà mai più, gliel’assicuro.”
Il
professore, sentendo le parole che avrebbe voluto udire sin dall’inizio e ben
conoscendo la persona che gli era dinanzi, sorrise compiaciuto. “Ne sono certo.
Mi raccomando, si ricordi di recarsi dal professor Paciock a fine pranzo.”
“Sì,
professore.” Annuì ancora Rose, come inebetita dallo shock.
Era
destabilizzante vedere fino a che punto Scorpius riusciva a spingersi pur di
raggiungere i propri scopi. Adesso che lo sapeva la paura che suo padre potesse
davvero ricevere la foto, aumentava a dismisura e bruciava come un tizzone
ardente, fino quasi a soffocarla. La sensazione che avvertì distintamente
mentre il professore si allontanava, fu quella di un topo in trappola.
N/A
Terzo capitolo online. Faccio
una toccata e fuga perché, per quanto me ne duole, devo correre dal dentista. Eh,
già, mi tocca u.u .
Rapidamente volevo
ringraziare la mia adorabile best Sae
per il suo impareggiabile supporto … Sono riuscita a portarti anche qui, alla
fine, eh? ^.- Non sai come gongolo dalla felicità in questo momento! *-*
E un grazie speciale va
anche a ValyBrick, Aurora_Cullen, sigaretta_93, mAd wOrLd e TITTIVALECHAN91.
Lo ripeterò all’infinito
se sarà necessario: grazie! Siete meravigliose,
meravigliose a lasciarmi i vostri pareri. Sono un bello slancio, davvero, e mi
danno modo di sapere quanto della mia visione sia arrivato a voi che leggete. Grazie.
Sul serio, grazie! *-* E ovviamente, grazie anche a tutte le persone che
continuano a seguirmi nella forma di anonimato! ^-^
Beh, scusatemi se scappo
così, senza altre parole, perché come dicevo ho uno di quegli appuntamenti a
cui non vorresti mai andare ma poi sono solo problemi tuoi alla fine.
Non ogni verità è bene
che sveli sicura il suo volto;
e spesso il silenzio è
per l’uomo il miglior proposito.
[Pindaro]
“Muoviti
Weasley, non ho voglia di perdere tempo tutto il giorno con te.”
Scorpius
la precedeva di almeno un paio di metri e Rose dovette resistere non poco per
non scagliare la pila abnorme di libri dalle sue braccia alla faccia di bronzo
del ragazzo. Il che le provocò un istante di cedimento in cui rischiò
seriamente di cadere e di far cascare tutti i tomi a terra. Circostanza
sventata soltanto da un fortuito caso del destino che le consentì di ritrovare
l’equilibrio perso in meno che non si dica.
“Ti
stai divertendo per caso?” Non perse occasione per riprenderla Scorpius.
Era
una sua impressione, o si stava divertendo in modo particolare quel giorno a
sfruttarla?
“Se
tu non mi avessi sobbarcato di libri, non avrei tutti questi problemi di
stabilità, Malfoy.” Gli fece allora notare Rose, che a furia di mordersi la
lingua aveva le bolle.
Scorpius
sogghignò: era esattamente la
risposta che si era aspettato.
“Dovresti
sapere meglio di me che la cultura non bada a limiti, Caposcuola.” La schernì,
sottile come sempre.
Lei
sospirò, incapace di trattenersi oltre. Come faceva ad avere sempre la risposta
pronta? Era un mistero quello per lei.
Erano
ormai trascorse un paio di settimane dalla famosa gita ad Hogsmeade e novembre
si predisponeva a terminare, rivelando temperature sempre più basse e piogge
intense, come si conveniva alla Scozia. Rose aveva dovuto sopportare passiva le
ore di punizione del professor Paciock schedando i vari tipi di piante nella
serra e solo per la sua esemplare condotta – almeno fino a quel momento – aveva
evitato che l’amico di famiglia comunicasse ai suoi genitori lo scotto. Il che
era ingiusto, perché non era stata lei a sbagliare, ma aveva dovuto subire in
silenzio tutte le conseguenze del caso per un banale capriccio di Scorpius
Malfoy.
Ovviamente
Rose non gli aveva rivolto la parola per giorni, ma quando il ragazzo l’aveva
minacciata per l’ennesima volta di mostrare una certa foto ad un elemento della
sua famiglia in particolare, aveva dovuto tirarsi un pizzico e ritornare a
parlargli, per quanto battibeccare in continuazione potesse esserlo.
Ciò
nonostante Scorpius non sembrava esserne ancora soddisfatto e in due settimane
aveva trovato ogni genere di attività da farle fare, incluso il portarle da
parte a parte dei pesantissimi tomi. Rose sospettava che quella pseudo
punizione fosse anche un motivo per tenerla sotto controllo e per impedirle di
ritornare ad Hogsmeade. Come se avesse voluto davvero ritornarci, dopo la
terribile esperienza con Michael Grays!
Oh,
Hugo continuava a prenderla in giro per quell’uscita, chiaro. Una volta che
aveva beccato un’occasione tanto ghiotta, aveva ben deciso di approfittarne per
sbandierare ai quattro venti l’appuntamento tra Caposcuola. Il problema era che
lei non poteva difendersi nemmeno più di tanto in merito, perché aveva promesso
a Lily di non dire niente su lei e Julius onde evitare spiacevoli disguidi con
Albus, perciò era ogni volta al punto di partenza.
“Mi
stavo chiedendo …” Esordì all’improvviso Scorpius, riscuotendola dai propri
pensieri con un sobbalzo che fece oscillare in maniera alquanto pericolosa i
libri in cima.
Era
così sovraccarica, che riusciva a malapena a scorgere la strada.
“…
Non è che Grays se la prende?”
“Che
vuoi dire?”
“Passi
tutto questo tempo con me … È un
tantino sconveniente, non trovi?” La voce lasciava intendere una certa
curiosità, ma dal modo in cui ridacchiava, era palese la derisione.
Rose
per tutta risposta alzò prima gli occhi al cielo, sentendosi ormai perseguitata
da quella storia, poi fece per ribattere a tono, tuttavia all’ultimo ci
ripensò. Meglio cambiare tattica per una volta. Se nessuno riusciva a credere
la verità, allora perché non dare ciò che volevano?!
“Oh,
Michael sa essere molto comprensivo, non preoccuparti.” Disse quindi,
utilizzando di proposito una tonalità smielata.
“Davvero?” Digrignò i denti Scorpius,
stupito e un po’ piccato a dirla tutta, la mascella che si irrigidì assieme
alle mani che si andavano chiudendo a pugno.
“Certo.”
Assicurò Rose, convincente come quando tentava di spiegare ad Albus il motivo
per cui i M.A.G.O. sarebbero stati tanto importanti per il loro futuro. “Voglio
dire, lui è un ragazzo maturo. Non come certe persone di mia conoscenza …”
Fece
cadere volutamente il discorso in modo allusivo, ben sapendo che Scorpius era
abbastanza intelligente da coglierne il resto. Invero, era molto più
intelligente di quello il ragazzo. Lei non c’aveva mai fatto caso, o non aveva
mai voluto, però essendo costretta dal suo ricatto a conviverci tutto quel
tempo affianco aveva dovuto per forza di cose ammettere, almeno con se stessa,
che c’era un gran cumulo di materia grigia sotto quelle ciocche d’oro colato.
Scorpius
difatti ghignò, divertito: trovava interessante il modo in cui lei riusciva
sempre a sfruttare il proprio cervello, anche nel rispondergli con una qualche
battuta.
“Non
è straordinario come maturo riesca ad associarsi con noioso?!” Chiese rivolto quasi a se stesso il ragazzo, lo sguardo
all’apparenza perso nei propri pensieri.
Rose
strinse la presa attorno ai libri, colpita e affondata. “Non lo so, Malfoy. Tu
non mi sembri maturo.”
“Ma
sono noioso.”
“Mettiamola
così: non sei questo gran spasso, ecco.”
Stava
spudoratamente mentendo, perché per quanto lo detestasse, passare del tempo in
sua compagnia era una cosa sempre piuttosto stimolante per la propria psiche.
Però da qui a dargli la soddisfazione di ammetterlo … Oh, doveva correre,
Scorpius!
“Buffo.
Ho sempre pensato che tra noi due fossi tu
quella che trova allettante passare il proprio già scarso tempo libero piegata
su tomi vecchi di un secolo. Ma forse mi sto sbagliando.” Rimase al gioco lui,
punzecchiandola come al suo solito e colpendo il centro, come sempre.
Rose
avvampò e per la prima volta da quando lui le aveva messo in mano tutti quei
libri fuori dal covo di Serpeverde gliene fu grata, perché almeno gli
impedivano di scorgere il proprio impietoso imbarazzo. Che poi non aveva ancora
capito dove dovesse portarli quei volumi, in tutta onestà.
“Forse.”
Ripeté solo, incerta su cosa dire per ribaltare la conversazione a suo favore.
Poi,
decidendo che si era imbucata in un vicolo cieco, optò per una degna ritirata.
“Dove
stiamo andando?”
Scorpius
sorrise vittorioso, senza però degnarla di risposta alcuna. Anche perché
sarebbe stato perfettamente inutile visto che erano in pratica arrivati.
L’enorme portone in legno sfilò dinanzi ai loro occhi con la solita imponenza e
Rose, seminascosta dietro la grossa pila di libri, fu l’unica persona in tutta
Hogwarts in grado di andare a sbatterci lo stesso contro.
Sotto
lo sguardo meravigliato del ragazzo e dietro i suoi occhi spassati, la Weasley
dovette chinarsi a raccogliere volume per volume e fingere al contempo di non
provare un certo dolore al naso, con il quale era sbattuta. Di sicuro era
rosso, comunque. Lo sentiva bruciare e pizzicare talmente tanto che anche gli
occhi le si erano arrossati.
Soprassedendo
su tutte queste spiacevoli sfumature, Rose con la solita dignità recuperò
l’intera mini-biblioteca ambulante che si portava appresso e vi si nascose di
nuovo dietro onde evitare che qualcuno notasse il livido che di sicuro doveva
essersi procacciata.
“Apri
o no?” Lo apostrofò, maledicendosi lei per prima nel constatare il modo in cui
la sua voce s’incrinò.
Scorpius
mostrò un sorriso sghembo, in risposta. “Sei davvero uno spasso, Weasley.”
Ribadì, prima di spalancare con una spinta le porte e rivelare infine la
destinazione del loro piccolo viaggio.
“La
biblioteca?” Rose non riuscì a fare a meno di chiedere, sbucando dal suo sicuro
giaciglio giusto il tempo per verificare il posto in cui lui l’aveva per forza
portata.
“Ottimo
intuito.” La rimbeccò lui, sardonico, per poi ridiventare improvvisamente
serio. “Stamattina mi sono svegliato e ho ricordato di dovere un po’ di libri a
questo posto. Così mi sono detto di approfittare della tua gentilezza.”
Lei
avrebbe voluto gridargli che la sua non era affatto gentilezza, che era la
vittima di un subdolo ricatto e che lo odiava, tuttavia l’espressione
provocatoria del viso di lui le fece capire che avrebbe fatto bene a rispondere
solo se avesse voluto scatenare il suo sadismo. Chiaramente questo non
rientrava nelle sue intenzioni. Perciò non le rimase che ingoiare per
l’ennesima volta amaro ed avviarsi con passo spedito verso il banco dove, ovviamente,
lei avrebbe dovuto riconsegnare i
libri che lui aveva preso in prestito
chissà quanto tempo addietro.
~
“Sul
serio Hugo, dovresti smetterla di prendere in giro tua sorella.”
Avvalendosi
del cambio di lezione e d’aula, Lily ne approfittò per esporre al cugino le
proprie riflessioni in merito alla questione Rose-Michael,
visto che da settimane stava andando avanti e lei se ne sentiva in colpa. Non
solo Rosie le aveva fatto un piacere e continuava a mentire per lei nonostante
tutto, doveva pure beccarsi le frecciatine del fratello e la cosa non le andava
giù. Non era giusto e avrebbe detto lei per prima la verità se solo non ci fosse
stato quel piccolo inconveniente tecnico meglio conosciuto con il nome Albus
Severus.
“Non
capisco perché non vuoi che lo faccia, Lily. Andiamo: è uscita con Michael
Grays! Quando mi ricapita un’occasione simile?!” Fece roteare gli occhi azzurri
Hugo, fingendosi esasperato.
“Si
è trattata di una sola volta e non è stato proprio un appuntamento.” Osservò
critica Lily, che ci teneva a chiarire una volta per tutte quella storia, con
le varie omissioni del caso.
“Ah
no?” Alzò un sopracciglio Hugo con aria dubbiosa. “E allora cos’era?”
“Beh,
era un … Sì, si è trattato di …”
Stava
iniziando a sudare freddo, non sapeva più che pesci pigliare per spiegare la
situazione e di sicuro avrebbe riscontrato un inevitabile esaurimento nervoso
continuando a quel modo.
“Vedi
che ho ragione io?” Le fece notare Hugo, piuttosto compiaciuto di se stesso,
prima di rifarsi incredibilmente pensieroso. “Anche se non credevo che mia
sorella potesse avere gusti simili … Voglio dire: hai visto Michael Grays?! È …
improponibile! Non capisco Julius
come faccia ad essere tanto diverso invece. Magari è stato adottato, che ne
pensi?”
Al
solo sentire pronunciare quel nome, il volto di Lily si chiazzò di un rosso
talmente intenso da riuscire a fare concorrenza con il colore dei suoi capelli.
“Ecco,
io credo che … Ehm …” Non sapeva che dire; per la seconda volta tra l’altro.
-Resisti Lily, resisti!-
S’incoraggiò tra sé e sé, al limite. Odiava mentire ad Hugo, anche perché il
cugino riusciva sempre a farla sentire a disagio quando lo faceva anche se lui
stesso non riusciva a rendersene conto.
“Cavolo,
Julius è in gamba! L’esatto contrario di Michael … Sicuro che sono parenti? E
comunque Rose avrebbe potuto scegliere anche lui, se proprio voleva un Grays.
Okay, magari non hanno la stessa età, però-”
“Sono
stata io!”
Il
soliloquio di Hugo venne bruscamente interrotto dall’urlo di Lily, ferma in
mezzo al corridoio e ormai fucsia dall’imbarazzo.
“Che?”
Si fermò anche il ragazzo, basito. “Sei stata tu a fare … cosa?”
Mordendosi
la lingua per aver parlato troppo e rendendosi conto di non sapere più farsi
indietro, Lily optò per una saggia ammissione di colpa e al diavolo Albus con
le sue paturnie! C’avrebbe pensato dopo, nel caso. Sempre meglio che continuare
a sostenere le confuse illazioni di Hugo, comunque!
“Sono
stata io a chiedere a Rose di accompagnarmi, non … non lei. Io l’ho supplicata
di sopportare Michael, perché avevo un appuntamento con Julius e mi sentivo in
imbarazzo, e … e Albus … Tu sai com’è fatto mio fratello! Avrebbe fatto una
scenata senza fine e comunque non ho fatto nulla di male! Ma Rosie, poverina …
Oh, Hugo, mi dispiace non avertelo detto!” Lily gli si gettò letteralmente tra
le braccia, nonostante l’aria svampita sul volto di lui.
Il
ragazzo infatti era davvero insicuro di aver afferrato la questione. Qualcosa
come Julius e appuntamento, forse … Aveva bisogno di un paio di minuti per
rielaborare le idee. Quando ci riuscì Lily era ancora stretta a lui,
singhiozzante anche se non stava piangendo. Doveva essere stata tutta la tensione
accumulata ad averla fatta reagire così.
“Cioè,
fammi capire bene: ho preso in giro Rose per tutto questo tempo quando eri tu
ad avere un appuntamento?” Domandò infine, una volta che il lento processo di
recupero terminò.
La
rossa allora si staccò da lui, annuendo mesta. “Sì.”
“Con
Julius Grays?”
“Sì.”
“E
lei doveva farti da accompagnatrice?”
“Sì.”
“Con
Michael Grays?”
“Sì.”
Adesso
sì che ci capiva finalmente qualcosa. Insomma: sua sorella non poteva avere davvero simili gusti! Diavolo, infondo
avevano lo stesso dna!
“E
perché io non ne sapevo niente?” Chiese infine, corrugando la fronte,
interrogativo.
Lily
alla domanda si fece piccola piccola e se avesse
potuto, sarebbe finanche scomparsa.
“Scusa
…” Piagnucolò, sfoderando due irresistibili occhioni dolci. “Te l’avrei detto,
ma …”
“Ah,
non fa niente!” Scrollò le spalle Hugo, che già c’aveva messo una pietra sopra.
“Posso almeno prendere in giro Rosie un altro po’?”
Lily
ridacchiò alla richiesta, divertita, ma senza avere la forza di rispondergli.
Gli si aggrappò piuttosto al braccio e, armata di buonumore, lo costrinse a
seguirla verso l’aula di Divinazione.
Il
resto dei Grifondoro del loro anno erano già dentro e Hugo notò con stupore
ingiustificato anche una presenza a cui non aveva mai badato in precedenza.
“Ehi
Lily.” Deciso a saperne qualcosa di più anche su quella questione, si avvicinò
alla cugina inclinando la sedia da un lato.
“Che
c’è?”
“Come
si chiama quella? La Tyler intendo.” Volle sapere Hugo, accennando con il capo
alla ragazzina che timidamente gli gettava occhiate ad intermittenza da un
angolo.
“Chi,
Annie?”
“Annie?”
Ripeté lui; il nome non gli era tanto estraneo alla fine.
Lily annuì. “Annie Evelyn
Tyler. È
stata la prima che abbiamo conosciuto qui a Hogwarts, non te lo ricordi?”
Hugo
corrugò la fronte, pensieroso. “No, veramente.” Ammise, ma prima di poter
aggiungere dell’altro, con gli occhi ancora incollati sul viso paonazzo della
sua inseguitrice, era già entrato
Fiorenzo, pronto per la lezione.
~
“Al,
ti posso parlare un attimo?”
Albus
alzò lo sguardo e rimase piuttosto stupito di notare Dominique con un’aria
nervosa, atipica per lei.
“Ma
certo.” Borbottò, rialzandosi sotto lo sguardo perplesso di Hugo e dei pedoni
della scacchiera magica, che si vedevano abbandonare per una conversazione.
“Bene.”
Lei
lo guidò fino ad un angolo abbastanza isolato della Sala Comune e solo una
volta qui si girò a guardarlo dritto negli occhi verdi.
“Allora?”
Chiese Albus, alzando un sopracciglio con espressione interrogativa.
“Non
ti arrabbiare.” Lo mise in guardia Dominique, prima di continuare. “Si tratta
di Alicia.”
A
quel punto il moro era decisamente
stufo di sentirne parlare. Ormai la cugina tirava in ballo la sua amica ogni
volta che lo vedeva, incurante dei suoi rifiuti. Fu naturale perciò alzare gli
occhi al cielo e pregare che qualcuno lo incenerisse all’istante pur di non
starla a sentire per la millesima volta circa i motivi per cui sarebbe stato
bene con la Davies.
“Vediamo
se indovino: dovrei uscire con lei perché è una bella ragazza, intelligente e …
sì, dolce?” Buttò ad indovinare Albus, che aveva ascoltato la cugina tessere le
qualità della Corvonero fin troppe volte per non essersele imparate a memoria.
Se
fosse stata umana, Dominique sarebbe arrossita, ma siccome non lo era sostenne
il suo sguardo di sfida. “Anche. Ma non è di questo che volevo parlarti.”
“Ah
no?” Adesso era sorpreso, davvero.
“No.”
Denegò lei. “Sabato è il compleanno di Alicia e vorrei che tu …”
“Cosa?
La invitassi ad uscire magari?” Indovinò Albus.
Dominique
lo fulminò. “Non è come pensi. Se non ti piace non ti piace, non mi interessa. Ma
tu devi invitarla ad uscire.”
“Non
è un controsenso?”
“No.”
Assicurò la bionda. “La inviterai come amici e basta.”
“E
perché dovrei farlo?” Incurvò ancora di più il sopracciglio Albus, curioso
soprattutto da quando la cugina aveva promesso di non intromettersi più nelle
sue questioni di cuore.
“Perché
ad Alicia farebbe piacere e perché tu hai bisogno di svagarti un po’.”
Ad
un primo acchito il ragazzo fu tentato di rifiutare, di dire di no, tuttavia
per una bizzarra casualità si concesse qualche istante di tempo per rifletterci
su.
“Sai,
non credo che ne moriresti.” Continuò poco dopo lei, con insistenza. “Se Rose è
uscita viva dal suo appuntamento con Michael Grays, allora c’è speranza per
tutti. Magari non è poi così male.”
La
concessione non parve riscuotere lo stesso successo anche in Albus, che invece
la fissò stralunato. “Michael Grays? Non è male? Michael Grays?”
La
cugina sembrò pensarci per un attimo, prima di scuotere il capo.
“D’accordo,
forse ho esagerato.”
“Forse?”
“Decisamente.” Sbuffò. “Così va meglio?”
“Molto
in effetti.” Sorrise Albus, sincero, sentendosi davvero rinfrancato dal sapere
che Dominique condivideva la sua opinione in merito alla presunta predisposizione
al divertimento di Grays.
“Perciò
cosa ne pensi?”
“Di
chiedere ad Alicia di uscire come amici?”
“Esatto.
Lo farai?”
Albus
abbassò il capo regalandosi ancora qualche minuto per pensare, prima di posare
lo sguardo negli occhi di un azzurro chiarissimo, quasi trasparente, di lei.
“Dopodiché
tu la finirai con questa storia?” Chiese alla fine della sua schematica
valutazione di pro e di contro.
“Promesso.”
“Non
lo so, ci devo pensare.”
“Oh,
andiamo, è il massimo che posso fare!” Sbuffò la biondina, guardandolo severa
come se quelle parole le costassero un pezzo di se stessa.
Dominique
era così restia ad impicciarsi dei fatti altrui, da risultare incredibile il
suo accanimento per quella storia. Ma lei era così, d’altra parte. Quando si
metteva in testa una cosa, niente al mondo riusciva a fermarla. In quello di
sicuro doveva aver preso dalla madre. Per il resto era talmente fredda e
distaccata, che una parentela con gli iceberg veniva spontaneo attribuirgliela.
“D’accordo.” Concesse infine il modo, abbassando
il capo in segno di accondiscendenza. “Diciamo che ci penserò bene, okay?”
Non
era esattamente quello che si era aspettata, ma sempre meglio che niente, no?
~
Da
quando Scorpius aveva deciso di divertirsi sulle sue spalle, le giornate per
Rose erano divenute insolitamente pesanti.
Quella
sera, mentre si buttava a peso morto sul letto, si rese conto di non ricordare
nemmeno più l’ultima volta che aveva avuto il tempo e l’energia per rimettersi
al passo con qualche lettura dilettevole. Ma pur prendendone atto, il suo
cervello si rifiutò di stressarsi appresso ad altri libri, per quanto potessero
differire da quelli che di solito consultava per terminare i compiti suoi o del
Serpeverde. Al contrario ciò che le salì ardente fu una voglia infinita di perdersi
negli oli profumati della piccola piscina personale nel bagno dei Prefetti.
Rose
aveva sempre adorato quel posto, specie per l’alta possibilità di poter avere
un po’ di tempo tutto per sé che il posto riservato a pochi consentiva. Sua
madre le aveva confessato che a suo tempo anche lei era solita andarci, specie
quando sentiva il bisogno di un po’ di relax. E quale posto migliore?!
Allettata
dal pensiero di potersi immergere nelle bolle di sapone, la ragazza balzò in
piedi e in un attimo aveva già recuperato l’occorrente dal fondo del baule.
Mentre
si accingeva a raggiungere il bagno, passando per la Sala Comune semivuota,
Rose si accorse con un certo stupore che la voglia di un bagno caldo aveva
fatto da rinvigorente per lei e pensò che avrebbe dovuto farlo più spesso.
Fu
con tali piacevoli pensieri che s’infilò nel bagno e si richiuse la porta alle
spalle, dando per scontato la solitudine del posto.
“Guarda
un po’ chi si vede: Weasley!”
Rose
sobbalzò e, girandosi in modo quasi meccanico, impallidì mortalmente nel notare
la testa di Scorpius sbucare dall’acqua insaponata della vasca.
“Sei
venuta a lavarmi la schiena?” Domandò provocatorio lui, e lei non poté evitare
di pensare che doveva essere nudo,
avvampandone.
Ma
come diavolo faceva a cacciarsi sempre in quelle situazioni imbarazzanti al suo
cospetto?! Dov’era finito il gene Granger? Quello sempre impettito ed
autoritario?
“I-
Io …” Biascicò, impacciata, rivelando una certa somiglianza con il padre in
fatto di trattare con l’altro sesso.
Era
inutile, per quanto si sforzasse il suo cervello continuava a rielaborare la
stessa informativa sulla falsa riga del Malfoy
nudo! Malfoy nudo! Malfoy nudo! Il che riusciva a mandarla in tilt
completo, senza possibilità di revoca. Nemmeno la certezza che quello splendido
ragazzo fosse il suo nemico numero uno era in grado di distoglierla
dall’insistente e scorretto pensiero del corpo del ragazzo oltre la velata
protezione del sapone.
“Come
mai sei arrossita, Weasley?” Chiese ancora Scorpius e dalla sua espressione
mimica non era difficile intravedere una certa nota di piacere. “Non dirmi che
vedermi così è fonte di imbarazzo per te …”
“N-
Non è c- come pensi!” Tentò di ribattere Rose, cercando invano di non
balbettare e soprattutto di non guardare, ma era difficile distogliere lo
sguardo dalla linea perfetta delle sue spalle scoperte. “E- E non sono qui p-
per lavarti la s-”
La
frase le morì in gola assieme a tutta la propria audacia, seppellita da cumuli
e cumuli di un impietoso imbarazzo che rischiava quasi di mandarla in
iperventilazione.
Scorpius
era uscito dalla vasca.
Così,
su due piedi, aveva fatto un paio di bracciate ed era sbucato fuori, incurante
di mostrare più di quanto fosse opportuno per i dettami della buona educazione.
E
Rose era sbiancata, poi arrossita e di nuovo sbiancata quando il suo sguardo si
era spostato dispettoso dalle spalle al petto, al torace e poi un pochino più
in giù fino a-
-No!- Si
voltò di scatto, coprendosi gli occhi con ambedue le mani prima che potessero
sbirciare qualcosa di un tantino più compromettente di addominali scolpiti o
spalle allenate.
Si
sentiva il volto in fiamme ed era certa che il cuore avesse perso qualche
battito prima di riacquisirli tutti e insieme. Come cavolo aveva potuto
mantenere lo sguardo su di lui tanto a lungo? Era da biasimare, accidenti,
perché quello rimaneva pur sempre Scorpius Malfoy, il suo ricattatore, fisico o
non fisico scultoreo!
-Sei una cretina Rose, una stupida,
una deficiente integrale! Come hai potuto? Oh Morgana, fulminami se puoi, te lo
chiedo in ginocchio!-
“Come
mai tanto imbarazzo, ragazzina? Avresti preferito Grays, per caso?”
La
domanda era ironica, ma nel sussurro sensuale della sua voce a pochi millimetri
dal proprio orecchio non ce n’era che una velata traccia.
Lei
rabbrividì, per un riflesso involontario, e se ne pentì l’istante dopo,
nell’avvertire il respiro caldo di Scorpius addosso e nell’udirlo sorridere,
impercettibilmente ma in modo inconfutabile.
“Non
ti facevo così pudica …” Sibilò ancora lui, malizioso, umettandosi
volontariamente le labbra a così stretto contatto con lei.
Il
gesto per una qualche ragione le fece aumentare il ritmo cardiaco a livelli
sempre più preoccupanti e di sicuro doveva essere paonazza, perché la pelle del
viso bruciava sotto il palmo delle sue mani.
“…
O forse sì?” Dubitò appena l’istante dopo quando, sfiorandole la base del collo
per scostarle i capelli dal viso, la sentì – con un certo orgoglio personale –
fremere.
Stavolta
fu veramente troppo per Rose che, scattando in avanti come una molla tenuta in
tensione per troppo tempo, si allontanò brusca da lui.
“Smettila
Malfoy!” Tuonò, incurante dell’aspetto antitetico che doveva avere.
“Di
fare cosa?” Incrociò le braccia al petto Scorpius, curioso quel tanto che
bastava per risultare irritante.
“Di
… Di … Smettila ebasta!”
“La
smetterei, se sapessi di cosa stai parlando, Weasley.”
Ma
come faceva ad essere sempre così maledettamente raziocinante?!
“Sto
parlando di te e di … di …”
“Te?” Azzardò lui, un sopracciglio dorato
inarcato in segno di una beffarda interrogazione.
Rose
sarebbe avvampata, se solo non fosse già livida a livelli storici; e intanto
continuava a dargli le spalle, per nulla intenzionata ad affrontarlo di petto
per scoprire se lui fosse ancora nudo – il solo pensiero bastava a mandarle di
nuovo il cervello in pappa – lì sotto.
“N-
Non i- intendevo …” Le parole le morirono in gola, sfumate da una vergogna che
era certa di non aver mai provato prima, o perlomeno non a quelle quote da
capogiro.
“Non
intendevi cosa?” La provocò ancora Scorpius, mordace.
La
vide irrigidirsi e la cosa, per una qualche ragione, lo spinse ad avvicinarsi
di nuovo a lei, pericoloso e lascivo come una serpe.
“Weasley
…” Le sussurrò che ormai le era di nuovo a pochi millimetri di distanza
dall’orecchio; le labbra che sfioravano invadenti la pelle liscia del collo.
Istintivamente
Rose si ritrovò a chiudere gli occhi, la mente sgombra da ogni pensiero vuoto –
gli unici che avrebbe comunque potuto concepire in quello stato – e il fisico
che ormai non rispondeva più degli stimoli imposti dal cervello. Il contatto
tanto ravvicinato della bocca di lui sulla collottola era una tentazione forte
ed invitante, in grado di farle perdere la ragione, di mandarla in delirio. E
il suono della sua voce, così diverso dalla cadenza sardonica di sempre, mentre
la chiamava possessivamente a sé …
-Come se fossi un oggetto di sua
proprietà … ma io … non sono …-
“Finiscila
Scorpius, dico davvero!” Sentenziò autoritaria, girandogli attorno per avere
schiena contro schiena e lo sguardo rivolto all’enorme vasca da bagno che li si
allargava dinanzi, senza neppure accorgersi dell’errore in cui era incappata.
“Scorpius?” Ovviamente lui se ne era
accorto e, voltandosi a sua volta, fissò la testa mattone di lei con aria
critica. “Non avevo capito fossimo già così intimi, Rose.”
Lei
imprecò tra sé e sé, dandosi a più riprese della stupida per una totale
mancanza di raziocinio dimostrata da parte sua. E poi diceva di vantare del
cervello di sua madre! Tsk, Hermione Jean Granger non avrebbe mai commesso
simili defaillance, mai.
“E
infatti non lo siamo!” Replicò, isterica, sul punto di una crisi di nervi.
Che
diavolo le era saltato in mente di andare fin lì per uno stupido bagno? Si
sentiva più stressata di prima, altro che relax! Possibile che tra tante
persone proprio lui doveva andare ad incontrare?!
“Eppure
ci siamo baciati.” Puntualizzò lui, ricordandole un certo episodio che aveva
anche coinciso con l’inizio della sua schiavitù.
Se
mai fosse ritornata normale, adesso Rose era di nuovo violacea.
“Che
assurdità: non ci siamo baciati!” Sgranò gli occhi lei, guardandolo in faccia
per la prima volta da quando aveva messo piede lì dentro e tirando un sospiro
di sollievo nell’accorgersi che intanto aveva indossato almeno i boxer.
Scorpius
per tutta risposta corrugò la fronte; le braccia di nuovo conserte. “Ah no?
Eppure ero convinto del contrario.”
“Non
essere ridicolo Malfoy!” Alzò gli occhi al cielo Rose, innervosita dalla sua
saccenteria. “Per baciarci avremmo dovuto volerlo e ti assicuro che io non lo
volevo affatto.”
Nel
dirlo fece una smorfia che sperò enfatizzasse abbastanza la propria opinione in
merito a quello che era successo. Beh, in verità c’era un fondo di bugia nel
suo racconto. Perché per quanto le bruciasse ammetterlo, un tantino le era
piaciuto bacia- … ehm, quello che era,
Scorpius Malfoy.
“Perciò
se io lo rifacessi …” Insinuò lui, stranamente divertito, mentre ad ogni passo
le si faceva sempre più vicino. “… Tu …”
“Non
azzardarti, Malfoy!” Urlò quasi lei, retrocedendo di due ad ognuno dei suoi.
“Di
che hai paura, Weasley?” La provocò ancora Scorpius, tenace, sempre più vicino.
“Voglio soltanto baciarti, giusto per vedere se la tua teoria è esatta.”
“Non
ti avvicinare!” Gli intimò Rose di contro, terrorizzata dall’idea di potersi sentire
ancora tanto inerme accanto a lui, arretrando fino a quando con suo grande
orrore non si accorse di essere arrivata al limitare della vasca.
Deglutì,
impaurita, rendendosi conto della vicinanza del ragazzo. Qualche altro passo e
sarebbe arrivato, e allora sarebbe stato tutto inevitabile, e … le sue labbra
sulle proprie … il suo respiro addosso … il calore della sua pelle …
“Vattene,
vattene Malfoy!”
“Lo
so che lo vuoi anche tu Weasley, non fare la difficile.” Ghignò diabolico lui,
prima di affondare le mani nelle braccia tese di lei.
Rose
rimase come paralizzata dal contatto, con il cuore che smetteva arbitrariamente
di battere e il cervello in uno stato di confusione totale. Le gambe tremavano,
eppure si sentiva rigida come un sasso. Gli occhi invece non cercavano che
quelli grigi di lui, affondando e stupendosi quando poi si accorgeva di non
respirare, di stare affogando in quell’oceano argento …
Le
labbra di Scorpius intanto era sempre più vicine, il fiato caldo di lui le
solleticava il viso, bruciante.
Stava
succedendo, lo sapeva. Chiuse gli occhi, del tutto incapace di una reazione,
sentendolo sempre più vicino. Il cuore che tremava al pensiero di ciò che
sarebbe successo ma il corpo che semplicemente si rifiutava di sottrarsi alla
salda presa di lui e infine …
“Ah
Weasley, giuro che mi farai morire!”
La
risata fredda di Scorpius si disperse per tutto il bagno dei Prefetti,
riempiendo le pareti spoglie ed animando con durezza il posto. Dalla vasca,
intanto, l’acqua continuava ad incresparsi in cerchi concentrici che facevano
capo ad un unico fulcro sotto il quale, seminascosto dalla patina lattea del
sapone, si riuscivano ad intravedere delle ciocche castane. Lo stesso punto che
gli occhi di lui non perdevano mai di vista.
Era
in momenti come quello che la sua sfrenata perversione veniva a galla per
macinare sotto di sé tutto ciò che incontrava.
Per
una qualche ragione vedere Rose così docile tre le sue mani gli aveva fatto
crescere due desideri contrastanti ma forti: da un lato, la voglia matta di
riassaggiare di nuovo il sapore delle sue labbra, di bere da quella bocca
lampone, di poterne saggiare la morbidezza; dall’altra lo sdegno per quella
sottomissione che, in tutta onestà, lui non le aveva mai accreditato neppure
mentre la teneva in ricatto al suo schiavismo. E forse era stato un po’ per
quello un po’ per quell’altro, o solo per mettere a tacere una voce insistente
che gli penetrava le tempie, che alla fine anziché baciarla l’aveva buttata
nell’acqua ancora calda. Così, senza preavviso, le sue mani si erano mosse
quasi da sole e con una spinta decisa avevano gettato Rose dritta in vasca.
“Avanti
Weasley, vieni fuori adesso.”
Ma
qualcosa non quadrava e la sua voce non poté non risentirne, acquisendone
invece di durezza – il riso di prima del tutto volatilizzatosi – mentre si
accorgeva con una certa stizza che la ragazza ancora non aveva fatto ritorno in
superficie.
-Che diavolo stai combinando là
sotto?! Vuoi forse affogare?- Scorpius se lo chiese,
tuttavia non ebbe il coraggio di esporre i propri crucci a voce alta quasi
temesse divenissero realtà se lo avesse fatto.
Rose
però non riaffiorava e lui iniziava seriamente a preoccuparsi, gli occhi che
non smettevano di tenere sotto controllo quelle ciocche castane farsi sempre
più lontane.
Ed
infine la decisione arrivò da sola, in uno sprazzo di lucidità, e Scorpius si
tuffò prima ancora di capire che lo stava davvero facendo.
La
vide subito, nonostante il bruciore agli occhi apportato dal cambiamento, e,
afferrandola per la vita, la trascinò con sé a galla.
“Che
cavolo combini?” Le sbraitò contro che non aveva neppure ripreso a respirare,
mentre Rose tossicchiava e ansimava tremando tra le sue braccia.
“Io
… non so … nuotare …” Sussurrò in un filo di voce la ragazza, aggrappandosi
alle sue spalle come se ne andasse della propria vita.
Scorpius
toccava piuttosto bene ciò nonostante poggiando la pianta del piede
perfettamente a terra, riusciva a far emergere soltanto la parte dal collo in
su perciò non c’era di che meravigliarsi se lei non toccasse, minuta com’era.
Tuttavia lanciandola in acqua non aveva nemmeno per sbaglio pensato che Rose
non sapesse nuotare e che avrebbe rischiato di rimanerci là sotto, affogando,
per uno scherzetto di così poco conto. E forse si sentiva in colpa, o era solo
preoccupazione mista a qualcosa d’indefinito, ma nel rafforzare la presa
attorno alla sua vita sottile non si stupì di quanta forza riuscì ad imprimere
nel gesto.
“Sei
una stupida, Weasley.” Disse solo lui, cercando di cancellare con quelle parole
tutta la tensione accumulata in pochi istanti, intanto che senza smettere di
stringerla si faceva largo verso le mattonelle.
La
poggiò a terra quasi con delicatezza, come se temesse di farle del male, e non
smise mai di tenerla sott’occhio per tutto il tempo che, recuperata la
bacchetta, provvedeva ad asciugarle i vestiti.
Sembrava
un pulcino così bagnata e tremante, ma lui non riusciva a non sentirsi
preoccupato ed era scioccato ed arrabbiato per questo.
“Sei
tutta intera, vero?” Le domandò quasi premuroso, una volta che i vestiti furono
completamente asciutti.
Rose,
che si stava riprendendo a poco a poco, annuì appena col capo, ancora
terrorizzata dalla terribile esperienza vissuta. Poi, lentamente, alzò il capo
ed affondò nello sguardo cupo di lui, stupendosi di come potessero essere
intensi e magnetici insieme. Scorpius era ancora vicino a lei, ma stavolta non
aveva paura di abbandonarsi tra le sue braccia e in fondo poteva trattarsi di
semplice riconoscenza per come lui le avesse salvato la vita, dopo averla messa
in pericolo ovvio; tuttavia c’era qualcosa di diverso nell’aritmia del suo
battito cardiaco e di sicuro non era paura. Non solo, almeno. Semplicemente che
era troppo strano, per non dire marziano,
pensare che veramente qualcosa stava cambiando, in lei …
“V-
Vado in …” Mormorò appena, balbettante ed esitante, alzandosi con un enorme
sforzo muscolare sotto lo sguardo fisso di lui.
Con
incedere vagamente oscillante, Rose si avvicinò alla porta e si girò a
guardarlo soltanto quando la sua mano aveva afferrato sicura la maniglia, dopo
aver rigirato la chiave nella toppa. Il tutto ovviamente sotto il grigio degli
occhi di Scorpius, che non l’aveva persa di vista un solo istante. Grigio che
per la prima volta – o forse no? – non le risultava né irritante, né ambiguo,
né inopportuno, ma una semplice presenza costante e naturale, quasi che fosse
sempre stato quello il posto in cui doveva stare.
Poi,
senza la forza di aggiungere altro, girò la manopola, spalancò la porta ed uscì
di corsa, ritrovando un’energia che credeva di aver perso per sempre, cercando
di non pensare a quello sguardo profondo ancora addosso, nonostante i muri e la
distanza a dividerli.
~
Albus
sbuffò, rigirandosi per la ventesima volta nel letto in chissà quanto tempo.
Quella notte gli dava fastidio tutto, tutto,
a cominciare dal respiro pesante di Sam per finire con l’alito del vento sulle
finestre. Alla fine, stanco di simulare un sonno che non aveva affatto, si
arrese e, sbucando fuori dal cumulo di coperte, si alzò.
Il
pavimento era freddo, ma lui non ci fece nemmeno caso mentre si avviava
silenzioso verso la Sala Comune.
Magari
una partita a scacchi gli avrebbe fatto bene e, chissà, l’indomani sarebbe
stato pronto a battere Hugo una volta per tutte.
Animato
da quel pensiero, Albus percorse i pochi metri che lo separavano dalle lingue
stanche del fuoco nel camino e una volta qui fece per buttarsi a peso morto sul
divano se solo non avesse notato una certa presenza.
Rose
giaceva assopita in un angolo, stranamente senza libri a farle compagnia. Aveva
il viso pallido e sfiorandole la fronte per scostarle una ciocca di capelli, il
ragazzo si accorse anche di quanto fosse fredda nonostante i tizzoni ardenti a
scaldarla. Una mano cadeva inerme lungo il bracciolo mentre l’altra si muoveva
al ritmo cadenzato del proprio respiro, sopra al petto.
La
fissò. La fissò a lungo studiandone i tratti gentili che lei si ostinava a
marcare indossando espressioni da dura e scrutando con dovizia di particolari
le onde morbide dei capelli di quel bizzarro castano, che ai riflessi del sole
sapeva ancora diventare mattone. Albus la fissò e, sedendo stanco su una
poltroncina, si accorse di essere uno stupido.
-Merlino, sei un cretino … Tu sei
malato, Al, sei malato! Curati, cazzo!-
Ma
poi si rese conto di averle già provate tutte le cure a disposizione, solo che
aveva fallito ad ogni tentativo.
Spossato,
stressato e demoralizzato, Albus si ficcò le dita nei capelli, stringendo fino
a farsi divenire le nocche ceree.
Doveva
fare qualcosa. Doveva fare assolutamente
qualcosa. Non poteva continuare a quel modo, non poteva!
Sarebbe
impazzito. Anzi stava già iniziando a farlo. Forse era davvero malato …
N/A
Eccomi di ritorno con un
nuovo capitolo. Avrei voluto aggiornare prima, ma non ce l’ho fatta e me ne
dispiace molto. Vedrò cosa posso fare per la settimana prossima! ^-^
Per quanto riguarda
questo capitolo, direi che le cose iniziano a movimentarsi, no? La scena del
bagno ce l’avevo in mente ancora prima di iniziare a scrivere la storia, perciò
potete ben capire quanto ci tenga a sapere cosa ne pensiate. Anche Al ha un
pochino di spazio in più … ermetico, sì, ma comunque. Prometto che con il
proseguire dei capitoli, ci capirete qualcosa in più.
Come ValyBrick faceva notare, nel capitolo precedente Scorpius sembrava
quasi geloso e, forse, persino innamorato. Beh, può darsi che sia così, o no,
ma di sicuro la scena del bagno rende il tutto molto più complesso. ^.- La
verità è che Scorpius segue piani tutti suoi e a volte, nel parlare di lui, non
di rado il personaggio prende vita propria.
Però ottima
l’osservazione, Valy, davvero interessante. E scusa se non sono riuscita a
postare prima (volevo provarci lunedì, ma niente. Martedì internet era rotto e
tra mercoledì e giovedì non ci sono proprio stata … insomma, un delirio!), e
grazie per i complimenti! ^//^
La tua recensione, Aurora_Cullen, mi ha fatto fare i salti
di gioia. Dico sul serio! Davvero ti
piace la saga di Estetica? *-* Non
sai quanto mi faccia piacere sentirlo, e sapere soprattutto quello che provi
leggendo le mie storie. Faccio del mio meglio dietro una tastiera, senza mai
sapere di sicuro cosa ne verrà fuori o quanto sarà percepito da chi legge. Ma
le tue parole mi danno ben da sperare, davvero. Perciò, ti dirò, per quanto
riguarda Scorpius, come dicevo, lui è un tipo che si muove da solo e anche la
scena del bagno … non ci crederai, ma è stato lui a fare tutto! XD Per quanto
riguarda Estetica, ti dirò: sto
pensando ad una nuova short, ma non riesco ad inquadrare perfettamente la trama
… idee? ^.-
TITTIVALECHAN91, le tue parole mi colpiscono sempre. Grazie per i
complimenti, davvero. Ti ho fatto tirare fino a tardi? Scusa! ^//^ Se ti può
consolare, io ho apprezzato moltissimo lo sforzo! Grazie ancora per i
complimenti, sei molto gentile. Dico sul serio! E che mi dici di questo quarto
capitolo?
altovoltaggio, le tue osservazioni sono sempre impeccabili. Sì,
Scorpius è un tipo piuttosto complicato da capire e, come avrai notato, persino
una ragazza brillante come Rose trova serie difficoltà ad inquadrarlo, alle
volte. Personalmente, io ho un’idea ben precisa di lui, del suo carattere, dei
suoi eccessi … Per come la vedo io, lui è il tipo di persone abituate ad
ottenere ciò che vogliono, ma con Rose non sempre le cose gli vanno come
preventivato e questo lo manda in tilt. Ed è un folle, lo ammetto! XP
Spero davvero che questo
capitolo vi piaccia, gente, e che mi facciate sapere tramite, magari, un
piccolo commentino. Io vi lascio alla prossima, comunque. E grazie ancora a
tutti i fedeli che leggono e recensiscono la storia! *-*
“Ehi, voi
due!” Rose
avanzò rapida tra la calca di ragazzini adunatisi per osservare il siparietto
che si era creato a cavallo di un corridoio, decisa a porre fine a quella
sottospecie di gara di lotta. “Si può sapere che vi prende? Smettetela
immediatamente!”
Nonostante
l’urlo, i due lottatori continuarono testardi a menarsele di santa ragione,
ignorando sia le incitazioni della folla sia i richiami di una dei due
Caposcuola.
“Vi
ho detto di finirla!” Si frappose allora tra i due lei, pronta a farsi valere
in quella disputa fuori luogo.
Non
conosceva direttamente i due rivali, ma a giudicare dai colori delle loro
divise, uno era di Serpeverde e l’altro di Grifondoro. Un classico. Chissà poi
chi aveva cominciato per prima la controversia …
“Insomma
basta!” Sbottò infine, notando che i due non si decidevano a lasciarsi i
rispettivi capelli.
Stavolta
per fortuna i suoi richiami sembrarono sortire l’effetto sperato perché almeno
si separarono, anche se continuarono a guardarsi in cagnesco.
“Chi
ha cominciato?” Domandò, dura ed inflessibile come si conveniva al suo ruolo.
Come
ovvio, i due ragazzini si additarono l’un l’altro.
“Qualcun
altro vuole dirmi chi ha cominciato?” Sbuffò allora Rose, cercando invano aiuto
dagli altri studenti che, per risposta, pensarono bene di dileguarsi.
-Perfetto. Mi ci mancava solo una rissa
per completare il tutto. Fantastico.-
“D’accordo,
se nessuno vuole collaborare, io-”
“Mi
ha chiamato Mezzosangue.” Confessò interrompendola il ragazzino di Grifondoro,
tetro.
Il
termine dispregiativo la fece sussultare ed inasprire al contempo.
“Dì:
è vero?” Chiese, rivolta al Serpeverde che, in risposta, si scucì in una risata
isterica.
“Ho
solo detto la verità!” Esclamò, come se fosse la cosa più naturale possibile,
prima di guardarla con una smorfia di disappunto. “Ma tanto tu non potresti
capire, visto che tua madre è esattamente
come lui.”
Rose
strinse i pugni, evitando per un soffio di pietrificarlo. Lui intanto la
fissava rivelando espressioni nauseate che le provocarono fitte acute lungo
tutto l’addome. Avrebbe voluto dirgli di stare zitto e mandarlo difilato dal
preside, ma qualcosa le impediva di parlare e comunque era certa che se
l’avesse fatto, avrebbe balbettato e – peggio – pianto.
“I
Mezzosangue non meritano di stare qui. Sono feccia, come i loro parenti Babbani
e-”
Il
ragazzino non terminò mai la frase perché una stretta salda che lo afferrava
dalla collottola della camicia gli tolse il respiro.
Rose
alzò lo sguardo, gli occhi lucidi, e rimase piuttosto sorpresa stavolta di
scorgere niente di meno che Scorpius Malfoy. Aveva un’aria furiosa e guardava
l’altro come se volesse incenerirlo con lo sguardo. La mano stringeva talmente
tanto attorno al collo, che quello aveva iniziato a colorarsi di fucsia.
“Scusati.” Sibilò, irremovibile.
Lei
rimase a bocca aperta per lo stupore ma non fu niente in confronto a ciò che
provò quando il ragazzino, dopo un iniziale indecisione, ritornò a fissarla.
“S-
Scusa.” Balbettò, respirando sempre con più fatica, fino a quando il Prefetto
non lo lasciò andare del tutto.
Adesso
non faceva più lo sbruffone con gli occhi di ghiaccio di Scorpius puntati
addosso e una discreta asma. Rose provò pena per lui, per quel bambino a cui
erano stati inculcati concetti vecchi ma ancora tanto dolorosi, capaci di
riaccenderle ricordi di un passato che, sebbene non avesse mai vissuto in prima
persona, riusciva a sentire addosso meglio della propria pelle. Tuttavia la
cosa che più la lasciò interdetta, fu lo sguardo ancora di fuoco di Scorpius,
nonostante tutto.
“Cinquanta
punti in meno per Serpeverde. E vedi di non farti sentire mai più a sparare
queste puttanate.” Lo minacciò, e Rose pensò che se avesse potuto avrebbe
ringhiato.
Il
ragazzino annuì, tremante, una maschera di paura, prima di allontanarsi rapido
dagli occhi truci del suo compagno di Casa.
Fu
Scorpius comunque il primo a riscuotersi e a voltarsi, determinato, verso
l’altro membro della sceneggiata. “Ovviamente, venti punti in meno anche per
Grifondoro. Ora vattene.”
Il
Grifone lo fissò per qualche istante ancora basito, poi senza emettere verbo si
voltò e si allontanò a passo deciso.
Scorpius
lo seguì con lo sguardo fino a quando non lo vide scomparire oltre il corridoio
e, infine, si voltò a guardare Rose, rimasta ancora in stato di shock.
“Chiudi
la bocca Weasley. Non è un bello spettacolo. Se ti vedesse Grays rimpiangerebbe
la vostra uscita.” Commentò, velenoso, prima di allontanarsi.
Lei
boccheggiò un paio di volte, prima di riuscire a riprendersi e, fatto, lo
inseguì lungo gli androni. “Malfoy, aspetta!”
“Che
vuoi?” Si voltò lui, scocciato.
Rose
rimase un tantino interdetta, ma subito si riprese. “Perché l’hai fatto?”
Scorpius
sbuffò. “Sono un Prefetto, ricordi?”
“Oh,
già.” Mormorò appena lei, ferma, mentre lui si allontanava fino a diventare
invisibile.
Ma
allora perché non riusciva a fare a meno di sorridere? Perché quella sensazione
di calore? Forse Scorpius era diverso da ciò che voleva intendere?
~
“Allora,
ehm … Oggi è il tuo compleanno, eh?” Domandò Albus dopo un’infinità di
silenzio, pentendosene appena l’istante dopo.
Che
diavolo di domande idiote si metteva a fare adesso?! Come se non fosse già
stato ovvio!
-Davvero grande, Al, mi complimento
per l’intelligenza!-
“S-
Sì.” Annuì ciò nondimeno Alicia, tenendo sempre lo sguardo basso come le
induceva a fare la parte timida del suo carattere.
Albus
per tutta risposta azzardò ad un sorriso, incerto su cosa dire o fare. “Oh, beh
… Auguri?”
Se
non fosse apparso ancora più ridicolo di quanto già non si sentisse, si sarebbe
preso a schiaffi da solo. Possibile che la sua bocca buttasse fuori parole
soltanto per prendere aria? O era proprio un cretino integrale?
“G-
Grazie.” Arrossì ancora lei, passando da diverse tonalità di rosso per
approdare in un definitivo bordeaux.
“Hai
già ricevuto qualcosa?” Chiese ancora lui, disperato.
“Una
felpa, una scopa e Dominique mi ha regalato una borsa.” Assentì Alicia, senza
riuscire ad alzare il capo per guardarlo negli occhi ma parlando perlomeno in
modo più naturale.
Si
sentiva talmente nervosa che era certa di non riuscire a mandar giù neppure un
bicchiere d’acqua senza vomitare.
“Mi
… mi sembrano dei bei regali.” Azzardò Albus, esitante.
Alle
ragazze faceva piacere quando i ragazzi dicevano quelle cose? Non che lui
volesse farle dei complimenti, né per forza né per volontà. Era soltanto in
cerca di qualcosa da dire prima di cadere nell’inevitabile imbarazzo del
silenzio.
Iniziava
seriamente a pentirsi di averla invitata ad uscire, assecondando le folli idee
di sua cugina Dominique.
“Una
scopa hai detto?”
“Sì.”
Annuì lei, sempre più rossa.
“Quale?”
“La
Nimbus 3001.”
“Per
Merlino!” Sgranò gli occhi Albus, arrossendo quando Alicia osò alzare lo
sguardo e puntargli i suoi occhioni marrone scuro addosso, per la prima volta
probabilmente da secoli. “Cioè, voglio dire che è grande … sì, insomma … una
Nimbus 3001 … un bel regalo, ecco … n- non trovi anche tu?”
Faceva
uno strano effetto per lei vederlo così imbarazzato ed impacciato, dopo la
durezza con cui era abituata ad essere trattata. Eppure non poteva dire di
certo che le dispiaceva, al contrario. Quello era il vero Albus, il ragazzo per cui aveva una cotta colossale dal primo
anno.
“C-
Credo di sì.” Mormorò appena, incapace di distogliere gli occhi dal verde
smeraldo di quelli di lui.
L’aveva
visto da lontano per così tanto tempo che le sembrava impossibile, adesso,
avere la possibilità di poter contare ad una ad una le lentiggini sul suo viso,
o le striature delicate delle pupille. Il cuore sarebbe potuto benissimo
impazzire di gioia, tanto era felice. Oh, non si illudeva di piacergli, certo,
anche perché lui aveva messo in chiaro quell’aspetto sin dall’inizio
proponendole un’uscita esclusivamente tra
amici; però … sempre meglio di niente, no?
A
lei sembrava un miracolo e anche se probabilmente non sarebbe stato come
l’aveva sempre immaginato, le andava più che bene anche così perché almeno era reale stavolta e non il pallido frutto
di mille fantasie.
“Perciò
… Dove vuoi andare?” Cambiò discorso Albus a quel punto, riprendendo a
camminare – non si era neppure accorta che si erano fermati intanto – e
affondando le mani inguantate nelle tasche del giubbotto.
Il
cielo era coperto da una spessa cortina di nuvole, ma anche se faceva freddo
almeno non pioveva. Il ragazzo si augurò che non iniziasse a farlo per molto
tempo, perché in quelle circostanze la pioggia era l’ultima cosa che ci voleva.
E poi non aveva voglia di bagnarsi; i suoi capelli andavano già abbastanza male
da soli, non era necessario aggiungerci altro.
“N-
Non lo so.” Rispose Alicia, abbassando di nuovo il capo in imbarazzo.
Brutto
segno, valutò Albus: aveva ripreso a balbettare.
“T-
Tu?” Gli chiese timida lei poco dopo, scrutandolo con la coda dell’occhio.
Alla
domanda il moro scrollò le spalle, indeciso.
“Al
Testa di Porco?” La buttò lì, quasi per caso, pensando all’unico locale meno
frequentato che gli era venuto in mente ed escludendo a priori Da Madama
Piediburro.
Non
era che si vergognasse proprio di lei, solo non voleva dare adito a false
speranze e a illazioni infondate. Alicia non aveva modo di prendersela … o sì?
Al diavolo!
“Oppure
ai Tre Manici di Scopa?” Si sentì subito in dovere di aggiungere, vedendola
rabbuiarsi, e rilassandosi non appena il viso le si illuminò.
“S-
Sì.”
“Okay,
allora. Aggiudicato!”
~
“Ottavius,
dov’è Scorpius?”
Edmund
arrivò di soppiatto, facendo sussultare il ragazzo che, steso ai piedi di un
albero, si lasciava mogiamente lisciare i capelli da una formosa brunetta.
“Ehi,
spilungone! Non si usa più salutare adesso?” Chiese ironico l’altro, aprendo
una sola palpebra per sfiorare la figura immusonita di Nott.
“Mi
serve Scorpius. Dov’è?” Insistette in risposta Edmund, impaziente, gli occhi
neri fissi nel viso rilassato del compagno di stanza.
“Per
caso vi sembro una mappa? Ho forse stampato ufficio
informazioni in fronte?” Spalancò ambedue gli occhi Higgs, esasperato.
Per
una casualità a lui oscura ed arcana, quando c’era qualcuno da trovare andavano
tutti a rivolgersi a lui. Come se non avesse niente di meglio da fare che
preoccuparsi di vedere dove si cacciava questo o quello! Senza aggiungere la
beffa, oltre al danno, perché se non s’era ancora del tutto rimbambito, Edmund
avrebbe dovuto notarla la ragazza un tantino vistosa accanto a lui, no? Il che
equivaleva alla parola privacy. Facile, semplice e lineare, ci arrivava persino
lui!
“Poche
storie. Lo sai o no?” Sbuffò scocciato ultimo dei due figli di Theodore Nott e
Pansy Parkinson, che cercava il biondo da troppo tempo per riuscire a
rimanersene tranquillo come gli era d’abitudine, escludendo il nervosismo
dovuto al motivo per cui stava tentando di rintracciarlo.
Ottavius
stavolta non poté evitare di sospirare e, rialzandosi, fece cenno alla brunetta
di allontanarsi, non prima però di averle lasciato un focoso bacio sulle
labbra.
“Disgustoso.”
Obiettò Edmund mentre la ragazza si allontanava ancheggiando vistosamente,
riferendosi come ovvio alla scena a cui si era ritrovato suo malgrado ad
assistere.
“Invidioso,
Nott?” Chiese ironico Ottavius, rimettendosi in piedi e avviandosi verso una
meta ignota, tallonato dal bruno.
“Nauseato sarebbe più preciso.” Rispose a
tono l’altro, ricevendo per questo occhiate al vetriolo.
“Ah,
ha. Molto divertente spilungone, questa me l’appunto. E comunque come mai stai
cercando Scorpius?”
“Devo
appurare una cosa.” Disse vago Edmund, ridiventando scontroso al solo pensiero
di ciò che era venuto a conoscenza.
Di
sicuro si era trattato di un’informazione fasulla e fittizia, perché era certo
che Scorpius non avrebbe mai potuto fare una cosa del genere. Stupido era solo
pensarlo, ma non poteva riposare tranquillo e godersi il weekend almeno fino a
quando non ne avrebbe parlato con il diretto interessato. Aveva bisogno di
sentirgli dire determinate cose e non avrebbe mollato fino al raggiungimento
del suo obiettivo.
“Sempre
così loquace, Ed!” Stava nel frattempo dicendo Ottavius, alzando gli occhi
chiari al cielo in segno di esasperazione.
Edmund
decise di lasciar correre la velata offesa e di puntare lo sguardo scuro verso
la strada che gli si apriva dinanzi.
Avevano
già varcato la soglia d’entrata e adesso Ottavius s’indirizzava dritto verso la
parte ovest del castello.
A
quel punto era abbastanza sicuro di aver capito il punto esatto in cui
avrebbero trovato l’ultimo discendente dei Malfoy e, arrivando in Guferia, non
si stupì di aver azzeccato il posto.
Scorpius
stava carezzando la testa di Howl quando lui e Ottavius fecero il loro
trionfale ingresso. Aveva lo sguardo perso e un’aria truce in viso. Edmund si
chiese distrattamente che avesse, ma il ricordo di quella mini-gita gli affiorò
prepotente alla testa e, accantonando ogni altro pensiero, decise di passare
dritto al nocciolo della questione.
“Che
storia è questa, Scorpius?” Lo aggredì difatti, sotto lo sguardo basito di
Higgs che, nonostante lo avesse condotto e seguito sin lì, non aveva ancora
afferrato il punto di tanto scalpore.
“Buongiorno
anche a te, Ed.” Ghignò ironico il biondo, continuando a dare loro le spalle.
Non
aveva bisogno di voltarsi per sapere chi aveva al proprio cospetto e, anzi, si
era aspettato quella visita già da diverse ore: erano in ritardo.
Sorvolando
sulla spiccata tendenza a mandarlo fuori dai gangheri con quel sarcasmo marcato
e proprio per i due parenti, che avevano ereditato chi dalla madre chi dal
padre, Edmund assottigliò le palpebre e schioccò la lingua sotto al palato,
vagamente seccato.
“È
vero che hai tolto cinquanta punti a Serpeverde?” Domandò infine, pungente e
calzante come sempre.
Ciò
nonostante Scorpius non diede cenni di cedimento e anzi, indossando ancora la
maschera sardonica cucitagli addosso ad arte, si premurò di coccolare ancora la
sua civetta prima di doverla spedire a Malfoy Mansion dove la padrona di casa
insisteva nel richiedere sue notizie.
“Rispondi,
Scorpius.” Gli intimò Edmund dopo un lungo istante di silenzio, rotto soltanto
dal boccheggiare di Ottavius, incredulo.
Stavolta
il ragazzo non poté proprio continuare su quella linea e, abbandonando ogni
parvenza di sorriso, si voltò spietato verso l’amico.
“Sì,
è vero.” Rispose, sfidandolo con lo sguardo in quel modo in cui era solito fare
e che Ed non disdiceva mai di ricambiare, neppure in quell’occasione.
L’unico
decisamente più allibito era Ottavius, il cui viso era la quinta essenza dello
stupore.
“Cosa?!
Che diavolo ti è saltato in mente, cugino? Vuoi forse vederci perdere la Coppa
delle Case?” Sbraitò infine, dopo aver riacquisito un minimo di autocontrollo
necessario per affrontare di petto la situazione.
“Li
recupereremo.” Mise fine al discorso Scorpius, avvicinandosi alla finestra e
allungando la mano dove risiedeva la civetta, per lasciarla libera di volare
verso casa.
“Ma-”
“Avevo
le mie buoni ragioni per farlo.” Interruppe sul nascere ogni obiezione il
biondo, girandosi verso Ottavius con aria severa.
Quello,
che stava per dire qualcosa, di fronte a tanta decisione decise di lasciar
perdere. Dopotutto Scorpius non era uno sprovveduto. Anche se era la prima
volta che succedeva, aveva dato parola di recuperarli e di sicuro sarebbe
successo perché il cugino era conosciuto per la sua costanza nella parola data.
“Perciò
la Weasley non c’entra niente.”
Proprio
quando era certo di aver posto termine alla conversazione, la voce di Edmund si
sollevò penetrante nella Guferia, attirando di nuovo la sua attenzione su di
sé.
Scorpius
lo fissò e non ci voleva un genio per capire che l’altro lo stava sfidando, per
amore della provocazione; gusto ereditato da suo padre di sicuro.
“La
Weasley?!” Si accigliò Ottavius, sempre più sgomento.
Okay
per i punti, ma la Weasley …
“Se
un ragazzino idiota si sente in dovere di dire certe stronzate, non posso e non
voglio starmene in disparte a sentirlo aprir bocca. E ora se non vi dispiace,
avrei di meglio da fare che starmene qui a perdere tempo con queste idiozie.”
Scorpius fece per andarsene, snervato, ma Edmund lo richiamò indietro che ormai
era quasi del tutto fuori dalla stanza circolare.
“Scorpius,
aspetta.”
Ottavius
lo guardò accigliato, chiedendosi cosa avesse in mente, mentre Nott si girava a
fissare le spalle rigide del biondo, fermo sulla porta.
“Non
hai risposto alla mia domanda.” Gli fece notare, con quei suoi occhi penetranti
ben impiantati sulla figura dell’amico. “Non ti ho chiesto se avevi un buon
motivo, ne so già abbastanza per sapere che avrei fatto lo stesso. Ma quello
che mi preme sapere, è se la Weasley c’entra niente con questa storia.”
Ciò
che gli era sempre piaciuto di Edmund Nott, era la sua proverbiale capacità di
punzecchiare con validi argomenti ogni qualvolta gli si presentava l’occasione.
Adesso che la domanda era stata seppur implicitamente posta, Scorpius si chiese
con un certo stupore come avesse fatto a non capire prima dove avesse voluto
andare a parare con quel discorso. Era chiaro che i cinquanta punti non
c’entravano niente e, conoscendolo, era persino orgoglioso della sua reazione
in merito agli atteggiamenti di quel ragazzino, perché con un padre come il suo
imparare dagli errori generazionali era stato sin troppo facile.
Il
punto era Rose Weasley.
Era
continuamente lei.
Scorpius
ghignò compiaciuto della sottigliezza dell’amico, ma non per questo era
intenzionato a dargliela vinta.
“La
Weasley c’entra sempre, Edmund, dovresti saperlo.” Replicò, girando il capo
quel tanto che bastava per fissare grigio nell’antracite e scorgere il sorriso
sghembo sulle labbra del ragazzo.
Poi,
senza aggiungere altro, Malfoy aprì la porta e se ne andò, sotto gli occhi
incuriositi di Ottavius e quelli attenti di Edmund.
~
“Oh
Rose, stai bene!” Lily la abbracciò di slancio, stringendola con una tale
veemenza che la diciassettenne temette a momenti di soffocare.
“Ehm
… Non dovrei?” Inarcò un sopracciglio Rose, una volta che la cugina la
divincolò dall’abbraccio.
“Abbiamo
saputo quello che ti è successo.” Le spiegò monocromatica come sempre
Dominique, solo che stavolta si era premurata di prenderle una mano, gesto
piuttosto eloquente per lei.
Rose
non era certa di riuscire a seguirle, invero, perciò pensò bene di chiedere
ulteriori informazioni in merito.
“Di
che state parlando?”
“Di
quello che è accaduto stamattina, con quel Serpeverde! È una cosa riprovevole,
Rosie!” La abbracciò di nuovo Lily, sinceramente preoccupata.
“Ragazze,
vi prego, sto bene!” Tentò di farle ragionare la castana che, finalmente
riusciva a capirci qualcosa.
A
quanto pareva la voce che un ragazzino l’avesse chiamata Mezzosangue aveva
fatto subito il giro della scuola.
“Rosie,
non fingere ti prego.” La pregò quasi Lily, premurosa. “Con noi puoi sfogarti,
lo sai!”
In
verità fino a quel momento non aveva mai pensato di aver bisogno di una spalla
su cui piangere o di orecchie disposte ad ascoltarla, eppure qualcosa scattò
nell’ascoltare quelle parole e si ritrovò con le guance bagnate senza neppure
essersi accorta di stare piangendo.
“È
solo che … non lo so, pensavo che dopotutto quello che è successo … che i
nostri genitori hanno dovuto affrontare …Non pensavo ci fossero ancora persone così …” Stava singhiozzando, ma
come con le lacrime se ne accorse soltanto dopo, quando il fiato le si serrò in
gola dispettoso.
Lily
la abbracciò per la terza volta e Dominique non le lasciò la mano per un
secondo, mentre le lisciava i capelli nocciola.
“Non
devi ascoltarlo, probabilmente non sapeva neppure di cosa parlava.” Le fece
notare la bionda, esasperata dalla facilità con cui certe persone riuscivano
ancora a ferire con una sola parola.
“Lo
so, ma la mamma …”
“Zia
Hermione è in gamba.” La interruppe la rossa, scrollando le spalle con ammirazione
accesa. “Cioè, ha superato di peggio e senza mai cedere, mai!”
Rose
ci pensò su per qualche istante, tirando su col naso, per poi annuire. “Hai
ragione, soltanto che …” Ma lasciò cadere la frase così, in sospeso, ben
sapendo che le cugine condividevano appieno il suo stesso punto di vista.
Dopo
un lungo istante di silenzio, alla fine fu Dominique a parlare per prima.
“Comunque
mi è parso di capire che una certa persona è intervenuta in tuo favore.”
Osservò, riportando la conversazione su toni più soft, ma adottando insieme
un’aria diffidente.
Al
che Rose non riuscì a fare a meno di arrossire, cosa che le capitava sempre più
di frequente negli ultimi tempi. “L’ha fatto perché è un Prefetto, non c’è
nulla da spiegare!” Salto su, agitata e scoprendosi anche un tantino delusa nel
dirlo.
Non
c’era niente riconducibile a lei nel gesto di Scorpius, glielo aveva detto
chiaramente. E comunque non avrebbe dovuto importargliene. Diamine, non avrebbe
nemmeno dovuto stare lì a pensarci tanto in effetti.
“Ma
ciò non toglie che l’ha fatto, Rose.” Osservò insinuante Dominique, mentre Lily
alzava divertita gli occhi al cielo, salvo poi accodarsi alle parole della
cugina.
“Comunque
è vero, sai? Ha sorpreso anche me quando lo sono venuta a sapere! Non è proprio
da Scorpius Malfoy, ma infondo credo che la guerra abbia cambiato un po’ tutti.
Papà lo dice sempre quando parla di Draco Malfoy.” Pensò a voce alta.
La
bionda annuì.
Il
padre di Rose era un tantino più drastico su quelle cose, ma ciò non toglieva
che comunque quando si vedevano i due antichi rivali si salutavano e Dominique
in parte adduceva la cosa alla presenza della zia Hermione, almeno nel caso
dello zio.
“Forse
avete ragione voi.” Concesse Rose a quel punto mentre si asciugava il viso,
riconsiderando per un istante l’eventualità che dopotutto Scorpius Malfoy
poteva essere ben più profondo di quanto avesse sempre sospettato.
In
fondo non era la prima volta che lui la sorprendeva. C’erano già stati dei
precedenti, in effetti, tra cui il più lampante: quando l’aveva salvata
dall’annegamento, nel bagno dei Prefetti. Il che, se si escludeva il fatto che
era stato lui stesso a buttarla in acqua, rendeva un’immagine del ragazzo un
bel po’ diversa dall’idea che si era sempre fatta lei ma che rispondeva
abbastanza a quella di Albus.
“Oh,
grazie tante per la fiducia!” Si finse offesa Lily, facendo sghignazzare le
altre due e risollevando così il livello generale dell’atmosfera.
“A
proposito.” Cambiò discorso Rose. “Sono proprio curiosa di sapere come sta
andando l’appuntamento di Albus e Alicia …”
“Mio
fratello ti ucciderebbe se ti sentisse definire così la loro uscita.” Le fece
notare Lily, divertita, ricevendo una linguaccia in risposta.
“Ma
è quello che è! E invece tu che mi dici con il tuo Julius?” La rimbeccò la ragazza,
facendola arrossire seduta stante sotto lo sguardo curioso di Rose.
“Che
vuoi che ti dica?” Roteò gli occhi la rossa, assumendo un’aria sognante.
“Insomma, lui è fantastico!”
“Parenti
a parte.”
“Dominique!”
“Oh,
andiamo Lily! Suo fratello è impossibile e ancora mi chiedo come Rose abbia
fatto a sopportarlo.” Dichiarò seria Dominique, assumendo un’aria risoluta che
fece sorridere la più grande e sospirare la più piccola.
“Comunque
il problema non è Michael, purtroppo.” Si accigliò all’improvviso Lily,
riferendosi alle uscite di nascosto in cui erano costretti a cimentarsi per non
farsi beccare da Albus.
“Credo
che dovresti dirglielo.” Le consigliò Rose per l’ennesima volta, sfiorandole un
braccio con aria complice.
“Sì,
certo, come no, già me l’immagino il putiferio che ne seguirebbe …” Il viso di
Lily si riempì di un’espressione terrorizzata, che le fece guadagnare una pacca
indulgente da parte di Dominique alla quale lei e la cugina non avevano proprio
saputo mentire circa la natura di quella famosa uscita a quattro.
“Prima
o poi dovrai comunque dirglielo, sia a lui che a James.”
“Stai
cercando di essere rassicurante o cosa, Rosie?” Sgranò gli occhi l’altra,
spiazzata.
La
diretta interessata all’illazione non riuscì a trattenere una risata. “Scusami,
scusami, Lily, è solo che Al è tuo fratello.” Scrollò le spalle, con facilità,
mettendo a tacere la vocina che le ricordava insistente che anche Hugo era suo
fratello, eppure non gli aveva detto niente riguardo ad un certo ricatto che la
vedeva legata a doppia mandata con un Serpeverde in particolare.
-Ma quella è un’altra cosa, non
c’entra niente. È completamente diverso. E Albus è diecimila volte più
comprensivo di Hugo.-
Tentò di convincersi e, una volta che ne fu abbastanza sicura, passò ad
ascoltare le parole di Dominique circa la mancanza di tatto integrale di Al in
quel genere di campi, come ben dimostrato dai suoi continui ed ingiustificati
rifiuti verso Alicia.
~
Mettendo
piede dentro i Tre Manici di Scopa, Albus non fu poi del tutto sicuro di aver
fatto una saggia scelta giacché una trentina di paia di occhi si posarono
incuriositi su di loro, facendolo sentire un imbecille totale.
Avrebbe
voluto mettersi a gridare che non era come sembrava, che non era un appuntamento e che c’era Dominique dietro tutto quello;
tuttavia la voce imbarazzata di Alicia che gli chiedeva dove volesse sedersi lo
costrinse a scartare ogni idea.
C’era
qualcosa di disarmante in quegli occhi marroni; qualcosa che da sola riusciva a
diroccare tutti i propositi di apparire freddo e distaccato preparati in
precedenza. Il che era preoccupante, perché come faceva a smontarle ogni
fantasia se non riusciva neppure a dirle di no? Fortuna solo che si trattava di
quell’unica uscita e basta,
altrimenti era certo non avrebbe più retto a quel ruolo stretto che suo
malgrado si era visto costretto ad indossare.
“Lì?”
Indicò un tavolino abbastanza appartato, a ridosso di un muro.
Alicia
annuì e lo seguì fedelmente fino al posto prescelto, sedendogli quindi di
fronte ed arrossendo ancora una volta nell’intercettare il suo sguardo berillo.
“Cosa
prendi?” Le domandò Albus mentre fingeva un interesse sfrenato per il menù.
“Ehi
Al!”
Il
ragazzo sobbalzò, sentendosi chiamare da una voce indubbiamente maschile.
-Per Merlino!-
Era Sam, uno dei suoi compagni di stanza, che doveva averlo riconosciuto
nonostante la protezione del menù.
“Ehi
…” Mormorò, forzando un sorriso che a conti fatti poteva benissimo essere una
smorfia, mentre l’amico si avvicinava allegro.
“Come
mai da queste parti?” Gli domandò incuriosito Sam, una volta che l’ebbe
raggiunto, prima di notare con un’accesa meraviglia la ragazza al suo fianco.
“Oh, ciao Alicia.”
In
quel momento Albus l’avrebbe volentieri tolto di mezzo. Perché cavolo non si
faceva i fatti suoi? E perché sottolineare con tanto stupore l’incredibilità
della sua uscita?
“Beh,
forse è meglio se vi lascio soli.”
“Non
è come pensi!” Si sentì in dovere di dire il moro, ricevendo all’istante
occhiate interrogative da Sam e concentrate di Alicia. “Non è un appuntamento, il
nostro. È soltanto un’uscita tra amici,
okay?”
“Certo.
Non ti scaldare, amico!” Corrugò la fronte l’altro, perplesso, prima di
sollevare le spalle e lasciarli ugualmente soli.
“Bene,
bene.” Borbottò Albus, girandosi inorgoglito verso Alicia e notando solo allora
l’aria depressa apparsa sul suo viso. “Ma che …?”
“Forse
è stato un errore … non avrei dovuto accettare … Scusami.” Farfugliò funerea
lei, prima di alzarsi e lasciarlo come un allocco sulla sedia, con il menù
ancora tra le mani e lo stupore ben leggibile nel volto.
Nonostante
non avesse minimamente capito la scusante ad un simile e radicale
comportamento, si ritrovò a seguirla lo stesso, zigzagando tra gli altri
studenti per raggiungere la porta l’attimo dopo che lei l’ebbe richiusa.
“Alicia!”
La richiamò, ma dovette rincorrerla e afferrarle un braccio per fermarla. “Si
può sapere che è successo?”
Lei
gli dava ancora le spalle, tuttavia a giudicare da come tremavano le sue spalle
non era difficile immaginare che stava piangendo e la cosa, per una qualche
ragione, gli fece più male di un pugno allo stomaco.
“N-
Niente.” Singhiozzò sempre più vistosamente Alicia, rispondendo alla domanda
con voce che lui stentò a riconoscerle.
“Se
non è niente, allora perché sei scappata?” Insistette ciò nonostante Albus,
deciso a vederci chiaro nella faccenda.
Fino
a quando erano entrati nel pub, gli era sembrata abbastanza tranquilla.
Insomma, imbarazzo a parte, non aveva riscontrato minacce di pianto. Poi era
venuto Sam e quando se n’era andato …
-Ah. È ufficiale: Albus Severus
Potter, sei un idiota! Un colossale idiota!- Come aveva fatto a
non capirlo subito? Come aveva potuto non notare la delusione nel viso di lei?
“È
tutta colpa mia, vero? Per … per quello che ho detto?” Ipotizzò, ben conoscendo
la risposta alle sue retoriche domande.
“N-
No.” Scosse tuttavia il capo Alicia, spiazzandolo. “N- Non è colpa tua, l- lo
sapevo dall’inizio che n- non era un a- appuntamento. S- Sono stata una stupid-”
“Non
pensarlo neanche.” La interruppe Albus a quel punto, prima che lei potesse
terminare la frase, e facendola così voltare, basita.
Eppure
incrociando quegli occhi stupiti, tutto ciò a cui lui riuscì a pensare fu a
come si sarebbe potuto sentire se si fosse trovato al posto di lei, in quella
situazione, e il pensiero bastò a farlo sentire ancora più in colpa di quanto
già non fosse.
“Se
c’è uno stupido … beh, quello sono io, non tu.” Confessò, abbassando il capo in
un misto di stupore e imbarazzo. “È solo che …”
-Mi piace l’unica persona che non
dovrebbe piacermi.- Ma come poteva ammettere una cosa del
genere senza risultare folle? Malato?
“Non
avrei dovuto dire quelle cose …” Cambiò allora direzione, alzando lo sguardo
per incrociare il viso stavolta disteso di lei. “Scusami, Alicia. Sono un
buzzurro quando mi ci metto, James me lo dice sempre e inizio a credere abbia
ragione.”
Albus
azzardò un sorriso a quelle parole, sperando di risultare abbastanza sincero
come in effetti era, e stranamente qualcosa gli riscaldò il petto
nell’ascoltare la risata cristallina che ne seguì.
“Perciò,
perdonato?” Chiese disperato poco dopo, una volta che Alicia smise di ridere.
“Sì.”
Annuì col capo lei, decisa, asciugandosi le guance e regalandogli un sorriso
raggiante.
Lui
la fissò per qualche istante, perdendosi inconsapevolmente in quel caloroso
oceano castano, timido e un po’ schivo per una riservatezza intrinseca. Non
aveva mai fatto caso a quante sfumature potessero contenere quegli occhi o a
come le si illuminasse il viso quando sorrideva a quel modo. Ma d’altro canto,
non si era mai fermato ad osservarla davvero,
neppure per sbaglio, e infondo la cosa lo lasciava spiazzato adesso che
finalmente se ne concedeva la possibilità.
Alicia
non era una ragazza appariscente, troppo timida ed insicura per colpire
l’attenzione ad un primo acchito nonostante fosse innegabilmente carina.
Tuttavia Albus iniziava a sospettare che oltre tutto quell’impaccio si
nascondesse molto, molto di più. Era una persona da scoprire pian piano,
concedendole il tempo per lasciarsi scoperchiare, solo che lui non era sicuro
di essere la persona giusta per farlo.
“Aspettami
qui, vengo subito!” Esordì all’improvviso il giovane Potter, liberandola dalla
stretta e correndo via con il viso animato da un’espressione felice.
Alicia
strabuzzò gli occhi, colpita; ancor di più quando lo vide entrare nel negozio
di Mielandia.
Quando
ne uscì, Albus manteneva tra le mani un sacchetto e nel viso c’erano ancora
tracce del sorriso di poco prima.
“Ecco,
tieni!” Disse non appena le fu di nuovo di fronte, porgendole il sacchetto con
aria trasognata.
Lei
per tutta risposta abbassò il capo per intercettare il sacchetto che lui le
tendeva, basita.
“Prendili,
sono tuoi. Non sapevo che gusti ti piacessero e così ho preso un po’ di tutto.”
Spiegò arrossendo appena Albus, spingendo la bustina nella sua direzione con
enfasi. “Sono per … beh, oggi è il tuo compleanno, no?”
Nel
dirlo stavolta era visibilmente avvampato, ma per fortuna Alicia non poté
notarlo – o almeno fu quello che pensò lui – perché teneva ancora il capo
chino.
Alla
fine comunque lei sembrò capacitarsene e, non senza un certo imbarazzo, afferrò
titubante il sacchetto che lui continuava a porgerle.
“G-
Grazie.” Mormorò, alzando la testa quel tanto che bastava per osservarlo in
viso.
Era
ritornato l’Albus impacciato di prima e la cosa le riscaldò il cuore, di nuovo.
“N-
Non dovevi.”
“Sciocchezze!”
Sventolò una mano lui, mostrando una modestia che gli era da sempre
appartenuta. “Allora … Ritorniamo dentro o vuoi …”
Alicia
scosse il capo, interrompendolo, senza mai smettere di sorridere. “Va bene.”
“Dentro?”
Chiese per sicurezza Albus, accennando con il pollice al locale alle sue spalle
e sentendosi all’improvviso un tantino stonato.
Lei
stava sorridendo, ma era impossibile fosse per quello, no? … Giusto?
“Sì.”
Confermò annuendo col capo Alicia e lui, in trance, ci impiegò qualche istante
per capire che doveva muoversi.
“Andiamo,
quindi.” Ribadì, scuotendo il capo per darsi una svegliata e precedendola nel
pub Tre Manici di Scopa.
“Sì.”
Ripeté di nuovo la Davies; si sentiva così felice che il cuore avrebbe potuto
smettere di battere da un momento all’altro senza risentirne.
N/A
Capitolo un po’ meno
movimentato dei precedenti, almeno per quanto riguarda Scorpius e Rose, ma
necessario per dare una svolta al rapporto tra Albus e Alicia. Per quanto
riguarda Edmund e Ottavius, come avrete notato, hanno avuto più spazio rispetto
ai precedenti e vi assicuro che ne avranno persino di più nei prossimi. Intanto
vi dirò che già nel prossimo capitolo ci sarà un bel confronto tra Scorpius e Rose,
ma dovrete aspettare al settimo affinché le cose inizino a prendere una piega,
ehm, più matura, ecco.
Nel frattempo, passo a
ringraziarvi ad uno ad uno.
·mAd wOrLd: innanzitutto, grazie
mille per la recensione. Sono contentissima che il capitolo ti sia piaciuto.
Sì, devo ammettere che Scorpius è piuttosto “bizzarro” nel suo rapportarsi con
Rose. Ma, come avrai modo di scoprire più avanti, la sua non è cattiveria,
quanto il semplice riflesso di un ragazzo che non ha mai provato niente di
simile per una ragazza. E poi, diciamocelo, Rose è davvero buffa quando ci si
mette! ^.- Personalmente la vedo proprio così: insicura, complessata e
tremendamente cinica. Insicura. Soprattutto insicura. Ma questo l’ho già detto,
no? Comunque mi piacerebbe sapere che ne pensi anche di questo capitolo, se ti
va.
·Aurora_Cullen: il tuo credo è anche il
mio credo e sono raggiante di sapere
che c’è qualcuno che la pensa esattamente come me sul fatto di scrivere. È verissimo,
quando sei dietro al computer, sono i personaggi che parlano per te e muovono
le tue mani … Una sensazione stupenda, davvero, che non so se mi stancherò mai
di assaporare. Per quanto riguarda Scorpius, nei primi capitoli è quasi
insopportabile, mea culpa. Tuttavia ti
assicuro che avrà modo di riscattarsi, di crescere.
Perché alla fine è proprio quello il punto, credo. Anche qui hai avuto una
scorsa di uno Scorpius più maturo dei precedenti capitoli, ma è solo una
sfumatura visto come le risponde poi. Ti assicuro che nei prossimi, diciamo due
capitoli, avrà una bella scrollata! ^-^ Per quanto riguarda la saga di Estetica, pensavo anch’io di
approfondirmi sul rapporto tra Albus e Regina, e credo che a breve inizierò
davvero a lavorarci sopra, chissà! Per quanto riguarda l’Albus di questa storia
… oh, avrà molto da dire! Eh sì, in effetti una Luna sarebbe stata perfetta in
questo ambito, ma vabbè. C’è sempre quell’ingenuo di Ottavius, no? ^.-
·ValyBrick: a chi lo dici, Hugo è
fantastico! Ma la domanda è: sarà sempre così comprensivo? Eh, chi può dirlo! No,
dai, non voglio svelarti niente per ora, ma sappi che sì, Hugo è uno dei miei
personaggi preferiti. E sempre sì, ho parecchi personaggi preferiti! XD Albus …
che dire di lui?! Ti ha dato l’impressione che possa essere innamorato di Rose?
E che mi dici di questa uscita con Alicia? Beh, quello che posso dirti io, è
che Albus avrà la sua parte in questa storia, vedrai. u.u Sono davvero felice
che continui a seguirmi e spero vivamente che ti sia piaciuto anche questo
capitolo. Se puoi, fammi sapere!
·HighwayFairy: in primis, grazie. Sul serio, grazie di cuore! Le
tue parole mi hanno sciolto il cuore, mi hanno emozionata davvero! *-* Sono felicissima,
commossa di sapere che ti piace a tal punto la mia versione di Scorpius e Rose.
Io li ho visti così sin dal primo istante. Lui un po’ stronzetto ma tanto,
tanto disarmante e lei dannatamente insicura. Nella saga di Estetica le cose sono state più rapide
per una mia scelta di partire direttamente da quando si mettono –per così dire-
insieme, ma non per questo più facili. Qui, invece, è tutto più complicato perché
ci sono tutte le incertezze dell’innamoramento, i dilemmi su se stessi e, molto
più avanti, persino sul futuro dopo Hogwarts. Tutto questo solo per dirti che
sono contentissima di sapere che, in entrambi i casi, sono riuscita a lasciarti
qualcosa di buono. Davvero. *-* E poi sono tanto, tantissimo toccata dal tuo
discorso. Non so che dire, sul serio! È che quando inizi a scrivere, non sai
mai cosa sei in grado di trasmettere e tu, con le tue parole, mi hai dato una
bella dimostrazione che dopotutto non vado così male, infondo. Giro assurdo di
parole per dirti, anzi ridirti ancora e ancora, grazie. Non mi stancherò mai di ripeterlo. Venendo alla storia, mi
piace creare una trama ben delineata, anche se –come dicevo prima- il più delle
volte mi limito a farmi trasportare dai personaggi. È che non mi piace scrivere
tanto per farlo, voglio davvero imprimerci quanto più di me stessa è possibile
in ogni fanfiction. Scorpius e Rose hanno parecchie analogie con i loro
genitori, eppure come puoi ben vedere riescono ad essere anche totalmente
diversi. Ma se mi chiedi a chi mi sia ispirata per loro, se a Ron, Hermione,
Draco, Astoria o chi sia, non saprei davvero cosa risponderti. Li ho sempre e
solo visti così, punto. Non ci sono altri motivi. Sulla storia della fotografia
… beh, tutto ciò che posso dirti è che c’hai preso in pieno. Ma Scorpius è
Scorpius, perciò mai dire mai e aspettati delle sorprese anche da lui! ^.- Per
Albus … tutto da scoprire, sì. Ma non voglio rovinarti la sorpresa, perciò
staremo a vedere! Dulcis in fundo … ti piace il SasuSaku? *-* Sei la mia anima
gemella virtuale‼ XD No, davvero! Beh, spero che ti piaccia anche questo
capitolo e vedrai, nei prossimi quante cose succederanno!
·Sae: tesoro mio! >.< Ieri
quel blog dannato mi ha sfibrata, ma oggi pare che và … Ed è merito tuo! Grazie
tante per l’aiuto, sei sempre la mia unica, speciale best! *-* Okay, chiudo il
breve OT e passo alla storia. Ma come farei senza di te?! Te lo dico io: non farei! Eh, Rose è un’imbranata
cosmica, sì! XD Ma fintanto che c’è Scorpius con lei … non ti pare? ^.- Ad
avercelo uno come lui a portata di mano! *-* Sarei disposta pure a perdonargli
i suoi momenti di follia da bastardo cronico, di sicuro! E se te lo stai
chiedendo … sì, sto dando di matto! @.@ La mia tex! *-*
Bene, adesso però devo
proprio andare. Ho un mucchio di cose da fare, fanfiction da finire, banner da inviare
(tex, ne sai qualcosa? ^.-). E chissà, persino studiare magari? Nah! XD
Tu non sei quello che
sembri nei momenti di tristezza.
Sei molto di più.
[Paulo Coelho]
Un
rumore discreto alla finestra.
Due.
Tre. Forse quattro. Al quinto, Rose aprì gli occhi e, ancora assonnata, scese
dal letto a baldacchino. Le sue compagne di stanza dormivano profondamente
oltre le tende rosse e per un istante si chiese se non avesse sognato ma,
voltandosi per un automatismo involontario verso la finestra, per poco non le
venne un colpo.
Scorpius
Hyperion Malfoy si librava tranquillamente sulla sua scopa, rimanendo fermo
sullo spiraglio esterno che accedeva alla sua camera come se fosse una cosa del
tutto naturale.
Rose
ci impiegò un paio di secondi buoni per riprendersi e per andare ad aprire il
vetro, non senza aver assunto una delle espressione più inflessibili del suo
repertorio.
“Che
diavolo stai combinando, Malfoy?” Lo aggredì che neppure aveva aperto il vetro,
calata nel suo ruolo di Caposcuola. “Ti sembra il caso di andartene in giro con
una scopa nel bel mezzo della notte? Dovrei toglierti dei punti! E poi dove
l’hai presa? Non puoi-”
“Risparmiami
la paternale, Weasley.” Fece roteare gli occhi grigi lui in risposta, per poi
puntarli ancora su di lei con il solito effetto sobbalzo. “Forza, muoviti.”
Era
un ordine? A fare cosa, poi? Rose sgranò gli occhi, attonita.
“Devo
muovermi?” Ripeté stralunata.
“Muoviti
a salire.”
“A
sa- … vuoi dire su quella?”
Nel
dirlo aveva talmente spalancato le palpebre che gli occhi sembravano
addirittura usciti fuori dalle orbite.
“Certo,
Weasley. Sbrigati.” La esortò ancora Scorpius, facendo eloquenti cenni col
capo, impaziente.
“No.”
Scosse tuttavia il capo quella, risoluta. “Io non ci salgo lì sopra con te. E se
avessi un briciolo di zucca nel cervello, andresti a letto anche tu.”
A
quel punto Rose stava per chiudere la finestra, seriamente intenzionata a
ritornare nel calduccio del proprio letto e fingere che tutto quello non fosse
mai esistito. Tuttavia qualcosa s’intoppò tra il vetro e i cardini, impedendole
la chiusura. Alzò lo sguardo, stupita, e i suoi occhi dardeggiarono
nell’incrociare quelli selvatici di Scorpius, con un braccio disteso e la mano
a bloccare la finestra.
“Che
stai facendo?”
“Ti
ho detto di salire, Weasley. Odio ripetermi.”
“E
io ti ho detto che lì non ci vengo, perciò se vuoi lasciarmi in pace …”
Ma
Scorpius non ne aveva la benché minima intenzione, come dimostrava la decisione
nel suo viso. “Weasley, è un ordine.”
Puntualizzò.
“Oh,
insomma!” Sbuffò sonoramente Rose, per poi pentirsene appena l’istante dopo
nell’intercettare un movimento sospetto dal letto di Mary.
Esasperata,
lo fissò negli occhi nella vana speranza di farlo desistere e convincere a
tornarsene a dormire. Ma lui era un osso duro, come aveva imparato a proprie
spese, e di certo non bastava il suo sguardo di sfida a persuaderlo. Anzi, a
giudicare dalla sua espressione del viso, Scorpius era seriamente intenzionato
a farla salire su quella ramazza e di sicuro non ci voleva un genio per capire
che avrebbe fatto di tutto, pur di ottenere il suo scopo.
“Sono
in pigiama.” Gli fece notare a quel punto Rose, allargando le mani in un gesto
significativo.
“Cambiati
allora. Io ti aspetto qui.” Rispose lui sicuro, facendo un ghigno malizioso che
a lei non piacque per niente.
“No,
no, se proprio devo, vengo così.” Decise, arrossendo non appena gli occhi grigi
di lui si posarono invadenti sulle sue forme facendola sentire nuda nonostante
il pigiamone rosa.
“Oh,
beh, peccato.” Mormorò Scorpius di rimando, sghignazzando quando lei gli lanciò
occhiate di fuoco oltre l’imbarazzo.
Era
così facile e divertente farla arrabbiare, che era impossibile non trovarci
gusto. E lei sapeva sempre trovare un modo per rispondergli, o per rimetterlo
al suo posto, almeno. Quella ragazza, non c’erano dubbi, era diversa da tutte
le altre.
“Potresti
almeno aiutarmi.” Sussurrò Rose in bilico sul cornicione, divenuta
all’improvviso così pallida da risultare spettrale.
Stava
puntando al didietro, ma Scorpius fu più agile e, torcendosi col busto, la
afferrò per i fianchi costringendola a sedersi dinanzi a lui. Erano così vicini
che poteva respirare il profumo di vaniglia dei suoi capelli senza che lei
potesse prenderlo a schiaffi e, allo stesso modo, sfiorarle la schiena con il
petto fingendo una casualità che di casuale aveva ben poco. Gli piaceva da morire metterla in imbarazzo, persino
più che farla infuriare.
Rose
si sistemò un pochino meglio e Scorpius ne approfittò per passarle le braccia
attorno alla vita fino ad agguantare un punto della scopa oltre lei.
“Mantieniti
forte, Weasley.” Le bisbigliò in un orecchio, suadente, sorridendo compiaciuto
nel sentirla irrigidirsi tra le proprie braccia, prima di ripartire.
C’erano
poche stelle quella notte, perché il cielo rimaneva perlopiù coperto di nuvole,
ma la luna rimaneva ben visibile nel suo spicchio di luce gialla. L’aria però
era fredda, come inevitabile a dicembre inoltrato, e lei rabbrividì quando un
fiato particolarmente gelido di vento le soffiò addosso. Per istinto, si
rannicchiò su se stessa, senza prevedere che ciò l’avrebbe portata anche ad
addossarsi di più al petto scolpito di lui.
Avrebbe
voluto chiedergli dove stavano andando e che intenzioni aveva, tuttavia ad una
virata piuttosto difficile lasciò correre, chiudendo gli occhi e preparandosi
al peggio. Era certa sarebbe morta, su quella maledetta scopa in quella notte
ghiacciata con addosso uno straccio di pigiama. Il che sarebbe stato anche
possibile, se solo non avesse avuto il calore del corpo di Scorpius a così
stretto giro, ricordandole che invece un cuore c’era ancora e che batteva più
forte di mille tamburi insieme.
Di
sicuro sarebbe avvampata sentendo i capelli dorati di lui solleticarle la
fronte e la guancia aderire perfetta alla sua, se solo non fosse stata sicura
di aver appena intercettato un inizio di ipotermia.
Stava
congelando e ormai aveva iniziato a battere pesantemente i denti, senza contare
il fatto che il cervello si rifiutava di ragionare in modo raziocinante.
Ciò
nonostante il suo orgoglio Grifondoro le impediva di supplicarlo di fermarsi,
di farla scendere, perché stava congelando. Per cui resistette ancora diverso
tempo e fu solo quando ogni parte del suo corpo intirizzito le urlò di finirla,
che non ce la faceva più, che Rose si decise a pregarlo. Lentamente girò la
testa e, ignorando il magone provocato dall’effettiva vicinanza del viso di
lui, si sforzò a parlare, scoprendo una voce gutturale e bassa che stentò a
riconoscere.
“H-
Ho f- freddo.” Biascicò, tremando ormai sempre più vistosamente. “F- Fammi s-
scendere … t- ti prego.”
Scorpius
semplicemente non poteva rimanere disinteressato di fronte a quello sguardo
supplice e alle labbra violacee a pochi centimetri di distanza dalle proprie. E
anche se avrebbe voluto poter rimanere così ancora per tutta la notte, con il
vento nei capelli e il corpo smilzo di Rose tra le proprie braccia, sapeva che
doveva fare ritorno al castello. Perciò, ignorando il senso di libertà dettato
dalla situazione e mettendo a tacere la voce che petulante gli ricordava di chi
fosse la colpa se lei stava in quello stato, virò di centottanta gradi, verso
la finestra ancora aperta nella torre di Grifondoro.
La
sentì fremere di freddo e per istinto si ritrovò a stringerla ancora di più,
avvolgendola per quanto poteva nel mantello verde e argento dei Serpeverde.
Era
così vicina a lui e dipendente da
lui, da dargli la sensazione di stare stringendo una delicata bambola di
porcellana che lui aveva il compito di proteggere.
Perché
se lei stava congelando, era tutta colpa sua. Riusciva a metterla soltanto in
pericolo, così come quella volta nel bagno dei Prefetti. Eppure, per quanto
potesse essere pericoloso per lei, non riusciva a farne a meno, quasi fosse
stata la sua droga personale.
Ridicolo
per uno che non aveva mai avuto troppo spazio per gli altri, mentre adesso si
ritrovava lì, su una scopa a stringere un corpo davvero troppo freddo e a
sperare, incapace di ammetterlo, di arrivare in tempo a quella maledetta stanza.
Eppure,
ciò nonostante, Scorpius non poté fare a meno di notare il senso di calore che
ugualmente gli accendeva il petto e che sapeva essere una conseguenza della
stretta vicinanza a Rose. Era la prima volta che gli capitava una cosa del
genere e per questo sarebbe stato impossibile rimanerne indifferenti. Perché in
quel preciso istante lei si stava fidando – a dispetto dei precedenti – di lui, e non le importava se era stato lui
stesso a metterla in pericolo, non le importava se l’aveva obbligata a salire
su quella scopa; la presa effimera delle sue mani sulla propria maglia era una
percezione così viva da infiammarlo
di una strana forma di adrenalina pura.
-Forza Weasley, stiamo arrivando.-
La
finestra si profilò dinanzi ai suoi occhi con la stessa consistenza con cui le
labbra gli si arricciarono in un sorriso.
Rose
aveva chiuso gli occhi, paralizzata dal freddo, ma avvertì il cambiamento in
maniera radicale perché all’improvviso tutto era divenuto più caldo. Eppure,
mentre lui la sorreggeva gettando la scopa da una parte, si accorse con stupore
che nessun calore era mai paragonabile a quello emanato dal contatto dei loro
corpi. Il che era assurdo, perché aveva sempre sospettato fosse freddo quel
petto, come lo era Scorpius …
“Mettiti
questa.”
La coricò
sul letto, che il suo cuore accolse con un misto di sollievo e delusione, e la
aiutò ad infilare una maglia che lei non ebbe neppure la forza di vedere.
Poi
Scorpius la riprese di nuovo tra le braccia e lei, debole, lo lasciò fare senza
emettere verbo, aprendo gli occhi solo quando non avvertì più la sua presa.
In
un istante fu di nuovo marrone nel grigio, così vicini che i loro nasi
riuscivano a sfiorarsi, delicati. Rose non riusciva a capire, e forse nemmeno
voleva, ma non poteva respingere la sensazione di freddo che all’improvviso si
era rifatta viva, pesante, nonostante la montagna di coperte addosso. Avrebbe
voluto chiedergli di riprenderla con sé, tra le sue braccia, se solo non avesse
avuto il sentore che era una cosa inconcepibile perché lui era lo stesso
ragazzo che lei aveva professato di odiare sin dal primo anno.
Ma
allora … perché non riusciva ad avercela con lui anche adesso? Sarebbe stato
così facile incolparlo, così semplice … Perché non riusciva a smettere di
cercare quegli occhi, nonostante il vuoto disincanto che sapevano trasportarsi
addosso?
“Sei
troppo delicata, Weasley.” Le sussurrò all’improvviso Scorpius, ma stavolta il
sorriso che ne seguì non aveva traccia di sadico divertimento, né d’ironia.
Era
sincero e la cosa la colpì, al di là
del freddo e della stanchezza che quell’uscita malsana le aveva scaricato
dentro.
Per
istinto, Rose si ritrovò a ricambiare al sorriso ma solo quando lo fece si rese
conto che era esattamente ciò che voleva.
Stavolta
fu il turno di lui di rimanerne colpito, tuttavia subito si riscosse a riprova
di essere comunque un Malfoy.
“Vedi
di stare bene, domani. Ho un paio di cose da farti fare.”
Scorpius
si rimise in posizione eretta e assunse un’aria arcigna mentre recuperava la
sua scopa. Rose a quel punto avrebbe potuto benissimo offendersi e mandarlo al
diavolo, tuttavia la premura impressa su quel viso era un’immagine ancora
troppo vivida nella sua mente per non sapere che stava cercando soltanto di
recuperare una parvenza di durezza. In un altro momento, forse, gli avrebbe
detto che non doveva per forza dimostrarsi solido come una pietra di marmo, che
ogni tanto poteva anche lasciarsi andare, ma in quell’istante non ne aveva la
forza.
Tutto
ciò che riusciva ad elaborare era il ricordo di quelle braccia, nerborute al
punto giusto, attorno alla propria vita; il calore del suo petto mentre vi si
stringeva; la dolcezza con cui l’aveva sostenuta e infilata poi sotto le
coperte, aiutandola ad indossare una maglia calda e al profumo di menta …
E
fu con quelle sensazioni piacevoli e con l’immagine dei suoi occhi scolpiti
nella mente, nonostante tutto, che Rose si addormentò dopo che Scorpius,
riutilizzando lo stesso incantesimo allargante di poco prima, si ritirò da lei
passando dalla finestra, in sella alla sua scopa.
~
Scorpius
atterrò nella Guferia con l’eleganza tipica della sua casata e il cipiglio
tetro di chi si lascia travolgere da pensieri sgradevoli.
“Mattiniero
o insonne, Malfoy?” Lo accolse una voce stupita che lo fece girare di scatto,
bacchetta in vista.
“Oh,
Potter.” Mise via la stecca il biondo, riconosciuto il moro che gli sostava di
fronte. “Che ci fai in giro?”
Albus
per tutta risposta scrollò le spalle, con scarso distacco. “Dovevo spedire una
lettera.” Spiegò, vago.
Scorpius
alzò un sopracciglio, perplesso. “A quest’ora?”
“Sai
com’è … la famiglia …” Farfugliò appena l’altro, infossando le mani nelle
tasche del pantalone con forzata nonchalance. “E tu? Giro con la scopa nuova?”
Nel
dirlo gli occhi di Albus brillarono, a testimonianza della sua sfrenata
passione per quel genere di oggetti. Lui e Hugo avevano trascorso tutta la
colazione ad elencare le qualità della scopa da volo che Scorpius aveva
ricevuto in dono via gufo da suo padre, quella mattina. Poi era arrivata Rose,
che si era persa la scena della consegna, e il discorso era caduto su altri
argomenti.
“Sai
com’è … dovevo testarla …” Gli rispose sardonico Scorpius, scimmiottandolo di
proposito e facendolo per questo sorridere.
“Temo
non ti servirà comunque a niente.” Lo mise in guardia Albus poco dopo, fissando
gli occhi verdi in quelli argentei dell’altro.
“Ah
no?”
“No.”
Scosse il capo. “Tanto la Coppa del Quidditch la vinceremo noi in ogni caso.”
“Sei
molto sicuro di te, Potter.” Osservò con una nota di compiacimento Scorpius.
“Sono
molto fiducioso della mia squadra.” Puntualizzò Albus, senza mai perdere il
sorriso dalle labbra.
“Meglio
così. Sarà più divertente battervi.” Replicò a quel punto l’altro, ironico come
sempre.
“O
battere noi a voi.”
“Toglimi
una curiosità Potter. Come hai fatto a venire fin qui senza essere beccato da
quell’avvoltoio di Grays?”
“Oh,
beh, ho i miei rimedi.” Mormorò distrattamente Albus, pensando per l’ennesima
volta di dover ringraziare soltanto suo padre se poteva contare del
fondamentale aiuto del Mantello dell’Invisibilità.
Scorpius
fece vaghi cenni col capo all’affermazione, rimanendo ogni volta stupito
dall’asso nella manica che riusciva sempre a sfoderare l’altro. Doveva aver
preso da Harry Potter, in quello, il suo famosissimo padre. D’altronde, avevano
pur sempre lo stesso dna.
“Piuttosto
mi sembra di capire che il nostro Caposcuola Tassorosso non ti piaccia poi
questo granché.” Osservò all’improvviso Albus, vagamente divertito.
Il
biondo fece una smorfia. “C’è a chi piace, comunque.”
“Ti
riferisci a Rose?” Indovinò Potter, avvicinandosi all’enorme finestra aperta
con aria pensierosa. “No, sospetto che non gli sia mai piaciuto, veramente.”
“Davvero?”
Alzò un sopracciglio Scorpius, stupito e all’improvviso interessato dalla piega
del discorso.
“Già.”
Confermò Albus, senza voltarsi. “Anche perché Rosie è troppo intelligente per
uno come lui.”
“Però
c’è uscita insieme.” Insistette il biondo, avanzando di un passo in direzione
dell’altro, che annuì.
“Lo
so.” Fece un gesto vago del capo, in risposta, senza avere idea su come
giustificare la cugina per la sua infelice trovata. In verità era piuttosto
sicuro che Rose non fosse affatto interessata a Grays, tuttavia non aveva mai
osato aprire l’argomento con lei. Era una specie di tabù per loro, nonostante nessuno
dei due avesse fatto intendere di volerlo relegare a quel modo.
“Beh,
credo che andrò.” Albus si sciolse dal malinconico disincanto in cui era
precipitato a quel punto, voltandosi verso Scorpius per lanciargli un’occhiata
inespressiva.
“A
nanna, Potter, che domani hai il grande debutto, no?” Lo schernì quello, senza
tuttavia l’incombere di una forma di cattiveria nella voce.
“Uhm.”
Mugugnò appena Albus, ripensando alla partita di Quidditch contro i Tassorosso
che lo attendeva l’indomani. “Non farti beccare, Serpeverde.”
“Sta
attento a te, piuttosto, Grifondoro.”
Il
moro alzò ed abbassò a breve distanza di tempo il capo, prima di scivolare via
nell’oscurità sotto lo sguardo incolore di Scorpius.
Lo
strano incontro di quella notte lo aveva lasciato un tantino tramortito, quasi
in sospeso, come se stesse aspettando qualcosa. Come se in quella conversazione
avesse dimenticato di afferrare il senso più stretto e più veritiero. C’era
nell’aria un certo senso di sospeso, che gli era precipitato addosso con la
stessa velocità con cui Albus aveva lasciato la Guferia.
Ma
forse era soltanto il frutto di una sua macabra immaginazione, pensare che …
Lo
stridere delle civette lo riportò bruscamente alla realtà, costringendolo ad
accantonare quelle infruttuose elucubrazioni.
Ritrovando
il proprio manico di scopa, Scorpius scrollò la testa e si accinse ad
abbandonare a sua volta la stanza.
Di
Potter non c’era più traccia e, mentre si nascondeva nel buio, il ragazzo pensò
che un giorno o l’altro avrebbe proprio dovuto scoprire come diavolo facesse a
sparire con tanta facilità.
~
La
prima sensazione che Rose avvertì quella mattina, al risveglio, fu un violento
mal di testa.
Si
sentiva indolenzita e aveva dolori per tutto il corpo quasi fosse stata
trapassata da una miriade di aghi, ma la cosa peggiore era il senso di gelo
profondo che la avvolgeva come una cappa, facendole battere i denti nonostante
il tepore delle coperte.
“Ehi,
Rose, alzati!” La richiamò la voce allegra di Mary, mentre correva scalpitante
da una parte all’altra della stanza alla ricerca di chissà cosa.
Per
quanto alzarsi fosse l’ultima attività che il suo corpo avesse voglia di
svolgere, il suo rispetto per le regole e per i propri doveri andava talmente
al di là da spingerla ad eseguire lo stesso la manovra di drizzarsi. La cosa le
richiese tuttavia uno sforzo ben maggiore del previsto e Rose dovette attendere
paziente qualche istante, seduta sul bordo del letto, che il giramento svanisse
prima di riuscire a mettersi in posizione eretta. Fatto ciò, tra l’andirivieni
generale delle altre sue quattro compagne, si avvicinò con passo strascicato al
baule e cercò stanca la propria divisa.
Gli
occhi le bruciavano e fu costretta a chiudere le palpebre un paio di volte per
mettere a fuoco la gonna a pieghe nel verso giusto.
Quindi
fece per sfilarsi il pullover che neppure ricordava di aver indossato, quando
un piccolo, insignificante dettaglio nelle decorazioni catturò la sua
attenzione da bradipo.
Verde
e argento.
Non
rosso e oro.
Chiuse
le palpebre, le riaprì e controllò di nuovo, ma i colori non cambiavano.
Verde
e argento.
Che
significava?
Poi
ricordò. Scorpius le aveva fatto infilare una maglia quella notte, solo che lei
aveva chiuso gli occhi e neppure ci aveva fatto caso. D’altra parte, come
poteva mai pensare che fosse la sua
maglia?
Istintivamente
Rose si portò le mani al petto, a nascondere lo stemma serpentesco cucito sul
cuore, e si guardò allarmata attorno.
Per
fortuna le sue compagne sembravano troppo prese dal cercare questo o quello per
dare retta al pullover che indossava, ma non poteva comunque correre rischi
inutili. Con un’audacia che la stupì giacché quella mattina non credeva di
averne, si sfilò l’indumento ed in fretta lo buttò nel baule, ansimando solo a
fatica riuscita. Le erano tornati i giramenti di testa e le gambe tremavano
quasi avesse corso chilometri, tuttavia i suoi pensieri correvano in un’unica
asfissiante direzione.
-Ho dormito con la sua maglia, ecco
cos’era quel profumo … Ho dormito con la sua maglia …-
Allacciò
i bottoni della camicia bianca con insolita lentezza, faticando non poco a
trovare la concentrazione. Pareva di fatti che quella mattina il suo cervello
avesse deciso di andarsene per i fatti propri, incurante dei compiti che la
attendevano oltre la camera. Il pensiero che potesse essersi raffreddata,
quella notte, non la sfiorò neppure lontanamente perché ogni qual volta
ricadeva nella scena, tutto ciò che le tornava alla mente erano gli occhi
attenti di lui mentre la scrutava da
sopra le coperte, o il calore del suo abbraccio forte, o la perfezione del suo
petto …
In
ogni caso, comunque, erano tutte reminescenze stupide e inopportune, che non
contribuivano di certo a farla sentire meglio.
Addirittura
Rose sospettava di non dover affatto possedere simili visioni di lui, tuttavia
si sentiva troppo spossata per starci a pensare più di tanto.
Distrattamente
ricordò che quel giorno i Grifondoro avevano la partita di Quidditch contro i
Tassorosso in cui militavano quattro dei suoi dieci cugini. Albus ovviamente
aveva il ruolo di Cercatore, nonché Capitano della squadra da quando James
aveva finito la scuola, a suo tempo degno Battitore. Poi c’erano Lily e
Roxanne, entrambe Cacciatrici come lo era stata Angelina, la moglie di George,
prima di loro. Infine c’era Hugo che, per la gioia di loro padre, aveva
ereditato la stessa attitudine come Portiere.
Vederli
giocare era sempre un’emozione, specie per lei che insieme a tutti gli altri
Weasley restanti costituivano la parte di tifo più affiatata, e di sicuro un
banale mal di testa non le avrebbe impedito di accorrere alla partita.
Perciò
nonostante la tentazione di ritornarsene a letto a dormire, Rose afferrò la
propria borsa e si affrettò – per quanto il suo corpo glielo permettesse – a
raggiungere la Sala Grande, in compagnia delle sue compagne di stanza, dove
sapeva di trovare i suoi numerosi familiari.
Come
ampiamente previsto, Rose trovò Albus e combriccola seduti attorno al tavolo a
battibeccare sul più e sul meno. Evitando in modo accurato di non guardare
dalla parte dei Serpeverde onde evitare imbarazzanti cambi di colore, si
diresse verso i suoi compagni di Casa sfoderando un’espressione che sperò
fiera, per quanto il suo incedere lento e affaticato le permettessero. Sarebbe
stato anche meglio, comunque, se non avesse avuto la vivida percezione di due
occhi incollati sulla sua schiena, impossibile non riconoscere perché soltanto
una persona sapeva guardare e vedere a quel
modo.
“Buongiorno
famiglia.” Salutò con voce strascicata una volta che ebbe raggiunto la combriccola
Weasley più due Potter.
“Ciao
Rose!” La salutarono a coro quelli, mentre lei prendeva posto tra Albus e Hugo.
“Rosie,
sei sicura di stare bene?” Le domandò Dominique poco dopo, che le sedeva di
fronte.
“Certo.”
Tentò di sorridere la diretta interpellata, sforzandosi di risultare
convincente, prima di rivolgersi ai quattro più gettonati della mattina. “Voi?
Preoccupati per la partita?”
“Non
mi sembri tanto in forma.” Cambiò di nuovo discorso Albus, accigliato.
Rose
allora scosse il capo, il che le provocò all’istante fitte lancinanti. “No, io sto
bene.” Continuò comunque la falsa, non tanto per un moto di coraggio quanto per
pura devozione ai propri doveri.
In
tanti anni non si era mai permessa di marinare qualche lezione, rimanendo
sempre piuttosto vigile sui capi da indossare per non prendere un qualche
raffreddore. Spesso Hugo si divertiva a prenderla in giro per quella sua mania
di voler ad ogni costo seguire i corsi, ma Rose non c’aveva mai badato e il più
delle volte era finita con lei che lo ammoniva di non coprirsi abbastanza.
Altro difettuccio ereditato dalla madre quello di risultare un tantino
esasperante, nelle cose.
“Rose?”
La voce di Hugo che la richiamava le parve all’improvviso distante miglia.
“Uhm?”
Biascicò, o almeno era quello che credeva; non ne era sicura, si sentiva la
testa nel pallone.
In
modo repentino e senza che lei se ne accorgesse, tutti gli studenti attorno a
lei avevano preso a girare. Rose avrebbe voluto dirgli di smetterla, di
fermarsi, ma le parole sembravano rimaste soffocate in gola e intanto quelli
giravano, giravano, giravano … Era divenuto tutto rosso e oro, i colori della
sua Casa, che si ripetevano a ritmi frenetici, impazziti; poi qualcosa la
afferrò per le braccia e lei udì soltanto dei lamenti distanti, immaginando di
fluttuare, prima che tutto si spegnesse con innaturale celerità.
~
“Ehi
cugino, guarda là!”
Scorpius
alzò il capo, seguendo la linea immaginaria tracciata dal mento di Ottavius, e
qualcosa si agitò nel suo petto nel notare uno strano movimento al tavolo dei
Grifondoro.
“Qualcuno
deve essersi sentito male.” Ipotizzò Higgs, una scia di divertimento impressa
nella sua voce.
“Credo
sia uno dei Weasley.” Si aggiunse anche Edmund, che di solito preferiva
rimanere fuori da qualsiasi fatto non lo riguardasse particolarmente. “Fanno
più confusione loro che tutti gli altri tavoli messi assieme.”
Per
una strana ragione, a sentire quel determinato cognome una certa inquietudine
si fece largo viscerale in Scorpius, che ormai non si curava neanche più di
celare il proprio interesse. Aveva visto come Rose Weasley aveva percorso il
tratto dalla porta al suo tavolo e di certo non gli era passato inosservato,
attento com’era, l’incedere strascicato, quasi forzato. Perciò, anche se non
aveva potuto tenerla d’occhio, aveva la certezza quasi assoluta che fosse lei
la Weasley sentitasi male.
“Toh,
è la Caposcuola.” Gli confermò di fatti poco dopo Ottavius, stavolta stupito.
“Pensavo fosse immune a certe cose. A quanto pare anche lei fa parte della
schiera di noi comuni mortali.”
Proprio
in quel momento il professor Paciock passò loro di fianco, con una svenuta Rose
tra le braccia e con al seguito tutti gli altri sette consanguinei in una
nuvola perlopiù rossastra.
Scorpius,
che li stava fissando, dovette stringere forte le mani a pugno per vincere
qualsiasi voglia stesse nascendo in lui soprattutto nel notare l’ottava
presenza, la meno gradita di tutte.
“E
ti pareva che non ci si aggiungeva pure quell’altro invertebrato di Grays.”
Stava nel frattempo commentando Ottavius, che quando ci si metteva era un disco
inarrestabile. “Una volta tanto che trova qualcuna disposta ad uscire con lui,
subito lì a sbavarle addosso! Che poi è la Weasley, diavolo, non è neppure
tutta questa bellezza!”
“Soltanto
perché ti piacciono tutte le oche senza cervello, Ottavius, non significa che
la Caposcuola non abbia il suo fascino.”
“Fascino?
Non dirmi che ti sei invaghito di lei, spilungone!”
Edmund
a quell’illazione gli gettò un’occhiata al vetriolo. “Ho detto soltanto che a
suo modo è carina, non che voglio sposarla.”
“Bah,
non lo so.” Scosse il capo l’altro, incerto. “Magari senza tutte quelle felpe …
e ignorando il caratteraccio …”
“Perché
non stai un po’ zitto, Ottavius?” Lo ammonì a quel punto Scorpius, velenoso e
duro come in poche rare occasioni era stato con lui, stanco di tutte quelle
farneticazioni sulla ragazza.
Certo
Rose non era appariscente, né bellissima come la cugina Dominique, ad esempio,
però Edmund aveva ragione a sostenere che aveva comunque il suo fascino oltre
la corazza da intellettuale repressa che si era costruita. In ogni caso non era
quello ad impensierirlo, ora. Il fatto che Michael Grays avesse arbitrariamente
deciso di eleggersi a paladino dei bisognosi tallonandola fino all’infermeria,
aveva la precedenza su ogni altra chiacchiera vuota.
“Alzato
col piede sbagliato, per caso?” Lo guardò basito Ottavius, che chiaramente non
c’era abituato ad un simile trattamento.
“No,
ma mi stai irritando.” Affermò acido Scorpius, prima di alzarsi e allontanarsi
a grandi falcate senza emettere più parola in merito.
“Deve
essergli andato storto l’incontro con qualche ragazzina, stanotte.” Ne dedusse
poco dopo Higgs, scrollando le spalle con facilità e addentando una fetta di
pane tostato.
Accanto
a lui Edmund, che manteneva ancora lo sguardo incollato alla porta, si
interrogò sulla stupidità del ragazzo. Come faceva a non vedere una cosa tanto
lampante? Poi si rispose che Ottavius vedeva solo ciò che voleva vedere; mentre lui, pur adocchiando tutto, preferiva di gran
lunga impicciarsi dei fatti suoi, almeno fino a quando gli era consentito fare,
come in quel caso.
~
“Il
SalvioHexia è un
incantesimo protettivo molto potente. Sì, ehm … Di derivazione latina, Salvio indica-”
“Che
stai combinando, Weasley? Parli da sola adesso?”
Rose
alzò lo sguardo sentendosi chiamare e non riuscì a nascondere un’espressione
stupita nel ritrovarsi di fronte Scorpius Malfoy.
“Sapevo
che eri strana, ma non fino a questo punto.” Continuò lui, avanzando senza
richiedere neppure l’invito fino ad arrivare ai piedi del letto, il tutto sotto
gli occhi perplessi di lei.
“Come
mai non sei alla partita?” Gli domandò dopo un attimo di stordimento Rose,
cercando di riscuotersi dallo stato di catalessi in cui era caduta
nell’incrociare quel grigio profondo.
“Avrei
dovuto?”
“Non
si risponde ad una domanda con un’altra domanda, Malfoy.” Lo ammonì, severa.
Di
contro Scorpius sbuffò, vagamente seccato, avvicinandosi ancora di qualche
passo per affiancarla.
“Credevo
fossi destrorsa.” Osservò quindi, passando da un argomento all’altro con la
stessa nonchalance con cui si aggirava nell’infermeria, quasi non avesse fatto
altro per tutta la vita.
Per
quanto non avesse voluto darlo a vedere, Rose non poté fare a meno di rimanere
meravigliata da quel commento. Cosa stava ad intendere? Che lui la vedeva?
“Sì,
infatti.” Rispose ciò nonostante, perplessa.
Si
sentiva decisamente meglio rispetto a quando si era alzata, come testimoniava
il tema di Incantesimo che aveva appena cominciato a scrivere. Aveva persino
insistito con Madama Chips affinché la lasciasse andare a vedere la partita di
Quidditch del giorno, ma non c’era stato verso di convincerla. Senza contare
che oltre a lei l’avevano osteggiata con un certo fervore anche Hugo, Albus e
tutti gli altri.
Perciò
alla fine si era vista costretta a cedere e a rimanersene a letto comunque, con
zero possibilità di replica a riguardo.
Il
tutto contornato, ovviamente, da Michael Grays che le assicurava, con tanto di
giuramento solenne, di provvedere lui stesso a svolgere anche i suoi ruoli da
Caposcuola, considerate le condizioni in cui versava.
“Eppure
stai scrivendo con la sinistra.” Stava nel frattempo dicendo Scorpius,
accennando con il capo alla mano con cui lei manteneva la piuma d’oca,
rivelando nel farlo una certa curiosità.
“È
un esercizio per mantenere in allenamento il cervello.” Spiegò a quel punto
lei, seria, prima di ritornare diligente al proprio tema sotto lo sguardo
penetrante di lui.
-Mantieni il controllo, Rose, non è
niente. Ti sta solo fissando. Non è niente.- Continuava a
ripetersi nel frattempo, sforzandosi di nascondere il lieve disagio che la sola
presenza del ragazzo riusciva ad infonderle. Il problema erano quegli occhi che
lei, al di là di tutti gli sforzi fatti, non era mai riuscita ad interpretare.
“Sei
davvero strana, Weasley.” Sentenziò alla fine Scorpius, dopo essersi concesso
il tempo per rifletterci sopra, scippandole la pergamena su cui stava scrivendo
dalle mani per darle un’occhiata. “Molto prolissa, devo dire.”
“Non
ti ho dato il permesso di leggere, Malfoy!” Si arrabbiò Rose, sfilandogli il
foglio di mano con ferocia. “E poi è soltanto l’inizio!”
Odiava
quando qualcuno le contraddiceva il proprio operato, tuttavia il ragazzo già
non la stava più ad ascoltare, preso com’era a scrutare con dovizia di
particolari ogni oggetto riposto sul comodino.
“Hai
l’influenza?” Le chiese poco dopo Scorpius, notando il nome della medicina
riposto accanto a delle Cioccorane.
“Sto
meglio adesso.” Si difese subito Rose, sebbene non fosse affatto un’accusa la
sua.
“Queste
te le ha date Grays?” Domandò ancora lui, cambiando discorso ed indicando con
una smorfia di disappunto i cioccolatini magici.
La
Weasley alla domanda rimase come stralunata. “Veramente sono di Louis. Perché?”
“E
Grays non ti ha regalato niente?” Insistette Scorpius, il viso chiuso in un
cipiglio impenetrabile.
“N-
No. Doveva?” Rose, al contrario, non riusciva a nascondere tutto il proprio
sbigottimento.
“Che
hai raccontato? Come ti sei ammalata?”
L’aveva
fatto di nuovo, aveva deviato ancora il filo del discorso verso altre
direzioni.
Lei
stavolta si accigliò, delusa. Tutte quelle domande per ciò servivano? Perché
aveva paura che avesse rivelato a qualcuno la sua volata notturna?
“Non
ho detto niente, sta tranquillo.” Gli rispose, tagliente come la lama che le
aveva appena trapassato il petto.
Avrebbe
dovuto chiedersi il motivo per cui una simile verità le faceva tanto male, lo
sapeva, tuttavia non ne aveva il coraggio. Gran bella Grifondoro, eh? Solo che
aveva troppo paura di ciò che avrebbe potuto trovare, una volta scavato in
profondità.
A
quelle parole comunque Scorpius smise di giocherellare con le cianfrusaglie
riposte sul comodino e si voltò a fissarla, un sopracciglio inarcato con aria
interrogativa.
“Di
che stai parlando?”
“Di
stanotte. Era questo che ti preoccupava tanto, no? Perciò sei venuto.” Ne
dedusse Rose, sostenendo il suo sguardo con un’espressione quasi astiosa.
Che
aveva sperato? Che si fosse preoccupato per lei? Scorpius Malfoy?
Sciocca.
“Come
al solito sei arrivata alla conclusione sbagliata, Weasley. Mi complimento con
te.” Disse ironico Scorpius poco dopo, riacquistando il solito cipiglio severo
della sua famiglia.
“Ma
io … io pensavo che …” Tentò di dire Rose, costernata.
Non
era così dunque? Aveva sbagliato a pensare in quel modo? Perciò cosa
significava quella visita?
Le
stava ritornando il mal di testa, lo sentiva.
“Pensavi
cosa? Fai tanto la moralista, ma alla fine anche tu finisci col cadere in
simili pregiudizi, vero?” La schernì ancora il biondo, irritato dalle parole di
lei più di quanto avesse mai ammesso.
Il
che però fu davvero troppo per lei che, già spossata dal pomposo monologo di
Michael Grays e snervata per quella specie d’isolamento forzato, proprio non ce
la fece a tenersi ancora tutto per sé.
“Se
non altro io non fingo di essere qualcuno che non sono!” Sbottò difatti, rossa
in viso peggio che se avesse avuto la febbre.
All’accusa
neanche tanto velata, Scorpius assottigliò gli occhi. “Che vuoi dire?”
“Niente.”
Scosse il capo Rose, già stanca di quell’inutile battibecco.
“Ti
ho chiesto cosa vuoi dire, Weasley.” Ripeté allora lui, seriamente intenzionato
a vederci chiaro nella faccenda, con quei toni un po’ prepotenti tipici dei
Malfoy.
Lei
sospirò, di rimando, alzando il capo e tuffandosi in quel grigio artico. “Mi
hai salvato la vita, due volte;
diminuendo poi il carico di lavori da darmi. E l’altro giorno mi hai difesa,
con quel ragazzo di Serpeverde … Perciò infondo devo pensare che tu sei molto
diverso da ciò che sembri.”
“Ti
ho messa io in pericolo, entrambe le
volte. Mentre l’altro giorno l’ho fatto perché sono un Prefetto, mi pareva di
avertelo già spiegato.” Ribatté Scorpius, sentendosi in qualche modo piccato.
“Beh,
hai ragione, forse l’hai fatto anche
per quello.” Concesse Rose poco dopo, senza mai distogliere lo sguardo dal suo.
“Ma io credo che sia stato soprattutto per via di ciò che ha detto. Tu sei
tutto questo e forse persino qualcosa di più, Malfoy.”
Lui
la fissò a lungo dopo quelle parole, sfamandosi del marrone dei suoi occhi a
volerne catturare l’essenza. Poi, senza dire nulla e inavvertitamente, le diede
le spalle interrompendo così quel disarmante gioco di occhiate provocatorie.
Alzò un braccio in segno di saluto, come era solito fare, e, nel ritmo
martellante del cuore di Rose, fece la sua silenziosa uscita.
N/A
Avevo detto che avrei
aggiornato prima ed eccomi qui. Non ve l’aspettavate, eh? ^.- Sì, è vero, l’avevo detto un paio di settimane
fa, ma comunque … sempre meglio che niente, no?
Bando alle ciance, questo
capitolo, come avrete capito, è una sorta di preludio al ballo e, come vi avevo
già accennato, c’è stato anche l’incontro-scontro tra Scorpius e Rose. Nel
prossimo capitolo, comunque, che arriverà venerdì, le cose andranno ad assumere
altri connotati e gli stessi sentimenti covati da entrambe inizieranno a
prendere sfumature più distinte. Ma non voglio svelarvi altro, onde evitare di
rovinarvi la sorpresa! ^-^
Ad ogni modo, per chi
volesse rimanere aggiornato sulla situazione delle mie fanfiction, ho aperto un
blog apposta per questo. Vi lascio il link, non si sa mai, anche se lo trovate
sulla mia pagina personale. Link →Barcollando.
Per rispondere alle
recensioni …
·altovoltaggio: non devi preoccuparti se
non sei riuscita a recensire lo scorso capitolo, o i precedenti. Capita a tutti
di essere impegnati, io stessa sono una ritardataria cronica quando si tratta
di recensioni e finisce sempre che vedo la storia giorni dopo che l’autore del
caso l’ha pubblicata. ^-^’’ Come dicevi, Scorpius inizia seriamente a sfoderare
la parte migliore di sé, ma credimi se ti dico che è solo l’inizio e che se ne
vedranno ancora delle belle prima del famigerato capitolo 20, dove tutto
finisce. Per quanto riguarda Albus, anche lui sarà costretto a maturare e, ti
assicuro, deve farne ancora di strada. Ma è vero, la sua è pur sempre
un’apertura verso Alicia, dopo anni e anni passati a fingere che non esistesse.
In questo capitolo, comunque, le cose iniziano a mutare, ma sarà il prossimo a
segnare la svolta vera e propria. Continua a seguirmi, se ti va! ^-^
·ValyBrick: beh, prima di tutto sono
felicissima che questa storia ti piaccia a tal punto da farti pensare di
inserirla tra i preferiti. Sul serio. E ne sarei onoratissima, davvero, ma questo è inutile dirtelo,
no? ^.- Per quanto riguarda lo scorso capitolo, hai colto perfettamente la
chiave di lettura. Alla fine Scorpius si dimostra sempre migliore di quello che
crede e dà a vedere, e credo che Rose l’abbia capito meglio di lui, come hai
potuto constatare in questo capitolo. Anche se questo aspetto della faccenda, non
temere, verrà sviluppato molto meglio nei prossimi capitoli. Per quanto
riguarda Albus, beh, lì la storia si fa più complicata. È vero, ha iniziato ad
aprirsi con Alicia, ma di sicuro è ben lontano dal voltare pagina. Deve ancora “crescere”
per benino, ecco. E anche questo verrà snocciolato abbastanza in futuro. Che altro
…? Oh beh, ti è piaciuta la sorpresa? Ho aggiornato prima, finalmente! XD
·mAd wOrLd: il quinto era davvero
molto meno intenso del quarto, ma diciamo che mi serviva da cuscinetto per la
carrellata di novità di questo e dei prossimi capitoli. Ti assicuro che,
soprattutto nel settimo, i colpi di scena non mancheranno! ^.- Come avrai
notato, Rose alla fine non è così stupida da bersi la faccenda del “sono anch’io
un Prefetto!”. Su due piedi magari la risposta l’ha lasciata disarmata, ma
ragionandoci è riuscita a venirne a capo. Adesso che mi ci fai pensare, Albus
sembra davvero suo padre quando si è accorto finalmente di Ginny. Pensa un po’,
non c’avevo proprio fatto caso! XD In verità io avevo sempre immaginato la
scena a quel modo, con lui che si accorge del colore degli occhi di lei dopo
sei anni di blanda conoscenza, e non mi sono mai soffermata troppo a riflettere
sulla storia di Harry e di Ginny. Ma accidenti!
^-^ Spero che questo capitolo ti sia piaciuto. È un po’ più intenso del
precedente e molto più movimentato, ecco.
·Aurora_Cullen: perché si studia? Domanda
da un milione di dollari … ^.- Ah, ma grazie mille per i complimenti! Davvero,
così mi fai imbarazzare! ^//^ Sono contentissima di poter essere il tuo piccolo
perno su cui aggrapparti per non cadere in depressione! XD Eh, Scorpius è
destinato a rimontare la classifica presto, molto
presto. Anche qui, alla fine, si rende conto del madornale errore commesso e
inizia a provare dei sensi di colpa. Scorpius
Malfoy. Ma come dice Rose, lui è “tutto questo e forse persino qualcosa di
più”. u.u Vedrai nei prossimi capitoli, comunque! Ottavius lo adoro,
semplicemente. *-* Diciamo che è l’esatto opposto di Scorpius e di Edmund, ed è
così spontaneo da risultare persino ingenuo alle volte. Ammetto che mi serviva
un personaggio così e poi, in tutta onestà, ce lo vedevo tra due ermetici e
criptici Malfoy e Nott. Beh, per prossimi capitoli, intendo già da questo, ma
anche il prossimo –soprattutto-. Uhm, Gwyneth
hai detto? Io dico da femmina, ma sì! XD
·HighwayFairy: come faccio a non
ringraziarti, dopo le splendide parole che mi rivolgi? È impossibile! Perciò, grazie, grazie ancora di cuore. Seriamente. Non
puoi capire come mi faccia piacere sapere che, tramite la mia scrittura, riesco
a farti arrivare quello che penso e, soprattutto, vedo. Avere dei personaggi
con uno spessore tanto effimero quale la nuova generazione, ha sia i suoi
vantaggi che i suoi svantaggi. Beh, il vantaggio ovviamente è l’assoluta
libertà di improntare il loro carattere nel modo che più ci aggrada, di
delineare sfumature come meglio ci vengono e di operare anche grandi rivolte
senza mai staccarci dall’opera originale proprio perché in essa non vi
trovavano grande riscontro. Ma l’altrettanto svantaggio è proprio quello di non
avere punti di riferimento, se non quelle poche righe in cui vengono accennati
nel libro. Il che significa costruire da nuovo un intero personaggio, con tutti
i suoi pregi e i suoi difetti, con un proprio carattere che meglio gli si
potrebbe addire e così via. Perciò puoi immaginare quanto mi faccia piacere
sapere che tutto il lavoro dietro alla realizzazione di un personaggio
secondario venga non solo apprezzato, ma addirittura condiviso. Io ne sono
sinceramente commossa e davvero non
riesco a fare a meno di ringraziarti, per questo. Venendo a noi, per quanto
riguarda Edmund e Ottavius avrai modo di trovarli sempre più frequentemente nel
proseguire dei capitoli. Già in questo hanno avuto la loro fugace apparizione e
di sicuro avranno un ruolo abbastanza fondamentale nel prossimo. Edmund,
soprattutto, saprà scavarsi il suo spazio, coinvolgendovi dentro anche
Ottavius. Ma, ops, non vorrei rivelarti troppo e rovinarti la sorpresa, perciò
meglio che mi tappi la bocca! ;-X Posso dirti però che a me piacciono
moltissimo come OC, pur nei loro limiti e con la carrellata di difettucci che
si portano dietro. Ma non sarebbero stati reali altrimenti, no? E sì, Edmund riesce a capire le cose prima
e meglio di tutti, persino di Scorpius che ne è direttamente implicato. Per parlare
di Al, invece … ecco, credo che due sberle siano proprio quello che gli ci
vuole! ^.- Ma purtroppo non c’è nessuno lì a dargliele e comunque … beh, ti
dico solo che dovrà ancora farne di strada prima di rinsavire, eh sì. Sempre ammesso
che rinsavisca! XD Perciò se ti stavi chiedendo quando i nodi arriveranno al
pettine … oh, siamo solo all’inizio, cara! I nodi non sono neanche iniziati!
*-* Per quanto riguarda Scorpius, lì ci si potrebbe aprire un capitolo a parte
senza riuscire a venirne per nulla a capo. È così. È sottile, cinico e incisivo.
Soprattutto incisivo, nel senso che le persone difficilmente riescono a dimenticarlo,
una volta che sono venute a contatto con lui. Beh, hai visto? Ho aggiornato
prima! ^-^ Sì, io stravedo per Sasuke e Sakura insieme (merito di Sae, tra l’altro!
Grazie, tex! ^.- ), anche se dai recenti avvenimenti inizio a pensare che ci
ritroveremo con un bel NaruSaku sul groppone … Ma comunque! Per quanto riguarda
Draco e Hermione … beh, mi sa che è l’unico punto su cui non ci troviamo d’accordo.
Adesso, non è che lo disdegno in pieno, solo che mi sono innamorata di Ron già
dal primo acchito e l’ho sempre visto con Hermione, perciò tutto sommato sono
rimasta felicissima della fine scelta dalla Rowling. Ma a parte questo, sembra
che abbiamo parecchi –quasi tutti- punti in comune io e te, eh? ^.- Beh, fammi
sapere cosa ne pensi di questo capitolo Lucrezia (bel nome, a proposito, lo
adoro! *-* E io sono Melania, per la cronaca).
·Sae: ma che stupida tex! Tu sei
la mia best, figurati se potresti mai essere una stupida! E poi neanche io sono
una brava commentatrice, perciò direi che siamo pari, no? ^.- Eh sì, viva gli
occhi marroni! XD Beh, che dire di Al? È una contraddizione vivente, ecco
tutto. E il bello è che non stiamo neanche alla metà della storia, perciò puoi
ben immaginare quante altre dovranno succederne prima di ritrovare il bandolo
della matassa! Per quanto riguarda Scorpius … ti è sembrato cotto a puntino? Perché
non hai ancora letto i prossimi capitoli! Ti assicuro che il comportamento di
Scorpius ti lascerà a bocca aperta, tex. u.u Eh, tex, per il settimo dovrai
aspettare solo fino a venerdì. Mamma mia,
non sai che gioia sapere che ti ho fatta appassionare a questa coppia! *-* E
chissà … un giorno … magari … su queste pagine di Harry Potter … se vuoi …
Scorpius e Rose … tu … Che ne dici? Sarei la prima a leggerlo, ma tanto questo
lo sai, no? Tex! ^-^ Sei la migliore in assoluto, di best, di tex e di
scrittrice. Perciò ne approfitto per elevare un appello a nome di parecchi, tantissimi
EFP-iani: scrivi tex! Scrivi!
Prolissa? Eh sì, gente. Lo
sono! ^-^ Ci rivediamo a venerdì comunque. Fate un salto sul blog se vi va!
che viene da lontano e
non si fermerà dopo di noi.
[Alessandro Baricco]
“Giuro,
non vedo l’ora che arrivino le vacanze di Natale!” Esordì Hugo quella mattina,
sedendosi a peso morto di fianco a Lily, al solito tavolo dei Grifondoro.
“Sai
la novità …!” Roteò gli occhi la cugina, fingendosi esasperata ma vanificando
il tutto con un sorriso carico di sana allegria.
“Il
giorno in cui ti sentiremo rimpiangere Hogwarts, quello sì che sarà un evento.”
S’intromise Albus, anche lui appena arrivato con Rose al seguito.
“Ha
parlato il gran secchione!” Lo prese in giro Hugo, scherzosamente, mentre si
rimpinzava il piatto di tutto ciò che gli capitava a tiro.
“Touché.” Alzò le mani il moro, particolarmente di buonumore
quel giorno.
“A
proposito Hugo, guarda un po’ chi ti sta fissando?” Lo richiamò sottovoce Lily,
accennando con il capo ad una certa persona seduta incurvata in un pizzo della
tavola.
Il
ragazzo seguì la sua direzione e per una frazione di secondo l’azzurro dei suoi
occhi si confuse con quello più chiaro della sua inconfondibile pedinatrice.
Era Annie Tyler, neanche a dirlo. Era diventata la sua ombra ormai, anche se
faceva un po’ pena in quelle vesti perché Hugo la beccava ogni volta.
“Comunque
ormai manca poco.” Stava nel frattempo dicendo Molly, riscuotendolo dai suoi
pensieri per concentrare l’attenzione generale su di sé. “Alle vacanze,
intendo. Ma ci pensate che dopodomani ritorniamo tutti a casa?”
“Parentesi
ballo inclusa.” Sbuffò esasperato Albus, che proprio non ci teneva ad andarci.
“Almeno
non siamo stati costretti ad invitare nessuno.” Trovò il lato positivo Hugo,
ritornato ormai in linea con la conversazione. “Io sennò avrei portato
Roxanne.”
“Grazie,
Hugo!” Gli sorrise riconoscente quella, sorseggiando il suo succo di pompelmo.
“Figurati!”
“E
io niente?” Lo guardò amareggiata Lily, scoppiando poi a ridere appena
l’istante dopo.
“Ma
che c’entra! Tu sei oc-”
Nello
stesso istante in cui la parola occupata
stava per uscirgli dalle labbra, Hugo ricevette una gomitata nelle costole, un
pizzico sul braccio e un calcio negli stinchi rispettivamente da Lily,
Dominique e Rose.
“Lei
è, cosa?” Volle sapere Albus, curioso.
Al
che le reazioni furono molteplici: la sorella avvampò, Dominique parve trovare
all’improvviso parecchio interessante il suo piatto, Rose si portò una mano
davanti agli occhi e Hugo boccheggiò come un pesce fuor d’acqua.
“Lei
è … Lei è occultabile!” La buttò lì alla fine il quindicenne, sperando di
risultare abbastanza convincente ed aggiungendoci, a tal proposito, anche un
sorriso di circostanza.
“Occultabile?”
Ripeté tuttavia Albus, basito e sempre più convinto che qualcosa non tornasse.
“Forse
Hugo voleva intendere palese.” Azzardò Rose, con una mezza idea che per sua
fortuna parve intuire anche Dominique.
“Sì,
nel senso che sarebbe troppo palese andare ad una festa con la parente con cui
passa maggior tempo qui dentro, no? Un po’ come tu e Rosie.”
“Oh,
certo.” Mormorò appena Albus, prima che la questione venisse accantonata per il
sollievo di Lily.
Avrebbe
dovuto fare due mega regali per le cugine, quel Natale, se lo meritavano.
Magari avrebbe risparmiato su Hugo. Quel testone per poco non la faceva
beccare!
“Andiamo
tutti insieme, comunque, vero?” Volle sapere Lucy, nervosa.
“Certo.”
La rassicurò Lily con un sorriso raggiante impresso sul viso, mentre i suoi
occhi cercavano distrattamente quelli di Julius tra i Tassorosso.
Anche
lui parve avere la stessa idea e, incrociandosi, non poterono fare a meno di
sorridersi imbarazzati.
“Oh.”
“Che
c’è Dominique?” Le domandò Hugo sorpreso, ma quella aveva già spostato lo sguardo
verso sua sorella.
“Rose,
credo non ti farà affatto piacere sapere che Michael Grays sta venendo qui.”
“Miseriaccia
…” Sbuffò difatti lei, portandosi una mano dinanzi agli occhi a volersi
nascondere dal mondo.
Era
uscita dall’infermeria da almeno una settimana, ma il Tassorosso non accennava
a darle tregua. In un certo modo, riusciva sempre a scovarla, pure nei posti
meno impensati, e a sommergerla di chiacchiere varie senza nemmeno stare a
preoccuparsi se lei lo ascoltasse o meno. Il che era un vantaggio per lei
perché, salvo qualche breve movimento del capo e un paio di mormorii buttati
nel momento opportuno, poteva benissimo concedersi lunghe riflessioni mentali
senza che Michael se ne accorgesse minimamente.
Di
buono c’era comunque la premura con cui le chiedeva ogni santa volta come si
sentisse; di negativo il fatto che poi tornasse a parlare di questo o di quello
come se nulla fosse stato.
Era
diventato la sua ombra, ad ogni ronda lui era lì ad affiancarla e se da un lato
c’era il fatto che almeno Scorpius non aveva tempo per bistrattarla con un
surplus di lavoro straordinario, dall’altro rimaneva il senso di costrizione
legato ai sempre più frequenti momenti in cui doveva sorbirsi i suoi vanesi
soliloqui.
Cosa
che aveva fatto nascere una certa durezza anche da parte del suo schiavista
giacché con un tale pedinamento controllato, non poteva più avvantaggiarsi di
incontri particolarmente ravvicinati.
In
verità la cosa l’aveva stupita parecchio perché, a parte uno o due temi da
farle fare che le aveva affibbiato tramite Howl, Scorpius non si era poi dato
tanto la pena di andare a cercarla. Anzi pareva proprio che dalla loro pseudo
litigata avesse deciso di ridurre ancora di più le mansioni da darle. La cosa,
per quanto non volesse ammetterlo, le procurava un certo disagio interiore. No,
meglio: delusione. Si sentiva delusa,
sì, ed era davvero stupido perché infondo sarebbe dovuta esserne felice. Aveva
più tempo libero, no?
Eppure
era più forte di lei. Era una cosa che andava ben oltre i suoi desideri
personali perché non era la testa per una volta tanto a controllare le sue
reazioni. C’erano ragioni diverse stavolta, solo che Rose non aveva il tempo –
non voleva averne – per mettersi a
pensarci sopra.
Senza
contare il fatto che lui continuava a ferirla con quel suo sguardo duro e
spietato che le rivolgeva ogni qual volta ne aveva la possibilità. A volte
sembrava un cucciolo ferito, altre volte una tigre furente. Era difficile
decodificare il messaggio cristallizzatosi dietro quegli occhi grigi.
“Rose!”
Nel frattempo il Caposcuola le si era avvicinato, pomposo come sempre nelle sue
vesti.
“Ciao
Michael.” Lo salutò con voce neutrale la ragazza, girando il busto per
guardarlo negli occhi e pentendosene appena poco dopo quando, cercando per un
automatismo involontario un paio di iridi grigio perla, si scontrò contro la
freddezza gelida dei Malfoy.
-Non capisco … Perché mi tratti così?
… Perché mi sento così?-
“Che
ne pensi?”
Albus
dovette darle una leggera pacca sulla spalla per farla ridestare dallo scrosciante
fluire dei suoi pensieri e concentrarsi sulle parole del Tassorosso.
“Ehm,
scusami Michael, non ho capito bene … Ti dispiacerebbe ripetere?” Gli domandò,
vagamente imbarazzata per una simile richiesta e insieme sfibrata da quello
sguardo inespressivo che ormai sembrava esserle rimasto incollato addosso.
Lui
non sembrò percepire subito l’informativa e ci impiegò un po’ per farlo,
tuttavia fu piuttosto veloce a recuperare la propria parlantina.
“Dicevo,
pur sapendo perfettamente di non avere il vincolo di invitare qualcuno alla
festa di Natale, stavo pensando che sarebbe carino presentarsi assieme in
qualità di Caposcuola. Giusto per dimostrare il nostro affiatamento e dare il
buon esempio. Cosa ne dici?”
Michael
aveva assunto la tipica disposizione da fiduciosa attesa e guardava Rose senza
riuscire a nascondere una certa sicurezza. Il che sarebbe stato anche
abbastanza normale se non fosse stato per Albus e Hugo, che alle sue spalle
ridacchiavano sommessamente e in modo sempre meno controllato. Avrebbe voluto
ucciderli, per la figuraccia!
“Il
fatto è che ci eravamo già messi tutti d’accordo per andare insieme.” Rispose
stringendo i denti alla fine, dando fondo a tutto il proprio autocontrollo per
non lanciare maledizioni a due persone in particolare.
“Ma
Rosie, per una sera credo tu possa anche-” Hugo dovette azzittirsi all’istante
perché tra l’occhiata di fuoco della sorella e il pugno di Lily, c’era davvero
poco spazio per concludere la battuta.
“Magari
potrei venire a prenderti lo stesso.” Propose a quel punto Michael,
evidentemente poco incline ai no come risposta. “Te e tutti loro, intendo.”
“Oh,
beh, io …” Stavolta Rose non sapeva sul serio come levarselo di dosso.
Era
un’ossessione. Da quanto erano usciti insieme, poi, non faceva altro che importunarla
con simili richieste. Addirittura aveva provato a convincerla a tifare per i
Tassorosso e lui per i Grifondoro alla partita della settimana scorsa, prima
dello svenimento e il resto, adottando la scusa della fratellanza tra casate.
Senza
contare tutte le chiacchiere a cui era stata sottoposta suo malgrado in
infermeria, per il post Quidditch che aveva visto la vincita della sua Casa per
scarsi quaranta punti.
“Aggiudicato
allora! Ci vediamo stasera per la ronda!” Prima ancora che lei potesse articolare
altri suoni, comunque, Michael si era già dileguato confondendosi tra gli altri
Tassorosso.
Rose
fissò basita ancora per qualche istante il punto in cui lui era scomparso,
senza alcun pensiero coerente e con le risate di Al e Hugo ancora in
sottofondo. Poi, inavvertitamente, si ritrovò a cercare ancora in un altro
tavolo per rimanerne delusa di nuovo. Nonostante ricambiasse lo sguardo, Scorpius
era rigido e inflessibile come una tavola di ghiaccio, e decisamente più
tagliente di una lama acuminata.
~
Scorpius
finì di annodarsi la cravatta con estrema lentezza, senza tuttavia dare troppo
adito all’impresa. Il suo era perlopiù un gesto meccanico, dettato un istinto
che lo vedeva vestito di tutto punto dinanzi ad uno specchio senza traccia di
emozioni. Il suo viso era una perfetta maschera di cera dove niente riusciva a
passare, a scalfire quel muro impenetrabile.
“Sei
pronto cugino?” Lo richiamò Ottavius all’improvviso, mentre finiva di
sistemarsi i capelli castani.
Edmund
intanto si allacciava le scarpe, ripiegato su se stesso.
“Pronto.”
Disse solo Scorpius, gettando un’ultima occhiata all’immagine riflessa, prima
di voltarsi ed uscire dai dormitori.
La
sua partner della serata, quella che Ottavius gli aveva trovato senza neppure
il buonsenso di farglielo sapere a tempo debito, lo stava aspettando con aria
ammirata sullo sfondo dorato e scricchiolante del fuoco nel camino. Aveva l’aspetto
sofisticato di chi sapeva esattamente quello che stava facendo, ma mentre si
lasciava avvolgere il braccio dalle sue mani inguantate Malfoy si chiese quanto
altro ci fosse dietro ad una facciata perfetta. Perché ne aveva visti troppi di
volti simili per non capire che era trucco, soltanto questo.
“Stai
benissimo.” Si complimentò raggiante lei poco dopo, squittendo quasi, felice
come se stesse abbracciando la luna.
Solo
di sfuggita Scorpius si accorse che un tempo tutte quelle attenzioni gli
avrebbero fatto piacere, non tanto per i complimenti quanto per l’estasiata
adorazione che gli rivolgeva. La verità era che si sentiva troppo irritato per
pensare in maniera un pochino più concreta e, nonostante ne conoscesse
l’origine primaria che ne stava alla base, si rifiutava di rimuginarci troppo
sopra. Non era mai stato d’altronde un tipo da tanti scrupoli: quando decideva
di fare o di volere una cosa, dopo un’accurata pianificazione strategica
partiva direttamente col piano fino al suo raggiungimento.
Nel
frattempo anche Edmund ed il cugino erano giunti, elegantissimi nei loro
smoking nuovi di zecca, ed avevano trovato una calda accoglienza nelle loro
compagne.
“Possiamo
andare.” Esordì con un sorriso allegro Ottavius, da sempre amante di ogni forma
di party esistente al mondo.
Non
c’era poi tanto da che meravigliarsene in quanto era tra i tre il più spigliato
e decisamente il più propenso a lasciarsi andare. Edmund era difatti troppo
intelligente per ubriacarsi; Scorpius semplicemente amava avere il pieno
controllo di sé in qualsiasi situazione. Poi c’era Sebastian, il quarto membro
del gruppo, un mix di spirito e perspicacia.
Il
primo ad aprire le file fu comunque Scorpius e mantenne il primato almeno fino
a quando non arrivò alle porte della Sala Grande, dove fu costretto a
scontrarsi con un gruppetto particolarmente rumoroso.
“Andate
sempre in coppia o è un ballo di gruppo?” Domandò pungente Ottavius non appena
li vide, incapace di trattenere per sé qualsiasi commento passasse
nell’anticamera del suo cervello.
“Perché
non pensi per te?” Lo apostrofò Lily, che di carattere ne aveva da vendere.
“Era
solo per chiedere, non volevo certo scatenare la tua suscettibilità!” Ghignò
derisorio l’altro, vezzeggiandola arbitrariamente.
“Permettetemi
di dire che non è il caso di mettersi a litigare nel bel mezzo di una festa.”
S’intromise a quel punto Michael che, come predetto, si affiancava ad una
taciturna Rose.
La
ragazza infatti sembrava aver perso l’utilizzo di ogni forma verbale dal
momento in cui i suoi occhi avevano incrociato, quasi per sbaglio, quelli di
Scorpius. Per una strana ragione il vederselo spuntare così all’improvviso dinanzi,
aveva inebetito tutte le sue capacità razionali e fisiche. Si sentiva rigida
come una statua, eppure era certa del bruciore che avvertiva nello stomaco al
contatto visivo intessuto con il ragazzo, un po’ meno del movente di tale
reazione.
Dal
canto suo Scorpius era rimasto a sua volta estraneo ai fatti per concentrarsi
in modo esclusivo sulla figura discreta ma graziosa di Rose. Non aveva scelto
indumenti particolarmente appariscenti e di certo il verde acido del vestito
non riusciva a competere con il fucsia di quello della Serpeverde aggrappata al
suo braccio, tuttavia a lui parve molto più bella lei di quanto potesse esserlo
la sua rivale. Perché non era costruzione la sua, non c’era trucco, né magia:
era così, Rose, semplice e genuina come quando indossava le felpe al di fuori
delle ore di lezione.
Ciò
che tuttavia non riuscì proprio a mandar giù, fu la presenza stonata dell’altro
Caposcuola.
“Perché
allora non vai a ballare assieme alla tua fidanzata?” Stava nel frattempo
dicendo Ottavius, indicando con il capo ed in modo chiaro proprio Rose.
Stavolta
Scorpius non poté fare a meno di rizzare le orecchie, curioso della risposta
che ne avrebbe ricevuto.
“Io
e Rose non stiamo insieme!” Si allarmò subito Michael, con un’espressione
talmente imbarazzata che al biondo fece salire l’indicibile voglia di prenderlo
a pugni.
Come
poteva volere quel tipo? Come faceva a non vedere che razza di demente era? E
perché non diceva niente in merito?
“Davvero?”
Continuò Ottavius, divertito.
“Adesso
basta.” Si intromise a quel punto e per lo stupore generale Albus, nell’aria
una nota seccata che mal si addiceva al suo carattere.
“Nessuno
ti ha pestato i piedi, Potter.” Lo redarguì Higgs, sulla difensiva.
“Lascia
stare Ottavius.” Decise di intervenire a quel punto Edmund, mentre Scorpius se
ne rimaneva in silenzio a tormentare con gli occhi la sua piccola vittima. “Non vale la pena rovinarci la festa.”
“Hai
ragione, non ne vale la pena.” Ne convenne Ottavius, nonostante nel viso ancora
un senso di risentimento, prima di marciare dritto nella Sala Grande senza più
parola in merito.
Edmund
fu il secondo a muoversi, non prima però di aver gettato un’occhiata in
direzione di Rose talmente tanto insistentemente da provocarle un brivido
freddo lungo tutta la colonna vertebrale. Che lui sapesse qualcosa che lei
stessa ignorava? Quel nero antracite per un momento l’aveva fatta sentire così nuda …
“Potter.
Weasley.” Esordì infine Scorpius, che intanto aveva distolto lo sguardo da lei
per rivolgerlo con una fredda ostilità al Tassorosso. “Grays.”
L’aveva
quasi sputato il suo cognome, in quel modo sottile che a volte stentava a farsi
percepire. Ma Rose l’aveva avvertito e, mentre lo vedeva allontanarsi, si
chiese cosa volesse significare. O meglio, si chiese cosa lei volesse fargli assumere.
~
“Forza
Rose, scateniamoci!”
Prima
ancora che lei potesse capirci qualcosa, Michael l’aveva già acciuffata per un
polso e l’aveva trascinata in pista dove una musica dal retrogusto rock faceva
danzare uno stuolo colorato di studenti. Inutile ogni tentativo di protesta
perché la musica alta e la finta sordità inscenata dal ragazzo, le impedirono
di far valere le proprie ragioni. L’unica cosa che la spinse a ballare, o
almeno a muoversi visto che ne era negata, fu una certa gradazione di grigio
dietro la propria schiena e la voglia di non dargli soddisfazioni, né a lui né
a quella stupida oca che si era portato dietro.
Anche
se a lei, di questo, non importava assolutamente
nulla, ovvio.
“Gran
bel partner si è trovata mia sorella.” Fece una smorfia Hugo, stomacato, prima
di girarsi verso la ragazzina al suo fianco. “Lucy, mi concedi l’onore?”
“Sì!”
Sorrise raggiante la più piccola del gruppo, lasciandosi trasportare a ritmo di
danza dal cugino in mezzo alla folla.
Anche
Louis aveva avuto la stessa idea e, recuperando Roxanne, si era tuffato a sua
volta nella mischia.
“Vado
a prendere qualcosa da bere.” Si accomiatò invece Lily, che aveva visto un
movimento biondo fieno in quella direzione, mentre Molly raggiungeva alcune sue
amiche.
“Povera
Rosie, con Michael alle costole.” Non poté fare a meno di osservare Dominique,
affiancandosi ad Albus, che annuì monocorde.
I
suoi occhi verdi avevano già catturato l’atmosfera generale del party, un
equilibrio perfetto di spirito natalizio e musiche giovanili, vagando tra le
candele sospese per aria e i vari alberi decorativi che si appoggiavano alle
alte pareti per soffermarsi sulla pista da ballo dove, in un vortice
multietnico, riuscì ad intercettare la figura di Rose.
Vedendola
ballare tanto rigidamente non riuscì a trattenere un sorriso, un lieve
incresparsi di labbra, che scivolò via con l’arrivo dei sensi di colpa.
-Malato, malato, sei malato Al!-
“Credo
che andrò a prendermi una Burrobirra.” Esordì all’improvviso, cercando così di
scacciare ogni altro pensiero dalla testa.
“No!”
Gli si parò tuttavia davanti Dominique, allarmata nel constatare l’effettiva
vicinanza di una certa coppia al tavolo da buffet, pentendosene appena l’attimo
dopo quando il cugino la guardò – a ragione – stordito.
Odiava
fare da palo. Odiava lasciarsi travolgere dagli eventi. E odiava anche quello
stupido ballo, anche se non c’entrava niente.
“Perché
no?”
“Beh,
perché … perché ci vado io! Burrobirra hai detto, vero? Aspettami qui, non
muoverti!”
Dominique
si defilò prima che lui potesse aggiungere alcunché, lasciandolo lì con una
buffa espressione da pesce lesso.
Albus
si stava ancora interrogando sulla sanità mentale della ragazza quando gli
sembrò di scorgere una capigliatura biondo cenere.
Senza
pensarci troppo ed ignorando le parole della cugina, le sue gambe si mossero
verso il punto tenuto sott’occhio dalle pupille quasi fossero dotate di testa
propria ma fu con sollievo che si accorse di non aver sbagliato persona. Era
proprio lei Alicia Davies. Doveva ammettere che era particolarmente carina nel
suo vestito rosa antico quella sera.
“Ciao
Alicia.”
Lei
si girò di scatto, sobbalzando spaventata e arrossendo l’istante dopo
nell’intercettare il berillio degli occhi di lui. “C- Ciao.”
“Ehm
… ti stai divertendo?” Le domandò, esitante, dandosi mentalmente dell’idiota.
Che
gli prendeva adesso? Il solo fatto di essere andato lui da lei, a ben vedere,
era anormale. Non aveva deciso di ignorarla come in tutti quei sette anni di
scuola anche dopo la loro uscita tra amici?
Appunto:
amici. Non c’era niente di male se
passava a salutarla, no? Cioè, con gli amici era normale e lei lo era
diventata, giusto?
“I-
Insomma.” Biascicò Alicia, non sapendo che dire ed evitando accuratamente di
scontrarsi di nuovo con quegli occhi che, nonostante tutto, avevano ancora il
potere di metterla in un tremendo imbarazzo. “Tu?”
“Più
o meno. Non sono portato per le feste.” Confessò Albus mentre con una mano si
andava a scompigliare ancora di più, suo malgrado, i capelli corvini.
Si
stava giusto chiedendo se invitarla a ballare fosse troppo sconveniente per due
amici o meno, quando vide
sopraggiungere uno dei Battitori di Corvonero.
“Ehilà,
Albus!” Lo salutò con una pacca amichevole sulla schiena il ragazzo, sfoderando
un sorriso a trentadue denti.
“Jason.”
Alzò appena il capo Potter in risposta, perplesso.
Il
ragazzo aveva difatti poggiato, con finta nonchalance, un braccio attorno alle
spalle di Alicia con fare molto poco amichevole. La cosa che tuttavia lo stupì
di più, fu l’appurare la totale mancanza di reazione da parte di lei. Come, lo
lasciava fare? Senza dire nulla? Senza arrossire?
“Noi
andiamo a ballare. Vuoi unirti a noi?”
Jason
non gli era mai sembrato uno stupido, ma con quella domanda aveva dato a che
pensare in proposito. E di parecchio, anche.
“Magari
dopo.” Borbottò appena Albus, insicuro su cosa dire di preciso.
“Okay,
allora!” Sorrise insistente lui, mentre Alicia abbassava il capo e lo seguiva
in pista senza avere il coraggio di dire nulla.
“Okay.”
Ripeté atono li Grifondoro, osservandoli allontanare e avvertendo uno strano
magone all’altezza della bocca dello stomaco.
Non
era delusione, perché lui non era affatto interessato a lei in quel senso,
questo lo sapeva, però …
“Ti
lascio a una parte e ti ritrovo ad un'altra.” A distrarlo, almeno in parte, ci
pensò Dominique, di ritorno dal tavolo del buffet con due Burrobirre tra le
mani.
“Grazie.”
Mormorò Albus distratto, accettando il calice di liquido ambrato.
Lei
se ne accorse e, insospettita, decise bene di seguirne lo sguardo per capire
cosa attirasse tanto la sua attenzione, sorridendo sibillina quando poi
individuò la coppia di ballerini in questione.
“Sono
carini Jason e Alicia insieme, non trovi anche tu?” Lo provocò, perfetta nel
fingersi obiettiva. “Lui l’ha invitata e lei ha subito accettato.”
“Peccato
che non era obbligatorio invitare qualcuno.” Obiettò subito il cugino,
polemico, senza sapere di stare giocando al suo stesso gioco.
“Penso
che Alicia gli piaccia.” Buttò lì, quasi per caso, ma con la coda dell’occhio aveva
già adocchiato, compiaciuta, l’improvviso irrigidimento di Albus.
-Colpito e affondato, cuginetto, vero?-
“Dai,
andiamo a ballare anche noi.” Propose ad un tratto lui, depresso.
“Sicuro?”
Non riuscì a non sgranare gli occhi Dominique; era risaputo che il cugino
odiasse danzare, come lei del resto, ma non poteva resistere all’aria da
cucciolo bastonato che gli aveva procurato.
“Sì,
forza, andiamo.” S’intestardì tuttavia Albus, prima di sfilarle il bicchiere
dalle mani, poggiandolo sul tavolino adiacente, e condurla nella zona in cui
Hugo, Lucy, Louis e Roxanne stavano dando il meglio di loro.
~
Lo
stava istigando e lo faceva – non aveva problemi ad ammetterlo con una punta
d’orgoglio personale – anche piuttosto bene.
Scorpius
aveva sempre saputo che Rose era ben lungi dagli stereotipi di ragazze con cui
lui comunemente aveva a che fare, ultimo esempio la sua partner della serata.
Ciò nonostante riusciva sempre a rimanere affascinato nel prendere atto di
quanto cervello si nascondesse sotto tutte quelle onde mattone, molto più
brillanti quella sera rispetto al solito. Doveva averli trattati con qualche
shampoo, magari per Grays …
Il
pensiero bastò a mandarlo su tutte le furie, cosa che gli fece paradossalmente
irrigidire i muscoli.
All’improvviso
sentiva la necessità di spaccare qualcosa, fosse stata anche la faccia di
qualcuno. Avrebbe pagato montagne di galeoni se poi quel qualcuno era niente
meno che Michael Grays … Oh sì, gli sarebbe piaciuto moltissimo riempire di
pugni quella faccia di bronzo che, senza remore, si faceva sempre più vicina al
viso spaesato di Rose.
“Non
ti starai divertendo troppo, Malfoy?”
Scorpius
si voltò, giusto in tempo per intercettare lo sguardo enigmatico di Edmund.
“Fatti tuoi no, eh Nott?”
“Tutto
quel tempo con Ottavius deve aver dato i suoi frutti.” Scrollò le spalle con
noncuranza il moro, buttandosi a sedere sulla sedia di fianco all’amico.
“Dovresti
provare a passarci meno tempo assieme, allora.”
“Dovrei
passare meno tempo con tutti voi.” Sottolineò Edmund per tutta risposta,
pungente come al solito.
Il
biondo sorrise appena, stuzzicato dalla perfida intelligenza del ragazzo. In
qualche modo riusciva sempre a trovare qualcosa con cui ribattere e, il più
delle volte, si rivelava essere anche piuttosto brillante. Ma se era un degno
rivale che stava cercando, con Scorpius aveva trovato pane per i suoi denti.
“Hai
ragione, ma questo è in netta contrapposizione con il fatto che tu sia qui, adesso.”
Edmund
ridacchiò, divertito, mandando giù l’ultima sorsata di Burrobirra contenuta nel
suo bicchiere. “Devo aver ereditato il gene della crocerossina da qualche
lontano parente di mia madre.”
Scorpius
pensò vagamente che era un’ottima risposta la sua, perché sul punto di
ribattere venne interrotto dalla voce allegra di Ottavius.
“Compari,
quale onore ritrovarvi!” Li salutò cordiale, avanzando con un sorriso
smagliante ben stampato sul viso dai tratti arcuati.
“Dove
hai lasciato la tua compagna? L’hai mangiata?” Lo schernì Edmund, incapace di
lasciarsi sfuggire l’occasione propizia ed accennando malizioso al modo in cui
li aveva visti controllarsi le reciproche gole appena poco prima.
“Diventi
ogni giorno più spiritoso, sai?” Inarcò un sopracciglio Higgs, troppo di
buonumore per rimanere toccato da simili insinuazioni. “Comunque, tanto per la
cronaca, la mia compagna è andata in
bagno ad incipriarsi il naso. Chissà perché poi debbano incipriarsi proprio il
naso, mi domando io.”
“Oh,
ti assicuro che non vorresti sapere cosa mi domando io, invece.” Lo provocò
Nott, gettando intanto occhiate furtive all’indirizzo di Scorpius che di sua
iniziativa aveva ripreso a scrutare con forza un punto preciso della pista da
ballo.
“Il
tuo sarcasmo mi ricorda molto l’altro Potter.” Notò con un certo interesse
Ottavius, pensieroso. “Beh, anche Weasley, in effetti …”
“Dovresti
essere un tantino più chiaro quando ti riferisci ai Weasley, cugino.” Lo mise
in guardia Scorpius, senza tuttavia distogliere lo sguardo da un membro di tale
famiglia in particolare.
“Hai
ragione.” Asserì l’altro, serio. “Sono più proliferi loro che l’intero mondo
Babbano. In ogni caso intendevo Fred Weasley. E a proposito dei Weasley: avete
visto la Caposcuola con Grays?”
C’era
un’inequivocabile nota di sarcasmo nella sua voce mentre con una punta di
perfidia gratuita gettava occhiate significative nella parte in cui Rose
cercava invano di apparire meno impedita nel ballo di quello che in effetti
era.
“Devo
ammettere che mi meraviglio di lei. La facevo molto più intelligente, ma
evidentemente mi sono sbagliato. Insomma: Michael Grays.” Ottavius fece una
smorfia nel pronunciare quel nome, infastidito. “Poteva ambire anche a qualcosa
di più. Magari il nostro Edmund, che pensa sia affascinante.”
La
provocazione riuscì a raggiungere all’istante gli effetti sperati, con tanto di
occhiata inceneritore da parte dell’interessato.
Anche
Scorpius si era voltato, tralasciando l’immagine che tanto gli rodeva per
concentrare le proprie attenzioni, finalmente, sulla conversazione con i due
compagni di Casa.
“Davvero
non capisco se ti dia più fastidio sapere che ci sono ragazze dotate di
cervello oltre che di bellezza, o che con lei non avrai mai alcuna speranza.”
Assottigliò le palpebre Edmund, senza tuttavia raccogliere di petto la sfida,
mentre Malfoy sogghignava divertito da tanto acume.
“Ed,
caro Ed.” Cantilenò in risposta Ottavius, mordace. “Io una come la Weasley me
la porto a letto quando voglio.”
“Nei
tuoi sogni, forse.” Ribatté sicuro il
moro, ma i suoi occhi erano rivolti ai pugni divenuti all’improvviso chiusi
dell’altro membro del terzetto.
“In
tal caso sarebbero incubi visto che mi ritroverei ad affrontare l’ennesima
discussione sull’utilizzo improprio della magia. Sembrerebbe di stare dinanzi
al Wizengamot. No, grazie mille, non mi interessa.” Scosse il capo Higgs,
deciso, con un’espressione talmente buffa che fu inevitabile per Edmund
scoppiare a ridere.
Scorpius,
invece, si limitò ad un piccolo sghignazzo, divertito più dall’aria inquieta
del cugino che non dalle sue parole, oltre ad uno strano spirito di rivalsa per
quel comportamento assurdo adottato dalla ragazza.
Meccanicamente,
si ritrovò ad alzare il capo di nuovo nella direzione della pista da ballo,
verso un punto particolare, animato da quel pensiero.
Ma
il suo sguardo non arrivò mai a destinazione perché un viso dall’aria sconvolta
lo catturò prima, costringendolo a scontrarsi con mille parole non dette e che
adesso gli apparivano dinanzi sottoforma di stille salate.
Rose
stava piangendo.
Il
sorriso gli si gelò sulle labbra; un pugno gli affondò nello stomaco.
Ed
era tutta colpa sua.
~
Rose
crollò sulla panca in marmo bianco quasi fosse stato il suo ultimo appiglio, sentendosi
più disperata di quanto avrebbe mai immaginato.
Era
così sciocco, infondo … Cosa si era aspettata? Cosa aveva pensato? Come aveva
anche solo potuto sperare che …Già, cosa? Cosa aveva sperato? Lui era
Scorpius Malfoy e lei, lei solamente Rose Weasley, la barbosa Caposcuola,
quella che sognare equivaleva ad avere incubi …
-Oh Rosie, sei patetica …-
Bruciava.
Bruciava
più e peggio di un brutto voto o di una delusione scolastica. Bruciava persino
più che scorgere nel viso della madre una punta di criticità per essersi
lasciata convincere da James o da Fred a fare qualche marachella. Bruciava più
dello sguardo carico d’amarezza di suo padre quando si rifiutava di salire su
un manico di scopa.
Era
una morsa che affondava nel petto e chiudeva il cuore in una stretta dolorosa,
mentre nella testa si ripeteva ciclicamente l’immagine del sorriso sghembo
apparso sul viso di Scorpius alle parole di Ottavius Higgs.
-Andiamo Rosie, perché avrebbe dovuto
difenderti? Tu non sei niente per lui, niente, accettalo! E lui non dovrebbe
essere niente per te …-
Ma
nonostante continuasse a ripeterselo, senza sosta, instancabile, non riusciva a
stare meglio. La delusione era ancora troppo calda; la disillusione opprimente.
E l’aria? Dov’era finita l’aria? Non riusciva a respirare … non capiva … faceva
così male …
E
poi successe tutto troppo velocemente.
La
mano che le si poggiava sicura sulla spalla; lei che sobbalzando si girava a
scoprire l’ombra di un dispiacere nel viso perfetto; lo stupore di scoprire il
contatto rassicurante delle sue dita sulla propria tempia; la paura nel
constatare la veridicità di quelle emozioni rimbalzanti; la tachicardia
provocata dal respiro caldo sulla propria pelle … e le labbra di lui che di
nuovo si ricongiungevano alle proprie, ritrovando come per incanto il tassello
mancante del puzzle, quello che faceva sembrare tutto più vuoto.
-Scorpius…-
Rose
non si era neppure accorta di aver perso qualcosa, se solo non avesse avuto la
certezza di averlo appena ritrovato; e mentre la lingua di lui si faceva più
audace nella propria bocca, la sensazione di attesa, la stessa che aveva appena
scoperto di provare, si affievoliva fino a scomparire.
Scorpius
Malfoy la stava baciando, davvero stavolta.
Si
sentiva così stordita, adesso … Quando era arrivato? Non l’aveva udito, si era
mosso con quel suo passo strascicato e silenzioso, elegante ed altero insieme.
Caldo.
Una profonda, dolce sensazione di calore che, unendosi allo sfibrante senso di
vertigine, le dava l’idea di trovarsi sulla cima più alta del monte della
felicità. Come era possibile sentirsi così appagati con un unico bacio, dato
per di più alla persona che meno di tutti avrebbe dovuto regalarle simili
emozioni?
Rose
non lo sapeva, la mano di Scorpius nei suoi capelli riusciva a mandarla, da
sola, in visibilio.
Era
assurdo ma baciandolo con naturalezza e rispondendo al gioco di lingue iniziato
da lui, la percezione era più o meno quella di non aver mai fatto altro in
tutta la vita. O, almeno, di non aver atteso altro per tutta la vita. Come
poteva essere?
Come
poteva una cosa tanto sbagliata, essere anche così semplice e bella?
-È sbagliato … Non gli piaccio neppure
… Scorpius …-
Sarebbe
stato così facile lasciarsi andare, così piacevole perdersi in quelle emozioni
altalenanti che sapevano regalarle le cose più semplici, come il sapore dolce
di Burrobirra di lui, o la mano che le carezzava lasciva una guancia, o il
fiato caldo sul suo viso. Ma sarebbe stato anche giusto? Come poteva esserlo,
quando lui rideva di lei?
Rose
l’aveva già rifiutato una volta, soltanto che alla seconda le costò molto di
più allontanarlo da sé.
Le
labbra ardevano ancora del suo gusto e il cuore, quello, sembrava ormai
destinato a perdersi in ritmi via via adrenalinici.
Eppure,
nonostante ciò e il seme del dubbio iniettato nei suoi occhi marroni, fu con
fierezza che ne sostenne lo sguardo, immergendosi e affogando nel grigio dei
suoi occhi.
Di
tutte le domande che avrebbe voluto rivolgergli, non c’era neppure una in grado
di sovrastare le altre ed affacciarsi sulla sua bocca così, in un disperato
tentativo di appagare la voglia matta di capire, Rose lo fissò con quanta più
intensità era capace di avere.
Le
pupille vagavano spaventate da una parte all’altra del viso di Scorpius,
tuttavia il suo sguardo era talmente acuto da riuscire a cogliere anche così
ogni sfumatura di quell’iride perlacea.
Eppure
non riuscì a trovare risposte in quegli occhi; neppure per sbaglio.
Erano
degli specchi: scivolosi ed impenetrabili.
Così
lontani che per un istante, una minuscola frazione di secondo, lei ne ebbe
quasi paura. Non poteva raggiungerli … Era impossibile.
E
perciò fece l’unica cosa razionale che le venne in mente: si alzò e scappò,
veloce e tremante come una foglia in balia del vento.
Rose
si fermò solo quando le fitte alla milza divennero incontenibili e il battito
cardiaco talmente accelerato da risultare preoccupante.
Si
fermò e per istinto si appoggiò al muro di pietra dietro di lei, con il fiato
corto e la vista appannata.
Era
davvero accaduto ciò che credeva? Malfoy l’aveva sul serio baciata? Perché stavolta era successo, no? Lei l’aveva voluto …
Lei,
l’aveva voluto.
~
L’aveva
respinto, di nuovo. Eppure … Perché
faceva più male stavolta?
Scorpius
sospirò, umettandosi le labbra e sentendo ancora il sapore zuccherino di lei.
Rose.
Ancora lei. Come aveva fatto ad entrare a tal punto nella sua vita?
Poteva
ancora sentire sotto il palmo della sua mano la sensazione di stringere la seta
e, socchiudendo gli occhi, era facile disegnare i contorni dei suoi capelli
inanellati.
Per
un momento era stata così vicina che la sensazione di possederla si era
triplicata a dismisura. L’aveva stretta tra le proprie braccia e l’aveva
baciata, ma non era stato nulla al confronto di quando lei gli aveva risposto
timida. Qualcosa era entrata calda e sinuosa dentro di lui e, provandola,
adesso se ne sentiva assuefatto.
Si
portò una mano nella tasca destra e da lì ne estrasse una fotografia. La stessa
che aveva dato inizio al suo divertimento personale. La stessa che adesso
pareva fissarlo immobile e critica da un mondo irreale, fatto di sola utopia.
Se
Edmund fosse stato lì, gli avrebbe chiesto ancora una volta se Rose Weasley
c’entrava con la decisione che Scorpius aveva preso ancora prima di seguirla
all’esterno e baciarla.
E
lui non si sarebbe stupito, perdendosi in quella fotografia, di ascoltarsi
rispondergli che aveva ragione. Che lei c’entrava. Sempre.
N/A
Vi avevo avvertiti che il
settimo capitolo sarebbe stato sconvolgente! ^-^
Come avrete notato, le
cose stanno iniziando seriamente a
cambiare. Ditemi la verità: vi aspettavate che si baciavano? Scrivere quella
parte mi è piaciuta moltissimo, ma ancor di più i prossimi capitoli, ambientati
durante le vacanze natalizie, dove *spoiler* compariranno finalmente
anche alcuni Weasley/Potter che abbiamo lasciato a casa. Mi sto riferendo a
Fred Jr. e James Sirius, con il loro impicciarsi e i folli piani
dell’occorrenza, e ci sarà anche Teddy, ad onor del vero. I capitoli, diciamo, vacanzieri saranno solo due, l’otto e il
nove, poi dal dieci si ritornerà a Hogwarts, il che significa altre menate
mentali per la povera Rose.
Bene, colgo l’occasione
per ringraziare tutte le splendide persone che hanno aggiunto la storia a
preferiti o a seguiti, ma anche a chi ha semplicemente letto. Mi piacerebbe
sentire la vostra voce, anche solo per sapere che sapore vi ha lasciato questa
storia. E grazie ovviamente a tutte le persone che continuano a recensirmi, con
mia somma, immensa, infinita gioia!
*-*
Per rispondervi …
·altovoltaggio: sapere che continuerai a
seguirmi non può che farmi un piacere enorme, davvero! Significa che la storia
ti piacendo e che, dunque, il mio scopo di infondervi almeno qualcosa dentro è
riuscito. Il che mi rende semplicemente entusiasta,
ecco! *-* Ti dirò, il mio Albus è un personaggio un po’ cupo, almeno nella fase
iniziale, sprofondato nel suo mondo per aprire davvero gli occhi. Ma avrà la
sua ribalta a tempo debito, non preoccuparti. Scorpius è multi sfaccettato, sì,
e Rose rimane sempre la ragazza saggia che Ron ha lasciato intendere alla fine
del settimo libro. Beh, di sicuro le vacanze saranno un modo per entrambe per
ponderare sui loro sentimenti. Per quanto riguarda Edmund, piace molto anche a
me perciò ti assicuro che verrà fuori con il proseguire della storia. È stato
un po’ un personaggio difficile da trattare, perché non volevo rientrare nel
banale e allo stesso tempo avevo già un’idea precisa da seguire, ma comunque
spero di aver fatto un buon lavoro tutto sommato. Sì, la storia è già stata
scritta tutta e sono 20 capitoli esatti. Gli aggiornamenti li avevo messi
settimanali perché il venerdì è il giorno in cui sono più libera, ma
tranquilla, quando mi riesce cercherò di aggiornare prima! ^.-
·Mirya: innanzitutto grazie per i
complimenti, e per la recensione soprattutto. Sono davvero contenta che il mio
stile ti piaccia, pensa che io non sono mai soddisfatta di niente, mai troppo
almeno. Vabbè, veniamo a noi. Diciamo che da quando è iniziata questa specie di
“relazione” con Scorpius, Rose ha dovuto subire vari attentati alla sua vita.
Ma accidenti, io stessa mi butterei da una scogliera se a salvarmi ci fosse
Scorpius! XD Scherzi a parte, come avrai visto lui per primo tende a farsi
mille dubbi sulla bontà della sua presenza nella vita di Rose, ma come vedi già
da questo capitolo non riesce a fare a meno di lei. Comunque sono raggiante
all’idea di strapparti più di qualche sorriso con la mia storia! *-* Il mio è
una specie di sogno che si realizza, quello di far emozionare le persone, perciò
grazie mille. Spero di cuore che apprezzerai anche questo capitolo!
·ValyBrick: ti è piaciuto? Sono
felice! *-* Pensa che quel capitolo è nato solo per la scena del volo! XD E
devo ringraziarti anche e specialmente
per aver inserito la mia storia tra i preferiti. È un grande, grandissimo onore
per me, perché significa che ti piace davvero e ovviamente non posso che essere
contenta. Tanto più che, come giustamente facevi notare tu stessa, sono poche
le storie tra i tuoi preferiti, il che mi fa davvero commuovere. Non sto
esagerando, dico sul serio! *-* Grazie, grazie tante, tante! Come hai potuto
vedere, Scorpius è sempre più eclettico nei suoi comportamenti. Ma rimane pur
sempre un Malfoy, no? ^.- A buon intenditor … Nei prossimi due capitoli verrà
gestita di più la parte emotiva e sentimentale di Scorpius e Rose, ma ti
assicuro che già nel decimo non mancheranno i colpi di scena. No, adesso che ci
penso, mi sa che già dal prossimo … e nel nono … Okay, sto zitta! ^-^
·Aurora_Cullen: ti manca il vecchio
Scorpius? Oh, ci sarà sempre spazio per lui nella mia fanfiction! ^-^ Come hai
detto tu, Rose era proprio fuori dal mondo, persa in tutto il miasma di
pensieri, per accorgersi che stava male davvero. E poi si sa, lei ci tiene ad
essere impeccabile sempre e
figuriamoci se si fa fermare da un po’ di febbre! XD Il che mi ha dato modo di
farli incontrare/scontrare dopo, in infermeria. E ti assicuro che non sarà
certo l’ultimo dei loro incontri/scontri! Ah no, te lo posso anche giurare! Fino
alla fine, sì. Ah, prima che me ne dimentichi, finalmente mi è venuto in mente come continuare la saga di Estetica. E devo assolutamente
ringraziarti, perché in gran parte è merito tuo, con il tuo suggerimento sull’approfondire
la coppia Albus/Regina. È quanto ho intenzione di fare, comunque. Perciò grazie
ancora! ^.-
·Sae: tex! A parte il fatto che
sono raggiante di sapere che ti stai appassionando così tanto a questo mondo e
in particolare a questa coppia. *-* Ho ancora i lucciconi agli occhi, sai? Ma ti
rendi conto che riusciamo ad appassionarci a vicenda? Tu l’hai fatto con me con
Naruto e adesso … E io non potrei esserne più felice! Sei proprio la mia best,
tex. Davvero. Per rispondere alle tue riflessioni ad alta voce, diciamo che
anche Ottavius avrà la sua parte. E di certo non mancherà Edmund, nossignore! Beh,
come hai potuto leggere, questo capitolo si è rivelato disarmante. Pensa che
quando l’ho scritto, non avevo idea di quello che stavo facendo! È venuto fuori
da solo, io pensavo di farli baciare molto, molto più avanti, ma alla fine …
beh! Tex, devi assolutamente pubblicare‼ Il mio è un appello disperato,
sappilo, e sono disposta a prendermi tutte le “colpe” (dovrei dire i meriti) per averti consacrato a questa
coppia fantastica! ^.- Perciò, come vedi, non hai scampo: devi pubblicare!
·HighwayFairy: anche tu universitaria? Anche
io! XD Okay, non c’entra niente adesso. Piuttosto, lo sai che le tue recensioni
riescono sempre a coinvolgermi? Ecco perché penso che dovresti provare a
scrivere a tua volta una Scorpius/Rose. Per provare, sai. Io la leggerei
volentieri! ^-^ Ah, non scusarti se sei prolissa. Io tendo ad essere un tantino
logorroica nelle mie fanfiction, come avrai notato (pensa il mio ultimo
progetto doveva contare al massimo cinque/sei capitoli, invece sono già all’ottavo
e non ho ancora finito‼). E figurati se non mi può far piacere sapere che
ti piace come scrivo! *-* Insomma, è vero che uno scrive per se stesso, ma
sapere che c’è qualcuno là fuori che ti apprezza ugualmente … beh, che te lo
dico a fare? ^.- Inoltre, come dicevi tu, io ci ho messo l’anima dentro a
questa storia, studiando ogni minimo particolare purché combaciasse (sì, l’hai
detto, mi piace essere puntigliosa sulle mie storie, perché quando scrivo
voglio che sia tutto quanto più realistico possibile, o quantomeno credibile, perché
solo così ci si riesce ad entrare nel personaggio di turno), quindi adesso che
mi dici che il mio lavoro è doppiamente apprezzato … *-* E GRAZIE! G r a z i e
di cuore. Grazie a tutte, grazie di tutto, grazie per le parole, per gli
incoraggiamenti, per … per tutto ecco! Davvero The photograph è la tua fanfiction Scorpius/Rose italiana
preferita? *memi sviene per il sovraccarico cumulo di emozioni provate* Sono
felicissima! C’è una parola oltre felicissima per riuscire a descrivere come mi
sento? Suggerimenti? No, okay, comunque spero tu abbia capito cosa intendo. Ah,
Edmund. Il mio Edmund! Non sai che
voglia di strapazzarlo ogni volta! XD Lui è proprio uno che si fa tante di
quelle menate …! Devo ammettere che gli ho dato molta parte di me stessa, perché
io per prima adoro capire e studiare, senza essere indiscreta. Ma Edmund
certamente capisce le cose molto prima di chiunque altro (forse persino più di
me!) e quel che è certo è che nei prossimi capitoli avrà un ruolo piuttosto
ambiguo. Spero ti piacerà lo stesso anche allora. Di sicuro posso dirti che non
è un personaggio cattivo, è solo un po’ … particolare,
ecco. Vedrai di cosa sto parlando. Per quanto riguarda Ottavius, diciamo che
lui è in un certo qual modo la parte disinibita i me. Lo adoro! *-* Riesco a
fargli dire tutto quello che né io, né Edmund, né Scorpius saremmo in grado di
dire. In questo capitolo, poi, la parte istintiva e superficiale di sé è venuta
fuori proprio tutta, eh? Di Albus è impressionante il quadro preciso che ne hai
fatto. Ti svelerò un segreto: avevo in mente proprio di fargli avere una parte
fuori dagli schemi, un po’ altalenante e quasi da manicomio! Per quanto mi
sforzi, il mio Al rimarrà sempre un tipo particolare, ecco. Comunque aspettati
tante cose da lui! ^.- Per quanto riguarda il suo rapporto con Scorpius, che
siano amici o meno, io l’ho sempre visto basato su una complicità irriverente. Non
riesco a distaccarmene purtroppo! E adesso che mi dici di Scorpius e Rose? Ti sono
piaciuti? Ah, ti assicuro che la tua visione di dolce è maledettamente simile
alla mia e al mio Scorpius! Incredibile, c’hai preso in pieno di nuovo anche
con lui! *-* Per quanto riguarda Draco e Hermione … ma lo sai che l’altro
giorno mi è venuta in mente per caso una possibile scena tra di loro?! o.O Mi
starai contagiando? XD Sicuro, chiamami Mel! Mel, memi, memè … fa lo stesso! E
il tuo nome è davvero molto bello, non dicevo per dire. Mi piace molto! *-*
·mAd wOrLd: sono contenta di sapere
che anche questo capitolo ti sia piaciuto. Ci ho messo tutto l’impegno
possibile in questa fanfiction, perciò sono felice di sapere che venga
apprezzato. E che mi dici di questo settimo capitolo? Le cose iniziano a
complicarsi, ma ti assicuro che non è ancora niente in confronto a quello che
succederà nei prossimi! XD Sono sadica? Fooorse. ^.-
·Tatan: *-* ecco, io, non so che
dire di preciso. Wow. Il tuo complimento mi ha totalmente spiazzata, sappilo. Davvero,
io stimo enormemente la Rowling e amo il suo modo di scrivere, sempre così
fresco e deciso allo stesso tempo … Ricevere un simile complimento rischia di
farmi collassare al suolo per l’emozione! Oddio, sto andando in
iperventilazione … Okay, mi riprendo. È che volevo proprio tantissimo
ringraziarti per le tue parole, sono semplicemente gratificata di sapere che le
mie storie ti piacciano tanto. Ah, io mi ci danno sopra cercando di farle
risultare quanto più verosimili all’atmosfera dei libri e sentirmi dire che non
sto sprecando energia e tempo e che posso anche evitare di andare a zappare la
terra per il momento … davvero, grazie.
La tua attenta analisi della situazione mi ha fatta morire dal ridere! XD Che
del giovane Potter non si capisse una mazza era il mio intento, sai? ^-^ Il mio
piccolo complessato Al! *-* Mi fa un piacere stratosferico sapere che la trama
ti piaccia, che non cada nel banale. Come avrai notato, cerco sempre di
soffermarmi sulle emozioni prima di tutto, perché credo che siano l’essenza
principale per descrivere un fatto. Specie quando ti colpisce tanto. Si è
capito quello che volevo dire?! Beh, grazie ancora. Grazie tantissime! Spero che
questo capitolo ti piaccia come il precedente e che, magari e se ti va, mi
farai sapere qualcosa in merito.
Beh, gente, adesso taglio
la corda e scappo prima che le note diventino più lunghe di tutta la
fanfiction! ^.- Ci vediamo al prossimo aggiornamento, che vedrò di postarlo
prima se mi riesce, sennò direttamente venerdì prossimo. Grazie mille per
continuare a seguirmi!
Nel flusso indefinito del
tempo e degli stati d’animo,
gran parte della storia è
incisa nei sensi.
E cose di nessuna
importanza, insostituibili,
ritornano così
all’improvviso, in un caffè d’inverno.
[Banana Yoshimoto]
Il
paesaggio scivolava veloce attraverso il finestrino, cambiando scenario di
quanto in quanto sotto gli occhi depressi di Albus.
“Cosa
c’è che non va, Al?” Gli domandò dopo un’infinità di tempo Lily, approfittando
del fatto che tutti i suoi scalmanati cugini avessero deciso in contemporanea
di dileguarsi per ottemperare a qualche compito come nel caso di Rose, salutare
qualche amico per Dominique e Molly, rimpinzarsi di dolci al carrello per tutti
gli altri.
“Niente.”
Rispose cupo lui. “Perché?”
“Sembri
triste. Hai una faccia.”
“Tutti
hanno una faccia, Lily.” Obiettò critico e un tantino puntiglioso Albus, per nulla
interessato all’argomento.
“Andiamo,
hai capito cosa intendevo!” Sbuffò contrariata la rossa, alzando gli occhi al
cielo con aria esasperata ed emulando così due generazioni Weasley prima di
lei.
“Non
ho niente, okay?”
“Per
questo sei così … socievole oggi?” Lo
contraddisse Lily, incapace di tenersi per sé ciò che pensava e scontrandosi
così con l’ostilità impersonale del fratello.
“Fate
largo: dolci in vista!” Proprio in quell’istante la porta dello scompartimento
si aprì e da essa ne fecero capolino tre sovraccarichi Hugo, Louis e Lucy.
“Non
avevo capito volesse svaligiare il carrello.” Li guardò scettica Dominique, di
ritorno da chissà dove.
“Cugina
ingrata, questi sono anche per voi!” Ribatté prontamente il più grande dei tre,
fingendo una perfetta espressione arrabbiata.
“Allora
grazie.” Cambiò parere la bionda, mentre allungava una mano a recuperare un
cioccolatino dalle braccia di Louis che, come ovvio, protestò.
“Ma
Roxanne non era con voi?” Domandò poco dopo Lily, notando la mancanza della cugina.
Hugo,
che le era seduto di fianco, scrollò le spalle. “Malfoy l’ha fermata.”
Se
il ragazzino aveva pensato che l’informazione non richiedesse di eccessiva
attenzione, il suo parentado si dimostrò piuttosto scettico a riguardo.
“Malfoy?
Che voleva da lei?” s’incuriosì difatti Lily.
“Mah.
Che ne so!”
“Forse
aveva a che fare con il Torrone Sanguinolento che le ha confiscato la settimana
scorsa.” Ipotizzò Louis, che non c’aveva fatto troppo caso in effetti, almeno
fino a quel momento.
“E
da quando a Malfoy importa fare simili confische?” Volle sapere Lily,
scioccata.
Il
fatto che Scorpius non avesse premura di svolgere in modo puntiglioso il suo
ruolo da Prefetto non era una cosa nuova, perciò il suo stupore era più che
comprensibile considerato inoltre che era stato beccato da Fred un paio di
volte nel negozio di suo padre ad acquistare qualche cianfrusaglia.
“Infatti
è strano, ora che mi ci fai pensare.” Approvò anche Dominique, pensierosa,
prima di rivolgersi al ragazzo alla sua destra. “Al, tu che ne pensi?”
“Che
non sono fatti miei.” Rispose brusco lui, troppo concentrato nei propri
pensieri per dar retta alle chiacchiere consumate nello scompartimento.
Al
che e a ragione i suoi numerosi cugini si trovarono alquanto spiazzati. Da
quando era così scontroso? Non era da lui, affatto.
“Oh,
lasciatelo stare. Non ha niente.” Lo
stuzzicò Lily, pungente, ricevendo per questo un’occhiataccia da parte del
fratello, che lei ignorò puntualmente.
Dominique
e gli altri a quel punto si stavano giusto interrogando se approfondire o meno
la questione, quando la porta si spalancò di nuovo per lasciar entrare una
sorridente Roxanne.
“Giusto
te! Allora, che voleva Malfoy?” La accolse calorosamente la secondogenita di
casa Weasley-Delacour, curiosa.
“Niente
di che.” Scrollò le spalle la rossa, accomodandosi tra Hugo e Lucy. “Voleva
riconsegnarmi i miei Torroni Sanguinolenti.”
“Che
vi avevo detto?” Obiettò inorgoglito Louis, ricevendo uno schiaffo sulla nuca
dalla sorella per questo.
“E
quello cos’è?” Chiese invece Lily, accennando con il capo al tomo che la cugina
reggeva tra le mani.
“Questo?”
Alzò un sopracciglio Roxanne. “Me l’ha dato Malfoy. Dice che è di Rose, che
l’ha scordato l’altro giorno in aula.”
Pur
trovandoci qualcosa di strano, Albus non si sentì in dovere d’intromettersi. In
effetti in quello stato non si sentiva proprio niente. Aveva solo voglia di mettersi nel letto e farsi una bella
dormita, il tutto contornato da un ricco pranzo in stile Ginny Weasley.
Purtroppo per lui, tuttavia, sapeva già che il suo era un piano irrealizzabile,
giacché vedeva la micidiale combinazione James e lavoro della mamma in netto
contrasto con i suoi ideali di giornata perfetta. Senza contare che presto si
sarebbe aggiunto anche tutto il vociare di undici cugini e chissà quanti parenti,
con la cordiale collaborazione dei nonni che, in occasione del Natale, avevano
organizzato come al solito una mega rimpatriata alla Tana.
Non
che Albus odiasse quel genere di festini, soltanto che si sentiva sinceramente
troppo spossato e demoralizzato per riuscire a goderseli appieno.
Su
una scala da uno a dieci, il suo livello di espansività, ecco, sfiorava sì e no
l’uno. Forse di meno. Senza il forse.
-Perlomeno così non avrò tempo per
deprimermi.- Fu l’unica nota positiva che il suo animo
da pessimista incallito riuscì a trovare, mentre la campagna inglese scompariva
per lasciare il posto al grigiore di Londra.
~
“Che
fate qui fuori? Andate nel vostro scomparto, forza!” Abbaiò Rose contro un
gruppo di novellini che si attardavano a chiacchierare nel corridoio del treno
magico.
“Nervosetta
oggi?” Le domandò una voce lasciva alle sue spalle che lei, pur voltandosi, non
faticò a riconoscere.
“Edmund
Nott.” Pronunciò, quasi denigrando i denti. “A cosa devo l’onore che tu abbia
deciso di rivolgermi la parola?”
Lui
sorrise appena, compiaciuto ed enigmatico come sempre. “Passavo da queste parti
e mi chiedevo come mai il nostro esimio Caposcuola avesse deciso di adottare un
atteggiamento così poco consono con i malcapitati di turno.”
“Potevi
risparmiare il fiato, allora.” Lo ignorò bellamente Rose, sorpassandolo e
rigando verso un duetto di Grifondoro che avevano avuto la sfortuna di
rimanersene incollati a baciarsi qualche secondo più del necessario. “Ehi, voi!
Vi sembra un comportamento rispettabile questo? Dovrei punirvi, sapete!”
Alla
minaccia i due ragazzini se ne filarono via senza dire una parola, pensando
bene di andare a coccolarsi da un’altra parte che non prevedesse, tra i vari
optional, anche la voce isteria da
vacanze.
“Davvero
molto democratico da parte tua.” Non poté fare a meno di osservare Edmund a
quel punto, che l’aveva seguita nonostante le parole scoraggianti di lei.
“Non
ho chiesto il tuo parere.”
“Infatti
era soltanto un giudizio obiettivo.”
“D’accordo.”
Sbuffò a quel punto Rose, girandosi dalla sua parte e lanciandogli occhiate di
fuoco. “Che diavolo vuoi da me?”
Alla
domanda, il Serpeverde alzò un sopracciglio con aria canzonatoria. “Cosa ti fa
credere che io voglia qualcosa da te?”
“Se
non vuoi nulla, allora lasciami in pace.” Replicò stizzita lei, pronta a dargli
le spalle se solo non avesse udito le successive parole di lui.
“Tu
non hai chance con lui. Per quanto tu sia intelligente e graziosa, Weasley, non
sarai mai il suo tipo.”
Qualcosa
… qualcosa era caduto. Rose aveva sentito distintamente il crack tipico di un oggetto che, incrociando il suolo, finisce per
rompersi. Perciò qualcosa doveva essere per forza caduto, altrimenti da dove
proveniva quel suono?!
“Buone
vacanze.” La voce di Edmund le arrivò lontana mille miglia, al punto tale che
le sembrò assurdo averlo a così pochi metri di distanza.
Stava
impazzendo? I sensi si erano come chiusi in uno stato catatonico dove tutto,
dallo sferragliare del treno sulle rotaie al chiacchiericcio concitato degli
studenti, passava in un discreto secondo piano. E le spalle del ragazzo erano
già invisibili quando la vista ritornò prepotente a far visita ai suoi occhi; e
non si era neppure accorto, nel rumoroso silenzio del momento, che qualcosa si
era davvero frantumato, forse per
sempre.
~
L’aria
fresca di dicembre lo colpì in faccia con la stessa forza di una frusta, ciò
nonostante Scorpius non abbassò il capo e con la solita fierezza scrutò arcigno
il chiassoso gruppo di familiari che si sbracciavano per farsi vedere dai vari
studenti. Vagò con lo sguardo sulla fila fino a quando non incrociò un
sostanzioso raggruppamento di teste rosse che neppure volendo, avrebbe saputo
ignorare. I Weasley.
Ma
in mezzo alla calca i suoi occhi grigi cercavano soltanto uno di loro, o meglio
una: Rose Weasley.
E
non gli importava neppure se fosse giusto o sbagliato; il suo sapore era
sigillato lì, sulle labbra, al pari di un tatuaggio marchiato a fuoco nella
carne, indelebile.
Poi
la vide, stretta nell’abbraccio paterno.
I
capelli castani leggermente elettrizzati e il jeans sdrucito che aderiva
perfetto al fisico smilzo; le guance arrossate e l’aria appena smarrita. A
vederla così non pareva neanche la Caposcuola devota alle regole di sempre, né
la Grifondoro audace che trovava sempre una risposta per tutto. Scorpius
piuttosto ci vide una ragazza, una bella ragazza invero che neppure si
accorgeva di esserlo, e capì che era Rose, la vera lei.
Per
una qualche ragione, il pensiero lo fece sorridere o quanto meno arricciare le
labbra all’insù in quel gesto definito da molti con tale verbo.
Sorriso
che non scemò nonostante l’arrivo di Roxanne nel suo arco visivo, con il libro
che le aveva dato in bella vista e pronto a raggiungere il suo effettivo
destinatario.
Qualcosa
vacillò nel suo sguardo soltanto quando Rose, recuperato il libro dalle mani
della cugina con aria perplessa, osò alzare il capo a gettargli un’occhiata
basita, quasi stordita.
Per
un istante, un altro ancora, fu di nuovo marrone nel grigio, prima di scivolare
via con il braccio di Ronald Weasley sulle spalle della figlia.
“Scorpius.”
Sorrise
ancora, lui, riconoscendo tra mille la voce dolce e ferma insieme che aveva
appena pronunciato il suo nome.
“Madre.
Sono contento di rivederti.” Disse, aprendosi in un abbraccio che di caldo
aveva un innato sentore materno.
“Voglio
ben sperare che tu abbia dato del filo da torcere ai Grifondoro, quest’anno.”
Poi un’altra voce, dal timbro deciso ma dalla cadenza melliflua: un altro punto
fermo nella sua vita.
“Padre,
anche tu qui?” Inarcò un sopracciglio dorato Scorpius, rispecchiandosi nel
grigio degli occhi dell’uomo, lo stesso dei suoi.
Draco
Malfoy, infagottato in un caldo cappotto nero, annuì con il solito ghigno
spalmato sul viso. “Volevo sincerarmi che tua madre non sbagliasse strada.”
“Oh,
Draco!” Si lamentò con un latrato gentile Astoria, arrossendo appena mentre
viceversa i suoi due uomini se la ridevano discreti per la mancanza parziale di
senso dell’orientamento della donna.
“Zio,
zia!” Proprio in quel momento sopraggiunse Ottavius, scortato da un grosso
baule e dalla sua aria allegra. “Come state?”
“Molto
bene, caro, grazie.” Gli rispose prontamente l’unica donna presente, che
apprezzava piuttosto sfacciatamente la presenza del nipote.
“Starà
peggio se quest’anno non porta a casa almeno tre Eccezionale.” Esordì una voce
alle loro spalle, che si rivelò appartenere a Daphne Greengrass, la sorella
maggiore di Astoria. “Vero Perseus?”
“Madre!”
Si lamentò con uno sbuffo Ottavius, che odiava il suo secondo nome. “Quante
volte dovrò pregarti di chiamarmi con il mio primo nome?”
“Temo
che sarà comunque tutto inutile.” Rispose per lei Terence Higgs, avanzando con
quel suo charme un po’ canzonato. “Il non aver potuto chiamarti Perseus di
primo, non le è mai andato giù.”
“Terence.”
Allungò una mano a quel punto l’altro uomo, lanciando un’occhiata complice al
cognato.
“Draco.”
Gli strinse la mano Terence, con quella loro riguardosa cordialità. “Scorpius,
come procede la scuola?” Volle poi preoccuparsi, rivolgendo le proprie
attenzioni al nipote.
“Molto
bene, grazie zio.”
“Molto
più che bene, oserei dire.” S’insinuò con facilità Pansy Parkinson in Nott,
giunta con il figlio a salutare i più vecchi amici di famiglia. “Edmund mi ha
raccontato dei tuoi progressi.”
“Davvero?”
Denigrò i denti Scorpius, gettando occhiate di traverso all’amico, che invece
sogghignava diabolico.
“Coraggio,
figliolo, torniamo a casa.” Esordì all’improvviso Draco, poggiando con curata
nonchalance una mano sulla schiena della moglie per incitarla con gentilezza a
precederlo, dopo essersi premurato di informarsi circa l’assenza di Theodore
Nott.
Scorpius
annuì e, gettando un rapido saluto agli zii e alla madre di Edmund, figli
inclusi, fece per seguire i suoi genitori.
Tuttavia
appena l’istante prima di scomparire oltre il muro, il suo sguardo ricadde di
nuovo sul cumulo sempre più fitto dei Weasley e i suoi occhi non si arresero
fino a quando non trovarono il centro dei suoi pensieri. Ma Rose era troppo
impegnata a chiacchierare con il padre per accorgersi dei suoi occhi. O almeno
fu quello che ne dedusse lui, non senza una certa irritazione che lo accompagnò
anche durante l’uscita dalla stazione, senza accorgersi di un paio di occhi
marroni che invece gli scortavano la schiena, silenziosi e discreti come la
loro detentrice.
~
“Merlino
Rose, non dirmi che studi anche in vacanza!” James Sirius Potter entrò nella
stanza con la stessa grazia di un ippopotamo, circumnavigando il letto per
posizionarsi tra il comodino e la finestra, dirimpetto alla cugina che, seduta,
era concentrata nella lettura di un inquietante libro.
“Sono
letture di piacere.” Spiegò distrattamente la ragazza, girando pagina con
calma, quasi non avesse neppure sentito l’interruzione.
Se
avesse potuto vedere il viso dell’altro in quel momento, l’avrebbe trovato
alquanto buffo con quel sopracciglio inarcato e la bocca semi-aperta. “Letture
di piacere? Wow … Non pensavo avrei
mai sentito le parole letture e piacere nella stessa frase …”
Stavolta
Rose non riuscì a rimanerne differente e, chiudendo con un tonfo il libro, si lasciò
sfuggire un sorriso divertito.
“Che
vuoi James?” Domandò fingendosi scocciata, sbuffando su una ciocca di capelli
che ostinatamente le rifuggiva sulla fronte.
Il
ragazzo per tutta risposta sgranò gli occhi, in una buffa espressione allibita.
“Rose Weasley, così si parla ad un ospite? Dovrò dire ai tuoi genitori di
metterti in punizione per questo, signorinella!”
“Per
quanto ne sappia, sei ancora mio cugino e mangi da noi almeno tre volte a
settimana, senza contare le altre tre che siamo noi da voi e la domenica dai
nonni. Credimi, questo mi dà ampio diritto a parlarti come meglio reputo.”
Sottolineò subito Rose, trattenendo a stento una risata.
Tanto
Albus era riflessivo e riservato, quanto James era travolgente e spensierato.
Se non fosse stato per il colore dei capelli e per qualche vaga somiglianza
facciale, sarebbe stato assurdo pensare che erano nonostante tutto fratelli.
Persino lei a volte ancora se ne stupiva.
“D’accordo,
okay, recepito.” Alzò le mani in segno di difesa il moro, senza mai perdere il
sorriso dalle labbra. “Voglio sapere chi è.”
“Chi
è chi?”
“La
ragazza che piace ad Al. Devi dirmelo, Rosie!” La supplicò quasi James, con una
tale enfasi da risultare paradossalmente naturale.
Fu
il turno della ragazza di sgranare gli occhi, basita. Ad Albus piaceva
qualcuna? E come mai lei non ne sapeva niente?
“Non
so di cosa tu sia parlando, James.” Confessò, dopo un istante di lecito
sbalordimento. “Comunque, cosa ti fa pensare che ci sia una ragazza? A me Al
non ha mai detto niente.”
“Tipico.” Grugnì infervorato il
primogenito dei Potter, che si stava già lambiccando il cervello per trovare il
modo più consono per rispondere alla sua domanda. “Scommetto che la mamma lo sa
… ma figuriamoci se parla! Forse potrei provare con Hugo … no, me l’avrebbe
detto … Oh, al diavolo Rose, eri la mia ultima speranza!”
All’accusa,
lei non poté fare a meno di guardarlo in cagnesco. “Grazie tante, James!”
“Eddai,
lo sai che scherzo!” Cambiò repentinamente espressione il ragazzo, buttandosi
di fianco alla cugina e avvolgendola con le braccia. “Sei la cugina più grande,
non puoi prendertela per così poco.”
“Tecnicamente
sarebbe Victoire la più grande.” Puntualizzò Rose, che non riusciva a capire il
nesso logico tra questo e il discorso precedente.
“Dettagli.”
Sbuffò appena James, stringendola più forte nel suo abbraccio stritolante,
quasi temesse che lei potesse scappare da un momento all’altro. “E a proposito
di cotte: che mi dici di Michael Grays? Ho saputo che c’è stato un certo feeling
ultimamente tra voi due …”
“Non
è possibile! Ancora con questa storia?” Alzò gli occhi al cielo la ragazza,
spazientita.
Possibile
che in ogni discorso dovesse spuntare sempre Grays? Persino suo padre, alla
stazione, le aveva fatto una specie di scenata sostenendo che non era il ragazzo
adatto a lei. Come se lei avesse voluto sposarlo! Ma la cosa peggiore era, in
tutto questo, la totale mancanza di possibilità per scagionarsi. Era un
supplizio non poter gridare ai quattro venti la natura della sua uscita con
l’altro Caposcuola, a volte si pentiva quasi di aver promesso.
Quasi.
Poi vedeva Lily, o Julius, o entrambe, e il suo lato da Cupido prendeva il
sopravvento. Eppure non era mai stata tanto romantica, in vita sua!
“Non
devi vergognartene, Rosie! Ci sei uscita insieme, che male c’è? Dai, racconta
tutto al piccolo James!” La incitò a parlare lui, curioso di conoscere i fatti
nei minimi particolari.
Rose
stavolta sorrise, divertita. “Non mi sembri affatto piccolo, veramente.”
Sottolineò, accennando con il capo al fisico atletico propinatole dal cugino.
Insomma,
stretta nel suo abbraccio sembrava un pulcino! E lei aveva un solo anno in
meno, perciò o era troppo piccola, o lui troppo grande. Anche se proporzionato,
perché James Sirius era davvero un bel ragazzo, come i suoi predecessori d’altronde
di cui portava fieramente il nome.
“A
volte sei davvero petulante, sai?”
“E
tu insopportabile.”
James
ridacchiò. “Perciò sono il tuo cugino preferito, no?”
“Chi
ha detto che lo sei!” Si finse scandalizzata Rose.
“Peccato,
tu lo sei. La mia cugina preferita, intendo.” Mostrò una smorfia di disappunto
lui, teatrale.
“Bugiardo.”
“Scettica.”
Si
guardarono l’un l’altra con aria di sfida per un lungo momento, sul punto di
sbranarsi a vicenda, prima di scoppiare inesorabilmente a ridere.
James
sapeva sempre come smorzare l’atmosfera, aveva sempre la battuta pronta e di
certo non mancavano le stirate d’orecchia per questo.
“Vedo
che abbondano le risate qui, eh?” Ad interrompere i loro sghignazzi divertiti,
sopraggiunse una voce familiare.
James
e Rose girarono il capo verso la porta, in contemporanea, senza rimanere molto
sorpresi nel ritrovarsi di fronte Albus.
“Geloso
fratellino?” Lo stuzzicò come al solito il più grande, con la sua inossidabile
faccia tosta.
“Non
è vero!” Saltò su di contro Albus, scattando sulla difensiva sotto lo sguardo
stupito degli altri due.
“Ma
certo, Al. Rilassati, stavo solo scherzando.” Aggrottò le sopracciglia James,
perplesso, mentre Rose continuava a sorvegliare gli occhi verdi del cugino, che
nel frattempo era divenuto paonazzo.
-Miseriaccia, Albus! Che cavolo ti
prende? Ti ha dato di volta il cervello per caso?- Si
domandò, nevrotico, per poi rispondersi che il cervello in pappa doveva
avercelo già da diverso tempo in effetti. Malato e stolto: gran bella
accoppiata …
“Sì,
sì, lo so …” Biascicò, incerto, per poi cambiare di fretta argomento. “Papà e
zio vogliono fare una partita a Quidditch. Vi unite a noi?”
Pur
trovando la cosa allarmante perché da che lo conosceva Albus era così nervoso
solo per motivi davvero seri, Rose
decise di assecondarlo. Magari era per quella ragazza che James aveva avuto
l’ardire di individuare per primo. O per qualcos’altro, ma a quel punto ogni
domanda era inutile perché lui non le avrebbe detto comunque nulla, almeno fino
a quando non si sarebbe sentito pronto per farlo.
“No,
io non gioco. Lo sai che non vado matta per queste cose.”
“Non
farai mai uno strappo alla regola, vero?” Le domandò James che, a sua volta,
aveva ben pensato di lasciar cadere la cosa nel dimenticatoio.
“Mai
dire mai!” Gli mostrò per tutta risposta l’occhiolino Rose, ricevendo un
pizzicotto fraterno da parte del cugino.
“Vince
sempre lei, assurdo!” Sbuffò ancora James, prima di alzarsi e raggiungere il
fratello sulla porta. “Verrai almeno a tifare per me, giusto Cherie?”
“Certo,
Messere!” Si alzò a sua volta lei,
affiancandoli e seguendoli poi verso il piano inferiore, dove tre eccitatissimi
Harry, Ron e Hugo, e due più pacate Ginny e Lily, li aspettavano per
cominciare.
~
Aveva
fatto il tifo per un po’, votandosi ora da una parte ora dall’altra per non dar
torto a nessuno, in una sfida particolare che vedeva i Potter – Harry, James e
Albus – schierati contro i Weasley – Ron, Ginny, Hugo e Lily – in una lotta
alquanto particolare invero dove ancora non si era capito chi stava vincendo e
chi no.
Poi
Rose aveva levato le tende e, alzando bandiera bianca contro il mal di testa
venutole all’improvviso, aveva optato per una degna ritirata.
Eppure
una volta giunta in camera sua, anziché infilarsi sotto le coperte come
sperato, si era fermata sul ciglio con aria sospetta, gli occhi rivolti ad un
piccolo libro dall’aria usata poggiato sopra la scrivania.
Gliel’aveva
consegnato Roxanne quella mattina, alla stazione, dicendo distrattamente che
glielo mandava Scorpius Malfoy.
Da
allora non aveva avuto tempo per soffermarsi anche solo a sfogliarlo e, pur
trovando la cosa quantomeno bizzarra, si era vista costretta a mettere da parte
il libricino per aiutare la mamma in cucina.
Adesso
che però ne aveva l’occasione, Rose si accorse di non avere il coraggio.
-E io dovrei essere una Grifondoro?-
Ma
la risposta a quella domanda la sapeva, la sapeva eccome. La verità era che
aveva paura. Sì, proprio lei, che si diceva tanto di essere coraggiosa. Ebbene:
era una vigliacca. Una stupida ragazzina che non sapeva resistere alla
pressione di un bacio e preferiva richiudersi in un silenzioso oblio anziché
confrontarsi con tutto ciò che quel semplice gesto aveva scaturito in lei.
Forse
però aveva ragione Edmund Nott. Forse erano solo mille castelli di carta i
suoi, destinati ad essere spazzati via dalla prima folata di vento. Forse
meglio dimenticare, che soffrire per un qualcosa che lei non aveva avuto la
forza di scoprire.
Tuttavia
come faceva a dimenticare, se la fonte dei suoi problemi continuava a sbatterle
in faccia la sua presenza?
Era
impossibile. Impossibile. Ed
impossibile era anche lui, Scorpius Malfoy, con le sue trovate di volta in
volta sempre più inquietanti.
Eppure,
ciò nonostante, le sue gambe si mossero da sole e con un certo stupore scoprì
le proprie mani mentre depredavano il libro in questione.
-“I segreti di una Trasfigurazione
perfetta.”-
Era
abbastanza certa, nel leggerne il titolo, di non aver mai visto o posseduto
prima un simile testo. Che il ragazzo si fosse sbagliato? Beh, suo non era di
sicuro.
Perplessa,
Rose scorse velocemente le pagine ingiallite dal peso degli anni, rimanendo
colpita dalla scrittura arzigogolata e un po’ retrò che denotava una riguardosa
severità, a sua volta sinonimo di altisonante rispetto.
Buffo,
davvero, ma ciò che apparteneva ad un Malfoy sapeva sempre distinguersi per
simili aggettivi. Vi aveva fatto caso al primo anno, durante il viaggio
sull’Hogwarts Express, quando era entrata in uno scomparto ed era rimasta
ipnotizzata dalla giacca nera appesa con cura, salvo poi trovarsi dinanzi
Scorpius e reclamarne la possessione; da allora comunque aveva ben imparato a
distinguere determinati dettagli nella sua persona. Solo che un tempo le
avrebbe dato fastidio, mentre adesso tutto ciò che riusciva a sentire, era un
inspiegabile senso di vuoto …
-Non sarò mai il suo tipo. Mai, mai,
mai.-
Non poté fare a meno di pensare, un groppo all’altezza della gola, per poi
darsi della stupida appena poco dopo.
Infondo,
cosa importava a lei se anche fosse? Perché mai avrebbe dovuto preoccuparsene?
Lei non voleva neppure essere il suo tipo
… giusto?
Ad
ogni modo non ebbe il tempo di rispondersi, perché un foglietto scivolò dal
libro e prima ancora di riuscire a focalizzarlo davvero, le sue iridi avevano
di propria iniziativa seguito la caduta fino a scontrarsi con lo sfondo
impassibile del pavimento, sotto di esso.
Rose
non si era neppure resa conto di essersi chinata a raccoglierlo, mossa da un
istinto involontario che a quanto pareva quel giorno sembrava accompagnare più
movimenti del previsto, ma una volta recuperatolo rimase alquanto spiazzata di
scoprire che non era affatto un foglio.
Era
una fotografia.
Meglio,
era la fotografia.
Quella
che Scorpius le aveva fatto a tradimento; quella in cui sembravano due amanti e
non due che si odiavano sin dal primo incontro; quella che l’aveva costretta ad
indossare i panni della sua schiava personale; quella per cui aveva sopportato
tutte le sue angherie, col timore di vedere il viso del padre deformato da una
smorfia disumana; quella che, nonostante tutto, l’aveva legata a lui, forse più
strettamente di quanto si sarebbero mai aspettati entrambe …
Ma
se la foto era lì, voleva significare una sola cosa: era stato lui a
mettercela, a fargliela avere, tramite Roxanne.
Perciò
… Forse … Magari …
-No, Rose, no! È sbagliato. Lo sai …-
Avrebbe
voluto aggiungere che Edmund Nott aveva ragione – perché lei lo sapeva che era
così, lo sapeva! – tuttavia non poteva. Significava altre domande e quindi
ancora risposte. Risposte a cui lei, in tutta sincerità, non riusciva a dare
ancora una forma.
Inoltre
… a lei non avrebbe dovuto importare nulla … affatto.
Eppure
non poteva fare a meno di sentirsi a quel modo, come se un treno l’avesse
investita o peggio, come se un Dissennatore le avesse appena tolto il ricordo
più bello. Come era possibile? Si sfiorò la guancia, combattuta, e si stupì di
notare che stava piangendo. Da quanto tempo stava piangendo? Non se ne era
accorta. Perché, poi?
Perciò
era … libera?
Che
poi, era mai stata prigioniera davvero?
E
la risposta era lì, sulla punta della lingua, solo che tardava – bruciava – ad arrivare.
~
“Questo
è il tuo ultimo anno ad Hogwarts, Scorpius. Ti stai adeguatamente preparando ai
M.A.G.O.?” La voce di Lucius Malfoy echeggiò nell’enorme sala da pranzo,
insinuandosi tra le pareti lattescenti con insolita facilità.
Malfoy
Manor era sempre stata una dimora grande, quasi principesca, che peccava di un
unico dettaglio: era vuota. Troppo grande e troppo vuota per solo due persone.
Narcissa, la matrona di casa, seduta ad uno dei due capotavola non poté fare a
meno di rammaricarsene.
“Sì,
nonno.”
“Molto
bene. Inutile dirti che concludere Hogwarts con dei buoni voti, equivale ad
occupare posti di rilievo al Ministero.”
“Lucius,
credo che Scorpius sappia già abbastanza bene queste cose.” Decise di
intromettersi proprio Narcissa, dopo essersi assicurata di avere la bocca
perfettamente pulita. “Non è vero tesoro?”
“Certamente,
nonna.” Sorrise appena il diciassettenne, che ormai aveva finito di mangiare il
secondo e si apprestava a passare alla frutta.
“Voglio
solo assicurarmi che non commetta errori nel perseguire i propri obiettivi.”
Replicò invece Lucius, deciso come sempre quando si trattava di futuro per la
propria discendenza.
“Fortunatamente
Scorpius sa bene cosa volere dal futuro.” Interruppe a quel punto Draco,
sorseggiando con calma un sorso di liquido rosato dal delicato calice di
cristallo.
Alcuni
pezzi di legna scoppiettavano croccanti nell’enorme camino ad angolo,
intrufolandosi sinuosi nell’aria altera che si registrava nella sala. L’enorme
lampadario a soffitto pendeva sulle loro testi con elegante maestria, mentre
una cascata di luci si diffondevano dai tanti piccoli lumi che fluttuavano
silenziosi attorno ad esso. Narcissa aveva optato per il suo migliore servizio
da pranzo e per la tovaglia di seta bianca che riservava per quelle occasioni,
eppure ciò nonostante il senso di freddezza continuava a diffondersi tra i loro
discorsi, inarrestabile.
“Ad
ogni modo, adesso basta parlare di questo.” Decretò la matriarca a quel punto,
ponendo fine al lungo disquisire circa il futuro del nipote. “Piuttosto,
Astoria, come procedono i preparativi per la cena di Natale?”
La
donna accanto a lei sorrise appena alla domanda, liquidando un dolce dall’aria
squisita con una spinta lieve verso l’entro tavola.
Da
che Scorpius aveva modo di ricordare, difatti, era la nonna ad occuparsi del
banchetto natalizio, con ottimi risultati tra l’altro. Ma per quell’anno, il
tocco era caduto sulla madre che, seppur con una certa titubanza, si era
dimostrata piuttosto abile nel genere. In una settimana aveva già scelto il
menù e i dettagli più infimi quali il tipo di fiori da disporre a centro
tavola. Lui e suo padre, invece, avevano accuratamente evitato di metterci lo
zampino dentro.
“Molto
bene, grazie.” Rispose, scostandosi una ciocca di capelli dorati che scivolava
dal suo stretto chignon. “Ma mi sarebbe utile un consiglio specialistico con il
servizio da utilizzare. Sono piuttosto indecisa e tu sei un esperta nel campo, Narcissa.”
In
realtà Astoria aveva scelto le stoviglie da almeno tre giorni, servendosi anche
dell’aiuto disinteressato e quasi forzato di suo figlio, per questo motivo
Scorpius non poté fare a meno di nutrire una certa ammirazione per la madre.
Anche Draco doveva pensarla come lui, a giudicare dal modo in cui i suoi occhi
grigi la stavano scrutando. Nondimeno la donna si dimostrò piuttosto abile a
mascherare ogni traccia di emozione e a sorridere cordiale all’indirizzo della
suocera, che annuì.
“Tutto
sommato credo che potrei farlo, Astoria.” Rispose, lapidaria e asciutta come
sempre, ma dal guizzo che balenò nei suoi occhi non fu difficile intuire che
era molto più che contenta di potersi rendere utile in merito.
Scorpius
sogghignò appena, mandando giù l’ultimo boccone di torta, e mentre il suo
sguardo vagava sulla tavola imbandita, si accorse che la sua mente era tutta
concentrata in un’altra direzione che portava il viso e il nome di Rose
Weasley. Tutto si era focalizzato e catalizzato su di lei. Ogni senso
acutizzato dal ricordo del modo buffo in cui lei s’imbronciava, mentre studiava
… o di quel piccolo tic nervoso che la costringeva a gesticolare nei momenti di
nervosismo … o dell’espressione stralunata che sapeva fare quando proprio non
capiva il motivo di qualcosa …
E,
la cosa più sorprendente, fu che non se
ne stupì …
~
“Coraggio
James, capita a tutti di perdere. Non fartene una colpa!” Ron sorrise divertito
all’indirizzo del nipote che, sbuffando sonoramente per la sconfitta bruciante,
si rimpinzava il piatto di cibarie.
“Eravamo
tre contro quattro, non era leale!” Si difese il ragazzo, addentando una
poltiglia verde non meglio identificata sotto lo sguardo nauseato di Albus e
ammirato di Hugo.
“Voi
avete voluto giocare lo stesso! Diglielo anche tu, Harry!”
“Beh,
Ron, in effetti James non ha tutti i torti.” Replicò al contrario l’uomo,
indeciso se puntare su quella specie di tacchino infarcito o se propendere per
un piatto più magico.
Hermione
non era mai stata una brava cuoca, doveva ammetterlo. Ginny cucinava molto,
molto meglio, ma farglielo notare equivaleva a morire prematuramente. Le donne
erano troppo suscettibili per quelle sottigliezze e comunque lui ci teneva alla
propria pelle per giocarsela a quel modo indegno.
“Ginny
giocava nelle HolyheadHarpies.”
Puntualizzò difatti Harry, mentre propendeva per il tacchino, o qualsiasi cosa
fosse.
“Infatti!”
Esclamò scandalizzato James, che aveva fatto razzia del cibo nel piatto. “Senza
contare che teoricamente Lily è una Potter,
non una Weasley. Perciò doveva stare
in squadra con noi!”
“Non
mi sembrava avessi tutti questi problemi a scartarmi dalla tua squadra.” Osservò a quel punto la rossa, vagamente inacidita,
riprendendosi la sua rivincita personale per quel piccolo accadimento che non
le era andato affatto giù.
“Non
ti ci mettere anche tu adesso!” Alzò gli occhi al cielo James, fingendosi
esasperato. “Hugo, spiegaglielo tu che era buonafede la nostra!”
Sentendosi
chiamare in causa dal suo mentore, il ragazzino gongolò per un istante sulla
sedia, raggiante. “James ha ragione: loro erano già tre uomini, mentre io e
papà due. Con te e la zia abbiamo pareggiato i conti!”
“Pareggiato i conti?” Ripeté sdegnata
Lily, sgranando gli occhi al punto tale da sembrare un cartoon.
“Perciò
due femmine equivalgono ad un unico maschio?” S’intromise anche Hermione, da
sempre ferma sostenitrice delle pari opportunità, nonostante i buoni propositi
di rimanersene fuori. “E poi scusa, non avevate appena detto che Ginny è
un’esperta?!”
“Harry,
pretendo una spiegazione.” S’impuntò anche la signora Potter, gettando occhiate
cariche di rimprovero all’indirizzo del marito.
Dal
canto suo Harry se avesse potuto, si sarebbe volentieri smaterializzato
dall’altra parte del globo senza alcun rimpianto.
“Per
papà si mette male.” Non poté fare a meno di sussurrare Albus a quel punto,
parlando di sottecchi alla cugina che annuì distrattamente.
Non
aveva seguito poi molto la conversazione, immersa com’era nei suoi pensieri.
Già il fatto che fosse scesa per la cena, aveva dell’incredibile considerata la
totale assenza di fame, cosa di per sé sconcertante. Per fortuna nessuno dei
commensali sembrava essersene accorto, visto il clima gioviale che come sempre
riusciva ad affacciarsi durante i pasti consumati in famiglia.
A
volte Rose avrebbe preferito poter mangiare in tutta tranquillità, cosa del
tutto impossibile tra Hogwarts e la sua casinista famiglia.
Era
destinata a sopravvivere in quel chiasso senza possibilità di fuga, avvolta
nella scia del profumo che, a distanza di giorni, continuava a respirarsi
addosso. Eppure lui non c’era lì con
lei … Stava forse impazzendo?
“Suvvia
Ginny!” Tentò di sedare gli animi Ron, ormai al suo tris di tutto. “Sai com’è
fatto Hugo: parla sempre a sproposito!”
“Ehi!”
Si lamentò il diretto interessato, mentre accanto a lui Lily sghignazzava
compiaciuta.
-Ben ti sta, Hugo!-
“Ron,
non parlare così di nostro figlio.” Lo ammonì tuttavia Hermione, materna quando
si trattava della propria progenie.
“Ma
è un testone, cara.” Si giustificò il rosso, piccato.
Harry
avrebbe voluto aggiungere con un certo orgoglio personale che era Malandrino, proprio come suo figlio
James e quell’altro scalmanato di Fred Jr., ma si trattenne dal farlo e giusto
perché l’aspro aroma del tacchino gli aveva appena bucato lo stomaco.
“Qualcuno
vuole della zucca?” Chiese all’improvviso Ginny, ritornata la personcina deliziosa e anche un po’ assillante di sempre.
“Io!”
Alzarono in contemporanea la mano James e Hugo, per poi darsi un cinque
complice.
“Tale
maestro …” Iniziò il moro.
“…
Tale discepolo!” Concluse l’altro, entusiasta.
Lily
scosse il capo, mentre Albus rise divertito per poi gettare un’occhiata
preoccupata a Rose, che invece non sembrava neppure averli sentiti.
“Stai
bene?” Le domandò quindi, apprensivo. “Sei strana.”
“Non
è niente.” Tentò di tranquillizzarlo lei, nonostante gli scarsi risultati. “Sto
bene.”
“Okay
…” Mormorò appena Albus, ancora titubante, ma liquidando lo stesso la questione
per tempi migliori che una cena in famiglia.
In
realtà non stava bene. Affatto. E come poteva, se Scorpius Malfoy continuava a
tormentarle i pensieri?
N/A
Con un giorno di ritardo,
ma ci sono! ^-^ No, è che ieri non ci sono stata e pertanto non ho potuto
aggiornare. Scusate per l’imprevisto.
Dunque, come avrete
notato in questo capitolo abbiamo ritrovato il nostro carissimo James,
personaggio che personalmente amo.
Anche per quanto riguarda Rose e Scorpius c’è stata un’ulteriore svolta –dite:
ve l’aspettavate che lui le consegnasse la foto?- e il mio caro Edmund ha
iniziato a dare il suo contributo in tutta la faccenda. Ma se pensate che è già
un casino, vi assicuro che non avete ancora visto niente! XD
Ringraziamenti …
·MollY_gIaDa: per prima cosa grazie
mille per la recensione! Mi fa piacere sapere che fin’ora la mia fanfiction ti
stia piacendo e spero che continuerai a seguirmi anche per il resto degli
undici capitoli rimanenti dopo questo. Beh, di sicuro dopo le parole mozzicate
da Ed, puoi capire che ci sarà di che preoccuparsi … Adoro quell’uomo! XD Per
quanto riguarda la scrittura, non so perché ma sul mio computer in word si vede
meglio di quando pubblico … Comunque se non è un problema, mi piacerebbe
lasciarla lo stesso così perché ho scritto tutta la storia con la stessa
grandezza e mi piace mantenere un determinato stile dall’inizio alla fine,
senza cambiare. Hai provato a mettere la versione stampabile? Di solito si
legge meglio … Non sapevo che avessi scritto una Scorpius-Rose! Sono distratta
che solo Dio lo sa, perdonami! ^//^ Appena possibile correrò a leggerla,
comunque! E magari poi ti mando una mail, se ti va! ^.-
·lolly puwerpuff girl: ma di che ti scusi! Io
sono già felicissima che tu li abbia letti e ti siano piaciuti, figurati. E poi
lo so come vanno queste cose quando ci si mette la scuola, i compiti, la
scuola, i compiti … ho già detto la scuola? XD Venendo a noi, in questa
fanfiction l’intenzione era proprio quella di tentare di spiegare come possano
cambiare i sentimenti di due persone a seguito di un piccolo scherzetto, per
così dire. Poi, il bacio, è solo la punta dell’iceberg! Perché diciamocelo, ci
sono anche tutti gli altri a cui dover dare il giusto peso, no? Se ti sembro
criptica, non spaventarti, presto ti sarà tutto chiaro! ^-^ Ah, anche io amo
Hugo, è un personaggio che mi dà sempre tantissimo. Un piccolo Ron Weasley, ma
con la sfrontatezza di un Malandrino! E il mio Hugo, difatti, è un piccolo
Malandrino! Nel prossimo gli verrà dato ampio spazio, così come negli altri
capitoli, del resto. E se vuoi, puoi trovarlo anche nella mini-long che sto
postando da poco, The long night,
magari non da subito, ma avrà il suo peso. Perciò … che mi dici di questo
capitolo? ^-^
·altovoltaggio: beh, davvero grazie per i
complimenti, sia sulla scrittura che sulla storia. Come dicevo già, il fatto
della fotografia è sì una scusa, ma aveva i suoi perché. E adesso è addirittura
finita nelle mani di Rose, perciò addio ricatto! Ma la sua parte non è certo
finita qua, eh. Beh, Scorpius è un personaggio che si svela di volta in volta
e, essendo uno dei protagonisti principali della storia, si riesce a
decodificarlo più facilmente che non con Edmund. Questo perché, appunto, il mio
caro Ed non è sempre presente e non perché io non voglia che ci sia –io venero Ed!- ma proprio per quel suo
carattere schivo, riservato e un po’ ombroso che tanto vi sta conquistando.
Quello che posso dirti su di lui, è che Edmund Nott non fa mai nulla senza
avere uno scopo di fondo, il che significa che dietro ogni sua
azione/parola/gesto ci sarà sempre, sempre
qualcosa dietro. Per quanto riguarda Ottavius, posso dirti che hai inquadrato
anche lui. Sì, è un logorroico instancabile e a volte fa davvero quelle uscite
improbabili (beh, con una madre come la sua, che io me la immagino un po’
pazzerella …!), ma è anche tremendamente ingenuo perciò attenzione! ^.- Credo
che uno come lui fosse il collante perfetto tra la ritrosia di Edmund e il
carisma di Scorpius. Albus … aspetta il prossimo! XD Beh, per risponderti, mi
piace soffermarmi su più personaggi. Anche perché nella vita reale una storia è
fatta di più persone che si incontrano, si scontrano, mutano. Beh, al prossimo
capitolo, allora! ^.-
·ValyBrick: contenta di vedere che
sono riuscita a spiazzare più di una persona con la scena del bacio. Ma ci
crederesti se ti dico che ha spiazzato anche me? ^-^ Come hai potuto vedere,
anche in questo capitolo non sono mancati i famosi colpi di scena. Ti dirò,
d’ora in poi le cose inizieranno a prendere pieghe impreviste e Edmund e
Ottavius avranno il loro da farsi. Per quanto concerne Scorpius, alla fine è un
po’ come dice Rose: lui è molto di più di quanto voglia dimostrare. Ma non è un
insicuro cronico come lei, questo no. Scorpius, quando capisce ciò che vuole, è
più testardo di un mulo. Scusa comunque se ho postato perfino con un giorno di
ritardo, da che avrei dovuto aggiornare prima! Vedrò di farmi perdonare la
settimana prossima! ^-^
·Sae: tex! *-* Ah, gongolo
sapendo che ti è piaciuto il bacio e la sua descrizione! Sai, per scriverla
c’ho messo una vita e non ero mai soddisfatta. Troppe cose che volevo metterci
dentro, ecco. Ma se piace a te, tex, vuol dire che tanto schifo non fa e che
posso ritenermi soddisfatta tutto sommato. *-* Le vacanze di Natale … oh, quante te ne combino ora! XD E
preparati ad un rientro pazzesco! Sì, Rose è un’orgogliosa, ma è anche
tremendamente insicura. È una ragazza abbastanza normale, con un ragazzo
fichissimo come Scorpius … chi non lo sarebbe?! ^.- Tanto più che come hai
detto tu, Scorpius è maledettamente sexy, è intrigante e ha un carisma che
resistergli è pressoché impossibile. A meno che non ti chiami Rose Weasley, che
a forza di menate mentali rischia di mandarci tutti al manicomio! XD E che mi
dici di Edmund? Ti piace? Ottavius è stato più facile da inquadrare, ma Ed mi
ha richiesto molta più concentrazione per non farlo risultare il solito bel
tenebroso. È vero, comunque. Questi personaggi hanno la straordinaria capacità
di coinvolgerti e di spingerti verso terre inesplorate, solo con i loro
caratteri! Ma tu quando posti, tex? Se non sbaglio hai anche un’altra one-shot
in ballo, no? ^.- Pubblicala tex, la gente deve
sapere‼
·Aurora_Cullen: ma grazie! ^//^
Orgogliosa che il capitolo e il bacio in particolare ti sia piaciuto. Scriverlo
è stato particolarmente complicato perché, come dicevo prima, volevo infilarci
dentro tante di quelle cose e allo stesso tempo cercare di fare le cose bene. Cercare
di spiegare per bene i sentimenti, le sensazioni provate. E di far capire che è
stato un bacio totalmente diverso da quello iniziale, che ha aperto la storia. Mi
chiedevi di Al … vorrei dirtelo, davvero, ma finirei per il rovinarti la
sorpresa. E comunque già dal prossimo … okay, sto zitta! >.< Per quanto
riguarda Estetica, non so se ti farà
piacere sapere che il quarto capitoletto della serie è in fase di stesura e,
pertanto, a breve online. ^-^ Ma tu devi pubblicare una Scorpius-Rose se l’hai
scritta‼ Assolutamente, devi farlo! Io sarò dietro al computer a
leggerla, poco ma sicuro. U.U Beh, che ne pensi di questo ottavo capitolo? James?
Ti piace? ^-^
·Tatan: che bello ritrovarti di
nuovo! *-* Cubetto di ghiaccio e imbranata totale credo siano gli aggettivi
migliori per descrivere Scorpius e Rose! XD Ah, la nostra cara Rose è un po’ toccata,
lo penso anche io, a farsi lasciar andare uno come Scorpius … Ma non sarebbe
lei se non si facesse tutte quelle menate, e quelle insicurezze, fomentate
senza volerlo dalla gente che la circonda. Beh, quasi senza volerlo. Non per tutti, almeno. Comunque cerca di
capirla, la ragazza ha a che fare con un Malfoy, un playboy, un ragazzo bellissimo
… chi si sentirebbe a suo agio? Tanto più che Scorpius delle volte è così
criptico, e fa una cosa e poi te ne spiazza con un’altra! È tutto un programma
quel ragazzo, a mio avviso. Ottavius è una sagoma, ecco, e andando avanti
combinerà la sua dose giornaliera di guai, poco ma sicuro. Per la Casa di
Albus, anche a me piace moltissimo in Serpeverde, ma qui avevo esigenza di
inserirlo a Grifondoro. Fondamentalmente i due Albus di qui e di Estetica sono pressoché identici, solo
che l’Al di qua è un tantino più complessato, perciò può risultare più ostico
da comprendere. Ma superata questa caratteristica, ti assicuro che hanno la
stessa faccia tosta! XD Edmund Nott è un personaggio che mi ha dato parecchio
filo da torcere, nel senso che non volevo creare il tipo stereotipato del bello
e dannato. Ma uno così mi serviva e poi io sono una fan di Theodore Nott,
perciò un figlio suo non poteva mancare. Beh, certo, Edmund ha molto più spazio
di Regina Spencer della saga di Estetica,
ma andando avanti anche qui pure lei avrà il modo di farsi conoscere e, chissà,
amare magari. Spero che anche questo capitolo ti sia piaciuto e se ti va, fammi
sapere! Ne sarei sinceramente felice!
·HighwayFairy: io ero contenta già della
prima recensione, con la seconda mi hai stravolto‼ Nel senso buono,
chiaramente. ^-^ E figurati se devi scusarti per il ritardo! Magari sono io che
devo ringraziarti per il tuo immancabile sostegno! Beh, per quanto riguarda lo
scrivere una storia, te lo dicevo perché dalle tue recensioni si capisce che
riesci a decodificare le situazioni e ad analizzare in modo puntiglioso, cosa
che a mio avviso in una storia è molto importante, specie se la si vuole far
assimilare alla realtà quanto più possibile. Comunque ti assicuro che io sarei
raggiante di leggerla e di certo non farti problemi ad inviarmela, se vuoi! *-*
Guarda, ti dirò di più, da oggi in poi controllerò sempre la cassetta postale,
non si sa mai! ^.- Sì, hai ragione, è stupendo scoprire che ciò che vedo io, in
qualche modo riescono a vederlo anche gli altri. Le tue recensioni, poi,
riescono a darmi l’idea di quanto colto in tutto il capitolo e, davvero, è tutto quello che speravo si cogliesse! Si
è capito quello che ho detto?! Ah, Baricco è un grande, ci sono certe sue
citazioni che ti fanno venire la pelle d’oca. Io l’ho usato diverse volte in
questa storia, perché riesce spesso ad avvicinarsi con quello che penso io.
Hugo è un matto! XD Mi fa impazzire, perché ha un carattere solare, aperto, che
ti travolge. Completamente diverso dalla sorella, ma ci voleva uno come lui. Sì,
lo sono, sono di parte! XD Beh, sai, Albus di solito è molto più attento a
certe cose, ma ha le sue seghe mentali adesso e perciò finisce per il farsi
raggirare da quattro patetiche scuse. Il mio Al è un caleidoscopio di
caratteri, tutti però con un suo perché e un motivo di esistere. Hai ragione,
comunque. Tutti uguali questi uomini! E Al non fa certo eccezione, anche se
dovrà farne di strada ancora per maturare come si deve. Ma è vero, la gelosia è
un sentimento che si abbatte su molti, nello scorso capitolo. E non finisce di
certo lì! Il mio ombroso Edmund colpisce ancora! Non ero sicura che avrebbe
trovato tanti fan, a parte me ovviamente, mentre invece …! Io c’ho messo anima
e corpo per farlo apparire com’è. Con Ottavius è stato chiaramente più semplice
il discorso, perché lui non si nasconde, è quello che vedi. Mentre Edmund è
così sottile che ti fa diventare matto! Spero che ti piaccia ancora, anche dopo
il discorsetto che ha fatto a Rose. Comunque c’hai preso ancora una volta. Edmund
è il più lineare e coerente con se stesso di tutti quanti. Molto più di
Scorpius e sicuramente molto più di Rose e Albus. Il problema è che non molti
riescono a capire la sua coerenza, perciò riesce sempre a spiazzare le persone.
Questo proprio perché, come hai osservato, non si sbottona mai troppo e dunque
decodificare i suoi pensieri è un’impresa epica il più delle volte. Ma Edmund è
il tipo che sa cosa vuole, sa come ottenerlo e, soprattutto, sa come muoversi
per spingere chi gli sta attorno ad assecondarlo. Vedrai presto di cosa sto
parlando. Comunque sono felicissima che ti piaccia quale personaggio. È un OC,
perciò è ancora più difficile da gestire, specie se hai un’idea su di lui e
vuoi portarla avanti a tutti i costi. Tanto più che di solito gli OC non
vengono mai apprezzati, vuoi perché risultano essere superficiali, vuoi perché fai
tanto per amarli che la storia finisce e loro scompaiono nel dimenticatoio. Spero
di aver fatto un buon lavoro, dunque. Per parlare di Rose e Scorpius, anche io
penso che i momenti migliori siano quando la storia nasce e, in questa long, il
mio proposito era proprio quello di descrivere come possano cambiare le cose
tramite un insulso espediente. Il che avrebbe dovuto comportare una decina di
capitoli massimo, ma stiamo parlando di Scorpius Malfoy e Rose Weasley e
si sa, con loro le cose non vanno mai come dovrebbero andare! Sono una miscela
esplosiva. U.U Sto ballando all’idea di sapere che la scelta della descrizione
del bacio ti sia piaciuta. Mi ha stravolto stenderla giù, perché quei due prima
o poi mi manderanno al manicomio. Tra loro c’è sempre quel non so che di non
detto e di certo non sarebbe bastato un bacio per far finire la storia. Sono Scorpius
e Rose! Con loro niente è lineare, tutto è dettato dai loro caratteri agli
antipodi. Praticamente mi hai fatto commuovere quando hai detto che riuscivi ad
immedesimarti in Rose. In pratica era quello che volevo fare, ma non ero sicura
di esserci riuscita, perché farli rimanere IC alla mia idea di loro, a quella
che avevo dato fino ad ora, è stato snervante proprio perché rischiavo di
cadere nel banale. Mi sarebbe piaciuto cadere nel banale a questo punto della
storia. E no, ti assicuro che non è stato affatto semplice descrivere la scena.
È quella che mi ha sfinito di più, perché ce l’avevo in mente ma scriverla … è
tutta un’altra cosa. Grazie. Sul serio: GRAZIE. Con le tue recensioni riesci a
darmi una carica pazzesca, a commuovermi e ad emozionarmi, tutto nello stesso
momento. Ah, sì, James ha un grande potenziale. Peccato solo che in questa
storia abbia potuto trattarlo poco, visto l’ambientazione, ma stavo già
lavorando ad un seguito dove lui è molto più presente. Comunque anche nelle sue
fugaci apparizioni, James riesce a creare più subbuglio di tutti gli altri! ^.-
Lui e quell’altro matto di Fred Jr., già presente nel prossimo capitolo. Per concludere,
ti prometto che se mi verrà il pallino e l’idea giusta, un giorno ci proverò
davvero a scrivere una Dramione. Chissà, magari è come dici tu. Magari mi ci
appassiono per davvero … chissà?! ^-^ Grazie ancora per la recensione, non mi
stancherò mai di rileggerla!
E questo è quanto, gente.
Volevo ringraziare solo un minuto anche le splendide persone che hanno aggiunto
questa storia ai preferiti, o ai seguiti, che a dir si voglia. E anche a quelli
che la leggono, instancabili! Grazie di cuore, ragazzi. Davvero.
La
mattina di Natale si presentò in una cappa grigiastra e nuvolosa come le
tipiche giornate londinesi. L’aria era piuttosto, non potendo contare della
moderatezza del sole non c’era traccia, inabissato tra le nubi che si
profilavano all’orizzonte. La brina costeggiava la strada acciottolata che
giungeva sino alle porte del Malfoy Mansion, sbucciando qualche foglia secca da
tempo.
Scorpius
aveva appena terminato la sua colazione quando nella sala fece il suo trionfale
ingresso Ottavius, armato del sorriso un po’ sghembo che contraddistingueva il
ramo paterno della famiglia.
“Buongiorno,
cugino!” Esordì, teatrale, buttandosi con pesantezza su una delle poltrone nere
che cesellavano la stanza. “Dormito bene?”
“Cosa
ti porta già qui?” Lo redarguì l’altro, ignorando le sue domande con aria
sfrontata.
“Suvvia
Scorpius, non mi dirai che non sei contento di rivedermi!” All’occhiata obliqua
che ne ricevette, Ottavius dedusse che era meglio passare al sodo della
questione. “Ad ogni modo sono venuto qui per porgervi i miei auguri e per
costringerti a venire con me a Diagon Alley. Devo incontrare una ragazza.”
C’era
da aspettarsela una richiesta del genere, Scorpius si ammonì per non averci
pensato prima.
“Lasciami
indovinare: hai organizzato un appuntamento anche per me.”
“Esatto,
cugino!” Annuì inorgoglito Higgs, scacciando poi l’aria con la mano in un gesto
abbastanza eloquente. “Non ringraziarmi, non ce n’è bisogno.”
“Meglio,
perché non verrò.” Decretò di contro Scorpius, sorridendo vittorioso
all’espressione allarmata che l’altro gli lanciò.
“Cosa?
Tu scherzi, cugino!”
“Nessuno
scherzo, Ottavius. Non verrò e questo è quanto.”
A
quelle parole il castano corrugò la fronte, confuso e ancora visibilmente
stralunato. “E perché non dovresti voler venire, sentiamo.”
“Perché
non ne ho alcuna voglia.” Sentenziò brusco Scorpius, dando le spalle al cugino
per stagliarsi dinanzi alle fiamme baldanzose del fuoco nel camino.
“Sei
forse uscito di senno, Scorpius?” Inarcò un sopracciglio Ottavius, allibito.
-No, non sono uscito di senno. Non
ancora, almeno.-
“Mi
sembrava di aver udito la tua voce, Ottavius.” Sbucò una voce dietro di loro,
all’improvviso, attirando all’istante le loro attenzioni.
“Zio!”
Balzò su Higgs, raggiungendo Draco Malfoy per porgergli i propri auguri per la
festività. “Buon Natale.”
“Buon
Natale anche a te, Perseus.” Ricambiò l’uomo, negli occhi uno scintillio di
sadico divertimento nel notare il viso del nipote adombrarsi a quel suo odiato
secondo nome. “A cosa dobbiamo la tua venuta ad una così buonora?”
“In
verità, zio, ero venuto a prendere Scorpius. Ma il nostro Dongiovanni oggi si
fa desiderare!” Ironizzò il ragazzo, fingendo di non aver udito il delizioso epiteto con cui si era sentito
appellare.
“Appuntamento
con qualche ragazza?” Intuì subito Draco, alquanto perspicacie in certe
situazioni considerato il suo passato da dandy incallito. “Figliolo, lo sai:
non è decoroso all’etichetta di noi Malfoy far aspettare una damigella.”
“È
quello che stavo cercando di fargli capire anche io.” Asserì subito Ottavius,
felice di aver trovato nello zio un degno appoggio.
Dal
canto suo Scorpius, che ancora si mostrava loro di spalle, non accennò a
voltarsi.
Incredibilmente
tutta la voglia di uscire, di divertirsi e di corteggiare era andata a farsi
benedire. Nella sua mente, come un pensiero cocente e fisso, ritornava sempre
soltanto lei. Una persecuzione, ecco.
-Vedi cosa mi fai, Weasley?-
“Ma
forse Scorpius è innamorato …” Buttò lì quasi per caso Higgs, più per derisione
che non per effettiva consapevolezza di quanto stava dicendo.
Le
parole comunque, se all’apparenza sembrarono scivolare addosso allo statuario
erede Malfoy, dentro arrivarono dritte al bersaglio. Un centro perfetto, da
capogiro. E per quanto non volesse ammetterlo neppure a se stesso, gli bruciava
quell’affermazione.
“Andiamo.”
Disse quindi, voltandosi di scatto e recuperando con un incantesimo d’appello
il suo giubbotto nero.
“Eh?”
Ottavius, invece, sembrava stupito.
“All’appuntamento.”
Sbuffò contrariato Scorpius, fingendo di non notare l’espressione accigliata
che il padre gli rivolgeva. “Allora, andiamo o no?”
“Certo,
certo!” Scattò in avanti anche l’altro, riscuotendosi, troppo contento per
notare il sottile gioco di sguardi sceso nella stanza. “A dopo, zio.”
“Ciao,
Ottavius.” Ricambiò distrattamente al saluto Draco, intento ad esaminare il
radicale cambiamento del figlio per far troppo caso al resto.
Scorpius
da parte sua gettò solo un’ultima, rapida occhiata all’uomo, prima di
smaterializzarsi con un pop seguito
dal cugino, lasciando la sala nella solitaria presenza del padrone di casa.
~
“Oh
no, non è possibile!” Hugo alzò gli occhi al cielo, esasperato, guadagnandosi
di punto in bianco le occhiate perplesse dei suoi due mentori.
“Cosa
non è possibile?” Inquisì James, curioso, mentre Fred Jr. si passava una mano
nei folti capelli rossicci, tirandoseli all’indietro in un gesto a lui usuale.
“Ancora
lei!” Sbuffò in risposta il quindicenne, sempre più sul punto di una crisi di
nervi, accennando con l’indice senza alcun remore ad una figura minuta
all’altro lato della strada.
James,
diciotto anni, e Fred, diciannove, seguirono l’indicazione e, come insito nel
loro animo malandrino, si scambiarono un’occhiata tanto fugace quanto complice.
“È
carina …” Iniziò il più grande, poggiando con curata nonchalance una mano sulla
spalla del discepolo.
“…
È molto carina …” Approvò l’unico
Potter presente, sibillino.
“… Magari
potresti invitarla …”
“…
Un gelato tra amici …”
“Il
venticinque dicembre?” Aggrottò le sopracciglia Hugo, lo sguardo fisso su
quella cascata di capelli castano chiari che ondeggiavano ad ogni movimento fatto
dalla ragazzina nel tentativo di adocchiare qualcosa dentro i Tiri Vispi
Weasley.
“Non
è quello l’importante!” Roteò gli occhi Fred, fingendosi scocciato.
James
gli poggiò una mano sulla testa, chinandosi appena per raggiungerne l’orecchio
destro. “Hugo, hai quindici anni, devi avere una ragazza!” Gli spiegò,
quasi fosse stata la cosa più ovvia del mondo.
“Esatto.”
Confermò risoluto anche il rosso, le braccia conserte per dare ulteriore adito
all’immagine di sé che voleva rendere. “James a quindici anni usciva con tre
ragazze diverse …”
“…
E Fred ne frequentava una diversa ogni settimana …”
“…
Perciò, essendo discendente di un’antica tradizione di Malandrini …” Esordì
Fred.
“…
Devi avere una ragazza anche tu.” Concluse James, fermamente convinto delle proprie
teorie.
“Ma
Louis-” Tentò di obiettare Hugo, venendo però
interrotto ancor prima di parlare dal figlio maggiore di George.
“Louis
ha solo tredici anni, è troppo presto per queste cose.” Tagliò corto il rosso,
menando l’aria con una mano.
“E
poi sei tu il nostro diretto discepolo.” Diede man forte anche James, tenace.
“Perciò
ora va da lei e chiedile di prendere un gelato.”
“O
qualcosa di caldo, se preferisci.”
“Coraggio,
che aspetti?”
“Ma
io …”
“Per
Merlino, Hugo: sei o non sei un Malandrino?” Sospirò James, simulando
un’efficace afflizione, sapendo di aver centrato il punto debole del cugino in
pieno.
Lasciatosi
convincere, Hugo si fece d’improvviso più sicuro e, annuendo con sguardo truce,
s’incamminò a passo marziano verso la parte opposta della strada dove Annie
Tyler continuava a cercare senza sosta qualcosa attraverso la vetrina del
negozio dove lui e i suoi cugini erano originariamente diretti.
Fred
e James rimasero in disparte a pregustarsi la scena, non senza un certo
orgoglio per il loro allievo, ridacchiando di fronte all’imbarazzo del cugino e
scuotendo il capo per l’impronta d’impaccio nei suoi gesti. Tutte cose che
comunque la ragazza non sembrò affatto notare, intenta com’era ad arrossire e
ad abbassare il capo, timida, prima di annuire con un certo timore a quello che
doveva essere l’invito di Hugo. Li seguirono allontanarsi verso il Paiolo
Magico con aria critica, limata soltanto dal senso d’affetto che il vederli
tanto goffi faceva nascere spontaneamente in loro.
“Che
dici compare: possiamo considerarla la nostra buona azione della giornata?”
Domandò alla fine James, sorridendo birichino all’indirizzo del cugino
maggiore, che annuì con aria soddisfatta.
“Certo
che sì, socio. A proposito: bella la tua maglia!” Esclamò, indicando il pullover
melanzana che si vantava di una grossa J
giallo canarino sul davanti.
“Vogliamo
parlare della tua?” Gli fece eco il moro, riferendosi al maglione mattone che
portava invece una F arancione. “Devi
proprio prestarmela, sai?”
“E
tu la tua! Che dici, come suona Jred?”
“E Fames?” Non
resistette James a sua volta, prima di scoppiare in una sonora risata che scemò
solo quando le loro pance borbottarono di dolore.
“Che
ne dici di un gelato?” Proruppe all’improvviso Fred, colto da una folgorazione.
“Perché
no?”
Mossi
dallo stesso istinto, i due Malandrini si avviarono verso la gelateria, dove
ordinarono un abbondante calice a testa.
Si
stavano giusto pregustando la loro ordinazione seduti ad uno dei tavolini
all’interno quando Fred, buttando per caso un occhio sulla strada, scorse una
capigliatura alquanto familiare.
“Ma
quello non è Scorpius Malfoy?”
“Chi?”
Volle sapere James, seguendone lo sguardo. “Oh sì, è lui. Con Ottavius Higgs.”
“E
a quanto pare non sono soli!” Sghignazzò divertito il rosso, abbozzando alle
due ragazze che li tallonavano con aria sognante.
“Sai
che ti dico, Fred?”
“Cosa,
James?”
“Che
dobbiamo proprio trovarci una ragazza!”
“Parla
per te, io ce l’ho già!”
“No,
non è vero.” Negò energico James, dapprima con fermezza, poi sempre meno certo
per via dell’aria maliziosa apparsa sul viso del cugino, fino a lasciarsi
andare un dubbioso … “… O sì?”
~
“Posso
entrare?”
Victoire,
seduta alla scrivania che un tempo era stata della zia Ginny a stilare una
lunga lista su pergamena, si girò con un sorriso sincero nel riconoscere la
voce della cugina più prossima a lei quanto ad età.
“Rosie!
Entra pure.” La invitò, felice di quella breve interruzione dal suo compito
giornaliero.
“Che
stavi facendo?” S’informò appena incuriosita la castana, sedendosi ai piedi del
letto che troneggiava ad un lato della parete e gettando occhiate rapide alle
spalle della ventitreenne.
“Oh,
solo la lista degli invitati.” Rispose distrattamente Victoire, non tanto per
negligenza quanto per reale interesse a ciò che sapeva la cugina le avrebbe
detto.
Da
quando l’aveva rincontrata, proprio lì alla Tana, non riusciva a togliersi
dalla testa il pensiero che Rose si stesse tormentando per qualcosa. Era
disattenta, sbadata e catastrofica quasi quanto il suo Teddy, perciò doveva per forza esserci qualcosa. Ma Victoire
non era il tipo da farsi avanti e in simili situazioni aveva capito che spesso
la mossa migliore era aspettare il momento in cui sarebbe stato l’altro a
parlare.
“Solo?!” Rose sgranò gli occhi, a quelle
parole, allibita. “Vic, ti sposi!” Esclamò, quasi non
fosse stato di per sé evidente.
La
bionda arrossì impercettibilmente, ma dal suo sguardo ceruleo era abbastanza
facile individuare la traccia di spasmodica felicità al pensiero di convolare –
a distanza appena di qualche mese – a giuste nozze con il ragazzo che amava da
una vita.
“Posso
chiederti una cosa?” Domandò poco dopo la castana, dopo un istante di silenzio
in cui ognuna pensava ai propri dilemmi interiori.
“Certo.”
Annuì affabile come sempre la maggiore tra le due, gli inanellati capelli
biondi che scendevano morbidi sulle spalle esili a sottolineare una figura
elegante e deliziosa.
“Come
… beh, sì, come hai capito che era … che Teddy era il ragazzo giusto per te?”
Nel dirlo Rose era virata in tutte le varianti possibili del rosso per
approdare in uno squisito bordeaux che la faceva sembrare molto più piccola di
quanto effettivamente fosse.
Victoire
sorrise, ma si premurò di non mostrarsi troppo stupita dalla domanda onde
evitare inutili imbarazzi.
“Non
lo so, Rosie. È una cosa che ti senti dentro, credo. Ad un certo punto mi sono
accorta che non potevo fare a meno di pensare a lui, che era diventato il mio
mondo e quando mi ha baciata, è stato come ritrovare la parte mancante di me.
Riesci a capirmi?” Aveva lo sguardo sognante che solo gli innamorati sinceri
possono avere e fissava con insistenza un punto indefinito davanti a sé come se
proprio lì, in quel punto, ci fosse stato il suo ragazzo.
“Penso
di sì.” Rispose con voce ridotta ad un sussurro Rose, il cuore scandito da
ritmi impazziti e la mente avvolta da una tiepida patina di offuscamento.
Non
erano quelle le parole che avrebbe voluto sentirsi dire, non per poi scoprire
che lei … che anche lei …
-No Rose, non è la stessa cosa. Non lo
è per niente!- Tentò di convincersi, ben lungi dal
riuscirci. Era inutile, una parte di lei non poteva fare a meno di sentirsi
così … felice. Ed era proprio lì, il
problema. Perché da dove finiva la sua felicità, iniziava un drammatico dolore
dettato dalla viscerale certezza che era assurdo, sbagliato. Sbagliato e
assurdo, ecco. In un circolo vizioso che non trovava mai il bandolo della
matassa.
“Tutto
bene, Rose?” La voce vellutata di Victoire la distolse dai suoi pensieri e, annuendo
tentennante con il capo, si accorse di avere la gola arsa.
Anche
la cugina dovette accorgersene perché in un attimo le era già seduta di fianco,
con le mani strette in quelle calde di lei.
“Rose
…”
“Va
tutto bene, davvero!” Balzò in piedi
all’improvviso Rose, fingendo una sicurezza che mal trasudava dal sorriso
incerto increspatosi sulle labbra carminio.
“Sicura?”
“Sicurissima!”
Victoire
la fissò ancora per qualche attimo per valutare forse la veridicità delle sue
parole ma, pur sapendo che non le credeva affatto, Rose le fu grata quando la vide
lasciarsi convincere.
“D’accordo.”
Cedette la bionda, sciogliendosi in uno dei suoi famosi sorrisi inebrianti.
Quindi
la cugina fece per dire qualcosa sul matrimonio, giusto per cambiare argomento
ed aggiornarsi al contempo sulle ultime novità in proposito, ma un tonfo
proveniente dal corridoio interruppe sul nascere ogni discorso possibile.
Victoire
e Rose si gettarono un’occhiata perplessa, prima di precipitarsi fuori dalla
stanza per appurare la causa scatenante del rumore. Nessuna delle due comunque
poté ritenersi stupita nel ritrovarsi poi dinanzi il viso stralunato di Teddy
Lupin. Come al solito, il suo turbolento arrivo aveva portato all’inevitabile
rottura del vecchio vaso di bronzo, regalo di dubbio gusto della zia Muriel.
“Teddy!”
Si affrettò a soccorrerlo la sua bellissima fidanzata, mentre l’altra si
premurava di effettuare per l’ennesima volta un perfetto incantesimo di riparo
sull’oggetto in questione.
“Ehilà!”
Saltò su lui in risposta, come se la sua trionfale entrata non fosse mai
avvenuta. “Rose, come stai?”
La
salutò con un caloroso abbraccio e con un sonoro bacio che la fece ridacchiare
appena, sotto lo sguardo amorevole di Victoire.
“E
cos’è questa storia di te e Michael Grays?” Domandò poi, con la fronte
corrugata e l’aria corrucciata.
Rose
alzò gli occhi al cielo, disperata ormai più che esasperata. “Teddy, apri bene
le orecchie: non c’è assolutamente
niente tra me e Michael Grays. E il prossimo che osa aprirne argomento, giuro
che lo crucio!”
“Okay,
recepito il messaggio.” Buttò le mani in avanti lui, i capelli che si
coloravano di un acceso rosso in perfetta sintonia con il suo viso in generale,
prima di voltarsi verso la sua ragazza. “Ehi, tesor-”
I
piedi che si pestavano l’uno con l’altro, le gambe lunghe che si intrecciavano
e un altro tonf a prendere forma
sotto i loro occhi ormai avvezzi.
“Mi
chiedo se riuscirai ad arrivare al matrimonio tutto intero.” Sospirò Victoire,
chinandosi a raccogliere lui e gli sfilacci del suo onore.
“Anche
a pezzi, ci arriverei.” Le assicurò con un sorriso sincero Teddy, di quelli
smaglianti ed innamorati che sapeva regalare soltanto a lei.
Lei
arrossì appena, perdendosi nel suo sguardo disarmante, e per un istante Rose si
sentì vagamente fuori posto. Stava giusto per dare forfait, scappando nella stanza
più vicina con un indicibile dolore all’altezza dello stomaco – possibile che
un pugno l’avesse colpita, invisibile? – e con l’aria affranta, quando i due si
voltarono in contemporanea verso di lei. Teddy intanto si era rialzato, più
allegro e scattante che mai.
“Io
e Albus stavamo iniziando una partita a Magic Poker.
Vi unite a noi?”
“Ma
Teddy, sei appena arrivato!” Lo ammonì Victoire, fingendo una severità che mal
si addiceva all’aria felice del suo viso delicato.
Lui
per tutta risposta sfoderò un’espressione da cucciolo spaurito ed inguaribile
e, al solito, lei ci cascò.
“Soltanto
una!” Lo mise in guardia, tuttavia.
“Certo,
tutto quello che vuoi!” Confermò scaltro Teddy, cingendole la vita con un
abbraccio e ridendo spensierato di suo. “Rosie, tu sei dei nostri, vero?”
Nonostante
la totale assenza di desiderio per qualsiasi forma di attività fisica o
mentale, di fronte allo sguardo supplichevole della cugina fu impossibile
pensare di rifiutarsi e, annuendo, era già nella stretta energica del venticinquenne,
che le trascinò al piano di sotto con aria sognante.
~
“Chi
vince?” James si affacciò a guardare le carte di Teddy, mentre Fred costringeva
Rose ad alzarsi per fregarle la sedia e farla poi accomodare sulle gambe.
“Io
e Vic, che domande! Al gioca col morto!”
“Ehi!”
Si lamentò la diretta interessata, lanciando occhiate al vetriolo al coetaneo
che ridacchiava senza ritegno.
“Beh,
non si può dire che Teddy abbia tutti i torti.” Osservò Albus con aria
dispiaciuta, nonostante l’alone di sorriso ancora innestato sulle labbra.
“Oh,
Albus!” Lo rimproverò Rose, mentre Fred le arruffava affettuosamente i capelli.
“Ha
ragione, sei un impiastro Rosie.”
“Ti
ci metti anche tu adesso, Fred?”
“Scusa.”
“Com’è
andata a Diagon Alley?” Cambiò discorso Victoire, scendendo come a sempre in
aiuto della cugina che la ringraziò con lo sguardo.
“Oh,
le solite cose …” Sbuffò James.
“…
Gente che va …”
“…
Gente che viene …”
“…
Hugo e la sua ragazza …”
“Come?
Frena Fred … cosa?” Strabuzzò gli
occhi Teddy, incredulo.
Rose
aggrottò le sopracciglia, ma fu Albus a parlare anche per lei. “Quale ragazza?”
“Boh!
Una ragazza … che differenza fa?”
Chiese innocentemente James, ricevendo per questo occhiate severe da parte
delle due cugine che, in quanto donne, ci tenevano a difendere i loro diritti
come status. “E comunque non siamo i soli a pensarla così! Anche Malfoy, ad
esempio.”
“Malfoy?
Scorpius Malfoy?” Alzò un sopracciglio Victoire, perplessa.
Accanto
a lei Fred Jr. annuì. “L’abbiamo visto con una ragazza. Carina. Beh, molto carina.”
Il
ragazzo ridacchiò furbastro, senza accorgersi del lieve irrigidimento che aveva
colpito la cugina tra le sue braccia sul fatto. Rose, difatti, aveva assunto un
preoccupante incarnito pallido che solo in pochi riuscirono a catturare. Era
come se all’improvviso, in tralice, una freccia le fosse affondata nel petto e,
senza volerlo, l’avesse privata di ogni forza.
Un
guscio, ecco cosa ne era rimasto. Dentro si sentiva vuota, spogliata di ogni
emozione. Ma più si ripeteva che era una cosa stupida, che a lei non doveva importare, più la morsa stringeva
lo stomaco e il respiro, già mozzato, si riduceva ad un filo sottilissimo.
-Andiamo Rosie, che ti aspettavi? Per
uno stupido bacio? E la foto, quella … non ha valore, Rose …-
Ma
Rose non era l’unica a crogiolarsi nel brodo di simili pensieri. Anche Albus,
per l’appunto, sembrava all’improvviso essersi ricordato che non c’era nulla al
mondo per cui valesse la pena sorridere e, mentre i suoi occhi verdi
tracciavano silenziosi i contorni smunti del viso della coetanea imitati –
senza neppure saperlo – dallo sguardo vigile di Victoire, lasciava che le
chiacchiere dei cugini gli scivolassero addosso senza senso. Incurante e
ignorando che un altro paio di occhi, di un cangiante turchino, gli si erano
posati sulle spalle con intensità crescente.
Alla
fine, comunque, fu Hugo ad apporre inconsapevolmente la parola fine a quel
bizzarro gioco di occhiate furtive, sopraggiungendo nella stanza con il
cipiglio sfrontato di sempre.
“Gentaglia,
ho il piacere di annunciarvi che è pronto in tavola!”
“Ehilà,
Casanova!” Lo afferrò per la collottola della maglia vinaccio James, prendendo
ad arruffargli con energia i capelli sotto le occhiate divertite di Fred, Teddy
e Victoire.
“Ho
saputo che hai fatto conquiste.” Diede man forte anche il giovane Lupin,
Malandrino tanto quanto lo era stato suo padre ai suoi tempi.
Hugo
per tutta risposta si colorò di un caldo carminio, in netto contrasto con il
pullover che la nonna Molly aveva realizzato, come ogni Natale, per tutti loro
apportando ad ognuno la lettera iniziale del proprio nome.
“Che
volete che vi dica: sono irresistibile!”
“Ma
va!” Scoppiò a ridere Fred, talmente tanto di gusto che Rose dovette
aggrapparsi al tavolo per non cadere.
“Stai
bene?” Ne approfittò per domandarle di soppiatto Victoire, facendo in modo di
venir udita esclusivamente dalla cugina, che annuì energica.
“Certo!”
Esclamò, con tono di voce sin troppo stridulo invero. “Perché non dovrei?”
-Già, Rose: perché non dovresti?- Ma
la risposta non arrivò mai perché prima ancora di accorgersene, Fred con
l’esuberanza di sempre l’aveva già costretta a seguirlo in cucina dove ad
attenderli c’era il resto del parentado.
~
“Se
vuoi un consiglio amichevole, Ottavius, evita di giocare ancora a Magic Poker. Sono seriamente convinto che tu non sia
portato per questo gioco.” La voce derisoria di Sebastian Zabini, diciotto anni
appena compiuti e sorriso smagliante su una pelle olivastra, s’insinuò lasciva
nel silenzio della stanza, soppiantando di punto in bianco lo scoppiettio dei
ceppi accesi nel camino.
“Chi,
Ottavius? Ma se è il campione del mondo di Magic
Poker!”
“Ah,
ha, davvero molto divertente, Edmund.”
“Non
prendertela, cugino, ma la tua situazione non è obiettivamente delle migliori.”
S’intromise a quel punto anche Scorpius, accennando con un sorriso sardonico
alla mancanza quasi totale di galeoni sulla parte di tavolo del ragazzo, che
arrossì impercettibilmente borbottando qualcosa sul fatto che la fortuna
girava.
“Ad
ogni modo.” Cambiò all’improvviso discorso Sebastian, gli occhi scuri puntati
con feroce divertimento nello sguardo ingrigito del padrone di casa. “Il nostro
Higgs ha ben altre qualità, dico bene Scorpius?”
Malfoy
sostenne lo sguardo, senza perdere traccia di sorriso dalle labbra, senza
tuttavia dire alcunché ben sapendo a cosa si stesse riferendo. L’appuntamento
di quella mattina. Appuntamento a cui lui era stato incastrato a partecipare,
nonostante il malumore che ne era scaturito e che ancora ne rasentava scia.
“Dici
benissimo, Sebastian!” Irruppe Ottavius, ghignando sibillino al ricordo
dell’uscita a quattro della mattina. “Modestamente, sono un esperto nel campo.”
“Come
lo sei del Magic Poker?” Ridacchiò ferino Edmund,
prima di sfoderare le sue carte e aggiudicarsi la partita, con tanto di segnacci
da parte del suo irresponsabile re di picche.
“Dannazione,
Ed!” Sbuffò seccato il castano, infastidito dall’aver perso di nuovo. “Chi
vuole del Whisky Incendiario?”
Senza
neppure attendere risposta, Ottavius si era già alzato e, a colpi di bacchetta,
aveva ordinato il liquido ambrato dentro quattro calici di cristallo dall’aria
piuttosto fragile. Sebastian fu il primo a rialzarsi e a recuperare la propria
coppa tra le altre libranti in aria, subito imitato dal castano. Scorpius e
Edmund, invece, si concessero un istante in cui gettarsi occhiate reciproche
che volevano dire tutto e niente, prima di raggiungere il salotto e lasciarsi
cadere tra le sue morbide braccia.
“Non
trovate che sia sorprendente come un semplice goccio di questa roba, riesca ad
inebriare tanto efficacemente i sensi?” Esordì all’improvviso Zabini, il tono
molle e un po’ sibillino di chi si lascia andare a fin troppo maliziosi
pensieri.
“Ma
mai quanto una donna!” Esordì Ottavius, scivolando in una risata dal retrogusto
sguaiato che Scorpius, confinatosi di propria iniziativa nella sua poltrona
preferita, trovò alquanto invadente.
“Su
questo devo darti ragione.” Annuì Sebastian, concorde. “Non credete anche voi?”
“Oh,
sono certo che Scorpius sia dello stesso parere.” Fu la criptica risposta che
Edmund sputò fuori, lo sguardo penetrante impiantato sul viso rigido dell’amico
che, occhi sul fuoco, manteneva ancora un certo dignitoso contegno.
“Le
tue conquiste sul campo procedono ancora piuttosto bene, vero? Non hai perso il
tuo fascino da Malfoy, voglio sperare.”
“Scherzi?
Vergogna Zabini, è di mio cugino Scorpius che stai parlando. Buon sangue non
mente, dovresti saperlo.”
“Anche
se a volte è più facile concentrarsi su gente perbene.” Lasciò cadere il discorso Edmund, con la solita enigmatica
flemma di sempre.
“Che
intendi dire?” Alzò un sopracciglio Ottavius, mentre Sebastian spostava lo
sguardo verso il padrone di casa, inflessibile nella sua severità.
“Non
intende dire perfettamente niente.”
S’intromise a quel punto proprio Scorpius, gli occhi ridotti a fessure che
guardavano in cagnesco al giovane Nott, dal suo canto ancora visibilmente
sprezzante.
Per
un istante la percezione fu di una tesa sfida personale che i due ragazzi si
giocavano sul filo sottile del rasoio. Poi, alla fine, quando la tensione
divenne talmente evidente da risultare persino tangibile, Edmund distolse lo
sguardo, ma dalle sue labbra non scomparve la traccia di un sorriso enigmatico.
Per un istante, minuscolo e insignificante, Scorpius pensò seriamente di
detestare quel sorriso, ma il tutto scivolò sotto il sapore forte del Whisky
Incendiario.
Ottavius
aveva iniziato, ignaro della guerra silenziosa appena combattuta nel salone,
una nuova conversazione improntata sul Quidditch con Sebastian, accanito
sostenitore dei WimbourneWasps.
Edmund, invece, era precipitato in uno dei suoi mondi personali, escluso a
tutti e a tutto, che solo lui riusciva ad accedervi. Scorpius bevette un altro
sorso di oblio, le fiamme del camino riempivano i suoi occhi ma non
raggiungevano il suo cuore già pieno di altre figure e non era il sapore del
whisky a deliziare le sue labbra quanto un aroma zuccherino, dolciastro, che
aveva associato per automatismo a lei.
~
Il
silenzio scendeva sulla Tana come un soffice manto, interrotto solo dal vociare
concitato proveniente dalla cucina dove gli adulti si erano adunati per
raccontarsi di questo o di quello. Un allegro fuocherello bruciava dal camino,
riversandosi sull’ammucchiata di cugini con materno affetto. Sembrava volesse
abbracciarli con le sue amorevoli braccia dorate e, allo stesso tempo,
lasciarli scivolare in altri arti appartenenti al solido Morfeo.
In
quella calma surreale, del tutto in contrasto con le chiacchiere che dispersive
si erano sollevate appena l’istante prima, rimaneva soltanto una persona a
vegliare sui sonno tranquilli dei parenti.
Albus
Severus Potter.
Aveva
aperto gli occhi quando ogni suono era divenuto pesante e i respiri dei suoi
cugini si erano rattrappiti. Era scivolato con lo sguardo su Dominique, Lily,
Hugo, James, Rose e … Rose … Lì,
proprio lì, si era fermato, assieme al battito del suo cuore e a qualcos’altro,
forse il fiato.
Per
una frazione di secondo, il mondo si era fermato. Non c’era scia del respiro
pesante di Lucy, accanto a lui, né di quello discreto di Roxanne, alla sua
sinistra. Il ticchettio dell’orologio era scomparso: il tempo si era mollemente
rilassato e lo spazio, impercettibile, aveva assunto forme oblunghe.
Poi
Lucy si era mossa, contro la sua spalla, e in automatico Roxanne si era voltata
sul cuscino naturale delle sue ginocchia.
E
in un istante, lucido da fare male, era tutto crollato e il senso di colpa si
era piroettato giù con la stessa forza di una valanga.
Albus
aveva annaspato, il fiato corto e gli occhi sgranati dallo sforzo, tormentato
da un qualcosa che – Merlino! – non doveva
esistere.
Ma
esisteva. Miseriaccia, esisteva! Come poteva estirpare una cosa che sentiva
radicata all’interno?
Era
impossibile. Sul serio. Era davvero impossibile.
-Cosa penserai di me, Rosie? Che sono
un cretino? … No, peggio: che sono un malato, vero?-
L’aria
era diventata pesante. Perché era così pesante? Stava soffocando, i polmoni
reclamavano aria con feroce accanimento.
E
ancora qualcosa cambiò, all’improvviso, e tutto divenne inconsistente, i
respiri lontani … Si sentiva molle, un elemento superfluo del tempo e dello
spazio, schiacciato da se stesso. I pensieri non riuscivano a prendere forma e
forse era meglio così, dopotutto, perché se lo avesse fatto Albus sapeva cosa
ci avrebbe scovato dentro.
Ribrezzo.
Un incommensurabile ribrezzo. Per quella parte malata che covava dentro e che
ogni giorno, a tradimento, lo pugnalava alle spalle ricordandogli quanto fosse
inquinato, all’interno.
Senza
poterci fare nulla …
~
L’aria
fredda era una frusta che, senza alcuna pietà, gli colpiva a più riprese la
faccia, schiaffeggiandolo. Ma Albus non si dimenava, si lasciava colpire,
ancora e ancora, nella dolce illusione di poter placare in quel modo il senso
di colpa che lacerante gli pizzicava al cuore. A volte pensava di esserci
riuscita, poi però succedeva sempre di perdersi in quel mare di cioccolata e di
colpo si ritrovava con le spalle al muro ad affrontare un sentimento troppo
grande per una persona sola.
“Non
riuscivi a dormire?” Una voce familiare lo costrinse a distogliere lo sguardo
dallo spartano giardino della Tana per puntare i suoi attenti occhi verdi in
due pozze ora neri.
“Teddy!”
Esclamò, colpito di trovarlo lì molto più di quanto lasciasse ad intendere.
“Avevo
bisogno di un po’ d’aria fresca.” Si giustificò il più grande prima ancora che
la domanda gli venisse posta, mentre prendeva posto di fianco a lui sulla
panchina in legno ormai usurato dal tempo, inciampando senza grandi conseguenze
nei piedi.
-Siamo in due.-
Non poté fare a meno di osservare Albus, stando però ben attento a preservare
il pensiero soltanto per se stesso. Ormai, era diventato un maestro in quel
campo.
Per
un istante, il silenzio scese tra loro con incredibile facilità, soffermandosi
sospeso sulle loro teste con innaturale tepore. Prima che Teddy si voltasse
verso di lui a guardarlo con occhi scrutatori, duri, che solo in rare occasioni
indossava quando diveniva un po’ più Remus Lupin, meno Malandrino. Albus
sussultò impercettibilmente e in cuor suo già conosceva le parole che dalle
labbra del ragazzo uscirono solo poco dopo.
“Una
volta da piccolo credevo di essermi innamorato di Ginny.” Confessò
all’improvviso Teddy, e il moro intuì che era soltanto il preludio a ciò che
voleva davvero dire. “Era così dolce, bella, simpatica … Harry se ne accorse. E
sai che fece?”
Albus
scosse il capo, stringendosi nelle spalle.
“No.”
“Mi
chiese se ne ero innamorato. E poi sai che mi disse?” Ma era un’altra domanda
retorica, la sua. “Che i sentimenti non sono stupidi, ma che dovevo rifletterci
bene e chiedermi dentro se ero davvero innamorato di lei o solo di lei come
ragazza.”
Teddy
sospirò, una, due volte. Si passò una mano nei capelli, che da bordeaux erano
divenuti di un triste grigio topo, e lo guardò. Nel viso l’ombra di un’antica
preoccupazione.
“Te
lo chiederò una sola volta e puoi anche mandarmi al diavolo, se vuoi.”
Fece
una smorfia, a metà tra il dispiaciuto e il risoluto, perdendosi nella vetta
dei pini che incontrastati sembravano riuscire a toccare il cielo, da laggiù.
Poi,
distogliendo la vista dal paesaggio, Teddy si girò verso il ragazzo e gli
occhi, ora turchini, lo cristallizzarono dentro di sé.
“Albus,
sei innamorato di Rose?”
Crack.
Il
diciassettenne abbassò il capo, alla domanda; il fiato che perdeva di respiri,
il cuore che viceversa ne recuperava di battiti, sentendosi all’improvviso
spoglio di tutto, tutto.
N/A
In perfetto orario, il
nono capitolo di questa storia. Ammetto che il ritmo è ancora piuttosto piatto,
come nel precedente, rispetto al solito, ma entrambe mi servivano per inserire
una o due particolari necessari poi alla storia. Comunque non temete, il
prossimo, che segna anche la metà di questa storia, sarà molto più movimentato e scioccante di quelli pubblicati fin’ora.
Oserei quasi dire che dal decimo in poi ci sarà un crescendo di avvenimenti ed
emozioni, decisamente più forti di quelle provate fino ad adesso. Ma non voglio
rovinarvi la sorpresa, perciò mi cucio la bocca! ^-^
Per quanto riguarda le
recensioni …
·lolly puwerpuff girl: grazie mille per il tuo
immancabile supporto, che mi ha sostenuto e mi sostiene in questa long. Hugo
l’ho sempre visto così, con James S. e Fred Jr. come suoi mentori e Louis come
suo discepolo! XP E ti farà piacere sapere che comparirà anche in The long night, sebbene più avanti (ci
vuole un po’ di pazienza, eh! ^.-). Per quanto riguarda Edmund, lui è un
personaggio un po’ ambiguo in apparenza, ma ha sempre le sue motivazioni e, più
avanti, avrai modo di scoprirle a tua volta. Spero ti sia piaciuto anche questo
capitolo e che magari me lo farai sapere! ^-^ Da parte mia, verrò a leggere il
prossimo capitolo appena possibile, of course!
·Aurora_Cullen: la tua recensione è
diventata immancabile ormai per me. Davvero. *-* Beh, mi riferivo alla scena
sul treno, al discorso tra Edmund e Rose. Ma non preoccuparti: presto sarà
molto più chiaro! Credo che Ron non avrebbe mai approvato un tipo noioso come
Michael Grays. Certo sarebbe stato divertente, questo sì, ma nel seguito a cui
sto lavorando, forse … ^.- Io comunque continuo a sperare di leggere presto la
tua Scorpius/Rose, perciò sono qui a incitare la tua pigrizia (ah, da che
pulpito!) a scrollarsi anche solo per dieci secondi! XD Infine, per rispondere
alla tua ultima domanda, come hai potuto notare in questo capitolo non si
incontrano direttamente, ma Rose è venuta a sapere qualcosa tramite James e
Fred … Nel prossimo comunque avranno modo di incontrarsi, non preoccuparti!
·ValyBrick: grazie di cuore per i
complimenti, mi fai sempre arrossire! ^//^ Il fatto che Scorpius abbia
consegnato la lettera a Rose, in effetti, è un bel po’ scioccante, figuriamoci
come può aver reagito lei alla scoperta. Ma ha un suo perché e comunque, come
potrai notare a brevissimo termine, lui è cresciuto molto più velocemente di
lei. Albus … Che mi dici adesso di lui? XD
·Sae: ma come farei senza di
te? Lo so che sta diventando una domanda ripetitiva, ma sul serio: come farei senza di te? Ovviamente riesci sempre a
cogliere quelle sottigliezze, quel non-detto di fondo, e a cucirci sopra le
ipotesi più disparate (mai banali, però, né insensate, anzi!). Ti adoro! *-* Beh, tex, come avrai ormai
pienamente capito, la mia Rose è un’insicura cronica e pertanto preferisce
soffermarsi su altri tipi di domande, invece di porsi quelle più giuste. Non
credo che saprà mai accettare la realtà dei fatti, no. u.u Edmund … beh, l’avevo
detto che i suoi comportamenti avrebbero potuto dare fastidio! XD Ma è un
personaggio che io continuo ad amare, pur nella sua spietatezza. E ti assicuro
che non hai ancora visto niente! Non sai cosa è in grado di creare il mio caro
amatissimo Ed! ^-^ Adesso però devo correre a leggere le tue sedici! *-* My
best‼
·TittiGranger: guarda, non hai proprio
nulla da farti perdonare! Anzi, semmai sono io che devo ringraziarti per la
splendida recensione che mi hai lasciata! *-* Sono contenta che la storia ti
abbia coinvolto e spero che questo nono capitolo non ti deluda. Il prossimo è
molto più ricco, ecco, ma non lo
sarebbe stato senza questo, perciò credo sia stato necessario e anche vitale in
un certo senso ai fini della trama. Per quanto riguarda Scorpius, sì, lui si
sta evolvendo tantissimo. Molto più di Rose, in effetti, ma lei è anche più “tarda”
su queste cose. Io credo che una persona non può cambiare totalmente e, perciò,
ecco riaffiorare talvolta il lato nero
di Scorpius. Un lato che può diminuire, ma mai scomparire. Non sarebbe lui
sennò e, comunque, è una parte del suo fascino quella del Bad Boy! XD Perciò la
vedo come te, in questo senso, e sono felice di saperlo! Spero che questo
capitolo sia stato all’altezza dei precedenti, ma ti assicuro che col prossimo
le cose inizieranno a prendere una piega tutt’altro che semplice! ^.-
Anche se ho ringraziato
le fantastiche persone che hanno recensito lo scorso capitolo singolarmente, ne
approfitto lo stesso per ringraziarle di nuovo tutte quante! Senza il vostro
apporto sarei perduta, davvero, perché mi spingete a continuare a scrivere, mi
fate capire cosa và e cosa non và, e mi date anche preziosi consigli. Perciò: grazie!
Grazie come sempre anche
a tutti quelli che preferisco, seguono e leggono la mia storia. Mi piacerebbe
sapere anche la vostra opinione, qualche volta. Se vi và, lasciatemi un
commentino, solo per sapere fino in fondo cosa ne pensate di questa fanfiction!
^-^
Il
binario 9 e ¾ pullulava di persone che, appesantite dei loro giubbotti per
combattere il freddo gelido di inizio gennaio, si accingevano per la seconda
volta in quell’anno scolastico a salutare i rispettivi figli.
“Mi
raccomando Rosie.” Stava dicendo Ron Weasley in disparte, lo sguardo severo
temprato da una sottile ironia. “Non startene sempre china sui libri che non è
salutare, e pensa a divertirti ogni tanto! Voglio vederti più abbronzata,
intesi? E soprattutto ricorda: niente
ragazzi. Sei troppo giovane per loro e io li conosco quelli lì, tutti
ormoni e poco cervello …”
“Oh
Ron, per favore non ricominciare!” Accanto a lui sua moglie, Hermione, sbuffava
in stile mantice da guerra. “Rose non ascoltarlo, hai il diritto di vivere le
tue esperienze.”
“Mamma!”
Stavolta fu la diretta interessata a lamentarsi, arrossendo, stretta
nell’abbraccio materno.
“Hugo,
tienila d’occhio, mi raccomando.” Ignaro delle proteste della consorte, Ron
aveva pensato bene di affidarsi alla fede spionistica dell’altro suo figlio
che, come un Auror provetto, si mise sull’attenti.
“Signorsì
signore!” Replicò con un sorriso da vero malandrino cucito sulle labbra,
ricevendo per questo una pacca d’orgoglio al merito dal padre.
“E
studia!” Lo ammonì invece Hermione, abbracciando anche lui, conscia della
scarsa attitudine di Hugo a cimentarsi in attività culturali.
“Certo
mamma.” Annuì obbediente il quindicenne, facendo sorridere la donna.
“Sei
un maledetto doppiogiochista, Hugo!” Lo apostrofò Rose, scioccata, prima di
crogiolarsi nell’abbracciare suo padre.
Anche
James, nel frattempo, si accingeva a salutare i suoi cugini, passando tra
l’altro anche per fratello e sorella. Più precisamente, in quel momento stava
abbracciando proprio Lily, fin troppo felice a dire il vero e per i suoi gusti.
Ma decidendo che era solo una sua immaginazione, pensò bene di sorvolare e per
questo rimase alquanto spiazzato di fronte alle parole che la ragazzina gli
lasciò appena l’istante prima di balzare sul treno.
“Ah,
James, a proposito: ti ricordi di Julius Grays?”
“Sì,
perché?”
“È
il mio ragazzo!”
Un
secchio d’acqua ghiacciata avrebbe sortito effetto minore di sicuro.
La
vide allontanarsi ma la notizia l’aveva lasciato troppo stordito per riuscire
ad avere una reazione immediata. Si sentiva un pesce fuor d’acqua in quel
momento. O meglio, un pesce a cui era stata tolta l’acqua da sotto il muso.
“Però
…! Questa proprio non me l’aspettavo!” Non perse occasione di pungolarlo Fred,
come sempre al suo fianco. “Julius Grays, fratello di Michael Grays …”
“Và
al diavolo, Fred.” Lo rimbrottò brusco il diciottenne, ancora inebetito.
Per
tutta risposta l’altro sogghignò divertito. “Andiamo James! C’era da
aspettarselo, Lily ha quindici anni! Non può mica farsi suora!”
Pur
considerando l’idea alquanto interessante, il moro decise di non ribattere, anche
perché il tornado Roxanne glielo impedì, travolgendolo in uno dei suoi calorosi
abbracci.
“Ciao,
ci si vede al ritorno!” Li salutò entusiasta, per poi salire a sua volta in
carrozza.
All’improvviso
il tempo sembrò fermarsi, trovandoli così: James ancora imbufalito, Fred
alquanto esterrefatto oltre che di un pallido cadaverico come di uno che ha
appena ricevuto una batosta tra capo e collo.
Alla
fine, comunque, fu proprio quest’ultimo a riscuotersi per primo o, quanto meno,
a proferire parola.
“Credi
che anche lei …?” Domandò, esitante, insicuro di voler conoscere o no la
risposta.
Potter
grugnì, livido. “Benvenuto nel club, amico.”
~
Albus
sospirò, si passò frettolosamente una mano nei folti capelli neri ed aprì la
porta che dava allo scomparto semivuoto, ricevendo le immediate occhiate delle
uniche due ragazze presenti.
“Al?”
Dominique lo osservò, vagamente incuriosita. “Mi cercavi?”
Di
fronte a lei Alicia si torturava una ciocca di capelli biondo cenere, il capo
chino dal momento in cui aveva incrociato il suo sguardo berillo, timida come
sempre.
“Ehm,
non esattamente.” Mormorò impacciato il ragazzo, fermo sulla porta con aria
incerta.
“E
allora come mai sei qui?” Volle sapere la cugina, sempre più stuzzicata
dall’atteggiamento alquanto bizzarro che Albus stava adottando.
Qualcosa
lo imbarazzava, ma cosa? Alicia? No, impossibile.
“Sì,
beh … Lily. Ecco, Lily ti sta cercando.” Buttò lì, quasi per caso, incrociando
meccanicamente le mani dietro le spalle nella speranza che la bionda
abboccasse.
Era
un pessimo bugiardo, lo sapeva lui per primo. Tuttavia Teddy aveva ragione e
lui doveva pur iniziare da qualche parte. E quello, di sicuro, era l’inizio
migliore da cui cominciare.
“Oh.”
Corrugò la fronte Dominique, perplessa, alzandosi comunque. “Beh, allora vado.
Ci vediamo dopo.” Disse, all’indirizzo della sua migliore amica, che annuì
senza riuscire ad aggiungere altro.
In
una nuvola dorata, la ragazza si dileguò dallo scomparto, non senza aver notato
con una certa soddisfazione che il cugino al contrario rimase piantonato lì
dentro.
Albus
difatti, ingannando le previsioni, non parve intenzionato ad andarsene e, dopo
un lungo istante a contemplare le azioni da intraprendere, decise bene di
accomodarsi al seggiolino di fronte ad Alicia. Con un tonf discreto prese posizione e, allo stesso tempo, calamitò gli
occhi marroni di lei su di sé. La cosa gli provocò uno strano tremito, che lui
però si affrettò a catalogare come stupore e a lasciar perdere.
“Ti
disturbo se mi siedo qui?” Le domandò quindi, vagamente incerto, sforzando un
sorriso che si accorse più sincero di quanto sperato.
“N-
No.” Farfugliò come sempre Alicia, rossissima per aver intercettato per la
seconda volta il verde di quegli occhi che aveva amato sin dal primo contatto
visivo.
“Perciò
… Come sono andate le vacanze?” Attaccò bottone Albus con la prima cosa che gli
frullò per la testa.
“B-
Bene. Le tue?” Alzò appena il capo lei, insicura.
Era
forse la prima volta che lui si premurava di domandarle simili cose, come
poteva non esserne stupita?!
“Bene,
diciamo.” Sospirò il ragazzo, scuotendosi l’istante dopo.
-Forza Al, ce la puoi fare.- Si
diede coraggio tra sé e sé, ma alzando il capo e specchiandosi nelle iridi
cioccolato di lei, tutta la propria carica sembrò scemare completamente. Teddy
aveva ragione, eppure la sensazione di prenderla in giro non riusciva proprio a
scrollarsela dalle spalle.
“Ti
sei allenata per la partita di Quidditch?”
Alicia
alla domanda s’illuminò, segno calzante del suo innato amore per quello sport.
Suo padre, Roger Davies, ai suoi tempi era stato il capitano della squadra di
Corvonero mentre sua madre, Alicia Spinnet, era stata la Cacciatrice di
Grifondoro e, sulle loro ombre, anche lei aveva un talento naturale per il
Quidditch. In particolare giocava nel ruolo di Cacciatrice, proprio come Lily e
Roxanne in Grifondoro.
“Sì.”
Annuì, con veemenza, dimentica per un istante di tutto l’increscioso imbarazzo
che segue ad una cotta. “Mia madre mi ha aiutato con i tiri e papà con le piroette.”
“Wow!”
Si stupì Albus, felice di aver trovato un punto in comune con lei. “Insomma …
forte!”
Alicia
ridacchiò a quell’insolita reazione, facendo per questo arrossire il ragazzo,
ma la cosa anziché provocare ulteriori imbarazzi si tramutò in una pacata aria
cordiale.
Lui
analizzò ancora per qualche istante i termini che aveva a disposizione su cui
improntare la discussione e alla fine optò per quell’andamento generalizzato
sul Quidditch. A ragion di ciò stava giusto per accennare al campionato nazionale
quando la porta dello scompartimento si aprì di nuovo con uno scatto
interrompendo sul nascere le sue parole. Si voltò, soltanto che non era
Dominique come sperato.
“Alicia!
Oh, Albus, ci sei anche tu.”
“Jason.”
Mormorò piano il moro, incolore.
Le
mani gli prudevano, ma Albus escludeva si trattasse di qualcos’altro oltre la
semplice irritazione per essere stato interrotto.
“Noi
della squadra ci stavamo riunendo. Ti unisci a noi?” Domandò il ragazzo alla
compagna di Casa, che inconsciamente spostò la propria attenzione all’unico
Grifondoro presente, preoccupata forse di una sua reazione.
Ma
con stoica indifferenza, Albus si dimostrò piuttosto transigente sulla cosa,
come ben sottolineò il suo sorriso che solo lui si accorse essere alquanto
forzato. “Non preoccuparti per me, Alicia. Vai pure se devi.”
Eppure,
contrariamente a quanto detto, il ragazzo si ritrovò a sperare che lei
decidesse lo stesso di rimanere lì a chiacchierare ancora un po’. Perché, per
una qualche strana ragione, parlarle gli faceva bene. Riusciva a distrarlo,
ecco, e a fargli dimenticare di quanto fossero ingiuste le regole del cuore.
La
parte ligia al dovere le intimava di alzarsi e andare, ma la parte innamorata …
quella, beh, voleva rimanere lì anche per sempre se possibile, nella sola
compagnia di Albus Severus Potter.
Jason
intanto continuava a fissarla, sulla porta, con sguardo supplice.
Albus
lo trovò insopportabile, ma ingoiò il pensiero sforzando piuttosto il sorriso
che si colorò di una nota di sincerità solo quando notò la titubanza che
guidava la ragazza.
“Ti
aspetto qui, se vuoi.” Si sentì dunque in dovere di dirle, intrecciando il
verde dei suoi occhi al marrone scuro di quelli di lei.
La
cosa parve riuscire a convincerla perché, alzandosi, Alicia annuì. Avrebbe
voluto aggiungere che avrebbe fatto presto, che non l’avrebbe aspettata per
molto, ma la verità era che di fronte a quell’oceano smeraldino niente aveva
più senso. E il raziocinio da solo non era sufficiente a contrastare
quell’infinito e a permetterle così di mettere due parole l’una dietro l’altra.
Non
appena gli fu accanto, Jason le poggiò la solita mano sulla schiena a volerla
gentilmente esortare a seguirlo. Alicia non si voltò neppure, troppo
imbarazzata per accorgersi della smorfia dipinta sul viso di Albus, miscelata
al sorriso che si ostinava a mantenere. Solo quando se ne furono andati e la
porta si richiuse su se stessa, riuscì a mostrare il vero se stesso e in quella
visione non c’era spazio per sorriso o falsi buonismi. Era buio. Una landa
tenebrosa e pessimistica, e basta.
~
Rose
sbuffò, stanca quasi avesse corso chilometri. Si era talmente affannata nel suo
ruolo da Caposcuola, da aver perso di vista tutto il resto e quasi non si era
accorta di come Hogwarts fosse sempre più vicina. Eppure un lato positivo in
tutta quella spossatezza c’era: non l’aveva visto.
Per
quanto un vuoto disarmante – difficile da ignorare – le aveva in parte spezzato
le forze, il sollievo di non doversi scontrare contro il grigio dei suoi occhi
e trovarvi la solita espressione un po’ distaccata di sempre bruciava come un
tizzone ardente. Perché di una cosa era certa, ovvero che non l’avrebbe
sopportato. Perché, dannazione, lui
l’aveva baciata! E poi c’era la foto; non contava nulla quella? Ma non doveva
illudersi a quel modo, sapendo che lui non aveva perso tempo a spassarsela,
nonostante tutto.
Non
vedeva l’ora di ritornare nella sua camera, coricarsi e mettersi a dormire.
Ecco, avrebbe pagato per un paio di ore di sonno in cui il mondo collassava
nell’oblio e niente aveva più senso. Non c’era traccia neppure di Albus,
diamine!
-Tanto siamo quasi arrivati.-
Tentò di consolarsi, scoraggiata, aprendo la porta che dava all’ultimo vagone e
allungando un passo verso di esso con sguardo ostinatamente basso. Fu per
questo che non si accorse neppure dell’ostacolo dinanzi a lei, che incappò in
pieno centro.
“Si
può sapere a che cavolo-” Le parole le morirono in gola quando, alzando il
capo, fu proprio il suo sguardo che
incrociò.
Scorpius
Hyperion Malfoy.
Bellissimo
da togliere il fiato, come sempre, solo che lei aveva camminato con le bende
sugli occhi per tutto quel tempo per accorgersene. Ma non doveva pensarci.
Assolutamente non doveva. Che poi,
insomma, era pur sempre il bastardo di sempre, no? Quello che si divertiva con
le altre anche se poi baciava lei …
“Weasley.”
La chiamò dopo un attimo di stordimento Scorpius, la voce strascicata appena
intaccata da una nota di stupore mentre dietro di lui Edmund Nott la fissava
con aria truce, troppo seria per un diciassettenne.
Fu
troppo da reggere per lei. All’improvviso … troppo. E Rose scivolò via, di
lato, senza degnarli di un ulteriore sguardo, con l’immagine degli occhi neri
di Edmund a ricordarle l’irrazionalità e l’impossibilità di quel cuore che
controcorrente batteva furioso nel petto e la voce di lui che la tormentava
chiamandola ancora una volta.
Nondimeno
Scorpius rimase lì, inerme, a fissare quella chioma castana allontanarsi da lui
senza alcuna spiegazione, mentre un pugno affondava invisibile nel suo stomaco
quando non molto lontano Michael Grays accolse Rose con una calorosa pacca
sulla spalla. Quasi fosse stata sua …
Il pensiero bastò a calarlo in un mare di malumore, che lo costrinse a
stringere denti e pugni per controllarsi.
“Gran
bella coppia …” Si lasciò sfuggire Edmund dalle labbra, accennando con il capo
ai due Caposcuola che si proiettavano nell’ultimo scomparto per riepilogare
presumibilmente la situazione.
Il
biondo spinse ancora di più le unghie nella pelle morbida del palmo, senza
tuttavia emettere parola. Non era stato decisamente quello l’incontro che si
era immaginato, né di certo che lei gli saltasse al collo. Era pur sempre Rose
Weasley, no?
Ma
il motivo per cui lei continuasse a preferire Michael oltre che arcano stava
diventando anche alquanto insopportabile.
“Andiamo
via.” Sibilò, brusco, incamminandosi poi senza ulteriori spiegazioni e
lasciandosi alle spalle un sibillino Nott.
Se
solo avesse avuto la cosa di voltarsi, avrebbe visto l’accenno di sorriso
serpeggiare sulle labbra del ragazzo. Ma Scorpius si dileguò, il pensiero
troppo fossilizzato sul comportamento irritante della Weasley per ricordarsi
che qualsiasi parola uscita dalla bocca di Edmund, non era mai il frutto di una
reazione del momento. Perché lui era un dosatore delle parole; le articolava e
le modellava a suo piacimento come un artista con la sua opera d’arte.
E
quando il moro l’ebbe raggiunto, era già troppo tardi perché il viso era
ritornato quello freddo e disincantato di sempre.
~
Alicia
prese un paio di respiri, il cuore in gola e le mani tremanti che indugiavano
sulla maniglia, prima di darsi forza e aprire la porta a scomparsa facendola
docilmente scivolare sulle rotaie.
La
riunione della squadra si era protratta per più tempo del previsto e lei, che
non sapeva dire mai di no, si era vista così negata la possibilità di
trascorrere la maggior parte del viaggio in compagnia di Albus. Ma andava bene
lo stesso, infondo. I minuti che riusciva a strappare con lui erano tanto rari
quanto preziosi, poteva e sapeva farseli bastare.
Ciò
che non si aspettò entrando, comunque, fu il ritrovare il ragazzo nel bel mezzo
di una pennichella. Aveva poggiato una spalla contro il vetro del finestrino e,
a braccia conserte, si doveva essere addormentato senza neppure accorgersene.
La cosa che più la colpì, tuttavia, fu il suo viso: rilassato come non riusciva
a vederlo da secoli.
Per
un istante Alicia titubò sulla soglia, indecisa sui movimenti da fare. Doveva
svegliarlo? Avrebbe preferito non farlo e rimanere piuttosto in silenzio ad
osservarlo, ma se lui poi se la prendeva?
Stava
ancora decidendo il da farsi quando con una scrollata di spalle involontaria,
Albus segnalò che si stava svegliando. Il tempo di sbattere le palpebre e di
orientarsi, che già la stava fissando con i suoi fantastici occhi verdi. Ma
quando lui le sorrise, sinceramente stavolta e non forzato come aveva fatto
prima che lei andasse via, Alicia sentì le palpitazioni volteggiarle nel petto
e le farfalle librare nel suo stomaco in guazzabuglio.
Perché
lui non aveva mai, mai sorrisi per
lei. Non sinceri almeno. Era sempre troppo occupato a fingersi freddo per
regalarle quei sprazzi di buonumore.
“Ehi.”
“S-
Scusa, n- non volevo svegliarti.” Biascicò impacciata ed imbarazzata la Davies,
ancora immobilizzata sulla porta.
Albus
scosse il capo, senza perdere quel sorriso che da solo bastava ad illuminargli
gli occhi ancor più di quanto già non fossero.
“Tranquilla,
non mi hai svegliato.” La rasserenò. “È finita ora la riunione?”
“Sì.”
Annuì col capo Alicia, ancora stordita dal suo viso per riuscire a prendere
pieno controllo di se stessa.
“Siediti.”
La invitò allora lui a fare. “In fondo sono io l’ospite qui, no?”
Le
fece l’occhiolino, cordiale, e per lei fu come raggiungere le vette più remote
del paradiso in un sol tempo.
Annuì,
di nuovo, e senza aggiungere altro prese posto di fronte a lui quasi non se ne
fosse dovuta andare mai.
“Sai
stavo pensando che … Beh, prima di addormentarmi come una pera cotta,
s’intende. Comunque, ho pensato che noi potremmo … un giorno o l’altro, magari
… ecco, potremmo-”
Ma
Alicia non seppe mai cosa lei e Albus avrebbero potuto fare un giorno o
l’altro, perché il ragazzo si era alzato tanto repentinamente da travolgerla
quasi, lo sguardo puntato su qualcosa che aveva intercettato dalla porta ancora
aperta.
“Scusami,
Alicia.” Biascicò solo, prima di precipitarsi fuori con veemenza, lasciandola
lì, sola e sospirante, in balia di un’ondata di depressione a chiedersi se lui
l’avesse mai guardata veramente.
Intanto
Albus aveva raggiunto la sua preda e, fermandola per un braccio, l’aveva
costretta a guardarlo.
“Rose
ma che …?”
“Al
…” Fu tutto ciò che disse lei, gli occhi lucidi, prima di abbracciarlo di
slancio e affondare il viso nel suo petto.
Lui
rimase per un istante spiazzato, il fiato di lei che penetrava attraverso il
pullover da Grifondoro, prima di sospirare e avvolgerla con le sue braccia.
Non
era colpa sua. Rose aveva bisogno di lui! Non era stato lui a chiedere
quell’abbraccio, ci si era semplicemente ritrovato dentro. Teddy avrebbe
capito. Per forza.
“Ehi,
Rosie …”
“Scusa,
scusa Al. Ho avuto una mattina difficile.” Farfugliò lei stretta a lui,
calmandosi e sentendosi di nuovo tremendamente in colpa.
Ma
non era proprio una bugia, no? Era più una mezza verità … Giusto?
“Va
tutto bene.” La tranquillizzò di rimando Albus, sospirando, dentro di sé era
solo una vasta distesa di vuoto come se tutti i sentimenti fossero finiti in un
buco nero lasciandolo spoglio di ogni cosa.
“Ora
sì.” Annuì con un sorriso appena accennato Rose, sollevata di poter ancora
contare sul suo appoggio nonostante tutte le bugie che per motivi superiori era
costretta a dirgli.
-Perdonami Al. Ti prego … Perdonami se
puoi.-
Avrebbe
voluto gridarglielo, trovare la voce e urlarlo, ma semplicemente non poteva.
Era una codarda, lo sapeva. Non poteva rischiare di perderlo confessandogli
qualcosa che ancora vagava nell’incertezza, perciò meglio il silenzio, tedioso
e confortante come le spire di un serpente.
“Dai,
andiamo a recuperare le valigie.” Lo esortò poco dopo, separandosi da lui e
sforzando un’espressione che sperò abbastanza convincente.
Lui
la guardò per qualche istante, analizzando ogni sfumatura del suo viso, prima
di capitolare. “Okay. Andiamo.” La prese sottobraccio e si lasciò guidare verso
la carrozza dei Weasley, mentre con il pensiero stranamente tornò ad Alicia, il
che fu però solo una frazione di secondo, ancora troppo poco per bastare.
~
Hugo
contò mentalmente fino a dieci, undici, dodici … a tredici si fermò e, dandosi
dello stupido, avanzò con passo sicuro verso il suo obiettivo.
“Annie!”
Esordì, piazzandosi di fronte alla ragazzina che, intercettando i suoi occhi
azzurri, si colorò di una preoccupante tonalità rossiccia. “Non ti ho vista
stamattina.”
Lei
però non sembrò riuscire ad articolare frase, come ben testimoniò il suo
ostinato mutismo.
“Ehm
…” Non sapeva che dire, era evidente e anomalo, considerato il soggetto.
Hugo
che non aveva parole? Improbabile. Ma non impossibile a quanto pareva. Il fatto
era che quella ragazza lo disorientava. Era così strana …
“Ti
aiuto con quello, ti va?” Fece quindi, poco dopo, accennando e spostando
l’attenzione al baule che lei si trascinava a fatica dietro.
Annie
non disse niente e lo lasciò fare, non senza mostrare un’aria stupita e
confusionaria che ben riecheggiava attraverso i suoi grandi occhi azzurro
tenue.
“Mi
sembra di aver visto Lily da quella parte … Vieni!” Prima ancora che lei
potesse rendersene conto, Hugo le aveva già agguantato la mano e costretta a
seguirlo verso la carrozza nera sulla destra.
Per
fortuna Lily era lì, in compagnia di Julius che, da perfetto gentleman, subiva
le sue chiacchiere sull’andazzo delle vacanze natalizie alla Tana.
“Oh,
Hugo!” Esclamò raggiante la rossa non appena lo vide, rimanendo poi perplessa
dinanzi alla presenza femminile che scorrazzava dietro al cugino. “Ciao,
Annie.”
La
Tyler per tutta risposta alzò appena la mano, completamente in balia delle
onde, e se non l’avesse sentita parlare qualche volta Hugo avrebbe iniziato a
temere che non era capace.
“C’è
posto con voi, vero?” Domandò per cambiare discorso il ragazzo, entrando anche
senza aspettare risposta. “Ehi, Julius, mia cugina ti ha detto che James ti
vuole scuoiare vivo?”
“Oh,
Hugo!” Lo pizzicò sul braccio Lily, imbarazzata, ricevendo occhiate confuse da
Julius.
Anche
Annie si era seduta, di fianco a Hugo, e sperduta nel suo mondo non sembrava li
stesse ascoltando.
“Beh?
Ho detto la verità!”
“In
che senso?” Volle invece sapere il biondastro, incuriosito.
“Nel
senso che gliel’ha detto. Di voi intendo.” Scrollò le spalle con nonchalance
Hugo, ricevendo un calcio negli stinchi dalla cugina per questo.
“Non
ti dispiace, vero?” Lily si voltò verso il proprio ragazzo, con sguardo da
cucciola.
“No,
certo.” Scosse il capo Julius, il solito sorriso dipinto sul viso. “Mi fa
piacere.”
“Davvero?”
“Ovvio!”
“Io
tifo per te, comunque. Quando lo verrà a sapere Albus, avrai bisogno di tutto
l’appoggio possibile.”
“Hugo!”
“Lily!”
La chiamò sulla stessa scia anche lui, scoppiando e facendo scoppiare a ridere
tre delle quattro persone presenti.
Solo
Annie difatti rimaneva in silenzio, preda dei suoi pensieri. Notando la sua assenza
mentale ai loro discorsi, Hugo si voltò a fissarla, accigliato. Beh, era molto
più che strana, in effetti, e lui proprio non riusciva a capirla.
Il
che non si poteva certo dire per Lily, che invece riusciva a decodificare alla
perfezione. Così come aveva notato lo sguardo sibillino che lei continuava a
gettare alle mani intrecciate del cugino e di Annie. Se fosse stato meno Malandrino
e se non fosse stato spalleggiato ampiamente dai suoi due mentori, Hugo ne
sarebbe arrossito, tuttavia aveva altri piani in mente e anche quello rientrava
negli schemi.
Soprattutto quello,
in effetti.
~
Se
c’era una cosa che Rose detestava fare al pari di suo padre prima di lei, era
la ronda notturna. Indipendentemente dal fatto che solo in sporadiche occasioni
accadeva qualcosa in grado di alleviarne la tediosità, trovava piuttosto
ingiusto dover starsene delle ore a gironzolare come un cane da guardia per
l’intero perimetro del castello quando le sue compagne di stanza ne avevano già
recuperato con grande abbondanza a sonno. Senza contare la minaccia Pix, con le sue canzonette da quattro soldi e le prese per
i fondelli costanti.
Ciò
nonostante quella prima sorveglianza dopo la parentesi natalizia, a chi era
capitata? A lei, ovviamente! Perché, come giusto che fosse, ogni tanto
bisognava pur ricordarsi dell’utopica nuvola intimidatoria ed incombente sulla
sua testa, no?!
L’unica
sua consolazione era che l’altro Prefetto di Grifondoro, Nicholas, versava
nella sua stessa identica sorte.
Beh,
in effetti c’era anche un’altra magra panacea ad aggiungersi ad essa, ovvero
che tutto quel movimento le impediva di concentrarsi troppo su un certo
Serpeverde in particolare capace, anche indirettamente, a rovinarle l’umore.
La
verità era che quel ragazzo riusciva da solo a mandarla nella confusione più
nera. Rose era sempre stata una persona equilibrata, razionale al punto giusto
e sì, qualche volta anche piuttosto puntigliosa. Tutte qualità che dal momento
in cui Malfoy l’aveva baciata –
faceva ancora una certa fatica a pronunciare quella parola, nonostante avesse
osato ripetersela più volte durante il break vacanziero – sembravano essersi
dissipate nel tempo e nello spazio.
La
lei di quei giorni le appariva adesso del tutto lontana, quasi evanescente, al
punto da sortirle naturale la domanda se fosse mai esistita veramente, poi.
La
questione dopotutto era racchiusa lì dentro, in quello scrigno un po’ macabro
dall’aria sbattuta, contenitore di un monito abilmente posto in forma di
interrogativo: la vecchia Rose, avrebbe mai accettato di tormentarsi tanto per
Scorpius Malfoy?
A
quel punto si accorgeva, con una stretta al cuore e i soliti respiri smorzati,
di conoscere già la risposta che di sicuro non era negativa.
-Smettila subito, Rosie! Lui non ti
merita e tu non dovresti neppure starci a pensare. Sei troppo intelligente, te
lo dicono tutti.- Si ammonì all’istante tra sé e sé,
consapevole della piega che avevano assunto i suoi pensieri. Di lì a qualche
secondo, difatti, si sarebbe ritrovata travolta per l’ennesima volta dalla
tormentosa realizzazione di provare qualcosa per quel ragazzo, sebbene lei per
prima ne negasse la natura.
Ma
ancora una volta aveva fatto i conti troppo presto giacché, girando l’angolo,
le si parò dinanzi proprio la fonte dei suoi problemi: lui, Scorpius.
Se
ne stava tranquillamente addossato al muro di pietra alle sue spalle, le
braccia conserte e un piede poggiato sulla parete, e manteneva lo sguardo
talmente in basso che Rose per un istante si illuse di non essere stata vista.
Conclusione affrettata, ancora una volta. Come si premurò di farle notare,
Scorpius l’aveva sentita benissimo e, sollevando il capo verso di lei, le fece
sorgere l’inquietante impressione che stesse aspettando proprio lei.
-Devo solo ignorarlo.-
Pensò in uno sprazzo di lucidità, messa in difficoltà dal rumore ridondante dei
battiti cardiaci in travaglio, senza fermarsi sui suoi passi. -Camminare e ignorarlo, è semplice.
Camminare e ignorarlo, sì, posso farcela. Camminare e ignorarlo …-
“Hai
intenzione di fingere che io non esista ancora a lungo, Weasley?”
All’improvviso,
trasportate via dalla voce decisa di lui e da quegli occhi grigi che non la
perdevano mai di vista, tutte le sue speranze andarono a farsi benedire e, al
pari di un ceffone in pieno viso, arrivò l’assordante ricezione di non poter
fare nulla, davvero nulla per
impedire che ciò avvenisse.
Rose
si bloccò, rimanendo impalata a qualche passo di distanza da lui, mentre la
dolce illusione che il peggio fosse stato passato col superarlo crollava con la
stessa consistenza della sabbia in balia del vento.
Sentì
distintamente il tonf provocato dal
piede di Scorpius mentre si poggiava a terra, distaccandolo dal muro, e il
cuore le balzò prepotente in gola. A quel punto era in uno stato di totale
stordimento, intorpidita a livelli tali da avere una distorta comprensione
della realtà, tanto che le parve solo distrattamente di percepire – e non udire; l’udito era uno dei sensi inabilitato in
quel momento – il sorriso sghembo che doveva essere apparso sulle labbra del
ragazzo.
Dopotutto,
sette anni di blanda conoscenza, rimanevano nella sostanza in qualsiasi caso.
Forse
fu il soffio del vento sulle ampie vetrate o soltanto una mera casualità, fatto
stava che qualcosa dentro di lei scattò in quel preciso istante inducendola a
muovere passo nell’unica via di fuga proiettata dinanzi a sé da quel tetro
corridoio di pietra.
“Non
andartene, ti devo parlare.”
Per
la seconda volta fu di nuovo la voce del ragazzo a bloccarla, sebbene Rose per
prima ne ignorasse motivazioni precise per quella sua improvvisa
accondiscendenza nei confronti del bastardo.
“Ho
la ronda. Non posso-” Tentò di ribattere allorché lei, più acida di quanto
avesse voluto, ma fu interrotta dalla voce strascicata e un po’ stanca di
Scorpius.
“Mi
sei mancata, Weasley.”
“Come?”
Per quanto avesse deciso di ignorarlo completamente alla luce delle ultime
informazioni acquisite sul suo conto, Rose non poté fare a meno di voltarsi a
quelle parole.
Gli
era mancata? Lei? A lui?
Impossibile.
“È
la verità.” Confermò con sguardo truce Scorpius, quasi che la cosa stupisse e
in parte turbasse persino lui stesso. “Mi sei mancata.”
Come
gli aveva visto fare in diverse occasioni nel corso di quegli anni scolastici,
aveva poggiato il mento sul pollice destro e con l’indice si batteva
ritmicamente le labbra in una posa riflessiva e sensuale insieme. Rose sapeva
perfettamente che quello era il suo modo per soppesare la situazione,
valutandone con estrema attenzione pro e contro, per giungere infine ad una
soluzione pratica della cosa. Ma questo, nonostante tutto, non riuscì a
scrollarle di dosso la sensazione di frustrazione dettata da sviluppi alquanto
recenti che i suoi cugini le avevano passato senza neppure rendersene conto.
“Questo
è un problema tuo, non mio.” Ribatté, spietata, spostando lo sguardo da
tutt’altra parte onde evitare incontri ravvicinati con un certo grigio.
A
quel punto doveva essersi fermato, perché il rumore pacato dei suoi passi non
risuonava più nel silenzio generale. La cosa, per una qualche bizzarra
motivazione, la innervosì. Molto, in effetti.
“E
poi toglimi una curiosità.” Riattaccò, brusca, piazzando di nuovo gli occhi in
quelli di lui sprezzante del fenomeno cardiaco dell’aritmia a cui
inevitabilmente susseguì. “Questa cosa l’hai capita prima o dopo che uscivi con
le altre? O magari durante, mentre te la spassavi?”
Più
che di sfida, l’espressione dura sul viso di Rose poteva classificarsi vittoriosa,
di una che in altre parole è convinta di avere la situazione in pugno. Il che
sarebbe stato seccante se non fosse stato per quella scia appena percepibile di
amarezza che, nascosta dietro a tutto quel marrone, non riusciva pienamente ad
affogare. Forse fu proprio per quel brandello di emozione, che Scorpius
sorrise.
“Avevo
ragione io.” Affermò, gongolante ma per niente offensivo.
“In
cosa?” Sbottò Rose, scontrosa.
“A
dire che sei gelosa.”
L’affermazione
la spiazzò, proprio come era accaduto poco prima. Sembrava un dono naturale del
ragazzo, a dire il vero, quello di riuscire a disarmarla tanto facilmente. Come
faceva?
“Non
dire stupidaggini, non sono affatto
gelosa di qualche sciacquetta!” Era talmente rossa e così si sentiva, da avere
più caldo di quanto in effetti ce ne fosse in quello sperduto corridoio.
“No,
infatti.” Scosse il capo Scorpius, rivendicando le parole precise. “Non di
qualche sciacquetta, ma di me,
Weasley.”
Colpita
e affondata. Di nuovo.
Rose
strinse i pugni, avvilita. “Ti sbagli.”
“Non
credo.”
Lui
la fissò a lungo, in silenzio, con un sorriso sibillino stampato negli occhi
perlacei, prima di sorridere e avvicinarsi inavvertitamente.
“Era
per questo che mi ignoravi?” Domanda legittima, ma non per questo facile.
Non
rispose, anche perché non sapeva che dire in quello stato.
“Non
è successo niente. Sono uscito soltanto una volta, a Natale, perché Ottavius mi
ha incastrato ma-”
“Non
mi devi alcuna spiegazione.” Lo interruppe con un gesto della mano Rose,
scostante.
Non
stavano insieme, no? E non si piacevano neanche, da che ricordava, perciò che
motivo aveva di giustificarsi? Lei non era nessuno,
per lui …
“Smettila
di fare sempre la sostenuta.”
“Cosa?”
Rose
adesso era scioccata. L’umore ormai saltellava incontrollato da un’emozione all’altra
come un flipper impazzito. Il tutto contornato e reso ancor più complicato dal
sottile torpore catatonico in cui era indissolubilmente precipitata già da
diverso tempo.
“Sei
insopportabile quando fai così.” Ribadì Scorpius, le braccia conserte e l’aria
irritata, seppure di poco.
“Così
… come?”
“Come
se non ti importasse di niente e di nessuno. Come se il mondo fosse ai tuoi
piedi e tu ti trovassi su un piedistallo. Come se non provassi niente, Rose.” Man mano che le accuse prendevano
forma, il tono del biondo si faceva sempre più spietato e tagliente, al pari di
una lama che le si andava conficcando sempre più nella carne, ormai prossima al
cuore.
Ed
affondò, proprio lì, al suono del suo nome pronunciato con tanta enfasi da
risultare sdegnoso.
“Tu
non mi conosci per niente!” Trillò, paonazza per lo sforzo di controllarsi.
Ma
chi si credeva di essere quel pallone gonfiato?! Come si permetteva di
trattarla a quel modo? Pensava che insultarla l’avrebbe aiutato a divincolarsi
dai suoi errori?!
“Ti
conosco abbastanza per sapere quello che dico, invece.” Tuonò Scorpius a quel
punto, la voce più alta del normale ma nessun segno di collera sul viso, per
quanto i suoi occhi dardeggiassero. “Ti consideri migliore di me, ma nemmeno tu
sei una santarellina alla fine.”
“Di
che parli?” Lo aggredì Rose, sempre meno trattabile.
Scorpius
ghignò, malvagio. “Devo proprio ricordartelo? Il nome MichaelGrays non ti
ricorda nulla per caso?”
“Per
favore, lui non c’entra adesso!”
“Hai
ragione.” Approvò irragionevolmente lui, raggiungendola in una falcata e
poggiandole con decisione le mani sulle spalle. “Qui c’entriamo solo noi due e
tu, che ti piaccia o meno, mi sei mancata! E adesso, se non ti è di troppo
disturbo, gradirei sapere se io ti sono mancato!”
Strabuzzò
gli occhi, allibita. “Eh?”
Stava
sognando? No, perché un attimo prima era lì che si lamentava per i turni di
sorveglianza, e l’istante dopo … Le era mancato?
-No, assolutamente. No! … Beh, magari
un pochino, ma solo poco … Pochissimo … Davvero, davvero poco. Una briciola e
solo perché non dovevo svegliarmi la mattina e … Poco, pochissimo, sul serio.-
“Lasciami
in pace, Scorpius.” Assottigliò gli occhi, severa, con quel cipiglio tipico dei
Granger ma con il viso e le orecchie in fiamme similmente ad un Weasley.
Le
mani di lui ardevano come tizzoni ardenti sulle sue spalle, nonostante la
protezione delle maglie a difenderla. Gli occhi, invece, continuavano a
fissarla quasi volessero scavare con prepotenza nei suoi per arrivare ad ogni
pensiero più intimo, dolorosi come solo quel grigio sapeva essere. Eppure la
cosa che più la disarmava, era la percezione del suo respiro sul proprio volto,
caldo come non ci si aspetta da un Malfoy.
“Rispondi
alla mia domanda.” Ordinò tuttavia Scorpius, deciso, senza mollare la presa. “Ti
sono mancato?”
Sì,
sì, sì! Diamine, sì! Le era mancato, okay? Al diavolo quello che continuava a
ripetersi, al diavolo persino la ragione! Le era mancato, terribilmente, perché
il senso di vuoto sapeva essere letale alle volte.
“No.”
Ciò nondimeno dalle sue labbra fu un’altra la parola che ne uscì, infierendo un
duro colpo all’ego del ragazzo.
Scorpius
la scrutò, in silenzio, ingoiando la botta ricevuta con stoico distacco. Alla
fine, quando fu sicuro di averlo metabolizzato per bene, lasciò la presa sulle
sue spalle e senza preavviso le diede la schiena.
“Bugiarda.”
Disse solo, in un sussurro mellifluo, prima di incamminarsi verso la parte
opposta del corridoio e lasciarla lì, con il senso di colpa opprimente nel
petto e le lacrime ad un passo dal fuoriuscire.
N/A
Il tormentato ritorno a
scuola, con tutto quello che può significare alla luce degli ultimi
avvenimenti. Non ho null’altro da dire su questo capitolo, se non che mi
piacerebbe, come al solito, sapere cosa ne pensate. Vi ha stravolti? ^.-
Risposta alle recensioni
…
·jadina94: una nuova arrivata! ^//^
Beh, prima di tutto, grazie infinite per le tue splendide parole. Sono commossa … davvero ti piace il mio modo
di scrivere? *-* Guarda, non preoccuparti per la pigrizia, io lo sono
altrettanto, oltre che discontinua da far paura, perciò figurati, sei
perdonata, assolutamente! Per quanto riguarda la storia, mi fa piacere sapere
che ti piace fin’ora, compresi i capitoli precedenti. Io ho sempre avuto una
visione piuttosto specifica di quello che doveva essere la nuova generazione,
specie in questa storia, e pertanto dall’inizio avevo questa idea per Teddy,
per Albus e per il loro discorsetto nel capitolo precedente. Per le ripetizioni
… dici sul serio? Cioè, io sono un’insicura cronica e non sono mai soddisfatta
di quello che scrivo, ma in che senso vuoi che ti dia delle ripetizioni? *-*
Fammi sapere!
·lolly puwerpuff girl: non mi arrabbio,
figurati! Quello che posso dirti, è che tutta la storia di Albus ha un suo perché
e che verrà approfondita ancora nei capitoli successivi. Sì, conosco Sunny, è
tra i miei autori preferiti, e per questo non posso fare a meno di emozionarmi
nel sentirmi paragonata a lei! *-* Non so se sono così brava, ma mi fa immensamente piacere sapere che la mia
scrittura ti piace tanto. Piuttosto … che mi dici di Scorpius adesso? Si è reso
conto di provare qualcosa di più? ^.- Mi fa piacere che ti piacciano i “miei”
Teddy, Fred e James. Sono dei personaggi che adoro, compreso anche Hugo! Ah, ho
letto il nuovo capitolo della tua storia, e ti prometto che correrò a
recensirlo quanto prima! ^-^
·TittiGranger: l’hai pubblicata! La tua
Scorpius/Rose, dico. L’ho letta, ovviamente, e mi è piaciuta molto! *-* Spero ne
scriverai altre su di loro, davvero. Venendo alla storia, sono proprio tanto
contenta che ti sia piaciuto anche il nono capitolo. E che ne dici del decimo? Un
po’ più movimentato, come avevo già accennato, e decisamente più Scorpius-Rose-esco,
non ti pare? ^.- Nei prossimi di certo non mancheranno le scene con loro due,
poco ma sicuro, e spero di riuscire ad aggiornare prima, non si sa mai!
·altovoltaggio: non preoccuparti se non
ce l’hai fatta a recensire l’ottavo, davvero, nessuno più di me può capire cosa
significhi sbattersi tra l’università, gli impegni e il resto. Come sempre,
riesci a centrare appieno la questione. Scorpius e Rose vogliono crescere, ma
non è così facile, come ci insegna la vita. Beh, a mio avviso lui è un gradino
più avanti rispetto a lei, questo sì. Continuo a ripeterlo, ma non posso farci
niente: sono felicissima ti piaccia il mio modo di scrivere! Davvero, io ci
metto tutta me stessa, senza mai esserne pienamente soddisfatta, e per questo
mi fa sempre un immenso piacere scoprire che non è tutta fatica persa. A proposito,
ne approfitto brevemente per rispondere anche alla tua giusta osservazione
sulla saga di Estetica. Il motivo per
cui non l’ho raggruppata in un un'unica storia a raccolta, è perché non avrebbe dovuto nemmeno avere un
seguito. I capitoletti vengono fuori da soli, per questo, e ogni volta non so
mai se li continuerò o meno. Se vuoi posso mettere una “mappa” nella mia
pagina, giusto per facilitare la cronologia delle storie pubblicate fin’ora. Grazie
comunque, sia per le recensioni, che per i consigli! ^.-
·ValyBrick: verissimo, Scorpius sta
maturando più velocemente di lei, ma d’altro canto hanno anche caratteri
completamente agli antipodi. E poi Rose è un’insicura incurabile, perciò in
quanto tale tende sempre a sottovalutarsi e a sminuirsi. Per Al … oh beh,
povero il mio Al, lo faccio disperare! XD Spero ti piaccia anche questo
capitolo, ad ogni modo.
·Aurora_Cullen: un’altra brava autrice
che ha seguito il mio consiglio! Brava! ^.- Sono felice abbia scritto anche tu
una Scorpius/Rose e, come ti dicevo nella recensione al prologo, spero
aggiornerai presto, anche perché ormai mi hai messo una viva curiosità addosso!
Albus … che vuoi farci, lui è un masochista! XD Scorpius … beh, lui poverino è
stato incastrato da Ottavius. Ma Rose sa essere davvero testarda quando ci si
mette. Che dire … Staremo a vedere come finirà! ^-^
Ne approfitto anche per
dirvi, a chiunque volesse, che io e HeRmIoNe LuNa
abbiamo aggiornato la nostra storia in comune, per chi volesse andare a darci
un’occhiata! A noi farebbe molto piacere, inutile dirlo. Il link è sempre lo
stesso, ma ve lo lascio lo stesso, non si sa mai →It’s a child’s
play
“Buongiorno.”
Rose si sedette al tavolo da Grifondoro con la stessa leggerezza di un
elefante, grugnando e lanciando occhiatacce a più riprese senza avere un
destinatario preciso.
“Di
malumore?” Intuì Lily, imburrando una fetta di pane. “Allora siete in due.”
“Che
intendi dire?”
“Albus.”
Sospirò la rossa, accennando senza mezzi termini a quella sottospecie di
controfigura gettata nel più completo sconforto accanto a Hugo, che invece
dilettava la tavolata con le sue mirabolanti storielle.
“Che
gli è successo?” Volle sapere Rose, anche per dimenticare il malumore che
l’affliggeva dalla sera prima.
“A
saperlo!” Alzò gli occhi al cielo Lily, esasperata. “Sai com’è fatto mio
fratello: non parla neanche sotto tortura!”
L’altra
annuì a quelle parole, trovandosi pienamente d’accordo. “Dominique?” Chiese
poi, notando l’assenza dell’avvenente cugina.
Stavolta
Lily si lasciò sfuggire un sorriso malizioso, che andò ad illuminarle gli occhi
castani di prepotenza. “Guarda tu stessa.”
Rose
obbedì e, scortandone lo sguardo, ricevette una stilettata al cuore quando si
rese conto di dove fosse la bionda e, soprattutto, con chi si trovasse.
“Pagherei
per sapere cosa si stanno dicendo.” Disse all’improvviso la Potter, sospirando
trasognata. “Da come ridono … beh, per quello che riescono a fare, deve essere
una cosa davvero divertente.”
“Già.”
Replicò funerea la castana, che ad ogni parola della cugina le sembrava
ricevere una nuova coltellata.
D’accordo,
la sera prima gli aveva detto che non le era mancato, lasciando intendere una
totale assenza di sentimenti nei suoi confronti. Tuttavia questo non
giustificava quanto stava accadendo sotto i suoi occhi! Morgana, Scorpius stava
facendo il cretino con sua cugina Dominique!
-Beh, di che ti lamenti adesso? Non ti
piace, no? È soltanto un bastardo, ricordi?-
Ma
allora perché era così dannatamente difficile da alleggerire?!
“Buon
per loro.” Replicò, asciutta, poco dopo, girandosi verso il suo piatto per non
essere ancora costretta a notare quanto lui fosse effettivamente troppo vicino
alla cugina.
“Ma-”
Tentò di approfondire la questione Lily, salvo ripensarci all’occhiata al
vetriolo che ne ricevette in cambio.
Quando
Rose versava in quelle condizioni, meglio lasciarla perdere a cuocere nel suo
brodo e riprendere la questione in un secondo momento.
“James
e Fred avevano ragione.” Cambiò quindi repentinamente discorso, dando un morso
al suo pane. “Hugo si è veramente
trovato la ragazza!”
“Ah
sì?” Rose strinse la forchetta così forte che parve quasi piegarsi al suo
volere, mentre si sforzava di ignorare il groppo alla gola e ricacciare nel
contempo i pensieri cattivi nati nella sua testa. “E chi è?”
“Conosci
Annie Tyler? È del mio anno, sta a Grifondoro. Ieri si tenevano per mano e oggi
sono scesi insieme per la colazione.” Spiegò, pragmatica come sempre.
“Uhm.”
Perché
Dominique non tornava? Possibile che Scorpius fosse così tanto interessante da
stroncarle l’appetito? Che poi, chissà che ci trovava in quel belloccio da
pochi spiccioli!
“Rosie,
mi stai ascoltando?” La voce gentile e appena premurosa di Lily la distolse con
non poca difficoltà dalle sue domande retoriche.
“Ma
certo!” Si affrettò a rispondere, con fin troppa enfasi in effetti.
“Okay
…” Replicò incerta la rossa, indecisa se crederle o meno.
Per
fortuna – o no? – ad interrompere quel momento sopraggiunse proprio Dominique,
in viso la solita espressione incolore.
“Buongiorno.”
Salutò distrattamente, prendendo posto di fianco a Rose, che per reprimere
l’impulso di scacciarla dovette ricorrere a tutta la sua morale. “Come mai
queste facce? Vi è morta la civetta?”
“Non
tutti abbiamo la fortuna di ascoltare chiacchiere tanto divertenti, la mattina.” Prima ancora di riuscire a
rendersene conto e frenarla, la risposta salì sulle labbra della diciassette
con incredibile velocità.
“Di
che parli?” Le domandò frastornata Dominique, voltandosi verso di lei quel
tanto che bastava per guardarla in viso e accorgersi del malumore che vi
regnava sovrano.
“Niente,
lascia stare.” Sospirò stancamente Rose, pentita. “Sono solo di cattivo umore.”
“Sì,
credo di essermene accorta.” Annuì grave la bionda, prima di concentrarsi
sull’altro sciagurato della situazione. “Devo dedurne che sia così anche per
Albus o no?”
“Di
che parlavate tu e Malfoy?” La interruppe tuttavia la cugina, ancora risentita
dall’affronto che quel maledetto Serpeverde le aveva riservato.
Stava
forse cercando di snervarla? Di pressare sul suo stato psichico per indurla a
cedere? O cosa?!
“Scorpius,
dici?” Alzò le sopracciglia dorate l’altra, confusa, mentre Lily scrollava le spalle
ignara.
-Scorpius! Adesso lo chiama addirittura per
nome! Che altro?-
“Mah,
niente di che. Mi stava solo raccontando una cosa successa con Vitious.”
Scrollò le spalle con nonchalance Dominique, sorseggiando il succo di zucca
appena versatosi nel bicchiere. “Perché?”
“Oh,
nulla, solo mi sembra alquanto strano
che Malfoy venga a dire queste cose proprio a te, ecco.” Digrignò i denti Rose,
sul punto di esplodere.
“Dici?”
“Dico,
e poi che bisogno aveva di starti così vicino? Dominique, quello è un Serpeverde!” Si sentì in dovere di farle
notare la castana, come se fosse stato il motivo più ovvio del mondo il suo.
In
quei momenti la parte Hermione-esca di lei sfumava
del tutto per lasciare spazio a tutta la sua somiglianza con Ron, un vero
imbranato nell’esprimere i propri sentimenti non c’era che dire.
“Rose.”
Roteò gli occhi la bionda. “Non stava facendo nulla di male.”
“Certo,
come no.” Fece una smorfia l’altra, contrariata.
Lo
conosceva abbastanza bene per sapere di cosa stava parlando, ma se Dominique
non si lasciava convincere, sarebbe andata dritta alla fonte. Ad ogni costo. E
le era persino passato l’appetito!
~
Le
riunioni dei Prefetti se da un punto di vista formale potevano considerarsi
quanto di più noioso presente al mondo, in un’ottica macchiata di ottimismo
potevano contare sulla capacità di far saltare le lezioni ai suoi membri senza
nemmeno il bisogno di ingoiare qualche caramella di troppo acquistata ai Tiri
Vispi Weasley.
Ciò
nonostante quando Rose varcò la soglia dell’aula dei professori, stranamente in
anticipo, non ci trovava proprio nulla di positivo in quella sottospecie di
rimpatriata. Era così di malumore che avrebbe dato fuoco ai banchi se solo
avesse potuto. Ma non disdiceva neppure la remota possibilità di lanciare frecciatine
velenose nel bel mezzo dell’incontro con l’intento specifico di attaccare
briga.
In
ogni caso, se c’era una cosa che proprio non aveva voglia di fare, era perdere
un’inutile ora ad ascoltare gli sproloqui di Michael, spalleggiato dai
professori, circa l’importanza del loro compito nella scuola per poi giungere a
stabilire i vari turni e i compiti specifici soprattutto in vista della partita
di Quidditch del giorno dopo.
Tanto
più che la sua già effimera volontà di partecipare andò letteralmente a farsi
benedire quando, stupendola, la porta si aprì per rivelare con un insolito
anticipo niente meno che Scorpius Malfoy.
Da
anni che lo conosceva, difatti, il ragazzo non si era mai preso la briga –
nemmeno per sbaglio – di apparire in orario a quelle riunioni. Il più delle
volte erano costretti ad attenderlo per almeno cinque, dieci minuti – tra
l’altro, già lei faticava ad arrivare in orario, complici una serie di
avvenimenti contrari, perciò forse erano persino in più i minuti di attesa – e
a vedersi liquidare la cosa dallo stesso con quel suo incredibile sorriso
sfrontato. Poi senza mai una parola di scusa si apprestava a raggiungere il suo
posto sul fondo, attento ogni volta che le passava di fianco a rivolgerle
quello sguardo insolente capace di rovinarle irrimediabilmente la giornata.
Quel
giorno però no, il Lord aveva deciso non solo di presentarsi per tempo, ma
addirittura di aggiungerci qualche minuto di anticipo all’orario e di sedersi –
cosa ancor più anomala – nel banco vuoto accanto a lei.
“Buongiorno,
Weasley.” La salutò, con cipiglio da bastardo comprovato.
Rose
digrignò i denti: se avesse potuto, lo avrebbe steso lì su due piedi senza
pensarci.
-Lui non esiste. Non c’è. Non parlare
Rose, non dargli retta, non …-
“Che
problema hai, Malfoy?”
Troppo
tardi, la sua bocca aveva parlato per lei e i suoi occhi, infuocati,
continuavano ad emanare scintille al vetriolo nella direzione del ragazzo che,
sopracciglia inarcate, la fissava perplesso.
“Prego?”
“Non
fare il finto tonto, hai capito perfettamente a cosa mi riferisco!” Lo accusò
brusca Rose, per nulla dotata di un certo selfcontrol in quel momento.
Quella
sua faccia tosta la stava facendo imbestialire più del dovuto!
“Cos’è, non puoi avere me e ti rivendichi su
di lei?” Sbottò, incontenibile.
Scorpius,
sorriso alla mano, le rivolse un’occhiata fintamente confusa. “Di chi stiamo
parlando adesso?” Sospirò teatrale, quasi si fosse appena trovato di fronte ai
capricci di una bambina.
Il
nervosismo di Rose, se possibile, aumentò ancor di più fino a raggiungere
picchi sopraelevati. “Di mia cugina, Malfoy!”
“Lily?”
Azzardò il biondo: era troppo divertente farla infuriare.
“Dominique!” Gliel’aveva quasi gettato
addosso quel nome, fumante di collera a stento repressa e addio buone
intenzioni di rimanersene fuori.
“Oh,
lei.”
Rose
a quel punto avrebbe voluto urlargli addosso tutto il suo rancore e dirgli che
doveva starle lontano, perché era sua
cugina e lui non aveva alcun diritto di circuirla, ma proprio in quel momento
la porta si spalancò per permetterne l’accesso ad un esuberante Michael Grays,
impeccabile quando si trattava del suo lavoro da Caposcuola.
“Buongiorno
Rose!” Trillò, non appena la vide, rivolgendo solo un accenno del capo al
Prefetto di Serpeverde ed un’occhiata stupita nel notare la sua puntualità,
prima di sedersi dietro alla ragazza, visto che il suo solito posto era stato
occupato.
“Cattivo giorno Grays.” Fu il saluto che
Scorpius invece gli rivolse in un sussurro appena percettibile, ma lei era
troppo inviperita per udirlo e per accorgersi dell’improvviso irrigidimento del
ragazzo.
~
All’indomani
della riunione dei Prefetti, Albus non aveva dormito per niente quella notte,
con i sogni agitati e la voce martellante di Teddy a ripetergli la parola dimenticare come una nenia straziante.
Il risultato era stato che quando aveva messo piede fuori dal letto, era più
stanco della sera precedente e più provato di una vita intera. L’unica nota
positiva in tutta quella triste faccenda, era che perlomeno adesso poteva
parlare del suo … ehm, problema con
qualcuno.
A
tal proposito aveva giusto deciso di correre in Guferia prima dell’inizio della
partita per inviare la sua lettera al figlioccio di suo padre, uscendo dalla
Sala Grande volutamente prima di tutti onde evitare che Rose si offrisse come
accompagnatrice. Sarebbe stato quanto meno imbarazzante farsi accompagnare proprio
da lei ed era troppo di pessimo umore per aggiungervi del suo. Meglio solo e
con il proprio pessimismo, che lo stava consumando già da qualche giorno e più
precisamente da Natale.
“Al!”
Tutte
utopie le sue, come ovvio.
“Che
vuoi?” Sbottò scocciato il moro quando, voltandosi, si scontrò con l’azzurro
degli occhi di Hugo.
“Ehi,
ehi, nervosetto? Andiamo al campo insieme? O stavi andando da qualche parte?”
-Complimenti per la perspicacia!-
“Stavo
andando da qualche parte, veramente.” Rispose, burbero come non mai. “Perché?”
“Niente!”
Alzò le mani in segno di difesa Hugo, per nulla intimidito dal caratteraccio
che il cugino stava sfoderando. “Ti accompagno!”
“No,
lascia stare, andiamo al campo.” Cambiò idea Albus, che a rispondere ad altre
inutili domande sul motivo della sua missiva ci teneva ben poco, seguendolo
nella parte opposta dalla direzione originaria.
L’aria
era fredda, come da aspettativa, e il cielo plumbeo sembrava voler
preannunciare l’inizio di una tempesta.
Respirando
l’aria tagliente, i due ragazzi si accodarono al resto di studenti che aveva
cominciato a riversarsi sul campo da Quidditch pronti ad assistere ad una
presumibilmente spettacolare sfida Grifondoro contro Corvonero. Solo di
sfuggita Albus venne attraversato dall’idea che avrebbe dovuto giocare contro
Alicia, perché il pensiero che ci fosse stato anche Jason tra gli avversari
bastò a piombarlo nel più tetro sconforto. Doveva essere la sua giornata no, o
comunque qualcosa di molto vicino.
“Non
mi auguri un imbocca al lupo?”
Sicuro
di aver appena udito tra la calca la voce di sua sorella, il moro si voltò e fu
come ricevere una secchiata d’acqua ghiacciata in pieno viso quando si accorse
del coso che le stava aspirando via
la faccia.
“Lily!”
Tuonò, per nulla calmo, mentre si avvicinava a passo marziale al punto in cui
la ragazza sostava col suo accompagnatore.
Dietro
di lui Hugo, che non aveva potuto fare niente per impedire tutto quello,
impallidì precipitosamente.
“Al,
aspetta …” Tentò di farlo ragionare, afferrandolo per la maglietta da dietro
col rischio di strangolarlo, tutti sforzi comunque vani.
“Si
può sapere che storia è questa?” Sbottò il diciassettenne quando li ebbe
raggiunti, livido di rabbia e pronto ad aizzare una rissa se necessario.
“Lily!”
“Albus,
per favore …” Lo supplicò con lo sguardo la sorella, mentre faceva segno a
Julius di ripararsi dietro di lei, cosa che però lui non sembrò capire
rimanendo invece impalato al suo posto.
“Lily,
ti stava mangiando!” Esclamò scandalizzato Albus, incurante delle proteste e
accennando con l’indice destro, senza mezzi termini, al biondino di fianco.
“Non
dire sciocchezze, non mi stava mangiando!” Corse subito in difesa del suo
fidanzato lei, salvo poi mordersi insicura un labbro con gli incisivi. “Posso
spiegarti.”
“Tu
lo sapevi?”
Sentendosi
tirare in ballo così di punto in bianco, Hugo avvampò fino all’inverosimile.
“Io … ecco … in realtà …”
“Oh,
ma bene, sono l’ultimo a saperlo, non è così? Scommetto che anche James lo sa!”
“Gliel’ho
detto solo ieri mattina!” Si difese prontamente Lily, desiderando di poter
sprofondare all’occhiataccia che lui le lanciò in cambio.
“A
me invece quando pensavi di dirlo?! Al matrimonio?”
“Forse
potremmo-”
“Zitto
tu!”
“Al!
Non parlare così a Julius!”
Per
un istante i due fratelli Potter si guardarono con tale accanimento, che Hugo e
Julius ebbero paura fossero sul punto di sbranarsi a vicenda. Poi, però,
inaspettatamente fu Albus il primo a cedere. Retrocesse di un passo e si passò avvilito
una mano nei capelli, scombinandoli.
“Bene,
ho capito l’antifona.” Proclamò. “Credevate che io non potevo capirlo, vero?
Che non sono abbastanza maturo da
sopportare l’idea della mia sorellina con un ragazzo, giusto? Grazie, grazie
tante per la fiducia! E non state lì a scomodarvi, non ho bisogno di
spiegazioni!”
Così
dicendo, con una furia omicida disegnata negli occhi da riuscire a spaventare
chiunque, Albus si allontanò a grandi falcate da loro pronto a raggiungere lo
spogliatoio sotto gli sguardi basiti degli altri tre.
“Lily
…” Il primo a riscuotersi alla fine fu Julius, gentile e premuroso mentre
poggiava una mano in segno di conforto sulla spalla della ragazza.
La
rossa tirò su col naso, sforzandosi di ricacciare indietro le lacrime e
sorridendo forzatamente. “Va tutto bene, sto bene.” Lo rassicurò, o almeno
sperò di risultare tale, per quanto l’occhiata scettica del Tassorosso lasciava
ben poco spazio a farsi idealismi.
“Ci
parlo io.” Si offrì subito Hugo, in parte preda di attanaglianti sensi di colpa
per come si era comportato col cugino.
“No.”
Lily tuttavia scosse il capo, contraria. “Conosco mio fratello, sarebbe inutile
parlargli adesso.”
“Perciò
che si fa?” Come suo padre, proprio non sapeva resistere all’inerzia.
Lei
sospirò. “Aspettiamo, Hugo. Aspettiamo.”
~
“Al
…”
“Forza
ragazzi, è ora di scendere in campo!” Per quanto la vocina di Lily lasciasse
intendere il suo malore per come si stavano evolvendo le cose, Albus non aveva
la benché minima intenzione di risparmiarsi con lei.
Non
era abbastanza maturo? Bene, si
sarebbe comportato da tale. Da immaturi? Meglio.
“Albus
…” Provò ancora la ragazza, disperata nel vano tentativo di riuscire a
parlargli.
Aveva
deciso di aspettare la fine della partita per quello, tuttavia vedendolo in
quello stato, così adombrato e schivo, proprio non ce l’aveva fatta a resistere
alla tentazione di avvicinarlo. Tutte cose che a quanto pareva non trovavano
riscontro con la realtà. Suo fratello sapeva essere accondiscendente e dolce,
ma quando s’impuntava era persino peggio di James.
“Che
succede?” Incuriosita Roxanne si era avvicinata alla cugina che, in una nuvola
di sospiri, aveva scosso la testa.
“Sono
una cretina.” Rispose, prima di afferrare il suo manico di scopa e raggiungere
il resto delle fila, accanto a Hugo.
“Gli
hai parlato?”
“Magari.”
Fu la laconica risposta di Lily alla domanda del coetaneo, appena udibile sotto
le parole feroci che Albus sbraitava ai suoi compagni in qualità di Capitano,
incurante delle loro occhiate perplesse.
Hugo
avrebbe voluto rassicurarla che gli sarebbe passata, prima o poi, tuttavia
vedendolo impartire ordini a destra e a manca non se la sentiva di essere tanto
ottimista sulla faccenda e perciò lasciò stare.
Dopo
le ultime parole del caso, Albus guidò la sua squadra sul campo da Quidditch,
attorno al quale intanto si era adunata l’intera scolaresca, professori
inclusi.
Madama
Bumb li aspettava al centro e i Corvonero, usciti da poco, si erano già
disposti in fila indiana pronti a cominciare.
“Voglio
una partita pulita.” Esordì puntualmente l’insegnante che in quell’ottica
fungeva da arbitro, gettando occhiate significative ad entrambe i capitani che
annuirono.
Dietro
di lui Lily sospirava affranta, ma Albus non le diede peso. In quel momento il
suo cervello navigava in un’unica direzione e nemmeno il saluto discreto di
Alicia, seminascosta dietro Jason, riuscì a ridargli una vena di buonumore.
Vedendo il Battitore, difatti, la sua insoddisfazione crebbe a dismisura al
punto tale che, quando il gioco iniziò, si fiondò sulla scopa e non guardò più
in faccia nessuno.
Ogni
muscolo del suo corpo era rigido e attento ad ogni minimo movimento, mentre con
occhi vigili sovrastava il campo alla ricerca del Boccino. Sembrava che la sua
scopa avesse messo il turbo vista la velocità di crociera, ma non se ne curò.
La sensazione del vento sul viso a schiaffeggiarlo riusciva in qualche modo a
riscuoterlo, diminuendo almeno in parte il suo malumore.
Si
concesse solo qualche istante per guardare la partita, considerando anche il
fatto che il Cacciatore della squadra avversaria sostava nelle sue condizioni,
e si accorse con un certo stupore della splendida partita in atto. Jason aveva
appena salvato Alicia da un Bolide – la cosa gli provocò uno strano prurito
alle mani, che tuttavia ignorò deliberatamente – mentre Roxanne marcava a uomo
uno dei Cacciatori opposti. Sugli spalti un coro di approvazione si levava da
entrambe le fasce, sovrastando in parte la voce dello speaker.
Poi
lo vide e, proprio mentre Lily recuperava la Pluffa dalle mani di Alicia sotto
le incitazioni di giubilo dei Grifondoro, Albus scese in picchiata
all’inseguimento del Boccino.
~
“Forza
ragazzi!” Dominique si unì al coro di Grifondoro, prima di riprendere posto
accanto a Rose con un movimento che fece voltare in contemporanea tre ragazzi
dalla loro parte. “Stanno giocando proprio bene oggi.” Commentò poi, la voce di
nuovo distaccata, come se la cosa ad un tratto non fosse poi così rilevante.
“Già.”
Sbruffò la castana per tutta risposta, depressa.
Come
aveva potuto essere tanto illusa? Al punto da convincersi che lei potesse
piacere proprio a lui, il viveur per eccellenza … Che stupida, era ovvia
l’impossibilità della cosa: lei era Rose Weasley! Era scialba, trascurata e una
bellezza che rasentava lo zero assoluto. Mentre lui, al di là di tutto,
rimaneva pur sempre il ragazzo più corteggiato della scuola, con uno charme e
un aplomb da far invidia a chiunque.
Inoltre,
a dirla tutta, Dominique era perfetta per lui. Stessi capelli biondi, stessa sicurezza,
stesso fascino innato … Che sperava da buona stupida?
“A
che pensi?” La domanda della cugina la costrinse a scivolare via dal fiume di
negatività che avevano intrapreso i suoi pensieri.
“A
niente d’importante.” Scosse il capo, adombrata. “Come stiamo andando?”
“Attualmente
stiamo sotto di dieci. È una partita molto combattuta.”
“Uhm.”
Sospirò solo Rose, catapultandosi di nuovo nel suo mondo speciale.
Non
aveva più avuto modo di parlare con lui
dopo il fatidico incontro del giorno prima, ragion per cui sentiva di avere
ancora parecchi argomenti da sfruttare a proprio vantaggio e molte domande a
cui dare una risposta. Inoltre, cosa peggiore, era la sua inspiegabile reazione
dinanzi a tutto quello. Avrebbe dovuto fregarsene altamente e non stare lì a
rimuginare sul motivo per cui Scorpius sembrasse all’improvviso tanto
interessato a Dominique, su come la cosa la seccasse e sul tentativo di far
scambiare la cosa come semplice preoccupazione per la cugina.
Ad
aggiungersi a tutto ciò, c’era Michael che, neanche a dirlo, aveva insistito
per sedersi accanto a lei.
“I
Corvonero giocano obiettivamente bene, ma credo che i Grifondoro possano
vincere la partita.” Stava difatti dicendo, stimando le due squadre con aria
critica. “Magari se mettessero …”
-Bla, bla, bla.- Non aveva voglia di sorbirsi le sue
chiacchiere. Non aveva voglia neppure di assistere al gioco, figurarsi per
quello. Tutta quella gente la stava facendo sfibrare e la voce di Michael la
opprimeva oltre ogni previsione.
All’improvviso,
proprio mentre Lily centrava uno degli anelli facendo punto, Rose si accorse di
aver raggiunto il livello limite prima di esplodere. Le voci, le urla, la gente
… stare così a stretto contatto … Basta! Non ce la faceva più, sarebbe morta se
avesse continuato a rimanersene lì dentro. Perché o stava per avere una crisi
isterica, o stava per avere un infarto.
“Rosie,
ma dove vai?” Chiese Dominique confusa quando la vide alzarsi.
“Vengo
subito.” Si dileguò in un istante la castana, ben sapendo che probabilmente non
sarebbe ritornata per molto, molto
tempo.
“Ma-”
Provò a ribattere Michael, che ci era rimasto visibilmente male della cosa,
tuttavia la ragazza non gli diede il tempo di dire alcunché che era già
scivolata via.
Zigzagò
tra la calca con aria truce, attenta a non sfiorare nessuno per la loro
incolumità fisica, perché in quello stato era certa avrebbe aggredito chiunque
avesse osato rimproverarle qualcosa, e si fermò solo quando il campo fu
abbastanza lontano da avere le voci attutite.
Quindi,
sola, si fermò e trasse un profondo respiro col preciso intento di calmarsi.
Stava quasi per riuscirci, sennonché le parve di scorgere una capigliatura
familiare seduta sulle sponde del Lago Nero e, senza pensarci su troppo, si
affrettò in quella direzione.
Il
cuore le martellava nel petto e nelle orecchie, e di sicuro stava rischiando
una morte per iperventilazione, cose che comunque ignorò.
Scorpius
era lì e la tentazione di continuare la conversazione del giorno precedente era
troppo realistica per ignorarla.
Così,
con ancora qualche falcata, raggiunse la quercia secolare e lì sì piazzò, a
pochi passi da lui.
“Malfoy.”
~
“Dov’è
che è andato Scorpius?”
Alla
domanda, Edmund scrollò le spalle, impassibile. “Ha detto che non gli andava di
seguire la partita.”
“Però
è strano.” Non poté fare a meno di notare Ottavius, pensieroso. “Magari è solo
di umore cattivo.”
Nott
avrebbe detto nero, tuttavia tenne
per sé l’osservazione per concentrarsi sulla partita. O almeno era quella la
sua intenzione, se solo l’altro glielo avesse permesso. Ma Higgs quel giorno
era in vena di chiacchiere; come sempre del resto.
“Hai
notato che Potter sembra un tantino incazzato oggi? Chissà che gli è successo …
Tu che ne dici Ed?”
“Che
non sono affari miei.”
Ottavius
sogghignò. “Un giorno o l’altro mi rimbambirai con tutte le tue chiacchiere!”
“Ci
pensi benissimo già da te.” Fu la lapidaria sentenza di Edmund, più assente del
solito quel giorno.
In
verità stava pensando a Scorpius e a tutta la faccenda che aveva captato da
solo. Per quanto la cosa potesse risultare se non ridicola, quantomeno
impossibile, il suo migliore amico doveva essersi preso una cotta per la
Weasley. O qualcosa di molto simile. Era sfuggente e impenetrabile peggio del
solito, oltre che pensieroso. Da quando erano tornati ad Hogwarts, poi, dopo la
parentesi natalizia, non passava giorno senza che fosse di cattivo umore. E poi
c’era la bionda, Dominique Weasley, che all’improvviso sembrava essere
diventata motivo di interesse per Scorpius.
Se
solo Edmund non avesse notato le occhiate lascive che poi il ragazzo lanciava
alla Caposcuola …
Un
gran bel grattacapo, non c’era che dire. Per di più c’era la spiacevole
sensazione che le sue parole verso la Weasley non avessero poi sortito tutto
l’effetto sperato. In una folgorazione brillante, il ragazzo si accorse che
doveva fare qualcosa prima che fosse troppo tardi e, con sua somma
soddisfazione, sapeva anche cosa.
“Chissà
come fanno le ragazze a correrti dietro …” La buttò fuori quasi per caso e
Ottavius sembrò abboccare alla perfezione, ignaro del piano geniale alle sue
spalle.
“Che
vuoi che ti dica … Ho un fascino irresistibile.” Sorrise saggiamente il
castano, malizioso.
Edmund
per tutta risposta fece una smorfia. “Che a volte fa cilecca a quanto pare.”
“In
che senso?” Ottavius era curioso adesso, segno evidente che c’era cascato con
tutte le scarpe nelle mani manipolatrici dell’amico.
“Nel
senso che a quanto mi risulta, ce ne sarà sempre una a cui non interessi.”
L’altro
ci pensò su per qualche istante, prima di capire. “Ti riferisci alla Weasley?
Mi sembrava di averti già detto che me la porto a letto quando e come voglio.”
“Mi
sembrava di averti già risposto che una cosa del genere potrà avverarsi solo ed
esclusivamente nei tuoi sogni.” Ribatté sulla stessa scia anche Edmund, con un
sorriso indecifrabile ad intaccargli un’espressione altresì ieratica.
“Vuoi
scommettere?” Le parole di Ottavius furono, senza che lui lo sapesse, la degna
fine di tutto quel siparietto.
Nott
sorrise, spietato: era sin troppo facile.
~
“Malfoy.”
Per
quanto Rose si fosse sforzata di apparire dura, nel pronunciare quel nome la
voce le si era incrinata notevolmente. Si diede della stupida e si sforzò di
restare nella sua severità. Lui, intanto, continuava a darle le spalle quasi
non l’avesse neppure udita.
“Non
abbiamo finito di parlare.” Continuò, decisa.
Scorpius
a quel punto sospirò, le braccia poggiate pesantemente sulle ginocchia piegate
e lo sguardo grigio che abbracciava lo specchio d’acqua. “Và a vedere la
partita, Weasley.”
Come
ovvio, l’affermazione bastò a farla innervosire. “Non dirmi cosa devo o non
devo fare!” Blaterò, rossissima.
“Non
ho voglia di litigare con te.” Ribatté lui con voce strascicata, resa pesante
dall’aria mogia che gli aleggiava attorno.
Il
commento, tuttavia, anziché calmarla la fece irritare ancora di più. “Oh, ma
certo, sua maestà non ha voglia! Poveri noi plebei, non è vero?!”
“Rose
…”
Stavolta
non poté fare a meno di notare la nota quasi depressa adottata da Scorpius e il
cuore, che aveva mancato un battito all’udire il proprio nome dalle sue labbra,
fremette nell’accorgersi di quell’ulteriore piccolo dettaglio. Si sentiva molto
un’idiota in quel momento e sì, drammaticamente fuori posto. Che le era saltato
in mente di fare? Non era da lei tutto quello. Non era nemmeno sicura di avere
tutti quei diritti ad arrabbiarsi con lui solo perché …
Già,
perché … cosa? Perché non la
bistrattava? Perché si interessava a Dominique? Perché non le dava la caccia
come sperato? O perché si era arreso tanto facilmente al suo no?
“Puoi
uscire con Dominique se … se vuoi.” Deglutì; dire quelle parole le costava più
fatica e più dolore di quanto se ne sarebbe mai aspettata. “Non te lo
impedirò.”
E
allora perché il suo cuore le stava dando della pazza? Perché bruciava tanto?
Perché il pensiero era così insopportabile?
-Ma è giusto così, Rose.-
Tentò di convincersi, le lacrime che le pizzicano gli occhi. –Lo sai anche tu, di non avere chance. Non è
alla tua portata, Nott ha ragione. Fattene una ragione … Avanti, Rose …-
Stava
per girarsi ed andarsene, salvaguardando così quel briciolo di dignità
rimastale ed impedendosi di modo di piangere avanti a lui, quando con un
respiro profondo lo sentì parlare e proprio non riuscì a muoversi dopo.
“Non
voglio uscire con Dominique. Voglio uscire con te.”
“Oh.”
Il fiato le rimase in gola, serrato, soffocandola quasi.
Che
significava? Forse non aveva sentito bene. Davvero lui …?
“C-
Che vuoi dire?” Balbettò, confusa ed impacciata come non mai, ritrovando una
voce che stentò a riconoscere comunque.
Scorpius
si passò una mano tra i capelli, prima di risponderle con quel suo nuovo tono
stanco. “Che mi interessi tu, Weasley, non tua cugina.”
La
stava prendendo in giro? Si guardò attorno, ma non c’erano tracce né di Edmund
né di Ottavius. Stava sognando dunque?
“Io?” Ripeté, in un filo di voce appena
percettibile.
“Tu,
Rose Weasley.” Sbuffò lui, esasperato da quella sua ingenuità. “Devo dirtelo
con lo spelling?”
Ignorando
la sua battutina, Rose si sforzò di concentrarsi sulla parte iniziale del discorso.
Quindi … gli interessava? Ma Edmund Nott aveva detto che …
“Non
posso interessarti!” Esclamò, quasi si fosse trattata della cosa più ovvia del
mondo.
Per
tutta risposta Scorpius balzò in piedi, scocciato. “E invece sì, puoi, perché è
così, Weasley. Fattene una ragione.”
Diavolo,
lui faceva l’onesto e lei si permetteva di essere tarda?! Al diavolo, quella
ragazza lo avrebbe indotto al manicomio! Lo stava facendo impazzire con quel
suo caratteraccio instabile!
“Anche
tu.”
Cosa?
Aveva parlato? Per la prima volta da quando era iniziata quella specie di
discussione, Scorpius si voltò a fronteggiarla stupendosi di scorgerla rossa e
tremante quasi avesse appena compiuto uno sforzo sovraumano.
“Anche
io … cosa?”
“La
domanda di ieri.” Deglutì nervosamente lei, torturandosi le mani. “Anche tu.”
Oh
bene, e lui avrebbe dovuto capire a cosa si stava riferendo?! Okay, adesso era
lui che iniziava ad innervosirsi sul serio. Di che avevano parlato …?
Ah.
“Ti
sono mancato?” Ripeté accigliato, con una voce piatta che mal si adattava al
suo stato d’animo.
Rose
annuì, imbarazzatissima. “Sì. Ti ho … ti ho detto una bugia.” Confessò, come se
la cosa non fosse stata evidente.
“Certo, Weasley, che mi hai detto una
bugia.” Rimarcò difatti Scorpius; ora era lui a fare il sostenuto.
Lei
si mordicchiò il labbro, nervosa, guardando un po’ tutto meno che nella sua
direzione. “Da- Davvero ti interesso?” Domandò di nuovo, per averne ancora una
volta conferma.
Scorpius
sbuffò. “Devo scrivertelo su carta bollata?!”
Dopodiché
successe qualcosa, qualcosa che scacciò via anche il suo malumore: Rose
sorrise. Non un sorriso blando, ma uno disarmante, luminoso, ed era rivolto a lui. Non a quel vermicolo di Grays, no,
a lui, Scorpius Hyperion Malfoy. E ancora qualcosa di stupefacente, perché lei
si avvicinò con un incedere incerto, d’accordo, ma pur sempre sorridendo e,
raggiungendolo, gli si parò dinanzi.
“Anche
tu.” Ripeté, rispondendo però ad un’altra domanda, con gli occhi che
scintillavano tanto erano raggianti.
Stano,
non ci aveva mai fatto caso prima o non aveva voluto farci caso, eppure adesso
che lo diceva sebbene in modo velato si accorse di quanto veritiere fossero le
sue parole.
Miseriaccia:
lui le piaceva! Scorpius! Come aveva fatto a non capirlo prima?!
Ma
Rose non era l’unica stupita tra i due, perché lui lo era tanto quanto lei.
Tuttavia Scorpius era troppo disinvolto in quel genere di cose e, nonostante un
vago stupore ancora in circolo, non se lo fece ripetere due volte ad accogliere
il tacito invito. Con una mano le agguantò dolcemente un fianco, mentre con
l’altra si premurò di scostarle una ciocca di capelli dal viso.
La
sentì rabbrividire sotto il suo tocco e si chiese il motivo per cui avesse
aspettato tanto a farlo, lui che prendeva sempre tutto senza chiedere mai.
Poi
… poi la baciò, come non desiderava altro da quella festa, e forse anche da
prima, solo che lei non si ritrasse stavolta.
N/A
Innanzitutto scusate per
l’enorme ritardo con cui posto il capitolo. Il fatto è che sono rimasta
praticamente senza internet per una settimana e sono riuscita a ripristinare la
connessione solo oggi, ecco perché sono saltati un po’ tutti gli aggiornamenti.
Scusatemi ancora, ma tranquilli: sono ancora qui! XD
Per farmi perdonare,
credo che questo capitolo parli da sé. Finalmente
Scorpius e Rose. È proprio il caso di dirlo … o no? ^.-
Devo fare peso sulla
vostra magnanimità anche per quanto riguarda le risposte alle recensioni … devo
scappare, per me il sabato è una giornata caotica a mille e perciò non riesco a
rispondervi come si deve ad uno ad uno, con mio enorme dispiacere. Ma mi
dispiaceva di più non postare e lasciarvi ancora qualche giorno in attesa. Comunque
vorrei ringraziare tutte le splendide dodici persone che hanno recensito lo
scorso capitolo. *-* In particolare un grazie
enorme và a Aurora_Cullen, ValyBrick, Sae (tex!), HighwayFairy,
hermione12, lollypuwerpuffgirl, mAdwOrLd,
TittiGranger, _crazygirl, altovoltaggio,
MollY_gIaDa e iceathena.
Grazie davvero, di cuore, per il supporto costante che continuate ad offrirmi. Ne
sono onorata, sul serio, e spero che un giorno anche tutte le altre persone che
leggono, o hanno inserito la storia tra i preferiti/seguiti mi faranno sapere
cosa ne pensano davvero di questa storia.
Adesso devo proprio
andare, purtroppo.
Al prossimo
aggiornamento, che vedrò di postare prima per farmi perdonare la lunga attesa!
Baciare
Scorpius era strano. Era veramente
strano. Rose non avrebbe saputo definirlo con esattezza, anche se era certa che
fosse una cosa molto positiva.
Sebbene
non fosse la prima volta che lui la baciasse, stavolta a differenza delle prime
due c’era la consapevolezza di ciò che stava accadendo. Perché non era soltanto
una questione di tecnica – cosa che tra l’altro lui sembrava possedere
magistralmente – quanto più un fattore di fiducia. Sapere che poteva chiudere
gli occhi e lasciarsi andare del tutto a ciò che stava provando, senza timore
che l’altro la prendesse in giro o peggio la abbandonasse, era impagabile.
Il
che era assurdo: Rose non sapeva neppure di fidarsi così tanto di lui …
Intanto
la mano di Scorpius continuava a sostenerla per l’anca, dovendo il ragazzo
abbassarsi non poco per colmare quei venti centimetri e passa di differenza e
raggiungere le sue labbra carminio. Con l’altra mano, invece, giocava
insaziabile con i suoi capelli, seguendone le incurvature naturali e
soffermandosi solo di tanto in tanto su qualche inanellamento particolare. Era
così dolcemente sfrontato, che non riusciva a reprimere tanti piccoli brividi;
era certa di non aver mai provato in vita sua nulla di simile.
Beh,
non che comunque avesse poi avuto tutti questi ragazzi, s’intende. C’era stato
quel flirt al quarto anno e un bacio il seguente, ma niente più di quello. Sempre
troppo ripiegata sui suoi amati libri o indaffarata con i suoi numerosi compiti
per dedicare attenzioni anche ai ragazzi, Albus glielo ripeteva in
continuazione. Eppure Rose era certa che un baciatore migliore di Scorpius, se
non impossibile da trovare, era quantomeno difficile.
Adesso
riusciva a capire perché si ritrovava quella fila di fan alle costole …
“Weasley,
così mi soffochi.” Glielo sussurrò sulle labbra in un sorriso malizioso, che la
fece ridere come mai aveva fatto al suo cospetto.
“Non
ti facevo così delicato, Malfoy!” Lo prese in giro, senza staccarsi dal suo
abbraccio.
Scorpius
la teneva ancora stretta a sé e non sembrava avere alcuna intenzione di
liberarla, né lei bramava a tanto, al contrario. Le piaceva il sapore agrodolce
delle sue labbra e la sensazione di calore dettata dal respiro sulla sua pelle.
Le piaceva persino il modo in cui la teneva legata a sé, come se fosse stata sua e di nessun altro, anche se
probabilmente un tempo avrebbe odiato quella possessività intrinseca.
“Sei
tu che sei assatanata.”
“Ehi!”
Rose gli pizzicò il braccio, offesa, e Scorpius si sciolse in una risata un po’
fredda forse, ma dal tono allegro in grado di farle ritornare all’istante il
buonumore.
Poi
la baciò di nuovo, piegandosi ancora su di lei, e ancora, ancora, ancora senza
esserne mai sazio ed interrompendosi solo quando lei scostò appena il capo, per
impedirgli di farlo di nuovo.
“Dobbiamo
andare adesso.” Sentenziò, con quella sua innata tendenza alla diligenza,
conscia della partita che si stava giocando non molto lontano da loro.
“Sei
sicura?” Le domandò lascivo Scorpius, che in mancanza delle labbra aveva preso
a baciarle il brandello di parte scoperta del collo.
Rose
ridacchiò: il respiro di lui le faceva il solletico. “Dobbiamo davvero.” Ripeté, impeccabile nel
rispettare i propri doveri.
“Sei
pedante.” La ammonì, staccandosi dal suo operato soltanto pochi attimi.
“Forse.”
Concesse. “Ma questo non cambia le carte in tavola.”
“E
sei noiosa.” Aggiunse allora Scorpius, ghignando quando poi la vide corrucciarsi.
“E
tu sei maleducato!” Lo rimbeccò, inacidita, salvo sorridere sulle labbra di lui
quando la ribaciò.
“Ma
so farmi perdonare.” Osservò poco dopo il ragazzo, separandosi da lei e
riaprendo gli occhi per immergersi in quell’oceano di terra bruciata.
Rose
fece una smorfia incomprensibile, stando al gioco. “Uhm, posso concedertelo.”
Rispose quindi, per poi allontanarlo da sé quel tanto che bastava per
costringerlo a sciogliere l’abbraccio.
“Sei
davvero testarda, Weasley.” Notò con un certo disappunto Scorpius, che avrebbe
preferito riprendere da dove era appena stato interrotto piuttosto che
ritornare alla partita.
“Credo
che lo prenderò per un complimento.” Sentenziò la ragazza, dopo aver ponderato
per bene la questione, per poi accigliarsi. “Sei sicuro che ti interesso?”
La
domanda, nata con tanta genuina spontaneità, lo fece sorridere. “Hai intenzione
di continuare con questa cantilena ancora per molto o pensi di riuscire a
credermi un giorno?!”
Rose
arrossì, piccata. “N- Non è questo, sono solo …”
-Edmund era così sicuro …-
Scosse il capo al pensiero, decisa a scacciare via ogni dubbio possibile.
Quella intrecciata alla sua era la mano di Scorpius, no? Che senso aveva stare
lì a rimuginare su quanto detto o fatto?! Ora che si sentiva così felice, poi …
“Sei
solo … cosa?”
“Niente.”
Scosse il capo, intenzionata a far cadere il discorso in una nuvola d’oblio.
Scorpius
la fissò per un momento come se la stesse analizzando, prima di sospirare. “Sei
stramba, Weasley.”
“Oh,
ti prego, continua pure con tutti questi elogi!” Rose in risposta alzò gli
occhi al cielo, esasperata da quel suo carattere da orso bruno, facendolo
sghignazzare.
La
tirò a sé attraverso la presa delle mani e, in un istante, le sue labbra si
erano appropriate per l’ennesima volta di quelle calde e zuccherine di lei. Per
quante ragazze avesse baciato, era certo di non aver mai trovato altrove un
sapore simile a quello di Rose. Una specie di droga, a cui richiedeva altra
dose, in un circolo vizioso e interminabile.
“Scorpius?”
Lo richiamò lei sulle sue labbra.
Il
ragazzo sorrise sibillino. “Siamo ritornati al nome adesso?”
Rose
a quelle parole arrossì, borbottando qualcosa d’incomprensibile, prima di
guardarlo negli occhi con aria incerta. “Sei veramente sicuro?”
“Sì,
Weasley.” Sospirò Scorpius, leggermente esasperato. “Sono veramente sicuro. Ti basta come risposta?”
Lei
vi rifletté sopra per un poco, prima di sorridere ed annuire, costringendolo a
seguirlo sulla zona Quidditch senza dire una parola, con le dita intrecciate
nelle sue in un modo così spontaneo da apparire naturale, semplice.
~
Il
Boccino volava rapido ad un palmo dal suo naso, costringendolo ad aumentare
l’andatura della sua scopa a livelli vertiginosi. Dal fondo del campo, la
pallina dotata di ali si era spostata sulla zona più alta e tortuosa,
zigzagando tra i pali delle porte di Corvonero e costringendo così Albus a
cimentarsi in una serie di giravolte pericolose al quale tuttavia non badò
affatto. Era così concentrato sul tentativo di acciuffarlo, che non gli importava
di niente e persino la partita sopra la sua testa aveva assunto un ruolo
marginale.
L’unico
giocatore di cui si preoccupava in quel momento, era il Cercatore della squadra
avversaria, anche lui sulle tracce del Boccino. In quel momento difatti il ragazzo
gli volava ostinatamente di fianco, pronto ad agguantare la preda alla prima
occasione propizia. Cosa che fece infuriare il Grifondoro ancor più di quanto
già non lo fosse di suo, considerato che era stato lui a trovarlo.
Aveva
appena deciso di provare con una finta ad effetto quando il Boccino cambiò
radicalmente rotta piazzandosi sopra le loro teste.
Con
una virata a novanta gradi, Albus fu costretto a volare contro vento e ad
intrufolarsi, allo stesso tempo, nella partita ancora in atto. Per un soffio
mancò Roxanne e un Bolide gli passò minaccioso accanto rischiando di prenderlo
in pieno, se solo non avesse avuto ottimi riflessi per scansarlo. Intanto la
scopa ne acquisiva di velocità in maniera sorprendente e, nonostante il vento a
sferzargli il viso, il moro si costrinse a non mollare, incurante del resto.
Con
la coda dell’occhio, si accorse che l’altro Cercatore volava nella sua
direzione solo spostato verso sinistra e all’istante decise di approfittare del
leggero vantaggio per tentare il tutto per tutto. Diede un colpo di reni e
costrinse il velivolo a seguire i suoi folli piani raggiungendo una celerità
sempre più preoccupante che fece trattenere il respiro a molti, Lily inclusa,
ferma al centro del campo giusto l’attimo prima di ritornare sulle tracce della
Pluffa.
Il
nervosismo non gli era affatto passato e anzi, vedendola così preoccupata per
lui, Albus si ritenne in dovere di fare ancora più lo sventurato. Dopotutto era
un immaturo, no? Perché preoccuparsi tanto allora?
“Vai
bella, vai.” Sussurrò alla sua scopa, che quasi avesse udito il suo richiamo si
lanciò all’inseguimento del Boccino, mulinando verso destra per seguire la scia
lasciata dalla sfera svolazzante.
Fu
questioni di attimi quello che successe in seguito.
Il
Cercatore di Corvonero gli stava alle calcagna e la sua scopa cozzava contro la
propria infierendo sull’equilibrio, ma ciò nonostante gli occhi verdi di Albus
erano proiettati ancora sul Boccino che, impossibilitato ad andare più veloce,
appariva ad un passo da lui. Diede una sterzata e, tagliando la strada
all’avversario anche piuttosto slealmente invero, si piazzò di fianco alla
bilia. Allungò un mano, mantenendo solo con l’altra il manico che diede in
un’altra oscillazione, e protese il busto verso destra per facilitarsi il
compito. Percepì il solletico delle ali sulla sua mano e istintivamente chiuse
il pugno, sorridendo trionfante nel sentire la pallina protestare nella sua
stretta.
Stava
per urlare qualcosa in merito alla sua vittoria quando si accorse di un
dettaglio: perché nessuno gioiva?! Ma la risposta non gli arrivò mai perché,
rimettendosi in posizione eretta e guardando dinanzi a sé, Albus si accorse con
un groppo in gola di essere in rotta di collisione con un palo. Con tutta la
sua forza, arrischiò una virata in extremis in grado di salvargli la scopa, ma
non la spalla che, all’urto violentissimo, emise un sinistro crack.
Il
dolore lo annebbiò così all’improvviso e talmente brutale che dovette chiudere
gli occhi acquosi di lacrime nate spontanee, incurante della scopa che perdeva
progressivamente velocità fino a cadere inerme sul selciato, portandosi con sé
anche un sofferente Albus. Scivolò di lato e la spalla gemette quando,
inavvertitamente, vi cadde proprio sopra. Quello che successe dopo, fu una
serie di urla e di fiati sospesi, di teste che si affacciavano a controllare
come stesse e di domande indistinte, prima che qualcuno lo agguantasse per le
ascelle e lo costringesse suo malgrado a tirarsi su.
~
“Che
succede?” Rose gettò occhiate apprensive in direzione di Scorpius, ormai ad un
passo dalla zona Quidditch, in cerca di una risposta capace di placare la sua
preoccupazione.
Ma
il ragazzo scrollò le spalle, ignaro tanto quanto lei, e stringendole la mano
la trascinò con sé verso il campo per appurare l’accaduto.
Molti
studenti erano scesi dalle gratinate per correre ad aggiungersi al gruppetto
disposto a cerchio. Scorpius fu molto sorpreso di notare che i giocatori erano
tutti scesi dalle loro scope, tuttavia non lo disse a Rose per evitare che lei
si allarmasse. Aveva un brutto presentimento che l’orda di folla contribuiva ad
ingigantire.
“Non
posso crederci!” Gridava qualcuno.
“Si
è schiantato contro il pilastro!”
“Deve
essersi fatto male, poverino!”
I
due ragazzi a quelle parole si gettarono un’occhiata complice, facendosi poi
largo tra la calca dominati dallo stesso istinto inquieto.
“Oddio
Rose!” Qualcuno le si buttò tra le braccia e solo poco dopo, stordita, la
castana si accorse che era la cugina più piccola.
“Lucy,
ma che …?”
“Albus!”
Piagnucolò la ragazzina, tirando su col naso senza accorgersi che intanto Rose
era divenuta una statua di ghiaccio.
-Al!- Il
cervello trillò da solo, costringendola a svincolarsi dall’abbraccio di Lucy e
dalla stretta di Scorpius per gettarsi a capofitto tra gli altri studenti.
Distinse appena Dominique pallida e impaurita, ma fu solo quando vide suo
cugino che il cuore smise di batterle nel petto.
Albus
era steso a terra, gemente e disarmato, reggendosi con una mano una spalla e
con l’altra il Boccino che non si decideva a liberare.
“Albus!”
Rose gli corse incontro e si gettò di fianco a Lily che singhiozzava per la
paura.
“Fate
passare!” Stava nel frattempo urlando Madama Bumb, nel proposito di aiutare
Madama Chips a raggiungere il ragazzo.
Qualcuno
– che Rose riconobbe solo dopo come Jason, uno dei Battitori di Corvonero –
afferrò Albus e lo mise su in piedi a forza, per poi venire immediatamente
aiutato da Hugo, rimasto fino a quel momento impalato in disparte.
“È
tutta colpa mia.” Singhiozzò Lily alla sua destra, mentre Madama Chips offriva
i primi soccorsi al fratello. “Sono una cretina … Povero Al …”
“Lily.”
Intenerita dalle sue parole e ancora stordite dal turbinio di chiacchiere, Rose
si voltò verso di lei per capirci qualcosa. “Ma che dici?”
“Tu
non capisci, Rose. È stata colpa mia!” Ripeté per l’ennesima volta la rossa,
buttandosi tra le braccia della diciassettenne intanto che Albus veniva
trasportato in infermeria.
“Non
capisco. In che modo dovrebbe essere colpa tua?”
Lily
la strinse forte, affogando il respiro in un altro singhiozzo isterico. “Ha
scoperto tutto!”
Il
fiato le si gelò nel petto. Come era possibile? Era appena successo e non-
“Ce
l’ha con me, Rosie … con me e con Julius!”
Ah.
La
castana non poté impedirsi, nonostante tutto, un sospiro di sollievo a quelle
parole. Salvo poi darsi della stupida e logorarsi nei sensi di colpa. Ma dove
era lei quando ce n’era bisogno?!
“Si
sistemerà tutto Lily, vedrai.” Cercò di rassicurarla, lisciandole i capelli
amaranti con affetto fraterno, sebbene i suoi occhi stavano già vagando
altrove, soffermandosi solo quando incrociò il grigio che stava inseguendo e
trattenendo il fiato appena, impercettibilmente, mentre ogni cosa diveniva
sfuocata e distante.
~
“Albus,
sei sveglio?” La voce di Rose era ridotta ad un sussurro appena percettibile,
che l’ampio spazio vuoto dell’infermeria contribuì a disperdere e ad attutire.
Dal
letto su cui era disteso, il moro le lanciò un’occhiata stanca, prima di
annuire. La spalla era ritornata a posto, ma era il cuore che continuava a fare
male. Aveva bisogno di Teddy in quell’istante, per parlare e sfogarsi con lui
come da anni non riusciva a fare con nessuno.
Timorosa,
la ragazza si avvicinò con passi lenti, quasi incerti, sedendosi sulla sedia di
fianco e poggiando le mani sotto le gambe. “Come ti senti?”
Alla
domanda, Albus fece una smorfia. “Come uno che è stato appena travolto da un
Nottetempo.”
Lei
ridacchiò per la battuta, facendosi comunque subito seria. “Sei arrabbiato?”
“Sono
deluso.” La corresse il cugino, evitando accuratamente di guardarla negli
occhi. “Lo sapevi anche tu, vero?”
Per
un istante Rose rimase dubitante sulla risposta da usare, ma poi decise che la
verità era la migliore cosa in quei casi ed annuì. “Sì. Mi dispiace.”
“Perciò
anche l’appuntamento con Michael Grays …” Intuì all’istante Albus.
“Era
per aiutare Lily.” Confessò mogia la Weasley, mordicchiandosi il labbro
inferiore con i denti, amareggiata.
“L’avevo
immaginato.”
“Sei
… sei arrabbiato con me?” Domandò ancora Rose, ansiosa, alzando il capo quel
tanto che bastava per incrociare il suo sguardo smeraldino.
Albus
difatti aveva smesso di giocare a nascondino e si era girato a fissarla,
scrutando ogni tratto del viso a volerne ricavare qualcosa che nemmeno lui
sapeva spiegare.
“No.”
Scosse il capo alla fine, in un sospiro triste, ed era la verità.
Non
ce l’aveva con lei. Non poteva e non sapeva avercela con lei. Era solo deluso,
punto. Deluso e basta.
“Lasciami
solo Rose. Per favore.” Mormorò dunque, dandole le spalle e sprofondando in uno
stato depressivo che la ragazza si auto-imputò.
“O-
Okay.” Balbettò, annuendo nonostante lui non potesse vederla, prima di
scivolare via dall’infermeria non senza avergli gettato un ultimo sguardo.
Ma
il ragazzo non contraccambiò e lei, demoralizzata, dovette per forza di cose
andare via, con il cuore gonfio e una profonda amarezza indigeribile al livello
dello stomaco.
~
“Weasley.”
Sentendosi
chiamare, la ragazza si voltò e a stento represse un’espressione sorpresa
quando si accorse che era stato Scorpius a parlare.
“Che
ci fai qui?”
“Sei
scappata prima.” Scrollò le spalle con finta indifferenza lui, senza mai
distogliere lo sguardo dagli occhi marroni di lei.
“Ero
preoccupata per Albus.” Spiegò mesta Rose, abbassando il capo e trovando
all’improvviso piuttosto interessante la forma della sue scarpe.
“Come
sta?”
“Al?
Meglio è solo … deluso, ecco.” Sospirò lei, facendo ben intendere di non aver
voglia di toccare la questione.
Scorpius
allora le afferrò una mano, con saldezza. “Vieni.” Disse, mentre la conduceva
al riparo di un’aula qualsiasi lì di fianco.
Una
volta dentro, il ragazzo si richiuse la porta e l’istante dopo era già piegato
sulle labbra della ragazza per riprendere quel tour di baci da dove li avevano
interrotti. Rose si lasciò trasportare da tutte quelle emozioni senza opporre
resistenza, domandandosi al contempo come facesse ad essere tanto felice e
triste insieme. Se ripensava al viso di Albus, le veniva da piangere, tuttavia
imprigionata nella stretta decisa di Scorpius e nel calore dei suoi baci, era impossibile
riuscirci.
Era
bizzarro comunque il modo in cui le labbra del ragazzo sapessero scaldarla,
quando ogni altra parte di lui era un cubetto di ghiaccio. Lo trovava
affascinante e anche se l’aveva già baciato diverse volte, non riusciva ancora
a capacitarsene. Inoltre c’era il fatto che Scorpius sapeva rendere ogni bacio
particolare, fine a se stesso: il primo era stato violento, quasi feroce; il
secondo quasi disperato; il terzo desiderato; il quarto dolce; il quinto …
Quello
era caldo. Come se attraverso le reciproche bocche lui avesse voluto passarle
tutto il calore di cui era capace. La stava … rassicurando, ecco, nel suo modo speciale e un po’ atipico.
E
lei lo lasciò fare, almeno per un primo momento, per poi separarsene solo
quando l’apnea era divenuta impossibile da sopportare, rimanendo però ancorata
a lui.
Scorpius
intanto aveva preso a torturarle il lobo dell’orecchia destra, mordicchiandolo
e baciandolo a più riprese, per poi scendere verso il collo a depositare una
scia delle sue carezze lascive capaci ogni volta di farla fremere quasi fosse
stata un giunco in balia del vento.
Poi
all’improvviso, mentre lei stava assorbendo una nuova scarica di baci, il
Serpeverde si fermò, erigendosi in tutta la sua statura per regalarle
un’occhiata analitica e dai risvolti critici.
“Che
c’è?” Corrugò la fronte Rose, vagamente a disagio sotto il peso disarmante di
quel grigio.
Non
era abituata a sostenere quello sguardo, era troppo penetrante per riuscire a
non affogarvi dentro. Senza contare che Scorpius era un maestro nelle occhiate
profonde, quelle capaci di scavare talmente tanto da raggiungere i meandri più
oscuri e nascosti dell’animo umano. Il pensiero bastò a farle scattare un
istinto irreversibile all’interno, che la convinse a voltare il capo da un’altra
parte per svicolare da quella sbirciata.
“Perché-”
Tonf.
Scorpius
si azzittì all’istante, bloccato dal rumore sinistro proveniente dall’esterno.
Tra le sue braccia, meno preparata a mostrarsi distaccata, Rose s’immobilizzò
sensibilmente e, con occhi sgranati, gettò sguardi terrorizzati nella sua
direzione. La paura che aleggiava, silenziosa e sinuosa, era di stare per
venire scoperti.
“Oh,
no, da questa parte.” Una voce lontana, seguita da un discreto rumore di passi,
prima che ogni traccia di suono al di fuori dei loro respiri si dissipasse nel
silenzio.
Rose
sospirò, sollevata, e riacquistando all’istante una nota di colore. “F- Forse è
meglio a- andare.” Biascicò, spossata dall’esperienza disastrosa in cui si era
ritrovata.
Lui
non rispose, rimanendo piuttosto in un ostinato mutismo a fissarla e ad
analizzarla. Così alla fine, infastidita da tutta quella pressione che
probabilmente era soltanto lei ad avvertire, Rose si divincolò dalla sua
stretta e raggiunse spedita la porta. Prima di uscire comunque, mano alla
maniglia, si premurò di lanciargli un’ultima occhiata speranzosa e timorosa
insieme.
“Ci
… ci vediamo dopo?”
Aveva
le guance in fiamme, la bocca rossa per i troppi baci e i capelli in disordine,
ma anche così Scorpius non desiderava altro che poterla baciare ancora.
Annuì
col capo, stentatamente, e la vide allontanarsi senza avere la forza di
fermarla – fermarla equivaleva a baciarla, e baciarla ancora a non avere più la
volontà di lasciarla scivolare via da sé – per poi scomparire oltre la vecchia
porta di quercia contrassegnante l’aula.
Rimasto
solo, Malfoy sospirò e, passandosi una mano nei capelli d’oro colato, si
costrinse ad assumere il cipiglio distaccato di sempre, pronto a lanciarsi
nella logorroica parlantina di Ottavius e nelle acute frecciatine di Edmund.
~
“Alicia!”
Dominique alzò una mano in aria, attirando le attenzioni di un gruppetto di
Corvonero e facendosi vedere dalla più isolata dei cinque.
La
Davies sorrise, nel riconoscere la sua migliore amica, e improvvisando una
corsetta si affrettò a raggiungerla.
“Hai
lezione ora?” Passò subito al sodo la bionda, senza neppure salutarla.
Alicia
scosse il capo, perplessa. “No.”
“Meglio.”
Annuì seriosa l’altra, perfettamente concentrata nei suoi pensieri prima di
rialzare lo sguardo verso l’amica. “Ti va di fare un giro?”
La
Corvonero assentì e pochi minuti dopo stavano già passeggiando nel lungo
corridoio del quinto piano.
“Ho
parlato con Albus, prima.” Sentenziò all’improvviso Dominique, fugando via con
poche parole l’onda di silenzio che le aveva inghiottite.
Per
quando ne volesse, Alicia non riuscì a fare a meno di arrossire e proprio non
poté nulla contro l’aritmia cardiaca che era susseguita al solo sentire
pronunciare quel nome. Era così innamorata del cugino della sua migliore amica,
che a volte le sembrava incredibile riuscire a contenere tutto quel sentimento
così grande e intenso. Certe notti si svegliava di soprassalto, agitata, con il
cuore che scoppiava nel petto per aver visto anche nel sogno il viso gentile
del giovane Potter.
“Perché
non sei andata a trovarlo?” Andò infine dritta al punto la Weasley, decisiva
come sempre nelle sue parole.
“I-
Io …” Arrossì ancora di più Alicia, imbarazzata, prima di perdersi in un lungo
sospiro desolato. “Non sono sicura che sia il caso.”
“Scherzi?!”
Sgranò gli occhi chiarissimi Dominique, attonita. “E perché dovresti pensare
una cosa del genere, poi?”
“Sì,
insomma … perché io per lui non sono nessuno. Che motivo avrebbe di volermi
vedere?” Chiese rivolta più a se stessa la Corvonero, alzando il capo e
mostrando in definitiva una traccia acquosa negli occhi marroni.
La
bionda la fissò per un lungo istante, quindi scosse il capo. “Beh, ti sbagli,
perché Albus mi ha chiesto di te, prima.”
~
Sentiva
la sua presenza accanto a lui, scandita da profondi respiri desolati, e per
quanto qualcosa dentro di lui gli dicesse che si stava comportando da emerito
imbecille, non ce la faceva a voltarsi. La delusione era ancora troppo recente,
eppure ciò nonostante sapeva che c’era dell’altro. Lily era soltanto la pedina
occasionale sulla quale sfogare le sue frustrazioni.
“Prima
o poi dovrai parlare, Albus, ed io rimarrò qui fino a quel momento, sappilo.”
Decretò all’improvviso la ragazza, trattenendo il fiato in un risucchio come se
fosse stata insicura di voler aggiungere dell’altro o meno. “Tanto lo so che
sei sveglio.”
Ma
il corpo del fratello rimaneva immobile, la schiena rigida e le spalle
indurite.
Lily
sospirò, poi sbuffò e, dopo una manciata di minuti, era più tesa di una corda
di violino. “Al, per favore!” Sbottò implorante e arrabbiata insieme.
Odiava
quell’atteggiamento che Albus s’impuntava ad adottare per farla sentire in
colpa, senza considerare che lei lo era già abbastanza di suo.
“Ho
sbagliato, okay? Avrei dovuto dirti tutto dall’inizio e farla finita, però non
l’ho fatto e il cielo solo sa quanto mi dispiaccia! Ma Al … è la mia vita, questa!”
“E
io sono tuo fratello, Lily!” Spuntò
all’improvviso lui, riemergendo dal cumulo di coperte per gettarle occhiate al
vetriolo. “Diavolo, non ti ho mica chiesto il mondo! Volevo solo saperlo, è
così difficile per te essere onesta con me?!”
“Vuoi
parlare di onestà? Va bene, parliamo di onestà! Dimmi Albus Severus: come mai
sei così depresso ultimamente?” S’infervorò Lily, decisa e seria come quando si
buttava a capofitto nelle partite da Quidditch.
“Non
ha importanza.” All’improvviso tutto l’accanimento del ragazzo sembrò scivolare
sotto una nuova ondata di sconforto, che ridusse il volume della sua voce a
mero sussurro.
Vedendolo
in quello stato, la sorella si morsicò il labbro inferiore, pentita. Non erano
proprio così che si era immaginata le cose. Ancora una volta il suo carattere
impulsivo aveva avuto la meglio.
“Scusa.”
Mormorò solo, ritornando ad una tonalità più normale.
Albus
per tutta risposta scrollò le spalle. “Ti piace?”
“Sì.”
La
cosa, per una qualche ragione, lo disturbò, rendendolo ancor più acido ed
intrattabile di quanto già non fosse. “Perfetto, adesso lo so. Grazie mille per
la sincerità. E ora vorrei riposare, se non ti dispiace.”
Lily
si frenò a stento dal guardarlo bieca, ricordandosi solo all’ultimo secondo che
Albus era fatto così, che perdonava sempre tutti ma che aveva i suoi tempi e
che andavano rispettati. Perciò, sospirando per l’ennesima volta, si alzò dalla
sedia. Tutto sommato, non era andata poi tanto male …
Si
avviò verso l’uscita e con una mano impugnò la maniglia, poi Albus sentì solo
il tonfo della porta che si richiudeva e con un respiro pesante era già pronto
a cadere ancora nelle braccia solide di Morfeo, se solo non avesse udito ancora
quello snervante cigolio.
“Che
altro c’è ancora?” Tuonò, brusco, all’indirizzo di quella che doveva essere
Lily, ritornata a fare chissà cosa.
“Oh,
i- io … se ti d- disturbo …” La voce biascicata che seguì alla sua domanda, comunque,
non era quella che si era immaginato.
“Alicia!”
Albus sgranò gli occhi, stupito, prima di arrossire come un bimbetto alle prime
armi. “Scusa, non ce l’avevo con te, pensavo fosse … Bah, non importa. Come mai
sei qui?”
Gli
faceva stranamente piacere rivederla e nemmeno il fatto che fosse stato merito
di Dominique, nonostante la promessa di rimanerne fuori, lo seccava più di
tanto, anzi.
“V-
Volevo sapere come s- stavi …” Sussurrò stentatamente la Corvonero, impacciata,
sostando sulla porta con aria trasognata.
Albus
sorrise; sorrise e scosse il capo. “Vieni avanti, dai! Non ti mangio mica!”
Alicia
arrossì a quelle parole, ma ciò nonostante seguì le sue direttive fino a
fermarsi ai piedi del letto del ragazzo. Era parecchio imbarazzata, ma la cosa anziché
innervosirlo come normalmente avrebbe fatto, lo faceva sentire di buonumore.
Come aveva fatto a trattarla male per tutto quel tempo?! Teddy aveva ragione:
doveva solo distrarsi e smetterla di pensare. Ed Alicia, capitava proprio a
fagiolo.
“T-
Ti fa male la spalla?” Domandò poco dopo, evitando con cura di guardarlo negli
occhi.
“No,
ormai è a posto.”
“Meno
male.” Sospirò sollevata lei, facendo poi l’errore di alzare il capo e
sussultando nell’incrociare quel verde stupendo.
Era
certa, ormai, che non si sarebbe mai abituata a quegli occhi. Adesso più di
prima, in un certo senso. Perché era più facile, ma anche più doloroso ovvio,
quando lui la fissava con aria dura e astiosa, piuttosto che doversi
relazionare a quel berillio sublime che le sorrideva, come se non avesse mai
fatto altro, facendole perdere in un istante la percezione delle forme di tempo
e spazio.
“M-
Mi dispiace per la partita.” Mormorò quindi, piuttosto distrattamente, alla
disperata ricerca di qualcosa d’intelligente da dire.
Albus
storse il naso; c’aveva rimesso una spalla e la dignità, eppure questo non era
bastato a far vincere la sua squadra, trovandosi piuttosto perdente per dei
miseri venti punti di scarto. Venti
punti, diamine! Ciò nonostante nessun Grifondoro aveva avuto l’ardire di
prendersela con lui, non dopo tutte le vittorie che aveva portato alla Casa, ma
il ragazzo non poteva fare a meno di pensare che se solo non fosse stato così
precipitoso e avesse atteso ancora qualche istante prima di recuperare il
Boccino …
“Ho
fatto proprio una bella figura, eh?” Tentò di ironizzarci sopra, ignorando il
magone all’altezza dello stomaco.
Alicia
arrossì, ma scosse il capo. “N- Non è stata colpa tua!”
“Sì,
invece, ma non devi consolarmi per questo.” La rassicurò Albus, con un sorriso che
mal si adattava all’espressione triste echeggiante nelle sue iridi. “Che si
dice fuori di me?”
L’aveva
detto per sdrammatizzare, senza sapere invece del pericolo effetto boomerang
che avrebbe sortito.
“J-
Jason era preoccupato. Quando ti ha s- sollevato eri c- così p- pallido che-”
“Jason?”
Albus corrugò la fronte, perplesso. “Vuoi dire che è stato lui ad alzarmi da
terra?”
“S-
Sì.”
“Fantastico.” Mormorò a denti stretti il
Grifondoro, di nuovo arrabbiato con il mondo.
Quante
umiliazioni poteva subire in una giornata?! Possibile che tra tante persone
proprio Jason avesse dovuto racimolarlo da terra?! Non che fosse colpa sua, era
irragionevole pensarlo … soltanto che Albus era stanco di essere ragionevole e voleva avercela con lui:
come diavolo faceva a trovarsi sempre nel posto meno opportuno al momento meno
opportuno?!
“T-
Tutto bene?” Si allarmò immediatamente Alicia, temendo di aver detto o fatto
qualcosa di sbagliato.
Albus
scosse il capo, sforzandosi di sorridere per quanto lui per primo si ritenesse
abbastanza insoddisfatto del risultato. “Sì, certo. Va tutto benissimo.”
“V-
Vuoi che-”
“Alicia.”
Sospirò, stanco. “Ti prego, non voglio che te ne vada.”
Probabilmente
in un’altra occasione avrebbe ben analizzato la sua richiesta prima di porla,
tuttavia quel giorno era troppo spossato e destabilizzato sia fisicamente che
mentalmente per mettersi a ponderare sui mille significati impliciti in essa
contenuti. Se c’era una cosa che aveva capito, era che Alicia gli faceva bene.
Alla sua psiche, perlomeno. Perciò, per quanto il suo cuore gli desse del
bastardo approfittatore e per quanto le parole di Teddy continuassero a
ronzargli nelle orecchie, Albus decise di suffragarsi della sua compagnia, a qualsiasi costo.
Lei
annuì alla sua istanza e, per quanto potesse sentirsi stupita o felice della
cosa, si costrinse a prendere posto alla sedia dove solo pochi minuti prima era
seduta Lily.
“Non
mi hai ancora raccontato per bene come hai passato il Natale.”
Per
quanto strana, la domanda la rinfrancò e Alicia, timidezza a parte, iniziò a
raccontargli quanto richiesto felice di poter avere un argomento di
conversazione su cui aggrapparsi.
~
-Non puoi farlo, Rose, non puoi!
Nessuno capirebbe e tu ti bruceresti soltanto … Perché vuoi bruciarti?!-
“Rose?
Ehi, Rose!”
“Eh?”
Risvegliandosi
dalla specie di trance in cui era scivolata, la ragazza sbatté le palpebre per
ritrovarsi dinanzi il profilo basito di suo fratello.
“Che
c’è Hugo?” Domandò in un sospiro, mentre afferrava la ciotola di cibo più
vicino e se ne riempiva il piatto, avvertendo una fame oltre ogni
immaginazione.
“Io?!
Dovrei chiederlo io a te magari, visto che guardavi il vuoto
con una faccia da pesce lesso! Ahi!” Si lamentò il quindicenne quando la
sorella gli mollò un doloroso pizzicotto sul braccio.
“Non
guardavo il vuoto, stavo solo pensando.” Si difese con una certa pignoleria
Rose.
Hugo
scrollò le spalle, in risposta, come a voler dire sarà, ma tanto non ti credo per niente, e prese posto di fronte a
lei.
“Ma
dove sono spariti tutti?” Domandò piuttosto, notando l’assenza dei suoi
numerosi cugini.
Rose
scosse il capo. “Non lo so.”
In
quel momento si affacciò sulla Sala Grande la goffa Annie Tyler che, scivolando
silenziosa al suo posto, non poté fare a meno di mandare un discreto saluto con
la mano ad Hugo quando lui le sorrise apertamente. Cosa che, ovviamente, la
sorella notò.
“Quindi
è vero …”
“Cosa?”
Alzò un sopracciglio il ragazzino, ipercritico, intanto che addentava un pezzo
di pollo.
“Che
ti sei trovato la ragazza!” Lo schernì Rose, divertita, staccando per un
istante dai suoi distruttivi pensieri.
Hugo
non rispose, ma nemmeno negò, il che lasciò alquanto spiazzata la sorella.
Istintivamente tutta quella faccenda la portò ad alzare lo sguardo per correre
ancora sulla tavola dei Serpeverde fino a soffermarsi sul profilo sicuro di
Scorpius. Lui la fissò, nello stesso istante, trasmettendole una scarica
elettrica che la fece fremere e al contempo chiedere quanto giusto potesse
essere, tutto quello.
N/A
So che avevo promesso di
aggiornare prima, ma ci credete se vi dico che è arrivato venerdì senza che io
me ne accorgessi?! Comunque, venendo al capitolo, come avrete notato ritraccia
gli eventi del precedente e li prosegue, anche se adesso abbiamo una nuova
coppia in più, no? ^.- Nel prossimo capitolo, comunque, le cose inizieranno a
prendere altre direzioni e finalmente si capirà il motivo per cui Al se l’è
presa tanto con Lily. Adesso, bando alle ciance, e passiamo alle recensione. E
sì, grazie a tutti, come sempre.
·ElseW: il caro Ed ne pensa sempre
una più del diavolo, eh, ma per sapere come procederà il suo piano, dovrai
attendere fino al prossimo. Quello che posso dirti e che continuo
instancabilmente a ripetere, è che dietro ogni gesto o pensiero o parola di
Edmund Nott si nasconde un piano più grande. Lui non fa mai niente senza avere
un motivo specifico, non è uno da prendere alla leggera e non è certo il tipo
da sottovalutare le cose. Detto questo, sono contentissima che ti piaccia lo
stesso! Lo so, lui è uno che ti lascia col dubbio! XD
·Aurora_Cullen: eh, sì, finalmente … Ma che dici, conoscendo sia
Scorpius che Rose, quanto potrà durare? ^.- Uhm … chissà! Comunque davvero,
grazie per l’assiduità con cui commenti le mie storie, e mi segui, mi fa sempre
un immenso piacere ritrovarti con tale puntualità. Sul serio, grazie, grazie,
grazie infinite! E di nuovo sappi che attendo sempre il secondo capitolo della
tua storia, tanto più ora che ti sei sbloccata da quei problemini tecnici, no?
XP Okay, volevo lo sapessi, tutto qui.
·_crazygirl: innanzitutto grazie mille
per i complimenti, sono felicissima lo scorso capitolo ti sia piaciuto e
ovviamente spero ti piaccia anche questo, almeno un pochino. Come hai detto tu,
Edmund non è il tipo da starsene con le mani in mano quando punta qualcosa e
Scorpius e Rose … sono Scorpius e
Rose! Perciò mi sa che dovremo armarci di santa pazienza per vederli sereni, insieme. U.U Ti ho già detto grazie per
i complimenti? *-* Mi hanno fatto un piacere immenso, sono troppo contenta che
ti piaccia il mio stile di scrittura!
·ValyBrick: hai proprio ragione,
alleluia! Eppure … ^.- Per quanto riguarda Edmund e Ottavius, dovrai aspettare
il prossimo capitolo per avere idee più chiare su di loro, ma ti assicuro che
ora è tutto un climax continuo, perciò preparati ai più disparati colpi di
scena! XD Comunque sì, Scorpius parlava con Dominique per far ingelosire Rose,
ma alla fine si è stancato anche di questi mezzucci, perché lui vuole Rose, non Dominique. Il mio Scorpius …
*-*
·altovoltaggio: ti è piaciuto? *-* Oh,
grazie! Cos’ha Ed contro Rose mi chiedi? Beh, a tempo debito tutto verrà
svelato, questo posso assicurartelo. E chissà, magari riuscirai ad apprezzarlo
anche per questo, poi … Dominique c’entrava solo perché Scorpius stava tentando
di far ingelosire Rose, anche se si è stancato quasi subito di tutti questi
sotterfugi. Insomma, come dicevo, non è di Dominique che lui ha bisogno …
Albus, Albus, Albus. Mi sa che in questa storia l’ho fatto soffrire come una
dannato, poverino! XP Comunque nel prossimo avrai modo di “entrare” un po’ di
più nella sua psiche e farti un’idea di tante cose su di lui. Comunque sì, i
sintomi verso Alicia ci sono, è solo che lui è un ipocondriaco quando ci si
mette, ahimè. U.U Staremo a vedere. ^.- E sono contenta che ti piaccia il mio
modo di scrivere.Davvero tanto
contenta.
·MollY_gIaDa: sì, si sono proprio
baciati. E adesso si può dire che stanno insieme … o no? Mah, ci vorrebbe un
traduttore per Scorpius e Rose, non credi? XD La scena ti è piaciuta? *-* Che
bello, sono tanto, troppo felice! Sì, Al è incavolato, ma nel prossimo avrai
modo di approfondire anche su questo. La storia è pressoché finita, venti
capitoli, ma c’è da giurarci che vi farò penare
prima della fine! XDXD Ah, sappi che sto ancora seguendo la tua storia, solo
che ultimamente tempo libero zero, per questo mi sto attardando con i capitoli …
-_-’’
·TittiGranger: ho un paio di tuoi
capitoli ancora da recensire, ma li ho letti e ti posso assicurare che sono perfetti. Stupendi, davvero, mi piace
ogni secondo di più! *-* Okay, lo so, non c’entra adesso, ma ne ho approfittato
per dirtelo qui, visto che non trovo un secondo per lasciare una recensione
decente. Comunque sono contenta che lo scorso capitolo ed in particolare la
pseudo dichiarazione ti sia piaciuta e, davvero, sono curiosa di sapere se hai
apprezzato anche questo capitolo. Cosa succederà? Oh, mia cara, non ne hai
idea, davvero! XP
·Catherine Heatchcliff: ti ho lasciata
volutamente per ultima, ma non per importanza, anzi. È che mi ha toccata
profondamente questa cosa che mi hai lasciato e mi continui a lasciare il tuo
parere ad ogni capitolo, man mano che prosegui la lettura, che non potevo non
ringraziarti a dovere. Insomma, grazie.
*-* Sul serio, grazie, grazie infinite. Non solo ti sei sobbarcata di ben
undici capitoli di lettura, ma ogni volta ti premuri di lasciarmi una
recensione e farmi sapere cosa ne pensi, il che mi rende sempre incredibilmente
felice, e orgogliosa, e commossa. Sono troppo contenta che tu abbia iniziato a
leggerla, quasi per caso, e che ti sia piaciuta al punto da seguirla con un
tale fervore. Specie sapendo che non segui molto la nuova generazione … Io
davvero, sono contentissima di sapere che ti piace la storia, il mio modo di
scrivere, i personaggi che ho scelto … Spero ti siano stati d’aiuto a capire la
mia visione della nuova generazione e ad entrare nella loro testa, per così
dire, anche perché l’intento era proprio questo, perciò …! Addirittura ho letto
che hai stampato un capitolo per leggerlo … Sono commossa, seriamente. E sono
felice che il “mio” Scorpius ti piaccia, perché lui è un personaggio che va
trattato con le pinzette a parer mio. Comunque sì, la parte in cui facevo il
paragone tra le possibilità che Scorpius potesse amare Rose con quelle di Harry
con Hermione, è solo la visione di Rose, non sono una grande fan della coppia
Harry/Hermione, io Sidekick per la vita! ^.- Diciamo che è Rose ad aver
plasmato questa idea, anche se poi ha avuto modo di ricredersene, no? Mi fa
piacere vedere che apprezzi la mia spruzzata d’ironia, laddove ce n’è e Al,
poverino, ha ancora bisogno di crescere su certi aspetti di vista. E in questo,
come dicevi tu, è molto più uno Weasley che non un Potter. Per quanto riguarda
il capitolo in cui lei quasi sviene dopo il tour sulla scopa forzato, in verità
l’ho immaginato così perché l’idea era di notte fonda, in pieno autunno, il che
comporta una drastica diminuzione della temperatura, con lei in pigiama … Credo
sia normale non sentirti proprio al top, anche se io pur di stare con Scorpius …!
XD E poi diciamocelo: il maglione di Scorpius vale tutta la candela! Detto questo,
non posso fare a meno di ringraziarti ancora una volta per il tuo incredibile
incoraggiamento, che riesce sempre a farmi ritrovare il sorriso. Grazie tante,
non so che dire per cercare di spiegare come mi facciano piacere queste tue
recensioni. E sta sicura che appena sbuccio un po’ di tempo, verrò a leggere le
tue storie, perché sono sempre curiosa di avvicinarmi a chi legge, quando
posso. Ti ho già detto grazie? Grazie.
Come al solito non ho
saputo resistere e ho fatto un monologo … sto diventando seriamente troppo
prolissa, mi sa. Noi ad ogni modo ci vediamo al prossimo aggiornamento, e
grazie ancora una volta a tutti gli “anonimi” che seguono la mia storia, con
mio immenso piacere tra l’altro. Spero continui a piacervi. E spero di poterlo
sapere da voi, prima o poi, se vi va! ^.-
Ottavius
si irrigidì alla domanda. “Neanche morto! Piuttosto di parlare, mio caro Ed, ti
consiglio vivamente di guardare bene come il sottoscritto ti sottrae di mano la
vittoria. Se vuoi prendere appunti …”
Edmund
sogghignò, mentre l’altro si dirigeva a passo spedito verso lo scaffale dietro
cui si era rintanata Rose Weasley. Era piuttosto soddisfatto di come Higgs
aveva preso la questione ad onore, adesso non gli rimaneva che godersi la
scena. Se tutto continuava ad andare secondo i suoi folli piani, si sarebbe
liberato di lei in meno di una settimana.
Ottavius
nel frattempo aveva raggiunto la Grifondoro che, concentrata nella scelta del
libro migliore per il suo tema di Antiche Rune, non si era neppure accorta di
essere circuita.
“Ti
serve forse una mano?” Si offrì viscidamente gentile il ragazzo, approfittando
del fatto che lei non raggiungeva lo scaffale dal quale estrapolare il suo
tomo.
Rose
sobbalzò, girandosi di scatto con aria confusa. “Higgs!”
“Oh
suvvia Rose, ci conosciamo da sette anni e ancora dobbiamo chiamarci per
cognome?!” Alzò teatrale gli occhi al cielo lui, porgendole il volume. “Credo
che questo ti appartenga.”
“Ehm
… grazie.” Sussurrò incerta lei, chiedendosi il motivo di tanta gentilezza.
C’era
forse sotto qualcosa? Da quando Ottavius le chiedeva di chiamarlo per nome?
Doveva preoccuparsi?
“Come
mai sei qui?” Decise infine d’indagare, curiosa e sospettosa insieme.
Lui
fece un ampio gesto con le braccia, che voleva essere palese nei suoi parametri
di giudizio. “Non sono sicuro, ma sospetto di avere qualche tema da terminare.”
“Oh,
certo …”
Era
una sua impressione, o stava facendo il simpatico?!
-Ma per favore Rose! Adesso non
metterti strane idee in testa solo perché baci il cugino!- Non
si era neppure resa conto del pensiero, se solo ad esso non fosse seguito un
imbarazzante ed accecante rossore che le imporporò, furbesco, le gote. –Insomma, che diavolo mi prende?!-
Stizzita
da se stessa, la ragazza circumnavigò il Serpeverde e ritornò al suo posto
abituale, senza degnarlo di uno sguardo, cosa che fece ridacchiare – visto
soltanto da Ottavius – un sibillino Edmund a pochi metri di distanza da loro.
“Senti,
Rose.” Deciso a non perdere nel modo più assoluto la scommessa e intenzionato a
far smettere di ridere l’amico, Ottavius la raggiunse con poche veloci falcate.
La
Weasley alzò il capo al suo richiamo, decisamente poco avvezza non solo a
sentirsi avvicinare da lui, ma
persino chiamare così anziché col nome di famiglia o peggio con qualche stupido
appellativo.
“Se
non sbaglio tu sei brava in … diciamo, Trasfigurazione?”
Azzardò il Serpeverde, con un sorriso seducente, sperando di averci preso con
la materia.
Alla
domanda, Rose corrugò la fronte, perplessa. “Vorresti il mio aiuto?”
“Esattamente.”
Sorrise ancor più forzatamente lui, eppure così convincente insieme.
“No.”
Non aveva bisogno di tempo per pensarci, conosceva già la risposta.
Ottavius
cadde letteralmente dalle nuvole. “Perché no?”
“Perché
ti sembrerebbe di stare dinanzi al Wizengamot e lungi da me annoiare le tue
notti. Tanto più che personalmente ho seri dubbi circa la tua capacità di
apprendere nozioni fondamentali di qualsiasi materia che non sia Quidditch o
altre banalità.”
L’aveva
detto con tono da professoressa, scandendo bene ogni singola parola e
accentuando i punti chiave per rafforzare il concetto che intendeva portare avanti.
Poi aveva abbassato il capo, fingendo un profondo interesse verso il tema di
Antiche Rune nonostante la lieve sensazione di disagio a toccarla. Avrebbe
voluto poter dire che la rivincita era fantastica, tuttavia qualcosa
d’indefinito che seguiva la scia del è il
cugino di Scorpius! È il cugino di Scorpius! È il cugino di Scorpius! le
impediva di sentirsi così compiaciuta come di dovere.
Ottavius
nel frattempo aveva indossato la stessa espressione facciale e l’identica
mimica di un pesce fuor d’acqua che, ingoiando a vuoto, continuava a
boccheggiare. La cosa che lo irritava di più oltre al netto rifiuto della
ragazza, che a dirla tutta non era nemmeno tutto questo granché da potersi
sopraelevare su un piedistallo, era il sorriso che sapeva delineare le labbra
sottili di Edmund. Dannazione,
continuando a quel modo avrebbe perso la scommessa e addio sette anni spesi a
guadagnarsi la reputazione di viveur incallito!
Doveva
fare qualcosa, sì, per forza. Mantenere la calma e cercare di non lanciarle
qualche Maledizione Senza Perdono seduta stante per quel rifiuto di dubbio
gusto. Le avrebbe fatto cambiare idea, ad ogni costo.
“Okay,
ammetto che in passato non siano intercorsi rapporti splendidi tra di noi.”
Concesse con un sospiro ad effetto Higgs, passandosi con finta stanchezza una
mano nei capelli castani. “Ma se sono qui è per cercare di far cambiare questo
dato di fatto. Dopotutto saremmo potuti essere compagni di Casa, no?”
Era
sincero? Non lo sapeva, però credeva di sì. Probabilmente voleva soltanto illudersi
che lo fosse, non aveva problemi ad ammetterlo, ma di certo non l’avrebbe
capito continuando a rimanere sulle sue … giusto? E poi cosa le aveva chiesto,
infondo? La possibilità di ricominciare partendo da qualche ripetizione di
Trasfigurazione. Non era mica così fuori dal mondo!
“D’accordo.”
Capitolò dopo un arzigogolato ragionamento interiore, sospirando a metà tra il
rassegnato e lo sfiancato. “Una seconda possibilità non si nega a nessuno,
tutto sommato.”
Ottavius
sorrise, annuendo col capo e rivelando dei denti bianchissimi, mentre prendeva
con discrezione posto di fronte a lei.
Rose
gli passò un grosso tomo a portata di mano, ordinando di leggere dalla pagina
327 e poi sprofondò nel suo tema. Prima di obbedire, passando con una certa
difficoltà sul fatto di dover assecondare i comandi della Weasley, il ragazzo
si concesse però il lusso di gettare una rapida occhiata in direzione di
Edmund, nel punto esatto in cui l’aveva lasciato. Era ancora lì, come ovvio,
col viso disteso in un’espressione basita che lo faceva risultare un tantino
buffo rispetto ai soliti standard ieratici.
Ottavius
gli fece l’occhiolino, tracotante, stando ben attento a non farsi beccare dalla
ragazza prima di fingere interesse per la materia in questione.
Il
che gli impedì di notare l’aria all’improvviso soddisfatta apparsa sul viso di
Edmund.
Stava
andando tutto alla perfezione …
Tutto.
Dannatamente. Bene.
~
Albus
era uscito dall’infermeria quella mattina stessa dopo interminabili suppliche
con Madama Chips per convincerla a dimetterlo nonostante il suo evidente ed
ottimo stato di saluto. Fosse stato per lui, sarebbe sbucato fuori da lì la
sera prima, ma la donna era stata irremovibile e alla fine il ragazzo si era
visto costretto a cedere. Tutte cose che di certo non avevano giovato al suo
umore, già di per sé scontroso e tetro.
Aveva
imbucato il corridoio che conduceva alla Torre di Grifondoro e a passo spedito
evitava accuratamente i posti in cui avrebbe potuto incontrare qualche studente
di passaggio. Non aveva voglia di vedere nessuno. Voleva solo rimanersene per
conto suo a crogiolarsi nel suo pessimismo e nel mare di commiserazione che si
allargava minaccioso dinanzi ai suoi occhi.
Se
ci fosse stato suo fratello James, in quel momento, gli avrebbe dato della
vittima e aveva ragione a farlo. Ma era fatto così e aveva bisogno di tutti i
suoi momenti no per affrontare la vita con quel sorriso che amava indossare. A
ognuno il suo, no? James preferiva menare le mani, Lily urlava e lui si cuoceva
nel suo disfattismo. Che c’era di male in quello?
Nel
frattempo era arrivato davanti al ritratto della Signora Grassa e, dopo le
dovute procedure, balzò nella Sala Comune.
Come
prevedibile a quell’ora non c’era nessuno, nemmeno quella manciata di studenti
con l’ora buca. Solo per un istinto naturale andò col pensiero a sua cugina
Rose, chiedendosi dove diavolo fosse e rispondendosi nel contempo che la
Biblioteca era il luogo più indicato dove trovarla. Poi scosse il capo e ancora
più nervoso di prima si accasciò sulla poltroncina rossa, lambita dalle fiamme
crepitanti nel camino.
All’istante
la sua mente si ritrovò a vagare da una riflessione all’altra, incapace di
scavare appena un po’ più in profondità, spaurita forse dalla possibilità di
trovarci dentro qualcosa che non avrebbe potuto sopportare.
Si
rese conto, quasi con stupore, che non aveva più parlato con Lily dal giorno
precedente e, come al solito, l’altra metà di se stesso gli ricordò che sua
sorella aveva ben di meglio da fare che starsene lì a subissarsi i suoi patemi
d’animo. Probabilmente in quel momento se ne stava tranquilla tra le braccia di
Julius Grays, lasciandosi cullare dai suoi sorrisi e baciandolo di quanto in
quanto, conoscendo una felicità che sembrava preclusa a pochi. Senza accorgersi
che il mondo attorno ruotava, e che suo fratello non riusciva a salire sulla
giostra, perché era un inetto ed un incapace …
Ma
tanto a lei che importava, se poteva avere a portata di mano la sua oasi di
felicità?!
-Sei tu Al che non l’avrai mai,
rassegnati.-
Si
passò una mano tra i capelli, spossato eppure senza la decenza di mostrare
qualche lacrima per la sua condizione d’infelicità congenita.
-Non l’avrai mai e sai perché? Perché
lei non ti vorrà mai. Mai. E perché tu lo sai che ha ragione, che sei sbagliato
dentro. Che sei sbagliato tu, che sei marcio all’interno …-
Come
un fulmine a ciel sereno – che poi, era davvero certo di non averlo saputo da
prima? – si accorse che non era colpa di Lily se stava in quello stato. O
meglio, l’unica colpa della sorella era di essere felice con il ragazzo che
amava e che contraccambiava. Come
poteva essere una colpa? Era evidente, palese, che il problema era lui e che
stava impazzendo, lì a tormentarsi e ad interrogarsi sulla felicità altrui,
senza avere la benché minima voglia di scrollarsi di dosso la sua amarezza.
Perché
a volte era più semplice fare la vittima che reagire … giusto?
James
aveva ragione.
Giusto.
~
“Lily
Potter!”
“Scorpius
Malfoy!” Sorrise, giocando allo stesso gioco del ragazzo che le era sbucato
dinanzi in quell’angusto corridoio del primo piano. “Come mai ciondoli in giro
da solo? Voglia di evadere o ti sei perso i compari?”
Lui
fece una smorfia, incolore, incrociando le braccia al petto. “Diciamo che è un
po’ tutti e due.”
“Oh,
capisco …” Mormorò sibillina Lily, mentre si attorcigliava una ciocca di
capelli amaranti attorno all’indice destro.
“E
tu?” Alzò a quel punto un sopracciglio Scorpius, incuriosito e beffardo
assieme. “Niente parenti al seguito? Devo preoccuparmi?”
“Per
quanto possa sembrare assurdo, anche noi ci dividiamo a volte.”
“Uhm,
molto interessante.” Si finse pensieroso lui, come a voler soppesare la gravità
della cosa, con il solito dito che picchiettava il mento, prima di cambiare del
tutto discorso. “Sono andato in infermeria.”
“Davvero?”
Lily
sgranò gli occhi, fingendo una sorpresa che però non provava affatto. Aveva
sempre saputo che Scorpius sarebbe andato a trovare il fratello, nei suoi tempi
e nei suoi modi, ovvio. Da quando avevano iniziato la vita lì ad Hogwarts,
infatti, lui e Albus avevano stretto una specie di rapporto amichevole che li
vedeva sincerarsi l’uno dell’altro in una maniera che di certo non era mai né
appariscente né evidente né soprattutto invadente, ma che piuttosto rasentava
sempre i limiti dell’educazione.
Scorpius
sostenne lo sguardo, sardonico oltre i confini della sopportazione, alzando un
sopracciglio con espressione perplessa.
“E
Albus non ti ha scagliato nessuna fattura contro?”
“Se
tuo fratello assomiglia in modo inquietante a Madama Chips … allora sì, l’ha
fatto. Solo verbali, comunque.”
Lily
ridacchiò alla risposta, colpita da tanta latente ironia.
“Piuttosto.”
Riprese a dire poco dopo il diciassettenne, ridivenendo incredibilmente serio.
“Perché tuo fratello avrebbe dovuto scagliarmi contro qualche fattura?”
“Preoccupato?”
Alzò un sopracciglio lei, stupita dalla sua reazione a quella che doveva essere
una semplice battuta.
Scorpius
serrò la mascella, mentre con la mente vagava a ritroso in quelle ultime
ventiquattro ore o meno alla ricerca di un episodio in cui lui e Rose potevano
essere stati beccati a baciarsi.
“Affatto.”
Rispose tuttavia, celando come sempre il fluire dei suoi pensieri al proprio
interlocutore.
“Mah,
sarà …! In ogni caso dicevo così per dire, non credo che Al voglia davvero
scagliarti contro qualche fattura. Non ne sarei del tutto sicura nei miei
confronti, ma tanto …” Sospirò, affranta, e lui, che invece non poteva fare a
meno di sentirsi sollevato da quelle parole, le gettò un’occhiata in tralice.
“Che
vuoi dire?”
“Ma
niente.” Scrollò le spalle Lily, fingendo una noncuranza che non possedeva
minimamente. “Soltanto che Albus mi ha, diciamo, beccata in flagrante mentre
baciavo il mio ragazzo.”
“Potter,
questo da te non me lo sarei mai aspettato!” Osservò sghignazzante Scorpius. “E
chi sarebbe il fortunato?”
“Julius
Grays.” Sebbene in un primo momento avesse deciso di non rispondere alla
domanda alquanto invasiva, il suo complimento marcato le aveva fatto cambiare
idea all’istante.
“Uhm.”
“Uhm
…?”
“Uhm,
nemmeno questo mi sarei mai aspettato.” Ammise Scorpius, pensieroso, valutando
che in effetti nemmeno lui che baciava Rose Weasley era una panoramica così
tanto ipotizzabile, prima di scuotere il capo e concentrarsi su altro. “Va
bene.”
“Cosa?”
Lily era basita; di che stavano parlando adesso.
“Tu
e Julius Grays. Suo fratello non mi piace, ma Julius è a posto.”
“Cioè,
mi stai dando la tua approvazione?!”
“Esattamente.”
“Beh,
grazie tante allora!” Ridacchiò divertita la rossa.
Scorpius
alzò le spalle. “Ma figurati Potter. A buon rendere!” Aggiunse solo, poi alzò
una mano e come al suo solito si allontanò, incurante di dire qualche parola di
saluto in merito.
Ma
a Lily poteva bastare perché dopotutto quel bizzarro scambio di battute era
riuscito a farle ritornare il buonumore. Per un istante pensò che se suo
fratello avesse ragionato allo stesso modo, probabilmente non le sarebbe
neppure scomparso, il buonumore. D’altro canto Albus aveva altre qualità e poi
di una cosa era certa: se suo fratello stava così, la colpa non era sua. Non
tutta, almeno. C’era dell’altro, qualcosa che nascondeva e che lo stava
uccidendo lentamente e in modo cruento.
-Sì, ma cosa?-
~
“Rose!”
La
ragazza sobbalzò spaventata quando una voce gutturale la richiamò dal divano,
per nulla preparata ad una simile eventualità. Il movimento tuttavia la spinse
in avanti, facendole ondeggiare pericolosamente i libri dalle mani fino a
quando non si spaparanzarono in un polveroso tonfo sul pavimento lucido della
Sala Comune di Grifondoro. Aveva il battito del cuore talmente accelerato, da
rischiare l’infarto da un momento all’altro.
“Ehi,
ti sei spaventata?” Ridacchiò sagace la voce di prima.
“Tu
che dici?!” Sbuffò vagamente seccata Rose, premurandosi di lanciare occhiate
torve in direzione di suo cugino – possibile che avesse ereditato anche lui il
gene dello scherzo?! – prima di chinarsi a raccogliere le sue cose, ormai in
tutt’uno con il resto dell’arredamento.
“Eddai,
mica l’ho fatto apposta!” Tentò di sdrammatizzare Albus Severus, mentre mal
celava uno sbadiglio e si accingeva a raggiungerla, zigzagando tra i salotti e
scivolando poi all’improvviso sul fondoschiena.
“Al!”
Accorse subito in suo aiuto la castana, allarmata dal camaleontico
comportamento del ragazzo. “Teddy ti ha proprio condizionato, eh?”
-Non sai quanto.-
Avrebbe voluto rispondergli lui, mordendosi la lingua per resistere alla
tentazione e non vedersi così costretto a cedere. –Non sai quanto, Rose.-
Lo
afferrò per un braccio e con uno sforzo di reni lo aiutò a rimettersi in piedi.
Albus la superava di diversi centimetri, ma ormai lei ci aveva fatto
l’abitudine. Persino Hugo, che era più piccolo di almeno due anni, l’aveva
sorpassata in altezza da parecchio!
“A
che stavi pensando?” Domandò distrattamente, più per guadagnarsi una risata che
per altro.
Il
ragazzo, però, alla domanda si adombrò appena. “Stupidaggini.” Biascicò, tetro
come nei suoi momenti di migliore pessimismo cosmico.
Rose
lo guardò di traverso ancora per qualche istante, scettica, e poi si convinse a
dire qualcosa, se solo ne avesse avuto la possibilità. Albus, difatti, la
precedette per una manciata di secondi. A ben pensarci avrebbe giurato che
l’aveva fatto di proposito …
“Dove
stavi andando con tutti questi libri?”
“Quelli
… beh, niente di straordinario …”
“Scommetto
in biblioteca.”
“Già,
già.” Annuì appena Rose, dandogli le spalle e fingendo di preoccuparsi di
raccogliere le proprie cose per evitare che lui potesse guardarle negli occhi.
Non
sapeva mentire e Albus, poi, glielo leggeva praticamente in faccia quando lo
faceva. Non che stesse dicendo proprio una menzogna, per inteso. Soltanto che
era certa non ci fossero abbastanza spiegazioni – a parte quella della tresca
con Scorpius, per inciso – in grado di dare un senso al fatto per cui stava
dando ripetizioni di Trasfigurazione ad Ottavius Higgs.
Non
dopo tutti quei lunghi anni trascorsi a fingere che non esistesse, perlomeno.
“E
tu? Come ti senti oggi?” Come poco prima aveva fatto lui con lei, adesso era il
suo turno di spostare l’attenzione su altri discorsi meno compromettenti.
“Bene.”
Scrollò le spalle Albus. “La spalla non mi fa male da ieri, ma Madama Chips
sembrava volesse tenermi lì per forza.”
“Un
vero delirio per te saltare le lezioni …” Ridacchiò Rose, divertita, mentre
recuperava un libro caduto magicamente sotto al divano.
“Infatti.”
Annuì lui, mordace, impilando i tomi che man mano riusciva a racimolare. “Credo
che-”
Ma
le parole gli morirono letteralmente in bocca quando la sua mano trovò qualcosa
che sarebbe stato meglio non conoscere mai. Qualcosa che gli cadde giusto tra
capo e collo, con la stessa brutalità di una mannaia in mano ad un boia
inflessibile e determinato. Qualcosa che, con ogni probabilità, aveva dato il
colpo di grazia definitivo al suo cuore già di per sé strapazzato dal peso che
si trascinava addosso con pigrizia.
Aveva
la gola arsa, la testa che sembrava un pallone pieno di niente e le mani che perdevano consistentemente di forza mentre gli
occhi si focalizzavano su quel brandello d’istante marchiato a fuoco nel tempo
attraverso uno stupido e banale pezzo di carta da foto.
“Rose?”
E
poi all’improvviso qualcosa appena riconoscibile come la sua voce si fece
avanti a spintoni da sola, risalendo sulle labbra in un soffio che sapeva di
amara disillusione e cocente verità insieme.
“Sì?”
Lei non sembrava neppure essersi accorta del radicale cambiamento appena
sopravvenuto, intanto che si accingeva a raggiungere con la mano un libro
particolarmente lontano.
“Cos’è
questo?”
“Cosa?”
Rose si voltò, incuriosita, verso il cugino per cercare di capire a cosa si
stesse riferendo e la vita cessò di esistere per un momento, giusto il
necessario affinché le sue iridi – scandite dal lento, lentissimo ticchettio
dell’orologio – catturassero l’oggetto della sua fine.
La
fotografia.
Nelle
mani dell’ultima persona che avrebbe mai dovuto trovarla. Sembrava quasi
volesse sfidarla, nella sua staticità, a trovare una scusa per cavarsela adesso, se le riusciva. Perché Albus
aveva in mano la fotografia e ci voleva una scusa geniale a venir fuori dal
baratro.
Quello,
o l’impietosa verità, ovvio.
“N-
Non è come pensi …” Biascicò dopo un tempo che parve interminabile, sebbene la
lancetta dei secondi non si fosse mossa più di un paio di scatti, con una voce
modulata su una frequenza bassa e irriconoscibile.
Lui
la fissò, imperscrutabile e arcigno come non mai, e lei per la prima volta non
poté fare a meno di pensare che tutto quel verde sapeva anche uccidere, delle
volte.
“Io
… ti posso spiegare!” Tentò di articolare ancora Rose, annaspando in un fiato
troppo corto per riuscire a concepire di essere ancora viva nonostante tutto.
“Davvero?”
Albus alzò un sopracciglio nero, incolore, e forse sarebbe stato meglio se si
fosse arrabbiato, perché almeno avrebbe trovato il bandolo della matassa.
Ma
lui no, lui rimaneva impassibile, distaccato, con solo quegli occhi a
ricordarle che un passo sbagliato avrebbe potuto ucciderla invariabilmente,
senza mostrarsi né troppo deluso né amareggiato né sdegnato.
“Si
tratta … È tutto un equivoco, Al! Davvero, non c’è niente di vero in quella
foto, è soltanto-”
Cosa?
Uno scherzo? Un ricatto?
Per
questo continuava a baciarlo?!
-No, no, no! Non doveva andare così!
Non me l’ero immaginato così!-
Ma
per quanto potesse pestare i piedi per terra, Rose era la prima a sapere che
era tutto inutile.
Perché
le cose stavano andando per conto loro già da diverso tempo, senza che nessuno
potesse fermarle.
“Hai
una storia con Scorpius Malfoy, Rose?”
La
domanda la spiazzò, cogliendola impreparata e giungendo diretta, a bruciapelo.
Alzò
il capo, sofferente, per scontrarsi con tutta la durezza che il viso di Albus
sapeva imprimersi, al di là di quanto straziante potesse essere la condizione
del suo cuore.
Avrebbe
dovuto negare, lo sapeva, perché baciare un ragazzo da meno di un giorno non
equivaleva propriamente ad averci una storia assieme, no?
Tuttavia,
baciare un ragazzo, equivaleva pur sempre a qualcosa
… vero?
“Credevo
che tu lo odiassi.” Il commento distaccato di Albus era appena intaccato da una
traccia di insofferenza che la fece sentire ancor più in colpa di quanto già
non avesse provato fino a quel momento.
Non
la stava davvero accusando, ma lei si sentiva sotto processo lo stesso e la
cosa le diede da ragionare che infondo erano i rimorsi di coscienza a
torturarla tanto.
“Era
perché non lo conoscevo … a- avevi ragione tu …” Si morsicò il labbro
inferiore, per un moto di autolesionismo involontario e sì, anche per cercare
di frenare il fiume di lacrime che si accalcavano lungo gli spigoli degli
occhi.
“E
questo dovrebbe farmi sentire meglio?” Durezza, c’era soltanto spazio per quella
nel ragazzo, che non aveva smesso un solo istante di fissarla con sguardo
inafferrabile.
Rose
scosse il capo alla domanda, incapace di rispondere con parole vere e
consapevole al contempo di avere i singhiozzi a portata di mano.
Albus
sospirò, concedendosi un piccolo sprazzo di umana disperazione prima di
ritornare ad indossare la maschera austera che aveva scelto per quel momento.
“Ti sei innamorata di lui?”
Nel
momento esatto in cui l’aveva posta, entrambe avevano capito che il perno di
tutta la faccenda era riposto in quelle cinque parole. Cinque parole che
potevano distruggere tutto. Cinque parole che pesavano sulle spalle con una
forza sovrumana.
“No,
no! Certo che no!” Si era affrettata a dirlo, decisa a negare qualsiasi traccia
di ciò che poteva esistere per Scorpius in nome di un sentimento più stabile e
duraturo.
La
sua mente, chiusa al resto del mondo, ragionava in un unico senso: doveva
preservare quel rapporto con Albus. Non poteva nemmeno pensare di vivere senza
di lui! L’aveva vista crescere, l’aveva sostenuta nelle scelte e quando era il
momento di piangere le aveva offerto la sua spalla con un sorriso.
Albus
era tutto per lei.
La
sua famiglia, il suo miglior amico, il suo confidente …
Perderlo
era impossibile, irrazionale, da capogiro.
“Al
ti prego … devi credermi …” Si ritrovò ad implorarlo quasi Rose, mentre il
corpo fremeva per la paura di ciò che quella conversazione avrebbe portato.
Non
riusciva a pensare ad altro, né ai baci di Scorpius né a come riusciva a
sentirsi completa in sua compagnia. La sua mente era completamente occupata
dalla sensazione di panico che quegli occhi verdi, mai stati così distanti con
lei, riuscivano ad trasmetterle addosso. Lo stava perdendo … non poteva perderlo!
Il
pensiero bastò a farle perdere traccia di ogni altra cosa che non fosse quello,
arrivando a respingere persino i suoi stessi sentimenti.
“Non
conta niente per me … niente, Al …
Davvero …”
Gli
occhi le pizzicavano, dolenti, ma non era quello a bruciare di più quanto la
percezione che qualcosa era morta, proprio in quel momento, soppiantata da
tutto ciò che quelle parole stavano ad intendere. Aveva appena detto addio a
Scorpius, precludendosi qualsiasi cosa di bello avesse mai potuto nascere tra
loro. Ma almeno aveva Albus … almeno non l’aveva perso …
Il
cugino difatti annuì, come a voler soppesare le sue parole, i suoi sguardi, le
sue preghiere. Poi si alzò e si passò una mano nei capelli neri, come quando
faceva ogni qual volta voleva dire che era d’accordo, che gli andava bene, che
poteva accettare quel compromesso ma che aveva bisogno del tempo per stare da
solo, soltanto quello. Non era una richiesta esagerata, affatto, e anche se
Rose avrebbe preferito poterlo abbracciare e lasciarsi stringere dalle sue
braccia, mentre il mondo perdeva di consistenza e i dolori si assopivano nella
sua maglietta da Grifondoro, l’accettò ugualmente.
Non
era in condizioni di dettare legge. Anzi, non era in condizioni di fare
alcunché. Si sentiva così vuota, dentro, che era come aver inghiottito un buco
nero insaziabile mentre fagocitava tutto.
Albus
si allontanò a passi lenti e indecisi, lasciandola sola, e Rose fu certa che
quel corpo celeste che aveva inglobato stesse ingoiando anche la sua anima,
oltre che il suo cuore.
~
L’ululato
assopito del vento che si dibatteva tra gli alberi della magica foresta si
dipanavano nell’aria impregnata di silenzio, squarciando il cielo imbrunito dal
calare delle tenebre e soffiando sui vetri delle ampie vetrate del castello, in
un susseguirsi sinistro di scricchiolii e battiti.
Eppure,
mentre si faceva strada nei desertici corridoi della scuola, non era dei rumori
del vento che Rose aveva paura.
Le
orecchie, che fino a qualche istante prima si erano chiuse ai suoi del mondo
per raccogliere il dilaniante ruggito del suo cuore ferito, si erano acutizzate
nel tentativo di cogliere quanto più potevano di quello strepitio lontano che
sembrava volesse seguirla fino in cima al mondo. In un’altra occasione si
sarebbe voltata e, sfoderata la bacchetta, sarebbe andata con orgoglio Grifondoro
incontro al suo carnefice. Ma quel giorno una paura irrazionale le aveva
serrato la gola e a nulla erano valse le sue parole di rassicurazione, o le sue
silenziose grida di rammarico per quella debolezza, perché allo stato attuale
dei fatti le sue gambe continuavano a sferragliare nella parte opposta senza
dar retta a nessuno, quasi fossero dotate di vita propria.
Era
sfibrante, tuttavia per quanto si ripetesse che fosse stupito aver paura di
qualche rumore, non riusciva ad essere razionale.
Quel
giorno la paura si era talmente impossessata di lei, da interferire sul
consueto svolgimento delle cose. Aveva scosso tutto, come un terremoto, e
adesso sotto il peso delle scosse di assestamento Rose non riusciva a
riemergere. Stava annegando e sapeva – cielo, se lo sapeva! – che il momento
peggiore non era ancora arrivato.
-Non essere ridicola Rosie, è soltanto
la tua immaginazione. Chi vuoi che ti segua? È il vento, soltanto quello.-
Ma
per quanto continuasse a ripeterlo, non riusciva ad impedirsi di aumentare ad
ogni passo l’andatura, fino ad inscenare una specie di corsetta che constava di
grandi falcate nei silenziosi meandri di Hogwarts. E forse era proprio tutto
quel silenzio, unito all’imponente scena dettata dalla scuola oltre a qualche
altra storiella di terrore che James e Fred le avevano raccontato su quei
corridoi con l’unico intento di farle paura, fatto stava che la soggezione di
tutto quello le era penetrata dentro con insistenza. Al punto tale da aver
ormai sfiorato e superato i limiti del ragionevole per approdare in una
desolante radura fatta di illogicità e timore.
Puf.
Il
cuore le si fermò nel petto, mentre le sembrava di udire il rumore sordido di
un corpo che cozzava contro il muro di pietra. Di fretta, girò il capo a
controllare nella porzione di corridoio appena percorso, ma il buio era
talmente fitto – nemmeno la luna si era degnata di affacciarsi in quella notte
triste e spietata – da impedirle qualsiasi messa a fuoco. Cercò di mantenere
sottocontrollo il respiro, sapendo di stare entrando in una nuova crisi
d’iperventilazione e contò mentalmente fino a dieci onde evitare altri inutili
scherzi dettati dalla sua mente annebbiata dalla paura.
-Uno, due, tre, quattro, cinque, sei,
sette …-
“Weasley.”
“Uh!”
Sobbalzò, spaventata, troppo intenta a rimuginare sui suoi passi e a guardarsi
indietro per vedere cosa avesse davanti, e fu solo per miracolo che non urlò
quando qualcuno le si parò dinanzi bloccando la sua corsa.
Rose
girò di scatto il capo contro il suo impedimento, negli occhi sgranati ancora
l’inquietante presenza di un terrore innaturale, e fu con un fremito ad un
cuore morto che riconobbe Scorpius
Malfoy.
“C’è
… credo che mi stiano seguendo.” Borbottò, troppo impacciata e terrorizzata per
riuscire ad essere logica nelle parole.
In
un altro momento avrebbe evitato di farsi prendere per pazza proprio da lui,
con quei suoi complessi e paranoie da visionaria, ma in quel preciso istante
non le importava assolutamente nulla di tutti quei preamboli.
Scorpius
la fissò, con quei suoi disarmanti e profondi occhi grigi, poi le fece segno di
portarsi dietro la sua schiena e, bacchetta alla mano, iniziò a disegnare passi
decisi verso il cunicolo scuro più vicino.
Il
mantello sulle sue spalle frusciava sinuoso, con lo stesso movimento lento e cadenzato
di un serpente, e il ticchettio delle sue scarpe sapeva del suo sibilo roco.
Rose non si era mai accorta – non c’aveva mai fatto caso, veramente – di quanto
il ragazzo potesse essere agile e silenzioso nei movimenti, fluido come l’acqua
di un fiume nel suo placido alveo. Se poi il tutto si accompagnava da quella
innata eleganza caratterizzante di ogni Malfoy, il quadro raggiungeva picchi
elevatissimi di qualità.
Un
tempo tutto ciò le avrebbe dato fastidio e avrebbe relegato la cosa a titolo di
pomposità non richiesta, ma adesso … ora che le faceva battere il cuore … e
sapere che non poteva essere suo …
“Sei
sicura che ti stessero seguendo?” Scorpius aggrottò la fronte, perplesso, di
ritorno dalla sua breve perlustrazione. “Non ho visto nessuno.”
“Non
mi invento queste cose.” Ribatté prontamente Rose, anche un tantino velenosa
volendo, incapace di nascondere la propria stizza a quella che aveva reputato
di gran lunga come offesa.
“Non
volevo dire questo.” La fissò altrettanto serio lui, senza lasciarsi intimidire
dal tono graffiante della sua voce e, allo stesso tempo, risultando persino
cortese.
“A
me sembrava proprio di sì!”
A
quelle parole marcate di ironica isteria, si passò stancamente una mano nei
folti capelli dorati, in un gesto sciolto e naturale che ad un altro
probabilmente sarebbe apparso forzato, ma non a lui.
“Stai
cercando di litigare con me?”
Rose
parve avere una scrollata alla domanda, ma non riuscì a rispondere. Perché era
diventato così difficile portarlo a battibeccare con lei? Perché non poteva
facilitarle le cose invece?
Avvertì
il tocco freddo della sua mano sulla guancia e con un brivido chiuse gli occhi,
assaporando per un’ultima volta il contrasto del suo respiro caldo con la
temperatura della sua pelle. Lo percepì
abbassarsi quel tanto che bastava per portare i loro visi alla stessa altezza e
un istante dopo erano le loro labbra che si sfioravano tutto ciò che esisteva.
I pensieri si erano colorati di una latente caducità, scivolando nell’abisso
dell’oblio con la stessa facilità con cui le loro bocche sapevano collidere.
La
lingua di Scorpius intanto aveva preso a tracciare antiche danze proibite nel
suo palato, intrecciandosi alla sua e venendo meno quando il contatto cercava
di farsi più intenso, in un gioco di seduzione e tormento che la stava mandando
in tilt. Rose non era un’esperta di baci, ma era abbastanza sicura che nessuno
baciasse tanto bene quanto lui. Era come se non avesse fatto altro per tutta la
vita e lei stessa, stupendosi, non riusciva a sottrarsi a quel continuo
andirivieni, come se da parte sua non avesse atteso altro che quello.
Ma
suo padre aveva ragione a dire che aveva fin troppo cervello e, per quanto
stare tra le sue braccia potesse mandarla in brodo di giuggiole, non poteva
dimenticarsi delle parole di Albus. Delle sue
parole. Perciò con una forza che non sapeva neppure di possedere, lo scostò
piano da sé, con una lentezza esasperante, quasi temesse di poterne morire
altrimenti.
Scorpius
la fissò, incerto, tuttavia non l’aiutò nel compito con qualche domanda.
Rose
si morsicò il labbro inferiore, maledicendosi mentalmente per quella piccola
debolezza a cui proprio non aveva saputo dire di no.
“Non
posso …” Mormorò solo, dopo un tempo che le parve interminabile, abbassando il
capo per non essere costretta a scontrarsi con i suoi occhi di ghiaccio e per
non dover mostrare i propri, umidi e vacui.
“Sì
che puoi, Weasley.” Ribatté lui, con dura fermezza, senza distogliere lo
sguardo dalla parte di volto che riusciva ad inquadrare così.
“No.”
Scosse il capo lei. “No … tu non capisci. Albus
ci ha scoperti!”
Lo
disse in un filo di voce, sentendo le forze venirle meno al ricordo di ciò che
era successo soltanto poche ore prima. Gli occhi verdi di Albus che la
guardavano senza dire niente ma allo stesso tempo carichi di tutto quello che
si poteva pensare, erano un’immagine ancora troppo vivida nella sua mente. Non
era stato autoritario, non le aveva obbligato nulla, eppure il pensiero di
ferirlo ancora era persino più forte e doloroso di ribellarsi a qualche stupida
regola.
“E
allora?” Sbuffò Scorpius di rimando, guadagnandosi all’istante un’occhiata
sbigottita dalla Grifondoro.
“Come
sarebbe a dire?! Hai sentito quello che ti ho detto?! Al, mio cugino Al, ci ha
scoperti! Oh, lascia stare. Sapevo che non avresti capito.” Rose si voltò e
fece per andarsene, scandalizzata e arrabbiata dal fatto che lui si rifiutasse
di venirle incontro, tuttavia la mano del ragazzo sul suo polso fu un
impedimento piuttosto efficace.
“Aspetta.”
La richiamò, con voce strascicata e appena poco sopra i toni normali.
Strizzò
gli occhi, ricacciando indietro le lacrime, prima di voltarsi di nuovo verso di
lui.
“Ti
stai tirando indietro.” Non era una domanda, era una constatazione.
Rose
abbassò il volto, amareggiata più con se stessa che con altri.
“Molto
coraggioso da parte tua, Weasley. Mi complimento con te.” Disse Scorpius, con
una punta sardonica che la mandò all’istante in blocco.
Cosa
credeva, che era facile per lei?! Che era stata lei a decidere? Non aveva avuto
scelta, diavolo! Come si faceva a perdere la persona più vicina?! Era
impossibile!
“Come
al solito non hai capito niente.” Replicò con una smorfia di disappunto,
spingendo in fondo al cuore qualsiasi residuo di tristezza o dolore o frustrazione
per quello che stava accadendo in quell’anonimo androne.
“Invece
penso di aver capito molto più di quanto tu stessa abbia compreso.” Incrociò le
braccia al petto e alzò un sopracciglio, guardandola con aria di sfida e di
distaccato divertimento.
“Ma
davvero?” Lo aggredì quasi Rose, snervata.
Lui
annuì, indisponente. “Ho capito che tutta questa faccenda di Albus, è soltanto
una facciata per coprire la realtà dei fatti. Perché sei tu, Rose, che hai paura di vivere la tua vita.”
Non
era vero. Lo sapeva. Non poteva essere
vero …
Allora
perché si sentiva così … colpita?
“Non
ho paura.” Borbottò, come una bambina capricciosa a cui è stato appena negato
un giocattolo.
“Ah
no?” Chiese Scorpius, l’ironia aveva intanto lasciato il posto ad una spietata
freddezza. “E allora come lo spieghi che mi stai scaricando?”
-Non me lo spiego.- Ma
la verità a volte era meglio tenerla nascosta, no?
“Il
problema è che tu hai troppo terrore del giudizio degli altri, per preoccuparti
della tua felicità. Perciò preferisci nasconderti dietro a quello che non sei,
piuttosto che venire fuori e rischiare di deludere qualcuno. È per questo che
ti sei sottomessa al mio ricatto, senza dire una parola. Molto sciocco da parte
tua, non credi?”
“Sta
zitto!” Gli urlò quasi dietro, le mani strette a pugno per controllare un crescendo
improvviso di rabbia. “Tu non sei nessuno per sparare sentenze! Sei soltanto un
egocentrico ragazzino viziato!”
“Hai
ragione.” Contrariamente alle aspettative, Scorpius si ritrovò d’accordo con il
suo insulto, cosa che la fece tentennare per un istante e alzare il viso per
tuffarsi in quello ermetico di lui. “Ma almeno io non mi rifugio dietro la
prima scusa per scappare da ciò che ho paura di affrontare.”
Non
c’erano più parole per loro, non per il momento almeno; Rose lo sapeva. Ma
vederlo mentre le dava le spalle e si allontanava, sempre più irraggiungibile,
da lei era comunque un dolore troppo forte da sopporta. Era un pugno che
affondava nello stomaco e nemmeno la consapevolezza di stare facendo la cosa
giusta, serviva ad alleviare quel magone.
E per
la prima volta da quando lo conosceva, non l’aveva neppure salutata.
N/A
Vi avevo detto che con
me, Scorpius e Rose non avrebbero avuto vita facile! XD
In questo capitolo si è
iniziato a muovere anche Edmund, o meglio, Ottavius sotto manovra tacita di
Edmund, mentre Albus è finalmente venuto a capo della faccenda. E intanto
abbiamo avuto un piccolo excursus nella sua mente per tentare di capire i suoi
comportamenti. Spero adesso siano più chiari.
Piccola anticipazione per
il prossimo? Aspettatevi Scorpius e Albus! XP E Hugo, non dimentichiamoci di
lui, gente!
Risposte alle recensioni
…
·Aurora_Cullen: oh grazie, sai per me il
piacere è leggere le tue recensioni! ^-^ Come hai potuto vedere, non è durata
tanto … ma infondo sono sempre Scorpius Malfoy e Rose Weasley, perciò con loro niente è come sembra. U.U Detto questo,
è meglio che mi tappi la bocca prima di svelare troppo! Aspetto il tuo
aggiornamento, comunque! ^-^
·ValyBrick: dopo questo capitolo, non
odiarmi, ti prego. Purtroppo i nostri cari Scorpius e Rose dovranno ancora
affrontarne di cose prima di potersi relegare nella loro oasi di felicità e di
certo un cugino che scopre tutto, meglio un cugino innamorato che scopre tutto è un bello ostacolo da digerire …
Staremo a vedere, no? ^.- Lily … beh, credo che in questo capitolo si sia
capito il motivo per cui Al ha avuto questa reazione forte nei confronti della
sorella, o sbaglio? Spero mi continuerai a seguire, comunque, anche adesso che
il breve idillio si è frantumato!
·_crazygirl: dunque, prima di tutto
sono felice che lo scorso capitolo ti sia piaciuto e spero vivamente che ti
piaccia anche questo! ^-^ Per quanto riguarda le tue domande, direi che sono
più che lecite. Il motivo per cui Edmund ce l’ha con Rose? Uhm, non credo di
poter rispondere a questa domanda senza fare troppi spoiler! XD Posso però
dirti che verrà chiarito nei prossimi capitoli e anche di non farti idee
precipitose su di Edmund, perché con lui niente è come appare. Per quanto
riguarda il fatto di essere scoperti, non è che hanno paura di venire beccati
da Edmund e Ottavius, è più un tacito accordo … Mi rendo conto che così
potrebbe non significare niente, ma anche questo verrà chiarito prossimamente,
perciò ti chiedo solo di pazientare per trovare una risposta a tutte le tue
domande! ^-^
·TittiGranger: ehm … che mi dici? Addio
rose e fiori, eh? XD E come avevi predetto tu, Albus ha ancora parecchie sorprese da rivelare! D’altra
parte, povero Al, lui è innamorato! Già sta male per questo, adesso ha pure
scoperto della relazione tra la cugina e Scorpius! Guarda, non preoccuparti per
le recensioni. Io sto facendo una figura grama con te, visto che devo ancora
recensire la tua storia! ^//^ Ce l’ho tra le cose da fare, ma il tempo è quello
che è e non è mai abbastanza come vorrei, purtroppo. Perciò ecco, figurati! Anzi,
scusami tu piuttosto. E grazie infinite per i commenti su The long night! Sono contenta ti sia piaciuto tanto, davvero. *-*
·altovoltaggio: visto? Al non ha
sofferto neanche la metà fin’ora! Poverino, sembra quasi che lo odi tanto mi ci
sono accanita contro in questa storia! O.o Ma non è così, anzi. Io adoro Al,
perciò figurati se potrei mai volergli male! È che ce l’avevo sempre visto, in
qualche modo, innamorato della cugina e con un filo di vittimismo made in
Potter! ^.- Ah Edmund! Vi avevo avvisati che vi avrebbe fatti dannare! XD Ma
anche per lui ci sarà il momento delle spiegazione, poco ma sicuro. U.U Intanto
prendetelo così: più complicato e astruso che mai! Scorpius e Rose? Oh, beh,
loro … loro sono loro, aspettati di
tutto di più!
·Sae: tex! Ma quando aggiorni
tex mia? Sono a corto!! Sono felicissima che continui a leggere questa storia e
soprattutto che ti piaccia! *-* Sei la mia best, ma questo lo sai, no? ^.-
·MollY_gIaDa: beh, grazie mille per i
complimenti! ^-^ Per quanto riguarda Al, lui ha la posizione più spinosa nella
fanfiction. Lui e Edmund, a mio avviso. Spero che in questo capitolo comunque
almeno Al si sia capito un po’ di più, il ragionamento, e via dicendo. Come hai
potuto notare, non c’è stato il problema di dirlo a tutti … si sono lasciati
prima!! XD Sono sadica? Sì, può darsi! Mi fa piacere che ti piacciono i “miei”
baci! ^-^ Beh, dai, ad ognuno il suo tempo, no?
·78kira: per prima cosa, ci tenevo
a dirti che mi fa piacere tu abbia deciso di recensire la mia storia. E mi fa
enormemente piacere, ovviamente, sapere che ti piace, anche! *-* Per quanto
riguarda il problema dell’incompiutezza, guarda, con questa non dovrebbero
esserci problemi visto che l’ho già finita tutta. Purtroppo non riesco mai ad
aggiornare prima del venerdì per mancanza pressoché totale di tempo, ma
comunque non la lascerò a marcire incompleta, questo è sicuro. Edmund Nott …
beh, è un personaggio che spiazza tutti, anche me delle volte. Ma ho sempre
avuto stampato nella mia mente il suo personaggio, come doveva essere, che
personalità addossargli e via discorrendo, perciò anche se astruso e complicato,
mi ci sono talmente affezionata che non ho voluto renderlo più semplice. Il mio
Ed è tutto, meno che semplice. Ma ha i suoi motivi, le sue opinioni, su tutto,
perciò davvero con lui nulla è lasciato al caso. Ah figurati, macché annoiarmi!
XD Anzi, mi ha fatto piacere leggere la tua recensione e spero vorrai farmi
sapere cosa ne pensi anche di questo capitolo, se ti và!
·Catherine Heathcliff: come ti dicevo, Scorpius
e Rose non hanno vita facile con me! XD Comunque sono contenta che ti sia piaciuto
il bacio del settimo capitolo. All’inizio avevo paura si baciassero troppo
presto, ma poi la storia ha preso pieghe diverse da come pensavo io, anche se
non è detto che siano andate male … Ad ogni modo, c’avevi preso anche allora
evidentemente: ebbene sì, Albus si è innamorato di Rose. E adesso bisognerà
vedere cosa succederà arrivati a questo punto. Diciamo che più che immaturo, Al
è un vittimista nato e per questo se l’è presa tanto con Lily. Ma spero che si
sia capito nel breve excursus nella sua mente di questo capitolo. Dall’altra
parte c’è Rose stessa che di certo non è un tipo facile da gestire! XD Abbiamo
avuto modo di vederlo, no? Però c’hai preso su di lei. Come dicevi tu, è una
che preferisce fare le cose con calma, che si spaventa dei cambiamenti e stare
con Scorpius è un grande cambiamento
rispetto a prima. Scorpius invece è più menefreghista sotto questo punto di
vista. U.U E intanto il piano di Ed và avanti, e nuovi guai si profilano all’orizzonte!
Ebbene, che mi dici di questo tredicesimo capitolo? Ti è piaciuto?
Ho notato che questa
storia è intanto arrivata, silenziosamente, a ben novantotto recensioni! Cioè, novantotto!! Wow, non avrei mai
immaginato, scrivendo questa fanfiction, di poter raggiungere un simile
risultato … Perciò devo ringraziare tutti voi, voi che recensite dico, per la
vostra costanza e gentilezza nel farmi sapere cosa ne pensate.
Bene gente, adesso vado,
ma ci sentiamo al prossimo aggiornamento!
“Non
ci posso credere. Quella maledetta secchiona …”
Ottavius
digrignava senza sosta, tagliuzzando il bacon nel piatto con enfasi accesa
mentre gli occhi non si discostavano un attimo dalla tavola di Grifondoro, dove
la sua preda se ne stava silenziosamente a fare colazione di fianco ad Albus
Potter.
“Ancora
nero per la storia della buca?” Non poté fare a meno di ghignare Edmund, sfoggiando
tutto il suo aplomb nel versarsi un succo non meglio identificato nel bicchiere
in vetro.
Si
era svegliato particolarmente di buonumore quella mattina, cosa che succedeva …
mai, in pratica. Il suo piano stava
procedendo fin troppo bene, persino nel dettaglio, e tempo qualche giorno,
sarebbe ritornato tutto come era prima che quell’assurda storia cominciasse.
Mancava soltanto l’ultima mossa di Ottavius, e lo scacco matto sarebbe stato il
suo.
Non
poteva chiedere di meglio.
“Ed,
la Weasley ha osato bidonarmi. A me!
Non sono nero, sono furioso!” A sottolineare la sua posizione, Higgs si premurò
per benino di addentare un pezzo di bacon con una forchettata decisa, quasi
minacciosa, che fece impallidire uno dei novellini lì affianco.
Ottavius
ghignò alla reazione del pivello, inorgoglito, ma era troppo nervoso per
godersi appieno la scena. Senza contare che Scorpius non si era ancora fatto
vivo, il che lasciava intendere due cose: o aveva trovato una compagnia
piuttosto piacevole quella notte, o era di cattivo umore. E siccome dividevano
la camera insieme e non aveva visto né sentito intrusioni femminili …
Sarebbe
stata una giornata molto, molto lunga
quella.
“Il
che ci riporta al fatto che avevo ragione io.” La buttò lì Edmund, fingendo una
spontaneità dovuta in realtà a strategie ben pianificate.
Come
da copione, all’affermazione Ottavius sussultò, bloccando un boccone a metà
strada. “Non dire assurdità, Nott. Nel caso non te ne fossi accorto, pende
praticamente dalle mie labbra.”
“Chi?”
Si finse spaesato l’altro, accentuando la cosa con un inarcamento piuttosto
credibile del sopracciglio destro.
“Rose Weasley!” Alzò gli occhi al cielo
il castano, esasperato.
“Oh,
già. Chi altri sennò?!”
“Fa
poco lo spiritoso, spilungone. Quando mi vedrai con la Weasley, e ti assicuro
che succederà molto prima di quanto immagini, ti pentirai di tutto questo
sarcasmo.”
“Credevo
ti avesse bidonato.”
“Ieri
sera, e scommetto che non dipendeva neppure da lei.”
Edmund
fece una faccia come per dire ah no?
e Ottavius dovette stringere i pugni per resistere alla tentazione di pestarlo.
Sapeva essere davvero irritante quel piantagrane! O forse era lui ad essere
poco paziente, ma poco importava a quel punto.
“Okay.”
“Cosa?”
“Ti
dimostrerò che ti sbagli.”
“Uh.”
Annuì appena Edmund, fingendosi del tutto assorbito dalla lettura della
Gazzetta del Profeta.
“Sbaglia
in cosa?”
I
due ragazzi si voltarono quasi in contemporanea quando una voce estranea a loro
s’intromise nella conversazione.
“Ben
alzato, cugino!”
Scorpius
alzò appena la mano al saluto, frattanto che prendeva posto accanto ad Ottavius
e di fronte a Edmund. Nel farlo tuttavia il suo sguardo scivolò nella direzione
dei Grifondoro a cercare, come era diventata una consuetudine da qualche tempo
a quella parte, una nota testa castana, dai riflessi mattone. La trovò e un
pugno gli affondò nello stomaco nello stesso istante, memore di ciò che era
successo soltanto la sera prima.
“Di
che stavate parlando?” Tornò a domandare il biondo, con insistenza maggiore,
più per scaricare la propria rabbia che per mera curiosità.
Per
istinto, Ottavius cercò la complicità di Edmund, nel pallone, e come sempre fu
il moro a districare la situazione.
“Quidditch.
Ho detto a Ottavius che non riuscirà a colpire neanche mezzo Tassorosso alla
prossima partita.”
Scorpius
annuì, ma era già sprofondato nel suo tetro malumore.
Davanti
ai suoi occhi, intanto, l’immagine di Rose che si sforzava di sorridere ad un
malinconico Albus, lo schiaffeggiava con forza.
Aveva
fatto la sua scelta, ed evidentemente
non era lui.
~
“Lily
per favore! Mi sembri Rose quando fai così!” Hugo sbuffò, esasperato.
Lui
e la cugina stavano percorrendo il corridoio per raggiungere le serre, pronti
ad una lezione del professor Paciock sull’importanza dell’Erbologia, non senza
scambiarsi le solite chiacchiere concitate. I loro genitori amavano ripetere
spesso che quando si trovavano, Hugo e Lily erano peggio dello zio Percy in una
conferenza sull’uso fondamentale dei calderoni nella magia per quanto
riguardava le ciance. Più di una volta si erano sentiti subissare di domande
sull’argomento predominante nelle loro conversazioni, perché a quanto pareva
nessuno riusciva a credere al fatto che due cugini che in pratica vivevano
assieme sapessero sempre trovare qualcosa da dirsi.
“Hugo!”
Lo ammonì fingendosi sbalordita la rossa, mollandogli un ceffone tra capo e
collo, per poi incrociare severa le braccia al petto all’occhiata basita che ne
ricevette. “Te lo sei meritato.”
“Sei
una strega.” Disse il ragazzino a quel punto, offeso, rigando dritto con la
seria intenzione di ignorarla.
Ma
Lily in quanto a tenacia non era seconda a nessuno e, ridacchiando divertita
per quel siparietto, lo raggiunse in un batter baleno. “Eddai! E poi scusa, che
razza di offesa sarebbe questa?! Io sono
una strega!”
Stavolta
Hugo non poté fare a meno di sorridere, notando che tra i tanti sostantivi
applicabili al caso aveva scelto proprio il più veritiero.
“Perciò
…” Scorgendolo ridacchiare, Lily decise all’istante di ritornare alla carica.
Era
decisa ad arrivare al sodo della questione prima di raggiungere la serra,
perciò a conti fatti non le rimaneva poi del gran tempo.
“…
Ti piace la Tyler?”
“Cos-
No!” Il figlio minore di Ron Weasley e Hermione Granger avvampò come un
semaforo rosso alla nemmeno tanto velata accusa che l’altra gli rivolse,
ricordando in modo alquanto preoccupante suo padre ai tempi del debutto
adolescenziale.
“Sicuro?”
“Certo!
E smettila di guardarmi così!”
“Come
sarebbe così?”
“Come
se fossi un idiota cronico o un bugiardo colossale, fa un po’ tu.”
Hugo
sbuffò, contrariato, e Lily sogghignò.
“Scusa,
è soltanto che sono curiosa. Vi ho visto spesso insieme ultimamente.”
Quando
voleva la rossa sapeva essere davvero sottile nelle insinuazioni, non c’era che
dire. Il che gli importò un flusso di orgoglio affettivo non indifferente,
considerati i rapporti di parentela. Se solo non si fosse tirato la zappa sui
piedi da solo, si sarebbe fermato lì, in mezzo al corridoio, e avrebbe urlato
al mondo intero qualcosa tipo ehi, questa
è mia cugina!; ma ovviamente era una cosa anche piuttosto stupida per un
Malandrino perciò lasciò cadere il desiderio in un battito di ciglia.
“Avanti,
spara. Che vuoi sapere di preciso?” Capitolò infine il ragazzo, passandosi una
mano negli scarmigliati capelli castani ed interrogandosi per la millesima
volta sul motivo per cui non erano potuti rimanere rossi, come da bambino.
Lily
sorrise furbescamente all’invito preparato su un piatto d’argento. “State
insieme?”
“Più
o meno.” Farfugliò imbarazzato Hugo: odiava parlare di ragazze, soprattutto in
presenza di altre ragazze, benché quella in particolare gli fosse cugina
carnale.
“Più?
O meno?”
“Mah.”
Scrollò le spalle lui.
“Nel
senso che non lo sai?” Insistette Lily, caparbia.
“Nel
senso che è di Annie Tyler che stiamo parlando.”
“E
allora?” Per quanto si sforzasse, proprio non riusciva ad afferrare il nesso
tra le due cose.
“E
allora se non te ne fossi accorta, quella non ci sta tutta con le rotelle.”
Alzò gli occhi al cielo Hugo, inscenando un’esasperazione marcata per sottolineare
il fatto che con molta probabilità la cugina era l’unica a non essersi accorta
della cosa.
“Hugo!”
Senza perdere tempo, Lily gli assestò un altro poderoso ceffone.
“Ma
che ho detto di male?!” Si lamentò piagnucoloso lui, massaggiandosi la parte
colpita e adottando un musone da premio oscar.
“Annie
Tyler non è matta.” Lo corresse,
inacidita dal commento. “È soltanto particolare, ecco. Un po’ come zia Luna.”
“Sì,
certo, come no.” Sussurrò rivolto più che altro a se stesso Hugo, evitando di
farsi sentire per paura di beccarsi ancora qualche sberla.
L’ultima
volta che aveva provato a dire alla ragazza se potevano definirsi una coppia –
e porre fine in questo modo alle minacce di espulsione dai Malandrini da parte
di Fred e James – lei gli aveva risposto con un’occhiata talmente sbalordita,
che pareva essere appena caduta dalle nuvole. Poi aveva iniziato a balbettare,
ad arrossire e a boccheggiare nello stesso istante, prima di svignarsela a
gambe levate. E … oh, sì, nella corsa ovviamente aveva trascinato con sé anche
un paio di principianti di Serpeverde, ma erano cose che capitavano quelle, no?
-No.-
Nel
frattempo lui e la cugina avevano raggiunto la serra, dove il professor Paciock
ancora non era arrivato. Perplessi e chiedendosi al contempo dove diavolo
fossero finiti tutti i loro compagni, i due quindicenni presero posto, in uno
dei banchi all’ultimo posto. Per quanto rispettassero l’amico dei loro genitori
e nonostante la materia avesse dei risvolti interessanti, nessuno dei due ci
teneva a fare la figura del lecchino sedendosi davanti a tutto.
“È
che lui è troppo per me, mi capisci?”
Hugo
si voltò verso la cugina, perplesso, che di rimando gli lanciò un mezzo
sorriso.
“Non
posso stare con lui, perché è troppo più avanti di me.”
“Ma
di che stai parlando?”
Lily
strabuzzò gli occhi. “Chi, io? Ti sembra che stia muovendo le labbra per caso?”
Hugo
soppesò la cosa e dovette ammettere che in effetti le labbra della cugina non
si erano mosse. Eppure la voce l’aveva sentita. Stava diventando matto?! Forse
era soltanto uno dei primi sintomi. Prima di accorgersene, si sarebbe ritrovato
in un letto d’ospedale, allacciato come un salame e lì a ciarlare di assurde
voci inesistenti mentre-
“A
me va bene anche così, infondo. Fino a poco tempo fa nemmeno mi guardava,
perciò è già tanto, no? Tanto lo so che sei d’accordo con me.”
-Okay, ma chi diavolo …?-
Hugo si chinò di lato, scivolando con la testa sotto il banco per cercare di
fare luce sulla faccenda. Se Lily non stava parlando e lui non era pazzo,
doveva necessariamente esserci qualcun altro lì dentro con loro. E siccome a
quanto pareva la voce la sentiva lui da solo, doveva anche stargli piuttosto
vicina. Quindi …
Se
avesse potuto, la mandibola inferiore si sarebbe staccata per precipitare
difilato a terra, incurante della magra figura che avrebbe fatto.
Il
primo pensiero coerente alla scena che gli si presentò dinanzi fu un bizzarro
commento circa il fatto che Annie Tyler stava parlando con un orsacchiotto. Un
orsacchiotto di stoffa, marrone e con gli occhi a cuore, per inteso. Un Teddy
Bear, per l’esattezza. Il che lo portò involontariamente a pensare a Teddy
Lupin e alla sua faccia cangiante, buttando così via il suo secondo pensiero
circa la cosa. Il terzo, infine, fu sulle parole udite e stavolta non poté ad impedirsi
di sfoggiare un’aria stralunata.
“Lui
mi crede un po’ matta, ma sono contenta lo stesso. Almeno mi considera.”
La
vide scrollare le spalle con espressione mesta in viso, e se ne sentì in colpa.
Per quanto l’idea non gli piacesse affatto, non riusciva a scacciarsi dalla
mente il fatto che stesse parlando di lui e del suo comportamento nei propri
riguardi. Tuttavia fu una questione di attimi, perché subito scacciò via la
cosa ritenendola impossibile o quantomeno improbabile.
“Che
stai facendo-”
“Shh!” Hugo tappò la bocca della cugina
con una mano, costringendola a venire giù con lui.
Lily
allora fece per allontanarlo, ma si fermò quando, seguendo l’indicazione che le
veniva fornita, scorse a sua volta Annie Tyler ad un banco davanti a loro, alla
sinistra di Hugo. Per istinto gettò un’occhiata perplessa al cugino, che scosse
il capo, liberandole la bocca. Avrebbe voluto dirle visto? Avevo ragione io, eppure era certo che nemmeno questo
avrebbe allentato il nodo strettosi alla gola.
“Sai,
vorrei essere proprio come lui e non aver paura di niente. Certe volte mi
chiedo perché sono finita proprio a Grifondoro … Tu che ne pensi Spencer? Io
dico che forse era destino. Magari dovevo conoscere Hugo Weasley, no?”
Lily
lo guardò in modo piuttosto eloquente alla cosa, ma il ragazzo si sforzò di
ignorare sia lei che il magone allo stomaco.
Era
assurdo. Tutto quello era assurdo. E quella fanciulla era davvero-
“Perciò
sai che ti dico?! Che anche se avrei continuato a guardarlo soltanto di
nascosto, mi sarebbe bastato. Sì, dico davvero, non fare quella faccia Spencer
o-”
Ma
Annie Tyler non riuscì mai a terminare la sua frase, sovrastata dal cicaleccio
di un’orda di studenti del suo anno pronti, in un certo senso, ad iniziare la
lezione. Spaurita per la sorpresa, infilò subito il peluche nello zainetto e in
un attimo riemerse dal suo banco, puntando lo sguardo dritto alla cattedra
senza preoccuparsi di ciò che le stava attorno. Cosa che le impedì di notare
Lily e Hugo mentre, approfittando del passaggio di un gruppetto numeroso,
ritornavano in superficie, non senza essersi scambiati prima uno sguardo
d’intesa.
~
Era
stata una giornata infernale, una di quelle che era meglio passarle nel letto,
piuttosto che viverle. Aveva preso una T per una pozione sbagliata e poi era
andata sempre peggio, con i sensi di colpa a trincerargli lo stomaco e il
solito ormai vecchio dolore ripiegato tra le costate. L’unica nota stonata,
anche se Albus non avrebbe saputo dire se in positivo o in negativo, era stata
la costante presenza di Rose al suo fianco.
Non
lo aveva lasciato per un istante, preoccupandosi di allungargli il foglio di
Difesa Contro le Arti Oscure al momento opportuno e ridendo delle sue battute
amare qualora ce ne fosse stato bisogno.
Di
certo averla così accanto gli aveva fatto piacere, ma allo stesso tempo aveva
contribuito a rovinargli l’umore.
Rose
si stava comportando da vera amica, parentele a parte, mettendo da parte ogni
cosa per dimostrargli che lui – lui,
non Scorpius Malfoy – valeva molto di più di qualsiasi altra cosa. Eppure allo
stesso tempo Albus non poteva fare a meno di pensare che se lo stava facendo,
era per sopperire ad un suo capriccio. Il che, se da una parte gli schiacciava
lo stomaco, dall’altra contribuiva ad inasprirlo ancora di più verso tutta
quella faccenda.
Guardava
le labbra di Rose e in automatico scattava il pensiero insistente che qualcun
altro, corrispondente anche all’unica persona che meno si sarebbe aspettato,
aveva avuto l’ardire di baciarle. Allora spostava lo sguardo sui suoi capelli,
e gli sembrava quasi di figurarsela la mano di Scorpius mentre giocherellava
con quelle ciocche inanellate. Si diceva di smetterla, che lei aveva scelto lui
e non Malfoy, ma poi la scorgeva rattristarsi quando credeva di non essere
vista e tutte le parole divenivano balle.
Forse
aveva soltanto bisogno di capire come una cosa del genere fosse potuta
accadere. Insomma, lui era un buon osservatore eppure non avrebbe mai
scommesso, neppure per scherzo, su una presunta relazione tra la sua meticolosa
cugina Rose Weasley e l’irriverente Scorpius Malfoy. L’idea era così assurda e
fuori dagli schemi, che Albus non aveva fatto difficoltà ad associarne le
probabilità alle stesse che aveva Michael Grays con la ragazza in questione.
Ma,
stando alla realtà dei fatti, aveva preso un bel granchio.
Il
problema sorgeva quando iniziava a ponderare sul fatto che buona parte
dell’avvicinamento, era stato per colpa sua. Chi aveva cercato di convincere
Rose a dare una possibilità a Scorpius, in sette anni di scuola? Risposta?
-Albus Severus Potter.-
Fece una smorfia al pensiero, dandosi mentalmente dell’idiota integrale. A
quanto pareva, oltre ad essere malato, riusciva anche ad impiastricciarsi la
vita con le sue stesse mani.
Bel
casino, eh?
E
poi lo vide, che camminava da solo e ombroso verso la sua direzione. Doveva
essere di malumore tanto quanto lui, ma Albus non poteva fare a meno di pensare
che se lo meritava, che se l’era cercata. Sapeva che era un ragionamento
illogico e da pazzi il suo, tuttavia era troppo arrabbiato per fregarsene anche
di quello.
Aveva
soltanto bisogno di risposte e se non poteva averne da Rose – non avrebbe
sopportato il peso dei suoi occhi e tutto ciò che in essi si sarebbe rifiutato
di leggere – allora tanto valeva andare direttamente all’altra fonte.
Tanto
più che adesso ne aveva l’occasione propizia, giacché non c’erano terzi
incomodi tra loro due.
Anche
Scorpius sembrò avere gli stessi pensieri perché, dopo averlo visto in viso, si
era fermato nel suo stesso istante che ormai distavano di pochi passi. Per un
istante fu soltanto una questione di colori, di verde che sprofondava nel
grigio e di argento che sublimava nel rosso, prima che Albus discostasse lo
sguardo verso un punto appena oltre la vetrata alla sua destra.
“Ti
sei innamorato di lei?”
La
stessa, identica domanda che aveva già posto a Rose, il giorno prima.
“Tanto
ormai non importa.”
Ciò
che invece era cambiato, oltre al destinatario, ovvio, era la risposta.
Albus
sgranò gli occhi, riportando l’attenzione a Scorpius. Di sicuro non si era
aspettato simili parole dette da lui. Una risata di scherno, magari. Un no
schietto e diretto, forse. Ma quello … Quello,
era ambiguo.
Lo
guardò di traverso, scrutandolo con dovizia di particolari e scavando in
profondità alla ricerca di qualcosa, anche un piccolo particolare andava bene,
purché gli confermasse la sua teoria iniziale.
Perché
Scorpius Hyperion Malfoy nonpoteva essersi innamorato di Rose Sophie Weasley, era … era contro natura!
“Che
dovrebbe significare?” Chiese scontroso.
Il
biondo si passò una mano nei capelli, spossato. “Hai vinto tu, Albus. Rose ha
scelto te.”
Da
quando la chiamava per nome?! Possibile che fossero già così intimi? Strinse i
pugni e le nocche assunsero una strana tonalità pallida.
“Non
le ho imposto nessuna scelta.”
“Dipende
dai punti di vista.” Sorrise appena l’altro, ma era un sorriso privo di ogni
forza, quasi spento.
In
un attimo, Albus lo aveva raggiunto e, afferrandolo per il bavero della
camicia, lo fissava minaccioso. “Tu non sai niente.” Sibilò, tra i denti.
“Del
fatto che ti sei innamorato di tua cugina? Penso di averlo intuito.” Fece una
smorfia incolore Scorpius, senza né cattiveria né ironia nella voce, se non
un’infinita stanchezza.
Eppure
fu troppo. Così, di punto in bianco … Troppo.
E
il pugno affondò con forza, trascinandosi dietro tutti quegli anni passati a
vivere nella menzogna, portando con sé anche quel bruciore che nel petto gli
faceva venire voglia di scomparire.
~
“Al!
Scorpius!” Rose zigzagò come una pantera tra la calca di studenti adunatasi, il
cuore in petto e il fiato corto, lasciandosi indietro il ragazzino di
Grifondoro che era corso a chiamarla.
Le
risultava ancora incredibile il fatto che i due si stessero davvero azzuffando,
con tanto di pugni e spintoni. In sette anni aveva persino trovato invidiante
il loro bizzarro rapporto basato su una particolare amicizia che li vedeva
rispettarsi e fidarsi reciprocamente in quel modo un po’ esclusivo che a lei
gli era sempre stato estraneo. Non avevano mai osato alzarsi le mani, o lanciarsi
battute piccanti e di certo lei aveva escluso a priori la possibilità di vedere
un giorno una tale concretizzazione; eppure, a quanto pareva …
“Si
può sapere che diavolo vi prende?” Sbottò, una volta frappostasi tra un riverso
a terra Albus ed un appena rialzatosi Scorpius.
“Niente.”
Mormorò tra i denti il biondo, gli occhi fissi in quelli del suo contendente.
“Al?”
Provò con lui Rose, esasperata da quell’atteggiamento inusuale.
Per
tutta risposta Potter si asciugò un rivolo di sangue lungo il labbro con la
manica della maglia, incurante così della scia che ne demarcò la parte del
polso destro. “Niente.” Ripeté, deciso tanto quanto l’altro, mentre la cugina gli
si chinava di fianco per tastare con uno sguardo la condizione del suo viso.
“Oh,
ma davvero?! E questo come lo chiamate?” Ribatté avvilita lei accennando
all’ematoma allargatosi lungo lo zigomo del Grifondoro, prima di sbuffare e
girarsi inferocita verso il Serpeverde. “Hai iniziato tu?”
La
domanda lo colpì con la stessa intensità dei pugni di Albus, solo che faceva
mille volte più male.
Scorpius
s’irrigidì sul posto, lo sguardo adesso rivolto unicamente a quel marrone che
ancora sapeva regalargli qualcosa, nonostante tutto, e un ghigno incolore gli
si allargò sulle labbra. “Ma certo. Ovvio.”
Aveva
scosso il capo nel dirlo, quasi volesse lasciarsi scivolare tutte quelle
sgradevoli sensazioni addosso, e Rose era troppo impegnata a tormentarsi nel
peso delle sue decisioni per accorgersi della ferita impressagli in quel petto
che solo da poco aveva imparato a percepire un cuore.
“Che
sta succedendo qui?” Poi una voce solenne, autoritaria, che lei tuttavia
percepì appena nel suo mondo ovattato fatto solo di un dilaniante grigio.
Era
come se il mondo attorno avesse smesso di girare e all’improvviso non ci fosse
più niente o nessuno in grado di penetrare in quell’angolo di spazio che lei e
Scorpius si erano inconsapevolmente ritagliati. Non c’erano i ragazzi attorno,
né il professor Paciock in procinto di esercitare il proprio potere educativo,
e non c’era neppure Albus, o il tocco dei suoi occhi verdi posato addosso. Il
tempo, per una speciale combinazione di fattori ed eventi, aveva trovato il
momento per fermarsi e aveva regalato a lei, lei che proprio non lo meritava,
ancora un briciolo di quelle attenzioni.
Eppure
mentre l’aria le si fermava nel petto con un singulto e poi un risucchio
leggero, impercettibile, Rose avvertì che era diverso dalle altre volte. Perché
faceva male, adesso. Quello sguardo
su di sé riusciva a trafiggerla come nessuna battuta tagliente aveva mai saputo
fare.
Avrebbe
voluto urlargli di smetterla – basta! Basta!
Basta! – ma non poteva. La voce si era dissolta nei meandri dei battiti del
suo cuore e le parole, sperdute, non riuscivano a risalire in superficie. Tanto
più che una parte consistente di lei continuava a ripeterle che dopotutto era
meglio avere almeno quelle di attenzioni, piuttosto che non averne affatto.
“Rose
Weasley?”
“S-
Sì?” La domanda di Neville la ridestò bruscamente dal suo spigolo di apnea,
rigettandola con ferocia in quel caos che era diventato il corridoio e la sua
vita.
“Cosa
è successo?”
Deglutì,
nervosamente, ed abbassò il capo, incapace di articolare frasi di senso
compiuto, prima di rendersi conto che il problema fondamentale era il fatto di
non avere nulla da dire in proposito.
“Bene.”
Prese in pugno la situazione il professore di Erbologia, irriconoscibile dai
tempi in cui veniva descritto come un goffo e paffuto ragazzetto di Grifondoro.
“Visto che nessuno di voi vuole dirmi cosa è accaduto, mi vedrò costretto a
togliere cinquanta punti al signor Malfoy e altri cinquanta al signor Potter
per lo sgradito spettacolo che hanno offerto gratuitamente. E vi voglio
entrambe nel mio ufficio, alle sei, puntuali mi raccomando. Dovreste
ringraziarmi se non avvertirò i vostri genitori per questo. Per quanto riguarda
lei, signorina Weasley, mi aspetto molto più severità vista la sua posizione di
Caposcuola. Magari potremmo parlarne meglio per le cinque e trenta, che ne
dice?”
“Sì,
professore.” Mormorò con tono dispiaciuto Rose, senza riuscire ad alzare il
capo per racimolare la delusione che sapeva esserci negli occhi di uno dei più
stretti amici dei suoi genitori.
-Questo sai come si chiama? Terrore
del giudizio degli altri.- Le sembrò di sentire distintamente
una voce ben riconoscibile mentre le sussurrava malignamente quelle parole e
lei, con occhi lucidi, si vide costretta a stringere denti e pugni, al corrente
del fatto che era soltanto il suo sub-inconscio a divertirsi sardonico sulle
sue debolezze. –Oh, al diavolo! Al
diavolo tutti!-
“Perfetto.
Adesso vi dispiacerebbe tornare tutti alle vostre attività?” Stava nel
frattempo dicendo Neville rivolto alla calca di allievi, i quali, con un
sospiro abbattuto, si videro costretti ad ubbidire. “Vale anche per voi tre.”
Albus
fu il primo a riscuotersi e, ricacciando indietro quella fastidiosa sensazione
sorta all’altezza del petto nel momento in cui i suoi occhi smeraldino avevano
catturato il sottile gioco di sguardi, agguantò con saldezza la cugina per un
polso.
“Andiamo,
Rose.”
“Sì.”
Annuì appena col capo lei, sorridendogli incerta ed evitando con cura di
gettare occhiate troppo in alto dove sapeva esserci lui.
Per
questo non lo vide irrigidirsi, né notò il modo in cui le unghie andarono a
graffiare i palmi delicati delle mani, ma il suo sguardo … quello, era
impossibile non avvertirlo. E mentre si allontanava scortata da Albus che,
impettito, continuava a stringerle possessivamente il polso, Rose sentì di aver
lasciato qualcosa indietro e che quegli occhi – davvero troppo grigi – stavano
con lentezza consumandola dentro. Poi suo cugino svoltò l’angolo e lei con lui,
rinnegando ancora una volta qualsiasi altra emozione che non fosse affetto
verso il consanguineo.
~
“Rose,
mi stai ascoltando?”
Alla
domanda, sbatté le palpebre un paio di volte. La sensazione sviscerante di
essersi appena svegliata da un lungo sogno ad occhi aperti pulsava ancora nel
petto. Ma non doveva essere stato piacevole a giudicare dal modo in cui il suo
cuore, ancora intorpidito, si stringeva in una morsa decisa.
“Sì,
professore.” Borbottò, accarezzando solo distrattamente l’idea di sorridere
prima di rendersi conto che non sarebbe riuscita neppure ad abbozzarne uno.
Di
Neville Paciock si poteva dire di tutto, da che utilizzava metodi educativi
alquanto bizzarri a commenti sul suo look trasandato, ma non che non fosse un
ottimo osservatore.
L’uomo
sospirò, si alzò dalla sedia e, circumnavigando la scrivania, recuperò la sedia
libera accanto a lei. “Rose.” Riprese, una volta che le fu di fianco.
“Sì?”
Gli occhi marroni di lei erano aperti in un’accentuata ed in parte forzata
espressione di stupore, che mal si adattò alla sottile scia di malinconia
impressa nei lineamenti stanchi del viso.
“Come
stai?”
La
richiesta la colpì, costringendola a distogliere lo sguardo per non dover
ammettere verità ancora troppo scomode.
“Bene.
Benissimo. E mi dispiace di non aver saputo prendere in mano la situazione, io
…” Abbassò il capo, abbattuta, la voce ridotta ad un mero sussurro. “Prometto
che non succederà più.”
Sentì
gli occhi del professore addosso ancora per un lungo, eterno istante, dove il
suo corpo s’irrigidì e si rannicchiò su se stesso al pari di un riccio, prima
che la tensione calasse all’improvviso al distogliersi dello sguardo di
Neville.
“Va
bene, puoi andare.” Sentenziò, bonario e fiducioso come sempre.
Rose
annuì e, ancora timorosa, fece per avvicinarsi alla porta ma quando la sua mano
aveva appena afferrato la maniglia, sì voltò indietro richiamata dalla voce
dell’amico dei suoi genitori.
“Rose?”
Neville la fissò, serioso. “Posso svestire questi panni da professore in
qualsiasi momento, lo sai, vero?”
Sorrise,
all’improvviso non era poi più così difficile. “Sì, Neville.”
Scivolò
all’esterno dell’ufficio come un’ombra che si nasconde nella notte, chiudendosi
la porta alle spalle e sospirando sommessamente a capo chino.
“Problemi?”
Una
voce ferma, dalla cadenza melliflua, si insinuò tra i suoi non-pensieri,
facendola sobbalzare e sussultare insieme.
Alzò
la testa, ancora spaventata, e per un istante il respiro mancò ai suoi polmoni
nel ritrovarsi dinanzi l’ultima persona che la sua psiche aveva bisogno di
vedere, eppure, allo stesso tempo, anche la sola che avrebbe voluto in altri
termini e in altri contesti.
“No.”
Scosse il capo, sperando che la sua voce non risultasse tanto sgradevole e
amarognola come pensava.
“Meglio
per te.”
Continuava
a fissarla. Perché continuava a fissarla? Si sentiva a disagio ed era stupido,
perché non c’era affatto senso di sentirsi a quel modo.
“Sei
in anticipo.” Disse, cercando una pallida scusa per sviare il vero problema,
ovvero il fatto che ritrovarselo dinanzi era divenuto ad un tratto davvero troppo per il suo delicato equilibrio
interiore.
“Volevo
vederti.” Replicò di rimando Scorpius, come se quella fosse stata la cosa più
banale e lampante al mondo, per poi alzare un sopracciglio con aria critica. “O
è un problema questo per te?”
Rose
si morsicchiò il labbro inferiore, tormentata.
-Possibile che tu debba sempre rendere
le cose più difficili di quello che sono?!-
“Scorpius,
per favore …” Alzò il viso, puntandolo per la prima volta dall’inizio di quella
ridicola conversazione sul viso pallido di lui, trasalendo quando intercettò i
lividi che i pugni di Albus gli avevano lasciato addosso.
Aveva
un evidente ematoma lungo lo zigomo destro e un paio di graffi sulla guancia
sinistra. Eppure non furono i lividi a colpirla di più, quando l’evidente
stanchezza che aleggiava sulla sua intera figura. Come se avesse corso
chilometri.
Sembrava
stanco, ecco.
E
Scorpius Malfoy non era mai stanco.
“Albus
non è con te?”
“Perché?
Vorresti prenderlo a pugni di nuovo?” Gli ringhiò quasi contro lei,
inalberandosi al pensiero della scena patetica a cui aveva assistito.
D’accordo,
il Serpeverde non era nuovo a quel genere di incontri fisici, tuttavia non
avrebbe mai immaginato che si potesse spingere tanto più in là da fare a pugni
col primo che gli capitava a tiro pur di sfogare la rabbia per il proprio
orgoglio ferito. Perché era di questo che si trattava, no? Rose non poteva
proprio sperare che Scorpius fosse davvero innamorato di lei, era inconcepibile
persino per un Troll di montagna.
“Ti
fidi così poco di me, Rose?” Lui la guardò dall’alto del suo metro e
ottantasette, impenetrabile, e lei si sentì affogare in tutto quell’argento.
“L’hai
già fatto una volta. Non vedo perché non potresti rifarlo.” Replicò, dopo un
istante che parve infinito, sostenendo il suo sguardo con rinnovato coraggio
nonostante la pulsante bramosia di darsela a gambe.
Contrariamente
alle aspettative, Scorpius sorrise alle sue parole. Beh, non proprio un sorriso
divertito. Era più un ghigno, quasi malinconico.
“B-
Bene.” Balbettò impacciata Rose, rilassando a fatica le membra indolenzite dalla
posizione rigida assunta. “S- Sei andato in i- infermeria?”
Nel
dirlo aveva chinato il capo di lato, lievemente, i canini ben impiantati su un
lembo di labbro. Era da quando aveva scorto i suoi lividi che voleva
chiederglielo, salvo poi non trovare il momento più adatto per farlo. Ma
dopotutto, anche quello poteva non esserlo.
“È
una punizione di Madama Chips. Sarai contenta.” La stuzzicò velatamente Malfoy,
che non aveva perso un solo istante per imparare a memoria ogni minimo
dettaglio del suo viso.
-No, non lo sono. Non lo sono per
niente.- Avrebbe voluto potergli rispondere, tuttavia trattenne
per sé ogni pensiero. Troppo sconveniente per la scelta che aveva fatto, meglio
tacere.
“Io
…”
“Rose!”
Non aveva bisogno di girarsi per sapere chi fosse, eppure si voltò lo stesso,
piena di sensi di colpa per il ragazzo che a grandi falcate si faceva sempre
più vicino.
“Al.”
Mormorò, ostentando un sorriso dal retrogusto amaro non appena gli fu accanto.
Anche
lui conservava i lividi della scazzottata, segno palese che Madama Chips doveva
essersi rifiutata di curare pure lui. Aveva un labbro gonfio e un segno
violaceo sul sopracciglio sinistro. Come Scorpius, era egualmente stanco.
“Che
vi stavate dicendo?” Volle subito sapere, inflessibile.
Possibile
che Scorpius le avesse detto la verità? Che le avesse raccontato tutto? Beh,
avrebbe sempre potuto negare, nel caso, e comunque dubitava che lei avesse
creduto più a lui che non al cugino … giusto?
“Niente.”
A rispondergli, tuttavia, fu proprio il fulcro dei suoi pensieri.
Albus
alzò il capo, proiettando i propri occhi verdi in quelli grigi di Scorpius.
“Assolutamente
niente, Potter.”
Rose
non fu certa della durata, ma per tutto il tempo che si fissarono sentì un
fremito percorrerle la schiena e la vaga paura che potessero riprendersi a
pugni. Tutte preoccupazioni futili le sue, comunque, perché nessuno dei due era
davvero intenzionato a riprendere la contesa. Nell’aria, nei loro sguardi, già
iniziava a vibrare la sensazione che era stata una cosa stupida quella di prendersi
a pugni.
“Signor
Malfoy. Signor Potter.” Di nuovo una terza voce, appartenente stavolta al
professor Paciock che aveva aperto di colpo la porta del suo ufficio per farne
capolino. “Mi sembrava di aver udito la vostra voce. Vogliamo iniziare?”
Per
quanto nessuno dei due volesse cedere, alla fine sia Albus che Scorpius
dovettero distogliere lo sguardo e arrendersi.
“Sì,
professore.” Mugugnò il moro, sbuffando contrariato, prima di voltarsi verso la
cugina. “Ci vediamo in Sala Comune.”
“Sì.”
Annuì subito lei, felice di quell’opportunità. “Certo!”
Albus
mormorò qualcosa d’incomprensibile, di rimando, prima d’infilarsi nello studio
del professore.
Anche
Scorpius si mosse per fare lo stesso tuttavia, prima di lasciarla da sola, si
girò a cercare ancora una volta il suo sguardo.
“Io
…” Riprovò ancora Rose, il cuore ormai ridotto ad un battito indistinto, salvo
perdere di nuovo le parole in un risucchio di fiato.
Lui
scosse il capo, abbozzando una smorfia che d’ironico aveva ben poco. “Tsk.”
Mormorò, scomparendo nell’ufficio e richiudendosi la porta alle spalle con un tonf secco.
Lo
stesso tonf che, insinuante, le
ricordava la presenza di un muro invalicabile tra i loro mondi e che lei,
sciocca, non poteva neppure sperare di travalicare.
N/A
Pensavo di riuscire ad
aggiornare prima, ma è chiaro che non avevo fatto i conti con l’oste che, nel
mio caso specifico, può anche essere tradotto come “studio pre-esami”. Il che
significa che, avendo passato una giornata china sui libri, ho urgente bisogno
di coricarmi e schiacciare un pisolino il prima possibile. Ergo, anche se mi
dispiace enormemente, mi vedo costretta a non potervi rispondere ad uno ad uno,
come sempre. Volevo postare domani, ma non credo avrò neppure il tempo per fare
colazione, perciò … tant’è.
Scusatemi quindi per
questa mia brevissima apparizione, spero di poter fare meglio in futuro, anche
se fino a metà dicembre il mio calendario esami non mi da poi molta tregua …
vedremo!
Dunque, prima di
ritirarmi, volevo solo fare un breve accenno ad Al. Ho letto dalle vostre
recensioni che alcune di voi non riescono a comprendere le sue decisioni e,
dunque, ad apprezzarlo. Personalmente credo che al suo posto avrei reagito
grosso modo allo stesso modo di Al. Insomma, lui non ha chiesto a Rose di lasciare Scorpius, se ci pensate. Così
come non l’ha sgridata, o quant’altro. Le ha solo chiesto se ne è innamorata,
poi che Rose si fa tutte queste paranoie e decide di piantare in asso Scorpius
… oh beh, questa è un’altra storia. Ma Al, ripeto, non le ha mai imposto di
farlo. Credo che al suo posto ci sarei rimasta uno schifo a mia volta, ecco.
Insomma, lui è uno a cui i cambiamenti non vanno proprio giù e scoprire che la
cugina per la quale si è preso questa specie di malattia d’amore (a suo avviso)
non solo non potrà mai essere sua per davvero,
ma è anche con molta probabilità innamorata … Sì, beh, non poteva certo fare i
salti mortali, no? ^-^
Comunque, detto questo,
devo proprio scappare. Giusto qualche parolina per il mio Al, se le merita. U.U
E come sempre GRAZIE A TUTTI, per le vostre recensioni, per le letture, per il
supporto … adesso che ne ho più bisogno, con l’ispirazione in depressione
totale.
Alla prossima quindi e
scusatemi se sono di fretta.
Se
ne era andato, alla fine. Senza più una parola. Se ne era andato, accompagnato
solo da quell’accenno di sorriso dove una nota di sarcasmo impietosito si univa
elegante ad una stonata malinconia.
Rose
non poteva e non voleva crederci. Quella era stata la prima vera conversazione
avuta dopo tutta quella faccenda ma, per quanto i suoi timori in proposito
l’avessero tenuta sul filo del rasoio, niente era mai paragonabile a quella
sensazione di vuoto strisciante nel petto. Né, d’altro canto, poteva avere ragione
a lamentarsene.
L’aveva
voluto lei, doveva soltanto imparare ad adeguarsene.
Ma
allora perché il pensiero non riusciva a confortarla? Perché continuava a
guardare la porta dello studio del professor Paciock? Perché continuava a sperare?
-È soltanto che lui, ecco, avrebbe
potuto …- Scosse il capo, dandosi
della sciocca ancor prima di portare a termine il pensiero. Infondo era meglio
così, perlomeno sarebbe stato più facile.
Se
lo ripeté una, due, tre volte, prima di ritenersi abbastanza soddisfatta da riuscire
a riprendere fiato. Nello stesso istante in cui l’ossigeno ritornò in circolo
nei suoi polmoni, una fitta la scombussolò. Non si era neppure accorta, nel
tormento del momento, di aver trattenuto il respiro per tutto quel tempo.
Con
ancora il cuore in gola e il fisico spossato per tutta quella prova di
resistenza che stava continuamente sostenendo, Rose si voltò verso il corridoio
alla sua destra ed iniziò ad incamminarsi in quella direzione, con la meta
specifica di raggiungere la Torre di Grifondoro. Sperava di incappare in Lily,
o Dominique magari, e di potersi distrarre ascoltando qualche storiella che le
due cugine avrebbero magari potuto raccontarle. Anche Roxanne con i suoi
scherzi sarebbe stata perfetta.
Oppure,
eventualmente, avrebbe potuto dare una rivincita ad Hugo agli scacchi magici.
Suo fratello era un po’ negato, ma ci provava sempre senza perdere mai la
fiducia. E poi sarebbe stata un’ottima occasione per farsi raccontare qualcosa
a proposito di Annie Tyler, sperando così di trascorrere almeno un’oretta senza
quel peso che si trascinava addosso come un macigno.
“Buonasera,
Rose.”
Alzò
il capo e proprio non riuscì a nascondere la propria perplessità quando, giunta
dinanzi al ritratto della Signora Grassa, si scontrò con il viso sorridente di
Ottavius Higgs.
“Che
ci fai qui?” Domandò, curiosa, inarcando un sopracciglio con aria
interrogativa.
Il
Serpeverde per tutta risposta rilassò le spalle, abbandonando le braccia lungo
i fianchi dalla posizione conserta assunta, e le rivolse uno dei suoi brillanti
sorrisi. Uno di quelli che lei lo aveva beccato spessissimo rivolgere alle
altre. Uno di quelli che certamente non aveva mai rivolto, prima di allora, a
lei.
“Ieri
ti ho aspettata in biblioteca.” Esordì a quel punto Ottavius, fissandola con i
suoi grandi occhi acquamarina in un crescendo d’intensità che la mise
all’istante a disagio.
Si
morsicò il labbro, come ormai stava diventando un’abitudine fare per lei. “Mi …
mi dispiace. Ho avuto un contrattempo e …”
“Sì,
l’ho immaginato.” Scrollò le spalle lui, superficiale, guadagnandosi
all’istante un’occhiata grata dalla diretta interessata.
In
sette anni di scuola, Rose non avrebbe davvero mai preventivato che un giorno
si sarebbe trovata riconoscente verso il cugino di Scorpius. Ma il ragazzo senza
volerlo era riuscito a districarla dall’angosciante posizione in cui era
scivolata con una tale facilità che sembrava essersi messo d’accordo prima.
Qualcun altro, probabilmente, avrebbe preteso qualcosa in più di un semplice contrattempo, cosa che come ovvio lei
non avrebbe saputo dargli affatto, ciò nonostante a lui andava bene così.
Grazie
al cielo.
“Hai
da fare adesso?” Le soffiò in faccia Ottavius con una carica invadente di
sensualità che la fece avvampare seduta stante.
Persa
com’era stata nei suoi pensieri, Rose non aveva fatto caso a quanto lui le si
fosse avvicinato. Le sue labbra aperte in un sorriso erano così vicino alle
proprie da passarci in mezzo poco più di due dita. Sarebbe bastata una mossa
sbagliata, per eludere anche quel breve tratto …
“P-
Perché?”
“Potremo
darci a quelle ripetizioni, sai.”
Rispose evasivo di proposito il ragazzo, allungando una mano verso i suoi
capelli per scostarle una ciocca dal viso come a voler sottolineare la propria
idea di ripetizioni.
Per
un automatismo involontario, Rose si ritrovò a chiudere gli occhi, salvo poi
riaprirlo l’istante dopo e perdere più di qualche battito. Magicamente non
c’era più Ottavius Higgs davanti a lei, ma Scorpius Malfoy. Né erano più
acquamarina gli occhi fossilizzatisi nei suoi, quanto di un disarmante grigio
argento.
“Devo
studiare.” Disse all’improvviso lei, scostandosi quasi con rudezza per dargli
le spalle.
Non
era lui. Non lo sarebbe più stato, perché era così che dovevano andare le cose.
Era giusto così, tutto sommato.
Era
Ottavius.
Per
questo non aveva provato niente?
Era
solo Ottavius.
“Ah.”
Higgs dovette stringere la bocca per evitare spiacevoli commenti.
Lo
stava per caso rifiutando? Impossibile. Era la Weasley, dannazione! Come poteva
rifiutare uno dei ragazzi più fichi di tutta la scuola?! Era davvero
inconcepibile, per questo non si arrese. Era timida, ecco spiegato l’arcano. Ma
non per questo gli avrebbe fatto perdere la scommessa tirata via dallo
spilungone.
“Beh,
domani allora?” Ritentò l’approccio, stavolta con meno insistenza, evitando
l’avvicinamento ma utilizzando lo stesso il suo tono più sensuale, quello che
gli aggiudicava la preda. “Per favore,
Rose. Sono davvero messo male.”
Chiuse
gli occhi, obbligandosi a regolarizzare il ritmo cardiaco. Inutile negalo:
vedere Scorpius, anche se solo come frutto della sua immaginazione, l’aveva
mandata in tilt. Il che era sciocco, perché non era mai stato più di un rivale
per lei … giusto?
“Okay.
Domani.” Tagliò corto, senza la benché minima idea di quello che stava dicendo,
mossa solo dall’irresistibile tentazione di scivolare nel suo letto e piangere
tutte le lacrime tenute a lungo represse.
“Stupendo!”
Sorrise malizioso Ottavius, alle sue spalle. “Alle cinque in biblioteca?”
Lei
annuì un paio di volte, nel pallone, e lui ne approfittò per dileguarsi prima
che potesse cambiare idea in proposito.
Aveva
già in mente cosa fare. Prima di tutto doveva trovare Edmund, poi sarebbe
passato alla parte delle frecciatine ambigue ed infine, tutto gongolante, lo
avrebbe messo al corrente della sua imminente vincita. Rose Weasley, ormai, era
in suo pugno.
Dal
canto suo la ragazza in questione era ancora nel suo stato catatonico quando
varcò la Sala Comune e, da qui, la camera assegnatale al primo anno. Le sue
compagne di stanza non c’erano, cosa che le consentì di tuffarsi sul letto
senza essere costretta a fingere un dolore fisico che non c’era. Poiché era
tutto dentro, nella sua testa e nel suo cuore, ed era soltanto una landa di
sofferenza.
E
in quella disperazione, affogando il capo nel cuscino, non riuscirono ancora a
trovare l’uscita le prime lacrime per una storia che, infondo, tale non lo era
mai stata.
~
Quando
Albus rientrò nella Torre di Grifondoro, il suo malumore era cresciuto a
dismisura. La punizione di Neville era stata la catalogazione di una serie
infinita di piantine e di semi che, con ogni probabilità, lo avrebbe portato
all’invecchiamento prima di concludere. Eppure, ciò nonostante, la cosa che più
lo aveva seccato non era stata la penitenza di per sé, quanto il fatto di dover
lavorare a così stretto gomito con Scorpius sapendo tutto quello che c’era da
sapere su lui e sua cugina.
Non
gli andava giù. Non riusciva ad accettarlo, a farsene una ragione. Era …
ridicolo! Non era il suo tipo. Non c’entravano niente l’uno con l’altra.
Avrebbe
voluto odiarli, entrambe. Sarebbe stato tutto più facile. Forse.
La
verità era che aveva imboccato sentieri avversi ben prima di tutto quello.
Poteva dare la colpa al fato, o a Rose, o anche a Scorpius, ma sarebbe stata
una bugia. Era colpa sua.
Aveva
sottoscritto la propria infelicità e bollato la scelta con la ceralacca.
Ma
anche quella, dopotutto, era stata una scelta e, come suo padre continuava
instancabile a ripetergli, in quanto tale faceva comunque la differenza.
Perché
Albus avrebbe potuto appigliarsi al fatto che certi sentimenti non si decidono,
non si comandano, non si dirottano. Avrebbe potuto appellarsi all’inevitabilità
della cosa, rimarcando il suo ruolo da spettatore nella faccenda. Avrebbe
potuto persino affermare di non essersene accorto in tempo, facendo ammenda del
suo errore, tuttavia niente di tutto questo sarebbe bastato a cambiare le carte
in tavola.
Magari
non era stato lui ad iniziare, ma era lui che continuava e quella,
invariabilmente, era una sua scelta.
Eppure
non avrebbe mai sospettato che avesse potuto fare davvero così male.
Aveva
sentito dire che bruciava, talvolta. Che immalinconiva. Mai però che estirpava
tutto, lasciandosi dietro soltanto terra bruciata e l’acro odore emanato da
essa.
Certo,
era troppo razionale per non sapere che era la sua spiacevole situazione a
degenerare a quel punto le cose, ciò nondimeno il saperlo non gli facilitava le
cose, al contrario. Semmai le complicava. Perché in questo modo, oltre alla
disfatta per un amore impossibile quale il suo, ci si aggiungeva anche il
deciso sentore dei sensi di colpa per essersi buttato in quel circolo vizioso
che per pigrizia o per apatia non riusciva a spezzare.
Teddy
era stato comprensivo con lui, ma chi altri avrebbe fatto lo stesso?
Lui
non lo avrebbe fatto. Erano secoli che non riusciva più a guardarsi allo
specchio, sentendosi sporco e macchiato dallo stesso peccato che di suo pugno
aveva indossato. Eppure, per quanto disadattato e lurido potesse sentirsi, non
poteva fare a meno di lasciarsi andare a tutto quello, sguazzando in quel
sentimento che di salutare non aveva mai avuto niente.
Si
diceva di smetterla, di buttare acqua sulle ceneri e di andare avanti, per
risorgere come una fenice. Si ribadiva di dimenticare, che non esisteva davvero
nel suo cuore, ma solo nella sua testa. Si ripeteva in continuazione di
cambiare le cose, di metterci una pietra sopra e guardare avanti, sacrificando
qualche legame magari, ma recuperando un briciolo di equilibrio interiore
perlomeno.
Se
lo diceva, lo ribadiva, se lo ripeteva e poi, alla fine, tutto crollava come
sabbia al vento quando un sorriso, o una parola, gli faceva rinascere
l’illusione che anche lei … un giorno, magari …
Era
in quei momenti che si accorgeva di non essere pronto a lasciarsi tutto alle
spalle, perché aveva ancora un dannato bisogno di quel sentimento, per quanto
potesse portarlo nella disperazione più cupa.
In
quegli istanti, per una frazione di secondo, la sua parte raziocinante
subissava dinanzi all’ascendente pretenzioso della speranza, facendolo sentire
in completa balia delle sue emozioni, al pari di un innamorato qualunque.
Soltanto che lui, di quel qualunque, non aveva niente. Ma dimentico si lasciava
convincere, fluttuando in quel mare di dolce disperazione che, sempre più alla
deriva, lo stava trascinando ai limiti dell’insana pazzia.
“Al!
Ti … ti stavo aspettando.”
Poi
la vide e il cuore, come di consueto, si strinse in una smorfia.
Abbozzò
un sorriso malriuscito e si affrettò a raggiungerla, notando solo una volta che
le fu vicino gli occhi tristi della ragazza e chiedendosi, per la prima volta,
quanto fosse giusto tutto quello, rispondendosi con rinnovata saggezza appena
poco dopo.
-Ma niente, niente è giusto mai.
Altrimenti non proverei tutto questo, no? E tu non piangeresti per lui, Rosie.-
~
Edmund
stava ultimando il suo tema di Pozioni quando un gufo berciò alla sua finestra.
Alzando scocciato lo sguardo, il ragazzo si lasciò sfuggire un’espressione
perplessa nell’accorgersi che si trattava dell’animale domestico di sua sorella
Madison, alterando per un istante l’aria indolente impressa sul suo viso.
Spinto da una discreta curiosità, si alzò dal suo scrittoio e si avvicinò alla
vetrata, ruotando infine la maniglia per permettere al volatile di consegnare la
sua missiva.
Il
foglio di pergamena era legato, come da routine, alla zampa del gufo che,
ubbidiente, se la lasciò sfilare via senza emettere suono.
Per
quanto lo stupore fosse palpabile, Edmund aprì e lesse il pezzo di carta con
lentezza fin quasi esasperante, che avrebbe di certo mandato Ottavius su tutte
le furie se fosse stato lì.
Metabolizzò
il contenuto, poche righe d’inchiostro disposte in maniera precisa ed ordinata,
per poi infilarsi la pergamena in tasca e raccogliere dal fondo del baule una manciata
di biscotti per animali da dare al gufo nell’attesa di ricevere una sua
risposta in merito.
L’ultima
volta che sua sorella, più grande di lui di due anni, gli aveva spedito una
missiva era stato a Natale, limitandosi a pregarlo di porgere gli auguri a
tutti gli invitati dei Malfoy e le proprie scuse per la sua inevitabile assenza
al banchetto. Ma quella, decisamente meno stringata per quanto nei limiti
dell’essenzialismo dei Nott, non era diretta a terze persone, passando
attraverso di lui. Stavolta Madison aveva scritto proprio a suo fratello, senza
margini di errore.
Come vanno le cose a casa, fratellino? Come lo vedresti un mio
eventuale ritorno?
Madison.
C’era
ben poco da commentare, comunque.
Anche
se lei era molto più simile alla madre e, di conseguenza, più portata alla vita
sociale rispetto a Edmund, quando si trovava dinanzi alle pergamene tutta la
sua vena logorroica sembrava scomparire, sostituita da una bizzarra forma di
lapidaria sentenziosità.
Il
più delle volte si limitava a chiedergli come stava, come procedevano le cose
lì ad Hogwarts e come se la passavano Scorpius e Ottavius, adesso che Sebastian
aveva concluso la scuola. Poi farfugliava qualcosa a proposito della sua
salute, del troppo sole o della troppa pioggia a seconda dei casi, ed infine
concludeva il tutto con la falsa promessa di rivedersi quanto prima possibile.
Non che non avesse avuto buoni rapporti con la sorella, anzi, solo che da
quando aveva deciso di andare in Francia per fare esperienza lavorativa alla
Gringott locale pareva che i motivi per ritornare a casa fossero andati man
mano assopiti, fino a scomparire quasi del tutto.
Edmund,
comunque, non le aveva mai chiesto alcunché. Non era nel suo genere
impicciarsi, neppure nei fatti di sua sorella, se riusciva a mantenere in ogni
caso l’equilibrio di cose attorno. Quando Madison aveva proclamato la propria
volontà di lasciare la Gran Bretagna, aveva tentato con ogni mezzo – anche
quelli meno ortodossi – di scoraggiarla. Ma lei era partita ugualmente, a
dispetto di tutto e di tutti, tirando un brutto colpo al muro di pietra entro
cui Edmund aveva racchiuso la propria vita. Alla fine aveva dovuto abituarsi e,
piano, rimettere in piedi anche quel mattone, sforzandosi di rimanere
concentrato su tutti gli altri per evitarne lo sgretolamento.
E c’era
riuscito. La fortezza aveva mantenuto a lungo, dando prova di una stoica
resistenza, almeno fino a quel momento. Perché dopo Madison qualcun altro
minacciava la sua sussistenza, corrispondente al nobile nome di Scorpius
Hyperion Malfoy.
Scivolò
sinuoso alla scrivania, afferrando un pezzo di pergamena e scribacchiandoci
sopra poche righe, prima di ritornare dal gufo per allacciargli il messaggio
alla zampa.
“Ritorna
da Madison.” Gli ordinò, avvertendo una nota impietosita per l’animale che,
volando fuori dalla stanza, avrebbe dovuto percorrere chilometri di cielo prima
di arrivare a destinazione.
Lo
fissò allontanarsi ancora per pochi minuti, prima di richiudere la finestra e
ritornare al suo tema.
Imbevette
la piuma nel calamaio e avvicinò la punta al foglio, pronto a riprendere da
dove aveva lasciato, ma tutto ciò che lasciò fu soltanto una macchia
d’inchiostro nero.
La
domanda di Madison, per quanto breve e concisa, l’aveva lasciato con tutta una
serie interminabile di dubbi.
-Un ritorno eventuale … Madison vuole
ritornare a casa?- Corrugò la fronte, guardando ma senza
mettere veramente a fuoco le parole scritte di getto dinanzi ai suoi occhi. –Perché proprio ora?-
C’era
qualcosa che non gli quadrava.
Rilesse
mentalmente i punti focali della lettera della sorella, senza necessità di
recuperare il foglio che le aveva inviato.
Le
aveva chiesto come andavano le cose, a casa, e come la vedeva lui un suo
eventuale ritorno. Soltanto quello. Telegrafica in modo sospettoso.
Anche
la sua risposta, ovviamente, era stata esageratamente breve. Né più né meno di
un’unica affermazione. Non era mai stato molto prolifero in fatto di parole.
Se
desideri tornare, allora dovresti farlo.
Edmund
Nott
La
porta della stanza si spalancò sulle sue riflessioni, attirandoselo addosso
come una calamita invisibile. Era Scorpius, di ritorno dalla penitenza col
professor Paciock. Aveva l’aria imbrunita e sembrava vagamente scocciato.
Lo
fissò avvicinarsi al proprio letto con passi lenti, quasi strascicati, e
buttarvisi poi a peso morto in posizione supina, in uno sbuffo di polvere.
Edmund
aggrottò le sopracciglia, confuso. “Punizione stancante?” Domandò con un
sorriso scaltro.
“Più
o meno.” Mugugnò dalla branda Scorpius, senza neppure tentare di nascondere la
propria spossatezza.
Si
sentiva privo di forze, come se avesse appena subito il bacio di un
Dissennatore.
“Ah.”
Sospirò il moro, trovando all’improvviso impellente il bisogno di aggiungere
qualcos’altro e scovandolo poi nei lividi dell’amico. “La Chips ha sempre
deciso di ribellarsi, eh?”
“Già.”
Sbuffò. “Pare che ci servirà da lezione.”
“Sì,
immagino.” Ridacchiò divertito Nott,
prima di scuotere il capo e fingendo un accentuato, quanto falso interesse per
il suo tema.
Il
silenzio scivolò su di loro come una cappa invisibile, soffermandosi nella
stanza in un misto di angoscia e disagio che Edmund non aveva mai provato prima
di allora.
Si
mosse sulla sedia. Scompigliò i capelli. Provò a scribacchiare qualcosa.
Il
tempo all’improvviso pareva voler scivolare con più tediosa lentezza del solito
e il trascorrere dei minuti si tramutò in ore, giorni, secoli.
Non
sapeva neppure per quanto tempo avesse tenuto la testa chinata con ostinazione
verso la pergamena ma quando mise l’ultimo punto per dare una conclusione al
suo impeccabile lavoro, gli doleva il collo e gli si era addormentato un
braccio.
Strinse
e riaprì a più riprese la mano, cercando in quel modo di aiutare a far scorrere
sangue e riattivare così la circolazione. Spostò lo sguardo solo per un
istante, piantandolo sull’unico letto occupato nella stanza in quel momento.
Scorpius stava dormendo, riusciva perfettamente a distinguere il movimento
regolare del suo petto, cadenzato da respiri sempre ritmici.
La
cosa, per una qualche ragione, riuscì a scrollargli di dosso tutta la strana
ansia accumulata in quelle ultime ore.
-Sta ritornando tutto come prima.
Scorpius ha solo bisogno di tempo, ma capirà. Ne sono sicuro.-
Pensarlo
sembrò acquietare per un momento la strana e sgradevole sensazione veleggiante
nel petto. Stava andando tutto esattamente come aveva progettato. Non c’era
perciò nulla di cui preoccuparsi. Certo, per un istante aveva temuto il peggio,
ma piano stava tutto rientrando al suo posto di dovere. Per fortuna.
Se
con Ottavius giocava bene le sue carte, di quella storia non sarebbe rimasto
che un lontano ricordo.
Edmund
sorrise, vagamente rincuorato, e come per istinto la sua mente corse a suo
padre, al brillante Theodore Nott.
Sarebbe
stato orgoglioso di lui, se avesse saputo con quanta abilità stava riordinando
le scartoffie dei sentimenti. Sì, lo sarebbe stato. Per una volta, sarebbe
stato orgoglioso di lui.
~
Se
c’era una cosa a cui Harry Potter non si sarebbe mai abituato, era vedere la
tavola della sua cucina pressoché vuota. Dopo aver collezionato miliardi di
banchetti con quell’orda di rossi appartenenti al clan Weasley, anche stando in
sole quattro persone gli faceva uno strano effetto. Per questo, mentre sua
moglie gli rimpinzava il piatto di curry, si ritrovò a contare mentalmente i giorni
che rimanevano al ritorno a casa di due dei suoi tre figli.
Per
fortuna almeno James si era concesso una pausa dalla squadra di Quidditch in
cui militava, gli ApplebyArrows,
potendo così inserirsi nella cena in famiglia. O, almeno, in quello che ne era
rimasto. E poi c’era Teddy, che ormai passava di lì quasi ogni giorno per
fermarsi a dar compagnia al suo vecchio
padrino, come gli ripeteva quell’insolente.
“Altra
insalata, Teddy?”
“No,
grazie.” Rifiutò con un sorriso il ragazzo in questione, rivolto a Ginny, che
annuì.
“La
lascio sul tavolo, comunque. Per quanto la vorrai.”
“Ehi,
tante grazie per aver chiesto anche a me se la volevo, eh!” Si lamentò subito
James, fingendosi offeso mentre ingollava un preoccupante carico di carne.
“Tesoro,
credimi: tu non hai affatto bisogno di inviti per mangiare.” Sottolineò
accattivante la madre, tra un sorso e l’altro del suo bicchiere di acqua
gassata.
“E
comunque sono ancora in collera con te.” Puntualizzò il diciottenne, serio.
Ginny
corrugò la fronte, perplessa, e Harry diede una rapida occhiata al soffitto.
“Perché mai?”
“Perché
non vuoi dirmi chi è la ragazza che piace ad Al! Andiamo, lo so che lo sai!” La
implorò quasi James, deciso a sapere tale informazione a qualsiasi costo.
La
donna per tutta risposta quasi si soffocò con l’acqua, cosa non da poco e che
costrinse il marito a doverle dare piccoli colpi sulla schiena per aiutarla a
riprendere a respirare regolarmente.
“Al
ha la ragazza?” S’incuriosì subito Teddy, lasciando perdere la cena, per quanto
deliziosa, e recuperando al volo la forchetta in rotta di collisione con il suo
jeans, per concentrarsi sul discorso divenuto all’improvviso scottante.
“È
esattamente quello che sto cercando di scoprire.” Spiegò pratico come sempre
l’altro, prima di gettare occhiate oblique all’indirizzo della madre. “Se solo una
certa persona si decidesse a
parlare.”
“Oh,
andiamo! Credi davvero che se fosse vero Albus verrebbe a dirlo proprio a me?”
Roteò gli occhi Ginny, esasperata da quella storia.
“No,
lui no. Ma magari qualcun altro sì.”
Mentre
fingeva di farsi i fatti propri, Harry pensò distrattamente che dopotutto James
non aveva tutti i torti. Conosceva abbastanza bene sua moglie per sapere che
avrebbe dato carte false pur di carpire certe informazioni riservate dei loro
pargoli. Informazioni che poi, con ogni probabilità, avrebbe usato con l’unico
intento di ricattarli al momento opportuno, quando si rifiutavano di riordinare
per esempio.
“Non
ne so niente.” Stava nel frattempo dicendo Ginny, le mani alzate in segno di
difesa e l’aria di chi non ne sapeva perfettamente nulla.
James
alzò un sopracciglio, scettico. “Ma davvero?!”
“E
cosa te lo fa pensare?” S’intromise di nuovo il giovane Lupin, divenuto ad un
tratto piuttosto pensieroso.
Nella
sua ultima lettera Albus non gli aveva accennato al fatto di avere una ragazza
né pensieri per altre che non fossero quella
ragazza. Ma, d’altra parte, James era un radar per certe cose e, se aveva sul
serio annusato qualcosa nell’aria, un briciolo di verità doveva esserci. Il
dilemma gli ronzava in testa come un colibrì impazzito.
“Beh,
ci sono un paio di indizi fondamentali. Primo fra tutti, il fatto che da
qualche tempo la testa di Albus gira del tutto da un’altra parte. Secondo, non
mi fa più sbirciare tra le sue cose. E-”
“Che
assurdità, non ti fa mai sbirciare tra le sue cose, comunque.” Osservò con finta nonchalance Ginny, in realtà a sua
volta appassionata dal racconto.
“E terzo …” La guardò torvo James,
continuando là dove era stato interrotto. “Se proprio dubitate, c’è la prova
finale e incontrovertibile.”
“Sarebbe?”
Alzò un sopracciglio l’unica donna presente.
Anche
Harry aveva aizzato le orecchie, per quanto i suoi gesti lo facessero apparire
del tutto preso dalla cena che stava consumando.
“C’è
uscito insieme, ad Hogsmeade. Ho fonti certe pronte a testimoniare il fatto.”
Concluse sicuro il primogenito di casa Potter, incrociando le sue posate nel
piatto ormai vuoto e sorridendo sibillino.
D’accordo,
non proprio fonti sicure e certamente non pronte a giurarlo. In un certo senso
l’aveva saputo quasi per caso, mentre beveva una Burrobirra in tutta
tranquillità ai Tre Manici di Scopa. Hannah Abbott, che aveva preso in gestione
il locale, gli era andata vicino per salutarlo e, tra una chiacchiera e
l’altra, si era lasciata sfuggire che suo fratello era stato lì proprio qualche
giorno prima, in compagnia. Purtroppo
per lui non aveva saputo dirgli altro, né aveva avuto il tempo per raccontargli
bene i dettagli. Perciò, a conti fatti, James sapeva il peccato ma non il
peccatore.
“Ah,
parli di Alicia Davies.” La buttò lì Teddy, ripulendosi le labbra con il
tovagliolo senza sapere della bomba ad orologeria appena innescata.
“Come?”
Sgranò gli occhi Harry, mandando al diavolo la sua parte di disinteressato.
“Chi?”
Chiese invece Ginny, a bocca asciutta, visto che lei non ne sapeva davvero
niente.
“Tu
sai chi è?!” Lo guardò allibito James, troppo sconvolto dalla notizia per
riuscire a formulare pensieri di senso compiuto.
Teddy
arrossì appena sotto tutti quegli sguardi indagatori puntati addosso. “Sì.”
Annuì tuttavia, evitando di nuovo per un soffio di farsi cadere sulle gambe le
posate.
“E
come diavolo …?” Corrugò la fronte il moro, confuso in maniera più che
visibile.
“Me
l’ha detto Albus.” Scrollò le spalle l’altro, come se nulla fosse.
-Che diavolo stai combinando laggiù
Al?-
Non poté evitare di domandarselo, soprapensiero, fissando il bicchiere vuoto
davanti a sé con aria assorta. Non riusciva a capire. Quella sera, a Natale,
alla sua richiesta se ci fosse stata qualche ragazza su cui proiettare le
proprie attenzioni, Albus gli aveva risposto che era uscito una volta con una
certa Alicia, figlia di Roger Davies e Alicia Spinnet, ma che non era stato
niente di importante. Allorché lui aveva provato a consigliargli di provare
ancora con lei, di modo tale da tentare di dimenticare certi pensieri e
l’altro, seppur riluttante, aveva accordato.
Ciò
nonostante nelle successive lettere che gli aveva inviato da Hogwarts, Teddy
non ricordava aver letto sviluppi in merito. Per questo, alle allusioni di
James, si era subito illuminato. Inutilmente, a quanto pareva.
“E
perché diavolo non me l’hai detto prima?!” La domanda del Malandrino lo riportò
alla realtà, riscuotendolo dai suoi pensieri. “Hai una vaga idea di quello che
ho dovuto fare per cercare uno straccio d’informazione?”
“Mi
… dispiace?” Azzardò il giovane Lupin, facendo una smorfia a metà tra il
desolato e lo spaesato.
“Che
poi, scusate, non dovrei essere il primo a saperlo?” Continuò con nonchalance
James, rivolto adesso ad un pubblico indipendente. “Dopotutto sono il fratello
maggiore, Merlino!”
All’osservazione,
mossi dallo stesso istinto, Harry e Ginny si lanciarono un’occhiata incerta.
Era sorprendente il modo in cui il loro primogenito riusciva sempre a trovare
una scusa plausibile per ficcanasare negli affari degli altri. Lodevole
davvero, dovevano proprio ammetterlo.
“Alicia
Davies hai detto?” Intanto James aveva già cambiato espressione, tramutando il
proprio viso da un isterico nervosismo ad una enigmatica malizia.
“Uhm.”
Annuì appena Teddy, prima di voltarsi verso il padrino e trascinandosi dietro
anche le odiate posate, che gli cascarono dritte addosso. “Harry, ti dispiace
se dopo uso un attimo la Polvere Volante?”
~
“Non
so voi, ragazzi, ma io vado a letto. Sono stanca morta!” Mugugnò Lily
all’improvviso, annoiata dalla partita di scacchi che si stava consumando
davanti ai suoi occhi e allettata dall’idea di potersi rintanare nelle soffici
coperte del suo letto a baldacchino.
“Credo
che ti imiterò.” Si aggiunse all’istante anche Dominique, chiudendo il romanzo
con un tonfo secco e alzandosi a sua volta dalla poltrona, prima di rivolgersi
verso gli altri cugini. “Rimanete ancora qui?”
Hugo,
che era stato tutta la sera completamente assorto nel flusso delle proprie
menate mentali, ne approfittò per svicolare via. “No, no, vado anch’io.”
Sua
sorella, che stava seguendo con un certo interesse la partita in atto tra Albus
e Roxanne, non poté fare a meno di gettargli un’occhiata perplessa. C’era
qualcosa che lo tormentava, di questo era piuttosto certa, ma non riusciva a
capire di cosa si trattasse. In una scala da uno a dieci, suo fratello sfiorava
appena il tre in fatto di riflessioni. Dunque era lecito domandarsi cosa gli
fosse successo. Pensò vagamente che avrebbe potuto provare a chiederglielo,
l’indomani, quando il movimento agile di Roxanne la portò, inavvertito, a
fissarla.
“Anche
tu vai a dormire?” Le domandò, sorpresa.
Seppure
avesse avuto solo quattordici anni, la cugina non era nota per le ritirate
serali in cosa presta ora. Il più delle volte, anzi, era una delle ultime ad
andare a coricarsi. Con il suo carattere espansivo, difatti, si era trovata un bel
gruzzoletto di amici a cui non scordava mai di prestare attenzione, né premure.
“Sì.”
Annuì ciò nondimeno Roxanne, trattenendo a stento uno sbadiglio. “Domani ho la
giornata piena. Magari domani facciamo la bella, eh Al?”
Il
ragazzo, tutto preso dall’analisi accurata dei motivi per cui non era riuscito
a mantenersi la vincita, mormorò qualcosa di sconnesso che l’altra decodificò
come un sì, o qualcosa di simile.
“Tu
non vieni Rose?” Stava nel frattempo chiedendo Lily, con un sorriso fin troppo
allegro a giudicare dalla stanchezza impressa nei lineamenti del suo viso.
“Adesso
arrivo.” Rispose distratta quella, intenta a gettare occhiate tormentate
all’indirizzo di Albus.
La
rossa se ne accorse, ma decise di non intervenire. Ne aveva parlato già con
Dominique ed ormai erano ambedue abbastanza convinte che fosse successo
qualcosa tra i due coetanei. Tuttavia, ben a conoscenza della particolare
complicità instauratasi tra i due cugini, avevano optato di comune accordo per
una democratica azione neutrale, fiduciose nel fatto di veder presto risolte le
cose.
“Al
tu … tu che fai?” Domandò poco dopo Rose, con una stonata titubanza, che però
non riuscì ad accattivarle le occhiate dell’interessato.
“Tra
un po’.” Rispose con scarso interesse Albus, ancora in piena contemplazione
della scacchiera per preoccuparsi delle occhiate confuse che Lily e Dominique
si erano lanciate al commento, o della scia di delusione impressasi negli occhi
della cugina.
“Va
bene. Allora … buonanotte, Al.”
“Notte
Rosie.”
In
una scia di chiacchiere sommesse e borbottii di commiato, il moro si ritrovò
ben presto spogliato della compagnia che quella sera gli aveva alleviato
l’animo, almeno per poco.
Ma
solo quando fu sicuro che nessuno potesse vederlo, che si lasciò sfuggire un
sospiro carico d’amarezza. Si sentiva uno straccio. La verità era che non gli
importava niente degli scacchi, di aver pareggiato, o se anche avesse perso,
perché nulla riusciva più ad assumere importanza in lui.
Era
vuoto, privo di qualsiasi altra emozione all’infuori di quel lago di
depressione.
Stava
annegando.
Annaspava,
lottava, ma era tutto vano.
Affondava
giù, sempre più giù, e in tutto quel buio non c’era traccia di luce.
Se
solo avesse potuto vederne l’impronta, almeno per un istante …
“Al?”
Sobbalzò,
sentendosi chiamare, e si affrettò ad indossare la maschera del ragazzino di
tutti i giorni, ben lontano dalla marea di conflitti che lo stava uccidendo.
“Al,
sono qui, nel camino!”
Ubbidendo
al consiglio, il moro si voltò verso il focolare e per poco non gli prese un
infarto nel ritrovarsi davanti la faccia mutevole del figlioccio di suo padre.
“Teddy?!”
Si alzò di scatto, come se fosse stato appena scoperto in flagrante reato, e si
guardò guardingo attorno.
Grazie
al cielo non c’era più nessuno nella Sala Comune. Ringrazio Merlino, Morgana e
tutti i folletti del mondo, prima di concentrarsi sul problema: la faccia. Nel camino.
“Per
tutti i Troll, poteva esserci qualcuno!” Lo ammonì, basito.
Teddy,
o meglio, il viso di Teddy, si distese in un sorriso a quelle parole. “Ma come
vedi non c’è nessuno.” Osservò, obiettivo.
“Sì,
però poteva esserci.” Insistette
ancora Albus, sconvolto da tanta semplicità, per poi ovviare al problema con
una scrollata di spalle. “Okay, lasciamo perdere. Chi stavi cercando?”
“Proprio
te, veramente. Volevo sapere come vanno le cose.”
La
domanda bastò a metterlo a disagio. “Così.” Mugugnò, telegrafico.
“E
con Alicia?”
Stavolta
Albus non poté evitare di arrossire, impietosamente, e alla fine, non riuscendo
proprio a trovare nulla da dire in proposito, dovette abbassare il capo,
sconfitto.
“Hai
provato a-”
“Sì,
certo!” Lo interruppe subito il moro, sulle difensive, lanciandogli sguardi
dardeggianti. “Cosa credi che non ci stia provando?! Ma ci si è messo di mezzo
Jason e adesso-”
“Jason?
Jason chi?” Stavolta fu il turno di Teddy di bloccarlo.
“Non
ha importanza.” Sbottò scontroso Albus, con l’umore più nero di prima.
Che
diavolo aveva che non andasse? Se lo chiese per la millesima volta, imbufalito
con se stesso e con il mondo intero. Possibile che dovesse sempre andare a
cacciarsi nelle situazioni più assurde e complicate?!
“Al
…”
“Davvero
Teddy, ci provo, okay? È solo che … è difficile, d’accordo? Mi sento già
abbastanza uno schifo, non ti ci mettere anche tu.” Sbuffò scocciato Potter, in
risposta, stanco di essere comprensivo.
Dal
camino il viso dell’altro assunse un’espressione dispiaciuta. “Va bene.”
Mormorò, tetro, facendo subito pentire il diciassettenne.
“Teddy
…” Lo chiamò, dispiaciuto per l’uscita infelice appena avuta.
Per
sua sfortuna, era già troppo tardi.
Alzando
lo sguardo, Albus non incrociò più il viso dell’amico, ma soltanto le fiamme
del camino che, da azzurrognole, avevano riassunto una calda tonalità
rossiccia.
~
Rose
sospirò, richiudendosi la porta della stanza alle spalle. Le sue compagne
stavano già dormendo, ad eccezione di Mary, chiusa in bagno a fare chissà cosa
poi. Il suo letto le si allargò dinanzi come un miraggio e lei, stanca di
quell’eterna giornata, non chiedeva altro che la possibilità di potersi
immergere nel caldo delle sue coperte.
Voleva
dormire. Soltanto quello. Chiudere gli occhi e dimenticare per un istante tutta
quella sofferenza che si trascinava dentro come un macigno insormontabile.
Si
trascinò verso il baule, stupendosi di quanta energia richiedesse quel semplice
atto.
Ma
forse era soltanto stanchezza, la sua, niente che una buona dormita non avrebbe
rimesso a posto … vero?
“Ehi,
Rose!” La porta del bagno si aprì, rivelando una scialba Mary, ripulitasi del
trucco e ormai pronta per andare a letto. “Stanca?”
“Abbastanza.”
Abbozzò un sorriso l’altra, trovandolo lei per prima alquanto improbabile.
“A
chi lo dici …! È stata una giornataccia!” Alzò gli occhi al cielo di rimando
l’altra, teatrale, mentre s’intrufolava nel suo letto. “Beh, buonanotte
allora!”
“Buonanotte
anche a te, Mary.”
La
sentì mugugnare qualcosa intanto che cercava nel baule il suo pigiama, poi il
respiro della compagna si fece regolare come a quello delle altre e capì che doveva
essersi addormentata.
Per
un momento Rose si ritrovò ad invidiarla, considerate tutte le notti insonne
trascorse, preda degli incubi peggiori dove gli sguardi delusi di Al si
alternavano a quelli inespressivi di Scorpius, nonostante la stanchezza sfibrante.
Ma il pensiero cadde non appena il suo sguardo intercettò qualcosa che non
avrebbe dovuto esserci, lì tra le sue cose, e il cuore si aggrovigliò allo
stomaco in un tutt’uno inscindibile.
Era
il suo pullover.
Quello
che Scorpius le aveva fatto dolcemente indossare prima delle vacanze natalizie,
quando l’aveva costretta a seguirlo in quella specie di avventura notturna a
cavallo della sua scopa.
Lo
recuperò dal fondo del baule, meravigliandosi di scoprirsi ancora tremante, e
qualcosa le balzò in petto quando lo tirò fuori.
Non
si era accorta neppure di stare piangendo, se solo non avesse visto la maglia
imbrattarsi di tante gocce di sale.
Si
strinse la maglia di più a sé, al suo cuore, e in quel modo ritrovò tutta la
forza per buttare fuori, sottoforma di lacrime, la sofferenza accumulatasi in
quei giorni.
Il
pullover profumava ancora, inesorabilmente, di lui.
N/A
Chiedo venia per il
ritardo e, ancor di più, se mi vedrete scappare tanto velocemente anche in
questo aggiornamento. La settimana prossima ho un esame che pagherei oro pur di
non dare, e quella successiva un altro che è persino peggio. Perciò, come
vedete, sto messa decisamente male. ~.~
Come avete potuto notare,
in questo capitolo viene approfondito un po’ di più il personaggio di Edmund e
spero sia servito a darvi almeno l’idea del motivo dietro i suoi gesti. Anyway, ci sarà tempo per parlare meglio
anche di lui e di Al, che ultimamente sta dando bei grattacapi un po’ a tutti,
eh? ^.-
GRAZIE infinite a tutte
le splendide persone che continuano a seguirmi e a recensire la storia. Sul serio,
siete stupendi! *-* E a chi me l’ha chiesto, finito questo periodo di esami
continui, mi butterò a capofitto sulle loro storie, non temete! ^-^
Bene, come preannunciato
e scusandomi di nuovo, mi vedo costretta a scappare. Studio. Maledetto studio!
Alla prossima. E sì, 120
recensioni!! Sono così orgogliosa …!!
Grazie. Grazie. Grazie!
Quando
quella mattina Albus e Rose entrarono in Sala Grande, capirono dapprincipio che
qualcosa non tornava. Non era tardi e perciò non c’erano molti studenti, ma la
cosa anziché contribuire, ne sfavoriva la decodifica. Il motivo era piuttosto
semplice invero e risiedeva nel fatto che si erano tutti raggruppati attorno ad
un punto preciso del tavolo di Grifondoro.
I
due si gettarono un’occhiata perplessa e complice insieme: dove c’era gente,
c’erano problemi, poco ma sicuro.
Mossi
dalla stessa smania di curiosità, si avvicinarono di pari passo alla zona
incriminata, tuttavia pur riconoscendo Lily tra la calca, non riuscirono a
chiederle nulla poiché le loro domande vennero soppiantate da una voce
piuttosto nota.
“…
E sì, quasi dimenticavo: ho paura degli scarafaggi, gente! Ma il primo che osa
farmi uno scherzo, lo disintegro.
Intesi?”
Rose
sbarrò gli occhi, allibita. “Hugo?!”
Lily,
accanto a lei, sorrise sibillina. “L’avresti mai detto?”
“Ma
che diavolo sta facendo sul … sul tavolo?” Anche Albus era basito, come ovvio.
“Ragazzi,
è un grande!” Saltò fuori dal nulla Louis, ammirato ed entusiasta insieme.
Rose
corrugò la fronte, sempre più perplessa, mentre la Sala Grande si apriva in un
applauso sentito, nonostante i tentativi disperati di Hugo di frenarli.
“No,
no! Non dovete applaudirmi … non avete sentito quello che ho detto?! Ho paura
degli spazi chiusi, capito? Sono claustrofobico, claustrofobico!”
Eppure,
per quanto potesse sgolarsi, i suoi tentavi risultarono ancora una volta vani
di fronte ai fischi di giubilo e alle acclamazioni irrefrenabili degli studenti
che avevano assistito alla scena.
“Okay,
qualcuno mi vuole spiegare?” Anche la sorella era avvilita, seppur per motivi
differenti.
“Hugo,
Rosie! Si è alzato sul tavolo e … avresti dovuto sentirlo!” Tentò di spiegarle
Louis, salvo perdersi nella profonda venerazione verso il consanguineo per
l’atto, a suo dire, di estremo coraggio appena compiuto.
“Lily,
per favore …”
La
rossa ridacchiò alla sua supplica, divertita, ma non per questo pronta ad
ignorarla. “Non lo so, Rose. Siamo scesi per la colazione ed eravamo seduti, e
poi ad un tratto Hugo si è alzato sul tavolo e ha iniziato a chiamare i
presenti a sé. Ho provato a chiedergli che cosa diavolo avesse in mente, ma lui
era irriconoscibile! Ha iniziato a blaterare che era Hugo e che-”
“Ha
detto io sono Hugo Weasley, per la
precisione.” La riprese Louis, che a farsi storpiare le gesta del suo nuovo
idolo proprio non ci teneva.
“Sì,
già.” Annuì appena Lily, a sua volta troppo entusiasmata per soffermarsi sui
dettagli. “E comunque poi ha detto che ha paura degli spazi chiusi, che quando
si trova in uno stanzino ha il terrore di non riuscire ad uscirne e che ha
paura degli scarafaggi. Tu lo sapevi che ha paura degli scarafaggi?”
“Beh,
l’avevo … l’avevo immaginato.” Balbettò Rose a stento, ancora sbalordita dal
racconto per riuscire a riscuotersi.
Istintivamente
cercò l’appoggio di Albus, il quale tuttavia scosse le spalle, altrettanto
senza parole.
“Ma
… perché?” Domandò solo, piuttosto, non riuscendo proprio a trovare una
spiegazione plausibile a tutta quella storia.
Al
che Lily scosse la testa, rivelandosi ugualmente ignara del motivo scatenante,
prima di voltarsi verso il cugino e i suoi conquistati ammiratori, che intanto
avevano preso a fargli ovazioni di ogni tipo.
“Vi
prego …” Tentò di nuovo Hugo, al limite dell’esasperazione.
Possibile
che tutti i suoi piani dovessero rivelarsi un emerito buco nell’acqua?! Sbuffò
e, arrabbiato, allungò lo sguardo su tutto il tavolo fino a soffermarsi sulla
causa di tanto clamore. Annie Tyler sedeva in un angolo e lo fissava, a metà
tra lo stupito e il riconoscente.
Scosse
il capo e sospirò, abbattuto.
Sperava
solo che lei avesse colto il significato del suo gesto, soltanto questo.
~
Ottavius
arricciò le labbra all’insù, malizioso, quando nel varcare la soglia della Sala
Grande intercettò una figura ben precisa. Era arrivato di proposito da solo e
in anticipo per la colazione, lasciando indietro sia suo cugino Scorpius che
Edmund, nell’ottica di poter avvicinare la sua preda. Non aveva neppure messo
in conto, nel designare le linee del suo piano, la possibilità che lei non
fosse già arrivata e, grazie al cielo, non dovette rimanerne deluso.
Rose
Weasley sostava immobile accanto al tavolo dei Grifondoro a gustare con aria
vacua una scena che lui non si preoccupò di considerare. Con lei c’era Albus,
come al solito, ma non se ne impensierì. Al contrario, quasi che la sua sola
presenza potesse dargli la carica a quanto di dovere, il giovane Higgs si
avvicinò con incedere spedito, superando di volta in volta il tavolo
Serpeverde, di Corvonero ed infine di Tassorosso.
“Buongiorno,
prodigiosi Grifondoro!” Esordì, fasciando le spalle della ragazza con un
braccio e inarcando la schiena quel tanto che bastava ad avere i loro visi alla
stessa altezza.
La
sentì sussultare al gesto, colta alla sprovvista, e poi guardarlo di malo modo,
cosa che comunque non sembrò sfiorarlo.
“Higgs.”
Lo salutò con un cenno del capo Albus, sforzandosi invano di non apparire tanto
sorpreso quanto invece si sentiva.
“Che
combinate?” Volle sapere Ottavius, particolarmente entusiasta, accennando con
il capo alla combriccola riunitasi dinanzi a loro, prima di scuotere il capo.
“Poco importa. Ci vediamo a lezione!”
Prima
ancora che i due Grifondoro potessero ribattere, il ragazzo si era già
allontanato con la chiara intenzione di raggiungere il suo tavolo, lasciandoli
impalati a domandarsi tutto e niente al contempo. Alla fine fu Albus il primo a
riscuotersi. Si voltò verso la cugina, non riuscendo proprio a mascherare un
certo sano sbigottimento per quanto assistito.
“Ottavius
Higgs?!” Chiese, più a se stesso che non ad altri, come a volersi accertare
dell’effettiva veridicità della cosa.
Ma
Rose, ancora basita, non fece in tempo a rispondere perché venne anticipata
dall’arrivo del professor Vitious, il quale stava marciando marziale verso il
gruppo perlopiù rosso e oro.
“Hugo
Weasley, devo chiederle di seguirmi dal preside Doge. Voi altri siete pregati
di ritornare ai vostri posti, grazie.” Stabilì risolutivo, con un cipiglio così
serio da non ammettere replica alcuna.
Il
ragazzino sbuffò, scocciato, mentre gli altri lo rimettevano a terra vagamente
delusi per l’interruzione, ma non per questo intenzionati a lasciarsi
demoralizzare.
“Sei
forte, Weasley!” Gli mormorò qualcuno, elettrizzato.
“Sì,
sei grande!” Approvò qualcun altro, tra le tante pacche sulle spalle.
“Ehm
… grazie.” Balbettò di rimando Hugo, impacciato, cosciente dello sguardo di
Vitious addosso e del fatto che lo stesse pazientemente aspettando.
“Ben
arrivato, signor Weasley.” Lo salutò il professore rispettoso, una volta che lo
ebbe raggiunto.
“B-
Buongiorno.” Replicò il quindicenne, goffo come non mai mentre si trascinava al
suo seguito fuori dalla Sala Grande, diretti all’ufficio del preside.
Poi,
come un fulmine a ciel sereno, gli arrivò il pensiero che con ogni probabilità Fred
e James gli avrebbero innalzato una statua per quel richiamo esplicito del
Grande Capo, e la cosa in qualche modo riuscì a smussare la delusione per la
mancata prova che aveva tentato di dare ad Annie.
Intanto
nella Sala tutto il fervore era scemato come sabbia al vento dopo il richiamo
del decennale professore, senza però veder scivolare via anche l’entusiasmo.
Albus
e Rose si sedettero ai loro posti ancora piuttosto storditi, subito raggiunti
dai vari cugini.
“Avete
visto Hugo?” Squittì gioiosa Roxanne, addentando una focaccina.
I
due annuirono, perplessi, ma fu il ragazzo il primo a parlare. “Esattamente …
che diavolo è successo?”
La
rossa sghignazzò divertita alla richiesta, sedendosi di fronte a lui per
raccontargli nel dettaglio l’avvenimento. Tuttavia Rose riuscì a carpire solo
le ultime parole perché l’insolito comportamento di Ottavius l’aveva lasciata
con un qualcosa di indefinito. Come mai, tutto ad un tratto, era diventato così
gentile con lei?!
Cercò
la risposta nel suo viso curvilineo, che adesso sorrideva a nessun destinatario
specifico, oltre le tavolate di Tassorosso e Corvonero, senza tuttavia riuscire
a scoprire alcunché.
Stava
per abbandonare la cosa, sconfitta e decisa ad ascoltare il racconto di
Roxanne, quando lo vide. Scorpius. Si
era avvicinato al cugino e, con un balzo atletico, gli si era affiancato sulla
panca in legno.
Il
cuore dovette perdere qualche battito, perché per un istante Rose fu certa di
non riuscire nemmeno più a sentirlo. Non poteva ancora concepire, per quanto la
realtà delle cose si stagliava dinanzi forte e concreta, di quanto male sapesse
farle il semplice guardarlo. Era come cadere in un abisso infernale e, allo
stesso tempo, perdere la concezione delle cose, del mondo. Attorno a lei
prendeva il sopravvento un muro di bambagia che la relegava al suo angolo di non-vita ovattato, ricordandole
fugacemente che soltanto qualche giorno prima era stato suo come non aveva
davvero creduto possibile.
Ma
Scorpius non era arrivato da solo, come ci tenne a precisare con un’occhiata
significativa l’ambiguo Edmund Nott.
“Tutto
bene?”
Rose
abbassò il capo, tormentata. “Ma certo, Al.” Rispose, come un automa, mentre
qualcosa si incrinava pericolosamente e la coscienza di stare mentendo si
propagava a perdita d’occhio.
~
“Avanti
Hugo, sputa il rospo.” Lily gli si parò davanti con una tale enfasi da
rassomigliare in modo incredibile ad una versione decisamente più giovane ma
non per questo meno autoritaria di nonna Molly.
“Quale
rospo?” Inarcò un sopracciglio l’interpellato una volta che fu abbastanza certo
di mantenere un sufficiente autocontrollo per gestire la situazione.
“Oh,
non fare finta di niente!” Lo apostrofò di rimando lei, accigliata, quasi che
le sue parole l’avessero inavvertitamente ed impunemente sfidata.
Hugo
sbuffò, passandosi seccato una mano nei capelli arruffati. “Non ho la più
pallida idea di cosa tu stia parlando, Lily.”
“Ah
no?” Sembrava davvero spiazzata stavolta, come se l’avessero appena presa in
contropiede.
“No.”
“Okay.”
Abbassò le difese Lily, sicura della sincerità del coetaneo, rilassando le
spalle e tirando un sospiro. “Allora: che diavolo stai combinando?”
Se
per un istante Hugo si era aspettato che a quel punto la conversazione poteva
solo procedere in discesa … beh, dovette proprio ricredersi. Aggrottò le
sopracciglia e si grattò confuso il mento liscio. Era lui il problema quel
giorno, o era la cugina che non riusciva a parlare in modo comprensibile?!
“Sto
… andando a seguire Pozioni?” Azzardò, incerto se averci preso o meno con la
domanda distorta che gli era stata posta.
A
levare ogni dubbio in proposito, arrivò l’occhiata melodrammatica che l’altra
lanciò al soffitto e il ticchettio provocato dal tacchetto dei mocassini contro
il pavimento di pietra del castello.
“Non
quello, umpf! L’altro.”
Avrebbe
dovuto capire a cosa si stava riferendo?!
“Lily,
per favore, potresti evitare di parlarti nel pensiero ed essere un tantino più
chiara? Non faccio ancora miracoli …” S’illuminò, come se qualcosa avesse
appena attraversato il suo arco di cielo. “… Anche se ci sto lavorando!”
“Ah,
ha. Molto divertente, davvero.” Lo derise la rossa con un sospiro scocciato,
tirandosi indietro una ciocca particolarmente fastidiosa e lottando contro
l’insana tentazione di prenderlo a schiaffi. “Sono seria.”
Hugo
ritornò all’attenti in un istante. “Anche io.”
“Perciò
vorresti rispondermi?”
“A
cosa?”
“Alla
mia domanda!”
“Lily.”
Prendendo un ampio respiro, il quindicenne si decise a poggiarle le mani sulle
spalle e lo sguardo negli occhi, sperando di riuscire a trovare un punto di
contatto con lei, a quel modo. “Non capisco davvero
a cosa ti stai riferendo.”
Lei
lo fissò per un lungo istante, come a valutare la sua sincerità, prima di
capitolare. “D’accordo, vediamo come posso spiegarmi. La parola Annie Tyler ti
dice niente?”
Hugo
sentì distintamente il risucchio provocato dal singulto che si sforzò di
trattenere, ma deciso con coraggio di non lasciarsi trasportare da tutta quella
massa ingarbugliata di pensieri che volevano con insistenza riaffiorare nella
sua mente.
“Sono
due.” Disse invece, con semplicità.
“Cosa?”
Lily, al contrario, era visibilmente confusa.
“Le
parole. Annie e Tyler. Due.” Spiegò con una scrollata di spalle Hugo, mostrando una
superficialità che riuscì a spiazzarla.
Poi
fu un istante e quando riaprì gli occhi, avvertì solo il bruciore provocato dal
contatto della mano di sua cugina sulla sua nuca. “Ahia! Lily, sei impazzita?!”
“Non
direi, no.” Scosse il capo con decisione lei, per nulla intimorita o pentita.
“Mi
hai tirato uno schiaffo‼” Protestò con veemenza il ragazzo, sfoderando
una foga che ricordava molto suo padre quando si inalberava.
Ma
Lily sostenne lo sguardo e l’accusa con stoico coraggio, senza mai abbassare il
capo né mostrare cenni di cedimento. “Te lo meritavi.” Sentenziò, piuttosto,
pragmatica.
“Cosa?!”
Sgranò gli occhi di rimando lui, la voce cavernosa resa quasi irriconoscibile
dalla furia che gli attraversava gli occhi azzurri.
“Non
fare quella faccia, è la verità. Ti stai comportando da idiota con Annie.”
L’effetto riscosso dalle sue parole, corrispose esattamente a quanto sperato.
Hugo
la liberò dalla stretta seduta stante e il suo viso si animò di un’espressione
crucciata quanto bastava a denotare il suo essere pensieroso. Prendendo spunto
da tale insolita reazione, Lily optò subito per il perseguimento di quella
linea. Se voleva ottenere qualcosa da quel discorso, doveva arrivare dritta al
nocciolo della questione il prima possibile, lo sapeva.
“Me
ne sono accorta, cosa credi?! La stai evitando. Da quando l’abbiamo beccata a
parlare di te, nella serra.” Attese un istante, per poi dare la mazzata finale.
“Sembra quasi che tu ti vergogni di lei.”
Se
prima si era in qualche modo aspettata di vederlo reagire in un determinato
modo, adesso il suo allarmismo la disorientò del tutto, cogliendola davvero
impreparata.
“No!”
Fece difatti un balzo in avanti Hugo, mosso da un istinto involontario.
“No?”
Lily lo guardò frastornata, cercando nel suo sguardo di raccogliere i cocci
sparsi ovunque in quella storia.
“Non
mi vergogno di lei.” Rimbrottò scontroso il cugino, abbassando il capo, per poi
scivolare in una nuvola di inquietudine e depressione. “È di me che mi
vergogno.”
L’aveva
detto in un sussurro e se Lily non gli avesse visto muovere le labbra, avrebbe
giurato di non aver avuto risposta. “Di … te?” Era esterrefatta e, d’altronde,
sarebbe stato impossibile semmai il contrario.
Per
tutta risposta Hugo annuì, grave, e si passò frustato una mano sul viso a voler
scacciare una traccia indefinita di qualcosa. Era il momento della verità; oh,
se lo era. Cercò le parole migliori per spiegarsi, ma subito lasciò perdere.
C’erano davvero? Ne dubitava.
“È
che io …” Deglutì, prendendo aria come se si stesse preparando a rimanere in
apnea per molto tempo. “Io non sono come mi descrive. Tutto quel coraggio … io
non ce l’ho. Sì, beh, il fatto è che io non credo di … di essere così speciale. Anzi, non lo credo per
niente.”
“Hugo
…” Lily sospirò, stavolta affranta, e con dolcezza gli prese una mano tra le
sue. “È per questo che stamattina hai detto quelle cose? Per farle capire che
non deve idealizzarti?”
Lui
annuì, salvo poi sorridere con amarezza. “Risultato fantastico, eh?” Chiese,
enfatizzando il sarcasmo in maniera quasi esagerata.
La
cugina allorché sogghignò, vagamente divertita, senza tuttavia risultare
offensiva. “Hugo, tu ti sottovaluti troppo!” Lo sgridò, accigliata.
“E
tu ed Annie mi sopravvalutate troppo.” Ribatté, leggero, quasi che la cosa non
gli procurasse un certo disagio interiore.
Lily
sorrise, scosse la testa e gli depositò un bacio sulla guancia, a tradimento.
“Se non fossi mio cugino, ti sposerei.”
“Affare
fatto. Las Vegas?” Ridacchiò Hugo, lasciandosi sopraffare per un istante
dall’aria allegra profusasi.
“Sei
proprio assurdo, sai?” Gli tirò una pacca sul braccio lei, divertita, per poi
ritornare incredibilmente seria nel giro di una manciata di secondi. “Lascia
che ti conosca e, soprattutto, permettile di farsi conoscere da te. Non aver
paura di deluderla, Hugo, perché Annie è più in gamba di quanto tu possa
pensare.”
Hugo
la fissò, incerto.
Lily
sostenne lo sguardo, decisa.
E
alla fine, in un sospiro, si lasciò convincere.
~
La
lezione di Storia della Magia non era mai stata più noiosa di quel giorno. La
voce del professor Rüf aveva quella sua vecchia
cadenza monocorde, ancora perfettamente in grado di riversarsi sugli studenti
come una colata di sonno magico. L’aria era così sonnacchiosa e intorpidita, da
risultare quasi corporea, quasi fosse stata una nebbiolina sottile e compatta,
ma dalla corporatura morbida e lasciva sotto il tocco gentile delle mani.
Albus
pensò seriamente che un torpore del genere era fin troppo surreale, anche per
una scuola di magia e stregoneria quale Hogwarts.
“Rosie?”
Istintivamente cercò la complicità della cugina, sperando quasi di trovarla a
prendere appunti o, quanto meno, a cercare di interessarsi alla lezione.
Sarebbe
stato regolare. Un sintomo a denotare che dopotutto ogni cosa era rientrata
negli schemi prestabiliti e che quella pazzia di volerne uscire, alla fine, si
era rivelata in quanto tale. Sarebbe stato normale,
ecco, e in quel momento Albus non desiderava altro che tale parola nella sua
vita.
Ma
le cose, per quanto si potesse desiderarlo e pregarlo con ardimento, non
potevano semplicemente sparire dietro una nuvola di fumo e Rose, la sua Rose,
non era più così da tempo ormai, soltanto che non aveva mai voluto farci caso.
Eppure,
cogliendola in flagrante mentre, sovrappensiero, scrutava taciturna la schiena
di un certo Serpeverde, la verità gli si riversò addosso come una valanga di
fuoco.
Scrollò
le spalle, in un vano tentativo di mettere a tacere quella sgradevole
sensazione appena sorta all’altezza dello stomaco.
Non
era colpa sua.
Non.
Era. Colpa. Sua.
“Rose?”
La chiamò più per tentare di scacciare ogni pensiero, che non per un vero
motivo.
Comunque
stavolta lei parve udirlo, come ben lasciò intendere l’occhiata curiosa che gli
rivolse. “Sì?”
Albus
la fissò, perdendosi per un istante nel cioccolato sciolto che erano i suoi
occhi. “Ti va di … di venire a vedermi oggi, agli allenamenti?”
Rose
esitò per qualche attimo, insicura sulla reale fattibilità della cosa
considerato l’impegno assunto già con Ottavius Higgs, ma poi, notando un fondo
di speranza negli occhi verdi del cugino e oppressa dal senso di colpa, annuì
con vigore, pensando che dopotutto poteva benissimo conciliare le due cose
insieme.
“Mi
farebbe molto piacere.” Rispose, stendendo le labbra in un sorriso sincero, per
quanto dentro continuasse a sentirsi tormentata.
“Okay.
Fantastico!” Le sorrise di rimando Albus, annuendo un paio di volte col capo,
ritmicamente, prima di fingere un certo interesse per il libro che aveva
davanti.
E
lei seppe all’istante, vedendolo rilassarsi, di aver fatto la cosa giusta.
Anche
se, dando una fugace occhiata alle spalle, ai capelli di Scorpius, l’incertezza
aumentava di secondo in secondo.
-Stai facendo la cosa giusta Rose. Lo
sai anche tu questo. È la cosa giusta … la migliore da fare.-
~
Hugo
riuscì a fermare Annie solo all’ora di pranzo, bloccandola e afferrandola per
un polso a metà del corridoio del settimo piano.
“Ehi!”
La salutò goffamente, mentre si passava una mano nei capelli e si domandava,
maledicendosi, il motivo di tanto imbarazzo. “Ti stavo cercando.”
Lei
lo fissò stupita, sgranando gli occhi azzurro chiaro in una maniera quasi
inverosimile. “Cercavi … me?”
Sembrava
perplessa, quasi sbalordita, come se la cosa non avesse mai potuto sfiorarla.
Lui si morsicò la lingua, al pensiero. Era stato davvero così ignobile in
quegli ultimi quattro anni?!
“Sì.”
Confermò, annuendo più volte col capo per sottolineare ed enfatizzare meglio la
cosa. “Ti va se facciamo la strada insieme fino alla torre di D- Divinazione?”
Annie
era ancora piuttosto basita da tutte quelle attenzioni, ma accettò con una scrollata
di spalle la proposta. “Va bene.”
“Okay,
perfetto!” Sorrise di rimando Hugo, affiancandola e adeguando il suo passo a
quello della ragazza per non doverla lasciare indietro.
Un
paio di volte ne approfittò per gettarle occhiate fugaci, quasi irreprensibili,
nate con l’unico intento di capirci un pochino di più. Lei difatti appariva
molto rilassata in quel momento. A suo completo agio e se la cosa da una parte
gli faceva stranamente piacere, dall’altra lo inquietava. Se non fosse stato
del tutto certo di quello che aveva udito il giorno prima, nelle serre, avrebbe
iniziato a pensare di avere qualcosa fuori posto lì, nella sua zucca. Eppure si
era aspettato che lei quantomeno arrossisse della sua presenza, o che iniziasse
a scappare, come le era sempre venuto bene quando ancora lui non riusciva a
capire il motivo di tanto scalpore nel vederlo.
Ma
la verità Lily l’aveva presa in pieno: Annie Evelyn Tyler era particolare, con tutti gli annessi e i
connessi del caso.
Ridacchiò
e, quando lei gli lanciò uno sguardo confuso, le prese agilmente la mano nella
sua. La vide avvampare fino all’inverosimile e in maniera a dir poco
preoccupante, ma sapeva che aveva bisogno soltanto di tempo e per questo non
disse niente né perse il sorriso dalle labbra. Solo quando fu certo che Annie
avesse abbastanza metabolizzato il cambiamento, le fece cenno di andare.
Le
loro mani, intanto, erano ancora intrecciata l’una all’altra e Hugo si stupì,
come in un sogno lontano, di quanto fosse rassicurante quel piccolo contatto.
~
Rose
prese un profondo respiro, poi allungò una mano, aprì la porta e si fece forza
per entrare.
La
biblioteca era semidesertica, come sperato. Con ogni probabilità, cogliendo al
volo l’opportunità di poter passare qualche ora a crogiolarsi sotto il sole insperato
di quel giorno, la maggior parte degli studenti aveva deciso di andare a
studiare all’aperto. Soltanto un paio di ragazzi di Corvonero e qualche
Serpeverde si intrattenevano in quello spazio chiuso, immersi in pile di libri
o in chiacchiere concitate.
Si
guardò attorno e lo vide subito. Ottavius era seduto ad uno dei tavoli sul
fondo, appena illuminato dalla luce del sole che filtrava attraverso le ampie
vetrate e apparentemente immerso in una lettura. Con i capelli scoloriti dai
raggi solari e il colletto della camicia in disordine, Rose si ritrovò a
pensare che infondo non era poi così male. Magari arrugginito, questo sì.
Eppure stranamente diverso dallo standard che si era fatta di lui già dal loro
primo incontro.
Scosse
il capo e scacciò ogni pensiero. Aveva promesso ad Albus di raggiungerlo agli
allenamenti e non voleva fare tardi per una stupidaggine del genere. Tanto più
che il solo appurare che l’avere una visione tanto disincantata di Ottavius era
da ricondurre a Scorpius, le aveva aperto una voragine disarmante in petto.
Sentiva
l’aria iniziare a mancarle e capì che doveva tenersi impegnata se non voleva
sprofondare in quel mare di dolore.
Perciò
a grandi falcate si diresse verso il ragazzo, decisa più che mai a perdere
quanto meno tempo possibile per potersi dedicare ad Albus, come ormai era
diventata un’esclusiva.
“Ciao.”
Lo salutò, senza particolare emozione nella voce.
Al
suono della sua voce Ottavius alzò il capo, sfoderando il suo sorriso più
abbacinante per l’occasione. “Rose Weasley! Ti stavo aspettando.” Disse, con
voce suadente e occhi da cucciolo, prima di farle cenno di sedersi accanto a
lui.
Rose
arrossì ma, mantenendo uno stoico autocontrollo, preferì accomodarsi alla sedia
di fronte. “Non ho molto tempo, perciò eccoti i libri che-”
“Ehi,
ehi, frena un attimo.” La interruppe a quel punto lui, senza mai perdere il
sorriso dalle labbra. “Va tutto bene?”
Nel
dirlo si era incredibilmente avvicinato, al punto tale da avere il suo alito
caldo sul proprio viso. Rose aveva già provato una cosa simile, eppure i
sentimenti erano stati diversi. La sensazione di torpore, il battito impazzito
del cuore, le gambe tremolanti … niente, non c’era niente di tutto questo
adesso che c’era Ottavius di fronte a lei. Si sentiva … vuota. Non provava niente e la cosa la spaventava.
“S-
Sì.” Abbassò il capo, fingendo di interessarsi ai suoi libri per non doversi
scontrare con il suo sguardo sospettoso. “Allora, come ti dicevo questi sono
i-”
Di
nuovo non riuscì a terminare la frase, solo che adesso era stata lei stessa ad
interrompersi.
Ottavius
le aveva preso la mano. Come se fosse stata una cosa normale. L’aveva presa e
aveva intrecciato le sue dita con le proprie, in un gesto che sarebbe stato
naturale se solo non avesse avuto il sentore dell’assurdità della cosa a
metterla in allarme.
“C-
Che stai f- facendo?” Balbettò, alzando fugacemente lo sguardo a scatti per
cercare di scoprire qualcosa di più nel suo sguardo in grado di trovarle una
spiegazione plausibile.
Lui
stava ancora sorridendo, quasi fosse stato un gesto più che normale il suo.
“Rose
…” Sussurrò, lascivo e sensuale, mentre si allungava col collo per raggiungere
la sua porzione di tavolo, a pochi centimetri dal suo viso.
L’acquamarina
dei suoi occhi la lasciò senza difese, inerme, in completa balia del momento.
Stava succedendo tutto troppo velocemente, senza neppure concederle la
possibilità di orientarsi. Che stava facendo? Non capiva. O forse non voleva,
non lo sapeva: il suo cuore era un tumulto indefinito, ancora singhiozzante per
come erano andate le cose, l’ultima volta.
Lo
vide avvicinarsi e trattenne per istinto il fiato. Il panico, come una bomba ad
orologeria, le scoppiò nel petto. –No ti
prego …-
Ma
era troppo tardi e questo lo capì solo quando sentì le labbra di lui premere sulle
sue, con prepotenza.
Erano
calde, e morbide, tuttavia non riuscì a trovarvi altro. Nessuna emozione.
Nessun palpito, neppure il più lieve. Se solo non avesse avuto le labbra di
Ottavius ben premute sulle proprie, non avrebbe nemmeno fatto caso a quello che
stava succedendo. Era come se nel suo corpo ci fosse stata qualcun’altra e lei,
da esterna, riuscisse a vedere la cosa da un’altra prospettiva. Non era lei,
quella. O meglio, era lei, ma era tutto sbagliato. Lei avrebbe dovuto sentirsi
felice e lui … lui, ecco, non sarebbe dovuto essere Ottavius Higgs.
Con
la mano libera, recuperando all’improvviso la percezione del proprio corpo, lo
allontanò bruscamente da sé, senza esitazione. Si fissarono negli occhi, con
insistenza ma con emozioni diverse: irremovibile lei, perplesso lui. Poi,
rendendosi finalmente conto della cosa, Ottavius mostrò una smorfia di
disappunto.
“Che
succede?” Le domandò, mantenendo comunque uno straccio di cortesia nella voce,
per quanto forzata.
Rose
sentì di avere il fiato corto, tuttavia non alleggerì la nota dura impressa nel
suo viso. “Non farlo mai più.” Sibilò, seria e decisa come non mai, la fronte
corrugata nel tentativo di mostrargli il proprio dissenso in merito.
Lo
vide impallidire, metabolizzare la cosa e assumere un’aria arcigna, cattiva.
“Credevo
non ti dispiacesse.” Soffiò, tra i denti, spietato.
Lei
scosse il capo, senza lasciarsi sopraffare dal senso d’inquietudine che si
allargava spasmodico nello stomaco. “Ti sbagliavi.”
“Weasley.”
Si era alzato e l’aveva afferrata con foga per le spalle, oltre il tavolo,
tuonando inferocito. “Tu non puoi rifiutarmi!”
La
strattonò con forza e per un momento Rose ne ebbe quasi paura. Tuttavia
trattenne per sé la voglia di mettersi ad urlare e, deglutendo, cercò di
mantenersi calma. Gli occhi marroni ben piantati in quelli oltremare di lui,
mentre si accorgeva con un lapsus che non era di lui che aveva paura, ma di se
stessa e del suo vuoto incolmabile.
“Lasciami
andare Ottavius.” Lo pregò quasi, accorgendosi solo dopo aver parlato di stare
tremando.
Lui
questo dovette capirlo perché, come in un flash, sembrò riscuotersi dalla furia
che lo aveva investito e la liberò all’istante dalla stretta. La fissò per un
lungo istante, sperduto, prima di retrocedere di qualche passo. Era sbiancato
mortalmente eppure lei non riuscì a sentirsi meglio nel vederlo allontanarsi di
corsa, il passo pesante di mille chili.
Non
aveva fatto caso di aver trattenuto il respiro fino a quel momento, ma quando
l’aria ritornò in circolo nei suoi polmoni, fu come ricevere uno schiaffo in
pieno viso.
Tremava
ancora ed era debole, destabilizzata. Per una qualche ragione, pur non avendo
paura di Ottavius, si sentiva spoglia, quasi che con lui se ne fosse andato
anche l’ultimo brandello di forza del suo corpo stanco.
Però
non poteva fermarsi … l’aveva promesso ad Al.
Raccolse
i suoi libri, sforzandosi di non notare il tremore che scuoteva le sue mani.
Doveva essere pallida, quasi cianotica. Non se ne curò, il pensiero distante
mille miglia verso fulcri precisi e, allo stesso tempo, sbiaditi.
C’era
il viso deciso di Scorpius, l’intensità dei suoi occhi, la consistenza delle
sue labbra. E, ugualmente, c’erano i contorni, sfumati, quasi trasparenti. Come
se una parte di sé stesse cercando di rievocarlo e l’altra, la parte razionale,
di cancellarlo per non dover più soffrire.
Ricacciò
tutto indietro con un sospiro, che le costrinse un dispendio enorme di forze.
Non importava. Albus la stava aspettando, doveva concentrarsi solo su questo.
~
Ottavius
oltrepassò il buco nel muro che conduceva ai sotterranei di Serpeverde e, una
volta qui, fu libero di sfogare la propria frustrazione lanciando un pugno
deciso al muro più vicino. Alcuni ragazzini del primo anno, al gesto, si
spaventarono e, come a saette, si volatilizzarono. Lui non ci fece caso,
preferendo piuttosto buttarsi a peso morto sul salotto morbido.
Aveva
bisogno di evadere da ogni pensiero e, per questo, chiuse gli occhi in un
sospiro pesante.
Era
talmente concentrato nel suo tentativo di non pensare, da non essersi neppure
accorto della presenza di Scorpius, sbucato dal varco con l’aria sdegnata degli
ultimi giorni. Eppure, stavolta, c’era anche qualcosa di diverso oltre a
quello. Una rabbia omicida, da spaventare mortalmente con un solo sguardo.
“Ottavius!”
Sbottò, non appena lo vide, avvicinandosi rapido e afferrandolo, senza troppe
cerimonie, per il colletto della camicia, rimettendolo così in piedi per
costringerlo a guardarlo negli occhi.
“Cugino?!”
Il castano sembrava sorpreso e anche piuttosto spaesato. “Che cavolo-”
“È
vero?” Lo fermò bruscamente Scorpius, assottigliando le palpebre e ringhiando
ormai fuori controllo. “L’hai baciata?”
Lo
disse in un sussurro disgustato, quasi che parlando a voce più alta avesse
potuto ucciderlo. Forse era vero. Il solo pensiero, infatti, bastava a mandarlo
in bestia e a fargli perdere del tutto la ragione.
“Cosa?
Chi?” Ottavius era confuso.
Era
lì che tentava di distrarsi e poi … Che diavolo stava accadendo?! Non riusciva
a capire, si sentiva come un quadro sottosopra.
“Rose Weasley.” Digrignò i denti il
biondo, incapace di formulare un pensiero coerente in quello stato.
Si
sentiva talmente infuriato che avrebbe potuto spaccare qualcosa, anche di duro
se necessario. Il semplice controllarsi per non pestare suo cugino, a dire il
vero, gli stava costando estrema fatica. E, di fronte al suo ostinato sguardo
basito, si chiese il motivo per cui controllarsi tanto.
“Oh.”
Le labbra di Ottavius, intanto, si erano strette in una o minuscola, quasi
invisibile, mentre i pensieri correvano a mille ma in direzioni totalmente
differenti.
Perché
Scorpius si stava arrabbiando tanto? Che senso aveva? Non le era mai importato
granché, infondo, di lei.
“Rispondimi!”
Si sentì scuotere in malo modo e capì di dovergli una risposta immediata, se ci
teneva al suo visino.
“Sì,
è vero.” Disse, mostrando un’aria sicura, che si dissolse appena l’istante
dopo, quando lo vide arrossire pericolosamente. “Ma mi ha rifiutato.”
Dirlo
gli bruciava parecchio, tuttavia riuscì ad ottenere il risultato sperato. Scorpius,
difatti, a quelle parole lo lasciò all’istante, liberandolo dalla sua presa
ferrea. Ottavius cadde all’indietro, sul divano, ma subito fu in piedi,
costeggiando il cugino che intanto aveva preso a camminare avanti e indietro
come un pazzo furioso.
“Perché?”
Domandò infine Scorpius, fermandosi di scatto e guardandolo in cagnesco.
Non
aveva bisogno di chiederlo per sapere a cosa si stesse riferendo e, pur
mordendosi la lingua per il tradimento che stava per fare, non se la sentì di
mentirgli ancora. “Per una scommessa.”
“Chi
…?”
“Edmund.”
N/A
Innanzitutto devo proprio
scusarmi per il ritardo con cui posto questo capitolo. Lo so, avevo detto
mercoledì. A mia discolpa posso dire che ho fatto veramente tardi
all’università, tant’è che sono stata una delle ultime a sostenere l’esame,
tanto per cambiare …
Ad ogni modo, spero che
non vi abbia deluso. Sì, le cose ritornano a cambiare e nel prossimo vi
anticipo ne succederanno di mille colori! E Rose e Scorpius … :-X Okay, sto
zitta! XP Non vi dirò nulla per il momento, prometto di aggiornare prima
stavolta, per davvero.
Spazio alle recensioni!
·MollY_gIaDa: grazie mille per i
complimenti, mi hanno fatta estremamente piacere. Per quanto riguarda tutti i
tuoi più che legittimi dubbi su Al, posso dirti solo questo: abbi fede in lui.
U.U Edmund … mia personale croce e delizia! Ti sta facendo impazzire, eh? ^-^
Grazie mille per l’imbocca al lupo all’esame, ha sortito i suoi effetti per mia
fortuna! Perciò grazie! Sei il mio personale portafortuna! *-*
·mAd wOrLd: devo ringraziarti due
volte, sia per la recensione a questa storia che a I Giorni Dell’Abbandono. Sono contenta tu continui a seguirmi così
assiduamente, mi fa un piacere immenso, assoluto! Mi ha resa felice specie che
ti sia piaciuta l’altra storia, essendo concentrata su una coppia non molto in
uso. Mi fa piacere sapere che apprezzi le Dominique/Lysander come me! ^.-
Ritornando a noi … qui c’è decisamente più Scorpius, no? XP
·maricuccia: figurati, macché
scusarti! Semmai devo ringraziarti per averla lasciata lo stesso la recensione,
nonostante la fretta! U.U Come hai detto tu stessa, la storia continua ad
evolversi e nel prossimo … diciamo che segnerà una bella svolta, sì. Spero
continuerai a seguirmi!
·Catherine Heathcliff: devo davvero scusarmi
con te per la figuraccia che sto facendo. Volevo passare a leggere le tue
storie, come promesso, ma non ho avuto neanche un minuto di tempo a mia
disposizione. Vedrò di rifarmi con queste vacanze, anche perché sono
sinceramente curiosa di leggere qualcosa di tuo! Non sono molto fan delle
Dramione, ma vedrò di leggerne sicuramente qualcuna. Per quanto riguarda
Scorpius … direi che in questo capitolo è stato abbastanza presenze, giusto? E nel
prossimo non mancherà di sicuro! Al …
nei prossimi sarà quello che ne uscirà più stravolto! XDXD
·ValyBrick: grazie mille, sono
felice il capitolo ti sia piaciuto. Guarda, sono la prima a poterti capire
quando mi parli di mancanza di tempo! Io sono settimane – settimane! – che non ne ho. Che dire, speriamo solo di poterci
rifare con queste vacanze, no?! XP
·crazygirl: sì, capitolo molto
triste, devo dartene atto. Però mi fa piacere sapere che ti sia piaciuto lo
stesso, e ancor di più che ti piace il mio modo di scrivere! *-* Questo
sedicesimo capitolo è ancora abbastanza “cupo” per così dire, ma presto le cose
inizieranno a delinearsi, of course! Spero
ti piaccia anche questo, comunque!
Non mi sembra vero, ma a
conti fatti ne mancano tre. Tre prima
della fine … Non riesco a crederci di aver già postato tutti questi capitoli,
sul serio.
Beh, adesso però vado,
sennò va a finire che la lunghezza delle note superi addirittura quella dell’intero
capitolo! XD
Edmund
era disteso sopra il suo letto quando sopraggiunse, come una furia, Scorpius,
seguito a ruota da un terrificato Ottavius. La porta, sotto la spinta poderosa
del primo, aveva cigolato in modo inquietante sui cardini, fino a scontrarsi in
un tonfo pressante contro il muro alle sue spalle. Per un istante la stanza era
stata scossa da un tremore sinistro, con la forza portante di un terremoto.
“Ma
che …?” Assottigliò le palpebre, cercando di capire il motivo di tanto clamore,
mentre con gesti misurati si metteva a sedere.
Tuttavia,
prima ancora di poter portare a termine la sua domanda, Scorpius gli si era già
piazzato di fronte e lo guardava con ostentata indignazione.
“Spiegati.”
Ordinò solo, sibilando la parola quasi fosse stato un serpente velenoso pronto
ad uccidere, gli occhi induriti dalla rabbia che tentava con disperazione di
fuoriuscire.
Edmund
lo osservò, in silenzio. Era troppo intelligente per non capire che stava
succedendo qualcosa che, di sicuro, non gli avrebbe fatto piacere. Anzi, era
già abbastanza certo della propria intuizione, ma onde evitare fraintendimenti
cercò con lo sguardo la complicità di Ottavius. Inutile perdersi in domande con
Scorpius. In quello stato era già tanto che si dimostrasse diplomatico.
Alla
fine, comunque, il giovane Higgs sembrò intuire i suoi pensieri e, sbuffando
demoralizzato, si decise a dargli qualche indicazione di più. “La scommessa.”
Biascicò, gettando rapide occhiate all’indirizzo del cugino per controllare di
non averlo urtato più di quanto non fosse.
Alla
dritta Edmund si concesse giusto pochi istanti per ponderare la cosa, ma quando
finalmente rispose aveva il tono incolore e distaccato di sempre.
“Era
una scommessa come un’altra. Non ci vedo nulla di male.”
Scorpius
dovette stringere i pugni per non scaraventarsi addosso al ragazzo. “Era una
scommessa mirata.” Sputò sopra la
parola, disgustato, e che pure gli aprì gli occhi, all’istante. “Volevi
allontanarla da me.”
Non
era una domanda, bensì un’affermazione dai toni di una folgorazione improvvisa,
e comunque nessuno dei due sembrava aver bisogno di una risposta. Al contrario
Ottavius adesso appariva visibilmente confuso. Il sospetto che tutto quel
furore era dovuto a ben altro che ad una stupida scommessa, intanto, si era
insinuato viscido nelle sue considerazioni.
Nel
frattempo Edmund, che non si era mosso di un solo centimetro, aveva assunto
un’espressione tirata, inflessibile. Le labbra, sottili, si erano contratte in
una linea pressappoco invisibile e gli occhi, due pozze antracite, si erano contratte
dietro un muro di durezza insormontabile.
“E
ci sei riuscito, non è vero?” Scorpius gli lanciò un’occhiata di fuoco,
sprezzante, mentre i pezzi del puzzle andavano con difficoltà a trovare il
posto che gli confaceva.
Man
mano che il quadro si definiva pur nella sua esasperante lentezza, tutto
iniziava a farsi più chiaro e palese.
“Ti
sbagli.” Stavolta, però, Edmund non poté trattenersi dal contro ribattere,
solido ed inossidabile come la pietra più forte. “Ha fatto tutto da sola.”
Prima
ancora di riuscire a metabolizzare l’informativa, Scorpius l’aveva già
afferrato per il pullover e costretto, con modi bruschi, ad alzarsi. “Menti.”
Lo accusò in un sussurro spietato, che fece impallidire Ottavius, sempre più
pronto all’idea di vederli scontrarsi lì dinanzi ai suoi occhi.
“No,
invece.” Dimostrando un certo coraggio, il moro denegò. “Lei ti ha lasciato, di
sua spontanea iniziativa.”
Diceva
la verità. Scorpius lo sapeva, ma non per questo gli riuscì più facile
accettarlo. La notizia, all’improvviso, l’aveva lasciato senza forza e,
incapace di sostenere ancora la presa, mollò la maglia del consanguineo con uno
scatto brutale.
Edmund
lo fissò e, giudicando il suo cipiglio, capì al volo che era l’occasione
propizia per mettere in chiaro le cose, una volta per tutte.
“Voi
non siete fatti per stare insieme. Ha il suo mondo e tu il tuo, è una follia
mischiarli. Per fortuna lei sembra avere abbastanza cervello da capirlo.” Nel
momento esatto in cui lo diceva, sapeva della ferita profonda inferta dalle sue
parole e, seppure gli dispiaceva dover infierire a quel modo, era anche
abbastanza sicuro che quello fosse l’unico modo per aiutare l’amico.
Non
era, certo, così stupido da sperare che un giorno lo avrebbe ringraziato –
capito sì, invece, non aveva dubbi in proposito – ma sapere che lo stava
facendo per il suo bene era già una ricompensa sufficiente per lui.
“Tu
…” Scorpius sgranò gli occhi, accorgendosi nel peso delle sue parole di mille
piccoli dettagli. “Tutte le domande, le insicurezze … sei stato tu. Che diavolo
le hai detto? E anche quella sera, l’hai veramente
seguita … volevi assicurarti che ci lasciassimo? Ti eri nascosto, vero? Perciò
non ti ho visto … Non ci posso credere … sei sempre stato tu …”
Ad
un tratto alzò il capo, disarmato da tutte quelle rivelazioni, e per quanto
l’altro non avesse risposto a nessuna delle sue domande, sapeva già di aver
centrato punto per punto.
Fu
in quel momento che la rabbia, la stessa che stava tentando con ogni forza di
mettere a tacere, gli divampò nel petto e nelle mani, violenta come una
tempesta che gli si riversò contro con spregiudicatezza.
Ottavius
stesso, benché avesse assistito a tutta la scena in un religioso silenzio, non
aveva fatto in tempo a capacitarsi né ad acciuffare il cambiamento repentino
del cugino. Prima ancora di poter battere ciglio, prima di smaltire il flusso
di informazioni stentate a cui era stato suo malgrado sottoposto, prima di
rendersi conto di aver avuto il ruolo di pedina in quella partita di scacchi –
niente di più, soltanto una stupida, misera pedina
del cavolo – Scorpius si era già avventato contro Edmund e il pugno che aveva
tenuto in serbo per lui fino a quel momento, si rovesciò impietoso addosso
all’altro.
“Mh.” Fu tutto ciò che le labbra di Nott
si lasciarono sfuggire, per quanto la strana posizione arcuata assunta
lasciasse intendere un dolore indicibile.
Scorpius
lo fissò dall’alto e gli sembrò, per un istante, di vederlo per la prima volta,
soltanto che non gli piaceva affatto questa nuova visione.
“Ma
che cavolo-” Ottavius era appena scattato in avanti, verso Edmund, bianco come
un cencio per l’irruenza degli avvenimenti, senza la possibilità di chiedere
nulla perché il cugino se ne era già andato via, statuario e sdegnoso al pari
di una divinità d’altri tempi.
Lo
fissò allontanarsi per un lungo momento, interdetto, incapace di capacitarsi
della nuova e scomoda situazione. Poi Edmund mugugnò qualcosa, rivelando così
un dolore che solo per orgoglio aveva finto di non provare, e Ottavius dovette
per forza distogliere sguardo e pensiero. Lo aiutò a sedersi, incurante dei
modi stizziti con cui l’altro cercò di allontanarlo, ben consapevole di quanto
sapesse essere testardo alle volte, e si sforzò di non pensare.
Ma
era difficile farlo quando il dubbio lacerante che suo cugino, Scorpius Malfoy,
si fosse innamorato e di Rose Weasley
per giunta, s’insinuava infido davanti ai suoi occhi, rivelandogli particolari
– uno sguardo di troppo, un sorriso stentato e persino qualche bugia detta male
– che prima non aveva saputo né voluto cogliere.
~
“Dannazione!”
Scorpius batté forte il pugno chiuso della mano sul davanzale in pietra della
finestra alta, imprecando a mezza voce ancora di più nell’avvertire l’ondata di
dolore seguita al gesto.
Come
accidenti aveva fatto a non capire niente?! E se Ottavius non avesse provato a
baciarla davanti a quei novellini di Serpeverde, l’avrebbe mai scoperto? Era
questa, al di là di ogni cosa, la cosa che più riusciva a mandarlo su tutte le
furie. Il fatto di essersi fatto raggirare come un allocco e il pensiero,
cocente, che dopotutto Edmund aveva avuto ragione, seppure in parte. Perché era
vero, era stata Rose a lasciarlo, a preferire Albus, non lui. Certo, non aveva
giocato a loro favore, ma Scorpius non poteva suo malgrado dargli anche la
responsabilità di questo.
Aveva
scelto lei. L’aveva scaricato e non
per quello che aveva potuto dire o fare Edmund, ma perché tra le due
alternative a disposizione, aveva preferito l’altra. Come darle torto d’altra
parte? Albus le era sempre stato vicino, lui invece l’aveva prima schiavizzata
e messa in continuo pericolo poi. Eppure, per quanto logica potesse essere, la
conclusione non riusciva a placare il senso di oppressione e di depressione che
guidava il suo malumore.
L’unico
motivo per cui aveva deciso di arrendersi, superando persino la sua
possessività Malfoy, era il sapere di importarle meno di quanto lei
interessasse a lui. E gli sarebbe andato paradossalmente pure bene, se solo lei
non avesse capito che nemmeno quel poco era sufficiente a farne valere la pena
…
“Malfoy,
stai bene?”
La
domanda lo sorprese, costringendolo a voltarsi per racimolare un’espressione
sorpresa dinanzi al viso perplesso di Lily Potter. “Non sembra?” Ironizzò,
rendendosi conto lui per primo di non avere proprio quello che si dice un
aspetto sano.
La
rossa, difatti, scosse il capo. “Negativo. Se vuoi saperlo, sembra che tu ti
sia appena schiantato contro il Platano Picchiatore.” Disse, per poi
avvicinarsi maggiormente e appoggiarsi a sua volta con le mani al davanzale,
spalla contro spalla.
“Magari.”
“Gira
proprio male, eh?”
Scorpius
non le rispose, ma Lily aveva già intuito cosa volesse significare quel
silenzio. Sospirò e si voltò a dare la schiena allo squarcio di paesaggio oltre
la vetrata, gli occhi puntati nel viso pallido del ragazzo. Aveva l’aria stanca
e arrabbiata insieme, come se stesse impiegando tutte le sue forze nello sforzo
di trattenersi a rischi persino della sua resistenza fisica.
“Problemi?”
Azzardò, sperando di non risultare troppo invadente come invece si sentiva.
Ma
lui non parve dispiacersene e, nonostante la mancata risposta vocale, si
preoccupò di darle una conferma attraverso una lieve scrollata di spalle.
“Oh.”
Mormorò appena Lily, abbassando il capo e ritornando subito dopo alla carica,
prendendo coraggio dalla sua reazione condiscendente. “Scommettiamo che
indovino?”
Stavolta
Scorpius non riuscì a trattenere un sorriso, divertito nonostante tutto dalla
sempiterna esuberanza della ragazza. “D’accordo.”
“Bene.”
Lily sorrise, si voltò e affondò lo sguardo in un punto preciso del campo da
Quidditch dove gli allenamenti di routine dei Grifondoro, a cui aveva dovuto
partecipare a sua volta, si erano conclusi già da un’oretta scarsa. “Ti sei
innamorato di Rosie.”
Sentirglielo
dire gli fece uno strano effetto, quasi un giramento di testa. Si voltò di
scatto verso di lei, rischiando di rimetterci l’osso del collo tanto fu brusco
e veloce il movimento, e la fissò incurante di mostrare così tutto il proprio
stupore. Eppure era sicuro che nessuno, né lui, né Rose, né Albus e figurarsi
di Edmund, gli unici che grossomodo sapevano la storia, gli avessero mai detto
alcunché in merito.
Intuendo
le sue mute domande, Lily si elargì in un sospiro teatrale. “Voi ragazzi
dell’ultimo anno credete sempre di saper fare le cose meglio di chiunque
altro.” Si lamentò, non per questo offensiva, anzi, per poi sbottonarsi in una
buffa smorfia di pseudo esasperazione. “Me ne sono accorta.”
Scorpius
annuì un paio di volte, senza emettere verbo, prima di voltarsi di nuovo a
guardare lo stesso identico punto preso di mira da lei. Neanche a dirlo, lei era lì, seduta sugli spalti, con lui. Non faceva rumore e la sua presenza
era quella discreta di sempre, eppure gli sembrò mille volte più bella di tutte
quelle stupide ragazzine che chiacchieravano concitate poco distanti.
“Comunque
a me sta bene. Di voi due, intendo.” Come aveva fatto in precedenza lui con
lei, stavolta fu il suo turno di dargli il proprio benestare.
“Mi
dispiace deluderti, ma non c’è nessun noi.”
La mise al corrente in modo frettoloso Scorpius, accorgendosi ancora una volta
di quanto potesse bruciare il solo pensiero.
“Sì,
invece.” Ribadì invece Lily, decisa, rivelandosi meno disinformata di quanto lasciava
intendere. “Se non ci fosse nessun voi,
come dici tu, adesso non staremmo qui a parlarne. E, soprattutto, tu non
staresti tanto male. Pensaci.”
La
logica, per quanto elementare, non faceva una grinza.
Il
biondo strinse i pugni, riversandovi dentro tutta la sofferenza che covava come
un veleno nel petto. Era la prima volta che vedeva le cose sotto quel profilo,
ma per quanto potesse piacergli non era disposto a negare il fatto che comunque lei non era lì con lui. Rose
aveva preferito guardare la partita di allenamento dei Grifondoro, questo era
quanto.
“Ah,
un’altra cosa.” Lily, che aveva raccolto le sue cose per andarsene, si era
girata indietro, ricordandosi qualcosa di punto in bianco. “Ti ricordi la
storia di Michael Grays?”
Lui
fece un ghigno infastidito e lei capì che se ne ricordava anche piuttosto bene,
perciò ebbe il via libera nel continuare.
“Non
sono usciti insieme. Non veramente,
sai. Rose l’ha fatto per me. Io dovevo uscire con Julius e così le ho chiesto
di coprirmi, anche se non sapevo che il suo accompagnatore sarebbe stato
proprio Michael. Non so se te l’ha mai detto ma … beh, ecco, penso che dovevi
saperlo.” Disse in un fiato Lily, scrollando le spalle verso la fine e
sorridendo tentennante a racconto finito.
Scorpius
non si voltò a guardarla, né prima né dopo, ma a giudicare dal modo in cui
l’ombra si era dissolta dal suo viso, doveva aver recepito il messaggio.
Sorrise
e si voltò. “A presto, Malfoy!” Trillò, convinta di vedersi profilare presto un
lieto fine.
Lui
non ne era altrettanto sicuro, o meglio, non lo era affatto, tuttavia alzò lo
stesso la mano per salutarla.
Per
un momento, uno soltanto, avrebbe voluto essere una civetta per svolazzare nel
cielo terso senza dubbi o dolore a perseguitarlo, da terra.
~
“Allora?”
Albus era saltellato di fianco alla cugina, stravaccandosi sugli spalti come
una lucertola alla vista del sole.
Si
sentiva particolarmente rilassato quel giorno. Beh, non come se fosse stato in
vacanza, ma abbastanza da riuscire a dimenticare tutti i propri problemi per
qualche minuto. L’allenamento, a quanto pareva, gli aveva fatto più che bene e
il fatto di non aver dovuto combattere contro le intemperie come invece aveva
dovuto fare per tutto l’inverno, di sicuro contribuiva al suo nuovo stato
d’animo.
“Siete
stati bravi.” Gli aveva risposto Rose, umettandosi le labbra e distendendo
rigida le braccia, le mani sulle ginocchia.
“Sul
serio?” Lui aveva sorriso, soddisfatto, per poi chiudere gli occhi e trarre un
profondo respiro. “Ti va se restiamo un altro poco qui?”
“Va
bene.” Gli si era appoggiata contro la spalla e aveva chiuso a sua volta gli
occhi, lasciando che il sole le trasferisse un po’ di sano calore.
Non
riuscì neppure a dire per quanto tempo rimasero in quella posizione,
semplicemente a farsi consolare dai raggi sbiaditi di una mite giornata
invernale, ma quando riaprì gli occhi il campo era ormai desertico e,
all’orizzonte, iniziava a profilarsi una striscia ombrosa.
“Al?”
Lo chiamò appena, con voce incerta.
Lui
riaprì gli occhi all’istante, rivelando un verde smeraldino adombrato da un
velo sottile di malinconia. “Andiamo dentro, Rosie. Inizia a fare freddo e poi
è quasi ora di cena.”
Prima
ancora che lei potesse ribattere, prima che il groppo alla gola trovasse il
modo per liberarsi, prima di dare spazio ai sensi di colpa, Albus l’aveva
afferrata saldamente per un braccio e l’aveva trascinata via con sé. Sapeva che
stava per dirle qualcosa d’importante ancor prima che lo sapesse lei stessa,
gliel’aveva letto dentro, nell’animo tormentato. E sapeva, con altrettanta
certezza, che non era ancora pronto a sentire quella cosa, per quanto una parte del suo sub inconscio l’aveva già
recepita da tempo.
Avvertiva
il buco nero a pochi passi da sé e, anche se sapeva che l’avrebbe inghiottito
presto o tardi, si sforzava con disperazione di rimandare quanto più possibile
l’inevitabile.
Le
scarpe affondavano nel terreno, friabile e volubile al contatto, e Albus si
concentrò soltanto sui propri passi, attento a metterne davanti uno dopo
l’altro senza incidenti fortuiti. La sua mano era ancora ancorata al braccio
della cugina e lei, docile, si lasciava condurre verso l’entrata del castello.
Ogni tanto la sentiva sospirare e in quei momenti chiudeva la mente al mondo,
imponendosi di pensare con esclusività ai suoi movimenti.
-Destra. Sinistra. Destra. Sinistra.
Destra …-
Rose
era troppo accondiscendente. Non che di solito non lo fosse, però così …
All’improvviso si rese conto che se anche le avesse chiesto la luna, o il sole,
o le stelle, lei glieli avrebbe dati. Anche tutti se necessario. Avrebbe
scalato l’Everest, fatto il giro del mondo e combattuto contro Lord Voldemort,
se solo fosse stato lui a domandarglielo.
Gli
passava i suoi compiti fingendo una convincente casualità e si preoccupava che
non saltasse nessun pasto, mettendola sulla genericità. Ogni due per tre, gli
chiedeva come stesse e quando lo vedeva particolarmente irascibile – e in quei
giorni lo era stato molto, molto
spesso – si premurava che nessuno facesse battutacce poco carine in sua
presenza. Lo assecondava in ogni capriccio e, ogni volta, sfoderava un sorriso
speciale, di quelli luminosi ma che, a ben vedere e alla luce delle recenti
rivelazioni, non sapevano scaldare del tutto gli occhi.
E
lo faceva per lui. Tutto quello … Solo per lui.
Ad
un tratto si rese conto che non aveva bisogno di domandarselo, per sapere da
quando fosse iniziata. Stava cercando di farsi perdonare. Come aveva fatto a
non accorgersene prima? Pensava di averlo ferito e, in qualche modo, stava
provando a recuperare. Ma – e c’era da chiederselo – era stata sul serio colpa
sua?!
“Ehi!”
Lily gli fece cenno dal tavolo dei Grifondoro e Albus subito la raggiunse,
senza mai lasciare andare il braccio di Rose.
Preso
com’era stato dai suoi pensieri, quasi non aveva badato al cambiamento di
terreno sotto i suoi piedi, che ne aveva acquisito di solidità, seguito
all’entrata nel castello. Si era diretto nella Sala Grande per istinto, mosso
più dall’abitudine del ciclo quotidiano che non per altro. Il tutto tallonato
dalla cugina che, quasi a voler inconsapevolmente sottolineare ogni sua
riflessione, non aveva fatto una piega, né una domanda, né niente.
“Non
so voi, ma io ho una fame!” Gemette Lily non appena le furono accanto, il
solito sorriso smagliante stampato sul viso.
“Sì,
anche io ho fame.” Replicò Rose, senza particolare enfasi nella voce.
Albus
se ne accorse e l’umore cambiò radicalmente direzione.
“Avete
visto la novità?” Si avvicinò Roxanne, sedendosi agile di fronte a loro.
“No.
Cosa?” S’incuriosì Lily, mentre il fratello piantava rude la forchetta nel roast-beef e Rose mandava giù una sorsata di succo di
zucca.
“Malfoy.”
Disse con nonchalance l’altra, indicando con il pollice un punto oltre le sue
spalle. “Si vocifera abbia litigato con Higgs e Nott.”
“Impossibile!”
S’intromise Hugo, che era da poco riuscito a liberarsi dai suoi solidi tifosi
per accaparrarsi il posto di fianco alla figlia dello zio George, senza notare
lo sguardo perplesso di Albus e quello basito di Rose. “Quei tre sono
inseparabili.”
“Controlla
tu stesso, se non mi credi.” Lo sfidò con un sorriso impertinente Roxanne.
Hugo
obbedì ma non fu l’unico a guardare verso il tavolo dei Serpeverde. Anche
Albus, difatti, aveva scartato tre quarti dell’intera studentesca per arrivare
alla testa bionda desiderata. La cugina aveva ragione, dunque: Scorpius era
seduto a una decina di posti dalla sua postazione usuale, dove invece si
trovavano due ingobbiti Edmund ed Ottavius.
Di
scatto si voltò a cercare il viso di Rose e la trovò pallida, persino più del
solito. Gli occhi sgranati rivelavano uno stupore crescente e, a giudicare da
come si torturava il labbro con i denti, doveva essere anche piuttosto
sconvolta. Eppure durò tutto una manciata di secondi, il tempo di accorgersi di
avere il suo sguardo addosso e subito distolse il proprio da Scorpius, quasi
fosse stata beccata in flagrante e temesse il giudizio.
Albus
sospirò amaramente e si passò una mano nei folti capelli neri. Nel farlo,
tuttavia, il suo sguardo ricadde sulla porta d’entrata e con uno strano balzo
accolse l’entrata di Alicia nella Sala, accompagnata come sempre da Dominique.
Anche lei lo aveva visto e, esitante, aveva provato a rivolgergli un sorriso
saturo d’imbarazzo.
Fece
per alzare la mano, a sua volta, quando da dietro la Corvonero sbucò Jason.
Quel briciolo di buonumore che non si era neppure accorto di avere e che, solo
adesso, si rese conto essere spuntato all’entrata di Alicia, sparì come sabbia
al vento nello scorgere il ragazzo. Abbassò la mano e, imbronciato, finse di
non averla vista affatto, senza perciò notare l’aria delusa che aleggiò per
qualche istante sul viso di lei.
~
Scorpius
aveva litigato con Edmund ed Ottavius.
Perché
Scorpius aveva litigato con Edmund ed Ottavius?
Possibile
che, in un modo del tutto assurdo e fuori logica, il fatto che Ottavius
l’avesse baciata c’entrasse qualcosa con la faccenda?
Rose
si strinse il cuscino sulla faccia, trattenendo il respiro per un lungo istante
prima di buttare fuori tutta l’aria rimasta in circolo.
Non
riusciva a capire. Le sembrava ancora tutto così strano, contro ogni
ragionevolezza a cui era sempre stata abituata a rapportarsi. In sette anni da
che li conosceva, non li aveva visti evitarsi neppure una volta. Beh, ovvio, le
litigate c’erano state come tutte le buone amicizia richiedevano, ma si era
trattato perlopiù di scambi accesi di opinioni, niente di più. Adesso invece la
situazione sembrava proiettata in traiettorie diametralmente opposte. Non solo
Scorpius aveva preferito accomodarsi ad un altro posto piuttosto che
raggiungere i due coetanei, ma era stato anche alquanto attento a fingere che
non esistessero affatto.
Inutile
dire che tutta la Sala Grande ne era rimasta attratta, come se il solo
distogliere lo sguardo fosse stata una cosa impossibile. Era stato inaspettato,
senza precedenti segni in grado di lasciar intendere una simile evoluzione di
un rapporto da sempre ritenuto stabile e duraturo. Nessuno se ne era accorto,
semplicemente Scorpius aveva spezzato quel legame e, con esso, aveva finito per
rivoluzionare anche tutti i dissacranti pensieri associati a quel gesto.
Rose
continuava a chiederselo, il perché.
Senza mai trovare risposta. O, almeno, non una che non la facesse fremere di
speranza. Allora la scacciava, come fosse una seccatura, incapace di affrontare
dolorose illusioni su una relazione che, dopotutto, tale non era mai stata.
Meglio fingere che non c’era niente, piuttosto che scontrarsi con la realtà e
con tutte le parole che con angoscia tentava di accantonare in un angolo,
pregando affinché la polvere le ingoiasse ad una ad una.
E
fino a quel momento ci era riuscita alla perfezione, svicolando i pensieri più
insinuanti e rifiutando quelli più dolci. Ma adesso che i meccanismi
dell’ingranaggio si erano rotti, calpestati dalla naturalezza con cui Scorpius
aveva mandato al diavolo la sua intera vita, non poteva più tenerli in
prigione. Graffiavano sulle sbarre, desiderosi di uscire, e lei era davvero
troppo stanca per tenerli ancora per sé, perciò li lasciò uscire con un
sospiro, pronta a sostenerne le conseguenze.
Ritornarono
le parole di Scorpius, per prime, quelle che le aveva rivolto quando aveva dato
un taglio netto alla loro pseudo relazione.
Non
si era mai soffermata a ponderarle, neppure quando se le era viste sputare
addosso con forza. Le aveva dribblate, come si fa con un bolide particolarmente
veloce, e aveva finto di essersele fatte scivolare addosso, senza mai
rimuginare sullo squarcio che invece avevano saputo stendere nel punto più
profondo del cuore. Mentre ora si riformavano a galla, fissandola con aria
dispettosa, a volerla sfidare in un gioco dove partiva già in netto svantaggio.
Allora
eccole, le domande che aveva con forza evitato.
Era
stato davvero per Albus che l’aveva scaricato?
-Ma certo.-
O
c’era dell’altro?
-No, nient’altro. Solo per Al. Perché
è tutto, per me, e non potevo perderlo.-
Perciò
tutta quella cavolata dell’avere paura …
-È soltanto una cavolata, appunto.
Solo una cavolata … Soltanto questo … Una cavolata, sì …-
Sospirò
e chiuse gli occhi.
Scorpius
aveva litigato con Edmund ed Ottavius. Scorpius aveva preso a pugni Albus.
Scorpius
le aveva dato la sua maglia, quando aveva freddo. Scorpius l’aveva accusata di
essere una codarda, una che ha paura di sbagliare.
Scorpius
non aveva capito niente di lei, era
questa la verità.
Lei
non era così. Non aveva paura del giudizio degli altri, cercava solo di non
produrre inutili delusioni. Che c’era di sbagliato in questo?!
E
la storia della fotografia … Come poteva incolparla di arrendevolezza? L’aveva schiavizzata!
-Avrebbe ferito papà e … e Al e … Non l’ho
chiesto io, non potevo fare niente, non …-
Una
lacrima scese solitaria lungo la sua guancia, silenziosa e discreta come una
goccia di pioggia in mezzo a milioni di altre.
Scorpius
aveva ragione.
Aveva
avuto ragione dall’inizio.
~
“Al?”
Chiuse
gli occhi, sentendosi chiamare. Alla fine, dopotutto, era arrivato. Albus
sapeva che non avrebbe potuto fare niente o dire alcunché per evitare quel
momento. Magari avrebbe funzionato per un po’, ma sarebbe bastato guardarla
negli occhi per leggere ogni santa volta quelle stramaledette parole. Ed era
sinceramente troppo stanco per fingere ancora che non ci fossero, che non le
avesse scorte da più tempo di lei.
“Al
io …”
La
sentì tentennare, insicura e paurosa di ferirlo con ogni probabilità, tuttavia
non si voltò a fronteggiarla un po’ perché sapeva che rimanendole di spalle
sarebbe stato più facile per Rose e un po’ perché non sarebbe riuscito a
lasciarla andare se l’avesse guardata negli occhi. Perciò rimase lì, chinato
dinanzi alle braci di un fuoco morente, unico superstite nella Sala Comune. Gli
occhi verdi, spenti come quelle braci, fissavano insensibili le scintille che
di quanto in quanto tentavano di far risorgere l’antica fiamma.
Ma
era difficile, se non impossibile, far mantenere in vita qualcosa che voleva
soltanto morire …
“Io
ti ho …” Rose deglutì rumorosamente alle sue spalle e Albus poté quasi
immaginarsela mentre si torturava una piega della gonna, nervosa. “Ti ho mentito.
Quando mi hai chiesto se fossi innamorata di … di Scorpius.”
Disse
il suo nome in un sussurro appena percettibile, quasi che dirlo avrebbe potuto
ferirli entrambi e, forse, era vero.
“Ti
ho detto di no, ma …” Doveva essersi morsicata il labbro inferiore, come faceva
sempre quando era incerta sulle parole da utilizzare. “Ma era una bugia, adesso
lo so.”
Fissò
a lungo la sagoma del cugino, perdendosi nel nero dei suoi capelli e nel
rilassante movimento delle spalle che si alzavano e abbassavano ritmicamente ad
ogni respiro, prima di ritrovare la forza per dire anche la cosa più difficile
in quel triste monologo.
“Mi
… mi dispiace.” La sua voce, intrisa di sincera mestizia, si disperse nella
stanza vuota in un’eco lontana, quasi indistinta.
Albus,
rannicchiato su se stesso, non aveva dato cenni di rabbia o di delusione o di
quant’altro. Respirava. Continuava a respirare, calmo, come se avesse atteso
quelle parole da tutta una vita. E dopotutto non era così diverso dalla realtà.
Aveva letto ed interpretato i suoi sentimenti molto prima di lei, forse persino
prima di vedere quella stupida foto. Eppure si era lasciato convincere dalle
sue parole, più per egoismo che non per altro. Aveva sperato, scioccamente, che
Rose non si stava sbagliando nel negare, che era lui nell’errore a credere che
lei si fosse innamorata davvero di Scorpius, e per un po’ c’aveva persino
creduto.
Tuttavia
la verità, per quanto dolorosa potesse mai essere, aveva quel brutto vizio di
riuscire a farsi sentire prima o poi.
Chiuse
gli occhi, di nuovo, lasciandosi andare ad un sospiro intriso di amara
malinconia, e quando li riaprì gli sembrò di risvegliarsi da un sonno durato
anni, con ancora il torpore ad annebbiargli la mente e la stanchezza ad
infiltrarsi nelle ossa.
“Devi
andare da lui, Rose.” Lo disse così, con semplicità, quasi fosse stata la cosa
più ovvia del mondo e l’aveva sempre saputo che era quella la cosa giusta da
fare.
A
volte, avrebbe voluto dire a quelle fiammelle, lasciar andare una causa persa
in partenza era la cosa migliore da fare.
“Io
non voglio perderti, Al.” Piagnucolò quasi Rose, senza più tenere a freno tutte
quelle lacrime non versate e che adesso le rigavano veloci le guance pallide.
“Non
succederà. Adesso vai da lui. Vai da Scorpius, Rosie.” La tranquillizzò, con la
voce saggia e comprensiva di un maestro che sta spiegando un fatto elementare.
E
lei ridacchiò un poco nel sentirsi chiamare così, con quel nomignolo che
rendeva il suo nome più dolce delle rose stesse e che detto da lui la riportava
indietro di anni, a quando erano ancora dei bambini che si tenevano la mano
impauriti, sul treno per Hogwarts.
“Ti
prego, non farmelo ripetere ancora.” Stavolta fu il turno di Albus di
supplicarla, conscio di non poter più sopportare quel ruolo di grillo parlante
e ormai certo del fatto che non sarebbe stato mai pronto a sentirglielo dire.
Rose
annuì, tirò su col naso e lo guardò per un’ultima volta, sperando e pregando di
trovarlo sempre lì, al suo fianco. Poi, mossa dal grido che le si levò nel
petto, si voltò e sparì oltre il buco del ritratto, con lo stomaco in gola e il
cuore a mille. Un miliardo di domande le volteggiarono nella testa ma senza che
lei ne afferrasse il senso concreto, troppo presa dal desiderio che alimentava
i suoi passi per concentrarsi su altro.
Non
si era nemmeno soffermata a rifletterci sopra, eppure, entrando nella Guferia,
sapeva che era lì che l’avrebbe trovato.
~
Una
coltre grigio scura si profilava minacciosa all’orizzonte, invadendo il nero
della notte quasi danzando con leggiadria, ma facendosi di volta in volta
sempre più vicina, inesorabile.
Scorpius
strinse i pugni, graffiandosi i polpastrelli con la pietra ruvida che
incorniciava la finestra aperta sul cielo. Per un lungo momento lasciò che
l’aria fredda della notte gli soffiasse in viso e gli smuovesse carezzevole i
capelli, senza emettere altro suono che non fosse dipeso dal suo respiro
regolare e dal frinire concitato delle civette alle sue spalle. Il corpo,
intirizzito dal vento pungente, rimaneva stoicamente rigido nella posizione
assunta, sprezzante di tutte le implicazioni che ne sarebbero poi seguite.
Aveva
soltanto bisogno di stare da solo e di non pensare. Di chiudere gli occhi e
mescolarsi al vento che gli batteva duro sul volto, fino a perdersi
nell’illusione di essere diventato a sua volta vento. Di cancellare ogni dolore
e, allo stesso tempo, di trattenere con sé quei ricordi perché erano stati inverosimilmente
anche i più felici della sua vita.
Il
che era assurdo perché, fintanto che l’aveva avuta stretta tra le sue mani, non
aveva neppure capito quanto essenziale
lei fosse diventata per lui.
Ma
alla fine Rose era scivolata via ed era stata veloce, fugace come una meteora.
Ottavius
aveva tentato di parlargli, dopo il colpo in Sala Grande. Lo aveva aspettato
nei dormitori di Serpeverde e, quando era arrivato, lo aveva guardato
disorientato, come se in tutta la sua vita non avesse mai neppure messo in
conto l’eventualità di essere snobbato da lui. Edmund invece si era rintanato
in un angolo, a capo chino, e non aveva pronunciato parola per convincerlo a
ripensarci su tutta la faccenda.
“Okay,
okay, abbiamo imparato la lezione.” Aveva esordito il cugino non appena era
entrato in Sala Comune, alzando le mani in segno di resa e sfoderando un
sorriso incorreggibile. “La prossima volta ci penseremo due volte prima di
scommettere. Amici come prima?”
“Non
ci sarà una prossima volta.” Era stato tutto ciò che gli aveva risposto lui, di
rimando, per poi superarli a testa dritta come se fossero stati invisibili.
“Scorpius!”
L’aveva richiamato Ottavius, nel tono l’ombra di un vago terrore per il modo in
cui la situazione stava rischiando di degenerare.
Ma
lui l’aveva semplicemente ignorato, ancora troppo irritato e sofferente per
anche solo pensare di continuare la conversazione.
Non
aveva dubbi sul fatto che Ottavius non avesse capito granché del suo gesto, a
pranzo, e anzi c’era da scommetterci che aveva sottovalutato come al suo solito
le cose. Non lo faceva per cattiveria, era così e basta. Tuttavia, pur
sapendolo, questo non riusciva a fargli passare l’arrabbiatura, non ancora
almeno.
Per
quanto riguardava Edmund, lì c’era tutta un’altra questione. Lui aveva agito
con consapevolezza delle proprie azioni e solo il cielo poteva sapere quante
macchinazioni aveva messo in atto per il suo scopo. Oh, di sicuro ci stava
male, eccome. L’aveva intravisto nella Sala Comune e dal modo in cui aveva
mantenuto lo sguardo basso, se ad un altro sarebbe potuto passare per
menefreghista, a lui era palese che si sentiva in colpa adesso. Ma nessun senso
di colpa avrebbe potuto placare la rabbia che covava nei suoi riguardi per
tutte le sporche strategie che aveva mosso alle sue spalle, distruggendo in
qualche modo l’unica cosa per cui si fosse mai sentito vivo. Non era pronto a perdonarlo e, a giudicare dall’odio che
stava provando, non lo sarebbe stato mai per lui.
Intanto
il vento continuava a soffiare e la notte, insofferente, si lasciava
attraversare da nubi scurissime, portatrici di pioggia.
Il
suo sguardo affilato come il ghiaccio vagò nell’arco di orizzonte aperto
dinanzi, fissando tutto ma senza vedere niente. Le mani, scoperte, iniziavano a
pizzicare per il freddo insopportabile a cui erano obbligate. Eppure non se ne
curò, non le riparò nel giubbino, non le sfregò per ridarvi calore. Tutta la
sua mente era concentrata nello sforzo di non pensare, di perdersi in quel nero
di una notte senza fine. Che importanza poteva avere il resto?
E
poi la sentì, la porta che si apriva con un cigolio.
Girò
il capo lentamente, aspettandosi niente, e il cuore si fermò, come se fosse
stato davvero possibile continuare a battere di fronte a quegli occhi. Non aveva bisogno di sbattere le palpebre, non voleva
che il sogno sfumasse nel riaprirle. La guardò a lungo, mentre il tempo
scorreva irrefrenabile oltre di loro, e lasciò che lei facesse lo stesso con
lui.
Poi
accadde tutto come in un fotogramma.
Rose
che si avvicinava, avvertendo una certa, travolgente urgenza nei movimenti,
smaniosa di ritrovare la stretta rassicurante delle sue braccia.
Lui
che si girava, piano, incapace di distogliere lo sguardo dal viso di lei,
cercando di catturarne al tempo stesso quanti più dettagli possibili.
Il
vento che soffiava, le civette che frinivano e, in quel frangente, due cuori
che si riunivano in un unico bacio.
Scorpius
affondò le mani nei suoi capelli, poi scese alle guance, al collo.
Lei
lo strinse forte, cercò le sue mani, intrecciò le proprie dita.
E
in quella notte anonima e minacciosa, le loro labbra si ritrovarono ancora,
fameliche e silenziose, consapevoli che nessuna parola sarebbe stata mai più
chiara di quello.
~
Stringeva
la foto in modo convulso, perdendosi nell’immagine perfettamente immobile che
vi si rifletteva senza un’emozione particolare a predominare sulle altre. Si
sentiva triste, deluso, disperato. Aveva sempre saputo di non avere chance, che
il suo amore era destinato a rimanere univoco, senza possibilità di sbocco.
Eppure l’aveva accettato lo stesso e, come un’ombra fedele, era rimasto con
costanza al suo fianco, nonostante tutti i tormenti che ne erano conseguiti e
che, con lentezza esasperante, gli avevano lacerato il cuore.
Da
quando si era innamorato di lei, di sua cugina Rose, non aveva mai chiesto
nulla in cambio se non quella dolce attenzione che era già solita prestargli. E
gli era andata bene così. Starle accanto e sperare, come uno sciocco, che un
giorno magari anche lei avrebbe potuto ricambiare, senza crederci mai
realmente, era per lui già abbastanza.
Ma
poi era arrivato Scorpius e, con lui, l’inevitabile fine a tutti i suoi stupidi
romanzetti da quattro soldi. L’aveva sempre saputo, era vero, ma ciò non aveva
impedito lo schianto. Vedere il modo in cui lei guardava lui, vedere come fingeva di stare bene soltanto per non dover
ammettere neppure a se stessa che dentro era una landa desolata, era stato più
di quanto avrebbe mai potuto immaginare. Era stato semplicemente troppo e lui,
codardamente, si era sforzato di cancellare quell’ultima parte, di ripristinare
le cose a quando era ancora un imbecille armato d’insana speranza.
Insana,
sì, perché solo così poteva e riusciva a definire un sentimento che gli era
penetrato dentro con dolore. Un veleno. Un veleno iniettatogli direttamente
nelle vene e che, prendendo il circolo del suo sangue, aveva intossicato il suo
intero organismo.
Era
lì, lo sentiva concreto come un animale ruggente che dal fondo gli urlava
contro il proprio dissenso, il proprio disgusto
per quello che era diventato, senza fare nulla per impedirlo. Non era soltanto
una questione di vincoli sanguigni, o di parentela. Rose sarebbe dovuta essere
come a una sorella, per lui. Come a Lily. Come lui, per lei, era un fratello.
Cosa era andato storto? Perché era successo solo a lui?! Era malato … a questo
punto, non c’erano altre spiegazioni.
E
tutto quel veleno l’aveva portato, come inevitabile, a fare le scelte
sbagliate, ad impedirle di essere felice, a legarla a sé e alla sua infelicità.
L’aveva costretta a seguirlo in quell’oscurità profonda in cui si era tuffato
da solo, senza spinte. Ma quando l’aveva lasciata andare, il senso di perdita
era stato devastante, totale.
La
verità era che aveva vissuto talmente tanto a lungo schiacciato dalla
sconsideratezza di quel sentimento, che adesso gli sembrava impossibile farne a
meno, come una sirena che prende la prima boccata d’aria pulita dopo una vita
trascorsa nell’acqua più profonda.
Eppure,
allo stesso tempo, non poteva non avvertire quella traccia lieve che sapeva
consistentemente di sollievo. Era lì,
gli albergava nel petto con la sua presenza gentile e discreta, quasi
invisibile, ma c’era, la sentiva. Solo un barlume, ovvio, tuttavia sufficiente
a permettere che i polmoni si cibassero ancora di ossigeno, come invece aveva
creduto sempre impossibile – acqua, aveva sempre respirato l’acqua, dopotutto.
La
compattezza dell’ossigeno gli bruciava ancora la gola, e il petto, giù fino ai
polmoni, ma seduto sul davanzale, lì sulla cima della torre di Grifondoro, con
i piedi penzoloni nel vuoto, Albus aveva il sentore di potersi adattare infine.
Avrebbe fatto male, oh, quello sì, e ci sarebbe voluto tempo, molto tempo e
tanta pazienza. Avrebbe dovuto estirpare tutto quel veleno ormai in circolo e
riprendere a respirare normalmente, eppure in quel frangente non era così
spaventoso.
Mentre
il vento gli soffiava freddo sul viso, aveva la netta sensazione che ce
l’avrebbe fatta a superare tutto quel dolore.
“Adesso
basta, Al.” Lo disse in un sussurro dal timbro deciso, rivolto a quella parte
di sé che ancora gemeva.
Una
lacrima scese giù lungo la guancia e andò a depositarsi sulla fotografia,
allagando il viso di Rose. Non si era neppure accorto di stare piangendo …
Mollemente, lasciò la presa sulla foto e, vedendola scivolare via, Albus
immaginò che, cullata dal freddo invernale, si perdesse nella notte più cupa
con la stessa leggiadria di una piuma, lì dove non poteva più fare male a
nessuno …
Ma
andava bene; andava bene così.
Per
quanto quella sensazione di sollievo potesse essere speranzosa, non precludeva
la possibilità di poterne soffrire, ora che la delusione era ancora così vibrante.
N/A
È incredibile, nonostante
le vacanze ho meno tempo del solito! O.o
Buon anno a tutti! Spero che
questo 2010 sia carico di tante cose belle per tutti voi, davvero. E spero che
mi perdonerete se anche stavolta non potrò soffermarmi molto con i
ringraziamenti, perciò semplicemente grazie
a tutti, chi commenta *-*, chi legge, chi la segue … Questa storia mi ha
dato tanto, mi dà ancora tanto, anche se ormai siamo praticamente agli
sgoccioli. Ah, l’altra volta avevo detto che mancavano solo tre capitoli, ma mi
sono sbagliata –maledetta matematica!- perché adesso mancano tre capitoli alla fine.
Dunque ci vediamo al
terzultimo capitolo, che spero di cuore di riuscire a postare presto.
Marzo
era alle porte, ormai, e l’esterno iniziava già a colorarsi delle sfumature
primaverili. Rose non aveva quasi fatto caso allo scorrere impertinente del
tempo, persa com’era nei suoi sentimenti, e per questo non riuscì a non
rimanere stupita dinanzi alla vista dei primi boccioli rosa sulle piante che
adornavano il parco di Hogwarts. Vagamente calcolò che era passato quasi un
mese dal giorno in cui aveva capito di essersi innamorata di Scorpius, infine,
e l’aveva ristretto a sé, in Guferia.
Come
diavolo aveva fatto a non accorgersene? Si rispose poco dopo, quando lo stomaco
fece una capriola alla vista di un certo Serpeverde, all’entrata in Sala
Grande. Il fatto era che si era talmente buttata a capofitto in quella nuova
realtà e in tutte quelle emozioni nuove apportate da essa, da non aver avuto
più attenzione per altro.
“Rosie!”
Lucy la chiamò squittendo gioiosa, facendole segno di raggiungerla.
Rose
per tutta risposta sfoderò un ampio sorriso e, di buonumore, superò i vari
tavoli per raggiungere quello di Grifondoro, dove si erano adunati buona parte
dei suoi numerosi cugini.
“Ma
dove eri finita?” Le domandò subito Dominique, alzando un sopracciglio dorato
con aria sospettosa. “Ti stavo cercando.”
Alla
domanda la diciassettenne abbassò il capo, ad un tratto del tutto interessata
dal fondo del suo piatto, rivelando in sottofondo un chiaro rossore che mise la
cugina in allarme.
“Ero
… ero fuori.” Biascicò Rose, impacciata, fingendo una scarsa spontaneità ne
recuperare una brioche dalla piramide perfetta.
Dopotutto,
considerò nel tentativo di lenire i sensi di colpa, non era proprio una bugia.
Era stata davvero fuori, in cortile, solo che aveva omesso con chi fosse. Scorpius, per l’appunto, che
l’aveva preceduta di qualche minuto – giusto il tempo necessario a farle
prendere atto della trasformazione ambientale – onde sviare qualsiasi dubbio
sui loro incontri segreti.
Non
che la cosa gli facesse piacere, come non mancava mai di sottolinearle, ma si
adattava lo stesso dopo esserle riuscito a strappare l’ennesima promessa.
Anche
quella mattina, d’altra parte, il copione non era cambiato. Lei era arrivata
con un lieve ritardo e lui, scorgendola, aveva subito accennato all’orario.
“Scusa.”
Aveva a quel punto sviscerato Rose. “Michael mi ha bloccata mentre venivo qui.”
“Michael?”
“Michael
Grays. Pare che sia indietro con Pozioni e così ha deciso di approfittarne per
ripassare qualcosa adesso. Perché?”
“Niente.”
Aveva scrollato le spalle Scorpius e sarebbe sembrato persino sincero, se non
fosse stata per la traccia d’irritazione che gli faceva stringere le labbra.
“Che vuoi che me ne importi se la mia
ragazza preferisce perdere tempo con un mentecatto, piuttosto che stare con me
in quei rari momenti in cui ci riusciamo?”
Era
più una domanda retorica, che una vera richiesta, tuttavia Rose era rimasta
ugualmente basita. Aveva boccheggiato un paio di volte, incredula, pensando che
non si sarebbe mai del tutto abituata ad essere la sua ragazza, prima di prendere un profondo respiro. Quando era
riuscita a parlare, la sua voce vibrava ancora di un certo stupore.
“Sei
… geloso?” Dirlo le era sembrato
persino più assurdo che pensarlo.
Lui
aveva alzato gli occhi al cielo, quasi fosse appena stato costretto ad
ascoltare i vaneggiamenti di un pazzoide. “Non dire assurdità, Weasley.”
Eppure,
da come le sue labbra erano rimaste contratto, Rose non era stata del tutto
certa della veridicità della risposta e per questo gli si era avvicinata
provocante.
“Sì,
sei geloso.” Aveva esordito, buttandogli con naturalezza le braccia al collo e
guardandolo con intensità negli occhi cinerini. “E la cosa, stranamente, non mi
dispiace poi molto.”
A
quel punto Scorpius non aveva resistito al restituirle la stretta, stringendola
per la vita e abbassando il capo con lentezza esasperante, fino a far diminuire
la distanza delle loro labbra a pochi millimetri. “Sei insopportabile.” L’aveva
redarguita, ma con un divertimento che ben si palesava nella piega delle labbra
e nello scintillio delle iridi.
“È
un complimento?”
Lui
aveva sorriso e, senza darle risposta, aveva fatto proprie le sue labbra calde.
Quando
si erano separati, a fiato corto, Scorpius si era improvvisamente adombrato.
“Quale sarà la scusa di domani?” Le aveva domandato, tormentato.
“Non
è una scusa. Lo sai.” Aveva sbuffato Rose, comesempre, tentando invano di sottrarsi
dall’abbraccio.
“Non
voglio litigare con te. Sono solo stufo di nascondermi come se stessimo facendo
qualcosa di sbagliato.”
Le
sue parole avevano avuto la solita reazione di farla sentire in colpa. Era
conscia del fatto che tutta quella riservatezza e tutti quei sotterfugi erano
merito suo, che Scorpius non li desiderava affatto. Tuttavia era ancora
piuttosto difficile, per lei, far combaciare la sua doppia vita. Da una parte
c’era la routine di tutti i giorni, quella fatta di cugini superchiassosi e
cumuli di libri dietro cui nascondersi. Dall’altra, invece, c’era lui e tutto
ciò che stargli assieme significava per lei. Vedere le due cose insieme, era un
qualcosa di difficile anche solo ad immaginare.
“Non
piace neanche a me.” Aveva detto, seccata di se stessa. “Ma non posso sbattere
in faccia ai miei cugini la nostra storia. Devo prima prepararli, lo capisci?”
“Certo.”
Aveva sospirato dopo un lungo istante Scorpius, poggiando la sua fronte su
quella di lei. “Certo, Weasley.”
“Glielo
dirò, te lo prometto. Devo solo trovare il momento giusto e … Ma lo farò, davvero.”
Poi
lui l’aveva baciata e lei, prima di abbandonarsi alle proprie emozioni, si era
ripromessa di sbrigarsi a dirglielo, per non dover ancora vedere quell’ombra di
tristezza nel fondo dei suoi occhi.
Tuttavia,
adesso che si trovava a così stretto contatto con Dominique in particolare,
tutte le parole che si era preparata erano semplicemente scivolate nel
dimenticatoio.
Come
accidenti si faceva a dire alla propria famiglia di avere una storia con il
rivale di sempre?!
-Bella domanda.-
Sospirò e, per istinto, cercò tra la tavolata Serpeverde. Scorpius stava mangiando
composto senza distogliere lo sguardo da lei, mentre da poco lontano due
abbacchiati Edmund ed Ottavius lo fissavano taciturni.
“Oggi
vieni a Hogsmeade?” Volle sapere la cugina, fissandola con cipiglio saturo di
sospetto.
Rose
arrossì e tentò di affogare il proprio imbarazzo nell’ultima uscita della
Gazzetta del Profeta. “Devo studiare.” Biascicò, sperando di non essere
risultata tanto impacciata come credeva.
“Uhm.”
Dominique la fissò per un lungo istante, in contemplazione, prima di optare per
una strategia di ritirata a cui seguì il sospiro di sollievo dell’altra.
Per
quanto ancora – si chiese angustiata – avrebbe potuto continuare a quel modo?
~
“Certo
che stare qui con voi a bere Burrobirra, attorniato da coppiette di varia
misura, mi sa tanto di sfigato. No?”
“E
allora vattene, Hugo. Nessuno ti obbliga a rimanere.” Tuonò imbronciato Albus,
separandosi dal suo boccale e appoggiandolo malamente sul ripiano del tavolo,
in un risucchio.
“E
dai, fratello, non prendertela!” Alzò gli occhi al cielo, di rimando, l’altro,
teatrale. “Era tanto per dire, lo sanno tutti che vado pazzo per questo genere
di cose!”
“Che
poi scusa, non dovresti essere con la Tyler?”
“Per
perdermi l’occasione di spassarmela con voi due?” Ribatté ironico Hugo, prima
di tuffarsi in un sorso della bevanda ambrata che aveva tra le mani, evitando
di pensare al fatto che era stata la ragazza stessa a spingerlo a passare
quella giornata libera con i cugini, adducendo la scusa che doveva studiare.
Il
moro sbuffò, ma non si lasciò coinvolgere in quella sottospecie di discussione.
La sua mente era altrove, persa nei meandri di Hogwarts. Per quanto si
sforzasse, non riusciva a non pensare che Rose stava andando avanti, a modo
suo, mentre lui continuava a rimanersene lì, in quella situazione perenne,
senza avere la forza di avanzare o di retrocedere. Era immobile, ecco. Avvolto
da una nube invisibile di staticità che lo costringeva a fissarsi in quel
punto, preda del terrore dei cambiamenti.
“Oh,
no. No. No. No. No!” Esordì a quel punto Louis, l’ultimo dei tre cugini maschi
ad essere rimasto ad Hogwarts, mentre si prendeva con disperazione la testa tra
le mani e stringeva forte i capelli rosso fuoco a voler cancellare qualcosa in
particolare.
“Ti
è saltato un neurone, per caso?” Domandò con un sopracciglio sollevato Hugo,
spiritoso come sempre.
L’altro
lo ignorò. “Vi prego, ditemi che non è mia sorella!”
Gli
altri due seguirono il punto indicato dalla sua mano e sorrisero appena nel
verificare quanto stava accadendo.
“Credo
che non vorresti saperlo, Louis.” Ridacchiò divertito Hugo, senza preoccuparsi
di mostrare un tantino di sensibilità alla causa.
“Perfetto.” Grugnì scocciato il più
piccolo, nascondendo la testa dietro al boccale nella vaga speranza di non
essere visto.
Non
gli era ancora concesso di bere, per quanto fosse dell’innocua Burrobirra. Sua
madre era stata categorica su quell’aspetto e di certo suo padre non si era
dimostrato un degno complice nel tentativo di farla ricredere. Non che
Dominique fosse il tipo da spia, troppo semplice. E togliersi il gusto di
raggirarlo come un calzino?! Nah, da escludere.
“Sbaglio
o qualcuno sta infrangendo i divieti?” La domanda, per quanto incolore, gli
procurò un fastidioso prurito alle mani, costringendolo a grattarsele.
“Era
… era di Hugo!” Tentò di svicolare, immediatamente, Louis, incurante delle
occhiate di fuoco che l’altro gli lanciò.
“Davvero?”
“Beh,
ma certo.” S’intromise a quel punto Hugo, richiamato in causa dal suo spiccato
senso di solidarietà fraterna. “Perché berne una, quando posso averne due? …
Giusto?”
Dominique
lo scrutò diffidente ma, dopo un lungo istante, parve cedere. “D’accordo.
Allora non vi dispiacerà se io e Alicia rimaniamo un po’ con voi.” Sì, ecco, cedere
o quasi.
Hugo
e Louis si gettarono un’occhiata l’un l’altro, affranti, ricomponendosi
all’istante sotto lo sguardo severo della sedicenne. Se c’era una cosa che
avevano imparato dagli insegnamenti di Fred e James, era di non abbassare mai, mai la guardia in presenza di una donna.
Sapevano essere più subdole di uno stratega provetto quando ci si mettevano.
Dal
canto suo Albus stava tentando l’approccio con una particolarmente imbarazzata
Alicia, ritrovatasi seduta al suo fianco ancora prima di capacitarsene.
“Perciò
… anche voi ad Hogsmeade, eh?” Le domandò, rigirandosi il boccale tra le mani,
senza trovare il coraggio di guardarla negli occhi.
-Per tutti i Troll, Al! Ma che cavolo
ti metti a dire adesso?! Non è evidente?- Avrebbe voluto
mordersi le mani, tanto si sentiva nervoso. Il che era ridicolo, considerano il
grado di sfiga – come aveva
giustamente appuntato Hugo poco prima – di tutta quella situazione.
“Già.”
Annuì lei, sforzandosi di modulare la voce su una tonalità che non lasciasse
intendere il proprio imbarazzo a stargli seduta così vicino.
Non
aveva mai pensato di potersi scrollare di dosso la sua cotta per lui, tuttavia
lo scoprirsi ancora così imbarazzata al suo cospetto era qualcosa che riusciva
ancora a disarmarla.
“Siete
… sole?” Azzardò ancora Albus, ricordandosi di un piccolo ma significativo
dettaglio: Jason.
Il
fatto di non scorgerlo in loro compagnia, era un buon segno, no?
“Sì.
S- Siamo sole.” Balbettò con imbarazzo Alicia, accennando ad un sorriso che si
fossilizzò sulle labbra quando, alzando appena il capo, incrociò le iridi
berillo di cui si era innamorata.
“Meglio.”
Prima ancora di rendersene conto, la sua bocca aveva parlato per sé.
Albus
abbassò il capo, di scatto, pregando con tutto se stesso che lei non l’avesse
udito. Controllò. A giudicare dall’aria sgranata del suo viso, doveva essersene
proprio accorta, accidenti!
“Ti
ordino qualcosa? Una Burrobirra magari?” Poi si crucciò, rendendosi
effettivamente conto di non conoscere affatto i suoi gusti. “Ma magari preferisci
altro da bere.”
“No.”
Lei, tuttavia, scosse subito il capo, aprendosi poi in un sorriso radioso. “Una
Burrobirra va benissimo, grazie.”
“O-
Okay.” Boccheggiò rapito Albus, per poi scuotere il capo e scivolare via
dall’ondata di calore che, ad un tratto, gli aveva invaso il torace.
Mentre
faceva cenno ad Hannah Abbott, la proprietaria dei Tre Manici di Scopa, di
portare altra Burrobirra, prese piena consapevolezza di una cosa: voleva
provarci. Sul serio, cioè. Voleva provarci davvero con Alicia, stavolta, e
tentare di chiudere in definitiva in un cassetto il suo amore sviscerale per
Rose. Eppure mai, prima di quel momento, aveva avuto il sentore di poterci
riuscire. Neppure quando Teddy, saggiamente, gli aveva avanzato la proposta.
Forse,
considerò, quella giornata non era poi tutta da buttare nella spazzatura.
~
Quel
sabato la biblioteca era, come ovvio, deserta, eccezion fatta per le uniche due
persone sedute nell’angolo più remoto. Rose aveva insistito per ripassare
qualcosa, vista, a suo dire, l’imminenza dei M.A.G.O. che li avrebbero lanciati
direttamente nel mondo lavorativo. Scorpius non ne era altrettanto entusiasta
all’idea, ma pur schernendola per quell’eccesso di zelo, l’aveva seguita lo
stesso in una stancante full immersion preparatoria.
“Rose?”
La chiamò all’improvviso lui, senza tuttavia distogliere la propria attenzione
dal minaccioso tomo di Difesa contro le Arti Oscure che aveva davanti.
“Uhm?”
“Quanto
ancora pensi dovremo continuare a studiare?”
“Una
buona preparazione non ha limiti, Scorpius.” Rispose dottrinale Rose, intenta a
scarabocchiare qualcosa su un papiro di pergamena.
“D’accordo.”
Sembrò capitolare il ragazzo a quel punto ma, quando ormai lei stava per
abbassare la guardia, lo sentì chiudere con forza il libro e, per questo, non
poté fare a meno di gettargli un’occhiata perplessa.
“Non
ho più voglia di starmene qui.” Ammise con nonchalance Scorpius, scrollando le
spalle e mostrando il suo adorabile sorriso sghembo.
“Oh.”
Rose ne parve delusa, oltre che scioccata.
Lui
sghignazzò, piuttosto divertito da quella sua reazione. “Rose.” La chiamò di
nuovo, stavolta con voce intrisa di dolcezza, intanto che la mano racchiudeva
nella sua quella più vicina di lei. “Fuori c’è il sole.”
Alla
notizia, anziché gioirne, alzò gli occhi al cielo. Avrebbe voluto dire che lo
sapeva che c’era il sole, che lo vedeva perfettamente, ma che sapeva anche
abbastanza bene che erano quasi a marzo e che c’erano gli esami, e-
“E
non c’è nessuno.”
La
notizia, per quanto semplice, la spiazzò. Per un lungo momento cercò in quei
ghiacciai sterminati qualcosa che potesse suggerirle il significato racchiuso
nella frase pronunciata dalle sue labbra, sicura di avere la stessa aria
spaesata di un Avvincino fuori dall’acqua. Poi, in un
flash di lucidità, arrivò la consapevolezza e con essa anche l’inevitabile
vergogna.
“Non
è degli altri che mi interessa.” Borbottò, abbassando il capo per non doversi
scontrare con quel sorriso capace, più di tutti, di farle avvertire i latrati
del rimorso.
“Non
ti sto giudicando, Rose.” Disse allo stesso tono soffice di prima Scorpius,
attirando con le sue parole l’immediato sguardo confuso di lei. “Ho solo detto
che non mi va di stare qui, al chiuso. Pensavo che magari potevamo andarcene
fuori, visto che siamo soli. A studiare.” Sottolineò, adocchiando tracce
d’incertezza nei suoi occhi cioccolata.
“Beh,
io … veramente non so se …” Farfugliò a quel punto Rose, fermandosi il tempo
necessario a cercare le sue iridi perlacee e avvertendo un magone all’altezza
dello stomaco nell’intercettare la velata speranza dietro cui si celavano.
“Okay.”
Raccolsero
i libri e si avviarono verso l’uscita, facendo un breve pit-stop solo quando
Scorpius si allungò a prenderle la mano, sorridendo poi alla sua espressione
colpita. Era inutile, checché se ne dicesse, non riusciva proprio ad abituarsi
a quella nuova situazione. Il semplice fatto che fino a poco tempo addietro le
era sembrato assurdo, se non addirittura impossibile, riuscire a scambiare con
lui una conversazione civile senza schermaglie aggiunte, le faceva vedere il
tutto sotto una prospettiva necessariamente stralunata.
Il
sole brillava ancora nel cielo e non c’erano nuvole ad offuscarlo, né a
minacciarlo, quando uscirono all’aria aperta. Lui adocchiò un albero in
particolare e, trainandola dolcemente, ve la condusse. Una volta qui liberò la
presa delle loro mani per prendere posizione, stravaccandosi con la schiena
contro il tronco e i libri alla sua sinistra.
Rose,
al contrario, non fu di tanto ottimi riflessi. Era rimasta talmente inebetita
dall’aria rilassata sul viso di lui, da non riuscire a muoversi, quasi ne fosse
stata paralizzata. I suoi occhi, gli unici ancora in grado di metabolizzare
qualcosa, continuavano a saettare irrequieti dal suo fisico scultoreo ai
capelli dorati, resi ancora più chiari dalla luce abbacinante del sole, al viso
perfetto per scendere di nuovo sul torace e risalire ancora, in un circolo
vizioso.
Sarebbe
stata lì immobile a rimirarlo ancora a lungo se Scorpius, avvertendo il suo
sguardo addosso, non avesse avuto l’ardire di alzare un sopracciglio e
sfoderare al contempo una delle sue migliori espressioni da strafottente, di
quelle che sapevano mandarla all’istante su tutte le furie.
Ci
riuscì anche quella volta, come ovvio.
Rose
lo mandò mentalmente al diavolo per averle rovinato il bel momento, strinse i
pugni e, a peso morto, si gettò sul prato, rischiando persino di farsi male al
fondoschiena tanto era stata la foga con cui si era seduta. Poi, sbuffando
scocciata, recuperò un libro e vi ci immerse il viso di fretta, consapevole di
essere quantomeno arrossita. Odiava quel suo potere di farla sentire sempre
così imbarazzata con un solo sguardo, la faceva sentire più ridicola di quanto
già non sapesse esserlo.
Pochi
secondi dopo, comunque, fu convinta a riemergere tra le pagine ingiallite dal
suono allegro della sua risata. Scorpius, difatti, sembrava sinceramente
divertito e non si preoccupava di dimostrarlo. Era talmente di buonumore che
anche gli occhi, socchiusi, lasciavano intravedere una luce diversa, appagante.
“Beh?
Che hai da ridere?” Lo rimbeccò, isterica, dopo qualche istante di inutile
attesa per verificare che non fosse lui a parlare per primo.
Ma
Scorpius, anziché risponderle, continuò a sogghignare e, quando ormai lei stava
per mandarlo del tutto al diavolo, l’afferrò per un polso per costringerla ad
avvicinarsi. Lo scatto repentino, giustamente, la fece sbilanciare e cadere
dritta tra le sue braccia, affondando il capo nel suo petto scolpito. Lui,
allora, la agganciò per la vita e, con una lieve rotazione del busto, la
costrinse a poggiarsi con la schiena contro di lui.
“Weasley,
giuro che un giorno o l’altro mi farai morire.” Sogghignò, respirando il
profumo alla vaniglia dei suoi capelli e, allo stesso tempo, avvolgendola con
le braccia in una stretta decisa.
Rose
virò in tutte le tonalità del rosso al commento e fu grata, ancora una volta,
di stargli di spalle di modo tale da non potergli mostrare il proprio visibile
imbarazzo. Stava giusto per ribattere qualcosa sulla mancanza di tatto, quando
lo sentì combattere con i libri. Poco dopo si ritrovò tra le mani lo stesso
libro che stava studiando in biblioteca.
“Incantesimi,
giusto?”
Alla
domanda rimase incantata, gli occhi che increduli tentavano di mettere a fuoco
la pagina che lui aveva aperto, nel punto esatto dove l’aveva lasciata. Poi,
come inevitabile, sopraggiunse la cognizione. Scorpius si era ricordato non
solo della materia che stava portando avanti, ma finanche del numero di pagina
a cui era arrivata, mentre lei non aveva avuto attenzioni che per se stessa.
Si
sentì un verme e, contemporaneamente, felice come se avesse toccato il cielo
con un dito.
Con
una sicurezza che neppure sapeva di possedere, cercò la sua mano, stretta
attorno alla propria vita, e vi allacciò le proprie dita. Poi, con quella
libera, si allungò indietro e recuperò la porzione di collo che riusciva a
raggiungere, costringendolo a chinarsi verso di lei quel tanto che le
permetteva di sfiorarlo. Ma fu più di quello, quando incontrò le sue labbra. Un
bacio dolce, caldo, eppure così saturo d’amore da rimanerne stordita, per
qualche istante.
Quando
si separarono, rimase ad osservarlo per una frazione in più del necessario,
perdendosi nel sorriso che all’improvviso sembrava incapace di abbandonarlo.
Era così bello il sorriso di Scorpius … Né troppo smagliante, né stentato,
sembrava piuttosto un ghigno sghembo in cui riversare l’incredibile gioia che
gli attraversava già lo sguardo di ghiaccio.
Ecco,
era a quello che non riusciva a distaccarsene: i suoi occhi. Erano sempre stati
così freddi e alienati, o impertinenti e sardonici. Tuttavia mai davvero
ridenti, come in quel momento.
Sorrise,
sentendo il cuore gravitarle nel petto, e dovette costringersi a ritornare al
suo libro per non perdere del tutto la concentrazione.
Fu
abbastanza difficile, invero, mettersi a preoccupare di Incantesimi quando
poteva stare così stretta a lui senza la paura di essere scoperti, però il suo
lato diligente era troppo profondo per essere messo così facilmente a tacere.
Prese un respiro e, lasciando il collo di lui, recuperò il libro dal proprio
grembo, mettendolo quindi con le spalle contro le sue gambe. L’altra mano,
invece, rimaneva saldamente ancorata a quella di Scorpius.
“L’incantesimo
di duplicazione.” Recitò, leggendo il titolo, sorridendo quando Scorpius la
strinse un pochino più forte contro di sé.
Il
ragazzo appoggiò il mento sul suo capo e, silenziosi, scivolarono nella
lettura, sempre del tutto consapevoli del contatto perfetto dei loro corpi.
~
Il
sole si stava pigramente calando nella bocca formata dalle due montagne, ad
occidente, screziando il cielo in tante sottilissime strisce albicocca fatte di
mille puntini aggregatisi, ricordando in modo irreale i migliori lavori di
un’epoca passata dominata dal puntinismo. Rose chiuse gli occhi, liberando un
sospiro che si addensò in una nuvoletta di vapore, segno rimarcante di quanto
la temperatura fosse notevolmente diminuita nel giro di poco tempo. Aveva le
ossa delle gambe indolenzite, ma ciò nonostante non credeva di essersi mai
sentita tanto bene come in quel momento.
“Dovremmo
farlo più spesso.” Esordì all’improvviso, sollevando le palpebre per cercare il
fisico allampanato di Scorpius, appena rialzatosi.
Per
tutta risposta il ragazzo abbandonò la contemplazione del tramonto per fondere
gli occhi nel viso di lei.
“Rientriamo.”
Disse invece, porgendole una mano per aiutarla a mettersi in piedi.
Rose
annuì e, afferrando di buon grado l’appoggio, si stupì nel sentirsi sollevare
da terra con un facilità estrema, quasi il suo corpo non avesse peso in quel
mondo.
“Grazie.”
Mormorò, mentre si dava una riassettata generale.
Rimosse
con le mani qualche ciuffo di erba rimasto ancorato ai suoi jeans e si buttò
indietro i capelli, arruffati per via dell’umidità che, di punto in bianco, aveva
invaso l’atmosfera. Normalmente i suoi capelli si incurvavano in morbide onde,
ma in quelle condizioni climatiche non era difficile ritrovarli più ispidi e
crespi. Certe volte avrebbe volentieri dato l’anima pur di avere i capelli come
quelli di Victoire, ad esempio, che non sembravano affatto conoscere la parola imperfezione nel proprio vocabolario.
Con
un colpo di bacchetta, frattempo, Scorpius aveva recuperato tutti i libri
sparsi per terra e adesso li reggeva con nonchalance nella mano sinistra, sotto
lo sguardo basito di Rose, mentre l’altra era di nuovo protesa verso di lei.
Non se lo fece ripetere due volte e, con un sorriso, gli allacciò le dita nelle
sue come ormai iniziava a diventare un’abitudine. Il modo in cui riuscissero a
combaciare alla perfezione, rivelandosi due tasselli adiacenti di uno stesso
puzzle, era sempre qualcosa per cui valeva la pena sorprendersi.
Mano
nella mano, si avviarono verso l’entrata del castello, godendosi gli ultimi
raggi del sole e insieme il surreale silenzio intercalatosi, cosa insolita per
un luogo sovraffollato quale Hogwarts. Per una manciata di secondi, mentre
l’aria fresca le solleticava il viso, Rose pensò che le sarebbe mancato tutto
quello una volta uscita di lì. Aveva sempre avuto un certo terrore dei cambiamenti
e il futuro la spaventava a morte, tuttavia era troppo razionale per sperare di
potersi sottrarre all’imminente cambiamento che stava correndo in linea di
collisione con la sua vita.
Finita
la scuola, avrebbe trovato ad aspettarla una vita diversa da quella che aveva
sempre conosciuto. La stessa estate che si profilava silenziosa dinanzi, aveva
assunto toni distaccati da quella di sempre. Un tempo, difatti, Rose vedeva
l’arrivo della bella stagione come una scusa valida per riposarsi, salvo poi farsi
prendere da qualche crisi isterica a poche settimane dall’inizio del nuovo anno
scolastico.
Quell’estate,
invece, si rivelava un enigma vero e proprio.
Ma
aveva tempo anche per preoccuparsene e lei era ben intenzionata a mettere da
parte le energie necessarie all’impresa almeno fino al matrimonio tra Teddy e
Victoire. Il solo pensiero di sua cugina che si sposava con il figlioccio dello
zio Harry, la fece sussultare. Era la prima della loro generazione a compiere
un passo del genere e la cosa, in qualche modo, la spaventava. Un altro sintomo
che gli eventi stavano cambiando. Scosse il capo, non voleva pensarci giusto in
quell’istante.
Scorpius
se ne accorse e, per questo, le gettò un’occhiata perplessa.
“Niente
di importante.” Si affrettò a dire subito Rose, scrollando le spalle e
dispiegando le labbra in un morbido sorriso. “Stavo solo pensando a
quest’estate.”
“Al
fatto che non mi potrai vedere più così spesso?” La rimbeccò lui e lei stava
sul punto di prendersela, se non avesse notato il ghigno ironico del suo viso.
“Te
l’hanno mai detto che sei uno sbruffone, Malfoy?”
Scorpius
ridacchiò al commento e, con un gesto fluido, la fece passare il braccio destro
attorno alla testa, senza mai sciogliere la stretta delle loro mani, per poi
costringerla ad avvicinarsi con una lieve pressione sul collo. Lei arrossì
appena nel percepire la sensazione di calore trasmessa dal suo corpo. Da lì, in
quella nuova posizione, poteva quasi avvertire il battito regolare del suo
cuore.
“Fa
parte del mio fascino.”
“Ma
certo.” Fece una smorfia Rose. “Avrei dovuto immaginarlo, penso. Comunque, per
rispondere alla tua domanda, no, mi riferivo al matrimonio di Teddy e Victoire.”
“Non
ti va di andarci?”
“No,
non è nemmeno questo. Beh, devo ammettere che l’idea di dovermi imbellettare,
per poi scuocere al sole cocente non è tra le mie prospettive preferite, ma
credo che sopravvivrò.”
“Meglio
così.” Non si trattenne dal considerare a voce alta Scorpius, pensieroso, per
nulla imbarazzato neppure di fronte all’occhiata sbalordita che ne ricevette.
“Non voglio ritrovarmi una poltiglia liquefatta per ragazza.”
Come
succedeva ad ogni annotazione del genere, Rose avvampò seduta stante. Il cuore
batteva così forte che per un momento temette di vederlo uscire dal petto. Poi,
come a tutte le precedenti volte, la sensazione di calore venne soppiantata da
una frana artica, scaturita dal senso di colpa per tutte le menzogne con cui
invece lo stava ripagando.
“Rose?
Sei già liquefatta?”
“Eh?”
Alzò il capo, stralunata, per poi scuotere il capo ad intermittenza. “No, no …
nessun pericolo. Ancora.”
Scorpius
annuì, senza ribattere alcunché. Aveva il viso contratto nello sforzo di
percepire l’entità dei suoi pensieri. Quando alla fine dovette darsi per vinto,
non poté non sbuffare scocciato e la cosa, chissà come, la convinse ad andare
avanti, sperando magari di ridonargli il buonumore con le sue peripezie
goffissime.
“A
proposito, sai di che colore mi vestirò? Pervinca. Cioè, dico, pervinca!” Comunicò, enfatizzando il
termine e continuando subito dopo incoraggiata dalla risata di lui. “Non sapevo
neppure esistesse come colore! Ma zia Fleur dice che è perfetto per me e per
Dominique, anche se nessuna di noi ne è entusiasta. Credo non lo sia neppure
Victoire, detto tra noi. Oddio, sembrerò una gelatina …!”
“Una
gelatina liquefatta.” Puntualizzò Scorpius, senza smettere di sorridere.
“Già.”
Alzò gli occhi al cielo Rose, in una delle sue migliori interpretazioni
melodrammatiche, per poi ritrovare un’aria preoccupata. “A te non spaventa?”
“Cosa?”
“Il
futuro. Il non dover più ritornare ad Hogwarts. È il nostro ultimo anno.”
Si
fermò dall’aggiungere altro perché lui, senza motivo apparente, si era bloccato
sulla porta, costringendola a fare lo stesso.
“Rose.”
“S-
Sì?” Deglutì, nervosa; i loro visi erano così vicini adesso da riuscire a
distinguere ogni sfumatura di quegli occhi cenerei.
Scorpius
la guardò a lungo, serio, prima di lasciarsi scappare un ghigno che aveva tutta
l’aria di essere scanzonato.
“Ho
litigato con i miei due ex migliori
amici, ho studiato tutto il giorno sotto ad un albero anziché approfittarne
della libera uscita e sto con una Weasley. Il resto, a confronto, sembrerà una
barzelletta. Credimi.”
E
come poteva non farlo, quando lui le sorrideva a quel modo?
Sorrise
a sua volta e scosse il capo. “Hai ragione. Non potrà essere più strano di
questo, no?” Ribadì, incapace di riuscire a distogliere gli occhi dai suoi,
come attratta da una calamita invisibile.
Si
accigliò soltanto per qualche istante, preda di un pensiero particolare. “Non senti
la loro mancanza?”
Scorpius
non aveva bisogno di chiedere spiegazioni, per sapere a chi si stesse
riferendo. “No.” Sputò quasi con
rabbia, segno evidente che non aveva ancora digerito tutta la faccenda.
Rose
sospirò. Sapeva riconoscere dal fondo delle sue iridi quando stava mentendo. In
quel caso era quasi ovvio che lo stesse facendo, riusciva a fiutare l’odore di
bugia da miglia.
“Sono
i tuoi migliori amici.”
“Lo
erano.” La corresse lui.
“Beh,
comunque sia, sono certa che infondo avessero voluto agire in buona fede.”
“Tu
non conosci Edmund.”
“Ma
era il tuo miglior amico!” S’impuntò Rose, decisa a preservare l’immagine che
aveva sempre avuto dei tre.
Se
la maschera sul viso di Scorpius aveva saputo resistere ad ogni insinuazione,
non riuscì a celare uno scricchiolio di protesta dinanzi alla realtà offertagli
su un piatto d’argento. Aveva ragione, logicamente. Edmund era il suo migliore
amico e forse, proprio per questo, ne era penalizzato più che rispetto ad
Ottavius. Certe cose, d’altra parte, non ci se le aspetta dalla persona che a
ragione dovrebbe anche essere quella che più ti conosce, giusto? E così, se da
una parte non aveva dubbi che presto o tardi sarebbe finito per riconciliarsi
con il cugino, complici anche i rapporti di sangue, gli risultava ancora
estremamente difficile, se non impossibile, pensare di ricongiungersi anche con
il giovane Nott.
Tutte
riflessioni che sdrucciolarono oltre quando la sua mente brillante colse al
volo il significato intrinseco a tutte quelle incertezze.
“Sei
preoccupata che abbiamo litigato? Anzi no, meglio: vorresti che io facessi pace
con loro? Dopo tutto quello che ti hanno fatto?” Era sconvolto, come avrebbe
dovuto.
Rose
arrossì appena, ma non demorse. “Vorrei solo che non litigaste per me.”
Rose
distingueva perfettamente il suo respiro caldo sulla pelle e il senso di
eccitazione che le procurava il contatto delle sue mani sulla propria pelle, ma
nessuna di quelle sensazioni era paragonabile a l’effetto provocatole dal
sentore che lui stava per baciarla. Erano trascorsi mesi ormai dal loro primo
bacio, quello dal retrogusto amaro dell’inganno che aveva portato alla
fotografia, la causa scatenante di tutto quello. Eppure ancora non riusciva a
metabolizzare e canalizzare l’adrenalina che il solo baciarlo riusciva ad
iniettarle nelle vene e, forse, non ci sarebbe riuscita mai.
Con
una mano percorse la linea del suo braccio, della spalla, del collo, per poi
immergerla in quella massa dorata che erano i suoi capelli. Dorati, quasi
fossero stati immersi nell’oro. Più chiari di quelli di Victoire ma vagamente
più scuri di quelli di Dominique, quasi platinati.
Le
labbra adesso erano a pochissimi millimetri di distanza, tanto più che Rose
chiuse gli occhi e, impaziente, si alzò sulle punte per-
“Ecco
Hogwarts, ragazzi!”
Scorpius
alzò il capo e, in men che non si dica, allentò la
stretta, prima ancora che lei riuscisse a capacitarsene e ad aprire dunque gli
occhi. Il repentino cambiamento l’aveva così stordita che, delusa, non poté
fare a meno di cercare il suo sguardo. Si sentiva vuota, come se le avessero
appena strappato dalle mani qualcosa che a fatica aveva acciuffato.
“Stanno
arrivando.” Disse solo lui, più eloquente con il capo che indicò il punto del
parco dove sorgeva il cancello.
Rose
socchiuse gli occhi per mettere a fuoco la massa indistinta che si avvicinava
pian piano. Non le ci volle molto per capire che erano gli altri studenti di
ritorno da Hogsmeade e che, l’esclamazione multipla di prima, proveniva proprio
da loro. Sbuffò, avvilita, e in quell’istante avvertì la mano di Scorpius
scivolare via dalla sua. Lo guardò sconcertata, dimentica del tacito accordo di
segretezza che regnava tra loro, e per un lungo attimo si sentì spezzata in due
da quell’improvviso rifiuto. Poi si ricordò che era lei a volerlo, ad averlo
quasi scongiurato per quello, e che Scorpius stava semplicemente attenendosi al
piano. Non era lui a spezzare lei. Era lei,
a farlo con lui.
Il
pensiero, tanto consistente da apparire concreto, le si rovesciò addosso come
una valanga.
Mentre
cercava il suo viso, febbrile, per leggere quello che già sapeva vi avrebbe
trovato, una parte remota del suo cervello registrò l’improvviso distacco della
mente con il corpo. Sapeva di essere rigida come una statua e persino cerea
come essa, e tuttavia non riusciva a preoccuparsene. Fino a quel momento non
aveva dato peso a come lui avrebbe potuto sentirsi dinanzi alla sua insana voglia
di nascondersi, ma ora che ne aveva saggiato una parte, per quanto minuscola,
gli occhi le si aprivano come per incanto per dare spazio alla verità.
Come
faceva a sopportare quella sensazione? Eppure era lì. Gliela leggeva negli
occhi, assieme a tutto l’amore che a suo modo provava per lei.
“Buon
pomeriggio, Rose!” La salutò schifosamente sorridente Michael, troppo preso dal
mostrarsi pomposo per accorgersi del ragazzo seminascosto in un cono d’ombra,
che stringeva i pugni per impedirsi di prenderlo a pugni seduta stante.
Lei,
al contrario, notò il repentino cambiamento e se da un lato provò un’assurda
sensazione di piacere per quella sua nuova possessività, dall’altro la dilaniò.
Ad un tratto, come il lampo di un flash, prese piena consapevolezza, per la
prima volta, di quando lui tenesse a lei. Scorpius era davvero innamorato – la cosa le procurava delle strane vertigini
all’altezza dello stomaco – di lei.
“Come
mai non sei venuta ad Hogsmeade?” Stava nel frattempo dicendo Michael,
tranquillo, mentre uno sciame di studenti li separava ignari dal Serpeverde.
“Hai studiato per i M.A.G.O., vero? Anch’io volevo ma-”
“Scusami.”
Farfugliò Rose senza pensarci, gli occhi puntati sulla porzione di viso di
Scorpius che riusciva ancora a distinguere. “Scusami, Michael.”
Sentì
lo sguardo del Caposcuola penetrarle la schiena, ma non se ne curò mentre
s’intrufolava tra la calca di studenti che, come un fiume inarrestabile,
ostacolavano la sua corsa verso l’altra sponda. Ad un tratto era un giunco che,
flessuoso, si lasciava sbatacchiare dalla corrente, senza però darvi mai la
forza per formarla. I suoi occhi erano fossilizzati sull’obiettivo del suo
cammino e nemmeno tutti gli spintoni gratuiti in cui si era gettata a capofitto
le avrebbero impedito di valicare quel fiume.
-Scorpius.- La
sua mente brillante continuava a ripeterle quel nome, a frequenze regolari,
seguendo ritmi precisi scanditi dal battito stranamente calmo del suo cuore.
Una parte di lei, la più surrealista, non poteva fare a meno di notare come
fosse tutto così naturale per lei, anche quel difficile passaggio, quasi
l’avesse sempre saputo nella sua vita che un giorno sarebbe andata a finire a
quel modo. Il senso di fatalità si era così sradicato nei suoi pensieri, che
tutto ormai aveva assunto connotati diversi. Ad un tratto gli avvenimenti di
quell’ultimo tempo avevano assunto significati intrisi di una forte
concentrazione mistica e sembravano voler gridare, nella loro mansueta vita,
che ogni dettaglio era servito per arrivare a quel punto.
Qualche
vocina, in lontananza, aveva iniziato a farfugliare il suo nome, ma Rose aveva
occhi e attenzione rivolti solo al ragazzo che le era dinanzi. Lo sciame di
studenti scorreva fluido alle sue spalle e già sapeva del sapore agrodolce dei
ricordi. Adesso c’era solo Scorpius, per lei.
Con
naturalezza fece scivolare la sua mano sottile in quella forte di lui,
sorridendo quando lo vide sgranare gli occhi, in una muta domanda.
“Avevi
ragione tu. Avevo paura.” Disse, come se fosse sempre stato lì, sulla punta
della lingua, talmente ovvio da essersene infine dimenticata.
Ma
la verità era sintetizzata alla perfezione in quelle poche parole. Ci aveva
messo un po’ per capirlo, intorpidita com’era stata dal buio dell’ignoranza.
Quando Scorpius aveva constatato che tutta la storia di Albus non era altro che
la pallida scusa di qualcosa di ben più intimo, di una bugia raccontata con
l’unico scopo di preservare se stessa, era arrivata quasi a detestarlo. Cosa ne
sapeva lui? Come poteva dire certe cose? Se l’era chiesto mille, miliardi di
volte, sentendosi di volta in volta sempre più ferita mentre si ripeteva che
non aveva capito nulla di lei. Adesso invece scopriva che era sempre stata lei
ad essere nel torto. Tutte quelle asserzioni … beh, non erano altro che degli
insulsi tentativi di ignorare il groppo alla gola.
“Sono
stata una stupida.” Aggiunse, defluendo da quelle riflessioni per scontrarsi
con il suo sguardo profondo.
Non
poteva promettere che sarebbe cambiata, che di punto in bianco avrebbe imparato
a tenere da parte la paura del giudizio degli altri. La paura di deludere
qualcuno. Però poteva sempre provarci … no?
Lo
vide digerire l’informazione e sfoderare un sorriso sghembo nel farla propria.
Poi, come se non attendesse altro che il suo consenso, allungò la mano libera
verso il viso di Rose e con una dolcezza che nessuno gli avrebbe mai associato,
le scostò una ciocca ribelle per incastrarla dietro l’orecchio. Lei arrossì ma
non poté impedirsi di sorridere, crogiolandosi nella felicità scaturita da
quella nuova, acquisita di lui.
“D’accordo
Weasley. Diciamo che ti perdono.” Disse alla fine, senza abbandonare la vena
ironica, con l’accento nutrito però di un velato accenno di contentezza.
“Oh,
ma grazie, Malfoy!”
“Rose?!”
Ad interrompere il loro allegro chiacchiericcio, sopraggiunse una voce
sconvolta che lei conosceva sin troppo bene.
S’irrigidì,
all’istante, e dovette impallidire parecchio perché Scorpius fu sul punto di
lasciarle la mano. Glielo impedì, stringendola anzi con maggior veemenza.
Apprezzava a dismisura il gesto, ma non poteva permettergli di stare male
perché non voleva e non sapeva affrontare la realtà. Quindi prese un grande
respiro e si voltò. Dinanzi a lei sette paia di occhi la fissavano, chi più chi
meno, con sconcerto.
N/A
Che periodo
incredibilmente nero … Pensavo che prima o poi l’ispirazione sarebbe tornata,
ma niente. Niente di niente. Inizio a
deprimermi. -_-’’ Stendiamo un velo pietoso, mi sa che è meglio. Anche se la
mancanza di estro artistico aggiunta ad un vago senso di angoscia e a tutta una
serie di domande su dove voler andare nel proprio futuro, dove dirigerlo e
tutte quelle cose lì, ecco, mi stanno tenendo col morale piuttosto basso a dire
il vero.
E di certo non aiutano a
ritrovare l’ispirazione, nossignore.
Beh, scusatemi per questo
sfogo interiore, mi ci voleva, mi sento davvero abbacchiata se penso al mio
futuro, specie ora che mi manca così poco per laurearmi … E grazie. Davvero,
grazie infinite per i vostri commenti e per l’appoggio incredibile che riuscite
a darmi.
La
partita in campo era piuttosto equilibrata. A poco più di un’ora dall’inizio,
ancora nessuna riusciva a dominare l’altra con consistenza. Attualmente i
Serpeverde erano sotto di venti punti, ma a giudicare da come si stavano dando
da fare, c’era da scommettere che Hugo non avrebbe avuto vita facile fino alla
fine del match.
Eppure,
nonostante la stabilità degli schieramenti, la partita non si era rivelata mai
tediosa, né statica. Come già ampiamente preventivato, vedere i Grifondoro
contro i loro nemici virtuali di sempre, era un evento più unico che raro. La
loro sete di competizione aveva coinvolto l’intero campo sportivo,
trascinandosi dietro un’aria satura di elettricità.
Rose
sedeva compostamente alla tribuna riservata ai colori della sua Casa,
crogiolandosi sotto i raggi di un caldo sole primaverile. Socchiuse gli occhi e
per un istante lasciò che quel tiepido fascio sul suo viso cancellasse ogni
pensiero. L’ultima settimana prima degli esami, prima della fine di Hogwarts,
prima della fine di tutto. Soltanto
una. Un’insignificante settimana …
“Al
diavolo!”
Aprì
gli occhi, controvoglia, all’imprecazione borbottata sottovoce di Louis. “Che
succede?”
“Lily
stava per segnare, ma all’ultimo secondo Higgs le ha scaraventato addosso un
Bolide. Non l’ha presa, ma non ha neppure segnato.”
Rose
annuì, senza neppure ascoltarlo, sprofondando nei ricordi di quegli ultimi
mesi.
Da
quando i suoi cugini avevano scoperto della relazione con Scorpius, le cose
avevano iniziato a correre molto più velocemente. Il tempo, all’improvviso,
aveva triplicato la sua corsa e lei si era ritrovata di punto in bianco a
doversi sobbarcare di una mole di studio notevole tra gli sguardi frustati e
frustanti di suo fratello e quelli sgranati di tutti gli altri. Erano due mesi,
forse persino qualcosa di più, che aveva piazzato sotto gli occhi di tutti la
loro storia, eppure sembrava che la gente ancora faticasse a mandar giù il
fatto.
Beh,
di certo le cose stavano iniziando a migliorare. Perlomeno adesso non doveva
entrare in Sala Grande ed essere investita dalle occhiate dei più. Era già un
buon passo avanti, tutto sommato.
Scorpius
al contrario sembrava perfettamente padrone della situazione. Si destreggiava
con abilità tra le chiacchiere sussurrate e mostrava un perfetto distacco a
tutti quegli sguardi non richiesti. Se solo non fosse stata certa che il
ragazzo non aveva mai avuto una storia seria prima d’ora, Rose avrebbe pensato
che c’era abituato.
Ma
così non era e per questo non poteva non ammirarlo.
Continuava
a mantenere le distanze dai suoi due ex migliori amici, ma da qualche settimana
almeno con Ottavius c’erano stati dei progressi. Ogni tanto difatti lo vedeva
rivolgergli la parola, anche solo per comunicare qualche informazione sul
Quidditch o sulla famiglia, ma conoscendo Scorpius era un ottimo compromesso
prima della riappacificazione totale. Per quanto riguardava Edmund, invece …
beh, fino a quel momento non ne aveva neppure voluto parlare. Non che questo
bastasse a farla demordere, per inciso, però era uno svantaggio bello enorme il
suo animo maldisposto.
Per
quanto la riguardava, rimaneva ancora saldamente ancorata alla prospettiva di
poter avere tutti e due i suoi mondi insieme,
un giorno. Ovviamente, attualmente, non poteva sperare in qualcosa di più. In
fin dei conti avevano reagito anche abbastanza bene, salvo qualche eccezione.
Albus,
che era stato il primo ad opporsi al suo sentimento, era diventato molto più
comprensivo a riguardo. Si era concentrato sul suo rapporto con Alicia, quello
che con fatica tentava di portare avanti nonostante i suoi frequenti alti e
bassi, e l’aveva lasciata vivere la sua vita. A volte lo scorgeva ancora
fissarla con cipiglio scuro in viso, ma negli occhi non c’era più traccia
dell’antico dolore che vi aveva letto tante di quelle volte da averne perso il
conto.
Anche
quando i ragazzi avevano scoperto tutto, Albus si era sforzato di rimanerne
fuori.
Quel
giorno …
Ripensarci
era ancora fonte d’imbarazzo e di brivido per lei. La sensazione di gelo che si
era impossessata di lei quando, girandosi, si era scontrata con la parte più
familiare del suo mondo. Se chiudeva gli occhi poteva persino rivedere i loro
sguardi sconcertati, mentre la fissavano in una muta domanda di comprensione.
E
poi, con la sua vocina acuta, Lucy a spezzare via il silenzio surreale del
momento.
“Rosie?!”
Aveva parlato piano, perdendosi in un sussurro basito, corrugando la fronte nel
tentativo vano di dare una spiegazione a quanto appena colto dai suoi occhi.
Rose
aveva deglutito, la gola irritata, e aveva stretto di più la mano di Scorpius
per cercare di prelevare un po’ della sua forza. “Io e Scorpius stiamo insieme.
Mi dispiace non avervelo detto prima.”
Aveva
letto in ogni singolo viso, scavando in profondità per cercare una qualsiasi
reazione, mordendosi il labbro nello scorgere la loro costernazione.
Albus,
sul fondo, era rimasto impassibile. O quasi. Per un istante una smorfia aveva
spento il suo sguardo, ma quando lei aveva inseguito con disperazione i suoi
occhi, non aveva saputo ritrarsi dal rivolgerle un sorriso d’incoraggiamento.
Stentato, quasi invisibile. Ma c’era stato ed era valso forse più di mille
parole.
Poi
Lily le era andata incontro e, in un impeto di esultanza, l’aveva stretta in
una morsa d’acciaio.
“Lo
sapevo che sarebbe finita così!” Aveva detto, riferendosi a qualcosa che in un
primo acchito non aveva compreso.
Rose
aveva ricambiato lo sguardo, stordita, e i suoi occhi erano di nuovo ricaduti
sul resto della sua famiglia. Nessuno di loro le era sembrato tanto entusiasta
quanto Lily e la cosa l’aveva portata inesorabilmente a chiedersi se non fosse
stato meglio parlarne prima separatamente con ognuno di loro. Dentro la
tensione l’aveva talmente schiacciata, che se non fosse stata per la presa
salda di Scorpius, sarebbe già caduta a terra sconfitta.
“È
questo che vuoi?” Aveva domandato all’improvviso Dominique, gli occhi
chiarissimi puntati con solenne decisione in quelli marroni della cugina.
“Sì.”
Non aveva avuto dubbi Rose nel rispondere.
“Allora
va bene. Se sei felice.”
“Lo
sono.”
Dominique
non era il tipo di persona che si teneva le cose per sé e, se una cosa non era
di suo gradimento, non si faceva troppe remore a dirlo. Per questo sapeva che
era del tutto sincera e, per questo, non poteva non volerle un pizzico in più
di bene rispetto all’affetto già smisurato che serbava per lei. Per quanto bene
la conoscesse, era sempre un’incognita per lei la sua reazione.
Aveva
sentito lo sguardo di tutti su di sé, di nuovo, persino quello degli studenti
estranei alla faccenda che avevano avuto l’unica scusante di passare di lì.
Eppure sotto l’occhio del ciclone, di un solo sguardo Rose aveva avuto bisogno
e l’aveva trovato, proprio lì, al suo fianco. Scorpius, sebbene non avesse
parlato per rispetto a lei, non le aveva lasciato la mano né tolto gli occhi di
dosso neppure per un secondo.
Perciò,
doveva aver per forza fatto la cosa giusta.
Anche
Roxanne, nel frattempo, sembrava essersi ripresa. Aveva sciolto i muscoli e
rilassato le spalle, pronta a dire la sua in proposito, sebbene gli occhi
rivelassero una certa attitudine all’accettazione. Ma prima che dalla sua bocca
aveva potuto fuoriuscire parola, Hugo si era frapposto.
“Bene.” Aveva esordito, duro e tagliente
come le rocce. “È la tua vita, ma non aspettarti che approvi.”
Fino
a quel momento Rose si era concentrata su Albus, in primis, e poi su Lily, su
Dominique, su Roxanne … Non aveva neppure pensato ad osservare la reazione che
ne aveva avuto il fratello. O, forse, il suo era stata un’azione inconscia
perché in qualche modo sapeva che era l’opinione che più le premeva e
spaventava, la sua.
Eppure
guardando per la prima volta il suo viso, si era ritrovata a combattere contro
un muro d’insofferenza. Hugo non le aveva dato chance. La sua ritrosia era
stata così palese che non aveva osato aprire bocca per fargli cambiare idea,
per convincerlo della genuinità della sua storia con Scorpius.
L’aveva
visto allontanarsi, a passo celere, diretto presumibilmente verso la Sala Grande.
Ne aveva osservato la postura perfettamente eretta e aveva trattenuto un
respiro nel vederlo così rigido. Il dolore del rifiuto le si era riversato
addosso come una cascata, mitigato solo dallo shock per la replica improvvisa.
Louis
era stato il primo a seguirlo. Le aveva gettato un’occhiata di scuse ed era
scivolato via, in quel fiume di studenti, alla ricerca del suo mentore.
“Mi
dispiace.” Le aveva mormorato di rimando Lily, prima di accorrere anche lei
verso Hugo, preoccupata.
Rose
aveva annuito, incapace di fare altro, lo sguardo incollato al punto in cui il
fratello era scomparso.
Via
via erano andati tutti, negli occhi la stessa traccia
di apprensione che aveva infiammato i suoi. Nel congedarsi, tuttavia, erano
stati attenti a dimostrare la propria comprensione in merito. Qualcuno le aveva
sorriso, qualcun altro le aveva detto che era tutto okay e alla fine, per
quanto la reazione di Hugo l’avesse lasciata con l’amaro in bocca, Rose aveva
dovuto ammettere che non era andata poi così male.
Dominique
e Albus erano rimasti gli ultimi della combriccola.
Lei
le aveva sorriso, appena, come sapeva fare lei. Poi aveva gettato un’occhiata
di avvertimento all’indirizzo di Scorpius, a volergli dire che era morto se
sapeva qualcosa che non avrebbe voluto sentire, e Rose aveva arricciato le
labbra all’insù, tutto sommato.
Lui,
invece, l’aveva semplicemente guardata negli occhi e, con lentezza, aveva
annuito. Era stato il suo lasciapassare, il suo benestare. Aveva avuto anche
premura di voltarsi verso Malfoy, di lanciargli un’occhiata eloquente, e di
rilassarsi nel carpire nel viso dell’altro la stessa intenzione di dimenticarsi
del passato, della rissa e di qualsiasi attrito ci fosse mai potuto essere.
Poi
se n’era andato anche lui e Rose, in un sospiro, aveva appoggiato il capo sul
petto di Scorpius attirando così anche le occhiate dei soliti ritardatari.
“Ti
sei pentita?” Le aveva chiesto, senza una particolare intonazione, a volerle
nascondere il proprio tormento interiore.
“No.”
Era stata sincera.
Alla
resa dei conti, si era sentita sollevata di aver detto tutto. Tutte quelle
bugie non avrebbero mai portato a niente, l’aveva sempre saputo. E ad Hugo gli
sarebbe passata, presto o tardi, anche se adesso gli risultava incomprensibile
la loro storia.
Ma
si era sbagliata, almeno sull’ultima parte.
Hugo
non aveva abbandonato la sua posizione, neppure per pochi secondi. Non aveva
fatto scenate, non l’aveva ricattata, non le aveva gridato contro. Era rimasto
semplicemente al suo posto, freddo come un iceberg quando le rivolgeva lo
sguardo a rimarcare in continuazione le sue parole di quel giorno.
Alla
fine, onde evitare che il gruppo di cugini dovesse spaccarsi, Rose aveva fatto
in modo da avere da fare quanto più possibile, cosicché Hugo non rimanesse in
disparte.
Il
fatto di stare con Scorpius, comunque, aveva giocato a suo favore perché il
ragazzo riusciva sempre a ritagliarsi il tempo per stare con lei.
L’accompagnava in Sala Grande, in biblioteca – salvo lasciarla ad Albus sulla
porta, senza entrare, per evitare situazioni spinose o presunte tali – e
persino in aula, quando non aveva lezione.
I
suoi cugini, se da un lato apparivano dispiaciuti per il conflitto tra fratelli
in atto, si erano dimostrati anche piuttosto contenti di tutte quelle
attenzioni che lui le rivolgeva. Forse per questo, chi più chi meno, cercavano
ancora di far desistere Hugo dalla sua posizione di rifiuto categorico. Senza
attuali risultati, ma Rose apprezzava moltissimo il gesto.
Quando,
come in quel caso, Hugo non c’era, cercava sempre il contatto con loro. In quei
momenti, tuttavia, in Rose montava una tale rabbia da renderla furiosa verso
Hugo. Come faceva a non accorgersi della terribile voragine aperta? Per quanto
nessuno dei due lo ammettesse, era ovvio che sentissero la reciproca mancanza.
Ma era altrettanto ovvio che cedere era fuori discussione, non fino a quando
era tanto vitale per loro rimanere in quella posizione.
Rose
sospirò e scosse il capo.
Doveva
concentrarsi solo sulla partita se non voleva rischiare di impazzire. Accanto a
lei Dominique scrutava i giocatori senza particolare entusiasmo, seguendo con
attenzione ogni loro movimento e stringendo i denti ad un attacco avversario
particolarmente offensivo. In quel momento Roxanne aveva recuperato la Pluffa
ed era diretta come un fulmine verso le porte avversarie.
Seguì
la scena trattenendo il fiato ed esultando quando la cugina segnò, nonostante i
tentativi di placcaggio della squadra avversaria. Istintivamente cercò la
figura di Scorpius, in alto, e sorrise nel notare un certo disappunto
nell’espressione del suo viso. Ci sarebbe rimasto davvero male se i Grifondoro
avessero vinto, ma in qualità di membro di tale Casa, Rose non se la sentiva di
tifare per i Serpeverde.
In
quel momento Albus si avvicinò con la sua scopa al biondo e, in un gesto tanto
spontaneo quanto naturale, gli assestò una pacca sulla spalla.
A
giudicare da come sorrideva, doveva essere piuttosto soddisfatto della piega
che stava prendendo la partita.
Poi
scattarono via, in contemporanea, proiettati verso un punto indefinito del
cielo sopra le loro teste.
~
“Andiamo.”
Rose
annuì, mentre Scorpius le prendeva agilmente la mano. Con lui non c’erano mai
domande, solo affermazioni. Prendeva quel che voleva ma, nel farlo, aveva
l’affascinante vizio di non essere mai inopportuno. Stare con Scorpius era
semplice, naturale … spontaneo, ecco. E lei non era mai stata tanto spontanea
in vita sua, così allacciata alla retorica del raziocinio.
Il
parco era semidesolato, se non fosse stato per il coro di voci concitate che
giungevano con più o meno chiarezza fino a loro. Rose sorrise e, allo stesso
tempo, strinse di più la mano del suo ragazzo. Voleva dimostrargli che gli era
vicino, che gli dispiaceva per come le sorti dell’incontro avevano influito sui
Serpeverde, ma non poteva fingere di non essere compiaciuta per aver assistito
alla vittoria della propria Casa.
“Sei
deluso?” Gli domandò, gettandogli un’occhiata di sottecchi per osservarne meglio
la reazione.
Scorpius
sospirò, senza particolare inclinazione emotiva impressa nel viso
dall’incarnato smunto. “Albus è stato bravo.” Ammise, suo malgrado, pensando e
rimuginando sulle azioni cruciali della partita.
“È
vero.” Annuì concorde Rose.
Era
strano. Era come se si fosse spaccata in due parti. Da una c’erano i
Grifondoro, i cugini, la felicità per aver vinto la partita, seppure per
pochissimi punti. Dall’altro c’era Scorpius, la delusione che aveva visto nel
suo viso e in quelli della sua Casa quando Madama Bumb aveva declamato la fine
di una partita che li aveva visti sconfitti. Non era facile convivere con
entrambe le cose, ma voleva davvero
provarci, senza remore.
Frattempo
Scorpius l’aveva attirata con uno spintone a sé, cingendole il collo con un
braccio e arruffandole i capelli con la mano libera, quella che aveva
disincastrato dalla sua, quasi fosse stata una bambina capricciosa e lui il
fratello maggiore che voleva strigliarla con affetto.
“Rose
Weasley! Dovresti denegare, non affermare!” La punzecchiò, mordace, sfoderando
un sorriso sibillino.
Il
malumore per la cocente sconfitta, ad un tratto, si era come polverizzato. Non
volatilizzato, questo no. Non ancora, almeno.
“Ehi!”
Tentò invano di divincolarsi lei, succube della sua forza e del proprio fisico
gracile.
Quando
finalmente Scorpius si decise a lasciarla andare, aveva i capelli talmente in
subbuglio che ci sarebbe voluto un miracolo per districarli! Arrabbiata, con un
ghigno ferino capace di spaventare persino un Mangiamorte, provò a ridare quel
poco di piega ancora possibile alla sua zazzera scombinata, con l’unico
risultato però di annodarli e incresparli ancora di più. Sbuffò, inviperita, e
non si trattenne dal lanciare occhiate assassine in direzione del malfattore,
maledicendo al contempo se stessa per l’ondata di compassione a cui si era
abbandonata in nome dei Serpeverde.
-Al diavolo, loro e i miei stupidi
capelli!-
Era
così imbufalita che, riprendendo a camminare a passo marziale – le mani ancora
nel cespuglio che ricopriva la sua testa – e fumando rabbia ogni due per tre,
non badò nemmeno per un secondo al percorso che i suoi piedi avevano
intrapreso. D’altronde, che diavolo ci faceva uno stupido sasso proprio sulla
sua traiettoria? Rose non lo seppe mai, neppure quando, sbilanciata, precipitò
rovinosamente sul selciato erboso, guadagnandosi senza far niente una bella
macchia in bella vista sui jeans.
Alzò
gli occhi al cielo, infuriata, mentre in sottofondo già echeggiava la risatina
di scherno di Scorpius. Lo avrebbe volentieri ammazzato, in quel momento, se
solo non fosse stata tanto irrimediabilmente e inopportunamente innamorata di lui. Perciò si limitò a lanciargli
un’occhiata al vetriolo, a rialzarsi e a strigliarsi i vestiti con qualche
manata decisa per liberarsi dei fili d’erba.
“Parola
mia, sei un fenomeno, Weasley.” Esordì Scorpius dopo uno scrosciare di risate
particolarmente feroce che gli fece inumidire gli occhi.
“Perché
non vai al diavolo, Malfoy?” Fu la retorica domanda che ne ricevette in
risposta, e Rose dovette modulare la voce per non apparire più stridula del
necessario, trattenendosi a stento dallo scoppiare a piangere, istericamente.
A
quel punto stava per andarsene via, umiliata e ferita come mai in vita sua, non
del tutto consapevole dello stato pietoso in cui versavano i suoi capelli e i
suoi indumenti a quel punto, quando una mano le artigliò il braccio,
impedendole di proseguire.
Non
si voltò. Era troppo arrabbiata e frustata per sorreggere il suo viso
bellissimo. Al contrario tentò con tenacia di liberarsi dalla presa, con
qualche strattone deciso, del tutto inutile alla causa. Scorpius era troppo
forte per lei, riusciva a tenerla inchiodata al suolo senza neppure ricorrere a
grandi eccessi di forza. Si sentì disperata, ancora più umiliata e decisamente
imbarazzata, con il viso in fiamme in un mix perfetto di collera e vergogna.
Tuttavia,
prima ancora di poter esplodere in un fiume di rabbia, prima di girarsi e
gridargli tutti gli insulti di cui era capace e a cui suo padre aveva dato
ampiamente del suo, prima ancora di poter pensare a qualcosa … a qualsiasi
cosa, le mani di Scorpius le avevano cinto i fianchi e il suo alito fresco
pizzicava sulla pelle accaldata del collo.
“Perché
devi prendere sempre tutto come un’offesa?” Le sussurrò in un orecchio, la voce
di un’ottava più bassa del normale, soffermandosi solo un istante a lasciarle
un bacio caldo prima di continuare. “Se non fossi sempre così rigida, avresti capito cosa intendevo.”
Stava
cercando di rassicurarla? Beh, aveva davvero un bizzarro modo per farlo. Sì,
giacché Rose in quel momento si sentiva tutto fuorché rassicurata.
Strinse
i pugni, col fiato sospeso e il corpo intirizzito. “Bene. Allora vattene,
invece di perdere tempo con una rigida
come me. Forse non sono abbastanza intelligente da cogliere il significato
profondo delle tue parole derisorie, ammesso che ci sia.” Soffiò, in un
sussurro indispettito e severo, di quelli che utilizzava solo quando era
particolarmente adirata, ferita, o entrambe.
Alle
sue parole Scorpius sembrò immobilizzarsi nell’atto di baciarle ancora il
collo, come colto da un improvviso PetrificusTotalus. Il tutto comunque durò per appena una manciata di
secondi. Poi lo sentì scostarsi, freddo, e quando si voltò finalmente a
fronteggiarlo subì un assalto al cuore nell’incrociare i suoi occhi spietati
come il ghiaccio più artico.
“Hai
ragione. Sarà meglio che me ne vada.” Concordò in una scia melliflua e
inflessibile, per darle le spalle e dirigersi micidiale verso un punto
impreciso del castello.
Ma
ogni suo passo era una stilettata al cuore per entrambi e ogni parola non
detta, diveniva un insormontabile muro tra loro. Il dolore, alle porte, bussava
per entrare e la speranza iniziava repentinamente a cedergli il posto. Ad un
tratto tutto ciò per cui stavano combattendo, rischiava d’insinuarsi drastico
tra di loro; ed era lì, appena dietro l’angolo, pronto ad investirli e a
travolgerli.
Rose
voleva gridargli di fermarsi, voleva correre e bloccarlo, voleva …
Singhiozzò,
silenziosamente. Per qualche ragione il suo corpo si rifiutava di rispondere ai
comandi più semplici. La paura, vedendolo allontanarsi di secondo in secondo,
l’attanagliava in una morsa d’acciaio ed era certa a quel punto di stare
trattenendo il respiro, perché i polmoni bramavano impaziente, ma non
importava. Quello che contava, era solo la sua muta preghiera. Tutte le cellule
del suo corpo, il suo cuore e la sua mente erano proiettati in quell’unica
direzione.
-Non andartene. Non andartene. Ti
prego, non andartene.-
Poi,
all’improvviso, Scorpius si fermò, si buttò nevrotico le mani alle tempie e si
girò verso di lei.
Aveva
sentito i suoi pensieri? Oppure aveva parlato a voce alta, senza accorgersene?
Che infondo … importava sul serio saperlo?!
“Scorpius.”
Mormorò, piano, le lacrime che in un crack
si erano liberate da quella stupida gabbia autoimposta e si riversavano copiose
sulle sue guance.
Non
seppe neppure se fu prima lei, o lui, o insieme a muoversi. Ma quando si
ritrovarono, stringendosi in un abbraccio pieno di disperazione e di passione,
tutto passò in secondo, terzo piano. Si accucciò nelle sue braccia e strofinò
il viso nella sua maglia, levando via ogni traccia di pianto.
“Scusa.
Scusami, sono una cretina, una stupida … Non voglio litigare per delle
stupidaggini, non voglio che … sono così stressata per gli esami che nemmeno mi
accorgo di quello che dico e … Merlino, nemmeno le pensavo quelle cose!”
Lui
rise alle sue pessime scuse e Rose pensò che nessun suono era più bello di
quello. La strinse, le baciò i capelli e le carezzò la schiena nello stesso
momento.
“No,
Rose. Non sei tu.” La tranquillizzò, perfettamente rilassato. “Sono io che devo
ancora imparare molte cose su come comportarmi. Lo sai, sei l’unica.”
Non
prima. Unica. Lei era l’unica …
Lo
baciò, issandosi sulla punta dei piedi, con un impeto ed un desiderio
travolgente che non aveva mai conosciuto, prima. Quando lo lasciò, aveva il
fiato corto e il battito accelerato, ma era felice.
Rise,
così, senza preavviso. Era facile. Quando era diventato così facile?
Scorpius
le sistemò i capelli, lisciandoglieli con delicatezza, quasi temesse di farle
male, e a quel punto non le importava nemmeno più come andassero. Poteva anche
annodarglieli, se preferiva. Era ritornato da lei, era tornato indietro vincendo contro il proprio radicato
orgoglio.
“Straordinaria.”
Esordì ad un certo punto lei, infilandosi tra una risata e l’inizio di
un’altra.
Rose
corrugò la fronte, confusa, fossilizzando per un istante la scia di un sorriso
sul viso. “Come?”
“Prima,
quando ho detto che sei un fenomeno. Intendevo l’accezione positiva del
termine. Che sei straordinaria, Rose.”
Per
una frazione d’istante il tempo semplicemente smise di esistere. C’erano solo i
suoi occhi grigi, paradossalmente caldi, e le sue mani gentili nei capelli.
Poi, con forza, le lancette scardinarono le barriere ma, assieme alla
percezione del tempo, portarono con sé anche un’appagante felicità.
Lo
strinse, nascondendo il viso nel suo petto per impedirgli di notare il rossore
affiorato in superficie.
Suonava
così strana quella parola – straordinaria … Rose Weasley? Davvero? – che le
faceva uno strano effetto pensarla associata a lei. Era sicura di non essere
mai straordinaria per qualcuno, prima, in vita sua. Geniale, acuta, anche dolce
sì … ma mai, mai straordinaria.
~
“Sei
preoccupato per gli esami?” Domandò Alicia di punto in bianco, mentre si
avviavano silenziosi verso la Sala Grande.
Albus
per tutta risposta scrollò le spalle, sinceramente alienato dall’ansia
attanagliante che sembrava aver colpito i tre quarti degli studenti dell’ultimo
anno. “Mah, non più di tanto. Sarebbe inutile allarmarsi proprio adesso che
l’anno è finito, no? Quel che è fatto, è fatto; giusto? E poi ho sempre l’asso
nella manica!”
Lei
ridacchiò, consapevole di quale asso stesse parlando.
“Sei
sicuro che tua cugina la pensi come te?”
“Chi,
Rose?! Scherzi? Non saprà resistermi!” La buttò sul ridire Albus, riuscendoci
in pieno tra l’altro, mentre una parte remota del suo cervello registrava il
cambiamento.
Una
volta il semplice pensare a lei, a sua cugina, lo faceva annaspare, inghiottito
da una tormenta di dolore e frustrazione. Adesso, sebbene la consapevolezza che
un briciolo di sé sarebbe stato sempre devoto a Rose, riusciva ad accantonare
tutto quello strazio in un angolo remoto e a ragionare in termini più salutari.
Era libero, ecco. Era libero da
quell’amore lacerante, distruttivo, che in tanti anni non aveva saputo
edificare nulla. Ed era sollevato, perché sapeva che poteva dedicarsi ad Alicia
come meritava, senza l’ombra costante di Rose a ricordargli che il suo cuore
era stato già preso.
“Sei
cambiato.” Non era un’affermazione vera e propria, più un’osservazione fatta da
un’angolazione esterna.
Albus
girò il capo verso di lei, con un sopracciglio inarcato, in una muta domanda di
spiegarsi a cui Alicia non seppe sottrarsi.
“Cioè,
non è proprio così.” Ritrasse subito dopo, impicciandosi con le parole e
dandosi della stupida per questo. “Sì, ecco, quello che volevo dire è che sei
diverso da ciò che sei stato negli ultimi anni. Sei … sei ritornato te stesso … il vero te stesso. Non so
come spiegarlo. È come se Albus se ne fosse andato in vacanza, per un po’. Ma
adesso sei ritornato … no?”
Non
lo sapeva … Era ritornato? Ci pensò su, scosse la testa e sorrise, luminoso,
mentre le prendeva timidamente una mano nella sua per attirarla con una spinta
verso di sé.
Alicia
avvampò seduta stante a quella nuova, improvvisa vicinanza, ma Albus non se ne
curò. Per una qualche ragione, non riusciva a togliersi il sorriso dalle
labbra. Era come se avesse appena scoperto il modo di raggiungere il nirvana e
adesso fremesse dalla voglia matta di arrivarci.
Si
chinò verso di lei, piano, aggiungendo al piacere della conquista anche
l’entusiasmo dell’attesa. Quello che accadde dopo, quando gli occhi si chiusero
da soli e le labbra incontrarono di loro iniziativa quelle umide di Alicia, fu
un indistinto agglomerato di sensazioni altalenanti. C’era la gioia dell’arrivo
e la calma del volersi pregustare ogni singolo attimo di quel paradiso
sperduto; l’eccitazione della prima volta e la saggezza di tutte le prime volte
passate, per quanto potessero contarsi sulle dite di una mano; la voglia di
rifarlo subito, al più presto possibile, e quella antitetica di non permettere
a quell’istante di concludersi.
Era
tutto così strano, tutto così acuto … Da quanto tempo non provava simili cose?
Ma come avrebbe mai potuto pensare di poterle vivere, quando il suo cuore, per
tutto quel tempo, non aveva visto altre che Rose?
Si
separò con lentezza, rimanendo ad occhi chiusi ancora per un poco, per
assaporare ed incanalare ogni emozione nella giusta via. Quindi li riaprì e si
ritrovò involontariamente a specchiarsi in quelli attoniti di lei. Sorrise,
stupendosi di riuscire ancora a farlo, nonostante tutto.
“Sì.”
Disse infine, dopo un tempo che parve infinito, con l’aria allegra di un
bambino che ha ottenuto in regalo qualcosa che stava cercando da tanto. “Credo
di sì.”
La
vide abbassare il capo, imbarazzata e teneramente goffa, e fu impossibile non
scaldarsi il cuore a quella visione della ragazza. Per questo e perché da
quando l’aveva baciata non desiderava altro, che Albus ritornò a poggiare le
labbra su quelle di lei. Diminuendo ancor di più la distanza, stavolta, con le
mani che, prendendo coraggio, la strinsero da dietro, spingendola delicatamente
verso di sé.
Poteva
respirare il profumo della sua pelle, perdersi nella flagranza che la
caratterizzava e immergere le dita in quella cascata biondo cenere, senza
provare sensi di colpa per quello che stava facendo. Alicia non era uno
scacciapensieri. Alicia era Alicia ed era per questo che non poteva fare a meno
di sentirsi tanto stupidamente bene.
Il
resto, almeno per il momento, poteva attendere.
~
La
sessione di esami era stata particolarmente difficile da sopportare. I diretti
interessati erano scivolati lentamente, chi più chi meno, in uno stato di
profondo stress e, per tale ragione, non erano mancate le scaramucce a scopo
unico di scaricarsi di dosso il nervosismo accumulato. Il che si era rivelato
debilitante anche per tutti gli altri studenti, cosicché quando sopraggiunse
l’ultimo giorno di scuola erano molte le facce felici che l’ansia da verifica
si fosse finalmente conclusa.
Il
preside Doge aveva disposto una serie di candele lungo tutti i tavoli e aveva
decorato le pareti con numerosi arazzi, i quali avrebbero poi dovuto assumere i
colori dei vincitori della Coppa delle Case. Lunghe fiumane d’edera si
diramavano dalle pareti, imbellite di fiocchi e lustrini dalle tonalità più
vivaci, rendendo la Sala Grande selvaggiamente conciliante. Sopra le loro
teste, un cielo nitido si lasciava percorrere da qualche sporadica nuvola,
bianca e soffice come la bambagia, per ritornare subito dopo a sfavillare nel
suo incontrastato turchese.
Rose
aveva mangiato fino a scoppiare, ridendo come una bambina ai commenti di Albus
e all’aria disincantata che Dominique riusciva, nonostante l’allegria generale,
a sfoderare.
Si
era ripromessa di non pensare al dopo,
a cosa sarebbe successo finito quel ciclo di vita. Aveva deciso che per i
problemi sul futuro, avrebbe potuto disquisire a lungo nell’estate splendente
che si profilava all’orizzonte e che per il momento doveva solo pensare a
godersi l’euforia post-esami. A tal proposito gettò un’occhiata al tavolo dei
Serpeverde, al solito posto, rimanendo piuttosto stupita di scorgere Ottavius
accanto a Scorpius – solo distrattamente si chiese dove fosse finito Edmund –
ma sorvolando quando il suo ragazzo le rivolse un sorriso di quelli rari, che
sapevano mandarla inesorabilmente in brodo di giuggiole.
Alla
fine il buon vecchio Elphias Doge, con il suo solito cappello in bella mostra e
con la sua voce affannosa, decretò che la vittoria spettava alla Casa di
Corvonero e tutto si colorò di blu e di bronzo, per la gioia dei membri e il
compiacimento di Vitious. La Coppa del Quidditch, invece, era andata ai
Grifondoro, che avevano vinto sui Serpeverde per una manciata. Cosa che si era
ripetuta l’anno precedente, ma con una bizzarra inversione di vinti e
vincitori.
C’era
stato il discorso di chiusura, a cui era seguito un boato di esultanza che
aveva fatto ridacchiare persino il professor Rüf.
Ovviamente non erano mancate neppure le lacrime e un sentito cordoglio quando
il preside aveva ricordato con affetto le perdite della Prima e della Seconda
Guerra Magica, con particolare riferimento ad uno dei suoi predecessori nonché
caro amico Albus Silente. A quel punto anche il Potter che ne portava il nome
aveva scalzato il buonumore per lasciarsi andare ad un attimo di depressione,
ma Rose, che lo conosceva alla perfezione, era stata brava a rincuorarlo.
“Lui
era un grand’uomo, è vero. Ma tu sei Albus Potter.
Sarai grande anche tu, nel tuo modo e nei tuoi tempi.” Gli aveva sussurrato in
un orecchio, guardandolo complice, e lui sapeva che lo stesso valeva per lei,
con dei genitori famosi quali i suoi, perciò le aveva creduto con facilità.
Anche
Rose aveva avuto la sua dose di applausi, comunque, quando Doge aveva
ringraziato lei e Michael Grays per gli ottimi servigi resi come Capiscuola.
Lei era arrossita e aveva tentato di scivolare sotto al tavolo, come ovvio, ma
Albus non gliel’aveva permesso e l’aveva obbligata ad accettare i complimenti
che le venivano offerti. Persino Hugo si era sbottonato dalla freddezza degli
ultimi tempi e le aveva lanciato un sorriso incerto, che le aveva ridonato
all’istante il sorriso.
Poi,
quasi all’improvviso, sul finire della cena i tavoli erano stati accantonati
negli angoli e la Sala era diventata una fortuita pista da ballo. Il professor
Paciock aveva provveduto alla musica, trasportando un grandioso stereo magico
giusto al centro, e all’istante avevano iniziato tutti a ballare. Rose, chissà
come, si era ritrovata dalle braccia di Louis a quelle di Albus a quelle di
Scorpius, che non l’aveva più lasciata andare, con sua immensa gioia, comunque.
Era
stato proprio sulle note di un lento, che aveva osato sollevare la questione
Higgs.
“Ho
visto che eri seduto vicino ad Ottavius, prima. Perciò … tutto bene tra voi?”
Scorpius
aveva roteato gli occhi, melodrammatico, e aveva assunto un broncio adorabile.
“Quando la finirai di preoccuparti per questa storia?”
“Uhm
…” Fece finta di pensarci su Rose, prima di sorridere. “Mai.”
“Lo
sospettavo.” Replicò subito lui, per poi chinarsi su di lei a depositarle un
bacio sulle labbra.
“Non
hai risposto alla mia domanda.” Prima che il contatto potesse divenire più
profondo, tuttavia, Rose si scostò quel tanto che bastò per riuscire a
guardarlo negli occhi.
Sbuffò
dal naso. “Se dico di sì, la smetti di angustiarti per nulla?”
“Dipende.
Quanto è sincero il tuo sì?”
“Abbastanza
per crederci.” La rassicurò lascivo Scorpius, abbassandosi di nuovo a baciarla,
stavolta senza che lei gli impedisse di approfondire il bacio.
Quando
si separarono, Rose poggiò il capo sul suo petto e lui la strinse possessivo,
come era solito fare. Rimasero così a lungo, poi qualcosa parve attirare le
attenzioni di Scorpius, al punto da farlo sghignazzare apertamente. Di nuovo,
lei cercò il suo viso.
“Perché
ridi?”
“Tua
cugina Dominique ha appena dato un bel due di picche ad Ottavius.”
Rose
sgranò gli occhi, incredula. “Davvero?”
“Sì.”
Annuì sibillino Scorpius, negli occhi un lampo di sinistra soddisfazione. “Credo
che lo perdonerò. Non avrei saputo escogitare punizione migliore, per lui.”
Lei
fu d’accordo, ma non lo espresse a voce alta per evitare fraintendimenti di
sorta. Al contrario cercò la figura allampanata della cugina e non poté fare a
meno di sorridere quando la vide ballare con Hugo sotto lo sguardo incredulo ed
umiliato di Ottavius. Gli dispiaceva per lui, ma in fin dei conti se l’era meritato.
Vagò
con lo sguardo sul resto del suo parentado, sorridendo felice quando vide Albus
avvinghiato ad Alicia, e chissà come il suo sguardo arrivò sull’unica persona
che in tutta la Sala non sembrava affatto divertita.
Con
un groppo in gola, si rese conto che lui la stava fissando, senza però tracce
di rabbia o di rancore nel suo sguardo e la cosa, in qualche modo, la indusse a
rintanarsi di più tra le braccia di Scorpius, a voler cancellare i sensi di
colpa ritenuti da tutti ingiustificati.
-Edmund.-
N/A
Chiedo venia per avervi
fatto attendere così tanto nella
pubblicazione di questo penultimo capitolo. Mi dispiace davvero tanto per il
ritardo, sono stati giorni impegnativi questi e, ahimè, continuano ancora ad
esserlo. Spero solo che, a questo punto, il capitolo valga l’attesa.
Devo ringraziarvi e lo
faccio con il cuore per le splendide parole che avete speso in mio aiuto. La confusione
non è ancora passata e le idee sono ancora ben lontane dallo schiarirsi, ma i
vostri incoraggiamenti mi hanno senz’altro dato una grande mano. E vi devo
davvero ringraziare per questo, perché mi avete dimostrato che il vostro
apporto non si limita solo al mio modo di scrivere (il che è già tantissimo,
comunque), ma anche ad aiutarmi quando è la vita reale a creare magagne. Perciò
GRAZIE. Grazie di cuore, a tutti.
Non mi soffermerò molto, perché
il prossimo è l’ultimo e vorrei fare le cose per bene. Sicuramente (a costo di scriverlo sull’agenda!) posterò il
ventesimo, ultimo capitolo la settimana prossima. Perciò, rimando tutto il
resto ad allora, ma intanto grazie ancora, non ho parole da aggiungere al
prezioso aiuto che mi avete dato …
Victoire
era semplicemente stupenda. Mentre la vedeva scendere la navata sostenuta dal
braccio di un emozionato Bill Weasley, Rose non poteva fare a meno di sentirsi
orgogliosa e fiera. Era certa che nessuna sarebbe stata mai tanto incantevole
in un abito così ricco senza risultare eccessiva. In qualche modo, era la
cugina a rendere meraviglioso il vestito e non il contrario. Persino il fiocco
dietro le spalle, che Dominique aveva insistito con la madre affinché togliesse
almeno quello, era perfetto nell’insieme.
Perciò
era facile condividere i pensieri e i sentimenti di Teddy, impalato come un
tonto a rimirare la sua ormai prossima consorte, con la bocca aperta e gli
occhi sgranati. Per l’occasione aveva promesso ad una disperata Fleur di non
mutare i capelli e gli occhi in continuazione, e di comune accordo aveva deciso
per un caldo marrone chiaro i primi e di un tenue azzurro i secondi. Promessa
che, se aggiunta allo smoking nero, quasi non lo faceva sembrare lo stesso
ragazzo distratto e colorato di
sempre, quanto un semplice innamorato che sta per prendere la decisione più
importante della sua vita.
Rose
non provò neppure ad immaginare cosa si provasse in simili situazioni. Come
tutti i suoi cugini, aveva visto l’amore tra i due ragazzi sbocciare pian piano
e tramutarsi poi in una vera storia d’amore. Aveva ascoltato le confessioni di
Victoire e con James, ufficiale confessore di Teddy, si erano scambiati i
rispettivi pareri.
Ora
che la loro relazione si trovava ad una cruciale svolta, era quasi
destabilizzante la consapevolezza di quanto naturale fosse quella conclusione.
In
qualche modo aveva sempre pensato che Teddy e Victoire si appartenessero, ma
vederli lì, dinanzi ai suoi occhi, mentre accettavano di amarsi per tutta la
vita, era un’emozione troppo grande persino per una persona razionale come lei.
L’unico
momento in cui aveva rischiato di rovinarsi la cerimonia, era stato durante la
sua discesa della navata.
Victoire
aveva voluto lei e Dominique come testimoni, mentre Teddy aveva chiesto di
farlo, da parte sua, a James e ad Albus.
Dominique
e James erano stati i primi a lanciarsi, a braccetto, tra una frecciatina e
l’altra. Poi era stato il suo turno, con Al, e quando erano apparsi nel
giardino ricolmo di persone aveva avvertito un vago terrore. Se avesse
sbagliato? Se per colpa sua avesse rovinato il matrimonio di Victoire? Zia
Fleur non l’avrebbe mai perdonata, non dopo tutta la fatica che aveva fatto per
organizzare tutto e-
“Respira,
Rosie. Andrà tutto bene.” L’aveva tranquillizzata serafico Albus, per poi
sfoderare un sorriso splendente e mostrare un’invidiabile calma.
Come
faceva a non essere nervoso? Rose aveva visto suo padre e sua madre, tra le
prime file, e avvertito un groppo alla gola. Si sentiva così ridicola …
Ma
poi il viso di Ron si era illuminato di un’emozione strana, che lo aveva fatto
arrossire in zona orecchie, e Hermione le aveva sorriso, materna. Allora il
respiro era ritornato regolare e i battiti non erano sembrati poi tanto
impazziti, mentre Rose si accorgeva di riuscire persino a sorridere a sua
volta. Davanti Teddy le aveva fatto l’occhiolino, James alzato un pollice e
Dominique gli occhi al cielo – sapeva già cosa avrebbe voluto dirlo, che era
paranoica e che sarebbe stata perfetta – mentre accanto Albus le dava
affettuose pacche sul braccio.
Quando
aveva raggiunto il suo posto, quello da testimone della sposa, l’ansia era
ormai del tutto scemata, permettendole così di godere di ogni singolo istante
che precedeva ed includeva l’arrivo della sposa.
Dominique
aveva assunto la sua aria indifferente, ma Rose aveva intravisto delle lacrime
durante il sì. Nonna Molly, invece, era stata incontenibile e, assieme a Fleur,
si erano date ad un pianto sommesso. Andromeda Black, viceversa, era stata più
discreta, ma Harry aveva dovuto offrirle un fazzoletto ad un certo punto.
Lo
zio Bill si era dimostrato piuttosto ritroso al momento del bacio, ma non aveva
opposto resistenze particolari. Louis aveva fischiato e un coro di applausi si
era levato nell’ampio giardino della Tana quando Teddy aveva stretto Victoire
con più foga del necessario. C’era stato anche qualche commento indelicato, che
Rose aveva addossato senza fatica a Fred, l’unico ad aver fatto desistere i due
novelli sposi dal saltarsi addosso seduta stante.
Il
lancio del riso era stato a metà tra una pioggia incantata ed una tormenta.
James, Fred, Hugo e Louis avevano dato del loro meglio per enfatizzare
soprattutto la seconda. Ovviamente il peggio se l’era subito Teddy che,
cavalleresco, si era stretto sulla neo moglie per proteggerla.
Poi
erano arrivati i complimenti, i baci, gli abbracci, le pacche sulle spalle e le
battutine sibilline, ed era stato tutto perfetto, come in quei film Babbani che
di tanto in tanto Hermione faceva loro vedere.
~
“Che
dici Miss Iceberg: pensi di concedere un ballo al più bello del reame?” James,
che aveva appena lasciato la madre Ginny tra le braccia del padre, si fiondò al
tavolo dove Rose e Dominique si erano appostate sfoderando quel suo
insopportabilmente adorabile sorriso sibillino.
“E
dove sarebbe?” Dominique alzò un sopracciglio, scettica. “Davanti a me vedo
solo un monocellulare dalla dubbia razza.”
“Ah
ha. Molto spiritosa, donna. Allora, balliamo o no?” Insistette lui tuttavia e
alla fine, anche se non senza uno sbuffo spazientito, lei aveva accolto
l’invito.
Ovviamente
non aveva accettato la sua mano e si era diretta alla pista senza degnarlo di
uno sguardo, ma James aveva trovato la cosa divertente e, con un sorriso, le
era scodinzolato dietro.
A
quel punto Rose era rimasta a guardarli per un lungo istante, ridacchiando di
fronte all’evidente riluttanza di Dominique a lasciarsi andare, per poi
saltellare con lo sguardo da una coppia all’altra di ballerini.
Albus
aveva provato a schiodarla dalla sedia, ma senza alcun successo, tanto che alla
fine si era visto costretto ad arrendersi. In quel momento stava volteggiando
per tutta la pista con una sorridente Roxanne, dando letteralmente spettacolo.
Sembrava davvero felice e lei, come ovvio, non poteva non risentirne
positivamente di riflesso.
Spostò
lo sguardo e intercettò i movimenti del tutto fuori ritmo di suo fratello con
Lily. Ballavano in un modo così scoordinato, che sembrava stessero inscenando
il ballo delle foche, più che altro. Ma quello era il loro modo di divertirsi e
andava bene così, tutto sommato.
James
e Dominique stavano continuando a pestarsi i piedi a vicenda. Zia Ginny rideva
entusiasta tra le braccia di un goffissimo zio Harry, mentre sua madre tentava
invano di convincere suo marito Ron a ballare, salvo poi venire trascinata da
un radioso zio George. Nonna Molly continuava a disperare lo zio Charlie con le
sue idee sul metter su famiglia.
Rose
sorrise e, per distrarsi, bevve un sorso d’acqua.
Era
contenta, come non aveva mai creduto possibile. Ed era contenta con Scorpius
Hyperion Malfoy, l’ultima persona che avrebbe mai sospettato poter essere un
giorno la causa della sua gioia. Scosse il capo al pensiero sciocco, mentre in
automatico con la mano andava a recuperare qualcosa dal fondo della borsetta
dannatamente pervinca. Una spilla, per l’esattezza. La tirò fuori guardinga,
concedendosi un sorriso sognante solo quando riuscì a vederla.
Non
riusciva ancora a crederci. Una spilla. Scorpius le aveva comprato una spilla.
“Chiudi
gli occhi.” Le aveva detto, seduta – non senza un certo imbarazzo – sulle sue
gambe, mentre erano sul treno che li avrebbe condotti per l’ultima volta via da
Hogwarts.
Lei
aveva obbedito e lui aveva iniziato a giocare con un lembo della sua maglia.
“Aprili, adesso.” Aveva detto, alla fine.
Rose
li aveva aperti e doveva aver assunto un’espressione davvero buffa alla vista
di quella spilla dorata a forma di rosa, con lo stelo delicatamente artigliato
dalle spire di un serpente, incurante delle spine, perché Scorpius aveva fatto
un sorriso sghembo saturo di divertimento.
“Non
ti piace?”
“N-
No … cioè, sì, sì che mi piace! È solo che …” Aveva aggrottato la fronte,
confusa, mentre cercava il suo viso. “Perché?”
Scorpius
aveva scrollato le spalle, con indifferenza. “Così non mi dimenticherai.”
-Già, come se fosse possibile.-
Rose scosse il capo, posando la spilla nella borsa e lasciandosi sopraffare da
un sospiro. Cosa ne sarebbe stato di loro, adesso che non c’era Hogwarts a
proteggerli? Non si riferiva solo a lei e a Scorpius, ma anche ad Albus, ad
Ottavius, ad Edmund …
La
vita si apriva davanti ai loro occhi più accecante che mai e lei ne era
affascinata, sì, ma anche profondamente intimorita. Non era sicura che avrebbe
imparato a vedere in tutto quel bagliore. Dietro di lei, c’era tutto ciò che
aveva sempre conosciuto; davanti, invece, c’era l’ignoto.
-Basta Rose.-
S’impedì di continuare. –Basta pensarci,
adesso non servirebbe. È il matrimonio di Victoire e di Teddy, conta solo
questo.-
Il
pensiero la fece rilassare all’istante. Ma l’aver accennato ad Edmund non poté
non provocare una reazione a catena, accendendo altri ricordi che di vecchio
avevano ben poco. Trovava ancora assurdo ciò che le aveva detto, quando le si
era avvicinato, poco prima di scendere dal treno.
Scorpius
era andato a cambiarsi e lei ne aveva approfittato per controllare la
situazione per l’ultima volta. Michael Grays le aveva sorriso appena quando
l’aveva vista, ancora offeso con lei per la storia di Scorpius, ma non vi aveva
badato ed era andata avanti. Edmund si era fatto trovare nella carrozza
successiva, accanto all’entrata, già munito di jeans e maglietta scuri.
Nel
scorgerlo, Rose aveva avvertito un magone e una vaga percezione di dovergli
dire qualcosa. Tuttavia l’ansia aveva avuto il sopravvento e, dopo un paio di
boccheggi vuoti, aveva deciso di lasciar perdere. Quindi era andata per la sua
strada, come dal piano originario, ma nel superarlo era stata bloccata dal tono
dimesso della sua voce.
“Mi
dispiace.” Le aveva detto, ancora troppo freddo e distaccato da come sarebbe
richiesto, però abbastanza sincero da destare la sua curiosità e convincerla a
voltarsi verso di lui.
Edmund
aveva l’aria impenetrabile di sempre, se solo non fosse stato per il velo
ombroso sceso nei suoi occhi. La stessa che gli aveva visto distintamente alla
festa, la sera prima, e che continuava a scorgergli ad intermittenza in quegli
ultimi mesi. Rose non lo conosceva bene, eppure era sicura di non sbagliarsi
nell’affermare che quello era il suo modo di dimostrare la propria sofferenza e
forse proprio per questo non poteva fare a meno di sentirsi in colpa, almeno
per una piccola parte.
“Non
era contro di te, ma eri una minaccia per me. Sei l’unica di cui Scorpius
avesse potuto davvero innamorarsi. Dovevo impedirlo. Andava fatto. Anche se i risultati non mi hanno dato ragione.”
Per
una qualche ragione, le parole che Edmund le aveva rivolto, l’avevano colpita.
“Potete ancora ritornare amici se-”
Lui
aveva sospirato e aveva sorriso, ma di un sorriso triste. “No.”
Poi
l’aveva visto andare via, senza darle possibilità di reazione, con una marea di
domande ancora insoddisfatte ma, almeno, con in più qualche risposta.
Rose
continuava a non capire appieno le sue motivazioni, ma il sapere che non aveva
inscenato tutta quella farsa solo perché era lei, era qualcosa che andava ben oltre le sue speranze. Da quando
la verità era salita a galla, aveva sempre creduto che il ragazzo non l’avesse
voluta tra i piedi perché era una Weasley. Ma si era sbagliata, non era mai
stato quello il problema.
Dopotutto,
non aveva capito poi molto di Edmund Theodore Nott.
“Ehi,
testimone! Balliamo?”
La
domanda la ridestò all’istante da ogni elucubrazione mentale. Rose alzò il capo
e non riuscì a dissimulare l’aria spaesata quando incrociò il viso allegro di
Fred Junior. Di fronte al suo mutismo, tuttavia, il cugino parve interpretare
in modo diverso quell’espressione.
“E
dai! Giuro che non ti pesterò i piedi!” Promise difatti, disegnando una croce
sul petto e roteando al contempo gli occhi.
A
quel punto non seppe evitare di ridacchiare, divertita. “Semmai mi preoccupo
del contrario. Non sono una brava ballerina, come sai.”
“Perfetto!”
Ancora una volta, Fred prese le sue parole con entusiasmo, in netto contrasto
con ciò che avrebbe dovuto essere. “Ho sempre desiderato farmi pestare i piedi
dalla testimone della sposa!”
Non
poté rifiutarsi, stavolta, e, sbuffando tanto per sottolineare il proprio
disinteresse per la danza, si alzò dalla sedia per prendere la mano che il
cugino le porgeva.
Fred
la condusse sulla pista, accanto al punto dove George faceva volteggiare Hermione
come una trottola, e una volta qui la strinse affettuosamente tra le braccia
per allestire un lento che mal si adattava alla canzone ma che almeno le
permetteva di rimanere in piedi senza fare figuracce.
“Allora.”
Iniziò una volta preso il loro ritmo. “Cosa mi racconti di te e Scorpius
Malfoy?”
La
domanda le rimase incastrata in gola, quasi fosse stato un bocconcino sceso
male.
Rose
tossì un paio di volte, divenne paonazza e sprofondò il viso nella giacca del
cugino. “C- Chi …?” Mormorò solo, in un sussurro, imbarazzatissima.
Fred
sogghignò. “Indovina?”
“Ah.
Hugo.” Nel momento stesso in cui il nome le era venuto fuori dalle labbra,
seppe di averci preso in pieno.
Strinse
i pugni, per istinto, e si chiese con quante persone avesse già parlato di lei
e-
“Se
te lo stai chiedendo, lo sappiamo solo io e James. Diciamo che glielo abbiamo
estorto con la forza. Qualcosa come lealtà tra Malandrini.” Fred scrollò le
spalle, soprapensiero, per poi puntare due dita sotto il mento della ragazza e
costringerla a guardarlo in viso. “Non essere dura con lui. Ci sta male per
questa storia.”
-Lo so.-
Avrebbe voluto rispondergli, ma si limitò ad abbassare il capo, di nuovo.
Adesso si sentiva tremendamente in colpa anche solo per aver pensato che Hugo
avesse potuto fare la spia.
Poi
un pensiero la colpì. “Aspetta. James lo sa? E non ha ancora spifferato niente
a nessuno?” Era sorpresa, anche piuttosto notevolmente.
“Ricordi?
Lealtà tra Malandrini.”
Ovviamente.
Scosse il capo e decise di lasciar perdere, concentrandosi solo sui suoi passi.
Stava andando anche piuttosto bene, quando sul meglio la canzone finì per
lasciare il posto ad una molto più movimentata.
Fred
comunque non sembrava intenzionato ad assecondare il ritmo della nuova melodia
e continuava a strascicare i piedi al passo con lei. Tuttavia l’arrivo di
qualcun altro, tra loro, gli impedì di concedersi il secondo ballo con la
cugina. Era Ron, venuto a reclamare l’attenzione della figlia.
“Che
vogliamo fare, figlioccio? Non credi che un povero vecchio meriti di ballare
almeno una canzone con la propria prole?”
Il
diciannovenne sorrise, smagliante. “Certo che sì, padrino. A te la dama.”
Disse, porgendole la mano di Rose e dileguandosi a cercare Lily.
Seppure
con una certa goffaggine, Ron aveva stretto la vita della sua primogenita e
aveva iniziato a muoversi ora a destra ora a sinistra, senza alcun senso del
ritmo. La cosa la fece ridere, divertita, e convincere a dare una mano al suo
imbranato paparino. Gli si allacciò al petto e, a fatica, seguì i suoi insoliti
passi.
“Pensavo
odiassi ballare, papà.”
“Infatti.
Anzi, mi sa tanto che tua madre mi ucciderà dopo.” Mormorò, talmente tanto
terrorizzato dalla prospettiva da strapparle un’altra risata, per poi
rispondere alla sua muta domanda. “Ma non potevo non ballare con la mia Rosie, no?”
“Sì,
papà.” Lo strinse forte, felice, rilassandosi nel suo caloroso abbraccio.
“Rose,
lo so che è una cosa tra fratelli … e beh, che dovrei farmi gli affari miei …
certo, se credi sei libera di non rispondermi! Anzi fai finta che non ti abbia
detto niente e-”
“Papà!”
Ron
si bloccò, ansimante e rosso per lo sforzo, sorridendo solo quando appurò che
Rose non era affatto arrabbiata con lui, al contrario appariva serena e
rilassata.
“Vuoi
sapere perché io e Hugo quasi non ci parliamo?”
Lui
arrossì ancora di più. “L’ho sempre detto che hai il cervello di tua madre!”
Rose
sghignazzò al commento, ma subito ritornò seria quando il pensiero cadde a
Scorpius e alla reazione glaciale avuta dal fratello dinanzi alla loro storia.
“Avete
litigato?” Azzardò Ron, cauto.
“No.”
Scosse il capo lei. “Abbiamo solo delle opinioni divergenti su una cosa, ecco.”
Non
era una bugia, più una mezza verità. Accettabile, per il momento. E comunque
non avrebbe potuto fare di meglio, pure volendo.
“D’accordo.
Ti dispiace se dirò a tua madre la stessa cosa, quando me lo chiederà?”
Rose
non fu sorpresa di sapere che la mamma c’entrava qualcosa in quel discorsetto,
ma lasciò perdere. “Okay.” Acconsentì piuttosto, per poi farsi cullare dalle
braccia lunghe e goffe di suo padre in un silenzio intercalato solo dalle noti
di una canzone particolarmente melensa.
~
“Non
hai fame, Eddie?”
Edmund
alzò il capo e, con lentezza, girò il collo di novanta gradi, verso sinistra.
Sua madre, seduta ad uno dei due capitavola, lo guardava con un sopracciglio
nero inarcato, negli occhi antracite una traccia di animata preoccupazione.
Aveva poggiato le posate sul piatto, delineando una v precisa, e aveva puntellato i gomiti sul ripieno di legno
d’acero, incrociando le dite per permettere al mento di potervi trovare
l’appoggio ideale.
Non
si era mai tolta l’abitudine di utilizzare quello pseudonimo nel rivolgersi a
lui. L’aveva coniato quando era ancora un bimbetto alto poco più di un metro,
con pochissimi amici e l’aria taciturna sempre stampata in viso. Diceva che gli
stava bene, ma in verità stava solo cercando di farlo sembrare più bambino di
quanto dimostrasse, senza mai riuscirci, ma senza mai smettere di provarci.
Sua
madre era così, dopotutto. Caparbia e anche un po’ prepotente quando
s’impuntava su qualcosa di particolare valore per lei. E ci teneva
all’esteriorità, a mostrare una parvenza di perfezione che suo marito si
accingeva ad assecondare, apaticamente, come tendeva a fare con ogni suo
capriccio.
D’altro
canto, non era novità per nessuno che Theodore Nott aveva amato sua moglie da
molto prima di poterla avere per sé.
Era
stata una corte discreta, quasi invisibile, che non aveva mai trovato
manifestazioni plateali nel suo incedere lento. Pansy stessa non aveva saputo
niente per anni e forse non l’avrebbe mai capito, se solo non fosse stata in
grado di leggere tra le righe di un complimento sottile, quasi inavvertibile.
Ma da quel momento, cadere al fascino ombroso di un Nott era stato quasi
automatico per lei.
Ciò
nonostante, a distanza di anni, Theodore e Pansy rimanevano le stesse persone
antitetiche di un tempo, che nessuno avrebbe azzardato associare, figurarsi
immaginare sposati.
Edmund
scivolò con un battito di palpebre da quei pensieri per concentrarsi sul viso
apprensivo della madre.
“Stavo
solo pensando.” Le rispose, ritornando a fissare il suo piatto e provando ad
ingollare una fetta di carne succulenta.
Non
aveva fame, ma odiava vederla preoccuparsi per lui, soprattutto quando non ce
n’era affatto bisogno. Non più del solito, perlomeno.
La
sentì sospirare e poté quasi figurarsela mentre intrappolava una ciocca di
capelli nerissimi, in uno studiato caschetto, dietro un orecchio. Perfetta come
sempre, anche per pranzare con il proprio figlio.
“Theodore
non sa cosa si è perso.” Commentò all’improvviso, all’apparenza con
superficialità, toccando però in realtà corde affusolate come capillari. “Ma
sono sicura che non sia colpa sua. Probabilmente avrà avuto qualche problema al
lavoro.”
“Già.
Forse.” Annuì lapidario Edmund, senza particolare entusiasmo nella voce,
lasciandosi sfuggire un sospiro solo quando lo sguardo gli ricadde verso
destra, al posto inesorabilmente vuoto.
Suo
padre aveva già saputo di lui e Scorpius? Cosa ne avrebbe pensato? Lo avrebbe
deluso?
-Ovviamente.- Si
rispose, stringendo le labbra in una linea finissima. –Non potrebbe essere altrimenti. Non sono neppure in grado di tenermi
quei pochi amici che abbia mai avuto.-
Il
pensiero, più che rammaricarlo, lo rese ancora più duro e severo con se stesso.
Ormai
l’appetito era andato del tutto perduto, senza possibilità di revoca, e fu una
fortuna sfacciata che fosse arrivato il momento del dolce. Edmund spiluccò
qualcosa, più per far felice sua madre che per reale languore, e accennò ad un
sorriso rassicurante ogni qual volta gli occhi della donna ricadevano su di
lui, il che succedeva ad intervalli regolari. Quando il pranzo giunse al
termine, comunque, fu contento di poter scivolare da quello sguardo inquieto
per rifugiarsi nella biblioteca di famiglia.
Non
aveva effettivamente alcun desiderio di leggere, però era un posto sicuro
quando voleva starsene per conto suo. Aprì il primo libro a caso, gettando
occhiate fugaci alle immagini che si alternavano tra le pagine, e sbuffò
spazientito quando non trovò particolare stimolo a continuare. Abbandonò il
libro sullo scrittoio antico lì di fianco e si sedette con un sospiro sulla
poltrona zafferano.
A
breve sarebbe arrivato a fargli visita Ottavius, come preannunciato. Con ogni
probabilità, si sentiva in colpa perché lui, a sua differenza, aveva fatto pace
col cugino. In quegli ultimi tempi Edmund si era tenuto a distanza anche dal
ragazzo per permettere, almeno a lui, di riappacificarsi con Scorpius.
Alla
fine c’era riuscito, ma Ottavius sembrava essersi intestardito nel volersi
addossare la responsabilità dell’accaduto. Sapeva essere sconvenientemente
ingenuo, alle volte. Come quando si ostinava a farli ricongiungere, senza
capire che era tardi … che era troppo
tardi, per lui.
Chiuse
gli occhi e li riaprì solo quando il rumore esterno del campanello s’insinuò
nel silenzio surreale del posto. Controllò l’orologio. Ottavius era piuttosto
in anticipo sull’orario dato.
Ciò
nondimeno, si alzò dalla poltrona ed uscì dalla biblioteca, diretto
all’ingresso per accogliere il suo amico.
Ma
non era lui. Era una lei, alta e
stupenda. Capelli neri, lunghi e lucente, fisico asciutto, slanciato, e due
occhi di un assurdo marrone caramellato.
“Madison.”
Lei
gli sorrise, appena. “Ciao, fratellino.”
~
Era
a dir poco sorprendente il modo in cui il cielo – una distesa infinita di un
turchese intenso – sapeva mutare e trasformarsi con tanta semplicità dinanzi ai
suoi occhi abbacinati. C’era il sole, un disco dorato croccante e luminoso;
c’erano gli uccelli, adunatisi in stormi regolari e precisi; e c’era l’azzurro,
così brillante da rimanerne travolti. Poi, l’attimo dopo, per una magia antica
quanto la vita o forse persino di più, il sole aveva pigramente iniziato la sua
calata, verso occidente, e di tutto quel celeste non era rimasto che un caldo
indaco, sapientemente screziato da dolci pennellate ora arancia, ora viola, ora
rosa.
Uno
spettacolo così particolare che era difficile dubitare della sua bellezza.
Nessuna mano di nessun pittore, neppure il più esperto, sarebbe mai stato in grado
di riproporre una visione del genere. Perlomeno non senza sbavature piccole sì,
ma percettibili come il respiro del vento sul viso.
Scorpius
ne era pienamente cosciente mentre, in piedi davanti all’enorme finestra della
sua camera, si pregustava il lento predominio della notte. Aveva sempre
immaginato l’esistenza di un arcaico diverbio tra il giorno e la notte su chi
dovesse riempire la volta celeste. Da bambino, aveva pensato che aurora e
tramonto fossero in realtà il frutto degli scontri tra i due contendenti e che,
quando si incontravano di petto, provocassero dei giochi di colore che
spiegavano l’esistenza di tante morbide sfumature.
Adesso
che ne sapeva la natura scientifica, non poteva però negare che una simile
concezione era decisamente più interessante e fonte di attrattiva.
In
quelle contemplazioni dal retrogusto dell’ignoto, Scorpius trovò automatico
accomunarvi alcuni dei tratti che avevano sancito la sua vita, in quell’ultimo
periodo.
Prima
di innamorarsi di Rose, era stato come la notte più buia. Aveva vissuto nella
certezza che niente fosse nemmeno paragonabile alla rassicurante presenza
dell’ombra che sapeva riempire il suo mondo. Non aveva cercato altro, sicuro
che nulla potesse valergli la pena e dargli qualcosa in più di quanto già posseduto.
Poi
si era scontrato contro di lei e da quell’incontro erano sgorgati mille altri
colori. Colori che neppure sapeva di avere, in tutto quel nero. Ma Rose era
come il giorno e, incrociandola, aveva ottenuto da sé più sfumature del dovuto,
e aveva capito, in un flash fotografico, che il suo mondo era soltanto un
posticino tranquillo, al sicuro, che però gli precludeva il resto.
La
cosa più bizzarra, in tutta quella storia, era il modo in cui era iniziata. Da
una semplice, banalissima fotografia. Una fotografia che non aveva niente della
dinamicità magica, bensì si concretizzava su un’unica immagina, statica e
fissa.
Allora
veniva da chiederselo e da sorridere, quando poi la domanda non trovava
risposta soddisfacente: come poteva una fotografia tanto arretrata
tecnologicamente, comportare un simile travolgimento?
Scorpius
ripensò alle prime parole che aveva detto a Rose, quando lei aveva ingenuamente
creduto che volesse abusare in quel
senso di lei. All’epoca le aveva detto che non era il suo tipo, che non aveva
alcun desiderio di fare sesso con lei e che non si sarebbe mai perdonato se
l’avesse privata in un simile modo della sua illibatezza.
Alla
luce di quanto accaduto e dei suoi sentimenti, si sentiva di ribadire solo
l’ultima cosa.
Non
ne avevano ancora mai parlato – era ancora troppo presto per lei, glielo
leggeva negli occhi senza il bisogno di chiederglielo – tuttavia, almeno per
quanto lo riguardava, la desiderava con e più vivacità di quanto avesse mai
desiderato nessuna. Eppure era così maledettamente innamorato di lei, da avere
paura di sciupare tutto per quella sua voglia carnale. Non voleva ferirla e per
questo non osava chiederle di più, gli bastava averla vicino e sapere che era
sua, almeno metafisicamente.
Paziente
ed irriconoscibile in quel suo nuovissimo ruolo, attendeva che Rose si sentisse
pronta e che lo capisse da sola, per farsi trovare lì al momento in cui lei
avesse voluto.
Era
ancora così … surreale, sì, il modo
in cui aveva saputo tramutarsi da rivale perfetta a ragazza ideale.
Scorpius
stentava a crederci, tutt’ora.
Non
aveva neppure mai sospettato di poter provare, un giorno, un simile sentimento
per una persona estranea al suo cerchio di amicizie; per di più se quella
persona era Rose Sophie Weasley.
Nondimeno
il suo cerchio aveva subito un radicale cambiamento in quegli ultimi tempi,
quasi impossibile da credere.
Scorpius
aveva scardinato i vecchi legami, ripudiato il suo più caro amico, per farvi
entrare lei e la sua strampalata famiglia.
In
quel gruppo singolare, non poteva mancare l’unica persona in grado di capirlo
perfettamente. Albus Severus Potter. Il ragazzo che, in un solo colpo, si era
innamorata di lei e aveva pestato lui.
Sorrise
nel ricordare quel giorno, nonostante la stilettata al petto nel ritrovare il
dolore.
Era
stato scioccante ma naturale carpire il suo stesso sentimento negli occhi verdi
di Albus. Talmente lampante che si era stupito di non averlo notato prima. Aveva
letto la sua sofferenza per quell’amore impossibile, non corrisposto, e si era
sentito angosciato per le sorti di quel vero Grifondoro.
Ma
Albus aveva saputo uscirne, alla fine. In qualche modo, chissà come. Si era
dimostrato molto più forte di quanto lasciava intendere.
Anche
i loro rapporti, lentamente, erano ritornati sereni come quelli di un tempo.
Anzi, a giudicare dalla loro ultima conversazione, forse erano persino
migliorati. Era stato un sentore, di sicuro per entrambe, che avevano provato
quando, sul treno, si erano scontrati nella porta del bagno.
Scorpius
che ne usciva cambiato; Albus che ne entrava per fare lo stesso.
Si
erano guardati per un lungo istante, in silenzio, poi il moro aveva sorriso,
con semplicità.
“Adesso
che stai con mia cugina, non dovrò chiamarti cognato, vero Serpeverde?”
Lui
aveva ghignato, divertito. “No. Penso di no. Non sono neppure sicuro che sia la
parola giusta, Grifondoro.”
“Meglio
così, mi sono tolto un peso di dosso.” Albus aveva sghignazzato, entrando nel
bagno al posto suo, ma prima di chiudersi la porta alle spalle si era voltato
ad osservarlo con cipiglio esageratamente serio. “Per la storia dell’altra
volta, io-”
“Lascia
perdere.” Aveva stroncato il discorso sul nascere Scorpius, scacciando l’aria e
le scuse che già la riempivano. “Il passato è passato, giusto?”
L’altro
era rimasto dapprima interdetto, poi si era lasciato andare ad un sorriso
liberatorio. “Giusto.” Aveva confermato, alzando il pollice, per poi
richiudersi nella cabina.
Era
stato stranamente facile ritrovarlo. Quasi non si fossero mai presi a pugni, in
quel corridoio. E Scorpius aveva capito all’istante che sarebbe stato diverso,
senza Albus dalla loro parte.
Stava
ancora rimuginando su simili pensieri quando la porta si aprì con un colpo
secco e, senza bussare, Ottavius fece il suo trionfale ingresso.
“Grandi
novità, cugino!” Esordì, sfregandosi le mani con aria sibillina.
Scorpius
sospirò, voltandosi verso di lui senza particolare entusiasmo. Non era certo
una novità che il ragazzo trovasse interessante parecchie cose. Era ormai
avvezzo a quel genere di cose e, perciò, non riusciva ad incuriosirsi per
quella premessa.
Ma
per una volta, le notizie che portava Ottavius erano davvero speciali.
“Sono
andato a casa di Edmund prima, e sai chi c’era? No, non puoi saperlo. Ebbene,
tieniti forte: Madison!”
“Madison?”
Ripeté con voce strascicata l’altro, adesso chiaramente perplesso.
Che
ci faceva Madison lì? Era ritornata per restare? Quando era arrivata?
In
un sol fiato, Ottavius rispose a tutti i suoi muti quesiti. “È tornata oggi
stesso, pare che non se ne andrà a lungo. Ma ci pensi?! Madison è ritornata!
Non è strano?”
-Sì, è strano.-
Scorpius sospirò, assorto, e il pensiero scivolò in un secondo sulla spilla che
aveva regalato a Rose. Distrattamente si chiese se avesse già scoperto il
segreto che si celava al suo interno. Se avesse già trovato il meccanismo per
rispolverare il messaggio che aveva lasciato per lei e che, bizzarramente, si
scontrava alla perfezione con lo stato attuale dei fatti. –Nella fine, il principio.-
~
Il
giorno stava ormai per finire, portandosi dietro anche la scia delle ultime
risate. In via sommaria, Albus poteva dire che la sua numerosa famiglia aveva
dato fondo a parecchi alcol e che la musica non si era mai fermata con tutti
quei ballerini sempre in pista. Ovviamente suo fratello e Fred erano stati le anime
dello spettacolo, invitando a ballare e a bere chiunque capitasse loro a tiro.
Ad un certo punto avevano persino improvvisato un ballo a tre con nonna Molly,
tra risate divertite e lacrime di gioia.
In
quel momento i più erano crollati sulle sedie, stanchi morti, e solo pochi
continuavano a battere i piedi. Louis era sprofondato in un sonno rumoroso, con
la faccia riversa sul tavolo. Hugo e James avevano circuito la sposa, che
veleggiava come una farfalla sulla pista improvvisata. Poco lontano Lily e Roxanne
si esibivano in un duetto alquanto buffo da vedere, che faceva mantenere i
restanti cugini e i vari genitori sulle sedie a ridere e a scherzare.
“Ehi
Al, la finisci quella?”
Sentendosi
chiamare, il ragazzo si voltò giusto il tempo per vedere Teddy capitombolare a
terra, dopo essere inciampato tra i suoi stessi piedi, e rialzarsi l’istante
successivo quasi fosse stata ordinaria amministrazione. Albus scosse il capo,
sghignazzando. Era un caso disperato, disperato
…!
“No,
prendila pure.” Rispose tuttavia, porgendogli il piatto con la torta ancora
intatta che neppure si era accorto di avere davanti al naso.
Teddy
sorrise, entusiasta, tuffandosi nella porzione con una tale foga come se non
mangiasse da secoli.
“Allora.”
Proruppe all’improvviso, tra una forchettata e l’altra. “Come va? Mi sembra che
tu stia meglio.”
Albus
annuì, sorridendo. “Sì, va meglio.” Confermò, ritornando col pensiero ai baci
di Alicia e al modo in cui riusciva incredibilmente a farlo sentire sereno,
rilassato.
Il
giovane Lupin per tutta risposta si concesse un lungo attimo per scrutare ogni
indizio che il suo viso lasciasse trapelare, poi, non notandone nessuno di
rilevante importanza, decise di rinunciare. La cosa, però, non lo fece
deprimere, al contrario. Era sollevato adesso, gli sembrava di essersi tolto un
peso amaro dal petto, perché di certo non gli faceva piacere vedere il ragazzo
soffrire a quel modo.
“Meglio
così.” Scrollò le spalle, con finta indifferenza. “Sai, detto tra noi, eri
diventato un musone.”
“Già,
già!” Rise divertito Albus, anche lui decisamente più sollevato rispetto alla
loro ultima conversazione. “A proposito, per allora-”
“Bah,
non ci pensare! L’importante è che tu stia bene adesso, no?” Teddy gli fece
l’occhiolino, complice e sincero, come sempre, e l’altro pensò seriamente che
il mondo dovesse girare al contrario.
Possibile
che nessuno volesse farsi chiedere scusa da lui?! Mah. Eppure lui desiderava poterle fare!
“Teddy!
Al! Venite anche voi!” Dalla pista la voce di Victoire che li incitava ad
alzarsi e a raggiungerla cancellò ogni traccia seria del discorso che stavano
facendo, convincendoli con una sola occhiata ad accodarsi al capannello di
persone che, intanto, James e Hugo si accingevano a recuperare.
“Andiamo
anche noi, Rosie!” Fred, seduto di fianco alla ragazza, la prese letteralmente
tra le braccia e, incurante delle sue proteste, la costrinse a ritornare in
pista.
“Fred,
solo perché mio padre è anche il tuo padrino, non significa che tu puoi fare tutto
ciò che vuoi con me!” Lo ammonì
subito Rose, corrucciata.
Come
sempre, lui anziché prenderla sul serio, scoppiò in una risata sfrontata. “E
dai Rose, non fare la guastafeste! E poi sei uno spasso quando balli!”
“Fred!”
Ma
il ragazzo non la stava già più a sentire, perché la musica riempiva il
giardino e le chiacchiere in frammentavano gli intercalari sonori. Sbuffò, ma
l’attimo dopo stava già ridacchiando e ballando a sua volta tra Victoire e
Dominique. Anche tutti gli altri Weasley si erano adunati e lo zio George aveva
decretato che era necessario un dj, alias egli stesso, affiancato da Ron e da
Harry, nonostante le occhiate esasperate delle rispettive mogli.
Solo
indistintamente Rose rifletté che quello sarebbe stato il suo ultimo giorno
spensierato, prima di tuffarsi nella vita vera e nei problemi che ne sarebbero
venuti. Eppure adesso non aveva paura, vuoi per il clima allegro, vuoi per la
presenza tanto ravvicinata di tutta la sua famiglia. E poi c’era Scorpius
accanto a lei, perciò, a parte dirlo a suo padre, il resto sarebbe stato per forza una barzelletta.
~
Non è la mera fotografia
che mi interessa.
Quel che voglio è
catturare quel minuto,
parte della realtà.
[Henri
Cartier-Bresson]
The End
[Countdown:
112.935 –Pages: 157]
N/A
Non mi sembra vero,
ancora stento a credere di aver messo per
davvero la parola “fine” a questa storia. Devo dire che scriverla mi è
piaciuto tantissimo e lo devo soprattutto a Rose, che in più di un’occasione ha
rispecchiato i miei veri sentimenti. Credo che tutto sommato, ci sia un po’ di
Rose in ognuno di noi, una ragazza forte, sensibile e meravigliosa che aspetta
solo di venire allo scoperto.
Questi venti capitoli
hanno racchiuso un mondo sospeso tra l’adolescenza e i problemi del divenir
grande, e spero di essere riuscita ad esprimere bene e a dovere tutto ciò che
d’importante c’era da chiarire. E poi, diciamocelo, Rose e Scorpius sono
stupendi in tutte le versioni. E Edmund … ecco, lui è uno di quei personaggi OC
che credo mi porterò sempre nel cuore, sì. Mi piacerebbe solo sapere se
quest’ultimo capitolo vi ha dato una visione più ampia di lui, dei suoi ultimi
atteggiamenti, della sua essenza. Credo che la parte del pasto con la madre sia
d’importanza estrema per meglio avere un’idea dell’Edmund Theodore Nott di
questi venti capitoli.
Ottavius, ovviamente, è
sempre quel ragazzone adorabile e maledettamente ingenuo di sempre, ma vabbè,
ci piace così, no? ^.-
Avevo già iniziato da
tempo la stesura di un sequel, ma ci sto ancora lavorando e con la mancanza
d’ispirazione attuale, non aspettatevi grandi progressi. Però farò di tutto per
portare avanti il progetto, perché ci tengo e perché credo che siano ancora
molti i personaggi a cui devo dare maggior rilievo.
Detto questo, vorrei
ringraziarvi, come e più di sempre. Tutti voi, anche solo leggendo questa
storia, siete stati a dir poco essenziali per me. Mi avete supportato, mi avete
capita e, perché no, anche consigliata talvolta. E io vi ringrazio, grazie grazie grazie di cuore, per il
vostro immancabile sostegno. E grazie soprattutto a chi non si è mai stancato
di recensire, esprimendo così il proprio parere e dandomi in tal modo la
possibilità di perfezionarmi, laddove era necessario. E grazie per essermi
stati vicini, per aver condiviso con me questa storia, nel bene e nel male. Grazie. Davvero, grazie.
Spero che quest’ultimo
capitolo – non ci crederò nemmeno quando potrò mettere il flag su “conclusa?”,
“sì” – sia stato degno delle vostre aspettative, spero di non avervi delusi,
spero così tante cose che non so neanche io bene cosa sperare.
Oh, la citazione iniziale
del capitolo … io la amo. È stupenda. Stupenda!
Bene, adesso vado, prima
che mi metta a sciorinare tutto quello che vorrei dirvi, anche se poco inerente
alla storia. XD
Grazie ancora a tutti,
siete stati meravigliosi, come sempre.