La storia dietro la storia

di Lady_Moon_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo I ***
Capitolo 2: *** Capitolo II ***
Capitolo 3: *** Capitolo III ***



Capitolo 1
*** Capitolo I ***


Jack volava verso Arendelle colmo di felicità. La piccola principessa di quel regno infatti era l’unica persona che poteva vederlo e questo fatto lo colmava di gioia. Il suo nome era Elsa ed era la sua bambina preferita. Non solo perché lo poteva vedere, ma soprattutto perché anche lei possedeva dei poteri del giaccio. Giocavano insieme più che potevano e spesso creavano silenti alleanze contro Anna, la sorella minore di Elsa. Anna non poteva vederlo, ma lo spirito adorava quella bambina dal sorriso birichino e gli occhietti vispi. La trovava buffa e divertente, così diversa dalla sorella maggiore, aggraziata e composta.
Era finalmente arrivato ad Arendelle e come sempre si posizionò sulla guglia più alta del castello ad ammirare il villaggio. I bambini che giocavano a rincorrersi. Le loro madri che li richiamavano. Il mercato pieno di gente, colori e profumi diversi. Gli alberi con le foglie gialle e rosse ormai cadute. Poi con un gesto del suo bastone la temperatura scese di qualche grado, il vento soffiò un po’ più forte staccando anche le foglie più ostinate, il cielo si coprì di nuvole e piccoli e candidi fiocchi di neve iniziarono a cadere. Tutti gli abitanti guardarono il cielo e sorrisero felici. L’arrivo dell’inverno era sempre festeggiato con una grande festa ad Arendelle. Jack soddisfatto delle reazioni dei paesani volò leggero fino alla finestra della stanza della piccola principessa. Quando entrò però la vide seduta per terra con le gambe strette al petto e la schiena appoggiata al muro. Sembrava spaventata. Guardando bene, Jack vide che nel punto in cui Elsa era seduta il muro e il pavimento si stavano ghiacciando. Lo spirito fece qualche passo avanti preoccupato. Appena la bambina lo vide si alzò e gli corse incontro abbracciandolo di slancio. Il ragazzo la strinse a sé protettivo e sentì che la piccola principessa stava piangendo. Iniziò ad accarezzarle la testa. Quando si calmò la allontanò leggermente per poterla guardare negli occhi e le chiese cosa fosse successo.
- Ho fatto male ad Anna con i miei poter. – disse la bimba tra i singhiozzi. – Stavamo giocando e lei ha saltato e voleva che la prendessi, allora ho cercato di creare un po’ di neve, ma era troppo veloce e ho sbagliato. L’ho colpita sulla testa, le ho messo del ghiaccio nella testa e lei non si svegliava più. – Jack continuava a stringerla a sé e ad accarezzarle i capelli per calmarla. – I troll l’hanno guarita, ma mio padre non vuole più che usi i miei poteri o potrei fare del male a qualcun altro. - la principessina lasciò andare un singhiozzo più forte che fece stringere il cuore dello spirito.
– Tuo padre sbaglia. I tuoi poteri sono parte di te non puoi semplicemente ignorarli. Se vuoi ti posso insegnare io a controllarli. Vuoi?         
- Sì – sul viso di Elsa si aprì un sorriso incerto. Jack ne fu felice e iniziò ad insegnarle quello che sapeva.
Passarono molti inverni da quel giorno. Elsa stava migliorando, ma lo spirito vedeva ancora un po’ di paura nei suoi occhi. Lui non lo sapeva, ma lei usava i suoi poteri solo quando erano insieme. Da sola aveva troppa paura di rischiare, mentre con Jack si sentiva al sicuro. Quell’inverno quando arrivò ad Arendelle volò subito nella camera di Elsa. Non vedeva l’ora di mostrarle il nuovo trucchetto che aveva imparato. Ormai la bambina che conosceva era diventata una ragazza alta e di una grande bellezza. Una vera principessa, graziosa e sempre composta, rigida ed elegante come un cristallo di neve.
Quando arrivò, però, la vide seduta per terra a piangere. Le pareti della stanza erano ormai completamente ghiacciate e dei fiocchi di neve cadevano sulla sua esile figura. Jack entrò e le si avvicinò lentamente. Il fiato si condensava appena usciva dalle sue labbra e la luce cupa lo spaventava un po’.
- Elsa… - disse con un filo di voce mentre avvicinava una mano per toccarle la spalla.
La ragazza alzò la testa di scatto. La sua espressione triste si trasformò in rabbia appena vide lo spirito dell’inverno.
- È solo colpa tua! – urlò alzandosi in piedi di colpo – Tu mi hai convinta a continuare ad usare i miei poteri ed ora loro sono morti! – Jack non capiva di cosa stesse parlando. Chi era morto? E perché era colpa sua?
- Vattene via! Esci dalla mia stanza! Esci dalla mia vita! Non voglio più vederti! – lo spirito continuava a non capire. Provò a calmare la principessa, ma lei continuava a urlargli di andarsene. Allora il ragazzo volò velocemente fuori dalla camera. Si sentiva triste e confuso, perciò decise di fare un giro per il palazzo per tentare di capire cosa fosse successo. Vagando per le grandi stanze del castello vide Anna, vestita completamente di nero, dirigersi verso la camera della sorella. Anche lei aveva gli occhi arrossati e un’espressione mesta in volto. Preoccupato Jack continuò a volare per le stanze del palazzo finché nella camera dei ritratti vide quello del re e della regina coperto da un velo nero. “I genitori di Elsa sono morti. Ma com’è successo?” Una cameriera passò lì vicino. Sapeva che non gli avrebbe risposto allora volò al villaggio sperando che al mercato gli abitanti parlassero della tragedia. Così avvenne, la notizia era ancora fresca e sulla bocca di tutti. Scoprì che il re e la regina avevano intrapreso un viaggio in nave, ma una tempesta li aveva fatti affondare. Nessuno si era salvato. Nessuno sapeva il perché di quel viaggio improvviso. Non si spiegavano come mai il re e la regina fossero partiti senza un motivo valido. Avevano accennato a degli affari commerciali, ma perché andare loro stessi e non mandare un delegato? Soprattutto da quando si erano isolati nel loro castello con le figlie e pochi domestici fidati. Jack sapeva che tra gli abitanti giravano varie storie sulla famiglia reale, soprattutto sulla principessa Elsa che non si mostrava mai. Perciò era plausibile che il re e la regina fossero partiti per risolvere il problema della figlia maggiore, che un giorno sarebbe dovuta diventare regina.
Ora capiva il perché Elsa lo avesse cacciato in così malo modo: pensava che i genitori fossero partiti per trovare una qualche cura ai suoi poteri. Poteri che lo spirito l’aveva convinta ad utilizzare. Jack non capiva il dolore della principessa. Lui non aveva dei genitori, ma ne aveva visti tanti e non aveva mai compreso come potessero obbligare la loro stessa figlia a nascondere il suo magico dono. Trovava ingiusto che lo incolpasse. Lui le aveva solo insegnato qualcosa che per lei era naturale e se i suoi genitori non lo avessero accettato allora la colpa sarebbe stata solo loro. Risentito volò di nuovo nella stanza di Elsa per affrontarla.
Entrato dalla finestra la vide di nuovo in lacrime vicino alla porta e immaginò che Anna avesse cercato di parlarle senza successo.
- Elsa – la guardava a testa alta e lei percepì un senso di risentimento nel suo volto serio – è ingiusto incolpare me della morte dei tuoi genitori. I tuoi poteri fanno parte di te, non puoi farci niente e se i tuoi genitori non ti hanno accettata per questo sono degli stupidi. – Le aveva detto tutto ciò che pensava. Era fiero di sé e sapeva che Elsa gli avrebbe dato ragione e sarebbero di nuovo stati amici. Purtroppo, Jack si sbagliava.
- Come ti permetti! – il volto della principessa, ancora rigato di lacrime, mostrava un’espressione più arrabbiata di prima. – Tu non sai niente dei miei genitori! Loro mi amavano e mi hanno sempre protetta, al contrario di te. – Elsa si portò le mani al viso per asciugarsi le ultime lacrime, poi ricompose la sua postura perfettamente eretta e aggiunse. - Te lo dico per un’ultima volta. Esci dalla mia stanza. -  la sua voce estremamente pacata e autorevole, come quella della vera regina che era destinata a diventare. Ma nei suoi occhi le lacrime stavano di nuovo spingendo per uscire. Era sua la colpa di quelle lacrime. Era senza parole, avrebbe voluto abbracciarla, ma non poteva. Lo aveva cacciato di nuovo e lui non poteva fare altro che andarsene. Uscì dalla finestra, che Elsa chiuse di scatto subito dopo. Qualcosa dentro Jack si spezzò. Lui continuava a credere di essere nel giusto, ma la vista di Elsa che piangeva a causa sua lo faceva stare malissimo, volò sulle montagne dove rimase per tutto quell’inverno e per quelli seguenti per non vedere la principessa. Ma era tutto inutile. Ogni volta che chiudeva gli occhi vedeva il suo viso, gli occhi pieni di lacrime. Lacrime che aveva causato lui. Lui che voleva solo far divertire gli altri.







Note dell'Autrice:
Salve! Grazie a tutti quelli che sono arrivati fino in fondo e hanno letto questo primo capitolo. Più che un capitolo è un'introduzione, un prologo. Le vicende interessanti e romantiche arriveranno nelle prossime parti, che spero avrete voglia di leggere. La storia è ispirata ad una bellissima fanart che linkerò però nell'ultimo capitolo poiché contiene uno spoiler.
Detto ciò, spero che questa prima parte vi sia piaciuta e volgiate lasciare qualche recensione e continuare a leggere la mia storia.
Grazie ancora e ci vediamo al prossimo aggiornamento.
Lady Moon

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Capitolo 2
*** Capitolo II ***


Erano passati ormai tre anni da quel giorno. Ogni volta che lo spirito ci ripensava sentiva un peso sullo stomaco, tutta la gioia lo abbandonava e una forte tristezza lo assaliva. Durante i suoi incubi sentiva la voce della principessa che lo cacciava dalla sua stanza e implicitamente anche dalla sua vita. Per scappare da questi incubi giocava sempre di più con i bambini. Li ispirava con piccoli fiocchi di neve magici che faceva svolazzare sui loro occhi, creava correnti di vento per farli viaggiare ancora più veloce sui loro slittini e li aiutava nelle battaglie di neve o a costruire i pupazzi. Quando giocava e scherzava si riteneva soddisfatto e l’allegria dei bambini lo faceva stare bene come non mai. Stava così spesso con i bambini che a volte li sentiva pronunciare il suo nome, sottovoce, come se fosse un segreto tra lo spirito e il piccolo. Ogni volta che ciò accadeva si sentiva un po’ più reale. Era una sensazione così bella che decise che avrebbe girato il mondo per farsi conoscere e far sì che tutti potessero vederlo come un vero guardiano.
Quel giorno si era rintanato in una grotta su una montagna, dopo aver giocato tutto il mattino con dei bambini vivacissimi che lo avevano stremato. Si era coricato con le braccia dietro la testa e il cappuccio alzato fin sugli occhi per dormire, quando una voce bassa e possente scosse la montagna.
- JACK FROST! – pezzi di roccia, neve e ghiaccio caddero dal soffitto della caverna. Jack scattò in piedi per lo spavento.
- Cosa succede? Chi mi cerca? – chiese il ragazzo allarmato, girando su sé stesso per capire da dove provenisse quella voce. Ma nella caverna non c’era nessuno. Un portale si aprì dietro di lui e ne uscì un uomo grosso e muscoloso, con una folta barba bianca. Indossava un enorme cappotto rosso, bordato con una pelliccia candida e un colbacco nero.
- Ehi North! Come va amico? – il ragazzo salutò allegramente l’uomo, che però non rispose. Lo guardava con le braccia conserte e le sopracciglia aggrottate, come un padre che ha beccato il figlio nel mezzo di una marachella.
- Ehm. Scusa se non ti faccio accomodare, ma sai com’è mi sono appena trasferito in questa grotta e non ho ancora avuto tempo di arredarla. – North continuava a guardare il ragazzo con un’espressione arrabbiata. Jack sospirò, di sicuro aveva fatto qualche danno senza rendersene conto.
- Okay North, cosa ho combinato questa volta? – chiese Jack alzando gli occhi al cielo e sedendosi a gambe incrociate su una roccia.
- Tu devi spiegare a me di Arendelle.
- Arendelle? - Ad Arendelle ormai era estate e lui aveva lasciato quel posto da mesi.  - Cosa è successo?
- Non lo sai? Arendelle è stata completamente ghiacciata. Noi guardiani abbiamo pensato fossi stato tu, sei l’unico con poteri di ghiaccio.
- No, non ci sono solo io. – disse più a sé stesso che all’omone. I suoi pensieri corsero subito ad Elsa. Doveva essere stata lei, non c’era altra spiegazione. Ma come mai questo gesto? La principessa aveva sempre dimostrato di amare il suo popolo e il suo regno. Doveva essere stato per forza un incidente. Forse aveva perso il controllo sui suoi poteri e per sbaglio aveva congelato la città. La preoccupazione stava avvolgendo il suo cuore. “Ma cosa importa a me! Elsa ha rinnegato i suoi poteri e anche la nostra amicizia.” Jack si rattristò nuovamente mentre il volto della giovane principessa in lacrime gli tornò alla mente. Quell’altalena di emozioni lo aveva destabilizzato, ma se la principessa era in una situazione pericolosa, lui sarebbe andato ad aiutarla.
– North io devo andare ad Arendelle. Puoi rimanere tu qui a controllare i bambini? Grazie. – senza neanche aspettare la risposta dell’omone, Jack ordinò al vento di portarlo dall’altra parte del mondo, a nord, e volò via scompigliando barba e capelli di un Babbo Natale perplesso.
In poco tempo fu ad Arendelle. Stava per sorgere l’alba sul pittoresco paesaggio della città. Quello che aveva detto North era vero, la neve ricopriva tutto e leggeri fiocchi continuavo scendere. Nelle strade del paese, dei soldati passavano distribuendo coperte agli abitanti. Jack si avvicinò al castello. Le porte erano aperte e molte famiglie si trovavano all’interno del cortile, tremavano tutti a causa dei vestiti estivi che indossavano. Il ragazzo volò tra le persone per ascoltare le loro conversazioni e capire se i suoi sospetti fossero fondati. Ma gli abitanti di Arendelle pensavano solo a scaldare i propri cari. Jack raggiunse un ragazzo dai capelli rossi, che sembrava un nobile dal suo abbigliamento.
- Principe Hans. – il giovane si girò verso un ometto di mezza età con un enorme paio di baffi.
- Mi dica duca di Weselton. – rispose cordialmente il principe.
- Non sarebbe meglio mandare una squadra di soldati a scortare la principessa?
- La principessa Anna ha deciso di cercare da sola sua sorella, la regina Elsa, sicura di poterla convincere a far tornare l’estate. E io mi fido della principessa.
Il duca controbatté, ma Jack aveva sentito abbastanza. Elsa aveva congelato l’estate e poi era scappata. Doveva trovare Anna e capire dove si era nascosta. Ordinò al vento di portarlo sulla montagna più alta per poter individuare la principessa e subito si sollevò in volo. L’aria fredda gli scompigliava i capelli mentre attraversava il mare ghiacciato per giungere nell’entroterra. Ma avvicinandosi alle alture uno strano riflesso di luce lo investì. Salì un po’ più in alto per poter vedere di nuovo e fu allora che vide il gigantesco palazzo di ghiaccio che dominava la Montagna del Nord. Jack era senza parole. Elsa, la timida ragazzina che aveva paura di usare i suoi poteri, aveva creato quel bellissimo castello? Incredibile. Si avvicinò al balcone e si posò sulla ringhiera di ghiaccio ammirando i riflessi della luce del sole sulla neve. Immerso nei suoi pensieri non si era reso conto che qualcuno all’interno del castello lo aveva visto e ora gli si stava avvicinando.
- Jack? – disse una voce femminile.
 
Elsa non poteva credere che lo spirito dell’inverno fosse davvero lì. Dopo la morte dei suoi genitori lo aveva incolpato ingiustamente e lo aveva cacciato affermando di non volerlo più vedere. Ma a volte, quando sembrava che lo sconforto stesse vincendo una volta per tutte, guardava fuori dalla finestra e sperava di vederlo lì, a testa in giù, che le sorrideva pronto a portarla via da quella stanza ghiacciata che era diventata la sua prigione. Ma lui non c’era ed era unicamente colpa sua se il suo solo amico se ne era andato. Soltanto nel momento in cui lo vide si rese conto di quanto le fosse mancato.
- Jack? – aveva sussurrato il nome del ragazzo per paura che pronunciandolo ad alta voce la sua immagine sarebbe svanita, ma non fu così. Lo spiritò si girò verso di lei e la ragazza si scoprì a pensare a quanto fosse bello.
Jack era senza parole. Quella era Elsa? Non sembrava proprio più la ragazzina spaventata, imprigionata nella sua stessa stanza. Adesso era una bellissima giovane donna. Lo spirito era incantato. Sembrava portare un abito di ghiaccio che rifletteva la luce del sole, illuminandole il viso e gli occhi. Ancora senza fiato perse l’equilibrio e scivolò, cadendo malamente sul pavimento ghiacciato del balcone.
- Ti sei fatto male? – gli chiese Elsa con un leggero sorriso.
- Eh… ehm… Sì. – si sentiva come un ghiacciolo al sole primaverile, accaldato e in procinto di sciogliersi. Era a disagio per essere caduto così stupidamente davanti a lei. Si rialzò goffamente e un silenzio imbarazzante calò su di loro. Jack non riusciva a guardare Elsa senza sentire il volto arrossarsi e il cuore battere più velocemente. Come doveva comportarsi? Elsa ora era una regina, il suo potere era cresciuto con lei e il maestoso palazzo di ghiaccio ne dimostrava la potenza. Inoltre, ancora si ricordava di come lo aveva cacciato via anni prima dalla sua vita.
- Mi dispiace di averti urlato contro e accusato ingiustamente quel giorno. Avevo paura, mi sentivo abbandonata e immagino di aver avuto bisogno di dare la colpa a qualcun altro oltre che a me. – Elsa aveva notato l’ombra che era scesa sul candido viso da ragazzo dello spirito. Jack l’aveva sempre aiutata e supportata. Era stato il suo unico amico durante i rigidi inverni in isolamento e cercava di insegnarle ad accettarsi e amarsi per ciò che era. Lo sguardo sgranato del ragazzo le fece capire che aveva centrato il bersaglio. – Dentro questo palazzo in realtà non c’è niente e non cambia la temperatura, ma ti andrebbe di entrare?
- Ehm… sì. – Jack non sembrava riuscire a dire nient’altro.
Il palazzo all’interno era davvero completamente vuoto, ma i giochi di luce e i riflessi colorati che i raggi del sole creavano a contatto con il ghiaccio lo lasciarono senza fiato. Tutto era di una bellezza incredibile. E quando i suoi occhi si posarono su Elsa, giunta al centro della stanza, lo spirito pensò che anche solo la bellezza della regina avrebbe potuto riempire tutto il palazzo e non ci sarebbe stato bisogno di altro. Dimenticandosi completamente di ciò che avrebbe dovuto fare, si avvicinò ad Elsa sorridendo.
- Quindi perché sei scappata su questa montagna per creare un palazzo di ghiaccio vuoto? Il palazzo reale in città non andava più bene? – il sorriso sornione di Jack si spense subito appena vide l’espressione di Elsa adombrarsi.
- È accaduto un incidente alla mia incoronazione. – con lo sguardo basso la ragazza rivide i volti di tutti i presenti, e soprattutto di sua sorella, distorti dalla paura. – Ho perso il controllo dei miei poteri e ho creato delle stalagmiti di ghiaccio attorno a me. Erano tutti spaventati. Mi hanno chiamata mostro… E un mostro deve vivere isolato sulla montagna più alta e più lontana dal regno, come le fiabe ci insegnano. – le sue parole erano colme di amarezza e sconforto.
- Ma tu non sei un mostro Elsa. – l’affermazione sicura di Jack scaldò il cuore della ragazza.
- Lo so. E questo palazzo mi ha ricordato quanto il mio potere possa essere bello. Non voglio andare via di qui, sono abituata a stare sola e qui non farò danni. – un debole sorriso le incurvò le labbra, mentre i suoi occhi brillavano di orgoglio per ciò che era riuscita a creare.
Jack non sapeva cosa dire. Sembrava che la bambina che amava giocare con la neve si stesse liberando in parte dalla paura. E lui l’avrebbe aiutata a liberarsi completamente dal vero mostro che la torturava.
Passarono le ore seguenti a raccontarsi di ciò che era accaduto in quegli anni in cui non si erano visti. Jack le raccontò il suo sogno di farsi conoscere dalle persone e diventare un vero guardiano. Elsa ammirava lo spirito che riusciva con la sua magia del ghiaccio a creare così tanta gioia e allegria. Era sicura che sarebbe diventato un bravissimo guardiano e che i bambini avrebbero amato giocare con lui. Si ricordava di quanto lei e Anna si divertivano insieme a lui, anche se la sua sorellina non poteva vederlo e pensava fosse solo opera di Elsa.
- Sai che avevo una grandissima cotta per te Jack? – lo spirito, che stava mostrando ad Elsa un trucchetto di equilibrio col suo bastone, cadde per la seconda volta quel giorno.
- Cosa?! Quando? E perché non me lo hai mai detto? – chiese Jack arrossendo.
- Qualche tempo dopo l’incidente con Anna. – insieme ai ricordi dei divertimenti, si era anche riafacciato il ricordo del fatidico incidente che le aveva cambiato completamente la vita fino ad allora. - Ero sempre chiusa nella mia camera, non potevo vedere nessuno e aspettavo tutto l’anno l’inverno per vederti arrivare e giocare con te. Eri il mio unico amico, l’unica persone con cui non avevo paura. Avrei voluto dirtelo, ma dopo che i miei genitori sono… - la voce le si spense in gola. Erano passati anni, ma Elsa ancora si sentiva responsabile della morte dei genitori. Improvvisamente Jack capì che quel giorno Elsa non stava solo cercando di dare la colpa a qualcuno. Stava punendo sé stessa per essersi lasciata andare con Jack, per questo lo aveva cacciato dalla sua vita. Non voleva fare del male a lui, ma a sé stessa. Lo spirito si sentì estremamente in colpa. Come al solito non aveva capito niente, l’aveva aggredita e apostrofata ingiustamente. Era stato proprio stupido e infantile.
- Ti chiedo scusa Elsa. Sono stato uno stupido, non ho capito nulla e non ti sono stato accanto quando stavi male. – Jack teneva lo sguardo basso, era seriamente pentito. Aveva inizato a pensare a come sarebbe potuta andare se non fosse stato tanto immaturo. Forse il loro rapporto sarebbe diventato più profondo e lui sarebbe riuscito ad aiutarla ad accettare il lutto e se stessa.
- Sei qui ora. – il sorriso dolce di Elsa sciolse definitivamente il cuore dello spirito.
- E prometto che ti resterò accanto e ti aiuterò. – lo sguardo serio di Jack le fece palpitare il cuore.
Forse quella cottarella non era passata neanche dopo tutto quel tempo.
 
Un improvviso rumore interruppe la conversazione di Elsa e Jack.
- Elsa! Elsa! Sono io. Anna.
Anna, la sorella di Elsa, era riuscita a trovare il palazzo.
L’espressione della regina sembrava tesa. Jack pensò che fosse preoccupata per Anna e per cosa le avrebbe potuto dire se l’avesse incontrata. La regina strinse la braccia al petto e voltò le spalle alla porta di ghiaccio.
- Non vai da tua sorella? Deve aver fatto tanta strada per trovarti…
- E se le facessi di nuovo del male? – il volto di Elsa era velato dalla paura.
- Non devi temere di farle del male. Con questo palazzo hai dato prova di saper controllare il tuo potere. Puoi farcela. – le sorrise dolcemente per incoraggiarla.
Elsa prese un grande respiro, abbozzò un sorriso e uscì dalla stanza con passo esitante.
Jack sbirciò dalla porta l’incontro delle due sorelle. Voleva dimostrare ad Elsa che le era vicino.
Anna, come Jack prima di lei, era rimasta senza fiato nel vedere la trasformazione della sorella maggiore. Ma lo spirito era concentrato sulla nuova venuta. Era cresciuta molto anche lei, soprattutto perché si ricordava Anna come una bambina con cui giocava senza essere visto. Sembrava però ancora vivace e solare come allora, così diversa dalla sorella. Elsa sembrava ancora spaventata e cercava di stare ad una distanza di sicurezza da Anna, che però sembrava non capire. Jack non voleva origliare troppo la conversazione. Le due sorelle dovevano sicuramente chiarirsi e avevano bisogno di spazio per parlare a cuore aperto, solo loro. Un po’ a disagio lo spirito rientrò nella stanza e pensò di fare un giro per il castello, per distrarsi un po’. Recuperato il suo bastone magico uscì sul balcone di ghiaccio e ordinò al vento di trasportarlo in alto, verso le torri. Tutto era stupefacente e bellissimo, strepitoso nei dettagli e nella precisione. Ma a Jack sembrava che il ghiaccio stesse cambiando. Tornato sul balcone sentì dei rumori di passi veloci che lo raggiungevano e vide Elsa spaventata che entrava nella stanza, seguita da Anna.
- Insieme risolveremo tutto. Adesso che lo so, io ti starò vicina.
- Anna, mi chiedi troppo. Non c’è nulla qua per una come te. Pensi di aiutrami, ma senza me non avrai problemi e non dovrai più preoccuparti. – Elsa continuava a tenersi distante da Anna, il volto coperto dalla paura di poter fare del male alla sorella.
- Sai, non è così… - disse Anna, stringendosi nelle spalle.
- Come non è così?! – la sorpresa colse la regina.
- Ecco… ad Arendelle c’è sempre più neve e ghiaccio. – Jack si sbattè la mano sulla fronte. Era venuto apposta ad Arendelle, dall’altra parte del mondo, perché Elsa aveva congelato tutto. Non aveva fatto l’unica cosa per cui era lì.
- Cosa? – la voce di Elsa era strozzata, sentiva l’aria mancarle nei polmoni.
- Hai portato un inverno perenne, ovunque, ma non fa niente, puoi sciogliere tutto. – l’ottimismo di Anna si scontrò con il terrore della sorella maggiore.
- No, non posso, non so come fare! – Jack vide Elsa sempre più terrorizzata che si troturava le mani strette al petto. La notizia del gelo che aveva portato aveva distrutto quella piccola sicurezza che aveva raggiunto creando il palazzo e liberandosi.
- Certo che puoi! Io so che puoi! Non devi più scappare, puoi contare su di me. Non sei sola. – fiocchi di neve iniziarono a cadere all’interno del palazzo, sempre più fitti, mentre un vento gelido si alzò attorno ad Elsa. Jack avrebbe voluto aiutarla, ma la ragazza non faceva caso alla sua presenza. Le pareti di ghiaccio stavano cambiando colore, diventanto sempre più scure, opprimenti e minacciose. Jack pensò che Elsa doveva percepire in quel modo la situazione, come il ghiaccio da lei creato mostrava.
- Non avrò mai la libertà! Resterò sempre intrappolata. Non puoi salvarmi. – i fiocchi di neve vorticavano con maggior velocità attorno alla regina, che sembrava torturarsi nel dolore che provava. Jack cercava di controllare il vento per bloccare la bufera che si stava creando nella stanza, ma senza successo.
- Tranquilla, funzionerà.
- È colpa mia!
- Se uniremo le forze faremo passare questa bufera.
Elsa urlò. Improvvise punte di ghiaccio si spigionarano dal suo corpo e invasero tutta la stanza. Jack vide Anna cadere a terra senza fiato, portandosi una mano al petto. Era stata colpita e lui non aveva potuto impedirlo. Cercò di avvicinarsi alla principessa, ma un ragazzo biondò irruppe nella stanza e si avvicinò a lei per sorreggerla.
- Anna! Come ti senti? – Elsa era tesa per la preoccupazione.
- Sto bene… - la voce debole della sorella, non diminuì l’angoscia che le defomava il bel volto.
- Chi è lui? No, non importa. Devi andare via. –Jack si sentiva completamente impotente e inutile. Nessuno sembrava potesse più vederlo e non poteva controllare il ghiaccio di Elsa. Era solo uno spettatore inerme e impotente.
- No, io so che insieme possimo trovare una soluzione.
- Come?! Che potere hai tu per fermare tutto questo? Per fermare me?!
- Io non vado via senza di te.
- Invece vai… - Con un gesto della mano Elsa fece apparire un mucchio di neve che sollevato dal vento si trasformò in un gigante mostro di ghiaccio. Il mostro si animò e prese Anna e il ragazzo biondo per cacciarli dal palazzo.
Rimasta sola Elsa si accasciò a terra, guardandosi le mani con orrere.
- L’ho colpita… Ho colpito Anna… Adesso è in pericolo, mentre tutta Arendelle è congelata. Io non so cosa fare… - ogni energia sembrava aver lasciato la ragazza. Accasciata a terra, con le spalle incurvate sembrava fragile e sul punto di spezzarsi.
- Elsa… - Solo in quel momento la ragazza si accorse dello spirito.
- Jack… Ho tanta paura.
Lo spirito le si avvicinò per abbracciarla e confortarla. Nonostante tutto, lui non l’avrebbe lasciata.
I due restarono sul pavimento stretti in un caldo abbraccio, finche non si sentirono più i movimenti del mostro di neve che cacciava gli ospiti indesiderati dalla montagna. Elsa era immobile, il volto cenereo e gli occhi vitrei che fissavano le sue stesse mani.
Quando cessarono i pesanti passi del gigante al paino di sotto, la ragazza alzò la testa e fissò lo sguardo sul viso di Jack.
-Ti prego va a cercare Anna. Veglia su di lei, controlla che stia bene e agevola il suo viaggio verso casa. Ti prego, cerca di metterla al sicuro almeno tu.
Jack non sapeva cosa rispondere. La voce della ragazza era ferma e decisa, non sembrava accettare un rifiuto.
-Lei non può vedermi. E io voglio restare qui con te Elsa, non voglio lasciarti sola adesso.
Un debole sorriso increspò le labbra della ragazza e i suoi occhi divennero lucidi. Il cuore dello spirito sobbalzò ed egli decise che avrebbe fatto di tutto per farla sorridere ancora.
-Va bene. Andrò a vegliare sul viaggio di tua sorella.
Elsa abbracciò Jack sollevata. Si sentiva il cuore più leggero al pensiero che lo spirito dolce e gentile che aveva sempre vegliato su di lei sarebbe stato a fianco di sua sorella.
-Grazie. - Le parole uscirono in un sussurro leggerro. Gli sguardi dei ragazzi si incontrarono. Erano così vicini che lei riusciva sentire il respiro caldo dello spirito sulla sua pelle. Senza pensarci, agendo d’istinto come non aveva mai fatto, appoggiò le sue labbra su quelle di Jack.

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Capitolo 3
*** Capitolo III ***


Il vento freddo sferzava i capelli bianchi e il mantello marrone del ragazzo. Aveva chiesto al vento di sollevarlo, ma non sapeva dove stesse andando. Sentiva ancora le labbra bruciare e nella sua mente vedeva il viso di Elsa che si avvicinava al suo. Sentì il volto infiammarsi e si portò una mano alla bocca, colmo di imbarazzo. Elsa lo aveva baciato e a lui era piaciuto tanto. Le sue labbra erano calde e morbide come il velluto. Jack avrebbe voluto baciarla di nuovo e solo al pensiero sentiva una piacevole sensazione di vuoto nello stomaco. Un oggetto duro e ruvido colpì la testa dello spirito che perse quota, cadendo sulla neve soffice. Aveva sbattuto contro il ramo di un albero che non aveva notato a causa del suo fantasticare. Scosse poderosamente la testa e leggeri fiocchi di neve scivolarono dai suoi capelli. Si ricordò del compito che Elsa gli aveva affidato. “Forse se riesco ad avere successo mi bacerà di nuovo!” Non riusciva a pensare ad altro, ma si disse che prima doveva trovare Anna e condurla a casa sana e salva. Poi avrebbe ragionato sulla ricompensa. Ordinò al vento di portarlo in alto per cercare eventuali tracce del passaggio della principessa. Vide delle orme dirette verso un burrone, sulla cui sommità si trovava una corda tagliata. Volò fino in fondo dove trovò i segni lasciati da diversi corpi caduti nella neve alta. Jack seguì la pista con facilità e raggiunse la principessa.
Anna si trovava in una radura priva di neve. I suoi capelli stavano diventando bianchi e lei sembrava essere svuotata, abbandonata tra le braccia del ragazzo biondo che aveva fatto irruzione nel palazzo di Elsa. Inerme come una bambola senza vita. La radura era piena di creature basse e tozze, simili a pietre ricoperte di muschio e funghi. Tutti gli sguardi erano concentrati su una creatura coperta da più foglie che parlava ad Anna.
- La tua vita è in pericolo. C’è del ghiaccio nel tuo cuore, messo da tua sorella. Se non verrà tolto ti congelerà completamente.
- Ma tu puoi toglierlo, vero? – Jack assisteva alla scena nascosto tra le fronde. Non era sicuro che quelle creature, sicuramente magiche, non potessero vederlo, dunque era meglio nascondersi.
- Non posso. Mi dispiace Kristoff, se fosse stata la testa sarebbe stato facile. Ma solo un atto di vero amore può sciogliere un cuore ghiacciato. – la preoccupazione serpeggia tra i visi di tutte le creature raccolte nella radura.
- Ma certo, il bacio del vero amore. – disse uno dei troll. Jack sbuffò scettico. Quelle cose succedevano solo nelle favole per bambini. Ciò che Anna aveva nel cuore era una magia potente e mortale. Un semplice bacio non avrebbe potuto guarirla. Com’era possibile che delle creature magiche non se ne rendessero conto? Nel frattempo la vita sembrava scorrere via dalla principessa. I capelli le diventavano sempre più bianchi e il volto sempre più grigio e privo di forza.
- Ma certo. Dobbiamo andare da Hans. – Anna sembrava credere a quella storiella e Jack avrebbe voluto dirle che sbagliava. Ma rimase nel suo ruolo di guardiano silenzioso. Il ragazzo, che si chiamava Kristoff, mise Anna su una renna e partì al galoppo. Jack richiamò il vento e partì al loro seguito, aiutando la renna a correre più veloce e facendo in modo che non ci fossero ostacoli sul loro cammino.
In poco tempo raggiunsero il palazzo reale dove Anna fu affidata alle cure dei domestici. In quel momento Jack decise che aveva portato a termine il suo compito. Anna era al sicuro e avrebbe trovato la cura consigliatale dai troll. Ora doveva tornare da Elsa. Un sorrisetto gli increspò le labbra. Magari la regina gli avrebbe dato la ricompensa che sentiva di meritarsi e desiderava tanto. Volò trasportato dal vento fino alla montagna più alta, a nord della città. Volteggiava leggero, facendo capriole e giravolte, colmo di felicità. Ma quando arrivò al palazzo di ghiaccio trovò la neve smossa da innumerevoli impronte e la stanza più alta, dove Elsa si rifugiava, distrutta. L’enorme lampadario che era appeso al soffitto era crollato al centro della stanza, spargendo schegge di ghiaccio in tutte le direzioni. Alcune frecce erano incastrate nelle pareti e alcune armi erano state abbandonate a terra. Jack sentì la preoccupazione assalirlo. Qualche mal intenzionato aveva trovato il nascondiglio della regina e l’aveva attaccata. Ma ora dove si trovava? L’avevano catturata? Le avevano fatto del male? Le gambe continuavano a portarlo avanti e indietro per la stanza. Cercava freneticamente qualche indizio che gli indicasse cosa fosso successo ad Elsa. Quando non riuscì più a resistere richiamò il vento e sfrecciò fuori del palazzo con l’intenzione di seguire le orme nella neve. Un gran numero di cavalli doveva essere salito sulla montagna, ma perché qualcuno avrebbe voluto attaccare la regina? Le impronte scendevano per una lunga strada e Jack avrebbe voluto essere più veloce. Impaziente ordinò al vento di sollevarsi per avere una visione generale del luogo. Giunto in alto, dove l’aria era più fredda e pungente, lo spirito notò l’enorme e minacciosa nube bianca che si stava formando su Arendelle. Partì a gran velocità verso la città, sicuro che fosse Elsa a causare quella tormenta. Il vento era sempre più forte, sentiva i capelli e i vestiti agitarsi violentemente sul suo corpo. La neve gli impediva una visuale chiara e più si avvicinava al bordo della tempesta più perdeva il controllo del vento. Finché non entrò nella bufera e sentì che il vento non lo resse più. Colpì con la schiena il suolo ghiacciato e un suono sordò riverberò nella sua cassa toracica. Si rialzò con fatica, dolorante e senza fiato. Il bianco lo circondava completamente. I suoi piedi nudi perdevano aderenza sul ghiaccio e le spinte della corrente gli impedivano di avanzare. Procedeva con difficoltà e senza sapere dove stesse andando. Vagava senza meta in quella immensa distesa bianca. Ogni tanto comparivano nella sua visuale oggetti di legno marrone, ma la neve li ingoiava subito dopo. La disperazione stringeva il cuore di Jack in una morsa letale. Non sapeva cosa fare e per la prima volta in tutta la sua vita si sentì fragile, pronto a spezzarsi come lo strato sottile di ghiaccio che ricopre i laghi in inverno.
Stava per arrendersi quando il vento e la neve cessarono di vorticare e caddero come un peso morto a terra. Finalmente riuscì a vedere Elsa. La ragazza era inginocchiata a terra, il viso immerso nelle mani e le spalle che tremavano. Il sollievo lasciò presto Jack, perché dietro alla regina si trovava un uomo con la spada alzata, pronto per essere calata sulla donna davanti a lui. Lo spiritò partì di corsa per aiutarla, ma continuava a scivolare sul ghiaccio e cadde a terra inerme. Vide però Anna, con il viso e le mani che si stavano congelando, agire come lui. Corse per frapporsi tra la sorella e la spada e la sua mano diventata di ghiaccio salvò Elsa. Il clangore della lama che si spezzava rimbombò per tutto il fiordo ghiacciato. E l’ultimo fiato caldo spirò dalle labbra della principessa.
Jack non riusciva a muoversi. Anna era morta sotto i suoi occhi. L’aveva abbandonata senza essere sicuro che fosse guarita e ora era morta. Faticava a respirare, gli girava la testa. Sentiva di aver tradito la fiducia che Elsa aveva riposto in lui e che per quello non lo avrebbe mai perdonato. Aveva di nuovo pensato solo a sé stesso e così facendo sapeva di aver perso l’unica persona a cui voleva stare vicino. Calde lacrime scivolavano sulle sue guance fredde. Per la prima volta nella sua esistenza stava piangendo per qualcuno.
Elsa sembrava completamente spezzata, abbandonata sul corpo freddo della sorella, piangeva tutta la disperazione e il dolore che aveva in corpo. Jack non voleva vederla così, avrebbe voluto risolvere la situazione. Ma non riusciva a far altro se non tenere lo sguardo fisso su quell’abbraccio. E così vide che il corpo di Anna aveva iniziato a sciogliersi, tornando alla vita. Anche il peso che gli schiacciava il petto iniziò a sciogliersi e un sorriso si mischiò alle lacrime di gioia per la salvezza della principessa. Quando anche Elsa se ne accorse gettò le braccia al collo di Anna, che ricambiò l’abbraccio calorosamente.
- Anna, volevi sacrificarti, per me? – la regina sembrava incredula per il gesto compiuto dalla sorella.
- Oh Elsa, io ti voglio bene.
- Ma certo! Un atto di vero amore scioglierà un cuore di ghiaccio! – uno strano pupazzo di neve aveva appena parlato. Jack non aveva notato prima il piccolo accompagnatore, ma dopo aver visto Elsa creare un gigante di ghiaccio enorme che fungesse da buttafuori, non si stupì. Dovette però ricredersi sull’atto di vero amore. E guardando Elsa forse riuscì a capire la potenza di quel sentimento, finora a lui sconosciuto.
- L’amore scioglierà… l’amore, ma certo! – Elsa voltò la testa e quando vide lo spirito gli sorrise dolcemente. Alzò le braccia per richiamare il ghiaccio e Jack imitò i suoi movimenti. Il sentimento che sentiva nascere dentro di sé era unico e voleva condividerlo con la persona a cui era rivolto. Non poteva controllare la neve creata da Elsa, ma poteva amplificare il suo potere grazie al suo amore. I fiocchi di neve e il ghiaccio che coprivano Arendelle iniziarono a sollevarsi e a volteggiare in alto, dove le sapienti mani della regina li ricomposero a formare un unico enorme e bellissimo cristallo che fece scomparire.
- Ce l’hai fatta, lo sapevo. – disse Anna, fiera della sorella.
- Ovvio eh? Perché questo è il giorno più bello della mia vita. E forse anche l’ultimo. – il piccolo pupazzo parlante iniziò a sciogliersi, con gran dispiacere di tutti.
- Oh Olaf no, resisti piccolo. – Elsa, intenerita, con un gesto della mano fece apparire una nuvoletta sulla testa del pupazzo che squittì di gioia.
Jack era felice e si avvicinò ad Elsa, approfittando della distrazione di Anna e Kristoff, concentrati sul quasi assassino dai capelli rossi.
- Non abbiamo ancora affrontato il discorso sulle tue capacità di dar vita a creature magiche di neve. – si rivolse alla regina con fare baldanzoso e non si aspettava una risposta. In fondo nessuno lo vedeva tranne lei e non voleva che qualcuno la scorgesse parlare da sola. Ma Elsa volse leggermente la testa verso lo spirito e gli regalò un sorriso che gli tolse il respiro.
- Grazie – sussurrò prima di allontanarsi. L’espressione impertinente lasciò il volto di Jack, che iniziò a sorridere e a guardare con occhi adoranti la sua regina.
- Tu chi sei? – una voce acuta che proveniva dal basso distolse i suoi pensieri. Ai suoi piedi si trovava Olaf che lo guardava con il naso-carota rivolto all’in sù e la testa inclinata.
- Io sono Jack Frost, lo spirito dell’inverno.
- E cosa ci fai qui se è estate? – Olaf sembrava perplesso – Oh ma certo, sei venuto a vedere Elsa giusto? Perché lei ha portato l’inverno! – l’espressione ingenua e fanciullesca di Olaf fece ridere lo spirito.
- Più o meno sì. - Elsa aveva fatto un buon lavoro con il suo pupazzo. Jack sorrise divertito, contento non solo di non aver perso una persona amata, ma anche di aver scoperto una nuova creatura magica che poteva vederlo.
Quella sera Jack aspettò Elsa al solito posto, sul davanzale esterno della finestra della sua camera. La regina aveva trascorso il resto della giornata a festeggiare con tutta la città e lo spirito aveva assistito dall’alto ai balli, agli spettacoli e ai giochi. Aveva diligentemente aspettato che calasse il buio per stare con lei. Non sapeva cosa le avrebbe detto, voleva solo stare in sua compagnia. Seduto mollemente guardava il cielo coperto di stelle, non riuscendo a smettere di sorridere. Finalmente Elsa arrivò e appena entrò nella stanza aprì le finestre per lasciare entrare il ragazzo.
- Grazie Jack. Per il sostegno e l’amicizia che mi hai dato. – lo sguardo di Elsa era dolce e amorevole, come qualsiasi cosa che la riguardava.
- È stato facile. Io ho sempre creduto in te e voglio solo poterti stare vicino. – Jack le prese le mani e si avvicinò a lei di qualche passo. La ragazza distolse lo sguardo, le sue guance si erano coperte di un leggero rossore. Lui si avvicinò ancora un po’, premendo le mani di Elsa sul suo petto.
- Credo di aver capito una cosa oggi. – disse la ragazza. Improvvisamente anche lo spirito si sentì leggermente in imbarazzo e si rese conto di quanto i loro corpi fossero vicini. Col volto in fiamme distolse lo sguardo da Elsa. Ma continuò a tenere le sue mani strette tra le proprie.
- Io non voglio più perderti Jack. Voglio stare con te. – Elsa stava sorridendo, guardando le loro mani intrecciate. Il suo sguardo gentile si alzò sul viso dello spirito, che sentì di arrossire ancora di più.
- Anche io voglio stare con te Elsa. – la sua voce uscì limpida e sicura. Sentiva che l’imbarazzo stava scivolando via. E sentiva che anche Elsa si rilassava e decise di abbracciarla. Lei appoggiò la testa bionda sulla spalla dello spirito, continuando a tenere le mani sul suo petto. Entrambi potevano sentire l’uno il battito del cuore dell’altra. E sentirono che iniziavano a battere all’unisono, sincronizzati. Rimasero abbracciati per molto tempo, sentendosi protetti e al sicuro.
Restarono svegli insieme tutta la notte. E quando le prime luci dell’alba arrivarono, le ammirarono seduti sul davanzale della finestra che aveva collegato i loro due mondi per tanti anni. Jack voltò lo sguardo verso Elsa, seduta accanto a lui. Continuava da appoggiare la testa sulla sua spalla e ad intrecciare le sue dita con quelle del ragazzo. Le lasciò un leggero bacio sui capelli e si allontanò leggermente per guardarla negli occhi.
- Io presto dovrò andarmene… - non avrebbe voluto farlo, sarebbe voluto restare lì con lei, seduto su quel davanzale ad abbracciarla per sempre. Ma sapeva che il suo posto era con l’inverno, dall’altra parte del mondo.
- Lo so. – Elsa continuava a guadare l’orizzonte. Il suo viso era sereno. – Ma so anche che tra pochi mesi tornerai. Come torna sempre l’inverno. – il dolce sorriso che gli rivolse lasciò senza fiato lo spirito. Aveva ragione. Lui sarebbe sempre dovuto andare via, ma sarebbe anche sempre tornato da lei. Per sempre. Si diedero un ultimo bacio d’addio, dolce e delicato come il loro sentimento, e si promisero di rivedersi lì all’arrivo del gelo.
 
In molti si chiesero come mai la regina Elsa di Arendelle non avesse mai preso marito durante il suo lungo regno. Principi e re di ogni dove le avevano proposto alleanze matrimoniali o avevano cercato di corteggiarla, ma lei aveva sempre negato a tutti la sua mano. Alcuni dicevano che desiderasse sposarsi per amore, come era accaduto alla principessa Anna che aveva sposato un venditore di ghiaccio. Altri dicevano che la regina non voleva condividere il suo potere con un uomo. Il suo regno era sempre più prospero grazie alle sue capacità e lei non voleva che un uomo cercasse di prendersene il merito o peggio rovinare il suo sapiente operato. Altri più maligni, solitamente pretendenti rifiutati, dicevano che la regina avesse numerosissimi amanti e che non volesse rinunciare a nessuno di essi. Gli osservatori più attenti invece avevano notato che durante i lunghi inverni del nord, quando il fiordo era coperto di neve e ghiaccio e i commerci diminuivano, la regina lasciava la sua scrivania per rifugiarsi nelle sue stanze o per fare lunghe passeggiate solitarie nel bosco. Ciò che questi osservatori non vedevano però era che Elsa non era mai sola durante quei lunghi inverni. Quando il gelo copriva quella parte del mondo l’allegro e giocoso spirito che lo portava si stabiliva sulle montagne o nei boschi di Arendelle, accolto da creature magiche che lo vedevano e lo amavano.
Quel pomeriggio Jack aspettava la sua regina appollaiato su un albero innevato. Aveva passato la mattina con i troll della foresta, giocando con i piccolini. Elsa gli aveva detto che il mattino doveva fare cose da regina e quindi si sarebbero visti al pomeriggio, sul perimetro del bosco. E come promesso, lo spirito vide la ragazza camminare verso di lui lungo il sentiero che collegava il castello e la foresta. Il passo leggero e cadenzato di Elsa, perfettamente eretta sulla schiena, colpì come sempre Jack. Arrivata sotto l’albero su cui si trovava lo spirito, Elsa sciolse la crocchia che le teneva i capelli legati stretti sulla nuca e si posizionò la lunga treccia dietro le spalle. Alzò lo sguardo e sorrise dolcemente a Jack, che si lasciò scivolare a terra sorridendo allegro.
- Allora come è andata la tua mattina da regina? – le chiese brioso.
- È andata bene. Ho dovuto parlare con i miei ministri a proposito delle nuove politiche agricole che dovremo introdurre la prossima primavera. – Elsa sapeva che la maggior parte di ciò che diceva riguardante il suo lavoro non veniva compresa dal suo compagno, ma era felice che Jack glielo domandasse comunque.
- Sembra più un argomento da discutere con i contadini che con dei nobili. – l’ingenuità del ragazzo le faceva sempre scappare un sorriso.
- Finché sono solo piani riguardano la politica, quando arriverà la primavera dovremmo discuterne anche con i coltivatori. – Jack aveva notato il luccichio negli occhi di Elsa. Sapeva che amava il suo compito e il suo paese, e sapeva che le piaceva parlarne. E a lui piaceva vedere la sua compagna felice e gioiosa.
- E tu cosa hai fatto questa mattina? – chiese la regina, curiosa di conoscere i divertimenti che lo spirito aveva vissuto.
- Sono stato con i troll nella foresta. I bambini di Arendelle sono ancora a scuola la mattina e così non posso farli giocare. Ma i piccoli troll mi hanno mostrato i loro nuovi cristalli e sono veramente belli. Li vuoi vedere?
- Certo. – l’entusiasmo di Jack la travolgeva sempre come una brezza fresca e revitalizzante. Il ragazzo la prese per mano e la condusse lungo il sentiero che si addentrava maggiormente nella foresta. Arrivarono in una valle ampia e adombrata, ricoperta da innumerevoli sassi e rocce di varie dimensioni. Lo spirito si portò un dito alle labbra, segnando alla sua compagna di fare silenzio. Scivolarono con passo felpato in mezzo ai troll addormentati e giunsero davanti a una piccola cavita nel terrene, da cui spuntavano piccoli cristalli colorati.
- Come sono belli – disse la regina ammirata. La luce soffusa della radura faceva brillare debolmente i cristalli, ma permetteva già di intravedere le venature colorate e le sfumature che ammaliavano l’osservatore. Jack teneva ancora la mano di Elsa e intrecciò le dita con le sue, assaporandone il calore e la morbidezza.
- Ma non belli come te. – Elsa alzò lo sguardo verso lo spirito e vide i suoi occhi gentili e amorevoli fissi su di lei.  Gli si avvicinò e lo baciò. In quel momento non si sentì una regina né una creatura magica, ma solo una persona amata e che amava con ogni fibra del suo corpo. Jack ricambiò il bacio con dolcezza, posando la mano libera sulla guancia della ragazza, accarezzandola. Sentendosi completo e appagato.
 
La loro relazione cresceva ogni inverno e l’arrivo della primavera non li allontanava mai completamente. Nonostante non si vedessero per mesi, Jack pensava sempre alla sua regina della neve e Elsa pensava al suo spirito del gelo. L’arrivo dell’inverno era celebrato con grandi festa ad Arendelle e la regina era colei che più di tutti gioiva del cambiamento della stagione, dell’arrivo del freddo che ghiacciava i laghi, ma scaldava il suo cuore. Jack ed Elsa rimasero insieme anche quando il tempo iniziò a mostrarsi sul viso della regina. Ella si preoccupava che lo spirito, eternamente giovane, non sopportasse più la vista del suo viso o il tocco delle sue mani e temeva che all’inizio del nuovo inverno potesse non presentarsi alla sua finestra. Ma Jack in quei segni sottili vedeva gli innumerevoli sorrisi che lei gli aveva donato, vedeva gli inverni passati insieme e la felicità che avevano condiviso. Il primo giorno di inverno, come sempre, assisteva ai festeggiamenti della popolazione e quando questi si concludevano volava verso l’unica finestra ancora aperta e dove si trovava l’unica persona che voleva vedere. Quell’inverno trovò Elsa avvolta in una spessa coperta, che dormiva sulla poltrona vicina alla finestra aperta. La pelle candida e diafana, i sottili capelli bianchi sciolti sulle spalle, la facevano sembrare un’apparizione iridescente. Lo spirito prese la regina tra le braccia e la trasportò sul letto per permetterle un riposo confortevole. Chiuse la finestra e aspettò l’alba vicino alla sua compagna.
Quell’inverno fu stranamente mite per gli abitanti di Arendelle. La neve era scesa leggera e si era sciolta velocemente, il gelo non aveva ricoperto i tetti delle case e il vento soffiava debole. Jack non era stato diligente nel suo lavoro perché la sua attenzione era completamente rivolta alla sua regina. Elsa passava la maggior parte del tempo nella sua stanza, avvolta da pesanti coperte, stesa a letto o seduta vicino al camino. Jack vedeva le sue spalle incurvate, lo sguardo opaco e stanco e sentiva il cuore contorcersi per il dolore. La sua regina sembrava ogni giorno più debole e solo a lui sembrava interessare. Nessun medico aveva una cura e inutilmente lui cercava di mandare segnali ad Anna o ai suoi figli. Si sentiva in preda ad un’angoscia che gli toglieva il respiro e gli stringeva le viscere. Stare accanto ad Elsa lo faceva sentire impotente, incapace di salvare la donna che amava.
L’inverno passò velocemente e Jack non sarebbe voluto partire. Aveva proposto ad Elsa di restare lì con lei, ma la regina non trovava giusto che lo spirito mettesse da parte la sua missione per starle accanto. “Ci vedremo il prossimo inverno” gli aveva detto accarezzandogli la guancia fredda. Jack l’aveva baciata, con le lacrime che gli annebbiavano la vista ed era partito. Ad ogni tratto che percorreva sentiva il cuore sprofondare maggiormente nel suo petto e le lacrime scorrere più copiose.
In ogni paese del mondo l’inverno fu anomalo quell’anno. A giornate tranquille e miti, quasi primaverili, si alternavano giorni in cui il vento soffiava forte e gelido come non mai. Gli animali erano disorientati dagli sbalzi della temperatura. I contadini di molti paesi avevano trovato delle povere bestie che prematuramente erano usciti dalle loro tane, ingannate a pensare fosse già primavera, e che erano morte congelate a causa del loro errore. Spesso Jack aveva ricevuto la visita di alcuni guardiani che lo ammonivano di svolgere bene il suo compito. Ma la sua testa non era mai nello stesso luogo del suo corpo. Quando passarono i nove mesi più lunghi della sua esistenza, lo spirito partì veloce, strappando ghiaccio e neve dove ce n’erano, per raggiungere Arendelle.
Cieco ai dettagli, volò subito alla solita finestra, aspettandosi di trovarla aperta come sempre. Ma non fu così. La finestra era chiusa. E la stanza immersa nel buio. Il cuore di Jack sprofondò, faticava a respirare e a tenersi dritto sulle gambe. Rimase in piedi sul davanzale esterno stringendo le mani sulla cornice, finché il silenzio non lo colpì dolorosamente. Da quanto tempo non c’erano stati rumori? “Il primo giorno d’inverno ci sono sempre musica e risate che si diffondono per tutte le strade” pensò. Con il battito del cuore accelerato lo spirito planò lungo le strade. Non si vedeva nessuno, le strade erano deserte e le imposte delle finestre tutte chiuse. Arendelle sembrava una città morta. Con maggior preoccupazione Jack scattò verso il castello. Una giovane domestica era appena uscita da una porta di servizio e il ragazzo ne approfittò per introdursi all’interno. Attraversò velocemente le cucine e le stanze di servizio ed arrivò nel salone principale. Le candele erano spente e le spesse tende chiuse. Vagò per i corridoi fino alle stanze dove vivevano Anna e Kristoff. La vecchia coppia era seduta su un piccolo divano davanti al camino, abbracciati e avvolti da una coperta. Le spalle della principessa erano scosse da singhiozzi irregolari che il marito cercava di calmare. Jack avrebbe voluto chiederle perché stava piangendo, ma aveva paura che la risposta potesse avverare i suoi più profondi timori. Riprese a girare per i corridoi finché non giunse davanti alla sala dei ritratti. Le immense porte di legno intarsiato erano aperte e dall’interno giungeva solo la debole luce della fiamma di una candela. Sarebbe voluto restare lì immobile per l’eternità piuttosto che vedere il suo incubo diventare realtà. Ma sapeva che non sarebbe stato possibile e con passo esitante entrò nell’immensa stanza. Sulle pareti e sul pavimento si formavano cupe ombre tremolanti. La luce arrivava dal fondo della stanza dove si trovava una candela quasi completamente consumata. Con le gambe che tremavano raggiunse la candela. Sentiva il battito assordante del suo cuore e le orecchie che gli ronzavano. Alzò lo sguardo verso il quadro e le lacrime iniziarono a scendere calde sulle sue guance. Un velo nelo, simbolo della morte, era steso sul quadro della regina Elsa. Il ritratto che riportava con maggior fedeltà la sua bellezza era coperto da quel velo odioso. Avrebbe voluto urlare per la disperazione e per il dolore, strappare quel pezzo di stoffa come se ne dipendesse la sua esistenza. E forse era così. Nel momento in cui aveva avuto la certezza che la donna che amava era morta, anche una parte di lui morì.
Non riusciva a sostenere quella vista e quindi scappò. Corse lontano dal palazzo, lontano dalla città. Sperava di allontanarsi dal dolore, ma quello continuava stringergli il cuore e l’anima. Quando entrò nella foresta i troll lo stavano aspettando. Sapevano come avrebbe reagito lo spirito alla notizia ed erano pronti ad aiutarlo. Lui non disse nulla e loro rispettarono il suo silenzio luttuoso. Fecero un segno al ragazzo di seguirli e si addentrarono nel bosco. Raggiunsero una piccola valle al cui centro giaceva un grande monolite. Sulla sua superficie lisca erano incise tante parole che Jack non riuscì a decifrare. Riuscì a leggere solo la prima frase. “Qui giace Elsa, la più benvoluta e capace regina di Arendelle” Cadde in ginocchio e pianse sulla tomba della sua amata per tutta la notte.
Da quell’anno l’inverno ad Arendelle non fu più accolto con feste e balli, ma con lunghe processioni e canti rivolti alle anime dei defunti.
Lo spirito del gelo si rifugiava sulle montagne, lontano da tutto, solo con il suo dolore. Scendeva solamente per depositare qualche fiore di ghiaccio davanti alla tomba dell’unica donna che lo aveva amato. E ogni volta vedeva ghirlande e candele che commemoravano la sua regina. In quei momenti lo colpiva l’amarezza che la realtà aveva portato nelle loro vite. Lui sarebbe vissuto in eterno nell’invisibilità, nascosto alla vista di tutti e destinato a restare solo. Lei sarebbe vissuta in eterno nei cuori e nella memoria delle innumerevoli persone che l’avevano conosciuta e amata, e sarebbe stata ricordata dalla storia per le sue grandi azioni.










Note dell'Autrice:
Grazie a tutti i lettori e le lettrici che hanno letto questa storia fino al finale. Spero che sia stato di vostro gradimento, anche se un po' triste. Qui c'è il link alla bellissima fanart che ha ispirato questa mia storia: https://www.pinterest.it/pin/682365781012631977/ 
Grazie per essere giunti alla fine di questa avventura, fatemi sapere cosa ne pensate e a presto.

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