What your eyes have been hiding

di sopaber
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Premesse ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 - Non ti sei ancora liberata della Serpe? ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 - Un semplice capo non sono mai stato ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 - Non pensare sia finita qui! ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 - Dimentica tutto, non significava niente ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5 - Qualcuno le tiri un bolide, e che cazzo! ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6 - Stammi alla larga, Anderson ***
Capitolo 8: *** Capitolo 7 - Io quella l'ammazzo ***
Capitolo 9: *** Capitolo 8 - A me fai schifo anche così ***
Capitolo 10: *** Capitolo 9 - Mi sa che hai sbagliato aula, principessina ***
Capitolo 11: *** Capitolo 10 - Tu sei impossibile, lo sai vero Allen? ***
Capitolo 12: *** Capitolo 11 - Che c'è Walker, sei in astinenza? ***
Capitolo 13: *** Capitolo 12 - Sophie, sei proprio una viperella, eh? ***
Capitolo 14: *** Capitolo 13 - Non sono contento, sono terribilmente preoccupato ***
Capitolo 15: *** Capitolo 14 - Sei morto Allen ti faccio a pezzi! ***
Capitolo 16: *** Capitolo 15 - Senza maglia! ***
Capitolo 17: *** Capitolo 16 - Non esiste nessun nostro se implica tuo Rogers ***
Capitolo 18: *** Capitolo 17 - Sei fortunata, perché tu al ballo ci vieni con me ***
Capitolo 19: *** Capitolo 18 - Perché io ti amo, Sophie Forbes ***
Capitolo 20: *** Capitolo 19 - Oh Luke, tesoro, ci sono molti modi per conoscere una lingua ***
Capitolo 21: *** Capitolo 20 - È qui la festa?! ***
Capitolo 22: *** Capitolo 21 - Vaffanculo, James! ***
Capitolo 23: *** Capitolo 22 - SORPRESAAA! ***
Capitolo 24: *** Capitolo 23 - Ora si passa ai giochi per i grandi, bamboline ***
Capitolo 25: *** Capitolo 24 - Tu sei affare mio ***
Capitolo 26: *** Siamo tornate! ***



Capitolo 1
*** Premesse ***


Premesse


 
Vi siete mai immaginati come sarebbe la vostra vita a Hogwarts?
Noi sì, scrivendo questo racconto.
Questa non è una fanfiction ispirata alla trama dei libri o dei film di Harry Potter quanto piuttosto una storia nuova inserita in quell'universo che amiamo così tanto (con una piccola differenza: la nostra storia è ambientata sì a Hogwarts, ma si inizia il primo anno a 13/14 anni).
Siamo tre migliori amiche da una vita e, accomunate dalla passione per Harry Potter, abbiamo deciso di lanciarci e di scrivere un racconto a tre mani. 
Quello che è partito come un discorso a caso su un’ipotetica scrittura a tre é per noi diventata ora una vera e propria passione, tant’è che abbiamo deciso di dividere la nostra storia in due parti, di cui la prima già finita e la seconda in corso di lavorazione... ormai ci siamo affezionate ai nostri personaggi e speriamo che, capitolo dopo capitolo, con le loro vicende possano piacervi e divertirvi almeno quanto lo stanno facendo con noi!  
Le Sopaber. 

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 - Non ti sei ancora liberata della Serpe? ***


Capitolo 1 - Non ti sei ancora liberata della serpe?

I

 Sophie era appena arrivata alla stazione di King's Cross e già non vedeva l'ora di indossare orgogliosamente la sua divisa da Grifondoro. I lunghi capelli castani le coprivano le spalle ed il vestito giallo le faceva risaltare ancora di più la carnagione scura. Era emozionata come sempre: ogni anno le sembrava di sognare e il pensiero che finalmente il primo giorno era arrivato la elettrizza. Sapeva però che quell'anno sarebbe stato diverso e questo la rendeva ancora più agitata del solito; nonostante cercasse in ogni modo di non pensare a cosa fosse successo quell'estate, proprio non ci riusciva. Le capitava raramente di essere così distratta, era solita organizzare il suo arrivo per filo e per segno ma per colpa della notte insonne non era riuscita a programmare tutto ciò che voleva come gli anni precedenti. 
Era solo colpa di quel ragazzo. 
Scosse la testa come per scacciare i pensieri: doveva smettere di pensarci.  
Pochi mesi prima era stata al campo estivo con alcuni dei maghi di Hogwarts e di altri paesi europei, e con tutti quei ragazzi, mai avrebbe immaginato che si sarebbe così tanto avvicinata ad un Serpeverde; il fatto che il Serpeverde in questione fosse Thomas di certo non aiutava.
Sophie si era stupita quando l'aveva visto ed i primi giorni si erano ignorati finché,  da un giorno all'altro, erano diventati quasi inseparabili. Passavano sempre più tempo insieme ed era chiaro che ci fosse interesse da parte di entrambi. Riuscivano a parlare di qualunque argomento, scherzavano, si prendevano gioco delle rispettive case e sempre più spesso si scambiavano sguardi di troppo.  Non sapeva nemmeno lei come fosse successo e a volte si malediceva da sola per essersi cacciata in una situazione simile. 
Thomas sarebbe stato il ragazzo perfetto se solo il Cappello Parlante quattro anni prima non lo avesse incoronato Serpeverde e cosa più importante, se non fosse stato così amico di Abigail. Abby era una delle più grandi amiche di Sophie nonché sua compagna di stanza, anche lei era Grifondoro ma con un odio colossale verso i Serpeverde. L'unica persona di quella casa che non guardava con una smorfia di disgusto era il suo amico d'infanzia Thomas; i genitori di quest'ultimo e di Abby erano amici di vecchia data e così, passando un'infinità di tempo assieme, lo erano diventati anche i figli. I due ragazzi erano quindi legati come da un legame di sangue, quasi fossero fratelli.
Sophie era sicura che Abigail non avrebbe accettato facilmente che uscisse con Thomas e rabbrividiva al solo immaginare la sua reazione se mai avesse scoperto cosa fosse successo al campo. 
Solo arrivata a casa si era resa conto di aver commesso uno sbaglio enorme, eppure quello che aveva provato in quelle settimane non l'aveva mai provato prima con nessun altro. E se ripensava a quell’ultimo bacio era ancora peggio. No, non doveva pensarci.                    
"Tutto bene Sof?" La voce di Anthony, il suo amico di sempre, la riportò alla realtà.  
"Si, scusa... Oggi ho la testa altrove" sospirò Sophie, distratta. Ci pensava ininterrottamente ed i dubbi aumentavano di giorno in giorno, sapeva che doveva dimenticarlo ma era più forte di lei.  
“Non è da te, stai bene?” chiese Anthony preoccupato. Sophie non era mai così distratta e silenziosa.
“Si grazie, sono solo un po’ assonnata ma tutto bene… Tu hai dormito invece?” chiese a sua volta Sophie mentre fece finta di sbadigliare e di stroppicciarsi gli occhi. 
“Non bene ma sì, sono sempre emozionato al primo giorno!” Anthony fece spallucce e si sistemò i capelli scuri nella speranza di essere ancora presentabile dopo il lungo viaggio in treno. 
A chi lo dici, disse fra sé e sé Sophie per poi giocherellare con il braccialetto che aveva al polso per scaricare la tensione. 
La Grifondoro vide in lontananza due ragazzi e li riconobbe subito: erano Summer e Frank, i suoi due amici Tassorosso. Lui stava gesticolando mentre lei continuava ad alzare gli occhi al cielo, sicuramente Frank si era messo a raccontare uno dei tanti scoop di cui era venuto a conoscenza. Frank poteva essere paragonato ad una vecchia zitella pettegola per quanto amasse spettegolare e Summer, essendo spesso insieme a lui, era la prima a conoscere le novità del giorno e le sentiva ripetere fino alla nausea. 
Sophie li salutò abbracciandoli: le erano mancati. 
"Vi prego fatelo smettere, è due minuti che è qui e sa già i pettegolezzi di tutti" disse Summer sbuffando.  
"Perché non avete sentito l'ultima?" 
Sophie rise alla domanda di Frank, continuando a guardarsi attorno con il cuore in gola. Aveva paura di incontrare Thomas e scrutava con attenzione tutti i ragazzi che le passavano affianco sperando di non incrociare il suo sguardo.  
"Cerchi qualcuno?" 
Sophie si girò di scatto spaventata verso Anthony. Per un secondo aveva pensato fosse lui.  
"Oh no nessuno" disse lei, sorridendo. Doveva stare più attenta, non riusciva a stare tranquilla e se ne stavano accorgendo tutti, sapevano però che per il primo giorno era sempre stata con la testa tra le nuvole e nessuno ci diede troppo peso. 
In più non era l'unica distratta quella mattina.   
Sophie chiese a Frank di raccontarle alcune delle notizie interessanti, era come un giornale di gossip; le iniziò a raccontare a raffica una serie di aneddoti su persone di cui non sapeva neanche l'esistenza. 
Summer annoiata cercava Abigail sperando la potesse salvare dal racconto di Frank che ormai sapeva a memoria.  
"Ma seriamente!? Anthony hai sentito?" disse Sophie che, quasi sconvolta da uno scoop in particolare, stava richiamando l'attenzione di Anthony che in tutto quel tempo non aveva sentito neanche una parola.  
"Anthony ci sei?" ripeté, scuotendo una mano davanti al suo viso. 
Il Corvonero era incantato ed i suoi occhi non si spostavano da una figura lontana. Sophie si voltò per seguire lo sguardo di Anthony e si accorse che stava fissando estasiato un ragazzo ormai poco distante da loro. Aveva i capelli ricci e la carnagione chiara: era Albert Branson. 
Anthony ed il ragazzo, essendo entrambi Corvonero, passavano molto tempo insieme e quella scena aveva fatto pensare a Sophie che ci fosse qualcosa di strano nel moro. Anthony era infatti estasiato, non muoveva le palpebre e sembrava che il cuore gli stesse uscendo dal petto. 
Sophie strattonò l'amico e soltanto allora Anthony si rese conto di non essere solo.  
"Oddio scusate... Stavate dicendo?" azzardò.  
Sophie non non fece alcun commento su quanto successo, non voleva metterlo in imbarazzo davanti a tutti, ma sicuramente gli avrebbe chiesto spiegazioni a riguardo in seguito.  
"Si dice che qualcuno abbia usato la magia lontano da Hogwarts, senza permesso!" esclamò la ragazza sconvolta. 
"Non fosse già maggiorenne avrei pensato che sia stato Edward mani di forbice, è un poco di buono."  
Sophie rise all'affermazione di Summer: la ragazza l'aveva sempre odiato e ogni momento era buono per sbeffeggiarlo.  
Edward era uno dei maghi di Hogwarts più orgogliosi di essere un Grifondoro e lo si notava in ogni sua azione, parola e comportamento; a molte questo atteggiamento piaceva ma a Summer proprio non andava a genio.
"Secondo me è stato qualcuno del primo anno, da piccoli è difficile resistere..." esclamò Anthony, cercando di far dimenticare ai ragazzi cosa fosse successo poco prima mentre con la coda dell'occhio seguiva il ragazzo riccio per poterlo raggiungere di lì a poco.  
“È già un miracolo che non sia mai successo ad Abby negli anni scorsi. È pericolosa se lasciata sola!” disse Sophie pensando all’amica mentre ne combinava una delle sue. 
"Io so chi è stato!" 
Frank aveva un sorrisetto malefico, non vedeva l'ora di svelarne l'identità; probabilmente era qualcuno mai sentito nominare prima. Il Tassorosso muoveva le mani agitato e sembrava sul punto di urlare il nome del colpevole.                                                                               
"Te pareva" esclamò Sophie per poi continuare a controllare tutti i ragazzi che le ricordassero Thomas: alti, biondi, occhi azzurri. Non voleva incontrarlo e, ogni volta che vedeva qualcuno che gli assomigliasse, spostava lo sguardo e si copriva il volto senza dare nell'occhio.  
Summer diede una spinta all'amica quando si rese conto che stava facendo tutt'altro che ascoltare la storia di Frank.  
"Che cos'hanno tutti oggi?" domandò ridendo Summer per poi allontanarsi a salutare una ragazza Tassorosso poco più in là. 
Sophie sapeva che prima o poi qualcuno se ne sarebbe accorto se non si fosse calmata. Era così irrequieta che per un attimo pensò che l'unico modo per togliersi il ragazzo dalla mente e cancellare così il ricordo di quell'estate fosse fare un incantesimo. Eppure non voleva dimenticare assolutamente nulla di cosa fosse successo poche settimane prima. 

 

II 

“Si si ci sbrighiamo ma tanto...” 
“...il treno mica parte senza due come noi!” 
I due ragazzi si sorrisero, complici. Era una vecchia abitudine terminare l’uno le frasi dell’altra; erano così in sintonia essendo cresciuti insieme da sempre che spesso sembrava pensassero con un cervello solo. Salutarono distrattamente i due uomini che li guardavano dalla macchina, un po’ divertiti, un po’ esasperati, e senza più degnarli di uno sguardo si avviarono sicuri verso l’ingresso della stazione.  Formavano una strana accoppiata, e non poche persone si giravano al loro passaggio: spingevano un carrello ciascuno, per un totale di due valigie enormi, una prima gabbia da cui provenivano dei miagolii sommessi e una seconda, più grande, in cui sonnecchiava una bella civetta. Ma la cosa più particolare era che entrambi i ragazzi portavano con disinvolture sulla spalla due scope, belle, lucide, curate; chiaramente le cose più preziose.  
Mentre si dirigevano a passo veloce verso il cartello che indicava la direzione per il binario nove, la ragazza si spostò una ciocca dei lunghi e lisci capelli scuri dal viso, e si sistemò meglio attorno al collo la sciarpa scarlatta che portava con evidente orgoglio. Poi, guardò accigliata il compagno.  
“Non potevi aspettare di essere sul treno per metterti quella roba? Potresti almeno regalarmi qualche ultimo minuto in cui posso far finta che tu sia normale” sbuffò Abby. 
Anche il ragazzo infatti aveva una sciarpa, che lasciava cadere con disinvoltura sul petto, però verde smeraldo. Thomas per tutta risposta le sventolò la sciarpa sul viso, ottenendo una smorfia disgustata in risposta. 
“Non ti rassegnerai mai vero? Guarda che non è mica una tragedia prima o poi dovrai accettarlo” cominciò a dire Thomas, anche se sapeva che non sarebbe servito a niente. 
“MAI!” rispose infatti subito Abby, categorica. “E anzi ricordati che sarai mio debitore per sempre per farti perdonare il tuo terribile tradimento!” 
Thomas scosse la testa, divertito. Avevano già avuto quella conversazione svariate volte nel corso degli ultimi anni. Il problema era, in sé, semplice ma insormontabile. Da sempre amici per la pelle, i due erano cresciuti come fratelli, inseparabili. I loro padri erano migliori amici sin dai loro anni di studio a Hogwarts, compagni di casa. Quando Abby era entrata a sua volta ad Hogwarts, aveva confermato le aspettative dei due uomini finendo orgogliosamente in Grifondoro, la culla dei coraggiosi di cuore. Ma l’anno seguente, quando era toccato a Thomas infilarsi il cappello parlante sulla testa, era successa quella che Abby ancora definiva come la tragedia del secolo e di cui mai si sarebbe fatta una ragione: l’amico non era stato smistato in Grifondoro. E oltre al danno, la beffa: non era finito semplicemente in un’altra casa qualsiasi... no, lui era diventato un Serpeverde. Un SERPEVERDE. E Abby si era allineata sin dal primo giorno di scuola all’umore generale di rivalità tra la sua casa e quella verde argento: lei odiava i Serpeverde di tutto cuore. Ed era stata costretta a fare un’eccezione per Thomas, cosa che non riusciva a perdonargli.  
“Sai continuo a dirtelo” continuò il ragazzo, imperterrito, con un mezzo ghigno sul volto che arrivava a fargli brillare di malizia gli occhi azzurri “secondo me sei tu qui che hai tradito me... secondo me saresti dovuta finire in Serpeverde, ci saresti stata molto meglio.” 
Abby si fermò di scatto e gli tirò un colpo con la scopa. La differenza di quasi trenta centimetri tra i due fece si che lo colpì semplicemente alla spalla.  
“NON OSARE MAI PIÙ DIRE UN’ERESIA DEL GENERE. Che schifo, mi fai venire voglia di vomitare.” 
Thomas ridacchiò, strappando un’occhiataccia divertita all’amica, ma non aggiunse altro.  
“Però dovremmo smetterla di arrivare sempre all’ultimo minuto” disse Abby dopo un momento, quasi esprimendo ad alta voce un pensiero presente solo nella sua testa. “Se arrivassimo in anticipo almeno obbligherei Sof a portarmi il carrello!” 
La ragazza parlava più a se stessa che ad altri, ma il cuore di Thomas accelerò per un attimo sentendo il nome di Sophie.  
Non vedeva l’ora di rivederla, al solo pensiero una scossa lo attraversava. Certo, la conosceva da anni dato che era una delle migliori amiche di Abby, ma mai prima gli aveva fatto un simile effetto L’aveva sempre trovata una ragazza carina, ma un po’ troppo seria e dedita allo studio, non aveva mai visto nessun punto in comune tra di loro. Inoltre, Abby era molto gelosa delle sue amiche e attenta a tenere ben separati i due mondi in cui si trovava suo malgrado a vivere: l’alto Serpeverde biondo che per lei era come un fratello e le sue amicizie quotidiane a Hogwarts. Per questo Thomas non aveva mai guardato con interesse le sue amiche, e mai avrebbe pensato che proprio con Sophie potesse succedere quello che era successo durante il campo... e proprio per questo ora era nei guai. Non poteva e non voleva negare quello che sentiva per la ragazza, il cui solo ricordo gli stringeva in modo piacevole lo stomaco, ma sapeva che Abby non l’avrebbe presa bene.  
Alla sua domanda “allora come è andato il campo? C’erano altri di Hogwarts?” aveva solo risposto evasivo: “Bene bene, e boh si alcuni ma gente più piccola, mai sentita prima. Sono stato più che altro con un gruppo di francesi molto simpatici...” 
Eppure mentre lo diceva gli tornavano alla mente tutte gli scambi di sguardi che erano passati tra lui e Sophie i primi giorni, le successive risate e i momenti di solitudine rubati nel bosco dietro al campo, lei che saltellava da una pietra all’altra del ruscello spingendolo a seguirla, con la sua risata cristallina, così ingenua e contagiosa...  
Thomas si riscosse dai questi pensieri incriminanti prima che Abby potesse notare il sorriso sognante, così poco usuale sulla sua faccia, che stava increspando le labbra.  
Si, Abby si sarebbe magari arrabbiata all’inizio, ma non avrebbe negato a due dei suoi più cari amici un po’ di felicità. Anzi, si sarebbe sicuramente abituata all’idea. Non le aveva ancora raccontato niente perché voleva prima rivedere Sophie, mettersi d’accordo con lei e parlare insieme all’amica. Così avrebbe poi potuto vederla senza problemi, passare tutto il tempo che voleva insieme a lei, tenerla tra le sue braccia mentre lei leggeva come tante volte avevano fatto sotto l’ombra degli alberi al campo estivo... 
“A cosa pensi?” gli chiese ad un tratto Abby. 
Di nuovo quell’accento di sorriso ebete. Maledizione doveva controllarsi, almeno ancora per qualche ora. Riportato bruscamente alla realtà, si accorse che erano arrivati alla barriera che divideva il binario nove dal binario dieci.  
Si fermò un istante. “Niente, pensavo solo che quest’anno potrei accompagnarti fino allo scompartimento e restare un po’ con te e i tuoi amici che ne dici? Solo per stare ancora un po’ insieme prima di separarci a Hogwarts” si affrettò ad aggiungere, vedendo lo sguardo perplesso della ragazza. “Poi ricominceremo a ignorarci in pubblico quando siamo con i nostri amici, tranquilla” terminò con un sorriso innocente. 
“Ma si come preferisci” concesse Abby, con un’alzata di spalle non curante. “Anzi meglio così non correrai dritto filato da quella bagascia di Megan Gray” commentò, sputando come fosse bile il nome della più snob (e attraente - secondo i ragazzi, odiosa, schifida, falsa, cerebrolesa, montata - secondo parecchie ragazze, Abby in testa) Serpeverde di sempre.  
“Dai lo sai che tu ai miei occhi sei mille volte più bella e attraente” la prese in giro Thomas, ben sapendo tutto quello che Abby pensava della sua compagna di classe e del fatto che fosse anche nel suo stesso giro di amici. “Se fossi Serpeverde anche tu, non sarei costretto a uscire con gente così, potrei stare sempre con la mia amata Abigail...” 
Thomas schizzò in avanti per evitare un calcio negli stinchi della Grifondoro, e Abby si affrettò a seguirlo.  
Un attimo dopo, i due amici sparivano contemporaneamente attraverso la barriera davanti a loro per sbucare nel binario 9 e 3/4, con la sincronia e la complicità di sempre.  
In quel momento l’orologio sul muro alle loro spalle batté le 11 in punto e davanti a loro la locomotiva rossa scarlatto che riempiva di fumo il binario lanciò un ultimo fischio e accese i motori. 
Abby e Thomas salirono sull’Hogwarts Express con disinvoltura proprio mentre questo cominciava lentamente a partire; si batterono il cinque, soddisfatti.  
Il treno era un caos unico: ovunque ragazzi e ragazze entravano e uscivano dagli scompartimenti per ritrovare gli amici dopo una lunga estate di separazione, o correvano da un vagone all’altro per salutare vecchie conoscenze ed evitare vecchie inimicizie. L’atmosfera era allegra e contagiosa, e Abby e Thomas non poterono fare a meno di sorridere: erano di nuovo nel loro elemento. Qua e là, scoppi di luce indicavano la presenza di qualche magia in atto e nel corridoio che i due amici stavano percorrendo ora volavano a tratti gufi lasciati inavvertitamente liberi, gobbiglie lanciate con un po’ troppo fervore e persino un fresbee zannuto fuori controllo. 
Thomas abbassò la testa per evitare quest’ultimo mentre un minuscolo ragazzino (chiaramente del primo anno) gli sfrecciava accanto (urlando isterico “qualcuno lo fermiiiiiiiiii non c’era scritto questo sulle istruzioniiiiii”) e non fece in tempo a schivare una grossa rana di cioccolato (che evidentemente non aveva alcuna intenzione di essere mangiata) diretta proprio verso il suo viso. Per sua fortuna, Abby fu più veloce della povera rana: con i suoi riflessi infallibili alzò la mano all’ultimo e la afferrò al volo con la sicurezza e la naturalezza di chi ha l’abitudine di acchiappare boccini molto più piccoli e veloci, e anni di pratica come Cercatore della squadra di quidditch di Grifondoro alle spalle.  
“Questa me la tengo io grazie” sogghignò la ragazza in direzione di una piccola Corvonero del secondo anno che aveva allungato la mano verso la sua cioccorana con un sorriso timido e riconoscente in faccia. Spezzò la cioccorana a metà, ne diede una parte a Thomas e i due continuarono ad avanzare tranquilli, lasciando la piccola Corvonero delusa a mani vuote.  
Finalmente Abby arrivò davanti allo scompartimento che cercava. Fece per aprirlo, ma Thomas si fermò di botto. 
“Stavi andando da loro? Dove sono le tue amiche?” 
Abby lo guardò confusa, non capendo il problema.  
“Sum e Sof sono state nominate prefetti quest’anno, quindi devono prima pattugliare il treno, mi raggiungeranno dopo” spiegò.  
Ma certo, Sophie era stata nominata prefetto, avrebbe dovuto pensarci, rifletté Thomas, cercando di mascherare la delusione. 
“Perché, c’è qualche problema?” gli chiese Abby, che lo conosceva troppo bene per lasciarsi ingannare. 
“No, niente” si affrettò a dire Thomas, per sviarla. “È che stavo pensando che con Forbes come prefetto avrai vita dura quest’anno, cercherà di rimetterti in riga.” 
“Faccia pure, è da quattro anni che ci prova e non è certo quest’anno che ci riuscirà!” 
Abby aveva un ghigno malefico che le illuminava il volto e Thomas non poté che scoppiare a ridere. Povera Sophie, aveva a che fare con un caso perso, non sarebbe mai riuscita a domare la sua amica.  Abby aprì la porta dello scompartimento e si sedette a suo agio, ma Thomas rimase sulla soglia, per niente desideroso di unirsi a quel gruppo. Davanti a lui, infatti, non c’era Sophie, bensì due ragazzi che conosceva fin troppo bene in quanto Cacciatori della squadra di quidditch di Grifondoro, rivale di quella di Serpeverde in cui Thomas giocava come Battitore.  
Il ragazzo più vicino a lui aveva corti capelli neri che sembravano di seta e sopracciglia marcate che incorniciavano i bei occhi scuri che sembravano due gemme incastonate sul volto abbronzato. Il sorriso a trentadue denti, bianchissimo, che stava rivolgendo alla sua migliore amica Abby, non faceva altro che risaltare la sua bellezza naturale. Era Edward Richardson (o meglio “l’altro”, come lo chiamava nella sua testa Thomas, visto che era l’altro migliore amico della sua Abby), Grifondoro del sesto anno. Attraente ma modesto, simpatico e intelligente, Edward tendeva a essere apprezzato da tutti perché aveva un fascino semplice e dei modi educati che lo rendevano popolare e rispettato. Lui non faceva niente per cercare attenzioni, gli veniva proprio naturale; era brillante, ma anziché oscurare gli altri era come se riflettesse attorno a sé il suo prestigio, rendendone partecipi tutti coloro con cui si fermava a scambiare qualche battuta strappando sorrisi e diffondendo allegria. 
Accanto a lui sedeva con disinvoltura, le gambe mollemente appoggiate sul sedile di fronte, James Walker, suo compagno di dormitorio nonché inseparabile amico. Anche il secondo ragazzo era bello, ma di una bellezza diversa. Lui era un figo da paura, ed era consapevole e fiero di esserlo. Tutto in lui, dai muscoli delle spalle che si intravedevano sotto la maglietta, al bel viso regolare (così strafottente e al contempo attraente) incorniciato da una massa di capelli castani, perfettamente disordinati, risultava incredibilmente irresistibile alle ragazze. Sapeva di piacere, non ne faceva un segreto e anzi ogni suo singolo gesto e posizione erano studiate per emanare sicurezza e fascino. Godeva dell’effetto che faceva, lui Capitano della squadra di quidditch, al cui passaggio nei corridoi le ragazze si voltavano incantante senza neanche preoccuparsi di nascondere gli sguardi desiderosi o di abbassare la voce nel parlottare improvvisamente concitate tra di loro. Era il classico rubacuori casanova, e che lui sapesse solo Jake Allen, un Serpeverde del suo stesso anno, lo eguagliava in quanto a successo tra le pulzelle e a numero di conquiste. Ma non se ne preoccupava, c’era abbastanza fauna femminile per entrambi ad Hogwarts. Quello di cui davvero si preoccupava, da ormai qualche anno a quella parte, era Abby. La ragazza infatti sembrava essere l’unica immune al suo fascino, e questa cosa gli faceva montare il sangue alla testa: non poteva accettarla. Quando Abby era entrata nella squadra di quidditch pochi giorni dopo il suo arrivo a Hogwarts, aveva guardato il suo nuovo capitano quasi intimorita, chiaramente in soggezione di fronte a cotanta figaggine, e James non le aveva rivolto più di un mezzo sguardo. Ben presto però, la ragazza aveva cominciato a rispondere con insolenza e senza peli sulla lingua al suo pavoneggiarsi sempre e ovunque, e sembrava aver sviluppato uno scudo contro il suo fascino. All’inizio, James se ne era preoccupato perché non voleva che l’atteggiamento indifferente di quella nanerottola potesse contagiare altre e rovinargli la caccia. Ma dopo aver conosciuto meglio la ragazza ed essere diventato suo amico, aveva cominciato ad apprezzarla in maniera diversa. Il suo rifiutarsi di adularlo, il modo in cui gli stava accanto senza svenire, anzi le risposte che gli lanciava, il modo scherzoso e senza il minimo imbarazzo che aveva con lui… qualcosa era scattato, lei era diversa e tutte le altre conquiste non avevano più lo stesso sapore né gli davano la stessa soddisfazione o la distrazione sperata. Da quel momento, aveva fatto di tutto per conquistarla, ahimè fino a quel giorno invano. 
“Nanerottola” disse James, sfoderando la sua espressione più seducente. “Pronta a cadere infine tra le mie braccia?” 
Abby sbuffò e gli fece una linguaccia, più divertita e esasperata che veramente infastidita ormai. 
“Continua a sognare, Romeo.” 
“Blake” fece Edward alla volta di Thomas, a mo’ di saluto, distaccato ma educato. Non aveva nulla di specifico contro il biondo (a parte il fatto che era più alto di lui,
e non gli piacevano quelli più alti di lui), ma era Serpeverde e in più nemico di quidditch, quindi non ce la faceva proprio a essere simpatico con lui. Per Edward c’era una e una sola casa degna di questo nome, ed era ovviamente quella del leone rampante; chiunque non rispettasse la superiorità dei Grifondoro, ed era proprio il caso dei subdoli verdi argento, non poteva proprio essere da lui tollerato. Tuttavia, Thomas Blake era come un fratello per Abby, e lui sapeva bene che l’amica, pur condividendo con ardore a volte anche maggiore il suo stesso odio assolutamente non oggettivo nei confronti dei Serpeverde, non tollerava che niente fosse dentro contro il suo inseparabile amico d’infanzia; quindi, solo per lei, Edward faceva un’eccezione e si sforzava di restare amabile ed educato come suo solito. 

Lo stesso non si poteva certo dire di James, che non si faceva certo problemi del genere. Non appena notò il Serpeverde sulla soglia dello scompartimento, socchiuse i bei occhi in uno sguardo di annoiato disprezzo. 
“Non ti sei ancora liberata della Serpe?” 
“Richardson” fece Thomas, salutando a sua volta Edward, e poi aggiunse, alla volta di Abby, ignorando completamente James: “Ci vediamo poi dopo il banchetto come sempre.” 
“Ma non volevi stare ancora un po’ insieme? Mi hai seguito fin qui apposta” obiettò la ragazza, anche se con poca convinzione: era chiaro che essendoci solo i due rivali di quidditch nello scompartimento, era meglio per tutti se Thomas fosse andato a raggiungere i suoi amici Serpeverde. 
Il ragazzo infatti si limitò ad alzare le spalle noncurante; ma mentre si girava per andarsene lanciò oltre alla sua spalla, con un tono provocante e divertito: “Tranquillo Walker, la serpe se ne va, perché non vorrebbe farti sentire male ricordandoti con la sua presenza il terribile bolide che ti ha lanciato nell’ultima partita dell’anno scorso e che ti ha spedito k.o. in infermeria!” 
“Blake!!!!!” ringhiò James, facendo per alzarsi e inseguirlo.  
Abby, che stava giocando distrattamente con un boccino tirato fuori dalla tasca della giacca di pelle, gli fece uno sgambetto facendolo ricadere scompostamente sul sedile e strappando un sorriso divertito a Edward.  
Thomas, senza più voltarsi indietro, sventolò la mano a segno di saluto verso Abby e si allontanò.  


III  

 Sophie, Summer e Frank una volta saliti sul treno si erano diretti verso il vagone dei prefetti. Quell'anno, in quanto tali, avrebbero dovuto controllare che i maghi non commettessero infrazioni. 
Sophie era molto fiera di essere prefetto ed essendo sempre stata ligia al dovere, chi meglio di lei poteva svolgere quel ruolo? Summer odiava infrangere le regole, il solo pensiero le faceva venire angoscia e non aveva praticamente mai fatto qualcosa di rischioso ad Hogwarts mentre Frank, dal canto suo, nonostante fosse un gran chiacchierone, non si poteva dire fosse disobbediente e per paura di finire in punizione non osava commettere imprudenze. Le due ragazze tuttavia temevano che Frank avrebbe usato il fatto di essere prefetto come scusa per andare alla ricerca di nuovi gossip.  
I tre amici stavano parlando tranquillamente quando un ragazzo dai capelli scuri e con un accenno di barba tossì più volte affinché gli studenti attorno a lui facessero silenzio. 
Era arrivato Thano Bennett, il ragazzo che pochi riuscivano a sopportare. Era noioso, saccente e convinto di essere il miglior mago di Hogwarts, per non dire di tutto il mondo. Si sentiva superiore a tutti e si intrometteva spesso nei discorsi altrui per correggere la grammatica o ammonire qualche studente per il linguaggio utilizzato.  "Fate silenzio" disse, per poi sistemarsi la camicia e tirar fuori dalla tasca dei pantaloni neri un foglietto ben piegato scritto con una calligrafia precisa ed impeccabile. Fece attenzione a non stropicciare il foglio e lo aprì lentamente. 
"Voglio ricordarvi alcuni dettagli fondamentali dell'essere prefetto" iniziò a leggere prima che gli altri studenti potessero fermarlo. "Un prefetto alla Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts è uno studente a cui vengono assegnate particolari responsabilità e privilegi."  
Frank sbuffò. 
"Ci risiamo" disse a bassa voce alle amiche affianco. 
"Anche quest'anno pensa di essere Silente" disse un ragazzo in fondo alla cabina. Un altro scosse la testa. 
"Silenzio! Vi sembra il caso di fare così tanto baccano? Dobbiamo dare il buon esempio" urlò Thano, per poi riprendere a leggere. "I prefetti possono togliere punti agli studenti di ogni casa che infrangono le regole, però non possono toglierne ad altri prefetti. Vi è chiaro?" 
Frank rise, il suo modo di parlare con quell'accento lo faceva ridere ogni volta, proprio non riusciva a prenderlo seriamente. 
Nessuno rispose e dopo due secondi i prefetti scelti quell'anno iniziarono a parlare come se nulla fosse. Erano tutti abituati alle arringhe del ragazzo e ormai lo lasciavano fare senza dargli neanche risposta. Alcuni ridevano, altri facevano battutine ma l'unico modo per farlo stare zitto era far finta che non esistesse.
Thano innervosito dalla non reazione della folla dopo il suo discorso ben studiato per mesi, andò verso i tre ragazzi accanto all'ingresso dello scompartimento, guardò con aria di disapprovazione Summer e Frank per poi sorridere amabilmente a Sophie. Era dal primo giorno che il Corvonero ne era completamente innamorato e non si lasciava sfuggire nessuna occasione per dimostrarle la sua ammirazione, mettendo spesso la ragazza in imbarazzo davanti a tutti. Era l'unica che Thano riteneva essere al suo livello e Sophie se lo ritrovava ovunque; la difendeva anche quando non era necessario, le faceva complimenti viscidi e privi di sentimento, la seguiva dappertutto e cercava sempre di darsi delle arie attorno a lei. 
"Finalmente qualcuno nominato prefetto giustamente..." disse Thano avvicinandosi a Sophie, che indietreggiò di poco per poi annuire.  
"Nessuno tra i presenti mi sembra degno di svolgere tale ruolo, tranne me e te ovviamente." 
Thano le fece l'occhiolino per poi continuare a parlare. 
"Io me ne vado, non posso sopportare a lungo questa situazione." 
Summer si spostò con la faccia schifata e Frank la seguì, lasciando da sola Sophie con il suo pretendente Corvonero. Sophie appena li vide allontanarsi mimò un "No vi prego" per poi ritornare ad ascoltare il ragazzo. La Grifondoro era l’unica che per gentilezza lo stava ad ascoltare e doveva subirne le conseguenze. 
"Nessuno capisce che è una cosa seria! Non so come abbiamo fatto a diventare prefetti tutti questi ragazzi con un criceto al posto del cervello... Dovrei farlo notare agli insegnanti, dovrebbero trovare metodi migliori di selezione." Thano era così strafottente che pensava di essere superiore non solo ai suoi compagni ma anche ad alcuni professori.  
Iniziò poi a raccontarle di come avesse passato l'estate.  "Pensa... ho passato tutti i giorni ad allenarmi a scacchi, a imparare a memoria tutti gli incantesimi esistenti e a leggere enciclopedie sulla Magia. Non c'è modo migliore di passare le giornate, non trovi?" 
Sophie stette in silenzio, le faceva un po' pena a volte, ma Thano imperterrito continuò: "E tu meravigliosa creatura cosa hai fatto?" Il ragazzo intanto gesticolava e muoveva il foglio che pochi minuti prima aveva letto davanti a tutti. 
"Mah veramente io..." La domanda su cosa avesse fatto d'estate fece accelerare il battito di Sophie che iniziò nuovamente a pensare a Thomas e, paragonarlo al ragazzo che aveva ora di fronte, non la aiutava a dimenticare.  "S-scusa ma devo andare, i miei amici mi chiamano!" disse Sophie correndo via per raggiungere Summer e Frank che, per liberarla dal ragazzo, l'avevano chiamata più volte. 
Thano borbottò qualcosa tra sé e sé. Non aveva mai capito come Sophie potesse uscire con persone di così basso livello rispetto a lui, per non parlare poi del fatto che fossero due Tassorosso. 
"Tanto ci rivedremo presto, così potremo parlare di più senza i tuoi amici decerebrati attorno... magari potremo studiare insieme qualche volta, peccato che non siamo nella stessa casa altrimenti avremmo trascorso maggior tempo l'uno con l'altra!" sbuffò Thano per poi andare a sgridare due ragazzi che parlavano ad alta voce nel vagone affianco. 
"Un vero peccato!" disse Summer ridendo.  

 

IV

 Una volta usciti dallo scompartimento dei prefetti Frank scoppiò in una fragorosa risata, che aveva trattenuto per tutto il tempo. 
“Ma l’avete visto Thano? Sempre il solito... ovviamente non manca occasione per fare gli occhi languidi a Sof, dai magari entro la fine dell’anno vi metterete assieme!” 
Sophie alzò gli occhi al cielo. “Frank come te lo devo dire? A me lui non interessa assolutamente!” 
“Beh dovrai farti piacere qualcuno prima o poi no? Stai sempre a studiare, con Thano potreste pure studiare assieme pensa che bello?” rispose Summer scoppiando a sua volta a ridere con Frank. 
Per un attimo la mente di Sophie tornò al campo estivo, e la ragazza arrossì lievemente. Cercò di cacciare quel pensiero dalla testa, e con tono sbrigativo disse: “Ragazzi adesso vado a cercare mia sorella. Voglio sapere come se la passa, sapete, primo giorno... sarà un po’ agitata”. Detto questo lascio gli amici e andò in cerca della sorella. 
Si diresse alla prima carrozza, dove l’aveva lasciata prima di dirigersi allo scompartimento dei prefetti. Aperta la porta della cabina trovò finalmente la ragazza. 
“Allora Lallie? Come ti senti? Nervosa?” chiese Sophie abbracciando la sorellina. Lallie era completamente diversa da sua sorella. Era bionda, con dei capelli lisci e corti che ricadevano sul viso formando un ciuffo sbarazzino. Sotto la tuta si intravedeva un fisico sportivo, indice di una ragazza che sin dalla più tenera età si era allenata sui manici di scopa con l’unico intento di riuscire ad entrare nella squadra di quidditch della propria casata una volta ad Hogwarts. 
Lallie sbuffando spinse via scherzosamente la sorella e disse: “Sto benissimo non c’è bisogno che vieni ogni mezz’ora a vedere come sto, possiamo anche far finta di non conoscerci una volta arrivate a scuola sai? Non voglio essere additata come la sorella di Sophie Forbes, la secchiona del castello! Comunque Sof volevo presentarti Maddie Hastings, l’ho appena conosciuta, e abbiamo molte cose in comune. Maddie, lei è mia sorella Sophie.” 
Sophie non si era accorta che nello scompartimento c’era un’altra ragazza, che ora la stava salutando sorridendo. 
Maddie era una ragazza dai lunghi capelli neri, lisci come seta. 
“Piacere puoi chiamarmi Sof” disse Sophie stringendo la mano di Maddie “Spero davvero che tu riesca a sopportare mia sorella... In che casa vorresti finire?” 
Prima che Maddie potesse dire qualcosa Lallie intervenne “Stavamo proprio parlando di questo prima che tu ci interrompessi sai? Mi aveva appena detto “Beh ovviamente spero di finire nella casa migliore della scuola” e so già cosa intendeva... ovviamente con me a Grifondoro eh Maddie?” Disse Lalli ammiccando verso l’altra ragazza che ora aveva assunto un’aria imbarazzata. 
“Ehm... a dir la verità no. Io intendevo Serpeverde”, disse Maddie con un filo di voce. 
Lallie si lasciò cadere su un sedile, simulando uno svenimento, e disse sbuffando: “E io che pensavo fossi una tipa a posto... Ho persino diviso con te la mia cioccorana!”. 

***

Summer e Frank stavano facendo un giro di pattuglia del treno, per controllare che nessuno stesse tentando di far qualche magia contro i ragazzini del primo anno, cosa che purtroppo gli studenti più grandi erano soliti fare per divertirsi. 
“Ma hai visto quando è ingrassata Eleanor Buster? Cioè davvero non ho parole... e Isabell dei Corvonero credo si sia lasciata con Patrick Vince, ho sentito dire che lui quest’estate le ha messo le corna con una babbana!”
Frank stava raccontando gli ultimi gossip, sembrava un fiume in piena. Per mesi non aveva avuto modo di tenersi aggiornato circa gli scoop dell’ultimo momento, e il viaggio in treno del primo giorno di scuola era sempre il modo migliore per recuperare tutte le succose informazioni perse e poterle raccontare con un moto d’orgoglio alla sua amica Summer. Dal canto suo Summer non sembrava molto interessata. Voleva bene a Frank, ed era anche consapevole che lui era una preziosa fonte di informazioni, sapeva tutto di tutti. Ma allo stesso tempo Summer non ne poteva più di sentire per ore e ore cose su gente che nemmeno conosceva, quindi fingeva di ascoltare l’amico e nel mentre pensava agli affari suoi. Assorta così nei suoi pensieri Summer non si accorse che la porta dello scompartimento accanto al quale stava passando si aprì, e ne uscì un ragazzo che le finì addosso. 
“Ehi ma guarda dove stai andando ragazz-” Il ragazzo si interruppe non appena si accorse che la ragazza contro cui si era scontrato era Summer. “Ah sei tu... Scusami” disse il ragazzo assumendo un’aria non poi così dispiaciuta, e facendo spallucce si allontanò.     
“Ma guarda sto cafone” disse Summer. 
“Jake Allen, tanto stronzo quanto bello. Peccato che non sia come Alex che è così...” e prima che Frank potesse finire la frase un ragazzo che era l’esatta fotocopia del ragazzo che se ne era appena andato si avvicinò a loro. Alex Allen. 
I fratelli Allen erano due gemelli del sesto anno, alti con spalle larghe e un fisico curato. Avevano capelli castani e mossi, occhi marroni e un sorriso smagliante che aveva fatto perdere la testa ad un discreto numero di ragazzine nel corso della loro permanenza ad Hogwarts. Nonostante il loro aspetto fosse pressoché identico, i due gemelli erano totalmente opposti a livello caratteriale. 
Alex era un Tassorosso, ammirato da tutti, studenti e professori, non solo per la sua bravura a scuola, ma anche per la sua gentilezza e bontà. Era sempre pronto ad aiutare chiunque fosse in difficoltà, e a dare la sua disponibilità per qualsiasi tipo di bisogno. Tutti avevano in mente l’anno precedente, quando Alex aveva salvato Mrs. Purr, la gatta di Gazza, dal platano picchiatore, prendendosi un ramo in testa che l’aveva costretto per una settimana al letto dell’infermeria. O di quella volta in cui Arold, un ragazzino del primo anno, aveva perso il suo rospo chissà dove nel castello, e Alex aveva passato tutta la notte a cercarlo riportandoglielo sano e salvo la mattina seguente. Faceva tutte queste cose senza malizia, senza voler ricevere qualcosa in cambio. Era semplicemente così, altruista e sempre pronto ad aiutare il prossimo. 
Purtroppo Jake Allen era quanto di più diverso potesse esistere dal fratello. Serpeverde, arrogante e strafottente. I professori lo detestavano, non mancava mai di arrivare in ritardo alle lezioni e di rispondere male a qualunque autorità tentasse di riportarlo sulla retta via. Non a caso passava più tempo in punizione che nella sua sala comune. Nonostante i pessimi voti però, era un asso nel quidditch: giocava infatti come cercatore (e capitano) nella squadra dei Serpeverde. Era comico il fatto che anche il fratello Alex giocasse nello stesso ruolo per i Tassorosso, trasformando così le partite di Quidditch in un terreno di confronto fra i due gemelli così diversi. Tutti sapevano che c’era da sempre un po’ di astio fra i due, nonostante fossero fratelli infatti non passavano molto tempo insieme, anzi cercavano di evitarsi reciprocamente. Probabilmente Jake soffriva la quasi santificazione che veniva riservata al fratello, e per contro Alex non approvava i comportamenti poco decorsi del gemello, specialmente nei confronti delle ragazze. Jake era famoso per essere un po’ uno sciupa femmine, non aveva mai avuto una ragazza fissa, semplicemente quando aveva voglia di divertirsi portava una ragazza (rigorosamente diversa dalla precedente) nello sgabuzzino delle scope del secondo piano, e si divertiva a modo suo, per poi scaricarla senza mai più rivolgerle la parola. 
“Ehi Sum! Jake ti stava dando fastidio?” disse Alex una volta avvicinatosi. “Ho visto da lontano che ti stava dicendo qualcosa”. 
Summer non poté notare che il ragazzo serrò i pugni lungo i fianchi. 
“No tranquillo Alex, mi è finito addosso per sbaglio e si stava semplicemente scusando” disse Summer arrossendo leggermente. 
“Bene...” rispose Alex un po’ imbarazzato, “come sono andate le vacanze Sum? Bene?” 
La ragazza sempre più innervosita si spostò una ciocca bionda dietro l’orecchio e prima che potesse rispondere da uno scompartimento accanto uscì un ragazzo che urlò nella loro direzione: “Dai Alex muoviti, se no iniziamo la partita a Spara Schiocco senza di te!” 
“Sì arrivo Ector!” disse Alex sbuffando, e poi si rivolse nuovamente verso la ragazza. “Dai Sum, allora magari ci vediamo a scuola, così puoi raccontarmi com’è andata la tua estate e possiamo parlare un po’ che dici eh? Ora vado che se no quelli si offendono! Ah e ciao Frank!” E rivolgendo un ultimo sorriso alla ragazza, Alex si allontanò. 
“Quasi pensavo non mi avesse visto... Mi chiedo quanto dovremo aspettare ancora prima di vedervi insieme a voi due!” disse Frank ridendo. 
Summer, ancora rossa in viso, disse scocciata a Frank: “Guarda che ti sbagli siamo solo amici, piantala!” 
“Certo come no, senti Summer sono almeno due anni che va avanti sta storia, lui piace a te e tu piaci a lui, lo sanno persino i muri… Allora, ascolta me, se lui non fa nessuna mossa (secondo me è solo molto timido) la devi fare tu e vedrai che...” Per fortuna di Summer Frank fu interrotto dal suo sproloquio con il ritorno di Sophie. 
“Che stavate dicendo?” chiese Sof notando l’aria infervorita di Frank, chiaro sintomo che era stato interrotto nel bel mezzo di una delle sue celebri invettive. 
“La solita storia, Summer e Alex!” disse Frank. 
Sophie guardò l’amica, la quale era chiaramente infastidita. Summer era consapevole del fatto che ci fosse qualcosa tra lei e Alex, ma che allo stesso tempo non si capacitava del perché lui non facesse mai una mossa. A tratti sembrava così preso e pronto per dichiararsi, all’improvviso però quando tutto sembrava andare per il meglio, per qualche giorno smetteva di considerarla e di farsi addirittura vedere, quasi volesse evitarla, per poi tornare i giorni successivi come se nulla fosse, e il ciclo riprendeva da capo. La cosa andava avanti così ormai da due anni, e Summer anche se non lo ammetteva, ci stava male. 
“A sì? Bhe adesso dobbiamo andare a cercare Abby, sempre che sia riuscita a salire sul treno, non vorrei già dover togliere dei punti a Grifondoro per colpa sua senza nemmeno aver messo piede a Hogwarts” cambiò frettolosamente discorso Sophie, ricevendo uno sguardo di ringraziamento da Summer. 
I tre ragazzi si avviarono verso il vagone che solitamente Abby e i suoi amici Grifondoro occupavano durante i viaggi in treno. Prima di raggiungerlo però, furono bloccati dalla strega con il carrello della merenda, e non poterono che fermarsi per fare rifornimento di dolci. Proprio mentre Frank stava comprando un pacchetto di Tutti i gusti più uno, dallo scompartimento di fronte a dove si era fermato il carrello sbucò una ragazzetta dai capelli rossi e ricci che non appena si accorse della presenza di Frank fece comparire sul suo viso paffuto un sorriso a trentadue denti. 
“Frank ciao! Frank sono qui ... Frank come sono andate le vacanze? Frank sei ancora più carino di quanto mi ricordassi sai Frank?” disse la ragazza sbracciandosi. 
“Ciao Alayna” disse Frank imbarazzato, spostando verso Summer e Sophie il suo sguardo che sembrava solo dire “AIUTATEMI”. Alayna spostò a sua volta il suo sguardo verso le due ragazze, e non appena si accorse della presenza di Summer, fece un verso simile ad uno squittio e ridacchiando scomparve per qualche secondo di nuovo dentro lo scompartimento. Dopo poco risbucò dalla porta, ma purtroppo non era sola. Accanto a lei ora c’era Zokos Kellie, un ragazzino basso e paffuto con i capelli neri tagliati come se gli avessero messo una ciotola in testa. Con la sua voce stridula disse: “Ciao Summer”, guardando intensamente la ragazza, per poi scoppiare in un risolino imbarazzante con la sua amica Alayna. 
Zokos e Alayna erano due strani soggetti del quarto anno, compagni di casa di Frank e Summer. Da quando avevano messo piede nella scuola, sin dal loro primo anno, avevano sviluppato un debole l’uno e per Summer e l’altra per Frank, che si era trasformato in poco tempo in una vera e propria ossessione. Frank e Sum non potevano passare un’ora nella sala comune dei Tassorosso senza che i due stalker non cercassero di molestarli con le loro voci stridule e i biscotti che ogni tanto preparavano con le loro mani (Frank e Summer ovviamente non li avevano mai assaggiati, erano certi che fossero stati inzuppati in un filtro d’amore). 
“Perché non vi sedete qui con noi, c’è posto... però solo per Frank e Summer, mi dispiace Sophie credo che tu potrai trovarti comodamente un posto altrove” disse Alayna arrogantemente verso Sophie, per poi spostare lo sguardo su Frank arrossendo nuovamente. 
Sophie sospirò vedendo i suoi amici impietriti e disse: “Mi dispiace Alayna, ma adesso noi dobbiamo andare, non è vero ragazzi? Ciao ciao!” E spinse via i suoi due amici, ma rabbrividì sentendo lo sguardo di odio che Zokos e Alayna le puntarono sulla schiena. 
“Ci credo che c’era posto nella loro cabina, chi vuoi che si vada a sedere con quei due psicopatici?” disse Frank ancora pallido. 
“Io davvero non li reggo più a quei due” disse Summer sbuffando, mentre assieme ai suoi due amici  raggiunse lo scompartimento di Abby. 
Quando lo aprirono videro l’amica intenta a fare delle bolle con il chewing-gum che stava masticando rumorosamente e nel mentre ascoltava l’acceso dibattito dei due suoi compagni circa le nuove tattiche che avrebbero sperimentato sul campo durante la stagione di quidditch in arrivo. 
“Ah Sof, finalmente mi hai portato la merenda, credevo ti fossi persa, spero bene che tu mi abbia preso i Cioccoli ripieni di crema alla fragola, sai che sono i miei preferiti... oh Frank, Summer ciao, come state?” disse Abby sorridendo e allargando le braccia verso di loro ma senza alcuna vera intenzione di volersi alzare. 
Frank e Summer sorrisero e ricambiarono il saluto. 
“Tre mesi che non ci vedi e nemmeno ti alzi per salutarci?” disse Sophie sorridendo, ormai conosceva l’amica e non si stupiva più dei suoi atteggiamenti, alla fine sapeva che era brava e che voleva loro un gran bene. 
“E togli i piedi dal sedile” continuò Sophie facendosi ora un po’ più seria, “così rovinerai il treno e mi costringerai a togliere dei punti a Grifondoro”. Abby sembrò non recepire il messaggio, e anzi rivolse all’amica uno sguardo annoiato mantenendo i piedi ben fissi sul sedile. 
“Ho detto, togli subito quei piedi dal sedile ABIGAIL!” Sophie non riuscì ad aggiungere altro, una copia della Gazzetta del Profeta gli era arrivata in piena faccia. 
“Non permetterti mai più di chiamarmi così, e sappi che i tuoi poteri da Prefetto-perfetto con me non funzionano, inutile che provi a dirmi cosa devo fare” e detto questo invitò gli amici ad entrare e a sedersi con loro. 
“I due Tassi devono sedersi con noi?” domandò James, accigliato. 
Abby lo fulminò con lo sguardo. “Hai ragione James, vado a sedermi io con loro da un’altra parte, il tuo ego sproporzionato sta rendendo questo scompartimento troppo angusto”. Prima che Abby potesse muoversi però, nella cabina fece il suo ingresso Thano, che si era già cambiato indossando la sua divisa. Sul petto brillava la spilla dorata che indicava il suo ruolo di Prefetto. 
“Bene bene bene...” disse Thano volgendo il suo sguardo carico d’odio verso Abby, “vedo che qui qualcuno crede di poter mancare di rispetto ai prefetti. Non solo stai mettendo i piedi sul treno, ma hai addirittura aggredito violentemente un Prefetto colpendolo con un giornale. Poi non stiamo parlando di un Prefetto qualunque, ma della bellissima e intelligentissima Sophie! Credo che dobbiamo togliere dei punti qui, sì sì!” 
“Aggredita? Le ho lanciato un giornale, ma se vuoi vedere un’aggressione vera e propria allora sarò lieta di darti una dimostrazione prendendo a schiaffi la tua faccia disgustosa” replicò Abby con aria annoiata. 
“Oh adesso la signorina usa le minacce, direi che possiamo benissimo togliere cinquanta punti a Grifondoro, sì sì! Dopo anni di insulti e soprusi finalmente ho la mia rivincita su voi indecenti pidocchiosi ignoranti!” ribatté Thano divertito. 
Prima che Abby potesse dire qualcosa che potesse peggiorare la situazione (cosa che sicuramente sarebbe accaduta se la ragazza avesse pronunciato l’epiteto poco grazioso che aveva in mente) Sophie intervenne e disse: “Dai Thano stava scherzando, è mia amica, e i piedi li toglie subito, vero Abby?” 
“Ma dolcezza, bisogna istruirli questi soggetti buzzurri, non devi farti mancare di rispetto da una stolta così” disse Thano, prendendo le mani di Sophie. 
“Basta così” tuonò Edward alzandosi. “Abby non è una stolta e smettila di allungare le tue luride mani su questa povera ragazza. E ora vattene prima che ti faccia uscire a calci in culo dal treno! Un prefetto poi non dovrebbe permettersi di insultare una ragazza e togliere punti a caso solo per le sue vendette personali, aspetta che lo dica alla McGrannit!” 
Thano, con l’intento di nascondere l’evidente terrore che l’aveva pervaso, disse con una voce acuta “Basta così, me ne vado, e solo perché non mi va di infierire sulla vostra pochezza di spirito! Siete stati già puniti abbastanza con quel misero cervello che vi trovate” e detto questo Thano se ne andò furioso. 
“Ma questo lo sa che probabilmente noi abbiamo i voti più alti di lui?” disse Edward a Sophie, ridendo. 
“E te lo sai che Sof poteva cavarsela anche da sola senza che tu ti mettessi in mezzo vero?” intervenne Summer rivolgendo uno sguardo carico di disprezzo ad Edward. 
E prima che il ragazzo potesse ribattere Abby si alzò e lanciando uno sguardo di rimprovero a Summer disse: “Basta così mi avete rotto tutti quanti! Sof, Frank e Sum andiamo fuori da qui per un po’”.
E mentre spingeva gli amici fuori dallo scompartimento la ragazza pensò: “Si prospetta un anno intenso.” 
Abby non sapeva ancora quanto avesse ragione. 

     

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Capitolo 3
*** Capitolo 2 - Un semplice capo non sono mai stato ***


Capitolo 2 - Un semplice capo non sono mai stato
 

Dalle massicce porte di quercia finemente decorate filtrava sul pavimento di pietra una calda luce dorata. Il chiacchiericcio allegro e indistinto degli studenti all’interno si diffondeva fino ai bui e vuoti corridoi di pietra. La Sala Grande era addobbata al suo meglio per il banchetto di benvenuto: quattro lunghe tavolate erano poste una accanto all’altra, ciascuna sormontata da stendardi di colori differenti. Sotto il verde-argento di Serpeverde, il giallo-nero di Tassorosso, il rosso-oro di Grifondoro e il blu-nero di Corvonero, su ogni tavolo brillavano calici e piatti dorati tirati a lucido. Tutto attorno, sedeva la marea di ragazzi nelle loro nuove divise nero lucido, divisi secondo la loro casa ma impegnati a salutare ancora vivacemente qualche faccia conosciuta seduta un po’ più in là. Ai lati della grande sala bruciavano allegri i fuochi negli alti camini di pietra, e al fondo, in orizzontale e leggermente rialzata, stava la tavolata del corpo docente.  
In alto il soffitto sembrava non avere fine: si perdeva nel cielo sovrastante, di un nero inchiostro puntellato di stelle. La miriade di candele che restavano fluttuanti a mezz’aria completava la magia.  All’improvviso, le porte della Sala Grande si aprirono e, quasi rispondendo a un incantesimo Silencio, tutti i ragazzi si zittirono, guardando con trepidazione verso l’ingresso. Erano arrivati i nuovi studenti del primo anno, e questo significava una cosa sola: era il momento dello Smistamento. 
Mentre i nuovi arrivati, guidati dalla professoressa McGranitt come ogni anno, sfilavano intimiditi tra i tavoli di Tassorosso e Grifondoro per fermarsi davanti agli altri insegnanti, Sophie tese il collo fino a quasi farsi male per trovare la sorella tra la folla di primini.  
“Poi non lo dico più eh, però sono sempre più minuscoli, noi non eravamo così piccole quando ci siamo conosciute” le mormorò Abby, seduta davanti a lei. “Hai visto Lallie? Sarà meglio che finisca in Grifondoro…” 
“Ti ricordo che mia mamma era in Serpeverde, allora non si sa mai…” rispose distrattamente all’amica, senza smettere di guardarsi attorno. Abby le fece una smorfia, fingendo di vomitare. 
“I misteri della vita, e dire che tua mamma mi sta così simpatica!” 
Finalmente Sophie la vide, una testa bionda dai capelli corti e ribelli un po’ più in alto rispetto alle altre. Camminava sicura e tranquilla, ma lei sapeva bene che quell’aria spavalda era solo una maschera che permetteva alla sorella di nascondere il suo nervosismo. Di sicuro, lei era agitata per Lallie. Non che importasse particolarmente in quale Casa sarebbe finita, però si ricordava fin troppo bene la tensione che si provava in quegli attimi di attesa. 
Dal tavolo accanto, Summer le lanciò un cenno rassicurante, ben sapendo cosa stava provando l’amica. “Andrà tutto bene, stai tranquilla” le disse con gli occhi, e Sophie le sorrise. Si stava agitando per nulla. 
Davanti allo sguardo nervoso dei nuovi arrivati, la professoressa McGranitt agitò la bacchetta e fece apparire dal nulla un semplice sgabello. Un altro leggero movimento di tocco, e sopra vi apparve un vecchio capello logoro.  
Gli studenti più anziani sapevano cosa aspettarsi, ma qualche mormorio sorpreso corse tra i più piccoli quando quello che sembrava un brutto strappo alla base del cappello cominciò a muoversi. Il Cappello Parlante era pronto per compiere nuovamente il suo dovere. Dopo una frazione di suspense, cominciò con tono profondo e
sicuro la sua canzone: 

  

“Un semplice capo non sono mai stato 
fin da quando Grifondoro mi ha creato. 

Lui, grande mago, fier cavaliere
dall’animo puro, gentile messere 

schiere di maghi potenti creava
  un obbiettivo che con altri lo accomunava.  

Tosca Tassorosso, di alta brughiera,
 di fedeltà e pazienza andava ben fiera. 

E Priscilla Corvonero, strega potente 
di grande intelletto e lavoro di mente. 

E Salazar Serpeverde, mago severo 
che perché purosangue marciava altero.  

Insieme i quattro amici regnavano 
e lentamente Hogwarts creavano, 

per giovano mahgi e streghe istruire 
nel castello che nacque nell’avvenire. 

Fianco a fianco fedelmente insegnavano 
le magie e le doti che tanto amavano;  

ognuno tutti suoi prediletti aveva 
a cui mostrare ciò in cui più credeva. 

La scuola cresceva e aumentava 
il numero di maghi che lì passava. 

Tutto procedeva in completa sincronia 
la vita passava con perfetta armonia  

fin quando un giorno, tra i quattro maghi 
una certezza sostituì pensieri vaghi: 

chi si sarebbe dei giovani occupato, 
quando il suolo non avrebbero più solcato? 

E così decisero una comune soluzione 
d’accordo mi scelsero in loro sostituzione;  

di un grande cervello mi dotarono 
fui creato così come mi pensarono. 

Dal fier Grifondoro fui separato, 
a smistare ragazzi fui preparato.

 Agivo per quattro menti differenti
   secondo pensieri ben consistenti.

I giusti, i coraggiosi di cuore 
trovano in Grifondoro splendore, 

audacia e rispetto a loro insegnava 
i giovani studenti in alto portava, 

lor nella torre con impegno studiavano 
e tutto tra duelli e sfide imparavano. 

Tosca la buona in giro guardava 
lealtà, fiducia e costanza cercava 

buoni lavoratori, chi si impegnava 
eran quelli che Tassorosso più apprezzava;

di grande numero, ma non scarso intelletto
in questa casa trovarono rispetto. 

La bella Priscilla in testa portava 
un diadema che la sua bella chioma ornava,

con sopra scritto ‘un ingegno smisurato 
è per il mago un dono assai grato’; 

di grande intelletto e mente brillante 
per i Corvonero imparare è importante.  

Chi poi è astuto e ambizioso,
tra i Serpeverde trova riposo; 

la grande gloria, le sfide e il potere 
attiran coloro che non voglion cadere. 

Con Serpeverde i più ambiziosi
trovan riconoscimento e moti onori! 

Con questi concetti impressi cominciai 
e la loro volontà fin da subito rispettai. 

La scuola continuò a progredire 
fin quando un litigio si fece sentire, 

tra il fier Serpeverde e il nobil Grifondoro 
chè il primo voleva accettare soltanto coloro  

che riteneva puri e gli altri allontanare. 
Ma alla fine fu lui a doversene andare

lasciandomi il compito di continuare a smistare,
le doti di ognuno in futuro conservare. 

Ora tu ti siederai, e lesto mi indosserai 
e io ti smisterò laddove meglio crescerai!” 

 

Non appena la canzone del Cappello Parlante terminò, tutti applaudirono. Dalle tavolate di Grifondoro e Serpeverde partì persino qualche fischio. Poi, in un silenzio carico di attesa, il primo nome fu chiamato. Abow, Bill fu smistato in Tassorosso, e il tavolo di Summer proruppe in un festeggiamento entusiasta. Frank si spostò un po’ più in là sulla panca per far posto al nuovo arrivato, tenendo ben a mente il nome del ragazzino in quanto possibile futura fonte di pettegolezzi.  
I nuovi studenti si succedevano velocemente; Dersy, Jennifer finì in Corvonero, dove Thano si affrettò a stringerle pomposamente la mano indicandole la spilla da prefetto sulla divisa (“Povera ragazza innocente, ormai la sua pace è finita” commentò Abby, distogliendo lo sguardo con ribrezzo). Venne il turno di Lallie. 
“Forbes, Lallie” chiamò con voce squillante la professoressa McGranitt. La ragazza si fece avanti senza esitare e si sedette sullo sgabello con sicurezza; un attimo prima che il Cappello Parlante le cadesse sul viso tuttavia, il suo sguardo incrociò quello della sorella e le fece un sorrisetto nervoso. 
Sophie ora sedeva rigida e stringeva il tavolo così forte da farsi quasi male. C’erano quasi… Il Cappello Parlante sembrava indeciso, perché ci mise un po’, ma alla fine lo strappo alla base si riaprì e un urlo riempì la Sala: “GRIFONDORO”. 
Sophie strillò dalla gioia e saltò in piedi, sotto lo sguardo divertito dei vicini. 
“Ti sembra un comportamento degno di un prefetto Sof?” la prese in giro Abby mentre batteva il cinque a Lallie che si stava sedendo con un sorriso orgoglioso e soddisfatto alla tavola dei Grifondoro. “Grande Lallie, sapevo che non ci avresti deluse” le disse, strappando una risata alla biondina. Sophie fece per lanciarsi ad abbracciare la sorellina, ma Lallie schivò all’ultimo, frenando il suo entusiasmo: “Insomma Sof, non obbligarmi a fingere di non conoscerti fin dal primo giorno!” 
Abby sogghignò: si era sempre trovata molto bene con Lallie quando era andata in vacanza a casa dell’amica e aveva grandi progetti per includerla nei suoi piani di boicottaggio della carriera da “perfetta” di Sophie. Sophie, dal canto suo, si risedette composta, ma il suo entusiasmo non era stato minimamente scolpito, anzi continuava a sorridere radiosa. 
Lo Smistamento intanto andava avanti. Arrivati alla lettera H, venne il turno di Hastings, Maddie. La ragazza con i lunghissimi e liscissimi capelli di un nero lucente con cui Lallie tanto aveva legato sul treno si fece avanti e, non appena il Cappello Parlante sfiorò la sua testa, venne smistata in Serpeverde, con sua evidente gioia. Si girò a lanciare un sorrisetto malizioso verso Lallie che lanci  gli occhi al cielo, e and  a sedersi alla tavola più a sinistra. Sophie tenne volutamente gli occhi fissi sul tavolo degli insegnanti per resistere alla tentazione di guardare vero i Serpeverde con la scusa di seguire con lo sguardo la nuova arrivata; sapeva che Thomas era lì da qualche parte, e non voleva assolutamente incrociare i suoi occhi.  
Finalmente lo Smistamento terminò, e dopo un breve e come sempre strampalato discorso di Silente (per l’occasione vestito in uno sgargiante abito color prugna e con la barba tenuta da un fermaglio rappresentante un gufo in miniatura che si muoveva per davvero) davanti agli studenti apparvero come per magia centinaia di vassoi e piatti stracolmi di tutti i cibi immaginabili.  
“Finalmente, avevo una fameeee” esclamò Sophie, prima di buttarsi nel piatto una quantità eccessiva di tutto ciò su cui arrivava a mettere le mani.  
“Guarda che non sei l’unica al tavolo” le fece notare Abby, ma quando fu il turno dei dolci, fu lei che non seppe resistere. Senza far tanti complimenti spostò la fontana di cioccolato apparsa poco più in là esattamente davanti a lei e si riempì il piatto di ciambelle. 
Ci fu un attimo di trambusto al tavolo accanto quando, poco più in giù, una ragazzetta paffuta lanciò un gridolino imbarazzante e il suo amico, altrettanto improbabile come essere umano, lasci  cadere fragorosamente il piatto a terra rovesciando un budino al cioccolato. Il Frate Grasso, il fantasma di Tassorosso, era appena apparso attraverso il legno del tavolo davanti a Zokos Kelly e Alayna Brown, chiaramente spaventandoli. Molte altre figure perlacee fecero il loro ingresso nella Sala Grande mentre Summer commentava, esasperata: “Ma possibile che non si siano ancora abituati quei due??”. Infine, quando tutti ebbero mangiato a sazietà, il banchetto terminò.  
Gli studenti si alzarono rumorosamente e cominciarono a dirigersi verso i rispettivi dormitori, con le pance piene e una piacevole sonnolenza che prendeva il sopravvento. 
“Ci vediamo domani mattina qua davanti” lanciò Summer alle due amiche Grifondoro “e mi raccomando Abby, non svegliarti tardi come al solito!”
Detto questo, con Frank al suo fianco chiamò a gran voce i primini e intimò loro di seguirla, in quanto era dovere dei prefetti mostrare ai nuovi arrivati la strada per i rispettivi dormitori.  
Sophie e Abby la salutarono e poi la prima si affrettò a fare lo stesso con i nuovi Grifondoro (Lallie si mise volutamente tra gli ultimi cercando di evitarla), mettendo nella voce un po’ troppa autorità che le guadagnò una presa in giro da parte di Abby. 
“Divertiti cara mia” le disse allontanandosi contenta. “Mentre tu ti occupi dei nani io sarò già al caldo nel mio amato baldacchino”. 
“Gne gne” le fece il verso Sophie. “Già che ci sei, disfai anche la valigia allora e non aspettare che te lo faccia io come ogni anno!” 
Avrebbe potuto risparmiare fiato. Quando, esausta, poté rifugiarsi anche lei finalmente in camera, trovò l’amica comodamente sdraiata sul suo letto, intenta a mangiare delle caramelle Tutti i Gusti + 1. 
“Vedo che anche quest’anno Silente ha respinto la tua richiesta di avere una stanza tutta per te, principessa Hill” scherzò Sophie, lasciandosi cadere sul letto davanti a quello dell’amica. 
“Ahimè nessuno capisce la mia importanza” rispose Abby, assumendo un tono volutamente tragico e sospirando teatralmente. “Ma vedila così, puoi approfittare per almeno un altro anno della mia splendida e riconfortante vicinanza, e grazie a me potrai sentirti gratificata nel disfarmi le valigie e servire con amore la tua signora, o dama di compagnia”. 
Sophie sospirò divertita; ogni anno la stessa storia. 
Ben presto tutto fu sistemato e le due ragazze andarono a dormire abbastanza in fretta: il mattino dopo sarebbero cominciati i corsi e la giornata piena di emozioni le aveva sfinite. 
Le coperte rosse erano morbide e calde; dalla finestra ad arco la luna filtrava leggermente e nella piccola stanza dell’alta torre di Grifondoro si sentiva solo più il lieve rumore della stufa al centro.  Quanto era bello essere di nuovo a casa. 

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Capitolo 4
*** Capitolo 3 - Non pensare sia finita qui! ***


Capitolo 3 - Non pensare sia finita qui!

      

Abby era ceca. C’era una nebbia grigio scuro ovunque attorno a lei, una nebbia così densa da darle la sensazione di muoversi attraverso una sostanza solida, pronta a schiacciarle i polmoni. Aveva la sensazione di star camminando, eppure era sempre nello stesso punto. Sarebbe scomparsa ben presto, inglobata da quella strana sostanza che sembrava entrarle nel cuore stesso, facendola diventare un tutt’uno con il nulla… Un rumore sinistro la fece voltare di scatto, con il cuore in gola. Veniva da dietro da lei, sentiva dei passi soffocati avvicinarsi, sempre più vicini… o si avvicinavano da sinistra? Abby fece mezzo giro su se stessa così velocemente da farsi male, e lo sentì: sopra i passi un rantolo basso e graffiante si alzava, le sfiorava l’orecchio, non era sola… o era solo nella sua testa? Il cuore le stava impazzendo, batteva così forte, così disperatamente che sicuramente si sarebbe fermato per lo sforzo… Un dolore improvviso la lasciò per un istante senza fiato e tastandosi il braccio si rese conto che erano apparsi diversi tagli, profondi e brucianti, sulla sua candida pelle. Una sostanza viscosa e calda le rimase appiccicata alle dita e anche senza riuscire a vedere Abby si rese conto che stava sanguinando, poteva sentire le gocce del suo sangue cadere una dopo l’altra, sempre più velocemente, in un ritmo isterico, per terra. Una risata fredda risuonò tutto attorno alla ragazza, il cui respiro era ora irregolare, una risata priva di vita che le fece accapponare la pelle. No, non era sola. Si strinse le braccia al petto, cercando di proteggersi dalla sensazione di sconforto e morte che le stava avvolgendo l’anima, ma si rese conto che il suo stesso corpo scompariva sotto le sue dita, era così impotente… e lui così vicino. Ora poteva vederlo, la nebbia davanti a lei era cambiata assumendo una forma fisica, l’unica cosa che Abby riusciva a vedere. Si sarebbe detto un ragazzo, all’incirca della sua età e poco più alto di lei, ma c’era qualcosa in lui che le fece sentire una fitta di angoscia, una disperazione totale e annientante. Era finita, non poteva proteggersi, non poteva fare nulla… stranamente, non riusciva a vedere il suo volto, era come sfocato. L’unica cosa chiara, che brillava nell’oscurità assoluta, erano i suoi occhi scuri. Brillavano ma di una luce inquietante, e soprattutto erano colmi di un odio e di una malvagità che pietrificarono la ragazza: perché non c’erano dubbi, quell’astio non era che per lei, niente l’avrebbe fermato fino a quando lei non avesse sofferto… Un guizzo di luce sprizzò dalla mano del ragazzo e la terra sotto i piedi di Abby si spalancò in una voragine senza fine. Abby cadde come un sacco privo di vita mentre un urlo straziante le usciva dalla gola, ma nessuno l’avrebbe mai sentito perché la risata fredda e acuta riempiva tutto, lo spazio, il tempo, la fine di tutto. 

“Se non ti svegli ti butto dell’acqua addosso!!!” 
Qualcuno la stava scuotendo con poca grazia. Abby tornò brutalmente alla realtà, il grido emesso in sogno ancora bloccato in gola e la testa che risuonava di quella risata senza gioia. Tremò. 
“Smettila Sof” riuscì a mugugnare, ma l’amica era di nuovo scomparsa in bagno.  
“Seriamente saremo in ritardo per l’appuntamento con Sum datti una mossa!!” 
Abby sospirò e si stropicciò gli occhi; poi si passò una mano sulla testa, a massaggiarsi le tempie. Sentiva il cervello battere come un’incudine contro il cranio. Anche ogni parte del suo corpo era dolorante, come se fosse febbricitante. Sentiva che quei malesseri erano dovuti all’incubo appena fatto, ma più ci pensava più i dettagli di questo sembravano scivolare via. Si ricordava solo che c’era un ragazzo, e che ne era stata spaventata a morte… 
Sospirando, si mise a sedere. Quello che era sicuro era che aveva dormito da schifo. Si trascinò strascicando i piedi fino alla sala da bagno, ignorando Sophie che preparava allegra la borsa con i libri per entrambe. Come faceva ad avere sempre tutta quella energia di prima mattina?  
Con l’umore sotto i piedi, si preparò velocemente. Non ne poteva più. Aveva sperato che il ritorno a Hogwarts avrebbe cambiato le cose, invano. Altra notte, altro incubo. La cosa andava avanti da ormai qualche mese: tutto era cominciato nel bel mezzo dell’estate, dal nulla, e da quel momento non c’era stata una mattina in cui non si svegliasse senza fiato e con il cuore in gola per l’angoscia e lo spavento. Non faceva esattamente sempre lo stesso sogno, i dettagli cambiavano ogni notte, ma aveva la netta sensazione che la base fosse sempre la stessa. E anche il ragazzo che tanto la tormentava… 
Abby scosse la testa, cercando di non pensarci più. Non aveva mai parlato a nessuno di questi sogni, sperando che semplicemente sparissero nel nulla così come dal nulla erano comparsi, e non era intenzionata a farsi rovinare le giornate da brutti ricordi. Semplicemente, doveva far finta di niente. Si guardò allo specchio e fece una smorfia al suo stesso riflesso, che per tutta risposta le fece la linguaccia; non c’era più rispetto in quel mondo, pensò amaramente Abby. Svogliatamente prese la bacchetta dalla tasca del pigiama e la puntò sui capelli. Un bisbiglio della ragazza, uno sbuffo di vapore caldo, e i lunghi capelli castani le ricaddero perfettamente lisci sulle spalle. Un altro tocco di bacchetta, questa volta un po’ più complesso, e anche il trucco fu a posto. 
Benedetto sia il giorno in cui Sof ha scovato in biblioteca questi incantesimi, rimuginò Abby, constatando che l’ossessione decisamente patologica dell’amica per l’enorme biblioteca di Hogwarts si rivelava comunque a volte utile. 
Tornò nella stanza per vestirsi e Sophie le porse la borsa, impaziente di scendere a mangiare. Abby cercò di sbrigarsi, sapeva fin troppo bene come poteva diventare l’amica prima di mettere un croissant sotto i denti e di bere la sua sacra tazza di latte se la si faceva attendere troppo. Sophie, che aveva ancora la bacchetta sulla testa con i capelli avvolti intorno, la sfilò con un mormorio e i capelli castani le ricaddero in morbidi boccoli sulle spalle; con un elastico li chiuse in una larga coda bassa su un lato e poi guardò soddisfatta l’amica, che finalmente era pronta. 
Non potevano essere più opposte: Sophie portava la divisa in maniera impeccabile, come protocollo voleva, la gonna scura senza una piega; Abby, al contrario, portava la cravatta scarlatta allentata, la tunica aperta e le mani negligentemente in tasca.  
Eppure, da quando erano state assegnate allo stesso dormitorio, le due erano diventate inseparabili, nonostante le differenze che anzi sembravano incastrarsi perfettamente.  
Di buon umore di fronte alla prospettiva di fare finalmente colazione, Sophie commentò allegra: 
“Adoro il primo giorno di lezioni, è ogni anno emozionante non trovi?” 
Abby la guardò di traverso. Ma che problemi aveva? “Mmm, se lo dici tu… io sto piuttosto contando le ore che mi separano all’incontro di quidditch che abbiamo fissato per questo pomeriggio, quella si che è una cosa emozionante.” 
“Eddai non vedi l’ora anche tu di scoprire tutte le cose nuove che impareremo quest’anno? E poi a me i primi giorni ricordano sempre quelli di cinque anni fa, tutte le nuove scoperte, e il nostro primo incontro notturno con Sum...” Sof si perse in quel ricordo, e anche Abby si concesse una risata nonostante la stanchezza e l’umore dovuto all’incubo che ancora si portava un po’ dietro.  
“Su questo hai ragione, quello si che è stato emozionante, nonostante i tuoi tentativi da guastafeste per rovinarmi i piani!” 
“E dire che avrei dovuto capire allora in che razza di guaio mi stavo cacciando diventando tua amica, e anche Sum avrebbe dovuto capirlo” rise in rimando Sof.  
Il ricordo del primo incontro con la Tassorosso e attuale migliore amica era ancora fonte di giubilo quando lo rispolveravano durante le loro frequenti uscite.   

L’ora dopo la quale non era più concesso agli studenti del primo anno di restare in giro al di fuori della propria sala comune era già passata da un pezzo, eppure due piccole Grifondoro si aggiravano ben più in basso della loro torre, al piano terra del castello. Una delle due camminava spedita, a testa alta, non considerando minimamente gli sforzi sovrumani che l’altra sembrava star compiendo per fermarla.  
Sophie piagnucolava da più o meno dopo il ritratto della Signora Grassa, subito dopo l’uscita della loro sala comune, ma Abby non si lasciava impietosire. Aveva una missione e non intendeva rinunciarci, men che meno ora che era così vicina al suo obiettivo.  
“Ti prego ti prego ti pregoooo Abby torniamo indietro” aveva implorato Sophie, chiaramente sul punto di mettersi seriamente a piangere. “Finiremo in chissà quali guai se ci beccano!” 
“Oh mioddio quanto sei una palla al piede tu! Guarda che potevi benissimo non venire, non ti ho mica obbligata” le aveva fatto notare Abby, un tantino esasperata. 
“E lasciarti uscire ad affrontare il pericolo da sola? Chissà cosa avrebbe potuto capitarti, magari ci sono dei demoni che si aggirano di notte nei corridoi di questo castello!” 
“Sei proprio una fifona. E comunque lo so che non hai semplicemente resistito di fronte alla mia idea geniale di vedere se quello che mi ha detto Richardson oggi è vero e se si può davvero entrare nelle cucine di Hogwarts e ricevere cibo gratis quando si vuole, golosa come sei...” 
“Beh, ecco, ammetto che la cosa mi ha attratto all’inizio...” aveva ammesso Sophie, seppur controvoglia. “Ma ora ho cambiato idea, possiamo sempre tornarci domani con la luce e senza violare il coprifuoco, ti prego ti prego ti pregooooo” 
“Senti, hai solo da tornare indietro allora, così non correrai ulteriori rischi. Io me la cavo anche da sola, lo sai bene” aveva detto allora Abby. 
L’amica l’aveva guardata inorridita: “Sei matta?! Ho troppa paura…” 
Ecco che piagnucolava di nuovo. Abby aveva sospirata, rassegnata, e aveva continuato ad avanzare con un po’ più di forza per trascinarsi dietro quella guastafeste. Non poteva certo abbandonare un’amica con evidenti difficoltà psicologiche, come era chiaramente il caso di Sophie.  
Le due ragazze avevano voltato a destra lungo un corridoio meno largo, e si erano fermate di botto, entrambe con gli occhi sgranati, trattenendo il respiro. Davanti a loro si era materializzata, come dal nulla, una vecchia gatta spelata, dagli occhi però stranamente umani, rossi e soprattutto malvagi. “Merda, è la gatta di Gazza vero? Dicono che sia capace di andare a chiamare il suo padrone e tornare così velocemente che è impossibile sfuggire a lei o alla conseguente punizione...” aveva detto Abby, parlando concitatamente tra sé e sé. Dopo un primo momento di spavento si era subito ripresa e adesso, bacchetta in mano, cercava di pensare velocemente a un modo per impedire alla gatta di avvisare il custode di Hogwarts, rinomato per il suo odio verso gli studenti e per la gioia con la quale rifilava loro castighi e punizioni esagerate. Sul momento però, non le veniva in mente a nessun incantesimo utile. 
“È finita, CI ESPELLERANNO” aveva gridato Sophie, decisamente isterica. Chiaramente non si era ripresa in fretta quanto l’amica, era fuori di sé. “CI ESPELLERANNO CI ESPELLERANNO CI ESPELLERANNO!” 
“Vuoi abbassare la voce razza di scema? Così non ci aiuti di certo!” 
Dei passi erano giunti rapidi dal corridoio dietro di loro; possibile che la gatta sapesse comunicare telepaticamente con l’amato padrone?  
A girare l’angolo però non era stato Gazza, bensì una ragazza di Tassorosso del loro anno, che le due amiche avevano solo intravisto a lezione fino ad allora; aveva l’aria gentile ma timida e riservata, e stava sempre con un alto ragazzo di Tassorosso che non smetteva mai di parlare e di fare domande scomode a tutti.  
Summer, che stava tornando dall’infermeria dove era stata obbligata a restare tutto il giorno per colpa di un brutto raffreddore, rimase un attimo a osservare la scena che si trovava davanti, confusa. C’erano due ragazze, una che sembrava stesse per strapparsi i capelli e che gridava disperata, aggrappata alla seconda che cercava di scrollarsela di dosso mentre teneva sotto mira di bacchetta… Mss Spurr. Ma certo, la gatta di Gazza! E anche al semibuio del corridoio il rosso scarlatto delle divise rivelava traditore l’appartenenza delle due ragazze alla casa di Grifondoro, e quindi assolutamente non a quell’ala del castello, non a quell’ora. 
Summer non aveva esitato un momento di più: si era accovacciata, aveva guardato fisso la gatta negli occhi e aveva cominciato ad abbaiare imitando un cane feroce. Incredibilmente, la gatta era scappata via con la coda tra le zampe. Summer si era rialzata e si era girata verso le due ragazze, un po’ imbarazzata per quanto appena fatto ma contenta di essere riuscita a scacciare la gatta malefica. 
“Credo di averla spaventata abbastanza da convincerla a non tornare con Gazza, ma non si può mai sapere...” aveva detto timidamente. 
La ragazza disperata si era gettata ai suoi piedi, ogni dignità persa, e aveva cominciato a ringraziarla senza ritegno: “Sei la nostra salvatrice, ti sarò debitrice per sempre, non so come possa esprimere la mia gratitudine, ci avrebbero espulse, ESPULSE CAPISCI?!” 
Summer, ancora più imbarazzata da quei ringraziamenti esagerati, era rimasta zitta, senza saper bene cosa rispondere.  
La seconda ragazza aveva scosso la testa, incredula. “Non farci caso. Lei è Sophie, è davvero simpatica in genere ma sto cercando ancora di capire che problemi abbia esattamente...” Le aveva teso la mano in segno di ringraziamento: “Io sono Abby, ci siamo intraviste a lezione, anche noi siamo del primo anno. E grazie davvero per averci aiutate con quella gatta, sei stata grande a imitare così bene un cane!” 
Abby l’aveva detto con tono ammirato, ma Summer era avvampata lo stesso, ripensando a come si era messa a quattro zampe ad abbaiare davanti a due perfette sconosciute, lei che in genere era così attenta e riservata. Aveva comunque stretto la mano della ragazza.  
“Piacere, io sono Summer. E figurati, sono contenta di essere stata utile… ma posso chiedervi cosa ci fate voi due qui così tardi?” aveva chiesto poi, sinceramente incuriosita.  
“Abby si è messa in testa questa stupida idea di andare nelle cucine di nascosto a prendere un po’ di dolci extra” le aveva risposto la prima ragazza, Sophie, che si era rialzata e sembrava aver ritrovato un attimo di controllo. “Ma tu mi sembri una persona per bene e ragionevole, ti prego, aiutami a dissuaderla e a convincerla a tornare indietro prima CHE CI ESPELLANO!” 
In effetti, ragionò Summer, qualche problema quella ragazza sembrava avercelo; a lezione però le era sempre sembrata così carina e intelligente… le avrebbe concesso il beneficio del dubbio. Abby invece la stava ora guardando con uno sguardo calcolatore, che era diventato di amichevole accordo e rispetto quando Summer aveva risposto: “Beh, non sono una che di solito va contro alle regole, per … Sapete davvero come entrare nelle cucine?? Posso venire anche io??” “Sento che diventeremo grandi amiche” aveva concluso Abby, guardandola contenta. 
Sophie, sconfitta, si era però rassicurata nel sentire che nemmeno la nuova arrivata amava in genere infrangere le regole, e si era rassegnata a seguire le due nuove amiche in quella avventura.  Da quel momento, comunque, le tre ragazze erano diventate inseparabili. 

Sophie e Abby erano ormai arrivate alla fine della scalinata principale, e stavano ridendo di cuore ripensando a Summer che abbaiava accovacciata al buio. La diretta interessata le aspettava davanti alle porte della Sala Grande, e alzò gli occhi al cielo quando le due amiche la raggiunsero e sentì il motivo delle risate. Sarebbe stata una colazione mooooolto lunga. 
Quando finirono di mangiare (Sophie, che di solito era la più lenta e quella che mangiava di più, fu comunque la prima a finire talmente non vedeva l’ora di andare in classe, e cercò inutilmente di far lasciare ad Abby il suo ultimo donut a metà), Summer, Sophie, Abby e Frank si alzarono insieme e si diressero verso le porte della Sala Grande, dove i quattro professori a capo delle diverse Case di Hogwarts aspettavano i rispettivi studenti per consegnar loro i nuovi orari delle lezioni.  
Sophie strappò quasi di mano il foglio che le porgeva la professoressa McGranitt e lesse a velocità supersonica l’orario. “Oh no, professoressa, non abbiamo trasfigurazione fino a dopo l’intervallo” esclamò quindi, sinceramente delusa. “Però” aggiunse poi illuminandosi e sorridendo al professor Vitius, il capo della Casa di Corvonero, nonché professore di Incantesimi e responsabile del club di Scacchi Magici di cui Sophie era un fiero membro, “cominciamo con la sua lezione, non vedo l’ora!” I due professori sorrisero bonariamente alla ragazza, mentre Abby roteò gli occhi mormorando: “Lecchina” e spintonando più in là l’amica per prendere a sua volta l’orario. Annuì soddisfatta guardando verso la fine della giornata e sorrise lasciandosi sfuggire un: “Pozioni già il primo giorno, evvai!” 
Il professor Piton, che stava accogliendo uno alla volta i suoi Serpeverde, la udì e la sua bocca si sollevò di un centimetro in un abbozzo di sorriso mellifluo. Piton era il professore più temuto da praticamente tutti gli studenti, ed era famoso per la cattiveria che riservava a chiunque non appartenesse alla sua Casa. Per qualche strano motivo però, Abby costituiva un’eccezione in quanto brillava in Pozioni (con grande fastidio di Sophie, abituata a essere la prima della classe e che odiava farsi superare nei voti) e si era guadagnata miracolosamente il rispetto e la simpatia di Piton. 
Una volta giunte nell’aula di Incantesimi, si sistemarono come loro consueto: Sophie e Frank nel banco in prima fila, contro il muro; Summer e Abby subito dietro. La scelta dei posti era stata soggetto di lunghi dibattiti, in quanto Abby avrebbe voluto stare da nessun’altra parte se non in prima fila, Sophie invece in primissima e se possibile esattamente davanti alla cattedra; allora avevano trovato quel compromesso. Ora, in attesa che il professor Vitious arrivasse, Abby chiacchierava tranquillamente con Summer e Frank. Sophie aveva già tirato fuori la sua copia di “Teoria degli Incantesimi, Volume quinto” e ci si era seppellita dentro: impossibile interagire con lei quando scompariva nel suo mondo. Dalla fila centrale di banchi, un fastidiosissimo Thano cercava di imitarla per farle vedere che anche lui era superiore agli altri casinisti impegnati a parlare, che anche apparteneva alla cerchia eletta di persone superiori dotate di un fine intelletto. In realtà, alzava continuamente la testa dal suo libro per fissarla incantato.  
“Ehi babbeo, lascia un po’ stare la mia amica e prova a studiare per davvero, così magari ti entra qualcosa in quella zucca vuota di cui ti vanti tanto!” Abby prese la bacchetta che aveva posato davanti a lei e mandò il libro di Thano a volteggiare intorno alla sua testa, colpendolo ogni volta che il ragazzo cercava di afferrarlo.  
Summer e Frank scoppiarono a ridere; dopo qualche tentativo, Thano riuscì a fare a sua volta un incantesimo e a fermare il libro. Si girò quindi fumante di rabbia verso Abby e aprì la bocca per cominciare a farle una ramanzina delle sue, le guance rosse di imbarazzo per essere stato umiliato così davanti alla sua amata. Quest’ultima però, che non si era minimamente degnata di alzare lo sguardo dalla sua interessantissima lettura, sbottò: “Potreste stare tutti un po’ più calmi? Non riesco a concentrarmi se fate tutto questo casino!” 
Per Thano fu come ricevere uno schiaffo in piena faccia. Abby sogghignò vittoriosa, si riappoggiò comodamente allo schienale della sedia, tirò fuori una Piuma di zucchero Extraluxe (arrivatale quella mattina via gufo insieme alle diverse cose che come ogni anno aveva dimenticato a casa) e cominciò a succhiarne la punta soddisfatta. Thano stava per replicare, piccato e indignato, per spiegare alla sua dolce metà (ahimè era così bella e soave però a volte il suo giudizio era offuscato dalle brutte compagnie che frequentava, se solo fosse finita in Corvonero qualche anno prima...) che assolutamente non era colpa sua, ma fu interrotto dall’arrivo di Vitious; si risiedette un po’ troppo rigido, mentre il professore aspettava che il resto della classe si accorgesse del suo arrivo e che calasse il silenzio per poter parlare. 
Vitious, tuttavia, non era da solo: accanto a lui c’era un ragazzo mai visto prima, con corti capelli castano scuro scompigliati, due belle spesse sopracciglia della stessa sfumatura che incorniciavano due occhi profondi e imperscrutabili, circondati da un accenno di occhiaie. Queste, anziché dargli un’aria stanca o malaticcia, gli donavano un’aria un po’ misteriosa e facevano risaltare i tratti marcati della mascella e del viso regolare. Non era particolarmente alto, ma un fisico asciutto e allenato si indovinava dalle spalle larghe su cui ricadeva la tunica nera e blu di Corvonero. Il ragazzo era entrato seguendo il professore come un po’ a disagio nel nuovo ambiente, ma dopo aver gettato un’occhiata curiosa attorno a sé, ora si era bloccato come colpito da un Pietrificus Totalis, e fissava senza nasconderlo un punto davanti a sé, le labbra semiaperte in un’espressione di pura sorpresa.  
“Mmm… Abby?” fece Frank, dando una gomitata alla compagna per richiamare l’attenzione della amica che si dondolava tranquilla sulla sedia e guardava fuori dalla finestra godendosi la sua Piuma di Zucchero, senza essersi accorta di nulla. “Perché il nuovo arrivato ti fissa in quel modo? C’è qualcosa che non so? Mi hai nascosto un gossip?” 
Abby riportò la sua attenzione alla realtà, senza capire di cosa stesse parlando l’amico, e un attimo dopo inarcò le sopracciglia, in un’espressione confusa. Perché il nuovo arrivato, effettivamente, stava fissando proprio lei, come se non potesse credere ai propri occhi, o piuttosto come se si fosse trovato davanti un fantasma. 
“Ma cosa vuole, un autografo?” commentò Abby, piccata. Stava cominciando a sentirsi a disagio sotto quello sguardo così diretto e penetrante. Ma prima che potesse aggiungere dell’altro, o intimare a quello strano ragazzo di andare a farsi ricoverare da Madama Chips, si sentì girare la testa e la vista le si offuscò per un istante. Più guardava quel volto più le era stranamente familiare. Non sapeva spiegarselo, era certa di non aver mai incontrato prima di allora quel ragazzo, eppure aveva una stranissima sensazione. Lei lo conosceva, anzi non solo, lei gli era legata da qualcosa di più forte di un legame di sangue, dal destino… L’aveva già visto, ne era sicura, il viso del ragazzo ora le appariva più familiare del suo proprio viso. Una sensazione di déjà-vu la fece tremare come se fosse stata attraversata da una scarica elettrica, e insieme giunse l’impressione netta che doveva star lontano da lui, che era in pericolo… 
Tutto questo durò una frazione di secondo. Vedendo che Abby ricambiava il suo sguardo, il ragazzo si affrettò a distogliere il suo, e sul suo volto passò un’espressione strana, come se fosse pentito di essersi esposto in tal modo. Abby, dal canto suo, cercò di riscuotersi, dandosi della sciocca. Ma che cosa le era preso? Si sentiva ancora così strana… 
Il professor Vitious era piccolissimo, e per tenere le sue lezioni era solito librarsi fino alla cattedra e rimanere lì in piedi, affinché tutti riuscissero a vederlo. Le sue lezioni erano sempre un po’ caotiche, ma Vitious era gentile e si faceva apprezzare dagli studenti, che quindi non esageravano mai. Ora che finalmente tutti si erano accorti della sua presenza e si erano zittiti, fece un gran sorriso alla classe, si schiarì la voce e disse, con il suo tono gaio e squillante: “Ragazze, ragazzi, vi presento il vostro nuovo compagno Luke Anderson, che si è appena trasferito dalla scuola di Magia americana di Ilvermony. Abbiamo appena terminato tutte le procedure burocratiche e da oggi è un Corvonero a pieno titolo! Confido in voi tutti per farlo sentire il benvenuto. Anderson, puoi sederti qui davanti guarda, vicino al signor Bennett c’è sempre un posto libero...” (“Chissà perché…” commentò Summer, ironica) “... e se non sbaglio dovreste anche essere in camera assieme, sarà un ottimo modo per cominciare a conoscervi!” (“Povero cristo, in camera con Thano!” esclamò Frank sottovoce, chiaramente orripilato). 
Il nuovo arrivato, Luke, fece un senso di assenso e andò a sedersi dove gli era stato indicato. Mentre il professore riprendeva a parlare (“Allora, ragazzi, come tutti sapete questo è l’anno dei G.U.F.O., pertanto dovete essere pronti fin da subito” - e qui ci fu un sospiro lamentoso da parte degli studenti, meno Thano e Sophie che annuirono frenetici), Luke Anderson si girò un’ultima volta e lanciò ad Abby uno sguardo strano, indagatore. La ragazza, che non stava sentendo una parola di quanto stava dicendo Vitious, ricambiò lo sguardo con spavalderia.  
“Però è proprio figo” le sussurrò Summer all’orecchio, con voce maliziosa. “Visto come ti guarda potresti provarci con lui e sistemarti”. 
“Ma ti prego ma sei seria? Ma che gusti hai?” Abby fece una delle sue migliori smorfie di disgusto. “Mi fa davvero schifo!” 
Il ragazzo era tornato a guardare Vitious, e Abby decise di fare lo stesso, ignorando la sua nuova presenza. Che la fissasse quanto voleva, non si sarebbe fatta mettere a disagio da un Corvonero qualunque, men che mai da uno che dormiva con quel babbeo di Thano e che sarebbe diventato con ogni probabilità il suo inseparabile compagno. 
E tuttavia, nonostante tutte le sue risoluzioni, Abby passò il resto dell’ora distratta dalla consapevolezza fisica della presenza di quel Luke nella stessa stanza a pochi metri da lei, e con quella fastidiosissima e al tempo stesso inspiegabile sensazione di déjà-vu addosso. 
Quando la lezione finì, Abby non aveva dubbi: il nuovo arrivato non le piaceva neanche un po’, e meno l’avrebbe visto meglio sarebbe stato.   


II  

“Che avete da fare oggi?” chiese Summer mentre insieme ad Abby e Sophie usciva dalla Sala Grande.
La prima mattinata di lezioni era per fortuna terminata, e dopo pranzo tutti erano liberi di dedicarsi alle attività pomeridiane e allo studio. Molti ragazzi si stavano dirigendo verso l’esterno del castello, per godersi gli ultimi momenti di sole prima della fine della stagione estiva. Tanti altri invece raggiungevano chi la biblioteca (per terminare i compiti estivi non ancora finiti) e chi la propria sala comune, per riposarsi e riprendersi dalla stancante mattinata. Quel lunedì sarebbero stati anche avviati i primi incontri delle attività pomeridiane, a cui in molti solitamente prendevano parte con entusiasmo. 
“Io devo andare a Scacchi Magici oggi, anche se dopo questo pranzo delizioso avrei solo voglia di andare a dormire” rispose Sophie tenendo una mano poggiata sullo stomaco. 
“Avrai di nuovo esagerato col cibo Sophie, come al tuo solito.” Summer scoppiò a ridere e poi continuò: “Io oggi devo andare in biblioteca con Frank, devo aiutarlo a finire i compiti delle vacanze di Divinazione che ovviamente non ha svolto. Tu Abby? Hai da fare o vuoi unirti a noi?” 
Abby non rispose, si stava guardando attorno con aria confusa, come se stesse cercando qualcuno. Si era comportata in modo strano tutta la mattina, Sophie aveva anche notato che a pranzo aveva avanzato le patate al forno, cosa decisamente insolita. 
“Abby? Mi stai ascoltando?” domandò Summer tirando una gomitata all’amica. 
“Ahia! Ma che fai?” disse Abby massaggiandosi risentita il braccio colpito. 
“Tutto bene Abby? Mi sembri strana, non hai nemmeno deriso il corso di Scacchi Magici di Sophie, sputa il rospo che hai?” insistette Summer. 
“Mmm non ho niente, sono solo un po’ stanca” rispose Abby sbadigliando. 
“Certo come no, secondo me è rimasta colpita dal nuovo arrivato” disse Sophie ammiccando maliziosamente verso l’amica. 
“Ma chi, QUELLO? Ma sei deficiente? Ti pare che a me possa interessare uno così? Ma poi un Corvonero? Vorrei ricordare che qui quella che ha un debole per i secchioni saccenti sei solo tu Sof” rispose Abby in modo secco. 
“Guarda che ti sbagli se pensi che tutti i Corvonero siano secchioni e saccenti come Thano. Poi scusa se te lo dico, ma a te non va bene nemmeno James, capitano della squadra di quidditch di GRIFONDORO, sai quante ragazze vorrebbero essere al tuo posto razza di piccola ingrata? Secondo me non hai le idee chiare su quello che vuoi” riprese Sophie con il suo classico tono da saputella. 
“Ma ora cosa c’entra James? Le mie situazioni amorose non sono affari vostri. Discorso chiuso!” ribatté secca Abby, spostandosi velocemente i lunghi capelli dietro le spalle, segno che si stava chiaramente irritando. 
“Ma in che senso non sono affari nostri scusa?” intervenne Summer ridendo. “Quando fai così sei davvero irritante”. 
Abby lanciò un’occhiata torva a Summer, e riprese: “Comunque, io tra poco devo andare, Edward e gli altri della squadra mi aspettano per programmare la stagione di Quidditch, ma prima ...” La ragazza si voltò con un sorrisetto presuntuoso rivolto a Summer: “Vorrei farti notare, cara Sum, che invece di fare la Sherlock dei poveri indagando sulla mia vita amorosa, dovresti preoccuparti di non dimenticare la borsa con i libri in giro per il castello”. 
Summer si toccò le spalle, e si rese conto di aver dimenticato nella Sala Grande la borsa a tracolla.  “Merda!” disse la ragazza, mettendosi le mani sui corti capelli biondi. 
“Le parole!” la riprese Sophie. 
“Già non si dicono le parolacce” disse Abby facendo ironicamente il verso a Sophie, meritandosi così uno spintone da parte dell’amica che quasi la fece finire addosso al piccolo professor Vitious che stava passando proprio in quel momento accanto a loro. 
“Va bene ragazze, corro indietro a prendere la borsa. Ci vediamo!” 
Detto questo Summer si voltò e corse di nuovo verso la Sala Grande, che era ormai praticamente vuota. 
Per fortuna la sua borsa con i libri era ancora poggiata a terra, ai piedi della panca accanto alla tavola dei Tassorosso.  
La ragazza prese la borsa e vi diede uno sguardo veloce, per controllare che ci fosse tutto dentro e che nessuno ci avesse ficcato il naso. Non si capacitava di come avesse potuto dimenticarla in giro per la scuola, non le era mai accaduto in quattro anni, figuriamoci poi al primo giorno. Questa era una tipica cosa da Abby, non da Summer. Era sempre così attenta alle sue cose, e sebbene non fosse maniacalmente ordinata e organizzata come Sophie, non era sicuramente il tipo che disperdeva effetti personali tra un’aula e l’altra. Ma in cuor suo la ragazza sapeva quale fosse il motivo di tanta distrazione. Alex. Come sempre, come ogni anno, la storia si ripeteva. 
Aveva passato tutta l’estate a pensare al suo “amico”, se così si poteva definire. Aveva fomentato per tre mesi le proprie aspettative, fino ad arrivare alla logica conclusione che quell’anno sarebbe arrivata la svolta, e che finalmente tra i due sarebbe successo qualcosa. Le sue attese erano state confermate dall’incontro sull’espresso per Hogwarts, era palese come il ragazzo fosse interessato, lo si capiva dai suoi gesti, dalle sue parole, dal suo sguardo. 
“Dai Sum, allora magari ci vediamo a scuola, così puoi raccontarmi com’è andata la tua estate e possiamo parlare un po’”
Le parole di Alex erano rimaste fisse nella mente di Summer per la durata di tutto il viaggio, mentre fingeva di ascoltare gli scoop di Frank o i resoconti sull’estate delle sue due amiche. E di questo Summer si sentiva anche un po’ in colpa, ci teneva ad essere una buona amica, ottima ascoltatrice come sua abitudine, ma aveva atteso tutta l’estate di rivedere Alex, e quelle parole l’avevano riportata a sognare ad occhi aperti. Finalmente una volta messo piede nel castello avrebbero potuto parlare e chissà, magari il ragazzo avrebbe potuto finalmente fare quel passo che quasi tutti i loro amici sembravano aspettare ormai da due anni. Ma le cose non erano andate così, ovviamente. 
Appena terminato il banchetto, Summer aveva visto Alex alzarsi da tavola ed allontanarsi dalla sala grande con i suoi amici. La ragazza aveva provato ad avvicinarsi a lui, ma la folla di ragazzi urlanti e sovraeccitati per il ritorno al castello le lo aveva fatto immediatamente perdere di vista.  
Mi conviene aspettarlo nella sala comune, si era detta Summer speranzosa. Una volta raggiunta la sala comune di Tassorosso la ragazza, dopo aver dileguato Frank e i suoi pettegolezzi che non sembravano aver mai fine, Summer si era seduta su uno dei tanti divani color giallo spento che decoravano la sala, in attesa di Alex. I minuti diventarono ore, ma di Allen nessuna traccia. Come ogni volta, la storia si ripeteva, e lei era abbastanza stufa. Non si erano certo dati un appuntamento, e sicuramente lui aveva piacere di passare del tempo con i suoi amici, ma Summer si aspettava che dopo tre mesi di vacanza anche lui avesse voglia di rivederla e parlarci, come lui stesso aveva detto sul treno. Ma a quanto pareva Summer aveva passato l’estate a farsi film mentali su cose che si era immaginata solo lei. 
Summer sospirò amareggiata, mentre usciva dalla Sala Grande tenendo ben stretta tra le braccia la borsa a tracolla ora in salvo. Non poteva smettere di pensare all’atteggiamento di Alex, forse non era abbastanza interessato a lei? Questa era la sola spiegazione che sembrasse logica. Ma allora perché la cercava sempre? Insomma non era lei la ragazzina infantile che si faceva i film mentali, tutti sapevano quello che Alex pensava di Summer, tutti notavano il suo atteggiamento quando lei era nei paraggi. E allora perché si comportava così?  
Mentre Summer era assorta nei suoi pensieri, sentì una vocina alle sue spalle che chiamava il suo nome. La ragazza capì immediatamente a chi purtroppo quella voce appartenesse. Zokos Kelly. “Summer! Summer! Ehi Summer!” urlava il ragazzetto trotterellando verso di lei con le sue gambette corte ma scattanti. 
Summer, che era distante da lui qualche metro, fece finta di non sentirlo, accelerando il passo. “Summer? Ehi Summer fermati! Ti ho scritto una poesia vuoi sentirla? Summer?” continuava Zokos, quasi mettendosi a correre. 
Ma come fa ad andare così veloce se ha delle gambe così tozze e corte?, pensò Summer anche lei mettendosi praticamente a correre. 
“Sei in ritardo? Va bhe te la posso declamare mentre ti accompagno.”
Zokos aveva ormai quasi affiancato la ragazza, che si stava mentalmente maledicendo per non essersi mai dedicata allo sport.
Se solo corressi più veloce avrei seminato sto nano malefico, pensava Summer tra sé e sé.  
Ormai senza fiato, la ragazza si fermò ansimando disperata, cercando con lo sguardo una via di fuga. 
Zokos, ormai tremendamente rosso in viso per lo sforzo, nonostante sembrasse star per essere sorpreso da un infarto fulminante, si schiarì la voce e, tirando fuori dalla tasca della tunica un foglio rosa pieno di adesivi a forma di cuore, incominciò a recitare: “Oh mia diva dai sottili e lucenti capelli dorati, dalla pelle diafana come la neve. Il tuo sorriso illumina le mie giornate, i tuoi occhi come due stelle verde smeraldo mi catturano in un turbinio di passione che...” 
Zokos improvvisamente si bloccò, gli occhi spalancati a guardare accanto a Summer.  
In un attimo la ragazza sentì un braccio avvolgerle le spalle. Voltandosi di scatto Summer vide che accanto a lei c’era niente meno che Jake Allen, che la stava letteralmente abbracciando, mentre sogghignava in modo arrogante. 
Se Summer era confusa, Zokos lo era ancora di più. 
“Senti piccolo cucciolo, che cos’è quel foglio? Hai scritto la letterina a Babbo Natale in anticipo o stai davvero cercando di provarci con una ragazza che non è assolutamente alla tua portata?” disse il ragazzo con tono provocatorio. 
Zokos non sembrava voler proferire parola. Continuava a fissare il braccio con cui quel buzzurro avvolgeva le spalle della sua Summer. Era così arrabbiato che iniziò a sbattere nervosamente la palpebra dell’occhio sinistro. 
Nella sua testa Zokos si stava immaginando il più sadico modo per tranciare il braccio al ragazzo, ma purtroppo era troppo intimorito anche solo per proferire parola.  
La questione era semplice. Quelli come Zokos Kelly (piccoli ragazzini bizzarri, eccentrici e docili) erano facile preda delle angherie e delle prese in giro dei ragazzi più grandi e popolari della scuola, e a tal proposito vigeva per loro una regola non scritta: tenersi lontano in particolare da due ragazzi, il Grifondoro James Walker e il Serpeverde Jake Allen. Sebbene i due ragazzi fossero antagonisti e totalmente estranei l’uno con l’altro, erano simili in molte cose, e una di queste era la loro insofferenza verso i piccoli ragazzini fastidiosi. 
Zokos aveva passato i suoi ultimi tre anni a tentare di evitare i due famigerati ragazzi, a stare bene attento a non incrociare i loro sguardi nei corridoi, a non attirare mai la loro attenzione su di lui. 
Ora non solo si trovava Jake Allen davanti, ma stava addirittura abbracciando Summer.  
“Allora? Che c’è cucciolo hai perso le parole?” riprese Jake, in tono divertito. 
“N-n-no” disse Zokos tremendamente impaurito, incapace di rispondere a tono al ragazzo come tanto avrebbe voluto. “Io stavo andando via, scu-scusami, A-Allen!” 
Detto questo Zokos si voltò e scappò via di corsa, con le lacrime agli occhi per il nervoso. 
Una volta che Zokos fu abbastanza lontano, Jake scoppiò in una fragorosa risata. 
“Ma che stava facendo sto nano? Ma che problemi ha?” disse il ragazzo staccandosi ora da Summer, che fino a quel momento aveva trattenuto il respiro. 
Summer chiaramente confusa guardò Jake in modo interrogativo, e non poté fare a meno di notare quanto fosse simile al fratello. Era simile, ma non identico come
aveva sempre creduto vedendolo solo di sfuggita. I lineamenti del viso erano più marcati, e portava i capelli un po’ più corti di quanto era solito fare il gemello. 

“Mi devi un favore comunque” disse Jake con tono presuntuoso. 
“Ma tu come hai fatto...” disse Summer senza saper come continuare la frase. 
“Come facevo a sapere che quel coso ti stava importunando?” domandò il ragazzo. 
Summer annuì incuriosita. 
“Beh” cominciò lui, “sicuramente non mi aspettavo ti stesse recitando una poesia imbarazzante, ma mio fratello a casa ha più volte parlato di tale Zokos, del fatto che ti stia sempre alle calcagna e di come lui non sopporti questa cosa, che vorrebbe trovare un modo gentile per dirglielo, blah blah blah. Io gli ho più volte detto che c’è solo un modo per far capire a Zokos che deve lasciarti in pace: spaventarlo. Ma ovviamente San Alex, protettore dei poveri e degli infermi, come sempre dice che non bisogna usare la violenza per risolvere i problemi.” Il ragazzo sollevò gli occhi al cielo e continuò: “quando ho visto che ti stava inseguendo ho capito che ti stava importunando, e niente, ho deciso di intervenire per dimostrare al buon samaritano di mio fratello come si risolvono i problemi”. 
Summer aveva focalizzato la sua attenzione su un unico particolare. Alex a casa parlava di lei? A lui dava fastidio Zokos e ne parla a casa? La ragazza sentì il cuore riempirsi di gioia. Ma una vocina nella sua testa tempestivamente le ricordò che non doveva esaltarsi così tanto se poi Alex continuava ad avere un atteggiamento così incostante nei suoi confronti. 
“Oh mi stai ascoltando?” chiese Jake seccato, accortosi dello sguardo assente della ragazza. 
“Sì sì scusami” disse lei cercando di nascondere i suoi pensieri, “Comunque grazie dell’aiuto allora. Alex è sempre così fiducioso nella bontà dell’umanità”. 
Jake si mise a ridere. 
Summer rimase stupita. Aveva fatto ridere Jake Allen. Incredibile.  
“Senti Jake, ti chiami Jake giusto?” 
“Come se non lo sapessi come mi chiamo, lo sa tutta la scuola” disse il ragazzo compiaciuto, esortando però la bionda a proseguire. 
“Volevo chiederti, sai per caso dov’è finito Alex? Non l’ho visto stamattina a colazione, e neppure ieri sera dopo il banchetto a dire la verità” disse Summer, cercando
di assumere un tono indifferente. 

Non poté non notare il rapido cambiamento di espressione del ragazzo, che da tranquillo e sereno si mise subito sulla difensiva. 
“E perché ti interessa?”  
Summer si stupì. Guardò accigliata Jake e disse: “Ma che domanda, è un mio amico, ovvio che mi interessi!”  
“Se la metti così allora, Alex non c’è oggi. Non si sente molto bene in questi giorni” tagliò corto Jake. 
“Ah...” disse Summer stupita, sentendosi subito in colpa per avere pensato cose non poco carine su Alex fino a qualche secondo prima. 
Ma che cosa aveva? Era grave? Aveva così tante domande da rivolgere a Jake, ma avendo notato come il ragazzo si era subito innervosito nel sentire parlare del fratello, Summer evitò di continuare il discorso.  
“E tu invece?” chiese Jake, guardando Summer incuriosito. 
“Io cosa?”  
“Tu non hai niente di meglio da fare che girare per i corridoi da sola?” continuò lui divertito. 
A Summer venne quasi un colpo. Frank la stava aspettando in biblioteca e lei era in ritardo estremo. 
E Summer detestava arrivare in ritardo. 
“Tutta colpa di quello stupido Zokos” si disse battendosi una mano sulla fronte. 
Jake rise divertito. “O forse è colpa del mio incredibile fascino!” 
Summer lo guardò interdetta. 
“Guarda che scherzavo, l’umorismo vedo che l’hai lasciato a casa” continuò lui. “Ora ti lascio andare a lezione, io devo andare dal Preside.”
“Da Silente già il primo giorno? Un Record. Ti deve dare una punizione?” azzardò Summer.
Parlare con Jake non le sembrava così tremendo come aveva sempre pensato. Anzi, si sentiva sorprendentemente a suo agio in compagnia del ragazzo. 
“Forse sì, forse no. Ti lascerò con questo dubbio. Dovresti farti un po’ più gli affari tuoi sai? A forza di andare in giro con quella peppia del tuo amico stai diventando
come lui.” 

Summer nel sentire questa frase si accigliò. Nessuno poteva insultare Frank...  
“Guarda che non hai detto una cosa carina sul mio amico, non ti sembra un po’ maleducato dare giudizi su una persona che nemmeno conosci?” disse quindi la ragazza piccata. 
“Sì va bene come preferisci. Ora se alla principessina Tassorosso non sembro troppo maleducato, devo andare. E faresti meglio ad andare pure te, non vorrei mai che un Prefetto come te venisse visto con uno come me, i Professori potrebbero pensare che sei mia amica e ne rimarrebbero molto delusi e tu ti strapperesti i capelli dalla disperazione. Bhe, ci si vede in giro, Evans” e detto questo Jake si allontanò, lasciando la ragazza estremamente confusa. 

***

“Bene io ti lascio qui!” disse Abby mentre accompagnava Sophie verso l’aula dove il club degli Scacchi Magici era solito riunirsi. 
“Ma non siamo ancora arrivate” disse Sophie, “dai accompagnami fino all’aula!” 
Abby sbuffò e rispose: “Sono in ritardo Sof, e poi non voglio correre il rischio di incontrare Thano. Oggi sono particolarmente nervosa e non credo di potermi trattenere dallo scagliargli contro un Densaugeo, e non voglio far perdere punti a Grifondoro, quindi meglio evitare!” 
Sophie convenne che probabilmente era la scelta più giusta, anche perché in quando prefetto nel caso si fosse verificato uno spiacevole evento di questo tipo avrebbe dovuto togliere lei i punti all’amica, e non voleva rischiare di beccarsi pure lei una maledizione scagliata da una rabbiosa Abby. 
Dopo aver salutato l’amica, Sophie si diresse da sola verso il terzo piano, per raggiungere l’aula del club di scacchi magici. Una volta arrivata fu contenta di constatare che anche quell’anno non erano in molti. 
Meglio così, pensò Sophie, almeno possiamo stare tranquilli senza gente che viene solo a disturbare
L’aula in ogni caso non avrebbe potuto ospitare chissà quanti studenti (i Professori che avevano assegnato l’aula sapevano che questo rischio tanto non ci sarebbe stato). Sebbene piccola l’aula era molto accogliente, con ampie finestre e una decina di scacchiere disposte su diversi banchi. Il dettaglio preferito di Sophie era il camino. Ora era ancora spento a causa della leggera calura tipica della fine dell’estate, ma d’inverno era molto piacevole passare i pomeriggi accanto ad un bel fuoco acceso a giocare a scacchi, ascoltando il ticchettio morbido delle gocce contro le finestre. 
Sophie si guardò attorno, e raggiunse subito il suo amico Anthony, già seduto davanti ad una delle scacchiere.  
“Ehi Sof” salutò Anthony mentre l’amica si stava sedendo proprio di fronte a lui. “È da un po’ che ti aspetto, che fine avevi fatto?” 
“Ero con Abby e Summer, ma non sono in ritardo no?” chiese Sophie controllando l’ora sull’orologio che aveva al polso. 
“No no” rispose Anthony, che continuava a guardare verso la porta dell'aula alle spalle di Sophie. 
“Aspetti qualcuno?” chiese Sophie incuriosita. 
“Mmm no, cioè sì. Nel senso, Albert non è ancora arrivato, mi stavo solo chiedendo dove fosse finito, non è da lui arrivare in ritardo!” disse Anthony ansioso. 
Sophie guardò l’amico confusa, ma decise di non fare domande, quel giorno erano tutti così strani. Ma proprio in quel momento, Albert entrò nell’aula, cercando un posto libero davanti ad una delle scacchiere. 
Quando si sedette, incrociò lo sguardo di Anthony che lo salutò con un gran sorriso. Anche Sophie salutò il ragazzo per poi dire ad Anthony: “Peccato che dobbiamo stare in coppie di due, se no poteva sedersi con noi! Invece è da solo!” 
“No, non è da solo. Il posto davanti a lui è quello di Thano, ora è uscito un attimo” disse Anthony in tono amaro, senza distogliere gli occhi dall’amico che ora stava parlando con un ragazzo del terzo anno di Tassorosso. 
“Allora Sof, cosa mi racconti? Come hai passato l’estate?” chiese Anthony ritornando ora a guardare l’amica. 
“Mmm bene” disse Sophie, arrossendo immediatamente. Sophie iniziò a guardare per terra, giocando nervosamente con l’elastico che aveva al polso, segno che la domanda l’aveva particolarmente turbata. 
Anthony si accorse del repentino cambiamento dell’amica e si fece sospettoso: “Oh oh, sbaglio o Sophie Forbes nasconde qualcosa? Non puoi non raccontarlo al tuo migliore amico, sputa il rospo quale reato hai commesso? Quali atti osceni hai compiuto? Sai che io non ti giudico!” Sophie era interdetta, non sapeva cosa fare. 
Da una parte era fermamente convinta che non dovesse parlare con nessuno di quello che era successo tra lei e Thomas. Meno ne avesse parlato, più facile sarebbe stato dimenticare quell’estate al campo. Poi era comunque più sicuro non parlarne con nessuno, per evitare che in qualche modo la vicenda potesse arrivare alle orecchie delle persone che più in assoluto non avrebbero dovuto saperne nulla. Ma allo stesso tempo Sophie sentiva il bisogno di sfogarsi, di parlare con qualcuno, erano ormai giorni che teneva tutto dentro e sapeva che sarebbe potuta esplodere da un momento all’altro. E poi si parlava di Anthony, il suo migliore amico. Lui avrebbe ascoltato sicuramente senza giudicare, le avrebbe dato ottimi consigli e soprattutto non ne avrebbe fatto parola con nessuno. Sophie sapeva che non sarebbe nemmeno stata in grado di fingere a lungo con Anthony, ormai aveva capito che c’era qualcosa di strano, avrebbe potuto far finta di niente ora ma presto o tardi avrebbe notato altre cose, era inutile tenergli nascosto tutto. Sì, doveva parlargliene. 
“Beh Anthony, in effetti è successa una cosa... però non posso parlartene qui, ci sono troppe persone! Ho bisogno di parlartene in privato” disse Sophie tutta d’un fiato, guardandosi intorno sospettosa, attenta che nessuno stesse origliando. 
“Oddio non dirmi che hai davvero ammazzato qualcuno!” disse Anthony ridendo, ma poi vedendo che l’amica lo guardava serio si ripromise di non toccare più il discorso fino a quando non lo avesse tirato fuori lei nel momento opportuno. 
Proprio in quel momento, entrò Thano, tenendo in mano una pila di libri, che con cura posò su uno dei banchi liberi. 
“Bene ragazzi” disse Thano allargando le braccia e posizionandosi di fronte a tutti. “In quanto presidente del Club degli Scacchi Magici sono lieto di darvi il benvenuto! Oggi finalmente prendono il via i nostri incontri”. Il ragazzo fece una pausa, aspettandosi un applauso che ovviamente non arrivò, poi riprese: “Prima di cominciare, ci tengo ad informarvi che il Professor Vitious, che come sapete gestisce il club, oggi non sarà qui con noi. Ha portato con sé tutti i nuovi iscritti nell’aula a fianco, per dar loro una prima lezione introduttiva con le regole basilari. Se dunque qui c’è ancora qualcuno di nuovo, è pregato di alzarsi e raggiungere il professore di là. In secondo luogo vorrei scusarmi per il ritardo, ma sono stato nella nostra meravigliosa biblioteca, dove mi sono permesso di prendere in prestito alcuni interessanti manuali sugli Scacchi Magici, che credo potranno dare a tutti voi alcuni interessanti spunti in materia. Ovviamente ragazzi, gli Scacchi Magici sono un’arte, e come tutte le arti ci vuole tempo per apprenderne i segreti, le strategie e per diventare abili giocatori. Io posso definirmi un esperto, alcuni di voi - e rivolse il suo sguardo verso Sophie - sono sulla buona strada per eseguire brillanti performance, mentre altri purtroppo non sono in grado di applicare nemmeno le più elementari strategie. Ovviamente non tutti voi avete le reali capacità per poter diventare maestri in questa nobile arte, ma già per il solo fatto che vi siate iscritti qui invece che ad una di quelle futili attività come il quidditch, dimostra il vostro grado di intelletto chiaramente superiore al resto della scuola”. 
Sophie lanciò un’occhiata divertita a Anthony, che nell’ascoltare il monologo di Thano fingeva di tagliarsi le vene del polso con una lametta.  
Per fortuna, dopo altri cinque minuti buoni, Thano terminò il suo intervento introduttivo. 
“Bene, adesso ci dividiamo a coppie, ogni coppia davanti una scacchiera, ecco così come siete disposti... Sophie! Ecco Sophie tu puoi stare in coppia con me, così puoi migliorare le tue abilità, hai talento puoi davvero diventare una maestra nel gioco!” disse Thano, guardando in modo viscido Sophie. 
“Mmm no Thano guarda, ti ringrazio ma sono già in coppia con Anthony” disse Sophie, declinando l’offerta di Thano con un sorriso imbarazzato. 
Thano irritato dalla risposta, guardò con disprezzo Anthony e raggiunse Albert senza proferire parola. 
Anthony guardando in direzione di Albert disse: “Sof guarda che se vuoi stare in coppia con Thano non c’è problema! Posso andare con Albert” 
Sophie scoppiò a ridere. “Ma ti sembra che voglio stare in coppia con lui? Poi a parte gli scherzi, almeno io e te possiamo stare un po’ insieme, se no va a finire che non ci vediamo mai!” 
Anthony sorrise, e Sophie non poté fare a meno di notare che non sembrava così contento. O almeno non così contento come si aspettava. Non voleva stare in coppia con le a scacchi? E da quando? Anthony si stava comportando davvero in modo strano, ma Sophie decise di non fare domande, aveva già abbastanza casini per conto suo. Probabilmente Anthony era ancora un po’ spaesato dal ritorno a scuola. 
I ragazzi incominciarono a giocare a scacchi, e mentre Anthony sfidava Sophie, non poteva fare a meno di continuare a guardare Albert. La luce che filtrava dalla finestra colpiva il volto del riccio, dominato da un’espressione concentrata. I suoi occhi attenti a seguire ogni mossa di Thano, la fronte corrucciata nel cercare di far muovere le sue pedine nel modo migliore. I lunghi ricci marroni ricadevano dolcemente sul volto, il nodo della cravatta un po’ allentato, le maniche della camicia arrotolate sopra i gomiti... 
Anthony era estasiato da quella vista, quasi fosse una visione angelica. Il ragazzo capì che forse aveva anche lui bisogno di confessare qualcosa a Sophie.  


III 

Il castello nel tardo pomeriggio era ancora più cupo del solito e, non essendoci molti ragazzi in giro, sembrava ancora più grande e spazioso.   
Sophie stava camminando tranquillamente tra i corridoi dell’edificio, guardando di tanto in tanto fuori dalle grosse vetrate. La luce era scesa e si riusciva a scorgere poco del paesaggio che circondava tutta Hogwarts. 
Aveva appena finito lezione di scacchi e, da sola, si stava dirigendo verso la sala comune dei Grifondoro dove probabilmente ci sarebbe stata Abby ad aspettarla; quando d'improvviso sentì dei passi vicino a lei e poi una voce sempre più vicina: “Aspetta!” 
Qualcuno stava correndo alle sue spalle per raggiungerla.  
Fa che non sia ancora Thano, pensò.  
“Sophie! Aspetta!”
La ragazza si girò di scatto e l’ultima persona che avrebbe voluto vedere in quel momento le si parò davanti con un sorriso a trentadue denti e con quegli occhi che le avevano fatto perdere la testa. Era Thomas. 
Sophie non poté non pensare a quanto gli donasse quella divisa, come aveva fatto a non notarlo gli anni precedenti? 
Il luccichio del risvolto verde scuro la riportò alla realtà.  
“Thomas…” disse Sophie a bassa voce, facendo un cenno con la testa per salutarlo.  
Ci vollero alcuni secondi prima che uno dei due iniziasse a parlare, era strano per entrambi rivedersi dopo il campo.  
“È tutto il giorno che ti cerco…” disse Thomas quasi imbarazzato. "Sono felice di vederti" continuò. 
“Anch'io” disse lei con un filo di voce. 
Lo era davvero ma non poté fare a meno di fare una smorfia di dispiacere pensando a come sarebbe andata a finire la conversazione.  
Thomas intanto avrebbe voluto dirle un mucchio di cose, chiederle come stesse, come avesse passato i giorni senza di lui, dirle che i capelli legati le donavano e che le era mancato il suo profumo ma sapeva che sarebbe stato meglio chiarire subito quello che spaventava tanto entrambi e colse l’occasione per farlo nel momento in cui non avevano nessuno attorno. 
Sophie abbassò lo sguardo e divenne subito seria quando Thomas continuò: “Stavo pensando a come dire ad Abby di quest’estate, forse all’inizio sarà dura ma penso che con il tempo capirà”.  
Il Serpeverde sapeva benissimo che Abby inizialmente avrebbe faticato ad accettare che una delle sue migliori amiche si frequentasse con lui, ma sapeva anche che teneva molto ad entrambi e non gli avrebbe impedito di essere felici insieme; peccato che Sophie fosse arrivata alla conclusione opposta: Abby non avrebbe dovuto sapere nulla di quell’estate e non solo lei. La Grifondoro vedeva Thomas come un fratello, non erano solo amici ma erano uno parte della famiglia dell'altra. Inoltre ad Hogwarts vivevano come in due mondi separati: ognuno stava con i rispettivi amici e non c’erano mai stati momenti di contatto. Solitamente si vedevano da soli senza altri attorno e le cose erano sempre andate bene così. 
“Io…” iniziò Sophie, con la voce rotta. “Io ci ho pensato molto e penso che sia stato un errore… dovremmo far finta di niente.” 
Si sistemò la sciarpa mentre aspettava la reazione del ragazzo che aveva a pochi centimetri da lei.  Thomas tolse di scatto il braccio che poco prima le aveva appoggiato sulle spalle e si allontanò per guardarla in volto. 
“Far finta di niente!? Sei seria Sophie!?” gridò, spalancando gli occhi. Mai si sarebbe aspettato una risposta simile ed era per questo che la sua reazione era stata peggio del previsto. 
Sophie abbassò ancora una volta lo sguardo lo sguardo, proprio non riusciva a guardarlo negli occhi. Sapeva che se l’avesse fatto avrebbe ceduto ai discorsi del ragazzo. Stette in silenzio mortificata, guardandosi attorno sperando di non incontrare nessuno. 
In quel momento voleva solo sparire. 
“Quindi secondo te dovremmo dimenticarci di tutto?” chiese ancora Thomas, stringendo i pugni, incredulo. 
Non voleva crederci, non riusciva a crederci. Quest’anno era più emozionato del solito a ritornare ad Hogwarts proprio perché non vedeva l’ora di rivederla e di passare del tempo insieme a lei ma quello che stava accadendo lo colse alla sprovvista.  
“È stato uno sbaglio… e lo sai anche tu!” Sophie alzò la voce. Dal canto suo erano giorni che pensava ai mesi passati, a quanto fosse accaduto, a quello che aveva provato al campo e si era sempre più convinta che non potesse funzionare anche ad Hogwarts. Lì sarebbe stato tutto diverso e più ci pensava più l’ansia degli occhi puntati addosso e della reazione dell’amica la convincevano che la scelta giusta fosse allontanarsi da lui.  
“Per me non è stato uno sbaglio… mi fa piacere sapere solo ora che per te lo sia stato.” 
Thomas spostò il suo sguardo dagli occhi di Sophie al pavimento, nel suo cuore sperava ancora stesse scherzando.  
“Non può funzionare Thomas.” Sophie rimarcò il suo nome e iniziò a camminare a passo svelto come per potersi allontanare da lui.  “Qua è tutto diverso… non è come al campo, non siamo più solo io e te.”  
La ragazza mise tutta la forza che poteva per non cambiare idea e per stargli lontano. Pensare a cosa dirgli era stato difficile ma doverglielo dire in faccia era tremendamente difficile, forse sperava che anche lui fosse d’accordo sul fare finta di nulla così da potersi mettere l’anima in pace più in fretta e senza troppa sofferenza.  
“È perché sono un Serpeverde? Da quando ti importa?” chiese Thomas. Era più sconvolto che arrabbiato. Pensava che lei si preoccupasse principalmente per il fatto che appartenessero a due case diverse. 
Voleva capire perché Sophie si stesse comportando in quel modo; era infatti una delle poche Grifondoro che non aveva mai insultato la casa al quale lui apparteneva, anzi spesso la sentiva rimproverare gli amici per questo. Quindi qual era il vero problema? 
“Siamo troppo diversi, lo vedi che non abbiamo niente in comune?” Sophie stava quasi tremando dal nervoso mentre con passo svelto continuava a camminare, sperando di trovare una via di fuga da quella discussione.           
Non era solo la situazione con Abigail a preoccuparla era anche tutto quello che c’era attorno, erano l’uno l’opposto dell’altra: lei una tranquilla Grifondoro a cui piaceva stare con le amiche senza farsi notare troppo, andava bene a scuola ed aveva sempre avuto la reputazione della brava ragazza, lui un Serpeverde circondato da amici casinisti, popolari e pieni di sé. E tutto questo la spaventava da morire.  
Non riusciva ad immaginare un futuro sereno con lui ad Hogwarts, non riusciva in nessun modo a vedersi al fianco di un ragazzo così diverso da lei e aveva paura sarebbe finita in partenza. L’unico modo per starci meno male era non iniziare nemmeno. 
“Eravamo diversi anche al campo ma questo non ci ha impedito di stare bene assieme” disse Thomas sempre più nervoso. Questa ragazza l’avrebbe fatto impazzire.   
“Siamo uno il contrario dell'altro lo vuoi capire? Cosa ci fa uno come te con una come me?” continuò Sophie palesemente irritata.  
"Di che stai parlando? Mi piaci tu Sof e non me ne frega del resto!" disse Thomas. Era più nervoso di lei e continuava a gesticolare.  
"È solo una fissazione Thomas, ti passerà... Non siamo fatti per stare insieme" replicò Sophie che non era convinta neanche lei di quello che stava dicendo.  
"Io non capisco che ti prenda, non stai ragionando…" 
Thomas si fermò di colpo, non poteva essere vero. Stava forse sognando?  
"Sei tu che non ragioni! Mi lasceresti dopo quanto? Un mese? Non sono la ragazza che fa per te!" 
Sophie continuava a sbattere gli occhi per evitare di piangere.  
"Sai tu quale sia la ragazza giusta per me?"  
Erano entrambi arrabbiati più che mai. Thomas perché ogni frase della ragazza lo lasciava sempre più confuso e arrabbiato; Sophie perché mentre gli urlava quelle frasi cercava di convincere se stessa che era giusto così.  
“E Abigail cosa direbbe? Gli altri cosa direbbero? Non penso di poter sopportare questa situazione.” 
Sophie aveva anche paura dell’opinione dei suoi amici, era sempre stato evidente l’astio tra le loro case e non voleva essere giudicata da nessuno, tanto meno da Abigail. 
“Da quanto ti interessa l’opinione degli altri?” domandò Thomas mentre accelerava il passo per raggiungerla. Sof stava scappando? In quel momento capì che aveva faticato tutte quelle ore a trovarla perché era lei che non voleva farsi trovare. Non l’aveva vista sul treno la mattina stessa e non l’aveva vista nei corridoi le ore successive. 
“Senti… dimentichiamoci di tutto, è meglio per entrambi!”
Sophie fece un sospiro e appena incrociarono due ragazzi che stavano andando nella direzione opposta, continuò: “Scusami, devo andare…”  
Non sapeva più cosa dirgli e ogni secondo che passava dentro di lei aumentava la paura di incrociare lo sguardo di qualche suo amico. Inoltre, non avrebbe sopportato a lungo una discussione con lui; se avesse detto una sola parola in più forse sarebbe scoppiata in un pianto isterico. Girò l’angolo e si allontanò dal ragazzo, senza neanche guardarlo in faccia. 
“Non pensare sia finita qui!” disse Thomas quasi urlando. 
Se ne andò deluso più che mai, nei giorni precedenti aveva faticato a dormire, aveva pensato a tutti i momenti felici che avevano passato insieme e la voglia di vedere Sophie aveva spazzato via il timore della reazione che avrebbero avuto tutti. 
Sophie sapeva che non sarebbe finita così. 


IV 

Quando Abby aveva lasciato Sophie, si era recata verso il campo da quidditch. Mentre attraversava il dolce pendio che la separava da uno dei posti che più preferiva di tutto il castello, si era resa conto che l'aria fresca le faceva bene: si sentiva ancora un po' frastornata dalla sensazione di déjà-vu che era stata così forte da non abbandonarla ancora del tutto. La prima mattinata di lezioni era parsa interminabile e di certo non aveva aiutato il fatto che ogni singolo professore avesse passato da prima metà della propria lezione a tenere solenni discorsi sul fatto che quell' anno a giugno avrebbero dovuto affrontare i G.U.F.O., i temutissimi esami del quinto anno, sul fatto che pertanto le lezioni sarebbero state ancora più dure del solito, che avrebbero fatto meglio a impegnarsi seriamente con lo studio fin da subito... 
Abby ne aveva avuto la nausea alla fine. Mancavano ancora secoli ai G.U.F.O., a cosa serviva tutto quel terrorismo psicologico? L'unica magra consolazione era che era stata l'unica della classe a riuscire a produrre una corretta Pozione Soporifera e tra sé e sé si era già annotata di somministrarne presto un'intera dose a quella matta di Sophie che aveva già cercato di convincerle a passare l'intervallo chiuse in un 'aula a redigere un dettagliatissimo (e soprattutto suicida) programma di studio. 
Era quasi arrivata al campo di quidditch quando era stata raggiunta da James e Edward. Quest'ultimo la chiamava a gran voce salutandola allegro; il primo ragazzo invece portava in spalla il suo manico di scopa nuovo fiammante. Anche se non erano riusciti a prenotare il campo per loro quel giorno (avrebbero potuto volare quindi solo il pomeriggio dopo, e Abby non vedeva l'ora di ritornare nel suo elemento), James non poteva certo perdere occasione per farsi vedere, da grande bono capitano della squadra di Grifondoro quale era. Avevano scelto comunque di tenere al campo la prima riunione di ritrovo, perché era una bella giornata di fine estate e a tutti e a mancato quel campo delineato da sei alti pali sormontati da anelli dorati che era per loro come una seconda casa. 
Edward aveva visto la sua migliore amica un po' giù di corda e l'aveva rassicurata sul fronte G.U.F.O., aiutando un minimo Abby che restava tuttavia infastidita da quella sensazione di surreale che l’accompagnava da quando aveva visto quello strano ragazzo a incantesimi quella mattina. 
Adesso, i tre amici erano seduti sulle gradinate più alte degli spalti, in corrispondenza della curva dei tifosi di Grifondoro, in attesa del resto della squadra e Abby era ben decisa a non pensare più al Corvonero e al mistero dello sgradevole effetto che le faceva fino almeno al giorno dopo, quando sarebbe stata costretta a rivederlo a lezione Voleva solo godersi la compagnia dei due amici... ma proprio in quel momento due figure apparvero sull'erba del campo, in basso, e ad Abby bastò un secondo per riconoscere quel Luke Anderson. Teneva in mano una scopa e parlava con un altro ragazzo dai capelli rossi, il capitano della squadra di quidditch di Corvonero; ecco dunque chi aveva prenotato il capo. 
Abby sbuffò, contrariata da quella apparizione improvvisa. Seguendo il suo sguardo, Edward domandò: "Chi è quello con Frost?" 
"Un Corvonero del mio anno" rispose Abby, "si è appena trasferito da Ilvermony.” 
"Se è qua in via ufficiosa ancora prima dei provini è probabile che giocasse a quidditch già nella sua vecchia suola" commentò James. "Mi chiedo se sia bravo e in quale ruolo giochi..." 
"Secondo me non c'è da preoccuparsi, credo sia mezzo andato: stamattina continuava a fissarmi come un pesce lesso, deve avere qualche problema" ribattè Abby sicura. 
James pareva assorto e tutto preso dallo studiare il possibile nuovo avversario. Alle parole della ragazza però si riscosse. 
"E perché mai fissava la mia ragazza quella mezza scarpa?" Lanciò uno sguardo di sfida in basso. "Non sono la tua ragazza" gli fece notare Abby, mentre Edward scoppiava a ridere di fronte a quello scambio di battute così familiare. "Comunque vedrete se non ho ragione, non ci prova nemmeno a nascondere i suoi sguardi!" 
Sentendo delle voci, i due Corvonero alzarono effettivamente la testa a guardarli ma sebbene Abby vide gli occhi di Luke piantarsi penetranti nei suoi per una frazione di secondo e riconoscerla, il ragazzo fece come se non l'avesse notata e girò lo sguardo, freddo e indifferente. 
"Non è che a furia di uscire con James ti stai montando la testa e credi che tutti ti guardino perché nessuno può resisterti?" scherzò Edward. 
Abby gli fece una boccaccia ("Guarda che davvero nessuno può resistermi!" sottolineò James); non capiva, davvero a lezione non l'aveva lasciata un attimo in pace. Possibile che fosse stata lei a esagerare la cosa? Sembrava così disinteressato ora, infatti ma si girò a guardarla nemmeno una volta in tutta l'ora che seguì. 
Abby decise di lasciar stare, era comunque meglio così, e si concentrò sull'arrivo degli altri due ragazzi della squadra. Erano due amici del quarto anno, e giocavano nel ruolo di battitori. Scopo di quell'incontro era fissare una data per i provini di quidditch: servivano loro infatti un nuovo Portiere e un nuovo Cacciatore, in quanto i loro ultimi due avevano finito il settimo anno a Hogwarts a giugno. Dopo una breve discussione, i provini vennero fissati per quel sabato pomeriggio. I Grifondoro si allontanarono dal capo tutti insieme ridendo e scherzando, senza più guardarsi indietro. così Abby non si accorse che Luke si era voltato e non l'aveva persa di vista un istante, finché non era scomparsa in lontananza verso il castello, i lunghi capelli che scintillavano sotto gli ultimi raggi del sole. 
Un'oretta dopo, Abby sonnecchiava sul suo adorato baldacchino scarlatto e dorato. Aveva deciso di rilassarsi un po’ in camera in attesa della cena (non aveva visto Sophie nel dormitorio; la ragazza doveva aver raggiunto Summer e Frank in biblioteca e Abby non aveva alcuna intenzione di sprecare così il suo tempo libero il primo giorno di scuola) e aveva finito con l'appisolarsi. 
Ora il suo respiro prima regolare si stava facendo via via più affannato, e gli occhi guizzavano agitati sotto le palpebre chiuse, il volto era contratto in un'espressione di angoscia... Abby era vittima del solito incubo, ma questa volta c'era qualcosa di diverso... era tutto molto più nitido, più reale... il ragazzo che fronteggiava ogni notte non era più un tutt'uno con la nebbia, anzi era più chiaro e minaccioso che mai... i suoi occhi lampeggiavano mentre si avvicinava pericolosamente alla ragazza indifesa, due occhi cani di un odio profondo e malvagio... questa volta l’avrebbe raggiunta e fatto del male, Abby lo sapeva, sentiva la minaccia concreta attorno a sé come se potesse respirarla... e per la prima volta, riuscì a vedere il volto del ragazzo che tanto la tormentava del ragazzo che tanto valeva farla soffrire.... 
Abby si alzò di scatto a sedere il cuore a mille e la fronte ricoperta di sudore. Non riusciva a calmarsi, sebbene ora fosse sveglia. Perché per quanto assurdo potesse sembrare, per quanto insensato fosse ora sapeva chi sognava ormai da mesi. Non aveva dubbi: il ragazzo che temeva tanto nei suoi incubi era qualcuno che non aveva mai visto prima di quel giorno, e che eppure popolava le sue notti da settimane e settimane.  
Era Luke Anderson.

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Capitolo 5
*** Capitolo 4 - Dimentica tutto, non significava niente ***


Capitolo 4 - Dimentica tutto, non significava niente
 

I 

La prima settimana di lezione era passata, e gli studenti si apprestavano ad affrontare l’ultima giornata che li separava dal weekend. Quel venerdì non sarebbe stato un giorno come tutti gli altri. Era il primo venerdì della prima settimana di scuola, e come tutti gli anni Silente permetteva ai ragazzi di abbandonare ogni attività e impegno pomeridiano per recarsi sulle rive del lago nero e passare uno spensierato pomeriggio in compagnia degli amici, per fare una nuotata e godersi gli ultimi momenti di un’estate ormai agli sgoccioli. La prospettiva del meraviglioso pomeriggio che li attendeva rendeva quella mattinata di lezione più leggera per tutti gli studenti, che non vedevano l’ora di poter abbandonare le aule e correre all’aria aperta. L’unica per cui quelle ore sembravano interminabili era Sophie. A dire la verità tutta la settimana le era sembrata enormemente lunga e stancante. I professori non avevano fatto altro che parlare dei G.U.F.O., ogni momento sembrava loro buono per ricordare agli studenti degli esami che avrebbero dovuto sostenere a fine anno. Non che Sophie non ne fosse consapevole. Era dall’inizio dell’estate che pensava agli esami di fine quinto anno, e le aspettative alte che tutti avevano su di lei le gettavano un'enorme pressione addosso. Lei era una delle maghe più brillanti di Hogwarts, e non poteva deludere nessuno. Doveva eccellere negli esami, dunque aveva iniziato sin dal primo giorno a definire il suo programma di studi, e per lei dunque quei cinque giorni di prime lezioni blande non erano state per nulla una passeggiata come per la maggior parte dei suoi compagni per cui gli esami erano solo un problema lontano di cui si sarebbero preoccupati in futuro. Ma il problema non era stato solo quello. Anzi, la preoccupazione per gli esami l’aveva aiutata a distrarsi da quello che si era trasformato nel suo dramma esistenziale più grosso: Thomas. 
Dopo la loro ultima conversazione avuta durante il primo giorno di scuola, Sophie credeva di essere stata abbastanza chiara e di non doversi più preoccupare del ragazzo. 
L’essersi poi confrontata la sera stessa con Anthony l’aveva tranquillizzata. L’amico, dopo un primo momento di stupore, aveva assimilato la notizia, senza giudicarla. E come al solito le aveva dato ottimi consigli: “Devi fare quello che credi giusto, nessuno può dirti cosa devi fare! Fai quello che pensi ti faccia stare meglio”. Nulla di più vero. E lei sapeva che la cosa che l’avrebbe fatta stare meglio era lasciar perdere Thomas. Nell’immediato certo, lei avrebbe sofferto un po’, però ne avrebbe giovato in futuro, senza contare poi che avrebbe così evitato problemi con Abby e con i suoi amici. Il ragazzo le aveva poi anche fatto notare che non doveva preoccuparsi di Thomas, certo ci era rimasto male ma sicuramente avrebbe capito e si sarebbe rassegnato. Sophie si era dunque lasciata convincere dalle parole dell’amico, ma ben presto dovette ricredersi. 
Il biondo aveva passato tutta la settimana e tormentarla, anzi, perseguitarla sarebbe un termine più corretto. Sophie se lo trovava letteralmente ovunque. Il martedì pomeriggio la ragazza era andata in biblioteca per approfondire la lezione di Erbologia sulle erbe acquatiche, e mentre sfogliava un enorme e antico manuale seduta al solito tavolo, vide entrare dalla porta della biblioteca niente meno che Thomas. L’evento era già di per sé surreale, lui non era sicuramente un assiduo frequentatore del luogo, anzi, probabilmente non vi aveva messo mai piede (dato il profondo senso di disorientamento che si evinceva dalla sua espressione confusa nell’osservare i numerosi scaffali colmi di libri). 
Thomas dopo aver preso un libro (chiaramente a caso, Sophie era certa che al ragazzo non interessasse la “Storia della Moda femminile del mondo magico dal 1500 a oggi”) si andò a sedere qualche banco più in là. 
Sophie cercò di rimanere indifferente in un primo momento, ma quando notò che il ragazzo non faceva nemmeno lo sforzo di fingere di leggere il libro ma continuava a fissarla, la ragazza iniziò a innervosirsi, e sforzandosi di non alzare gli occhi dalla pagina (che non stava assolutamente leggendo) cominciò a pensare fra sé e sé: “Cosa pensa di fare? Questo è un posto dove venire a studiare, non un circolo ricreativo! Poi insomma, qui nessuno l’ha mai visto, la gente inizierà a chiedersi cosa ci fa qui, inizierà a farsi domande e a parlare...”
Dal momento che Thomas non solo non smetteva di fissarla, ma addirittura iniziò a sorridere beffardo, Sophie non poté più reggere la situazione, si alzò dalla sedia chiudendo il libro rumorosamente ed uscì a passo svelto dalla biblioteca. 
Da questo evento, Sophie aveva cercato di prestare maggiore attenzione, in modo da evitare il più possibile di incontrare il ragazzo per la scuola. Aveva cercato di evitare i posti come la biblioteca (dove lui era sicuro di trovarla), e passava più tempo che poteva nella sala comune di Grifondoro, non mettendovi il naso fuori se non per andare a lezione o a mangiare, e qualora non potesse evitare di uscire, cercava di non stare mai da sola (“Sicuramente non verrà da me se c’è qualcuno, non è così scemo”). 
Ma tali accorgimenti si erano dimostrati totalmente inutili. 
Thomas infatti, notando che la ragazza aveva smesso di girare da sola, aveva deciso di prenderla in contropiede. 
La soluzione era semplice, passare del tempo con Abby. Thomas iniziò ad aspettare Abby fuori dalle lezioni, dopo i pasti e a cercarla durante gli intervalli, il fatto che la maggior parte delle volte Abby fosse con Sophie era solo una piacevole casualità
Per Sophie era diventato un incubo, ovunque ci fosse Abby c’era lui, e lei certo non poteva evitare Abigail. Ogni volta che il ragazzo le raggiungeva, in modo totalmente innocente, provava a rivolgere dei saluti a Sophie e ad intavolare con lei delle conversazioni. Ma Sophie era un muro. Non proferiva parola, se non un secco “ciao”. 
Agli occhi di Sophie, Thomas era un incosciente. Stare così spavaldamente vicino a lei quando c’era Abby, era una cosa inconcepibile. Prima o poi la loro amica avrebbe sospettato qualcosa. Anzi, aveva già iniziato a domandarsi il perché Thomas fosse così appiccicoso ultimamente, non era da lui. Il culmine il ragazzo lo toccò quando iniziò a inviare di nascosto a Sophie dei bigliettini con dei messaggi. Sophie non sapeva esattamente quando e come Thomas riuscisse a nasconderle i bigliettini nei libri, nei quaderni, nelle tasche della tunica o ad infilarglieli semplicemente nella borsa, ma la cosa la stava snervando. 
Più volte Sophie aveva rischiato che Abby trovasse uno dei bigliettini, visto che l’amica aveva l’abitudine di infilare le mani nella sua borsa o di ficcanasare tra i suoi libri e quaderni in cerca di appunti miracolosi (per sua fortuna però Abby quando cercava qualcosa prestava ben poca attenzione a tutto il resto). 
Ma la cosa che più la snervava era che ogni volta che trovava uno di questi bigliettini (in cui messaggi andavano da uno spavaldo “So che non puoi resistermi” ad un esasperante “Continuerò a tormentarti finché non accetterai ciò che è successo”) non poteva che sorridere involontariamente. 
Sebbene stesse cercando di negare i suoi sentimenti, vedere le esasperanti attenzioni del ragazzo non poteva che renderla, per brevi momenti, piena di un senso di gioia mai provata prima. Ma subito, la sua voce interiore si faceva spazio tra i sentimenti per riportarla sulla terra e dirle: “Sophie, non cedere alle sue attenzioni. È una fissa momentanea, gli passerà e tu starai solo male. Devi preoccuparti degli esami, quest’anno non si scherza. E se mai arriverà l’amore cerca di fare in modo che non sia verso una delle persone più importanti per la tua migliore amica”. 
Così era trascorsa la settimana per Sophie, e a differenza dei suoi compagni la prospettiva di un pomeriggio di libertà al lago non era assolutamente allettante. Come avrebbe fatto ad evitare Thomas? Chissà che sciocchezze avrebbe fatto il ragazzo, non curante di tutti gli sguardi indiscreti dei numerosi studenti presenti. 
Presa da questi pensieri Sophie non stava ascoltando una parola della lezione di Piton, tant’è che aveva preso una sola pagina di appunti sugli antidoti, il che era davvero strano. Summer, che sedeva accanto a Sophie e che aveva notato l’aria distratta dell’amica, approfittò di un momento in cui il professor Piton si era voltato per scrivere i compiti per la lezione seguente alla lavagna, per parlare all’amica: “Sof tutto bene? Ti vedo pensierosa?” 
“Sì sì, va tutto bene” disse Sophie ridestandosi come da un sogno, “ho solo un po’ di mal di testa”. 
Per fortuna di Sophie proprio in quel momento la campana suonò annunciando la fine della lezione, e la ragazza poté sfuggire ad un probabile interrogatorio della bionda, che la stava osservando con aria sospettosa. 
“Io devo andare al bagno, mi accompagni Sophie?” disse Abby mentre ritirava dal banco le sue cose. “Ho bisogno di qualcuno che mi tenga la borsa, poi ultimamente Mirtilla Malcontenta ha preso il vizio di uscire dalle tubature ogni volta che vado al bagno, la cosa mi inquieta un po’”. 
“Allora dovresti farti accompagnare da Frank, Mirtilla sarebbe la sua ragazza ideale” disse Summer con tono divertito mentre sistemava la borsa sulla spalla. 
“Peccato che sia il bagno delle ragazze, e smettetela di cercare di propinarmi le ragazze più strane della scuola, ora persino un fantasma!” disse Frank risentito. 
Ridendo e scherzando i quattro amici uscirono dal sotterraneo, e Sophie per un attimo si dimenticò delle sue preoccupazioni. 
“Accompagno Abby in bagno, ci vediamo a Rune Antiche ok?” disse Sophie ai due amici, e si diresse poi con Abby verso i bagni. 
“Non vedo l’ora che sia oggi pomeriggio, così posso distendermi al sole e riposare, questa settimana è stata stancante, quanti giorni mancano alle vacanze di Natale?” stava dicendo Abby, quando all’improvviso accadde qualcosa di strano. 
Sophie si sentì punzecchiare con forza sulla spalla, e credendo che fosse qualcuno che cercava di richiamare la sua attenzione si voltò. Ma non c’era nessuno. O meglio, l’unica cosa che vide era un aeroplanino di carta, chiaramente stregato, che volava a mezz’aria e continuava a colpirla con la punta. 
A Sophie non ci volle molto per capire chi fosse l’autore di questo “scherzetto”. Al campo estivo Thomas era solito disturbare gli organizzatori stregando aeroplanini di carta che incominciavano ad inseguirli ovunque andassero. 
In tutta risposta Sophie cercò di ignorare l’aeroplanino che la stava inseguendo, sperando che Abby fosse troppo impegnata nel suo sproloquio per accorgersi di quello che le accadeva intorno. Ma evidentemente l’aeroplano si infastidì nell’essere così ignorato, ed iniziò a colpire con più veemenza Sophie, in testa e in faccia, così che risultò impossibile non notarlo. 
“E questo che cos’è?” chiese Abby sbalordita, e Sophie, prima che l’amica potesse mettere in azione i suoi pronti riflessi da cercatrice, afferrò l’aereo e lo strinse con forza nella mano. 
“Niente, è una nuova strategia di Thano per attrarre la mia attenzione, a volte mi manda dei messaggi così per informarmi dell’arrivo di un nuovo libro in biblioteca” disse Sophie, cercando di sembrare il più convincente possibile. 
Abby stava fissando pensierosa il pezzo di carta accartocciato nella mano di Sophie, e quest’ultima riusciva solo a pensare: “Fa che non mi chieda di farle vedere cosa c’è scritto ti prego!”
“Ah...” disse poi Abby. “Beh per essere un’invenzione di Thano è forte! Comunque non mi interessa sapere dei noiosissimi messaggi epistolari che tu e il tuo compagno di merende vi mandate. Ora, se ora non sei troppo occupata, reggimi la borsa che devo andare in bagno”, e detto questo la ragazza lanciò a Sophie la borsa con i libri, per poi sparire dentro il bagno delle ragazze. 
Sophie si affrettò immediatamente ad aprire l’aeroplanino di carta ormai tutto accartocciato. Come si aspettava, non si era sbagliata sul suo autore. 
Sul foglio bianco figurava una scritta in lettere maiuscole “TANTO NON MI ARRENDO SOF!” 
Le labbra della ragazza si incresparono in un leggero sorriso, che prontamente soffocò non appena si accorse che poco lontano da lei, appoggiato al muro, c’era Thomas, che la stava guardando divertito. 
Sophie ricambiò con rabbia lo sguardo del ragazzo, prese il bigliettino e lo strappò violentemente. 
Prima che Thomas potesse dire o fare qualsiasi cosa, Sophie sparì dentro il bagno. 

***

Il resto della mattinata trascorse, e Sophie si sentiva sempre più nervosa. 
Durante il pranzo continuò a pensare a plausibili scuse da inventarsi per evitare il pomeriggio al lago, certa che Thomas avrebbe di nuovo tentato un approccio. 
Nessuna scusa però sembrava credibile, non poteva nemmeno inventarsi che non si sentiva bene visto che si stava abbuffando di ali di pollo (aveva troppa fame, non poteva rinunciarvi). Così si arrese al fatto che sarebbe andata al lago, sperando in cuor suo che Thomas sarebbe stato abbastanza intelligente da non fare stupidaggini. 
Terminato il pranzo tutti i ragazzi corsero nei loro dormitori, per togliersi le divise ed indossare vestiti comodi e costumi, e si riversarono poi all’esterno del castello per raggiungere le sponde del lago. 
“Dove ci mettiamo? Vi prego fermiamoci da qualche parte e smettiamola di girare” si stava lagnando Abby sotto i suoi occhiali da sole. 
“Possiamo metterci laggiù dove c’è tutta quella gente!” disse Frank indicando un punto poco distante. 
“Tu vuoi metterti lì solo perché così potrai origliare le conversazioni degli altri” si intromise Summer, divertita. 
“No non mettiamoci lì, andiamo laggiù, sotto quell’albero!” disse Sophie, dirigendosi verso un punto distante. Era una posizione strategica, pensava Sophie, sotto un albero che permetteva di leggere all’ombra, proprio attaccato al lago ma totalmente lontano dalla folla di ragazzi che si stavano ammassando tutti nello stesso punto. 
Era il posto ideale, sicuramente isolandosi non avrebbe avuto modo di incontrare Thomas e avrebbe potuto passare un tranquillo pomeriggio lontano da occhi indiscreti. 
“Ma come laggiù? Ma non c’è nessuno, perché dobbiamo isolarci?” continuò  a lamentarsi Abby, ma quando notò che ormai Sophie si era incamminata e non dava segno di voler ascoltare ulteriori proposte, sbuffando si rassegnò e seguì l’amica, lasciando indietro Summer e Frank che si erano fermati a parlare con dei ragazzi di Tassorosso. 
“È perfetto qui” disse soddisfatta Sophie guardandosi attorno. Dopo aver sistemato il suo telo mare con sopra ricamato lo stemma di Grifondoro, si sedette e tirò fuori dalla borsa la sua lettura del momento, “The Pillars of Hearts”. 
“Non dirmi che ti vuoi mettere davvero a leggere” disse Abby accigliata (gli occhiali da sole non nascondevano la sua espressione sconvolta). 
“Voglio finire il capitolo Abby” rispose Sophie noncurante. 
“E io cosa dovrei fare? Summer e Frank non so dove siano finiti e mi hai portato qui lontano da tutti!” protestò Abby. 
“Fatti un bagno, o dormi!” disse tranquillamente Sophie, aprendo poi il libro segno che per lei la conversazione era terminata. Sentì solo più Abby coricarsi sbuffando accanto a sé, per poi immergersi nella sua lettura. Quando iniziava a leggere era così, tutto attorno spariva, la sua attenzione si focalizzava unicamente sulle pagine fitte di informazioni che Sophie cercava di immagazzinare. Terminato il capitolo Sophie finalmente distolse lo sguardo dal libro, sembrava passata solo una manciata di minuti, ma in realtà era passata circa un’oretta da quando era arrivata al lago. 
Si guardò attorno, era sola. Non si era nemmeno accorta che Abby era andata via, e non aveva idea di che fine avessero fatto Summer e Frank. 
Volevo solo finire il capitolo, pensò irritata tra sé e sé, non mi sembra carino sparire così!
Aguzzando la vista verso il lago Sophie scorse Abby, era in acqua in un punto abbastanza lontano da lei. Era con Edward, stavano evidentemente cercando di rovesciare James, coricato a prendere il sole su un materassino gonfiabile fatto apparire appositamente per permettere al ragazzo di assumere una posizione affascinante anche in acqua. Sophie soffocò una risata, per poi provare a cercare con lo sguardo Summer e Frank di cui sembrava essersi persa ogni traccia. 
Mentre esplorava con lo sguardo il territorio attorno a sé e il lago, quasi cacciò un urlo quando si accorse che davanti a lei c’era qualcosa che la stava osservando. O meglio, qualcuno. A pochi metri da lei, emergevano dall’acqua un paio di occhi azzurri, che la stavano fissando. Thomas era completamente immerso nell’acqua, dal naso in giù. Era fermo lì da almeno un quarto d’ora, in attesa che Sophie si accorgesse della sua presenza. 
“Thomas!” esclamò Sophie, pentendosi subito del tono di voce un po’ troppo acuto con cui aveva pronunciato il nome del ragazzo. 
“Sophie...” disse Thomas facendo ora emergere il resto del viso, assumendo un sorriso beffardo. 
“Che cosa stai facendo?” si affrettò a dire Sophie guardandosi attorno per assicurarsi che occhi indiscreti non li stessero osservando. Per fortuna erano in un punto troppo isolato perché qualcuno potesse accorgersi di loro. 
“Ti guardo leggere” rispose Thomas tranquillo “al campo lo facevo sempre, e non mi sembrava ti desse molto fastidio! Però finalmente mi parli, sembrava mi stessi evitando in questi giorni...” 
“Ti stavo evitando Thomas! Non so se non hai recepito il messaggio l’altro giorno, ti ho detto che devi lasciarmi in pace!” sbottò la ragazza, visibilmente irritata. 
Thomas continuava a guardarla divertito, e Sophie si infastidì ancora di più. Possibile che rideva sempre invece di prendere quello che lei gli stava dicendo sul serio? 
“Dai Sof, rilassati un po’! Non vedi che non c’è nessuno che ci guarda? Di che ti preoccupi?” continuò Thomas come se non avesse sentito una parola della ragazza. 
Sophie si guardò nuovamente intorno, cercò Abby con lo sguardo, per fortuna era troppo impegnata a cercare di affogare Edward nell’acqua per preoccuparsi di loro. 
Thomas, notando lo sguardo ansioso della ragazza, provò a sdrammatizzare la situazione. Si riempì la bocca con un po’ d’acqua e la sputò con un getto a fontanella così forte che colpì la ragazza. 
Sophie per tutta risposta si mise a ridere. “Ma quanto sei stupido?” domandò divertita. 
E per un attimo le passarono velocemente davanti agli occhi le immagini di tutti quei bei momenti condivisi con Thomas durante il campo estivo. Era davvero così stupido, ma tremendamente carino e Sophie non poteva nascondere a se stessa quanto si trovasse bene a trascorrere del tempo con lui. Nel vedere la ragazza ridere Thomas si prese coraggio e raggiunse la riva del lago, allungò un braccio e afferrò la mano di Sophie. 
“Ora tu entri in acqua con me!” disse Thomas, cercando di tirare la ragazza dentro il lago. 
Sophie cercò di opporre resistenza, con un misto di divertimento ed esasperazione. 
“Lasciami andare” gridava lei, ridendo. 
Per un attimo le sembrò di essere tornata al campo, solo lei e lui, che si divertivano spensierati senza preoccuparsi di niente e di nessuno. Ma purtroppo,  non erano più al campo. 
Sophie si accorse che alcuni ragazzi arrivati a nuoto a qualche metro da loro avevano iniziato a guardarli incuriositi, probabilmente attirati dalle urla e dalle risate della ragazza. 
Non appena comprese di essere osservata, Sophie ritrasse velocemente la sua mano da quella di Thomas, per poi allontanarsi dalla riva. 
“Ti ho detto che devi lasciarmi in pace! Non vedi che ci stanno guardando? Finiremo per farci beccare! E non voglio! Sparisci te lo chiedo per piacere!” implorò Sophie, non appena vide che gli osservatori indiscreti avevano smesso di prestar loro attenzione. 
“Sof dai...” provò a dire Thomas, ma fu subito interrotto dalla ragazza. 
“Te lo ripeto un'ultima volta, dimentica tutto quello che c’è stato e lasciami in pace! Non significa nulla hai capito? Fattene una ragione, e smettila di tormentarmi perché non sei divertente” disse Sophie, tutta d’un fiato. Sentiva gli occhi colmarsi di lacrime, le guance diventare rosse. Non erano queste le cose che voleva dire. Ma erano quelle che doveva dire. 
Thomas la stava osservando, senza più quel ghigno beffardo sul viso, aveva ora uno sguardo serio, come se l'avessero appena schiaffeggiato. 
“Tu non puoi dirlo veramente Sof...” disse il ragazzo con un filo di voce. 
Sophie fece un sospiro e freddamente disse: “E invece è quello che ti sto dicendo, vattene Thomas”, e detto questo la ragazza riaprì il suo libro e ricominciò a leggere. 
Thomas lanciò un ultimo sguardo deluso alla ragazza, e prima di immergersi di nuovo sott’acqua, con tono serio disse: “Io a te non rinuncio!” e sparì. 
Sophie sospirò, per poi buttarsi a terra disperata con le mani sul viso. “Finirò nei casini, me lo sento!” 

 

II  

Summer e Frank avevano lasciato andare avanti Abigail e Sophie per fermarsi a salutare due Tassorosso dell'ultimo anno che facevano parte con loro del coro scolastiche, o meglio conosciuto come "Il coro delle rane”. Quella prima settimana non erano riusciti a incontrarsi, ma i due compagni li avevano fermati per dar loro una notizia: il lunedì seguente ci sarebbe finalmente stato il primo incontro. 
Summer e Frank li avevano salutati calorosamente e mentre si erano allontanati per raggiungere le due amiche Grifondoro Frank era decisamente su di giri per quella novità. Frank adorava il coro, che l'aveva reso "famoso" in tutta la scuola al suo primo anno: durante la sua prima esibizione nella Sala Grande in occasione del banchetto di Halloween, aveva perso il controllo del grosso, grasso e pustoloso rospo gracidante che teneva in mano e che faceva da coro... dopo una breve ma intensa lotta, il rospo era riuscito a sfuggire afferrando con un balzo sul tavolo dei professori. Nel tentativo di fermarlo, Frank aveva tirato fuori la bacchetta e, non si sa come aveva trasformato i lunghi, neri e unti coi capelli del professor Piton in una massa di un colore rosa acceso. Ovviamente la Sala Grande era scoppiata in grida di ilarità, e solo il pronto intervento del professor Silente (che si doveva di rimanere serio, ma il cui fremito dei baffi dimostrava che stava ridacchiando) aveva salvato lo sciagurato ragazzo dall'essere fulminato sul posto. Da quel momento, molti studenti di ogni anno e casa gli si erano avvicinati per congratularsi e Frank aveva potuto cominciare a tessere la rete di conoscenze e informatori che gli rendevano possibile oggi essere il detentore assoluto del titolo di colui che tutto sa di tutti. 
Dal canto suo, Summer non era mai stata molto entusiasta all'idea di unirsi al coro. Certo, la musica le piaceva moltissimo, e ad essere onesti aveva anche una bella voce era la preferita del professor Vitious, il direttore del coro, che insisteva sempre per metterla in prima fila al centro, mentre la ragazza che non amava molto essere al centro dell'attenzione cercava sempre di sgattaiolare in ultima fila, però avrebbe anche fatto a meno di unirsi all'attività extrascolastica meno popolare di Hogwarts. Anche le secchie del gruppo degli Scacchi Magici come Sophie erano meglio vedute di loro. Tuttavia, si era lasciata convincere a seguire il migliore amico in quella follia e adesso, ad anni di distanza, non poteva fare altro che rassegnarsi a farne parte. 
Quando i due raggiunsero finalmente Sophie e Abigail, la prima aveva già il naso sprofondato nel libro con il quale sembrava dormisse persino in quell'ultimo periodo, mentre la seconda li accolse con gioia, chiaramente annoiata. 
Summer e Abby avevano cominciato a chiacchierare e a sfidarsi a chi sarebbe riuscita ad attirare l'attenzione di Sophie per prima urlandole frasi assurde, quando Frank si alzò di scatto e intimò all'amica: "Sum, devo andare in bagno, e tu devi accompagnarmi!" 
"Ma che cazz...?!" ribatté Summer, scioccata dall'assurda richiesta dell'amico. Ma l'esclamazione le morì in gola quando, voltandosi, si rese conto che il pericolo n. 1 l'aveva individuata. 
Il piccolo e inquietante Zokos stava infatti zampettando verso di loro, agitando le mani contento per farsi notare dalla ragazza. 
Summer scattò in piedi e si affrettò a seguire Frank che si stava allontanando dalla parte opposta, chiaramente deciso a salvare l'amica dal suo stalker. ("Vi perdono perché capisco l'emergenza" esclamò Abby, "però perché devo rimetterci io e restare da sola?!") I due Tassorosso però non fecero in tempo a fare più di due passi che da un albero poco distante uscì qualcosa che si buttò con un gridolino su Frank. 
Quel qualcosa era il più grosso errore che Frank avesse fatto, ovvero Alayna Brown. Quel giorno indossava per l'occasione un costume intero con delle balze colorate attorno alla vita che non donavano al suo fisico paffutello; la massa di capelli rossicci era riunita in due codini alti racchiusi da lunghi nastrini brillantinosi. 
Frank si ritrovò bloccato a terra, con la ragazza avvinghiata a lui come una piovra: "Oh Frank, come stai? Ti piace il mio costume? L'ho comprato pensando a te... e pensavo anche che dovremmo tornare insieme perché vedi..." 
Sembra un po' una bambola uscita da una casa degli orrori con quel costume, pensò Summer con una smorfia, ma non poteva fare niente per l'amico in quel momento. 
Il nemico era stato furbo. Non le piaceva ammetterlo, ma erano caduti in trappola: il fatto di separarli in quel modo era una mossa da maestri Summer si fermò, la mano sul fianco dove una fitta le mozzava il respiro. Non riusciva più a correre. Rassegnata, si girò ad affrontare Zokos. Costui, in preda ad un fiatone ancora peggiore di quello della ragazza e con il viso tutto rosso, non sembrava però essersi perso d'animo. 
Tirò fuori la bacchetta e recitò un incantesimo sottovoce, la lingua stretta tra i denti per la concentrazione. Un mazzo di roselline piccole e un po' flosce uscì dalla punta della sua bacchetta e sebbene non fossero una gran bellezza, Zokos sembrò soddisfatto del suo operato: per dirla tutta era la prima volta che l'incantesimo gli riusciva. Summer cominciava a sentire uno spiacevole rossore sulle guance, che divenne caldo come una fiamma quando il ragazzo davanti a lei si inginocchiò porgendole i fiori. Le sue intenzioni erano più che evidenti, la domanda era: come poteva fare Summer per evitare quell'imbarazzo? Perché quel caso perso di Zokos non si arrendeva all'evidenza (costituita dal fatto che la ragazza scappasse letteralmente a gambe levate ogni qualvolta cercava di avvicinarsi a lei) e non smetteva di tormentarla? 
Ecco, ci siamo, pensò, disperata. 
Zokos aprì la bocca e prese fiato... era troppo tardi per scappare adesso. Summer avrebbe voluto tapparsi le orecchie e mettersi a canticchiare, ma la verità era che nonostante tutto Zokos le faceva pena e lei era davvero troppo gentile. L'unica speranza era che arrivasse qualcuno a intromettersi, ma Frank stava ancora lottando per liberarsi da quella pazza della sua ex-ragazza che stava provando in tutti i modi a baciarlo) in lontananza e cercando di scappare la ragazza si era allontanata da tutti gli altri studenti. 
Non sarebbe arrivato nessuno. 
Un profumo familiare, dolce e delicato, che le riportava alla mente un luogo caldo e sicuro. 
Un fruscio alle sue spalle. 
Il cuore di Summer si fermò per un istante. La ragazza trattenne il respiro involontariamente sentendo un braccio posarsi sulla sua spalla e attirarla a sé, con fare delicato ma sicuro. Era la seconda volta nel giro di pochi giorni che un ragazzo le cingeva le spalle, non da amico come avrebbe potuto fare Frank, ma con fare protettivo, quasi possessivo in un certo senso. Era un tocco molto più intimo al quale la ragazza non era abituata e che la faceva fremere nel profondo. Perché, sebbene il braccio che la cingeva fosse in tutto e per tutto uguale a quello che l'aveva stretta solo qualche giorno prima, l'intenzione era completamente diversa: non di arroganza, possessione e supremazia tese a umiliare Zokos, ma di semplice protezione e volontà di tenerla vicina. 
E completamente diversi erano i sentimenti che quel tocco scatenavano in Summer. Perché non aveva bisogno di voltarsi a guardarlo per sapere che il ragazzo alto che la teneva stretta a sé come se fosse la cosa più naturale del mondo non era nuovamente Jake Allen. 
Era il fratello gemello. Era il suo Alex. 
Zokos aveva un'espressione quasi comica sul viso contratto dal disappunto. Il fatto che fosse Alex e non Jake Allen a confrontarlo quella volta lo rincuorava un minimo: Alex era sempre stato molto buono con lui e cercava di evitare che gli altri studenti lo prendessero troppo in giro. Tuttavia, non poteva accettare come quella figura per lui così buona, angelica e protettrice toccava la sua Summer. Ma insomma, chi si credevano di essere questi gemelli Allen? 
Alex rivolse un sorriso smagliante a Summer (che dal canto suo non poté evitare di cominciare a sentirsi le gambe un po' molli) e sembrò dimenticarsi per un istante di tutto il resto. Poi guardò Zokos, ancora in ginocchio sull'erba, come indeciso su cosa fare e il suo sorriso si fece un po' meno largo, ma rimase comunque cordiale e disponibile come sempre. 
"Ciao Zokos, sono contento di vederti. Come è stata la prima settimana di scuola?" 
Zokos bofonchiò una risposta a malapena udibile, lo sguardo fisso sul braccio dell'altro, il volto paonazzo. 
Alex non si scoraggiò. Con un gesto gentile ma autoritario prese i fiori dalle mani del ragazzo. "Che bei fiori, sei stato molto carino. Sono sicuro che saranno un bellissimo decoro per la nostra sala comune!" Con un colpo di bacchetta li fece svanire. 
"Veramente erano per Summer..." provò a protestare Zokos, a denti stretti. Il suo sembrava il ringhio di un cucciolo arrabbiato. 
Alex non si lasciò minimamente intimidire né cambiò espressione. "E ora Summer potrà apprezzarli nella sala comune ogni volta che vorrà'’ disse, poi divenne più serio. "A proposito di Summer, mi dispiace interrompere ma devo proprio portartela via, è una cosa urgente”. 
“Ma io veramente stavo per dirle una cosa molto importante..." provò a ribattere Zokos, ma più debolmente di prima. Cominciava a sentirsi impotente di fronte a quel ragazzo così bello e gentile. Non aveva bisogno di deriderlo o tormentarlo per farsi rispettare, come faceva invece il fratello gemello, e tuttavia Zokos sebbene non avesse paura di lui come di Jake non osava e non riusciva ad opporsi. 
"Non ne dubito" concesse Alex "ma temo proprio che ora non sia possibile. Potrai sempre parlargliene più tardi, ma ricordati che magari potrebbe non voler sentire certe cose e sarebbe quindi più saggio semplicemente rinunciare, mi capisci?" 
Il tono di Alex era rimasto invariato mentre parlava, così come l'espressione gentile del suo volto e il sorriso benevolo. Nei suoi occhi c'era però una luce inflessibile. Zokos avrebbe voluto ribattere che Alex non ne sapeva un bel niente di quello che voleva Summer, ma non ne trovò la forza. Sconfitto, abbassò la testa e si allontanò come un cane bastonato con la coda tra le gambe. 
"Magari ora ti lascerà un po' in pace" disse Alex soddisfatto. Poi si accorse di star tenendo ancora la ragazza stretta a sé e si lasciò sfuggire un sorriso imbarazzato; però non la lasciò. 
Summer si sentiva leggermente sotto shock. Sebbene conoscesse Alex da ormai cinque anni, e fosse in quella situazione di stallo (in cui sembrava che entrambi si piacessero ma nessuno faceva la prima rossa) da quasi due anni, a livello fisico non aveva quasi mai sfiorato il ragazzo. E quel contatto così ravvicinato, improvviso e inatteso le dava alla testa. 
"Sai" le disse Alex, mentre la conduceva un po' più in là, verso un tratto appartato della riva del lago "non l'ho detto solo per salvarti da Zokos: ti stavo davvero cercando, c'è una cosa che devo dirti. Ci sto pensando da un bel po' e non voglio più rimandare..." 
Alex si sedette accanto a lei sulla riva del lago, la schiena appoggiata contro il tronco di un salice piangente i cui lunghi rami arrivavano a sfiorare l'acqua e formavano una sorta di tenda naturale che riparava i due ragazzi da possibili sguardi indiscreti. Il sole declinava rapidamente verso le montagne, e caldi raggi dorati si insinuavano tra le fronde del salice piangente formando riflessi verdi tutto intorno; oltre la fitta cortina di foglie, il lago brillava, simile a un'enorme lastra di oro colato. 
Era un'atmosfera magica. 
Era giunto infine il momento? Un po' impacciata, non sapendo bene cosa fare, Summer riuscì solo a dire: "Anche io ti ho cercato, e diverse volte, durante tutta la settimana, ma tu eri come scomparso." 
Avrebbe voluto suonare un po' risentita, ci era davvero rimasta male. Ma era inutile e lo sapeva: per quanto potesse infastidirsi quando lui spariva, non appena lo rivedeva non riusciva a volergliene troppo a lungo; era sempre troppo contenta di essere con lui e troppo presa da come fosse incredibilmente dolce, e gentile, e simpatico, e maturo, e ben amato da tutti, e comprensivo, e capace... e bello... da come fosse incredibilmente perfetto. 
"Lo so, e mi dispiace" ammise Alex, in un sussurro. "Sono stato male davvero... ma oggi sto meglio." Alex guardò Summer negli occhi molto intensamente. Sembrava quasi volesse imprimersi nella mente ogni singolo dettaglio, ogni più piccola efelide di quel viso che tanto gli piaceva. 
Summer, come faceva spesso quando era nervosa, prese a girarsi una ciocca dei corti capelli biondi tra le dita. E divenne improvvisamente, totalmente consapevole di avere un cuore (un cuore che batteva a una velocità anormale, quasi volesse uscirle dal petto) quando Alex, con un sorriso dolce come il miele sulle labbra, le prese la ciocca di capelli, l'accarezzò un istante e infine gliela sistemò dietro ad un orecchio. 
Alex le prese una mano e la strinse con trasporto tra le sue. Summer poteva sentire con chiarezza tutti i punti in cui la sua pelle diventava quella del ragazzo, e uno strano formicolio, come una specie di energia sottopelle, la attraversava la mano. Si sentiva avvampare, e mai aveva avuto lo stomaco così sottosopra... eppure nulla poteva sembrarle più naturale dello stare lì così vicina ad Alex, nulla più facile del sostenere quel bellissimo sguardo. 
Nessuno l'aveva mai guardata come la stava guardando Alex in quel momento. Summer si sentì improvvisamente bella, desiderabile. Alex la guardava come se fosse tutto ciò che aveva sempre voluto, come se non ci fosse niente altro di altrettanto speciale al mondo. Come se fosse speciale e unica. Come se fosse il ragazzo più fortunato del mondo per il semplice fatto di essere lì con lei, a tenerle la mano e ad accarezzare la morbida pelle con un dito. 
Nonostante avesse l'impressione che sarebbe potuta svenire da un momento all'altro, Summer credeva di non essersi mai sentita riempita di così tanta gioia in vita sua. 
"Sei davvero la ragazza più carina di tutta Hogwarts" le disse Alex, con slancio. "la ragazza più carina che io abbia mai conosciuto." 
Alex avvicinò di più il suo viso a quello di Summer, e la ragazza trattenne il fiato involontariamente. Ormai poteva sentire il respiro del ragazzo sfiorarla la pelle come una dolce carezza... 
"Da tempo cerco il coraggio e l'occasione per dirti una cosa" continuò Alex; parlava a bassa voce e le sue parole toccavano direttamente il cuore di Summer. "E penso che se aspettassi ancora impazzirei. Vedi, ho sempre apprezzato la tua gentilezza, la tua abilità nell'ascoltare e aiutare gli altri, la tua sensibilità... trovo che tu sia brillante, sei simpatica e se lo sapessi quanto mi fai sentire bene quando mi guardi e mi sorridi... per non parlare di quanto ti trovi bella." 
"Ma sto divagando." Le labbra di Alex erano ormai a solo qualche centimetro da quelle di Summer, che non osava muoversi, come ipnotizzata. "Quello che davvero sto cercando di dirti è che da ormai molto tempo io sono in..." 
Successe tutto in un istante. 
Dall'acqua poco lontano da loro arrivò un gridolino acuto che li aveva interrotti. Una coppietta di innamorati stava passando proprio a pochi metri di distanza dai due ragazzi che erano invisibili al riparo delle fronde. 
"Oh, Will, guarda che bel cielo" sospirò una voce di ragazza. “Si vede già anche la luna!" 
"Stasera possiamo andare a guardare le stelle insieme amore mio" rispose una voce maschile. 
Al suono delle voci qualcosa di simile a un'ombra e passata sul viso di Alex e il ragazzo si era allontanato di scatto, come se si fosse bruciato. 
La magica bolla di felicità scoppiò. Summer cercò gli occhi di Alex e per un istante le sembrò di leggere tristezza, rabbia persino, e un dispiacere infinito. Un attimo dopo però il suo sguardo si fece imperscrutabile e il suo corpo rigido, il suo atteggiamento freddo e distaccato. 
"Devo andare" mormorò, facendo per alzarsi.  
"E quello che mi stavi dicendo?" chiese Summer, incredula per come la situazione era cambiata tanto rapidamente e tanto drasticamente. Alex sembrava combattuto tra l'impulso di andarsene il prima possibile e il non voler ferire la ragazza. Cercò di essere gentile come suo solito, ma si vedeva che ciò gli costava uno sforzo enorme: vera i pugni leggermente serrati e sembrava bene. Tuttavia provò a controllare la voce e disse: "Volevo solo dirti che mi sono reso conto di quanto tu sia una buona amica e di quanto io ne sia grato. Tutto qui." 
Più forte della confusione, dell'incredulità, Summer sentì la tristezza piombare addosso come una doccia fredda che la scosse fino all'anima. 
"Non puoi essere serio" tentò di dire, con voce rotta. "Pensi davvero che ci creda? Cosa sta succedendo? Perché fai così?" 
Alex la guardò per un ultimo istante e qualcosa parve spezzarsi in lui. 
"Sono serio. Dimentica tutto, non significava niente." Aveva la voce roca. "Scusami." Senza più voltarsi indietro oltrepassò i rami che facevano da barriera e sparì dalla vista della ragazza. 
Summer avrebbe voluto corrergli dietro, obbligarlo a parlargli, urlargli contro la sua frustrazione, e invece rimase lì ferma, troppo frastornata per fare qualsiasi cosa. 
Una singola lacrima cadde dalla sua guancia nel lago. 
Summer rimase a guardare senza davvero vederli, sentendosi vuota dentro, i piccoli cerchi concentrici che si allargavano davanti a lei nell'acqua ormai rossa che bruciava come il fuoco. 

 

III  

Abigail era pensierosa e distratta. Da quando era arrivata al lago non aveva fatto altro che pensare e ripensare alle poche immagini che ancora ricordava del suo ultimo incubo. 
Non aveva nuovamente dormito molto la notte e quella situazione la stava portando alla disperazione. Erano mesi ormai che dormiva poche ore, si svegliava di soprassalto con i sudori freddi e con le immagini ancora vivide nella mente. I sogni sembravano inoltre peggiorare con il passare del tempo, se prima duravano poco e le lasciavano tempo per dormire serenamente alcune ore, ora duravano quasi l’intera notte e cacciare via i pensieri diventava sempre più complicato. Gli incubi poi non la tormentavano solo di notte ma di giorno le facevano sentire una pesantezza addosso che era difficile da sopportare.
Si guardò attorno annoiata, Sophie era intenta a leggere uno dei suoi numerosi libri, Summer non si sapeva dove fosse finita e nemmeno Frank era nei paraggi. Si mise a guardare il paesaggio, amava andare al lago, la rilassava e ogni volta rimaneva incantata dai colori dell’acqua e dal verde che la circondava.                                       
Vide in lontananza una ragazza dai capelli corti e biondi e riconobbe Summer che camminava a passo spedito. 
Fece per alzarsi a raggiungerla per chiederle dove fosse stata per tutto quel tempo ma si fermò quando, spostando lo sguardo, vide affianco a lei Alex. Si tranquillizzò vedendo che non era sola, poco prima era infatti sparita senza dire nulla e le amiche si stavano preoccupando non vedendola in giro; avevano timore entrambe che con il suo poco senso dell’orientamento si fosse persa persino in un posto simile.
Sollevata nel vedere che l’amica stesse bene, tornò a rimuginare su quello che le stava accadendo. 
La cosa che la spaventava di più non erano tanto che i sogni continuavano, quanto che il soggetto fosse sempre lo stesso. Quella notte il volto di Luke Anderson era di nuovo chiaro e ben delineato, aveva uno sguardo inespressivo e gli occhi erano quasi neri dalla rabbia. Rabbrividì al pensiero, come poteva sognare da mesi una persona che non aveva mai visto prima? E perchè i sogni erano iniziati da un giorno all'altro proprio quell'estate? Era un caso che quel ragazzo fosse arrivato proprio ora ad Hogwarts? Aveva troppe domande a cui non riusciva a dare risposta. In quei giorni aveva anche notato come Luke spesso la guardasse di sfuggita e appena incrociava il suo sguardo, guardava altrove facendo finta di niente. L'aveva notato più volte ma si era convinta che si stesse facendo suggestionare troppo dagli incubi, probabilmente non stava guardando lei ma erano solo le sue convinzioni a farglielo credere; era spesso stanca a lezione e non riusciva bene a separare i sogni da tutto il resto.                                   
Non ne aveva ancora parlato con nessuno perché per mesi non ci aveva dato troppo peso, sono solo sogni, si ripeteva. Dopo alcune domande delle amiche preoccupate a vederla spesso stanca, aveva soltanto accennato al fatto che ultimamente non dormisse bene e che talvolta facesse incubi che la tenevano sveglia. Non le voleva far preoccupare e lei stessa non voleva aumentare le proprie paure, sperava solo che gli incubi finissero il più presto possibile.
Abigail si avvicinò a Sophie e si sedette con cautela affianco a lei.
"Sof vieni a fare un bagno?" La ragazza non rispose, continuando a leggere il libro spesso che aveva fra le mani. 
"Sof?" 
Silenzio. Sophie era concentrata e assorta, spostava le pagine lentamente facendo attenzione a non rovinarle.                                
"Sophie mi senti!?" 
Abigail iniziò a scuotere una mano davanti al suo viso per attirare la sua attenzione.                                                                                 
"Sof?" urlò ancora la Grifondoro per un'ultima volta, piazzandosi davanti all'amica e dandole un leggero pizzicotto al braccio.
"Mh?" mugugnò Sophie continuando a fissare le pagine del suo libro: non aveva sentito neanche una parola.
"Vabbè lascia perdere" disse Abigail che intanto si era coricata a terra, sbuffando. Odiava quando Sophie non le dava retta e sapeva che quando la ragazza aveva un libro tra le mani difficilmente la si poteva distrarre. Chiuse gli occhi, sperando di poter almeno recuperare un po’ del sonno che aveva perso la stessa notte. 
Non passò neanche un minuto e la voce di James la fece sobbalzare.
"Bella addormentata vieni a fare un bagno con noi?" 
Il ragazzo era affianco a lei con un sogghigno divertito per averla fatta spaventare. Vicino a lui c'era Edward che porse una mano alla ragazza per aiutarla ad alzarsi. 
"Come siamo spiritosi oggi!" 
Abby si alzò di fretta sistemandosi i capelli e facendo il verso a James. Aveva il viso spento e le occhiaie marcate, si notava fosse particolarmente nervosa tra la stanchezza e il fatto che la sua amica non la stesse considerando.                              
"Come siamo nervosi oggi!" rispose Edward, ridendo. Abigail alzò gli occhi al cielo divertita.    
"Sophie vieni con noi?" Chiese ancora una volta alla ragazza. 
La mora non diede alcuna risposta, probabilmente non si era nemmeno accorta della presenza di James ed Edward in piedi davanti a lei che con la loro statura le stavano facendo ombra. "L'abbiamo persa..." disse allora Abigail seguendo i due amici.         
"Dormito di nuovo male Abby?" chiese Edward, notando lo sguardo assonnato della ragazza.                                                                     
"Lascia stare, ho dormito malissimo... spero che un bagno aiuti a distrarmi" rispose lei, stiracchiandosi.

"Se vuoi ti aiuto io a distrarti" disse James, ammiccando alla ragazza che gli diede subito uno spintone per farlo stare zitto.
"Da che parte andiamo? Preferenze?" chiese Abigail, cambiando discorso.
"Andiamo di là, ci sono delle tipe fighe" disse James, indicando un punto preciso e facendo l'occhiolino al ragazzo moro che era affianco a lui. 
Abigail fece una smorfia di disapprovazione ed il Grifondoro se ne accorse. 
"Sempre se non ti ingelosisci..." continuò lui, posando un braccio sulle sue spalle.
"Io? Gelosa di te? Nei tuoi sogni" 
Abigail era abituata alle battutine di James e ormai non ci faceva neanche più caso, erano come un intercalare tra una frase e l’altra. Edward spesso trovandosi in
mezzo allo scambio di battute, rideva della reazione della sua amica.

James sperava che prima o poi avrebbe ceduto alle sue avances, anche se pian piano stava perdendo le speranze; era ormai tempo che stuzzicava Abigail ma quest'ultima sembrava non schiodarsi dalla sua posizione. 
Non aveva mai dato segni di cedimento. 
Molte ragazze sognavano di stare al suo posto ma la Grifondoro proprio non voleva stare con il classico “cattivo ragazzo” che se la spassava con qualunque essere umano di sesso femminile le girasse attorno.   
I tre amici si diressero verso la zona indicata poco prima e mentre si stavano spostando continuando a chiacchierare, passarono accanto ad un gruppo di ragazzi Corvonero. 
Abigail notò subito Thano che borbottava qualcosa ad alta voce e storse il naso. Poco distante da lui vide poi Luke che, con i suoi profondi occhi marroni, stava fissando intensamente il braccio di James che le stava cingendo le spalle. 
La Grifondoro si spostò di scatto dal ragazzo e, solo dopo neanche un secondo, si rese conto di quello che aveva appena fatto. 
Cosa le era preso? Perchè si era spostata? I suoi pensieri vennero interrotti dalla voce stridula di Thano che iniziò a fare i suoi soliti commenti inopportuni.
"Ma guarda... arrivano gli sbruffoni della squadra di Quidditch" disse Thano, pavoneggiandosi tra i compagni di casa.
”Cosa hai detto scusa!?" James si era avvicinato pericolosamente al viso pallido del ragazzo. 
Da quella posizione si poteva notare l'evidente differenza d'altezza e corporatura tra i due: Thano, magro, pallido e più basso del Grifondoro di quasi venti centimetri; James, palestrato, alto, dalla carnagione leggermente abbronzata che sembrava quasi un dio al confronto. Ora che non aveva la divisa sembrava ancora più bello.
"Sta calmo, sto sfigato non merita la tua espulsione" disse Edward prendendo il braccio dell'amico e trascinandolo via. 

"Anche se due schiaffi li meriterebbe eccome" continuò, guardando dritto negli occhi Thano che non sembrava recepire le minacce ricevute in tutti quegli anni.
"Tanto sapete fare solo a botte, non è vero spilungoni?" 

Thano fece un risolino. Si credeva divertente.
"Mi sembra siano capaci di prendere anche voti molto più alti dei tuoi o sbaglio?" disse Abigail, difendendo orgogliosamente i suoi amici. Proprio non lo sopportava quel ragazzo e sentire che criticava James e Edward le faceva venire il sangue al cervello.
"Oh poverini, hanno anche bisogno di una piccola ignorante a difenderli, un po' mi fate pena…" disse Thano, fingendosi dispiaciuto.  "Come l'hai chiamata?” James aveva preso Thano per il colletto e l'aveva alzato di qualche centimetro da terra.
“Prova a ridirlo...” disse Edward, avvicinandosi anche lui sempre di più a Thano. Quest’ultimo spostò lo sguardo verso Luke, cercando il suo appoggio che però non arrivò, anzi le sue parole lo colsero alla sprovvista.                                                                                                         
"Qui quello a far pena sei tu, te le cerchi le botte" disse Luke guardando il compagno Corvonero per poi allontanarsi da lui e andare in direzione dei tre ragazzi Grifondoro.
"Andiamocene" sussurrò Abigail, iniziando a camminare lontano dal gruppetto. James lasciò andare Thano che si sistemò al meglio il colletto della camicia bianca perfettamente stirata e bofonchiò ancora qualche frase che fortunatamente nessuno sentì.
Ci fu per un istante un silenzio imbarazzante, erano tutti nervosi per colpa di Thano che gioiva nel creare nervosismi e litigi tra le varie case. Possibile che doveva sempre infastidire chiunque lo incontrasse? Ogni momento era buono per criticare i giocatori della squadra di Quidditch. Riteneva infatti il Quidditch un gioco poco nobile al pari dei suoi amati scacchi magici e pensava che tutti coloro ne prendessero parte fossero ignoranti e grezzi. Non aveva però messo in conto che Luke fosse tra i giocatori e che quindi tra gli sbruffoni c’era anche lui.
“Mi dispiace che Thano se la prenda sempre con la tua ragazza” disse Luke, rompendo il silenzio e guardando dispiaciuto James. Era da un po’ che aveva notato come Thano prendesse spesso di mira Abigail, facendo commenti poco opportuni e spesso pesanti nei suoi confronti. Pensava che la ragazza dai capelli scuri fosse la fidanzata di James e così si era messo nei suoi panni immaginando quanto dovesse essere fastidioso vedere che un ragazzo la trattasse continuamente in malo modo.
“Io non sono la sua ragazza!!!” Esclamò Abigail, quasi sconvolta dal fatto che qualcuno potesse pensare che i due stessero insieme. Fece una smorfia di disgusto e si ricompose, accorgendosi di aver alzato un po’ troppo la voce.
“Non ora… ma tra poco lo sarai” disse invece James, ammiccando alla ragazza che scosse la testa in segno di disapprovazione. Luke era davvero convinto che la ragazza e James stessero insieme: li vedeva sempre in compagnia l’uno dell’altra e spesso James non perdeva l’occasione per abbracciarla o starle vicino. Rimase infatti sorpreso di scoprire il contrario.
Abigail guardò Luke che la stava già fissando e come sempre, non appena si accorse che la ragazza l’aveva beccato guardarla, spostò lo sguardo altrove.
Edward iniziò a parlare con James, mentre Luke e Abigail, lasciati poco più indietro, stettero per alcuni istanti in silenzio. La ragazza però accortasi dell’imbarazzo che si stava creando tentò di iniziare una conversazione sul Quidditch.
“Allora anche tu giochi a Quidditch vero? Ti ho visto l'altro giorno con Frost” disse Abigail, avvicinandosi verso di lui, aspettando una sua risposta. Nonostante volesse rompere il ghiaccio, spezzoni di ricordi della notte precedente le facevano mantenere una certa distanza dal moro Corvonero.
“Si, giocavo già a Ilvermony e vorrei fare i provini per entrare anche qui come cercatore… tu invece?” disse Luke. Si percepiva la timidezza e la freddezza nelle parole di entrambi. Era rimasto sorpreso quando l'aveva vista al campo anche se non l'aveva fatto notare. 
“Anch'io gioco come cercatrice da anni” disse Abigail mentre pensava a cos’altro aggiungere. Non sapeva mai cosa dire quando si trattava di mandare avanti conversazioni con persone che conosceva poco.
“Come ti trovi qui?” continuò, sperando di non aver fatto una domanda troppo banale.
“Bene, non conosco ancora molte persone però per ora bene…” Luke guardava in basso mentre parlava, anche lui non era un chiacchierone all’inizio.
“Beh ti assicuro che non sono tutti come Thano” disse Abigail, con un mezzo sorriso. Luke rise, essendo Corvonero era spesso in sua compagnia e già dopo pochi giorni faticava a sopportarlo; Thano infatti voleva sempre essere al centro dell’attenzione e risultava noioso e ripetitivo.
“Lo spero” disse Luke, divertito. “Almeno tu non ce l’hai come compagno di dormitorio” Abigail lo guardò dispiaciuta, non aveva mai pensato a quanto fosse dura per coloro che se lo ritrovavano dappertutto anche nella Sala Comune, durante i pasti o addirittura nello stesso dormitorio.
“Mi dispiace, deve essere terribile” disse Abigail ma venne quasi interrotta da James che si mise tra i due ragazzi e iniziò a parlare di tutt’altro.
“Dovrai allenarti bene per passare le selezioni e poterci sconfiggere novellino” disse James con tono provocatorio a Luke. Aveva sentito parte della conversazione tra i due e  non poté evitare di intromettersi.
“Farò del mio meglio” disse Luke e Abigail ringraziò il cielo che il ragazzo non rispose alle provocazioni del suo amico, proprio non lo sopportava quando faceva così. Doveva sempre mettere in imbarazzo o schernire chiunque le stesse attorno.
Continuarono a camminare a Abigail non potè evitare di pensare che Luke non era poi così male. Forse i suoi incubi la stavano influenzando troppo, non c’era nulla del Luke che sognava nel ragazzo con cui poco prima aveva scambiato due parole. Sembrava una persona tranquilla e gentile, e già solo per il fatto che stava iniziando a detestare Thano le stava simpatico. Doveva smettere di fasciarsi la testa su quei sogni, non c’era nessuna spiegazione possibile: succedevano e basta ed era solo lei che ne ingigantiva l’importanza. L’aver parlato con Luke l’aveva tranquillizzata e l’aveva convinta che gli incubi non avevano un senso: i sogni e la realtà di tutti i giorni non erano in alcun modo collegati e così Luke non era il carnefice che tutte le notti la tormentava.
 

IV

Alex avrebbe voluto voltarsi e tornare di corsa da Summer. Chiederle scusa, dirle che non pensava minimamente quello che aveva detto, che la verità era un'altra… Ma non poteva. Non doveva. 
Mentre si allontanava verso il castello, si malediceva con tutto se stesso. Come aveva potuto fare una cosa del genere a quella ragazza che tanto significava per lui? Si sentiva sbagliato, e provò un noto d'odio verso se stesso. Perché aveva ceduto? Così l'aveva ferita solo di più. Si era ripromesso di non farle mai conoscere i suoi veri sentimenti: niente l'avrebbe reso più felice ovviamente ma niente l'avrebbe resa più in pericolo. Alex non voleva che Summer soffrisse, voleva proteggerla a ogni costo. Eppure, non era riuscito a controllarsi, l'aveva quasi fatto... e ora lei avrebbe sofferto in ogni caso. 
Sono uno stupido, un egoista, pensò Alex amaramente, non riesco a starle lontano nemmeno per il suo bene... 
Forse, le cose si sarebbero risolte da sole: aveva visto la delusione con cui l'aveva guardato Summer prima che scappasse via. Forse, quella sarebbe stata la goccia che faceva traboccare il vaso e la ragazza non avrebbe più voluto parlargli. Alex si senti più solo che mai. Sarebbe stata la cosa migliore per lei, ma lui non riusciva a immaginarsi un'Hogwarts in cui Summer non faceva parte della sua vita... 
Qualcuno gli finì addosso, dandogli volontariamente una spallata. Alex tornò alla realtà, alzò lo sguardo e si trovò davanti al suo riflesso. Jake Allen, suo fratello gemello, ricambiava lo sguardo con una beffarda tranquillità che sembrava perennemente scolpita sul suo volto. A differenza di Alex, aveva i tratti del viso leggermente più marcati, più duri ed era più snello e emaciato; per il resto però, erano come due gocce d'acqua. Lo sguardo di Alex si in duri, come sempre quando aveva a che fare con il fratello. Non era un segreto che i due non fossero amici. Molti a Hogwarts avrebbero persino potuto affermare che i due si odiassero, poiché certamente mai erano esistiti gemelli più diversi, ma non era del tutto vero. Erano legati da un legame di amore e odio legato indissolubilmente al loro legame di sangue. Non perdevano occasione di scontrarsi, ma non avrebbero potuto vivere l'uno senza l'altro... e forse era proprio questa consapevolezza a indurli a disprezzarsi a vicenda. 
"Guarda un po' chi si vede, quel santerello del mio fratellino" fece Jake, impedendo appositamente ad Alex di andarsene. "Di un po' Alex, perché quel muso lungo?" 
"Lasciami in pace Jake, oggi non sono in vena di sopportare le tue battutine." 
Alex ripensò al fatto che da piccoli erano stati inseparabili, poi tutto era cambiato all'improvviso... quella terribile notte di dodici anni prima. 
"Dimenticavo quanto puoi essere lunatico a volte..." 
"E io quanto puoi essere fastidioso!" 
Alex non era proprio dell'umore; Jake però non sembrava intenzionato a lasciarlo stare così facilmente. 
Di fronte al sorrisetto di superiorità del fratello, Alex sbottò: "Tanto non puoi capire e lo sai!" 
Il sorriso di Jake si trasformò in una smorfia di rabbia e rancore, ogni voglia di scherzare svanita. "Ti diverti tanto a fare il martire" sputò a denti stretti, "ma io non ti ho mai chiesto di farlo avevi solo da non intervenire quella notte!" 
"Scusa se ti ho salvato la vita" quasi gli gridò contro Alex. 
"Non ti scuserai mai abbastanza." 
I due rimasero a fronteggiarsi per un istante, gli sguardi colmi di una reciproca antipatia. 
Poi, Jake vide la figura familiare di una esile ragazza bionda in lontananza. Sembrava starsi asciugando gli occhi e quando guardò nella loro direzione allontanò bruscamente lo sguardo. Jake aveva trovato la fonte del malumore del fratello. Sicuro di aver appena guadagnato un asso nella manica, ritrovò la sua baldanza. 
"Sai, per essere una di voi Tassi quella Summer non è poi così male. Se non ti decidi tu, sicuramente lo farà qualcun altro" disse, con tono beffardo e volutamente provocatorio. 
Jake osservò il fratello per studiarne la reazione: aveva fatto centro. Alex abbassò le spalle, sconfitto, e abbassò lo sguardo. 
"Non riuscirei a sopportare di vederla con un altro" mormorò solo, senza forza. 
Un lampo passò nei bei, freddi occhi di Jake, e un ghigno perfido gli increspò le labbra. 

     

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Capitolo 6
*** Capitolo 5 - Qualcuno le tiri un bolide, e che cazzo! ***


 

Capitolo 5 - Qualcuno le tiri un bolide, e che cazzo! 


 

Il sole era sorto da poco e splendeva nel cielo, dalla grande vetrata della Sala Grande la luce entrava fitta e illuminava i lunghi tavoli di legno. Quella notte un temporale aveva bagnato il castello ma le nuvole erano scomparse nel giro di poche ore.  
Le porte della Sala si aprirono e ne uscirono due ragazze, una aveva i capelli leggermente mossi, un sorriso allegro sulle labbra e un libro tra le mani, l’altra aveva capelli scuri fin sotto le spalle, la faccia assonnata e impugnava nella mano sinistra la sua bacchetta: erano Sophie e Abigail. 
Erano così diverse l’una dall’altra ed era per quello che erano così amiche.  Abigail quella mattina aveva dimenticato la bacchetta sul comodino e dopo che Sophie le aveva fatto notare che le mancava qualcosa, la ragazza era tornata correndo nel loro dormitorio per recuperarla. Aveva provato più volte a far andare Sophie al posto suo, sottolineando come lei essendo più sveglia e pimpante avrebbe fatto sicuramente più in fretta e tentò di intenerirla facendole gli occhi dolci ma quella volta Sophie era riuscita a non cedere all’amica. Così erano scese più tardi del solito e questo aveva aumentato la fame di Sophie che non vedeva l’ora di bersi la sua enorme tazza di latte. 
Al solito tavolo erano già seduti Summer e Frank, la ragazza era ancora imbronciata ma sembrava stare leggermente meglio dopo l'accaduto al lago. I due amici appena videro le Grifondoro entrare fecero un cenno per farsi notare.  
“Buongiorno!” disse Sophie con un sorriso ai due Tassorosso.  
Abigail invece si sedette senza proferire parola, la sua faccia diceva tutto: era stanca, assonnata e nervosa per aver fatto le scale alla velocità della luce ben tre volte. Anche quella notte era stata più ore sveglia e Luke Anderson, o meglio quello che pensava essere Luke Anderson, l’aveva tormentata fino a farle aprire gli occhi di soprassalto nel cuore della notte. Stranamente era riuscita a riaddormentarsi alcune ore dopo ma di certo non poteva dire di aver dormito al meglio.  
Tuttavia, non era l’unica a non aver dormito quella notte, c’era Summer a tenerle compagnia. Non aveva smesso di pensare per un attimo a quello che era successo, sperava ancora non fosse vero. Se negli ultimi anni era sempre confusa dall’atteggiamento di Alex, ora lo era ancora di più ma non era solo confusa, era delusa e arrabbiata. Non voleva vederlo, il solo pensiero di poter incrociare il suo sguardo la faceva stare male. Era di cattivo umore e proprio non riusciva a nasconderlo, non aveva voglia di mangiare e teneva lo sguardo dritto verso il tavolo. Tuttavia aveva già tormentato abbastanza i suoi amici e non voleva menzionare ancora cosa la tormentava.    
“Avete dormito bene oggi?” chiese Frank con la sua domanda di rito di tutte le mattine.  
“NO!” risposero ad alta voce Abigail e Summer all’unisono che si guardarono divertite.  
“Voi?” chiese Summer.  
“Io bene…” disse Frank, che era solito dormire come un ghiro, non si sarebbe svegliato nemmeno se il castello gli fosse crollato addosso. 
“Io anche bene però ho fatto un sogno davvero strano…” rispose Sophie che invece faceva molto spesso sogni particolari che al risveglio ricordava nei minimi dettagli. 
Così si era messa a raccontare per filo e per segno ciò che aveva sognato e i tre ragazzi la ascoltarono incuriositi: era ambientato in una grande città e lei aveva molti più anni. Era in una grande villa e stava giocando a scacchi quando ad un certo punto le piccole pedine si trasformarono in enormi figure che tentarono di aggredirla ma lei con le sue doti magiche era riuscita a metterle in fuga a colpi di bacchetta. Era come la trama di un film con il solito lieto fine che l’aveva fatta svegliare di buon umore e fiera di quello che era riuscita a compiere con i suoi incantesimi.  
Abigail e Summer invidiavano il suo ottimismo e il fatto di riuscire a trarre emozioni positive anche da un sogno apparentemente catastrofico. La prima infatti aveva sognato il solito ragazzo Corvonero che provava piacere nel torturarla e la seconda aveva avuto per tutte le ore notturne la voce di Alex che ripeteva “mi sono reso conto di quanto tu sia una buona amica” e nessuna delle due era riuscita a ricavarne un motivo per essere gioiose quella mattina. Abigail era spesso sul punto di raccontare cosa sognava ma continuava a convincersi che al confronto dei sogni di Sophie i suoi erano solo stupidi incubi. 
Intanto, Summer si accorse che Abigail stesse tenendo la bacchetta stretta tra le mani invece di averla nascosta. “Come mai tieni così la bacchetta oggi?” chiese incuriosita.  
“Domanda di riserva? Ho fatto mezzo castello a piedi perché l’avevo dimenticata e ora ho paura di perderla” rispose Abigail, sbuffando. “Ho provato a convincere Sophie a tornare a prenderla al posto mio ma niente, con tutto quello che faccio per lei ogni giorno…” continuò seria.  
Summer finalmente rise. 
“E cosa fai esattamente? Sono curiosa di saperlo!” chiese Frank, guardando Sophie che scuoteva la testa.  
“Vorrei saperlo anche io Abby!” disse Sophie, con una smorfia stupita sul volto.  
“Beh già solo per il fatto che hai la possibilità di parlarmi e sederti vicino a me dovresti ringraziarmi” disse Abigail, prendendo una ciambella davanti a lei e addentandola fiera. Sophie scosse di nuovo la testa, era un caso perso.  
Poco lontano un ragazzo biondo si faceva strada tra i tavoli, era alto e slanciato, la felpa grigio chiaro faceva risaltare gli occhi azzurri che erano ora rivolti verso il tavolo dove era seduta Sophie. Proprio accanto a quello che era chiaramente Thomas però spuntò una chioma di capelli biondi, lunghi e lucenti. La ragazza in questione era una Serpeverde, indossava una gonna chiaramente più corta del dovuto e le calze nere le slanciavano le gambe facendo sembrare l’indumento ancora più striminzito. Il lucidalabbra scuro e il trucco pesante sugli occhi le davano un tono malvagio al viso pallido. Chi poteva essere se non Megan Gray? 
“Ma guardala… mi fa venire il voltastomaco già la mattina presto” disse disgustata Abigail, guardando Megan che salutava alcuni ragazzi più grandi con la sua solita voce da oca, sempre affiancata da Thomas. Da quando stavano così vicini? 
“Ditemi se non sembra una zoccola!!” continuò guardando nella stessa direzione.  
“Una grandissima zoccola” replicò Sophie alzando il tono di voce, non spostando il suo sguardo dalla figura vicina. Ci fu un attimo di silenzio, solitamente Sophie non usava certi termini e nonostante detestasse Megan non l’aveva mai insultata apertamente come era invece solita fare invece Abigail ogni volta che lei era nei dintorni.  
Frank iniziò a tossire, gli era andato di traverso il tè dopo aver realizzato cosa avesse detto Sophie. “Un prefetto-perfetto come te che dice queste cose, è scaduto quel latte per caso?” disse Abigail, non domandandosi neanche il perché di quell’affermazione, era troppo attenta a far notare a Sof, il prefetto numero uno, quale termine avesse utilizzato. Sophie alzò gli occhi al cielo continuando a bere. 
“Anche senza vedere posso immaginare sia arrivata Megan” disse Summer mettendosi una mano sulla bocca facendo finta di aver un conato di vomito.  
“Come fa ad essere già truccata in quel modo a quest’ora?” si domandò Abigail, notando il trucco pesante di Megan e i capelli perfettamente stirati. 
“Si sveglierà tre ore prima per prepararsi così da abbordare qualche demente” disse Sophie, cercando di mantenere la calma. Il demente era chiaramente Thomas. 
“A quanto pare tutti i ragazzi sono dementi” disse Summer con tono freddo. 
Frank ma anche James ed Edward che si erano appena aggiunti a loro, si voltarono verso di lei sentendosi chiamati in causa dalla frase che aveva appena pronunciato. Summer divenne rossa in volto, non voleva offendere loro ma quella frase le era uscita in automatico.  
“Scusate… non intendevo anche voi” continuò, cercando di rimediare. Era meglio se continuava a stare in silenzio per evitare altri malintesi. 
“Beh non si può dire stia male truccata così” replicò James, fissando l’outfit poco casto della ragazza, la scollatura era ampia e le scarpe alte. 
“Certo perché voi guardate come è truccata…” disse Abigail, con tono canzonatorio. 
“Ovvio… ha un bel rossetto, non è vero James?” rispose Edward ridendo mentre dava una gomitata all’amico accanto. 
“Chissà chi sarà la vittima questa settimana” disse Frank. 
Megan, infatti, si divertiva a cambiare preda con una velocità sovrannaturale. Usciva sempre con ragazzi diversi e non appena i quattro amici si abituavano a vederla in compagnia di un ragazzo, lei arrivava il giorno successivo con un altro. Aveva una collezione di “vittime” che faceva invidia a quelle dei famosi James Walker e Jake Allen, i quali le giravano spesso attorno, ovviamente. Di certo non aveva la reputazione da brava ragazza ma la cosa non la preoccupava, anzi era più che orgogliosa di avere sempre gli occhi puntati addosso per il suo modo di acconciarsi. Le mancava solo un cartello con su scritto “Guardatemi”. 
“Spero non Thomas altrimenti mi toccherà disinfettare ogni volta che gli sto vicino” disse Abigail guardando il suo amico che era pericolosamente vicino alla ragazza. Megan era avvinghiata al braccio di Thomas e mangiava lentamente un biscotto, cercando di non sbavare il rossetto.  
“Lo spero anch’io” disse freddamente Sophie ma appena si accorse di quello che aveva detto continuò: “Non potrei sopportare le tue lamentele anche su questo”. 
Sophie continuava a fissare il biondo che si girava spesso a guardare la sua reazione, perché era con quella? Sapeva che erano nello stesso gruppo di amici, ed essendo Serpeverde erano spesso insieme, ma mai li aveva visti così complici.  Non appena Thomas si accorse che Sophie lo stava guardando, iniziò a far di tutto per infastidirla, ogni suo piccolo gesto aveva l'obiettivo di farla innervosire.  
Megan accarezzò i capelli di Thomas e gli sussurrò qualcosa all’orecchio, il ragazzo rise non allontanandosi nemmeno di un centimetro da lei, puntando poi gli occhi su Sophie. Continuava a ridere guardandola dritta negli occhi. Sophie spostò lo sguardo schifata. Stava per avere una crisi di nervi, non riusciva a controllare la rabbia che le stava provocando quella scena. La gelosia le stava dando alla testa tanto da farle passare la fame; da quando aveva visto Thomas vicinissimo a Megan non aveva toccato cibo, le sembrava di non avere nemmeno più lo stomaco. La odiava, e se prima non l’aveva mai apprezzata ora poteva affermare di odiarla alla follia, anche se in quel preciso momento odiava più Thomas. Il ragazzo aveva preso un pezzo di biscotto a Megan facendola ridere. 
Sophie sperava solo si strozzasse con quel boccone. Cosa le stava succedendo? Doveva calmarsi. 
“Dopo vado da Hagrid, volete venire?” chiese Frank, guardando le ragazze attorno a lui. 
“Io ci sono, magari Hagrid riesce ad aiutarmi con i suoi saggi consigli” disse Summer, continuando a giocare con il cibo senza mangiarlo.  
“Oggi c’è la selezione di Quidditch… magari però passo dopo a salutarlo” rispose Abigail. 
“Sof tu?” chiese Frank, aspettando che rispondesse.  
“Si io anche ci sono, è da un po' che non lo vediamo!” rispose Sophie, sperando che nessuno si fosse accorto di quanto fosse cambiato il suo sguardo in pochi istanti. Aveva cercato di non dare troppo nell’occhio e forse anche quella volta ci era riuscita; erano tutti distratti dal malumore di Summer che non era solita essere così triste e dalle battutine di Abby che rivolgeva a tutti i presenti. 
“Perfetto, dobbiamo raccontargli le ultime notizie” disse Frank, emozionato al pensiero di poter incontrare il suo caro amico. 

***

Era quasi finita la colazione e Sophie non aveva approfittato della quantità considerevole di cibo che c’era di fronte a lei, solitamente era la prima a riempirsi il piatto di tutte quelle prelibatezze. Abigail se ne accorse e la guardò stupita.
“Non hai mangiato niente! Cos'è? State facendo tutti sciopero della fame oggi?" chiese Abby, confusa nel vedere che tutti si comportassero in modo strano.  
"Hai mica la febbre?” chiese ancora, prendendo il bicchiere vuoto dell’amica e controllando non ci fossero residui di strane pozioni, mettendole poi una mano sulla fronte per controllare la temperatura. Sophie rise, non si era realmente accorta di non aver mangiato nulla talmente era concentrata a scrutare le azioni di Thomas.  
“Sisi tutto bene, ho mangiato troppo ieri a cena... Meglio se oggi mi controllo, non vorrei vomitare!” rispose Sophie, guardando Thomas e sottolineando l'ultima parola che era chiaramente rivolta a lui. Ringraziò di avere Abby alla sua destra e di non averla davanti, altrimenti si sarebbe sicuramente accorta di quanto fosse distratta quella mattina. 
“Se lo dici tu…” disse Abigail, facendo spallucce.  
“Mangia almeno questo” disse Frank, porgendole pezzo di cioccolato “O almeno portatelo dietro se ti viene fame!” continuò Summer, per ripagare del favore l'amica, dopo che poco prima l'aveva convinta a mangiare qualcosa. Sophie accettò, non voleva destare sospetti. Stava già esagerando ad avere tutti questi cambiamenti d'umore repentini.  
"Qualcun'altro che vuole fare dieta oggi?" chiese Abigail, guardando Frank e i due suoi amici Grifondoro che stavano chiacchierando con altri ragazzi della loro casa.  
"Io, no... Ho già mangiato due croissant alla marmellata, un toast, una tazza di tè..." disse Frank, facendo l'elenco di tutto quello aveva ingurgitato fino a quel momento.  
"Frank... Scherzavo" replicò Abigail guardandolo divertita. Possibile che non capiva mai il suo sarcasmo? Ormai erano anni che si conoscevano. 
"Ah, vabbè comunque ho anche mangiato un muffin al cioccolato" disse ancora Frank, tenendo il conto con le dita.  
Thomas intanto continuava ad essere accanto a Megan e di sottecchi continuava a guardare Sophie. I loro sguardi si erano incrociati più volte del solito e Thomas non riuscì a evitare di sorridere beffardo vedendo come la ragazza fosse innervosita dalla sua vicinanza con la più popolare Serpeverde. Forse la sua strategia di farla ingelosire stava riuscendo? Sicuramente Sophie per come guardava la rivale sembrava stesse escogitando un modo per farla fuori. Avrebbe voluto usare la magia per farle finire uno dei grossi vassoi addosso, per farla cadere rovinosamente a terra o per trasformarla in qualche strano animale mostruoso. Sophie scosse la testa, a cosa diavolo stava pensando? Non aveva mai arrivata a immaginare cose così crudeli. Thomas la stava facendo delirare, nonostante continuasse a nascondere i suoi sentimenti al ragazzo e a se stessa proprio non ci riusciva a far finta di nulla dopo averlo visto con quella. Per giorni aveva provato a tenere la mente impegnata, continuava a leggere libri su libri senza sosta, stava più tempo alle lezioni di scacchi magici e faceva lunghe passeggiate quando ne aveva il tempo. Tutti quegli sforzi buttati via per colpa di quella lurida Serpeverde. 
Certo, non che diversamente riuscisse a dimenticarsi di Thomas. Appena lo vedeva proprio non riusciva a evitare di pensare a quanto fosse bello e quanto le mancasse stare insieme a lui, i ricordi del campo le annebbiavano la mente. Ma non doveva cedere, era meglio per tutti quanti: avrebbe continuato a respingerlo anche se sapeva che non sarebbe stato facile, ora che si era accorta di essere estremamente gelosa era ancora meno facile. 
Quando il tempo della colazione fu scaduto, tutti i ragazzi iniziarono ad alzarsi. Si alzò anche Thomas dirigendosi verso i quattro amici che si stavano incamminando verso l’uscita, Sophie spostò lo sguardo altrove annoiata. 
“Ehi Abby, andiamo insieme alle selezioni?” disse Thomas ad Abigail.  
“Certo” disse lei camminando verso l’uscita, affiancata però dai due amici Grifondoro. Thomas non aveva considerato che sarebbero stati presenti anche loro ma l'avrebbe sopportato pur di stare un po' di tempo con Sophie. Pensava infatti che sarebbe andata a vedere sua sorella Lallie ma rimase deluso a scoprire che si sarebbe separati, in quanto la ragazza sarebbe invece andata a trovare Hagrid.  
"Ci vediamo dopo allora!" disse Abby ai suoi amici, per poi fermarsi ancora pochi istanti con Frank e Summer.  
Thomas colse l’occasione per guardare Sophie che era poco lontana dalla sua amica. Sophie non l’aveva minimamente considerato, non l’aveva nemmeno degnato di uno sguardo da quando si erano alzati; si vedeva fosse infuriata. Thomas allora si avvicinò senza farsi notare dai tre ragazzi che intanto stavano ancora parlando delle selezioni di Quidditch del giorno stesso.  Sophie si accorse della vicinanza del ragazzo e si immobilizzò di colpo. 
“Sei davvero sicura di volere che ti lasci in pace?” sussurrò Thomas all’orecchio di Sophie con voce bassa, per poi allontanarsi velocemente da lei e ritornare da Abigail, che salutò con un sorriso i suoi amici.  
La ragazza quasi spalancò gli occhi, era così evidente che si fosse ingelosita? Eppure, aveva solo guardato il ragazzo per un paio di volte, no... forse erano di più, decisamente di più. Aveva anche sbattuto la tazza sul tavolo con un po’ troppa rabbia per farli allontanare.  
Maledizione devo stare più attenta, pensò.  
Thomas si girò di nuovo a guardarla, ridendo: sapeva in cuor suo che Sophie non voleva essere lasciata in pace, ed aveva ragione. 

 
II

"Si può sapere cosa ti ha preso a colazione?" Abby puntò la bacchetta con fare minaccioso. "Va bene che siete in classe insieme e tutto, ma da quando fai così l'appiccicoso con la bagascia? Mi hai fatto passare la fame!" 
Thomas alzò le mani in segno di resa e rivolse all'amica lo sguardo più angelico di cui era capace, sbattendo i suoi occhioni azzurri. 
Ma Abby lo conosceva troppo bene e poteva riconoscere una scintilla di malizia divertita nel suo sguardo. "Thomas, dimmi che non ci stavi davvero provando con quella..." gli intimò con fare minaccioso e autoritario. 
"Ti pare? So che non mi perdoneresti mai... però mi diverte darti fastidio, lo sai." 
Abby gli sferrò un pugno verso lo stomaco, ma l'amico schivò con facilità: la conosceva troppo bene per farsi prendere alla sprovvista. 
"Anche se ci provasse non avrebbe chances con una come Gray" s'intromise James, che camminava un po' più avanti per evitare di infettarsi stando troppo vicino ad una Serpe, una mano nella tasca dei jeans che gli fasciavano perfettamente il fisico scolpito, l'altra pronta a scompigliare i capelli. 
“Vedo che come sempre hai mangiato pane e modestia per colazione" ribatté Thomas, sorridendo provocatorio. "Sei convinto di essere il solo alla sua altezza... dovresti sapere che in effetti mi stava usando per ingelosire qualcuno..." 
"Lo sapevo!" esclamò James, trionfante. "Dopo l'assaggio che le ho dato alla fine dell'anno scorso ha capito che vuole tornare da me, d'altronde faccio sempre questo effetto alle ragazze. Abby finse un conato di vomito. 
"In realtà" puntualizzò Thomas, "stava cercando di far ingelosire Allen. Come se Jake volesse ancora perdere del tempo con lei... in ogni caso, Walker, spero che il tuo ego non ne risenta troppo, sarebbe un vero dolore per me." 
James gli lanciò uno sguardo truce e, rabbuiatosi, prese a camminare in silenzio. 
Thomas ridacchiò soddisfatto, la giornata cominciava proprio bene. Era pure riuscito a far ingelosire Sophie, come sperava. La ragazza si intravedeva in lontananza, diretta con gli amici verso la capanna di Hagrid, tra i capi coperti di rugiada che brillavano sotto il sole del primo mattino. Ci era rimasto un po' male quando aveva scoperto che non sarebbe venuta con loro ai provini, ma almeno il suo piano era riuscito: non poteva più negarlo, lei stava solo mentendo a se stessa, non gli era per niente indifferente come avrebbe voluto fargli credere. 
Con un sussulto, si rese conto di non essere l'unico a guardare nella direzione della ragazza. 
"Cosa guardi così pensieroso?" chiese infatti Abby a Edward, che procedeva dalla parte opposta di Thomas, alla destra dell'amica in comune. 
“E' solo che devo chiederti se Sophie stesse bene, oggi a colazione ho notato che non ha mangiato quasi niente e so che non è da lei..." 
Non mi sembrano affari tuoi Richardson, pensò Thomas, sorpreso dall'improvviso interesse del Grifondoro per la sua ragazza. 
Abby sembrava essere altrettanto stupita: "Da quando ti preoccupi così per Sophie?" chiese infatti. "Va bene che sei tra le persone più gentili che conosco ma mai..." 
Si interruppe trattenendo il fiato. Edward era arrossito. Raramente Abby aveva visto arrossire l'amico, uno dei ragazzi più popolari della scuola che (sebbene non avesse la storia di James e fosse innegabilmente gentile e educato verso tutti), era sempre sicuro di sé e disinvolto, per buone ragioni. 
"Non dirmi che ti piace Sophie! E da quando?! Già scusa quando cantavi di dirmelo?!" cominciò Abby con gli occhi sgranati, cercando di decidere se arrabbiarsi o meno. 
"Aspetta calma" la frenò Edward, sembrando un po' a disagio "non ho mai detto che mi piace!"
E sarà meglio per te che tu non lo dica mai! Thomas stava cercando di comportarsi come se non stesse prestando attenzione alla conversazione dei due accanto a lui, perché non avrebbe dovuto interessarlo in teoria. In pratica, stava cominciando a diventare difficile mantenere la faccia neutra visto la piega che stava prendendo la discussione. 
Edward sembrava sul punto di aggiungere qualcosa; Thomas attese con trepidazione. 
"Cioè, sai che l'ho sempre trovata carina" disse cercando di capire come la stesse prendendo l'amica. (Carina?!, si indignò Thomas, lei è bellissima faccia da fesso!) "Ed è simpatica e ho cominciato ad apprezzarla sempre di più perché è sempre così gentile, e solare, e porta il buon umore con sé quando entra in una stanza e la trovo davvero carina... dico solo che vorrei conoscerla meglio!" 
Va bene, ora lo strangolo. Thomas serrò i pugni e la mascella. 
Per sua fortuna, Abby era troppo sconvolta da quella rivelazione per prestargli attenzione. 
"Mettila come vuoi, il punto non cambia: ti interessa una delle mie migliori amiche! E sai che in genere non mi piace come cosa..." fece Abby con tono minaccioso (Thomas annuì soddisfatto, calmandosi un po’) " ... però per te penso di poter fare un'eccezione!" 
"Davvero?!" esclamarono all'unisono Edward e Thomas. 
Perché per lui si e per me no? Abby continuava a non prestare attenzione a Thomas, che ora aveva un'aria da cucciolo triste e quasi implorante. 
"Davvero!" Abby rivolse ad Edward un sorrisetto malizioso. "Penso che stareste bene voi due insieme (Thomas non riuscì a trattenersi e scosse le mani, incredulo: l'amica era chiaramente impazzita), e così magari Sof avrebbe meno tempo per rompermi con i suoi noiosissimi discorsi sugli esami!" 
Edward le sorrise, illuminandosi contento. "Comunque ho solo detto che vorrei conoscerla meglio per ora, non partire in terza" disse, ridendo. "Però ultimamente l'ho vista un po' strana, non è che è successo qualcosa con qualcuno?" 
"E quando scusa?" Abby scoppiò a ridere: "Se Sof sta sempre solo sepolta nei libri..." 
"Non so, magari quest'estate? È andata ad un campo all'estero. Magari ha conosciuto qualcuno li che ora le manca no?" insistette Edward. 
A Thomas andò di traverso la propria saliva e cominciò a tossire, cercando disperatamente di non soffocare. 
"Ma vaaaa... io lo saprei!" lo rassicurò Abby, che non aveva attenzioni per altri se non Edward in quel momento. "E tu non ti preoccupare ora ci penso io a fare da Cupido". 
Edward sembrava un po' preoccupato: Abigail non era una da mezze misure. "Con discrezione però Abby" la implorò. 
"Dai Ed, lasciala fare, così ci facciamo le due migliori amiche insieme, 'na figata" si intromise James, girandosi appena per ammiccare verso Abby. 
“Porco" fece quella, annoiata. 
Ha solo da provarci, non deve neanche pensarci alla mia Sof. Thomas camminava qualche passo indietro rispetto al gruppo ridacchiante, le mani nuovamente chiuse a pugno e la mascella serrata. Sembrava ancora più alto del solito, e vagamente minaccioso. 
Lanciò un ultimo sguardo a Sophie, che stava scomparendo in lontananza e sentì una fitta al cuore: quanto gli mancava tenerla stretta a sé come se non esistesse altro al mondo...
La giornata appariva d'un tratto molto meno bella. 

Quando entrarono nel campo da quidditch, i quattro videro che c'erano già diversi gruppetti sparsi qua e là. L'atmosfera era gioiosa, era come un vero e proprio raduno. Tutti gli amanti di quidditch si stavano ritrovando lì per il primo evento della stagione: le selezioni. Sugli spalti si stava riversando una notevole quantità di tifosi, molti con ancora dei toast o delle brioches in mano, pronti a vedere chi si sarebbe aggiunto alla squadra della loro casa. Ai bordi del campo stava in fila una manciata di possibili nuove reclute, chi nervoso, chi rilassato e sicuro di essere scelto. Vicino all'ingresso degli spogliatoi, ai piedi dei tre anelli sud, c'erano infine i veri protagonisti: i popolari, osannati, ammirati e invidiati giocatori di quidditch. I fighi indiscussi di Hogwarts. 
Thomas individuò immediatamente i suoi compagni Serpeverde e si affrettò a raggiungerli senza degnarsi di salutare i Grifondoro con cui era sceso al corpo. 
Abby lo guardò indignata: sembrava all'improvviso arrabbiato, anche se non riusciva a immaginare il perché, probabilmente aveva il ciclo; ma nessuno poteva andarsene senza salutarla! 
"Quello scemo mi sentirà!" si ripromise la ragazza, mentre osservava Thomas battere il cinque complice a Jake Allen e fondersi con i suoi compagni di squadra. 
Jake Allen si voltò sprezzante mentre il fratello gli passava accanto. I due gemelli si scambiarono uno sguardo intenso e per un attimo l'aria si colmò di tensione. Erano uno degli spettacoli più popolari, i due fratelli Serpeverde e Tassorosso: entrambi belli, egualmente popolari nella propria casa ma per motivi opposti, Capitani delle rispettive squadre di quidditch. Quando Serpeverde giocava contro Tassorosso, la rivalità tra i due raggiungeva picchi insormontabili e lo spettacolo era garantito. 
Alex Allen aveva delle profonde occhiaie sotto gli occhi e il colorito pallido. Non aveva un bell'aspetto, doveva essere vero che era stato malato durante quella settimana, constatò Abby osservando il ragazzo che le si avvicinava. Credeva di sapere che cosa voleva, ed era pronta. “Scusami se ti disturbo, ho visto che Summer non è sugli spalti..." disse infatti Alex, una volta che l'ebbe raggiunta. 
Abby lo interruppe lanciandogli uno sguardo di ghiaccio: "Come sei carino a preoccuparti per la tua amica" fece dura, marcando l'ultima parola. "Si dà il caso che Sum abbia di meglio da fare che correre dietro a degli amici qualsiasi." 
In realtà non era vero, Summer era la peggior sottona del mondo secondo Abby. Ma non gliene faceva una colpa, non tutti potevano essere perfetti come lei. Tuttavia, sperava che la sua perfezione potesse influenzare l'amica, non voleva continuare a vederla soffrire per qualcuno che apparentemente non la meritava. 
"Perché non fai un favore a tutti e non la lasci un po' stare, se non sai quello che vuoi?" 
Alex si allontanò senza dire una parola, chiaramente ferito da quelle parole. Peggio per lui, pensò Abby: nessuno doveva trattar male le sue amiche, o avrebbe avuto a che fare con lei. 
Poco più in là vide in volto familiare, e andò a augurare buona fortuna a Lallie, che quel giorno avrebbe fatto il provino per diventare la terza Cacciatrice della squadra di Grifondoro. 
"Non che tu abbia bisogno di fortuna" la rassicurò Abby, con un sorriso complice." Sono quattro estati che quando vengo da Sof ti vedo giocare in giardino e so quanto sei brava!" 
"Grazie a te che quando sei da voi mi aiuti sempre," rispose Lallie, "quando non ci sei mi tocca allenarmi con quella schiappa di mia sorella che prova a fare il portiere, ed è già tanto se riesce a stare sulla scopa!" 
Abby scoppiò a ridere. Poi, fu distratta da qualcuno che era appena arrivato e si era posizionato in fondo alla fila. Dietro di lui, il sole faceva capolino dagli alti spalti e illuminava con i suoi raggi il campo. Ma era davvero il sole a illuminare tutto attorno in quel modo? La luce sembrava emanarsi direttamente dal ragazzo appena arrivato. Si sentiva abbagliata, eppure Abby non riusciva a staccare gli occhi da quella visione celestiale. Con suo grande stupore, si accorse che il ragazzo in questione era Luke Anderson. Come era possibile? Era l'essere più bello che avesse mai visto, anzi che mai fosse esistito su Terra, Abby ne era sicura. E allora come era possibile che non avesse mai notato i suoi denti così bianchi e dritti? Quei ricci che gli cadevano dolcemente sulla fronte ben dimensionata? Il fatto che gli occhi luminosi brillavano di un fioco bagliore che si perdeva confondendosi con l'iride color cioccolato? Il dettaglio mozzafiato del piccolo raso adeguatamente appuntito che donava al viso una parvenza ovale armonizzandosi con la mascella lievemente accentuata? Oh, mai aveva davvero vissuto prima di quella visione... 
Un fischio breve ma deciso riportò bruscamente la ragazza alla realtà: Madama Bumb, la professoressa di volo di Hogwarts, era arrivata e i provini potevano quindi iniziare sotto la sua supervisione. Abby scosse la testa, ancora intontita e confusa dalla visione idilliaca appena avuta, e si diresse verso la parte femminile degli spogliatoi di Grifondoro per cambiarsi. 
Era una sua impressione o tutti guardavano Luke come incantati? Non poteva essere altrimenti, di fronte a una bellezza tale da far impallidire le più impressionanti statue greche... 
Abby chiuse i lunghi capelli scuri in una stretta coda alta e si impose di darsi una regolata. Era la stanchezza, si disse. La stanchezza e il fatto di aver sognato come ogni notte il solito Corvonero. Quegli incubi la stavano facendo impazzire, ecco tutto, e non aveva più la mente lucida riguardo Luke Anderson, ecco tutto. Passava dall'averne paura nel cuore della notte al notare per la prima volta quanto fosse effettivamente attraente il Luke della realtà. 
Sola nello spogliatoio (era infatti l'unica ragazza della squadra per il momento) si infilò l'amatissima divisa da quidditch scarlatta, con sulla schiena inciso in lettere dorate "Hill" e il suo numero, il 7. Subito si senti un po' meglio: era finalmente tornata nel suo elemento. Prese la sua scopa, la sua fedele compagna di vittoria dall'armadietto, e raggiunse i compagni nella zona comune degli spogliatoi. 
"Grifondoro comincia per primo, come è giusto che sia visto che siano i migliori "esordì James, in veste di capitano. "Ricordatevi, ci servono un portiere e un cacciatore, ma soprattutto, ci serve gente brava per continuare a vincere la Coppa di quidditch core abbiano sempre fatto negli ultimi anni." 
"Tranquillo, sono sicura che la sorella di Sophie si distinguerà e sarà dei nostri e con lei saremo già in una botte di ferro" disse Abby, sedendosi accanto a Edward e ammiccando nella sua direzione nostre nominava l'amica. 
"Ma come, non sei tu che dici sempre che non vuoi che accettiamo altre ragazze in squadra perché altrimenti saresti troppo gelosa di me?" le fece notare James, sardonico. 
"Ti piacerebbe "lo rimbeccò subito Abby. "Non voglio altre ragazze perché so che ti distrarresti a pavoneggiarti e anche se sai essere un vero idiota sai essere un ottimo capitano. Ci serve che ragioni con la testa e non con altro per vincere. Con Lallie non ci sarebbero problemi, te lo assicuro, ma per il portiere pongo il mio veto!" 
James si arrese, e nessuno si stupì. Lui era il capitano, ma Abby aveva un'energia unica e riusciva sempre a imporre il suo volere. 
Quando la squadra uscì, fu accolta da fischi e grida. Abby sorrise tra sé e sé: quanto le era mancato tutto quello! Si mise sulla scopa e, senza esitazione, si librò in aria. Finalmente, mentre il vento le smuova la bella coda scura dei suoi capelli e lei faceva un giro del campo a tutta velocità per riscaldarsi, tutti i problemi la scivolarono di dosso. Persino le sensazioni contrastanti nei confronti di Luke svanirono, esistevano solo lei e la sua scopa che rispondeva ai suoi comandi al millesimo di secondo di precisione. 
Per i provini, avrebbero inscenato una vera partita, mentre un portiere e un cacciatore alla volta audizionavano. In tutte le simulazioni, Abby afferrò il boccino ben prima che le possibili reclute avessero avuto tempo di mostrare o meno il loro valore, e dovette rilasciarlo e riacchiapparlo più e più volte. Per lei, volare era più naturale quasi che respirare. 
Ci fu un attimo di confusione quando Megan Gray fece il suo ingresso sugli spalti, rivolgendo provocanti battutine ad alta voce ai giocatori di Serpeverde e provocando una distrazione generale, sugli spalti e in campo. Il povero ragazzo del secondo anno che stava audizionando per il ruolo di cacciatore in quel momento si distrasse a guardarla a bocca aperta e si schiantò contro il grosso palo dorato dell'anello dall'altra parte del capo, facendo così autogol prima di stramazzare a terra, con ancora un sorriso beato sul volto. Molti altri ragazzi si erano voltati a guardarla, e Megan si scosta teatralmente i capelli all'indietro e ridacchiò, chiaramente soddisfatta dell'effetto sortito. 
"QUALCUNO LE TIRI UN BOLIDE, E CHE CAZZO!" sbottò Abby, esasperata. 
Visto che nessuno sembrava abbastanza concentrato per sentirla, Abby si diresse verso Connor Delphini, uno dei due battitori di Grifondoro, ben decisa a strappargli la mazza da battitore di mano e a lanciare lei stessa un bolide in faccia a quella smorfiosa. Proprio in quel momento però, Madama Bumb intervenne a riportare l'ordine e i provini poterono riprendere. 
Quindici minuti più tardi, la squadra di Grifondoro aveva trovato i suoi due nuovi giocatori: Lallie, che si era distinta tra tutti gli altri, e un ragazzo del secondo anno silenzioso ma ben robusto, che non aveva lasciato passare quasi nessuna pluffa. 
Soddisfatti, i Grifondoro lasciarono il campo ai Corvonero, i successivi a fare i provini. Avviandosi verso il bordo del campo per osservare la scelta dei futuri avversari, raggiunsero il punto dove i Corvonero aspettavano di essere chiamati. Abby intercettò lo sguardo di Luke poco distante e passandogli accanto gli fece un mezzo sorriso. 
"In bocca al lupo per il tuo provino" gli disse. 
Non era stata sicura fino all'ultimo di rivolgergli la parola: il delirio di prima le era passato, ma ora lo vedeva con altri occhi e il fatto di trovarlo improvvisamente così bello la metteva un po' in soggezione. Riusciva quasi a dimenticare il ruolo che il ragazzo aveva nei suoi sogni, e d'altro canto il giorno prima era sembrato cordiale, perciò si era lanciata. Quello che di sicuro non si aspettava era la reazione che ottenne. 
"Solo perché ci siamo parlati per due minuti ieri al lago non significa che tu possa rivolgermi la parola" disse Luke guardando la ragazza con freddezza. "E non ho certo bisogno di un in bocca al lupo da parte tua, quindi stammi alla larga che è meglio." 
Abby sollevò le sopracciglia, la faccia scioccata per quel trattamento rude, improvviso e ingiustificato. Durò solo un attimo: lo stupore fu presto sostituto dalla rabbia. Abby rivolse al ragazzo uno sguardo carico di disprezzo e gli fece il dito medio allentandosi lentamente, in modo che potesse ben vedere la sua mano e di conseguenza cosa pensava di lui in quel momento. 
Spero proprio che non venga preso in squadra, pensò la ragazza con astio. 
Sapeva che Luke avrebbe audizionato per diventare cercatore, il suo stesso ruolo; oltre agli allenamenti di squadra, Madama Bumb teneva degli allenamenti misti dividendo i giocatori in base ai ruoli, e Abby non voleva avere Luke tra i piedi pure lì. 
Ovviamente le sue speranze furono rane, perché Luke fu scelto subito senza esitazioni. A malincuore, Abby dovette riconoscere che il ragazzo aveva un qual certo talento... ma sentiva che meno ci avrebbe avuto a che fare, meglio sarebbe stato. 
 

III 

Dopo aver lasciato Abby, i tre amici si diressero verso il limitare della Foresta Proibita, per raggiungere la capanna di Hagrid. 
La dimora di Hagrid era una piccola casa in legno, dove il guardiacaccia, da poco anche professore di Cura delle Creature Magiche, viveva ormai da anni. 
Era consuetudine per i quattro amici passare del tempo con Hagrid, che ormai era diventato per loro un amico. In realtà l’uomo, per via della sua generosità e del suo essere gentile e amichevole con tutti, nel corso dei suoi anni di vita a Hogwarts  aveva instaurato dei rapporti di amicizia con svariati studenti, che spesso si recavano da lui in cerca di un consiglio o semplicemente di una parola amica. E questo era capitato anche con i quattro ragazzi. 
Per essere precisi a dire il vero, tutto era partito da Frank, che durante una lezione di cura delle Creature Magiche del primo anno, era stato aggredito da uno Schiopodo impazzito, che aveva preso ad inseguirlo sparando fuoco dalla sua piccola coda. Frank, come al solito poco coraggioso, iniziò a scappare urlando, e questo ovviamente scaturì le risa di tutti i suoi compagni. L’allora piccolo Frank, dopo essere stato salvato dal guardiacaccia, quasi scoppiò in lacrime per la vergogna di fronte alle prese in giro degli altri studenti. Hagrid allora, dopo aver rabbonito i ragazzi, invitò Frank a prendere una tazza nella sua capanna dopo la lezione. Hagrid fu davvero gentile, spiegò al ragazzo che non doveva essere triste, che erano le prime lezioni, e che tutti prima o poi avrebbero fatto delle figure imbarazzanti, presto nessuno si sarebbe ricordato dell’accaduto. E così fu, ma da quel giorno Frank diventò amico del guardiacaccia, e ben presto iniziarono a diventarlo anche Abby, Sophie e Summer.
Così quel sabato mattina i tre amici uscirono dal castello, superarono le serre e discesero verso l’orto delle zucche.  
“Stamattina fa più freddo di ieri, è finita l’estate!” disse Frank stringendosi nella sua felpa. 
“Beh stanotte ha piovuto” constatò Sophie guardando le sue scarpe che si bagnavano sempre di più ad ogni passo nell’erba umida “era anche ora, ieri ha fatto troppo caldo per essere settembre”. Summer non appena sentì la parola “ieri” fu di nuovo presa da una stretta di angoscia. Subito le riaffiorarono in mente i ricordi del giorno precedente, e un misto tra tristezza e rabbia la invase.   
Dopo che Alex era andato via lasciandola sola in riva al lago, Summer era andata in cerca dei suoi amici, che aveva trovato poco lontano dall’entrata del castello. In un primo momento la ragazza cercò di far finta di nulla, non aveva voglia di parlare con nessuno, si sentiva patetica per aver creduto che tra lei e Alex sarebbe potuto cambiare qualcosa. 
Ma gli occhi lucidi e arrossati di Summer, la sua espressione triste e il suo essere estremamente silenziosa, furono subito notati dai tre amici, che iniziarono a chiederle se andasse tutto bene. Ovviamente bastarono poche semplici domande per far crollare Summer in un pianto disperato e nervoso. Dopo aver raccontato l’accaduto ed essere stata rincuorata dagli amici (Abby riuscì addirittura a strapparle una risata dicendo “Hai scansato un fosso, ha dei capelli di merda, ora finalmente posso dirtelo. È da due anni che mi porto questo peso sullo stomaco!”), Summer si ritirò nel suo dormitorio, e vi rimase per tutta la sera. Non scese nemmeno per la cena, restò coricata nel suo letto a pensare e ripensare alle parole del ragazzo. 
Perché le stava facendo tutto questo? Si divertiva a prenderla in giro?  
Quella mattina a colazione il suo umore non era molto diverso. Rispondeva a monosillabi, e gli occhi gonfi sottolineavano quanto poco avesse dormito (e soprattutto che probabilmente aveva passato tutta la notte a piangere). Dopo svariati tentativi da parte dei suoi tre amici di farla ridere e soprattutto di convincerla a mangiare qualcosa, la ragazza si arrese e addentò un pezzo di pane tostato con crema alle nocciole. 
Ma lo stomaco le si richiuse immediatamente non appena vide entrare nella Sala Grande Alex. Subito la ragazza abbassò lo sguardo, fingendosi improvvisamente interessata al bicchiere pieno di succo di zucca. Summer sentì gli occhi del ragazzo posarsi su di lei, e un senso di disagio la pervase.  
“Sento puzza di merda in questa Sala Grande” disse Abby volontariamente ad alta voce, posando gli occhi su Alex che impacciato raggiunse i suoi amici al tavolo sul lato opposto della sala.  
“Un giorno quel deficiente si pentirà di quello che ha fatto, sono pronta a vendicarti Summer!” continuò Abby guardando ora gli amici e infilzando con forza un chicco d’uva con la forchetta. Il viscido chicco d’uva scivolò sul piatto e partì velocemente in aria andando a colpire nell’occhio Frank, che sedeva di fronte. Summer scoppiò a ridere, e il ragazzo decise di non arrabbiarsi con Abby se questo evento aveva fatto sorridere finalmente la loro amica.  
Grazie ai suoi amici Summer sopravvisse a quella tremenda colazione, persino Edward seduto vicino ad Abby aveva cercato di farla ridere (evidentemente si era accorto dell’aspetto devastato della ragazza), e Summer si stupì di come in quel momento di difficoltà persino Edward le appariva sopportabile (Sono davvero messa male!, pensò lei). 
Immersa in questi pensieri Summer non si era accorta che erano giunti alla capanna di Hagrid, e che Frank stava già bussando alla porta del guardiacaccia. 
Sentirono abbaiare, un rumore di una sedia che si spostava goffamente e di una tazzina che si frantumava a terra (Hagrid era delicato con un elefante in un negozio di porcellane), e dopo qualche secondo la porta si aprì. Sulla soglia apparve l’enorme volto di un sorridente Hagrid, seguito da Thor che saltò immediatamente addosso a Frank leccandogli la faccia. 
“Mi chiedevo quando sareste venuti a trovarmi, oibò dopo una settimana venite!” disse Hagrid scherzosamente, invitando poi i tre ragazzi ad entrare. 
La sua capanna era esattamente come se la ricordavano, caotica e disordinata come l’anno precedente. 
Era una piccola casa di legno e pietra dall'enorme tetto, composta da un'unica stanza, con un tavolo, delle sedie, un letto, un armadietto e tutto il necessario per cucinare e compiere i lavori da Guardiacaccia. Appesi al soffitto qua e là spuntavano dei prosciutti e dei salami, nonché qualche gabbietta contenente piccole creature ferite, in attesa di essere rimesse in sesto. 
Sicuramente quella casa era un gran caos, ma ai ragazzi non importunava, per loro era semplicemente un piccolo rifugio accogliente pronto a riceverli in ogni loro momento di difficoltà. 
I tre ragazzi si sedettero al tavolo, e Hagrid, dopo aver ripulito da terra i resti della tazzina rotta, portò tre tazze nuove con del thè caldo, e accompagnò il tutto con un bel piatto di biscotti da lui cucinati. Sophie presa da uno dei suoi soliti attacchi di fame prese subito un biscotto che portò con fretta alla bocca. Quasi si ruppe un dente, accecata dalla fame si era scordata della pessima cucina del guardiacaccia, e di come i suoi biscotti fossero sempre duri come la pietra.  
“Allora ragazzi, cosa mi raccontate? Come sono andate le vacanze?” domandò Hagrid guardando i tre con aria raggiante. 
“Bene bene” disse velocemente Sophie, massaggiando la mandibola ancora dolorante. 
“È andata...” disse Summer con tono debole. 
“È andata alla grande” esordì invece Frank “ho passato l’estate in Italia. Però sono contento di essere tornato. Ho saputo che la figlia di Percival Beans, il marito della sorella della cugina della Professoressa Sprite, è stata trasferita dalla scuola di Hogwarts a quella di Beauxbatons perch-”.
Hagrid interruppe subito Frank e il suo gossip succoso, aveva notato lo sguardo triste di Summer e le occhiaie marcate.
“Oh Summer, che succede? Cos’è quella faccia?” domandò. 
Summer abbassò subito lo sguardo, convinta che se avesse iniziato a parlare sarebbe scoppiata nuovamente a piangere e non voleva. Era una ragazza molto emotiva, e odiava questa cosa, perché spesso la faceva sembrare debole e indifesa, quando in realtà avrebbe voluto solo prendere a pugni qualcuno. 
Per fortuna la lingua lunga di Frank per una volta fu utile, di fronte al silenzio dell’amica prese lui la parola, a volte si sentiva un po’ l’ambasciatore delle cause perse. “È di nuovo Alex, stavolta l’ha combinata grossa!” disse infatti il ragazzo, assumendo un’aria seria.  
“Si diciamo che Summer non è molto dell’umore per parlarne...” intervenne Sophie. 
“Io penso che invece dovrebbe sfogarsi!” la riprese Frank, drizzando la schiena. 
“Bhe se non ha voglia di parlarne non ne parliamo! Dov’è Abby?” cambiò velocemente discorso Hagrid. 
“Abby è con la squadra di quidditch” rispose Sophie, “ci sono i provini stamattina, hanno bisogno di nuovi giocatori! Sono molto emozionata perché anche Lallie proverà ad entrare in squadra, spero davvero venga presa perché ci tiene tantissimo. Ovviamente non ha voluto che fossi lì a guardarla, ma Abby mi ha detto che mi racconterà tutto e-” 
“Sophie per piacere” la interruppe Frank alzando la voce “Summer qui ha un problema, deve sfogarsi! Bisogna approfondire la questione, sentire un parere esterno ed esperto - rivolse lo sguardo verso Hagrid - e capire come agire!” 
Sophie si zittì risentita, odiava essere interrotta quando iniziava a parlare a macchinetta.  
Ora tutti gli sguardi erano rivolti verso Summer, in attesa che dicesse qualcosa. 
“Va bene, parliamone” disse lei, sicuramente le avrebbe fatto bene esternare i suoi sentimenti. La ragazza raccontò per l’ennesima volta quello era accaduto il giorno prima, delle parole di Alex, di come improvvisamente lui avesse cambiato discorso e se ne fosse andato dicendo una frase inutile, di come lei si fosse sentita stupida e soprattutto ferita dall’atteggiamento del ragazzo. Ripercorrere ancora quell’evento fece riaffiorare in Summer un senso di nausea, e sentì le lacrime riempirle gli occhi, di nuovo.
Hagrid sembrava molto interessato, annuiva e seguiva il discorso con la bocca semiaperta. 
“Io non capisco perché sia sempre così gentile con tutti e poi con te faccia così” osservò Sophie una volta che Summer terminò il suo breve ma intenso racconto. 
“Ma sì sono ragazzi!” intervenne Hagrid con un tono strano, ricevendo occhiatacce fulminanti da tutti e tre i presenti. 
“C’è qualcosa di più secondo me!” obiettò Sophie stringendo i pugni innervosita. 
“Abby dice che è gay!” specificò Frank portandosi una mano alla bocca per nascondere una risata “che scoop sarebbe ragazzi!” 
“Ma che gay, quella a volte spara solo cazzate!” sbuffò Sophie. “Secondo me c’è qualcosa sotto, è troppo strano questo atteggiamento, voglio indagare...” 
“Ma cosa vuoi che ci sia” si intromise Hagrid “i ragazzi sono così, fanno un po’ i farfalloni! Non c’è nulla su cui indagare dai retta a me, ma che ti salta in mente!” 
Summer lo guardò sconvolta. “Ma lo stai difendendo Hagrid? Fammi capire”. 
La ragazza si accorse che stava quasi urlando, ma non si fermò, finalmente le uscì con un vomito di parole tutta la rabbia e la delusione che si portava dentro. “Sono due anni, DUE ANNI, che gli sto dietro. Che giustifico il suo tira e molla, il suo apparire e sparire.  Mi sono sempre fatta andare bene tutto, “sarà timido” mi dicevo, e continuavo a dargli corda, a pensare che prima o poi si sarebbe fatto avanti seriamente. E invece nulla, niente di niente per due anni. Ma quest’anno, quest’anno pensavo sarebbe stato diverso, doveva essere diverso! Cos’ha fatto lui? Per l’ennesima volta mi ha preso in giro, mi ha fatto credere di essere interessato per poi mollarmi come una deficiente così, senza una spiegazione! Lui è uno stronzo, ecco cos’è! Si è solo divertito in questi anni, e io non voglio più averci nulla a che fare con lui, mai più, ha esagerato questa volta!”. 
Summer era in piedi, con le guance arrossate e il fiatone. Sophie la guardava perplessa, mentre Frank annuiva convinto ripetendo: “Esatto, esatto, proprio così!” 
Hagrid sospirò, e lanciò uno sguardo intenerito alla ragazza, che subito si sentì in imbarazzo per la scenata fatta e si risedette composta. 
“Scusami Hagrid” riprese Summer con un tono più tranquillo e con una nota colpevole, “scusami davvero, non volevo urlarti contro. Non è colpa tua. Avevo bisogno di sfogarmi e sono scattata.”
“Summer” disse Hagrid “mi dispiace vederti così. Sei una bravissima ragazza e non ti meriti questo trattamento, non era mia intenzione giustificare o difendere Alex. Però, io sono in questa scuola da anni, ho visto tanti ragazzi e ragazze piangere per i loro problemi amorosi. Sai quante ragazze prima di te si sono ritrovate in una situazione simile? Il mondo ne è pieno! Purtroppo i ragazzi a quest’età sono molto stupidi, e non capiscono che il loro atteggiamento può ferire molto le altre persone. Quello che ti posso dire è di fare solo quello che ti fa star bene, e di lasciar perdere tutto ciò che ti fa soffrire. Se Alex si comporta così lascialo perdere, evidentemente non si sente pronto o non è interessato allo stesso modo tuo. Mi spiace doverti dire queste cose, ma è inutile che vi scervelliate per trovare una spiegazione logica, pensando che ci sia chissà quale mistero dietro al suo atteggiamento. È un ragazzo di diciannove anni, e come tutti i ragazzi di diciannove anni a volte sbaglia assumendo comportamenti insensati e poco riguardosi. L’unica cosa che puoi fare e lasciarlo perdere, smetti di pensare a lui, smettetela tutti di fare congetture sul suo conto, aumenta solo il dolore di Summer così! Troverai la persona giusta!” 
Summer sospirò, Hagrid aveva ragione. Basta. Era finita. Doveva lasciar perdere Alex. 
“Bhe” intervenne Sophie per sdrammatizzare “c’è pur sempre il fratello!” 
Summer la guardò sconvolta, Hagrid si irrigidì sulla sedia, e Frank urlò: “Ma che consigli le dai? È un serpeverde, e poi è un idiota!” 
“E cosa importa se è un Serpeverde?” disse Sophie con fermezza. “Insomma di aspetto è uguale al gemello, poi, visto che Alex si è rivelato essere non proprio un santo, chi lo sa, magari scopriamo che Jake fa beneficenza!” 
“So io che beneficenza fa quello, svende il suo corpo alle più bisognose nel ripostiglio delle scope” ribatté Frank con il tono di chi la sa più lunga degli altri. “È uno stupido, sbruffone e arrogante!” 
Summer guardò divertita Frank, e intervenne: “Guarda che non è così male come sembra, con me è stato gentile, ed è anche molto simpatico!” 
Sophie batté le mani in segno di esultanza, ma Hagrid sentendo queste parole storse il naso. 
“Quel Jake a me non piace, una ragazza come te deve starci lontana Summer!” disse Hagrid in tono serio. 
“Non ho alcuna intenzione di fare niente, mi avete fraintesa! Stavo solo dicendo che non è il demonio che tutti dipingono, e tranquilli, sicuramente lui non potrà mai essere interessato ad una ragazza come me”. Summer sottolineò bene queste ultime parole, pronunciandole con un tono strano, quasi facendo il verso a Hagrid. Per fortuna nessuno se ne accorse, e il discorso si chiuse qui. 
La mattinata proseguì piacevolmente, si parlò del più e del meno, delle lezioni, di Thano, Zokos e Alayna, nonché delle nuove creature che Hagrid aveva in serbo per le future lezioni di Cura delle Creature Magiche. 
Ma per tutto il tempo in cui rimase seduta al tavolo del guardiacaccia, Summer non poté che pensare a quelle parole che tutti le rivolgevano sempre, “una ragazza come te...”, tutti le lo ripetevano in continuazione. Che cosa intendevano le persone con questa frase sempre in bocca? Che lei era una ragazza troppo buona e gentile che ha sempre bisogno di protezione? Che non sarebbe riuscita a tenere testa ad un Jake Allen qualsiasi? Tutti la reputavano sempre la povera, piccola e indifesa Tassorosso, timida e priva di spina dorsale. Solo perché lei era una ragazza rispettosa delle regole e buona, non significava che non sapesse badare a se stessa e che avesse sempre bisogno di qualcuno che la mettesse in guardia dai “tremendi” pericoli che la circondavano. 
So badare a me stessa, e se pensate il contrario vuol dire che non mi conoscete davvero, pensava Summer, visibilmente innervosita da tutta quella situazione.  

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Capitolo 7
*** Capitolo 6 - Stammi alla larga, Anderson ***


Capitolo 6 - Stammi alla larga, Anderson      



Frank guardava sconsolato i resti delle posate che aveva in mano. Gli restavano tre dentini di una forchetta e metà di un cucchiaio. 
"Sono un caso perso, sono l'unico a non essere riuscito a far evanescere il set di posate." 
Summer accanto a lui gli diede una pacca consolatoria sulla spalla; teneva la borsa con i libri su una spalla sola e aveva l'aria sfinita ma soddisfatta: finalmente era riuscita a utilizzare l'incanto Evanesco nel corso di quell'ultima lezione di Trasfigurazione. 
"Ti capisco Frank" fece invece Sophie, con il volto corrucciato. "Nemmeno io sono riuscita completamente..." 
"Ma piantala!" la riprese subito Abigail, spintonandola. "Tu stavi già provando su un essere vivente, cosa che faremo solo la settimana prossima, e ti è rimasta sul banco solo un'ala della tua mosca. Perciò come punizione per non startene mai zitta quando invece dovresti ora portami la borsa." 
Abby mollò la pesantissima borsa con i libri sulla spalla dell'amica e continuò a precedere il gruppetto lungo i corridoi, giù per la scalinata principale e davanti alla Sala Grande, diretta verso i sotterranei. Tutto attorno a loro, il castello prendeva vita: svariati gruppi di studenti uscivano dalle aule e si dirigevano velocemente verso le lezioni successive, chi lamentandosi, chi ripassando, chi ridendo e scherzando. Qua e là si sentivano saluti e ogni tanto scoppi di incantesimi. 
Più scendevano nei sotterranei, più l'umore dei suoi compagni si faceva tetro. Abby invece, era insolitamente contenta. Nelle ultime due settimane le sembrava di non aver fatto altro che studiare, mangiare e dormire. Le lezioni avevano raggiunto livelli di difficoltà mai visti prima e, sebbene gli esami fossero lontani ancora secoli, i professori li riempivano di una tale quantità di compiti che aveva dovuto rassegnarsi a far compagnia a Sophie in biblioteca fino a sera tardi per finire tutti i rotoli di pergamena richiesti, cosa che andava chiaramente contro tutti i suoi principi, perché solo i malati frequentavano così tanto la biblioteca. Abby in più aveva anche gli allenamenti di quidditch tre sere a settimana; erano i suoi momenti di libertà, che aspettava con ansia, ma contribuivano a occuparle del tempo prezioso e a non lasciarle un attimo di pausa, anche se non ne avrebbe mai fatto a meno. Se a tutto questo ci si aggiungeva il fatto che di notte dormiva sempre, inevitabilmente male... non c'era da stupirsi che ormai la ragazza fosse facilmente irritabile e di umore instabile. 
Quel lunedì mattina però faceva eccezione: Abby aveva dormito stranamente bene (ricordava di essersi svegliata nel cuore della notte senza fiato, ma era un ricordo sfocato per una volta) e soprattutto stava andando alla lezione di Pozioni, la sua lezione preferita in assoluto. 
"Sum ti prego, fammi un incantesimo che mi stenda e mi mandi in infermeria” piagnucolò Frank, "tutto pur di non dover subire quest'ora di tortura!” 
“Non ci penso neanche, non puoi abbandonarmi così! Piuttosto sii un buon amico e fallo tu a me" rispose l'amica, come illuminata da quella prospettiva di salvezza. 
"Lo sapete che non potete, non scherzate, non nell'anno dei nostri G.U.F.O." li rimproverò subito Sophie, che però non appariva molto più contenta dei due. 
"Come fate gli esagerati” sbuffò Abby, "non capisco proprio come faccia a non piacervi Pozioni. Certo, Piton è severo a volte ma non è cosi male e la materia è semplicemente stupenda!" 
Dietro di lei, Summer guardava Abby come se fosse pazza; Frank, gli occhi stralunati, muoveva la bocca senza riuscire a formulare alcun suono, ripetendo incredulo con le labbra "Piton non è così male!” 
"Dici così solo perché sei la cocca di Piton" l’accusò Sophie. 
"Eh no mia cara, qui sei tu che dici così perché non riesci a sopportare il fatto che io sia più brava di te e che per una volta tu non sia la migliore della classe" le fece notare Abby. 
"Questo non è assolutamente vero!” balbettò l'amica di rimando; ma arrossì e si rifiutò di parlare fino a quando arrivarono all'aula di Pozioni. 
La segreta era buia come sempre, l'atmosfera cupa accentuata dai fumi e dai vapori che galleggiavano nell'aria, chiaro residuo delle pozioni preparate dalla classe precedente. Le pareti erano ricoperte da scaffali contenenti ogni più strana sorta di liquidi melmosi, fluorescenti o trasparenti, dentro vasi riempiti con parti irriconoscibili di creature sconosciute. 
Abby precedette il suo gruppo attorno al loro solito tavolo da quattro e tutta entusiasta si mise a preparare calderone, mestolo e gli ingredienti base. 
"Peccato, l'ora prima c'erano quelli del sesto anno, li abbiano mancati per un soffio” commentò, fissando intensamente Sophie, che ancora sembrava ferita nell'orgoglio per il fatto di non essere la migliore in qualcosa. 
"Non vorrai ricominciare con la solita storia, è semplicemente fuori questione" si intromise Summer, con decisione. 
"Sta a Sophie decidere, non a te" le rispose pronta Abby. "E poi volevo dire che ci fossimo sbrigati avrebbe potuto salutare Edward, niente di più..." 
"Io sono d'accordo con Abby" la difese Frank, con la sua solita aria di chi la sa lunga. "Sarebbe un pettegolezzo bello succulento se la nostra Sophie, la secchiona solitaria, si fidanzasse... e poi con un bel partito come Edward. Sì, Sum, penso che il tuo astio nei suoi confronti accechi il tuo giudizio." 
Abby fece un gesto verso l'amica come per dirle: "Visto? Ho ragione io!" 
Sophie sbuffò, mezza divertita, mezza esasperata:" Quando avete finito di pianificare la mia vita sentimentale ditemelo, ok? Grazie per la secchiona solitaria Frank... E devo ancora capire cosa ti sia preso, Abby, con questa mania improvvisa di accasarmi: ti ho già detto che sto bene così, non sono in cerca di un ragazzo, grazie." 
"Ma se tu stessa hai ammesso che lo trovi bellissimo" la fece notare Abby, con la sua migliore faccia da angioletto innocente. 
Summer fece finta di vomitare nel suo calderone. "No, Sof, lui no, è un buzzurro!” esclamò, indignata. 
"Calma” si difese subito la ragazza, mettendo le mani in avanti. "Ho detto che non è un brutto ragazzo, cosa che è oggettiva, e che è sempre stato carino e gentile per quel che ci ho avuto a che fare. Ma ho anche detto che non sono interessata quindi Abby qualsiasi strano piano tu ti sia creata in quella tua testolina, e per qualunque strana ragione, farai meglio a lasciar perdere. Non puoi convincermi di essere interessata di qualcuno così a caso." 
Abby le rivolse un sorriso di sfida: "Vuoi scommettere?" 
L’amica sembrava sul punto di ribattere ma proprio in quel momento la porta alle loro spalle si chiuse con un tonfo e un silenzio innaturale scesa all'improvviso sugli studenti: Piton era arrivato. 
Con la lunga veste nera da mago che svolazzava dietro di lui, si diresse verso la cattedra, quindi si voltò a fronteggiarli. 
"Oggi abbiamo solo un'ora insieme, quindi vediamo di farla passare in fretta, non ho alcun desiderio di vedere le facce di alcuni di voi più di quanto non sia strettamente necessario "disse il Professor Piton, con l'usuale voce melliflua, bassa e strascicata. "Comincerò con il restituirvi i campioni delle pozioni che avete preparato venerdì scorso, su ogni fiala troverete la relativa valutazione. Inutile dire che solo pochi di voi sono riusciti a produrre qualcosa di decente." 
Detto questo, Piton cominciò a camminare tra i tavoli; davanti a ogni studente faceva apparire svogliatamente le pozioni corrette, accompagnate da commenti a svariati livelli di perfidia. 
Mentre il professore si avvicinava al loro tavolo, Sophie si agitava nervosamente; Abby, al contrario, era tranquilla ed era solo ansiosa di sapere se Piton avesse apprezzato l'aggiunta di radici di biancospino che aveva apportato, colta da una improvvisa ispirazione. 
Qualche istante dopo, fu ricompensata vedendo apparire davanti a sé una E di "Eccezionale" il massimo dei voti. Sophie aveva preso un po' di meno, O di "Oltre ogni previsione", e sembrava star cercando di nascondere la delusione, ben decisa a non guardare l'amica. 
Piton però si concentrò su Frank e Summer, come faceva sempre: per i due ragazzi quelle lezioni erano una vera e propria tortura, e quel giorno ne faceva eccezione. 
"Bene, bene... una D per Evans e una T per Rogers, Desolante e Troll, che bella accoppiata che fate. Dieci punti in meno a Tassorosso per il tempo che mi avete fatto perdere a correggere una simile schifezza." 
Il professore ignorò completamente Sophie, come se non fosse degna della sua attenzione e passò direttamente a Abby: “Vorrei che potesse aiutare i suoi due amici signorina Hill, ma è evidente che sono un caso perso. Ottima la sua aggiunta delle radici di biancospino. Rischiosa, ma decisamente efficace, come sempre è riuscita a sorprendermi. D’altronde, da lei non mi aspettavo niente di meno. Cinque punti a Grifondoro.” 
Il loro tavolo era l’ultimo (Summer e Frank si rifiutavano categoricamente di stare altrove che al fondo dell’aula, per una volta Sophie non faceva obiezioni e per Abby era indifferente: sarebbe riuscita a brillare ovunque in quella aula). 
Piton tornò alla cattedra, passando accanto a uno sventurato Thano che fece perdere 20 punti a Corvonero per avere avuto la sfrontatezza di mettere in discussione il voto appena ricevuto, A di “Accettabile”, appena la sufficienza. 
Che stupido arrogante, pensò Abby, cercando di reprimere un sorriso di soddisfazione, questa si che è giustizia! Quanto amava le ore di Pozioni. 
“Penso sia evidente anche a quelli di voi dotati di scarso intelletto che solo una persona è al livello da me richiesto per i G.U.F.O. Mi vergogno di presentare una classe come la vostra a gli esaminatori. Per cercare di inculcare qualcosa in quelle vostre teste vuote, non mi resta che assegnarvi un compito extra.” 
La classe emise un gemito collettivo: con tutti i compiti che avevano, ancora un progetto extra? Abby invece, che si era messa a scarabocchiare su un pezzo di pergamena, incurante della predica che tanto non la riguardava, si raddrizzò e tese meglio l’orecchio, chiaramente interessata. Ore in più da passare su Pozioni? Finalmente una bella notizia! 
“Ora vi dividerò in coppie, e ogni binomio dovrà decidere in autonomia quale pozione sottoporre al mio giudizio, ovviamente tra quelle di livello G.U.F.O. Dovrete cercare gli ingredienti e prepararla, ma anche fare delle ricerche a proposito di effetti e usi di suddetta pozione, consegnandomi almeno 60 centimetri di rotolo di pergamena. Avrete un mese di tempo. Se qualcosa non è chiaro, preparatevi ad una T.” 
Finita la spiegazione, Piton passò a indicare le coppie. 
“Rogers, Evans, non pensateci neanche a poter lavorare con Hill e Forbes, una è ad un livello che non raggiungerete mai e l’altra seppure mediocre potrebbe aiutarvi troppo. No, non voglio addossare la vostra assoluta incompetenza a nessun altro, ne sarebbero tutti troppo penalizzati: starete insieme. Spostatevi al tavolo vicino alla mia cattedra, voglio tenervi d’occhio. Forbes, Hill... potete raggiungere rispettivamente Bennett e Anderson. La signorina “so-tutto-io” andrà più che bene con l’arroganza infondata del signor Bennett. Per quanto riguarda la signorina Hill... il signor Anderson non sembra completamente privo di intelletto, ma viene da una scuola che non ha me come insegnante di Pozioni, basti dire questo. Lo aiuti a mettersi in pari con il livello minimo da me richiesto.” 
Piton continuò con le suddivisioni e Abby non poté resistere a prendere in giro Sophie, divertita: la poveretta avrebbe dovuto lavorare con Thano. Mentre si dirigevano verso i due Corvonero però, Abby si chiese se in fondo le fosse andata tanto meglio: era dal giorno dei provini di quidditch che ignorava Luke, e avrebbe preferito continuare a farlo. Non che il ragazzo fosse sembrato intenzionato a ritrattarla male senza motivo o l’avesse guardata con astio durante le numerose lezioni che erano costretti a seguire insieme. Abby non gliene aveva dato modo: anche agli allenamenti settimanali di quidditch dedicati solo ai quattro cercatori si era ben guardata dal rivolgergli lo sguardo fosse anche solo per il minimo saluto. Per quanto riguardava la ragazza, Luke Anderson non doveva nemmeno esistere, ed era molto più facile così. Perché ogni volta che ci aveva a che fare, quando anche solo pensava a lui, tutto diventava così complicato e confuso, e le sembrava di provare sentimenti contrastanti e di un'intensità mai provata prima, sentimenti che non riusciva a capire. 
Abby si avvicinò al tavolo del ragazzo pronta a essere trattata in maniera sgarbata. Luke, invece, spostò le sue cose per farle spazio e la invitò ad accomodarsi senza alcuna ombra di freddezza. Al contrario, le sorrise. "Sono contento che Piton mi abbia messo in coppia con te" le disse "ho visto quanto sei brava in Pozioni, sicuramente grazie a te riuscirò a mettermi al passo, non potrei avere maestra migliore." 
Era sincero, e la guardava tranquillo e interessato. Abby si sentì presa in contropiede, non si era aspettata un complimento da parte sua, e non poteva negare che le facesse comunque piacere. Decise di concentrarsi sulla scelta della pozione, visto che mancava poco alla fine della lezione. 
"Se ti va possiamo buttare giù una lista di proposte in modo da decidere quale pozione fare" propose Abby, cercando di non apparire così in soggezione come stava cominciando a sentirsi. Quell'inaspettata gentilezza, unita all'improvvisa vicinanza del ragazzo che non riusciva a non trovare bello, non la facevano sentire completamente a suo agio. Allungò una mano per prendere il rotolo di pergamena davanti a lei, ma Luke aveva avuto la stessa idea e le loro mani si sfiorarono. "Scusami" disse subito il ragazzo, ritirando la sua "lascio scrivere te, sei tu il capo." Luke sembrava vagamente imbarazzato, ma non così dispiaciuto. 
Abby sentiva un formicolio strano nell'esatto punto in cui la pelle del ragazzo era entrata in contatto con la sua. 
Eccoli di ritorno, quei nuovi sentimenti a cui non sapeva ancora dare un nome. 
 


II  

Sophie stava sistemando le sue cose sul banco scuro, aveva portato tutto l'occorrente per la lezione di incantesimi: bacchetta, manuale, pergamena, piuma ed inchiostro. Aveva posizionato tutto alla perfezione davanti a sé e non vedeva l'ora di iniziare. Accanto a lei c'era Abigail che all'opposto di Sophie, aveva tutte le sue cose sparpagliate ed in disordine. 
"Vero che condividi con me il tuo manuale di incantesimi Sof?" chiese Abigail, facendo gli occhi dolci alla ragazza. 
"Come se avessi altra scelta... " disse Sophie prendendo il suo libro e mettendolo in mezzo tra le due, così che anche la sua amica potesse vedere. 
"Puoi sempre lasciarmelo, se ti dà fastidio guardare insieme a me" sbuffò Abigail. 
Aveva sempre la risposta pronta. 
"E tu puoi sempre ricordarti di portare quello che serve a lezione" disse Sophie che ancora non si capacitava di come la ragazza si dimenticasse l'occorrente tutte le volte. 
"Non mi serve se ci sei tu che mi dai tutto" disse ancora Abigail prima di vedere entrare il professor Vitious che salutò allegro i ragazzi. 
"Buongiorno ragazzi, oggi faremo alcune prove con un incantesimo che sicuramente avrete già sentito" disse il professore. Fece una pausa per sistemarsi i piccoli occhialini rotondi e continuò "Si tratta di un incantesimo offensivo che distrugge qualsiasi oggetto venga colpito... Qualcuno sa come si chiama?" 
Sophie che stava già prendendo appunti, alzò la mano come sempre, era ovvio che lei sapesse di cosa parlasse il professore. 
"Frank tu sai cos'è?" chiese Summer a bassa voce a Frank dandogli una gomitata. "E’ già tanto se so quale lezione stiamo seguendo" le rispose lui, appoggiando la testa sulle braccia incrociate sul banco e socchiudendo gli occhi. Summer scosse la testa e iniziò a scrivere. 
Sophie continuava ad avere la mano alzata e si guardava intorno. Abigail invece continuava a dondolarsi sulla sedia pensando agli affari suoi, probabilmente non aveva nemmeno sentito la domanda del professore ma tanto sapeva che a rispondere sarebbe stata Sophie come suo solito. In più era parecchio brava ad incantesimi e solitamente finiva prima di gran parte della classe quindi poco si preoccupava di fare attenzione. 
"Forbes lo dica lei" disse Vitious guardando Sophie che abbassò la mano e rispose orgogliosamente: "Bombarda!" 
"Bombarda" Abigail fece il verso a Sophie, storpiando la sua voce. Come in tutte le lezioni stava prendendo il giro l'amica per aver fatto la saputella e così si beccò una sua occhiataccia come risposta. 
"Un bombardamento? Dove?" chiese Frank preoccupato, appena sentì il nome dell’incantesimo pronunciato da Sophie. Ovviamente il ragazzo non stava seguendo ed era anche mezzo addormentato. Alzò velocemente la testa dal banco e guardò con gli occhi spalancati la sua amica. Summer scoppiò a ridere.  
"È il nome dell'incantesimo, si chiama bombarda..." disse lei scandendo bene l'ultima parola. Frank si calmò dopo le parole della vicina di banco e capì che era il caso di ascoltare cosa Vitious stesse dicendo. Si sporse verso Summer per vedere se avesse scritto qualcosa di importante sulla sua pergamena. 
"Esatto!" disse intanto il professore sorridendo a Sophie che aveva appena risposto correttamente. "Non è un incantesimo molto potente, quindi è sconsigliabile usarlo su grandi muri, pareti rocciose e bersagli troppo imponenti e robusti perché sarebbe inutile" iniziò a spiegare. 
Il professore descrisse poi cosa avrebbero dovuto fare in quelle ore e distribuì ad ognuno un piccolo cuscino che gli studenti avrebbero dovuto distruggere con un colpo di bacchetta. Come spiegò, la scelta del cuscino era stata fatta per evitare che qualcuno si potesse far male con i frantumi degli oggetti distrutti. Sarebbe stato sicuramente più soddisfacente disintegrare qualcosa di più grosso e massiccio ma era meglio per tutti evitare disguidi, soprattutto visto la presenza di Frank che era il primo a finire in situazioni spiacevoli. 
Sophie fremeva dalla voglia di cominciare, la lezione di incantesimi la appassionava sempre e le esercitazioni che venivano loro imposte le venivano perfettamente ogni volta. Era infatti molto orgogliosa quando poteva dare il massimo e ad avere ottimi risultati e lo era anche Vitious che si congratulava spesso per la sua bravura. 
"Dovete stare attenti, anche se può sembrare semplice non sempre va come previsto" disse il professore prima di dare il via all'esercitazione; si allontanò poi verso le ultime file a controllare il procedimento degli incantesimi. Non rimaneva mai troppo a lungo nelle prime file proprio perché sapeva che i ragazzi seduti all’inizio dell’aula raramente avevano bisogno del suo aiuto. 
Sophie prese in mano fiera la sua bacchetta e muovendola in direzione dell'oggetto che aveva davanti iniziò a dire a gran voce il nome dell'incantesimo, era sicuro che sarebbe riuscita al primo tentativo. Qualcosa però non andò nel verso giusto e il cuscino si spostò direttamente con forza sul volto di Abigail che iniziò quasi ad urlare dallo spavento.
"Ma che fai!??" Abigail iniziò a divincolarsi e a spostare il cuscino a suo posto davanti all'amica. 
Sophie era impallidita e aveva gli occhi spalancati, non le era mai successo di non riuscire al primo colpo. Era solita essere la prima tra tutti ad iniziare senza esitazione e la prima a riuscire alla perfezione. 
"Scusami... io non so cosa sia successo!!!" disse Sophie ancora stupita. Non riusciva a capacitarsi dell’accaduto e stava iniziando a preoccuparsi. 
Intanto Frank dietro di loro notò la strana scena e disse ad alta voce: "Giuro che io non c'entro nulla! Non ho neanche tirato fuori la bacchetta!" 
Alzò le mani per mostrare che non fosse lui il colpevole.  
"Frank... guarda che nessuno ti ha detto niente..." disse Summer confusa. 
"So già come vanno a finire qua le cose, gira e rigira finisce per essere sempre colpa mia" sentenziò Frank guardandosi attorno per vedere se qualcuno gli stesse puntando il dito contro. Nessuno però si era accorto di nulla, erano tutti troppo concentrati a svolgere il compito assegnato. 
Abigail era più sorpresa di Sophie nel vedere che l’incantesimo non fosse andato a buon fine, ma fece finta di nulla per non far preoccupare troppo l’amica che sembrava già abbastanza sconvolta di suo. Cercò di concentrarsi e provò anche lei a distruggere il cuscino che aveva di fronte e nel giro di pochi millesimi di secondi non ve n’era più traccia ma alcune piccole piume stavano volando nell’aria lentamente. Ci era riuscita alla grande senza troppa fatica. Fece spallucce e si girò in direzione dell’amica aspettando che riprovasse. 
Sophie la guardò speranzosa e tentò di nuovo. 
“Bombarda!” disse con convinzione roteando più lentamente la bacchetta e senza neanche accorgersene il cuscino aveva cambiato colore, era infatti ora di un giallo brillante ed accesso: il suo colore preferito. Cosa diavolo stava succedendo? Abigail se ne accorse e la guardò perplessa, posando la sua bacchetta sul banco. 
“Cosa stai combinando Sof?” chiese la ragazza, puntando gli occhi sull’oggetto colorato che Sophie aveva ora tra le mani. Sophie stava sudando freddo, era preoccupata e incredula. Si passò una mano tra i capelli continuando a fissare con la bocca aperta e la fronte corrugata il giallo del cuscino che poco prima era di un bianco spento. 
“Non ne ho la minima idea… i-io” iniziò Sophie “io ho fatto solo quello che ha detto il professore!” 
Riposò il cuscino e si decise a riprovare ancora una volta, fortunatamente il professor Vitious era in fondo all’aula per aiutare due studenti e non aveva notato nulla. Sarebbe stato troppo demoralizzante vedere la reazione del professore da cui era tanto ammirata, le bastavano le occhiate stranite di Abigail e quelle dei suoi due amici Tassorosso dietro di lei. 
Era assurdo, aveva già usato quell’incantesimo prima e non aveva avuto nessun minimo problema. 
“Stai bene?” le chiese ancora Abigail angosciata per l’amica. 
“NON CAPISCO!” disse Sophie sempre più innervosita dalla situazione. 
“Beh vedi il lato positivo… quel cuscino potremmo portarlo nella Sala Comune dei Tassorosso, starebbe benissimo” disse divertita Summer, cercando di sdrammatizzare. Sophie fece un mezzo sorriso ma continuava ad essere visivamente scioccata. Era difficile per tutti trattenere una risata. La ragazza si legò i capelli in una coda alta e si tirò su le maniche per riprovare un’altra volta, non si sarebbe data per vinta facilmente. 
“BOMBARDA!” gridò contro il cuscino ma anche questa volta non funzionò come avrebbe dovuto. Invece di finire in mille pezzi si trasformò in una minuscola cavalletta verdognola che iniziò a saltellarle attorno. 
“Oddio!” urlò Sophie mezza disgustata e mezza preoccupata per quello che le stava succedendo. La cavalletta, intanto, si muoveva velocemente e saltellava a destra e a sinistra vicino alle due ragazze. Sophie era paralizzata, sia per il ribrezzo nel vedere quell’insetto che le stava girando attorno, sia per la figura che stava facendo. 
Abigail, cercando di aiutare l’amica visibilmente sconvolta, si alzò in piedi e tenendo fermo il piccolo animaletto pronunciò un nuovo incantesimo muovendo lentamente la bacchetta e in fretta questo tornò ad essere un cuscino bianco che finì addosso a Sophie. Alcuni si girarono curiosi di vedere perché ci fosse tutto quel trambusto nei banchi davanti ma stava succedendo tutto così rapidamente che solo pochi riuscirono a scorgere la cavalletta che si muoveva all’impazzata. In più erano abituati a sentire urla e fracasso nella fila dove Frank era solitamente seduto quindi nessuno si spaventò più di tanto. 
“Oddio grazie” disse Sophie all’amica che le aveva salvato la pelle. Sophie era troppo sconvolta per pensare a come risolvere la situazione e se non fosse stato per Abigail la cavalletta sarebbe finita chissà dove, e forse si sarebbero anche fatte beccare dal professore. Le due ragazze si girarono per vedere se avesse notato qualcosa ma fortunatamente era di spalle che spiegava qualcosa ad un Serpeverde nell’ultima fila. 
“Mi spieghi cosa sta succedendo!?” chiese Abigail che proprio non era abituata a vedere Sophie fare così tanti errori nel giro di pochi minuti, anzi non era proprio abituata a vederla fare errori in generale. Era solita vederla annoiata per essere riuscita subito a svolgere i compiti assegnati e vederla così sconvolta era fuori dal normale. 
“Non lo so…” disse sconsolata, posando stremata la testa sul cuscino. Era rossa in volto e spettinata. Si alzò di scatto quando capì di chi fosse la colpa, come aveva fatto a non pensarci prima... 
“Sei stata tu? Lo stai facendo apposta?” chiese quasi infuriata ad Abigail, pensando fosse lei la colpevole. Abigail ogni tanto infatti si divertiva a farle degli scherzi innocui durante le lezioni e chi meglio di lei avrebbe potuto attuare un piano simile? 
“Scusa? Che c’entro ora io?” chiese Abigail guardando la sua compagna ancora più confusa di prima. 
“Non sei tu a farmi sbagliare così?” le chiese ancora sperando in una risposta affermativa, la stava quasi pregando di dire di sì. L’ansia iniziava a mangiarle lo stomaco perché tutto quello che stava avvenendo non aveva alcun senso. 
“NO! Okay che avrei potuto essere io… ma no, non sono stata io! Se ti ho pure aiutato…” disse Abigail, facendole una smorfia contrariata. 
“Scusami… non volevo incolpare te ma proprio non capisco…” 
Un’altra idea le balenò in testa e si girò per fissare Frank che rideva sotto i baffi, con una mano davanti alla bocca. Non appena vide che la ragazza lo stava guardando si fece serio e iniziò: “Non guardare me! È già tanto se sono riuscito a fare il mio di incantesimo!” 
Frank non era un genio in quella lezione e sicuramente non avrebbe saputo a memoria tutte gli incantesimi che invece avevano colpito il suo povero cuscino. Stranamente però anche lui era riuscito al primo colpo senza fare una delle sue solite figuracce e questo di certo non aiutò a calmarla. 
“Non è che vi siete scambiati d’identità?” chiese Summer divertita dalla scena comica; anche se era dispiaciuta per Sophie che era sul punto di avere una crisi di nervi non poté fare a meno di ridere dopo aver sentito la risata contagiosa del suo amico Frank che cercava in tutti i modi di non dare nell’occhio. La situazione iniziò a peggiorare quando Sophie si rese conto che non solo Frank era riuscito e lei no ma anche che era quasi l’unica ad aver avuto problemi con quell’incantesimo così semplice. 
“Ci devo riuscire!” disse ad alta voce Sophie puntando ancora una volta gli occhi sull’oggetto bianco. “Bombarda!” continuò nervosa e stizzita, le stavano tremando le mani e il battito del cuore stava accelerando sempre di più. Non appena pronunciò la fatidica parola, il cuscino iniziò a prendere fuoco e il fumo iniziò a salire verso l’alto dell’aula. Sophie spalancò gli occhi come se avesse visto un enorme ragno davanti a sé e alla velocità della luce con un altro incantesimo riuscì a spegnere il fuoco e a terminare quella terribile scena. Non sapeva neanche lei come le fossero venute in mente le parole da pronunciare per spegnere un incendio ma poco le importava. Perché era riuscita con un incantesimo diverso e non con quello assegnato dal professore? 
I suoi amici erano sconvolti quanto lei ma Sophie stava per mettersi a piangere dal nervoso. 
“Avete visto!?” chiese Sophie senza parole. Non era mai successo niente di simile ed era sicura che ci fosse qualcosa sotto.
Iniziò a guardarsi attorno ma nessuno in quel momento stava guardando nella sua direzione, erano tutti troppo concentrati nella riuscita dell’esercitazione e solo pochi si accorsero di quello che stava succedendo in seconda fila; nessuno pensava che la studentessa modella stesse ora tentando di dar fuoco all’edificio. Era una scena estremamente comica e vedere Sophie con aria così spaventata rendeva il tutto ancora più comico da fuori. I suoi amici continuavano a guardarla preoccupati ma una risata qua e là scappava anche loro, essendo primi spettatori di una situazione così buffa. 
Una risata ovattata però catturò l’attenzione di Sophie. Sophie capì che chi stava ridendo non era all'interno dell'aula ma al di fuori della finestra, così si voltò verso di essa e intravide dei capelli biondi che Sophie riconobbe all'istante. Thomas? 
Il ragazzo aveva l’ora buca e aveva trovato un ottimo modo per passare il tempo, non era la prima volta che utilizzava le sue ore buche per infastidire la povera ragazza. 
Sophie non distolse lo sguardo finché non vide il suo volto divertito, lei lo guardò arrabbiata più che mai. Ecco chi gli stava facendo venire una crisi isterica, ecco chi era il colpevole di quelle scene terrificanti e comiche allo stesso tempo. 
Sophie avrebbe voluto dire ai suoi amici che non era lei che quel giorno stava impazzendo ma che era Thomas che si stava divertendo a farla sbagliare in quel modo così bizzarro. Thomas le sorrise e mise l'indice davanti alla bocca per ricordarle che non poteva dire niente a nessuno. Non sarebbe stato facile spiegare il motivo di quel dispetto da parte del migliore amico di Abigail quindi si sarebbe dovuta prendere lei tutta la colpa. Sophie lo guardò storto ma non appena vide Thomas mettersi a ridere, non riuscì a resistere e rilassata nello scoprire che c’era qualcuno dietro tutti quei pasticci, rise anche lei. 
Abigail fortunatamente era voltata, era stata distratta dalla voce di Frank che stava cercando di trovare una soluzione per tranquillizzare la ragazza che poco prima stava per strapparsi i capelli, la cosa più semplice sarebbe stata svolgere il compito al posto suo ma questo avrebbe fatto arrivare l’autostima della più brava della classe sotto le scarpe. 
Il panico di Sophie però ritornò quando sentì un rumore di passi e intuì subito che il professor Vitious stava giungendo nella sua direzione. Sophie guardò Thomas che stava cercando di nascondersi e gli fece segno che l'avrebbe ucciso muovendo la mano vicino al collo, il ragazzo mimò un "addio" ancora ridendo e scomparve dalla sua vita. 
"E ora come glielo spiego al professore?" domandò Sophie, attirando l’attenzione di Abigail che ora si voltò verso la ragazza. Sophie stava per mettersi a piangere pensando alla delusione del professor Vitious nel vedere che oltre al fatto che non era riuscita nell'incantesimo, aveva anche fatto prendere fuoco inavvertitamente il cuscino, spiegargli come ci fosse riuscita sarebbe stato ancora più complicato. 
Scosse la testa e cercò di riprendersi da quei pensieri, senza Thomas attorno non avrebbe dovuto avere alcun ostacolo a far funzionare l’incantesimo. Mosse quindi la bacchetta per un'ultima volta e finalmente il cuscino scomparve trasformandosi in piccole piume che ora stavano volando nell'aria. Si lasciò andare esausta sulla sedia, finalmente ce l'aveva fatta. 
Il professore la guardò stranito. "Tutto bene signorina Forbes?" disse accorgendosi che aveva svolto l'esercitazione per ultima e forse notando il suo sguardo perso. 
Sophie si ricompose all'istante "Si grazie... Oggi sono solo un po' stanca" azzardò tentando di essere più convincente possibile. 
“Come abbia fatto a non beccarti io non lo so…” disse Frank “a me basta respirare più forte per attirare la sua attenzione.” 
“Solo un po’ stanca… sapesse che ci hai quasi carbonizzato tutti” disse invece Abigail facendosi seria. 
“Ma non l’ho fatto apposta! Non so ancora cosa sia successo!” rispose Sophie ancora demoralizzata dal tremendo accaduto. Invece sapeva benissimo cosa fosse successo e stava odiando Thomas come non mai. Per quanto avrebbe continuato a tormentarla? 
“Ci mancava pure che avessi intenzione di darci fuoco” rise Abigail. Sophie sorrise ma era ancora troppo sconvolta, sembrava appena uscita da una casa degli orrori. 
“Mi immaginavo già in prima pagina sulla Gazzetta del Profeta: la più brillante studentessa di Hogwarts decide di incendiare l’intero edificio, indagati i suoi amici ignari di tutto” continuò Abigail muovendo le mani. 
Sophie le diede uno spintone “Ma che stai dicendo!?” disse, scuotendo la testa. 
“Te pareva che non finissimo nei guai pure noi” sentenziò Frank. 
“L’importante è che si sia risolto tutto” disse Summer, facendo segno a Frank di smetterla di dire frasi poco carine. Sophie era infatti ancora demoralizzata e non stava prendendo troppo bene le battutine degli amici. 
“Beh almeno abbiamo capito che sei normale” commentò ancora Abigail, scompigliando la ragazza che aveva vicino. “Ora però non farla tanto lunga e sorridi!” disse ancora mostrandole un enorme sorriso. 
Sophie finalmente rise e il professore riiniziò a spiegare. 
Non aveva mai faticato così tanto in una lezione in tutta la sua vita. 

***

Era presto arrivato l’intervallo e tutti i ragazzi si erano accalcati nei corridoi o nei giardini del castello per passare un po’ di tempo con i propri amici tra una lezione e l’altra. 
Thomas si diresse velocemente verso l’interno dell’edificio per incrociare Sophie durante la pausa, era anche un po’ dispiaciuto di averla vista così preoccupata dopo lo scherzo alla lezione di incantesimi, sapeva si sarebbe stupita ma non pensava avrebbe reagito così male. Il fatto di averla vista ridere però l’aveva tranquillizzato e ora non vedeva l’ora di rincontrarla. 
Tuttavia appena mise piede nel grosso corridoio una scena lo fece fermare di colpo. Rimase quasi impietrito alla vista di Sophie che chiacchierava con Edward che era appoggiato al muro a pochi centimetri da lei. Vide Sophie sorridere e spostarsi una ciocca di capelli dal viso. Che ci faceva Richardson così vicino alla sua Sophie? Il ricordo di quello che il ragazzo aveva detto ad Abigail pochi giorni prima gli rese tutto più chiaro: a Edward Richardson interessava Sophie. 
Se prima era difficile riuscire a convincere la ragazza di quello che provava per lui, ora con Richardson in mezzo, sarebbe stato il triplo più difficile. Era convinto di aver ottenuto qualcosa dopo averla fatta ingelosire nella Sala Comune e quella scena gli aveva confermato che Sophie provasse le stesse cose che provava lui ma ora era come se tutti i suoi sforzi non fossero serviti a nulla. Sophie stava riuscendo a farlo ingelosire senza nemmeno saperlo e questo non aiutava Thomas a superare la sua cotta colossale. 
Perché Sophie gli sorrideva in quel modo e perché Richardson era sempre più vicino? Thomas si stava maledicendo da solo per non aver parlato ad Abigail di quello che era successo al campo, forse a quest’ora non sarebbe finito in quella situazione e forse l’amica avrebbe approvato di vedere lui e Sophie insieme. Era geloso del fatto che non solo Abigail avesse accettato che ad Edward interessasse una sua amica, ma anzi si era proposta per mettere una buona parola. Era deluso dall’atteggiamento di Abigail, gli stava rovinando inconsapevolmente i piani. Ovviamente in cuor suo sapeva che lei non ne poteva nulla ma tutta quella situazione lo stava facendo impazzire e ogni minima cosa lo mandava su di giri. 
Continuava a guardare da lontano i due ragazzi che parlavano con tranquillità e il nervoso gli saliva a vista d’occhio. Voleva così tanto poter essere al posto di Richardson e poter parlare con Sophie senza paura di essere visto, voleva così tanto avere l’appoggio della sua migliore amica. 
Si allontanò furioso, non poteva sopportare a lungo quella scena e se si fosse avvicinato avrebbe potuto dire o fare cose spiacevoli. 
Sophie era affianco alla porta della lezione che aveva appena finito; aveva le braccia incrociate ed era appoggiata al muro, immersa nei suoi pensieri. Non riusciva a smettere di pensare a cosa si fosse inventato Thomas per attirare la sua attenzione, se da una parte era innervosita dall’altra ne era divertita. Era comico come ogni giorno inventasse scuse nuove per darle fastidio o anche solo per starle attorno. Non era facile dimenticarsi di lui visto che lo vedeva ogni santo giorno con una scusa diversa. Si sentì anche stupida per non aver pensato che ci fosse lui dietro a quegli strani avvenimenti durante la lezione precedente. Nonostante continuasse a dire al ragazzo di smetterla, dentro di lei apprezzava tutti i suoi tentativi di farle ammettere cosa provasse. Proprio non sapeva come evitarlo e non aveva alcuna idea su come potesse toglierselo dalla mente perché anche se si sforzava non riusciva ad essergli indifferente.      
“Ehi Sophie!” Sophie si girò di scatto ed Edward con un sorriso smagliante le si parò davanti. I capelli neri le coprivano una piccola parte della fronte e gli occhi marroni erano puntati verso Sophie che sorrise di rimando. 
“Ehi!” disse Sophie “Se stai cercando Abby è in bagno ma tra pochi minuti sarà qui…” continuò pensando che il ragazzo davanti a lei stesse cercando la sua amica. Passavano infatti molto tempo insieme e più volte capitava che Edward si fermasse a chiacchierare con Abigail nei momenti di pausa. Erano molto legati, certo non come fossero fratelli come con Thomas, ma sicuramente si potevano definire migliori amici; si confidavano qualunque cosa e si aiutavano in ogni occasione; passavano poi ore assieme nella Sala Comune e agli allenamenti di Quidditch. 
“In realtà…” disse Edward, facendo una pausa “sono venuto a salutare te”. 
Edward nonostante fosse ammirato da numerose ragazze ad Hogwarts non aveva la pessima reputazione di James. Non era solito fare il cascamorto con tutte le ragazze che incontrava e questo lo rendeva ancora più irraggiungibile di James. Non era facile in gusti di ragazze e conquistarlo non era così semplice come poteva sembrare. Ovviamente ne aveva avute di fidanzate ma non ne cambiava spesso, non gli piaceva illudere o far soffrire chi gli girava attorno. 
Sophie rimase sorpresa dalla frase di Edward, proprio non se lo spettava. Non sapeva neanche cosa rispondere.  
“Oh…” iniziò; “Come è andata lezione?” chiese intimidita, cercando di non mostrare che fosse rimasta colpita da quello che aveva detto. 
“Bene! Avevo Erbologia ma seguire la lezione della Sprite mi diverte sempre… tu cosa avevi?” chiese Edward, continuando a guardarla interessato. 
“Io incantesimi… ma oggi sono stata un disastro” disse Sophie, il ricordo di quello che era successo a lezione le aveva fatto cambiare umore. Non poteva sicuramente dire che era per colpa di Thomas che era andata così male in ogni incantesimo che cercava di fare. 
“Capita a tutti di avere giornate no” disse Edward, cercando di tirarle su il morale. Aveva subito notato che qualcosa non andasse ma non voleva fare il ficcanaso chiedendole se ci fosse qualcosa che la disturbava. Non avevano così tanta confidenza e non voleva essere inopportuno. 
“Forse ti sembrerà stupido cambiare umore per queste cose” disse Sophie. Lei dal canto suo non voleva sembrare la solita secchiona che se la prende per cose banali. Era abituata alle battutine di Abigail e non voleva riceverne anche da Edward. 
“Figurati, io sono anche peggio quando non riesco a fare qualcosa” disse Edward. Non aveva mentito tanto per far colpo sulla ragazza, era davvero così. Tutte le volte che non riusciva a dare il meglio in qualcosa si ritrovava ad essere silenzioso e nervoso per il resto della giornata e Abigail questo lo sapeva bene perché era lei che doveva sopportarlo nei suoi momenti no. 
“Mi rincuora pensare che non sono la sola” disse Sophie, sorridendo. Quel ragazzo la stava sorprendendo sempre di più. Nonostante fossero spesso insieme in quanto amico di Abigail, non avevamo mai chiacchierato così da soli. Sapeva che eccelleva in tutte le materie ma non aveva mai pensato che potesse essere simile a lei. 
“Cosa leggi?” chiese Edward, cambiando discorso. Aveva notato il libro che si intravedeva dalla borsa. 
“Windy fall” disse Sophie, tirandolo fuori dalla tracolla e porgendoglielo. 
“Bello! L’ho letto anch’io anni fa…” esclamò Edward, prendendole il libro che Sophie gli stava porgendo. 
“Davvero? Non pensavo che…” disse Sophie ma venne interrotta dalle parole di Edward. 
“Sapessi leggere?” scherzò il ragazzo ridandole il libro. Sophie rise e pensò a quanto fosse piacevole parlare con lui. Era socievole e simpatico. 
“No… non pensavo ti piacesse leggere” disse Sophie ancora divertita “Sono abituata ad Abby che potesse mi vieterebbe di entrare in biblioteca, a quanto dice sto più tempo a leggere che con lei” continuò posando nuovamente il libro a suo posto. 
“Secondo me invece è bello che ti piaccia così leggere… poi anche io sto spesso in biblioteca” disse Edward. Anche lui pensò quanto si stesse trovando bene con Sophie, le veniva spontaneo parlare di qualsiasi cosa e non si sentiva in dovere di dover dire la cosa giusta. Tuttavia da quando si era reso conto di provare interesse nei suoi confronti era più nervoso nello starle vicino a parlarle e sperava che non si notasse troppo. Voleva conoscerla meglio. 
“Abbiamo più cose in comune di quanto pensassi” disse Sophie sorpresa. 
“Già” disse Edward. “Che lezione hai dopo?” chiese poi, notando come tutti i ragazzi nel corridoio si stessere spostando dalle aule per andare altrove. 
“Trasfigurazione… non vedo l’ora che finisca questa giornata, l’unica cosa positiva è che dopo posso andare in…” Sophie non fece in tempo a finire la frase che Edward lo fece al posto suo.
“Biblioteca?” chiese lui divertito. 
“Esatto… meglio se riguardo gli incantesimi che non mi sono venuti oggi prima di fare un’altra figuraccia” rispose la ragazza. Proprio non le andava giù che non fosse riuscita a lezione. Anche se sapeva che la colpa era solamente di Thomas e che lei non ne poteva niente, non voleva arrivare impreparata nuovamente alla prossima lezione. Il sorriso di Thomas si intrufolò nei suoi pensieri, doveva assolutamente dimenticarlo. 
“Se vuoi posso venire con te e darti una mano…” propose Edward. “Sono un asso negli incantesimi!” continuò con un mezzo sorriso sul volto. 
“Dici davvero? Volentieri!” disse Sophie. Ogni minuto che passava Edward riusciva a sorprenderla. Aveva sempre avuto una buona opinione su di lui, non aveva l’aveva mai sentito dire una parola di troppo o cattiverie su qualcuno ma non aveva mai fatto caso a quanto fosse piacevole parlare con lui. 
Avevano anche moltissime cose in comune e le aveva fatto piacere scoprire che anche a lui piacesse leggere o che stava spesso in biblioteca. Possibile che quel ragazzo non avesse neanche un difetto? Era bello, gentile ed altruista, studioso e al tempo stesso sportivo. Non l’aveva mai notato davvero eppure lo conosceva da anni. 
“Certo, mi fa piacere stare un po’ con te” azzardò Edward. I due ragazzi si guardarono intimiditi finché pochi secondi dopo non videro Abigail che li stava raggiungendo. 
Sophie rimase piacevolmente colpita, quella giornata la stava sorprendendo ora dopo ora. Dopo quella breve chiacchierata avrebbe iniziato a guardare Edward con occhi diversi. 

 
III 

Summer si stava stancamente trascinando verso le cucine, per raggiungere la propria sala comune. Le ultime due settimane erano state per lei fortemente stressanti e si sentiva al limite della sopportazione. Le lezioni si erano dimostrate ben più ardue e complesse degli anni precedenti: i Professori erano diventati più esigenti e in classe venivano trattati argomenti complicati che richiedevano una concentrazione continua. Poi, come se non bastassero le lezioni lunghe e sfiancanti, i Professori ritenevano anche necessario rifilare una quantità inimmaginabile di compiti, costringendo così tutti gli studenti del quinto anno a stare ore e ore chini su pergamene, appunti e libri. 
Summer trovava estremamente difficile conciliare lo studio con gli altri impegni: non era fondamentale fare solo i compiti, doveva anche trovare il tempo per mangiare, dormire, avere una quantomeno decente vita sociale, e soprattutto andare agli incontri del coro. Non che per lei fosse un impegno di vitale importanza, ma purtroppo per colpa di Frank era rimasta incastrata in questa attività che le rubava due pomeriggi a settimana. Oltre al fatto che ormai da anni stava sprecando del tempo dietro ad un’attività che non le piaceva, il coro le generava una forte ansia, con cui era difficile convivere. Summer odiava stare al centro dell’attenzione, e avrebbe fatto qualsiasi cosa pur di non doversi trovare a cantare di fronte all’intera scuola sorreggendo un rospo con una mano. Le ore che precedevano gli incontri del coro erano per lei momenti di forte tensione, avrebbe fatto di tutto pur di non doverci andare più.  Però ormai ci era dentro fino al collo, e non poteva più tirarsi indietro. Frank ci teneva molto, e lei da buona amica qual era spesso finiva per lasciarsi trascinare in cose che non voleva fare. Come avrebbe potuto poi deludere il Professor Vitious?  Ogni volta che qualcuno lasciava il suo coro egli rimaneva sempre così dispiaciuto, e ovviamente Summer piuttosto di vedere una persona delusa per colpa sua avrebbe preferito farsi tranciare un braccio. 
Senza dimenticare il fatto che Summer non praticava nessun’altra attività extra scolastica, e quei crediti in più erano dunque per lei fondamentali, soprattutto nell’anno dei G.U.F.O. 
Ovviamente vedersi sottrarre del tempo prezioso da un’attività che non solo non le piaceva, ma che addirittura le generava ansia e disagio, la faceva sentire come se avesse sempre l’acqua alla gola.  
Per non dimenticare poi i suoi doveri da prefetto...  
Com’è possibile che solo io mi senta così? Infondo anche le altre si trovano nella mia stessa situazione!, pensava Summer dentro di sé. Ma la ragazza era anche consapevole del fatto che Sophie era in grado di organizzare in modo maniacale il proprio tempo, quindi sicuramente non aveva problemi nel far conciliare lo studio con il resto dei suoi impegni, per non dimenticare poi il fatto che il suo talento da studentessa modello le permetteva di finire i compiti in breve tempo. 
Per quanto riguardava Abby poi, certo il quidditch le toglieva molto tempo, ma era un’attività che lei amava, quindi non aveva problemi a fare i compiti a notte fonda pur di poter andare agli allenamenti.
Sai qual è il tuo problema principale..., iniziò a dire una vocina nella testa di Summer, che lei aveva tentato inutilmente di reprimere ogni giorno in quelle ultime due settimane. 
Summer poteva cercare di ignorare la realtà, ma sicuramente non poteva sfuggirle.  A peggiorare infatti la situazione ormai satura di impegni e doversi scolastici, c’era infatti Alex e il ricordo del modo in cui l’aveva trattata.  
Era estremamente difficile convivere con questa sensazione di tristezza perenne, che la perseguitava ovunque andasse. Quando le sembrava di stare meglio, improvvisamente ricominciava a rimuginare circa il discorso dell’amico Alex, ed ecco che le sembrava di tornare a quel giorno, lo stomaco le si rivoltava e gli occhi le si riempivano di lacrime. Questo pensiero la distraeva e le impediva di concentrarsi sui compiti e sulle lezioni come avrebbe voluto. 
Per non parlare poi di quanto fosse difficile, se non impossibile, evitare il ragazzo. Summer cercava di far di tutto pur di non doverlo vedere, ma purtroppo sebbene la scuola fosse grande condividevano la stessa sala comune, e poi non poteva (purtroppo) nascondersi sotto un mantello dell’invisibilità durante i pasti nella Sala Grande. 
Detestava il fatto che ogni volta che incontrava Alex, il ragazzo le puntava addosso gli occhi, con l’espressione dispiaciuta di un cane bastonato, come se provasse pena per lei. 
Sono io che provo pena per te razza di stupido deficiente, si ripeteva lei ogni volta.  
Ma la cosa ancora più esilarante era che Alex non solo sembrava non aver compreso il modo in cui aveva ferito la ragazza, ma addirittura cercava di avvicinarsi a lei, offrendo il suo aiuto per le più svariate cose. Pochi giorni prima per esempio Summer, nel vano tentativo di correre via dall’aula di Storia della Magia in modo da evitare il ragazzo che avrebbe avuto lezione lì subito dopo, aveva velocemente preso libri e calamaio in mano senza metterli in borsa. Ovviamente nella furia del momento Sum era inciampata nel corridoio rovesciando tutto a terra. Alex, arrivato proprio in quell’istante, si era offerto di aiutarla a raccogliere tutto, ma lei lo aveva malamente cacciato via. Oppure, la settimana prima, il buon samaritano Alex era corso in aiuto di Summer per proteggerla da Pix, che stava lanciando inchiostro addosso a tutti quelli che cercavano di passare nel corridoio del secondo piano. Summer aveva preferito vedersi svuotare un’intera boccetta di inchiostro dal poltergeist piuttosto che accettare il tentativo di aiuto del ragazzo.   
Summer non ne poteva più, detestava questi suoi tentativi di essere gentile con lei dopo come si era comportato. Non aveva bisogno della sua pietà, tantomeno della sua amicizia. Anzi, questo suo far finta di nulla la feriva ancora di più, perché dimostrava quanto lui poco rispettasse il dolore della ragazza. 
Immersa in questi pensieri, Summer aveva raggiunto la propria sala comune, dove trovò Frank seduto ad un tavolo che la stava aspettando per fare i compiti.  
Summer salutò l’amico e si sedette di fronte a lui, e sospirando disse: “Allora con cosa iniziamo? Se ci sbrighiamo dovremmo finire prima di cena, il che sarebbe la prima volta in due settimane.” 
“Direi che possiamo iniziare dalla cosa più lunga, il tracciamento del movimento orbitale della Luna di questo mese che dobbiamo fare per astronomia” disse Frank mestamente, tirando fuori una pergamena dalla borsa. 
“Che schifo...” disse tristemente Summer, cercando anche lei un foglio di pergamena nuovo. 
I due iniziarono a darsi da fare, ma il compito si stava dimostrando più difficile del previsto.  
“No così non va” diceva Frank tra sé e sé “non credo sia corretto, Summer?” 
Summer spostò lo sguardo sulla pergamena dell’amico, assumendo un’espressione mista tra il confuso e il disperato: “Non ne ho idea, non so come aiutarti ne capisco meno che te! Qui non c’è Venere scusa?” 
“No c’è Marte, o no?” rispose Frank. 
Summer tornò a guardare la propria mappa, e ridendo disse: “Scherzo, qui ho addirittura segnato Urano pensa te, però forse c’è un satellite della Luna sai? E la Luna dovrebbe fare un movimento in questa direzione!” 
Summer tentò di simulare il movimento orbitale con il dito, ma nel vedere lo sguardo ancora più confuso di Frank, sbuffò e disperata si mise le mani fra i capelli. “Non lo so non ci capisco niente, sono stanca e questa roba non ha alcun senso” 
“Potremmo chiedere a Sophie se domani ci fa copiare” azzardò Frank speranzoso. 
Summer abbozzò un sorriso. “Dubito che ti farà copiare considerando il fatto che lo scorso mercoledì sera ti ha rimproverato per esserti addormentato durante la lezione all’osservatorio.” 
“L’orbita della Luna vero? Beh se posso darvi un consiglio, il moto di rotazione della Luna è il movimento che compie intorno all'asse lunare nello stesso senso della rotazione terrestre, da Ovest verso Est, con una velocità angolare di 13° al giorno” disse una voce alle spalle di Summer, che purtroppo lei riconobbe in fretta. 
Alex. 
Frank assunse uno sguardo speranzoso, dimenticandosi del fatto che quel ragazzo fosse colui che aveva spezzato il cuore della sua migliore amica. 
“Guardate vi faccio vedere” proseguì il ragazzo tentando di prendere la piuma dalle mani di Summer ma lei si spostò velocemente. 
“Non ho bisogno del tuo aiuto, nel caso non te ne fossi accorto” disse lei acidamente (Wow sembro Abby, mi sta facendo il lavaggio del cervello quella ragazza.)  
“Beh a me sembra di sì, stai facendo orbitare la Luna al contrario, per non parlare del fatto che tu e Frank avete sbagliato la posizione di tutti i pianeti...” provò a dire lui abbozzando un sorriso. 
“Aaaah ora è più chiaro effettivamente...” disse Frank, zittendosi subito nel vedere lo sguardo gelido con cui l’amica l’aveva appena fulminato. 
“I nostri compiti non sono affari tuoi” riprese Summer con voce piatta, senza guardare negli occhi il ragazzo che le stava vicino. Troppo vicino. 
“Io volevo solo essere gentile...” provò a dire Alex, ma fu subito interrotto da Summer, che scoppiò in una risata finta e forzata. 
“Ah-ah-ah hai sentito Frank? Vuole essere gentile! Ah-Ah-ah!” 
Frank guardò confuso l’amica, e finse di ridere pure lui, non capendo la situazione. 
“Non ho bisogno della tua gentilezza Alex, non ho bisogno della tua pena o, soprattutto, della tua amicizia. Ora se non ti dispiace, io e Frank abbiamo da fare, quindi vai a salvare qualche animale indifeso o ad aiutare qualche pulzella in pericolo da un’altra parte” disse Summer gelida, voltandosi poi di nuovo verso la cartina. 
Alex rimase un momento interdetto accanto alla ragazza, per poi provare a dire: “Summer io...”
“SPARISCI!” tuonò Summer, alzando così tanto il tono della voce che parecchie persone nella sala comune si voltarono nella loro direzione. 
Summer sentì gli occhi di Alex puntati su di lei, percepì la delusione del ragazzo. E ad essere sincera, gioì nel comprendere che ci era rimasto male. 
Alex si allontanò senza proferire una parola, e Summer tornò a scarabocchiare sulla sua pergamena, premendo la punta della piuma con così tanta forza da spezzarla. 
“Summer” disse Frank “sei stata grande, ma forse era la nostra ultima possibilità per evitare una T domani ad Astronomia...” 
“Oh ma tu qualche volta sai stare zitto?” sbottò Summer visibilmente innervosita dalla conversazione appena avuta e dall’atteggiamento di Frank. “Sai cosa? Mi sono stufata, ho sonno vado a dormire”. 
Detto questo Summer si alzò, prese la sua pasticciata mappa di astronomia e la buttò nel fuoco che ardeva nel camino, per poi andarsene velocemente verso il dormitorio, senza aggiungere alcuna parola.  

***

Summer e Frank era al limitare della foresta proibita, immobili. 
“Che facciamo? Entriamo?” chiese Summer, visibilmente impaurita. 
“Non c’è altra soluzione!” disse Frank con la voce tremante. “Dubito che troveremo del biancospino e dello sciroppo di Elleboro altrove... a meno che non rubiamo gli ingredienti dalla riserva di Piton!” 
Summer rise nervosamente. “Non so se sia peggio perderci nella foresta proibita o essere puniti da Piton sinceramente... “ 
I due amici si lanciarono un ultimo sguardo a vicenda, e dopo essersi fatti coraggio entrarono nella foresta. Non era la prima volta che ci andavanp, in alcune occasioni avevano avuto modo di esplorare quei luoghi. Talvolta Hagrid vi portava gli studenti per mostrare loro qualche nuovo esemplare di creatura magica, e durante alcune lezioni di Erbologia la Professoressa Sprite li aveva accompagnati all’interno della Foresta per vedere qualche particolare tipologia di pianta rara. 
Ma Frank e Summer non vi erano mai andati da soli, avevano paura di perdersi (a causa del loro pessimo senso dell’orientamento) e in generale erano terrorizzati da quel luogo, pieno di piante e creature sconosciute. 
Se si chiama Proibita ci sarà un motivo” era il loro motto. 
“Allora” disse Frank mentre si addentravano nella fitta foresta “cosa iniziamo a cercare?” 
Summer si sentiva profondamente a disagio, la fitta radura faceva filtrare a fatica i raggi del sole, tanto che stava iniziando a diventare leggermente buio, cosa che a lei non piaceva proprio. 
“Boh non lo so” rispose la ragazza fermandosi accanto ad un’enorme e profonda pozza d’acqua paludosa.  
“Forse qui possiamo trovare delle giunchiglie strombazzanti?” propose. 
“Non ho idea di dove si trovino” disse Frank sollevando le spalle e continuando a guardarsi attorno, la mano stretta attorno alla bacchetta in modo da potersi prontamente difendere da un eventuale attacco di una famelica creatura mostruosa. 
“Senti Frank, dobbiamo assolutamente prendere un buon voto, è la nostra unica occasione... forse insieme riusciremo a strappare una sufficienza a Piton! Dobbiamo impegnarci” disse Summer. 
“Io lo odio, odio lui e la sua stupida materia, non ci capisco nulla! E ora devo star qui in questa tremenda foresta a cercare schifosi ingredienti per prendere un altro zero!” piagnucolò Frank. 
“E dopo il brutto voto che abbiamo preso l’altro giorno in astronomia non possiamo permettercelo...” proseguì Summer. 
“A proposito di astronomia” intervenne Frank “mi dispiace per l’altra sera... sai, con Alex! Mi sono fatto prendere dall’entusiasmo di ricevere un aiuto divino e non ho considerato i tuoi sentimenti.” 
Summer fece spallucce, e serenamente disse: “Tranquillo Frank, anche io ero un po’ agitata e ti ho risposto male! Ora cerchiamo quello che ci serve e andiamocene alla svelta da qui!” 
I due si misero alla ricerca degli ingredienti, Frank vicino alla pozza paludosa in cerca di giunchiglie strombazzanti (Che poi cosa sono esattamente le giunchiglie strombazzanti?, si chiedeva lui), e Summer inchinata poco più lontano accanto ad un cespuglio ravanando qua e là per trovare foglie di valeriana. 
“Sai Frank, nel caso improbabile in cui dovessimo riuscire a fare una decente pozione della Pace, potremmo berne un po’! Aiuta ad alleviare lo stress e dona serenità sai? Penso che ne abbiamo proprio bisog-”
Ma prima che Summer potesse finire la frase, sentì un grido e qualcosa che volava dentro l’acqua. 
Si voltò di scatto e vide Frank che si divincolava all’interno della pozza paludosa, pieno di fango e di una sostanza verdognola e maleodorante. 
“Aiutami Sum!” urlava Frank, che con difficoltà cercava di tenere la testa fuori dall’acqua malsana. 
Summer corse velocemente verso l’amico, totalmente impanicata. 
“Cosa faccio?” disse Summer guardandosi attorno in preda al panico.  
“Non lo so ma fai qualcosa!” urlò Frank sputando il fango che gli era finito in bocca. 
Summer raccolse un lungo ramo caduto a terra, e tenendolo da un’estremità lo spinse verso Frank. 
“Afferralo!” gridò Summer. 
Frank prese l’altra estremità del ramo, ma lo tirò a sé con troppa forza, tanto da far cadere anche Summer dentro la pozza. 
Per fortuna Summer non finì in profondità, riuscì così a rialzarsi e a tirare in salvo l’amico. 
“Ma si può sapere che stavi facendo?” sbraitò Summer una volta al sicuro lontano da quella paludosa poltiglia. Erano coperti di fango e di quella che sembrava essere puzzolinfa dalla testa ai piedi. 
“Non lo so... mi sono sporto un po’ in avanti per vedere meglio ma sono volato dentro la pozzanghera, scusami” disse lui. 
I due si guardarono sconsolati, se avevamo così tante difficoltà nel trovare dei semplici ingredienti figuriamoci nel realizzare la pozione vera e propria. 
“Va beh, proviamo a cercare del tiglio, dubito che potremmo farci del male!” disse Summer. 
Si alzarono e iniziarono a girare qua e là, sulle tracce di un tiglio che però sembrava non esistere.  
Mentre guardavano tra un cespuglio e l’altro sentirono delle voci, provenire da poco più in là. Summer e Frank spostarono dei rami, e videro che a qualche metro da loro c’erano Thano e Sophie, anche loro in cerca degli ingredienti per la loro pozione. 
Frank soffocò una risata, e Summer gli diede una gomitata perché lui non si facesse sentire. Quello che stavano vedendo era assolutamente comico. 
Davanti ai loro occhi c’era Sophie, che stava accuratamente selezionando i fiori di una pianta a loro totalmente sconosciuta. La cosa divertente era ciò che c’era dietro di lei. 
O meglio, chi c’era dietro di lei. 
Thano infatti, con l’intento di farsi vedere dalla ragazza, aveva deciso di togliersi la camicia della divisa e aveva cominciato a girare con una canottiera tecnica gonfiando il petto. A quanto pareva aveva deciso di dedicarsi all’attività sportiva durante l’estate, che purtroppo però non aveva dato grandi risultati. Il suo fisico continuava a rimanere asciutto e privo di un qualsiasi accenno di muscoli. Ma evidentemente Thano era di tutt’altro avviso, visto che continua a pavoneggiarsi come se fosse un bronzo di Riace. 
“Cara Sophie, non trovi che faccia caldo oggi?” disse il ragazzo cercando di fare in modo che la ragazza lo guardasse, ma purtroppo la Grifondoro sembrava non dedicargli alcun tipo di attenzione. 
“Io trovo faccia un po’ freddo in realtà” disse Sophie, senza distogliere lo sguardo dai fiori, che evidentemente erano più interessanti del fisico striminzito di Thano (e come darle torto). 
“Si no hai- hai perfettamente ragione, mi sono sbagliato! Non fa caldo, anzi ho un po’ freddo! Voglio riscaldarmi un po’!” si corresse Thano, che corse subito verso il robusto ramo di un albero, vi si appese con le braccia e iniziò a fare delle trazioni. 
Col viso rosso e deformato dalla fatica, continuava a guardare Sophie, sbuffando rumorosamente perché lei si accorgesse della sua prestante performance atletica. 
“Ma cosa fa sto scemo?” sussurrò Summer. 
“Non lo so, ma è ridicolo! Sta a vedere ora...” disse Frank estraendo la bacchetta. 
Con un leggero movimento Frank lanciò un incantesimo, e il ramo su cui Thano si stava affaticando si spezzò all’improvviso, facendo cadere il ragazzo rovinosamente a terra. 
Frank e Summer scoppiarono a ridere, cercando di soffocare con la mano le loro risate. 
Sophie finalmente distolse lo sguardo dai fiori, e osservò Thano, che coricato per terra si massaggiava dolorante una spalla. 
“Quando hai finito di prendere il sole e ti decidi ad aiutarmi mi fai un favore sai? Voglio prendere il massimo dei voti hai capito?” disse Sophie fredda, per poi tornare ai suoi fiori. 
Thano guardò imbarazzato Sophie, ma con la coda dell’occhio vide due figure dietro alla fitta coltre di rami poco più in là. Spostò subito lo sguardo, e prima che le due figure sparissero di nuovo nella radura, Thano riconobbe dei corti capelli biondi e un ragazzo molto alto, che rideva con una mano a coprirgli la bocca. Non aveva dubbi su chi fossero. Chiaramente erano stati loro a farlo cadere, il ramo non si era spezzato da solo, era tagliato perfettamente. E solo un incantesimo poteva aver provocato quel taglio netto. 
“Questa me la pagate!” sussurrò Thano a denti stretti.  
 


IV 

Luke fece un movimento repentino e puntò con decisione la bacchetta contro Abby, negli occhi un gelido furore. Dalla bacchetta fuoriuscirono lunghe spine acuminate, nere come l'odio che si emanava ad onde dal corpo del ragazzo. Abby si preparò all'impatto, le sembrava di sentire già il dolore che le avrebbero inflitto quelle centinaia di spine conficcandosi a fondo nella sua pelle... ma le spine si fermarono a pochi centimetri dal suo viso. Stupita, Abby guardò la sua mano che si era alzata come da sola, producendo un sortilegio scudo d'istinto. Non era mai successo che fosse riuscita a difendersi prima, nemmeno a muoversi. Scagliò l'incantesimo una frazione di secondo prima che la sua mente prendesse la decisione: le spine, sospese a mezz'aria, si girarono di trecentosessanta gradi e si scagliarono contro il proprio creatore a velocità raddoppiata. Luke, che non si aspettava una contromossa, non fu abbastanza veloce e le spine lo trafissero su tutto il corpo, sul petto, sul viso... dalla bocca del ragazzo uscì un urlo bestiale, inumano. Senza che quasi muovesse la bacchetta, le spine sparirono, e lui fece un passo in avanti, minaccioso, inarrestabile. Gocce di sangue scivolavano dalle sue ferite, lasciando una scia di morte dietro di sé. Abby seppe inconsciamente che questa volta non sarebbe riuscita a reagire, il suo corpo era paralizzato, non era neanche più sicura di averne uno... la maledizione di Luke la colpì come un pugno, e immediatamente avvertì qualcosa contorcersi dentro al petto, lottando per uscire. Si sentiva lacerare dall'interno, c'erano artigli che graffiavano contro la sua pelle, diversi corpi che lottavano per farsi strada, spostandole e rompendole le costole. Abby cadde all'indietro sbatté con forza la testa e nello stesso istante la sua pelle si squarciò in due. Dallo stomaco fuori uscì uno stormo di piccioni sporchi di sangue che ora schizzava caldo dal corpo inerme della ragazza. I piccioni cominciarono a risalire zampettando verso il suo volto, aprendo e chiudendo i becchi ritmicamente, gli occhietti rossi sporgenti e famelici... 

La vera Abby si svegliò di soprassalto, al sicuro nel suo letto a baldacchino in cima alla torre di Grifondoro, una mano sulla bocca per soffocare l'urlo che non riusciva a ricacciare in gola. La stufa al centro della camera era accesa e emanava un piacevole caldo, eppure Abby si sentiva scossa da brividi gelati. Tremante e malferma sulle gambe, si diresse verso il bagno, cercando di non svegliare Sophie, profondamente addormentata, e vomitò. 
Le veniva da piangere. 
Riguadagnò il letto a fatica. L'orologio sul comodino di Sophie brillava alla luce della luna che entrava dalla finestra. Segnava le tre del mattino, il che voleva dire che era domenica 23 settembre. Abby scosse la testa. Il suo compleanno cominciava decisamente nel peggiore dei modi. 
Quando Abby si svegliò di nuovo, era sola nella stanza circolare inondata dal sole già alto in cielo. Il brontolio che arrivava dal suo stomaco la avvisò che mezzogiorno era già passato da un pezzo. Nonostante l'incubo notturno, si sentiva riposata e risanata. 
"Ben svegliata dormigliona, e BUON COMPLEANNO!" le gridò all'improvviso la voce di Sophie all'orecchio. La povera Abby per poco non cadde dal letto e, portatosi una mano al cuore per lo spavento, cercò la fonte di quella voce. Non era sola nella stanza? Sophie non era proprio piccolina, non poteva certo non averla vista... e infatti della ragazza non c'era traccia, ma guardandosi attorno Abby si accorse che un enorme palloncino blu galleggiava a mezz'aria accanto a lei. 
"Sorpresa!" riprese a parlare il palloncino-Sophie. "Ho pensato che il miglior regalo di compleanno fosse quello di lasciarti in pace a dormire per una volta tanto... sono a fare un giro con Anthony, ti ho portato qualcosa da mangiare dal pranzo." Abby vide in effetti che un vassoio stracolmo l'attendeva sul letto dell'amica. "Buon giro per la foresta, ci vediamo più tardi!" 
Giro nella foresta? Abby sgranò gli occhi di scatto, se ne stava per dimenticare! Lei e Luke si erano dati appuntamento per quel pomeriggio per andare a cercare alcuni degli ingredienti necessari alla loro pozione. Avevano già deciso cosa fare qualche giorno prima durante un'ora buca che avevano passato in biblioteca, ma con tutte le lezioni e i rispettivi impegni di quidditch i due non erano riusciti a trovare un momento libero che andasse bene ad entrambi prima di quella domenica pomeriggio. Mentre si affrettava a mangiare qualcosa e a prepararsi per non fare tardi, Abby ripensò all'ora spesa in biblioteca il martedì precedente, e un sorriso le incurvò senza che lo volesse le labbra. La verità era che Luke era molto più gentile e simpatico di quanto avesse pensato all'inizio. l'aveva preso per qualcuno di chiuso, freddo e distante, e invece era spiritoso, disponibile ed era stranamente facile parlare con lui. 
Il giorno dopo che Piton aveva assegnato alla classe il compito extra, Abby e Luke avevano deciso di ritrovarsi in biblioteca durante l'ora buca che avevano dopo il primo intervallo per decidere quale pozione fare. Il ragazzo però si era attardato in giro con degli amici e, nell'aspettarlo, Abby si era appisolata su un libro. Era stata svegliata da Luke che le aveva scosso con delicatezza le spalle: "Buongiorno bella addormenta!" le aveva detto, la bocca così vicino al suo orecchio da farle quasi il solletico, lasciandosi cadere sulla sedia accanto a lei. 
Abby aveva mugugnato: "Ancora due minuti Sof" e, senza aprire gli occhi, aveva preso il braccio del ragazzo e l'aveva portato sotto la sua testa per usarlo come cuscino. In un attimo però si era accorta dell'errore e aveva mollato il braccio di Luke come se fosse stato velenoso, balbettando scuse imbarazzata. 
Lui per tutta risposta si era semplicemente messo a ridere. 
"Qualcuno è stanco oggi?" aveva scherzato, spostandosi i capelli dalla fronte. 
"Diciamo che da un po' ho problemi a dormire la notte..." aveva detto Abby, ancora un po' stordita dalla vicinanza del ragazzo; le pareva di risentire il soffio della sua voce accarezzarle l'orecchio per svegliarla. 
"Anche io, che coincidenza" aveva risposto Luke. In effetti, ora che Abby ci faceva caso, le ombre sotto i suoi begli occhi scuri erano decisamente più marcate rispetto al primo giorno che l'aveva visto; tuttavia, ciò gli donava, accentuava il suo fascino e lo rendeva in qualche modo più attraente. "Ti proporrei di fare una Pozione Soporifera non fosse roba del secondo anno" aveva quindi proposto Luke, “penso potrebbe essere utile ad entrambi!" 
"In effetti un Distillato Soporifero ha un livello di difficoltà troppo basso... però potremmo proporre una variante!" aveva esclamato allora Abby, improvvisamente illuminata e animata da una nuova forza. Si era girata verso il ragazzo, improvvisamente a suo agio: era nel suo elemento, non poteva più sentirsi in soggezione. "Se togliessimo la lavanda e aggiungessimo delle radici di Albero Rigenerante, un paio di Grinzafichi e mettessimo il muco di Vermicoli non in un colpo solo me tre gocce ogni quattro giorni... sì, credo che così potremmo ottenere una variante che anziché far dormire ti fa sentire riposato dopo poco come avessi dormito! Certo dovremmo forse fare qualche tentativo, e forse cambiare ancora qualcosa, però sono sicura che Piton apprezzerebbe l'audacia e il livello di difficoltà è più che appropriato!" 
Abby aveva guardato Luke con un'ombra di apprensione negli occhi: era sicura di aver ragione, non a caso lei era la migliore, ma temeva che il ragazzo non fosse d'accordo e preferisse andare più sul sicuro con una pozione standard da G.U.F.O., classica ma sicuramente meno interessante come sfida. Luke però non l'aveva delusa; anzi aveva dichiarato che si fidava ciecamente di lei e l'aveva guardata con un'ammirazione appena velata. Abby aveva cercato di non darlo a vedere, ma le aveva fatto molto piacere e ne era stata alquanto compiaciuta. 
Ora, mentre si precipitava fuori dalla sala comune dei Grifondoro, si sentiva stranamente contenta all'idea di vedere con Luke. Non riusciva a capire perché, ma non vedeva l'ora di passarci dell'altro tempo insieme. 
Forse, dopo tutto, quel compleanno non sarebbe stato poi così male. 

***

L'aria era fresca e, sebbene ci fosse un piacevole sole in cielo, i prati attorno al castello erano bagnati: doveva aver piovuto tutta la mattina. All'orizzonte persistevano delle nuvole grigie, ma non pochi studenti stavano approfittando dell'improvviso bel tempo per uscire a fare una passeggiata nel parco o godersi il tepore del sole nei cortili interni. 
Abby si strinse nel maglioncino azzurro pastello, a manica larga, che tanto le piaceva, e si girò meglio la sciarpa dorata e scarlatta attorno al collo. Dalla tasca dei jeans blu aderenti spuntava la punta della sua bacchetta e i capelli le ricadevano quel giorno a grossi boccoli sulle spalle, arrivando fino a metà della schiena. Aveva lo stomaco piacevolmente pieno, ma mentre si dirigeva al limitare della Foresta Proibita, poco lontano dalla capanna di Hagrid, si stava chiedendo perché diamine Sophie si fosse dimenticata di lasciarle insieme al pranzo le ciambelle che sapeva che amava tanto... dopotutto era il suo compleanno, e mica pretendeva una fontana di cioccolato! Anche se, a ripensarci meglio... 
Luke era appoggiato con la schiena contro un albero. Abby lo vide poco lontano, l'aveva quasi raggiunto, ma il ragazzo non sembrava essersi accorto di lei. Aveva sulle orecchie quelle che sembravano essere un paio di cuffie babbane per ascoltare la musica, ma che cambiavano dimensione, forma e colore in base ai movimenti che Luke faceva con la bacchetta; ogni tanto il ragazzo si fermava e annotava su un taccuino qualcosa, poi riprendeva ad ascoltare. Dalle cuffie si sentiva soffocata una musica ritmata, proprio del genere che piaceva ad Abby. 
La ragazza gli si avvicinò e, vedendo che l'altro non si era accorto del suo arrivo, gli diede un colpo amichevole sulla spalla. Luke fece un salto, chiaramente preso di sorpresa, e si voltò ad affrontarla con la bacchetta pronta a lanciare un incantesimo. Poi vide chi aveva di fronte e l'abbassò, imprecando a bassa voce. 
"Ehi scusa" fece Abby, stupita da quella reazione. "Non volevo spaventarti." 
"Figurati se mi hai spaventato" ribatté il ragazzo, con voce leggermente scocciata. "Comunque, sei in ritardo." 
Abby sbatté le palpebre, presa in contropiede dalla freddezza di Luke. Dov'era il ragazzo divertente e alla mano che aveva cominciato a conoscere? Vedendo Luke far sparire con un colpo di bacchetta il taccuino e le cuffie magiche, decise di fare un nuovo tentativo. 
"Non sono in ritardo" precisò, per poi aggiungere, cercando di cominciare una conversazione amichevole: "Ti ho visto mentre arrivavo, tu scrivi musica?”
"Non mi sembrano affari tuoi" rispose brusco Luke. 
"Qualcuno si è alzato con il piede sbagliato stamattina?" Abby stava cominciando a sentirsi ferita dal comportamento del ragazzo. 
"Forse ho solo di meglio da fare che perdere il mio pomeriggio qui con te, che ne pensi? Quindi perché non cominciano? Prima iniziano prima finiamo." 
"Guarda che per me puoi anche andartene, sono capacissima di fare una pozione da sola, a differenza tua, e se pensi che sia contenta di essere qui oggi con un grosso maleducato come te ti sbagli di grosso" lo informò Abby, decisamente stizzita. 
Ma chi si credeva di essere quello? E soprattutto, che razza di problemi aveva? 
Luke alzò le spalle, incurante di essere stato definito maleducato, e cominciò a inoltrarsi nella foresta. 
"Come fai la melodrammatica, dico solo di sbrigarci, allora vieni o no?" 
Abby gli lanciò un'occhiataccia, ma lo seguì. D'altronde, gli ingredienti per la pozione dovevano procurarseli in un modo o nell'altro, anche se all'improvviso quel compito extra di Pozioni la entusiasmava molto di meno. Aveva già chiesto ad Hagrid di poter prelevare un po’ di muco dai suoi cari Vermicoli, e aveva pianificato con Luke di fare un salto nella serra cinque di Erbologia durante la settimana seguente per procurarsi dalla Professoressa Sprite alcuni degli ingredienti base, ma per i Grinzafichi e le radici di Albero Rigenerante non c’era altra soluzione che fare un giretto nella Foresta Proibita. Agli studenti non era generalmente permesso di inoltrarsi troppo in profondità perché si trattava di un luogo molto pericoloso, ma il limitare della foresta era accessibile per ricerche di quel tipo (oltre che per tenere alcune lezioni di Cura delle Creature Magiche), anche se era sconsigliato avventurarcisi da soli. 
Camminarono per una decina di minuti in silenzio. Luke la precedeva e sembrava ben deciso a ignorare la sua presenza. Quando finalmente trovarono un Albero Rigenerante, Abby si avvicinò al ragazzo per aiutarlo a prenderne delle radici, ma quello si scostò di scatto per evitare di starle vicino. 
“Ce la faccio da solo, tu cerca di renderti utile cercando un paio di Grinzafichi!" 
Abby si allontanò esasperata; stava cominciando a sentirsi infetta, e non riusciva a darsi una spiegazione per quel trattamento così ingiusto. Si diresse verso un cespuglio poco lontano. Ovviamente, non si era sbagliata: brulicava di frutti violetti, rugosi, grossi e pulsanti di quel pus che tanto potevano essere utile a Pozioni. 
"Ok, credo che questi siano abbastanza maturi, vuoi venire a controllare?" chiese. 
"Non eri tu la regina delle pozioni?" fece Luke per tutta risposta, acido. "Mi auguro che tu sappia riconoscere se siano abbastanza maturi o meno!" 
Abby non ne poteva più. Raccolse un paio di Grinzafichi e fece per ribattere, quando con un salto si allontanò dal cespuglio, facendo cadere a terra per lo spavento i frutti che aveva in mano: il cespuglio davanti a lei aveva cominciato a muoversi all'improvviso e qualcosa di molto grosso sembrava star per uscirne. Abby tirò fuori la bacchetta e si preparò, in posizione di difesa... ma a sbucare dal cespuglio non fu un pericoloso animale feroce, bensì James. Il ragazzo aveva tutti i capelli scompigliati e la camicia mezza sbottonata; dietro di lui, comparve una ragazzina che non poteva essere oltre il secondo o il terzo anno, il rossetto tutto sbavato e un'espressione compiaciuta sul volto. Alla vista della ragazza, James si illuminò. Le rivolse un sorriso ammagliante e ammicco nella sua direzione, per niente imbarazzato dall'essere appena stato scoperto mezzo nudo in un cespuglio con una ragazzetta qualsiasi, la quale ora lanciava sguardi languidi e interessati anche a Luke da dietro le spalle del ragazzo con cui era appena stata impegnata. 
"Ehi Nanerottola, buon compleanno! Non ti preoccupare, non mi sono dimenticato di te, sarei passato più tardi a darti un regalo speciale..." 
James fece per avvicinarsi, le braccia tese per darle un abbraccio, ma si fermò: Abby non aveva ancora abbassato la bacchetta; la puntò contro di James, la mano che le tremava dalla rabbia. 
"Mi dici sempre questa parola, questa cosa su quanto io sia speciale, ma poi non ti fai problemi a deflorare delle bambinette nei cespugli, per di più il giorno del mio compleanno e davanti a me! Mi fai schifo. E il regalo te lo puoi tenere, non me ne frega proprio niente: io non sono una delle tue troiette." 
La ragazza aveva quasi urlato; era davvero tutto troppo. 
James la conosceva abbastanza bene da sapere che quando era così non scherzava e non era così stupido da non riconoscere il pericolo di fronte a cui si trovava. Alzò le mani in segno di resa e, senza aggiungere una parola, si affrettò ad andarsene. La ragazzetta lo seguì dopo aver scoccato un ultimo sguardo di fuoco a Luke, e mentre si allontanavano la si sentì dire ridacchiando: "Poverina, quella mi sembra solo così invidiosa..." 
Abby represse un urlo di frustrazione. Raccolse i Grinzafichi in malomodo e si girò ad affrontare Luke. Il ragazzo la stava guardando con una strana espressione negli occhi; sembrava aver abbandonato le ostilità e le disse, con un tono indecifrabile: “Non sapevo che fosse il tuo compleanno oggi.” Abby all'improvviso aveva una gran voglia di piangere, ma non avrebbe permesso a nessuno di vederla cedere così. 
"E allora?" ribatté. "Non cambia nulla, se ti comporti di merda tutti i giorni, una merda resti anche il giorno del mio compleanno. E dire che stavo cominciando a trovarti simpatico. Stammi alla larga, Anderson." 
Detto questo, gli strappò dalle mani le radici da lui raccolte e se ne andò  piantandolo lì.
Tutto considerato sì, quel compleanno faceva schifo. 

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Capitolo 8
*** Capitolo 7 - Io quella l'ammazzo ***


                                   Capitolo 7 - Io quella l'ammazzo 

      

I  

Thomas stava seduto con la schiena contro il muro freddo e le gambe allungate sulla panca di pietra e aveva un'espressione truce sul bel viso. Spostava la bacchetta da una mano all'altra e sembrava seriamente intenzionato a scagliare una maledizione contro chiunque si fosse azzardato a rivolgergli la parola. Accanto alle scarpe da ginnastica ultimo modello che portava ai piedi giaceva abbandonato un pacchetto con un bel fiocco blu. Era il regalo per Abigail, con cui aveva appuntamento visto che era il suo compleanno. In quel momento però, non aveva minimamente voglia di vedere la ragazza. In cuor suo sapeva che Abby non aveva colpe per il suo malumore, poteva prendersela solo con se stesso per non averle parlato dei sentimenti che provava per Sophie. Tuttavia, il fatto di aver passato la settimana a vedere la sua Sof con quel bamboccio di Richardson l'aveva messo a dura prova: i due sembravano starsi avvicinando sempre di più, li aveva incrociati svariate volte intenti a chiacchierare e sorridersi, nei corridoi tra una lezione e l'altra, in biblioteca, dopo cena tornando alla sala comune di Grifondoro... ogni volta che pensava a loro due da soli gli veniva da spaccare qualcosa, possibilmente quel bel faccino di Richardson che per qualche strano motivo tutti sembravano adorare tanto. Non che avesse visto scene compromettenti, ma il semplice fatto di vedere Sophie con quello e il fatto che quando va in sua compagnia aveva smesso di guardarsi attorno e sembrava non notare più gli sforzi di Thomas per conquistarla, lo riempivano di una gelosia che faticava a tenere a bada. E sapere che Abby, anche se in buona fede, spingeva la sua Sof tra le braccia del bamboccio non lo aiutava affatto. 
Thomas si guardò attorno e il suo sguardo si soffermò sulla fontana al centro del cortile della torre dell'orologio. Solo qualche minuto prima lì c'era seduta Sophie, così semplice e carina con la sua gonnellina scozzese a pieghe e il maglione scuro a collo alto nel quale si stringeva; era con il suo migliore amico, Anthony, e quando aveva notato Thomas un'espressione tormentata le era apparso sul volto. Anche Anthony si era girato a guardare il ragazzo, poi aveva messo una mano sulla spalla dell'amica per tranquillizzarla e aveva cominciato a parlarle in maniera concitata; sembrava cercasse di convincerla ad andare a parlare con Thomas. Sophie però aveva scosso energicamente la testa e, con le guance rosse e gli occhi lucidi si era alzata e allontanata con decisione verso l'ingresso del castello... e lì era finita addosso a Richardson, apparso dal nulla come se si fosse materializzato. Il bamboccio le aveva afferrato un braccio per impedirle di cadere e le aveva detto qualcosa che Thomas, troppo lontano, non era riuscito a sentire. L'espressione tormentata sul volto di Sophie era scomparsa, sostituita da un sorriso timido e un po' imbarazzato. 
Thomas sbuffò di rabbia e tentò di cancellare quella scena dalla sua mente. Era il suo compito quello di far star meglio Sophie. Puntò la bacchetta contro una pietra al suolo e la fece esplodere in mille frammenti. Avrebbe preferito far esplodere Richardson, ma era meglio di niente. 
In quel momento arrivò Abby; gli spostò i piedi dalla panca e vi si accasciò  di malagrazia. 
"’Giorno" la fece Thomas, tetro, senza guardarla e facendo esplodere un'altra pietra. 
Abby non si scompose, anzi non sembrò notare il malumore dell'amico, immersa com'era nel suo. 
"Meno male che ci siamo dati appuntamento, sto passando una giornata schifosa" disse, sbuffando e facendo esplodere a sua volta una pietra. "Sai che devo fare quel compito per Piton con Anderson? Bene, ero con lui nella foresta ed è stato un vero stronzo. Credo sia bipolare o qualcosa del genere, ti giuro che non ne posso più." 
Abby si aspettava che Thomas si offrisse di andare a lanciare una fattura contro Anderson per aver trattato male l'amica o qualcosa del genere, come era suo solito, ma il ragazzo non disse niente, continuando a fissare cupo altrove. 
"Distraimi un po' tu" lo pregò Abby, dandogli una pacca sulla spalla per richiamare la sua attenzione. "Pensa che ho pure appena beccato James in un cespuglio con una a caso..." 
"Sai” disse finalmente Thomas, dopo un attimo di silenzio, "credo dovresti lasciare stare quel deficiente di Walker, è chiaro che non merita niente da parte tua. Smetti di perdere tempo con lui e Richardson." 
"Scusa ma Edward cosa c'entra ora?" chiese Abby, che non si aspettava l'astio appena percepito nella voce del ragazzo. 
"Dico solo che ce ne è sempre una nuova con loro. Insomma, deciditi: o vuoi stare con Walker e allora smetti di rifiutarlo, oppure lascialo perdere ma allora è libero di fare quello che vuole con chi vuole. Fai una scelta per una buona volta, così smetterai di riempirmi la testa delle tue lamentele su Walker, sono stupide e inutili!" 
Abby scattò in piedi, indignata. "Oh, scusami tanto se ti dò così fastidio con le mie stupide lamentele, non pensavo di non potermi sfogare con il mio migliore amico! Si può sapere che ti prende oggi? Hai bevuto una pozione andata a male o cosa? Non è da te trattarmi così!" 
"Lascia stare, non capiresti" fece Thomas in risposta, alzandosi a sua volta. Raccolse il regalo per Abby e glielo lanciò malamente, senza farsi tanti problemi. "Comunque tieni, questo è il tuo regalo. Spero ti piaccia, tolgo il disturbo, ho di meglio da fare che discutere con te." 
"Ma pensavo avremmo passato un po’ di tempo insieme” ribatté Abby, sconvolta. “É il mio compleanno!” 
"E allora? Ti stupirà, ma il mondo non gira sempre attorno a te!" le rispose Thomas, acido, e se ne andò piantandola lì. 
“CRETINO!!” gli urlò dietro Abby, paonazza, ma il ragazzo non aggiunse una parola e scomparve all’interno del castello in direzione dei sotterranei. 
Abby si diresse come una furia verso la torre di Grifondoro, decisa a rifugiarsi nella sua poltrona preferita davanti al fuoco e a mangiare l'intera scatola di Cioccorane ricevuta da Hagrid per il suo compleanno. Tremava per la rabbia e la voglia di piangere. Cosa avevano tutti quel giorno? Era forse un complotto per farle passare il peggior compleanno di sempre? Persino Thomas... era lui che l’aveva ferita di più. Sapeva che doveva avere qualche problema per conto suo, lei non aveva fatto niente, e lui sarebbe poi tornato scusandosi a dovere, però l’ingiustizia per come era stata trattata le bruciava dentro. 
"Sarà meglio che mi porti l'intera scorta di caramelle di Mielandia, è il minimo, altrimenti col cazzo che lo perdono" pensò Abby, mentre diceva svogliatamente la parola d'ordine alla Signora Grassa e superava il buco dietro al suo ritratto. La sala comune era vuota, constatò la ragazza con amarezza. Aveva sperato di trovarci Sophie, e di andare a passare un po' di tempo con Frank e Summer, per distrarsi, ma evidentemente l'avevano abbandonata anche loro. Era davvero troppo pretendere che i suoi amici più cari le dessero la priorità il giorno del suo compleanno? 
Una lacrima le scese sulla guancia bruciandola la pelle, e ben presto altre la seguirono. Abby piangeva per la delusione e la frustrazione, per come era stata trattata ingiustamente da persone da cui non se lo aspettava, per come tutti sembravano fregarsene che fosse il suo compleanno... lei ne chiedeva molto, voleva festeggiare e stare bene in compagnia delle persone a cui teneva... e che chiaramente avevano di meglio da fare. 
Il ritratto della Signora Grassa si aprì cigolando leggermente, e James entrò. 
"Sei qui, ti stavo cercando" le disse, con un tono di voce strano. Si era abbottonato la camicia, ripulito la faccia da ogni residuo di rossetto e per una volta sembrava meno sicuro di sé del solito. "Posso sedermi vicino a te?" 
Abby era per terra davanti al caminetto, circondata da confezioni di Cioccorane vuote; aveva esaurito le lacrime, ma gli occhi gonfi e il trucco colato non potevano ingannare nessuno. Tirò su con il naso e, senza guardare il ragazzo, disse: "Non sono in vena di discussioni, lasciami tranquilla James". 
"Non mi va di vederti così, mi fa star male, lasciami restare" la pregò il ragazzo, facendo un passo verso di lei. 
Abby lo fermò: "Non mi sembrava ti importasse così tanto mentre eri nascosto in quel cespuglio a fare le tue porcate" l'accusò. "Io proprio non ti capisco, fai lo scemo con me in continuazione, ci provi ad ogni occasione, fai di tutto per convincermi ad uscire con te, mi assicuri che io sono speciale, che con me fai sul serio... ma ogni volta che giro lo sguardo te la spassi con una ragazza diversa. Come pretendi che io possa prenderti sul serio, o anche solo credere che ti dispiaccia se sto male?" 
Aveva detto tutto senza quasi prendere fiato; si sentiva emotivamente esausta, ma si era sfogata. Si aspettava che James si girasse e se ne andasse, che preferisse non affrontarla come sempre e tornasse all'attacco quando tutto si fosse calmato. James però non fece una piega. 
"Hai ragione" ammise solo, dopo un po'. Era sincero, non aveva la solita sfumatura tronfia nella voce e la guardava senza filtri. "Sono un deficiente, ok?" 
"Oh, per una volta hai detto una cosa intelligente e siamo d'accordo" disse Abby. Il suo tono era ancora duro, ma fece spazio accanto a sé al ragazzo che si sedette, con cautela. 
James esitò un secondo, poi le prese una mano. Abby distolse lo sguardo, ma non allontanò la mano. "E lo so che tu non sei "una delle mie troiette", non credere che non lo sappia" continuò lui, come se non ci fosse stata alcuna interruzione. "È proprio questo che ti rende così speciale. E io ci tengo davvero a te, come a nessun’altra prima... ma mi rendo conto che non sia facile credermi. Ti prometto che d'ora in poi le cose cambieranno, voglio dimostrarti che puoi fidarti di me e che sono serio. Spero solo che mi permetterai di farlo". 
Abby alzò lo sguardo, a bocca aperta: James si era messo a nudo come mai prima. Non se lo aspettava, non era da lui aprirsi così, aveva tolto la maschera da cascamorto per parlarle con sincerità e la cosa non poteva lasciarla indifferente. 
"Non sarà un lavoro facile, ma se vuoi davvero provarci ti lascerò la possibilità di dimostrarmelo” mormorò quindi. Poi, spinta da uno slancio di vicinanza con il ragazzo, disse, in cerca di conforto: 
"Sto passando un compleanno schifoso." 
James annuì, guardandola dritta negli occhi con ardore: "Lo so, e mi dispiace." 
Poi, allargò le braccia in un invito e Abby senza fermarsi a riflettere, si rifugi  contro il petto del, ragazzo, lasciandosi confortare da quell'abbraccio, tanto inaspettato quanto piacevole. Sembrava tutto ad un tratto la cosa più naturale del mondo stare lì, ha le braccia forti di James, senza pensare più a niente. I problemi sembrarono fasi più piccoli, James aveva un buon profumo e sentendo il battito del suo cuore, lento e sicuro, sotto il suo orecchio, permise finalmente a Abby di tranquillizzarsi e sentirsi meglio. James la tenne stretta a sé, con un accenno di sorriso sul volto, mezzo incredulo mezzo contento, finché davanti a loro comparve una lettera a mezz'aria. 
Abby, riportata alla realtà da quella interruzione, si staccò da James di scatto, rossa in viso, scombussolata dalla facilità con cui si era lasciata andare e consolare dal ragazzo. Prese la lettera, la lesse d'un fiato e finalmente un enorme sorriso le illuminò il volto. 
"È di Sophie! Mi aspetta nelle cucine con Frank e Sum, erano scomparsi perché mi stavano preparando una sorpresa lì!" disse tutto d'un fiato, affrettandosi verso il ritratto della Signora Grassa. Con un piede già fuori, si voltò verso di James, ora tranquillamente appoggiato con un braccio al divano scarlatto, le gambe atletiche incrociate e il solito sorriso affascinante di nuovo al suo posto sulle labbra. 
"Grazie” gli mormorò Abby, un po' imbarazzata al pensiero che fino a qualche secondo prima si era stretta contro quel corpo marmoreo, ma sinceramente riconoscente al ragazzo. 
"Quando vuoi Nanerottola” disse James, e in quel "Nanerottola" non c'era niente di una presa in giro, ma solo una nota d'affetto per quel soprannome che poteva usare solo lui. 
"Quando vuoi." 
Per una volta Abby gli credette. 
 

II  

“Finito!” Summer chiuse soddisfatta il libro di Storia della Magia, e arrotolò con cura la pergamena su cui aveva appena terminato di scrivere il tema per il professor Ruf. 
Mancavano pochi minuti a mezzanotte, e quel venerdì sera Summer aveva deciso di finire tutti i compiti che le erano rimasti in arretrato. Ci aveva impiegato qualche ora, ma per fortuna, nonostante gli occhi stanchi e la mano destra indolenzita, aveva finito. Era soddisfatta, e orgogliosa di non aver ceduto alla tentazione di mollare tutto e andare a dormire (al contrario di Frank), e in questo modo si sarebbe potuta godere l’indomani a Hogsmeade senza l’ansia di dover fare i compiti.  
Però che bel venerdì sera, passato a studiare ..., pensò tra sé e sé la ragazza, ormai rassegnata al fatto che in quel quinto anno i momenti di riposo e di vita sociale sarebbero stati ben pochi. La sala comune era quasi vuota, e Summer non vedeva l’ora di andare in dormitorio, per godersi un meritato sonno ristoratore.  
Ma improvvisamente un rumore di passi goffi e frettolosi attirò la sua attenzione. 
Sentì il passaggio della sala aprirsi, e dal buco vide spuntare Alayna, rossa in volto e col respiro affannoso.  
Summer raccolse frettolosamente la sua roba, e fece per correre verso i dormitori prima che la stramba ragazza cercasse in qualche modo di approcciarsi a lei. 
Ma purtroppo non era stata abbastanza veloce.   
“Summer!” disse Alayna, quasi urlando. 
Summer si bloccò, e lentamente si voltò con una faccia evidentemente scocciata. 
“Che cosa c’è, Alayna?” domandò Summer con tono annoiato, ma osservando l’espressione spaventata e impaurita della ragazza, subito capì che c’era qualcosa che non andava. 
“Ma... va tutto bene?”  
“Stavo cercando proprio te” disse Alayna, ancora ansimando “e no, non va tutto bene! È successa una cosa terribile!” 
A Summer si raggelò il sangue, per quanto Alayna tendesse sempre ad esagerare, sembrava visibilmente sconvolta. Che cosa poteva essere accaduto?  
“Ma- ma che cos’è successo?” chiese Summer, che stava iniziando a spaventarsi. 
“Si tratta di Sophie! È in infermeria!” 
“Che cosa? Ma che è successo? Sta bene? Come lo sai? Oddio aiuto!” 
“Stavo tornando dall’ufficio della professoressa Sprite, ero andata ad aiutarla a sistemare una piantina malata, ecco perché sono stata fuori fino allo scadere del coprifuoco. Sono passata oltre la Sala Grande, quando mi sono trovata davanti ad una scena terribile! C’era Sophie, sdraiata per terra, ai piedi della scalinata!”
Summer trattenne un urlo di orrore, ma non interruppe Alayna che continuò: “C’erano la professoressa McGrannit e altri che ora non ricordo, tutti attorno a lei!  Probabilmente è scivolata scendendo le scale e ha sbattuto forte la testa, è rimasta per terra non so quanto finché un ragazzo di Corvonero non l’ha trovata e ha avvertito i professori. Ora l’hanno portata in infermeria, è molto grave! La professoressa McGrannit mi ha detto di avvertire sua sorella e l’altra sua amica, Abby Hill, ma purtroppo io non posso entrare nella sala comune di Grifondoro! Quindi ho deciso di avvertire te.  Corri in infermeria, ha bisogno di un’amica. E non preoccuparti per il coprifuoco, hai il permesso dei professori!” 
Summer teneva le mani davanti alla bocca, sconvolta. Doveva correre subito da Sophie,la sua amica aveva bisogno di lei. 
“Oddio, grazie Alayna, grazie!” disse e in tutta fretta Summer scaraventò pergamene e libri su una poltrona, per poi sparire oltre il passaggio della sala comune. 
Fa che stia bene, fa che stia bene!, continuava a ripetersi Summer, mentre risaliva velocemente le scale per raggiungere il primo piano, dove l’infermeria era situata. 
I corridoi erano deserti, era ormai scattato il coprifuoco e l’unico rumore che si sentiva era quello dei suoi passi e del suo respiro affannoso. 
Madama Chips l’avrà sicuramente rimessa in sesto non ti preoccupare, cercava di farsi coraggio Summer, ma purtroppo la paura era forte. Non era a conoscenza di quanto fosse grave la situazione, non sapeva quanto fosse rimasta a terra Sophie prima che qualcuno la trovasse, né quanto forte avesse sbattuto la testa.  
E se fosse così grave da doverla portare al San Mungo?
Gli occhi le si riempirono di lacrime. 
Cercando di non pensare al peggio e di non fare caso alle gambe che si facevano sempre più deboli, Summer era quasi arrivata a destinazione, doveva solo più svoltare l’angolo e percorrere l’ultimo corridoio.  
Ma una volta girato l’angolo a tutta velocità, Summer si scontrò contro una figura nera, e la ragazza cadde rovinosamente a terra. 
Prima che Summer potesse mettere a fuoco contro chi o cosa si fosse scontrata, una voce melliflua e severa la fece sobbalzare nel buio della notte. 
Tra tutte le persone presenti nel castello doveva proprio scontrarsi contro Piton? 
“Signorina Evans, che sorpresa incontrarla a quest’ora tarda… Vedo che non solo non facciamo attenzione a dove stiamo andando, correndo come se stessimo facendo una maratona, ma siamo anche in giro di notte oltre al coprifuoco. Purtroppo per lei, ha incontrato me, e non mi interessa sapere verso quali eccitanti avventure serali lei si stia dirigendo con così tanta fretta, ma mi vedo costretto a darle una bella punizione!” 
Piton la stava osservando dall’alto, con uno sguardo disgustato. 
Per la prima volta nella sua vita Summer non si sentì intimidita dal professore che normalmente tanto la spaventava, sicura di non poter essere punita doveva correre dalla sua amica. 
“Mi scusi professore se le sono finita addosso, ma la professoressa McGrannit mi ha fatta chiamare perché Sophie Forbes si è fatta male e ora è in infermeria in condizioni critiche!” disse Summer rialzandosi, e con il fiato ancora corto per la corsa fece per superare Piton.  
Ma Piton le bloccò il passaggio, e sogghignando disse: “Che storia commovente? Ma davvero mi crede così stupido? Voi studenti dovreste provare ad inventarvi scuse migliori...” 
“Lei non capisce! La mia amica sta male, e ho il permesso della professoressa mi lasci passare!” disse lei, stava iniziando ad irritarsi, come faceva Piton ad essere così ottuso anche di fronte ad una situazione di emergenza come questa? 
“Non osi parlarmi in questo modo!” disse lentamente lui, con una calma agghiacciante. 
“Lei si sposti e si faccia gli affari suoi, la mia amica...” 
“La sua amica” la interruppe Piton “penso stia benissimo. Vede signorina Evans, non è la prima volta che uno studente si inventa improvvise emergenze quando viene beccato fuori dai dormitori oltre il coprifuoco e ritengo che sia stupid-” 
Questa volta fu Summer che quasi urlando interruppe Piton “NON È UNA SCUSA! La mia amica sta male!”. 
“Si dà il caso signorina Evans” proseguì Piton con tono grave “che io sia uscito proprio or ora da quella infermeria, per sua sfortuna. Ero andato a controllare che il portiere della squadra di quidditch di Serpeverde, che si è rotto un braccio quest’oggi durante un allenamento, fosse lì dentro, a riposo nel suo letto, e che non avesse intenzione di farsi qualche giretto notturno o di ricevere visite per così dire, inopportune. E posso assicurarle che non c’è traccia della signorina Forbes, Madama Chips non mi ha parlato di alcun incidente mortale e non c’è nessuna professoressa McGrannit ad attenderla.” 
Summer guardò confusa Piton, non capiva, cosa stava dicendo? 
“Ma non può essere, io...” provò a dire la ragazza. Ma all’improvviso si zittì. Era stata così sopraffatta dalla notizia che non aveva avuto modo e tempo di riflettere. Perché Alayna aveva passato il venerdì sera ad aiutare la Sprite con una pianta malata? Come se la Sprite avesse bisogno di un’imbecille che quasi non era nemmeno in grado tenere la bacchetta in mano! E poi la McGrannit è a capo della casa di Grifondoro, poteva benissimo andare lei in sala comune ad avvertire la sorella di Sophie ed Abby. Summer assunse un’espressione terrorizzata. 
Quella cretina di Alayna si è inventata tutto! 
Piton interpretò il silenzio di Summer come una forma di ammissione di colpevolezza, e sorrise beffardo. 
“Bene, non se lo aspettava eh signorina Evans? La prossima volta si inventi una scusa un po’ più, come dire, credibile. Ma purtroppo la sua pochezza di ingegno non le permette di elaborare qualcosa di meglio, deduco.” 
“Professore mi creda sono stata trascinata qui con l’inganno io credevo davvero che...” 
“SILENZIO! Sto perdendo fin troppo tempo con lei. Sono già costretto a sopportare la sua deprimente presenza durante le mie lezioni, cosa che purtroppo non posso evitare, le sarei però grato se almeno di notte lei mi stesse alla larga rimanendo nel suo dormitorio, o si crede troppo intelligente per rispettare le regole?  Comunque sono desolato, starei qui ore ed ore a sentire le sue inutili scuse, ma purtroppo ho cose più importanti da fare. Allora vediamo, togliamo 20 punti a Tassorosso perché lei mi è finita addosso, 50 punti per il tono con cui ha osato parlarmi e altri 50 punti per aver cercato di mentirmi. Ed ora, torni i-m-m-e-d-i-a-t-a-m-e-n-t-e nella sua sala comune, nei prossimi giorni la informerò circa i dettagli sulla sua punizione, buonanotte!”
E detto questo Piton si voltò facendo fluttuare la sua veste nera, e se ne andò. 
Lei rimase interdetta, nel bel mezzo del corridoio buio e silenzioso, incredula di fronte a quello che le era accaduto in pochi minuti. Una punizione? Come avrebbe fatto con i compiti, il coro, e tutto il resto se ora avrebbe dovuto pure stare in punizione? Poi insomma, lei non si era mai beccata un rimprovero da un professore, figuriamoci un castigo. E cosa avrebbero detto i suoi compagni di casa quando avessero scoperto che uno dei loro prefetti aveva fatto perdere a Tassorosso ben 120 punti perché correva per i corridoi di notte? Era un dramma. 
Io quella l’ammazzo, pensò Summer, immaginandosi il miglior modo per punire quella bugiarda di Alayna. 

***

La mattina seguente iniziò nel peggiore dei modi. Durante la notte Summer non aveva dormito quasi nulla, aveva passato il tempo a farsi divorare dal nervoso pensando al divertentissimo scherzo di Alayna, e alla punizione che quell’idiota di Piton le aveva dato senza nemmeno voler ascoltare la realtà dei fatti. 
Si era addormentata quasi all’alba, e ovviamente si era svegliata molto tardi (e lei odiava svegliarsi tardi), stanca e molto irritata, con l’unico obiettivo di dirne quattro a quella stupida di Alayna.  Dopo essersi vestita in fretta e furia, Summer era corsa su verso la Sala Grande, e non appena entrò incominciò a guardarsi attorno, in cerca della ragazza. 
Subito Summer notò gli sguardi confusi che i suoi compagni di casa levavano verso la colonnina dei punti di Tassorosso che si era improvvisamente svuotata in una sola sera di ben 120 punti, e tutti volevano capire chi fosse il colpevole.  
Ancora più innervosita, individuò Alayna, seduta ad uno dei quattro lunghi tavoli della sala, intenta a far colazione, ovviamente in compagnia di Zokos. 
Summer fece un bel respiro, e con passo deciso si diresse verso Alayna, senza sapere bene che cosa avrebbe deciso di fare. 
“Si può sapere cosa ti dice il cervello?” disse Summer non appena si trovò accanto ad Alayna, la quale con calma si voltò verso di lei sorridendo. 
“Di cosa stai parlando Summer?” chiese lei, con un tono innocente. 
“Oh andiamo” riprese Summer alzando la voce “sai benissimo di cosa sto parlando! Per colpa tua mi sono presa una punizione! Ma poi ti sembra il caso di scherzare su cose del genere? Per ottenere cosa poi? Che ti ho fatto?” 
Alayna continuava a guardarla sorridendo. “Summer non capisco, ma di cosa stai parlando? Ti senti bene?”  
“Mi prendi in giro?” disse Summer in tono esasperato. Molte persone iniziarono a voltarsi verso di loro, curiosi di capire come mai Summer stesse praticamente urlando nel bel mezzo della Sala Grande. Alayna scoppiò a ridere, e iniziò a guardarsi attorno dicendo poi: “Davvero, non capisco di cosa tu stia parlando, hai sognato probabilmente! Solo perché TU ci hai fatto perdere 120 punti non vuol dire che debba prendertela con persone che non c’entrano nulla”. 
Quest’ultima frase fu appositamente pronunciata con un tono di voce molto alto, di modo che tutta la sala potesse sentire 
Alcuni ragazzi seduti lì vicino iniziarono a ridere divertiti dalla scena, e molti Tassorosso iniziarono a bisbigliare fra loro increduli di fronte all’insospettabile colpevole.   
Summer si rese conto che parlare con lei non serviva a nulla, le stava solo facendo fare la figura dell’idiota. Ma non era finita così. Presa dalla rabbia Summer infilò una mano nella tasca posteriore dei jeans e tirò fuori la bacchetta, puntandola verso Alayna, la quale squittì spaventata. 
“Summer si può sapere che stai facendo? La McGrannit ti sta guardando!” si intromise Abby, che aveva visto tutta la scena dal tavolo accanto ed era corsa a fermare l’amica non appena aveva capito che rischiava di cacciarsi nei guai. 
Summer alzò lo sguardo, e vide la professoressa McGrannit, che in piedi da dietro al tavolo dei professori la stava osservando minacciosa. 
La ragazza ritirò subito la bacchetta nella tasca dei jeans, e mentre Abby la tirava via per un braccio sibilò verso Alayna un: “Tu sei completamente matta!” 
Abby condusse Summer al tavolo dove stava facendo colazione con Thomas.  
Una volta sedute Summer si accorse che in molti nella sala la stavano ancora guardando, e provò un forte senso di imbarazzo. Notò che Alex seduto nel tavolo vicino la stava osservando con aria confusa. 
Ci manca solo più lui, pensò Summer. 
“Si può sapere che sta succedendo?” chiese Abby. “Non è da te comportarti così.” 
“Lo so Abby, ma guarda lascia stare! Alayna questa volta ha proprio passato il limite” rispose Summer, versandosi con così tanta foga il succo di zucca da farlo strabordare dal bicchiere.
“Si ma calmati...” disse Abby togliendo la brocca di succo dalle mani dell’amica, che ora appariva totalmente fuori di sé. “Cosa ti ha fatto quella spostata?” 
“Ieri sera ero in sala comune, stavo finendo i compiti ed era da poco scattato il coprifuoco, quando è arrivata Alayna che tutta spaventata mi ha detto di correre in infermeria perché Sophie era gravemente ferita e.…” 
Summer fu interrotta dal rumore di un cucchiaio che cadeva e dai colpi di tosse di Thomas, a cui era andato di traverso il latte. Se fino a quel momento il ragazzo aveva totalmente ignorato l’arrivo di Summer, ora sembrava essersi improvvisamente interessato a quello che stava dicendo.  
“Che cosa? Cos’è successo a Sophie? Come sta?” disse Thomas dopo essersi ripreso dal quasi soffocamento. 
Ma Abby era troppo stupita da quello che Summer aveva detto per prestare attenzione all’insolita reazione dell’amico. 
“Sophie in infermeria?” chiese Abby incredula. 
“Dobbiamo andare subito da lei, che amica sei Abby?” disse Thomas che si era già alzato in piedi. 
“Ma no non è possibile” riprese Abby “ieri sera è stata tutto il tempo con me e Edward a fare i compiti, e stamattina mi ha svegliato lei, ora è su in sala comune con Lallie per farsi dare il regalo di compleanno.” 
Thomas si risiedette, interdetto. 
“Esatto, non era vero nulla!” disse Summer. “Si è inventata tutto quello stupida di Alayna per farmi uscire nei corridoi e violare il coprifuoco!” 
“Ah...” disse Thomas visibilmente rasserenato “quindi, quindi Sophie sta bene?”
“Sì...” rispose Summer, colpita da tutto questo interesse da parte di Thomas. 

“Beh bene allora, è una brava ragazza quella Sophie” disse Thomas, infastidito dallo sguardo penetrante di Summer, che lo stava osservando in modo strano “poi io mi preoccupo insomma, è un’amica di Abby, se Abby sta male sto male anche io. Ora ho finito colazione, Abby ci vediamo dopo davanti ai tre manici di scopa?” e detto questo Thomas si rialzò con calma, spettinò i capelli di Abby e, schivando un pugno da parte dell’amica, se ne andò. 
“Sta cercando di farsi perdonare per come mi ha trattato al mio compleanno” disse Abby avendo notato lo sguardo interdetto di Summer “quindi è estremamente gentile in questi giorni. Comunque non ci posso credere! Che stronza Alayna! E poi?” 
Summer rise nervosa “E poi? Arriva la parte migliore! Mi sono imbattuta in Piton, che arrivava proprio indovina un po’? Dall’infermeria!”
“Oh no...” 
“Esatto, quindi sapeva che lì non c’era Sophie! Così senza voler sentire alcuna spiegazione quel cretino di Piton - non storcere il naso Abby, è un cretino! - ha tolto un sacco di punti a Tassorosso e mi ha messo in punizione, così ora non avrò nemmeno più il tempo di respirare, e dovrò pure sorbirmi gli sguardi d’odio dei miei compagni per averli fatti precipitare al quarto posto in classifica.” 
“Non ci posso credere... ma perché Alayna ti ha fatto questo?” domandò Abby incredula. 
“Non lo so, è matta... l’avrà fatto perché è gelosa di Frank, o perché vuole punirmi perché non considero il suo compagno di merende Zokos! É fuori di testa!” E detto questo Summer si accasciò sul tavolo, domandandosi perché dovesse andare sempre tutto così storto. 


III 

Era finalmente arrivato il 29 settembre e Sophie, seduta su una grande poltrona scarlatta vicino al caminetto della Sala Comune di Grifondoro, era in attesa che arrivasse Lallie. Aveva iniziato la giornata al meglio ed era così felice che finalmente quel giorno fosse arrivato.  

Sophie si era svegliata prima del solito quella mattina, aveva aperto di colpo gli occhi appena si era resa conto di che giorno fosse: era il giorno del suo compleanno. Era sempre stata una gioia per lei festeggiarlo e non stava nella pelle di poter iniziare quella giornata. Si tirò su velocemente dal letto e posando i piedi a terra si stiracchiò prima di alzarsi. Cercò di fare più piano possibile per non svegliare la sua compagna di stanza, nonostante quest'ultima dormisse profondamente dopo la nottata insonne.  
Era allegra ed emozionata, amava il suo compleanno e niente avrebbe potuto rovinarle l'umore.  
Nell'ultimo periodo si era impegnata molto, passava intere giornate a studiare e a ripassare in biblioteca e sempre più spesso anche dopo cena stava nella sala comune a finire ciò che aveva programmato. Aveva dato il massimo in tutte le attività possibili e proprio per questo aveva bisogno di un giorno di riposo. L'ansia degli esami la seguiva ovunque andasse ormai, ma quel giorno non voleva pensarci, voleva solo stare con i suoi amici e passare una giornata serena senza preoccuparsi dello studio.  
Dopo aver passato parecchio tempo a prepararsi, decise che era ora di svegliare l’amica. Si avvicinò al grosso letto a baldacchino e chiamò più volte Abby prima di risucire a svegliarla; quest’ultima dopo diverse lamentele si decise ad aprire gli occhi guardando l’amica che era già pronta e ben vestita. 
Abby stette un istante a guardarla, confusa sulla ragione di tanta eleganza e appena si ricordò fosse il giorno del suo compleanno si mise ad urlare, strabuzzando gli occhi. "ODDIO! Tanti auguri Sof, buon compleanno!!!"  
Abby ancora con la voce assonnata, si lanciò al collo dell’amica per stringerla in un abbraccio. Sophie la ringraziò sorridendo e ricambiò l'abbraccio.  
"Capisco che è il tuo compleanno e che sei già sveglia... Ma come fai ad essere così attiva?" chiese la Grifondoro ancora sbagliando. Aveva occhiaie marcate e gli occhi semichiusi denotavano che fosse ancora mezza addormentata.  
"Oggi sono più sveglia del solito... Sono così emozionata, adoro festeggiare!" disse Sophie mentre si sistemava i capelli che ora le ti ricadevano boccolosi sulle spalle. Aveva un vestito chiaro e delle scarpe dello stesso colore. 
"Tu sei già pronta quando io non so neanche ancora cosa mettermi oggi" disse Abigail notando che la ragazza fosse già vestita e truccata chissà da quanto tempo.  
"Ho dovuto fare mille prove... Ma ora sono molto soddisfatta" disse Sophie guardando ancora l'abbinamento che aveva fatto. Nel pomeriggio le due amiche avrebbero festeggiato insieme i rispettivi compleanni; come spesso accadeva approfittavano della differenza di pochi giorni per fare una piccola festa insieme. Non avrebbero fatto grandi cose ma ad entrambe bastava stare con gli amici più stretti.  
Abby si buttò di nuovo nel letto disperata, coprendosi la faccia con le lenzuola. Non sapeva proprio cosa indossare e chiese scoraggiata aiuto all’amica perché scegliesse lei al posto suo.  
“Decidi tu, io non ne ho le forze” disse, la voce ovattata al di sotto delle coperte. Sophie alzò gli occhi al cielo e si sedette sul bordo del letto.  
“Persino il giorno del mio compleanno devo servirti?” chiese, scoprendo l’amica che si coprì gli occhi per la troppa luce.  
“Ti prego” sussurrò Abigail guardando l’amica speranzosa. Sophie cedette come sempre e si mise a cercare tra i vestiti della compagna per capire cosa potesse indossare. 
Ci volle quasi mezz’ora perché Abby fosse realmente convinta di ciò che avrebbe indossato, anche se aveva chiesto a Sophie di decidere al suo posto, ogni proposta non le andava a genio e così avevano passato più tempo del previsto a decidersi.  
Non appena furono entrambe pronte uscirono dal dormitorio per raggiungere la Sala Comune.  “Scendi già a fare colazione o ci raggiungi dopo?” domandò Abby guardando l’amica che si stava ancora sistemando al meglio l’acconciatura. Sapeva che come tutti gli anni Sophie prima di scendere a fare colazione con i suoi amici passava del tempo assieme alla sorella.  
“Vi raggiungo dopo… viene Lallie a darmi un regalo!” rispose Sophie, con un luccichio negli occhi. Amava così tanto ricevere regali e non vedeva l’ora di vedere cosa le avesse comprato la sorella.  

Nella grossa sala c’era solo Sophie, tutti i ragazzi probabilmente erano già ad inghiottirsi di succulento cibo. La ragazza si mise una mano sulla pancia che stava brontolando, era sveglia da ore e la fame iniziava a farsi sentire. Vide alcuni Grifondoro attraversare velocemente la Sala per poi uscire finché non riconobbe il volto della sorella che le sorrise correndole incontro felice. Sophie fece per abbracciarla ma Lallie la fermò facendole notare che aveva le mani impegnate a tenere un grande pacco regalo; quest’ultimo aveva un enorme fiocco oro in punta e la carta era di un giallo brillante. 
“Aspetta…” disse Lallie posando l’oggetto che aveva tra le mani. “AUGURIIIIII!” le urlò ora stringendola forte, quasi facendo mancare il fiato a Sophie.  “Quello è per te…” continuò puntando il dito contro il regalo. 
“Ahhh non vedo l’ora di aprirlo!” Sophie non stava nella pelle, ogni anno la sorella azzeccava alla perfezione il regalo e sapeva che quell’anno non l’avrebbe delusa.  
“Aprilo” commentò Lallie guardando sorridente Sophie. 
La ragazza spacchettò più in fretta che poté la carta colorata e aprì la scatola che c’era al di sotto, era così curiosa ed emozionata. Non appena però vide cosa contenesse si stupì senza darlo a vedere. Un rastrello ricoperto di brillantini dorati era ben posizionato al centro della grossa scatola. Sbattè le palpebre più volte prima di rendersi conto che non fosse un sogno e che la sorella le avesse davvero regalato un utensile da giardinaggio. 
“G-grazie… era proprio quello che… volevo” disse Sophie, sforzandosi al massimo di sembrare felice e soddisfatta. Prese in mano il rastrello e lo fissò ancora una volta, corrugò la fronte e guardò con un finto sorriso la sorella; quest’ultima però stava trattenendo le risate dal momento in cui Sophie aveva aperto il pacco.  
“Secondo te ti regalerei davvero un rastrello per il compleanno?” disse ridendo Lallie che prese dalle mani della sorella l’utensile dorato per poi riporlo nuovamente nella scatola.  
Sophie era confusa, ultimamente si stavano prendendo tutti gioco di lei. Possibile che riusciva a credere a qualsiasi cosa? Forse avrebbe dovuto immaginare che fosse uno scherzo, in ogni caso non voleva dimostrarsi troppo affranta per paura di ferire la sorella. 
“Ma…” disse dubbiosa Sophie che venne subito interrotta da Lalli che continuando a ridere disse “Era uno scherzo Sof… ma se ti è piaciuto così tanto non ti do il vero regalo” continuò tenendosi stretta al petto la scatola.  
“No… cioè è un bel rastrello… però ecco” Sophie fece una pausa “avrei preferito qualcos’altro!” disse, ancora sorpresa. Non osava criticare quel rastrello, alla fine non era neanche così male con quei brillantini tutt’attorno ma certo non aveva un orto da coltivare. 
“Puoi smettere di fingere ora…” Lallie mosse la bacchetta in direzione della scatola e, dopo aver fatto un breve incantesimo, la diede nuovamente alla sorella. Sophie aveva gli occhi che brillavano, aprì la scatola e quasi urlò di felicità alla vista di uno spesso diario giallo e rosso che riprendeva i colori della loro casa.  
“E’ un’agenda incantata per programmare” commentò Lallie prima di essere schiacciata in un abbraccio caloroso da Sophie. 
“È bellissimo!!!!” sbraitò Sophie, sfogliando meglio l’agenda. “Grazie grazie!” continuò. 
“Se preferisci il rastrello basta dirlo…” disse Lallie divertita.  
“No no no, non ci pensare neanche” urlò Sophie tenendo stretta tra le mani il suo regalo colorato. Non poteva ricevere regalo migliore in quanto amava programmare tutto alla perfezione.  
Stettero ancora del tempo sedute nella Sala Comune a raccontarsi le ultime novità e ricordando i compleanni di quando erano piccole, ogni anno per Sophie era indimenticabile. 
“Andiamo a mangiare?” chiese poi Lalli alzandosi dalla poltrona. 
“Certo, è da troppo che sono sveglia e non ho ancora mangiato nulla” disse Sophie, seguendo la sorella verso l’uscita.  

***

Le due ragazze stavano chiacchierando tranquillamente mentre scendevano dalla Torre di Grifondoro quando Sophie notò una figura che era intenta a guardare nella loro direzione: Thomas era poco lontano e stava aspettando Sophie da alcuni minuti. Il ragazzo non appena vide di aver attirato l’attenzione della ragazza fece per avvicinarsi azzardando un sorriso. 
Lallie notò che il Serpeverde continuasse a fissare sua sorella mentre andava nella loro direzione e cercò di dileguarsi: non voleva sapere cosa stesse combinando Sophie. 
“Io vado… ci vediamo dopo” disse Lallie allontanandosi in fretta dai due ragazzi, certo non sapeva che aveva messo così Sophie in condizioni di rivolgere la parola a Thomas che stava evitando in ogni modo. Sophie accortasi di non avere scampo si fermò davanti al ragazzo che proprio non riusciva a smettere di guardarla. 
“Buon compleanno Sof…” le disse sorridendo. Era particolarmente imbarazzato, era da tempo che i due ragazzi non stavano un po’ di tempo da soli e questo lo rendeva nervoso. In più non sapeva cosa dirle, ogni cosa gli sembrava fuori luogo e aveva paura di ricevere risposte secche come ogni volta. 
“Grazie Thomas” disse Sophie, cercando di evitare di guardarlo negli occhi.    
“Sono venuto anche per accertarmi che stessi bene…” continuò il ragazzo che era preoccupato dopo aver sentito la storia di Summer e nonostante tutti avessero confermato che Sophie stesse bene e non fosse mai stata in infermeria, continuava ad avere una minima preoccupazione e voleva accertarsene di persona.  
Sophie lo guardò stranito, non sapeva di cosa stesse parlando.  
“Summer ci ha raccontato che ieri sera Alayna le ha fatto credere che fossi caduta e ti avessero portato di corsa in infermeria… così volevo essere sicuro che non fosse vero” disse Thomas tutto d’un fiato notando come la ragazza lo guardasse perplessa. Era palese come fosse davvero angosciato e Sophie ne fu colpita. 
“Infermeria? No no, sto bene! Non mi sono mai mossa dalla sala comune!” disse Sophie “ma… grazie per esserti preoccupato” continuò.  
La preoccupazione nella voce di Thomas e l’idea che fosse venuto fin lì apposta per controllare che stesse bene le aveva fatto piacere. Non era riuscita ad allontanarsi da lui come tutte le volte, le sue parole l’avevano convinta a fermarsi. Anche se continuava a scappare da lui, era difficile far finta che la presenza di Thomas non le provocasse strane emozioni. 
“Sono davvero felice tu stia bene…” disse lui cercando di avvicinarsi alla ragazza. Sophie trattenne il respiro e gli sorrise. Doveva calmarsi altrimenti tutti gli sforzi per allontanarlo non sarebbero serviti a niente. 
Thomas, sapendo che prima o poi Sophie avrebbe trovato una scusa per andarsene come al solito, non aspettò che rispondesse e iniziò a parlare.  
“Vorrei portarti in un posto che so che ti piacerà” disse, prendendola di scatto per mano.  
“Io non…” iniziò Sophie, senza muoversi. Non sapeva cosa fare, voleva seguirlo anche se sapeva non fosse la cosa giusta da fare. 
“Per favore” continuò Thomas, implorandola.  
Sophie per la prima volta dopo tempo cedette; il fatto che Thomas fosse corso verso la torre di Grifondoro solo per lei l’aveva fatta rimanere senza parole. Era sempre stata convinta che il ragazzo avesse una semplice cotta ma alcuni piccoli gesti come quello la convincevano che provasse davvero qualcosa per lei, così quel giorno non riuscì a resistergli. 
“Va bene” disse a bassa voce. Le loro mani erano ancora intrecciate e Sophie iniziava ad agitarsi.  “Però facciamo in fretta, non vorrei che qualcuno si insospettisse a vedere Lallie e non me” continuò Sophie seguendo Thomas che andava a passo svelto verso l’uscita del castello. 
“Promesso” sussurrò lui, continuando a camminare.  
Thomas non si aspettava che sarebbe stato così facile convincerla e sperava fosse un segno che qualcosa in lei stesse cambiando. 
Il ragazzo la stava trascinando verso l’entrata della foresta proibita, andava velocemente tenendo Sophie ancora per mano così che lei lo seguisse. Aveva paura scappasse o forse voleva solo starle finalmente vicino come succedeva spesso al campo. 
“Stai bene vestita così” sussurrò Thomas imbarazzato mentre camminavano uno a fianco all’altra. 
Sophie divenne rossa in volto e guardò altrove, non era più abituata ai complimenti del biondo. 
“Grazie” disse sistemandosi il vestito estremamente in imbarazzo. 
Stettero in silenzio per quasi tutto il tragitto fino a che Sophie non aprì bocca: “Dove andiamo? Non penso che la foresta pr…” 
Non riuscì a terminare la frase che i colori accesi degli alti alberi la lasciarono senza fiato. La foresta che Sophie si ricordava cupa e scura era ora dipinta di arancione e giallo. Le foglie erano colorate e la luce del sole le illuminava, creando un paesaggio spettacolare. Sophie non era ancora andata in quella parte della foresta quell’anno e non si aspettava di vederla così bella e diversa. Nonostante l’autunno fosse la stagione che segnava la fine dell’estate e l’arrivo del freddo adorava quel periodo dell’anno e adorava ancora di più vedere come gli alberi in poco tempo cambiassero, diventando dei colori che più amava. 
Non sapeva cosa dire, continuava a guardarsi attorno meravigliata dal paesaggio e stupita da come Thomas avesse pensato di portarla lì. 
"È bellissimo" disse ancora senza parole. 
"Te l'ho detto che ti sarebbe piaciuto" Thomas si avvicinò di più alla ragazza in silenzio "e questo è per te" disse, porgendole una busta rossa dove Buon compleanno Sof era scritto in rilievo. La ragazza prese la busta e dopo aver letto la scritta, la aprì. All'interno c'era una foto che lei ricordava bene, ritraeva entrambi seduti vicini su un divano blu, Sophie aveva la testa appoggiata alla spalla di Thomas che sorrideva davanti alla fotocamera. Erano in una stanza del salotto del campo estivo dove erano soliti passare molto tempo dopo cena; a volte Sophie leggeva un libro ad alta voce, altre ascoltavano musica assieme. 
Non si aspettava che Thomas le facesse un regalo e non si aspettava neanche che la portasse in quel posto. Stette a guardare la foto senza dire niente per alcuni secondi, i ricordi le riaffiorarono nella mente e non sapeva se provare malinconia o felicità. Spesso ripensava ai giorni passati insieme a Thomas e quella foto la riportò a pochi mesi prima. Era giusto scappare da qualcosa che l’aveva fatta stare così bene? Se solo fosse successo in altro modo magari sarebbe stato più facile.  
“Grazie, non dovevi” disse Sophie girando la foto e leggendo una corta dedica che era scritta nel retro.  
Thomas le sorrise, sperando di essere riuscito finalmente a farla cedere. Era da giorni che pensava al regalo giusto da darle e niente gli sembrava più azzeccato di qualcosa che la facesse viaggiare indietro nel tempo. Desiderava solo farle ricordare meglio tutto quello che avevano passato insieme e l’unica cosa che gli rimaneva era una fotografia. Così dopo averci riflettuto per ore capì che era proprio quello il regalo perfetto.  
“Avrei voluto prenderti altro ma questo mi è sembrato il pensiero migliore.”  
Thomas faceva attenzione a tutte le parole che pronunciava, temendo che dicendo una parola di troppo, la ragazza se ne fosse andata. Era già strano che fosse riuscito a portarla in quel posto per darle il regalo. 
“È perfetto” disse Sophie, aveva paura di guardare il ragazzo in faccia. Sapeva che stava esagerando ma proprio non riusciva a non dire quello che pensava. Era tutto perfetto e per un attimo Sophie si dimenticò di essere ad Hogwarts circondata da possibili occhi indiscreti. 
“Sarebbe bello poter tornare indietro” azzardò Thomas guardando la reazione di Sophie. Quest’ultima era emozionata e cercava in tutti i modi di non farlo notare al ragazzo che però ormai la conosceva troppo bene e sapeva riconoscere quando stava nascondendo qualcosa. 
Nonostante Sophie in quel momento fosse quasi commossa nel ripensare al passato, c’era ancora qualcosa in lei che la spingeva a fermarsi e a non sbilanciarsi troppo. Era ovvio come le avesse fatto piacere tutto quello che aveva ideato Thomas ma purtroppo le cose rimanevano uguali a prima, la situazione era sempre la stessa. Lui era sempre l’amico Serpeverde di Abigail e lei era sempre la sua migliore amica Grifondoro.  
“Sarebbe bello” disse Sophie posando la foto dentro l’agenda che poco prima la sorella le aveva regalato. “Ma non si può” continuò diventando di colpo seria e prendendo la forza per distaccarsi da lui. Sophie si rese conto che aveva esagerato ad aprirsi così al ragazzo che dopo quel momento non si sarebbe dato per vinto, aveva distrutto la sua tattica per convincerlo a smettere. Sapendo ora che anche la ragazza non le era indifferente Thomas avrebbe infatti continuato a tormentarla. 
I due ragazzi sentirono qualcuno ridere e si irrigidirono, alcuni Corvonero stavano uscendo dal castello scherzando l’uno con l’altro. Per un attimo pensarono che qualcuno li avesse visti.  
Il biondo, ricordandosi di essere quasi scappato dalla Sala Grande dopo aver sentito il racconto di Summer disse: “Spero che Abigail non si sia accorta che sono corso via agitato” disse Thomas. Voleva far capire a Sophie che avrebbe mantenuto il segreto finché lo voleva lei. Avrebbe continuato ad aspettarla, sapeva che avrebbe ceduto prima o poi. Più volte infatti gli era balenato di raccontare qualcosa ad Abigail per vedere la sua reazione, dopo aver accettato senza problemi che Richardson fosse interessato a Sophie pensava che sarebbe stato lo stesso per lui. Tuttavia non voleva andare contro a Sophie perché sapeva che avrebbe solo peggiorato le cose. 
Non appena la mora si ricordò che qualcuno li avrebbe potuti vedere assieme iniziò a diventare ancora più fredda e distaccata. E se Abigail si fosse accorta della strana reazione del suo amico e li avesse seguiti? Si guardò attorno attenta, c’erano solo pochi ragazzi ed era parecchio lontano da loro. 
“E’ già strano che nessuno abbia mai sospettato niente” disse la ragazza stringendo l’agenda che aveva tra le mani, se continuavano a vedersi di nascosto e Thomas continuava ad avere atteggiamenti strani qualcuno se ne sarebbe accorto. Per lei era già stato troppo strano che nessuno avesse notato la presenza costante di Thomas o le occhiate che i due ragazzi si scambiavano ogni giorno. 
“E allora? Se sospettano qualcosa? Motivo in più per dirgli tutto quanto” commentò Thomas che era sempre rimasto dell’idea che sarebbe stato meglio dire tutto subito piuttosto che aspettare così tanto tempo. Due problemi però si erano aggiunti alla sua strategia: Sophie non voleva ammettere i suoi sentimenti e Edward Richardson si era messo in mezzo dimostrando interesse verso la stessa ragazza. 
“Tu continui a non capire” disse Sophie, guardando verso il basso e facendo un passo indietro dal ragazzo. 
“A non capire cosa Sof? Abbiamo reso le cose più difficili di quanto lo fossero” Thomas si stava agitando, sperava che quel giorno non sarebbe nuovamente finita così con entrambi che si urlavano contro. 
“Le abbiamo rese difficili perché sono difficili, non potrà mai funzionare” continuò Sophie che in quel momento voleva solo scappare. Si maledette per essersi spinta fino a tanto, avrebbe dovuto immaginare che non sarebbe andata bene. Cosa pensava? Che a stare da sola con lui per pochi minuti sarebbe cambiato tutto? 
“Sof è inutile nascondersi, so che provi qualcosa per me come tu sai che provo qualcosa per te!” disse Thomas ad alta voce avvicinandosi alla ragazza. Voleva farle ammettere quello che provava e forse quel giorno ci sarebbe riuscito. 
“Questo non basta Thomas!! È tutto il resto il problema!” urlò Sophie. Possibile che non riuscisse a capire? Era da settimane che glielo ripeteva ma Thomas sembrava non rendersene conto. 
“Finalmente l’hai ammesso…” disse il ragazzo con un mezzo sorriso spavaldo. 
“Ho ammesso cosa?” chiese Sophie confusa e nervosa per il fatto che le sue parole non lo colpissero in nessun modo. 
“Che ti piaccio!” continuò Thomas, ancora con il sorriso sul volto.  
Sophie non sapeva più come fare ad allontanare il biondo, più lo mandava via più si avvicinava insistente. Anche dopo quello che gli aveva detto lui si soffermava su altro, forse non avrebbe dovuto dirgli che anche lei provava qualcosa. 
“Non vuol dire niente!” urlò Sophie, indietreggiando sempre di più. 
“È meglio se me ne vado… e ti prego di smetterla” disse, correndo via senza lasciare il tempo al ragazzo di risponderle. Aveva le lacrime agli occhi e non riusciva più a trattenersi. 
“Sophie!!!” sentì Thomas urlare ma continuò a correre ed entrò nel castello con il fiatone e le guance rosse. 
Aveva fatto un casino, peggiorando solo le cose, non avrebbe dovuto cedere e seguire il ragazzo. Ora sarebbe stato ancora più complicato perché non solo aveva ammesso i suoi sentimenti a Thomas ma così facendo li aveva ammessi anche a se stessa.  
Doveva trovare un modo per dimenticarlo e dimenticarsi del passato. Non poteva più andare avanti a scappare da quel ragazzo e fingere di essergli indifferente, quella situazione la stava facendo impazzire. 
Doveva trovare qualcun altro che potesse prendere il posto di Thomas ed occupare il pensiero fisso nella sua mente; l’unico modo per dimenticarsi di lui era interessarsi ad un altro e chi meglio di Edward?  
Sophie così finalmente si decise a chiedere aiuto ad Abigail: doveva assolutamente uscire con il suo amico Grifondoro e farselo piacere a tutti i costi. Era un bel ragazzo e nell’ultimo periodo si era dimostrato gentile e cordiale nei suoi confronti. Con lui non avrebbe avuto nessun problema e non si sarebbe dovuta nascondere per nessun motivo.  
Questa volta ne era convinta, si sarebbe dimenticata di Thomas a costo di obbligarsi a farsi piacere Edward.  
Si ricompose e andò in cerca dei suoi amici.  
Doveva distrarsi e non farsi rovinare così il compleanno.

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Capitolo 9
*** Capitolo 8 - A me fai schifo anche così ***


   Capitolo 8 - A me fai schifo anche così


 

“Finalmente Sophie! Ma che fine avevi fatto si può sapere?” disse Abby con le braccia incrociate e uno sguardo severo. “Per una volta che non ho dimenticato in dormitorio l’autorizzazione! Gli altri sono già andati!”
Abby era con Frank e Summer, in mezzo ad una calca di ragazzi urlanti che confusamente cercavano di raggiungere la professoressa McGranitt davanti al cancello d’entrata della scuola, per mostrarle l’autorizzazione firmata per poter andare a Hogsmeade. 
“Scusami Abby, stavo cercando la lista delle cose che Lallie vuole che le prenda da Zonko e Mielandia...” mentì Sophie, che finalmente aveva raggiunto gli amici.  La verità è che Sophie era rimasta chiusa nel dormitorio a tormentarsi su quello che era accaduto quella mattina. Doveva trovare una soluzione, e in fretta. Era necessario dimenticare Thomas, e l’unico modo era trovare qualcun altro che prendesse il suo posto. Ma allo stesso tempo Sophie non era sicura di potercela fare, nessuno era come lui, nel bene e nel male.  
L’ansia che ci fosse pure lui quel pomeriggio era tanta, non aveva assolutamente voglia di vederlo. Non si sentiva pronta dopo quella mattina, solo il pensiero le faceva stringere lo stomaco. Quasi quasi voleva inventarsi una balla, fingere di stare male o di avere qualche impegno improvviso, per salvarsi dall’uscita a Hogsmeade, ma non poteva farlo, era il suo compleanno. Doveva farsi forza. Magari Thomas non sarebbe venuto, ci era rimasto particolarmente male di fronte all’ennesimo rifiuto di Sophie, forse avrebbe avuto il buon senso di non presentarsi. Questa era l’unica speranza che spinse Sophie a uscire dal dormitorio e raggiungere gli altri. 
Una volta che ebbero superato il controllo della McGrannit, i quattro amici si avviarono lungo la stradina sterrata che portava direttamente a Hogsmeade. Il cielo si era fatto nuvoloso, e aveva coperto i deboli raggi di sole che quella mattina avevano reso la temperatura quantomeno piacevole. Ora invece il freddo iniziava a farsi pungente, folate di vento pungevano mani e viso come tanti piccoli aghi, e Sophie non vedeva l’ora di arrivare e chiudersi al pub. 
“Quindi gli altri sono già andati?” chiese Sophie, mentre si stringeva nel cappotto grigio. 
“Sì, ci aspettano davanti ai tre manici di scopa... anche Anthony, ho visto che usciva con il suo amico Albert!” rispose Abby. 
“Chissà se quell’idiota di Edward sarà riuscito a giungere a destinazione, o se si è perso per strada...” disse Summer in tono divertito. 
Frank scoppiò a ridere; Abby le lanciò uno sguardo di fuoco e disse: “Summer, ti avverto, comportati bene oggi!”  
“Io?” rispose incredula Summer, “devi dirlo ai tuoi amici!” 
“L’ho detto anche a loro, voglio che vi comportiate tutti normalmente per una volta, non accetto battutine e litigi chiaro?” disse Abby categorica. 
Summer per tutta risposta alzò gli occhi al cielo, e per fortuna Abby non la sentì sussurrare “Edward rimane comunque un idiota!” 
Il festeggiamento del compleanno di Sophie e Abby era sempre un momento di forti tensioni e disagi, in cui persone che non si sopportavano e che normalmente non si sarebbero mai frequentate erano obbligate a passare insieme un pomeriggio intero per far contente le loro due amiche. Ogni anno venivano fatti sempre i soliti avvertimenti, e molto spesso non venivano rispettati. Battutine, insulti velati e sguardi d’odio erano infatti sempre presenti durante quelle giornate, e tutti si chiedevano perché Abby e Sophie si ostinassero a voler festeggiare tutti insieme. D’altra parte era la loro festa di compleanno, ed era giusto che passassero quella giornata con gli amici più cari. Dunque tutti si ripromettevano che avrebbero cercato di fare questo sforzo e che si sarebbero morsi la lingua, almeno per quel pomeriggio. 
Sophie approfittò di un momento in cui Summer e Frank erano leggermente più avanti di lei e Abby, per intavolare una conversazione. 
“Allora oggi ci sono tutti?” domandò. 
“Sì ...” rispose Abby, inorridita da un’improvvisa folata di vento freddo. 
“Ci sarà anche Thomas?” azzardò Sophie, cercando di mantenere il tono di voce il più normale possibile. 
“Sì, perché non dovrebbe esserci?” Abby stava guardando l’amica confusa, come se avesse fatto una domanda senza senso. 
Già perché non dovrebbe esserci?, pensò Sophie, che poi disse: “No è che visto che l’altro giorno avete discusso... sai non mi hai più detto nulla, non so se avete fatto pace.” 
“A beh sì scusa hai ragione. Comunque sì, mi è venuto a chiedere scusa due giorni dopo, mi ha detto che aveva dei problemi suoi per lo studio, la McGrannit il giorno prima gli aveva piantato una scenata a lezione... allora era nervoso! Ma si è scusato, e io magnanima come sono l’ho perdonato. Capita a tutti una giornata no” disse Abby. 
Sophie annuì sorridendo, fingendosi felice per l’amica. Ma dentro si sentì morire, quella era l’ultima speranza, e invece ora doveva sopportarlo tutto il pomeriggio, come avrebbe fatto?  
C’era solo più una soluzione, e doveva agire in fretta. Prima avesse iniziato a conoscere un altro ragazzo, prima l’avrebbe dimenticato. E chi meglio di Edward? Era il ragazzo perfetto, in tutto e per tutto. 
“Senti Abby, volevo chiederti un favore...” incominciò lei con cautela. 
“Dimmi. Che ti serve?” 
“Ho bisogno che mi aiuti con Edward!” disse Sophie rapidamente. Non credeva di averlo detto davvero, e si preparò alla reazione dell’amica. 
Abby si fermò, ci mise un attimo ad assimilare l’informazione, poi cacciò un urlo. 
“Zitta Abby!” disse Sophie, voltandosi subito verso Frank e Summer, che per fortuna erano troppo impegnati a commentare il look stravagante di una ragazza di Corvonero per accorgersi di cosa stava accadendo alle loro spalle. 
“Cioè tu mi stai davvero chiedendo quello che penso?” disse Abby concitata. 
“Senti non agitarti, non devi fare nulla di imbarazzante o esagerato come al tuo solito! Voglio solo provare a conoscerlo meglio, infondo hai ragione, è carino e davvero gentile!” riprese timidamente Sophie. 
“Lascia fare a me! Me ne occupo io, in realtà avevo già in mente un piano, ma ora che mi dai il via libera posso agire alla luce del sole e.…” 
“Ho detto con discrezione Abby!” la interruppe Sophie divertita. “E grazie... ora raggiungiamo 
Summer e Frank, con loro tieni la bocca chiusa, non voglio che Summer compia un omicidio o che Frank si metta a raccontarlo a tutti!” 
“Solo una cosa Sophie” disse Abby facendosi seria, “tu sei una delle mie migliori amiche, e sono assolutamente a favore di questo meraviglioso amore che sta per nascere! Però ti avverto, Edward è un ragazzo davvero buono, tu spezzagli il cuore e io ti spezzo le ossa. Chiaro?”  
Sophie sorrise divertita. “È più probabile che succeda il contrario, comunque tranquilla, non gli spezzerò il cuore!” 
“Farò questo discorso anche a lui non ti credere” rispose Abby, “è solo che non voglio che tu pensi sia il solito stronzo popolare senza sentimenti! Donna avvisata, mezza salvata...”

***

Dopo circa un altro quarto d’ora di camminata, finalmente i quattro raggiunsero il villaggio, che quel giorno pullulava di studenti di Hogwarts, chi passeggiava, chi entrava e usciva dai negozi con le mani piene di acquisti, chi si rifugiava di corsa in uno dei pub per ripararsi dal freddo. 
“Sono tutti fuori che ci aspettano” disse Frank, indicando l’entrata dei Tre manici di scopa. E già da quell’immagine si poteva comprendere il clima di disagio che aleggiava in quel gruppetto improvvisato. Vicino all’entrata c’era Edward, che sorridente salutava gli avventori del pub che entravano e uscivano (a quanto pare lui conosceva tutti). Accanto a lui, appoggiato contro una delle pareti esterne del locale c’era James, che con le braccia incrociate (non curante del fan club di ragazzine che da lontano lo fissavano adoranti) guardava in cagnesco Thomas, che a qualche metro da lui ricambiava lo sguardo con un’espressione di disgusto totale. In mezzo a loro c’era Anthony il quale, profondamente a disagio nel trovarsi con delle persone che stavano in religioso silenzio, si guardava la punta delle scarpe imbarazzato. 
“Ciao a tutti!” disse Abby sorridendo una volta che li ebbero raggiunti. Era l’unica a sorridere. Tutti risposero con un “Ciao” poco convinto, come se stessero andando al patibolo.  Stavano zitti a guardarsi. Era come se la temperatura si fosse ulteriormente abbassata di dieci gradi, e questa volta la causa non fu il vento freddo, ma il mix di disagio e imbarazzo che tutti a parte Abby sentivano. Persino Sophie non riusciva a sorridere come al suo solito, andò subito a salutare Anthony, sforzandosi di non guardare verso Thomas. 
“Allora entriamo?” disse Frank, che stava letteralmente tremando, e non vedeva l’ora di sedersi al caldo di fronte ad una bella burro birra.  
Una volta entrati nel pub, raggiunsero un tavolo vicino ad una finestra, abbastanza spazioso perché tutti potessero sedersi comodamente.  
Il calore era piacevole, e il locale era pieno di maghi e streghe che rilassati e tranquilli sorseggiavano infusi e bevande chiacchierando tra loro.
“Scusa Sophie ti spiace se vicino a me si siede Thomas?” disse Abby rivolgendosi a Sophie che stava per accomodarsi sulla sedia accanto alla sua. “Puoi andarti a sedere vicino a Edward se vuoi...” 
“Se Sophie vuole stare vicino a te stia pure, vado io vicino a Richardson” disse Thomas rapidamente. 
“No.… voglio stare vicino a te! A Sophie non dispiacerà vero?” 
“No no, figurati!” disse Sophie sorridendo, ed andò a sedersi vicino ad Edward, che la guardava divertito. 
“Che onore stare vicino a una delle festeggiate! Tanti auguri comunque!” le disse Edward, e Sophie lo ringraziò, un po’ imbarazzata. 
Finalmente tutti si erano seduti, Abby tra Thomas e Summer, Summer vicino a Frank, che era seduto a sua volta accanto a James ovviamente a fianco di Edward. Mentre Anthony sedeva tra Sophie e Thomas.  
Sophie si guardò attorno, almeno nessuno era seduto vicino al proprio acerrimo nemico. 
Il silenzio imbarazzante era di nuovo calato, nessuno osava dire nulla. 
Sophie sentiva lo sguardo di Thomas su di sé, e faceva di tutto pur di non guardarlo. Non voleva incrociare i suoi occhi azzurri. 
Per fortuna arrivò Madama Rosmerta, la formosa e affascinante proprietaria dei Tre manici di scopa, a prendere le ordinazioni. Tutti si accorsero che prima di andare via, rivolse uno lungo e intenso sguardo a Edward. 
Abby scoppiò a ridere. “Ma quella continua?” 
“Smettila con questa storia, è solo gentile con me perché conosce i miei genitori” disse Edward, che era evidentemente un po’ imbarazzato. 
“Certo, ti ha rivolto quello sguardo voglioso perché voleva che le salutassi tua mamma” disse James. 
“Smettetela voi due! Che poi qua tutti credono veramente che io abbia degli inciuci con le donne mature”  
Frank lanciò una delle sue risa acute, coprendosi la bocca con la mano. Il clima stava iniziando a sciogliersi. 
“Bhe lo sanno tutti che la Rosmerta è un po’ troppo amichevole con i giovani ragazzi di bell’aspetto a volte…” intervenne Anthony. 
Tutti risero, e Sophie prese la parola: “Lo sguardo di madama Rosmerta era abbastanza eloquente!” 
“Pure tu ti ci metti?” disse divertito Edward. 
È davvero carino quando sorride, pensò Sophie, e con la coda dell’occhio vide Thomas irrigidirsi sulla sedia. 
Madama Rosmerta ritornò con il vassoio pieno, e ignara del discorso che la riguardava distribuì le ordinazioni. Tutti notarono che l’unica bottiglia di burrobirra che aveva stappato era proprio quella di Edward. 
Una volta che la proprietaria si allontanò, Frank rise di nuovo e disse: “Secondo me ti ha messo un filtro d’amore, stai attento!” 
“Non esageriamo dai...” tentò di nuovo Edward. 
“Edward non fare il modesto. Alla fine chi non ti adora? Persino mia nonna coltiva ormai da anni il sogno di vedermi sposata con te! Tutti ti amano” Abby ignorò un finto colpo di tosse di Summer e continuò. “Sapete che Rita Skeeter vuole fargli un’intervista in quanto Vincitore del Premio Barnabus Finkley per Incantesimi Eccezionali?” 
Con quel “sapete” Sophie capì che Abby si stava rivolgendo direttamente a lei, la conferma erano gli occhi dell’amica che la guardavano ammiccando.  
Sophie decise di cogliere la palla al balzo, e con tono sorpreso e interessato disse: “Ma davvero Edward? Che cosa bella! Ho saputo che sei anche in lizza per lo stage estivo come Rappresentante Giovanile Britannico al Wizengamot!” 
“Sì ma non credo che verrò preso, ci sono un sacco di altri studenti molto bravi che hanno fatto domanda...” disse Edward con il suo solito tono modesto. 
“Verrai preso di sicuro, hai dei voti altissimi! Poi pure un’intervista sulla Gazzetta del Profeta ... chissà che soddisfazione” riprese Sophie, realmente stupita da quanto quel ragazzo fosse eccezionale e al contempo estremamente modesto.  
“Io sinceramente mi vergognerei ad essere intervistato da quella cretina...” disse gelido Thomas, guardando Edward con aria di sfida. Tutti si zittirono, Abby guardò Thomas sconvolta, ma prima che lei potesse dire qualcosa Edward rispose. 
“Effettivamente hai ragione, non sono così emozionato che la Skeeter mi intervisti, è solita raccontare un sacco di stupidaggini...” 
“Già solo per il fatto che abbia deciso di intervistare te si capisce quanto sia stupida!” riprese Thomas, acido. 
“Thomas!” fece Abby, sconvolta.  
Edward stava per ribattere, ma Sophie intervenne. 
“E per quale motivo scusa? Edward è un ragazzo estremamente talentuoso, chi dovrebbe intervistare? Te? Per parlare di cosa? Di come si finisce in punizione?” 
Sophie, vedendo lo sguardo ferito di Thomas, si rese conto di essere stata molto dura. Non pensava davvero ciò che aveva appena detto, ma le era uscito di getto. La irritava questo suo modo arrogante di prendersela con Edward, che fino a quel momento era stato gentile con tutti. E se l’unico modo per allontanare Thomas era quello di trattato male, allora avrebbe fatto così. 
“Dimenticavo che per te esiste solo lo studio!” disse Thomas irritato dalla risposta della ragazza. 
“Non parlarle così!” lo ammonì Edward, che stava iniziando a innervosirsi. 
“Ti ricordo che Sophie sa difendersi da sola!” intervenne Summer con un finto sorriso, ritenendo di essersi trattenuta a sufficienza. 
James si mise a ridere. “Una Tassorosso che dà lezioni di vita, interessante!” “James!” disse Abby sconvolta, la situazione stava degenerando.
“Come ti permetti scusa?” azzardò timidamente Frank, preso da un improvviso moto di orgoglio per la sua casata. 
“Dai ragazzi cerchiamo di tranquillizzarci...” intervenne Anthony incredulo.  
“Hai ragione Anthony, parliamo d’altro... Avete sentito che...” provò a dire Edward, 
Ma Summer lo interruppe. “Ma la vuoi smettere di cercare di essere sempre al centro dell’attenzione?”   
“Summer adesso basta!” disse Sophie categorica. 
“No perché? Lasciala continuare, ha detto una cosa molto furba” fece Thomas con aria divertita.  
“Senti Thomas ti chiedo di smetterla!” lo supplicò Abby, la situazione le stava sfuggendo di mano. 
“Non ho detto nulla di sbagliato, Abby, non rompere!” rispose Thomas irritato. 
“Non parlarle così!” Questa volta fu James a parlare. 
Thomas rise. “Ah e saresti tu Walker a dirmi come la devo trattare? Strano perché non mi sembra che tu ti comporti sempre bene con lei! Non darmi insegnamenti su come trattare le ragazze per piacere...” 
“Blake ma non sei proprio tu che l’hai trattata di merda il giorno del suo compleanno? Fino a farla piangere?” rispose nuovamente James. 
“Certo dopo che aveva beccato te in un cespuglio a farti una troietta qualsiasi, Walker!” 
“E con che coraggio parli proprio tu Thomas?” intervenne Sophie. 
“Perché tu pensi che io mi comporti male con le ragazze, Sophie? Sai per caso come mi comporto quando una ragazza mi piace?” Thomas la stava osservando con aria di sfida. Ma Sophie non si fece ingannare. 
“Visto che te la fai con quella poco di buono di Megan, direi che non sei tu a dover dare e insegnamenti a nessuno.” 
“Basta vi prego!” Disse Abby in tono di supplica. 
“Come se nessun altro dei tuoi amiconi qui fosse stato con Megan!”  
“Io non sono stato con Megan!” intervenne Frank. 
“Nemmeno io...” seguì Anthony. 
“Io neppure!” gli fece eco Edward, guardando orgogliosamente verso Thomas. 
“Ah no?” disse Sophie visibilmente stupita. 
“Figurati se una come Megan vorrebbe stare con un damerino così...” riprese Thomas. 
“Sì da il caso, Blake, che lei ci abbia più volte provato con me, ma a differenza tua a me non interessa una ragazza che si passa tutti i ragazzi della scuola come se fossero figurine da collezionare in un album! Mi farei schifo da solo (scusa James) ...”  
“A me fai schifo anche così...” disse Summer.
“Posso sapere che problemi hai con me?” le chiese Edward esasperato. 
“È che sei odioso, Richardson!” disse Thomas glaciale. 
“Non è assolutamente vero, smettila Thomas!” urlò Sophie, che ora stava guardando Thomas arrabbiata. Non riusciva a credere alle cattiverie che il ragazzo stava sparando a destra e a manca senza alcun rispetto per Abby. 
Abby dal canto suo aveva la faccia sconvolta, aveva rinunciato ormai al vano tentativo di fermare le battute provocatorie che volavano come frecce da una parte all’altra del tavolo, e stava nervosamente giocando con l’etichetta della sua burrobirra.   
“Ci stanno guardando tutti…” sussurrò Anthony, imbarazzato. 
“Possiamo provare a mantenere un comportamento civile?” chiese Sophie esasperata. 
“Io ci rinuncio, buon proseguimento” disse Thomas alzandosi dalla sedia. 
“Ma no Thomas ti prego Thomas, resta” lo supplicò Abby.  
“Scusami Abby, non è colpa tua! Ma oggi non mi va troppo di sopportare i tuoi amici odiosi, ci vediamo magari stasera dopo cena!” 
E detto questo Thomas lanciò qualche moneta sul tavolo e rivolse un ultimo, gelido sguardo a Sophie, che esprimeva rabbia ma anche delusione, e se ne andò. 
“Non sentiremo la tua mancanza Blake!” gli urlò dietro James, che per tutta risposta ricevette un dito medio dal biondo che stava uscendo dal pub.  
“Siete incredibili!” disse Abby esasperata, “posso sapere che vi è preso? Edward so che ti ha provocato e sei scusato, ma James, sei sempre il solito, e Sophie, ma che ti succede?”
“Scusa ma è lui che ha cominciato a fare il cretino! Sai che non sopporto la gente arrogante!” rispose Sophie, consapevole però di aver esagerato. 
“Thomas ultimamente è un po’ permaloso, ma non è cattivo! Ha esagerato anche lui però non dovevate dargli corda... e Summer con te faccio i conti dopo. Ora per piacere possiamo comportarci come un normale gruppo di persone?” propose Abby. 
Ed effettivamente dopo quella mezz’ora di fuoco, il clima si distese. 
Avevano smesso di insultarsi e lanciarsi frecciatine, parlarono con tranquillità del più e del meno e si dimenticarono delle tensioni che poco prima avevano regnato al tavolo. James smise di infastidire Frank e Summer, Summer cessò di insultare Edward, e quest’ultimo tornò alla sua solita calma ed educazione, e sprofondò in una fitta conversazione sugli scacchi magici con Sophie e Anthony. 
Dopo un’oretta di piacevoli discorsi e di risate, e soprattutto dopo aver mangiato un’ottima torta di compleanno, Anthony se ne andò, dicendo che aveva appuntamento con il suo amico Albert da Zonko. 
Abby si guardò intorno, erano rimasti solo più in sei, e soddisfatta decise che era arrivato il momento di mettere in atto il proprio piano. 
Senza farsi vedere da Sophie ed Edward che erano ancora intenti a discutere sulla tecnica di Kupovisitch per vincere una partita in sole quattro mosse, tirò un calcio da sotto il tavolo a Summer. 
“Ahi ma sei scema?” disse Summer massaggiandosi il ginocchio. 
“Tu e Frank, andatevene via!” mimò Abby con le labbra. “SUBITO!” 
Frank e Summer si guardarono confusi. Perché dovevano andarsene? 
Nel vedere che i due amici non avevano colto il messaggio, Abby rincarò la dose e a voce piuttosto alta disse: “Non vi preoccupate ragazzi, capisco se dovete andare via!”  
Sophie si voltò verso di loro e domandò dispiaciuta: “Ma come ve ne andate già? Ma perché? Dai state ancora un po’!” 
“Ehm sì...  dobbiamo proprio andare!” disse Summer confusa, alzandosi lentamente e infalandosi la giacca. 
“Già, dobbiamo fare delle cose... cose importanti! Importantissime!” proseguì Frank, sorridendo nervoso. 
“Tranquilli ragazzi, andate pure non vorrei mai mettermi tra voi e le vostre cose importantissime!” disse Abby sorridendo verso di loro. 
Summer e Frank le lanciarono un ultimo sguardo confuso, e dopo aver salutato nuovamente tutti, si congedarono. 
“Che peccato che siano già andati via...” disse Sophie realmente dispiaciuta. 
“Già ... un vero peccato! Io però adesso voglio andare da Mielandia...” disse Abby, tranquillamente. 
“Va bene, andiamo!” rispose Sophie, che stava già prendendo la giacca. 
“No, tu non vieni. Voglio andarci con James. Da soli.”  
Sophie e Edward la guardarono basiti, ma il più scioccato era James. 
“Con me? Da soli? Ma dici davvero?” 
“Sì, con te!” disse Abby facendo spallucce, “avevi detto che ti saresti fatto perdonare no?” “Beh sì...” rispose il ragazzo. 
“Bene, allora andiamo. E ti consiglio di muoverti, prima che cambi idea!” 
“Va bene, ti concederò questo onore. Magari con un po’ di caramelle diventi più dolce nei miei confronti!” disse James alzandosi e vestendosi. 
“Se questo è il tuo intento dovrai svaligiare l’intero negozio! Voi due rimanete pure qui, e non aspettateci, torno al castello con lui!” E detto questo Abby, dopo aver lanciato un sorriso malizioso ai due amici, se ne andò con James. 
“Sono confusa ... da quando Abby vuole andare da Mielandia con James e non con me?” domandò Sophie. Ma la risposta se la diede da sola. Non era ovvio? L’aveva voluta lasciare da sola con Edward. 
Oddio.  
Era da sola con Edward.  
Non che non fosse mai accaduto, in quelle ultime settimane avevano passato qualche momento insieme da soli in biblioteca. Ma ora erano solo loro due, in un pub, e la situazione era ben diversa. Edward sapeva qualcosa? Abby gli aveva parlato? Stare con Edward non la metteva in imbarazzo, era facile parlare con lui, ma il pensiero che Abby gli avesse detto qualcosa ... 
Ma come avrebbe potuto dirglielo? Insomma le ho chiesto aiuto prima di venire qui, non è stata da sola con lui nemmeno un attimo..., per un momento si tranquillizzò, ma poi si rese conto che si trattava di Abby. L’amica aveva già da tempo in mente di accoppiarli, e sicuramente non si sarebbe fatta problemi ad agire senza il loro consenso. 
“Sophie non farti domande, io quei due non li capirò mai!” le rispose Edward in tono divertito.  “Spero che con il loro ego sproporzionato riusciranno a trovare spazio dentro Mielandia” disse Sophie. 
Edward scoppiò a ridere. Aveva una risata così genuina e contagiosa. Sophie non poté fare a meno di pensare quanto fosse ancora più attraente quando rideva, con quei denti perfettamente bianchi. 
“Hai ragione, meno male che ci sono io che tengo quei due con i piedi per terra...” proseguì Edward. 
“Già, sei molto diverso da James” azzardò Sophie. 
“In che senso?” chiese lui incuriosito. 
“Beh, James è un po’ più irrequieto, credo sia evidente che siate differenti, no?”  Edward sorrise. Eccolo di nuovo quel sorriso. 
“Beh sì, su alcune cose siamo simili, ma su altre siamo profondamente diversi. Ma alla fine tra amici è così… Per esempio in fatto di ragazze la pensiamo in modo totalmente diverso. Prima mi sei sembrata stupita quando ho detto che non sono mai stato con Megan, o sbaglio?” 
Sophie arrossì. Era vero. Era sicura che uno come lui non potesse non essere stato almeno una volta con la stratosferica Megan.  
“Bhe, dato che tutti i ragazzi della scuola pagherebbero anche solo per un suo saluto... Ho pensato che data la tua popolarità era ovvio che anche tu ci avessi avuto a che fare” 
“Immaginavo...” disse Edward guardandola intensamente. 
Non è che l’ho offeso?, pensò Sophie tra sé e sé. 
Ma Edward per fortuna con tono tranquillo riprese: “Vedi come ho detto prima a me questo tipo di ragazze non piace! A parte che è stata con il mio migliore amico, e le ex degli amici non si toccano. Ma poi non fa per me... Io guardo altro nelle ragazze”. 
“E che cosa cerchi nelle ragazze?” domandò Sophie. 
Non ci posso credere che l’ho chiesto veramente ..., si maledisse mentalmente Sophie.  
Edward la stava di nuovo osservando intensamente, con i suoi profondi occhi marroni, quasi neri. 
Nuovamente Sophie non poté fare a meno di notare quanto fosse bello.  
“Beh ho gusti piuttosto difficili. Una ragazza per piacermi non deve solo essere carina, deve anche essere intelligente, brillante, deve essere bello poter parlare con lei, poterci fare dei discorsi, discorsi veri. Devo avere delle cose in comune con lei, non so come dire. Una ragazza mi deve colpire e basta, a me non interessa la popolarità. Per questo che una Megan o le sue amiche non mi sono mai piaciute in quel senso ...” 
Sophie era davvero colpita, non si aspettava una tale profondità. 
“Capisco… Due anni fa non stavi con quella Eleanor del nostro anno? Abby la odiava!” disse Sophie. 
“Sì Eleanor è stata una delle mie storie più importanti, siamo stati assieme un anno. Però poi ci siamo lasciati, perché era estremamente gelosa, ecco perché Abby la odiava! Non voleva assolutamente che io uscissi con i miei amici e men che meno con Abigail, era diventata insopportabile. Così ci siamo lasciati, e devo ammettere che all’inizio ci sono stato male, ma poi ho capito che non era la ragazza per me!” 
“Ah, mi dispiace. Scusa non volevo rievocare ricordi spiacevoli” disse Sophie sinceramente dispiaciuta. 
“Ma no tranquilla, non mi crea più problemi parlarne. E tu invece?” 
“Io cosa?” 
“Qualche esperienza spiacevole con qualche ragazzo?” domandò Edward. Poi, notando subito la faccia imbarazzata di Sophie aggiunse subito: “Cioè non voglio essere invadente, magari non vuoi parlarne scusa...” 
“No no” disse Sophie tranquillamente “e che io non ho mai avuto un vero e proprio ragazzo, quindi non ho molte storie interessanti da raccontarti …” 
Thomas non può considerarsi una vera storia!, si disse tra sé e sé, mentre la sua mente le aveva prontamente ricordato l’estate trascorsa al campo con il biondo. 
“Che cosa?” esclamò sconvolto Edward.
“Già, imbarazzante vero?” rispose Sophie, ormai certa di essersi giocata ogni possibilità con Edward. 
Ma il ragazzo sorrise e con dolcezza disse: “Assolutamente no Sophie, non c’è nulla di imbarazzante. Anzi, trovo che sia imbarazzante per i ragazzi della nostra scuola, com’è possibile che nessuno di loro ti abbia mai invitata ad uscire? Insomma sei così bella, solare e intelligente, non ci credo!” 
Sophie si sentì scaldare il cuore. L’aveva davvero definita bella, solare e intelligente?  
“Grazie Edward, ma credo che ai ragazzi non interessino quelle come me...” 
“E io invece conosco un mucchio di ragazzi a che farebbero carte false per stare con te” 
Sophie arrossì nuovamente, e si spostò nervosamente una ciocca di capelli dietro l’orecchio.  
“Grazie Edward, sei davvero gentile”. 
Il ragazzo la stava osservando di nuovo con quello sguardo penetrante e indecifrabile.  
Sta iniziando a fare caldo qui o sbaglio?, pensò Sophie. 
“Ascolta Sophie, in nome dei ragazzi di Hogwarts, non posso permettere che la ragazza più carina della scuola non abbia mai avuto un appuntamento come si deve, quindi permettimi di invitarti ad uscire con me!” 
Sophie sorrise. “Mi stai invitando ad uscire? Guarda non devi mica sentirti obbligato, io davvero sto bene così non voglio che tu provi pena per me...” 
“Pena per te? Obbligato? Così mi offendi. Senti io non ho mai fatto nulla perché sono obbligato. Se faccio qualcosa è perché la voglio fare. E tutto questo giro di parole è un modo carino e indiretto per chiederti di uscire con me, perché anche se ti sembro “il classico ragazzo popolare”, in queste settimane non ho mai avuto il coraggio di chiedertelo direttamente. Quindi Forbes, mercoledì pomeriggio, esci con me?” 
Sophie era senza parole. Totalmente sorpresa. Davvero le aveva chiesto di uscire? 
“O-ok Edward... va bene, volentieri!”  
“Perfetto, allora organizzerò qualcosa di carino” disse lui, per poi voltarsi verso la finestra. “Si sta facendo buio, meglio se iniziamo ad incamminarci verso il castello che dici?”  
Sophie annuì, ancora piacevolmente stordita da quello che era appena accaduto.  
I due ragazzi si rivestirono e si avviarono verso l’uscita del pub, quando improvvisamente Madama Rosmerta si inciampò su uno sgabello proprio accanto a loro. 
Successe tutto in un attimo, Edward con totale nonchalance con una mano afferrò il vassoio che era volato via dalle Mani della cameriera, e con l’altro braccio afferrò Madama Rosmerta impedendole di cadere. 
Sophie si chiese nuovamente come il ragazzo facesse ad essere così brillante, in ogni occasione. “Oh Edward caro, gentilissimo come al solito. Scusami mi sono proprio inciampata!” disse la donna, gonfiando il vigoroso petto per mettere meglio in mostra la mercanzia. 
“Non si preoccupi, Madama Rosmerta” rispose Edward gentilmente, non dandole la soddisfazione di guardare nella sua vertiginosa scollatura. “Noi ora andiamo, buona serata!” 
E detto questo prese Sophie per un braccio e la condusse via. 
“Ma quella è una milf! Voleva chiaramente saltarti addosso” rise Sophie una volta usciti dai Tre manici di scopa. 
“Non ricominciare con questa storia” disse Edward, fingendo un tono severo. 
E mente Sophie e Edward si avviarono verso il castello, la ragazza non poté che sorridere tra sé e sé. 
Forse c’era davvero qualche speranza di dimenticare Thomas.  


II 

Abigail e James erano appena usciti dai Tre manici di scopa, dopo che la prima aveva trovato scuse assurde per allontanare tutti gli invitati così che Sophie ed Edward potessero finalmente stare un po’ da soli.  
Abigail, vicino alla porta del pub, stava cercando di coprirsi più che poteva stringendosi nella felpa scura. James come al solito sembrava non avere mai freddo, era fine settembre e l’aria iniziava ad essere pungente ma il ragazzo con la sua giacca di pelle sembrava non percepire lo sbalzo di temperatura tra l’interno del locale e l’esterno. 
"Guarda che l'ho capito cosa vuoi fare Nanerottola" iniziò James che la guardava accigliato. "E io che pensavo volessi passare del tempo da sola con me" continuò. Il ragazzo incrociò le braccia al petto, facendo l’offeso.  
"Fare cosa? Non so di cosa stai parlando" disse Abigail facendo la finta tonta. Avrebbe voluto resistere più a lungo e fingere di non capire a cosa si riferisse ma dopo pochi secondi si mise a ridere, continuando ad avere un’espressione stupita sul volto.  
"Il fatto che io sia così affascinante non significa che sia altrettanto stupito" commentò James divertito dall'espressione di Abigail, si vedeva fosse orgogliosa della riuscita del suo piano. "Li hai pure fatti sedere vicini o sbaglio?" 
James fissava Abigail per farle ammettere tutto quanto. Sapeva che voleva far mettere insieme i suoi due amici ed era sempre presente quando rivolgeva battutine ad Edward durante le pause dalle lezioni.  
"Va bene, lo ammetto volevo stessero da soli… ma voglio seriamente stare un po' di tempo con te!"  Abigail alzò gli occhi al cielo notando che dopo l'ultima frase James avesse una smorfia compiaciuta. "Ora però non montarti la testa" continuò.  
“Forse è meglio se ci allontaniamo da qua, magari i due piccioncini vogliono spostarsi e non vorrei essere di intralcio” disse James nel tentativo di convincere Abigail a smettere di guardare in direzione del piccolo pub. Per tutto il tempo che erano rimasti fuori dal locale Abigail non era riuscita a non sbirciare al suo interno anche se in lontananza, allungando il collo per vedere qualcosa. Ovviamente non era riuscita a scorgere nulla ma sapere di essere lì affianco la riempiva di curiosità.  
“Hai ragione… spero solo vada tutto bene” disse la ragazza ancora fiera di essere riuscita a lasciare i due amici da soli. Era da tempo ormai che desiderava vederli insieme e pensare che finalmente ci era riuscita la rendeva orgogliosa e felice. Il suo sogno si stava realizzando davvero?  
Aveva tuttavia paura che qualcosa potesse andare storto e che i suoi piani malefici potessero finire senza neanche aver avuto inizio, sapeva che sarebbe andata perfettamente come ogni volta che stavano insieme ma nonostante ciò era preoccupata. 
“Vedrai che si troveranno bene, devo ammettere che non starebbero poi così male insieme” commentò James, mentre si metteva le mani in tasca.  
“E’ da mesi che cerco di dirlo a Sophie” sbuffò Abigail, cercando di sbirciare un’ultima volta attraverso la piccola finestrella sulla porta di legno.  
Proprio mentre Abigail stava sbirciando, la porta si aprì costringendo Abigail a indietreggiare in fretta.  
Un ragazzo dai capelli scuri e dagli occhi penetranti le si parò davanti, seguito da un ragazzo biondo. Erano Luke Anderson e Liam Lewis, un loro compagno di classe. Finalmente Luke era riuscito a sbarazzarsi di Thano e anche se era da poco tempo ad Hogwarts aveva fatto velocemente amicizia con più Corvonero del suo stesso anno e non solo. 
Il ragazzo che stava ridendo ad una battuta dell’amico non appena si accorse che c’era qualcuno al di là della porta si fece serio, ma quando vide che quel qualcuno era Abigail, le sorrise dolcemente.  
Era chiaramente in imbarazzo.  
“Scusami…” disse “non pensavo ci fosse qualcuno dietro.” 
Luke continuava a guardare la ragazza che ora si era spostata ancora più lontano per essere distante il più possibile da lui. 
Abigail dopo la scena al suo compleanno aveva cercato di evitarlo in ogni modo, spesso faceva addirittura finta di non vederlo quando si incrociavano nei corridoi. Purtroppo però seguivano le lezioni assieme e questo rendeva Abigail sempre più nervosa. 
La ragazza dopo averlo guardato sprezzante fece spallucce.  
“E ancora auguri, ho visto che stavi festeggiando oggi” disse Luke per cercare di riavvicinarsi alla ragazza. Si era reso conto di essere stato un vero stronzo pochi giorni prima e voleva farsi perdonare anche se non sembrava un’impresa così facile. Si sentiva in colpa ogni volta che la vedeva passare o quando incrociava il suo sguardo di sfuggita durante le lezioni, soprattutto durante quelle di pozioni dove erano costretti a stare del tempo insieme essendo in coppia. Aveva provato più volte a scambiarci qualche parola ma la ragazza non ne voleva sapere, non ne poteva più di essere trattata male da un mezzo sconosciuto. 
“Vedo che oggi ti sei alzato con il piede giusto” disse Abigail, cercando di fargli notare come cambiasse umore di continuo. Certo non avrebbe fatto finta di nulla dopo come l’aveva trattata, non bastava fare il gentile due volte perché passasse tutto. 
“Mi dispiace davvero per l’altro giorno…” iniziò Luke, nella speranza di sembrare più convincente possibile. Voleva seriamente farsi perdonare e si notava come fosse pentito e dispiaciuto. Era tuttavia difficile per Abigail fare finta di niente e perdonarlo come aveva fatto con i suoi amici; lo conosceva da poche settimane e le aveva risposto male più volte, avrebbe potuto benissimo rifarlo. In più se ora era carino, il giorno dopo come sarebbe stato? Gentile o strafottente? Non voleva essere la persona su cui scaricava le sue preoccupazioni.  
“Abby andiamo?” si intromise James, stringendo la ragazza a sé. Per una volta Abby poté ringraziare il suo mettersi sempre in mezzo, l’aveva salvata da una situazione imbarazzante e gli era grata. 
“Andiamo… sai, ho di meglio da fare che perdere tempo a parlare con te” disse lei, ripetendo le esatte parole che il ragazzo le aveva rivolto il giorno del suo compleanno.  
Luke rimase immobile a guardare i due ragazzi che si allontanavano. Si sentiva così stupido ad averla trattata male e sapeva di meritarsi quel trattamento, non si aspettava una reazione tanto diversa. 
“Beh l’ha presa bene” disse Liam ridendo per cercare di tirare su il morale al suo amico. Luke lo spintonò esortandolo a smetterla. Aveva fatto un vero casino ma non si sarebbe dato per vinto facilmente. 

***

“Grazie James mi hai salvato” disse Abigail ancora scossa dal recente incontro con il Corvonero che ora non la perseguitava solo di notte. Non riusciva proprio a capirlo, un giorno era estremamente gentile e carino con lei, il giorno dopo la trattava malissimo rispondendole scazzato. Se all’inizio cercava di sopportare la cosa per il fatto che lo conosceva appena, ora non gli avrebbe più permesso di comportarsi in quel modo. 
“Dovere…” commentò James. “Poi non mi piace quel tipo” continuò, aveva notato come Luke la guardasse. Gli dava fastidio quando qualche ragazzo le si avvicinava troppo ma Anderson lo infastidiva in particolar modo. 
“Sicuramente non è tutto normale” rispose Abigail ripensando al fatto che ogni volta sembrava essere una persona diversa.  
“Quindi andiamo da Mielandia?” chiese poi, cambiando discorso, non voleva farsi rovinare l’umore a parlare di quel ragazzo che già la faceva stare sveglia di notte. 
"Decidi tu, andiamo dove vuoi" disse James sorridendo. Anche lui doveva farsi perdonare e doveva dimostrarle che a lei teneva davvero, così ogni occasione era buona per farle capire che aveva intenzione di cambiare.  
"Allora andiamo da Mielandia, amo quel posto!"  
Abigail adorava andarci ed era elettrizzata all'idea di poterci ritornare.  
I due iniziarono ad incamminarsi verso il negozio di dolciumi più famoso di Hogsmeade. Si fermarono non appena furono davanti al piccolo edificio dalle vetrate verdognole e dall’insegna rosa pastello.  
Abigail non vedeva l’ora di entrare e mettendo piede nel negozio, ne rimase completamente meravigliata come ogni volta. Il pavimento a scacchi bianchi e neri e le pareti colorate di verde acqua lo rendevano così piacevole e accogliente; i dolciumi colorati erano posizionati ovunque, sui lunghi scaffali e su dei bassi ripiani dello stesso colore della parete. Abigail aveva la bocca aperta e non sapeva dove guardare, ogni volta che spostava lo sguardo veniva colpita da prelibatezze diverse che avrebbe voluto assaggiare.  
“Oddio guarda ci sono i rospi alla menta!” urlò la ragazza avvicinandosi ad un contenitore trasparente che conteneva dei piccoli dolcetti fatti di pan di spagna alla vaniglia ricoperti di cioccolato e ripieni di menta. 
“E guarda là! Le api frizzole!” disse indicando dei piccoli confetti frizzanti che fanno levitare di alcuni centimetri da terra chi li mangia.  
James rise, era incantato a guardare la ragazza che le ricordava tanto una bambina in un negozio di giocattoli. La seguiva mentre curiosava nel negozio e si divertiva a vederla così emozionata. Il ragazzo non poté evitare di notare però le occhiate che riceveva dalle ragazzine che lo guardavano affascinate e sussurravano qualcosa alle amiche non spostando lo sguardo dal ragazzo. Sicuramente nessuno poteva biasimarle, anche quel giorno era bellissimo come sempre e se con la camicia della divisa stava da Dio, così stava ancora meglio: i jeans stretti e la giacca nera accentuavano il suo fisico perfetto. Le ammiratrici sembravano non dare troppo peso al fatto che fosse affianco ad un’altra ragazza e continuavano a cinguettare tra loro ammiccando. La maggior parte sembrava dei primi anni ma non mancavano anche quelle del quinto e sesto anno che si limitavano a sorridergli in modo provocante.  
James faceva finta di non vederle il più possibile, alcune le ignorava bellamente ed altre le salutava con un cenno disinteressato. Non spostava lo sguardo da Abigail, voleva guadagnarsi la sua fiducia e dare attenzione ad altre non avrebbe aiutato nell’intento. Già questo dimostrava che era convinto a raggiungere il suo obbiettivo, era solito fare il cascamorto con tutte e questo era già un grande passo avanti. Più volte Edward e Abigail dovevano richiamarlo per allontanarlo dalle povere ragazzine ammaliate dalla sua bellezza.  
“Che schifo… ci sono anche gli scarafaggi a grappolo!” commentò Abigail con una faccia disgustata, mettendosi una mano sulla bocca. “Questi sono molto meglio” disse, indicando i calderotti ben posizionati sempre in un contenitore trasparente. 
“Prendi quello che ti piace, te lo regalo io” le disse seguendo il suo sguardo che si spostava alla velocità della luce. 
“Dici davvero???” chiese lei con un sorriso a trentadue denti e gli occhi sognanti. In quel momento avrebbe voluto abbracciarlo ma voleva fare la sostenuta ancora per un po'.  
James annuì e rise per la reazione della ragazza. Quest’ultima iniziò così a riempire una busta colorata delle cose che più la incuriosivano: Cioccorane, piume di zucchero, pallini acidi, api frizzole, gomme bolle bollenti, pallotti cioccocremosi, tutti i gusti più uno, topighiacci e infine lumache gelatinose. La busta che aveva tra le mani stava letteralmente strabordando, nonostante fosse quella più grande e capiente. 
Dopo aver pagato i due ragazzi uscirono dal negozio ed Abigail aveva già la bocca piena. Era felice di passare un po’ di tempo con James che ultimamente si era dimostrato così attento e premuroso nei suoi confronti. Stava davvero cambiando per lei? Non l'aveva dato a vedere ma si era accorto di come avesse ignorato quelle ragazzine senza cervello.  
“Chissà cosa stanno facendo i due piccioncini” chiese addentando una cioccorana e porgendo il sacchetto a James così che assaggiasse qualcosa anche lui. Abigail era così curiosa di sapere come si stessero trovando i suoi due amici, avrebbe voluto origliare le loro conversazioni o almeno scoprire dove fossero in quel momento. Si era spostati da lì? Di cosa stavano parlando? Stava andando tutto come sperato? Aveva un'infinità di domande nella testa.  
“Chissà” disse James alzando le spalle. “Magari sono ancora ai Tre manici di scopa a sbaciucchiarsi” rise, mangiando un’ape frizzola. 
“Eddai” disse Abigail tirandogli una gomitata. “Sophie è una ragazza seria, non è così semplice conquistarla” continuò. 
“Scherzavo!” James si massaggiò il fianco per la botta della ragazza. “Edward è un gentiluomo… e mi sembra già un po’ troppo preso dalla tua amica” commentò. Era da alcuni giorni che notava come l’amico guardasse Sophie e parlasse spesso di lei; Edward non era solito parlare delle ragazze che gli piacevano, era un tipo abbastanza riservato e sentirlo nominare più volte Sophie durante i discorsi aveva insospettito James.  
“Pensa che è Sophie che oggi mi ha chiesto di aiutarla con lui” disse Abigail, “sapevo che l’avrei convinta ma non pensavo sarebbe successo così in fretta”. 
Aveva sempre pensato che Edward fosse il ragazzo giusto per lei, era gentile ed intelligente, proprio quello che più le si addiceva. In più era un Grifondoro e questo lo rendeva ancora più perfetto visto il suo astio per i Serpeverde. Ogni occasione era buona per fare battutine a Sophie su quanto sarebbe stata bene con il suo amico ma all'inizio la ragazza sembrava non recepirle, pensare che invece adesso era insieme a lui ancora la sconvolgeva. Non riusciva a capacitarsi di come Sophie avesse da un momento all'altro riconsiderato la sua proposta; fino a pochi giorni prima si lamentava della sua insistenza… ma poco le importava di come fosse successo, l'importante era che ora fossero assieme. 
“Anche Edward mi ha chiesto consiglio su cosa fare” ammise il ragazzo “ma come sai non sono proprio il tipo giusto a cui chiedere.” 
James sorrise, sapeva di non avere una buona reputazione e Abigail di questo ne era purtroppo a conoscenza ma vedere come aveva pronunciato quella frase, con voce pentita, le aveva fatto addirittura tenerezza. 
“Beh si, forse poteva rivolgersi a qualcun altro” Abigail rise, prima di infilare una mano all’interno del sacchetto molto meno pesante di prima.  
“In ogni caso se Edward si mette con Sophie vuol dire che possiamo passare più tempo insieme… quindi ci guadagno pure io” azzardò James. Era sempre rimasto lo stesso e le sue battutine proprio non riusciva a trattenerle. 
“Non sono ancora sicura di guadagnarci io” commentò la ragazza, divertita.  
"Non fare la spiritosa, tra poco tempo vedrai che cambi idea e mi pregherai di starti vicino" disse James; sapeva che la ragazza non avrebbe desistito facilmente ed era pronto a fare di tutto per farle cambiare opinione su di lui.  
"La convinzione fotte la gente, Walker" disse Abigail. 
Stettero ancora per un po' a chiacchierare mangiando gran parte del contenuto della grande busta che si passavano a vicenda e il tempo sembrava volare. Il cielo era diventato scuro e la strada era illuminata dai lampioni e dalla luce che attraversava le finestre dei locali.  
“Come fai a non avere mai freddo?” chiese Abigail notando come James sembrasse non sentire l’aria fresca che si era alzata quel giorno. Abigail si strinse nella felpa per cercare di sentire meno il gelo che si stava alzando. 
“Non fa così freddo, sei tu che sei freddolosa” le disse James, era assurdo vederlo così rilassato nonostante la temperatura del vento fosse sempre più bassa.  
“Ma se siamo quasi a Ottobre!” esclamò Abigail incredula che James stesse bene così. La ragazza aveva continuato a camminare, non accorgendosi che James si era invece fermato per togliersi la giacca nera. Si voltò di scatto non appena vide che il ragazzo non fosse più affianco a lei.  
“Tieni” disse a voce alta James lanciandole la giacca. Fortunatamente Abigail giocando a Quidditch aveva dei riflessi perfetti e la prese al volo con nonchalance.
“Ci sto provando a fare il carino ma ancora non ci riesco così bene… quindi apprezza almeno il gesto” continuò trattenendo una risata e guardando la ragazza stupita. Abigail di sicuro non si aspettava che gli porgesse l'indumento, non era da lui fare quelle cose. 
“Lo apprezzo James” disse Abigail sorpresa mentre si metteva la giacca sulle spalle. Le stava enorme e le maniche superavano le mani di alcuni centimetri.  
Oggi l’aveva davvero stupita, si era accorta di come avesse ignorato tutte quelle galline che lo fissavano da Mielandia. Aveva anche apprezzato che le avesse regalato tutti quei dolci ed infine che gli avesse dato la sua giacca ancora impregnata del suo profumo. 
"Tra l'altro mi spiace che ci sia stato quel battibecco prima" commentò James, riferendosi al putiferio ai Tre manici di scopa. "Ho esagerato anche io" ammise.  
"Non so cosa sia preso a tutti quanti" commentò Abigail, "da Thomas poi non me l'aspettavo…"  Thomas era strano nell'ultimo periodo, rispondeva malamente e non era più lui, lo si notava già solo dallo sguardo spento. Abigail più volte aveva chiesto cosa succedesse, ma il ragazzo trovava scuse riguardanti compiti assegnati o professori arroganti. Abigail lo scusava, sapeva che gli esami lo rendevano nervoso ma non sapeva quanto avrebbe sopportato quello strano atteggiamento. Sembrava quasi ce l'avesse con lei.  
"Cosa ti aspettavi da un Serpeverde…" James cercò di sdrammatizzare, accortosi del repentino cambio di umore dopo che aveva menzionato l'accaduto.  
"Non ricordarmi che appartiene a quella casa, ti prego" disse Abigail, che ancora non accettava che il suo migliore amico fosse Serpeverde.  
Non voleva però pensare al battibecco di poche ore prima, era stata bene con James e pian piano lo stava rivalutando. Il tempo era passato velocemente e non c'erano mai stati momenti imbarazzanti, anzi si era divertita davvero.  
Era stata una bella giornata nonostante l'accesa discussione tra i suoi amici e non vedeva l'ora che Sophie le raccontasse la sua uscita per filo e per segno.  
Abigail guardò con la coda dell'occhio James che camminava svelto, forse sarebbe riuscita a fidarsi di lui prima del previsto.  


III 

Summer spinse con la forza fuori dal pub un Frank alquanto restio, che continuava a girare il collo all’indietro per capire cosa stesse succedendo al tavolo dal quale erano appena stati cacciati. “Qua c’è qualcosa sotto” disse, non appena si ritrovò all’aperto e smise di storcersi il collo per guardare indietro. 
“Puoi ben dirlo” concordò Summer. Se sulla faccia dell’amico c’era ancora un’espressione in cui confusione e curiosità si mescolavano tra di loro, la ragazza stava cominciando a vederci chiaro in tutta quella faccenda. “Ho un atroce sospetto, spero solo di sbagliarmi...” 
“Oh, oh” fece Frank, illuminandosi in volto, “se lo dici con quel tono vuol dire che stai pensando a quello a cui sto pensando io! Sarebbe...” 
“TERRIBILE!” terminò per lui Summer, mentre Frank diceva invece: “FANTASTICO!” 
Summer lanciò un’occhiataccia all’amico, contrariata. “Non mi sembra ci sia niente di fantastico. Può esserci un solo motivo per cui Abby ci ha cacciati in quel modo... sta pianificando di lasciare da sola Sophie con Richardson e io mi chiedo seriamente a che gioco stia giocando quella ragazza!” 
“Sei troppo dura con Edward, come sempre…” le fece notare Frank, scuotendo la testa. “Non so perché tu ce l’abbia sempre così tanto con lui.” 
“È una cosa istintiva, lo sai, è sempre così perfetto, mi fa venire la nausea. Proprio non mi va giù quel ragazzo, non lo sopporto” disse Summer, alzando le spalle. 
“Io trovo che starebbe bene invece con la nostra Sof, ma hai visto come la guardava?! Aspetta solo un po’ e vedrai che scoop potrò raccontare in giro!” Frank aveva gli occhi che brillavano e lo sguardo rivolto verso il nulla, perso all’inseguimento di quella prospettiva idilliaca.    
“Preferirei cavarmi gli occhi che vedere Sophie con quel bellimbusto da quattro soldi senza cervello” disse Summer con una smorfia. “E se davvero sta facendo tutto questo per lasciarli da soli e farli mettere insieme, Abby mi sentirà!” 
Come a conferma della sua teoria, la ragazza intravide l’amica dirigersi verso la porta dei Tre Manici di Scopa, accompagnata da James.  
“Ecco, come non detto” sospirò. “Dai Frank spostiamoci da qui prima che ci vedano, per oggi ho avuto abbastanza Walker, non penso potrei reggerlo un minuti di più.” 
“In effetti non è stato carino a prendersela con noi solo perché siamo Tassorosso, però non dovevi rispondergli così, Abby avrà da ridire” l’avvisò Frank. 
“Non è stato carino?” gli fece il verso Summer. “Dì pure che è stato uno stronzo come suo solito, e quando mai non se la prende con noi solo perché siamo Tassorosso? Lo fa in continuazione, mica posso fare finta di niente, perché poi tutto gli viene perdonato...” 
“Beh certo, perché è James Walker” ribatté Frank, come se fosse la cosa più ovvia del mondo.  
“E allora?” 
Frank guardò l’amica come se fosse impazzita. “E allora, non so se l’hai notato ma è uno strafico da paura!” 
“Questo non giustifica il fatto di fare così l’arrogante e lo stronzo con gli altri” protestò Summer.  
“Ma è uno strafico da paura!” ripeté Frank, guardando la ragazza con veemenza e sottolineando con il tono della voce le ultime tre parole.  
Summer alzò gli occhi al cielo e decise di lasciar perdere, non poteva vincere quella discussione. Si sentiva incompresa, possibile che fosse l’unica ad avere problemi con gli atteggiamenti dei due Grifondoro più popolari della scuola? 
Lei e Frank stavano passando in quel momento davanti a Zonko e, come in risposta alla domanda nella sua testa, videro Thomas uscire dal negozio di scherzi. Era accompagnato dalla sua solita banda di Serpeverde piantagrane e, sebbene stesse parlando tranquillo con il suo migliore amico, Paul Rew, era evidente che il malumore causato dall’aver partecipato al compleanno di Abigail non gli fosse ancora passato. Jake Allen uscì per ultimo chiudendo il gruppetto. Si appoggiò con noncuranza alla parete del negozio e, con accanto i compagni che ridevano e scherzavano, tirò fuori una sigaretta dalla tasca e l’accese. Quindi, vedendo la coppia di Tassorosso poco lontano, fece un sorriso beffardo nella loro direzione; li fissò intensamente per un istante, facendo un tiro di sigaretta, prima di tornare a concentrare l’attenzione sui suoi amici.
“A proposito di strafichi da paura” commentò Frank in un sussurro, dopo che ebbero superato i Serpeverde, “sbaglio o Jake Allen ha appena ammiccato nella nostra direzione?” 
Summer, senza sapere perché, si sentì arrossire ripensando allo sguardo intenso che le era appena stato riservato, ma Frank sembrava pensarla diversamente.  
“Sicuramente era perché mi ha visto, sai d’altronde deve a me in parte la sua reputazione, è grazie a me se tutti sanno subito le sue conquiste!” Sembrava molto fiero di sé e prese a camminare con la schiena un poco più dritto e un sorriso soddisfatto sulle labbra.  
“Se lo dici tu...” lo lasciò fare Summer. “Comunque dove andiamo ora?” 
“Mi accompagneresti un attimo all’Ufficio Postale? I loro gufi sono più veloci di quelli della scuola e devo assolutamente spedire un ordine per ricevere al più presto delle nuove Orecchie Oblunghe per sentire meglio cosa si dice negli altri tavoli durante i pasti, le mie ormai hanno il filo troppo rovinato!” 
“Forse perché le usi troppo, sei senza ritegno!” gli fece notare Summer, scoppiando finalmente a ridere. Spesso l’amico diceva delle cose che le facevano alzare gli occhi al cielo, ma non poteva negare che c’era sempre da divertirsi con i suoi commenti e le sue idee strambe.  
“Vieni giriamo di qui” disse Frank, trascinandola verso una stradina in discesa che serpeggiava tra le case e i negozi di Hogsmeade. “È una scorciatoia, arriveremo prima all’Ufficio Postale passando da qui.” 
Summer si limitò a seguirlo, la mente persa altrove. Dopo aver rivisto Thomas Blake fuori da Zonko, aveva avuto la sua risposta: non era l’unica a non reggere l’atteggiamento di Walker e Richardson. Tuttavia, quel pensiero le stava dando da riflettere: che tra Thomas e James ci fosse un odio primordiale non era un segreto, d’altronde appartenevano alle squadre di quidditch delle due case più in rivalità di tutta Hogwarts e non poteva essere altrimenti... ma Summer non si sarebbe mai aspettata il comportamento che il Serpeverde aveva avuto quel pomeriggio nei confronti di Edward, verso il quale era sempre stato perlomeno civile per amor di Abby. Aveva trovato un nuovo alleato nella sua battaglia senza speranze? Di sicuro Thomas si era appena guadagnato la sua più totale simpatia. 
“Ecco con chi dovrei fare più amicizia, con lui si che andrei d’accordo!”  
Comunque, il fatto che se la fosse presa così apertamente proprio con Edward, e quasi più che con James, era un po’ strano: non era da lui, era come se da un giorno all’altro fosse cambiato qualcosa. E quella battuta acida rivolta a Sophie? E quel gelido sguardo finale rivolto proprio alla stessa ragazza, così pieno di delusione e rabbia allo stesso tempo? Summer era sicura di non esserselo immaginato, anche se sembrava che fosse l’unica ad averlo notato oltre ai due diretti interessati. Decise che per il momento, finché non ne fosse stato sicura, era meglio non parlarne con nessuno (men che meno con Frank, visto che era chiaramente incapace di tenere a freno la lingua), ma non aveva dubbi: c’era molto di più di quanto sembrasse dietro alla scenata scoppiata ai Tre Manici di Scopa. E Sophie in qualche modo c’entrava qualcosa. L’intuito di Summer d’altronde non falliva praticamente mai e la ragazza si ripromise che avrebbe tenuto gli occhi bene aperti per far luce su quella faccenda.  Persa come era nelle sue riflessioni, non si accorse che Frank aveva ancora una volta sbagliato strada finché non fu troppo tardi. 
“Frank sei sempre il solito!” lo rimproverò Summer, scuotendo il braccio dell’amico. “Tu e le tue scorciatoie, quando imparerò a non fidarmi del tuo pessimo senso dell’orientamento?” Frank si guardò attorno un po’ spaesato. “Ma no, guarda... ancora un attimo e ci siamo, no?”  Non sembrava però così convinto. 
“Per niente, giù di qua non c’è nient’altro se non la Stramberga Strillante!” esclamò Summer e infatti un secondo dopo la vecchia costruzione fatiscente apparve davanti ai loro occhi. In lontananza, dietro una sbilenca staccionata, si ergeva in mezzo al cupo giardino inselvatichito l’alta e inquietante Stamberga Strillante, le finestre sbarrate da tavolati di legno.  
Frank si fermò di scatto e sgranò gli occhi, la bocca piegata a formare una buffa ‘o’.” La casa più infestata di spiriti della Gran Bretagna...” mormorò, con nella voce una nota di panico crescente.  “Ecco, si sentono già gli spiriti!” 
Summer, che non era certo più a suo agio di Frank nelle vicinanze di quel luogo, trattenne il respiro e con un brivido capì cosa intendeva il ragazzo: una strana risatina era appena risuonata nell’aria, ed era solo un’impressione o le fronde degli alberi sopra le loro teste si muovevano troppo per essere semplicemente agitate dal vento autunnale? 
I due amici si avvicinarono istintivamente e si posizionarono schiena contro schiena, tirando fuori le bacchette e guardandosi attorno preoccupati. No, non era solo un’impressione: i rami degli alberi si stavano muovendo in maniera decisamente innaturale. Summer stava pensando a quale incantesimo potesse risultare effettivamente utile contro degli spiriti maligni, quando con un ultimo movimento brusco un intero ramo crollò a terra, provocando un urlo ai due Tassorosso e.… rivelando niente di meno che Zokos e Alayna.    
Frank si portò una mano al petto, cercando di controllare il cuore che batteva all’impazzata per lo spavento appena preso. Summer invece era furente: “Ci stavate di nuovo spiando? Si può sapere che problemi avete? Pensavamo foste degli spiriti pronti ad aggredirci!” 
Alayna si rimise in piedi con tutta la malagrazia di cui era in possesso e ridacchiò come una bambina: “Oh sì vi abbiamo sentiti, che sciocchi che siete stati”.  
“Però non vi stavamo solo spiando dagli alberi” ci tenne a precisare Zokos, che si stava alzando goffamente, “vi abbiamo seguiti fin dal castello e voi non ve ne siete neanche accorti!” 
Sembrava stranamente fiero della loro impresa. Alayna, nel frattempo, si era avvinghiata al braccio di un imbarazzatissimo Frank e stava continuando con quella sua risatina insulsa.  
“Ripeto, che problemi avete? Si chiama stalkeraggio e non c’è niente di cui andare fieri!” Summer si era ripresa dallo spavento e stava cominciando a non poterne più di quei due. “Dovreste smetterla di seguirci. E si può sapere che cos’hai addosso Alayna? Dovrebbe essere un... paranaso o cosa?” 
Era quasi imbarazzata per lei. La ragazza infatti aveva il naso coperto da quello che sembrava un guantino fucsia fatto a maglia e decorato con dei fiorellini arancioni e giallo fluorescenti che aprivano e chiudevano i petali; due fili coperti di brillantini tenevano il tutto in equilibrio andando ad annodarsi dietro la testa infilata in un altrettanto osceno cappello di lana verde acido.  
Alayna tuttavia non sembrava minimamente in imbarazzo. “È esattamente un paranaso, sai ho la pelle delicata io. Bello vero? Di sicuro al mio Frank piace, non è vero Frank, tesoruccio mio? Guarda ne ho fatto uno anche per te, perché non lo indossi? Spero tu non ti offenda Summer se ne ho solo uno per lui...” 
La faccia di Summer esprimeva il disagio più totale di fronte a tanta follia. Frank cercò di staccarsi di doso l’ex-ragazza che stava facendo di tutto per mettergli con la forza un paranaso viola con dei cuoricini rossi sopra.  
“Alayna, smetti di chiamarmi così, non sono più il tuo Frank” la implorò il ragazzo, ma così debolmente che la sua voce fu quasi coperta dallo squittio di Zokos. 
“Summer, se ci tieni te ne posso creare uno io, voglio dimostrarti che farei qualunque cosa per te!” 
“Ma anche no grazie!” sbottò la ragazza per tutta risposta, cercando di trovare un modo per allontanarsi da quei matti. “Se davvero ci tieni a fare qualcosa per me, Zokos, smettila di perseguitarmi!” 
Alayna si lanciò prontamente in difesa dell’amico: “Perché devi essere sempre così maleducata Summer? Frankuccio mio, devi smetterla di uscire con persone così antipatiche, tu che sei il sole che scalda il mio cuoricino. Ma forse sei così di cattivo umore perché sai che ti aspetta una punizione la settimana prossima? Vedrai amore mio, per un po’ non saremo che io e te nella sala comune!” 
“Come osi parlare della punizione? È solo colpa tua se me la sono beccata!” sibilò Summer, la bacchetta che le tremava nella mano dalla voglia di scagliare una maledizione contro quell’oca decerebrata.  
Alayna ridacchiò con aria fintamente innocente. Summer non ci vide più. Avrebbe volentieri fatto fuori sia lei che Zokos (che ora le si avvicinava minacciosamente a braccia aperte in un ultimo, disperato tentativo di conquistarla con un abbraccio) con una qualche magia, ma sapeva che rischiava solo di mettersi ancora di più nei pasticci di quanto non fosse già con la punizione ingiustamente meritata. Ma poteva sempre liberarsi di loro in un altro modo...  
Infilando la bacchetta nella manica della giacca, girò impercettibilmente il polso e sussurrò:” Levicorpus!”. Immediatamente, come se una forza invisibile avesse preso il controllo del suo corpo, Summer si librò in aria; la ragazza lanciò un urlo di terrore. 
“Aiuto, qualcosa mi ha afferrata, non riesco a scendere, ci sono davvero gli spiriti! Aiutatemi vi prego, fermateli prima che prendano anche voi” si mise a strillare, per poi spostare la bacchetta e far dirigere il suo corpo proprio verso la Stamberga Strillante. 
Ci fu un tonfo dal basso: apparentemente, per lo spavento Alayna aveva provato a rifugiarsi saltando in braccia a Zokos, che però aveva cercato di fare lo stesso con il risultato che adesso i due giacevano a terra l’uno sull’altro. Tremanti, riuscirono infine a districarsi e, dopo aver lanciato un ultimo sguardo terrorizzato al corpo apparentemente inerte di Summer che si allontanava verso la casa infestata, corsero via urlando spaventati.  
Frank invece era corso verso il limitare della staccionata e sembrava in preda a una crisi interiore: “Adesso trovo il coraggio e arrivo Sum, giuro che ce la faccio, resisti!” stava balbettando. Ma sembrava incapace di muovere un passo oltre la barriera.  
Summer di fronte a tutta quella scena non riuscì più a trattenersi e scoppiò a ridere, mentre lentamente tornava verso l’amico.  
“Tranquillo Frank, stavo solo facendo finta, non sono stata davvero rapita dagli spiriti” lo rincuorò, atterrandogli accanto e ancora ridendo di gusto per la riuscita del suo piano.  
“Maledizione Sum mi hai fatto prendere un infarto!” la sgridò Frank, riprendendo un poco di colore sul volto cereo. “Comunque ti giuro che stavo per venire a salvarti!” 
“Si si come no... in ogni caso ha funzionato: ci siamo liberati di quei due! Però dovresti seriamente parlare con Alayna e dirle di smetterla una volta per tutte, lo sai” aggiunse poi Summer, guardando Frank con sguardo eloquente.  
“Lo so hai ragione ovviamente, ma non so come farle capire che non stiamo più insieme e soprattutto che non voglio tornare con lei, mi fa così paura quella ragazza...” ammise l’amico. Summer glielo diceva sempre, e sapeva che avrebbe dovuto affrontarla seriamente prima o poi; la verità era che aveva commesso un enorme errore a fidanzarsi con Alayna. Ai tempi gli era sembrata una ragazza come le altre, forse solo un po’ più timida e dolce, esattamente il tipo di ragazza che da tanto sognava... ma le cose non erano durate a lungo, Alayna si era rivelata esageratamente esigente, ossessivamente possessiva e gelosa, e decisamente troppo infantile e capricciosa. Da quando aveva trovato il coraggio di finire quella relazione però, era cominciata quella vera e propria persecuzione. “Tranquillo” lo rincuorò Summer “so io cosa ci serve: non dobbiamo fare altro che far mettere insieme quei due pazzoidi e così ci saremo liberati di Alayna e Zokos in un colpo solo! Ora però allontaniamoci da questo posto, che ne dici? Scherzi a parte fa davvero venire i brividi...” 
Frank fu più che contento di quella proposta. Mentre si allontanavano, le disse: “Comunque, mi hai impressionato! La Sum a cui sono abituato non avrebbe mai preso in mano la situazione in quel modo, riuscendo a sbarazzarsi dei nostri stalker e avendo pure il coraggio di avvicinarsi alla Stamberga Strillante! Da quando hai smesso di dar corda (giustamente eh!) ad Alex, non ti riconosco quasi più!” 
Era chiaramente colpito, ma l’osservazione dell’amico infastidì comunque un po’ Summer che rispose, stizzita:” Forse perché in realtà non sono proprio come tutti vi aspettate...” 
“Di sicuro ci perde solo Allen” osservò Frank, che sembrava non aver notare il tono della ragazza.  Per qualche strano motivo, al sentire “Allen”, non fu l’immagine di Alex a riempire la mente di Summer. Fu quella di Jake.   

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Capitolo 10
*** Capitolo 9 - Mi sa che hai sbagliato aula, principessina ***


Capitolo 9 - Mi sa che hai sbagliato aula, principessina


I  

Ottobre era arrivato, e aveva portato con sé forti piogge e un freddo ancora più intenso. Quel lunedì mattina Summer si era alzata di cattivo umore, il brutto tempo le faceva sempre questo effetto. Senza contare poi la sequenza di sfighe che le erano capitate nell’ultimo periodo. Tra Alex, Alayna, e i suoi compagni di Casa che la guardavano rabbiosi per aver fatto perdere loro punti preziosi, Summer non sapeva chi dover evitare per primo. La situazione era stressante, e lei sentiva di non riuscire a gestire tutta quella pressione. Era una ragazza fatta per stare in tranquillità, lontano dai drammi e dalle tensioni, non era di certo abituata a stare al centro dell’attenzione. 
Come se non bastasse poi aveva avuto la conferma che i suoi sospetti erano fondati. Abby stava davvero cercando di far mettere Sophie con Richardson, e la cosa peggiore era che sembravano esserci molte possibilità di riuscita. Non erano affari suoi certo, ma non poteva sopportare l’idea che la sua amica Sophie si mettesse con quel soggetto che a quanto pare lei era l’unica a vedere per ciò che era davvero, un idiota sopravvalutato da tutti. Era già abbastanza faticoso dover passare sopra il fatto che fosse il migliore amico di Abby, vederlo come il ragazzo di Sophie sarebbe stato assolutamente troppo. 
“Quindi quando uscirai con Richardson Sof?”  chiese Frank mentre spalmava della marmellata su una fetta di pane tostato. 
“Frank me l’hai già chiesto trenta volte. Ti ho detto mercoledì!” rispose Sophie esasperata. Il giorno precedente Sophie aveva passato tutto il pomeriggio chiusa in sala comune a fare i compiti, senza poter aggiornare gli amici circa quanto accaduto ai Tre Manici di scopa. 
E quella mattina a colazione Frank era stato sopraffatto dalla notizia, e voleva raccogliere il maggior numero di particolari che poteva su quell’incredibile scoop. 
“Questa sì che è la notizia del secolo, la nostra Sof che abbandona i libri per dedicarsi ad una passionale relazione con uno dei più fighi della scuola!” disse Frank ancora incredulo. 
“Possiamo piantarla di parlare di questa storia? Sono davvero molto schifata” disse Summer, a cui era chiaro che la notizia non era proprio andata giù. 
“Dai Sum, guarda che non è così male, se solo provassi a conoscerlo meglio ti troveresti bene pure tu!” disse Sophie sorseggiando il suo succo di zucca. 
Summer assunse un’espressione schifata, e poi disse: “Sembri quasi Abby ora. Ma a proposito, che fine ha fatto?” 
“È in ritardo” rispose Sophie alzando gli occhi al cielo “non voleva alzarsi, allora l’ho lasciata stare... ha dormito di nuovo male stanotte.” 
E proprio in quel momento Abby fece il suo ingresso nella Sala grande, con la cravatta della divisa un po’ allentata e il volto sbattuto dalla stanchezza. 
“Buongiorno” disse Abby non appena li ebbe raggiunti al tavolo, per poi scaraventarsi con malagrazia sulla panca. 
“Alla buon’ora” disse Sophie critica. 
“Senti non sei mia madre, non farmi la ramanzina. Non ho di nuovo dormito stanotte, in più mentre venivo qui mi ha fermato Piton per darmi questa. È per te Summer!” disse Abby, sfilandosi dalla tasca della tunica una busta che lanciò a Summer. 
Summer prese la busta e l’aprì. Ne estrasse un piccolo bigliettino, che lesse ad alta voce.  

Signorina Evans, 

Con la presente la informo che è pregata di recarsi questa sera alle ore 20.00 nell’aula di incantesimi, per il primo appuntamento delle sue punizioni. La informo anche che le punizioni si terranno ogni lunedì e giovedì sera per tutta la durata del mese di ottobre. Le rammento che il ritardo non è tollerato, e nessuna assenza sarà giustificata. 

Firmato 

Severus Piton 

“Grandioso, me ne ero quasi scordata” disse Summer sbuffando. 
“Dai su di morale non è una tragedia, non puoi dire di aver davvero vissuto se non sei mai finita in punizione!”  disse Abby addentando una brioche. 
Sophie le lanciò uno sguardo torvo, che esprimeva la sua totale disapprovazione per la frase appena pronunciata. 
“Grazie Abby” disse ironicamente Summer “ma a l’idea di essere in punizione non piace affatto. Chissà che cosa mi faranno fare...”
Quella notizia era riuscita a buttare l’umore di Summer ancora più a terra, se era possibile. 
Come avrebbe fatto con tutti i suoi impegni? Cosa avrebbero pensato gli altri professori? La Sprite sarebbe stata delusissima. E se i suoi genitori lo fossero venuti a sapere? Non andava affatto bene. 

***

La giornata era trascorsa velocemente. Tra una lezione e l’altra e l’incontro del coro ben presto si era fatta ora di cena. 
Summer quasi non toccò cibo, si sentiva lo stomaco chiuso. L’idea di quello che avrebbe dovuto fare da lì a breve la terrorizzava. Non aveva alcuna idea di quello che normalmente si faceva in punizione, effettivamente non aveva mai dovuto porsi il problema. 
Abby, che ogni tanto era stata in detenzione a causa di alcuni comportamenti definiti da Sophie “incivili”, aveva cercato di tranquillizzare l’amica.  
Ma nulla sembrava funzionare. L’idea di questa punizione non le andava proprio giù. Anche perché non era colpa sua. Summer era stata ingannata da Alayna, e come se non bastasse Piton non aveva voluto sentire la reale versione dei fatti. 
Summer guardò il proprio orologio da polso.  
Le otto meno dieci. 
“Bene Frank, e meglio che vada...” disse la ragazza alzandosi dal tavolo della cena finita da poco. 
“Buona fortuna Sum... ti aspetto in sala comune!” disse Frank, guardando l’amica come se stesse andando al patibolo, “spero almeno che non ci sia Piton.” 
“Speriamo…” rispose tristemente Summer, per poi avviarsi e uscire dalla Sala grande. 
Dopo pochi minuti arrivò davanti all’aula di incantesimi. 
Devo bussare o no?, si domandò Summer, osservando la porta socchiusa dell’aula.
Si guardò attorno, non c’era anima viva. Aprì la porta e lentamente entrò. 
Si aspettava di trovare Piton seduto alla cattedra, e invece non c’era nessuno. 
Possibile che avesse sbagliato orario? O aula? Era abbastanza sicura che la punizione fosse quella sera nell’aula di incantesimi.  
Summer cercò nella tasca il bigliettino di Piton, per controllare di non aver letto male, ma una voce alla sua sinistra la fece sobbalzare. 
“Mi sa che hai sbagliato aula, principessina dei Tassorosso!” 
Seduto su una delle sedie, con i piedi sul banco, c’era Jake Allen, che con le braccia incrociate la stava osservando. 
A dire la verità Summer non si stupì di trovarlo lì. Se lo sarebbe dovuto aspettare. Jake Allen e le punizioni erano una cosa sola.    
“Mi hai fatta spaventare!” fece Summer, con una mano sul petto. 
“Scusami stellina” disse Jake divertito “ma mi sembrava giusto avvertirti che se stai cercando la polvere di fata non la troverai qui. Questa è l’aula delle punizioni.” 
Summer lo guardò irritata. “Come sei simpatico. Comunque non ho sbagliato aula, sono in punizione” 
Jake fece una faccia stupita, e mise i piedi giù dal banco. 
“Che cosa? Summer Evans in punizione? Mi stai prendendo in giro...” 
“No, non avrei motivo di prenderti in giro.” 
“E come mai la nostra principessina è in punizione?” 
“Smettila di chiamarmi così!” lo ammonì Summer, nervosa. 
Jake rise beffardo, e spostò la sedia accanto a lui. 
“Come vuoi, Summer, dai siediti qui, non mordo” disse lui con calma. 
Summer un po’ titubante si avvicinò e si sedette accanto al ragazzo, che ora la stava fissando intensamente. 
La ragazza si sentì un po’ in soggezione di fronte a Jake, e distolse immediatamente lo sguardo. “Allora?” disse lui. 
“Allora cosa?”  
“Allora cosa ci fai qui?” chiese Jake, impaziente. 
“Beh sono stata beccata da Piton fuori dal dormitorio oltre il coprifuoco” ammise Summer con un sospiro.  
“Ehi ma qui abbiamo una fuorilegge! E che cosa ci facevi fuori dal letto a quell’ora? Qualche festino notturno?”  
“No, sono stata ingannata da quella stupida Alayna, l’amica di Zokos...” disse lei. 
Jake rise, e Summer non poté non notare per l’ennesima volta quanto fosse simile al fratello.  “Questa è bella. Bisogna dare una bella lezione a quei due eh? Alex il principe azzurro non è corso in tua difesa?” 
“Non parlarmi di lui per piacere” tuonò Summer secca. 
Jake si stupì della reazione della ragazza, e rimase a fissarla intensamente, mordendosi il labbro. 
Ma prima che potesse fare un qualsiasi tipo di domanda la porta dell’aula si spalancò, ed entrò Gazza. 
“Argus!” lo salutò allegramente Jake, dopo aver distolto lo sguardo da Summer. 
“Signor Allen” disse il custode, osservandolo con i suoi piccoli occhi, “le ho già detto che non deve chiamarmi per nome!”  
“E io le ho già detto che deve lavarsi i suoi capelli eccessivamente unti, ma non mi sembra di essere stato ascoltato!”  replicò se Jake sempre con il suo solito sorriso strafottente sul volto. 
Gazza smise di rispondergli, evidentemente era troppo abituato alle battutine del ragazzo e sapeva che non c’era modo di riportarlo sulla retta via. Il custode spostò lo sguardo su Summer, che con gli occhi sgranati aveva assistito allo scambio di battute appena avvenuto. 
“E qui chi abbiamo? Una new entry! Da quando in questa scuola hanno smesso di usare il bastone gli studenti sono sempre più insolenti!” disse Gazza, tirando fuori dalla tasca della sudicia giacca un foglio di pergamena. 
“Vediamo” proseguì il custode. “Tu devi essere Summer Evans mandata qui dal Professor Piton, giusto?”  
Summer annuì. Anche se Gazza non era sul massimo della simpatia, era sollevata dal fatto che la punizione non l’avrebbe dovuta trascorrere in compagnia di Piton. 
“Leggo che entrambi avete ricevuto una punizione della durata di un mese... con due incontri settimanali, complimenti!” proseguì lui. 
Devo farmi tutte le punizioni con Jake?, pensò Summer in ansia. 
La presenza di Jake le metteva una certa inspiegabile agitazione, non sapeva il perché, ma il dover passare tutto quel tempo con lui non era una notizia positiva.
“Per stasera non ho particolari compiti da assegnarvi, quindi, dovrete semplicemente scrivere sulla pergamena la frase Devo rispettare le regole della scuola e portare rispetto ai professori quattrocento volte. Quando avrete finito potrete andare. Io ora devo pulire il corridoio del terzo piano, qualche simpaticone ha ben pensato di lanciare una caccabomba. Ma vi avverto, ogni tanto passerò a controllarvi, e vi consiglio di non farmi arrabbiare” disse Gazza agitato, sputacchiando qua e là. 
“Va bene, Argus! Peccato che non rimani qui con noi, sentiremo la mancanza del tuo puzzo!” disse Jake divertito. 
Gazza strinse i pugni, ed uscì dalla stanza senza aggiungere altro. 
“Non ti sembra di aver esagerato?” domandò Summer un po’ scioccata dal linguaggio che il ragazzo aveva usato verso un membro del corpo scolastico. 
“Con Gazza è così. Sono sei anni che prova a tenermi testa, ormai ha perso le speranze...” rispose con noncuranza Jake. 
Summer alzò gli occhi al cielo. Quel ragazzo era davvero arrogante, era insopportabile sentirlo parlare. 
La ragazza prese piuma e inchiostro e iniziò a scrivere la frase sulla pergamena. 
“Non avrai davvero intenzione di fare quello che ti ha detto Gazza?” chiese Jake guardandola sconvolto. 
“Beh sì, mica ho voglia di passare tutta la notte qui!” rispose la ragazza, senza distogliere lo sguardo dalla pergamena.  
“Guarda che non ci terrà davvero tutta la notte qui... io sono anni ormai che non scrivo una frase quando c’è lui” disse Jake alzandosi dalla sedia e sedendosi sul banco. 
Summer guardò malamente il ragazzo, per poi tornare a rivolgere la sua attenzione sulla pergamena. 
“Perché mi hai guardato così?” chiese lui. 
“Perché voglio finire queste frasi e andarmene via da qui il prima possibile...” rispose Summer. 
“Ma come sei tenera” rise Jake “così ligia alle regole. Mi sembra di vedere Alex versione femminile.” 
“Ma la vuoi smettere?” sbottò Summer, usando un tono di voce più alto del dovuto, ma non se ne curò. “Mi puoi lasciare in pace? Se voglio rispettare le regole lo faccio perché ho ricevuto un’educazione, e non mi piace mancare di rispetto alle persone. Rispetto l’autorità perché decido io di farlo, non perché ho paura della mia ombra. Tu ti credi uno con le palle solo perché ti siedi sui banchi e insulti il custode della scuola? Io definirei il tuo comportamento piuttosto infantile, e anzi, abbastanza scontato. E ora ti sarei grata se mi lasciassi in pace, io a differenza tua ho di meglio da fare che passarmi le serate chiusa qui dentro!” 
Jake la stava guardando stupito, in silenzio. 
Ok forse ho esagerato, pensò Summer. Ma purtroppo l’arroganza del ragazzo era riuscita a far emergere tutte le tensioni e tutti i nervosismi che l’avevano tormentata nei giorni precedenti.  
Ma poi ecco tornare sul viso di Jake quel sorriso strafottente, che lo rendeva incredibilmente attraente. “Cosa ridi ora Allen?” domandò Summer, infastidita. 
“Niente, Evans. Mi hai stupito sai? Hai ragione... non sei affatto una senza palle. Sei una tipa a posto” rispose il ragazzo, e sembrava sincero. 
“Grazie” fece lei, con diffidenza. 
Il ragazzo sfilò la bacchetta dalla tasca della tunica, e con un tocco colpì la pergamena davanti a lei. 
Per magia la frase scritta da Summer si moltiplicò per altre trecentonovantanove volte. 
“Ma sei scemo? Se Gazza se ne accorge?” disse Summer. 
“Non se ne accorgerà quello scemo, è un Magonò... fare le punizioni con lui è una pacchia se non controlla!”  
Summer inarcò le sopracciglia. “Se lo dici tu...” 
Jake, sempre seduto sul banco, si inclinò leggermente verso Summer. 
“Un semplice grazie sarebbe bastato” e con delicatezza diede un piccolo colpetto sulla fronte alla ragazza. 
Summer per tutta risposta schiaffeggiò con malagrazia la mano del ragazzo. Ma non riuscì soffocare la risata che le uscì spontanea. Per quanto quel ragazzo fosse indisponente, non riusciva davvero a detestarlo. Il suo essere così esageratamente irritante per assurdo lo rendeva anche divertente. E Summer non poteva negarlo. 
“Finalmente ti ho fatta ridere Evans!” disse Jake, sorridendo. 
“Non ti ci abituare. È che sei così esasperante che rido per non piangere!” 
Jake alzò le mani in segno di resa, e tornando a guardare la ragazza con serietà disse: “Senti, Summer. Visto che per un mese intero dobbiamo vederci due volte a settimana in punizione, direi che dobbiamo cercare di andare d’accordo, non credi?” 
“Credo che sarebbe utile a entrambi” sospirò Summer. 
“Bene, allora cerca di non guardarmi con quell’aria da maestrina. E io smetterò di prenderti in giro. Affare fatto?” disse Jake, porgendo la mano a Summer. 
“Affare fatto” rispose lei, allungando la mano verso il ragazzo. 
Nell'esatto istante in cui le loro mani si toccarono, Summer non poté non sentire il proprio cuore accelerare il battito. 
Proprio quando le loro mani si furono staccate, fece il suo ingresso Gazza. 
“Allora? State chiacchierando qui? Siete in punizione non in un salone ricreativo! Finché non finite dovete tacere!” sbraitò l’uomo. 
“Io ho finito” disse Summer soddisfatta, porgendo la pergamena ad un incredulo Gazza. 
Il custode diede una veloce occhiata all’operato di Summer, e fu deluso nel non aver trovato nulla da ridire. 
“Non puoi aver scritto tutto così in fretta! Hai sicuramente usato la magia.”  
Summer con tutta tranquillità tirò fuori la bacchetta e gliela porse. “Prenda la mia bacchetta e la porti a Silente. Con il prior incantatio vedrà che non ho fatto alcuna magia su questa pergamena!”  
Gazza la guardò per un attimo, preso alla sprovvista dal gesto della ragazza. 
“Silente non vorrà essere disturbato!” provò lui a tergiversare. 
“Beh allora lo faccia lei no? Ah ma lei è un magonò, non lo può fare, o sbaglio?” disse Summer, tirando una gomitata a Jake che era scoppiato a ridere accanto a lei. 
“Ma come si permette? Per questa volta non indagherò. Se ne vada immediatamente signorina Evans” rispose Gazza paonazzo, evidentemente colpito nel suo punto debole.  
Summer sorrise e rimise la bacchetta nella tasca della tunica. 
“Allora grazie e buon proseguimento, ARGUS. Allen...” disse Summer dopo aver rivolto un leggero cenno del capo al ragazzo, per poi uscire dall’aula. 
“Tu invece? Hai finito?” ringhiò Gazza a Jake. 
Il ragazzo con malavoglia prese in mano la piuma e per un attimo finse di scrivere. 
Ma la sua mente stava viaggiando velocemente. 
Quella sera Summer l’aveva davvero stupito. La sfuriata e quell’ultima battutina a Gazza avevano mostrato un lato di lei che assolutamente non si aspettava. 
Dal giorno in cui l’aveva salvata da quel nano di Zokos gli era balenata l’idea di provare a divertirsi un po’ con lei. 
Sarebbe stato esilarante vedere la reazione di Alex, quando lui, Jake, avesse sfiorato la sua adorata Summer. 
Era innegabilmente carina, e il fatto che fosse la ragazza che piaceva al suo gemello perfetto no la rendeva una preda particolarmente succulenta. 
Ma se prima riteneva che fosse un’idea chiaramente irrealizzabile, in quanto la ragazza gli sembrava troppo una santarellina per poterci stare, dopo aver conosciuto quel nuovo lato di lei aveva compreso che forse c’era qualche speranza.  
Preparati caro Alex, ora ci divertiamo, disse Jake, sorridendo beffardo. 


II 

“Secondo me dovresti mettere qualcosa di più carino!” disse Abby che, sdraiata sul letto, osservava Sophie prepararsi per l’appuntamento di quel pomeriggio con Edward. 
“Bhe ma questo non è abbastanza carino?” disse Sophie ammirando allo specchio il vestito bianco che aveva indosso. 
“Ho detto che devi mettere qualcosa di carino, non un indumento che ti faccia sembrare un uovo di pasqua!” rispose Abby. 
Sophie sbuffò. Erano ormai ore che lei e Abby stavano decidendo che cosa avrebbe dovuto indossare per l’appuntamento, ma non sembravano venirne a capo. Abby solitamente non era molto interessata ai drammi vestiari di Sophie, anzi la maggior parte delle volte al “Come sto vestita così?” dell’amica Abby rispondeva con un “Benissimo” senza però nemmeno degnarla di uno sguardo. 
Ma questa volta no. Abby era assolutamente convinta che era necessario individuare l’outfit perfetto, ma purtroppo per Sophie nulla nel suo armadio sembrava a suo dire essere adeguato a quell’importantissimo appuntamento.  Per Abby era come se si stesse realizzando il sogno di una vita, e si stava impegnando al massimo per evitare che Sophie rovinasse tutto. Dal canto suo Sophie era grata dell’aiuto di Abby, nessuno conosceva Edward meglio di lei, i suoi consigli dunque erano utilissimi. Ci teneva a fare bella figura, e soprattutto che le cose andassero bene. Dopo quello che era accaduto l’estate al campo con Thomas, Sophie non avrebbe mai pensato che sarebbe riuscita ad avvicinarsi così in fretta ad un altro ragazzo. Era accaduto tutto in così poco tempo che non aveva avuto molto modo di riflettere. Edward era stata una bella scoperta, non aveva mai avuto modo di conoscerlo davvero, e ora si domandava del perché non si fosse mai accorta prima di lui in quel modo. Con Edward era davvero tutto così semplice, era gentile, simpatico, intelligente e brillante, e per certi versi così simile a lei. La cosa più assurda era che nonostante il suo essere così perfetto, Sophie non era mai in soggezione in sua presenza, ma si sentiva totalmente a proprio agio. 
E tutto questo l’aveva lasciata davvero piacevolmente stupita. Quello che era accaduto ai Tre Manici di scopa la domenica precedente poi, le aveva fatto capire che forse c’era davvero la possibilità che nascesse qualcosa di più di un’amicizia. Le cose che le aveva detto e la profondità dei suoi discorsi l’avevano davvero colpita, e si era decisa che dare una possibilità a quel ragazzo sarebbe stata una saggia decisione. 
L’emozione per quella situazione e per l’appuntamento con Edward l’avevano anche aiutata a distrarsi dalla questione Thomas. Sophie era sicura della scelta che aveva deciso di prendere, lasciarlo perdere era la cosa giusta. Non poteva negare che pensasse ancora a lui, né poteva dire di averlo dimenticato, era troppo presto. Ma si stupì nel rendersi conto che con la presenza di Edward il ricordo dell’estate al campo con Thomas si stava facendo sempre più sfocato, e che qualche volta Sophie si sorprendeva a pensare non più agli occhi azzurri del biondo ma agli occhi quasi neri di Edward. 
Non sapeva dire se questo lento ma intenso cambiamento fosse dovuto ad un reale sentimento o se dipendesse unicamente dalla propria forza di volontà con cui si era imposta di dimenticare Thomas. Ma la cosa di cui era certa era che, qualsiasi fosse il motivo, era sulla strada giusta per lasciarsi alle spalle il ragazzo e poter essere davvero felice. 
Inoltre dopo la breve ma intensa discussione durante il compleanno di Sophie e Abby, Thomas aveva smesso di tormentare la ragazza. Certo, erano passati solo quattro giorni, ma era già qualcosa. Sophie era dunque decisa a impegnarsi davvero perché tutto con Edward andasse bene, e la pila di vestiti buttati ai suoi piedi ne era la prova.  
“Senti non so davvero cosa mettere. Non so nemmeno dove mi porterà, o che cosa faremo... sicura che non ti abbia detto nulla?” domandò Sophie sbuffando. 
“No, non mi ha detto niente” rispose Abby, “ho provato più volte a strappargli qualche informazione, ma non ha voluto dirmi nulla. Dice che è sicuro che se mi dicesse qualcosa poi io vi seguirei per spiarvi, questa è bella!” 
Sophie scoppiò a ridere. “In effetti non ha tutti i torti, potresti benissimo farlo!” 
“Io mi preoccupo per voi, e vengo ringraziata così! Ecco cosa succede quando sei altruista. Inutile che fai quella smorfia Sophie, io SONO altruista.... e ora spostati che ti cerco qualcosa da mettere, anche se non te lo meriteresti!” 
E detto questo Abby raggiunse l’armadio dell’amica e iniziò a tirare fuori vestiti lanciandoli in giro per la stanza a suono di “no questo non mi piace” e “no questo non va”.  
Sophie in un primo momento cercò di fermare l’amica dal trasformare la camera in un porcile, ma decise di lasciar perdere, il suo aiuto era prezioso.  
“Ecco” disse Abby dopo una decina di minuti passati a ravanare tra i vestiti dell’amica “mettiti questi e sei a posto”. 
Sophie si provò quello che Abby le aveva passato, e guardandosi allo specchio non poté che ammettere che l’outfit scelto dall’amica era perfetto. 
L’abito in tweed grigio smanicato con sotto il maglione bianco con le maniche a sbuffo creavano un abbinamento elegante ma allo stesso tempo casual. 
“Bene, oserei dire perfetta!” disse Abby osservando soddisfatta l’amica. “Ora muoviti che è quasi ora”. 
Sophie diede un rapido colpo di bacchetta ai capelli, che le ricaddero sulle spalle in morbidi boccoli, e con un altro movimento sistemò un trucco semplice e leggero sul viso.  Infine, infilati ai piedi gli anfibi neri e preso il cappotto, uscì dal dormitorio con Abby.  
“Un ultimo consiglio?” domandò agitata Sophie prima di percorrere la breve rampa di scale che le separava dalla sala comune dove Edward la stava aspettando. 
“Beh, sii semplicemente te stessa. So che ti risulterà difficile da credere, ma penso che a Edward tu interessi per come sei davvero. Quindi comportati in modo naturale, andrà bene. Ora muoviti!” disse Abby con un ultimo sorriso incoraggiante. 
Finalmente arrivarono nella sala comune, dove Edward come previsto stava già aspettando Sophie, comodamente seduto su una delle poltrone rosse. 
Non appena vide la ragazza, Edward si alzò in piedi sorridendo, e Sophie rimase nuovamente abbagliata dalla sua bellezza semplice e genuina. 
“Ehi Sophie” la salutò allegramente Edward. 
“Ciao Edward! Scusa per il ritardo... ho avuto alcuni problemi tecnici” rispose Sophie, con la voce un po’ tremante. 
Ma come diavolo fa ad essere così bello?, si domandò. 
“Stai tranquilla, hai fatto un buon lavoro. Sei molto carina vestita così...” azzardò Edward. 
Sophie sentì il viso infiammarsi, e dalla bocca le uscì un timido: “Grazie”. 
Per fortuna un sospiro sognante di Abby, seduta sul divano, interruppe quel momento leggermente imbarazzante. 
Edward scoppiò a ridere “Abby tu che cosa ci fai qui?” 
“Niente, sto leggendo un giornale, non posso?” chiese Abby con voce innocente. 
“Il giornale è al contrario lo sai vero? Comunque noi adesso andiamo. Tu Abby, vedi di non seguirci, intesi?” 
Abby assunse l’espressione più innocente possibile e disse: “Seguirvi io? E perché mai dovrei? Andate pure tranquilli e divertitevi. Io me ne starò qui buona buona, ad aspettare. Dovrei dirvi di non fare tardi, ma mi fido di voi, e avete il mio permesso di tornare quando volete, e soprattutto di fare tutto ciò che volete” e dopo aver lanciato un ultimo sorriso malizioso agli amici, tornò a fingersi interessata al giornale. 
Edward scosse la testa divertito, poi prese Sophie per un braccio e la condusse fuori dalla sala comune attraverso il buco dietro al ritratto della Signora Grassa. 
“Dove andiamo?” chiese Sophie mentre scendevamo le scale. 
“Lo vedrai” disse Edward con tono misterioso. 
A quell’ora del pomeriggio i corridoi della scuola erano particolarmente affollati. Chi si spostava per raggiungere le attività pomeridiane o per andare in biblioteca a studiare, chi si piazzava con gli amici negli angoli della scuola per chiacchierare e trascorrere il tempo, e chi si dirigeva verso la propria sala comune. 
Mano mano che attraversavano il castello Sophie iniziava chiaramente a percepire le occhiatacce che gruppetti di ragazze le rivolgevano al loro passaggio. Se all’inizio pensava fossero semplici sguardi di curiosità, ben presto comprese che erano sguardi traboccanti d’odio e stupore. 
“Guarda c’è Richardson! Ma è con una...” 
“E quella chi è?” 
“Non dirmi che esce con lei!” 
“Ma no, saranno solo amici!” 
“Ma non è l’amica secchiona di Hill?” 
Queste erano solo alcune delle frasi che Sophie riuscì a percepire tra un sussurro e l’altro delle ragazze che concitate si coprivano sconvolte la bocca al loro passaggio. 
Edward evidentemente si era accorto della situazione, perché rise e disse: “Non farci caso, sono innocue!” 
“Ah... siamo sicuri? A me sinceramente spaventano un po’” disse nervosamente Sophie, guardandosi alle spalle, poi continuò: “ma scusa non ti da fastidio? Essere osservato in questo modo? È inquietante!” 
“In effetti è un po’ strano. Però ormai ci ho fatto l’abitudine, e questo è niente. Tu non hai idea di che cosa significhi uscire con James, gli fanno addirittura le imboscate!” 
Sophie scoppiò a ridere. “Non ci credo!” 
“Credici...” 
“Deve essere dura essere come voi, non avete un attimo di privacy!” 
“Va bhe adesso fanno così perché mi hanno visto con una ragazza, normalmente non sono così esagerate”. 
Sophie lo stava osservando, mentre camminava sicuro di sé stesso, totalmente indifferente agli sguardi di quelle ragazze.   
Per lui era una cosa così naturale che non ci dava peso. Dopo aver conosciuto il suo vero modo di essere, gentile e modesto, Sophie si era quasi scordata che stava camminando a fianco di uno dei ragazzi più popolari e desiderati della scuola. Era così abituato ad essere così tanto ammirato e desiderato, che il fatto che delle ragazze, nel vederlo in dolce compagnia, a momenti si strappassero i capelli e sprofondassero in una crisi di pianto, non lo toccava affatto.  
Edward attraversava i corridoi del castello sicuro di sé, quella scuola era il suo regno, non temeva nessuno, riceveva sguardi sognanti da parte delle ragazze e occhiate di invidia mista a rispetto dai ragazzi.  
Eccolo il suo altro lato... pensò Sophie, non riuscendo però ad evitare di pensare quando fosse intrigante e attraente anche nelle vesti del figo della scuola. 
I due ragazzi passarono davanti alla Sala grande, discesero la breve scalinata per uscire poi dal castello.  
L’aria era fresca, ma un bel sole brillava alto nel cielo totalmente privo di nuvole. 
“Ah stiamo uscendo, ho fatto bene a portarmi il cappotto” azzardò Sophie, cercando di capire dove il ragazzo la stesse conducendo. 
Chissà che ha in mente... pensava Sophie fra sé e sé, incuriosita dal ragazzo che continuava a camminare senza voler dare indicazioni circa la loro meta. 
Dopo cinque minuti di camminata, finalmente Edward parlò: “Siamo quasi arrivati” 
Sophie si guardò attorno, non aveva idea di dove la stesse portando. Poco più in là c’era il campo da quidditch, per il resto solo prati. 
Forse mi porta a fare un pic-nic? Però non credo, abbiamo da poco fatto pranzo... 
“Eccoci!” disse Edward, sempre con il suo sorriso a trentadue denti stampato sul volto. 
Sophie si guardò intorno, era nel campo da quidditch. Rise. 
“Al campo? Che cosa facciamo qui?” chiese lei, sinceramente incuriosita. 
“Beh, ti ho detto che volevo organizzare qualcosa di speciale. Abby più volte mi ha raccontato di quanto tu spesso le rompa le scatole perché ti presti la sua scopa e ti faccia fare un giro...” 
“Ma visto che sono una totale incapace non me la fa nemmeno sfiorare la sua scopa!” lo interruppe Sophie. 
“Esatto, ma visto che da quel che ho capito a te piace volare, ma hai troppa paura per farlo con scioltezza, ho pensato che sarebbe stata un’idea carina farti passare questa tua paura”. 
Edward stava ancora sorridendo, e Sophie era davvero stupita. 
Si aspettava da lui il classico appuntamento, una passeggiata, una merenda e qualche chiacchiera. Ma sicuramente non si aspettava avesse pensato a qualcosa di così particolare e soprattutto studiato apposta per lei. 
Nessuno aveva mai usato il proprio tempo per aiutarla in qualcosa, men che meno per insegnarle a volare come si deve, ormai tutti avevano perso le speranze. E invece lui era lì, e aveva avuto un’idea davvero bellissima. 
“Beh ma... come facciamo? Io non ho una scopa e poi non possiamo usare il campo, se ci beccano?” 
“Tranquilla, ho parlato con Madama Bumb, mi ha dato il permesso di usare il campo e di prendere una scopa della scuola in prestito” 
“Come hai fatto a convincerla?” 
“Non ci è voluto molto, mi adora...” disse Edward facendo spallucce. “Ora aspettami qui, salgo agli spogliatoi di Grifondoro a prendere le scope!” E detto questo corse via. 
Sophie sorrise. Edward era un ragazzo così pieno di qualità che non sembrava quasi vero. Da una parte il ragazzo premuroso che si era impegnato per pensare ad un appuntamento carino studiato apposta per lei, dall’altra il ragazzo che aveva ai suoi piedi la scuola, professori compresi. 
In breve tempo Edward arrivò con in mano due scope. In una mano teneva la sua bellissima Firebolt, elegante e chiaramente molto costosa, nell’altra reggeva una vecchia e spelacchiata Scopalinda della scuola. 
“Tieni se vuoi puoi usare la mia” disse Edward, porgendole la Firebolt. 
“No guarda, meglio se prendo quella della scuola, non vorrei mai rovinartela” 
“Guarda che io non sono Abby. Insisto...” 
Sophie rise di nuovo. “Tranquillo davvero, mi sento più sicura su una lenta e arrugginita Scopalinda, piuttosto che sulla tua scopa esageratamente veloce” e detto questo Sophie gli strappò la vecchia scopa di mano. 
“Come vuoi” disse gentilmente Edward “allora, iniziamo dalle basi. Sali sulla scopa e sollevati dolcemente da terra...” 
Sophie stava per montare sulla scopa, ma si rese conto che forse indossava un outfit poco adatto per volare. 
“Forse non vado molto bene vestita così ...” disse la ragazza dubbiosa. 
“Ma no che dici? Tu vai sempre bene, qualsiasi cosa ti metta” rispose Edward, guardandola intensamente. 
Sophie sentì di nuovo la faccia diventare bollente, e per cercare di nascondere il suo imbarazzo montò sulla scopa, si diede una leggera spinta e un po’ tremolante si librò in aria. 
“Ecco così brava” disse Edward, che con sicurezza montò sulla scopa e la raggiunse. 
“Ora proviamo a volare verso l’altro lato del campo, piegati un po’ sulla scopa ma cerca di stare in equilibrio”  
Sophie annuì, si piegò leggermente e partì verso il lato opposto del campo, ma dopo pochi metri perse l’equilibrio e rischio di cadere dalla scopa. 
Ma per fortuna Edward era accanto a lei, e le impedì di volare giù. 
“Vedi sono una frana!” disse Sophie scoraggiata, pronta a vedere il ragazzo ridere di lei, come erano solite fare Lalli e Abby. Ma Edward non rise. 
“Non è vero non sei una frana! È che non hai fiducia in te stessa... sono sicuro che sei capace. Cerca di piegarti bene, non devi stare dritta! E non guardare giù…”
“Non riesco a piegarmi ho paura di cadere!” disse Sophie. 
“Non devi aver paura, ci sono qui io. Non ti farò cadere!” disse Edward con dolcezza. 
Queste parole scaldarono il cuore a Sophie, era così carino su quella scopa, con il tenue venticello a spettinargli leggermente i capelli. 
“Chiudi gli occhi” disse lui tranquillamente. 
“Chiudere gli occhi? Scherzi? Non se ne parla!” rispose esitante Sophie.  
“Ti fidi di me Sof?” 
Sophie annuì. Non riusciva a non fidarsi di lui. 
“Bene, allora chiudi gli occhi. E spingiti in avanti. Io sarò a fianco a te tutto il tempo. Ti prometto che non cadrai!”. 
Edward stava guardando intensamente Sophie negli occhi, convinto e sicuro. E la ragazza non poté che sentirsi totalmente protetta, anche in quella situazione che per lei era di estremo pericolo. Sophie chiuse lentamente gli occhi, sospirò, e con coraggio si spinse in avanti, cercando di mantenere l’equilibrio e piegandosi in avanti come le aveva suggerito il ragazzo. 
Sentiva la scopa accelerare sempre di più, il vento che le sferzava il viso con violenza sempre maggiore. La velocità aumentava, ma lei non stava perdendo l’equilibrio, con gli occhi ben chiusi percepiva la costante vicinanza del ragazzo, pronto ad afferrarla in ogni momento. Incredibile ma vero, accanto a lui non aveva più paura. 
“Bravissima Sof, ora fermati” urlò Edward. 
Sophie si fermò e apri gli occhi. Aveva attraversato tutto il campo, senza mai rischiare di cadere. Non era mai accaduto in cinque anni. 
“Non ci posso credere ce l’ho fatta!” urlò estasiata Sophie, con gli occhi che luccicavano per l’emozione. 
Edward la stava guardando sorridendo: “Sei stata bravissima, io te l’avevo detto!” 
“È tutti grazie a te Edward!” disse Sophie, e prima che lui potesse ribattere, presa ancora dall’adrenalina, in equilibrio precario sulla
scopa si slanciò ad abbracciare Edward. 

Il ragazzo ovviamente non perse l’equilibrio, e un po’ stupito ricambiò l’abbraccio di Sophie.  “Sei un maestro fantastico!” fece lei sciogliendosi dall’abbraccio, ancora inebriata dall’ottimo profumo del ragazzo. 
Edward osservava Sophie stupito, nessuna ragazza si era mai comportata in quel modo naturale con lui, priva di filtri, senza veli. Non stava facendo nulla per impressionarlo, eppure non poteva smettere di guardarla incantato, qualsiasi cosa facesse. 
“Dai continuiamo!” lo incitò  Sophie, che stava iniziando a prendere confidenza con la scopa. 
Si era resa conto solo in quel momento di quello che aveva appena fatto. Aveva abbracciato Edward, e la cosa assurda è che le era venuto totalmente naturale. Era in bilico su una scopa, ma era sicura che non sarebbe caduta. E infatti, le forti e sicure braccia del ragazzo l’avevano avvolta in un abbraccio così semplice ma allo stesso tempo pieno di sentimento. 
I due ragazzi ripresero a volare qua e là per il campo, e ogni minuto che passava Sophie diventava sempre più brava e sicura di sé. 
Aveva sempre amato quella sensazione di volare, libera nel vento, con l’aria che le accarezzava i capelli, ma non era mai riuscita davvero a viverla a pieno a causa della sua paura. Ma quel giorno, grazie a Edward, era riuscita a vincere il suo terrore. 
Dopo un’altra oretta passata a volare intorno al campo, chiacchierando del più e del meno, finalmente Sophie e Edward atterrarono, con le mani congelate dall’aria fredda. Il sole stava iniziando a tramontare, e il cielo era diventato di un bel colore roseo. Dopo aver riposto le scope i due uscirono dal campo, che per l’ora successiva era stato prenotato per gli allenamenti di quidditch, e si avviarono verso il castello.
“È stato fantastico” disse Sophie ancora estasiata, mentre si sistemava i capelli scompigliati dal volo. 
“Sono contento che ti sia piaciuto, avevo paura non ti avrebbe emozionato più di tanto!” 
“Stai scherzando?” fece Sophie sconvolta “mi sono divertita tantissimo! Poi nessuno ha mai voluto perdere tempo con me per insegnarmi a volare.... è stato davvero un pensiero carino.” 
Edward sorrise, e si fermò. “Non ho assolutamente perso tempo... anche se tu non fossi stata nemmeno in grado di salire sulla scopa non sarebbe stato assolutamente tempo sprecato.”  
“Dici?” domandò Sophie, che accortasi del modo in cui il ragazzo la stava guardando in quel momento non sapeva bene che cosa dire o fare. 
“Dico...” disse tranquillamente Edward, con voce bassa, mentre lentamente si avvicinava a lei “tu non hai idea di quanto sia bello passare del tempo con te...”  

***

“Ma avete visto Aveline di Corvonero? Quella sì che me la farei!” disse un ragazzo dai capelli neri, lunghi fino alle spalle. 
“È lei che non si farebbe te, Paul!” ribatté Jake divertito, spingendo l’amico. 
“Stai zitto Allen! Parlaci piuttosto della tua prossima preda capitano, chi sarà la fortunata che avrà diritto di ricevere le tue attenzioni nello sgabuzzino delle scope?” si intromise un altro ragazzo, che indossava un maglione verde smeraldo, come tutti gli altri sei ragazzi che formavano il gruppetto. La squadra di quidditch di Serpeverde era al completo, avevano finalmente recuperato il loro portiere Andy Rocket, e gasati come al solito si stavano tranquillamente dirigendo verso il campo per l’allenamento settimanale. 
“Sarà una sorpresa, sapete che io vi racconto tutto solo a cose fatte” rispose Jake sorridendo sornione. “Piuttosto il nostro Thomas dovrebbe raccontarci che cosa ha intenzione di fare con Megan. Ti vuoi decidere o no a combinarci qualcosa? Ha scelto te per questo periodo, finché non soddisfa le sue voglie con te non vorrà nessun altro!” 
Thomas che per tutto il tragitto era rimasto silenzioso guardò l’amico e disse: “Invece di sparare cazzate dovremmo pensare a cosa fare durante l’allenamento, la partita con Grifondoro si avvicina e io non voglio perdere!” 
Odiava risultare antipatico ai suoi compagni di squadra e amici, ma purtroppo non era di buon umore in quei giorni. Dopo quanto accaduto il sabato precedente, il suo umore era finito totalmente sotto le scarpe. Non sapeva più cosa fare con Sophie. Era così testarda, e si era impuntata con questa storia della diversità e del fatto che non erano fatti per stare assieme. Lo stava facendo impazzire, non era pronto a rinunciare a lei. Ma si era reso conto che la situazione gli stava sfuggendo di mano. 
Stava iniziando a maltrattare tutti, prima o poi qualcuno si sarebbe accorto che qualcosa non andava. 
“Tom non rompere dai!” disse divertito Jake. “Tutti vogliamo battere Grifondoro cosa credi?” “Sì” continuò un altro ragazzo dai corti capelli biondi, “vedrai che stavolta gli facciamo il culo. E tranquillo Thomas, ci penserò io a consolare la tua amichetta Hill, sai quanto mi divertirei!” 
Tutto il gruppo scoppiò a ridere di gusto, tranne Thomas che lanciò un’occhiata rabbiosa al ragazzo e disse: “Tu toccala con un dito e ti spezzo l’altro braccio, Andy!” 
“Calmi calmi” intervenne Jake “ricordate che Thomas ha messo il veto su di lei, la sua amica non si tocca.” 
“Non vale mettere il veto sulle ragazze, io mia cugina due estati fa te l’ho presentata Tom! Non vedo perché tu non debba condividere...” ribatté Andy, non curante dell’espressione torva di Thomas. 
“Ti avverto di smetterla Andy. Se provi anche solo a dirle qualche porcata delle tue prima te le prendi da me, e poi da Walker, che ti ha già rotto il naso una volta” disse Thomas, provocando le risa dei compagni. 
“Quanto lo odio quel Walker, lui e quel coglione di Richardson” intervenne un altro ragazzo dai tratti orientali, Lee Wuan. 
“A proposito, sembra che Richardson stia uscendo con una sapete?” si intromise Paul. 
“E a noi cosa cazzo ce ne frega di cosa fa quel coglione?” rispose Lee. 
“No aspetta, con chi sta uscendo?” chiese Thomas con un tono eccessivamente curioso, ed essendosene reso conto aggiunse: “dobbiamo sapere se uno dei nostri rivali in fatto di ragazze è fuori gioco...” 
“Giusto” ammise Jake. 
“Bhe Evelyn mi ha detto che prima hanno visto Richardson che usciva dal castello con quella... come si chiama? L’amica di Hill, quella alta che va bene a scuola? Forvey?” continuò Paul. 
“Forbes...” disse Thomas. Gli uscì con naturalezza dalla bocca, era una cosa che si aspettava ormai.  
“Sì lei” annuì Paul. 
“Beh anche lei non è male, uscisse qualche volta dalla biblioteca credetemi che ...” provò a dire Andy ma fu subito interrotto da Thomas. 
“Hai rotto il cazzo con queste battutine Andy, fai davvero schifo!” Il sangue gli era montando alla testa. Nessuno doveva permettersi di parlare della sua Sophie in quel modo. 
“Calmati Thomas, ma che ti prende oggi? Ti sei messo a fare il principe azzurro?” si intromise di nuovo Jake. 
“Lasciamo stare...” sbuffò Thomas. E si rimise a camminare, ignorando gli sguardi confusi dei suoi compagni di squadra. 
Finalmente erano quasi arrivati al campo. 
Thomas non vedeva l’ora di salire sulla sua scopa e sfogarsi. 
Avrebbe immaginato la faccia di Edward al posto dei bolidi che avrebbe dovuto colpire. Si sarebbe sentito sicuramente meglio.
Quella notizia non ci voleva proprio, era la conferma che stava perdendo la sua Sophie. Doveva agire, e in fretta, trovare una soluzione. Non poteva finire così. Non lo avrebbe accettato. 
Come per farsi beffa dei suoi pensieri però, proprio in quel momento, i suoi occhi azzurri si posarono su una scena che non avrebbe mai voluto vedere.  
Da lontano individuò due figure indistinte, sembravano due persone che parlavano. Mano a mano che si avvicinava riusciva a cogliere più particolari. Erano un ragazzo ed una ragazza. Non gli ci volle molto per capire di chi si trattava. Era impossibile non riconoscere la sua Sophie, che era così carina nel suo vestitino grigio, e il suo sorriso inconfondibile. 
Il cuore perse un battito, quando riconobbe che il ragazzo accanto a lei era Edward, che la stava guardando, e si stava facendo sempre più vicino.   
Fu un attimo. Vide Edward prendere Sophie per la vita, avvicinarla a sé. E infine baciarla. 
Thomas si aspettava che lei si spostasse, magari gli tirasse anche un ceffone urlandogli insulti. Ma invece non si staccò, rimase lì, a rispondere con trasporto al bacio del ragazzo. 
Thomas chiuse gli occhi, sentendo un nodo alla gola.  
Come aveva potuto baciare un altro? Non stavano insieme certo, ma lui era sicuro che Sophie stava solo cercando di reprimere i propri sentimenti. Era certo che in realtà lei provasse qualcosa per lui, che non si era dimenticata di quello che avevamo condiviso al campo estivo. Che non si fosse scordata dei loro baci.
Ma invece era lì, avvinghiata a quel Richardson, e chiaramente non stava né pensando a lui né a quello che avevamo condiviso durante l’estate trascorsa. 
Fu invaso da un profondo senso di rabbia, tristezza ma soprattutto delusione. 
Si sentiva un povero illuso, un cretino. Lei era stata chiara sin da subito, non voleva avere nulla con lui. Forse non era abbastanza per una come lei? A quanto pare la pensava così, visto che aveva scelto il perfetto e magnifico Richardson.  
In quel momento Thomas fu preso da una nuova e sincera consapevolezza. Sophie aveva ragione, non c’era futuro per loro due. L’avrebbe lasciata perdere, l’avrebbe dimenticata. Sarebbe stato meglio per entrambi. 

***

“Ma la sala comune e da quella parte...” constatò Sophie. 
“Non stiamo andando nella sala comune infatti...” disse Edward tranquillamente, mentre svoltava a sinistra in un lungo corridoio affollato. 
Sophie sorrise. Ancora una volta Edward aveva qualcosa in mente, era incredibile. 
La ragazza era ancora emozionata per quanto era accaduto quel pomeriggio. Non si aspettava assolutamente nulla del genere. 
Si era divertita tantissimo a volare, era stato un appuntamento a dir poco perfetto. 
E poi il bacio. Era rimasta stupita dal gesto del ragazzo. Si era così abituata all’idea del ragazzo a modo e posato, che sinceramente non si aspettava avrebbe tentato di baciarla al primo appuntamento. Si era dimenticata però che si trattava comunque di Edward Richardson, che in fatto di ragazze ci sapeva fare.  E sinceramente non era affatto dispiaciuta di quello che era successo. 
Anzi. 
Le sembrava di star camminando a tre metri da terra, e sentiva ancora le farfalle nello stomaco. Era stato tutto così improvviso, ma allo stesso tempo perfetto.  
Solo una volta in tutta la sua vita si era sentita così, e immediatamente i ricordi estivi con Thomas le piombarono nella mente, ma subito la ragazza soffocò questi pensieri, tornando alla realtà e al ragazzo che le stava camminando accanto. 
Edward Richardson l’aveva baciata.  
Quell’Edward Richardson. 
Aveva baciato lei. Sophie Forbes. 
Passando nel corridoio affollato Edward posò un braccio attorno alle spalle di Sophie. Ed eccoli di nuovo lì. Gli sguardi di tutta la scuola puntati su di lei. 
“Qualcosa mi dice che lo stai facendo apposta, Richardson!” disse Sophie esasperata. 
“Beh, non mi dispiace far sapere a tutti che ho in testa una ed una sola ragazza” rispose lui. “Ti da fastidio?” 
“No no figurati” rispose Sophie prontamente. 
E a chi dispiacerebbe ... pensò senza vergogna la ragazza. 
Dopo poco arrivarono davanti alla porta della biblioteca. 
“Che facciamo qui?” domandò Sophie confusa. 
“Vedi Sof, ormai ti conosco. E non negare che ti è costato un certo sforzo uscire con me oggi lasciando tutti i tuoi compiti in bianco...” 
Sophie scoppiò a ridere. “Non mi sono sforzata ad uscire con te. Però effettivamente ho lasciato i miei compiti in bianco.” 
“Bene, allora penso che non ti dispiacerà se mi sono preso la briga di chiedere a Abby di portare i tuoi compiti qui ...” disse Edward, prendendo Sophie per mano e trascinandola dentro la biblioteca. 
“Cioè mi stai portando a fare i compiti?” sussurrò Sophie confusa. 
“Diciamo di sì...” continuò il ragazzo, muovendosi con tranquillità fra tavoli e scaffali, sempre tenendola per mano. 
“A quest’ora la biblioteca è piena, sarà impossibile trovare un posto!” continuò la ragazza, guardandosi preoccupata attorno. Era tutto pieno. 
Edward si fermò di botto, e con un sorrisetto disse: “Forbes, devi capire che in questa scuola per Edward Richardson nulla è impossibile!” 
Detto questo la fece voltare. Il tavolo preferito di Sophie, quello accanto alla più ampia finestra della biblioteca, era completamente libero. Sopra c’erano i suoi libri e quaderni, pronti per essere aperti. 
“Ma cosa...” disse Sophie incredula. 
“Questo per farti invece capire che a me piace tutto di te, anche il tuo lato studioso e amante della scuola. Per me anche lo stare in biblioteca diventa bello, se fatto con te” le sussurrò Edward all’orecchio. 
Sophie si avvicinò al tavolo, e prima che potesse dire qualcosa il ragazzo tirò fuori la bacchetta, e con un colpo leggero fece comparire sul tavolo due tazze di cioccolata calda con panna. 
“No ma sei matto non si può portare il cibo in biblioteca!” disse frettolosamente Sophie, guardandosi preoccupata attorno. “Se ci vede Madama Pince ci espelle da qui a vita!” 
“Madama Pince non ci espellerà” fece Edward invitando Sophie a sedersi. “Mi ha dato lei il permesso...” 
“Che cosa?”  
“Certo, le ho chiesto di tenermi occupato il tavolo e il permesso di portare della cioccolata...” conitnuò lui tranquillo. 
“E lei ti ha dato detto di sì?” chiese la Grifondoro, visibilmente stupita, ma prima che il ragazzo potesse aggiungere qualcosa aggiunse: “Certo, che domande, sei Edward Richardson”  
I due scoppiarono a ridere, attirando gli sguardi di alcuni ragazzi seduti nei tavoli vicini. 
“Ehi ma quello cos’è?” domandò un ragazzo, che in piedi, accanto agli scaffali, li stava osservando già da un po’.  
Thano. 
“Madama Pince! Presto venga qui!” urlò Thano. 
“Cos’è tutto questo baccano? In biblioteca si fa silenzio!” tuonò la donna, accorsa velocemente per capire la causa di tutto quel trambusto. 
“Si dà il caso Professoressa, che qualcuno abbia portato del cibo in biblioteca! È inaccettabile una tale violazione del regolamento!” disse Thano con un sorrisetto divertito, indicando le due tazze di cioccolata davanti ad Edward e Sophie. 
Madama Pince guardò verso di loro, e sorrise ad Edward. “Richardson, caro, era quello il tavolo che volevi ti tenessi da parte giusto? Vi devo chiedere cortesemente di abbassare la voce però…” Poi rivolse il suo sguardo su Thano, e sprezzante disse: “in quanto a lei, signor Bennet, le consiglio di farsi gli affari suoi!” E detto questo sparì, lasciando Thano visibilmente deluso. 
Sophie soffocò una risata, prese la tazza e iniziò a bere la cioccolata. 
“Grazie Edward, io non ho parole. Non so davvero come ringraziarti. Hai fatto tutto questo per me...” disse. 
“Grazie di cosa? Io l’ho fatto con piacere. Per me sei speciale Sof, e volevo fartelo capire” 
“Ci sei riuscito...”  
Edward sorrise. “Dai, ora facciamo i compiti” e detto questo aprì un libro e si mise a studiare. 
Sophie rimase per un attimo ad osservarlo, consapevole di avere un enorme sorriso stampato in volto. Poi prese a sua volta un libro e lo aprì. Prima di immergersi nella lettura, non poté che notare che per la prima volta in quell’anno scolastico era veramente felice. 

 

III 

I due giorni successivi per Summer trascorsero rapidamente. In un baleno arrivò infatti il giovedì sera con la sua punizione. 
Summer non era più tanto angosciata all’idea di trascorrere la serata in detenzione. I giorni precedenti aveva avuto modo di riflettere con quanto accaduto al primo incontro. Sebbene Jake fosse a volte irritante, e le ricordasse tremendamente Alex, alla fine non era così male. Era divertente, e il fatto che qualcuno avesse per la prima volta compreso che lei non era una ragazzetta impaurita da tutto le aveva fatto piacere. 
Summer era anche rimasta stupita dell’influenza che il ragazzo aveva avuto su di lei in una sola sera. Per la prima volta nella sua permanenza a Hogwarts aveva risposto ad un’autorità. Non che ora lei avesse intenzione di deridere i Professori, non si sarebbe mai permessa, ma finalmente era riuscita a rispondere a tono a quell’arrogante di Gazza come si meritava. E ne era sinceramente fiera. Nel raccontare quello che era accaduto, Abby le aveva fatto i complimenti (“Finalmente anche tu tratti Gazza come si deve!”), Frank aveva applaudito divertito e Sophie come al suo solito si era dilungata in un noioso rimprovero. 
Ma a Summer si stupì nel constatare che non le importava di ciò che pensavano i suoi amici. Che approvassero o meno il suo gesto, lei ne era fiera comunque. Aveva fatto quello che si sentiva di fare, senza pensare alle conseguenze, e ciò aveva un non so che di liberatorio. 
“Frank smettila!” disse Summer annoiata, mentre l’amico seduto fronte continuava a guardare indietro verso il tavolo dei Grifondoro. Era così distratto che aveva intinto la manica della tunica nel suo pasticcio di patate. 
“Senti voglio vederli. Guardali sono seduti vicini e parlano!” commentò concitato Frank, senza distogliere lo sguardo da Sophie ed Edward, che stavano mangiando l’uno accanto all’altro. 
La notizia si era diffusa in fretta. In molti avevano visto i due ragazzi insieme, e questo aveva generato molto scalpore all’interno della scuola. 
“Ma pure Abby, siete ridicoli!” sbuffò Summer, osservando la sua amica che, stranamente seduta all’altro capo del tavolo insieme James, continuava ad allungare il collo in direzione di Sophie e Richardson.  
“Sicuramente Abby si è seduta lontana per lasciarli da soli! Grande!” disse Frank ammirato. “Che mente eccelsa” disse ironicamente Summer, ormai rassegnata, per poi tornare a concentrarsi sul suo tiramisù ormai quasi finito. 
“Ehi Evans! Hai finito di cenare?”  
La voce di Jake Allen la fece voltare. Era in piedi dietro di lei, con il solito sorrisetto stampato sul volto. 
“Ciao Jake!” rispose con tranquillità Summer. “Sì ho praticamente finito!” 
“Bene allora ti aspetto. Gazza mi ha detto che stasera dobbiamo andare in Biblioteca da Madama Pince per sistemare dei libri.”  
Frank si era accorto della presenza di Jake, e lo stava osservando con la bocca aperta. 
“Ciao Jake Allen! Io sono Frank, Frank Rogers. Probabilmente sai già chi sono ma volevo presentarmi ufficialmente.” 
Jake lo stava guardando stranito.  
“No.… non ho idea di chi tu sia!”  
“Come sei simpatico Jake. Sempre a scherzare. Lo sai che parte del tuo successo è dovuto a me... ho raccontato così tante storie su di te!” continuò Frank con un moto d’orgoglio. 
“Ah... sei la rana dalla bocca larga. Ora mi ricordo” disse Jake. 
Frank rimase interdetto. Come osava sminuire il suo ruolo centrale in quella scuola con un termine così offensivo? 
“Bene ho finito” si affrettò a dire Summer, consapevole che la situazione si stava facendo imbarazzante per il povero Frank. 
“Era ora, Evans. Hai degli amici davvero strani sai?” le domandò Jake non curandosi di abbassare la voce di fronte a Frank. 
“Stai zitto Allen” disse Summer, alzandosi. “Andiamo?” 
“Dopo di te...” fece Jake facendosi superare dalla ragazza, per poi lanciare uno sguardo verso il fratello che, seduto allo stesso tavolo stava osservando la scena ormai da un pezzo. 
Jake prima di seguire la ragazza fece l’occhiolino ad Alex, e si lasciò sfuggire un sorrisetto arrogante nel notare il gemello stringere con rabbia il pugno attorno alla forchetta. 
I due ragazzi, arrivati al terzo piano, entrarono dentro l’immensa biblioteca del castello. Era quasi completamente vuota, la maggior parte degli studenti era ancora nella Sala Grande a finire di cenare. 
“Che facciamo?” chiese Jake guardandosi attorno. 
“Non so. Credevo che tu, da veterano delle punizioni, lo sapessi” rispose delusa Summer. 
“Non mi mandano molto spesso qui...”  replicò il ragazzo, e prima che potesse aggiungere altro fu interrotto dall'arrivo di Madama Pince. 
“Eccovi finalmente, Gazza mi aveva detto che sarebbero arrivati due studenti in punizione ad aiutar...” la donna fece una piccola pausa, e i suoi occhi si fermarono fiammeggianti su Jake. “JAKE ALLEN!” 
A Summer venne quasi un infarto nel sentire Madama Pince urlare. L’aveva sempre e solo sentita sussurrare. 
“Fuori da qui! Esci subito! Ti avevo avvertito che non dovevi più farti vedere dentro questa biblioteca. Con che coraggio, dopo quello che hai fatto!” continuò a sbraitare la donna. 
Per la prima volta da quando Summer lo conosceva, Jake sembrava seriamente in difficoltà. 
“Madama Pince sono stato mandato qui ...” provò a dire il ragazzo con calma ma subito lei lo interruppe. 
“Non mi interessa Allen! Fuori dai piedi, immediatamente!” 
“Ma cosa posso fare? Sono obbligato! Cosa dirò a Gazza?” “Non è un problema mio! FUORI!”  
Il ragazzo alzò le mani in segno di resa. 
“Garantisco io per lui” intervenne Summer decisa, “le prometto che non combinerà guai.  In caso contrario ne risponderò io personalmente” 
Madama Pince la stava osservando dubbiosa. 
“Le giuro che starà bravo” tentò nuovamente Summer, cercando di essere il più convincente possibile. 
“Sì, non farò nulla di male!” aggiunse Jake serio. 
Madama Pince sospirò, e poi disse: “Va bene. Farò questa eccezione, ma solo perché c’è molto lavoro e non è giusto che la signorina Evans lo faccia da sola”. 
I due ragazzi annuirono in silenzio, e lei continuò: “Signorina Evans, si assume tutte le responsabilità delle azioni del signor Jake Allen. Ora, visto che non potete usare la magia, datemi le bacchette, le riavrete a lavoro finito.” 
Con malavoglia i due ragazzi e le porsero le bacchette, e poi la seguirono verso un angolo della biblioteca, dove su un tavolo in mezzo a due librerie vuote c’era un’enorme catasta di libri. 
“Sono arrivati questi oggi libri sulla lettura e l’interpretazione dei sogni. Li ho già catalogati, dovete solo più disporli in ordine alfabetico su questi scaffali. Quando avrete finito passerò a controllare che abbiate fatto tutto correttamente. Voglio un lavoro preciso e meticoloso, mi raccomando” e dopo aver lanciato un ultimo severo sguardo a Jake, Madama Pince si allontanò. 
“Grazie Evans. Sono contento che tu abbia così tanta voglia di passare del tempo con me” disse Jake prendendo in mano uno dei libri dal tavolo e iniziando a lanciarselo da una mano all’altra. 
Ecco di nuovo quel sorrisetto. 
“L’ho fatto solo perché non mi va di fare tutto il lavoro da sola” replicò Summer strappandogli il libro dalle mani, “e si può sapere che hai combinato? Non ho mai visto Madama Pince così!” 
“Beh, diciamo che per sbaglio il mio primo anno ho dato fuoco a qualche scaffale della biblioteca” disse lui tranquillo. 
“Che cosa?” chiese Summer sconvolta mentre stava già iniziando a riporre un libro. “Ma sei matto? Ci credo che non ti voglia più rivedere. Sarai finito nei guai...” 
“Sì, credimi che ne ho davvero pagato le conseguenze. I miei hanno dovuto pure sbancare un sacco di soldi per ricomprare i libri. Inutile dirti che pure loro mi hanno fatto il culo” continuò lui, quasi divertito nel raccontare la sua impresa.  
“Si sono arrabbiati molto?” domandò Summer. Non aveva idea di chi fossero i genitori di Alex e Jake. Non ne aveva mai parlato con il Tassorosso, e non si immaginava che tipo di persone potessero essere. 
“Devo davvero risponderti? Non è ovvio? Potrebbe stupirti ma non sono esattamente il cocco di mamma e papà.” 
La Tassorosso colse una punta di amarezza nel tono del ragazzo, e non poté impedirsi di trovare la situazione quasi ironica: anche se Jake non poteva saperlo infatti, Summer lo capiva ben più di quanto non immaginasse. I pensieri della ragazza volarono a sua madre, che sembrava reagire nello stesso modo ogni volta che Summer faceva qualcosa, qualsiasi cosa, che la faceva sentire costantemente inadeguata, che pretendeva sempre troppo da lei e che non era mai, mai soddisfatta; e a suo padre, che per quanto cercasse di essere sempre gentile con lei non l’aveva mai difesa con la moglie e lasciava che Summer si beccasse tutte le ire della madre fingendo che non stesse succedendo niente, che andasse tutto bene. Mentre invece andava tutto male, di peggio in peggio ad ogni occasione che la ragazza tornava a casa. 
Summer cercò di riscuotersi da quei pensieri tanto improvvisi quanto poco piacevoli e di concentrarsi su quello che le stava dicendo Jake.
“Beh, ovviamente si sono incazzati” aveva appena borbottato il Serpeverde, distogliendo lo sguardo da quello della ragazza davanti a lui. “Non fanno altro che incazzarsi quando si tratta di me”
Summer sentì uno slancio di empatia nei confronti del ragazzo: dal tono che aveva usato, sembrava proprio che neanche lui si trovasse così bene con i suoi genitori. Forse, dopotutto, erano più simili di quanto non sembrasse; forse, Summer non era l’unica a non volere mai tornare a casa, a sentirsi meglio a Hogwarts e a vivere male il rientro in un luogo in cui non si sentiva ormai più da tempo al suo posto. 
Tuttavia, non conoscendo nel dettaglio la situazione del Serpeverde, decise che era meglio restare neutri.
“Beh direi che non avevano tutti i torti in questo caso. O in generale, ne combini davvero di tutti i colori...” 
Jake si appoggiò agli scaffali vuoti, e guardò Summer con serietà. 
“Tu hai idea di cosa significhi essere il fratello di Alex Allen?”  Summer non rispose. 
“Hai idea di cosa significhi essere sempre messi a confronto con una persona come lui? Ma quanto è bravo Alex, ma quanto è intelligente Alex, ma quanto è premuroso Alex, perché non puoi essere un po’ più come Alex? Alex, Alex, Alex... Anche quando faccio qualcosa di buono, passa in secondo piano se messa a confronto con quello che fa Alex!” 
Summer lo stava guardando senza saper bene che cosa dire. Non aveva mai pensato a come ci si dovesse sentire ad essere confrontati tutti i giorni con una persona perfetta come Alex, amata da tutti. Doveva essere frustrante.  
“Mi dispiace…” azzardò Summer. 
“Non preoccuparti. È sempre stato così. Da quando sono nato.  Ormai ci ho fatto l’abitudine, a dir la verità”. 
Jake non sapeva bene perché stesse raccontando queste cose a Summer. Non le aveva mai dette a nessuno, e si stupì di starsi confidando con una ragazza che conosceva appena. Ma gli era venuto naturale. 
“Ed è per questo che fai così? Che ti comporti in questo modo?”  
“Fai troppe domande, Evans.” 
“E tu dai poche risposte, Allen.” 
Jake rise, e proseguì: “Diciamo che se i miei genitori non sono in grado di apprezzare le cose buone che faccio, si meritano solo il peggio di me! Dò loro semplicemente quello che vogliono...” 
“Beh secondo me sbagliano, i tuoi genitori...” fece Summer con tranquillità. 
“Dici? Visto che lo fanno tutti penso che forse non sono così tanto in errore...” disse il ragazzo inarcando le sopracciglia. 
“Penso che tu sotto sotto sia un bravo ragazzo. Anche se non lo vuoi dare a vedere. E che Alex sia sopravvalutato” sputò Summer, tutta d’un fiato. 
“Sopravvalutato? Evans hai la febbre? Ero sicuro di aver sentito dire che anche tu fossi innamorata come tutti del mio fratellino.”  
“Ho avuto modo di capire che non è tutto oro quello che luccica, a mie spese. È così occupato a cercare di far sempre la cosa giusta, di mantenere quella maschera da bravo ragazzo con tutti, che a volte si dimentica di essere onesto con le persone che gli vogliono davvero bene” fece Summer con amarezza. 
Jake la stava osservando con uno sguardo indecifrabile.  
“Dai adesso smettiamo di parlare di lui, non ne vale la pena. Pensiamo piuttosto a finire con questi scaffali” sbuffò Summer lanciando a Jake un libro. 
Il ragazzo lo prese al volo, e senza dire una parola si mise al lavoro. 
Era la prima volta che sentiva qualcuno fargli dei complimenti, e al contrario dire qualcosa di negativo su Alex. 
Nessuno aveva mai cercato di comprenderlo, nessuno aveva mai apprezzato nulla di lui, se confrontato con il fratello. 
E ora invece quella ragazza l’aveva fatto. Summer, che fino a poco tempo prima sembrava essere la più accanita fan del gemello, ora l’aveva criticato.  
E mentre guardava la ragazza sistemare i libri sullo scaffale, Jake fu pervaso da un improvviso quanto inspiegabile moto di affetto verso di lei.    
 

                                                          IV 

 Era il tardo pomeriggio di un’uggiosa domenica di metà ottobre. Fuori dalle finestre della sala comune di Grifondoro il cielo era coperto da pesanti nubi nere cariche della pioggia che cadeva incessante da giorni ormai. Le gocce d’acqua battevano forte contro i vetri dai quali non entrava quasi nessuna luce. Era quasi l’ora di cena, e la sala comune era piuttosto affollata: l’atmosfera accogliente data dal calore del fuoco che scoppiettava allegro nel camino, facendo brillare riflessi dorati sulla spessa tappezzeria rosso scuro, rendeva la stanza il luogo ideale dove attendere di scendere a mangiare. Vari gruppi di amici erano raccolti attorno alle solite poltrone e la sala risuonava di chiacchiere e risate; tutti i tavolini erano occupati: alcuni, riempiti di libri, da studenti che tentavano di terminare i compiti per il giorno dopo, altri da ragazzi più spensierati che ne facevano la base per giocare a Gobbiglie.  
C’era un solo angolo veramente tranquillo. James Walker aveva spostato un divano davanti al tavolo tra il caminetto e l’alta finestra della parete occidentale, e nessuno osava disturbare James Walker. Il ragazzo se ne stava beatamente sdraiato sul divano, i piedi ciondolanti oltre il bracciolo, le maniche della camicia leggermente arrotolate, a giocare con una pluffa che aveva sgraffignato dopo l’ultimo allenamento di quidditch. Se la passava come meccanicamente da una mano all’altra, con lo sguardo annoiato; di tanto in tanto, osservava la ragazza che occupava il tavolo davanti a lui. Abigail era sepolta tra libri e rotoli di pergamena, si teneva la testa tra le mani e guardava un po’ disperata il compito di astronomia che stava inutilmente cercando di finire, un po’ Sophie con sguardo implorante. L’amica però non la stava minimamente considerando: era immersa nella lettura di un libro, comodamente rannicchiata tra le gambe di Edward Richardson. Edward era seduto a terra con la schiena appoggiata contro al muro e con un braccio teneva stretta a sé la sua ragazza, con l’altro giocava con una ciocca dei suoi lunghi capelli castani. La sua ragazza. Si rese conto che stava di nuovo guardando Sophie come se fosse il ragazzo più fortunato del mondo ad averla lì con lui, e con uno sguardo un po’ troppo smielato per i gusti di James: sapeva che l’amico l’avrebbe nuovamente preso in giro quando fossero stati da soli, ma non gli importava. Non poteva essere più contento, e il sorriso tranquillo e soddisfatto che gli incurvava le labbra ne era la prova. Le ultime due settimane erano state perfette: la sua relazione con Sophie si stava consolidando giorno dopo giorno e, sebbene la ragazza fosse ancora un po’ a disagio nel ritrovarsi così improvvisamente al centro di tanta attenzione e pettegolezzi per il fatto di star uscendo con “Richardson”, si stava abituando a non darci peso e non le dispiaceva mai che Edward le dedicasse tante attenzioni anche in pubblico, il che era un bene dal momento che il ragazzo non era tipo da nascondere i suoi sentimenti o da essere riservato e discreto, in nessun ambito della sua vita. 
“Basta, non ne posso più” esclamò ad un tratto Abby, allontanando la sedia dal tavolo e coprendosi la testa con il cappuccio dell’enorme felpa rossa su cui ruggiva un leone dorato, come se sperasse di poterci scomparire dentro e scappare così ai suoi doveri. “Sof, è inutile, non riesco davvero a concentrarmi, mi fai copiare la tua mappa stellare?” 
L’amica fece un verso d’assenso. “Ho già preparato la borsa per domani, il compito è lì, su in camera” le disse, senza alzare gli occhi dal libro che stava leggendo. 
“Ho un’idea migliore, perché non vai tu a prendermelo, visto che come sempre hai non si sa come già finito tutto e te ne stai lì tutta tranquilla a leggere?” le propose Abby, provocando una risata in James.  
Fu Edward però a rispondere: “Spiacente ma non la lascio andare da nessuna parte, in questo momento è tutta mia.” 
Sophie arrossì lievemente (non si era ancora abituata alle costanti galanterie del ragazzo) e si limitò a sistemarsi meglio contro il petto di Edward con un sorriso pieno di timida gioia a illuminarle il volto. 
Abby invece lanciò un’occhiataccia all’amico, ma non insistette. “Sei fortunato che io approvi tanto questa relazione, altrimenti col cavolo che vi lascerei abbandonarmi così in questo momento di difficoltà!” 
Non poteva veramente arrabbiarsi con i suoi due migliori amici se le prestavano un po’ meno attenzioni ora che stavano insieme, era troppo estasiata di essere riuscita nel suo piano di farli avvicinare per lamentarsi sul serio. Essendo due studenti modello, avevano già finito entrambi di studiare per quel weekend, e in fondo era contenta che si godessero un po’ di riposo e di tempo in coppia da bravi piccioncini.  
“Se vuoi Nanerottola vado a prenderti io la mappa in camera, anzi magari potrei accompagnarti e distrarti un po’” fece James, sardonico, con un lampo malizioso negli occhi.  
Abby gli lanciò addosso una vecchia pergamena tutta appallottolata. “Ed ecco perché le scale del dormitorio femminile sono stregate: in modo da bloccare i perversi come te!” 
James per tutta risposta fece spallucce, senza perdere quel suo sorriso. “Un giorno mi implorerai, vedrai.” 
“Continua a ripetertelo, non succederà mai. Che poi devo ancora capire come sia possibile che tu non faccia mai niente e vada così bene a scuola! È snervante sapere che l’anno scorso hai avuto il massimo dei G.U.F.O. e che hai sempre il massimo dei voti, visto che poi sei sempre lì tranquillo e non ti si vede mai studiare e impazzire come noi altri. Ma sei umano almeno?” 
“Mia cara, io sono James Walker.” 
Abby scosse la testa, esasperata, e si diresse verso il dormitorio femminile, lasciando il ragazzo a ridacchiare sul divano.  
La borsa di Sophie era effettivamente al fondo del letto a baldacchino della ragazza, già pronta per il giorno dopo.  
Ma come fa a essere sempre così perfettina? si chiese Abby, guardando il proprio letto sfatto dove si ammonticchiavano vestiti vari e qualche libro buttato lì a casaccio; della sua di borsa non c’era neanche l’ombra, doveva essere sepolta da qualche parte.  
Abby si mise a cercare la mappa stellare, ma mentre frugava tra le cose di Sophie con la sua proverbiale delicatezza fece cadere a terra metà del contenuto della borsa. Imprecando ad alta voce (Sophie l’avrebbe uccisa), si chinò accanto al letto per raccogliere il tutto e il suo ginocchio urtò qualcosa di duro che spuntava da sotto al baldacchino. Era una scatola di Cioccocalderoni Bollenti. Cosa ci faceva lì? Era leggermente impolverata ed era ancora chiusa da un grosso fiocco giallo, il colore preferito di Sophie.  
Deve averla ricevuta per il suo compleanno e deve essere caduta qui sotto... ma se è rimasta qui vuol dire che Sof se ne è dimenticata, e poi i Cioccocalderoni sono tra i miei dolci preferiti non tra i suoi... si disse Abby, per convincersi. E poi lei è tutta contenta di sotto con Edward, io devo ancora sgobbare per la Professoressa Sinistra, direi che ne ho decisamente più bisogno io di lei! Non se ne accorgerà nemmeno... 
Abby lanciò un rapido sguardo alla porta della camera, per assicurarsi che l’amica non entrasse proprio in quel momento, e poi si decise: prese la scatola da sotto il letto, sfilò l’enorme fiocco giallo e si ficcò in bocca tre Cioccocalderoni Bollenti in una volta sola. Mentre il solito, piacevole calore le scendeva in gola per diffondersi nel petto, finalmente la ragazza sorrise. Ora sì che andava meglio. Fece per allungare la mano per prendere un altro dolce, la bocca ancora strapiena di cioccolato, quando notò accanto alla scatola un cartoncino che prima era sfuggito alla sua vista. Lo aprì incuriosita e si trovò di fronte ad una foto magicamente animata di quello che chiaramente era il ragazzo più bello che avesse mai visto. La guardava ammiccando da macho e gonfiando i muscoli delle braccia nel mandarle dei baci con la mano. Accanto, c’era scritto in una grafia scomposta: “Alla più dolce punzella di tutta Hogwarts, i miei più sinceri e delicati auguri di buon compleanno. Sophie, che questo giorno possa splendere per te della stessa luce con cui il tuo leggiadro sorriso illumina la mia umile vita, e che possa terminare con lo sbocciare di questo fiore armonioso che è il nostro amore. Per sempre tuo, Thano.” 
“Thano...” sussurrò Abby, sognante, e il sorriso sul suo viso si allargò ancora di più. Il calore che sentiva in corpo adesso era ancora più intenso e non aveva niente a che fare con i Cioccocalderoni Bollenti. “Che sciocchino, ha sbagliato e ha scritto il nome di Sophie al posto del mio... ma anche le persone perfette come lui possono commettere degli errori!” 
Si alzò stringendo la cartolina di auguri al cuore, animata improvvisamente da una nuova energia. Ridiscese le scale quasi volando, si sentiva così leggera e di buonumore: chissà perché fino a un attimo prima si era disperata così tanto per dei compiti da finire, che importanza poteva avere quando in quel castello esisteva un essere così bello come Thano? Ora che ci pensava... Abby inorridì all’improvviso: non gli aveva mai dichiarato il suo amore. Perché non lo aveva mai fatto? Lui doveva essere suo, non avrebbe sopportato vederlo con un’altra; non c’era più tempo da perdere, doveva agire subito, d’altronde un ragazzo come lui era sicuramente molto gettonato tra le ragazze! 
Abby corse fino al tavolo dove fino a poco prima stava studiando e, ignorando gli sguardi perplessi di James e Edward, tirò fuori un pezzo di pergamena intonso e si mise a scrivere come una furia. Non le era mai stato così facile mettere su carta i suoi pensieri: era il cuore che guidava la sua mano, era il suo cuore che batteva forte e sicuro condotto da quell’amore profondo e senza tempo che non aveva mai saputo di provare e che ora riempiva tutto il suo essere come una fiamma che mai avrebbe potuto smettere di bruciare.  
“Qualcuno ha dell’inchiostro rosso?!” chiese con foga dopo che ebbe finito. Quasi tutti gli altri Grifondoro avevano cominciato a scendere per la cena e la sua voce risuonò nella sala comune ormai quasi vuota. 
Adesso persino Sophie aveva distolto l’attenzione dal suo libro e stava guardando l’amica con un’espressione incuriosita. Di fronte al silenzio degli altri, Abby decise di lasciar stare, non poteva aspettare oltre: riempì la pergamena di cuoricini fino all’ultimo centimetro vuoto e con un tocco di bacchetta li colorò di un rosso fiammante.  
James si mise a sedere, rivolgendole uno sguardo interrogativo. “Si può sapere cosa combini? Sembri diversa, e non hai nemmeno portato giù la mappa stellare...” 
Abby lo ignorò, si alzò e si piazzò di fronte a Sophie, quindi disse con tono solenne: “Sof, ora ti leggerò una cosa importantissima da cui dipende il mio futuro e tu devi dirmi sinceramente cosa ne pensi. Ho bisogno del tuo parere, devo essere sicura di aver scritto bene.” 
Sophie si mise a sedere composta e annuendo le rivolse tutta la sua attenzione; cominciava a essere seriamente confusa dal comportamento così insolito dell’amica. 
Quella si schiarì la gola e cominciò: “Ed ora tu, come sei, come appari, fanciullo nato sotto ingrata stella? Pallido e bello, come la tua veste! Quando sarà che, alla resa dei conti, noi due ci incontreremo, quel tuo sguardo scaglierà giù dal cielo la mia anima e saran pronti i diavoli a ghermirla! Come sei figo, mio fanciullo, figo come un angelo! Meglio dei dolci sei per me, e per i tuoi occhi così mi tormento, come per i voti lei pena Sophie, che dei suoi risultati ora esulta, ma già teme che i suoi tesori involi il tempo: e ora bramo di starti accanto, ora che tutti ammirino il mio piacere; sazia talor soltanto del vederti nelle tue vesti divine, poi subito affamata d’uno sguardo, e non v’è gioia ch’io tenga o insegua se da te non m’avanza. Oh, senza di te io son morta, divoro e languo ognor vorace, placa il mio desiderio ed esaudisci le mie preghiere, oh bellissimo, bellissimo Thano!” 
Silenzio di tomba.  
Sophie e Edward, che all’inizio avevano avuto voglia di ridere, guardavano l’amica come se fosse ammattita. Era uno scherzo, doveva essere uno scherzo, ma lo sguardo invasato di Abby sembrava troppo realistico per essere finto, e i due cominciarono a preoccuparsi seriamente: stava forse male? James invece, era impietrito. Durante il monologo si era finalmente degnato di alzarsi dal divano e adesso stava fermo accanto a Abby, rigido come se fosse appena stato colpito da un Petrificus Totalus. Sbatteva le palpebre più velocemente del normale e sembrava sotto shock; con le labbra ripeteva muto una sola parola: “Thano.” 
“Vi ho lasciato senza parole, vero?” esclamò Abby, radiosa, mal interpretando la reazione degli amici e battendo le mani contenta. “Bene, direi che non posso sperare in meglio, ora sono sicura che lascerò  anche Thano senza fiato, grazie!” 
“Stai scherzando, vero?” le chiese Sophie, sconvolta. “Molto brava, ci siamo cascati, sei stata molto convincente, ma ora smettila, tu odi Thano.” 
“Odiarlo? E come potrei mai odiare l’unica persona al mondo che io potrò mai amare? Sof, ora non fare la gelosa, tu hai Edward, so che non è come avere la perfezione di Thano, però non puoi lamentarti, ora lascia che anche io sia felice con la mia dolce metà.” 
“Oh merda è seria” disse Edward, guardando preoccupato Sophie. 
“Deve essere stata affatturata!” James fece un passo in avanti. Guardava ancora Abby come se fosse un alieno, ma sembrò fare un sospiro di sollievo di fronte alla prospettiva che si trattasse solo di un incantesimo e tornò un po’ in sé. 
“Tranquilli, ci penso io a riportarla alla ragione” affermò, rivolto ai due amici.  
E cominciò a sbottonarsi la camicia.  
Abby gli rivolse uno sguardo di blando interesse. “Cosa fai James?” 
Il ragazzo la guardò intensamente negli occhi: “Conosco i tuoi punti deboli Hill, so io come riportarti in te, non potrai resistere a questo.” 
E così detto, si spalancò completamente con uno gesto secco la camicia, rivelando gli addominali perfetti, abbronzati e definiti come se fossero stati scolpiti nella pietra. 
Abby allungò la mano e con la punta dell’indice sfiorò la pelle del ragazzo, seguendo i contorni ben delineati dei muscoli. James annuì soddisfatto... ma Abby si staccò un secondo dopo. 
“Bah” fece solo, con un leggero disinteresse ben udibile nella voce, “non male James, però non sei certo all’altezza di Thano!” E stringendo la lettera d’amore pronta in pugno, si diresse verso il ritratto della Signora Grassa senza più degnare il ragazzo di uno sguardo. 
Per James fu come se avesse ricevuto uno schiaffo in faccia. Vacillò sul posto, incredulo. “Non sei all’altezza di Thano...” ripetè lentamente, come se non potesse credere alle proprie orecchie. “Non è possibile, non può esserci un incantesimo così potente da non poter essere spezzato dalla vista dei miei addominali! Ora quella mi sente!” Si affrettò a riabbottonare la camicia alla bella e buona, per cercare di attirare meno l’attenzione di quanto non avessero già fatto fino a quel momento, e corse come una furia dietro alla ragazza che era ormai uscita dalla sala comune.  
Sophie non poté impedirsi di scoppiare a ridere, poi però tornò seria. “Mi chiedo però davvero cosa sia successo...” 
Edward le porse il cartoncino giallo che aveva appena trovato abbandonato da Abby sul tavolo accanto alla finestra; era sporco di ditate di cioccolato e accanto c’era una carta di Cioccocalderone Bollente appallottolata.  
“Ecco svelato il mistero: temo che si sia abbuffata di dolci destinati a te... e visto che sono da parte di Thano, sono abbastanza sicuro fossero riempiti di un filtro d’amore.” Il tono del ragazzo tramava leggermente e Sophie si accorse che aveva stretto le mani a pugno. “Bennett voleva che li mangiassi tu... giuro che se ti si avvicina ancora lo faccio fuori” aggiunse, duro. 
Sophie rimase stupita dalla reazione del ragazzo, non lo aveva ancora visto così protettivo e capì che faceva sul serio. Gli prese una mano per tranquillizzarlo, e disse con dolcezza: “Ti ringrazio, ma lascia stare, per fortuna non li ho mangiati io. Ora pensiamo piuttosto alla povera Abby... per quanto sarebbe esilarante vederla dichiararsi in modo imbarazzantissimo al suo più acerrimo nemico, non possiamo lasciarglielo fare.” 
Edward sciolse i muscoli tesi e le diede un bacio sulla mano che stringeva alla sua: “Hai ragione, che amici saremmo? Andiamo a cercarla, si sarà diretta sicuramente verso la Sala Grande visto che tra poco tutti saranno lì per la cena.” 
E infatti, non ci misero molto a trovare Abby. La ragazza era riuscita a scendere fin quasi alla Sala Grande, ma era stata intercettata da James al primo che riuscisse a scendere l’ultima rampa di scale. Nel frattempo, erano giunti anche Frank e Summer, che avevano notato i due ragazzi mentre si stavano dirigendo a cena ed erano stati incuriositi dal notare come James sembrasse star cercando di bloccare una Abby alquanto decisa a disfarsi di lui. Li avevano raggiunti per trovarsi di fronte a una scena alquanto insolita: James, spettinato e con la camicia mezza sbottonata, teneva tra le sue braccia Abby, che per la differenza di stasera non toccava più terra e scalciava in aria, dimenandosi nel tentativo di liberarsi di lui. 
Il ragazzo ripeteva a denti stretti: “Non ti lascerò dichiararti a quello sfigato, guarda meglio i miei addominali, tornerai in te, deve funzionare!!” 
La ragazza per tutta risposta tentava di mordergli le braccia con cui la stava imprigionando e sbraitava: “Lasciami subito Walker tu non vali un decimo di Thano Bennett e non potrai tenermi lontano da lui!!” 
Frank e Summer avevano capito subito che qualcosa non andava e che l’amica doveva essere in preda a un attacco di follia di qualche tipo, ed erano corsi a dar man forte a James. 
Quando arrivarono Sophie e Edward, le cose stavano degenerando. Abby era riuscita a liberarsi dalla presa di James e fronteggiava il ragazzo affiancato dai due Tassorosso, che cercavano di bloccarle il passaggio. Ora aveva anche lei i capelli spettinati e aveva tirato fuori la bacchetta, che teneva dritta davanti a sé, pronta ad attaccare. Sembrava fuori di senno: aveva negli occhi una luce maniacale e spostava la bacchetta a destra e sinistra con fare minaccioso.  
“Non esiterò ad affatturarvi tutti quanti se non mi lasciate passare IMMEDIATAMENTE! Siete degli immaturi, degli invidiosi, degli amici falsi, non volete che io sia felice, ma non riuscirete a tenermi separata dalla mia anima gemella o a impedirmi di andare a dichiararle il mio grande amore!” 
“Filtro d’amore scaduto che Thano aveva nascosto in dei cioccolatini che mi ha regalato per il compleanno” informò gli altri Sophie, mettendosi con Edward in modo da chiudere in un cerchio Abby. La ragazza cominciò a girare su se stessa ringhiando come una bestia in trappola; sembrava restia a scatenare un vero e proprio duello in un corridoio davanti a tutti, rischiando una punizione se beccata dai professori, ma la smania di raggiungere Thano avrebbe presto avuto la meglio. Inoltre, stavano cominciando a dare spettacolo, sempre più persone alzavano lo sguardo a cercare l’origine di tutto quel trambusto e rimanevano incantate a osservare la scena. Dovevano fare presto. 
“Questo spiega questo atteggiamento assurdo” asserì Frank, che preoccupato aveva già eretto un sortilegio scudo davanti a sé con la sua bacchetta, per estrema sicurezza. 
“Già, per un attimo ho temuto che l’essere rimasta per troppo tempo amica di Richardson l’avesse fatta rincretinire del tutto” aggiunse Summer, che teneva gli occhi fissi sulla bacchetta di Abby. Non poteva trattenersi dal fare le sue solite osservazioni, ma si era già scusata con Sophie in anticipo quando questa le aveva rivelato con un po’ di esitazione che si era messa con Edward, e sapeva che la ragazza non dava peso alle sue battutine. D’altronde, lasciarmi libera di disapprovare la sua scelta era il minimo che potesse fare visto che tra tutti ha scelto proprio Richardson e sono costretta a vedermelo ancora più spesso attorno, pensava Summer. 
“Anche per me è bello vederti come sempre Summer” le fece di rimando Edward, senza scomporsi minimamente.  
“Non cominciate ragazzi, dobbiamo fare qualcosa per Abby!” si intromise Sophie. 
“E anche in fretta” li avvertì Frank, “stiamo attirando troppa attenzione e tra poco questa ci fa tutti fuori, non ho dubbi! Forse dovremmo soltanto lasciarla raggiungere il suo Thano, quando tornerà in sé ci perdonerà, sa bene come sia impossibile fermarla quando vuole fare qualcosa...” 
“Non se ne parla nemmeno Tasso” ruggì James, fulminando il ragazzo con lo sguardo. “Non le lasceremo fare un’assurdità del genere, non lo permetterò!” 
“Bisognerebbe andare nell’aula di pozioni e creare un antidoto a questo filtro d’amore, ma il fatto che sia scaduto lo rende particolarmente potente...” rifletté Edward. 
“Che colpo di genio Richardson, meno male che ci hai pensato tu, non ci saremmo mai arrivati da soli al fatto che abbia bisogno di un antidoto” fece notare Summer, sarcastica. “Peccato che la migliore in pozioni tra di noi sia proprio Abby, senza contare che se Piton ci beccasse nella sua aula senza permesso ci espellerebbe tutti senza pensarci due volte!” 
“Almeno io ho pensato a qualcosa Summer, anziché insultarmi potresti provarci an che tu sai?” “Cosa credi che non stia cercando una soluzione anche io? Credi importi più a te che a me della mia migliore amica?” 
“Thomas” intervenne Sophie, e così dicendo li zittì entrambi.  
“Perché pensi a Thomas in questo momento?” le chiese Edward, stupito.  
Summer invece lanciò all’amica uno sguardo indagatore che a Sophie non piacque per niente, ma decise di non darci peso. Era logico che pensasse a lui in una situazione come quella, nessuno poteva sospettare di niente, si stava facendo condizionare dalla paranoia che quanto successo quell’estate venisse scoperto.  
“Blake? Cosa c’entra Blake ora?” fece James, accigliandosi.  
“Thomas è bravissimo in pozioni, è il migliore del suo anno” affermò Sophie, “ed è un Serpeverde, quindi se Piton lo beccasse non finirebbe tanto nei guai. Inoltre Abby è come una sorella, se c’è qualcuno che può aiutarci quello è Thomas!” 
“Non mi piace avere quell’idiota di Blake attorno, ma concordo con te, per il bene di Abby” concordò James, seppure a malincuore. 
“Ok, andiamo a cercarlo allora” propose Edward, prendendo per mano Sophie e facendo per trascinarla con sé. 
Summer si schiarì la voce. “Forse è meglio che vada io, tu sei d’accordo Sophie?” Di nuovo quello sguardo eloquente.  
Devo stare più attenta a come mi comporto quando c’è Sum, si rimproverò Sophie, prima di dire: “Ma certo!” come se nulla fosse. Si era quasi dimenticata di quanto potesse essere acuta l’amica.
“Ottimo, l’ho visto poco fa che passava con Jake, deve essere già nella Sala Grande, arrivo subito.” 
“Non mi sono ancora abituato a sentirti chiamare Allen Jake, è così sensazionale come cosa” cinguettò all’improvviso Frank, dimenticandosi per un attimo del pericolo in qui si trovava.  
Abby approfittò di quell’attimo di esitazione. “Engorgio Skullus” gridò, puntandogli la bacchetta contro. La testa di Frank cominciò immediatamente a ingrandirsi a dismisura, e il ragazzo cominciò a strillare, portandosi le mani al volto e saltellando del posto, ormai dimentico del suo obbiettivo di sbarrare la strada ad Abby.  
Questa sogghignò soddisfatta e lancio, con aria di sfida: “A chi tocca adesso?” 
Si guardò attorno, e si fermò per un istante, abbassando la bacchetta con uno sguardo speranzoso. Aveva appena visto qualcuno di cui si fidava ciecamente, lui sì che l’avrebbe aiutata a far ragionare gli altri e a raggiungere finalmente Thano... 
“Stupeficium!” 
Un lampo di luce la colpì come un fulmine a ciel sereno, e Abby fu scagliata all’indietro, finendo tra le braccia di James che prontamente l’afferrò, priva di sensi.  
Era arrivato Thomas.  
Il Serpeverde percorse gli ultimi gradini lentamente, spostandosi con una mano il ciuffo biondo che gli era scivolato sulla fronte. Non aveva fretta di raggiungere il gruppetto, anche se non poteva evitare di aiutare Abby: proprio davanti a lui c’era la sua Sophie, così carina con quella gonnellina blu notte, e gli occhi che le brillavano per l’abitazione del momento... ma accanto a lei, con fare possessivo, c’era quel buffone di Richardson, tutto tronfio nel suo maglione di Grifondoro che ostentava con inutile fierezza come al solito. Thomas guardò con una smorfia di disgusto le mani intrecciate dei due ragazzi, e notò con un piacere dolce amaro che Sophie aveva avuto per lo meno la decenza di arrossire e abbassare lo sguardo di fronte all’occhiata gelida che le riservò. 
“Me l’hai schiantata!” lo accusò James, puntandogli un dito contro e continuando a sorreggere la ragazza svenuta. 
“Acuto Walker, per una volta hai fatto un’osservazione intelligente” gli rispose Thomas, avvicinandosi tranquillamente, la voce colma di un disprezzo appena velato. “Qualcuno doveva pur farlo, non avete ancora capito che è l’unico modo per fermarla?” 
Senza tanti complimenti, Thomas prese la ragazza dalle braccia di James e se la caricò su una spalla.  
“Summer mi ha spiegato tutto. Non vi preoccupate, ora ci penso io.” 
“Attento a come la tieni Blake, vedi di non farle male.” 
“Sicuramente le sarò più utile di quanto tu lo sia stato, Walker, e ora lasciami passare.” 
James avrebbe voluto strozzarlo, ma sapeva che era la cosa migliore per Abby, e si spostò. 
“Sophie” Thomas apostrofò la ragazza, “mi fa piacere che tu abbia pensato a me e di essere nei tuoi pensieri...” 
Agli occhi degli altri sarebbe sembrato un ringraziamento disinteressato, per averlo chiamato in aiuto di una persona per lui così importante, ma Thomas le rivolse un ghigno smaliziato sapendo che la ragazza avrebbe colto il significato nascosto di quelle parole. Poco male se l’avesse messa in imbarazzo, non erano più un suo problema.  
Sophie infatti avvampò e fece per ribattere; Thomas però si voltò verso Edward senza degnarla più di uno sguardo. “Richardson, fossi in te farei più attenzione, apparentemente quel demente di Bennett non si fermerà davanti a nulla pur di rubarti la ragazza. Non troppo male come scelta, tra l’altro, ma potresti avere di meglio... beh, meglio per noi altri, un concorrente in meno sulla piazza e le migliori ragazze ancora in giro” lo stuzzicò, per il puro piacere di farlo.  
Edward serrò la mascella ma si limitò a fare un gesto rigido con la testa: non era quello il momento di litigare.  
Thomas si voltò e fece per andarsene. Passando accanto a Sophie, sussurrò, in modo che potesse sentirlo solo lei: “Io mi sarei già occupato di Bennett da tempo fossi la mia ragazza, ma non sono più affari miei vero? Buona fortuna raggio di sole, ne avrai bisogno. Ora tutto quello che avrai te lo sarai cercato.” 
Il tono del ragazzo era distaccato e volutamente cattivo; quell’ultima frase rivolta solo a lei nell’intento evidente di torturarla per la sua scelta, e le parole dette dal Serpeverde a Edward ferirono Sophie, che cercò di non darlo a vedere, anche se sapeva che Thomas aveva imparato a conoscerla troppo bene per non notarlo. E infatti il ragazzo si allontanò con le labbra leggermente increspate.  
“A proposito Walker” gridò ancora indietro alla volta del Grifondoro, “copriti, sei mezzo nudo e non a tutti interessano le tue mercanzie da quattro soldi, sono decisamente sopravalutate lasciatelo dire!” 
James gli imprecò contro; Sophie si diresse verso Frank cercando di scacciare le parole di Thomas dalla sua testa. In quelle settimane era stata così bene con Edward, e sentiva di aver preso la decisione giusta, ma ogni volta che Thomas ricompariva riusciva a scombussolarla ed era una cosa che proprio non sopportava. Passerà con il tempo, cercò di convincersi, devo solo concentrarmi sulla gioia che provo con Edward. 
Sophie prese a recitare un incantesimo facendo ampi movimenti con la bacchetta nella direzione di Frank, per sgonfiargli la testa. 
“Abby sarà costretta a chiederti scusa, non vedo l’ora” ridacchiò Summer, mettendosi ad aiutare l’amica a sua volta con il complesso contro incantesimo.  
“Abby ucciderà Blake per averla schiantata!” disse invece James, speranzoso, guardando il Serpeverde che scompariva verso i sotterranei con la ragazza a ciondoloni su una spalla. 
“No” lo corresse Edward, anche se sembrava aver accarezzato anche lui quella bella prospettiva e parlò con rammarico, “è Blake, e l’ha fatto per il suo bene, gliene sarà grata, per essere stato l’unico in grado di fermarla davvero dal diffamarsi di fronte a tutta la scuola e colui che le ha preparato il giusto antidoto. Lascia stare amico, meglio non pensarci.” 
Frank, che finalmente si ritrovò ad avere la testa di dimensioni nuovamente normali, sentenziò semplicemente: “Rapido, indolore ed efficace. Mi piace Thomas Blake.” 
Si beccò un’occhiataccia dai due Grifondoro; Sophie, suo malgrado, non trovò niente da ridire. 

 

V  

Abigail dopo essersi seduta svogliatamente al solito posto nell’aula di pozioni appoggiò il suo grosso manuale davanti a sé. Senza Sophie affianco doveva sempre portarsi tutto l’occorrente e questo la scocciava non poco, e la scocciava ancora di più il fatto di doversi sedere vicino ad uno psicopatico.  Se prima adorava seguire le lezioni del professor Piton, ora sperava che finissero il prima possibile per poter uscire da quell’aula che la faceva quasi soffocare. 
Il posto accanto a lei era ancora vuoto e Abigail ne fu estremamente felice ma la felicità durò poco: alzando la testa intravide Anderson entrare e dirigersi verso di lei. Il ragazzo aveva il viso stanco e le occhiaie marcate, la cravatta blu era messa storta e la camicia più stropicciata del solito. Abigail non aveva un aspetto tanto migliore, segno che entrambi avevano passato la notte in bianco. 
“Vedo che anche tu sei molto riposata” commentò Luke con un sorriso, notando come la ragazza avesse appoggiato la testa sul banco. 
Anche quel giorno avrebbe tentato di farsi perdonare da lei. 
“Avrò dormito due ore” disse Abigail, chiudendo gli occhi senza neanche guardarlo in faccia. 
“Mi hai superato oggi” scherzò Luke, accasciandosi anche lui sulla sedia.   
Nei giorni dopo il loro breve incontro ai Tre manici di scopa, Luke aveva cercato più volte di parlare alla ragazza ma con pochi risultati, faceva battutine cercando di farla ridere e le faceva domande incuriosito costringendola a rivolgergli la parola. 
Avevano passato parecchio tempo insieme negli ultimi giorni dovendo ultimare il compito di pozioni e pian piano la situazione era diventata più vivibile: Luke era stato da quel momento calmo e gentile con lei e Abigail si era tranquillizzata un minimo anche se continuava a trattarlo con sufficienza. La ragazza continuava a pensare e ripensare al modo in cui Luke l’aveva trattata il giorno del suo compleanno e non riusciva a perdonarlo del tutto, in fondo perché avrebbe dovuto farlo? Lo conosceva da poche settimane.  
Abigail riusciva sempre a farsi rispettare da tutti e raramente qualcuno le metteva i piedi in testa, di certo non avrebbe permesso ad un Corvonero qualsiasi di maltrattarla senza motivo. Non voleva fare l’offesa ma solamente fargli capire che lei non era il tipo con cui poteva prendersi tutte quelle libertà, teneva testa ad uno come James Walker da tempo e non avrebbe permesso di farsi sottomettere da uno appena arrivato. 
Forse aveva ingigantito il tutto anche per via dei suoi soliti incubi che lo ritraevano con lo stesso tono di voce gelido che aveva avuto quel giorno nella foresta. Era riuscita a convincersi che quei sogni non c’entrassero nulla con la realtà ma pensare a come si fosse comportato la stavano convincendo del contrario, e se ci fosse qualcosa di vero in quello che sognava? Così i primi giorni Abigail continuava a rispondere a monosillabi a ogni cosa che Luke dicesse, non gli rispondeva mai in malo modo ma semplicemente voleva fargli intendere che non voleva aver nulla a che fare con lui. La porta dell’aula sbatté con forza ed il rumore sordo fece sussultare tutti gli studenti: Piton era arrivato. 
“Vi ricordo che oggi vi consegnerò la valutazione della pozione che avete svolto a coppie” iniziò camminando lentamente tra i banchi senza neanche salutare gli studenti “avrei voluto avere la possibilità di non valutare alcune prove a prescindere ma purtroppo fa parte del mio lavoro correggere anche compiti più che penosi” continuò abbassando la voce. 
Frank e Summer si guardarono sconsolati, sicuramente si stava riferendo a loro. La lezione era già partita nel migliore dei modi. 
“Inizio da quelli che meritano la mia attenzione…” disse il professore avvicinandosi al banco in prima fila dove Luke ed Abigail erano seduti dritti e attenti “sapevo che la signorina Hill non mi avrebbe deluso, tuttavia temevo che la presenza di Anderson rovinasse il risultato" continuò guardando in modo truce il ragazzo che deglutì in silenzio. 
Il professore tirò fuori una piccola boccettina ricolma di un liquido azzurro con sopra un'etichetta bianca con i cognomi dei due studenti. Abigail era fiera dell’operato, sperava che il professore avrebbe apprezzato il tentativo di modificare una semplice pozione soporifera rendendola più efficace con l’utilizzo di diversi ingredienti.  
Piton prese in mano la pozione e la studiò ancora una volta, fissandone il contenuto. Aveva un’espressione impassibile, si muoveva con lentezza e dal suo sguardo non riusciva a trasparire nessuna emozione.  
Abigail lo guardava dubbioso ma era serena, Luke invece era agitato e dal suo sguardo si intravedeva un mix di paura e angoscia. Il ragazzo guardò Abigail speranzoso e lei, per la prima volta dopo tempo, gli sorrise per tranquillizzarlo; aveva notato come fosse teso e nonostante tutto le dispiaceva vederlo così. 
“Perfetto” disse il professore Piton “assolutamente perfetto! L’idea dei Grinzafichi è stata ottima, ha migliorato di gran lunga la pozione di base. Una E ad entrambi. Le è andata bene Anderson che ha avuto una studentessa modello come compagna, da solo non penso avrebbe ottenuto lo stesso risultato” E dopo l’ultima parola Piton diede loro le spalle e si allontanò verso il banco successivo.   I due ragazzi erano ancora immobili e frastornati dalle parole del professore, si guardarono increduli per alcuni secondi.  
“Merda, mi stava venendo un infarto!” disse Luke, tenendosi una mano sul petto e strabuzzando gli occhi. Abigail rise e lo guardò divertito, dopo una E poteva mettere in pausa il rancore nei confronti suoi confronti. 
“Ho notato” ammise la Grifondoro, sedendosi nuovamente stravaccata sulla sedia. Ora Piton non avrebbe più guardato nella loro direzione e poteva stare comoda per un po’. 
“Grazie Abigail, davvero! È tutto merito tuo, senza di te non avrei preso neanche una T” disse Luke ancora emozionato per il voto ricevuto, continuando a puntare gli occhi sulla ragazza che cercava di fare l’indifferente. Si notava però che le parole del Corvonero le facessero piacere. 
“Guarda che anche se eri intrattabile, hai fatto molto anche tu… quindi è anche merito tuo” disse Abigail sorridendo. In fondo era vero, l’aveva aiutata in tutto e le aveva dato numerose idee per migliorare la pozione. Aveva imparato molto anche lei dai suoi consigli.  
“Grazie… non per l’intrattabile, per il resto” disse Luke ridendo ed Abigail rise a sua volta, alzando le spalle. 
“Hai ragione comunque ero intrattabile” continuò il ragazzo spostando lo sguardo imbarazzato e giocherellando con la boccettina per tenere le mani impegnate. 
“La E mi fa dimenticare anche quello” disse Abigail posando nuovamente la testa sul banco esausta. 
Luke colse l’occasione vedendo che la ragazza era più rilassata dei giorni precedenti per continuare la conversazione “Se avessimo preso di meno mi avresti ucciso?” chiese. 
“Probabile” rise Abigail guardandolo di sottecchi. Non era poi così stronzo quando voleva, anzi era simpatico ed Abigail aveva finalmente ceduto alle sue battutine. Era da giorni che andava avanti a cercare di farsi perdonare e prima o poi sapeva che avrebbe rinunciato ad ignorarlo.  
Abigail venne distratta da un grido sommesso. Frank poco distante da lei aveva un'espressione compiaciuta e scioccata allo stesso tempo. 
"Non urlare Frank, se Piton ti sente ci abbassa il voto da S a T come al solito" disse Summer coprendosi il volto per cercare di nascondersi come meglio poteva. 
"Scusa faccio silenzio ma sono emozionato, pensavo ci insultasse davanti a tutti… invece è andata meglio del previsto" disse Frank sorridente non spostando lo sguardo dal liquido verde della loro pozione. 
"Abbiamo preso una S di scadente, se andiamo avanti così non ci arriviamo alla fine dell'anno" sbuffò Summer con aria sconsolata. 
"Come sei pessimista" commentò Frank alzando gli occhi al cielo. 
"Sono realista Frank" disse secca Summer che da dopo il tranello stupido di Alayna si domandava per quanto dovesse andare tutto per il verso sbagliato. Anche se le punizioni con Jake non erano state così male aveva sempre troppi pensieri nella testa. In più quella mattina vedere Sophie ed Edward le aveva lasciato un senso di amarezza.  
Dall'altro lato dell'aula Sophie stava guardando spaventata Piton davanti a lei, che posò sul banco la boccettina colorata di arancione. Trattenne il respiro finché il professore non aprì bocca. 
"Vi meritate una A per l'impegno, ma speravo in un operato migliore rispetto ad una banale pozione come questa" iniziò Piton posando malamente la boccetta sul tavolo. "Signor Bennet dovrebbe utilizzare meglio il suo tempo magari per migliorare le sue capacità nella mia lezione invece di aumentare il suo ego confrontandosi con gli altri" disse con aria fredda al ragazzo che sembrava volesse ancora sfidare il professore. "È meglio se stia zitto prima che tolga altri punti preziosi alla sua casa e in quanto a lei signorina Forbes, spero che d'ora in avanti stia in biblioteca per consultare libri di pozioni." 
Sophie era scoraggiata, proprio non riusciva a dare il meglio di sé durante quella lezione e non sapeva più cosa fare, stette in silenzio e fissò un punto davanti a sé quasi incantata. 
Thano era invece disgustato, avrebbe voluto insultarlo in quanto sicuro che il professore non fosse in grado di fare il suo lavoro e convinto di meritare una E; gesticolava e commentava a bassa a voce innervosito da ciò che aveva sentito. 
"Non è possibile, qualcuno deve fare qualcosa, queste ingiustizie sono inaccettabili!" disse fra sé e sé Thano che era rosso in volto e continuava a muovere le mani in modo nervoso. 
Sophie fece finta di non ascoltarlo e guardando altrove notò come Abigail stesse chiacchierando con Luke Anderson. Continuò a guardarli incuriosita, fino a stamattina l'amica si era lamentava di dover stare vicino a lui. "Non sono pronta a stare vicino ad uno mezzo pazzo" le aveva detto e vederli ora così complici l'aveva stupida. Tuttavia non ne era dispiaciuta, si vedeva che Luke fosse un bravo ragazzo e un po' le faceva pena quando cercava di avvicinarsi ad Abigail e lei lo allontanava freddamente. 
Non appena Sophie si accorse di essere stata beccata, spostò lo sguardo e aprì il manuale di pozioni fingendo di leggere. Sicuramente le avrebbe chiesto una spiegazione. 
Da quel momento in poi tra Abigail e Luke la tensione si era alleggerita e stava andando tutto per il meglio. Abigail non l’aveva più ignorato per i corridoi e lo salutava pacificamente, la voglia di andare alle lezioni di pozioni le era tornata e aveva ricominciato a parlare con lui senza troppi problemi.  

***

Era finalmente arrivata la lezione per cercatori, la lezione che Abigail amava di più insieme a pozioni. Amava così tanto passare il tempo sulla sua adorata scopa, la rilassava e la distraeva dalle preoccupazioni. Riusciva a estraniarsi dal mondo quando giocava a Quidditch ed era una delle poche cose che riusciva a farla stare meglio nei momenti più bui.  
La ragazza camminò svelta verso il campo e salutò Alex e Luke che erano già pronti e stavano parlando tra loro del più e del meno. Jake, il cercatore dei Serpeverde, era invece in ritardo come al solito.  
Abigail non poteva di certo lamentarsi di essere circondata da tre ragazzi particolarmente attraenti ma nonostante fossero di bell’aspetto, faticava a sopportarli tutti quanti per motivi diversi.  
Alex che fino a poco tempo prima apprezzava, era diventato in fretta uno dei suoi peggiori nemici dopo che aveva spezzato ingiustamente il cuore di Summer e vederlo spesso rivolgere sguardi pentiti alla sua amica aumentava il suo astio; poi c’era Luke che cambiava umore più spesso di quanto i più ambiti della scuola cambiassero ragazza, non poteva dire di apprezzare al massimo la sua presenza visti i precedenti avvenimenti, anche se si erano riappacificati durante la lezione del professor Piton averlo vicino la faceva diventare nervosa; ed infine Jake, Serpeverde strafottente e arrogante, che trovava divertente sfottere la ragazza Grifondoro solo per il fatto che appartenesse alla casa che più odiava. 
“Stavo raccontando ad Alex che abbiamo preso una E in pozioni” disse Luke, cercando di integrare Abigail nella conversazione. 
“Siete stati grandi, raramente qualcuno riesce a strappare quel voto al professor Piton” commentò Alex sistemandosi meglio l’uniforme gialla. 
“Abigail è la regina delle E in pozioni” disse Luke, guardando la ragazza. Gli occhi puntati addosso del Corvonero la facevano sentire a disagio e arrossì lievemente.  
“Davvero?” chiese Alex interessato spostando anche lui lo sguardo su Abigail che non sembrava molto intenzionata a rivolgergli la parola. 
“Buongiorno ragazzi” li interruppe la professoressa Bumb, costringendo i ragazzi a stare in silenzio.  
“Buongiorno” una voce alle loro spalle fece spaventare la professoressa e voltare curiosi i presenti. 
Jake era riuscito ad arrivare addirittura dopo di lei e non sembrava così dispiaciuto.  
“Che c’è? Volete una foto?” chiese Jake osservando come fossero tutti rivolti verso di lui. 
“Allen si risparmi le battutine che è già in ritardo” disse la professoressa con voce intimidatoria. 
“Se sono in ritardo io allora lo è anche lei, siamo arrivati insieme” commentò impassibile il ragazzo. Non si faceva troppi problemi a rispondere ai professori, era abituato a passare il suo tempo in punizione e una sgridata in più non gli avrebbe fatto né caldo né freddo. 
“Bene, se il professor Allen ci dà il permesso allora possiamo iniziare” disse la professoressa Bumb per poi iniziare a spiegare ai cercatori di tutte le case cosa avrebbero dovuto fare. Come sempre avrebbero iniziato con alcuni semplici esercizi per allenare i riflessi ed a turno avrebbero dovuto prendere con sveltezza il boccino d’oro. 
La professoressa era estasiata dalle mosse frettolose dei cercatori di ogni casa che non perdevano di vista neanche un attimo il boccino, erano uno meglio dell’altro e sembrava che tutti quegli esercizi servissero a poco se non a confermare la loro bravura. Finite le prime esercitazioni iniziarono a concentrarsi sulle finte, prima fra tutte la cosiddetta finta Wronski: una mossa rischiosa per distrarre gli avversari dove il cercatore fingendo di individuare il boccino, vola verso il basso così da farsi seguire dall'avversario, poi, poco prima di toccare il suolo, effettua una brusca virata per evitare l'impatto. L'inseguitore, se non abbastanza pronto, rischierà di schiantarsi al suolo e privata del proprio cercatore, la squadra avversaria non avrà la possibilità di catturare il boccino, facendo così vincere la squadra di chi ha svolto la finta. 
Fecero alcune prove a turno cercando di perfezionare gli spostamenti repentini. Nessuno era caduto durante le prove quel giorno ed era segno che stavano migliorando a vista d’occhio e che alla prossima partita avrebbero potuto fare una finta senza troppa fatica. 
“Perfetto perfetto, ottimo lavoro ragazzi!” disse la professoressa orgogliosa dei suoi studenti. Erano talmente bravi che a volte si chiedeva cosa servisse la sua presenza in quel campo. Sicuramente serviva per alleggerire la tensione ma soprattutto per impedire al gemello dalla divisa verde di trasformare le lezioni in un campo di battaglia. Sembrava gioire quando con le sue frasi mirate faceva distrarre gli avversari. Le battutine erano sempre le stesse "Bambolina sei sicura di voler competere con tre ragazzi?"  "Anderson hai dormito stanotte? Dalla faccia non sembra" "Alex come mai non ci dici perché non c'eri alla scorsa lezione?" e i tre ragazzi cercavano di ignorarlo per il bene di tutti ma il più delle volte finiva male.  
“Ora salite tutti sulle scope, vediamo oggi chi tra di voi prende prima il boccino. Se ricordo bene l’ultima volta è stata Hill la più veloce” disse ancora aspettando che i ragazzi si mettessero in posizione per poter dare il via all’ultima esercitazione. Non appena furono tutti pronti la professoressa diede inizio alla prova e i ragazzi alla velocità della luce partirono alla ricerca del boccino. Era strano per loro volare solo in quattro in quel campo così enorme, la stessa professoressa faceva fatica a seguire le mosse dei suoi studenti. Il boccino si muoveva ad altissima velocità, cambiando direzione o arrestandosi di colpo. I ragazzi si spostavano in ogni direzione, cercando di individuare il piccolo boccino dorato.  
Erano minuti ormai che l’esercitazione andava avanti e nessuno era ancora riuscito ad acchiapparlo. Jake e Alex come sempre si scambiavano battute che quasi rimbombavano all’interno del campo, anche in quel momento era chiaro l’astio tra i due ragazzi, sembrava una competizione tra i due invece che un allenamento tra i quattro. 
“Attento!” urlò Abigail in direzione di Luke, dopo aver visto che Jake gli stava venendo addosso con forza. 
“So badare a me stesso, Hill” disse ad alta voce Luke in modo secco e con aria sfidante mentre schivava frettolosamente il ragazzo di cui Abigail l’aveva avvertito. 
“Ah si?” chiese la ragazza guardarlo compiaciuta, il suo sguardo era cambiato: se prima era preoccupata per l’incolumità del ragazzo, dopo la sua risposta avrebbe voluto solo lanciargli il boccino contro il naso. Le aveva risposto male un’altra volta.  
“Allora vediamo” disse con un ghigno malefico prima di spostarsi più vicino a lui e spintonarlo con impeto tentando di farlo cadere rovinosamente dalla scopa. Il ragazzo non aspettandosi una reazione del genere barcollò a destra e a sinistra cercando di mantenere l’equilibrio e se non avesse stretto con più forza il manico sarebbe sicuramente caduto. Luke sorrise, stupito da come quella ragazza sapesse tenergli testa alla grande. 
Abigail intanto si era allontanata con velocità seguendo il boccino d’oro che stava volando dalla parte opposta del campo, continuava a seguirlo concentrata schivando i cercatori delle altre case. Sorrise anche lei, contenta di aver fatto quasi ruzzolare giù quel cretino o per lo meno di avergli fatto perdere tempo prezioso. 
Aveva avvistato il boccino poco lontano e non spostò lo sguardo neanche un secondo. Alex le si affiancò di colpo dopo aver notato che la ragazza sarebbe riuscita senza troppi problemi ad afferrarlo se qualcuno non l’avesse interrotta. Così si abbassò spostandosi dal ragazzo e andando avanti sempre più velocemente. Ci era quasi: anche stavolta l’avrebbe preso per prima. Era a pochi centimetri dall’oggetto dorato ma dal lato opposto arrivò Luke che era riuscito a volare più vicino al boccino di lei. 
“Stronzo!” urlò convinta che il Corvonero sarebbe riuscito ad acchiapparlo dopo poco. Luke le lanciò un'occhiata e rallentò di scatto. Stava dando la possibilità alla ragazza di prenderlo per prima. Abigail venne distratta da quel gesto ed un altro cercatore la superò rapidamente e, passandole davanti, prese il boccino con una mano. 
“Ops” disse Jake allontanandosi di fretta con un’aria appagata, era lui l’ultimo arrivato che era riuscito a surclassare i due ragazzi. Abigail sconfitta iniziò a scendere verso il centro del campo dove la professoressa li stava aspettando. 
La ragazza scese dalla scopa, era arrabbiata e nervosa. Odiava perdere e pensare che era un Serpeverde gliel’aveva fatta davanti al naso le stava dando alla testa. Inoltre era innervosita dal fatto che Luke avesse usato di nuovo quel tono con lei, poco le importava che le avesse dato la possibilità di vincere al posto suo, non aveva bisogno del suo aiuto e anche lei sapeva badare a se stessa. 
“Congratulazioni Allen, e bravissimi tutti anche oggi non mi avete delusa” disse la professoressa guardando i suoi studenti. “Ci vediamo alla prossima lezione” continuò mentre si dirigeva verso la fine del campo. 
“Non prendertela così Hill” scherzò Jake mentre scendeva dalla sua scopa, ancora con il fiatone. Aveva visto l’espressione spazientita della ragazza. 
Abigail lo fulminò con uno sguardo. “È meglio se non mi rivolgi la parola Allen, vorrei spaccarti la tua faccia soddisfatta” commentò tenendo stretta la sua scopa. 
“Se sei nervosa ora non immagino come sarai alla partita quando i Serpeverde vinceranno” disse Jake, continuando a camminare verso la fine del campo. 
“Non vincete da un po’ o sbaglio?” chiese Abigail sistemandosi al meglio i capelli in una coda alta. Era stanca e affaticata. 
“Devo ricordarti che ti ho appena preso il boccino da sotto il naso?” rispose Jake sempre con quello sguardo impassibile sul volto. 
Abigail stava per rispondergli a tono quando la voce di un ragazzo non le diede il tempo. 
“La vuoi smettere Jake?” commentò Alex guardando il fratello. Anche lui era appena sceso dalla scopa e poco lontano dagli avversari aveva origliato la conversazione. 
“Ma guarda chi si è svegliato, buongiorno fratellino… passato una buona giornata?” scherzò Jake. 
Parlava come non avesse appena passato un'intera lezione assieme a lui, come se Alex fosse appena arrivato. Era chiaro che l'avesse fatto apposta, per sottolineare come con il suo modo di fare pacato non riuscisse a farsi notare davvero. In più sapeva che quella settimana non era stata il massimo per lui e non trovò modo migliore di rinfacciarglielo se non davanti a tutti.  
“Non avrò passato una buona giornata ma almeno non rovino le giornate degli altri” rispose Alex spostandosi dal fratello e dirigendosi verso l’uscita. Fece un cenno per salutare gli altri due ragazzi e ignorò il gemello. Sapeva che in questi casi era meglio evitarlo.  
Abigail rimase colpita dal fatto che Alex l’avesse difesa ma avrebbe preferito continuare a rispondergli lei stessa a tono, facendo capire a quell’arrogante che non aveva bisogno dell’aiuto di nessuno.  
"Ciao anche a te fratellino" disse Jake, seguendo Alex che si allontanava senza neanche voltarsi.  Abigail colse l’occasione della distrazione di Jake per avvicinarsi a passo svelto verso Luke che era rimasto parecchio indietro rispetto agli altri.  
Doveva parlargli, non riusciva più a sopportare il modo in cui le parlava, se non gli avesse chiesto spiegazioni sarebbe scoppiata. Quella mattina era andata così bene, era riuscita a parlargli e aveva notato come fosse divertente passare del tempo con lui.  
Pensava che non le avrebbe più risposto malamente e che fosse seriamente pentito di come l’avesse trattata più volte ma si era sbagliata. Era di nuovo nella situazione di partenza.  
Per un attimo si ritrovò nei panni di Summer che più volte si sfogava del fatto che Alex dopo essere stato gentile e premuroso, spariva senza un motivo, e Luke non si comportava in modo così diverso.  Era più infastidita dal fatto che quel ragazzo l’avesse di nuovo maltrattata anche se meno delle volte precedenti, rispetto al fatto che non fosse riuscita a prendere il boccino.  
Era un brutto segno: raramente c'era qualcosa che le faceva perdere la pazienza più dell'essere sconfitta a Quidditch ed il ragazzo le stava facendo perdere le staffe.  
Poco le interessava se subito dopo la risposta fredda Luke le avesse dato la possibilità di vincere al posto suo, voleva capire perché si comportasse in quel modo solo con lei. L’aveva sentito parlare con Alex tranquillamente e non l’aveva mai sentito offendere nessuno. 
Non era stupida, lo vedeva che aveva certi comportamenti solo con lei e non era abituata a essere trattata con così tanta sufficienza. Era Abigail Hill, l'unica giocatrice femmina di Quidditch fino a poco tempo prima, migliore amica dei più fighi della scuola e non era abituata a stare zitta.  
Abigail prese coraggio e si mise quasi davanti al Corvonero che stava camminando “Mi spieghi che cazzo di problemi hai con me?” urlò guardandolo negli occhi. Luke la guardò, cercando di capire a cosa si riferisse, sembrava che non lo facesse di proposito a comportarsi male ma che qualcosa lo convincesse a farlo.  
“Prima sei gentile poi mi maltratti, non è la prima volta che succede e lo sai bene” continuò, riferendosi al suo compleanno.  
Luke la guardò per un attimo e abbassò lo sguardo dispiaciuto. 
“Mi dispiace ultimamente sono schizzato di mio e me la prendo con tutti, tu non ne puoi niente” ammise ricominciando a guardarla. Si era nuovamente accorto di come avesse cambiato atteggiamento davanti a lei e pensava che aiutarla a vincere avrebbe risolto le cose ma era ovvio che la ragazza prima o poi gli avrebbe chiesto spiegazioni. 
"Mi sembra che tratti così solo me" disse Abigail cercando di abbassare la voce così che gli altri non sentissero. I gemelli erano lontani ma non voleva fare scenate davanti a tutti.  
"Mi irrito facilmente con tutti, non sei la prima che mi dice di calmarmi" mentì Luke. Non poteva sicuramente ammettere che scattava in quel modo solo quando aveva lei vicino.  
“Guarda che non ho intenzione di essere quella su cui scarichi i tuoi problemi visto che non siamo neanche amici” disse la ragazza ancora davanti a lui, era stanca per la lezione ma voleva finalmente togliersi questo dubbio e capire se ci fosse qualcosa sotto. 
“Hai ragione e ti chiedo scusa, non so cosa mi prenda” rispose il ragazzo. Si era nuovamente reso conto di come l’avesse trattata ed era ancora più dispiaciuto delle volte precedenti visto che durante la lezione di pozioni si erano trovati bene insieme e avevano addirittura passato l'ultima mezz'ora a ridere guardando le facce spaventate dei loro compagni davanti al professor Piton. Non sapeva neanche lui spiegare come mai facesse così con lei e si sentiva un imbecille. 
“L’ho già sopportato troppe volte e ti assicuro che non è piacevole” continuò Abigail. Era settimane che si portava questo peso e ignorarlo solamente non le era servito per dimenticarsi dei suoi atteggiamenti. Solo parlargliene avrebbe aiutato.  
“Mi dispiace davvero, sono un coglione” disse scoraggiato il ragazzo, fermandosi di scatto.  
Abigail notò il pentimento nei suoi occhi e si calmò.  
“Se lo fai ancora una volta giuro che faccio il possibile perché tu cada davvero dalla scopa” disse la ragazza più rilassata. Era assurdo come la voce del ragazzo riuscisse a tranquillizzarla, fino a poco fa avrebbe voluto ucciderlo ma quando ce lo aveva davanti diventava tutto più complicato. Ed Abigail non era abituata a sentirsi così vulnerabile davanti alle persone.  
“Penso tu sia stata abbastanza convincente” rise Luke, ripensando al recente gesto della ragazza che aveva tentato di farlo ruzzolare giù dalla sua scopa. 
“Amici?” continuò, porgendogli la mano. 
“Solo se prometti di darti una calmata” disse Abigail, stringendogli la mano. Il contatto con il ragazzo le aveva provocato una strana sensazione e ritrasse la mano velocemente. 
“Prometto” disse Luke sorridendo, ed Abigail non poté fare a meno di pensare a come fosse carino con quel sorriso, aveva l'aria stanca dopo l'allenamento e le guance erano leggermente arrossate.  Il ragazzo si passò una mano nei capelli cercando di sembrare presentabile, si sentiva sempre fuori posto accanto a lei.    
I due ragazzi stettero in silenzio uno affianco all’altra, poco distanti dai fratelli che cercavano di rimanere distanti mentre uscivano dal campo. 
“Ringrazio che siano identici altrimenti non avrei mai creduto fossero fratelli” commentò guardando in direzione dei due gemelli che si erano ora separati e stavano uscendo dal campo. 
"Davvero, Jake è proprio uno stronzo" commentò Abigail con ancora il nervoso dopo il battibecco di pochi minuti prima.  
"Alex sembra così un bravo ragazzo a confronto" aggiunse Luke. Ci aveva parlato più volte e anche lui si era stupito di come fosse sempre così gentile.  
"Non è un santarello come sembra" specificò Abigail ripensando ancora a come avesse fatto stare la sua amica per giorni. Luke aveva notato come la ragazza evitava sempre Alex e non ne capiva il motivo ma non voleva entrare nel dettaglio ora. 
"Quindi sei stata costretta a passare un'intera lezione con tre stronzi che odi" rise Luke continuando a camminare. 
"Non ho mai detto di odiarti" Abigail guardò interdetta il ragazzo che sorrideva.  
"Ma mi hai dato dello stronzo" disse Luke, facendo notare alla ragazza come l'avesse insultato quando pensava che sarebbe stato lui a prendere il boccino.  
"Okay ho esagerato ma ero nervosa… e poi un po' te lo meritavi" sospirò Abigail che per tutto quel tempo non l'aveva guardato in faccia. Le faceva uno strano effetto e già solo stargli così vicino le faceva venire i brividi. I ricordi dei suoi incubi erano sempre presenti anche se cercava di nasconderli.  
"Un po' sì" ammise lui. “Quindi se ti dico che negli ultimi giorni ero nervoso sono scusato per come ti ho trattato?" chiese girandosi a guardarla.  
"Forse" rise Abigail. Era stato piacevole parlare con lui e non si era accorta che fossero arrivati alla fine del campo. Le dispiaceva dover andar via e faceva fatica ad ammetterlo. Non si capacitava di come fosse in pochi minuti passata dall’urlargli contro a volere rimanere ancora del tempo con lui. 
"Allora ci vediamo in giro" disse Luke per salutarla.  
"Purtroppo ora non posso più fare finta di non vederti quindi si" azzardò Abigail, ridendo. Negli ultimi giorni l'aveva evitato come la peste, cambiava strada quando lo vedeva e guardava altrove quando se lo ritrovava davanti.  
"Era ora" disse lui, allontanandosi con la sua scopa.  
Abigail stette ferma per un attimo a guardarlo andare via.  
"Ah dimenticavo" disse ad alta voce il ragazzo poco distante mentre la guardava. "Stai bene con i capelli legati" commentò, sorridendole orgoglioso per poi girarsi e scomparire.  
Abigail si immobilizzò e divenne rossa in volto. Spalancò gli occhi e si toccò i capelli. Si era addirittura dimenticata di averli legati in una coda alta.  
Non riusciva a realizzare che le avesse fatto un complimento e non riusciva a capire perché le facesse quell'effetto. Il cuore le batteva veloce e non sentiva più le guance.  Sapeva solo che ora non le sarebbe così dispiaciuto vederlo in giro.  

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Capitolo 11
*** Capitolo 10 - Tu sei impossibile, lo sai vero Allen? ***


Capitolo 10 - Tu sei impossibile, lo sai vero Allen?


 

I

“Posso sapere cosa state confabulando voi due?” 
Sophie era in piedi sulle scale che portavano verso i dormitori, con gli occhi puntati su Abby e Edward che fino a qualche secondo prima stavano parlottando concitati davanti al camino già acceso della sala comune di Grifondoro. 
“Sophie!” urlò nervosamente Abby con un finto sorriso, allontanandosi immediatamente da Edward. 
“Confabulando? No assolutamente no! Stavo giusto dicendo a Edward che con questa camicia sta davvero bene!” 
“Già...” confermò poco convito Edward. 
“Certo Abby, tu ti sei alzata prima di me, ti sei vestita e preparata in fretta e furia solo per venire giù a dire a Edward quanto sta bene con la camicia? Camicia della divisa che indossa tutti i giorni, tra l’altro?” domandò Sophie scendendo lentamente le scale, senza spostare lo sguardo indagatore dai due. 
Abby guardò Edward in cerca di aiuto, ma il ragazzo era imbambolato a guardare Sophie e non sembrava in grado di proferire parola. 
“Sono giorni che vi vedo parlare di nascosto, e sono sicura che state organizzando qualcosa per punire Thano per la storia dei cioccocalderoni e del filtro d’amore!” 
“Assolutamente no! Ma come ti viene in mente?” negò immediatamente Abby. 
“È palese Abby.... Edward?” 
“Beh... ci hai beccati!” fece Edward sorridendo e alzando le spalle. 
“Edward!” urlò Abby sconvolta. 
“Scusa ma non posso mentire alla mia ragazza” disse lui raggiungendo Sophie e salutandola con un bacio. 
Abby assunse una smorfia indecifrabile. “Da quando stai con Sophie ti sei rincoglionito lo sai? Un tempo eravamo complici, non mi avresti mai tradita così!”  
“Le cose cambiano, cara Abby!” replicò divertito Edward non distogliendo lo sguardo da Sophie. 
Sophie rise, per poi farsi di nuovo seria. “Comunque vi ho già detto che dovete lasciare perdere questa storia! Me ne occupo io...” 
“E cosa gli fai? Gli sequestri i libri da leggere?” domandò ironica Abby incrociando le braccia. 
“Non lo so, ma qualcosa farò... il filtro era indirizzato a me, quindi sarò io a fargliela pagare! Voi non mettetevi in mezzo, non voglio che facciate sciocchezze, conoscendovi finireste solo per cacciarvi nei guai!” 
“Non se ne parla!” disse Edward. “Sei la mia ragazza e ho il diritto di far capire a quel cretino che deve smetterla con questa storia!” 
“E poi dimentichiamo un particolare importante” si intromise Abby, “ha stregato me! Mi sono quasi dichiarata a lui davanti a tutta la scuola, DEVO fargliela pagare!”
“Se imparassi a non mangiare le cose altrui...” commentò Sophie esasperata. 
“Adesso è colpa mia?” rispose piccata Abby. 
“Dai non litigate! Sophie ascolta lasciaci fare...” provò a dire Edward 
“No” lo interruppe subito Sophie. “Edward te lo chiedo per piacere, lascia perdere, me ne occupo io.” 
Il ragazzo stette un attimo in silenzio a pensare, e poi dopo un lungo sospiro disse: “Ok Sof, ma solo perché me lo dici tu! Non voglio farti star male.... ma ti avverto che se quel cretino di Thano combina ancora qualcosa lo ammazzo con le mie mani!” 
“Tranquillo non lo farà” disse con calma Sophie prendendo la mano del ragazzo. 
Edward sembrò tranquillizzarsi, e sul suo viso tornò il suo solito incantevole sorriso. 
“Prontoooo? C’è nessuno!? Ma il mio parere non viene più preso in considerazione?!” si lamentò Abby che detestava essere ignorata in quel modo così palese. 
Sophie alzò gli occhi al cielo e asserì: “Nemmeno tu farai niente” 
“Ti ricordo che i tuoi poteri da ammaliatrice su di me non funzionano! Bene, troverò un altro complice che mi aiuti in questa faccenda, non ho bisogno del tuo aiuto Edward e men che meno del tuo permesso Sophie” continuò altezzosamente Abby. 
“Dai Abby lascia perdere! Da chi ti vorresti far aiutare? Dal tuo amico Frank? O dalla simpaticona di Summer?” disse Edward divertito. 
“Ho i miei contatti io! Chiederò a Thomas, lui mi aiuterà di sicuro!”  
“No Thomas no!” disse Sophie con un po’ troppa enfasi, per poi riprendersi. “Thomas ha già fatto abbastanza! Non vorrai mica che si cacci ancora di più nei guai? Ha già di suo un sacco di problemi con i professori!” 
Abby si accarezzò il mento, certo con Thomas avrebbe sicuramente escogitato qualcosa di geniale, ma effettivamente era rischioso per lui cacciarsi in un altro guaio, aveva più volte rischiato l’espulsione e se fosse stato beccato nel far qualcosa a Thano sicuramente non l’avrebbe passata liscia. 
“Hai già finito la tua rete di aiutanti?” domandò Sophie divertita. 
“Sof stai tranquilla che qualcun-.... JAMES!” si illuminò Abby con lo sguardo puntato verso la scalinata dei dormitori. Edward e Sophie si voltarono. 
James era sceso proprio in quel momento nella sala comune, e con i capelli ancora spettinati dal frettoloso risveglio, si stava sistemando la cravatta gialla e rossa al collo. Alcune ragazze del terzo anno che non erano ancora scese a far colazione rimasero incantate da quella visione che ai loro occhi sembrava quasi angelica, e si lasciarono sfuggire dei gridolini emozionati. 
“Nanerottola! Vedo che sei contenta di vedermi stamattina” disse il ragazzo con il suo solito sorriso ammaliante. 
Abby andò svelta verso di lui, e passando accanto a Sophie la spinse con malagrazia. “Stavo cercando proprio te!” 
“James non darle ascolto…” provò a dire Sophie ma fu subito interrotta dall’amica. 
“James ti va di aiutarmi a punire quel deficiente di Thano per la storia del filtro d’amore?” 
James smise di armeggiare con la cravatta, e senza esitazione disse: “Assolutamente! Dobbiamo fargliela pagare a quel coglione! Che ne dici se adesso andiamo sotto e quando esce dalla sala grande lo...” 
“Smettetela! James no, non farete niente!” Sophie era esasperata. Possibile che quella ragazza non gli desse mai ascolto?
“Non darle retta, è matta!” dichiarò Abby prendendo James per un braccio e facendo per andarsene. 
“Abby” minacciò Sophie parandosi loro davanti “se non mi giuri all’istante che non farai nulla, smetterò di passarti gli appunti di storia della magia.” 
“Non oseresti...” esclamò Abby spaventata. Quello era il suo più grande terrore.
“E allora promettimi che non farai niente, se no preparati a seguire tutte le lezioni del professor Rüf!”
“Sei una maledetta ma ok...” capitolò con malavoglia Abby, “ti prometto che non farò nulla.”
“E nemmeno tu farai niente, James!” intimò Sophie rivolgendosi al ragazzo. 
“Se le tue minacce funzionano su Edward, sappi che su di me non hanno alcun potere” ribatté il Grifondoro. “James Walker non prende ordini da nessuno!” 
“Abby, se vuoi gli appunti ordina al nostro giustiziere che non deve fare niente. So che non potrà dirti di no!” disse Sophie con sguardo furbo. 
Abby sbuffò, e alzando gli occhi al cielo borbottò: “James lasciamo perdere... è inutile discutere con lei!  È malefica e mi ricatta, vieni andiamo a fare colazione, mi sono stufata di questi due sciroccati!” E detto questo trascinò via il ragazzo. 
“Questa catena di ricatti è ridicola! Ti passo io i miei appunti se vuoi” propose James. 
“Ma tu non prendi mai appunti James!” gli ricordò Abby, prima di sparire attraverso il passaggio segreto della signora grassa. 
Edward scoppiò a ridere, scuotendo la testa. “Quei due sanno essere davvero insopportabili.”
“Non farmi parlare che è meglio...” sospirò Sophie, per poi guardare Edward. “Grazie che mi hai dato ascolto però... so che ti costa fatica non vendicarti su Thano, ma apprezzo che tu ti fidi di me!”
“Mi costa un sacco di fatica, ma se questo è quello che vuole la mia ragazza va bene” disse lui, spostando una ciocca di capelli dietro l’orecchio di Sophie. 
Sophie gli sorrise grata, era davvero così gentile e premuroso. 
“Dai ora andiamo a far colazione, che ho fame! E devi mangiare pure tu, se no diventi intrattabile...”  riprese Edward che si diresse verso il passaggio della sala comune tenendo sempre Sophie per mano. 
“Aspetta!” lo fermò subito lei. “Tu incomincia ad andare! Devo prendere una cosa di sopra. Mettimi da parte una brioche!” E detto questo Sophie corse di nuovo su verso il dormitorio. 
Thano andava punito, e ci voleva qualcosa che lo mettesse in imbarazzo davanti a tutti. Ovviamente doveva farlo lei, Abby sicuramente avrebbe esagerato, era meglio tenerla fuori da quella storia: Thano doveva pagarla, ma sicuramente non si meritava di passare il resto della sua vita al San Mungo. Allo stesso tempo ci voleva qualcosa che permettesse a Sophie di agire senza farsi beccare, senza che nessuno potesse risalire a lei. 
L’idea le era venuta improvvisamente: pasticche vomitose. 
Solitamente lei non approvava quel genere di trucchetti, che di norma erano usati dagli studenti per saltare le lezioni. Ma in quel momento facevano proprio al caso suo. Strano ma vero poi, ne aveva qualche manciata, all’interno di un piccolo sacchetto chiuso nel suo baule.  Le aveva prese per Lallie insieme ad altri bizzarri aggeggi da Zonko durante l’ultima uscita ad Hogsmeade. Con tutto quello che era accaduto in quei giorni però, si era dimenticata di darglieli, ma sicuramente sua sorella non si sarebbe arrabbiata se avesse usato un po’ della sua scorta di scherzi per punire Thano. 
“Dove sono...” sbuffò Sophie frugando nel baule “Abby avrà sicuramente infilato le sue manacce qui dentro e mi ha incasinato tutto!  Devo dire che i calderoni le serviranno da lezione... Eccoli!”
Sophie estrasse un piccolo sacchettino di carta, ci rovistò dentro e ne estrasse due caramelle gelatinose bicolore dalla forma allungata. Staccò la parte viola, l’antidoto, da entrambe le gelatine, e si mise in tasca quelle arancioni. 
Nel ributtare il sacchetto nel baule però notò qualcosa che giaceva al fondo. Una fotografia. 
La prese e il suo cuore fece un tuffo. 
Era la fotografia di lei e Thomas al campo, che il ragazzo le aveva regalato per il compleanno. 
Thomas. 
La Grifondoro fece un sospiro e si sedette sul bordo del letto. Le sembrava passato così tanto tempo dal giorno in cui quella foto era stata scattata, erano così felici insieme, spensierati. 
Ora era tutto così cambiato. Adesso lei stava con Edward Richardson, e Thomas aveva smesso di considerarla. 
All’inizio Sophie ne era rimasta sollevata, Thomas aveva smesso di farle agguati e scherzi stupidi, e finalmente lei aveva potuto riprendere la sua vita normalmente. 
Era poi arrivato Edward, con cui le cose andavano alla perfezione. Era un ragazzo così bello, gentile, affascinante e affettuoso, che non poteva lamentarsi di nulla. 
Con lui stava davvero bene, e sentiva di essere sinceramente felice.  
C’erano dei giorni però in cui la ragazza non poteva non pensare a Thomas. 
Quando stava con Edward, a volte, si sorprendeva a pensare a come sarebbe stato bello poter fare quelle stesse cose con il Serpeverde. Poter uscire alla luce del sole, tenersi la mano davanti a tutti, gridare al mondo i sentimenti che provava per lui, senza doversi nascondere da nessuno. 
Di questo si sentiva anche un po’ in colpa, le spiaceva pensare a queste cose quando aveva un ragazzo fantastico come Edward al suo fianco, che faceva di tutto per renderla felice e farla stare bene. Era certa di aver fatto la scelta giusta, Edward le piaceva ed era certa di questo. Non lo stava prendendo in giro, voleva sul serio stare con lui, non avrebbe desiderato altro. Ma era inevitabile che a volte i suoi pensieri tornassero a Thomas, era passato troppo poco tempo. 
Quello che aveva detto di sfuggita pochi giorni prima poi, quando era corso in aiuto di Abby, le aveva smosso qualcosa dentro. 
Quello sguardo di sfida, unito a quelle parole strafottenti, l’avevano stupita. Durante l’ultimo mese si era abituata a vedere un ragazzo che nonostante tutto continuava ad essere sempre carino con lei, che la guardava con quel suo sguardo di dolcezza mista a tristezza. Ora non più. 
Dall’uscita Hogsmeade aveva iniziato a lanciargli delle occhiatacce fredde e gelide.  Dopo che la notizia del suo fidanzamento con Edward aveva fatto il giro della scuola poi, Thomas aveva addirittura smesso di considerarla. 
Non la guardava più, era invisibile ai suoi occhi. 
Sophie continuava a dirsi che era meglio così, che era meglio per lei ma soprattutto per lui. Se aveva smesso di starci male era una cosa positiva, presto si sarebbero entrambi dimenticati dell’estate trascorsa al campo estivo. 
Ma dentro il suo cuore Sophie sentiva che c’era qualcosa che non andava. Quella mancanza di attenzioni non la rendeva così serena come invece il suo cervello le suggeriva. Sentiva la mancanza degli sguardi del ragazzo, delle sue attenzioni. 
E questo contribuiva ad aumentare i suoi sensi di colpa verso Edward, che invece per lei si sarebbe senza dubbio buttato giù dalla torre di astronomia. 
No, pensò Sophie, io sto con Edward. E sono felice.
Sophie scacciò quei pensieri, non avrebbe permesso a Thomas di tormentarla ancora. Si alzò e ributtò con rabbia la foto dentro il baule, poi prese la bacchetta e mormorando “bagaglius” rimise in ordine il suo contenuto. 
Sophie fece un bel respiro, e recuperata la calma di sempre uscì di corsa dal dormitorio. 
Fece le scale quasi volando, doveva arrivare nella Sala Grande prima della fine della colazione. Non aveva ancora idea di come avrebbe fatto a far mangiare le pasticche vomitose a Thano senza che lui se ne accorgesse, ma un modo lo avrebbe trovato. 
Saltò l’ultimo scalino e proprio quando stava per entrare nell’enorme sala, due voci maschili attirarono la sua attenzione. 
“Io l’ho messa la sveglia ed ero in orario! Sei tu che non ti volevi alzare e non uscivi più dalla tua stanza” disse un ragazzo Corvonero del quinto anno; Sophie lo riconobbe, era Liam Lewis, che stava camminando svelto. 
“Te l’ho detto! Stanotte ho di nuovo dormito male, faccio fatica ad alzarmi” gli rispose un altro ragazzo, con gli occhi segnati da due pesanti occhiaie, che cercava di sistemarsi i capelli spettinati che a quanto pare non volevano saperne di stare al loro posto. Luke Anderson. 
“Già dormo da quattro anni con Jacob che non si sveglia mai e mi obbliga a fare colazione da solo, ora che sei nostro amico è come un tuo dovere morale non abbandonarmi quindi vedi di mettere una sveglia in più o non so cosa!”
Sophie si bloccò, e i due ragazzi la superarono. Ma le era venuta un’idea. 
“Lewis! Anderson!” li chiamò Sophie, prima che entrassero nella Sala Grande. 
I due ragazzi si voltarono. 
“Si?” fece Liam un po’ stupito. Aveva raramente parlato con lei nel corso dei quattro anni precedenti. 
“Ciao Liam!” disse Sophie, rivolgendosi poi a Luke “e ciao Luke, sono un’amica di Abby...” “Sì... sei Forbes giusto?” chiese il ragazzo incuriosito. 
La ragazza annuì, e in fretta riprese: “So che potrà sembrarvi strano. Ma ho bisogno di una mano, da parte vostra.” 
I due ragazzi si guardarono confusi. 
“Luke, Abby mi ha detto che non sopporti Thano vero?” domandò Sophie. 
“Beh è chi lo sopporta?” rispose il ragazzo lasciandosi sfuggire una risata. “Comunque sì. Purtroppo io dormo pure con lui...” 
“Bene, mi aiutereste a punirlo per una cosa che ha fatto?” chiese Sophie in fretta, la colazione stava per finire. 
“Beh che cosa …” provò a dire Luke dubbioso. 
“Fermi, fermi” si intromise Liam, puntando gli occhi grigi sulla spilla da prefetto di Sophie “qui mi puzza. Forbes, non è che vuoi solo farci fare qualcosa di sbagliato per poi farci finire nei guai visto che sei prefetto?” 
“E perché dovrei?” esclamò Sophie indignata. 
“Bhe ora stai con Richardson no? Credo che gli farebbe comodo se due giocatori di Corvonero finissero in punizione, o sbaglio?” 
“Senti Liam, a me del quidditch non frega proprio nulla...” 
“E chi mi assicura che se ti aiutiamo non finiamo nei guai? Sei amica di Thano, perché dovresti fargli qualcosa di male?” continuò Liam, sospettoso. 
“Sentite, prima di tutto io non sono amica di Thano, semplicemente non lo tratto con odio. In secondo luogo, Thano ha cercato di somministrarmi un filtro d’amore l’altro giorno! È squallido!”
I due ragazzi la stavano ancora guardando dubbiosi così continuò: “Ma il filtro l’ha per sbaglio ingerito Abby! Così stava per dichiararsi a lui, era uscita di senno ...” 
Luke sembrò ridestarsi: “Abby? E come sta? Ma che bastardo!” 
“Sta bene” disse Sophie, “ma ora vuole vendicarsi, e io non voglio finisca nei guai, quindi voglio occuparmene io. Ho avuto un’idea, ma ho bisogno di voi.” 
“Non so...” fece Liam in difficoltà, ma Luke si voltò subito verso l’amico. 
“Liam è la nostra occasione per divertirci un po’ con Thano! E poi l’hai sentita Sophie, è per Abby!” 
Sophie annuì con convinzione. 
Liam guardò Luke che lo stava fissando speranzoso, alzò divertito gli occhi al cielo e disse: “E va bene, se è per Abby.... allora cosa dobbiamo fare?” 
“Oddio grazie mille” esclamò Sophie con gli occhi pieni di gioia. “Allora, dovete sedervi vicino a lui. Mentre io lo distraggo dovete mettergli queste pasticche vomitose nel bicchiere, assicuratevi che sia pieno”. 
Sophie prese dalla tasca le gelatine e le mise in mano a Luke. “Poi, dopo che ha bevuto ho bisogno che uno di voi due trasformi il contenuto del suo bicchiere in whisky, tu Liam sei bravissimo in trasfigurazione no? Ma ricorda, solo dopo che ha bevuto! Al resto ci penso io, fate come vi ho detto senza farci beccare. Ora andate.” 
I due ragazzi ancora un po’ confusi annuirono, ed entrarono nella Sala Grande. 
La colazione stava per terminare, ma Thano era ancora seduto al tavolo, intento a leggere un libro mentre lentamente mangiava una tazza di cereali. Era seduto da solo, come al solito. 
Liam e Luke gli si sedettero vicino, ma lui non sembrando essersi accorto della loro presenza, continuò a leggere senza degnarli di uno sguardo.  
A quel punto Sophie entrò, e con nonchalance si avvicinò a Thano, sfoggiando uno dei suoi migliori sorrisi. 
“Ciao Thano!” cinguettò Sophie. 
Il ragazzo si voltò verso di lei, e come illuminato alla vista di Sophie sorrise in rimando in modo viscido. “Mia Cara, ma che bella sorpresa! Non c’è modo migliore per iniziare la giornata, un buon libro e la mia dolce Sophie.” 
Sophie si sforzò di reprime il proprio disgusto di fronte a quelle parole, e mantenendo il sorriso continuò: “Che cosa leggi di bello? Sembra interessante quel libro!” 
“O bhe sì... è un libro sui giganti dei Pirenei” rispose lui per poi dilungarsi in un lungo e noioso monologo sulla vita dei giganti spagnoli.  
Sophie continuava ad annuire, fingendosi interessata. Con la coda dell’occhio vide Luke buttare le pasticche nel succo di zucca di Thano, e con un leggero movimento di bacchetta le fece sciogliere. 
Geniale, non ci avevo pensato, disse Sophie fra sé e sé. 
Non ci volle molto, pochi minuti e Thano, con la gola secca dal suo soliloquio, prese il bicchiere e bevve un bel sorso. 
Appena posò il bicchiere il ragazzo impallidì, ed assunse un'espressione strana, nauseata.  
Liam con un impercettibile movimento delle labbra fece il suo incantesimo, e Sophie si avvicinò all’orecchio di Thano sussurrandogli: “Prova ancora una volta a cercare di somministrarmi un filtro d’amore, e ti giuro che finirà molto peggio di così”. 
La ragazza si spostò appena in tempo. Un conato di vomito e subito Thano rimesse a terra la colazione appena ingerita. 
Il ragazzo un po’ imbarazzato cercò di alzarsi ma fu sopraffatto da un altro conato. E un altro ancora. Il ragazzo era a carponi per terra, senza riuscire a smettere di vomitare. 
La Professa McGrannit accorse verso di loro, un po’ disgustata dalla scena a cui stava assistendo. “Signor Bennet? Che cos’ha? Cosa le prende?” chiese subito lei spaventata. 
“Professoressa” intervenne Luke indicando il bicchiere di Thano, “credo che Thano abbia esagerato con il Whisky stamattina. Non credo lo regga...”  
Sophie gli sorrise estasiata, ai Corvonero non c’era bisogno di spiegare le cose. Ci arrivavano da soli.  La McGrannit schivò le pozze di vomito, e prese il bicchiere. Lo annusò. 
“Signor Bennet! Le sempre il caso di bere dell’alcool di prima mattina? Senza contare che, come lei ben sa, in questa scuola è proibito! “  
Thano provò a dire qualcosa, ma un altro conato gli impedì di parlare. 
Tutti i presenti erano voltati ad osservare divertiti ma allo stesso tempo disgustati la scena. 
“Ma che uomo sei, ridotto così da un bicchierino di vino!” urlò un ragazzo di Serpeverde da uno dei tavoli accanto. 
Tutti scoppiarono a ridere. 
“Vada subito in infermeria” tuonò la McGrannit senza il coraggio di avvicinarsi al ragazzo che sembrava un idrante imbizzarrito. “Faremo i conti quando si sarà... ripreso! E qualcuno vada a chiamare Gazza, che pulisca questo schifo!” 
Thano pallido come un lenzuolo, si alzò a fatica, si guardò imbarazzato attorno, e prima di essere sopraffatto da un altro attacco di vomito corse via.  

***

“Hai avuto un’idea geniale Sophie!” disse Frank esaltato, mentre saliva a fatica le scale circolari della torre Nord, per raggiungere l’aula di Divinazione. 
“Si, devo farti i miei complimenti, è stata una scena divertente quanto disgustosa” gli fece eco Summer. 
“Grazie ragazzi.... tu Abby non dici nulla?” 
Abby sospirò. “Devo ammettere che hai avuto un’idea simpatica... anche se ancora non mi va giù il fatto che tu non mi abbia fatto agire.” 
“Simpatica? Ha vomitato davanti a tutta la scuola come un irrigatore, è finito in punizione e ora i professori pensano sia un alcolizzato! È stata geniale” disse nuovamente Frank, rosso in viso per la fatica. 
“Esatto, e poi mi hanno fatto tutti i complimenti hai visto?” riprese Sophie con un moto d’orgoglio. 
“Te lo concedo, sei stata brava” ammise Abby con fatica. 
“Ti ringrazio. Comunque sai Abby, quel Luke Anderson non è per niente male. È stato davvero forte, dovresti andare a ringraziarlo...” iniziò a dire Sophie, con un sorriso malizioso. 
“E perché mai dovrei ringraziarlo?” rispose Abby accigliata. 
“Perché quando ha saputo che era per vendicare te si è subito offerto di aiutarmi.” 
“E quindi? Io non devo dir grazie a nessuno.”  
Sophie diede una spintarella all’amica e disse: “Eddai! Secondo me è davvero carino, non trovi?” 
“Concordo” intervenne Summer “io fossi in te ci farei un pensierino. Magari la smetti di girare con quei due rimbambiti di Walker e Richardson... senza offesa Sophie!” 
“Fa niente Sum” disse Sophie ormai abituata a quelle battutine, “dai Abby vai almeno a ringraziarlo cosa ti costa? Siete amici no?” 
“Non siamo amici. Siamo compagni di classe, e basta. Gli ho già dato la possibilità di ottenere il mio perdono per i suoi sbalzi di umore, non c’è altro da aggiungere” fece Abby categorica. 
“Io concordo con Abby” intervenne Frank “non posso negare che Anderson abbia acquistato popolarità dal suo arrivo, e che abbia il fascino del misterioso studente americano, però per me sarebbe lo scoop del secolo vedere la nostra Abigail che accalappia l’imprendibile Walker. Sarebbe una notizia senza precedenti! Io faccio il tifo per loro.” 
“Ma quale scoop? Ma voi siete malati!” ribatté Abby esasperata. 
Sophie rise, Abby era sempre pronta ad intromettersi e a far sentire la sua quando si parlava degli affari altrui. Ma quando si trattava di se stessa, cercava di svicolare e di non esternare i propri sentimenti. E a Sophie piaceva stuzzicarla, prima o poi sarebbe riuscita ad estorcerle qualcosa, doveva pur avere un cuore nascosto da qualche parte.  
“Eccoci finalmente” disse Frank con il fiato corto “venire quassù è sempre terribile!” 
“È terribile questa lezione” lo corresse Abby sprezzante. “Divinazione è totalmente inutile, per non parlare poi di quella sciroccata della Cooman, è una tale incapace, una cialtrona incompetente, ecco cos’è…”
“Sebbene non mi piaccia insultare i professori, mi tocca concordare con Abby. Divinazione è una scienza inesatta, non ci sono prove che queste teorie trovino corrispondenza nella realtà. Io non ci credo, non capisco perché venga insegnata” aggiunse Sophie con calma. 
Sophie detestava le ore di divinazione. Era l’unica materia che davvero non le riuscisse, per quanto si applicasse. A differenza di Abby che disprezzava la materia a prescindere, Sophie cercava di impegnarsi, ma proprio non riusciva ad ottenere risultati. 
“Ma smettetela!” si innervosì Summer, “è una materia interessantissima, per una volta che qualcosa mi riesce bene non sminuitela.” 
Sophie la guardò come se fosse folle. Summer era una delle studentesse migliori in divinazione, ed era la pupilla della Professoressa Cooman.  
Era una delle poche persone che davano davvero ascolto alla professoressa quando spiegava in aula.  Summer mostrava un sincero interesse per gli argomenti affrontati durante quelle lezioni, la riteneva una materia avvincente, stimolante, senza confini precisi, tutta da scoprire, e le riusciva davvero facile cimentarsi nella lettura delle foglie del tè o nel consulto della sfera di cristallo. Nessuno capiva come ci riuscisse: i pochi studenti che non dormivano durante quelle lezioni e che cercavano davvero di impegnarsi (come Sophie) nonostante gli sforzi non riuscivano ad ottenere risultati. Secondo la professoressa Cooman però, Summer era una delle poche persone davvero dotate dell’occhio interiore e quindi in grado di avventurarsi abilmente alla scoperta dell’ignoto. 
I quattro ragazzi entrarono nell’aula, e subito furono sopraffatti da un forte odore di incenso. 
Il fuoco del camino acceso e le candele disposte qua e là rendevano l’aria calda e pesante, e questo sicuramente non aiutava gli studenti annoiati a mantenere la concentrazione e a cercare di non addormentarsi sui comodi puff e divanetti dove stavano seduti. 
“Io vado a sedermi lassù, così posso dormire!” dichiarò Abby, subito seguito di corsa da Frank che a quanto pare aveva avuto la stessa idea. 
Summer li guardò con disapprovazione, per accomodarsi poi davanti ad un tavolino in prima fila. Sophie la imitò, e si sedette di fronte a lei. Si sentiva davvero a disagio in quell’aula, e a lei non capitava mai di sentirsi impreparata durante le altre lezioni. Al contrario Summer solo durante le ore di divinazione si sentiva davvero tranquilla, poteva intervenire o essere messa alla prova dalla professoressa con la consapevolezza che non avrebbe avuto alcun tipo di problema.  
Sophie tirò fuori dalla borsa il libro di divinazione, e notò che al confronto degli altri suoi manuali quello sembrava nuovo di zecca, l’aveva aperto ben poche volte. 
Sophie alzò lo sguardo, e notò che Summer la stava osservando intensamente. 
“Che c’è? Ho qualcosa in faccia?” chiese Sophie portandosi automaticamente le mani al viso. 
“No no...” disse Summer, senza distogliere però lo sguardo da lei. 
“E allora perché mi fissi?” domandò Sophie confusa. Le veniva da ridere, quando faceva così Summer era davvero strana. 
“Senti Sof, voglio parlarti di una cosa...” cominciò Summer con calma. 
“Di cosa?” 
“Di Thomas.” 
Sophie sgranò gli occhi. Che cosa sapeva Summer? 
Guardò automaticamente verso Abby, che per fortuna era lontana e troppo occupata a giocare con la cera di una candela insieme a Frank per poter anche solo sentire qualcosa. 
“E perché di Thomas?” chiese Sophie, cercando di assumere un atteggiamento assolutamente indifferente. 
“Beh perché ho notato alcune cose...” 
Cavolo lo sa, pensò Sophie impanicata.  
“In che senso?” provò a dire lei facendo la finta torna. 
“Beh” fece Summer “non hai notato anche tu che è davvero strano in questo periodo?” 
“A me non sembra” rispose Sophie “e poi perché lo dici a me? Insomma cosa c’entro io con Thomas?”
“Lo dico a te perché secondo me gli interessi.” 
“Che cosa?” Sophie finse un’espressione indignata “Ma come ti viene in mente una cosa del genere?”
Forse Sum non sa proprio tutto, pensò però tranquillizzandosi. 
“Senti, so che tu stai con “quello”, e non ti sto dicendo queste cose per cercare di metterti idee strane in testa. È che davvero, ho notato un po’ di comportamenti strani da parte sua e volevo metterti in guardia.” 
“E quali atteggiamenti hai notato? Davvero non capisco” disse Sophie. 
“Beh per cominciare è sempre in mezzo ai piedi…” 
“È il migliore amico di Abby, è sempre in mezzo ai piedi perché sta con lei.” 
“Non l’ha mai fatto! Si vedevano sempre e solo per i fatti loro, ora fanno colazione quasi sempre insieme, va sempre a trovarla dopo le lezioni, l’aspetta dopo cena e dopo pranzo …” osservò Summer tenendo il conto dell’elenco con le dita.  
“Forse vogliono stare di più insieme, non mi sembra così incredibile!” 
“Ma non finisce qui” Summer rincarò la dose “non hai visto come ti guarda? Ti fissa sempre, e da quando stai con - fece una pausa simulando un conato di vomito - Edward ha iniziato a guardarti in modo triste, quasi offeso!” 
Sophie rise. “Secondo me ti sei fatta un film Sum.” 
“Fidati! Hai visto l’altro giorno come ti ha fissato quando è corso in aiuto di Abby? O come aggrediva Edward ad Hogsmeade? E cosa mi dici delle battute che ti faceva? Per non parlare di quando ha pensato tu fossi in infermeria, a momenti si strozzava con il latte!” 
“Senti Sum” sospirò Sophie, cercando di mantenere la calma e di sembrare il più convincente possibile “secondo me ti stai facendo suggestionare da qualcosa di cui ti sei convinta. Thomas non mi considera minimamente, e anche se fosse? Che cosa mi interessa?” 
Quest’ultima frase la pronunciò con tono sprezzante. 
“Bhe” tentò timidamente Summer “a me Thomas piace, insomma è forte! Molto meglio di quel Richardson.” 
“Sum smettila! Io sto con Edward, e nell’improbabile caso in cui queste tue teorie fossero vere, tra me e lui non potrebbe mai funzionare, lo sai! Ti immagini Abby? Darebbe di matto, per lei Thomas è intoccabile.” 
Fidati Sum, non potrebbe mai funzionare
Summer osservò Sophie per qualche secondo, e poi riprese: “Sì effettivamente Abby sarebbe un ostacolo. E in realtà sarebbe strano per tutti, insomma tu amica dei più orgogliosi Grifondoro che ti metti con un Serpeverde…” 
Summer continuò a tenere lo sguardo fisso su Sophie, come se stesse cercando di leggerle nella mente.  
Per fortuna di Sophie però, proprio in quel momento la professoressa Cooman fece il suo ingresso nell’aula, attirando l’attenzione di Summer. 
“Buongiorno ragazzi” disse la donna, alta e magra, come di consueto avvolta da numerosi scialli e braccialetti tintinnanti. 
“Il mio occhio interiore mi aveva avvertito che oggi sareste stati meno del solito a causa di un’epidemia di raffreddore!” continuò, osservando con le spesse lenti che le rendevano gli occhi spaventosamente grandi gli studenti seduti di fronte a sé. 
“Certo, il suo occhio interiore si chiama Madama Chips, direttamente dall’infermeria” borbottò sottovoce Frank, facendo ridere Abby. 
La Professoressa Cooman fece finta di nulla e continuò: “Dobbiamo darci una mossa con il programma, siamo arrivati alla metà di ottobre…” 
“Anche questo l’avrà visto nella sua sfera di cristallo” mormorò Abby, e Frank incominciò a sua volta a ridere. 
“Penso che sia arrivato il momento di addentrarci nell’affascinante quanto impervia arte della lettura dei sogni…” provò a dire la donna, alzando il tono della voce per superare il rumore delle risate soffocate di Frank e Abby, che presi da uno dei loro soliti attacchi di ilarità, non riuscivano più a smettere di ridere. Ma proprio in quel momento, mentre cercava di muoversi teatralmente nell’aula, la Cooman inciampò contro uno sgabello. 
Abby e Frank non potevano più trattenersi, scoppiarono rumorosamente a ridere, con le lacrime agli occhi. 
Summer alzò gli occhi al cielo, odiava quando prendevano in giro la professoressa Cooman. “Hill, Rogers, volete essere così gentili da raccontare a tutta la classe il motivo di tanto divertimento?” chiese la donna incrociando le braccia al petto. 
“Scusi Professoressa, consulto il mio occhio interiore e le lo dico!” fece Abby. 
Frank scoppiò a ridere nuovamente, con la mano davanti alla bocca. 
La Cooman sgranò gli occhi adirata da dietro le spesse lenti degli occhiali da vista. “Come siamo spiritosi. Vi divertite a deridere la mia materia? Vedremo cosa diranno gli esaminatori dei G.U.F.O. quando vedranno le vostre scadenti prove. Hill, se hai finito il tuo circo vieni a sederti qui davanti con Forbes, Evans mia cara, puoi accomodarti vicino a Rogers? Magari lo aiuterai a guardarsi un po’ più a fondo nell’anima” 
“Certo Professoressa!” scattò Summer obbediente. 
“E mi raccomando” si assicurò la Cooman avvicinandosi pericolosamente a Abby che si stava sedendo accanto a Sophie, “ancora un’altra battutina e ti spedisco di nuovo in punizione signorina! Le carte mi avevano informato che tu saresti stata un totale fallimento in questa classe”. 
La ragazza non poté non notare il forte odore di Sherry provenire dalla bocca della Professoressa, ma non disse nulla. Non poteva permettersi una punizione.  
“Ma sei impazzita?” chiese Sophie severa, quando Abby si fu accomodata sul puff accanto a lei. Per tutta risposta Abby fece spallucce, divertita. 
“Come stavo dicendo, è necessario proseguire il nostro viaggio nell’ignoto, farci guidare dal nostro occhio alla scoperta della nostra anima e dei misteri che muovono il mondo e il nostro destino” riprese la professoressa, agitando teatralmente le braccia. 
Abby si coprì il volto con le mani, stava di nuovo per scoppiare a ridere. 
“Dalla prossima lezione, incominceremo lo studio dei sogni e della loro interpretazione. Sarà l’argomento principale di quest’anno, quindi mi auguro che vi impegnerete sin da subito a comprenderne il senso più profondo. A partire da questa sera dovrete tenere infatti  un diario dei sogni, voglio che per la durata di tutto il mese voi vi appuntiate i sogni che fate ogni notte. Poi ci lavoreremo su a lezione” 
La classe si agitò in un brusio di protesta, altri compiti non ci volevano proprio.  
Sophie notò che Abby si era irrigidita e aveva lanciato uno sguardo di difficile interpretazione alla Cooman, sembrava quasi preoccupata. Ma Sophie non vi diede peso, evidentemente come tutti era poco entusiasta di fare un altro compito extra.
La Cooman ignorò le deboli proteste dei suoi studenti, e riprese: “Quindi oggi, sarà la vostra ultima occasione per esercitarvi con la lettura delle foglie del tè, che vi ricordo sarà uno dei possibili argomenti d’esame ai G.U.F.O. Prendete le tazze, bevete il tè e interrogate quella del vostro compagno. Io passerò fra di voi a vedere cosa combinate”. 
Con un colpo di bacchetta la professoressa fece comparire su ogni tavolo due tazze e una teiera, e poi si diresse come di consueto verso Summer, per ammirarne soddisfatta il talento. 
“Iniziamo questa pagliacciata” sbottò Abby bevendo in un sorso il tè e porgendo la tazza vuota a Sophie. 
Sophie fece lo stesso e commentò irritata: “Guarda io davvero questa materia non la capisco. Io ci provo ma proprio non mi riesce, non so come faccia Summer!” 
In sottofondo si sentiva solo la Cooman che con sguardo adorante si congratulava con Summer ad ogni frase che la ragazza diceva. 
“Strabiliante” o “Illuminante” erano i complimenti più gettonati. 
Sophie sbuffò. In quel momento Summer la irritava particolarmente. Non tanto per la semplicità con cui riusciva a fare un qualcosa che lei non era minimamente in grado di capire, ma per le cose che le aveva detto poco prima. Quel discorso non le era piaciuto affatto, quelle allusioni su Thomas… Aveva notato troppe cose, e se avesse fatto questi commenti di fronte a Abby? Abby magari ne avrebbe parlato con Thomas, e chissà cosa avrebbe potuto dire o fare lui. Era una situazione troppo rischiosa, doveva fare più attenzione e dimostrare a tutti che lei voleva solo stare con Edward. 
“Allora inizio io!” propose Abby, interrompendo i pensieri di Sophie. 
Abby guardò dentro la tazza di Sophie con un’espressione corrucciata. “Bhe questo sembra… sembra un mezzo cerchio.” 
“E che significa?” chiese Sophie. 
“Vediamo” Abby aprì il libro di testo e lo sfogliò velocemente. “Ecco il mezzo cerchio. Il mezzo cerchio indica attrazione dall’opposto”. 
Abby scosse la testa decisa. 
“Perché fai così?” domandò Sophie divertita. 
“Beh non è possibile, Edward è così simile a te! Vedi dice solo cazzate questa roba.” 
Sì dice solo cazzate …, tentò di convincersi Sophie, è solo un caso.
“Bhe è questo sembra un… che strano.” 
“Cosa c’è di strano?” 
“Sembra una specie di coltello… il coltello vuol dire tradirai una persona cara.” Sophie stette in silenzio, incapace di parlare. 
Abby scoppiò a ridere. “Vedi sono tutte stronzate! La Sophie che conosco io è la persona più onesta del mondo, non tradirebbe mai nessuno, soprattutto me!” 
E chiuse con forza il libro, sorridendo a Sophie. 
Sophie le sorrise di rimando, ma in quel momento non poté che sentirsi tremendamente in colpa. 
 

II 

“Finalmente riesco a fare senza problemi gli esercizi di divinazione” disse allegro Frank tirando fuori il suo piccolo diario colorato e posandolo sul tavolo dove i quattro amici stavano facendo i compiti. 
“Ci credo Frank, devi solo scrivere cosa sogni” commentò Summer, prendendo in giro l’amico. È inutile che sminuisci il lavoro degli altri solo perché a te piace divinazione, io sono molto soddisfatto… ultimamente ricordo tutti i miei sogni alla perfezione” aggiunse Frank che interdetto iniziò a sfogliare le pagine del diario mostrando alle tre ragazze attorno a lui quanto avesse scritto. Pagine e pagine erano piene zeppe di scritte nere.  
“Sono d’accordo con Frank, finalmente facciamo qualcosa che mi interessa” aggiunse Sophie che a sua volta tirò fuori il suo quadernino e lo posò davanti a sé. 
“A me questa esercitazione fa schifo” disse Abigail con una smorfia di disgusto “però c’è una nota positiva, almeno Sof invece di raccontarci per filo e per segno i suoi sogni ogni mattina li scrive e basta” continuò guardando l’amica chiaramente contrariata e offesa dalle sue parole. 
“Almeno io racconto cosa sogno, tu non ci dici mai niente” sbuffò Sophie. Dopo che la professoressa Cooman aveva assegnato il compito di appuntare ogni sogno su un libricino per tenerne nota attentamente, Summer, Frank e Sophie quasi ogni giorno facevano leggere agli amici tutto quello che sognavano la notte mentre Abigail non mostrava mai il suo diario, quasi volesse nasconderlo. 
“Perché non ho niente di interessante da raccontare” disse la Grifondoro appoggiando la sua borsa sul tavolo. 
“Non che i miei sogni siano interessanti, raramente hanno un senso logico” fece Summer. 
Aveva un'aria divertita e pensierosa allo stesso tempo, a volte le piaceva andare a curiosare tra i libri sull'interpretazione dei sogni per scoprire il significato di quello che sognava ma spesso trovava solo vecchie storie e credenze popolari. Da quando erano arrivati i nuovi libri in biblioteca aveva iniziato a sfogliare anche quelli ed era riuscita a capirci qualcosa in più del motivo di alcuni sogni ricorrenti. Sapeva che ai suoi amici non piaceva per niente divinazione ma lei la trovava stimolante, era piacevole per lei poter studiare qualcosa che non fosse prettamente scientifico ed esatto.  
“Ah perché io? Ieri ho sognato che il professor Piton mi invitava nel salotto di casa sua a prendere il thè, peccato che fosse una trappola e mi rinchiudeva nei sotterranei di Hogwarts” raccontò Frank riassumendo ad alta voce l'ultimo sogno fatto.  
Le tre ragazze trattennero una risata, i sogni di Frank erano sempre così assurdi che era difficile non ridere; per non parlare poi di come il ragazzo riuscisse a romanzarli mentre gesticolava animatamente. 
“Io ho sognato che eravamo ai Tre Manici di Scopa ed era il 29, ho rivissuto la nostra festa ma non succedeva niente di strano, nessuna scenata per fortuna” disse Sophie per iniziare a descrivere tutto quello che aveva sognato, controllando il suo diario giallo per vedere se non aveva dimenticato alcuni particolari. Era sempre piacevole ascoltare i suoi sogni, erano così avvincenti e particolari.  
“Io invece ho sognato che espellevano Alayna, giuro che è stata la cosa più soddisfacente del mondo” raccontò Summer mentre mimava un “scusa” guardando in direzione di Frank. La strana Tassorosso era pur sempre la sua ex ragazza. 
Abigail guardava gli amici in silenzio, non voleva dire a nessuno che ogni notte faceva incubi tremendi e soprattutto che quegli incubi andassero avanti da quell’estate.  
Non voleva che si preoccupassero, ma prima di tutto non voleva aumentare le sue di preoccupazioni, non poteva certo raccontare con totale serenità e spensieratezza che quella notte si era svegliata di soprassalto perché aveva sognato di nuovo Luke  ucciderla in modo truce; sapeva che se l'avesse raccontato l'avrebbe fatto con voce tremante e angosciata e non sarebbe riuscita ad apparire tranquilla. I ricordi dell'incubo erano ancora vividi nella sua mente e anche quel giorno pensava che sarebbe riuscita ad allontanarli concentrandosi su altro, ma il fatto che l'argomento della conversazione fosse sempre incentrato sui sogni non la aiutava a distrarsi. Avrebbe voluto bandire divinazione da Hogwarts, aveva sempre odiato quella lezione e ora le stava dando del filo da torcere.  
Erano passate parecchie settimane dal primo incubo e il tormento sembrava non avere fine.  Se prima non dava alcun peso a questi sogni ora era quasi certa che non fossero normali e purtroppo quando Abigail era convinta di qualcosa la sua convinzione finiva sempre per rivelarsi reale.  In più ogni giorno i sogni sembravano peggiorare: i primi incubi durante l’estate duravano solo alcuni secondi e difficilmente Abigail riusciva a distinguere le figure e le azioni, si svegliava solo nel cuore della notte ma non faceva alcuna fatica a riaddormentarsi, anzi la mattina quasi non li ricordava.  Dopo alcune settimane i sogni invece si erano fatti più chiari e più lunghi ma continuavano a non essere un peso, Abigail dormiva serenamente e si svegliava tranquilla come al solito.  
Dopo il primo mese la situazione era iniziata a diventare pesante, era chiaro come il soggetto al centro di quegli incubi fosse un ragazzo e che l’ambientazione fosse buia e tetra. Ma fu il ritorno ad Hogwarts a far degenerare il tutto: la ragazza si svegliava nel cuore della notte sudata, tremante e preoccupata e passava delle ore con gli occhi sbarrati prima di riaddormentarsi.  
Ora era invivibile, gli incubi occupavano delle ore intere costringendo Abigail a stare sveglia per la maggior parte della notte e al risveglio spesso non riusciva a capire dove si trovasse quasi come se fosse ancora intrappolata all’interno dell’incubo.  
Quello che però la preoccupava particolarmente era il fatto di aver riconosciuto quel ragazzo e non solo che quel ragazzo fosse del suo stesso anno e frequentasse con lei ogni lezione ma che ora fosse anche suo amico; non riusciva a capacitarsi di come continuasse a sognare lui continuamente e del perché dovesse torturarla in quel modo. Come avrebbe potuto raccontare che sognava ogni notte lo stesso Corvonero da mesi? Sarebbe stato imbarazzante ed inquietante allo stesso tempo. 
Inoltre anche se le era difficile ammetterlo aveva paura che dietro quei sogni ci fosse qualcosa, che esistesse una spiegazione a tutti quei terribili incubi. Se avesse parlato con qualcuno e indagato ormai era sicura avrebbe trovato qualcosa, sicuramente qualcosa di brutto.  
Sophie si era accorta più volte, dormendo nello stessa sua stanza, di come la compagna si svegliasse ansimando di notte ma Abigail fingeva di non darci peso, tranquillizzando l’amica che però si stava iniziando a preoccupare.  
A volte le balenava l’idea di raccontare tutto quanto ma si fermava per il timore della possibile reazione. 
Per tutte queste ragioni non ne aveva mai parlato a nessuno e nascondeva in ogni modo quel libricino. Aveva scritto ben più pagine dei suoi amici e ciò la spaventava; ogni notte riusciva a scrivere di più rispetto alla notte precedente perché con il passare del tempo riusciva a ricordarsi tutto in modo chiaro e limpido, quasi non fosse un sogno ma una realtà parallela. 
Abigail, notando lo sguardo dei tre amici rivolto nella sua direzione, cercò di cambiare argomento; sapeva che aspettavano solo che lei parlasse dei suoi sogni. Più volte aveva mentito, inventandosi storielle divertenti ma quel giorno non aveva voglia di mentire ancora e iniziò a parlare di altro. 
“È inutile che vi racconti i miei sogni insensati, molto meglio parlare del mio sogno che è diventato realtà… Sophie non hai nulla da dirci su Edward?” chiese guardando Sophie curiosa. 
“Ma che sogno e sogno, è un incubo tutto questo!” commentò Summer fingendo di tapparsi le orecchie per non sentire. 
“Smettila Summer…” si intromise Frank, fermando l’amica. “Sono curioso pure io, cosa avete fatto ieri?” chiese con un’espressione compiaciuta. 
“State diventando inquietanti tutti e due” esclamò Sophie guardando Abigail e Frank che non aspettavano altro se non che l’amica gli raccontasse tutti i dettagli della sua ulteriore uscita con Edward.  
“Ormai stiamo insieme, non mi sembra necessario parlarvi tutte le volte di quello che facciamo” continuò. Ogni giorno le facevano domande mirate per scoprire di più sul loro rapporto e nonostante a Sophie facesse piacere che fossero così interessati, voleva tenersi qualcosa per sé. Inoltre aveva nuovamente beccato Abigail in punta alle scale a spiarli di nascosto.  
“No appunto non ci interessa proprio” le diede ragione Summer, “anzi se iniziate a parlarne ditelo subito che mi sposto nel tavolo affianco.” 
“Summer sei insopportabile quando fai così, devi accettare questa relazione e fartene una ragione” disse Abigail alzando gli occhi al cielo. 
“La fai facile tu, non vedevi l’ora si mettessero insieme… mentre io ora devo vedermelo ovunque contro la mia volontà” aggiunse la Tassorosso posando la testa sul tavolo. 
“Io Sophie come sai approvo appieno questa storia, non capita a tutti di mettersi con uno dei più popolari della scuola senza fare alcuno sforzo” commentò Frank sempre più estasiato, era quasi peggio di Abby. 
“Invece di parlare di me ed Edward che ne dite di parlare di Abby e Thano?” domandò Sophie citando volontariamente ancora una volta la scena epica di alcuni giorni prima. 
“TI PREGO SMETTILA” urlò subito Abigail, “ne abbiamo già parlato a sufficienza… certe cose vanno dimenticate, eliminate, rimosse dalla mente.” 
“Non urlare che si sono girati tutti” bisbigliò Sophie cercando di convincere l’amica ad abbassare il tono di voce. 
“E che si girino, hanno solo da non origliare” sbottò Abigail, che non aveva alcuna intenzione di parlare piano. 
“Dovevi vedere James, con la camicia sbottonata che ti teneva stretta.” Frank non aveva smesso un attimo di fare battutine su quella scena che l’aveva colpito particolarmente. 
“Per un attimo ho pensato avessi ceduto alle sue avances” aggiunse Summer. Non capitava tutti i giorni di essere spettatori di un evento simile, James agitato con addosso una camicia bianca abbottonata malamente che rincorreva Abigail in mezzo alla Sala Grande. 
“Io ancora non mi spiego come tu faccia a resistere” disse Sophie che da quando James aveva iniziato a puntare Abigail non si capacitava di come quest'ultima riuscisse a non cedere. 
“A volte me lo chiedo pure io” ammise Abigail, aprendo il manuale di incantesimi. 
“In più è da un po’ che non sento scoop su di lui e ti assicuro che è davvero strano, almeno ogni due giorni venivo a scoprire che…” sussurrò Frank a bassa voce per paura che qualcun altro sentisse le sue parole. Doveva essere lui il primo a diffondere le novità. 
“Non voglio sapere le porcate che fa, ecco perché riesco a resistere perché so cosa combina in giro” Abigail non lo lasciò continuare, non le interessava sapere cosa faceva James con le altre; ne era già a conoscenza e l’aveva dovuto vedere con i suoi occhi più volte. Le aveva tuttavia fatto piacere il pensiero che stesse cambiando e che non ci fossero novità sul suo conto. 
“Come se gli altri ragazzi non lo facessero” disse Sophie. Più ragazzi nel castello avevano una brutta reputazione in fatto di ragazze, James non era sicuramente né il primo né l’ultimo. 
“Non mi sembra che Edward le faccia” obiettò Abigail, apprezzando il comportamento perfetto che aveva sempre avuto il suo amico. 
“Nemmeno io come ben sapete” aggiunse Frank alzando le mani. 
“E nemmeno Thomas, se dobbiamo parlare della gente che conosciamo” continuò Summer, cercando di captare la reazione di Sophie che alzò la testa dal suo diario e puntò gli occhi sulla ragazza. Dopo che le due avevano parlato Summer si era convinta ancora di più che i suoi dubbi fossero fondati, sicuramente avrebbe fatto più attenzione ai comportamenti di Sophie e Thomas
“Effettivamente anche di lui non ho mai molte notizie, so solo che è stato con Megan… saprà nascondere bene le sue tresche” aggiunse Frank cercando di ricordare se avesse qualche interessante racconto sul migliore amico di Abigail. Sophie intanto era tornata a sfogliare le pagine del suo diario cercando di mostrarsi disinteressata. 
“Non mi parla mai di queste cose, è parecchio riservato! Forse sarebbe il caso che si trovasse una ragazza visto che ultimamente è esageratamente nervoso” disse Abigail. 
Sophie continuava ad essere china sul suo diario ma con la coda dell’occhio guardava Abigail, facendo attenzione alle parole della ragazza. 
“Sono tutti nervosi quest’anno” aggiunse Summer. Forse era meglio cambiare argomento. 
“Io sicuramente lo sono, questi esami mi stanno logorando” commentò Frank posando sul tavolo i suoi numerosi manuali. 
“A proposito forse è meglio iniziare sul serio a studiare altrimenti non finiamo più” propose Sophie posando a sua volta i suoi quaderni e pergamene davanti sé. La ragazza era turbata dalle parole che l’amica Grifondoro aveva detto su Thomas e cercò di non darlo a vedere, soprattutto a Summer che sembrava fin troppo attenta ai suoi atteggiamenti. 
“Devi sempre fare la guastafeste” sbuffò Abigail che non aveva alcuna voglia di studiare ma avrebbe solo voluto continuare a chiacchierare con i suoi amici per tutto il giorno. Anche quel giorno le era andata bene e nessuno aveva insistito troppo affinché lei facesse vedere il suo diario. Ma non sapeva quanto sarebbe durata, tra Sophie che la vedeva agitarsi di notte e gli altri che notavano quanto fosse stanca ogni mattina prima o poi qualcuno avrebbe sospettato qualcosa. Con il fatto poi che non avesse ancora mostrato a nessuno il suo diario e che trovasse sempre scuse diverse quando le veniva chiesto il perché non l'avesse ancora fatto vedere, sapeva che qualcuno si sarebbe insospettito.  
E se scrivessi un altro diario da capo? pensò. Forse sarebbe stata l’unico modo per nascondere a tutti i suoi incubi ma in fondo voleva sapere anche lei cosa ci fosse dietro quello che sognava di notte e se le serviva resistere ancora avrebbe avuto pazienza. Forse quel compito di divinazione era la sua unica speranza di sapere qualcosa di più e questo la spaventava e la incuriosiva allo stesso tempo.  Sperava solo che la Cooman non le chiedesse di leggere davanti a tutti il diario, non l'avrebbe sopportato.  

***

"È inutile che fai la finta tonta Abby, tocca a te andare con altri oggi" disse Sophie convincendo l'amica a spostarsi da vicino a Frank e Summer.  
Era appena iniziata la lezione di Erbologia e dovevano dividersi in piccoli gruppi da tre e a turno i quattro amici erano costretti a lavorare con altri compagni, quel giorno era il turno di Abigail che non ne voleva sapere di abbandonare il suo posto. 
"Non è vero, tocca a te!" rispose alzando la voce la Grifondoro che non aveva alcuna intenzione di cambiare compagni. 
"Ho segnato tutto mia cara, e questa volte ora tocca a te" ribatté implacabile Sophie mostrando la sua agenda piena di promemoria. In una delle tante liste dopo il nome di Summer c'era quello di Abigail segnato in blu.  
"Ha ragione Sophie, Abby mi spiace ma la scorsa volta sono stata io con altri" si intromise Summer che ricordava bene la scorsa lezione con due Corvonero insopportabili, Samuel e Brandon che non avevano fatto altro che litigare tra loro per tutto il tempo. 
"Dite così solo perché volete la più brava della classe insieme a voi" aggiunse Abigail voltando le spalle ai suoi amici e andando alla ricerca di qualcuno con cui stare in gruppo per la lezione. 
La ragazza si guardava attorno innervosita, non aveva intenzione di stare con quei luridi Serpeverde e nemmeno con Hilary e Anne le due bigotte Tassorosso. Non voleva neanche avvicinarsi alla coppietta Grifondoro che la disgustava e non poco. 
Si spostò più lontano in cerca di compagni normali ma nessuno sembrava all'altezza delle sue aspettative, non si era mai accorta di quanto strani fossero gli studenti di quell’anno.  
"Abby! Sei da sola? Noi siamo in due." La voce lontana di Luke la fece voltare verso il fondo della serra dove il ragazzo stava muovendo un braccio per farsi notare. 
"Puoi smetterla di sbracciarti Luke, ti ha visto" disse Liam affianco a lui con un sorrisetto divertito.  
"Non mi sto sbracciando, ho solo mosso una mano" disse Luke mentre guardava la mora Grifondoro andare sorridente verso di loro.  
"Arrivo!" fece Abigail ad alta voce per farsi sentire.  
"Se lo dici tu" commentò Liam.  
"Se mi fai fare qualche figura di merda giuro che ti ammazzo" lo ammonì Luke spintonando l'amico Corvonero che barcollò. 
"Guarda che fai tutto da solo, non sono io che le rispondo male" aggiunse Liam per spintonare Luke a sua volta.  
I due ragazzi erano diventati amici in fretta, si conoscevano da poco ma sembravano conoscersi da una vita; erano quasi inseparabili e si raccontavano tutto.
"Ciao Luke, ciao Liam!" Abigail li interruppe mettendosi affianco a Luke. “Anche voi da soli?” 
“Sì, il nostro amico Jacob ci abbandona regolarmente per provarci con Hilary e Anne durante le lezioni di Erbologia, crediamo voglia farsi notare salvandole da qualche pianta pericolosa…”
“Ma quelle due sono un caso perso, sono più rigide di una scopa, lo sa Ray?” fece notare dubbiosa Abby. 
“Vallo a dire a Jacob, è un caso perso pure lui, come se avesse qualche speranza” scoppiarono a ridere i due Corvonero.
“Comunque mi avete salvata, per un attimo ho pensato di dover stare con qualche strano soggetto della nostra classe" continuò la ragazza che intanto si era infilata degli occhiali trasparenti.  
"Hai salvato noi da Thano, sicuro sarebbe finito qui con noi" disse Liam guardando felice la ragazza. Abigail ci aveva parlato poco ma le era sempre sembrato un ragazzo per bene, era contenta di poterlo conoscere meglio e stare un po’ con Luke che dalla loro chiacchierata al campo non l’aveva più maltrattata. 
"Non avrei potuto sopportare la sua voce per tutta la lezione" aggiunse Luke infilandosi dei guanti. Luke era riuscito ad allontanarsi dall'orrenda compagnia di Thano grazie a Liam e Jacob, e anche per questo erano diventati così amici in poco tempo: condividevano l’odio per il saccente e insopportabile Thano Bennett. 
"Fosse solo la voce il problema" commentò Abigail facendo ridere i due Corvonero.  
Quel giorno gli studenti avrebbero dovuto estrarre il baccello verde contenuto in un pugnacio, un albero carnivoro fatto di rami pungenti.  
L'esercitazione preoccupava tutti, non era semplice estrarre il baccello senza uscirne ridotti malamente, sembrava un’impresa completare il compito in poco tempo.
"Cosa dobbiamo fare?" chiese Lewis voltandosi verso i due compagni.  
"Tirare fuori il baccello senza uscirne distrutti" disse Luke guardando con aria schifata il piccolo albero ben posizionato. L'aspetto non era per niente rassicurante, era pieno di rovi pungenti che non ne rendevano piacevole il tocco.  
"Ma è impossibile non farsi male!" obiettò Abigail quasi sconvolta mentre continuava a fissare la pianta spinosa.  
"Ce la possiamo fare" commentò Luke avvicinando delicatamente una mano all'albero che non appena avvertì la vicinanza del ragazzo iniziò a muoversi senza tregua, costringendo i tre ragazzi a spostarsi spaventati.  
"No Luke, non ce la faremo." Liam aveva indietreggiato e si guardava attorno spaesato.   
La serra era diventata un circo da quando gli studenti avevano iniziato a fare dei tentativi. Una ragazza Grifondoro stava urlando spaventata, continuando a lamentarsi e imprecando contro la pianta impazzita.  
Un ragazzo Tassorosso era svenuto, facendo un tonfo che rimbombò all'interno della serra attirando l’attenzione di molti; i due suoi compagni erano accorsi attorno a lui preoccupati: uno cercava di tirargli su la testa e fargli aria davanti al viso, l'altro provava ad alzargli le gambe.  Per fortuna non è Frank, pensò Abigail alzandosi in punta di piedi per vedere meglio chi fosse il ragazzo paonazzo a terra. 
"Questa scena non mi invoglia a continuare." La ragazza era ferma e dritta con un’espressione angosciata, sapeva che le lezioni durante il quinto anno sarebbero state complesse ma non immaginava che sarebbero usciti mezzi morti da Hogwarts.  
"Ci provo io" si fece avanti Liam sistemandosi gli occhialini protettivi e i guanti. Abigail e Luke guardavano attenti ogni suo movimento, pronti ad intervenire nel caso qualcosa andasse storto.  
Liam faceva movimenti lenti cercando di piegare i rami pungenti quando di colpo numerosi tralci partirono verso l'alto. Il ragazzo si abbassò di colpo per evitarne uno ma la stessa sorte non colpì gli altri due ragazzi: Abigail e Luke cercando di schivare due rami si spostarono nella stessa direzione nello stesso momento scontrandosi uno contro l'altro. I due si guardarono per poi scoppiare a ridere. 
"Scusami" disse Abigail imbarazzata mentre si allontanava.  
"Colpa mia" continuò Luke guardando truce il suo amico che stava sorridendo in modo malizioso.  Come ad ogni lezione un grido impaurito attirò l’attenzione dei compagni. Frank si era allontanato quasi correndo lontano dalla pianta e ora era fermo con le mani sulla bocca e gli occhi sgranati, sembrava sul ciglio di una crisi di panico. Era immobile e bianco in volto. Poco lontano da lui Summer lo guardava divertita, rideva mentre appoggiava il viso sulla spalla dell’amica Grifondoro cercando di smettere di ridere. Sophie anche non riuscì a trattenere una risata dopo aver visto la reazione così esagerata dell’amico che sembrava aver visto un fantasma uscire dalla pianta. 
“Non c’è niente da ridere” commentò Frank “Ho rischiato la morte” 
“La morte? Ti ha solo sfiorato un ramo Frank!” ribatté Summer ancora divertita. 
“Torna qua, vedrai che non ti fa niente” aggiunse Sophie, cercando di far spostare l’amico più vicino.
“Diceva la stessa cosa mia mamma quando ero piccolo e non finiva mai bene!” Frank aveva le braccia conserte e guardava le due ragazze da lontano. Era ancora pallido e gesticolava senza sosta. 
“È una pianta, stai tranquillo che se facciamo piano non ci capita nulla.” Summer gli fece cenno di tornare verso di loro, gli parlava con calma anche se non era convinta nemmeno lei che sarebbe finita nel migliore dei modi.  
Anche dopo parecchi minuti nessuno era ancora riuscito a finire l’esercitazione, in più tre studenti si erano graffiati diverse parti del corpo, per non parlare del fatto che uno della loro casa era appena ruzzolato a terra dallo spavento. 
“Io quella cosa non la tocco” commentò Frank ritornando al suo posto ma cercando di mantenere più distanza possibile dalla pianta carnivora che in quel momento lo spaventava più del professor Piton durante le lezioni di pozioni. 
Abigail guardando la scena da poco lontano scosse la testa e sorrise. Ogni lezione veniva interrotta dal Tassorosso urlante ed era divertente già solo vedere il tutto da fuori. 
“Abigail posso chiederti una cosa?” domandò Liam senza spostare lo sguardo dai tre amici della ragazza. 
Luke si girò di scatto dopo aver sentito le parole dell’amico, che diavolo ha in mente?, pensò. 
“Puoi solo se mi prometti di chiamarmi Abby.” Abigail si tolse gli occhialini per guardare meglio il ragazzo che sembrava parecchio in soggezione. Aveva cambiato espressione in pochi secondi, sembrava che qualcosa lo turbasse. 
“Promesso Abby” le assicurò Liam guardando ora in volto la Grifondoro. 
“Dimmi” continuò Abigail spronandolo a parlare. 
“Senti… ma la tua amica, quella biondina… Summer si chiama vero?” domandò Liam corrugando la fronte ed Abigail annuì. Proprio non capiva dove volesse arrivare.  
“Ecco, sta con qualcuno? Con uno dei due gemelli Allen per caso?” continuò, spostando lo sguardo sulla Tassorosso che aveva appena schivato un grosso ramo che si muoveva alla velocità della luce per poi scoppiare di nuovo a ridere vedendo come il ramo avesse quasi colpito Sophie. 
“Mh no, non sta con nessuno tanto meno con Alex” rispose Abigail stupita dalla domanda che il Corvonero le aveva appena posto. Notando come il ragazzo si fosse stranamente zittito continuò curiosa a parlare per scoprire qualcosa in più. “Perché?” chiese, invitando il ragazzo ad andare avanti.  
“Oh no no, niente” sussurrò Liam sorridendole. 
Abigail alzò le spalle sempre più confusa di prima, perché Liam le aveva chiesto una cosa simile? Forse era interessato alla sua amica? 
Luke intanto stava ascoltando la conversazione dei compagni e rise, finalmente l’amico era riuscito a fare la fatidica domanda ad Abigail. Era giorni che lo stressava perché glielo chiedesse lui al suo posto ma Luke l’aveva persuaso a farlo da solo.  
“Smettila” intimò Liam a bassa voce a Luke. “Sei tu che mi fai fare figure di merda” continuò pestando un piede all’amico che si tappò la bocca in segno di resa. 
“Continuiamo?” propose Luke facendosi serio. E così riprovarono altre tre volte a turno senza alcun risultato. La pianta aveva quasi colpito Liam in pieno viso facendo ridere tutti quanti e la volta successiva un ramo aveva impigliato i lunghi capelli di Abigail costringendola a fare due giravolte su se stessa.   
“Mai pensato di fare danza Abby?” scherzò Luke, prendendo in giro la ragazza che sembrava sul punto di eseguire una coreografia insieme all’albero che aveva appena preso vita dopo il tocco di Luke. 
“Stai zitto Luke!” rise Abigail. 
Si stavano divertendo davvero durante quella lezione ed Abigail era stranamente a suo agio affianco a Luke che era simpatico e premuroso nei suoi confronti. L’aveva aiutata diverse volte a liberarsi dalle punte dei rami e questo suo lato non le dispiaceva affatto. Si stava trovando anche molto bene con Liam, non aveva mai avuto molte occasioni per scambiarci alcune parole ed era piacevole stare insieme a lui. Aveva sempre avuto numerosi pregiudizi sulle case che non fossero Grifondoro e non si aspettava che i Corvonero potessero essere così simpatici e alla buona; sicuramente l’idea di Thano l’aveva influenzata molto nei suoi giudizi.  
"Proviamo tutti insieme" iniziò Abigail facendo spostare Liam e mettendosi davanti all'alberello. Strinse sul volto gli occhiali e fece il segno della croce ridendo. I due Corvonero la copiarono e si avvicinarono adagio. 
La ragazza coraggiosamente con due mani cercò di toccare la pianta mentre i due compagni tenevano stretti con forza due rami appuntiti tentando di non farsi male.
"Attenzione!" urlò, prima di vedere i compagni chinarsi indietro che riuscirono a schivare i tralci impazziti. L’albero non stava fermo un attimo, si muoveva all’impazzata a destra e sinistra frustando l’aria e cercando di colpire i tre ragazzi. 
"In fretta, in fretta!!" Abigail aveva infilato la mano nel buco della pianta per poi tirar fuori un baccello verdognolo simile ad un pompelmo. La mora aveva un’aria estremamente schifata dal fatto di aver dovuto inserire la sua mano nella pianta ma finalmente erano riusciti nell’impresa. 
“Ce l’abbiamo fatta!” urlò Luke contento non spostando lo sguardo dal baccello che pulsava.
“È stato un parto” commentò Abigail, togliendosi i guanti e appoggiandosi al tavolo dove era posizionata la pianta che era finalmente immobile. 
“Tutto questo casino per tirar fuori quella cosa disgustosa?” Liam aveva una smorfia di disprezzo e guardava il baccello mantenendo le distanze. 
“A quanto pare si, qualcuno sa a cosa serve almeno?” chiese Luke. Il ragazzo si era tolto gli occhiali e si stava strofinando gli occhi. 
“La professoressa ha detto che il succo è molto prezioso e davvero utile, ma non so a cosa” rispose Abigail, mentre fissava la Sprite che girava tranquilla tra gli studenti, dando consigli preziosi senza curarsi delle urla di alcuni. Era assurdo quanto quella donna fosse rilassata nonostante i suoi studenti stessero impazzendo uno dopo l’altro. Si avvicinò al gruppo che aveva appena finito l’esercitazione. “Bravissimi ragazzi, siete stati più veloci di molti e vedo che nessuno si è fatto male” si congratulò, facendo i complimenti al gruppo per poi accorrere verso una ragazza che la stava chiamando a gran voce allarmata. 
I ragazzi posarono tutti e tre occhialini e guanti e si guardarono soddisfatti. Era stata dura ma erano riusciti a compiere al meglio l’esercitazione. 
“Ci è andata meglio di loro” commentò Luke mentre indicava due ragazzi con dei segni rossi visibili sul volto; probabilmente non avevano fatto in tempo a scansare i rami della pianta. 
“E meglio di lui” continuò Liam puntando il dito verso un ragazzo che era salito in piedi sul bancone dove era posizionata la sua pianta e stava lottando contro di essa per liberarsi dai suoi rami. Abigail rise, guardandosi attorno e notando che molti fossero ancora alle prese con la pianta assassina.  
Passarono gli ultimi minuti della lezione a chiacchierare e ridere a sentire le urla dei compagni. Era piacevole parlare con loro e non si era sentita in imbarazzo tra i due amici Corvonero, l’avevano integrata al meglio e si era divertita in loro compagnia. La professoressa annunciò la fine della lezione e gli studenti iniziarono a calmarsi; sollevati dalla notizia iniziarono a posare gli strumenti e a dirigersi verso l’uscita. 
“Tutto sommato è stato divertente” disse Abigail appoggiandosi al bancone. 
“Siamo un’ottima squadra” commentò Luke mentre si spostava dal fondo della serra. 
“La prossima volta che i miei amici mi cacciano vengo direttamente con voi” propose Abigail entusiasta. 
“Quando vuoi” aggiunse Luke con un sorriso stampato in volto mentre guardava la ragazza. 
Abigail salutò i due compagni per poi andare verso i suoi tre amici che avevano finito da poco l’esercitazione. Frank le mostrò subito il buco sulla manica della visiva senza neanche salutarla mentre Summer le fece vedere il suo graffio sulla mano. Sophie alzò le mani per farle capire che fortunatamente lei non aveva subito alcun danno. 
Quando vuoi” Liam fece il verso a Luke ridendo sotto i baffi. 
Summer si chiama vero?” Luke imitò a sua volta l’amico. “Come se non sapessi il suo nome!” continuò seguendo Liam verso l’uscita. 
“Da che pulpito viene la predica!” rise lui uscendo dalla serra. 
Abigail intanto stava camminando insieme ai suoi amici mentre gli raccontava come fosse andata la lezione in presenza dei Corvonero.  
"Anderson era gentile oggi?" chiese Frank incuriosito.  
"Si, mi sono divertita… Anzi quasi quasi starò sempre con loro visto che mi avete abbandonata da sola in mezzo ad una serra" commentò Abigail offesa.  
"Si certo, solo per quello vuoi stare con loro" aggiunse Summer che si stava sistemando meglio le maniche della divisa.  
"Non perché Luke ti affascina con i suoi occhi scuri" Sophie guardava l'amica con sguardo furbo. 
"Ma la smettete? Vi fate i fatti vostri? Non mi piace Anderson, okay? Piantatela!" ringhiò Abigail ai tre amici.  
"Certo che con uno come James attorno è difficile pensare ad altri…" fece Frank malizioso.  
"Non mi piace nemmeno James, siete insopportabili oggi" sbuffò Abigail arrabbiata.  
Aveva passato una bella lezione e non voleva farsi rovinare l'umore da nessuno. Sapeva che gli amici scherzavano e se la prendeva tanto forse perché aveva mille
dubbi in testa e non voleva pensarci troppo. Aveva già altri problemi che la distraevano e non voleva aggiungere il dramma dei ragazzi che le giravano attorno.  

 

III  

Summer non aveva quasi toccato cibo quella sera. La cena era quasi terminata, sulle lunghe tavolate era apparsa la scelta di dolci del giorno, ma neanche la vista di tutte quelle ghiottonerie riusciva a scioglierle il nodo che le attanagliava lo stomaco da quel pomeriggio. Non era possibile, ogni volta la stessa storia: il giorno prima di un’esibizione del Coro delle Rane, perdeva il controllo del suo corpo dall’ansia e neanche dopo anni era riuscita a fare qualcosa per cambiare la situazione. Quel pomeriggio c’erano state le ultime ripetizioni in vista della grande occasione del giorno dopo, il banchetto di Halloween, e da quando era entrata nella sala dove si svolgevano gli incontri del coro avvertiva uno spiacevole peso nel petto, che l’opprimeva e le impediva di pensare ad altro. Si sarebbero esibiti davanti a tutta la scuola, come era tradizione durante le festività principali e in occasione dei grandi banchetti, e lei odiava cantare davanti a tutta la scuola. A volte si chiedeva seriamente perché semplicemente non mollasse tutto e lasciasse perdere tutta quella follia che tanto l’angosciava... le sembrava di avere abbastanza problemi e cose a cui pensare senza dover stare a soffrire anche per una cosa inutile come il coro della scuola. Il suo sguardo, perso nel vuoto, si posò distrattamente su di Alex, seduto qualche metro più in là lungo il tavolo dei Tassorosso. Era circondato dal suo solito folto gruppo di amici, che stavano ridendo a una battuta appena fatta dal ragazzo. Sembrava così disinvolto, così tranquillo e a suo agio tra tutte quelle persone che ci tenevano a lui e che erano ammaliate dal suo fascino naturale e genuino. Summer si chiese perché non poteva essere così anche con lei, perché tutto dovesse essere così complicato quando si trattava di Alex, per poi darsi della stupida ed affrettarsi a distogliere lo sguardo, che si era velato ora di tristezza; non doveva lasciarsi prendere dai quei pensieri, doveva far finta che il bel Tassorosso non avesse mai fatto parte della sua vita, solo così sarebbe riuscita ad andare oltre e a smettere di tormentarsi e sentirsi in bilico tra tristezza e rabbia, dispiacere e risentimento ogni qualvolta ci avesse casualmente a che fare. Ma c’era poco da fare, quella sera era troppo abbattuta di suo per riuscire a tenere a bada i suoi pensieri e le sensazioni contrastanti. Si sentiva come un fiume in piena, e aveva paura che il cuore traboccasse da un momento all’altro talmente era pieno di emozioni troppo intense e che le sembrava di non riuscire ad esprimere né sfogare in alcun modo. Aveva paura di pesare agli altri, persino ai suoi amici più cari, non voleva caricarli dei suoi problemi. Si sarebbe tenuta tutto dentro, come sempre, e come sempre alla fine sarebbe stata meglio, in un modo o nell’altro. Era la cosa migliore per tutti. 
“Dovresti mangiare almeno un po’ di budino, Sum” le disse Frank, che aveva notato il fatto che l’amica non avesse mangiato quasi niente. “Sei un po’ pallida e ti servono energie per stasera, hai l’ultima punizione no?” 
Summer si sforzò di mangiare un po’ del dolce gelatinoso che Frank, ora impegnato a guardarsi attorno con il suo sguardo attento in ricerca di nuovi, piccoli scoop, le aveva messo davanti, per non farlo preoccupare, ma senza grandi risultati. Cinque minuti dopo, nel piatto era rimasto ancora più di mezzo budino, e la ragazza decise di lasciar perdere. All’improvviso un formicolio indefinito dietro alla nuca le diede la netta impressione che qualcuno la stesse osservando. Summer alzò gli occhi e non ci mise molto ad identificare la fonte di tale sensazione: appoggiato con noncuranza a una delle due porte aperte della Sala Grande, le braccia incrociate al petto, Jake guardava diritto nella sua direzione, il solito sorriso sghembo sul volto affilato. Si toccò il polso per ricordarle che era quasi ora di andare; come per magia, il nodo che serrava il cuore di Summer sembrò sciogliersi un pochino, e una flebile sensazione di gioia la attraversò. La ragazza salutò Frank, che promise di aspettarla sveglio (“Tanto con tutti i compiti che mi restano da fare non potrei andare a dormire neanche volessi!” si lamentò Frank, per beccarsi la severa ma giusta risposta: “Forse se quando studiamo guardassi un po’ di più i tuoi libri e un po’ meno quello che fanno gli altri attorno a te...”), e si alzò in direzione dell’ingresso della Sala Grande. Era a metà strada quando arrivò all’altezza di Alex e dei suoi amici; Summer fece per proseguire dritta, ma il ragazzo vedendola si alzò di scatto e in pochi passi la raggiunse.  
“Ehi Summer” la interpellò, costringendola a fermarsi e a dargli retta. Non poteva far finta di non averlo sentito. 
“Alex.” 
“Come stai?” 
“Bene. Hai bisogno di qualcosa?” 
Summer si stava sforzando di essere educata, ma non poteva impedirsi di essere guardinga e distaccata. Un tempo si era aperta al ragazzo, si era lasciata andare in sua presenza, e come risultato ne aveva avuto il cuore spezzato. Bene, contava di imparare dai suoi errori passati: non gli avrebbe dato una seconda possibilità di farla soffrire.  
“No, volevo solo salutarti... e assicurarmi che stessi bene. So che sei finita in punizione per tutto questo mese ingiustamente, mi dispiace, se mai ricapitasse vieni da me, avrei provato a intercedere con la Professoressa Sprite, ti avrei aiutata volentieri.” Alex le rivolse un sorriso dolce, così diverso da quello del gemello, ma ugualmente ammaliante, sebbene all’opposto.  
“Grazie, ma non ho bisogno del tuo aiuto” disse Summer, un po’ più duramente del necessario. Alex cercò di non farsi scoraggiare. “Si beh... spero solo che mio fratello non ti dia troppo fastidio, ho visto che è in punizione pure lui, tanto per cambiare.” 
“No, per niente. Anzi, attualmente ci sono tante cose e tante persone a darmi fastidio, ma non lui” ribatté la ragazza, enfatizzando l’ultima parola. 
La frecciatina arrivò a destinazione, perché Alex sembrò perdere un po’ di quella convinzione che l’aveva spinto ad alzarsi e rincorrere Summer. “Sum, per favore, possiamo parlare? Mi manca il tempo che passavamo insieme, mi manca essere amici...” 
Il tono del ragazzo era quasi implorante, e qualcosa si ruppe per un attimo in Summer. Avrebbe tanto voluto dirgli che anche a lei mancava passare del tempo con lui. Avrebbe voluto passare la serata a ridere e parlare tranquillamente insieme, mandare indietro il tempo e fingere che l’episodio del lago non fosse mai avvenuto. Ma soprattutto, avrebbe voluto abbracciarlo, rannicchiarsi tra le sue braccia e non pensare più a nulla... Fu troppo. Summer rialzò le sue barriere, prendendo in contropiede Alex che doveva aver visto qualcosa incrinarsi nello sguardo della ragazza per un momento. 
“Potevi pensarci prima, che ne dici?” sbottò, cercando di non alzare la voce per non attirare sguardi curiosi. “E non prendiamoci in giro, basta stronzate. Qualunque cosa fossimo, non eravamo amici. E tu hai rovinato tutto. Ora se vuoi scusarmi, devo andare, c’è una punizione che mi aspetta” disse, gelida e guardandolo senza espressione. 
“Sum, io...” tentò di replicare Alex, ma si interruppe all’improvviso, irrigidendosi alla vista di un braccio che si posava con nonchalance attorno alle spalle della Tassorosso. 
“Fratellino” lo salutò Jake, con gli occhi che scintillavano perfidi. “Spiacente di interromperti, ma Evans e io abbiamo un appuntamento con Argus e non vorremmo fare tardi, sai ci divertiamo così tanto insieme. Passa una buona serata, lei la prendo io!” 
Alex lanciò uno sguardo pieno di odio represso al braccio che il gemello ancora teneva sulle spalle di Summer e con il quale aveva stretto la ragazza a sé. Con una fitta al petto, notò che Summer non sembrava minimamente a disagio per la vicinanza con il Serpeverde. Non volendo fare scenate davanti a tutta la scuola, non poté fare altro che lasciarla allontanarsi tra le braccia del fratello, che già aveva abbassato la testa verso di lei dicendole chissà cosa... e facendo spuntare un leggero sorriso sul suo volto, un sorriso che Alex ormai non riusciva più a far comparire. 
Non appena furono usciti dalla Sala Grande, Summer tirò una gomitata al Serpeverde che aveva accanto. “Ora che Alex non ci vede più che ne dici di mollarmi Allen?” 
“Non sembrava ti dispiacesse Evans” ammiccò lui, spostando tuttavia il braccio dalle spalle della ragazza.  
Summer sospirò, ma c’era più divertimento che altro nella sua voce quando rispose. “Dico solo che il tuo gesto è stato puramente casuale e non c’entrava niente il fatto che stessi parlando con tuo fratello vero?” 
“Ripeto: non mi sembra che ti dispiacesse” le disse Jake, con un ghigno sul volto. 
“Non ho detto questo” ribatté Summer con semplicità, senza lasciarsi impressionare dai modi sicuri e provocatori del Serpeverde, “ma ti avverto: non pensare di usarmi come un oggetto nella crociata contro il tuo gemello, o qualunque disputa, guerra o cosa sia.” 
“Ricevuto Principessa!” Jake si fermò e si mise sull’attenti, con la faccia tutta seria, e Summer non riuscì a resistere e alzando gli occhi al cielo scoppiò a ridere.  
“Che cretino che sei Jake! Dai, sbrighiamoci, o davvero arriveremo in ritardo.” 
Jake la osservò con la coda dell’occhio e sorrise tra sé e sé. Lo rendeva contento vederla sorridere, e se era lui la causa del suo buonumore, ancora meglio. La ragazza era spesso così riservata e seria, chiusa come nello sforzo di tenersi dentro troppe cose, che era un piacere vederla quando si lasciava andare e si rilassava. In più, non poteva negare che era davvero carina quando rideva. No, non era un oggetto nella sua guerra con Alex. Doveva ammettere che all’inizio non aveva resistito alla tentazione di usarla come una scusa per dar fastidio al fratello, e aveva approfittato delle punizioni che aveva in comune con la Tassorosso per far ingelosire Alex avvicinandosi alla ragazza e cercandola apposta quando anche lui era presente. Poi però, qualcosa era cambiato. Non avrebbe saputo dire esattamente quando o come, ma ormai avevano trascorso un mese insieme; con il tempo aveva imparato a conoscere Summer per quella che era davvero, non solo la Tassorosso riservata e per bene, così simile al gemello che non le aveva mai riservato un solo sguardo. E quello che aveva scoperto sulla vera Summer gli piaceva. Gli piaceva davvero tanto. Poteva forse azzardarsi a dire che erano diventati quasi amici e il tempo passato insieme in punizione non gli pesava minimamente, anzi tutto il contrario. Lui si divertiva ancora a stuzzicare la ragazza come il primo giorno, ma lei ormai non si faceva problemi a tenergli testa. Non arrossiva più alla minima provocazione, anzi lo rimetteva al suo posto e parlare con lei non era affatto male. Jake non aveva mai pensato che potesse essere tanto piacevole parlare con una ragazza prima di conoscere Summer. A dir la verità, non aveva mai pensato nemmeno di parlare per due volte di fila con la stessa ragazza, prima di Summer. Non ne vedeva semplicemente l’utilità. Ma con lei era diverso.  
“Sai, non mi hai mai detto cos’è successo esattamente tra te e mio fratello. Una volta vi vedevo sempre in giro insieme, eravate sempre pappa e ciccia, e prima invece gli hai risposto più freddamente di quanto io risponda a mio padre, e questo è tutto dire” buttò lì Jake, facendo attenzione a usare un tono il più noncurante possibile. 
Summer lo studiò piegando leggermente gli occhi, soppesando se rispondergli o meno. “Ti basti sapere che pensavo di conoscerlo, e invece mi sbagliavo” disse alla fine, rimanendo vaga. “Ha fatto una cosa che mi ha ferita e che mi ha fatto capire che non ci tiene abbastanza a me e che era meglio mi concentrassi su altre... amicizie.”   
Jake la fissò per un attimo intensamente, avrebbe voluto saperne di più, ma capì subito che non doveva insistere, così scrollò le spalle indifferente. 
“Ah, beh meglio per me allora no?” 
Summer lo guardò di traverso. “Qui ci montiamo la testa Allen. Chi dice che siamo amici?” 
“Ah, mia piccola innocente Tassorosso, non hai ancora capito che non si può condividere qualcosa di così intenso come passare serate intere in compagnia del nostro amato Argus senza che si crei un legame?” ironizzò Jake, punzecchiando Summer su un fianco. 
Summer lo fece smettere tirandogli uno schiaffo leggero sulla mano e ridacchiò: “Puoi dirlo forte, il legame di un trauma che ci seguirà fino ai nostri ultimi giorni in questa scuola.” 
“Oggi però è l’ultimo giorno di punizione...” 
“...parli di me vero? Tu di sicuro troverai un altro motivo per finirci in meno di ventiquattro ore...”
“... è l’ultimo giorno di punizione per te, e mi chiedevo come farai, non ti mancherà il nostro caro custode dalla settimana prossima?” 
“Potrei sempre venire a farti compagnia ma sai, non ti toglierei mai il piacere di passare delle serate da solo con lui, so che non me lo perdoneresti mai!” 
Summer si stupiva ancora di come le venisse facile parlare con Jake Allen. Se qualcuno le avesse detto qualche tempo prima che ben presto avrebbe riso e scherzato con tanta naturalezza con quell’Allen, il Serpeverde più conosciuto di tutto Hogwarts, avrebbe risposto che si trattava sicuramente di uno scherzo. E invece, era la realtà: il ragazzo tirava fuori una parte di sé che non pensava nemmeno di avere sepolta dentro, una Summer più sicura, che non aveva paura di tener testa a nessuno e di dire quello che pensava, una versione che non si imbarazzava a parlare con uno dei ragazzi più gettonati della scuola. Non era stata una cosa immediata ovviamente, ma nel corso di quel mese tante cose erano cambiate. Lei si sentiva cambiata e, nonostante agli occhi dei suoi amici sembrasse sempre più “diversa”, Summer si sentiva semplicemente un po’ più se stessa, un passo alla volta. Jake riusciva a metterla ancora in soggezione di tanto in tanto, con quel suo fascino strafottente, ma Summer ormai vi si stava abituando e apprezzava sempre di più il tempo passato con il ragazzo; con lui, per qualche strana ragione, riusciva ad aprirsi come raramente le succedeva.   
La punizione di quella sera si sarebbe tenuta in infermeria; quando arrivarono trovarono Gazza che li aspettava con gli occhi socchiusi e maligni, due secchi e due strofinacci tra le mani: avrebbero dovuto pulire tutti i vasi da notte dell’infermeria, ovviamente senza magia.  
Gazza allungò la mano per prendere le loro bacchette, e i due ragazzi le consegnarono fingendo smorfie addolorate e contrite. In realtà, si trattava di due bacchette finte, un trucchetto sviluppato da Jake nel corso degli innumerevoli anni passati in punizione. 
“Madama Chips è a una riunione del corpo docenti, così non sarà disturbata da voi due teppistelli. Io tornerò a controllarvi tra un paio d’ore, e vi conviene che io trovi tutto pulito. Divertitevi, uscirete da qui con un tanfo che vi porterete nella tomba” sghignazzò Gazza, con un tono sadico.  
Detto questo, uscì dall’infermeria avendo cura di chiudere bene a chiave la porta. 
“Sempre così adorabile Argus, ti amiamo anche noi!” gli gridò dietro Jake, per poi aggiungere, sprezzante: “Vecchio rincretinito...” 
Summer però non reagì; il buonumore era sparito in fretta. Diede un calcio con fare sconsolato a uno dei due secchi e si guardò attorno disgustata.  
Jake aggrottò le sopracciglia. “Ehi Evans, che ti prende? Non era mai successo che non ridessi ad una mia battuta su Gazza...” 
“Lascia stare, non è solo tanto serata” disse Summer, senza guardarlo. La morsa d’ansia per l’esibizione corale del giorno dopo era tornata a farsi sentire, più forte di prima, e lei era ripiombata nello sconforto e nel cattivo umore. 
Ma il ragazzo ormai aveva imparato a conoscerla e non aveva dubbi, c’era qualcosa che non andava. “Per quanto mi piacerebbe addossare al mio caro fratellino tutti i problemi del mondo, ho l’impressione che questa volta stranamente non sia colpa di Alex se sei così giù... vuoi parlarne?” 
“Mi prenderesti solo in giro, meglio di no.” 
“Io sfotto tutti, ti diverti sempre tanto a rinfacciarmelo, non è una novità... però se stai così io mi annoio qui in punizione, e non mi piace annoiarmi quindi sputa il rospo” tentò il Serpeverde, sedendosi sul bordo di un letto e incrociando le gambe sul secchio rovesciato, fingendosi disinteressato.  
“Grazie tante per l’interesse genuino, Allen” lo guardò torvo Summer, ma in realtà sentiva un gran bisogno di confidarsi con qualcuno. “Ok, solo perché quando ti annoi diventi uno stronzo...” 
E gli raccontò tutto: del suo odio per l’attività extra-scolastica in cui si era trovata incastrata suo malgrado, dell’ansia che le procuravano le occasioni in cui il Coro delle Rane doveva cantare davanti a tutta la scuola, del fatto che sarebbe successo proprio il giorno dopo per il banchetto di Halloween e che avrebbe preferito sprofondare, visto che al solo pensiero le si rivoltava lo stomaco. Alla fine guardò Jake negli occhi, come per sfidarlo a ridere di lei, ma il ragazzo non fece niente del genere. Appoggiò i gomiti sulle ginocchia e appoggiò il mento sulle mani, fissando così intensamente la Tassorosso da farle abbassare lo sguardo.  
“Puoi dirlo che è una cosa stupida, lo so pure io” mormorò Summer, abbattuta. “Però non posso farci niente.” 
“La cosa stupida è far parte del Coro delle Rane, Evans” la schermì Jake, senza potersi trattenere. Poi divenne serio: “Ma come ti senti tu non è stupido, sei fatta così e non è colpa tua. Però non mi piace vederti così giù.” 
Fece un attimo di pausa, come per decidere qualcosa, poi saltò giù dal letto e si avviò senza esitazioni verso la porta dell’infermeria.  
“Vieni, ora ci penso io a farti stare meglio.” 
Summer esitò: “Cosa vuoi fare? Dobbiamo pulire questi vasi, è la mia ultima punizione, voglio finirla con questa storia una volta per tutte!” 
Jake fece come se non l’avesse sentita e con un “Alohomora” appena sussurrato fece scattare la serratura della porta dell’infermeria. “Ti voglio portare in un posto, fidati di me.” 
“Non se ne parla nemmeno, finiremo ancora più nei guai, non se ne parla proprio!” 
“Ma guarda, stai già tornando in te, eccola qui la mia Tassorosso per bene, il prefetto che non infrange le regole” constatò Jake con un ghigno.  
“Non sono la tua niente” ribatté Summer, punta sul vivo. “E inoltre non sono così come dici!” Jake con un passo le fu a pochi centimetri di distanza. Avvicinò il viso a quello della ragazza e la guardò dritto negli occhi. I loro nasi quasi si sfioravano. “Lo so, tu sei molto di più” disse, con voce bassa.  
Summer sentì le guance avvampare e fece un passo indietro di scatto. Le sembrava di avere improvvisamente molto caldo e solo quando fu a una distanza di sicurezza dal ragazzo ricominciò a respirare normalmente: senza accorgersene aveva trattenuto il fiato.  
Jake ridacchiò e incrociò le mani dietro la testa, restando a guardarla in attesa. 
“Summer, per favore” disse infine. Il tono insolitamente gentile incuriosì la ragazza: faceva sul serio, le sarebbe piaciuto scoprire cosa aveva in mente. 
“Ma Gazza...? Un conto è fare il lavoro con la magia e fargli credere di aver sgobbato, un altro è filarcela sotto il suo naso!”  
“Facciamo così, mi prenderò la colpa io ok? Tanto credo che domani mi beccherò comunque una punizione dalla McGranitt, non ho di nuovo finito il tema che devo consegnarle da una settimana, quindi non mi cambia molto. Anzi!” aggiunse quindi, con un lampo diabolico negli occhi. Mosse la bacchetta verso i vasi da notte che aspettavano di essere puliti, pronunciando un incantesimo che Summer non aveva mai sentito. 
Guardò la ragazza soddisfatto. “Ecco, ora non ci saranno dubbi su chi dovrà beccarsi una nuova punizione e su chi potrà smettere: quando Gazza entrerà, i vasi si metteranno a rincorrerlo e a svuotarsi su di lui, e sarò ben fiero di prendermene il merito. Ora vieni? Ti prometto che ne varrà la pena.” 
Summer lo guardò con gli occhi sgranati, a metà allibita, a metà impressionata. “Tu sei impossibile, lo sai vero Allen?” 
Il ragazzo le sorrise con aria furba, passandosi una mano tra i capelli. “È per questo che non riesci a starmi lontano, Evans.” 
Qualche minuto dopo, Summer stava seguendo il Serpeverde su per una ripida scala a chiocciola che non aveva mai notato prima. Aggirarsi di soppiatto a quell’ora in giro per il castello con Jake Allen la metteva un po’ in soggezione, e una parte di lei si chiedeva se avesse fatto bene a seguirlo contro ogni logica. Dove la stava portando? Ma l’altra parte di lei, quella nuova parte che stava scoprendo accanto a Jake, non poteva fare a meno di seguire il ragazzo con un misto di curiosità e impazienza. In ogni caso, l’ansia paralizzante che aveva provato fino a poco prima sembrava stesse svanendo come per magia; non c’era posto in quel momento nella sua testa per le sue preoccupazioni riguardanti il coro, ed era tutto merito di Jake.  
Quando finalmente furono in cima alla scala, Jake spense la bacchetta che aveva usato per farsi luce fino a lì e le intimò di fare lo stesso. Un po’ esitante, Summer sussurrò “Nox” e piombò nell’oscurità, ma durò solo un attimo: Jake aprì una porta davanti a loro e un raggio di luce lunare illuminò lo stretto pianerottolo su cui si erano fermati i due ragazzi.  
“Prima le signore” fece Jake, invitandola a oltrepassare la porta. 
Summer lo precedette e lo spettacolo che le si parò davanti la lasciò senza fiato. Ora sapeva dove si trovava: erano saliti su per la torre di Astronomia, ma non erano nella parte principale, dove c’era l’aula di Astronomia... no, se Summer avesse dovuto tirare ad indovinare avrebbe detto si trovavano in cima a una delle decine di torrette laterali, senza dubbio quella più alta. Il piazzale in cui era arrivata era piccolo e circolare; il castello si stendeva sotto di loro e tutto attorno non c’era niente altro se non il cielo stellato. Era uno spettacolo bellissimo, e per un attimo nella testa di Summer non ci fu posto per nient’altro: non aveva mai visto le stelle così bene in nessun angolo di Hogwarts. Lì, sembrava di essere un tutt’uno con il cielo, un manto più nero dell’inchiostro puntellato di miriadi di chiazze bianche scintillanti. Summer fece un giro su se stessa per guardarsi attorno meglio, la bocca lievemente spalancata dallo stupore, sicura che sarebbe bastato allungare una mano per toccare le stelle che la circondavano e le scaldavano il cuore con la loro luce. 
“Ti piace?” mormorò Jake, con voce roca. 
“È bellissimo” disse Summer, senza altre parole per descrivere quella meraviglia. Poi, si accorse che il ragazzo aveva parlato a pochi centimetri dal suo orecchio e sobbalzò, le si era avvicinato così silenziosamente che non ci aveva fatto caso.  
Jake prese una coperta che era appoggiata in un angolo e la distese per terra. Quindi, con un colpo di bacchetta evocò un freddo fuoco azzurro che lasciò danzare al centro di quel giaciglio improvvisato. Summer, presa da quell’improvviso spettacolo, non si era resa conto che effettivamente faceva freddo, e rabbrividì; si abbottonò la tunica della divisa e vi si strinse meglio dentro. Jake, al contrario, si sfilò la sua e gliela posò sulle spalle senza dire una parola. La tunica del ragazzo, nera come la sua ma con l’interno foderato di stoffa verde smeraldo, era troppo grande per Summer, e servì subito a farla sentire meglio: conteneva ancora il calore del ragazzo e l’avvolgeva completamente.  
Jake si sistemò tranquillamente sulla coperta e la invitò a raggiungerlo, ma Summer all’improvviso si fece cauta. Era successo tutto così rapidamente che era stata presa alla sprovvista, ora si sentiva circondata dal buon profumo, fresco e intenso, del ragazzo, e le sembrava difficile ragionare con lucidità. Gli si avvicinò ma non si sedette.  
“Quindi è questo il segreto del fascino del grande Jake Allen? Porti qui le ragazze, in questo posto incredibile, dai loro la tua tunica in un gesto di cavalleria, e loro cadono ai tuoi piedi?” chiese, cauta. “Veramente no, le porto in uno sgabuzzino delle scope” rispose Jake, senza scomporsi minimamente. 
“Giusto, che sciocca, Frank me l’ha detto. Sei un depravato Allen.”  
“Chi, la rana dalla bocca larga?” 
“Ti ho detto di non chiamarlo così.” 
Summer non aveva pianificato di rispondergli così secca, ma qualcosa in tutta quella situazione l’aveva messa a disagio, non capiva perché il ragazzo l’avesse portata lì. Jake invece sembrava quasi divertito dalla piega che stava prendendo la discussione. 
“Come vuoi” concesse, con un’alzata di spalle. Poi sorrise beffardo. “Comunque ora chi è che si sta montando la testa? Credi che stia cercando di conquistarti come con tutte? Cosa ti fa pensare che ti porterei nel mio sgabuzzino delle scope?” 
“Scusa, dimenticavo, io non sono all’altezza delle conquiste di Jake Allen” ribatté Summer, facendogli una smorfia.  
Jake si limitò a guardarla intensamente negli occhi. “Tu pensi che io costringa le ragazze a venire con me in quello sgabuzzino che tanto ti fa ribrezzo? No, sono loro che mi cercano. Tu mi seguiresti di tua spontanea volontà li dentro se te lo chiedessi?” 
“Certo che no!” 
“Appunto, per questo non sei come una delle mie “conquiste”. Per questo non ci proverei con te come con tutte. Tu non sei come loro. E questo fa tutta la differenza.” 
Summer rimase un attimo a valutare le parole del ragazzo, confusa. Era il suo modo di farle un complimento? 
“Se proprio ci tieni a saperlo, non ho mai portato nessuna qui” le disse Jake dopo un momento, sdraiandosi sulla coperta e incrociando le braccia dietro la testa, evitando di guardarla. “È il posto dove vengo quando ho bisogno di stare da solo a pensare. Sì, capita anche a me di pensare Evans” aggiunse, notando che la ragazza stava per dire qualcosa. 
“Non stavo per dire quello... perché allora hai mostrato questo posto a me?” chiese Summer, andando diritto al punto.  
“Perché mi hai detto una volta di quanto amassi osservare le stelle, so che ti sembrerà strano ma ti ascolto veramente quando parli. E stasera eri così giù che ho pensato potesse aiutarti vederle da qui, è il miglior punto di osservazione di tutta Hogwarts. Volevo solo farti sentire meglio.”  
Jake stava fissando il cielo sopra di lui, ben deciso a non guardare la ragazza ancora in piedi accanto a lui, che da canto suo era rimasta senza parole: non si aspettava tanta premura da parte del Serpeverde.  
“Va bene Evans, per stasera ho esaurito la mia dose di gentilezza. Ora che ti ho mostrato che non ti salterò addosso, vuoi venire qua o no?” 
Summer si decise a sdraiarsi accanto a lui, ancora un po’ colpita. “Non sei così stronzo come vuoi tanto sforzarti di far credere a tutti” commentò. 
“Non illuderti, non sono un bravo ragazzo.” 
“Non sei neanche così male, puoi sforzarti quanto vuoi per dimostrare il contrario, ma io lo vedo. Un cattivo ragazzo non perderebbe tempo a farmi stare meglio” gli fece notare la ragazza.  
“Forse perché per te vale la pena di fare uno sforzo” le sussurrò Jake in rimando, girando il viso verso di lei.  
Le loro teste erano così vicine che la voce del ragazzo sfiorò la guancia di Summer come una lieve carezza.  
“Perché sai” aggiunse Jake, abbassando ancora di più la voce, “non sei poi così male Evans. Non sei male proprio per niente.” 
Summer sentì suo malgrado le guance avvampare e ringraziò di essere avvolta dall’oscurità. Avvertiva la presenza di Jake Allen accanto a lei come un fuoco vivo, che le bruciava la pelle dove il suo corpo sfiorava quello del ragazzo comodamente allungato accanto a lei. Ciononostante, mentre lasciava che il suo sguardo vagasse e si perdesse nella distesa luminosa sopra di lei, non poté non rendersi conto che non si sentiva così tranquilla e contenta da tanto, tanto tempo.  Attorno a loro, nient’altro che la bellezza silenziosa e perfetta della notte stellata.  

***

“Grazie Jake” disse Summer con sincerità, una volta che i due raggiunsero il pian terreno del castello. Da lì, Jake sarebbe sceso verso i sotterranei per tornare nella sala comune dei Serpeverde, mentre Summer avrebbe preso il passaggio a sinistra verso quella dei Tassorosso. 
“Questo e altro per te, Principessa” la canzonò il ragazzo. 
“E dai, sto provando a dirti una cosa seria. Avevo davvero bisogno di distrarmi e non pensare all’esibizione di domani, e tu sei riuscito a farmi sentire meglio. Quindi grazie.” Summer gli sorrise, riconoscente.  
Jake le si avvicinò di nuovo pericolosamente, e prima che la ragazza potesse fare qualcosa le prese il mento con una mano e lo alzò leggermente in modo da puntare i suoi occhi in quelli straordinariamente verdi di Summer.  
“Smetti di preoccuparti per domani, andrai alla grande, come sempre. E alla peggio, fai un cenno verso il tavolo dei Serpeverde: non esiterò a far scoppiare un casino per distogliere l’attenzione da te se potrà farti stare meglio.” 
Summer era come pietrificata dal tocco e dalla vicinanza del ragazzo, e non poté far altro che annuire, rigida. Cosa le prendeva? Pensava di aver superato il fatto di farsi mettere in soggezione dal fascino di Jake Allen, ma evidentemente quella sera erano successe troppe cose ed era più vulnerabile. Jake ridacchiò, notando lo stato di confusione della Tassorosso, e si allontanò, le mani in tasca. 
“‘Notte Evans!” 
“Buonanotte...” mormorò Summer, che improvvisamente aveva una gran voglia di prendersi a schiaffi per essere rimasta così imbambolata di fronte al Serpeverde. Sentiva già che l’avrebbe presa in giro in futuro per quella sua svista.  
Si affrettò a tornare nella sala comune, immersa nei suoi pensieri. Aveva passato davvero un bel momento con Jake su quella torre, e nonostante tutto si sentiva tranquilla e piena di una strana felicità, che non avrebbe saputo spiegare ad alta voce. 
Arrivata di fronte alla grossa natura morta che portava alle cucine, si voltò verso il mucchio di grandi botti che celava l’ingresso alla sala comune dei Tassorosso. Diede distrattamente i soliti colpetti sul coperchio della seconda botte partendo dal basso, a metà della seconda fila, al ritmo di “Tosca Tassorosso”, ed entrò. 
La sala comune era praticamente deserta vista la tarda ora. Un gruppetto di Tassorosso del sesto anno, tra cui Alex, stava studiando in un angolo dell’accogliente stanza gialla, e si girò al suo ingresso. Summer notò che Alex la stava guardando in maniera strana, con uno sguardo indecifrabile sul volto diventato improvvisamente una maschera dura. Prima che potesse interrogarsi più a fondo sul perché di quello strano atteggiamento, fu raggiunta da Frank, che si era appisolato su una poltrona ma si era svegliato improvvisamente al suo ingresso.  
“Si può sapere cosa hai addosso?? Ti prego, ti prego, dimmi che è di chi penso io” le disse con veemenza l’amico, che la fissava con avidità come se avesse appena scoperto un tesoro. 
“Ma cos...” cominciò Summer, per poi bloccarsi all’improvviso rendendosi conto di cosa stesse causando tanto scalpore. “Oh, merda.” 
Sulla tunica che portava brillava lo stemma di Serpeverde.  
Aveva ancora addosso la divisa di Jake Allen.

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Capitolo 12
*** Capitolo 11 - Che c'è Walker, sei in astinenza? ***


Capitolo 11 - Che c'è Walker, sei in astinenza? 


      

I

Abigail era stremata.  
Aveva il fiato corto e faceva così fatica a respirare che le sembrava di avere le mani di qualcuno strette contro la bocca. 
Non poteva essere vero, Luke non poteva farle questo di nuovo. Il ragazzo era bianco in volto e con un ghigno malefico sorrideva ad Abigail, avvicinandosi sempre di più.  
La Grifondoro indietreggiò frettolosamente ma il ragazzo la fermò, mettendole un braccio dietro la schiena.
"Lasciami" disse lei disgustata dalla vicinanza del Corvonero mentre tentava di divincolarsi, spingendo via il suo braccio.  
"Non vai da nessuna parte" sussurrò Luke, aumentando la presa.  
Abby trattenne il respiro e un brivido le attraversò la schiena.  
Il ragazzo aveva gli occhi più scuri del solito e i capelli neri gli ricadevano scompigliati sulla fronte, era quasi difficile riconoscerlo data la poca luce attorno a loro.  
Era tutto così buio e inquietante.  
"È un peccato uccidere una ragazza così carina" 
Luke le sorrise. Tirò fuori la bacchetta e la alzò lentamente verso il volto della mora che chiuse gli occhi impaurita.  
Il ragazzo con uno sguardo impassibile muoveva piano la bacchetta sul suo viso, sfiorandole la pelle arrossata dal freddo.   
Di colpo spostò il braccio che aveva ancora stretto dietro la schiena della vittima lasciando andare la presa per farla cadere.  
Abby così finì a terra tremante. Era esausta da ore passate in quel posto con la terribile compagnia di Anderson.  
Fece per prendere la bacchetta ma Luke fu più veloce e nello stesso istante in cui Abigail riuscì a sfiorare l'oggetto di legno, il Corvonero la disarmò. La ragazza rimase immobile con le mani sull'erba bagnata, alzò lo sguardo furiosa senza dire una parola. Non aveva più forze neanche per ribellarsi.  
Luke rise ancora, si chinò verso di lei e puntò la bacchetta dritta contro la gola per farle capire che era arrivato il momento.  
"Crucio!" pronunciò con voce bassa.  
La Grifondoro con tutta la voce che aveva iniziò ad urlare dal dolore.  Continuò a gridare sempre più forte per farsi notare da qualcuno nonostante sapesse che non l'avrebbe sentita nessuno, erano solo lei e Luke al termine della foresta proibita.  
Provò ancora una volta a gridare, ma l’ urlo le morì in gola.  
Era finita.  


Abby continuava a muoversi agitata nel grosso letto dalle coperte rosse e pesanti, con il pigiama bagnato di sudore.   
"Abby! ABBY! Svegliati!" 
Sophie era davanti a lei e cercava in ogni modo di svegliarla. L'aveva sentita urlare e preoccupata si era fiondata verso il suo letto. 
Erano alcuni secondi che scuoteva l'amica per farla alzare ma quest'ultima sembrava non sentirla, come paralizzata nel sonno.  
"Abby ti prego svegliati!" urlò ancora una volta Sophie. Non era la prima volta che scene come quella si ripetevano durante la notte ma non era mai successo che Abigail urlasse in quel modo. La compagna Grifondoro si era accorta parecchie volte che Abby muoveva agitata nel letto ma non si era mai preoccupata troppo vedendo come l'amica sembrasse rilassata a riguardo.  
Quella notte però Sophie era rabbrividita nell'udire la voce urlante di Abby e vederla in quello stato l'aveva sconvolta. 
Stava quasi tremando.  
"Abby!" continuò prendendo il viso della ragazza tra le mani. Doveva svegliarsi, era già passato troppo tempo. Non era normale che non aprisse gli occhi dopo tutto il rumore che aveva fatto e dopo i numerosi strattoni.  
"Sophie?" disse la Grifondoro di colpo, biascicando e aprendo di pochissimo gli occhi. Aveva uno sguardo impaurito e delle gocce di sudore le imperlavano il viso.  
Avrebbe solo voluto abbracciarla: l'aveva salvata.  
"ODDIO stai bene?!" chiese Sophie con gli occhi sgranati mentre le metteva una mano sulla fronte, la sua temperatura corporea era sicuramente più alta del normale.  
Abby guardò per alcuni secondi l'amica come volesse ispezionarla: aveva un pigiama rosso a quadretti ed era senza occhiali. Si guardò attorno e capì che non era più nella foresta ma nel suo dormitorio. 
Abbassò lo sguardo e si rese conto di essere ancora nel letto: nessuno l'aveva salvata, aveva solo fatto un altro incubo.  
"Mh? Cosa?" mugugnò la ragazza cercando di riprendersi dal sogno e cercando di capire cosa fosse reale e cosa no.  
Non ci voleva credere: aveva di nuovo sognato Luke.  
"Mi hai fatto prendere un infarto!!!" gridò Sophie tenendosi una mano sul cuore.  
"Io?" chiese Abby, ancora assonnata e confusa. Non le era ancora ben chiaro cosa stesse succedendo davvero.  
"Si proprio tu! Stavi urlando come una forsennata!" continuò l'altra ragazza cercando di tranquillizzarsi dopo il terribile spavento.  
"Urlavo?" domandò lei corrugando la fronte. Aveva ancora limpida la scena di lei per terra davanti a Luke ma doveva far finta di niente. Chiuse gli occhi e scosse la testa per rimuovere i pensieri.  
"Si urlavi eccome, in più non ti svegliavi!" 
Sophie si era alzata dal letto dell'amica e stava camminando avanti e indietro facendosi aria sul viso per calmarsi.  
"Ovvio che non mi svegliavo stavo dormendo" disse tranquilla Abby che voleva sembrare più serena possibile, ma dentro era tutto l'opposto: il cuore le batteva all'impazzata e sentiva ancora gli occhi di Anderson addosso.  
"Non stavi solo dormendo Abigail, stavi urlando come se qualcuno ti stesse torturando!" 
Sophie si mise una mano nei capelli, sembrava più agiata lei della compagna.  
Abby la guardava attenta, le sue parole l'avevano riportata nella foresta scura e la nausea le salì di colpo.  
"Era solo un incubo… non esagerare" disse la mora che intanto si era messa seduta sul letto e guardava storto l'amica che non aveva alcuna intenzione di ascoltarla.  
"Solo un incubo Abigail? Cosa stavi sognando? Me lo dici?" chiese ancora puntandole gli occhi addosso.  
"Ho fatto solo un brutto sogno, a volte mi succede… e non chiamarmi Abigail" rispose la ragazza coprendosi il volto con le mani.  
"Ti chiamo Abigail finché non mi dici cosa hai sognato" continuò la Grifondoro che si era già messa gli occhiali per vederla meglio.  
"Ho… Ho sognato che… un animale mi aggrediva!" mentì, cercando di essere più convincente possibile.  
"Vallo a raccontare a qualcun'altra, non ci credi neanche tu a quello che dici!"  
"Dai Sophie, non è successo niente… Ora lasciami dormire."  
"No! Ora troviamo una soluzione a tutto questo, è da un po' che sono preoccupata e non te l'ho mai detto se no mi davi della solita rompiballe!" Sophie la guardava con sguardo severo. 
"Stai facendo la rompiballe ora… voglio dormire ti prego" piagnucolò Abby, facendo gli occhi dolci. 
"Abby non è normale che ci abbia messo così tanto tempo per svegliarti e non è normale che tu urlassi! Non mi frega di quello che pensi, dobbiamo parlarne con qualcuno!" continuò Sophie ignorando palesemente quello che le avesse appena detto. 
"Possiamo discuterne domani mattina per favore? Giuro che farò tutto quello che dici ma ora sono stanca e non capisco neanche cosa vaneggi…" Abby si era coricata di nuovo nel letto e si era coperta il viso con il piumone rosso, segno che non avrebbe ascoltato una parola in più. 
"Ma cosa devo fare con te? Mi farai diventare matta!" disse Sophie alzandosi dal letto continuando a guardare in direzione dell’amica. 
"Ne parliamo domani, ora dormi pure tu, sono le quattro di notte… Ci penseremo meglio appena sveglie" continuò Abby da sotto le coperte spesse. 
"Se domani non mi dai retta vado a parlare io di persona a Silente" ringhiò Sophie coricandosi a sua volta nel suo letto. 
"Tutto chiaro, buonanotte Sof" sussurrò Abby sbadigliando.  
"Buonanotte un corno!" urlò Sophie innervosita e ancora spaventata.  
Abby però non chiuse occhio; era riuscita a convincere l'amica Grifondoro a parlarne più tardi ma sapeva che il giorno dopo non sarebbe potuta scappare dai discorsi di Sophie. Era già preoccupata di suo e vedere così angosciata la sua amica aveva fatto andare la sua ansia alle stelle. Inoltre ogni volta che provava a chiudere gli occhi le sembrava di ritornare direttamente all'incubo tremendo; aveva paura di riaddormentarsi: non voleva rivivere quelle terribili sensazioni di nuovo.  
Sentiva anche lei che la situazione stesse peggiorando a vista d'occhio e non sapeva cosa fare o cosa pensare. Non voleva confessare niente a Sophie, se aveva avuto una reazione del genere dopo averla vista in quello stato, chissà come avrebbe reagito a scoprire che il tutto andava avanti da mesi. Eppure si era convinta che da quel giorno avrebbe dovuto davvero trovare un modo per risolvere il problema, a costo di raccontare una minima parte di tutto quello che le stava succedendo. 
Anche Sophie non riusciva a non pensare a nient’altro che al recente accaduto. Non riusciva a dormire, era agitata per l'amica e passò le restanti ore prima della sveglia a pensare a come poteva aiutarla. Parecchie idee le vennero in mente: parlarne con qualche professore, cercare di creare qualche potente pozione soporifera, ma era chiaro che la soluzione migliore fosse portarla la mattina stessa in infermeria. Madama Chips sicuramente avrebbe saputo come aiutarla a dormire meglio ed evitare quelle reazioni esagerate che l'avevano spaventata diverse volte.  
Arrivarono presto le sette del mattino e Sophie era già seduta da un’ora sul bordo del suo letto, aveva appoggiato i gomiti sulle ginocchia e si teneva la testa tra le mani. Sospirava mentre si mangiava le unghie. Non aveva smesso un attimo di pensare e ripensare a quella notte. Non riusciva a capacitarsi di come la Grifondoro fosse così tranquilla dopo quella scena. Ogni tanto lanciava uno sguardo verso Abigail per vedere se stesse ancora dormendo finché non la vide stiracchiarsi sbadigliando. La ragazza aprì un occhio e guardò Sophie, sentendo i suoi occhi puntati addosso. 
“Che ci fai già pronta?” chiese con voce roca e gli occhi socchiusi. 
"Dobbiamo andare in infermeria, subito!" disse ansimando dopo essersi alzata in piedi. Era già vestita e truccata per scendere dal dormitorio da più di mezz'ora.  
“Buongiorno anche a te!” biascicò Abby spostando le coperte da davanti a sé. Sophie la guardò seria alzando un sopracciglio. 
"In infermeria? A fare cosa?" continuò Abby ancora frastornata.  
"È da giorni che non dormi, non credere che non me ne sia accorta! Andiamo a vedere se si possa trovare una soluzione!" rispose Sophie secca mentre cercava le sue scarpe per uscire.  
"Io non ci vado in infermeria, era solo un incubo… E poi non è vero che non dormo"
Abby si sedette e posò i piedi a terra.  
“Ancora con questa storia, non era un semplice incubo e non dirmi che non sei spaventata anche tu. Ora alzati!” Sophie l’aveva presa per un braccio e cercava di farla alzare. 
"Non mi alzo, stai esagerando… Lasciami in pace" disse Abby, spintonando l'amica per poi buttarsi nuovamente sotto le coperte.  
"Io sono estremamente preoccupata quindi ora ti alzi e andiamo in infermeria" disse Sophie alzando le coperte del letto e tirando su l'amica.  
"Non ci voglio andare in infermeria" piagnucolò Abby.  
In fondo sapeva che Sophie aveva ragione, prima o poi doveva fare qualcosa. Era giorni che non dormiva e magari così qualcuno l'avrebbe potuta aiutare. Forse le avrebbero potuto dare qualche pozione per dormire meglio o capire la causa delle sue notti insonni. 
“Ieri notte hai detto che mi avresti ascoltato quindi ora ti alzi e ci andiamo senza fare storie.” “Dico tante cose… Ti ripeto che non ci voglio andare” ribadì Abby con la faccia disgustata. 
"Lo so, ma vedrai che ti daranno qualcosa e da stanotte non avrai più incubi! Sarai anche Abigail Hill ma ogni tanto puoi farti aiutare da qualcuno." 
Sophie era in piedi davanti all'amica ancora mezza addormentata che la guardava dubbiosa. Stette alcuni secondi a fissarla con le braccia incrociate.  
"Per favore ascoltami una buona volta" continuò.  
Abby lesse la preoccupazione nei suoi occhi e si convinse che era la cosa giusta da fare.  
"Io non ci sto da sola in quel posto lugubre" bofonchiò prima di scendere dal letto.  
"Prometto che starò con te" disse Sophie felice che l'amica avesse accettato di farsi aiutare. Si avvicinò alla ragazza e l’abbracciò forte, pensava che ci avrebbe messo più tempo a persuaderla. Abigail sapeva che non poteva andare avanti in quel modo a lungo, ormai faceva fatica anche a studiare e a concentrarsi tanto era stanca. Persino fare colazione era diventato complicato per colpa della nausea che non andava via dopo quei terribili incubi; si sforzava di mangiare per avere le forza di affrontare una nuova giornata ma sembrava avere sempre lo stomaco sottosopra. 
La ragazza si stropicciò gli occhi ancora una volta per poi andarsi a cambiare.  
Una volta pronta si fermò al centro della stanza e si mise una mano sulla fronte, le stava venendo un forte mal di testa e la nausea sembrava aumentare. Stette immobile stringendo gli occhi sperando che quella sensazione le passasse.  
“Stai bene?” chiese Sophie mentre si legava le scarpe nere, puntando gli occhi sull’amica. 
“Si, tutto bene… dobbiamo andarci per forza?” rispose, risedendosi sul letto, aveva accettato la proposta di Sophie ma non ne era ancora totalmente convinta. Tutta quella situazione la spaventava, aveva paura che qualcuno potesse scoprire tutto o semplicemente che Madama Chips potesse dirle cose che non voleva sentire.  
“Si Abby, anzi è meglio avvisare anche Summer quindi andiamo a cercare prima lei” disse Sophie facendosi strada verso l’uscita del dormitorio. 
“Andiamo?” chiese Sophie, vedendo come l’amica fosse abbattuta. Abigail annuì seria e le due iniziarono ad incamminarsi. 
Non voleva andarci ma vedere la compagna di dormitorio così preoccupata l’aveva colpita. Il fatto poi che avesse scoperto di aver urlato durante il sonno l’aveva spaventata, era la prima volta che succedeva e sapeva che non era un buon segno. 
Un conto è fare un incubo ogni tanto, un conto è dimenarsi tutte le notti fino ad arrivare a gridare. Abby continuava a guardare in basso, dava la colpa al fatto che fosse ancora assonnata per non aumentare le preoccupazioni dell’amica ma aveva mille pensieri nella testa.  
Se anche nei prossimi giorni dovessi urlare nel cuore della notte? 
Non poteva certo svegliare sempre tutti in quel modo. 
Perché Sophie ha detto che non riusciva a svegliarmi? E se fossi rimasta intrappolata nel sogno? 
Scosse la testa per allontanare tutti quei pensieri.  
Doveva rimanere lucida e pensare a cosa inventarsi una volta arrivata in infermeria, non sapeva se dire la verità o mentire.  
Decise che la cosa giusta da fare fosse raccontare il reale sogno ma senza fare riferimento ai particolari che tanto la spaventavano, doveva solo dire che aveva sognato qualcuno di indefinito che tentava di ucciderla e così non era riuscita a dormire. Niente di più. Nessun accenno ad Anderson e al fatto che l’incubo si ripetesse quasi identico ogni notte. 
Le due Grifondoro camminarono per un po’ in silenzio una affianco all’altra. Abigail trascinava i piedi stanca mentre Sophie, essendo sveglia da ore, era piena di energia e camminava a passo svelto. 
Mentre stavano scendendo gli ultimi gradini delle grosse scale, videro in lontananza Summer che si stava dirigendo verso la Sala Grande per fare colazione.
“Sum!” urlò Sophie per richiamare la ragazza. La Tassorosso si girò verso la voce conosciuta e non appena vide le due amiche, gli corse incontro per abbracciarle. “E’ successo qualcosa?” chiese notando come le due Grifondoro fossero strane. 
“Abby ha di nuovo fatto un incubo” spiegò Sophie guardando l’amica. 
“Stai bene? Cos’è successo?” domandò Summer che la fissava preoccupata e ansiosa di sapere come stesse. 
“Sto bene, è Sophie che esagera sempre.... ho solo fatto un brutto sogno” disse Abby abbassando lo sguardo. 
“Un incubo che l’ha fatta urlare più volte” aggiunse Sophie. 
“Hai urlato??” chiese Summer strabuzzando gli occhi. Aveva letto più volte durante le sue ricerche di divinazione le diverse conseguenze dei brutti sogni, e urlare fino a svegliare altri non era mai positivo. 
“E come sai non è la prima volta che fa cose strane di notte” continuò Sophie. 
“Parlate di me alle mie spalle?” chiese Abby notando come Sophie avesse menzionato di aver già parlato con Summer dello strano comportamento dell’amica durante la notte. 
“Non mi sembra che tu ci dia molte informazioni a riguardo” commentò Summer con sguardo truce. 
“Perché non c’è niente da dire” Abigail sbuffò alzando gli occhi al cielo. Cercava di stare calma ma dentro stava esplodendo. 
“Pensavamo di andare in infermeria, magari possono fare qualcosa” spiegò Sophie a Summer che le ascoltava attenta.  
“Ottima idea, sicuramente può darti qualcosa per dormire” aggiunse Summer. 
Le tre amiche così si diressero verso l’infermeria e una volta arrivate davanti, entrarono insieme spingendo con forza la pesante porta. Madama Chips, non appena sentì il rumore, si allontanò dal fondo della stanza dove stava ritirando alcuni medicinali per avvicinarsi. 
“Buongiorno ragazze, posso aiutarvi?” chiese la donna fissando le tre studentesse. 
“Buongiorno, la nostra amica si è messa ad urlare nel cuore della notte, in più non riuscivo a svegliarla in nessun modo, ci siamo preoccupate e abbiamo pensato di venire qui” iniziò Sophie raccontando senza fare una pausa il motivo della loro presenza. 
"Cos'è successo?” disse Madama Chips rivolgendosi ad Abigail che ora la guardava preoccupata nel sentire cosa stesse per dirle. “Come ti senti?” continuò. 
“Sono solo assonnata, sto bene e non è successo nient-” provò a dire la ragazza ma venne interrotta bruscamente da Sophie che non la smetteva di parlare. 
“Non la ascolti, non sta bene, è da giorni che non dorme e si agita di notte ma stanotte è stato peggio.” Madama Chips affrontò la fronte titubante.  
“Che strano già un altro ragazzo è venuto ieri dicendo che è da giorni che non dorme” disse per poi tornare a guardare la ragazza in questione. “Cosa hai sognato stanotte di preciso?” 
“Ehm… ho sognato...” iniziò Abigail prendendo tempo. “Ho sognato che qualcuno mi faceva del male, per questo urlavo penso... ma niente di più” spiegò tentennando. 
“Può capitare, non è nulla di grave… fai sempre incubi per questo non riesci a dormire bene?” chiese ancora Madama Chips per capire meglio. 
“Si, ma non mi capita tutte le notti… cioè una volta ogni tanto.” “Abby devi dire la verità” disse ad alta voce Summer. 
“La sto dicendo, non mi capita tutte le notti.” 
“Bene, sogni sempre la stessa cosa più volte?” domandò la donna, non curandosi delle due ragazze che interrompevano sempre la Grifondoro. 
Abigail stette in silenzio. Non sapeva cosa rispondere. 
“No.… nono” ripetè. 
“Allora non è niente di grave, ho qualcosa che fa per te! Fortunatamente ho già tutto fuori perché ho dato dei rimedi simili anche ieri all'altro ragazzo. Anche se lui sembrava messo peggio” disse la donna dai capelli grigi prima di allontanarsi a prendere il necessario. 
Abigail rabbrividì.  
Forse avrei dovuto dire la verità?, pensò. La preoccupazione aumentò quando iniziò a pensare alle parole di Madama Chips. Non era nulla di grave solo perché non aveva detto quello che sognava davvero e come stavano veramente le cose. 
“Stai tranquilla Abby, hai visto che non è niente” provò a tranquillizzarla Summer vedendo lo sguardo perso dell’amica. 
“Dovevamo venirci prima, vedrai che ora starai meglio” aggiunse Sophie mettendole una mano sulla spalla. 
“Ecco” disse Madama Chips mostrando due boccette piene di un liquido scuro. 
“Ora però la vostra amica deve stare un po’ di tempo qua, deve riposare almeno un paio di ore quindi se non vi dispiace dovete andarvene e lasciarla da sola” continuò prendendo per un braccio Abigail. 
“Non può rimanere qualcuno con me?” chiese la ragazza preoccupata dall’idea di stare da sola in quel posto nonostante fosse pieno giorno. 
“No, tu devi dormire, non ha senso che perdano il loro tempo mentre tu dormi, non seguendo le lezioni” disse secca. 
Abigail le guardò perplessa, non voleva stare in infermeria da sola. Quel luogo l'aveva sempre terrorizzata.  
“Ti passiamo a trovare non appena sarai sveglia ora cerca di riposare” disse Summer salutando l’amica. 
“Vedrai che non ti accorgerai nemmeno della nostra assenza e quando ti sveglierai saremo qua” aggiunse Sophie abbracciandola. 
Così le due ragazze furono costrette ad uscire e a incamminarsi verso l’aula della prima lezione. Abigail intanto stava per avere un attacco di panico, non solo doveva affrontare i mille problemi che tanto la angosciano, doveva affrontarli in uno dei posti che più odiava.  
Sperava che Madama Chips potesse aiutarla ma qualcosa dentro di lei le diceva che non sarebbe stato così semplice. Per questo non aveva mai chiesto aiuto, oltre ad altri innumerevoli ragioni, sapeva che non sarebbe stato facile farla dormire serenamente come mesi prima.  
"Vieni, siediti qui." La voce del l'infermiera la risvegliò dai suoi pensieri.  
Sospirò, ormai era lì e doveva tranquillizzarti altrimenti anche Madama Chips si sarebbe insospettita.  Già le sue amiche avevano capito più del dovuto e questo la allarmava non poco. Non immaginava che sospettassero qualcosa e nemmeno che ne avessero già parlato.  
Doveva stare più attenta, era meglio per tutti che non sapessero nulla dei suoi incubi. Nessuno doveva scoprirlo altrimenti le avrebbero dato della pazza.  

 

 II 

“Non ha detto la verità!” commentò preoccupata Summer non appena lei e Sophie furono uscite dall’infermeria. “Tu mi hai detto che sono settimane che la vedi agitarsi nel sonno, e abbiamo notato entrambe come sia stanca la mattina, è chiaro che fa degli incubi ogni notte, ma perché non ammetterlo? Così non può essere sicura che Madama Chips l’aiuti al meglio!” 
La Grifondoro accanto a lei fece un ampio sbadiglio; aveva l’aria stanca e provata da quella notte di sonno interrotto. “Se pensi che non voleva neanche andare in infermeria... ho dovuto praticamente minacciarla, ma sono convinta di aver fatto la cosa giusta...” 
“Assolutamente Sof” concordò Summer, posando una mano sulla spalla dell’amica. “Se lei non vuole ammettere che c’è qualcosa che non va non vuol dire che anche noi dobbiamo fare finta di nulla, ci preoccupiamo per lei ed è normale che cerchiamo di aiutarla. Ah, giuro che a volte mi fa impazzire quella ragazza!” 
“Però non capisco” fece Sophie, pensierosa, “so che detesta l’infermeria e non vorrebbe andarci neanche se si fosse beccata un Sectumsempra, ma questa volta mi è sembrata diversa, sento che c’era qualche motivo più profondo, e hai notato come era elusiva di fronte alle domande di Madama Chips?” 
“Per non parlare di come è strana ultimamente...” continuò per lei la Tassorosso. “Credo che cerchi di nasconderlo ma si vede che è sempre altrove con la testa, e ultimamente sembra di più in più tesa e preoccupata, quasi spaventata a tratti... le succede qualcosa di notte; sì, sono sicura che ci sia qualcosa di strano in questa faccenda.” 
Sophie tentennò un momento, poi disse, la voce un po’ esitante: “Sai Sum, ci ho pensato e.… forse un modo per scoprire qualcosa di più su cosa le sta succedendo c’è... potrei andare a prendere in dormitorio il diario dei sogni che sta tenendo per il compito di Divinazione e potremmo leggerlo, magari lì troveremmo qualche risposta...” 
“Non so Sof, ok che è per un compito, ma non credo che Abby vorrebbe leggessimo quel diario senza il suo permesso. Io di sicuro non vorrei che lo faceste con me... e poi non hai visto come faccia sempre attenzione a non mostrarci cosa ci scrive sopra?” 
“Lo so, lo so, l’idea non piace nemmeno a me. Ma non vedo davvero cos’altro fare per aiutarla e sono sicura che abbia bisogno del nostro aiuto. Di qualsiasi cosa si tratti, non deve affrontarla da sola e sai com’è lei, non ce ne parlerà mai di sua spontanea volontà!” 
Erano arrivate davanti all’ingresso della Sala Grande. Summer ponderò i ragionamenti dell’amica e concluse che aveva ragione.  
“Va contro i miei principi, ma si tratta di aiutare Abby, quindi ci sto.” 
“Perfetto” disse Sophie, un po’ tesa. “Allora mi sbrigo a far colazione e salgo in dormitorio a cercare il suo diario, poi nell’intervallo lo leggeremo insieme e poi...”
“...e poi vedremo.” 
“Già.” 
Nonostante avessero preso una decisione che speravano potesse aiutare la loro amica, le due ragazze non erano entusiaste di invadere così la sua privacy. 
“Ci sono già Ed e James” commentò Sophie, facendo per dirigersi verso i due Grifondoro. Poi aggiunse, vedendo l’espressione sul volto della compagna: “Dai Sum, vieni a sederti con noi, ti prometto che faranno i bravi!” 
“Non offenderti Sof, ma mi andrebbe di traverso la colazione, preferisco evitare. Tu vai, tranquilla, ci vediamo poi a lezione.” 
Sophie si allontanò rassegnata verso il tavolo dove i due ragazzi erano seduti e stavano cominciando a mangiare. Si accomodò accanto a Edward e lo salutò con un bacio; il ragazzo, notando la sua aria stanca, cominciò ad occuparsi lui della sua colazione, versandole del latte in una grossa tazza e riempiendo un piattino con dei biscotti al cioccolato. Sophie lo ringraziò con un sorriso riconoscente e si strinse un po’ di più a lui sulla panca. 
James dal canto suo, non aveva ancora aperto bocca e guardava ora Sophie con gli occhi ridotti a due fessure. All’improvviso sbottò: “Lei dov’è?” 
Sophie trasalì di fronte al tono brusco del ragazzo. “Pensavo Edward te lo avesse detto, gli ho mandato un messaggio stamattina presto per dirgli...” 
“...di non aspettarti per scendere insieme dopo il bacio del buongiorno, come ogni giorno fate voi due piccioncini, perché avresti accompagnato Abby in infermeria” la interruppe James. “Sì, sì, tutto molto bello Forbes, ma ora dov’è?! Non può essere rimasta in infermeria, non può stare male! Cos’ha? È grave?” 
“Ehi calmati amico” intervenne Edward, sorpreso. “Non è sicuramente nulla di grave, non pensi che altrimenti Sof non sarebbe qui a mangiare tranquilla e ce lo avrebbe detto? Comunque stavo per chiederti più o meno la stessa cosa, anche se in altri toni, come è andata in infermeria?” 
Sophie stava studiando di James. Si vedeva che la sua era una reazione sincera, ma non era usuale vederlo preoccuparsi così per qualcuno che non fosse se stesso. Doveva ricordarsi di dirlo ad Abby, le avrebbe fatto piacere. L’amica poteva continuare a dire che James non faceva sul serio con nessuna quanto voleva, ma Sophie era sempre più convinta che il ragazzo ci tenesse davvero tanto ad Abby, che ci tenesse seriamente. 
“Abby sta bene, tranquilli” li rassicurò. “Si è svegliata che non stava molto bene così l’ho accompagnata in infermeria, ma Madama Chips ha assicurato che con una mattinata di riposo si riprenderà perfettamente, quindi sta semplicemente recuperando le forze in infermeria.” 
Sophie preferì non fare nessun accenno all’episodio avvenuto quella notte, né agli incubi dell’amica. Nonostante avesse già deciso di violare la sua intimità leggendo il suo diario dei sogni, restava convinta che si trattasse di qualcosa di personale: sarebbe stata Abby, eventualmente, a parlarne con i due Grifondoro.  
Nel frattempo, Summer aveva finalmente adocchiato Frank all’estremità del tavolo più lontano di tutta la Sala Grande. Si diresse verso di lui, ma fu costretta a bloccarsi a circa metà strada: nel tavolo accanto al quale stava passando, Jake Allen stava facendo colazione in compagnia di Thomas Blake, Paul Rew e Andy Rocket. Quest’ultimo, vedendo passare la ragazza, fischi  nella sua direzione e le urlò dietro: “Passata una serata a luci rosse ieri Evans?” 
Summer si irrigidì e si voltò di scatto verso Jake, con un lampo accusatorio nei suoi occhi chiari. Il ricordo della serata trascorsa con il ragazzo il giorno prima era ancora piacevolmente impresso nella sua mente, insieme a quel misto di soggezione e al tempo stesso di benessere che le aveva lasciato il tempo trascorso con il Serpeverde; ma se mai avesse scoperto che Jake aveva messo strane voci in giro sul suo conto, l’avrebbe ucciso. 
“Ehi ehi non guardarmi così Evans” affermò però Jake, sventolando tranquillamente in segno di diniego il toast che stava imburrando. “Ti assicuro che io non ho raccontato proprio niente a nessuno. Semplicemente, hanno notato che non ho più una parte della divisa, e Andy... beh, Andy salta a conclusioni tutte sue e non ci posso far niente.” 
“Ah! Quindi ammetti che c’è qualcosa da raccontare! Dai Jake, da quando in qua ti fai pregare per vantarti delle tue conquiste?” esclamò il ragazzo in questione, battendo un pugno sul tavolo e ammiccando. 
Summer, alle parole di Jake, si era subito rilassata: credeva al ragazzo, e fu contenta di non essere stata delusa da lui. Tuttavia, cercò di rimanere impassibile di fronte al sorrisetto che Jake le rivolse: non poteva lasciarsi andare di fronte a tutti, e aveva ancora una cosa da sistemare, quel Rocket non poteva reggerlo, era così viscido che le faceva venire la nausea.  
“Non c’è niente di cui vantarsi perché non sono una delle sue conquiste, e tu sei ripugnante Rocket” precisò, lanciando uno sguardo di fuoco al Serpeverde. Quello ghignò sguaiatamente e aprì la bocca, evidentemente per fare una qualche sua altra battuta squallida, ma Summer fu più veloce: estrasse la bacchetta     dalla     tasca     della     tunica     e,     puntandogliela     contro,     esclamò: “Languelingua”.  Immediatamente, la lingua del ragazzo si incollò al palato e quello si portò le mani alla gola, aprendo e chiudendo la bocca ma senza più riuscire a parlare. 
Attorno a lui, i compagni Serpeverde scoppiarono a ridere e Paul Rew non poté trattenersi dal commentare: “Ci sa fare la ragazza eh Andy? Fossi in te starei attento a cosa dici su di lei!” 
“Non ti riconosco quasi Evans, un prefetto che fa un incantesimo in piena Sala Grande con il rischio di essere vista da un professore, non è da te” la rimbeccò invece Jake; il suo tono di voce era colpito e divertito al tempo stesso.  
Summer si rivolse verso di lui. Con un movimento della bacchetta evocò la tunica del ragazzo che aveva lasciato piegata nel dormitorio e gliela fece apparire accanto. “Ecco, ora siamo a posto. E Allen, puoi tenere a bada il tuo cagnolino? Così non ci devo pensare io, grazie” aggiunse Summer, puntando con disprezzo un dito verso Andy Rocket, che la guardava ora con odio e paonazzo per la figura che la ragazza le aveva appena fatto fare, ma che ancora non poteva ribattere a causa dell’incantesimo da cui era stato colpito.  
Jake si limitò a ridacchiare, guardando la Tassorosso compiaciuto con approvazione e stima crescente. 
La ragazza, che aveva in realtà reagito così d’impulso da stupire anche se stessa, ora non sapeva più bene cosa fare. Fece per allontanarsi, ma fu fermata da Thomas, che fino a quel momento non era intervenuto. 
“Summer, per caso oggi non siete riuscite a buttare giù dal letto quella dormigliona di Abby? Ho notato che non è né con te né con Forbes...”  
Summer registrò meccanicamente che Thomas aveva chiamato Sophie per cognome, cosa che non aveva più fatto ultimamente, e decise di rifletterci meglio più tardi; non aveva ancora abbandonato la convinzione che ci fosse qualcosa di strano in lui quando si trattava della Grifondoro. Comunque, la voce del ragazzo era amichevole e Summer si ritrovò a sorridergli automaticamente: provava d’istinto simpatia nei suoi confronti.  
“In realtà quando si è svegliata non stava molto bene, quindi l’abbiamo accompagnata in infermeria, ed è rimasta lì. Però non è nulla di grave, davvero!” si affrettò ad aggiungere, notando come Thomas avesse cambiato espressione e si fosse irrigidito dalla preoccupazione sentendo quella notizia. 
Il Serpeverde si alzò in fretta. “Grazie per avermelo detto, vado subito a vedere come sta!” 
“Ma davvero sta bene non devi preoccuparti, in più Madama Chips ha cacciato me e Sophie dicendo che Abby doveva riposare, quindi non credo te la farà vedere..."
“Devo accertarmene con i miei occhi, e Abby è come una sorella per me, che ci provi a bloccarmi la Chips!” 
Detto questo, Thomas si allontanò in fretta, senza guardarsi indietro. Summer rimase a osservarlo per un momento, finché la voce di Jake non la riportò alla realtà. “Ancora qua Evans? Che c’è, vuoi fermarti a fare colazione con noi?” 
“Ti piacerebbe Allen.” 
Summer se ne andò, ma prima di voltarsi non poté impedirsi di rivolgere un fugace sorriso complice al ragazzo, che ricambiò. 
Quando raggiunse Frank, lo trovò che la fissava con occhi sgranati.  
“Oddio Sum ma hai davvero appena rimesso al suo posto Andy Rocket davanti a tutto quel gruppo di Serpeverde affatturandolo?!” le chiese tutto d’un fiato, stupito e ammirato. “Chi sei tu? Cosa ne è stato della timida e riservata Summer Evans?” 
Summer si sedette accanto all’amico e si accorse di star tremando leggermente. Non poteva credere di aver davvero appena tenuto testa al gruppo di Serpeverde più popolari della scuola, da sola. Certo, la presenza di Jake e la confidenza che aveva acquistato grazie al tempo passato con lui le erano stati d’aiuto, ma la sua audacia aveva stupito anche lei stessa: prima di allora mai avrebbe osato comportarsi con così tanta sicurezza davanti a tutti. Tuttavia, nonostante ora che l’adrenalina stava calando cominciasse ad avvertire un fremito d’orrore per l’essere stata così intrepida ed essersi esposta in quel modo, lei che tanto odiava stare al centro dell’attenzione, si sentiva interiormente soddisfatta.  
Alzò le spalle e rispose a Frank con un sorriso debole: “Quella Summer Evans sta imparando a farsi valere, come avrebbe dovuto fare già da tempo”. 
“Non fraintendermi” si affrettò a specificare l’amico, “non mi dispiace affatto come cosa, però credo tu non capisca come tu mi renda la vita difficile così facendo! Sai che per principio non spargo pettegolezzi sulle mie migliori amiche, ma sempre più gente mi chiede di te e Allen, e io cosa dovrei dire??” 
Summer rise suo malgrado, scuotendo la testa. “Certo che sono davvero gravi i tuoi problemi, povero Frank!” 
“Ridi, ridi” le fece il verso lui, serissimo e sconvolto dal fatto che l’amica non capisse la gravità della situazione in cui lo faceva ritrovare, “sui tuoi rapporti con Jake Allen e su qualsiasi cosa mi racconti posso mantenere il segreto di amicizia... ma non pensare che possa tacere quanto hai fatto a Rocket, la notizia girerà comunque e non posso lasciarmi soffiare lo scoop!” 
In effetti, Summer notò che non poche persone la stavano guardando. Due ragazzine di Grifondoro, in particolare, sedute poco più in là, parlottavano tra di loro e indicavano prima lei e poi il gruppetto di Jake Allen; inoltre, il fatto che quest’ultimo fosse sceso a far colazione senza la tunica della divisa, e che la stesse indossando solo ora dopo averla ricevuta dalla Tassorosso, non era passato inosservato e stava attirando verso di Summer non pochi sguardi curiosi di cui avrebbe fatto volentieri a meno. 
“Cerca solo di non esagerare Frank” lo implorò, sapendo che l’amico aveva ragione: aveva agito davanti a troppi testimoni, la notizia sarebbe circolata comunque. “Comunque, lascia perdere ora, devo raccontarti di Abby...”  
Summer abbassò la voce e aggiornò Frank su quanto accaduto quella notte nel dormitorio femminile della torre di Grifondoro, sugli eventi della mattina in infermeria e sulla decisione presa da lei e Sophie di leggere il diario dei sogni di Abby.  
Alla fine del resoconto, Frank strabuzzò gli occhi e esclamò sconvolto, a voce più alta del necessario: 
“Cosa vorrebbe dire che Abby è ancora in infermeria?! Lei odia restare lì da sola!!!” 
“Frank abbassa la voce non ci serve pubblicizzare la cosa insomma!” lo riprese subito Summer, ma era troppo tardi. 
Thano, che stava passando accanto al loro tavolo in quel momento, li aveva sentiti. “Le mie orecchie mi ingannano o Hill è in infermeria?” chiese, con il suo solito tono saccente. “Devo dire che non mi stupisce, ero sicuro che la sua insolita e acuta mancanza di materia cerebrale le avrebbe causato del male più prima che poi.” 
“Ma tu apri quella fogna di bocca che ti ritrovi solo per dire cazzate?” 
Summer e Frank si guardarono a vicenda, convinti che fosse stato l’altro ad aver parlato: entrambi infatti avevano pensato più o meno la stessa cosa. Invece era stata una voce proveniente dal tavolo accanto ad aver ripreso Thano. 
“Io invece sono sicuro che la tua idiozia ti metterà nei guai, quindi sparisci che è meglio” continuò Luke Anderson, imperterrito. 
“Coglione” gli fece eco Liam Lewis, seduto accanto. 
Thano alzò il naso per aria e, con aria di superiorità, se ne andò .  
Luke si voltò quindi verso Frank e Summer, chiaramente in pensiero. “Cos’ha Abby, si è ammalata?” domandò, ignorando la gomitata di intesa che ricevette dall’amico. 
Poco più in là, si sentì una delle due ragazzine di Grifondoro dire distintamente all’altra: “Leah, hai sentito? Abigail Hill è malata!” 
“Sì, sì, guarda, in effetti non è con Walker e Richardson! Chissà se è grave...” Ora tutti stavano guardando Frank in attesa di risposte.  
Summer scosse la testa, incredula. “Finissi in infermeria io non se ne accorgerebbe nessuno!” borbottò, per poi aggiungere sottovoce, in modo che solo il compagno Tassorosso la sentisse, “Frank mi raccomando, questa volta discrezione...” 
Il ragazzo la rassicurò con un gesto: “Non ti preoccupare, questo è il mio campo so bene come fare il mio lavoro.”  
Quindi, Frank raddrizzò la schiena, si schiarì la voce e si rivolse con tono professionale verso il suo pubblico in attesa di informazioni: “Allora, suvvia, niente panico. Il vostro Frank è qui con le ultime notizie del momento, come sempre fresche fresche. La nostra Abby semplicemente stava poco bene stamattina, quando si è svegliata improvvisamente ha avuto un giramento di testa, cose che capitano sapete, e quindi...” 
Summer sospirò e cominciò a mangiare la sua colazione, ben decisa a rimanere fuori da quella storia.   

***

“COSA AVETE FATTO?!” sbraitò Abby, mettendosi a sedere di scatto, fuori di sé. 
Frank fece un salto indietro squittendo qualcosa che suonò indistintamente come un “io-non-c’entroniente-hanno-deciso-loro”. Sophie guardò spaventata l’amica e si affrettò a gettare un incantesimo Muffliato verso l’ufficio di Madama Chips, in modo che le loro voci non fossero più udibili da lì. 
Lei, Frank e Sophie erano corsi subito dopo la fine delle lezioni in infermeria per vedere come stesse Abby, ma soprattutto per parlarle. Nell’intervallo infatti, i tre amici si erano appartati in un’aula vuota per leggere il diario dei sogni della Grifondoro, e quello che avevano trovato all’interno li aveva lasciati a dir poco interdetti. Solo che la ragazza non stava prendendo molto bene il fatto che tre dei suoi amici più cari l’avessero pugnalata in quel modo alle spalle, ficcando il naso in affari che riguardavano lei e lei soltanto.  
Summer sembrò l’unica a non perdere il controllo. Si avvicinò minacciosa al letto di Abby e, guardandola severamente negli occhi, disse:” Abigail Hill, adesso smettila immediatamente e stammi a sentire. Sì, abbiamo letto il tuo diario dei sogni senza il tuo permesso. Sì, potrai rinfacciarcelo quanto vorrai in futuro. Ma l’abbiamo fatto per il tuo bene quindi ora ci dai delle spiegazioni e tieni il broncio per più tardi. Eravamo solo preoccupati per te, ultimamente c’è qualcosa che non va e ce ne siamo accorti. E dopo quanto successo stanotte... beh non puoi darci torto se abbiamo deciso che era ora di intervenire e fare qualcosa nella speranza di aiutarti a stare meglio.” 
Abby continuò a lanciare occhiate risentite attorno a sé, ma si decise a smettere di urlare arrabbiata.  
“Sì Abby, perdonaci” rincarò la dose Sophie, “lo sappiamo che non abbiamo fatto una cosa molto carina, ma mettiti nei nostri panni... tu non ci dici niente, anzi menti per sminuire la gravità della cosa, e noi vogliamo solo smettere di vederti stare così male! Ti prego, lasciati aiutare, parla con noi, siamo i tuoi migliori amici, non sei costretta a tenerti tutto dentro, siamo qui per te...” 
Abby sembrò infine abbandonare ogni ostilità davanti alla sincera preoccupazione delle due amiche; abbassò le spalle e assunse un’aria triste. Si passò stancamente una mano sul viso quindi, mordicchiandosi il labbro, disse: “E va bene... anche se non credo che possiate aiutarmi...” 
Frank, valutando che il pericolo sembrava essere stato scongiurato, si riavvicinò al letto della ragazza. Tirò fuori dallo zaino che aveva posato lì accanto il diario dei sogni di Abby e glielo sporse. “Abby, quello che abbiamo letto qui dentro è.… tremendo! Fai ogni notte praticamente lo stesso sogno, variano solo alcuni dettagli, ma in ognuno di questi tuoi... incubi... sei perseguitata e torturata, se non peggio!” 
“Da quanto va avanti, Abby?” chiese Sophie, guardando dispiaciuta l’amica che adesso si teneva il viso tra le mani, lo sguardo basso. 
“Da questa estate...” mormorò alla fine, sempre con gli occhi rivolti verso il pavimento, “gli incubi sono cominciati da un giorno all’altro, ma da allora non sono più smessi, anzi sono peggiorati notte dopo notte...” 
“E questo ragazzo che continui a sognare, quello che ti fa tutte quelle cose... è sempre lo stesso vero?” la incoraggiò ad andare avanti Sophie, con dolcezza. “Scrivi sempre “lui” come parlassi di una figura ricorrente, e.…” 
Sophie sembrò esitare e guardò furtivamente Summer, in cerca di aiuto, così fu l’amica a continuare per lei. “...e un paio di volte l’hai chiamato Luke. È quel Luke Abby? Cosa succede?” 
“Non lo so, non so cosa stia succedendo...” ammise con voce rotta Abby; sembrò che degli argini invisibili fossero crollati e le parole le uscirono come un fiume in piena: ora che aveva cominciato, ora che l’argomento era stato messo alla luce del sole, sembrava più facile andare avanti. “Sì, il ragazzo nei miei sogni è Luke Anderson. All’inizio, le prime notti, non riuscivo a vederne il volto con chiarezza, ma da quando è arrivato a Hogwarts non ho più avuto dubbi, l’ho riconosciuto, e gli incubi sono sempre più nitidi, anzi sono così nitidi che a volte mi sembra di confondere il sogno e la realtà, mi sembra di impazzire, sono costantemente stanca e nel cuore della notte mi sveglio terrorizzata, ho paura persino di addormentarmi, e non so, non so perché mi stia succedendo tutto questo, non ha alcun senso, non lo conoscevo neanche Anderson quando ho cominciato a sognarlo, e in ogni caso è tutto così assurdo perché ora che lo sto conoscendo mi sta pure simpatico, non ha nulla a che vedere con il mostro che mi tortura nei miei incubi, ma a volte lo guardo in aula e faccio fatica a essere razionale e dissociare il vero Luke da quello che sogno e... e io non ne posso davvero più di essere così stanca e confusa e spaventata!” 
Abby prese fiato, e si accorse di avere le lacrime agli occhi. Frank, perso ogni ritegno, si buttò ad abbracciare l’amica e fu immediatamente seguito da Sophie e Summer. I tre amici cercarono di infonderle in quell’abbraccio sicurezza e vicinanza, non era sola, ora c’erano loro lì con lei.  “Ragazzi così mi soffocate, e anche se potrebbe essere una soluzione ai miei problemi preferirei trovarne un’altra” annaspò Abby dopo un po’, cercando di dimenarsi dalla stretta degli amici. “Oh Abby, ma perché non ci hai detto niente prima?” le chiese Sophie, lasciandola andare seppur con riluttanza.  
“Non volevo farvi preoccupare, e al tempo stesso non volevo ingigantire la cosa coinvolgendo altri. Inoltre non avreste potuto aiutarmi, sono sicura che sia tutta solo una strana coincidenza e avevo paura che a parlarne con voi finissi con il dargli solo più importanza anche io...” 
“Però così facendo ti sei tenuta tutto dentro e sei stata solo peggio” la rimproverò Frank, severo. “Sono contento che adesso tu ce ne abbia parlato, forse non potremo aiutarti, hai ragione, ma per lo meno puoi condividere questo fardello e non devi più nasconderci quando stai male, è già qualcosa no? Così non imploderai! Da ora quando sarai spaventata o preoccupata per questa cosa, ricordati che noi sappiamo esattamente cosa ti sta succedendo e che potrai contare su di noi per supportarti e per provare a tirarti su il morale!”  
Abby finalmente abbozzò un sorriso e annuì. “Hai ragione, mi sento già un po’ meglio ora che vi ho confessato tutto.” 
“Certo, l’amicizia serve a questo: moltiplicare le gioie e dividere i dolori!” decantò Frank saggiamente, visibilmente più tranquillo anche lui.  
“Però io non sono convinta che si tratti solo di una strana coincidenza” intervenne Summer, che era rimasta in silenzio, pensierosa. “È tutto troppo strano, i sogni sono troppo ricorrenti e troppo uguali... non lo so, sento che c’è qualcosa di più sotto.” 
“Per non contare che hai mentito a Madama Chips!” aggiunse Sophie, che aveva ritrovato il suo tono da maestrino. “Non va bene così Abby, devi dirle tutto, altrimenti come potrà trovare un modo per farti stare meglio? Anzi no, Madama Chips non basta, dobbiamo rivolgerci a Silente, lui di sicuro saprà cosa fare! Su vieni, ti ci porto subito!!” intimò, afferrando Abby per un braccio e cercando di alzarla di forza dal letto. 
La ragazza, dal canto suo, guardò l’amica atterrita come se fosse impazzita. “Silente? Non se ne parla nemmeno! E mollami Sophie, non sei mia madre, lasciami stare, io non ci vado da Silente, non ce ne è alcun bisogno, stai esagerando e andando in paranoia come tuo solito!” 
“Dobbiamo-andare-subito-da-Silente-non-fare-la-bambina-Abigail-solo-lui-saprà-cosa-faredobbiamo-rimetterci-alla-sua-autorità” sibilò Sophie, preparandosi a sollevare di peso l’altra Grifondoro.  
“Summer ti prego aiutami tu” implorò Abby, dimenandosi per sfuggire alla presa di Sophie; Frank aveva di nuovo fatto due passi indietro, per sicurezza. “Sono convinta che non sia niente e che ora passerà, davvero, e non voglio che tutti mi prendano per pazza, ti prego Sum! Dille di smettere, Madama Chips mi ha già dato una serie di rimedi, non possiamo cominciare a vedere se funzionano quelle prima di disturbare il preside?” 
“Sof, lasciala stare, ha ragione lei. Non possiamo obbligarla, l’importante è che si sia aperta e che sappia di poter contare su di noi, ma ha diritto a scegliere cosa fare.”
Sophie sbuffò ma obbedì alla Tassorosso. Abby le si allontanò facendole una boccaccia.  
“Vedi perché non volevo dirti niente Sof? Tu sei pazza!” 
“E tu sei una bambina capricciosa!” 
“Sei fuori controllo devi farti curare!” 
“E tu non sai cosa sia meglio per te!” 
“Però Abby” disse Summer, sovrastando le voci delle altre due ragazze che continuavano a guardarsi di traverso, ognuna convinta di avere ragione, “devi prometterci che se le cose non miglioreranno non ce lo nasconderai e anzi ci permetterai di aiutarti. E a quel punto Sophie potrà accompagnarti da Silente se mai sarà il caso, ma solo a quel punto chiaro Sof?” 
Le due amiche si zittirono e non trovarono nulla da ridire; entrambe con le braccia incrociate, annuirono loro malgrado a quel compromesso. 
“In ogni caso, io farò qualche ricerca. Non so se sarà utile o meno, comunque magari potrei scoprire qualcosa che faccia luce su questa strana situazione e essere d’aiuto...”  Nessuno ebbe niente da ridire.  
Summer era convinta di quello che stava dicendo: non avrebbe saputo spiegarlo con esattezza, ma il suo intuito le diceva che c’era qualcosa di inquietante negli incubi di Abby, qualcosa di oscuro persino. Non lo commentò ad alta voce, per non peggiorare le ansie degli amici e non sembrare anche lei esagerata, tuttavia non aveva dubbi che aveva ragione a voler andare più a fondo in quella faccenda. 
Se lo sentiva. E difficilmente il suo intuito si sbagliava.  

 

 III 

Ottobre era trascorso velocemente, e con grande gioia per gli studenti era arrivata la sera del 31 ottobre. Il che voleva dire solo una cosa: Halloween. 
Nella scuola di magia e stregoneria di Hogwarts Halloween era forse la festività più attesa di tutte. A differenza di Natale infatti, tutti gli studenti erano a scuola, pronti a godersi il ricco banchetto che tutti gli anni veniva allestito in una Sala Grande favolosamente decorata. 
Quella sera la Sala Grande era ancora più bella del solito: stelle filanti arancioni pendevano dagli enormi finestroni, zucche ripiene di dolciumi di ogni tipo o accese con delle calde fiammelle arancioni dominavano ogni angolo della sala librandosi in aria, serpenti d’acqua uscivano a fiotti da fontane portate apposta per l’occasione, e uno stormo di pipistrelli, staccandosi dalle pareti e dal soffitto, regolarmente si esibiva in una stupenda coreografia sorvolando i tavoli.     
Quella sera Sophie, Edward, James e Abby erano già seduti al tavolo di Grifondoro, in anticipo rispetto al solito. Infatti prima dell’inizio del banchetto vero e proprio, era consuetudine assistere a dei particolari spettacoli a tema, che coinvolgevano creature di ogni tipo.  
Sophie era di ottimo umore. Gli ultimi giorni erano passati serenamente, e la sua relazione con Edward procedeva a gonfie vele. Aveva passato il pomeriggio in compagnia del ragazzo, a fare i compiti in biblioteca mangiando pasticcini accompagnati da del tè caldo (con il permesso speciale che Madama Prince aveva ovviamente concesso al suo caro Richardson). Edward la faceva proprio star bene, Sophie si rendeva conto di quanto fosse fortunata nell’avere un ragazzo così al suo fianco: ogni volta che passava del tempo con lui ansie e frustrazioni sparivano, lasciando spazio al buon umore. Nonostante la mattinata complicata e la storia degli incubi di Abby, passare del tempo con Edward l’aveva riportata alla consueta calma. 
Ora, con lo stomaco che brontolava per la fame e un bel sorriso stampato sul volto, Sophie sedeva accanto ad Edward pronta a godersi la tanto attesa festa di Halloween.  
Un gruppo di scheletri danzanti si era appena esibito in una strepitosa coreografia, quando Abby divertita disse “Guardate, eccoli!”. La ragazza stava indicando Summer e Frank, che insieme ad un gruppetto di studenti stavano salendo sulla pedana proprio di fronte al tavolo dei Professori. 
“Dai Abby smettila di ridere” fece Sophie esasperata. 
“Come si fa a non ridere, si sono portati dietro pure i rospi!” intervenne James ridendo. 
Ciascuno dei venti tra ragazzi e ragazze che componevano il gruppetto reggeva in mano un grosso rospo, e questo stava provocando numerose risate tra i presenti della Sala Grande. 
Purtroppo infatti alcuni studenti, Abby e James in testa, erano soliti farsi beffa del Coro delle Rane. La loro esibizione era davvero un momento quasi iconico, che certi accoglievano con risate e battutine di scherno. Non che gli studenti che ne facevano parte non fossero bravi, anzi erano davvero molto talentuosi, e sotto la guida del professor Vitious venivano messe in luce le singole capacità di ognuno. Però era di certo un’attività singolare, e le esibizioni, soprattutto se accompagnate dai rospi, facevano molto ridere alcuni studenti poco sensibili. 
Il coro si dispose ordinatamente su due file, dieci ragazzi si posizionarono al bordo della pedana, gli altri dieci si sistemarono in basso esattamente davanti a loro, con il professor Vitious di fronte che stava dando loro le ultime istruzioni. 
“Oh no povera Summer, Vitious l’ha messa in centro in prima fila!” disse Sophie. 
“Ma perché scusami fa il coro se non le piace stare al centro dell’attenzione?” le chiese Edward. 
“Frank l’ha trascinata lì a tradimento, Vitious ha scoperto che è particolarmente brava e non vuole più lasciarla andare via” rispose lei non distogliendo gli occhi dall’amica che ora la stava guardando un po’ impaurita. 
Summer era pallida come un cencio, sembrava fosse sul punto di vomitare da un momento all’altro. 
Sophie le sorrise e cercò di farle forza, sicuramente sarebbe stata bravissima. 
“Ragazzi, ma quello vicino a lei non è Liam Lewis?” chiese Abby aguzzando la vista. 
“Il cacciatore di Corvonero?” domandò a sua volta Edward. 
“Sì è lui” rispose Sophie “ma da quando fa parte del coro?” 
“Me lo domando anche io...” mormorò Abby, dubbiosa. Era davvero strano. Tra lo studio e il quidditch come faceva a trovare il tempo pure per il coro? Doveva essere proprio una sua passione... ma allora perché iscriversi solo al quinto anno? Abby era rimasta stupita quando qualche giorno prima durante la lezione di Erbologia Liam le aveva fatto quella domanda su Summer. E ora vederlo lì accanto a lei la insospettiva, e non poco. Senza contare poi che durante le lezioni di quegli ultimi giorni in cui Abby era stata spesso e volentieri vicino a Luke e Liam, aveva notato gli sguardi che quest’ultimo lanciava di sottecchi a Summer. Abby aveva condiviso i suoi dubbi con Sophie, la quale concordava sul fatto che sicuramente c’era qualcosa di sospetto sotto.  
“Beh scopriamolo!” commentò Abby convinta. 
“E come pensi di scoprirlo? Ti alzi e vai a chiederglielo?” domandò Sophie, consapevole che l’amica sarebbe stata capacissima di farlo. 
“No, chiederò a Luke!” disse lei tranquilla. 
“E perché devi chiedere a quello?” la guardò James accigliato. 
“Perché è il suo migliore amico, che domande. A chi dovrei chiedere? A te?” gli rispose secca lei, per poi voltarsi verso la tavola di Corvonero alle sue spalle.  
Luke era seduto poco distante da lei, e stava guardando divertito con altri compagni di casa il suo amico Liam. Notò che il ragazzo mimò più volte con le labbra un “parlale” rivolto a Liam, era palese che stesse cercando di incoraggiare l’amico. Liam allora provò subito ad intavolare una conversazione con Summer, la quale però in ansia e pallida in viso, se ne stava con lo sguardo perso nel vuoto e sembrava non accorgersi minimamente della sua presenza e dei suoi sforzi per scambiarci qualche parola.  
Era il segnale che stava aspettando. Abby rapidamente si alzò da tavola e toccò una spalla a Luke che si voltò. 
“Ciao Abby” la salutò il ragazzo stupito nel trovarsi la ragazza di fianco ma chiaramente non dispiaciuto. 
“Ciao Luke, non devi dirmi nulla?” gli chiese Abby con sguardo furbo. 
“Io? Che cosa dovrei dirti?” replicò il ragazzo, imbarazzato. 
“Beh è ovvio no? Liam! Ho capito tutto, quelle domande su Summer, il coro. gli piace la mia amica!” rispose lei con sguardo sognante. 
Luke trasse un sospiro di sollievo, e poi provò a tergiversare: “Ma no ti sbagli, come ti viene in mente? A lui non piace Summer!” 
“Andiamo Anderson, sono più furba di voi due. Ho visto che lo incoraggiavi a parlarci sai? Dovete essere un po’ più discreti...”  
Luke sorrise esasperato. “Ok va bene lo ammetto, a Liam interessa la tua amica. Ma ti prego non dirgli che lo sai o mi ucciderà! Anzi non devi dirlo proprio a nessuno, soprattutto al tuo amico Tassorosso, è una peppia senza precedenti!” 
“Tranquillo non dirò nulla! Però posso provare ad aiutarvi? Con discrezione ovviamente. Liam mi piace, al contrario di quella brutta gentaglia che la mia amica ha iniziato a frequentare” sputò sprezzante lei, mentre nella sua testa stavano prendendo già forma mille piani e progetti. 
“Guarda che non abbiamo bisogno del tuo aiuto, sappiamo benissimo cavarcela da soli con le ragazze sai?” fece Luke incrociando le braccia divertito. 
“A guardare il tuo amico non si direbbe” rispose la ragazza. In effetti Liam non era ancora riuscito a spiccicare parola con Summer, stava lì a guardare la ragazza, che ormai si era voltata a parlare con Frank. 
“Sai Anderson” riprese Abby “non so come funzioni in America, ma a quanto pare qui queste tue tecniche da esperto non danno molti frutti, o sbaglio?” 
Luke rise divertito. “Ma tu cosa ne sai delle tecniche che uso per provarci con le ragazze?” 
“Bhe” disse lei accigliata “se le tue tecniche sono quelle che sta mettendo in azione Liam credimi, hai molto da imparare”. 
Luke non poteva ribattere. Liam aveva completamente fallito nel mettere in atto il piano che avevano preparato per settimane.  
“Bene il canto dei nostri ranocchietti sta per iniziare. Ne riparleremo, tranquillo, buon appetito Anderson” e detto questo la ragazza tornò dritta filata al suo tavolo.  
“Allora?” domandò Sophie non appena Abby si fu riseduta. 
“Allora niente. Mi ha detto che Liam ha bisogno di crediti extra, dunque si è iscritto al coro.” “Ah... io che speravo che c’entrasse la nostra Summer” commentò Sophie dispiaciuta. 
“Io comunque non ho ancora capito perché sei dovuta andare da quello, insomma cosa ti interessa di cosa fa Liam Lewis?” riprese James, ma per fortuna la voce del professor Vitious impedì a Abby di rispondere. 
“Buonasera a tutti, sono lieto di presentarvi la prima esibizione del Coro delle Rane di quest’anno scolastico!” Il professore fece una breve pausa, durante il quale dei timidi applausi si levarono dalla Sala Grande. 
“Questa sera io e i miei ragazzi vi delizieremo con un famosissimo brano che le generazioni di maghi si tramandano da centinaia di anni. Il suo titolo è “Il canto della strega”, speriamo possa piacervi” Vitious sorrise, si voltò poi verso il coro e con un leggero movimento di bacchetta partì una melodia ritmata. 
Il coro iniziò a cantare, e non si poteva negare che fossero davvero bravi. Purtroppo però i rospi che reggevano in mano li rendevano leggermente ridicoli. 
Sophie stava ascoltando attenta, con la schiena dritta e gli occhi che le brillavano, orgogliosa dei suoi amici. Al contrario Abby, completamente distratta, stava fissando annoiata una zucca colma di dolci che lentamente stava volando sopra di lei.  
Verso la fine del brano però, tutti i componenti si zittirono, l’unica che continuò a cantare era proprio Summer. 
“Non ci posso credere, le ha dato un assolo” mormorò Abby, ridestandosi, “povera Summer!” 
“Beh non si può negare sia davvero brava!” sussurrò Sophie, ascoltando la soave voce dell’amica. Effettivamente Summer era davvero talentuosa, ecco perché il piccolo professor Vitious non voleva rinunciare a lei. Era un peccato che odiasse stare al centro dell’attenzione. 
Per la gioia della ragazza, la canzone era terminata, e i componenti del coro finalmente scesero dalla pedana, posarono i rospi e si diressero verso i propri tavoli, investiti dagli applausi di tutta la Sala Grande. 
Frank camminava tutto impettito e orgoglioso della sua performance, Summer dal canto suo era così contenta che quella tortura fosse finita che non poteva smettere di sorridere, ora poteva godersi in santa pace la cena. 
“Ehi Evans! Non sei poi così stonata!” urlò Jake, alzatosi in piedi tra i Serpeverde. Tutta la sala grande si voltò verso di lui, e Summer scoppiò a ridere divertita.  
Ma quanto è stupito questo ragazzo?, pensò lei. Ma proprio mentre Summer stava per ribattere scherzosamente, una voce maschile intervenne. 
“Jake, non fai ridere. Smetti di prenderla in giro” disse Alex, che si era alzato dal suo posto. 
La sala comune piombò nel silenzio più assoluto. Tutti gli occhi erano puntati sui due gemelli, che per l’ennesima volta si stavano punzecchiando. La cosa che sconvolse tutti i presenti era che per la prima volta da quando i due fratelli Allen avevano varcato la soglia di Hogwarts, fu Alex ad incominciare per una cavolata. E non Jake. 
“Come hai detto fratellino?” rispose Jake, con il suo solito mezzo sorriso in volto.  
“Ho detto che non fai ridere con le tue battutine idiote. Perché devi prenderla in giro?” continuò Alex, chiaramente arrabbiato. 
Summer era incredula. Ma cosa prendeva ad Alex? Non aveva bisogno della sua protezione. “Alex piantala, sei ridicolo! Jake stava scherzando, torna al tuo posto” lo riprese secca Summer ad alta voce. Non sapeva da dove le fosse venuto il coraggio di rispondergli così davanti a tutti, ma a quanto pare l’adrenalina post-esibizione stava circolando ancora in corpo. 
Alex la guardò interdetto per un momento, e senza dire una parola si sedette offeso, mentre attorno a lui iniziò a levarsi un brusio divertito. Summer vide solo Frank guardarla sconvolto, con una mano davanti alla bocca.  
“Bella figura di merda, fratellino!” esclamò Jake ad alta voce, per poi sedersi di nuovo tra i suoi compagni, visibilmente compiaciuto.  
“Se abbiamo finito con l’ostentazione dei vostri bollori adolescenziali, ci sarebbe l’ultima esibizione” tossicchiò Silente in piedi dietro il tavolo dei professori, spostando severamente lo sguardo da Jake ad Alex.  
Tutti si zittirono immediatamente. 
“Ora i fantasmi del castello ci delizieranno con uno strepitoso spettacolo, e poi, per la gioia di tutti noi, il tanto atteso banchetto avrà inizio!” E detto questo Silente, batté le mani, e dagli enormi finestroni della sala comparvero i fantasmi del castello che iniziarono ad esibirsi in uno stupendo volo di figura.  
“Vi prego ditemi che è uno scherzo!” borbottò Abby sconvolta. 
“Guarda che non sono così male, sono più bravi dell’anno scorso” disse Edward con il naso rivolto all’insù, intento a guardare l’esibizione dei fantasmi. 
“Non mi riferisco a loro, ma a Thomas!” 
Sophie, Edward e James abbassarono subito lo sguardo verso il punto che Abby stava fissando allibita.  
Dal portone della sala grande stavano entrando Thomas e Megan, che si stavano tenendo per mano. Thomas aveva delle evidenti chiazze di rossetto vicino alla bocca e sul collo, la cravatta della camicia un po’ allentata e un sorrisetto compiaciuto sul volto. Megan invece, pavoneggiandosi come al solito, sussurrava divertita all’orecchio del ragazzo. 
“E da quando esce con quella zoccola?” si lasciò scappare Sophie sprezzante. 
“E’ arrivato in ritardo perché era troppo impegnato a trastullarsi con quella troia!” le fece eco Abby schifata.  
I quattro seguirono con lo sguardo Thomas e Megan, che erano arrivati al loro tavolo. Thomas si fermò di botto, tirò Megan per il braccio e la trasse a sé. Lei senza tanti complimenti gli saltò addosso, e i due iniziarono a baciarsi con trasporto, davanti a tutti. 
Applausi e fischi si levarono dal gruppetto di amici Serpeverde che li circondava, finalmente la coppia che attendevano da tempo sembrava essere diventata ufficiale. 
Abby simulò con un conato di vomito, e disse: “Dovevo aspettarmelo... è da qualche settimana che escono assieme. Che schifo, Thomas mi sentirà, con quella lurida... Sono furiosa”. 
Se Abby era arrabbiata, Sophie non sapeva definire i propri sentimenti. 
Vedere quel bacio era stato come un pugnale conficcato dritto nel petto. Non riusciva a riflettere, ad essere razionale. Infondo cosa le importava di Thomas? Lei stava con Edward, ed era felice con lui. 
Davvero tanto. 
Thomas poi era libero di stare con chi voleva no?  
E allora perché vedere quel bacio l’aveva verità così tanto? Si sentiva come tradita.  
Forse vuole farmi ingelosire?, si domandò subito Sophie. Ma la risposta le arrivò immediatamente. Non appena Thomas e Megan si staccarono, il ragazzo si sedette tra suoi amici, senza degnare Sophie di uno sguardo. Non gli importava che lei lo stesse guardando o meno, era chiaro che Thomas avesse definitivamente chiuso con lei. 
Sophie si sentiva una stupida. Una stupida e non sapeva il perché. 
Era così confusa. Se fino a pochi minuti prima era serena e convinta della sua relazione con Edward, ora non sapeva più cosa pensare. Con Edward stava da Dio, ma appena vedeva Thomas tutto diventava un groviglio complicato di emozioni. Quel bacio poi, era stato come uno schiaffo in pieno viso. 
Sophie con calma guardò verso Edward seduto affianco a lei. Il ragazzo stava ridendo, cercando di consolare Abby dalla tremenda notizia che aveva appena appreso. 
È davvero un bravo ragazzo, devo concentrarmi su di lui!, pensò Sophie, intenerita dal sorriso puro e semplice di Edward. Era sempre così buono e gentile con lei. Era il ragazzo perfetto, doveva smettere di pensare a Thomas, seriamente.  
Edward si voltò, beccando la ragazza intento a fissarlo. 
“Che c’è Sof?” domandò lui, sempre sorridendo. 
“Ti guardavo...” disse Sophie con un sorriso, e prima che il ragazzo potesse dire qualcosa Sophie gli si avvicinò e lo baciò, e Il ragazzo ricambiò senza tanti complimenti il bacio. 
“Bene ovunque mi volto vedo solo scambi di saliva” commentò Abby “devo ammettere che però siete davvero carini. Ma tanto cosa ve lo dico a fare, non mi state minimamente ascoltando…” 
“Nanerottola, lo sai vero che questi potremmo essere io e te?” le sussurrò James all’orecchio. 
“Potremmo. Ma non lo siamo” ribatté Abby, voltandosi verso il ragazzo. 
“Eddai Abby è un mese che faccio il bravo! Cosa devo ancora fare?” si lamentò lui. 
“Che c’è Walker sei in astinenza? Dovresti ringraziarmi, ti sto aiutando a disintossicarti. Comunque se hai solo intenzione di sfamare i tuoi istinti perversi, con me hai sbagliato persona. Puoi pure andare dalle amiche di Megan, anche se lei ora è impegnata loro saranno felicissime di soddisfare le tue voglie” rispose Abby con calma. 
James la guardò sinceramente offeso, possibile che dovesse farsi sempre queste uscite acide senza apprezzare i suoi sforzi?  
Finalmente Sophie ed Edward si erano staccati, e stavano guardando divertiti gli amici seduti di fronte a loro. 
“James non te la prendere, con Abby ci vuole pazienza” si intromise Edward, divertito. 
Un battito di mani annunciò la fine dell’esibizione dei fantasmi, e improvvisamente un enorme quantità di cibarie di ogni tipo apparvero magicamente sui tavoli.  
“Non voglio trattenervi di più, buon appetito e felice Halloween!” disse Silente allegramente.  
Gli studenti si avventarono affamati sul cibo, ma stranamente Sophie non aveva più fame. 
Era turbata. Il bacio con Edward non aveva scaturito l’effetto sperato: il ricordo di Thomas avvinghiato a Megan era ancora lì, fisso nella sua mente. E faceva male.  
La ragazza rimase silenziosa per la durata di tutta la cena, sforzandosi di non guardare verso il tavolo dei Serpeverde, dove era sicura che Thomas non stesse più pensando a lei.   

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Capitolo 13
*** Capitolo 12 - Sophie, sei proprio una viperella, eh? ***


Capitolo 12 - Sophie, sei proprio una viperella, eh?


 

I

“Sof non sta bene?” domandò Frank non appena, assieme a Summer, ebbe raggiunto Abby al tavolo della colazione.
Abby era seduta da sola. Era davvero strano che fosse lì senza Sophie, la quale solitamente era la prima a fiondarsi verso la Sala Grande per consumare una ricca colazione.
“No, sta bene... è con Edward a fare non so cosa non so dove!” mormorò Abby assonnata.
“A fare che cosa?” chiese Frank sedendosi frettolosamente al tavolo, pronto a sentire uno scoop sensazionale.
“Calma le tue fantasie Frank, dovevano solo parlare” rispose Abby divertita.
“Da quando sta con quello ormai non la vediamo più...” intervenne Summer sprezzante, versandosi del tè caldo in una tazza.
“Ma non è vero Summer” la riprese subito Abby.
“Dici così solo perché hai creato tu questa coppia. Se quei due si fossero fidanzati con persone diverse ti saresti sicuramente lamentata per la loro mancanza di attenzioni nei tuoi confronti” replicò Summer annoiata.
Abby non rispose, Summer aveva ragione. Da quando Sophie e Edward erano diventati una coppia passavano molto tempo assieme e avevano occhi solo l’uno per l’altra, con la conseguenza che Abby non riceveva più le numerose attenzioni che i due erano soliti rivolgerle prima. Però Abby cercava di far finta di niente, era sinceramente contenta per i suoi amici (era solita definire la coppia “la mia creazione”) quindi cercava di non lamentarsi per la loro carenza di premure nei suoi confronti.
“Eccoli che arrivano” disse Frank con uno sguardo malizioso rivolto verso l’ingresso della Sala Grande. Ancora non era convinto della versione di Abby (Figuriamoci se quei due stavano solo parlando, indagherò a dovere).
Edward e Sophie erano arrivati, ed era evidente che entrambi erano molto felici: avevano due sorrisi enormi stampati in volto.
“Abby ho una grandiosa notizia!” esclamò Edward su di giri non appena raggiunse il tavolo.
“Che notizia?” domandò Abby confusa. 
“Tenetevi forte!” si intromise Sophie, che sembrava visibilmente emozionata.
“Mi hanno preso!” annunciò Edward tutto d’un fiato.
“Ti hanno preso? A che cosa? Aspetta... non ci credo! Ti hanno preso allo stage estivo!” fece Abby quasi urlando.
“Sì!” rispose Edward compiaciuto.
“E quando contavi di dirmelo scusa?” urlò la ragazza lanciando le braccia al collo di Edward.
“Beh l’ho saputo stamattina presto ... mi è arrivata una lettera in dormitorio da parte di Silente. Il ministero l’ha contattato per informarmi!” rispose lui non appena si fu liberato dall’abbraccio dell’amica.
“Dunque é per questo che Sof non arrivava...” mormorò Frank accarezzandosi il mento.
“Beh sì, volevo che fosse la prima a saperlo. Cioè in realtà James l’ha scoperto con me, visto che il gufo è arrivato alla finestra della nostra camera. Però volevo che la prima persona ad apprendere la notizia dalla mia bocca fosse lei” spiegò Edward guardando verso Sophie, la quale gli sorrise dolcemente di rimando.
Era vero, quella mattina Sophie si era alzata di buon’ora,  presa dai morsi della fame. Non appena ebbe disceso la scala del dormitorio femminile si era ritrovata Edward ad attenderla nella Sala Comune, tutto estasiato. Le aveva dato la grande notizia e lei ovviamente non poteva che essere contentissima per lui.  Sapeva quanto lui ci tenesse a quello stage, e soprattutto quanto se lo meritasse. Non aveva mai conosciuto nessuno talentuoso quanto lui, era incredibile come eccellesse in qualsiasi cosa facesse. E questo Sophie lo ammirava.
Si era poi offerta di accompagnarlo da Silente, che a quanto diceva la lettera doveva dargli alcune informazioni molto importanti. L’aveva dovuto aspettare fuori dall’ufficio del Preside per una ventina di minuti, per questo era così insolitamente in ritardo per la colazione.
“È stato bravissimo! Io ero sicura che l’avrebbero preso. Anche se c’erano tanti validi concorrenti, non c’è nessuno meglio di Edward!” aggiunse Sophie, sinceramente ammirata. 
“Mi trovo costretta a farti i complimenti, Richardson. Davvero” concesse Summer seria, abbozzando addirittura un sorriso.
“Grazie Summer” rispose Edward, sorpreso.
“Non mi hai ancora detto cosa voleva dirti Silente” domandò Sophie curiosa.
“Mi ha voluto dare alcune informazioni a proposito dello stage. Il periodo in cui si svolgerà, la retribuzione, alcune raccomandazioni utili insomma... e poi c’è un’altra cosa” disse lui con gli occhi che brillavano.
“C’è altro?” chiese Abby incredula.
“Beh, vi ricordate che Rita Skeeter voleva intervistarmi per la vittoria del premio Barnabus Finkley?”
Tutti annuirono.
“Ecco” continuò Edward “a quanto pare le notizie trapelano in fretta fuori dal ministero. La Skeeter è già al corrente del fatto che io sia stato preso allo stage, e ha iniziato a tempestare Silente di gufi, voleva un appuntamento il prima possibile con me, prima che qualcun altro le soffiasse lo scoop. E niente, oggi mi intervisterà!”
Frank cacciò un urletto acuto.
“Ma sei scemo?!” lo riprese Summer che per lo spavento si era rovesciata metà tazza di tè sulla gonna della divisa.
“Rita Skeeter?! OGGI?” Iniziò a farfugliare Frank estasiato. “Non posso crederci, mi sento mancare. Datemi un pizzicotto, sicuramente sto sognando!”. 
Il ragazzo, preso da una forte emozione, iniziò a tremare così tanto da versare qua e là il caffè contenuto nella tazza che aveva in mano.
“Ecco che parte...” mormorò Abby ormai abituata alle sviolinate che l’amico  rivolgeva alla celebre giornalista della Gazzetta del Profeta. 
Per Frank Rita Skeeter era una sorta di idolo, un modello da seguire, addirittura  una guida spirituale per certi versi. Sempre informata sull’ultimo gossip, sempre pronta a cavalcare l’onda della notizia, con i suoi articoli provocatori e accattivanti per Frank era una vera e propria fonte di ispirazione. Il ragazzo aveva addirittura un poster attaccato nella parete del dormitorio accanto al letto raffigurante la giornalista che ammiccava maliziosamente mordendo la sua piuma color verde acido. I suoi compagni di stanza definivano il poster inquietante, per Frank era un degno tributo alla sola e unica regina del gossip.
“Ti prego, ti prego Edward. So che non siamo amici, che non ci frequentiamo, e che se non fosse perché abbiamo delle conoscenze in comune probabilmente ora non saresti seduto qui con me a colazione. Ma ti scongiuro, posso accompagnarti? O almeno, puoi anche solo dirmi in che aula o zona del castello la incontrerai? Voglio vederla, devo avere un suo autografo!” delirò Frank implorante, gli occhi stralunati e le mani giunte in segno di preghiera. Era fuori di sé.
Edward sorrise, e sinceramente dispiaciuto disse: “Mi spiace Frank, ma purtroppo l’intervista non si terrà qui...”
“In che senso non si terrà qui?” domandò Abby accigliata, ignorando le imprecazioni disperate di Frank.
“Beh Silente non stima molto Rita Skeeter... non gli piaceva l’idea di farla entrare a scuola, permetterle di curiosare tra gli affari di Hogwarts. Però concordava sul fatto che fosse un peccato impedirmi di ricevere quelli che lui ha definito “i giusti elogi per il mio immenso merito” , insomma un’intervista sulla gazzetta del Profeta è un’offerta che non capita spesso ad ragazzo di diciannove anni no?  Quindi mi ha dato il permesso speciale per andare a Hogsmeade quest’oggi, lei mi aspetterà alle 15.00 ai Tre Manici di Scopa!”
“A Hogsmeade?!” scoppiò Abby emozionata. “Ti prego posso accompagnarti? Ti prego!”
“Gli ho chiesto prima io Abby!” intervenne Frank speranzoso.
“È il MIO migliore amico non tuo Frank!” gli rispose prepotentemente Abby. “Io voglio andare da Mielandia!”
“Si ma io devo vedere Rita! Ho più diritto di te! Puoi andare da Mielandia a dicembre” ribatté Frank, rosso in viso. 
“Mi dispiace Abby, ma in realtà vorrei che mi accompagnasse Sophie!”  si intromise Edward.
Sophie guardò verso il ragazzo incredula. “Io?”
“Sì tu!” rise lui divertito, “sei la mia ragazza, chi se non te?”
Quelle parole scaldarono il cuore di Sophie.
“Allora vuoi venire?” domandò il ragazzo.
“Ma che domande, certo! È che pensavo che boh, magari volessi andare da solo sai, è una cosa importante, non vorrei intromettermi” riprese Sophie timidamente.
“Proprio perché è importante vorrei averti al mio fianco” rispose Edward facendosi serio.
Sophie gli sorrise, e gli prese la mano in segno di gratitudine. Quel ragazzo sapeva sempre dire la cosa giusta. Era incredibile.
“E io che speravo avresti portato me!” protestò debolmente Abby giocherellando con una mollica di pane.
“Nanerottola mi dispiace, ma se non ci fosse stata Forbes il nostro Edward avrebbe portato di sicuro me!” disse James in piedi dietro di lei, mentre allungava una mano per prendere una brioche dal tavolo.
“E tu da dove sbuchi?” domandò Abby confusa.
“Sono arrivato un po’ in ritardo, ma in realtà è da cinque minuti che sto qui dietro ad ascoltarvi, grazie a tutti per la considerazione!” borbottò il ragazzo mordendo la brioche.
“E come mai sei in ritardo?” domandò Edward. “Ti sei svegliato quando mi sono alzato io”
“Ho dovuto trovare una strada alternativa per arrivare qui” rispose James con la bocca piena. “Delle tipe del primo anno mi hanno preparato un’imboscata con dei filtri d’amore. Dovrebbero abolirli quei cosi !”
Frank si coprì la bocca emozionato.
“Secondo me ti ci sei intrattenuto con quelle, altro che evitarle!” sbottò Abby guardandolo disgustata.
“Perché devi sempre fare ste battutine idiote?” domandò James accigliato.
“Oh ma stai zitto James!” E detto questo Abby si alzò da tavola e se ne andò visibilmente nervosa.
“Ma che ho fatto ora?” si chiese James confuso. Nessuno seppe dargli una risposta.

***

Sophie ed Edward avevano appena superato i cancelli della scuola e, percorrendo la stradina sterrata, si diressero verso il villaggio di Hogsmeade.
Il freddo era ancora più pungente dell’ultima volta che avevano percorso quella strada poco più di un mese prima.  Novembre era arrivato e le temperature erano precipitate vertiginosamente, rendendo quasi impossibile passare del tempo all’aperto senza battere i denti.
Sophie fu scossa da un brivido di freddo e cercò di nascondere il più possibile il viso nella sciarpa giallorossa.
“Hai freddo?” le domandò Edward mettendole un braccio attorno alle spalle per riscaldarla.
“Un pochino” ammise Sophie, “ma posso sopportare questo gelo pur di vedere Hogsmeade una volta in più del solito!”
“Effettivamente Silente ci ha fatto un bel regalo” disse Edward sinceramente grato verso il Preside che lui tanto adorava.
“ TI ha fatto un bel regalo. Insomma ti rendi conto? Non credo che mai, in tutta la storia di Hogwarts, sia stato concesso un privilegio simile ad uno studente. Ma tu sei Edward Richardson, nemmeno Silente riesce a resisterti!” gli fece notare Sophie fingendo un tono esasperato, che in realtà era solo molto divertito.
“Ma dai non dire così...” provò a dire Edward.
“La smetti di fare il modesto?” protestò Sophie. “Tu sei fantastico, ti rendi conto di quando tu sia bravo in tutto quello che fai? Non c’è persona che non ti adori!”
“A parte Summer!” intervenne  lui divertito.
“Sì a parte lei” gli fece eco Sophie alzando gli occhi al cielo. Effettivamente Summer era l’unica in tutta Hogwarts ad odiarlo senza alcun motivo apparente.
I due ragazzi stettero in silenzio per un po’, ad ascoltare i loro passi nella stradina deserta. Non avevano mai percorso quella strada senza essere circondati da altri numerosi studenti, ed era davvero piacevole ammirare il paesaggio senza essere accompagnati dalle urla di ragazzini e ragazzine emozionati.
“Comunque Sof” interruppe il silenzio Edward dopo qualche minuto, “quando abbiamo finito ricordiamoci di passare da Mielandia a prendere qualcosa per Abby, credo ne abbia bisogno.” 
“Già. Ma cosa le è preso stamattina? Hai visto come ha sbottato a caso? Ho provato chiederle perché avesse fatto così ma lei come al solito ha sviato il discorso ...” rispose Sophie pensierosa.
“Beh ma non è ovvio?” disse Edward come se la risposta fosse la cosa più semplice del mondo.
“Nulla è ovvio quando si tratta di lei!” mormorò Sophie.
“Beh fa così per un insieme di cose, è chiaro...” rispose il ragazzo.
“Vuoi spiegarti o devo chiedere alla Cooman di guardare dentro la sfera di cristallo?” lo riprese Sophie curiosa.
“Prima cosa. Dorme male, questo la sta rendendo davvero di cattivo umore.”
Sophie annuì, questo era plausibile. Effettivamente nonostante i rimedi datele da madama Chips la qualità del suo sonno non sembrava essere migliorata. Doveva essere frustrante con il lungo andare non riuscire mai a riposare bene.
“Seconda cosa” continuò lui, “anche se lei non lo vuole dare a vedere, le da molto fastidio quando sente o vede le ragazze che fanno le oche attorno a James.”
“Ma va questo no. Dice sempre che non le importa!” fece Sophie scuotendo la testa convinta.
“Non vuole ammettere a se stessa che è gelosa, figurati se lo ammette a te! Fidati di me, la conosco e so benissimo che a lei da fastidio.”
“Quindi si è arrabbiata così per questo?” sussurrò Sophie, pensierosa.
“No, questa è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso. C’è un motivo più profondo” proseguì Edward con calma.
Sophie lo guardò confusa, non stava capendo.
“Non hai visto come storceva il naso già prima dell’arrivo di James?” domandò il ragazzo divertito. “Patisce il fatto che non è più al centro delle nostre attenzioni, come i bambini! Ci è rimasta male per il fatto che non le ho dato la notizia dello stage per prima o che non ho portato lei qui, cosa che avrei fatto normalmente se non ci fossi stata tu. Ultimamente io e te siamo sempre assieme, e non riesce più a passare con noi tutto il tempo che passavamo prima. ”
“Ma scusa lei ci ha fatto mettere insieme, ora le da fastidio?” esclamò incredula Sophie.
“Non è che la da fastidio, si deve solo abituare... infatti sta cercando in tutti i modi di non dirci nulla e di non lamentarsi. E per lei non lamentarsi di qualcosa che la infastidisce è davvero una grande prova di forza” Edward rise e poi proseguì. “ È palese che si stia sforzando, e questo è un suo strano modo per dirci che è contenta per noi e che non vuole farci pesare nulla”.
“Beh ma scusa, quando tu stavi con altre ragazze non mi ha mai detto di essere infastidita...” constatò Sophie.
“Bhe innanzitutto devi considerare che in questo caso ha perso le attenzioni di entrambi in un colpo solo. Ora è un po’, come dire, lasciata a se stessa! Inoltre quando io sono stato con altre ragazze non ero così tanto preso da loro, anche solo mentalmente.”
Sophie lo guardò, e non riuscì a nascondere il sorriso. 
“Stai dicendo forse che dalle altre non eri così preso come lo sei con me?” azzardò la ragazza, che ormai non si faceva più problemi a domandargli direttamente le cose.
“Ovvio Sof, con te è tutto diverso. Non mi sono mai sentito così, per me ci sei solo tu...” disse Edward.
Sophie non poté trattenere la felicità nel sentire quelle parole, e incominciò a saltellare compiaciuta per quello che il ragazzo aveva appena detto.
“E poi” continuò Edward facendosi serio, “non dimentichiamoci di Blake!”
Sophie si bloccò. Cosa centrava Thomas?
“Blake?” domandò la Grifondoro, consapevole di aver cambiato espressione un po’ troppo in fretta.
“Beh ora sta con Megan. Sai che Abby è ancora più ossessiva con Thomas di quanto non lo sia con me. Odia a prescindere quando gli si avvicinano delle ragazze... probabilmente il fatto che anche Thomas si sia fidanzato l’ha fatta sentire ancora più abbandonata!”
Sophie annuì distratta. Il ricordo di Thomas  e Megan l’aveva colpita come un pugno nello stomaco.  
In quegli ultimi giorni aveva  cercato di non pensarci, era una cosa che volendo o no la faceva stare troppo male. Faceva di tutto pur di non incrociare Thomas e la sua nuova fiamma  nei corridoi o pur di non vedere disgustose scene durante i pasti, ma purtroppo spesso falliva, e le immagini che le passavano davanti le laceravano il cuore. Megan non faceva nulla per darsi un po’ di contegno in pubblico, e dall’altra parte Thomas non sembrava dispiacersene.  Sophie cercava rifugio in Edward, ma purtroppo la storia con Thomas era qualcosa di ancora troppo recente per non starci male.
Però queste parole di Edward l’avevano fatta riflettere. Aveva fatto la scelta giusta lasciando perdere Thomas. 
Se Abby reagiva così a fronte della relazione con Edward, che lei stessa aveva voluto, figuriamoci se mai Sophie e Thomas fossero usciti allo scoperto. Sarebbe stata una miscela esplosiva, sicuramente Abby avrebbe dato di matto.
“A cosa pensi?” le domandò Edward.
“Che è impossibile che così tanti sentimenti possano stare dentro una sola persona” mentì Sophie. “Se Abby non parla con qualcuno finirà per esplodere!”
“È fatta così! Noi compriamole un lecca lecca e aspettiamola per quando sarà pronta a parlare, come con i bambini!” rise Edward tranquillamente.
Sembrava così sicuro di sé, e Sophie non poté che fidarsi di lui. Era capace di convincerla di qualsiasi cosa, aveva fatto un’analisi così dettagliata di Abby, aveva capito cose che lei non aveva nemmeno notato, eppure anche Sophie conosceva bene la sua amica. Ma Edward era un ottimo osservatore, un ragazzo estremamente empatico e premuroso, sempre in grado di comprendere gli altri senza bisogno di tante parole. Un’altra delle sue innumerevoli qualità.
I due ragazzi erano così presi dalla conversazione che non si erano accorti di essere arrivati al villaggio.
Hogsmeade quel giorno era poco affollata, e per Sophie e Edward era strano vederla così.
Erano abituati a vederla piena di di studenti festosi che entravano e uscivano dai locali e negozi. Quel giorno invece c’era molta meno gente, senza contare poi che il freddo pungente sicuramente non invogliava ad uscire.
“Andiamo ai Tre Manici di Scopa, sono quasi le tre!” propose Edward, che prima di entrare si specchiò davanti ad una finestra.
“Come sto?” domandò il ragazzo stranamente agitato.  “Sono a posto?”
“Sei sempre a posto, Edward. E stai tranquillo, andrai alla grande, come al solito!” gli sorrise Sophie per poi dargli un bacio di incoraggiamento.
Il bacio scaturì l’effetto desiderato, Edward tornò alla sua solita calma e sicurezza, e dopo aver lanciato un’ultima sguardo al suo riflesso, tenendo Sophie per mano entrò nel Pub.
“Spero che quella pervertita di Madama Rosmerta tenga le mani a posto!” gli sussurrò Sophie all’orecchio.
“Tranquilla” rispose Edward divertito, “è troppo impegnata per curarsi di noi!”
Effettivamente la formosa proprietaria del pub era occupata a discutere con dei Goblin che a quanto pare avevano tentato di ingannarla pagandola con dell’oro dei Lepricani.  
I due si guardarono intorno per capire dove andarsi a sedere.
“Eccola, è già arrivata. È seduta laggiù !” la indicò Sophie, puntando il dito verso un tavolo al fondo della sala.
Effettivamente era difficile non notarla.
Rita Skeeter era seduta su uno sgabello, indossava un completo verde scuro, e sopra una pelliccia giallo fluorescente.  La donna era china al tavolo, intenta a leggere una lista scritta su un foglio di pergamena, i sottili capelli biondo platino pettinati in piccoli e definiti boccoli che le ricadevano sul viso.
I due ragazzi le si avvicinarono timidamente.
“Signora Skeeter?” disse Edward, con tono educato.
“Sì?” fece la Donna senza distogliere lo sguardo dalla pergamena.
“Buongiorno Signora Skeeter! Sono Edward Richardson, sono qui per l’intervista!” continuò lui.
Rita Skeeter finalmente distolse lo sguardo dalla lista, per puntarlo poi sul ragazzo. I suoi occhi lo osservarono intensamente per qualche secondo da dietro gli occhiali ricoperti di glitter, senza dire una parola. Poi improvvisamente la donna allargò la bocca in un enorme sorriso, mostrando i denti macchiati dall'acceso rossetto che aveva sulle labbra.
“Ma certo che sei tu caro!” esclamò la donna dolcemente dirigendosi verso di lui “mi avevano detto che eri un bel ragazzo, ma mai avrei pensato che fossi così attraente. Fatti abbracciare tesoro!” 
E detto questo la giornalista strinse il ragazzo in un forte abbraccio e gli stampò con vigore un bacio sulla guancia.
Edward fu invaso da una folata di intenso profumo, che quasi lo fece tossire.
“È un piacere conoscerla signora Skeeter!” disse lui non appena la donna si decise a lasciarlo andare.
“O tesoro, chiamami Rita!” ridacchiò lei facendogli un buffetto sulla guancia.
“Va Bene, Rita! Lei è Sophie Forbes” fece le presentazioni Edward guardando verso Sophie.
Rita Skeeter guardò la ragazza, fino a quel momento non l’aveva degnata nemmeno di un mezzo sguardo.
“Piacere Rita, sono Sophie” sorrise lei allungando timidamente la mano.
“Mi chiamo Rita Skeeter, e gradirei essere chiamata così!” la bloccò freddamente la donna, senza stringere la mano della ragazza. Il sorriso totalmente scomparso dal suo volto.
Sophie la guardò interdetta. Nessuno le aveva mai risposto così in tutta la sua vita. Solitamente gli adulti ammiravano la sua educazione e gentilezza, quella donna l’aveva invece spiazzata.
Rita tornò subito a guardare verso Edward, e riprese a sorridere. “Bene tesoro, che ne dici se prima di procedere con l’intervista ti facciamo qualche foto per l’articolo? Voglio che tutti i miei lettori vedano con i loro occhi che bel bocconcino tu sia! Togliti la giacca e la sciarpa, su caro, metti in mostra la mercanzia!”
Edward si tolse la giacca, e rimase in camicia, un po’ imbarazzato di fronte allo sguardo avido e chiaramente voglioso che la giornalista  gli stava rivolgendo.
“Beh devo dire che siamo messi proprio bene eh?” commentò Rita senza scrupoli, facendo scivolare le mani  con le unghie laccate di rosso in lungo e in largo  sul busto del ragazzo. “Due belle spalle tornite, addominali definiti. È un peccato non poterti far togliere la camicia. E questo viso, questi occhi neri, questa bocca perfetta. Sei stupendo tesoro! Se solo io avessi qualche anno in meno...”
Sophie, sempre accanto ad Edward, stava guardando la scena incredula. Perché  quella donna stava toccando senza alcuna vergogna il SUO ragazzo? Come si permetteva poi di fare certi apprezzamenti? 
Evidentemente la Skeeter si accorse dello sguardo imbarazzato di Edward, perché ritrasse le mani e disse: “ Bene, Mike, vieni a scattare due foto, muoviti!”
Detto questo la donna allontanò malamente Sophie con uno spintone, e fece spazio al fotografo che iniziò a dare alcune indicazioni ad Edward.
Sophie abbastanza infastidita dalla donna decise di andarsi a sedere al tavolo. Le cattive maniere di Rita Skeeter stavano mettendo a dura prova la pazienza della ragazza, che però cercava di trattenersi per evitare di rovinare l’intervista ad Edward.  
Il fotografo scattò qualche fotografia ad Edward, che superati i primi minuti di imbarazzo, dimostrò di essere totalmente a suo agio di fronte alla macchina fotografica. 
“Fammene ancora una sorridendo, ecco così! Ruota un po’ la testa di lato, ecco, non ti muovere. Fatto! Ragazzo l’obbiettivo ti ama, sei così fotogenico! Verranno fuori delle foto pazzesche” commentò il fotografo stupito.
“Grazie, ma sicuramente se sono delle belle foto è anche merito suo! Un buon fotografo riesce a rendere bello anche un soggetto mediocre” ribatté Edward gentilmente.
“Ma quale mediocre!” si intromise la Skeeter. “Sei favoloso potresti fare il modello. Ora tesoro accomodati al tavolo, così iniziamo la parte migliore.”
Edward si accomodò accanto a Sophie la quale gli sussurrò: “Stai andando alla grande!”. 
Edward le sorrise, era molto grato che lei fosse lì a sostenerlo. 
“Allora” iniziò la Skeeter sfoderando dalla sua borsetta un block-notes e la sua famigerata piuma prendi appunti verde acido, “direi che possiamo iniziare, pronto?”
Ma prima che Edward potesse rispondere fu interrotto dall’arrivo di Madama Rosmerta.
“Ecco a lei signora Skeeter, il whisky incendiario che ha ordinato. E per te Edward tesoro, mi sono permessa di portarti il solito” cinguettò la cameriera porgendo a Edward una bottiglia di burrobirra.
“Grazie mille, Madama Rosmerta!” sorrise Edward con gentilezza.
E prima che Sophie potesse ordinare la sua cioccolata calda, la formosa proprietaria era già sparita.
Ma qualcuno si è accorto che oggi esisto anche io oppure no?, si domandò Sophie basita. Sembrava proprio che fosse invisibile, e la cosa la stava facendo innervosire. Senza contare poi tutte queste donne attempate che lanciavano sguardi languidi e pieni di malizia al suo ragazzo. Era una cosa disgustosa.
Evidentemente anche Rita Skeeter doveva aver notato lo sguardo eccessivamente intenso che Madama Rosmerta aveva lanciato ad Edward, perché disse: “Bene caro, vedo che non passi assolutamente inosservato. Iniziamo con qualche domanda personale allora, che sono sicura interesserà molto ai nostri lettori, soprattutto alle lettrici. Come siamo messi in amore? Un bel ragazzetto come te deve sicuramente fare stragi di cuori a scuola, fra le ragazze e non solo!”
Ma non voleva intervistarlo per i meriti scolastici?, si chiese Sophie confusa dalla domanda della giornalista.
Anche Edward rimase un po’ interdetto di fronte alla domanda, ma poi rispose: “Beh sinceramente non mi definirei uno che fa stragi di cuori…”
“Suvvia non fare il modesto” lo interruppe la Skeeter, “avrai la fila!”
“C’è qualche ragazza che a volte ci prova… però insomma non è una cosa esagerata. E comunque non mi interessa, perché ho la ragazza!”
“Hai la ragazza? Bene, bene … e chi è la fortunata?” domandò Rita, senza riuscire a nascondere una certa nota di disprezzo.
“E’ lei, Sophie” disse Edward voltandosi verso la ragazza e prendendole orgogliosamente la mano.
“Ah…” si limitò a fare Rita Skeeter, guardando Sophie con aria disgustata.
Sophie notò che la penna prendi appunti stava scrivendo qualcosa di più lungo di un semplice “Sophie è la mia ragazza”. La ragazza provò a sbirciare ma evidentemente la piuma se ne accorse perché si spostò rapidamente lontano da lei.
“Bene prossima domanda… Edward Richardson, figlio dei due celebri Auror Taylor e Micheal Richardson, nonché nipote dell’amatissimo ex Ministro della Magia Henry Benjamin Richardson Senior. I tuoi genitori devono essere molto orgogliosi di te, come tutti d’altronde… i tuoi coetanei come si approcciano a te e a tutta questo talento? Sicuramente devono essere molto invidiosi, proveranno in tutti i modi a buttarti giù!”
“Ma in verità sono tutti sempre molto gentili con me, io da parte mia cerco di essere sempre cordiale con tutti. Non ritengo che le persone mi invidino, insomma non hanno nulla da invidiarmi. Ammetto che sono bravo a scuola, e ho tutta una serie di talenti, ma credo che tutti noi abbiamo qualcosa per cui essere fieri, senza bisogno di invidiare gli altri” rispose Edward sorridendo con sincerità.
“Non posso assolutamente credere che nessuno ti invidi, che nessuno ti odi! Dai ci deve essere qualcuno che ti detesta” domandò la Skeeter stupita. Edward scosse la testa in segno di negazione, e la giornalista si rivolse allora verso Sophie.
“Bene, ragazza, visto che sei qui vediamo se sei utile a qualcosa. Dimmi la verità, il tuo amico qui è troppo modesto”.
Sophie sospirò, quella donna la intimidiva davvero molto.
“Beh Edward ha in parte ragione. Lui è davvero un ragazzo buono , è difficile avere da ridire su di lui. Inoltre solo uno stupido potrebbe negare i suoi innumerevoli talenti!” 
La Skeeter alzò gli occhi al cielo, annoiata.
“Però” aggiunse Sophie “ è anche vero che ci sono delle persone che naturalmente provano a trovargli dei difetti. Molti ragazzi per esempio lo invidiano naturalmente, perché, anche se lui non vuole ammetterlo, ha molto successo con le ragazze. E c’è anche una mia amica, che non lo sopporta, ma lei senza un vero e proprio motivo”.
“Grazie” la liquidò frettolosamente la donna, per poi tornare a rivolgere la sua totale attenzione ad Edward.
Per tutto il resto dell’intervista infatti, Sophie tornò ad essere completamente invisibile. Passò il tempo ad ascoltare le domande insensate che la Skeeter rivolgeva ad Edward, e a doversi trattenere dal mollare un bel ceffone a quella donna per cui ogni scusa sembrava buona per allungare le mani sul ragazzo o fare strane allusioni poco pudiche. 
Dal canto suo Edward sembrava davvero molto in imbarazzo. Solitamente lui riusciva a comportarsi con naturalezza di fronte alle avance delle ragazze, ma questa volta era tutto davvero troppo.
Dopo circa un’oretta l’intervista si era finalmente conclusa, e Rita Skeeter sembrava pienamente soddisfatta. La sua penna prendi appunti aveva riempito almeno quadro  pagine di quaderno, con una scrittura fitta fitta.
“Bene tesoro. È stato un piacere passare del tempo con te. L’intervista probabilmente uscirà sulla Gazzetta questo sabato, quindi mi raccomando, non perdertela! Sei un ragazzo davvero piacevole, spero che potremo incontrarci di nuovo. Magari in un altro posto. Magari da soli” sussurrò la donna davanti alla porta d’entrata del pub, con uno sguardo che lasciava intendere davvero molto.
Detto questo la donna gli si avvicinò,  gli stampò un bel bacio sulla guancia e con una mano gli fece un leggero grattino sul collo, per poi lanciargli un ultimo e intenso sguardo malizioso.
Una volta che la donna e il suo fotografo furono spariti, Edward e Sophie uscirono dal pub, visibilmente provati.
“Sophie, dimmi che è stato un incubo. Quella donna è viscida, e disgustosa. Mi sono sentito… violato!” mormorò Edward.
“Guarda meno male che è finita questa terribile intervista! Mi sono davvero dovuta trattenere, come si permette quella donnaccia a toccarti così? A dirti quelle cose? Con me davanti per giunta! Ti giuro che le avrei voluto staccare la testa, questa vecchia maiala. Anzi, qui è pieno di vecchie pervertite, ad Hogsmeade non ci devi più venire, sono disgustose, potresti essere loro figlio!” Sophie era esasperata.
Edward la guardò per un attimo, poi scoppiò a ridere.
“Che ti ridi?” gli domandò lei ancora rossa in viso per la rabbia.
“Sei gelosa?” le chiese lui in rimando ancora ridendo.
“Beh, scusa ma vedere queste cose mi infastidiscono.”
“Ma non deve infastidirti! Sophie, quante volte ti devo ripetere che per me ci sei solo tu?”
“Non mi interessa, loro non ti devono toccare lo stesso. Discorso chiuso!” fece il broncio Sophie incrociando le braccia davanti al petto.
“Sei ancora più carina quando fai la gelosa lo sai?” le disse Edward guardandola dolcemente.
Sophie non riuscì a rimanere arrabbiata un minuto di più, Edward era troppo adorabile. 
“Richardson, sei incredibile...” sospirò Sophie che non riuscì più a trattenere l’enorme sorriso che le era comparso in volto.
“Lo so, sono Edward Richardson!” le disse lui. 
Sophie gli prese la mano ed insieme si avviarono verso Mielandia.
 

II

"Non mi ricordavo avessimo lezione con la fattucchiera oggi" sbuffò Abby alzando gli occhi al cielo.
"Chi?" chiese Frank che iniziò a camminare più velocemente per raggiungere le sue tre amiche poco più avanti.
"La Cooman. Abby dovresti smetterla di chiamarla così… non capisco perché la odi tanto, non ti ha fatto mai niente" si intromise Summer con espressione contrariata. 
"Perché Edward ti ha mai fatto qualcosa? Non mi sembra tu abbia mai smesso di sbeffeggiarlo" rispose la Grifondoro interdetta. 
"Ma cosa c'entra Edward adesso! Possibile che debbano sempre parlare tutti di lui?" 
Summer non ne poteva più, non bastava vederlo ovunque, doveva pure sentire  commenti di ammirazione ogni giorno. 
"Perché è Edward Richardson e finirà presto sulla Gazzetta del Profeta Summer" aggiunse Frank ancora entusiasta dall'ultima novità.
"Ci risiamo" borbottò lei. Frank non aveva smesso di menzionare il fatto che avrebbero pubblicato un articolo su uno dei più gettonati Grifondoro.
"Avete scritto il sogno di ieri notte come ha chiesto la professoressa?" chiese Sophie per cambiare discorso. 
"Si, ma questa volta non ricordavo molto" 
Frank tirò fuori il suo diario colorato per mostrare che aveva scritto solo una mezza paginetta.
"Tra l'altro Abby com'è andata la notte? Sempre soliti incubi o niente?" chiese la Tassorosso posando preoccupata gli occhi sull'amica. 
"Sono tornati gli incubi, il sogno era meno nitido del solito ma ricordo tutto. All'inizio sembrava andare meglio, ma ora i miglioramenti sembrano scomparsi" rispose a bassa voce Abby guardando in basso. 
"Mi dispiace… " fece Summer stringendo a sé l'amica. 
"Guarda il lato positivo, almeno sogni Anderson che non è niente male… pensa sognassi Thano, sarebbe ancora più terribile" commentò Frank serio. Solo lui aveva la capacità di far ridere anche in momenti di tensione come quello. 
Le tre ragazze si guardarono e risero. 
"Frank sei assurdo" disse Sophie ancora ridendo prima di varcare la porta dell'aula di divinazione. 
Una volta entrati Abby corse di fretta verso la fine della stanza spaziosa: "Io mi metto in fondo! Ci vediamo dopo." 
"Vengo anch'io" disse Frank ancora con il fiatone dopo la camminata per arrivare in quel posto. Stavano sempre lontani dalla prima fila dove invece erano solite stare Summer e Sophie sedute ai tavolini coperti da un telo rosso scuro. Le due ragazze si sedettero nell'attesa dell'arrivo della professoressa.
"Spero che si risolva presto la storia degli incubi di Abby" disse Sophie pensierosa. Non era più successo nulla di simile alla notte prima dell'infermeria, ma aveva notato di nuovo come l'amica si agitasse nel sonno.
"Lo spero, pensavo che i rimedi di Madama Chips l'avrebbero aiutata" aggiunse Summer voltandosi verso l'amica.
"Dobbiamo accertarci che d'ora in avanti ci dica tutto, non voglio che passi tutto questo di nuovo da sola." 
Sophie posò il suo diario sul piccolo tavolino.
"Si fida di noi Sof, sa che qualsiasi cosa facciamo la facciamo per il suo bene e ci dirà tutto" continuò Summer aprendo il manuale di divinazione tutto pasticciato da annotazioni e disegni.
"Lo spero davvero."
Un forte odore di incenso distrasse le ragazze che si voltarono verso l'entrata dell'aula: la Cooman era appena entrata con in mano piccoli bastoncini di diversi colori.
"Buongiorno ragazzi, come state in questa splendida giornata ricca di presagi positivi?" li salutò per poi accendere un incenso dal profumo intenso e pungente. Alcuni ragazzi tossirono e altri si comprirono il naso con il colletto della tunica.
"Splendida per lei, per me è già iniziata male" sbuffò Abby stravaccata mentre con la mano sinistra si faceva aria per allontanare l'odore che aveva invaso in fretta tutto l'ambiente.
"Vi sarete chiesti a cosa è servito prendere nota di tutti i vostri sogni, bene… oggi li leggeremo insieme e cercheremo di interpretarli" iniziò la professoressa spostando le lunghe tende rosse così da far entrare più luce possibile.
"Ma che razza di lezione dobbiamo seguire? Sta scherzando?"
Abby si era pietrificata. Dovevano leggere il diario davanti a tutti? Non poteva essere vero, era proprio quello che da giorni aveva sperato non succedesse. Era già stato difficile per lei trascriverli tutti ma leggerli lo sarebbe stato ancora di più.
"C'è qualche volontario che voglia leggerci l'ultimo sogno fatto?" chiese la Cooman guardandosi intorno aspettando che qualcuno alzasse la mano. Solitamente era Summer ad intervenire ma quella volta stette in silenzio, probabilmente il suo più recente sogno era particolarmente insensato e imbarazzante.
"Tutti non vedono l'ora, vero Frank?" Abby cercava di mitigare l'ansia facendo battute su quel folle compito. Da quando era utile a dei maghi saper interpretare i sogni?
Il Tassorosso rise di gusto, seguire le lezioni di divinazione accanto ad Abby era una delle cose più divertenti in assoluto. Era difficile per lui trattenere le risate e non fare le sue solite figuracce attirando l'attenzione dei presenti.
"Signorina Hill, vedo che oggi ha voglia di parlare, incominci pure lei… le lascio volentieri la parola" disse la Cooman sorridendo alla ragazza seduta in alto. 
Abby strabuzzò gli occhi e deglutì più volte. Era diventata improvvisamente bianca in volto e il cuore le batteva all'impazzata. Non se l'aspettava e non voleva essere la prima. Doveva leggere il sogno davanti a tutti i suoi compagni? Perché la professoressa le stava facendo questo? Lentamente tirò fuori il diario in cui aveva preso nota degli incubi e lo aprì con il groppo in gola. Doveva calmarsi, altrimenti avrebbe faticato a leggere senza avere la voce rotta. Non c'era scritto niente di strano, era un incubo come un altro e nessuno avrebbe sospettato niente. 
È solo uno stupido incubo, si ripeté. 
"Se vuole posso iniziare io" intervenne Sophie vedendo lo sguardo completamente perso dell'amica. Era pallida e guardava il suo diario preoccupata. 
"No cara, preferirei fosse Hill ad iniziare per una volta" continuò la professoressa. Quest'ultima pensava che la ragazza non avesse eseguito i compiti assegnati, era già successo infatti che l'avesse beccata a non svolgere le esercitazioni ritenendole prive senso e senza alcuna utilità. 
Abby alzò lo sguardo verso Sophie per ringraziarla. Doveva prendere tutto il coraggio e leggere ad alta voce le ultime pagine ma il ricordo di quel terribile incubo le dava ancora strane scariche elettriche e non sapeva se avrebbe resistito a leggerlo fino alla fine senza strane reazioni del suo corpo. Sapeva che era solo un sogno, che nessuno si sarebbe accorto di niente ma aveva paura. Paura che qualcosa andasse storto, che la professoressa potesse commentare con insoliti presagi o che i suoi compagni la potessero deridere dopo aver ascoltato quel sogno bizzarro.
Si mise dritta e sfogliò le pagine fino a quando non trovò la data che indicava l'ultimo incubo. 
Si schiarì la voce e Frank le mise una mano sulla spalla per rassicurarla. Così iniziò a leggere. 
Era tutto buio, come sempre. La luce sembrava scomparsa da tutta Hogwarts, il cielo era nero e questo rendeva il tutto più inquietante. All'inizio faticai a capire dove fossi: delle lunghe piglie di pietra erano tutte attorno a me. Girai più volte su me stessa prima di capire dove mi trovassi: ero in cima alla torre di Astronomia e non ero sola.
Luke in terza fila era rimasto immobile da quanto la Grifondoro aveva iniziato a leggere. Abby le aveva rubato il diario? Quello era il suo sogno e ne era più che sicuro, l'ambientazione era esattamente la stessa. Aveva sognato di essere in cima alla torre di Astronomia ed il cielo era talmente nero da far fatica a vedere, persino la luna sembrava essere scomparsa.
Aprì la borsa agitato ed estrasse il diario blu come il colore della casa a cui apparteneva. Il suo nome era scritto in stampatello sulla copertina. Lo tenne alcuni secondi tra le mani senza capire.
Abby non gli aveva rubato il diario, stava leggendo il suo.
Sfogliò velocemente le pagine e si fermò alla terz'ultima dove aveva iniziato ad appuntare l'ultimo sogno. Non era possibile. Aveva usato quasi le sue stesse parole per descrivere il posto che ancora ricordava alla perfezione. 
Guardò spaventato verso la ragazza che continuava a leggere.
Un ragazzo poco più alto di me era al lato opposto alla fine della torre e mi guardava dritto negli occhi, come volesse studiare ogni dettaglio del mio volto. Mi strinsi dentro la tunica nera più che potevo ma avrei voluto scomparire, il suo sguardo gelido mi faceva venire i brividi. Mi guardai intorno per scorgere una via di fuga da quel posto così cupo ma niente, ero bloccata lì sopra di nuovo con - si fermò un secondo - lui.
Abby respirò forte. Non doveva dire il suo nome; doveva fare attenzione e per questo scandiva bene le parole per avere tutto il tempo di modificare il necessario. 
Luke intanto era sempre più sconvolto, ora ne era certo: stava parlando di lui e avevano sognato la stessa identica cosa. Aveva ancora impresso in mente lo sguardo impaurito della Grifondoro che ora lei stava descrivendo. Che diavolo stava succedendo?
"Luke tutto bene?" gli chiese Liam accortosi che il ragazzo fosse visibilmente preoccupato. 
"Si tutto bene" rispose lui cercando di tranquillizzarsi il più possibile mentre chiudeva di scatto il suo diario.
Il ragazzo con due passi si avvicinò e mi fu a pochi centimetri di distanza. Non aveva ancora spostato lo sguardo e continuava a fissarmi senza ritegno. Guardai altrove per fargli capire mi stesse dando fastidio ma non se ne curò, anzi mi sorrise divertito dalla mia reazione. Si avvicinò sempre di più ed io indietreggiai finendo con le spalle ad una grossa piglia che dava verso l'esterno. Appoggiai la testa al muro guardando verso destra e mi mancò il fiato a notare l'altezza elevata della torre, pochi centimetri e sarei potuta cadere di sotto.
"Ci rivediamo" sussurrò al mio orecchio. Ed il contatto ravvicinato mi fece rabbrividire, sapevo come sarebbe andata a finire.
Luke stava ansimando. 
Non poteva essere vero, Abby faceva spesso incubi in cui ci fosse lui? Non era la prima volta? Aveva troppe domande e non sapeva come gestirle. Il cuore sembrava uscirgli dal petto. Iniziò a mangiarsi le unghie nervoso stando attento ad ogni singola parola della ragazza.
Chiusi gli occhi, non volevo vedere la sua faccia e il suo sorriso beffardo che mi rivoltava lo stomaco. 
"Non hai piacere di vedermi?" mi chiese alzando le sopracciglia.
"Non ho mai piacere di vederti" risposi guardandolo schifata.
Abby si accorse che doveva tagliare, il sogno era durato un'eternità e non poteva leggerlo tutto. Saltò quattro pagine fino ad arrivare all'ultima.
Luke rabbrividì al pensiero che tutte quelle cose disgustose gliele avesse dette lui. Abby lo riconosceva nei sogni? Sapeva che era lui? Forse non diceva il nome del ragazzo del sogno per quello o semplicemente era uno sconosciuto. Ma come era possibile fare lo stesso identico sogno da due punti di vista differenti? Sapeva non fosse normale e questo lo stava spaventando non poco. 
Non riusciva a mantenere la calma, stava sudando freddo.
Passarono alcuni minuti - inventò - ed ero verso il centro della torre. Il ragazzo mi girava attorno ridacchiando e muovendo la bacchetta tra le mani. Quando ad un certo punto la alzò puntandomela con forza contro il viso, indietreggiai per allontanarmi finché misi un piede nel vuoto, il pavimento era finito e se andavo ancora indietro sarei caduta di sotto. Il ragazzo di fronte a me sembrava aver raggiunto l'obiettivo sperato e sorrise compiaciuto prendendomi per un braccio e avvicinandomi a sé per non farmi cadere. Trattenni il respiro ancora con un piede sul bordo; non avevo molta scelta: cadere di sotto o stare così vicino a colui che si stava divertendo da ore a terrorizzarmi.
"Non mi ringrazi?" disse lui dopo avermi aiutato. Stetti in silenzio guardandolo disgustata. "Basta che ti lasci andare e finisci di sotto. Dovresti essere più gentile, non credi?" continuò.
Abby si accorse che doveva ancora togliere qualcosa, non poteva raccontare tutti i dettagli ma al tempo stesso non voleva far notare stesse usando parole diverse. Decise così di concludere il racconto frettolosamente e arrivare alla fine senza destare sospetti. 
Summer e Sophie si guardarono, erano preoccupate per l'amica che stava iniziando ad avere la voce rotta. 
"Abby, forza hai quasi finito" sussurrò Frank notando che fosse all'ultima pagina del diario. Abby guardò verso le altre due amiche che le sorrisero e trovò la forza per continuare.
Dopo alcuni secondi eravamo ancora nella stessa posizione e sentivo l'aria gelida su tutta la schiena, bastava un solo passo ancora e sarebbe davvero finita. Il ragazzo sembrò leggermi nella mente ed avanzò puntando la bacchetta dritta sul mio stomaco, facendomi barcollare all'indietro. Mi tenni a lui per non cadere e lui sorrise un'ultima volta. 
Gioiva nel sapere che la mia vita dipendeva da lui. Così ancora con il sorriso sul volto mi spintonò. Sentii solo l'aria spingermi verso il basso e il volto del ragazzo diventare sempre più piccolo. 
Strinsi gli occhi per paura dell'impatto con il suolo e divenne improvvisamente tutto nero. Era finalmente finita.
Abby aveva il fiato corto e il cuore le batteva all'impazzata ma ce l'aveva fatta e l'aveva letto senza troppi sforzi. 
Luke era invece sconvolto. Fissava un punto davanti a sé e aveva lo sguardo smarrito. Gli sembrava surreale. Come potevano entrambi sognare le stesse cose? Aveva ancora il ricordo delle orrende battute che aveva scambiato con Abby quella notte e si sentiva male solo a pensare di averla fatta soffrire così tanto. Ricordava ancora la forza che aveva messo nello spingerla dalla torre, ricordava ogni singolo dettaglio del racconto: la voce che aveva usato, il modo in cui la sfiorava, gli occhi impauriti della ragazza che lo supplicavano di lasciarla stare. Rabbrividì. Odiava sognare di farle del male e non poterlo evitare. Ma sentirlo dal suo punto di vista lo stava distruggendo, se ora Abby leggeva con voce soffocata era a causa sua e di tutto quello che le aveva fatto. 
Era per quello che l'aveva spesso vista assonnata la mattina presto? Non dormiva per colpa di quello che le faceva?
"Sof" disse piano Summer dando una gomitata all'amica per farla voltare. "Guarda Luke, senza farti notare troppo" continuò. Aveva notato la sua reazione esagerata. 
Sophie si girò facendo finta di guardare altrove. "Dici che è preoccupato per lei?" chiese. 
Luke era visibilmente in ansia e stava ora guardando Abby con aria dispiaciuta.
"Non lo so ma è strano" commentò la Tassorosso dubbiosa. C'era qualcosa che non andava e la reazione del Corvonero aveva confermato i suoi presentimenti. Nemmeno le sue migliori amiche avevano reagito così malamente ad ascoltare il terribile incubo. Nemmeno Abby sembrava così angosciata e tutto questo le puzzava.
Abby intanto aveva chiuso il diario e si guardava intorno imbarazzata. Sapeva fosse solo un incubo ma mettersi a nudo in quel modo l'aveva fatta sentire a disagio. Era la prima volta che mostrava i suoi sogni in prima persona e non avrebbe voluto farlo così davanti a tutti. Sapeva che agli occhi degli altri sarebbe stato un innocuo incubo ma per lei i suoi sogni ormai non erano solo quello, erano diventati qualcosa di inquietante e preoccupante. 
Stette in silenzio, le mani le tremavano. 
"Grazie signorina Hill. Allora…" iniziò la professoressa mentre guardava verso l'alto come ad aspettare consiglio da qualche spirito. "Sognare di cadere nel vuoto indica perdita di controllo su qualcosa. Mh… in genere si parla di una situazione che ci appare come più grande di noi o che prevede la soluzione di un problema che non sappiamo affrontare. Mentre sognare il cielo così tetro indica tempeste in arrivo." La Cooman si muoveva in tondo muovendo lo scialle verde che aveva addosso. "Faccia attenzione, problemi o discussioni potrebbero essere all'ordine del giorno" continuò.
"Fantastico, sempre cose positive vedo" commentò Abby guardando con sufficienza la donna.
"Bene, qualcun'altro vuole leggere?" chiese la professoressa scrutando i suoi studenti tra le lenti degli occhiali spessi. 
Nessuno rispose. 
"Stai bene?" domandò Frank all'amica che si era accasciata quasi a volersi nascondere. 
"Si Frank grazie, alla fine è solo un incubo. Ma non sono abituata a parlarne" disse lei ancora a disagio. 
"Mi spiace, sembrava terribile solo a sentirlo non immagino a viverlo" continuò il Tassorosso dispiaciuto. 
"E questo era poco rispetto al solito" ammise Abby, spostandosi i capelli da una parte. 
Le due amiche si girarono a guardarla e fecero gesto che era andata alla grande. Non tutti avrebbero letto così impassibili un incubo simile.
"Lewis vuole leggere lei?" domandò la Cooman guardando il Corvonero distratto a parlare con il suo amico ancora bianco in volto. 
"Merda" sussurrò. Aveva scritto solo due pagine del diario in tutti quei giorni e non sapeva cosa inventarsi. 
"Non ho sognato niente ieri notte professoressa" mentì. 
"Signor Lewis spero sia vero, ma la sua aura mi dice il contrario. Me lo ricorderò" disse la donna dai capelli ricci canzonando il ragazzo.
La lezione di divinazione continuò tranquillamente. Abby era riuscita a rilassarsi notando come i suoi compagni non avessero fatto alcun commento su quanto letto e che la professoressa non avesse avuto alcuna reazione nel sentire quello strano incubo, aveva come al solito fatto le sue profezie bizzarre senza aggiungere niente. 
Nessuno sembrava essersi accorto della paura nei suoi occhi mentre leggeva o degli sguardi rassicuranti che le avevano rivolto gli amici. Era riuscita a distrarsi nell'ascolto dei sogni dei suoi compagni, in fondo non erano poi così diversi dai suoi. Più di un ragazzo infatti aveva raccontato incubi raccapriccianti, peccato che lei li facesse ogni notte, da mesi.
Non si poteva dire che anche Luke avesse trascorso la lezione serenamente come la Grifondoro. Era rimasto sull'attenti per tutto il tempo, pregando che non chiamasse lui. Aveva evitato le sue solite battutine sulle frasi incomprensibili della Cooman per non finire a dover leggere il diario proprio come era successo ad Abby. Non poteva di certo mostrare a tutti di aver fatto lo stesso identico sogno della ragazza. Sarebbe risultato sconvolgente per tutti, non solo per Abby e chissà cosa avrebbe detto la professoressa sempre così pessimistica nella sue predizioni. Doveva tenersi questa scoperta per sé, era meglio per tutti e soprattutto per Abby. Non sapeva se lei lo riconoscesse di notte o meno, e non poteva fargli pesare una situazione del genere, doveva prima capire cosa stesse succedendo. 
Aveva notato come la Grifondoro non l'avesse degnato di uno sguardo e si convinse che forse non sapesse che il carnefice dei sogni era lui. Eppure proprio non riusciva a calmarsi, ogni minuto che passava i dubbi aumentavano e l'ansia sembrava essersi presa possesso del suo corpo. Il racconto gli aveva fatto riaffiorare in modo lucido tutti i particolari di quella tortura ed ora aveva soggezione a guardare Abby.
Non riusciva a crederci: era tutto così inverosimile.
"Sei andata benissimo Abby. Io non sarei riuscita a rimanere così calma" 
disse Sophie, quando finalmente uscirono dall'aula opprimente, abbracciando l'amica.
"Davvero. Poi tra tutti proprio te doveva chiamare..." aggiunse Summer ancora turbata dal fatto che fosse stata la prima a leggere il diario.
"Me la sono un po' cercata questa volta ma ora odio ancora di più quella donna" rispose Abby con aria sprezzante.
"Cos'è che ti ha detto già? Problemi e discussioni saranno all'ordine del giorno?" Frank aveva la fronte corrugata cercando di ricordare le parole della professoressa.
"Già, ma ci credo poco come ben sapete. Ancora non mi capacito di come possano farci seguire una lezione del genere" commentò Abby chiudendo la borsa che aveva appena appoggiato sulla spalla.
"Scusate se vi interrompo ma ho notato solo io lo strano atteggiamento di Anderson?" Summer si fermò guardando in direzione degli amici, non aveva fatto altro che pensare a come il ragazzo fosse agitato durante l'intera lezione.
"Mh sì, che ha fatto?" Abby la guardava incuriosita. Aveva cercato di non guardarlo in faccia per tutto il tempo, un po' per imbarazzo ed un po' per paura che in qualche strano modo potesse sapere che parlava di lui.
"Sembrava sconvolto e non la smetteva di guardarti Abby" disse Summer sbalordita dal fatto che l'avesse visto solo lei.
"Io non ho visto niente... non è che l'hai immaginato Sum?" chiese Frank dietro di lei.
"No Frank, possibile che vedi tutto tranne quello che serve davvero?" sbuffò la Tassorosso. Stava ore a spiare gli altri e non notava cose come questa?
"Anche io ho visto fosse strano, secondo me è perché gli piaci ed era preoccupato" intervenne Sophie facendo l'occhiolino all'amica.
"COSA? Ma và, voi siete matte!" urlò Abby portando una mano al viso.
"Beh che gli piaci non è da escludere, anzi... Non hai mai notato come ti guarda?" domandò Summer interrogativa.
"NO! smettetela, non è vero niente, mi avrà guardato per le cose assurde che stavo raccontando. Caso chiuso." Abby si stava agitando, non voleva parlare di Luke e nemmeno del fatto che potesse provare interesse per lei. Stava bene così e non voleva avere altri problemi.
"Starò più attento ... magari dobbiamo aggiungere un elemento alla lista dei tuoi pretendenti Abby." Frank le tirò una leggera gomitata guardandola con fare malizioso.
"Ma che pretendenti! Siamo amici e basta." 
"Diceva la stessa cosa Summer con Alex anche se sapevano persino i muri che le piacesse" aggiunse Frank guardando ora la Tassorosso.
"Grazie per aver riesumato questo felice ricordo Frank. Peccato che non sia finita molto bene o sbaglio?" disse la ragazza rabbuiata dopo il commento dell'amico. Era tempo che cercava di non pensare a lui e non era mai piacevole ricordarlo.
"Non potevi fare un paragone migliore?" domandò Sophie seria notando l'espressione di Summer.
"Scusami, non sono ancora abituato a non vedervi più insieme" continuò Frank dispiaciuto.
"Comunque non c'è niente tra di noi. Vi ricordo che fino a poco fa mi trattava male" si intromise Abby per cambiare discorso. Voleva che nessuno tirasse più fuori l'argomento.
"Come vuoi, ma farò più attenzione. Quest'anno ho più gossip su di voi che su altri e non riesco a starci dietro..." Frank si mise una mano sulla fronte, non era abituato a gestire così tanti pettegolezzi sulle sue tre migliori amiche. Ognuna era vittima di chiacchiere diverse e non riusciva a tenere la bocca chiusa.

 

III

Summer gettò la divisa sporca per terra sbuffando e si affrettò ad indossarne una pulita. Lo stomaco era contratto dalla fame e non vedeva l’ora di mangiare pranzo, cosa che avrebbe già fatto da un pezzo se non fosse stato per Frank e per il disastro che il ragazzo aveva combinato durante la lezione di Pozioni. Non erano riusciti a capire cosa esattamente fosse andato storto, nonostante Sophie avesse trovato almeno cinque ipotesi diverse che aveva ripetuto loro fino alla nausea; restava il fatto che all’improvviso il calderone con il quale stavano lavorando Frank e Summer era letteralmente esploso dopo che il Tassorosso aveva aggiunto l’ultimo paio di ingredienti, e schizzi di un caldo, maleodorante liquido verdastro erano volati ovunque attorno a loro. Summer era riuscita a coprirsi il volto con il braccio, limitandosi così a sporcarsi la tunica, ma Frank non era stato così fortunato: essendo ancora chino sul calderone, era stato colpito in pieno volto ed era stato costretto a correre in infermeria, tra le risate generali della classe e i commenti sarcastici del professor Piton, con delle brutte vesciche pulsanti che gli stavano in fretta ricoprendo tutta la pelle del viso. 
Mentre Summer usciva finalmente dal dormitorio, gruppetti di Tassorosso stavano già tornando dalla Sala Grande; doveva sbrigarsi se voleva trovare ancora un po’ di cibo. Madama Chips avrebbe sicuramente rimesso in sesto Frank nel giro di poco tempo, quindi la ragazza non era preoccupata, ma era probabile che restasse in infermeria per il pranzo vista l’ora, quindi non avrebbe avuto senso aspettarlo. 
Come aveva previsto, quando arrivò la Sala Grande era già mezza vuota. Dirigendosi verso il suo tavolo, Summer passò accanto a quello dei Grifondoro e notò Sophie seduta poco lontano, intenta a leggere uno dei suoi soliti libri. Non era una cosa insolita, ma quello che non era normale era vederla da sola: ultimamente, tranne per le lezioni e alcuni intervalli, non era possibile trovare la ragazza senza doversi imbattersi anche in quel tronfio di Edward Richardson. Incuriosita, Summer si fermò accanto all’amica.
“Come mai sola soletta Sof?”
Sophie trasalì, si guardò attorno presa alla sprovvista e infine sorrise vedendo l’amica. 
“Sum, ti sei cambiata, va molto meglio così, quella cosa puzzava terribilmente! Frank?”
“Credo sia ancora in infermeria... ma non sviare la mia domanda Sof, come mai non sei con Richardson?” La voce di Summer era sospettosa, era troppo strano.
“Edward è al campo con Abby e James, hanno preso del cibo e deciso di mangiare negli spogliatoi prima degli allenamenti di quidditch, per stare un po’ insieme.”
“Ok, ma senza di te? Non è da Richardson, da quando state insieme non ti molla neanche un momento, è peggio della piovra gigante!”
“Ha solo piacere a stare con me nei momenti liberi Sum, non c’è niente di male...” Sophie si interruppe un attimo, sorrise un po’ imbarazzata e alla fine ammise: “Però, l’altro giorno a Hogsmeade abbiamo parlato e mi ha fatto notare che probabilmente Abby si sente un po’ trascurata ora che la nostra relazione si è ufficializzata. Quello che mi ha detto mi ha fatta riflettere, e in effetti forse siamo un po’ sempre troppo insieme...”
“Solo un po’?” le fece eco Summer, alzando un sopracciglio canzonatoria.
Sophie fece finta di non aver sentito. ”...e quindi io e Edward abbiamo pensato che forse sarebbe meglio stare attenti a non isolarci troppo e cercare di non essere troppo appiccicosi, soprattutto in presenza dei nostri amici, così da non far sentire nessuno a disagio o escluso!”
“Beh, non posso certo lamentarmi” commentò Summer, “anzi non posso dire di non essere contenta della vostra scelta, cominciavo a temere che stare con quello lì ti avesse fuso il cervello e privata del buon senso...”
“Sum!” la riprese la Grifondoro, mezza divertita, mezza risentita: era un caso perso. “Comunque, tra un po’ mi vedo con Anthony, pare che quelli del terzo anno di Corvonero organizzino un torneo di gobbiglie e pensavamo di andare a vedere prima del nostro incontro al club degli scacchi magici, vuoi unirti a noi?”
“Per quanto apprezzi il cambiamento delle tue frequentazioni, devo rifiutare, voglio andare direttamente dalla Cooman, devo chiederle delle cose che non ho avuto modo di chiederle dopo la lezione questa mattina.”
Sophie abbassò la voce. “Vuoi chiederle qualcosa per Abby? Stai davvero indagando sui suoi sogni?”
“Non farò nomi, tranquilla, ma c’è qualcosa che non mi torna, e dopo quanto successo a Divinazione ho più domande di prima...”
“Ancora con questa storia Sum?”
“L’hai visto anche tu che Anderson era strano mentre Abby leggeva il suo diario!”ribatté Summer prontamente. 
“Ma solo perché lei gli piace, è ovvio dai, era dispiaciuto che avesse fatto un incubo del genere!”
“Non so, non sono convinta che fosse solo per quello...” No, Luke era apparso troppo sconvolto e coinvolto agli occhi attenti di Summer, ma la ragazza non insistette con Sophie, sapeva che l’amica aveva bisogno di prove, altrimenti non avrebbe cambiato idea. “In ogni caso, vado a mangiare qualcosa, tu approfitta di un po’ di tempo sola con Anthony, così magari ti ricorderai quanto sia bello stare con i tuoi migliori amici e mollerai quel buono a nulla di Richardson!”
Sophie le urlò qualcosa dietro, esasperata; Summer si limitò ad allontanarsi sorridendo. 
Dopo aver ingurgitato qualcosa al volo, la Tassorosso si diresse verso la torre dove si tenevano le lezioni di Divinazione. Non aveva visto la  professoressa Cooman seduta al tavolo dei professori a pranzo, scendeva molto raramente dalla sua torre, quindi sperava di trovarla lì. Arrivata davanti alla botola che portava all’aula di Divinazione, fu sollevata nel trovarla aperta; salì la sottile scala d’argento che si srotolava dalla botola stessa e si ritrovò nella calda sala che Summer amava tanto, illuminata come sempre da una soffusa luce scarlatta proveniente dalle lampade drappeggiate da con veli e stoffe rosse. Qualunque altro studente avrebbe preferito una punizione con Gazza al dover stare in quella stanza dall’atmosfera soffocante un solo minuto in più del necessario, ma per Summer era diverso: lei apprezzava sinceramente le ore di Divinazione e, sebbene si rendesse conto che la professoressa Cooman ogni tanto forzasse un po’ i suoi modi mistici di veggente, apprezzava veramente sia lei che la materia che insegnava, per lei la più affascinante tra tutte. La solita pentola di rame sospesa nel grande caminetto emanava come sempre un calore quasi eccessivo, e spesse volute di un fumo che odorava di incenso e fiori si sviluppavano da lì, creando un'atmosfera che i più trovavano soporifera, e che invece Summer gradiva così tanto. All’improvviso, un forte odore di brandy pizzicò le narici della ragazza che, voltandosi, si trovò faccia a faccia con la professoressa Cooman. 
La donna, alta e magra, con il collo ricoperto da innumerevoli scialli, fissò confusa Summer per un istante, gli occhi spaventosamente ingranditi dietro i spessi occhiali rotondi. Teneva in mano una bottiglia di brandy scadente mezza vuota che, una volta riconosciuta la sua studentessa, si affrettò a far sparire in un tintinnio rumoroso della miriade di braccialetti che le circondavano i polsi ossuti. 
“È un infuso che mi aiuta molto ad ampliare la mente e sviluppare il mio occhio interiore, tutto qui” borbottò, chiaramente in imbarazzo. Quindi, si schiarì la gola e riprese, con il suo solito tono mistico: “Mia cara Summer, cosa ti porta qui fuori dall’orario di lezione? Ovviamente ho previsto il tuo arrivo, ed è sempre un piacere poter spendere del tempo con chi apprezza veramente la sottile e nobile arte della Divinazione. Ma è raro che qualcuno si scomodi a salire fin quassù quindi dimmi mia cara, c’è qualcosa che posso fare per te?”
Summer sorrise timidamente alla professoressa, con riverenza; era l’unico membro del corpo docenti a non metterla in soggezione. 
“Sì professoressa, scusi se la disturbo così...”
“Nessun disturbo, nessun disturbo mia cara...” la interruppe la professoressa, guardandola con evidente affezione.  
“Ecco avrei alcune domande da farle a proposito dell’interpretazione dei sogni. So che abbiamo iniziato da poco ad affrontare l’argomento, ma se non le dispiace vorrei chiederle dei chiarimenti, per qualche approfondimento personale diciamo.”
”Ma certo, ma certo, è il minimo che io possa fare per la mia migliore studentessa” disse la Cooman, invitandola a sedersi vicino a lei su un pouf di chintz, attorno a uno dei tanti tavolini circolari. “La mia Vista mi aveva avvertito che eri in cerca di risposte, tuttavia non ho indagato su quali fossero le tue domande, in modo che tu stessa potessi pormele.”
“Si tratta di un argomento molto specifico” cominciò Summer, cercando di rimanere sul vago e di farsi capire al contempo, “ovvero quello di sogni ricorrenti.”
La professoressa Cooman le fece cenno di continuare, rivolgendole un’occhiata interessata. “Uno degli argomenti più nebbiosi e affascinanti dello studio dell’interpretazione dei sogni, era chiaro che l’ambito di ricerca di una studentessa brillante come te non poteva essere banale.”
Summer arrossì un po’ per il complimento, e continuò. “Ecco, mi chiedevo... ho letto che in genere si sogna ripetutamente di un luogo o di una persona che sono stati importanti per noi, significativi nel nostro passato nel bene o nel male... se però quello che appare nei sogni ricorrenti di qualcuno non appartenesse al passato? Voglio dire, nel libro non se ne fa cenno, ma è possibile giusto?”
La professoressa Cooman emise un gridolino compiaciuto. “Quanto interesse in te, mia giovane Summer, quale talento, quale potenziale! Hai subito individuato il cavillo che comunemente non viene notato, ciò che passa inosservato da chi si limita a studiare aridamente questa che è la più difficile di tutte le arti magiche. Come dico sempre, i libri possono far progredire ben poco in questo campo...”
“... e se non abbiamo la Vista può insegnarci ben poco!” terminò Summer annuendo con un sorriso, senza riuscire a trattenersi. 
La professoressa Cooman sembrava prossima a baciarla talmente era fiera di quella giovane ma promettente studentessa. “Esatto, esatto mia cara! Ancora una volta ciò che dici è esatto. Non è molto frequente, ma è assolutamente possibile sognare ricorrentemente qualcosa che non appartiene al passato, specialmente dei luoghi, e questo viene comunemente interpretato da coloro che scrutano con l’occhio interiore come un segno del destino: vedere nel sonno più volte lo stesso posto significa essere destinato a tale posto, significa che tale luogo avrà un ruolo fondamentale in futuro!”
“E se non si trattasse di un luogo ma di una persona?” chiese Summer quasi esitante, con un filo di voce.
“Oh mia cara, quello che chiedi non è solo poco frequente, ma estremamente raro! Se qualcuno sognasse ripetutamente, con insistenza, e sempre la stessa persona, anche cambiasse il contesto dei sogni, allora questo equivarrebbe all’avere un legame unico con quest’altra persona!”
“Professoressa, quando parla di un legame unico...” Summer trattenne involontariamente il respiro. Ci era arrivata, ora forse avrebbe avuto la risposta che cercava...
“Intendo un attaccamento, come un laccio che legherebbe chi sogna con la persona che sogna. Un legame così unico e a doppio senso che unirebbe in modo indissolubile e inequivocabile due persone, che si sognerebbero  a vicenda e condividerebbero delle esperienze durante il sonno, qualcosa insomma che va ben oltre al destino. Ma che io sappia non c’è certezza che una cosa del genere sia mai accaduta!”
Summer rimase in silenzio per qualche istante, troppo occupata ad elaborare le parole appena sentite. Le sembrava che il suo cervello stesse lavorando ad una velocità tripla rispetto al normale. Poteva essere quella la spiegazione che stava cercando? Poteva davvero essere quella? Pareva improbabile: la professoressa stessa aveva specificato che si trattava di qualcosa di estremamente raro e che non era nemmeno certo potesse accadere. Eppure...  
“Però, ammettendo che una cosa del genere sia possibile, quale sarebbe il motivo di tale legame secondo lei, professoressa?” provò ad insistere la ragazza, impaziente di saperne di più.
“Purtroppo non so dirtelo con esattezza mia cara. Ti stai inoltrando in un campo molto oscuro, molto oscuro davvero. Un tale legame non sarebbe naturale, non sarebbe frutto delle trame del destino, ma deriverebbe con ogni probabilità da una maledizione, o da qualche magia proibita, e per questo motivo non ci sono certezze al riguardo, solo vecchie leggende, antiche profezie. Mi dispiace non poterti aiutare ulteriormente, ma purtroppo non saprei ripetertele.”
“Non si preoccupi, anzi la ringrazio, mi è stata comunque di grande aiuto!” le assicurò Summer, alzandosi dal pouf.
La professoressa le fece ancora promettere di tornare ogni qualvolta avesse avuto bisogno, poi la ragazza fu libera di andarsene. Mentre scendeva dalla Torre di Divinazione, percorrendo gli innumerevoli gradini della scala a chiocciola che rischiavano, di far girar la testa, Summer non riusciva a smettere di pensare a quello che aveva appena appreso. Quasi non si rendeva conto di dove metteva i piedi talmente era immersa nelle sue riflessioni: qualcosa che aveva detto la professoressa negli ultimi minuti del loro colloquio l’aveva particolarmente colpita, ma non avrebbe saputo dire esattamente cosa. Poi fu come un fulmine a ciel sereno, e capì dove doveva dirigersi. 
Antiche profezie, vecchie leggende... Quasi corse fino all’ala del castello dove si trovava la biblioteca. Rallentò il passo solo per non farsi sgridare da Madama Pince, tuttavia non si fermò a chiederle niente: sapeva esattamente dove trovare quello che stava cercando. Sul momento non ci aveva dedicato molte attenzioni, presa com'era dalla punizione che doveva scontare e dalla vicinanza di Jake Allen, ma ora sapeva che erano proprio i libri che aveva riordinato quella sera con l’aiuto del ragazzo quelli che doveva consultare. Sfogliò velocemente un paio di volumi appena pubblicati sull’interpretazione dei sogni, finché non si soffermò su un vecchio tomo rilegato e dall’aria preziosa; la copertina era nera e logora, con ancora però delle fini scritte in foglia d’argento, e le pagine erano consunte, sottili, ingiallite dal tempo e fragili. Summer lo ricordava bene, perché Jake si era divertito a lanciarglielo facendolo quasi cadere e visto che, a differenza degli altri che erano stati spediti dal Ghirigoro per aggiornare la biblioteca di Hogwarts, quello arrivava da un’altra scuola di magia, era un dono raro e la Tassorosso era impallidita di fronte al rischio preso dal Serpeverde. 
Summer si sedette a gambe incrociate per terra, il prezioso tomo in grembo, spostò una ciocca dei capelli biondi che le sfioravano le spalle dietro all’orecchio e cominciò a sfogliarne le pagine con attenzione. Ben presto, trovò un capitolo che catturò tutta la sua attenzione: lo lesse tutto d’un fiato, e rimase a fissare il vuoto per qualche istante, gli occhi sgranati, incredula. Quindi, rilesse tutto da capo, una seconda e una terza volta.
Si trattava di una vecchia leggenda.
Un amore dannato, gelosia e vendetta... 
Summer non sapeva cosa pensare. Si rendeva conto di non essere in possesso di prove certe a sostegno della sua teoria, eppure sentiva che non era in errore.
Una maledizione oscura e antica, destinata a durare nel tempo...
I suoi amici non le avrebbero creduto mai e poi mai. Doveva dir loro cosa pensava stesse succedendo realmente ad Abby, ma doveva trovare anche il momento giusto. Non sapeva come avrebbero potuto prenderla, e d’altronde, anche se era profondamente convinta del contrario, poteva pur sempre starsi sbagliando. 
Una condanna tremenda, infrangibile...
Summer sentì un brivido gelato scenderle lungo la schiena, provocandole la pelle d’oca e facendola tremare. Un brivido di orrore e inquietudine per quanto aveva appena scoperto. 
Tortura, sogni, pazzia, morte. 
 

IV

“Ecco arriva la posta” disse Sophie guardando i gufi planare dentro la Sala Grande. Quel sabato mattina si erano alzati tutti di buon ora, per essere al tavolo della colazione nel momento della consegna della posta, con cui sarebbe arrivata la Gazzetta del Profeta contenente l’intervista di Edward. 
“Oddio che emozione!” esclamò Frank che avidamente guardava verso l’alto in attesa della sua copia della Gazzetta (a cui lui era ovviamente abbonato).
“Sei quasi più emozionato tu di quanto non lo siano Edward e Sophie” fece notare Abby divertita. 
“Già, l’unica scontenta di essere qui sono io” si lamentò Summer, “ancora devo capire perché hai insistito così tanto perché ci fossi anche io Sophie!”
“Dai Evans, ritieniti fortunata, puoi sederti al tavolo con noi. È un privilegio raro per una Tassorosso” la riprese James divertito.
Ma prima che Summer potesse ribattere, una giornale arrotolato su se stesso cadde di fronte a Frank. 
Il ragazzo preso da un’eccessiva euforia srotolò il giornale e iniziò a sfogliare con foga le pagine, in cerca dell’articolo tanto atteso.
“Calmati Frank, non scappa l’articolo” esclamò Sophie guardandolo accigliata.
“ECCOLO!” urlò Frank, facendo voltare mezza sala grande verso di loro, per poi leggere il titolo ad alta voce:

Edward Richardson, il ragazzo che non deve chiedere mai a cura di Rita Skeeter.

“Guardate che foto!”  commentò Frank, emozionato.
“Sei proprio un figo Edward, questa mia nonna se l’appende in salotto!” fischiò Abby divertita.
Sophie non poté negare che era proprio una gran bella foto, Mark il fotografo non si era sbagliato: Edward era proprio fotogenico.
“Su dai fallo leggere ad Edward!” insistette Sophie, cercando di strappare il giornale ad un riluttante Frank.
“No dai, leggilo tu Frank, so che ci tieni!” concesse gentilmente Edward.
Frank sorrise soddisfatto, e schiarendosi solennemente la voce, iniziò a leggere:

Oggi io, Rita Skeeter, inviata speciale per la Gazzetta del Profeta, mi sono avventurata tra le blindate mura di Hogwarts-

“Ma non è venuta ad Hogwarts!” protestò Abby confusa.
“Non interrompermi” la riprese subito Frank, per poi proseguire.

-per presentare al nostro grande e affezionato pubblico di lettori un ragazzo a dir poco magnifico. Il suo nome? Edward Richardson. Venite a conoscerlo con me.
Edward Richardson è un ragazzo di diciannove anni, nato a Londra, figlio dei due celebri Auror Taylor e Micheal Richardson, nonché nipote dell’ex Ministro della Magia Henry Benjamin Richardson Senior, il più amato tra tutti gli ex Ministri. Il giovane frequenta il sesto anno alla scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts, e possiamo affermare con sicurezza che ha alle sue spalle una brillante carriera scolastica, costellata da eccellenti voti.
Edward si è subito dimostrato un ragazzo ben educato, dai modi gentili e cordiali. Ma la cosa che più spicca all’occhio è sicuramente l’aspetto incantevole di questo giovane adone. Il fisico atletico, i tratti mediterranei del volto, gli occhi profondi, farebbero impallidire persino la Venere di Botticelli. 
Il ragazzo ha sicuramente una gran buon gusto in fatto di donne, non ha negato di trovarmi una donna molto attraente, ma io ovviamente ho dovuto rifiutare le sue numerose, e deliziose, avances. Insomma, ha solo diciannove anni!

“Ma quali avances?” domandò Edward contrariato.

Edward però non è semplicemente un bel ragazzo proveniente da una celebre famiglia di maghi, è anche un giovane estremamente intelligente e brillante.Neo vincitore del Premio Barnabus Finkley per Incantesimi Eccezionali, e fresco della notizia della sua ammissione al prestigioso quanto estremamente selettivo  stage estivo come Rappresentante Giovanile Britannico al Wizengamot, il ragazzo a soli diciannove anni ha già raggiunto una vasta quantità di importanti traguardi, che molti maghi adulti non hanno nemmeno mai visto con il cannocchiale!
Il celebre Albus Silente, preside di Hogwarts, nonostante la sua solita diffidenza nel rilasciare interviste, ha dichiarato senza troppi preamboli la sua totale stima e ammirazione per il ragazzo, definendosi “Estremamente orgoglioso di avere tra i suoi studenti una mente tanto brillante quanto onesta”.
Alcuni malpensanti potrebbero ritenere che tale elogio sia dovuta al fatto che il giovane Richardson sia un Grifondoro (tutti sanno che il preside tende ad avere un occhio di riguardo per gli studenti appartenenti alla sua casa) ma-

“Ma questo non è assolutamente vero!” protestò Abby contrariata, ma Frank continuò, alzando il tono di voce.

-ma posso assicurarvi che in questo caso gli ossequi da parte del Preside non potrebbero che essere più meritati. 
Ovviamente non è tutto oro quello che luccica. Il giovane e bellissimo ragazzo ha dichiarato, fra le righe della sua modestia, come sia difficile convivere sapendo di essere continuamente alla mercé delle invidie altrui. Purtroppo essere belli e brillanti ha i suoi lati negativi, e il ragazzo lo sa bene. Persone che si avvicinano solo per brillare di luce riflessa, che ti usano per avere quel briciolo di fama. Ne è la prova la ragazzina sciacquetta che si è presentata assieme a lui all’incontro. La ragazzetta infatti, ha sin da subito tentato di mettersi in mostra, cercando di oscurare il protagonista.

“Anche questo non è assolutamente vero! Ma poi ragazzina sciacquetta? Ma come si permette!” urlò Sophie indignata.

La signorina, una totale sconosciuta che vanta il nome di Sophie Forbes, pur di apparire ha anche gettato fango sui suoi compagni di scuola. Sophie ha sottolineato come il giovane Richardson sia invidiato da molti suoi coetanei all’interno del castello di Hogwarts: “I ragazzi lo odiano perché sono tutti brutti, e non possono competere con lui in fatto di ragazze. Vogliamo parlare poi dei meriti scolastici? Sono tutti una massa di incompetenti senza cervello, privi di qualsiasi talento! Ovvio che lo invidino. Le ragazze invece sono tutte delle povere e frivole illuse, gli corrono dietro con le loro gonnelline corte sperando di essere notate da lui, ma io sono troppo bella, contro di me non hanno alcuna speranza”.
Certamente delle dichiarazioni forti e offensive, a cui Edward ha dato subito forte smentita.

“Wow Sophie” mormorò Abby sgranando gli occhi.
“Non ho mai detto queste cose! Si è inventata tutto” si giustificò con veemenza Sophie, fuori di sé.

La ragazza, totalmente priva di scrupoli, ha cercato di scretidare anche una sua amica: “C’è una mia amica che è follemente invidiosa di Edward, poverina! Probabilmente è innamorata di lui, e siccome non ha speranze cerca di macchiare la sua immagine”.

“A bhe grazie Sophie!” intervenne Summer incredula.
“Ti giuro Summer che non ho mai detto nulla di simile!” spiegò categorica Sophie.
“Confermo, la Skeeter ha distorto le sue parole” le diede man forte Edward.

Per fortuna, la ragazza, dopo essersi scolata un bicchiere intero di Whisky incendiario, è caduta in un profondo stato di coma etilico, e ci ha permesso di continuare la chiacchierata.
Edward Richardson, nonostante le difficoltà tipiche adolescenziali, porta avanti l’onore e l’onere di essere uno strabiliante talento naturale con estremo orgoglio e impegno. Il giovane ha dichiarato che dopo i suoi studi probabilmente non seguirà le orme dei genitori, ma gli piacerebbe intraprendere una carriera  al Ministero. Sicuramente le sue spiccate doti di leader lo aiuteranno a scalare le vette del Ministero della Magia, e chissà, magari fra qualche hanno parleremo di Edward Richardson come Primo Ministro.
Secondo alcune indiscrezioni il ragazzo sarebbe anche un talentuoso giocatore di quidditch: ormai da anni egli investe il ruolo di cacciatore e, ovviamente, di capitano, nella squadra di quidditch di Grifondoro.

“Ehi no questo no! Sono io il capitano!” ringhiò James, toccato sul suo punto debole. Mai nessuno aveva messo in discussione il suo ruolo di capitano.

Chissà quindi se invece di vederlo nelle vesti di Ministro, lo vedremo volare su una scopa alla finale della coppa del mondo di quidditch.
Sono domande a cui per ora non possiamo trovare una risposta. Ma una cosa è certa, possiamo aspettarci grandi cose da questo ragazzo. Bello, brillante, intelligente, affascinate, pieno di charme, il ragazzo che tutte le madri vorrebbero a fianco della loro figlie, e il toy boy che tutte le donne mature sarebbero pronte ad accogliere nel loro letto.
Non possiamo che augurare buona fortuna a questo splendido ragazzo. Sicuramente ci saranno altre occasioni per parlare di lui, e chi lo sa , magari un giorno sarò proprio io a scrivere la sua autobiografia!

“Wow, fantastico!” sospirò Frank estasiato chiudendo il giornale. “Che talento che ha questa donna. Invece tu, Sophie, sei proprio una viperella eh? Guarda che cattiveria che avevi nascosta dentro!”
“Frank, si è inventata tutto, non ha detto una cosa vera quella maledetta! A parte il fatto che Edward è fantastico,ovviamente!” protestò Sophie.
“Sophie ha ragione, ha detto un sacco di cose false!” la difese Edward indignato.
“Beh ma si sa che la Skeeter tenda ad inventarsi le cose… se le piaci ti elogia, se non le piaci ti distrugge” commentò Abby amaramente.
“E credo che abbia deciso di distruggere Sophie… ti stanno guardando tutti male!” fece notare Summer con un fil di voce.
Sophie si guardò intorno. Un sacco di ragazzi e ragazze, che evidentemente avevano anche loro letto l’articolo di Rita Skeeter, la stavano guardando indignati per le dichiarazioni che aveva rilasciato.
“Io quella la uccido! Ha deciso di rovinarmi la vita? Solo perché sono la ragazza di Edward! Quella pervertita voleva saltargli addosso in un modo indecente” sibilò Sophie a denti stretti.
“Tranquilla Sof, troveremo una soluzione a questa cosa, non la passerà liscia!” la rincuorò Edward, chiaramente fuori di sé.
“Carino l’articolo Richardson!” si intromise con fare canzonatorio una voce maschile alle loro spalle.
Il gruppetto si voltò. Thomas era in piedi davanti al loro tavolo, con un braccio attorno alla vita Megan, la quale stava giocherellando con una ciocca di capelli biondo platino ridendo sguaiatamente .
“Davvero molto carino” proseguì Thomas, gli occhi azzurri puntati su Sophie. “Io ve l’avevo detto che quella raccontava solo cazzate, ora Richardson e Forbes, godetevi la vostra fama!”
Detto questo il ragazzo sorrise sprezzante, e si allontanò con Megan.
“Adesso mi ha stufato” sbottò Abby, che si alzò e si diresse rapidamente verso Thomas per dirgliene quattro.
Sophie rimase senza parole. La rabbia le stava ribollendo nelle vene. E si sorprese nell’accorgersi che la cosa che la stava facendo più arrabbiare non erano tanto la Skeeter e il suo articolo, quanto invece Thomas, le sue parole, e quel braccio avvinghiato alla vita di Megan.

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Capitolo 14
*** Capitolo 13 - Non sono contento, sono terribilmente preoccupato ***


Capitolo 13 - Non sono contento, sono terribilmente preoccupato


 
I

 “... e fu così che il Comitato Magico varò la legge di cui sopra nel 1674, con nessuna astensione di voto.” 
“Non così in fretta Sof, non ti seguo più!” sbuffò Abby, la lingua tra i denti nello sforzo di stare dietro alle parole dell’amica; la mano sinistra con la quale stava scrivendo era tutta macchiata d’inchiostro. Sophie alzò gli occhi al cielo, invocando pazienza: stava dettando a Abby cosa scrivere nel compito di Storia della Magia che la ragazza non aveva avuto voglia di fare. Se c’era una sola materia per la quale chiedeva l’aiuto di Sophie, quella era proprio Storia della Magia, a causa della sua eccessiva noiosità. 
“... la legge di cui sopra nel 1674” ripetè quindi più lentamente, facendo una pausa, “con nessuna astensione di voto.” 
Abby si affrettò a scrivere fino all’ultima parola, annuì e guardò Sophie in attesa. 
“Basta, abbiamo finito!” esclamò quella, ridendo di fronte all’espressione perplessa dell’amica. “Non ci hai nemmeno provato a seguire quello che ti stavo dettando vero?” 
Abby fece un sospiro di sollievo e appoggiò sul tavolo la piuma che aveva usato per scrivere. “Scusa ma per seguire quello che dicevi tanto valeva che lo facessi io no? Sii già fiera di me per il fatto che sono riuscita a tenere il passo e che non ho chiesto che scrivessi direttamente tu, ti giuro che dopo i venti centimetri stavo per cedere, è stato così noioso!” 
“Già che ti è stato dettato, ci mancava solo più che non lo scrivessi nemmeno tu” commentò divertito Edward, che era seduto di fronte le due ragazze, alzando gli occhi dal libro su cui stava ripassando Erbologia.  
Tirò fuori la bacchetta e con un semplice tocco sulla pergamena di Abby fece scomparire le macchie d’inchiostro che la ragazza aveva disseminato qua e là nella fretta di terminare il compito; un altro tocco, e alcune parole cambiarono magicamente correggendo degli errori di scrittura che erano sfuggiti persino all’attento occhio di Sophie. Quindi, arrotolò la pergamena e la porse ad Abby, che la ripose al sicuro e lo guardò con affetto.  
I tre Grifondoro erano seduti ad un tavolo della biblioteca semi vuota: era una delle rare ore buche che gli studenti del quinto e del sesto anno avevano in comune, ma non tutti si erano rifugiati tra gli alti scaffali della biblioteca di Hogwarts. I più “fortunati”, come diceva Abby, ne stavano approfittando per rilassarsi tra una lezione e l’altra, come James; altri avevano preferito sì utilizzare l’ora buca per studiare, finire dei compiti dell’ultimo minuto o ripassare prima di un’interrogazione, ma nelle rispettive sale comuni, come Summer che si era categoricamente rifiutata di seguire le due amiche se questo significava stare più a lungo del necessario in compagnia di Edward Richardson.  
“Bene” sentenziò Sophie dopo un momento, “abbiamo ancora una ventina di minuti, direi di cominciare a scrivere il rotolo di pergamena di 50 centimetri che la McGranitt ci ha appena chiesto per la settimana prossima!”  
Abby, che si stava massaggiando stancamente il collo, la guardò come se fosse completamente ammattita. “Solo i malati mentali cominciano un compito appena ricevuto, per la settimana successiva, quando potrebbero invece godersi un attimo di meritato riposo! Ma dico io, sei umana almeno?” 
Sophie fece per ribattere, piccata, ma l’amica la prevenne facendogli gli occhi dolci e lo sguardo più implorante possibile. “Ti prego Sof, ho passato di nuovo la notte insonne, lo sai, non posso riposarmi un attimo? Abbiamo già finito i compiti per oggi e domani, me lo merito... guarda Anderson, lui sì che è fortunato ed ha amici normali!”  
La ragazza fece un cenno verso un tavolo poco lontano, alle spalle di Edward, dove in effetti Luke Anderson aveva la testa appoggiata sulle braccia e sembrava profondamente addormentato, mentre accanto a lui Liam Lewis ne approfittava per fargli un ridicolo disegno sul quaderno che il ragazzo aveva abbandonato aperto accanto a lui.  
“Ma se tanto poi passerai l’ultima ora di Storia della Magia a dormire mentre io prenderò appunti per entrambe come tuo solito!” 
“Solo perché tu sei più brava di me e riesci a restare concentrata mentre quel fantasma soporifero di Ruf spiega, non è carino farmelo pesare, non tutti possiamo essere brillanti come Sophie Forbes...” 
“Ah-ah, bel tentativo Abby, ma davvero dovremmo cominciare con Trasfigurazione, perché rimandare a domani quello che possiamo fare oggi?”
“Forse perché se non chiudo un attimo gli occhi non arriverò sveglia a Difesa contro le Arti Oscure, e sai quanto mi piaccia come materia. Davvero vuoi avere sulla coscienza il fatto che una tua amica non sia al massimo della sua attenzione durante un’ora di lezione??” 
“Sei impossibile Abby, lo sai vero?” esclamò Sophie incredula. La cocciutaggine dell’amica era snervante ma non poteva fare a meno di essere divertita dai suoi tentativi per non studiare: quando cominciava con quei discorsi non c’era nulla da fare, sapeva già che l’avrebbe avuta vinta lei.  
“E poi così potrai smettere di occuparti di me e goderti un po’ il tuo ragazzo” continuò Abby, senza darle retta, con un’aria improvvisamente furba. “L’ho capito che vi state sforzando di fare meno gli appiccicosi in mia presenza per non farmi sentire esclusa, e lo apprezzo, anche perché stavate diventando troppo sdolcinati persino per me che vi ho creati... come ricompensa se mi lasci riposare un po’, Sof, puoi metterti accanto a Edward senza aver timore di trascurarmi!” 
“Non puoi cambiare decisione su come ti fa piacere vederci ogni due secondi in base semplicemente a cosa ti fa più comodo” ribatté Sophie, esasperata, “non è giusto, è contro le regole!” 
“Sof, qui le regole le faccio io, dovresti averlo capito ormai.” 
Edward scoppiò a ridere di gusto. “Quel che è giusto è giusto... lasciala riposarsi un attimo Sof, dai.” 
“Meno male che uno di voi due ha la testa a posto ed ha a cuore il mio benessere” disse Abby contenta e subito posò la testa sul tavolo con un’espressione soddisfatta. 
Sophie scosse il capo ma capitolò; si alzò e andò a sedersi accanto a Edward, che già aveva allargato le braccia per accoglierla con un abbraccio. La ragazza si accoccolò sulla sedia e si lasciò stringere forte dal Grifondoro, concedendosi un attimo di pausa anche lei. 
“A volte è davvero estenuante Abby” borbottò contrariata, abbassando ulteriormente la voce in una precauzione inutile: l’amica si era già addormentata di botto.  
“E tu ogni tanto chiedi troppo, non tutti hanno i tuoi ritmi” le fece notare gentilmente Edward, accarezzandole i capelli. “Non dico che tu faccia male, però non devi esagerare con gli altri...” Sophie alzò gli occhi al cielo, ma sorrise ad Edward: “Sei sempre così saggio, come fai? Tu sai sempre quello che è meglio fare e dire, piaci a tutti senza neanche doverti sforzare!” 
Lui abbassò la testa per darle un bacio sulla fronte. “A me interessa piacere solo ad una persona...” 
Il sorriso di Sophie si allargò. “Direi che le piaci già abbastanza, anzi le piaci ogni giorno di più.” Edward la fissò intensamente negli occhi, improvvisamente serio. “Lo spero proprio, perché detto tra noi, non saprei più cosa fare senza di te. Ormai non riesco a immaginare la mia vita senza di te, Sophie Forbes, senza il tuo ottimismo, la tua solarità e la tua gentilezza. Non riesco a credere di non averti notata prima, sono stato un vero sciocco, e ora mi sento così fortunato ad avere la ragazza più bella e brillante di Hogwarts tutta per me.” 
Sophie arrossì. “Esageri come sempre.” 
“Se solo potessi vederti come ti vedo io, sapresti che non è così” le assicurò Edward, girandole il volto dolcemente e posando le sue labbra su quelle della ragazza. 
Sophie si lasciò andare a quel bacio ardente, rispondendo con trasporto, per poi fermarsi e dire timidamente: “Ed, siamo in biblioteca...” 
Edward ridacchiò e si staccò leggermente; con una scintilla negli occhi sussurrò all’orecchio della ragazza: “Hai ragione, ma sappi che non vedo l’ora che siano finite le lezioni e di passare un po’ tempo soli noi due, in qualche angolo tranquillo del castello...” 
Sophie si portò le mani a coprire il viso, arrossendo ancora di più. “Già mi fa strano l’idea di essere veramente la ragazza di famoso Richardson... Mi gira la testa come se avessi le vertigini. Credo che non mi abituerò mai a baciare Edward Richardson!” si lamentò, facendo ridere ancora di più il ragazzo. 
“Non hai che da chiedere, so io come farti abituare ai miei baci” scherzò Edward, malizioso. Ma poi notò che un’ombra era scesa sul volto della Grifondoro. “Che ti prende Sof?” le chiese, preoccupato.
“È che non merito di stare con qualcuno come te...” mormorò Sophie, con voce improvvisamente affranta. 
“Non sarà di nuovo per quella stupida intervista! Tu sei tutt’altro che una sciacquetta! E ti ho già detto che lo so che non stai con me solo per brillare di luce riflessa, per avere un briciolo di fama o per qualsiasi altra porcata abbia scritto quella donna. Ti giuro che vorrei poter bruciare tutte le copi del suo articolo o fargliela pagare in qualche modo” disse Edward, stringendo la mascella. “Non devi permettere che ti entri così nella mente, tutto quello che ha scritto su di te è solo spazzatura!” 
“Ma hai visto anche tu come mi guardano da quando è uscita l’intervista... pensano tutti che sia un’arrampicatrice sociale o qualcosa del genere, e che per di più mi creda chissà chi e mi diverta a parlare male dei miei compagni... mi ha descritta come un mostro e non voglio che abbia ragione!”
“Sophie, sei una delle persone più altruiste e gentili che conosco, non faresti del male a nessuno di tua spontanea volontà, devi smetterla di dar retta a cosa dicono gli altri di te o a come ti guardano. L’unica cosa che conta davvero è come sei realmente e che le persone che ti vogliono bene e che ci tengono a te lo sappiano. Tutti gli altri possono andarsene a fanculo.” 
“Per te è più facile, sei abituato a essere al centro dell’attenzione di tutta la scuola, e inoltre sempre per dei bei motivi... io mi sento così fuori luogo in questa situazione, vorrei solo scomparire qualche volta...” 
Edward la strinse più forte a sé, cercando di consolarla. Era passato già qualche giorno dall’uscita dell’articolo di Rita Skeeter che tanto aveva elogiato Edward quanto diffamato Sophie; mentre lui se l’era velocemente buttato alle spalle, la ragazza, più sensibile ai pettegolezzi di cui era improvvisamente protagonista e ai quali non era abituata, continuava a viverla male con degli alti e dei bassi che dipendevano non solo da giorno in giorno, ma anche di momento in momento. Una semplice occhiata di troppo, un commento udito di sfuggita riuscivano ancora a scombussolarla e a farle perdere tutta la fiducia in se stessa. Edward sapeva che ora Sophie avrebbe avuto il morale sotto i piedi per almeno qualche ora, e avrebbe tanto voluto poter far qualcosa per cambiare quella situazione, ma non poté dirle altro che: “Cerca di non pensarci, ti prego, vedrai che presto tutti si stancheranno e passeranno a qualcos’altro.” 
“Speriamo solo succeda presto” si limitò a rispondere Sophie, abbattuta. 
“Dai sorridi per me, altrimenti non avrò il coraggio di lasciarti qui così e arriverò tardi ad Erbologia” la pregò Edward dopo un po’, cominciando ad alzarsi. L’ora di pausa non era ancora terminata, ma doveva cominciare ad incamminarsi se voleva arrivare in tempo alle serre. 
Sophie si fece coraggio e gli rivolse un sorriso stanco: “Me la caverò” lo rassicurò, “quando non sono con te faccio più fatica a ignorare i commenti che sento, lo sai... però puoi andare tranquillo: sono con Abby, ci penserà lei a fare nero chiunque mi dia fastidio.”   
Edward sembrava ancora un po’ in pensiero, ma l’accenno ad Abby sembrava averlo convinto. “Hai assolutamente ragione. Salutamela quando si sveglia, noi due ci vediamo dopo, buona lezione” le augurò, dandole un leggero bacio che scaldò Sophie nel cuore. “E ricordati che sei la cosa più bella che mi sia mai successa, e mai nessuno potrà farmi credere il contrario” le sussurrò ancora, prima di andarsene. 
Sophie restò a guardarlo mentre si allontanava, seguito da innumerevoli sguardi fugaci come sempre, fino a quando non sparì dal suo campo visivo, dopo aver salutato con familiarità Madama Pince ed essere uscito dalla biblioteca.  
Certo che sono proprio fortunata, pensò la ragazza con un sospiro, cominciando a ritirare le sue cose e cercando di scrollarsi dalla testa le angosce che l’avevano assalita poco prima.  
Il ricordo di quello che aveva letto nell’intervista le bruciava ancora ogni volta che ci ripensava, e odiava le conseguenze che ne erano derivate: lei era molto più a suo agio ad essere la ragazza invisibile che nessuno notava, l’amica secchiona della grande Abigail Hill di cui nessuno ricordava il nome, e l’improvvisa notorietà che comportava l’essere la ragazza di Edward Richardson ogni tanto la metteva fortemente a disagio. Ma quello che più la stava facendo soffrire in quei giorni, era il timore che le voci che mormoravano che lei non fosse abbastanza per Edward Richardson, che non avrebbe fatto altro che deluderlo... che quelle voci fossero vere. Non poteva dimenticare il fatto di essersi avvicinata a lui con come primo intento solo quello di dimenticare Thomas e, sebbene ormai non pensasse quasi più al ragazzo e riuscisse a ignorarne l’esistenza a meno di non trovarselo davanti, aveva paura che i sentimenti che aveva provato per lui non fossero completamente scomparsi. Non lo voleva, e cercava di convincersi che non fosse così, desiderava solo voltare pagina, lasciarsi alle spalle quella storia che l’aveva solo fatta star male, e con Edward ci stava riuscendo. Ma temeva segretamente che quella vecchia storia potesse rovinare la sua relazione con il ragazzo, in qualche modo che non riusciva a prevedere; sapeva che non se lo sarebbe mai perdonato, non voleva far soffrire Edward per nessun motivo. Era il ragazzo perfetto, e si meritava solo il meglio; inoltre, era vero che le piaceva ogni giorno di più e che con lui si sentiva bene e contenta come non lo era stata da molto tempo. Sperava solo che con il tempo sarebbe riuscita a ricambiare l’amore del ragazzo con altrettanta profondità, ma cominciava a sentire che era possibile.  
Non ho motivi di preoccuparmi, si disse Sophie con forza, quello che provo per lui è reale, su questo non ho dubbi, ed è tutto quello che basta. Il tempo farà il resto.  
La ragazza si apprestò a svegliare Abby, era ora di andare a Difesa contro le Arti Oscure. 
No, lei ci teneva troppo a Edward e non si immaginava più con nessun altro; non l’avrebbe deluso, né ferito, era l’ultima cosa che voleva.  Ma anche l’unica che non poteva controllare.  

***

Abby si svegliò di scatto con il cuore in gola. Una parte del suo cervello registrò che era stata Sophie, seduta davanti a lei, a scuoterla per destarla; i suoi occhi invece, non la videro neanche e misero a fuoco solo la figura alle spalle della ragazza. 
Abigail Hill alzò di scatto la testa e nel tavolo poco distante Luke Anderson fece esattamente lo stesso gesto, esattamente nello stesso momento.  
I due ragazzi si fissarono negli occhi per un breve istante che sembrò moltiplicarsi all’infinito.   
Abby si perse nello sguardo del Corvonero, ritrovandosi pietrificata: perché era così cupo, senza emozioni, un pozzo di odio e pericolo? Perché non vedeva quel Luke che aveva imparato a conoscere ed apprezzare, il Luke che la faceva stranamente divertire e ridere più di chiunque altro, ma solo l’Anderson che l’aveva appena nuovamente torturata nel più recente dei suoi incubi?  
Era sveglia? O stava ancora dormendo?  
Non sapeva chi si trovava davanti, non avrebbe saputo dire con certezza se avesse potuto scambiarci qualche battuta o se fosse stato il caso di prendere la bacchetta in un ultimo, inutile tentativo di difesa... 
Devo star impazzendo, non distinguo più il sogno dalla realtà!, pensò la ragazza, con angoscia.  
E poi successe una cosa davvero singolare.  
Luke deglutì a fatica, e i suoi occhi si annebbiarono all’improvviso, colmi di lacrime trattenute a stento. Tuttavia, non c’erano dubbi su chi stesse fissando. 
Abby sostenne il suo sguardo, confusa e senza potersi impedire di sentirsi ancora vagamente, irrazionalmente spaventata. 
Luke disse una sola parola, con una voce rotta che risuonò chiaramente nella biblioteca silenziosa: “Perdonami”. 
Abby rimase a bocca aperta, senza più capirci niente.  
Fu un attimo. Luke scosse la testa, come per svegliarsi, e aggrottò la fronte inorridito da quel che aveva appena detto. Senza più osare guardare la ragazza, in chiaro imbarazzo, si alzò in fretta e furia e se ne andò, dimenticandosi persino di prendere le sue cose; ci pensò Liam, che si affrettò a seguire l’amico, disorientato. 
Sophie, invece, che era tutta intenta a finire di sistemare la sua borsa, sembrò non essersi accorta di niente. “Andiamo Abby? Frank e Sum saranno sicuramente già davanti all’aula!”
Abby si alzò a sua volta e la seguì, ancora frastornata. Cos’era appena successo? 
Mi sono immaginata tutto?, si chiese, smarrita. 
Non appena aveva appoggiato la testa sul tavolo, si era addormentata, aveva dormito così male quella notte che era crollata immediatamente. Si era addormentata così profondamente da sognare. E anche se solo nell’arco di una decina di minuti, aveva fatto uno degli incubi peggiori di sempre, un incubo ancora più cruento e terribile di quelli che faceva ormai regolarmente da mesi. Ovviamente, al centro della sua oppressione c’era stato sempre lui, Luke Anderson; ma questa volta era stato ancora peggio del solito.  
Tratti del sogno le balenarono davanti agli occhi, e Abby percepì un rivolo di sudore freddo imperlarle la fronte. 
“La maledizione Cruciatus non mi dà più la stessa soddisfazione, non ti fa soffrire abbastanza” aveva sibilato Luke Anderson, con uno sguardo perverso rivolto verso la ragazza che giaceva inerme ai suoi piedi.  
Si era chinato su di lei e le aveva passato lentamente un dito sulla guancia, prima di conficcarle l’unghia con violenza nella carne. Un gemito di dolore era sfuggito dalle labbra semi schiuse di Abby, i cui occhi erano rivolti inespressivi, come vetro opaco e rotto, verso il suo torturatore che guardava impotente. 
Luke aveva assaporato per un momento l’assoluto potere che aveva su quella ragazza che bloccava ora a terra, quella ragazza così bella e fragile al tempo stesso, tale una bambola di porcellana con cui divertirsi prima di gettarla, a sua completa disposizione e a suo piacimento. Si sentiva inebriato dalla sua supremazia, dall’averla completamente sconfitta, sottomessa, ma voleva di più. Aveva bisogno di andare più a fondo per soddisfare i suoi istinti più oscuri. 
Aveva preso la bacchetta e, usandola come un pugnale incandescente, l’aveva passata con una dolcezza sinistra sulla gola della ragazza, incidendo in profondità la carne per tutta la larghezza del collo. Un fiotto di sangue era immediatamente scaturito dalla ferita aperta, e un rantolio di agonia si era levato dalla bocca di Abby. Luke le aveva avvicinato le labbra al collo e aveva sfiorato il liquido scuro e caldo che ormai colava a fiotti sulla pelle prima immacolata e candida della ragazza, il cui corpo era ora scosso da spasmi ma che si sarebbe presto immobilizzato, per diventare freddo come il ghiaccio; infine aveva riso sguaiatamente, provando un’ebrezza mai sentita prima nell’osservare le ultime forze vitali che lasciavano la ragazza. 
Si era chinato sul suo viso, voleva vedere l’ultima scintilla abbandonare i suoi occhi.  Gocce di sangue erano colate dalle labbra del ragazzo sulle guance di Abby. 
“Ora sì che mi piace di più.” 
Abby cercò di smettere di pensare all’incubo appena avuto. Le aveva lasciato un senso di vulnerabilità tale da farla sentire quasi malata. Si stava lasciando influenzare da quello che aveva appena sognato nell’immaginare significati nascosti in quel “perdonami” pronunciato da Luke? Eppure anche lui sembrava essersi appena risvegliato, e le era davvero parso per un momento il Luke del suo incubo. Ma non poteva essere così, doveva essere una coincidenza… Abby non voleva pensare a cosa potesse realmente significare quello che era appena successo. Niente sembrava avere più senso, e le possibili implicazioni erano troppo spaventose per anche solo pensarci.  
Abby sentì una grande voglia di piangere, e scoprì di star tremando. Cercò di non darlo a vedere per non far preoccupare Sophie che la precedeva di qualche passo verso l’aula di Difesa contro le Arti Oscure. Tuttavia, che fosse stato per la rapidità e intensità del sogno, o per il fatto che non si era risvegliata al sicuro nel suo comodo e rassicurante letto a baldacchino, ma davanti al suo stesso carnefice, una cosa era innegabile: non si era mai sentita così turbata e angosciata. 
Così terrorizzata. 


II 

"Questo posto mi inquieta sempre" sbuffò Frank entrando nell'aula di Difesa contro le Arti Oscure.  
Numerosi banchi di legno erano riposti ordinatamente uno dopo l'altro e la luce che li illuminava leggermente proveniva da un'unica finestra.
"Io oggi vorrei solo dormire" disse Summer dopo essersi seduta in terza fila affianco all'amico Tassorosso.  
"A chi lo dici" commentò Abigail posando la testa sul banco.  
Quella notte aveva nuovamente fatto uno dei suoi soliti sogni, era durato ben due ore e lo ricordava alla perfezione. Questo significava solo una cosa: i rimedi di Madama Chips non erano serviti a niente. La ragazza non ne era particolarmente stupita, sapeva dal primo momento che era entrata in infermeria che qualsiasi cosa le avesse dato la donna non sarebbe servita a lungo. Eppure ne era dispiaciuta perché in fondo si era convinta che potessero aiutarla a dormire meglio.  
"Avete sentito cosa dicono in giro di Williams?" chiese Frank guardando le amiche. Da tempo giravano voci sulla relazione della giovane ragazza con uno del settimo anno.  
"No fortunatamente, ne abbiamo abbastanza delle cattiverie che dicono in questa scuola" disse Abby girandosi verso l'amica Grifondoro. Aveva notato come Sophie fosse stata silenziosa per tutta la mattina e aveva anche percepito gli sguardi di troppo che delle ragazzine Serpeverde le avevano rivolto a colazione.  
L'articolo su Richardson e i palesi riferimenti ostili a Sophie avevano demoralizzato quest'ultima che non era per niente abituata a sentire battutine crudeli sul suo conto.  
I suoi amici le erano stati vicini non appena avevano letto le parole della Skeeter e anche Edward aveva fatto di tutto per distrarla; il ragazzo aveva addirittura provato a smentire davanti a tutti quelle falsità ma pochi (per non dire nessuno) ci aveva creduto. Essendo il fidanzato della Grifondoro era ovvio l'avrebbe difesa in ogni momento.  
Sophie aveva apprezzato tutti gli sforzi di chi le era stato vicino ma quel giorno non riusciva a superare l'idea di essere oggetto di pettegolezzi che non poteva negare. Nessuno avrebbe creduto che quell'arpia si fosse inventata tutto, non aveva nemmeno provato a dire la sua versione dei fatti talmente era rimasta colpita ed abbattuta dall'accaduto.  
Non pensava che stare con Edward Richardson avrebbe portato a questi spiacevoli inconvenienti. Era stato tutto così semplice fino a quel momento, talmente semplice che non le sembrava possibile; si trovava così bene con quel ragazzo che le sembrava essere la perfezione fatta a persona. Non avrebbe potuto desiderare di meglio ma le parole della Skeeter le continuavano a girare in testa "ragazzina sciacquetta che si è presentata insieme a lui", "una totale sconosciuta che vanta il nome di Sophie Forbes, pur di apparire ha anche gettato fango sui suoi compagni di scuola" e non solo. Non sapeva quanto avrebbe sopportato le occhiate dei compagni o anche solo il pensiero delle orribili menzogne scritte in quell'articolo.  
Così anche quel giorno avrebbe tanto voluto scomparire.  
"Tutto bene Sof?" 
Summer stava guardando incuriosita l'amica, dopo aver notato il suo sguardo smarrito.  
"Sono ancora un po' scossa per l'articolo, non sono abituata a sentire certe cose su di me, fossero vere almeno… " 
Sophie non aveva alzato lo sguardo da terra e parlava a bassa voce. Sentiva di avere gli occhi puntati addosso anche lì.  
"So che non te lo aspettavi ma è la Skeeter, sa solo scrivere cose assurde sulle persone. E fregatene di chi ti guarda, domani ne guarderanno un altro non appena combinerà qualcosa di più grave" commentò Abigail tirando fuori il suo manuale dalla borsa. 
"Non sono d'accordo sulla sua opinione sulla Skeeter ma Abby ha ragione… ogni giorno c'è qualcosa di nuovo di cui sparlare" aggiunse Frank ancora con la Gazzetta del Profeta in mano. Erano passati giorni ma proprio non riusciva a credere che ci fosse un intero articolo su uno studente che conosceva bene. Era contrariato per le affermazioni terribili su Sophie ma non riusciva a non rileggere di tanto in tanto le parti dove la Skeeter elogiava Richardson, che erano scritte secondo lui divinamente.  
"Tu lo sai bene eh Frank?" rise Summer cercando di rubare il giornale che l'amico stava tenendo da giorni come una reliquia. 
"Lo so ma è surreale, mi sembra quasi di vivere una vita parallela. Prima ero quasi invisibile e ora si parla male di me sulla Gazzetta del Profeta… preferivo essere solo la prima della classe di cui nessuno parlava" bisbigliò Sophie palesemente afflitta. 
"Ma smettila! Mi duole dirlo ma stai con uno dei più fighi della scuola, sai quante ragazzine vorrebbero essere al tuo posto Sof? Devi subirne le conseguenze, non fasciarti la testa per le parole della Skeeter, è stata quasi gentile rispetto al solito" disse Summer spintonando la Grifondoro che le sorrise in risposta. 
"Hai ragione ma oggi va così..." Sophie scosse le spalle. 
"Non rimuginarci troppo sopra, noi sappiamo che non le pensi neanche quelle cattiverie" aggiunse Frank cercando di consolarla e nascondendo il giornale in modo tale che non lo vedesse. Non voleva che ci stesse ancora più male a rivedere quell'oggetto che tanto la stava facendo soffrire.  
"Lo so ma sembrate gli unici a pensarla così..." sospirò Sophie con il broncio ma una voce la interruppe.
"Cosa avete da guardare? La smettete? Avrei voluto dirle io quelle cattiverie su di voi alla Skeeter!" gridò Abigail che aveva visto due Corvonero borbottare qualcosa su Sophie senza togliere lo sguardo dalla ragazza. 
"Calmati Abby" sussurrò Frank all'amica vedendo entrare il professore. Abigail si divertiva ad insultare chiunque guardasse storto Sophie. 
Lupin dopo aver posato una valigetta marrone sulla cattedra si mise a spiegare l’esercitazione da svolgere durante la lezione. Avrebbero dovuto affrontare un molliccio, una creatura magica capace di assumere sembianze di ciò che più spaventa. 
Gli studenti dopo alcuni minuti di spiegazione si misero in piedi di fronte ad un alto armadio di legno che si muoveva come avesse preso vita ed ascoltavano attenti le parole di Lupin. 
"Ricordatevi che si nutrono delle vostre paure e temono le risate... per questo l'arma più efficace contro di loro è l'incantesimo Riddikulus che trasforma il molliccio in qualcosa di divertente." 
"Io sono già inquietato da tutto questo ..." disse Frank assumendo un'espressione addolorata. Non era un fanatico di Difesa contro le Arti Oscure, ogni cosa di quelle lezioni sembrava spaventarlo in un modo o nell'altro. Lo intimoriva il pensiero di aver bisogno di difendersi per non parlare dell'effetto che gli faceva pensare all'esistenza di numerose creature oscure che stavano trattando a lezione.  
"Dai Frank non è la prima volta che lo facciamo" lo consolò Abigail dietro di lui.  
"Per questo sono inquietato, ho ancora il ricordo dell'ultima volta" Frank guardava distrattamente il grande armadio mentre scuoteva la testa; tempo fa aveva dovuto affrontare l'idea di essere ignorato da tutti mentre raccontava uno dei suoi gossip migliori. 
"Anche io non ho voglia di rifarlo... Ero stato pessimo" concordò Summer guardando Lupin che intanto stava decidendo a chi far iniziare l'esercitazione. 
A differenza dei due Tassorosso, Sophie ed Abigail erano rilassate; raramente qualcosa andava storto durante le lezioni. Erano infatti le due studentesse Grifondoro più brillanti del quinto anno e certo non le avrebbe spaventate una semplice prova come quella. 
Il professore chiamò un Serpeverde a provare e dopo aver fatto scattare la serratura del mobile il ragazzo riuscì a mandare via velocemente uno spaventoso drago dalla cresta sporgente di un nero intenso. 
"Forbes, prego" disse Lupin facendo andare la ragazza davanti all'armadio che dopo poco fece uscire il molliccio nelle vesti di un Acromantula disgustosa. In un batter d'occhio Sophie riuscì a provocare le risate di tutti i suoi compagni aggiungendo alle lunghe zampe del grosso ragno delle colorate pantofole. 
"Perfetto!" si complimentò Lupin sorridendo alla Grifondoro orgogliosa di essere riuscita così in fretta. La vista di quell'enorme insetto non le aveva fatto piacere ma era stata svelta abbastanza da non subirne le conseguenze. 
Chiamò poi una ragazza Corvonero che scacciò uno spaventoso squalo, ridicolizzandolo con una buffa dentiera. 
Arrivò quindi il turno di Summer che con aria spaventata si diresse in prima fila. Sapeva già come sarebbe andata a finire: la figura del professor Piton infatti le si parò davanti in maniera chiara mentre le gridava contro. Stette ferma per alcuni secondi per poi mandare via il molliccio a forma del professore che tanto odiava immaginandolo con i capelli rosa, esattamente come l'aveva visto anni prima per colpa della sbadataggine di Frank. 
Lupin le fece i complimenti trattenendo una risata e chiamò il suo amico Tassorosso in fila dietro di lei. Quest'ultimo si avvicinò sconsolato tenendo in mano la bacchetta. Fu costretto a vivere una scena che lo terrorizzava: era in centro ad un gruppetto di ragazzi ma nessuno lo stava ascoltando, alcuni gli stavano addirittura parlando sopra e per lui era terribile; continuava ad alzare la voce per farsi sentire ma sembrava essere trasparente.  
Frank alzò la bacchetta e dopo aver pronunciato l'incantesimo i ragazzi che lo circondavano nell'immagine iniziarono a scappare, erano rimasti in mutande e stavano cercando di coprirsi in ogni modo. 
Gli studenti nell'aula risero e Frank si spostò soddisfatto. 
Dopo alcuni minuti il professore dovette fare una pausa per tranquillizzare un ragazzo terrorizzato dalla vista di alte fiamme che lo circondavano. Era rimasto traumatizzato da piccolo a causa di un incendio nella sua casa e ora rivivere la scena gli aveva riaffiorato i ricordi. 
Mancavano ancora numerosi ragazzi tra cui Abigail che era in disparte a parlare con i suoi amici mentre aspettava il suo turno. Era tranquilla nonostante sapesse che avrebbe dovuto affrontare una miriade di piccioni impazziti, era sicura sarebbe riuscita senza problemi a cacciarli via. L'aveva già fatto e aveva in mente numerosi modi differenti per provocare le risa dei compagni.  
"Hill vuoi venire tu?" chiese Lupin spronando la ragazza ad avvicinarsi.  
Abigail si mise poco lontano dal vecchio armadio aspettando che si aprisse nuovamente per rivelare i pennuti che temeva più di ogni altra cosa, il solo pensiero le faceva venire la pelle d'oca ed era certa che il molliccio si trasformasse ancora una volta in quella spiacevole apparizione. 
Non appena sentì il leggero cigolio dell'anta di legno la ragazza socchiuse leggermente gli occhi aspettandosi di essere travolta da tanti piccioni ripugnanti ma quello che vide fu cento volte peggio.  
La figura di Luke Anderson era davanti a lei.  
Gli occhi neri puntati sui suoi la immobilizzarono all'istante.  
Abigail era sconvolta, aveva la bocca aperta dallo spavento e non riusciva a muovere nessuna parte del suo corpo come se non ne avesse più il controllo; guardava il suo peggiore incubo senza alcuna reazione.  
Non poteva essere vero, non bastava l'imbarazzo di aver dovuto raccontare i suoi incubi durante la lezione di divinazione ora li stava mostrando a tutti ed era estremamente a disagio. Sapeva che Anderson era a pochi passi da lei, ci aveva parlato alcuni secondi prima di avvicinarsi al professore e pensare che stava vedendo la scena anche lui le fece diventare le guance bordeaux. Era certa fosse sul punto di avere un attacco di panico, aveva il respiro affannato e le mancava l'aria. 
Luke intanto fuoriuscito dall'armadio si stava avvicinando sempre di più con il suo solito sorriso divertito, fino ad arrivare a pochi centimetri dalla Grifondoro che trattenne il respiro senza muoversi. 
"Hill! Devi pronunciare l'incantesimo!" urlò preoccupato il professore notando la faccia sconvolta della ragazza che era diventata improvvisamente pallida.  
"Immaginati nella sua testa qualcosa di divertente!" 
Lupin fece due passi verso di lei sperando in una sua risposta. Ma nulla. Abigail era pietrificata e il molliccio la stava sovrastando; Luke aveva infatti alzato la bacchetta verso di lei e una manciata di secondi dopo avrebbe pronunciato una delle Maledizioni senza perdono se qualcuno non l'avesse fermato. 
"Abby!" 
Un urlo dal fondo dell'aula la distrasse, i suoi tre amici angosciati stavano cercando di risvegliarla da quella scena terrificante. Le sembrava di essere stata catapultata all'interno del suo ultimo spaventoso sogno e mai si sarebbe aspettata che il molliccio prendesse le sembianze del Corvonero. 
"Hill!!" gridò ancora Lupin prima di prendere il posto della ragazza che ancora attonita scappò via spintonando i compagni che erano in mezzo al passaggio. Lanciò uno sguardo veloce al vero Luke che la stava guardando sconvolto e uscì dall'aula correndo.  
Aveva le lacrime agli occhi. 
I tre amici si guardarono angosciati, erano così preoccupati da tutto quello che le stava succedendo che non sapevano neanche loro come aiutarla; la Grifondoro stava sopportando troppe cose tutte insieme, non le era bastato non dormire di notte, aveva dovuto leggere il diario dei sogni di fronte a tutti e ora aveva fatto una figura tremenda. 
Abby era scioccata più per l'imbarazzo di aver ammesso che la sua paura più grande fosse un ragazzo presente alla scena raccapricciante che per la sorpresa di vedere proprio lui. Forse avrebbe dovuto immaginarlo, non era per niente che si era svegliata urlando poche notti prima: era diventato un tormento e così la sua paura più grande. 
Ma come avrebbe spiegato il motivo di quella scena? Cosa avrebbero pensato i suoi compagni? E cosa più importante cosa avrebbe pensato Luke? L'avrebbe presa per pazza e non l'avrebbe più voluta vedere. Il molliccio era stato più che chiaro nel mostrare che ciò che più temeva Abby fosse il Corvonero, lo stesso ragazzo che era finito per essere spesso nei suoi pensieri, e non riusciva a trovare alcuna giustificazione plausibile da usare per spiegarne il motivo.  
Il cuore le stava scoppiando e si sentiva le guance in fiamme, si mise una mano sulla fronte e si accorse stesse scottando.  
"Abby" sentì una voce alle spalle, una voce che purtroppo riconosceva bene.  
"Abby fermati!" 
Luke stava correndo in sua direzione cercando di raggiungerla e in pochi possi riuscì ad affiancarla. 
"Ti prego Luke vai via" disse Abby supplicandolo di lasciarla sola. Si asciugò con la manica della divisa gli occhi lucidi e cercò di coprirsi il viso con i capelli. 
Non aveva alcuna intenzione di parlare con qualcuno in quel momento tanto meno con Anderson. 
Eppure non poteva evitarlo, era affianco a lei e sembrava terribilmente preoccupato. 
"Mi spieghi che sta succedendo?" chiese lui guardandola dritta negli occhi.  
Abby abbassò lo sguardo, non era mai stata così tanto in imbarazzo in vita sua. Mai si era sentita così a disagio. Era Abigail Hill e ogni situazione riusciva ad affrontarla a testa alta ma quello che era appena successo era troppo anche per lei.  
"Niente, non sta succen-" iniziò lei cercando di tranquillizzarsi. 
"Non sta succedendo niente Abby? Ho visto con i miei occhi cosa temi di più… e sono io" la interruppe Luke. Aveva le mani strette a pugno e lo sguardo angosciato. 
"Non pensi che meriti una spiegazione?" domandò poi assumendo un'espressione scoraggiata.  
Era tutto più chiaro. Abby lo riconosceva nei sogni e ora ne aveva la terribile certezza.   
"Ho sognato che mi uccidevi okay? Ora sei contento?" sbottò Abby senza guardarlo in faccia. Le mani le tremavano, le guance erano colorate di rosso dall'imbarazzo e aveva il trucco leggermente sbavato. Se la prendeva con lui ma in realtà ce l'aveva con sé stessa per non aver reagito. 
"Non sono contento, sono terribilmente preoccupato."  
Luke stava iniziando a mettere insieme poco per volta i pezzi del puzzle ed era più spaventato della ragazza che aveva davanti.  
"Era uno stupido sogno, niente di più. Avevo ancora il ricordo in testa per questo il molliccio si è trasformato in ciò che purtroppo hanno visto tutti" disse Abby con voce soffocata.  
"Non c'è nient'altro che dovrei sapere?"  
Luke la guardava senza battere ciglio. Voleva sapere tutto.  
"No, cosa dovresti sapere? Ho fatto un incubo e basta, non c'è altro." 
"Abby" mormorò lui a bassa voce, "era la prima volta che facevi un incubo in cui c'ero io?" le chiese anche se sapeva già la risposta. Sapeva benissimo che non era la prima volta, l'incubo che aveva descritto nei dettagli durante la lezione di divinazione ne era l'ennesima prova. E dopo il molliccio sapeva che lo riconosceva e che non facevano semplicemente gli stessi sogni ma Abigail sapeva fosse lui a tormentarla. 
Ma voleva sapere di più, chissà da quanto tempo andava avanti per lei e chissà se reagiva allo stesso modo al risveglio. Non gli bastava aver capito la maggior parte delle cose. Voleva fosse lei a dirglielo per averne la certezza.  
"Si, pensi davvero che ti sogni tutte le notti Luke?" rispose Abby strafottente. Era l'unico modo per non destare troppi sospetti, doveva far finta che fosse tutto un semplice caso.  
"No… però guardami" sussurrò il Corvonero prendendo tra le mani il viso della ragazza per farla voltare. Non l'aveva ancora guardato negli occhi.  
"Voglio sapere la verità, devi dirmi se è già successo altre volte" continuò.  
"Non è mai successo" affermò Abby spostando la mano del ragazzo e guardando altrove.  
"Ero io il ragazzo che hai descritto nel diario?" chiese ancora per averne la conferma.  
"No Luke, non eri tu. Non so che idee strane tu ti sia fatto" fece Abigail iniziando a camminare. "Mi dispiace di averti messo in imbarazzo davanti a tutti ma ora ti prego di lasciarmi in pace"  
"Non pensare a me, non me ne frega niente degli altri. Sono preoccupato per te Abby" disse Luke seguendo la ragazza. Non era solo spaventato per quello che aveva scoperto, era angosciato nel sapere di fare del male all'amica ogni singola notte in modo diverso.  
Abby rimase immobile a guardarlo. Perché non stava scappando via da lei? Perché la guardava come fosse normale che avesse paura di lui? Chiunque al posto suo l'avrebbe ignorata per il resto della vita. Non sapeva cosa dire e nonostante il Corvonero la guardasse più preoccupato che imbarazzato, il suo unico desiderio era scappare via da lui. Era troppo a disagio davanti al ragazzo e non riusciva ad accettare che avesse mostrato a tutti la scena di Luke sul punto di ucciderla. 
"Abby, Lupin ti sta cercando, vorrebbe parlarti" li interruppe Sophie seguita da Summer e Frank che insieme avevano raggiunto i due ragazzi. 
"Luke vorrebbe parlare anche con te ma più tardi" gli fece sapere Liam avvicinandosi al suo amico. 
"Lui non c'entra niente glielo dico io" commentò Abigail tornando verso l'aula dove il professore la stava aspettando. 
"Veniamo con te?" chiese Summer seguendo l'amica.  
"No grazie, vado da sola. Ci vediamo dopo" rispose quella per poi scomparire. Si sentiva gli occhi puntati addosso ed era una sensazione terribile, ora capiva come si sentisse Sophie negli ultimi giorni. Non voleva ancora credere alla figura che aveva appena fatto davanti ad una classe intera.  
"Aspettiamo che esca?" domandò Frank chiudendo la borsa a tracolla. 
"Se volete posso aspettarla io" si intromise Luke ascoltando la conversazione dei ragazzi. Voleva starle vicino in qualche modo e farsi perdonare per le notti insonne che le stava causando.  
"Penso voglia rimanere un po' da sola" disse Summer girandosi a guardare la ragazza che si stava allontanando sempre di più.  
"Pensano tutti le abbia fatto del male vero?" chiese Luke puntando gli occhi su Liam che sembrava particolarmente colpito dalla situazione. Non ci stava capendo più niente.  
"Più o meno, erano più che altro stupiti. Vedrai che tra un po' di giorni nessuno se ne ricorderà ma sono io ad avere alcune domande" disse Liam alzando le sopracciglia.  
"Anche io sono pieno di domande. Voi sapete qualcosa?" chiese Luke a sua volta rivolgendosi ai tre amici di Abby.  
"Cosa ti ha detto lei?" lo interrogò Sophie per non dire cose che l'amica non aveva intenzione di dire.
"Che ha sognato la uccidessi e per questo il molliccio si è trasformato in me. Sapete altro?"  
Luke era ancora sconvolto, aveva lo stomaco in subbuglio dall'agitazione.  
"Stamattina ci ha solo raccontato l'incubo che ha fatto. Tu hai altro da dirci?" chiese a sua volta Summer. Voleva sapere se le sue supposizioni fossero corrette e l'unico modo era interpellare il diretto interessato.
"No… no no, sono solo preoccupato per quello che ho visto" mentì Luke, non sapeva cosa sapevano e non voleva raccontare che avesse scoperto sognassero le stesse identiche cose da tempo.  
"Lo siamo anche noi" aggiunse Frank allarmato.  
Era tutto così assurdo che nessuno di loro sapeva come gestire la situazione, ogni parola sembrava di troppo. Niente era certo e tutti erano pieni di dubbi. Tutti tranne Luke che sembrava aver capito ogni cosa in pochi giorni. 
Ma come avrebbe potuto dirlo ad Abby? Non poteva. Stava già sopportando troppo e non voleva darle ancora più preoccupazioni. Doveva ancora metabolizzare lui stesso la cosa e capirne ancora di più per essere certo che potesse succedere una cosa simile ad entrambi.  E soprattutto doveva scoprirne il motivo.  


III 

Il pranzo era finito da poco, e Summer stava aspettando i suoi amici seduta sulla fontana al centro del giardino della torre dell’orologio. Dopo quello che era accaduto qualche ora prima durante la lezione di difesa contro le arti oscure era assolutamente necessario raccontare a Abby tutto quello che aveva scoperto qualche giorno prima invi biblioteca.  
La ragazza strinse nervosamente al petto l’antico e logoro libro che conteneva quella che lei pensava potesse essere la risposta a tutto.  
Summer non poteva definirsi certa della propria teoria, ma allo stesso qualcosa sembrava suggerirle di essere sulla strada giusta. C’erano troppi elementi in comune tra quello che stava succedendo ad Abby e quanto raccontato dalla leggenda, non poteva trattarsi di mere coincidenze. Seppur in molti ritenessero che le leggende fossero delle semplici storielle senza alcun legame con la realtà, Summer era da sempre convinta che la maggior parte delle volte raccontassero qualcosa di vero.  
Certo, Summer era consapevole che sarebbe stato difficile convincere i suoi amici, che normalmente erano molto scettici di fronte a questo genere di cose. A Summer bastava pensare alle loro reazioni durante le lezioni di divinazione per capire che difficilmente Abby, Frank e Sophie avrebbero preso sul serio la sua teoria.  
Però le analogie erano così evidenti e al contempo inquietanti che non poteva far finta di nulla. Doveva parlarne con loro, e subito. Non riusciva più a vedere la sua amica così sofferente: i rimedi di Madama Chips non sembravano avere alcun effetto, e anzi, gli incubi di Abby stavano peggiorando a vista d’occhio. La situazione stava sfuggendo rapidamente dalle mani della Grifondoro, se avesse continuato così ben presto qualcuno avrebbe potuto notare qualcosa. L’incidente con il molliccio ne era la prova lampante.  
La notizia dello strano avvenimento aveva fatto velocemente il giro della scuola, creando molto scalpore tra gli studenti. In molti si chiedevano come mai il più grande terrore di Abigail Hill fosse Luke Anderson, e alcuni avevano ovviamente iniziato a formulare le proprie teorie, che passavano da storie divertenti a racconti esageratamente inquietanti.  
Abby, già abbastanza imbarazzata di suo per l’accaduto, con difficoltà sopportava i bisbigli e i commenti silenziosi dei suoi compagni al suo passaggio. Luke dal canto suo non se la passava tanto meglio: aveva trascorso il pranzo con addosso gli sguardi ostili e sospetti di svariati studenti che a quanto pare davano retta alle infondate voci che lo accusavano di aver fatto le peggio cose alla ragazza. Anche lui probabilmente avrebbe voluto ricevere delle risposte, risposte che però né Abby né nessuno di loro era in grado di dargli. Dunque bisognava trovare una soluzione, e in fretta. 
“Eccoci Summer” la salutò Sophie, facendo sobbalzare Summer immersa nei suoi pensieri.  
“Finalmente!” disse Summer che era ormai attesa da una ventina di minuti. 
“Scusaci Sum” fece Abby lasciandosi cadere svogliatamente sul bordo di pietra della fontana accanto all’amica “ma sono uscita solo ora dall’ufficio di Lupin. Non ho nemmeno fatto pranzo.” 
“Cosa ti ha chiesto?” le domandò subito Summer. 
“Mi ha chiesto se ci fosse qualche problema con Anderson, insomma negli occhi di un professore non è normale che il mio più grande terrore sia un mio compagno di scuola no? Io gli ho detto che andava tutto bene, e che avevo avuto solo un incubo quella notte, ma dubito che se la sia bevuta. Ha iniziato a farmi discorsi strani, del tipo che devo fidarmi dei professori, che posso parlare con loro di qualsiasi problema. Ha mandato pure a chiamare la McGrannit, pure lei non ha creduto alla mia versione. Ci manca solo più che adesso per colpa mia pensino che Luke sia un maniaco sessuale o qualcosa di simile” sbuffò Abby, mentre Sophie le poggiava una mano sulla spalla. 
“Anche perché la voce si è diffusa rapidamente, ne stanno parlando tutti. E stanno dicendo le cose più assurde. Delle ragazze del terzo anno hanno giurato di aver visto Luke averti scagliato una maledizione senza perdono nel bagno di Mirtilla l’altro ieri…” intervenne Frank concitato. 
“Ma è una menzogna folle!” sbottò Abby indignata. 
“Lo so, ma la gente parla, e più la spara grossa e più gli altri ci credono!” rispose Frank scuotendo la testa contrariato. La diffusione di gossip falsi per lui era una vera e propria mancanza di rispetto nei confronti di chi quel lavoro lo faceva con dedizione e serietà.  
“Non sapete quanto mi vergogno. Non oso immaginare che cosa stia pensando Luke di me, proprio ora che avevamo iniziato ad andare d’accordo. Nel giro di qualche ora è diventato un mostro, lo guardano tutti male, e solo per colpa mia. Pensate che prima ho dovuto fermare Thomas che voleva andare a picchiarlo, era convinto che mi avesse fatto qualcosa di male ma che io avessi troppa paura per dirlo” mormorò Abby mettendo il viso tra le mani. 
“Oddio” disse Summer debolmente “però dai, Luke non mi sembra se la sia presa più di tanto. Mi sembrava più preoccupato per te.” 
“Dici? È qui da tre mesi e senza motivo gli ho rovinato la vita” continuò Abby. 
“Dai Abby, io so come vanno queste cose. Vedrai che nel giro di qualche giorno se ne saranno dimenticati tutti! Lo sai che sono il re dei gossip, e questo non ha speranza di sopravvivere più di quarantott’ore!” la rassicurò Frank convinto, tentando di sdrammatizzare. 
“Magari gli altri sì, ma di sicuro Anderson non si scorderà del fatto che ho praticamente dichiarato davanti a tutti che la cosa che mi spaventa di più al mondo sia lui. Vorrà delle risposte, e io non posso dirgli la verità, mi prenderebbe per una pazza. Quindi da oggi non voglio più averci nulla a che fare, mi vergogno troppo, voglio starci lontana il più possibile, è meglio per entrambi” concluse la Grifondoro. 
“Comunque Sum” intervenne Sophie “perché ci hai fatto venire qui? Di cosa ci dovevi parlare?” 
“Già, con tutti i posti che ci sono ci hai dovuto far venire proprio qui al gelo?” si lamentò Frank abbassandosi ancora di più sulla fonte il berretto di lana giallo. 
“Bhe, ho scoperto qualcosa che forse può essere di aiuto a Abby. E sì Frank, era necessario vederci qui perché almeno non ci sono orecchie indiscrete ad ascoltarci. Direi che oggi Abby attira già abbastanza attenzione, non c’è bisogna che si diffonda pure la voce che fa dei sogni strani…” fece Summer con calma, abbassando il tono di voce. Effettivamente il piccolo cortile era deserto, il troppo freddo teneva alla larga tutti gli altri studenti del castello. 
“Davvero hai scoperto qualcosa?” le chiese Abby improvvisamente ravvivata da un lampo di speranza.
“Sì Abby. In realtà non ho la certezza che quello che ho scoperto sia la risposta a tutto, però diciamo che ci sono buone possibilità che…” provò a dire Summer, ma fu subito interrotta dall'amica. 
“Sum senza tanti giri di parole, dicci!” 
Summer mostrò ai tre amici l’antico manuale che aveva preso in prestito dalla biblioteca.
“Ecco, ho trovato questo durante le mie ricerche.”
“Che cos’è?” domandò Sophie prendendolo in mano. “Sembra un libro di… favole?” 
“Non è un libro di favole. Contiene delle antiche leggende sui sogni, è molto interessante” la riprese subito Summer un po’ risentita. 
“Leggende?” chiese Sophie. “Cioè tu pensi che una leggenda potrà aiutarci?”
Summer colse subito una nota di scetticismo nelle parole dell’amica, ma non vi badò. 
“Sentite, ho letto una cosa che ha davvero delle analogie inquietanti con quanto sta succedendo ad Abby, e secondo me non può trattarsi di semplici coincidenze” spiegò la bionda. 
“Tu pensi che una leggenda possa aiutarci?” le chiese Frank stupito. 
“Già, insomma esistono tante leggende ma non dicono mai nulla di vero” gli fece eco Sophie. 
“Sentite ragazzi, sentiamo cosa ha scoperto Summer no? Non ci costa nulla, stiamo arrancando nel buio senza la più vaga idea di cosa mi stia succedendo. Anche una leggenda è meglio di nulla, sentiamo cos’ha trovato Sum e poi commentiamo” li bloccò Abby, chiaramente nervosa.  
Summer le sorrise grata e continuò: “C’è un’antichissima leggenda di cui non avevo mai sentito parlare. L’ho letta e devo dire che ci sono davvero molti elementi ... inquietanti. So che voi siete molto scettici su queste cose, ma vi chiedo di ascoltarmi seriamente e di provare per un attimo a prendere sul serio la mia ipotesi”.  
I tre ragazzi annuirono in silenzio, incoraggiandola a continuare.  
Summer con delicatezza aprì il libro, e ne sfoglio lentamente le vecchie pagine ingiallite dal tempo. 
“La leggenda racconta che in un tempo molto lontano c’era un mago di nome Alfagor, tanto potente quanto crudele. Egli terrorizzava gli abitanti del suo villaggio e traeva piacere nel far soffrire chiunque gli si parasse davanti, adulto o bambino che fosse. L’uomo aveva commesso dei crimini terribili, con l’unico obiettivo di dominare sugli altri per dimostrare il suo immenso potere. Un giorno però, mentre il mago stava passeggiando per una foresta, incontrò una giovane fanciulla. Il suo nome era Elowen, ed era una bellissima strega che viveva nel suo stesso villaggio. Nel momento esatto in cui Alfagor la vide, se ne invaghì follemente, e per lungo tempo egli tentò di farla sua, ma senza alcun successo: Elowen trovava ripugnante la sua cattiveria e crudeltà, e proprio per questo per lungo tempo lo rifiutò. Finché un giorno, la giovane strega si innamorò di un ragazzo, un giovane mago buono e onesto, con cui si sposò e mise su famiglia. 
Alfagor, accecato dall’odio e dalla gelosia, decise di punire la donna che aveva osato rifiutarlo. Il mago però, era così crudele che non voleva solo vendicarsi di Elowen, ma era intenzionato a punire anche gli eredi frutto dell’unione fra la strega e l’altro uomo. Decise dunque di scagliare una tremenda maledizione, che secolo dopo secolo, avrebbe perdurato la pena. Alfagor condannò i propri discendenti maschi a tormentare per sempre le eredi femmine della strega, per punirla del torto recatogli. Secondo la leggenda, la maledizione è infrangibile e si concretizza nel momento in cui un erede maschio di Alfagor incontra un’erede femmina di Elowen. Nell’esatto momento in cui questa avverrà, i due saranno condannati a sognarsi vicendevolmente, ogni notte, contemporaneamente: l’erede di Alfagor sognerà di far del male e torturare la ragazza nel modo più violento possibile, e lei sognerà di subire le sue violenze. I sogni sono destinati a perdurare, diventare sempre più violenti e realistici, fino a quando non condurranno l’erede di Elowen alla pazzia, se non addirittura, nei casi più estremi, alla morte”. 
Silenzio. 
Sophie, Abby e Frank stavano guardando Summer in silenzio, con un’espressione chiaramente confusa. 
“Non sto capendo dove vuoi arrivare Summer. Che cosa c’entra questa leggenda con me?” chiese Abby rompendo il silenzio. 
“Beh, non ne sono sicura ovviamente, ma ci sono alcuni elementi che mi fanno pensare che insomma…” cominciò Summer con cautela. 
“Che Abby sia la discendente di tale Eloise o come si chiama e Luke di questo stregone?” domandò Sophie alzando un sopracciglio. 
“Perché no? Insomma non potete negare ci siano delle analogie” rispose fredda Summer. Ora arrivava la parte difficile, tentare di superare lo scetticismo degli amici. 
“L’unica cosa analoga è che si tratta di incubi Sum…” ribatté subito Sophie. 
Summer ignorò la frase dell’amica e concentrò la sua attenzione su Abby, che si stava nervosamente mangiando le unghie delle mani.  
“Tu cosa pensi?” le chiese Summer. 
“Non lo so Sum… insomma questa è una leggenda no?” rispose Abby. 
“A volte le leggende raccontano qualcosa di vero. E questa storia spiega molte cose Abby, è così lampante” insistette Summer. 
Abby sembrò pensarci su per un attimo. Tutto quello che le stava succedendo le sembrava così assurdo che nemmeno l’idea di una leggenda del genere appariva paradossale. 
Summer evidentemente colse l’attimo di tentennamento dell’amica e si lanciò subito all’attacco.  “Abby ascolta, questo spiegherebbe motivo per cui lo sogni sempre. Sogni che ti fa del male Abby, ogni notte... e i sogni sono sempre peggio o sbaglio?” 
La ragazza annuì, era così pallida in viso che sembrava sul punto di vomitare. 
“Però è solo Abby che lo sogna. La leggenda parla di due ragazzi che si sognano vicendevolmente” intervenne Frank, seguito subito da Sophie che manifestò il suo essere d’accordo con quanto detto dal ragazzo. 
“Non è detto ragazzi. Senti Abby, io ho visto come ti guardava mentre leggevi il tuo sogno durante l’ora di divinazione, sembrava troppo sconvolto per essere semplicemente preoccupato per te. E poi hai visto le sue occhiaie?” continuò  Summer incalzante. 
“Effettivamente una volta mi aveva detto che dormiva male ultimamente…” pensò Abby ad alta voce.
“Esatto Abby! È chiaro che ha qualcosa che non va! Cosa mi dici di quando stamattina vi siete addormentati in biblioteca? E ... e poi ti ricordi che ti trattava male all’inizio dell’anno? Forse reagiva così a causa dei sogni che fa su di te ogni notte!” esclamò Summer alzandosi in piedi. I pezzi del puzzle stavano andando al loro posto. 
“Ma non so Summer, lui mi ha spiegato come mai si comportava così… e non c’entrava nulla con questa storia” rispose Abigail, più per convincere se stessa che i suoi amici. 
“Ma per piacere Abby! Trattava male solo te, potrebbe essere perché sognava di farti del male ogni notte, e questo può averlo portato a comportarsi così perché spaventato e confuso! Abby tutto quadra” le fece notare Summer, ormai convinta di avere ragione.  
Abby non sapeva come ribattere, si guardava la punta delle scarpe in silenzio, chiaramente preoccupata. Effettivamente la teoria di Summer non le sembrava poi così assurda. 
Sophie notando lo sgomento dell’amica decise di intervenire in suo soccorso. 
“Sum scusami, ma io non ci credo. È solo una storia per bambini…” 
“Sof smettila! Come fai a non notare le analogie che ci sono?” domandò Summer chiaramente irritata. Odiava quando Sophie cercava di avere ragione a tutti i costi, cercando di negare anche le cose più palesi.  
“Allora vediamo le cose che non quadrano.” Sophie si era alzata a sua volta in piedi. “La leggenda dice che la maledizione si concretizza nel momento in cui i due eredi si incontrano no?”  
Summer annuì e Sophie continuò: “Abby ha iniziato a fare questi incubi prima di incontrare Luke, li fa da quest’estate.” 
“Sof ha ragione, ho iniziato a sognarlo verso agosto…” ammise Abby, quasi rincuorata da quel dettaglio. Per la ragazza era frustrante non sapere il motivo di quei sogni, ma allo stesso tempo l’idea che quella leggenda fosse vera e che addirittura la riguardasse la terrorizzava e non poco. 
“La legge magica è qualcosa di molto più elaborato Abby. Tu non l’avevi mai visto, ma lui sapeva già che sarebbe venuto in questa scuola. Ad agosto probabilmente si è iscritto ad Hogwarts! E a partire da quel momento si è concretizzato il vostro incontro e la maledizione si è avverata, è così ovvio” rispose Summer senza esitazione. 
“Non è forse vero che prima di incontrarlo i tuoi incubi erano più confusi? E solo dopo che l’hai visto a lezione hai iniziato a sognare lui più chiaramente?” 
Abby annuì, e questa volta né Frank né Sophie erano in grado di ribattere. 
“So che può sembrare assurdo. All’inizio anche io non ne ero davvero convinta, ma è così evidente!”
“Io continuo a pensare che si tratti solo di coincidenze. insomma, le leggende sono appunto solo delle leggende. È ovvio che si trovino delle somiglianze con la realtà, sono create apposta con questo scopo!” riprese Sophie con il tono da saputella. 
“Anche perché dimentichiamo un dettaglio, non siamo certi che anche Luke faccia gli stessi incubi di Abby!” intervenne Frank. 
“Beh ma possiamo scoprirlo” replicò Summer. 
“E come? Vado a dirgli “Ehi scusa Luke, per caso non è che ogni notte sogni di uccidermi? Sai sono mesi che ho degli incubi in cui tu mi torturi, ecco perché il molliccio ha preso le tue sembianze! È tutta colpa di una maledizione descritta all’interno di una leggenda”. Insomma dire che mi sono già messa abbastanza in imbarazzo di fronte a lui” fece Abby. 
“Non c’è bisogno di chiederglielo direttamente. Basta tenerlo un po’ d’occhio, andare a guardare tra i documenti della scuola quando si è iscritto, oppure cercare di leggere il suo diario dei sogni, magari Anthony può darci una mano a rubarglielo o…” 
“Summer rischiamo solo di cacciarci nei guai così” la interruppe Frank. 
“Concordo con lui. Senti Sum, tutto questo mi sembra davvero assurdo e improbabile. Non posso negare ci siano delle analogie, ma questa è una leggenda, e tale deve rimanere” fece Sophie seria. 
“Abby?” domandò Summer, guardando speranzosa verso l’amica. 
“Sum… io apprezzo le ricerche che hai fatto, davvero. E ti ringrazio anche per avermene parlato, ma credo anche io che si tratti solo di una leggenda. Insomma dai, io non posso essere l’erede di questa strega protagonista della leggenda. Sono solo io, Abby!” si giustificò la ragazza. 
Ma Summer era sicura che l’amica non era davvero convinta di quello che stava dicendo. Le si leggeva negli occhi il dubbio. Era la paura a parlare. La paura che la leggenda fosse vera e che non ci fosse modo per spezzare la maledizione. 
“Abby ma cosa c’entra! Potresti benissimo essere tu, potrebbe essere chiunque!” tentò nuovamente Summer. Si stava irritando, non poteva credere che i suoi amici non vedessero ciò che vedeva lei. Era così ovvio. 
“No Summer davvero. Chiudiamo qui la discussione” ribatté Abby che stava cercando di mantenere la calma. 
“No, non la chiudiamo qui! Le discussioni non finiscono quando vuoi tu Abby, sto cercando di aiutarti. Non puoi sempre zittirti e far finta di non avere problemi, sono tua amica e voglio aiutarti, e so che tu hai solo paura di accettare la verità” esplose Summer. 
“Sum io non ho paura di accettare la verità” si risentì Abby alzandosi in piedi, stava chiaramente perdendo la pazienza. Odiava quando le persone tentavano di frugare dentro ai suoi sentimenti contro la sua volontà. Per lei il discorso era chiuso, e doveva essere così per tutti. 
“A me sembrava di sì, Abigail! Fai sempre così, ogni volta su ogni discorso. Hai paura che questa storia possa essere vera quindi provi a negarlo a te stessa, come fai con tutto” ribatté Summer. 
“Ma non è assolutamente vero Summer!” si difese Abby incrociando le braccia. 
“E invece sì. Lo fai sempre, lo fai quando hai un problema, lo fai quando qualcuno ti fa una semplice critica, lo fai quando non ti si da ragione, lo fai quando si parla di James e lo fai anche ora di fronte alla storia di Luke e dei sogni. Lo fai di continuo e diventa impossibile aiutarti” sputò Summer senza sapere bene da dove arrivasse tutta quella rabbia. 
“Ah quindi solo perché non accetto la tua stramba teoria sono problematica? Ti ho ringraziato per quello che hai fatto e mi sembra di essere stata piuttosto gentile. E tu invece ti metti ad urlarmi contro cose che non c’entrano nulla?” Abby era visibilmente furibonda. Era stata toccata sul suo nervo scoperto, sapeva che Summer aveva ragione su questo lato del suo carattere, ma non era disposta a lasciarsi mettere i piedi in testa. 
“Queste cose c’entrano Abby! C’entrano eccome, devi smetterla di fare così” rispose Summer abbassando il tono di voce. Si era resa conto di aver esagerato un po’. Abby era così do carattere, non era colpa sua. 
“Ah sì? E tu allora?” sibilò Abby acida. 
“Io cosa?” 
“Sei tu la prima che cerca di cambiare discorso quando parliamo del tuo stupido amichetto Serpeverde.” 
“Non chiamarlo stupido. Si chiama Jake. E cosa c’entra ora?” domandò subito Summer sulla difensiva. 
“C’entra. Perché dici tanto di me, ma quando ti facciamo delle domande scomode su di lui cambi sempre discorso e non ci dai mai delle risposte concrete. Non criticare me quando sei tu la prima a farlo!” rispose Abby piccata. 
“Siamo solo amici, non ho nulla da dire riguardo a questa storia, se voi vi aspettate una risposta diversa non è un problema mio. E a me pare che tu te la prenda così tanto solo perché non sopporti Jake, Abby” la accusò Summer. Non poteva credere a quello che stava sentendo. Mettere in mezzo Jake non aveva alcun senso. 
“Sei mia amica Sum. Come tu ti preoccupi per me anche io lo faccio per te! E Jake Allen non mi sembra una buona compagnia, tutto qui.” 
“Ah sì? Le persone che frequento non sono un problema tuo. Solo perché una persona non piace a sua maestà Abigail Hill allora io non ho diritto di parlarci assieme?”
“Conosco Allen, e non è un bravo ragazzo Sum!” 
“No, non lo conosci Abby! Ti sorprenderà ma per una volta non sai qualcosa. Fammi il favore di non giudicare le mie amicizie” urlò Summer fuori di sé. 
“E tu invece? Passi il tuo tempo a criticare Edward e James. Ma in quel caso va bene no? Tu puoi dire quello che vuoi della gente.” 
“Se sono due stupidi non è un problema mio” affermò Summer con un sorrisetto falso. 
“Calmatevi ragazze. Non finite in discorsi che non c’entrano nulla. Sum, Abby su questo ha ragione. Non puoi accusarla di evitare i discorsi scomodi quando sei tu la prima a farlo. Insomma, avevi la divisa di Allen addosso, non posso credere non ci sia nulla tra voi due. E poi ci preoccupiamo solo per te, come tu fai sempre per noi” intervenne Sophie, allarmata da come la situazione stesse chiaramente degenerando. 
“Non avrei alcun problema a dirvelo nel caso fosse vero. E solo perché avevo la sua divisa non vuol dire che ci sia qualcosa tra noi due” rispose Summer, era rossa in viso dalla rabbia. 
“Bhe meno male Sum” si intromise Frank nel tentativo di affievolire il clima di tensione, “perché ieri ho visto Jake uscire dallo sgabuzzino delle scope con una Serpeverde del quarto anno.”
“E allora?” sbottò Summer piccata. 
“E allora niente. Dicevo per ridere, calmati Sum davvero” replicò Frank chiaramente colpito dalla reazione dell’amica. 
“Sapete cosa vi dico? Mi avete rotto. Sto cercando di dare una mano e voi finite in questi discorsi senza senso. Vi vorrei informare che non ho bisogno delle vostre premure, non sono una bambina e so badare a me stessa da sola. Frequento chi voglio quando voglio, non mi serve il vostro permesso. E se non vi dispiace ora me ne vado, ho di meglio da fare che sentirmi rivolgere le vostre stupide accuse stupide!”
E detto questo Summer prese la sua borsa a tracolla e andò via a passi rapidi, lasciando i suoi amici attoniti. 
La ragazza entrò rapidamente nel castello, e iniziò a percorrere i corridoi silenziosi senza una meta ben precisa. Odiava essere trattata così. I suoi amici a volte non sembravano in grado di capirla. Lei doveva sempre essere comprensiva, ascoltare tutti e stare dietro ai loro problemi e capricci. Quando si trattava di lei invece, erano sempre pronti a puntare il dito e a giudicarla senza mai cercare di comprenderla. Si era resa subito conto di aver esagerato, ma proprio non era riuscita a trattenersi. Le parole di Abby su Jake poi, l’avevano portata al limite. 
Summer si fermò e si appoggiò contro una colonna. Chiuse gli occhi e si sedette per terra.  
Jake. Jake è solo un amico, e loro si sbagliano. Jake Allen e io siamo solo amici, continuava a ripetersi la ragazza. 
E allora perché nel sentire che Jake si era portato una ragazza nel ripostiglio delle scope le aveva dato così fastidio? 

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Capitolo 15
*** Capitolo 14 - Sei morto Allen ti faccio a pezzi! ***


 Capitolo 14 - Sei morto Allen ti faccio a pezzi!


 

 

“...che lo spettacoli cominci!” 
“Frank...” 
“Oppure è meglio che lo spettacolo possa cominciare?” 
“Insomma Frank stai dicendo la stessa cosa!” sbuffò Abby, divertita. 
Frank le lanciò un’occhiataccia e raddrizzò la schiena, dandosi un’aria di importanza: “Mi dispiace che tu non prenda sul serio il mio compito di cronista, ma io devo preparare un discorso e allenarmi per essere sicuro di fare un figurone domani, quando commenterò la partita... sai è un ruolo molto ambito il mio, potrebbero sostituirmi al minimo errore!” 
“Ma ti prego” lo prese in giro Sophie “se non ti hanno sostituito in tutti questi anni, dopo tutti i commenti fuori luogo che hai sempre fatto ad ogni partita, non cambieranno certo idea adesso. Quindi puoi smettere di riempirci le orecchie con i tuoi preparativi di cronaca, tanto domani come sempre non resisterai e dirai tutt’altro in base a cosa ti passa per la testa...” 
“... o in base all’ultimo scoop del momento” rincarò la dose Abby, sogghignando, “come qualche settimana fa, durante Tassorosso-Corvonero, quando ti sei perso che Drape ha segnato due volte di fila perché eri troppo intento a commentare cosa succedeva sulla torretta nord...” 
“Beh, ma cos’altro potevo fare?” si difese subito Frank, piccato. “Non è colpa mia se il mio occhio vispo e allenato ha colto Isabelle Jupet e Mark Ewan intenti in atti osceni in luoghi pubblici... senza contare che Ewan non ha avuto alcun rispetto nei confronti della povera June Cansy, intrattenersi così con la sua migliore amica poco dopo averla lasciata, proprio durante la sua prima partita della stagione... poverina, poverina davvero, avete visto come ha volato male dopo essersene accorta? Ma era mio dovere riferirlo...” 
“Eh sì, proprio tuo dovere...” 
Abby e Sophie si scambiarono un’occhiata di traverso e non riuscirono ad impedirsi di scoppiare a ridere, guadagnandosi una smorfia risentita del Tassorosso. 
“Frank” intervenne timidamente Summer, abbozzando un sorriso, “non ti sostituiranno mai perché nonostante tutto, nessuno saprebbe commentare una partita di quidditch come lo fai tu, sei il migliore e lo sanno tutti”. 
Il volto del ragazzo si illuminò improvvisamente, riconoscente. “Hai ragione, non devo preoccuparmi, tutti mi amano in questa scuola!” 
Abby levò gli occhi al cielo, ma Sophie sorrise con dolcezza in rimando a Summer, sapendo perfettamente perché l’amica avesse parlato così: da quando la Tassorosso era esplosa contro di loro, la settimana precedente, stava cercando di fare di tutto per farsi perdonare, ed era il più gentile possibile in ogni situazione.  
Subito dopo essersene andata di botto Summer avrebbe voluto fare dietrofront e rimangiarsi le dure parole che aveva rivolto ai suoi amici, ma qualcosa glielo aveva impedito, un nuovo orgoglio che era montato in lei come una fiamma improvvisa. Così, la ragazza era rimasta da sola nel suo dormitorio per parecchie ore, cercando di calmarsi e di capire perché avesse reagito così male. Era ben consapevole di essersi comportata come una pazza, di aver esagerato e di aver urlato contro i suoi migliori amici carica di una rabbia non giustificabile; se ne era immediatamente vergognata, e ci aveva messo un po’ a trovare il coraggio di affrontarli per chiedere loro scusa. Alla fine, la voglia di chiarire e di far tornare tutto come sempre aveva superato la paura che i suoi amici non la perdonassero ed era scesa a cercarli. Dopo un momento di imbarazzo, si era scusata, dicendo loro che non era certo una giustificazione, ma che l’aveva fatta dar di matto l’essersi davvero sentita incompresa: era stata così convinta di aver trovato una spiegazione per quello che avveniva ad Abby che l’aveva profondamente frustrata il fatto che le avessero subito dato tutti contro. Da lì non era stata più capace di rispondere di se stessa, non sapeva nemmeno lei bene perché, le cose erano degenerate e se ne pentiva sinceramente.  
Sophie era stata la più comprensiva, Summer aveva parlato con il cuore in mano e le lacrime che le si erano accumulate agli angoli degli occhi ne erano la prova; inoltre, sapeva perfettamente come l’amica tendesse a essere la persona più disponibile e gentile del mondo, sempre e comunque, a costo di tenersi dentro i suoi problemi o le sue difficoltà... fino ad arrivare inevitabilmente ad esplodere in un momento o l’altro. Frank aveva continuato a guardarla per un po’ come se fosse una bomba ad orologeria, ma le aveva stretto la mano in segno di pace con fare formale. Il peggio per Summer era stato affrontare Abby: era con lei che si era scontrata maggiormente, e le parole e le accuse che erano volate tra di loro avevano colpito a fondo entrambe e bruciavano ancora. Abby si era davvero offesa e Summer non poteva biasimarla, si era subito resa conto che le sue scuse non sarebbero bastate, non nell’immediato. Nei giorni successivi, infatti, l’atmosfera era stata a dir poco tesa, per quanto sempre forzatamente educata; vi era stata l’impressione costante che una parola di troppo, un gesto fuori luogo potessero infrangere quel flebile filo che teneva unito il quartetto di amici. Piano piano, comunque, le cose stavano migliorando e tornando alla normalità, con grande sollievo di Summer, che si vergognava ancora per come si era comportata e desiderava solo cancellare il ricordo di quell’episodio e fingere che non fosse mai successo.  
Quel pomeriggio, in particolare, l’atmosfera era più rilassata di quanto non lo fosse stata da giorni: le attenzioni dei quattro erano concentrate sulla partita imminente, che avrebbe visto scontrarsi le due case più rivali di Hogwarts, Grifondoro e Serpeverde. Avevano cercato rifugio in un’aula vuota al pianterreno nel tentativo di terminare i compiti che sapevano bene non avrebbero avuto né il tempo né la testa di fare il giorno dopo, e per sfuggire all’isteria generale che aveva pervaso il castello in vista della partita che si sarebbe disputata il mattino successivo e che rendeva quasi impossibile trovare un posto tranquillo dove potersi concentrare.  
Abby chiuse il suo libro di scatto e abbandonò il rotolo di pergamena che stava scrivendo. “Per oggi non riesco a concentrarmi ulteriormente.” 
Sophie annuì comprensiva: “Te lo finisco io il tema di Incantesimi, avrai solo da ricopiarlo in bella domani.” 
“Ah” sospirò soddisfatta l’amica, incrociando le gambe sul tavolo al quale erano seduti, “adoro i weekend delle partite, diventi così indulgente e disponibile sui compiti da consegnare!” “Perché, quando mai non lo sono con te?” le fece il verso Sophie, scuotendo la testa rassegnata.  Su una cosa Abby aveva ragione: prima di una partita importante come quella, Sophie tendeva a dimenticare più del solito la sua intransigenza di volere che l’amica non si limitasse a copiare i suoi temi, ma si impegnasse lei stessa per progredire.  
“Sei nervosa per domani?” chiese con cautela Summer alla Grifondoro. 
Abby si mordicchiò il labbro per un po’ prima di spostarsi i capelli all’indietro e alzare le spalle con disinvoltura. “Un po’, come sempre, ma stare qui con voi lontana dall’atmosfera febbrile e dai commenti di tutti mi aiuta. In ogni caso, ormai ci sono abituata e so che non appena scenderò in campo mi passerà. Solo che quando giochiamo contro Serpeverde la situazione è sempre più tesa... basta che quell’idiota di Allen non prenda il boccino prima di me, non sopporterei proprio la sua faccia tronfia!” 
Un silenzio imbarazzato seguì le sue parole; Sophie le lanciò un’occhiata di avvertimento, e Abby cercò subito di riparare il suo errore: “Comunque, Frank, se proprio ci tieni a prepararti per la cronaca di domani, preparami una presentazione degna di questo nome...” 
Al sentire la parola “Allen”, Summer si era affrettata a distogliere lo sguardo, imbarazzata. Jake Allen era attualmente tabù per le tre ragazze: nessuna l’aveva detto ad alta voce, ma era innegabile che era stata proprio la discussione riguardo l’amicizia di Summer con il Serpeverde ad avere un luogo chiave nel litigio avvenuto la settimana precedente. Solo Frank sembrava incapace di trattenersi, mentre un tacito patto implicava ormai che per le tre amiche fosse meglio evitare di parlarne troppo, almeno finché non fosse divenuto un argomento meno scottante.  
Summer si ritrovò con lo sguardo fisso nel vuoto, senza più sentire le parole dei compagni, persa nei suoi pensieri.  
Jake Allen.  
Apparentemente il suo nuovo punto debole.  
Poteva negarlo a tutti quanto voleva, ma non poteva più mentire a se stessa. Non dopo essersi resa conto del sapore amaro che le era rimasto in bocca quando Frank le aveva detto con noncuranza di aver saputo dell’ultima avventura del Serpeverde nello sgabuzzino delle scope. Era stata la goccia che aveva fatto traboccare il vaso, ciò che più di tutto l’aveva fatta scattare, e ciò che più l’aveva fatta star male dopo il litigio.
Il che non ha alcun senso, si ripeté la Tassorosso con fermezza, per quella che le sembrò essere la centesima volta nel giro di pochi giorni. Jake ha tutto il diritto di divertirsi come, quanto e con chi vuole. Non stiamo mica insieme, sì siamo amici ma sicuramente non mi interessa in quel modo! 
E allora perché ci era rimasta così male? Non se l’era aspettato nemmeno lei, era stata presa alla sprovvista dai suoi stessi sentimenti, che erano ora solo più confusi che mai. Continuava suo malgrado a soffrire per Alex ogni volta che lo vedeva in giro, ma sempre più spesso quando pensava a lui vedeva accanto il volto di Jake, ben più nitido. Avrebbe dovuto far chiarezza, e il prima possibile, per il bene di tutti. 
Summer si costrinse a riportare l’attenzione sugli amici; non voleva che le chiedessero a cosa stesse pensando. Era chiaro che non era pronta a condividere i suoi dilemmi interiori con nessuno, almeno finché non avesse capito lei stessa cosa stava succedendo nella sua testa, ma soprattutto nel suo cuore.  “Domani Sof sarà dura per te” stava commentando in quel momento Abby, con la bocca piena di una delle Cioccorane che Frank aveva portato da condividere come merenda. Vedendo lo sguardo confuso dell’amica, deglutì e precisò: “Beh, alla primissima partita di Grifondoro non stavi ancora con Edward... ma ora sì, e devi essere pronta perché sai bene come reagiscono le ragazze quando si tratta di quidditch, diventano ancora più fanatiche del solito...” 
“Non metteranno mica degli striscioni anche ora che Edward è fidanzato!” ribatté Sophie, chiaramente orripilata dalla prospettiva.  
“Forse no, forse questa volta limiteranno gli striscioni osceni a James” concesse Abby, che per qualche motivo apparve improvvisamente infastidita, “però non si tratterranno con i cori, su questo ci puoi giurare.” 
“Non fare quella faccia Abby” si intromise Frank, “ne hanno tutto il diritto. Se non conosceste Edward e James, tu e Sophie fareste sicuramente lo stesso, non fate le santarelline. Per non parlare del fatto che se non dovessi tenere un qual certo profilo dignitoso in qualità di cronista ufficiale di Hogwarts, poi, anche io probabilmente sventolerei almeno uno striscione per James... voglio dire, è pur sempre James Walker!” 
“Non so se sentirmi onorato o se vomitare, Tasso.” 
La voce calda e profonda di James Walker giunse dalle spalle di Frank, laddove la porta dell’aula si era improvvisamente aperta, e prese alla sprovvista il Tassorosso che divenne bordeaux e rischiò al contempo di soffocare mandando di traverso la sua Cioccorana.  
Sophie scattò in piedi con un sorriso stampato sul volto e volò tra le braccia di Edward, che era entrato nella stanza insieme all’amico.  
“Ehi” disse Edward, vacillando sotto lo slancio della ragazza, ma ricambiandone l’abbraccio con calore. “Tutto bene?” 
Sophie annuì, fingendo di non vedere James che stava fingendo di vomitare accanto a loro. Abby invece, guardava con fierezza la sua creazione: da quando avevano deciso di sforzarsi di essere un po’ meno sdolcinati e svenevoli in pubblico, avevano riguadagnato la sua piena e incondizionata approvazione.  
“Stavo giusto dicendo a Sophie di prepararsi per il tuo fan club che domani darà i numeri...” 
Edward si passò una mano nel ciuffo scuro che gli ricadeva sulla fronte, un po’ in imbarazzo, ma incapace di negare. “A proposito di dare i numeri, la tensione nell’aria fuori di qui è così compatta che si potrebbe tagliare...” 
“Ed è per questo che siamo venuti a cercarti” sottolineò James, avvicinandosi a grandi passi ad Abby e fermandosi a pochi centimetri da lei.  
“Le cose stanno degenerando così in fretta?” chiese la ragazza, alzando un sopracciglio.  
“Puoi ben dirlo” le rispose Edward, serio. “Hanno appena cercato di affatturare Connor su nel corridoio del quarto piano, davanti a tutti, e Tyler giura che è da ieri che viene seguito da un gruppo di Serpeverde del quarto anno che cercano di beccarlo da solo.” 
“Poverino” commentò Abby, comprensiva, “deve essere traumatizzato, ci vuole un po’ prima di farci l’abitudine e lui è solo al secondo anno”. 
“Lallie?” chiese subito Sophie, preoccupata per la sorella di fronte al riportato tentativo di sabotaggio della squadra di quidditch di Grifondoro. 
“Tranquilla, mi sono assicurato che passasse la giornata tranquilla su nella torre con i suoi amici, così che non le capitasse niente” disse Edward, rassicurando immediatamente la ragazza.  
“Ad ogni modo, ho deciso che è la cosa migliore per tutta la squadra: vieni, gli altri ci aspettano qua fuori per tornare insieme nella sala comune. D’ora in poi mi assicurerò che nessuno di noi giri da solo, non voglio che la mia squadra sia danneggiata prima di una partita così importante... né tantomeno la mia cercatrice” annunciò James, posando una mano sulla spalla di Abby con fare protettivo.  
Abby fissò intensamente la mano di James per qualche istante, presa alla sprovvista da quel contatto rassicurante e un abbozzo di sorriso raddolcito sembrò spuntarle sul viso; subito per , si ricompose e affrontò il ragazzo con la solita sicurezza e sfrontatezza. 
“Sei un buon capitano, James. Finisco qua e ti prometto che torno direttamente nella Sala Comune.” 
“Preferirei venissi subito con me, non voglio ti succeda nulla.” 
I due Grifondoro si squadrarono, in uno strano braccio di ferro visivo. James era abituato al fatto che i suoi ordini venissero eseguiti senza batter ciglio, ma ormai sapeva che con Abby non poteva mai essere semplice: la ragazza infatti, sebbene apprezzasse le attenzioni del suo capitano e fosse piacevolmente colpita dalla sua preoccupazione per lei, per principio non si sarebbe piegata alla volontà di nessuno.  
“Non mi succederà nulla, ti assicuro che arrivo subito e non sarò da sola, ma con Sof, quindi non è il caso che mi aspettiate” gli fece infatti notare, con un tono che non ammetteva repliche. “E poi, sono quella della squadra che rischia di meno, in tutti questi anni non mi è mai successo niente: Thomas farebbe fuori tutti i suoi compagni di squadra se mi facessero il minimo torto, e loro lo sanno.”
“L’unica cosa utile di quello stronzo di Blake” commentò James di rimando, ma si trovò costretto a capitolare.  
Dopo essersi assicurato ancora una volta che la ragazza non avrebbe tardato, James uscì dall’aula seguito da Edward. Nel corridoio, i due Grifondoro si riunirono con gli altri tre componenti della squadra che li stavano attendendo e si diressero verso il cortile interno dell’ala est, poco distante: era la strada più corta per l’ingresso del castello da dove sarebbero potuti salire direttamente alla Torre di Grifondoro grazie alla scalinata principale. Edward e James non avevano esagerato: il clima nel castello era in fibrillazione, al loro passaggio si levavano cori e commenti di incoraggiamento o di scherno. La situazione andava avanti da ormai quasi una settimana, ma con il giungere del fatidico momento della partita, la tensione era alle stelle, e sembrava seguire i giocatori delle rispettive squadre ovunque andassero. Le partite di quidditch suscitavano sempre grande scalpore, e quella tra Grifondoro e Serpeverde più di tutte per la storica rivalità tra le due case. Sembrava che in tutto il castello non si parlasse che dello scontro del giorno dopo e i gruppetti di studenti che incrociarono avevano già addosso coccarde rosse-oro o al contrario verde-argento.  
“Ricapitolando, noi abbiamo battuto i Tassorosso a inizio anno, che hanno perso contro i Serpeverde ma vinto contro i Corvonero” elencò Dylan McCall, uno dei due battitori della squadra, contando sulle dita, quando i cinque ragazzi avevano quasi raggiunto il cortile ormai davanti a loro. “Quindi se domani vinciamo, e Corvonero vince a sua volta contro Serpeverde...” 
Il cortile interno era quasi vuoto. Sebbene non fosse ancora pomeriggio inoltrato, la luce stava diminuendo rapidamente, lasciando l’ampio quadrato di pietra illuminato solo dai fuochi sempiterni che volteggiavano ai quattro angoli, donando un po’ di calore al chiostro. La temperatura tuttavia, restava pungente: il freddo dell’inverno era ormai alle porte, e nell’aria si poteva già sentire la neve che dicembre avrebbe sicuramente portato con il suo arrivo da lì a pochi giorni. Sebbene alcuni ragazzi attraversavano il cortile a passo svelto, la maggior parte degli studenti aveva preferito quindi rifugiarsi nelle aule meglio riscaldate del castello, o restare nelle rispettive sale comuni, decisamente più accoglienti. Il sole era tramontato ormai da tempo dietro alle alte montagne che circondavano il castello e il cielo stava velocemente passando da azzurro intenso a blu notte. Le fiamme dei fuochi sempiterni lanciavano riflessi che sembravano danzare sulle mura di pietra del chiostro, donando all’intero luogo un aspetto quasi surreale.  
“Certo, però se poi perdiamo contro Corvonero, o loro perdono contro Serpeverde” fece notare a sua volta Connor Delphini, l’altro battitore di Grifondoro, “si ribalterebbe tutto e allora...” 
Connor fu interrotto da una voce carica di scherno che proveniva da un gruppo di sette ragazzi che stavano nell’angolo più remoto del cortile, a parlottare seminascosti. 
“Guarda guarda chi si vede, quelle fighette dei Grifondoro” fece Jake Allen, uscendo dalla penombra, un ghigno sul volto.  
Il capitano della squadra di quidditch di Serpeverde fu immediatamente seguito dal resto dei suoi compagni, che si disposero attorno a lui in centro al cortile, faccia a faccia con i giocatori di Grifondoro.  
James, a sua volta un passo più avanti dei compagni, si irrigidì all’istante, e Edward gli mise una mano sul braccio come avvertimento a mantenere la calma, sebbene fosse in guardia a sua volta. Tutti i presenti si misero immediatamente sulla difensiva, e due o tre da ambe le parti posarono una mano sulla bacchetta, per precauzione: l’atmosfera era diventata tesa in un baleno, e ognuno dei giocatori sapeva bene che in un momento come quello, prima di una partita come quella che avrebbero dovuto disputare, poteva succedere qualunque cosa.  
“Allen, levati dalle palle se vuoi arrivare intero alla partita” ringhiò James, intimando all’avversario di spostarsi e di lasciar passare lui e i suoi compagni.  
Jake, per tutta risposta, ridacchiò, strafottente. “Ora sì che ho paura, voi non state tremando ragazzi?” disse, provocando uno scoppio di ilarità tra i Serpeverde attorno a lui. Poi smise di ridere e chiese, con aria di superiorità: “No piuttosto ci tenevo a chiederti Walker... pronti i fazzoletti per domani? Per quando vi batteremo e piagnucolerete, finocchiette che non siete altro?”
Fu il turno di Edward di serrare la mascella con durezza. 
“Serviranno a voi quando vi butteremo giù dalle scope” sibilò, sforzandosi a non reagire e al tempo stesso tenere fermo James, che sembrava sul punto di voler saltare addosso ad Allen e spaccargli qualcosa.  
Una manciata di curiosi stava cominciando a raggrupparsi attorno ai giocatori delle due squadre, ma si teneva a debita distanza, presagendo il pericolo: una piccola scintilla, e la situazione sarebbe esplosa. 
“Continuate a sognare, sfigati” provocò con insolenza Jake. 
“Tranquillo Richardson” rincarò la dose Andy Rocket, dalle spalle del suo capitano, “quando perderete, perché perderete, ci penserò io alla tua amichetta Hill, ho due o tre cose in mente da farle...” 
Fu Thomas a reagire per primo, dalla destra di Jake. “Andy, sta zitto” intimò serio al compagno di squadra, lanciandogli uno sguardo glaciale. “Non ci provare nemmeno o ti spezzo in due.” 
“Ecco Rocket, ascolta Blake per una volta che non spara cazzate, che è meglio” fece James, a denti stretti, serrando le mani a pugno.  
“Perché, altrimenti che fai?” 
“Vuoi davvero scoprirlo?” 
“Sai cosa ti dico Walker? Sei proprio patetico” si intromise Jake, strascicando la voce e rivolgendo a James spudoratamente uno sguardo di sfida. “Ti sei rammollito, e tutto per una qualsiasi come Hill che neanche ti considera. Fai pena.” 
“Chiudi quella cazzo di bocca Allen, non te lo dirò due volte.” 
“Potrai anche essere considerato un belloccio quanto vuoi, ma non possiedi un terzo del mio fascino, sono sicuro che anche Hill preferisca me a te, forse dopo che vi avremo schiacciato domani a quidditch la porterò a fare un tour nello sgabuzzino delle scope per rimontarle il morale...” 
La protesta irritata e minacciosa di Thomas fu sovrastata dal ruggito di James. 
“SEI MORTO ALLEN TI FACCIO A PEZZI!” 
Il Grifondoro si liberò dalla presa di Edward e, dimenticatosi completamente di possedere una bacchetta, si scagliò accecato dalla rabbia contro il Serpeverde. Jake non si fece pregare: con lo sguardo duro, dimenticandosi anche lui di essere un mago, a sua volta si gettò contro James, i pugni serrati, la testa bassa.  
I due ragazzi cozzarono uno contro l’altro e cominciarono a picchiarsi, menando pugni in ogni direzione e colpendo alla ceca l’avversario, cercando di buttarlo a terra. Uno era più alto e muscoloso, ma l’altro era più agile e veloce, perciò lo scontro risultava alla pari. Attorno ai due, i compagni guardavano i rispettivi capitani come in attesa di un segnale per passare a loro volta all’attacco. Una piccola folla di curiosi si era ormai radunata ai lati del cortile e cominciarono le incitazioni a favore dell’uno o dell’altro. 
Un attimo, e Jake colpì James al viso con un gomito così forte da smuovergli la mascella e un fiotto di sangue fresco schizzò dal labbro del ragazzo sulle pietre del cortile. 
“Vediamo se rimarrai ancora così pieno di te dopo che ti avrò sfigurato quel bel faccino!” sputò Jake, approfittando del momento di confusione del Grifondoro per riprendere fiato. 
James si massaggiò la mascella, si pulì il rivolo di sangue con la manica della camicia e in lampo fu addosso al Serpeverde: gli diede una testata con tutte le sue forze in pieno volto. Un rumore sordo, sinistro, e Jake si portò le mani al naso ululando dal dolore. 
“E tu invece Allen coglione sei e coglione rimarrai anche sfregiato!” 
I due ragazzi rimasero per un istante a fissarsi in cagnesco, piegati in due, mentre ondate di odio talmente intenso da essere quasi palpabile si riversavano tra di loro. Quindi, si rigettarono l’uno sull’altro con, se possibile, più foga di prima, gridando insulti incomprensibili; schizzi di sangue volarono nell’aria da entrambi i volti.  
“Stanno esagerando, cazzo” disse Edward.
“Eh merda” si lasciò sfuggire Thomas.  
Senza più riflettere, il Grifondoro e il Serpeverde corsero in aiuto dei rispettivi capitani, e cominciarono a cercare di separarli, invano. James e Jake erano talmente abbagliati dalla rivalità che provavano l’uno per l’altro che guidati dall’ira si battevano ormai con brutalità, come due belve, senza poter più sentire ragione.  
Il resto dei giocatori delle due squadre non perse tempo; tirate fuori le bacchette, fatture e maledizioni cominciarono a volare nell’aria attorno ai due capitani. Edward e Thomas, dal canto loro, cercavano di fermarli con tutte le forze, trovandosi così in mezzo a quella lotta all’ultimo sangue e non riuscendo a schivarne dei colpi collaterali.  
Un pugno fuori controllo, e Edward sentì un dolore lancinante accecarlo ad un occhio. 
“Bel lavoro Blake” soffiò irato, senza più riuscire ad aprire completamente la palpebra sinistra. “Cosa vorresti dire Richardson?” ribatté Thomas con astio, con il fiato corto per lo sforzo di cercare di trattenere Jake. 
“È possibile che tu non riesca mai a impedire a quei deficienti dei tuoi amici di parlare di Abby e che debba sempre pensarci James? Bell’amico che sei!” 
“Sempre meglio di te Richardson, tu non la difendi neanche!” sbottò Thomas, colpito nel vivo.  “Non capisco proprio come Abby possa essere ancora tua amica, sei solo uno stronzo come gli altri tuoi amichetti.” 
“Sai cosa non capisco io invece? Come una ragazza come Forbes possa stare con un deficiente come te.” 
“Cosa c’entra ora Sophie?” chiese Edward, d’un tratto guardingo. 
“Dico solo che è sprecata per te, non può stare bene con un idiota del tuo rango...” 
“Questa è bella, e con chi starebbe meglio, con un cretino come te?” 
“Perché no.” 
I due ragazzi, senza rendersene conto, si erano completamente dimenticati di James e Jake, li avevano lasciati andare al loro del destino e ora si fronteggiavano rabbiosamente, dimentichi di tutto il resto se non la discussione su Sophie.  
“Sarebbe solo un’altra delle tue conquiste che tratteresti con disprezzo e noncuranza e getteresti via alla prima Megan Gray che passa, non significherebbe niente per te, mi fai schifo Blake!” 
“Come osi” gridò il Serpeverde, improvvisamente fuori di sé. “Tu non sai come tratterei una ragazza speciale come lei. Non la conosci nemmeno, io sono sicuro che preferirebbe stare con me che con te!” 
Edward si immobilizzò sul posto, gli occhi ridotti a due fessure, i denti digrignati. “Cosa vuol dire esattamente tutto questo, Blake?” 
Thomas si morse la lingua; preso dalla foga del momento, si era spinto più in là di quanto avrebbe voluto, aveva quasi detto troppo.  
“Niente” sbuffò, controvoglia. 
“Te lo dirò solo una volta Blake, non so cosa ti sia passato per la testa ma meglio per te che non ti scopra a pensare a lei neanche una singola volta, altrimenti sei finito.” 
“Hai paura che possa avere ragione, che possa preferirmi a te, vero Richardson?” sibilò Thomas, con la voce piena di veleno, senza riuscire a trattenersi. “Hai paura di perderla, hai paura che io possa rubartela? Potrei farci un serio pensiero, fai attenzione.” Edward non ci vide più, era stato toccato nel suo punto debole.  
“STAI ALLA LARGA DALLA MIA RAGAZZA!” sbraitò, e senza un attimo di esitazione di più, tirò un pugno in pieno petto a Thomas, con violenza, spingendolo all’indietro.  
Il ragazzo riuscì a mantenere l’equilibrio per un pelo, il respiro mozzato dal colpo ricevuto; si rigirò sul posto sguainando la bacchetta, preparato ad affrontare il Grifondoro, le parole della maledizione già sulle labbra, pronte ad essere pronunciate... e si fermò di colpo.  
Una massa di lunghi, folti capelli di un caldo castano gli aveva oscurato la vista per una frazione di secondo e una nota di un profumo un tempo ben conosciuto era giunta fino a lui. Ora, due grandi, ardenti occhi color cioccolato lo fissavano imploranti: Sophie Forbes stava davanti a lui; si era parata di fronte ad Edward, la schiena a pochi centimetri ragazzo, le braccia semiaperte a fare da scudo tra i due, e lo sguardo rivolto a Thomas, senza filtri.  
Sophie, Abby, Summer e Frank erano arrivati nel cortile attirati dai rumori di quella che ormai era chiaramente degenerata in una rissa collettiva, e si erano trovati nel pieno della confusione più totale. L’aria era intrisa di un eccesso di testosterone, incantesimi e lampi di luci volavano da tutte le parti al centro del chiostro, e ovunque risuonavano grida di incitazioni e di insulti. Nella semioscurità e nel caos generale, era occorso loro un momento prima di capire chi si trovasse al centro di tutte le colluttazioni.  
Non appena aveva individuato Thomas e Edward che si fronteggiavano, Sophie aveva sentito il cuore mancare un battito; era troppo lontana per sentire cosa si stessero urlando i due ragazzi, ma erano chiaramente parole cariche di odio. Quando aveva visto Edward colpire con forza il Serpeverde e farlo vacillare, il viso di Sophie aveva perso ogni colore e la ragazza, un’espressione di orrore negli occhi, aveva smesso di ragionare: era corsa tra i due contendenti e si era gettata tra di loro senza esitare, con il chiaro intento di evitare che si colpissero per paura di far del male a lei.  
Abby aveva fatto per seguirla, in automatico, senza poter credere ai propri occhi, ma poi si era accorta di altri due ragazzi, che in un primo momento erano sfuggiti alla sua attenzione perché erano intenti a rotolarsi per terra, più nell’ombra, e aveva esitato, combattuta tra due priorità. James e Jake, infatti, avevano continuato a battersi senza stregua, e nessuno dei due sembrava più capace di reggersi in piedi; tuttavia, questo non impediva loro di proseguire a colpirsi con ferocia, anche se sempre meno colpi andavano a segno dal momento che entrambi cominciavano a subire le conseguenze delle ferite incassate e a non vederci più chiaramente per il dolore. Ciononostante, non sembravano volersi fermare, erano entrambi troppo orgogliosi per potersi arrendere. Quella che era cominciata come una semplice rissa incitata dagli stessi spettatori, ora faceva quasi paura. Era una lotta all’ultimo sangue.  Summer era già scattata nella loro direzione, gli occhi puntati su Jake.
“Abby, lascia stare, ci pensa Sof, tu vieni ad aiutarmi” urlò con angoscia all’amica, cogliendone l’esitazione “quei due si stanno ammazzando!” 
Abby si rese conto che aveva ragione, e si affrettò a seguirla. 
“Non sarebbe meglio chiamare i professori? Mi sembra che le cose stiano degenerando qui” squittì Frank, vagamente spaventato. 
“Non pensarci neanche, finiremmo tutti nei casini” gli gridò dietro Abby. 
Frank concordò con un cenno della testa, ma decise che fosse più prudente e saggio per lui allontanarsi dal centro della zuffa; si mise in piedi su una panca laterale, laddove si sentiva più sicuro. Da quella postazione, rimase a osservare tutto, gli occhi intenti a non lasciarsi sfuggire nessun dettaglio. Nonostante la tragicità a cui stava velocemente degenerando la situazione, non poté impedirsi di provare un brivido di eccitazione. 
Che scoop ne verrà fuori, e io potrò fornire un resoconto di prima mano! 
Senza riuscire a resistere, tirò fuori dalla tasca dei pantaloni che indossava un taccuino, logoro e già pieno di appunti, e si mise ad annotare tutto quello che vedeva. La sua attenzione venne subito attirata da Sophie, che si ergeva, immobile e statuaria, tra l’alta e snella figura di Thomas Blake e quella un po’ più bassa ma ben piazzata di Edward Richardson.  
Alla vista di Sophie, Thomas si era bloccato, e la mano con cui teneva la bacchetta aveva tremato un attimo. 
“Sof...” si era lasciato sfuggire, un soffio tra le labbra, e aveva abbassato la bacchetta.  
Poi, l’aveva guardata come non si concedeva di guardarla da settimane e settimane. Per un attimo, non era riuscito a contenere i sentimenti che cercava di reprimere con tanta forza e che ancora infiammavano il suo cuore. Ora, il Serpeverde e la Grifondoro stavano una di fronte all’altro e sembravano presi in una comunicazione tutta loro, che passava dagli occhi di ghiaccio del primo direttamente a quelli caldi e scuri della seconda. Non c’era bisogno di parole. 
All’improvviso Edward, che dalle spalle di Sophie stava osservando la breve scena, impugnò la bacchetta a sua volta e la puntò contro Thomas. Era sicuro di non essersi immaginato il “Sof” pronunciato con trasporto dal Serpeverde, e lo sguardo con cui stava rimirando la sua ragazza era per lui inequivocabile e gli stava facendo salire il sangue al cervello a una velocità impressionante.  
Subito, Thomas rialzò a sua volta la bacchetta. 
“Edward, no!” esclamò Sophie, notando il gesto che aveva fatto il Grifondoro e la pronta risposta del Serpeverde. 
“Sophie, spostati” le intimò solo lui, senza guardarla, gli occhi fissi su Thomas, colmi di avversione. 
“No, smettetela” protestò Sophie, girandosi e costringendolo a guardare i suoi occhi imploranti e spaventati. “Sof stanne fuori!” 
Sophie gemette, non c’era nulla che potesse fare, Edward non era lucido; non l’aveva mai visto così colmo di astio per nessuno, e sembrava non essere più in sé. Il Grifondoro alzò la bacchetta un po’ di più, e alle sue spalle Sophie percepì il Serpeverde far e lo stesso. Le maledizioni sarebbero state scagliate da un momento all’altro... disperata, la ragazza si voltò verso Thomas e fece un passo verso di lui. 
“Thomas, ti scongiuro...” lo pregò, con enfasi. 
Edward pensò che non c’erano possibilità che il Serpeverde desse retta a Sophie e si facesse da parte solo perché glielo aveva chiesto lei: nemmeno lui l’aveva ascoltata allora che era la sua ragazza, la tensione era troppo alta per potersi tirare indietro.  
Invece, Thomas Blake abbassò definitivamente la bacchetta, gli occhi persi in quelli colmi di lacrime di Sophie.  
Il sangue di Edward pulsò un’ultima volta con brutalità contro le sue tempie.  
Il grido gli uscì dalle belle labbra carnose prima che potesse trattenerlo, un grido quasi primitivo, e un lampo di luce rossa passò accanto a Sophie e colpì in pieno Thomas, lanciandolo all’indietro con una forza inaudita. Il ragazzo volò in aria e atterrò con un tonfo sordo per terra, battendo con violenza la testa contro lo spigolo di una delle panche di pietra allineate ai bordi del chiostro.  
Thomas rimase immobile, in una posizione innaturale, privo di sensi, una chiazza di sangue sulla fronte. 
“Cazzo” esclamò Edward. 
Aveva esagerato, non era da lui lasciarsi trasportare così dall’ira e non aveva certo voluto che finisse così. Fece per correre in soccorso dell’avversario steso a terra, preoccupato, ma fu bloccato da un grido isterico. 
“MA CHE CAVOLO HAI FATTO EDWARD?” 
Sophie si parò davanti a lui, gli occhi sgranati quasi fuori dalle orbite, lo sguardo incredulo e accusatore, e lo spintonò con forza, prendendolo alla sprovvista. 
“Si può sapere che ti è preso?” gli urlò contro, impazzita.  
“Ho esagerato, non volevo e mi dispiace” tentò di dirle Edward, spiazzato dalla disistima che si leggeva senza ombra di dubbi volto della ragazza, “ma tu non c’eri Sophie, non sai tutto quello che è successo, nessuno può dire certe cose della mia ragazza...” 
“Sarebbe questa la tua giustificazione? Non me ne frega niente di quello che può averti detto, guarda cosa gli hai fatto!” sbraitò ancora Sophie, fuori controllo.  
“Sof, ascoltami un attimo...” Edward cercò di farla ragionare, ma cominciando a sentirsi irritato. 
Perché doveva dargli contro in quel modo a prescindere, senza cercare neanche di comprenderlo? 
“No, non hai scuse Edward!” sibilò Sophie, infuriata. 
Edward rimase a fissarla ancora un istante, agitato da un turbinio di emozioni contrastanti: prima l’adrenalina dello scontro ancora addosso, la rabbia contro Blake e il pentimento per quello che ne era conseguito, ora anche la contrarietà esagerata e ingiustificata di Sophie. 
Fu troppo. 
“Sai cosa? Vaffanculo” sbottò, risentito, e senza più degnare la ragazza di uno sguardo le volt  le spalle e se ne and  infuriato.  
Sophie rimase a bocca aperta, senza più sapere cosa fare o dire. Poi, la preoccupazione che stava montando in lei vinse il dispiacere per le parole appena udite; la ragazza corse verso il punto in cui Thomas giaceva svenuto. La situazione da vicino sembrava un po’ meno grave, il ragazzo respirava normalmente, ma sulla fronte si vedeva chiaramente un taglio profondo da cui continuava uscire copiosamente del sangue. Non appena si accorse del compagno a terra, il Serpeverde Paul Rew lasciò perdere lo scontro per correre in suo soccorso. 
Sophie si limitò a restare accasciata accanto a Thomas, sentendosi più disperata e vuota che mai. 
Intanto, Abby e Summer stavano ancora cercando di separare Jake e James, invano.  
“Abby, fai qualcosa!” gridò Summer disperata, tentando inutilmente di afferrare un braccio di Jake per impedirgli di colpire l’avversario. 
“Tu fai qualcosa” le urlò in rimando l’amica, che decisamente non era messa meglio. 
I due erano infatti così aggrovigliati l’uno all’altro che era impossibile allontanarli; inoltre sembravano così presi dalla loro collera da non essersi nemmeno accorti dei tentativi delle ragazze: parevano non poter più sentire ragione.  
Abby e Summer si lanciarono uno sguardo d'intesa e tirarono fuori le bacchette nello stesso momento, puntandole all’unisono contro le due figure a terra che furono separate con violenza dalla magia. Jake e James vennero sbalzati lontani l’uno dall’altro e rimasero un attimo inermi, storditi dall’incantesimo che li aveva appena colpiti; tempo un secondo, però, e provarono nuovamente a rialzarsi, cercandosi con odio e preparandosi a colpire ancora, sebbene al limite delle loro forze. Summer e Abby furono più veloci: approfittando di quella separazione momentanea, si gettarono tra i due, finendo a terra in ginocchio la prima di fronte a Jake, la seconda davanti a James.  
Summer puntò la bacchetta contro Jake, per impedirgli di ripartire alla carica. “Allen, non costringermi a pietrificarti” gli intimò, con voce tremante. 
“Ehi Evans, sei tu” riuscì a dire Jake, quando finalmente mise a fuoco la ragazza dopo aver dovuto sbattere più volte le palpebre gonfie. Si lasciò cadere a terra, ansimando, e provò a farle un mezzo sorriso, che si trasformò piuttosto in una smorfia. Aveva il volto tumefatto in più punti e i primi lividi stavano cominciando ad apparire qua e là. 
“Sei impazzito o cosa? Mi hai fatta spaventare a morte!” Summer si accasciò accanto a lui, ancora tremante.  
“Mi dispiace... mi sa che ho combinato un casino Sum” ammise alla fine il Serpeverde, senza più forze. 
Poco lontano, Abby sembrava avere più difficoltà a gestire James. Il ragazzo non era lucido, aveva lo sguardo annebbiato e continuava a cercare di liberarsi dalla presa della Grifondoro per tornare all’attacco. Con uno sforzo sovrumano, la ragazza riuscì infine a prendere il volto di James tra le mani; tenendolo con forza, Abby lo obbligò a guardarla negli occhi. 
“James calmati, guardami, sono io, sono io, va tutto bene ora ma devi calmarti” continuò a ripetere con enfasi, finché il ragazzo non sembrò riprendere contatto con la realtà. 
“Abby...” gracchiò quindi, e solo la visione della ragazza parve riuscire là dove nient’altro era bastato; con un sospiro doloroso, smise di agitarsi e si calmò. 
Abby poté così constatare lo stato del Grifondoro: la camicia che aveva addosso era lacerata e macchiata di sangue in più punti, e diversi graffi attraversavano il suo bel viso sul quale spiccava il labbro spaccato. 
“Non fossi messo così male, ti tirerei uno schiaffo, non potevi fermarti prima di ridurti così?” lo rimproverò Abby, ancora scossa. 
“Dimmi solo che Allen è ridotto peggio...” 
“James sono seria!” 
“Anche io Nanerottola, anche io” tentò di scherzare James, per alleggerire la tensione, ma gli sfuggì un gemito e la voce era meno forte del solito. 
Abby scosse la testa e sfiorò con una mano il viso del ragazzo. “Come ti ha ridotto il volto...” “L’importante è che mi trovi ancora bello.” 
“James Walker!” 
Finita lo scontro tra i due capitani, la situazione sembrò sgonfiarsi improvvisamente un po’ ovunque. Le bacchette vennero prontamente ritirate da parte dei membri di entrambe le squadre, e i curiosi cominciarono ad allontanarsi in fretta, per paura che alla fine tutto il rumore avesse richiamato qualche professore che sarebbe potuto arrivare da un momento all’altro.  
Nessuno dei contendenti sembrava esserne uscito indenne: James e Jake erano di gran lunga quelli messi peggio, ma tutti i loro compagni riportavano varie ferite minori dovute a diversi sortilegi che erano rimbalzati ovunque.  
Summer aiutò Jake a rialzarsi e passò un braccio del ragazzo attorno alle sue spalle per sorreggerlo. Dopo aver scambiato uno sguardo fugace con Abby, che annuì di sfuggita, si allontanò con lui, seguita da un altro paio di Serpeverde.  
Anche James stava riprendendo le forze in fretta, ma si appoggiò comunque ad Abby, barcollante. Di Edward invece, nessuna traccia.  
Abby si diresse con apprensione verso il punto dove Sophie era ancora accovacciata per terra e guardava afflitta, come sotto shock, Paul Rew e Noah Clark, i due migliori amici di Thomas, che stavano sollevando con attenzione il Serpeverde privo di sensi. Il ragazzo perdeva copiosamente sangue dal profondo taglio sulla fronte, il viso sempre più cereo, e Abby si portò una mano alla bocca preoccupata.  
“Deve essere portato subito in infermeria! Posso fidarmi di voi vero? Posso affidarvelo?” chiese la ragazza ai due Serpeverde, ogni traccia di ostilità dimenticata.  
Questi la rassicurarono, e sparirono a loro volta portandosi dietro Thomas. 
“Edward?” chiese quindi Abby a Sophie, confusa. Ma l’amica non sembrava capace di risponderle; si limitò a scuotere la testa, persa, gli occhi colmi di lacrime. 
Frank, finalmente sceso dalla sua postazione di osservazione, comparve al loro fianco e si occupò con dolcezza di Sophie, aiutandola ad alzarsi e guidandola verso l’uscita del cortile, dove Abby, trascinandosi dietro James, li stava già aspettando.  
Il chiostro si ritrovò improvvisamente deserto, ma le lingue di fuoco delle fiamme sempiterne sembravano continuare a proiettare, danzanti e incorporee come fantasmi, le violente immagini a cui avevano appena assistito sulle fredde mura di pietra, tra le quali riecheggiava ancora, lugubre, l’ultimo eco della rissa. 

     

II  

Il clima di tensione non sembrava essere scomparso nonostante fossero passati parecchi minuti da quella rissa inaspettata.  
Erano tutti in silenzio, ancora sconvolti da cosa fosse appena successo. Ognuno di loro era turbato per motivi diversi, Sophie non riusciva ad accettare tutta quella rabbia che aveva visto negli occhi di Edward e al tempo stesso si stava maledicendo per il modo in cui l'aveva trattato, in più continuava a pensare a Thomas e a come si fosse immediatamente calmato dopo le sue parole.  
Abby invece guardava preoccupata James e non riusciva a togliersi dalla testa il modo in cui lui e Allen si fossero colpiti più volte senza intenzione di smettere. Non era solo preoccupata per il ragazzo, lo era anche per Thomas; vederlo a terra inerme le aveva chiuso di colpo lo stomaco e sperava con tutta se stessa che non gli fosse successo niente di grave.  
James era rimasto immobile per alcuni minuti, qualsiasi mossa facesse gli provocava degli spasmi insopportabili; nonostante ciò proprio non riusciva a smettere di pensare alle disgustose battute che i Serpeverde gli avevano rivolto. Non era pentito di niente, avrebbe rifatto tutto da capo anche sapendo come sarebbe andata a finire.  
Ed infine Frank era quello più tranquillo, era rimasto certamente scioccato anche lui da quell'evento improvviso visto il suo odio per l'uso della violenza ad Hogwarts da bravo Tassorosso ma una succulenta rissa come quella sarebbe stata la notizia più clamorosa del mese. Aveva ancora il suo taccuino giallo in mano dove aveva preso frettolosamente nota di tutte le battute e le azioni dei presenti e lo stava sfogliando con gli occhi che gli luccicavano.  
Quest'ultimo ed Abby guardavano Sophie in ginocchio affianco a James che era invece seduto su una sedia di legno al fondo della stanza dove una flebile luce illuminava di poco i volti dei ragazzi.  Frank e le due amiche Grifondoro avevano trascinato il ragazzo dolorante in un'aula vuota del primo piano cosicché Sophie potesse curare come poteva le ferite del ragazzo. 
La Grifondoro essendo infatti parecchio brava in incantesimi aveva imparato per passione alcuni incantesimi curativi che in quel momento sembravano essere l'unica soluzione. Così si erano affidati a lei per aiutare Walker che aveva ancora il respiro affannoso. Il viso era pallido e gonfio dalle botte ricevute; uno squarcio era ben evidente sul labbro inferiore che stava sanguinano senza sosta e numerosi lividi erano apparsi in ogni punto del viso.  
La camicia che poco prima era bianca e stirata ora aveva numerosi strappi, macchie di polvere e sangue; il polsino della manica sinistra era intinto di rosso da quando il Grifondoro aveva cercato di ripulirsi la bocca dopo la gomitata subita.  
James chiudeva gli occhi ogni qual volta Sophie sfiorasse i punti dove era stato colpito; si teneva stretto il braccio destro dove la divisa aveva un grosso squarcio.   
Aveva i capelli scompigliati e ad ogni mossa, per sopportare fitte improvvise allo stomaco, stringeva i pugni: le nocche delle mani erano contornate di rosso, quasi fossero bruciate. 
Nonostante i numerosi punti doloranti James non ne aveva voluto sapere di andare in infermeria e forse era stata la scelta migliore visto che si sarebbe riempita in fretta di numerosi Serpeverde in cerca di sollievo. 
"Merda fa male!" urlò James a denti stretti mentre Sophie pronunciava a bassa voce incantesimi curativi puntando la bacchetta su zone precise. Faceva movimenti lenti e sussurrava brevi parole. 
"Scusa ma sembra servire..." disse la ragazza notando un miglioramento nel viso di James che poco prima era pieno di macchie rosse e un rivolo di sangue gli scendeva dalla bocca. La ferita sul labbro sembrava stesse smettendo di sanguinare ma sarebbe stata ancora visibile per i giorni successivi.
"Vuoi toglierti la camicia per caso?" chiese Sophie dopo aver visto il ragazzo che teneva una mano sullo stomaco. Aveva usato come scusa la mossa involontaria del Grifondoro per fargli quella proposta ambigua che le stava girando in testa da quando aveva iniziato ad aiutarlo.  
James aggrottò la fronte per la strana domanda ma fu Abby ad intervenire prontamente: "Non credo sia necessario, mi sembra funzioni tutto anche se non la toglie". 
Era gelosa e stupita allo stesso tempo dalla domanda dell'amica. James in quel momento era particolarmente affascinante ed era assurdo come quelle ferite sembrassero evidenziare ancora di più la sua bellezza ma certo non si aspettava che Sophie gli chiedesse all'improvviso di spogliarsi. La guardò con sguardo truce, non bastavano le ragazzine urlanti in giro per la scuola, ci si metteva anche la sua migliore amica ora? Fino a due minuti prima sembrava non riuscire neanche ad aprire bocca dallo sgomento e ora l'unica cosa che desiderava era vedere senza camicia Walker?  
"Se lo dite voi…" Sophie alzò le spalle continuando a muovere la bacchetta questa volta in direzione del braccio. Continuava a pensare che i suoi incantesimi fossero più efficaci senza l'indumento e non capiva cosa avesse detto di così strano.  
"Perché Edward non è qui?" chiese James non curandosi della domanda della ragazza. Da quando si era ritrovato a terra con Allen addosso non aveva seguito alla perfezione cosa stesse succedendo attorno a lui. Ricordava solo alcune frasi perché troppo impegnato a farla pagare al più popolare Serpeverde.  
"Me lo chiedo anche io, il suo migliore amico è in queste condizioni e lui non si presenta nemmeno?" domandò interdetta Abby che camminava avanti e indietro al bordo dell'aula. 
Il ragazzo non avrebbe mai lasciato James senza una ragione, non era da lui non aiutare in momenti come quelli. Edward sicuramente sapeva che l'amico non fosse da solo e che le ragazze l'avrebbero aiutato ma doveva essere davvero furioso per dileguarsi in quel modo.  
"Sono messo così male?" chiese James preoccupato dalle parole dell'amica. Aveva aperto di scatto gli occhi puntandoli sulla Grifondoro.  
"No, ora stai decisamente meglio" disse orgogliosa Sophie mentre cercava di continuare con quel discorso per non parlare di quanto successo con Edward. 
"Sembra ti sia passato un treno addosso…" intervenne Abby con sguardo atterrito, non riusciva a vederlo in quello stato.  
"Gli è passato un treno addosso… E il treno si chiama Jake Allen" aggiunse Frank senza distogliere lo sguardo dal ragazzo seduto.  
"Frank…"  
"Che ho detto? Comunque io ho visto Edward andare via subito dopo aver parlato con Sophie e sembrava parecchio alterato" si difese Frank che aveva ancora impresso nella mente tutte le scene alla perfezione. Ricordava anche tutte le battute di ognuno ma non gli sembrava il caso di tirarle fuori in quel momento.  
"Erano tutti alterati ma non capisco perché andarsene in quel modo, c'erano ancora James e Allen che se le davano di santa ragione e Thomas era a terra per causa sua" chiese Abby dubbiosa. 
"Sarà andato via per calmarsi, magari si è spaventato lui stesso della reazione che ha avuto con Blake" James provò a difendere l'amico ma il bruciore al labbro gli costrinse a fermarsi per un istante.  
"Sembra sempre tranquillo ma anche lui quando si incazza non è un angioletto… "  
"Sophie tu sai qualcosa? Poi non capisco come gli sia venuto in mente di schiantare così Thomas! Poteva ucciderlo!" esclamò ancora Abby notando il suo silenzio.  
Sophie respirò affannosamente prima di iniziare a parlare.  
"James ha ragione, è il suo modo di calmarsi. Però è colpa mia se è andato via così… me la sono presa con lui dopo che ha schiantato senza esitare Thomas. Non l'avevo mai visto così arrabbiato e mi sono spaventata!" ammise Sophie cercando di non far vedere come il suo sguardo fosse cambiato. Era colpa sua se Edward se ne era andato in quel modo e si sentiva tremendamente in colpa. 
"Richardson è pur sempre uno dei più popolari della scuola, non è mica un santo! Che ti aspettavi?" commentò Frank poco lontano, ricordando numerosi gossip su di lui degli anni precedenti. 
"E Summer?" domandò la Grifondoro per cambiare discorso, aveva un groppo in gola e non sarebbe riuscita a parlare a lungo di quanto successo. 
"Penso abbia accompagnato Jake in infermeria. L'ultima volta che l'ho vista stava cercando di trascinarlo via di peso e stavano andando in quella direzione" rispose prontamente Frank ricordando ancora la smorfia schifata di Abby che aveva visto la scena. 
"Io non la capisco pure lei! Da quando difende i Serpeverde?" chiese Abby adirata: non riusciva ancora ad accettare che la Tassorosso si fosse schierata dalla parte opposta e ne era estremamente innervosita. 
"Cosa ti aspettavi? Che difendesse noi Abby?" intervenne James mentre cercava di trovare una posizione migliore su quella sedia così scomoda, sapeva quanto la ragazza non sopportasse lui ed Edward e si stupì a vedere che Abby ne fosse sorpresa. 
"Lo so ma non riesco ad abituarmi a vederla in giro con un Serpeverde. Fosse almeno un Serpeverde qualunque... invece no il peggio del peggio. Proprio Jake Allen doveva scegliere… Io non voglio crederci" sbuffò ancora Abby che non avrebbe accettato facilmente di vedere Summer in compagnia di quel Serpeverde che detestava da anni. Il ragazzo era tra le persone che odiava di più in quella scuola. Era insopportabile per lei già solo passarci del tempo durante le lezioni per cercatori e tentava di evitarlo in ogni modo.  
"Secondo me non lo ammette ma le piace e in tal caso la scuserei" commentò Sophie tirando fuori da una piccola scatola bianca una lunga benda. I tre ragazzi guardarono stupiti l'oggetto ma non dissero nulla, da dove diavolo l'aveva tirato fuori? Era assurdo come riuscisse ad avere sempre il necessario a portata di mano.  
"Scusarla? Se le piace è ancora peggio! Vi rendete conto di che razza di stronzo sia quel ragazzo?"  
"Beh Abby se ti piacesse un Serpeverde non avresti fatto lo stesso?" chiese Frank curioso. 
Sophie si girò di scatto verso Abby aspettando la sua risposta, le parole del Tassorosso gli avevano fatto venire in mente ancora una volta l'accaduto di poco prima. Thomas che abbassava la bacchetta dopo aver sentito la sua voce e lei che accusava Edward difendendo così il Serpeverde. 
"No! E poi non capiterà mai. I Serpeverde sono disgustosi e stasera ne hanno dato la prova!"  Abby alzò la voce più del dovuto e si sedette nervosa su un banco impolverato. 
"Mai dire mai. Poi bisogna ammettere che anche Jake sia un figo, se solo non fosse così stronzo..." aggiunse Frank sedendosi accanto ad Abby che aveva le braccia incrociate. 
"Possiamo parlare di altro per favore? Visto che è colpa di Allen se sono qua" si intromise James alzando gli occhi al cielo.  
"Scusaci"  
I tre amici stettero per un attimo in silenzio assorti mentre James guardava un punto fisso davanti a sé, non era la prima volta che erano spettatori di risse come quella ma era la prima volta che tutti i loro amici ne prendevano parte e per questo era stata ai loro occhi una delle peggiori risse dal loro arrivo ad Hogwarts. 
Abby si alzò dal banco dove era seduta per avvicinarsi a James, si chinò verso di lui e lo osservò con attenzione per accertarsi che stesse bene.
"Come stai?" gli chiese per poi sedersi affianco mentre lo guardava con apprensione. 
"Sono stato meglio ma bene grazie" disse a bassa voce James sorridendo alla ragazza. Il taglio sul labbro lo faceva sembrare ancora più bello e ad Abby mancò un battito vedendo il modo in cui le stava sorridendo. Come poteva un ragazzo essere così affascinante anche con quell'aspetto? La Grifondoro cercò di ricomporsi.  
"Ci racconti cos'è successo James?" domandò abbassando imbarazzata lo sguardo.  
Era da troppo tempo che voleva sapere come fossero andate le cose ma voleva aspettare che James si sentisse meglio. Non voleva sottoporlo ad un intenso interrogatorio mentre era ancora parecchio sofferente. Aveva notato come all'inizio facesse fatica a parlare per colpa delle ferite e non voleva che si sforzasse troppo.  
"Come potete immaginare è partito tutto dalle battutine di merda di Allen. Non dovrebbe neanche avere il diritto di parola quel pezzo di merda" iniziò James, facendo una smorfia di dolore per aver mosso troppo la bocca. Si fermò due secondi tirandosi dritto sulla sedia. 
"Comunque all'inizio era tutto come al solito, loro ci sfottevano e noi non eravamo da meno... Il tutto però è degenerato quando quel coglione di Andy ha tirato in ballo Abby. Vi giuro appena ha aperto bocca avrei voluto spaccarlo di botte!"  
"Ha parlato di me?" si intromise Abby schifata dal pensiero che quel viscido potesse aver detto qualcosa su di lei, rimase però colpita dal fatto che James l'avesse difesa. Gli occhi del ragazzo si erano scuriti mentre parlava dell'accaduto ed Abby se ne accorse.  
"Si quel lurido stronzo! Spero che gli sia entrato in testa che non deve mai più fare battute su di te..." sbottò James ad alta voce: solo ripensare alle parole del Serpeverde gli stava dando alla testa e gli avrebbe volentieri tirato un pugno anche in quelle condizioni se solo ce l'avesse avuto davanti. 
"James calmati e stai fermo, altrimenti non ti passa" lo riprese tranquillamente Sophie mentre faceva un altro incantesimo. 
"Grazie per avermi difeso..." Abby era in imbarazzo e guardava il Grifondoro incredula; quel gesto di galanteria l'aveva lasciata senza parole.
"Ma come sei finito a menarti così con Jake?" chiese Frank corrugando la fronte, non aveva ancora ben chiaro cosa c'entrasse Allen in tutta quella storia. Il Tassorosso aveva preso in mano il taccuino e stava appuntando con precisione le parole di James.  
"Sapete com'è fatto, deve sempre mettersi in mezzo e sparare cazzate! È insopportabile quel coglione! Pure lui si stava divertendo a punzecchiarmi, sa quanto mi dia fastidio quando parlano di te Abby e ha iniziato a fare battute peggiori di quelle di Rocket. Così ho colto l'occasione per fare quello che da mesi volevo fare, cioè prenderlo a pugni!" 
Frank trattenne una risata dopo l'ultima frase mentre Abby gli sorrise. Più volte avrebbe voluto menarlo lei stessa, quel ragazzo riusciva a tirare fuori il peggio delle persone non appena apriva bocca. Si distrasse dal racconto del ragazzo presa dai suoi pensieri: James aveva seriamente fatto a botte con Jake Allen perché aveva detto qualcosa su di lei? Non sapeva se esserne fiera o sentirsi colpevole. Involontariamente le guance le si colorarono di rosso e dovette guardare altrove imbarazzata.  
"E Thomas ed Edward? Che gli è preso?" chiese curiosa Sophie cercando di rimanere più calma possibile. Voleva sapere cosa avesse portato i due ragazzi a picchiarsi, loro due non erano tipi da risse e botte. Raramente li aveva visti in situazioni come quelle ed anche per quello ne era incuriosita.  
"Devo ammettere fossi distratto dal farla pagare ad Allen e non ho ben chiaro tutto. Ho sentito però che parlassero di te Forbes, ma nient'altro, credo che..."  
"Puoi andare più piano?" la voce di Frank lo interruppe. Il ragazzo era chinato mentre cercava di scrivere ogni singola parola pronunciata. Aveva riempito quattro pagine intere tra scarabocchi e frasi scritte malamente per la fretta.  
Gli altri ragazzi si voltarono verso il Tassorosso stupiti. Non volevano credere che il ragazzo stesse prendendo appunti ma non ne furono particolarmente sorpresi: aveva sempre un piccolo quadernino che utilizzava nel momento del bisogno.  
"Hai seriamente segnato tutto?" chiese Sophie strabuzzando gli occhi.  
"Ditemi che è uno scherzo" intervenne James. 
"Non ci voglio credere" Abby trattenne una risata ma era troppo curiosa per soffermarsi sullo strano atteggiamento dell'amico. "Stavi dicendo?"  
"Credo che Thomas abbia usato il punto debole di Edward per istigarlo… Sanno dove colpire" continuò. 
Sophie si immobilizzò, ora le era tutto più chiaro. Edward aveva reagito malamente perché Thomas l'aveva fomentato parlando di lei.  
James guardò la Grifondoro mentre gli sistemava una benda sulla mano arrossata. 
"E poi niente siete arrivate voi, sapete sicuramente meglio di me cosa sia successo dopo."
"Ci spieghi bene cosa sia preso ad Edward? Avrai sentito qualcosa… Non mi capacito ancora di quello che ha combinato…" chiese Abby guardando poi l'amica.  
"Appena sono arrivata mi sono messa in mezzo tra lui e Thomas. Mentre sono riuscita a calmare Blake, Edward non mi ha minimamente ascoltata e l'ha schiantato proprio mentre l'altro aveva abbassato la bacchetta! Io me la sono presa con lui e si è incazzato, per questo è scappato così ma non so cosa sia successo prima" ammise Sophie addolorata. 
Ancora non riusciva a credere a cosa fosse successo.
"Mi sento davvero in colpa ma non l'avevo mai visto così... poi poteva far davvero del male a Thomas" disse Sophie cercando di giustificarsi. 
"Blake se l'è cercata… continuava a dire che Sophie avrebbe preferito lui a Edward. Allen ha usato la stessa tattica del cazzo" intervenne James chiudendo gli occhi per la stanchezza.  
"Vedo che l'allievo supera il maestro… Edward che è sempre calmo finisce per quasi ammazzare Thomas e questo lo istiga a tal punto da farlo reagire in quel modo! Complimenti! Mi sentono entrambi dopo…" commentò Abby di nuovo adirata.  
Non voleva credere che i suoi amici avessero perso il senno. Era infuriata con il Grifondoro per aver fatto del male a Thomas ma ora che sapeva il motivo era anche stizzita per l'atteggiamento del Serpeverde.  
"Pensate che la ex ragazza di Wuan andava a letto con Delphini e lui l'ha scoperto solo oggi. Glielo ha urlato in faccia il Grifondoro mentre l'altro gli scagliava una maledizione!"  
“Frank, non ci interess…" Sophie non fece in tempo a finire la frase che il Tassorosso aveva iniziato ad esultare.  
"E sentite questa! Oddio! Lo sapevate che McCall fosse il migliore amico di Morris prima che lui credesse si fosse fatto la sorella? Gliel'ho sentito dire mentre gli sferrava un pugno in faccia… No, forse gli stava dando un calcio" disse, per poi andare a controllare tra le pagine di appunti. 
"E forse non ve ne siete accorti ma Collins ha tirato una gomitata a Tyler senza un apparente motivo preso dal momento…"  
"No, non ce ne siamo accorti. Mi sembra avessimo altro a cui pensare Frank" sentenziò Abby scocciata dal fatto che l'amico si preoccupasse solo di racimolare novità da condividere.  
"Rogers, sei inquietante… Sembri un inviato speciale di Silente. Ti paga per spiarci?" domandò James con una smorfia di sdegno.  
"Magari, invece neanche un soldo vedo. Con tutto il tempo che spreco a cercare notizie attendibili da spargere in giro. Dovrei chiedere delle offerte come in chiesa…" 
"Frank non ho parole" rise Abby, ma non appena si accorse che Sophie non aveva nemmeno riso al pensiero stupido del Tassorosso cercò di consolarla. Sapeva quanto la facesse stare male aver litigato con Edward.  
"Vai a parlargli dopo, vedrai che ti perdona subito. È un sottone quando si tratta di te" disse tirando una pacca sulla spalla dell'amica. Abby aveva notato lo sguardo sofferente che Sophie aveva da quando erano entrati in quella stanza.  
La Grifondoro le sorrise, sperava che l'amica avesse ragione. 
"Riuscirete a giocare domani? Non so quanto sia fattibile se siete tutti ridotti male" chiese Sophie pensando ad altro.  
"Scherzi? Giocheremo eccome! A costo di essere gli unici in squadra" rispose piccato James mettendosi meglio seduto sulla sedia.  
"Penso che anche i Serpeverde non si lasceranno impressionare da due lividi… anche fosse solo per non darvela vinta" commentò Frank che sapeva che gli avversari non avrebbero desistito facilmente.
"Vedrete che domani vinceremo e faremo vedere a quegli stronzi chi comanda in questa scuola." James sembrava aver ripreso colorito e il pensiero della partita del giorno successivo sembrava avergli ridato la forza.  
"Ovvio che vinceremo, avevate qualche dubbio?" si intromise Abby sorridendo a James. Era contenta di vederlo stare meglio, non lo dava a vedere ma l'aveva colpita vederlo in quelle condizioni.  
Sophie intanto aveva finito con i suoi incantesimi ed era orgogliosa di essere riuscita ad alleviare in parte il dolore del Grifondoro che l'aveva ringraziata più volte. Sistemò ancora un'altra benda e annunciò di aver terminato il suo lavoro.  
James provò ad alzarsi in piedi e si sentì subito meglio di quando era arrivato, prima faceva fatica addirittura a camminare e leggere fitte sembravano colpirlo in tutto il corpo ma ora riusciva a stare dritto senza fare troppa fatica. I presenti lo guardarono contenti e si congratularono con la Grifondoro.  
Abby si alzò da terra per poi sistemarsi la gonna della divisa. Si avvicinò a James e gli prese il braccio per metterselo dietro il collo. Le sue condizioni erano migliorate ma aveva ancora bisogno di un appoggio per muoversi con disinvoltura.  
"Finalmente ti avvicini tu a me nanerottola" sussurrò James ad Abby che lo guardò in modo truce ma il ragazzo sembrò non scomporsi. 
"Se serve farmi prendere a botte per averti avvinghiata così lo faccio volentieri più spesso" continuò, sorridendo in direzione della Grifondoro che alzò gli occhi al cielo ma abbozzò un sorriso.  
"Walker ancora una parola e mi sposto" lo minacciò lei ma non poté resistere dal pensare a quanto fosse bello anche così, con un labbro tagliato e gli occhi gonfi dai colpi ricevuti.  
"Sto zitto sto zitto… " disse James mentre uscivano dall'aula. 
Sophie li guardò divertita ma la sua testa era altrove. Doveva parlare assolutamente ad Edward e cercare di risolvere quella situazione. Non sopportava pensare di averlo ferito nonostante fosse ancora scossa dal gesto inaspettato che aveva fatto nei confronti del Serpeverde.  
Sophie non pensava solo a lui, Thomas era diventato infatti un chiodo fisso nei suoi pensieri da quando si erano allontanati dal grosso cortile. Voleva accertarsi che stesse bene, non aveva fatto impressione solo ad Abby vederlo così indifeso a terra. Scosse la testa per rimuovere l'immagine di lui accasciato al suolo.  
Doveva prima risolvere la questione con il suo fidanzato, era lui in quel momento la sua priorità e non poteva pensare ad altro.  
"Io non so cosa sia preso a tutti oggi..." commentò Frank distratto a ripensare all'accaduto.  
"Sempre detto che sono tutti un po' pazzi in questa scuola" sentenziò Abby continuando a trascinarsi dietro il Grifondoro che probabilmente stava facendo più scena del necessario per stare abbracciato alla ragazza. 
Sophie rise a stento e capì che non sarebbe stata di buona compagnia se prima non avesse chiarito con il suo ragazzo.  
"Io vado a cercare Edward, ci vediamo dopo!" disse per allontanarsi in fretta dai tre ragazzi. 

***

Passò più di mezz'ora a cercare il Grifondoro nei punti dove era solito andare ma di lui nessuna traccia. Si spostò dalla sala comune alla biblioteca, andò anche in direzione del campo ma niente. Chiese ai pochi Grifondoro in giro se l'avessero visto ma nessuno sembrava sapere qualcosa.  
Ancora con il fiatone e il cuore in gola per l'intensa ricerca capì che era meglio lasciar perdere. Era chiaro che Edward per il momento non volesse farsi trovare e forse era meglio permettere che si calmasse. Sperava solo che il giorno successivo le avrebbe dato la possibilità di spiegarsi.  
Ancora con mille pensieri decise di andare a trovare Thomas in infermeria, voleva sapere come stesse e in che condizioni si trovasse.  
Si guardò attorno per tutto il tragitto, non voleva che qualcuno la vedesse e sperava davvero ci fosse solo Thomas in quel posto. Non voleva assolutamente destare sospetti, ora che era la ragazza di Edward Richardson sembrava che tutti la spiassero e trovassero scuse per darle contro. Ormai si sentiva gli occhi puntati addosso anche dove non c'era nessuno.  
Non appena fu davanti all'entrata dell'infermeria si guardò ancora una volta le spalle per accertarsi di essere sola e fece un grosso respiro. 
Spinse con decisione la porta e scrutando ogni singolo letto si accorse che erano tutti vuoti tranne uno. Era tutto così buio e tetro che rabbrividì, una leggera luce proveniva dall'unico lampadario al centro della stanza e la temperatura sembrava essere scesa di colpo. Ora capiva perché Abby temesse così tanto quel posto, senza la luce del giorno risultava ancora più inquietante.  
Si avvicinò verso l'unica brandina occupata e riconobbe immediatamente Thomas. Il ragazzo aveva gli occhi chiusi, una fascia bianca era ben posizionata sulla testa e la guancia sinistra era più rossa dell'altra.  
Sophie camminava senza fare troppo rumore, non voleva svegliarlo.  
Stette in piedi a guardarlo per un attimo e quasi si spaventò quando lo vide aprire di colpo gli occhi.  
Il Serpeverde non appena si accorse della presenza di Sophie, cercò di mettersi seduto sul letto facendo smorfie di dolore per la troppa fatica. Vederla l'aveva fatto sobbalzare ma non disse nulla. Il ragazzo non voleva la compagnia di nessuno, ma in fondo dentro di lui sapeva che Sophie fosse l'unica persona che avrebbe voluto davvero vedere in quel momento.  
"Stai bene?" chiese la Grifondoro impacciata e la sua voce sembrò rimbombare per il troppo silenzio. Non sapeva cosa dire, qualunque cosa le sembrava fuori luogo.  
"Sto bene" rispose Thomas freddamente.  
Era inutile che fosse gentile con lei, la ragazza aveva preso una decisione e aveva deciso di stare con Richardson dopo tutto quello che avevano passato insieme. Non aveva più motivo di trattarla dolcemente, sapeva che non sarebbe cambiato nulla.  
"Grazie per avermi ascoltata prima…" tentò Sophie avvicinandosi di più e posando una mano sul bordo della brandina.  
Sperava in una sua comprensione, le bastava sapere che apprezzasse lo sforzo che le era costato essere lì in quell'istante. 
"Tanto non cambia niente, come mai non sei dal tuo fidanzatino?"  
Thomas continuava a guardarla ma se prima il suo sguardo era rilassato ora era freddo e accusatorio. Non voleva cascarci di nuovo, sapeva che starle vicino le faceva uno strano effetto e questa volta avrebbe dovuto resistere dal farsi intenerire dalle attenzioni della ragazza. Era successo più volte che nonostante si fosse promesso di stare sulle sue dopo aver visto la ragazza finisse per fare l'opposto di quanto programmato. Ma quella volta era deciso, si era accorto che istigare Edward non era servito a nulla; lei e Richardson erano felicemente fidanzati da tempo e una semplice rissa non avrebbe cambiato le cose. 
"Sono preoccupata anche per te Thomas" ammise Sophie imbarazzata. La ragazza voleva fargli capire quanto gli interessasse che stesse bene ma qualunque cosa dicesse veniva stroncato dalle parole gelide del Serpeverde. 
"Non voglio la tua preoccupazione Forbes" disse Thomas, rimarcando il cognome della ragazza. Era solito chiamarla con soprannomi amichevoli e il fatto che avesse usato il suo cognome evidenziava quanto fosse distaccato da lei. 
"Volevo solo assicurarmi che stessi bene." 
"Sto bene. Ora che lo sai puoi ritornare dal principe azzurro senza sentirti in colpa."  
Thomas pregò che la ragazza lo ascoltasse e ne andasse. Non voleva litigare con lei ma era inevitabile. Non capiva cosa ci facesse lì ed il pensiero di tutto quello che era successo poco prima gli continuava a girare in testa.  
"Non sono venuta qua per i sensi di colpa, ero in pensiero per te" mormorò Sophie cercando di essere più convincente possibile. 
"Lo sai anche tu che la tua presenza qua non cambia le cose, immagino tu abbia percorso i corridoi con il terrore di essere vista da qualcuno, come sempre." 
Sophie rimase in silenzio, Thomas aveva ragione: per ogni passo che aveva fatto si era voltata indietro per vedere se qualcuno la stesse seguendo.  
Si stava pentendo di essere andata a trovare il Serpeverde. Cosa pensava di ottenere? Era ovvio che non avrebbe apprezzato la sua presenza e avrebbe reagito in quel modo. 
"Sai… forse era meglio non ti avessi ascoltato prima, avrei dovuto scagliare una maledizione contro Richardson prima che lo facesse lui... Avrei dovuto fare quello che volevo davvero senza farmi influenzare dagli altri come hai sempre fatto tu." 
Le parole di Thomas la colpirono più del dovuto, pensava che lei avesse respinto i suoi sentimenti solo perché influenzata dagli altri? Sophie lo guardò negli occhi, quegli occhi che ora sembrano guardarla con sufficienza all'opposto di come era successo durante la rissa.  
"Mi dispiace davvero per quello che è successo" disse spostando lo sguardo verso le sue scarpe nere. 
"Dispiace anche me ma non mi sembra ti importi molto di quello che provo io ora che stai con il ragazzo perfetto. Quindi se non ti dispiace vorrei stare da solo" aggiunse Thomas prima di corrugare la fronte a causa di una forte fitta alla testa. Vedere l'espressione addolorata di Sophie gli stava spezzando il cuore ma doveva resistere e allontanarla da lui prima che la situazione potesse peggiorare. Nonostante avesse provato a dimenticarla tutte le volte che le stava vicino qualcosa dentro di lui cambiava. Odiava trattarla in quel modo ma era l'unico modo per togliersela davvero dalla testa. 
"Thomas, ti prego…" implorò la Grifondoro facendo un passo verso di lui. 
"Per favore va via e lasciami stare" le intimò lui girandosi nel letto per darle la schiena. Strinse i pugni per il nervoso e chiuse gli occhi sperando di sentire i passi della ragazza che si allontanava. 
Sophie era mortificata per il modo in cui il ragazzo l'aveva trattata, non sapeva nemmeno lei cosa si aspettasse da quell'incontro. Pensava davvero che l'avrebbe accolta gentilmente come se nulla fosse? Si diede della stupida per essersi presentata in infermeria pensando che avrebbe potuto apprezzare il gesto. 
Si diresse verso l'uscita ma prima di aprire la porta si girò a guardare ancora una volta il ragazzo accovacciato sul letto. 
Respirò profondamente nel tentativo di calmarsi il più possibile. Si strinse nella divisa e amareggiata uscì da quel luogo soffocante.  
Era stata così ingenua a non pensare alle conseguenze dell'andare a trovare Thomas. Dopo tutto quello che era successo non poteva aspettarsi che la accogliesse a braccia aperte.  
Stava ancora pensando alle parole del biondo quando vide in lontananza Summer. La Tassorosso non appena si accorse di lei le andò incontro e Sophie cercò di tranquillizzarsi, sorridendole serenamente. 
"Ehi Sof, vi stavo cercando… James è in infermeria?" chiese Summer notando che la ragazza fosse appena uscita da quel posto. Sophie ringraziò fosse buio così che la ragazza non potesse notare il suo sguardo afflitto. 
"No, c'è solo Thomas ora… sono andata ad assicurarmi stesse bene dopo che Edward l'ha schiantato. Mi sembrava il minimo… ma stava dormendo" mentì la Grifondoro. Sapeva quanti dubbi avesse Summer sul Serpeverde ed era meglio non aggiungerne ulteriori.  
"Hai fatto bene…" disse Summer evitando di fare domande scomode. Più volte aveva provato a parlare a Sophie delle sue perplessità sulle attenzioni che le riservava Thomas ma lei non ne voleva sapere. Non appena le faceva notare come la guardasse o le chiedesse qualcosa, Sophie diventava fredda e scontrosa. Per questo Summer cercò di sorvolare il fatto che l'amica fosse andata a trovare da sola Blake anche se era sicura ci fosse qualcosa sotto.  
"Come stanno gli altri?" continuò per cambiare discorso. Dalla fine della rissa non aveva visto nessuno se non Jake o alcuni Serpeverde e sperava stessero tutti bene. 
"Bene, James sta meglio. Ho provato ad aiutarlo con alcuni incantesimi e sembrano aver dato alcuni risultati… mentre Edward non si è più fatto vedere, l'ho cercato ovunque ma niente" raccontò Sophie. Dopo l'ultima frase il suo tono di voce si era modificato e si notava quanto ne fosse sinceramente dispiaciuta. 
"Mi dispiace, avrà bisogno di stare un po' da solo, vedrai che si calmerà e riuscirai a parlarci" disse la Tassorosso appoggiando una mano sulla spalla dell'amica. 
"Lo spero" sussurrò Sophie titubante. Era la prima loro litigata e non sapeva come gestirla. Avrebbe voluto parlargli e chiedergli scusa per come l'avesse trattato e non trovarlo in giro aveva aumentato la sua tristezza. In più le risposte fredde di Thomas l'avevano tirata giù di morale ancora di più. 
"E Jake invece?" domandò Sophie all'amica. Nonostante tutto sapeva che Summer ci tenesse al ragazzo e voleva accertarsi che anche lui non fosse in gravi condizioni. Inoltre non aveva mai avuto quell'astio che aveva invece Abby nei confronti dei Serpeverde e non le creava alcun problema sapere fossero amici. 
"Meglio... ma penso abbia il naso rotto. Non ne voleva sapere di andare in infermeria quindi se lo terrà per un po'" rispose Summer ancora innervosita da quanto il Serpeverde fosse testardo. Aveva provato in tutti i modi a convincerlo a farsi aiutare da Madama Chips ma non aveva funzionato.
"Sarà divertente vederli giocare domani in queste condizioni" commentò Sophie perplessa. Il giorno successivo ci sarebbe stata la tanto attesa partita e quasi tutti i giocatori sarebbero scesi in campo con segni evidenti sul viso.  
"Speriamo che i professori non se ne accorgano ma dubito se sono messi uno peggio dell'altro."
Summer si era completamente dimenticata della partita, tutto quel trambusto l'aveva distratta. Sarebbe stato un caos il giorno successivo tra lividi, segni e desiderio di vendetta.  
"Già, speriamo che non dicano nulla almeno…" aggiunse Sophie speranzosa.  
Le due ragazze dopo essersi scambiate ancora alcune parole si separarono, Sophie voleva controllare ancora una volta che Edward non fosse nella Sala Comune di Grifondoro.  
Così si allontanò dall'amica dopo averla salutata e tornò ad avere un’espressione da cane bastonato.  Quella giornata sembrava non avere fine e tutto stava andando per il verso sbagliato. Dalla litigata con Edward alla discussione con Thomas. Per non parlare di come la tormentasse il ricordo del suo ragazzo che scaraventava a terra Thomas, sapeva che l'avrebbe tenuta sveglia la notte.  
Proprio non riusciva ad essere ottimista come sempre e sentiva un nodo alla gola. Sperava almeno che Summer non sospettasse nulla sulla sua visita in infermeria.  
La Tassorosso dal canto suo era solita farsi troppe domande su tutto e ora non riusciva a non provare ad indovinare il reale motivo per cui Sophie fosse andata a trovare il Serpeverde.  
Nonostante la Grifondoro fosse apparsa tranquilla e non avesse fatto trapelare le sue reali emozioni dopo l'incontro, Summer continuava a pensarci.
Era da tempo che le risposte secche dell'amica non la convincevano; aveva notato come Thomas la guardasse e come facesse di tutto per attirare la sua attenzione. Per non parlare del modo in cui ultimamente trattava Richardson, dalla festa di compleanno alla rissa del giorno stesso. Inoltre la relazione con Megan non l'aveva distratta dai suoi sospetti. 
Ma se prima era convinta che fosse solo Thomas a provare qualcosa per Sophie ora i dubbi le erano aumentati e non escludeva che ci fosse stato qualcosa tra i due. Forse era successo qualcosa prima del loro arrivo ad Hogwarts? Ma perché allora nasconderlo così? Abby non avrebbe facilmente approvato ma non era neanche giusto nel caso fosse successo qualcosa tenere tutti così all'oscuro.  Per questo Summer non era ancora certa delle sue teorie, molte cose non le erano ancora chiare e si sarebbe tenuta tutto per sé. Non avrebbe più tartassato Sophie di domande o supposizioni finché non avesse avuto delle certezze. Se continuava a mostrare all'amica che fosse così sospettosa, quest'ultima avrebbe fatto più attenzione a confidarsi con lei e non voleva che si sentisse sotto il suo costante controllo.  
Inoltre forse era tutto nella sua testa, forse non c'era mai stato nulla tra Sophie e Thomas e si stava facendo abbindolare dalle sue continue convinzioni così come stava facendo per i sogni di Abby.  
Era sempre così diffidente e scettica su tutto che pareva essere l’unica a notare certi avvenimenti.  Così la ragazza camminò tra i corridoi con la testa tra le nuvole, cerca di convincersi a mettere da parte le sue numerose domande, ma come sempre non avrebbe resistito a lungo e avrebbe ricominciato a mettere insieme tutti i pezzi per venire a capo di ogni cosa.  

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Capitolo 16
*** Capitolo 15 - Senza maglia! ***


Capitolo 15 - Senza maglia!


 

“Mi raccomando Frank! Ricordati di non parlare della rissa, se i professori lo vengono a sapere finiscono tutti nei casini!” disse Sophie a Frank, mentre assieme a Summer si stavano dirigendo verso il campo di Quidditch.  
“Non c’è bisogno di dirmelo! So cosa devo dire, faccio la cronaca delle partite da quando ho messo piede in questa scuola” rispose Frank, sistemandosi al collo la sciarpa giallo-nera, senza alcuna intenzione di nascondere il moto d’orgoglio che l’aveva appena pervaso.
“Ti diciamo questo proprio perché ti conosciamo Frank. Purtroppo tendi a parlare un po’ troppo quando commenti le partite” commentò Summer alzando gli occhi al cielo. 
“Ma come ti permetti, ringrazia che ho troppo freddo per tirare fuori la mano dalla tasca e scagliarti una maledizione” esclamò Frank realmente offeso. 
“Già fa davvero freddo stamattina. Non li invidio proprio Abby ed Edward che dovranno volare con questo freddo” intervenne Sophie. 
“Beh per lo meno c’è il sole quin- AHIA! MA GUARDA DOVE VAI BALORDO!” urlò Frank massaggiandosi il braccio, nel punto dove un ragazzo di Serpeverde l’aveva appena urtato senza nemmeno accorgersene, preso com’era dalla sua corsa frettolosa verso lo stadio. 
“Non mi ha neanche sentito! Tutti gli anni la stessa storia, quando c’è questa partita diventano tutti matti” continuò a lamentarsi Frank. E a giudicare dalla folla di ragazzi urlanti ed estasiati che passava accanto a loro aveva ragione. 
Il tanto atteso giorno della partita di quidditch tra Grifondoro e Serpeverde era finalmente arrivato, e tutti si stavano dirigendo eccitati verso il campo. Urla entusiaste si levavano qua e là, e già si riuscivano a sentire i cori dei tifosi in lontananza.  
La tensione era alle stelle. Tifosi Grifondoro ostentavano con orgoglio sciarpe, cappelli e stendardi color giallo-oro, e non si facevano problemi a lanciare sguardi di sfida contro i sostenitori della squadra avversaria. I Serpeverde dal canto loro non facevano nulla per quietare il clima di nervosismo generale: ostentando i colori verde e argento della loro casata urlavano a squarciagola motivetti osceni per sfottere i giocatori della controparte. 
Anche gli studenti delle altre due case, Tassorosso e Corvonero, sembravano alquanto coinvolti in quella frenesia generale, e nel complesso mostravano il loro sostegno alla squadra di Grifondoro, con cui condividevano una profonda antipatia per i Serpeverde. 
“Ho paura di quello che potrà succedere” mormorò Sophie realmente spaventata. Dopo quello che era accaduto il pomeriggio prima si era convinta che mettere quei quattordici elementi in campo non era affatto una buona idea. Temeva che una semplice parola o frase sarebbe bastata per far scoppiare di nuovo la scintilla. 
“Hanno già dato ieri, dubito che faranno di nuovo a botte, per di più davanti ai professori” osservò Frank sereno. 
“Io non ne sono così certa” continuò Sophie con voce tremante. Erano quasi arrivati al campo, e la paura di poter di nuovo assistere allo spettacolo del giorno prima le aveva fatto diventare le gambe molli. Vedere Edward e Thomas comportarsi così, e soprattutto vedere il suo ragazzo scagliare una maledizione contro Thomas, non le era piaciuto affatto. Aveva paura potesse ricapitare, e non avrebbe tollerato un’altra scena del genere. Come se non bastasse poi, quel breve litigio con Edward non era stato ancora sanato. Edward l’aveva evitata per tutta la sera, e quella mattina era andato via subito con la sua squadra senza rivolgerle la parola. Sophie era consapevole di aver reagito esageratamente male nei suoi confronti, era la sua ragazza e lui era stato provocato. Ma vedere Thomas in quelle condizioni le aveva fatto perder la ragione e l’aveva spinta a comportarsi in quel modo.  
“Hai chiarito con Edward?” le domandò Summer come se le avesse letto nel pensiero.  
“No, mi sta evitando da ieri” disse Sophie mesta.  
“Bhe ha anche ragione. Capisco che tu non approvi alcun tipo di violenza, ma i Serpeverde avevano esagerato” sentenziò Frank con il suo solito tono di chi la sa più lunga degli altri. 
“Ma Edward ha colpito Thomas che aveva abbassato la bacchetta, che vigliacco” sputò con disprezzo Summer. 
“Qualcosa mi dice che qui qualcuno oggi tiferà per i Serpeverde…” fece Frank in tono canzonatorio.
“Che male ci sarebbe?” domandò Summer, il cui improvviso colorito eccessivamente rosso tradiva il tono di noncuranza.  
“Nessun male, nessuno” le rispose Frank soffocando una risata. 
Summer alzò gli occhi al cielo e tornò a rivolgere la sua attenzione a Sophie. “Dai Sof, vedrai che chiarirete. In fondo è una giornata carica di tensione anche per lui, dopo la partita avrete modo di parlare con calma”. 
Sophie le sorrise grata, sperando che l’amica avesse ragione anche quella volta. Con Edward stava bene, e non voleva che tutto quello che avevano costruito in quei due mesi venisse rovinato da Thomas.  
Il forte boato annunciò che erano finalmente arrivati al campo, dove centinaia di sedili divisi in tribune si innalzavano a formare un ovale, dando modo a tutti gli spettatori di vedere dall’alto lo svolgimento della partita.  
“Bene io vado alla torretta dei Professori” disse Frank. “Sum vieni con me come al solito?”
Il ragazzo infatti, in quanto cronista della partita, aveva il suo posto riservato nella tribuna dei professori, ed era ormai consuetudine che Summer lo accompagnasse ad ogni partita (Frank aveva paura di stare seduto nei paraggi di Piton senza nessuno che gli guardasse le spalle). 
“Certo, speriamo che Piton si metta ben lontano da noi” rispose Summer tremando leggermente. 
“Posso venire con voi?” chiese Sophie. 
“Da quando non vuoi vedere la partita con i tuoi compagni di casa?” domandò Summer confusa. “Oggi non mi va. Ho già vissuto abbastanza tensioni ieri, non voglio sentire altre battutine di scherno” rispose Sophie costernata. 
“Non so se i professori sono d’accordo Sof…” borbottò Frank in difficoltà “insomma è la loro tribuna, io ho il privilegio, e porto già un’ospite e-” 
“Oh Frank non rompere! È la torretta dei professori per una partita scolastica non la tribuna d’onore del Ministro alla finale della coppa del mondo. Poi si tratta di Sophie, i prof l’adorano, saranno solo contenti di averla tra i piedi” lo interruppe Summer, che detto questo prese l’amica per un braccio e se la trascinò dietro. 
I tre amici si diressero dunque verso la torretta dove erano soliti accomodarsi i professori, e risalirono la scalinata in legno. Una volta arrivati in cima furono colti da un enorme boato e da un trionfo di colori giallo-rosso e verde-argento provenienti dagli spalti che circondavano il campo, dove un’enorme quantità di studenti era pronta ad assistere all’incontro (o meglio scontro) più atteso dell’anno. 
“O eccoti Rogers, la partita sta per iniziare! Evans, Forbes, ci siete anche voi. Accomodatevi qui” li salutò la McGrannit facendo spazio accanto a sé. 
Era strano vedere la McGrannit, solitamente seria e autorevole, così tesa e ansiosa. La professoressa si stava massaggiando nervosamente le mani, e quando i tre ragazzi si sedettero accanto a lei sussurrò loro: “Dobbiamo assolutamente vincere, il professor Piton è così pieno di sé che non potrei sopportare la sua faccia tronfia!”. 
Frank con aria professionale si sistemò di fronte ad un piccolo tabellone di legno che sarebbe servito a segnare il punteggio, poi con la mano afferrò un aggeggio in ottone dalla forma campanulare, che come un microfono gli avrebbe permesso di far riecheggiare la sua voce per tutto lo stadio.  Il Tassorosso guardò l’orologio al polso, si voltò verso il professor Silente, il quale con un gentile sorriso e un cenno del capo gli lasciò intendere che la partita poteva avere inizio. 
“Bene, si va in scena” mormorò Frank, e dopo un ultimo sospiro si portò alla bocca il microfono. “Buongiorno Hogwarts, qui è il vostro Frank Rogers che vi parla! Finalmente eccoci qui, il tanto atteso incontro Grifondoro contro Serpeverde sta per avere inizio” cominciò Frank facendo riecheggiare per tutto il campo la sua voce emozionata. 
Un boato ancora più fragoroso si levò dagli spalti, la banda della scuola iniziò a suonare e le tifoserie iniziarono ad urlare con ancor più energia i loro cori. 
“Vedo che il clima è bello caldo! Siete un pubblico fantastico, fate sentire il vostro calore per i nostri eroi che tra poco usciranno dagli spogliatoi!” urlò Frank eccitato, aizzando ancor di più la folla. “Bene, Madama Bumb mi fa segno che i giocatori sono pronti. Quindi preparatevi lo spettacolo sta per avere inizio. Dal lato sud del campo, sta per entrare la squadra del leone rampante. Loro sono coraggiosi, amati e orgogliosi, vincitori della coppa del quidditch per tre anni di fila, voglio un caloroso benvenuto per i nostri GRIFONDORO.” 
Fischi e urla si levarono dalla zona sud del campo, e la professoressa McGrannit si alzò in piedi applaudendo energicamente.  
“Ora, signori e signori tutti pronti ad accogliere il meraviglioso quanto ambito capitano, più desiderato dei tesori custoditi alla Gringott, più conteso dell’ultima fetta di pizza alle cene di famiglia, chiedo alle ragazze di tenere i reggiseni al loro posto e di non lanciarglieli addosso, non siamo ad un concerto rock e que-” 
“Rogers!” lo riprese subito la McGrannit. 
“Mi scusi Professoressa, ma sono avvertimenti doverosi. Non voglio vedere spettacoli osceni. Diamo il benvenuto all’unico e solo… JAMES WALKER!” 
Il ragazzo a bordo della sua scopa entrò in campo, accolto dalle urla dei Grifondoro e dai fischi degli avversari. In quel tumulto generale, si riconoscevano chiaramente le grida eccitate di stuoli di ragazzine (anche tra i Serpeverde) che quasi sul punto di strapparsi i capelli gridavano “ti amo!” o “sei bellissimo!” sollevando striscioni pieni di complimenti e dichiarazioni d’amore (alcune anche poco pudiche). Il bel ragazzo fece un breve giro del campo, totalmente a suo agio. La divisa scarlatta lo rendeva, se possibile, ancora più affascinante: sembrava nato per indossarla. Non passarono però assolutamente inosservati il profondo taglio che aveva sul labbro inferiore e i vari lividi qua e là sul bellissimo viso. 
“Cosa si è fatto Walker? Che ha fatto alla bocca?” domandò la McGrannit cercando di aguzzare la vista da sotto i piccoli occhiali rotondi. Frank, Sophie e Summer si irrigidirono. 
“Alle ragazzine Corvonero nella torretta est, carino il cartellone “Walker, senza maglia!”, ma la professoressa McGrannit non penso lo apprezzi molto” provò a dire Frank per distogliere l’attenzione dal volto del ragazzo, ma non servì a nulla.  
Tutto il pubblico sembrò notare le sue ferite, che gli davano un aspetto ancora più seducente del solito: le ragazzine sembravano ora quasi sul punto di svenire di fronte a quella visione. 
“Bene, ora arriva il braccio destro di Walker, il suo compare di scorribande e, soprattutto, di conquiste, la nostra celebrità dal sorriso smagliante, da poco accalappiato dalla mia amichetta qui Sophie Forb- scusi professoressa. Un applauso per EDWARD RICHARDSON!” 
Fu il turno di Edward, che con il suo solito sorriso e il ciuffo di capelli scuri spettinati dal vento entrò in campo. Anch’egli fu accolto da grida entusiaste e da un certo qual numero di apprezzamenti femminili che fecero irritare non poco Sophie, che seduta accanto a Frank, dovette trattenersi dal rubare il microfono all’amico per urlare contro a delle ragazzine che reggevano un cartellone con su scritto “Richardson molla la sciacquetta ed esci con me”. 
Anche in questo caso, non ci volle molto prima che gli spettatori notassero l’occhio nero che spiccava sul bel viso normalmente privo di qualunque tipo di imperfezione del ragazzo, ma prima che la McGrannit potesse fare un qualsiasi tipo di domanda Frank riprese la parola. 
“So che è difficile distogliere lo sguardo da questo bel manzo dall’occhio nero, cioè voglio dire dagli OCCHI neri, due occhi, marrone scuro. Ma vi prego di accogliere i due battitori della squadra, forse non così attraenti come Walker e Richardson ma sicuramente non sono da buttare vero ragazze?”
Summer alzò gli occhi al cielo, Frank era un caso perso. 
“Entrino in campo Connor Delphini e Dylan McCall!”  
I due ragazzi uscirono in volo dagli spogliatoi e, anche loro pieni di graffi e lividi sul viso, si posizionarono accanto ai due cacciatori. 
“Adesso chi arriva? O sì, una new entry. Giovane Grifondoro del secondo anno, si è distinto fra tutti durante i provini. Un portiere dal talento naturale, salutate tutti Tyler Collins!”
Il giovane ragazzo uscì e si diresse rapidamente verso i suoi compagni, chiaramente emozionato per la sua prima partita. Anche il suo volto portava qualche livido, seppur fosse messo meno peggio dei suoi compagni. 
“E ora diamo un caldo benvenuto ad un’altra new entry. Sarà stupefacente per voi sapere che si tratta di una ragazza, insomma si sa che Hill non vuole altre ragazze in squadra perché- AHIA!” 
“Non credo Abby voglia che tu parli di questo!” lo riprese subito Sophie dopo avergli tirato una gomitata. 
“Comunque, date il benvenuto a Lallie Forbes, la nuova cacciatrice di Grifondoro!” continuò Frank guardando acidamente verso Sophie, che nel frattempo si era alzata orgogliosamente in piedi ad applaudire la sorella. 
Frank aspettò che terminassero gli applausi, per riprendere poi la parola: “Ed ora, sono sempre molto emozionato a questo punto perché si tratta di una delle mie migliori amiche, insomma. Prestate tutti attenzione, perché scende in campo l’unica cercatrice femmina della scuola, la Grifondoro per eccellenza, tenera con gli amici ma aggressiva con i rivali, colei che ha rifiutato più volte, e donne dico RIFIUTATO, James Walker. Di chi parlo? Ovviamente della nostra piccola star, Abigail HILL!” 
Abby, accolta da fischi e grida, uscì senza esitazione alcuna a bordo della sua amata scopa, e dopo aver fatto un veloce giro del campo salutando il pubblico, si posizionò accanto al capitano, sistemandosi la lunga coda di capelli scuri. 
Senza maglia” disse Abby acidamente dopo aver letto lo striscione delle ragazze Corvonero, “ma che carine James! Non te la togli la maglia per le tue fan?” 
“Tu invece ti diverti a prendermi per il culo con il tuo amichetto rana dalla bocca larga? Rifiutato?!” rispose secco James. 
“Piantatela voi due! Stiamo concentrati sulla partita!” si intromise Edward che con la scopa di infilò tra Abby e James. 
La squadra di Grifondoro era finalmente tutta in campo, disposta in fila in attesa degli avversari.  “Ma cosa è successo alla mia squadra?!” domandò la McGrannit sconcertata, alzandosi in piedi. “Che hanno fatto alla faccia tutti quanti?”
A parte Lallie e Abby infatti, i cinque ragazzi avevano un aspetto terribile, pieni di ematomi, tagli e graffi. 
“Adesso volgiamo l’attenzione al lato nord del campo” riprese Frank ignorando la domanda della professoressa. “Astuti, furbi e a volte anche un po’ stronzi. Scusi prof dovevo. Stavo dicendo, con la loro divisa verde e l’innegabile fascino dei bad boys, arrivano loro, i SERPEVERDE!”
Questa volta il boato si levò dalla zona nord dello stadio, dove gli studenti della casa verde-argento erano seduti. 
“Scende in campo il capitano, temuto e amato allo stesso tempo, conquistatore di donne e di punizioni, con il suo sgabuzzino delle scope è ormai leggenda: date il benvenuto al nostro cavaliere oscuro, il gemello cattivello, JAKE ALLEN!” 
Acuti striduli femminili si levarono nuovamente dagli spalti, e il ragazzo con il solito sorriso strafottente si diresse verso il centro del campo. Ma uno strano brusio si diffuse rapidamente non appena gli spettatori si accorsero dei marcati lividi violacei che il ragazzo portava sotto gli occhi e del cerotto attaccato alla bell’e buona su un naso che era stato chiaramente rotto (ma non aggiustato con la magia). 
“Il nostro Jake Allen ieri è caduto dalle scale, poverino! Ma da grande capitano qual è ha voluto giocare lo stesso” commentò Frank inventandosi la prima scusa che gli era passata per la testa. 
“Piantala Frank di farmi piedino, l’ho visto!” sbottò Summer, secca. Ormai Frank si era convinto che tra la ragazza e il capitano dei Serpeverde ci fosse qualcosa di più di un’amicizia, e non perdeva occasione per farlo notare. 
Jake arrivò con calma verso il centro del campo, e si posizionò proprio di fronte a James, con il quale iniziò a guardarsi in cagnesco sin da subito. 
“Ora diamo il benvenuto ad un ragazzo che tutti noi conosciamo bene, ormai da anni è il talentuoso portiere della squadra, la colonna portante che non fa passare nemmeno una pluffa, famoso per avere la testa piena di segatura, e perché ci prova con tutte ma - chiedo scusa in anticipo ai professori - nessuna gliela dà, arriva ANDY ROCKET!” 
“Arriva l’idiota” sibilò Abby a Lallie non appena il ragazzo si posizionò accanto a Jake davanti a loro, anch’egli recava sul viso qualche brutto livido. 
“Come hai detto scusa, tesoro?”  domandò Andy. 
“Ho detto arriva l’idiota. Che c’è le botte di ieri ti hanno guastato l’udito o semplicemente i suoni si perdono nell’immenso spazio vuoto che hai tra le orecchie?” rispose Abby fingendo un sorriso.
Ma prima che il ragazzo potesse rispondere la voce di Frank rimbombò nuovamente per tutto campo. 
“Adesso è il turno dei battitori. Amici da quando hanno messo piede in questa scuola, inseparabili come fratelli, infondo come si dice: ogni biondo ha il suo moro. Arrivano PAUL REW, diventato famoso il suo primo anno per aver fatto esplodere l’ufficio di Gazza (e ancora ci devi svelare come hai fatto, furbacchione!) e THOMAS BLAKE, che con i suoi occhi di ghiaccio ha stregato la tanto desiderata Megan Gray, chissà quanto durerà la loro relazione? Dallo sguardo che mi lancia la McGrannit deduco che non sia una domanda interessante…” 
I due battitori fecero il loro ingresso brandendo le mazze, accolti da urla di incoraggiamento e dai fischi della tifoseria avversaria. 
Nel vedere il profondo taglio che Thomas recava sulla fronte, Sophie si irrigidì. Il pensare che quella ferita gli fosse stata provocata dal suo Edward le faceva venire il voltastomaco. 
Il ragazzo, una volta arrivato assieme a Paul a fianco dei suoi compagni, posò i suoi occhi azzurri su Edward, il quale ricambiò spavaldo lo sguardo senza alcuna intenzione di volerlo distogliere.  Dietro quelle occhiatacce era chiaro che si nascondeva qualcosa che andava oltre ad una semplice rivalità tra case, Edward ne era sicuro. 
“Bene, i professori qui mi fanno segno di muovermi. Quindi salutiamo calorosamente anche i tre cacciatori della squadra, lo scattante LEE WUAN, l’aitante ETHAN MORRIS e il prestante NOAH KLARK (dico prestante perché gira questa voce tra le ragazze, prendetevela con loro)” concluse Frank mentre rideva coprendosi la bocca con una mano. 
“Secondo me prima o poi ti toglieranno questo incarico Frank!” gli disse Summer cercando di sovrastare il boato che li circondava. 
Anche gli ultimi tre giocatori (anch’essi con qualche leggero livido sul viso) erano arrivati al centro del campo.  
“Adesso qualcuno deve spiegarmi cos’è successo! Perché sono tutti ridotti così?” domandò la McGrannit che sconvolta non riusciva a distogliere lo sguardo dalle ferite dei ragazzi. Anche gli altri professori agitati stavano iniziando a chiedersi cosa fosse successo, lo stesso Silente sembrava preoccupato. 
“Cavolo, finiranno nei guai! I professori se ne sono accorti!” mormorò Summer guardando i docenti alle sue spalle. 
“Beh ma era ovvio, non ci vuole molto per capire che cosa sia accaduto!” commentò Sophie tormentandosi le mani, ma prima che potesse aggiungere altro Madama Bumb fece il suo ingresso in campo, e si dispose al centro del semicerchio che i quattordici giocatori stavano formando. 
La donna guardò severamente le due squadre, posando i suoi occhi gialli come un falco sui volti contusi dei giocatori. 
“Non mi interessa sapere che cosa avete combinato fuori dal campo e come vi siate procurati queste ferite, anche se posso immaginarlo. Non farò domande, ma oggi voglio una partita senza scorrettezze, e vi avverto, il primo che adotta un atteggiamento che non mi piace lo sbatto fuori senza se e senza ma! Avete capito?” decretò severamente Madama Bumb. 
I componenti delle due squadre annuirono, ma dal mondo in cui si stavano guardando gli uni con gli altri non sembravano aver davvero afferrato il messaggio. 
“Bene. Portieri ai vostri posti. Pronti?”  
La donna rivolse un ultimo, altero sguardo ai giocatori, poi soffiò forte nel suo fischietto d’argento. Le palle furono liberate e tredici scope rapidamente volarono da una parte all’altra. La partita era iniziata. 
“Wuan ha preso la pluffa e si dirige rapidamente verso gli anelli della squadra avversaria. Il numero quattordici è davvero veloce, peccato che non è stato così veloce anche ieri quando quel frisbee zannuto gli è volato in faccia provocandoli quei brutti lividi, eh Lee?” disse Frank nel chiaro tentativo di depistare i professori. “Ma attenzione, Dylan McCall spedisce il bolide proprio addosso a Lee che perde la pluffa e… Pluffa intercettata da Walker! Walker va, va, va e… Segna! 10 punti a Grifondoro!”. 
L’aria gelida fu saturata dall’applauso dei Grifondoro e dai fischi dei Serpeverde.  
“Walker sempre una certezza. Tra parentesi James, quel brutto taglio che ti sei fatto sul labbro mentre ti divertivi in qualche posizione strana con quella ragazza ieri, ti consiglio di fartelo più spesso sta mandando in visibilio il pubblico femminile!” 
Sophie soffocò una risata, il tentativo di Frank di mandare fuori pista i professori si stava dimostrando davvero esilarante. 
“Attenzione la pluffa è stata intercettata da Richardson ma …. AHIA è stato quasi colpito in testa da un bolide scagliato da Blake! Blake che ieri è stato colpito in testa con una sedia da quel burlone di Pix… Attenzione pluffa intercettata da Klark, tra l’altro voi lo sapete che Noah Klark mentre stava con Bella Tyler se la faceva con la sorella Uma Tyler? Furbone lui!” 
“ROGERS!”  
“Chiedo scusa professoressa. Comunque Klark schiva il bolide di Delphini, la spallata di McCall, passa la pluffa a Morris, Morris è solo davanti a Collins, Morris tira e… segna! Dieci punti per Serpeverde!” 
Di nuovo urla e fischi, Piton si alzò in piedi ad applaudire presuntuoso, mentre la professoressa McGrannit lo guardava con odio.
“Un altro bolide colpito da Blake per poco non prende Richardson. Strano, il Grifondoro non era in possesso della pluffa!” 
“Ma che fa Thomas?” domandò Summer a Sophie. 
“Non lo so” sussurrò Sophie con un fil di voce, ma ai suoi occhi era chiaro come Thomas avesse l’unico obiettivo di colpire con il bolide Edward. Infatti più volte nel corso della partita Thomas aveva scagliato i bolidi contro il Grifondoro, spesso senza alcun motivo ai fini del gioco. 
“Attenzione, Richardson si lancia in picchiata come un’aquila, intercetta la pluffa. Dovete sapere che quell’occhio nero il nostro eroe se l’è procurato ieri quando in biblioteca gli è caduto in faccia un libro da uno scaffale, esilarante no? Ma attenzione, Richardson salta Morris, passa la pluffa a Forbes. Forbes si lancia verso Rocket, tira… segna! Dieci punti a Grifondoro e prima rete in stagione per la piccola Forbes, che a differenza della sorella sembra avere un talento naturale per questo sport, vero Sof? Sof che però sembra avere un improvviso buon gusto in fatto di ragazzi eh?” 
Sophie tirò uno scappellotto sulla nuca di Frank, invitandolo a limitarsi a commentare quello che accadeva sul campo. 
“Serpeverde in possesso della pluffa, con Klark che però viene colpito dal bolide di McCall! Bravo McCall che ieri durante l’allenamento si è preso un bel bolide in faccia! Attenzione, Richardson entra in possesso della pluffa ma ottima azione del portiere Andy Rocket che lo blocca. Adesso la pluffa è nelle mani di Lee, che schiva un bolide, salta Walker, spinge malamente Forbes, è da solo e… 10 punti a Serpeverde!” 
“Questo è fallo!” ringhiò Lallie. 
“Ma stai zitta cucciola!” le rispose Klark. 
“Cos’hai detto brutto coglione?” riprese nervosamente Lallie. 
“Calmi calmi!” intervenne Madama Bumb “Lee hai fatto fallo! I dieci punti non sono validi, rigore a Grifondoro” 
“Non è fallo, dai prof!” si lamentò Thomas. 
“Non ti butto giù dalla scopa solo perché ieri ti sei fatto male alla testa!” gli disse Abby divertita dandogli una leggera spintarella. 
“Forbes si appresta a tirare il rigore. Forbes contro Rocket, uno contro uno. E… Forbes segna! Fantastico tiro della neo-cacciatrice! Che acquisto signori! Trenta a dieci per Grifondoro!” urlò Frank in estasi. 
“E’ MIA SORELLA! E’ MIA SORELLA!” stava gridando Sophie mentre saltellava sul posto fuori di sé. 
“Attenzione, Forbes perde la pluffa, che viene presa da Morris, Morris schiva il bolide di McCall e si dirige verso gli anelli avversari. Tra l’altro, mi è giunta voce che Morris sia stato messo in punizione per essere stato beccato mentre cercava di portare dentro la scuola una cassa di Whiskey incendiario, è vero? Scusate, scusate prof! Comunque Morris passa la pluffa a Klark, bel tiro! Altri dieci punti ai Serpeverde, sta volta senza commettere falli. Siamo trenta a venti per i Grifondoro!” 
“Dai ragazzi!” urlò la McGrannit con tutto il fiato che aveva in gola, lasciando Sophie sorda da un orecchio. 
“Che partita ragazzi! Non mi sentivo così in ansia da quella volta che il primo anno il professor Piton mi ha chiesto di preparare davanti al suo severo sguardo una pozione per guarire le scottature! Comunque hanno ricominciato, la pluffa è in mano di nuovo a Klark, ma ottima giocata di Walker che riesce ad intercettare il passaggio destinato a Wuan. Walker vola verso gli anelli avversari protetto dai due battitori Grifondoro, passa la pluffa a Richardson arrivato all’improvviso da sinistra! Richardson schiva un altro bolide di Blake, oggi il Serpeverde ha il dente avvelenato! Richardson vola via veloce, fa una finta eeee…. Grifondoro conquista altri dieci punti!” 
Abby esultò contenta, e continuò il suo volo di perlustrazione in cerca del boccino. Non l’aveva ancora avvistato in tutta la partita, e dallo sguardo perso di Jake era chiaro che nemmeno lui avesse idea di dove fosse finito. 
“Guardate che non ha segnato lui! Oche!” urlò Abby verso un gruppo di ragazze Tassorosso che sugli spalti sbandierava l’ennesimo striscione in ode a James. 
“Che c’è bambolina? Sei gelosa del tuo amichetto?” disse divertito Jake che si era appena fermato con la scopa accanto a lei. 
“Fatti gli affari tuoi, Allen! Carini quei lividi e quel cerotto, almeno coprono un po’ la tua faccia da culo!” gli rispose Abby asciutta. 
“Come siamo nervosi stamattina… toccata sul punto debole?” 
“Senti Allen, forse la mia amica Summer ti trova simpatico, ma con me non attacca, stammi alla larga” 
“Come vuoi, ma ti consiglio di fare un po’ più di attenzione alla partita, invece di preoccuparti del tuo amichetto Walker, è un ragazzo, è normale gli piaccia divertirsi… sarebbe davvero un peccato se mentre ti struggi il cuore per lui io ti soffiassi il boccino da sotto il naso” continuò Jake in tono provocatorio. 
“Già sarebbe un vero peccato …” mormorò piano Abby. Proprio in quel momento infatti, la ragazza aveva colto un bagliore dorato proprio accanto all’orecchio del ragazzo. 
Il boccino. 
Prima che Jake potesse anche solo chiedersi come mai la ragazza stesse fissando così intensamente un punto al di là delle sue spalle, Abby schizzò velocemente in avanti senza mancare di spintonare malamente il Serpeverde. 
Jake capì cosa stava accadendo, e partì immediatamente all’inseguimento della ragazza. 
“ATTENZIONEEE! Sembra che i cercatori abbiano individuato il boccino d’oro! Vai Abby!” urlò Frank con voce stridula. Tutti gli occhi che prima erano puntati su bolidi e pluffa adesso erano posati su Abby e Jake, che sfidandosi in un testa a testa sfrecciavano alla volta del boccino.  
Abby si appiattì sulla scopa, sentiva il vento gelido sferzarle il viso e le mani congelarsi. Ma non le importava. Voleva prendere quel boccino a tutti i costi. 
Fu un attimo. Il boccino virò rapidamente verso il basso, e prima che Jake potesse accorgersene Abby si lanciò in una pericolosa picchiata verso terra. Il Serpeverde provò ad inseguirla ma ormai era troppo lontano. 
Abby allungò il braccio e in una frazione di secondo toccò terra ruzzolando rovinosamente sul prato gelato. 
Sugli spalti si levò un sussulto di spavento, che si trasformò in grida di gioia non appena la Grifondoro seduta a terra alzò il braccio: stretto in mano teneva il boccino. 
“HILL PRENDE IL BOCCINO! GRIFONDORO VINCE!” urlò Frank mentre la McGrannit vicino a lui ululando di gioia fuori di sé scese velocemente le scale per dirigersi verso il campo, lanciando un’occhiata soddisfatta a Piton che imbronciato fissava disgustato i suoi giocatori. 
Tutti gli altri tredici  giocatori atterrarono sul campo, e Abby fu immediatamente raggiunta dai suoi compagni che le corsero incontro esultanti per congratularsi con lei. 
“Abbiamo vinto!” gridò Edward mentre abbracciava Abby e batteva il cinque a Lallie. 
“Siamo stati bravissimi! Lallie sei stata grande!” esclamò Abby fuori di sé dalla contentezza. 
“Sei stata grande tu, nanerottola!” disse James che tutto contento prese Abby in braccio sollevandola in alto.  
James guardò verso i giocatori delusi dei Serpeverde ed urlò: “Ehi Rocket! Quelle due o tre cosette che avevi in mente ora falle a tua madre!” 
“JAMES LOGAN WALKER! Ti sembra il caso di dire queste oscenità?” lo riprese la professoressa McGrannit arrivata sul campo proprio in quel momento. 
“Mi scusi” fece James posando a terra Abby.  
Ma lo sguardo severo della McGrannit si trasformò subito in un enorme sorriso e disse: “Non sapete quanto mi avete resa felice! Siete stati fantastici, il professor Piton non mi parlerà per qualche giorno dalla vergogna!”. 
Effettivamente il professor Piton, che aveva appena raggiunto la sua squadra, mandò subito i suoi studenti negli spogliatoi curandosi bene dal non guardare verso i Grifondoro esultanti.   
Ma prima di andarsene Thomas si avvicinò ad Abby, e dandole un leggero buffetto sulla testa fece: “Brava Abby!”, per poi andarsene lanciando un ultimo gelido sguardo in direzione Edward. 
“Il tuo amico è matto, fattelo dire” sussurrò Edward a Abby. 
“Effettivamente è davvero strano ultimamente” disse la ragazza con gli occhi puntati sul Serpeverde che si stava allontanando sempre di più. 
“Dai starà solo rosicando per aver perso” intervenne James divertito. 
“BRAVISSIMA ABBY” urlò Sophie buttandosi con malagrazia addosso all’amica. “Sei stata fenomenale! Quando sei caduta ho preso un colpo, però poi ti sei rialzata e avevi il boccino, sei stata velocissima e bravissima, ma mi hai fatta preoccupare e…” 
“Si va bene ma ora mollami Sof, non respiro” si lamentò Abby mentre cercava di liberarsi dal suo abbraccio soffocante. 
“Dov’è la mia sorellina? Voglio congratularmi con lei ma ovviamente è già sparita” domandò Sophie. 
“Lalli è laggiù con dei suoi amici, Sof lasciala in pace, la saluterai dopo!” le rispose Abby esasperata. Sapeva quando Sophie poteva essere apprensiva, e dopo la splendida partita Lallie si meritava un po’ di riposo. 
Sophie sbuffò divertita, e poi timidamente si rivolse a Edward. “Complimenti anche a te Ed! Sei stato bravissimo.” 
“Grazie” le sorrise il ragazzo. 
“Ce l’hai ancora con me?” gli domandò Sophie all’improvviso. Non voleva parlarne così davanti a tutti ma proprio non ce la faceva più ad aspettare. 
“Va beh, noi andiamo. Vieni nanerottola” disse James trascinando via una riluttante Abby, la quale palesemente voleva stare ad ascoltare cosa i suoi due amici avessero da dirsi. 
“Dai andiamo a parlare in un posto più tranquillo” propose Edward, facendo segno a Sophie di uscire dal campo.
Edward condusse Sophie in un luogo appartato dietro al campo da quidditch. Si sentiva stanco, sporco e sudato, ma era consapevole che doveva parlare con la sua ragazza il prima possibile. Non gli piaceva quel clima di tensione, né gli piaceva evitarla facendo come se non esistesse. Ma purtroppo quello che era accaduto durante la rissa aveva tirato fuori il peggio di lui. Da una parte si vergognava per ciò che aveva fatto, preso dalla rabbia aveva agito impulsivamente, colpendo Thomas a tradimento. Dall’altra però il modo in cui Sophie l’aveva aggredito l‘aveva particolarmente ferito. Lui cercava sempre di essere il più carino possibile con Sophie, e lei lo ringraziava così, prendendosela con lui senza nemmeno cercare di capire come mai avesse agito in quel modo. Quel modo in cui Thomas la guardava poi, lo mandava in bestia. Da qualche tempo aveva notato degli sguardi strani tra lui e Sophie, aveva provato a non darci peso, ma dopo quella frase durante la rissa non poteva più far finta di nulla. Non aveva idea di cosa pensasse Sophie di lui, ma era certo che il Serpeverde provasse qualcosa per lei. Era palese, e quello che era accaduto ne era stato l’ennesima prova. Senza contare poi come nell’ultimo periodo Thomas fosse diventato particolarmente scontroso con lui, quando fino all’anno prima per amor di Abby aveva sempre mantenuto un atteggiamento quantomeno neutrale nei suoi confronti. Improvvisamente invece, da quando si era messo con Sophie, Thomas faceva di tutto pur di infastidirlo e provocarlo. 
Edward aveva pensato di parlarne con Abby, per cercare di capire se lei sapesse qualcosa di cui lui non fosse a conoscenza, ma poi aveva deciso di non farlo. Non voleva fare il paranoico, Abby aveva già abbastanza problemi per conto suo. 
“Ti fa male l’occhio? È davvero un brutto livido” gli chiese Sophie, interrompendo il suo flusso di coscienza. 
“Sì, ma meno di ieri. Insomma se lo tocco fa ancora male, ma è sopportabile” disse lui. 
“Sei molto bello anche così” mormorò lei abbozzando un sorriso, ma non ricevendo risposta dal ragazzo continuò. “Comunque non mi hai ancora risposto.”
“A cosa?” chiese Edward confuso. 
“Sei ancora arrabbiato con me?” domandò Sophie, aveva le lacrime agli occhi. 
Edward sospirò, vederla così gli fece passare immediatamente gli ormai pochi residui della recente arrabbiatura. Nonostante tutto non poteva sopportare che lei soffrisse a causa sua, non l’avrebbe mai permesso. 
“Come faccio ad essere arrabbiato con te Sof? Me lo spieghi?” disse debolmente il ragazzo spostandole una ciocca di capelli dietro l’orecchio. 
“E allora perché è da ieri che non mi parli?” lo incalzò lei, che non riuscì più a trattenere le lacrime.
“Senti Sof, mi dispiace. Hai ragione, ma avevo bisogno di sbollire. Ero già nervoso per la partita, e quello che è successo ieri poi mi ha un po’ seccato” rispose lui con calma. 
“Esattamente cosa ti ha seccato?” 
“Lo sai Sof, non giriamoci intorno. Mi hai urlato contro prendendo le difese di quell’idiota di Blake. So che ho esagerato a colpirlo così, ma proprio non tollero le battutine su di te. E mi aspettavo che la mia ragazza avrebbe provato a comprendermi piuttosto che urlarmi contro, tutto qui” disse Edward.
“E questo l’ho capito. E mi dispiace, so di aver reagito male anche io. Ma sai che la violenza non mi piace… la prossima volta però preferirei mi parlassi piuttosto che scappare via così ed evitarmi come la peste per tutto il giorno!”
“Sof, so che può sembrarti assurdo, ma sono umano anch'io. Anche io posso rimanerci male, anche io posso soffrire qualche volta. So che ho sbagliato, e ti chiedo scusa, davvero. Non volevo fare star male, ma è stato il mio modo di reagire. È solo che…” disse lui senza terminare la frase. 
“Solo che cosa?” domandò lei. 
“Solo che a volte mi sembra che tu non ci tenga davvero a me” terminò in un fil di voce. 
“Ma come ti viene in mente?” 
“Beh quello che è successo ieri mi ha dato molto da pensare… Sof io a te ci tengo tantissimo, per te farei di tutto, ma non mi piace essere trattato così.” 
“Sei davvero un idiota se pensi che a te non ci tenga. Ho sbagliato e lo ammetto, e per l’ennesima volta ti chiedo scusa. Ma non puoi pensare che non ci tenga a te. Tu stamattina non c’eri, ma io non ho fatto colazione talmente ero giù di morale per il fatto che tu non mi parlavi!” scoppiò Sophie in un fiume di lacrime. 
“Davvero non hai mangiato?” la guardò stupito Edward.
“Sì. Sei probabilmente la miglior cosa che mi sia successa da quando sono arrivata in questa scuola, e se non ti convinci subito del fatto che ci tengo a te, giuro che non mangerò più per il resto della mia vita!” sentenziò lei in tono serio. 
Edward sorrise intenerito, non poteva davvero rimanere un minuto di più arrabbiato con quella ragazza. 
“Dai smettila di piangere” disse il ragazzo abbracciando Sophie. L’arrabbiatura gli era totalmente passata. Nel vederla piangere così come una bambina capì che era stato uno sciocco a comportarsi così con lei. 
“Solo se tu mi dici che non sei arrabbiato con me” singhiozzò lei che piangeva ancora come un fiume in piena. 
“Sof, non sono arrabbiato con te. E scusami se ho messo in dubbio i tuoi sentimenti, ma volte anche Edward Richardson ha le sue debolezze” disse lui guardando negli occhi la ragazza. 
“Ti prometto che da oggi cercherò di essere più comprensiva nei tuoi confronti.” 
“Grazie, lo apprezzo.” 
“Non voglio più litigare con te” mormorò Sophie asciugandosi le lacrime. 
“Nemmeno io Sof” disse lui, per poi baciare dolcemente la ragazza. La ragazza rispose con trasporto al bacio, e quando si staccò aveva un sorriso ebete sul volto. “Contenta ora?”
“Sì” annuì lei soddisfatta “però devi darti una bella lavata, non ti ho mai sentito puzzare così tanto.”
“Te l’ho detto, anche Edward Richardson è umano a volte” e detto questo, Edward un po’ più sereno prese per mano Sophie e con lei si diresse verso il castello.  
Edward si convinse che per il momento avrebbe lasciato perdere il discorso Thomas, non voleva avere problemi con la sua ragazza per colpa di quell'idiota. Ma decise che a partire da quel giorno, avrebbe tenuto d’occhio quel Serpeverde che giorno dopo giorno, gli piaceva sempre meno. 

             

 

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Capitolo 17
*** Capitolo 16 - Non esiste nessun nostro se implica tuo Rogers ***


 
Capitolo 16 - Non esiste nessun nostro se implica tuo Rogers
 


I

“Abigail Hill svegliati subito! NEVICA! SVEGLIATI!”
L’urlo di Sophie sembrò trapanare le orecchie di Abby, il cui sonno fu bruscamente interrotto. La ragazza emise un mugugno sommesso e cercò di nascondere il viso sotto il cuscino, ma l’amica fu più veloce e glielo strappò dalle mani. 
Abby aprì un occhio, di malavoglia, e si trovò davanti ad una Sophie alquanto agitata: ancora in pigiama, i capelli arruffati, saltellava su e giù per la stanza come una pazza, lanciando gridolini acuti e indicandole senza cesso i vetri della grande finestra dietro ai quali stavano turbinando enormi fiocchi di neve. 
Un sorriso apparve sul volto della Grifondoro, che con fatica si alzò dal letto ed attraversò la stanza per ammirare il panorama dietro la finestra. A quanto pareva, doveva aver nevicato tutta la notte, perché il parco che si stendeva sotto di lei a perdita d’occhio era ricoperto da un bel paio di centimetri di candido manto innevato.  Il cielo era oscurato da grandi nuvole cariche di fiocchi di neve che volteggiavano nell’aria, incrociandosi, danzando gli uni con gli altri e rendendo l’atmosfera semplicemente magica. Dal loro dormitorio si vedevano gli alberi della foresta spuntare in lontananza, le cime imbiancate, ma Abby sapeva che se fosse stata nel parco e si fosse voltata, avrebbe trovato il vero spettacolo: Hogwarts, che svettava in mezzo a quel turbinio di neve, con le sue molteplici torri e torrette imbiancate, era una visione da lasciare senza fiato.“Che bello...” mormorò, appagata da quella visione. Per una volta, la giornata sembrava proprio cominciare bene. 
“La prima neve dell’anno, era ora!” commentò Sophie, che non aveva smesso di saltellare di gioia, ma aveva cominciato a vestirsi per scendere a colazione. 
“Ti perdono per avermi svegliato così presto di sabato solo perché c’è la neve... e comunque oggi è solo il primo dicembre, non puoi lamentarti!” ribatté Abby, lasciandosi ricadere sul suo morbido letto a baldacchino e sbadigliando sonoramente. 
“Non è mai troppo presto per una bella nevicata” fece Sophie, sognante. Poi, si rivolse verso l’amica e si fece più seria: “Come hai dormito stanotte? Non ti ho sentita urlare come ieri, ma hai di nuovo una faccia terribile, senza offesa.”
Abby alzò le spalle, rassegnata. “Come al solito... ma non ho voglia di parlarne in questo momento, non oggi Sof.”
Sophie annuì e decise che era meglio lasciare stare, non voleva cominciare anche quella giornata discutendo con la sua migliore amica. Ogni mattina si ripeteva la stessa storia: Sophie che cercava di convincere Abby a tornare da Madama Chips o, meglio ancora, a parlare con un professore, e Abby che si chiudeva in se stessa, troppo provata dal mancato sonno ristoratore e preoccupata per quello che le stava succedendo per ascoltarla.  
“Io scendo un po’ prima, devo parlare con Anthony un momento, vuoi che ti aspetti?”
“No, no, tranquilla ti rallenterei solo, tu vai pure e ci vediamo poi nella Sala Grande.”
“Ok, però non riaddormentarti mi raccomando, se no va a finire come quel sabato in cui non sei scesa in tempo e poi hai passato la mattinata a lamentarti del fatto di non aver mangiato colazione...”
Abby fece una boccaccia nella direzione dell’amica e, per mostrarle che poteva lasciarla in tutta tranquillità, si mise a rovistare nella pila di vestiti buttati a caso sul suo baule aperto, in cerca di qualcosa da indossare. Mentre si infilava il primo maglione caldo che trovava e un paio di jeans a vita alta, pensò che anche se fosse già stata pronta non sarebbe andata con Sophie: sapeva che la ragazza si sarebbe diretta a metà strada tra la Torre di Grifondoro e quella di Corvonero per intercettare il suo amico, e Abby stava cercando in tutti i modi di stare il più lontano possibile dalla sala comune di quella casa. 
A essere sincera, stava cercando in tutti i modi di tenersi alla larga da un Corvonero in particolare: Luke Anderson. Sebbene il ragazzo continuasse a popolare i suoi incubi e a tenerle una compagnia non richiesta durante i suoi brevi e agitati sonni, Abby da due settimane a quella parte aveva fatto di tutto per non averci a che fare nella realtà. Anche se era costretta a vederlo ogni giorno a lezione, si assicurava sempre di non rivolgere neanche uno sguardo verso di lui; per il resto, faceva finta che non esistesse e lo evitava come la peste. L’incidente con il molliccio ancora la faceva arrossire per l’imbarazzo, e le domande che Luke le aveva posto subito dopo non smettevano di ronzarle nella testa. La scuola era passata velocemente a un nuovo pettegolezzo, ma Abby non poteva evitare di pensare e ripensare a quel giorno ed era ben decisa a non affrontare Luke Anderson per nulla al mondo. Non aveva risposte da dargli, o meglio, aveva delle risposte che non voleva dargli e che aveva paura comportassero rivelazioni che non era pronta a sentire. Perché, per quanto sul momento avesse detto a Summer che la sua storia sulla maledizione che causava dei sogni condivisi non la convinceva particolarmente, la verità era che la teoria della Tassorosso continuava a tormentarla. Non l’avrebbe ammesso a nessuno, ma nel profondo cominciava sempre più spesso a chiedersi se davvero quell’ipotesi fosse così inverosimile come le era sembrata, o se invece nell’assurdità di tutto quello che le stava succedendo non fosse la sola risposta plausibile.
In ogni caso, cercava di pensarci il meno possibile: aveva già abbastanza problemi di suo ed era sicura che soffermarsi su tutte quelle questioni non avrebbe fatto altro che farla stare peggio; avrebbe quindi cercato di evitare di affrontare la situazione il più a lungo possibile, ed a ogni costo. Quello che non sapeva, era per quanto ci sarebbe riuscita.
Abby sospirò e, infine pronta, uscì dalla stanza. Scosse la testa come per togliersi quei pensieri opprimenti, ben decisa a iniziare quel weekend di neve nel migliore dei modi, ma il suo buonumore fu nuovamente messo a dura prova non appena scese l’ultimo gradino e mise piede nella sala comune. Il suo primo pensiero fu che si fosse dimenticata di un qualche evento importante: le ragazze erano tutte in tiro, chi più chi meno, qualcuna in maniera quasi volgare, altre meno provocanti, ma nessuna era trascurata. Si muovevano a gruppetti starnazzanti, rossetti dai colori accesi volavano da una mano all’altra, gli specchietti erano sprecati e per la maggior parte erano decisamente troppo truccate e agghindate per un sabato mattina: i visi erano ricoperti da diversi strati di trucco e i vestiti erano perlopiù troppo corti e tesi ad attirare l’attenzione. Abby lanciò un’occhiata perplessa al suo outfit, con un altro sospiro. Si sentiva abbastanza carina con quel maglioncino bianco dal collo alto che le lasciava le spalle scoperte, e i pantaloni aderenti neri a vita alta che indossava erano tra i suoi preferiti, ma era decisamente semplice e si era truccata in maniera molto leggera: risultava quasi fuori luogo. 
È già tanto se non sono scesa in tuta, è sabato mattina, queste sono pazze, devono farsi ricoverare, pensò, già esasperata. 
Non aveva infatti dubbi sull’origine di tale pazzia. Era il primo dicembre, e questo significava solo una cosa: il ballo di Natale era ormai alle porte. Ogni anno era la stessa storia, non appena scoccava l’ultimo mese del calendario sembrava che tutta la scuola non potesse interessarsi a nient’altro se non al ballo che si svolgeva annualmente il giorno prima della vigilia di Natale, quando la maggior parte degli studenti ripartiva per passare i giorni di festa con le proprie famiglie. Nel castello non si parlava d’altro: le ragazze sembravano cadere improvvisamente in preda a una strana malattia e cominciavano a girare in branco, a mettersi in mostra, in attesa di un tanto agognato invito al ballo; le più audaci invece preparavano direttamente appostamenti strategici tesi a incastrare le prede da loro prescelte e prendevano l’iniziativa quasi aggredendo i poveri ragazzi ignari. Da parte loro, anche i ragazzi cominciavano a girare a loro volta in branco, lanciando occhiate studiate in giro, come valutando quale fosse la merce migliore sul mercato. In ogni caso, ovunque si diffondeva un’energia febbrile che sembrava contagiare tutto e non risparmiare nessuno. 
Come Abby aveva previsto, nella Sala Grande la situazione era ancora più grave, accentuata dal gran numero di persone che erano già scese per fare colazione. Un gruppetto di ragazzine le passò accanto, come oche schiamazzanti, lanciando gridolini acuti e indicando due ragazzi seduti poco lontano. Una di loro la spintonò senza accorgersene, presa come era nella foga del commentare qualcosa con un’altra sua amica, e la Grifondoro dovette trattenersi dal gridarle dietro qualche insulto.
Sembra di stare al circo, si disse, nauseata, chiedendosi se in fin dei conti non avrebbe fatto meglio a restare a dormire fino all’ora di pranzo. 
Di Sophie non c’era nessuna traccia, doveva essere ancora con Anthony da qualche parte; Abby vide invece quasi subito Summer che, seduta accanto a Frank, le faceva cenno con la mano di raggiungerli. Sembrava quasi implorarla di sedersi accanto a loro e non appena Abby arrivò all’altezza dei due Tassorosso capì il perché.
“E Evelyne Donovan ha già invitato Ben Whitter, non è una ragazza che perde tempo quella, oh no proprio no, mentre la sua amica Cassie spera ancora in un invito di Caleb Lavery, ma può aspettare quanto vuole, so per certo da fonti di fiducia che Lavery ha già adocchiato Paige Park, di Serpeverde, ma non escludo che voglia tenersi la doppia scelta con la Grifondoro Bette Stroyer...”
“Va avanti così da molto?” chiese Abby a Summer in tono annoiato, sedendosi accanto all’amica e guardando con un sopracciglio inarcato Frank che continuava a elencare le sue nuove scoperte, senza sembrar parlare a nessuno in particolare. 
Summer annuì alzando gli occhi al cielo. “Credo non stia nemmeno respirando...”
Abby diede una pacca sulla spalla all’amico: “Buongiorno anche a te Frank, che ne dici di fare un attimo di pausa e prendere fiato?”
“Oh, Abby, ciao, non ti avevo vista! Tutto bene? Io sono elettrizzato, è cominciato ufficialmente il mio periodo dell’anno preferito! Hai già sentito di Lennox e Quinn?? Lui l’ha invitata stamattina stessa, davanti a tutti, te lo sei persa e.…”
Abby lanciò uno sguardo di supporto verso Summer, e entrambe si misero a mangiare scuotendo la testa, lasciando Frank parlare da solo. 
“Sof?” chiese Summer, guardandosi attorno.
“Con Anthony” le rispose Abby, la bocca piena di uova strapazzate.
“Almeno lei quest’anno non deve preoccuparsi di con chi andare al ballo, hai visto come sono già tutti impazziti?”
“Per quanto mi riguarda, piuttosto che dovermi conciare come certe ragazze che ho visto venendo qui e perdere la mia dignità ci vado da sola, te lo dico, e grazie tante”.
“Già, l’anno scorso avevi chiesto a Thomas che ti aveva pregato perché era del terzo anno e senza un invito non sarebbe potuto venire e stare con i suoi amici vero? Però ora sta con Gray, e andrà sicuramente con lei” fece notare Summer, con una smorfia di disgusto nel pronunciare le ultime parole. 
“Sto mangiando, vuoi farmi andare tutto di traverso? Non mi parlare di quella bagascia Sum” le intimò Abby, agitandole contro con fare minaccioso la forchetta che aveva in mano. “Comunque sì, hai ragione, e tu e Sophie invece eravate venute al ballo tra amiche per non stare sole. Però visto che Sof ci ha abbandonate possiamo sempre andare noi due insieme, almeno non ci annoieremo. Sempre che tu non preferisca invece andarci con Zokos, sono sicura che come ogni anno a breve proverà nuovamente ad invitarti...”
“Lascia perdere, vivo con il terrore che mi faccia un appostamento da qualche parte, tra lui e Alayna io e Frank non possiamo abbassare mai la guardia...e adesso mi spieghi perché lui deve venire qui se non c’è Sof?” sbottò Summer, lanciando un’occhiataccia verso un ragazzo che si stava avvicinando velocemente al loro tavolo.
Edward Richardson aveva stampato in viso il solito sorriso affascinante a trentadue denti ed era chiaramente diretto verso di loro. Al suo passaggio, non poche ragazze si girarono a guardarlo sognanti. 
“Sum, ti ricordo che alla base rimane pur sempre il mio migliore amico, ha tutto il diritto di fare colazione qui visto che ci sono io” la rimproverò Abby, facendo posto al ragazzo che si sedette prontamente accanto a lei sulla panca. 
“Edward!” fece subito Frank, chiaramente deliziato dall’arrivo al suo tavolo di uno degli studenti più gettonati della scuola “Edward, dicci, che qui già mi chiedono, quanti inviti hai già ricevuto? Ovviamente tu hai solo una ragazza ormai nel cuore e andrai al ballo con lei, lo sappiamo tutti, ma non credo che questo basti a fermare le schiere delle tue fan più accanite...”
Edward cercò di schermirsi, modesto come suo solito. “Non esagerare Frank, non c’è nessuna schiera... comunque non ho ricevuto ancora nessun invito, altrimenti lo sapresti già no? E in realtà spero di non riceverne, mi dispiace sempre dover rifiutare, anche se cerco di farlo con gentilezza: non mi piace far star male delle ragazze”.
“Mi sa che non hai speranze Ed...” commentò Abby, mezza divertita, ormai abituata al successo che riscuoteva da sempre il suo migliore amico.  
In quel momento infatti, un centinaio almeno di gufi planarono nella Sala Grande per portare la posta giornaliera agli studenti, e un numero indefinito di lettere le cui sfumature variavano dal rosa pastello al rosso accesso ricadde sul tavolo davanti al Grifondoro, straboccando e finendo per terra.  
“Cosa dicevo? Lettere dalle ammiratrici!” cinguettò Frank, su di giri. “Edward, non ti dispiace vero?” E senza aspettare una risposta, il ragazzo afferrò una prima lettera, la cui busta era coperta di cuori rossi glitterati, e cominciò a leggerla avidamente.
“Frank non si fa!” lo riprese subito Summer, scioccata dall’atteggiamento dell’amico. 
Edward invece sembrò non farci caso, guardava sconsolato ma rassegnato quella montagnetta di lettere. “Non capisco, io non faccio niente per chiedere tutto ciò...”
“Ed, non è colpa tua” lo rincuorò Abby, chiaramente divertita da quella situazione. “Tu sei semplicemente te stesso, non puoi farci niente... meno male però che non c’è Sof, non le piacerebbe affatto vedere tutte queste lettere e questi bigliettini d’amore.”
Frank in quel momento richiuse la lettera che aveva in mano e si tuffò nel mucchio di fronte a Edward per prenderne un’altra. 
“Mmm questa è probabilmente del primo o del secondo anno, in ogni caso chiaramente una tipo beta” commentò tra sé e sé. 
Abby si sporse sul tavolo sbirciando incuriosita il cartoncino che il Tassorosso teneva tra le mani. “Come fai a dirlo? Non c’è la firma qui!”
“E cosa diavolo sarebbe una tipo beta? Si può sapere cosa ti sei inventato adesso Frank?” rincarò Summer, confusa. 
“Beh, è molto semplice” si mise a spiegare il ragazzo con tono pratico, contento di avere nuovamente un pubblico attento. “Se vi guardate bene attorno noterete che ci sono diversi tipi di ragazze in questo periodo dell’anno: quelle che non smettono di guardarsi attorno, sperando in un invito, urlando eccitate e spettegolando, che si muovono solo in gruppetti, sono la maggior parte, le ho rinominate il tipo beta; laggiù invece, vedete, c’è un esempio di tipo alpha, sono quelle ragazze che non devono chiedere, sono in branco ma sono tranquille, sicure di sé, vere predatrici; infine, negli angoli troverete il tipo gamma, troppo timide o solitarie per sperare o desiderare di essere invitate, preferiscono di gran lunga non essere notate e aspettare che questo periodo finisca.” 
Frank rivolse un sorriso soddisfatto ai tre accanto a lui, che lo guardavano con gli occhi sgranati, increduli. 
“E tu riesci a capire come è chi mi scrive solo leggendo queste poche righe?” chiese infine Edward, quasi colpito.
“Ma certo, mi sembra ovvio, è facile” rispose subito Frank, senza nascondere il tono compiaciuto. “Comunque, torniamo a parlare di cose importanti: mi domando invece il nostro James quanti inviti abbia già raccolto...”
“Non esiste nessun “nostro” se implica “tuo” Rogers, e ficcati in quella testa che non siamo amici, quindi per te sono Walker” ringhiò il diretto interessato, comparendo dal nulla dietro alle spalle di Frank, che sussultò per la sorpresa.
“Non dice sul serio, io sono suo amico” si affrettò a sussurrare Frank a un ragazzo seduto poco più in là, che gli rivolse uno sguardo totalmente indifferente. 
James si sedette di malo modo davanti a Abby, i capelli scompigliati e addosso un vecchio maglione di lana dei colori di Grifondoro che però gli ricadeva inevitabilmente alla perfezione sulle spalle muscolose. Aveva uno sguardo truce ed era chiaramente di cattivo umore.
“Quelle sono le solite lettere delle tue fan?” chiese con sgarbo a Edward, che annuì in rimando. “Quest’anno hai superato te stesso, vedo che il fatto di essere fidanzato non le ha scoraggiate minimamente”.
“Tu piuttosto, perché ci hai messo tanto a scendere? Ti sei svegliato subito dopo di me...”
“Lascia stare” sbuffò James, rivelando quella che era chiaramente la causa del suo malumore. “Ho dovuto usare tre scorciatoie diverse e fare il giro di mezzo castello per poter arrivare qui senza dovermi imbattere in nessuna pazza pronta ad offrirmi qualche filtro d’amore o chissà cos’altro, e siamo solo all’inizio.”
“Dovresti sbrigarti a invitarne una, magari le altre così si calmeranno” gli propose Edward, comprensivo.
James lanciò un’occhiata fugace verso Abby, che stava sorseggiando un bicchiere di spremuta e non se ne accorse, ma si riscosse subito, interrotto da Frank.
“O due o tre, tanto lo sanno tutti che ogni anno ne inviti almeno un paio al ballo per avere il ricambio” si intromise infatti il Tassorosso, ammiccando verso James, incapace di trattenersi. 
Il Grifondoro gli lanciò uno sguardo truce, facendolo zittire all’istante. 
“Almeno l’incantesimo che hai messo alla porta della nostra stanza sembra ancora funzionare, grazie Ed.”
“Quale incantesimo?” chiese Summer, incuriosita suo malgrado.
“Ma coooooome non lo sai?!” prese prontamente la parola Frank. “L’anno scorso James si è svegliato di scatto trovandosi una ragazza accanto al letto che lo guardava adorante! Si è preso un colpo ovviamente, allora Edward ha incantato la porta della loro stanza per impedire che altre ospiti non gradite potessero intrufolarsi in futuro mentre dormono.”
“C’è davvero chi è così malato?” esclamò Summer, inorridita. “Ma pensavo che le scale fossero stregate e si trasformassero in uno scivolo se qualcuno del sesso opposto cercasse di salirci...”
“A quanto pare vale solo per le scale del dormitorio femminile” le spiegò Abby, che fino a quel momento era rimasta in silenzio, come assorta nei suoi pensieri. Ora guardava James con uno sguardo indagatore. “Quello che non capisco è perché tu abbia quella faccia James, non mi sembra che ti sia mai dispiaciuto tutto il successo che riscuoti. Non dicevi sempre che era ancora meglio per avere ragazze con cui spassartela?”
James sostenne lo sguardo della ragazza con sicurezza, e rivolgendosi direttamente a lei il malumore sembrò dissolversi dall’espressione del suo viso. “Dipende sempre di chi si tratta, ci sono ragazze e ragazze. Comunque, nel caso non te ne fossi accorta, sto davvero cambiando, ecco perché ho la faccia che ho. Sto davvero cambiando come tu mi avevi chiesto.”
Abby alzò un sopracciglio, cercando di sembrare scettica, ma per una volta non trovò nulla da ridire. Alla fine, rivolse al ragazzo un mezzo sorriso che le si gelò però sulle labbra alla vista di due ragazzine che si tenevano a braccetto e si stavano avvicinando al Grifondoro ridacchiando e indicandolo.
“È il tuo turno amico” disse Edward.
Le nuove arrivate erano due Grifondoro del terzo anno, che si comportavano però in maniera così infantile da sembrare delle primine. Cominciarono a sussurrarsi delle frasi all’orecchio, senza smettere di ridacchiare e di indicare adoranti James.
“Dai diglielo!”
“No, diglielo tu dai...”
“Ok ok ora lo faccio, ma sei sicura?”
“Beh non so...”
“Oddio ma hai visto quanto è bello da vicino?”
Abby si schiarì la gola richiamando la loro attenzione, guardandole torva.
Quella delle due che sembrava avere un po’ più di audacia sembrò finalmente prendere coraggio. “Ciao James, porteresti la mia amica Denise al ballo?”
Prima ancora che James potesse rispondere, fu Abby ad intervenire, truce. “No, lui non la porta la tua amica al ballo.”
James alzò lo sguardo su di lei, sorpreso dalla risposta decisa della Grifondoro. 
“L’hai sentita mi dispiace”.
La ragazzina guardò risentita Abby, ma non si scoraggiò. “E me invece? Oppure entrambe, a noi andrebbe benissimo dividerti!”
Nuovamente, James si preparò a dire qualcosa ma fu preceduto da qualcun altro. Questa volta però, fu una voce dolce e seducente a intervenire, in un tono falsamente mieloso. 
“Come siete tenere piccoline, davvero adorabili. Adesso però levatevi, non siete nemmeno in gara voi”.
 A parlare era stata Madison Adams, una Corvonero del sesto anno. Era una ragazza con un viso fine e regolare, su cui spiccavano due occhi di ghiaccio, incorniciato dai capelli rossi tagliati a carré che lasciavano in bella vista il collo affusolato e la pelle candida. Indossava un paio di leggings semplici che le fasciavano alla perfezione le gambe snelle e il fondoschiena perfetto, abbinati con un top a maniche lunghe che lasciava in bella vista la pancia piatta e aderiva al petto sottolineandole le rotondità. Era innegabilmente bella, nonostante avesse le sottili labbra a cuore colorate di rosa atteggiate ad un’espressione continua di superiorità e guardasse sempre tutti dall’alto al basso, come se nessuno fosse al suo livello. 
Le due giovani Grifondoro si fecero da parte, intimorite, ma si ripresero in fretta dalla delusione amorosa: allontanandosi ricominciarono a ridacchiare, estasiate dall’impresa appena compiuta.
“Tu gli hai parlato! Hai parlato a James Walker! E io ho sfiorato il suo braccio, hai visto che l’ho sfiorato? Non mi laverò mai più questa mano” sentirono ancora che diceva una delle due, prima che sparissero dalla loro vista. 
Con Madison Adams c’era una seconda ragazza, sempre del sesto anno, ma Serpeverde. Anche lei non aveva bisogno di presentazioni: come l’amica, era una delle ragazze più gettonate della scuola, e tutti sapevano il suo nome. Kayla Jimenez era una ragazza afro di una bellezza esotica da togliere il fiato: la sua pelle era liscia e morbida, sul viso perfetto brillavano come gemme scure due occhi scaltri e decisi; le labbra carnose ricoperte di rossetto rosso acceso erano incrinate nel sorriso di chi sa di piacere e ne trae vantaggio. Indossava una minigonna di pelle aderente e una maglia verde smeraldo con la schiena nuda e che aveva sul davanti uno scollo a ovale che lasciava ben poco all’immaginazione.  
“Sono arrivate le zoccole” sibilò Abby acida a Summer, che condivideva lo sguardo schifato della Grifondoro. 
“Non a caso sono nel gruppo di Megan Gray, con Olivia Price sono davvero la feccia del castello...”
Madison appoggiò i gomiti al tavolo con un movimento sinuoso delle anche e lanciò un unico sguardo sensuale verso Edward, prima di rivolgere l’attenzione verso l’amica. Kayla si spostò i lunghi capelli neri intrecciati i dietro le spalle, per lasciare meglio in vista lo scollo sul davanti, e si sedette senza fare troppi complimenti sulle gambe di James. Portò un braccio attorno alle sue spalle, avvicinando il petto a quello del ragazzo con fare provocante e con una mano dalle dita laccate dello stesso rosso del rossetto accarezzò i capelli del Grifondoro. 
“Walker” lo salutò, con voce bassa e calda. 
“Jimenez” rispose James, minimamente a disagio per la vicinanza della ragazza, senza tuttavia fare un solo gesto per incoraggiarla. 
“Volevo farti sapere che andrò al ballo con Morris, ma non ti preoccupare zuccherino, riuscirò sempre a ritagliarmi un buco per una delle nostre scappatelle” disse la Serpeverde, con voce seducente.
“Buono a sapersi” fece il Grifondoro, rimanendo neutro. “C’è altro?”
Kayla sorrise sorniona e avvicinò le labbra all’orecchio del ragazzo, abbassando la voce in modo che nessun altro potesse sentire cosa stava sussurrando. James annuì, calmo, e sul viso si allargò un sorriso soddisfatto. 
“Grazie Kayla, sei la migliore come sempre.”
Abby non ci vide più. Si alzò in piedi di scatto e sbottò: “Possibile che non si possa fare colazione in pace a questo tavolo? Levatevi dalle palle, tutte e due, ORA!”
Madison le rivolse uno sguardo di sufficienza, mentre Kayla le si rivolse chiaramente divertita. 
“Tranquilla carina, abbiamo finito. James, sai dove trovarmi” disse semplicemente, prima di stampare un bacio sulla guancia del ragazzo. Quindi, si alzò dalle sue ginocchia, senza dimenticarsi di strusciarsi per bene lanciando un’occhiata di sfida nella direzione di Abby. 
La Grifondoro strinse i pugni, paonazza, l’espressione di una pronta a uccidere. 
“Ci vediamo Richardson” disse invece Madison, con voce soave, sbattendo un’ultima volta le ciglia con fare ammaliante, e le due se ne andarono. 
Abby rimase in piedi, furente, sotto gli sguardi incuriositi degli amici. James, in particolare, la stava fissando colpito; si strofinò la guancia, sulla quale era rimasto un segno evidente di labbra lasciato del rossetto di Kayla Jimenez, ma senza quasi rendersene conto. Tutta la sua attenzione era per la Grifondoro che aveva perso il controllo così all’improvviso. 
“Da quando ti fa incazzare così tanto anche solo vedermi parlare con un’altra ragazza?” gli chiese, sinceramente sorpreso. Sapeva che ad Abby infastidiva vederlo fare il cretino con le ragazze, ma raramente era successo che si esponesse in quel modo, e aveva visto ben di peggio che un breve scambio di battute con Jimenez.
“Fammi il favore Walker, “solo parlare”, sembravate una coppia di vecchi amanti, era disgustoso, non riuscivo neanche a mangiare!”
“Due vecchi amanti, come esageri. Lo sai che io e Jimenez siamo in classe insieme e ci conosciamo, doveva dirmi una cosa, tutto qui.”
“E cosa di preciso? Si può sapere?”
“No, non posso dirtelo.”
“Ah, quindi non vuoi rispondere, chissà cosa devo immaginare!” esclamò la ragazza, lanciando un’occhiata accusatoria al Grifondoro.
“Non dovresti immaginarti proprio niente!” ribatté James, cominciando a scaldarsi a sua volta. “E sei tu che stai sviando la mia domanda Abby, da quando ti incazzi così? Guarda che non ho fatto niente!”
“Sembrate una coppia di vecchi sposini” tentò di scherzare Edward, per smorzare la tensione. 
Abby fulminò anche lui con lo sguardo e, senza più degnare nessuno di una parola, se ne andò bruscamente.
Si diresse senza esitazioni verso un gruppetto di Serpeverde seduto due tavoli più in là e si fermò affianco a Thomas, che stava cominciando a fare colazione in quel momento con la sua solita combriccola di amici. Il ragazzo le sorrise, contento di vederla, ma si rese subito conto che qualcosa non andava. 
Abby, gli occhi che cominciavano a diventare lucidi dal nervoso che provava, disse semplicemente: “Ho bisogno di parlarti, subito.”
A Thomas non serviva sentire altro: si alzò dal tavolo e, piantati in asso gli amici e la colazione, mise un braccio attorno alle spalle della Grifondoro e la accompagnò fuori dalla Sala Grande, con fare protettivo.

***

“Aspettami solo un attimo, vado a prendere qualcosa di caldo così facciamo un giro fuori, mi racconti cosa succede e intanto vedrai che la neve ti aiuterà a sbollire, hai una faccia omicida”.
“Basta che non mi porti uno dei tuoi orribili capi della divisa, a quel punto si che potrei diventare un’omicida, e poi sai che non indosserei per niente al mondo qualcosa che riporti lo stemma di Serpeverde”.
“Se preferisci puoi sempre salire a prenderti le tue cose nella sala comune di voi Grifondoro, inculata su per una torre... in ogni caso faccio in fretta, e poi c’è una cosa che volevo farti vedere, ti farà pensare ad altro ne sono sicuro”.
Thomas si allontanò a passo svelto verso l’accesso ai sotterranei con un’espressione maliziosa in volto che normalmente avrebbe fatto preoccupare Abby; in quel momento, tuttavia, la ragazza aveva ben altro per la testa. Sentiva ancora il sangue ribollirle nelle vene dal nervoso e, sebbene la vicinanza di Thomas l’avesse subito fatta stare meglio, non poteva certo dire di essersi calmata. La sua reazione, così improvvisa e violenta, aveva preso alla sprovvista persino lei: non era stata normale, e sapeva che aveva ignorato la domanda di James perché cercava di non ammettere nemmeno a se stessa la risposta a quella domanda. Eppure, solo al ripensare a quella Jimenez che gli si strusciava contro, le veniva una voglia irrefrenabile di spaccare qualcosa. Già era difficile sopportare le ragazzine insulse che gli ronzavano costantemente attorno, ma quello che aveva appena visto proprio le aveva fatto perdere la testa. 
È perché sai che Kayla ha un trascorso con James, ed è Kayla Jimenez, insomma lei è concorrenza seria per te, disse saggiamente una vocina nella sua testa, quella vocina che in genere Abby associava a Sophie e al suo essere insopportabilmente una specie di grillo parlante nella sua coscienza. 
Come se me ne fregasse qualcosa, non c’è concorrenza perché a me non interessa stare con lui, rispose a se stessa, le mani che tremavano nuovamente dal fastidio.
Ma ormai era tempo che smettesse di fingere. Quello che era appena successo dimostrava tutto il contrario, era l’ultima di una serie di prove lampanti del fatto che gliene fregasse, eccome. Poteva continuare a ripetersi quanto voleva che lei non sarebbe mai potuta stare con James, perché era solo un donnaiolo e non era affidabile, questo non cambiava i sentimenti che provava per il ragazzo. 
Non era sempre stato così. Al suo arrivo a Hogwarts l’aveva trovato davvero troppo borioso e pieno di sé, e l’aveva respinto senza tanti problemi. Con il passare degli anni, poi, il ragazzo era diventato sempre più figo, e aveva cominciato a provarci apertamente con lei, ma Abby l’aveva sempre presa come una specie di scherzo; nonostante non potesse dirsi immune al fascino di James Walker (nessuno avrebbe potuto definirsi immune a tanta figaggine condensata in un solo essere), era sempre riuscita a tenerlo lontano senza farsi coinvolgere emotivamente, proprio in nome di tutti gli atteggiamenti che il ragazzo aveva sempre avuto.
Negli ultimi mesi però, qualcosa era cambiato.  Dal giorno del suo compleanno, anche se aveva fatto di tutto per non ammetterlo neanche a se stessa, non aveva potuto fare a meno di notare che James aveva davvero cominciato ad agire diversamente. Le aveva promesso che le avrebbe mostrato che con lei non si trattava solo di un gioco, di una qualche stupida sfida, che anzi ci teneva seriamente, e sembrava ben intenzionato a mantenere la parola data. Abby se ne rendeva conto nel profondo ormai da qualche tempo, ma aveva cercato di negarlo con tutte le sue forze fino all’ultimo perché sapeva che questo rischiava di mettere a dura prova la sua risoluzione nel non provare sentimenti per il più figo, desiderato e cliché di Hogwarts. E non poteva permetterselo: come avrebbe mai potuto avere la sicurezza che James faceva sul serio? Che non sarebbe ricaduto nelle sue vecchie abitudini?
Ora, le sembrava che tutte le sue certezze stessero svanendo a una velocità vorticosa che le faceva crollare il terreno sotto i piedi e perdere il controllo. Senza neanche rendersene conto era stata colpita dai tentativi del ragazzo nei suoi confronti ben più di quanto avrebbe mai creduto possibile. Poteva davvero significare quello che sembrava? James Walker davvero poteva essere cambiato per lei? Poteva davvero lasciarsi coinvolgere emotivamente come tanto desiderava senza rimanerne distrutta?
Anche se forse, ammise infine a se stessa Abby, per questo è troppo tardi, il guaio è già bello che fatto.
Non poteva più negare i suoi sentimenti. 
In quel momento, riportandola alla realtà, arrivò Thomas, una giacca di pelle infilata sopra al maglione verde a collo alto e una felpa calda in mano che lanciò ad Abby. La ragazza afferrò l’indumento al volo, controllò con una rapida occhiata che non riportasse nessun marchio con qualche strano serpente in giro e infine se la infilò, soddisfatta. Le andava a dir poco enorme e ci sprofondò con piacere dentro: era calda e profumava di Thomas, un profumo dolce e rassicurante; profumava di casa. Il ragazzo le passò anche un berretto nero con uno stemma arancione sulla fronte e ne indossò uno uguale ma bianco. 
“Come sto?” le chiese, non convinto. 
“Bene, ma tu per me stai sempre bene Thommy, con qualsiasi cosa lo sai” rispose Abby, guardando con approvazione il ragazzo. “Sei sempre stato carino, ma da quando sei entrato nella squadra di quidditch al secondo anno e sei diventato un metro e novanta, devo dire che sei proprio irresistibile... non fossimo come fratelli, ci avrei già fatto un pensierino, e sai anche questo”.
Thomas scoppiò a ridere alzando gli occhi al cielo e spintonò la ragazza, facendole fare gli ultimi gradini di corsa per non perdere l’equilibrio e facendola atterrare malferma sul manto innevato davanti all’ingresso del castello. 
Nel parco, i primi gruppi di studenti avevano già cominciato ad approfittare della neve, chi passeggiando e ammirando il panorama, chi preparando delle imboscate per lanciare delle palle di neve stregate agli ignari passanti.
Thomas condusse Abby verso il lago ghiacciato che brillava poco lontano, per essere più tranquilli. Aveva momentaneamente smesso di nevicare e nel cielo splendeva un bel sole freddo. Dietro al lago, in lontananza, gli alberi della foresta sembravano brillare come gioielli: il chiarore del giorno crescente si rifletteva sulle cime imbiancate, illuminandole di una luce assoluta. 
Abby si coprì gli occhi con una mano e si godette per un istante la bellezza mozzafiato del panorama. Da lì vedeva finalmente il castello in tutto il suo splendore e si sentì appagata: non aveva mai amato nessun posto come amava Hogwarts. Tra quella visione e l’essere con Thomas, le sembrò finalmente di riuscire a calmarsi. 
Per rimandare il momento in cui avrebbe dovuto infine affrontare i suoi sentimenti, in cui avrebbe dovuto cominciare a dire quello che aveva bisogno di confidare al Serpeverde, Abby guardò il ragazzo incuriosita. 
“Hai detto che volevi mostrarmi qualcosa, di cosa si tratta?”
Thomas non sembrava star aspettando altro. Con improvvisamente un ghigno sul volto, tirò fuori dalla tasca della giacca un foglio piegato in quattro e lo passò alla ragazza. Abby, aprendolo, scoprì che conteneva un disegno chiaramente fatto da un bambino: su un fondo malamente colorato di verde, spiccava quello che sembrava un serpente argentato; accanto, in una calligrafia incerta e infantile, tipica di un bimbo che abbia appena imparato a scrivere e abbia concentrato tutta la sua energia nel gravare quelle parole, c’era scritto “Voglio essere come te, mi manchi”. 
“Thomas ti avverto spero per il tuo bene che non sia quello che io penso che sia...” fece Abby, assumendo un tono di un minaccioso allarmante.
Il ragazzo, per tutta risposta, allargò ancora di più il ghigno sul volto e le fece segno di voltare il foglio. Ogni dubbio fu confutato: in piccolo, in un angolo, c’era un nome. Andrew.
“Thomas Blake sei un idiota!” urlò Abby, gli occhi sgranati, quasi senza parole. “Sei un deficiente, ti faccio fuori se non la smetti subito di deviare mentalmente mio fratello!”
E così detto, cominciò a tempestare il ragazzo di pugni sulla spalla, in un miscuglio di esasperazione e rassegnazione. 
“Il danno ormai è fatto, vedi me l’ha inviato via gufo ieri, non è tenerissimo? Lo adoro, seriamente. Ma in fondo non c’è nulla di male, gli sto solo mostrando la strada migliore per lui sin da piccolo...”
“La strada migliore per lui?” gli fece eco Abby, sconvolta. “Tu stai manipolando il mio povero, piccolo, adorabile, innocente, bellissimo fratellino di sei anni, convincendolo che vuole essere un Serpeverde quando sarà a Hogwarts, e questo non è bene! È MALE!” 
Thomas scoppiò a ridere di gusto. “Come fai sempre la tragica, nelle nostre due famiglie sono il solo Serpeverde, ho bisogno di un po’ di supporto”.
“Ti avviso Thomas, devi smettere immediatamente di ficcargli queste idee malsane in testa, altrimenti si convincerà veramente di voler finire tra i Serpeverde, ma lui non potrebbe trovarsi bene in quella casa, è spazzatura, senza offesa eh, no anzi con offesa visto quello che fai, lui è troppo adorabile e perfetto, deve finire in Grifondoro come la sua adorabile e perfetta sorella! E per qualche strano motivo dà più retta a te che a me quando siamo tutti a casa, QUINDI VEDI DI DIRGLI CHE L’HAI MAL CONSIGLIATO E ALLA SVELTA!” 
“Troppo tardi, e se dà più retta a me è perché sono io il suo fratellone preferito...”
Thomas fu interrotto da un cumulo di neve fresca che lo colpì in pieno viso, finendogli nella bocca e negli occhi. Non appena riuscì a liberarsi il volto, si trovò davanti una Abby che gli puntava un dito contro, con fare intimidente. 
“Non osare ripeterlo mai più, lui è mio fratello, e sono io la sua preferita!”
Era una discussione ormai abituale tra i due. Andrew Hill era il fratellino minore di Abby; aveva sei anni, lucidi capelli neri, due occhi scuri che brillavano sempre allegri e delle guance pacioccose e morbide. Era un bambino stupendo, vivace, adorabile all’inverosimile, di una tenerezza infinita e sostanzialmente parlando l’unica altra persona che Abigail Hill amasse incondizionatamente oltre a se stessa. Per lui, avrebbe fatto qualsiasi cosa, ed era la persona che le mancava di più quando era a Hogwarts. 
Siccome le due famiglie, Hill e Blake, erano così unite, Thomas non era come un fratello solo per Abby, ma anche per il piccolo Andrew, che stravedeva per il Serpeverde: si metteva a piangere ogni volta che il ragazzo doveva tornare a casa sua, e al contrario quando sapeva che stava per arrivare cominciava a guardare senza più muoversi il caminetto dal quale sapeva sarebbe sbucato con la Polvere Volante. Durante le vacanze, Thomas si recava a casa Hill, dove era chiaramente di famiglia, quasi tutti i giorni, a volte fermandosi anche intere settimane; quindi di fatto Andrew lo vedeva tanto quanto la sorella, che condivideva il fratellino volentieri ma che a volte non poteva che essere un po’ gelosa del legame tra Thomas e il suo angioletto adorato. Andrew era il suo amore, suo e di nessun altro. Eppure, Thomas esercitava un’influenza senza pari sul piccolo Andrew, che lo avrebbe seguito in capo al mondo ad occhi chiusi, e non sognava altro che diventare come il Serpeverde da grande.
“Puoi ripetertelo quante volte vuoi, ma sai che io e lui abbiamo un legame speciale” la stuzzicò Thomas, a rischio di beccarsi un altro attacco di neve. 
Abby decise di cambiare tattica. Incrociò le braccia e assunse un’espressione di sfida. “Se lo dici tu. Quando torneremo a casa per Natale tra qualche settimana, vedremo chi correrà ad abbracciare per primo.”
L’espressione sul volto di Thomas si rabbuiò per un istante, ma il ragazzo cercò di non darlo a vedere. La verità era che lui non sarebbe tornato a casa per Natale, l’aveva già deciso anche se non l’aveva ancora detto a Abby, e non contava di dirglielo. Da quando le cose erano precipitate con Sophie, la sua vita intera sembrava essere degenerata: aveva i voti più bassi che avesse mai preso a scuola, e si era scontrato su questo e su altro innumerevoli volte con i suoi genitori via lettera. Pertanto, non aveva molta voglia di tornare a casa per le vacanze, preferiva starsene tranquillo a Hogwarts, dove sapeva tra l’altro che Sophie non sarebbe rimasta, perché lei tornava sempre dai suoi. Ma se l’avesse detto ad Abby, l’avrebbe messa di fronte ad un dilemma non risolvibile, costringendola a scegliere tra il tenergli compagnia e il rivedere il piccolo Andrew, e non voleva che i suoi problemi ricadessero in questo modo sulla ragazza; era meglio non dirle niente e lasciare che tornasse a casa senza sentirsi in colpa, così che si godesse un po’ di tempo sola con il fratellino. 
“Bene Abby, ti ho fatto pensare ad altro come volevo, adesso però è il momento che tu mi dica perché avevi bisogno di parlarmi, che ne pensi?” disse infine Thomas, desideroso di cambiare argomento e sinceramente in apprensione per lo stato in cui aveva visto l’amica poco prima. “Mi vuoi dire cos’è successo? Sembravi sconvolta”.
Abby si mordicchiò il labbro per un istante, prima di capitolare. 
“Ho combinato un casino Thommy... ho lasciato che succedesse quello che mi ero promessa di non lasciar succedere.”
“Merda Abby, no. Stai per parlarmi di Logan Walker!” 
Abby guardò il Serpeverde con una luce colpevole negli occhi. “Lo sai che non volevo...”
Thomas sospirò, incrociò le mani dietro alla testa e si preparò ad una grande prova di amicizia. 
“Tanto temevo che questo momento sarebbe arrivato prima o poi... dai, spara ti ascolto”.
La Grifondoro gli rivolse un mezzo sorriso, riconoscente, e finalmente si aprì, lasciando che le parole uscissero dalla sua bocca come un fiume in piena. Mentre raccontava cos’era successo a colazione ed esponeva all’amico le sue riflessioni tormentate, cominciò a sentirsi meglio. A mano a mano che tirava fuori i suoi pensieri più nascosti, le cose sembrano farsi chiari, e i suoi sentimenti videro infine la luce del giorno. James Walker le piaceva, le piaceva da morire. 
“E che cazzo Abby ti sei innamorata di quell’idiota di Walker!” si lasciò sfuggire infine Thomas, non riuscendo a evitare un tono di disapprovazione. 
“Senti, tu stai da mesi ormai con quella troia di Gray, quindi non sei nella posizione di giudicarmi.”
“È una cosa diversa” protestò Thomas, “io non provo niente per lei, tu sei cotta persa.”
“Scusa, sono contenta di sentire che non provi niente per lei, cominciavo a temere che ti fossi completamente rincretinito, ma allora si può sapere perché ci stai insieme? Ti diverti a darmi la nausea per caso?”
Thomas esitò un attimo; Abby si era appena aperta completamente con lui e non voleva che ci fossero ancora segreti tra di loro. Per un istante vacillò, e fu sul punto di dirle tutto, di spiegarle che si era interessato a Megan solo distrarsi e per non pensare a Sophie e a quanto l’avesse fatto star male fidanzandosi con quel deficiente di Richardson. Poi, si riprese: sapeva che Abby ci sarebbe stata male per essere rimasta così così a lungo all’oscuro di quella storia e si disse che non ne valeva la pena, dopotutto con Sophie era finita, e per sempre. 
“Beh, sono un ragazzo, e lei è Megan Gray, davvero devo spiegarti perché ci sto insieme? Devo descriverti nel dettaglio come ci si diverte con una come Megan?”
“Lascia stare, come non detto, ti sei davvero rincretinito completamente” lo fermò Abby, nauseata. “In ogni caso non ho detto di essere innamorata persa di James, solo che provo qualcosa per lui. Non riesco più a negarlo...”
“Soprattutto visto che dai di matto a vederlo parlare con un’altra ragazza” scherzò Thomas.
“Dai Thommy è una cosa seria, io non sono sicura di volere questi sentimenti, se gli ho resistito per tutti questi anni c’è un motivo e lo sai. Chi mi assicura che faccia sul serio? Non posso rischiare di aprirmi a James perché potrebbe spezzarmi il cuore, lui è fatto così e lo so da sempre. Insomma, è James Walker: non potrebbe durare a lungo; si stuferebbe di me se finalmente mi avesse e io ci soffrirei troppo, per questo devo continuare a rifiutarlo come ho sempre fatto”.
Thomas la guardò improvvisamente serio. “Ora ascoltami bene Abigail Hill, perché quello che sto per dire non lo ripeterò neanche sotto tortura e va contro ogni mio principio. Però io tengo a te e voglio solo che tu sia felice, quindi devo dirlo. Credo davvero che Walker sia cambiato, e che l’abbia fatto per te. Resta un cretino, intendiamoci, ma anche Jake ha commentato che il suo rivale di sempre è uscito dalla piazza. E se te lo dico io, puoi credermi.”
Fece un attimo di pausa, come cercando le parole giuste da dire. Abby lo stava guardando sorpresa e quasi implorante, come se davvero volesse credergli ma non fosse ancora del tutto convinta. 
“Io ti conosco Abby, e so come sei fatta. Se ora che sai cosa provi per lui ti costringessi a cercare di ignorare i tuoi sentimenti, staresti solo peggio. Non pensavo che l’avrei mai detto, anche se in fondo ho sempre saputo che sarebbe successo. Non posso dire che sia quello che ho sempre desiderato per te ma... sì, credo che dovresti dare una possibilità a Walker”. 
Abby lo fissò per un istante, esterrefatta. “Chi sei tu? Cosa hai fatto di Thomas Blake?”
“Smettila, lo sai che l’unica cosa che voglio è che tu sia felice. Credo che lui ci tenga davvero a te che varrebbe la pena di fare un tentativo”.
“Però, se poi...”
“Niente però Abby, niente se poi. Ora tocca a te dargli un po’ di quella fiducia che sta tanto duramente cercando di meritarsi. E poi, smettila di sottovalutarti: lui sarà anche James Walker, ma tu resti pur sempre la fottutissima e unica Abigail Hill. Nessuno può competere con te, né Megan, né Jimenez, neanche il grande Walker in persona”.
Le labbra si Abby si incurvarono in un sorriso spontaneo. 
“Lo sapevo che avevo bisogno di parlarne con te, tu sai sempre come farmi star meglio. Tra l’altro, so che non sei il fan numero uno di James...”
“...dì pure uno degli ultimi in assoluto...”
“...quindi grazie per avermi ascoltato parlare di lui.”
“Per te questo e altro” le assicurò Thomas, con disinvoltura. “Poi, finché mi parli di Walker e non Richardson posso ancora sforzarmi.”
“Thomas! Ancora con questa storia? È passata una settimana intera dalla rissa, e so per certo che Edward è venuto a chiederti scusa, me l’ha detto”.
“Se quello si può definire chiedere scusa...”
“Beh scusa, tu l’hai provocato, e non pensare che non sappia come, quindi non puoi lamentarti”.
Thomas sbuffò, arricciando le labbra. “Hai ragione”.
“Lo so, io ho sempre ragione, ma chissà perché nessuno mi dà mai retta”.
“In ogni caso, spero tu ti senta un po’ meglio e che tu ora sia pronta a accettare quello che so che succederà finalmente”.
Abby annuì, ringraziandolo ancora con lo sguardo. Poi, scherzò: “La domanda è, tu sei pronto ad accettarlo?”
Thomas alzò gli occhi al cielo sbuffando, in un gesto teatrale, quindi lo passò un braccio attorno alle spalle e la trasse a sé, con fare affettuoso. 
“Abby, Abby, sai che ti voglio bene più che a chiunque altro al mondo. E te ne vorrò per sempre, anche quando sarai la ragazza di James Walker... perché lo sarai, e presto.”
I due rimasero così, abbracciati, in mezzo al parco innevato, mentre il sole ormai alto in cielo faceva brillare ogni cosa attorno. 
 

II

“Ma devi proprio andarci? E io cosa faccio?” protestò debolmente Summer mentre assieme a Frank usciva dalla Sala Grande.
“Sum non ho assolutamente voglia di andare da lei, ma devo. Alayna ha detto che mi deve dire una cosa importante, cosa potevo fare?” disse Frank con espressione affranta.
“Dovevi dirle di no! Insomma Frank, non sei più il suo ragazzo. Non sei obbligato a darle retta ogni volta che dice di avere un problema, lo sai che è solo una matta!” rispose Summer innervosita per un attimo dal ricordo della punizione che si era procurata qualche mese prima a causa di Alayna; quindi riprese: “Poi cosa pensi che voglia dirti? Sarà un’altra delle sue dichiarazioni imbarazzanti!”
“Lo so Sum, ma non riesco a dirle di no. Mi fa troppa pena... Ora devo andare da lei, ci vediamo a pranzo?”
Summer annuì sconsolata, e dopo aver fatto un ultimo saluto a Frank iniziò a vagare senza una meta per il castello.   
Davvero non lo capiva Frank. Aveva mollato Alayna l’anno precedente, eppure continuava a darle corda ogni volta che lei lo richiedeva. 
Spero non abbia intenzione di tornarci assieme, pensò Summer terrorizzata per un attimo da quella spaventosa prospettiva. Ma si rese immediatamente conto che era impossibile. Insomma, Frank aveva avuto modo di toccare con mano più volte il fatto che Alayna fosse una spostata totale. Non sarebbe mai tornato con lei, ne era certa.
Summer si guardò intorno annoiata. Dai finestroni del corridoio del terzo piano si poteva ammirare lo stupendo paesaggio innevato. Quella notte infatti aveva portato con sé la prima neve dell’anno, che aveva trasformato tutto il territorio circostante al castello in un soffice tappeto bianco. Fuori era pieno di gruppi di amici che si riunivano per passare del tempo assieme, chi per giocare a palle di neve e chi per godersi semplicemente il paesaggio mozzafiato e la meravigliosa atmosfera invernale. 
Summer sbuffò, avrebbe tanto voluto anche lei godersi quel giorno libero in compagnia dei suoi amici, ma a quanto pare loro avevano altri programmi. Frank doveva far fronte al suo incontro con Alayna, Abby era scomparsa con Thomas subito dopo la colazione e Sophie doveva assolutamente finire quella mattina tutti i compiti in vista del pomeriggio che avrebbe passato in compagnia del suo favoloso Edward.
E io invece mi annoio qui da sola, pensò Summer avvilita, e proprio quando si era ormai rassegnata all’idea di andare in biblioteca a studiare, una voce alle sue spalle la fece sobbalzare.
“Tutta sola Evans?”
Summer si voltò. A pochi passi da lei c’era Jake, che le stava sorridendo con il suo solito sorrisetto sghembo sul volto. I lividi sotto gli occhi e sul naso, tracce della rissa avvenuta qualche tempo prima, erano quasi spariti.
Summer non aveva più avuto molto modo di passare del tempo con il ragazzo dopo le vicende della partita di quidditch, e sinceramente non ne era così dispiaciuta. Era venuta a conoscenza dei motivi per cui la rissa era scoppiata, e lo scoprire che Jake aveva detto quelle cose disgustose su Abby non le era piaciuto affatto. Nessuno poteva parlare così delle sue amiche, e il fatto che fosse stato Jake poi, la irritava ancora di più. Summer era probabilmente l’unica persona in quella scuola che pensava ci fosse del buono in quel ragazzo, la sola che aveva potuto conoscere il suo lato gentile e simpatico. Ma di fronte a quelle frasi non poteva difenderlo, era profondamente delusa.
Ora che ce l’aveva davanti però, non sapeva bene come comportarsi. Sebbene volesse dirgli quanto disapprovasse il suo atteggiamento, il fascino del ragazzo la lasciò interdetta.
“Allen” rispose con distacco Summer, facendo in lieve cenno con il capo in segno di saluto.
Il ragazzo si appoggiò con nonchalance alla finestra da cui poco prima Summer stava guardando il paesaggio.
“Come stai? Non ti sei più fatta vedere” disse lui, sempre sorridendo.
“Ho avuto da fare” replicò la ragazza, cercando di evitare di guardare in faccia Jake.
“Capisco...” mormorò lui.
“Vai da qualche parte?” gli domandò Summer, notando la giacca e il berretto verde che il ragazzo stava indossando.
“Cosa te lo fa pensare?” replicò Jake subito sulla difensiva.
“Non so, forse il fatto che sei vestito come un eschimese che deve affrontare la scalata di un ghiacciaio?” fece a sua volta Summer ironica.
Jake rise e riprese: “Come sei arguta, Evans. Comunque sì, devo uscire, ho delle commissioni da fare. Tu invece? Anche tu hai la giacca, stai uscendo?”
“Speravo di fare un giro nella neve fuori, ma a quanto pare i miei amici sono tutti impegnati, quindi penso me ne andrò in biblioteca” gli rispose Summer, chiaramente sconsolata.
“Beh visto che non hai nulla da fare che ne dici di darmi una mano, Evans?” domandò Jake.
“Mmm...” Summer ci pensò un momento. “Devo studiare Jake.”
“Ma se hai appena detto che volevi andare sulla neve con i tuoi amici. Dai non tirartela, chi passa il primo giorno di neve a fare i compiti?”
Summer lo guardò in silenzio per un attimo. In effetti aveva ragione. Non aveva alcuna voglia di chiudersi in biblioteca a studiare. 
“E va bene. Verrò con te. Che dobbiamo fare?”
“Lo vedrai” rispose Jake enigmatico. 
Di nuovo quel sorrisetto sul volto. Summer provò per l’ennesima volta quella strana sensazione di confusione.
Summer seguì Jake senza fare domande. Non aveva una gran voglia di passare del tempo con lui, né di parlarci soprattutto. Ma allo stesso tempo, per qualche motivo che lei non era ancora in grado di spiegarsi, non era mai capace di dire di no al ragazzo. 
Poi insomma, almeno avrebbe potuto prendere un po’ d’aria fresca senza stare da sola come una triste zitella depressa.
“Ma scusa dove stiamo andando? Non dobbiamo andar fuori?” domandò Summer confusa quando vide Jake superare la scalinata che li avrebbe condotti al piano inferiore.
“Sì, usciamo” confermò Jake tranquillo.
“E allora perché non siamo scesi? Cosa vuoi fare? Andare in cortile buttandoti giù dalla finestra?” gli chiese Summer interdetta.
“Fai sempre troppe domande, Evans” disse Jake fermandosi accanto alla vecchia statua di Gunhilda Gorsemoor.
“Sai com’è, mi stai portando con te” rispose Summer alzando irritata gli occhi al cielo.
“Hai ragione Evans. Oggi è il tuo giorno fortunato. Ti porto ad Hogsmeade.”
“CHE COSA?!” esclamò Summer scioccata.
“Ti porto ad Hogsmeade” ripeté Jake.
“Ho capito. Ma come pensi di fare? Non possiamo uscire, ci beccheranno!” fece Summer terrorizzata. Non le piaceva infrangere le regole.
“Non ci beccheranno, rilassati principessina. Basta sapere da dove passare” disse lui alzando le spalle con noncuranza.
“Ah sì? E come pensi di fare? Andiamo sulla torre di astronomia e voliamo via con una scopa?”
“Sarebbe un’idea, Evans, ma Silente ci beccherebbe.” 
“Appunto! Come pensi di uscire dal territorio della scuola senza farti vedere?” domandò Summer esasperata.
Jake sorrise, e indicò la statua accanto a lui.
“Cosa c’entra la statua della strega orba adesso?” Summer era sempre più confusa.
“Cara, piccola, tenera Summer. Quante cose che non sai ancora. Tu davvero credi che io potrei passarmi un anno intero recluso qui dentro senza uscire mai?” disse Jake divertito.
“Lo facciamo tutti, Allen!” 
“Oggi è il tuo giorno fortunato. Ti sto per confidare un segreto che pochi di noi conoscono” continuò Jake senza cogliere la frecciatina della ragazza. 
Prima che Summer potesse porre un’altra delle sue domande, Jake estrasse la bacchetta, e colpendo la gobba della strega sussurrò “Dissendium”.
Improvvisamente la gobba della statua si aprì rivelando uno stretto e buio cunicolo.
“Ma che cosa...” mormorò Summer guardando dentro al passaggio che si era creato.
“Ecco a te uno dei passaggi segreti che conducono verso Hogsmeade. Questo in particolare, ti porta dritto dentro la cantina di Mielandia.” 
“Non credevo ci fossero dei passaggi segreti per uscire dal castello! E comunque figurati se i professori non ne sono a conoscenza, è troppo rischioso Jake!”
“Ce ne sono un paio, alcuni sono stati scoperti e chiusi dai professori... questi per il momento sono salvi. Siamo in pochi in tutta la scuola a conoscerne l’esistenza” affermò il ragazzo tronfio.
“Sei sicuro?” domandò Summer. Quella situazione non le stava affatto piacendo.
“L’avrò usato cento volte, Sum. Tu promettimi solo che non lo dirai a nessuno. Sarebbe un disastro se questa informazione giungesse alle orecchie sbagliate. Quindi promettimi che non ne parlerai neanche alle tue amiche, in teoria non avrei dovuto farlo vedere nemmeno a te.”
“E allora perché me l’hai detto?”
“Perché sei l’unica persona di cui io mi fidi, Evans” disse Jake mentre entrava nello stretto cunicolo.
Summer lo stava fissando immobile.
“Che fai? Non vieni?” gli domandò il ragazzo.
“Non so Jake...” esitò Summer, guardandosi attorno spaventata. Il corridoio circostante era totalmente vuoto, nessuno l’avrebbe vista.
“Eddai, Evans.  Non fare la solita principessina Tassorosso. Fidati di me, non ti succederà nulla” disse Jake, che la stava guardando sorridendo.
Summer fissò per un attimo il ragazzo. Era una di quelle rare volte in cui sul suo volto non appariva la sua solita espressione strafottente, ma un sorriso sincero. Bastò quello per convincerla.
La ragazza sospirò ed entrò nello stretto e buio cunicolo. Sdrucciolò per un bel tratto lungo uno scivolo di pietra, e poi atterrò su un terreno umido e freddo. 
“Tira fuori la bacchetta” le consigliò con calma Jake mentre l’aiutava a rialzarsi. 
“Come mai?!” chiese impanicata Summer. C’era forse il rischio di imbattersi in qualche creatura pericolosa?
Jake scoppiò a ridere.
“Per farti luce, Summer. Almeno vedi dove metti i piedi, voi Tassorosso siete così fifoni” e detto questo il ragazzo, mimando con le labbra la parola Lumos, accese di luce magica la punta della sua bacchetta.
Summer fece lo stesso, ed effettivamente fu una mossa furba a giudicare dal terreno sconnesso. Il passaggio era un cunicolo molto angusto, tutto curve e zigzag, scavato nel terriccio. La temperatura là sotto sembrava essersi abbassata di qualche grado, il freddo era ancora più pungente di quanto non fosse all’esterno. 
I due ragazzi camminarono uno a fianco all’altro per qualche minuto, in silenzio. Summer era abbastanza stranita dal cambiamento repentino di quella mattinata: doveva stare in biblioteca a studiare e ora invece era in un passaggio segreto diretta ad Hogsmeade, senza il permesso dei Professori.
In più continuava a provare un moto di irritazione nei confronti di Jake, a causa di quello che aveva detto su Abby.
Jake sembrava essersene accorto, infatti le domandò: “Evans sputa il rospo, che hai che non va?”
“Io?” domandò Summer facendo la finta tonta. Non aveva voglia di discutere. 
“Non parli e mi sembri abbastanza fredda. Ormai ti conosco, so che hai qualcosa che non va” affermò lui sicuro di sé.
Summer rimase stupita dal fatto che Jake avesse imparato a conoscerla così bene in così poco tempo. 
“Bhe” incominciò a dire Summer, consapevole che non poteva più tenersi quella cosa dentro “effettivamente c’è una cosa che mi ha dato molto fastidio, Jake.
“Che cosa?” domandò il ragazzo. La sua voce si era fatta seria.
“Abby mi ha detto che l’altro giorno tu e James vi siete picchiati perché tu hai fatto delle battutine di cattivo gusto su di lei. È vero?” chiese Summer.
Il ragazzo stette in silenzio per qualche secondo, poi rispose: “Sì, è vero.”
“Bene” rispose secca Summer, “io Jake sto davvero cercando di vedere il tuo lato buono. E sinceramente credevo di averlo trovato. Ma vedere che parli in questo modo disgustoso delle mie amiche, non mi sta bene. Con le ragazze puoi fare quello che ti pare, non mi riguarda, ma se dici certe cose sulle mie amiche stai sicuro che non ci passò sopra!” 
“Ok Evans, ferma la lingua. Rilassati!” disse Jake, mezzo divertito.
“Guarda che non sto scherzando Jake! Non mi è affatto piaciuto il tuo comportamento!”
“Lo so che non stai scherzando. E infatti ti chiedo scusa. È stata una battuta infelice, ma se posso giustificarmi, sappi che non pensavo veramente quelle cose.”
“Ma per piacere Jake, allora perché le hai dette?” ribatté Summer secca.
“Perché sapevo che avrei toccato il punto debole di Walker. Volevo provocarlo e sapevo che così ci sarei riuscito. Non le pensavo davvero, io non direi mai certe cose sulle tue amiche” rispose il ragazzo, sembrava sincero.
“In ogni caso non sono belle cose da dire...”
“Lo so Evans, e ti chiedo scusa. Ma non le pensavo davvero, volevo far innervosire James, ed è il risultato che ho ottenuto”
Summer scosse la testa.
“Poi insomma, non ci proverei mai con una tua amica. Tu saresti troppo gelosa!” scherzò Jake, con tono malizioso.
“Sogna Allen, sogna” fece Summer, in tono divertito. Per fortuna era buio e Jake non poté vedere le guance di Summer diventare rosse.
“Per questa volta sei perdonato. Ma ti avverto Allen, prova a dire un’altra cosa su una delle mie amiche e sei morto!” disse Summer minacciosa.
“Farò il bravo” promise il ragazzo alzando la mano libera dalla bacchetta.
I due ragazzi continuarono a camminare nel cunicolo. Dopo aver chiarito quel malinteso, Summer ora si sentiva molto più a suo agio con Jake. L’atmosfera si era rilassata e la ragazza era contenta di aver deciso di buttarsi in quella strana avventura insieme al Serpeverde.
“Comunque non mi hai detto dove stiamo andando” continuò Summer dopo circa dieci minuti di camminata.
“Devo fare una commissione” rispose il ragazzo.
“Che commissione?” 
“Lo vedrai appena arriviamo” si limitò a dire Jake divertito dalla curiosità della ragazza.
Summer decise di non tentare ulteriormente di carpire qualche informazione in più. Quando Jake faceva così era inutile.
“Però se arriviamo nella cantina di Mielandia, come usciamo da lì? Insomma credo che i proprietari non saranno proprio contenti nel vederci spuntare dritti tra le loro riserve di dolci!” 
“Domanda furba Evans. Ma non è un problema. Il sabato pomeriggio il signor Flume e sua moglie non lavorano, ma c’è solo loro figlio, Alan. Ed è proprio lui che mi sta aspettando.” 
“Alan Flume? E come lo conosci scusa?” domandò Summer.
“Beh quando io ho iniziato a frequentare Hogwarts, lui era al settimo anno. È lui che mi ha insegnato tutto quello che so, passaggi segreti e tutto il resto... e diciamo che ogni tanto ci aiuta ancora, come dire, all’occorrenza” cominciò Jake rimanendo volontariamente sul vago.
Summer lo fissò confusa, e anche in quel caso decise di non fare ulteriori domande. Le risposte che le dava il ragazzo non facevano che aumentare i suoi dubbi. E sicuramente non voleva sapere cosa intendesse Jake con tutto il resto e all’occorrenza
Dopo una camminata interminabile, finalmente il terreno iniziò lentamente a risalire, finché i due ragazzi non si trovarono ai piedi di una lunga scalinata di gelida pietra che spariva nel buio.
“Dobbiamo davvero fare tutti questi scalini?” domandò Summer costernata.
“Dai su Evans, ti facevo più atletica” disse Jake iniziando a risalire la scala irregolare.
“Questo è in assoluto l’ultimo posto in cui mi sarei mai aspettata di essere stamattina” fece dopo qualche minuto Summer , che camminando davanti a Jake, stava ansimando per la fatica. Quelle scale sembravano non avere fine.
“Ti credo Evans. Innocente come sei non penseresti mai che qualcuno possa uscire dalla scuola” disse Jake divertito.
Summer ignorò la provocazione e continuò: “Dopo voglio sapere come hai fatto a scoprire questo passaggio, e come mai non ne ho mai sentito parlare e davvero as-CAZZO!” 
Summer si portò le mani alla testa dolorante. Aveva sbattuto la nuca contro qualcosa.
Jake scoppiò a ridere.
“Non ridere Jake! Mi sono fatta male!”
“Dai Sum hai la testa dura, non patisci. Comunque la tua testa ci annuncia che siamo arrivati.”
Il ragazzo superò Summer e con cautela spinse una botola di legno.
Una fioca luce filtrò dentro il cunicolo, assieme un forte odore di caramelle misto a sciroppo alla fragola.
Jake uscì con cautela dalla botola, si alzò in piedi e tese la mano a Summer.
La ragazza afferrò la sua mano ed uscì anche lei. Si guardò attorno: si trovano in una cantina piena di casse e scatole di legno. Jake chiuse la botola (il pavimento era così polveroso che era impossibile individuarla) e guardando Summer che si massaggiava ancora la testa domandò: “Ti sei fatta tanto male?”
“Ti ringrazio per essertene finalmente preoccupato” disse Summer fingendosi offesa, “comunque no tranquillo, sto bene.”
“Perfetto, non voglio averti sulla coscienza principessa” rise Jake, per poi superarla e dirigersi verso una consunta scalinata in legno.
Il ragazzo portò l’indice davanti alle labbra, in segno di silenzio, ed invitò poi Summer a seguirlo. 
Non appena i due arrivarono in cima alla scala, il ragazzo bussò con tre colpi secchi alla porta che si ritrovarono davanti.
Sentirono dei passi frettolosi, e quando la porta si aprì spuntò un ragazzo. Doveva avere sui ventisette anni o giù di lì, era alto e magro, con dei capelli rossi lunghi fino alle spalle. Summer non poté non notare che nonostante fosse chiaramente più grande di lei, era piuttosto attraente.
“Guarda chi arriva, il piccolo Allen” lo salutò il ragazzo dando un’amichevole pacca sulla spalla di Jake.
“Vedo che ti sei fatto crescere i capelli Alan, sei un cesso” disse Jake in tono chiaramente scherzoso. 
“Tu rimani cesso con qualsiasi tipo di capelli. E sto berretto? Sembri un preservativo” rispose Alan divertito. L’espressione sorridente del ragazzo si trasformò subito in uno sguardo torvo non appena si accorse che accanto a Jake c’era una ragazza che non aveva mai visto.
“E questa chi è?” domandò brusco Alan.
“Lei è Summer” la presentò Jake tranquillamente, ma prima che la ragazza potesse presentarsi Alan prese subito la parola.
“Cazzo Jake te l'ho detto cento volte che non devi portarmi qui le tue amiche dello sgabuzzino. Non voglio che giri la voce su quello che facciamo, potrei finire nella merda!” 
“Tranquillo Alan! Non è una delle solite... è una mia amica, di lei possiamo fidarci” rispose Jake.
Alan la studiò per un momento, poi riprese: “Va bene, ma se dice qualcosa la responsabilità è tua Allen. Comunque entrate dai, non state lì.”
Jake e Summer entrarono dalla porta, e si trovarono proprio dietro al bancone di Mielandia.
Il negozio non era affollato come al solito, qua e là si intravedevano maghi e streghe che, troppo occupati a fare incetta di dolci, non si erano nemmeno accorti della loro presenza.
“Come vanno le cose?” domandò Jake.
“Bene dai, il sabato pomeriggio è sempre tranquillo qui. Poi se non ci sono i miei è una pacchia. Comunque la tua roba è pronta di sotto, dammi qualche minuto per servire questi ultimi clienti e ti dò tutto.” 
“Non c’è problema” rispose Jake “ti spiace se aspettiamo fuori? Ho bisogno di prendere un po’ d’aria, quel cunicolo è così asfissiante.” 
“Certo, mi ricordo quanto sia angusto quel passaggio” disse Alan con espressione nostalgica “comunque andate pure, vi vengo a chiamare quando ho finito”.
Jake e Summer uscirono dal negozio. L’aria fredda colpì con violenza il volto della biondina, ma effettivamente fu una sensazione piacevole dopo aver camminato per mezz’ora sottoterra.
Non capisco perché Jake debba fare tutto sto casino per comprarsi delle caramelle. Non può prenderle come fanno tutti durante le uscite a Hogsmeade?, si domandò Summer fra sé e sé. Ma decise di non condividere la sua domanda con Jake, sicuramente le avrebbe dato una risposta criptica e senza senso.
Il ragazzo tirò fuori dalla tasca una sigaretta e se la porto alla bocca. Poi, servendosi della bacchetta, l’accese. Inspirò profondamente, e dopo qualche secondo dense nuvole di fumo uscirono dalla sua bocca.
Summer rimase per un attimo a fissarlo. Quasi incantata. Mentre fumava era innegabilmente ancora più figo del solito.
“Vuoi fare un tiro?” domandò Jake essendosi probabilmente accordo dello sguardo intenso della ragazza.
“No grazie, non fumo” disse Summer.
“Ti pareva... figuriamoci se fumavi” rise lui divertito.
“Ma la pianti? È tutta la mattina che fai ste battute del cavolo” rispose secca Summer.
“Dico solo la verità, Evans. Ma non è mica un male, mi piace il fatto che rimani fedele ai tuoi principi e non li tradisci solo per compiacere uno qualunque. Non ci sono tante ragazze come te” ribatté lui tranquillamente, tra un tiro e l’altro.
“Devo prenderlo come un complimento o un’altra delle tue frecciatine?”
“Prendilo come vuoi. Sappi solo che solitamente non spreco fiato prezioso per dire certe cose alle ragazze” fece lui con il suo solito sorriso sghembo.
Summer si lasciò scappare un sorriso. Apprezzava quel rozzo tentativo di Jake di essere gentile con lei.
“Fa freddo oggi eh?” domandò Summer.
“Farò finta di non aver colto il tuo tentativo di cambiare discorso” 
“Che tentativo?”
“Dai ti conosco. Ti imbarazzi quando la gente parla di te e ti fa i complimenti, allora cambi discorso” disse Jake divertito.
Summer stette in silenzio. Nuovamente colpita. Come diavolo faceva a ricordarsi tutte quelle cose su di lei?
“Beccata eh? Un’altra cosa che apprezzo. Le ragazze che mi girano attorno solitamente sono così piene di sé che a momenti si fanno i complimenti da sole. Tu invece no, ed è strano, dovresti essere abituata a sentirti dire certe cose” disse Jake guardandola intensamente.
“Ma a quanto pare invece non mi capita spesso. Non penso di attirare molto l’attenzione” rispose lei.
“Invece ti sbagli” la contraddisse Jake sempre senza distogliere lo sguardo “sei una figa Evans. E so di alcuni ragazzi a cui interessi”
Sei una figa Evans? Ma quanti anni hai? Quaranta?” gli fece il verso Summer divertita.
“Sto solo cercando di essere gentile. Riesco solo a farlo così.”
Summer scosse la testa divertita. 
“Comunque smetto di metterti in imbarazzo dai, se arrossissi ancora un po’ sciogli la neve” disse lui buttando a terra la cicca ormai finita e spegnendola
con il piede. 

Sono davvero così rossa?, si domandò Summer imbarazzata. 
“Per fortuna tra poco iniziano le vacanze, non posso sopportare ulteriormente lezioni e compiti” fece quindi Jake cambiando discorso, e Summer gliene fu grata. Jake sapeva sempre fin dove spingersi con lei, faceva un po’ l’idiota, ma poi quando notava che la ragazza iniziava a sentirsi a disagio la smetteva.
“Come se tu facessi i compiti” lo rimbeccò Summer.
Jake rise e ribatté: “Ha ragione. I compiti non li faccio ma necessito di questa pausa per potermi inventare nuove scuse da usare davanti ai professori.” 
“Secondo me non ne hai più bisogno, sanno che tanto non li fai perché non hai voglia.” 
“E anche su questo hai ragione. Che fai per le vacanze, torni a casa?” le domandò Jake curioso.
“No quest’anno no. È il primo anno che rimango ad Hogwarts per le vacanze natalizie, ma quest’anno i miei genitori vanno a trovare mio fratello in Spagna. Lavora laggiù per conto del ministero” rispose Summer.
“Non sapevo avessi un fratello. Com’è ne non l’ho mai visto?” disse Jake stupito.
“Sì, si chiama Arthur. Però è molto più grande di me. Ha dieci anni in più, si è diplomato prima che noi mettessimo piede a scuola. Tu invece? Vai a casa per le vacanze?” domandò a sua volta la ragazza.
“No. Rimango anche io a scuola, non torno mai a casa durante le pause...” disse Jake, che improvvisamente sembrò rabbuiarsi.
“Stai a scuola? Ma Alex è sempre tornato a casa a Natale!” si stupì Summer. La ragazza si ricordava che il Tassorosso non aveva mai passato nessuna delle pause dalle lezioni a scuola, né a Natale né a Pasqua.
“Appunto per questo...” rise Jake amaramente.
“Scusa non volevo toccare un tasto dolente” fece Summer temendo subito di aver in qualche modo urtato la sensibilità del ragazzo. Non me avevano mai parlato molto, ma Summer sapeva, da quel poco che era riuscita a carpire tra una conversazione e l’altra, che dietro quell’odio si nascondeva qualcosa di più profondo. Una sofferenza che Jake non riusciva o non voleva esternare.
“Non preoccuparti Evans. È tutto a posto” rispose Jake sorridendole sinceramente. “Tra l’altro come va con il mio fratellino? Ancora non vi parlate?”
Summer lo guardò interdetta. Mai si sarebbe aspettata quella domanda da Jake.
“No ancora non ci parliamo...” mormorò Summer spostando un mucchietto di neve con il piede.
“Posso sapere cos’è successo tra voi due? Non me ne hai mai parlato...” azzardò Jake.
Era vero. Summer aveva qualche volta lanciato qualche frecciatina contro Alex, ma non aveva mai spiegato cosa fosse esattamente successo tra loro. Non le piaceva parlarne, nemmeno con i suoi migliori amici. Eppure in quel momento, con Jake, si sentiva di poter parlare di tutto. Non poteva che fidarsi di quel ragazzo, le veniva naturale.
“In realtà non so nemmeno io che cosa sia successo. Noi non siamo mai stati amici davvero, era innegabile che ci fosse qualcosa di più tra noi. Lui però ha sempre avuto un atteggiamento strano... spariva all’improvviso per un po’ poi ricompariva come se nulla fosse.  Il fondo l’ha toccato a settembre, quando dopo avermi chiaramente fatto intendere quanto io gli piacessi, mi ha detto che sono una buona amica o qualcosa del genere” disse Summer amaramente.
“Buona amica? Ahia, brutto sentirselo dire” intervenne Jake per smorzare la tensione.
“Già, non è stato piacevole. Non mi piace questo suo modo di giocare con i sentimenti altrui, probabilmente non gli è mai davvero importato di me, si divertiva semplicemente a farmelo credere. Evidentemente Alex Allen non è così perfetto come sembra, no?”
Jake rimase per un attimo a fissare Summer in silenzio, poi disse: “Sai Evans, vorrei tanto poterti dire sì Alex è un idiota, un cretino, è sopravvalutato da tutti, e altre cose che davvero penso. Però sei mia amica, e mi spiace vederti così. Quindi mi trovo costretto a dirti che Alex a te ci teneva davvero.”
“Come no...” sputò Summer improvvisamente innervosita dalle parole del Serpeverde.
“Calmati Evans. Non voglio difenderlo, sai che se posso insultare il mio fratellino lo faccio senza problemi. Io non so cosa l’abbia spinto a comportarsi così, quali problemi abbia nel cervello -e credimi, secondo me sono tanti - ma io sono sicuro che non voleva prenderti in giro.”
“E cosa te lo fa credere?”
“Per mia sfortuna durante le vacanze estive passo tre mesi a casa con lui, e in generale ogni tanto sono costretto, purtroppo, a scambiarci qualche parola. Tu non hai idea di quante volte a casa abbia parlato di te, Summer di qua, Summer di là, Summer ha detto questo, Summer sa fare quello... una cosa continua, tanto che prima di conoscerti ero sicuro di odiarti. E ti dirò di più, non era tanto quello che diceva, ma come lo diceva.... quando parlava di te gli si illuminavano gli occhi.”
“Dici davvero?” domandò Summer incredula. Per un attimo tutte le sue sicurezze vacillarono.
Aveva passato gli ultimi mesi a convincersi che Alex fosse uno stronzo e che non ci avesse mai davvero tenuto a lei. Ora quelle parole la stavano facendo ricredere. Non che cambiasse qualcosa, Alex si era comportato male e questo era innegabile. Ma il fatto che Jake stesse dicendo quelle cose, le stava dando una prospettiva diversa.  Jake non le avrebbe mai mentito, per di più per difendere il fratello che tanto detestava. Se stava dicendo queste cose doveva esserne più che sicuro. 
“Sì, dico davvero. Secondo me dovresti parlarci, e dargli la possibilità di spiegarti come mai ha questi atteggiamenti...” 
“E come mai prendi le sue parti? Hai la febbre per caso?”
“Dico queste cose per te Evans. Io non lo sopporto e lo sai benissimo, ma è ovvio che questa storia anche a distanza di tempo ti fa stare male. E non mi va di vederti giù, dovete parlarvi... poi insomma, mio fratello sarebbe cretino a lasciarsi scappare una come te no? Non mi perdonerei mai se lo lasciassi fare questo errore, insomma sono io il fratello intelligente, è mio dovere aiutarlo quando serve” fece Jake divertito.
Summer scoppiò a ridere. Jake sapeva sempre cosa dire per farla stare meglio.
“Grazie, Jake. Lo apprezzo” disse debolmente Summer.
I due ragazzi rimasero per qualche secondo a fissarsi intensamente negli occhi, quando all’improvviso la porta di Mielandia si spalancò.
“Allen, amica di Allen. Venite, ho finito” esclamò Alan sulla soglia del negozio.
Summer e Jake entrarono nel locale ormai vuoto e seguirono Alan di nuovo giù nello scantinato da dove erano arrivati.
Alan si avvicinò ad un mucchio formato da circa dieci casse di legno e qualche busta di carta in un angolo buio della cantina e disse: “Ecco qui, questo è tutto quello che mi avevi chiesto”
Summer guardò stupita il mucchio di casse. Cosa se ne faceva Jake di tutte quelle caramelle?
“Sei sempre una certezza Alan” fece sorridendo Jake “fammi vedere che mi hai procurato.”
Alan scoperchiò prontamente una delle casse. 
Summer constatò che decisamente non si trattava di caramelle.
“Ti ho preso un po’ di tutto, whisky incendiario, burrobirre alcoliche ma soprattutto superalcolici... so che quelli vi servono di più! Avete dieci casse in totale, dovrebbero bastarvi per il ballo di Natale e magari per qualche altra festicciola piccola.”
“Ballo di Natale?” domandò Summer confusa.
“Evans, non essere stupida, credi che possiamo dare un ballo senza alcool?” la prese in giro Jake divertito, poi tornò a rivolgersi ad Alan. “È perfetto, e del resto? Cosa sei riuscito a trovarci?”
“Vi ho procurato qualcosa di davvero forte” disse il ragazzo prendendo una delle grosse buste di carta. Ne estrasse dei piccoli involucri di nylon, ne aprì uno. Era pieno di orsetti gommosi.
“Questi sono caramelline di mia invenzione. Uno di questi e ti sentirai quasi su un altro pianeta” affermò Alan compiaciuto.
“Fantastico” mormorò Jake prendendo in mano uno degli orsetti e guardandolo avidamente.
“Dovete andarci piano con questi però, non so ancora bene quante uno possa mangiarne prima di sentirsi male...” lo avvertì Alan ma fu subito interrotto da Summer che con voce tremante disse: “Cioè questa sarebbe... droga?!”
“Più o meno... io non li definirei proprio droga” ribatté Alan tranquillo, “sono un po’ stupefacenti sì, ma non è droga vera e propria. È una cosa leggera, ti rilassa e non crea dipendenza.”
Summer trasse un sospiro di sollievo, ma dovette subito ricredersi.
“La droga è qui” disse Alan prendendo un’altra busta più piccola di carta, “pura erba babbana. Me le sono dovute procurare a Londra da un mio amico, ottima qualità. Purtroppo ha aumentato il prezzo quindi non sono riuscito a prenderne chissà quanta dato il budget. Però per una serata dovrebbe bastarvi. Nei sacchetti c’è anche qualche pacchetto di sigarette babbane, così per un po’ siete a posto.”
Jake ignorò lo sguardo stralunato di Summer e rispose: “Tranquillo, l’erba ci serve per la vigilia di Natale, non elargiremo cannette al ballo.” 
“Quando mi manca la vigilia ad Hogwarts” sussurrò Alan nostalgico.
“E ad Hogwarts manchi tu. Comunque grazie, ottimo lavoro come al solito, qui ho i soldi” disse Jake lanciandogli un sacchetto che dal tintinnio era chiaro fosse pieno di monete.
Alan afferrò il sacchetto al volo: “Non li conto. Mi fido.”
“È la metà, il resto passa a pagartelo Walker in settimana. Ora io prendo due casse e le buste. Del resto se ne occuperà Stanley nel pomeriggio va bene? Che almeno usi le braccia visto che non sa usare il cervello.”
“Non potevi far venire direttamente lui anche a pagare?” domandò Alan.
“Tu affideresti dei soldi a quel pazzo?” ribatté Jake facendo ridere Alan.
“Bene ora andiamo, grazie di tutto Alan. Ci rivedremo presto” lo salutò Jake lanciando due buste a Summer. Poi presa la bacchetta e con un semplice Wingardium Leviosa fece lievitare due casse di legno. 
Alan aiutò i due ragazzi a scendere nel cunicolo, e dopo averli salutati richiuse la botola sopra di loro.
“Fammi luce Evans, che devo far levitare le casse dietro di me” disse Jake nel buio più totale.
Summer ubbidì, e Jake quasi si spaventò nel vedere l’espressione furiosa di Summer illuminata dalla luce della bacchetta.
“Che hai Evans?” domandò il ragazzo.
 Summer era così sconvolta da quello che aveva appena visto che non sapeva da dove iniziare.
“Che ho? Jake ma in che senso hai comprato alcool e droga?! E la stai portando a scuola? E cosa c’entra Walker?! Stanley poi? È quello Stanley che penso?! Cosa sta succedendo? E chi è questo Alan? Un criminale spacciatore?” esplose la ragazza con voce acuta.
“Calmati Evans. Non sono cose che ti riguardano. Non fare domande e non avrai problemi” fece Jake con calma iniziando a scendere le consumate scale di pietra.
“Non fare domande?! Jake ora tu mi dai delle risposte. Mi hai portato qui senza dirmi cosa saremmo andati a fare. E ora sto introducendo illegalmente alcolici e DROGA a scuola!  Direi di meritarmi una spiegazione, se mi beccano probabilmente mi espellono” esclamò Summer, furiosa. Stava davvero reggendo delle buste contenenti caramelle allucinogene e erba? Non avrebbe mai pensato che sarebbe potuto accadere, e non le piaceva affatto.
Jake soffocò una risata che Summer evidentemente non gradi perché sbraitò: “Ti fa tanto ridere questa situazione? A me non molto Jake!”
“Va bene, va bene Evans! Ora ti spiego tutto, basta che tu la smetta di urlare ...e mi raccomando, quello che ora ti dico non deve saperlo nessuno intesi?” 
Summer non poteva vederlo con chiarezza, ma era sicura che ora Jake avesse un’espressione seria in volto. 
La ragazza mugugnò qualcosa che assomigliava ad un “va bene” e Jake riprese a parlare.
“Ti sei mai chiesta, mia piccola e innocente Summer, chi si occupa di organizzare i party clandestini alle spalle dei professori? Chi porta gli alcolici alle feste? O come mai sempre a suddette feste ci siano spinelli e sigarette?”
Summer stette un attimo in silenzio, e poi disse: “Direi che dalla refurtiva che sto tenendo in mano non mi è difficile immaginare la risposta.” 
“Bene, mistero svelato” confermò Jake sorridendo sornione.
“Quindi cosa sei una specie di spaccino della scuola?” domandò Summer senza riuscire a celare la nota di disgusto nel tono di voce.
“Non esageriamo ora. Queste cose ci servono solo alle feste, non vendiamo erba o sigarette nei bagni. Noi organizziamo le feste, raccogliamo i soldi e procuriamo tutto quello che serve per divertirsi.”
“Vendiamo? Plurale? Non vorrai mica dirmi tu e Walker?”
Il ragazzo si mise di nuovo a ridere: “Sì.”
“Quel James Walker? Quello con cui ti sei picchiato a sangue qualche giorno fa e con cui non fai altro che insultarti?” 
“Proprio lui.”
“Cioè fammi capire” fece Summer confusa, “tu e James, vi prendere a botte e poi vi sedete a tavolino a far cosa, organizzare feste e ordinare sostanze stupefacenti?”
“Più o meno sì” rispose il ragazzo.
“Ma è una cosa paradossale!”
“No Evans. È una cosa che distingue i veri uomini dai ragazzini.”
Fu Summer questa volta a scoppiare a ridere.
“Ma ti senti?”
“Summer, io e Walker siamo rivali. Ma siamo anche capaci di rispettarci. Sappiamo quando è il momento per insultarci e fare a botte, e quando è il momento per collaborare. Gli affari sono affari, e stanno sopra qualsiasi antagonismo. L’altro giorno ci siamo menati? Sì. Due giorni dopo ci siamo seduti a tavolino per organizzarci? È vero anche questo.”
Summer era sbalordita. Mai più avrebbe pensato di sentire una cosa del genere. Jake e James che collaborano per gestire un racket di droga e festini? Per un attimo si immaginò la faccia di Abby nello scoprire che il suo adorato James era immerso in affari loschi con il tanto odiato serpeverde.
“È cosa c’entra Stanley?” domandò a quel punto la bionda.
“Beh fa parte anche lui del gruppo” rispose Jake.
Summer non ne fu stupita. Stanley Ryan era un Tassorosso del sesto anno totalmente fuori di testa, nessuno riusciva ancora a capacitarsi di come mai il cappello parlante l’avesse collocato in quella casa. Era folle, dissennato, rumoroso e probabilmente anche un po’ psicopatico. Saliva sui tetti della scuola, dava fuoco alle ali del castello e a volte era persino peggio di Pix. Non aveva legato con nessuno dei suoi compagni di casa a causa delle eccessive divergenze caratteriali (si diceva gli mancasse qualche rotella) e molti in realtà ne avevano anche un po’ paura.
Lo stesso Frank era così terrorizzato da questo ragazzo che si rifiutava categoricamente di stare in sala comune se c’era lui.
“E come avete fatto insomma a ... a.…”
“A creare il nostro impero?” 
“Chiamalo come vuoi” disse Summer “però sì, insomma siete così diversi.”
“Beh tutto è iniziato al nostro primo anno. Ti ho detto che Alan era al settimo quando noi iniziammo a frequentare Hogwarts no?” domandò il Serpeverde.
Summer annuì.
“Ecco. Lui e i suoi amici avevano tutto il giro in mano, organizzavano feste, portavano alcool e a volte anche cose abbastanza pesanti. Non volevano che tutto quello che avevano creato in quegli anni sparisse dopo il loro diploma, allora hanno deciso di individuare i loro degni sostituti.”
“Voi tre?”
“Non solo. Anche Madison Adams e Kayla Jimenez”
“Kayla e Madison? Le amiche di Megan Gray?” esclamò Summer basita. Mai più si sarebbe aspettata che anche due delle più grandi amiche della famigerata Megan fossero coinvolte in cose del genere.
“Esatto. Non ti sei mai domandata come mai Madison, Corvonero del sesto anno, fosse così amica con tre Serpeverde? Madison e Kayla sono diventate amiche così...”
“Quindi anche Megan e Olivia fanno parte della cricca?” chiese Summer, cercando di avere un quadro chiaro della situazione.
“No, loro no. Loro due sono arrivate due anni dopo, e Megan ha preso il potere in quel gruppetto di troie avvenenti” disse Jake senza troppi peli sulla lingua. “Ma non c’entra nulla con quello che facciamo noi.”
“Quindi durante il vostro primo anno Alan e i suoi amici hanno scelto te, James, Madison, Kayla e Ryan in mezzo a mille?”
“Sì, a quanto pare abbiamo dimostrato di avere le qualità adatte. Ci hanno istruito, ci hanno spiegato tutto, sono loro che ci hanno fatto conoscere i passaggi segreti, o ci hanno insegnato come si gestiscono questi affari. Ed eccoci qui” concluse Jake alzando le spalle.
“Quindi voi è dal primo anno che vi occupate di tutto? E nessuno sa nulla?” 
“Non è che nessuno sa nulla. Alcuni studenti sanno chi siamo, però non ne sono tutti a conoscenza. Bisogna sapersi muovere, e con cautela… se no sicuramente i professori verrebbero a conoscenza della cosa e finiremmo in guai seri.”
La ragazza non si capacitava di come non avesse mai avuto alcun tipo di sentore degli strani traffici che avvenivano dentro la scuola. E ancora non poteva pensare che quei cinque fossero a gestione di tutto.
“Quindi voi che fate? Delle riunioni tipo?” domandò Summer. Voleva saperne di più.
“Evans ora esageri. Queste sono informazioni private, tu devi starne fuori!”
“Stai tranquillo, non voglio entrarci di sicuro. Chiedevo così, per curiosità.”
“Comunque si più o meno... ognuno di noi ha i suoi compiti specifici, poi in generale ci riuniamo e decidiamo. Tipo Ryan è il pazzo che fa il lavoro sporco, Kayla si occupa di raccogliere i soldi e mantenere le pubbliche relazioni, Madison è la mente che organizza le feste, decide che cosa comprare e in quali quantità, come aggirare i professori e tutte le altre cose logistiche.”
“E tu e James?”
“Io e James abbiamo l’ultima parola su tutto. Nessuna decisione viene presa senza la nostra autorizzazione. Siamo i due vertici insomma.”
“Incredibile, ancora non posso pensare che voi due collaboratore!” esclamò Summer ridendo, era al limite del paradossale.
“Bene Evans. Ora sai tutto, a grandi linee. Ma ti prego di non farne parola con nessuno, men che meno con il tuo amico Rogers, ci caccerebbe di sicuro nei guai con la sua boccaccia. E ti prego di non farmi più domande a riguardo ok?” si raccomandò Jake serio.
“Tranquillo, non dirò nulla. E non ti farò nemmeno più domande, ho già scoperto abbastanza” promise Summer, tutte quelle informazioni le avevano fatto venire mal di testa.
I due ragazzi continuarono a camminare nel cunicolo angusto per ancora una decina di minuti, finché non si ritrovarono di fronte alla sdrucciolosa discesa su cui erano scivolati all’andata. A fatica la percorsero a ritroso, e finalmente arrivarono in cima. 
“Come facciamo ad uscire?” domandò Summer “se passa qualcuno e ci becca con questa roba finiamo nei casini.” 
“Tranquilla, lasciamola qui. La passerò a prender più tardi e la metterò in un posto sicuro” rispose il ragazzo, mentre, con cautela riapriva il passaggio.
Il ragazzo si sporse in avanti, e si guardò intorno. Il corridoio era totalmente vuoto.
“Via libera!” disse ed uscì.
Summer fece la stessa cosa, e non appena uscì fuori la gobba della strega orba tornò al suo posto.
Summer si accorse solo ora di quanto fosse sudata. La camminata in quello stretto tunnel sotterraneo e l’ansia di essere scoperta da qualche professore l’avevano decisamente provata.
Anche Jake sembrava stravolto, si tolse il berretto e si passò una mano tra i capelli. Aveva le guance arrossate dal caldo, e ansimava leggermente.
“Grande Evans, sei un’ottima compagna di avventure” affermò il ragazzo contento battendo il cinque a Summer. 
I due si allontanarono rapidamente dal passaggio e si diressero verso i piani inferiori. 
“Come mai ci guardano tutti?” domandò Summer notando gli sguardi che alcuni studenti rivolgevano al loro passaggio, “e perché fai quella
faccia?”

“Credo che pensino ti abbia fatto fare un giro nel mio sgabuzzino delle scope. Insomma abbiamo un’aria abbastanza sconvolta e tu sei tutta spettinata, Evans.”
“Oddio” strillò la ragazza iniziando immediatamente a pettinarsi i capelli con le mani. 
Jake la guardò ridendo e disse: “Fossi stata con me nello sgabuzzino avresti sicuramente un’aria più contenta, te lo posso assicurare”
“Preferisco portare refurtive illegali a scuola che prendermi le pulci nel tuo nido d’amore” esclamò la ragazza provocatoria.
I due finalmente arrivarono al piano terra e si diressero verso la Sala grande, era quasi ora di pranzo.
“Ehi guarda chi c’è” disse Jake indicando poco lontano da loro. Appoggiato ad una piglia, intento a parlare con degli amici Tassorosso, c’era Alex. 
“Mi raccomando Evans, acqua in bocca su quello che hai visto e sentito, soprattutto con lui” si raccomandò ancora il ragazzo.
“Tranquillo, ma che vuoi fare?” chiese Summer notando il modo in cui Jake stava guardando il suo gemello.
“Tu hai aiutato me, io adesso aiuto te. Fanno così gli amici no?” disse il Serpeverde, e prima che Summer potesse chiedergli cosa avesse in mente urlò: “Fratellino! Non mi saluti oggi?”
Alex si voltò verso di loro, e posò immediatamente gli occhi su Summer. Il cuore della ragazza perse un battito. Poteva evitarlo quanto voleva, ma difficilmente sarebbe riuscita a dimenticarlo.
Il ragazzo si avvicinò a loro e disse freddamente: “Che vuoi Jake?” 
“Niente. Volevo solo salutarti, non essere maleducato” rispose Jake divertito. “Io e Summer abbiamo fatto una bella passeggiata in mezzo alla neve, vero Evans?”
Summer lo guardò in silenzio, e anche Alex non parlò.
“Sempre di tante parole, mi raccomando. Ora io devo andare. Fratellino, Evans, ci vediamo” e detto questo Jake si allontanò rapidamente. I due ragazzi rimasero in un silenzio imbarazzante per qualche secondo. Summer ripensò brevemente al discorso fatto quella stessa mattina assieme a Jake fuori da Mielandia. Si fece coraggio e prese la parola.
“Come stai, Alex?”
Il ragazzo rimase chiaramente stupito dal fatto che Summer per la prima volta dopo mesi gli avesse rivolto volontariamente la parola.
“B-bene...tu Sum?” fece con voce incerta.
“Abbastanza bene” rispose la ragazza sorridendo. Sembravano passati secoli dall’ultima volta che si erano davvero parlati.
“Avete passato una bella mattinata?” azzardò Alex.
“Sì tranquilla dai. Jake è simpatico sai?” disse Summer sistemandosi nervosamente i capelli.
Spero di avere un aspetto decente e che lui non pensi cose strane.
“Quando vuole sa essere sopportabile” concesse il ragazzo accennando un sorriso.
“Senti Alex” iniziò Summer facendosi coraggio, “credo che io e te dovremmo parlare.”
Probabilmente il ragazzo non si aspettava che Summer dicesse una cosa del genere, perché la fissò con un’espressione attonita.
“Sinceramente non ho capito i tuoi atteggiamenti. Ma mi dispiace che non ci parliamo più, quindi vorrei poter chiarire questa cosa con te” continuò la ragazza.
“Sono d’accordo Summer. Detesto non poter più passare del tempo con te, e non sopporto il fatto che non mi guardi nemmeno più in faccia. So di essermi comportato da schifo, ma posso spiegarti tutto” disse Alex concitato. Sembrava aspettasse quel momento da mesi.
“Allora sono qui, dimmi.” 
“Sum è una questione delicata. Voglio potertene parlare con calma e lontano da occhi indiscreti. Quindi che ne dici se sabato prossimo ci prendiamo il pomeriggio a Hogsmeade per stare un po’ assieme? Così parliamo.” 
“Ma scusa non possiamo parlarne ora? Devo aspettare fino a sabato?” domandò la ragazza un po’ perplessa.
“Credimi Summer, è una cosa difficile da spiegare e questo non è né il luogo né il momento adatto. Quando saprai cosa voglio dirti capirai. Ti prometto che sabato ti spiegherò tutto, se me ne darai la possibilità. Va bene?”
Summer lo guardò per qualche secondo, e poi cedette. “Va bene, ma voglio tutta la verità!”
“E l’avrai, Sum” le promise Alex, fissandola con il suo solito sguardo buono e gentile.
“Perfetto, allora ci vediamo sabato. Non mi deludere, è la tua ultima possibilità” disse lei cercando di mantenere un contegno. Dentro in realtà, il suo cuore si stava sciogliendo.
“Non ti deluderò” affermò il ragazzo, che prima di andarsene le rivolse uno dei suoi soliti, meravigliosi sorrisi.
E per la prima volta dopo diversi mesi, Summer sentì sparire in un lampo tutta la rabbia che aveva covato nei suoi confronti.
 

III

Avevano tutti finito il pranzo e pian piano la sala Grande si stava svuotando: i lunghi tavoli erano colmi di piatti vuoti ed erano ormai pochi gli studenti che stavano chiacchierando tra loro all'uscita della sala. 
Sophie si stava dirigendo verso il parco dove Edward le aveva dato appuntamento; il Grifondoro non le aveva detto cosa avrebbero fatto e la ragazza non sapeva cosa aspettarsi.
Era curiosa di sapere cosa stesse tramando e persa nei suoi pensieri camminava verso il luogo di incontro.
Si era impegnata a studiare senza sosta tutta la mattina per poter passare il pomeriggio rilassata e ora non vedeva l'ora di potersi distrarre da tutto quello che doveva ancora fare. Erano state settimane pesanti tra esercitazioni e compiti infiniti e a Sophie sembrava di non avere neanche il tempo di respirare; tuttavia si era decisa a prendersi il pomeriggio libero dopo che Edward l'aveva convinta a passare del tempo insieme a lui. 
I corridoi erano quasi vuoti, la maggior parte dei ragazzi aveva colto l'occasione della nottata di neve per godersi il paesaggio. La Grifondoro guardò fuori dalle vetrate e Hogwarts innevata la lasciò senza fiato, era ancora più meravigliosa dopo una lunga nevicata. 
Camminava tranquilla con le mani in tasca e non vedeva l'ora di uscire sotto la neve. Si stava mettendo il suo cappellino preferito per prepararsi al freddo che l'avrebbe colpita, quando dovette fermarsi di colpo.
Thomas e Paul erano poco distanti da lei e stavano parlando tranquillamente. Pochi passi e si sarebbero accorti della sua presenza, così indietreggiò e cercò di nascondersi come meglio poteva dietro ad un angolo.
Non aveva altra scelta: se avesse fatto un altro passo in più l'avrebbero vista e la Grifondoro non aveva alcuna intenzione di incontrare Thomas dopo la sfuriata in infermeria. Non poteva neanche tornare indietro visto che l'unica uscita comoda dal castello per arrivare al parco era proprio davanti ai due ragazzi, in più se avesse percorso una strada alternativa sarebbe sicuramente arrivata in ritardo all'appuntamento. 
Dopo aver pensato a cosa fare si decise ad aspettare finché i due Serpeverde non se ne fossero andati.
"Non mi sono mai sentito così prima… non riesco a togliermela dalla testa." 
La voce di Thomas le arrivò chiara alle orecchie e si immobilizzò: non voleva origliare ma a quella distanza era ovvio avrebbe sentito quello che si stavano dicendo anche non volendo. La conversazione era chiaramente iniziata da un po' e a Sophie venne la curiosità di scoprire di chi stessero parlando. 
"E Megan?" chiese Paul curioso mentre appoggiava la schiena alla parete. Chiuse gli ultimi due bottoni del cappotto, prova che i due ragazzi sarebbe usciti di lì a poco. 
"Lo sai anche tu che era solo un modo per scordarmi di Sophie... Megan non mi è mai interessata davvero" rispose Thomas guardando l'amico.
La Grifondoro non appena sentì il suo nome si paralizzò. Le guance le sembravano infuocate e lo stomaco sottosopra, quasi non riusciva a controllare la strana reazione del suo corpo.
"Lo immaginavo ma volevo esserne sicuro." Paul notò lo sconforto nello sguardo del Serpeverde e tentò di farlo sorridere. "Quindi posso provarci io con Gray?" chiese tirando una gomitata a Thomas che stava fissando smarrito un punto davanti a sé. 
"Per me non ci sono problemi… è lei che non ti cagherà Paul" commentò Thomas, cercando di farsi tornare il buon umore spintonando il Serpeverde. 
"Scusa?! Da quando sei depresso sei uno stronzo" disse Paul fingendosi offeso, era da mesi che aveva notato come il suo amico fosse cambiato: spesso scattava subito appena qualcuno gli rivolgeva la parola ed era sempre sulla difensiva. Dalla rissa poi sembrava che qualcosa in lui si fosse rotto, cercava di mostrarsi sempre sorridente davanti agli altri ma sapeva di non poter fingere davanti al migliore amico. 
"Non sono depresso! E almeno sono sincero… " precisò Thomas cercando di giustificarsi. Dalla discussione con Sophie il malumore aveva preso il sopravvento, pensava di aver esagerato e si sentiva in colpa per come l'avesse trattata. Al tempo stesso sapeva che era l'unico modo per dimenticarla. 
"Ti scuso solo perché hai il cuore spezzato" sbuffò Paul girandosi non appena una figura dai capelli lunghi attirò la sua attenzione. 
"Parli del diavolo…" continuò, vedendo avvicinarsi sempre di più Megan. Sophie si nascose ancora meglio, per un attimo pensò che Paul parlasse di lei. 
"Andiamo. Mi raccomando tu non sai niente… " borbottò Thomas abbassando la voce in modo tale da non farsi sentire. 
"Sono il tuo migliore amico Thomas, so quando devo stare zitto." Paul era l'unico a sapere tutto sui sentimenti di Thomas, era a conoscenza di ogni minimo dettaglio dall'accaduto al campo a come ora cercasse di evitare la Grifondoro. 
In pochi secondi Megan li raggiunse e Sophie sentì solo la sua voce stridula sempre più lontana. 
Erano finalmente usciti e aveva via libera. 
Aveva trattenuto il respiro per tutta la conversazione, l'aria le sembrava pesante e il cuore aveva iniziato a battere da quando si era accorta che il biondo stesse parlando di lei. Si spostò dall'angolo per assicurarsi che non ci fosse nessuno e fece un grosso respiro. 
Era sempre stata convinta che Thomas si fosse preso solo una cotta, che non provasse davvero qualcosa per lei che potesse essere duraturo e le sue parole l'avevano presa alla sprovvista. Mai avrebbe pensato che Thomas potesse provare qualcosa nei suoi confronti. Era vero non riuscisse a togliersela dalla testa? Era vero che avesse usato Megan solamente per dimenticarla? Non riusciva a crederci e per un attimo pensò se lo fosse sognata.
Sapeva che era dal campo che il Serpeverde continuava a convincerla a stare insieme ma dentro di lei si era convinta che non sarebbe durata proprio per colpa dei sentimenti del ragazzo che non sarebbero durati a lungo. Eppure quello che aveva sentito le avevano provato il contrario: Thomas non riusciva in nessun modo a dimenticarla. 
Ancora immersa nei suoi pensieri si accorse che stava facendo tardi all'appuntamento con il suo ragazzo. Guardò di sfuggita l'orologio da polso: se non avesse fatto in fretta sarebbe arrivata in ritardo. 
Si strinse la sciarpa colorata più che poté ed uscì dall'edificio a spasso svelto. 
La frase di Thomas continuava a distrarla: Non mi sono mai sentito così prima… non riesco a togliermela dalla testa. Non appena le arrivò alle orecchie, il dubbio che non parlasse di lei l'aveva fatta sobbalzare; era convinta che parlasse di Megan e la gelosia le aveva stretto lo stomaco. Ma quando il Serpeverde aveva pronunciato il suo nome tutti i dubbi erano improvvisamente scomparsi. Era chiaro che il ragazzo parlasse di lei e Sophie non riusciva a dimenticare le esatte parole pronunciate che furono come una doccia fredda. Da giorni si erano evitati a vicenda e la Grifondoro era riuscita a non pensare più al loro litigio in infermeria ma ora come avrebbe fatto a dimenticare quello che aveva sentito? La testa le sembrava scoppiare dai troppi pensieri.
Camminava a passo svelto cercando di far più in fretta possibile: non voleva far attendere il suo ragazzo e prima che potesse pensare ad altro il volto di Edward attirò la sua attenzione. 
Il ragazzo le stava sorridendo amorevolmente mentre le faceva segno di avvicinarsi. 
Sophie gli sorrise e dopo essersi scambiati un bacio per salutarsi, Edward le prese la mano. 
"Spero di non essere arrivata in ritardo" disse Sophie ancora con il fiatone per aver raggiunto il ragazzo quasi di corsa. Si spostò la sciarpa per il caldo che le era venuto di colpo. 
Aveva timore che il Grifondoro fosse ancora offeso con lei e dal giorno della rissa aveva cercato di essere più gentile possibile con lui. Eppure non sembrava essere necessario visto che il ragazzo non aveva più menzionato l'accaduto e si comportava come se non fosse successo niente. Sophie ne era rimasta stupita più del dovuto e continuava a domandarsi come facesse ad aver scordato la loro accesa discussione così in fretta, lei al posto suo non avrebbe mai reagito in quel modo così calmo e paziente, sicuramente avrebbe fatto il muso per giorni. Questa cosa l'aveva fatta pensare, e la infastidiva quasi non vedere come il ragazzo non fosse in nessun modo turbato. Edward era perfetto, forse fin troppo. 
"Sei in perfetto orario come sempre" commentò lui tirandola a sé e dandole un altro bacio.
"Cosa facciamo?" Chiese Sophie curiosa. Si guardava attorno estasiata dai colori del paesaggio innevato. Hogwarts era ricoperta di bianco ed anche il cielo era colmo di nubi bianche. 
Era così immersa nei suoi pensieri che per tutto il tragitto non aveva fatto caso a come fosse bello il parco pieno di neve. Sperava che il ragazzo non si accorgesse di come fosse distratta, si stava sforzando di apparire più serena possibile ma aveva ancora lo stomaco sottosopra. Sospirò e si costrinse a non pensare al recente accaduto.
"Che ne dici di fare un pupazzo di neve?" le propose Edward chiudendosi fino in punta il cappotto scuro. Molto studenti stavano facendo lo stesso ed altri si stavano divertendo a lanciarsi palle di neve. Era sempre così quando nevicava al castello, tutti gli studenti sembravano più allegri e passavano più tempo possibile all'aria aperta.
"Sii ti prego!" gridò Sophie entusiasta, amava la neve e dall'arrivo ad Hogwarts non aspettava altro che potersi godere quel paesaggio magico. 
"Sapevo ti sarebbe piaciuto" disse orgogliosa guardando la ragazza.
Sophie tirò fuori dalla borsa dei guanti colorati e se li mise per poi seguire il ragazzo che si stava dirigendo verso un ammasso di neve fresca. Era certa sarebbe riuscita a distrarsi. 
"Non sai quanto mi piace vederti così entusiasta" continuò Edward facendo fare una giravolta alla ragazza. Era sempre così dolce con la Grifondoro e quest'ultima spesso non sapeva cosa rispondere.
Sophie gli sorrise e iniziò a prendere della neve tra le mani per fare un mucchietto a terra.
"Adoro quando nevica, Hogwarts sembra cambiare aspetto… è tutto così stupendo!" La Grifondoro si mise meglio il cappellino giallo e rosso, l'aria fredda iniziava a farsi sentire e leggere folate colpivano i ragazzi al fondo del parco.
Edward la ascoltava attento mentre anche lui faceva dei piccoli mucchietti di neve.
"Hai ragione, è bellissimo. Non avevo mai apprezzato davvero questo tempo prima" confessò il ragazzo: da quando aveva sentito come la fidanzata amasse la neve aveva iniziato a guardarla anche lui con altri occhi.
"Come va con lo studio? Sei più tranquilla oggi?" continuò. Era da giorni che Sophie non riusciva a gestire l'ansia degli esami incombenti ed Edward più volte aveva cercato di tranquillizzarla.
"Oggi va decisamente meglio, ma ci danno nuovi compiti di continuo. Più ne finisco più mi sembra di averne… però ho deciso di non pensarci almeno e godermi questa giornata."
"Sono contento, vedrai che riuscirai a fare tutto senza problemi come al solito" commentò Edward ancora con della neve tra le mani. 
"Grazie Edward riesci sempre a tranquillizzarmi" disse Sophie mentre cercava di aggiustare la base del pupazzo. Era sincera, il suo modo di parlare la calmava ogni volta fosse agitata.
“Come sta il tuo occhio invece? Sembra essere quasi totalmente guarito!” Sophie non aveva più menzionato la rissa ma era da giorni che voleva accertarsi che quel grosso livido che gli contornava l’occhio non gli recasse più dolore. 
“Va bene, non mi fa più male, penso che fra pochi giorni scomparirà del tutto fortunatamente” disse Edward toccandosi il punto in cui era stato colpito una settimana prima.  
“Sono più preoccupato per Abby, non mi piace vederla così stanca tutte le mattine. Speravo fosse una cosa passeggera ma mi sembra che non dia segno di smettere. Non ha di nuovo dormito stanotte, vero?” chiese il Grifondoro mentre continuava a sistemare con le mani il pupazzo di neve. Aveva notato come la mattina stessa Abby fosse nuovamente scesa con lo sguardo assonnato e gli occhi gonfi. Era in pensiero per lei e non aveva idea di cosa potesse fare per aiutarla.
“Si, mi sono di nuovo accorta si muovesse di continuo stanotte. Non so davvero come sia possibile una cosa del genere, è da mesi che va avanti e come dici tu non sembra possa finire” aggiunse Sophie che intanto si era fermata per poter guardare Edward mentre parlavano.
“E’ assurdo davvero, non è meglio parlarne con qualcuno? con i professori ad esempio? Sicuramente loro possono trovare una soluzione o almeno possono capire il motivo di tutto questo”
“Ci ho pensato anche io ma Abby non ne vuole sapere. E’ già tanto se sono riuscita a portarla in infermeria poco tempo fa. Speravo almeno che i rimedi di Madama Chips aiutassero ma ora non fanno più alcun effetto e sta sempre più ore sveglia.”
“Anche io lo speravo. Persino James è parecchio preoccupato, non lo da a vedere ma ogni giorno mi chiede se so qualcosa a riguardo. Non osa chiederglielo perché non vuole preoccuparla e lo stesso faccio io” ammise Edward sconsolato. Tutti erano in apprensione per la Grifondoro che ogni notte faceva incubi tremendi. 
“Vi capisco, anche io non so mai se sia il caso parlargliene, non vorrei essere pesante e farla angosciare più di quanto non lo sia” aggiunse Sophie spostandosi una ciocca di capelli dal viso. 
“Posso provare a parlarle io in questi giorni, magari in qualche modo la convinciamo a chiedere aiuto a qualcuno.” 
Edward guardava la ragazza sistemare la neve e il suo sguardo si era rabbuiato a parlare dell'amica. 
“Lo spero, sicuramente apprezzerà però che te ne sei preoccupato. Non ha mai voglia di parlarne ma sono sicura che le farà piacere almeno lo sforzo.”
Anche Sophie aveva cambiato espressione. Era seriamente preoccupata per Abby e le dava sui nervi non poter fare niente per risolvere quella situazione che stava andando avanti da mesi. Si era però stupita di come anche Edward fosse allarmato, sapeva che era uno dei suoi migliori amici ma non pensava che anche lui avesse notato così tanto la stanchezza della ragazza; non ne avevano mai parlato apertamente prima. Ma era rimasta ancora più colpita dal sentire come il popolare Walker che a volte sembrava così menefreghista ora fosse così terribilmente angosciato per Abby e non poté fare a meno di chiedere qualcosa in più.
“Ma a proposito… pensi che James sia davvero interessato ad Abby?” chiese Sophie curiosa. Era da tempo ormai che sentiva le frecciatine che le rivolgeva e non aveva ancora capito le reali intenzioni del Grifondoro più ambito della scuola.
“E’ difficile da interpretare quel ragazzo. Sono talmente abituato a sentirlo fare battutine su di lei che non capisco se certe cose le pensi davvero o meno. L’unica cosa di cui sono sicuro è che sicuramente prova qualcosa, dovevi vedere ieri quando mi ha chiesto se Abby stesse bene dopo averla vista arrivare di nuovo stanca morta a colazione! Aveva lo sguardo perso...” disse Edward ricordando come il suo amico gli avesse chiesto informazioni su Abby. E non era la prima volta, era già successo che gli domandasse preoccupato cosa avesse la mora. 
“Io non lo conosco quanto te ma ultimamente sembra davvero apprensivo nei suoi confronti” precisò Sophie che aveva notato parecchi atteggiamenti ambigui da parte di Walker. La rissa ne era stata una prova, non aveva di certo dimenticato che avesse fatto a botte con Allen per difendere la sua amica. 
“Si, è parecchio protettivo e geloso, non sai quante me ne ha dette sul ragazzo nuovo che è arrivato, Anderson mi pare...” continuò Edward senza distogliere lo sguardo dalla neve. 
“Beh sembrano chiari segni che stia cambiando no?” azzardò la Grifondoro. 
“Non vorrei sbilanciarmi troppo ma penso si stia davvero impegnando per cambiare per lei. Fa persino attenzione a non commentare le ragazze, cosa che ti assicuro facesse spesso” aggiunse Edward con un ghigno divertito.
“Almeno tu noti qualcosa, con Abby è impossibile capire che intenzioni abbia. Appena si parla di James cambia discorso immediatamente, non lascia nemmeno fare domande a riguardo” Sophie si era fermata e aveva un'espressione contrariata, le dispiaceva non riuscire a captare i sentimenti dell'amica. Era così complicato capire cosa le passasse per la testa, aveva certo notato certi sguardi di troppo o il modo in cui a volte si imbarazzava davanti a lui ma Abigail non aveva mai dichiarato nulla apertamente. 
“Anche lei è difficile da capire… Ma prima o poi si sveglieranno entrambi” disse lui alzando le spalle. 
“Speriamo succeda in fretta” si sbilanciò Sophie mentre cercava di sistemare i bordi della parte finale del pupazzo.
I due stettero ancora un po’ a perfezionare la loro opera parlando di qualunque cosa gli venisse in mente. Stavano bene insieme e il tempo sembrava volare, Sophie era addirittura riuscita a dimenticarsi della confessione del Serpeverde. 
"È venuto davvero bene!" esclamò entusiasta del risultato. Ci avevano messo più del previsto ma non si poteva dire avessero fatto un brutto lavoro.
"Si molto meglio delle aspettative" aggiunse il ragazzo sistemandosi il ciuffo che gli stava coprendo leggermente gli occhi.
"Ora però ho un'altra sorpresa" continuò guardando la mora affianco a lui che lo stava guardando incuriosita.  
"Oddio cosa?!" Sophie non spostava lo sguardo dal ragazzo per cercare di captare qualche informazione; quest'ultimo si era avvicinato a lei per poi iniziare a camminare al suo fianco.
"Ora lo scopri" sussurrò il Grifondoro sempre con il sorriso sul volto. 
Sophie piena di curiosità seguì il ragazzo in silenzio. Non aveva idea di dove potesse portarla, pensava che il loro appuntamento fosse semplicemente passare del tempo assieme nel parco innevato e non si aspettava che ci fosse altro. 
"Forse sai già dove ti sto portando ma voglio che ti rimanga il dubbio" disse Edward stringendole forte la mano nella sua per farle strada. 
"No che non lo so! Cosa vuoi fare?" Sophie si strinse più che poté al braccio del ragazzo per camminare dritta e non perdersi. 
"Tra poco vedrai." 
Fecero ancora pochi passi fino a raggiungere la destinazione. Sophie era ancora avvinghiata al braccio del ragazzo, si stavano avvicinando al lago ghiacciato. 
"Chiudi gli occhi e aspetta qui due secondi" disse il Grifondoro per poi allontanarsi a prendere un paio di pattini bianchi e lucidi. 
"Ora puoi aprire gli occhi" sussurrò Edward all'orecchio della ragazza che sobbalzò per la vicinanza del fidanzato. 
Sophie aprì gli occhi e non appena vide i pattini bianchi un sorriso le spuntò sul viso. In molti avevano approfittato del tempo per pattinare circondati dal paesaggio innevato ma non pensava che il ragazzo fosse riuscito a procurare anche a lei un paio di pattini. Edward era davanti a lei sorridente che la guardava mentre gesticolava emozionata. 
"Non ci credo! Come facevi a sapere mi piacesse? Non so che dire!" gridò emozionata Sophie con gli occhi che le luccicavano. Amava pattinare, le lasciava sempre una sensazione di leggerezza e spensieratezza incredibile. Era rimasta senza parole: quel ragazzo riusciva sempre a stupirla. 
"Abby mi aveva accennato qualcosa e anche tu ne avevi parlato tempo fa!" 
"Sono senza parole, ti ricordi sempre di tutto! È da mesi che volevo ritornare a pattinare! Ma come hai fatto ad avere dei pattini? E come sapevi il mio numero di scarpe?" 
"Devo ricordarti che sono Edward Richardson?" scherzò il Grifondoro orgoglioso mentre glieli porgeva.  Sophie afferrò i pattini velocemente e si avvicinò al ragazzo per baciarlo. 
“Grazie davvero, sei stupendo” disse spostandosi per sedersi su un ammasso di neve. 
“Sei tu che sei stupenda” rispose sedendosi affianco a lei, prese anche lui un paio di pattini scuri e iniziò a slegarsi le scarpe.
Sophie era felice per quella sorpresa inaspettata e non era ancora abituata ai mille complimenti del ragazzo tant'è che dovette abbassare lo sguardo. Si tolse i suoi stivaletti bassi marroni e mise i pattini bianchi stringendo stretti i legacci fino in punta. Edward fece lo stesso ma mentre l’espressione di Sophie era estremamente allegra quella di Edward era cambiata in fretta, sembrava quasi nervoso.
Si alzò in piedi e porgendo una mano alla ragazza la aiutò ad alzarsi e per mano si avvicinarono al lago dove già parecchi ragazzi stavano pattinando.
I due entrarono nella pista: Edward sembrava parecchio agitato e Sophie se ne accorse subito.
“Va tutto bene?” domandò guardando apprensiva il ragazzo che era appoggiato ad uno dei numerosi alberi a ridosso del lago e sembrava essersi irrigidito di colpo.
“Si, vai prima tu… è da un po’ che non lo faccio e devo prenderci la mano” mentì Edward quasi immobile. Sorrise alla ragazza cercando di essere convincente ma gli occhi non sembravano dire lo stesso. Si vedeva come fosse impaurito e inquieto.
“Ti aspetto, andiamo insieme!” disse Sophie mettendosi vicino al ragazzo.
“NO!! Cioè volevo dire… vai pure prima tu.”
“Mi fa piacere aspettarti, non abbiamo mica fretta...”
“Nono davvero, ci metto sempre del tempo prima di-” Edward non fece in tempo a finire la frase che la Grifondoro lo interruppe.
“Edward guardami” gli intimò obbligandolo a puntare gli occhi nei suoi. “Non sai pattinare vero?” chiese per poi alzare un sopracciglio.
“Ehm… no” rispose il ragazzo abbassando lo sguardo. 
Ebbene sì, Edward Richardson il ragazzo che sapeva fare qualsiasi cosa meglio di chiunque altro, non sapeva pattinare.
“Ma non potevi dirmelo subito?” chiese Sophie trattenendo una risata. Era stato comico vedere come il ragazzo cercasse di persuaderla ad andare in pista senza di lui.
“Eri così entusiasta che non volevo rovinare il momento” ammise Edward cercando di rimanere in piedi senza alcun appoggio.
“Finalmente si scopre che non sai fare qualcosa, mi stavo quasi preoccupando” rise Sophie prendendo le mani del ragazzo tra le sue. “Non hai mai provato?” domandò ancora sorridente.
“Ho provato una volta ma sono un vero disastro Sof…” Edward si era immobilizzato, gli sembrava di non avere il controllo delle gambe e barcollò leggermente.
“Beh si dà il caso che debba restituirti un favore, come tu hai insegnato a me a volare sulla scopa ora insegno a te a pattinare” disse per poi spostarsi di poco in avanti spronando il ragazzo a fare lo stesso. 
“Ora vieni verso di me a piccoli passi.” 
Edward guardava la ragazza quasi mortificato mentre si muoveva lentamente. Odiava pattinare e aveva portato la fidanzata in quel posto solo perché sapeva l’avrebbe apprezzato.
“Non puoi pattinare senza di me? Ti sto a guardare volentieri” tentennò Edward guardando speranzoso la ragazza, pregando che accettasse la sua proposta.
“Non se ne parla nemmeno, ora vedrai che riesci anche tu” sentenziò la Grifondoro che non aveva alcuna intenzione di lasciarlo andare.
“Ma non voglio che tu stia qua tutto il tempo a insegnare a me, ti ho portato perché ti divertissi.” 
Il ragazzo aveva le gambe rigide e a ogni movimento si sentiva cadere.
“Mi diverto anche così quindi ora ascoltami” lo rassicurò Sophie abbassando la voce e guardandosi i piedi. “Muovi prima il piede destro poi quello sinistro, uno dopo l’altro con calma… guarda come faccio io” Sophie si mosse lentamente per mostrare al ragazzo come fare, le loro mani erano ancora intrecciate.
Edward copiò i suoi movimenti ma si sentiva goffo ed impacciato. 
“Ecco così, prova ancora una volta” disse Sophie indietreggiando per far muovere meglio il moro. 
Edward alzò lo sguardo verso Sophie e le sorrise. Era così bello vedere come si sforzasse di aiutarlo.
“Concentrati!” ribadì la ragazza notando come si fosse distratto.
“Scusami” sussurrò trattenendo una risata. 
"Fai piano, non devi agitarti." 
Sophie cercava di aiutarlo facendo in modo che imitasse ogni sua mossa.
Fecero ancora alcune prove finché la Grifondoro non decise che era arrivato il momento che iniziasse a muoversi da solo. 
“Ora lascia andare una mano e rilassati che ce la fai” lo incoraggiò spostando la sua mano da quella del ragazzo. Edward la guardò preoccupato ma fece quanto detto. Con lentezza indietreggiò per spostarsi dalla fidanzata. Sembrava andare tutto per il meglio finché un ragazzino del secondo non passò roteando affianco a loro alla velocità della luce.
“Oh merda!” esclamò Edward cercando di stare in piedi. Prese in fretta la mano della ragazza e la strinse per non cadere. 
Sophie scoppiò a ridere dopo aver visto la faccia terrorizzata del moro che aveva di colpo strabuzzato gli occhi. 
“Sono un disastro” aggiunse lui sconsolato.
“Stai andando benissimo invece, ora proviamo ancora.” 
Dopo un paio di tentativi, Edward sembrava riuscire a pattinare senza l’aiuto di nessuno e ne era estremamente orgoglioso. Faceva movimenti lenti ma non dava nessun segno di cedimento. Era convinto che non ce l'avrebbe mai fatta ma stava dimostrando il contrario, ricordava ancora la prima volta che aveva messo un paio di pattini nei piedi e le numerose ruzzolare a terra. 
“Hai visto che ce l’hai fatta?” disse contenta Sophie mentre faceva una piroetta. 
“Tutto merito tuo!” gridò Edward che era riuscito ad allontanarsi da solo e stava provando a seguire la ragazza. Ci riuscì senza esitare e si vedeva come fosse allegro e soddisfatto. 
Pattinarono per più di un'ora senza sosta. Sophie si lasciava trasportare dal leggero vento che si era alzato e faceva movimenti veloci. Si vedeva fosse a suo agio sui pattini e ogni mossa sembrava perfetta. Nonostante fosse mesi che non toccava dei pattini sembrava non aver mai smesso, si spostava velocemente e con fermezza. Ed il Grifondoro non riusciva a smettere di guardarla. 
Edward era certo più impacciato di lei avendo appena imparato ma anche lui sembrava migliorare minuto dopo minuto. 
Dopo aver faticato parecchio decise di fare una pausa e si fermò al bordo del lago ghiacciato, uscendo a piccoli passi. Stette a guardare la Grifondoro pattinare mentre si stringeva nel cappotto elegante. 
Sophie non appena si accorse che il ragazzo fosse uscito, lo raggiunse ma prima che potesse congratularsi con lui per i passi da gigante che aveva fatto venne interrotta.
“Ehi Richardson!” una voce fece girare il Grifondoro. Quest'ultimo non appena riconobbe da dove proveniva quella voce conosciuta, sorrise.
“Jones!” esclamò Edward felice di vedere un amico Corvonero di vecchia data. Nonostante fossero nella stessa scuola avevano orari e giri di amicizie molto diversi era ormai tempo che non uscivano assieme.
“Come te la passi?” domandò il ragazzo tirando una pacca sulla spalla del Grifondoro.
“Tutto bene, tu invece? Cosa mi racconti?” chiese a sua volta Edward.
“Anch’io tutto bene” rispose il ragazzo dai capelli ricci. 
Intanto Sophie era uscita dal lago e intimidita stava poco distante da Edward. 
“Quindi è lei la ragazza che ha fatto perdere la testa al nostro bel Grifondoro?” chiese il Corvonero, sorridendo a Sophie che si era avvicinata fino ad arrivare affianco a lui.
“Proprio lei. Sophie lui è Steven, un mio vecchio amico, Steven lei è Sophie, la mia ragazza” 
Edward li presentò e la ragazza salutò sorridente.
Era ancora difficile per lei rendersi conto di essere la fidanzata di uno dei più popolari della scuola. Le faceva ancora impressione pensare che chiunque la riconoscesse come la fidanzata di Edward Richardson. Ogni tanto la cosa la imbarazzava persino e non ne capiva il motivo. 
"Complimenti per la partita della scorsa settimana, siete stati grandi!" si complimentò l'amico guardando Edward. 
Sophie si distrasse un attimo a guardare attorno a lei i numerosi ragazzi che stavano pattinando allegramente. Alcuni erano così talentuosi che ne rimase colpita, altri invece erano quasi buffi mentre si spostavano a scatti. 
Col passare del tempo il numero degli studenti era diminuito, alcuni continuavano a lanciarsi grosse palle di neve ed altri chiacchieravano tranquilli. 
La sua attenzione però venne subito catturata da una figura affianco ad un gruppetto di amici. Proprio quando era riuscita a distrarsi ecco di nuovo il nodo allo stomaco.
Thomas per mano a Megan stava ridendo di gusto dopo che la ragazza con una minigonna striminzita le aveva stampato un bacio sul collo. 
Il Serpeverde non sembrò aver alcuna reazione a quel gesto e si limitò a ridere. 
I due ragazzi si avvicinarono ancora ridendo al pupazzo di neve che lei e Edward avevano fatto. Megan fece una faccia schifata e da quell'espressione Sophie sembrò riuscire a leggerle nel pensiero. Era sicura avesse pensato fosse una cosa infantile e ridicola. 
Thomas osservò a sua volta la loro opera e si guardò attorno per vedere chi ne fosse l'autore; non appena scorse lo sguardo di Sophie intento a guardarlo capì subito a chi appartenessero le iniziali "ES" sul retro del pupazzo. Il ragazzo puntò gli occhi su di lei per poi guardare il Grifondoro al suo fianco. 
Lo sguardo divertito di prima si fece subito freddo, quasi impassibile e Sophie non riuscì a sostenere il suo sguardo. 
Megan rise sprezzante e sussurrò qualcosa al Serpeverde per poi iniziare a distruggere il loro operato. Thomas sorrise alla sua accompagnatrice e tirò un calcio alla base del pupazzo di neve per farlo crollare tutto d'un colpo. 
Sophie strinse i pugni dal nervoso ma cercò di rimanere impassibile. Era pur sempre in mezzo a due ragazzi che stavano ancora parlando animatamente della partita appena trascorsa e non doveva far notare il suo nervosismo. 
La Grifondoro continuava a guardare la scena senza poter far nulla, avrebbe così tanto voluto prendere a schiaffi quella sciacquetta da quattro soldi che ora stava felicemente distruggendo il suo pupazzo di neve insieme al biondo che sembrava non darle pace. Quel gesto di disprezzo era tipico dei Serpeverde, per cui ogni occasione era buona per schernire gli altri. 
Thomas intanto alzò lo sguardo verso Sophie e mimò un "ops" in modo che potesse capire che l'avesse fatto apposta. Le sorrise divertito e si allontanò riprendendo la mano di Megan che continuava a ridere in modo stridulo.
Sophie era furiosa, perché Thomas si era comportato in quel modo? L'aveva fatto apposta per infastidirla? Le parole usate dal Serpeverde con Paul le vennero in mente e per un attimo le sembrò mancare il fiato. Ma anche quella volta i suoi pensieri vennero interrotti. Il Corvonero vicino a lei la stava salutando amichevolmente prima di dileguarsi. 
"Scusami, è da un sacco che non parlavamo e ci siamo dilungati" disse Edward guardando la ragazza.
"Figurati, non devi mica scusarti!" rispose Sophie stupita come il ragazzo si stesse scusando per aver parlato pochi minuti con un suo amico. 
Era diventata tutto d'un tratto nervosa. 
"Facciamo ancora un giro?" chiese Edward sorridendo. 
"Certo, vedo che ci hai preso gusto" Sophie gli sorrise ma qualcosa in lei stava cambiando e non riusciva a capire cosa stesse succedendo. Si sentiva colpevole per il suo continuo pensare ad eventi di cui Edward era all'oscuro.
"Solo perché avevo un ottima insegnante come te" aggiunse tirandola a sé per darle un altro bacio con trasporto. Sophie ricambiò il bacio ma si rese conto che qualcosa non andava. Era tutto così bello e lui era così gentile, da anni sognava una relazione simile ma ora che ce l'aveva non riusciva a viverla al massimo. Era come se non avesse più alcuno stimolo, come se si fosse totalmente abituata a quel ragazzo così educato e sdolcinato, tanto da non riuscire ad apprezzare le sue continue attenzioni. 
Si era divertita davvero e non capiva cosa le fosse preso tutto in un colpo, era come se ogni cosa che si era tenuta dentro ora fosse esplosa di punto in bianco. 
Passarono alcuni minuti a pattinare, erano rimasti quasi solo più loro due e l'atmosfera era magica. La luce stava scendendo e la neve sembrava ancora più luminosa in contrasto con il cielo scuro. 
Era tutto così silenzioso e paradisiaco da non sembrare reale ma Sophie non riusciva ad apprezzare tutto quello che la circondava. Lo sconforto aveva preso il sopravvento e non aveva idea di come affrontarlo.
“Non faticavo così neanche dopo gli allenamenti di Quidditch ma ne è valsa la pena” confessò il ragazzo mentre posava i pattini per terra. 
"Grazie Edward è stata una bellissima giornata" disse Sophie senza guardare il ragazzo negli occhi, dopo aver infilato i suoi stivali marroni. Non voleva mostrare come il suo umore fosse cambiato repentinamente, non riusciva nemmeno lei a capirne il reale motivo. Era stata davvero bene e non sapeva come ringraziare il Grifondoro, era giorni che pensava che non meritasse tutte le sue attenzioni e ora ne era sicura.
"Grazie a te Sophie." 
Edward la guardava come mai nessuno l'aveva guardata e Sophie istintivamente abbassò lo sguardo per l'imbarazzo. Non sapeva il perché ma per un momento si sentì a disagio, come in difetto di fronte al suo ragazzo. 
Edward si alzò per posare i pattini e Sophie lo segui per fare lo stesso. 
La ragazza era stata benissimo quel pomeriggio ed era grata ad Edward per tutto quello che le avesse organizzato. Ma c'era qualcosa dentro di lei che non le faceva apprezzare davvero tutti quegli sforzi e si sentiva estremamente in colpa. Non sapeva definire cosa fosse ma improvvisamente aveva capito di non riuscire a viversi a pieno i momenti, come se mancasse sempre qualcosa. 
Edward era così perfetto che non poteva dare la colpa a lui di come si sentisse, sapeva che non ne potesse niente e che se si sentiva così poteva incolpare solo se stessa. 
E se avesse idealizzato la sua relazione con Edward? E se quello di cui aveva veramente bisogno non era un ragazzo così simile a lei? Forse si era autoconvinta di poter star bene solo con un ragazzo come lui. Era da giorni che rifletteva sui suoi sentimenti per il ragazzo, era davvero il principe azzurro ed era convinta di non meritarlo. Edward era il fidanzato perfetto, era buono, apprensivo, non diceva mai niente di fuori luogo ma ultimamente Sophie sembrava studiare ogni parola pronunciasse senza neanche rendersene conto; e quella sera tutti quei pensieri la colpirono tutti insieme. Forse erano le frasi di Thomas ad averle aperto gli occhi? O forse era riaverlo visto con Megan? Non riusciva a capacitarsi di come non si fosse mai resa conto che qualcosa non andasse con il Grifondoro. 
Ogni giorno aveva domande diverse e la sua mente sembrava viaggiare da sola senza tregua ormai. Non sapeva cosa pensare ma aveva solo una grande paura di aver fatto un'altra scelta sbagliata. Aveva paura di rovinare tutto un'altra volta. 
Negli ultimi mesi temeva sempre di sbagliare e non se ne dava pace. 
Era da quell'estate che ogni cosa le sembrava impossibile. Non aveva mai avuto problemi prima, ogni cosa andava per il meglio e ogni scelta si dimostrava essere quella giusta. Non aveva mai avuto così tante preoccupazioni tutte insieme, era sempre stata così tranquilla e serena che ora non sapeva come gestire quel groviglio di emozioni contrastanti. 
Doveva smettere di pensare che ci fosse qualcosa che non andava nella relazione con Edward, si trovava benissimo e lui non sembrava avere il minimo difetto. Eppure perché si sentiva così incompleta? Perché nonostante si fosse divertita quel pomeriggio non riusciva ad essere davvero felice?
Era solita avere tutte le risposte ed ora non aveva più alcuna certezza su niente. 
L'unica cosa di cui era certa era che Edward fosse perfetto in tutto. Ma forse non così perfetto per lei.

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Capitolo 18
*** Capitolo 17 - Sei fortunata, perché tu al ballo ci vieni con me ***


Capitolo 17 - Sei fortunata, perché tu al ballo ci vieni con me


 

I

Finalmente era arrivato il giorno della tanto attesa seconda uscita ad Hogsmeade. Quel sabato pomeriggio di inizio dicembre una eccitata folla di studenti di Hogwarts stava affrontando il freddo e il gelo per raggiungere la piccola cittadina. A causa delle incessanti nevicate degli ultimi giorni, il piccolo sentiero di terra battuta si era trasformato in un tappeto bianco e ghiacciato, ed era quasi impossibile distinguerne i confini.
Tre ragazzi, chiacchierando animatamente tra loro e arrancando faticosamente nella neve, erano quasi giunti a destinazione.
“E quindi dobbiamo mettere un abito da cerimonia?” domandò Luke Anderson facendo attenzione a non scivolare sulla strada ghiacciata.
“Sì purtroppo” gli rispose Liam Lewis nel vano tentativo di coprirsi con il cappuccio dalla neve che cadeva dal cielo in spessi fiocchi candidi.
“Ma perché qui in Inghilterra dovete fare queste cose?” chiese nuovamente Luke.
“Quali cose?” domandò un terzo ragazzo dai capelli ricci lunghi fin sotto le spalle, il quale non sembrava essere infastidito dalla neve che gli si stava accumulando sulla testa.
“Beh Jacob, questo genere di cose... Cerimonie eleganti, con i vestiti inamidati e le pettinature da idioti. Poi esattamente cosa si ballerà? Il valzer?” rispose Luke quasi sul punto di ridere.
“Solo perché non siamo rozzi come voi americani non significa che balleremo il valzer, Anderson” ribatté Liam.
“E non sottovalutare questo tipo di feste! Ci dobbiamo vestire come degli idioti certo, ma le ragazze si mettono tutte in tiro. Si credono delle principesse e si creano così tante aspettative …Invitane una e sarà impossibile andare in bianco, non so se mi sono spiegato” fece Jacob con tono divertito tirando una gomitata all’amico.
“L’anno scorso sei andato in bianco, se non ricordo male...” lo canzonò Liam.
“Ma stai zitto, quest’anno sarà diverso. Ho invitato Astrid Harris, Corvonero del quarto anno. In sala comune mi fa gli occhi dolci da in po’...” fece notare Jacob orgoglioso, “vedrete che quest’anno non fallirò”.
“Ma Astrid Harris non è quella con i denti storti?” domandò Luke soffocando una risata.
“E allora? Dicono che non faccia tanto la preziosa, e io voglio solo divertirmi mica trovare moglie, una vale l’altra” rispose il ragazzo, “e poi cosa ridi, tu non hai ancora avuto il coraggio di invitare la tua adorata Abby.”
“Ahia tocchi un tasto dolente...” gli fece eco Liam.
Luke lanciò un’occhiataccia all’amico e disse: “E come faccio ad invitarla? Nemmeno mi guarda più in faccia. Non vedete come mi evita?” 
“Secondo me devi parlarle, questa storia dei sogni che fai non mi piace... ho l’impressione che pure lei sappia qualcosa” osservò Liam, mentre insieme ai suoi amici fece ingresso nel villaggio. I tetti dei cottage e i negozi erano completamente coperti da uno spesso strato di neve fresca, c’erano ghirlande di agrifoglio sulle porte e, appese agli alberi qua e là, si intravedevano stupende candele incantate. Sotto le feste la piccola cittadina era ancora più bella, e nonostante il freddo molte streghe e maghi passeggiavano per le stradine imbiancate per godersi l’aria festosa e comprare gli ultimi regali.
L’atmosfera era resa ancora più magica dal coro di Goblin sulla High Street che, come tutti gli anni durante il periodo natalizio, deliziava i passanti con bellissime carole di Natale.
“In ogni caso, tu invitala, di sta storia ne parlerete poi! Devi farlo subito Luke, ho un brutto presentimento su Walker” disse Jacob facendosi serio.
“Walker?” chiese preoccupato Luke
“Sì lui. Credo che voglia invitarla.”
“Ma che dici Jacob... quel cretino solitamente ne porta due o tre al ballo, Abby non è quel tipo di ragazza! Non dargli retta Luke, non c’è pericolo” intervenne prontamente Liam per tranquillizzare l’amico.
“Gira voce che ormai da mesi Walker non tocchi una ragazza... e a quanto pare non ha invitato ancora nessuna, secondo voi perché? Sembra che stia facendo sul serio con lei” continuò Jacob.
“Ha passato cinque anni a far l’idiota e ora che arrivo io decide improvvisamente di diventare serio?” sbottò Luke sconsolato tirando un calcio ad un mucchietto di neve. 
“Secondo me quel coglione non cambia. Ha la scuola ai suoi piedi, può avere tutte le ragazze che vuole e ci rinuncia per una qualunque?” domandò Liam.
“Abby non è una qualunque!” rispose prontamente Luke.
“Oddio! Sì Luke, Abby è fantastica, è meravigliosa, blah blah lo sappiamo già cosa ne pensi, ce lo hai detto cento volte. Intendevo solo dire che a James Walker piacciono le ragazze facili, e lei non è così ... perché dovrebbe accontentarsi di una che gli tiene testa quando può averne cento che gliela lancerebbero con la fionda? Fidati di me non devi preoccuparti, devi solo trovare il momento giusto”
“In ogni caso se vuole andare con lei deve invitarla. Senti Luke, dai retta a me, se segui la tattica attendista di Liam te la soffiano da sotto al naso...” continuò Jacob.
“Cosa vorresti dire?” chiese Liam subito sulla difensiva.
“Voglio dire che a furia di aspettare il momento giusto e di non preoccuparti vai dietro alla stessa ragazza da due anni e non sei ancora stato in grado di invitarla da nessuna parte.”
“Beh Jacob ha ragione” concordò Luke divertito, “sono qui da quattro mesi e ho parlato più volte io con Abby di quanto tu abbia mai fatto con Summer”
“Non è assolutamente vero, io ho parlato con Summer molte volte!” si difese Liam.
“Certo, ma ricordati che chiederle scusa per averla urtata volontariamente mentre le passavi accanto non conta. Soprattutto perché non mi pare lei ti abbia mai risposto” riprese Jacob scoppiando a ridere.
“Che tenero che sei Liam, due anni, sei davvero un uomo fedele” gli fece eco Luke facendo un buffetto sulla guancia a Liam.
“Ma state zitti voi due, non ho alcun problema a parlare con lei!” sbottò irritato Liam allontanando malamente la mano dell’amico dalla faccia.
“Bene allora dimostracelo... guardate là chi c’è?” disse Luke fermandosi di botto.
Poco lontano da loro, seduta su una panchina della piazzetta centrale, c’era proprio Summer, che si guardava attorno come se stesse aspettando qualcuno.
“Oh bene Liam! È la tua occasione, facci vedere cosa sai fare casanova” fece Jacob sorridendo sornione.
“Ma no dai, sta aspettando qualcuno…”
“Dai Liam è pure da sola, è un segno del destino. Vai e invitala” continuò Jacob.
“E che cosa dovrei dirle? Mica posso andare là come se nulla fosse...” disse Liam chiaramente impanicato. Quello che Jacob aveva detto poco prima era vero, nel corso di quei cinque anni era sicuro di non averci parlato per più di due volte.
“La saluti, ci parli un po’ e la inviti no?” aggiunse Luke dando una spinta all’amico. “E muoviti, se no vado a parlarci io per te!”
Liam stette un attimo a fissare la ragazza. Era così carina avvolta nel suo cappotto nero, con i corti capelli biondi spettinati dal leggero vento.
“E va bene ci vado” disse Liam preso da un improvviso impeto di coraggio, “ma tu Luke oggi parlerai con Abby e la inviterai, intesi?”
“Sai che la mia è una situazione diversa Liam...” 
“Piantatela voi due! Liam vai subito da Summer, e di te Luke ci occuperemo dopo. Stasera tornerete al castello ed entrambi avrete fatto il vostro dovere. Sono stufo di sentirmi le vostre paturnie adolescenziali” esclamò Jacob con un tono che non accettava repliche. 
“Bene, vado” concesse il ragazzo, e dopo aver rivolto un ultimo titubante sguardo agli amici che gli sorridevano incoraggianti, si diresse verso la panchina dove era seduta la ragazza. Erano ormai due anni che gli piaceva Summer, in realtà non la conosceva quasi per nulla, ma qualcosa di lei lo aveva profondamente colpito. Due anni prima infatti, dopo essere uscito dall’aula di Storia della Magia, la ragazza gli era corsa dietro portandogli un libro che lui si era dimenticato sul banco. Quei gentili occhi verdi e quel sorriso dolce l’avevano completamente stregato, e da quel giorno c’era stata solo più lei nella sua testa. Purtroppo però, nonostante le tante parole e le battute divertenti con gli amici, non ci sapeva proprio fare. Non aveva il coraggio quasi di guardarla, figuriamoci di parlarle. Più volte aveva tentato un approccio, ma i risultati dei suoi piani ben congegnati erano sempre stati fallimentari.
Però i suoi amici avevano ragione, doveva farsi avanti. Poteva andare male certo, ma poteva anche andare bene. Qualunque fosse stato il risultato, sarebbe uscito da quella situazione di stallo, nel bene o nel male.  E finalmente sembrava essere arrivato il momento della verità.
“C-ciao!” balbettò Liam non appena fu abbastanza vicino alla ragazza.
Summer si voltò di scatto, e nel vedere il ragazzo si lasciò sfuggire un’espressione che sembrava esprimere una leggera delusione.
“Ciao...” ricambiò il saluto la ragazza un po’ confusa.  Sembrava alquanto infreddolita, come se fosse lì all’aperto da parecchio tempo.
“Sei Summer giusto?” domandò timidamente lui.
“Sì, tu sei Lewis ... Cioè volevo dire, Liam.”
“Esatto... sono un tuo compagno di lezioni.”
“Lo so, seguiamo le lezioni insieme da cinque anni.”
“Beh sì” rispose Liam ridendo nervosamente “ma non abbiamo mai avuto modo di parlare chissà quanto.”
La ragazza sorrise gentilmente. “È vero, ma in compenso Abby a volte mi ha parlato di te.”
“Abby parla di me?” domandò Liam. “Spero dica solo cose buone.”
“Ogni tanto è stata con voi a lezione no? Con te e... Anderson” disse Summer con uno strano tono di voce, poi riprese: “comunque tranquillo, dice che sei simpatico. E lei non dice di molte persone che sono simpatiche.” 
Liam scoppiò a ridere. Oltre ad essere carina e gentile, quella Summer sembrava essere anche molto amichevole.
“Beh è simpatica pure lei...” sorrise Liam, notando però che Summer stava fissando un punto fisso dietro di lui.
“Come mai i tuoi amici ci stanno fissando, Liam?” domandò la ragazza.
Liam si voltò di colpo, e capì subito a cosa si stava riferendo la ragazza. 
Jacob e Luke erano fermi immobili a fissarli da lontano, in attesa di chissà cosa. Non appena però si accorsero che Summer e Liam stavano guardando proprio loro, si voltarono subito ed incominciarono ad indicare le stalattiti che pendevano dai tetti dei cottage, commentandole ad alta voce.
“Mai viste stalattiti più belle, sono davvero grandi!” urlò Luke ad alta voce, facendo voltare molti passanti.
Summer scoppiò a ridere divertita, ma le sue guance si colorarono leggermente di rosso.  
Non le era difficile immaginare perché Liam fosse lì, a giudicare dall’atteggiamento degli amici. Inoltre più volte Abby le aveva parlato di Liam, e quando Abby parlava così bene di qualcuno c’era solo un motivo. Summer non era abituata a quel genere di attenzioni, anzi faceva di tutto per evitarle. Ma lo sguardo del ragazzo le fece capire che lui era ancora più in imbarazzo di lei, e Summer non voleva farlo sentire a disagio, dunque cercò di mantenere la calma. Infondo Liam sembrava essere proprio un bravo ragazzo e non voleva essere scortese con lui.
“Scusali” mormorò Liam che sembrava voler sprofondare nella neve per la vergogna, “a volte i miei amici sanno davvero essere imbarazzanti!”
“Stai tranquillo” disse Summer sorridendo “solitamente sono io l’amica imbarazzante.”
“Grazie, mi rincuori” rispose Liam ridendo.
“Comunque Liam, hai bisogno di qualcosa?” domandò la ragazza.
“Che?”
“Ti serve qualcosa? Sei venuto qui a parlarmi...”
“No, beh sì, cioè no... nel senso ti ho visto qui, da sola, e ho pensato di passarti a salutare” si giustificò frettolosamente il ragazzo.
“Ah grazie, sei stato gentile.” 
Il ragazzo stette in silenzio per qualche secondo, raccolse tutto il coraggio che aveva in corpo e propose: “E quindi già che ci sono, se non hai nulla da fare, ti va di venire ai Tre Manici di Scopa con me? Fa freddo qui fuori...”
“Oh...Mi dispiace Liam, ma sto aspettando un... mio amico” si scusò lei cercando di essere il più gentile possibile.
“Ah...” rispose il ragazzo “stai aspettando Rogers? So che siete molto amici! Se vuole può venire anche lui, tanto ci sono anche i miei amici e.…”
“No sto aspettando Alex... Alex Allen.”
Liam strabuzzò gli occhi. Alex Allen? Il Tassorosso più gentile e altruista di tutta Hogwarts? Quella notizia lo colpì come un pugno nello stomaco.
Come avrebbe potuto competere con Alex Allen
Ormai da qualche anno girava voce che tra i due ci fosse un’amicizia speciale, ma nell’ultimo tempo, stando anche a quello che gli aveva detto Abby, Summer e Alex avevano smesso di frequentarsi. Questo aveva dato a Liam il coraggio di farsi avanti. Ma a quanto pare non era finita, e ora si stavano vedendo di nuovo. E una cosa era certa, non avrebbe mai potuto competere con il più amato Tassorosso.
“Tutto bene?” gli domandò Summer, che aveva notato lo sguardo deluso del ragazzo. Le dispiaceva davvero molto, Liam sembrava davvero essere una brava persona e non voleva trattarlo male.
“Oh sì sto benissimo, tranquilla! Allora visto che sei in buona compagnia io vado, buona giornata Summer” disse lui, e fece per allontanarsi.
“Liam” lo fermò Summer “mi dispiace tanto, davvero.”
Il ragazzo le sorrise gentilmente e mormorò: “Non ti preoccupare Summer, capita.”
Detto questo si allontanò dirigendosi verso i suoi amici che nel frattempo avevano concluso la loro dissertazione sulle stalattiti. 
“Allora? Che ha detto? L’hai invitata?” domandò Jacob non appena Liam li ebbe raggiunti. 
Liam non rispose ma continuò a camminare, e i suoi amici lo seguirono subito.
“Allora?” chiese con insistenza Jacob.
“Ha detto di no? Perché non rispondi?” insistette Luke guardando verso Jacob un po’ preoccupato.
“Prima di tutto siete due idioti” ruppe il silenzio Liam “vi pare che dovete stare a fissarmi come due ebeti? Le stalattiti poi? Siete due coglioni! E comunque no, non le ho chiesto del ballo...”
“Che cosa?!” domandò Luke.
“Ma sei scemo allora...” gli fece eco Jacob.
“No, non sono scemo” rispose Liam stizzito “semplicemente ora si stava vedendo con Alex Allen”. 
“Alex Allen? Ma non è il cercatore di Tassorosso?” domandò Luke che faticava ancora ad associare i nomi alle facce dei vari studenti del castello.
“Sì lui...” commentò mestamente Liam.
“Ah...” fece Jacob.
“E la cosa divertente è che non posso nemmeno insultare Alex Allen... è così gentile che lo adoro pure io” commentò amaramente Liam.
“Sì è un tipo a posto, pensa che durante un allenamento per cercatori mi ha offerto un cioccolatino, poi è sempre cordiale, è- scusa Liam” si zittì subito Luke notando lo sguardo gelido dell’amico. 
“Ma sì Liam, è pieno di ragazze! Ci andrai con un’altra…" cercò di consolarlo Jacob dandogli una pacca sulla spalla.
“Ma sì non importa, ogni tanto qualche palo bisogna prenderlo no?” fece Liam.
“E direi che dopo due anni era anche ora” provò a scherzare Jacob.
“E stai tranquillo Liam, sicuramente la morosa dai denti storti di Jacob sarà contentissima di presentarti qualche sua amica per il ballo” si intromise Luke facendo ridere l’amico.
“Certo scherza pure Luke, tanto ora è il tuo turno” disse Jacob colpendo il ragazzo in pieno viso con una palla di neve.

***

Mi devo ricordare di parlare con Abby di questa storia pensò Summer mentre guardava Liam raggiungere i suoi amici. 
La scena era stata quasi comica, ed era sicura ci fosse lo zampino dell’amica. Dall’altra parte però, le era davvero dispiaciuto dover declinare il suo invito, non le piaceva rifiutare le persone. Ma infondo Summer era consapevole che non aveva spazio nella sua testa e nel suo cuore per nessuno se non per Alex Allen. Quei mesi senza di lui erano stati piatti. Si era sforzata di non pensarci e di dimenticarlo, ma aveva fallito miseramente. Le era bastato quel discorso con Jake e quelle poche parole con Alex, per tornare a come si sentiva pochi mesi prima: totalmente sotto un treno per il Tassorosso. 
In fondo poi, durante quella breve chiacchierata il sabato precedente, Alex le era sembrato sincero e davvero intenzionato a spiegarle il perché dei suoi atteggiamenti. E a giudicare dallo sguardo grave che aveva, Summer aveva subito capito che doveva trattarsi di qualcosa di serio.
Per questo gli aveva dato un’altra possibilità. 
La ragazza aveva passato tutta la settimana a pensare a quel pomeriggio, a quando finalmente dopo mesi di reciproco ignorarsi sarebbero finalmente tornati a parlarsi come al solito, e chi lo sa, magari sarebbe anche successo qualcosa di più.
Summer guardò il suo orologio da polso, che batteva le quattordici e trenta. Un’ora e mezza di ritardo.
La ragazza cercò di mantenere la calma, poteva capitare a tutti un po’ di ritardo. 
Non è che ho sbagliato io l’ora e il posto dell’appuntamento?, si domandava.
Ma no, non era possibile. Era sicura l’appuntamento fosse alle tredici in punto nella piazzetta centrale della High Street. Non aveva sbagliato.
E allora lui dov’era? Un’ora di ritardo non era poco. Probabilmente aveva avuto qualche contrattempo, si ripeteva lei. Infondo non poteva averle dato buca senza nemmeno avvertirla, non dopo tutto quello che era accaduto tra loro, e soprattutto non dopo che lei gli aveva concesso l’ennesima ed ultima possibilità, nonostante le numerose delusioni.
Summer si alzò dalla panchina e per riscaldarsi un po’ iniziò a passeggiare per la piccola piazzetta dando un’occhiata alle vetrine circostanti.
I rintocchi lontani della campana segnavano le quindici in punto. 
Due ore di ritardo.
Summer si risedette stancamente sulla panca, ormai era ovvio: Alex non sarebbe venuto.
Sono davvero stupida, pensò la ragazza.
Per l’ennesima volta si era fatta ingannare da quel ragazzo è dalla sua faccia d’angelo.  L’aveva presa in giro, di nuovo l’aveva resa vittima di quello strano gioco perverso che lui si stava divertendo a fare con lei. 
Abby l’aveva avvertita di lasciarlo perdere, di non rendersi di nuovo così vulnerabile, Alex aveva dimostrato di non essere una persona affidabile.
Ma Summer era certa che quella volta sarebbe stato diverso, che finalmente le avrebbe spiegato tutto. E invece no. Erano passati tre mesi, e nulla era cambiato.
Non le importava sapere se l’avesse fatto volontariamente, o se quella importante faccenda di cui tanto doveva parlarle gli avesse creato impedimento. Non le interessava, non c’era giustificazione, avrebbe potuto avvertirla almeno.  
E la colpa di questo era solo sua. Summer si era resa da sola totalmente vulnerabile un’altra volta, credendo come una stupida che quel ragazzo fosse davvero cambiato, che davvero questa volta avrebbe smesso di essere sfuggevole. 
E invece no, un’altra volta Summer era lì, come un’idiota ad aspettare qualcosa che non sarebbe mai arrivato.
Le lacrime iniziarono a rigarle le guance ormai arrossate dal freddo. Non avrebbe mai più permesso ad Alex Allen di ferirla così, quella sarebbe stata l’ultima volta.
“Guarda chi si vede, tutta sola Evans?”
La voce inconfondibile di Jake la fece sobbalzare. Summer si asciugò in fretta le lacrime dal viso, non voleva farsi vedere in quello stato da nessuno, men che meno da lui.
Il ragazzo con un movimento atletico balzò sulla panchina e si sedette accanto a lei.
“Non dovevi vederti con il mio fratellino oggi? Ehi ma aspetta stai piangendo?!” domandò il ragazzo, dal cui volto era sparito il solito sorrisetto strafottente per lasciare spazio ad un’espressione sinceramente preoccupata. 
“No non sto piangendo” provò a mentire Summer nascondendo il viso dietro i capelli biondi, ma fu inutile.
Il Serpeverde con un gesto deciso ma allo stesso tempo delicato le afferrò il mento e costrinse la ragazza a guardarlo negli occhi.
“Sì stai piangendo. E adesso voglio subito sapere chi ti ha ridotto in questo stato” disse il ragazzo visibilmente nervoso.
Il silenzio di Summer gli fece subito capire la risposta.
“È stato lui? Alex?” domandò Jake alzandosi in piedi.
“Sì” rispose tristemente Summer, “dovevamo vederci, ma mi ha dato buca”
“Ma che razza di coglione, Summer dammi il permesso e io vado a prenderlo e-”
“Tu non farai nulla, Jake. Siediti” lo ammonì decisa Summer.
Il ragazzo si sedette, sorpreso dal tono duro della ragazza, che fino a qualche secondo prima sembrava così vulnerabile, con quelli occhi arrossati e colmi di lacrime.
“Non voglio che tu muova un dito. Per prima cosa Jake, non ho bisogno che nessuno mi difenda, ti ripeto per l’ennesima volta che non sono la principessina di nessuno. In secondo luogo, non voglio che tu finisca nei guai o sprechi il tuo tempo per dare una lezione a quell’idiota di tuo fratello. Per ultimo, è tutta colpa mia, sono io la deficiente che c’è cascata di nuovo” concluse Summer guardando fissa un punto di fronte a sé.
“Va bene, Summer, come vuoi. Ma sappi che qui il cretino è lui, non tu. Io non so davvero cosa gli passi per la testa... ma mi dispiace davvero tanto” provò a dire Jake. Era sinceramente dispiaciuto nel vedere Summer in quelle condizioni. Solitamente non gli importava molto dei sentimenti del sesso opposto, non si dispiaceva più di tanto quando vedeva delle ragazze piangere (spesso poi per causa sua). Ma con Summer era diverso, lei non era come le altre e si sentiva per qualche motivo a lui stesso ancora sconosciuto in dovere di proteggerla.  
“Tu non devi dispiacerti di nulla...” mormorò Summer, abbozzando un sorriso amaro.
“E invece sì. Mi sento un po’ in colpa, ti ho convinto io a parlare con lui... Io davvero non mi sarei mai aspettato si sarebbe comportato così, non è da lui” provò a dire il ragazzo, ed era sincero. Nonostante fosse a conoscenza dei problemi del fratello, non avrebbe mai pensato si sarebbe comportato in quel modo con la ragazza per cui era sicuro provasse qualcosa di più di una semplice amicizia. 
“Tu non c’entri nulla Jake. Con lui sono sempre stata una... una sottona, una stupida sottona. Prima o poi l’avrei cercato comunque, anche senza il tuo discorso” ammise Summer in un fil di voce.
Il ragazzo stette a guardarla per un secondo e poi riprese: “Allora da oggi smetti di fare la sottona. Summer tu sei probabilmente una delle migliori ragazze che ci siano in questa scuola, e non scherzo. E una come te, non se ne fa nulla di un damerino idiota come mio fratello. Lascialo perdere, e anzi, quando lo vedi sputagli addosso!” 
Summer gli lanciò un’occhiata mezza divertita e mezza esasperata, ma apprezzò il tentativo del ragazzo di smorzare la tensione.
“E ora cosa dovrei fare? Tipo abbracciarti o cose del genere? Come funziona quando si deve consolare qualcuno?” chiese il ragazzo chiaramente in difficoltà. 
Summer non resistette più e scoppiò a ridere.
“No non devi abbracciarmi, non sei obbligato Jake” 
“Ah bene, non sono molto bravo con questo genere di cose Evans. Non che mi farebbe schifo abbracciarti, tutt’altro, ma ecco non sono molto bravo con questo tipo di abbracci... diciamo che io sono più abile in un altro tipo di approcci, sai...”
“Va bene, va bene, ho capito Allen, non voglio sentire altro. Comunque sei proprio un caso perso, pensavo ci sapessi fare di più con le ragazze” rise Summer divertita. Per l’ennesima volta il gemello cattivo era riuscito a farla ridere laddove invece Alex l’aveva fatta soffrire.
“Che ci vuoi fare, Evans. Io non ho bisogno di corteggiare le ragazze, vengono loro da me senza bisogno di tante parole.” Jake fece una pausa e poi proseguì in tono più serio. “Ma con te, Summer, voglio essere un buon amico. Voglio che tu possa fidarti di me e possa aprirti con me quando ne hai bisogno... quindi apprezza il mio tentativo di consolarti.” 
“Infatti lo apprezzo” gli sorrise Summer, sinceramente grata.
“Ora ti senti meglio?” gli Domandò il ragazzo sorridendole di rimando.
“Un po’ sì” disse Summer asciugandosi dal volto le ultime tracce di lacrime “anche se ci vorrà qualche giorno per riprendermi, insomma da brava sottona quale sono. Pensa che stupida poi, credevo mi avrebbe invitato al ballo di Natale. E invece ci andrò da sola, come una povera zitella.”
Il solito sorriso strafottente comparve sul volto del ragazzo. 
“Che hai da ridere?” domandò Summer alzando un sopracciglio.
“Niente, ma pensavo che è proprio un caso.”
“Cosa?”
“Che tu non abbia un accompagnatore per il ballo. Perché sai Evans, nemmeno io ho un’accompagnatrice. E sai che ti dico? Che sei fortunata, perché tu al ballo ci vieni con me” sentenziò Jake guardandola in modo malizioso.
“Che cosa Jake? Io e te?” esclamò Summer lasciandosi sfuggire una risata.
“Sì, io e te. Che c’è, non te la senti principessina?”
“Certo che me la sento. Ma Jake, non mi devi invitare perché ti faccio pena.” 
“Cosa ti fa pensare che ti inviti perché ti faccio pena?” domandò Jake, quasi offeso da quell’affermazione.
“Me lo fa pensare il fatto che tu non inviti mai una ragazza al ballo, lo sanno tutti che ti piace presentarti e scegliere sul momento le più appetibili per portartele su nel tuo sgabuzzino dei divertimenti.”
“Non ho mai invitato una ragazza al ballo perché fino all’anno scorso non avevo mai conosciuto una ragazza che meritasse di ricevere il mio invito. Con te è diverso Summer, tu verrai con me perché lo voglio, non perché mi fai pena. So che con te sarà una bella serata, ci divertiremo senza bisogno di fare un tour nel mio famigerato sgabuzzino” le fece notare Jake sottolineando con tono ironico le ultime due parole.
Summer rimase spiazzata di fronte a quelle parole. Jake sembrava davvero serio, e non capiva perché la stesse invitando. Davvero pensava che fosse non solo diversa, ma addirittura migliore delle altre ragazze? 
“Allora? Ci vieni o no?” domandò il ragazzo.
“Ok, ci vengo” decise Summer un po’ confusa da tutto quello che stava succedendo.
“Bene Evans, allora siamo d’accordo. Io ora devo raggiungere i miei amici, come ti senti? Vuoi venire con me?” 
“No per carità, raggiungerò Abby e Sophie, però grazie.”
“Allora ci vediamo più tardi magari Evans, cerca di stare su, per qualsiasi cosa vieni da me va bene?” disse Jake gentilmente.
“Va bene, grazie ancora di tutto” gli sorrise Summer.
Jake fece per andarsene, ma all’improvviso si voltò.
“Dimenticavo Evans, comprati un bel vestito per il ballo. Non farmi sfigurare, voglio che quel cretino di mio fratello si mangi le mani” e dopo averle fatto l’occhialino Jake se ne andò.
Summer guardò il Serpeverde allontanarsi, e si lasciò sfuggire un sorriso. Nonostante la forte delusione per Alex, Jake era riuscita a farla stare meglio, come sempre.
La ragazza si avviò verso i tre manici di scopa, dove era sicura avrebbe trovato i suoi amici. Aveva proprio bisogno di stare un po’ con loro, sicuramente l’avrebbero aiutata a distrarsi dagli eventi appena accaduti. Allo stesso tempo però Summer temeva il loro giudizio, cosa avrebbero pensato di Jake e del ballo? Sicuramente Abby avrebbe dato di matto.
Cosa avrebbero detto poi di Alex? In fondo l’avevano avvertita che non era una buona idea dargli un’altra possibilità. E avrebbe fatto meglio ad ascoltarli. Il ricordo di quello che aveva fatto poco prima il Tassorosso le tornò con violenza in mente. Ancora non poteva credere a quello che era successo, Alex aveva davvero toccato il fondo. Summer fece un respiro profondo, e ricacciò indietro le lacrime. Quella sarebbe stata l’ultima volta, aveva chiuso con Alex Allen. E per sempre.
Una voce maschile dal tono agitato distrasse Summer dai suoi pensieri.  
“Avete sentito che Claire Bond ha rifiutato quel Serpeverde del settimo anno? A quanto pare le ha preparato una bellissima sorpresa per invitarla al ballo e lei gli ha detto di no, davanti a tutti! Assurdo!”
A Summer non fu difficile capire a chi appartenesse quella voce: proprio fuori dal pub c’erano Abby e Sophie intente ad ascoltare Frank che parlava concitato gesticolando freneticamente con le mani.
Prima che Summer potesse avvicinarsi Sophie le aveva già puntato gli occhi addosso.
“Summer” le urlò la ragazza salutandola con la mano, anche Frank e Abby si voltarono nella sua direzione e le fecero segno di avvicinarsi. 
Summer li raggiunse abbozzando un sorriso, e cercando di non far trasparire il suo stato d’animo li salutò.
“Ti avverto Sum che stiamo aspettando Edward e James” disse Sophie sorridendo “quindi sappi che se ti fermi qui dovrai vederli.”
“E non vedo l’ora che arrivino, chissà che scene trash avremo l’onore di vedere” esclamò Frank estasiato “sicuramente ci sono delle ragazze appostate qui da qualche parte, pronte per accalappiarli.” 
“Ti ricordo che stai parlando del mio ragazzo, Frank” fece notare Sophie con sguardo truce. 
“Effettivamente” concordò Summer cercando di mostrarsi rilassata.
“Che è successo Summer?” domandò Abby che fino a quel momento era rimasta in silenzio. Ora la stava guardando intensamente, aveva capito che qualcosa non andava.
“Cosa? A me?”
“Cosa ci fai già qui? Non dovresti essere con Alex? E questa faccia non mi piace, sputa il rospo, cos’è successo?” rincarò la dose Abby. 
Tanto è inutile far finta di nulla, mi conoscono troppo bene pensò Summer che per un secondo aveva accarezzato l’idea di nascondere tutta la faccenda.  
“Alex non si è presentato, mi ha dato buca” fece Summer secca. Sentì di nuovo gli occhi riempirsi di lacrime.
“Che cosa?” strillò Frank.
“Oh no Summer” mormorò Sophie slanciandosi subito ad abbracciare l’amica.
“Quel brutto idiota! Lo sapevo, Summer lo sapevo che non dovevi fidarti...” sbottò Abby rabbiosa.
“Abby piantala! Non è il momento ora...” la fermò subito Sophie.
“No Abby ha ragione” disse Summer liberandosi dall’abbraccio dell’amica “avrei dovuto darvi retta.” 
“Ma come potevi immaginarlo? Insomma quel ragazzo è matto, è psicopatico, perché si comporta così?” chiese Frank portandosi teatralmente le mani alla testa.
“Non lo so, e non mi interessa. Vi prego di non parlare più di questa cosa, ho bisogno di tempo per riprendermi” mormorò Summer, che davvero non aveva più voglia di parlarne. Non c’era una spiegazione sensata dietro all’atteggiamento di Alex, e discutere la faceva solo stare peggio.
“Tu come ti senti però?” domandò Sophie visibilmente preoccupata.
“Sono stata meglio diciamo. Sono molto delusa, e arrabbiata, ma questa cosa mi servirà per dimenticare definitivamente questo stronzo di un Alex!”
“Brava Sum! Così ti voglio!” esclamò Frank posando una mano sulla spalla dell’amica. 
“Assurdo... questo ragazzo ha dei problemi mentali” sentenziò Abby scuotendo la testa.
“Poi fare questo poco prima del ballo, devi avere un bidone della spazzatura al posto del cuore!” disse Frank.
“Il ballo è l’ultimo dei problemi...” replicò Sophie seria.
“A proposito del ballo...” iniziò timidamente Summer. 
Tanto vale dire tutto subito, senza aspettare disse fra sé e sé Summer.
I tre amici la guardarono curiosi, e lei continuò: “Ci vado con Jake.”
“O MIO DIO QUESTO SI CHE È UNO SCOOP” urlò Frank portandosi le mani davanti alla bocca.
“Ma davvero?” domandò Sophie sorridendo.
“Sì, me l’ha chiesto prima... è stato con me fino ad adesso a consolarmi e nulla, mi ha invitata, e io ho detto di sì!”
“Hai fatto bene” disse Sophie.
“Eccome se hai fatto bene, così impara quel cretino di suo fratello!” le fece eco Frank.
“Abby... non fare quella faccia dai!” supplicò Summer guardando Abby che, chiaramente incollerita, aveva assunto un’espressione truce sul volto.
“Tu oggi hai deciso di farmi morire? Prima non mi ascolti e Alex ti dà buca, e ora vai al ballo con il fratello ancora più stronzo?” disse Abby incrociando le braccia sul petto.
“Dai Abby, infondo Jake con Summer si è sempre comportato bene, si vede che ci tiene davvero a lei! E poi Summer non è una sprovveduta... se lo frequenta è perché ci sta bene no? Io approvo questa scelta” intervenne Sophie sorridendo verso l’amica.
Abby sollevò un sopracciglio e dopo aver scosso la testa disse un semplice “no comment” e si allontanò a passo svelto verso Edward e James che proprio in quel momento stavano arrivando.
“Non l’ha presa bene...” osservò Summer.
“E che ti importa, deve andare bene a te non a lei!” le sorrise Sophie incoraggiante. “Poi sai com’è fatta Abby, fa la burbera ma ha solo paura che ti facciano star male. Ma vedrai che pure lei se ne farà una ragione.”
Frank si intromise emozionato: “Io invece ti dò già ora la mia benedizione. Mi state fornendo una quantità di scoop incredibile quest’anno, amiche mie!” 
“Sì ma vedi di tenere la bocca cucita Frank! Non voglio si sappia subito in giro” lo ammonì Summer.
“Va bene Sum, ti prometto che per queste ventiquattro ore cercherò di tenere la bocca chiusa… anzi facciamo dodici ore, sono tuo amico ma non voglio che nessuno diffonda la notizia prima di me! Poi insomma, mica è una brutta cosa, per una volta che ti succede qualcosa di bello e puoi uscire dalla tua oscura caverna di impopolarità presentandoti al grande pubblico di Hogwarts non vorrai mica mettere tutto a tacere!”
“Sei sempre il solito Frank…” commentò esasperata Sophie. 
“Lo prendo come un complimento Sof. Comunque Sum, io voglio andare a vedere il coro di Goblin, magari se intono qualche nota mi faccio notare da loro, chi lo sa! Mi accompagni? Così mi racconti un po’ com’è andata con il nostro Serpeverde del cuore!” chiese Frank estasiato.
“Sì dai andiamo, non ho di meglio da fare” accettò Summer contenta di avere una scusa per non dover passare il pomeriggio con Richardson e Walker.
I due ragazzi salutarono Sophie prima che i due Grifondoro potessero raggiungerli, e si incamminarono lungo la via.
“Jake Allen allora…” iniziò Frank sorridendo soddisfatto “non avrei mai pensato di dirlo, ma sono davvero contento che tu l’abbia conosciuto.”
“Addirittura? E perché?”
“Non so. Forse perché, non per rievocarti brutti ricordi, il ragazzo che ti piace ti ha appena dato buca e tu stai sorridendo lo stesso. Tu che dici? Merito di Jake Allen?”
Summer guardò divertita l’amico, senza saper spiegare il perché, nonostante tutto, stava davvero sorridendo.
“Già. Merito di Jake Allen.” 

***

Alex scaraventò con rabbia una sedia contro la parete. Sapeva che doveva mantenere la calma, ma in quel momento sentiva di star perdendo il controllo.
Il ragazzo si sedette con malagrazia sul consunto materasso, sollevando nuvole di polvere, e nascose il viso tra le mani. Iniziò a fare dei respiri profondi, nel tentativo di calmarsi.
Odiava quel posto, quella vecchia catapecchia che per molti era solo la Stamberga Strillante. Per lui era tutt’altro che una semplice casa infestata dai fantasmi (di fantasmi poi, non ce ne era nemmeno l’ombra), era il luogo che per almeno una notte ogni mese si trasformava nella sua prigione. 
Alex si guardò intorno, gli squarci sulle pareti, il vecchio pianoforte completamente sfasciato, le porte divelte. Tutto frutto delle sue azioni incontrollabili, di cui oltretutto si ricordava ben poco.
Come avrebbe mai potuto avere una vita normale? Non l’aveva mai avuta e non l’avrebbe mai potuta avere.
In quel momento si sentiva un vero idiota. Davvero pensava di poter raccontare tutto a Summer? Di condividere con lei quell’incubo?
Ma chi voleva prendere in giro, persino Summer, così comprensiva e gentile, sarebbe scappata di fronte a quella realtà. Non avrebbe mai potuto accettarlo. E anche qualora l’avesse fatto, sarebbe stato troppo pericoloso per lei. Avrebbe potuto farle del male, e solo l’idea lo faceva rabbrividire. Summer era probabilmente la persona a cui teneva di più al mondo, ma sapeva che quando la bestia prendeva il sopravvento nessuno era al sicuro con lui.
D’altronde poi non sarebbe stato nemmeno giusto costringere Summer a farsi anche lei carico di quel flagello. Non se lo meritava, non sarebbe stato corretto.
Era arrivato il momento di lasciarla davvero in pace.
Il ragazzo sbuffò, odiava quello che era. Detestava non poter essere un normale diciannovenne. Non poter vivere una vita tranquilla, e passare del tempo con la ragazza che gli piaceva, come tutti i suoi coetanei.
Era costretto a vivere una vita di bugie, a nascondersi, a mentire a tutti, persino a se stesso.
Pensò alla povera Summer, quella ragazza per cui ormai da anni provava qualcosa, un sentimento che non aveva mai provato per nessuna prima. Quella ragazza così carina e gentile che, nonostante i suoi atteggiamenti, gli aveva dato un’altra possibilità. E lui l’aveva nuovamente delusa. 
Sapeva che non avrebbe dovuto invitarla ad uscire. Sapeva che era sbagliato. Ma tutti quei mesi senza di lei erano stati tremendi, e per un attimo si era davvero convinto che poteva davvero dirle tutto e che poteva essere sincero con lei fino in fondo. 
Summer è comprensiva, capirà, non posso continuare a mentirle si diceva, e se l’era ripetuto fino al suo arrivo quel pomeriggio ad Hogsmeade.
Ma quando l’aveva vista in lontananza, mentre seduta su una panchina rideva parlando con un ragazzo, aveva capito che Summer si meritava di vivere spensierata. Di passare del tempo con un ragazzo normale come quello, e non con un mostro come lui. 
Non poteva farle questo, non poteva renderla partecipe di quell’incubo.
In quell'esatto istante aveva capito che era da folli raccontarle tutto. Era rimasto a fissarla per qualche minuto, da dietro l’angolo di un negozio, e poi era scappato nell’unico posto in cui un mostro come lui si meritava di stare. Solo lì Alex poteva essere quello che era davvero. Perché volendo o no, quella era ormai la sua natura, e non poteva sfuggirle.
Era consapevole che dando a Summer buca per l’ennesima volta le avrebbe nuovamente spezzato il cuore, ma quella sarebbe stata l’ultima volta. Lei lo avrebbe odiato per sempre, e probabilmente sarebbe stato un bene. 
Sarebbe stato più semplice starle alla larga, e Alex continuava a ripetersi che lo faceva per lei. 
Inoltre i patti con Silente erano stati chiari, sin dal primo giorno a Hogwarts. Il preside e i professori si erano dimostrati subito disponibili ad accettare il giovane nella loro scuola, a patto però della massima discrezione e attenzione. Nessuno in quella scuola avrebbe mai dovuto sapere della sua condizione, tranne i professori e poche altre persone. E lui, accecato dall’amore, stava per tradire la fiducia di Silente, così disponibile con lui, del professor Lupin, che più di tutti poteva capirlo, di Hagrid, che sin dal primissimo giorno aveva cercato di aiutarlo, e di tutti gli altri professori che facevano di tutto per garantire l’incolumità sua e di tutti gli altri studenti.
Quella condizione a cui era costretto, aveva rovinato la vita già a troppe persone. A partire dai suoi genitori, per non parlare di Jake. Da piccoli erano così uniti, ma a partire da quella fatidica notte di tredici anni prima, tutto era cambiato. Jake lo odiava, e come poteva dargli torto? Se Jake era uno stronzo anaffettivo poco incline al rispetto delle regole era solo colpa sua. 
Quel fardello gli aveva preso tutto, gli aveva sottratto l’amore del fratello, tutta la sua adolescenza, la spensieratezza e la felicità. Ma di una cosa Alex era certo, non avrebbe mai permesso a quella bestia di prendersi anche Summer. 

 

II

Sul lungo sentiero che si snocciolava dal castello di Hogwarts all’ingresso di Hogsmeade, due figure avanzavano a passo svelto una accanto all’altra. La prima si guardò il polso con fare nervoso, leggendo l’ora su un orologio dall’aria preziosa.
“James, ti dispiacerebbe camminare un po’ più velocemente?”
“Mi piacerebbe ma hai visto in che stato è la strada? Vorrei arrivare a destinazione senza essermi rotto l’osso del collo.”
Nonostante già innumerevoli studenti avessero percorso lo stesso tragitto quel giorno infatti, appiattendo la neve sul terreno, non aveva smesso di nevicare per tutta la settimana passata e le temperature erano calate drasticamente, rendendo il suolo ghiacciato e scivoloso in diversi punti. I grossi fiocchi di neve che continuavano a cadere dal cielo, inoltre, rimanevano impigliati nelle ciglia dei due ragazzi offuscandone la vista e rendendo il rischio di scivolare a terra più che concreto. 
“E io vorrei arrivare in orario per l’appuntamento con Sophie, le ho detto che ci saremmo visti per le quindici e sono ora le quindici in punto!” Il tono di voce di Edward stava virando verso l’isterico. “Tutto perché mi hai convinto ad aspettarti mentre discutevi di chissà cosa con Kayla.”
“Sai benissimo di cosa discutevo con Kayla...”
“E davvero avevate bisogno di parlare tutto quel tempo per il ballo?”
“Certo che no, stiamo preparando qualcosa di grosso, ma sai che non posso dirti nulla di più.”
“Tanto ormai ci sono abituato...”
“Non ricominciare, lo sai che non posso davvero, ho giurato al primo anno di non dirlo a nessuno. Ma sai anche che sei sempre il primo sulla lista degli invitati in quanto mio migliore amico, dovrebbe bastarti.”
Edward alzò le spalle, indifferente. “Tranquillo, scherzavo. Dopo tutti questi anni con te so quanto basta, i dettagli non mi interessano. Però, qualsiasi cosa stiate organizzando, questa volta non posso venire.”
James si fermò e trattenne l’amico afferrandogli un braccio, guardandolo sconvolto. “Cosa cazzo vorrebbe dire che non puoi venire?” Dall’inflessione della sua voce si capiva che ci era rimasto male. “Non puoi non venire, è da anni che voglio che partecipi a uno dei nostri festini della vigilia, perché sono qualcosa di stratosferico, te lo posso assicurare. Ma tu sei sempre tornato a casa per le vacanze, perdendoti l’occasione di assaporare le possibilità che si aprono a Hogwarts quando il castello si svuota... e per una volta che i tuoi vanno a trovare tuo fratello Henry e tu decidi di rimanere al castello anziché accompagnarli mi dici che non puoi venire alla mia festa? Allora facevi prima ad andare con i tuoi.”
Edward fece una smorfia involontaria. Lui era il cocco di casa, il piccolo di famiglia, il preferito dei nonni, il fantastico Edward William Richardson che tutti amavano e ammiravano. Tuttavia, Henry rimaneva pur sempre Henry. Non è che non volesse bene a suo fratello, anzi, erano molto legati, ma avere come fratello maggiore il grande Henry Benjamin Richardson Junior non era mai stato facile per lui. Il primogenito, l’erede della famiglia, il ragazzo prodigio, entrato al ministero subito dopo la fine dei suoi studi a Hogwarts, per raccomandazione diretta del Ministro della Magia, vincitore di quasi tutti i premi più prestigiosi esistenti nel mondo magico, colui che aveva già battuto ogni record prima di raggiungere i trent’anni... insomma, sebbene i genitori di Edward non potessero essere più fieri del loro secondogenito e non perdessero occasione di ripetergli quanto fosse straordinario anche lui, di quanto fosse sulla buona strada per ottenere una carriera come quella del fratello, essendo altrettanto brillante e talentuoso, il ragazzo a volte trovava faticoso seguire quella strada: non doveva, non poteva fallire, non poteva essere da meno, in nessuna occasione, per nessun motivo. Quando la famiglia era riunita, si metteva senza volerlo una pressione addosso di cui quell’anno avrebbe volentieri fatto a meno, con la scusa di non voler andare solo per pochi giorni di vacanza a Tokyo, dove Henry era attualmente a capo del nuovo distaccamento dell’Ambasciata Inglese della Magia in qualità di portavoce del Ministro della Magia britannico e dove i genitori si sarebbero fermati per qualche settimana per rendergli visita. 
I due Grifondoro continuarono a camminare verso il piccolo villaggio innevato che era ora comparso davanti ai loro occhi e che sembrava uscito direttamente da una cartolina; ancora qualche curva e sarebbero arrivati. James continuava a guardare l’amico come in attesa di risposte, ma Edward si era perso nei suoi pensieri.
“Sai, l’unica cosa che mi dispiace” commentò dopo un po’, distratto, “è che speravo di far conoscere Sophie ai miei... Non importa, potrò farlo alla prossima occasione, a Pasqua o sicuramente quest’estate.”
“Conti di invitarla quest’estate al Maniero dei Richardson?” chiese James, un po’ stupito. Sapeva che Edward era davvero preso dalla sua storia con Forbes, ma in fondo stavano insieme solo da qualche mese, non credeva che stesse già pensando a fare quel passo. 
“Certo, perché non dovrei?”
“Beh, perché è una cosa grossa presentarla a Lord Richardson e a Lady Adelaide. Insomma, loro sono il Signore e la Signora Richardson in persona, e ecco...” James fece una pausa, quasi imbarazzato, cercando le parole più giuste, “non pensi che Lady Adelaide potrebbe avere da ridire?”
Edward, di fronte all’espressione dell’amico, non poté impedirsi di scoppiare a ridere. 
“James, puoi dirlo tranquillamente che mia nonna è un po’ razzista a volte!”
Un po’? A volte?” gli fece il verso James, scoppiando a ridere a sua volta. “Ok allora sarò franco, è gentilissima a invitare sempre qualche giorno me e Abby ogni estate in quella splendida dimora che è casa sua e dove tu passi le estati, ma lo sai anche tu che ci adora soprattutto perché siamo purosangue, rampolli di famiglie di spicco della società magica. Quanto alla tua adorata Sophie, la rivolterà come un calzino, vorrà scavare nel suo albero genealogico e sapere tutti i suoi antenati... Lady Adelaide si mangerà Forbes in un boccone, vedrai.”
“Come sei esagerato, mia nonna non è certo un mostro. E il fatto che Sophie sia mezzosangue non importerà, perché lei è fantastica e vedrai che se ne innamoreranno tutti!”
James alzò gli occhi al cielo, evitando di commentare. Dal canto suo, non aveva niente contro di Forbes, però era sicuro che non avrebbe avuto vita facile se fosse andata al Maniero dei Richardson. I genitori di Edward erano due persone molto a modo, disponibili e gentili, ma restavano pur sempre parte di una delle famiglie più antiche e potenti dell’intero mondo magico. Quanto ai nonni paterni, i Richardson originali... loro erano su tutto un altro piano. Ma se Edward non se ne rendeva conto, non erano certo affari suoi. 
“Forbes non ti ha invitato a passare le feste di Natale a casa sua?” chiese quindi, per cambiare argomento. 
“Non te l’ho detto? Anche Sof rimane a Hogwarts per Natale quest’anno! Da quel che mi ha detto lo fa per la sua amica Summer, che altrimenti rimarrebbe da sola. In genere tornava sempre a casa, soprattutto per rivedere Lallie, che ora però è qui con noi tutto il resto dell’anno quindi può approfittarne e godersi la magia di Hogwarts a Natale, come ha sempre sognato...” 
Ma James non lo ascoltava più da un pezzo. “Dimmi che non è per Forbes che non puoi venire alla mia festa” ringhiò solo.
“Beh, certo” disse Edward con semplicità, come fosse la cosa più ovvia del mondo. 
“E non puoi passare un momento separato da lei, non puoi venire a una festa con me solo per una sera?”
“È la mia ragazza e voglio stare con lei, sempre. E anche se ti proponessi di invitarla, cosa che comunque so non faresti, non verrei. A Sophie non piacerebbero i vostri festini. Preferisco stare tranquillo con lei da qualche parte, ho già in mente una piccola sorpresa...”
“Certo che non le piacerebbero, è troppo perfettina!” James sembrava sul punto di esplodere. Non riusciva a concepire che l’amico potesse rifiutare un invito del genere per stare con una ragazza con cui stava già ventiquattro ore su ventiquattro il resto del tempo. “Per questo non la inviterò mai, rimarrebbe scioccata e correrebbe a raccontare tutto ai prof. È davvero gentile e carina e le sono molto grato per l’aiuto che mi ha dato dopo la rissa, mi ha rimesso in sesto, ma non puoi negarlo: è noiosa Edward!”
“Non fare lo stronzo James” lo ammonì quello, guardandolo torvo.
James, dal canto suo, fece un respiro profondo, per calmarsi. Non voleva discutere con il suo migliore amico, ma doveva dirgli quello che pensava ormai da settimane. 
“Non faccio lo stronzo, sono solo realista, qualcuno deve pur dirtelo: non sei più tu da quando stai con Forbes, non ti riconosco quasi. Sembri un’altra persona, sei diventato noioso pure tu! Non voglio litigare per una cazzata così, non ne vale la pena, però dovevo dirtelo: sei cambiato per lei. Ci conosciamo da una vita, da sei anni dormiamo pure nella stessa stanza, siamo sempre insieme e in tutto questo tempo non ti ho mai visto così. Ora fai tutto solo con lei o per lei, ti sei fatto coinvolgere come con nessun’altra prima ma se avessi fatto il passo più lungo della gamba?”
Edward, che aveva ascoltato in silenzio, si era irrigidito impercettibilmente. “James, solo perché tu non fai sul serio con nessuna per paura di rimanere ferito o per non so quale altro motivo strano, non vuol dire che dobbiamo essere tutti come te. Se trovassi il coraggio di aprirti finalmente a una ragazza, di impegnarti sul serio, se trovassi quella giusta, allora capiresti e non mi parleresti così.”
“Un po’ hai ragione pure tu” commentò James, scrollando le spalle. “Dico solo che forse dovresti ridimensionare un po’ questa tua relazione. Prenderla un po’ meno sul serio, o comunque non affrettare troppo le cose. Sia chiaro, davvero, penso che tu e Forbes formiate una bella coppia, per quanto sdolcinati e tutto, vedo quanto tu sia felice da quando uscite insieme. Ho semplicemente paura che tu ti investa troppo e troppo presto. Che magari in realtà tu non la conosca ancora così bene, pur facendo già dipendere le tue scelte e la tua vita da lei, e che tu ne rimanga alla fine deluso. E lo dico per te, spero solo ne valga la pena.”
I due ragazzi si guardarono per un attimo negli occhi, gli sguardi duri e seri. Poi, si scambiarono un abbraccio fraterno. 
“Ti ringrazio per la sincerità” disse Edward, dando una pacca sulla schiena a James. “Non preoccuparti, so quello che faccio e sono sicuro ne valga la pena, lo sento. Sophie... è davvero speciale, non mi farà soffrire. Però grazie per avermi detto quello che pensavi.” 
Perlomeno, una vita insieme permetteva loro di essere franchi l’uno con l’altro in qualsiasi situazione. Una volta chiarito quello che c’era da chiarire, non ci sarebbero stati imbarazzi o freddezze. Erano migliori amici da sempre, se non potevano dirsi certe cose a vicenda, a chi avrebbe potuto?
“Alla fine, eri solo preoccupato per me, che cuore che sei” scherzò Edward, prendendo in giro James.
Il ragazzo in tutta rispose scosse la testa e alzò gli occhi al cielo. “Mi sto rammollendo, che ci vuoi fare, sto diventando troppo sensibile.”
“Comunque, visto che trovi che io invece stia diventando troppo noioso...”
Con un gesto fulmineo, Edward tentò di buttare James in un cumulo di neve a bordo della strada che stava finalmente terminando. 
Il Grifondoro barcollò per riuscire a rimanere in piedi. “Non intendevo questo, volevo dire semplicemente che con lei sei un maledetto principe azzurro esageratamente sdolcinato, e che cazzo, stai perdendo il tuo tocco di figaggine...”
James non riuscì a finire la frase.” No, no, hai detto proprio noioso” puntualizzò Edward con un ghigno, placcando una seconda volta l’amico e buttandolo infine a terra. James gli fece immediatamente lo sgambetto, facendogli perdere a sua volta l’equilibrio, e i due ragazzi si trovarono entrambi sdraiati scompostamente sulla neve, a ridere e a spintonarsi scherzosamente l’uno con l’altro cercando di rialzarsi. 
Infine, con le giacche ricoperte di neve e i capelli umidi e mossi, superarono il vecchio cancello di ferro battuto che delimitava l’ingresso di Hogsmeade. Se per arrivare fino a lì non avevano incontrato quasi nessuno, perché quasi tutti gli studenti erano partiti subito dopo pranzo, nel cuore del villaggio si trovarono circondati da ragazzi e ragazze che giravano allegri da un negozio all’altro per fare gli acquisti di Natale, entravano o uscivano da un pub, si dirigevano verso il coro dei Goblin sulla High Street. Erano da poco passate le tre ed era il momento di massima affluenza.
I due Grifondoro si diressero senza esitazione verso i Tre Manici di Scopa, dove avevano appuntamento con Sophie e Abby, i nasi e le guance arrossate, l’uno con il braccio sulle spalle dell’altro, le labbra tirate in due sorrisi identici. 

***

Abby li vide arrivare in lontananza e si affrettò a raggiungerli, senza più degnare di uno sguardo o di una parola Summer. Non voleva litigare di nuovo, quindi era molto meglio semplicemente lasciar perdere, allontanarsi e non commentare ulteriormente la scelta della Tassorosso. 
“Ragazzi, siete arrivati proprio al momento più opportuno” sbuffò Abby, a mo’ di saluto. 
“Perché, che succede?” chiese Edward, intuendo il fastidio che stava rodendo l’amica. 
Abby fece per rispondergli, ma in quel momento Sophie, che aveva appena salutato Summer e Frank, si diresse verso di loro e Edward non ebbe più occhi per nessun altro.
“Sophie” disse il ragazzo, mentre un sorriso sognante gli compariva sulle labbra, slanciandosi per prenderla tra le sue braccia” sei ancora più bella del solito con questa giacca e questo cappello lo sai?”
La ragazza si lasciò abbracciare da Edward, un po’ in imbarazzo di fronte agli sguardi di Abby e James che non stavano riuscendo a nascondere i loro pensieri riguardo a quella frase di benvenuto. 
Noioso, mimò James con le labbra, in direzione dell’altro Grifondoro. 
Edward gli tirò un pugno su una spalla, scherzosamente, deciso a non rispondere alla provocazione. “Bene” disse tranquillamente, sempre tenendo Sophie stretta a sé, “io e Sof andiamo, ho prenotato un tavolo da Madama Piediburro.”
La ragazza lo guardò confusa. “Non ci eravamo dati appuntamento tutti e quattro per cercare insieme i regali di Natale?”
“Sì, ma prima io e te dobbiamo andare a prenderci una bella cioccolata calda, c’è una cosa che devo chiederti” le rispose Edward, guardandola dolcemente. Quindi chiese, rivolgendosi agli altri due amici: “Ci rivediamo qui tra non so, un’ora scarsa?"
Abby e James annuirono, e i due piccioncini si allontanarono mano nella mano. 
“Madama Piediburro, bleah” commentò Abby, non appena fu rimasta sola con James. “Non metterei piede in quel posto per niente al mondo.”
“Tranquilla Nanerottola, io non ti ci porterei mai” la rassicurò James, ammiccando come suo solito. 
Ma la classica risposta “tanto non ne avresti l’occasione perché non staremo mai insieme” di Abby non arrivò. La ragazza, al contrario, finse di non cogliere la frecciatina e cambiò discorso.
“Ti prego, dimmi che quello che deve chiederle in quel locale stucchevole non è di andare al ballo insieme...”
“Ne sono quasi sicuro” replicò James, quasi disgustato, mettendosi le mani in tasca e scuotendo la testa rassegnato.
“Scusa se sono fidanzati, che bisogno c’è di fare un invito ufficiale! Non pensavo l’avrei mai detto, ma Ed rischia di diventare troppo sdolcinato persino per Sof!” esclamò Abby, nauseata. 
“Lascia stare, gliene ho parlato proprio mentre venivamo qui...”
E James riferì alla ragazza la discussione che aveva avuto con Edward sulla strada per Hogsmeade.
“Per questo siete entrambi coperti di neve? Beh comunque era ora che qualcuno glielo dicesse, per me hai fatto bene” commentò Abby alla fine del racconto. 
“Anche se non credo cambierà niente, dovevo dirglielo. Comunque, vuoi bere una burrobirra mentre aspettiamo la coppietta?”
“Ne ho già bevuta una prima che arrivasse tu e Sof. Ti va se invece facciamo due passi?”
Aveva quasi smesso di nevicare. Dal cielo scuro scendevano ora lievi fiocchi quasi impercettibili, che contribuivano soltanto a rendere l’atmosfera del villaggio ancora più natalizia. Le strade di Hogsmeade erano decorate con dovizia ed erano semplicemente uno spettacolo: grosse ghirlande figuravano su ogni porta, festoni di auguri fluttuavano magicamente a metà altezza per le vie e ad ogni incrocio svettavano alberi di Natale diversi, minuziosamente addobbati con palline che brillavano di luce propria; nell’aria si potevano sentire canti natalizi provenire dalla piazza principale, amplificati grazie alla magia, a rendere il tutto ancora più incantato. Passanti dall’aria allegra si scambiavano gli auguri per strada e dappertutto ci si sentiva avvolti dalla magia del Natale.  
James accettò di buon grado. “Basta che non rimaniamo fermi a lungo qua davanti, mi sento troppo esposto all’aperto e per questa settimana ho avuto abbastanza agguati da parte di fanatiche che vorrebbero le portassi al ballo.”
Abby si oscurò impercettibilmente a quelle parole, tuttavia cercò di non darlo a vedere e preferì non commentare. I due si incamminarono e per un po’ rimasero in silenzio. James, le mani sempre nelle tasche dei jeans, fischiettava a suo agio, mentre Abby accanto a lui non poteva impedirsi di rimuginare su Summer. Quando si accorse che stavano per svoltare nella High Street, si affrettò a invertire direzione.
“Ovunque ma non di qua, so che Frank voleva venire a sentire il coro dei Goblin, credo che sogni segretamente di entrare a farne parte un giorno, e Summer è sicuramente con lui...”
“... ed è meglio se sbollisci prima di rivederla” terminò per lei James. “Ho notato quando siamo arrivati che eri innervosita, che è successo con Evans stavolta?”
Abby si fermò un attimo a guardarlo, stupita. “Davvero l’hai notato?”
“Certo. So che ti sforzi tanto di credere che io sia uno stronzo egocentrico che pensa solo a se stesso, ma non è così. Sono sempre attento se si tratta di te.” 
“Sarà, se lo dici tu” fece Abby ironica, cercando di dissimulare quanto fosse in realtà rimasta colpita per l’ennesima volta dalle attenzioni del ragazzo nei suoi confronti. “Però lascia perdere non voglio annoiarti con i miei problemi, so che non ti interessano davvero.”
James sbuffò e le lanciò uno sguardo di traverso, ricominciando a camminare. “Davvero non capisco perché tu debba sempre fare così Abby. Fai di tutto per convincerti che l’idea che hai di me corrisponda alla verità, ma non è così. Se ti chiedo una cosa è perché mi interessa sul serio, quindi dimmi cosa ti innervosisce tanto e basta.” 
Un vago senso di colpevolezza pervase Abby, che si sentì improvvisamente a disagio. James aveva ragione, lo faceva apposta. Si ricordò di quello di cui aveva parlato con Thomas e si disse che doveva smettere una volta per tutte di trattare così il Grifondoro, era ora che gli desse veramente una possibilità. Così, finì per sfogarsi con lui per il fatto che Summer oltre a non darle mai retta riguardo ad Alex, nonostante lei parlasse chiaramente solo in nome del suo bene, aveva in più appena deciso che sarebbe andata al ballo con il peggio della feccia: Jake Allen. Era livida, non sapeva più cosa fare con quella ragazza.
James effettivamente l’ascoltò con attenzione fino alla fine, quindi tentò di farle passare il nervoso. “Concordo con te che Evans ha dei gusti di merda in fatto di ragazzi, ma a un certo punto devi lasciare stare, se non vuole capire tu non puoi farci niente. D’altronde, le api non sprecano il loro tempo a spiegare alle mosche che il nettare è più buono della merda.”
Con quella battuta finale, ottenne che Abby scoppiasse a ridere suo malgrado; James sorrise tra sé e sé, soddisfatto di aver fatto tornare il sorriso alla ragazza.
Erano arrivati al limitare di Hogsmeade; passarono davanti a uno spiazzo dove due ragazzi stavano giocando a palle di neve, senza quasi accorgersi di loro, superarono un grosso albero di Natale che torreggiava in mezzo a quell’ultima piazzetta del villaggio e si fermarono, al riparo da sguardi indiscreti. 
Alle loro spalle, Luke Anderson fu colpito con violenza in faccia da una palla di neve. Il passaggio dei due Grifondoro l’aveva distratto e non aveva più pensato a schivare il colpo micidiale lanciato senza pietà da Liam Lewis. Tuttavia, anziché rispondere a sua volta lasciò cadere la palla di neve che aveva pronta in mano e fece cenno all’amico di raggiungerlo.  
“Hai visto chi c’è?” gli chiese a bassa voce, non appena se lo trovò accanto. “Voglio proprio sapere cos’ha quel dannato Walker da dire a Abby per farla ridere così”. 
Luke, gli occhi ridotti a due fessure, si nascose dietro al grosso albero di Natale e spostò di qualche millimetro due rami per riuscire a vedere meglio i due Grifondoro, a qualche metro appena di distanza, le orecchie ben tese. 
“Ma che fai, li vuoi spiare?” sussurrò Liam, al suo fianco, chiaramente a disagio. “Dai, lascia stare, andiamo via.” 
“Se si trattasse di Summer faresti lo stesso e sai che non sarei così stronzo da lasciarti da solo, quindi non azzardarti a mollarmi.”
Liam non poté ribattere in alcun modo a quella verità lampante e, rassegnato, restò nascosto accanto all’amico, ad origliare.
“Una cosa bisogna però riconoscerla a Evans” stava dicendo James in quel momento, divertito. “Avrà ottenuto il primato di essere la prima che Jake Allen porta al ballo. Lo sapevi che non aveva mai invitato nessuna prima d’ora? Fa tanto il gradasso ma in fondo non sa come comportarsi con una ragazza.”
Da dietro l’albero, Liam cercò di soffocare un gemito. Aveva lasciato Summer che aspettava Alex Allen e ora scopriva che sarebbe andata al ballo con il gemello, il famigerato Serpeverde la cui pessima reputazione lo precedeva ovunque andasse? Che storia era mai quella? Si sentiva come se il mondo non fosse mai stato così ingiusto. Luke gli rivolse uno sguardo sinceramente dispiaciuto, prima di riportare la sua attenzione sui due ragazzi davanti a lui. 
“Guarda che buffone” sibilò infastidito, gli occhi puntati su Walker. “Se ne sta lì con quella giacca di pelle aperta con questo freddo, solo per mettersi in mostra. E non potrebbe allontanarsi di qualche centimetro da Abby? Non c’è alcun bisogno che le stia così vicino...”
La ragazza intanto, di fronte all’espressione divertita di James, stava facendo una smorfia, nuovamente innervosita anche se per tutt’altro motivo. 
“Non che tu sia tanto meglio James” gli fece notare, improvvisamente sprezzante. “Tu ne inviti sempre almeno due o tre per avere il cambio e per decidere sul momento con quale preferisci spassartela. E quelle orde di ragazzine che ti fanno gli agguati per essere le fortunate prescelte... che squallore.”
James non si fece minimamente scalfire dal tono della ragazza. Al contrario, abbassò il viso per avvicinarlo al suo e, con una scintilla di sfida negli occhi, la provocò: “Non pensare che abbia dimenticato come hai reagito la settimana scorsa a colazione... cosa ti succede Hill, sei forse diventata gelosa del mio fan club?”
“Walker, dovresti saperlo: un purosangue non fa mai a gara con dei pony” ribatté Abby fiera, portando con un gesto i capelli dietro le spalle e sostenendo senza scomporsi lo sguardo del ragazzo. 
Da dietro l’albero di Natale, Luke Anderson mormorò quasi contento, senza alcuna logica: “Liam, io sono un purosangue, lo sapevi? Sì, ho anche un secondo nome, Jason... Non sono un pony!”
Liam lo guardò come se fosse impazzito, chiaramente preoccupato per la salute mentale dell’amico, che però non ci fece caso: non riusciva a staccare gli occhi dalla scena, come ipnotizzato nonostante avesse l’impressione che la piega che stavano per prendere gli eventi non gli sarebbe piaciuta per niente. 
James, il viso sempre a pochi centimetri da quello di Abby, continuò a stuzzicarla. “Puoi sempre venire tu al ballo con me se preferisci.” 
Le labbra carnose e ben delineate erano incrinate in un sorriso beffardo e Abby si sentì per un attimo girare la testa a causa della vicinanza del ragazzo e dello sguardo intenso con cui la stava scrutando: era innegabile che fosse di una bellezza da mozzare il fiato. La ragazza dopo aver sbattuto lentamente le ciglia, come per studiare la reazione del Grifondoro, disse, cercando di suonare indifferente: “Va bene, ci vengo.”
“Cosa?” sbottò Luke, dimenticandosi di abbassare la voce e beccandosi una gomitata nelle costole da Liam.
Per sua fortuna, né Abby né James si accorsero di niente perché il Grifondoro aveva esclamato nel suo stesso momento, gli occhi sgranati dallo stupore: “Cosa vuol dire “ci vengo”?”
James si raddrizzò, confuso, e restò a fissare interrogativo la ragazza davanti a lui.
“Vuol dire esattamente quello che vuol dire James, va bene, vengo al ballo di Natale con te.”
“Fai sul serio? Se scherzi non è divertente.”
“Sì.”
“Wow” riuscì solo a rispondere James, che era semi-bloccato a bocca aperta come un ebete. “Wow, ok.”
Ad Abby venne quasi da ridere. “Il grande James Walker senza parole, questo sì che è uno spettacolo che non si vede tutti i giorni.”
“È solo che non me lo aspettavo” si giustificò James, cercando di riscuotersi e di ritrovare quella sicurezza di sé che lo contraddistingueva sempre. “Ad essere sinceri, pensavo che te lo avesse già chiesto quel Corvonero che hai ora in classe, Anderson, e che tu avessi accettato.”
Abby aggrottò le sopracciglia, ignara che poco distante si nascondesse proprio il diretto interessato, che si era irrigidito di colpo. “E perché mai pensavi una cosa del genere?”
“Non so, da quando è arrivato ha cominciato a girarti attorno; so che poi siete diventati amici e che passavi molto tempo con lui durante le lezioni. Dopo la storia del molliccio avrei voluto picchiarlo perché pensavo ti avesse fatto qualcosa, ma tu hai detto che non era il caso. Comunque, mi è sembrato chiaro che ci fosse un legame tra voi due quindi...”
“Ti confermo che non è il caso che nessuno picchi nessuno, Luke non ha fatto niente di male” si affrettò a ribadire Abby, fermamente, per quella che le sembrò la centesima volta. La ragazza si disse che, almeno per il momento, James non doveva assolutamente sapere perché sembrava che lei avesse un legame con Luke, altrimenti avrebbe davvero dato di matto; già faceva fatica a trattenere Thomas, che da quando aveva saputo la verità sugli incubi che la tormentavano di notte minacciava di andare a fare due chiacchiere a tu per tu con il Corvonero un giorno sì e l’altro pure. 
“Ok, però...” cominciò James, ma fu interrotto dalla Grifondoro. 
“Niente però James. Non voglio parlare di Anderson, perché non c’è niente da dire. Non mi ha invitata ad andare al ballo con lui, e anche l’avesse fatto, non avrei accettato.” Con un passo Abby fu nuovamente a pochi centimetri dal ragazzo, e fu il suo turno di sorridere beffarda. “Non è che forse sei tu a essere geloso, Walker?”
James le sollevò il mento con le dita, con delicatezza, e porto le labbra a un soffio da quelle della ragazza. “Se si tratta di te, Abigail Elizabeth Hill, sì, potrei anche esserlo.”
Ad appena qualche metro di distanza, Luke esplose. 
“Vaffanculo, che giornata di merda.”
Era troppo, non voleva vedere quello che stava per succedere. Distolse lo sguardo e, accompagnato da un Liam con il morale altrettanto a terra, se ne andò continuando a imprecare a bassa voce e prendendo a calci la neve per terra.
Nella piazzetta ormai deserta, Abby si accorse di star trattenendo involontariamente il respiro. Sentiva il calore del corpo di James attaccato al suo e percepiva i punti in cui le dita del ragazzo stavano sfiorando la sua pelle con una precisione tale da non aver bisogno di vederle per sapere che erano lì; all’improvviso l’aria le sembrava piena del suo profumo, che la inebriava e sembrava annebbiarle la mente. 
James, dal canto suo, stentava ancora credere alla fortuna che aveva appena avuto, tanto improvvisa quanto inaspettata. Osservò per un momento la ragazza che era così vicina a lui; la trovava incredibilmente bella con le guance arrossate per il freddo e gli occhi scuri che sembravano brillare come gemme preziose sul viso dalla carnagione chiara. Provò il forte impulso di baciarla, avvicinò le labbra alle sue fino quasi a sfiorarle e.… si trattenne. 
Non con lei, non così. Lasciò andare Abby, che sembrò vacillare per un istante, con un ultimo sorriso. 
Si fosse trattato di qualunque altra ragazza non avrebbe esitato, non si sarebbe fatto certi problemi. Abby però era diversa, non era come nessun’altra, non ai suoi occhi. Si rendeva conto di essere stato poco credibile nel corso degli anni, e lui stesso sapeva che all’inizio aveva cercato di conquistarla solo per sfida, perché per la prima volta una ragazza gli aveva tenuto testa. In realtà, il suo atteggiamento l’aveva letteralmente folgorato e con il passare degli anni non era più riuscito a pensare a nessun’altra come pensava a lei. Ora, non era più una questione di orgoglio, non lo era più da mesi: provava davvero qualcosa per lei, qualcosa che non aveva mai provato in vita sua. Ripensò alle parole che gli aveva rivolto Edward quel pomeriggio; il ragazzo non poteva saperlo, ma James lo capiva più di quanto ammettesse in pubblico. Anche lui aveva trovato quella giusta, quella per cui valesse la pena aprirsi completamente e lasciarsi andare, non ne aveva dubbi. 
Proprio per quello non voleva affrettare le cose, non voleva fare errori. Se tutto fosse andato come sperava, avrebbe avuto molto tempo per baciare ancora e ancora Abigail Hill. 
“Mi dispiace, non avevo pianificato di invitarti così” disse quindi, per rompere il silenzio che era calato tra di loro. “Se avessi pensato seriamente di avere una possibilità, che quest’anno avresti finalmente risposto di sì, non te lo avrei chiesto in questo modo da cazzone.”
Abby, che si sentiva stranamente stordita, fece un respiro profondo per tornare in sé. L’aveva fatto, sarebbe andata al ballo con James e sarebbe successo quello che sarebbe successo. Ormai era troppo tardi per tornare indietro, e tanto non voleva farlo.
“Guarda che ti sei guadagnato l’opportunità di dimostrarmi che fai sul serio, ma vedi di non sprecarla” lo avvertì, minacciosa.
James annuì solennemente e si portò una mano alla fronte, sull’attenti, strappandole un sorriso divertito. “Non ti deluderò, te lo prometto.”
“Aspetta che si sappia che andrò al ballo con il grande James Walker” commentò quindi Abby, alzando gli occhi al cielo, ben sapendo che scoop ne sarebbe derivato. “Ci saranno dei suicidi in serie nel tuo fan club, sempre che non cerchino piuttosto di far fuori direttamente me...”
“Non mi importa di essere il grande James Walker, con te voglio essere solo James” disse il ragazzo dopo un attimo, avvolgendole le spalle con un braccio. “Solo James e basta.”
Per la prima volta, Abby non solo lo lasciò fare: mentre tornavano verso i Tre Manici di Scopa, intrecciò le dita a quelle della mano del ragazzo che penzolava dalle sue spalle e, sorridendo tra sé e sé, si strinse lievemente di più a James.

 

III

Era tardo pomeriggio, la luce stava scendendo minuto dopo minuto ed il freddo stava iniziando a diventare quasi insopportabile. I vialetti di Hogsmeade erano sempre meno affollati, la maggior parte degli studenti si erano chiusi al caldo ed ora senza tutta quella gente che riempiva la stradina principale gli addobbi natalizi catturavano ancora di più l’attenzione dei passanti.
Edward e Sophie avevano terminato il loro romantico appuntamento da Madama Piediburro e, mano per la mano, si stavano avvicinando al punto di incontro dove James ed Abigail erano già arrivati. Quest’ultimi erano visibilmente in imbarazzo, era calato uno spiacevole silenzio dopo che i due erano rimasti avvinghiati per alcuni minuti lungo il tragitto. Abby non faceva altro che guardarsi le scarpe mentre James giocherellava con un cumulo di neve fresca che si era raggruppata al bordo della strada. Nessuno sapeva cosa dire, erano imbarazzati per quell’eccesso di dolcezza che non erano soliti condividere e così rimasero alcuni istanti in silenzio aspettando l’arrivo dei loro amici.
“Che è successo a quei due?” bisbigliò Edward all’orecchio di Sophie prima di puntare gli occhi sui due Grifondoro a pochi metri di distanza.
“È raro vederli così in imbarazzo” commentò Sophie. Entrambi avevano notato che ci fosse qualcosa di strano nell’aria, i Grifondoro si stavano comportando in modo ambiguo e non era difficile immaginare che fosse successo qualcosa. Raramente stavano così vicini l’uno all’altra e raramente si leggeva vergogna nel loro sguardo. Erano anni che James faceva battute ad Abigail e quest’ultima non si era mai lasciata condizionare, erano anni che lei rispondeva seccamente con lo sguardo imperturbabile. Ma qualcosa stava cambiando, Abby era in soggezione come lo era James e non era normale vederli così.
“Secondo me James l’ha invitato al ballo… è da giorni che me ne parla ed è in paranoia perché non sa come chiederglielo” ipotizzò Edward spostando lo sguardo sulla fidanzata per godersi la sua reazione. Sapeva che anche lei aspettava questo momento da giorni.
“Dici!? Avremo l’onore di vedere Walker ed Hill insieme al ballo di Natale?” chiese Sophie sorridente ed emozionata. Non vedeva l’ora di vedere i suoi amici insieme al grande evento dell’anno e il pensiero che sarebbe finalmente successo la stava riempendo di gioia.
“Dai per scontato che Abby accetti… sai qualcosa?” 
Edward alzò un sopracciglio dubbioso. Era chiaro che Sophie sapesse qualcosa di più di lui a riguardo e ne era estremamente curioso. Non aveva mai osato sbilanciarsi a fare domande scomode ad Abby, e nonostante fosse convinto che sotto sotto le piacesse James, aveva paura che continuasse a respingerlo come per tutti quegli anni.
“Come puoi immaginare continua ad ammettere poco ma potrei metterci la mano sul fuoco che nel caso James glielo chiedesse lei accetterebbe” ammise Sophie ancora emozionata dall’idea che la sua amica sarebbe andata al ballo con il ragazzo più gettonato dell’intero edificio. Quasi li immaginava scendere dalla scalinata mano per la mano.
“Lo spero” disse Edward lasciando andare la mano di Sophie per spostare un braccio sulle sue spalle. Anche lui come la Grifondoro aspettava questo momento da tempo ormai. Vedeva come James fosse preso da Abby: faceva sempre più attenzione alle parole che usava davanti a lei, cercando di evitare battutine squallide su altre ragazze o su argomenti che Abby detestava e più volte l’aveva beccato a guardarla di sfuggita. Per non parlare del fatto che da più di una settimana ogni sera gli chiedeva consigli per invitarla al ballo, quasi struggendosi al pensiero che la ragazza potesse non accettare. Così anche lui non poteva fare a meno di sperare che la proposta andasse a buon fine.
“Meglio far finta di niente, non mettiamoli ancora di più in imbarazzo” suggerì Sophie stringendosi ad Edward e abbassando la voce per non farsi sentire dai due ragazzi che erano a pochi passi da loro. Quest’ultimi non appena si accorsero della loro presenza si ricomposero, cercando di apparire più tranquilli possibile. Abigail si sistemò una ciocca di capelli nervosamente e James si mise dritto sulla schiena salutando la coppietta felice.
“Buonasera piccioncini” disse, sorridendo beffardo.
“Siamo proprio curiosi di sapere cosa ti abbia chiesto Edward… nessuno se lo immagina” commentò Abigail che in pochi secondi riuscì a far scomparire l’imbarazzo che si era creato poco prima. James rise e scosse la testa.
“Mi ha chiesto di andare al ballo di Natale con lui” sorrise Sophie mentre guardava il ragazzo che aveva ancora un braccio sulle sue spalle. Edward sorrise a sua volta e avvicinando il volto al suo gli diede un veloce bacio.
“Ma dai, al ballo insieme? E chi se lo aspettava?” rise ancora James voltandosi schifato da quanto fossero sdolcinati i due Grifondoro. Era ovvio che andassero insieme al ballo essendo fidanzati da mesi e James continuava a pensare a quanto fosse assurdo che il suo amico avesse dovuto fargli una proposta coi fiocchi come se non sapesse che in ogni caso Sophie avrebbe accettato felicemente.
“E piantala James” disse serio Edward trattenendo una risata “ci tenevo a chiederglielo per bene” continuò giocherellando con una ciocca di capelli di Sophie. 
Ci furono alcuni secondi di silenzio. Abby guardò James senza dire una parola su quanto successo poco prima, non erano di certo come la coppietta più smielata del mondo e a nessuno dei due andava di annunciare a gran voce che la Grifondoro avesse accettato la proposta di James. Bastò quello sguardo ed entrambi capirono che non era il momento di raccontare che anche loro sarebbero andati al grande evento assieme.
“E io ovviamente ho accettato ma questo lo immaginavate già” aggiunse Sophie sorridendo ancora una volta al suo fidanzato e per un attimo si sentì addirittura troppo sdolcinata per i suoi standard. 
James scosse ancora una volta la testa e guardò Abby che intanto continuava a fare smorfie di disprezzo ogni qual volta sentisse una delle solite frasi svenevoli che la coppia perfetta si scambiava ormai senza sosta. Prima che James potesse fare uno dei suoi soliti commenti la ragazza lo interruppe fissando un punto davanti a sé.
“Oh no ci risiamo” disse ad alta voce alzando gli occhi al cielo.
Il suo sguardo era puntato su due figure poco lontane: due ragazzine probabilmente del terzo anno stavano venendo nella loro direzione e da come erano acconciate era semplice immaginare il motivo per cui si stessero avvicinando a loro.
La frase della Grifondoro fece voltare i presenti. Le due ragazze su cui l’attenzione era rivolta stavano camminando lentamente come fossero ad una sfilata di moda, posavano un piede davanti all’altro sculettando e facendo muovere i lunghi capelli. Una era bionda, aveva una corta gonna nera che lasciava intravedere al meglio le gambe e una leggera giacca di tela che non sembrava in nessun modo utile a sopportare il freddo che dalla mattina aveva colpito tutta Hogwarts; l’altra era mora, dei lunghi pantaloni rossi le fasciavano le gambe e la scollatura profonda della maglia era ben visibile anche al di sotto del cappotto grigio.
“Sono ovunque, speravo che oggi vi lasciassero tranquilli” ammise Sophie squadrando l’abbigliamento delle figure che erano sempre più vicine. Tutti i giorni numerose ragazzine gli giravano attorno senza tregua ma quel giorno sembravano aver diminuito gli appostamenti programmati.
“Sei troppo ottimista Sof” disse seria Abby che non riusciva a togliere di dosso gli occhi dal modo in cui quelle sciacquette fossero truccate. Le labbra erano colorate con tinte accese e gli occhi erano contornati da linee nere e spesse.
“Ehi ragazzi” disse una di loro sorridendo con malizia ai due Grifondoro. La presenza di Sophie ed Abby non sembrava in alcun modo metterle in imbarazzo, anzi sembravano non essersi nemmeno accorte della loro presenza. Salutarono i ragazzi come se li conoscessero da tempo, il sorriso sempre stampato sul volto e lo sguardo provocante che sembrava non abbandonarle mai.
“Ciao Richardson” sorrise la bionda in direzione di Edward. Lo squadrò per bene per poi continuare a parlare. Sophie si schiarì la voce per sottolineare la sua presenza ma la bionda non la degno neanche di uno sguardo, continuava a fissare Richardson dritto negli occhi come ipnotizzata.
“Sei davvero bello oggi” continuò non curandosi del fatto che lo stesso ragazzo che stava tanto decantando avesse la mano destra intrecciata a quella della sua fidanzata.
Sta scherzando? pensò Sophie strabuzzando gli occhi. Non riusciva ancora a capacitarsi di come queste ragazzine trovassero il coraggio di parlare così al suo ragazzo nonostante lei fosse proprio davanti a loro. La loro sfrontatezza la sconvolgeva ogni volta.
“Grazie” disse Edward cercando di non scomporsi. Era sempre in imbarazzo in quelle situazioni e nonostante la vergogna che provava davanti a quei complimenti sfacciati, odiava maltrattare le ragazze che si avvicinavano a lui. In fondo non facevano nulla di male.
Sophie di scatto spostò la mano da quella del Grifondoro e fece un passo indietro. Quella situazione era a dir poco surreale e si sentiva tremendamente a disagio tra il suo fidanzato e quella ragazza così arrogante. Avrebbe voluto urlarle contro tutto il suo disprezzo ma vedendo la reazione tranquilla di Edward non poté fare nient’altro che stare in silenzio ed allontanarsi di alcuni passi. 
Abby intanto aveva chiuso i pugni dal nervoso, sapeva che non avrebbe resistito a lungo e di lì a poco avrebbe urlato in cagnesco qualche frase canzonatoria.
“Non che gli altri giorni tu non lo sia ovviamente” continuò la stessa ragazza avvicinandosi di più al ragazzo che stava trattenendo il respiro. Era immobile e fu preso talmente alla sprovvista da quel complimento azzardato che nemmeno si accorse che la sua ragazza si era spostata. “Comunque sono venuta qui per un motivo… volevo chiederti se ti andasse di venire al ballo di Natale con me”
Sophie aprì la bocca sconvolta. Non poteva essere vero, non poteva aver chiesto davvero una cosa simile davanti a lei. Sapeva che Edward era sempre stato gettonato nel castello per la sua innegabile bellezza e sapeva avesse ricevuto numerose lettere da altrettanto numerose ammiratrici ma le sembrava impensabile che qualcuno potesse essere così sfacciato da parlare in quel modo senza impaccio. Davanti a lei.
Non riusciva nemmeno a formulare una frase intelligente da usare contro quella lurida Corvonero ma ci pensò prontamente Abigail che senza esitazione iniziò ad alzare la voce avvicinandosi alla ragazza, sembrava sul punto di voler iniziare una rissa. Aveva notato la reazione di Sophie e non l’avrebbe fatta passare liscia a quella zoccola.
“Scusa? Tu sai chi è lei o sei ritardata?” chiese puntando il dito in direzione della sua amica. “È la sua ragazza! E devi essere completamente rincretinita per pensare che Edward venga con te al ballo.” 
Abby era furiosa, lo era quasi più di Sophie che non riusciva a realizzare cosa stesse succedendo. Era la prima volta che una delle bambinette della scuola ci provava così sfrontatamente anche davanti a Sophie e tutto questo stava scioccando persino James che aveva notato come la ragazza si fosse irrigidita.
“Abby rilassati. Non ha fatto niente di male” intervenne Edward che guardò truce la Grifondoro. Odiava trattare male le ragazze che venivano a parlargli e non avrebbe accettato che Abby le insultasse in quel modo. Era sempre stato gentile con tutte coloro che le facevano proposte simili e lo sarebbe stato anche quella volta.
Così Abby indietreggiò e si mise dietro a James. Era più innervosita di prima, l’atteggiamento così da bravo ragazzo dell’amico le stava dando alla testa. Era contenta di sapere che si interessasse dei sentimenti di tutti ma in quel caso il suo comportamento era estremamente fuori luogo.
Fortunatamente non era presente Summer che sicuramente avrebbe fatto qualche battuta o avrebbe cercato di convincere nuovamente le amiche che Edward sarebbe stato un ottimo prete se solo se ne fosse accorto.
La Grifondoro guardò Sophie e quello che vide non fu piacevole. La mora aveva abbassato lo sguardo di colpo dopo le parole del ragazzo e sembrava profondamente colpita dal fatto che il suo fidanzato invece di difenderla stava difendendo una perfetta sconosciuta il cui unico obbiettivo era provarci con lui. Era come se qualcosa in lei si fosse spezzato, non sapeva nemmeno lei spiegare cosa provasse ma sapeva che quel qualcosa non le sarebbe passato così in fretta. Continuava a guardarsi i piedi. Strinse con forza la borsa marrone e indietreggiò ancora per allontanarsi da Edward.
“Quindi cosa ne pensi? Verresti con me?” chiese ancora la bionda non perdendo coraggio.
Sophie non volle ascoltare niente di più, aveva lo sguardo perso ed era chiaro come fosse ferita dalla tranquillità del suo ragazzo che in quel momento si stava preoccupando di più della Corvonero che della sua fidanzata.
“Io vado al castello, voglio stare un po’ da sola… ci vediamo dopo” disse e si allontanò senza più preoccuparsi di cosa i ragazzi si stessero dicendo. 
Abby le sorrise senza dire niente, aveva capito il perché di quella reazione e la lasciò andare senza chiedere spiegazioni.
Edward nel mentre continuava a guardare la ragazza, l’imbarazzo non l’aveva abbandonato nemmeno un secondo.
“Vado già con la mia fidanzata, mi dispiace” rispose abbozzando un sorriso. Non riusciva proprio ad essere scortese con le persone.
“Puoi sempre lasciarla, non vedo problemi” disse lei avvicinandosi sempre di più al volto di Edward.
“Jessica, stai esagerando…” si intromise James guardando la ragazza che ora stava stampando un bacio sulla guancia di Richardson.
“Ah quindi la conoscete pure?” chiese Abby sempre più scossa da quello che stava succedendo attorno a sé. Le sembrava di essere catapultata in un programma comico-drammatico e non le piaceva affatto.

***

Sophie intanto continuava a camminare e il nervosismo stava aumentando a vista d'occhio. E se prima era sconvolta da come quella ragazzetta si fosse permessa di provarci apertamente con il suo fidanzato senza curarsi che fosse presente anche a lei, ora era furiosa al pensiero che Edward non solo non l'avesse allontanata per gentilezza ma aveva addirittura bacchettato Abigail per averla insultata. 
Le sembrava che tutti si stessero prendendo gioco di lei ed era stufa del comportamento di Edward che pur di apparire sempre gentile stava ora facendo soffrire la persona a cui avrebbe dovuto tenere di più. Possibile che non si rendeva conto che comportarsi in quel modo l'avrebbe ferita? Aveva sempre apprezzato il suo carattere così pacato ma non in quella situazione. 
Iniziò a pensare che forse l'aveva davvero idealizzato e che i dubbi che dopo la giornata al lago non le avevano lasciato tregua, si stessero sempre più ingigantendo. Forse non aveva bisogno del ragazzo perfetto, forse non aveva bisogno di un ragazzo sempre gentile e premuroso con tutti. Forse non le andava più bene stare con il principe azzurro.
"Sophie, finalmente ti incontro senza quel farabutto di Richardson…"
La voce di Thano la distrasse dai suoi pensieri infiniti. 
Ci mancava solo più lui, pensò girandosi a guardare il Corvonero.
"Vederti mi ha migliorato la giornata" continuò il ragazzo sorridendo. 
Non ha di certo migliorato la mia, pensò invece Sophie che alla vista di Thano si stava chiedendo se avesse fatto qualcosa di male quel giorno. La Grifondoro non disse nulla, aspettando che il ragazzo continuasse. Raramente infatti si faceva intimidire dal silenzio di chi aveva di fronte e come previsto continuò con spavalderia a parlare.
"È tutto il giorno che ti cerco mia cara Sophie e finalmente posso farti la fatidica domanda senza occhi indiscreti attorno. Vuoi venire con me al ballo di Natale? Ne sarei più che onorato, saremmo la coppia migliore di tutte."
Thano sorrise borioso. Era da giorni che aspettava il momento giusto di invitarla al ballo e finalmente era riuscito a trovarla da sola. 
"Vado già con il mio ragazzo Thano, mi sembrava ovvio" disse sconsolata Sophie. A quanto pare non c'erano solo le ragazzine strafottenti a provarci senza rimorso con quelli fidanzati, anche Thano stava usando la stessa tattica con lei. Ma in fondo doveva aspettarselo, sapeva che non si sarebbe lasciato influenzare dal fatto che fosse già impegnata. 
"Era ovvio ma sai… dovresti proprio lasciarlo quel demente, non mi sembra siate fatti l'uno per l'altra." 
Sophie guardava Thano mentre parlava e per la prima volta dopo anni si ritrovava d'accordo con lui su qualcosa. Sembrava quasi fosse riuscito a leggerle la mente, proprio pochi minuti prima aveva pensato che lei ed Edward non fossero così perfetti l'uno per l'altro. Ma non poteva certo dargli ragione ed assecondare i suoi strani discorsi che puntavano ogni volta sulla stessa cosa. Il tono del ragazzo era così fastidioso e arrogante che persino Sophie stava iniziando ad alterarsi. 
"Thano, se hai intenzione di criticare il mio fidanzato ti fermo già ora" ribatté fredda lei spostandosi verso una delle tante vetrine del piccolo vialetto. Non aveva alcuna voglia di sentire le litanie senza fine del Corvonero che non la lasciava mai in pace. Aveva sperato che dopo l'accaduto della pozione d'amore la lasciasse stare ma si sbagliava di grosso. 
"Non ho intenzione di insultare Richardson perché non merita che sprechi fiato per parlare di lui, piuttosto vorrei ricordarti le numerose cose che abbiamo in comune. Vedrai che ti renderai conto di quanto staremmo bene insieme e accetterai la mia nobile proposta" disse Thano mettendosi anche lui davanti alla vetrina che la ragazza stava ammirando distrattamente. Era ben addobbata con piccole lucine colorate e fiocchi rossi qua e là.
Sophie cercava di non guardarlo negli occhi, non sapeva mai come dileguarsi dal Corvonero che si credeva il migliore tra tutti i maghi di Hogwarts. Tutte le volte trovava scuse diverse per allontanarlo ma quella sera era troppo distratta a causa dei mille pensieri da trovare un motivo plausibile per scappare. 
Lo stava ad ascoltare guardandosi attorno nella speranza che qualcuno venisse nella sua direzione a salvarla.
"Come prima cosa siamo entrambi estremamente affascinanti, ovviamente tu più di me ma non si può dire che io sia da meno… forse avrai notato che sto facendo parecchio esercizio fisico per mantenermi in forma" fece notare il Corvonero toccandosi i muscoli delle braccia per mostrare alla ragazza quanto fosse migliorato. Sophie lo guardò sprezzante, il cappotto nero non metteva in nessun modo in mostra i suoi muscoli ma solo il suo corpo esile e asciutto. 
"Secondo siamo entrambi intelligenti, oserei dire i più intelligenti dell'intero castello, non sei d'accordo?" 
La Grifondoro alzò un sopracciglio ed aprì la bocca per contraddirlo ma Thano non le diede il tempo e continuò nello stilare la sua lista immaginaria.
"Terzo, siamo tutti e due appassionati degli scacchi, è fondamentale in una coppia avere una passione così forte in comune. Pensa, potremmo giocare insieme per ore e ovviamente ti lascerei vincere ogni volta pur di vederti contenta."
Quale onore, pensò Sophie. E guardò l'orologio provando a persuadere il ragazzo a zittirsi. 
"Thano, si è fatto tardi io dovrei andare..." cominciò, cercando di scappare da quella situazione alquanto spiacevole. 
"Oh dolce Sophie, non essere impaziente. Ho ancora molte cose da dirti, anzi aspetta controllo di non aver dimenticato niente" continuò Thano prima di tirar fuori dalla tasca del suo cappotto un piccolo foglietto dove probabilmente si era appuntato le cose da dirle. Chissà da quanto tempo aspettava di incontrarla da sola.
"Ah si, altra cosa. Ad entrambi piace studiare, non è vero? Potremmo passare i pomeriggi insieme in biblioteca ad apprendere tutte le nozioni di incantesimi che so che ti appassiona particolarmente o di storia della magia, sarebbe meraviglioso…" 
Sophie fece un passo indietro, Thano stava esagerando e l'imbarazzo stava salendo a vista d'occhio. 
"Bene… tutto questo per convincerti a venire con me al ballo. Tutti ci guarderanno meravigliati e colpiti dalla stupenda coppia che formeremo" terminò il ragazzo con un sorriso sghembo sul volto. Era fiero del suo discorso e convinto di aver utilizzato le parole giuste per persuadere la sua Sophie. 
La Grifondoro si guardava le scarpe aspettando che finisse il suo sproloquio e quei pochi minuti che aveva passato in sua compagnia le sembravano essere stati ore. 
"Un'ultima cosa…" sussurrò con un ghigno malizioso e si avvicinò di colpo alla ragazza stampandole un bacio sulla bocca. Quel gesto tanto azzardato prese alla sprovvista Sophie che mai si sarebbe aspettata che il Corvonero la baciasse a stampo in modo così subdolo. Era impazzito? 
La ragazza prese tutto il coraggio che aveva e ancora tremante tirò uno schiaffo dritto sulla guancia di Thano, per poi indietreggiare il più possibile. 
"Ma che cavolo stai facendo? Io ancora a starti ad ascoltare per tutto questo tempo… Non ci verrei mai con te al ballo e non provare mai più a fare una cosa simile!" urlò a denti stretti Sophie prima di allontanarsi definitivamente dal ragazzo e dirigersi a passo svelto nella direzione opposta. Quel gesto l'aveva scombussolata, come si permetteva di fare una cosa simile? 
"Tanto il ballo di Natale è solo uno stupido evento per stupidi adolescenti senza cervello, te l'ho chiesto solo per galanteria… Ma non mi interessa in nessun modo e sicuramente non ci andrò!" disse ad alta voce Thano per fare in modo che la ragazza voltata lo sentisse. Sophie l'aveva colpito nell'orgoglio e nonostante fosse chiaro il suo desiderio nell'andare con lei al ballo, non poteva ammettere attendesse quell'evento da mesi. Ogni volta che veniva contraddetto aveva la stessa identica reazione, ritrattava come meglio poteva quanto detto non ammettendo mai di avere torto. Così anche quella sera non si sarebbe fatto vedere deluso dallo schiaffo ricevuto e dalla risposta secca che poco rispecchiava la Sophie per cui da anni aveva una cotta. Era sempre più convinto che quell'orrenda gentaglia con cui era solita uscire la stessero influenzando negativamente, anni fa non l'avrebbe mai trattato in quel modo. Era convinto che la ragazza fosse segretamente innamorata di lui e nonostante le ripetute prove del contrario nulla avrebbe potuto fargli cambiare idea, nemmeno quello schiaffo. Sarebbe riuscito nella sua impresa, anche se ci fossero voluti altri anni. 
Sophie nel frattempo stava camminando con le mani in tasca per il freddo e non riusciva a credere a quello che era appena accaduto. Aveva sempre ascoltato Thano anche dopo tutti i momenti di imbarazzo che le aveva procurato e cercava di essere sempre il più gentile possibile con lui. Nonostante tutto le faceva un'estrema pena e le dispiaceva che tutti si prendessero gli gioco di lui ma quello che aveva appena fatto era troppo. 
Le mani le stavano tremando ancora e la tachicardia non sembrava scomparire. 
Era sconvolta, mai avrebbe immaginato che il Corvonero si spingesse a tanto. Erano anni che le girava attorno e usava viscide tattiche di approccio ma mai aveva osato sfiorarla neanche con un dito e quel gesto così subdolo l'aveva scossa. 
Aveva deciso di ritornare al castello per allontanarsi dal suo fidanzato e ora era finita per camminare a passo svelto per scappare da Bennet. Quella giornata stava finendo nei modi più terribili e Sophie non vedeva l'ora di entrare nell'edificio lontano da tutto e da tutti. 
Fece un respiro profondo e si passò una mano sulla bocca come per eliminare il ricordo di quel bacio ripugnante. 
Si voltò per accertarsi che il Corvonero se ne fosse andato definitivamente e si tranquillizzò a vedere che lo stretto vialetto fosse completamente vuoto. Ma la tranquillità durò poco. 
Non appena girò l'angolo e tornò a guardare davanti a sé, due figure che riconobbe immediatamente catturarono la sua attenzione. 
Ancora una volta la vista di Thomas e Paul le stava facendo perdere quella poca calma che aveva appena acquistato dopo il terribile accaduto con Bennett. Thomas la guardò per alcuni secondi e capì subito che qualcosa non andava. Aveva imparato a conoscere le sfumature dello sguardo della ragazza e sapeva che qualcosa la stava turbando. Gli occhi erano più piccoli del solito e si stava mordendo nervosamente il labbro, cosa che Thomas sapeva facesse solo quando era preoccupata. 
La Grifondoro tentò di guardare altrove ma non servì a nulla. Il danno era già fatto. 
"Sophie, tutto bene?" chiese il biondo non distogliendo lo sguardo dagli occhi della ragazza. 
Sophie si stupì della domanda e lo guardò per alcuni secondi senza dire nulla. Si vedeva così tanto fosse sconvolta? 
"Si… va tutto bene" sussurrò Sophie sistemandosi il cappellino chiaro. Voleva essere convincente ma sapeva che ormai era troppo tardi, quando Thomas notava qualcosa difficilmente lasciava la questione in sospeso. 
"Non mi sembra tu stia bene, è successo qualcosa?" chiese ancora lui che si fece ancora più serio avvicinandosi alla ragazza che sentendo le parole di Thomas iniziò ad avere gli occhi lucidi. 
"Io è meglio se vado… Ci vediamo dopo Thommy. E ciao Forbes!" si intromise Paul che per quei pochi secondi si era sentito estremamente fuori luogo e non avrebbe retto a lungo l'imbarazzo che stava provando. In più se era davvero successo qualcosa a Sophie sapeva che la Grifondoro avrebbe fatto fatica a confidarsi in sua presenza, e poi voleva aiutare l'amico con la ragazza che tanto gli piaceva e quella sembrava l'occasione giusta. 
I due ragazzi salutarono il Serpeverde che non diede loro neanche il tempo di ribattere: si era già velocemente dileguato per raggiungere i suoi amici prima di ritornare al castello. 
"Allora? Hai voglia di parlarmene?" domandò ancora una volta Thomas sorridendo alla Grifondoro che si stava guardando nervosamente le scarpe. Non aveva bisogno di conferme dalla ragazza, era sicuro al cento percento che qualcosa la stesse preoccupando. 
"In realtà è successo qualcosa…" iniziò Sophie continuando a guardare in basso. "Stavo camminando quando Thano si è avvicinato e mi ha invitato al ballo, io ho rifiutato ed ha iniziato a elencarmi tutte le ragioni per cui saremmo una bella coppia… " continuò a raccontare Sophie spostando lo sguardo su Thomas che la ascoltava attento. 
"Una bella coppia!?" rise lui per poi tornare serio e fare un cenno alla Grifondoro per spronarla a continuare. 
"Già… fin qua era tutto come al solito… non so se lo sai ma lui spesso fa questi sproloqui insensati e si convince di cose inesistenti" ammise Sophie ripensando a tutte le figuracce che le aveva fatto fare. 
"L'ho già notato Sophie, non è la prima volta che ci prova apertamente" la interruppe il Serpeverde con voce bassa. 
La ragazza abbassò lo sguardo imbarazzata. Il modo in cui Thomas aveva pronunciato quella frase l'aveva colpita, sembrava quasi scocciato al pensiero che quel Corvonero si permettesse di importunarla di continuo. 
"Ecco, peccato che alla fine del suo discorso abbia deciso di baciarmi senza che avessi tempo di fare rendermi conto di cosa stesse facendo" ammise infine Sophie che aveva assunto uno sguardo pieno di delusione e disprezzo nei confronti di Bennett. 
"Cosa ha fatto quel coglione!? Stai scherzando? Ma io lo ammazzo di botte!" gridò Thomas pieno di rabbia. Non poteva crederci neanche lui che il Corvonero più insopportabile del castello si fosse permesso di toccare Sophie. 
"No Thomas, non fare niente. Lo sai solo tu e non voglio dirlo a nessuno per il momento." 
"Io non ci credo, quel lurido stronzo!" disse ancora ad alta voce Thomas guardandosi attorno sperando di vedere quel viscido per fargliela pagare. 
"Forse sto esagerando in fondo era solo un bacio a stampo ma…" continuò Sophie provando a giustificarsi ma venne nuovamente interrotta dal Serpeverde che non ci vedeva più dalla rabbia. 
"Esagerando? Non deve permettersi di toccarti nemmeno con un dito! Vorrei dirgliene quattro…" ribadì Thomas con sguardo truce. 
"Grazie davvero. Ma penso che il mio schiaffo sia bastato per fargli capire che non deve mai più fare una cosa simile…" Sophie le sorrise, tutto sommato era orgogliosa di aver avuto la forza di reagire in quel modo. 
"Gli hai tirato uno schiaffo? Grande! Sarà stato soddisfacente, tutti vorrebbero provare il piacere di farlo… " ammise Thomas cercando di calmarsi il più possibile. Fece un grosso respiro e si passò una mano tra i capelli. 
"Si" rise Sophie. "Devo ammettere che è stato piacevole. Non avevo mai picchiato nessuno prima d'ora" continuò tirando fuori le mani dalle tasche del cappotto.
"Magari ci prendi gusto e capisci di essere anche tu una Serpeverde, forse il cappello parlante si era sbagliato… Sai, ti donerebbe la divisa verde smeraldo… " scherzò Thomas tentando di tirarle su il morale. Voleva solo che stesse bene e vederla con gli occhi segnati lo aveva colpito sin da subito. 
"Non penso succederà, non abbonderei per nessuna ragione la calda e accogliente sala comune dei Grifondoro" rise Sophie. Quel ragazzo riusciva sempre a tirarle su il morale e le sembrava passato un anno da quando si era parlati così spensierati e sereni. Le sembrava per un istante di essere tornata al campo, dove stavano ore e ore a chiacchierare di qualsiasi cosa. 
Thomas a sentire l'ultima parola si irrigidì. Si stava quasi dimenticando che nei Grifondoro ci fosse anche il fidanzato di Sophie. Si era ripromesso di starle lontano ma vederla in quello stato non aveva aiutato. 
"A proposito di Grifondoro, vuoi andare a cercare Richardson? Forse è meglio se ne parli con lui" disse serio. 
"No! Cioè è meglio che lui non sappia nulla. Ma grazie del pensiero" rispose Sophie, confusa. Non aveva alcuna voglia di vedere Edward, era ancora innervosita e sicuramente non avrebbe potuto nasconderlo. Forse aveva ragione Thomas e avrebbe dovuto parlargliene ma in quel momento non aveva alcuna intenzione di confidarsi con lui e spiegargli l'accaduto. 
Thomas alzò le spalle cercando di non mostrare fosse felice di quella scelta.
"Meglio così, non so come avrebbe reagito a vederci arrivare insieme… ultimamente non fa altro che guardarmi in cagnesco" commentò poi ripensando a come il Grifondoro gli rivolgesse troppo spesso sguardi accusatori e pieni di rabbia. Sembrava quasi volesse tenerlo sott'occhio e ogni occasione era buona per controllare cosa facesse. 
Sophie non disse niente, non si aspettava che Edward si comportasse in quel modo con Thomas. E si stupì di non essersene mai accorta. 
"Stavi ritornando al castello? Se vuoi ti accompagno, non vorrei che Bennett facesse un altro dei suoi agguati" propose, vedendo la ragazza in difficoltà. 
"Si stavo rientrando… Ma Paul?" domandò Sophie. L'aveva visto arrivare con lui e le dispiaceva pensare che avrebbe lasciato da solo il suo amico. 
"Paul è con Allen e Rocket. Stavamo per rientrare anche noi" spiegò il ragazzo abbozzando un sorriso. 
"Va bene allora." 
Sophie si strinse nel cappotto e seguì il Serpeverde che aveva appena iniziato a camminare. 
Leggeri fiocchi di neve stavano di nuovo iniziando a scendere e i numerosi luci delle vetrine li rendevano ben visibili. La temperatura si stava abbassando sempre di più e persino parlare stava diventando faticoso. I due ragazzi avevano il naso e le guance arrossate dal freddo e ogni volta pronunciassero qualche parola piccole nubi di aria uscivano dalla bocca. 
"Tra l'altro non so se lo sai ma penso che la nostra Abby andrà al ballo con Walker" Sophie tentò di iniziare una conversazione che puntava sull'unica persona che univa entrambi: Abigail. 
"Si, mi ha detto qualcosa… ma sapevo che sarebbe successo prima o poi" ammise Thomas. Abigail le aveva confessato di provare qualcosa per Walker poco tempo prima ma lui se lo sentiva da molto di più. 
"Cosa ne pensi?" chiese la Grifondoro che era curiosa di sapere se approvasse o meno la scelta della sua migliore amica. 
"Speravo che si scegliesse un accompagnatore migliore ma a quanto pare non è l'unica ad avere pessimi gusti" disse Thomas che non appena si accorse di averlo detto davvero cerco di rimediare al meglio. "Scusami, scherzavo."
Sophie non si scompose e continuò a parlare non curandosi di quello che aveva appena sentito. 
"L'unica ad avere buoni gusti è Summer quindi? Che andrà con un Serpeverde…" 
"Esatto… E so anche che andrà con Allen, mi sottovaluti" disse Thomas ridendo. Jake gliene aveva parlato quel pomeriggio e per quello l'aveva scoperto. 
"Wow, sei peggio di Frank" rise Sophie stringendo meglio la sciarpa attorno al collo. Per un attimo si dimenticò di tutti i problemi senza neanche rendersene conto. 
"Questa era pesante! Non è colpa mia se tutti si confidano con me, si vede che sono un ottimo ascoltatore" disse Thomas per poi fermarsi all'entrata del castello. Erano arrivati e il tragitto gli sembrò essere durato pochi minuti. Anche se gli era difficile ammetterlo avrebbe tanto desiderato non doversi separare dalla ragazza. 
"Lo sei" Sophie gli sorrise. "E grazie per avermi ascoltato anche prima, mi hai davvero aiutato" ammise imbarazzata. Dopo le innumerevoli discussioni con il ragazzo aveva sempre paura di dire la cosa sbagliata, parlava con il timore di una sua brusca reazione che però non arrivò. 
"Sai che ci sarò sempre" disse Thomas con il cuore in mano e fece una pausa titubante, prima di guardarla negli occhi. "Ma hai fatto una scelta e penso sia meglio se stiamo lontani. Se voglio andare avanti l'unico modo è questo… quindi è meglio se non ci cerchiamo più" continuò senza distogliere lo sguardo da Sophie. Era stato benissimo con lei, come sempre, ma se fosse risuccesso non sarebbe mai riuscito a dimenticarla. Avrebbe dovuto continuare ad evitarla come in tutto quel tempo e forse così se la sarebbe davvero tolta dalla testa. Sapeva di aver fatto uno sbaglio a passare del tempo con lei come ai vecchi tempi ma non si sarebbe mai perdonato a pensare di averla lasciata da sola dopo aver scoperto cosa fosse successo. 
"Lo capisco, penso sia giusto per entrambi" disse la Grifondoro. Ma dentro di sé pensava tutto il contrario. Si era resa conto che non voleva stessero lontani e che avrebbe voluto poter parlare serenamente con il ragazzo come avevano fatto fino a poco tempo prima ancora per ore. 
"Buona serata Sophie" la salutò lui sorridendo mesto. Il suo sguardo era colmo di delusione. Si stava sforzando di mostrarsi convinto di quello che aveva appena detto ma sapeva che la sua espressione stava dicendo tutto il contrario. Eppure doveva dimenticarla. Era fidanzata con Richardson e doveva dimenticarla per davvero. 
"Buona serata Thomas e grazie ancora" sussurrò Sophie prima di guardarlo andare via. 
Vederlo allontanarsi le fece venire un magone inspiegabile. Il solo pensiero di non poterci più parlare la stava distruggendo e non sapeva spiegarsi il motivo. Amava passare del tempo con lui, e pensare che non sarebbe più successo le stava aumentando i dubbi che aveva sempre avuto. Era giusto provare quelle cose? Era giusto che quel ragazzo fosse riuscito a tirarle su il morale in pochi minuti? Sophie era sempre più confusa. 
Quella giornata era stata interminabile e si aggiungevano sempre più preoccupazioni. Prima Edward poi Thano ed infine Thomas, che proprio non voleva uscire dalla sua testa neanche a distanza di mesi. Qualsiasi tattica che usasse per allontanarlo, qualsiasi discussione che li portava a distaccarsi non sembrava servire a nulla e in quel momento Sophie realizzò che forse non era mai riuscita a dimenticarlo. 
Qualcosa stava cambiando e questa volta ne era sicura, questa volta non avrebbe fatto finta di niente. 

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Capitolo 19
*** Capitolo 18 - Perché io ti amo, Sophie Forbes ***


Capitolo 18 - Perché io ti amo, Sophie Forbes


 


“Sophie, perdonami, non volevo in alcun modo offenderti o mancarti di rispetto.”
Edward l’aveva cercata nella Sala Comune non appena era rientrato da Hogsmeade, desideroso di scusarsi per il comportamento tenuto di fronte alla ragazza qualche ora prima. Non appena si erano liberati di Jessica e dell’amica, infatti, si era accorto che Sophie se ne era andata; avrebbe voluto inseguirla, ma Abby l’aveva convinto a lasciarle un attimo di tempo per tranquillizzarsi. Si era sentito uno stupido, come aveva fatto a non accorgersi di star ferendo la sua ragazza nell’essere così accomodante con delle pretendenti tanto sfacciate?
“Sono stato un vero e proprio idiota, non ho scusanti. Non avrei dovuto lasciare che mi parlassero così di fronte a te. Non avrei dovuto lasciare che mi parlassero così in generale, visto che ora noi due stiamo insieme.”
Sophie era rimasta accoccolata nella larga, vecchia poltrona davanti al fuoco che amava tanto da quando era tornata al castello. L’atteggiamento che Edward aveva tenuto di fronte ai Tre Manici di Scopa l’aveva fatta innervosire oltre ogni limite, e l’aveva ferita, ma le sembrava ormai roba di quasi poca importanza rispetto agli avvenimenti che ne erano seguiti. Il bacio a tradimento che le aveva dato Thano la faceva ancora rabbrividire dal ribrezzo. Aveva deciso: non l’avrebbe detto a nessuno, avrebbero dato tutti di matto e Sophie desiderava semplicemente non pensarci più. Thano si era spinto troppo in là, l’aveva seguita apposta aspettando che fosse sola, e la cosa l’aveva inquietata più che mai. Tuttavia, si sentiva stranamente tranquilla: Thomas sapeva; aveva detto chiaramente al ragazzo che non doveva fare niente, non voleva rischiasse di mettersi nei guai per un suo problema, ma se conosceva anche solo un po’ il Serpeverde sapeva che non l’avrebbe ascoltata, non su quello. Sophie aveva la netta sensazione che Thano non le avrebbe più dato fastidio, almeno per un po’.  
Solo il pensiero di Thomas e di come le fosse stato vicino riusciva a calmarla e non riusciva a smettere di pensare a come avrebbe voluto che lui la stringesse tra le sue braccia per confortarla… ma sapeva che non poteva più pensare una cosa del genere, Thomas aveva ragione, lei aveva fatto la sua scelta e doveva lasciarlo libero di andare avanti. La domanda era: aveva fatto la scelta giusta?
“Sophie, ti prego, dimmi qualcosa” l’aveva implorata Edward, inginocchiandosi accanto a lei, chiaramente convinto che la ragazza non rispondesse perché ancora troppo arrabbiata e senza poter immaginare che lei invece era semplicemente persa in troppi pensieri che non avevano nulla a che vedere con quello che era successo tra loro due. 
Sophie si era sforzata di tornare alla realtà e di concentrarsi solo sul fastidio che aveva provato a causa di Edward. Quel problema almeno, poteva risolverlo.
“Ed, non ce l’ho più con te, tranquillo” l’aveva rassicurato, rivolgendogli un sorriso stanco. “Però hai ragione, sei stato un po’ un’idiota, scusa la franchezza. Lo sai che apprezzo il tuo essere gentile e premuroso più di chiunque altro, ma ci sono momenti in cui non dovresti esserlo, non così tanto almeno. Spero tu ora l’abbia capito…”
“È solo che è più forte di me, mi viene naturale essere gentile e fare attenzione a non ferire nessuno.”
“Sei un caso perso, sei peggio della metà dei Tassorosso per questo” aveva scherzato Sophie, non riuscendo più ad avercela con lui di fronte all’aria dispiaciuta del ragazzo. D’altronde, in un certo senso poteva capirlo: anche lei tendeva a essere troppo disponibile e a non essere capace di tener testa agli scocciatori per paura di ferire le persone, e cos’era successo con Thano ne era la prova; non era mai stata in grado di trattarlo male come avrebbe meritato e così facendo aveva in parte permesso lei stessa che le cose degenerassero. 
“Però non è una scusa. Quando stavo con Eleanor non avevo minimamente tutto questo… successo, quindi non sono abituato ad avere una ragazza e doverne gestire altre. Dopo che ci siamo lasciati non dovevo preoccuparmi di nessuno, quindi la cosa più importante era di non ferire i sentimenti delle ragazze che si facevano avanti. Ma adesso sto con te, e la mia priorità è che non far star male te, al diavolo tutte le altre.”
Il sorriso sul volto di Sophie si era allargato e la ragazza aveva fatto posto al Grifondoro sulla poltrona, per poi accoccolarsi contro il suo petto e lasciarsi accarezzare i capelli, senza più pensare ad altro. 
“Ci ho messo un po’ a capirlo, ma non ricapiterà una scena come oggi, te lo prometto.”
Nelle settimane che erano seguite, in effetti, Edward era stato impeccabile. Avvicinandosi la data del ballo, gli animi si erano un minimo calmati, poiché la maggior parte degli studenti aveva già trovato un accompagnatore, e quindi non era più ricapitata una scena come quella di Hogsmeade. Per ogni evenienza, comunque, Edward si era premurato di non rispondere più alla metà dei saluti che riceveva nei corridoi, la metà femminile, e si era creato attorno un’aura di ragazzo irraggiungibile che aveva tenuto alla larga ulteriori inviti inopportuni, con grande gioia di Sophie. 
La ragazza non aveva avuto niente da ridire da quel giorno di inizio dicembre eppure, mentre si guardava nel largo specchio davanti a lei, non poteva evitare di provare i soliti dubbi, quegli stessi dubbi che ormai da settimane e settimane le attanagliavano lo stomaco. Con Edward aveva vissuto i mesi più perfetti della sua vita a Hogwarts, e questo era innegabile. Stare con lui era così facile, non c’era mai da discutere, erano sempre d’accordo su cosa fare, avevano la loro routine e tutto filava liscio come l’olio. Tuttavia, Sophie sentiva che qualcosa non andava. Non sapeva neanche con chi parlarne, perché in realtà non aveva niente di cui parlare: Edward era perfetto, e stare con lui era come vivere una favola ad occhi aperti. E allora perché aveva la sensazione costante che le mancasse qualcosa, che non era così che avrebbe dovuto sentirsi con il suo ragazzo? 
A volte si sorprendeva a pensare a Thomas e a quello che c’era stato tra di loro ormai mesi e mesi prima, e si chiedeva come sarebbero state le cose se avesse fatto tutt’altre scelte. In quei momenti, parlare con lui, passare del tempo a scherzare insieme le mancava più che mai, però aveva rispettato la richiesta del ragazzo e non l’aveva più cercato, come era giusto. 
Ma ormai non si trattava più di Thomas.
La verità era che Sophie si sentiva confusa a prescindere e, anche se non avrebbe saputo dire esattamente perché, avvertiva sempre di più che tra lei e Edward qualcosa non andava come avrebbe dovuto. Ogni volta che era con il ragazzo ogni cosa era perfetta e stava benissimo, non sarebbe stata in grado di individuare dei problemi specifici. Era più una sensazione diffusa che la stava facendo impazzire: erano così simili che agli occhi di tutti erano perfetti insieme; ma Sophie stava cominciando a chiedersi se non fossero troppo simili per stare davvero bene insieme. 
Forse, la vera perfezione era tutta un’altra cosa. 
Forse, l’amore era tutta un’altra cosa. 
Sophie scosse energicamente la testa e cercò di pensare ad altro. Nelle ultime settimane aveva dovuto sforzarsi di non dar peso a quelle sue preoccupazioni. In fondo, magari era solo tutto nella sua testa. Chi le assicurava che davvero mancasse qualcosa nella sua relazione con Edward? Il ragazzo non sembrava avere gli stessi dubbi, e forse era solo Sophie che esagerava. Sarebbe stata una pazza a rinunciare ad una storia perfetta con il ragazzo perfetto, visto che non c’era davvero niente che non andasse. Doveva convincersi che l’unico vero problema era nella sua testa. 
Devi solo smettere di pensare troppo Sof, si disse la ragazza con forza, e goderti il momento. Stasera sarà fantastico, concentrati solo su questo. 
Un urlo proveniente dalla stanza attigua la riportò bruscamente alla realtà. 
“SOPHIE FORBES!” gridò Abby. “È la terza volta che ti chiamo vuoi venire o no? QUESTA È UN’EMERGENZA!”
Sophie si affrettò a uscire dal bagno e tornare nel dormitorio… per trovarsi di fronte ad una Abby chiaramente in crisi, accasciata a terra in mezzo a talmente tanti capi d’abbigliamento da far credere che avesse svaligiato un negozio intero. Sul suo letto e su quello di Sophie erano appoggiati uno accanto all’altro almeno una mezza dozzina di abiti da cerimonia, di vario taglio e colore; per terra giacevano una decina di scarpe eleganti con o senza tacco, lucide o meno; tutto attorno, svariati gioielli brillavano tra le pieghe dei letti e dei tappeti. 
“Non ho nulla da mettere” si lamentò Abby, sconsolata, guardandosi attorno affranta. Poi, alzò gli occhi su Sophie e sulla sua faccia si dipinse un’espressione sconvolta. “Ma tu sei già pronta. Come fai a essere già pronta? Non è giusto!”
“Forse perché io non mi sono fatta mandare da casa sei vestiti diversi, sapevo quale volevo e mi è bastato infilarlo?” ironizzò Sophie, incapace di trattenere una mezza risata. “Comunque, come puoi dire che non hai nulla da mettere? Dai, devi solo sceglierne uno!”
“Ma non posso scegliere sono tutti troppo belli e al tempo stesso nessuno è quello giusto me lo sento. Ti prego Sof aiutami” la implorò Abby. 
“Avevi solo da non fartene mandare così tanti, ora certo che non riesci a deciderti!” le fece notare Sophie, rassegnandosi ad aiutare l’amica e avvicinandosi quindi ai due letti per esaminare più da vicino i vestiti che vi erano posati sopra.
Abby le lanciò l’occhiata più innocente che sapesse fare. “Non è colpa mia se mia mamma mi ha improvvisamente spedito altri cinque vestiti…”
“Sì, come no” le fece il verso l’altra ragazza. “Guarda che lo so che le hai detto che andavi al ballo con James solo perché sapevi che presa dall’euforia della notizia ti avrebbe riempita di vestiti, scarpe e accessori per non farti sfigurare.”
“Beh, che ci posso fare se stravede da sempre per James?”
“E chi non stravede per lui…”
“Cosa scusa?” sbottò Abby, fulminando l’amica con lo sguardo. 
Sophie si limitò a guardarla ridacchiando. “Vai al ballo di Natale con il ragazzo più figo di tutto il castello, e quando dico tutto il castello intendo letteralmente, lo sai. Dovresti essere abituata a certe battutine.” 
“Tu ti ci abitueresti?”
“Come non detto, hai ragione. Comunque, dico solo che normalmente non avresti aggiornato tua mamma così velocemente sulla tua relazione sentimentale, e che questa volta hai fatto un’eccezione chiaramente solo per ottenere tutto questo ben di dio.”
“Avrei potuto evitare, ora sono solo più indecisa di prima. E come se non bastasse da quando mia mamma ha saputo di James è letteralmente impazzita, credo stia già pianificando il nostro matrimonio, roba da non crederci. Voglio dire, manco siamo una coppia, andiamo solo al ballo di Natale insieme, ma è inutile farglielo notare, sogna che mi metta con lui da sempre. È pazza.”
Sophie sollevò un vestito color salmone con le maniche lunghe fino al gomito, una scollatura a cuore e un’ampia gonna e lo guardò con occhio critico prima di rispondere a Abby. 
“Adesso però non fare la modesta, questa serata è solo una formalità, voi finirete insieme, l’ho sempre saputo. Perché non metti questo?”
“Oddio no, questo no che schifo!” rispose subito Abby, come se l’amica non capisse niente. “Comunque non è mica detto che ci metteremo insieme…”
“Ma per favore, se tutti vi vedono già come una coppia” ribatté Sophie distrattamente, passando ad analizzare un bellissimo abito a sbuffo argentato che brillava come avesse una luce propria talmente era ricoperto da brillanti. “Questo?”
“No.”
“Sei impossibile Abby! Peccato, era bello, anche se poco sobrio… in effetti ora che lo guardo meglio fa un po’ stile Il mio grosso grasso matrimonio gipsy, meglio cercarne un altro” commentò Sophie.
Abby aggrottò le sopracciglia, chiaramente perplessa. “Il mio grosso grasso che?”
“Ma sì, quel programma della televisione babbana di cui parla sempre Frank, ci ha anche mostrato delle foto l’hanno scorso non ti ricordi? Dai, è uno dei suoi programmi preferiti, dice sempre che quando è a casa non guarda altro.”
Abby fece una smorfia disinteressata. “Sai che non capisco le sue cose babbane… Comunque, tornando alle cose davvero importanti: se davvero James avesse intenzione di mettersi seriamente con me non avrebbe aspettato più di due settimane non credi?”
“Te l’ho già detto, per come la vedo io vuole fare le cose per bene, per una volta. Non vuole correre troppo con te, se ci pensi ha aspettato di avere una vera occasione per così tanto tempo che sicuramente non vorrà sprecarla!” ripetè la Grifondoro all’amica per l’ennesima volta. 
Le sembrava di dire le stesse cose di continuo, ma sapeva che Abby aveva bisogno di essere tranquillizzata: non era una cosa da tutti i giorni andare al ballo con James Walker, nemmeno per lei che lo conosceva così bene e da così tanto tempo. Non ora che stava mettendo in gioco i suoi sentimenti. Per questo Sophie aggiunse, con fare rassicurante: “Ha scelto te e solo te Abby, e non era mai successo prima con James Walker. Praticamente metà scuola ucciderebbe per essere al tuo posto, ma lui ha scelto te. Quindi smetti di farti mille paranoie, questa serata sarà magica e quando sarà finita sarete ufficialmente la coppia del secolo che agli occhi di tutti siete già, me lo sento.”
In effetti, per tutti Abigail Hill e James Walker erano già la coppia del secolo, e questo da quando si era diffusa la notizia bomba che sarebbero andati al ballo di Natale insieme. Lo scoop esclusivo era rimbalzato da un corridoio all’altro ad una velocità mai vista prima per un gossip, abilmente gonfiato da Frank, e nel giro di una sola giornata non c’era una singola persona nell’intera Hogwarts che ignorasse il fatto che James Walker non solo aveva designato un’unica fortunata ragazza per il ballo di quell’anno, ma che quella ragazza fosse proprio la a stratosferica compagna di squadra di quidditch Abigail Hill, famosa per averlo tanto a lungo respinto e per avergli fatto evidentemente perdere la testa, impresa in cui nessun’altra sembrava essere riuscita prima. 
Dal giorno dell’uscita a Hogsmeade, Abby era seguita ovunque andasse da occhiate cariche d’odio e di risentimento da parte dello stuolo di ragazze che avrebbero ambito ad essere al suo posto, al punto che la Grifondoro aveva seriamente cominciato a temere un qualche agguato che potesse metterla k.o. prima del ballo in modo che James Walker si ritrovasse magicamente senza accompagnatrice. 
“È il prezzo da pagare per stare con quel bono di Walker” commentava Frank allegro ogni volta che notavano un qualche atteggiamento del genere.
“Quante volte devo dirti che io e James non stiamo insieme? E potresti smettere di fare apprezzamenti su di lui? Stai cominciando a diventare inquietante” ripeteva allora esasperata Abby, non condividendo il buon umore dell’amico di fronte alla reale minaccia di restarci secca per mano di qualche ragazzina fanatica.
“Oh dai non fare la guastafeste, non c’è bisogno di fare così la pignola, lo sappiamo tutti che starete insieme quindi che differenza fa?” chiedeva quindi il ragazzo, sorvolando regolarmente sull’accenno ai suoi apprezzamenti poco opportuni. “Se proprio vuoi, diciamo che ti abitui al prezzo che dovrai pagare ben presto, ma non mi sentirai compatirti, direi che stare con il miglior pezzo di manzo del castello non è una sorte così terribile…”
“FRANK!”
Effettivamente, nelle ultime settimane Frank era più allegro che mai. Quando Abby aveva raccontato a lui, Summer e Sophie cosa era successo esattamente a Hogsmeade, il Tassorosso per poco non era svenuto dall’emozione. Quindi, non riuscendo più a trattenersi, aveva guardato le sue tre amiche come se fossero il dono più prezioso che l’universo avesse potuto offrirgli. 
“Ragazze, mi rendete così fiero di voi” aveva detto, con sincere lacrime di commozione negli occhi. “Pensate al ballo dell’anno scorso e guardatevi adesso… le mie migliori amiche, accompagnate al ballo di Natale da JAKE ALLEN, EDWARD RICHARDSON e JAMES WALKER! Io davvero non posso crederci, questo è il più bel regalo di Natale che poteste farmi, oh i pettegolezzi che ne verranno fuori, e solo io avrò materiale di prima mano perché si tratta di voi tre, grazie grazie grazie!”
“Frank, non c’è bisogno di scaldarsi tanto…” aveva detto Abby, osservando il ragazzo come se fosse completamente ammattito. 
“Sicuro di sentirti bene? Sembri febbricitante” si era preoccupata invece Sophie, notando lo sguardo delirante dell’amico.
“Ti prego Frank non potresti cercare di non parlarne troppo in giro per una volta tanto?” aveva infine gemuto Summer, inutilmente. 
“Summer Evans, tu ci tieni a me? Sono o non sono il tuo migliore amico?”
“Sì ma…”
“E allora non puoi chiedermi una cosa del genere, non puoi.”
E infatti, dal giorno dopo, nonostante i riflettori dell’intero corpo studentesco fossero puntati sulla coppia Hill-Walker, anche Summer aveva cominciato a richiamare non poche occhiate curiose da parte di tutti coloro che volevano vedere la prima ragazza che Jake Allen avesse mai invitato al ballo, e altrettanti sguardi di disprezzo da parte di chi sperava di spassarsela un po’ con il Serpeverde in occasione di quella serata. 
Insomma, poco importava dove fossero o cosa facessero, le tre ragazze erano inevitabilmente diventate, loro malgrado e con loro scarsa gioia, il centro dell’attenzione, e Frank brillava grazie a loro di gloria riflessa, più contento e fiero che mai.
Ora, il grande giorno era arrivato. Quel 23 dicembre era stato l’ultimo giorno di lezioni, l’indomani il castello si sarebbe svuotato e la più parte degli studenti sarebbe tornato a casa per festeggiare il Natale in famiglia; quella mattina quasi tutti i professori avevano rinunciato a spiegare, limitandosi a riempirli con una valanga di compiti per le vacanze natalizie, talmente gli animi di tutti erano in subbuglio per l’imminente evento mondano più atteso dell’anno e l’attenzione in classe fosse ai minimi storici. 
Nel frattempo, Sophie si era fermata davanti al penultimo dei vestiti di Abby, e lo stava fissando come incantata. Era un abito stupendo, elegante senza essere pacchiano, di un colore azzurro ghiaccio che attirava tanto Sophie per qualche strano motivo che non riusciva a comprendere.
“Questo, mettiti questo” sussurrò la ragazza, come rapita. “È perfetto.”
“Mmm dici?” fece Abby, chiaramente non convinta. “Non so, è quello che ho portato con me da casa, se mettessi questo che senso avrebbe avuto farmi mandare tutti gli altri?”
“Ma scusa se avevi come prima scelta un vestito così bello che bisogno avevi di chiederne altri?” le chiese Sophie, sconvolta. “Quando l’hai comprato, è nuovo vero? Non l’avevo mai visto nel tuo armadio a casa.”
“Sì, l’ho preso quest’estate con Thomas” rispose Abby, distrattamente. “Siamo andati a cercare insieme i nostri abiti per il ballo, e Thomas ha scelto un completo della stessa tonalità, stava troppo bene con i suoi occhi e ci siamo detti che così saremmo stati abbinati se fossimo andati al ballo insieme come l’anno scorso. Ma adesso non so se mi convince ancora…”
Sophie sembrò non sentire la parte finale della frase. All’improvviso aveva capito perché quel vestito l’attirasse tanto: era di un colore che ricordava incredibilmente la sfumatura degli occhi di Thomas, quegli occhi che tanto le avevano fatto girare la testa un tempo.
“Senti, per me questo è perfetto” decise di tagliare corto Sophie, cercando di nascondere la reazione che le era venuta spontanea. “Non fare tanto la difficile, l’abito è bellissimo, il colore ti sta benissimo addosso e in più questa scollatura sulla schiena è perfetta per l’acconciatura che ti ha fatto Sum, quindi io voto per questo e me ne lavo le mani.”
Abby si sfiorò con la punta delle dita i capelli, riflettendo su quell’analisi. In effetti, era stata Summer ad occuparsi della sua acconciatura prima che si separassero per andarsi a preparare, ed era molto soddisfatta del risultato; d’altronde, lei era la migliore quando si trattava di sistemare i capelli. Ora, la massa scura e di base indomita della Grifondoro, risplendeva luminosa e voluminosa, accuratamente racchiusa in un largo, morbido intreccio che le ricadeva sulla schiena. Tra un incrocio e l’altro delle ciocche, le abili mani della Tassorosso avevano posizionato piccolissimi punti luce racchiusi in delicati diademi, per un risultato quasi invisibile ma che catturava la luce rendendo l’acconciatura ancora più splendente. Summer aveva creato un vero e proprio capolavoro con i capelli di Abby.
“Non sarei un po’ troppo appariscente con tutti questi punti luce? Guarda: ce ne sono anche sul vestito.” 
“No, non hai mica brillantini ovunque o cose del genere, sono solo elementi impreziosenti che richiamano la tua acconciatura. E poi Abby, se non ti permetti di brillare stasera quando te lo puoi permettere? Insomma, vai al ballo con James Walker, non puoi certo passare inosservata!”
“Ma non voglio neanche risultare pacchiana come una di quelle tante sciacquette che gli sbavano dietro” protestò Abby, chiaramente inorridita alla sola idea di una simile eventualità.
“Ti assicuro che con questo vestito non saresti pacchiana, anzi, solo elegante e sfavillante al punto giusto. In ogni caso, adesso devo davvero andare, Ed mi ha chiesto se potevamo vederci prima dell’inizio del ballo e sono già in ritardo… e non fare quella faccia, ti ho aiutata a scegliere, ora però devi decidere tu!”
Sophie corse a controllare rapidamente allo specchio un’ultima volta di essere a posto e si affrettò a uscire dalla stanza per scendere nella sala comune, dove sapeva che Edward sarebbe già stato ad attenderla. Le aveva dato appuntamento per le sei, un’ora prima dell’inizio ufficiale del ballo, senza però dirle il motivo. Si trattava sicuramente di una delle sue solite sorprese, e la ragazza nonostante tutto era curiosa di scoprire cosa avesse ideato il ragazzo come sempre.
Come aveva previsto, Edward era già pronto, la stava aspettando alla base della scalinata che portava ai dormitori femminili, lo sguardo rivolto all’insù in attesa. Era impeccabile nel suo completo tre pezzi: un unico bottone teneva la giacca blu notte semichiusa su un panciotto di seta oro scuro, sotto il quale si intravedeva un’elegante, classica camicia bianca che gli marcava perfettamente il fisico atletico e le larghe spalle. I pantaloni, scuri come la giacca, gli calzavano a pennello, cadendo appena sulle scarpe di vernice blu. Al collo, un elegante papillon risaltava all’occhio per il suo colore in tinta con il gilet. Il ragazzo faceva innegabilmente la sua figura, si distingueva con quell’abbigliamento di classe che metteva in risalto la sua naturale bellezza mediterranea. Guardandolo, Sophie ritrovò per un istante l’Edward Richardson che tanto spesso in passato l’aveva affascinata ma quasi intimorita con il suo fascino irraggiungibile e non poté impedirsi di sorridere, in soggezione e orgogliosa in fondo di stare al fianco di un ragazzo del genere. 
“Sophie Forbes, sei di una bellezza senza paragoni” esordì Edward, non appena vide la ragazza comparire nel suo campo visivo. 
Il ragazzo l’ammirò con gli occhi che luccicavano, come se non avesse mai visto qualcuno di altrettanto splendido. 
Sophie arrossì al complimento, sentendosi un po’ in imbarazzo. Era abituata a vestirsi in maniera molto più sobria, ma quella sera aveva decisamente fatto uno strappo alla regola: indossava un abito composto da un’ampia gonna in tulle giallo ocra che ricadeva morbidamente fino a terra e da un corpetto in seta oro scuro che si adagiava sulle spalle lasciandole semi scoperte, che le faceva risaltare la vita sottile e le sottolineava le forme del petto. Piccole decorazioni dorate impreziosivano le balze della gonna richiamando la parte superiore del vestito e uno strato leggero di polvere d’oro scintillante illuminava la pelle abbronzata della ragazza. I lunghi capelli marroni di Sophie erano per metà raccolti in una morbida crocchia dietro alla testa, per metà sciolti sulle spalle dove ricadevano in ampi boccoli. Due singole ciocche ondulate le incorniciavano il volto su cui la ragazza aveva applicato un leggero trucco: sugli occhi dalle lunghe ciglia scure un ombretto richiamava le tonalità del vestito e le labbra erano coperte da un lucidalabbra trasparente che le faceva brillare. 
Edward le prese una mano e le fece fare un giro su se stessa, sorridendole radioso.
“Sei semplicemente splendida” le ripeté, stampandole un bacio sulla fronte.
“Ti sei messo davvero il panciotto e il papillon dorati” notò Sophie, ammirando a sua volta il ragazzo.
“Certo, così da abbinarmi alla mia dolce metà” ammiccò Edward. Quindi, prese la ragazza per mano e, dopo averla aiutata a oltrepassare il buco dietro al ritratto con l’ampio vestito, cominciò a condurla verso l’ingresso del castello.
“Andiamo già davanti alla Sala Grande?” chiese Sophie, incuriosita, vedendo che stavano scendendo le scale fino al piano terra. “Pensavo dovessi portarmi da qualche parte prima del ballo.” 
“Infatti, abbi un po’ di pazienza, ti assicuro che ne varrà la pena.”
Giunti di fronte alla Sala Grande, le cui porte erano chiuse per coprire gli ultimi preparativi al ballo, Edward la condusse con passo deciso oltre. 
Varcarono il grosso portone dell’ingresso e si inoltrarono nel parco del castello, sotto il cielo illuminato da una spettacolare luna piena. Lì, i preparativi erano già stati ultimati e tutto era pronto ad accogliere le innumerevoli coppiette che sarebbero uscite durante la serata in cerca di un po’ d’aria fresca o intimità: in mezzo alla neve erano stati creati sentieri puliti che si diramavano dall’ingresso fino al limitare della foresta; fuochi magici fluttuavano a mezz’aria ogni dieci passi, scaldando la fredda serata invernale e rendendo piacevole passeggiare in quella luce ovattata in cui rilucevano le svariate statue di ghiaccio che abbellivano gli incroci tra una stradina e l’altra.
Nonostante l’aria risultasse tiepida, non appena passarono all’esterno Sophie rabbrividì: il leggero vestito non bastava a tenerle caldo al di fuori del castello. Prontamente, Edward si sfilò la giacca e gliela adagiò con delicatezza sulle spalle scoperte, riscaldandola. Sophie gli strinse la mano con più forza per ringraziarlo e si godette la bellezza del posto. 
Dopo una decina di minuti, i due arrivarono alle serre del castello; il Grifondoro si fermò davanti alla serra numero sei, la più piccola, in cui solo la professoressa Sprite aveva accesso in quanto ci custodiva gelosamente i suoi attrezzi da giardinaggio e nessuno poteva solitamente entrare. Evidentemente, Edward Richardson e la sua influenza avevano nuovamente convinto un membro del corpo insegnante a riservargli un permesso speciale.
“Va bene, adesso chiudi gli occhi” intimò Edward alla ragazza, prendendola teneramente da un braccio e guidandola, cieca, all’interno della serra.
Quando Sophie riaprì gli occhi, rimase senza fiato dallo stupore per la scena che le si parò davanti. Non c’era più traccia degli attrezzi da lavoro: l’intero locale era stato ripulito ed era riempito da cima a fondo da un numero indefinito di vasi di rose rosse, che ricoprivano quasi ogni centimetro della serra. Era uno spettacolo da far girare la testa, Sophie non credeva di aver mai visto tante rose tutte insieme.
“E questo per che cos’è?” chiese timidamente, senza riuscire a smettere di guardarsi attorno, mentre Edward la conduceva fino al centro della stanza senza toglierle gli occhi di dosso.
“Puoi considerarlo come un regalo di Natale anticipato” le rispose il ragazzo, posando le mani sulla vita di Sophie e avvicinandola a sé.
“Ma Ed, non dovevi fare tutto questo, io non ho pensato a niente per te” gemette Sophie, con un’aria dispiaciuta. 
Stava rimontando in lei un sentimento che aveva provato diverse volte da quando stava con Edward e che non l’aiutava con i suoi dubbi: si sentiva sempre in difetto di fronte alle sorprese plateali del ragazzo; erano una più bella dell’altra ma se da un lato si sentiva la persona più fortunata del mondo per quelle attenzioni, dall’altro era come se non potesse mai essere all’altezza di tutta la perfezione di Edward Richardson.
“Sof, certo che dovevo, tu meriti solo il meglio” obbiettò il Grifondoro, spostandole una ciocca dei capelli dietro all’orecchio, minimamente turbato.
“E tu no forse?”
“A me basta vedere l’espressione stupefatta e contenta che avevi quando hai aperto gli occhi, mi basta renderti felice. Smetti di sottovalutarti e preoccuparti e lascia che ti dia tutto quello che posso, non sarà mai abbastanza con te” le disse Edward in sussurro, avvicinando il viso al suo. “Tu riempi le mie giornate e illumini la mia vita di una luce nuova che mi fa svegliare con il sorriso e addormentare tranquillo e appagato. Stare con me è il regalo più grande che tu possa farmi.” 
E detto questo, il ragazzo appoggiò le labbra sulle sue e la baciò. La baciò come non aveva mai fatto prima, teneramente all’inizio, poi con sempre maggiore intensità. Sophie si scoprì a rispondere con un trasporto nuovo, la testa improvvisamente sgombra da qualsiasi pensiero; tutto quello che avvertiva erano le mani del ragazzo che la sfioravano, esplorando con delicatezza il suo corpo e aggrappata al collo del Grifondoro si lasciò trasportare dal momento. Prese a sua volta l’iniziativa e accarezzandogli i capelli cominciò a baciarlo con foga, assaporando appieno la morbidezza delle sue labbra e il suo profumo inebriante.
Quando infine Edward si allontanò dolcemente, a Sophie sembrò che il mondo girasse tutto d’un colpo troppo vorticosamente e si appoggiò alle spalle del ragazzo per reggersi in piedi.
“Ho le gambe molli” ammise, stordita ma improvvisamente di buon umore. Le sembrava che non ci fosse nessun problema al mondo in quel momento, e tutti i suoi dubbi sembravano essersi evaporati e non avevano posto in quella bolla di benessere e complicità che si era appena creata tra di loro. 
“Questo sì che è un bacio Forbes” commentò invece Edward, con voce roca e lievemente in affanno. “Dove hai imparato a baciare così?” 
“Sei stato un buon maestro” scherzò Sophie, tenendo ben relegati negli angoli più remoti i ricordi dei pomeriggi di accaldati baci estivi che sarebbero stati la vera risposta alla domanda del ragazzo. Nemmeno quelli sembravano aver importanza in quel momento perfetto.
Edward scelse con attenzione una rosa dal vaso più vicino e la porse a Sophie, che la avvicinò al naso odorandone il dolce profumo. 
“Sof, in realtà se ti ho portata qui e ho preparato tutto questo è per un motivo specifico. Non che mi dispiaccia come abbiamo occupato il tempo fino ad adesso” si affrettò a precisare, e la ragazza ridacchiò, “ma c’è qualcosa che ci tengo a dirti.”
Sophie lo guardò raggiante, ebbra della vicinanza del ragazzo. “Poi possiamo continuare con la nostra occupazione?” chiese, con fare fintamente innocente. 
Fu il turno di Edward di ridacchiare. Annuì, poi si fece serio; avvicinò il viso a quello di Sophie e guardò la ragazza dritta negli occhi, i nasi che si sfioravano. “Sophie Forbes, da quando sto con te mi sento rinato. Il mondo al tuo fianco è un posto migliore e non mi capacito di come abbia potuto sprecare anni interi a Hogwarts senza averti insieme a me. Sei la persona più bella, intelligente, gentile e straordinaria che io abbia mai conosciuto e ti prometto che cercherò di meritarmi ogni singolo giorno la fortuna che mi è capitata nell’averti come mia ragazza.”
Sophie gli accarezzò con dolcezza una guancia, commossa da quel discorso.
“Perché io ti amo, Sophie Forbes.”
Edward pronunciò quella frase lentamente, mettendoci il cuore.
Sophie sgranò gli occhi e lasciò cadere la mano che ancora stava seguendo il profilo marcato della mascella del ragazzo. Aprì la bocca per rispondere, ma le parole le morirono sul nascere.
E la bolla di felicità scoppiò, una volta per tutte. 
“Oh, grazie” gracchiò infine, la gola secca.
Il ragazzo allontanò il volto dal suo e la guardò perplesso. “Sof, hai sentito cosa ho detto? Io ti amo.”
“Sì, sì, ho sentito” boccheggiò Sophie, improvvisamente in preda al panico.
Era stata presa alla sprovvista, non si aspettava una tale dichiarazione da parte del Grifondoro; ora una preoccupazione ben maggiore si stava facendo strada in lei: perché non era riuscita a rispondergli “ti amo anche io”? Perché, anche ora che si stava riprendendo dalla sorpresa, sembrava non riuscisse a pronunciare quelle semplici quattro parole?
Qualcosa si spezzò dentro di Sophie, mentre la verità si faceva strada fino al suo cuore, la dura ma unica verità. Era questa la risposta ai suoi dubbi, era per questo che sentiva come se mancasse qualcosa nella loro relazione: lei non lo amava. 
Adesso che era stata posta in quel modo di fronte ai suoi sentimenti, si sentì una sciocca per non essersene accorta prima, a non averci mai pensato; Edward gli piaceva da morire, ma non era amore quello che provava per lui, o in ogni caso non lo stesso tipo di amore che il ragazzo chiaramente provava per lei. 
E poteva dirlo con certezza perché, ora se ne rendeva conto come se fosse chiaro come la luce del sole, lei era già stata innamorata, giusto qualche mese prima. Aveva già provato quella sensazione inebriante di amore folle e totalizzante, che senza che se ne fosse accorta le mancava con il Grifondoro e che aveva obbligato se stessa a dimenticare di aver mai vissuto. 
Perché non l’aveva provata con Edward, ma con Thomas.
“Ed, io…” cominciò a dire, cercando di lottare contro le lacrime che improvvisamente si stavano raccogliendo nei suoi occhi.
Edward era stato preso in contropiede dalla reazione della ragazza, non era certo così che si era immaginato nella sua testa quella scena. Sul momento ci era rimasto male, ma di fronte a quegli occhi da cucciolo smarrito colmi di lacrime che inumidivano ora le lunghe ciglia scure di Sophie si sentì solo infinitamente intenerito.
“Ehi, ehi, Sof, non fa niente se non riesci a rispondermi subito” cercò di tranquillizzarla, provando a prenderla tra le sue braccia, ma la ragazza si tenne a distanza.
“Mi sento un mostro Ed, tu meriti di meglio” singhiozzò Sophie, in preda ai sensi di colpa. 
Perché, perché non se ne era accorta prima? E perché non riusciva a ricambiare interamente l’intensità dei sentimenti del ragazzo? Si era solo illusa, l’aveva solo preso in giro? 
Sophie sentì che non sarebbe riuscita a trattenere le lacrime ancora tanto a lungo. 
“Ma tu non sei un mostro Sof, tutt’altro. Dai, vieni qui” le disse con dolcezza Edward, obbligandola a lasciarsi abbracciare. La strinse forte a sé e per tranquillizzarla. “All’amore non si comanda, e non gli si può mettere fretta. Vedrai, un giorno riuscirai a dirmelo anche tu, ne sono sicuro. E fino ad allora, non cambierà niente; quando sarai pronta, sarò sempre qui, saremo sempre qui, perché non intendo lasciarti andare da nessuna parte. Siamo fatti per stare insieme.”
Sophie si lasciò cullare da quelle parole e dalle braccia di Edward e riuscì a ricacciare indietro le lacrime. Cercò di convincersi che il ragazzo avesse ragione, voleva crederci, doveva crederci che si trattasse solo di una questione di tempo e che un giorno sarebbe stata in grado di ricambiare il suo amore. Se solo fosse riuscita a dirgli “ti amo” anche lei, avrebbe potuto finalmente accantonare tutti i suoi dubbi. Si aggrappò con tutte le sue forze a quella piccola, tenue, ultima speranza.  
L’unica cosa che voleva era non far soffrire Edward, che era sempre stato così perfetto con lei e con cui aveva passato dei momenti incredibili e indimenticabili. 
Non si meritava di soffrire a causa sua, ma cominciava a temere che fosse inevitabile. 
Sperava solo di sbagliarsi, lo sperava con tutta se stessa.   

***

Thomas Blake stava, solo, poco distante dal portone di ingresso del castello, le mani in tasca, guardandosi attorno annoiato. L’ampio spazio di pietra alle sue spalle stava cominciando lentamente ad animarsi: erano quasi le sette in punto e sempre più studenti stavano convergendo lì in attesa dell’inizio del ballo, chi già in coppia o con gli amici, chi in attesa del partner o dei compagni di serata di un’altra casa. 
Thomas lasciò vagare lo sguardo oltre all’arcata davanti a lui, nella semioscurità del parco che si estendeva oltre l’antico, imponente portone. Era scazzato, non c’era altro da dire. Sebbene prima di lasciare la sala comune avesse bevuto qualche sorso da una delle tante fiaschette piene di alcool di Jake, il suo umore non era affatto migliorato. Ora, stava cominciando a pensare che avrebbe forse fatto meglio a mandare tutto all’aria e andarsene a dormire senza sprecare il suo tempo a quel ballo che gli sembrava sempre più inutile. Aveva deciso di non aspettare Megan nella sala comune ma direttamente davanti alla Sala Grande; più tardi l’avesse raggiunto, meglio sarebbe stato. 
La verità era che ormai erano ai ferri corti, e già da un po’. Thomas non ne poteva più di quella farsa: era chiaro che la loro storia ormai stava stretta ad entrambi. Megan non poteva passare da un ragazzo all’altro con la stessa libertà che avrebbe avuto se non fosse stata in una coppia fissa da mesi; probabilmente doversi arrangiare a fare le cose di nascosto le era anche piaciuto all’inizio, ma ora si era stufata. Thomas si era stancato di agire in pubblico come se gliene fregasse davvero della ragazza e volesse starci insieme seriamente; approfittarne per divertirsi e distrarsi un po’ non gli bastava più, ne aveva le palle piene di quella situazione. Eppure, Megan aveva insistito affinché andassero ufficialmente al ballo insieme e, in assenza di alternative, il ragazzo aveva finito per accettare, così eccolo lì, ad aspettare e a pensare che avrebbe fatto meglio a metterci un taglio il prima possibile. 
In quel momento, lo sguardo del Serpeverde cadde su due figure che stavano emergendo da una stradina laterale. A pochi passi dall’ingresso, si fermarono e nonostante fossero in un punto più buio del giardino, il ragazzo riconobbe senza tante difficoltà i due Grifondoro che meno aveva voglia di vedere quella sera. 
Sophie teneva in mano una rosa rossa, aveva sulle spalle quella che chiaramente era la giacca del ragazzo accanto a lei e aveva i capelli un po’ scompigliati. Richardson si chinò a sussurrarle qualcosa all’orecchio e lei rispose qualcosa a sua volta, sorridendo, poi gli passò la giacca. Sembrava un po’ in imbarazzo e Thomas strinse i pugni cercando di non pensare a dove fossero stati e a cosa avessero sicuramente appena fatto. Aveva un bel dire che voleva dimenticarsi di Sophie, sembrava che qualsiasi cosa facesse non ci riuscisse: ne erano la prova quello che aveva combinato giusto quel giorno nel bagno del terzo piano e il fatto che attualmente avrebbe spaccato volentieri il bel faccino da milord di Richardson in due. 
In quel preciso istante, la coppietta raggiunse i gradini che portavano al castello e fu illuminata dalla luce che usciva dall’ingresso. Sophie, impegnata a sistemarsi i capelli, non notò subito Thomas, ma il Serpeverde vide lei e all’improvviso tutto il resto sembrò passare in secondo piano. Thomas rimase per una frazione di secondo a bocca aperta, senza più riuscire a pensare a niente: ai suoi occhi, Sophie era bella da mozzare il fiato. 
Poi, si accorse che Richardson lo stava squadrando truce e si affrettò a cambiare espressione, obbligandosi a non guardare verso la ragazza e di ignorare la stretta dolorosa che avvertiva improvvisamente dalle parti dello stomaco; fissò di rimando il Grifondoro, fingendo indifferenza. 
“Blake, sei proprio in mezzo al cazzo, ti dispiacerebbe levarti?” disse Edward a denti stretti. 
I due erano effettivamente arrivati a pochi passi dal Serpeverde, che stava nel centro dell’ingresso del castello, esattamente in mezzo alla loro strada. Sophie, sentendo il tono duro del suo ragazzo, l’aveva guardato confusa, poi un secondo dopo la parola “Blake” raggiunse il suo cervello e la ragazza si voltò di scatto, facendosi quasi male al collo e trovandosi di fronte a Thomas. 
Il suo cuore mancò un battito, poi cominciò a battere più veloce del normale. Sophie non poté farci niente; Edward era impeccabile e bellissimo nel suo abito elegante, ma Thomas… beh, Thomas per lei era qualcosa di incredibile: indossava un semplice completo gessato dello stesso straordinario azzurro dei suoi occhi, che sembravano risaltare ancora più del solito; al collo il ragazzo teneva allentata una cravatta grigio argento che spiccava sulla camicia chiara. I capelli biondi erano spettinati e un ciuffo ricadeva disordinato sulla fronte del Serpeverde, il cui fisico alto e dinoccolato sembrava slanciato ulteriormente da quel vestito che sembrava fatto su misura talmente gli ricadeva alla perfezione sulle spalle larghe e ben delineate. Sophie notò che la mano destra, semi infilata con disinvoltura nella tasca dei pantaloni, aveva le nocche arrossate e tagliate in un punto o due, e si chiese cosa mai potesse essergli successo; Thomas tuttavia, non la stava degnando nemmeno di uno sguardo. 
“A dire il vero sì, mi dispiace Richardson” ribatté strafottente il Serpeverde, senza muoversi di un centimetro. “Perché non ti sposti tu?”
Sophie avvertì chiaramente i muscoli del braccio del ragazzo a cui era attaccata stringersi minacciosamente. Edward stava cercando in tutti i modi di rimanere civile, anche se gli risultava davvero più difficile del previsto. Sophie non si era accorta di niente, il che lo rassicurava un minimo, ma lui aveva visto come Blake l’aveva guardata al loro ingresso. Sapeva di non esserselo immaginato, e lo sapeva dal giorno della rissa, quando aveva letto qualcosa negli occhi del Serpeverde, qualcosa che gli aveva fatto perdere il controllo. Sophie, in silenzio accanto a lui, gli pareva tranquilla e non sembrava aver notato l’interesse del ragazzo per lei; Edward preferiva che le cose rimanessero così, quindi si sforzò di rimanere calmo. Respirò a fondo e si limitò a cingere con un braccio la vita di Sophie, avvicinando la ragazza a sé.
“Che c’è Richardson” lo canzonò Thomas, incapace di trattenersi, “ti fai mettere i piedi in testa da uno del quarto anno?”
Stava continuando a fare uno sforzo sovraumano per non far rientrare Sophie nel suo campo visivo, ma non aveva bisogno di vederlo per sapere che la ragazza era strettamente avvinghiata a quel bamboccio e la cosa gli dava un fastidio incredibile che non aveva più provato da tempo. Forse avrebbe dovuto evitare di bere così tanto dalla fiaschetta di Jake prima di lasciare la sala comune. 
Edward intanto moriva dalla voglia di dare una lezione a quello sbruffone; Sophie fece per intervenire, ma non fu necessario. Una voce sbucata dal nulla ruppe la tensione senza il minimo sforzo, lasciando i tre ragazzi per un attimo sconvolti da quel cambiamento improvviso. 
“Sooooooooof oddio sei bellissima” gridò infatti Frank, che era appena sbucato dalla Sala Grande, aveva richiuso le porte alle sue spalle e stava ora correndo senza ritegno verso l’amica. “Edward, sempre impeccabile, i miei complimenti e… Thomas Blake wow, sei S-T-R-A-T-O-S-F-E-R-I-C-O!” 
Frank era così preso dal commentare i loro outfit da non rendersi conto che si trattava di un trio alquanto improbabile e che aveva appena salvato involontariamente una situazione dal degenero totale. 
Nell’udire il giudizio del Tassorosso, Thomas alzò un sopracciglio, vagamente perplesso, e si allontanò senza dire una parola. 
Sophie si portò le mani sulla fronte, scuotendo la testa. “Frank, sei sempre così discreto” sospirò.
Il ragazzo non ci fece caso; era già su di giri e fece una piroetta per mostrare al meglio il suo completo, chiaramente fiero della sua scelta.
“Mi piace come sei vestito” commentò Edward, che, non appena il Serpeverde si era allontanato, si era rilassato ed era tornato il solito ragazzo sorridente e educato. “Questo completo è bello, mi sa di te.”
Sophie pensò che Edward era stato molto gentile a definire l’abito di Frank bello, anche se era effettivamente innegabile che fosse perfetto per il ragazzo. Il Tassorosso indossava una giacca elegante sopra a una camicia identica abbinata ai pantaloni: tutti i capi erano di un giallo canarino particolarmente intenso ed erano decorati da una miriade di pois di tutti i colori possibili e immaginabili; dal taschino della giacca spuntava un fazzoletto viola che richiamava il colore del papillon lucente che il ragazzo portava al collo. 
L’effetto finale risultava quasi psichedelico, ma sembrava creato apposta per Frank: difficilmente sarebbe passato inosservato, lui lo sapeva e l’aveva scelto apposta. Quella sera, era lui il vero protagonista dell’evento, in qualità di maestro di cerimonie.
La spaziosa sala in pietra davanti alla Sala Grande era ormai quasi piena, e Frank attirava non poche occhiate divertite con il suo abbigliamento poco convenzionale. Il ragazzo, tuttavia, non ci dava importanza: sapeva che le stesse persone che ora ridacchiavano il giorno dopo l’avrebbero implorato per avere un resoconto dettagliato degli ultimi scandali e non si faceva tanti problemi. Al contrario, aveva già gli occhi che guizzavano in tutte le direzioni nel tentativo di tenere a mente più dettagli possibile di quello che stava succedendo attorno a lui. 
“Oh guarda, laggiù c’è Sum, è splendida pure lei!” esclamò Frank ad un tratto, indicando a Sophie un punto poco lontano.
Il ragazzo aveva ragione, Summer era particolarmente bella quella sera. I corti capelli biondi della Tassorosso erano ordinatamente racchiusi in due larghe trecce che seguivano la forma del capo per incontrarsi e terminare in un morbido chignon basso, proprio alla base del collo. Le spalle della ragazza erano completamente scoperte, ma metà di ciascun braccio era coperto da un aderente tessuto nero che andava ad unirsi al corpetto in satin scuro del vestito; questo, riflettendo leggermente la luce e mettendole in risalto la vita, si trasformava quindi in una larga gonna plissettata in cui strati di tulle viola si sovrapponevano a strati neri creando un’unica, incredibile sfumatura fino a terra. Sul volto di Summer, le labbra delicate spiccavano grazie al rossetto scuro e l’ombretto violaceo su cui la ragazza aveva applicato una sottile linea di eyeliner nero davano ai suoi occhi verdi una profondità nuova. 
“Vorrei andare a salutarla, ma non vorrei disturbare…” disse Frank, come combattuto da un dilemma interiore.
Sophie scoppiò a ridere. “Dì pure che hai paura di disturbare Jake Allen.”
Frank ignorò la frecciatina e si affrettò a commentare, senza che nessuno glielo avesse chiesto, anche quest’ultimo ragazzo, che era appoggiato con disinvoltura al muro accanto a Summer e sembrava incapace di staccarle gli occhi di dosso.
“Non male il nostro Allen in versione cavaliere oscuro…”
Sophie alzò gli occhi al cielo e Edward tossicchiò, evidentemente a disagio.
Jake indossava un completo interamente nero, che metteva in risalto la sua solita aria da cattivo ragazzo e che aveva già fatto perdere la testa a non poche ragazze che lo osservavano da lontano. La camicia, anch’essa rigorosamente nera, era sbottonata sul collo.
“Certo che non ha nemmeno messo una cravatta” notò Frank, piegando gli occhi nello sforzo di vedere meglio nonostante la distanza.
“È Allen, è già tanto se si è messo un abito da cerimonia” commentò di rimando Edward, distrattamente, impegnato a cercare James che doveva ormai essere arrivato.
Sophie ignorò i commenti di entrambi i ragazzi, per lei non avevano importanza, Sophie era semplicemente contenta di vedere finalmente l’amica spensierata e di buon umore con un gemello Allen. Summer infatti, che aveva avuto fino ad adesso l’aria vagamente a disagio di fronte alle occhiate curiose di cui era improvvisamente l’oggetto, si era appena avvicinata a Jake per ascoltare qualcosa che il ragazzo le aveva detto in un orecchio con un’aria divertita e maliziosa, e aveva assunto immediatamente una postura più rilassata, scoppiando a ridere. 
“Acciderbolina” esclamò in quel momento Frank, saltando sul posto. “È tardissimo, devo rientrare nella Sala Grande per dare inizio al ballo! Cavolo, ci tenevo a vedere anche la coppia del secolo…”
Il Tassorosso esitò ancora un istante, nella speranza di individuare nella folla ormai fitta che li attorniava la sua nuova coppia preferita, Hill-Walker; poi, dopo aver lanciato un ultimo sguardo dispiaciuto all’orologio sul polso, si affrettò a saltellare via.
“Sbaglio o era peggio del solito?” chiese Edward a Sophie, senza parole. 
“Lasciamo stare, per lo meno passato il ballo si calmerà un po’…”
“Però non capisco una cosa, perché non passa la serata con una ragazza invece che stare al tavolo dei professori ad aiutare a organizzare il ballo?”
“Ma lui è fatto così, preferisce il suo ruolo di maestro di cerimonie” spiegò Sophie, con un’alzata di spalle. “Pensa che abbiamo fatto di tutto per convincerlo a rilassarsi e invitare una ragazza; Abby ha provato persino a farlo venire al ballo con Mirtilla Malcontenta, che sarebbe tra l’altro molto felice di ricevere un tale invito da parte sua, ma niente da fare…”
“A proposito di Abby, vedi lei o James da qualche parte?”
“No, li stavo cercando anche io. Però se conosco un minimo Abby, sarà in ritardo come al solito, quindi ci conviene cercare verso la scalinata principale.”
In effetti, Sophie non si era sbagliata: ai piedi delle scale individuarono James, in attesa, statuario e bello come un dio nel suo completo nero chiaramente cucito su misura; una cravatta scarlatta risaltava sulla camicia bianca. Era di un’eleganza classica, ma al tempo stesso senza paragoni. Il fisico atletico era ben evidenziato dal tessuto dell’abito in ogni suo punto e il ragazzo era di una bellezza indescrivibile e irraggiungibile. Attorno a lui c’era almeno un metro di vuoto sacro, nessuno osava avvicinarsi a quell’essere superiore.
Proprio in quel momento, un paio di teste nei dintorni si voltarono, gli occhi improvvisamente puntati su una figura solitaria che stava lentamente scendendo la scalinata principale. Abby aveva infine optato per il vestito azzurro ghiaccio che le aveva consigliato Sophie ed era semplicemente magnifica: ad ogni passo l’ampia gonna in tulle lunga fino ai piedi si sollevava di qualche centimetro rivelando dei fini sandali argentati con il tacco; il vestito era costellato nella parte superiore, dalle sottili spalline azzurre alla vita, da numerosi, minuscoli punti luce, che brillavano mettendo in risalto la profonda scollatura a V; la schiena nuda era seminascosta dalla lunga, morbida acconciatura raccolta che risplendeva a grazie ai dettagli impreziosenti aggiunti tra una ciocca e l’altra; sul viso spiccavano le labbra su cui la ragazza aveva applicato uno strato di rossetto rosso scuro e gli occhi dalle lunghe e folte ciglia nere erano valorizzati da una linea intensa di eyeliner che partiva da metà palpebra per terminare in una punta allungata. 
James si concesse un istante per godersi l’incredibile vista di quella ragazza incantevole che finalmente gli aveva detto di sì e che come sempre riusciva come nessun’altra a lasciarlo senza parole e stregato. 
Quindi, le andò incontro sulla scalinata, incurante del numero sempre maggiori di occhi puntati su di loro. James le sussurrò qualcosa nell’orecchio che fece arrossire di piacere Abby, poi le porse il braccio. Con lo sguardo più fiero che mai, James Walker ridiscese le scale, con accanto Abigail Hill.
Sophie e Edward, entrambi sorridenti, fecero qualche passe in direzione degli amici ma prima che potessero raggiungerli furono interrotti da un rumore improvviso alle loro spalle: le porte della Sala Grande si erano aperte per magia. 
Il grande ballo di Natale poteva avere inizio.

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Capitolo 20
*** Capitolo 19 - Oh Luke, tesoro, ci sono molti modi per conoscere una lingua ***


Capitolo 19 - Oh Luke, tesoro, ci sono molti modi per conoscere una lingua

La sala grande era irriconoscibile. Le pareti erano ricoperte di brina d’argento scintillante, centinaia di ghirlande di vischio ed edera si incrociavano qua e là e dal nero soffitto stellato pendevano delle meravigliose stalattiti che sembravano brillare di luce propria. Le quattro lunghe tavolate delle Case erano scomparse per far spazio ad un centinaio di tavolini rotondi di dimensioni diverse illuminati da splendide lanterne. 
Al fondo della Sala, sulla pedana che normalmente ospitava il tavolo dei Professori, si ergevano tre meravigliosi enormi alberi di natale decorati con palle argentate e fiocchi di vera neve.
Gli studenti agghindati di tutto punto si stavano dirigendo verso i tavoli assegnati, guardandosi attorno meravigliati. Anno dopo anno le decorazioni erano sempre più belle, e la leggera musica in sottofondo contribuiva a rendere l’atmosfera ancora più magica.
“I professori si sono davvero superati” disse Sophie con gli occhi che le brillavano mentre assieme ad Edward raggiunse il tavolino circolare a loro assegnato.
“Sì è davvero stupendo” le rispose Edward, spostando con galanteria la sedia per far accomodare Sophie.
Sophie si sedette senza aggiungere una parola, era ancora imbarazzata per quanto accaduto poco prima e sapeva di aver bisogno di qualche minuto per tornare a sentirsi a suo agio con il ragazzo. Era sempre così gentile con lei, e lei non poteva che sentirsi tremendamente in colpa per le conclusioni cui era giunta poco prima.
“Guarda arrivano Abby e James!”  commentò Edward sbracciandosi per farsi vedere dagli amici.
“Guarda come li fissano tutti quanti” fece Sophie trattenendo una risata. 
Era vero, non appena i due Grifondoro avevano varcato la soglia della Sala grande centinaia di sguardi si erano posati su di loro. Quella agli occhi degli studenti del castello poteva essere la prova che la voce che da qualche tempo girava per la scuola, sul fatto che il magnifico James Walker fosse realmente interessato ad Abigail Hill, fosse fondata. 
Al loro passaggio c’era chi bisbigliava all’orecchio dell’amico domandandosi se Abby fosse davvero l’unica invitata del Grifondoro o se invece anche quell’anno il ragazzo si fosse portato dietro delle riserve, chi invece li indicava emozionato e naturalmente non mancavano le ragazzine che lanciavano acuti gridolini di disperazione. 
“Beh ci credo, questa è lo scoop del secolo, come direbbe il tuo amico Rogers. E guarda Abby, non ti sembra un po’ impaurita da tutti questi riflettori?” domandò Edward divertito. 
Non era cosa da tutti i giorni vedere Abby così intimorita.  Effettivamente l’essere ormai da cinque anni conosciuta come l’amica dei due più celebri Grifondoro del castello l’aveva temprata: camminare con loro per i corridoi la portava inevitabilmente a brillare di luce riflessa. Era abituata ad essere guardata con odio o con ammirazione dalle ragazzine fanatiche quanto passava a fianco dei due ragazzi, ma quella era tutt’altra roba. Essere la ragazza ufficialmente invitata da James Walker al ballo di Natale, e non come amica, generava una pressione sociale di tutt’altro livello, e Abby se ne era appena resa conto.
“Mi chiedo che hanno tutti da guardare così” disse Abby nervosamente non appena arrivarono al tavolo.
“Sono le luci della ribalta, nanerottola. Ma stai tranquilla tra poco smetteranno, o almeno spero” rispose James un po’ incerto.
Effettivamente, benché lui fosse abituato a convivere ormai da tempo con quel tipo di attenzioni, la situazione era in realtà nuova anche per lui. Abby era la prima ragazza con cui voleva fare davvero sul serio, dunque non sapeva esattamente come avrebbe reagito quello che i più chiamavano il suo fan club. Non che gli importassero i sentimenti delle fanatiche che lo pedinavano ovunque andasse, ma temeva che avrebbero potuto avere qualche reazione esagerata e che questo avrebbe potuto generare dei ripensamenti in Abby. Insomma, questo essere sempre al centro dell’attenzione avrebbe potuto dar fastidio ad Abby, bisognava aver davvero tanta pazienza per non perdere le staffe (e sapeva che la ragazza ne aveva ben poca). 
Poi James sapeva che le ragazze gelose potevano davvero diventare cattive, se avessero iniziato a far girare malelingue o a prendersela con lei? Abby era tosta, sapeva difendersi, ma in ogni caso lui voleva evitare potesse rimanere ferita in qualche modo.
“Tranquilli ora smetteranno di guardarvi, guardate chi sta arrivando…” disse Sophie con gli occhi sbarrati.
“Porca miseria...” mormorò Abby con un fil di voce.
Dal portone di quercia, sfoggiando un look mozzafiato, fece il suo ingresso Megan Gray. 
Come aveva previsto Sophie, tutti gli occhi della sala si spostarono dalla coppia Grifondoro alla popolare Serpeverde, e non era difficile capire il perché.
La ragazza indossava un lungo vestito di satin rosso acceso, che le faceva risaltare la candida e perfetta pelle rosea. L’abito fasciava alla perfezione la stretta vita della ragazza, e la profondissima scollatura metteva in mostra il generoso décolleté più di quanto sarebbe stato normalmente consentito ad un ufficiale evento scolastico. La gonna leggermente aderente, si apriva in due vertiginosi e inguinali spacchi laterali, che lasciavano intravedere le lunghe gambe perfette. I lunghi capelli biondo platino erano tirati indietro con il gel in modo che aderissero al capo per poi ricadere lisci sulla schiena nuda. Il viso altezzoso era così lasciato scoperto e messo in rilievo, lasciando spiccare le carnose labbra tinte di rosso e due profondi occhi grigi allungati da uno smokey eyes brillante realizzato con maestria. 
“Ma le sembra il modo di venire vestita ad un ballo scolastico?” sibilò Sophie tra i denti.
“Non darci peso Sophie, tu resti sempre la più bella” disse Edward rivolgendo a Sophie uno sguardo adorante.
“Megan è sempre esagerata... però non posso negare che sia una figa atomica, sarei una bugiarda” borbottò Abby subito seguita da James che con tono annoiato disse “Roba già vista e rivista”.
Abby si voltò verso James, il quale con gran sorpresa della ragazza non era perso nella contemplazione del fisico statuario di Megan, al contrario della maggior parte dei ragazzi presenti nella Sala.
“Grazie per aver ricordato a tutti che tu hai esplorato in lungo e in largo quello che c’è sotto quel minuscolo strato di tessuto che quella zoccola indossa” sputò acida la ragazza.
“No, mia cara, intendevo dire che è facile attirare l’attenzione quando sei mezza nuda, farlo da vestita è un’altra cosa” fece James sostenendo lo sguardo della ragazza senza timore alcuno.
“E da quando ti interessano di più le ragazze vestite, Walker?”
“Da quando ho trovato quella che anche con un maglione attira la mia attenzione, Hill.” 
Abby alzò un sopracciglio, cercando di mantenere la sguardo serio. 
Il ragazzo le si avvicinò e le sussurrò all’orecchio: “Te l’ho detto che sono serio no?” 
La ragazza non trovando nulla da ridire sul comportamento irreprensibile del ragazzo, involontariamente trasformò la sua smorfia seriosa in un sincero sorriso. L’atteggiamento di James stava andando ben oltre le sue aspettative. Il fatto che non stesse sbavando dietro Megan come la metà dei presenti di sesso maschile e non era l’ennesima prova che il ragazzo fosse davvero cambiato, e lei non poteva più negarlo. Avrebbe smesso di fargli battutine stupide, quella sera anche lei si sarebbe comportata bene. 
Osservando di sottecchi il ragazzo Abby non poté che pensare a quanto fosse innegabilmente bello con quell’abito da cerimonia, e per un attimo si ritrovò addirittura costretta ad ammettere che tutto sommato le ragazzine che si andavano ad imboscare con lui nei cespugli non erano poi così tanto delle folli. 
Ma la voce di Edward per fortuna la riportò alla realtà.
“Mi chiedo come mai Blake abbia quella faccia però... sembra quasi arrabbiato!” esclamò Edward il quale non aveva potuto non notare il broncio sul volto del biondo che camminava a braccetto di Megan. 
Edward era sicuro di non essersi immaginato quello strano sguardo che il Serpeverde aveva rivolto alla sua Sophie ad inizio serata, e in quel momento si stava chiedendo se quello sguardo e quel muso lungo fossero in qualche modo collegati. 
“A quanto pare ha ricevuto un altro richiamo disciplinare oggi, me lo ha detto prima” sospirò Abby guardando amaramente verso il suo amico Serpeverde che nel frattempo aveva raggiunto il suo tavolo. “Sembra che Piton subito dopo pranzo l’abbia beccato tirare un pugno in faccia a Thano nei bagni del terzo piano e, per quanto adori Thomas, non ha potuto far finta di niente questa volta.” 
“Cosa?” esclamò sconvolta Sophie. “Ha picchiato Thano? E come mai?” 
“Non ho capito bene, mi ha detto che gli aveva risposto male o qualcosa del genere...”
Sophie rimase senza parole. Era abbastanza sicura che Thomas avesse mentito ad Abby, è che il vero motivo per cui avesse picchiato Thano fosse per la vicenda avvenuta ad Hogsmeade qualche tempo prima. Sophie si era ben guardata dal non parlare con nessuno dell’accaduto, sapeva che i suoi amici avrebbero reagito male e non voleva si cacciassero nei guai per lei. L’unico ad essere a conoscenza del gesto azzardato del Corvonero era Thomas. Sophie da una parte era sinceramente colpita dal ragazzo che aveva preso le sue difese, ma dall’altra si sentì terribilmente in colpa. Thomas, che già aveva molti problemi per conto suo, si era nuovamente cacciato nei guai, per difendere lei, la ragazza che per mesi l’aveva fatto soffrire. 
“Ultimamente non so cosa sia preso a Thomas” continuò Abby dispiaciuta. “Ne combina una per colore, va male a scuola, esce con persone poco raccomandabili tipo Megan... questo è l’ennesimo richiamo disciplinare che i professori gli fanno, e non credo che i suoi genitori saranno molto contenti. Pensate che non tornerà con me a casa per le vacanze di Natale, non vuole affrontare i suoi...”
Sophie si irrigidì. Thomas sarebbe stato a scuola per le vacanze? Quella non era assolutamente una buona notizia. Come avrebbe fatto ad evitarlo? 
“Beh in ogni caso, per quanto non apprezzi Blake, sono contento abbia pestato quel coglione di Bennet” commentò James divertito.
“Tutto bene amore?” chiese Edward notando l’espressione assente della sua ragazza.
“Sì certo Edward, ho solo fame” mentì lei.
“Se vuoi vado a chiedere a Silente di far iniziare la cena, in fondo dovrebbe essere quasi ora” disse Edward già pronto per alzarsi.
“No no Ed stai tranquillo davvero, sei un tesoro ma non è il caso” lo fermò subito Sophie.
“Per te farei questo e altro” continuò il ragazzo per poi darle un rapido bacio sulle labbra. 
Abby nauseata dall’ennesima scena sdolcinata della giornata lanciò uno sguardo esasperato a James, che Edward non mancò di notare poiché le domandò: “Perché fai quella faccia Abby?”
Ma fu James a rispondere al posto suo: “Perché siete noiosi Ed, siete nauseanti!”
“Ma smettetela” fece Edward sinceramente offeso.
“Andate tutto il giorno avanti così” sbottò Abby, per poi rivolgersi verso James. “AMORE MIO, mi verseresti dell’acqua fresca.”
“Certo cuoricino mio, vado a prendertela direttamente alla sorgente! Il mio tesoro non può avere sete” le rispose James imitando la voce di Edward.
“Grazie vita mia, e prima di andare a dormire mi leggi la storia della buona notte?” 
“Certo stellina mia bella, ti canto anche una canzone.” 
I due ragazzi scoppiarono a ridere divertiti, mentre Edward li guardava scuotendo la testa.
“Siete proprio due idioti. E comunque, per la cronaca, sareste anche carini vi comportaste così sapete?” disse il moro lanciando un tovagliolo addosso all’amico seduto di fronte a sé.
E mentre i suoi amici ridevano, Sophie non poté che pensare a quanto probabilmente non si meritasse la dolcezza del suo ragazzo.

***

A qualche tavolo di distanza, anche Summer si era accomodata al suo tavolo, che (con disappunto di Abby) pullulava di Serpeverde. 
Summer aveva passato tutta la settimana ad angosciarsi per quella serata, senza sapere bene cosa aspettarsi. Innanzitutto la terrorizzava il pensiero di stare al centro dell’attenzione, e sapeva che sarebbe accaduto. Essere la prima ragazza nella storia di Hogwarts ad essere portata al ballo da Jake Allen era di certo un ruolo che avrebbe attirato parecchi sguardi. E a Summer la cosa non piaceva particolarmente. Inoltre l’idea di passare un’intera cena in compagnia di persone che sapeva le sarebbero state poco simpatiche non l’allettava più di tanto.
Eppure, i primi minuti al tavolo non erano stati così tragici, anzi, la serata sembrava star diventando addirittura piacevole.
La presenza di Jake l’aveva rassicurata fin dai primissimi istanti. Il ragazzo, sapendo quanto Summer detestasse essere osservata da tutti, aveva cercato di smorzare la tensione con le sue solite battute stupide, facendo ridere Summer nel momento del fatidico ingresso.
“Io in questi momenti, quando tutti mi guardano, mi immagino che siano tutti in mutande” era stata la sua battuta d’effetto.
Non appena l’ebbe condotta al loro tavolo Jake la presentò ai suoi amici. Summer si accomodò vicino ad una ragazzina molto carina, una Corvonero del terzo anno di nome Teresa, che sin da subito si dimostrò simpatica e gentile. Teresa accompagnava Paul, il migliore amico di Thomas, e Summer poté constatare in prima persona quanto il ragazzo fosse simpatico e divertente, e non un totale idiota come aveva sempre creduto.  
A fianco di Jake invece sedeva un ragazzo di bell’aspetto di nome Philippe, che non era molto loquace, sembrava lì solo per fare da accompagnatore ad Olivia, una delle famigerate amiche di Megan.
La ragazza dagli scuri capelli ricci raccolti con un fermaglio prezioso indossava un semplice ma elegante abito argentato con una graziosa scollatura a cuore.  
Olivia, a differenza di ciò che Summer aveva sempre pensato, non era poi così male. O almeno, senza Megan sembrava essere abbastanza gentile. Si presentò a Summer in modo cordiale e non le lanciò sguardi arroganti o di sufficienza. Il che, per essere un’amica di Megan Gray, era già un grande risultato. Per quei primi minuti la serata trascorse piacevolmente, ma Summer sapeva che non poteva durare.
Rimanevano solo più due posti vuoti di fronte a Summer, e la ragazza sapeva bene a chi erano riservati. Dopo il loro ingresso trionfale, Megan e Thomas si accomodarono al tavolo, tra Olivia e Paul.
Thomas salutò Summer sorridendo, mentre Megan non degnò Summer e Teresa nemmeno di uno sguardo. 
Solo dopo l’arrivo del cibo, Megan sembrò accorgersi della loro presenza, e osservandole con i suoi altezzosi occhi grigi scoppiò a ridere. Ed Ecco che la serata prese una piega meno divertente.
“Chi abbiamo l’onore di avere al nostro tavolo?”  domandò Megan accigliata, senza distogliere lo sguardo dalle due ragazze.
“Io sono Teresa” si presentò la ragazza al fianco di Summer, un po’ intimorita. 
“Teresa... e quel vestito bianco che indossi lo hai preso dall’armadio di tua nonna?” domandò Megan senza pietà, lasciando chiaramente la povera Corvonero mortificata.  
“Smettila Megan...” la zittì subito Paul.
Summer strabuzzò gli occhi. Come poteva Megan essere così cattiva? Teresa le sembrava molto carina con quel vestito bianco, Megan non aveva ragione di deriderla così davanti a tutti.
“E invece questa sconosciuta che ci hai portato al tavolo chi è, Jake?” chiese sprezzante Megan rivolgendo la sua attenzione ora su Summer. La ragazza sentì improvvisamente le guance avvampare, non le piaceva affatto quella situazione. 
“Sì chiama Summer” rispose Jake molto tranquillamente.
“Mmm che nome grazioso” fece Megan con un’espressione schifata. “Vestito carinissimo anche il tuo comunque”
“Sì è un vestito molto carino a mio parere” disse Jake, “anche se credo starebbe meglio senza.”
A Summer andò di traverso l’acqua che stava sorseggiando dal calice di cristallo.
“Jake!” sibilò Summer tra i denti.
“Tranquilla, stavo scherzando, si crede la regina di sto cazzo. Però non scherzavo sul tuo vestito, complimenti, hai raggiunto l’obbiettivo di far rosicare il mio fratellino, non ti toglie gli occhi di dosso” le sussurrò Jake facendole L’occhiolino.
Era vero. Nell’esatto momento in cui Summer aveva fatto ingresso nella Sala Grande, Alex le aveva puntato gli occhi addosso, chiaramente incantato dall’aspetto della Tassorosso. La ragazza sentiva ancora lo stomaco contorcersi dal nervoso se ripensava al comportamento del ragazzo, dunque cercò in tutti i modi di evitare di guardarlo negli occhi, e anzi, si strinse leggermente a Jake che camminava al suo fianco. 
“Ma quanto è antipatica sta ragazza?” mormorò Teresa a Summer.
“Ti giuro che non la reggo più, non fa altro che lamentarsi e sparare cattiverie su tutti” le rispose Summer, cercando di non farsi sentire dagli altri presenti. Non voleva in alcun modo turbare Megan Gray, temeva avrebbe potuto lanciarle un coltello da un momento all’altro.
Summer non capiva come una ragazza simile potesse avere così tante persone che le orbitavano attorno. Era bella certo, spaventosamente bella, ma era di una cattiveria senza precedenti. In particolare Summer non capiva come Thomas, il migliore amico di Abby, potesse stare con un soggetto simile. Era pieno di ragazze carine nel castello, dove trovava la forza per sopportare una persona così? Non faceva altro che sparare cattiverie a destra e a manca, e non era gentile neppure nei suoi confronti. Lo trattava con arroganza e sufficienza, senza mai rivolgergli una parola di gentilezza.
“Mi dispiace Evans che tu debba assistere a questo spettacolo, stasera Megan è proprio inviperita” sussurrò Jake a Summer.
La ragazza gli sorrise e disse: “Non ti preoccupare.”
“Vedrai che se smetti di prestarci attenzione, dopo un po’ la sua voce diventa solo un fastidioso ronzio di sottofondo.”
Summer scoppiò nuovamente a ridere, Jake sapeva sempre cosa dire.
Intanto Megan, dopo aver mangiato due foglioline striminzite di insalata ed essersi a suo dire saziata, iniziò a guardarsi intorno, per trovare nuove cattiverie da dire.
“Ma guardate laggiù” commentò Megan in tono divertito “allora è vero che Walker ha portato la principessina Abigail Hill al ballo. Ma come sono carini, mi chiedo che cosa pensa di fare con una così, giocare alle bambole?”
“Megan smettila...” saltò su Thomas, acido.
“Non sto dicendo nulla di male, Tommy. Chiedo così per sapere, insomma uno come lui è sprecato per una ragazzetta così... lo sanno tutti che la tua amichetta se la tira tanto ma è solo una- “
“Megan ti ho già detto che non devi parlare così di Abby, ti è chiaro o no?” sbottò Thomas sbattendo una mano sul tavolo.
Megan lo guardò alzando un sopracciglio e dopo un breve momento di silenzio sibilò: “E io ti ho già detto che non mi interessa, Thomas. Sei patetico.”
“E tu sei proprio un’oca” ribatté Thomas sprezzante, per poi voltarsi a parlare con Paul.
Megan alzò gli occhi al cielo e si voltò verso Olivia, la quale a bassa voce le disse: “Non ti preoccupare, di Walker se ne occuperà Kayla. Ha già deciso come accalappiarlo, si è messa un tubino verde smeraldo da far girare la testa, non le resisterà.” 
“Perfetto, sapevo che non mi avrebbe delusa. Spero che il vestito sia abbastanza corto, non può fallire. Non possiamo perdere Walker così, dietro quella bambolina” sputò Megan spostandosi i lunghi capelli dietro le spalle.
“Comunque c’è Rivera che non ti toglie gli occhi di dosso. Ti fissa da quando sei entrata...” le fece notare Olivia guardando in direzione di un ragazzo seduto dall’altro lato della sala, che effettivamente stava guardando nella loro direzione da un pezzo.
“Sì lo so, come biasimarlo. Verso mezzanotte ho appuntamento con lui nei bagni, gira voce che ci sappia fare...” le rispose Megan con un sorriso malizioso.
“E Thomas?” le chiese Olivia accigliata.
“Mica lo deve sapere” alzò le spalle Megan con noncuranza abbassando ancora di più il tono della voce.
Olivia le sorrise, ma dentro un po’ le dispiaceva per Thomas. Era un bravo ragazzo ed era suo amico, non le piaceva che Megan lo trattasse così. Ma purtroppo, Megan era Megan, e lei era solo Oliva, la sua migliore amica che non poteva di certo rimproverarla.
“Comunque Olivia” aggiunse Megan pensierosa, guardando verso un tavolo poco distante da loro, giocherellando frivolamente con una ciocca dei suoi lunghi capelli biondi.
“Dimmi” fece Olivia, ben consapevole che quando Megan assumeva quell’espressione voleva dire solo una cosa.
“Vedi quel tavolo laggiù? Con quei tre ragazzi?” domandò Megan.
“Dici quello là? Con i tre Corvonero?” 
“Sì... quello in centro è quello nuovo giusto? L’americano?”
“Sì, è lui... Si chiama Anderson, Luke Anderson.”
“Beh non è niente male no? Proprio niente male... con questo vestito da cerimonia nero poi devo dire che non passa di certo inosservato” continuò Megan mordendosi un labbro.
“Beh sì è carino” concordò Olivia “ho sentito dire che anche lui è un purosangue, come te...”
“Interessante…” Megan fece un attimo di pausa, e poi ordinò: “Vammi a chiamare Kayla e Madison, subito.”
Olivia si alzò immediatamente, e Megan rimase immobile a fissare intensamente il Corvonero. L’aveva già notato i primi giorni di scuola, ma purtroppo il fidanzamento con Thomas le aveva impedito di proseguire nella sua conoscenza della fauna maschile di Hogwarts. Ora che ormai la storia con Thomas l’aveva stufata ed era chiaramente ai ferri corti, le era venuta la voglia di tornare all’attacco. E quel bel ragazzo dagli scuri capelli ricci sembrava proprio fare al caso suo. 
“Ti serve qualcosa Megan?” la voce di Kayla la riscosse dai suoi pensieri. 
Megan si alzò dalla sedia e si voltò verso le due amiche, le quali anche loro attiravano parecchi sguardi maschili.
Kayla indossava un corto tubino verde smeraldo, tutto intarsiato di pietre preziose, mentre Madison sfoggiava un meraviglioso quanto stretto vestito rosa pastello a sirena, che le metteva in risalto le perfette curve.
“Siete stupende ragazze” le complimentò Megan guardando compiaciuta le sue amiche. Amava circondarsi di persone di bell’aspetto e curate, e le sue amiche non mancavano mai di esserlo.
“Oh grazie Megan, tu invece sei sempre meravigliosa” disse Madison osservando con ammirazione la profonda scollatura della ragazza.
“Comunque vi ho chiamate per avere due informazioni, mi rivolgo soprattutto a te Madison. Che mi dici di Anderson?” domandò Megan indicando verso il tavolo del Corvonero.
“Uh Anderson! Beh che dire, non ho mai avuto modo di parlarci, in sala comune sta sempre con quei due con cui è seduto, Liam Lewis e Jacob Ray, i due battitori della squadra. Non lo conosco quasi per nulla, con mio enorme dispiacere devo dire, perché non posso negare sia davvero figo... mi piacerebbe mi facesse fare un tour delle coste americane, non so se mi sono spiegata” ammise Madison mordicchiandosi un dito. 
“Sei proprio una troia Madison” disse divertita Kayla.
“Ma stai zitta che te lo faresti pure tu...” replicò subito Madison.
“State buone! Sapete le regole, prima io, e poi dopo che mi sarò stufata potete farci quello che volete” ricordò loro Megan in tono serio. “Più tardi voglio che andiate da lui e i suoi amici, chiedete loro se si fermano per le vacanze e se domani sera vogliono venire alla nostra festa. Se non si fermano, dite al nostro caro Luke di tenersi libero per quando torna, perché potrei aver bisogno del suo... come dire, aiuto.” 
“Va bene Meg, sarà fatto” rispose Madison con sguardo furbo.
“E mi raccomando, fategli capire chi sono io, anche se dubito che non lo sappia. E ora andate, fatemi finire cena.”
E dopo averle dileguate, Megan si sedette a tavola come se nulla fosse, compiaciuta di aver trovato la sua nuova preda.

***

La cena era quasi terminata e la torta era stata da poco servita, ad un tavolo posizionato al centro della sala Luke e Liam erano ormai stufi di ascoltare gli infiniti sproloqui di Jacob, il quale, con l’intento di mettersi in mostra davanti alle tre ragazze sedute al tavolo con loro, non era stato in silenzio nemmeno un minuto. Dati infatti i risultati deprimenti che Luke e Liam avevano ottenuto nel loro tentativo di invitare al ballo Abby e Summer, i due ragazzi si erano lasciati convincere da Jacob sul fatto che non fosse cosa adatta a due diciottenni di bell’aspetto come loro presentarsi senza accompagnatrice. Così adesso i tre ragazzi sedevano al tavolo con Astrid-dai denti storti, e due sue compagne di stanza invitate all’ultimo momento per Liam e Luke, Pola e Natasha. I due ragazzi avevano in realtà cercato di rifiutare il gentile aiuto offerto da Jacob, ma alla fine avevano ceduto, e ora si ritrovavano incastrati in quell’appuntamento senza senso alcuno. Le due ragazze, a dir la verità, non erano nemmeno così tremende. Erano piuttosto carine e soprattutto simpatiche, ma né Liam né Luke sembrano interessati a prestar loro alcun tipo di attenzione. Il loro cuore affranto stava concentrando tutte le loro premure sulle due ragazze che non erano riusciti ad invitare, e che ora sedevano felicemente affianco dei loro accompagnatori.
Ma Jacob sembrava benissimo in grado di intrattenere da solo tutte e tre le fanciulle, e anzi, non ne sembrava così dispiaciuto.
“Se volete dopo vi porto nel dormitorio e vi mostro il trofeo, l’ho vinto l’anno scorso al torneo dei duellanti di Birmingham” stava dicendo Jacob pieno di sé alle tre Corvonero che per tutta risposta risero maliziosamente.
“Che fai non la mangi?” sussurrò Liam a Luke, indicando il pezzo di torta che giaceva intatto sul piatto d’argento davanti al ragazzo.
“No mangiala pure tu se vuoi, io ho lo stomaco chiuso” rispose Luke, continuando a guardare un punto davanti a sé, come aveva fatto per tutta la durata della cena.
“Senti Luke, stai iniziando a spaventarmi. E sono sicuro che anche Abby rimarrebbe inquietata se si accorgesse che la fissi in quel modo da più di un’ora.”
“Tu non guardi verso Summer solo perché hai paura che Allen se ne accorga e venga a picchiarti” replicò Luke all’amico.
“Beh forse sì, ma non è questo il punto. Ti rovini solo la serata così.”
“La serata è già rovinata, Liam. Siamo qui seduti con due ragazze che nemmeno conosciamo, e la stiamo rovinando anche a loro, tanto vale che almeno guardo qualcosa di bello.”
Proprio in quell’istante Abby ridendo ad una battuta di James appoggiò la testa sulla spalla del Grifondoro. 
“Sì effettivamente stai proprio guardando qualcosa di bello…” disse Liam ridacchiando.
“E piantala Liam!” rispose Luke. “Io lo dico per lei, so io che cosa ha in mente di fare quel Walker con quelle mani viscide”
Liam alzò gli occhi al cielo e sibilò un annoiato: “Ci risiamo.”
“Che poi quell’idiota la farà solo star male, quelli come lui vogliono solo arrivare in seconda base, se sai cosa intendo. E quando ci sarà arrivato, la mollerà” continuò Luke quasi parlando più a sé stesso che all’amico.
“Beh guarda il lato positivo, se sei così convinto che andrà così vorrà dire che presto tra loro sarà finita, qualsiasi cosa ci sia, e potrai provarci tu” provò a consolarlo Liam tra un boccone e l’altro di torta.
“Io non voglio la faccia star male Liam, è diverso. Non sono un avvoltoio che sta in attesa che si mollino.”
“Certo come no, tu sei solo un principe azzurro armato di buone intenzioni. Ma a chi la dai a bere Luke…” 
Liam fece appena in tempo a finire la frase, perché Silente salì sulla pedana al fondo della sala e battendo due volte le mani fece calare il silenzio, segno che era arrivato il momento del suo solito discorso.
“Buonasera a tutti, studenti e Professori. Spero che questa deliziosa cena abbia soddisfatto il vostro grande appetito e che siate pronti per scatenarvi sulle vostre giovani gambe a ritmo di musiche sfrenate. Io vi avverto che sono particolarmente carico, e se la professoressa McGrannit me lo concederà, avrei molto piacere di aprire le danze con lei questa sera”.
Urla e fischi si levarono dai tavoli, facendo arrossire la Professoressa McGrannit la quale provò a richiamare il silenzio dei suoi studenti.
“Bene, terminate le galanterie vorrei chiedere a tutti voi di alzarvi dalle sedie, di modo che i tavoli possano essere sposati per lasciare spazio alla pista da ballo, e di recarvi, fra una decina di minuti, qui sotto il palco per assistere ad un gentile tributo del nostro maestro di cerimonie, il vostro compagno Frank Rogers ha preparato una sorpresa per tutti voi. Vi rammento inoltre, che il ballo terminerà alle due di notte, dopodiché non vorrò trovare nessuno di voi fuori dalle vostre sale comuni. Vi è chiaro? Detto questo, non posso che augurarvi una buona serata”.
Una volta che il preside ebbe terminato il suo discorso, un rumore di sedie che venivano trascinate invase la sala, i ragazzi si alzarono e tavoli e sedie furono fatti lievitare dai professori accanto alle pareti laterali, lasciandone giusto alcune qua e là più verso l’interno.
I tre Corvonero e le loro accompagnatrici si posizionarono ai lati della sala, in attesa della fantastica sorpresa preparata dall’incontenibile Frank.
“Noi andiamo in bagno” disse Astrid prendendo a braccetto le sue due amiche.
“Va bene, ma non metteteci troppo” si raccomandò Jacob il quale, dopo che le tre dame si furono allontanate, si rivolse ai suoi due amici con uno sguardo truce, “posso sapere che vi prende?”
“Cosa ci prende?” domandò Liam subito sulla difensiva.
“Beh, si dà il caso che vi ho procurato un appuntamento con due ragazze, e se il mio occhio esperto non mi inganna entrambe hanno almeno una terza, e voi cosa fate? Non avete aperto bocca con loro per tutta la cena!” sbraitò Jacob, fuori di sé.
“Senti Jacob, non ti abbiamo chiesto noi di invitarle, e poi mi sembra che non ti dispiaccia doverle gestire tutte e tre da solo” rispose Luke con calma.
“No senti tu, Luke! Lo sto dicendo per voi, ovvio che sono in grado di gestirle da solo… voglio solo che i miei amici invece di pensare ai loro amori platonici si tuffino nelle curve del piacere che si nascondono sotto quegli spessi strati di tulle e organza.”
“Ma come sei generoso…” ironizzò Liam alzando gli occhi al cielo.
Jacob guardo i suoi due amici come se fossero ammattiti, e poi tornò all’attacco: “Ragazzi dai, siamo ad una festa, dobbiamo divertirci! Quelle ragazzine non vedono l’ora che le portiate in qualche posto appartato, credete a me.”
“Non è possibile che pensi solo a quello Jacob!” replicò Liam.
“Non è possibile che tu non ci pensi mai, infondo abbiamo…” ma Jacob all’improvviso si zittì e impallidì all’improvviso.
“Che succede Jacob?” domandò Luke preoccupato nel vedere l’improvviso cambio di espressione dell’amico.
“Ragazzi, non fosse perché sono totalmente sobrio, non crederei ai miei occhi…” sussurrò Jacob con voce tremante.
“Che cosa? Che succede?” chiese Liam voltandosi per capire cosa stesse tanto schioccando l’amico.
“NON VOLTARTI” lo fermò subito Jacob. “Allora ragazzi mantenete la calma. Credo stia per succedere qualcosa di incredibile. Megan Gray e le sue amiche ci stavano fissando, e ora Madison Adams e Olivia Price stanno venendo proprio verso di noi.”
“Quella Megan Gray?” domandò Luke, suo malgrado incuriosito.
Sebbene il ragazzo fosse il nuovo arrivato, durante i suoi primi quattro mesi ad Hogwarts aveva avuto modo di conoscere per sentito dire le gesta erotiche della tanto ambita Megan Gray, e soprattutto aveva potuto ammirare con i suoi stessi occhi la bellezza mozzafiato della ragazza che tanto faceva impazzire gli studenti di sesso maschile del castello. Allo stesso tempo però, sebbene fosse innegabile l’avvenenza della Serpeverde, Luke non era particolarmente interessato, né a lei né alle sue altrettanto appariscenti amiche. Non che fosse totalmente immune al suo incredibile fascino, nessuno poteva esserlo, ma per il ragazzo ad Hogwarts esisteva un’unica ragazza degna delle sue attenzioni, e quella ragazza era Abigail Hill. Tutte le altre scomparivano ai suoi occhi, persino Megan Gray.
“Sì proprio lei, ok ragazzi arrivano vi prego non fatemi sfigurare” si raccomandò Jacob quasi preso da una crisi di panico.
Madison Adams, ancheggiando aggraziatamente stretta nell’aderente abito rosa, si fece largo tra gli sguardi avidi dei ragazzi, affiancata dalla sua altrettanto attraente amica Olivia.
Una volta che le due ebbero raggiunto il trio dei Corvonero, la rossa si schiarì la voce per attirare l’attenzione dei tre ragazzi, che nel frattempo si erano ricomposti e stavano facendo finta di non essersi accorti della loro presenza.
“Ciao ragazzi” li salutò Madison, con una voce dolce e suadente, sbattendo con grazia le lunghe ciglia.
“Ciao” risposero Liam e Luke in coro. Jacob sembrava troppo sopraffatto da quello che stava accadendo che non riuscì ad aprire bocca. Spostava sconvolto gli occhi da Olivia a Madison senza emettere alcun suono.
“So che non abbiamo mai avuto molto modo di parlare molto, ma ho pensato che fosse carino passarvi a fare un saluto no? Infondo siamo compagni di casa…” iniziò Madison spostandosi dietro l’orecchio una ciocca di capelli rossi leggermente mossi per l’occasione.
“Oh beh, hai fatto bene, Madison” disse Liam, leggermente confuso.
“Olivia, ti presento Jacob Ray e Liam Lewis” fece le presentazioni Madison.
Olivia allungò la mano e strinse quella di Liam, guardando intensamente il biondo negli occhi.
“E qui invece c’è il nostro nuovo acquisto… Direttamente da Ilvermony l’americano Luke Anderson, giusto?” domandò la ragazza.
“Sì, sono io” fece Luke.
“Piacere allora” disse Madison per poi squadrare il ragazzo dalla testa ai piedi, facendo schioccare la lingua, poi gli sorrise amabilmente e senza distogliere lo sguardo da lui riprese, “e visto che ormai possiamo dirci amici, mi piacerebbe sapere se per le vacanze di Natale vi fermate qui oppure tornate a casa…”
“No, non ci fermiamo” rispose Luke secco.
“Peccato, perché domani sera io e i miei amici daremo una festa per pochi intimi, tutta gente che conta... e niente, la mia amica Megan, Megan Gray, che sono sicura non ha bisogno di presentazioni-”
“NO NON NE HA” la interruppe Jacob che finalmente sembrava aver riacquistato il dono della parola.
La ragazza lo guardò per qualche secondo seccata e poi riprese: “Stavo dicendo, la mia amica Megan avrebbe molto piacere poteste venire anche voi, soprattutto tu, Luke. Quindi perché non vi fermate? Siete ancora in tempo per cambiare idea, e vi assicuro che ne varrà la pena.”
“Mi dispiace, ma non possiamo proprio fermarci” ripeté fermo Luke alzando le spalle. La sua risposta fece voltare immediatamente i suoi due amici che lo guardarono come se avesse detto qualcosa di blasfemo.
“Ah” mormorò Madison senza smettere di sorridere procace, “mi dispiace allora. Però Luke, vedi di tenerti libero per quando torni. La mia amica Megan è molto interessata a conoscere la cultura americana, la vostra storia … la lingua.”
Luke spalancò gli occhi, preso un po’ alla sprovvista da quella richiesta, che sembrava essere abbastanza eloquente senza bisogno di tante spiegazioni. Il ragazzo notò che, a qualche metro da loro, Megan lo stava guardando sorridendo in modo provocante.
“Bene Madison, dì pure alla tua amica Megan che sono abbastanza sicuro che la lingua che parliamo in America sia la stessa che parlate qui.” 
“Oh Luke, tesoro, devi sapere che ci sono molti modi per conoscere una lingua” rispose Madison aggiustando delicatamente il colletto della camicia bianca del ragazzo. Quindi, dopo essersi avvicinata al suo orecchio gli sussurrò: “E sono sicura che ti piaceranno tutti”.
Detto questo Madison, dopo essersi congedata mandando un bacio con la mano in direzioni dei tre ragazzi, trascinò via Olivia che per tutto il tempo non aveva distolto gli occhi da Liam.
“MA CHE CAZZO E’ APPENA SUCCESSO” urlò Jacob ansimando, una volta che le due ragazze furono abbastanza lontane. “Tu Luke sei un coglione, un’emerita testa di cazzo”
“Jacob ti prego…” provò a calmarlo Luke, invano.
“Jacob ti prego un cazzo! Luke, per la prima volta da quando sono in questa fottutissima scuola, le amiche di Megan sono venute a parlarci e ci hanno invitato ad una festa, e tu cosa fai? Noi non ci fermiamo, ma sei scemo?”
“Ho solo detto la verità, non ci fermiamo. E poi se ci tenevi tanto perché non hai parlato tu? Invece non hai aperto bocca.” 
“Liam diglielo anche tu!” strillò Jacob esasperato.
“Effettivamente sì, sei stato un po’ idiota” intervenne Liam.
“E perché?”
“Perché, per prima cosa ci hanno invitato ad una festa, e per amor dei tuoi amici avresti dovuto accettare. Non so se hai notato come quella Olivia si stava mangiando il nostro Liam con gli occhi. E in secondo luogo” Jacob fece un attimo di pausa, come per prepararsi a dire qualcosa di assurdo “forse ti è sfuggito il dettaglio che MEGAN GRAY è interessata a te!”
“E allora?”
“E ALLORA?! Luke ma hai capito di chi si tratta? Megan Gray. Megan Gray voleva te, ha scelto te, vuole conoscere la tua lingua e credimi, non solo quella. E tu cosa fai? La rifiuti?”
“Esattamente, la rifiuto. Jacob non fare quella faccia, è inutile. Cosa me ne frega di una che nemmeno conosco e che la dà a chiunque?” replicò Luke senza vergogna.
“No Luke, adesso basta! Io non ti farò fare questa cazzata, non ti permetterò di perdere la tua occasione di farti quel pezzo di figa solo perché sei troppo occupato a sbavare dietro ad una che nemmeno ti caga!”
“Dai Jacob, ora smettila” intervenne Liam consapevole che il discorso stava prendendo una piega poco gradita all’amico.
“No Liam, qualcuno deve pur dirglielo. Luke io sono tuo amico, ed è mio dovere farti notare che stai sprecando il tuo tempo dietro ad Abby che nemmeno ti parla più e che probabilmente sta per diventare la ragazza di Walker. E sebbene io penso che tu sia un gran figo, non credo tu possa competere con James Walker a meno che tu non abbia qualche straordinaria dote nascosta. Quindi, dimenticala, ok?!”
“Fai facile a parlare Jacob. Ma come faccio a dimenticarla se la sogno tutte le notti?” rispose Luke, provato.
“Luke scusami, so che per te è difficile. Voglio solo farti capire che abbiamo diciott’anni, dobbiamo divertirci, e occasioni come queste non capitano spesso nella vita!” ribatté Jacob che ormai sembrava fuori di sé.
Per fortuna però, l’arrivo di Astrid e delle sue amiche, interruppe l’invettiva del ragazzo.
“Che avete da sbraitare così?” domandò Pola divertita.
“Niente di importante” borbottò Luke con un tono che indicava che per lui il discorso era chiuso, “avviciniamoci al palco, Rogers è arrivato”. E presa sottobraccio Pola il ragazzo si diresse verso il fondo della sala, senza poter evitare di pensare all’eventualità che Jacob avesse ragione, e se con Abby stava davvero solo perdendo tempo?

***

Era arrivato il suo momento. Frank emozionato salì gli scalini che lo separavano dal suo palco. Il palco che da lì a pochi minuti avrebbe ospitato lo show del secolo. Ci aveva lavorato molto, aveva studiato tutto nei minimi particolari, e nel corso degli ultimi mesi aveva più e più volte riprovato la sua performance. L’aveva perfezionata prova dopo prova, e quella sera Frank avrebbe finalmente brillato di fronte alla sua amata scuola.
Frank raggiunse il centro della pedana, e dopo aver richiamato il silenzio schiarendosi la voce, allargò le braccia e esclamò: “Ragazzi e ragazze, professori e professoresse. Non potete capire quanto sia emozionato di essere qui, e allo stesso tempo grato per l’opportunità che mi avete dato. Come tutti voi sapete, amo questa scuola, e amo tutti voi. E visto che ogni giorno, ogni singola persona qui davanti a me mi regala scoop succulenti e strabilianti, stasera ho deciso di deliziarvi con una sorpresa, da me stesso realizzata apposta per ringraziare tutti voi.”
Il ragazzo sorrise emozionato, e dopo una breve pausa riprese “Ho deciso di comporre una canzone, o meglio, riadattare due canzoni per me molto importanti realizzando un arrangiamento del tutto originale. Come sapete io sono un babbano di nascita, quindi per omaggiare il mondo magico che mi ha ospitato così calorosamente, ho pensato di remixare una canzone del mio mondo a me molto cara, con una meravigliosa ballata dell’universo magico che tutti conosciamo, Un calderone pieno di forte amor bollente di Celestina Warbeck. Canterò a cappella.”
“No Frank” sussurrò Summer sapendo che l’amico stava per far qualcosa di tremendamente imbarazzante.
“Spero vi possa piacere” concluse Frank estasiato, per voltarsi dando le spalle al pubblico.
Il ragazzo stette in silenzio un minuto, per raccogliere la concertazione necessaria alla realizzazione della sua performance.
“Ma sei sicura che il tuo amico sia a posto di testa?” sussurrò Jake a Summer, la quale non era più davvero sicura della sanità mentale dell’amico.
Frank si voltò all’improvviso, ed iniziò a cantare.

Vieni, mescola il mio calderone 

e, se con passione ti riuscirà, 

il mio forte amor bollente 

questa notte ti scalderà. 

Oh, mio povero cuore, dov’è andato? 

Per un incantesimo mi ha lasciato… 

… e adesso che per bene l’hai spezzato, 

ridammi, ti prego, il mio cuore innamorato!

Il ragazzo fece una piroetta, seguita da un passo che assomigliava ad un Moonwalk venuto particolarmente male e cambiò ritmo

And one, and Two, and one, two, three, four

 E adesso a letto bambini, spegnete la TV

Troviamo un posto dove stare solo io solo tu

Sincronizziamo i cuori sullo stesso bpm

Silenzia il cellulare che non ti serve a niente

A meno che non voglia fare una fotografia

Di noi che ci abbracciamo forte e decolliamo via

A bordo di un'astronave senza pilota

Che punta verso galassie a cercare vita

Come nei sabati sera in provincia

Che sembra tutto finito, poi ricomincia

Sabato, sabato

È sempre sabato

Anche di lunedì sera

È sempre sabato sera

Quando non si lavora

È sempre sabato

Vorrei che ritornasse presto un altro lunedì!

La sala era completamente sotto shock, quando il ragazzo terminò la sua performance nessuno fiatava. Neppure Sophie ebbe il coraggio incoraggiare l’amico, quello spettacolo pietoso era stato troppo persino per lei.
“Rogers ha superato sé stesso stasera. Ti farai ancora vedere in giro con lui nanerottola?” domandò James divertito ad Abby che continuava a fissare con la bocca aperta Frank, il quale così estasiato dall’impresa appena compiuta non si rese conto dell’imbarazzo generale che dominava sui presenti.
L’unico ad applaudire fu Silente, che con un sorriso a trentadue denti salì sul palco e congedando il ragazzo disse educatamente: “Ringraziamo calorosamente Rogers, ottima performance e idea geniale. Ed ora si prepari l’orchestra, si aprono le danze.”

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Capitolo 21
*** Capitolo 20 - È qui la festa?! ***


Capitolo 20 - È qui la festa?!


 

Non appena Silente aveva preannunciato l'inizio alle danze con il solito discorso studiato nei minimi dettagli, una musica lenta e soave si era diffusa rimbombando tra le pareti della Sala Grande. La luce si era leggermente abbassata per lasciare spazio ad un'atmosfera magica e quasi surreale. 
Solo i più temerari si erano diretti con sicurezza al centro della Sala per mostrare a tutti i presenti le doti da ballerini provetti, e tra quelle poche coppie era ovvio ci fossero Edward e Sophie che mano nella mano iniziarono a camminare entusiasti. 
"Sono in imbarazzo per loro, non so se voglio guardare" commentò Summer notando come tra le prime coppie che si erano addentrate a danzare c'erano Sophie e il Grifondoro che tanto detestava. La ragazza spostò lo sguardo e iniziò a coprirsi gli occhi con le mani. 
"Ti pareva che quel damerino di Richardson non avesse un talento persino nel ballo, probabilmente sa anche fare l'uncinetto ed ha cucito a mano il vestito della tua amica" aggiunse Jake mentre si stravaccava su uno dei tanti divanetti che facevano da cornice all'intera sala. 
Summer rise, finalmente aveva trovato qualcuno che non apprezzava Edward per le sue infinite capacità e per la sua infinita gentilezza. 
"Se non le avessi fatto io quell'acconciatura penserei che fosse stata opera sua e che avesse doti anche da parrucchiere. Non mi stupirei se si tagliasse i capelli da solo"
"Gliel'hai fatta tu? Mi stavo giusto chiedendo con che coraggio andasse in giro con quella orrenda pettinatura…" scherzò il Serpeverde aspettandosi una reazione dalla ragazza che non esitò a tirargli una gomita. 
"Ma sei davvero stronzo stasera!" gli gridò lei cercando di non ridere. 
I due ragazzi erano tra i tanti che, non avendo alcuna intenzione di mettersi in mostra durante i primi minuti dall'inizio del ballo, si erano andati a sedere lontani dal centro mentre aspettavano che altri come loro prendessero coraggio. 
In molti infatti erano in piedi a guardare attenti le mosse delicate di coloro che avevano preso parte alla danza. 
Sophie ed Edward si muovevano con leggiadria, quasi avessero imparato a memoria ogni singola movenza. Ed effettivamente nei giorni precedenti avevano fatto numerose prove insieme per perfezionare la loro predisposizione ai balli lenti. 
Uno di fronte all’altro si muovevano lentamente, posando un piede e poi l'altro con precisione. Avevano un'espressione estremamente seria ed era divertente vederli così attenti e concentrati. Facevano movimenti perfetti e uno seguiva le mosse dell'altro senza il minimo errore. Persino i Professori li guardavano incantati e stupiti dalla loro bravura. 
"Ma guardali, i due piccioncini" commentò James guardando in direzione della coppia che continuava a danzare senza sosta. 
"L'avranno capito che non sono ad una gara di ballo? Sembra abbiano imparato una coreografia a memoria" scherzò Abigail per poi finire il suo cocktail colorato. 
"Beh tu scherzi… ma Edward è da giorni che tutte le sere si esercita per non fare brutta figura." 
"Dimmi che non è vero, ti prego" lo scongiurò la ragazza. Sapeva che lui e Sophie avevano fatto alcune prove ma non voleva credere al fatto che il suo amico si fosse impegnato così tanto per un semplice ballo di gala. 
"Te lo giuro Abby, non lo riconosco quasi più. Ti sembra normale preoccuparsi così tanto se fino all'anno scorso nemmeno si alzava per ballare?" 
"Sembra una ragazzina alla prima cotta… Nemmeno io l'ho mai visto così prima, è diventato più sdolcinato di Sophie e ti assicuro che lei quando si mette può essere molto smielata" aggiunse la Grifondoro ripensando a quanto fosse effettivamente troppo apprensivo e sentimentale. 
"Gliel'ho detto che è cambiato da quando sta con Forbes ma non penso ci sia modo di farlo ragionare." 
James ancora ripensava alla leggera discussione che aveva avuto con Edward e dopo quel giorno si era convinto che niente avrebbe potuto farlo tornare come prima e non aveva alcuna intenzione di litigarci. 
"Speriamo che si calmi con il tempo, faccio davvero fatica a sopportarlo quando è con lei… Non riesco a trattenermi dal fare commenti fuori luogo" ammise Abby, anche dispiaciuta di sembrare la guasta feste dopo che aveva fatto di tutto per far mettere i due più su cari amici insieme. Si era accorta di aver creato un mostro e ormai era troppo tardi per tornare indietro. 
"Sai che è difficile anche per me fare battute quando si scambiano quelle frasi disgustose e lo fanno di continuo" disse James con repulsione. Doveva davvero resistere a stare zitto quando sentiva certi commenti. 
I due ragazzi stettero alcuni secondi rivolti a guardare la coppietta al centro della pista e James troppo spesso si ritrovava a guardare di sottecchi la sua accompagnatrice. Era bellissima con quel vestito azzurro e non poteva fare a meno di sentirsi fortunato ad averla al suo fianco. Si sentiva sempre vulnerabile quando si trattava di lei e non sapeva ancora come gestire quelle strane sensazioni che sentiva ogni volta che la guardava. 
Erano minuti che pensava e ripensavo al modo migliore per invitarla a ballare, finché non prese coraggio e si alzò di colpo dalla sedia dove era rimasto seduto dal momento in cui il volume della musica si era alzato. Si avvicinò alla Grifondoro che lo guardava interdetta e le riservò uno dei suoi migliori sorrisi.
"Non voglio essere smielato come Edward ma…" disse, mentre le porgeva una mano lentamente "Abigail Hill, mi concedi questo ballo?" chiese poi abbassando la voce e avvicinando il volto a quello della ragazza. 
Abby trattenne il respiro e presa alla sprovvista da quella proposta così galante gli sorrise dolcemente. 
"Certo James" disse alzandosi frettolosamente da dove era seduta. Strinse la mano del ragazzo per seguirlo e a quel contatto rabbrividì. 
Le sembrava di sognare, James era stato così gentile per tutto l'inizio della serata e Abby era riuscita a fidarsi quasi ciecamente del Grifondoro. 
Aveva deciso di non preoccuparsi del passato e di quello che il ragazzo aveva fatto nel corso degli anni, con lei era diverso e non poteva negarlo. Per mesi e mesi si era sforzata di non cedere alle avances del Grifondoro ma ora era certa che non avrebbe più resistito a lungo e il fatto che in quel momento gli stesse stringendo senza disagio la mano lo confermava. 
"Me lo sto sognando o ci guardano ancora tutti?" domandò Abby una volta fermatasi in un punto preciso della Sala. Guardandosi attorno aveva notato i numerosi sguardi rivolti nella loro direzione.
Era da quando i due erano entrati nella sala che più persone non facevano altro che ammirare la meravigliosa coppia che formavano e la ragazza sperava che quella reazione sarebbe passata presto. Tuttavia gli sguardi sembravano aumentare e nessuno poteva biasimare chi li osservava con insistenza. Non era cosa da tutti i giorni vedere così complici il capitano della squadra di Quidditch e la famosa Abigail Hill che da tempo lo respingeva.

"Non te lo stai sognando... Ma penso che guardino tutti te, sei bellissima stasera Abby" disse James puntando i suoi occhi marroni su quelli della ragazza. Alla Grifondoro accelerò il battito, e fece il possibile per non distogliere lo sguardo.
"Grazie James. Anche tu non sei niente male." 
Abby sorrise imbarazzata, non si sarebbe mai abituata ai complimenti del ragazzo che quella sera era bello da togliere il fiato. Non poteva negare neanche quello, l'abito elegante sembrava risaltare la sua immensa bellezza e i capelli perfettamente pettinati lo rendevano ancora più affascinante. 
"Scusa ora la smetto, non voglio essere troppo sdolcinato… e non voglio metterti in imbarazzo" disse James per smorzare la tensione. Aveva visto la soggezione nello sguardo di Abby e non voleva che si sentisse a disagio con lui. Forse stava esagerando con i complimenti ma quella ragazza l'aveva stregato, gli veniva naturale essere carino con lei. Tutto questo certo non si addiceva al suo solito comportamento strafottente e altezzoso ma poco gli importava. Stava bene con lei e non gli fregava cosa avrebbero pensato gli altri.
"Non sarai mai al livello di Edward e non sono in imbarazzo, è che… mi devo ancora abituare" ammise la Grifondoro continuando a sostenere lo sguardo di James. 
Era vero, doveva solo abituarsi a quella tensione che si creava tra loro ormai un po' troppo spesso. Non era a disagio, era solo tutto così strano per lei: essere al ballo con James Walker, avere mille occhi puntati addosso e in più dover ammettere a se stessa quanto gli piacesse il ragazzo di fronte a lei. 
Era solo tanto insicura e non essendosi solita sbilanciarsi le veniva difficile lasciarsi andare totalmente. Si fidava ormai di James ma aveva sempre paura che qualcosa potesse andare storto, che una volta raggiunto l'obiettivo si sarebbe stufato. Ma quella sera non voleva pensarci, voleva solo godersi la serata più bella dell'anno. 
"Ti ci dovrai abituare presto allora" azzardò James mentre sfoggiava uno dei suoi soliti sorrisi maliziosi. 
Abby sapeva che tutto sommato non avrebbe fatto così tanta fatica ad abituarsi, anzi. 

***

Innumerevoli coppie stavano andando a ritmo di musica con movimenti lenti e precisi e i Professori dall'altro dei loro posti erano orgogliosi dei loro studenti. 
I vestiti lunghi e sgargianti delle ragazze risaltavano ancora di più in mezzo agli abiti scuri dei ragazzi ed era meraviglioso vedere tutti così agghindati ed eleganti per l'occasione. 
Ancora seduti su un divanetto, Jake e Summer stavano commentando divertiti i bizzarri vestiti che alcune ragazze stavano indossando con fierezza. Non tutti avevano optato per abiti fini e poco appariscenti ed erano numerose le ragazze che pur di apparire avevano sfoggiato dei terrificanti abiti da cerimonia. 
Erano rimasti solo più loro due tra i Serpeverde che poco prima erano insieme a cenare. Persino Megan e Thomas si erano alzati per unirsi alla mischia nonostante fosse chiaro che avrebbero fatto di tutto per stare lontano l'uno dall'altra; avevano passato tutta la serata a rispondersi malamente e la situazione era diventata tesa per tutti i presenti. 
Eppure Megan non avrebbe rinunciato ad avere mille occhi puntati addosso una volta arrivata al centro della Sala così dopo parecchi tentativi riuscì a convincere Thomas ad alzarsi che, dal canto suo, avrebbe preferito di gran lunga ritornare nel suo dormitorio. Non solo doveva sorbirsi le lamentele della sua ormai quasi ex ragazza, doveva anche reprimere la tremenda gelosia che gli saliva ogni qual volta posasse il suo sguardo sulla famosa coppia Grifondoro: Forbes e Richardson. Si era ripromesso di non pensarci più ma dopo aver visto Sophie così elegante in quel vestito giallo proprio non riusciva fare a meno di toglierle gli occhi di dosso, nonostante affianco a lei ci fosse il suo ragazzo. Non gli importava di beccarsi ulteriori sguardi truci da parte di Richardson, Sophie era stupenda ed il Grifondoro non gli avrebbe impedito di guardarla. 
Summer invece guardava le infinite coppie ballare e da minuti ormai aspettava che il suo accompagnatore le chiedesse di unirsi a loro. Non sapeva come comportarsi, era tutto nuovo anche per lei e il pensiero di proporre a Jake di alzarsi la stava mettendo in difficoltà. Non voleva essere sfrontata ma al tempo stesso desiderava unirsi alla folla che si era creata davanti a loro. Non la allettava pensare di essere ancora di più al centro dell'attenzione una volta iniziato a ballare, tuttavia non voleva certo passare tutta la serata seduta, nonostante si stesse davvero divertendo a parlare con Jake. 
Così dopo mille pensieri e indecisioni si fece coraggio e decise di buttarsi in quella proposta forse un po' azzardata. 
"Ehm… Jake?" disse Summer per attirare l'attenzione del ragazzo che stava sorseggiando un liquido scuro da un bicchiere. 
Il Serpeverde si girò di scatto verso la ragazza fissandola curioso. 
"Si?" chiese non distogliendo lo sguardo dal volto della Tassorosso. Con una mano stretta sul bicchiere e le sopracciglia alzate aspettava che continuasse. 
"Mi chiedevo…" Summer fece una pausa "Non dovresti invitarmi a ballare?" domandò con un filo di voce e le guance arrossate. Non era solita fare proposte sfrontate e prendere in mano la situazione ma in quel momento il più popolare Serpeverde sembrava essere più impacciato di lei. 
"Scusa hai ragione, sono un coglione" disse Jake alzandosi d'improvviso. 
"È che non sono portato in questo genere di cose, come sai" continuò impacciato ancora in piedi affianco alla sua accompagnatrice. Non aveva mai invitato nessuna al ballo e non si era mai posto il problema di imparare le buone maniere in occasioni simili. 
"Lo so, non volevo obbligarti ma-" Summer non fece in tempo a finire la frase che vide il volto del ragazzo avvicinarsi. 
"Ora fai finta che tu non mi abbia suggerito niente" sussurrò lui all'orecchio della Tassorosso, sempre con il suo solito sorriso sghembo. 
"Evans ti va di andare a ballare?" le domandò poi con voce bassa. Sembrava quasi imbarazzato ed era assurdo che il Serpeverde con una delle reputazioni peggiori in fatto di ragazze ora facesse fatica persino a invitare a ballare Summer. 
"Con piacere Allen" disse sorridendo Summer e con fare deciso si alzò dal divano per poi afferrare la mano che Jake le stava porgendo. Si sistemò il vestito e lo seguì cercando di stare in equilibrio sui tacchi. 
Camminarono vicini fino al bordo della sala dove altri ragazzi stavano già ballando un lento. 
"Va bene qui?" chiese Jake prima di fermarsi e guardare la ragazza che annuì. 
Si misero uno davanti all'altra ma il Serpeverde sembrava estremamente a disagio. 
"Non ho mai ballato un lento in vita mia quindi perdonami se sono pessimo" confesso Jake mentre guardava preoccupato la Tassorosso. 
"Non credere che io sia una ballerina provetta, penso di averne ballato solo uno a dieci anni con mio fratello ad un evento galante" 
"Almeno ne sai qualcosa io non so neanche da che parte devo muovere i piedi." 
"Segui quello che faccio io, non è così difficile" spiegò Summer cercando di movimenti lenti e delicati. 
"Non è difficile Sum? È già tanto se non ti ho ancora pestato le scarpe" disse Jake tentando di tranquillizzarsi. Proprio non aveva idea di come comportarsi in quelle situazioni e ora le sembrava tutto talmente complicato che non sapeva da dove iniziare. 
"E le mani? Dove devo tenerle? Oddio è frustrante tutto questo." continuò alzando la voce. 
"Rilassati. Io le metto sopra le tue spalle e tu appoggiale qua" disse Summer prendendo le mani del ragazzo e posizionandole con gentilezza sui suoi fianchi. 
La ragazza mise le mani sulle spalle di Jake e non poté fare a meno di ridere. 
"Che c'è?" chiese il Serpeverde notando l'espressione divertita di Summer. 
"Non ho mai visto Jake Allen, il Serpeverde famoso per la sua terribile reputazione, così in imbarazzo" spiegò lei con ancora il sorriso sul volto. 
Il ragazzo la guardò alzando le labbra in un sorriso beffardo. 
"Ti ricordo che ho la reputazione da cattivo ragazzo, e questa non è proprio una cosa da cattivo ragazzo."
"Ottima osservazione" scherzò la Tassorosso continuando a muoversi lentamente a ritmo di musica. 
Passarono alcuni minuti e il Serpeverde iniziò ad ambientarsi e tranquillizzarsi. Probabilmente nessuno aveva notato quanto il ragazzo fosse impacciato in quella situazione ma Summer non riusciva a togliersi dalla mente il suo sguardo impaurito. Finalmente anche lei avrebbe potuto prendersi gioco della debolezza del Serpeverde dopo tutte le volte che lui si era divertito a schernirla per l'imbarazzo che provava in innumerevoli occasioni. 
"Hai visto che non è poi così terribile?" domandò notando come Jake ci stesse prendendo la mano e fosse più sereno. 
"Il fatto che ora mi stia muovendo senza sembrare un cretino, non significa che non sia più terribile" commentò il Serpeverde muovendosi lentamente. 
"Chi l'avrebbe detto che il più temuto Serpeverde facesse così tanta scena per un lento."
"E chi l'avrebbe detto che sarei finito a farmi insegnare a ballare dalla principessina Tassorosso…" Jake fece una pausa trattenendo una risata "Ci manca che ora riesci a convincermi ad entrare nel coro delle rane come i veri sfigati" continuò sottolineando l'ultima parola per infastidire apposta la ragazza. 
Summer lo guardò contrariata e gli pestò con forza un piede ridendo. 
"Ahia! Scherzavo!" esclamò Jake allontanando la gamba da quella della ragazza. 
"Anche io" disse orgogliosa lei continuando a ridere. 
Non era poi così male passare del tempo assieme al Serpeverde più temuto dell'intera scuola. 

***

Sophie poco distante dalla coppia più adocchiata della serata, continuava a ballare tenendo stretto il suo ragazzo che le sorrideva con dolcezza.
Non faceva altro che pensare al fatto che poco prima il ragazzo avesse ammesso di amarla e lei si sentiva tremendamente in colpa. Si chiedeva dove avesse sbagliato, aveva fatto il possibile per provare lo stesso del Grifondoro ma qualcosa non aveva funzionato e Sophie cercava di convincersi di non saperne il motivo. 
Provava in ogni modo a sembrare tranquilla ma dentro di lei era come un fiume in piena. Edward era stato perfetto in ogni sua mossa, non l'aveva fatta sentire in difetto dopo l'accaduto ma lei non riusciva a perdonare se stessa. Come poteva spiegargli che forse non avrebbe mai provato lo stesso sentimento che provava lui? Non era sicura di averne la forza. Già si immaginava quanto sarebbe stata dura per lui accettarlo ma prima ancora quanto sarebbe stato difficile per lei realizzare che quella relazione non sarebbe potuta durare. Perché in fondo dentro di lei sapeva già come sarebbe andata a finire, il problema era solo convincere se stessa e convincere tutti quelli che aveva attorno. 
I mille pensieri continuavano a distrarla da quella che avrebbe dovuto essere una delle serate più belle dal suo arrivo ad Hogwarts e con la testa appoggiata al petto del fidanzato guardava tutte le coppie che la circondavano e si sentiva così sbagliata. Avrebbe voluto godersi quel ballo a pieno ma proprio non ci riusciva e lo sconforto sembrava aumentare ad ogni passo. 
La situazione peggiorò quando gli occhi le caddero su una coppia in particolare: Thomas e Megan. La Serpeverde teneva stretto Thomas avvolgendogli il collo con le braccia mentre lui la stringeva con le mani sulla vita. Il vestito rosso fuoco di Megan risaltava ancora di più affianco al completo chiaro di Thomas. La ragazza dopo aver sussurrato qualcosa all'orecchio del Serpeverde si avvicinò sempre di più al viso del biondo che sorrise forzatamente. 
La più desiderata ragazza della scuola non poteva far vedere a tutti che ci fossero problemi irrisolti con Thomas così fece il possibile per far credere alla folla di gente che la ammirava che la loro relazione stesse andando a gonfie vele. Ci avrebbe pensato dopo a come mollare il biondo senza per non perdere la sua fama da cattiva ragazza.
Gli stampò un bacio sulla bocca e si strinse ancora di più al petto del ragazzo assicurandosi di essere vista da tutti i presenti. 
Il cuore di Sophie a quella vista accelerò d'improvviso e il nervoso salì tutto d'un colpo. Continuava a guardarli e quella strana sensazione sembrava non andare via.
Perché vedere il Serpeverde così vicino ad un'altra ragazza le stava dando alla testa? E perché in quel momento avrebbe desiderato essere al posto di Megan? Non poteva più controllare quello che provava e provarlo di fronte ad un ragazzo che le aveva appena confidato di amarla la faceva stare ancora più male. 
Thomas spostò nello stesso momento lo sguardo su di lei e non appena si accorse che la ragazza lo stava già guardando fece finta di nulla e guardò altrove. 
Chissà quante volte il Serpeverde aveva posato gli occhi su Sophie prima che lo facesse lei. 
"Andiamo a prendere qualcosa da bere?" chiese Sophie guardando Edward e spostandosi velocemente dal suo accompagnatore. Quest'ultimo annuì e seguì Sophie verso il lungo tavolo dove numerose ciotole piene di bevande e cibo erano poste in ordine. 
Sophie in silenzio si riempì un bicchiere fino all'orlo e lo portò alla bocca. Fece involontariamente una smorfia disgustata ed Edward se ne accorse. 
"Penso tu abbia sbagliato caraffa" sentenziò il Grifondoro indicando il liquido rosso che era pieno zeppo di alcool.
"Non ho sbagliato, dobbiamo divertirci no?" disse Sophie sorridendo al ragazzo. Era la prima volta che beveva ad una festa, solitamente era sempre stata contro chiunque portasse alcolici a scuola ma quella sera sapeva che erano l'unico rimedio per fermare quei pensieri. Proprio non riusciva a togliersi dalla mente il modo in cui Megan aveva baciato Thomas. Bevve un altro sorso mentre pensava al fatto che per mesi era stata con un ragazzo che solo ora si era accorta di non amare. 
Non era tipico della tranquilla e solare Sophie bere drink colmi di alcool al goccio e Edward la guardava preoccupato. Aveva capito che qualcosa non andava e temeva che fosse colpa sua. Che ammettendo i suoi sentimenti avesse fatto sentire in difetto la ragazza. 
Non voleva fare il fidanzato apprensivo e pesante così lasciò che la Grifondoro finisse il suo bicchiere ma sicuramente non le avrebbe permesso di ubriacarsi e rovinarsi la serata. 
"Sophie, è da un po' che non ci si vede! Da quando stai con il più lodato Grifondoro non mi passi più a trovare!" esclamò Hagrid avvicinandosi risentito alla mora. 
"Edward" continuò salutando il ragazzo che stava finendo il suo bicchiere di acqua tonica.
"Hagrid! Sono così felice di vederti!" urlò Sophie sorridente alla vista del professore grande e grosso che tanto adorava. 
"Scusami, in questo periodo tra verifiche e impegni non sono riuscita a passare per fare due chiacchiere. Ma prometto che passeremo presto da te!" 
Ultimamente i quattro amici passavano sempre più di rado del tempo insieme ad Hagrid e Sophie ne era sinceramente dispiaciuta, più volte avevano parlato di andarlo a trovare ma finivano sempre per rimandare dopo che un professore o l'altro aggiunge esercitazioni a sorpresa. Ognuno dei ragazzi aveva un'infinità di preoccupazioni e con il terrificante numero di esami era difficile trovare il tempo persino per respirare. 
"Sarà meglio per voi! L'unico che vedo con costanza è Frank che mi aggiorna su come stiate ma non è lo stesso che sentirlo da voi, non capisco mai se esageri o no sulla vastità di notizie che vi riguardano" aggiunse Hagrid con fare interrogativo. Frank passava più volte a settimana per aggiornarlo degli avvenimenti al castello, gli raccontava ogni cosa per filo e per segno e Hagrid lo ascoltava sempre pazientemente. 
"Mai fidarsi di tutto ciò che dice Frank Rogers" rise Sophie sorridendo al professore. 
"Edward, sei stato ammirevole all'ultima partita, i miei complimenti" aggiunse Hagrid complimentandosi con il ragazzo che si era messo in disparte per lasciarli parlare. 
"Grazie, cerco di fare sempre del mio meglio" disse Edward sorridendo orgoglioso. 
"Ne sono felice. Bene, ora vi lascio in pace… Sophie spero di vederti presto e tu Edward mi raccomando trattarla come si deve" disse il professore per allontanarsi dai due ragazzi. Quest'ultimi una volta salutato Hagrid ritornarono a ballare, cercando tra la folla i loro amici. 

***

Finalmente la musica lenta e tranquilla era scomparsa per dare spazio a quella più movimentata e apprezzata dagli studenti. 
Frank era al centro della sala e non aveva smesso un attimo di ballare. Il problema era che fosse estremamente scoordinato e ogni movimento risultasse fuori luogo ed imbarazzante. Tuttavia poco gli importava e cercava di dare il meglio di sé, muovendosi a ritmo di musica e urlando qualche frase emozionato. Non pochi studenti lo guardavano preoccupati per il benessere fisico e mentale del ragazzo, alcuni pensavano stesse avendo le convulsioni talmente i suoi movimenti erano veloci e goffi. 
Dopo parecchi minuti infatti il volto del ragazzo era paonazzo, numerose gocce di sudore gli contornavano il volto e il respiro era diventato affannoso. Decise così di fare una pausa per andare a prendere da bere ma prima di farlo dovette studiare nei minimi dettagli quale strada seguire per evitare Alayna che per tutta la sera non aveva fatto altro che fissarlo in modo inquietante. 
La Tassorosso era in un angolo della sala affianco a Zokos. Indossava un orrendo e pacchiano vestito rosa acceso, pieno di fiori colorati cuciti qua e là; le maniche a sbuffo la facevano apparire ancora più paffuta e l'enorme fiocco giallo che le stringeva la vita non sembrava centrare assolutamente nulla con il colore sgargiante del vestito. I capelli erano legati in due trecce che partivano dall'alto e il viso era truccato in modo esagerato, il rossetto giallo che riprendeva il fiocco dell'abito la faceva sembrare quasi malata. 
Zokos non era certo vestito meglio, con il suo completo arancione che gli stava chiaramente troppo largo e il suo papillon viola sembrava appena uscito da un circo. 
Quest'ultimo gesticolava senza sosta, le mani quasi non uscivano dalle maniche della giacca colorata tanto questa era enorme. 
Dopo aver studiato la strada più veloce iniziò a camminare e finalmente riuscì a raggiungere il tavolo delle bevande senza che quella pazza potesse placcarlo. 
Appoggiò una mano sul tavolo ansimando ancora per la fatica che aveva fatto nel ballare così animatamente. 
"È qui la festa?!" urlò non appena si accorse della presenza di James e Abigail che stavano prendendo da bere. James lo guardò interrogativo mentre Abby si avvicinò per salutarlo. 
"Tutto bene Frank?" chiese preoccupata nel vederlo così stanco e rosso in viso. 
"Alla grande! Hai visto quanta gente c'è stasera? C'è persino Rosalinde del primo anno, primo anno assurdo no!? E hai visto Silente com'è elegante oggi?" chiese guardando verso i professori. 
"Già davvero assurdo…" 
"E sono tutti così in tiro, tranne Megan che sembra davvero una battona con quel vestito rosso… probabilmente voleva richiamare i quartieri a luci rosse di Amsterdam" ironizzò il Tassorosso spostando lo sguardo sulla Serpeverde che con il suo abito lasciava ben poco all'immaginazione. 
La ragazza rise e iniziò a pensare a come evitare che Frank potesse iniziare il suo elenco infinito di novità ma l'arrivo della sua amica Tassorosso le offrì un'ottima occasione per spostarsi. 
"Sum anche tu qua!" gridò cambiando discorso non appena la vide avvicinarsi insieme a Jake. Era così contenta di vedere la Tassorosso, che l'avrebbe salvata dagli sproloqui dell'amico, da sorvolare il fatto che fosse accompagnata dal ragazzo che più detestava in tutta la scuola. Abby l'aveva infatti palesemente ignorato e si era trattenuta dal fare commenti sulla sua terribile scelta. 
"Non sta zitto un attimo eh?" rise Summer notando come l'amica si fosse spostata per evitare i racconti poco interessanti di Frank. 
"Nemmeno quando è stanco ferma la lingua" aggiunse Abby colpita da come l'amico riuscisse ad aver voglia di parlare anche dopo aver ballato per tutto quel tempo. 
Summer si riempì un bicchiere e dopo averne riempito un altro lo porse all'amica.
"Forse non dovrei dirtelo ma c'è Anderson che non ti toglie gli occhi di dosso" commentò la Tassorosso a bassa voce. 
Abigail si girò senza dare nell'occhio in direzione del tavolo dove il ragazzo era seduto e notò subito come Luke spostò lo sguardo dopo essere stato beccato. 
"Non starà guardando me" mentì, facendo la finta tonta. 
"Sta guardando te eccome Abby." 
"Gli piacerà il mio vestito."
"Si certo… Magari ti viene anche a chiedere dove l'hai comprato così può comprarsene uno anche lui" fece il verso Summer. Era dall'inizio della serata che il Corvonero la guardava sconsolato e la ragazza si era convinta che ci fosse qualcosa sotto. Da mesi pensava che a Luke piacesse la sua amica e il fatto che non smettesse un attimo di guardarla la stava convincendo ancora di più. 
"Come sei spiritosa, comunque sarà un caso…" disse la Grifondoro bevendo un altro sorso dal suo bicchiere. 
"Eddai Abby, non fare la modesta sai anche tu di stare benissimo con quel vestito. Poi dovresti apprezzare che un figo come Anderson, niente da togliere a James, si sia preso un abominevole cotta per te" commentò Summer finendo a sua volta il suo drink. 
"Non penso che Luke abbia una cotta per me e anche fosse non mi interessa" disse Abby guardando James che stava stranamente parlando con Jake. 
"Chissà perché non ti interessa" scherzò Summer puntando a sua volta gli occhi sul suo accompagnatore. 
"Chissà" ripeté Abby alzando le spalle. 
"James come stai? È da un po' che non ci si vede… ti stai comportando bene con la nostra Abby?" domandò Frank facendo l'occhiolino al Grifondoro che continuava a pensare che il ragazzo avesse problemi seri. 
"Rogers, ci siamo visti nemmeno un'ora fa e sto esattamente come allora." 
"E tu Jake? Ti dona quel completo nero, spero che Summer te l'abbia detto" continuò Frank ammiccando al Serpeverde. 
"Carino anche il tuo, anche se sarebbe perfetto per sfilare a carnevale" commentò sprezzante Jake. Anche lui non era totalmente certo che il ragazzo avesse tutte le rotelle al posto giusto. 
"Come sei simpatico Allen, hai sempre la battuta pronta." 
James intanto, mentre Frank continuava a parlare senza sosta, aveva preso un bicchiere e dopo averlo riempito fece per porgerlo al Tassorosso ma venne fermato dalla mano di Jake. 
"Sai da dove hai preso da bere vero?" chiese a bassa voce, notando come James avesse riempito fino all'orlo il bicchiere di bevanda alcolica. 
"Ovvio, almeno chiude la bocca" disse James convinto. 
"Allora aspetta" sussurrò Jake. Si mise una mano in tasca e dopo aver tirato fuori una piccola pastiglia colorata la buttò con un colpo secco all'interno del bicchiere. 
"Così sta zitto sicuramente" continuò, porgendo il bicchiere al Tassorosso che così preso dal discorso non si accorse di nulla.
"Ma è buonissimo!!!" strillò Frank mentre buttava giù tutto d'un colpo il contenuto del bicchiere di plastica "Voi sì che siete dei buongustai, ne potrei bere all'infinito"
Jake guardò complice James che riempiva un altro bicchiere. I due ragazzi trattennero una risata.
"Cazzo è quasi finito l'alcool!" esclamò all'improvviso il Grifondoro notando come il contenitore che conteneva la bevanda corretta fosse quasi completamente vuoto.
"Merda, dobbiamo fare rifornimento. Dov'è Jimenez?" Chiese Jake guardandosi intorno in cerca della ragazza che quella sera si era occupata di nascondere al meglio le bottiglie di alcool.
"Non ne ho idea, meglio cercarla" aggiunse James provando a scorgere un tubino verde accesso tra la folla. 
"Noi dobbiamo fare ... una cosa! Badate voi a Rogers?" domandò Jake che non appena finì di pronunciare la frase fece l'occhiolino a Summer. 
La Tassorosso alzò gli occhi al cielo: sapeva cosa sarebbero andati a fare. Dopo che il ragazzo le aveva confessato cosa succedesse dietro le quinte dell'evento dell'anno quella sera Summer continuava a notare tutti gli strani atteggiamenti dei membri della cricca addetta all'organizzazione.
"Da quando James e Jake parlano senza menarsi?" chiese Abby scossa da quella scena così bizzarra. Aveva ancora chiara l'immagine dei due ragazzi che se le davano di santa ragione e vederli conversare allegramente l'aveva sconvolta.
"Ho scoperto che lo fanno più spesso di quanto immaginiamo" ammise Summer scuotendo la testa.
"ALLORA RAGAAAZZE" urlò Frank facendo voltare le due amiche. "S-siete davvero delle fighe da paura staseraa, li capisco i vostri accompagnatori" sbiascicò, sedendosi malamente su una sedia vicino a loro.
"Capisco anche voi eh, vi siete beccati i due più gettonati della scuola! Hai capito le mie amiche"
"Cosa ha bevuto?" chiese Summer ad Abby prendendo il bicchiere che il ragazzo aveva posato sul tavolo. 
"Abby hai limonato con James o no? Aspettiamo tutti questo momento da secoli, non so cosa aspetti!" chiese il ragazzo con fare malizioso. 
"FRANK!!!" urlò scandalizzata Abigail cercando di fermare il Tassorosso che aveva fatto girare più presenti in cerca di informazioni sulla coppia più celebre della serata.
"È inutile che mi guardi così, chi non vorrebbe farselo Walker? Probabilmente anche Silente ci ha fatto qualche pensierino."
"Oddio Frank stai diventando imbarazzante" si intromise Summer togliendo il bicchiere dalle mani dell'amico. 
"È inutile che fai la santarellina pure tu Sum, sarai anche una Tassorosso ma non dirmi che non ti vorresti fare un giro nello stanzino delle scope di Allen." 
Frank provò a fare l'occhiolino alla ragazza ma gli uscì peggio del previsto ed invece di chiudere un solo occhio finì per chiuderli entrambi come colpito da uno spasmo. L'alcool stava facendo effetto dopo solo due bicchieri. 
"Ma sei disgustoso!" gridò Summer imbarazzata dal commento inaspettato di Frank. 
Abby si avvicinò al ragazzo e dopo aver annusato il contenuto del bicchiere capì che il loro amico era ubriaco, ubriaco perso.
"Peccato non ci sia Sophie qui, vorrei fare anche a lei i complimenti per quel pezzo di manzo che si è scelta… che poi detto tra noi" sussurrò Frank muovendo le mani per far avvicinare di più le amiche "Secondo me hanno fatto qualcosa prima di venire qua, lei era tutta spettinata quando l'ho vista davanti all'entrata." 
"Non ci interessa cosa fanno quando sono da soli" lo fermò Abigail facendo una smorfia di disgusto. 
"Frank cosa hai bevuto?" chiese Summer mentre si inginocchiava affianco a lui. 
"Io? Niente, mi hanno dato un bicchiere Jake e James. E io che pensavo si odiassero… sono stati così gentili con me, penso di stargli simpatico" commentò Frank appoggiandosi allo schienale della sedia. 
Summer e Abigail si guardarono senza dire niente. Era chiaro cosa fosse appena successo, i due ragazzi avevano volontariamente fatto ubriacare Frank per farlo stare zitto ma avevano ottenuto il risultato opposto.
Ecco perché i due rivali erano stati così gentili con lui ed ecco perché il Tassorosso non riuscisse a tenere a freno la lingua peggio del solito. 
Frank non la smetteva un attimo di parlare e le due ragazze sembravano non trovare alcuna soluzione per farlo stare zitto, gli avevano fatto bere dell'acqua per tranquillizzarlo ma così facendo sembravano aver peggiorato la sua condizione. 
La situazione stava diventato ingestibile. 
Le due ragazze erano sempre più in apprensione ed era solo un frammento di tutto ciò che sarebbe successo di lì a poco. 

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Capitolo 22
*** Capitolo 21 - Vaffanculo, James! ***


Capitolo 21 - Vaffanculo, James!

I

La Sala Grande aveva iniziato ad animarsi a vista d'occhio: le luci ad intermittenza illuminavano lo spazio buio e la musica era sempre più alta. Gli studenti al centro stavano ballando animatamente da parecchio tempo, se prima infatti faticavano a stare al centro dell'attenzione ora nessuno si preoccupava troppo degli sguardi indiscreti anche grazie all’aiuto dell’alcool e della stanchezza. Molti si erano già appartati al di fuori dell'edificio mentre altri avevano iniziato a bere per eliminare del tutto l'imbarazzo. Tra quelli c'era Sophie che si sentiva alticcia già dopo aver bevuto due bicchieri.
“Ehi ragaaazzi!” 
La voce particolarmente brilla della Grifondoro fece voltare spaesati i tre amici davanti al tavolo delle bevande. Persino Frank che era messo peggio di lei in quanto a ubriachezza aveva realizzato senza troppo sforzo che la Grifondoro per la prima volta si stesse per prendere una bella sbornia. 
Mai l'avevano vista ubriaca e sentire che facesse fatica persino a pronunciare in modo corretto le parole li stava sconvolgendo. Solitamente era lei a impedire agli amici di bere troppo ma quella sera era finita per essere la prima ad approfittare dell’ampia scelta di alcolici ordinatamente posti sul lungo tavolo in fondo alla sala. 
"Sophie, pure tu no ti prego" disse a voce bassa Summer mentre continuava ad allontanare per la quarta volta il bicchiere che Frank cercava disperatamente di afferrare. Quest’ultimo non stava fermo un secondo e tanto meno riusciva a far stare ferma la lingua, continuava a sparare a zero su tutti i passanti. 
"Wow, Sophie Forbes, abbiamo l'onore di vederti brilla, quando ci ricapita? Qualcuno immortali questo momento" aggiunse Abby stupita nel vedere la sua amica perfettina con gli occhi semi lucidi e la bocca impastata. 
Sophie era il miglior prefetto dell'intero edificio e non perdeva occasione di mettere in riga chi facesse qualcosa di sbagliato e ora era ubriaca. 
E non poco.
"Sof finalmente anche tu ci lieti della tua presenza, te la stavi spassando con Edward? Guarda che lo sappiamo tutti, non devi vergognarti" commentò Frank seduto su un divanetto proprio affianco al tavolo. Era da quando aveva iniziato a bere che il Tassorosso non vedeva l’ora di fare la fatidica domanda alla sua amica.
"Non stavo facendo niente e se anche fosse? Frank sei geloso?" rise Sophie mentre si riempiva un altro bicchiere con un pesante mestolo di metallo. Aveva ballato per parecchio tempo con il suo fidanzato e ora si sentiva sfinita. L'alcool iniziava a dare i suoi effetti ma non aveva alcuna intenzione di smettere, si sentiva più leggera e quella sensazione non le dispiaceva affatto. 
"Edward finalmente vedo pure te, sai dov'è James?" chiese Abby curiosa di sapere dove fosse finito il suo accompagnatore. Voleva andare a ballare con lui ora che la musica tranquilla era scomparsa ma non si era ancora fatto vivo e la Grifondoro non riusciva a capire dove fosse finito. 
"No, non lo vedo da un po', l'ultima volta che l'ho visto ballava con te" rispose Edward avvicinandosi a Sophie. "Non pensi sia il caso di smettere di bere?" continuò appoggiandole una mano dietro la schiena. Era preoccupato a vederla così vulnerabile, non l'aveva mai vista bere e lo stava angosciando pensare che sarebbe potuta stare male. Non voleva vederla in stato catatonico e più volte l’aveva pregata di smetterla. 
"Edward non fare il palloso, mi sto divertendo e sto bene, non vedi?" chiese di rimando Sophie facendo una giravolta a dir poco scoordinata. Si spostò dal ragazzo per poi ricominciare a bere dal suo bicchiere appena riempito fino all’orlo. 
"Lo vedo" disse ironico lui. "Quanti ne hai bevuti Sof?" chiese cercando di prenderle dalle mani il bicchiere. 
"Ne ho bevuti solo due o forse tre ma non mi importa" rispose Sophie con la faccia imbronciata, spostando di scatto la mano per impedire ad Edward di avvicinarsi. Finì il liquido rosso per poi riempirsi un altro bicchiere. 
"Sono serio Sophie, smettila. È la prima volta che bevi o sbaglio?" chiese prendendole con forza il bicchiere dalle mani e posandolo sul tavolo. 
"Questo lo prendo io" si intromise Abby ridendo. Prese il bicchiere e ne bevve un sorso soddisfatta, finalmente non doveva sforzarsi di riempirsene uno da sola. Era quella dopo Summer ad aver bevuto di meno e nonostante sentisse la testa pesante stava più che bene.
"Perché lei può bere e io no?" domandò Frank innervosito dal fatto che le sue amiche gli stessero impedendo continuamente di avvicinarsi ad ogni tipo di bibita alcolica. 
"Ecco Edward, perché lei può e io no?" chiese anche Sophie puntando gli occhi sul suo ragazzo. Aveva ignorato la domanda che le aveva fatto, era ovvio fosse la prima volta che beveva così tanto e non voleva ammetterlo direttamente al Grifondoro che si sarebbe preoccupato ancora di più.
"Oh Dio, sembra di essere all'asilo! Non vi basta aver bevuto un intero contenitore in due?" sentenziò Summer allontanando tutti i bicchieri che aveva adocchiato dai suoi amici. 
"Forse è meglio se ci spostiamo da qua" commentò Edward pensando fosse pericoloso stare così vicino al tavolo delle bevande visto che quasi tutti stessero dando di matto per continuare a bere. Soprattutto perché le bevande analcoliche erano finite ormai da tempo e i pochi contenitori che avevano ancora del liquido dentro erano riempiti più di vodka che di altro. 
"E dove li portiamo? Mi sembra che tutti i divanetti siano occupati" disse Summer guardandosi attorno. Non c'era un posto libero, due divanetti al fondo della sala erano occupati da ragazzi che si stavano dando alla pazza gioia non curandosi degli occhi indiscreti; su altri dei ragazzi era crollati semisvenuti. C'erano solo alcune sedie libere ma erano libere solamente perché troppo vicine ai professori e non era il caso di portare i tre ragazzi lì visto che Frank oltre ad essere alticcio ogni tre per due faceva battute su Silente o Piton. 
Anche Edward si guardò attorno ed arrivò alla stessa conclusione di Summer. Non potevano andare da nessuna parte. 
"Guardate che noi siamo qua e vi sentiamo benissimo" si intromise Sophie incrociando le braccia al petto con espressione sempre più contrariata.  
"Ehi Emma, cosa ci fai tutta sola? Unisciti a noi, ti avrà mica tradito… come si chiamava già? Oscar? Stavate così bene assieme" urlò Frank attirando l'attenzione di una ragazza che molto probabilmente aveva appena finito di piangere. 
"Frank lasciala in pace!" esclamò Summer tirando un pugno sul braccio dell'amico. 
"Non ascoltarlo... È ubriaco!" gridò Abigail in direzione della ragazza che corse via con le mani sul viso. Frank aveva fatto centro, la povera Tassorosso aveva appena beccato il suo fidanzato insieme ad una del sesto anno.
"Non è che Jake e James hanno una relazione segreta? Sono andati via da soli, io fossi in voi mi preoccuperei... Magari il loro modo di amarsi è dandosele di santa ragione" chiese Frank ripensando ai due ragazzi che di fretta si erano allontanati senza aver dato alcuna spiegazione.
"Perché sono andati via insieme? Stavano litigando? Andiamo a fermarli!" gracchiò Sophie cercando di allontanarsi per cercare i due ragazzi. Edward la fermò per un braccio e la avvicinò a sé tenendola per la vita. La Grifondoro aveva lo sguardo preoccupato, nonostante l'alcool in corpo riusciva ancora a realizzare tutto quello che succedeva attorno a lei. Era sconvolgente per tutti pensare che i due ragazzi potessero rivolgersi la parola senza picchiarsi, era chiaro si odiassero a dismisura e non era facile immaginarli scambiarsi anche solo due parole.
"No, non stavano litigando stranamente" intervenne Abby ricordando di avere avuto la stessa reazione dell'amica. Era comunque ancora preoccupata che la pace tra i due fosse solo momentanea ed era finita spesso a pensare che i due ritardassero a tornare perché in preda ad un’altra delle loro animate liti, non la convinceva in nessun modo quella inspiegata tregua. 
"Comunque Frank, tu sei malato. Qui nessuno ha una relazione segreta con nessuno, tanto meno Jake con James, come ti viene in mente?" chiese Summer allibita dai commenti dell'amico che si inventava avvenimenti sempre più assurdi.
"I due più fighi di Hogwarts che si mettono insieme, sarebbe una terribile perdita… scusa Edward, intendevo perdita per voi due" commentò Sophie guardando le sue amiche e cercando di rimangiarsi quanto detto "e intendevo più fighi dopo di te.”
Edward scosse la testa e rise. Era così carina anche con le guance leggermente arrossate e lo sguardo perso che non riusciva nemmeno ad arrabbiarsi per quanto detto.
"Sarebbe tragico! Poi non potrei sopportare di vedere due mie amiche depresse contemporaneamente, mi è già bastata Summer poco tempo fa" disse Frank scuotendo la testa. Per giorni Summer era stata giù di morale per colpa di Alex e sapeva che non avrebbe sopportato tutto di nuovo, moltiplicato per due.
"SCUSA?" esclamò la Tassorosso puntando gli occhi su Frank.
"Uffa, non ti si può dire niente da quando giri con i Serpeverde" aggiunse il ragazzo alzando gli occhi al cielo. Da quando Summer era diventata amica con Jake non sopportava più le battute dell'amico.
"Non parlare dei Serpeverde" intervenne Abby con una smorfia schifata.
"Abby, dovresti superare questo odio. Non sono mica tutti tremendi, alcuni sono davvero affascinanti.” 
Sophie non appena vide lo sguardo di Edward si rese conto di aver detto ad alta voce la frase che aveva pensato. "No! Non è vero stavo scherzando!" esclamò per rimediare dando un bacio sulla guancia del Grifondoro.
"Sof è meglio se la smetti davvero questa volta… Merda, non ti reggi neanche in piedi!" sbottò Edward prendendo la ragazza di peso per non farla cadere a terra. Sophie si era infatti spostata da lui per appoggiarsi al tavolo ma la gamba destra le era ceduta di colpo.
"Eddaiii Edward non esagerare, le fa bene distrarsi ogni tanto" si intromise Frank socchiudendo gli occhi. La luce forte che girava nella sala gli stava iniziando a dare fastidio.
"Ma stai zitto tu che non riesci neanche a tenere gli occhi aperti… Per una volta sono d'accordo con lui, Sophie ora non tocchi più niente" disse Summer cercando di aprire gli occhi all'amico prima che si addormentasse in quel posto. 
"Sì papino, sì mammina... ora farò la brava bambina, non preoccupatevi" scherzò Sophie alzando gli occhi al cielo e sedendosi su una sedia davanti al divanetto dove era seduto comodamente Frank.
"Ma cazzo è finito del tutto l'alcool! Questo è l'ultimo bicchiere!" urlò angosciata Abby. Non aveva ancora iniziato a bere seriamente e non si aspettava che tutti i contenitori di metallo fossero praticamente vuoti. 
"Segno che anche tu devi piantarla" commentò Summer che intanto cercava di non far di nuovo chiudere gli occhi al Tassorosso che si divertiva a fare l'opposto di quello che gli veniva chiesto. 
"È finito anche il resto… vado a cercare dell'acqua, a questa festa sembra essere stata vietata" aggiunse contrariato Edward mentre controllava ogni contenitore uno dopo l'altro. 
"Si chiama festa per questo Edward, non deve esserci l'acqua" intervenne Abigail guardando l'amico che scosse la testa. 
"Arrivo subito Sof" sussurrò il ragazzo dando un veloce bacio alla fidanzata per poi allontanarsi senza neanche commentare la frase sarcastica dell'amica.
"Finalmente se ne è andato! Mi stava scocciando, non fare questo non fare quello! Non è mica mio padre! Non trovate anche voi sia noioso stasera?" chiese Sophie ad alta voce. Era sempre più brilla, gli occhi erano lucidi e la pettinatura si era quasi totalmente disfatta, lunghi ciuffi di capelli le ricadevano qua e là sul viso dandole un tono più sbarazzino.
"Finalmente te ne sei accorta anche tu, è sempre più insopportabile" commentò Summer che per la seconda volta nel corso della serata aveva ricevuto soddisfazioni da parte degli amici. Forse finalmente non era la sola a vedere in maniera negativa il Grifondoro più amato di Hogwarts. 
"Summer!" gridò Abby corrugando la fronte. Dal canto suo non si sarebbe mai abituata alle critiche sul suo migliore amico.
"Ma se l'hai detto anche tu che sta esagerando, poi ha iniziato Sof" replicò la Tassorosso ricordando che l'amica avesse spesso commentato negativamente la troppa dolcezza del ragazzo.
"È il tuo ragazzo... non voglio giustificarlo ma è giusto che si preoccupi Sophie, anche se può sembrare pesante.”
"Hai ragione, forse non lo merito nemmeno… sono una stronza!" esclamò Sophie che improvvisamente cambiò espressione. 
"Non iniziamo con le sbornia tristi, vi prego" intervenne Summer che si stava già preoccupando dell'inquietante silenzio del Tassorosso. Non era stato zitto un attimo e non sentire alcun rumore provenire dalla sua bocca era estremamente inquietante. 
"Hai ragione pure tu, ora sto zitta" continuò Sophie mentre si metteva una mano sulla bocca per obbligarsi a stare in silenzio. Ma il silenzio durò poco, per non dire niente.
"WOOO! Ma chi è quel figo da paura laggiù? Quello con la camicia mezza sbottonata e i capelli ricci?" chiese Sophie togliendosi la mano dalla bocca e puntando gli occhi marroni su una figura lontana. Un Corvonero del sesto anno stava ballando con una ragazza più piccola di lui e a quanto pare era riuscito ad attirare l'attenzione di una Sophie sempre più ubriaca e distratta. 
"Vado a chiedergli come si chiama" continuò, provando ad alzarsi in piedi per raggiungere il ragazzo di cui parlava ma la mano di Abby la costrinse a sedersi nuovamente. 
"Non vai da nessuna parte" disse l'amica ancora con una mano ferma sulla spalla di Sophie per paura che tentasse di alzarsi nuovamente. 
"Meno male che non c'è Richardson" commentò a bassa voce Summer. Il Grifondoro non avrebbe accettato facilmente le battute squallide della ragazza, si era già trattenuto a sufficienza. 
"Come siete noiose!!! Siamo ad una festa dovreste divertirvi anche voi, Abby almeno sta bevendo... Tu Sum come mai non bevi? Guarda che non ti succede niente, io sto benissimo ad esempio.”
Benissimo certo, pensò Summer sedendosi affianco a Frank per evitare che anche lui si spostasse senza che le amiche se ne accorgessero.
"Io so perché non beve, vuole ricordarsi tutto quello che farà con Jake Allen" azzardò Frank guardando in modo malizioso la Tassorosso che non appena aveva sentito la frase dell'amico aveva fatto un salto per lo spavento. Fino a due secondi prima pensava si fosse addormentato e invece ora stava di nuovo sparando le sue solite cretinate. 
Summer dopo aver realizzato quanto detto dal ragazzo non divenne neanche rossa in viso come il suo solito. Era la ventesima battuta su lei e il suo accompagnatore e ormai non le faceva né caldo né freddo. 
"Frank, non bevo perché se mi ubriaco pure io voglio vedere chi vi tiene d'occhio tutti quanti" disse Summer guardando a turno i suoi tre amici. "E si Abby pure tu, se continui a bere ancora sarai peggio di loro" continuò notando come la Grifondoro si fosse indicata con il dito per accertarsi che Summer di riferisse anche a lei. 
"Io Jake me lo farei. Eccome se me lo farei. Ha un non so che di misterioso ed intrigante" intervenne Sophie ancora distratta dalla battuta che aveva fatto poco prima Frank sul Serpeverde e la Tassorosso. Quest'ultima rise, Sophie non era solita fare questi tipi di apprezzamenti per di più che riguardassero qualcuno di loro conoscenza. Era sempre così posata e a modo che il solo pensiero che stesse dicendo quelle cose avrebbe fatto ridere chiunque. 
"Ma tu ti faresti tutto il castello stasera" rise Abby scolandosi l'ultimo bicchiere. Stava iniziando ad essere parecchio brilla ma non dava segni di cedimento. 
"Se lo farebbe anche senza alcool la nostra Sophie, chissà cosa andava a fare in biblioteca... E noi a pensare che in tutti questi anni sprecasse tempo a studiare" aggiunse Frank mentre tentava di alzarsi lentamente dal divanetto affianco agli alcolici sperando che Summer non se ne accorgesse. 
"Frank stai fermo! Sono a due centimetri da te, cosa pensi che non ti veda?" disse Summer trattenendo una risata. Il Tassorosso la guardava di sottecchi e faceva movimenti più lenti possibili essendo sicuro di essere invisibile. Dopo essere stato beccato fece finta di niente, iniziando a fischiettare e a guardare altrove. 
"Magari ci fosse stato Walker in biblioteca, vi assicuro che avrei fatto tutt'altro che studiare" ammiccò Sophie sorridendo maliziosamente.
"Scusa? Da quando vuoi farti il mio rag-... amico?" esclamò Abigail che cercò all'ultimo di ritrattare quanto stava per dire. La troppa vicinanza con il Grifondoro le stava dando alla testa e si maledisse per essersi quasi fatta scappare quella parola. Sapeva che non erano fidanzati e che James non era il suo ragazzo ma qualcosa dentro di lei dopo quel ballo l'aveva convinta che forse di lì a poco lo sarebbe stato. 
"Stavi per dire ragazzo eh?" intervenne Summer guardando l'amica. Tutti aspettavano quel momento, e tutti sapevamo che sarebbe arrivato presto. 
"No! Sei ubriaca pure tu? Guarda che non hai sentito bene" ribattè Abby sbiascicando e facendo apposta la finta tonta. Si sistemò una ciocca di capelli e si guardò attorno distratta. Summer aveva sentito bene. 
"Io sarò ubriaco ma stavi per dire ragazzo. Per me potresti dire anche fidanzato, moroso, marito, compagno di vita, qualunque cosa e io sarei d'accordo" si intromise Frank mentre tentava di appoggiare i piedi sul tavolo. Anche questa volta gli venne impedito da Summer che da più di mezz'ora di sentiva una baby-sitter impegnata a badare ad una miriade di pargoli impazziti. 
"Ci va bene tutto tranne che amico" aggiunse la Tassorosso guardando Abigail chiaramente in imbarazzo. Nonostante fosse brilla la Grifondoro stava continuando a stare sulle sue. Chissà quando avrebbe ammesso a tutti di provare qualcosa per il famoso James Walker. 
"Beh se poi non è il tuo ragazzo posso prenderlo io vero?" domandò ingenuamente Sophie posando gli occhi sull'amica e sorridendo sognante. A quanto pare il fascino di James Walker aveva colpito anche lei. 
"Si dice che quando si è ubriachi si dica la verità, mi sa che io e Sum dobbiamo preoccuparci" commentò Abby realizzando che l'amica potesse pensare seriamente tutte le cose che aveva appena detto. "Però no meglio se non penso al fatto che tu sia venuta con Allen questa sera, potrei vomitare prima io di loro" continuò posandosi una mano sulla bocca. Probabilmente non avrebbe mai accettato che la sua amica frequentasse così spesso il Serpeverde che faceva persino fatica a vedere. Nonostante avesse per tutta la sera evitato di commentare la loro amicizia, ora non riusciva proprio a trattenersi. 
"Io non sto proprio per vomitare" disse Frank alzando le sopracciglia… “O forse si!” 
 Il ragazzo strabuzzò gli occhi e si mise dritto con la schiena. Fece un grosso respiro sperando che il pericolo fosse passato. 
"Stai bene?" si preoccupò Summer mettendo una mano sulla spalla dell'amico. Certo non avrebbe gradito assistere a quella scena ma cercò di stargli vicino il più possibile. 
"Scherzavo scherzavo, però mi gira tutto... sembra di essere su una giostra" esclamò chiudendo gli occhi e posando la testa sul divanetto per tentare di fermare le immagini che roteavano continuamente. Non scherzava, si era spaventato anche lui al pensiero di dover correre in bagno. 
"Vuoi andare in bagno Frank?" chiese Abby avvicinandosi a lui per poi sedersi sul bordo del divanetto. 
"No sto bene, giurin giurello... Per chi mi avete preso? Vi ricordo che sono l'amico maschio, sono io quello che dovrebbe tenervi d'occhio" disse Frank mentre si sistemava l'ultimo bottone della giacca del completo sgargiante. Voleva dimostrare alle amiche di essere quello resistente ma i suoi occhi semichiusi e il sorriso storto dimostravano tutto il contrario. 
"Ma se sei quello messo peggio Frank!" aggiunse Sophie che si era alzata per prendere un altro bicchiere non ricordandosi che non ci fosse più da bere. Andò a sbattere contro l'angolo del tavolo e rise. Non sapeva nemmeno lei cosa stesse facendo, le gambe erano sempre più molli e la testa si faceva sempre più pesante. 
"Per ora" intervenne Abby mentre finiva il poco liquido rimasto da un bicchiere. 
La situazione stava degenerando ovunque, alcune amiche di Megan stavano ballando disinibite attirando l'attenzione di tutti i maschi presenti nella Sala. Altre non smettevano di ridere, una Grifondoro si era addirittura accasciata a terra continuando a battere le mani divertita. Due Serpeverde in un angolo lontano dai professori stavano per picchiarsi finché una ragazza dal vestito blu scuro era accorsa per separarli. Probabilmente era l'oggetto della litigata tra i due. 
Non c'era ancora nessuna traccia di Jake e James che ormai da parecchi minuti si erano allontanati per far rifornimento di alcool. 
"Forse non sto così bene" disse Frank appoggiando la testa sullo schienale del divano. Stava iniziando a diventare bianco in viso e la testa gli girava sempre di più. 
"Scusate ma Edward è andato a prendere l'acqua direttamente alla sorgente o la sta producendo da solo in una delle serre del castello?" domandò Summer accortasi che il ragazzo che si era proposto di andare a prendere da bere non era ancora arrivato. 
"Più tardi arriva più tardi dovrò sorbirmi le sue paternali…" mormorò Sophie sbuffando. "Però ora devo andare a pisciare! Scusate, volevo dire fare pipì" continuò alzandosi traballante dalla sedia.
"Sof se devi vomitare, fallo direttamente in bagno perché ti avverto… in camera mia non sbocchi" la avvertì Abby; non le avrebbe mai permesso di vomitare nel suo dormitorio, tutto ma quello proprio non l'avrebbe mai accettato.
"Tranquilla, guarda che sto benissimo. Non mi sono mai sentita meglio... vado in bagno e torno, non vi preoccupate" la rassicurò Sophie dirigendosi verso il lato opposto della Sala Grande. Le due amiche la guardarono allontanarsi. Avrebbero voluto accompagnarla ma Frank le stava facendo preoccupare. Il ragazzo aveva deciso di mettersi in piedi per svegliarsi un po' ed Abigail e Summer l'avevano aiutato a tenersi dritto sulle gambe che però gli cedettero di colpo. 
Le due ragazze si guardarono sempre più in apprensione, cosa diamine avrebbero fatto ora? 

***

Thomas era davanti alla porta dei bagni con le braccia incrociate. Un ciuffo biondo gli copriva leggermente gli occhi azzurri, aveva lo sguardo stanco ed annoiato.
Poco prima si era diretto verso i bagni in cerca di Megan dopo averla persa totalmente di vista da alcuni minuti, e non l'aveva trovata da sola: la Serpeverde sembrava particolarmente impegnata con un certo Rivera del settimo anno. 
L'aveva vista baciare appassionatamente un altro senza neanche paura di essere beccata e questo non gli aveva procurato alcun fastidio, aveva subito distolto lo sguardo come avesse visto imbarazzato due sconosciuti. Invece aveva visto la sua ragazza tradirlo e sembrava non provare alcuna emozione a riguardo, ulteriore prova che il ragazzo non sentisse assolutamente niente per la popolare Megan Gray desiderata da tutti i ragazzi del castello.
Non provava né rabbia né delusione, non provava assolutamente niente. Anzi era quasi contento di poter usare il suo tradimento come scusa per mollarla. Non avevano fatto altro che battibeccare tutta la sera e ai suoi occhi stava diventando più che insopportabile. Ancora non si capacitava di come fosse riuscito a starci insieme per tutto quel tempo. 
Proprio quando aveva realizzato di non provare assolutamente niente per la Serpeverde, in lontananza vide la ragazza per cui era sicuro provare qualcosa: Sophie Forbes stava camminando a zig zag in direzione dei bagni tenendo stretto tra le mani lo strascico del suo elegante vestito giallo.
"Questi cazzo di tacchi!" esclamò tra sé e sé tentando di stare più in equilibrio possibile e appoggiando una mano alla parete più vicina per non cadere. 
Era strano sentire la Grifondoro imprecare in quel modo e Thomas non poté resistere dal ridere.
La risata attirò l'attenzione di Sophie che si ricompose e si avvicinò vacillante al ragazzo che aveva ancora un sorriso divertito sul volto.
"Thomas… ridi di me? Non ti permettere!" lo avvertì Sophie facendo la faccia imbronciata.
"Scusa, è che sentirti dire parolacce mi ha fatto capire che sei ubriaca marcia" precisò Thomas senza cambiare espressione. Non l'aveva mai sentita imprecare ed era sicuro che fosse causa dell'alcool. 
"Io non sono ubriaca, guarda!” Sophie si mise dritta sulla schiena e provò a camminare sforzandosi di mettere un piede davanti all'altro senza vacillare. Era convinta di camminare perfettamente ma dall'esterno sembrava tutto il contrario: era goffa e divertente e quell'espressione impegnata e concentrata la faceva risultare ancora più esilarante.
"Hai visto?" chiese soddisfatta del suo operato.
"Ho visto" rispose Thomas sorridente. Era così buffa con le guance arrossate ed i capelli leggermente scompigliati e Thomas la trovava bellissima anche così. Sophie stette alcuni secondi a guardarlo senza dire una parola, Io guardava intensamente negli occhi come incantata.
Thomas avrebbe così voluto sapere a cosa stesse pensando e la Grifondoro senza volerlo realizzò il suo desiderio iniziando a dire senza imbarazzo tutto quello che le stava passando per la mente.
"Sei proprio bello stasera, quel completo si abbina ai tuoi bellissimi occhi, sai?"
Thomas sorrise, le faceva quasi tenerezza vederla così vulnerabile e l'idea che pensasse davvero quelle cose l'aveva fatto sorridere per la prima volta dall'inizio della serata. Da quando aveva messo piede nella sala non aveva smesso di pentirsi di essersi presentato a quello stupido ballo e ora la stessa ragazza che gli aveva fatto venire voglia più volte di andarsene era riuscita a farlo sorridere, dandogli un motivo per rimanere ancora un po'.
"Sembrano dei diamanti, te l'ha mai detto qualcuno?" chiese ammaliata Sophie avvicinandosi al viso del ragazzo.
"No Forbes, sono onorato tu sia stata la prima a dirmelo" rispose Thomas facendole un inchino. 
Sophie rise ma si rabbuiò di colpo ricordandosi che con lui non avrebbe dovuto parlare. Si erano ripromessi di non rivolgersi più la parola per un po', in più lui stava con Megan e non poteva essere lei a fargli complimenti. 
"Però non dovrei dirtele queste cose, tu sei venuto con Gray al ballo, sai che ti dico… non sei più bello" continuò Sophie risentita, aveva la fronte corrugata e gli occhi piccoli. Sembrava una bambina in preda di capricci giornalieri.
"Beh tu eri con Richardson, il tuo ragazzo... o sbaglio?" chiese Thomas facendosi improvvisamente serio.
"Ma tu eri con la più zoccola del castello. Non pensavo ti piacessero quel tipo di ragazze" disse lei sorvolando quando detto dal Serpeverde. 
"Non mi piacciono infatti. Ma quelle che mi piacciono davvero sembrano correre dietro a damerini mancati.”
L'immagine della Grifondoro stretta ad Edward continuava a tormentarlo e quella sera non riusciva a trattenersi dal fare quei commenti. 
"Ah quindi ti piace qualcun'altra oltre Megan ora?" chiese Sophie strabuzzando gli occhi. L'alcool in corpo non le aveva fatto realizzare che il Serpeverde parlasse di lei.
"Parlavo di te Sophie" disse secco Thomas. Senza alcun imbarazzo, sapeva che la a Grifondoro era ubriaca e forse no si sarebbe neanche ricordata di quella discussione il giorno dopo. 
"Di me? Ma figurati... Sono troppo diversa da te, lo dici solo perché ora ti faccio pena.”
Sophie abbassò lo sguardo. Non avrebbe mai accettato di piacere ancora al Serpeverde, nella sua testa non era così che doveva andare. 
"Ancora con questa storia? Che cazzo c'entra che siamo diversi?" sbottò Thomas iniziando ad animarsi. Non ce la faceva a non reagire, aveva sentito fin troppe volte quelle scuse per lui insensate. La Grifondoro sembrava non aver altre motivazioni da usare contro di lui, così ripeteva le stesse fino alla nausea. 
"C'entra, perché tu stai con la popolare Megan Gray e se stai bene con lei non puoi stare bene con me.”
"Non sto bene con lei... e se ti interessa saperlo, mi piace così tanto che l'ho appena beccata con uno in bagno e sai cosa? Non me ne frega un cazzo!" 
Sophie lo guardava senza dire una parola. Aveva davvero visto Megan tradirlo? Davvero non aveva provato niente? Il ricordo della conversazione tra Thomas e Paul le venne nuovamente in mente e sapeva che il Serpeverde non stava mentendo. Eppure non riusciva a convincersi, forse se Thomas non avesse mai provato niente per lei sarebbe stato più semplice. 
"E dici tanto di me... ma non mi sembra a te dispiaccia tanto stare con Richardson, siete la coppia perfetta" continuò Thomas alzando la voce. Non voleva trattarla male ma sentire che fosse ancora convinta delle stesse cose di mesi prima gli stava dando alla testa. 
"La coppia perfetta" rise Sophie. "Dicono tutti la stessa cosa.”
Era vero. Tutti usavano l'identica frase per descrivere lei ed Edward. Ma non sapevano che non lo erano per niente, non sapevano che lei si fosse accorta solo quella sera di non provare quello che provava lui. Non sapevano che quella troppa somiglianza le stava dando la nausea. 
"Forse perché lo siete davvero. Mi pare siate venuti insieme al ballo persino abbinati, lui con il suo imbarazzante papillon giallo" commentò sprezzante Thomas. Aveva notato che avessero deciso di vestirsi coordinati e la cosa l'aveva disgustato non poco. Lui non avrebbe mai potuto fare una cosa del genere, anche se Sophie glielo avesse chiesto in ginocchio. Per questo per un attimo aveva pensato anche lui che fossero troppo diversi, se a lei piaceva uno come Richardson che si vestiva di spontanea volontà con un completo abbinato al suo, non poteva di certo piacergli uno come Thomas che piuttosto non si sarebbe presentato al ballo. 
"Con chi altro sarei dovuta venire? Non mi sembra tu mi abbia invitato" ribatté Sophie. La testa iniziava a girare e le parole le uscivano quasi da sole. Faceva fatica persino a pensare e stava iniziando a dire cose senza senso. Era ovvio che Thomas non l'avesse invitata, si erano ripromessi di stare lontani l'uno dall'altra. 
"Stai scherzando? Ti sei messa con un altro e io ti avrei dovuto invitare?" chiese Thomas sull'orlo di una crisi di nervi. Come poteva pensare che se non erano venuti al ballo insieme era solo colpa di Thomas che non l'aveva invitata? Non sapeva quante volte aveva immaginato di andarci insieme a lei. 
"Anche tu stavi con un'altra Thomas!" ribatté lei con espressione contrariata. Non gli avrebbe dato la soddisfazione di vincere la discussione, sapeva che gran parte di tutto ciò che era successo era colpa sua ma non era solo colpa sua. C'erano tanti fattori che l'avevano convinta a stargli lontano. 
"Peccato che mi sia messo con Megan dopo che tu continuavi a respingermi, e dopo che tu ti sei fidanzata con quel coglione di Richardson!" 
Era Sophie che aveva deciso di finire la loro storia prima che iniziasse, Thomas ci aveva provato in tutti i modi ma niente era riuscito a farle cambiare idea. Per settimane aveva tentato di convincerla a stare assieme ma lei non aveva ceduto neanche una volta. Anche dopo avergli ammesso che le piaceva continuava a ripetere che non bastasse. 
"Vuoi farmi credere che ti sei messa con lei solo per questo?" chiese la Grifondoro facendo una smorfia mentre una terribile fitta alla testa la fece sobbalzare. 
"Sì, Sophie. Era l'unico modo per dimenticarti.”
Sapeva che Sophie era ubriaca ma sapeva anche che tutto quello che pensava, lo pensava davvero. E il solo pensiero che non avesse ancora capito come fossero andate davvero le cose gli stava facendo salire un nervoso incontrollabile. 
"E ci sei riuscito?" domandò ingenuamente Sophie. Non sapeva se quello che stava dicendo avesse un senso ma voleva sapere se grazie a Megan si fosse scordato di lei. 
La paura la pervase, i bicchieri di troppo le avevano amplificato le emozioni e in quell'istante il timore che Thomas rispondesse di sì le fece mancare il fiato. 
"A fare cosa?" 
"A dimenticarmi…" Sophie lo guardava preoccupata, aveva paura della sua risposta perché lei non ci era riuscita per niente. E solo in quel momento lo aveva davvero realizzato. 
"No, non ci sono riuscito. Neanche lontanamente!" rispose in un sussurro Thomas guardando la ragazza negli occhi che sembrava sul punto di piangere. Sapeva che non avrebbe retto a lungo vederla così. 
"Ma ormai è tardi. Dovremmo smetterla di dirci frasi a metà, questa volta dovremmo finirla davvero, non ne posso più!" aggiunse Thomas cercando di portare alla conclusione quella discussione inutile. Come sempre Sophie sarebbe ritornata dal suo fidanzato e avrebbe continuato la sua vita di prima, cercando di dimenticare di aver parlato con il Serpeverde. 
"Non so se finirà mai questa storia.”
Sophie aveva abbassato lo sguardo. Sapeva che non sarebbe mai finita, tutti gli sforzi che aveva fatto per dimenticare il Serpeverde non erano serviti a niente. Ed ora era davanti a lui e avrebbe solo desiderato tornare a fare tutte le cose che facevano al campo. 
"È finita già in partenza e non per colpa mia" ribadì Thomas rabbuiandosi. "Ora è meglio se vai da Richardson. Io non sono lui e non riesco ad assecondarti in tutto quello che dici… e non voglio alzare la voce con te" continuò indietreggiando. Odiava discutere con lei e odiava vederla con le lacrime agli occhi. Per questo stava tentando di allontanarsi con tutte le forze, non voleva farla stare male e sapeva come sarebbe finita se avessero continuato a parlare. 
"Mi dispiace, ho fatto un casino" disse Sophie appoggiandosi alla parete. 
Di colpo aveva capito tutto quello che non era riuscita a capire in quei mesi e si era resa conto di aver fatto un disastro. Si era messa con Edward pensando fosse la cosa giusta e si era allontanata da Thomas per evitare problemi. Ma ora i problemi si erano moltiplicati e non sapeva più come gestirli. 
"Un bel casino Sophie!" disse Thomas ad alta voce allontanandosi da lei senza neanche guardarla negli occhi. Avrebbe voluto stare con lei fino alla fine della serata ma non avrebbe retto a lungo quella situazione. Lo stava portando all'esasperazione. 
Non ne poteva più di discutere con lei, di correrle dietro senza alcun risultato. Non ne aveva più le forze e nonostante ci stesse male sapeva che l'unico modo per evitare che ci ricascasse era allontanarsi, un'altra volta. 
Sophie era rimasta immobile e le lacrime avevano iniziato a scendere copiosamente. 
Era stata una stupida. Voleva solo fare la cosa giusta ed era finita per crearsi altri mille problemi. 
Aveva capito tutto ormai da alcuni giorni ma quella discussione con Thomas le aveva fatto aprire gli occhi come non mai. Si era finalmente resa conto che non avrebbe più potuto mentire a se stessa: a lei piaceva Thomas Blake, le piaceva da morire e non poteva farci niente. 
Neanche stare con il ragazzo perfetto, simile a lei in tutto, le aveva fatto dimenticare il Serpeverde perché quello che provava con lui con una semplice litigata non l'aveva mai provato per nessun altro. Aveva le farfalle nello stomaco ogni volta che lo vedeva ed era così gelosa a pensare a lui e Megan da scordarsi tutto il resto. 
Sophie non riuscì a trattenersi dal piangere. Sapeva di aver fatto un casino e che sarebbe stato più difficile del previsto risolvere quella situazione. 
Avrebbe dovuto parlare con Edward e ammettergli che qualcosa non andava nella loro relazione da tempo. Avrebbe dovuto dirle cose che non riusciva neanche a pensare e non poteva neanche immaginare come avrebbe reagito. Le aveva appena detto di amarla e lei come poteva piantarlo in asso? E con Thomas cosa avrebbe fatto? Non aveva intenzione di fiondarsi immediatamente nelle sue braccia come se niente fosse, aveva bisogno di stare da sola per un po' e capire cosa provasse davvero. 
La testa intanto le pulsava incessantemente, la musica iniziava ad infastidirla sempre di più e le palpebre stavano iniziando a farsi pesanti. Gli occhi erano gonfi dalle lacrime e più ripensava alla situazione in cui si era cacciata più odiava se stessa. Aveva rovinato tutto, aveva fatto il possibile perché non succedesse proprio quello che stava succedendo ora e non riusciva ad accettarlo. 
Quel ballo doveva essere il migliore di sempre, aveva un vestito da mozzare il fiato e l'accompagnatore perfetto ma niente era andato per il verso giusto.
Niente di quella serata era andata come se lo immaginava e sapeva che i problemi il giorno dopo non sarebbe scomparsi. Sapeva che avrebbe dovuto affrontare le sue conclusioni, sapeva che dal giorno dopo sarebbe andato tutto peggio. 

II

 

“Dici che dovremmo accompagnarla?” chiese Summer a Abby, con una punta di preoccupazione nella voce, guardando verso Sophie che si allontanava barcollando. 
La ragazza, malferma sulle gambe, finì a sbattere contro una coppietta che si stava sbaciucchiando a lato della pista da ballo, ma sembrò non accorgersene neanche perché non si fermò per scusarsi.
Abby osservò l’amica con occhio critico.
“Non ci penso nemmeno, quella ci vomita addosso se la seguiamo in bagno fidati. Si regge in piedi, starà benone anche da sola, e poi noi abbiamo già il nostro da fare qui non credi?” rispose infine, indicando Frank, accanto a loro.
Non sapeva se ridere o piangere di fronte allo spettacolo che stava offrendo il ragazzo da quando era iniziata la serata. L’esibizione di fronte a tutti i presenti non era stata che la punta dell’iceberg, ed era probabilmente stata la cosa meno imbarazzante. Da quando James Walker e Jake Allen gli avevano offerto da bere, oltre a sparare battute decisamente poco opportune a raffica il Tassorosso aveva dato il meglio di sé esibendosi in atteggiamenti a dir poco sconcertanti. Ancora fino a solo qualche istante prima, Frank si era agitato in tutte le direzioni urlando come un pazzo, ma il ragazzo ormai faceva chiaramente fatica a tenersi dritto sulle gambe e sembrava sul punto di cadere da un momento all’altro; ondeggiava sul posto, muovendo solo le braccia attorno alla testa con fare mistico senza seguire minimamente il ritmo della musica pop che stava risuonando a pieno volume tutto attorno a loro, lo sguardo a tratti presente a tratti perso nel vuoto. L’unica cosa che sembrava non far fatica ad usare era la lingua, anche se aveva chiaramente perso il controllo persino di quella, visto che continuava a farneticare cose senza senso tra una risatina da mentecatto e l’altra. 
Abby bevve un altro sorso dal bicchiere che aveva in mano e contrasse leggermente le labbra. “Certo che sta roba è buona ma è forte, non mi stupisce che Sophie sia fuori come un balcone.”
Quindi allungò il bicchiere verso Summer per offrirgliene un altro po’, vedendo che il suo era abbandonato sul tavolo accanto a lei, vuoto, ma la ragazza rifiutò gentilmente.
“Almeno una di noi deve rimanere un minimo sobria, non pensi?” 
Abby alzò le spalle e svuotò il bicchiere in un colpo solo. “Come credi. Ma puoi lasciarti andare un po’ anche tu, non devi ubriacarti per forza come Sof se bevi, quella non sa controllarsi perché non ha mai assaggiato niente di anche solo lontanamente alcolico prima. Guarda me Sum” le fece notare, sebbene la testa cominciasse a girarle piacevolmente e un sorriso ebete le stesse apparendo sul viso. La Grifondoro le prese le mani e le fece fare una piroetta su se stessa, allegra; quindi, girò a sua volta sul posto e quando si fermò, barcollò leggermente e scoppiò a ridere.
“Se continui così tempo che James torni sarai ubriaca marcia pure tu” commentò Summer, non riuscendo però a impedirsi di sorridere a sua volta e di lasciarsi contagiare dall’improvviso eccesso di buonumore dell’amica.
“No, no è tutto sotto controllo” la rassicurò Abby, ancora ridacchiando. “Piuttosto, non capisco come mai tu non abbia ancora bevuto, io avrei bisogno di scolarmi un’intera bottiglia per sopportare di passare la serata in compagnia di Allen…”
“Abby…” la ammonì Summer, e l’altra ragazza alzò le mani in segno di resa. “Però comincio a chiedermi dove siano finiti Jake e James.”
“Io devo ancora abituarmi a vederli in grado di comunicare in maniera civile senza saltarsi addosso, quei due e i loro giri loschi. Non voglio saperne niente.”
“Sì, meglio non averci niente a che fare, fidati. Sono sicura che torneranno qui a breve.”
“Lo spero” disse Abby, guardandosi attorno senza riuscire a individuare i due ragazzi che sembravano essere stati risucchiati dalla mischia di corpi danzanti. “Voglio bene a Frank ma per stasera ho già fatto abbastanza la babysitter, non appena James ricompare ho voglia di tornare a ballare.”
 “Crystal, ti sei già fatta Bobby??” gridò in quel momento Frank con tutto il fiato che aveva in gola, per sovrastare la musica nell’aria, risvegliandosi all’improvviso; le due ragazze accanto a lui, sobbalzarono e si portarono le mani alle orecchie a causa di quello strillo così ravvicinato e inatteso.
Frank si sporse verso una sventurata Tassorosso dall’aria timida che stava passando poco distante da dove si trovavano i tre e che si affrettò ad allontanarsi spaventata. 
“Non fare la timida, l’ho sentito l’altra sera nella sala comune dire che conta di deflorarti prima di mezzanotte e ci siamo quasi, mancano pochi minuti” le urlò ancora dietro, come un forsennato, “goditelo, dacci dentro Crystal sei tutti noi!!! Dicono che tra le statue di ghiaccio e i cespugli davanti all’ingresso molti si stiano già dando da fare, potete andare lì. E se la prima volta non è come pensavi, riprovaci una seconda volta mi raccomando!!!” 
“Oddio è impazzito.” Summer si portò le mani alla bocca, sconvolta.
Abby, che si stava riempiendo nuovamente il bicchiere, lo rovesciò sul tavolo senza volerlo, scossa dalle risate. “Spero solo per lui che domani non si ricordi niente.”
“Jared se cerchi la tua dama, penso averla vista sgattaiolare verso il parco in compagnia di un aitante Serpeverde” continuò Frank imperterrito ad alta voce, come animato da una nuova energia. “Te la sei persa eh? Ma tranquillo se ti sbrighi sei ancora in tempo per raggiungerli, secondo il mio modesto parere sarebbero più che d’accordo a fare una cosa a tre hihihihihihihihihh”
Un Grifondoro del settimo anno lo guardò confuso per un attimo, per poi correre verso l’uscita della Sala Grande imprecando. Non poche persone stavano cominciando a guardare nella loro direzione, divertite dal comportamento a dir poco stravagante del ragazzo.
“Voglio morire” mormorò ancora Summer, sempre più orripilata. 
“Ti prego dimmi che non sto sognando e che sta succedendo davvero” disse invece Abby, le mani sulla pancia, piegata in due dalle risate. 
“VI AMO RAGAZZI! VI AMOOOO E SO CHE PURE VOI MI AMATEEEEE” strillò Frank a pieni polmoni in direzione dei curiosi che lo guardavano. “Vi mando un bacio stellare, sì anche a te caro, non temere Frank Rogers ha abbastanza bacetti per tutti, vieni qui, vieni.”
“A chi sta parlando esattamente?” gemette Summer.
“Lo adoro, lo adoro” farfugliò Abby, con le lacrime agli occhi.
“Speravo che il peggio fosse passato e che avesse già fatto abbastanza casino con Sof, e invece… perché non poteva restare imbambolato e innocuo come poco fa senza - Frank dove cavolo pensi di andare?!”
Il Tassorosso era partito in terza con tutte le energie che gli erano rimaste, ma non aveva fatto che qualche passo. Aveva lo sguardo concentrato e la lingua tra i denti per lo sforzo di allineare un piede dietro l’altro, le braccia allargate ad aeroplano per tenersi in equilibrio. 
“Va tutto bene Sum” biascicò in direzione dell’amica, la lingua nuovamente impastata, “ho solo bisogno di parlare subito con Minerva.”
“Minerva McGranitt? Intendi la Professoressa McGranitt?”
“Assolutamente sì, l’unica e inimitabile. Credo che abbia apprezzato davvero tanto il mio remix di prima, pensavo di cantarle una serenata e poi invitarla a ballare, sì vorrei tanto ballare con lei, è una così bella donna...”
“Frank, non puoi presentarti alla McGranitt sverso come sei, ti metteresti solo nei casini!” saltò su Summer, con voce stridula. “Per di più sei pur sempre un prefetto, devi darti una controllata!”
“In effetti tra lui e Sof i nostri prefetti questa sera stanno proprio dando spettacolo, che bravi” ironizzò Abby con un ghigno. “Meno male che ci sei tu a tenere alto il vostro onore, Sum.”
“Abby seriamente, non possiamo lasciare che vada dai professori in questo stato.”
“Uffa, che guastafeste, dobbiamo davvero fermarlo? Sarebbe così diverteeeente!” la implorò l’amica in rimando.
“Se pensate che non sia il caso che inviti Minerva, posso sempre provare con Severus, per me non ci sono differenze sapete?” si intromise Frank, sorridendo innocente come un bambino. “In genere mi fa paura ma in questo momento non capisco più perché, guardatelo poverino: è tutto solo in un angolo e non ha l’aria per niente felice. Sì, credo che andrò piuttosto da Severus…”
Summer lanciò uno sguardo eloquente ad Abby come per dire “convinta ora?” e la Grifondoro, nonostante tutto, annuì: non poteva mica lasciare che Frank incontrasse morte certa andando da Piton.
Il Tassorosso però, come intuendo la mossa successiva delle due amiche, fece uno scatto per sfuggire loro prima che potessero impedirgli di realizzare i suoi piani e fu solo grazie ai riflessi allenati da cercatrice di Abby se lei e Summer riuscirono ad afferrarlo all’ultimo secondo. 
“Giuro che Jake quando torna mi sente!” imprecò Summer a bassa voce, tentando di non farsi buttare a terra da un Frank che lottava come un pazzo per liberarsi. “Oh sì, se mi sente! Altro che solo alcool, chissà cosa ci ha messo in quel bicchiere per ridurlo così e ora tocca a noi gestirlo. Ma quando diavolo torna?”
Nel frattempo, due figure femminili avevano adocchiato quella strana scena e si stavano avvicinando. Madison Adams guardò con aria altezzosa le due ragazze che stavano cercando di far smettere di dimenarsi quella lingua lunga di Rogers, trattenendolo con evidente sforzo una per braccio. Si diresse dritta verso di loro, seguita a poca distanza da Olivia Price, che cercava di tenere il suo passo e sembrava vagamente a disagio.
“Maddie, lasciamo stare, penserà che stiano facendo chissà cosa, ma non è la verità!” tentò di dire Olivia, per l’ennesima volta.
“È proprio quello l’obbiettivo Oliv, quante volte devo spiegartelo? Sai essere proprio lenta di comprendonio quando vuoi” ribatté Madison con fare sprezzante, senza neanche voltarsi verso la compagna. “Lei deve vederli, e deve farlo ora. Megan ha ragione, come sempre, non possiamo perdere Walker per quella insignificante ragazzetta, dobbiamo intervenire e subito, prima che sia troppo tardi e che Walker decida seriamente di mettersi con Hill.”
“Però questo è giocare sporco, se Walker davvero ha deciso di cambiare per lei non si merita…”
“Oddio, come fai la sentimentale stasera. Da quando hai puntato gli occhi su quel Lewis sei vomitevole. Uno spererebbe che ti avesse temprato il fatto stare con Megan da tutti questi anni, e invece niente. Sta solo sprecando il suo tempo con una come te, l’ho sempre detto, ti salvi solo perché sei carina e fai la tua figura. Ora però vedi di non fiatare e di non rovinare tutto altrimenti te la vedrai con Kayla hai capito?”
Olivia si limitò a sorridere mestamente e si tenne un passo indietro quando Madison rallentò passando accanto a Abigail, giusto il tempo necessario per metterle una pulce nell’orecchio. 
“Ehi Hill, sei rimasta senza cavaliere? Mi chiedo con chi ti abbia sostituita, o forse dovrei dire con quante… fossi in te mi sbrigherei a cercarlo” sibilò infatti la Corvonero, malignamente.
Abby fece appena in tempo a vedere Madison Adams e Olivia Price che le due ragazze sparirono nel nulla, così come erano arrivate. Si chiese quasi se non se le fosse immaginate, ma la frase buttata lì con tono malevolo da Adams e che le stava ronzando nell’orecchio era la prova inconfutabile del loro passaggio. 
Approfittando del fatto che Frank sembrava essersi nuovamente calmato, Abby si alzò un po’ di più sui tacchi, alla ricerca di James. Non ebbe bisogno di cercare a lungo, perché proprio in quel momento Frank lo individuò casualmente.
“Guardate chi si rivede, eccola là quella vecchia volpe del nostro James! E che sexy la nostra Abby stasera, anche se mi ricordavo avesse un vestito lungo e azzurro, che strano quando si sarà cambiata?” commentò il Tassorosso, completamente sconnesso dalla realtà. Un attimo dopo, rendendosi conto dell’errore, aggiunse: “Oh, Abby, ma tu sei qui, allora chi è quella con James?”
Abby si affrettò a seguire la direzione verso cui era puntato lo sguardo vacuo e confuso di Frank. Sbattè le palpebre due o tre volte per vedere più chiaramente e si irrigidì all’istante. Nonostante l’alcool bevuto le avesse leggermente annebbiato la vista, avrebbe riconosciuto quella troia di Kayla Jimenez, più scoperta che altro nel suo cortissimo tubino verde smeraldo, a chilometri di distanza.
James Walker stava emergendo dalla folla danzante proprio al fianco della ragazza, che l’aveva afferrato da un braccio e lo stava trascinando con sé. James si liberò appena dopo qualche secondo da quella presa e si voltò a guardare la Serpeverde negli occhi, dando così la schiena ad Abby, Summer e Frank. 
Abby emise un verso strozzato. Da dove sbucavano fuori? James si era allontanato con Jake Allen, quindi perché ora era con Jimenez? Poteva essere a quello che alludeva Adams poco prima? Era la sua migliore amica, se i due avessero avuto un appuntamento segreto lei sicuramente l’avrebbe saputo…
Forse semplicemente lei c’entra qualcosa con quello che sono andati a fare James e Allen, provò a dirsi Abby, nel tentativo di restare razionale e di non saltare a conclusioni affrettate.
Ma allora dov’era Jake? Perché James era solo con quella, e perché ci aveva messo così tanto tempo a ricomparire? I due erano solo rimasti a parlare dall’altro lato della Sala Grande? O era possibile che si fossero imboscati in qualche zona ben più privata? E perché James le stava così vicino?
La situazione stava degenerando e quel briciolo di razionalità di cui era ancora in possesso stava scomparendo più velocemente del buio alla luce di una candela.
A troppa distanza perché la ragazza potesse sentirli, James stava annuendo guardando Kayla soddisfatto.
“Emergenza risolta. Pensavamo stessero solo finendo le scorte di alcool, invece come sempre quello squilibrato di Stanley si è strafatto e ha rischiato di mandare tutto all’aria” sospirò, passandosi una mano tra i capelli. “Per fortuna te ne sei accorta in tempo e ora ci penserà Allen.” 
“Sì, ci metterà un po’ ma se ne occuperà come solo lui sa fare, possiamo stare tranquilli. Temo solo che la sua accompagnatrice dovrà rimanere ancora un po’ da sola, poverina” commentò Kayla, con tono per niente dispiaciuto. “In ogni caso, perché adesso non andiamo a festeggiare da qualche parte, solo io e te, come ogni anno?” ammiccò quindi, allargando senza pudore la già profonda scollatura del tubino e mostrando molto più del dovuto. 
James non batté ciglio, e non ebbe nessuna difficoltà a non abbassare lo sguardo. “Ancora con questa storia Jimenez? Pensavo avessi capito che quest’anno non sarebbe stato come gli altri.”
“Non puoi fare sul serio” lo schernì lei, avvicinandosi un po’ di più al ragazzo, con fare provocante. “Io ti conosco, insieme siamo fuoco puro, e non puoi resistere a tutto questo ben di dio, lo so.” 
“Allora è chiaro che non mi conosci affatto e che non sai un emerito cazzo di me.” James la guardò beffardo, senza scomporsi. “Non mi interessi più in quel senso Kayla, sei storia vecchia, fattene una ragione.”

La Serpeverde strinse le labbra, chiaramente contrariata. Cominciava a temere che il suo piano non funzionasse, e quel rifiuto netto era un duro colpo per il suo orgoglio, da sempre il suo punto debole. 
Poi, oltre le spalle del ragazzo notò poco lontano una ragazza che li fissava paonazza: Abigail Hill li aveva finalmente individuati e sembrava sul punto di esplodere. Sul volto di Kayla si allargò un ghigno; anche se non come aveva pensato e come avrebbe preferito, dopotutto la sua idea poteva ancora funzionare. 
Per assicurarsi che la Grifondoro non perdesse nessuno dei suoi movimenti, la guardò dritta negli occhi, con uno sguardo di sfida, arrogante e derisorio. Quindi, si avvinghiò in un lampo a James, che essendo di spalle non si era accorto della manovra ben orchestrata che stava venendo messa in atto; Kayla gli circondò velocemente il collo con le dita dalle lunghe unghie laccate di verde simili ad artigli e, strusciandogli ben bene la mercanzia addosso avvicinò le labbra rosso fuoco all’orecchio del ragazzo. 
“Sei un’idiota Walker, perché sai bene cosa ti perdi. Ma forse ora preferisci i ragazzi? Solo se fossi diventato finocchio si spiegherebbe il tuo atteggiamento.”
“Fottiti, Jimenez” ribatté James secco, tentando immediatamente di svicolarsi dalla presa ferrea della ragazza. “E lasciami andare, cazzo!”
Kayla, anziché obbedire, gli stampò un bacio sulla guancia, lasciandogli un profondo segno di rossetto a forma delle sue labbra. 
“Fanculo Kayla hai superato il limite” sbottò James irritato, e la prese di peso dalla vita per levarsela di dosso. 
La Serpeverde però non sembrò rimanerci male per il gesto del ragazzo e il suo rifiuto definitivo; guardava un punto oltre le sue spalle ridacchiando compiaciuta. 
“Un giorno mi ringrazierai James, vedrai” mormorò ancora con voce bassa e seducente.
Kayla Jimenez gli lanciò un ultimo, lungo sguardo penetrante e si allontanò con fare sicuro.
James rimase un momento immobile; sapeva che non avrebbe potuto attendere ancora a lungo, ma aveva un brutto presentimento su quello che avrebbe visto una volta giratosi. Prendendo coraggio, si voltò e si ritrovò di fronte allo sguardo incredulo, ferito, deluso e al tempo stesso accusatorio di Abigail Hill. 
Nonostante si trovasse a qualche metro di distanza, James non ebbe alcuna difficoltà a leggere le parole che uscirono dalla bocca della ragazza.
“Sei una merda James Walker.”
James si affrettò a muoversi nella sua direzione, per raggiungerla e chiarirsi, ma Abby girò sui tacchi e corse via, senza più degnarlo di uno sguardo, mentre le sembrava che il cuore le si frantumasse in pezzi così piccoli da non poter mai più essere rimessi insieme. 
Summer guardò in apprensione l’amica che si stava allontanando sempre di più, chiedendosi cosa fare, ma in quel preciso istante le gambe di Frank cedettero e il ragazzo cadde rovinosamente a terra.
“S-sum” gracchiò, gli occhi pericolosamente fuori dalle orbite, “penso di sentirmi poco bene.”
La Tassorosso fece ancora in tempo a vedere James che rincorreva l’amica prima di chinarsi su di Frank, che sembrava fare sempre più fatica a tenere gli occhi aperti. In quel momento, era il ragazzo ad avere più bisogno di lei. 
Abby se la sarebbe dovuta cavare da sola. 

***

Vagando alla ceca, Abby raggiunse l’estremità della Sala Grande e uscì nell’ingresso. Era sicura che James la stesse seguendo, così si affrettò a cercare un posto in cui nascondersi. 
Sapeva di avere gli occhi pieni di lacrime e non avrebbe permesso a nessuno di vederla in quello stato, men che meno a James stronzo colossale Walker. Non gli avrebbe dato quella soddisfazione. Aveva la testa resa pesante da quella miscela che aveva tanto allegramente bevuto fino a qualche minuto prima con Summer. Ora si malediceva di non essersi trattenuta maggiormente, avrebbe preferito essere più lucida in quella situazione. Sentiva di non avere il controllo, che le sue emozioni e i suoi sentimenti le stavano sfuggendo di mano, proprio ora che era più provata che mai. 
Perché forse era l’alcool a ingigantire la sua reazione, però questo non cambiava cos’era appena successo. James era rimasto girato di schiena per tutta la scena, ma Abby sapeva quello che aveva visto: il Grifondoro era sbucato da chissà dove con quella zoccola di Jimenez dopo che avevano fatto chissà cosa, e senza alcun pudore si erano ancora stretti sotto gli occhi di tutto sugellando il tradimento con un ultimo bacio.
Abby era a pezzi. Avrebbe dovuto aspettarselo, avrebbe dovuto saperlo. Che ingenua che era stata, che illusa a credere che James potesse essere davvero cambiato. Il ragazzo non aveva neanche aspettato la fine del ballo a cui l’aveva ufficialmente invitata con mille moine e promesse per sbattersi un’altra senza ritegno. E lei, come la peggiore delle stupide, era cascata nella trappola. Come aveva potuto davvero credere che James facesse sul serio con lei? Era stato tutto solo un enorme inganno, orchestrato con maestria dal ragazzo probabilmente per divertirsi un po’ alle sue spalle o per vanto e soddisfazione personale. 
Non riusciva a pensare lucidamente. 
Cogliona, cretina e pure deficiente, ecco cosa sei Abby, si disse amaramente.
Lo sapeva che non avrebbe dovuto fidarsi, che non avrebbe dovuto lasciarsi abbindolare. Eccola, la delusione che tanto aveva cercato di evitare, la delusione per paura della quale aveva tanto a lungo negato persino a se stessa i suoi veri sentimenti per il ragazzo. Le sembrava le si fosse spezzato qualcosa dentro, aveva creduto così tanto nella sincerità di James da non aspettarsi minimamente una mossa sleale come quella. 
Tutte quelle belle parole, tutti quei bei gesti… e ora, soffriva come mai prima, delusa, ferita, presa in giro, arrabbiata con se stessa per il modo in cui si era fatta abbindolare, per la gioia insulsa che aveva persino provato solo qualche ora prima quando aveva visto James aspettarla alla base della scalinata principale del castello. Tutte quelle attenzioni, tutti quei complimenti, tutta la galanteria che le aveva riservato quella sera…
La testa cominciava a girarle pericolosamente, la vista a tratti sempre più offuscata, ma non abbastanza da cancellare dalla sua testa le immagini che aveva appena visto e che sembravano ormai impresse a fuoco nella sua mente.
James Walker l’aveva appena tradita, non ne aveva dubbi. 
Prima ancora che stessero davvero, ufficialmente insieme, lui aveva già tradito la sua fiducia. 
Non voleva vederlo mai più, provava solo un bruciante disgusto nei suoi confronti.
Finalmente, trovò una stanza socchiusa all’estremità est del piano terra e vi ci si fiondò dentro. Nella fretta di nascondersi, Abby non si rese conto che l’aula in cui era appena entrata non era vuota: una coppietta si stava felicemente godendo un po’ d’intimità, scambiandosi allegramente effusioni. Non appena Abby entrò, i due si separarono di scatto, in imbarazzo, e con rimasero per un istante a fissarsi a vicenda con la ragazza, senza che nessuno sapesse bene cosa fare, finché una voce risuonò autoritaria alle spalle di Abby, scandendo un ordine con tono perentorio.
“Voi due, fuori, SUBITO” tuonò James.
I due amanti sventurati si affrettarono a ricoprirsi con gli indumenti sparsi a terra alla meglio e buona e uscirono dall’aula a testa bassa, senza fiatare. 
James socchiuse la porta alle sue spalle e si voltò ad affrontare Abby, il fiato corto a causa della corsa appena fatta per raggiungerla.
“Abby, si può sapere che ti prende?” le chiese senza tanti giri di parole. 
Non appena l’aveva vista scappare via, il ragazzo si era affrettato a seguirla; dopo essersi liberato di Kayla e aver visto lo sguardo negli occhi di Abby, aveva capito senza tante difficoltà il gioco della Serpeverde e si era maledetto per non essersene accorto prima. Ci teneva a chiarire con Abby cosa fosse appena successo: si rendeva conto che dal suo punto di vista la ragazza avesse potuto mal interpretare la scena, ma era sicuro che due parole sarebbero bastate a spiegare tutto. Proprio per quello, non si era aspettato che la Grifondoro cercasse di seminarlo con tutte le sue forze e aveva persino rischiato di perderla di vista ad un certo punto. Nonostante dovesse correre su dei tacchi, Abby era sembrata animata da una strana forza. James non capiva, sembrava che non avesse neanche l’intenzione di parlare con lui. 
Come a conferma di quella sua sensazione, Abby gli voltò le spalle con decisione, rifiutandosi anche solo di guardarlo.
“Vattene James, non voglio saperne più nulla di te” gli disse la ragazza, la voce incrinata. 
James le si avvicinò con cautela, più confuso mai. Le posò con delicatezza una mano sulla spalla e la spinse a voltarsi. Voleva guardarla negli occhi, lei doveva vedere che era sempre lui, che non era cambiato nulla, che si trattava solo di un grosso malinteso. 
Nonostante Abby avesse ora il naso e le guance arrossate e alcune ciocche di capelli le ricadessero ormai indomite sul viso, libere dall’elaborata acconciatura con cui la ragazza era arrivata al ballo, James la trovò più attraente che mai. Avrebbe tanto voluto che la serata non avesse preso quella piega spiacevole, voleva solo prenderla tra le sue braccia e dirle quello che aveva pianificato di dirle da quando lei aveva accettato il suo invito al ballo. Aveva voluto che tutto fosse perfetto, senza affrettare le cose, stranamente cauto e insicuro per i suoi standard, per paura di commettere un passo falso e rovinare l’unica cosa che avesse attualmente importanza ai suoi occhi: la sua relazione con Abby. 
Il ragazzo le sfiorò la pelle del viso con un dito e le sollevò il mento in modo da costringerla a guardarlo. Immediatamente, Abby allontanò la sua mano con un colpo secco.
“Ti ho detto di lasciarmi stare!” gli intimò, con una nuova rabbia nella voce. 
Abby fece un passo indietro per allontanarsi dal ragazzo, ma vacillò, inferma sulle gambe.
“Stupidi tacchi” imprecò tra sé e sé. A fatica, si appoggiò contro un vecchio banco accanto alla parete per non cadere. Aveva la sensazione che il mondo girasse al contrario.
James se ne accorse perché si slanciò in avanti per aiutarla, ma la ragazza lo fulminò con lo sguardo. “Non osare toccarmi James Walker” sibilò Abby, tenendosi a distanza. “E ringrazia che non ho la mia bacchetta con me.”
“Non dire cazzate Abby. Piuttosto, quanto hai bevuto?”
“Non credo la cosa ti riguardi, visto che mi hai piantato in asso per spassartela con un’altra.”
“È l’alcool a farti parlare, non sei lucida.”
“Oh, ti piacerebbe, ma non sono mai stata tanto lucida.”
“Abby, scusa cosa credi che di aver visto esattamente?”
“Io non credo proprio nulla, io so quello che è successo! Ti sei sbattuto quella troia di Jimenez mentre avresti dovuto essere con me, la ragazza che hai invitato al ballo, ti ricordi?” disse Abby, con un’ironia pungente e uno sguardo pieno di risentimento che James non aveva mai visto sul suo volto. “Vi ho visti, credevi non l’avrei scoperto vero? Ma ora so che ti sei solo divertito alle mie spalle, avrete riso tu e la tua amichetta, riso della stupida Abigail Hill così illusa… non sei altro che uno stronzo Walker!”
Il ragazzo rimase di stucco. Non poteva davvero credere una cosa del genere.
“Davvero lo pensi?” chiese, senza riuscire a mascherare la delusione nella sua voce.
“NON LO NEGHI NEANCHE!” saltò su Abby, isterica. 
“Ma perché non c’è niente da negare, non è successo proprio niente di quello che hai detto Abby!”
“Non voglio sentirti stai zitto!”
“Come posso difendermi se ti rifiuti di ascoltarmi?”
“Non puoi difenderti perché non mi fido, hai capito James? Io non mi fiderò mai più di te, sei sempre il solito, non cambierai mai.”
“Quindi fammi capire” disse James lentamente, cominciando a scaldarsi e ad alzare il tono di voce a sua volta, “per mesi non ti dò alcun motivo di dubitare di me, cerco in tutti i modi di farti capire che faccio sul serio e tu lasci che un singolo episodio, peraltro fraintendibile, ti convinca del contrario senza neanche lasciarmi una possibilità di spiegarmi?”
Un singolo episodio, peraltro fraintendibile? Ma fammi il favore” lo schernì Abby, con una risata senza allegria, “risparmia il fiato Walker. Non credo più a una sola parola se esce dalla tua bocca, chissà quante altre te ne sei fatte in segreto mentre mi riempivi di moine e belle parole.”
I due ragazzi rimasero un momento così, a fronteggiarsi, lei con gli occhi ridotti a due fessure e una smorfia di disgusto e disprezzo sul volto, lui a pochi passi di distanza, colmo di una rabbiosa impotenza.
James avrebbe avuto voglia di afferrarla dalle spalle e scuoterla finché non avesse capito che stava facendo tutto da sola, avrebbe voluto scuoterla e implorarla con tutte le sue forze di ascoltarlo, di ragionare, di smettere di fare l’insensata. Avrebbe voluto ripeterle allo sfinimento la sua innocenza, ma si trattenne, perché era chiaro che Abby non voleva sentir ragione.
Strinse i pugni, il volto contratto in una maschera dura. 
“Mi hai mai visto trattare alcuna ragazza come ho trattato te? NO! Ma ti fa più comodo pensare che sia io lo stronzo così puoi evitare di metterti in gioco.”
“Ti stavo aprendo il mio cuore James!” scoppiò Abby, nuovamente sull’orlo delle lacrime. 
“E io cosa cazzo pensavi stessi facendo?!” gridò il ragazzo in rimando, perdendo definitivamente la pazienza. 
“Non lo so, e non voglio saperlo” rispose Abby, incrociando le braccia al petto e guardando ovunque fuorché verso il ragazzo. “Ero sicura che questa cosa non potesse funzionare, e le mie paure erano fondate: una volta che ho ceduto e hai vinto il tuo giochetto del cazzo ti sei stufato eh?”
James aprì e strinse i pugni respirando a fondo e cercando di calmarsi. 
Pensava ancora che fosse l’alcool a farla reagire in quel modo irrazionale e esagerato, ma non era più una scusante. La verità era che in quel momento Abby voleva credere a quello che diceva perché le faceva comodo così, e lui non poteva farci niente. Ma non le avrebbe permesso di insultarlo e addossargli colpe che non aveva. Se c’era una cosa di cui era sicuro, era di non meritarsi un simile trattamento.
“Stai dicendo solo cagate. Preferisci continuare a pensare che avessi ragione sul mio conto, a dare la precedenza alla mia reputazione piuttosto che a tutto quello che abbiamo passato insieme, pur di non dover affrontare la tua insicurezza.”
“Se sono insicura è solo colpa tua!” esclamò Abby, puntandogli un dito contro con fare accusatore.
“Non venire a darmi colpe per qualcosa che stai facendo da sola!” scattò James, risentito.
Aveva fatto di tutto per guadagnarsi la fiducia della ragazza e l’idea di starla perdendo in quel modo insensato lo stava facendo impazzire. Cercò in tutti i modi di mantenere l’ultimo briciolo di calma che gli restava in corpo e di rimanere, almeno lui, razionale.  
“Senti, è meglio che non continuiamo questa discussione ora, stai davvero dando di matto per niente. Lascia che ti riaccompagni nella sala comune, quando ti sarai ripresa magari sarai più disposta a fare meno la pazza e a ragionare.”
“Scusa stai forse dicendo che mi sto comportando come una psicopatica?” chiese Abby, sgranando gli occhi indispettita.
“Beh, proprio tutta a posto in questo momento non sei” si lasciò sfuggire esasperato il ragazzo, la cui pazienza, che già non era la sua virtù principale, stava venendo ormai messa a dura prova da troppo tempo. 
“Vaffanculo, James! Sai cosa, non ho bisogno che mi accompagni da nessuna parte, torna a fare il troione in giro come tuo solito!” ribatté la ragazza indispettita, con fare sprezzante. 
“No, vaffanculo te Abby!” sbottò James, offeso, facendo all’improvviso un passo verso di lei. “Non ho fatto niente che ti autorizzi a parlarmi così.”
“Ho detto di starmi lontano!”
La ragazza si gettò senza preavviso contro James cominciando a spintonarlo per cacciarlo via. Era chiaro che non fosse in sé e da vicino il ragazzo sentì che l’alito le sapeva effettivamente di alcool. James l’afferrò per le braccia e la trattenne, più per impedire che si facesse del male da sola che per vero timore che lo colpisse, e improvvisamente qualcuno gridò alle loro spalle.
“Toglile immediatamente le mani di dosso Walker!”
Luke Anderson era appena entrato nella stanza, spalancando la porta con foga, e, affrettatosi a prendere la bacchetta dalla tasca interna dell’abito da cerimonia, la stava ora puntando dritta contro James.
Il Grifondoro, senza lasciare Abby che per la sorpresa si era immobilizzata, rivolse uno sguardo gelido al nuovo arrivato.
“Anderson” constatò sbuffando, “la serata va di bene in meglio. Fai un favore a tutti, metti via quella bacchetta prima di farti male da solo.”
Luke ignorò completamente le parole del ragazzo e si rivolse a Abby. 
“Va tutto bene Abby? Ti ha fatto qualcosa?”
“Che cazzo dici Anderson?” sbottò James innervosito, prima che la ragazza potesse rispondere. “Non farei mai niente ad Abby, ma quello che sta succedendo non ti riguarda. Fatti gli affari tuoi se non vuoi che faccia a te qualcosa.”
Abby si liberò di scatto dalla presa del ragazzo e gli lanciò un’occhiata di fuoco.
“Certo, usiamo la soluzione preferita di James Walker, facciamo a botte” lo schernì, con cattiveria. “Seriamente James, ora basta, tu non hai alcun diritto di essere geloso dopo quello che hai fatto.”
“Peccato che io non abbia fatto niente” ripeté esasperato il ragazzo per l’ennesima volta, a denti stretti.
Abby fece finta di non averlo sentito. “Non azzardarti a prendertela con Luke, lui è cento volte meglio di te, lascialo in pace Walker” gli intimò.
“Così ora difendi pure lui?” chiese James, rabbiosamente. “Tutti, tranne me. Sai cosa? Se vuoi credere che sia io il mostro, fai pure, ma non aspettarti che resti a farmi trattare così di merda. Ne ho abbastanza, arrangiati Hill, e ripigliati.”
James le voltò le spalle, furibondo, e si diresse senza aggiungere una parola verso l’uscita della stanza; passando accanto a Luke, si premurò di colpirlo con una spallata decisa, prima di richiudere la porta con uno scatto dietro di sé, con violenza. 
Una volta nei corridoi, non riuscì più a trattenersi e imprecando, sbattette un pugno contro un muro, incazzato come raramente lo era stato nella sua vita.
Non riusciva a credere a quello che era appena successo. Non era decisamente così che si era immaginato di finire quella serata. Si sentiva arrabbiato e al tempo stesso ferito: anche se non lo avrebbe ammesso volentieri, l’idea che ad Abby fosse bastato vedere qualcosa di poco chiaro per dichiararsi sicura al cento per cento della sua cattiva condotta lo faceva stare male, e molto. Davvero tutto quello che si era sforzato di dimostrarle non era contato niente? Aveva sempre saputo di doversi guadagnare la fiducia della ragazza dopo i suoi atteggiamenti degli anni passati, ma sebbene da un lato comprendesse in qualche modo che Abby potesse fare fatica a credergli, dall’altro sentiva che la ragazza non avrebbe dovuto condannarlo con così tanta facilità. 
Sarebbe voluto tornare indietro; l’idea di averla lasciata sola con Anderson poi, non gli piaceva per niente, era sicuro che il Corvonero avesse un debole per lei da molto tempo ormai. Una parte di lui non riusciva ad accettare che le cose tra di loro restassero così e avrebbe preferito continuare a parlare con la Grifondoro fino a farla ragionare; l’altra parte, però, quella più orgogliosa, pensava che adesso era lui quello che si meritava delle scuse, e non le avrebbe certo mendicate. 
James sferrò un altro colpo contro il muro, e le nocche della mano destra cominciarono a sanguinare.
Aveva provato tutto quello che poteva, ma non era bastato, e non gli restava più nulla da fare se non aspettare e vedere come si sarebbero sviluppate le cose.  
Era frustrato: James Walker odiava sentirsi impotente.
Senza quasi neanche sentire la mano dolorante, si avviò verso la torre di Grifondoro, lo sguardo truce e l’umore più cupo che mai. 

***

Nell’aula al piano terra, Abby si era accasciata accanto al banco al quale si era appoggiata poco prima e si era portata la testa tra le mani, il volto seminascosto. Era molto confusa su quello che era appena successo. Non riusciva a ricordare tutto quello che lei e James si erano detti, l’unica cosa di cui era sicura era che avevano urlato parecchio, entrambi, e che ora lui l’aveva piantata in asso, questa volta per davvero. 
Nonostante gli avesse a più riprese intimato di lasciarla stare, gridandogli contro che non voleva più saperne nulla di lui, adesso che era rimasta da sola avrebbe tanto voluto che fosse ancora lì. Una sensazione sgradevole, vagamente assimilabile a un senso di colpa, le attanagliò lo stomaco dal nulla. 
Forse, aveva esagerato. Non sapeva esattamente perché era stata così dura con James: certo, era sicura che lui avesse tradito la sua fiducia e l’avesse solo presa in giro… ma il ragazzo non aveva forse cercato di giustificarsi, di spiegarsi? E lei non l’aveva lasciato fare, questo se lo ricordava. 
Più passavano i minuti, più la sensazione opprimente che aveva provato fino a quel momento alla testa sembrava dilatarsi. Abby cominciò a pensare più lucidamente, e il dubbio che tanto aveva il sapore del rimorso crebbe in lei. 
E se si fosse sbagliata? E se davvero avesse mal interpretato quello che aveva visto? Non era forse quello che aveva continuato a sbraitarle contro James? Sì, qualcosa del genere il ragazzo l’aveva detta. Avrebbe dovuto forse lasciargli il beneficio del dubbio e ascoltare cosa aveva da dire?
Non sapeva più niente, non era sicura più di niente. Si sentiva confusa e vulnerabile come non mai, con le emozioni amplificate al massimo che continuavano ad avere il controllo sul suo stesso corpo e sulla sua stessa mente, impedendole di pensare lucidamente e essere razionale.
Abby si lasciò sfuggire un singhiozzo soffocato, e si rese conto all’improvviso di non essere sola. 
“Emh, Abby, va tutto bene?” le chiese infatti la voce di Luke Anderson, a pochi centimetri da lei, facendola sobbalzare. 
Abby si scoprì il volto e si ritrovò davanti un Luke dall’espressione alquanto preoccupata, che la guardava un po’ impacciato, come se non sapesse bene come aiutarla. 
“Sì, sì, va tutto bene” si affrettò a dire la ragazza, con voce inferma. Abby cercò di asciugarsi il più discretamente possibile una lacrima che le era scesa sulla guancia, ma il ragazzo se ne accorse.
“Stavo tornando nella mia sala comune” le spiegò Luke, “ma se posso fare qualcosa per te dimmelo. Se posso aiutarti lo faccio più che volentieri.”
In effetti, poco dopo mezzanotte Luke si era detto che poteva anche chiudere lì una serata che per lui non era certo stata delle più entusiasmanti. Si era così dileguato dal ballo, dopo aver lasciato la sua dama, Pola, nelle vogliose mani di un Jacob alquanto sconvolto dall’opportunità che stava evidentemente sprecando, ma non poi così dispiaciuto di guadagnarla a sua volta. Per come la vedeva Luke, quell’evento era stato un fiasco: sì, Pola si era rivelata particolarmente simpatica e piacevole come ragazza, però non le interessava minimamente. Adorava stare con i suoi amici, ma quello poteva farlo quando voleva. Quello che non poteva proprio sopportare era rischiare di vedere un’altra volta quel viscido di Walker posare le mani sulla sua Abby. Così, si era messo a vagare per i corridoi, la mente altrove, annoiato e di cattivo umore, diretto verso la Torre di Corvonero. Stava giusto pensando a cosa si sarebbe potuto inventare nello scrivere ai suoi amici di Ilvermony del famigerato ballo di Natale di Hogwarts di cui tanto gli avevano chiesto, quando aveva udito delle grida provenire da un’aula dalla porta socchiusa poco più avanti. Si era immobilizzato immediatamente, chiedendosi cosa stava succedendo, ma poi aveva riconosciuto la voce femminile che gridava: era quella di Abby, e se tanto gli dava tanto la seconda voce, altrettanto alta e rabbiosa, era quella di Walker.
Senza riflettere un secondo di più, aveva spalancato la porta per accorrere in aiuto della ragazza, sinceramente preoccupato per quelle grida; la scena a cui si era trovato davanti sembrava solo aver confermato i suoi timori. 
Ora, era semi inginocchiato accanto alla Grifondoro, che era accasciata a terra, l’ampio vestito azzurro ghiaccio sparso come una nuvola sul pavimento tutto attorno a sé e la faccia tanto provata quanto più irresistibile che mai. Abby rimase un istante a osservare il Corvonero davanti a lei, chiedendosi come aveva fatto a dimenticare che nella stanza ci fosse anche lui. Luke aveva i capelli scompigliati e la cravatta da cerimonia completamente allentata, il primo bottone della camicia aperto e la fissava intensamente.
Di fronte a quello sguardo Abby si sentì stranamente arrossire. Doveva essere in uno stato pietoso, sicuramente aveva il trucco colato dappertutto, e non le andava che qualcuno la vedesse in quello stato; men che meno, per qualche strana ragione, Luke. Comunque, quando il ragazzo le offrì una mano per aiutarla a rialzarsi, accettò di buon grado. 
Luke aspettò di essere certo che la ragazza fosse sicura sui piedi prima di lasciarle andare la mano, trattenendola tuttavia nella sua una frazione di secondo in più del necessario. 
“Abby, se è successo qualcosa con Walker e hai bisogno di parlarne…”
“Non è successo niente” si affrettò a dire Abby, “e ti ringrazio ma non sei proprio la persona con cui parlerei di James.”
“Però ho visto come ti teneva, e ti ho sentita gridare… qualunque cosa fosse, non ti meriti di essere trattata così” insistette il ragazzo, leggermente a
disagio nel dire quelle parole ma sinceramente in pensiero per lei.

“Ti ringrazio ancora per la preoccupazione, ma ti assicuro che non ce ne è bisogno” ripetè Abby, improvvisamente distaccata.
Le era tornato ad un tratto in mente a chi stava parlando esattamente, cosa era successo ormai più di un mese prima e perché lo stesse evitando da quel giorno. Ancora più in imbarazzo, Abby si sistemò il vestito, si scostò una ciocca di capelli dal viso portandola dietro ad un orecchio e, cercando di non guardare più il Corvonero, fece per allontanarsi.
Luke fu preso in contropiede dal brusco cambiamento nel tono di voce della ragazza. Per un singolo istante, era stato come se lei si fosse dimenticata il proposito di ignorarlo a tutti i costi, ma ora sembrava tornata fredda e distante.
“Abby…”
“Davvero sono a posto. Buonanotte, Luke.”
Luke, dopo un momento, si decise. Non poteva continuare così ancora a lungo, non con lei, non dopo tutto quello che aveva provato quella sera quando era stato costretto ad ammirarla solo da lontano. Sarebbe impazzito se non le avesse rivolto la domanda che tanto premeva sulle sue labbra. 
Abby aveva già aperto la porta dell’aula quando Luke la raggiunse; il ragazzo richiuse la porta con un gesto secco. Abby si voltò, presa alla sprovvista, per ritrovarsi con le spalle al muro, bloccata dalle braccia di Luke che tenevano la porta chiusa e lei senza via di scampo. 
“Anderson, cosa credi di fare esattamente? Ti ho già detto che non ho niente da dirti su stasera.”
“Al diavolo Walker, che si fotta. No, dobbiamo parlare di tutt’altro, e penso che lo sappia anche tu. Ora basta con l’ignorarmi, Abby.”
Con il corpo del Corvonero a distanza minima dal suo, il volto così vicino da poter individuare tutte le sfumature degli occhi scuri che la scrutavano indagatori, Abby tentò con tutte le sue forze di mantenere il sangue freddo.
“Io non sto ignorando proprio nessuno, ti fai sempre troppi film quando si tratta di me Anderson” mentì spudoratamente, cercando di suonare convincente nonostante fosse fin troppo evidente ad entrambi che aveva passato le ultime settimane a fare di tutto pur di non dovergli rivolgere la parola.
“E se non mi facessi troppi film ma troppe illusioni quando si tratta di te? Troppi sogni?”
All’ultima parola, Abby trattenne involontariamente il respiro; Luke continuava a osservarla in cerca di una qualche reazione, e non mancò di notarlo.
“Non hai mai risposto alla mia domanda Abigail Hill, quel giorno in biblioteca, era la prima volta che facevi un incubo in cui c’ero io? Perché io non credo proprio.”
Abby cercò in tutti i modi una via d’uscita a quella situazione, ma non ce n’erano. La vicinanza di Luke la confondeva più di quanto non fosse disposta ad ammettere e d’un tratto dubbi e preoccupazioni di tutt’altra natura rispetto a quelli che provava nei confronti di James la riassalirono, dopo che per tanto tempo aveva cercato di evitarli per non doverli affrontare.
Di fronte al silenzio della ragazza, Luke la fissò intensamente negli occhi, avvicinandosi ancora di più a lei; ormai, i due si trovavano a distanza di un soffio. 
“Non fingere di non sapere di cosa parlo.”
Era arrivato il momento delle risposte. 
Abby deglutì, il petto che le si sollevava ed abbassava più velocemente del normale. Non poteva più mentire, non ora che l’argomento era stato affrontato così direttamente. 
“No” sussurrò a voce bassissima.
Poi, ripensò a tutto quello che aveva detto Summer quando avevano discusso tempo addietro. Ripensò alle domande del Corvonero, subito dirette e specifiche. Ripensò a tutte le considerazioni che lei stessa aveva fatto, a tutte le conclusioni a cui era inevitabilmente giunta ma che aveva cercato di dimenticare ad ogni costo per le conseguenze che avrebbero implicato. 
Con gli occhi spalancati e quasi impauriti, si decise a fare a sua volta la fatidica domanda che ormai la tormentava da settimane.
“Luke, facciamo gli stessi incubi?” chiese, mordendosi un labbro.
Il ragazzo fece improvvisamente fatica a sostenere lo sguardo diretto della ragazza.
“Sì” mormorò infine, con voce roca. 
Sentiva il cuore battergli a mille: finalmente eccola, la verità. Nonostante le preoccupazioni che questa comportava, in quel momento l’unica cosa che sembrava avere importanza erano gli occhioni tormentati e spaventati di Abby. Fece per prenderla tra le sue braccia, desideroso solamente di vederla tranquilla; ma poi si ricordò che adesso ne aveva la certezza, agli occhi della ragazza lui non era altro che un carnefice. 
Si trattenne, lo sguardo basso, vergognandosi di se stesso e maledicendo quello che le faceva in quei sogni condivisi come ogni giorno da quando quell’incubo senza fine era cominciato.
“Luke, cosa vuol dire tutto questo?” chiese ancora Abby, a mezza voce. “Perché abbiamo gli stessi incubi, perché ci sogniamo ogni notte a vicenda?”
“Non lo so Abby” rispose Luke, con sincerità, abbandonando le braccia lungo i fianchi, lo sguardo improvvisamente stanco e le occhiaie più marcate che mai. “Non lo so proprio.”

III

 

“Merda Frank!” imprecò Summer inginocchiata a fianco all’amico che giaceva inerme per terra.  Non era abituata a gestire queste situazioni visto che normalmente né lei né i suoi amici erano soliti bere fino a ridursi in quelle condizioni. E il rapido collasso di Frank poi, dimostrava quando il ragazzo fosse anch’egli poco avvezzo all’abuso di sostanza alcoliche.
“Ti prego svegliati ti prego…” urlò Summer, la quale totalmente in agitazione iniziò a colpire con violenti schiaffi il viso di Frank perché si risvegliasse. Ma il metodo della Tassorosso non si dimostrò molto efficace, in quanto il ragazzo non sembrava affatto sul punto di rinvenire.
E ora cosa faccio?, si domandò Summer quasi sull’orlo di una crisi di panico. La ragazza iniziò a guardarsi intorno in cerca di Jake, lui sicuramente avrebbe saputo cosa fare, era abituato a gestire le sbornie pesanti sue e dei suoi amici. Ma purtroppo, prima di riuscire ad individuare Jake, la ragazza venne affiancata dall’ultima persona che avrebbe voluto vedere in tutto il castello: Alex.
Il ragazzo non aveva perso un attimo di vista Summer nel corso di tutta serata, era impossibile per lui distogliere lo sguardo da lei con indosso quel meraviglioso abito. 
Da lontano aveva avuto modo di assistere a tutta la scena di Frank che dava di matto, si agitava e cadeva rovinosamente a terra privo di sensi. Lo sguardo preoccupato della Tassorosso gli aveva fatto capire che la situazione sembrava essere più grave del previsto, quindi anche se si era ripromesse di mantenere il più possibile le distanze tra lui e Summer Evans, quella situazione lo obbligava a trasgredire.
“Che cos’è successo?” domandò Alex con voce concitata, sollevando leggermente la nuca del ragazzo da terra.
Summer rimase per qualche secondo ad osservare il ragazzo che con tanta premura era accorso in aiuto di Frank. Era particolarmente attraente con indosso quella camicia bianca con le maniche tirate su fino ai gomiti (evidentemente doveva aver abbandonato la giacca blu abbinata ai pantaloni da qualche parte mentre ballava) e l’espressione preoccupata che aveva sul viso contribuiva a renderlo ancora più carino del solito agli occhi di Summer, la quale per qualche secondo dimenticò che quel ragazzo dal viso angelico non era niente meno che lo stronzo che dopo averle fatto passare mesi di inferno senza alcuna risposta le aveva anche dato buca all’appuntamento che tanto aveva insistito per ottenere (per giunta senza nemmeno scusarsi nel corso dei giorni successivi). Ma Summer soffocò i pensieri di rabbia e nervosismo che stavano iniziando a farsi largo dentro di lei, in quel momento la cosa più importante era Frank. E da sola non avrebbe potuto aiutarlo.
“Ha bevuto troppo, e credo che ad averlo ridotto così non sia stato solo l’alcool…” spiegò Summer curandosi bene dal non incrociare lo sguardo del ragazzo.
“Dobbiamo spostarlo da qui” decretò Alex guardandosi rapidamente intorno, “i professori potrebbero vederlo, e credo finirebbe nei guai”.
La musica elettronica era molto alta e la festa stava iniziando a diventare abbastanza caotica (l’alcool e le caramelle gommose di Jake e la sua crew di
delinquenti stavano iniziando a fare effetto sulla maggior parte dei presenti). Poco lontano da loro un Andy Rocket completamente disinibito si era tolto la camicia e, rimanendo a torso nudo, iniziò a farla roteare sulla testa. Alle sue spalle invece, Jacob Ray si stava baciando in modo alquanto curioso contemporaneamente con due ragazze, mentre l’amico Liam Lewis, affiancato dalla sua dama, lo guardava sconvolto.
Era necessario spostare Frank da quella bolgia.
I due ragazzi sollevarono a fatica Frank, e issandosi attorno al collo un braccio ciascuno lo trascinarono a peso morto fino ad un angolo vicino alla porta di ingresso della sala grande, dove Summer aveva prontamente individuato un divanetto vuoto.
“Ok facciamolo sedere qui, e deve stare dritto” si decise infine Alex, respirando affannosamente e facendo accomodare il corpo molle di Frank sul divanetto.
Frank per un attimo sembrò riacquisire leggermente i sensi, perché mugugnò gemebondo qualcosa di incomprensibile cercando di aprire leggermente gli occhi.
“Frank come ti senti? Tutto bene?” domandò subito Alex ad alta voce in direzione del ragazzo, la cui testa iniziò nuovamente a ciondolare pericolosamente.
“Non deve vomitare vero? Ti prego dimmi di no perché non lo sopporterei!”  chiese Summer disgustata al solo pensiero di dover reggere la fronte dell’amico tra un conato e l’altro. Ma fece appena in tempo a finire la frase che il ragazzo si accasciò malamente sul divanetto ed incominciò a russare.
“Sta dormendo? Cioè ubriaco, in mezzo a questo caos e lui che fa? Si addormenta?” scoppiò a ridere Summer divertita da quello che stava vedendo.
“A quanto pare! Rogers non smette mai di stupirci eh?” commentò Alex ridendo a sua volta.
Summer perse un battito nel vedere il sorriso di Alex. Quel sorriso che lei trovava così irresistibile, e che le mancava tanto. E ora che l’emergenza Frank sembrava essere rientrata, i ricordi di quello che era accaduto ad inizio dicembre ad Hogsmeade le tornarono alla mente come uno schiaffo in pieno viso, facendo ribollire il sangue nelle vene. 
Come era possibile che Alex, dopo tutto quello che le aveva fatto, ora fosse lì accanto a lei, ad aiutare Frank con il suo solito fare da buon samaritano, permettendosi addirittura di ridere come se tra loro non fosse mai successo nulla. Alex l’aveva ingannata, le aveva mentito e l’aveva fatta soffrire senza un motivo logico, senza una ragione plausibile. Ed ora lui se ne stava lì, a ridere alla sua battuta come se nulla fosse, senza averle mai rivolto delle scuse per tutto quello che le aveva fatto passare e quello che ancora le stava facendo patire.
Summer fece un profondo respiro, e per evitare di dire o fare cose che di sicuro l’avrebbero cacciata nei guai, si inginocchiò accanto a Frank e gli sistemò sotto la testa uno scialle che evidentemente qualche ragazza aveva dimenticato lì, dimodoché mantenesse la testa leggermente sollevata. 
Alex a quanto pare non si rese conto del repentino cambio d’umore della ragazza, e probabilmente non si rese nemmeno conto di quanto la situazione fosse imbarazzante, perché continuò a parlare come se nulla fosse.
“Non pensavo che Rogers bevesse alcolici, ho sempre pensato fosse un ragazzo a modo.”
Summer gli lanciò un’occhiataccia indispettita.
“Non è che se uno beve alcolici non è un ragazzo a modo, Alex. Non sono i modi che uno ha di divertirsi a determinare il tuo livello di buon comportamento” risposte secca.
“Sì scusa, non intendevo dire questo. Volevo solo dire che non mi sembrava il tipo ecco…”
“Ah sì? Perché si deve essere per forza un tipo di persona per bere un po’ d’alcool?” ribatté piccata Summer rialzandosi da terra e fronteggiando il ragazzo. Non sapeva bene come mai lo stesse facendo, se prima era decisa ad ignorare il ragazzo, ora sembrava al contrario intenzionata a fronteggiarlo. Sembrava chiaro che con quelle frasi il Tassorosso stesse indirettamente rivolgendo degli insulti velati verso il gemello. E Summer non poteva accettarlo.  Alex non doveva permettersi di insultare Jake di fronte a lei, nemmeno in modo così sottile. 
Alex rimase sorpreso dalla reazione della ragazza, perché la fissò per qualche secondo con un sopracciglio alzato e poi le domandò: “E da quando a te piacerebbe l’alcool?”
“Non mi piace l’alcool. Dico solo che non sta a noi giudicare il modo in cui le persone possono o non possono divertirsi.”
“Beh in quanto prefetto dovresti essere contraria a questo tipo di mezzi ricreativi, non credi?” fece Alex indicando la folla danzante che per la maggior parte era formata da ragazzi e ragazze un po’ troppo su di giri. A pochi metri da loro Paul Rew completamente fuori di sé aveva sollevato in aria uno Zokos urlante e l’aveva lanciato come se fosse una palla da rugby nelle braccia di Lee Wuan. Ma quest’ultimo, fuso almeno quanto l’amico, non era riuscito a prenderlo e ora Zokos giaceva a terra dolorante. 
“E ora andrai a far la spia ai professori dicendo che sono un prefetto incapace?”
“Assolutamente no, Summer. Mi spiace solo che per colpa di mio fratello tu cerchi di essere quello che non sei in realtà.”
Summer rise. Finalmente Alex giocava a carte scoperte e tirava fuori l’argomento che tanto sembrava turbarlo. Jake.
“Ah ecco dove volevi arrivare, a Jake. Ci giri sempre attorno, giri giri e poi finisci lì. Ma sappi, caro Alex, che Jake non mi ha influenzato in alcun modo, come non ha influenzato nessuno di coloro che hanno bevuto alcolici questa sera, quindi risparmia le tue prediche da parroco mancato per un’altra occasione” sputò Summer senza timore alcuno.
La mascella di Alex si contrasse impercettibilmente, e prima di rispondere il ragazzo fece alcuni respiri profondi.
“Summer, Jake non è una buona compagnia. Se vuoi stare lontano da me fai pure, ma non cercare di punirmi stando appresso a mio fratello, farai solo del male a te stessa.”
Summer sgranò gli occhi. Probabilmente il ragazzo di fronte a lei doveva aver fatto uso di sostanze altamente stupefacenti per sentirsi in diritto di dirle cose del genere.
“Alex mi dispiace deluderti, forse credi che il mondo graviti tutto attorno a te, ma non è così” rispose Summer alzando il tono della voce. “Io passo del tempo con Jake perché mi fa stare bene, al contrario di quanto dici e da quanto può sembrarti è un bravo ragazzo. Forse dovresti conoscerlo meglio, giusto per ridimensionare un po’ le tue convinzioni becere e prive di senso.”
“Io lo conosco bene Summer, meglio di quanto lo conosca tu. Tu non sai in che giri è immischiato, l’alcool che c’è stasera è-”
“So tutto Alex! Jake mi ha raccontato tutto, so benissimo chi introduce alcolici e droghe occasionalmente a scuola, Jake me ne ha parlato tempo fa” sbottò Summer, e notando l’espressione stupefatta del ragazzo rincarò la dose. “Mi spiace aver deluso il tuo ridicolo tentativo di screditare tuo fratello ai miei occhi.”
“E a te sta bene frequentare una persona del genere? Jake è uno stronzo! Una volta non eri così Summer!” replicò il ragazzo stringendo con rabbia i pugni.
“E quindi? Si cambia, Alex. E sì, mi sta bene frequentare una persona così, visto che per anni ho frequentato una persona che mi ha solo preso in giro, mi ha mentito, mi ha illusa quando invece si mostrava gentile e generosa con tutti. Che ne dici Alex, la conosci questa persona? Ti darò un aiutino, poche settimane fa mi ha dato un appuntamento, al quale non si è presentato lasciandomi come una cogliona per due ore sotto la neve al freddo! E per giunta non si è nemmeno scusato, ma se ne sta qui a parlarmi come se nulla fosse, a giudicare la mia vita e le mie amicizie”.
Summer sembrava animata da una strana forza, mai avuta prima. Le parole le stavano uscendo dalla bocca come un vomito incontenibile, e al contrario di quanto le era sempre accaduto in situazioni simili, gli occhi non le si stavano riempiendo di lacrime. Era così arrabbiata, così stufa, che non aveva nemmeno più la voglia di piangere per Alex Allen.
“Summer ascolta …” provò a dire Alex ma la ragazza lo interruppe subito.
“No, ascoltami tu Alex. Non permetterti mai più, mai più, ad insultare Jake davanti a me. L’unico stronzo qui sei tu, ti permetti il lusso di insultare tuo fratello, solo perché salta qualche lezione o perché si diverte con le ragazze dentro ad uno stupido sgabuzzino - con il loro consenso oltretutto - quando tu invece sei molto peggio! Hai capito?! Tu non vali nemmeno la metà di Jake.”
Queste parole colpirono Alex come un pugno nello stomaco. La sua Summer lo odiava, lo detestava come mai nessuno. E aveva ragione di farlo. Ma in quel momento, il sentirsi dire quelle parole dalla ragazza che gli piaceva, che quella sera era più bella che mai, gli stava facendo perdere il controllo. E quella sera, assolutamente, non doveva perderlo.
Ma quelle parole su di lui, su Jake, lo sguardo di Summer, pieno di una rabbia e un risentimento mai visto in lei, stavano avendo un effetto controproducente. Sentiva la calma abbandonarlo lentamente, come una clessidra che si stava svuotando pian piano.
Il respiro iniziò a farsi affannoso, e i pugni si contrassero così tanto da far sprofondare le unghie nella carne.
Summer osservò per qualche istante il ragazzo. Le frasi che aveva sputato con tanta rabbia avevano avuto l’effetto sperato, il ragazzo era livido dalla rabbia. Però c’era qualcosa che non andava. Il volto di Alex si stava contorcendo in un’espressione di rabbia che a tratti appariva grottesca, quasi animalesca, ma di sicuro non umana.
La ragazza era quasi certa che le pupille del Tassorosso si stessero dilatando in una maniera anormale, e il suo respiro affannoso era accompagnato da un leggero e rauco rantolo.
Summer non capiva perché, ma c’era qualcosa di strano nell’aria, ed una inspiegabile sensazione di paura iniziò a pervaderla.
“Rogers è k.o. finalmente! Mi devi un favore Evans, scusa se sono sparito, ma avevo delle importanti cose da risolvere” esclamò all’improvviso la voce allegra di Jake, alle spalle di Alex.
Il ragazzo li aveva appena raggiunti, con un’espressione particolarmente gioiosa sul volto, chiaramente frutto dei numerosi bicchieri di alcool che si era scolato nel corso della serata e dalla vista di Frank finalmente innocuo e in silenzio.
“Evans che muso lungo, tutto bene? Il mio fratellino ti sta rompendo le scatole?” domandò Jake non appena notò l’espressione impaurita che regnava sul volto della ragazza. 
Il Serpeverde si avvicinò subito a Summer, e non appena si voltò verso Alex capì tutto. Quell’espressione contratta e quegli occhi totalmente privi di umanità erano il segnale che stava per accadere quello che non sarebbe mai dovuto succedere. Non lì.
“Alex che ti prende? Calmati adesso, hai bevuto la pozione?” provò a dire Jake, poggiando una mano sulla spalla del fratello, il quale però con uno scatto rapido si ritrasse.
Alex si portò le mani al viso, e iniziò a respirare sempre più affannosamente.
“Cosa gli sta succedendo? Sta male?!” gracchiò Summer, preoccupata. Era chiaro che Alex si sentisse poco bene, il suo comportamento non era normale.
“Alex…” fece in tempo a dire Jake, e Alex corse via.
“Porca puttana!” imprecò il Serpeverde. Prima di partire all’inseguimento del fratello gridò verso Summer, con un tono preoccupato e serio: “Sum mi raccomando, rimani qui e non seguirci”.
Summer notò l’espressione preoccupata sul volto di Jake. Non aveva mai visto il Serpeverde così sconvolto, e soprattutto non avrebbe mai pensato di vederlo così per il fratello. Senza dare alcun ascolto alle ammonizioni di Jake, li seguì. C’era chiaramente qualcosa che non andava, e non avrebbe mai permesso ai due gemelli di tenerla all’oscuro di tutto. Di qualsiasi cosa si trattasse, si sentiva in dovere di aiutare.
Summer iniziò a correre con tutta la forza che aveva in corpo, cercando di non perdere di vista i due ragazzi che stavano correndo verso l’uscita del castello. I tacchi alti e il vestito lungo le stavano creando non poco impedimento, ma non riuscirono a fermarla. Facendosi largo tra gruppi di ragazzi alticci e spingendo senza ritegno le coppiette che ostacolavano il suo passaggio, Summer superò l’immenso portone di quercia che dava sul meraviglioso parco di Hogwarts. 
La ragazza scese velocemente le scale, ma non vide l’ultimo scalino e ruzzolò rovinosamente a terra sulla neve fresca. Due ragazzi si avvicinarono a lei per aiutarla ad alzarsi, ma lei sembrò non accorgersene. Senza ringraziarli si alzò, si sfilò i tacchi che lanciò chissà dove e riprese a correre, cercando di non perdere di vista Jake e Alex.
Summer era così presa dall’inseguimento che non prestò alcuna attenzione alla neve congelata su cui posava i piedi nudi, passo dopo passo. Non sentiva nemmeno il freddo pungente sul viso e sulle braccia nude, o l’aria gelida che le riempiva i polmoni ad ogni affannoso respiro. L’unica cosa che le importava era raggiungere i due ragazzi e capire che cosa stesse succedendo. Qualcosa le diceva che non le piaceva affatto quello che avrebbe visto, ma allo stesso tempo aveva bisogno di risposte, di capire. Il comportamento di Alex non era normale, e le cose erano degenerate esageratamente nell’ultimo anno, ma mai si sarebbe aspettata di vedere il Tassorosso come l’aveva visto pochi minuti prima. Non era lui, quella rabbia che lo aveva improvvisamente pervaso, quello sguardo assente e quell’espressione dura non appartenevano al ragazzo che aveva conosciuto durante quegli anni ad Hogwarts.
Ora non capiva esattamente cosa stesse accadendo, perché Alex stesse scappando così e soprattutto perché Jake lo stesse inseguendo. Era chiaro che il Serpeverde fosse a conoscenza di cosa passava nella testa del fratello, e Summer era decisa a scoprirlo, in un modo o nell’altro. 
Summer inseguì i due ragazzi con quanto fiato aveva in gola, presa da una disperazione che non riusciva a comprendere. Sempre alle calcagna dei due gemelli, superò le serre, e muovendosi a fatica fra la neve che diventava sempre più alta vide che Alex stava correndo dritto verso il platano picchiatore.
Se avesse fatto ancora qualche metro, sarebbe stato sicuramente colpito con violenza dai nodosi ed enormi rami del platano. 
Ma i due gemelli non sembravano volersi arrestare, e Summer sapeva che se si fossero avvicinati di più sarebbero finiti per farsi ammazzare.
“JAKE, ALEX! FERMATEVI!” 
L’urlo disperato di Summer raggiunse le orecchie dei due ragazzi, i quali si fermarono all’unisono.
Jake si voltò, e Summer lesse sul viso del ragazzo un’espressione mai vista in lui. Terrore puro.
“Summer cosa cazzo ci fai qui? Ti avevo detto di stare al castello” urlò il ragazzo, disperato.
“Cosa sta succ- ALEX!”
Alex cadde a terra, in ginocchio. Inspirando ed espirando affannosamente.
Summer fece per corrergli incontro ma Jake si frappose subito fra lei e il ragazzo e la fermò trattenendola con le braccia.
“Jake lasciami andare!” urlò disperatamente Summer. Per quanto avesse odiato Alex in quegli ultimi mesi, non poteva sopportare di vederlo in quelle condizioni. Era chiaro che stesse male, e che avesse bisogno di aiuto.
“Summer ti prego, vai via!” provò a dire Jake, nel tentativo di frenare la ragazza dal raggiungere il gemello. Ma l’impresa si stava dimostrando più ardua del previsto, Summer sembrava animata da una forza mai vista prima.
“Jake lascia che lo aiuti! Che cos’ha?!” sbraitò Summer sempre cercando di divincolarsi dalla presa ferrea del Serpeverde. 
Ma prima che il ragazzo potesse rispondere, Alex cacciò un urlo di dolore atroce, che fece gelare il sangue nelle vene di Summer.
Jake, con tutta la forza che aveva in corpo spinse via Summer, facendola cadere a terra alle sue spalle, e dalla tasca interna dell’abito da cerimonia estrasse la bacchetta puntandola con mano tremante dritta contro il fratello.
Alex si rialzò in piedi, sempre respirando a fatica. All’improvviso braccia e gambe presero a tremare, e un terribile ringhio uscì dalla sua bocca.
Summer era pietrificata. Seduta a terra, non riusciva a muovere un muscolo, e non riusciva a distogliere lo sguardo dal tremendo spettacolo che stava prendendo vita di fronte a lei.
La testa e il corpo di Alex si stavano allungando, e le sue spalle incominciarono ad incurvarsi. Ispidi peli incominciarono a spuntare copiosamente sul viso e sulle mani, che si trasformarono, come i piedi, in zampe artigliate. Un paio di tremende e appuntite zanne iniziarono a spuntare dalla bocca, deformando il viso in un muso animalesco.
“Ma che cosa…” mormorò Summer rialzandosi in piedi. Guardò in cielo. Una candida e perfetta luna piena si stagliava sulle loro teste. E finalmente capì tutto. Le ripetute assenze di Alex, il suo sparire regolarmente ogni mese, i suoi comportamenti confusi e privi di senso. Tutto il quadro adesso stava prendendo forma. La consapevolezza si fece finalmente largo in Summer, tutto assunse finalmente una logica. 
Alex era un lupo mannaro.
“Summer, vattene via! Scappa! E non farne parola con nessuno” le ordinò Jake in tono autoritario, senza abbassare la bacchetta puntata contro quell’essere spaventoso che pochi minuti prima era suo fratello.
“No Jake, cosa vuoi fargli? Io voglio aiutarlo, io…”
“TI HO DETTO DI ANDARTENE, L’HAI CAPITO O NO?!” urlò Jake rabbioso.
Il grido di Jake la scosse. Summer lanciò un ultimo sguardo verso Alex. Lo guardò dritto negli occhi. E per pochi secondi, riconobbe lo sguardo dolce e gentile del ragazzo di cui era sempre stata innamorata, finché non lo vide sparire, insieme all’ultimo, minuscolo briciolo di umanità che gli era rimasto. Il lupo mannaro ululò, e Summer scappò via. Corse veloce, lontano, con il volto rigato dalle lacrime e la luce della luna che illuminava tutto attorno a lei.

 

 

 

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Capitolo 23
*** Capitolo 22 - SORPRESAAA! ***


Capitolo 22 - SORPRESAAA!


 

I

Sophie si alzò di soprassalto dal letto, una terribile nausea l’aveva svegliata nell'unica ora in cui era riuscita a dormire. 
Si diresse velocemente in bagno, aveva le gambe molli e la testa era colpita incessantemente da continue fitte che le avevano reso la notte impossibile. Non era solo il mal di testa però ad averle creato problemi, dopo la discussione con Thomas non aveva fatto altro che pensare alle conclusioni a cui era arrivata.
Era arrivato il momento di accettare che la sua relazione con Edward non potesse continuare, non solo perché a lei non aveva mai smesso di piacere Thomas ma perché lei e il Grifondoro non stavano così bene insieme come tutti avevano sempre creduto e come lei stessa aveva sempre creduto.
Sophie appoggiò le mani sul bordo del lavandino e chiuse gli occhi per mandare via i pensieri, ora doveva solo concentrarsi sul malessere che l’aveva pervasa all’improvviso. 
Non poteva ancora credere di aver bevuto così tanto, non era da lei; se mesi prima le avessero detto che si sarebbe ubriacata così al tanto atteso ballo di Natale non ci avrebbe mai creduto. Non ricordava tutto alla perfezione della serata trascorsa, solo alcune scene le venivano di tanto in tanto alla mente, ma era sicura di aver detto o fatto cose più imbarazzanti del previsto. 
L’unica cosa che ricordava quasi per filo e per segno era la discussione con Thomas. Non riusciva a togliersi dalla mente l'immagine del biondo che la guardava divertito nel vederla in quello stato: gli occhi azzurri che non si spostavano dai suoi e il sorriso sul volto che in pochi secondi era scomparso. Il Serpeverde le aveva ammesso di non essere riuscita a dimenticarla e così si era accorta anche lei di non aver mai smesso di provare qualcosa per Thomas Blake, il ragazzo che aveva ignorato per mesi.
La nausea le salì più forte di prima e Sophie aprì di scatto gli occhi, guardando il suo riflesso nel piccolo specchio davanti a sé. Non si riconosceva neanche: gli occhi erano contornati dal trucco sbavato dal pianto, due marcate occhiaie le davano un’aria stanca ed i capelli avevano ancora una parvenza dell’acconciatura della sera prima. Una volta arrivata in dormitorio non era neanche riuscita a struccarsi e né a sciogliersi i capelli, si era fiondata nel letto mettendosi in fretta e furia solo il pigiama dai colori della sua casa.
Si sciacquò la faccia per svegliarsi e lentamente la nausea sembrò diminuire ma il mal di testa non le lasciava pace costringendola a chiedere di tanto in tanto gli occhi per il fastidio. Si pettinò al meglio i lunghi capelli e si tolse frettolosamente il poco trucco che le era rimasto sul viso.
Guardò l’ora sul piccolo orologio che aveva appoggiato affianco al lavandino e strabuzzò gli occhi. 
Era tardissimo. Se Abigail non si fosse alzata di lì a poco avrebbe perso la metropolvere e sapeva che, se la Grifondoro non fosse riuscita a tornare a casa, probabilmente se la sarebbe presa anche con lei perché non l’aveva svegliata.
“Abby svegliati! Se non ti alzi perdi la metropolvere!” urlò la Grifondoro ancora dentro il bagno facendo capolino con la testa sulla porta per assicurarsi che la compagna l’avesse sentita.
Abby mugugnò qualcosa e si rigirò nel letto, coprendosi il volto con lo spesso piumone. Non riusciva a capire perché l’amica si preoccupasse tanto, lo sapeva che per la prima volta dal suo arrivo ad Hogwarts non sarebbe tornata a casa dalla sua famiglia. 
Giusto, non gliel'ho ancora detto pensò la Grifondoro ricordandosi che aveva intenzione di dirglielo la mattina stessa per farle una sorpresa. L'aveva deciso da poco e aveva tenuto la notizia nascosta per vedere la reazione dei suoi amici sicuramente stupiti di vederla. 
“Se la perdi non è poi colpa mia!” continuò Sophie mentre si infilava i primi indumenti che aveva trovato nell’armadio. Non succedeva mai che Sophie prendesse alla rinfusa dei vestiti senza neanche impegnarsi a fare gli abbinamenti giusti, era solita vestirsi sempre alla perfezione ma quella mattina non ne aveva le forze. Il mal di testa non sembrava aver alcuna intenzione di abbandonarla e ogni tre per due la nausea ritornava più forte di prima. Ancora non poteva credere che si fosse ubriacata così tanto.
“Sisi” bisbigliò Abby da sotto le coperte. Avrebbe approfittato di una delle poche mattine libere per dormire qualche ora in più, visto che anche lei non aveva chiuso occhio. E per una volta la colpa non era solo degli incubi. 
Sophie alzò le spalle, non aveva voglia di fare l’amica apprensiva e noiosa così non le disse più nulla e dopo essersi cambiata in fretta, scese giù dal dormitorio di corsa per raggiungere la sorella. Lallie infatti, a differenza di Sophie, sarebbe tornata a casa per Natale e la Grifondoro desiderava accompagnarla nell’ufficio della McGranitt, dove i Grifondoro in partenza avrebbero preso la metropolvere; voleva salutare la sorella ancora una volta e aiutarla con i numerosi regali che aveva comprato ad Hogsmeade per ogni membro della famiglia. 
Dopo aver salutato la sorella, Sophie si sforzò di andare a fare colazione solo nella speranza che il cibo avrebbe terminato quel malessere infinito. 
Sapeva cosa le aspettava una volta entrata nella Sala Grande: non l’aveva visto nella Sala Comune, quindi era sicura sarebbe stato lì. Nonostante avesse di gran lunga preferito stare chiusa nel dormitorio per tutto il giorno senza vedere anima viva, sapeva che non si sarebbe potuta nascondere per sempre e che prima o poi avrebbe dovuto affrontare Edward. 
La Sala Grande era quasi deserta. La maggior parte degli studenti era tornato finalmente dalle famiglie e tra i pochi ragazzi che invece avevano deciso volontariamente o meno di rimanere al castello, solo alcuni erano scesi per fare colazione. La restante parte aveva infatti preferito rimanere nel letto dopo lo stancante ballo di Natale anche a causa degli effetti dell'alcool. 
Una volta entrata nella Sala, Sophie sentì subito gli occhi accusatori di Edward puntati addosso. Non aveva bisogno di sapere cosa pensasse per capire che era deluso dal suo comportamento. 
Il ragazzo, seduto all’inizio di uno dei lunghi tavoli, la stava aspettando e non aveva smesso un attimo di preoccuparsi per lei.
“Sophie, allora sei viva…” disse il Grifondoro, tenendo stretta tra le mani una tazza di caffè. Era innervosito, aveva cercato la sua ragazza per un’ora in tutto il castello e la preoccupazione era salita ogni minuto. L’aveva lasciata completamente ubriaca con i suoi amici nella Sala Grande per cercarle dell'acqua e quando era tornato nessuno di loro era più davanti al tavolo delle bevande. Così aveva iniziato a cercare Sophie in lungo e in largo con la speranza di trovare almeno uno dei suoi amici per poter chiedere dove fosse finita, ma niente. Riuscì solo a parlare con James nel loro dormitorio che però, preso ancora dalla rabbia della litigata con Abigail, aveva faticato anche solo a dirle che l’unica che aveva visto era lei e che non sapesse altro. 
La mattina stessa Edward aveva chiesto informazioni a Summer che però ne sapeva meno di lui, quest'ultima l’aveva vista andare in bagno ed era convinta fosse ritornata nella Sala Comune con lui.
“Scusami Edward, so di essere scomparsa. Ma ieri sera non stavo bene e ho deciso di andare a dormire per evitare di fare cose spiacevoli” cominciò a giustificarsi Sophie avvicinandosi ancora in piedi al ragazzo che non sembrava intenzionato a darle ascolto. Fissava la sua tazza bianca con sguardo avvilito mentre girava lentamente il contenuto con il cucchiaino. 
“L’ho visto che stavi male, ma non hai pensato che mi sarei potuto preoccupare? Ti ho cercato dappertutto” confessò Edward alzando lo sguardo verso la ragazza. Era deluso e amareggiato, come poteva la sua fidanzata nemmeno preoccuparsi di dirgli che andava a dormire? Sapeva benissimo quanto lui fosse stato in apprensione nel vederla così ubriaca per la prima volta e non aveva neanche pensato di avvertirlo.
“Mi dispiace davvero, sono stata una stupida ma facevo persino fatica a collegare le cose. Così sono andata subito nel mio dormitorio… speravo che qualcuno te lo dicesse.”
Sophie era davvero dispiaciuta, aveva visto quanto fosse preoccupato Edward nel vederla in quello stato ma la sera prima non era nelle condizioni di preoccuparsi anche per lui, tra l’alcool e i mille pensieri non era riuscita a stare dietro a tutti come suo solito ed odiava non avere il controllo sulle cose. 
“Si da il caso che nessuno lo sapesse Sophie, e che neanche uno dei tuoi amici fosse più nella Sala.”
Edward la guardava e il suo sguardo era più freddo del solito. Era rimasto in agitazione per tutta la notte, si era chiesto perché Sophie si fosse ubriacata così tanto e si era persino dato la colpa pensando che la causa fosse la dichiarazione che gli aveva fatto poco prima. Temeva di averla messa a disagio e di averla fatta sentire sbagliata e non riuscì a non sentirsi in colpa anche per questo.
“Scusa davvero, ti ho rovinato la serata” mormorò Sophie abbassando lo sguardo. Era dispiaciuta più che mai e i sensi di colpa aumentavano sempre di più. Era stata una fidanzata terribile, non solo non aveva risposto al ti amo l’aveva anche lasciato da solo alla fine della serata. Non poteva immaginare quanto fosse in pensiero per lei non vedendola più in giro. 
“Sei tu che te la sei rovinata” la corresse Edward con distacco. Le dispiaceva trattarla con sufficienza ma non poteva farne a meno. Era sempre stato tutto così semplice tra di loro dall’inizio e ora niente stava andando per il verso giusto. Sperava che lei si fosse innamorata di lui allo stesso modo e anche se non lo dava a vedere gli aveva lasciato l’amaro in bocca pensare che non fosse così. Eppure era convinto che ci volesse solo del tempo e che Sophie sarebbe riuscita a dirgli ti amo senza esitazione. 
Non era quello però che in quel momento lo turbava di più, lo era il pensare che alla sua fidanzata non fosse passato neanche per la mente di aspettare che lui tornasse per andare assieme alla Sala Comune e per passare almeno gli ultimi istanti della serata uno accanto all'altra. 
Edward era convinto che qualcosa non andasse, non sapeva dire cosa ma sentiva che sotto il comportamento della ragazza ci fosse qualcosa di strano. Non era uno stupido e anche se era terribilmente innamorato riusciva ancora a capire quando le cose non andavano per il verso giusto, ma sperava che fosse solo colpa dell’imbarazzo per la sua confessione.
“Come stai ora?” continuò lui cercando di essere più gentile possibile, anche se dalla voce traspariva ancora amarezza. L’aveva vista arrivare con lo sguardo stanco e abbattuto e nonostante tutto le aveva fatto una tenerezza infinita. Era sempre stato gentile con lei e anche in quel momento non riusciva a farle il muso per troppo tempo. 
“Non molto bene, il mal di testa mi sta uccidendo” ammise Sophie mettendosi le mani sulle tempie. Anche dopo minuti dal suo risveglio il dolore non era scomparso e probabilmente non l'avrebbe lasciata in pace per tutto il giorno. 
“Sof!” la voce di Summer la fece voltare: la Tassorosso al tavolo affianco si stava sbracciando per farsi notare dall’amica.
“Scusami” disse Sophie guardando il ragazzo e allontanandosi per raggiungere Summer che la stava guardando sorridente facendole segno di avvicinarsi.
“Ammetti che ti ho salvato da una situazione imbarazzante” rise l'amica appoggiando la testa sulle braccia incrociate sul tavolo.
“Lo ammetto e ti devo un favore, come hai fatto a capirlo?” chiese Sophie sedendosi accanto a lei. 
La Grifondoro da quando si era svegliata aveva cercato scuse per non dover stare troppo a lungo con Edward, sapeva che prima o poi avrebbe dovuto affrontarlo ma quella mattina non ne aveva le forze. E la Tassorosso l'aveva salvata. 
“Oltre a notare come mio solito cose che non dovrei notare, Edward prima è venuto a chiedermi se sapessi dove fossi finita ieri e come stessi… sembrava parecchio innervosito” ammise la Tassorosso alzando le spalle. Il Grifondoro non appena aveva visto Summer entrare nella Sala Grande le si era avvicinato per chiederle se sapesse qualcosa sulla sua ragazza. 
"Lo è giustamente, ieri dopo essere andata in bagno sono salita in dormitorio senza neanche avvertirlo" spiegò Sophie all'amica che si sentiva in colpa anche per quello, sembrava non averne fatta una giusta al ballo. 
"Colpa sua che ci ha messo tanto a prendere dell'acqua" scherzò Summer notando lo sguardo afflitto della ragazza. 
"Non avevo considerato questo particolare" Sophie finalmente rise per poi concentrarsi sul volto stanco dell'amica. 
“Come mai hai quelle occhiaie? Sembri distrutta… hai dormito?” domandò con un sopracciglio alzato. Se Summer aveva notato che Edward e Sophie stessero discutendo e aveva deciso di intervenire, Sophie aveva notato le occhiaie marcate e gli occhi stanchi della ragazza anche se coperti dal trucco che la Tassorosso aveva usato per nascondere volontariamente il fatto che non avesse dormito neanche un secondo.
Anche Summer infatti non aveva chiuso occhio, quello che aveva visto la sera prima l'aveva sconvolta a dismisura. 
Non poteva ancora crederci. Per ore aveva sperato che fosse riuscita ad addormentarsi e che fosse stato tutto un terribile incubo ma purtroppo non era così. 
Era più che sicura di quello che aveva visto: Alex era un lupo mannaro ed ora suo malgrado ogni cosa era più chiara.
Summer avrebbe preferito continuare ad immaginarsi il suo amato Tassorosso come lo stronzo di turno a cui non importava nulla di lei e invece ora avrebbe dovuto affrontare la verità che faceva più male di tutto il resto. Non riusciva a pensare che il ragazzo di cui era sempre stata innamorata, per chissà quanti anni avesse dovuto combattere con quella terribile situazione. 
Era così difficile accettarlo per quelli attorno a lui e non riusciva ad immaginare cosa provasse lui a viverlo in prima persona una volta al mese, non poteva neanche lontanamente immaginare quanto fosse complicato vivere con la consapevolezza di non essere un ragazzo normale. 
Ora purtroppo tutto quanto aveva un senso, il perché si sforzasse ad allontanarsi da lei e il perché scomparisse senza dare spiegazioni. Summer non riuscì a non provare sensi di colpa per come l'aveva trattato per tutti quei mesi, aveva solo peggiorato la sua condizione ma il ricordo del grido del ragazzo la risvegliò dai pensieri. 
Non poteva dirlo a nessuno ed era costretta a custodire quello spaventoso segreto con cura, così si inventò una scusa per non raccontare quello che le aveva provocato un terribile mal di stomaco per tutta la notte.
“No, è che… ho vegliato su Frank nella nostra Sala Comune e parla persino nel sonno! Non è stato zitto un attimo!” mentì Summer provando ad essere convincente. 
La Tassorosso aveva deciso di stare vicino all'amico per controllare stesse bene, sapendo benissimo che non sarebbe mai e poi mai riuscita a dormire aveva colto l'occasione per assisterlo su uno dei divanetti gialli. 
Ma quello che aveva detto a Sophie ovviamente non era vero, Frank aveva dormito come un ghiro come al solito e forse era stato tra tutti l’unico ad aver dormito sonni tranquilli.
“Oh no, mi dispiace… Frank riesce ad essere fastidioso persino di notte" commentò Sophie trattenendo una risata. Sapeva anche lei che il ragazzo riuscisse ad addormentarsi nei luoghi e nei momenti più assurdi e credette alla scusa dell'amica senza neanche il dubbio che la Tassorosso le stesse mentendo. 
“E tu? Non mi sembra tu stia bene Sof, penso di non averti mai vista in questo stato in tutti questi anni ad Hogwarts... e non credo sia solo colpa delle due parole che hai scambiato con Richardson” chiese la Tassorosso cambiando prontamente discorso. Doveva tenere la bocca cucita su tutto e decise di parlare di altro ed il volto distrutto dell’amica gliene diede modo. Gli occhi rossi e i capelli pettinati alla veloce rendevano Sophie particolarmente trasandata e Sophie non era mai trasandata.
“Ho solo un fortissimo mal di testa da stamattina ma penso sia colpa dell’alcool, non pensavo facesse così schifo il post-sbornia.”
A quanto pare quella mattina stavano tutti facendo a gara su chi riuscisse a trovare le scuse migliori per evitare di raccontare gli avvenimenti della sera precedente. 
“Sof…” iniziò Summer, “pensi che mi beva che è solo la sbornia?”
La Tassorosso la guardava esitante. Se fosse stato solo quello, Sophie non avrebbe avuto lo sguardo così addolorato e sofferente. Sicuramente il mal di testa non aiutava e la sbornia l’aveva fatta svegliare col piede sbagliato ma era chiaro non ci fosse solo quello.
“Ma davvero, non avevo mai bevuto prima e mi sento uno straccio…”
“Guarda che ti conosco, lo capisco che c’è qualcosa che non va e purtroppo sono sicura che non sia solo colpa dei drink di troppo.”
Summer era sicura fosse successo qualcosa e spesso le sue convinzioni si rivelavano vere. 
“No, è che non lo reggo proprio e – Va bene, va bene, hai vinto. Non c’è solo quello” confessò Sophie vedendo lo sguardo poco convinto dell’amica. In fondo aveva bisogno di parlare con qualcuno, si era tenuta tutto dentro per troppo tempo e aveva paura prima o poi sarebbe scoppiata.
“È successo qualcosa con Edward durante il ballo? Hai voglia di parlarne?” tentò Summer che era sicura fosse successo qualcosa tra i due Grifondoro. Già la sera prima tutti si erano chiesti come Sophie fosse finita a bere così tanto dal momento che quest'ultima aveva sempre visto di malo modo chi si ubriacasse alle feste, trovando l'alcool un modo assurdo per divertirsi. Era sicuramente capitato qualcosa che l'avesse portata a bere e purtroppo i motivi erano numerosi. 
“Si, più che altro non è successo qualcosa.”
Sophie posò lo sguardo sul Grifondoro che stava parlando con un Corvonero del sesto anno, e iniziò a raccontare tutto quello che la stava tormentando: “Ieri sera prima dell’inizio del ballo Edward ha confessato di amarmi e io non ho risposto. Non ho detto che l’amavo anche io, niente!"
La Grifondoro fece una pausa respirando lentamente. 
"E mi sento un mostro perché penso di non provare le sue stesse cose” continuò sconsolata. Non riusciva neanche lei a far capire quanto questo la facesse stare male, Edward era il ragazzo perfetto e non aveva neanche un difetto ma lei non riusciva a sentire quel forte sentimento che lui era già sicuro di provare.
“Non devi sentirti un mostro, non lo sei. Già solo perché stai così male fa capire che non lo sei affatto” cercò di consolarla Summer a cui dispiaceva infinitamente vedere così giù l'amica. 
“Mi sento così in colpa Sum. Dovevi vedere come era emozionato di dirmi cosa provava e io sono stata in silenzio, non oso immaginare come ci sia rimasto male anche se ha fatto finta di nulla. Pensa che ha dovuto persino consolarmi lui!” Sophie era a pezzi. Si sentiva una persona terribile e non sapeva come fare. Durante il ballo aveva cercato di non pensare a cosa fosse successo nella serra ma ora mentre parlava con la Tassorosso le sembrava di essersi messa in una situazione ancora peggiore del previsto. 
“Non ti preoccupare, hai fatto quello che ti sentivi… meglio così che rispondere dicendo una bugia.”
“Ora però non so cosa fare, ormai purtroppo ho capito di non essere innamorata. Ho fatto di tutto, credimi, ma non è servito e mi sento male solo a pensarci” ammise Sophie trattenendo le lacrime. Era così complicato, mai avrebbe pensato di provare così tante emozioni tutte assieme. In un solo anno la sua vita si era capovolta, da quell’estate a quel momento era cambiato tutto.
“Rilassati Sof, non è colpa di nessuno tanto meno tua. I sentimenti non si possono comandare, no? Tu ci hai provato e non è andata come speravi… lui non sa ancora niente?"
"No niente, ieri mi ha colto alla sprovvista… poi non avevo mai avuto modo di pensare davvero a cosa provassi per lui, avevo già capito che qualcosa non andasse ma ieri ne ho avuto la prova.”
"Ora però credo tu debba parlargliene e dirgli quello che stai dicendo a me” consigliò Summer ancora scossa da quanto le avesse confessato l'amica. Probabilmente nessuno si sarebbe mai aspettato che la coppia perfetta non fosse così perfetta, erano sempre insieme ed erano più sdolcinati che mai. 
“Lo so, ma è così difficile! Come posso dirgli che non lo amo? Non penso ci siano le parole giuste da usare per non farlo soffrire” aggiunse Sophie che durante la notte aveva anche pensato a come poter chiudere la relazione che sembrava non avere più senso di stare in piedi. E niente le sembrava avere senso. 
“Non ci sono infatti. Ma devi essere sincera con lui e con te stessa… pensi che con il tempo le cose possano cambiare?” domandò Summer guardandola negli occhi. Dalle parole si capiva che l’amica avesse già preso una decisione ma voleva esserne sicura. Magari tra giorni o mesi sarebbe riuscita a provare le stesse cose che priva a lui o magari no. 
“No, ci ho pensato e ripensato ma non credo. È quello che mi ha detto anche lui, che ci vorrà del tempo e lui aspetterà ma ormai so che non sarà il tempo a cambiare le cose” ammise Sophie chiudendo gli occhi per colpa del mal di testa. Ormai era certa che non sarebbe cambiato nulla, né tra un mese né tra un anno e non voleva in nessun modo ferire ancora il Grifondoro. Non avrebbe avuto senso farlo aspettare ancora con lo stesso risultato.
“Dovresti davvero parlargliene e chiudere con lui Sof, se sei già convinta è meglio non peggiorare le cose. Sai anche tu quanto ci starà male ma se lo sa subito lo supererà più in fretta” disse Summer appoggiando una mano sulla spalla dell’amica. Tutti sapevano quanto Edward fosse innamorato di Sophie, si capiva lontano un miglio. Si capiva dal modo in cui la guardava, da come la trattava e da come le sorrideva. E anche la Tassorosso nonostante non sopportasse il ragazzo non poteva non pensare a quanto ne avrebbe sofferto.
“Hai ragione ma ho paura della sua reazione, non voglio farlo star male” Sophie aveva una terribile paura che le persone attorno a lei potessero soffrire a causa sua e ingenuamente sarebbe finita per farne soffrire più di una. 
“È la cosa giusta e l’hai capito anche tu… e ti assicuro che non lo dico perché non lo sopporto ma perché merita di sapere tutto.”
Nonostante Summer non riuscisse a tollerare Edward Richardson da anni ormai le dispiaceva, da buona Tassorosso, pensare che il ragazzo potesse stare male. 
“Lo so e grazie, avevo bisogno che qualcuno mi consigliasse… ho sempre paura di fare la cosa sbagliata” disse Sophie continuando a guardare di sfuggita il suo ragazzo. Aveva così paura di affrontarlo perché sapeva come sarebbe andata a finire e sapeva che non se lo meritava affatto.
“Vedrai che andrà tutto bene, non ti preoccupare” la rassicurò la Tassorosso. Sapeva che nel bene o nel male si sarebbe risolto tutto, doveva solo fare quello che si sentiva e ammettere al Grifondoro cosa provasse veramente. Non erano fatti per stare insieme e non era giusto continuare a fingere che andasse tutto bene. Edward si meritava una ragazza che fosse totalmente innamorata di lui, che lo guardasse come fosse l’unico al mondo e Sophie non era quella ragazza, era convinta di poterlo essere ma non era finita come tanto sperava.
“Però devo farti un’altra domanda” iniziò Summer guardando intensamente l'amica. Forse finalmente avrebbe ammesso quello che le domandava da tempo. 
"Dimmi" disse Sophie tranquillamente. Era certa di sapere cosa stesse per chiederle e questa volta le avrebbe detto la verità. Non poteva continuare a tergiversare. 
“E quello che non provi per Edward lo provi per qualcun altro? Per… Thomas?" chiese Summer cercando di convincere l'amica a parlare finalmente del Serpeverde. Aveva come sempre paura della sua reazione, più volte aveva tentato di farle ammettere ci fosse qualcosa tra i due ma non ci era mai riuscita. 
"Non lo so Sum. Ormai è inutile mentirti, tanto hai già capito tutto ma non lo so davvero" ammise Sophie. Non sapeva nemmeno lei cosa provasse per il Serpeverde, non sapeva ancora definire cosa fosse. Le piaceva davvero e forse non aveva mai smesso di piacerle nonostante cercasse di nasconderlo ma aveva paura. Come quando era entrata ad Hogwarts dopo l'estate aveva paura. 
"Cos'è successo tra voi due? È da mesi che me lo chiedo… Siete stati insieme?" domandò Summer curiosa. Aveva notato tutti gli sguardi e gli strani comportamenti e ora non vedeva l'ora di sapere la verità. Aveva provato ad immaginare qualcosa ma niente sembrava avere senso. 
"Non proprio… quest’estate ci siamo ritrovati insieme al campo estivo. All’inizio non ci consideravamo neanche poi abbiamo iniziato a parlare fino a diventare quasi inseparabili. Era chiaro ci fosse interesse da parte di entrambi e siamo finiti per baciarci…. e penso di non aver provato mai niente di simile” raccontò Sophie che dopo aver riaffiorato quel ricordo sembrò meno afflitta. Forse era davvero stato il periodo più bello di sempre e riviverlo già solo con i pensieri l'aveva fatta stare un po' meglio. 
“E poi?” chiese Summer che non riusciva a capire come mai fosse finito tutto se erano stati così bene solo pochi mesi prima.
“E poi siamo arrivati ad Hogwarts, qua è tutto così diverso… Ognuno ha i propri amici e sai che Abby non lo accetterebbe mai, Thomas è come un fratello per lei. Quindi ho fatto di tutto per dimenticarlo."
"Ma non ci sei riuscita." 
"Già, ad un certo punto ero convinta che la relazione con Edward andasse alla perfezione ma poi mi sono resa conto di essermi semplicemente convinta fosse così" ammise la Grifondoro che faceva ancora fatica a realizzare tutto quello che stesse succedendo. Aveva sempre avuto una vita monotona e semplice e durante quell'anno sembrava si fosse tutto ribaltato. 
"Non è così semplice dimenticare qualcuno…" sospirò Summer bevendo un sorso del suo thè. Alzò la testa per guardare l’amica e iniziò a fissarla dubbiosa.
"Ma quindi Thomas non la pensava come te, giusto? Per quello era sempre ovunque… Lui era convinto non sarebbe cambiato nulla qua?" chiese, cercando di mettere insieme tutti i pezzi del puzzle. Era chiaro che il Serpeverde volesse convincere Sophie a non dimenticare quanto successo durante l'estate. 
"Si, il primo giorno voleva subito dirlo ad Abby. Pensava che così l'avrebbe accettato ma io non ero della stessa idea, avevo così paura di tutto… e la paura c'è ancora, pensavo che Thomas dopo pochi giorni si sarebbe stancato di me."
"Sof, ti fai troppi problemi per tutto. Abby avrebbe fatto fatica ad accettarlo all'inizio ma non è un mostro, non vi avrebbe sicuramente impedito di stare assieme. E poi non mi sembra che Thomas si sia stancato, è dal ritorno ad Hogwarts che non smette di girarti attorno… L'ho visto più in questi pochi mesi che negli anni passati!" disse Summer ricordandosi di tutte le volte che aveva visto Thomas dall’estate. Era sempre con Abigail, la andava a trovare dopo le lezioni, passava a salutarla a colazione e ogni occasione era buona per girare intorno a lei e quindi anche a Sophie. Non era mai successo prima: Thomas ed Abigail erano soliti vedersi senza nessun altro, ognuno aveva i propri amici e non c’era alcun bisogno di vedersi tutti insieme.
"Non so nemmeno più io cosa mi sia passato per la testa. Era tutto così complicato ed ora è ancora peggio…" 
Più passava il tempo più Sophie si rendeva conto di quanto sarebbe stato difficile uscire da quella situazione. Non poteva aspettare altri giorni ma non riusciva neanche a prendere il coraggio per svoltare la sua vita. 
"Perché ti preoccupi sempre per tutto, cerca di viverti le cose senza pensare alle conseguenze… Si vede che Thomas ci tiene a te." 
Thomas era un bravo ragazzo e di certo non avrebbe mai fatto soffrire Sophie. Era chiaro ci tenesse a lei, altrimenti non avrebbe continuato per settimane a convincere la Grifondoro a stare insieme.
"Hai ragione, mi preoccupo troppo. Ma penso che non vorrà più parlarmi, ieri abbiamo discusso e anche lui mi odierà per tutto quello che ho combinato." 
Sophie abbassò lo sguardo. Purtroppo ricordava lo sguardo che aveva il Serpeverde prima di tornare al suo dormitorio dopo il ballo. Si vedeva fosse stufo di rincorrerla, stufo di discutere con lei inutilmente:
“Ecco dov'eri finita… Comunque figurati, se ci tiene davvero vedrai che se ne frega di tutto quello che è successo." 
Summer stava collegando tutto poco per volta. Finalmente ogni cosa iniziava ad avere più senso. 
“Lo spero davvero" disse Sophie sospirando. "Per favore non dire niente ad Abby o Frank. Abby mi ammazzerebbe e Frank direbbe tutto all’intero castello in meno di dieci secondi.” 
Sophie sapeva di potersi fidare di Summer ma aveva anche paura che la cosa potesse uscire. Aveva mantenuto il segreto per mesi e non voleva rovinare tutto ora.
“Ovvio che non dico niente, però potevi parlamene prima… io non sono Abby, non mi interessa se sei stata con Thomas o con chi vuoi e non sono nemmeno Frank fortunatamente, so mantenere un segreto” le ricordò Summer sorridendo all'amica. Le dispiaceva che Sophie si fosse tenuta tutto dentro per tutti quei mesi. 
“Lo so e ti ringrazio, ma come hai visto ho gestito male la situazione dall’inizio.”
“Vedrai che si risolve tutto, vieni qui” continuò Summer aprendo le braccia per abbracciare la Grifondoro. 
Sophie appoggiò la testa sulla spalla dell’amica. Si sentiva un po' meglio dopo averne parlato con qualcuno. Era mesi che non ne parlava con nessuno, l’unico che sapeva qualcosa era Anthony che però ultimamente vedeva di rado, essendo di un altro anno e di un’altra casa. In più Sophie non voleva appesantire tutti i suoi amici che avevano già abbastanza problemi da gestire e così si era ritrovata a riflettere troppo su tutto senza potersi confrontare con qualcuno.
“Per ora penso che la cosa giusta sia stare un po’ da sola. Devo capire cosa voglio davvero, niente drammi e niente ragazzi. Prima però dovrei parlare anche con Thomas, non pensi?” chiese dubbiosa Sophie. Aveva bisogno di prendersi del tempo per se stessa, era il modo migliore per superare gli infiniti problemi che a quanto pare non erano ancora iniziati, ma doveva prima confrontarsi senza paura di nascondersi con il ragazzo che per mesi aveva evitato come la peste. 
“Non avevo capito che anche Thomas restasse qua per Natale, visto che non c’è Abby magari riuscite a parlare tranquillamente, posso coprirti con Edward” propose Summer mentre giocherellava con una ciocca di capelli, notando che il Serpeverde fosse seduto affianco ad altri due ragazzi. La ragazza era rimasta così concentrata a parlare con Sophie che non l’aveva neanche visto entrare.
“Grazie, magari è meglio che ne approfitti in questi giorni senza Abby” disse Sophie ma non fece in tempo a finire la frase che l’urlo di Abigail fece voltare tutti i presenti.
“SORPRESAAAAA” Abby era poco lontano, le mani sui fianchi e un sorriso a trentadue denti. Aveva aspettato fino alla mattina stessa per annunciare che anche lei fosse rimasta ad Hogwarts e non vedeva l’ora di poterlo far sapere a tutti i suoi amici. Non aveva passato sicuramente una notte tranquilla ma non aspettava altro che fare una sorpresa a tutti. 
“Meglio di no” continuò a bassa voce Sophie, non smettendo di guardare l’amica che stava scrutando la reazione di tutti quanti. Nessuno se lo aspettava e tutti i suoi amici la guardavano meravigliati.
“Abigail Hill che si ferma a Natale?” chiese la Tassorosso felice di vederla. 
“Proprio così, Abigail Hill in persona.” 
“Non me l’aspettavo, sei sicura di star bene? Tu che non vai a trovare Andrew?” chiese Edward poco lontano ancora confuso dalla scelta dell’amica. Difficilmente Abigail non tornava a casa dalla famiglia, era sempre così entusiasta di rivedere il suo fratellino.
“Sicurissima, non avevo intenzione di tornare se Thomas rimaneva qua. Sono stata indecisa all'ultimo perché Andrew mi manca sempre di più ma ho fatto la mia scelta ed eccomi qua” spiegò la ragazza. Sapeva quanto fossero stati difficili gli ultimi mesi per Thomas ed era per quello che aveva deciso di non tornare dalla sua famiglia. I voti calavano di settimana in settimana e così anche i richiami disciplinari che sempre più spesso lo facevano litigare con i suoi genitori. Abby era davvero preoccupata per il Serpeverde, non era da lui comportarsi così; anche se non era mai stato un angioletto durante gli anni al castello non si poteva dire andasse male a scuola o si divertisse ad essere il bulletto di turno. 
"Quindi quest'anno ci siamo quasi tutti!" esclamò Summer emozionata all'idea che avrebbe passato le vacanze di Natale insieme alle sue due più care amiche. 
"Oh no Abby, ma perché devi rovinarci il Natale?" scherzò Thomas che intanto si era alzato dall'ultimo tavolo dei Serpeverde e si era diretto ad abbracciare la ragazza. Era davvero felice che Abby fosse rimasta, era una delle poche persone che riusciva a tirargli su il morale e dopo la terribile serata del giorno prima aveva bisogno di stare un po' con lei. 
"Vai a cagare Tommy!" urlò Abby cercando di divincolarsi dall'abbraccio del Serpeverde che però l'aveva stretta tra le braccia impedendole di allontanarsi. 
Sophie intanto era rimasta in silenzio e non aveva fatto altro che sorridere all'amica cercando di nascondere quel po' di delusione che l'aveva colpita dopo la sorpresa della Grifondoro. Era ovvio fosse contenta che fossero tutte rimaste al castello per passare il Natale insieme ma era dalla notte insonne che si era decisa non solo a parlare ad Edward ma a parlare anche a Thomas approfittando della mancanza dell'amica. Forse così avrebbero potuto evitare di nascondersi ma il suo piano era andato velocemente in fumo.
Nemmeno quella volta le cose stavano andando come aveva previsto. 
 

II

I deliziosi dolci colorati dalle mille forme della cena della vigilia di Natale erano da poco apparsi sul lungo tavolo predisposto per l’occasione, ma Summer quella sera non poteva essere più indifferente a tanto bendidio. Con un sospiro constatò che quella giornata interminabile era quasi finita. Decise che poteva finalmente lasciare il banchetto senza troppi problemi; d’altronde, delle poche decine di studenti che erano rimasti al castello per Natale, quasi nessuno sembrava dello spirito giusto per festeggiare la vigilia di Natale. Un paio di ragazzi non si erano neanche presentati alla cena, ancora troppo provati dalla festa della sera precedente; altri, come James Walker, erano stati visti abbandonare la Sala Grande ben prima della comparsa dei dolci. 
Summer si alzò da tavola, decisa a raggiungere il prima possibile la sala comune di Tassorosso. Salutò con un breve cenno Sophie e Abby, quindi senza guardarsi indietro uscì dalla Sala Grande. Il pensiero di quello che era accaduto la sera prima ancora la frastornava, l’unica cosa che voleva era mettersi sotto le coperte e rimanere sola. Non si sentiva dell’umore giusto per passare la vigilia di Natale con le sue amiche, anche perché era ancora così sconvolta che probabilmente non sarebbe stata in grado di fingere con loro che tutto andasse bene. Sicuramente si sarebbero accorte che qualcosa non andava in lei, e Summer non voleva correre il rischio di farsi scappare nulla a proposito della scoperta fatta durante il ballo. 
Summer era brava a mantenere i segreti, tutti si confidavano con lei, e non aveva mai spifferato nulla a nessuno. Però la rivelazione della vera natura di Alex era stata una cosa così scioccante che, almeno per quella sera, non era sicura sarebbe stata in grado di comportarsi come se nulla fosse.
Inoltre, nemmeno le sue amiche sembravano molto predisposte alla compagnia. Sophie era visibilmente turbata per propri i sentimenti verso Thomas, e Abby sembrava essere davvero abbattuta per la questione James. L’umore generale chiaramente non sembrava traboccare di spirito natalizio, dunque Summer non si sentiva per nulla in colpa a rintanarsi nel proprio dormitorio.
Proprio mentre la ragazza era appena uscita dalla Sala Grande sbadigliando annoiata, sentì qualcuno afferrarle il polso.
“Jake ma che fai?!” 
Jake la condusse in un corridoio vuoto e semibuio, e finalmente le lasciò il braccio.
“Evans” la salutò il ragazzo, come se nulla fosse.
“Si può sapere che ti prende? Perché mi hai trascinato qui?” gli domandò brusca Summer massaggiandosi il polso.
“Avevo bisogno di parlarti, lontano da orecchie indiscrete… ti ho cercata tutto il giorno ma non ti sei fatta vedere.”
“Beh” sospirò Summer, “oggi sono stata chiusa in dormitorio, avevo bisogno di stare da sola, insomma dopo quello che ho visto ieri sera…”
Jake la guardò per un breve secondo, era chiaro che nemmeno lui sapeva bene come affrontare il discorso.
“A proposito di ieri sera…” provò a dire lui, ma la ragazza lo interruppe subito.
“Stai tranquillo Jake. Non ne ho parlato con nessuno, non sono così stupida” lo anticipò lei, con una punta di risentimento.
“Ne ero certo, ma in ogni caso mi sembrava giusto chiederti conferma.”
I due ragazzi stettero per un breve momento in silenzio, senza sapere bene cosa dire. Summer si appoggiò al muro e si portò una mano alla fronte, aveva un’aria davvero afflitta.
“Tu Evans come ti senti?” domandò dopo un attimo Jake chiaramente in apprensione per lei.
“Non saprei nemmeno come definirlo. Ho appena scoperto che Alex è un … lupo mannaro” disse Summer pronunciando le ultime due parole in un sussurro. Faceva ancora fatica a dirlo ad alta voce, sembrava così assurdo.
“Immagino, deve essere stato uno shock. Non avresti mai dovuto scoprirlo, non sarebbe dovuto succedere …”
“E perché no? Pensavate non sarei riuscita a reggere la verità? Almeno adesso so come mai si comportava in modo insensato con me” fece Summer secca.
“Non è per questo. Sum, questa è una situazione più grande di noi. Silente ci ha dato precisi ordini e-”
“Silente lo sa?” lo interruppe Summer, incredula. Le sembrava ancora tutto così surreale, voleva saperne di più.
“Certo che lo sa, Alex non avrebbe mai potuto frequentare questa scuola senza il sostegno del Preside. Lo sanno anche i professori e solo i suoi amici più fidati, nessun altro. Silente ha stabilito che nessun altro avrebbe dovuto saperlo, si dovesse mai diffondere la voce non penso che i genitori degli studenti sarebbero felici di sapere che tra i corridoi si aggira uno … come lui. Ecco perché Alex non ti ha mai detto nulla, non poteva, e in ogni caso credo volesse proteggerti.”
“Proteggermi da cosa?”
“Da se stesso, Summer. Tu non hai idea di quanto sia complicata e pericolosa questa situazione, non lo immagini nemmeno” le spiegò Jake amaro.
“Ma come…sì insomma, come …”
“Come è successo?”
Summer annuì, e Jake passandosi una mano tra i capelli si appoggiò a sua volta contro il muro, affianco alla ragazza.
“Senti Evans. Non so te, ma io sono stanco, molto stanco. Questa è la vigilia di Natale, e vorrei passarla in tranquillità senza parlare di questo genere di cose. So che hai molte domande, e che probabilmente vuoi avere delle risposte il prima possibile, ma potremmo rimandare questo momento? Hai bisogno di distrarti, anzi, abbiamo bisogno di distrarci” disse infine il ragazzo guardandola serio.
“Hai ragione Jake, scusami. Non credo sia facile nemmeno per te tutto questo.” 
“Tranquilla, non preoccuparti. Ti prometto che nei prossimi giorni proverò a chiarire i tuoi dubbi, e poi, credo che alcune cose dovrà dirtele lui, non pensi?”
Summer gli sorrise debolmente e mormorò: “Va bene.”
Il ragazzo ricambiò il sorriso, per poi battere rumorosamente le mani.
“Allora Evans, è la viglia di Natale. Hai da fare?”
“No, non ho nulla da fare. Ma pensavo di andare a dormire, sono davvero stanca” rispose la ragazza trattenendo un altro sbadiglio.
“Stai scherzando vero? Non puoi passare la vigilia sola soletta nel tuo letto. E questo bel vestitino poi?” disse il ragazzo indicando il corto abito nero della Tassorosso “non vorrai mica sprecarlo così.”
“E’ un semplice vestito Jake, l’ho messo giusto perché è la vigilia. E poi cosa dovrei fare? Sono tutti di pessimo umore stasera, compresa me.”
“Sono tutti di pessimo umore perché non sono stati invitati al tradizionale evento della vigilia” la corresse Jake, facendo spuntare sulle labbra il suo solito sorrisetto sghembo.
“Parli di quello che tu e il tuo gruppetto di delinquenti avete organizzato?” domandò Summer alzando un sopracciglio. Si ricordava di quello che Jake aveva detto al figlio dei proprietari di Mielandia qualche settimana prima ad Hogsmeade mentre erano andati a ritirare alcool e sostanze stupefacenti per introdurle illegalmente a scuola. 
Il ragazzo portò le mani dietro la nuca, ed annuì orgoglioso.
“Beh nemmeno io sono stata invitata” gli fece notare Summer indifferente.
“Ti sto invitando io.”
“Ti ringrazio Jake, ma sono costretta a rifiutare l’invito. Non mi interessano i vostri festini pieni di alcool e droghe e chissà quali sconcerie.” 
“Evans non essere esagerata! Non è un dissoluto festino, sarà una serata tranquilla con qualche spinello e un po’ di alcool, giusto per rilassarci un po’ e stare in compagnia e credimi, ne hai bisogno pure tu” tentò di convincerla Jake.
“Io non mi rilasso con questo genere di cose, Jake. Quindi ti ripeto, non vengo” fece Summer categorica, e fece per andarsene ma il ragazzo le si parò davanti.
“Hai forse paura Evans?” la provocò Jake in tono di sfida.
“Paura? E di che cosa?” domandò Summer sostenendo lo sguardo del Serpeverde senza timore alcuno.
“Non lo so, forse la principessina Tassorosso ha il terrore di essere beccata dai professori mentre fa qualcosa di proibito.”
“Ti ricordo che ho introdotto dell’erba a scuola insieme a delle casse piene di alcolici, o forse te ne sei dimenticato?”
Il ragazzo rise, e avvicinando il viso a quello della ragazza le sussurrò: “E allora di cosa hai paura?"
Summer diede uno spinto al ragazzo, esasperata ma al contempo divertita dall’atteggiamento irritante del Serpeverde.
“Non hai idea di quanto mi urti, Allen!”  sbuffò Summer senza riuscire a rimanere seria, e il ragazzo le rispose con una semplice alzata di spalle.
“Va bene allora, ci vengo. Ma non toccherò gli spinelli, sia chiaro!” capitolò Summer puntando un dito minacciosa verso Jake.
“Va bene capo” disse il sempreverde soddisfatto “allora seguimi, e preparati, capirai finalmente che significa divertirsi.”
“Ne dubito fortemente…” rispose Summer alzando gli occhi al cielo.

***

“Ma si può sapere dov’è finito Jake?” domandò Madison guardandosi le unghie annoiata.
“Sarà a sbattersi qualche fortunata nel suo sgabuzzino, almeno lui non sembra essersi rincoglionito del tutto” borbottò Kayla lanciando uno sguardo beffardo verso James, il quale, appoggiato alla porta del bagno dei prefetti scosse la testa irritato.
“Ma perché non chiudi quella bocca ogni tanto? O forse riesci a tenerla chiusa solo quando fai i tuoi lavoretti?” domandò il ragazzo scocciato.
“Che tono sprezzante che usi! Mi pareva non ti dispiacesse tanto quando i lavoretti li facevo a te, o sbaglio?” ribattè Kayla, spostandosi con un gesto deciso i lunghi capelli intrecciati dietro la schiena.
“Kayla smettila tanto è inutile, a quando pare il nostro Walker ha deciso di fare voto di castità” disse Madison, lasciandosi scappare una risata provocatoria.
“Già mi chiedo solo come mai sia venuto qui se tanto ha intenzione di tenere questo broncio tutta la sera” replicò nuovamente Kayla.
“Di sicuro non sono venuto qui per voi” rispose secco James. Il ragazzo era ancora infuriato per quello che era accaduto la sera prima e, sebbene Abby avesse tratto troppo in fretta le proprie conclusioni, gran parte di quel casino era colpa di Kayla e delle sue amiche. E se quella sera lui era lì, era solo per un motivo. Se tutto fosse andato come previsto, sarebbe riuscito finalmente a dimostrare ad Abby che con lei stava facendo sul serio.
In quell’istante un ragazzo dall’aspetto inquietante, rimasto fino a quel momento seduto su una cassa piena di alcolici in un angolo ombroso del corridoio, prese la parola: “Smettetela di discutere, trovo insulse le vostre polemiche inutili basate sul nulla cosmico. Piuttosto, Megan e le fortunate bamboline che ha invitato a spassarsela con noi stasera dove sono?”
Il ragazzo portò le gambe al petto, e con un abile slancio saltò. Atterrò a piè pari proprio davanti a James, reggendo in mano una bottiglia di birra stappata (per poco non rovesciò parte del contenuto addosso al Grifondoro).
Ryan Stanley era un ragazzo corpulento, dalle spalle incassate e le mani più grandi del normale. Aveva un’aria stralunata e vagamente inquietante, i capelli rosso fuoco completamente spettinati lo facevano sembrare un diavolo furioso, le folte sopracciglia rendevano ancora più piccoli gli occhi porcini e la lunga cicatrice sulla guancia destra donava al suo viso magro e coperto di lentiggini un aspetto quasi selvaggio.
“Tienilo nei pantaloni Stanley, ricordati che non devi importunarle” lo ammonì James guardando il ragazzo con sufficienza.
Il ragazzo rise sguaiatamente, e fece al Grifondoro un gesto osceno, a cui lui però non rispose. Ormai erano abituati alle stranezze e follie del Tassorosso, erano sicuri gli mancasse qualche rotella, ma allo stesso tempo Ryan Stanley era fondamentale per i loro traffici: seppur fosse completamente matto, era anche incredibilmente utile.
Ryan continuando a ridere fece una piroetta, e dopo aver buttato giù un sorso di birra guardò intensamente davanti a sé e urlò: “Arriva Allen! Ma chi porta con sé? Un’amichetta? Ma che bel bocconcino che abbiamo qui, se la memoria non mi inganna tu sei una Tassorosso o sbaglio? Ti ho vista in sala comune sai? Sei davvero graziosa.”
“Calmati Ryan, lei non è qui per te” rispose secco Jake non appena, assieme a Summer, ebbe raggiunto il gruppetto. 
“Finalmente Allen! Non sei proprio in grado di arrivare in orario eh?” sbuffò James, per poi rivolgersi verso la biondina accanto a lui: “Comunque ciao Evans.”
La ragazza gli sorrise in segno di saluto, e poi guardò verso Kayla e Madison le quali si limitarono ad osservarla per qualche secondo con aria di sufficienza, per poi ignorarla totalmente, come se non fosse mai arrivata.
Iniziamo bene, pensò Summer. La presenza di Ryan Stanley non le faceva assolutamente piacere, anzi, il ragazzo l’aveva sempre inquietata molto, per di più l’atteggiamento delle due ragazze la stava facendo sentire profondamente a disagio. Odiava quelle situazioni, si sentiva totalmente fuori posto ed iniziò a maledirsi subito per aver accettato l’invito di Jake. Anche perché, con elevata probabilità, se c’erano Kayla e Madison sarebbe arrivata anche Megan, e la cena della sera precedente passata con lei era bastata a Summer per farle odiare quella ragazza ancor più di prima. Come avrebbe potuto divertirsi, o anche solo rilassarsi, circondata da gente che chiaramente non gradiva la sua presenza? La persona con cui più si sentiva a suo agio a parte Jake in quel gruppetto mal assortito era Walker, ed era tutto detto.
“Bene allora entriamo, Stanley fai levitare dentro la roba” stabilì James mentre dalla tasca dei pantaloni estrasse una piccola chiave dorata, l’unico modo per accedere al tanto ambito bagno dei prefetti. Solo i prefetti e i Capitani delle quattro squadre di quidditch di Hogwarts avevano accesso a quel luogo meraviglioso, il che era un vero e proprio privilegio. Erano molti infatti i non aventi diritto che più volte avevano provato ad accedervi (Abby in primis), nascondendosi dietro la statua di Boris il Basito per origliare furtivamente la parola d’ordine. Proprio per questo, quell’anno la parola d’ordine era stata sostituita con una chiave data a ciascun prefetto e capitano, stregata appositamente per funzionare unicamente nelle loro mani. Questo rendeva difficile la vita ai furbetti che speravano di poter venire a conoscenza della parola d’ordine per poter usufruire del bagno quando e come volevano. 
L’unico modo che restava loro per poter godere di quello spazio, era quello di essere invitati dai possessori della chiave, cosa che comunque non avveniva molto spesso. Prefetti e Capitani infatti erano gelosi del loro diritto esclusivo, e tendevano a condividerlo solo con gli amici più stretti, i più irresponsabili lo usavano a volte per fare dei festini esclusivi o per spassarsela con la fiamma del momento. 
James inserì la piccola chiave nella toppa, fece scattare la serratura e aprì la porta, lasciando intravedere un luogo che non poteva certo dirsi un semplice bagno di una scuola, ma una sala magnifica (ecco quindi spiegati i vari tentativi di effrazione da parte dei non aventi diritto).
Uno splendido candeliere appeso al soffitto illuminava una sala ampia e spaziosa, totalmente in marmo bianco. Dalle enormi finestre pendevano lunghe tende di lino, e sulla vetrata centrale era ritratta una sirena bionda che in quel momento era profondamente addormentata su una roccia, i lunghi capelli le fluttuavano davanti al viso ogni volta che espirava. Qua e là lungo la sala si ergevano scaffali e piccoli armadi adibiti al deposito di pile di soffici asciugamani candidi. Ma l’elemento che rendeva il bagno tanto ambito era sicuramente l’enorme vasca rettangolare incassata al centro del pavimento. Era profonda quanto una vera e propria piscina, e dai bordi si ergevano centinaia di rubinetti d’oro ciascuno con una pietra di colore diverso incastonata nel pomolo. Dai rubinetti sgorgava acqua calda mischiata a vari tipi di bagnoschiuma: da alcuni potevano fuoriuscire bolle rosa e azzurre grosse quanto palloni da calcio, mentre da altri schizzavano schiuma candida molto densa o nubi violette dall’aroma intenso. Sul lato destro della vasca poi, si innalzava un meraviglioso trampolino dorato, che faceva assomigliare ancor di più la vasca ad una piscina.
Sulla sinistra la sala si apriva verso un’altra saletta più piccola destinata alle cabine spogliatoio e al vero e proprio bagno, con sanitari e lavandini. 
I ragazzi entrarono, e in un primo momento, troppo presi dal sistemare le due casse piene di alcolici in un angolo del salone, non si accorsero che non erano soli, e che qualcuno aveva già occupato il bagno dimenticandosi però di lasciare la chiave inserita nella toppa.
All’interno della vasca infatti, immerso fino al collo nella calda acqua profumata, c’era Albert Branson. Il ragazzo, in quanto prefetto Corvonero, aveva deciso di terminare la vigilia di Natale facendosi un bel bagno caldo, con l’obiettivo di rilassarsi per riuscire a riordinare i confusi pensieri che ormai da tempo lo tormentavano, prima di ritornare dall’amico Anthony in Sala Grande. In realtà Albert sperava che, dopo la chiacchierata con Sophie, l’amico Anthony l’avrebbe raggiunto per primo proprio in quel bagno (la mancanza della chiave nella toppa non era dunque una dimenticanza) per trascorrere un po’ di tempo insieme in quel luogo meraviglioso, e poter parlare liberamente di ciò che pensavano l’uno dell’altro. Ma sicuramente non si sarebbe mai aspettato di vedere entrare tutte quelle persone, con cui ovviamente non aveva intenzione di passare la nottata.
“E tu cosa ci fai qui Branson?” esclamò all’improvviso Jake, essendosi finalmente accorto della presenza del ragazzo. Tutti i presenti si voltarono verso Albert, il quale totalmente in imbarazzo fissava a sua volta i sei ragazzi, immobile.
“Branson, hai scelto la serata sbagliata per farti un bagno. Tutto solo qui? Carina la cuffietta!” se la rise James indicando divertito la cuffia da bagno verde pastello che il ragazzo aveva in testa per proteggere i folti ricci dall’acqua e dall’umidità.
“Per caso ora vedremo emergere dall’acqua una bella ragazza? Chi lo sa se il nostro Branson, a lezione sempre così attento e silenzioso, non ha invece una vita sessuale sfrenata” gli fece eco Jake, posizionandosi proprio accanto al Grifondoro. 
“Ma che vita sessuale vuoi che abbia, a lui piacciono solo i libri” rincarò la dose Madison divertita dall’altro lato della sala, facendo ridere Kayla di gusto.
Albert Branson, essendo anch’egli del sesto anno, conosceva molto bene tutti i presenti in quanto suoi compagni di classe da ormai cinque anni (ad eccezione di Summer ovviamente, con cui aveva potuto parlare qualche volta grazie a Sophie). A causa del suo carattere molto tranquillo e mansueto, il ragazzo non aveva mai legato con nessuno di loro, e anzi, durante le lezioni cercava di tenersi alla larga da loro il più possibile, preferendo di gran lunga trascorrere il suo tempo in compagnia dell’amico Anthony. A parte alcune battutine a volte poco simpatiche (soprattutto da parte delle due ragazze) non è che Albert venisse da loro offeso o maltrattato in qualche modo, semplicemente il Corvonero non si trovava a suo agio con quel genere di persone, le quali a loro volta non sembravano chissà quanto interessate ad approfondire una conoscenza con lui, si limitavano semplicemente ad osservarlo in classe e a stupirsi di quanto fosse sempre così silenzioso e diligente. 
“Visto che non mi pare ci sia una ragazza nascosta là sotto, o nel caso ci fosse, credo che dopo tutti questi minuti di apnea sia annegata, non ti dispiace vero Branson se ci fermiamo anche noi? Insomma non stiamo interrompendo nulla di che giusto?” domandò James.
Albert, ancora rosso in volto per l’imbarazzo, finalmente sembrò riacquistare l’uso della parola e disse, balbettando appena: “No no, fate pure. Io… Io tanto sto andando via”.
Ancor prima di terminare la frase il ragazzo si era alzato in piedi, e uscendo alla velocità della luce dall’acqua (Jake accolse la vista del fisico paffuto di Albert in costume con un fischio) e raggiunta la sua pila di vestiti ordinatamente piegati in un angolo del bagno, iniziò a rivestirsi immediatamente, senza nemmeno asciugarsi.
“Quanta fretta, hai paura che ti mangiamo?” ironizzò Jake avvicinandosi al ragazzo. 
“No è che devo andare via, ho molto da fare” spiegò rapidamente Albert non appena ebbe terminato l’umida vestizione.
Detto questo il ragazzo, senza aggiungere altro, si diresse verso la porta d’uscita, ma subito Ryan Stanley, che fino a quel momento era rimasto ad osservare la scena da lontano in totale silenzio, gli si parò davanti.
“Non penserete mica di farlo andare via vero?” grugnì Ryan con gli occhi che sembravano spaventosamente spiritati. “Chi ci assicura che non vada subito a riferire ai Professori cosa vogliamo fare? Deve rimanere con noi.”
“No vi giuro che non dirò nulla a nessuno, io voglio solo andare nel mio dormitorio e riposare, non dirò a nessuno che vi ho visti ve lo prometto! Fatemi uscire per piacere” li implorò con apprensione Albert, provando a superare il Tassorosso.
“Ho detto che non vai da nessuna parte!” replicò Ryan con tono minaccioso, stringendo con rabbia i pugni.
Albert si voltò spaventato verso gli altri presenti, lanciando loro un’occhiata supplichevole che sembrava urlare: “Vi prego fatemi andare via!”
“Dai Stanley, fallo andare via! Perché dobbiamo tenerlo qui con noi, insomma se finiamo per accettare gente del genere alle nostre serate …” iniziò Kayla sprezzante.
“Stanley ha ragione” si intromise invece Madison, dopo un attimo di riflessione. “Branson deve fermarsi. Non possiamo rischiare che qualcuno dei professori ci becchi e scopra che abbiamo portato erba e alcolici a scuola. Nessun ma Kayla, inutile che mi guardi così.”
“Voglio vedere cosa dirà Megan quando vedrà Branson, darà di matto! Sai come la pensa, non vuole gente del genere, lei vuole solo-”
“Di quello che vuole Megan ce ne sbattiamo Jimenez” la interruppe James, “mi spiace informarti che non è Dio sceso in terra. Quindi che si lamenti pure, Branson resta.”
“Ma io veramente non voglio restare…” mormorò debolmente un’ultima volta Albert, ma a quanto pare il ragazzo non aveva molta voce in capitolo. 
Jake lo raggiunse e mettendogli un braccio attorno alle spalle gli disse con un ghigno: “Bene Branson, stasera ci divertiamo”.

***

Edward salì di corsa l’ultima rampa di scale, era leggermente in ritardo ed era certo che se non si fosse dato una mossa James l’avrebbe accolto con le sue solite frasi derisorie del tipo “Per la tua Forbes sei sempre in orario, per una volta che invece puoi venire ad uno dei nostri festini arrivi tardi”, e non aveva voglia di sentire per l’ennesima volta parole di questo tipo. Perché sì, alla fine dopo svariate riflessioni, Edward aveva deciso di far contento l’amico e di presentarsi a questa famosa serata per cui James aveva tanto richiesto la sua presenza. A dir la verità, Edward aveva deciso di partecipare non tanto perché ne avesse davvero voglia o perché James gli facesse pena, ma perché voleva lasciare un po’ di spazio a Sophie. Il Grifondoro era abbastanza sicuro che la ragazza l’avesse deliberatamente evitato per tutto il giorno, infatti dopo che la sera prima Sophie si era misteriosamente dileguata dal ballo, Edward aveva fatto fatica a riuscire a scambiare due parole con lei. Il ragazzo era sicuro che Sophie si sentisse in colpa per quello che era accaduto prima del ballo, il suo non essere riuscita a rispondere a quel ti amo l’aveva chiaramente turbata, e l’ultima cosa che Edward voleva era farla sentire in colpa. Quindi aveva deciso di lasciarle tutto il tempo di cui aveva bisogno per riprendersi e capire che non c’era alcun problema se non si sentiva ancora pronta a ricambiare quelle parole. Fu per questo che quando Sophie qualche ora prima l’aveva informato sul fatto che quella sera, dopo aver chiacchierato un po’ con l’amico Anthony, sarebbe andata direttamente a letto a causa del forte mal di testa che l’aveva tormentata tutto il giorno, Edward aveva incassato la notizia nascondendo la leggera nota di delusione che aveva provato, e aveva cercato di accettare di buon grado l’idea.
E quindi eccolo lì, a due passi dal bagno dei prefetti dove avrebbe trascorso la vigilia di Natale senza la sua Sophie, al contrario di come aveva pianificato non appena aveva saputo che la ragazza non sarebbe tornata a casa per le vacanze. 
Edward stava per bussare alla porta del bagno, quando dall’altro lato del corridoio vide arrivare qualcuno: un ragazzo alto e biondo, con due magnetici occhi azzurri, stava camminando a passo svelto proprio verso di lui.
Ad Edward non ci volle molto per riconoscere Thomas Blake, l’ultima persona in tutto il castello che voleva incontrare.
Edward si fermò di botto, maledicendosi per non averci pensato prima. Era ovvio che Thomas sarebbe venuto a quella serata essendo molto amico di Jake, ed Edward non aveva proprio nessuna voglia di passare del tempo in sua compagnia. Il ragazzo non gli piaceva, era sicuro che nascondesse qualcosa e quel modo che aveva di guardare la sua Sophie non lo convinceva per niente. Dopo la rissa, i due si erano rivolti delle brevi e sicuramente poco sentite scuse per amore di Abby, ma avevano continuato a lanciarsi occhiatacce di traverso e frecciatine poco gentili. Nel corso di quei cinque anni Edward aveva sempre mantenuto un atteggiamento indifferente nei confronti del Serpeverde, anzi l’aveva trovato sempre anche discretamente simpatico. Ma non appena si era messo con Sophie, l’atteggiamento di Thomas nei suoi confronti era totalmente cambiato, ed Edward era certo che non fosse affatto un caso.
“Richardson, anche tu qui?” notò Thomas con poco entusiasmo non appena lo ebbe raggiunto davanti alla porta del bagno.
“Blake…” lo salutò altrettanto poco allegramente Edward, per poi continuare a fissarlo con sospetto.
“Ti piace la mia felpa per caso? Se vuoi posso dirti dove l’ho presa” fece Thomas avendo notato il modo in cui il Grifondoro lo stava fissando.
“No tranquillo Blake, sicuramente non prendo consigli di stile da te” rispose Edward acido.
“Ok, allora perché stai lì imbambolato a fissarmi invece di aprire la porta?”
“Niente, mi chiedevo solo cosa ci facessi qui, sai ho saputo che stamattina ti sei lasciato con Gray, trovo curioso il fatto che tu venga ad una serata in cui sai per certo che ci sarà anche la tua appena ex ragazza …” rispose Edward, con un’alzata di spalle innocente.
Proprio quella mattina infatti, era rimbalzata da un corridoio all’altro la notizia che Thomas Blake e Megan Gray si erano lasciati. In pochi sapevano com’era davvero finita la storia tra i due, alcuni sostenevano che fosse stata lei a mollarlo, quando in realtà era stato proprio il ragazzo a troncare la relazione. Non provava più nulla per lei, anzi forse non aveva mai provato davvero qualcosa. Era stufo di portare avanti quel teatrino, che inizialmente gli era sembrato un buon modo per divertirsi, insomma si trattava pure sempre di Megan Gray. Ma con il passare del tempo, quel flirt non gli dava più alcun tipo di soddisfazione, così dopo averla beccata la sera prima in compagnia di un altro, aveva deciso che era arrivato il momento di chiuderla lì e, a differenza di come si sarebbero sentiti molti altri suoi coetanei, era molto sereno: aveva fatto la scelta giusta e non se ne pentiva affatto. Quindi, visto che quella rottura non gli aveva procurato alcun tipo di sofferenza, aveva deciso di presentarsi a quella serata nonostante la presenza della sua ex ragazza.
“Non credo sia compito tuo preoccuparti dei miei sentimenti, Richardson. In ogni caso, visto che sei stato così gentile da interessartene, ti rispondo subito. Il mio amico Jake mi ha invitato, e io non avevo di meglio da fare, punto. Ti deve bastare questa come risposta.”
“Lo trovo strano comunque …”
“Io trovo più strano il fatto che tu sia qua Richardson, invece di stare con la tua … Sophie.
Edward si irrigidì immediatamente, sicuro di aver notato un lampo nello sguardo del Serpeverde non appena aveva pronunciato il nome della ragazza.
Thomas non mancò di notare l’improvvisa perdita di sicurezza nell’espressione del Grifondoro, perché lo incalzò nuovamente: “Allora? Ci sono forse problemi? Immaginavo che due piccioncini come voi avrebbero passato la serata a cucinare biscotti alla cannella o a scambiarsi casti baci sotto il vischio. Sicuramente non mi aspettavo di trovarti qui, senza di lei.”
“Tranquillo, con Sophie va tutto benissimo, avevamo solo voglia di stare un po’ con i nostri amici, tutto qui. In ogni caso, non sono affari che ti riguardano questi” rispose subito Edward, tornando ad osservare il ragazzo con uno sguardo indagatore.
“Bene” fece a sua volta Thomas, con un finto sorriso sul volto, “allora facciamoci entrambi gli affari nostri e smettiamola di domandarci cose che non ci riguardano che dici?”
Edward per tutta risposta fece una breve risata sprezzante, preparandosi a dire qualcosa, ma le parole gli si fermarono sulla punta della lingua.
Lascia perdere. Lascia stare. Non farti provocare da lui, non ne vale la pena, pensò il ragazzo, deciso a smettere di dare corda al Serpeverde e al suo atteggiamento arrogante. Ma i suoi pensieri furono interrotti nuovamente dalla voce di Thomas.
“Che fai? Pensi di entrare o vuoi passare tutta la sera qui fuori con me?”
Edward gli lanciò un ultimo, sospettoso, sguardo. Poi si voltò e bussò alla porta con due colpi secchi. 

***

Abby si stava dirigendo lentamente verso il quinto piano, domandosi che cosa avrebbe mai trovato una volta raggiunto il bagno dei prefetti. La ragazza si sentiva più confusa che mai, la testa era affollata da così tanti pensieri che temeva le sarebbe potuta esplodere da un momento all’altro. Il ballo di Natale conclusosi meno di ventiquattrore prima, era terminato in un modo sicuramente inaspettato, e di certo anche poco piacevole. La litigata con James l’aveva particolarmente provata. Sicuramente non si aspettava, date le premesse degli ultimi mesi garantite dal comportamento impeccabile del ragazzo, che le cose sarebbero potute degenerare in quel modo così all’improvviso. Nemmeno il tempo di asciugarsi le lacrime, e aveva dovuto subito accantonare la questione James, per far spazio al problema che ormai da mesi le destava preoccupazioni di tutt’altro tipo: Luke e gli incubi. Dopo la conferma che entrambi ormai da mesi condividevano gli stessi spaventosi incubi, i due ragazzi erano rimasti in silenzio per qualche minuto, senza saper bene che cosa dire o cosa pensare. Avevano poi deciso che erano troppo provati dalla scoperta appena fatta, e che non avrebbero potuto di certo trovare delle risposte ai loro dubbi sempre più numerosi in quelle condizioni, così avevano deciso che ne avrebbero parlato meglio al ritorno dalle vacanze. Luke aveva dunque accompagnato Abby (ancora un po’ barcollante a causa dell’alcool) alla torre di Grifondoro, e durante il tragitto la ragazza non aveva fatto accenno alla teoria della maledizione di Summer, decisa a parlarne con il Corvonero al momento in cui avrebbero ritirato fuori la questione qualche settimana dopo. Le emozioni di quella sera l’avevano totalmente sopraffatta, e l’unica cosa che voleva era infilarsi nel letto e rimettere in ordine i pensieri. Inoltre anche Luke sembrava alquanto devastato dalla rivelazione, e Abby non aveva voluto dargli ulteriori preoccupazioni: lontani l’uno dall’altro non avrebbero potuto di certo trovare una soluzione, era meglio rimandare quelle ansie a dopo le feste.
I due ragazzi si erano salutati davanti al ritratto della Signora Grassa, un po’ impacciati e visibilmente spaventati per quella situazione che sembrava essere molto più grande di loro. 
Le parole di Luke avevano però in qualche modo rincuorato Abby. Prima di andarsene il ragazzo le aveva infatti rivolto un’ultima frase: “Ti prometto che risolveremo tutto, adesso siamo insieme, va bene?”
Questo era bastato a infondere nuova fiducia in Abby. Quella notte infatti, dopo essersi svegliata madida di sudore dall’ennesimo incubo che vedeva come protagonisti lei e il suo carnefice Luke, la ragazza era stata pervasa da uno strano senso di conforto. Aveva pensato infatti al fatto che, in quello stesso istante, nella torre di Corvonero, anche Luke si era svegliato da quell’incubo e stava pensando a lei. Non era più sola. 
La mattina seguente Abby, nonostante la notte tormentata, si era alzata di umore abbastanza buono. Si era diretta subito verso la sala grande, per informare i suoi amici che a sorpresa anche lei si sarebbe fermata ad Hogwarts per le vacanze di Natale, ben decisa però a non raccontare a nessuno di quello che aveva scoperto insieme a Luke. Da quel momento in poi, la questione riguardava loro due, e finché non avesse parlato chiaramente con lui, non si sarebbe confrontata con nessun altro.
Abby aveva raggiunto subito Thomas al suo tavolo, e si era rallegrata molto nel vedere il suo migliore amico fare un sorriso a trentadue denti non appena aveva appreso la notizia che lei gli avrebbe tenuto compagnia a scuola durante quelle vacanze. La ragazza sapeva che Thomas non stava passando un bel periodo (anche se non era ancora riuscita a capirne il motivo), e non si sarebbe mai perdonata se avesse lasciato il suo migliore amico da solo a Natale. Per lei casa era ovunque ci fosse Thomas, e non avrebbe mai potuto trascorrere un Natale senza di lui. Il piccolo Andrew le mancava terribilmente certo, ma di sicuro avrebbe capito: prima di scendere al ballo Abby aveva scritto una lettera al fratellino, in cui gli spiegava che Thomas aveva bisogno di lei, e gliela aveva spedita via gufo insieme ad un bellissimo regalo di Natale. Avrebbe avuto modo di stare con il suo fratellino a Pasqua, ora era Thomas ad avere bisogno di sostegno.
Abby aveva dunque allegramente la sua colazione accanto a Thomas, e non aveva provato a nascondere nemmeno un briciolo dell’immensa gioia che aveva provato quando l’amico l’aveva informata che prima di salire a colazione aveva rotto con Megan Gray. Abby proprio non la sopportava, e sapeva per certo che quella poco di buono non era assolutamente all’altezza del suo adorabile Thomas. Inoltre l’amico non sembrava per nulla affranto per la fine della relazione con la ragazza più desiderata della scuola, quindi Abby si era permessa di gioire senza alcuna vergogna. 
All’improvviso però, come un fulmine a ciel sereno, l’entrata nella Sala Grande di James Walker aveva riportato Abby alla realtà, ricordandole che la discussione con Luke non era stata l’unica cosa a turbarla la sera precedente. Era stata così sopraffatta dalla scoperta fatta che aveva messo totalmente da parte la questione James, ma non appena aveva visto il ragazzo passarle accanto senza nemmeno degnarla di uno sguardo e andarsi a sedere il più lontano possibile da lei, i ricordi ancora un po’ confusi dell’acceso litigio con il Grifondoro le erano tornati con violenza in mente, e quel poco di buon umore che era riuscita ad accumulare con fatica, era sparito in un batter d’occhio.
In cinque anni non era mai accaduto che James l’avesse ignorata in quel modo, nessuna giornata era mai iniziata senza il suo saluto del buongiorno, per quanto stupido o esasperante.
Inoltre i capelli spettinati di James e le due marcate occhiaie che recava sotto gli occhi indicavano che probabilmente il ragazzo non avesse riposato chissà quanto, e tutto ciò aveva contribuito ad alimentare con forza quella vaga sensazione simile ad un senso di colpa che Abby aveva provato a reprimere dalla sera precedente, e che, grazie alla vicenda Luke, era riuscita addirittura ad ignorare per una certa frazione di tempo, ma che adesso però era tornata con forza. Non poteva continuare a trascurare quello che era successo, e anche avesse voluto farlo, non ci sarebbe di certo riuscita. Le era bastato vedere James per quei brevi secondi, vedere il modo in cui l’aveva bellamente ignorata, per essere sopraffatta da un mix di sentimenti quali tristezza, rabbia e dispiacere così intensi da essere sicura di non aver mai provato nulla del genere in tutta la sua vita.
Thomas si era accorto del cambio di umore dell’amica, perché non aveva mancato di chiederle subito che cosa avesse. Abby gli aveva quindi fatto un breve riassunto del tragico epilogo che aveva avuto la serata con il Grifondoro, cosa che l’aveva aiutata anche a riportare alla mente alcune frasi che aveva urlato contro il ragazzo e che l’alcool le aveva fatto dimenticare. Thomas aveva cercato subito di consolare l’amica e soprattutto di aiutarla a riflettere. Le aveva detto che fidarsi di Walker doveva essere difficile certo, e che vedere una scena come quella della sera prima avrebbe fatto venire i dubbi a chiunque, ma allo stesso tempo aveva sottolineato un aspetto a cui Abby, così presa dall’accusare James, non aveva prestato molta attenzione: “Stiamo parlando di Kayla Jimenez, Abby. Non pensi che lei si possa essere comportata così proprio per farvi litigare?”
Era bastata quella semplice frase, per gettare Abby in un turbinio di sensi di colpa. Lei si era arrabbiata con James senza nemmeno dargli la possibilità di potersi giustificare, gli aveva urlato contro le peggio cose senza minimamente prendere in considerazione l’ipotesi che il ragazzo davvero non avesse fatto nulla di male e che quello potesse essere solo un piano ben orchestrato dalla Serpeverde, che a quanto pare trovava molto divertente rovinare le vite altrui. Non aveva forse anche lei notato lo sguardo di sfida e derisorio che Kayla le aveva lanciato? Si fidava davvero di Kayla e delle sue amiche più di quanto si fidasse di James?
Dopo la chiacchierata con Thomas, Abby si era diretta in sala comune. Non sapeva bene cosa fare, voleva solo vedere James, ma il ragazzo non si era palesata per tutta la mattinata. Durante il pranzo il Grifondoro l’aveva nuovamente ignorata, preferendo di gran lunga accomodarsi vicino a due sconosciuti Tassorosso del primo anno, piuttosto che stare anche solo lontanamente vicino a lei. Subito terminato il pasto poi, Abby non aveva nemmeno avuto il tempo di alzarsi che il ragazzo era di nuovo sparito. 
Era ovvio che la stesse evitando, ed Abby non poteva certo biasimarlo. Così la Grifondoro aveva deciso contro ogni logica di trascorrere il pomeriggio in biblioteca. Sophie le diceva sempre che era il miglior posto per riflettere e trovare la soluzione ai problemi. Abby non ci aveva mai creduto molto, e anche quel pomeriggio era sicura che chiudersi a fare i compiti in quel luogo straripante di libri non l’avrebbe di certo tirata fuori dal garbuglio che era la sua vita, ma almeno l’avrebbe tenuta lontana dalle prediche delle sue amiche, che non appena erano venute a conoscenza dell’accaduto, avevano cercato di far ragionare Abby sul fatto che forse aveva preso un bel granchio. 
Abby aveva bisogno di star da sola, lontana da tutto e tutti. L’unica persona con cui avrebbe voluto parlare la stava chiaramente evitando come la peste, quindi si era chiusa in biblioteca con la speranza di riuscire almeno a fare un po’ di compiti. Ma di compiti, ovviamente, non ne aveva fatti. La sua testa era sempre lì, concentrata sulle frasi che lei e James si erano urlati dopo il ballo, e quel senso di colpa che aveva iniziato a presentarsi quella mattina, si era trasformato nella vera e propria consapevolezza di aver fatto un gran casino. Ormai ne era certa. Avrebbe dovuto lasciare che James potesse spiegarsi, non avrebbe dovuto urlargli quelle cose che lei in realtà non pensava. 
James aveva ragione, lui non aveva mai trattato nessuna nel modo in cui trattava lei, non aveva mai riempito nessuna ragazza delle attenzioni che solo a lei rivolgeva, né si era mai aperto con nessuna così come aveva fatto con lei. E Abby aveva mandato all’aria tutto questo solo per le sue stupide insicurezze, e perché, come aveva ben detto lui, le faceva più comodo pensarla in quel modo. Era molto più facile credere che lui fosse rimasto il dongiovanni di sempre, piuttosto che fosse davvero cambiato per lei. Aveva così paura di rimanere ferita, che inconsciamente preferiva stare male subito piuttosto che mettersi in gioco e rischiare di avere il cuore davvero spezzato in futuro. Perché sì, c’erano delle voci nella sua testa che le gridavano che tra loro non sarebbe mai potuta funzionare, una come lei non sarebbe mai potuta davvero stare con uno come James Walker, che lui non poteva davvero star facendo sul serio con lei, e che prima o poi si sarebbe stufato, con l’inevitabile conseguenza che lei avrebbe sofferto tremendamente e la loro amicizia sarebbe finita per sempre. Ma se quelle voci si fossero sbagliate? Se davvero il ragazzo provava un sentimento per lei? In quel caso aveva davvero sprecato quella che poteva di certo dirsi l’occasione della sua vita perché troppo impegnata a dar retta alle sue insicurezze piuttosto che a quello che il ragazzo stava cercando disperatamente di dimostrarle da tre mesi a quella parte. 
Al termine di quel pomeriggio di intense riflessioni, Abby era sicura di non aver mai rimuginato così tanto sui propri sentimenti in tutta la sua vita. Ma per fortuna era giunta ad una conclusione, a dimostrazione che forse la teoria di Sophie sulla biblioteca non era poi così infondata. Doveva parlare con James, e doveva farlo subito. Non poteva permettere che tra loro finisse così, non dopo aver ammesso a se stessa quanto forti fossero i sentimenti che provava per lui. Non avrebbe sopportato un minuto di più quella situazione, odiava essere ignorata, e da James soprattutto. Questa volta non poteva sperare che fosse lui a cercarla, perché sapeva non lo avrebbe fatto. Il Grifondoro era orgoglioso tanto quanto lei, e in quel caso aveva pure la ragione dalla sua parte. Era necessario fosse Abby a farsi avanti, almeno questo glielo doveva dopo il modo eccessivo in cui si era comportata.
Che lui l’avesse voluto o no, Abby l’avrebbe trovato e l’avrebbe obbligato ad ascoltare le sue scuse. Perché sì, Abby sapeva di dovergli delle scuse. Tutti sapevano che la Grifondoro non era solita chiedere scusa, a meno che non fosse realmente consapevole di aver commesso un errore. E purtroppo per lei, era quello il caso. 
Messo da parte l’orgoglio (cosa assolutamente non scontata per lei), Abby era quindi dalla biblioteca con l’unico obiettivo di trovare James. Non le ci era voluto molto, l’aveva trovato seduto ad uno dei tavoli della sala comune di Grifondoro, intento a scrivere quello che sembrava essere un tema di pozioni. Abby aveva pensato che anche il ragazzo dovesse essere davvero turbato, perché era sicura di non aver mai visto James Walker fare dei compiti, men che meno durante le vacanze. 
Visto che il ragazzo non sembrava essersi accorto della sua presenza, Abby aveva deciso di prendere l’iniziativa prima che lui potesse nuovamente sfuggirle.
“Ciao James” l’aveva salutato timidamente Abby, avvicinandosi al tavolo.
Il ragazzo non aveva alzato nemmeno lo sguardo, e senza smettere di scrivere aveva mormoratoun distaccato: “Abigail …”
Abby aveva subito storto il naso. Odiava essere chiamata con il suo nome per intero, e James non era solito farlo. Ma aveva mantenuto la calma, in fondo dopo quello che era accaduto era già tanto che lui avesse ricambiato il saluto, seppur in quel modo freddo. 
Proprio perché Abby non era molto avvezza al porgere scuse, non sapeva bene come introdurre il discorso.
“Fai i compiti? Anche io oggi ho provato a farne un po’” aveva cominciato, ma di fronte al silenzio del ragazzo aveva cambiato argomento: “Sai alla fine mi sono fermata anche io per le vacanze di Natale, l’ho deciso ieri pomeriggio, volevo che fosse una sorpresa…”
“L’ho notato” aveva solo risposto secco il ragazzo chiudendo con uno scatto il libro di pozioni davanti a lui, ed Abby notò che la sua mano destra era ferita sulle nocche.
“Che hai fatto alla mano?”
“Mah sai” aveva detto lui duro alzandosi dalla sedia, sempre senza guardarla, “ieri sera dopo essermi sbattuto una trentina di ragazze qua e là in giro per il castello, ho preso a pugni Silente, così, per passare il tempo. Non sei stupita no? Tanto per te io sono solo questo.”
“James, credo dovremmo parlare.”
“Io non ho nulla da dirti” aveva risposto lui brusco, e aveva fatto per andarsene, ma Abby lo aveva fermato parandosi davanti a lui.
“James ti prego …” l’aveva implorato con voce rotta. James finalmente l’aveva guardata, e notando gli occhi lucidi della ragazza non era riuscito a lasciarla lì come si era ripromesso di fare nel caso in cui lei avesse tentato di parlargli. Abby aveva approfittato di quell’attimo di esitazione per prendere la parola.
“Senti, ieri sera credo di aver esagerato un po’ con l’alcool …”
“Ma non mi dire” aveva risposto il ragazzo con una breve risata priva di allegria.
Ma Abby l’aveva ignorato e aveva continuato: “E forse sono saltata alle mie conclusioni troppo in fretta…”
“Ah sì?” l’aveva interrotta di nuovo lui con tono ironico.
“Potrei anche averti detto anche cose poco carine …”
“Potresti?”
Abby l’aveva guardata indispettita per qualche secondo, incrociando le braccia, e dopo aver fatto un bel respiro era esplosa: “James Walker nel caso non te ne fossi accorto, sto cercando di scusarmi!”
James aveva assunto un’espressione sinceramente stupita. Si aspettava che lei lo accusasse nuovamente di aver fatto le peggio cose con Kayla, ma mai si sarebbe aspettato di ricevere delle scuse dall’orgogliosa Abigail Hill.
“Tu che ti scusi?” aveva mormorato lui alzando un sopracciglio.
“Sì, io che mi scuso. Quindi apri bene le orecchie perché non credo sentirai uscire dalla mia bocca queste parole molte altre volte” la ragazza aveva fatto una breve pausa come per concentrarsi a fare qualcosa che le costava enorme fatica, e aveva ripreso: “James, ti chiedo davvero scusa per ieri sera. Non avrei mai voluto finisse così, non era mia intenzione … è che avevo bevuto, e poi quella Kayla, io non volevo davvero … mi dispiace tanto, ho fatto un gran casino."
James, di fronte all’espressione sinceramente mortificata di Abby, si era rasserenato. Sebbene la sera precedente fosse rimasto particolarmente ferito nell’orgoglio dal modo in cui la ragazza l’aveva trattato, non poteva rimanere ulteriormente arrabbiato con lei, non dopo aver ricevuto le sue scuse che, a giudicare dagli occhi lucidi della ragazza, sembravano genuine.
“Sì, hai fatto un po’ un casino” aveva concordato il ragazzo abbozzando un sorriso, “ma nulla che non si possa riparare.”
“E mi dispiace anche per le cose che ti ho detto, non le pensavo davvero. È solo che l’alcool e il modo di fare di quella … Kayla, hanno distorto un po’ il mio modo di vedere le cose e amplificato le mie emozioni” aveva continuato la ragazza tormentandosi nervosamente le mani.
“Con Kayla non è successo niente, te lo giuro Abby…” le aveva assicurato James provando ad assumere il tono più convincente possibile. Voleva che la ragazza capisse una volta per tutte che davvero era cambiato. Erano tre mesi che non si avvicinava ad una ragazza, e non perché fosse stato costretto a farlo, ma perché da quando aveva capito che con Abby aveva davvero una possibilità, non gli interessava frequentare nessun’altra. 
“Lo so …” aveva mormorato Abby. Effettivamente la ragazza aveva riflettuto abbastanza nel corso di quella giornata, ed era giunta alla conclusione che probabilmente James non aveva fatto nulla con la Serpeverde. E le parole del Grifondoro suonavano più che sincere, quindi non faceva alcuna fatica a credergli. Ma qualcosa in lei continuava a turbare la sua serenità, non si sentiva pienamente soddisfatta da quella risposta. Le sue insicurezze erano ancora lì, solidamente ancorate nella sua testa.
“Ma in ogni caso, non ti fidi di me …” le aveva letto nella mente James con amarezza. Ormai conosceva Abby troppo bene, e guardandola negli occhi aveva capito che non era ancora del tutto serena.
“L’alcool ha solo amplificato la tua reazione, ma di base l’avresti pensata così anche se fossi stata sobria” aveva ammesso Abby, guardando a terra.
James aveva ragione, se aveva reagito così è perché pensava davvero che di lui non poteva fidarsi fino in fondo.
“Sì hai ragione, io non so se riesco a fidarmi davvero di te, e non arrabbiarti… Non è colpa tua, tu stai facendo di tutto per dimostrarmi che fai sul serio, ma è più forte di me” la ragazza aveva fatto una breve pausa, in cerca delle parole giuste per esprimere i contorti pensieri che da tempo dimoravano nella sua testa. “Vedi James, so che tu non fai nulla per attirare tutte le attenzioni che ti piovono addosso, ti basta camminare per i corridoi e le ragazze ti urlano dietro, e io non so se sono in grado di sopportare tutto questo. Di sopportare il dubbio continuo che tu possa cambiare idea o stufarti di me, ci sarà una Kayla ogni giorno James, e io nonostante i tuoi sforzi non so se posso fidarmi… e questo è un bel problema, che non penso di riuscire a superare.”
“Sì, è un bel problema …” aveva sospirato il ragazzo, guardandola sconsolato. Non sapeva più cosa fare per convincerla che non aveva nulla da temere, voleva che lei potesse entrare nella sua testa per farle capire che di lui poteva davvero fidarsi, che tutto quello che aveva cercato di dimostrarle in quei mesi non era un capriccio momentaneo. Ma se Abby non era riuscita a capirlo dopo tutto ciò che lui aveva tentato di dimostrarle, cos’altro avrebbe potuto fare?  Ma all’improvviso gli era venuta un’idea. Se avesse giocato bene quell’ultima carta, Abby non avrebbe avuto più scuse per tirarsi indietro.
“Stasera vieni al bagno dei prefetti, alle nove” le aveva proposto, sicuro di sè.
“Cosa?” aveva domandato Abby alzando un sopracciglio, confusa.
“Tranquilla non è per cose strane. Tu vieni e basta, troverai le risposte ai tuoi dubbi” le aveva assicurato il ragazzo esaltato dall’idea che l’aveva appena folgorato. 
“Ma come …”
“Vedrai stasera, vieni e non parlarne con nessuno. Ora devo andare, ci vediamo dopo” e detto questo il ragazzo era salito di corsa nel dormitorio, lasciando Abby un po’ perplessa. 
Quindi ora eccola lì, mentre attraversava il corridoio del quinto piano diretta al Bagno dei Prefetti, senza sapere esattamente che cosa avrebbe trovato una volta entrata e in che modo James sarebbe riuscito a convincerla della sincerità delle sue intenzioni. 
Quando Abby alle nove in punto arrivò davanti al bagno, accanto alla statua di Boris al Basito, non trovò James ad aspettarla, ma Ryan Stanley. L’inquietante, spaventoso, strano Ryan Stanley, che non appena la vide, assunse un’espressione languida, che fece subito accapponare la pelle alla Grifondoro.
“Ma chi abbiamo qui? La cacciatrice di Grifondoro …Ti sei persa dolcezza?” ghignò Ryan con tono ripugnante.
Abby portò automaticamente la mano verso la bacchetta che teneva infilata nella gonna in vita. Quel ragazzo non le piaceva affatto e trovava disgustoso il suo modo di parlare o di approcciarsi al sesso femminile.
“Sto cercando Walker” disse Abby.
“Walker non è qui, ci siamo solo io e te” rispose Ryan con un ghigno deforme sul volto. 
Ma proprio in quell’esatto momento la porta del bagno dei prefetti si aprì, e fece capolino James.
“Ah sei arrivata!” fece James sollevato nel vedere che la ragazza aveva accettato il suo invito, e notando la presenza di Ryan domandò: “E tu cosa ci fai qui Stanley? Perché non sei dentro?”
“Sto aspettando Megan e le sue signorine … ma ho incontrato questo adorabile bocconcino, la serata si fa ancora più interessante” rispose quello strofinandosi le mani, avido.
“Non azzardarti nemmeno a guardarla o ti spezzo le gambe hai capito Ryan?” lo ammonì subito James puntando minaccioso un dito contro il ragazzo.
“Mi avete rotto voi e le vostre regole del cazzo!” rispose Ryan con una smorfia, per poi voltarsi dall’altra parte ad osservare fischiettando un punto lontano.
Il Grifondoro lo guardò stranito per qualche secondo, scuotendo la testa come sempre perplesso dal comportamento insensato del rosso. Poi con un leggero sorriso si rivolse ad Abby: “Dai su entra!”, e afferrandole un braccio la trascinò dentro il bagno.
“Cosa c’entra Mega- … WOW!” 
Abby non riuscì a terminare la domanda, totalmente sopraffatta dalla bellezza di quel luogo. Aveva sentito spesso parlare del Bagno dei Prefetti, e più volte aveva provato ad entrarvi di nascosto, ma mai si sarebbe aspettata qualcosa di simile. In particolare, la vasca così grande da sembrare quasi una piscina le fece luccicare gli occhi. Ora che aveva appurato personalmente quanto spettacolare fosse quel posto, era sicura non avrebbe più potuto farne a meno. Già si vedeva a passare ore e ore a sguazzare nell’acqua calda circondata da soffici nuvole di schiuma profumata e …
“ABBY?!” la voce di Thomas la fece ridestare.
La ragazza era così persa nella contemplazione del luogo che tanto aveva desiderato visitare nel corso di quei cinque anni, che non si era minimamente accorta del gruppo di persone che stava in piedi in mezzo alla sala e che ora la stava fissando.
“Thomas? Ma che cosa ci fai qui? Edward? SUMMER?!” quasi urlò Abby nel vedere l’amica in mezzo a quella compagnia. 
“Abby ci sei anche tu? Meno male!” si lasciò sfuggire con sollievo Summer, correndole incontro.
“Stasera abbiamo deciso di invitare proprio tutti vedo!” sbuffò invece acida Kayla guardando verso Abby con aria sprezzante. “Peggio per te cucciola!”
Ma prima che Abby potesse replicare con le parole poco graziose che aveva in mente Thomas prese la parola: “Non se ne parla! Abby fuori da qui, subito! Non devi partecipare a questo genere di festini, cosa direbbero i tuoi? Insomma sei troppo piccola” e detto questo cercò di trascinarla fuori da dove era appena arrivata.
“Thomas ma che fai?! Ricordati che sono più grande di te di sei mesi! E poi tu puoi fermarti e io no? Mica sei mio padre! Lasciami stare!” provò a divincolarsi lei.
“No Abby! Torna in dormitorio, qui si beve e si fuma e …”
“E a lei ci penso io!” intervenne James separando i due. “L’ho invitata io, e la terrò d’occhio.”
Thomas era sul punto di replicare il suo disaccordo, ma decise di tacere. Abby non era più una bambina e, anche se gli costava molto ammetterlo, doveva lasciare che fosse James a prendersi cura di lei, era l’unico modo per guadagnarsi la sua fiducia.
Il Serpeverde mollò la presa su Abby, e sussurrando un rapido “Ti tengo d’occhio comunque” si allontanò.
“Io non ho bisogno che nessuno mi controlli, comunque!” precisò subito Abby a James che ora la guardava divertito.
“Sicura? Dopo ieri sera direi che hai bisogno di qualcuno che ti tenga d'occhio quando bevi, non credi?”
Abby fece una risata ironica, e facendosi poi seria domandò: “Comunque che cos’è questo … raduno? Perché mi hai fatto venire?”
“E’ tradizione per noi che solitamente ci fermiamo alla vigilia vederci qui e boh, divertirci. Magari fumiamo un po’ e beviamo, ma nulla di estremo …” rispose James tranquillo.
“E io cosa c’entro in tutto questo?”
“Lo vedrai, ma ti giuro che ha tutto un senso … più tardi capirai.”
“Va bene, per come ti ho trattato ieri sera mi merito un po’ di mistero” disse Abby facendo ridere il ragazzo.

***

“Come sono i capelli? A posto?” domandò Megan sfiorando con una mano i lunghi capelli biondi. 
“Sono perfetti, come sempre” rispose Olivia, guardando ammirata la sua incantevole amica, impeccabile in ogni occasione.
“Bene Olivia, tu sistemati quella gonna non vedi che è tutta stropicciata? E voi tre” ordinò Megan voltandosi ad osservare tre ragazzine che non dovevano essere più grandi del secondo anno “vedete di non farmi fare brutta figura. Sapete le regole, potete bere e fumare, ma prima di tutto dovete soddisfare le richieste mie e delle mie amiche. I ragazzi sono off limits, l’unico con cui potete divertirvi è Stanley, gli altri limitatevi a guardarli”.
Le tre ragazzine annuirono a quelle parole, e cercarono di darsi l’ultima rapida sistemata a capelli e vestiti.  A quanto pare, dato il loro ben visibile nervosismo, dovevano aver atteso con ansia quella serata.
“Bene, inizia la festa” e detto questo Megan, facendo spuntare sulle carnose labbra un seducente sorriso, bussò alla porta.
Dopo pochi secondi, la porta si aprì, e Madison accolse eccitata Megan e Olivia, ma non degnò di uno sguardo le tre fanciulle alle spalle delle Serpeverde.
“Buonasera a tutti” salutò Megan entrando completamente a suo agio nella sala, seguita da un’Olivia che guardava incuriosita verso Summer e Abby, due facce sicuramente nuove a quei festini.
“E tu chi sei?” chiese invece Megan guardando verso Albert Branson, che seduto su uno scalino di marmo sembrava un pesce fuor d’acqua in mezzo a quel gruppo.
“Lui è Branson, un Corvonero del sesto. È una storia lunga, ma deve rimanere qui con noi” prese subito la parola Madison, terrorizzata dall’idea che Megan potesse disapprovare la presenza del ragazzo.
“Curioso…” mormorò Megan, per poi puntare i suoi gelidi occhi grigi su Abby e Summer, che l’una vicina all’altra, non sembravano nemmeno loro totalmente a loro agio. Megan le squadrò per qualche secondo, e poi, sempre sorridendo si avvicinò.
“Ma chi abbiamo qui…” disse simulando un finto tono allegro. “Tu chi sei già? Non ricordo proprio …”
“Sono Summer, ci siamo viste ieri sera, ero al tuo tavolo …” le rispose Summer annoiata. Il modo di fare di quella ragazza la irritava incredibilmente. Detestava questo suo continuo fingere di non riconoscere le persone con l’unico obiettivo di farle sentire insignificanti.
“Giusto, non ti avevo riconosciuto senza il vestito da clown che indossavi ieri sera” le rispose acida Megan.
“Almeno lei indossa dei vestiti veri” urlò Jake dall’altra parte della sala, alludendo al fatto che Megan in quel momento stava indossando un vestito semitrasparente che lasciava intravedere la biancheria intima.
“Ma come Jake, mi hai sempre preferito senza vestiti e ora ti lamenti?” rise senza allegria Megan, la quale poi si voltò poi verso Abby con sguardo maligno. Era il suo turno.
“Non credo ai miei occhi, abbiamo l’onore di avere Abigail Hill questa sera! Sei venuta a giocare a nascondino o a bere un po’ di latte al cioccolato?”
“Sono venuta a fare quello che sei venuta a fare tu, Megan” rispose Abby sostenendo senza timore lo sguardo della Serpeverde.
“Mi fa molto piacere vederti, sembri stare meglio, ho saputo che ieri sei scappata dal ballo piangendo, non hai avuto la favola che ti aspettavi principessina?”
“Non sono cazzi tuoi, Gray” rispose Abby secca.
“Basta così, Megan va a farti un giro” intervenne James, deciso a tenere quelle arpie lontano da Abby. Aveva capito il loro gioco e non voleva ulteriori problemi con la Grifondoro a causa loro. 
“Sì mi sono dimenticata di dirtelo, Hill si è portata dietro i babysitter” si intromise Kayla, infastidita dall’atteggiamento protettivo di James dei confronti della Grifondoro.
“Che c’è? Ti dà fastidio vedere che qualcuno si preoccupa per Abby quando invece tutti se ne fregano di te, Kayla?” rispose James, ma fu subito interrotto dalla voce di Ryan il quale, camminando languidamente attorno alle tre schiavette di Megan (le quali sembravano vagamente turbate da quell’atteggiamento), disse: “Direi che ora che ci siamo tutti, la festa può iniziare, non credete?”
“Hai detto la prima cosa furba della tua vita, Stanley!” urlò Jake, lanciandosi sulle le casse di alcolici. Il ragazzo con un colpo di bacchetta estrasse una quantità di superalcolici esagerata se rapportata con il numero di presenti, ed assieme a Thomas, iniziò a riempirsi un bicchiere.
La serata decollò, e grazie all’aiuto dell’alcool la tensione sembrò dissiparsi leggermente. 
Jake riuscì a convincere Summer a bere almeno un bicchiere, mentre Abby, sotto lo sguardo attento di Thomas, sorseggiò qualche drink senza esagerare.
Al contrario, Megan e le sue amiche, sembravano non avere alcun tipo di freno inibitore. Iniziarono a bere alla goccia direttamente dalle bottiglie e a ballare sensualmente strusciandosi l’una addosso all’altra, con l’unico obiettivo di concentrare su di loro le attenzioni dei presenti.
Albert, in tutto quel marasma generale, continuò a rimanere seduto sullo scalino di marmo, tormentandosi all’idea di aver abbandonato Anthony che in quel momento probabilmente lo stava attendendo tutto solo davanti alla Sala Grande.
“Bene ragazzi, ho girato qualche canna! Mi raccomando un tiro e poi passatela, non tenetela tutta per voi!” gridò Ryan per farsi sentire da tutti, e fu accolto dagli applausi dei presenti, ad esclusione di Abby, Summer e Albert. 
Il Tassorosso si avvicinò alle due ragazze e porse loro uno spinello già acceso: “Prima gli ospiti!”
“Io non fumo, grazie!” fece Summer allontanandosi immediatamente da quel ragazzo che la inquietava terribilmente. La ragazza andò a sedersi a fianco ad Albert, dove sapeva sarebbe stata più a suo agio.
“Hill?” chiese Ryan.
Abby guardò per un attimo la canna che il ragazzo le stava porgendo, interdetta.
In fondo è solo una canna, pensò, e se non lo fai quelle arpie penseranno di avere ragione.
 La Grifondoro allungò la mano, ma Thomas la fermò prontamente. 
“Abby quella roba non la fuma, allontanati Stanley!”
“Andiamo Thomas, come se tu non la fumassi!” rispose esasperata Abby, detestava quando il suo amico si comportava in quel modo iperprotettiva e in fondo ipocrita.
“Io sono io, tu sei tu” replicò lui in tono autoritario.
“Ma come sei carino Blake, ti preoccupi per la tua amichetta più di quanto tu ti sia mai preoccupato per me” disse Megan pungente a pochi passi da loro. 
“Ci risiamo” sospirò Thomas sollevando gli occhi al cielo.
“Hill dai retta al tuo amico, l’erba non è cosa per te, fatti dare un lecca lecca piuttosto” proseguì Megan, che a quanto pare quella sera aveva deciso di tormentare la ragazza.
A quelle parole Abby non ci vide più, odiava essere derisa in quel modo, nessuno poteva sottovalutarla, tanto meno Megan Gray.
Abby inaspettatamente strappò lo spinello dalle mani di Ryan, e lo portò alla bocca. Inspirò profondamente e, dopo pochi secondi, buttò tutto il fumo in faccia a Megan, senza tossire nemmeno una volta.
“Tieni Gray, spero non ti dispiaccia se l’ho fumata prima io, non volevo rischiare di entrare in contatto con la tua saliva e prendermi la mononucleosi o chissà quale malattia venerea” commentò Abby soddisfatta.
James scoppiò a ridere divertito dal modo in cui la Grifondoro aveva appena tenuto testa alla ragazza.
Megan per tutta risposta prese con decisione la canna e dopo un lungo tiro, ributtò a sua volta il fumo in faccia Abby, e con un sorriso malizioso si voltò e urlò alla volta di James: “Walker vieni che la passo a te. Ci siamo scambiati la saliva, e non solo, così tante volte che non credo tu abbia problemi, no?”
Quelle parole bastarono per far cambiare immediatamente l’umore di Abby, e Megan se ne accorse, perché sempre senza smettere di sorridere le sussurrò: “Tesoro, tu e la tua amica avete fatto un grosso errore a venire stasera!”

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Capitolo 24
*** Capitolo 23 - Ora si passa ai giochi per i grandi, bamboline ***


Capitolo 23 - Ora si passa ai giochi per i grandi, bamboline



I

L’abbondante cena della vigilia era finita già da un po’ e quasi nessuno era rimasto al lungo tavolo evocato per l’occasione.
Oltre a un gruppetto striminzito di studenti del primo anno e ai professori raggruppati a uno dei due capitavola, dove sarebbero rimasti fino allo scoccare della mezzanotte che avrebbe posto fine ufficiale alla cena della vigilia di Natale, c’erano solo più Sophie ed Anthony che si stavano raccontando, uno seduto a fianco all’altro in disparte, gli ultimi avvenimenti.

Sophie aveva bisogno di sfogarsi anche con il suo amico Anthony e alla fine della cena si era avvicinata al Corvonero che però era già in compagnia di Branson. Quest'ultimo aveva subito capito che Sophie aveva urgente necessità di parlare con Anthony e, nonostante la Grifondoro avesse cercato di convincerlo a restare, aveva deciso di lasciarli da soli mentre lui andava a rilassarsi nel bagno dei prefetti. 
Sophie era stata felice di poter stare finalmente un po’ di tempo con il suo amico Anthony ma lo anche perché così era riuscita a trovare una scusa plausibile per evitare Edward. Era così piena di sensi di colpa che il solo pensiero di dover stare faccia a faccia con lui la faceva cadere nello sconforto più totale. Non riusciva a guardarlo negli occhi senza sentirsi male, aveva persino fatto fatica a cenare tranquillamente affianco a lui e sperava solo che il Grifondoro non si fosse accorto dello strano comportamento che stesse avendo dalla sera precedente. 
Sophie sapeva di dovergli parlare ma non riusciva a trovarne il coraggio e l’unico modo per trovarlo era allontanandosi da quel ragazzo così perfetto. Se avesse continuato a fingere che andasse tutto bene e a stare sempre più tempo insieme con lui Sophie non sarebbe mai riuscita a portare a termine la sua decisione.  
"Mi fa così strano pensare che staremo qua a Natale" commentò Anthony mentre si guardava attorno entusiasta. Anche lui era solito tornare a casa per le vacanze, era rimasto al castello soltanto due anni prima quando i suoi genitori avevano deciso all’ultimo di andare a trovare sua zia in Francia; quest’anno invece si era accordato con Albert ed insieme avevano deciso di non tornare dalle famiglie per godersi finalmente del tempo assieme senza troppi occhi indiscreti attorno. Nessuno dei due si era ancora dichiarato ma era chiaro che da parte di entrambi ci fosse qualcosa di più di un’amicizia. 
"Si anche a me, ma con il fatto che ora vedo Lallie tutti i giorni penso sentirò meno la mancanza di casa."
Tutti gli anni Sophie non vedeva l'ora di rivedere la famiglia, le vacanze di Natale a casa erano un rito per lei ma quell'anno aveva fatto un’eccezione. Aveva deciso di rimanere ad Hogwarts per fare compagnia a Summer che altrimenti sarebbe rimasta da sola, le dispiaceva pensare che l’amica dovesse passare tutti quei giorni di vacanza senza nessuno così nonostante il disappunto della Tassorosso aveva deciso di farle compagnia.
Ed ora tra tutti i suoi amici solamente Frank avrebbe passato alcuni giorni con la sua famiglia e tutte sapevano che, una volta arrivato al castello, il Tassorosso l’avrebbe fatta pagare ad ognuno di loro. 
"Non è poi così male Hogwarts a Natale, no?" aggiunse il Corvonero continuando ad ammirare tutti i meravigliosi addobbi che contornavano la Sala Grande. Un enorme albero alto parecchi metri e pieno di decori natalizi si erigeva dietro al tavolo dei professori mentre alti alberelli di minori dimensioni erano posti tutt’attorno la Sala. Numerose ghirlande erano appese alle pareti rendendo l’atmosfera ancora più incantata.
"È tutto così bello, più passa il tempo più mi innamoro di questo posto" ammise Sophie non distogliendo lo sguardo dai numerosi addobbi che ornavano l’intero castello.
"Hai ragione, ci mancherà un sacco quando non saremo più qua" aggiunse Anthony che ancora non riusciva ad accettare che prima o poi avrebbero dovuto abbandonare quel posto così stupendo.
"Meglio non pensarci… Vorrei rimanere qua per sempre" piagnucolò la Grifondoro con sguardo affranto. Tutti gli studenti avrebbero desiderato ripetere gli anni ad Hogwarts all’infinito.
"Cambiamo discorso, di cosa volevi parlarmi? Non mi sembra tu sia molto di buon umore oggi" chiese il Corvonero notando lo sguardo sofferente della ragazza. 
"Quasi quasi meglio che ritorniamo al discorso di prima… Non funziona più con Edward, anzi forse non ha mai funzionato e me ne sono accorta solo ora" confessò Sophie all’amico. Spesso i due ragazzi finivano per parlare della relazione di Sophie con il Grifondoro e Anthony la ascoltava sempre attentamente.
Sophie così iniziò a raccontare tutto quello che da giorni la tormentava, dagli avvenimenti alla sera prima ai dubbi che da settimane l'avevano perseguitata non lasciando tranquilla un secondo. 
Si sentiva sempre più leggera, finalmente era riuscita ad ammettere tutti i suoi sentimenti a due dei suoi più cari amici e le sembrava tutto meno complicato.
Dopo aver confortato a lungo la sua migliore amica, Anthony capì che era arrivato il suo turno di confessare ciò che da giorni lo opprimeva. Già mesi prima aveva ammesso alla Grifondoro di provare qualcosa per Albert ma le aveva sempre ripetuto che non ne fosse totalmente sicuro. Aveva paura di confondere il bellissimo rapporto che si era creato tra i due e così aveva atteso ancora dei mesi prima di rendersi conto di essere totalmente innamorato di quel ragazzo così carino, gentile e dolce. Ogni volta incrociasse il suo sguardo il cuore iniziava a battere all’impazzata e mille emozioni gli contorcevano lo stomaco.
Più volte la Grifondoro gli aveva chiesto come andasse con il Corvonero e Anthony aveva risposto sempre nello stesso modo: "Va benissimo ma ho paura di rovinare tutto”. Nonostante, infatti, i due ragazzi non avessero mai avuto il minimo problema e quando stavano insieme il tempo sembrava scomparire, entrambi avevano una paura folle di fare il primo passo. Ma quella sera il Corvonero si era finalmente deciso, avrebbe preso coraggio e avrebbe confessato ad Albert tutto quello provava per lui, senza alcun timore o esitazione. 
E così lo disse all'amica per avere conforto e per capire se stesse per fare la scelta giusta.
“Sof, visto che mi hai sempre chiesto di Albert e io ti ho sempre dato risposte poco convincenti, ora sono sicuro di quello che provo e posso darti una risposta certa: sono sicuro di essermi innamorato” ammise tutto d’un fiato il ragazzo abbassando lo sguardo per l’imbarazzo. Era ancora difficile per lui ammettere i sentimenti che crescevano sempre di più per l’amico.
“Oddio! Finalmente te ne sei accorto, sono così felice!” gridò Sophie, abbracciando il Corvonero che ricambiò l'abbraccio ancora in soggezione. 
Era da quando Anthony le aveva parlato dei suoi dubbi che la Grifondoro era sicura che il suo amico fosse innamorato di Albert, ma non aveva mai forzato niente, aspettando pazientemente che fosse lui ad accorgersene senza alcuna pressione.
“Si vedeva tanto?” chiese lui arrossendo e alzando le sopracciglia. Non si aspettava che la sua amica se ne fosse accorta già tempo, era sicuro di essere stato discreto al massimo.
“Un pochino, ma sarà che sono tua amica da così tempo che riesco a capire le cose prima di te…” sorrise Sophie. Era così contenta che finalmente Anthony fosse riuscito a capire cosa provasse per Albert e avesse deciso di parlarne con lei.
“Vorrei parlargliene stasera, è da giorni che aspetto questo momento e voglio togliermi questo peso.”
Anthony non appena si era convinto di essere innamorato dell’amico non aveva fatto altro che pensare a come avrebbe potuto dirglielo. E ora non riusciva ad aspettare altro tempo, per giorni ci aveva rimuginato sopra pensando alle parole giuste da utilizzare e aveva deciso di non prepararsi nulla, gli avrebbe detto tutto senza troppi giri di parole.
“Stasera? Finalmente potrò vedervi insieme!”
“Non è ancora detto che lui provi le stesse cose…”
“Le prova sicuramente, lo vedo come ti guarda a scacchi magici. È come se avesse gli occhi a cuoricino, fidati che fai la scelta giusta…” 
Sophie aveva ragione, Albert guardava il Corvonero come se ci fosse solo lui nell’aula e la ragazza più volte aveva notato gli sguardi che i due si scambiavano.
“Forse è presto confessargli tutto ora ma ti assicuro che se aspettassi ancora scoppierei” disse Anthony passandosi una mano tra i capelli. Non poteva più attendere, si era finalmente deciso e se avesse posticipato ancora avrebbe cambiato idea perdendo tutto il coraggio che era riuscito a guadagnare in pochi giorni. 
“Vedrai che andrà tutto per il meglio, sono così emozionata per voi due!” esclamò Sophie con un sorriso sul volto. Non vedeva l'ora di vedere i due Corvonero finalmente insieme e di vedere Anthony felice e rilassato. Era chiaro che i sentimenti per Albert lo rendessero sempre più agitato e da quando si era accorto che non gli bastasse una semplice amicizia spesso non riusciva a godersi il tempo passato con lui. Anthony voleva parlargli il più in fretta possibile, aveva già aspettato troppo. 
Nonostante Albert si fosse allontanato per lasciar loro della privacy, aveva detto che sarebbe comunque tornato nella Sala Grande per le 22 circa, quando sarebbero apparsi altri dolci e avrebbe avuto luogo uno spettacolo degli spettri di Hogwarts, per attendere Natale a mezzanotte e finire la serata insieme ed Anthony aveva ormai deciso di dirgli tutto quella sera stessa. 
Sophie dunque decise di restare con lui mentre aspettava Albert per tenere tenergli compagnia, cercando di tranquillizzarlo e togliergli quell’ansia che gli attanagliava lo stomaco con il passare dei minuti. 
Anthony era infatti sempre più ansioso ed emozionato, finalmente il momento che tanto attendeva era arrivato e non sapeva come calmarsi. Si era messo a camminare avanti e indietro lungo la Sala, aveva bevuto dell’acqua che Sophie gli aveva gentilmente offerto e aveva fatto lenti respiri profondi, ma niente era servito per infondergli la tranquillità di cui aveva bisogno. Sophie accanto a lui cercava in ogni modo di farlo rilassare sussurrandogli frasi conforto ma il ragazzo sembrava preso da una crisi di panico.
“Come mai non arriva? Magari non vuole più vedermi” disse il Corvonero dopo quella che gli sembrò un’infinità di tempo mordicchiandosi nervosamente le unghie. 
“No Anthony, vedrai che ora arriva… avrà avuto un contrattempo” intervenne Sophie con voce rilassata posando una mano sulla spalla del ragazzo. 
“Magari ha cambiato idea e ha deciso di darmi buca, che stupido che sono stato… dovevo aspettarmelo.”
Anthony non sapeva più cosa pensare, ad ogni secondo si aggiungevano preoccupazioni assurde ed improbabili. 
“Forse ho capito male io l’ora? O il posto? Eppure di Sala Grande ce n’è solo una, no?” continuò lui alzandosi e ricominciando a camminare senza sosta davanti a Sophie. 
“Magari ha detto che vi sareste visti nella Sala Comune?” chiese la Grifondoro provando a trovare una spiegazione del ritardo di Albert. 
“Forse si… no però ero sicuro di aver capito Sala Grande.”
“Stai calmo Anthony, secondo me c’è solo stato un malinteso. Vedrai che tra poco potrai parlargli.”
“No sono sicuro, e se fosse successo qualcosa? Magari si è sentito male…" si impanicò Anthony mettendosi le mani nei capelli. "Oddio e se fosse morto?” si domandò fermandosi di colpo e strabuzzando gli occhi. 
Il Corvonero aveva pensato a tutti motivi plausibili che avesse portato Albert a non tornare da lui, Branson non arrivava mai in ritardo, anzi preferiva di gran lunga arrivare parecchi minuti prima di qualsiasi evento. 
La situazione stava diventando quasi comica agli occhi di Sophie che al tempo stesso era terribilmente preoccupata a vedere l’amico così agitato. Sembrava addirittura che Anthony facesse fatica a respirare talmente aveva il fiato corto e non stava fermo in alcun modo. 
Dopo parecchi minuti di riflessioni e pensieri Sophie aveva finalmente convinto Anthony a cercare il Corvonero nel bagno dei prefetti, dove aveva detto sarebbe andato per rilassarsi nella speranza di trovarlo ancora lì. 
E quello che li aspettava non era poi lontano dalle assurde congetture che Anthony aveva fatto per tutti quei minuti.


II

Una spessa coltre di vapore si alzava dall’enorme vasca ormai stracolma di schiuma e di bolle colorate, e si diffondeva diradandosi gradualmente in tutto il resto dell’ampia sala; l’aria era calda e profumata. 
L’atmosfera nel bagno dei prefetti era più focosa che mai. 
La festa era al suo culmine e un paio dei partecipanti era ormai fuori gioco. Due delle tirapiedi di Megan erano infatti accasciate sul pavimento di marmo bianco vicino ad un angolo della vasca, i vestiti bagnati, presenti solo più fisicamente: una stava dormendo scompostamente a pancia in giù, con un rivolo di bava che le usciva dalla bocca, l’altra ridacchiava da sola indicando cose nell’aria che nessun altro poteva vedere. 
Nell’acqua, Ryan Stanley nuotava fino alla loro altezza, si fermava, con solo metà della testa in superficie e lo sguardo dalle pupille dilatate puntato sulle due ragazze, emetteva strani versi gutturali, tornava indietro più veloce di prima e ricominciava da capo, in una grottesca imitazione di uno squalo con le sue prede. 
Dalla parte opposta della vasca, il più lontano possibile da quello spettacolo bizzarro che tanto chiaramente le disgustava, stavano le dive della serata: Megan, Olivia, Madison e Kayla erano comodamente a mollo nell’acqua calda con fare disinvolto e rilassato. La terza delle schiavette di Megan si era premurata di allineare accanto a loro una fila di bicchieri ormai vuoti e adesso la ragazza stava accovacciata (ben attenta a restare in disparte e a non disturbarle) con la bacchetta diretta verso il basso, per creare delle piacevoli bolle nell’acqua tutto attorno alle quattro. 
Megan, Olivia, Madison e Kayla da qualche minuto stavano parlottando tra di loro lanciando delle occhiate malevole a Summer e Abby, poco distanti. Infastidite, le due ragazze si spostarono verso il lato opposto della stanza, facendosi strada tra il mucchio di asciugamani che erano sparsi ovunque per terra e cercando di evitare le grosse pozze d’acqua che bagnavano il pavimento. 
“Potrei uccidere per avere la chiave di questo posto” sospirò Abby, una volta che si fermò, sentendosi a distanza di sicurezza dalle arpie e guardando con aria sognante il centinaio di rubinetti d’oro da cui continuavano a sgorgare getti di acqua e di bolle dei colori e delle forme più svariate.
“L’hai già detto, e più di una volta” le fece notare Summer, ridacchiando. “Vedila così, tra due anni, quando James non ci sarà più, sono sicura che la spilla da Capitano andrà a te e con essa una delle chiavi che tanto desideri…”
“Non posso aspettare così tanto” ribatté Abby, la faccia corrucciata. “Più della metà dei miei amici ha la chiave di questo posto, non vedo perché dobbiate essere così egoisti da non regalarmene neanche una!”
“Abby lo sai bene che non possiamo, che sono magicamente incantate per rispondere solo al rispettivo proprietario” sospirò Summer, divertita dalla testardaggine dell’amica. “E poi ci siamo sempre tutti offerti di portarti con noi, non puoi rinfacciarci niente.”
“Ma non è la stessa cosa Sum!” si lamentò ancora Abby. “Io voglio andarci da sola e quando mi gira, io…”
La Grifondoro stava per aggiungere qualcosa quando si bloccò di scatto, rapita da una visione surreale: Albert si era come materializzato sul trampolino dorato davanti a loro. Si era tolto il maglione a collo alto, rimanendo solo in camicia, e lo stava scuotendo accanto a sé come un torero, parlando da solo. 
“Oddio e adesso cosa ci combina ancora?”
Albert Branson aveva passato la prima parte della serata in un angolo, cercando di confondersi con il muro alle sue spalle, chiaramente a disagio in mezzo a quel raduno contro le regole. Ad un certo punto però, Thomas e Jake gli si erano avvicinati con due espressioni identiche sul volto, esageratamente angeliche, e gli avevano offerto un cocktail speciale creato da loro in segno di amicizia. Con la scusa di farlo adattare e sentirsi più a suo agio, avevano in realtà utilizzato il povero ragazzo per fare esperimenti alcolici, in cerca del mix perfetto, e la situazione non aveva tardato a degenerare. Ben presto, si erano ritrovati a inseguirlo per tutto il bagno, mentre ne combinava una dopo l’altra, impazzito, e, visto dove era ricomparso ora, era evidente che dovevano averlo perso di vista per un attimo.
Prima che Abby o Summer potessero fare qualcosa di più che sbattere le ciglia, Albert lasciò cadere il maglione, chiuse gli occhi e portò le mani unite davanti al volto come in preghiera. Quindi, fatto un mezzo giro su se stesso, urlò e prese la rincorsa come per tuffarsi, con il solo risultato di ripercorrere al contrario il trampolino e lanciarsi direttamente contro il muro. Il ragazzo si schiantò contro la vetrata principale dove la sirena che stava guardando con fare ammaliante verso James e Edward, inviando loro baci e saluti, agitò la coda indispettita e si spostò sulla finestra accanto. Albert cadde a terra con un tonfo sordo, privo di sensi.
Summer e Abby si affrettarono a correre accanto a lui, preoccupate, mentre alle loro spalle delle risate stridule si levavano dalla vasca, e furono raggiunte in un attimo da Thomas e Jake. I due ragazzi si fermarono con una scivolata a pochi centimetri dal Corvonero svenuto e l’osservarono con aria professionale, entrambi accaldati per le corse fatte: Jake aveva rimboccato alla bella e meglio le maniche della larga maglia nera con scollo a v fin sopra al gomito e Thomas aveva abbandonato in un angolo la sua felpa per restare semplicemente con una maglietta a maniche corte grigia.
“A occhio e croce è durato due minuti e mezzo a questo giro” fece quest’ultimo, con fare critico. Poi aggiunse, entusiasta: “Ma che salto ha fatto, diritto contro il muro, questa roba è incredibile Jake!”
“Lo so, lo so, Thom” disse il compare, altrettanto su di giri, con fare soddisfatto. “Però dobbiamo sapere se ha effettivamente avuto un’allucinazione o meno.”
“Secondo me sì, ma nel dubbio…”
“…c’è solo una cosa da fare…”
“…non appena si riprende riprovare con lo stesso dosaggio…”
“…e questa volta non perderlo di vista!”
I due Serpeverde si batterono il cinque con un ghigno, compiaciuti e impazienti di rientrare in azione. 
“Thomas! Jake!” esclamarono contemporaneamente Summer e Abby, richiamandoli severamente. 
I ragazzi, presi dalla loro complicità, non si erano quasi accorti della loro presenza e cercarono immediatamente di fingersi dispiaciuti per l’accaduto, senza grande successo: il loro tentativo di ricomporsi in un’espressione contrita fu reso vano dagli occhi che scintillavano divertiti e dall’accenno di sorriso furbo che si stava allargando su entrambi i volti. 
“Controlla prima che sia vivo, guarda come l’avete ridotto” disse Abby al biondo, sinceramente dispiaciuta per il Corvonero, sulla cui fronte si stava già allargando un vasto ematoma.
Thomas alzò gli occhi al cielo. “Non fare la melodrammatica, guarda sta già muovendo la testa sta benone fidati.”
“Jake davvero, dategli un attimo di tregua poverino” rincarò la dose Summer, rivolgendosi direttamente al Serpeverde. 
“Ma Sum, dobbiamo sapere se ha avuto un’allucinazione, è di vitale importanza per la nostra ricerca e per il futuro di questa scuola, credimi” tentò di spiegarle quello, serissimo. 
Proprio in quel momento, Albert rinvenne del tutto, aprendo gli occhi. Rimase confuso per un attimo, sbattendo le palpebre lentamente, quindi si mise a sedere con fatica. Si guardò attorno con uno sguardo assente ancora per un istante, poi i suoi occhi misero a fuoco la figura di Jake, accovacciato al suo fianco, e qualcosa scattò in lui. 
“BABYYYYYY” gridò, ritrovando improvvisamente tutta l’energia che aveva prima del salto dal trampolino e gettandosi senza preavviso sul Serpeverde. 
Jake impallidì e cercò in fretta di fare qualche passo per scappare a quell’attacco, ma il pavimento bagnato gli fu d’intralcio e il Serpeverde scivolò all’indietro finendo disteso per terra; Albert gli fu addosso in un istante e cominciò a cercare di baciarlo con tutte le sue energie. 
“Mi sa che abbiamo la prova che con questo dosaggio si ottengono delle allucinazioni, eh Allen? Non credo che stia sognando di sbattersi proprio te” ghignò Thomas, piegato in due dalle risate.
“Blake che cazzo aspetti levamelo di dosso!” sbraitò Jake, traumatizzato, cercando di proteggersi il viso come poteva dagli assalti del Corvonero che continuava a urlare “dolcezza, vieni qui, voglio solo te!”.
Summer e Abby corsero a prendere una sedia che era servita come appoggio per una pila pulita di asciugamani; Thomas si affrettò a liberare l’amico, e insieme i due Serpeverde riuscirono a placcare Albert (che continuava a dimenarsi come una furia, cercando di sbottonarsi la camicia e gridando apprezzamenti ai due ragazzi che lo tenevano, convinto di parlare con chissà chi), e a metterlo a sedere di peso sulla sedia. 
Jake, riprendendo fiato, prese la sua bacchetta e puntandola contro il Corvonero fece fuoriuscire dalla punta delle corde che si srotolarono fino alle braccia e alle gambe di Albert, bloccandole. 
“Bel trucchetto” fischiò Thomas ammirato, lasciando a sua volta il ragazzo e asciugandosi la fronte madida di sudore. 
“L’avete davvero legato a una sedia?!” esclamarono all’unisono Abby e Summer, ancora incredule per tutta la scena a cui avevano appena assistito.
Di fronte allo sguardo sconvolto delle due ragazze, Thomas alzò le spalle, in lieve imbarazzo. 
“È per il bene di tutti, le cose ci sono un po’ sfuggite di mano e almeno eviteremo che faccia altri danni.”
“Avete esagerato, domani potrebbe decidere di andare a parlare con i professori non credete?” chiese Abby. “Non che mi importi se finisci nei casini Allen, anzi tanto meglio. Mi preoccupo per te Thommy.”
“Sei sempre il solito zuccherino Hill” la rimbeccò Jake, ma fu interrotto da Thomas. 
“Però ha ragione Jake, non possiamo correre questo rischio, non hai qualcosa per fargli dimenticare tutto?”
“Beh, possiamo sempre stordirlo con un mix letale di alcool e droga…”
“Qualcosa di un po’ meno drastico?” intervenne Summer, allarmata.
“Qualcuno di voi sa forse eseguire un incantesimo di memoria in maniera decente?” chiese ironicamente Jake. “Perché è magia avanzata, noi del sesto anno abbiamo appena cominciato ad accennarla.”
“Sof è bravissima con gli incantesimi di memoria, anche se è solo al quinto anno!” si illuminò Abby, speranzosa.
“Sì, ma Sof non c’è” le fece notare Summer, scoraggiata.
“Andiamo a chiamarla!” propose subito Thomas, allegramente, dimenticandosi per un istante, su di giri com’era, che era meglio che non vedesse la Grifondoro dopo l’ulteriore discussione che aveva avuto con lei la sera prima.
“NO!” rispose prontamente Abby, inorridendo al solo pensiero di quale avrebbe potuto essere la reazione dell’amica se li avesse scoperti in quel momento, mentre Summer si limitò a fissare il Serpeverde, incuriosita da quella proposta.
Thomas si guardò furtivamente alle spalle, preoccupato che le sue parole fossero giunte all’orecchio di Richardson, il quale aveva passato tutta la serata a lanciargli occhiate oblique e minacciose, ma per fortuna il Grifondoro era ancora nell’altra metà del bagno dei prefetti, vicino all’apertura che ospitava qualche rubinetto e qualche spogliatoio, intento a parlare concitatamente con Walker. 
“Bene, quindi no Forbes, si alcool e droga” tagliò corto Jake, annoiato. “Si torna all’idea iniziale, vado a prendere qualcosa, voi tenetelo d’occhio.”
E così detto, Jake si allontanò a passo svelto, mentre Albert gli urlava dietro, come un forsennato: “Ehi bomba sexy poi torni vero? Non ho ancora finito con te!”

***

“Che palle che Anderson e i suoi amici non siano rimasti per le vacanze” sbuffò Megan, accavallando una lunga gamba perfetta sull’altra sott’acqua. Quindi, si rivolse all’amica rossa: “Maddie, sei sicura di aver ben fatto capire loro le mie intenzioni?”
“Sì, sì” rispose quella, con fare distratto, giocherellando con il bordo della sua sottoveste. 
“Va beh, vuol dire che me lo prenderò due volte quando torna” si limitò a commentare Megan, con un’alzata di spalle. 
“Peccato però, avrebbero ravvivato la festa: carne fresca” intervenne Kayla, con un guizzo famelico negli occhi. 
“Davvero, qua ci sono sempre i soliti” concordò Megan, annoiata. “Blake ormai è storia vecchia, so che a voi due non interessa perché è più piccolo, Olivia invece ora sei libera di fartelo se non sei ancora ossessionata da quel Lewis. Allen mi ha stufata, ci rifarei un giro tanto per fare ma capirete, e quest’anno Walker è così palloso e inutile... il tuo tentativo di ieri sera è servito ben a poco Kayla.”
Kayla sbuffò, il ricordo del rifiuto del ragazzo le bruciava ancora. “Non durerà a lungo. Le impronte di una leonessa non possono essere cancellate da quelle di una gatta morta.”
“Se lo dici tu… intanto è fuori mercato.” 
“Rimane sempre Edward” notò Olivia, tentando di inserirsi nella conversazione. 
“Ma chi, Richardson? Lo sai che mister perfettino non mi interessa, troppo noioso” fece Megan, con un verso sprezzante, provocando la risata di Kayla. “Anche se per la nostra Madison è tutta un’altra storia vero?” 
Quest’ultima aveva infatti lo sguardo voglioso posato sul Grifondoro da ormai parecchio tempo, come se stesse cercando di ideare un piano per riuscire a fargli levare quella maglietta rossa aderente che indossava.
“Oddio ancora con questa storia, sei senza speranze” la schernì Kayla. “Sta sempre con quella Forbes e sebbene lei sia così insipida lui non la tradirà mai stanne certa. Non hai alcuna possibilità di fartelo stasera Maddie, lascia stare.” 
Madison le rivolse un dito medio senza neanche voltarsi a guardarla. 
“Non è ancora detta l’ultima parola Kayla” disse Megan invece, sorridendo d’un tratto con malizia. “Ragazze, andiamo, è ora di rendere le cose un po’ più interessanti. Rianimiamo questa serata.”
“Tu” si rivolse quindi freddamente alla tirapiedi alle sue spalle, che si mise sull’attenti, timorosa di aver fatto qualcosa di sbagliato, “portaci le nostre bacchette, subito, e seguici senza intralciarci, ricordati: hai il privilegio di essere qui con noi, ma non esisti.”
La ragazzina si affrettò ad annuire obbediente e corse a eseguire quell’ordine. Megan, con al seguito le tre amiche, uscì dalla vasca, con la sua sensualità innata. Al vedere le ragazze che si erano spogliate con tanta disinvoltura per entrare in acqua, Summer e Abby si erano voltate in imbarazzo, ma le quattro non avevano fatto una piega e anche adesso, mentre attraversavano il bagno dei prefetti solo in biancheria intima, non sembravano minimamente a disagio, anzi tutto il contrario. La tirapiedi si affrettò a portar loro degli asciugamani nuovi che, dopo essere serviti a darsi una veloce asciugata, furono abbandonati a terra; solo Olivia rimase avvolta nel suo, più a suo agio così: Megan sembrava nata per camminare con solo addosso reggiseno e brasiliane di pizzo nero, Kayla non vedeva chiaramente l’ora di sfoggiare il suo body bordeaux aderente con innumerevoli incroci sul petto che univano le pochissime parti coperte del corpo e Madison era perfetta come sempre nella sua cortissima e aderente sottoveste bianca in seta, resa semitrasparente dal contatto prolungato con l’acqua. 
Le quattro ragazze si avvicinarono a Thomas e Jake che avevano finito con l’imbavagliare Albert, per cercare di tenerlo ulteriormente tranquillo in attesa che si tranquillizzasse (gli avevano fatto bere un bicchiere intero di una miscela ideata espressamente da Jake, ma il Corvonero sembra molto più resistente di quanto non ne avesse l’aria e non era ancora precipitato nell’oblio, né dava segno di star per crollare). 
I due Serpeverde non batterono ciglio di fronte a quello spettacolo, già osservato in lungo e in largo, abituati da festini passati e momenti di intimità, il primo con Megan, il secondo con i tre quarti della fauna davanti a lui.
Summer, invece, non riuscì a trattenersi.
“Si divertono a stare sempre mezze nude?” sibilò indignata a Abby, altrettanto infastidita da quella vista. “Non hanno un minimo di ritegno.”
“O forse noi abbiamo semplicemente qualcosa da mostrare, a differenza vostra” ribatté malignamente Kayla, che l’aveva sentita.
“Oh, ancora qui?” chiese con sdegno Megan, fingendo di non averle viste fino a quel momento.
“Perché dove altro dovremmo essere?” fece Abby, in tono di sfida.
“Non so, a nanna forse?” rispose la Serpeverde, guardandosi le unghie con fare annoiato. 
“Ora si passa ai giochi per i grandi, bamboline” aggiunse Madison, con tono mieloso, “è meglio se vi fate da parte, non sono cose che fanno per voi.”
“Ti piacerebbe” ringhiò Abby, in rimando.
Jake invece si illuminò: “Avete in mente quello che penso io?”
“Obbligo o verità, come da tradizione” confermò Olivia, con un sorriso radioso.
“Grandioso! Vedrai Sum, ci si diverte” assicurò con un sogghigno il Serpeverde alla Tassorosso, che non sembrava molto convinta. “Per una volta le possiamo tiranneggiare noi se giochiamo bene le nostre carte.”
“No ma se disturbiamo possiamo anche non partecipare non fa niente” si affrettò a dire Summer, per niente attirata dal prendere parte a un gioco di quel tipo con delle stronze della loro portata.
Kayla ammiccò in direzione di Madison, ridacchiando. 
Abby fulminò l’amica con lo sguardo. “Non osare tirarti indietro Sum” disse a denti stretti, per poi rivolgersi direttamente a Madison. “Un gioco per i bimbi grandi? Ma per favore, obbligo o verità è roba per quelli del primo anno.”
“Non come ci giochiamo noi bambolina, non come ci giochiamo noi” le rispose con sufficienza la Corvonero. 
“Sei sempre in tempo per ritirarti” aggiunse Kayla, beffarda.
“Abby, lasciamo stare, dai” provò ancora Summer, a bassa voce.
“Tu seguimi e basta” le intimò Abby, gli occhi ridotti a due fessure e puntati con odio sulle quattro ragazze che si stavano ora dirigendo verso Edward e James.
“Non le farete cambiare idea, è più testarda di me quando ci si mette” le avvertì divertito Thomas, incrociando le braccia dietro la testa e seguendole accanto a un Jake altrettanto rilassato.
Una volta che furono tutti raggruppati nella zona d’ingresso del bagno dei prefetti, Megan si mise in centro al gruppetto, una mano sul fianco, spostandosi i capelli dietro ad una spalla. Edward, essendo l’unico che non aveva mai avuto l’“onore” di spassarsela con una delle quattro ragazze, sembrava vagamente a disagio e non sapeva dove posare lo sguardo, chiaramente in imbarazzo; James invece era a suo agio, per niente impressionato.
“Vestirsi è un hobby Gray?” chiese canzonatorio alla Serpeverde.
“Puoi sempre svestirti tu Walker, non ci dispiacerebbe affatto” ribatté Kayla al suo posto. 
James la ignorò e si spostò vicino a Abby, facendole un mezzo sorriso. “Tutto a posto?”
La ragazza si limitò ad annuire, troppo presa dall’astio che provava in ogni centimetro del suo corpo per quelle bagasce, ma fu comunque contenta che il Grifondoro avesse scelto di venire a piazzarsi accanto a lei. 
“Scontato, Walker” commentò Kayla di fronte alla mossa del ragazzo.
“Ti rode solo, Jimenez” fece quello, indifferente.
“Ora basta” intimò Megan, e con il suo solito magnetismo richiamò l’attenzione generale senza alcuna difficoltà. “Passiamo alle cose serie: fuori le bacchette.”
“Perché le bacchette?” chiese Summer, confusa. 
“Per il giuramento” le spiegò Olivia gentilmente, rendendosi conto che la ragazza non sapeva di cosa stesse parlando. “Prima di iniziare facciamo un giuramento magico, che ci vincolerà a effettivamente rispondere la verità o eseguire l’obbligo imposto, senza alcuna possibilità di sottrarsi, così è tutto più interessante no?”
“Interessantissimo” rispose Summer debolmente, impallidendo impercettibilmente. 
Anche Abby esitò un attimo di troppo, interdetta, e Megan se ne accorse.
“Come puoi vedere, questo non è il classico obbligo o verità per quelli del primo anno Hill” disse la Serpeverde, altezzosa. “E non è per tutti.”
“Ultima possibilità, tesorino” fece Madison, alle sue spalle.
“O forse non hai le palle? Forse non sei una vera Grifondoro? Ma in fondo ho sempre pensato che voi Grifondoro non foste così coraggiosi come dite…”
“Io invece ho sempre saputo che voi Serpeverde siete così viscidi. Non mi sottovalutare Gray” ribatté Abby, punta sul vivo, stringendo con forza la sua bacchetta e allungandola davanti a sé. Si sentiva come sul campo da quidditch, attraversata dall’adrenalina della sfida che la rendeva sempre stranamente più sicura di sé; James, che stava aspettando di vedere cosa avrebbe fatto la ragazza, fece un sorrisetto e la imitò a sua volta.
“Io però non sono Grifondoro” obiettò Summer con un filo di voce, lanciando un ultimo sguardo implorante verso Abby, che però non cedette. 
“Tira subito fuori quella bacchetta Summer Evans” sibilò la Grifondoro, senza neanche guardare l’amica.
“E va bene, va bene” sospirò Summer, rassegnata. Si fece forza, in fondo non poteva farsi mettere i piedi in testa da quelle smorfiose da quattro soldi; diresse a sua volta la bacchetta verso il centro del cerchio che si stava formando a mano a mano che tutti i presenti si mettevano in posizione. 
“Peggio per voi” decretò Megan, rivolgendo loro uno sguardo presuntuoso. “Allen, a te l’onore?”
Jake puntò con fare solenne la bacchetta davanti a sé, chiudendo il cerchio magico, e mormorò una frase quasi inudibile, in una lingua arcana.
Immediatamente, i dieci ragazzi furono avvolti da corde dorate che passavano dall’uno all’altro, unendoli intrinsecamente in una cosa sola; quindi, una luce accecante brillò per un secondo, e il patto fu sugellato.
“E ora, si gioca.”

***

Edward e James avevano fatto apparire con un pigro movimento delle loro bacchette una decina di grossi, soffici e confortevoli cuscini bianchi; li avevano sistemati a cerchio sul pavimento, e tutti i partecipanti vi si erano comodamente seduti sopra. La sventurata schiavetta di Megan si era affrettata a portare a tutti qualcosa da bere e il gioco aveva avuto inizio.
Abby e Summer avevano capito abbastanza in fretta in mezzo a che cosa si erano ficcate: senza un ordine apparente, qualcuno prendeva l’iniziativa e costringeva un altro a rivelare una verità o fare un obbligo, senza lasciare la scelta tra i due. Per ora, la sventurata Olivia era stata costretta da Madison a rivelare una serie di fatti poco gradevoli che la riguardavano (tra cui il fatto che prendeva regolarmente una pozione per curare una forte alitosi e che soffrisse di flatulenze moleste nel sonno), Jake era stato obbligato da James a encomiare e esaltare i Grifondoro con lodi e inni (cosa che aveva fatto rischiando di soffocarsi, talmente aveva provato con tanta veemenza a impedirsi di pronunciare simili eresie) e per risposta Thomas aveva fatto bere a James un intruglio preparato in segreto con l’aiuto di Jake (che Abby era quasi sicura contenesse solo ingredienti non commestibili e che James aveva ingurgitato in un sorso, con una smorfia tremenda sul volto e rischiando un conato di vomito).
Summer tuttavia temeva che questo non fosse che l’inizio, e si stava chiedendo con apprensione per quanto ancora lei e l’amica sarebbero rimaste graziate quando Kayla si rivolse proprio ad Abby, un’espressione malevola sul volto. 
“Allora, piccola innocente Abigail” disse la Serpeverde, con voce melliflua. 
Abby fece una smorfia nell’udire il suo nome per intero pronunciato da quella stronza, ma si sistemò meglio sul suo cuscino, lisciando la corta gonna rossa, raddrizzò la schiena e le rivolse uno sguardo di sfida. 
“Dimmi un po’ la verità. È vero che sei ancora una verginella?” chiese quindi Kayla, diretta. “Te lo domando perché è importante che Walker sappia a chi si interessa...”
Summer si sentì avvampare per l’amica di fronte a quella domanda così personale e posta con l’obbiettivo preciso di screditarla agli occhi di James; Abby cercò di mantenere il sangue freddo.
“Sì, lo sono, e allora?” rispose, riuscendo a limitarsi a far sentire nella voce solo una punta di imbarazzo e cercando di ignorare i non pochi commenti sarcastici e denigratori delle ragazze davanti a lei.
“E allora?” la schernì Kayla. “Allora, lui non lo è mia cara, io lo so per certo, e un’inesperta come te non potrà mai essere al suo livello. Si stuferà di te in un baleno, casta e santarellina come sei non fai per lui.”
James fece per intervenire, scocciato, ma Abby lo precedette.
“Si dà il caso che io invece mi vergognerei molto di più ad essere un troione da battaglia come te che non ha più alcuna credibilità o interesse presso i ragazzi, Jimenez.”
James ridacchiò e si rilassò immediatamente. 
Kayla invece si rabbuiò. “Sei solo una frigida, Hill.”
“Eh no adesso basta!” esclamò Summer dal nulla, le unghie conficcate nei palmi della mano dal nervoso. “Ho un obbligo per te.”
Summer non sapeva esattamente dove avesse trovato il coraggio di prendere la parola in quel modo davanti a tutti, ma era sicura di non poter rimanere un istante di più in silenzio a vedere quelle smorfiose che si prendevano gioco della sua amica e che la insultavano in quel modo. 
“Oh-oh, avete sentito ragazze? La Tassorosso ha un obbligo per me, che paura” ironizzò Kayla rivolgendosi alle amiche con una risata. “Vediamo cosa riesce a inventarsi un cervello della tua portata, Evans.”
“Ti obbligo a non sbatterti nessuno per un mese intero Jimenez.”
Un silenzio di tomba calò all’improvviso su tutti i presenti. 
Poi, Jake scoppiò a ridere fragorosamente e scompigliò i capelli a Summer. “Questa è la mia Tassorosso! Niente male, eh Kayla? Potrei baciarti in questo momento Evans, talmente sei stata incredibile.”
“Anche no, Jake, cosa dici” si affrettò a dire Summer, arrossendo suo malgrado.
Kayla invece, aveva un’espressione inorridita sul volto, gli occhi sgranati e apriva e chiudeva la bocca come incapace di formulare un suono.
“Non puoi impormi un obbligo del genere Evans!” sbottò infine, facendo fatica ad articolare le parole per lo shock. “Non è giusto, semplicemente non puoi.”
“Jimenez, non c’è nulla nel regolamento che le impedisca di fare una roba del genere, è un obbligo come un altro e sei tenuta a rispettarlo perché hai stipulato un contratto magico” le fece notare James, divertito a sua volta. “Passerai un paio di settimane mooooolto tranquille, magari ti faranno bene.”
Kayla si alzò di scatto, nera in volto, con la chiara voglia di spaccare qualcosa dall’irritazione.
“Sei proprio una battona Kayla” ridacchiò Madison di fronte alla reazione dell’amica. 
“Certo perché tu non reagiresti come me forse. Fanculo Maddie, fanculo tutti voi!”
Kayla prese e, senza più dire una parola, si allontanò verso la vasca, portandosi con se la tirapiedi di Megan da maltrattare per sfogare il suo improvviso malumore e pensando senza alcuna ombra di dubbio a tutti i modi in cui avrebbe potuto assassinare quella Tassorosso da quattro soldi. 
Nonostante tutto, Summer non poteva evitare di sentirsi compiaciuta e batté il cinque ad Abby quando l’amica, seduta accanto a lei, le sporse il palmo della mano. Ma il suo momento di gloria era destinato a durare poco: Megan in persona posò sulla Tassorosso i suoi occhi vendicativi, ridotti a due fessure per l’oltraggio che aveva fatto subire a una del suo gruppo.
“Brava Evans, sei scesa in campo con i grandi. Vediamo se ora però sai giocare anche tu” fece, glaciale. Sapeva esattamente dove colpire: “Ti obbligo a limonare con Allen qui, davanti a tutti. A lui forse non dispiacerà ma mi chiedo cosa ne penserà il suo caro fratellino quando lo verrà a sapere.”
Megan era tutt’altro che una sprovveduta. Il suo obbiettivo era chiaro: sapeva benissimo, come tutti d’altronde, che ci fosse qualcosa di tormentato da tempo tra Summer e il gemello Tassorosso, e quale modo migliore per farla pagare alla ragazza se non obbligandola a incasinare ancora di più la sua storia usando proprio il Serpeverde?
“Allora? Stiamo aspettando” intervenne Madison, portandosi un bicchiere alle labbra e lanciando degli sguardi lascivi ai due interessati.
Summer sapeva di non avere scelta, ma si rifiutava anche solo di guardare Jake, seduto alla sua sinistra, in imbarazzo totale. Il ragazzo, capendolo, le si avvicinò lentamente e le sollevò di poco il volto per poi piantare gli occhi nei suoi, cercando di infonderle tranquillità.
“È solo un gioco Evans, non farti tanti problemi, facciamole vedere che le puoi tenere testa senza problemi” le disse, con voce bassa e rassicurante.
“Fermo lì Allen, deve essere lei a fare il primo passo.”
“Prima inizi prima finisci, sbrigati Sum, potrei vomitare” sentenziò Abby, sentendosi male per l’amica e voltandole le spalle con le braccia incrociate al petto, ben decisa a non guardare quello che per lei non era altro che uno scempio. “Dopo puoi sempre andare a sciacquarti la bocca, non vorrei ti trasmettesse qualche germe.”
Summer la ignorò. Non era particolarmente schifata all’idea di baciare Jake, solo tremendamente in imbarazzo di doverlo fare così, davanti a tutti, e per uno stupido gioco.
Appunto, è solo uno stupido gioco, puoi farcela, si disse, facendosi forza. Quindi, per impedirsi di pensare ulteriormente, chiuse gli occhi e di slancio appoggiò le labbra su quelle del Serpeverde.
A quel contatto, Jake le portò una mano alla base del collo, per stringerla di più a sé, schiuse la bocca e la baciò. Summer trattenne il respiro involontariamente, ma lo lasciò fare, stordita da quel tocco nuovo e, senza più essere in grado di controllare il suo corpo, si ritrovò a rispondere al bacio a sua volta. 
Jake, di fronte all’iniziale disagio della ragazza, aveva pianificato di fare una cosa veloce; ora che si trovava incollato alle sue labbra, però, non sembrava in grado di fermarsi. Sapeva benissimo che quella nata tra loro due, sebbene sotto circostanze particolari, non era altro che un’amicizia: lui per primo aveva spinto la Tassorosso a chiarirsi con Alex ed era convinto che lei fosse innamorata del gemello. Eppure, non aveva potuto impedirsi, nei mesi precedenti, di chiedersi un paio di volte come sarebbe stato baciare Summer Evans, la prima e unica ragazza di cui gli fregasse veramente qualcosa.
Il Serpeverde le tenne una mano appoggiata con delicatezza sulla testa, affondandola nei lisci capelli biondi, come se avesse a che fare con qualcosa di estremamente prezioso; si permise ancora per un lungo istante di inebriarsi del profumo della ragazza e di godersi la morbidezza delle sue labbra, lasciandole a più riprese per poi riprenderle con più ardore di prima. 
Quando infine Jake, controvoglia, si obbligò a staccarsi, prima di esagerare preso dall’impeto del momento, si sentì più confuso che mai sul perché la Tassorosso avesse tanta importanza ai suoi occhi. Tuttavia, non lo diede a vedere, facendo lo sbruffone come suo solito.
“Gray, bacia meglio di te, grazie per quest’obbligo” disse, lanciando a Megan uno sguardo sagace e godendo nel vedere la smorfia che si delineò sul bel volto della Serpeverde. Jake si voltò infine verso Summer, costringendosi a rimanere neutrale e non mostrare nessuno dei sentimenti disorientanti che stava provando. 
“Davvero niente male Evans, rifacciamolo quando vuoi” scherzò, per smorzare la tensione che era inevitabilmente montata tra di loro.
Ma Summer non reagì come avrebbe fatto d’abitudine, scherzando a sua volta o rimettendo il ragazzo al suo posto: teneva la testa china e guardava verso terra; sebbene il viso fosse seminascosto dai capelli, era evidente che fosse color peperone. La ragazza non aveva il coraggio di affrontare Jake perché quel bacio l’aveva lasciata semplicemente senza fiato e, al tempo stesso, l’aveva riempita di un bruciante, improvviso e travolgente senso di colpa nei confronti di Alex. Troppi avvenimenti si stavano accavallando troppo in fretta, e l’unica cosa che avrebbe voluto Summer in quel momento sarebbe stata sprofondare nel pavimento di marmo bianco e scomparire per sempre, per non dover affrontare le conseguenze di tutto quello che aveva appena visto, detto e fatto nel giro di a malapena ventiquattro ore. 
Vedendo la Tassorosso in così chiara difficoltà, a Jake si strinse il cuore. Decise di far finta che non fosse successo niente, per non metterla ancora più in imbarazzo, ma avrebbe custodito il ricordo di quel singolo bacio gelosamente. Con un ghigno sul volto, si rivolse a Megan, deciso a prendersi la rivalsa: nessuno doveva permettersi di far star male Summer davanti a lui.
“Gray, fatti Branson” la obbligò Jake, preso da un’illuminazione improvvisa.
Albert infatti, nonostante fosse legato e imbavagliato, era riuscito a far smuovere la sedia sulla quale era imprigionato fino quasi alla loro altezza, chiaramente desideroso di partecipare al gioco. 
Al fianco di Jake, Thomas non si lasciò sfuggire l’espressione schifata che aveva attraversato il volto di Megan e ghignò per quell’obbligo. La ragazza lo fulminò con lo sguardo; svuotò tutto d’un fiato il bicchiere che aveva davanti a lei e si alzò con un movimento altezzoso, facendo scoccare la lingua e sistemandosi le brasiliane di pizzo nero.
“Però Gray” la riprese Jake, “non ti trattenere, anche se non è proprio il tuo tipo. Voglio che ci dai dentro, che tutti possano sputtanarti fino in fondo quando si saprà.”
Ma Megan sembrava aver rapidamente superato la fase schifata e liquidò quelle parole con il suo solito fare sicuro di sé e arrogante.
“Capirai che roba Allen, almeno mi divertirò un po’ con qualcuno di nuovo.”
Effettivamente, la Serpeverde non perse tempo: raggiunto Albert, allargò le gambe mettendosi a cavalcioni sul ragazzo e cominciò a sbottonargli la camicia con fare voluttuoso. Il Corvonero le lanciò uno sguardo malizioso mugugnando qualcosa e Megan, incuriosita, gli liberò la bocca dal maglioncino arrotolato e usato alla buona come bavaglio.
“Oh Venere erotica, sei meglio dell’altro fustacchione, tu sei il paradiso” gracchiò Albert eccitato, cercando di liberarsi le mani per afferrare i fianchi della ragazza.
Megan alzò un sopracciglio interdetta, colpita da quell’iniziativa che non si era decisamente aspettata da un’ameba timido e riservato come Branson, quindi si affrettò a liberargli i polsi dalle corde che ancora lo trattenevano e, perso ogni riserbo, gli saltò addosso avida.
Di fronte a quella che chiaramente stava diventando una scena a luci rosse, coloro che ancora stavano giocando a obbligo o verità distolsero lo sguardo, tutti egualmente scioccati dalla svolta che aveva preso quella sfida. 
“Certo non è una cosa che si vede tutti i giorni, Branson con una come Gray” commentò Edward, sinceramente colpito e pensando a come si sarebbe sentito il compagno di classe, sempre così introverso e silenzioso, una volta che la voce avesse fatto il giro della scuola.
“Bah, che se la goda, non gli capiterà mai più” fece James al suo fianco, con un’alzata di spalle divertita. “E poi guarda come ci dà dentro, deve essere ubriaco fradicio, però ci sa fare non trovi?”
Ma Edward non rispose: la sua attenzione era stata rapita dall’atteggiamento del Serpeverde che sedeva praticamente di fronte a lui. Per essere uno che era stato in coppia con Megan fino al giorno prima, Thomas sembrava particolarmente indifferente alla scena di passione che si stava consumando alle sue spalle e anzi, era impegnato a sfottere bellamente Gray ad alta voce con Allen.
Edward ne aveva fin sopra la testa di quello sbruffone del quarto anno. Doveva esserne sicuro, ora l’avrebbe messo con le spalle contro al muro, che lo volesse o meno. 
“Blake” lo chiamò, cercando di far trasparire il meno possibile l’astio che provava ormai da tempo per il Serpeverde, senza grandi risultati.
Thomas si voltò a fronteggiarlo, un sopracciglio alzato con fare sarcastico, per nulla colpito dal tono aggressivo del ragazzo. 
“Richardson.”
“Mi sembri molto tranquillo per la tua rottura con Gray.”
“E a me non sembrano siano cazzi tuoi.”
“Ma com’è carino, guarda Thom, si preoccupa per i tuoi sentimenti, che cucciolo” commentò Jake, beffardo.
“Stanne fuori Allen” si intromise subito James.
Abby si irrigidì, temendo uno degli scontri che tanto facilmente potevano scoppiare quando quei quattro cominciavano ad interagire. Persino Summer alzò per la prima volta lo sguardo, preoccupata a sua volta.
“Voglio la verità” disse imperterrito Edward, come se non ci fosse stata alcuna interruzione. “A te non frega di Gray perché ti interessa un’altra vero?”
Sotto lo sguardo attento e incuriosito dei presenti, accadde una cosa molto strana: Thomas spalancò gli occhi azzurri, si portò una mano alla bocca, come deciso ad impedirsi di rispondere ad ogni costo e poi un sospiro gli sfuggì un sospiro di sollievo e il ragazzo si rilassò.
“Sì” si limitò a rispondere, guardando dritto negli occhi Edward con un sorriso sardonico.
“Beh, e chi?” incalzò Edward, sporgendosi in avanti, sulle spine.
“Certo, perché vengo a dirlo proprio a te Richardson” lo canzonò Thomas in risposta.
“Blake ti ho fatto una domanda e ti ho detto di dirmi la verità” ringhiò Edward. “È il gioco, devi rispondermi.”
“Ma vedi, io ti ho risposto” gli fece notare Thomas con il tono più innocente di cui era capace. “Tu mi hai chiesto se mi interessasse un’altra, e ho detto di sì, una risposta diretta a una domanda diretta.”
“La prossima volta unisci meglio quei pochi neuroni che hai in testa, Richardson, prima di decidere cosa chiedere” lo schernì Jake. “Peccato che ora tu abbia perso il turno, opportunità sprecata.”
“Ops” aggiunse Thomas, allargando le braccia, chiaramente soddisfatto della scappatoia che aveva trovato.
Edward gli rivolse uno sguardo truce, con le mani che gli tremavano dalla voglia di dare una lezione a quel coglione di Blake. 
“Ehi però ora anche io voglio saperlo Thommy” si intromise Abby, guardando incuriosita l’amico. “Com’è che ti interessa una e non lo so?”
“A te lo dico dopo se vuoi, Abby” le garantì Thomas, costretto a mentire per sviare i sospetti di Edward. 
Una volta finito il gioco avrebbe potuto inventarsi qualsiasi scusa, senza timore di essere obbligato a rispondere sinceramente. Si era salvato per un soffio, sapeva che il Grifondoro l’aveva visto lanciare a Sophie delle occhiate un po’ troppo poco innocenti un po’ troppe volte ed era sicuro che stesse cercando la prova delle sue supposizioni. C’era mancato davvero poco, doveva stare più attento se non voleva ficcarsi in guai belli seri.
“Adesso ci penso io Ed” sbottò James a denti stretti, lanciando un’occhiata di odio puro ai due Serpeverde davanti a lui. “Gli faccio passare la voglia di prendersi gioco di noi. Blake -”
Il Grifondoro fu interrotto dalla voce un po’ troppo acuta di Olivia. 
“Eh no adesso basta con sta storia, che noia, tocca a me!”
La ragazza aveva passato gli ultimi minuti a parlottare con Madison, che sembrava trovare inutile tutta l’attenzione focalizzata su quella questione futile e di poco conto. Chiaramente su ordine della Corvonero, Olivia si schiarì la voce e si fece coraggio.
“Edward Richardson, ti obbligo a passare dieci minuti da solo con Madison in quell’armadio” disse la Serpeverde, indicando dietro alle sue spalle un mobile utilizzato solitamente per riporvi gli asciugamani puliti e che era così stretto che sarebbe già solo stato difficile che entrambi i ragazzi riuscissero ad entrarci contemporaneamente.
Edward, preso alla sprovvista, rimase un attimo a bocca aperta: era ancora troppo innervosito per aspettarsi una richiesta del genere.
“Non ho niente contro di te Madison, ma sono fidanzato” fece alla fine, soppesando le parole. “Non potreste farmi un altro obbligo?”
Olivia si voltò verso Madison, già pronta a cedere, dispiaciuta, ma la compagna la rimise in riga con un solo sguardo.
“No, è il gioco, devi fare quello che ti ho detto” rispose quindi la ragazza. Madison le tirò una gomitata per niente discreta e Olivia, sopprimendo una scintilla mortificata negli occhi, aggiunse: “E Edward, senza maglia grazie.”
Alle strette, Edward si sfilò controvoglia la maglietta rossa rivelando il fisico scolpito sotto lo sguardo lascivo di Madison, che si alzò smaniosa e gli prese una mano per farlo levare a sua volta e condurlo verso il mobile prescelto, ancheggiando in modo tale che la corta sottoveste si sollevasse ad ogni passo lasciando i glutei scoperti.
Andava solo bene che Sophie non fosse lì in quel momento; nonostante i sentimenti contrastanti che aveva provato per la sua ragazza durante tutto il giorno, Edward si sentiva terribilmente a disagio a eseguire quell’obbligo. Tuttavia, non avendo altra scelta, alzò gli occhi al cielo ed entrò per primo, occupando praticamente tutto lo spazio disponibile nell’armadio. 
“Non fare quella faccia Eddy” gli disse Madison, in tono zuccheroso. “Non siamo dei mostri, non ti obblighiamo a fare niente qui dentro.”
Madison entrò a sua volta nel minuscolo armadio, facendo ben attenzione a strusciarsi contro il Grifondoro il più possibile nell’incastrare il proprio corpo al suo in quello spazio a malapena sufficiente.
“Non conto di fare proprio niente infatti, Madison.”
“Certo, ammesso però che tu riesca a resistermi” la si sentì ammiccare ancora, prima che richiudesse l’anta dietro di sé e i due scomparissero dalla vista.
“Qua sì che le cose si fanno incandescenti” fischiò Thomas, improvvisamente di buon umore. “Richardson si sta scavando la fossa da solo.”
Abby gli lanciò un’occhiata torva, era di cattivo gusto che il Serpeverde si rallegrasse così tanto della malasorte di Edward solo perché aveva appena avuto da ridire con il ragazzo. 
“Davvero vorrei sapere cos’hai contro Edward da qualche settimana a questa parte…”
“Aspetta che lo venga a sapere la tua amica, Evans” si intromise Jake, rivolgendosi alla Tassorosso.
Summer non trovò niente da ridire, e anche Abby sembrava sinceramente preoccupata per le sorti dell’amico rinchiuso nell’armadio.
“Purtroppo le Serpi hanno ragione, c’è solo da sperare che Forbes non lo scopra altrimenti Ed finirà nei casini con lei” commentò James amaramente, con una smorfia.
“Però tecnicamente non poteva dire di no e non deve farci niente…” tentò di dire Abby ma James la interruppe.
“Se si trattasse di me, ti basterebbero queste come giustificazioni?” le chiese, scettico. 
Abby non rispose, sapendo benissimo che no, non le sarebbero minimamente bastate. Guardò di sottecchi il Grifondoro, che aveva ora appoggiato la schiena a terra e incrociato le mani dietro alla testa. James aveva tolto la felpa della loro casa, con cui era arrivato alla festa, a causa del caldo che aveva cominciato quasi subito a fare nel bagno dei prefetti, ed era rimasto con una semplice canotta color magenta che lasciava in bella mostra le braccia abbronzate e muscolose. Persa in quella contemplazione, Abby si ritrovò nuovamente lo stomaco attorcigliato dal dispiacere per come erano finite le cose tra loro due la sera prima. Era ora di fare la domanda che tanto le premeva e che sapeva avrebbe potuto, una volta per tutte, aggiustare le cose con James, questa volta in modo definitivo.
Non appena avevano cominciato a giocare ad obbligo o verità, Abby aveva capito che era quella l’occasione a cui aveva alluso James nel convincerla a presentarsi a quel festino. Così, quando Olivia, che sembrava molto più tranquilla ora che non era circondata dalle solite compagne, chiese “Allora, a chi tocca?” per far andare avanti il gioco, la Grifondoro prese la parola.
“James ho una verità da chiederti” disse, approfittando del fatto che sia Kayla, che Megan, che Madison non fossero più presenti ma cercando comunque di tenere la voce bassa, era una cosa che riguardava solo loro due. 
“Dimmi” le disse quello, appoggiandosi sui gomiti, con un sorrisetto sul volto. James sapeva benissimo a che tipo di esame stava per andare incontro e non era minimamente preoccupato al riguardo, anzi non vedeva l’ora di superarlo per poter finalmente andare oltre con la Grifondoro.
“James Walker, dimmi la verità: rispetto a tutto quello di cui abbiamo parlato, posso fidarmi di te, di quello che mi assicuri e delle tue intenzioni nei miei confronti, incondizionatamente e senza riserve?”
James si mise a sedere e la guardò intensamente negli occhi. “Sì, puoi fidarti.”
Un sorriso timido si allungò sulle labbra di Abby, e mentre il ragazzo la osservava si sentì finalmente, nuovamente felice. 
“Mi dispiace davvero, James…” ripetè Abby, in un sussurro appena percettibile. 
“Ora va tutto bene, sarà tutto in discesa vedrai” la rassicurò James, soddisfatto e tranquillo. Poi, avvicinando le labbra all’orecchio della ragazza aggiunse: “Che ne dici se dopo, quando ce ne andiamo da qui, ne parliamo meglio? Magari stiamo un po’ da soli?”
Abby annuì, sentendosi improvvisamente, incredibilmente leggera e fiduciosa.
Dal suo posto, Thomas stava osservando l’amica con un mezzo sorriso, contento per lei. Nonostante non avesse avuto modo di sentire le parole esatte che i due si erano scambiati, la postura distesa che Abby aveva appena assunto parlava da sé e il Serpeverde non poteva che esserne sollevato. Quando quella mattina aveva scoperto che Abby sarebbe rimasta a Hogwarts per le vacanze di Natale, ne aveva approfittato per darle la bella notizia riguardo la sua rottura con Megan, ma aveva ricevuto in rimando novità di tutt’altro tipo dalla Grifondoro. Per un attimo aveva davvero temuto di aver sbagliato a spingerla tra le braccia di Walker facendole ammettere i suoi sentimenti per il ragazzo, ed era contento di vedere che chiaramente non era così. Tra quei due sarebbe andato tutto per il meglio, ne era profondamente convinto.
Proprio in quel momento, lo sguardo di James si posò proprio su di lui e si fece duro.
“Non mi sono dimenticato di te Blake” disse, con gioia vendicativa nella voce. “Ti dedico più che volentieri il mio turno, a nome di Edward.”
Thomas scattò in piedi, senza alcun dubbio su dove il Grifondoro intendesse parare, e cercò di dileguarsi, ma James fu più veloce.
“Ti obbligo a dirmi qui e ora, davanti a tutti, il nome della ragazza che ti interessa.”
Non appena quelle parole lo raggiunsero, il Serpeverde fu costretto a fermarsi da un vincolo magico. Il nome di Sophie gli venne sulla punta della lingua ma si sforzò di serrare le labbra e ricacciarlo indietro.
“SUBITO BLAKE” ruggì James, alzandosi a sua volta e tallonando (seguito a pochi passi di distanza da Abby, incapace di resistere alla curiosità) il ragazzo che, in preda al panico, si mise a indietreggiare in cerca di una via d’uscita inesistente. 
Thomas raggiunse il bordo della vasca e pensò disperatamente che forse se avesse tentato di annegarsi non sarebbe stato costretto a rispondere; sentiva il patto magico che aveva siglato con la bacchetta spingerlo a rispondere, si stava letteralmente mordendo le labbra fino a farle sanguinare, il volto paonazzo, pur di non lasciarsi sfuggire quel nome che tanto aveva tenuto nascosto. Non l’avrebbe detto così, costretto da un gioco, non poteva incasinarsi la vita in quel modo, come un cretino, da solo… e all’improvviso, la magia ebbe la meglio. 
La bocca di Thomas si aprì contro ogni sua volontà, nell’esatto momento in cui si spalancò la porta del bagno dei prefetti.
“Sophie Forbes!” gridò Thomas a pieni polmoni.
E mentre si malediceva con tutta l’anima (e Abby esclamava sconvolta “Che cazzo dici Thommy?!”, Summer lo guardava inorridita, e il volto di James si apriva in un ghigno che diceva “Sei morto Blake”) i suoi occhi incrociarono quelli della vera Sophie Forbes, la cui figura si stagliava altera nella cornice dell’ingresso.
Per la sorpresa, Thomas, già in bilico, fece un passo falso e cadde di peso in acqua; si affrettò a riaffiorare a galla, il cuore che batteva più forte che mai, e issandosi fuori dalla vasca urlò, indicando la Grifondoro alle loro spalle: “No, intendevo, c’è Forbes, attenti!”
Gli altri, Abby in primis, gli rivolsero uno sguardo sospettoso, ma non ci fu bisogno di aspettare che tutti fossero girati per fugare ogni dubbio, perché la voce di Sophie, innaturalmente acuta, rimbombò fino a loro proprio in quel momento.
“SI PUÒ SAPERE COSA DIAVOLO STA SUCCEDENDO? ESIGO UNA SPIEGAZIONE, E CHE CAVOLO!”

***

Sophie si rendeva conto di aver strillato in maniera isterica, ma non aveva potuto impedirsene di fronte alla scena che si era trovata davanti. 
Lei e Anthony era rimasti fino a poco prima nella Sala Grande, intenti a chiacchierare e aspettare Albert, con cui l’amico aveva appuntamento da lì a poco. Vedendo però che questi non arrivava, e non essendo da lui fare tardi, Sophie aveva proposto a Anthony di andare a cercarlo per assicurarsi che stesse bene e i due amici si erano così diretti verso il bagno dei prefetti, dove Anthony sapeva che l’altro Corvonero aveva intenzione di recarsi anziché scendere a cena. 
Non appena avevano aperto la porta del bagno, erano stati come catapultati in un altro mondo: bicchieri d’alcool vuoti o rovesciati per terra rendevano il pavimento appiccicoso, e una spessa coltre di fumo persisteva negli angoli della stanza; di fronte a loro era passato di corsa un Tassorosso che Sophie conosceva solo di nome, dallo sguardo folle, inseguendo una ragazzina che scappava con l’aria spaventata, e reggendo una seconda ragazzina, svenuta, su una spalla, come un peso morto; poco più in là, su una vecchia sedia che sembrava star per cedere, Megan Gray, si stava bellamente dando da fare, le mani affondate nei riccioli di un ragazzo che le stava sfilando il reggiseno.
“Albert?” aveva mormorato Anthony, agghiacciato.
Poi, Thomas aveva urlato il suo nome, e Sophie aveva scorto il Serpeverde (accerchiato da Abby, James, Summer e Jake) un attimo prima che questo cadesse in acqua. 
Ora, la ragazza stava avanzando verso quel gruppetto con fare minaccioso, le mani sui fianchi, cercando di posare lo sguardo ovunque tranne che sulla maglietta bagnata di Thomas che sottolineava il fisico slanciato del ragazzo e di non lasciarsi distrarre dalla linea degli addominali che si indovinava al di sotto del tessuto. 
“Qualcuno vuole dirmi cos’è questo raduno? È chiaramente contro le regole!” esclamò Sophie rabbiosamente, dopo aver ripreso fiato, nella miglior versione di Sophie-prefetto possibile.
“Si chiama festa, Forbes, non so se il concetto ti sia familiare” disse James, lanciandole un’occhiata ironica.
“E quella cos’è?! DROGA?!” strillò la ragazza con voce stridula, ignorando la frecciatina del Grifondoro e posando lo sguardo scandalizzata su Kayla, poco distante, che stava aiutando Olivia a girarsi una canna, entrambe mezze nude.
“Se vuoi ne ho ancora un po’ da parte, te ne posso dare un po’, magari così stai un po’ più scialla che sembri mia nonna” le propose Jake, sarcastico.
Sophie ignorò anche lui e si rivolse direttamente alle sue due migliori amiche.
“Summer, Abby, cosa ci fate anche voi qui? Non voglio neanche immaginare cosa abbiate combinato, o quanto abbiate potuto bere, sperando poi che abbiate solo bevuto! Sum, tu sei anche un prefetto, sono molto delusa!”
“Scusa Sof, ma non mi sembra che tu sia nella posizione di parlare, non credi?” le fece notare piccata Summer, punta sul vivo. “Devo ricordarti come ti sei ridotta ieri sera al ballo? Risparmiati le prediche sull’essere prefetto per quando sarai più credibile dai!”
“Sì, non sei stata proprio una santerellina quindi evitaci le tue noiose prediche da prefetto-perfetto grazie” aggiunse Abby, alzando gli occhi al cielo di fronte a quella scenata. 
Sophie divenne paonazza, ma non cedette. “E di Albert, cosa dite, eh? Che incantesimo gli avete fatto? Perché si sta lasciando deflorare da quella? Non lo farebbe mai di sua spontanea volontà!”
“Ma no, guarda, si sta divertendo” tentò di convincerla Thomas, che da un lato era dispiaciuto di vedere Sophie così sconvolta, dall’altro trovava estremamente comico che Sophie Forbes si ritrovasse senza il controllo della situazione per una volta. 
Proprio in quel momento però, alle loro spalle si udì un tonfo sordo e i ragazzi si girarono appena in tempo per vedere la sedia su cui Albert e Megan si stavano dando da fare cedere e schiantarsi al suolo. Come se non bastasse, Albert scivolò su un fianco battendo pesantemente la testa a terra, finendo incosciente per la seconda volta nel corso della serata. Anthony corse ad accasciarsi al suo fianco, scuotendolo e chiamandolo per nome, angosciato, ma il ragazzo non diede segno di volersi riprendere.
“Peccato, proprio sul più bello” commentò Megan, riallacciandosi con disinvoltura il reggiseno e guardando freddamente verso il ragazzo a terra. “Qualsiasi cosa gli abbiate dato ha funzionato, è fuori gioco.”
“Me lo avete ammazzato!” strillò Anthony, fuori di sé. “Me lo avete ammazzato!!!”
“Oddio che melodrammatico, respira ancora ciccio ripigliati” gli disse Megan, poi posò il suo sguardo glaciale su Sophie e sorrise malignamente. “Oh, una nuova ospite, la lagna guastafeste. Sei arrivata giusto in tempo per il gran finale, però, che brava.”
Sophie restò interdetta, ma un istante dopo capì a cosa si stesse riferendo la Serpeverde: sotto i suoi occhi, che si allargarono per la sorpresa e lo stupore, l’anta di uno striminzito armadio accanto all’ingresso del bagno si aprì e ne uscì Edward, i capelli scuri scompigliati, tracce di rossetto sul viso, a torso nudo, accompagnato da una sorridente Madison, altrettanto svestita, che gli stampò un bacio su una guancia prima di raggiungere le amiche.
“E-edward?” mormorò Sophie, affranta, sentendo il cuore, già duramente provato nelle ultime ventiquattro ore, che le si spezzava definitivamente. “Anche tu?”
Dire che c’era della delusione nella sua voce sarebbe stato un eufemismo. 
“Sof, aspetta, non è come credi…” si affrettò a dire Edward, facendo un passo per raggiungerla.
Sophie non lo ascoltò, ne aveva avuto abbastanza. La ragazza fece un passo indietro e inciampò letteralmente su Thomas che l’aiutò a non cadere, ma lei si divincolò e cominciò a lanciare delle grida a vanvera, come se fosse ammattita.
“Adesso basta! La festa finisce qui! Siete tutti impazziti! Ora vado a chiamare i professori!”
Un battito di respiro: il tempo stesso sembrò cristallizzarsi, i presenti si guardarono allarmati, poi scoppiò il finimondo. 
Megan, Madison, Olivia e Kayla corsero verso la porta, ben intenzionate ad arrivarci prima di Sophie che fece per scattare a sua volta in quella direzione, ma Thomas fu più veloce e la placcò, stringendola forte da dietro e sollevandola da terra per impedirle di scappare. La cosa però non sembrò aver altro effetto se non quello di fare agitare la ragazza ancora di più: Sophie infatti si mise a dimenarsi e a scalciare nel tentativo di liberarsi dalla presa del Serpeverde. 
“Lasciami andare Thomas Blake o te ne pentirai, lasciami andare ho detto!!!”
“Non lasciarla Thom, non lasciarla, quella ci mette tutti nella merda” urlò Jake, incitando il compagno a resistere e saltellando sul posto da un piede all’altro.
“Levale le mani di dosso lurido Serpeverde o ti faccio a pezzi” lo minacciò invece Edward, lanciandosi senza riflettere su Thomas e finendo rovinosamente a terra quando quello si scansò nel tentativo di trattenere tra le sue braccia una Sophie fuori di sé.
“Dieci punti in meno per ogni Serpeverde presente! Anzi venti! Altrettanto per i Tassorosso, per i Corvonero e per i Grif-”
“Eh no questo no” ruggì Abby, puntando la bacchetta contro l’amica e incollandole la lingua al palato, in modo da impedirle di togliere punti alla sua stessa casa.
Summer fu più drastica ed efficace: “Pietrificus Totalus!” gridò, dispiaciuta ma rendendosi conto che era l’unica cosa da fare.
Immediatamente, il corpo di Sophie si irrigidì trasformandosi in una statua; solo gli occhi continuavano a guizzare da una parte all’altra, esprimendo tutta la loro collera. Thomas appoggiò la ragazza a terra e si affrettò a fare un passo indietro, le mani bene in alto per evitare che Edward o James avessero una scusa per attaccarlo, con il fiato corto per lo sforzo appena fatto.
Summer si accasciò accanto all’amica pietrificata, seguita da Abby.
“Quando ti sarai calmata e sarai disposta a ragionare leverò l’incantesimo” le disse, mortificata ma risoluta. “Scusami Sof, è per il tuo bene, stavi davvero esagerando…”
Abby, accanto a lei, sbuffò, ancora provata per la velocità con cui si erano susseguiti gli ultimi eventi e riprendendo fiato. 
“Sì, chiediti come mai nessuno ti inviti mai a una festa.”
Scampato il pericolo, tutti i presenti tirarono un sospiro di sollievo: Megan, Olivia, Madison e Kayla tornarono a rilassarsi nel loro idromassaggio personale, lamentandosi di quegli sfigati che avevano rischiato di rovinare tutto; James si decise a prendere in mano la situazione e andare ad affrontare Stanley, obbligandolo a darci un taglio con la povera ragazzina che si era ora nascosta in una cabina spogliatoio; Jake e Thomas, con la coscienza un po’ sporca, si avvicinarono a Anthony e si offrirono di aiutarlo a portare Albert in infermeria, dopo aver constatato che sì, stava respirando, ma che la situazione era ben più grave di quanto avesse lasciato intendere Megan liquidandola senza una preoccupazione; Edward, rimase accovacciato accanto a Summer e Abby, parlando sottovoce, cercando di calmarla, a una Sophie che per tutta risposta continuava a lanciare delle occhiate di fuoco a tutti e tre. 
Il povero Edward non sapeva ancora che, per lui, quello era solo l’inizio di una lunga, lunghissima notte.
E che ben presto avrebbe solo desiderato dimenticare tutto.

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Capitolo 25
*** Capitolo 24 - Tu sei affare mio ***


Ultimo capitolo!

 Ci siamo, questo è l’ultimo capitolo della prima parte della nostra storia.
A voi che la state leggendo: grazie, e speriamo che vi stia piacendo :)
Ora faremo una pausa di un paio di settimane, mentre finiremo di scrivere la seconda parte, ma torneremo presto con il resto della storia, potete contarci! 
Nel frattempo, ci farebbe davvero piacere sapere cosa pensate di quello che avete letto fino ad ora. Quale personaggio preferite? C’è qualcosa che vi piace in particolare? Cosa vi aspettate per la prossima metà della storia? 
Quindi, se avete voglia, lasciateci un commento o scriveteci un messaggio in privato, siamo curiose di sapere i vostri pareri!
A presto, con tutti i prossimi capitoli.  

 Le Sopaber
 


Capitolo 24 - Tu sei affare mio



I

Nell’accogliente stanza in cima alla torre di Grifondoro due grosse pile di regali attendevano ai piedi dei letti di Abby e Sophie che le due ragazze si svegliassero. 
Quando Abby riuscì finalmente ad aprire gli occhi assonnati fu solo quella vista a convincerla a non riaddormentarsi immediatamente; aveva l’impressione di essersi assopita solo qualche minuto prima e, in un certo senso, era quasi stato così. 
Con uno sbadiglio, prese il pacchetto in cima alla sua pila di regali e lo scartò, impaziente di vedere cosa avesse ricevuto quel Natale, e si trovò in mano un kit di manutenzione per manici di scopa; un biglietto indicava che era un dono da parte di Edward e James. Abby guardò il regalo con gli occhi che le brillavano: era l’ultimo modello, compreso di tutto quello che la ragazza potesse sognare, lucido per manici extra lusso, un paio di forbici coda-ciuffi in puro argento, una piccola bussola d’oro da attaccare al manico, un manuale illustrato fai-da-te intitolato “La manutenzione per professionisti dei manici di scope” … era a dir poco stupendo come regalo, di primissima qualità, e la Grifondoro non poté che sorridere tra sé e sé. Come sempre, Edward e James avevano superato ogni sua aspettativa. 
Devo ricordarmi di andare a ringraziarli come si deve, pensò Abby, affrettandosi a prendere il secondo degli innumerevoli regali che l’attendevano accanto al letto. 
Una piacevolissima stretta le si palesò dalle parti dello stomaco al solo pensare di andare a vedere James, ma subito la sua mente volò a Edward e si sentì quasi in colpa per la gioia che provava mentre il suo migliore amico doveva essere a pezzi. Senza davvero volerlo, Abby lanciò uno sguardo accusatorio di sbieco all’amica ancora addormentata nel suo letto. Se lei e James avevano dovuto rimandare la chiacchierata a quattr’occhi che avevano previsto la sera precedente, se adesso Edward sicuramente era più abbattuto che mai, era tutta colpa di Sophie. 
Quando la ragazza finalmente si era calmata, Summer l’aveva liberata dall’incantesimo che le paralizzava il corpo e appena recuperato l’uso della parola Sophie, ancora sdraiata scompostamente sul pavimento del bagno dei prefetti, aveva fatto quello che nessuno si sarebbe mai aspettato: aveva lasciato Edward Richardson. 
“Ed… tra noi è finita” aveva semplicemente detto, senza riuscire a guardarlo negli occhi e con un tono talmente definitivo e triste che, sebbene l’affermazione di per se sembrasse assurda ai presenti aveva fatto calare il gelo, perché era chiaro a tutti che la ragazza fosse seria. 
Edward (che aveva passato ogni istante fino a quel punto a spiegare a una Sophie pietrificata che tra lui e Madison non era successo assolutamente nulla, che era stato costretto ad entrare in quell’armadio dal patto magico stretto per il gioco ma che nulla c’era stato tra loro nonostante i tentativi di Madison di raggiungere con la bocca ogni centimetro libero del suo corpo) non aveva potuto credere alle parole della Grifondoro e i due si erano spostati verso l’angolo opposto del bagno per parlare più in privato. Summer, Abby e James erano rimasti a guardare con apprensione nella loro direzione mentre Edward aveva cercato con tutte le sue forze di far cambiare idea a Sophie; la ragazza tuttavia aveva respinto ogni tentativo del Grifondoro di prenderle le mani tra le sue e, senza riuscire a trattenere le lacrime, aveva esposto al ragazzo tra un singhiozzo e l’altro il vero motivo per cui lo stava lasciando.
“Per questo non cambierò idea” aveva singhiozzato infine Sophie, affranta, guardando negli occhi un’ultima volta quel ragazzo che le aveva dato tutto. “Non è colpa tua, tu sei sempre stato perfetto Ed, ma è proprio per questo che non posso continuare così, lo capisci vero? Non sarebbe giusto nei tuoi confronti perché meriti qualcuna che ti ami davvero. Lo meriti più di chiunque, sei la persona migliore che io abbia mai conosciuto…”
Sophie aveva allungato la mano per sfiorare la guancia del ragazzo, infinitamente dispiaciuta per le parole appena dette e non potendo sopportare l’espressione ferita e devastata che era comparsa sul volto di Edward, ma il Grifondoro l’aveva allontanata con un gesto secco. 
“Non riesco a crederti Sof, non puoi essere seria, sei solo confusa per quello che hai appena visto, deve essere così.”
“So che non è successo niente con Madison, non mi faresti mai una cosa del genere, non c’entra nulla.”
“Allora hai solo bisogno di più tempo per capire i tuoi sentimenti” aveva tentato ancora Edward, non potendo arrendersi all’idea che la ragazza volesse davvero troncare così la loro relazione. “E ti ho già detto che per me non è un problema…”
“Ed, non ho bisogno di più tempo, è proprio questo il problema per me” aveva mormorato Sophie, lo sguardo a terra, con voce più rotta che mai. 
“Dimmelo guardandomi negli occhi, o non ti crederò. Dopo tutti questi mesi, dopo tutto quello che abbiamo fatto insieme, non è possibile…”
Sophie si era fatta forza e, sicura di star facendo la cosa più difficile che avesse mai fatto in vita sua, aveva alzato lo sguardo, puntando gli occhi direttamente in quelli di Edward.
“Io non ti amo Edward Richardson, e non ti amerò mai.”
Edward era rimasto immobile per un momento, quindi le aveva voltato le spalle senza dire una parola ed era uscito dal bagno sbattendosi la porta alle spalle.
“Merda, Forbes fa sul serio” aveva esclamato James.
Era chiaramente allucinato da quella rivelazione e si era affrettato a rincorrere l’amico che sicuramente avrebbe avuto bisogno del suo aiuto; Summer e Abby, dal canto loro, erano andate subito da Sophie, che era rimasta immobile dove Edward l’aveva lasciata, tremante e le guance rigate dalle lacrime. 
Una volta tornate nella loro camera, Abby aveva parlato con Sophie a lungo, per ore e ore, di quanto era appena successo e della decisione presa dalla ragazza. Quando il sole ormai era pronto a sorgere e le due amiche, sfinite, si erano finalmente addormentate, Abby aveva capito il perché di quel gesto. Non poteva certo dirsi contenta della svolta avvenuta nella relazione dei suoi migliori amici, che tra l’altro aveva contribuito lei stessa a far mettere insieme, ma al tempo stesso non poteva neanche avercela con Sophie per aver spezzato il cuore ad Edward. Se quello che la ragazza le aveva detto era vero, se davvero si era resa conto di non riuscire a ricambiare fino in fondo i sentimenti del Grifondoro, aver avuto il coraggio di ammetterlo e porre fine subito ad una relazione destinata comunque a non funzionare era una cosa che, per quanto difficile e dolorosa, le rendeva onore. In più, la profonda tristezza che aveva letto negli occhi e nell’atteggiamento dell’amica mentre avevano parlato l’avevano convinta che fosse proprio lei la prima ad essere più dispiaciuta che mai per quello che si era trovata costretta a fare. 
Certo che al cuore non si comanda, però per non riuscire ad innamorarsi di un ragazzo come Edward devi avere qualche problema serio, mia cara Sof, si disse Abby per l’ennesima volta. 
Aveva evitato di fare quella osservazione con Sophie ad alta voce per non farla stare ancora peggio di quanto già chiaramente si sentisse, tra sensi di colpa e tristezza, ma proprio non riusciva a capacitarsi di quanto fosse successo la sera prima. Era stata presa completamente alla sprovvista, come Edward stesso d’altronde, non si sarebbe mai aspettata che Sophie nascondesse in sé tutti quei tormentosi dubbi che l’avevano portata a rompere con il ragazzo. E adesso, sarebbe toccato a lei avere a che fare con le pene dei suoi due migliori amici che, sebbene si fossero trovati in posizioni opposte in quella scelta, avrebbero sofferto la stessa afflizione, Abby ne era sicura. 
In quel momento, Sophie si svegliò.
“Buon Natale Abby” disse, con voce impastata dal sonno. 
Sophie si mise a sedere e per un istante rimase a sorridere di fronte alla visione dell’amica, notando che era già circondata da carte strappate e regali aperti. Poi il ricordo di Edward le crollò addosso all’improvviso e la ragazza si lasciò ricadere sul letto con un verso strozzato, affondando il volto nel cuscino. 
“Buon Natale anche a te Sof” le rispose Abby con cautela, alzandosi e avvicinandosi al letto dell’amica. “Dai, apri i tuoi regali, sicuramente ti aiuterà a sentirti meg...”
La ragazza si interruppe bruscamente, aveva preso un piccolo pacco in cima alla pila di Sophie senza notare subito il nome del mittente scritto sulla carta dorata. 
“È di Edward?” gemette Sophie, alzando la testa dal cuscino, senza aver davvero bisogno di una risposta per saperlo. 
Abby annuì in imbarazzo e le porse il pacco, ma l’altra non lo aprì. Sophie era quasi certa che fosse un bellissimo, prezioso e delicato girocollo d’argento che aveva visto tempo prima con Edward a Hogsmeade nella vetrina di un negozio vicino alla sala da tè di Madama Piediburro. 
“Non posso tenere il suo regalo, non più” mormorò, guardando per un attimo quel pacchettino che non aveva certo meritato. Grosse lacrime rifecero capolino agli angoli dei suoi occhi, o forse non se ne erano mai andate dalla sera prima. “Oddio se mi sento così male io pensa come starà lui in questo momento… Abby, gli ho rovinato il Natale, sono una persona orribile, voglio morire!”
Gli hai rovinato ben più del Natale… rifletté tristemente Abby, ma si trattenne dal commentarlo ad alta voce perché Sophie aveva di nuovo sprofondato la testa del cuscino gemendo. 
La verità era che Sophie sapeva perfettamente che Edward, il quale non aveva avuto scelta in quella rottura da lei imposta, doveva sentirsi mille volte peggio, non essendo minimamente d’accordo con l’accaduto ma non potendo fare niente per cambiare le cose; era sicuramente terribile venire lasciati in quel modo dalla persona che si amava e non poter far niente al riguardo. Sophie era ben consapevole di aver appena spezzato il cuore al Grifondoro, al ragazzo che le aveva dato tutto se stesso e si odiava terribilmente per questo. Cercava di concentrarsi sulla certezza che fosse la cosa migliore da fare nel rispetto di Edward, ma era una mera consolazione: si sentiva profondamente in colpa per averlo appena fatto soffrire come si era ripromessa di non fare. 
“Lo so che ho fatto tutto da sola, lo so” ripetè Sophie per l’ennesima volta, a se stessa più che ad Abby (la quale pensava esattamente la stessa cosa e stava facendo così fatica a non farglielo notare che si stava mordendo la lingua), “ma non sopporto il fatto che Edward stia soffrendo a causa mia. Vorrei andare a vedere come sta, parlargli e farlo stare meglio, però so che non posso…”
“Devi lasciargli il tempo di accettare la cosa” concordò Abby saggiamente, “altrimenti potrebbe pensare che tu abbia dei ripensamenti, rischi solo di dargli false speranze.”
“Hai ragione, e se non ci dò un taglio netto farà solo più fatica ad andare avanti, prima mi dimenticherà prima starà meglio.”
“Esatto, sinceramente credo che la cosa migliore per voi a questo punto sia non avere più nulla a che fare per un po’, il tempo per entrambi di voltare pagina.”
Sophie annuì, gli occhi gonfi e rossi per la mancanza di sonno e l’eccesso di pianti. Sapeva che quella che diceva Abby era la cosa più giusta da fare. Tirando su con il naso e asciugandosi le guance dalle tracce di lacrime, Sophie pensò a quanto Edward le mancasse già terribilmente e a come provasse l’impulso di andare a trovarlo immediatamente, di cercare un modo di farlo stare meglio. In fondo sarebbe bastato rimangiarsi tutto, abbracciarlo forte e sollevarlo da ogni pena… in fondo, sebbene avesse capito di non esserne innamorata, i sentimenti che aveva provato per il Grifondoro e che l’avevano legata a lui nei mesi precedenti erano comunque forti e sinceri, e non erano certo passati da un momento all’altro… in fondo, sarebbe bastato così poco per far si che entrambi smettessero di star male…
Ma non sarebbe stato giusto, né per lei, né per Edward, e lo sapeva.
Avrebbe solo desiderato smettere di così colpevole, tormentata e afflitta. 
Così completamente, profondamente sbagliata. 
“Sof, non ti devi colpevolizzare in questo modo, non volevi far soffrire Edward, lo so” ripetè per l’ennesima volta Abby, come leggendole nel pensiero e cercando di far sentire meglio l’amica. “E anche se ora non può vederla così, vedrai che un giorno persino lui concorderà che hai fatto la cosa migliore per entrambi. Le cose andranno meglio, avete solo bisogno di tempo per superare questa rottura, com’è normale che sia, e andare avanti.”
Abby non era abituata a dover consolare l’amica, solitamente sempre così solare e ottimista, e nonostante la qual certa fatica per trovare le parole giuste stava facendo del suo meglio. Sophie tentò di farle un debole mezzo sorriso in rimando, riconoscente, e le riconsegnò il regalo di Edward.
“Non è che potresti riportarglielo da parte mia?” le chiese, immaginando che tanto la Grifondoro sarebbe andata presto a controllare le condizioni del suo migliore amico. “E magari poi mi dici come sta…”
“Certo Sof, ci penso io tranquilla” rispose infatti Abby, allungandosi a darle un abbraccio di consolazione. 
Mentre l’osservava distrattamente prepararsi per uscire dalla camera, Sophie, ancora accoccolata nel letto in cerca di un minimo di calore e di conforto, non poté evitare di pensare che nel giro di solo poco più di ventiquattro ore la sua vita sembrava essere crollata completamente a pezzi. E se fino al giorno prima si era comunque sentita profondamente in imbarazzo per il comportamento tenuto da ubriaca al ballo e se in una situazione normale si sarebbe anche vergognata per come aveva perso esageratamente le staffe nel bagno dei prefetti (dove sapeva di avere esagerato leggermente con la sua mania di seguire le regole e di aver agito come una vera e propria psicopatica), Sophie si rese ora conto con una lieve punta di stupore che era così addolorata per la storia con Edward che tutto il resto passava in secondo piano. 
Quando rimase da sola e si decise a vestirsi a sua volta, dal momento che era già tardi e il pranzo di Natale non avrebbe tardato a cominciare, l’unica cosa a cui riusciva a pensare era che sperava che alla fine di quella storia, lei ed Edward sarebbero potuti rimanere amici; teneva troppo al ragazzo per perderlo completamente così. 
E che tutto si aggiustasse al più presto. Lo sperava davvero con tutta se stessa.

***

Abby salì con decisione la stretta scala a chiocciola che portava ai dormitori maschili; sebbene non fosse abituata ad andare in quel lato della torre di Grifondoro, nel corso degli anni le era capitato di accompagnare Edward in camera sua un paio di volte e sapeva esattamente dove dirigersi. Superò diverse massicce porte in legno battuto prima di fermarsi davanti a quella la cui targhetta dorata affissa sullo stipite riportava “Richardson-Walker”, quindi bussò.
“Un attimo” annunciò la voce soffocata di James da dentro la stanza, e Abby avvertì una piacevole stretta attanagliarle lo stomaco.
Un attimo dopo la porta si schiuse e nello stretto spiraglio rivelatosi si stagliò la figura del ragazzo. James stava in piedi davanti a lei a torso nudo, un paio di pantaloni chiaramente infilati al volo e una maglia ancora in mano. Abby strabuzzò gli occhi di fronte a quella vista, mentre il ragazzo si limitò a sorriderle con una scintilla maliziosa nello sguardo.
“Avessi saputo che eri tu non mi sarei preoccupato di vestirmi prima di aprire la porta, nanerottola.”
“James!” lo riprese la ragazza, debolmente. 
James si infilò lentamente e quasi svogliatamente la maglietta che aveva in mano, fissando negli occhi la ragazza mentre il sorriso furbo sul suo volto si allargava sempre di più. Quindi, con una mossa repentina si chinò verso di Abby e le stampò un bacio sulla guancia. 
“Buon Natale, Abby” le sussurrò ad un orecchio, sfiorandole appena la pelle con le labbra, per poi raddrizzarsi come se avesse appena compiuto il gesto più naturale del mondo. 
“Buon Natale anche a te” riuscì a mormorare Abby, che improvvisamente si sentiva le gambe molli. 
James si appoggiò con disinvoltura allo stipite della porta, chiaramente contento della presenza della ragazza, ma il suo sguardo si rabbuiò.
“Sono contento che tu sia passata, stavo per venire a cercarti” disse, abbassando il tono della voce e lanciando uno sguardo furtivo alle sue spalle, verso l’interno della camera.  
“È così grave?” chiese Abby, capendo subito a cosa si stesse riferendo.
James annuì, serio; era evidente che fosse preoccupato per l’amico. 
“Non l’ho mai visto così, non so più cosa fare. Stanotte ho provato a parlarci, era fuori di sé dopo aver parlato con Forbes. Ma si è chiuso quasi subito in se stesso ed è rimasto sdraiato nel letto a fissare il vuoto fino ad adesso, ignorandomi completamente” le raccontò. “Forse tu riuscirai a dirgli qualcosa.”
“Che gran casino” commentò Abby, dispiaciuta. “Io ho passato la notte a parlare con Sophie, è a pezzi anche lei…”
“Però ha fatto tutto lei, ora non può fare la vittima” fece notare James, alzando appena un sopracciglio. 
“Lascia stare, non ci capisco niente” sbuffò Abby in rimando. “Cioè, mi ha spiegato perché l’ha lasciato, però non riesco ad accettarlo, non me lo sarei mai aspettato, sembrava così presa da Edward…”
“Quindi Forbes fa sul serio? Edward mi ha raccontato tutto, ma ho pensato che fosse solo impazzita come sembra le capiti a volte, senza offesa, e che già stamattina si sarebbe pentita di quello che aveva detto.”
“Vorrei che fosse così” sospirò Abby. “No, è seria, non cambierà idea.”
“Cazzo” si lasciò sfuggire James. “Allora per Ed non c’è più speranza, ma non so se riuscirà ad accettarlo…” 
Il ragazzo si scompigliò i capelli, sovrappensiero.
“Non era decisamente così che immaginavo di finire la serata di ieri” disse infine, una nota di disappunto nella voce. 
“Nemmeno io…” fece Abby, con una smorfia corrucciata. 
 Di fronte all’espressione della ragazza James ridacchiò, quasi intenerito.
“Non fare quella faccia, recupereremo il tempo perso ben presto, te lo prometto” la rassicurò, spostandole una ciocca di capelli dietro un orecchio. “Per ora però dobbiamo occuparci di Edward, ha bisogno di noi.”
“Siamo proprio i migliori amici del mondo” commentò Abby.
James le aprì di più la porta della camera e Abby, con un ultimo sospiro di apprensione, entrò. Era già stata in quella stanza e la trovò sostanzialmente immutata dalla sua ultima visita: ovunque sulle pareti ovali risaltavano bandiere con il leone rampante di Grifondoro sullo sfondo rosso-oro e poster raffiguranti una squadra di quidditch molto famosa, i Tutshill Tornados. Si sarebbe potuto pensare che quella camera ospitasse un solo studente, visto come era arredata con continuità e poiché presentava chiaramente le decorazioni di un Grifondoro fiero della sua casa e amante del quidditch; l’unico elemento che rivelava l’esistenza di due ragazzi distinti era il fatto che metà della stanza fosse perfettamente in ordine, mentre l’altra un caos dove vestiti, libri, dei pesi e un paio di vecchie pluffe giacevano a caso un po’ ovunque. Abby sorrise tra sé e sé, constatando che James viveva in un disordine così simile al suo, e provò la voglia irrefrenabile di avvicinarsi al letto del ragazzo per scoprire più nel dettaglio il suo mondo. Prima che potesse mettere bene a fuoco una foto che James aveva appeso sopra il comodino, tuttavia, il suo sguardo si posò sull’altro letto presente nella camera e, dimenticatasi di ogni altra cosa, Abby si affrettò a raggiungere Edward, con il cuore in gola.
James non aveva esagerato, era uno spettacolo pietoso. Il grande Edward Richardson era disteso in posizione supina, il volto una maschera inespressiva e lo sguardo perso nel nulla. L’incarnato solitamente scuro era più pallido del normale, aveva una sfumatura malaticcia e i bei occhi scuri erano segnati da profonde occhiaie. Sembrava quasi morto, non fosse stato per il lieve sollevarsi e abbassarsi del petto. In ogni caso, non diede segno di essersi accorto dell’arrivo dell’amica. 
Abby si sedette con cautela sul bordo del letto del Grifondoro e guardò per un momento l’amico, preoccupata nel vederlo ridotto in quello stato. 
“Eddy?”
Al suono della sua voce, il ragazzo voltò gli occhi verso di lei, le palpebre mezze abbassate, lo sguardo vitreo. Quindi, sembrò metterla a fuoco e si mise in posizione seduta con uno scatto.
“Ti manda Sof??” esclamò, il volto improvvisamente illuminato da una nuova speranza. 
“No” mormorò Abby, un angolo della bocca tirato in un’espressione sinceramente dispiaciuta. “Sono venuta per vedere come stessi…”
“N-non capisco” balbettò Edward, lo sguardo nuovamente perso come quello di un bambino confuso, “Sophie non ha cambiato idea dopo averci riflettuto questa notte come le avevo pregato di fare?”
Abby prese un respiro profondo, decisa a dire la verità all’amica. Per quanto potesse essere doloroso, aveva bisogno di cominciare a elaborare quel lutto amoroso il prima possibile per poter stare meglio.
“Eddy, ascolta… ho parlato con lei a lungo, e devo dirtelo: pensa tutto quello che ti ha detto, fino all’ultima parola. Non tornerà sui suoi passi.”
“N-no, non è possibile, io so che ci tiene a me, perché deve fare così? Come può essere certa che non mi ricambierà fino in fondo con il passare del tempo? È un’idiozia non può crederlo davvero!”
“Invece è così, e non lo dico per farti stare peggio, ma solo perché voglio che tu te ne renda conto e cominci a dimenticarla…”
“Dimenticarla!” esclamò Edward, facendole il verso, gli occhi d’un tratto come fuori dalle orbite di fronte all’assurdità di tale affermazione. “Mi ha spezzato il cuore ieri sera Abigail, e in questo momento mi sembra che ogni centimetro del mio corpo si stia strappando talmente soffro. E io la amo, la amo! Come posso dimenticarla? Lo capisci o no?”
Edward aveva quasi urlato, preso da una rabbia improvvisa, e Abby si irrigidì impercettibilmente di fronte a quella rabbia improvvisa. 
“Ehi, non parlarle così” si intromise James, che stava seguendo la discussione in piedi alle spalle di Abby, le braccia incrociate al petto.
Edward fece per lanciare un’occhiata furente anche a lui, ma improvvisamente sembrò spegnersi, ogni energia persa. 
“Perdonami Abby” disse alla ragazza, scusandosi, “non so cosa mi prende, non volevo aggredirti, non è colpa tua se sto così.”
“Non ti preoccupare Ed” lo tranquillizzò l’amica, liquidando quelle parole con un gesto della mano. “Sapessi solo quanto mi dispiace vederti così… ti ho spinto io ad avvicinarti a Sof, mi sento in parte responsabile per come stai ora.”
“Ma lei, lei come sta?”
“È a pezzi, sa che soffri per colpa sua e non riesce a perdonarselo.”
“Sta male anche lei…” mormorò Edward, la voce rotta. “Sta male perché io sto male, sto peggiorando solo la situazione… povera Sophie…”
Il ragazzo si lasciò sfuggire un verso molto simile a un singhiozzo e incassò la testa tra le spalle. Abby lanciò un’occhiata allucinata a James che non riuscì più a trattenersi.
“Povera Sophie un cazzo Ed!” esplose, come se quelle parole gli premessero dentro da tempo. “Forbes può essere dispiaciuta quanto vuole e tanto meglio! Che lo sia, ha fatto tutto da sola, ora ne paghi le conseguenze. Tu non devi essere depresso devi essere incazzato: la rabbia è più salutare, credimi. Non puoi ridurti così per una che si è solo presa gioco di te, è solo una bugiarda che ha approfittato di te per tutti questi mesi.”
“Non si è presa gioco di me James, lei ci teneva veramente” lo corresse Edward, per quanto amareggiato. “L’ha specificato e so che è vero, pensa di aver fatto il mio bene lasciandomi, pensa che sarebbe stata una mancanza di rispetto non farlo visto quello che provava. Non ti permetto di parlare male di lei, non se lo merita.”
Abby alzò gli occhi al cielo, incredula che il ragazzo stesse ancora difendendo Sophie dopo la delusione che gli aveva appena procurato. James fu meno discreto nell’esprimere quando trovasse assurda quella situazione.
“Porca puttana Edward sei un coglione! Sei impossibile, ripigliati che non posso vederti così. Abby ha ragione: dimenticati di Forbes e fai un favore a tutti, a te stesso per primo!”
Abby tossicchiò e guardò James con le sopracciglia inarcate. “Che tatto. Ti sei sfogato?”
“Ok, forse ho esagerato un po’” concesse James, in un borbottio. “Però ho ragione, e lo sai anche tu.”
James si rendeva conto di aver espresso con un po’ troppa veemenza i suoi pensieri, ma lo faceva uscire di testa vedere il suo migliore amico ridotto in quello stato e non poter far nulla. Lui odiava sentirsi impotente, soprattutto quando si trattava di qualcuno a cui teneva così tanto. 
Edward dal canto suo ignorò quella provocazione, non aveva le forze necessarie per ribattere. 
“Abby te lo chiedo a cuore aperto, perché sei la sua migliore amica e perché so che tieni a me e mi dirai la verità” disse invece, la voce più flebile che mai. “Mi assicuri che non c’è nulla che io possa fare per recuperarla? Proprio nulla? Potrei sempre provare a parlarle di nuovo…”
Abby scosse la testa, affranta. “Non servirebbe a niente, fidati di me. Farebbe solo star peggio entrambi, te in particolare. Devi davvero accettare la cosa e cercare di lasciarti tutta questa storia alle spalle.”
“Però io sono sempre stato perfetto con Sophie, l’ha detto anche lei, e allora perché deve finire così?” chiese Edward, pieno di rammarico, senza rivolgersi a nessuno in particolare.
“È una merda, lo so. E non sai quanto mi dispiaccia.”
“Senti Ed, che ne dici se ora ti cambi e scendiamo in Sala Grande?” lanciò James, sperando di riuscire così a distrarre l’amico.
“Sì, James ha ragione, è quasi ora del banchetto di Natale, vedrai che ti farà bene mangiare qualcosa, ti aiuterà a riprendere un po’ di forze” concordò Abby, lieta di quella proposta.
Entrambi guardarono Edward con un sorriso forzato sul volto, ma il ragazzo si limitò a sdraiarsi nuovamente sulla schiena, senza degnarli più di una parola, gli occhi fissi un’altra volta nel vuoto. 
“Non credo abbia intenzione di scendere con noi” sospirò Abby, rivolgendosi a James. 
Non si curò neanche di abbassare la voce, era chiaro che Edward non li sentisse nemmeno, perso in quello stato in cui si era di nuovo rinchiuso.
“Lo posso portare giù di peso” suggerì il Grifondoro in rimando, guardando l’amico con occhio critico.
Abby scosse la testa, rassegnata. “Non sarebbe una buona idea, deve seguirci di sua volontà altrimenti non gli sarà di alcun aiuto.”
“Buona fortuna allora” sbuffò James. “Facciamo prima a lasciarlo qui, possiamo sempre portargli su qualcosa noi dopo il banchetto.”
“Dai James, non possiamo abbandonarlo così. È Natale! E non può rimanere da solo, non ora, ha bisogno di compagnia e dei suoi amici anche se non lo sa nemmeno lui. No, dobbiamo convincerlo a scendere.”
“Ma se ci sarà Forbes non rischiamo di peggiorare solo la situazione?” 
“Non può certo stare chiuso in questa stanza per sempre, dovrà vederla prima o poi” osservò Abby, saggiamente. “Starà con noi, andrà tutto bene vedrai.”
Nonostante tutti i buoni propositi di Abby e James, ci vollero diversi minuti e innumerevoli tentativi prima che i due riuscissero a risvegliare Edward dal suo stato di torpore vegetativo e che lo convincessero a scendere con loro per il banchetto del pranzo di Natale. Quando finalmente James ebbe aiutato l’amico a infilarsi alla bella e buona la tuta che solitamente usava per allenarsi (fu tutto quello che riuscirono a fargli mettere: nonostante Edward fosse solito vestirsi sempre in maniera ricercata, era già tanto se aveva trovato le forze per indossare quella tuta), lui e Abby scesero verso la Sala Grande letteralmente trascinandosi dietro il terzo ragazzo. 
Solo quando furono davanti alle due grosse porte di quercia Edward sembrò ritrovare l’uso della parola.
“Non possiamo tornare indietro?” implorò i due amici con le ultime energie che aveva in corpo.
La sua preghiera fu inutile: Abby e James, tenendolo ciascuno per un braccio, scossero simultaneamente la testa e lo spinsero di peso all’interno della sala. 
La Sala Grande scintillava come sempre in quel periodo, adorna all’inverosimile di decorazioni natalizie di uno splendore indescrivibile. I quattro tavoli che erano soliti occupare l’enorme sala erano scomparsi dalla sera precedente, sostituiti da un’unica, lunga tavolata che sarebbe bastata a ospitare tutti i professori e i pochi studenti che avevano deciso di restare al castello per le vacanze di Natale. Sulla tovaglia dorata scintillavano piatti e calici pronti a essere riempiti e enormi vassoi che sarebbero rimasti vuoti ancora per poco aspettavano solo che il banchetto avesse inizio. 
Nonostante fosse quasi ora di pranzo, oltre a quelli occupati dai professori, la maggior parte dei posti era ancora libera, ma gli studenti rimasti a Hogwarts, ancora intenti a scartare gli ultimi regali o in ritardo perché avevano riposato di più approfittando che era la mattina di Natale, non avrebbero tardato ad arrivare. 
Non appena entrarono nella Sala Grande, Silente augurò loro allegramente un buon Natale, prima di notare lo stato di Edward e chinarsi in fretta a borbottare qualcosa alla professoressa McGranitt, che stava osservando il Grifondoro, chiaramente sconvolta e preoccupata nel vedere uno degli studenti più amati dal corpo docente in uno stato a lui così poco usuale. 
Abby notò che Sophie, seduta vicino a Anthony poco lontano dai posti occupati dai professori, era già arrivata, e si affrettò a far cenno a James di fermarsi lì vicino all’ingresso della sala, all’estremità opposta del tavolo rispetto alla ragazza. Aveva cercato di evitare che Edward vedesse Sophie, inutilmente: lui aveva già registrato la sua presenza, gli era bastato volgere uno sguardo attorno per essere attratto inesorabilmente dalla figura della Grifondoro che tanto amava e per cui tanto soffriva. L’intero spazio sembrò essere risucchiato da un buco nero per restringersi su di lei, come se non esistesse altro degno di nota nell’intero universo. I due ragazzi si guardarono negli occhi per un breve istante che sembrò durare un’eternità, quindi Edward distolse lo sguardo con un gemito e vacillò; Abby e James lo sorressero fino alla panca più vicina, dove il ragazzo si lasciò cadere, pallido, tremante e più sconsolato che mai.
La scena non sfuggì a Silente, né alla professoressa McGranitt che annuì gravemente, per poi bisbigliare qualcosa alla professoressa Sprite, seduta accanto a lei, la quale si portò una mano sulla bocca e si guardò verso Edward con gli occhi lucidi. 
Sophie, dal canto suo, cercò di farsi il più piccola possibile, vergognandosi con tutta se stessa di essere la causa di tanto dolore. Perché era lampante a chiunque lo guardasse, era chiaro come il sole che Edward Richardson stesse soffrendo così intensamente che non c’erano parole per descrivere quanto fosse devastante la sua pena. La ragazza non si era mai sentita così male, era sicura che avrebbe ceduto prima della fine del banchetto. Sapeva di non avere nemmeno lei un bell’aspetto in quel momento, ma Edward era decisamente peggio e l’averlo constato infine con i suoi occhi l’aveva turbata oltre ogni dire. Era più grave di quanto avesse potuto immaginare, non l’aveva mai visto così sbattuto e afflitto, sembrava addirittura malato. 
Sophie si rannicchiò contro Anthony, desiderando solo scomparire; l’amico le passò un braccio attorno alle spalle, dispiaciuto per lei e cercando di darle un po’ della forza necessaria per superare quel pranzo. La Grifondoro sapeva che non sarebbe stato facile stare nella stessa stanza di Edward subito dopo la loro rottura, ma non si era aspettata che fosse così dura. Vederlo in quello stato la stava consumando dall’interno e, sebbene si sforzasse di non rivolgere lo sguardo nella sua direzione, non riusciva a togliersi dalla mente l’immagine del suo Edward ridotto così. Aveva lo stomaco chiuso ed era sicura che non avrebbe mangiato niente. 
Quando poco dopo vide con la coda dell’occhio che Thomas era arrivato a sua volta nella Sala Grande, quasi non ci diede peso. Si accorse che il Serpeverde aveva notato che lei e Edward non erano seduti vicini, eppure scoprì che non le importava minimamente sapere se avesse sentito che si era lasciata con il Grifondoro o meno. In quel momento, non voleva averci a che fare con Thomas, sembrava assurdo dopo tutto quello che era successo ma non le interessava nemmeno parlargli. 
L’unica cosa che aveva importanza agli occhi di Sophie era il dolore che provava al petto e che sapeva che tormentava, sicuramente amplificato, anche Edward. L’unica cosa che contava era quel ragazzo che stava così male per colpa sua. Avrebbe voluto più di tutto poter cancellare quella sofferenza dagli occhi di Edward, avrebbe voluto non esserne la sola e unica causa. La stava facendo impazzire vederlo così abbattuto, saperlo così addolorato. 
Sophie si portò la testa tra le mani, cercando con tutta se stessa di non scoppiare a piangere e di non pensare a Edward, che era a solo a pochi metri di distanza ma che non era mai stato così lontano da lei. Così totalmente, irrimediabilmente, irraggiungibile.
Ma quello sguardo che si erano scambiati continuava a farle bruciare gli occhi, impresso a fuoco nella sua mente… quello sguardo pieno di questioni irrisolte, dolore, tristezza, disappunto e rammarico.
Quello sguardo le aveva trafitto l’anima.  


II

Summer si richiuse la porta della sua camera alle spalle. Ci aveva messo più del previsto a prepararsi ed era quindi leggermente in ritardo per il tanto atteso banchetto di Natale di Hogwarts. Il che era insolito, visto che la Tassorosso era da sempre una persona estremamente puntuale, ma quella mattina Summer si era presa del tempo per tentare di mettere in ordine i confusi pensieri che, dopo gli avvenimenti della sera precedente, si erano andati a sommare alle già tante preoccupazioni dei giorni passati.
Dopo essersi svegliata, Summer era stata subito sopraffatta dal ricordo del bacio con l’amico Jake. Per quanto si trattasse solo di un gioco, quello che era accaduto era reale, e le emozioni intense che aveva provato ne erano la conferma. In quel momento però Summer sentiva solo un’estrema confusione, mischiata a quello che sembrava essere senso di colpa.
Aveva baciato Jake Allen, il fratello gemello del ragazzo di cui era sempre stata innamorata e che solo due giorni prima aveva scoperto essere un lupo mannaro. Poteva la sua vita essere più incasinata di così? 
Se poi vi aggiungeva il fatto che quello della sera precedente era stato il suo primo bacio, Summer si sentiva morire. Sin da quando era piccola la ragazza aveva fantasticato su come sarebbe stato il suo primo bacio, aveva sempre immaginato quel momento come un istante perfetto condiviso con una persona speciale, che in cuor suo, a dir la verità, aveva sempre sperato potesse essere Alex.
E invece, dopo aver bramato per ben diciotto anni quell’istante speciale, aveva sprecato il suo primo bacio per un gioco idiota. Summer sapeva che non avrebbe dovuto partecipare a quella versione un po’ spinta di obbligo o verità, soprattutto se insieme a Megan e le sue infide amiche, che chiaramente non vedevano l’ora di accanirsi su di lei ed Abby. Ma purtroppo quest’ultima, da ottima Grifondoro qual era, si era decisa a voler dimostrare a tutti i costi Il proprio valore, trascinando in quell’assurda serata anche la povera Summer, che al contrario avrebbe preferito fare tutt’altro.
E alla fine era successo, Summer aveva dato il suo primo bacio, e l’aveva dato a Jake.
Questo le aveva fatto subito provare un forte senso di colpa verso Alex. Sapeva bene che il ragazzo da sempre provasse qualcosa per lei, ma a causa dei suoi comportamenti strani tra loro due non era mai successo nulla di concreto. Ma Summer ora era a conoscenza del perché Alex non si fosse mai dichiarato con lei, era un lupo mannaro. E dopo aver scoperto questa tremenda verità che aveva fatto lei? Si era baciata il suo fratello gemello. E non con un innocuo bacio a stampo, ma con uno di quelli veri ed intensi, da lasciare senza fiato.
E la cosa che stava gettando Summer in un senso di sconforto e colpevolezza ancora più forte, era il fatto che quel bacio non le era affatto dispiaciuto, anzi, se non fosse stato per Jake lei non si sarebbe staccata dalle sue labbra. Era sicura di non essersi mai sentita così, al solo pensiero sentiva lo stomaco contorcersi.  Che cosa aveva provato Jake durante quel bacio? E lei come si sarebbe dovuta comportare con lui? E Alex? Glielo avrebbe dovuto dire? 
Tutti questi pensieri si stavano accavallando l’uno sull’altro nella mente della Tassorosso, e l’ansia di rivedere Jake dopo l’accaduto stava crescendo minuto dopo minuto. E purtroppo, non avrebbe potuto evitarlo, era la mattina di Natale e di certo non poteva non presentarsi al pranzo. 
Superato il cunicolo che conduceva ai dormitori, Summer raggiunse l’accogliente Sala Comune, un rustico ambiente a pianta circolare dai bassi soffitti.
Solitamente dalle piccole finestrelle rotonde, poste a livello del terreno, era possibile godere di una piacevole vista sul manto erboso (di tanto in tanto era possibile scorgere i piedi dei passanti) e soprattutto da esse filtrava dalle prime ore del mattino una calda luce solare capace di illuminare per tutto il giorno l’ambiente. A causa però delle incessanti nevicate, in quel periodo dell’anno lo spesso manto innevato copriva le finestre impedendo ai raggi solari di poter invadere la stanza. 
Quella mattina le uniche fonti di luce nella Sala comune erano le lampade di rame disposte qua e là e il fuoco accesso nel caminetto di legno. E in quella flebile luce, Summer si irrigidì all’istante non appena mise a fuoco un’informe figura che russava rumorosamente.  
Su uno dei divani imbottiti rivestiti in giallo e nero, un alquanto devastato Ryan Stanley stava dormendo con la bocca semiaperta e la testa che penzolava da uno dei braccioli. A giudicare dall’abbigliamento e dalla posizione scomposta, il ragazzo doveva essersi addormentato lì tornando dalla festa del bagno dei Prefetti, forse troppo fatto ed ubriaco per riuscire a raggiungere il proprio dormitorio. Summer lanciò un rapido sguardo al quadro raffigurante Tosca Tassorosso, posto al di sopra della mensola del caminetto decorata con tassi danzanti, e si domandò che cosa avrebbe mai potuto pensare la fondatrice della loro casa alla vista di quel ragazzo ancora visibilmente sbronzo malamente steso sul divano. 
La ragazza si domandò se non fosse il caso di svegliare Ryan, probabilmente tutti i loro compagni erano già in Sala Grande pronti per il pranzo di Natale e sicuramente il Tassorosso non si sarebbe svegliato da solo. Ma l’inquietudine che il ragazzo le aveva sempre trasmesso, confermata dall’incontro ravvicinato avvenuto la sera precedente, convinse Summer che era meglio tenersi alla larga da lui e lasciarlo dormire. 
Summer dunque, cercando di non fare il minimo rumore, si diresse verso il cunicolo di uscita, ma uno dei numerosi cactus danzanti portati dalla professoressa Sprite, iniziò ad agitarsi e a ballare al suo passaggio, provocando un leggero rumore che fece mugugnare l’assopito Ryan Stanley. 
Summer dunque, abbandonata ogni premura, si mise a correre verso l’uscita, troppo terrorizzata dall’eventualità di aver a che fare nuovamente con quel ragazzo così inquietante.  
Non appena fu uscita dal passaggio, Summer fu investita da un delizioso profumo di cibo, proveniente dalle cucine che si trovavano proprio nel medesimo corridoio della sala Comune di Tassorosso. Solo in quell’istante la ragazza si rese conto di quanta fame avesse, e si affrettò perciò a raggiungere la Sala Grande che per fortuna era poco distante da lì (le cucine del castello si trovavano infatti direttamente sotto alla Sala Grande). 
Summer risalì la scala verso il piano terra, facendo due gradini alla volta, e con il fiato corto finalmente raggiunse le due grosse porte di quercia. 
Fece un respiro profondo, dietro quel portone avrebbe trovato Jake. Il ricordo della sera prima ripiombò con violenza nella sua mente e le guance si tinsero subito di un rosso acceso. Come se non bastasse poi, era in ritardo, questo significava che probabilmente tutti i presenti al festino del bagno dei prefetti erano già seduti a tavola e sicuramente avrebbero incominciato a fare battutine imbarazzanti non appena lei avesse varcato la soglia della Sala Grande. E questo la terrorizzava, odiava essere al centro dell’attenzione e non le piaceva l’idea che i suoi affari privati venissero sbandierati ai quattro venti. 
Coraggio Summer, comportati come se non fosse successo nulla, pensò nell’ultimo disperato tentativo di infondersi un po’ di coraggio, ed entrò.
Non appena la ragazza ebbe fatto il suo ingresso, si rese subito conto che nessuno avrebbe prestato chissà quale attenzione a lei. Sulla lunga tavolata decorata meravigliosamente con preziose stoviglie dorate e calici di cristallo, i compagni che la sera prima avevano partecipavano al festino giacevano storditi e assonnati, e le loro condizioni pietose cozzavano con l’eleganza che i Professori e gli altri pochissimi studenti sfoggiavano per l’occasione.
Megan, seduta verso la zona centrale del tavolo, aveva l’aria insolitamente spenta: i lunghi capelli biondi erano legati in una coda di cavallo spettinata, e nonostante il ricercato quanto striminzito vestitino di velluto rosso, era chiaro che la ragazza dovesse ancora smaltire del tutto i postumi di alcool e fumo. La ragazza, con i gomiti sul tavolo, si reggeva la fronte con le mani, chiaramente in preda ad una forte emicrania. Le sue amiche non erano messe tanto meglio, accanto a lei infatti Madison sfoggiava un’espressione visibilmente nauseata e un viso così pallido dal tendere al grigiastro, mentre Kayla senza tanti problemi aveva direttamente appoggiato la testa al tavolo e dati gli occhi chiusi sembrava essersi addormentata profondamente. Tra loro solo Olivia sembrava non essere sul punto di collassare da un momento all’altro, la ragazza infatti seduta composta stava chiacchierando tranquillamente con Thomas, ma subito venne rimproverata malamente da Madison che velenosamente sibilò: “Ma vuoi stare un po’ zitta? Ho la testa che esplode!”.
Anche Thomas sembrava aver retto abbastanza bene le sostanze assunte la sera precedente, nonostante i capelli leggermente spettinati il biondo sembrava abbastanza di buon umore, e nonostante la provocazione di Madison continuò a chiacchierare con Olivia. Di tutt’altro aspetto era invece Jake, che seduto di fronte a Thomas, sembrava appena rientrato da un rave party durato quattro giorni. Il Serpeverde si stava massaggiando le tempie con le mani, e gli occhiali da sole che indossava servivano chiaramente a coprire gli occhi ancora arrossati dell’erba fumata probabilmente fino a poche ore prima. 
Nel vedere Jake, il cuore di Summer fece una capriola. La ragazza cercò subito di reprimere il ricordo del bacio che ancora una volta stava bussando con prepotenza nella sua mente, e si concentrò sull’esilarante fatto che il ragazzo stava indossando seriamente degli occhiali da sole al pranzo di Natale, davanti ai professori.
Quanto è stupido, non poté fare a meno di pensare divertita.
Summer spostò lo sguardo verso l’estremità più lontana della tavolata, accanto ai professori, che sedevano tutti insieme con Silente a capotavola, c’era Anthony vicino ad una Sophie stranamente poco curata per i suoi standard. La ragazza infatti era solita vestirsi in modo impeccabile per ogni occasione, ed era inusuale vederla con i capelli legati ed un semplice maglione abbinato ad un paio di jeans al pranzo di Natale. Ma dall’espressione triste e colpevole, Summer intuì che l’amica quella mattina doveva essere stata presa da ben altre preoccupazioni che dalla ricerca dell’outfit natalizio perfetto. Aveva appena mollato il suo ragazzo, e nonostante la decisione fosse stata solo sua, Summer sapeva quanto le fosse costato ammettere i propri sentimenti e fare quella scelta.
Automaticamente lo sguardo di Summer ripercorse la tavolata, in cerca dell’altra sua amica. 
All’altra estremità del tavolo, c’era Abby comoda di fianco a James, e di fronte a loro sedeva un Edward Richardson irriconoscibile. Il ragazzo, sempre esageratamente elegante in ogni momento della giornata, quel giorno indossava una vecchia tuta un po’ scolorita, e la sua espressione sofferente lasciava intendere il suo pietoso stato d’animo. Persino Summer, che solitamente provava un immotivato ed ancestrale astio nei suoi confronti, fu presa da un incredibile moto di affetto verso di lui nel vederlo in quello stato. 
La ragazza si diresse subito verso di loro, nonostante lei e Richardson non fossero mai andati troppo d’accordo, sentiva di voler infondere un po’ di conforto nei confronti di quel ragazzo che in fondo non le aveva mai fatto nulla di male.
“Buon Natale Summer!” le augurò in un tono forzatamente allegro Abby, non appena l’amica li ebbe raggiunti.
“Buon Natale Abby, e anche a voi ragazzi” ricambiò Summer rivolgendosi verso James ed Edward. Ma mentre il primo ricambiò cordialmente gli auguri, il secondo non proferì parola, anzi, non degnò la Tassorosso nemmeno di uno sguardo. Probabilmente non si era minimamente accorto della sua presenza, ma continuò a fissare con occhi vitrei un punto indefinito di fronte a sé. 
Abby 
lanciò uno sguardo avvilito a Summer, alludendo probabilmente al fatto che la situazione fosse più grave di quanto avrebbe mai potuto immaginare.
“Avete ricevuto dei bei regali?” provò a domandare Summer nel tentativo di smorzare un po’ la tensione. 
“Sì, un sacco di regali bellissimi! Ed e James mi hanno regalato un fantastico kit per la manutenzione della mia Firebolt, vero Ed?”
Ma di nuovo silenzio. 
“Eddy?! Edward?!” ripeté di nuovo Abby a voce più alta, facendo schioccare le dita di fronte al ragazzo. 
Edward nel sentirsi chiamare con così tanta veemenza sembrò ridestarsi dal suo stato catatonico, e fissò prima Summer, poi James ed infine Abby, e con voce flebile disse semplicemente: “Sì, prego Abby.”
James alzò gli occhi al cielo, ormai chiaramente sfinito da quella situazione. E prima che potesse dire qualcosa di poco delicato, Summer prese la parola.  
“Edward... come ti senti?”
Il ragazzo la guardò, probabilmente stupito dall’inusuale interesse che la Tassorosso stava mostrando cordialmente nei suoi confronti. 
“Uno schifo” disse Edward, senza mezzi termini.
“Mi dispiace tanto... e Richardson, so che io e te non siamo mai andati molto d’accordo, ma sappi che se c’è qualcosa che posso fare per te, io sono qui.”
Edward assunse un’espressione attonita per pochi secondi, e poi abbozzò un leggero sorriso. “Grazie Summer, davvero”. 
“E vedi di mangiare pranzo, se no ti costringerò a passare un intero pomeriggio con me per punizione, e credimi che non sarà piacevole” provò a scherzare Summer, riuscendo a far sorridere nuovamente il ragazzo. Summer aveva l’incredibile capacità di far sentire subito meglio le persone, infondendo loro coraggio e serenità con poche e semplici parole.
“Grazie Summer, bella minaccia. Mi sforzerò di mangiare se la metti così...”
“Sono ore che io provo a farti sorridere ma zero, se avessi saputo che ti bastava parlare con Evans l’avrei chiamata prima” disse James sconvolto.
“Summer ha una cosa che tu non hai James, e si chiama delicatezza” scherzò Abby tirando una gomitata al ragazzo, e rivolgendosi poi verso Summer le sussurrò un “Grazie” sinceramente riconoscente.
“EVANS EHI! EVANS!”
La voce di Jake richiamò la sua attenzione. Il ragazzo l’aveva vista, e urlando il suo nome con la mano le faceva segno di andarsi a sedere di fronte a lui. A quanto pareva le aveva tenuto un posto.
“Il tuo amico ti chiama” constatò Abby con un tono leggermente disgustato.
In quell’istante Summer si rese conto che per la prima volta da quando l’amicizia con il Serpeverde era iniziata no, non voleva andarci a sedere vicino a lui.  
“Ehm... ma se avete bisogno posso sedermi qui accanto a voi! Non c’è problema” provò a dire Summer.
“Non ti preoccupare Sum, è Natale! Non sei costretta a stare qui, io e James sapremo cavarcela... vai pure da loro, e anzi, fammi il favore di dire a Thomas che è un’idiota, almeno oggi poteva sedersi vicino a me, visto che è Natale.”
“Blake sta bene lì dov’è ...” intervenne prontamente James.
“Almeno a Natale potevamo stare tutti insieme...” 
Summer, sentendosi chiaramente di troppo in quella discussione che non la riguardava più, si andò a sedere nel posto indicato da Jake, a fianco a Thomas.
“Evans, ben arrivata! Temevo fossi in coma etilico per il bicchiere bevuto ieri sera, stavo per venire a cercarti” la salutò Jake da dietro gli occhiali da sole, senza smettere di massaggiarmi le tempie.
Summer cercò di sembrare il più normale possibile, ma l’unica cosa che le uscì fu un sorriso forzato. Aveva bisogno di qualche minuto per superare l’imbarazzo, che l’amico a quanto pare non sembrava provare minimamente.
“Allen ma lasciala in pace, proprio tu parli? Guarda come sei ridotto, non hai più il fisico di un tempo!” intervenne Thomas, facendo ridere Summer. In effetti era vero, Jake era in condizioni pietose, non era assolutamente nella posizione di poter giudicare qualcuno.
“Blake, quando tu sarai in grado di bere tutto ciò che ho bevuto io e di fumare tutto ciò che ho fumato io, allora ne riparleremo” sibilò Jake.
“In effetti anche io pensavo fossi più resistente, visto come ti pavoneggi” disse Summer, sforzandosi di essere indifferente ai sentimenti contrastanti che stava provando.
“Evans, io mi pavoneggio di essere resistente e durevole a fare ben altro, se vuoi un giorno ti faccio provare.”
Summer sentì le guance avvampare nuovamente, ma per fortuna Thomas intervenne nuovamente.
“Che schifo che fai Allen, sei davvero disgustoso.”
“E poi” continuò Jake “ieri sera dopo la fuga dal bagno dei Prefetti io e Thomas, e per essere davvero sinceri in realtà solo io, abbiamo continuato a bere e fumare in sala comune” 
“Solo tu? Ma cosa cazzo dici? Avrai fatto ancora qualche shottino e poi sei crollato su un divano” scherzò nuovamente Thomas “io invece, come potete vedere, sono in ottima forma, perché reggo bene!”
“A proposito Thomas, Abby mi ha detto di dirti che sei un’idiota” disse Summer.
“Per una volta non ha insultato me” mormorò Jake.
“E perché mai ha detto tale sciocchezza?” domandò Thomas.
“Perché voleva ti sedessi vicino a lei almeno oggi che è Natale...”
“Ma le pare che io vada a sedermi vicino a quell’idiota di Richardson? Le voglio bene, ma passerò del tempo con lei dopo pranzo, senza quel coglion.”
“A proposito di Richardson” disse Jake sghignazzando, “avete visto com’è ridotto? Lui si che non regge un cazzo, idiota!”
Thomas guardò verso i tre Grifondoro e soffocò una risata.
“Sembra gli sia passato addosso il Nottetempo. Guardate che faccia, basta un po’ d’alcool per trasformarlo in uno zombie vivente?” 
Summer alzò gli occhi al cielo, per quanto Edward non le andasse a genio, non le piaceva che qualcuno si prendesse gioco di lui in quel momento di così grande sofferenza .
“Non sta così per la festa, sono sicura che sappia sopportare gli alcolici più che bene. Sta male perché ieri notte Sophie l’ha lasciato” li aggiornò Summer.
“CHE COSA?! Dici davvero?” disse sconvolto Thomas, con un tono che assomigliava molto a quello di Frank non appena entrava a conoscenza di un succulento scoop.
“Sì, dico davvero...”
“E come mai l’ha mollato? Forbes te l’ha detto? Non che mi interessi, non fraintendermi, è così per curiosità...” continuò Thomas, improvvisamente illuminato da una luce diversa negli occhi.
Summer trattenne una risata. Thomas non era sicuramente a conoscenza del fatto che lei sapesse ciò che lui provasse per Sophie, ed era divertente notare come stesse cercando di mascherare l’improvvisa felicità e curiosità che l’avevano pervaso non appena aveva appreso la notizia.
“Beh, non ho ancora parlato con Sophie e -”
“E sti cazzi? Scusate ma cosa ci interessa della love story fra Richardson e Forbes?” la interruppe Jake, che a quanto pareva in post sbornia era più irascibile del solito.
“Già, che ce ne frega...” disse Thomas poco convinto, cercando subito con lo sguardo Sophie.
Ma improvvisamente un battito di mani fece calare il silenzio nella Sala Grande poco affollata. Silente si era alzato in piedi dal suo posto a capotavola, e ora stava guardando i pochi studenti di fronte a sé con sguardo grave.
“Innanzitutto, sono lieto di accogliervi a questa tavola e di augurare buon Natale a tutti voi, studenti e Professori. Sono certo siate contenti di passare il Natale tra le mura di questo castello, che spero possiate tutti considerare un po’ come casa vostra. So che probabilmente avrete tutti una gran fame, e che non vediate l’ora di abbuffarvi col ricco banchetto che tra poco verrà servito, ma devo chiedervi di pazientare qualche minuto. Non sono solito dilungarmi in grandi discorsi prima di un delizioso pasto, so benissimo che la mente è più attiva quando la pancia è piena. Ma purtroppo, alcune circostanze gravose mi costringono a rubare a tutti voi alcuni minuti preziosi, quindi vi prego di ascoltarmi con grande attenzione”. 
Il Preside fece una pausa per guardare con serietà i suoi studenti, poi riprese “Come ben vi sarete accorti, questa mattina un vostro compagno non è seduto con noi a questa tavola."
Summer, come molti altri suoi compagni incominciarono a guardarsi subito attorno. 
Albert Branson non era tra i presenti.
“Il vostro amico, purtroppo, è stato poco bene la notte scorsa, ed ora è in infermeria a riposare. Vi dico subito che ora sta bene, grazie anche all’aiuto della nostra infallibile Madama Chips. Il ragazzo, accompagnato da un suo amico, ha raggiunto l’Infermeria a tarda notte, in un grave stato di incoscienza. Ho il grave sospetto che il ragazzo possa aver assunto accidentalmente delle sostanze che in alcun modo, e sottolineo in alcun modo, sono ammesse all’interno di questa scuola. Ora, io e gli altri Professori, riteniamo che quello che è accaduto sia probabilmente frutto di un caso fortuito, e pertanto per questa volta chiuderemo un occhio e non indagheremo, ma vi avverto, se mai dovesse ricapitare un altro evento di questo tipo, prenderemo seri provvedimenti e chiunque venga beccato a trasgredire le regole subirà delle conseguenze molto gravi. Io ho molta fiducia in voi, non vengono fatte ispezioni nei vostri dormitori o nei vostri bauli all’arrivo al castello, né venite perquisiti al ritorno dalle gite ad Hogsmeade. Spero dunque che la fiducia che ripongo nei vostri confronti non venga tradita, e che a nessuno di voi venga in mente di trasgredire le regole che, per inciso, sono state poste proprio per la vostra sicurezza. Mi auguro che nessuno di voi mi deluda, e vi avverto, proprio per evitare che a qualcuno di voi possano venire idee malsane, io e gli altri Professori terremo gli occhi ben aperti durante tutte le vacanze, e vi assicuro che nessuna trasgressione sfuggirà alla nostra attenzione. Spero che non mi deluderete.”
Tutti gli studenti ora guardavano Silente con attenzione, Megan e le sue amiche, che prima erano quasi coricate sulla tavola, ora sedevano composte cercando di assumere un’aria totalmente innocente. Alcuni dei presenti, totalmente ignari di quello che era accaduto la sera precedente, sembravano visibilmente stupiti. I partecipanti al festino invece, finsero espressioni sconvolte ed incredule di fronte a quello che stavano sentendo. Ma lo sguardo grave che Silente posò prima su Jake, e poi su James, fece intendere che probabilmente il Preside non era proprio così sprovveduto. 
“Bene” riprese Silente “mi auguro che il messaggio sia arrivato, ed ora, se non vi dispiace, avrei un leggero languorino. Or dunque, vi auguro ancora un Buon Natale. Che il banchetto abbia inizio!”
Il Preside sbatté ancora una volta le mani, e magicamente lungo tutta la tavolata comparvero un numero indefinito di tacchini arrosto, montagne di patate bollite e arrostite, salsicce, zuppiere di piselli al burro, coppe dorate con salse dense e saporite, e ogni altro tipo di gustosa leccornia. Tutti incominciarono a riempirsi i piatti, e più affamati che mai si abbuffarono di ogni tipo di pietanza, sicuri che, se fossero tornati a casa per Natale, non avrebbero di certo goduto di un banchetto così ricco. Grazie anche all’aiuto del cibo, la tensione e l’imbarazzo che Summer aveva provato inizialmente di fronte a Jake si attenuò leggermente. Lei, Thomas e Jake passarono il pranzo a chiacchierare tranquillamente, coinvolgendo in alcuni momenti anche Olivia, che sembrava sentirsi più a suo agio con loro che con le sue amiche. 
Alla fine del banchetto Summer, come gli altri suoi commensali, si sentiva scoppiare. Si maledisse subito per aver mangiato anche quella fetta di pandoro con crema al mascarpone: non aveva mai mangiato così tanto e quel dolce le aveva dato il colpo di grazia. Ora sentiva le palpebre pesanti e lo stomaco affaticato, desiderava solo andare a riposarsi.  
“Bene ragazzi io vado” disse Thomas alzandosi lentamente dalla panca.
“Come? Dove vai?” domandò Jake.
“Mica pensavi che avrei passato tutto il giorno di Natale con te spero, Jake. Sarebbe molto romantico, lo ammetto, ma non sei proprio il mio tipo” scherzò il biondo. “E comunque volevo stare un po’ con Abby, le l’ho promesso e ci tengo.” 
“Beh ma stai ancora un po’ con noi no? Non vedi che la tua adorata Abby è ancora seduta con i suoi amici?” lo incalzò Jake, incuriosito. In quel momento infatti, molti dei presenti avevano incominciato ad alzarsi, ma Abby stava ancora mangiando il suo dolce e non sembrava affatto sul punto di andar via.
“Beh sì” rispose distrattamente Thomas “ma prima devo passare... a fare una cosa.” 
Il ragazzo senza aggiungere ulteriori spiegazioni si allontanò velocemente, lasciando Jake vagamente confuso.
“Ma che gli prende? È così strano a volte.”
“Boh...” mormorò Summer. La Tassorosso al contrario sapeva bene che cosa stava accadendo. La notizia della rottura tra Sophie ed Edward doveva aver generato nuove speranze in Thomas, che chiaramente voleva correre subito a parlare con la Grifondoro. Nell’esatto momento in cui il ragazzo si era alzato e aveva cercato con lo sguardo Sophie, quest’ultima se ne era accorta e in fretta e furia era uscita dalla Sala Grande.
Summer sorrise tra sé e sé, forse quei due sarebbero riusciti a chiarirsi prima o poi.
“A questo punto Evans siamo solo io e te, facciamo un giro?” domandò Jake ridestando Summer dai suoi pensieri.
“Oh...” disse Summer “sì certo, andiamo”.
I due ragazzi si alzarono da tavola, ed incominciarono a passeggiare per i corridoi, senza una meta ben precisa. 
“Allora che hai Evans?” chiese il ragazzo dopo alcuni minuti di silenzio.
“Niente, cosa dovrei avere scusa?” disse Summer cercando di simulare un tono che sembrasse il più normale possibile.
“Eddai Sum, è chiaro che hai qualcosa che non va! Quasi non mi parli ed eviti il contatto visivo.”
“Contatto visivo? Ma se indossi gli occhiali da sole Jake!” esclamò Summer esasperata.
“Hai capito cosa voglio dire... non sarà mica per quello che è successo ieri sera?”
Summer sbiancò. Era davvero così prevedibile? O forse era Jake che la conosceva ormai incredibilmente bene, quasi riuscisse a leggerle nella mente.
La ragazza decise però di intraprendere la strada dell’indifferenza, non aveva ancora le idee chiare sulle sensazioni che quel bacio le aveva provocato, e aveva bisogno di rifletterci bene e da sola prima di affrontare qualsiasi tipo discorso con Jake.
“Che è successo ieri sera?”
“Non fare la finta tonta, hai bevuto solo un bicchiere, sono sicuro che ti ricordi per filo e per segno tutto ciò che è accaduto.”
Sono così poco credibile?, si domandò Summer.
La ragazza tentò un’ultima volta di sfuggire al discorso, e guardò il ragazzo con aria interrogativa, come se non capisse a cosa si riferisse.
“Evans, ci siamo baciati!”
“Aaaah... ti riferisci a quello? No beh no, su quello non preoccuparti, figurati” fece Summer con un'alzata di spalle, cercando di suonare disinvolta.
Jake la guardò per un attimo, stupito, e disse: “Ah ok, bene ... dai, sono contento che anche per te sia tutto a posto. Sai, avevo paura che avrebbe potuto creare problemi alla nostra amicizia.”
“No, ma figurati, stai tranquillo...” rispose Summer sforzando un sorriso.
“Bene, alla fine è stato solo un bacio.”
Già solo un bacio…, pensò Summer amara.
“E poi” continuò il ragazzo “ci dovessimo sconvolgere per tutta la gente che abbiamo baciato, insomma...”
“Giusto insomma, un innocente bacio che vuoi che sia” disse Summer ridendo.
E chi glielo dice a questo che io prima di lui non avevo mai baciato nessuno?
Il ragazzo sembrò rasserenarsi, e tornò ad assumere il solito atteggiamento rilassato e tranquillo.
“In ogni caso, anche se non credo che al mio fratellino interessi sapere il nome di tutti i ragazzi che hai baciato nel corso della tua vita, credo sia meglio che questo non glielo diciamo ... no?”
“Sì, forse meglio non dirglielo...” concordò Summer. Sicuramente non avrebbe fatto piacere ad Alex scoprire una cosa del genere, data soprattutto la sua già difficile condizione.
“Perfetto, ora che abbiamo definito questi dettagli, credo sia arrivato il momento di parlare di qualcosa di più serio...” disse il ragazzo.
“Cosa?” domandò Summer.
Jake si sedette sul primo scalino di una rampa di scale che Summer non aveva mai visto, e le fece segno di sedersi accanto a lui. La ragazza ubbidì, e si accomodò a fianco del ragazzo.
Finalmente Jake si tolse gli occhiali da sole, rivelando due occhi ancora leggermente arrossati dai divertimenti della sera precedente.
“Che bel paio d’occhi Allen” scherzò Summer senza riuscire a trattenere una risata.
“Simpatica Evans, vedo che hai recuperato la lingua.”
“Allora di cosa dobbiamo parlare?”
“Mi hai chiesto di spiegarti un po’ cosa fosse successo ad Alex no? Bene, adesso possiamo parlarne” disse Jake, facendosi improvvisamente serio.
“Bene...” mormorò Summer presa alla sprovvista. Era sicura che Jake non avesse davvero alcuna intenzione di parlare della questione, e invece ora aveva tirato fuori il discorso volontariamente. 
“Che vuoi sapere? Premetto che alcune cose dovrà e soprattutto vorrà dirtele lui, ma proverò a rispondere a quello che posso.”
“Jake, io non voglio metterti in difficoltà. Se davvero non vuoi parlare di questo io lo capisco e non c’è alcun problema se-”
“Tranquilla Sum, ti meriti delle risposte, ormai ci sei troppo dentro per rimanere all’oscuro di tutto” fece Jake tranquillo. Ma Summer notò subito l’espressione stranamente tormentata che comparve sul volto del Serpeverde, e che tradiva la finta calma che il ragazzo stava cercando di ostentare. Probabilmente quell’argomento doveva turbare bel profondo anche l’impassibile ed impavido Jake Allen.
A Summer dispiaceva mettere in difficoltà l’amico, ma allo stesso tempo erano ormai due giorni che si teneva dentro innumerevoli dubbi e domande, a cui ormai voleva assolutamente trovare risposta.
“Beh… da quanto Alex è, insomma, un lupo mannaro? Cioè è nato così?” 
Jake trasse un profondo respiro, e guardò un punto indefinito di fronte a sé. 
“No, non è nato così. È stato morso da un lupo mannaro, dieci anni fa.”
“E come è successo? Hai voglia di parlarmene?” provò a chiedere Summer, dolcemente.
Per la prima volta da quando l’aveva conosciuto, Jake sembrava essere davvero in difficoltà. Le sue labbra tremarono impercettibilmente ed iniziò a tormentarsi le mani, nonostante avesse ripercorso innumerevoli volte con la mente ciò che era accaduto quella notte di dieci anni prima, per Jake riportare a galla quei ricordi era sempre fonte di grande patimento.
“Io e Alex un tempo eravamo diversi, il nostro rapporto era completamente differente. Eravamo legatissimi, facevamo tutto insieme ed andavamo d’accordo, in tutto e per tutto. Avevamo una vita fantastica, eravamo due bambini spensierati e passavamo le nostre giornate a combinarne una per colore ai nostri genitori, a correre all’aria aperta, a prenderci cura degli animali … Sai noi viviamo in una fattoria, nello Yorkshire …” iniziò Jake, abbozzando un leggero sorriso.
“Una fattoria?” domandò Summer meravigliata. Erano anni che conosceva Alex, ma non aveva alcuna idea di dove vivesse o di come fosse la sua famiglia, 
“Sì Evans, sai quei posti dove ci sono gli animali, i campi da coltivare, …”
“So cos’è una fattoria Jake, vai avanti” sbuffò Summer dando una leggera spinta al ragazzo.
“Mio nonno paterno, che come mia nonna, era un babbano - ma nonostante questo sono sempre andati d’accordo con la famiglia di maghi di mia mamma, avevamo una famiglia così unita … - ogni anno portava me e mio fratello in campeggio per una settimana, nei boschi, in quelle tende minuscole che usano i babbani, senza usare la magia, completamente immersi nella natura. Era luglio, io e Alex avevamo nove anni, il nonno ci portò in questa meravigliosa foresta nella contea di Durham, avevamo i sacchi a pelo, il fornelletto elettrico, le lanterne anti-zanzare, … Puoi ben immaginare che per me e Alex era tutto un divertimento, eravamo così abituati alla magia che vivere in quel modo ci sembrava una vera e propria avventura. La terza notte io non riuscivo a dormire, così mi venne la brillante idea di svegliare mio fratello e di proporgli di fare uno scherzo al nonno. L’idea era quella di uscire di nascosto dalle tende, immergerci nella foresta, salire su un albero e passare lì la notte … Che poi che scherzo del cazzo doveva essere?”
“Effettivamente non mi è tanto chiaro il senso…” sussurrò Summer.
“Alex, che già allora era il gemello saggio e ubbidiente, mi disse subito che secondo lui non era una buona idea. Io al contrario, che ero già più vivace e ribelle, decisi di farlo lo stesso, con o senza di lui. Uscì dalla tenda, e Alex terrorizzato dall’idea di farmi andar da solo, capitolò e mi seguì. Ci addentrammo nella foresta, all’inizio sembrava tutto così divertente, avevamo sempre avuto una vita tranquilla, non avevamo idea di che cosa potesse essere la paura o il pericolo. All’improvviso sentimmo un rumore provenire da dietro un albero, come uno scricchiolio seguito da un leggerissimo grugnito. Alex disse subito che dovevamo tornare indietro, che era pericoloso, ma io ovviamente non lo ascoltai. Siamo dei maghi dicevo dobbiamo essere coraggiosi, cosa potrà mai essere? Sarà un animale ferito… E andai così verso la fonte di quel rumore, non curante delle suppliche di Alex, che tentava inutilmente di fermarmi …”
Jake fece una pausa, e Summer sentì dei brividi percorrerle la schiena.
“E che cos’è successo?” domandò la ragazza con voce tremante.
“Che cos’è successo? È successo che quello non era un animale ferito, era un lupo mannaro, un enorme e feroce lupo mannaro, ebbi solo il tempo di urlare, quella… cosa, si scagliò contro di me, con una rabbia e una foga mai vista prima … Alex prontamente corse verso di me e mi spinse via. Io caddi a terra, confuso e impaurito, e mi voltai. Il lupo mannaro stava addosso ad Alex, che urlava e si dimenava disperatamente, e io non sapevo cosa fare. Stavo immobile, a guardare quel mostro che tentava di sbranare mio fratello. All’improvviso sentì un forte boato, e il lupo mannaro cadde di lato, per poi scappare via. Poco lontano da noi c’era nostro nonno, con in mano un fucile - un aggeggio che i babbani usano invece della bacchetta, per farsi male a vicenda - il mio urlo l’aveva svegliato, e aveva subito capito che qualcosa non andava … e per fortuna, se non fosse arrivato probabilmente Alex sarebbe morto, e io con lui.”
Summer si portò le mani alla bocca, sconvolta dal racconto tremendo che a quanto pare non era ancora finito, perché Jake dopo poco riprese: “Alex era vivo, certo, ma era stato morso. Non appena arrivammo a casa, il giorno dopo, i miei si arrabbiarono a morte con mio nonno, lo accusarono di averci portato in un posto pericoloso, di non saper badare a noi … Il nonno andò via sbattendo la porta, e da quel giorno non lo rivedemmo più. Capisci? Mio nonno non c’entrava nulla, lui era un nonno fantastico. Due anni fa abbiamo ricevuto la notizia che era morto, per un attacco di cuore. Era morto, e io non l’avevo nemmeno potuto salutare…”
“Mi dispiace tanto Jake ...” mormorò Summer posando una mano sul braccio del ragazzo.
“Quel giorno di dieci anni fa, non solo persi mio nonno. Ma persi tutto. Mio fratello era stato morso, passò mesi e mesi al San Mungo, lontano da casa, in cerca di un qualche rimedio. I miei genitori erano disperati, e quando arrivò la notizia che ormai il morso era irreversibile e che Alex ormai era diventato anch'egli un lupo mannaro, tutto cambiò definitivamente. I miei genitori iniziarono a preoccuparsi solo più di Alex, esisteva solo più lui, le sue lune piene e le sue metamorfosi. Io ero diventato invisibile, ero lasciato a me stesso, chiaramente i miei genitori avevano qualcosa di più importante a cui pensare, io infondo ero il figlio sano, quello che stava bene, quello che non poteva capire cosa poteva provare il piccolo e povero Alex. Iniziai a pensare che probabilmente mi meritavo quel trattamento, perché in fondo, era colpa mia quello che era successo. Alex era stato morso per colpa mia, e questo pensiero mi tormenta da quel fottutissimo giorno. Il resto già lo sai, ho iniziato a comportarmi così per attirare l’attenzione dei miei, o forse per punirli, non saprei …”
“Jake, è terribile tutto questo… ma non devi fartene una colpa, tu non ne puoi nulla, mica lo potevi sapere, tu-”
“Certo che è colpa mia Summer” sbottò Jake, “se non fosse stato per la mia incoscienza del cazzo, se solo avessi dato retta a mio fratello, nulla di questo sarebbe accaduto!”
“Il lupo mannaro era lì Jake, credi non vi avrebbe attaccato lo stesso? Avrebbe potuto uccidervi tutti… non devi fartene una colpa” disse Summer, convinta.
“Ora capisci perché il rapporto con mio fratello è così freddo? È da quel giorno che io non riesco più nemmeno a guardarlo, mi sento così in colpa … Ogni notte io rivivo quel momento, sento le sue urla e vedo il suo piccolo corpo dimenarsi sotto quella bestia.”
“Io sono certa che Alex non ce l’abbia con te …”
“E’ proprio questo il problema! Se almeno mi odiasse, se almeno mi gridasse che sono un bastardo e che gli ho rovinato la vita, forse riuscirei a superarla… e invece no, lui non mi odia, lui è sempre tranquillo e gentile con tutti, pure con me. È sempre così buono, e questo mi fa sentire ancora più in colpa. Gli ho rovinato la vita Sum, a mio fratello, capisci?”
Il ragazzo nascose il viso tra le mani ed iniziò a singhiozzare, in preda ad un pianto nervoso e disperato. 
Summer agì d’istinto, si sporse verso Jake e lo abbracciò.
“Calmati Jake, non voglio più sapere niente, basta così” sussurrò Summer, accarezzando gentilmente la schiena del ragazzo. 
Tra le braccia di Summer, Jake sembrò improvvisamente calmarsi e cessò di singhiozzare. I due restarono abbracciati per qualche minuto, senza dirsi una parola.
Summer non sapeva bene che cosa l’avesse spinta a compiere quel gesto ai suoi occhi così azzardato, poche ore prima non riusciva nemmeno a guardarlo e ora era così vicino a lui da poter sentire chiaramente il suo dolce profumo, ormai così familiare per lei. 
Dopo pochi minuti il Serpeverde si sciolse da quell’abbraccio, un po’ impacciato.
“Grazie Sum… io non so davvero cosa mi sia preso.”
“Tranquillo Jake, è tutto a posto, a volte fa bene sfogarsi con qualcuno” lo rassicurò Summer incoraggiante.
“Sì ma non per me” disse il ragazzo alzandosi in piedi, e dopo aver fatto un profondo respiro, sembrò riacquistare improvvisamente la sicurezza di sempre, con tanto di sorrisetto strafottente, come se nulla fosse accaduto. 
Summer constatò che probabilmente era così abituato a portarsi dentro tutto quel dolore, da riuscire a simulare sempre quella costate aria di imperturbabilità che tanto lo contraddistingueva. La sua era solo una maschera, e la scenata a cui Summer aveva assistito pochi minuti prima ne era la prova inconfutabile.
“Sappi che quando vuoi parlare, io ci sono” disse Summer, alzandosi a sua volta.
“Quando vorrò un altro sensuale abbraccio come questo, lo farò senz’altro” fece Jake ammiccando verso la Tassorosso.
Summer, seppur ancora sconvolta dalla velocità con cui il ragazzo aveva cambiato atteggiamento, decise di non infierire ulteriormente e divertita spintonò il Serpeverde.
“Comunque a parte gli scherzi, grazie di tutto, Evans. Ma ti avverto, prova a raccontare a qualcuno della crisi che ho appena avuto e andrò in giro ad urlare che ieri sera tu mi sei saltata addosso baciandomi appassionatamente.”
“Che cosa?” chiese la ragazza arrossendo nuovamente “io non ti sono saltata addosso, e tranquillo, non dirò a nessuno che il grande Jake Allen è in grado di provare dei sentimenti.”
“Ottimo Evans!” disse Jake scompigliando i capelli della biondina, “e ora riaccompagnati in Sala Grande, vorrei un’altra fetta di panettone.”
“Ancora? Dopo tutto quello che hai mangiato?” domandò sconvolta Summer.
“Si chiama fame chimica, Summer. Ma di che mi stupisco, cosa vuoi saperne tu …” la canzonò Jake mentre, scuotendo la testa divertito, incominciava ad incamminarsi verso la Sala Grande.
Summer non rispose alla provocazione, e si limitò a guardarlo divertita.
“Perché quella faccia?” chiese il Sempreverde.
“Niente, stavo pensando ad una cosa.”
“A cosa?”
“Ma davvero vivi in una fattoria, Jake?”
Jake scoppiò a ridere. “Dopo tutto ciò che ti ho detto, la cosa che ti sconvolge di più è il fatto che io viva in una fattoria?!”

 

III

Edward aveva passato il pomeriggio nella sala comune di Grifondoro in compagnia di Abby e James. I due Grifondoro avevano cercato in tutti i modi di tirarlo su di morale, o quanto meno di distrarlo, proponendogli diverse attività e cercando di intavolare con lui svariati discorsi, ma ogni loro tentativo era stato vano. Edward era rimasto con lo sguardo per lo più fisso nel vuoto, un’espressione di profonda sofferenza sul volto, per ridestarsi solo a tratti in preda a una collera improvvisa e devastante. Aveva alternato momenti di assoluto sconforto e torpore vegetativo a momenti in cui l’ingiustizia di quella rottura per la quale non poteva niente gli bruciava in petto come un fuoco vivo senza riuscire a dargli pace. James aveva incoraggiato i suoi scatti di rabbia, convinto che non potessero che fargli bene, mentre Abby aveva cominciato a preoccuparsi seriamente per la salute mentale dell’amico che sembrava oscillare da un estremo all’altro senza preavviso e senza sosta. 
Una parte di lui aveva sperato per tutto il pomeriggio che Sophie attraversasse il buco dietro il ritratto della sala comune, anche se non gli era chiaro se fosse per implorarla di tornare sui suoi passi o per gridarle contro. Sebbene nel profondo avesse capito il discorso che la Grifondoro gli aveva fatto la sera prima, non poteva in alcun modo accettarlo. Gli sembrava assurdo, quasi surreale, pensare che Sophie avesse davvero rotto con lui e sebbene la speranza fosse sempre l’ultima a morire, avvertiva in realtà già un enorme vuoto là dove c’era stata solo lei. Al tempo stesso, non condivideva minimamente la scelta della ragazza e il fatto di non poter cambiare quella decisione, di essere così impotente e inerme lo faceva impazzire. 
Lui era Edward Richardson, era abituato a poter avere tutto. E ora non poteva fare niente per avere l’unica cosa che avesse mai veramente desiderato. 
In ogni caso, della ragazza non c’era stata ombra, Sophie si era saggiamente tenuta lontana dalla sala comune, e ora Edward giaceva nuovamente nel letto, più esausto che mai. I sentimenti contrastanti che aveva provato nelle ultime ventiquattro ore gli avevano prosciugato ogni briciolo di energia e adesso si sentiva semplicemente logorato, vuoto e soprattutto terribilmente, totalmente solo. 
La presenza di Abby al bordo del suo letto era una magra consolazione: anche se Edward era troppo preso dal suo dolore per ammetterlo, nel profondo apprezzava, e non poco, lo sforzo evidente che Abby e James stavano facendo per stargli accanto in quel momento così difficile; tuttavia, solo una persona poteva davvero farlo stare meglio, ed era proprio l’unica che non poteva più avere al suo fianco. 
Per Abby e James era stata una vera e propria lotta impedire all’amico di correre a parlare con Sophie: tra uno stato di apatia e uno di depressione infatti, Edward si era ridestato diverse volte, con una frequenza allarmante, con l’impellente bisogno di confrontarsi con la ragazza. Ma gli occhi fuori dalle orbite che aveva avuto in ciascuno di quei momenti avevano convinto Abby e James a dissuaderlo in ogni modo. Edward aveva finito con l’accettare perlomeno l’idea di non dover avere niente a che fare con Sophie, come minimo per un po’; aveva anche compreso, nel profondo, che non ci fosse più niente da fare, che quella rottura era definitiva; ciononostante, un’amarezza e un rammarico senza precedenti l’avevano invaso e sapeva che non sarebbe riuscito a superare quel trauma così facilmente. 
La decisione di Sophie l’aveva colpito come un fulmine a ciel sereno, e con una tale violenza da spezzargli il cuore in mille pezzi. Edward avvertiva un dolore intenso al petto e a tratti, quando ripensava alla conversazione avuta con Sophie nel bagno dei prefetti, alle parole che la ragazza gli aveva rivolto, faceva fatica a respirare. Si era aperto completamente con una ragazza, solo per essere alla fine respinto. 
Non poteva prendersela con Sophie, che era stata corretta con lui, anche se sul momento non riusciva ad ammetterlo; non riusciva ad avercela con lei sapendo che stava soffrendo a sua volta e che teneva davvero a lui; non poteva detestare quella ragazza per cui provava ancora solo e soltanto amore. Al tempo stesso però, la odiava con tutte le sue forze per quello che gli aveva fatto. Gli sembrava di impazzire. Soffriva come non aveva mai sofferto prima e la cosa peggiore era che avrebbe rifatto tutto da capo. Perché lui voleva solo lei. 
La sconsolazione prese definitivamente il sopravvento. 
“Non posso vivere senza di lei” mormorò disperato ad Abby, senza trovare la forza di guardare l’amica in faccia.
La Grifondoro gli rivolse uno sguardo profondamente dispiaciuto, e gli porse un bicchiere colmo di un liquido violetto che James era andato a prendere in infermeria per aiutare l’amico a dormire.
“Sì che puoi, vedrai, presto andrà meglio e troverai la ragazza giusta per te.”
“Ma io amo lei Abby, solo lei.” 
Edward aveva la voce roca e gli occhi lucidi.
“Lo so Eddy, lo so. Ora bevi questo e dormi ok? Domani sarà un altro giorno, ci penseremo domani.”
Abby rimboccò le coperte all’amico in un gesto di affetto, desiderando con tutta se stessa di poter fare di più. Quindi, una volta che Edward ebbe bevuto e fu crollato immediatamente in un sonno privo di sogni, si allontanò in punta dei piedi e uscì dalla stanza senza fare un rumore, sperando davvero che l’indomani sarebbe andato tutto anche solo un poco meglio. 
La Grifondoro scese le scale del dormitorio maschile lentamente, persa in cupi pensieri, ed era ancora corrucciata quando raggiunse James, che l’aspettava nella stessa identica posizione in cui l’aveva lasciato: seduto con disinvoltura per terra, la schiena mollemente appoggiata al vecchio divano situato esattamente davanti al caminetto che ospitava un fuoco morente.
“È passata Forbes” la informò il ragazzo, voltando la testa verso di lei e puntando al contempo pigramente la bacchetta verso il caminetto e ravvivando il fuoco. “Mi ha lanciato uno sguardo strano ed è subito salita in camera vostra.”
“Non devo raggiungerla, vero?” chiese Abby con un gemito, più a se stessa che a James. 
Era sfinita da quella giornata a fare da babysitter al suo migliore amico, non sarebbe riuscita ad affrontare un’altra notte a parlare con Sophie. 
“Assolutamente no, anzi non ti azzardare” disse prontamente James. “È da ieri sera aspetto di restare finalmente un po’ da soli, ed ora abbiamo la sala comune tutta per noi… che fai, conti di restare lì in piedi tutta la sera?”
Abby scosse la testa, improvvisamente pervasa da una strana, piacevole agitazione, e andò a sedersi accanto al ragazzo. Portò le gambe al petto e le circondò con le braccia, puntando lo sguardo dritto verso il fuoco che ora scoppiettava allegramente davanti ai suoi occhi, riscaldandole il viso e facendo risplendere la sua carnagione chiara. 
“In ogni caso, devi essere fiera di me, perché mi sono trattenuto dal dire a Forbes cosa penso esattamente di lei in questo momento” fece James dopo un po’, vedendo che la ragazza non diceva nulla. “Lei e il suo tempismo di merda, ci ha rovinato le vacanze di Natale.”
Abby lo guardò brevemente lanciandogli un’occhiata di avvertimento, ma non lo corresse. In generale non ammetteva che nessuno parlasse male di una sua amica, però in questo caso non poteva che trovarsi completamente d’accordo con il ragazzo.
“A proposito, la pozione soporifera che ho chiesto a Madama Chips ha funzionato?” chiese ancora James.
“Sì, Edward è crollato non appena l’ha bevuta. Almeno così avrà qualche ora di pace. Però non è giusto che tu mi abbia mollato il compito di metterlo a letto” si lamentò Abby, lo sguardo nuovamente perso nelle fiamme. “Non ti sei dovuto sorbire l’ultimo discorso strappalacrime, ti giuro che mi ha fatta stare troppo male per lui. Perché non sei salito con noi in camera?”
“Per evitare pensieri impuri vedendoti nella stessa stanza dove c’è il mio letto, non sarebbe stato gentile nei confronti del povero Edward dal cuore spezzato non trovi?”
“James Logan Walker!” esclamò Abby, voltandosi improvvisamente verso il ragazzo e trovandosi a pochi centimetri dal suo volto. 
James si era avvicinato senza preavviso e ora la stava guardando dritta negli occhi, un mezzo sorriso sulle labbra. 
“Che c’è? È vero, e almeno sono riuscito ad avere la tua attenzione” disse, con fare innocente, strappando ad Abby una smorfia divertita, che però scomparve quasi subito. “Scherzi a parte, cosa succede? Mi sembri strana.”
Abby si morse un labbro, riflettendo a come meglio formulare quello che voleva dire. Non voleva che sembrasse che volesse tirarsi indietro, perché non era assolutamente così, ma un pensiero la stava assillando da tutto il giorno.
“È solo che non ti sembra in qualche modo sbagliato cominciare questa cosa tra di noi proprio ora? Voglio dire, è strano voler stare insieme proprio nel momento in cui il nostro migliore amico ha terminato la sua storia d’amore e ha il cuore spezzato?”
“No” rispose James, con semplicità, confortato dall’aver compreso cosa impensierisse tanto la ragazza. Le rivolse uno sguardo serio e rassicurante. “Il fatto che tra Sophie e Edward non abbia funzionato non vuol dire niente, noi non siamo loro Abby. Possiamo evitare nei prossimi giorni di sbattere la nostra felicità in faccia a Ed, certo, ma dopo tutto il tempo che ho passato ad aspettare questo momento niente e nessuno mi impedirà di stare con la mia ragazza.”
Abby smise di mordersi il labbro, rasserenata dalle parole del ragazzo, e abbozzò un sorriso. “E da quando sarei la tua ragazza?”
“Per quel mi riguarda, da ieri sera.”
“Grazie per avermi informata” scherzò Abby, guardandolo con un’espressione ironica.
“Beh, ora lo sai” le rispose James, tranquillo. 
“E se io non fossi d’accordo?” lo punzecchiò ancora la ragazza.
James la guardò incredulo e fece uno sbuffo divertito come a dire “ma per favore”, quindi si fece serio.
“Va tutto bene dopo la domanda che mi hai posto ieri sera? Ora sai che puoi fidarti?”
Abby annuì; prese una ciocca di capelli e girandosela tra le dita disse, con sincerità: “Però non posso assicurarti che non avrò crisi di gelosia, su questo devo avvisarti…”
James scoppiò a ridere. “Su questo non avevo dubbi, ma non mi interessa, se è il prezzo da pagare per stare con te, nessun problema.”
Il ragazzo si sporse con il busto verso di lei, fino a quando i loro corpi si sfiorarono. 
Abby sentì improvvisamente un calore alle guance che non aveva niente a che fare con le fiamme che guizzavano nel camino. Sapeva cosa stava per succedere e per un attimo si chiese se fosse pronta. Dopo tutti quegli anni passati a rifiutarlo, ecco che si trovava a soli pochi millimetri di distanza da lui. Tutto ad un tratto la consapevolezza delle intenzioni del ragazzo la lasciarono stordita e rischiò di avere un attacco di panico all’idea di stare per baciare James Walker. 
Senza riuscire a pensare lucidamente, si disse che in fondo poteva cavarsela, lui sicuramente aveva più esperienza ma in fondo anche lei aveva avuto modo di allenarsi durante la storia estiva che aveva avuto due anni prima, quando lei e Thomas erano andati in vacanza in Francia con le loro famiglie. Non avrebbe certo fatto la figura dell’idiota.
In fondo non potrà essere tanto diverso dal baciare Leonard Demer, si disse Abby nervosamente, non sapendo ancora che non si era mai sbagliata tanto in vita sua.
Abby temeva di poter svenire da un momento all’altro, si sentiva improvvisamente debole a causa della vicinanza del ragazzo. James dal canto suo appariva tranquillo come suo solito, ma sembrava non riuscire a staccare gli occhi, che brillavano, dal volto della ragazza. Le accarezzò per un’istante il viso, con delicatezza, quindi posò l’altra mano alla base della sua schiena e l’attirò con un gesto deciso a sé.
“Se è il prezzo da pagare per fare questo…” mormorò il Grifondoro e il suo respiro sfiorò le labbra della ragazza.
Poi, gli occhi piantati con risoluzione in quelli di Abby, James risalì lentamente con la mano lungo il profilo della sua schiena e si fermò all’altezza del collo, dove la sua presa calda e forte fece rabbrividire Abby. Spostò l’altra mano dalla guancia e la passò, con un tocco desideroso, sulle labbra della ragazza; quindi, senza più attendere, vi posò sopra le sue e la baciò.
Il mondo si fermò, per un istante o forse per un’eternità. Abby scoprì che non esisteva niente altro al di fuori delle labbra del ragazzo, morbide e umide, che si muovevano con sicurezza sulle sue, niente altro se non quelle mani che la tenevano con forza e al tempo stesso la accarezzavano delicatamente facendole percepire come non mai ogni centimetro della sua pelle. 
Abby si lasciò baciare mentre un calore nuovo le scendeva dalla gola fino al cuore.
Quando James si staccò con delicatezza da lei, la ragazza rimase per un attimo persa, poi mise a fuoco il volto del ragazzo, sul quale spiccava un sorriso appagato, e l’istante di disorientamento passò in un lampo. Tutto quello che importava era lì, davanti a lei. Abby si accorse di dover respirare e si rese conto che aveva involontariamente trattenuto il respiro per tutta la durata di quel bacio.  Prese un grande respiro e si lasciò sfuggire un mormorio soddisfatto.
“Dillo che ti stai pentendo di avermi detto di no per tutti questi anni e ti stai chiedendo perché non hai ceduto prima” la canzonò James, divertito dall’espressione vagamente ebete che si era dipinta sul volto della ragazza.
Abby non rispose, ma dovette ammettere a se stessa che il ragazzo aveva appena espresso ad alta voce esattamente quello che lei stava pensando. Ricordava vagamente di aver avuto le sue ragioni negli anni precedenti, però dopo quel bacio mozzafiato le sembrava davvero una follia non essersi concessa prima quel piacere. Perché mai aveva resistito così a lungo nei mesi scorsi di fronte a un ragazzo della portata di James Walker? 
James le spostò una ciocca di capelli dalla fronte e il sorriso che incurvava le sue labbra si allargò.
“Perché mi guardi così?” chiese Abby, notando lo sguardo improvvisamente più intenso del ragazzo.
“Perché finalmente ti ho tutta per me” rispose James, con voce bassa e calda, “e non potrei esserne più contento. Aspetta che si sappia, un sacco di ragazzi si dispereranno…”
“Vuoi scherzare” ribatté Abby, scettica. “Sarà il tuo fan club a deprimersi, nel caso non lo avessi notato io non ho proprio la coda di ragazzi che aspettano per uscire con me.”
“Solo perché non la vedi non vuol dire che non ci sia” fece James, con fare enigmatico. Quindi, dinanzi allo sguardo interrogativo della ragazza, aggiunse: “Forse non lo avevi capito, ma io e Blake su una cosa abbiamo sempre collaborato: tenerti lontano tutti quei ragazzi indegni che avrebbero voluto conoscerti in modi che né io né lui ritenevamo opportuni."
Di fronte a quella rivelazione, Abby rimase un attimo in silenzio, colpita. Sapeva che Thomas aveva messo una sorta di veto su di lei con quei deficienti dei suoi amici Serpeverde, cosa di cui gli era anche grata, e aveva immaginato che si potesse essere mostrato un po’ troppo protettivo nei suoi confronti con qualche ragazzo possibilmente interessato a lei, ma mai più avrebbe pensato che anche James avesse fatto lo stesso. Ora si spiegavano tante cose.
“Scusa, tanto per capire” fece, non sapendo ancora se arrabbiarsi o meno, “quindi per esempio quando l’anno scorso David Litte mi ha invitata al ballo e due ore dopo ha cambiato idea, quella era opera tua?”
“Oh no, a Litte ci ha pensato Blake” precisò James, chiaramente divertito dalla piega che stava prendendo quella discussione e per niente pentito delle sue azioni. “Io mi sono occupato di fare due chiacchiere con un certo Hughes e con il suo amico Shaw prima che potessero chiedertelo a loro volta. So essere persuasivo quando voglio.”
“Ma non mi dire… in pratica non ho mai avuto nessuno perché tu e Thomas avete deciso così?”
“Non farne una tragedia, l’abbiamo fatto per proteggerti. Quegli smidollati di cui ci siamo occupati non ti meritavano certo, non erano alla tua altezza.”
“Non avrei dovuto deciderlo io?” chiese Abby, esasperata.
Normalmente si sarebbe infuriata per un discorso del genere, e fece per aggiungere qualcosa, ma in quel momento James si sfilò con un unico gesto la felpa che indossava, rimanendo solo con una semplice maglietta a maniche corte bianca che faceva risaltare i muscoli delle braccia; Abby trovò improvvisamente difficile ricordarsi cosa stava per ribattere e perse il filo dei pensieri. 
“Così ti calmo?” ammiccò James.
Abby alzò gli occhi al cielo. “Sei impossibile… in ogni caso, d’ora poi tu e Thomas siete pregati di smettere con questi atteggiamenti ridicoli.”
“D’ora in poi non ce ne sarà più bisogno, perché stai con me” sentenziò James. “E cercherò di essere alla tua altezza ogni giorno, te lo prometto.”
“Guarda che non ci vuole molto a essere alla mia altezza…” gli fece notare Abby a mezza voce, abbassando lo sguardo insicura. “Sei tu il grande James Walker.”
James le sollevò il mento con delicatezza ma decisione, cercandone gli occhi con i suoi.
“Sì, forse lo sono, ma tu sei Abigail Hill. E ti assicuro che non c’è una sola ragazza in questa scuola che sia come te, non c’è nessuno che mi faccia girare la testa come fai tu. Sei unica Abby, e sei la sola che voglio, ora e sempre.”
Quelle parole così dirette e sincere la colpirono diritte al cuore e Abby increspò le labbra, profondamente toccata.
“Ora, dove eravamo rimasti?” chiese James, sorridendole in rimando e ricingendole la vita con un braccio per riavvicinarla a sé.
Abby non si fece pregare: indugiò con le mani sul petto del ragazzo, quindi gli portò le braccia al collo e, incoraggiata dalle parole che lui le aveva appena rivolto, dimenticò ogni incertezza, ogni insicurezza e accostò le labbra a quelle di James, in un nuovo bacio pieno di passione.  Il ragazzo reagì immediatamente a quel tocco e senza sapere bene come Abby si ritrovò sulle sue gambe, avvinghiata in un abbraccio in cui i loro corpi si fondevano ad ogni movimento. Quello che stava accadendo era per lei nuovo e sconosciuto, non aveva niente a che vedere con le caste effusioni scambiate con Leonard Demer due estati prima, eppure Abby sapeva esattamente cosa fare. Le sembrava che il suo corpo non le appartenesse più, che si muovesse da solo, rispondendo agli inviti di quello di James come se fosse la cosa più naturale del mondo. 
Abby si ritrovò distesa accanto a James e, mentre continuavano a baciarsi come se non esistesse niente altro al mondo, si sentì pervadere da un nuovo sentimento travolgente e totalizzante. Intanto che si lasciavano e si riprendevano con rinnovato slancio, marchiando con ardore l’appartenenza l’uno all’altra, la ragazza ebbe la certezza che nessun problema fosse così grande da esistere all’interno di quell’unione. 
Avrebbe potuto continuare così per ore. Tra le braccia di James, ogni preoccupazione era svanita come neve al sole, lasciando posto alla sicurezza di essere nell’unico posto al mondo in cui era giusto che fosse.
Per la prima volta dopo mesi, Abby si ritrovò con la mente libera da ogni pensiero e il cuore sgombro da qualsiasi tormento.
Per la prima volta si sentì unica, speciale, e completa. 
Ora andava tutto bene.

 

IV

Dopo il caos che in tutti quei mesi aveva scombussolato la permanenza delle tre amiche ad Hogwarts, era finalmente arrivato l’ultimo giorno di quell’anno così diverso da quelli precedenti.
Anche quel giorno sarebbe stato completamente differente dal solito Capodanno al castello e tutto per colpa di ciò che era successo ad Albert durante il festino organizzato alla Vigilia di Natale. 
I professori, infatti, dopo aver discusso parecchio sul da farsi, avevano preso la decisione di evitare ogni tipo di festa che potesse portare alle stesse conseguenze della precedente; nei giorni che seguirono lo strano malessere di Branson gli insegnanti tenevano gli occhi ben aperti per controllare ogni singola mossa di ognuno dei presenti al castello ed essendo così pochi, non fu così complicato. 
Così tutti gli studenti che erano rimasti ad Hogwarts per le vacanze erano obbligati a passare un tranquillo e noioso Capodanno senza alcun tipo di festa illegale che con tutti quegli occhi vigili sarebbe stato impossibile organizzare.
Tra i ragazzi impegnati a finire l'abbondante cena che era stata servita, Summer, seduta affianco a Jake e Thomas, stava finendo con la sua solita lentezza un appetitoso budino al cioccolato.
“Sei sicura di volerlo mangiare tutto?” chiese Jake, guardando affamato il piatto di fronte alla Tassorosso.
“Si, Jake me l’hai già chiesto due volte. Lo mangio tutto, fosse solo per darti fastidio” rispose Summer mangiando un altro pezzo del suo dolce, gustandolo il più a lungo possibile.
“Se vuoi posso mangiarlo io… non vorremmo ti facesse male” intervenne Thomas con un finto sorriso sul volto, senza togliere gli occhi dal dolce al cioccolato.
“Lo finisco io, grazie! Vi siete messi d’accordo per infastidirmi oggi?” domandò divertita Summer cercando di finire velocemente ciò che da minuti cercava di mangiare. Era da quando i due Serpeverde avevano finito la loro cena che facevano continuamente battute su ciò che stava mangiando la Tassorosso.
“Arriva la vostra amica” commentò Jake vedendo come Abby, poco distante da loro dopo essersi alzata dal tavolo, si stava dirigendo nella loro direzione senza farsi notare troppo.
“Ehi ragazzi” salutò Abby sorridendo ai due amici e ignorando come al solito Jake che non poté fare a meno di commentare il fatto che per lei fosse sempre invisibile.
“Ciao Hill, è un piacere anche per me vederti” scherzò il Serpeverde guardando con il suo solito sguardo strafottente la ragazza che ancora si dispiaceva che la sua amica dovesse passare così tanto tempo con quel delinquente.
“Allen, non posso dire lo stesso” disse lei seria, spostando svogliatamente lo sguardo sul Serpeverde.
“E smettetela voi due! Abby hai bisogno di qualcosa?” si intromise Summer prima che anche Thomas potesse fare lo stesso.
La Tassorosso aveva ancora la bocca piena ed aveva finito in fretta il suo budino per paura che i due vicini usassero la sua distrazione per finirlo al posto suo.
“Devo chiedervi un favore” iniziò Abby con le mani giunte e lo sguardo il più persuasivo possibile. “So che vi costerà molto a tutti e tre, soprattutto a Thomas… ma potreste mica-”
“No, non possiamo” la interruppe Jake non volendo neanche sentire cosa avesse da chiedergli la Grifondoro. Sapeva già che se si era avvicinata così a loro senza una pistola puntata alla tempia era perché aveva bisogno di un grosso favore. 
“Jake, falla finire” intervenne Thomas dando la possibilità all’amica di spiegare cosa avesse intenzione di proporgli. 
Certo a sapere cosa gli stava per supplicare non l’avrebbe fatta finire. 
“Grazie… ecco, mi chiedevo… potreste mica stare con Edward stasera? È davvero depresso in questi giorni e non voglio che stia da solo a Capodanno... per favore”
“No, non possiamo” disse secco Thomas usando volutamente le stesse parole che l’amico aveva usato pochi secondi prima. Non poteva certo rovinarsi il Capodanno per stare con Richardson, lo stesso ragazzo che da settimane non aveva smesso neanche un secondo di guardarlo in cagnesco.
“Fammi capire” iniziò Jake corrugando la fronte. “Tu vuoi spassartela con Walker e visto che lasceresti solo il tuo amichetto vuoi scaricarlo a noi?” chiese poi senza peli sulla lingua. Era chiaro che se voleva che i tre ragazzi stessero con lui era perché lei avrebbe avuto di meglio da fare.
“Non è quello che intendevo” cercò di giustificarsi Abby. Sapeva anche lei che se era finita per chiedere una cosa simile alle persone che meno sopportavano il suo amico Grifondoro era anche per i sensi di colpa che la perseguitavano ogni volta volesse stare del tempo con James senza di lui. 
Jake un po' aveva ragione, Abby voleva godersi almeno le ultime ore dell'ultimo dell'anno insieme a James e, nonostante avesse passato tutto il giorno con Edward, si sentiva comunque in colpa non appena si allontanava. Non sapeva come uscire da quella situazione, le faceva pena il suo amico così affranto da giorni ma al tempo stesso, dal bacio con James, non era riuscita a passare finalmente del tempo assieme a lui. 
“Ma è quello che farai” commentò Thomas alzando un sopracciglio.
“Pensate quello che volete ma… mi fareste un favore enorme. Non voglio che stia ancora peggio l’ultimo dell’anno” disse Abigail che ormai stava perdendo ogni speranza nell’aiuto dei tre ragazzi. Già si stava vedendo seduta al tavolo in compagnia di Edward e James a guardare il vuoto con la paura di dire la parola sbagliata che avrebbe portato nuovamente il Grifondoro nello sconforto più totale. 
Non voleva fare l'egoista, per questo aveva pensato a lungo prima di chiedere una cosa simile ai tre ragazzi, ma era giusto che anche lei si distraesse da quella situazione scomoda in cui tutti erano finiti dopo la rottura tra Sophie ed Edward. 
Prima che qualcun altro potesse rispondere Summer prese la parola, sapendo già come sarebbe andata a finire altrimenti la discussione. Forse sarebbero finiti per litigare e la Tassorosso non ne voleva sapere di vedere gente discutere per niente. 
“Va bene va bene, ma solo perché lo chiedi tu” disse cercando di non apparire amareggiata dall’idea di passare del tempo con Richardson. In fondo Abby si meritava del tempo libero, non aveva passato neanche un giorno senza la compagnia del depresso Edward Richardson.
“Summer!” esclamarono all’unisono i due Serpeverde che si girarono di scatto nella sua direzione. Erano stupiti che avesse accettato, entrambi erano a conoscenza dell'astio che da anni provava per il Grifondoro e pensavano di potersi fidare della sua perseveranza. 
“Grazie grazie! Sapevo di poter contare su di voi!” disse entusiasta Abigail non aspettandosi di riuscire così velocemente a convincere l’amica.
“Su di lei…” intervenne Jake guardando Summer che scosse le spalle.
“Non voglio che si butti giù dalla torre di Astronomia proprio stasera, mi sentirei colpevole per averlo lasciato da solo” aggiunse lei guardando il Grifondoro che dal giorno in cui si era lasciato con Sophie aveva il volto segnato da spesse occhiaie e l’umore sotto le scarpe. Non era sicuramente l’unica a temere che Edward volesse farla finita visto il suo costante sguardo affranto.
“Grazie davvero, so che è vi chiedo molto” continuò Abigail. 
Era consapevole di quanto tutti e tre per motivi diversi non potessero vedere il Grifondoro. Summer era da anni che detestava Richardson, non riusciva a non fare battute sul suo conto e ad alzare gli occhi al cielo qualsiasi cosa dicesse; Thomas lo odiava con tutto se stesso da quando aveva scoperto della sua relazione con Sophie ed infine Jake che, oltre a detestare a prescindere qualsiasi Grifondoro, non aveva mai sopportato quel ragazzo così perfettino e noioso.
“Ci devi un favore Abby” disse Thomas giocherellando con la manica della felpa. 
“Più di uno” aggiunse Jake guardando la ragazza. Non era solito fare piaceri alla gente e se non fosse stato per Summer non avrebbe mai accettato di passare il Capodanno insieme a Richardson. 
Si poteva dire lo stesso per Thomas che ancora non era convinto che sarebbe stata una buona idea stare per più di due minuti con il Grifondoro che l’aveva schiantato poco tempo prima. Tuttavia gli sarebbe dispiaciuto che l'amica si fosse rovinata il Capodanno solo per colpa del rifiuto di quella proposta. 
“Mi raccomando fate i bravi, vi prego. Summer cerca di non fare battutine scomode almeno per oggi e Thomas anche tu per favore…” ammonì la Grifondoro nella speranza che i due sue amici la ascoltassero. Con Allen non ci provò neanche, sapeva che in ogni caso non l’avrebbe mai ascoltata.
“Questo non posso assicurartelo ma farò il possibile” capitolò Thomas alzando le spalle.
“Grazie, è davvero distrutto, penso gli faccia bene stare in compagnia.”
Abby da giorni non riusciva a darsi pace al pensiero che il suo amico fosse così a pezzi dopo la rottura con Sophie. Lei e James avevano fatto di tutto per farlo stare meglio ma niente sembrava potergli far ritornare il buonumore.
“Cucciolino, ha il cuore spezzato” scherzò Jake facendo finta di piagnucolare mentre guardava da lontano il ragazzo dal volto pallido e sciupato.
“Sensazione che non proverai mai Jake, visto che il cuore tu non ce l’hai” intervenne Summer facendo ridere Thomas ed Abigail. Jake la guardò stupito dalla battuta e poi scosse la testa trattenendo una risata.
“Non ha tutti i torti” concordò Thomas dando una pacca sulla spalla dell’amico.
“Bene, grazie ancora davvero. Vedrete che Edward non è poi così male” disse Abigail per poi girare i tacchi e avvicinarsi a James in piedi affianco a Richardson.
“Divertiti con Walker!” esclamò Jake che si beccò una gomitata da Thomas, Abby era pur sempre come una sorella per lui e non avrebbe accettato facilmente le battutine sulla ragazza e James.
La Grifondoro fece finta di non sentire le parole del Serpeverde e senza farsi notare da Edward fece un gesto a James per fargli capire che il piano fosse andato a buon fine e che i tre ragazzi avrebbero passato del tempo con il loro amico. 
Così dopo aver tenuto compagnia ad Edward per ancora alcuni minuti, i due ragazzi si allontanarono dalla Sala Grande con meno sensi di colpa del solito.
“Si può sapere perché hai accettato?” chiese intanto Jake a Summer, una volta che Abigail fu troppo lontana per sentire.
“Ma cosa dovevo fare? Lasciarlo a piangere da solo? Non voglio essere responsabile del suo suicidio!” rispose Summer a cui dopo tutto faceva una tenerezza infinita vedere il ragazzo in quello stato. Probabilmente il Grifondoro non aveva neanche assaggiato una delle tante prelibatezze che gli erano state presentate davanti.
“Ma noi mica siamo responsabili! È la vostra amica che aveva solo da non lasciarlo da solo!”
“Ce l’ha tra i piedi 24 ore su 24, penso si meriti una pausa” iniziò Thomas alzandosi con cautela dalla sedia dopo aver visto allontanarsi Sophie dalla Sala Grande. Era da giorni che Thomas desiderava andare a parlarle ma lei lo evitava continuamente, si spostava quando lo vedeva avvicinarsi e trovava scuse per allontanarsi ogni volta che riusciva a raggiungerla. 
“Però io ho una cosa importantissima da fare, quindi mi dispiace molto abbandonarvi ma sono obbligato” continuò cercando di trattenere una risata. Vedendo la ragazza andare via sconsolata si era deciso a seguirla per parlarci. Pensare poi di dover stare con Edward l’aveva ancora più convinto fosse la scelta giusta. Sapeva fosse l'occasione perfetta: Sophie era sicuramente da sola ed Abby sarebbe stata con James tutta la sera.
“Blake dove cazzo vai?” chiese Jake con tono canzonatorio, vedendo il ragazzo allontanarsi furtivamente dal tavolo.
“Sono davvero affranto ma mi stanno chiamando…” disse Thomas facendo finta che qualcuno stesse pronunciando il suo nome al di fuori della Sala.
“Thomas ti prego!” mormorò piano Summer per paura che Edward poco distante li sentisse, tentando di far rimanere il biondo con loro.
Jake non ebbe il tempo di dire altro e riuscì solo a fargli da lontano il dito medio per poi appoggiarsi svogliatamente sul tavolo, arrendendosi al fatto che il Serpeverde se ne fosse andato davvero.
“Hai intenzione di andartene pure tu?” chiese Summer immaginando che anche Jake stesse pensando di abbandonarla da sola ad affrontare il Grifondoro.
“Io? Non ci pensare nemmeno, se ti lascio da sola con Richardson finirete per fare un suicidio di coppia visti i tuoi continui sbalzi d’umore degli ultimi giorni” commentò Jake. Sapeva quanto la ragazza stesse rimuginando su tutto quello che aveva appena scoperto e aveva notato anche come cambiasse repentinamente umore durante la giornata. Non aveva alcuna intenzione di lasciarla da sola con Richardson, non voleva che stesse da sola con lui. Poi, nonostante la presenza di Edward, aveva piacere di passare il Capodanno con lei. 
“Ma non è vero che ho sbalzi d’umore!” ribatté lei interdetta per poi alzarsi trovando una scusa per cambiare discorso. “Ora porto Richardson qua, cerca di essere cordiale… sforzati come mi sforzo io.”
“Perché? Di solito non sono cordiale?”
Summer alzò gli occhi al cielo e si diresse convinta verso il Grifondoro che stava fissando con sguardo smarrito uno dei tanti alberi di Natale che contornavano la Sala Grande. Aveva gli occhi stanchi e le occhiaie scure risaltavano ancora di più a causa del pallore del viso. Forse non si era nemmeno accorto che la ragazza si stesse avvicinando visto lo scatto che fece quando la Tassorosso aprì bocca.
“Edward, ciao” tentò lei non sapendo come iniziare, aveva parlato così poche volte con il ragazzo che non aveva nemmeno idea di come salutarlo, per di più quella situazione rendeva tutto più complicato.
Il Grifondoro guardò stupito Summer, di certo non si aspettava di trovarsela davanti visto che solitamente faceva persino fatica a passarci pochi minuti assieme.
“Ciao Summer” disse poi, sforzandosi di sorridere. 
Era chiaro però che l’ultima cosa che avesse voglia di fare in quel momento fosse sorridere. Nonostante il sorriso si vedeva quanto stesse male dentro, era sicuro di non le forze di superare tutta quella sofferenza infinita.
“Scusa se ti disturbo… ma non è che… vuoi sederti vicino a noi? Siamo da soli e magari vuoi un po’ di compagnia” iniziò Summer avvicinandosi ancora al ragazzo che continuava a guardare altrove.
“Oh no, non ti preoccupare… mi fa bene stare un po’ da solo.”
“Ma no, non fa bene a nessuno stare da solo! Dai, insisto!”
“No davvero, non voglio essere un peso anche per voi. Ho capito che James ed Abby si sentono in colpa a stare da soli senza di me ma non è il caso che ora ci stiate voi al posto loro.”
Edward sapeva benissimo che i suoi due più cari amici stessero facendo il possibile per fargli compagnia in ogni momento, non lo perdevano di vista neanche un secondo. Aveva capito che avessero convinto Summer, Jake e Thomas a stare con lui così che evitasse di prendere malsane decisioni.
“Edward non è un problema. Poi ti conviene accettare, non so se ricapiterà mai nella tua vita che ti venga a chiedere di sederti vicino a me quindi approfittane” continuò Summer cercando di smorzare la tensione. La ragazza era consapevole che Edward fosse a conoscenza del suo astio nei suoi confronti e forse così avrebbe accettato più facilmente.
“Lo apprezzo ma non voglio rovinarvi la serata, non sono di ottimo umore come puoi immaginare.”
Era inutile che Edward facesse finta che andasse tutto bene, ormai tutto il castello era a conoscenza della sua profonda sofferenza. Tutti i rimasti ad Hogwarts, compresi i professori, avevano visto come il ragazzo fosse terribilmente triste e addolorato dalla rottura con Sophie.
“Non rovinerai proprio niente, anzi magari riusciamo a farti divertire.”
“Non so se Allen abbia lo stesso obiettivo” commentò Edward guardando in direzione del Serpeverde che non sembrava così contento a pensare a come avrebbe passato le ultime ore di quel lunghissimo anno.
“Vedrai che sa essere gentile quando vuole… guarda che sto qua finché non accetti.”
“Va bene allora... mi hai convinto” disse Edward sorridendo e alzandosi per seguire la Tassorosso. 
In fondo non era il suo desiderio più grande stare da solo l’ultimo dell’anno. Fino a pochi giorni prima era convinto l’avrebbe passato con la sua ragazza e di sicuro non si sarebbe immaginata di stare con Jake Allen e Summer Evans ma sempre meglio che rimanere a deprimersi per tutta la sera.
Il Grifondoro una volta arrivato davanti a Jake, si rese conto che non fosse stata una buona idea accettare e tentò subito di allontanarsi. 
"Non siete obbligati, dico davvero" disse, appoggiando una mano sul tavolo. 
"Se lo dici tu…" intervenne Jake alzando le spalle e guardando la Tassorosso. 
Summer, che intanto si era riseduta al suo posto, gli tirò una gomitata per farlo stare zitto. 
"Ci fa piacere, siediti dai" lo rassicurò la ragazza cercando di convincere Edward a rimanere. Era già stato difficile farlo arrivare fin lì e ora Jake stava rovinando tutto. 
"Si vede che sei una Tassorosso" sussurrò Jake all'orecchio di Summer che lo guardò truce senza dire una parola. 
Stettero alcuni secondi in silenzio, erano tutti in imbarazzo e non avevano la minima idea di come iniziare una conversazione. 
Il primo a parlare però fu Edward che sempre in imbarazzo voleva almeno provare a parlare ai due ragazzi che si stavano sforzando di non sembrare a disagio. 
"Summer, ti piace il Quidditch?" chiese, guardando la ragazza. 
"No" disse subito lei con aria quasi disgustata ma appena si accorse del tono che aveva usato cercò di rimediare "cioè… non ne capisco niente e sono parecchio ignorante a riguardo, faccio ancora fatica a capire come funziona.”
"Non è poi così difficile… basta seguire la pluffa e vedere se i cercatori prendono il boccino" cercò di spiegare a grandi linee Edward. 
"In poche parole se giochiamo noi Serpeverde basta guardare solo quello che facciamo, solitamente siamo noi a fare entrambe le cose" intervenne Jake con il suo solito tono arrogante. 
"Beh l'ultima partita l'abbiamo vinta noi, se non sbaglio" aggiunse Edward tranquillamente.  Proprio non aveva resistito a stare zitto, il Quidditch era una delle sue passioni e non potevano toccarlo sul suo punto debole. 
"Va bene, cambiamo discorso" interruppe Summer. 
Si era capito che non si potesse toccare quel tasto davanti a due giocatori accaniti. 
"Come sta tuo fratello?" chiese la Tassorosso cercando di trovare una domanda sensata da porre al Grifondoro. Conosceva solo per sentito dire il fratello di Edward e dai racconti sembrava che la famiglia Richardson fosse ricca di menti eccelse.
"Penso bene, dovevo finalmente vederlo a Natale ma ho preso la pessima decisione di rimanere qua per Sophie, visto che come ringraziamento ha deciso di mollarmi" rispose Edward con tono sprezzante. Proprio non gli andava giù che non fosse tornato a casa dalla sua famiglia per la ragazza che gli aveva spezzato brutalmente il cuore. 
"Bella merda" disse Jake cercando di essere gentile con il Grifondoro che ora aveva abbassato lo sguardo atterrito. 
"Tuo fratello Summer?" continuò ricordandosi che anche la Tassorosso avesse un fratello. 
"Non lo sento molto spesso, da piccoli stavamo sempre insieme ora che lavora via lo vedo di rado.”
"Vorrei poter dire lo stesso di mio fratello" intervenne Jake che non poté farsi scappare una battuta su Alex essendo costretto a vederlo tutti i giorni controvoglia.
"Wow… quindi… abbiamo tutti un fratello!" esclamò Summer tentando di trovare qualcosa che li accomunasse tutti e tre. 
"Sei perspicace Evans" commentò Jake trattenendo una risata. 
Summer alzò gli occhi al cielo pensando a come poter continuare la conversazione. Ogni argomento sembrava infastidire qualcuno dei presenti. 
Passarono alcuni secondi in silenzio, probabilmente nessuno aveva trovato qualcosa che potesse interessare tutti quanti allo stesso modo. 
"Per caso… volete fare una partita a scacchi?" provò Edward speranzoso ma immaginando già che avrebbe ricevuto risposte negative. 
Era dall'inizio della cena che non desiderava altro che fare una partita ai suoi amati scacchi magici ed era l'unica cosa che sembrava infondergli gioia in quella terribile giornata. 
Il Grifondoro posò lo sguardo prima su Jake che aveva un sopracciglio alzato e lo stava osservando a sua volta chiaramente contrariato da quella risposta così assurda. Davvero pensava che uno come lui potesse essere interessato a giocare a scacchi? Jake fece una smorfia di disgusto che lasciò intendere che la sua risposta non sarebbe stata positiva. 
"Okay no, non è una buona idea…" disse Edward prima che il Serpeverde aprisse bocca e senza neanche aspettare la risposta di Summer. Gli era più che bastato lo sguardo gelido di Jake. 
Il ragazzo guardò altrove facendo finta di non aver proferito parola e per un attimo gli tornarono alla mente tutte le parole che Sophie gli aveva rivolto pochi giorni prima. Ancora non poteva crederci, come poteva averlo lasciato dopo tutto quello che avevano condiviso? Proprio non riusciva a distrarsi e se ci riusciva la distrazione durava solamente pochi secondi.
“Ma se andassi a prendere le caramelle del ballo? Magari gli possono dare una mano” propose Jake sussurrando nell’orecchio di Summer. Aveva notato come Edward avesse nuovamente lo sguardo perso nel vuoto e stava cercando una soluzione duratura per poterlo aiutare ad eliminare del tutto il suo pessimo umore. 
Summer in risposta, strabuzzò gli occhi e gli tirò un calcio da sotto il tavolo così che Edward non potesse vedere.
“Va bene va bene, bastava dire di no” continuò il Serpeverde a bassa voce, non troppo stupito dalla reazione dell’amica.
Il silenzio prese di nuovo il sopravvento e tutti gli argomenti di conversazione sembravano volgere verso temi poco piacevoli per uno dei tre. Ognuno di loro si stava pentendo di aver accettato di stare lì in quel momento, come poteva pensare Abby che sarebbe stato semplice far arrivare la mezzanotte senza imbarazzo e disagio?
Edward tornò a guardarsi impacciato le scarpe mentre Jake fulminò Summer con lo sguardo per averlo cacciato in quella situazione, non avrebbe mai immaginato di finire l'anno insieme al Grifondoro che sembrava non avere neanche un difetto; in tutti quegli anni mai si era ritrovato in una situazione tanto scomoda.
"Siete proprio sicuri di non voler giocare a scacchi?" chiese ancora una volta Edward sperando questa volta nella risposta di Summer. Non aveva trovato nulla di cui parlare così tentò ancora una volta con quella proposta che gli sembrava l'unico modo efficace per passare il tempo. 
"Siamo assolutamente sicuri Edward" rispose la Tassorosso contrariata dalla proposta del ragazzo. 
Sarebbe stata una lunghissima serata.

 ***

Thomas intanto, una volta uscito dalla Sala Grande, aveva iniziato a cercare Sophie tra i lunghi corridoi. 
Non era sua intenzione iniziale scappare da quella meravigliosa serata in compagnia di Richardson, anche se era ovvio non avesse piacere di finire l’anno in quel modo, quella di Sophie non era stata una scusa per allontanarsi. Voleva davvero parlare con lei non appena aveva scoperto si fosse lasciata con il Grifondoro ma ogni singola volta che cercava di avvicinarsi a lei quest’ultima cercava sempre di allontanarsi come per evitarlo. 
Ma quella volta non glielo avrebbe permesso.
A Thomas bastò poco per individuare la figura che stava cercando, dopo pochi passi intravide i capelli mossi della ragazza poco lontano. 
Si avvicinò velocemente alla ragazza e le si parò davanti non permettendole di proseguire.
“Sophie... dove stai andando?” chiese il Serpeverde con fare interrogativo.
La Grifondoro sussultò alla vista del ragazzo, non l’aveva sentito arrivare e si stupì di vederlo di fronte a lei. 
Era da giorni che cercava di non incrociare il suo sguardo e vedere così vicino il ragazzo che stava ignorando la fece sussultare, ma cercò di nasconderlo. 
“Nella Sala Comune, voglio che questa giornata finisca il prima possibile” disse lei cercando di superare il Serpeverde che le stava intralciando il passaggio. 
Sophie non aveva alcuna intenzione di festeggiare e l’unica scelta plausibile era quella di rimanere nel suo dormitorio, visto che Abby era scomparsa con James e Summer era finita per stare in compagnia del suo ex fidanzato.
Così si era decisa di andare a dormire con la speranza di riuscire a non pensare a tutte le preoccupazioni che non le davano pace. Non riusciva ancora ad accettare di aver fatto soffrire così tanto Edward e dal giorno in cui si erano lasciati si sentiva una persona orribile.
“Ma non è ancora finita quindi ora vieni con me” disse secco Thomas prendendo Sophie per un braccio e costringendola a seguirlo. 
Sophie venne nuovamente presa alla sprovvista e si ritrovò obbligata a seguire il Serpeverde verso quella che sembrava la strada più corta per raggiungere la Torre di Astronomia. 
“Thomas…” iniziò Sophie per fermarlo ma venne brutalmente interrotta dal Serpeverde che non aveva alcuna intenzione di smettere di camminare e di lasciare che la ragazza lo convincesse a lasciarla andare nel dormitorio.
“So che mi eviti da giorni ma questa volta non te lo permetto, ho bisogno di parlarti.”
Il Serpeverde voleva davvero parlarle, voleva capire perché avesse lasciato Richardson proprio il giorno dopo il ballo perché in cuor suo sapeva che non poteva non essere colpa anche della discussione che avevano avuto quella sera, voleva sapere come stesse e perché continuasse a fuggire da lui.
Sophie stette in silenzio, sapeva di non poter più scappare. Da giorni ormai si allontanava ogni volta vedesse il biondo avvicinarsi a lei ma ora non poteva più farlo.
Non sapeva nemmeno lei spiegarsi perché lo facesse, forse si sentiva estremamente in colpa ad avvicinarsi al ragazzo che le aveva fatto capire di non amare davvero Edward e si sentiva in colpa persino a starci vicino.
Non voleva pensare ad un altro ragazzo subito dopo aver lasciato il Grifondoro, non gli sembrava corretto e sentiva già troppi sensi di colpa solo a stare nella stessa scuola di colui a cui aveva spezzato il cuore.
Una volta arrivati in cima, Thomas spinse la pesante porta e dopo aver fatto passare Sophie, la chiuse alle sue spalle per poi finalmente guardare verso la Grifondoro. 
Doveva sapere cosa l’avesse portata a finire la relazione con Richardson e perché lo ignorasse così palesemente. 
“Perché mi eviti di continuo?” chiese subito facendo voltare la ragazza che si era persa ad ammirare il meraviglioso cielo blu che da quel punto si vedeva alla perfezione. Non c’era neanche una nuvola e le stelle luminose risaltavano ancora di più.
“Non è vero che ti evito Thomas” rispose Sophie cercando di essere convincente.
“A me sembra di sì” precisò lui avvicinandosi a guardare il cielo nel punto dove la ragazza stava facendo lo stesso. 
Sophie non rispose, non poteva continuare a far finta di niente. Thomas non era stupido e si era accorto giustamente che lo stesse evitando in ogni modo.
“Comunque… ho saputo che ti sei lasciata con Edward, posso almeno sapere il perché?” continuò il Serpeverde vedendo in difficoltà la ragazza. 
Voleva sapere tutto, non poteva chiedere informazioni ad Abby e nemmeno a Summer che si sarebbe insospettita. 
“Non penso sia affare tuo” rispose Sophie continuando a guardare il cielo. Non aveva alcuna intenzione di girarsi a guardare il biondo, sicuramente non sarebbe riuscita a mantenere la calma.
“Tu sei affare mio” azzardò Thomas puntando gli occhi azzurri su di lei.
Sophie stette di nuovo in silenzio e fortunatamente la poca luce della Torre non aveva reso evidente il rossore che si era creato sulle sue guance.
Quella frase le aveva stretto lo stomaco e Sophie cercava di sforzarsi di non provare niente per quel ragazzo così bello ai suoi occhi. 
Cercò di fare l’indifferente ma era sicura che non ci sarebbe riuscita a lungo. 
Gli occhi di Thomas le facevano sempre uno strano effetto. 
“Perché non sei venuta a cercarmi dopo che l’hai lasciato?” chiese ancora lui. Aveva troppe domande da farle, voleva sapere tutto quello che fosse successo dopo la loro rottura e non poteva più resistere. Si era chiesto più volte il perché Sophie non fosse andata da lui dopo aver lasciato Edward visto che era più che sicuro che lui c’entrasse qualcosa.
“Non so che idea tu ti sia fatto… Ma non ho lasciato Edward per te.”
Sophie non stava mentendo. Nonostante l'accaduto con il Serpeverde le avesse fatto aprire gli occhi sulla sua relazione e sui suoi sentimenti, non aveva chiuso con il Grifondoro per Thomas. Si era accorta già giorni prima del ballo che le cose non andassero più bene e che non fossero fatti l'uno per l'altra come tutti credevano e non era tutto merito di Thomas. 
"Ah no? E perché allora?" domandò il Serpeverde alzando un sopracciglio. 
"Non eravamo fatti per stare insieme" rispose Sophie senza distogliere lo sguardo dalla quella vista meravigliosa. 
"Eppure sembravate la coppia perfetta…" 
Thomas si avvicinò di un passo alla ragazza che sembrava sforzarsi in tutti i modi a non guardarlo. Tutti non facevano altro che sottolineare il fatto che i due Grifondoro fossero perfetti insieme e a lui dava alla testa. 
"Lo credevano tutti ma non lo eravamo affatto, eravamo troppo simili… " 
"Finalmente te ne sei accorta.”
"Avrei voluto accorgermene prima, avrei fatto soffrire meno persone.”
Sophie non riusciva a mettersi il cuore in pace per tutto quello che aveva combinato ma avere affianco il Serpeverde per qualche strana ragione la stava tranquillizzando. Era così vicino da sentire il suo profumo. 
Thomas non aggiunse altro, stette alcuni secondi in silenzio per poi prendere la parola. 
"Quindi Edward non era il ragazzo giusto per te" disse, aspettando una reazione della Grifondoro. Averla a pochi centimetri di distanza lo stava destabilizzando. 
"Non lo era" confermò Sophie voltandosi per la prima volta dall'arrivo alla Torre a guardare il volto del Serpeverde. 
Non sapeva cosa sarebbe successo ma sentiva che sarebbe successo qualcosa di lì a poco. Un brivido le attraversò la schiena ed il cuore perse un battito. 
"E se fossi io il ragazzo giusto Sophie?" chiese Thomas con voce bassa guardando intensamente gli occhi scuri della ragazza. Sophie non ebbe la forza di distogliere lo sguardo e continuò a guardare il ragazzo mentre una miriade di emozioni le trapassavano il corpo. Le sembrava di star sognando e tutte le preoccupazioni scomparvero all'istante, la mente si svuotò in un secondo e Sophie Sbattè le palpebre nervosamente. 
Thomas capì che era quello il momento perfetto che aspettava ormai da mesi, l'aveva portata fin lì sperando di trovare l'occasione giusta per baciarla e non si lasciò scappare quell'opportunità.
Avvicinò con cautela il viso a quella della ragazza senza distogliere gli occhi dai suoi finché i loro nasi non si sfiorarono. 
Il cuore di Sophie iniziò ad accelerare a vista d'occhio e si accorse che quelle emozioni non le provava ormai da tempo. Era come ipnotizzata dagli occhi del ragazzo. 
Thomas stette immobile per alcuni secondi per poi spostare lo sguardo sulle labbra della ragazza. Era da quell’estate che aspettava quel momento e non poteva resistere a lungo. Prese finalmente coraggio e senza esitazione si avvicinò per eliminare la poca distanza che li separava. Mise una mano tra i capelli della Grifondoro e posò le labbra sulle sue.
Il timore che Sophie si potesse ritrarre da quel bacio gli stava chiudendo lo stomaco, aveva così paura che potesse allontanarsi bruscamente da lui che le mani iniziarono quasi a tremargli. 
Ma non successe niente di simile, Sophie non aveva alcuna voglia di scappare in quel momento e dopo aver trattenuto il respiro, ricambiò il bacio appoggiando delicatamente una mano sulla guancia del ragazzo. 
Le gambe iniziarono a diventare molli e la testa le sembrava girare senza sosta. Le sembrava di essere stata catapultata a mesi prima ma le emozioni erano ancora più amplificate di quell’estate.
Era stanca di fare sempre la cosa giusta. Ogni sua scelta era finita per essere la peggiore di tutte e quel bacio non poteva essere una scelta sbagliata se le faceva provare così tante emozioni tutte assieme. 
Se anche fosse stato un errore non le importava.
Nessuno dei due aveva riflettuto sulle conseguenze di quel gesto, nessuno aveva pensato a cosa avrebbe pensato Abby o chiunque altro. Erano solo loro due sulla Torre di Astronomia e non potevano desiderare altro.
Sophie non avrebbe mai pensato di finire in quel modo quell’anno così pieno cambiamenti, si era ripromessa di stare lontano dal Serpeverde ma non appena se l'era trovato davanti ogni suo sforzo venne reso vano. Non riusciva a resistere a tutte quelle emozioni che la attraversavano ogni volta fosse a pochi centimetri dal Serpeverde, era qualcosa più forte di lei, quasi incontrollabile. 
Non aveva pensato a tutto quello che era successo i giorni prima, al fatto che si era ripromessa di stare da sola per capire cosa volesse veramente, in quell'istante non aveva pensato altro che a Thomas. 
Numerose luci colorate illuminarono il cielo scuro e un forte rumore di fuochi d'artificio costrinsero i due ragazzi ad allontanarsi per guardare lo stupendo spettacolo che stava illuminando dall'alto l'intero castello.
I fuochi così iniziarono a colorare tutta Hogwarts con luci dai colori vivaci, segno che era appena scoccata la mezzanotte e l'anno nuovo era appena iniziato.
"Buon anno Sof" disse sorridente il Serpeverde guardando la ragazza affianco a lui ancora in imbarazzo mentre ammirava quello spettacolo di luci. 
Il Serpeverde era finalmente felice, da quell'estate non aveva desiderato altro che stare con Sophie e averla così vicino gli stava riempiendo il cuore di gioia. 
Non aveva mai provato niente di simile con nessun'altra e quella ragazza lo stava facendo andare fuori di testa. Non pensò a cosa sarebbe successo dopo, non pensò a niente se non a Sophie.
"Buon anno Thomas" ripeté lei appoggiando la testa sulla spalla del ragazzo. 
E dopo quel bacio Sophie si rese conto che si, Thomas era il ragazzo giusto per lei. 

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Capitolo 26
*** Siamo tornate! ***


Siamo felici di annuciarvi che abbiamo inziato a pubblicare i capitoli della seconda parte!
Dopo alcuni mesi di assenza, siamo finalmente tornate a pubblicare la continuazione della nostra storia.
Se siete curiose di scoprire cosa succede alle nostre tre protagoniste, potete trovare la nuova parte al seguente link: https://efpfanfic.net/viewstory.php?sid=4001298&i=1
Come sempre, speriamo che vi possa piacere.
A presto!
Le Sopaber.
 

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