Le Ombre di Hogwarts

di vielvisev
(/viewuser.php?uid=157847)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Sei una strega ***
Capitolo 3: *** Errori e abbracci ***
Capitolo 4: *** Diagon Alley ***
Capitolo 5: *** Opposti Uguali ***
Capitolo 6: *** Colline ***
Capitolo 7: *** Hogwarts ***
Capitolo 8: *** Casa ***
Capitolo 9: *** Furetto ***
Capitolo 10: *** Calici. Gemelli. Scuse. ***
Capitolo 11: *** La serpe e il corvo ***
Capitolo 12: *** Prima prova ***
Capitolo 13: *** Scorci e Malfoy ***
Capitolo 14: *** Il Ballo del Ceppo ***
Capitolo 15: *** Natale e poco più ***
Capitolo 16: *** Seconda prova ***
Capitolo 17: *** Ultimo ostacolo ***
Capitolo 18: *** La resa dei conti ***
Capitolo 19: *** Spinner's End e resistenza ***
Capitolo 20: *** Purosangue ***
Capitolo 21: *** Pezzi d'estate e ritorno ad Hogwarts ***
Capitolo 22: *** Pazienza agli sgoccioli ***
Capitolo 23: *** Di serpi e grifoni, Es e tutori ***
Capitolo 24: *** Le scelte dopo il primo attacco ***
Capitolo 25: *** Famiglia Serpeverde ***
Capitolo 26: *** Confessioni ***
Capitolo 27: *** Mettimi alla prova ***
Capitolo 28: *** Cade tutto in pezzi ***
Capitolo 29: *** Ferite aperte ***
Capitolo 30: *** Fazioni ***
Capitolo 31: *** Goodbye Sirius ***
Capitolo 32: *** Crepe sanate ***
Capitolo 33: *** Mezzaestate ***
Capitolo 34: *** L'ago della bilancia ***
Capitolo 35: *** Amaro inizio ***
Capitolo 36: *** Legami ***
Capitolo 37: *** Vincoli e tasselli ***
Capitolo 38: *** La festa di Lumacorno ***
Capitolo 39: *** Casa Piton, Casa Malfoy ***
Capitolo 40: *** è una guerra di persone ***
Capitolo 41: *** Anima e Sangue ***
Capitolo 42: *** Marchi senza futuro ***
Capitolo 43: *** GUFO ***
Capitolo 44: *** Vestibolo del dramma ***
Capitolo 45: *** Il canto della fenice ***
Capitolo 46: *** Colpevole ***
Capitolo 47: *** Sono una Piton ***
Capitolo 48: *** Tra i fuochi ***
Capitolo 49: *** Imparare dal male ***
Capitolo 50: *** Resistenza ***
Capitolo 51: *** Voldemort ***
Capitolo 52: *** Marchio Nero ***
Capitolo 53: *** Le cicatrici sono solo cicatrici ***
Capitolo 54: *** Un po' spezzati ***
Capitolo 55: *** La nuova e la vecchia guardia ***
Capitolo 56: *** Senso di colpa ***
Capitolo 57: *** Nagini ***
Capitolo 58: *** L'ultimo tramonto ***
Capitolo 59: *** Il girotondo immobile ***
Capitolo 60: *** Insieme. Ti amo. Addio ***
Capitolo 61: *** La Stamberga Strillante ***
Capitolo 62: *** I ricordi di Severus (I) ***
Capitolo 63: *** I ricordi di Severus (II) ***
Capitolo 64: *** Il dono del secondogenito ***
Capitolo 65: *** Il pensatoio delle risposte ***
Capitolo 66: *** La battaglia ***
Capitolo 67: *** Nuova alba ***
Capitolo 68: *** EPILOGO ***



Capitolo 1
*** Prologo ***




È una bambina Severus.
Tu devi proteggerla.


.Prologo.

 

Severus Piton, nonostante i difetti che gli venivano attribuiti, aveva il pregio di potersi definire una persona discreta ed anche abile, suo malgrado, a scivolare nell'ombra, con quel suo fare gelido e misurato che lo aveva reso la spia perfetta, colui che sta nel mezzo.
 Durante la sua fragile esistenza, Severus si era mosso nella vita di più di una persona senza quasi lasciare traccia, intrecciando sorti e destini alle spalle di molti, ma rimanendo invisibile. 
 E anche in quel momento, vestito completamente di nero e quasi impalpabile, mentre camminava in tondo nella luce bassa del suo studio, vibrava come una figura misteriosa, tanto da non sembrare davvero reale, anzi, appariva come sul punto di svanire nel nulla.
  Il ragazzino timido, ossuto e sgradevole, che aveva frequentato quel castello anni prima, il naso perennemente affossato in un vecchio libro come se volesse caderci dentro, nell'inutile tentativo di sfuggire così ai Malandrini, si era trasformato col tempo in un mago tutto d'un pezzo, capace di celare ogni tipo di emozione, impassibile davanti alla morte, letale quando voleva. 
  Non era mai stato bello, non con quei lineamenti aspri e il naso adunco che svettava, insieme agli occhi color onice, sul volto giallognolo, né con quel corpo alto, dinoccolato e asciutto, più adatto allo studio che al volo, ma era un uomo orgoglioso, a suo modo un uomo ammirevole, potente e pieno di uno strano fascino, con cui sapeva all'occorrenza intimorire. 
Eppure, nel buio del sotterraneo, Severus Piton ora sembrava soltanto fragile, consumato e stanco. 
Soprattutto stanco. 
 Girava in tondo, nervoso oltre ogni limite e fremeva pronto a spezzarsi, l'aspetto visibilmente scavato dalla preoccupazione e il poco sonno, e il normale pallore del volto esasperato dalla lugubre luce proiettata dalle poche candele appese alle pareti. Era 
tanto miserabile in quel momento che nessuno, osservandolo, avrebbe mai sospettato che quell'uomo, all'apparenza più vecchio di quanto in realtà non fosse, potesse essere uno dei maghi più potenti che la scuola di Hogwarts e forse l'intero mondo magico avesse mai conosciuto.

 “Silente non può farmi questo, non dopo tutto quello che io ho fatto” disse al nulla, snocciolando le parole a voce bassa, le labbra sottili tremanti di preoccupazione e gli occhi scuri colmi di angoscia.
 L'elfo domestico, nascosto in un angolo della stanza, lo ascoltò atterrito, sgranando gli occhi blu, senza osare intervenire in quello sproloquio: non aveva mai visto il suo padrone così sconvolto. 
 Si sporse in avanti, facendo dondolare la testa ornata di grandi orecchie, ma in quel momento, Piton, con un ultimo scatto nervoso, smise di camminare per la stanza e si fermò di fronte alla porta e per un attimo ci fu una strana calma 
tormentata
 L'uomo radunava assorto i pensieri nel silenzio assoluto, il mantello nero che dondolava sulle sue spalle magre e l'elfo, dal suo angolo, lasciò andare un sospiro di sollievo e pensò che, forse, era arrivato il momento giusto per intervenire, ma non riuscì nemmeno a inalare nuova aria per aprir bocca che l'altro, come colto da una nuova furia,  si fiondò fuori dalla stanza, proseguendo di gran lena lungo il corridoio che l'avrebbe portato ai 
piani alti, dove vari studenti bazzicavano allegramente, solo blandamente tenuti d'occhio dagli insegnanti. L'elfo, rimasto solo, scosse la testa affranto.
Severus Piton sperò di non incontrare nessuno lungo la strada che attraversava il castello fino allo studio del preside: ebbe fortuna. 
 Le voci degli abitanti di Hogwarts gli arrivavano lontane e ovattate, insieme alle risate degli studenti più giovani radunati in capannelli nel parco, così che, per un attimo, si concesse di cedere alla strana sensazione agrodolce, di calma e solitudine, che spesso lo coglieva mentre camminava per gli ampi corridoi. 
 L'ardore e l'angoscia che trapelavano dai suoi occhi si acquietarono e solo allora, con esasperante sforzo, rallentò il passo, lasciando che i suoi lineamenti si distendessero per andare a formare la maschera impassibile che si era costruito negli anni, tanto che, il Severus Piton che giunse all'ingresso dello studio del preside, era di nuovo il rigido e altero professore di Pozioni che Hogwarts conosceva: celato dietro la sua falsa compostezza, 
la maschera, l'uomo fasullo che presentava al mondo per nascondere i suoi tormenti e il suo dolore.
  Il Gargoyle si fece da parte appena pronunciata la parola d'ordine e il giovane salì la scala a chiocciola, aprendo la porta in legno dello studio senza curarsi di aspettare di essere invitato a entrare. 
 “Ah, Severus” lo salutò con affetto l'uomo dietro la scrivania “Hai fatto presto! Vieni avanti, siedi!”
 C'era qualcosa di innaturale nella calma di Albus Silente, nel suo tono gentile e nei suoi occhi azzurri vigili e attenti. Qualcosa che
 andava al di là della sua potenza e che Piton non avrebbe mai capito.
  “La ragazza sarà qui tra pochi istanti, Severus”
 “Silente, fermati. Dobbiamo parlare” lo fermò seccamente “Non voglio farlo. Credo di non essere in grado. Dopo tutti questi anni...”
 “Caro ragazzo!” lo interruppe il preside “Credevo che avessimo già discusso di questo; la ragazza ha bisogno di qualcuno che la guidi, lei come gli altri tre giovani e tu sai meglio di me che il compito della sua protezione ed educazione può essere affidato 
solo a te."
La smorfia di Piton si fece indolente e i lineamenti tesi fecero un guizzo nervoso “Ma non posso farlo Silente, non capisci?” ribatté subito aspro, quasi insofferente nei confronti del vecchio mago.
 “E perché mai?” chiese ingenuamente il preside, guardandolo sfacciatamente negli occhi e Severus strinse le labbra, livido di rabbia, infastidito di dover ripetere per 
l'ennesima volta le sue ragioni.
  “Lo sai Albus” sputò infine tra i denti, davanti al silenzio ostinato dell'altro, passando coscientemente al nome “è una ragazzina, non ci so fare, non ho più nemmeno avuto amiche dopo...” 

Esalò un verso spezzato, in difficoltà e il preside capì che cosa intendesse con quello sproloquio e alzò le sopracciglia stupito, aprendosi poi in un sorriso più dolce.
 
Lily, Severus? È lei di cui temi il ricordo? Comprensibile, certo” mormorò a bassa voce “ma mio caro ragazzo, la bambina in questione è profondamente diversa dalla tua amica d'infanzia, sono certo che te ne renderai conto anche tu e poi prenderti cura di qualcuno ti farà bene, vedrai. Stai troppo solo, Severus."
  Il silenzio li avvolse entrambi e per un lungo istante, nella stanza, si sentì solo il ronzio sommesso dei numerosi oggetti argentei che li circondavano e il tubare discreto della fenice Fanny, che li ignorava, beccando pigra del mangime sul suo trespolo. 
 Severus, ancora in piedi di fronte alla scrivania, scrutò l'anziano negli occhi, silenziosamente infastidito dal suo sguardo serafico.
 “Come fai ad avere fiducia in me?” soffiò infine, arreso.
 “Mi sembrava di averti fatto capire in più modi che io ho estrema fiducia in te, Severus” sorrise Silente “E i motivi li conosciamo perfettamente entrambi”
 Unì la punta delle dita, ricambiando assorto lo sguardo di Piton che, in risposta, fece una smorfia disgustata appena trattenuta, prima di sospirare pesantemente, con stanchezza.
“Non sto parlando del mio rapporto di fiducia con te, Albus” ammise mesto “Sto parlando della ragazzina! Come posso affrontare una prova del genere? Sono solo da anni e mi va bene così. Sai cosa succede quando ti abitui troppo alla solitudine? 
Non sai più vivere con gli altri. Non ti ho mostrato ciò che provo? Non capisci? Io non posso prendermi cura di qualcuno quando ho faticato per anni alla ricerca di un equilibrio per me stesso”
 “Il tuo pensiero mi addolora, Severus, qualche anno fa mi avresti pregato. Mi hai pregato in effetti”
 Il giovane alzò ancora una volta lo sguardo e i suoi occhi neri fremevano, l'espressione del volto contratta e disgustata, 
 “
Qualche anno fa. Quando cercavo ancora qualcosa che tu mi hai tolto” disse gelido e Silente parve improvvisamente colpito da quelle parole e chiuse gli occhi, sembrando, per un breve momento, fragile e incerto come un comune mortale.
 “Severus” sussurrò benevolo “Sai bene che determinate scelte erano necessarie, tu stesso lo hai compreso”
 Piton rimase in silenzio a quelle parole, ma una lacrima solcò, bruciante, il suo volto pallido, mentre i ricordi gli si affollavano nella mente, irruenti e la furia lo travolgeva: inaspettata e distruttrice, tanto da far uscire lui le parole in un urlo.
 “Non voglio prendermi cura di nessuno, Silente. La bambina troverà qualcun altro. Lupin può prenderla con sé! Ma io non voglio caricarmi di questo fardello! E la mia volontà Silente? Ha qualche valore? Non merito altri ostacoli nella mia vita”


 Si era avvicinato pericolosamente alla scrivania nel parlare, il petto che si alzava e si abbassava affannosamente, le mani che tremavano, gli occhi liquidi e feriti, ma Silente rimase tranquillo e lo squadrò con calma invidiabile, senza muovere un solo muscolo, attraverso gli occhialini dorati a mezzaluna.
A Severus, ora anche lui immobile e in preda ai suoi tormenti, parve che lo sguardo chiaro del preside potesse leggergli dentro, scavando a fondo nella sua anima e deglutì lentamente, a disagio sotto quel silenzioso giudizio, con l'orribile sensazione di aver deluso il vecchio amico e la rabbia che ancora gli ribolliva nel petto.
 “Tu hai paura di affezionarti a qualcuno Severus” disse Albus, inspirando lentamente aria dal naso, la voce straordinariamente tranquilla “Hai paura perché l'amore ti ha ferito, ma fidati di un vecchio: è anche la migliore cura. Non credo però sia opportuno parlarne ora, la ragazza è qui fuori e temo ci stia ascoltando”
 Severus sbiancò, solo e spaventato, nemmeno lontanamente simile allo scaltro, cinico e sarcastico professor Piton che conosceva la scuola. Immobile di fronte al preside, 
fragile, per un brevissimo attimo, venne colto da un profondo panico. 
 Guardò la figura di Silente con aria smarrita, in cerca di un muto supporto. 
Aiutami. Sembrava gridare, ma l'anziano professore, pur non staccando gli occhi da quelli scuri dell'uomo di fronte a lui, ignorò la sua richiesta e disse ad alta voce: “Emma, vieni pure”
 Il cuore di Piton perse un battito e lo smarrimento lasciò spazio a un'autentica emozione, mentre le lacrime che non ricordava più come versare sembravano lambirgli gli occhi. Li chiuse per un istante e si voltò con lentezza, in preda a sentimenti che non conosceva, né sapeva gestire. La 
ragazza, la bambina se fosse stata un maschio sarebbe stato più facile, forse.
 Severus sapeva che non avrebbe retto una ragazzina Babbana con l'entusiasmo che aveva avuto la sua amica di infanzia. 
Non di nuovo. 
 Non ci teneva a ripetere la storia, nemmeno per una sorta di strano riscatto e sperava con tutto sé stesso, che se doveva passare tanto tempo con lei, la bambina si rivelasse 
completamente diversa dall'unica amica che lui avesse mai avuto. 
Il terrore di trovarsi davanti al ricordo di una Lily bambina lo fece tremare solo per un istante, ma svanì anche quella sensazione quando infine la vide: Emma O'Shea entrò con lo sguardo fisso a terra, quasi temesse il confronto con quella stanza. 
 Era più piccola e magra di quanto il mago si fosse immaginato e teneva le mani nervosamente affondate nella tasca davanti di una felpa Babbana color blu notte, forse troppo grande per lei. 
 I capelli lunghi e mossi, con qualche ricciolo meglio definito e ribelle, erano mollemente adagiati sulla spalla sinistra, e una frangia di piccoli boccoli scomposti copriva la fronte.
 
Lunghi e mossi, ma non rossi, con sollievo di Severus, che notò però come, anche se non erano il fuoco che aveva temuto, nel colore biondo dorato, vi erano delle venature ramate che gli fecero sanguinare il cuore.
Quando la ragazzina alzò infine il viso Severus ne scorse i tratti: era bella, di una bellezza semplice e pulita, con lineamenti morbidi e regolari, il naso, leggermente arrotondato, decorato da minuscole lentiggini, le labbra piene inclinate in un sorriso gentile. 
 Aveva guance leggermente arrossate, sopracciglia ben disegnate e ciglia fini... l'uomo sospirò, temendo il confronto con i suoi occhi.
 
Una ragazzaina Una bambina. Alzò lo sguardo e gli occhi neri incontrarono quelli di lei. Quanto gli era sembrata fragile? Ora no.
Ora lei ricambiava il suo sguardo ferma, calma, 
curiosa.
 Severus sentì il battito del suo cuore aumentare.  Gli occhi di lei, che spuntavano sotto la frangia riccia, non erano verdi.
 Il verde si era mischiato con il nero. I suoi occhi erano del colore del sottobosco, il colore brullo delle foreste. 
 Non erano simili agli occhi di Lily, non erano quelli del figlio di lei, Harry... erano altri occhi, una miscela del verde più chiaro e l'ombra più nera. Severus comprese le parole di Silente.
Profondamente diversa. Questo era il nuovo inizio.

 




*Angolo autrice*

Ciao!

Grazie per essere arrivati fin qui :)
è la prima long fic che pubblico!
Ho iniziato a questa storia 10 anni fa sui banchi di scuola, negli anni l'ho scritta e riscritta fino a quando non sono stata soddisfatta. 
La storia (lo vedrete) all'inizio è ambientata al tempo del terzo anno di Harry ad Hogwarts e arriveremo fino in fondo alla battaglia finale, sarà un bel viaggio. 
Ho cercato di non cambiare quasi nulla della storia originale (che saranno i nostri binari del treno), ma racconterò molto degli spazi non detti.
Tutti i capitoli sono già scritti, quindi non c'è pericolo che venga lasciata a metà e avendola già scritta e revisionata ho potuto inserire fin dall'inizio piccoli dettagli che sono legati al finale.
Il mio piano è quello di pubblicare circa 2 volte a settimana. 

ATTENZIONE: i primi capitoli (soprattutto il prossimo e un paio più avanti ) potrebbero essere più macchinosi per voi, perché inseriscono nuovi personaggi e dinamiche. Ma non temete, i personaggi che conosciamo tutti della saga saranno centrali nella storia (sempre di più man mano che si va avanti) e ci terrano parecchia compagnia, ora della fine però spero che vi affezionerete ai miei.

Spero di trovarvi numerosi, se vi va lasciate una recensione.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Sei una strega ***



.Sei una strega.

 

Da secoli, durante le settimane estive che precedevano il primo di settembre, giovani maghi e streghe, di undici anni compiuti, ricevevano via gufo la loro lettera d'ammissione alla scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts, di solito nel fermento generale che quell'evento creava in tutte le famiglie magiche.
  E sempre da secoli, nonostante Salazar, uno dei quattro fondatori della scuola, si fosse mostrato aspramente contrario, delegati del mondo magico, presidi, ministri e professori, si rendevano disponibili a recarsi presso quelle famiglie definite Babbane in cui, per un incrocio forse tra sangue e destino, nasceva un giovane mago, o una giovane strega, ancora inconsapevole dell'esistenza del mondo magico. 
Così era sempre stato.

Emma O'Shea, però, di anni ne aveva dodici e già questo fatto di per sé era un'eccezione. Era nata il 6 settembre 1981 ed era l'unica amatissima figlia di una semplice famiglia Babbana fino al midollo, ovvero assolutamente non magica. Fino a quel momento, nulla di particolarmente strano era mai accaduto nella sua vita, era anzi, a tutti gli effetti, una ragazzina come tante, forse leggermente più sveglia della media e spesso tendente alla malinconia, ma tutto sommato piuttosto ordinaria.
Per questo Emma, nella sua normalità, non aveva mai nemmeno osato immaginare che un giorno uno strano individuo dalla lunga barba bianca si sarebbe presentato alla porta di casa sua, rivelandole di essere una strega. Una strega molto particolare per di più. 
 Perché Emma 
sapeva che questo genere di incontri non accade nella realtà, ma solo nei libri che lei e il suo migliore amico, Steph Richardson, divoravano insieme, le teste vicine e i fiati sospesi.
 Per questo, Emma O'Shea, si ritrovò dunque completamente impreparata quando, una tranquilla domenica mattina di febbraio, il preside di Hogwarts in persona si presentò all'ingresso della piccola casa di quel banale quartiere residenziale, chiedendo, perfettamente a suo agio con la sua tunica colorata e il buffo cappello a punta, di poter parlare con lei e i suoi genitori.
 La ragazzina, considerandosi piuttosto educata, oltre che una persona assolutamente normale e pacifica, al di là della sua tendenza ad essere un po' schiva, decise di non indugiare troppo sull'abbigliamento sicuramente bizzarro dell'uomo e concedendo lui un sorriso, chiamò i genitori a gran voce.
 “Vuole parlare con voi” disse, scrollando leggermente le spalle, segretamente curiosa di sapere cosa volesse l'anziano.
 “Piacere di conoscervi, il mio nome è Albus Silente e vorrei discutere con voi di alcune questioni di estrema importanza.”

La voce dell'uomo era pacata e gentile tanto quanto il suo aspetto e forse per questo, i genitori della ragazza, Alan e Lydia O'Shea, non esitarono a farlo accomodare nel loro più che dignitoso soggiorno, seguiti dalla figlia che si accovacciò sulla sua poltrona preferita, mentre continuava ad osservare con interesse il nuovo arrivato.
 Era 
effettivamente uno strano personaggio e per quanto fosse palese la sua anzianità, non era affatto semplice definirne l'età. 
La tunica celeste e la lunga barba, che la ragazzina aveva notato all'ingresso, erano 
estremamente curate e non portava gioielli, o ornamenti all'infuori di un paio di occhiali dalla montatura a mezzaluna, sottile e dorata, che nascondevano solo parzialmente l'azzurro intenso di due occhi attenti, che ora la fissavano bonari.
 “Desidera qualcosa da bere?” domandò Lydia con un sorriso leggermente teso, portandosi una ciocca bionda dietro l'orecchio.
 “La ringrazio, ma no. È un'ospite molto gentile.” rispose quieto Silente “Sono qui solo per parlare con Emma e con voi di quel che ho provato a spiegarvi tramite lettera. Mi rendo conto fosse molto da capire e accettare, 
soprattutto senza alcuna ulteriore spiegazione.”
 Entrambi i genitori annuirono incerti, lanciandosi uno sguardo di intesa, prima di girarsi appena verso la figlia.
 “Di che lettera state parlando?” domandò lei, stupita.

 “
Non te ne avevamo ancora parlato tesoro” prese parola Alan, facendo lei un sorriso rassicurante “Pensavamo ad uno scherzo.”
  “Oh, signor O'Shea, vorrei proprio sapere chi sarebbe in grado di immaginare una burla tanto bene architettata” intervenne Silente divertito, prima di osservare la ragazzina con aria assorta. 
 “Emma immagino quindi di dover devo dedurre, che non sapendo tu nulla, dovrò spiegarti io ogni cosa”
 “Dire che non so nulla è una generalizzazione” ribatté lei, nervosa.
 “Oh, non intendevo certo offenderti” riprese l'uomo, ridacchiando divertito “sono più che certo che tu abbia ottime qualità e un eccellente bagaglio culturale, mi riferivo a ciò che è scritto nella lettera. Tieni” disse e le porse una busta dalla carta spessa, in cima alla quale, con una bella calligrafia vergata con inchiostro verde, era stato scritto il suo nome e il suo indirizzo di casa. 
 Emma fece scorrere le dita sull'apertura, mentre i suoi occhi si spostavano dubbiosi dai genitori a Silente. 
 “Devo leggerla?” chiese incerta.
 “Sarebbe tuo diritto leggerla, sì” le rispose subito il preside “O meglio sarebbe più che opportuno che tu la leggessi, almeno per farti un'idea, ma a questo punto credo sia meglio che ti spieghi a voce il suo contenuto, è molto più semplice.”
 “Mi dica allora” disse lei, tendendo leggermente la schiena, come se si aspettasse una brutta notizia in arrivo.

  Silente inarcò appena le sopracciglia, serrò le labbra, gli occhi azzurri fissi su di lei e rimase in silenzio per qualche secondo, come perso nei suoi pensieri, lasciandola in attesa. 
 Quando infine parlò, dicendo la frase che avrebbe cambiato in quell'istante la vita di Emma O'Shea, il suo tono era misurato e solenne: “Emma tu sei una strega.”

La ragazzina in risposta non rise, non pianse, non ebbe una crisi isterica e non cominciò a fare domande a raffica come ci si sarebbe aspettato, non fuggì nemmeno, ma rimase assolutamente immobile, con la busta spessa stretta tra le mani e per un attimo, sembrò che potesse vivere senza respirare.
  “Come ha detto scusi?” chiese flebile.
 “Ho detto che sei una strega e se mi permetti, anche molto particolare.” sorrise Silente e Alan e Lydia O'Shea trattennero il respiro, osservando la reazione di Emma, che deglutì, cercando di essere lucida,  mentre le parole acquisivano lentamente senso.
 La ragazzina si chiese solo 
blandamente perché sentiva di credere a quell'uomo senza porsi alcun dubbio e si stupì solo un poco che la sua mente, di solito logica e razionale, non rifiutasse il concetto di magia.  Si rese conto che forse avrebbe dovuto fare più domande, ma era come se qualcosa fosse scattato dentro di lei, facendole accettare quella rivelazione, come se una parte di sé lo avesse sempre saputo.
Emma alzò lo sguardo verso l'anziano e annuì, solo una volta. 
  “Mi spieghi” disse e Albus Silente sorrise con dolcezza in risposta. 
 “Speravo me lo chiedessi, c'è molto da raccontare.” 
Emma si mise più comoda sulla poltrona e notò con la coda dell'occhio i suoi genitori imitarla, mentre l'anziano cominciava a raccontare di essere il preside della scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts per giovani maghi e streghe come lei. 
 Le spiegò che in quel luogo potevano accedere solo coloro provvisti di qualità magiche, mentre i 
Babbani, che non hanno poteri, dovevano rimanere all'oscuro della comunità magica.
 Silente le spiegò che avrebbe avuto la possibilità di apprendere magie meravigliose e di migliorare le sue qualità e parlò per un'ora abbondante di Case, incantesimi, bacchette e luoghi affascinanti.
 Emma non lo interruppe nemmeno una volta, ascoltando voracemente ogni cosa, senza perdersi nemmeno un particolare.
 “Questo è quanto!” concluse infine l'uomo.
 “Quindi io sono una strega e ho questa possibilità di frequentare questa... Hoguars” mormorò assorta.
  “Esattamente, il nome della scuola è Hogwarts.” la corresse lui “E certamente tu sei una strega, ma ho omesso un piccolo dettaglio.” 
 Emma interruppe i pensieri frenetici che stava facendo e guardò l'uomo “Quale dettaglio?” chiese preoccupata. 
 “Vedi, quando ti ho detto che eri una strega particolare dicevo davvero. Tu hai dodici anni, Emma, ma solitamente un giovane mago, o strega, comincia il suo percorso studi a undici”
 “Sono già fuori corso” ribatté lei, senza riuscire a dissimulare una sottile vena di delusione.
 “Oh no, mia cara” rise l'uomo “lascia che io ti spieghi.” 
 Emma rimase in attesa e Silente sorriso dolcemente nella sua direzione, dopo aver soppesato la sua espressione tesa.
“Devi sapere che solitamente la magia si presenta in un individuo prima del compimento del settimo anno di età” riprese svelto “ma in te questo non è avvenuto, giusto?”
 La ragazzina fece un cenno affermativo, timorosa “Giusto”.
 “Esattamente.” annuì Silente “La tua magia è scoppiata in ritardo e questa è una cosa che sarebbe assolutamente 
anormale persino per noi, ma c'è una spiegazione a tutto. So che apprendere tante cose in un giorno può rivelarsi difficile per te, ma è bene che tu sappia.”
 Emma fece lui cenno di continuare e Albus Silente riprese a parlare con tono tranquillo e continuò a farlo per molto tempo, tanto che quando finì era già passata da un pezzo l'ora di pranzo.

Le raccontò la storia dei quattro fondatori: Godric Grifondoro, Priscilla Corvonero, Tosca Tassorosso, Salazar Serpeverde. 
 Quattro maghi potenti e ambiziosi che avevano deciso di unire le loro abilità per fondare la scuola di Hogwarts. 
 Ognuno di loro aveva creato una 
Casa nella quale faceva accedere solo allievi scelti per determinate caratteristiche. Grifondoro divenne così presto la culla dei coraggiosi dal grande cuore, Corvonero delle menti argute e intelligenti, Tassorosso di coloro che mostravano lealtà e non disdegnavano il lavoro e Serpeverde degli spiriti bramosi di conoscenza e potere,  capaci di circondarsi  solo di pochi eletti.
 “Come potevano trovare le caratteristiche giuste in ogni persona?” domandò Emma curiosa, senza riuscire a evitare di interrompere, ma Silente non parve infastidito e sorrise in risposta.
 “Crearono un manufatto magico. Un cappello, nello specifico. Capace di individuare per ogni nuovo studente la Casa più idonea”
 “Un cappello?” fece stupita lei.
 “Un capello senziente e molto intelligente, sì” ridacchiò Silente “E soprattutto efficace. Lo usiamo con successo ancora oggi. ”
“Capisco.” sussurrò la ragazzina, incapace di aggiungere altro.
 “E questa che ti ho appena raccontato” continuò il preside “è storia. La storia che tutti conoscono e che puoi trovare in qualsiasi libro in cui venga citata Hogwarts, ma c'è qualcosa che quasi nessuno sapeva, o per meglio dire, quasi nessuno ricordava: i fondatori non erano stati soli nella creazione della scuola. Nessuno dei quattro era infatti figlio unico: Tosca e Priscilla avevano dei fratelli, 
Andrew Tassorosso e Thomas Corvonero e Godric e Salazar delle sorelle, Angela Grifondoro e Alicia Serpeverde. Tutti i rispettivi fratelli ebbero un ruolo fondamentale per la costruzione della scuola, ma decisero di comune accordo di rimanere nell'ombra. Non volevano riconoscimenti e non volevano essere legati a qualcosa di così importante. Si definirono le Ombre di Hogwarts e rimasero tutti e quattro molto amici per tutta la vita, a differenza dei Fondatori originali che con il tempo presero strade diverse.” 
 Silente fece un profondo respiro, prima di riprendere a parlare con tono grave “Il fatto curioso però, fu che dalle discendenze dei quattro non nacquero più maghi, solo una serie infinita di senza poteri, Maghinò, secolo dopo secolo, fino ad oggi.”
 “Non riesco a capire come questo centri con me” sussurrò Emma.
 “C'entra, perché tu fai parte della profezia”
 “Quale profezia mi scusi...”
 “Stavo giusto arrivando al punto, mia cara ragazza, ma tu dimostri una certa curiosità per tutto.” ridacchiò Silente,
  “Mi scusi” arrossì Emma “vada avanti”

L'anziano raccontò che una delle ultime veggenti degne di portare questo nome, aveva fatto un'ultima profezia sul letto di morte, rivelando che le discendenze dei quattro fratelli dei Fondatori non erano composte da Maghinò, come si credeva.
La magia, di genitore in figlio, di secolo in secolo, era stata mantenuta come gene recessivo e non manifestandosi, era enormemente cresciuta dentro di loro, di in era in era...
  “... E così si arriva a te.” sorrise quieto il preside, come se stesse parlando del meteo “Nella profezia si parla di quattro giovani discendenti delle Ombre che avrebbero manifestato il loro potere magico nel loro tredicesimo inverno e sarebbero stati definiti 
Emoor. Il loro destino sarebbe stato quello di essere ammessi nella scuola dei loro antenati perché, secondo la veggente, sarebbero stati determinanti nella battaglia contro un Signore Oscuro e si da il caso che proprio una settimana fa, un'emoor si è rivelata.”
 Silente sorrise bonario, lanciando un'occhiata ad Emma che, irrigidita sul posto, sembrava aver perso la capacità di muoversi.   
 Ricordava quando, qualche giorno prima, presa da un'improvvisa felicità, aveva fatto 
danzare tutti i fiori del grande giardino botanico vicino a casa, cambiando loro persino il colore. Sul momento aveva pensato a una coincidenza, forse a un alito di vento troppo gentile, o a uno strano gioco di luce e invece, evidentemente, era stata lei.
 “Ma questo non può essere vero... voglio dire, io?” esalò, confusa.
 “Sì, tu Emma.” rispose il preside “Non ti nascondo che non sarà semplice, dovrai lavorare duramente per recuperare il tempo perso, per non parlare di una buona dose di curiosità che ti riserveranno gli altri allievi, che potrebbe rivelarsi fastidiosa”
 “Ma di cosa sono curiosi? Io non posso dire loro niente di più di ciò che mi ha detto lei.” disse nervosamente la ragazza.
 “E non sarà necessario dire nulla di più” la tranquillizzò Silente con un gesto della mano “ma capirai che il mondo magico è in fermento. Anche i 
lattanti, in fondo, conoscono la vostra leggenda e tutti vi vorranno vedere, ma non dovrai pensarci troppo, non ora almeno.”
 “Non ora?” chiese perplessa la ragazzina.
“Non ora. Al momento, ciò che conta è che devi recuperare i primi due anni di scuola. Questo non ti sarà difficile perché disponi di una discreta capacità magica ricevuta dai tuoi antenati di sangue, tuttavia dovrai lasciare casa tua per poter raggiungere il tuo momentaneo tutore, presso il quale risiederai, studierai e avrai la possibilità di sapere ogni cosa. Rimarrai lì fino alla fine di questo anno scolastico, che non frequenterai e il prossimo settembre entrerai a Hogwarts come studente. Accetti le condizioni?"
 “Non potrò vedere i miei genitori?” chiese stupita l'emoor.
 “Temo di no, almeno per un po'” disse con tono gentile Silente “Dovrai concentrarti al massimo delle tue possibilità per recuperare ogni cosa ed essere inserita nel mondo magico, ma ovviamente potrai scrivere loro. Passerà in un lampo, Emma”
 La ragazzina annuì incerta e si voltò verso la madre e il padre che, per tutto quel tempo, erano rimasti comodamente seduti e avevano ascoltato con grande interesse i racconti dello strano uomo.
 Entrambi sorrisero con evidente incoraggiamento alla figlia e Alan le fece una piccola smorfia d'intesa che fece infine distendere le spalle alla ragazzina, dandole improvvisa sicurezza.
  “Accetto.” 
Poteva forse rinunciare?
 
 “Eccellente, qualcuno verrà a prenderti tra una settimana esatta.”
  “Posso farle un'ultima domanda, signore?”
  “Certamente” rispose il preside, regalandole un altro sorriso.
  “Avete trovato anche gli altri emoor?”
  “Sì, la profezia si è avverata. In questo momento stanno parlando con alcuni dei miei delegati, esattamente come te e tra una settimana esatta verranno portati dal loro tutore”
  “Il mio tutore...”
  “É il migliore che ci sia, per te. Vedrai, andrà tutto bene.”

*

Una settimana può essere straordinariamente breve. Emma aveva passato i giorni seguenti insieme al suo migliore amico Steph e i suoi genitori l'avevano aiutata a imbastire una bugia riguardo a un'improvvisa ammissione presso una scuola prestigiosa.  
 E arrivata l'ultima sera la giovane emoor, aveva salutando con il magone l'amico di infanzia, stringendolo a sé e aveva pianto tutte le sue lacrime, tanto che era ancora di malumore, quando, Minerva McGranitt, vicepreside di Hogwarts, si presentò in tutta la sua autorevolezza alla porta di casa O'Shea, alla stessa ora in cui, una settimana prima, era giunto Albus Silente.
 “Signorina O'Shea?”
“Sono io”
“Un piacere incontrarti infine. Io sono la professoressa Minerva McGranitt, insegno ad Hogwarts Trasfigurazione”
 “Piacere di conoscerla” tentò di sorridere la ragazzina.
 “Immagino lei mi stesse aspettando.” disse secca in risposta l'altra, scrutandola attentamente con i suoi occhi chiari “Mi auguro che sia tutto pronto per la partenza perché, se ci fossero complicazioni, sarei costretta ad avvisare il preside.”
 Emma capì in un solo istante che quella di fronte a lei era una persona dura, sicura di sé e che era meglio non contraddirla, o indisporla e suo padre, Alan O'Shea, sembrò fare lo stesso ragionamento, perché si fece avanti con il largo sorriso, accogliente ed educato, che l'emoor conosceva come le sue tasche. 
 “Nessuna complicazione, professoressa. I bagagli di Emma sono già pronti. Il tempo di salutarci e potrà partire.”
  La donna chinò quindi con elegante rigidità il capo e si scostò con delicatezza per lasciare un po' di privacy al piccolo nucleo familiare ed  Emma, con occhi improvvisamente grandi e lucidi, si tuffò nelle braccia dei suoi genitori. 
Gli abbracci che si riservarono i tre furono tanto significativi e le loro parole tanto forti e commoventi, che quando si salutarono la ragazzina aveva meno smania di partire. 
Si affiancò mogia alla donna austera e si voltò per un'ultima volta. Sentì appena le parole della professoressa, che spiegava ai genitori che i bagagli sarebbero stati inviati a destinazione con mezzi magici, Emma si escluse dal mondo e cercò di racchiudere l'immagine di suo padre e sua madre abbracciati negli spazi più sicuri della sua memoria, poi si smaterializzarono e  fu troppo occupata a non vomitare per pensare ad altro.


“Siamo ad Hogwarts?” chiese l'emoor, lottando contro la nausea.
 “No, mia cara.” ribatté secca la McGranitt con il suo tono austero “Come spero leggerai presto in 'Storia di Hogwarts' nei confini non è permessa la materializzazione per questioni di sicurezza. Questi sono solo i cancelli, ma quella lassù è la scuola.” 
 “Credo di non aver capito, mi scusi, cosa non è permesso?”
“Smaterializzarsi” borbottò la donna tra i denti “e mi dispiace deluderti non posso dirti cosa significa ogni cosa, ho poco tempo per le spiegazioni e poi sono certa che imparerai tutto il necessario al più presto. Il preside ha dato ordine preciso di portarti direttamente nel suo ufficio, quindi dovremo affrettarci. Non guardarti troppo intorno e cerca di non attirare l'attenzione degli studenti. È di per sé uno scandalo che a Hogwarts si entri con questo abbigliamento!”
La donna camminava a passo svelto, lanciando sguardi di disapprovazione alla felpa Babbana della ragazza e borbottando “Quel Silente! Avrei potuto disilluderti... ma lui diceva che non è necessario...”, ma Emma non la stava più ascoltando, incantata com'era alla vista del castello. Aveva alzato lo sguardo ed era rimasta completamente a bocca aperta, incredula davanti a quella visione.  
Tutto in quel luogo sapeva di magia e più volte, attraversando l'ampio parco con occhi sgranati, Emma desiderò avere Steph al suo fianco per poter commentare insieme quella meraviglia. 
 La professoressa fu molto cauta, probabilmente scegliendo una strada poco nota sia nel parco che nel castello per evitare intoppi, perché non incontrarono quasi nessuno studente, all'infuori di una ragazzina imbronciata e carica di libri alla base delle scale del terzo piano, che alla vista della donna si mise ritta e seria, sorridendo solo quando la McGranitt le disse un secco “Miss Granger” in saluto.
 Salirono un altra manciata di scale e corridoi stretti fino a quando senza preavviso la professoressa, si fermò bruscamente di fronte ad un Gargoyle in pietra, posizionato in un piccola nicchia.
 “Questo è l'ingresso dello studio del preside” spiegò velocemente “La parola d'ordine è Api Frizzole, le hai presente vero? È stato un piacere conoscerti Emma... ti auguro buona fortuna e immagino ci vedremo il prossimo anno a lezione” 
 Concesse all'emor uno dei suoi rari sorrisi, lo sguardo un poco più morbido e si voltò per tornare da dove era venuta ed Emma, rimasta sola, per un lungo momento fissò il Gargoyle senza sapere cosa fare. 
 “Ehm, Api Drizzole” tentò.
Quello rimase immobile. 
 “Api Drizzole” provò nuovamente.
 “È Frizzole non Drizzole” disse una voce alle sue spalle.
 L'emoor si voltò di scatto. Un ragazzo piuttosto bello, con occhi color del miele e l'aria gentile, la osservava con un sorriso ampio e rassicurante. Accanto a lui c'era una ragazza con tratti asiatici, molto graziosa, che non si avvicinò, ma che le fece solo un piccolo cenno. Emma li guardò curiosa. Indossavano una divisa scolastica simile, ma con cravatte di colori diversi: gialla e nera quella del ragazzo, blu e bronzo quella della ragazza.
“Come hai detto?” chiese l'emoor con voce bassa.
“Sono Api Frizzole, non Drizzole” spiegò con calma lui, l'aria divertita “Andiamo non conosci le Api Frizzole?”
 Emma fece segno di no in risposta e lui la guardò stranito.
 “Non sei di qui, vero?” chiese, lanciando un'occhiata alla felpa chiaramente Babbana della ragazzina ed Emma scosse di nuovo il capo, stringendo le labbra insicura.
  “Sono Emma O'Shea” rispose, come se servisse qualcosa.
 Il ragazzo inarcò un sopracciglio, avvicinandosi di un passo, la mano tesa verso di lei, l'emoor gliela strinse con decisione.
 “Io sono Cedric Diggory, Tassorosso” si presentò lui, sfoggiando di nuovo un sorriso “Devi andare dal professor Silente?” chiese.
 Emma annuì e tentò anche lei di stendere un sorriso timido. 
 “Sì, per la mia ammissione del prossimo anno”
 “Ah, bene!” esclamò il ragazzo, sinceramente allegro “speriamo che tu sia Tassorosso, allora”
“Cedric, dobbiamo andare" intervenne la ragazza mora rimasta indietro e lui annuì, fece ad Emma un cenno di saluto e si allontanò. 
 L'emoor lo guardò curiosa, stupita dalla sua gentilezza e si riscosse solo quando il Gargoyle non le chiese “Allora, cosa dobbiamo fare?”
 “Api Frizzole” mormorò in risposta e la statua ruotò su sé stessa.
In cima alla scala, davanti alla porta d'ingresso in legno, la ragazza esitò un solo attimo. Era il punto di non ritorno. Fece un profondo respiro e si avvicinò, pronta a bussare.
 “Non voglio prendermi cura di nessuno, Silente. La bambina troverà qualcun altro. Lupin può prenderla con sé! Ma io non voglio caricarmi di questo fardello! E la mia volontà Silente? Ha qualche valore? Non merito altri ostacoli nella mia vita.”
 Emma si gelò sul posto. 
La voce che aveva gridato sembrava il lamento di un animale ferito, di un uomo che aveva perso tutto. Era una voce virile, familiare, ma che non sapeva catalogare in nessuna delle sue conoscenze. 
 Ci fu un lunghissimo attimo di silenzio, in cui la ragazzina si torse le mani indecisa sulla soglia, ma poi la voce invece tranquilla e ferma del preside si fece sentire. 
 “Emma, vieni pure”

. . .

Lo studio del preside era una grande stanza circolare, spaziosa e luminosa, ingombra di libri e strani oggetti argentei che producevano fischi, borbottii e ronzii pacati.
 La ragazza, impacciata, affondò le mani nella tasca della felpa e si guardò intorno. Albus Silente, era avvolto in una splendida veste color pervinca quel giorno e le sorrideva bonario da dietro un'ampia scrivania in legno. Alle sue spalle vi era un trespolo sul quale riposava un meraviglioso uccello, dal piumaggio rosso fuoco, che la osservava con aria intelligente. Emma era estasiata da quella visione.
 “Ah sì..." intervenne Silente “Animale eccezionale, non è vero? E di eccellente compagnia! Non mi stupisce la tua meraviglia, Fanny fa spesso questo effetto a chi la vede per la prima volta. 
Permettimi di presentarti il tuo tutore, Emma” aggiunse, attirando la sua attenzione “Lui è il professor Severus Piton”
  La ragazza scostò a fatica lo sguardo dall'animale e si voltò verso il punto indicato dal preside, accorgendosi che nella stanza vi era un uomo che non aveva notato e che, fermo, si teneva ancora nell'ombra. Con ogni probabilità, era stato lui a urlare mentre lei era sulla porta e l'emoor si chiese se fosse lei la bambina a cui si riferiva e lo osservò, rendendosi conto che anche lui stava facendo lo stesso, anche se evitava accuratamente di guardarla negli occhi.
 Era un uomo ancora giovane, non poteva avere più di trentacinque anni, ed era completamente vestito di nero. Tale colore, non solo lo faceva sembrare molto magro, ma dava anche la grottesca immagine di un pipistrello. 
 La pelle del viso, in contrasto con i vestiti, appariva pallida, quasi perlacea, aveva lineamenti duri e ben definiti, un naso adunco e labbra sottili che, in quel momento, teneva ben strette. I capelli, che portava abbastanza lunghi, erano divisi in due bande che ricadevano ai lati del viso ed erano neri come la notte, ma più di ogni altra cosa fu il suo sguardo a colpirla: occhi scuri, profondi, gelidi come due lunghi tunnel e allo stesso tempo, pieni di acuta intelligenza. 
 Emma ricambiò quello sguardo piena di curiosità.
 
Per un brevissimo istante le parve di vedere, in fondo a quegli occhi, un guizzo di stupore, di tenerezza, subito nascosto da una patina gelida, poi, con lentezza esagerata, l'uomo e la ragazza distolsero lo sguardo dagli occhi dell'altro ed Emma ebbe la curiosa sensazione che Silente li osservasse divertito.
 “Piacere di conoscerti, Emma”disse il professor Piton con distacco.
 Aveva una voce bassa e roca, ben diversa dalle urla ferite che lei aveva sentito poco prima. Sembrava estremamente cauto e cortese, anche se non era visibilmente a suo agio. L'emoor lo osservò e lui le porse una mano, che la ragazzina strinse con decisione.
 “Il piacere è tutto mio, signore.”
 “Oh Emma!” esclamò Silente “è il tuo tutore magico, non vorrai chiamarlo 
signore durante tutti i mesi che passerete insieme.”
 “Mi scusi è che non so....”
 “Non ti preoccupare, ho già istruito Severus a riguardo” disse l'anziano, lanciando uno sguardo complice all'uomo al suo fianco che, tuttavia, rimase perfettamente impassibile.
 “Ah, Severus, immagino tu abbia lezione ora. Non ti tratterrò ancora, ma se non ti dispiace devo scambiare un paio di parole con Emma. La farò accompagnare nel tuo ufficio alla fine della tua lezione. Se non è un problema naturalmente.”
 “Nessun problema, sarò in aula, non nel mio ufficio” disse l'altro e parlava lentamente, quasi strascicando le parole, gli occhi distrattamente posati sulla ragazza.
 “Perfetto allora” annuì il preside “La manderò lì, con Glimpsy, dopo di che potrai accompagnarla a casa.”
 “Come già deciso”
 Piton fece un rigido inchino al preside e alla ragazza, in segno di saluto e si affrettò a uscire, facendo svolazzare il mantello nero dietro di sé.

 


*Angolo Autrice*

Ciao! 
Eccoci al secondo (importantissimo capitolo).
Molto ostico da scrivere (forse anche da leggere) perché spiega l'importantissima presenza degli Emoor, unica grossa differenza della trama originale. 
Man mano che la storia andrà avanti vedrete come però la loro profezia si incastri con la storia originale che conosciamo, senza quasi modificarla ne suoi eventi principali. 

A fine capitolo siamo a fine febbraio/inizio marzo del 1994, ovvero a metà del terzo anno scolastico di Harry Potter. 
Sirius Black è quindi a piede libero e cerca disperatamente Codaliscia.
Emma ha 12 anni, ne compirà 13 il 6 di settembre 1994. 
Significa che entrerà ad Hogwarts nell'anno di Ginny e Luna.

Mi sono molto divertita a utilizzare il personaggio di Silente, è uno di quelli con cui mi diverto di più nelle fanfiction e ho trovato anche dolce inserire una piccola comparsata per Hermione e i suoi libri. Ho invece a lungo pensato quale studente avrebbe dovuto dare ad Emma l'indicazione delle Api Frizzole (NO
N Drizzole), ho scelto Cedric e una timida Cho per vederlo per una volta fuori dal torneo e perché penso che lui sarebbe stato effettivamente di animo gentile da aiutare l'emoor.

Lasciatemi pareri e recensioni. 
Prometto che dopo i primi capitoli (molto importanti per il futuro) via via affonderemo sempre di più tra i nostri amati e conosciuti personaggi che aumenteranno gradualmente diventando sempre più importanti.

Attenzione: questo simbolo (. . .) significa che è passata una piccola parte di tempo, minuti, ore o al massimo un giorno. Questo ( * ) sta a indicare un passaggio di tempo più consistente.




Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Errori e abbracci ***


 

 

.Errori e abbracci.

 


Lo studio, privo della presenza di Piton, parve improvvisamente vuoto e silenzioso. Emma spostava il peso da un piede all'altro a disagio, guardando il preside che al contrario, sembrava stranamente di buon umore. Non notarlo era impossibile perché gli occhi azzurri brillavano di divertimento e le labbra erano stese in un sorriso che evidentemente non riusciva a trattenere.
 “Bene Emma, accomodati” disse “Come ho detto a Severus vorrei scambiare qualche amichevole chiacchiera con te”
 La ragazza si affrettò a prendere posto su una sedia che si trovava di fronte alla scrivania, lasciando dondolare i piedi nel vuoto.
 “Signore?”
 “Si?”
 “Che uccello è questo?”
 “Una fenice, Emma”
 “È bellissima.”
 “Oh, sarà felice di sentirselo dire. Fanny è molto vanitosa!" rise l'altro “Sono animali straordinari le fenici, le loro lacrime curano molte ferite e il loro canto infonde coraggio nei momenti più bui”
 Emma fece un cenno di assenso e senza distogliere lo sguardo dal piumaggio rosso fuoco dell'animale rimase in silenzio, in attesa che il preside parlasse.
“Hai fatto un buon viaggio?” chiese infatti lui.
 “Veloce e strano” mormorò lei, gli occhi fissi ancora su Fanny.
 “Sì, non è facile abituarsi alla smaterializzazione le prime volte, è comune avere un po' di nausea, ma con il tempo passa. Hai conosciuto la professoressa McGranitt, credo”
 La ragazzina annuì verso l'uomo e lui riprese a parlare spiccio.
 “Minerva è a capo della Casa di Grifondoro” spiegò, mentre l'emoor immagazzinava l'informazione “Che te ne è parso, invece, di Severus? Lui è il responsabile di Serpeverde”
 La ragazzina sussultò leggermente e inghiottì aria, indecisa su quanto essere sincera riguardo la sua prima impressione sull'uomo.
 “Immagino sia un eccellente insegnante, signore.”
 “Questo posso dirtelo anche io, ma la mia domanda è un'altra. Dovrai passare molto tempo con lui, ti sembra una buona scelta?”
 L'emoor deglutì “Immagino di sì”
 Silente la guardò bonario, facendosi sfuggire un sorrisetto più dolce.
 “Emma puoi essere completamente sincera con me” la esortò.
 “Mi è sembrato molto... 
rigido" mormorò quindi lei, imbarazzata, ma il pensiero di quell'uomo freddo, sofferente e distaccato la faceva rabbrividire, anche se non voleva certo offendere Silente.
 “Come pensavo” annuì il mago, comprensivo “ascoltami bene, Emma. Non mi reputo un uomo perfetto, perché ho fatto anche io innumerevoli sbagli, ma posso contare su un certo livello di esperienza datami dalla mia veneranda età” disse quieto “so perfettamente che a prima vista Severus non desta immediata simpatia. È un uomo complesso, difficile se vuoi e non ti nasconderò che non voleva prendersi questo incarico. Ma so di aver fatto la scelta giusta affidandogli questo compito e proprio in funzione dell'esperienza di cui ti parlavo, posso dirti che raramente una mia scelta, o una mia intuizione sono errate.”
 La ragazzina annuì rigida in risposta e Silente la osservò attento, prima di riprendere a parlare con un tono estremamente dolce e pacato, come se volesse tranquillizzarla. 
 “Severus è un uomo solo da troppo tempo, Emma. Non è abituato a nessun tipo di compagnia, se non quella dei suoi studenti e del sottoscritto. Avere qualcuno di cui prendersi cura gli farà bene e inoltre, tu hai bisogno di una guida capace e di una persona che sappia rispondere alle tue innumerevoli domande e posso assicurarti che Severus ha le qualità e abilità necessarie per essere un eccellente insegnante, il migliore come detto, per te. Quello che ti chiedo è di prestare pazienza, di tentare di comprenderlo e apprezzarlo. Sono certo che scoprirai dei lati di quell'uomo in cui ti rispecchierai perfettamente. Sei disposta a farlo?”
 Gli sguardi della ragazzina e dell'anziano si incrociarono per un lungo momento e improvvisamente lei capì che non poteva rifiutare quella gentile offerta, perché sentiva di avere piena fiducia nel preside, ma soprattutto perché non poteva certo negare una promessa all'uomo che le aveva detto di essere una strega.
  “Sì, sono disposta a farlo” rispose quindi con aria sicura
 “Eccellente! Ero certo che avresti capito” annuì il mago genuinamente contento, prima di riprendere a parlare con il suo tono pacato e profondo “Un altro punto che dobbiamo discutere, è che per frequentare questa scuola è necessario un certo tipo di materiale scolastico. Una bacchetta, in primo luogo e poi libri e tutta una serie di cianfrusaglie piuttosto utili. Purtroppo non posso farti accompagnare da Severus per i tuoi acquisti, perché deve tenere lezione, ma credo di aver fatto un'eccellente scelta, affidando questo compito alla famiglia Weasley. Sono persone molto simpatiche e disponibili e hanno una figlia della tua stessa età che frequenta questa scuola nella Casa di Grifondoro.”
“Oh bene” mormorò l'emoor cercando di essere gentile.
 “Ho dato alla figlia dei signori Weasley un permesso speciale affinché possa accompagnarti anche lei, immagino ti faccia piacere conoscere qualcuno di nuovo”
 “Certo. Grazie mille” rispose grata l'emoor, che si sentiva sollevata all'idea di poter interagire con una coetanea a cui rivolgere liberamente ogni domanda.
 “Eccellente, ora se vuoi espormi tu qualche dubbio...”

Emma aggrottò le sopracciglia, colta di sorpresa e per un istante sembrò annaspare tra tutte le domande che avrebbe voluto fare, ma  tra tante che cozzavano nella sua testa, 
una spiccava quasi palesemente e l'aveva fatta arrovellare per tutti quei giorni.
 “Signore... mi chiedevo: è possibile sapere chi fosse delle quattro Ombre di Hogwarts il mio antenato?”
 Silente sorrise una volta di più e annuì tra sé. 
 “La tua è una domanda più che lecita, Emma e per questo mi dispiace molto dirti, che non conosco ancora riposta certa. Ho fatto delle supposizioni e come ti dicevo, le mie supposizioni spesso si rivelano giuste, ma, questa volta, non voglio sbilanciarmi. Ci sto lavorando però e se siamo fortunati troveremo delle risposte soddisfacenti entro settembre. Saprai dunque di chi sei discendente quando incontrerai gli altri emoor”
 “Ed entreremo nella Casa corrispondente a quella del nostro antenato?” domandò curiosa la ragazzina.
 “Oh no! Assolutamente no!” esclamò il preside “I figli non devono essere per forza uguali ai genitori. Questo è qualcosa a cui tengo molto. Nel vostro caso si tratta addirittura di 
antenati. Sarete smistati nella Casa più adatta, esattamente come tutti i nuovi alunni.”
 “Con quel cappello di cui mi raccontava” sussurrò l'emoor.
Il preside annuì e poi continuarono a parlare ancora per un poco. Emma ascoltava rapita ogni parola e Silente rispondeva con molta pazienza a quasi tutte le innumerevoli domande che lei poneva, ma glissò su molte altre e, quando infine calò il silenzio, la ragazzina capì con dispiacere che la conversazione si concludeva lì. 
 L'anziano infatti si alzò, accompagnandola con garbo alla porta, per poi posarle entrambe le mani sulle spalle, con fare protettivo, mentre la scrutava con gentile attenzione.
 “Emma O'Shea. Molti ti diranno che si aspettano grandi cose da te e gli altri, i tuoi stessi futuri compagni di Casa, forse. Non lasciarti però condizionare, comportati come pensi sia giusto e vai avanti sulla tua strada, fidandoti di chi ti è amico. Mi auguro che Hogwarts diventi per te una casa come lo è stata per tanti altri” si fermò per ampliare un po' il sorriso, una punta di malinconia che gli rischiarava lo sguardo lucido “Pra scendi le scale. Troverai Glimpsy, un elfo domestico. Ti porterà da Severus. Buona fortuna, Emma”
                                                  . . .

Quando Silente le aveva detto che un elfo domestico l'aspettava in fondo alle scale, Emma aveva immaginato un aitante giovane con lunghi capelli biondi e sguardo chiaro e penetrante, magari vestito con meravigliosi abiti color del bosco e ovviamente con un grosso arco e una faretra legati alla schiena. 
 Certo, l'aggettivo domestico era un po' fuori luogo, ma la ragazzina non se ne preoccupò poi molto e forse fece male, perché quando vide quel curioso esserino, che l'aspettava di fronte al Gargoyle, non riuscì affatto a nascondere il suo stupore.
 Era la creatura più strana che avesse mai visto. Piccolo, magro e piuttosto brutto, aveva la pelle color del legno ed enormi occhi blu. Le orecchie, anch'esse di notevoli dimensioni, sembravano due ali di pipistrello richiuse ai lati della piccola testa. 
Braccia e gambe erano decisamente lunghe rispetto al busto e gli conferivano un'aria goffa, accentuata dalla camminata dondolante, che la creatura dimostrò di avere, quando si avvicinò a lei. 
 Emma notò che aveva addosso una strana maglietta con un inverosimile accostamento di colori e ai piedi una calza blu ed una verde e sorrise, mentre l'esserino le faceva un pomposo inchino,  che aveva un che di grottesco, prima di salutarla, con estrema educazione, allungando una mano per presentarsi.
 “Salve! Il mio nome è Glimpsy e sono un elfo domestico libero” esclamò con una voce stridula, pur non sgradevole.
 “Io sono Emma” rispose lei, piena di meraviglia.
 “Lo so! È un onore conoscerti Emma O'Shea. Il professor Silente e padron Piton mi hanno parlato molto di te, sì, sì!”
 “Credo tu debba portarmi proprio da Severus Piton” mormorò la ragazzina con voce bassa e incerta, confusa dalla felicità che sembrava pervadere l'esserino.
 “Certo, certo segui Glimpsy! Nel frattempo ti spiegherò ogni cosa... non credo tu conosca Dobby... Io Scelgo Padron Piton, ma sono...”
Glimpsy si inerpicò in una complicata spiegazione riguardo un elfo rivoluzionario e dimostrò subito di avere una bella parlantina, ma nonostante fosse una buona compagnia e fosse la prima persona pronta a parlare senza freni con lei, la ragazzina si distrasse sempre più, rapita da ciò che vedeva intorno a sé. 
 Hogwarts era meravigliosa ed Emma ne rimase completamente incantata. Lei e l'elfo attraversarono lunghi corridoi con muri altissimi e antichi e scesero scale ampie ed eleganti, o talvolta ripide e anguste, ma, soprattutto, sfilarono davanti ai numerosi quadri appesi un po' ovunque nel castello ed Emma si perse a osservarne i personaggi dipinti che, incredibilmente, ricambiavano il suo sguardo e parlavano sottovoce al suo passaggio. 
La mente della ragazzina cominciò a divagare febbrilmente, mentre si immaginava in quella scuola come studente e si accorgeva di non desiderare altro. Scendevano di piano in piano senza mai fermarsi, il piccolo elfo che trottava davanti e l'emoor che lo seguiva a pochi passi, cercando di non rimanere indietro, mentre godeva della spettacolare vista sul parco dalle ampie finestre gotiche e si incantava, osservando da lontano alcuni studenti che, bardati nelle loro divise invernali, affrontavano il freddo per fare una passeggiata.


Quando infine arrivarono al piano più basso del castello, l'elfo finalmente si arrestò di fronte a una grossa porta in legno borchiata e si voltò allegro verso di lei, con un grande sorriso.
 “Di qui si arriva ai sotterranei” spiegò con un tono buffamente solenne “Sempre dritto fino all'ultima porta a destra. Devi aspettare fuori, signorina, fino a quando tutti gli studenti non saranno usciti, o altrimenti, padron Piton non ne sarà contento.”
 “Ok” rispose Emma spaesata e Glimpsy in tutta risposta le sorrise con dolcezza e poi fece un profondo inchino fino ai piedi.
 “Ci rivedremo presto Emma O'Shea” esclamò l'esserino, prima di sparire con un grosso schiocco.
Rimasta sola, Emma spinse la pesante porta in legno e si affacciò su un lungo corridoio, illuminato da fioche torce che rischiaravano debolmente le pareti umide. Nella penombra grigiastra scorse alcune porte, che portavano probabilmente ad altre stanze altrettanto fredde e buie e ignorando il brivido di tensione che le corse lungo la schiena, iniziò a e scendere scalini fino all'ultima porta, come le aveva detto l'elfo. Attraverso il legno, vecchio e spesso, si sentivano le voci ovattate degli studenti ed Emma attese ubbidiente all'esterno per qualche istante, cercando di immaginarsi cosa volesse dire fare una lezione in una scuola di magia e stregoneria.  
 Il tramestio di banchi e sedie spostate e le voci in avvicinamento, la avvisarono appena in tempo della fine dell'ora e si affrettò a schiacciarsi contro l'angolo buio a fianco della porta, in attesa. 
 Un attimo dopo, un gruppo ben nutrito di ragazzi e ragazze si riversò fuori dalla stanza con fracasso. Erano tutti in divisa e correvano, parlando e spintonandosi, verso l'inizio del corridoio, senza minimamente girare lo sguardo verso di lei. 
 Emma rimase immobile, trattenendo il respiro, fino a quando la fiumana non smise di essere vomitata dalla vecchia porta e solo allora, timorosa, si decise di superarne la soglia.

Per un attimo rimase disorientata. 
 La stanza era molto buia e avvolta in uno spesso strato di fumo e vapore, ma lentamente la vista si abituò a sufficienza a quella tenue penombra e riuscì a distinguere dei banchi in legno su cui fumavano ancora una quantità indefinita di calderoni e strani alambicchi.  
 Emma si voltò, cercando con lo sguardo il professor Piton e si rese conto immediatamente di aver fatto il suo primo grossolano errore: non tutti gli studenti erano usciti.
 Un ragazzino, mollemente appoggiato alla cattedra, stava infatti parlando con voce bassa ed educata all'uomo, che era a sua volta chino verso di lui e osservavano insieme una pergamena. 
La prima cosa che Emma notò furono i capelli biondi di lui che le ricordarono subito Steph, ma se l'amico aveva i capelli color del grano, quelli del ragazzino di fronte a lei erano un biondo diverso, tanto chiaro da sembrare bianco, freddo. Erano capelli perfettamente lisci, non arruffati come quelli di Steph e sebbene piuttosto lunghi erano accuratamente pettinati all'indietro, in maniera composta, così come precisa ed elegante era tutta la divisa del ragazzino, dalla camicia perfettamente abbottonata, al cardigan stirato.
Emma si rese conto di non riuscire a staccare lo sguardo, mentre qualcosa di tiepido le si smuoveva nella bocca dello stomaco. 
 Il ragazzo non poteva avere più di tredici, o quattordici anni, era piuttosto alto e molto magro, ma soprattutto trasmetteva una curiosa eleganza nei tratti e nei movimenti. Sembrava un nobile.
 L'emoor ne osservò curiosa il suo viso, con i lineamenti fini e belli, anche se leggermente spigolosi e gli angoli delle labbra sottili vagamente piegati all'insù, in un sorriso di cortesia, mentre annuiva  ascoltando la spiegazione che, evidentemente, Piton gli stava dando.
 Studente e professore rimasero a parlottare ancora per qualche secondo, un tempo che ad Emma parve infinito, poi il ragazzo si staccò dalla cattedra, con un movimento che riuscì a sembrare tanto elegante, quanto altero e, con passo svelto, si avviò verso l'uscita e  solo allora parve notare lei, ancora immobile vicino alla porta.
 L'emoor vide negli occhi grigi del ragazzo, un grigio denso e innaturale che ricordava una tempesta estiva, una scintilla di curiosità, mentre  la osservava di rimando e rallentava leggermente il passo, tanto che, per un secondo, sembrò addirittura indeciso se fermarsi a parlarle e il cuore di Emma accelerò, maa poi, con un gesto secco verso un angolo della stanza, da cui spuntarono due ragazzi dell'aria stupida larghi come armadi, che si disposero dietro di lui come due guardie del corpo, il biondino sembrò ripensarci ed Emma, che aveva notato i due nuovi arrivati solo in quel momento, nonostante la loro stazza, sussultò e fece un passo indietro. 
 Fu allora che vide l'espressione sul volto del ragazzino biondo cambiare nettamente: la pacata eleganza e gentilezza venne in fretta fatta a pezzi da uno sguardo duro e distaccato, mentre una smorfia supponente gli inquinava i lineamenti affilati. 
 Il ragazzino biondo e gli altri due, senza più rivolgerle nemmeno un'occhiata, uscirono in fretta dall'aula.
“Mi sembrava di aver chiesto al professor Silente di farti attendere fino all'uscita di tutti i miei studenti” sibilò Severus ed Emma alzò lo sguardo verso di lui trovandolo immobile nella penombra, mentre la osservava con sguardo apatico e distaccato. 
 Aveva usato un tono basso e strascicato, come se fosse annoiato perennemente, ma che metteva comunque terrore.
 “Mi scusi professor Piton, colpa mia. Pensavo fossero usciti tutti.”
“Che sia un errore tuo, è evidente” rispose l'altro con sprezzo “non mi sembra di aver visto il preside obbligarti ad entrare con la forza”
 Emma arrossì violentemente “Mi dispiace, non succederà più”
 “Anche questo mi sembra evidente” ribatté pronto Piton “perché, la prossima volta che sarai qui, sarai un'alunna come gli altri e dunque ti vorrò vedere in classe ben prima della fine della lezione!”
 La ragazzina abbassò lo sguardo ai piedi, priva di parole per ribattere e rimase immobile, vagamente affranta dalla freddezza distaccata dell'altro, fino a quando non avvertì Piton muoversi verso di lei con uno svolazzo del mantello scuro: “Seguimi”.
 Insieme, bambina e uomo, uscirono dalla stanza e ancora una volta Emma si ritrovò a seguire qualcuno, ma rispetto a Glimpsy il professore le parlava svelto, sempre con il suo tono disinteressato.
“Il professor Silente desidera che tu ti senta a tuo agio. Immagino ti abbia detto che preferisco di gran lunga la solitudine ad una cattiva compagnia, in particolar modo a quella di un ragazzina. Tuttavia, dovendo passare insieme un certo periodo di tempo, credo tu possa evitare di chiamarmi professore,signore tra le mura di casa, ma in qualunque altro ambito, in particolar modo quello scolastico in presenza di terzi, ti è proibito chiamarmi con il mio nome”
 “Certo” rispose in fretta la ragazza “Dove stiamo andando ora?"
 L'uomo strinse le labbra come se fosse profondamente infastidito da quella piccola interruzione.
“A casa” rispose secco “Domani andrai a Diagon Alley con la famiglia Weasley a prendere il materiale scolastico necessario”
 “Il professor Silente me l'ha detto"
“Allora non vedo in cos'altro potrei esserti utile” sibilò l'uomo e si  zittì, fino a quando non raggiunsero i pressi dei cancelli dove Emma era arrivata qualche ora prima.
 “Sei abituata alla smaterializzazione non è vero?"
 “Credo di sì" mormorò lei.
 Piton allora, senza darle tempo di prepararsi, l'afferrò per un braccio e girò su stesso. Emma avvertì nuovamente la sgradevole sensazione di essere infilata in un tubo. 
Quando sentì i suoi piedi toccare finalmente terra, la mano di Severus si staccò immediatamente dal suo braccio e le sue viscere fare una capriola. Prima di poter evitare qualunque danno, la ragazzina si chinò in avanti e vomitò.

. . .

Si trovavano in un vicolo cieco, buio e umido nonostante fossero in pieno giorno. Emma ebbe un conato di vomito che le fece contrarre le spalle e Severus le porse un fazzoletto grigiastro per pulirsi le labbra, rimanendo educatamente rivolto verso la strada.
 “Credevo tu fossi abituata alla smaterializzazione” disse con un vago sdegno nel suo tono di voce
 “Lo credevo anche io, ma questa è solo la seconda volta” sussurrò Emma piena di imbarazzo, raddrizzandosi lentamente e dando uno sguardo intorno. 
Era davvero un vicolo stretto e malmesso. 
 
Contro i muri in sasso, scuriti dallo smog e dall'umidità, erano ammassati vari bidoni della spazzatura dall'odore nauseabondo, che non l'aiutarono a sentirsi meglio, mentre alla sua sinistra intravide una strada deserta e alla sua destra, al di sopra del muricciolo che delimitava la fine del vicoletto cieco, c'erano delle colline. 
Emma rimase incantata per una manciata di secondi a guardare il colore brillante di quei colli verdeggianti che sembravano nascere l'uno dall'altro, alternati a piccoli boschi. 
 In contrasto al nero, che sembrava circondarli, quella piccola parentesi di verde, sebbene ghiacciata e coperti da una sottile brina, apparivano come una boccata d'aria fresca in un giornata torrida.
 “Riesci a reggerti in piedi?” chiese Piton con la consueta apatia.
 “Sì, credo di sì.” rispose la ragazzina, racimolando coraggio.
 “Spero tu ti regga in piedi meglio di quanto credevi di essere abituata alla smaterializzazione, ma ad ogni modo, anche se così non fosse, la casa non dista molto” disse secco lui.

Uscirono sulla strada principale ed Emma si sentì vagamente oppressa. Vi erano solo due lunghe file di case, uguali tra loro, che si estendevano lungo tutta la via. Erano case grigie, a cui si accedeva tramite dei giardinetti malmessi e i muri, appiccicati, sembravano sorreggersi tra di loro per evitare di crollare. 
 Molte finestre erano rotte, o scheggiate e dietro alcune si notavano i visi sporchi di bimbi, che li guardavano insolenti. All'orizzonte invece una vecchia fabbrica con i suoi alti pinnacoli, sbuffava un fumo denso e nero nel cielo torbido di quella mattinata.
 “Stammi vicino” disse Severus ed Emma affrettò istintivamente il passo, ponendosi al suo fianco, scioccata dallo stato di degrado che le si presentava davanti “Questo posto è dove abito e dove starai anche tu nei prossimi mesi. Si chiama Spinne'rs End”
 Il professore camminò per qualche secondo, fermandosi  davanti a uno dei giardinetti malmessi e lo attraversò fino alla porta d'ingresso.
 La casa non aveva nulla di differente rispetto a tutte le altre nella via ed Emma si disse che, con ogni probabilità, non sarebbe stata in grado di distinguerla nemmeno con precise indicazioni. 
“Entra” mormorò Piton e la giovane emoor non se lo fece ripetere due volte, precedendolo dentro l‘abitazione.
 “Casa dolce casa” sussurrò l'uomo, chiudendosi la porta alle spalle e nel suo tono c'era un non so che di ironico, mentre gli angoli della bocca sottile si erano arricciati in su in un sorrisetto divertito.

 Le stanza principale era grande, buia e trasandata, come se nessuno ci abitasse stabilmente. I libri erano la prima cosa che saltava all'occhio, semplicemente perché sembravano ovunque. 
 La parete destra era completamente coperta infatti da un'enorme libreria gonfia di volumi e anche sulla sinistra ce n'era un'altra leggermente più piccola. Nella parete di fronte all'ingresso invece si apriva un grande camino in pietra davanti al quale si trovavano due ampie poltrone, dallo schienale alto e rigido, ma dall'aria estremamente comoda. Erano identiche, ma una era vecchia e malmessa, mentre l'altra sembrava aggiunta più recentemente. 
 Ai lati del camino Emma vide due porte che portavano, sicuramente, ad altre stanze, mentre al centro della sala, sopra un tappetto dall'aria polverosa, vi erano un tavolino e un divano che dovevano aver conosciuto tempi migliori, il tutto fiocamente illuminato da un lampadario con candele e dal fuoco che, scoppiettando, dava una parvenza di calore e accoglienza.
 “Ti mostro il resto” disse Piton, camminando in fretta verso la porta a sinistra del camino ed Emma lo seguì.
 La stanza si rivelò essere una cucina stranamente bianca e immacolata. Contro una parete vi era un tavolino traballante con due sedie coordinate e con grande gioia di Emma, anche una minuscola finestrella che dava sulle meravigliose colline che aveva notato al suo arrivo. Severus uscì in fretta dalla stanza e raggiunse  l'altra porta, questa volta rimanendo sulla soglia.
“Questa è la mia camera” disse secco ed Emma non riuscì a vedere altro che un ampio letto e una scrivania coperta di libri e pergamene ed intuì una finestra dietro delle pesanti tende color verde scuro. 
 A fianco dell'enorme libreria invece c'era l'accesso ad un bagno.
 “Questo è tutto.” decretò l'uomo.
 Emma guardò confusa il tutore magico senza sapere cosa pensare. In quella casa non sembrava esserci posto per una persona in più.
 “Come avrai notato non c'era posto per te” disse atono l'uomo “La professoressa McGranitt aveva avuto l'eccellente idea di farti risiedere a Hogwarts, ma il professor Silente ha insistito, con una certa veemenza, affinché tu passassi qui il tuo tempo. Ecco perché con la mia collaborazione e quella di altri abbiamo creato una stanza segreta per te, che secondo lui avresti apprezzato molto”
 Piton prese fiato, guardando la ragazza come per sincerarsi della sua reazione e gli occhi dell'emoor brillarono di curiosità che sembrarono quasi innervosire il professore che, rigido e stranamente goffo. si mosse verso la libreria più piccola e sopraelevata.
 “L'ingresso è questo. È una stanza molto particolare. È protetta da una serie di incantesimi di difesa di notevole forza, per questo nessuno potrà accedervi se tu non lo vorrai.”
 “Come faccio a entrare?” sussurrò incantata la ragazzina.
 “Ti basterà scegliere uno dei libri, toccarlo e pensare ad una parola d'ordine” snocciolò distrattamente Piton e si allontanò di un passo, indicando con una mano la libreria. 
 Emma si avvicinò, chiedendosi solo distrattamente perché avrebbe dovuto aver bisogno di incantesimi che la proteggessero e traballante a causa dell'emozione, guardò indecisa i volumi, prima di allungare la mano verso un tomo che sembrava particolarmente vecchio e presentava una copertura in cuoio. Fece una smorfia pensando alla parola d'ordine scelta, 
Cedric Diggory avrebbe sorriso nel sentirla.
La libreria ruotò su stessa fino a porsi verticalmente rispetto all'ingresso, lasciando così due varchi per accedere. Emma lanciò un'occhiata a Severus e si accorse che gli occhi neri erano fissi su di lei, come a voler assorbire ogni sua emozione.

Era una camera piccola, ma nel vederla gli occhi della ragazza si allargarono pieni di stupore. Due pareti erano dipinte di un blu intenso e le altre due di bianco. Alla parete di destra erano addossati un ampio letto in ferro battuto, sommerso da una quantità imprecisata di coperte e una libreria ancora vuota in legno scuro.
 Del medesimo legno erano anche fatti la scrivania, su cui erano già state messe pergamene e piume e un armadio, appoggiati invece alla parete sinistra, dove c'era anche l'accesso a un bagno privato. 
 Gli occhi della ragazzina furono però calamitati dall'ampia finestra accanto alla scrivania da cui si potevano vedere, come dalla cucina, le colline verdi che tanto l'avevano colpita. Era semplicemente 
stupenda ed Emma, senza parole per la cura che era stata messa in quella stanza, si voltò verso Piton che, appoggiato vicino al varco, la stava ancora osservando.
 “Tutto questo è... è...” balbettò.
 “Quando riuscirai a finire la frase, puoi dare un'occhiata al regalo che Silente ha ritenuto necessario farti”
 La ragazza ignorò il tono sprezzante dell'uomo e si avvicinò al letto su cui era appoggiato un piccolo pacchetto incartato e prendendolo tra le mani sentì che emetteva uno strano ronzio. 
 Svelta lo scartò e rimase a bocca aperta davanti a una macchina fotografica di un improbabile giallo e arancione fluo, che galleggiò a circa dieci centimetri dal palmo della sua mano, dove cadde un piccolo biglietto.

Ciao Emma.
Spero di non averti messo in imbarazzo con questo regalo.
Se stai leggendo questa lettera significa che hai accettato di andare da Severus e di non lasciarlo solo. Ti prego di ringraziare se ne hai l'occasione la professoressa McGranitt, Severus e un mago che spero incontrerai presto: Remus Lupin. Hanno tutti collaborato alla realizzazione della tua stanza.

Albus Silente

Appena Emma finì di leggere il biglietto si trasformò in un fiore rendendo il suo contenuto segreto e l'emoor rimase a guardarlo sul palmo della sua mano per qualche secondo. Si sentiva commossa. 
 La sensazione di aver trovato il suo posto nel mondo le scaldò il cuore all'improvviso. Si voltò verso Piton, ancora immobile a osservarla e per la seconda volta in una stessa giornata si scambiarono un lungo sguardo: occhi verdi con ombre che si scontravano con i due tunnel gelidi dell'uomo e quando lo sguardo di lui vibrò, in reazione all'intensità di quello dell'emoor, Emma si alzò dal comodo letto e corse verso di lui.
 Non pensò razionalmente a cosa stava facendo, agì perché ne aveva bisogno. Si lanciò verso quell'uomo che le metteva tanta soggezione e lo abbracciò stretto intorno alla vita, appoggiando la testa al petto magro e stringendolo sempre di più, bisognosa d'affetto.
 Lo abbracciò come avrebbe abbracciato suo padre e Severus spalancò gli occhi. Uno stupore infantile lo percorse, mentre il suo corpo si irrigidiva in reazione a quell'azione inaspettata. La maschera, che oramai si sovrapponeva al suo volto, si incrinò. 
Le braccia della ragazzina che lo stringevano erano un contatto che aveva dimenticato ed erano tiepide e sincere.
 Da quanto tempo nessuno lo abbracciava? 
Tanto, troppo. 
Stai troppo solo, Severus.
Un calore, da tempo soffocato, lo avvolse e in un attimo di improbabile tenerezza, i muscoli si sciolsero, le mani si mossero quasi da sole e Severus si strinse ad Emma, una mano su quei capelli dalle sfumature ramate, l'altra a cingerle le spalle. 
 La ragazzina sorrise all'uomo, arrossendo violentemente. 
 “Scusa” mormorò e subito interruppero il contatto, ma lui rimase a  guardarla quasi confuso, con le mani ancora brucianti.
 “Ti mancano i tuoi genitori?” chiese con la sua voce bassa e strascicata ed Emma annuì imbarazzata.
 “So che è stupido” mormorò “li ho salutati stamattina, ma vorrei potessero vedere anche loro ciò che sto vivendo.”
 “Capisco.” disse l'uomo senza aggiungere nulla.
Emma alzò nuovamente lo sguardo su di lui e rimase ad osservare per qualche secondo quel viso aspro e immobile. Severus ricambiò l'occhiata e prima di tornare lentamente a nascondersi dietro la maschera fredda che sembrava portare costantemente, provò a stendere un sorriso, che stonava in modo strano sul quel volto serio. 

Uno schiocco fendette l'aria e qualcuno apparve appena fuori dalla stanza interrompendo l'attimo di tenerezza.
 “Glimpsy” gridò Emma alla vista dell'elfo domestico.
 “Te l'avevo detto, Emma O'Shea, che ci saremmo rivisti presto.”
L'emoor sorrise.




*Angolo autrice*

Ciao Lettori
Siamo arriva a Spinner's End :)
Inizia così un piccolo periodo che chiameremo "La bolla di Emma e Piton", la giovane emoor è pronta a iniziare il suo percorso come studentessa in attesa di essere inserita ad Hogwarts. è anche un capitolo molto dolce perché per un breve attimo si vede una sottile umanità in Severus. 

Piccoli appunti:
.Dobby è stato liberato circa a giugno dell'anno precedente (1993), sappiamo che lavorerà poi nelle cucine di Hogwarts e immagino avrà parlato con altri elfi come Glimpsy. Mi piace pensare che ci sia un movimento di Elfi indipendenti. 
Glimpsy nel mio immaginario è un elfo libero che lavora ad Hogwarts e dà una mano a Severus, si conoscono da molto tempo. 
.Per la casa di Severus mi sono basata sulla descrizione della Rowling nel sesto libro, ho provato poi ovviamente a ricamarci un po' sopra.
Severus abitualmente ci vive solamente nel periodo estivo durante la chiusura di Hogwarts.
.Abbiamo capito tutti chi è il biondo che ha tanto colpito Emma, vero?

Non l'ho mai detto, ma tutti i personaggi sono ovviamente di proprietà della Rowling, tranne Emma, il termine emoor e in questo capitolo Glimpsy! 
Ne conosceremo altri più avanti.

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Diagon Alley ***



.Diagon Alley.

 

La sveglia trillava in modo ritmato e fastidioso ed Emma si arrotolò più strettamente nelle numerose e calde coperte, cercando di soffocare quel suono per poter riprendere il sogno che oramai, come un pallido ricordo, stava svanendo. 
 La ragazza sbuffò, ancora ad occhi chiusi, gettò da parte le coperte e allungò un braccio verso il comodino per spegnere l'oggetto infernale, borbottando un 
“arrivo mamma” appena strascicato. 
 Non trovando però il comodino a cui appoggiarsi, il braccio cadde pesantemente nel vuoto e la mano andò a urtare la gamba del letto in ferro battuto. 
Il dolore la svegliò.
 Emma balzò a sedere, stringendosi la mano dolorante al petto e guardandosi intorno con occhi sbarrati. 
Non era a casa, non c'era sua madre che la chiamava: era nella sua nuova stanza. 
 L'emoor sbatté confusamente le ciglia e corse alla libreria, che la sera prima aveva chiuso, l'aprì e trovò dall'altra parte un Severus Piton vestito di tutto punto, che la guardava piuttosto corrucciato.
 “È successo qualcosa?” chiese, agitata per la corsa, il cuore in gola.
 In risposta l'uomo mosse la bacchetta con un colpo secco e il fastidioso rumore, così simile ad una sveglia, cessò improvvisamente.
 “Mi sembrava di averti detto che le protezioni imposte alla tua stanza non consentono l'accesso a nessuno se non a te e che sono estremamente utili in caso di una situazione delicata.”
“Sì. Ti ho ascoltato” disse lei, stropicciandosi gli occhi assonnati.
 “Allora mi chiedo perché tu abbia chiuso la tua stanza ieri sera” strascicò il professore “Non mi sembra ci sia un pericolo imminente e se tu chiudi la libreria e hai un sonno tanto pesante, non vedo come potrei svegliarti se non con un incantesimo sveglia che, tra l'altro, sto facendo andare avanti da cinque minuti.”
 “Oh, sono in ritardo?” domandò lei imbarazzata.
Severus le lanciò un'altra occhiata contrariata.
 “Per tua fortuna la famiglia Weasley è nota per i suoi ritardi almeno quanto tu lo sarai per il tuo sonno profondo. Lìelfo ti ha preparato la colazione. Sbrigati, perché una cosa che non tollero è la mancanza di puntualità.” sibilò il tutore magico, dandole le spalle con uno svolazzo del mantello scuro che indossava.
 Emma annuì e subito si affrettò a prepararsi. Si tuffò sotto il getto della doccia, che contribuì a svegliarla definitivamente, si vestì velocemente con jeans e maglietta e subito corse in cucina dove l'attendeva un'abbondante colazione. 
 “Glimpsy non c'è?” chiese con un sorriso.
 “Credo sia andato a Hogwarts, tornerà questa sera per la cena.” mormorò annoiato Severus in risposta. 
 Era comodamente seduto sulla poltrona lisa, intento a leggere un grosso tomo, sul tavolino di fronte a lui vi era un giornale con figure in movimento e una tazza di the fumante. Emma non disse nulla, mangiò in fretta nel silenzio rotto solo dal fruscio delle pagine del libro che l'uomo leggeva e quando finì si alzò dal tavolo, portando la ciotola vuota nel lavello. L'uomo le lanciò un mezza occhiata veloce, si alzò a sua volta  dalla poltrona con un movimento pigro ed entrò senza una parola nella sua stanza, per poi uscirne un attimo dopo portandosi dietro una mantella. Con estremo stupore dell'emoor, Piton si avvicinò a lei e le porse frettolosamente l'indumento.
“Sei pregata di non sporcarla, perderla, o incendiarla, Merlino solo sa di cosa siete capaci voi ragazzini. La mantella era di mia madre e te la affido unicamente perché Silente mi ha pregato di farti sentire a tuo agio e andando a Diagon Alley, con quegli abiti Babbani, in questo periodo dell'anno, rischieresti di attirare troppo l'attenzione” 
 Solito tono strascicato, annoiato e disinteressato. Emma afferrò la mantella senza alzare lo sguardo, mormorando un grazie a bassa voce. Era di ottima fattura, anche se visibilmente usata. Verde scuro, calda, con un ampio cappuccio e un sottile gancetto da allacciare sotto il collo a forma di serpente. La ragazzina fece per domandare qualcosa di più, ma bussarono alla porta e Severus andò ad aprire. 

I coniugi Weasley irruppero nella stanza, portando una fresca ventata di allegria. Entrambi rossi di capelli, lei piccola e grassoccia, lui alto e con degli occhiali in corno piuttosto buffi poggiati sul lungo naso, salutarono quasi all'unisono Piton, per poi rivolgere grandi sorrisi accoglienti alla ragazza.
 “Oh, tu devi essere Emma, Silente mi aveva detto che eri piccina, ma non mi aspettavo una ragazzina così magra, sembri la metà di Ginny! Ma le dai da mangiare Severus!?” disse in fretta la signora Weasley, con la fronte corrucciata dalla preoccupazione.
 “Posso assicurarti che è stata rifornita del cibo necessario alla sopravvivenza Molly e comunque è qui solo da ieri. Credo che tu debba prendertela con i suoi genitori se la trovi denutrita” strascicò il tutore con un tono leggermente sdegnato.
 “Severus!” ribatté lei, arrossendo leggermente sulle gote tonde “sia mai che io faccia una cosa del genere, ma devi ammettere che sembra necessitare di un bel piatto di Porridge! Voglio dire, nemmeno Harry era così 
magrolino quando l'ho visto la prima volta e gli zii lo affamavano.”
Lo sguardo di Piton si indurì impercettibilmente ed Emma pensò fosse causato dal comportamento della donna. 
 In effetti l'accanimento di Molly Weasley poteva risultare invadente, anche perché lei, per quanto magra, non era affatto denutrita, ma se per la ragazzina era impossibile non provare un'immensa simpatia per quella signora amorevole e preoccupata, che ora guardava la stanza polverosa con malcelata curiosità, evidentemente lo stesso non era per il suo tutore, che la fissò con sprezzo.
 “Bene, se non ci sono altre pungenti osservazioni da fare... non doveva esserci anche vostra figlia?” domandò pigramente Severus.
 “Oh sì!” intervenne il signor Weasley con un largo sorriso entusiasta “è qui fuori che ti aspetta Emma, non vede l'ora di conoscerti.”
 “Perfetto” strascicò Piton con distacco “Emma, allora va fuori, mentre io scambio due parole con Molly”
 L'emoor lanciò lui un'occhiata incerta e dondolò sui piedi. 
 “Posso chiederti una cosa Severus? In privato...” 
 L'uomo la guardò torvo, ma poi con un secco “
scusate” ai Weasley fece un passo indietro ed Emma si avvicinò lui con il cuore in gola.
 “Severus, ma i soldi per comprare tutte quelle cose?”
 Sul volto del professore apparve una smorfia ricca di sarcasmo, che per un istante illuminò il suo sguardo scuro di sprezzo.
 “Pensi davvero che generazioni e generazioni di maghi, pardon Maghinò Purosangue, che non aspettavano altro che la loro erede fornita di poteri magici, ti abbiano lasciato senza nulla?”
 Emma lo guardò senza capire. Severus sbuffò.
 “Alla Gringott, la banca dei maghi, esiste da secoli un fondo per voi emoor, una camera blindata rigurgitante di denaro che ti aspetta. Per l'appunto, vorrei parlare con la tua accompagnatrice...” disse e scostò Emma con una vaga gentilezza, senza però nemmeno finire la frase e con un'espressione dura si diresse verso la donna. 
L'emoor lanciò un'occhiata confusa ad Arthur Weasley, che non aveva ancora smesso di sorridere, né pareva aver notato la tensione tra tutore e protetta, ma che le fece cenno di seguirlo.
 “Coraggio Emma, usciamo, ti presento mia figlia. Tu sei cresciuta con i  Babbani vero?” domandò.
 “Sì” rispose flebile la ragazzina, leggermente intimidita da tutto quell'entusiasmo che l'uomo dimostrava. 
 “Ci sono una quantità di cose nella vostra 
tecologia che trovo davvero interessanti. Harry è molto gentile, risponde sempre alle mie domande, ma sarebbe bello analizzare un altro punto di vista!”

. . .

Ginevra Weasley, meglio conosciuta come Ginny, se ne stava appoggiata al muricciolo del poco curato giardino guardandosi intorno con un'aria tra lo schifato e il preoccupato. 
 Era più alta di Emma ed era anche molto bella, per quanto lo può essere una ragazzina di dodici anni, nelle sue forme appena abbozzate. Lunghi capelli lisci color rosso chiaro contornavano un viso grazioso, coperto di lentiggini, su cui spiccavano due intensi occhi nocciola, pieni di venature dorate. Alla vista dell'altra ragazzina, Ginny si staccò dal muretto, come se fosse stata attraversata da una scossa, prima di avvicinarsi con passo deciso.
 “Finalmente ti conosco! Io sono Ginny Weasley” disse svelta.
 “Emma O'Shea” rispose l'emoor, studiando l'altra attentamente.
C'era qualcosa di magnetico nel modo in cui la Grifondoro si muoveva, nel suo sorriso sicuro e tranquillo, nella sua posa ferma.
 “Pensi che non lo sappia?” le labbra sottili di Ginny si stirarono in un sorriso sincero “Tutti sanno chi sei”
 Emma scrollò le spalle e ricambiò la smorfia “Considero buona educazione presentarmi comunque da me.”
 La rossa annuì e i suoi occhi nocciola brillarono di interesse.
“Beh se non altro, ora che ti ho conosciuta mio fratello Ron smetterà di assillarmi dicendo che il suo migliore amico è Harry Potter e che di questo ne va fiero. Sai Harry è famoso...”
 Emma continuò a sorridere, più che altro per la solita educazione, ma un sincero stupore si accese sul volto lentigginoso dell'altra.
 “Oh Merlino!” esalò “Non sai chi è Harry Potter!”
 L'emoor la guardò colpevole e scosse la testa in risposta.
 “Ma è il ragazzo più famoso di tutto il mondo magico, è colui che è sopravvissuto.” arrancò Ginny, sconvolta “Insomma quando dici Harry Potter è come dire la parola emoor... tutti la conoscono!”
 “Io non la conoscevo fino a pochi giorni fa” si difese la ragazzina “e non conosco nemmeno questo Potter, ma immagino sia importante, l'ho sentito nominare almeno tre volte nel giro di pochi minuti”
 Ginny fece un movimento frettoloso con la mano, come a dare poca importanza alla cosa e si scostò ciocche di capelli dal volto. 
 “Harry è come di famiglia da noi, lo sentirai nominare molto spesso, ma, voglio dire, non conoscere la sua storia! É quasi difficile da credere che...” si bloccò a metà della frase, strabuzzando gli occhi e scuotendo la testa “Godric 
tu sei uguale a lui! Entrambi timorosi della vostra popolarità! Harry sarebbe felicissimo di conoscere qualcuno che lo guarda come un ragazzo qualsiasi. Mione dice sempre che lui detesta essere famoso...” era un fiume in piena.
 “Beh” intervenne Emma “se non altro, potrai spiegarmi chi è Harry Potter e una quantità di altre cose che tutti sembrano dare per scontato che imparerò poi.” 
 Ginny allargò di più il suo sorriso, assumendo un'aria furba ed Emma rispose con naturalezza a quello sguardo di intesa, con immediata simpatia. Arthur Weasley, che le guardava appoggiato al muro della casa, vide ciò che chiunque fosse passato in quel momento avrebbe avuto la fortuna di vedere: 
l'inizio di un'amicizia.
E non una di quelle amicizie che si consumano velocemente, fatta di pettegolezzi e poco altro. Quella che nacque in quel momento, tra Emma O'Shea e Ginny Weasley, fu quel genere di amicizia che dura negli anni, nel bene e nel male, quel genere di amicizia che non tutti hanno la fortuna di sperimentare nella vita, ma, a chi capita, entra dentro, appena sotto la pelle e nel cuore, lasciando un segno, che non potrà mai essere cancellato.

“Allora andiamo?!  Disse Molly Weasley, chiudendo la porta della casa dietro di sé con un gesto secco. 
 Emma si voltò di scatto e abbassò leggermente lo sguardo, delusa dal fatto che Severus non si fosse nemmeno degnato di un veloce 'ciao', o anche solo un buona fortuna.
“Quest'anno abbiamo avuto fortuna, il Ministero ci ha prestato un auto per andare a Diagon Alley... non è vero Arthur?” disse allegra.

. . .

Diagon Alley la travolse.
 La cittadina era ricca di persone che camminava avanti indietro o che si fermava in piccoli capannelli per parlare. C'erano negozi che esponevano strani oggetti in vetrina e maghi e streghe con fluttuanti mantelli. L'emoor si guardava intorno, gli occhi grandi come quelli di un gattino, nascosta dalla sua mantella verde. 
 Molly ed Arthur continuavano a borbottare riguardo al fatto che fosse triste vedere quella cittadina così vuota e ferma rispetto al solito, ma Emma rimase letteralmente a bocca aperta davanti alla struttura della Gringott e al rispetto profondo con cui la trattavano i folletti, deliziata davanti al metro che volteggiava intorno a lei, insieme ad ago e filo, nel negozio di madame McClan, stupita dalla quantità di oggetti stipati in mezzo a tutti gli ingredienti per pozioni e quasi saltellò di felicità davanti al numero di libri e tomi che apparvero di fronte a lei una volta dentro al Ghirigoro. 
Per tutto il giorno non fecero altro che andare avanti indietro, entrando in quasi tutti i negozi che si affacciavano sull'ampia via. La signora Weasley, in testa alla combriccola, che brandiva la lista d'oggetti stabilendo l'ordine degli acquisti ed Emma che la seguiva senza ribattere, chiacchierando sottovoce con Ginny, alternandosi tra discorsi sul mondo magico, o Babbano a seconda della curiosità di una o dell'altra. Solo dopo ore di girovagare si fermarono in una sorta di piazzale, poggiando le numerose borse e pacchetti su un carrello che il signor Weasley aveva appena appellato.
 “Bene” mormorò la moglie con il fiato corto “abbiamo quasi finito! Mancano solo due cose! Una bacchetta naturalmente e poi un animale da compagnia.”
 Emma, che fino a quel momento aveva continuato a ridacchiare con leggerezza insieme a Ginny, alzò la testa vagamente stupita.
 “Signora Weasley, non credo che Severus sia d'accordo sull'acquisto di un animale da compagnia”
 La donna la liquidò con un gesto brusco della mano “Ma è stato proprio lui a dirmi di comprartelo quando sei uscita.” disse e l'emoor spalancò gli occhi: l'uomo che aveva conosciuto  in quei giorni non sembrava affatto un amante degli animali.
 “Allora tu e Ginny potete andare prima al negozio di animali, poi da Ollivander che è di fronte.” ragionò Molly “Ah, Emma cara, Severus mi ha detto che in casa avete  un gufo, quindi di propendere verso altro. Io e Arthur saremo qui, d'accordo? Vi teniamo d'occhio, devo solo controllare un‘altra volta di aver preso tutto”
Ginny prese la nuova amica per un braccio, trascinandola con sé a passo svelto, attraverso le viuzze colorate.
 “Non te l'ho ancora chiesto” indagò evidentemente curiosa “ma com'è vivere con Severus Piton?”
Emma si strinse nelle spalle facendo un gesto vago.
“Non ne ho idea, è solo da ieri che sono a casa sua. Comunque non credo sarà male, è solo un po' silenzioso e scontroso”
 “Un po' silenzioso e scontroso? Emma! Si sta parlando di Piton, descriverlo così è estremamente lusinghiero nei suoi confronti!”
 “È così terribile?” chiese l'emoor, vagamente agitata.
 “Merlino, proprio non vuoi capire! Piton è capo della casata di Serpeverde.” disse con enfasi la rossa. 
“Lo so, Silente me l'ha detto.”
“È anche la persona più ingiusta che esista” insistette Ginny con fervore “Si sta parlando dell'uomo che sembra odiare più di ogni altra cosa Harry Potter! Non fa altro che togliere punti a Grifondoro, favorendo solo Serpeverde...”
 Emma sorrise nel vedere il furore dell'amica “Se tu fossi Serpeverde però, saresti contenta di ricevere punti a tuo favore.”
 Ginny inarcò un sopracciglio “La McGranitt, sai chi è vero?”
 “Sì, l'ho conosciuta...”
 “Lei è la referente della nostra Casa. Ha l'aria di una che ci favorisce? Eppure a me lei piace” si guardarono e scoppiarono a ridere entrambe.
 “In che Casa vorresti finire?” chiese Ginny curiosa.
 “Non lo so, da come mi sono state descritte, a volte, mi sembra di non avere caratteristiche necessarie per stare in una qualunque delle Case” mormorò affranta la ragazina, che covava il terrore che tutto quello che stava vivendo in quei giorni potesse finire all'improvviso, nel peggiori dei casi proprio perché qualcuno si sarebbe accorto di quanto fosse inadeguata ad essere una strega.
“Solo per il fatto che vivi con Piton hai il coraggio necessario per entrare, senza problemi, in Grifondoro.” ribatté la rossa pragmatica ed Emma le sorrise, nuovamente grata. Era bello avere un'amica in quel turbinio di cose nuove e cambiamenti.
Accanto alla porta d'ingresso del negozio di animali c'era una sorta di locandina appesa che rappresentava un uomo particolarmente magro e scarno, con occhi pieni di rabbia e angoscia e lunghi capelli che gli davano un'aria ancora più folle.
 “Chi è quello?” chiese l'emoor, che era tutto il giorno che vedeva quell'orribile foto appesa ovunque.
 “Sirius Black” rispose con tono secco Ginny, vagamente accigliata “uno degli uomini di Tu-sai-chi. A mamma non piace che ne parlo”
 “Tusachi? È il mago che ha provato a uccidere Harry Potter?” chiese Emma cauta e l'altra annuì tesa, evidentemente spaventata.
“Esatto, lo stesso mago della vostra profezia immagino. Anzi lo spero miseriaccia, a meno che non ci sia in giro un altro mago oscuro pronto a saltar fuori” aggiunse, facendo una smorfia “Tu-Sai-Chi ha un nome che nessuno pronuncia e un sacco di sostenitori che lo seguono ovunque. Si facevano chiamare Mangiamorte. Teatrali
 “Questo Black quindi è uno di loro...”
 “Un ex Mangiamorte, esatto” assentì in fretta la rossa che aveva spiegato per sommi capi ad Emma quella storia Oscura solo qualche ora prima “ed è fuggito da Azkaban, la prigione dei maghi. Nessuno sa dove sia andato.  Si credeva che fosse impossibile fuggire da lì.”
 “Esiste una prigione dei maghi?” chiese Emma stupita.
 “Certo. Mio fratello Bill mi ha raccontato che ci sono i Dissennatori di guardia lì. Sono degli esseri orribili. Bill dice che è impossibile eluderne la sorveglianza e per questo la fuga di Black fa tanto scalpore e paura soprattutto.”
 L'emoor lanciò un'altra occhiata all'uomo che, nella foto, si dibatteva terribilmente, come un animale in gabbia, poi spinse la porta ed entrarono nel negozio.

. . .

Quindici minuti dopo l'emoor e la giovane Weasley uscivano soddisfatte dal negozio. Emma teneva tra le braccia una cesta al cui interno dormiva un grosso gatto nero. Aveva guardato con interesse dei topolini acrobati sul bancone, ma Ginny li aveva definiti con un certo sprezzo 'esibizionisti', così alla fine aveva scelto quel gatto.
 “È di razza Salem” le fece notare per l'ennesima volta la Grifondoro “hai sentito cosa ha detto la cassiera?”
 “Che è raro” rispose Emma, sorridendo al micio.
 Ripercorsero a ritroso il vialone per raggiungere Ollivander, salutando con la mano i signori Weasley ancora intenti a controllare di aver preso tutto dalla lunga lista.
 “Aiuta con l'Occlumanzia, è prezioso” insistette Ginny.
 “Ho sentito, ma non so cosa sia” rispose Emma con un sorriso, guardando l'amica divertita, mentre quella scuoteva la testa.
 “Non importa, troppo complesso da spiegare, non so bene nemmeno io cosa sia. Come lo chiamerai?” chiese la rossa
 “Wolland, forse” ribatté l'altra, spingendo la porta per entrare in un polveroso negozio, con una vetrina piuttosto vuota e triste.
 “Dai a me la cesta, così provi le bacchette” la aiutò la rossa
 “Sei sicura che sia questo il posto giusto?” sussurrò incerta.
 “Fidati Ollivander è il migliore.” 

Un vecchio, polveroso come il locale, andò loro incontro, ma quando vide Emma si arrestò, sgranò gli occhi e le rughe del volto parvero, per un folle attimo, distendersi a causa dello stupore che lo pervase, Emma intuì che doveva essere il signor Ollivander. 
 Il silenzio riempì il locale fino a quando Ginny, che aveva preso posto su una sedia traballante, tenendo la cesta di Wolland sulle ginocchia, non si decise a romperlo.
 “Signor Ollivander, si ricorda di me?”
L'uomo scostò gli occhi da Emma molto lentamente.
 “Ah sì, signorina Weasley, giusto? Un piacere rivederla. Devo ammettere di ricordare di più la vostra bacchetta! Un esemplare discreto. Non sarà danneggiata vero?”
 “Oh, no, non si preoccupi, oggi sono qui solo in funzione di accompagnatrice.” rispose con un cenno del mento verso Emma.
 “Ah certo...” biascicò il vecchio mago, tornando a scrutare l'emoor con sguardo assorto “primo anno a Hogwarts presumo. Deve scusare il mio stupore quando l'ho vista entrare, ma per un attimo mi ha ricordato una mia vecchia cliente. Può dirmi il suo nome?”
 “Emma O'Shea, signore!” rispose lei educatamente.
 “Ah! Allora questo è davvero un onore.” sorrise il mago “È incredibile che io sia vissuto abbastanza a lungo da poter incontrare molti dei grandi maghi della storia dei nostri tempi: Tu-Sai-Chi, Harry Potter e ora... eccoti qui. Sei la prima dei quattro a venire a comprare la bacchetta. Dovremo scegliere bene in modo che tu possa mettere in luce le tue indubbie qualità! Anche se... devo ammettere... che è la bacchetta che sceglie il mago e immagino che tu, con la tua, potrai fare cose meravigliose”
 “Mi spiace signor Ollivander, ma io non so ancora nulla di magia.” rispose Emma, a disagio per la reazione esagerata dell'uomo.
 “Avrai tempo per imparare, signorina O'Shea” la liquidò lui “anche perché grandi cose ci si aspetta da te e da altri. Se saranno cose meravigliose o terribili, ancora, non ci è dato saperlo.”
 La ragazzina guardò l'uomo con curiosità, non era sicura che le piacesse, ma le ispirava un profondo rispetto e lo seguì con lo sguardo anche mentre lui si muoveva svelto dietro il bancone, la fronte rugosa corrucciata.
 “Dunque mi dica, con che braccio usa la bacchetta?”
 “Destro, signore”
“Eccellente”esclamò quello, correndo nel retro bottega e per la seconda volta in una giornata, la ragazzina vide un metro da sarto schizzare verso di lei e cominciare a prendere le misure del suo braccio destro autonomamente e qualche istante dopo Ollivander tornò carico di scatole di bacchette.
 “Bene, cominciamo da questa. Tredici pollici, albicocco, piuma di fenice, bella flessibile.”
 Emma allungò la mano verso la bacchetta, ma Ollivander la bloccò immediatamente, ancor prima che potesse afferrarla.
 “No, no, no non va affatto bene. Proviamo questa. Dieci pollici e mezzo, quercia, corda di cuore di drago, rigida e adatta alla Trasfigurazione” questa volta l'emoor riuscì a prendere in mano la bacchetta prima che il vecchio la fermasse, ma quando le venne chiesto di agitarla questa parve implodere.
 “Decisamente no!” trillò subito l'uomo, per nulla turbato.

Nella mezz'ora successiva un gruppo consistente di bacchette era stato scartato, tra scoppi, lampi e bottiglie rotte ed ora se ne stavano nelle loro scatole polverose in bilico sul bancone. 
 Emma lanciò un'occhiata disperata a Ginny che, tuttavia, sembrava divertirsi molto e giocherellava distrattamente con la cinghia della cesta di Wolland, che al contrario continuava a dormire del tutto indifferente a quel momento solenne. 
 Anche Ollivander pareva estremamente divertito dalla situazione e aveva improvvisamente acquisito vitalità, tanto correva avanti e indietro con le braccia cariche di scatole piene bacchette, lo sguardo illuminato da un sorriso largo quasi folle.
 “Provi questa mia cara: undici pollici, salice, crini di unicorno, bella rigida. No eh? Allora questa: otto pollici e mezzo, nocciolo, piume di fenice, adatta per gli incantesimi”
Emma provava una bacchetta dietro l'altro, mentre l'uomo, sempre più svelto, gliele sfilava prima che potesse anche solo agitarle.
 “Dodici pollici, melo, corda di cuore di drago, signorina O'Shea. Uncdici pollici e mezzo, agrifoglio, crini di unicorno, flessibile. Dieci pollici, betulla, corde di cuore di drago, eccezionalmente elastica! Oppure questa, è una meravigliosa bacchetta: melo, dieci pollici, piuma di fenicem sorprendentemente sibilante” infine si arrestò detergendosi la fronte “una cliente difficile eh? Beh ma d'altronde, come ho detto, è la bacchetta che sceglie il mago, no?” 
 Emma lo guardò senza sapere cosa rispondere e proprio quando si stava girando, per l'ennesima volta, verso Ginny in cerca d'aiuto, Ollivander parve illuminarsi. Sparì nel retrobottega e tornò un attimo dopo reggendo una scatola più polverosa del solito.
 “Sono stato davvero uno sciocco! Avrei dovuto pensarci subito! Ricorda che quando è entrata mi ha rammentato una mia vecchia cliente? Quando la servii pensai che questa bacchetta fosse eccellente per lei, fu la prima che provò, ma la bacchetta non la scelse... forse oggi mi hai ricordato lei perché questa bacchetta la aspettava. Nove pollici e mezzo, faggio, corda di cuore di drago, bella flessibile. La provi.” 
 Emma si avvicinò curiosa alla scatola. La bacchetta in questione era bellissima, di un marrone chiaro, tendente al grigio, sembrava un albero in miniatura e nonostante fosse più decorata di altre appariva come un oggetto delicato ed elegante. 
 Sul manico le radici si diramavano per poi riunirsi tra loro, mentre quelli che dovevano essere i rami, si avvolgevano elegantemente fino alla punta. Fremente, la ragazzina allungò la mano e la impugnò e subito, nello stesso istante in cui sfiorò il legno, seppe che era sua. 
 La bacchetta si adattò perfettamente al suo palmo e della sua punta uscirono tre fili di fumo, uno oro, uno argento, uno bronzo.
“Credo proprio che sia lei.” mormorò Ollivander visibilmente incantato da quella visione ed Emma sorrise debolmente in risposta, ancora senza parole, mentre riponeva la bacchetta nella scatola.
 “È strano.” riprese il mago con aria assorta “Questa è una bacchetta molto particolare. La sua anima di corda di cuore di drago indica che è potente, ma anche facile da piegare alle Arti Oscure, se solo il suo proprietario lo vuole, ma il legno di faggio! È moltissimi anni che faccio questo lavoro Emma O'Shea e posso assicurarle che il faggio è uno dei materiali più richiesti in quanto molto pregiato, ma è così raro e difficile da lavorare che ne produco pochissimi elementi. La sua è una bacchetta molto ossimorica  ed è curioso che abbia fatto la sua scelta con tanto entusiasmo. Lei è giovane, Emma O'Shea, il legno di faggio significa che è una ragazza più matura della sua età, saggia. Se saprà usare nel giusto modo le sue qualità con questa bacchetta compirà magie di un'arte e di una raffinatezza che raramente potrà trovare.”
 Emma osservò attentamente l'uomo con i suoi occhi così strani, verdi e ombra. Aveva davvero bisogno di uscire all'aria aperta, troppo a disagio con quei discorsi pieni di oscurità e destini. Si affrettò a pagare evitando lo sguardo di Ollivander, Ginny la seguì, in silenzio, facendo solo un cenno veloce di saluto al mago.
 “È stato davvero strano sai?” disse la rossa una volta sulla strada “ho visto anche quando i miei fratelli hanno preso la loro bacchetta, ma non è mai successo qualcosa di così spettacolare, al massimo la bacchetta vibrava, o vomitava qualche scintilla. Con me ha fatto delle scintille rosso e oro piuttosto sbiadite”
 “Quanti fratelli hai oltre a Ron?” si affrettò a chiedere Emma, per cambiare discorso. Non voleva essere già etichettata come diversa. C'era già quella parola, "emoor", le bastava. Cominciava a sentirsi d'accordo con quel famoso Potter e la sua teoria sulla popolarità.

. . .

Arrivata a casa dopo la lunga giornata a Diagon Alley, Emma trovò Severus in poltrona, immerso nella lettura di un libro, come lo aveva visto quella stessa mattina e si chiese se si fosse mai mosso di lì.
“Ciao” disse, appoggiando a terra i sacchetti con i suoi acquisti e Piton alzò appena la testa, facendo un cenno secco con il capo.
“Non mi hai salutato stamattina” fece timidamente la ragazza.
“Dovevo?” chiese lui, alzando un sopracciglio perplesso.
L'emoor si strinse nelle spalle. Forse in effetti non era tenuto.
“Come è andata?” domandò il mago, distrattamente, tanto che Emma non era sicura che gli importasse davvero della sua risposta.
“Bene” rispose cauta.
 “Hai comprato una bacchetta?”
La ragazza annuì, frugò nella mantella e porse lui la sua bacchetta nuova. Severus la prese tra le mani e sembrò adombrarsi, una strana espressione triste passò nei suoi occhi neri per un secondo, mentre con mani leggermente tremanti riconsegnava la bacchetta alla ragazza, le labbra strette di disappunto.
 “Bella.” rispose secco, riafferrò il libro e immerse di nuovo il naso adunco tra le pagine ingiallite “domani iniziamo a lavorare allora” aggiunse a denti stretti, senza degnarla di un solo sguardo.
 L'emoor, scossa da quella reazione, la bacchetta ancora stretta in pugno, si limitò ad annuire, poi si diresse nella sua stanza e liberò Wolland dalla cesta, osservando con un mezzo sorriso il gatto uscire circospetto, mentre studiava il nuovo ambiente.
 “Il gatto è di razza Salem” disse ad alta voce, mentre cominciava a sistemare e parlò con leggerezza, chiedendosi se Severus avrebbe colto il suo tentativo di fare conversazione.
 “È raro” fu l'unico commento che Piton, ancora intento a leggere, disse tra i denti insieme a: “Raro e utile per l'Occlumanzia”
 “Lo so” ribatté Emma “ma non so cosa sia questa Occlumanzia”
 “Si tratta di una disciplina molto utile, ne parleremo” spiegò lui distrattamente, il tono come sempre strascicato.
 Emma strinse le labbra, capendo che non avrebbe trovato altro modo di fare conversazione e che doveva semplicemente avere la pazienza che Glimpsy tornasse per la cena, per poter parlare con qualcuno, ma fece comunque un ultimo incerto tentativo.
“È scappato un mago dalla prigione dei maghi, sai?” Silenzio.
“Ginny mi ha detto che è la prima volta che succede.”Silenzio
 “Severus mi hai sentito?”
 “È vero” rispose secco lui “è la prima volta che succede”
Emma si azzardò a lanciargli un'occhiata, Piton fissava il libro con eccezionale attenzione, ma l'emoor non era convinta di averlo visto voltare nemmeno una pagina da quando era entrata.
 “Lo conoscevi?” indagò.
 “Chi?” chiese l'uomo con evidente nervosismo.
 “Il mago che è fuggito” rincarò di nuovo lei, ma questa volta non ricevette risposta. Emma fece un mezzo sospiro.
Sarebbero stati dei lunghi mesi.


*Angolo Autrice*

Ciao Lettori!

Capitolo forse un po' di passaggio, ma essenziale e che nasconde molti punti/spunti importanti. 
Soprattutto: entra in scena un personaggio essenziale di questa storia... Ginny. 
Ho sempre adorato la Ginny dei libri: testarda, combattiva e indipendente e ho voluto inserirla in questa Fic dandole un po' di importanza e il giusto merito. La rivedrete quindi spesso. Comincia poi anche a delinearsi il punto di vista di Emma, così imparziale e restia a comprendere le differenze tra le diverse Case e anche abbastanza confusa a riguardo in realtà.
Il rapporto tra Emma e Severus è ancora invece molto teso, come avrete potuto notare. 
Nel prossimo capitolo avremo modo di analizzarlo più a fondo. 

Ho deciso, visto la situazione pandemia per cui mi ritrovo ad avere più tempo del solito e visto che questa Fic sarà molto lunga, di procedere più spedita nella pubblicazione di questa prima parte, azzardando a 3 capitoli a settimana, ma riservandomi la possibilità di tornare a due. 
Che ne dite?

Un grazie speciale a tutti coloro che hanno messo la storia nelle seguite/preferite/ricordate e soprattutto a Goldeneff e Carlo che mi hanno lasciato una recensione e Isotta che non è su EFP, ma è la miglior tassorosso che io conosca e mi è di grande aiuto in questa storia.

Spero di vedervi al prossimo capitolo :)

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Opposti Uguali ***


.Opposti uguali.



A Spinner's End, giorno dopo giorno, Emma si ambientava e si radicava sempre più in quella casa che era presto diventata il suo unico mondo. Era felice. Aveva imparato ad amare le pareti scure e piene di libri, il fuoco scoppiettante nel camino, il divano ampio e comodo, ma soprattutto le colline verdi e gelide che non smetteva mai di osservare dalle finestre e più il tempo passava, più si rendeva conto che Silente, come da lui previsto, ci aveva azzeccato: lei sembrava essere fatta per vivere lì.
 Ogni sera si addormentava nella sua camera con un sorriso impresso sulle labbra e la mattina, appena sveglia, spalancava gli occhi ansiosa di scoprire che tutto fosse ancora lì, al suo posto. 
 Saltava fuori dalle coperte e correva attraverso la libreria, che ormai era sempre aperta, fino al soggiorno e ogni volta che vedeva il sorriso largo di Glimpsy, ma, soprattutto, il volto magro e pallido di Severus, gli occhi scuri e tormentati, tirava un sospiro di sollievo.
 Il rapporto con il professore, in realtà, non era poi mutato. I silenzi riempivano ancora le loro giornate, ma in qualche modo, avevano trovato un equilibrio. Emma, in fondo, non avrebbe potuto fare a meno di lui e dei suoi insegnamenti, ma soprattutto cominciava a provare quasi dell'affetto per quell'uomo schivo e torvo e Piton, suo malgrado, era oramai abituato ad avere la ragazzina tra i piedi e trovare il suo sguardo vivace ogni volta che tornava a casa.
La loro routine era ormai ben consolidata: la mattina Severus spiegava ad Emma un nuovo incantesimo, o argomento e poi andava ad Hogwarts a svolgere il suo lavoro di insegnante ed Emma si esercitava tutto il giorno, sotto lo sguardo vigile di Glimpsy, fino al ritorno del tutore. 
Era straordinariamente brava. 
 La magia che le era stata tramandata per così tanti secoli era effettivamente davvero notevole, forse oltre le aspettative e ciò che le veniva spiegato la mattina la sera era già tranquillamente assimilato.  I primi tempi Severus ne era rimasto vagamente stupito, ma ci aveva fatto in fretta il callo e, come unica reazione, aveva intensificato il programma di studi della ragazzina.
 Tuttavia sebbene eccellente con magie e incantesimi, Emma faceva fatica, come tutti gli studenti, a studiare le numerose pagine che il tutore le assegnava e, soprattutto, a scrivere rotoli e rotoli di pergamena su argomenti stravaganti. 
 La piuma non faceva per lei, non riusciva a capire come utilizzarla al meglio e quindi continuava a macchiare il foglio, tanto che più di una volta Piton, senza fare alcuna piega, aveva cancellato con un colpo di bacchetta tutto il lavoro di un pomeriggio, commentando acido un 
“rifare”. Era raro, in realtà, che le dicesse anche solo “brava”, ma Emma non si lamentava mai, anzi, cominciava a capire quell'uomo all'apparenza tenebroso e ad apprezzarlo e conoscerlo.
 Vi erano, in effetti, tanti piccoli segnali che via via lo rendevano, almeno ai suoi occhi, sempre più umano: gli angoli delle labbra che si arricciavano in un sorriso spesso sprezzante, o gli occhi che roteavano esasperati dai suoi interventi, ma insieme, tutto sommato, stavano bene e le cose da fare erano
 talmente tante che la ragazzina non aveva avuto nemmeno modo di provare malinconia per la mancanza dei genitori, o di Steph, anche se a tratti cominciava ad essere piuttosto insofferente.
Da quando era arrivata a Spinner's End, infatti, Emma non aveva mai messo il naso fuori di casa, nemmeno per un minuto. 
 Non che le compagnia le mancasse, perché oltre a Glimpsy, che aveva confermato la sua abilità di conversatore e Severus che la raggiungeva ogni sera, Emma scambiava anche numerose lettere con i genitori, sempre aggiornati su ogni sviluppo e teneva un'assidua corrispondenza con Ginny Weasley.
 Quest'ultima le era particolarmente utile, dato che la rossa le raccontava 
tutto ciò accadeva a scuola e la teneva aggiornata su ciò che faceva, sulle novità di Sirius Black, le sue amicizie e Harry Potter, soprattutto Harry Potter in realtà ed Emma rispondeva, scrivendole di Steph, dei suoi genitori, di Severus e del ragazzo biondo che aveva visto nei sotterranei e che l'aveva tanto colpita.
 Quando poi non c'erano Glimpsy, Ginny, Severus, o le lettere da scrivere a tenerla occupata, entravano in gioco i vari gli insegnanti che venivano a farle visita per testare il suo grado di preparazione e che si fermavano sempre volentieri a fare due chiacchiere, almeno fino a quando non appariva Severus con i suoi modi poco ospitali.
 Non era dunque qualcuno con cui parlare, o di cui godere della compagnia che mancava all'emoor, ma semplicemente uscire all'aria aperta, tanto più che le giornate si facevano sempre più limpide e belle con l'avanzare della primavera.

*

Emma O'Shea, un piacere conoscerti, finalmente”
 L'uomo appena entrato nella stanza indossava un ampio pastrano color marrone scuro che ne nascondeva le fattezze ed era molto alto, ma magro, dinoccolato e almeno all'apparenza, piuttosto malaticcio. 
 Il volto pallido e pieno di sottili cicatrici e i capelli striati di grigio particolarmente arruffati, contrastavano però con gli occhi scuri, che brillavano di intelligenza e con il sorriso composto e gentile, che ne addolciva i tratti.
Sono il professor Lupin, Remus Lupin” si presentò, prendendo posto sul divano e gli occhi di Emma, che lo osservavano attenti, si sgranarono per lo stupore. 
 “Hai... hai contribuito a costruire la mia stanza, vero?” chiese.
 L'altro annuì gentilmente, gettando uno sguardo alla libreria aperta, dietro la quale si intravedeva la stanza segreta della ragazzina.
 
Te l'ha detto Severus?” indagò.
 
No, Silente.” rispose l'emoor.
 
Tipico di Severus omettere” disse il mago, facendo un mezzo ghigno che subito si ammorbidì in un'espressione più dolce.
 
Difesa contro le Arti Oscure, giusto?” chiese l'emoor, scivolando con non chalance sull'argomento che dovevano affrontare.
 
Giusto, vediamo a che livello sei”
 Lupin prese le pergamene che Emma aveva compilato in quei giorni, leggendole con attenzione, la fronte corrugata in una smorfia concentrata, ma il suo sguardo continuava a tornare sulla ragazzina, con una scintilla di curiosità a illuminarlo.
 
Come ti trovi con Piton?” chiese pacato dopo qualche minuto.
 
Molto bene” disse semplicemente l'emoor con sincerità “è brusco e severo, ma è un ottimo insegnante e andiamo piuttosto d'accordo”
 Lupin annuì lentamente, alzandosi e sfilando la bacchetta dalla tasca.
 
Bene, ottimo. Vogliamo provare la pratica?” chiese ed Emma si affrettò a posizionarsi di fronte a lui, felice di dimostrare quel che aveva imparato. 

Il professore la tenne sotto esame per un'ora, senza riuscire a nascondere un certo stupore per l'abilità della ragazzina e spingendola al limite, tentando anche delle magie che sarebbero state da terzo anno e spronandola con nuovi incantesimi che tuttavia l'emoor assimilò velocemente.
 “Molto bene Emma, davvero” mormorò alla fine, soddisfatto e in quel momento, la porta d'ingresso si aprì, interrompendoli e Piton entrò nella stanza, facendo saettare lo sguardo attento e scuro tra il professore e la ragazza.
 
Lupin” disse seccamente, con un minuscolo cenno del mento verso il mago.
Severus” salutò Emma con un sorriso, ma non ricevette quasi risposta, eccetto un mezzo sguardo in tralice e un cenno brusco con il capo.
 
È sempre così simpatico?” chiese Lupin con una smorfia storta ed Emma annuì, stringendosi nelle spalle con noncuranza. 
 “Dipende, a volte è peggio” borbottò, guardando il mago mentre si allontanava verso la sua stanza, in cui lei non andava mai.
 
Ti sento ragazzina” sibilò il tutore, tornando nel soggiorno, l'emoor arrossì leggermente e Lupin fece un leggero sbuffo divertito.
Devo farti i miei complimenti Severus, la ragazza è in gamba” intervenne, tranquillo, facendo l'occhiolino a Emma che lo guardava compiaciuta.
Ne sono consapevole” ribatté il professore, atono.
 
State facendo un ottimo lavoro insieme” insistette ancora il mago, propositivo, rivolto verso l'altro uomo, ma Piton nuovamente non colse il tentativo di conversazione e rimase rigido e fermo, gli occhi onice fissi sul mannaro.
 “Stiamo facendo quel che va fatto, Lupin”
 
Severus si sminuisce” intervenne Emma “è un ottimo insegnante”
 Le guance del Serpeverde si chiazzarono leggermente di rosa, ma l'espressione dura rimase impassibile, mentre anche Lupin sorrideva rivolto all'emoor.
 
Severus si sminuisce da una vita, Emma. Sappiamo tutti che è un grande mago” ribatté e si avviò all'uscita, dopo aver salutato con calore la ragazzina e con un gesto misurato l'altro uomo. 
 L'emoor si voltò verso il tutore con un mezzo sorriso: la smorfia contratta di Severus non riusciva completamente a celare lo stupore per le parole che l'altro aveva detto “Mi piace Lupin” disse, allegra.
 Severus, in risposta, strinse le labbra con evidente disappunto. 
 “Ma certo, figurati se non ti piaceva”

*

Piton alzò gli occhi esasperato. Era sera, lui se ne stava sulla sua poltrona lisa con un manuale di Erbologia avanzata sulle ginocchia ed Emma, come sempre, era accovacciata sul divano, piena di noia. 
“Non sai far altro che far levitare oggetti?” domandò lui nervoso, trattenendo a stento un tono acido, mentre l'ennesimo libro si alzava volteggiando in aria.
 “Non ho null'altro da fare” si schernì Emma in un leggero sbuffo, carezzando distrattamente Wolland.
“Potresti portarti avanti con lo studio.”
 “Ho già finito, sono mesi che non faccio altro che studiare.”
 “Potresti giocare con il tuo gatto”
 “È pigro” ribatté subito lei.
L'uomo serrò le labbra pieno di disappunto, senza sapere bene come comportarsi a riguardo. Era in grado ormai gestire le numerose domande di Emma, la sua impazienza e la sua frenesia, ma la noia era qualcosa con cui non sapeva interfacciarsi e soprattutto un campo pericoloso in cui addentrarsi quando a provarla era una preadolescente. Maledetto Silente.  
 
Piton lanciò uno sguardo alla poltrona nuova di zecca che aveva di fronte: l'aveva comprata apposta per lei, poco prima che si trasferisse. 
Non che si fosse mai sognato di dirglielo, ovviamente, ma anche la ragazzina, in fondo, nonostante l'avesse guardata con desiderio più volte, non si era mai nemmeno accostata alla seduta, preferendo invece il divano liso e accigliandosi leggermente, l'uomo si rese conto, improvvisamente, che non aveva mai visto Emma nemmeno vicino ai libri sparsi per tutta la casa, nonostante avesse mostrato indubbio interesse per la lettura. Possibile che non osasse chiedere?
 “
Potresti leggere stupida ragazzina” le disse ed Emma alzò il capo vagamente interessata a quel consiglio. 
 “Non ho libri oltre a quelli di scuola” mormorò.
L'uomo le scoccò un'occhiataccia “Non mi sembra qui manchino.”
 “Posso davvero prendere un libro??” esclamò subito lei, gli occhi verde cupo che brillavano di vivo interesse.
Severus alzò un sopracciglio, tra il perplesso e il divertito.
“Solitamente sei tu che devi prendere un libro, non il libro che deve prendere te” sibilò, ma non aveva ancora finito di parlare che Emma aveva già superato con un balzo il divano e raggiunto la libreria, prendendo decisa un tomo che, probabilmente, puntava già da un po'. Si girò poi verso di lui, il sorriso raggiante che le illuminava il volto e che fece addolcire il tono a Piton.
 “Puoi anche sederti su questa poltrona se vuoi” borbottò “Non credo ti possa ferire in qualche modo ed è meglio del divano”
 “Credevo, credevo fosse tua...” mormorò la ragazzina e per l'ennesima volta il professore alzò un sopracciglio, perplesso.
 “È mia in effetti” ribatté “Come tutto in questa casa”
 “Intendevo, tipo il tuo posto, non so.” balbettò lei.
“Io ho sempre occupato questa poltrona” le fece notare l'uomo “e, a meno che io non abbia un amico immaginario, o un alter ego invisibile, a mia insaputa, credo che quella poltrona sia libera.”
 La ragazzina arrossì violentemente, ma poi, titubante, prese posto di fronte al tutore, lanciandogli uno sguardo di sottecchi e quando infine scostò gli occhi da lui e si immerse nella lettura del libro, Severus Piton si fece sfuggire un piccolo sorriso.

*

Per un certo periodo funzionò. Emma era così presa dalla lettura di tutti quei libri e dalle lezioni sempre più complesse, che si dimenticò della sua ansia di libertà e aria fresca. 
 Ricevette anche più visite da parte dei professori di Hogwarts, più severi con l'arrivo della fine del suo periodo di studi, nonostante lei si fosse dimostrata, non senza una velata soddisfazione da parte di Severus, una studentessa brillante e preparata.
 Con il passare lento dei giorni, però, l'emoor tornò a sentire la noia e l'insofferenza come una sorda agitazione.
Quella sera, sentendosi stranamente stanca dopo aver studiato tutto il giorno, cercava un po' calma distesa sul divano con Wolland pigramente acciambellato sulla pancia, ma il sottile senso di nervosismo che la agitava la portò a cambiare posizione più volte, mettendo a dura prova i nervi del povero gatto.
 Severus, le lanciò una veloce occhiata e tornò chino sul calderone che aveva di fronte, scuotendo appena il capo. Era nel bel mezzo della preparazione di una pozione ed Emma, nel tentativo di distrarsi, cercò di concentrarsi su di lui. 
 Generalmente il professore le permetteva di distillare composti sotto la sua supervisione, o di tritare qualche elemento, o di sedergli accanto per poterlo osservare più da vicino e avvolti nei fumi del calderone lui e l'emoor avevano spesso passato ore a fare distillati ed esperimenti per il semplice piacere di farlo e, una o due volte, Piton si era persino complimentato con lei, evento piuttosto unico. 
 Emma eccelleva nella materia, vuoi perché portata, vuoi perché, vedendolo costantemente lavorare in casa, ne era rimasta affascinata e aveva dimostrato di essere non solo abile, ma anche di avere anche un livello decisamente superiore ai suoi coetanei e, per di più, Severus stesso sembrava provare una sottile soddisfazione a insegnarle quell'arte e a vedere come lei, avida di sapere e naturalmente curiosa, assimilava con dedizione ogni parola.
 Alla ragazzina bastò quindi solo una veloce occhiata per riconoscere gli ingredienti della pozione e arricciare il naso contrariata, riconoscendo i precisi elementi che, una volta al mese, quando sobbollivano nel calderone, portavano  Piton a chiudersi nel mutismo. Emma non era riuscita a tirargli fuori l'utilizzo di quell'intruglio e si era sempre limitata ad osservarlo in silenzio, rimanendo quasi incantata nel guardare gli eleganti e certamente complessi movimenti del tutore, senza mai osare intervenire. 
Quella sera però, appunto era annoiata e distratta.
Piton mescolò la pozione. 
Uno, due, tre. Senso orario. Uno, due. Antiorario.
 
“Prepari quella del mese scorso” disse la ragazzina, con voce innocente e l'uomo annuì seccamente in risposta. 
 “Di cosa si tratta?” insistette l'altra.
 “Non è nel tuo programma, Emma”

L'emoor sospirò, si rigirò per l'ennesima volta e afferrò la lettera che Ginny le aveva inviato la sera prima. Wolland, esasperato, si allontanò definitamente dallo stomaco della padrona, miagolando contrariato e lei, dopo una breve occhiata di scuse all'animale si mise a leggere per l'ennesima volta le parole dell'amica.

Ciao Emma.
Sirius Black ha provato ad attaccare Harry. È entrato nel nostro dormitorio di notte e mio fratello Ron si è preso un bello spavento. Lo ammetto:. sono così preoccupata! Non dire a Piton che lo sai, credo sia una sorta di segreto. 
Tra parentesi, non capisco come tu possa apprezzare quel pipistrello. 
Non vedo l'ora che sia settembre, così sarai anche tu qui.
Manca poco ormai.
Ginny

p.s. Anche Ernie e Hanna pensano che Justin sia un'idiota. TI PREGO, ti prego, dimmi che non è lui il tuo biondo. Non ricordi che cravatta avesse?

Emma sospirò piena di preoccupazione e mise da parte la lettera. Capiva bene l'ansia di Ginny e la inquietava che un uomo a detta di tutti tanto pericoloso fosse in giro a piede libero, ma pigramente si voltò di nuovo verso il tutore, cercando di scuotersi di dosso i brutti pensieri e lo trovò ancora assorbito nella sua preparazione.
 “Si può sapere perché non posso mai aiutarti quando prepari questa?” domandò in modo sfacciato.
“Perché è complessa” rispose lui, senza perdere concentrazione.
 “Mi hai chiesto mille volte di aiutarti in pozioni complesse.”
 “Vero” ammise il professore “ma questa è più complessa e se si sbaglia qualcosa ha conseguenze devastanti.”
 “Del tipo?”
 “Del tipo che non ti devono interessare, ragazzina. E se tu stessi in silenzio per più di due minuti mi faresti un enorme favore. Torna a scrivere alla Weasley, che per inciso, come tutti i suoi fratelli, è davvero una causa persa in Pozioni.”
 Emma sbuffò e scivolò contrariata contro lo schienale del divano, incrociando le braccia al petto,  lo sguardo rivolto al soffitto.
 “Tu non parli mai e io devo pur fare conversazione! Mi annoio. Sono mesi che sono chiusa qua dentro...”
Severus roteò gli occhi, spazientito, guardandola torvo.
 “So dove vuoi arrivare. Adesso mi chiederai il permesso per uscire”
 Emma sorrise “Allora posso?”
 “No.” disse lui e la ragazza gonfiò ancor di più le guance in un'espressione tanto buffa, che Severus arricciò le labbra in un mezzo sorriso che si affrettò a nascondere chinandosi per prendere altri ingredienti e quando alzò di nuovo lo sguardo, la vide persa nell'osservare il fuoco che, nonostante fosse quasi estate, lì nell'umida Spinner's End, scoppiettava sempre nel caminetto.
 In quei mesi la ragazzina era cambiata. La sua fragilità e timidezza era passata in secondo piano, in favore di una sana curiosità, che talvolta diventava esuberanza ed era diventata più tagliente, prendendo dalla convivenza prolungata con Severus la giusta dose di sarcasmo. L'uomo sorrise leggermente sotti i baffi.
 “Coraggio vieni qui”  le disse e lei gli lanciò un'occhiata dubbiosa 
 “Perché?” chiese cauta.
 “Non volevi aiutarmi con questa pozione?”
Un enorme sorriso si aprì sul volto della ragazzina, mentre si alzava di scatto per raggiungere il tutore. Si mise al suo fianco tranquilla: Severus le spiegava cosa doveva fare e lei agiva e nel silenzio e nell'ombra dei fumi, celati dal resto del mondo, l'uomo e l'emoor si sentivano a loro agio.
 “Non mi vuoi proprio dire che pozione è?” chiese lei.
 “Non è nel tuo programma.” ripeté acido il professore.
 “E dai Sev...”
 Gli occhi neri di Piton brillarono per un istante in un guizzo di dolcezza, come ogni volta che la ragazzina lo chiamava con quel soprannome. Capitolò in un secondo.
 “È una pozione antilupo”
 L'emoor alzò il sopracciglio perplessa “Tiene lontano i lupi quindi?”
 “No, testa di legno. Serve per neutralizzare i lupi mannari!”
 “Esistono davvero?” 
 “Ovviamente esistono, altrimenti non starei preparando questa pozione, non credi?”
 “Che serve per...”
 “Per rendere innocuo il lupo una volta trasformato. Quando c'è la luna piena e avviene la trasformazione, al posto che razziare i campi dei vicini, il suddetto lupo rimane tranquillo nel suo ufficio.”
 “Ufficio?” chiese Emma perplessa, guardandolo attentamente.
 “Era per dire un luogo come un altro.” bofonchiò lui, innervosito dall'acume della protetta e per un po' rimasero in silenzio.
 “Severus, tu conosci un lupo mannaro?”
L'uomo strinse le labbra, gli occhi fissi sul calderone.
 “No, non ne conosco.”
 Emma gli lanciò un'occhiata torva, perché, senza un motivo preciso, forse a causa dell'espressione di lui, o della piega delle sue labbra, aveva la forte sensazione che Severus le stesse mentendo. 
Non ne capiva però il motivo e per un attimo fu tentata di chiedere spiegazioni, ma desistette quasi subito, per non indispettire l'uomo. Si morse il labbro inferiore nervosamente e si mise a tagliuzzare l'ingrediente successivo in silenzio. 
Per un po'.
 “Sev?” lo chiamò sotto voce.
 “Mmm?”
 “Posso farti una domanda?”
 “Hai già interrotto il piacevole silenzio che si era creato. Sputa.”
 “Tu non vuoi che esca perché temi che un lupo mi attacchi?”
 La maschera che l'uomo oramai indossava a tempo pieno, spacciandola per la sua reale espressione, si incrinò in un attimo a quell'assurda affermazione e Severus si lasciò scappare uno sbuffo molto simile ad una risata.
 “Questa è la cosa più strana che tu mi abbia mai chiesto.”
 “No, davvero, io non vedo altra spiegazione” si incupì lei.
 “Il che mi delude.” ghignò il tutore “Pensavo fossi più perspicace dopotutto. Davvero non ci sei arrivata?”
 Emma fece una smorfia annoiata “No, quindi?”
 “Mai sentito parlare di Sirius Black, Emma?” la schernì Severus.
L'emoor sbatté le palpebre confusa "Stai scherzando vero?"
 “Black è pericoloso” disse secco l'uomo
 “Sev, 
seriamente: Sirius Black potrà anche essere un folle assassino, ma non capisco, con tutti i posti che esistono al mondo perché dovrebbe venire proprio a Spinner's End a cercare me?!” ribatté sconcertata e Severus la guardò con un'espressione stupita in volto.
 La ragazza pensò di essere riuscita a far capire lui quanto assurda fosse la sua preoccupazione, poi però lui arricciò le labbra in quell'espressione vittoriosa che Emma aveva imparato a conoscere.
 Era l'espressione di chi sa di avere ogni cosa in pugno.
 “Emma, non solo mi sembra 
possibile, ma molto più che plausibile.”
“E perché?” ribatté lei nervosamente. 
 “Se tu non fossi così frettolosa a tirare le tue conclusioni, sapresti che, se Sirius Black è fuggito, è perché vuole la sua vendetta su Harry Potter, la ragione per cui il suo Oscuro Signore è scomparso”
 “Che io sappia però, non sono Harry Potter.”
 “Merlino me ne scampi” sbottò tra i denti il professore “ma ti vorrei ricordare che tu sei una dei quattro emoor e che, secondo una profezia che conoscono anche i lattanti, i quattro emoor saranno determinanti nella battaglia contro l'Oscuro Signore. Pensi che Black ti lascerà in vita per vedere come si evolvono le cose?!” 
 Piton la guardò decisamente trionfante, gli occhi neri che brillavano pieni di soddisfazione nella penombra della stanza ed Emma ricambiò con uno sguardo vagamente stupito e tremante e poi improvvisamente, due grosse lacrime le scivolarono fuori dagli occhi verdi ora straordinariamente cupi, senza che riuscisse a fermarle.
 Severus si sentì morire. Non aveva pensato, nemmeno per un momento, che l'aver rivelato, con una certa leggerezza, ad una ragazzina già piena di fin troppi tormenti, che uno dei migliori servi del mago più oscuro di tutti i tempi la stava cercando per ucciderla, potesse provocare stupore e spavento.
 “Non pensavo la cosa fosse così seria. Avresti dovuto dirmelo.”disse lei offesa, la voce tremante.
 “Non lo ritenevo necessario” si difese lui.
 “Ma io sì! Io lo ritenevo necessario...”
 “Emma ascolta non c'è nulla di cui preoccuparsi” abbozzò con voce malferma “Non ti succederà nulla.”
 “Ma non sono preoccupata per me!” disse lei indignata “Sono preoccupata per i miei genitori, per Steph, 
per te... e se per trovarmi rapisse qualcuno di voi e vi torturasse? O peggio se vi uccidesse?”
 Severus la guardò con occhi sgranati. 
Aveva pensato di doverla tranquillizzare sulla sua incolumità, invece lei, era preoccupata 
per gli altri. Sarebbe diventata sicuramente una Grifondoro.  Perché tutti sembravano pronti a perdere la vita? Perché le persone non avevano un po' più d'istinto di conservazione?
 “Emma, non c'è pericolo, davvero” insistette a denti stretti, provando ad attirare la sua attenzione “Ascolta, 
ascoltami ti prego
 L'emoor fissò gli occhi verde cupo, quasi liquido, in quelli neri come la notte dell'uomo. Era davvero furiosa, ma si fidava di Severus.
 “Silente pensa che Black non sappia che tu sia una emoor, così come non conosce l'identità degli altri e questo significa che almeno tu e i tuoi cari siete al sicuro.” sussurrò Piton.
 “E allora qual'è il problema?” chiese aspra lei e Severus sospirò profondamente, passandosi una mano tra i capelli unticci e neri.
 “Black era del mio stesso anno, ha frequentato Hogwarts con me. Lui era un Grifondoro, io un Serpeverde.” sussurrò ed Emma annuì perché aveva sentito abbastanza da Ginny per sapere che tra le due Case non corresse buon sangue, l'uomo riprese subito a parlare svelto “Io lo odiavo e la cosa era reciproca, ma era un odio che andava un po' al di là delle semplici lotte tra adolescenti. Se lui venisse qua, diciamo, per farmi visita e ti vedesse, credimi, pur di farmi del male, non oso pensare cosa ti farebbe”
 Severus era in evidente difficoltà e l'emoor lo fissò con dolcezza. In maniera indiretta le aveva appena detto che teneva a lei, che la voleva al sicuro, che non voleva rischiare.
 “Ho capito Sev” mormorò, cercando blandamente di nascondere quanto fosse contenta per quella risposta e si spostarono a sedersi sul divano, uno accanto all'altra.  
 Fuori era oramai notte fonda e la pozione bolliva piano, con lingue del fuoco magico che creavano strani disegni sulle pareti della stanza, avvolta in una tenue penombra. 
Emma si rannicchiò al fianco dell'uomo, lui le diede dei rigidi colpetti sulla spalla, a disagio con quella vicinanza non prevista.
 “Sono perdonato?”chiese teso.
 “Forse” mormorò lei, sbadigliando appena, gli occhi verdi improvvisamente pesanti per il sonno.
 “Emma?”
 “Si?”
 “Quando tutto sarà finito e Black lontano da qui, ti porto sulle colline” disse serio Severus, la voce ferma e profonda.
 Emma dischiuse gli occhi, le palpebre davvero troppo pesanti e lo guardò in faccia per assicurarsi della veridicità delle sue parole    
 “Davvero?”
 “Se ti va.”
 “Mi va molt,o Sev.”
Piton volse lo sguardo verso la finestra, nel buio non si scorgeva nulla, ma sia lui che la ragazza potevano intuire il profilo delle tanto amate colline. Severus prese un profondo respiro, gli occhi velati di malinconia, il cuore tiepido

*

Emma si stiracchiò piano e con piacere e Wolland, come al solito, saltò pigramente giù dal suo stomaco. 
 Fuori, nonostante oramai la primavera fosse inoltrata, il cielo era di quel grigio plumbeo che sapeva di pioggia o, forse, di temporale. Ad Emma piaceva quel tempo brullo e selvaggio, forse ancor più del sole caldo che, negli ultimi giorni, aveva fatto capolino dalle nuvole, illuminando persino la cupa strada fronte a casa.
 La ragazza spinse lontano le lettere a cui aveva appena risposto, Ginny Weasley nell'ultima aveva scritto ben sette volte il nome di Harry Potter, dichiarando però che non le importava quasi più del ragazzo e che si sentiva forte e indipendente. 
L'emoor sorrise piano sotto i baffi a quel pensiero. 
 “La signorina ha fame? Ha bisogno di qualcosa?” chiese Glimpsy comparendo al suo fianco.
 “No, grazie Glimpsy.” disse lei con gentilezza, accarezzando la zucca della creatura.
“La signorina è pensierosa.”
 La ragazza scosse lentamente il capo, stirando un sorriso e sfuggendo allo sguardo indagatore dell'elfo. Si sporse in avanti, afferrando il libro di Astronomia che aveva abbandonato sul pavimento e cercò di concentrarsi con scarsi risultati. 
Ogni trenta secondi, infatti, controllava l'orologio e la porta di ingresso, agitandosi sempre di più: Severus stava tardando. Di nuovo.
 
Rubrick, il gufo si avvicinò svolazzando e si posò sulla sua spalla. Emma sorrise all'animale e prese distrattamente della granella, offrendogliela sul suo palmo, gli occhi ancora rivolti all'ingresso

*

Come si chiama il Gufo?” chiese la ragazzina con un sorriso e Piton corrugò la fronte, cercando di concentrarsi sul libro che stava leggendo.
 “Non si chiama”
 “Ma Sev! È una cosa molto triste e se ti vuoi riferire a lui?”
 “Gufo è una parola estremamente utile... Se ho bisogno di lui lo chiamo gufo.”
 
Ma povero”
 
Non si è mai lamentato” disse secco l'uomo.
La ragazzina gli diede le spalle e osservò con dolcezza l'animale.
“Ti piacerebbe un nome?” sussurrò.
 L'uccello la guardò allegro, gonfiando tutto il petto piumato.
 “Sì, vero? Che ne dici di Rubrick? Ti piace Rubrick, Sev?”
 “Delizioso” rispose lui con aria schifata, ma l'emoor rise divertita

*

Emma sorrise amara a quel ricordo, quando ancora lei e Severus sembravano aver trovato un loro equilibrio.
 “Signorina” la chiamò l'elfo, mentre ancora la scrutava attento “è ancora preoccupata per il padrone?”
Lei strinse le labbra indecisa se dire la verità.
 “Non trovi che Severus sia... più freddo, Glimpsy? Diverso.”
L'altro fece ciondolare le braccia, aggrottando la fronte concentrato.
  “Dopo l'altra sera?”
L'emoor annuì “Sì esatto, dopo l'altra sera”
“Non saprei signorina” disse l'elfo contrito “Il signore è sempre stato un po' brusco. Ultimamente il suo umore era straordinariamente buono. Forse è solo tornato sé stesso”

*

Severus era in ritardo. In spaventoso ritardo.
 “Non ha mai tardato da quando sono qui” sussurrò Emma, camminando avanti e indietro davanti alla porta d'ingresso e Glimpsy, un grembiule da cucina a fiori stretto in vita, aprì un paio di volte la bocca per controbattere, ma smise subito rendendosi conto che la ragazza sembrava ascoltare.
 
Deve essere successo qualcosa”
Signorina il signore spesso ritarda”
 
Non da quando vivo qui.” ripeté lei nervosa.
 Severus si era sempre preoccupato di avvisarla le rare volte che aveva avuto un contrattempo, ma quella sera non era arrivato nessun gufo e nessun Patronus a forma di cerva, nessun messaggero aveva bussato alla porta, né il volto del tutore era apparso nel camino. Severus era semplicemente scomparso. Da ore. Ed Emma man mano che i minuti passavano si sentiva sempre più in ansia.
 Poteva essere successo qualcosa? Poteva essere Sirius Black?
 Si addormentò sfinita quando erano ormai le quattro del mattino e circa mezzora dopo Severus varcò la porta d'ingresso.
L'emoor sentì il rumore dei passi dell'uomo e si svegliò di scatto, spaventata, la bacchetta subito in pugno, trovandosi però di fronte il volto contratto di rabbia del tutore magico, gli occhi terribilmente lucidi e pieni di vendetta che brillavano nella penombra della stanza.
 “Severus?” mormorò spaventata.
 
Vai a letto, Emma”
 
Sev, ma io ti aspettavo” disse confusa, riemergendo lentamente dal torpore del sonno e ricevendo dall'uomo un'occhiata sdegnata. 
 “Nessuno ti ha chiesto di farlo. Sparisci dalla mia vista.”
Cos'è successo?” insistette lei, testarda e il tutore, esasperato, la prese con stizza per la manica della felpa e la spinse verso la sua stanza.
 
Perché voi teste di legno non ascoltate, mai? MAI!” grido, rauco e terribilmente ferito “Credete sempre di essere più furbi e vi infilate nei peggiori guai. COSTANTEMENTE! Perché non c'è un po' di rispetto per chi ci è già passato? E quell'idiota di Silente che vi da anche ascolto!”
 Emma lo guardò confusa, ma non riuscì a dire nulla perché il tutore, furente, si era già allontanato, dirigendosi a passo svelto verso la sua stanza e quando chiuse con rabbia la porta dietro di sé, lasciandola in piedi da sola nel salotto deserto, l'emoor sentì il cuore battere forte e poi farsi gelido.



*Angolo autrice*

Eccomi qui :)

Capitolo lungo. Originariamente doveva terminare all'asterisco poco sopra, ma molti hanno espresso l'insostenibile voglia di vedere Emma andare ad Hogwarts e ho scelto quindi di spezzare il capitolo successivo in due accorpandolo.
In questo modo al posto che 2 capitoli alla tanto attesa partenza ne mancherà solo uno!

Adoro il rapporto che c'è tra Emma e Severus, è evidente che Emma si è molto affezionata al tutore, ma anche che Severus si è davvero legato alla ragazzina, anche se però non lo ammetterebbe mai e senza tra l'altro smettere di essere il burbero e rigido professore di pozioni che conosciamo. 
Mi è piaciuto descrivere sia le parti buone che i momenti di tensione tra i due nel prossimo capitolo andremo un po' più a fondo. 
Questo periodo e questo legame molto forte tra i due è la base di molte cose che succedereranno in futuro.

Altro aspetto che ho amato inserire è Emma che pasticcia con l'inchiostro come una qualunque ragazzina, diciamocelo, le piume sono affascinanti, ma le biro molto più comode. Mi sembrava carino il fatto che nonostante l'innegabile talento Emma mantenesse degli aspetti goffi e buffi.

Per darvi un po' di aiuti sulla timeline temporale: 
Emma si è trasferita da Severus a inizio marzo e alla fine del capitolo, siamo a inizio luglio.
Generalmente quando scrivo in corsivo si tratta o di lettere ricevute dai personaggi o di spezzoni avvenuti nel passato rispetto alla narrazione.
L'ultimo evento citato in corsivo, il ritorno notturno di un agitato Piton, è avvenuto tra la notte del 9 e il 10 giugno. 
I più preparati sapranno che momento della storia è. 

Ho inserito poi Remus Lupin che conosceremo meglio molto più avanti nella storia. 
è uno dei miei personaggi preferiti e sono fermamente convinta che se le cose fossero andate diversamente lui e Piton sarebbero potuti essere degli ottimi amici, a volte vedrete che strizzo l'occhio a questa teoria. 

Vi aspetto nelle recensioni. 
Grazie mille a tutti voi che state seguendo la storia.



Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Colline ***



.Colline.

 

 

Vivere a Spinner's End non era mai stato semplice, anzi erano stati lunghi mesi in cui, più volte, Emma aveva provato una terribile soggezione. Severus Piton era un uomo complesso con cui dividere il proprio tempo, nervoso e schivo, come le aveva detto Silente fin dall'inizio, ma era anche profondamente leale e intelligente e lei era stata contenta, in fondo, della sua decisione di andare a vivere con lui, rompendo la solitudine di cui sembrava essersi avvolto. 
 La ragazzina si era infatti abituata all'umidità e alla penombra di quella casa che conosceva ormai come le sue tasche, al vivace chiacchiericcio dell'elfo domestico che trafficava in cucina e, soprattutto, a quegli occhi scuri e fuggenti di Piton, così terribilmente feriti. Si era abituata anche al sarcasmo, alle risposte brusche e ai lunghi silenzi ed era arrivata persino ad amare alcuni dei preziosi momenti passati con il suo tutore e insegnante.
Per Emma quell'uomo, a tratti gelido e scostante, era diventato un appoggio fondamentale, a cui ormai non sapeva rinunciare.
Era un sorta di mentore a cui fare riferimento, un genitore surrogato e, in qualche modo forse, un amico. Fino a quella notte, ovviamente, la notte dove tutto era cambiato e, anche se Emma non lo avrebbe mai ammesso, Severus le mancava terribilmente.
 Perché Piton, da quella notte, non era più solo brusco e freddo, ma aveva anche smesso di parlarle, o anche solo di considerarla.
Il massimo che Emma poteva ottenere da lui era solo un occasionale sguardo ferito, scortese e cupo. Forse la ragazzina avrebbe potuto affrontarlo, prendendolo di petto, o di sorpresa, chiedendogli ferma il perché di quel comportamento assurdo, ma Emma sfortunatamente non era particolarmente coraggiosa, o istintiva, lei amava studiare i problemi a fondo, cercando di capire i pro e i contro prima di decidere di andare all'attacco e questo non era il caso. 
Il terrore di peggiorare la precaria situazione con Severus le aveva impedito anche solo di osare chiedere delle informazioni e rimanere quindi semplicemente in attesa, speranzosa che qualcosa cambiasse, osservando la rabbia e il dolore crescenti che sembravano aver trasfigurato il volto dell'uomo, era la sua unica valida opzione.
Le aveva pensate tutte, persino che non si trattasse di Piton, ma di qualcuno sotto Polisucco, ma non aveva trovato una conferma reale alle sue teorie e aveva rinunciato anche all'idea di chiamare Silente, decidendo che quella era una situazione che avrebbe dovuto risolvere da sola e che riguardava soltanto lei e Severus. 

 Con un sospiro Emma si alzò dal divano e raggiunse la cucina, trascinando i piedi con aria affranta. Glimpsy, le fece un piccolo inchino vedendola, agitandosi poi intorno ai fornelli, mentre caracollava sulle corte gambe per preparare la cena. Emma lanciò lui uno sguardo pieno d'affetto: l'elfo era rimasta l'unica certezza di quella casa, sempre allegro ed entusiasta e soprattutto gentile.
Dalla finestra della cucina le colline erano immobili e insensibili ai suoi tormenti, bellissime, in contrasto con quel cielo brullo che le faceva sembrare d'un verde ancor più brillante. Severus le aveva promesso che l'avrebbe portata lassù qualche tempo prima, quando le cose andavano ancora per il meglio, quando lui era ancora il suo Severus. Il suo Severus. Qualcosa tremò sotto il suo sterno.
Una morsa di panico le strinse i polmoni schiacciandoli inesorabilmente e mozzandole il respiro per la rabbia. Emma non capiva perché stesse scontando quella punizione, quando era piuttosto certa che lei non c'entrasse nulla con il cambiamento del tutore, strinse le labbra nervosamente, assaporando quella sensazione di ingiustizia e sentì che le stava passando la fame.
La voglia di ripagare Piton con la stessa moneta in maniera subdola e sicuramente molto Serpeverde, la fece alzare di scatto, prendere Glimpsy per mano e trascinarlo con sé verso la libreria. Si era ricordata di una frase che il tutore le aveva detto la prima volta che era arrivata lì e le aveva mostrato la sua camera: “Le protezioni imposte alla tua stanza non consentono l'accesso a nessuno se non a te”
 
L'emoor non chiudeva il passaggio da mesi ormai, non ne aveva trovato il motivo, si sentiva al sicuro lì e si fidava di Severus, ma sotto lo sguardo stranito dell'elfo, inalando più aria possibile, afferrò il vecchio legno e fece ruotare la libreria con decisione. La stanza sembrava più strana così chiusa, quasi claustrofobica.
 “Signorina, se vuole spiegare perché...” tentò Glimpsy.
 “Mi sono stufata” disse lei.
“Stufata?” chiese l'elfo perplesso.
 “Sì stufata. Severus non ha diritto a trattarmi così. Sa benissimo che è l'unica persona con cui ho contatti e mi sta rendendo la vita un'inferno. Se ha problemi adolescenziali con Black, o chiunque altro si dovrà arrangiare! Che si sforzi di chiedere scusa, io non gli parlerò più fino a quel momento.”
 Glimpsy sbatté le palpebre perplesso ed Emma, davanti a quell'espressione stralunata, si rese conto di essere stata forse fin troppo enfatica in quella piccola vendetta, ma era decisa a dimostrare a Piton che lei non era una testa di legno e che lui non poteva trattarla come tale. 
Aveva messo molto in gioco per lui, aveva imparato ad apprezzare le piccole dosi di sé stesso che lui decideva di concederle, senza per altro chiedere nulla di più ed era ora che Piton facesse lo stesso sforzo.
 “Signorina” disse l'elfo con tono dolce, dondolando sui talloni “sono certo che le cose si sistemeranno”
 Emma invece non era affatto sicura, ma non era più disposta ad aspettare, né abbastanza coraggiosa per affrontare il tutore apertamente, sapeva però, se lo conosceva un poco, che la libreria così chiusa sarebbe stata un messaggio forte per lui. 
 La ragazza si svestì e si infilò una tenuta notturna larga e fresca, sorridendo un'ultima volta a Glimpsy, che sembrava sorvegliare ogni suo movimento con occhi attenti, poi si infilò sotto il lenzuolo e chiuse gli occhi. Un attimo dopo si addormentò, esausta.

. . .

Severus tornò a casa molto tardi come ogni sera ormai. 
 Stanco, arrabbiato, deluso
. Si era fermato ai 'Tre manici di scopa' e aveva bevuto ben tre bicchieri di Whiskey incendiario, da solo, rifiutando con veemenza anche la compagnia che Silente gli aveva offerto. Non amava particolarmente l'alcool fine a sé stesso, a meno che non fosse pregiato, Severus Piton non amava nulla che gli facesse perdere il controllo in realtà, ma questa volta era stanco.
Black, era incredibile come quel maledetto mago l'avesse fatta franca, di nuovo e lui non solo aveva dovuto rinunciare a un Ordine Merlino prima classe, ma si era trovato per l'ennesima volta battuto, dimenticato e ridicolizzato. 
 Piton aprì la porta di casa con un gesto secco, appena trattenuto per non spaventare la ragazzina. 
La ragazzina. Severus si era accorto del suo sguardo allibito, delle sue sopracciglia aggrottate, della sua aria spaesata. Sapeva che il suo comportamento agli occhi di lei era assolutamente inconcepibile. Al diavolo! 
Era stato Silente ad affidargli quello stupido incarico di tutore, quello stesso Silente che ora proclamava Black innocente, quello stesso Silente che gli aveva tolto tutto più di una volta nella vita. 
 La ragazzina poteva aspettare, avrebbe avuto le sue spiegazioni a tempo debito, se tanto le desiderava.
 Severus attraversò il salotto verso la sua stanza, stupendosi solo vagamente dell'assenza di lei. Dalla notte in cui era tornato a casa furente per la fuga di Black, il professore aveva sempre trovato Emma ad aspettarlo, addormenta, o peggio, ferma immobile sulla sua poltrona, un libro tra le mani e gli occhi, che nonostante le loro ombre avevano un qualcosa che gli ricordava tremendamente Lily, che lo scrutavano attenti e indagatori in cerca di una risposta.
 “Si è decisa ad andare a letto” borbottò tra i denti irritato e fu allora che, lanciando uno sguardo distratto verso la stanza dell'emoor, si accorse della libreria. 
Era chiusa.
 
L'uomo si bloccò, osservando per un lungo istante i libri che, immobili e pieni di polvere, occupavano le mensole. 
 Emma non aveva mai chiuso il passaggio, perché Emma si fidava di lui e quel muro calato tra lui e la ragazzina, 
quel rifiuto, quell'ostacolo insormontabile lo scosse profondamente.
 Severus Piton non avrebbe mai ammesso ad alta voce di essersi affezionato ad Emma O'Shea, né avrebbe ammesso a sé stesso di averle inaspettatamente permesso di far breccia nel suo cuore di pietra e di legarsi ai suoi ritmi e alla sua quotidianità. 
 Non avrebbe mai ammesso 
con nessuno, quanto Emma fosse brillante e quanto lo avesse stupito con il suo acume e la velocità con cui aveva imparato a usare il sarcasmo, ma quel muro di libri inaspettato abbatté tutti i suoi preconcetti e lo mise di fronte a una consapevolezza dolorosa, che strisciante si fece strada in lui: la ragazzina non si fidava più di lui. 
La ragazzina si era infine stancata del suo atteggiamento. Quella stessa ragazzina a cui aveva insegnato ogni cosa, che aveva visto giorno dopo giorno impegnarsi, che lo aveva sfiancato con le sue domande, stupito con la sua intelligenza e sciolto con quei sorrisi e che era entrata prepotentemente nella sua solitudine, obbligandolo a tenere a bada il rancore, il sarcasmo e il dolore, aveva scelto infine di innalzare un muro tra loro. Forse troppo ferita da quell'uomo freddo e insensibile che Severus sapeva di essere.
 La straziante rivelazione fece breccia dentro di lui e liberò il dolore che fino a quel momento era rimasto a bada, dietro ferite solo superficialmente curate. La sensazione di fallimento e solitudine lo  pervase, mentre i suoi occhi scuri si riempivano di panico.
 Severus si piegò su sé stesso e crollò a terra, conscio del fatto che nessuno poteva sentirlo, né vederlo e lasciò libere le lacrime che sciolsero impietosamente la sua maschera di facciata.
 
Ucciso da una ragazzina. Non da Lord Voldemort, ma una ragazzina.
 Ho Fallito. 
Sei troppo solo, Severus.
 
Ho fallito. Sei troppo solo, Severus.
 
Ho fallito. 
 T
u non mi lasci uscire perché hai paura che un lupo mannaro mi attacchi?
 
In mezzo alle lacrime, spuntò un sorriso.

. . .

Emma aprì gli occhi. Si sentiva accaldata e appiccicosa, scostò le coperte e incontrò lo sguardo di Glimpsy.
 “Ho bisogno di una doccia.” borbottò.
 Si mise seduta e si stiracchiò, sentendo con piacere i muscoli che si risvegliavano, poi raggiunse il bagno, strofinandosi gli occhi ancora pieni di sonno, si spogliò e si infilò sotto il getto freddo dell'acqua.  Uscì ancora gocciolante una manciata di minuti dopo, avvolgendosi nell'accappatoio e frizionandosi i capelli con un asciugamano. 
Si vestì velocemente e perse tempo a districarsi le ciocche di capelli davanti allo specchio e a osservare i boccoli che si definivano man mano che la chioma si asciugava. 
 La mancanza di vita all'aria aperta non l'aveva peggiorata, fortunatamente non aveva il colore giallognolo delle persone che vivono nell'oscurità, ma la sua pelle aveva assunto un pallore quasi nobile su cui risaltavano però, qua e là, le sue rade lentiggini. 
 La ragazza storse il naso e tornò in camera, Glimpsy la aspettava alla libreria e sembrava particolarmente di buon umore.
 “La signorina ha finito di prepararsi?”
Emma si guardò ansiosamente intorno in cerca di qualcos'altro da fare senza trovare nulla di convincente. La verità era che aveva tremendamente paura di aprire la libreria e affrontare il tutore. 
Non sapeva quanto sarebbe riuscita a resistere all'idea di portare avanti un atteggiamento freddo e risoluto e quando aprì il passaggio contrasse un'espressione il più possibile severa sul viso, la mandibola tesa, come se fosse pronta ad attaccare, ma subito tentennò e fece incrinare quella smorfia da dura, quando si trovò di fronte il tutore che la aspettava di fronte all'uscita.
Piton era vestito come se stesse per andare a scuola e visibilmente sconvolto. Sul viso pallido, le guance erano chiazzate di rosso e negli occhi frementi, lucidi e profondi, c'era una luce che non ricordava affatto il fantasma che l'uomo era stato in quei giorni.
 “Emma.” la voce era rauca.
“Severus” sussurrò lei guardandolo “ben tornato” Una constatazione.
L'uomo chinò leggermente il capo prima di parlare.
 “Preparati, andiamo sulle colline”
La ragazza spalancò gli occhi “Davvero?”
 “Da quando dico cose inutilmente?”
 “Le colline” mormorò la ragazzina.
Emma sorrise piano, ancora confusa corse nella stanza guardandosi intorno per decidere cosa prendere, alla fine afferrò la macchina fotografica, regalo di Silente e corse fuori così come era, le tennis distrutte, i capelli umidi e un insensato sorriso sulle labbra.
Severus era tornato.

. . .

L'emoor quasi non si accorse della via umida e buia, né degli sguardi attenti e arcigni dei suoi abitanti. Camminava a testa alta, a fianco di Severus, con un sorriso stupito che le illuminava il volto. 
Di tanto in tanto, gettava occhiate curiose all'uomo, che ora sembrava di nuovo il composto e ironico Severus di sempre e il suo cuore rallentava il battito, sereno. Entrarono nella via in cui si erano smaterializzati la prima volta più di quattro mesi prima, scavalcarono il muretto che delimitava il vicolo scuro e una volta attraversata una strada sterrata malridotta, furono sull'erba.
L'emoor venne presa subito da una strana adrenalina e aumentò il passo per cominciare a correre, ma Piton la precedette e la trattenne per un braccio “Aspetta” disse laconico e distaccato, ma Emma pensò che fosse comunque mille volte meglio del silenzio quasi assordante di quei giorni e ubbidì senza fare domande.
 Per un po' non fecero che camminare tra le dune erbose. 
 Era un posto stupendo, ancora meglio di quello che l'emoor si fosse immaginata in quei mesi: tutto era di un verde ondeggiante e intenso e qua e là sull'erba apparivano spruzzi di fiori gialli e rosa.
 L'uomo vestito di nero con il suo mantello svolazzante e la ragazzina, che saltellava allegra, avanzavano lì in mezzo.
 Solo quando furono ai piedi di una collina particolarmente ripida, Severus si fermò. Alle loro spalle si potevano ancora vedere da lontano le case grige e tristi di Spinner's End e la fabbrica con i suoi pinnaccoli fumanti e grigi.
 “Sfogati” borbottò Piton con una smorfia, gli occhi distrattamente rivolti verso la cima della collina ed Emma lo guardò in volto per un istante, come per sincerarsi delle sue parole e poi, finalmente, gridò contenta e si lanciò verso la cima, le braccia spalancate, con le punte delle dita che sfioravano l'erba alta, ridendo come una bambina mentre svuotava i polmoni di tutta la polvere respirata. 
 Corse fino a quando non sentì la pancia tirarle per lo sforzo, si fermò a metà salita e si voltò, guardandosi intorno e ammirando il contrasto tra il grigio del cielo con il verde delle colline.
 L'emoor abbassò lo sguardo verso il tutore che  avanzava lento con il capo chino, il lungo mantello che anche in quella giornata coperta ma afosa, sventolava nell'aria leggera. 
Le spiegazioni e i chiarimenti potevano attendere, per una volta.
 “Severus, avanti!” gridò la ragazzina e Piton alzò lo sguardo verso di lei e gli occhi neri si illuminarono nel vederla lì in piedi, il sorriso largo, i capelli con le loro sfumature ramate che giocavano con il vento caldo, la pelle chiara illuminata dal sole timido e gli occhi lucenti e pieni di soddisfazione. 
 Le labbra sottili dell'uomo si incurvarono appena in una smorfia dolce che Emma, troppo lontana, non colse.
 “Dai, Sev!” gridò ancora la ragazzina, poi si lanciò indietro lungo il pendio, tornando verso di lui e quasi lo travolse senza riuscire a fermarsi, tanto andava veloce. 
Piton si irrigidì, come faceva a ogni contatto umano che sarebbe stato considerato normale tra persone che avevano condiviso la stessa casa per mesi, ma afferrò la ragazzina al volo prima che si ribaltasse.
 “Sta attenta!” disse brusco anche se lei non sembrava  minimamente ascoltarlo, tanto sorrideva felice.
 “Su Severus! Come sei lento! Non vedi che è stupendo qui? Avanti!” disse, tirandolo insistentemente per un braccio.
“Sei proprio una bambina, Emma.” sputò il tutore e l'emoor si fermò improvvisamente seria, ispezionando il volto aspro di lui e alzò un indice, puntandolo dritto sul suo petto. 
 “Oggi non ho intenzione di arrabbiarmi, di sentirmi in colpa, né di farmi influenzare in qualsiasi modo dal tuo terribile umore e pessimo carattere! Sto aspettando questo giorno da mesi, Severus e tu non riuscirai a smontare le mie aspettative in nessun modo” disse e aveva un'aria corrucciata che stonava sul suo volto giovane e faceva quasi sorridere, ma Piton non pensò nemmeno per un attimo di contraddirla, così che, una volta controllato l'effetto del suo discorso sull'uomo, Emma stese le labbra in un sorriso.
 “Sembri proprio una Grifondoro...” borbottò lui contrariato.
 “Davvero? Dici che finirò lì?” chiese lei curiosa.
 “Spero proprio di no!” 
Si lanciarono uno sguardo quasi complice, forse entrambi stupiti di come le cose, dopo giorni di silenzio, fossero tornate come prima, o forse meglio di prima. Poi l'emoor lo afferrò per la mano e cominciò a tirandoselo dietro lungo il pendio. 
 Correvano entrambi sul fianco della collina, il vento in faccia, il profumo dell'erba che pervadeva l'aria, il dolore alle gambe per la fatica. Emma lasciò la mano a Severus solo quando fu certa che l'uomo la stesse seguendo e aumentò la velocità. Sentì un ronzio e si stupì quando, alzando lo sguardo ci fu uno scatto e si accorse che la sua macchina fotografica galleggiava a mezz'aria. 
Tese le braccia e lo strumento cadde gentilmente tra le sue mani. Le aveva fatto una foto. L'emoor sorrise e riprese a camminare.
 Arrivò in cima, Severus la raggiunse con il fiato corto dopo un istante, la corsa lo aveva fatto arrossare e i capelli neri erano scompigliati dal vento. Per un attimo sembrò più giovane e spensierato, ma subito cercò di ricomporsi, irrigidendo la schiena.
“E ora dove andiamo?” chiese lei.
 “Ora, se per una buona volta stai in silenzio, ti porto in un posto.”
Emma fece per chiedere qualcos'altro, ma si zittì.

. . .

Il bosco era più grande e folto di come lo immaginava. 
 Gli alberi erano quasi tutti faggi che, maestosi con il loro tronco grigio argento, gettavano sprazzi d'ombra con le loro foglie chiare.
 Tutto sembrava argento e oro e il sottobosco era pieno di folti cespugli, mentre tra i rami piccoli uccelli spiccavano brevi voli. 
 C'era uno pacifico silenzio ed Emma si incantò a guardare uno scoiattolo che si arrampicava agile su un tronco, tanto che, quando Severus, che camminava qualche passo davanti a lei, si fermò di colpo, l'emoor rischiò di andarci a sbattere contro, ma si frenò appena in tempo e sbirciò oltre la spalla dell'uomo.
 Fu difficile non spalancare la bocca per lo stupore, Emma si sentiva come una bambina che viene portata in un castello da favola,
 Era una radura circolare, in mezzo alla quale scorreva gorgogliando un ruscelletto argentato, gli enormi faggi con i loro rami e le loro foglie formavano una sorta di cupola che lottava con il sole per concedere un po' di frescura, creando giochi di luce ed ombra e il suolo pareva completamente rivestito di muschio verde dall'aria eccezionalmente soffice.
 “Ma è favoloso!" sussurrò lei, superando Severus ed entrando nella radura con passi e movimenti misurati.
 Era un posto particolare che sprigionava un'aura quasi sacra e non voleva inquinarlo con rumori, o movimenti troppo bruschi. Severus la seguì e poi la precedette sedendosi sul terreno muschioso e soffice e facendole un cenno affinché lo imitasse. 
 Per un lungo momento ci fu solo silenzio ad avvolgerli, ma a spezzarlo fu inaspettatamente il professore.
 “Credo” disse cauto “di dovermi scusare”
 Guardava dritto davanti a sé, tra gli alberi e aveva i lineamenti induriti in una smorfia contratta, come se quell'ammissione gli costasse un tremendo sforzo.
 “Per cosa?” chiese pacata Emma.
L'uomo sbatté le palpebre stupito dalla domanda.
Non era già abbastanza chiaro il motivo delle sue scuse?”
 “
Per essermi comportato deplorevol...”
 “No” lo interruppe lei “non voglio sapere perché mi chiedi scusa, mi sembra ovvio, voglio sapere perché ti sei comportato così. Perché, dopo tutti questi mesi, non ti sei fidato di me per dirmi che cosa stava succedendo? Ho avuto paura del tuo atteggiamento, Sev e mi sono sentita davverp molto sola.”
 L'uomo scostò il suo sguardo dagli alberi per osservare gli occhi quieti e in attesa della ragazza. Sembrava minuscola accovacciata lì per terra, eppure ferma e coraggiosa. 
Le doveva delle spiegazioni.
 “Non è così semplice, Emma.” esalò.
 “Provaci.” ribatté velocemente lei, inarcando un sopracciglio e lui si tese, chiaramente a disagio, prima di decidersi a parlare.
 “D'accordo. Ci provo” disse e sembrò ragionare in cerca delle parole giuste “Tu... Sei giovane, Emma, ma credo tu già sappia che la vita non sempre è giusta. Può essere anche piena di delusioni e spesso, anche di dolori e rimpianti.”
 Si zittì per un secondo più a lungo, lasciando quella frase in sospeso e facendo accigliare l'emoor che ne avvertì l'amarezza.
 “C‘entra qualcosa con Sirius Black?” chiese. 
 Non sapeva perché, ma aveva quella netta sensazione e vedendo lo sguardo stupito di Severus, capì che la sua ipotesi era corretta.
 “Sì, in questo caso Black centra.” ammise il tutore.
Emma non si scompose e lo esortò a continuare. 
Lui sospirò.
“Ti ho già accennato dei nostri dissidi, diciamo... 
giovanili. Io e Black eravamo due opposti. Lui era affascinante e vincente, io scuro e schivo. Ti lascio immaginare per chi tifavano gli altri studenti. Non che io fossi un santo, intendiamoci, ma lui era proprio un bullo. Non perdeva occasione di deridermi e io detestavo quella brillante sicurezza che aveva, quella sottile cattiveria rivolta a chi era fuori dalla sua cerchia. Era popolare, ricco, arrogante e mi ha reso la vita difficile ad Hogwarts insieme ai suoi amici.”
 “Mi dispiace Sev” mormorò l'emoor.
 “Non importa.” disse secco l'uomo “Non è certo il motivo per cui lo odio tanto. Eravamo ragazzini al tempo, facevamo scherzi pericolosi e avventati, ma finita la scuola sono cominciati davvero i tempi bui.”
 “La prima guerra, giusto?” chiese l'emoor e Severus annuì. 
 “Esatto. Io ero giovane e sperso al tempo. Non avevo più i genitori da poco e nel tentativo di trovare il mio posto nel mondo avevo preso una strada molto oscura, ma per la prima volta, qualche anno dopo la scuola, stavo cercando di prendere scelte più 
giuste, ma, proprio quando tutto sembrava essere pronto ad aggiustarsi, Black si è macchiato della più terribile delle colpe, in particolar modo per un borioso Grifondoro.” sibilò, facendo una smorfia tesa come se si sforzasse di trattenere il disgusto.
 “Cosa fece?” domandò l'emoor curiosa, il cuore stretto nel sapere che Piton era stato bullizzato da ragazzo. 
 Era 
evidente che l'uomo non fosse un chiacchierone e non le aveva mai raccontato nulla del suo passato e forse la ragazzina cominciava a capire perché: erano ferite troppo fresche e ancora aperte.
 “Cosa fece, Sev?” insistette, davanti al silenzio dell'altro.
 “Tradì i suoi amici” sussurrò Severus, improvvisamente triste “e per questo io volevo vendetta.”
 L'emoor sbatté le ciglia perplessa, cercando lo sguardo di lui. 
“Perché vendetta? Perché lui era andato contro i precetti di Grifondoro? Credevo tu odiassi quella Casa.” gli fece notare con espressione seria e Severus deglutì, distogliendo lo sguardo.
 “No, naturalmente non è per questo che volevo vendicarmi. Non mi importa nulla dell'onore Grifondoro, ma ti ho già detto che mi ha reso la vita impossibile per tanti di motivi.” disse svelto, nervoso.
 “Ok” ribatté l'emoor, che sapeva che insistere sarebbe stato inutile “Avevate un pessimo rapporto, ma quindi?”
 
Quindi, la notte che mi hai visto tornare a casa infuriato era a causa di un fatto molto grave: Black era riuscito a eludere la sorveglianza di Hogwarts. Non era la prima volta, qualche mese fa ha tentato di aggredire Harry Potter nel suo dormitorio, ma quella sera ha seguito di nuovo il ragazzo e i suoi due amabili compari Hermione Granger e Ronald Weasley nel parco. Quei tre avevano  pensato di andarsene in giro fuori dal castello di notte...”
 L'emoor trattenne a stento un sorrisetto, perché quel che diceva il  tutore in quel momento, andava perfettamente in accordo con le descrizioni del Golden trio che Ginny le faceva nelle sue lettere.
 
Ho voluto aiutarli” riprese Severus assorto “e il risultato è stato non solo che Black è fuggito, scampando per un pelo a una giusta punizione, ma Silente ha iniziato a proclamarlo innocente, Potter e gli altri due ancora una volta sono su un podio dorato e io...”
 Il racconto sembrava pesargli moltissimo ed Emma istintivamente carezzò lui la schiena e avvertì i muscoli dell'uomo distendersi leggermente a quel contatto. 
 Aveva fatto caso al tono sprezzante che Piton aveva usato nel nominare il fratello di Ginny e gli altri due studenti di Grifondoro e ne era solo vagamente stupita, prendendo atto del fatto che, evidentemente, l'odio che l'uomo provava per la Casa rosso ora era più acre di quanto si fosse aspettata.
“Sono stato ridicolizzato” sibilò Piton, con sguardo cupo, mostrando finalmente un po' della rabbia che provava “Quando ci sono di mezzo i Grifondoro è sempre così. Sono stato umiliato e messo da parte, una volta di più ed è stato semplicemente troppo. Ho perso il controllo: mi sono vendicato.”
 “E ti sei sentito meglio?” domandò Emma e Piton scosse la testa, chiaramente frustrato. 
 “Mi sono vendicato sulla persona sbagliata, Emma. Qualcuno che non le meritava. Credimi, Silente non l'ha presa bene.” 
 “Ma se Black è ancora libero perché io sono fuori da casa?” chiese piano la ragazzina, la fronte aggrottata.
 Severus serrò la mandibola, visibilmente infastidito. 
 “Perché, nonostante tutto, sono costretto ad ammettere che Silente ha ragione: 
Black è innocente. Non su tutto, chiaro, rimane comunque un maledetto cane, ma è stato evidentemente vittima di un terribile malinteso..” sibilò, aggrottando le sopracciglia “quindi a causa di questo malinteso pare che lui sia assolutamente innocuo e né tu né Potter, per ora, correte alcun pericolo”
 “Oh” fece la ragazzina stupita, prima di scrollare le spalle e dire in tono gelido “Ricordami solo di affatturarlo allora, se mai mi capiterà mai di conoscerlo”
 Piton la guardò stupito ed Emma spalancò gli occhi in risposta.
 “Che c'è da guardarmi così? Potevo venire qui a studiare ogni pomeriggio al posto che stare chiusa in casa, potevo uscire e se non ho potuto farlo e tutta colpa di quel 
Black, no?”
 Severus rimase interdetto per qualche secondo, ma poi scoppiò a ridere di gusto ed era una visione strana: Severus Piton che rideva. Rauco e istintivo, il volto contratto e aspro di un poco più dolce.
 “Così ti voglio, proprio come...” si bloccò di colpo e la guardò, mentre Emma lo rimirava incantata. 
Era la prima volta che Severus rideva apertamente davanti a lei e nonostante un qualcosa di rancoroso e sarcastico aleggiasse ancora nella radura, quella era stata una risata vera.
 L'emoor si riscosse “Come chi sono?” chiese.
 “Come me” si affrettò a rispondere l'altro “proprio come me.”

Rimasero a lungo in silenzio, poi all'improvviso Severus si alzò facendole cenno di non scomodarsi e uscì dalla radura. 
 La ragazza si mise sdraiata a pancia in su e rimirò il cielo che si intravedeva tra le foglie, ora più azzurro che mai, mentre cercava di ragionare su quel che le aveva raccontato il tutore, ma, per quanto si sforzasse, non riusciva a immaginarsi Severus da ragazzo, mentre litigava con l'uomo sofferente che aveva visto sulla locandina di Hogsmeade, era qualcosa di troppo strano e distante da lei.
 Ancora assorta, sentì i passi del tutore che tornava, evidentemente impacciato da un peso e alzò lo sguardo. Severus aveva le braccia cariche di acqua e cibo “Glimpsy” disse a mo' di giustificazione. 

 Sparsero quel delizioso banchetto a terra e fecero colazione.
 “Severus?”
“Si?” chiese distratto.
 “Chi è la persona contro cui ti sei vendicato, sbagliando?”
 “Il professor Lupin.” disse incerto lui, curvo sulle spalle, come se temesse una reazione terribile da parte dell'emoor.
 “Il professor Lupin?!” chiese effettivamente sconcertata lei.  
 Ricordava la gentilezza del professore quando era venuto a valutarla, il suo modo di fare affabile e tranquillo che l'aveva messa a suo agio, sembrava tutto, tranne una persona contro cui provare desiderio di vendetta. Severus taceva con aria colpevole.
 “Perché Lupin?!” insistette Emma seria e l'uomo al suo fianco sospirò, osservando arreso.
“Sapevo che ti saresti arrabbiata, perché ti piace quel maledetto di un Lupin, ma l'ho trovato insieme a Black e pensavo fosse suo complice. Ero arrabbiato e deluso e quando Black è fuggito, non ci ho visto più e ho ferito il bersaglio più semplice. Ho detto a tutti che Lupin è un lupo mannaro...” l'uomo trasalì, rendendosi conto di essersi tradito e la ragazza lo additò.
 “Ma allora mentivi! Tu conosci un mannaro! Avevi detto di no”
Piton incassò le spalle, il capo chino sul petto e non rispose e per lungo tempo fu silenzio, poi, come sempre, Emma lo ruppe lanciando all'uomo uno sguardo ancora offeso.
 “Sev?” mormorò.
 “Mmm?” il tono era leggermente dolce.
 “Pensi davvero che io sia una perfetta Grifondoro? L'hai detto spesso in questi mesi, anche se a volte sembra un'accusa”
L'uomo staccò quasi bruscamente gli occhi dal fogliame che si agitava lentamente per guardarla. Poteva diventarlo?
 
Emma non era coraggiosa, ma era testarda, o meglio, cocciuta e ostinata, dedita al sacrificio. Aveva effettivamente degli aspetti da perfetta Grifondoro in sé, ma era anche eccezionalmente acuta e intelligente come il migliore dei Corvonero e c'era in lei qualcosa di dannatamente Serpeverde, soprattutto nella sua capacità di essere abile a manipolare, inconsapevolmente, i sentimenti altrui quando voleva ottenere qualcosa e in quella così fervida preoccupazione per coloro che amava: pochi amici estremamente fedeli. 
 
E suo malgrado Piton doveva ammettere che la ragazzina dimostrava anche la dedizione al lavoro e una profonda lealtà che chiunque avrebbe apprezzato in una vera Tassorosso, ma forse non era così buonaIl cappello parlante avrebbe avuto una bella civetta da pelare con lei. Oh, eccome
 “No, non credo tu sia una perfetta Grifondoro” disse secco.
“Oh” fece lei e sembrava solo vagamente stupita “Beh, allora... in che Casa vorresti che io finissi?”
 “Fai troppe domande, ragazzina”
 Severus distolse lo sguardo dai riflessi ramati di lei, pensando che se a Hogwarts ci fosse stata una Casa con l'ostinazione come caratteristica principale, allora quella sarebbe stata quella perfetta.
 “Avanti, Sev! Non hai nessuna preferenza? Tu eri Serpeverde, no? Non saresti felice se io finissi lì?” sembrava davvero preoccupata per la sua eventuale risposta. L'uomo chiuse gli occhi.
 “Sarò contento comunque, Emma. Non importa in quale Casa finirai. Sarai un'ottima studentessa.”
 “Non dici davvero” ribatté lei e lui arricciò le labbra per trattenere di nuovo un sorriso, che rischiava di sciogliere la sua perfetta maschera di indifferenza e le lanciò un'occhiata veloce. 
“Sicuramente io eviterei di finire in Tassorosso...” disse con una smorfia di profondo disgusto che fece scoppiare a ridere la ragazza.
 “Cedric Diggory invece mi ha detto che gli piacerebbe molto se finissi in Tassorosso” ribatté allegra.
 “Come conosci Cedric Diggory?” chiese stupito lui.
 Emma scrollò le spalle “È un tuo studente?” chiese a ragazzina e Piton annuì, scrutandola attento. 
 “E lui dice che vorrebbe che tu finissi in Tassorosso, eh?”
 “Così ha detto.”
 Le labbra di Severus si piegarono in una smorfia ora perplessa 
 “Detto tra noi i Tassorosso hanno anche buoni intenti, ma nove su dieci sono degli smidollati e dei lecchini dei Grifondoro.”
 “Anche Diggory?”
 “Forse Diggory un po' meno” ammise il professore “Ma la pasta è quella, non sono fatti per eccellere, gli ambiziosi sono i Serpeverde, i perfezionisti invece i Corvonero, i Tassorosso sono ottimi secondi.”
“Meglio quindi Grifondoro di Tassorosso per te?” chiese Emma punzecchiandolo e la smorfia di Piton, che sembrava non riuscire a fare ad alta voce quella ammissione, la fece scoppiare a ridere.


Passarono l'ora di pranzo mangiando di nuovo sull'erba e con stupore dell'emoor fu Piton a cominciare una nuova conversazione dopo parecchi minuti passati in assoluto silenzio.
 “Cos'è l'Aconito?”
La ragazza lo guardò perplessa prima di rispondere.
 “Ehm... un Veleno.”
 “L'Artemisia?”
 “Un ingrediente del 
Distillato di morte vivente”
 “Dove posso trovare un Bezoar.”
 “Nella pancia di una capra.”
 “Con quale incantesimo posso far levitare gli oggetti?”
 “Wingardium Leviosa”
 “Un incantesimo scudo?”
 “Protego”
 “Bene. Trasfigurami questo sasso in un pesciolino” disse serio, mettendogli un sasso bianco e tondo davanti. 
 Emma lo guardò accigliata, ma poi eseguì perfettamente la magia e Piton, dopo aver osservato un solo momento il pescetto saltellante, lo prese per la coda, con delicatezza, e lo gettò nel ruscello.
 “Sev? Cosa significa tutto ciò?”
 “Significa che hai completato il tuo percorso studi in anticipo di un mese sulla tabella di marcia.” rispose soave.
 “Davvero?” chiese contenta Emma.
 “Davvero.”
 “E ora che si fa?”
 “Ora, potrai tornare a casa.”
Per un momento la ragazza si chiese confusamente se dovessero abbandonare la radura per tornare a Spinner's End. Poi capì.
 “Tornare a casa? Ma proprio 
casa casa?”
 “Sì, a 
casa casa." disse lui e la sua voce era incredibilmente acida, ma l'emoor non lo stava ascoltando.
 
Sarebbe tornata a casa. Per una attimo la radura scomparve intorno a lei. Casa. Avrebbe rivisto i suoi genitori, avrebbe potuto parlare con loro e raccontare ogni cosa, ma soprattutto avrebbe rivisto Steph.  
 Gli occhi azzurri dell'amico riemersero dalla sua memoria quasi prepotentemente, Emma non si era resa conto di quanto gli mancassero e con un sorriso instupidito si voltò verso Severus.
 L'uomo però pareva un'ombra scura, in contrasto con il verde e grigio luccicante della radura. Non la guardava e il sorriso morì lentamente sulle labbra della ragazza.
 “Sev... e tu? Che farai quando sarò andata?” chiese e la sua voce era come un sussurro e dolce volò fino all'uomo.
 “Che farò? Tornerò alla mia vita di sempre, Emma. La solitudine è il mio habitat naturale, non te l'ho mai nascosto.”
 “Beh è vero. Ma io? È tutto finito? Sparirà tutto una volta lontana da te?” era un timore infantile, ma legittimo.
 Le ombre sembravano correre sul volto dell'uomo, ma non disse nulla per tranquillizzarla e continuò a guardare di fronte a sé.
 “E la mia stanza?” insistette lei tremante “sparirà anche quella? Come se non fossi mai esistita?”
 Ora l'uomo si girò lentamente verso l'emoor, leggermente accigliato
 “La tua stanza rimarrà lì, potrà essere utile un giorno.”
 “Davvero? Allora potrò tornare?”
 “Non vedo proprio per qual motivo dovresti tornare.” 
Era un risposta secca e vuota, tagliente. Emma sentì quelle parole penetrarla sotto la pelle ferendola. 
Abbassò lo sguardo sul ruscello che continuava a gorgogliare pigro e bellissimo. 
Insensibile. Sentì gli occhi improvvisamente umidi.
 “Sev, tu mi odi?”
 La radura parve farsi più scura e l'eco si impossessò delle parole della ragazzina, facendole rimbalzare lungo i tronchi secolari. 
 Uomo e protetta, si guardavano, ma subito lei abbassò il volto, nascondendolo dietro ciuffi di capelli chiari e si mordicchiò il labbro, 
fragile. Era secoli che Severus non le vedeva fare quel gesto di insicurezza e per un folle attimo desiderò confortarla con dolcezza, dissipando i suoi timori infantili, ma si riscosse quasi subito.
 “Perché mi hai fatto questa domanda, Emma?” la sua voce era piatta e vuota e l'emoor rimase in silenzio, limitandosi solo ad alzare un po' il volto per poterlo guardare negli occhi.
 “Perché mi hai fatto questa domanda?” ripeté lui “Emma! Perché?”
 “Cosa dovrei pensare, Severus? Sembri non veder l'ora di liberarti di me.” sussurrò lei affranta e teneva il mento alto e gli occhi fissi in quelli dell'uomo, mentre parlava, ostentando una sicurezza che non aveva e lui scosse la testa, facendo ondeggiare i capelli scuri e unticci, gli occhi neri frementi, pieni di senso di colpa.
 “Non è così Emma.” sussurrò l'uomo “È vero, non volevo prendermi cura di te, ma perché non mi sentivo pronto per un incarico del genere, ammettiamolo non sono la persona più adeguata a passare il tempo con una ragazzina”
 L'emoor lo guardò corrucciata, il volto contratto “Quindi?” chiese,
 “Non parlare d'odio” disse Severus con voce soffice “Come potrei odiarti?” disse e strinse forte le labbra sottili come per cercare di nuovo le parole più giuste, guardandola di sottecchi “Tu, Emma, sei la cosa più inaspettata che mi sia capitata, ma sei una cosa bella. L'odio è il sentimento che la gente riserva per l'Oscuro Signore, non per una ragazzina come te”
Il silenzio vellutato e pesante li avvolse, la temperatura sembrava farsi più fresca e il fruscio delle foglie più dolce. 
 Emma, a quelle parole, sentì il cuore pieno e piacevolmente pesante e desiderò abbracciare il tutore come il primo giorno, quando era corsa contro di lui senza pensare alla terribile soggezione che aveva.
 Si 
trattenne. Si alzarono invece per lasciare la radura, insieme, in silenzio ed Emma si voltò, lanciando un'occhiata affettuosa a quel posto speciale, prima di seguire il tutore lungo il pendio. 

Perché tu lo chiami Signore Oscuro e non Tu-Sai-Chi come Ginny Weasley e gli altri?" chiese pacata, rompendo la calma e Piton si rabbuiò, improvvisamente più pallido.
 “Ci sono molte cose che ancora non ti ho spiegato, ma non è ora il momento.” rispose con tono strascicato.
 “Ok.” sussurro lei, decidendo di non insistere “E Sev, com'è Harry Potter?” chiese però a bruciapelo, cambiando argomento.
 “Perché questa domanda?” domandò lui serio.
 “Ginny me ne parla parecchio, ma tu non mi sei sembrato molto lusinghiero nei suoi confronti.”
 Piton serrò nuovamente le labbra, come se fosse indeciso. 
 “Non è il mio miglior studente” disse infine, chiudendo il discorso ed Emma non insistette oltre. 
 Arrivarono alla base della collina e continuarono a camminare, avvolti nel profumo di erba tagliata e fiori, il cielo ceruleo della sera che li sovrastava in modo poteico.
 “Sev? Era un posto speciale questo per te?” chiese l'emoor lanciando un ultimo sguardo alle sue spalle.
 “Il più importante, dopo Hogwarts”
 Emma lo guardò contenta e sorrise.
 “E quando sarò ad Hogwarts, se ne avrò bisogno posso parlarti?”
 “Solo chiamandomi 
professore” disse lui con un ghigno leggero.
 La ragazza annuì e l'uomo addolcì la sua espressione.
 “Allora sì, ci sarò. Sempre.”



*Angolo autrice*


Eccoci in fondo!
Anche questo è un capitolo lunghetto, che può sembrare forse di passaggio, ma in realtà è super importante, andando avanti con la storia capirete in effetti quanto. è - ahimé - anche il capitolo che segna la fine della preparazione di Emma e del periodo "di bolla con Severus".
Nel prossimo partiamo per Hogwarts!

Sono molto fiera di come Severus si sia aperto con lei, nonostante tutti i suoi freni, provando almeno in parte a spiegarle quel che aveva provato. 
Il rapporto molto complicato e forte tra i due personaggi sarà appunto essenziale per comprendere molte delle dinamiche future, hanno in fondo dovuto passare più di 4 mesi insieme con solo il buon Glimpsy a far loro da arbitro.

Mi sono sempre chiesta in effetti nell'euforia generale, come avesse vissuto Piton la liberazione di Black, come i suoi sentimenti devono aver fatto fatica ad accettarlo come innocente, quanto il suo orgoglio doveva essere ferito per essersi fatto battere da dei ragazzini e dai Malandrini tornati in carne ed ossa e umiliato a dover rinunciare ai premi che sembravano spettargli. Mi immagino anche facilmente Silente che cerca di rabbonirlo con i suoi modi pacati e lui che tiene irrimediabilmente il muso. 

Per quanto riguarda Emma è molto maturata e cresciuta e sta cominciando a tirare fuori il suo carattere, pur rimanendo di fondo una persona mite.
Avrà modo di farlo ancora di più nell'anno che la aspetta. 

Qualche idea di quale sarà la sua Casa?

Grazie a tutti voi che leggete e recensite, ci sentiamo mercoledì.
vi

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Hogwarts ***


.Hogwarts.

 


Lasciare Spinner's End fu quasi difficile, ma Emma, un nodo stretto in gola mentre salutava il piccolo Glimpsy, non riuscì né a esternare i suoi pensieri, né a ringraziare Severus come avrebbe voluto, perché l'uomo si dimostrò freddo e sbrigativo e non la guardò mai in volto. 
 I loro saluti furono composti e privi di dimostrazioni d'affetto e lasciarono la ragazza piuttosto delusa e vagamente malinconica. 
 Era come se il tutore fosse sulla difensiva per qualche strano motivo e per quanto l'emoor avesse provato a parlargli, non riuscì a scalfire quella patina cortese e distaccata che Severus aveva assunto e lasciò la casa che l'aveva ospitata per quasi cinque mesi in sordina, con solo un'ultima veloce occhiata all'amata stanza. 
 Non ebbe però nemmeno il tempo di crogiolarsi nel dispiacere, né di porsi troppe domande sull'atteggiamento di lui, perché il ritorno a casa la travolse e per Emma significò, più di ogni altra cosa, Steph.
 Fu un mese pieno di corse, di gelati, di abbracci rubati, di discorsi profondi e di avventure nel bosco vicino a casa e sebbene l'emoor dovesse evitare continuamente di parlare della scuola dove sarebbe andata, nulla fu più bello di ritrovarsi con l'amico di sempre e passare con lui le giornate assolate di fine estate.
 Steph era un ragazzino intelligente, ma, soprattutto, la conosceva profondamente e sapeva sempre di cosa l'amica avesse bisogno. 
Erano cresciuti insieme, avevano sognato insieme di fare grandi avventure, si erano sbucciati le ginocchia insieme nelle loro scorribande e forse per questo separarsi di nuovo, anche se per tornare nel mondo magico, fu così difficile. 
 Emma pianse inconsolabile, distruggendo la facciata da 
dura che sfoggiava di solito e dimostrando tutta la sua fragilità di dodicenne.
 Steph la abbracciò, cercando goffamente di confortarla e con un coraggio che non si sarebbe mai aspettato da sé stesso e che nemmeno Emma aveva previsto, poggiò le sue labbra su quelle di lei, 
tremante e innocente, in un bacio che quasi non si sarebbe potuto definire tale, se non fosse stato circonfuso da tanto tenero affetto. 
 “È solo per qualche mese, Emma e sarai sempre impegnata con la tua nuova scuola. Passerà in fretta, vedrai. Ci scriveremo e sarai di nuovo qui prima di iniziare a mancarci l'un l'altra.”
 Emma ricordava solo le lentiggini chiare di lui che si avvicinavano e gli occhi azzurri che bruciavano pieni di uno “scusa” ingiustificato e seduta sul sedile posteriore della macchina con cui i suoi genitori la stava portando alla stazione, o meglio, al binario 9 e ¾, come citava il biglietto, l'emoor si chiese innocentemente se quello tra lei e Steph potesse considerarsi il suo primo bacio e cercò di ricordarsi che sapore avesse avuto. 
Forse il sapore di fine estate.

La macchina si fermò, la ragazzina scese, accompagnata dai suoi genitori, cominciando a dirigersi verso i binari nove e dieci. La gente si voltava a guardare il suo grosso baule e la cesta con il gatto che, forse disturbato dalla folla, miagolava incessantemente.
“Emma” la chiamò Alan dolcemente e l'emoor distolse lo sguardo dalla parete di mattoni che Piton, un mese prima, le aveva consigliato di attraversare correndo e si volse verso il padre.
“Che c'è?” chiese agitata.
 “Noi ci fermiamo qua, Emma”
L'uomo sfoggiava quel sorriso tiepido e largo che aveva sempre la capacità di calmarla, le spalle forti fatte per abbracciare chine verso di lei, i capelli castani striati qua e là di grigio, come sempre pettinati con cura. L'emoor non conosceva nessuno che come suo padre mettesse tanta cura nel pettinarsi la mattina. Alan O'Shea aveva l'odore di colonia e dopo barba che per lei significava casa.
 “Non mi accompagnate?” chiese stupita, senza riuscire a nascondere la delusione, facendo scorrere lo sguardo su sua madre e la donna si fece subito avanti, sorridendole con dolcezza e le circondò le spalle con un abbraccio delicato, soffice.
 Era sottile come un giunco, i corti capelli biondi sistemati dietro le piccole orecchie, un tubino color malva ad avvolgere il corpo sottile.
 “Ti abbiamo accompagnato fin qui, ma quello che ti attende al di là del muro è il tuo mondo tesoro e tale dovrà rimanere”
 “Ma siete i miei genitori, quel mondo sarà anche vostro.”
 “La verità” ghignò il padre “è che tua madre ha troppa paura di attraversare quel muro. Non si fida”
 “Alan!” ribatté la donna, fintamente offesa, dando lui un buffetto sul braccio “non è affatto vero, avevamo deciso...”
“Naturalmente scherzo” si difese l'uomo, bonario “Tua madre ha ragione Emma, pensiamo sia meglio così, stai crescendo e questo è il primo passo che farai sulle tue gambe. Dovresti essere elettrizzata”
 “Ma mi scriverete vero?” chiese lei titubante.
 “Certo!”  esclamarono insieme sorridenti.
 “Non vedo l'ora di sapere in quale Casa finirai!” aggiunse la madre dolcemente, stringendola una volta di più.
 Si abbracciarono tutti e tre, con forza, poi Emma si staccò da loro lentamente e si diresse verso il muro che divideva i binari, ma prima di prendere la rincorsa ed essere inghiottita nel mondo magico, gettò loro un'ultima occhiata, mentre la salutavano allegramente. 
Il padre, grande e grosso, teneva un braccio intorno alle spalle esili della madre e sorridevano entrambi, incoraggianti, gli occhi pieni di una luce commossa e felice.
La ragazzina si mise a correre e quasi non si rese conto di aver attraversato calce e mattoni e di essere giunta al binario 9 e ¾, perché per un attimo non vide altro che nebbia, o meglio, un vapore spesso, ma poi, dopo aver fatto sbattere le ciglia, la vista cominciò ad abituarsi al nuovo scenario e vide, con suo grande stupore, un'enorme locomotiva i su cui troneggiava la scritta Hogwarts.
 L'emoor sentì un brivido di eccitazione percorrerle la schiena e cauta, per non andare a sbattere contro nessuno nella multiforme folla che la circondava, cercò di avanzare verso il treno, ma una nuvola di capelli rossi la travolse all'improvviso e la ragazza riconobbe con sollievo Ginny Weasley.
“Emma!”
 “Ehi!” esclamò sorridente.


 La Grifondoro sprizzava gioia da tutti i pori, la prese per la mano trascinandola dietro di sé e come Emma ricordava sembrava un fiume in piena di entusiasmo.
 “Oh, sono così contenta di averti trovata prima, già pensavo di doverti cercare per tutto il treno! E anche mamma sarà contenta! Non faceva altro che chiedere come stavi e se ti trovavi bene con l'uomo pipistrello...” disse Ginny velocemente.
L'emoor arricciò le labbra in una smorfia al sentire chiamare il tutore in quel modo e fece per ribattere, ma la Weasley le aveva già indicato la sua famiglia che parlottava sul marciapiede e Molly  le stava già rivolgendo un enorme sorriso di benvenuto.
 “Emma!” esclamò “che piacere rivederti! Emozionata?”
 Lei sorrise timidamente in risposta, mentre il gruppo di persone dai capelli rossi si voltava a guardarla.
“Abbastanza, signora Weasley, c'è così tanto!” disse e quasi subito dopo il treno alle sue spalle fischiò forte e Molly si riscosse.
 “Morgana, siamo in ritardo. Avanti, avanti salite. George, Fred comportatevi bene mi raccomando e prestate attenzione. Ron, Hermione tenete Harry fuori dai guai. Harry caro, per qualsiasi cosa scrivimi mi raccomando. Chissà come sarete contenti quando scoprirete cosa ci sarà quest'anno a Hogwarts!”
“Mamma, non potete dirci semplicemente di che si tratta?” chiese un ragazzo alto, rosso e spigoloso che Emma intuì dalle descrizioni di Ginny essere Ron Weasley.
 “Oh no” sorrise Arthur “tra poco lo saprete comunque!” 
 “Ma dov'è Ginny?” intervenne Molly “Oh, eccoti. Mi raccomando cara, tieni d'occhio i tuoi fratelli! Ed Emma buona fortuna!”
 Il treno fischiò ancora e l'emoor si lasciò stringere dal piacevole abbraccio caldo della donna, che già spingeva tutti i figli sul treno.
 Era decisamente frastornata dalla presenza di tutti quei rossi, ma caricò con qualche difficoltà il bagaglio, aiutata da Arthur e salì sul mezzo. Un fischio echeggiò nell'aria per una terza volta e Ginny con un sorriso le fece cenno di seguirla.
 “Dobbiamo cercare uno scompartimento vuoto!”
 Le due ragazze cominciarono ad avanzare lungo i corridoi del treno, trascinandosi dietro i pesanti bauli. Emma lanciava occhiate veloci attraverso le porte a vetri degli scompartimenti, incontrando sguardi che la osservavano curiosi. 
Le sembrava che le persone sussurrassero a bassa voce tra loro, come se la riconoscessero e sentì la nuca pizzicarle per il disagio. Deglutendo saliva, cercò di camminare più svelta dietro all'amica, fino a quando questa non si infilò in uno scompartimento.

Libero!” dichiarò Ginny soddisfatta “Allora, l'hai visto?”
L'emoor sorrise, confusa “Visto chi?”
 “Ma Harry, Emma! Era lì di fianco a noi.”
 “Oh” esalò l'altra ed ebbe la fugace visione di un ragazzo occhialuto, con disordinati capelli neri e di una ragazza dalla chioma cespugliosa dietro le spalle di Ron Weasley.
 “Oh, no, Ginny,  non bene” ammise.
 “Merlino!” sbuffò l'amica, scuotendo la testa.

 Lo scompartimento era piacevolmente caldo e nonostante il gusto retrò e le numerose cuciture oramai saltate dei sedili, aveva un fascino tutto suo. Emma si mise più comoda, rannicchiandosi vicino all'ampio finestrino, sfoggiando un sorriso che non riusciva a trattenere, mentre osservava il paesaggio scorrere veloce.
 “Sei contenta di essere qui finalmente?” chiese Ginny.
 “Eccome!" disse l'emoor “Non vedo l'ora di essere ad Hogwarts”  
 La Weasley sorrise, mentre la porta dello scompartimento si apriva nuovamente di scatto, rivelando due ragazzi alti e rossi e un terzo ragazzo dalla pelle liscia e scura.
 “Ehilà sorellina!” intervenne il primo rosso.
Emma li osservò in silenzio, riconoscendo i gemelli Weasley.
 “Che c'è?” domandò Ginny, che non sembrava infastidita dai due come dagli altri fratelli, ma li guardava comunque torva.
 “Nulla” riprese l'altro gemello “cercavamo un scompartimento libero, ma sono tutti occupati. Possiamo?”
 Emma ebbe la netta l'impressione che anche davanti ad un rifiuto si sarebbero accomodati comunque, marimase in silenzio.
 “Tu sei Emma O'Shea, giusto? Ginny ci ha parlato molto di te”
 “Sono io in effetti” 
 “Noi siamo Fred e George e lui è Lee Jordan”
 “Piacere” disse educatamente l'emoor, stendendo un sorriso composto, stringendosi però timidamente nelle spalle.
I gemelli e Lee la guardavano con interesse sfacciato, anche mentre sistemavano i loro bagagli e si stravaccavano sui sedili con aria soddisfatta ed Emma si sentì intimidita dalla loro presenza, soprattutto perché erano evidentemente più grandi di lei. Rimase in silenzio, mentre gli occupanti dello scompartimento parlavano allegri, sotto lo sguardo annoiato di Ginny, che probabilmente sperava di essersi liberata dei fratelli almeno ad Hogwarts.
 “In che Casa vorresti finire?” chiese Jordan all'improvviso, rivolto verso di lei e subito Ginny soffocò una risatina. 
 Emma divenne rossa per l'imbarazzo, perché si era aspettata quella domanda, ma non aveva mai idea di cosa rispondere e non capiva perché tutti fossero curiosi a riguardo.
 “Emma non ha preferenze o pregiudizi!” rispose per lei l'amica.
 “Nessuna preferenza? È impossibile!” intervenne l'altro gemello. 
 “Beh, di sicuro non ti piacerà essere in Serpeverde, a nessuno piacerebbe” disse diplomatico Lee, ma l'emoor trovò l'appunto fuori luogo e arricciò il naso in una buffa smorfia infastidita.
 “Preferisco Serpeverde a Tassorosso.” ribatté sicura, immaginando il sorrisetto soddisfatto che avrebbe fatto Severus e il silenzio cadde pesante, tutti iragazzi la guardavano con occhi sgranati e Ginny continuava a ridacchiare divertita dalla situazione, le piaceva che l'amica lasciasse senza parole i suoi fratelli.
 “Avanti, stai scherzando.” disse uno dei due, riscuotendosi.
 “Ho l'aria di una che sta scherzando?” chiese Emma ironica.
 “Io non mi metterei contro di lei!” soffiò Ginny con un sorrisetto.
 “D'accordo” intervenne l'altro gemello, con aria pragmatica “allora dovrai scusarci, ma dobbiamo mettere alla prova la tua intelligenza. Ginny palesemente ti adora e immaginiamo passerete molto tempo insieme, ma lei è la nostra sorellina, è nostro dovere proteggerla e non possiamo certo farla girare con una stupida Serpeverde.”
“So benissimo proteggermi da sola” sbuffò Ginny, mentre Emma osservava divertita i tre ragazzi.
 “Ok quindi?” chiese l'emoor con un leggero ghigno “come posso convincervi che sono una brava persona e non una strega oscura?”
 “È semplice, dovrai dimostrarci la giusta dose di acume e furbizia, o la tua unica salvezza sarà per te entrare in Grifondoro” ammiccò il rosso, che sembrava a sua volta divertirsi molto.
 “Se invece riuscirai a fregarci” riprese l'altro gemello “allora accetteremo la tua persona persino qualora la tua Casa fosse Serpeverde, ma dubito sinceramente che succederà perché se sei furba abbastanza significa che non potrai certo stare con quegli idioti” disse, facendo un mezzo inchino piuttosto teatrale.
 “Bene!” assentì Emma, arricciando le labbra in un mezzo sorriso.
 Immaginava che i gemelli non sarebbero stati leali e le avrebbero proposto qualcosa di impossibile per lei “Di che prova si tratta?”
 “Nessuna condizione?” chiese il gemello di destra.
 “No, nessuna” rispose Emma pacata.
 I due Weasley si lanciarono un'occhiata di intesa, i loro sorrisi andavano da orecchio a orecchio.
 “Chi di noi è Fred e chi George?” chiesero all'uninsono.
 “Non è leale!” intervenne subito Ginny con tono di voce palesemente indignata “lei non può saperlo, non vi siete presentati singolarmente e nemmeno la mamma vi riconosce.”
 “Mi dispiace Ginny” la fermò Lee, solenne “Emma ha accettato la sfida senza porre alcuna condizione.”

Dalla sua l'emoor, in silenzio, fissava i volti dei gemelli. Erano praticamente identici e anche se avesse scoperto qualche minuscola differenza tra i due non poteva comunque sapere i loro nomi.
Noi siamo Fred e George e lui è Lee Jordan. 
Sorrise, osservando il modo buffo in cui due ammiccavano e spingevano in fuori il petto. Irriverenti, simpatici e vanesi.
 “Beh è complesso” iniziò lanciando loro una veloce occhiata “tu potresti essere Fred e tu George, ma...” continuò, bloccando la reazione, qualunque essa potesse essere, dei due gemelli “potrebbe essere anche il contrario e questo presumendo che Ginny non mi abbia mentito sul fatto che siate entrambi Weasley.”
 “Ok,  non male, ma ci vuole una risposta” la esortò Lee.
 “Temo sia impossibile dire chi sia uno, o l'altro” rispose Emma “anche se voci di corridoio dicono che dei due è Fred è il più bello”
 “Oh, questa è una bugia!” intervenne il gemello di sinistra ed Emma gli sorrise, arricciando le labbra in una smorfia vittoriosa.
 “Piacere George” disse lui e il ragazzo sgranò gli occhi stupito di essere stato colto in fallo e subito anche il gemello di destra lo imitò, così come Lee, incredulo. Ginny rise nuovamente, cristallina.
 “Miseriaccia, ci ha fregato! Il piacere è nostro. Io sono Fred” intervenne quello  di destra, ormai scoperto.
 “E io come hai detto sono George!” sorrise l'altro.
 Emma strinse le mani a entrambi, sotto lo sguardo ammirato di Lee Jordan e da quel momento il viaggio continuò tra risate e scherzi, mentre fuori dal finestrino il paesaggio scorreva veloce tingendosi piano di scuro, ma nel piccolo scompartimento illuminato, le due ragazze e i tre ragazzi, quasi non se ne accorsero, presi com'erano dai loro discorsi.  Si dividevano i dolci che Emma aveva comprato dal carrello e offerto ai suoi nuovi amici, parlavano ad alta voce, si rivolgevano indovinelli e raccontavano all'emoor di Hogwarts. 
 Le risate volavano da una parte all'altra ed Emma si sentiva felice. La malinconia della mattina era stata spazzata via grazie alle battute dei gemelli e ora sentiva un piacevole calore nel petto che la cullava e la faceva sorridere in continuazione. 
Dopo parecchio che li osservava, Emma cominciò a notare delle minuscole differenze tra i due fratelli Weasley e prese nota per riconoscerli facilmente in futuro. 
 Fred si passava spesso una mano sulla fronte, sfiorandosi i capelli rossi e aveva una risata più forte del gemello, mentre George tendeva a sollevare di più l'angolo sinistro della bocca nei suoi sorrisi e inclinava leggermente la testa verso destra quando parlava. 
 Passarono quasi due ore prima che i ragazzi e poi le ragazze, indossassero le loro divise e dopo un tempo indefinito, durante il quale continuarono a chiacchierare amichevolmente, si accorsero che fuori c'era una vera e proprio tempesta.
 Il vento infuriava contro le pareti del treno e i tuoni rimbombavano sopra le loro teste, mentre la pioggia cadeva decisa, facendo scorrere le sue numerose gocce sul finestrino. Emma incantata dal rumore ritmato della tempesta quasi non si accorse che il treno stava rallentando, fino a quando Ginny non la scosse per la spalla.
 “Emma, dobbiamo andare!”
 L'emoor sussultò, staccando gli occhi dal buio finestrino e insieme uscirono dallo scompartimento, seguendo la folla di studenti vocianti che  si avviava verso l'uscita, quasi sospingendole.
 “Buona fortuna!” gridò uno dei gemelli prima di essere fagocitato dalla massa di persone “Speriamo tu sia Grifondoro!”
 Lo scrosciare della pioggia gelida le colse impreparate. 
 “E io adesso che faccio?!” chiese l'emoor a Ginny, mentre sentiva montare il panico, strattonata dalla folla sotto tutta quell'acqua.
 La rossa le afferrò la mano con decisione. 
 “Va da Hagrid! Con quelli del primo anno. Lui ti saprà dire! A dopo Ems!” sorrise, sciogliendo la presa e sparendo tra le persone ed Emma sospirò, la pioggia battente non cessava ed era già fradicia.
 “Ma chi è Hagrid?” gridò al nulla. 
Fortunatamente quasi in contemporanea un vocione possente superò il fragore del temporale “Primo anno! Primo anno!”
 L'emoor sospirò di sincero sollievo mentre, scivolando nel fango, si faceva largo tra gli altri studenti per raggiungere la voce e sussultò quando si rese conto che apparteneva ad un uomo a dir poco imponente, con una folta barba scura a coprirgli il volto.
 “Primo anno! Primo anno!”
 “Hagrid?” chiese incerta.
 “Che dici? Non ti sento con tutta questa accidentaccio di pioggia. sei del primo anno?” urlò l'omone.
 “Sono Emma O'Shea!” disse lei, sperando servisse a qualcosa. 
Ebbe fortuna, l'uomo si illuminò e sorrise.
 “Oh certo, con questi altri tre sei, no?”
 Emma strizzò gli occhi per vedere meglio dove indicava il mezzo gigante e quando si voltò il suo sguardo incontrò quello di altri tre ragazzi che decisamente non erano del primo anno. 
 L'emoor li raggiunse balbettando a causa dell'acqua gelida e fece un cenno di saluto a cui gli altri risposero velocemente, poi, tutti e quattro, seguirono Hagrid e i ragazzini più piccoli giù per un breve sentiero, che li allontanava dalla stazione, fino al lago.
 “Quelli del primo anno sono con me. Voi quattro!” gridò sopra il fragore della tempesta l'omone “Seguite il lago per di là, attenti a non caderci dentro, all'entrata del castello qualcuno verrà a prendervi. Il preside vuole parlarci con voi!”
 Emma e gli altri tre si allontanarono frettolosamente dal gruppo seguendo il profilo del lago come indicato. Fare conversazione era impossibile, erano troppo impegnati a non tremare e a non rischiare di cadere, scivolando sul terreno limaccioso. Il percorso sembrò loro durare un tempo infinito, tra mezzi scivoloni e tremori diffusi, all'ombra dell'imponente castello tutto illuminato.
Quando infine raggiunsero il tepore dalla scuola, accompagnati dal custode Gazza che li attendeva, erano troppo presi dal timido calore che rilassava i loro muscoli per rendersi effettivamente conto di essere infine arrivati ad Hogwarts. 

I quattro emoor, per la prima volta insieme, si scrutarono attenti, ma non ostili. Gazza li aveva lasciati in una piccola saletta senza ulteriori informazioni e il silenzio tra loro si stava facendo teso. Erano consapevoli di chi erano e sapevano che ognuno di loro avrebbe dovuto sopportare la curiosità del mondo magico, ma nessuno osava presentarsi per primo e rendere così reale quell'incontro. 
Emma spostò per prima il suo sguardo su un ragazzo alto e piuttosto muscoloso per la sua giovane età, che se ne stava tranquillo, in piedi al centro esatto della sala. Aveva le braccia ampie di chi sa proteggere e lunghe gambe, i capelli color sabbia che ricadevano sugli occhi nocciola, vivi e intelligenti e un sorriso, largo e spavaldo, che gli illuminava il volto. Fu il primo a parlare.
“Beh, è un piacere conoscervi, io sono David Lower... e voi?”
Emma gli sorrise, grata per aver rotto il silenzio.
 “Emma, Emma O'Shea.” rispose e il ragazzo le fece un cenno.  
 Ispirava simpatia immediata e la ragazzina pensò che Severus l'avrebbe sicuramente definito un fastidioso Grifondoro, per tutta quella solarità di cui sembrava circonfuso.
 “Io sono Emily Brown" sussurrò una vocina da un angolo.  
 Apparteneva a una ragazzina minuta e sottile, con capelli lucidi e neri, legati in uno chignon da cui sfuggivano numerosi ricci e occhi chiari, di un pallido azzurro. Sul volto arrossato dall'imbarazzo, risaltava una spruzzata di lentiggini, che adornava il viso dai lineamenti fini. Ricordava una ballerina di danza classica, flessibile come un giunco ed Emma la guardò con tenerezza e simpatia.
I tre emoor, che si erano già presentati, si voltarono lentamente verso l'ultimo ragazzo rimasto che, tuttavia, non sembrava fare caso a loro, ma se ne stava in disparte fissandosi la punta delle scarpe e solo quando si accorse del silenzio di attesa che lo circondava alzò il volto con fastidio e prese a guardarsi intorno.
 A un primo sguardo si sarebbe potuto definire sgradevole alla vista. A un secondo si coglieva un qualcosa di interessante nella sua fisionomia, ma rimaneva comunque la sensazione di qualcosa di disturbante e asimmetrico. Aveva capelli lucidi e neri, ma troppo lunghi, così che gli allungavano ulteriormente il volto pallido. 
 Gli occhi erano di un verde chiarissimo, ma sembravano vuoti ed esageratamente grandi. Il naso aquilino e le labbra carnose che sarebbero stati attraenti su un'altra persona, su quel viso stonavano. Sembrava un ragazzo mal assemblato e la sua espressione corrucciata aumentava la sensazione.
“Che c'è!?” sbottò acido e David corrugò la fronte, perplesso.
 “C'è che ci siamo presentati tutti, ma tu no.” disse pacato, mentre lo strano ragazzo si stringeva nelle spalle, con noncuranza, come se la cosa non lo toccasse davvero.
 “Mi chiamo Artemius Hope” si presentò infine con tono secco, riabbassando subito il capo, come se considerasse completamente chiusa la conversazione ed Emma lo osservò stranita. 
 Le era quasi sembrato che lo sguardo del ragazzo si fosse fatto più penetrante mentre scorreva su di lei, ma era stata la sensazione di un istante. David le lanciò un'occhiata, in cerca di supporto e lei scrollò le spalle, facendogli cenno di lasciar perdere.
 La porta della stanza si aprì all'improvviso, facendo sobbalzare di spavento tutti i presenti e Albus Silente fece il suo ingresso, vestito di una splendida veste turchese, con la sua lunga barba candida adagiata sul petto. 
Il preside sorrise educatamente mentre, il suo sguardo azzurrino, appena filtrato dagli occhiali a mezza luna, correva da un parte all'altra della stanza, osservando i quattro ragazzi.
“Finalmente, eccovi qua, i quattro emoor insieme. Benvenuti.” disse, con il tono dolce e calmo che Emma conosceva “Sono felice finalmente di conoscervi, ci tenevo a scambiare qualche parola con voi prima dello Smistamento. Mi scuserete il ritardo, ma c'è stato un piccolo incidente. Un ragazzino del primo anno è caduto nel lago durante la traversata per giungere qui, per fortuna la nostra piovra gigante lo ha riportato in salvo, ma la cerimonia dovrà tardare di qualche minuto” sorrise di nuovo e i tre emoor rimasero in silenzio.
 “Dunque...” riprese il preside con aria allegra “per chi di voi non lo sapesse sono il preside di questa scuola. Voglio dirvi che sono fiero di voi, i vostri tutori mi hanno parlato molto bene dei vostri progressi e sono tutti soddisfatti del vostro studio”
I quattro ragazzini, compreso Artemius, lo fissavano incantati. Emma invece era confusa:  gli altri ragazzi non avevano conosciuto Silente?
 “Credo di avervi promesso che avrei fatto delle ricerche sulla vostra origine e vi confermo che è venuto il momento di rivelarvi a quale delle quattro discendenze delle Ombre appartenete. Vi chiedo però due cose: in primo luogo, sebbene io reputi corretto darvi questa informazione, mi dovete promettere che questa non vi influenzerà in alcun modo. In secondo luogo reputo di primaria importanza la segretezza. Vi sarei grato di non rivelare a nessuno di cui non abbiate la più completa fiducia da quale Ombra di Hogwarts discendete. Questo è un segreto che ci appartiene e che, se non in caso estremo, qui dentro deve rimanere.” disse il preside e lanciò un'occhiata ai ragazzi, che annuirono sicuri ed Emma sentì pizzicare la nuca dalla curiosità, mentre si sporgeva in avanti, ansiosa di avere le sue risposte.

Silente riprese a parlare lentamente, pacato.
 “Bene, una volta finita la nostra conversazione, vi sarei grato se raggiungeste, tramite il corridoio dietro questa porta, la professoressa McGranitt e i nostri nuovi alunni all'ingresso della Sala Grande, affinché la cerimonia possa avere inizio. Sarete smistati immediatamente dopo i bambini del primo anno, con le stesse modalità e in ordine alfabetico. È tutto chiaro?”
 I ragazzi annuirono nuovamente e l'uomo sorrise.
“Allora iniziamo: David Lower” disse e il suo sguardo si spostò sul ragazzo, che subito si irrigidì impercettibilmente “Tu sei l'erede di Angela Grifondoro sorella del fondatore Godric Grifondoro.”
 David esalò un sospiro di sollievo e i suoi occhi brillarono di soddisfazione, mentre scambiava uno sguardo di intesa con Emily ed Emma, che si era aspettata esattamente quel verdetto.
“Emily Brown” continuò Silente “Thomas Corvonero, fratello di Priscilla Corvonero, è tuo antenato.”
 La ragazzina riccia chinò il capo, ringraziando sollevata il preside e assimilando l'informazione con garbo, ma Emma trattenne il respiro: mancavano Serpeverde e Tassorosso e nella stanza erano rimasti solo lei e lo strano ragazzo di nome Artemius. 
Cosa avrebbe pensato Severus se lei fosse discesa dai Tassorosso?
 
Silente volse lo sguardo verso di loro, Artemius stava in silenzio e pareva indifferente alla sua sorte, mentre gli occhi chiari dell'anziano mago si posavano su Emma, sorridendo lievemente.
 “Emma O'Shea” disse il preside lentamente, come se stesse cercando con cura le parole corrette “nelle tue vene scorre il sangue di Alicia Serpeverde, sorella di Salazar, mentre tu, Artemius Hope, discendi dal gentile Andrew Tassorosso, fratello di Tosca.”
 Emma rimase immobile senza sapere se essere sollevata o no.
Respirò lentamente. Una. Due volte. 
Era come se tutto il suo sangue si fosse messo a scorrere a velocità anormale nelle sue vene, infuocandole il corpo e lasciandola basita. 
Non era erede di un Tassorosso, ma di un Serpeverde e la cosa poteva non essere positiva. Alzò lo sguardo e vide David ed Emily che la osservavano pieni di evidente stupore, perché forse anche loro per quel poco che conoscevano anche loro di Hogwarts e le sue Case, si erano aspettati ben altro verdetto.

Il silenzio cadde nella stanza, nessuno, nemmeno il solare David osò romperlo e il preside, pazientemente, attese che si riprendessero, ma notando che tutti e quattro i ragazzi sembravano confusi e si scambiavano occhiate nervose, li esortò ad uscire.
 “E buona fortuna, in qualunque Casa capitiate!” aggiunse loro gentilmente, facendo un largo sorriso ed Emma si voltò per seguire gli altri tre, ma Silente la fermò mettendole una mano sulla spalla.
  “Tutto a posto, Emma?”
“Sì, Signore” rispose tranquilla ed era vero, nonostante tutto, meglio Serpeverde che Tassorosso, o per lo meno Severus sarebbe stato più contento
 Il preside annuì, senza smettere di scrutarla con i suoi occhi chiari, prima di tenderle una piccola pergamena arrotolata.
 “Questa me l'ha data Severus mi ha raccomandato di dirti di leggerla solo una volta nella tua stanza” disse e le fece un occhiolino.
 L'emoor sorrise a sua volta, ringraziando l'uomo e correndo fuori insieme agli altri.

. . .

Quando Minerva McGranitt li vide arrivare parve sollevata.
 “Eccovi qua.Siete pronti? Bene, andiamo!” disse e senza attendere un solo secondo di più, spinse le porte ed entrò nella Sala Grande. 
 Il vociare allegro che si avvertiva prima del loro ingresso si arrestò immediatamente quando il folto gruppo di ragazzini del primo anno, cominciò ad attraversare la stanza con passo svelto.
Gli emoor, che seguivano a ruota il gruppo, si tennero vicini ed Emma si guardò intorno, vagamente a disagio, mentre si accorgeva con un vago stupore che tutta l'attenzione della sala sembrava rivolta esclusivamente verso di lei e i suoi compagni. 
 Sussurri leggeri che nominavano la parola 'emoor' arrivarono alle loro orecchie, insieme a sguardi sgranati e insistenti edavanti a quell'interesse malcelato Emily parve farsi piccola piccola, David allargò il sorriso con aria spavalda, Artemius rimase passivo e indifferente ed Emma si mordicchiò il labbro.
 Ignorare tutti i visi rivolti verso di loro era impossibile, ma la ragazzina provò comunque a distrarsi, evitando gli sguardi diretti e osservando invece le lunghe tavolate lucide ed eleganti, gremite di persone e, con un sincero stupore, la meravigliosa arcata della Sala. 
Moltissime candele galleggiavano a mezz'aria sotto il soffitto, dove il cielo sembrava infuriare con la sua tempesta, in modo tanto realistico che la ragazzina sussultò in un misto di spavento e ammirazione.
 “Magia” le sussurrò David, notando il suo interesse ed Emma gli sorrise e si accorse che persino Artemius pareva incredulo.
 La professoressa McGranitt posò un vecchio cappello su di uno sgabello, attirando finalmente l'attenzione di tutta la sala, specie quando questo, con stupore dei nuovi arrivati,  cominciò a cantare:

Or son mille, o forse anche più,
che l'ultimo punto cucito mi fu:
vivevano allora quattro maghi di fama,
che ancora oggi celebri ognuno qui chiama.

Emma rimase a bocca aperta nell'ascoltare il canto del copricapo e si distrasse, ritrovandosi ad immaginare in quel castello le quattro Ombre di Hogwarts: Alicia, Thomas, Andrew ed Angela. 
Essi non erano celebri come i fratelli fondatori e il cappello, forse, non avrebbe mai cantato delle loro gesta eppure, almeno secondo Silente, era anche grazie a loro se quella scuola esisteva. 
 Con un sospiro la ragazza chiuse gli occhi e si fece cullare dalla dolce nenia dimenticando per un attimo l'ansia dello Smistamento e si riscosse con solo quando gli applausi scoppiarono nella sala, dopo che il cappello aveva concluso il suo racconto.

E alla casa giusta vi assegnerò!

Emma inghiottì saliva quando la McGranitt chiamò Ackerly Stewart, smistato a Corvonero e alzò lo sguardo, facendolo vagare sulla tavola dei professori per non andare nel panico. 
 Ne riconobbe molti tra quelli che erano venuti a farle visita, ma, con dispiacere, non scorse Remus Lupin. Severus invece era nell'angolo più in ombra e non la guardava, gli occhi fissi sul cappello che seguivano a mala pena gli smistati, eppure Emma sentì una strana calma nello scorgere la figura  ben conosciuta del tutore.
 “Cadwell, Owen”
Tassorosso!”
 
L'emoor spostò il peso da un piede all'altro.
 “Mette ansia tutta questa attesa, vero?” sussurrò David, un po' del suo buon umore che sembrava essere sparito ed Emily, al suo fianco, riuscì a malapena ad annuire, mentre Emma, dopo aver simulato un sorriso con un certo sforzo, cercò Ginny tra la folla degli studenti. 
 La trovò, come previsto, al tavolo di Grifondoro dove la rossa le faceva grandi sorrisi e segni di incoraggiamento, mettendo di buon umore l'amica.  Mcdonald Natalie nel frattempo raggiunse il tavolo rosso e oro, seguita da due Tassorosso. Pritchard Graham divenne un Serpeverde e dopo interminabili minuti Witby Kevin finì anche lui al tavolo dei Tassorosso. 
Non rimaneva più nessun ragazzino e gli emoor, soli in mezzo alla stanza, avvertirono gli sguardi delle persone farsi più intensi, mentre si spintonavano sulle panche per poterli vedere meglio. 
 I mormorii concitati cessarono all'improvviso, sostituiti da una pesante silenzio di attesa ed Emma risucchiò quanta aria poté nei polmoni, facendosi coraggio e stringendosi più vicino ad Emily e David, come per sentire il loro supporto.
 “Brown, Emily” chiamò la McGranitt.
La ragazzina si avvicinò con passo malfermo allo sgabello. Sembrava terrorizzata. Il cappello le cadde sul volto e per un lungo momento il silenzio fu assoluto, poi lo strappo sullo tesa si aprì, annunciando: “Serpeverde!”
 Il tavolo all'estrema destra esplose in grida di giubilio, mentre la delusione si palesava sul volto degli altri studenti. Emily si alzò tremante, sembrava allucinata ed Emma le fece un sorriso di incoraggiamento, aggrottando però la fronte, perché tutto si era aspettata, ma non che Emily finisse a Serpeverde.
 “Hope, Artemius.”
Questa volta il cappello fu più veloce Serpeverde!” e altre grida e schiamazzi si levarono dagli studenti della Casa mentre qualcuno esclamava: “Abbiamo due emoor!”.
 Artemius si alzò dalla seduta e raggiunse Emily senza fare alcuna espressione, i piedi quasi strascicati sul pavimento, lo sguardo vacuo.
La McGranitt attese un secondo che la folla si placasse ed Emma lanciò uno sguardo ansioso a David che le fece un sorriso teso in risposta, quasi volesse tranquillizzarla.
 “Lower, David.”
Questa volta il cappello tacque a lungo e la sala rimase in trepidante attesa. I minuti scorrevano lenti come melassa ed Emma dovette sforzarsi di continuare a respirare tanto si sentiva agitata. 
Quando infine il cappello gridò ancora alla sala, sussultò spaventata, come un fascio di nervi tesi: “Serpeverde”
 
La giovane emoor dovette sforzarsi di trattenere il suo stupore, mentre il tavolo verde argento per la terza volta sembrava implodere di gioia. Tre emoor erano stati smistati lì e questo era sufficiente per vantarsi a lungo con le altre Case. 
Emma, rimasta sola, si irrigidì, cercando lo sguardo di Ginny, che pur preoccupata le sorrideva incoraggiante. Si sentì chiamare dalla McGranitt a gran voce: “O'Shea, Emma” e il suo sguardo, che vagava in cerca di supporto, incontrò due occhi neri e profondi. 
 Severus la stava fissando e nonostante nessuna espressione del volto tradisse i suoi pensieri, Emma percepì, grazie all'abitudine sviluppata durante i mesi passati insieme, la sua ansia e curiosità. Sorrise piano, avviandosi verso lo sgabello, si sedette piena di feroce curiosità e il cappello oscurò ogni cosa.


*Angolo autrice*

Hogwarts (finalmente!)
Mi sono sentita un po' a casa, scrivendo questo capitolo. Anche se mi trovavo a mio agio a scrivere di Spinner's End.
Finalmente incontriamo gli altri emoors: David, Emily e Artemius. Imparerete pian piano a conoscerli. Prossimo capitolo, vi avviso, sarà denso di nuovi personaggi, ma poi ci calmeremo e entreremo in binari conosciuti! (Già cominciano a spuntare personaggi noti come i gemelli Weasley.)
Attualmente siamo all'inizio del quarto anno di Harry. Il bimbo caduto nel lago, per chi ha più memoria, c'era davvero, è il fratello più piccolo di Colin Canon: Dennis Canon. 

So di avervi tenuto con il fiato sospeso sul finale, ma concedetemi un po' di suspance. Si accettano scommesse su dove finirà Emma. 
(Sorpresi che tutti gli altri siano finiti in Serpeverde?)
Ci sentiamo venerdì! (Grazie a tutti quelli che interagiscono con la storia)

NB.
Tutti gli emoors sono di mia invenzione e proprietà :)



Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Casa ***



.Casa.



Emma O'Shea era assolutamente immobile, il cuore che batteva con forza nel petto e la mani tanto strette sul bordo in legno dello sgabello, che le nocche divennero completamente bianche. 
 Il cappello non si degnava di dare un verdetto, né di parlarle e a lei pareva ormai di essere lì seduta da ore. Si mosse agitata, con un sospiro che le sfuggì tra i denti, simile a un sibilo esasperato, perché, nonostante la tesa del copricapo le impedisse di vedere la sala, riusciva a immaginare gli sguardi curiosi degli studenti e insegnanti.
 “Questa è difficile!” sussurrò improvvisamente una vocina che sembrava essere nella sua testa e che la fece sussultare quasi dolorosamente, essendo completamente irrigidita dalla tensione, mentre cercava di tenere la mente sgombra.
“Difficile, difficile!” insistette la vocina “eppure questo è il mio lavoro sai? Smisto ragazzi da sempre e non c'è cappello migliore di me, credo di essere unico, ma questa testa è un bel dilemma.”
 “Un dilemma?” domandò perplessa Emma.
 “Un dilemma, sì!” ribatté pensieroso il cappello “C'è voglia di lavorare e di mettersi alla prova. Una bella testa, senza dubbio e ricca di una spiccata curiosità! C'è spazio per la grandezza e più coraggio di quel che pensi. Ma dove ti metto?”
 “Forse non Grifondoro?” azzardò a pensare lei.
 “Grifondoro? E perché no? Hai la forza, la dedizione e l'ostinazione giusta in questo cervello” ribatté perplessa la vocina.
Emma sospirò di tensione “Allora non Tassorosso” 
 Voleva semplicemente che quel cappello prendesse una scelta in fretta, qualunque fosse e le evitasse così la tortura di essere al centro dell'attenzione dell'intera scuola. 
 “No, Tassorosso forse non sarebbe la scelta migliore” concordò il copricapo “Perché non Serpeverde come gli altri? Saresti molto adatta, o Corvonero. Forse. Un bel dilemma davvero.”
 “Mi piacerebbe Serpeverde” mormorò titubante l'emoor, pensando che i gemelli Weasley sarebbero sopravvissuti a quell'annuncio e che forse Severus sarebbe stato orgoglioso di lei, per non parlare del fatto che avrebbe avuto nello stesso corso gli altri emoor.
 “C'è molto di Serpeverde in effetti in te” concesse il cappello “ambizione, devozione, furbizia, intelligenza, ma è la scelta giusta? Potrebbe esserlo. È una Casa che ti si addice.”
 “Dovresti saperlo tu” pensò affranta la ragazza “Mettimi nella Casa più giusta, per favore, velocemente.”
 “Nella Casa giusta dici, eh? È quello che sto cercando di fare. Forse la storia ci insegnerà a guardare, c'è ancora molto da scoprire... nel giusto mezzo starai! Una posizione di giusto equilibrio occuperai” disse il cappello e per un attimo Emma riuscì ad immaginarlo sorridente e soddisfatto, ma prima che potesse pensare di avere avuto un'idea assurda, sentì la voce che gridava a tutta la sala.

Corvonero!”

Il copricapo le venne tolto e lei fu investita da un boato. 
 Tutto il tavolo di Corvonero era balzato in piedi e ogni singolo studente gridava e batteva le mani, ma anche Grifondoro e Tassorosso applaudivano e Ginny Weasley e i gemelli avevano messo in piedi una sorta di balletto improvvisato. 
I Serpeverde, invece, stavano quasi tutti immobili sulle panche con aria annoiata, tranne David ed Emily che partecipavano con entusiasmo in piedi e persino Artemius che, sebbene se ne stesse seduto con il suo sguardo apatico, batteva fiaccamente le mani. 
 L'emoor si affrettò a raggiungere il suo tavolo e venne travolta da pacche sulla spalle, sorrisi e abbracci, ma la sua gioia più grande fu quando, una volta liberatasi dei nuovi compagni di Casa, intercettò lo sguardo di Severus e vi colse una sottile approvazione.

 Il preside si alzò in piedi e con un solo gesto pacato fece sì che le grida si trasformassero in mormorii e poi in silenzio. Sorrise gentile, ma incuteva comunque un profondo rispetto a tutti i presenti.
 “Mi sembra giunto il momento di abbuffarvi!” esclamò e come per magia i tavoli spogli si riempirono di ogni genere di pietanza. 
 C'erano vassoi traboccanti di cibo e leccornie, che solleticavano il palato degli studenti, che svelti si protesero per riempire i loro piatti.
Emma, felice, cominciò a scegliere la sua cena perfetta, rendendosi conto di avere una gran fame, nonostante i dolciumi scambiati con Ginny e i gemelli Weasley sul treno.
 “Fico non è vero?” disse una voce allegra.
 A parlare era stata la ragazza seduta alla sua destra, l'emoor le lanciò un'occhiata incerta, valutandola prima di annuire in risposta e la compagna di Casa accanto le sorrise felice.
 Era piccola e magra quanto lei, ma la sua pelle era abbronzata e sulla testa sfoggiava una zazzera di capelli biondo grano tagliati in un corto e scompigliato caschetto, di cui alcune ciocche ricadevano sugli occhi scuri e profondi, contornati da lunghe ciglia.
 “Sono Lilith Bitterblue. Terzo anno.” si presentò “Frequenteremo gli stessi corsi” disse e tese una mano, che Emma strinse. 
 Avevano entrambe una presa forte e decisa.
“Emma O'Shea.” rispose subito l'emoor, arrossendo leggermente quando si rese conto, per l'ennesima volta, che dire il suo nome era piuttosto inutile, specie dopo che era stato gridato a tutta la sala.
 La corvetta al suo fianco non parve notare il suo leggero imbarazzo e scrollò le spalle, riprendendo a parlare decisa. A Emma ricordò terribilmente Ginny Weasley e i suoi modi di fare irruenti e vivaci.
“Sono davvero felice che tu sia finita a Corvonero, voglio dire, non solo perché è la Casa migliore, ma fischia! Tre di voi sono finiti a Serpeverde! Assurdo no? Sono certa che anche le altre non vedranno l'ora di conoscerti e anche i ragazzi... saranno tutti elettrizzati di sicuro! Oh, lei è Luna Lovegood in corso con noi.”
Lilith si scostò leggermente e dalla sua spalla fece capolino una delle persone più curiose che Emma avesse mai visto. 
 Non si poteva definire bella, piuttosto, graziosa. I lunghi capelli biondo cenere ricadevano sulle spalle e due enormi occhi azzurri la osservavano vacuamente. Portava appesi alle orecchie due ridicoli orecchini a forma di rapanello e per un lungo istante l'emoor si chiese se fosse in grado di parlare, dato che la fissava senza dire nulla, sorridendo con una strana dolcezza.
 “Lilith è stata molto carina a presentarci, non è vero?” disse infine e la sua voce era sottile e gentile “Ed è un'altra bella fortuna trovare in giro persone come te, Emma O'Shea. La tua aurea è di un viola talmente intenso che i Plimpi del mio stagno ti adorerebbero”
L'emoor, pur non avendo capito una sola parola, la trovò simpatica e le sorrise sincera, mentre Lilith ridacchiava liberamente sotto i baffi. La cena continuò piacevole e scorrevole.


Lilith Bitterblue si dimostrò molto velocemente una gran chiacchierona, ma, fortunatamente, come poté presto notare Emma, non era né impicciona, né invadente. 
Il suo sorriso largo era naturale e i modi di fare alla mano, tanto che presto la tensione iniziale dell'emoor svanì, rendendosi conto che la sua nuova amica la trattava come una ragazza normalissima e non le rivolgeva nessuno di quegli sguardi bramosi di notizie che invece le riservavano, a lei come agli altri emoor, altri studenti.
 Luna invece per lo più stava in silenzio e ascoltava i loro discorsi, facendo ondeggiare quei buffi orecchini e strabuzzando gli occhi più del dovuto, ma le rare volte che prese parola le sue uscite furono talmente assurde e divertenti che Emma la prese subito in simpatia.
Quando anche i dolci furono spazzolati via dai numerosi vassoi, Silente si alzò, tornando a rivolgersi agli studenti. 
 “Bene, spero che le vostre pance siano piene e i vostri animi ben rifocillati!” disse con voce allegra ed affabile “È mio dovere informare i nuovi arrivati e ricordare ai vecchi amici che la Foresta è proibita agli studenti, così come il considerevole numero di oggetti che mastro Gazza ha provveduto ad inserire nella lista consultabile nel suo ufficio.” sorrise, prendendo respiro, mentre alcune risatine si levavano dai tavoli “Altro mio più ingrato dovere è informarvi che quest'anno non avrà luogo la coppa di Quidditch.”
Ci fu un attimo di silenzio a quell'affermazione, di sconcerto forse, ma poi una profonda delusione si propagò per tutta la sala. Lilith stessa sputò un 'accidenti' tra i denti e alcuni ragazzi presero a borbottare senza ritegno. Era evidente che l'intera Hogwarts tenesse molto alla Coppa, Emma invece, che sapeva a malapena cosa fosse il Quidditch, dato che Severus non aveva mai affrontato per bene l'argomento e lei non aveva cercato notizie a riguardo, sbatté le ciglia incerta su come porsi, osservando con distacco misurato l'indignazione generale, che si placò parzialmente solo quando il preside alzò entrambi i palmi delle mani in un gesto pacifico, per chiedere silenzio.
“So che questa notizia non vi mette di buon umore” disse calmo Silente “ma spero che cambierete idea quando vi dirò la novità di quest'anno. Ad Hogwarts infatti si terrà un grande evento...”


Un fulmine squarciò il cielo e le porte della sala si aprirono con uno scatto. I presenti ammutolirono tutti insieme, mentre un uomo con improbabili fattezze, avanzava in mezzo il corridoio. 
 Aveva una gamba di legno che faceva un rumore secco ogni volta che cozzava contro il pavimento e un inquietante occhio, esageratamente grande, che ruotava impazzito nella sua orbita. 
 La scuola intera parve trattenere il fiato e anche Emma osservò la scena con una sottile agitazione, ma l'uomo raggiunse placido Silente, scambiò con lui poche parole e subito dopo si avvicinò al tavolo degli insegnanti senza ulteriore clamore, mentre il preside tornava a rivolto verso gli studenti con un sorriso.
 “Una lieta interruzione questa” disse espressione sollevata “ne approfitto per presentarvi il vostro nuovo insegnante di Difesa contro le Arti Oscure, l'Auror Alastor Moody, che ha gentilmente accettato di occupare il posto lasciato dal professor Lupin”
 Nella sala c'era un silenzio di tomba, interrotto solo da fugaci mormorii, ma Silente non parve farci caso e riprese a parlare.
 “Come stavamo dicendo, quest'anno a Hogwarts si terrà un evento straordinario... il Torneo Tre Maghi.”
 Ci fu un altro silenzio e solo un ragazzo di Tassorosso gridò un '
non è possibile', mentre molti borbottavano a mezza voce. Emma fece scorrere lo sguardo, osservando le facce perplesse dei presenti.
 “Oh sì, signor Santus, è perfettamente possibile." replicò il preside, subito spiegando le regole del Torneo e raccomandando le adesioni, per i candidati a titolo di campione, esclusivamente per i maggiorenni. 
Nella sala ricominciarono a volare mormorii ora eccitati e frementi, insieme a un brusio sdegnato e qualche sbuffo senza ritegno di chi avrebbe voluto partecipare, ma era troppo giovane ed Emma fu grata al Torneo Tre Maghi, qualunque cosa esso fosse, purché togliesse l'attenzione da lei e gli altri emoor.


 “Un sacco di novità quest'anno! Prima voi e adesso il Torneo Tre Maghi. Sarebbe fico parteciparvi no?” disse Lilith.
 “Non saprei” replicò lei incerta, serrando le labbra “non credo di avere abbastanza conoscenza magica”
 “Oh beh, se Silente ha imposto un limite d'età una motivazione ci sarà, quell'uomo sa sempre tutto”concluse sicura la biondina “Sembra in effetti qualcosa di molto pericoloso.
 Abbandonarono la Sala Grande verso il dormitorio, sospinte dagli studenti del primo anno che si affrettavano alle calcagna dei Prefetti. Emma era curiosa di vedere dove si trovasse la Sala comune di Corvonero e seguì di buon umore la fiumana di persone che si ramificavano in base alla Casa di appartenenza. Lilith e lei, seguite a ruota da Luna, continuavano a salire.
 “È distante.” constatò dopo parecchi minuti di camminata.
 “Abbastanza.” rispose Lilith, con il fiatone a causa della salita appena percorsa “però quando sarai arrivata ne varrà la pena.”
 Si inerpicarono su per un'infinita serie di scale fino a quando non si ritrovarono circondati solo da Corvonero. 
 Hogwarts trasudava magia e bellezza anche nel buio della notte.
 “Manca ancora molto?” chiese Emma e Lilith scosse la testa in risposta, sorridendo e svoltò in uno stretto corridoio, per poi fermarsi davanti a una grossa testa di corvo in bronzo.
 “A te l'onore.” disse la biondina rivolta all'emoor.
 “Cosa dovrei fare?” tentennò lei.
“Rispondi alla domanda che ti fa” disse Luna “è l'unico modo per entrare nel dormitorio, ottimo  per imparare qualcosa di nuovo.”
 Emma si avvicinò alla testa del pennuto che subito, con una voce metallica, chiese: “Che cosa non è una sedia?”
L'emoor sbatté una sola volta le palpebre piuttosto perplessa.
 “Ehm... una non sedia?” rispose incerta.
 “Risposta interessante!” Gracchiò il volatile, mentre si apriva il varco e le tre ragazze si affrettavano ad entrare.

Ne era valsa la pena.  La Sala comune parve ad Emma ancora più splendida della Sala Grande. La prima cosa che notò furono le finestre enormi che davano sul parco e le montagne, la pioggia infuriava ancora, ma Emma immaginò che, nelle giornate limpide e nelle notti stellate, avrebbe goduto di una vista sensazionale. 
Il soffitto della sala era di un colore blu intenso e vi erano dipinte piccole stelle dorate che formavano le costellazioni. C'erano poi tavoli e sedie sparsi in giro e ampie librerie colme di volumi. 
Per terra il pavimento in cotto era coperto qua e là da tappeti e nei pressi degli ampi camini, nei quali scoppiettavano fuochi, erano stati sistemati comodi divani e morbide poltrone. Due scale a chiocciola infine conducevano ad altre sale e in mezzo a queste svettava una statua imponente di un'elegante ragazza che fissava altera la Sala.
 “Allora, com'è?” chiese Luna con un mezzo sorriso.
“Stupendo.” assentì Emma. Era davvero senza parole.
 “Vieni” disse Lilith “ti presento le altre.”
Salirono lungo prima scala a chiocciola e percorsero un breve corridoio fermandosi solo davanti a una porta dove era scritto con eleganti lettere “Terzo anno”, Luna aprì ed entrarono. 
Il dormitorio era, come Emma si era aspettata, in prevalenza di colore blu e bronzo: piccolo, caldo e accogliente.

Cinque letti a baldacchino, con spesse tende, erano posizionati quasi in circolo e c'erano finestre abbastanza ampie da godere di un'ottima vista. Due ragazze le fissavano.

“Eccovi finalmente! Dove siete andate, Lilith! Non arrivavate più.”
“C'era un notevole numero di persone per i corridoi nel caso non te ne fossi accorta, Carmen.” ammiccò la biondina e l'altra sorrise.
 Dimostrava ben più dei suoi tredici anni. Forse a causa dell'invidiabile fisico slanciato e vigoroso. Le lunghe gambe, che spuntavano da sotto la divisa, erano fasciate da stretti jeans  Babbani e parevano capaci di compiere grandi falcate, tanto che Emma non faticava a immaginarsela su una pista da corsa. 
 I capelli lisci, lucidi e neri erano raccolti accuratamente in una perfetta coda di cavallo e gli occhi scuri, così come quelli di Lilith, ma più grandi, da cerbiatta, erano circondati da folte ciglia. 
Emma notò anche i denti perfettamente dritti e bianchissimi che risaltavano sulla pelle scura della ragazza, quando lei le indirizzò un sorriso di benvenuto. Sembrava forte e sicura di sé e certamente doveva essere intelligente per appartenere a Corvonero e l'emoor si sentì in vago imbarazzo, mentre tendeva la mano verso di lei.
“Sono Emma O'Shea.” soffiò.
 “Oh, lo so, non vedevo l'ora di conoscerti! È così bello averti qui! Io sono Carmen Hole” rispose lei e nonostante la sua notevole bellezza, non sembrava affatto piena di sé “E invece lei è la mia migliore amica, Sarah Morris” aggiunse scostandosi appena, facendo ondeggiare la lunga coda e indicando l'altra ragazza presente nella stanza, che non aveva ancora proferito parola.
Doveva essere molto timida. Emma lo capì da come teneva il capo chino e le esili spalle incassate e a prima vista, sembrava sparire accanto all'amica. Se Carmen era una bellezza esplosiva, Sarah poteva essere definita come un grazioso fiore, così minuta e fragile.
Aveva la pelle chiara come la panna e i capelli lisci, con una delicata sfumatura rossiccia, erano tagliati appena sopra le spalle in maniera anonima, mentre i lineamenti del volto erano sottili, all'infuori del naso leggermente a patata. L'unica cosa che esprimeva vivacità nella sua persona erano gli occhi verde pallido.
 “È un piacere conoscerti” disse con un tono educato, stringendo appena la mano di Emma e l'emoor sorrise.
 “Il piacere è tutto mio. Sono davvero felice di essere qui e grazie dell'accoglienza a voi tutte”
 La camera era piena di sorrisi e sguardi brillanti. Le ragazze le mostrarono il suo letto, che era centrale, ma vicino alla finestra, e poi, come se fosse la cosa più naturale del mondo, cominciarono a parlare ed Emma si stupì di sentirsi completamente a suo agio. 
 Era sempre stata abituata a dividere le sue giornate con Steph, che era un ragazzo e nell'ultimo periodo, al massimo, con Severus e colpevolmente aveva sempre pensato che un numero sufficiente di ragazze chiuse in una stanza potesse dare vita solo ad una serie infinita di pettegolezzi: si sbagliava.
 Erano il gruppo peggio assortito della storia. Le cinque ragazze più diverse che Hogwarts avrebbe potuto mettere nello stesso dormitorio, ma per qualche alchimia strana, andavano piuttosto d'accordo e quando, stanche, decisero di andare a dormire, le mandibole doloranti per le troppe risate fatte, Emma propose di fare una foto tutte insieme.
 “Una foto? Io non ho una macchina fotografica! Voi?” chiese Lilith.
 “Io sì.” rispose Emma.
Si arrampicarono tutte insieme sul letto dell'emoor, mentre la macchina che era stata un regalo di Silente, si librava davanti a loro, scattando la fotografia, poi con un ultimo saluto si infilarono sotto le rispettive coperte.
Luna chiuse le tende perché temeva un attacco notturno da parte dei nargilli. Carmen perché odiava svegliarsi con la luce del sole, Sarah le accostò solo per privacy.

Emma, con un sospiro soddisfatto, prese la macchina fotografica e l'aprì. Non uscì soltanto la foto di cinque ragazze sorridenti che entravano e uscivano dall'inquadratura, tanto si agitavano, ma, con suo grande stupore, vi era un'altra foto che Emma aveva dimenticato e che tenne con tenerezza tra pollice e indice.
 L'immagine sembrava un'esplosione di verde, puntinato qua e là da fiori rosa e gialli. Lei e Severus correvano sul versante della collina e ridevano felici, prendendosi per mano e poi lasciandosi. Emma guardava l'obbiettivo a tratti, Severus no, aveva occhi solo per lei. 
 Il ricordo di quella giornata, che sembrava ora così lontana, inumidì gli occhi della ragazzina per la commozione e guardando quella fotografia inaspettata, eppure così dolce, frugò nelle tasche della divisa, che giaceva in fondo al letto, in cerca del biglietto che le aveva dato Silente. Lo srotolò e riconobbe immediatamente la calligrafia elegante e aguzza che per mesi aveva corretto i suoi temi.

Qualunque Casa. Io ci sarò.
Sempre. Severus

Nel buio della stanza, gli occhi verdi, miscelati con l'oscurità, brillarono per un istante. Emma si distese sotto le coperte, stringendo al petto la foto e la pergamena, sentendosi meno sola e allo sbaraglio in quel mondo che la stava travolgendo.
 “Bei pensieri?” chiese Lilith, guardandola dal suo baldacchino.
“Già” sorrise l'emoor.

*

I gufi entrarono nella Sala Grande in un frullio di ali e un insieme di strilli e versi eccezionale ed Emma alzò lo sguardo dalla fetta di pane che stava imburrando per osservare distrattamente il groviglio di animali che si agitava sopra di lei. La prima volta che aveva assistito alla consegna della posta era rimasta scioccata da quel baccano confuso, ma ora, bene o male, ci si stava abituando.
 Una volta assicuratasi che Rubrick non fosse tra i gufi che sorvolavano i tavoli, con una qualche lettera da parte dei suoi genitori, o di Steph, Emma tornò a concentrarsi sulla sua fetta di pane e vi spalmò sopra una notevole quantità di marmellata.
 “Come fa a piacerti quella robaccia?” chiese Lilith, arricciando il naso in una smorfia velatamente contrariata.
 “La marmellata è sicuramente più salutare delle frittelle!” intervenne Carmen al posto dell'emoor.
 “Io aveva chiesto a lei, non a te Carmen! E poi è così... 
fruttosa.” ribatté la biondina, facendo ridere Sarah.
 “Mi piace e basta.” tagliò Emma con un sorriso, cercando inutilmente di chiudere il discorso, aveva capito da subito che Lilith e Carmen erano due personalità troppo irruente per poter convivere a lungo insieme senza generare qualche alterco, nonostante l'affetto.
 “Oh guardate! I ragazzi arrivano!” cantò Luna con aria assente.
 Le due compagne di Casa di fronte ad Emma smisero di bisticciare e si voltarono per salutare i nuovi arrivati. Erano in cinque.
 I due gemelli erano i primi che avevano presentato all'emoor. Si chiamavano Dan e Luke Harrods e, per certi versi, ricordavano i gemelli Weasley, anche se era più semplice riconoscerli. 
 Magri e alti, avevano sorrisi ampi e furbi, portavano i capelli castani pettinati alla stessa maniera e gli stessi identici occhi grandi e color cioccolato. Dan era più aperto e allegro, mentre Luke, per quanto avesse un carattere estroverso, era più mite e tranquillo del fratello.
Sean Bales e James McGregor, invece, erano, come Carmen e Sarah, migliori amici. Emma li aveva conosciuti per ultimi, il suo primo giorno ad Hogwarts, praticamente inciampando nella scacchiera dove loro stavano giocando una partita.
 Sean era un ragazzo alto, spallato e di bell'aspetto, tanto che molte ragazze, anche più grandi a detta di Carmen, avevano una cotta per lui, ma nessuna era riuscita a conquistarlo. Aveva la pelle liscia e abbronzata su cui spiccavano i denti piccoli e bianchi e i capelli biondo scuro ricadevano a ciocche sugli occhi a mandorla color dell'ebano. Emma lo trovava un ragazzo simpatico e di buona compagnia, che ti sapeva mettere a tuo agio con un paio di battute.
  James era molto diverso invece dall'amico, almeno fisicamente. Smilzo e nervoso, possedeva il classico fisico da Cercatore, come lui non smetteva mai di far notale. In testa aveva una zazzera di disordinati capelli neri, che contrastavano con l'azzurro pallido degli occhi, perfetti sulla sua pelle chiara coperta di lentiggini. Nonostante fosse una bellezza atipica, anche lui aveva un nutrito stuolo di ammiratrici, forse a causa dei suoi modi composti e adulti che, insieme al carattere mite gli davano uno strano fascino.
 Richard Done era invece l'unico studente Corvonero del suo anno, con cui Emma non aveva  però legato  lo trovava anzi a tratti  sgradevole, con un carattere rigido, troppo spocchioso e supponente.  Piuttosto esile di corporatura, Richard sfoggiava sul volto due guance piene e rosee e gli occhietti piccoli e acquosi che fissavano il mondo da dietro una grossa montatura di occhiali che lui definiva
 'da intellettuale'. I capelli biondi e fini erano rigorosamente pettinati all'indietro e aveva una voce un po' nasale e petulante. 
 L'emoor si era stupita nel vedere i ragazzi tentare di includerlo nel gruppo, specie perché lei lo trovava insopportabile e le sembrava che lui non facesse nulla per essere considerato diversamente.
 Sean si sedette di fronte di Emma e James si fece cadere sulla panca al suo fianco con un mezzo sorriso. L'emoor non aveva avuto difficoltà a fare amicizia con tutti, in quei primi giorni di scuola, ragazze e ragazzi, ma, come per ogni adolescente, in breve aveva stretto un'amicizia più forte con due di loro.

Lilith, Emma e James, in effetti, erano diventato oramai per tutti, nonostante non fosse passata nemmeno una settimana dall'inizio delle lezioni, un 
trio e li si poteva vedere passeggiare per la scuola, o partecipare alle lezioni sempre insieme e anche se spesso Lilith stava con Luna, James con Sean e Emma con Ginny Weasley, o comunque passavano molto tempo con gli altri compagni di Casa, oramai tutti li avevano classificati come un nuovo inossidabile trio, simile a quello formato dai Gemelli Weasley e Lee Jordan o quello, assai più famoso, di Harry Potter, Ronald Weasley ed Hermione Granger.
 Emma finì di mangiare la sua fetta con marmellata e pulendosi le mani su un tovagliolo si volse verso Lilith.
 “Cosa abbiamo di lezione oggi?”
 “Oggi: Trasfigurazione, Cura delle Creature magiche, poi due ore buche, Incantesimi e Difesa contro le Arti Oscure.”
 “Dicono che questo nuovo professore sia un portento.” intervenne Dan con un sorriso furbo.
 “Rose Smiller, di Tassorosso, ha detto che non ti fa nemmeno vedere l'ombra di un libro, ma si usano solo le bacchette” aggiunse Luke con la stessa espressione del fratello stampata sul volto, famelico di assistere anche lui alla lezione.
 “Sarà! A me il professor Lupin piaceva." intervenne James ed Emma diede subito  manforte. 
 “È vero, anche a me piaceva molto, era bravo”
 “Lo conoscevi?” chiese stupita Carmen.
L'emoor annuì appena “Mi è venuto a valutare per vedere se avevo raggiunto un livello consono per il terzo anno ad Hogwarts. Mi è sembrata una persona molto gentile e competente.”
 “Lo era.” concluse James, creando un piccolo silenzio ed Emma fece lui un mezzo sospiro e si protese a prendere l'orario.
 “Abbiamo due ore buche nel pomeriggio, no? Credo che ne approfitterà per fare un giro con Emily e David”
 Lilith strabuzzò gli occhi chiaramente colpita dall'affermazione.
 “Hai intenzione di mantenere un rapporto con loro?”
 “Non vedo perché no.” disse leggermente irritata l'emoor e l'altra scosse il caschetto biondo “Sono Serpeverde, Emma.”
 “E quindi? Sono estremamente simpatici.”
 “Ma smetteranno di esserlo quando cominceranno a frequentare la gente del loro dormitorio, vedrai”
 “Se sarà così ne prenderò le distanze” disse risoluta l'emoor “ma non credo che si faranno vincere dai pregiudizi.”
 Emma era amareggiata dal fatto che nessuno riusciva ancora a capire la sua posizione aperta e equilibrata. I pregiudizi tra i membri delle diverse Case erano molto forti, quasi ridicoli, in particolare nei confronti dei Serpeverde, che essendo mal considerati, si chiudevano sospettosi nei loro ranghi, isolandosi. 
 L'emoor però era stata iniziata al mondo magico da un uomo come Severus Piton e lei stessa aveva quasi sperato di finire in quella Casa, quindi non riusciva a capire quell'astio e quel sospetto ingiustificato, anche tenendo conto di Lord Voldemort e il suo passato oscuro. 
 “Secondo me Emma ha ragione” intervenne mite James e l'amica  lanciò lui un’occhiata grata “Sono pregiudizi”
 “Beh lo vedremo!” sbuffò rigidamente Lilith “Scommetto Dieci galeoni che alla fine ti ricrederai, Emma. Quell'Hope, Artemius Hope... è  un tipo strano.”
 “Lo è” concesse l'emoor  “Ma credo lo sia sempre stato.”
 Continuarono per un po' a fare colazione, chiacchierando tra loro amichevolmente, fino a quando Dan non cercò di tenere in bilico sul naso un cucchiaino, ma lo fece invece cadere con un rumore tintinnante nella tazza della ragazza al suo fianco: Marietta Edgecombe. Tutti scoppiarono a ridere, tanto più che la diretta interessata sfoggiò uno sguardo di puro veleno nei confronti del ragazzo, al di sotto dei suoi ricci rossi.
 “Sei il solito Dan” lo rimbeccò Carmen con un debole sorriso.
 “E il Torneo Tre Maghi?” chiese Sean, gli occhi ancora lucidi per il gran ridere “Anche quella è una grande novità, no?” 
 “Chissà chi sarà il giudice imparziale!" disse placida Sarah.
 “Chiunque sarà non sarà possibile aggirarlo” rispose Carmen sicura    “Silente ha fatto sapere a tutti che si occuperà personalmente di non far partecipare persone con meno di diciassette anni.”
 “Cedric ha l'età giusta, forse si proporrà”.
 Tutti si voltarono verso la ragazza che aveva parlato: era Cho Chang e sedeva con aria tranquilla accanto all'imbronciata Marietta. Emma riconobbe in quel momento la ragazza che accompagnava Cedric l'anno precedente.
 “Oh conosco Cedric” disse quindi con un sorriso “Mi ricordo anche di te. Immagino allora tiferemo per lui” 
Cho sorrise in risposta, nascondendosi dietro la sua frangetta scura.
 “Non è affatto giusto però.” brontolò Sean sbuffando appena “Anche io vorrei partecipare”
 “È giusto perché è la regola." intervenne la voce nasale di Richard che, in quel momento, si alzò dal tavolo con aria imperiosa “E ora, al posto che perdere tempo, dovremmo andare a lezione.”
 Emma rimase per qualche secondo a osservarlo mentre si allontanava “Ma fa sempre così?” domandò incredula.
“Di solito è molto peggio." disse Lilith “Goditelo finché è così mite.”
 Dan si chinò verso l'emoor con un sorriso esageratamente largo. 
 “Sicuramente i fratelli Weasley escogiteranno qualcosa per partecipare al torneo. Tu li conosci no? Non puoi chiedere loro una soffiata su come superare i controlli?”
 Emma scosse la testa ridacchiando divertita, mentre anche Luke cominciava a pregarla insieme al gemello. I Weasley e gli Harrods che collaboravano insieme non erano propriamente raccomandabili.
 “E le altre scuole? Si sa quando arriveranno?" chiese sottovoce Sarah, mentre già si alzava per andare a lezione.
 “Si dice  a ottobre” le rispose Carmen.
 Le due compagne di Casa si allontanaronoinsieme,  lasciando così il tavolo della colazione ormai quasi vuoto. Un gruppo di Grifondoro ritardatari entro in quel momento nella sala e alzando lo sguardo Emma incrociò quello di Ginny Weasley, che la salutò da lontano con un mezzo sorriso. L'emoor ricambiò allegra.
 Lei e la Grifondoro avevano passato ogni momento possibile insieme da quando erano entrambe ad Hogwarts, perché nonostante l'emoor fosse molto contenta dell'amicizia che stava stringendo con i suoi nuovi compagni, in particolare Lilith e James, era consapevole che Ginny fosse una persona particolarmente speciale. 
 Emma si fidava completamente di lei a tal punto che era anche l'unica persona a cui aveva rivelato il suo legame con Alicia Serpeverde e non era rimasta stupita nel non vedere nessuna smorfia di disgusto sul volto dell'amica. Avere qualcuno come Ginny Weasley nella propria vita era confortante.

*

Ho sempre pensato che Serpeverde fosse una Casa affascinante, voglio dire Merlino era un Serpeverde” disse la Weasley, sistemandosi una ciocca di capelli rosso fuoco dietro l'orecchio. 
Erano al campo di Quidditch, il primo posto che la Grifondoro aveva insisto di mostrare all'amica appena avuto un momento per andarsene in giro tranquille. 
 
Merlino era un Serpeverde?” domandò curiosa l'emoor.
 Ginny annuì “I Serpeverde hanno sempre avuto una fissa con la questione della purezza del sangue, una totale idiozia per altro, ma per il resto hanno avuto anche molti maghi brillanti nelle loro file. Io non mi preoccuperei fossi in te di essere loro discendente, lascia perdere quel che ti dice la gente.”
 
Sono felice che non ti importi” sussurrò l'emooor sollevata.
 
È come ti ha detto Silente, Emma” insistette pragmatica la Weasley “il fatto che tu sia l'emoor di Serpeverde non ti deve in alcun modo definire. Tanto più che sei l'unica a non essere finita in quella Casa”
 
Il che ti solleva, ammettilo” la punzecchiò l'altra, sorridendo e Ginny arricciò le labbra, trattenendo un sorriso furbo. 
 “Un po' sì, lo ammetto, sarà una Casa sottovalutata, ma è piena di idioti”
L'emoor ridacchiò e l'amica chiuse gli occhi, godendo del tepore del sole.
 
Piton ti ha mai parlato dell'erede di Serpeverde e di cosa è successo al mio primo anno?” domandò la rossa dopo qualche secondo di silenzio, inclinando la testa di lato con un'espressione curiosa, mentre osservava la Corvonero. 
Emma scosse la testa e l'altra non riuscì a trattenere un'espressione stupita.
 “No? Molto cavalleresco da parte del pipistrello, pensavo che l'avrebbe usata come storiella per distruggere la reputazione dei Weasley”
Severus non è così terribile, Gin”
 
Ne dubito”
 
Mi ha solo detto che sei un caso disperato in Pozioni, tu e tutti i tuoi fratelli.”
 Ginny corrugò le sopracciglia e per un momento sembrò sul punto di sputare un insulto, ma finì per stringersi nelle spalle con noncuranza.
 “Beh, è vero in effetti.”
Emma scoppiò a ridere.

*

Luna si alzò di scatto e allontanandosi a passi di danza disse che sarebbe andata a lezione e anche James, Lilith ed Emma si alzarono quasi contemporaneamente e cominciarono ad avviarsi, mentre attraversavano la Sala tutti gli studenti che stavano ai tavoli e anche alcuni che camminavano verso l'uscita, si voltarono per fissare curiosi l'emoor, che avanzava in mezzo ai due amici.
 Dopo una prima frenesia iniziale, il Torneo Tre Maghi era passato in secondo piano nei pensieri degli studenti, in attesa dell'arrivo delle altre scuole e l'attenzione dell'intera Hogwarts era di nuovo tornata sugli emoor. Emma odiava avere i riflettori su di lei per un motivo tanto stupido come il fatto di essere nominata in una vecchia profezia e aveva atteso con ansia che l'interesse  scemasse. 
 Purtroppo per lei non era andata così e molti erano i mormorii che la raggiungevano, insieme agli sguardi, quando si muoveva fuori dal suo dormitorio, come in quel momento.
 Aveva parlato della cosa anche con David ed Emily, ma i due non avevano saputo darle conforto, perché entrambi i Serpeverde erano trattati dai compagni come celebrità, ma erano disprezzati e evitati dal resto della scuola, che sembrava aver dimenticato la loro esistenza, o per lo meno, dimostrava una profonda delusione nei confronti dei tre emoor verde argento. 
Emma, invece, era l'unica finita in una Casa differente e questo la rendeva agli occhi di tutti decisamente più interessante e speciale.

*

Sei tu che hai voluto andare in una Casa che non fosse la nostra” la prese in giro David, facendole un sorriso ed Emma non poté far altro che sospirare.
 “Passerà Emma” aggiunse Emily, pragmatica “Vedrai”


*

“Non far caso a loro” le sussurrò James “Prima, o poi, la smetteranno. È come con Harry Potter, ora lo lasciano respirare, ma gli altri anni era sempre assediato di persone adoranti, o sprezzanti”
 “Senti chi parla” ghignò Lilith “Proprio quello che voleva assolutamente conoscere il bambino che è sopravvissuto. C'è mancato poco che non gli chiedessi un autografo, Jam”
 “Fatto sta che ora tutta la scuola mi fissa” mormorò l'emoor.
Non credeva che sarebbe stato così snervante, nessun studente aveva ancora smesso di osservarla. Una bimba del primo anno aveva completamente smesso di mangiare per guardarla, mentre una paio di ragazzi del sesto parlavano piano tra loro lanciandole occhiate veloci. Emma serrò la mandibola: quanto poteva essere lunga la strada che l'avrebbe portata fuori di lì? 
“E poi chi ti dice che guardano te?” riprese Lilith parlando a voce molto alta e guardandosi intorno “Sono certa che stiano guardando me, il mio fascino non ha rivali, non è vero?” esclamò e scosse la corta chioma bionda e disordinata con un sorriso furbo.

Quasi tutti gli studenti, imbarazzati, tornarono a fissare i loro piatti e sia Emma che James dovettero correre fuori per non scoppiare a ridere davanti all'intera scuola, mentre una Lilith trionfante li raggiungeva ridendo.

 

*Angolo Autrice*

Eccoci. 
Corvonero! 
Quanti di voi ci avrebbero scommesso? 
Il cappello ha scelto per Emma una via di mezzo.

LO SO che questo capitolo è pieno di personaggi nuovi che possono confondervi, ma non ci sono notizie sui compagni di Luna ad Hogwarts e ho dovuto inventarli. Voglio molto bene a tutti loro, spero comincerete ad apprezzarli  e comprenderli con il tempo. Non saranno, come ho detto altre volte gli unici protagonisti, anzi, i nostri personaggi preferiti della saga spunteranno man mano e prenderanno sempre più spazio. 

Vi anticipo solo che il prossimo capitolo si chiamerà "Furetto". 
Penso però che sia importante imparare a conoscere bene i 3 emoors, Emma e i corvonero per apprezzare la storia completa. Vi confido che con il tempo i gemelli Harrods, Carmen, Sarah e Sean avranno sicuramente un ruolo man mano più marginale, ma penso fosse importanti introdurli. 

ATTENZIONE: So che il fatto che i due amici di Emma si chiamino Lilith e James potrebbero farvi pensare a James e Lily Potter. Vi assicuro che si tratta di una coincidenza. Ci ho fatto caso nell'ultima rilettura della storia, ma ormai ero così affezionata a entrambi con quei nomi che non ho avuto cuore di cambiarli. 
Bitterblue è invece uno dei cognomi di cui sono più soddisfatta. Nella prima stesura si chiamava Lilith Portman. Ma penso che "Amaroblu" sia un cognome adatto a Lilith. 

Per il resto ho cercato di non variare quasi nulla della storia originale. 
Fatemi sapere cosa ne pensate nelle recensioni e grazie a tutti voi che mi seguite
vi

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** Furetto ***


.Furetto.

 


La lezione di Trasfigurazione passò velocemente, facendo scoprire a Emma, non senza una certa soddisfazione, di non essere indietro con il programma. L'emoor dimostrò anzi di destreggiarsi piuttosto bene con la bacchetta, nonostante qualche piccola iniziale difficoltà e riuscì a non far perdere punti alla sua Casa. 
 Lo sguardo chiaro della professoressa McGranitt, sempre attento e graffiante, si posò solo un paio di volte su di lei e sempre con sottile approvazione e anche Cura delle Creature magiche passò senza problemi di sorta, anche se Emma si sentiva vagamente intimorita dal professor Hagrid, che nonostante i suoi modi di fare confusionari e gentili, risultava piuttosto imponente, ma l'emoor trovava molto interessante la materia e vedendo che tutti i suoi compagni si relazionavano amichevolmente con l'omone, dopo un poco si rilassò.
 Nelle due ore seguenti invece, come previsto, si allontanò da James e Lilith per andare a incontrare gli altri tre emoor. 
 “Non fare tardi a Incantesimi, ti tengo il posto.” le disse Lilith con un sorriso largo e incoraggiante, ma Emma ebbe la curiosa sensazione che l'amica fosse davvero preoccupata all'idea che lei passasse il tempo con dei Serpeverde e si rabbuiò leggermente.  
Si incamminò verso le rive del lago nero, dove l'aspettavano gli altri, approfittando del sole tiepido che sembrava annunciare la fine del periodo più caldo e accogliere l'autunno. 
Il lago era un posto tranquillo, che Emma aveva apprezzato fin dal primo giorno, rimanendo incantata dalla superficie lucida e calma che celava ogni tipo di creatura. Ridiscese lentamente la strada lungo la collina, che si inclinava dolcemente fino a raggiungere le sponde deserte del lago e scorse da lontano David ed Emily.  
 Parlavano tra loro animatamente e come lei aveva in parte immaginato, erano soli, probabilmente perché Artemius aveva deciso di volersi mantenere schivo e distaccato. 
 L'emoor sospirò e si avvicinò ai due amici.

. . .

Per un'ora abbondante, Emma e i due emoor godettero della reciproca compagnia. Mangiarono un pranzo al sacco approfittando della bella giornata, e si scambiarono opinioni sui quei primi giorni di scuola, per poi incamminarsi insieme verso il castello dove entrambe le Case avrebbero avuto lezione di Incantesimi. 
 “Siete contenti di essere a Serpeverde alla fine?” chiese la ragazzina, curiosa, dato che il fascino che quella Casa le causava.
 “Non è così male” rispose David pragmatico, strizzando gli occhi per ripararsi dalla luce del sole “Se togli tutta la gente poco raccomandabile che c'è li dentro, i pochi che rimangono hanno un cervello fine, un po' lugubre forse, ma niente male davvero.”
 “Meglio così” mormorò la Corvonero, sollevata. 
 “Tu stavi a casa da Piton no? Lui è il nostro responsabile Casa. È severo, ma davvero molto preparato, un personaggio interessante” disse Emily ed Emma annuì con un mezzo sorriso, mentre qualcosa le si contorceva in fondo alla stomaco
Non vedeva il tutore dall'inizio della scuola, non aveva ancora avuto modo di parlare da sola con lui, né aveva ancora avuto lezione di Pozioni e anche se non lo avrebbe mai ammesso, Severus le mancava. Terribilmente.
“Voi da chi stavate?” chiese per spostare l'attenzione da sé, curiosa della risposta “Mentre vi preparavate al terzo anno intendo”
 “Io dagli Abbott” rispose Emily con un sorriso tranquillo “hanno una figlia in Tassorosso, un anno avanti rispetto a noi. Mi trovavo bene, sono stati molto gentili con me.”
 “Io con un mago di nome Kingsley.” disse David “Uno a posto tutto sommato, lavora al Ministero, anche se non ho ben capito per quale dipartimento, ma credo che sia un Auror, conosce un sacco di cose interessanti.”
“Forse ci è andata meglio che a te, Ems” sorrise la ricciolina con aria complice, ma la Corvonero scosse la testa leggermente. 
 Lei era davvero felice di essere stata preparata al mondo magico da Severus, non avrebbe voluto nessun altro al suo posto. 

Sorpassarono l'ingresso gremito di studenti, diretti a passo svelto verso l'aula d'Incantesimi, le borse che battevano sui fianchi.
 “E con Moody, invece?” chiese Emma “Come è andata?” 
 Sapeva che i due Serpeverde avevano avuto lezione con il mago proprio quella mattina e i gemelli Weasley, che l'avevano avuto il giorno precedente, le avevano accennato quanto le lezioni fossero atipiche: era molto curiosa a riguardo. 
 David però si fece sfuggire un ghigno storto in risposta e subito lanciò un'occhiata alla compagna di Casa che si era irrigidita.
 “Oh, ti consiglio di chiederle a Emily cosa ne pensa” rispose sornione, mentre la moretta letteralmente sobbalzava nel sentirsi presa in causa, accigliandosi e arrossendo sulle guance chiare.
  “Davvero molto simpatico David.” sibilò.
“È così terribile?” chiese Emma con un leggero sorriso, mentre la Serpeverde si rabbuiava, con aria vagamente offesa “Mi hanno solamente detto che è piuttosto atipico”
“Se devo essere sincera, mi ha davvero terrorizzato, Emma” rispose la ricciolina “Quell'occhio magico è agghiacciante. Non credo nemmeno sia legale averlo. Sembrava ossessionato da me, David e Artemius, non ha smesso un solo istante di fissarci e studiarci”.
 L'emoor ridacchiò, cercando di far scivolare il disagio istintivo che provava a quelle parole in fondo allo stomaco, scrollando le spalle.
 “L'occhio è davvero terribile” concordò, cercando di sembrare tranquilla “L'aspetto in generale non è un suo punto forte.”
 Erano quasi arrivati all'aula quando si bloccarono davanti alla vista di Luna Lovegood, che si avviava scalza per il corridoio. 
 I due Serpeverde, chiaramente meno avvezzi alle stranezze della biondissima Corvonero, lanciarono uno sguardo accigliato ad Emma, che sospirando si rivolse alla compagna di Casa.
 “Ciao Luna, le tue scarpe?” chiese con tono gentile, facendo un passo avanti per attirare l'attenzione dell'altra.
 L'emoor si era accorta, nei suoi pochi giorni a Hogwarts, che spesso la Lovegood era presa di mira con varie prese in giro e scherzi, forse a causa a causa del suo modo di fare bizzarro e se ne sentiva sinceramente dispiaciuta, perché Luna le sembrava una persona molto dolce e sincera.
 “Ciao Emma e ciao anche a voi” disse la bionda sorridendo, passando lo sguardo vacuo sugli altri due emoor con aria distratta, come se li conoscesse da sempre.
 “Luna le scarpe” la richiamò di nuovo Emma.
 “Oh sì” ribatté la ragazza, abbassando gli occhi ai piedi scalzi e scrollando le spalle “A volte gli altri ragazzi mi rubano le cose”
 “Ma è terribile” disse subito Emma indignata, ma l'altra in risposta sgranò gli occhi, osservando l'emoor con molta attenzione.
 “Oh, sei carina a preoccuparti di me Emma” disse con aria improvvisamente allegra “Ma ci sono abituata”
Si voltò con un balzello verso l'aula, il sorriso tanto largo e sincero che Emma non riuscì a dare una risposta coerente.
 “E poi sono i Serpeverde quelli strani” la punzecchiò David scuotendo la testa. Emma ed Emily sorrisero.

. . .

“Oggi non finisce più” borbottò Lilith, lasciandosi crollare sulla sedia accanto all'emoor e nascondendo il volto nel braccio.
 Emma le scompigliò i capelli corti con una smorfia divertita.
 “Non è passata nemmeno una settimana Lilith e comunque non so  perché ti lamenti, io trovo tutto questo fantastico.”
“Tu hai passato dei mesi interi a casa del pipistrello, da sola, è ovvio che trovi tutto questo fantastico, ma ti sfido a trovare qualcosa di interessante nei tre rotoli di pergamena che dobbiamo compilare per compito.” ribatté acida lei e l'emoor rise sincera, sciogliendo però la mandibola che aveva tenuto serrata quando Lilith aveva usato la parola pipistrello. Odiava che si parlasse male di Severus.
 James le raggiunse in quel momento, sedendosi alla destra dell'emoor e completando così il trio: Emma, Lilith e James e Malocchio Moody fece la sua apparizione nella stanza subito dopo, con un passo grave, preannunciando il suo arrivo con il rumore secco della gamba di legno sul pavimento in pietra. 
 Era davvero grottesco, con quell'aria arcigna e l'occhio magico che roteava nella sua orbita e la classe fremette di curiosità vedendolo, ma l'Auror sembrò ignorarli deliberatamente e cercò anzi di prendere tempo, lanciando sguardi guardinghi tutt'intorno con aria circospetta. Si sedette dietro la cattedra con movimenti stranamente misurati e aprì il registro posato davanti a lui con estrema lentezza.
“Buongiorno a voi. Fuori le bacchette” disse secco, cominciando a fare l'appello con la sua voce lugubre e gracchiante ed Emma sentì i gemelli, dietro di loro, che stavano parlando del Torneo, zittirsi.
L'appello continuò apatico fino a quando Moody non arrivò al nome dell'emoor. Emma lo vide inarcare le sopracciglia e bloccarsi teatralmente, mentre nella classe calava uno strano silenzio. Entrambi gli occhi del professore, sia quello normale che quello magico, si fissarono assorti su di lei.
 “Ho conosciuto i tuoi compari questa mattina, hanno dimostrato una notevole abilità magica” gracchiò, sfoderando un largo ghigno vagamente inquietante “mi chiedo se tu sia fatta della stessa pasta. Sei pronta a eccellere, O'Shea?”
 Emma pensò che la sua voce fosse piuttosto sgradevole e annuì rigidamente, fissando l'uomo negli occhi.
“Farò del mio meglio, signore.” rispose. 
Aveva ragione Emily: metteva i brividi. L'occhio magico dell'uomo la fissava quasi vibrando per l'intensità.
“Del tuo meglio dici?” il professore ridacchiò tra sé “Mi avevano parlato della tua assoluta pacatezza.... ah! Del mio meglio. Se avessi le tue possibilità magiche cercherei di dare sempre molto più del massimo. I tempi sono oscuri signorina O'Shea, è necessario che la vigilanza sia costante. Tu, i tuoi compari ed Harry Potter, siete tutti sulla stessa barca” sibilò e riprese a fare l'appello.
 Emma tremò sul posto e James e Lilith allungarono le loro mani sotto il banco afferrando le sue e dare lei conforto.
 “Niente smancerie in questa classe!” gracchiò Moody sprezzante e l'emoor lasciò andare i suoi amici, serrò la mandibola con fastidio e cercò semplicemente di concentrarsi sulla lezione. L'atteggiamento dell'uomo però continuò ad essere estremamente irritante. 
Il professore parlava in maniera brusca e trovava ogni scusa per fare esempi legati alla profezia degli emoor, o alla storia di Harry Potter, sorridendo in modo sgradevole nel vederla arrossire imbarazzata, con gli occhi di tutta la classe continuavano a spostarsi su di lei. Nonostante la lezione fosse molto interessante, Emma la detestò e si appunto mentalmente l'idea, prima o poi, di andare a parlare con il 'bambino che era sopravvissuto' viste numerose cose che sembravano avere evidentemente in comune.
 Quando la lezione finì l'emoor si alzò di scatto e si allontanò furiosa dalla classe senza nemmeno aspettare che Lilith e James la seguissero. Moody era sicuramente un personaggio curioso e insegnava una materia essenziale e soprattutto complessa, ma la ragazzina in quel momento credeva di odiarlo. 
L'occhio magico dell'uomo, di quel blu elettrico così inquietante, non l'aveva abbandonata un solo attimo per tutta la lezione e se lei poteva anche cercare di sopportare l'esagerato interesse che le riservavano i ragazzi della scuola, non tollerava che anche i professori si mettessero ad analizzarla e scrutarla.

Camminò per i corridoi a passo spedito, trattenendo a stento un'ondata di rabbia e nervosismo, fino a quando non sentì alle sue spalle Lilith e James che cercavano di raggiungerla quasi correndo. 
 “Emma!” gridò la biondina e l'emoor si costrinse a rallentare con sguardo colpevole, voltandosi verso l'amica.
“Scusate...” mormorò dispiaciuta e prese un profondo respiro “Non era mia intenzione fuggire era solo... insopportabile.”
 Nessuno dei due amici commentò, anzi, le si affiancarono silenziosamente, come un automatismo e si avviarono insieme a lei verso la Sala comune. Erano quasi arrivati all'altezza del quinto piano quando Ginevra Weasley li intercettò.
 “Ems!” la chiamò la rossa, correndo a perdifiato verso di loro.
 “Ginny?” chiese Emma, perplessa di trovarla lì.
La Weasley rallentò, un sorriso luminoso sulle labbra “Che faccia!” esclamò, osservando l'amica “Giornata pesante?”
L'emoor fece un cenno d'assenso con la testa, glissando e la Grifondoro capì che non era il caso di insistere. Si chinò in avanti e prese l'amica a braccetto, praticamente ignorando gli altri due Corvonero tanto era la sua foga di trascinarla con sé.
“Ginny, dovrei portare questi libri in stanza...” tentò Emma, confusa da tutto quella fretta e irruenza.
 “Ci penso io!” intervenne Lilith, offrendosi volontaria, mentre osservava con mal celata curiosità la Weasley. 
 Nonostante fossero infatti entrambe molto amiche dell'emoor, non si conoscevano affatto e anche James, in disparte, osservava curioso la scena senza intervenire.
“Grazie” disse la rossa ai due Corvonero, sfoggiando un sorriso sornione “scusate se ve la rubo così, in effetti, ma ho un urgente bisogno di lei. Un fatto gravissimo”

Un attimo dopo Emma venne trascinata via dalla giovane Weasley, senza che riuscisse a salutare i due compagni di Casa, o accordandosi per ritrovarsi dopo all'ora di cena ed entrambe si misero a correre, per i lunghi corridoi del castello.
 “Di cosa hai bisogno, Gin?” chiese l'emoor con il fiatone.
 “Lo devi vedere!” 
 “Ma chi?” domandò spaesata l'altra.
 “Come chi? Harry, Harry Potter! Sembra che tu lo stia evitando quel ragazzo, ogni volta che cerco di fartelo vedere tu non lo noti mai. Ho sentito che diceva a Mione di andare al lago nero a studiare, lo intercettiamo” decretò Ginny con un ghigno furbo w l'emoor roteò gli occhi, esasperata. 
 Non provava un così grande interesse per quel povero ragazzo, o almeno, non l'interesse di guardarlo e analizzarlo.
 “Ginny, deve piacere a te... non a me!”
“Ma ho bisogno della tua opinione!” disse spiccia l'altra, stringendo ancora più forte la presa sul suo braccio “Dovresti essere lusingata: l'unica altra persona che sa di questa cotta è Hermione Granger e lei mi conosce da molto più tempo.”
 Rallentarono leggermente ed Emma si accorse che erano quasi arrivati alla Sala Grande. Cominciava lentamente a riconoscere alcuni degli innumerevoli corridoi della scuola e a orientarsi tra una lezione e l'altra. Si avviarono verso l'uscita a passo svelto ed erano quasi al portone d'ingresso quando la piccola Weasley si fermò.
Emma si voltò a guardarla e si accorse che le guance dell'amica si stavano rapidamente colorando di un rosso così intenso da assomigliare alla tonalità dei suoi capelli. Sembrava letteralmente avesse visto un fantasma e seguendo il suo sguardo, trovò la causa di quella reazione dall'altra parte del corridoio: Harry Potter. 
Il bambino che è sopravvissuto camminava tranquillamente tra i due amici di sempre, a capo chino. Era smilzo per essere un ragazzo, con capelli neri piuttosto spettinati e quegli occhiali tondi che tutti descrivevano. L'emoor provò un forte senso di tenerezza e comprensione nel vederlo, pensando che avesse un'aria stranamente familiare, forse perché era così... normale. Estremamente normale.
 
Harry Potter era in effetti, almeno all'apparenza un adolescente come tanti altri, ma la Corvonero capì, con una sola occhiata al capo chino e lo sguardo basso del ragazzo, che il peso che portavano quelle spalle magre non doveva poi essere così diverso dal nodo che le stringeva la gola tutti i giorni da quando era arrivata a Hogwarts. 
 Rimase in silenzio ad osservare il trio che avanzava, Ron alto e smilzo e la Granger con la sua chioma arruffata, che stavano ai lati di Potter e quando il Grifondoro alzò appena lo sguardo, Emma  intercettò gli occhi verdissimi di lui. Fu solo un attimo e poi lui le oltrepassò, senza notare né lei, né Ginny.
“Non credo che farai molta strada se hai questa reazione ogni volta che Potter appare in una stanza” disse l'emoor una volta che si furono allontanati e Ginny sbuffò, le guance ancora arrossate.
 “Lo so, lo so. Anche Hermione me lo dice. Lei... in realtà mi ha consigliato di provare a uscire con qualche altro ragazzo, così per provare a superare questa cosa.”
“Credi seguirai il consiglio?” chiese Emma e l'immagine degli occhi di Steph che si avvicinavano le attraversò la mente, insieme alle lentiggini e gli occhi grandi e azzurri, riportandole alla mente casa casa  e le corse estive con l'amico.
 Ginny si strinse nelle spalle “Non lo so ci proverò.” disse mesta.
 Si voltarono entrambe per raggiungere la Sala Grande, ma due cose accaddero contemporaneamente, distraendole.  
 In primo luogo Severus Piton passò davanti a loro e l'emoor scambiò con lui uno sguardo veloce, realizzando all'improvviso che l'indomani avrebbe avuto la sua prima lezione di Pozioni e subito dopo, il ragazzo biondo che mesi prima Emma aveva visto proprio nell'aula del tutore e che l'aveva tanto colpita, la superò seguito da un gruppo di Serpeverde. 
 Il ghigno morbido sul volto affilato, i capelli chiari che ricadevano in ciocche scomposte sugli occhi grigi. Avanzava in mezzo agli altri con fare elegante, tenendo un braccio intorno alle spalle di una ragazza sottile con un caschetto bruno e rideva divertito della battuta di un altro compagno di Casa.
 Emma sbarrò gli occhi, arrossendo come poco prima aveva fatto la rossa e Ginny, rendendosene conto, aggrottò la fronte, guardando prima la Corvonero e poi il gruppo di ragazzi. Le bastarono una manciata di secondi per realizzare che c'era un'unica testa bionda che svettava sulle altre e spalancò gli occhi colpita, aprendo la bocca in una perfetta 'o'. 
L'emoor la vide chiaramente combattere per qualche istante una guerra interiore e perdere colore in volto, prima di puntare un dito contro l'amica con fare incredulo.
 “Draco Malfoy” sibilò incredula “Non ci posso credere”
 La Corvonero ricambiò lo sguardo, sentendosi improvvisamente imbarazzata, senza capire completamente il perché di quella reazione così colorita e Ginny scosse la testa con forza e fece una piccola risata nervosa, gli occhi grandi come piattini da the.
 “E io che pensavo che mi stessi scavando la tomba da sola a perdere la testa per Harry Potter. Draco Malfoy è il biondo delle lettere?”
Emma incassò le spalle, a disagio e lanciò uno sguardo all'angolo dove il Serpeverde era sparito, annuendo incerta e Ginny di fronte a lei scoppiò di nuovo a ridere. Fragorosamente.
“Vuoi spiegarmi cosa c'è di tanto divertente, Gin?” chiese l'emoor sul punto di perdere la pazienza.
 “Oh, lo capirai” le sorrise benevola la rossa, avvolgendole le spalle in un abbraccio gentile “Sei spacciata, Merlino. Sei proprio spacciata Emma O'Shea. Credimi.”

*

Severus Piton a Hogwarts non era poi così strano. 
 Emma se lo ripeteva in continuazione, ma non riusciva a convincersi completamente. Non che fosse un problema chiamarlo 'professor Piton', né sarebbe stato a sentirlo fare lezione, dato che era quello che aveva sempre fatto con lei, ma proprio non riusciva ad abituarsi a quell'aria corrucciata e seria, a quella sottile perfidia che usava con gli studenti e a quella voce annoiata e impassibile.
 L'emoor aveva cercato sotto quella maschera fin troppo perfetta e illeggibile, uno qualsiasi di quei segnali che era abituata a cogliere quando viveva con lui, mentre lo osservava camminare altero tra i corridoi, o durante i pasti in Sala Grande, ma non ne aveva trovati.
Sconsolata e confusa a volte si chiedeva chi fosse in realtà Severus Piton. 
 Lilith si divertiva un sacco a stuzzicarla a riguardo e quando Emma cercava di convincerla sul fatto che Severus fosse in realtà un'ottima persona, la bionda Corvonero trovava mille prove per far crollare le tesi dell'emoor e James, che saggiamente cercava di non prendere una posizione, si ritrovava a sedare gli animi quando la cosa andava oltre lo scherzo ed Emma cercava di affatturare Lilith.
 “Io non la stuzzicherei troppo.” disse il ragazzo tra i denti, borbottando “Emma è più brava di te con la bacchetta Lilith”

Si stavano avviando verso l'aula di Pozioni e la biondina quel giorno era particolarmente combattiva e sembrava intenzionata a far perdere completamente la pazienza all'amica.
“Non ne dubito, ma Emma sa che scherzo, vero Ems?”
 “Certo che lo so!” sorrise l'emoor “Altrimenti non saresti viva.”
“Ma davvero, Emma?” chiese sarcastico James “Se sai che Lilith scherza allora perché l'altro ieri ho dovuto impedirti di pietrificarla?”
 L'emoor tirò un pugno leggero sulla spalla dell'amico, giocosa e gli sorrise allegra, prendendolo a braccetto.
“Avanti, Jam, stavo giocando”
 “Giocando? Se gli sguardi potessero incenerire, Lilith in questo momento sarebbe un mucchietto di polvere.”
“Oh, lo sarei diventata più di una volta!” intervenne diplomatica la bionda “Ma che ci vuoi fare? Amo il rischio e se tu ci provassi, scopriresti che stuzzicare Emma è estremamente divertente. Soprattutto quando si parla di Piton...”
Le due ragazze si scambiarono un sorriso e James scosse la testa sconsolato “Io a voi ragazze non vi capisco.”
 “Tranquillo, James McGregor” ammiccò Lilith, saltellando intorno “non sei né il primo né l'ultimo.”
Risero insieme di gusto, ma le espressioni allegre si congelarono sui loro volti appena girato l'angolo, alla vista di un folto numero di studenti che circondavano Malocchio Moody. 
 L'emoor aggrottò la fronte e incredula vide un candido furetto bianco rimbalzare tra i presenti, guidato dai movimenti precisi e complessi della bacchetta del professore. 
“Morgana. Questa non me la voglio perdere!” esclamò Lilith e corse in avanti verso il capannello di curiosi, seguita da James. 
Risate sguaiate salivano dal gruppo di studenti ed Emma con strano disagio, seguì riluttante i due amici. Trovava di cattivo ridere di un povero animale maltrattato e aveva la sensazione che qualcosa di fondamentale le stesse sfuggendo. 
Si affiancò James e lasciò vagare lo sguardo sui presenti, notando come tutti sembrassero trovare la scena estremamente divertente. Tutti. Tranne due ragazzi che, pallidi, seguivano con lo sguardo il furetto bianco, spaventati a morte. Erano i due ragazzi-armadio che non abbandonavano mai il Serpeverde biondo e l'idea folgorò Emma in un attimo e senza fiato si aggrappò al braccio di James.
 “Oh Merlino, ma quello è...”
 Un'irata McGranitt interruppe la sua esclamazione, reclamando l'attenzione dei presenti mentre raggiungeva a grandi falcate la scenetta messa in piedi da Malocchio. Lo sguardo tagliente della donna dardeggiava pericolosamente dall'uomo al furetto candido.
  “Professor Moody” sibilò.
  “Mi dica” ribatté lui tranquillo, senza smettere di far volteggiare su e giù il piccolo animale, le labbra serrate che tagliavano il volto in un ghigno molto soddisfatto.
  “Cosa sta facendo?” disse la McGranitt, gonfiando le guance piena di sdegno e un paio dei ragazzi che circondavano la scena si eclissarono velocemente, i capi chinati.
“Insegno” ribatté il mago, la fronte aggrottata, l'occhio che roteava.
 “Quello non sarà mica uno studente?” disse la donna pallida “Noi non usiamo mai, MAI, la Trasfigurazione come forma di punizione, professor Moody. Sono certa che Silente l'ha avvisata di questo!”
  L'uomo brontolò delle scuse poco convinte sull'essersi dimenticato che fosse vietato, ma Emma non lo ascoltò, perché osservava incantata il furetto candido trasformarsi gradualmente nel ragazzo che Ginny le aveva detto chiamarsi Draco Malfoy.
 Non c'era nulla di elegante e strafottente in lui in quel momento, si guardava intorno terrorizzato ed era più pallido del solito, gli occhi grigi tremanti come in cerca di riparo. 
 Emma lo guardò sinceramente dispiaciuta, rendendosi conto di quanto quella situazione fosse umiliante per lui e sentì l'irresistibile impulso di andare ad aiutarlo, di coprirlo dagli sguardi degli altri, permettendogli per lo meno di alzarsi da terra e riprendere contegno, ma qualcosa di più profondo e imperioso la trattenne e, in un attimo, seppe che se si fosse chinata ad aiutare Draco Malfoy, da quel momento lui l'avrebbe odiata più di ogni altra cosa.
 Il Serpeverde era un facoltoso Purosangue e non poteva essere semplicemente aiutato da una Nata Babbana, peggio, da quell'unica emoor reietta che non era finita nella Casa verde argento. 
Sarebbe stato troppo grave, avrebbe reso ancora più umiliante la sua situazione, tutti ne avrebbero parlato per giorni interi e nonostante per Emma pregiudizi di quel genere fossero privi di significato, anzi, nonostante li trovasse piuttosto stupidi, sapeva quanto fossero importanti per la gente che la circondavano e rassegnata scostò lo sguardo dal volto ferito del ragazzo.
  Ginny Weasley le aveva ripetuto fino allo sfinimento come Draco Malfoy non fosse buono, né tantomeno raccomandabile, o dolce e l'aveva messa sotto torchio con mille raccomandazioni.
Da quando Emma si era vista costretta ad ammettere il suo interessamento per il biondo, la Weasley la teneva d'occhio, ma l'emoor aveva cominciato ad osservare il ragazzo che finalmente aveva un nome anche per lei. Lo faceva con discrezione, quando nessuno se ne accorgeva e aveva avuto conferma nelle parole dell'amica, trovando nel Serpeverde tratti arroganti, vanesi e da sbruffone. 
 Spesso gelido, abile a ferire con poche parole e sguardi sprezzanti, il ragazzo si muoveva nella scuola con la sicurezza di chi è abituato a cadere sempre in piedi. Eppure Emma lo aveva visto ridere amichevole con i suoi compagni, illuminarsi appena quando veniva servito il succo di zucca e sembrava essere un tipo brillante, tutto sommato, boria a parte, ma a parte questo, Draco Malfoy e quella strana attrazione che sentiva per lui per Emma era un mistero.

*

Merlino Emma, ma con tutti i ragazzi che ci sono! Proprio quella serpe? Era quasi meglio Justin... non riesco a crederci, Merlino!”
 L'emoor sentì le guance farsi roventi mentre si difendeva mestamente.
Ginny, te l'ho detto, l'ho solo notato, non lo conosco nemmeno” 
 La Grifondoro scosse la testa incredula, senza darle ascolto. 
 “Sì, ma Godric. MALFOY. Prima Piton che ti fa da tutor, poi noti Draco Malfoy. Cerchi per caso guai?”
 Emma fece una smorfia colpevole e triste allo stesso tempo, stringendosi nelle spalle arresa e la rossa sospirò, stirando però un sorriso sincero e sporgendosi in avanti per stringerla in un abbraccio di conforto.
 “Ok. Lo ammetto, O'Shea.” aggiunse con espressione furba la Weasley “Se fossi una buona amica ti direi con maggiore convinzione di stargli alla larga, ma ora che ho capito che era lui il ragazzo biondo di cui mi parlavi nelle lettere, per quanto io detesti con tutta me stessa Draco Malfoy e questo ricordalo bene, devo ammettere che non solo tu sei spacciata, Ems, ma per qualche motivo voglio proprio vedere come va a finire questa storia”

*

Emma sospirò, abbassando lo sguardo ai piedi e fece un passo indietro, staccandosi dal braccio di James. L'impulso di guardare ancora una volta il volto pallido del ragazzo che la fece tremare.
 “Questa me la ricorderò per secoli” rise l'amico mentre si allontanavano, Lilith annuì divertita ed Emma si sforzò di sorridere debolmente, prima di voltarsi un'ultima volta. 
 Il gruppo alle sue spalle si diradava e nel mezzo svettava Harry Potter, perfettamente riconoscibile, insieme ai suoi amici. 
 Emma si chiese come mai quel ragazzo si trovasse sempre dove succedeva qualche guaio e si diresse a lezione


L'aula di pozioni era come sempre buia, umida e fredda, eppure Emma l'adorava. Forse perché le ricordava un poco Spinner's End e questo la faceva sentire a suo agio. 
 Lilith invece non avrebbe potuto detestarla con più forza, perché non era mai stata brava in Pozioni, odiava Piton e i Serpeverde e stare lì sotto, per lei, era come stare nella tana del nemico. 
 Emma rise tra i denti nel vedere l'espressione esageratamente contraria che l'amica sfoggiava alla sola idea di essere a lezione, mentre James invece, decisamente più diplomatico, essendo un ragazzo intelligente e abile con le pozioni, non dimostrava, nei confronti di Piton, la stessa asprezza che palesava Lilith.
 Severus entrò dalla porta, scuro e altero, scivolando dietro la cattedra senza quasi senza farsi sentire dalla classe, un'occhiata pigra agli studenti che si soffermava appena sul volto di Emma.
“Silenzio” mormorò inutilmente dato che non volava una mosca. 
 L'uomo mosse lento la bacchetta e fece apparire sulla lavagna una serie di istruzioni, prima di cominciare a camminare tra i banchi, il mantello nero che ondeggiava sulle spalle magre.
“Pare che quest'anno ci siano infinite novità qui a Hogwarts e la cosa non è necessariamente positiva.” sibilò con il suo tono strascicato, prima di fare una pausa e guardarsi intorno “Una di queste deplorevoli novità riguarda purtroppo il nostro corso di Pozioni. Il preside mi ha detto che sarebbe opportuno dividere le classi per livello dato i disastri degli scorsi anni.”
Lilith cominciò ad agitarsi al suo posto, ma Emma si fece attenta.
 “L'idea è di creare tre corsi di studi per i ragazzi tra il terzo e il quarto anno” riprese Piton “Un corso base per il terzo anno e uno per il quarto, più un corso misto per coloro che dimostreranno una particolare propensione per la materia. Non sarà facile entrare in questo ultimo gruppo e non mi convincerete con la preparazione della sola pozione di oggi, perché Merlino solo sa quante teste di legno ci sono in questa classe, ma la pozione di oggi vale metà della valutazione e la prossima settimana saprete quali di voi, parteciperanno al corso superiore e riceveranno un nuovo orario.” 
 Piton si voltò di scatto e il lungo mantello nero ondeggiò nuovamente sulle sue spalle in modo teatrale, mentre osservava tutti gli studenti con aria arcigna e perplessa. 
“Cominciate. Avete un'ora” disse secco, tornando alla cattedra.
Emma risucchiò aria nei polmoni e si affrettò a leggere le istruzioni sulla lavagna con estrema cura. Nei mesi passati nella casa del tutore, ora suo insegnante, aveva imparato a prestare particolare attenzione a quel momento della preparazione: fare un errore di lettura o di ordine nella procedura di preparazione poteva essere irrimediabile nell'arte delle pozioni.

*

Hai intenzione di far esplodere casa?” le chiese aspro Severus, afferrandole rudemente il polso per impedirle di continuare a girare la pozione, le sopracciglia inarcate in un'espressione nervosa.
 Emma alzò tremante lo sguardo verso di lui, sussultando a quel tocco, quegli occhi così verdi e pieni di ombre ora così liquidi di spavento. 
 Il fuoco scoppiettava nel caminetto di Spinner's End a riscaldare l'ambiente mentre un violento temporale infuriava fuori sulle colline.
  “Il libro dice di girare nove volte in senso orario” mormorò incerta la ragazzina e Piton sbuffò dal naso con sdegno, stringendo le labbra in una linea sottile.
  “Nove volte 
perfette in senso antiorario, Emma, ma la tua mano ha tremato al primo giro. Dovresti sapere che se non sai girare nove volte in modo perfetto, è molto meglio girare sei volte con fare deciso”
 “Ma il libro...” tentò di nuovo la piccola emoor.
 “I libri non hanno sempre ragione” la fermò l'uomo, con tono leggermente più morbido “è molto importante leggere le istruzioni e comprenderle. E solo allora decidere se seguirle, o come muoversi per rendere la pozione perfetta. Secondo te perché chiede di girare nove volte? Perché non sette, o dieci?”
  Emma si sporse sul vecchio libro, leggendo attentamente le indicazioni, sentiva lo sguardo scuro del tutore fisso sulla sua nuca, mettendole un po' di agitazione.
  Aggrottò la fronte e si schiarì leggermente la gola, leggendo altre due volte per essere sicura di avere tutto chiaro, prima di rivolgersi all'altro. 
  “L'elleboro va stabilizzato” mormorò infine e il capo di Piton si piegò di un millimetro in avanti, in segno di approvazione. 
  “Come si può stabilizzare l'elleboro, Emma?”
 “Girando nove volte in senso antiorario in modo perfetto, o girando sei volte con fare deciso, o aggiungendo degli aculei acerbi in piccole quantità ben misurate”
 L'angolo delle labbra di Severus si piegò leggermente verso l'alto ed Emma sorrise, riconoscendo quel piccolo segnale di approvazione.
 “Cosa fa scoppiare una pozione a base di elleboro invece?” domandò Piton.
  “Girare otto volte in senso antiorario, o tre in senso orario” disse lei.
  “Esatto” approvò ancora il mago “quindi se non sei certa dei tuoi movimenti,, eviterai quello che ti consiglia il libro, che è una scelta azzardata e troverei un altro metodo. È così che si diventa bravi pozionisti, capendo il perché delle cose”
 L'emoor annuì appena, gli occhi grandi di interesse e ammirazione. 
  “Credo che userò gli aculei allora”
 “Ottima scelta. La puoi controllare facilmente” disse secco Severus e fece un passo indietro per tornare ad osservarla.

*

Emma lesse ancora una volta la lavagna e solo quando fu certa di aver capito i procedimenti, si affrettò a prendere gli ingredienti e a cominciare a tagliuzzarli con cura. Accanto a lei James se la stava cavando piuttosto bene e persino Lilith non sembrava essere messa troppo male. Emma sorrise. Pozioni era ancora la materia in cui andava meglio e la possibilità di studiarla ad un livello più avanzato la entusiasmava, per questo si stava impegnando tanto.  
Con cura, serrando le mandibole per la tensione, girò il mestolo in senso orario due volte al contrario delle tre che le suggeriva il libro, come le aveva insegnato il tutore a Spinner's End e sorrise quando la pozione assunse l'esatta colorazione argentea descritta dal libro.
 L'ora parve scorrere con densa lentezza e a parte una nuvola rosa inaspettata che uscì dal paiolo di Luna, provocando vari gridolini divertiti, e una modesta esplosione causata da una Tassorosso, nell'aula si sentivano solo i respiri degli studenti e il rumore dei mestoli che cozzavano con i lati del paiolo. 
 Emma aggiunse un ultimo ingrediente e vide, con somma soddisfazione, che la colorazione era corretta. 
James, al suo fianco. aveva ottenuto una pozione solo leggermente più azzurrognola del necessario, ma l'emoor la valutò come ottima,  Lilith invece sembrava essere nei guai fino al collo. 
 La sua pozione era diventata un sorta di grosso gnocco scuro e molliccio dall'aria sgradevole e inquietante e la bionda le lanciò un'occhiata preoccupata che Emma colse e si affrettò a chinarsi verso di lei, afferrandole svelta il polso.
“Non girare un'altra volta in senso antiorario, o qui scoppierà tutto. Prendi quelle foglie, tritale e mettile dentro” disse in fretta, staccandosi da lei per non dare nell'occhio. 
 “Credo che la signorina Bitterblue debba dimostrare le sue alquanto dubbie qualità senza il suo aiuto, signorina O'Shea” sibilò inaspettatamente Severus “Borbottare consigli non migliorerà la condizione di questa povera pozione e sicuramente non farà accedere la signorina Bitterblue al corso avanzato.” 
 A Emma si gelò il sangue nelle vene. Non sembrava nemmeno lui. Non il suo Severus. La voce era fredda, distaccata e annoiata e il volto immobile, simile una maschera di cera piena di sdegno. 
 “Mi scusi, professore.” mormorò sotto voce.
 “Cinque punti in meno a Corvonero.” sibilò lui.
 L'emoor si sentì avvampare, erano i primi punti che faceva perdere e mai avrebbe pensato che questo sarebbe successo in Pozioni. 
Sentì lo sguardo di Lilith sulla nuca a mo' di “che ti avevo detto?” e non era sicura che questa volta sarebbe riuscita a difendere Severus. 
 Il sangue le ribollì nelle vene e le guance andarono a fuoco per l'imbarazzo. Probabilmente era giusto che le fossero tolti dei punti per il suo comportamento scorretto, ma tutta quella freddezza?
 L'emoor chinò il capo. Era convinta che qualcosa avesse legato nel profondo lei e il professore durante la sua permanenza a Spinner's End, ma nulla sembrava essere rimasto nel cuore di Severus.
 Con gesti automatici inserì parte della pozione nella fialetta, pulì il tavolo e si avvicinò alla cattedra, dove poggiò il suo lavoro con quello degli altri. Le parve di sentire lo sguardo del professore attraversarla, ma non alzò gli occhi per sincerarsi della cosa e con la testa alta e il passo svelto uscì dall'aula prima che Severus potesse fermarla.

*

Nei giorni successivi il sole continuò a splendere, pallido e sempre meno caldo, sui prati di Hogwarts. Emma continuò a frequentare le lezioni, facendo guadagnare nuovi punti ai Corvonero così che i punti persi a Pozioni furono presto dimenticati, anche se, per la ragazzina, la ferita rimaneva aperta. 
 Severus non cercò né di scusarsi per la sua antipatia, né di spiegarle il motivo della freddezza usata e lei cercò di non pensarci troppo.
  L'elenco degli ammessi al corso era apparso sei giorni dopo su tutte le bacheche della scuola e il suo nome figurava in vetta alla lista dei Corvonero. Anche James e Sarah erano stati presi e la cosa non poteva che renderla felice, mentre, con una punta di agitazione, aveva notato il nome di Malfoy in cima alla lista dei Serpeverde.
 “Dovevi immaginare che lo avresti trovato al corso.” le disse Ginny pragmatica “quella serpe non fa altro che vantarsi delle sue doti di pozionista, quando non parla male di Harry.”
 Emma sentì il disagio crescere dentro di sé e si affrettò a scrollare le spalle con aria indifferente “Si sa poi perché quei due si odiano?” chiese, cercando di sviare il discorso.
 “Se ci pensi, non hanno nessun motivo per andare d'accordo.” disse la rossa e si salutarono arrivati all'entrata del parco.
  Ginny si avviò verso l'aula di Incantesimi, mentre Emma raggiunse David e Emily. I due emoor Serpeverde sedevano nel cortile, su di un muricciolo e la attendevano con aria incuriosita.
  “Ci hai messo un sacco ad arrivare.” le sorrise il ragazzo.
  “Mi sono fermata a parlare con Ginny.” rispose Emma.
  “Ginny? Ginny Weasley?”
  “Conosci qualche altra Ginny con cui parlo abitualmente?” chiese burbera l'emoor, inarcando un sopracciglio.
 “No.” rispose placido David “Semplicemente a Serpeverde non si parla bene della sua famiglia. Ero curioso”
Emma si accigliò leggermente a quell'affermazione e scrutò attenta il volto dell'amico, prima di sorridere appena.
 “Beh, se è per questo, David... tutte le Case, esclusa la vostra, vi considerano dei papabili maghi oscuri dai terribili poteri, per il semplice fatto di essere a Serpeverde, ma non mi pare che sia così”
 “Colpito e affondato” rise l'altro e anche Emma sorrise.
 “Come è andata Trasfigurazione?” intervenne Emily e per un po' parlottarono del più e del meno con leggerezza, fino a quando David, gli occhi brillanti e il sorriso luminoso, non si voltò di nuovo di scatto verso la Corvonero.
 “Allora? Sei pronta per stasera?”
“Cosa ci dovrebbe essere questa sera?” chiese sorpresa l'altra.
“Ma dove vivi Emma?” la riprese bonariamente il ragazzo, scuotendo il capo “Persino Emily l'ha letto!”
 La ragazzina riccia e sottile accanto a lui sorrise di rimando, alzando appena il capo dal libro che stava consultando.
 “Ma di cosa state parlando?” borbottò Emma “Il bando di Pozioni? L'ho letto, ma le lezioni non iniziano questa ser...”
 “Ma no, che Pozioni!” la interruppe subito David, con la sua risata calda e di cuore “Arrivano le scuole, Emma. Questa sera finiamo le lezioni una mezzora prima. Così andiamo ad accoglierle”
 “Oh” disse stupita l'emoor “E come arriveranno qui?”
 “Non lo sappiamo, nessuno lo sa!" intervenne gentilmente Emily.

I tre ragazzi si alzarono insieme e si avviarono verso il castello per fare le ultime ore di lezioni. David ed Emily camminavano vicini ed Emma li seguiva trascinando leggermente i piedi, lo sguardo perso nei fili d'erba umidi. Si stava affezionando a quei due.
 “E Artemius?” chiese, poco prima che si separassero all'ingresso  “Si è integrato nel gruppo?

“No” rispose David “non credo ci riuscirà mai se va avanti ad essere così scontroso. E tu? Quei due con cui giri sempre quando non sei con la Weasley.... sono simpatici?”
 “Lilith e James dici?” chiese con un sorriso la ragazzina “Sono tra le migliori persone che potessi sperare di incontrare.”
 “Beh, ma non saranno mai me." la stuzzicò David, indicandosi e facendole un ghigno esageratamente grande. 
 Emma scosse la testa divertita e guardò i due Serpeverde allontanarsi, tenendosi vicini e per la prima volta pensò che sarebbero stati una bella coppia. Sospirò, appoggiandosi alla parete del castello e lasciò che il suo sguardo si muovesse verso la Foresta Proibita. Hogwarts era stupenda.
 Da lontano scorse una testa bionda che non poteva che appartenere a Draco Malfoy. Rimase un istante ad osservarlo, mentre il ragazzo rideva, attorniato ad alcuni compagni di Casa. 
 A turno salivano a cavalcioni su una scopa e si libravano nell'aria ridendo. Malfoy era di gran lunga il più bravo. 
 Emma sorrise a distanza, scrollò le spalle e rientrò.


*Angolo dell'autrice*

Ciao ragazzi eccomi con un nuovo capitolo. 
Entriamo pian piano nelle dinamiche di Hogwarts, ho cercato di farvi conoscere un po' meglio gli altri emoor (Artemius lo conosceremo quando si degnerà di essere più simpatico, forse) e soprattutto Lilith e James. 
Avremo modo di conoscere anche gli altri pian piano, come detto ad alcuni di voi, questa storia come i libri originali vanno a pari passo con la crescita dei personaggi, quindi inizialmente i capitoli saranno tiepidi e bucolici e man mano sempre più forti e oscuri. 

Punti e spunti:
.Ho voluto inserire Luna all'inizio perché riesco a immaginarla perfettamente in quella situazione. 
.La lezione di Malocchio ci fa capire quanto per Emma sia difficile stare al centro dell'attenzione.
.Comincia anche a spuntare Harry Potter qua e là. 
.Entra in scena ufficialmente Draco (quanti avevano capito che era lui il biondo?). Sono una patita del personaggio da molto prima che diventasse di moda (avevo 7 anni nel lontano 2000 quando lessi il primo libro), penso che sia interessante vederlo interagire con un personaggio come Emma, che non deve disprezzare completamente (come succede con i Grifondoro) ma allo stesso tempo che non è nella sua comfort zone.
.In teoria la scena del furetto avviene il secondo giorno a Hogwarts, ho slittato un po' permettere ad Emma di prendere confidenza con il castello
.Abbiamo conosciuto un Severus quasi tenero con la nostra emoor, ma Sev rimane pur sempre sé stesso e lui ed Emma sono due testardi.
.Il corso di pozioni avanzato è una mia invenzione, ma penso sia una trovata carina, mi serviva anche per mescolare il terzo e quarto anno e creare delle situazioni interessanti (che non sconvolgono la trama originale)

Ecco fatto. 
Vi aspetto nelle recensioni e mercoledì con Durmastrang e Beauxbatons
vi




Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** Calici. Gemelli. Scuse. ***


.Calici. Gemelli. Scuse.

 



Attendevano ormai da più di mezzora le scuole straniere, avvolti nei mantelli, inutilmente indossati per cercare di combattere il freddo pungente che sembrava essere arrivato proprio in quel momento.
 Emma, di cattivo umore, cercava con tutte le sue forze di non battere i denti, stretta tra Lilith e James, nel tentativo vano di accumulare del calore e malgrado la curiosità di vedere l'arrivo degli ospiti avesse ormai contagiato anche lei, non riusciva a smettere di insultare mentalmente ogni singolo studente di Durmstrang e Beauxbatons per quel ritardo.
 “Chissà perché ci mettono tanto” borbottò Sean accanto a James, mentre l'altro scuoteva le spalle, rassegnato all'attesa. 
 Stavano già perdendo le speranze, agognando un pasto caldo sotto la volta della Sala Grande, quando un ragazzo di Tassorosso gridò improvvisamente 
“Guardate!” e tutti si agitarono sul posto, scrutando dove indicava, con più sollievo che eccitazione.
 Fu probabilmente uno degli arrivi più teatrali della storia. Una carrozza imponente, finemente decorata e trainata da numerosi cavalli bianchi, arrivò in volo dal cielo a una velocità impensabile e quasi contemporaneamente un gorgoglio inquietante increspò la superficie liscia del lago nero, svelando, pezzo dopo pezzo un enorme veliero che sembrava giungere, senza nessuna logica possibile, proprio dalle profondità delle sue acque.
Partì un applauso spontaneo dalle file degli studenti di Hogwarts, coinvolgendo anche Emma e i suoi amici, mentre i ragazzi e le ragazze delle due scuole, dopo essersi fatti largo nella folla che li attendeva, avanzarono verso l'ingresso impettiti e alteri.
 L'emoor, che covava un po' di rancore a causa della gelata a cui l'avevano sottoposta nell'attesa, notò, con subdolo piacere e orgoglio, che erano rimasti tutti estasiati alla vista di Hogwarts, senza che nemmeno i rigidi Bulgari riuscissero a nasconderlo e tutti grati che quella cerimonia d'arrivo, sicuramente interessante, ma piuttosto umida e fredda, fosse finita, anche gli studenti di Hogwarts cominciarono spintonarsi per tornare al tepore del castello e alle tavole splendidamente imbandite nella Sala Grande. 
 L'emoor rimase un poco disorientata dalla quantità di persone che sembrava occupare ogni singolo spazio, in particolare quando si ritrovò il tavolo di Corvonero completamente invaso dai numerosi studenti di Beauxbatons.
 “Ma quanti sono?” chiese scioccata Lilith osservando la tavolata.
 “Troppi” sentenziò Emma secca e James e Sean, appena dietro di lei, scoppiarono a ridere per il suo tono esasperato.

Si fecero spazio nella folla, camminando lungo il loro tavolo. I gemelli Harrods avevano inutilmente cercato di tenere il posto per tutti loro, ma Emma, Sean, Lilith e James dovettero accontentarsi di sedersi in fondo, quasi sotto la tavolata dei professori. 
 Il malumore dell'emoor aumentò esponenzialmente quando si accorse che poteva vedere fin troppo bene Severus da quella posizione, ma si riprese un poco quando, dopo il benvenuto sinceramente espresso dal preside e le dovute presentazioni, poté approfittare del gustosissimo banchetto ricco di specialità inglesi, francesi e bulgare che era stato imbastito.
Bastò una mezzora passata tra cibo e risate collettive, perché si sentisse decisamente più allegra e iniziasse perfino a fare amicizia con due giovanotti di Beauxbatons che se la cavavano piuttosto bene con l'inglese: Gabriel Tullier e Florian Germain e meno di un'ora perché si ritrovasse completamente dimentica del freddo e l'attesa.    
 Tanto che, quando a fine cena il preside si alzò per fare i dovuti annunci, l'emoor e i suoi amici, così come tutti gli altri studenti, si voltarono per ascoltare tutti elettrizzati alla sola idea del Torneo, senza più un briciolo di astio.
 “... il calice di fuoco sarà...” spiegò Silente.
 “Un calice!” esclamò Sean a bassa voce “Un calice! E come farà a capire se siamo o no maggiorenni?”
“Shh!” gli intimò Lilith, sporgendosi ad ascoltare il preside.
 “... mi occuperò personalmente di porre una linea d'età...” 
 Sean sbuffò sonoramente e Lilith diede lui dei piccoli colpetti sulla spalla, fingendosi molto dispiaciuta, ma Emma vide i gemelli Harrods iniziare a confabulare tra loro e i Weasley esprimere tutta la loro indignazione a voce più alta dal tavolo di Grifondoro. 
 “Dan e Luke si metteranno nei guai se cercheranno di seguire Fred e George” mormorò l'emoor con apprensione e James le sorrise.
 “... Ora andate a riposare. Buonanotte a tutti e buona fortuna ai futuri campioni” concluse Silente.
   Si alzarono insieme, piacevolmente pieni e rilassati dopo il tanto mangiare ed Emma, mentre ascoltava distrattamente la spiegazione vivace di Sean su cosa fosse una finta Wronsky, si accorse di Ginny Weasley che si avvicinava e scusandosi con i compagni di Casa si mosse svelta nella direzione della Grifondoro.
 “Allora, come sono i nostri francesi?” chiese la rossa, facendo un cenno verso Gabriel e Florian che si stavano allontanando, chiacchierando tra loro.
“Simpatici.” rispose Emma sincera.
 “Staranno nel vostro dormitorio?”
 “No, credo torneranno alla loro carrozza.” diesse e Ginny annuì.

Anche quelli di Durmstrang tornano alla nave, o forse dovrei dire vascello. Hai visto Victor Krum?”
 L'emoor fece un cenno di assenso, aveva sentito lo stupore generale quando il bulgaro era sceso dalla nave e James le aveva spiegato, con molta pazienza, chi fosse, mentre Lilith e Sean si erano sperticati in una serie di colorite descrizioni delle sue acrobazie sulla scopa.
 “Mio fratello è quasi esploso di rabbia quando si è seduto al tavolo di Serpeverde.” disse Ginny con espressione esasperata “Credo speri ancora di offrirgli il suo letto... patetico, no?”
 “Ron dici?” chiese Emma con un leggero ghigno “Si può sapere perché critichi sempre tuo fratello?”
 “Perché è un idiota!” disse asciutta la rossa.
 “Ginny!” la rimbeccò l'emoor, facendosi sfuggire un mezzo sorriso.
 “Che c'è? È vero.” ribatté l'altra ridendo.
 “Verissimo!” aggiunse la voce di George apparso alle loro spalle.
 “Niente di più vero!” precisò Fred.

I due gemelli, che sembravano essersi effettivamente materializzati dal nulla, sorrisero sornioni alle due ragazzine, le smorfie scanzonate e le mani affondate nelle tasche dei pantaloni della divisa. Erano come sempre arruffati, contro tutte le regole scolastiche: Fred portava la cravatta aperta sul petto, George era solo in camicia. 
 “Oh eccovi” sussultò l'emoor, sorridendo “avete finalmente smesso di sperare che riuscirete a partecipare al torneo?”
 “Niente affatto!” le rispose Fred, avvicinandosi a lei con aria furba “Anzi, abbiamo un piano bello e buono, O'Shea.”
Emma roteò gli occhi, scuotendo appena il capo. 
“Se dovete fare qualche sciocchezza tenete fuori Dan e Luke.”
 “E perché dovremmo farlo?” chiese con tono falsamente stupito Fred “Quei due ci adorano, farebbero da pasto ad un Acrumantola se solo glielo chiedessimo”
 “Forse non vi è passato per la mente, ma può essere pericoloso.” disse l'emoor con tono severo “Silente ha detto che della gente è morta in quel torneo: dovete fare attenzione”.
 George aggrottò la fronte, osservando l'amica per un istante, prima di girarsi perplesso verso il gemello “Merlino Freddie! La piccola Emma così non assomiglia a Hermione Granger?”
 L'altro strabuzzò gli occhi, esageratamente colpito “Copia sputata”
 “Siete i primi a dirmelo, ma lo prendo come un complimento! Ginny mi ha detto che è la migliore del suo anno.” sorrise Emma.
 “Non voleva essere un'accusa.” disse George, facendole l'occhiolino e la piccola Weasley al suo fianco ridacchiò.
 “Beh domani vedrai cosa ci inventeremo” intervenne spiccio Fred, facendo un grosso sbadiglio “ora però noi andiamo a nanna, le nostre menti argute hanno bisogno del giusto riposo!”
 “State attenti” ribadì un'ultima volta la Corvonero, consapevole di quanto fossero vane le sue parole.
 “E dai Emma, tu non hai idea di quante ne abbiamo combinate io e Fred” le disse George, avvolgendole le spalle in una stretta allegra “facciamo così, se domani il nostro esperimento fallirà...”
 “Non accadrà” sottolineò Fred.
 “No, infatti” riprese George “ma nel remotissimo caso in cui fallisca per qualche motivo esterno alla nostra intelligenza, sarò pronto a farti le mie più sincere scuse e ti prometto che ti farò uno splendido regalo quando sarò finalmente ricco e famoso.”
 L'emoor rise sincera, guardando la faccia fin troppo allegra del gemello “Affare fatto” rispose.
“L'ultima volta che avete scommesso contro di lei non è andata benissimo” fece notare Ginny ai due.
 “Concesso” incassò George diplomatico, facendo ridere gli altri tre.
 Emma salutò i due Weasley, che raggiunsero subito Lee Jordan che li stava aspettando per tornare in torre e si avviò fuori dalla Sala insieme a Ginny a cui diede la buonanotte al solito bivio, prima di raggiungere in fretta il dormitorio.

 Si sentiva stanchissima.


 Sarah e Carmen stavano già dormendo quando arrivò alla stanza che divideva con loro, mentre Luna leggeva il Cavillo con aria assorta e Lilith la aspettava seduta sul letto sveglia.
 “Ci hai messo un sacco ad arrivare.” disse la biondina.
 “Mi sono fermata a parlare con i gemelli Weasley, ho cercato di dissuaderli a mettersi nei guai.” rispose Emma, facendo un cenno di saluto a Luna che le sorrideva pacatamente.
 “Ci sei riuscita?” domandò curiosa la biondina.
 “A dissuaderli?” chiese l'emoor “Naturalmente no.”
Lilith rise “Come sono?”
 “Chi?”
 “I gemelli.”
 “Simpatici.”
 “Sono diversi tra loro?” chiese.
 “Beh fisicamente no, lo vedi tu stessa” rispose Emma aggrottando appena la fronte “però io li riconosco. Caratterialmente, sembrano molto simili, ma non lo sono. Io credo di essere più affine a George”
 “Davvero?” domandò la bionda, sembrava piuttosto scettica.
 “Sì, perché?”
 “Non so, sono gemelli, sembrano uguali...”
 “Dan e Luke non sono uguali”
 “Hai ragione.” concluse alla fine l'altra e sembrò rifletterci su, guardando assorta il suo baldacchino. 

Emma si mise sotto le coperte e rimase in silenzio a lungo, ascoltando la voce di Luna che canticchiava tra sé sognante una canzona sconosciuta. Aveva l'impressione che Lilith volesse aggiungere qualcosa, ma non voleva forzarla a parlare. 
 Chiuse gli occhi con un sospiro, ma prima di scivolare nel sonno, l'amica la chiamò di nuovo.
 “Emma”
 “Si?” chiese l'emoor.
 “Nulla, buonanotte.”
 Per un attimo pensò di insistere, ma poi si rese conto che l'amica non avrebbe detto nulla sotto torchio, quindi rispose alla buonanotte e sistemandosi meglio nel letto, crollò.

*

Le urla erano strazianti e la donna pareva disperata. 
Emma inciampò nel nulla e cercò qualcosa a cui aggrapparsi senza trovarlo. 
Le grida aumentarono con fragore e anche lei urlò spaventata, vide un lampo verde e poi improvvisamente tutto tacque e il silenzio parve ancora più terribile.

*

“Emma!” gridò con forza Lilith, mentre agitata provava a scuoterla per svegliarla, chiamandola disperatamente più volte e l'emoor aprì gli occhi, confusa, annaspando nelle coperte sotto lo sguardo preoccupato dell'altra.
 “Sono qui.” esalò con fatica “Sono sveglia.”
“Tutto ok?” chiese Lilith con aria estremamente preoccupata, gli occhi scuri, grandi e pieni di spavento ed Emma tossicchiò e sentì la gola secca ardere e si accorse di avere la lingua impastata.
“Che è successo?” chiese affannata l'emoor, rendendosi lentamente conto di essere nel suo letto, nella torre di Corvonero. 
“Gridavi come una pazza e non riuscivo a svegliarti.” ribatté la biondina d'un fiato, scrutandola attenta “Mi sono spaventata.”
Era stato solo un sogno. Emma cercò di ricostruire, ma era come se tutto ciò che poco prima le pareva limpido fosse stato immerso brutalmente in una pozza di fango. Ricordava solo delle urla strazianti e il volto disperato di una giovane che non conosceva.
“È stato un incubo, credo.” mormorò
 “Stai bene?” chiese nuovamente Lilith, perplessa.
 “Benissimo.”mentì l'emoor, anche se si sentiva stranamente scossa ed era coperta di un sottile velo di sudore. 
 Era la prima volta che faceva un incubo del genere, così vivido e violento e ne era spaventata, ma non voleva mandare Lilith in ansia.
 “Le altre dove sono?” domandò, schiarendosi la voce.
 “Sono già scese a colazione, siamo in ritardo” puntualizzò lei, scendendo dal letto dell'amica e porgendole la divisa.
 Emma si alzò e si stiracchiò, ignorando la testa che le girava terribilmente. Il suo gatto, Wolland, che dormiva in fondo il suo letto, la fissò pacatamente, come se sapesse che lei non stesse affatto bene. L'emoor ignorò anche lui e si vestì velocemente, uscendo in fretta dal dormitorio con un'accigliata Lilith alle calcagna. 
 Stavano varcando la soglia della Sala Grande a passo sostenuto quando si  accorsero che una ragazza bruna di Grifondoro stava mettendo il biglietto nel Calice, tra gli schiamazzi e gli applausi del gruppo intorno a lei. Emma inarcò un sopracciglio, osservando la scena, ma passarono oltre: erano troppo affamate.

Arrivate in Sala Grande, dopo l'affollamento della sera prima, il tavolo di Corvonero sembrava piacevolmente vuoto. Sean, James, Carmen e Sarah sedevano vicini e stavano riempendo i loro piatti.
 “Giorno” salutò Emma.
 “Buongiorno a voi!” risposero insieme i Corvonero, stringendosi per permettere alle due di unirsi a loro.
“Allora, Sean? Ci hai provato? Hai messo il nome nel calice?” chiese l'emoor al ragazzo, stendendo le labbra in un sorriso per cercare di scrollarsi di dosso la sensazione di ansia che le aveva lasciato il sogno e soprattutto di ignorare lo sguardo di Lilith che la osservava.  
 Il ragazzo interpellato sfoderò un leggero broncio, l'aria affranta, nascondendo gli occhi scuri dietro ciocche di capelli color sabbia.
 “Non prendermi in giro, Ems... non credo ci proverò, i gemelli Harrods mi hanno dato buca, a quanto pare Fred e George reputano la cosa troppo pericolosa per coinvolgere troppe persone.” 
 Emma annuì con sguardo dispiaciuto, servendosi del pane tostato e ringraziando mentalmente i Weasley per averla ascoltata.
 “Saranno su tutte le furie. Gli Harrods intendo.” disse Lilith.
 “Non erano certamente contenti” borbottò Sean, infilzando un pancake con eccessiva enfasi “ma alla fine non credo che il calice ci avrebbe scelto. Voglio dire, siamo poco più che bambini.”
 La sua affermazione produsse un notevole alterco, tra coloro che pensavano di essere oramai adulti e di potersi permettere l'accesso al Torneo e quelli che in fondo erano d'accordo con lui. 
 Emma si decise di mettere fine ai battibecchi dopo qualche minuto, dicendo la prima cosa interessante che le venne in mente.
 “Abbiamo visto una ragazza di Grifondoro mettere il suo nome nel calice, mentre venivamo qui!”
 “Uh giusto!” esclamò Lilith “Era Angelina, la cacciatrice di Grifondoro, quella mora. Avete presente?"
 “Angelina Johnson? E questa la considerate una notizia succosa?” chiese Carmen, scuotendo i lunghi capelli scuri e fingendosi scandalizzata “Cedric Diggory ha messo il suo nome nel calice stamattina. Questa è una notizia succosa.”
“Davvero?” chiese Emma, le sembravano due notizie assolutamente identiche, ma perlomeno sapeva chi fosse Diggory.
“Sì, Cedric Diggory!” ripeté Carmen allargando il sorriso “Il cercatore di Tassorosso! È forse il ragazzo più bello della scuola. Avete presente Cho Chang, no? Stanno insieme.”
 “La cercatrice di Corvonero.” sputò James, con una punta di acidità che stonava con la sua solita pacatezza: era evidente che avrebbe voluto essere lui i cercatore di Corvonero.
 “Lei!” confermò Carmen ammiccante e Sean fischiò.
 “Gran bella ragazza la Chang!”
 Scoppiarono tutti a ridere, compresa Sarah che aveva ascoltato il discorso nel più completo silenzio, ma che scambiò una lunga occhiata con Carmen, che fece capire ad Emma che le due amiche dovevano aver parlato a lungo di Cedric Diggory.
 L'emoor si sporse a prendere degli altri pancake, ma bloccò a metà il gesto, vedendo Ginny Weasley entrare di corsa nella Sala, guardando verso di lei con gli occhi nocciola sgranati.
 “Emma!” gridò la rossa, facendo girare molte teste tra i Corvonero nella sua direzione e l'emoor si accigliò preoccupata e scattò in piedi.
 “È successo qualcosa?” chiese, ma si accorse che la Grifondoro aveva le lacrime agli occhi dal ridere e la sua espressione era molto buffa, tra il divertito e l'arreso.
 “Fred e George.” disse la rossa a mo' di spiegazione “Ci hanno provato. Hanno usato una pozione invecchiante, ma sono stati sbalzati fuori dalla linea e ora hanno barbe lunghe più di un metro.”
 Sean fischiò come poco prima e James ridacchiò nel suo the.
 “Stanno bene?” chiese Emma, cercando di trattenere a sua volta il sorriso che stava affiorando, mentre immaginava la scena.
 “Oh sì...” le rispose Ginny “stanno benissimo, non smettono un solo attimo di ridere, continuano a indicarsi con le lacrime agli occhi.  Quanto sono stupidi! Saranno in infermeria e credo ci rimarranno un bel po'. Detto questo, credo che George ti debba le sue scuse.” 
La rossa ammiccò e fece un gesto di saluto frettoloso ai Corvonero, prima di allontanarsi in fretta, lasciando Emma con le labbra arricciate in un ghigno. 
 Era l'espressione di chi si godeva quell'attimo di vittoria. Se Severus Piton l'avesse vista, l'avrebbe definita una perfetta Serpe.

. . .

La scuola sembrava vibrare di attesa e eccitazione e non c'era un solo corridoio in cui non si sentissero chiacchiere e scommesse su quale sarebbe stato il campione eletto quella sera, anche se i più pensavano che Cedric Diggory avesse buone possibilità. 
 Finito di mangiare il pranzo, dopo una giornata particolarmente impegnativa, Emma si congedò da Lilith e James, che si avviarono verso la torre per finire i compiti di Incantesimi e prese la strada per l'infermeria. Era quasi arrivata e stava per aprire la porta quando qualcuno l'aprì dal lato opposto e prima che l'emoor potesse fare qualunque cosa, si scontrò con Hermione Granger.
 “Scusa!” squittì la Grifondoro.
 “Non ti preoccupare. Scusa tu, stavo praticamente correndo.” rispose Emma con un sorriso.
  Le due ragazze si scambiarono uno sguardo divertito.
 “Tu sei Emma O'Shea, giusto?” chiese la grifona.
 “In persona” sorrise l'emoor “E tu devi essere Hermione Granger, Ginny mi ha parlato molto di te.”
 “Posso dire lo stesso” ribatté l'altra con fare gentile. 
  Si squadrarono entrambe educatamente. 
 Emma notò che Hermione era una davvero una bella ragazza, ma decisamente curava poco il suo aspetto, come si poteva notare dai capelli estremamente cespugliosi e dalle mani sporche d'inchiostro.  
Eppure esprimeva una grazia tutta particolare, con quella luce sicura e splendente che la circondava. 
C'era un qualcosa nello sguardo color cioccolato di Hermione Graner e nel suo sorriso sincero, che ti dava l'idea di una persona forte e responsabile, una di quelle persone che ci sono sempre quando tu ne hai più bisogno e che il più delle volte finiscono per essere considerate scontate, fino a quando non si defilano lasciando il vuoto e il dolore al loro posto. 
L'emoor le sorrise amichevole, provando un'immediata simpatia.
“Sei andata a trovare i gemelli!” disse per iniziare la conversazione.
 “Già” annuì la Granger “non sanno proprio tenersi fuori dai guai.”
 “È quello che gli ho detto anche io e la loro risposta è stata che, a volte... somiglio a te.” disse l'emoor, facendo una buffa smorfia ed Hermione dopo un attimo di stupore rise apertamente.
 “Davvero? Beh mi fa piacere... spero tu non te la sia presa.”
 “Lo considero un complimento in realtà” le rispose Emma “Si dice che tu sia una delle ragazze più intelligenti di tutta la scuola"
 La Grifondoro arrossì furiosamente e la guardò con maggiore dolcezza “Non bisogna mai dar troppo conto alle voci che girano.”
“Già” mormorò Emma, che di voci di corridoio ne aveva fin sopra i capelli ed Hermione parve capire a cosa stesse pensando, perché le sorrise nuovamente, prima di sistemarsi la gonna con un gesto secco.
 “Io devo andare” disse svelta “ma è stato un piacere conoscerti finalmente. Ci si vede qualche volta!"
 “Sicuramente!” annuì Emma, ma mentre la guardava allontanarsi le venne in mente un cosa e la richiamò “Hermione!” 
 La Grifondoro si voltò verso di lei, curiosa “Si?”.
 “Scusa se te lo chiedo” disse in fretta l'emoor “ma mi hanno selezionato al corso di Pozioni avanzate per il terzo e quarto anno e tu non ci sei. Mi chiedevo come mai.”
 Non sapeva perché, ma improvvisamente si era ricordata di non aver visto il nome della ragazza tra i selezionati. 
Cosa piuttosto strana, vista la bravura leggendaria di cui tutti parlavano. Hermione parve solo vagamente stupita dalla domanda.
 “Oh, mi hanno presa in effetti” ammise “ma ho deciso di seguire il corso normale. Harry e Ron non l'hanno passato e Pozioni non è una materia così interessante per me da decidere di seguirlo da sola con Piton, ne particolarmente centrale per il mio percorso.”
 Emma stirò un sorriso e annuì
 “Certo capisco, peccato. Era l'occasione di conoscersi”
 “Ci saranno altre occasioni.” disse sicura l'altra “io studio sempre in biblioteca per esempio. Quando vuoi!”

. . .

L'infermeria era pulita, luminosa e ordinata. Tutti i lettini, posti accuratamente contro le pareti chiare, erano vuoti, fatta eccezione dei due occupati dai fratelli Weasley. Emma non era mai stata lì prima di allora, ma sapeva che Madama Chips era la responsabile e  che era una Medimaga molto preparata e ligia alle regole.
  Fred, sdraiato vicino alla finestra, stava dormendo, la lunga barba ben pettinata sul petto, ma George era sveglio e fissava l'emoor con un grosso sorriso, nascosto parzialmente dai fluenti peli della barba.
 “Sei venuta a riscuotere il tuo premio, O'Shea?” chiese.
 “Così pare.” rispose Emma, avvicinandosi al letto.
 “Hermione è appena uscita.”
 “Lo so, ho rischiato di travolgerla. È una ragazza simpatica”
 “Ti assomiglia terribilmente a volte. Anche se tu sei più bella e interessante e i tuoi occhi... te l'ho mai detto? Quel verde e nero misti insieme, sono splendidi, mistici direi.”
  Emma inarcò un sopracciglio trattenendo un ghigno.
“George Weasley, adularmi non mi addolcirà e non allontanerà che di pochi istanti il momento in cui mi dovrai le tue scuse”
 Il ragazzo alzò le mani in segno di resa.
“Hai ragione” ammise “Signorina Emma O'Shea, ti devo le mie scuse. Avevi ragione tu, era impossibile superare la linea.”
 “George...”
 “Che c'è?”
 “Stai omettendo qualcosa...” sorrise Emma.
“Cosa?”
“Avevi ragione tu, come sempre, sarebbe più corretto...”
 “Oh Merlino, sembri proprio la Granger!” esclamò il ragazzo.
 “Ma non lo sono” fece notare l'emoor “e sei piuttosto fortunato, perché se lo fossi ti tormenterei anche nella tua Sala comune.”
 “Che Morgana me ne scampi.” disse teatrale George.
 “Siete stati fortunati entrambi, in realtà” fece notare lei “avreste potuto mettervi in guai seri”
 “Non credo proprio” negò il gemello con sicurezza “Silente non avrebbe mai messo in pericolo i suoi allievi! Ne eravamo assolutamente certi, per questo abbiamo deciso di provare.”
 “Ma al posto delle barbe avrebbe potuto farvi crescere delle enormi pustole!” sorrise l'altra.
 “Non sarebbe il suo stile e Silente allo stile ci tiene!" disse lui con sorriso enorme  “e comunque lo devo decisamente ringraziare... ora so che aspetto avrò da vecchio.”
 “E ne sei soddisfatto?” chiese ironica l'emoor.
George strabuzzò gli occhi, fingendosi stupito.
“Stai scherzando donna! Lo vedi anche tu, sono terribilmente affascinante e detto tra noi sono sempre più bello di Fred!”
Scoppiarono entrambi a ridere e fu una risata così bella che persino madama Chips, che arcigna aveva fatto capolino dal suo ufficio, li lasciò fare. Emma si fermò ancora un poco, giusto per vedere Fred svegliarsi, poi salutò i gemelli e uscì dirigendosi lungo il corridoio per andare a lezione di Cura delle Creature Magice. Era felice.

*

Con un insensato sorriso stampato sul volto Emma camminava svelta, sentendosi leggera. Fred e George, Lilith e James, David e Emily e poi, Ginny, Sean, Dan e tutti gli altri, lentamente le sue amicizie a Hogwarts nascevano e si facevano sempre più salde e le sue iniziali paure, come quella di essere vista solo come un fenomeno da baraccone, stavano scemando e lasciavano spazio a un qualcosa di estremamente più dolce e piacevole. 
 Emma O'Shea stava cambiando. Non era più la ragazzina che dipendeva dai suoi genitori e che correva con Steph nei boschi, né quella curiosa, ma schiva che viveva con Severus Piton. Era un mix di entrambe e forse qualcosa di più. Era contenta.
 Troppo persa nelle sue allegre considerazioni l'emoor non poté notare in tempo l'uomo che, più simile a un'ombra, l'attendeva in mezzo al corridoio, con la schiena appoggiata alla parete e quando infine lo vide era oramai troppo tardi per cambiare strada.
 Severus Piton era immobile e la fissava tranquillo, gli occhi scuri attenti, come sempre ed Emma fu colta da un leggero panico e si fermò, senza sapere se tornare indietro, o passare impassibile di fronte a lui. Stava imparando a sopportare senza soffrire il brusco cambiamento del tutore e la sua assenza, ma non si sentiva certamente pronta ad affrontarlo in mezzo a un corridoio. 
Aveva la sensazione che avrebbe potuto picchiarlo e abbracciarlo allo stesso tempo, seguirlo ovunque, urlargli addosso e sorridergli felice. Sentiva il bisogno di leggere con lui sulle rigide poltrone, come nelle sere passate insieme e di ascoltare la sua voce che gli spiegava pozioni e incantesimi, o di preparare una pozione, ma anche di inveire contro di lui, di accusarlo di non averla mai cercata e di averla lasciata al suo destino, riservandole solo il freddo e odioso atteggiamento che usava con tutti coloro che non erano Serpeverde.
Dire che Severus Piton era una figura paterna per lei forse sarebbe stato esagerato, perché lei aveva un padre, Alan, ma nei lunghi mesi di solitudine, segregata a Spinner's End per paura di un eventuale attacco di Black, il professore era stato l'unico contatto umano che la ragazza aveva avuto, l'unica persona che l'aveva guidata, seppur in modo brusco e distaccato, in un mondo che la spaventava e incuriosiva allo stesso tempo ed ora era lì, davanti a lei e dato che Emma continuava a rimanere immobile, senza muovere un solo passo, fu il professore ad avvicinarsi.
 “Emma.” la chiamò.
“Professor Piton” rispose l'emoor, la voce fredda e modulata, attenta a non esprimere la minima emozione.
Lui aggrottò appena la fronte “Perché mi chiami così?”
 “Perché credevo che così fossero gli accordi.”
La ragazzina lanciò una breve occhiata alle sue spalle nella speranza di vedere arrivare qualche studente, dato che si sentiva per qualche motivo osservata, ma il corridoio rimase deserto, il silenzio piombò tra di loro all'improvviso ed Emma, capendo di non poter fuggire in nessun modo, alzò lo sguardo con un sospiro e fissò l'uomo in volto: fu allora che si accorse.
 Non c'era l'espressione arcigna e severa che lui sfoggiava in classe, le labbra non erano strette dal disappunto e negli occhi non vi era la solita apatia. L'uomo che la guardava non era il freddo e distaccato professore di Pozioni, ma in quel momento era il suo tutore, l'uomo con cui aveva condiviso lo stesso tetto per tanti mesi e nessuno che non fosse stato lei l'avrebbe mai capito.
 Lo sguardo scuro e gelido, ma profondo. Il volto più stanco e vecchio di quello di un qualsiasi uomo della sua età. Le labbra piegate in quella smorfia triste e piena di dolore che lei conosceva bene come le sue tasche.
“Severus...” mormorò e c'era stupore in quella parola.
 “Bene” disse lui “non credevo di doverti spiegare la differenza tra una classe affollata e un corridoio deserto”
 “Credevo di doverti sempre chiamare professore a Hogwarts.”
 “Credevi male, Emma. Come stai?”
L'emoor inarcò le sopracciglia, confusa.
 “Perché me lo chiedi?”
 “Credo sia il mio dovere assicurarmi...”
“Non sono il dovere di nessuno.” puntualizzò fredda lei.
“Non comportarti come una ragazzina e non cercare di complicare le cose. Silente mi ha chiesto..."
 “Oh giusto, Silente!” lo interruppe l'emoor, improvvisamente livida di rabbia “Dimenticavo che è lui che ti ha obbligato a prenderti cura di me, Severus. Beh, puoi dire lui che sto bene e che me la cavo. Puoi inventarti ogni volta qualcosa di simile. Non c'è bisogno che ti prendi il disturbo di cercarmi, un peso in meno per te.”
 Emma lo guardò con sfida, ma trattenne il fiato. Non lo stava trattando con rispetto ed era pur sempre un suo professore, ma lei si sentiva ferita e lui forse doveva aspettarsi una reazione del genere.
 Per la seconda volta da quando si conoscevano, in fondo, l'aveva chiusa fuori dai suoi pensieri in maniera brusca e senza una vera ragione. Non aveva voluto parlare con lei del loro rapporto, non l'aveva cercata, non aveva dato modo a lei di comprendere che l'affetto, che aveva creduto a tratti di percepire dall'uomo, esistesse ancora e Piton ricambiò il suo sguardo leggermente stupito.
 “Non intendevo offenderti.” disse con voce misurata “Intendevo  ovviamente che mi interessa sapere come stai, dal momento che Silente mi ha chiesto di farti la guida in questo mondo. Ora sono solo il tuo professore, ma ciò non toglie che sono stato il tuo tutore magico a lungo e...”
“Non fa nulla, Severus va bene così.” disse lei scuotendo la testa e fece per allontanarsi, stirando un sorriso fasullo, ma Piton le afferrò  saldamente il polso ed Emma si voltò a guardarlo.
 “Che c'è ora?” chiese vagamente irritata.
 “Non mi piace scusarmi con le persone, ma tu sembri fatta per obbligarmi a questa pratica.” sibilò lui con leggero fastidio “Credo io ti debba effettivamente delle scuse e per la seconda volta. Devi capirmi, Emma, non sono una brava persona e non sono stato un buon tutore, forse. Amo la solitudine e non sono abituato ai ragazzini, che non siano quelle teste di legno..."
 “...che infestano il tuo sotterraneo” concluse per lui la ragazza, con un mezzo sorriso appena trattenuto.
“Corretto, e quei cinque punti...”
 “...era giusto togliermeli, ma non era giusto il modo con cui mi hai trattato.” affermò lei, interrompendolo nuovamente.
 Lui la guardò e arricciò le labbra in una smorfia buffa.
 “Se sai già quello che ti devo dire è inutile che te lo dica. Spero solo che con la tua cocciutaggine e curiosità tu non stia asfissiando i tuoi compagni di Casa. Sono gente fragile e studiosa i Corvonero.”
 “Davvero?” chiese l'emoor, improvvisamente più rilassata “Non ne ho conosciuto nemmeno uno allora!”
 Severus fece un rumore secco che poteva assomigliare a una risata trattenuta e scosse leggermente la testa.
“Ci vediamo a Pozioni allora. Sei stata brava all'ammissione” disse secco e fece per girarsi, ma poi si fermò e sembrò sul punto di parlare.
Emma rimase immobile a guardarlo, anche quando lui infine allungò una mano e le sfiorò appena lo zigomo con un gesto paterno e lei trasalì e sbatté le ciglia una volta, sorpresa. Aveva pensato a quel 'sempre' e alla giornata sulle colline mentre lui si voltava e in quello stesso istante e si chiese se Piton potesse leggere nel pensiero. Scosse subito la testa, dandosi della stupida, sfiorando il punto in cui le dita dell'uomo l'avevano accarezzata e osservò l'alta figura nera allontanarsi. Sorrise per quel gesto di tenerezza inaspettato, mentre si affrettava a raggiungere il parco per seguire l'ultima lezione prima di quella sera. Le cose sembravano andare meglio. Davvero
E Severus ci sarebbe sempre stato in qualche modo.

. . .

Draco Malfoy, seduto da solo sull'albero storto del cortile, aveva osservato con curiosità Piton e la sua protetta mentre parlavano.  
 Era troppo distante perché potesse sentire quel che si dicevano, ma aveva notato il gesto affettuoso dell'uomo e il sorriso di lei.
Il Serpeverde si arrampicava spesso su quell'albero, quando le moine di Pansy diventavano invadenti, o la presenza di Tiger e Goyle pedante e lui necessitava di un posto dove smettere le vesti del Re delle Serpi per poter ritrovare la solitudine a cui il Manor dove era cresciuto l'aveva abituato e quell'albero era semplicemente il posto perfetto dove far scorrere il tempo senza fare nulla, perché quasi nessuno alzava la testa per guardare tra i rami, permettendo lui di essere un osservatore silenzioso ed era sufficientemente comodo per passare qualche momento di tranquillità.
  Malfoy si sporse e vide l'emoor ormai rimasta sola riscuotersi e attraversare il cortile, passando appena sotto di lui, troppo persa nei suoi pensieri perché si accorgesse della sua presenza e continuò a rimanere assorto a osservarla, mentre la figura sottile della ragazza si dirigeva a passo sostenuto verso il parco.
 Era goffa nella sua avanzata, con l'enorme borsa piena di libri e i lunghi capelli che le cadevano continuamente davanti al viso e sembrava minuscola, senza i soliti due Corvonero al suo fianco. 
 Gli occhi di Draco tremarono, quando si accorse che stava sorridendo da solo e subito irrigidì la schiena e si ricompose.
Tutti i Serpeverde parlavano di Emma O'Shea, l'emoor reietta e qualcuno di loro persino la insultava per essere finita in Corvonero, ma Draco Malfoy, che era solitamente ben noto per cercare costantemente di  denigrare chiunque considerasse inferiore a lui, non lo aveva mai fatto, anzi, più di una volta si era ritrovato ad osservare la ragazza con sguardo attento.
 E questo perché Draco Malfoy si era accorto di come il sempre duro, tagliente e gelido Severus Piton, per cui lui aveva un'enorme stima, sembrasse affezionato a lei e il ragazzo sapeva che questo era un evento più che raro, così come aveva ascoltato le voci concitate dei suoi genitori durante quell'estate, mentre parlavano degli emoor con speranza, dubbio e interesse.
Draco Malfoy si era anche accorto di come lei scivolasse nei corridoi senza cercare di dare nell'occhio, circondata dai suoi amici. 
Si era accorto di come gli sguardi e le parole che altri sibilavano con cattiveria al vederla, le scivolassero addosso. Si era accorto che, anche se era spesso in giro con la piccola Weasley, Emma O'Shea passava il tempo con persone di tutte le Case, senza alcuna differenza. Compresi Serpeverde. E Lower e la Brown la adoravano e Hope la osservava assorto, come se la studiasse.
Draco Malfoy sapeva che nelle vene della ragazza scorreva il sangue tra i più magici nella storia e che per questo lei avrebbe avuto diritto di atteggiarsi a superiore, arrogarsi il primato di emoor, comportarsi in maniera supponente, ma Emma O'Shea era diversa e c'era qualcosa nel suo modo di fare tranquillo, nel fascino che inconsapevolmente trasudava e nella sua risata sincera, che incuriosiva terribilmente il Serpeverde.
 Draco Malfoy saltò giù dall'albero, pulendosi distrattamente i vestiti di ottima fattura e si avviò a passo lento verso i sotterranei, cercando di togliersi dalla testa l'emoor e il suo sorriso.


 
*Angolo Autrice*

 

Capitolo di passaggio, ma che semina punti importanti. 
In primo luogo arrivano le altre scuole (è vicinissimo quindi l'inzio del torneo), e spuntano anche Hermione (per la prima volta) e i gemelli (di nuovo). 
Lentamente ci immergiamo in una quotidianità insieme alla nostra Emma sempre più riconoscibile. A me piacciono molto i rapporti che sta creando con i suoi amici, tutti, sia i corvonero, che gli emoor, Ginny e ovviamente i gemelli. E sono felice di aver fatto incontrare lei ed Hermione, le due, come dice George, sotto alcuni aspetti si assomigliano (ma sono molto diverse su altri). 
Non dimentichiamoci del momento molto dolce in cui Emma e Severus hanno modo di chiarirsi, ve lo anticipo, non sarà l'ultima volta che dovranno farlo, nonostante il forte e sincero affetto sono due testoni, lo sapete. 

Infine ci sono gli incubi. Vi ricordano qualcosa?

Il prossimo capitolo si chiama "La serpe e il corvo". 
Spero di vedervi nelle recensioni, i vostri feedback sono molto importanti. 
A venerdì

vi

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** La serpe e il corvo ***



.La Serpe e il Corvo.

 

 

Harry Potter era appena stato nominato come il quarto campione del Torneo Tre Maghi e un silenzio denso e incredulo riempiva la Sala Grande. Il Calice di fuoco, messaggero di quella notizia, ancora brillava debolmente di azzurro e ogni singola persona presente era girata verso il tavolo di Grifondoro e fissava il malcapitato.
 Nessuno riusciva davvero a capire cosa fosse successo e persino i professori sembravano sgomenti, ma nonostante Victor Krum, Fleur Delacour e Cedric Diggory, accompagnati da numerosi applausi  fossero stati nominati e avessero già abbandonato la Sala, il Calice si era accesso di nuovo e aveva sputato fuori un nome: 
Harry Potter.
 Il ragazzo in questione, incuneato tra Hermione Granger e Ronald Weasley, era visibilmente nel panico. Si guardava intorno confuso, come se non capisse perché all'improvviso tutti mostrassero quello strano interesse per lui. Pallido e smilzo, gli occhi verdi sgranati e spersi, non aveva l'atteggiamento che ci si sarebbe aspettati da un Grifondoro appena nominato campione di Hogwarts.
 Emma, rivolta verso di lui come il resto della scuola, lo guardava  dispiaciuta per tutta quell'attenzione che evidentemente non aveva cercato. Si girò affranta verso James, per dire lui che non credeva possibile che Potter avesse messo il suo nome nel calice, ma qualcosa dentro di lei cambiò ed ebbe l'improvvisa spiacevole sensazione di trovarsi 
letteralmente al posto del bambino che è sopravvissuto.  
L'immagine della Sala Grande le sfarfallò davanti dal punto di vista del tavolo di Grifondoro e per un breve istante sentì tutti quegli sguardi addosso alla 
sua pelle e percepì il panico di Potter invaderla.
 Trasalì spaventata, cercando di ignorare i brividi gelidi che le correvano lungo la schiena e provò a riscuotersi, scostando prontamente lo sguardo dal ragazzo, turbata. Emma non sapeva cosa fosse successo, ma era convinta che Potter fosse innocente e non era solo la sensazione che aveva avvertito poco prima a dirglielo: era logica. Il ragazzo non aveva la folta barba che si erano ritrovati i gemelli Weasley e sembrava fin troppo spaesato per essere al corrente della sua situazione. Forse addirittura credeva a uno scherzo. 
Harry Potter era stupito quanto tutti loro.

La tensione nella Sala venne spezzata da Albus Silente che, pur accigliato e con aria preoccupata, chiamò Harry una seconda volta, con la sua voce incredibilmente tranquilla.
 “Ti devo chiedere di lasciare la Sala, Harry. Oltre quella porta”
 Hermione, seduta al fianco del ragazzo e visibilmente pallida, si riscosse e diede lui una piccola gomitata, scuotendolo e Potter sembrò animarsi debolmente e si alzò dal tavolo in modo meccanico, senza guardarsi intorno, anzi incassando la testa nelle spalle e uscendo a passo svelto dalla stessa porta accanto al tavolo dei professori che avevano imboccato gli altri campioni.
 Tutti e quattro i tavoli dove erano seduti gli studenti, appena le  sue  spalle magre superarono l'uscita, parvero implodere. 
 Le voci concitate di chi faceva ipotesi si accavallarono nella sala e tutti i presenti, contemporaneamente, presero ad agitarsi animosamente, con uno sfarfallare di parole e considerazioni.
 “Incredibile.” esalò Lilith sconvolta, mentre Sean fischiava forte e Sarah e Carmen iniziavano a parlare come sempre svelte tra loro.
Emma li ignorò e rimase in silenzio, gli occhi fissi sul tavolo, mentre ragionava sulla sensazione che aveva provato 
in quel singolo istante in cui si era sentita Harry Potter e continuò a pensarci anche mentre abbandonava la sala insieme agli amici e si avviava verso i dormitori, circondata dal chiacchiericcio vivace. 
 Non partecipò alla discussione se non con qualche breve monosillabo, ma sorrise in modo incoraggiante quando James le chiese se andasse tutto bene. Solo una volta al sicuro sotto le pesanti coltri del suo letto, l'emoor lasciò andare un sospiro e mordendosi il labbro inferiore, in un gesto pieno di insicurezza che non faceva da molto tempo, si chiese se avesse provato quella singolare sensazione solo per empatia nei confronti di Potter, oltre che per il suo innato disprezzo verso coloro che guardavano anche lei con bramosa curiosità, o se per caso l'avessero provata anche gli altri emoor. 
 Trovare una risposta ai suoi dubbi però significava andare a cercare David, Emily, o anche solo Artemius e quindi abbandonare il dormitorio di notte, durante il coprifuoco e nonostante la strana sensazione che le stringeva lo stomaco, pensò che avrebbe potuto aspettare l'indomani e si rese conto che comunque non avrebbe saputo trovare la Sala Comune di Serpeverde. 
 Rigirandosi più e più volte nel suo letto, che le sembrava stranamente scomodo, infine crollò sfinita in un sonno agitato.

. . .

L'emoor si svegliò stanca e dolorante, come se non avesse riposato affatto e dovette lottare contro il desiderio di rimanere a dormire sotto il tepore delle coperte. Aveva la sensazione di aver fatto ancora l'incubo pieno di grida e oscurità, ma la sua percezione era fragile e le immagini sognate scivolavano via dalla sua memoria. 
 Lilith non la aiutò dato che, dopo aver visto il suo viso stanco e tirato, le consigliò caldamente di rimanere nel dormitorio a riposare.
“No davvero.” rispose Emma, alzandosi con un grande sforzo dal materasso e cercando la divisa “ho solo bisogno di fare colazione. Oggi è il primo giorno di Pozioni avanzate e io non posso  mancare”
“È già oggi?” chiese la biondina, improvvisamente pallida.
“Sì, perché?” domandò l'emoor e l'amica scosse la testa sconsolata.
 “Senza te, James, o Sarah le lezioni di Pozioni diventeranno un incubo per me. Non ho nessuno che mi possa aiutare”
“Posso aiutarti io!” intervenne Luna con un sorriso splendente. 
Era vestita di tutto punto e indossava i suoi orecchini a forma di rapanello che le davano quell'aria tanto buffa. Emma non l'aveva nemmeno notata, visto che la compagna di Casa e se ne stava ritta in piedi con una copia del Cavillo appena dietro il suo baldacchino. 
“Grazie Luna” disse mesta Lilith e sorrise gentile, per non dire a Lunatica Lovegood che i suoi aiuti in Pozioni spesso non si rivelavano tali ed Emma la ringraziò mentalmente, perché trovava irritanti le persone che si prendevano gioco della ragazza. Luna in tutta risposta annuì con vigore e si allontanò a passo di danza.
“Sei stata gentile a non risponderle male.” disse l'emoor “E non escluderei che possa aiutarti! Luna non mi sembrava male in Pozioni ed è piuttosto brillante”
 “Luna? Oh, no... non è affatto male finché segue le istruzioni sulla lavagna, ma al primo anno ero in coppia con lei e ogni due minuti decideva che una delle sue piante, o dei suoi strani animaletti essiccati avrebbero reso la pozione migliore. Non ti dico i risultati.”
 “Eppure è Corvonero” disse conciliante.
“Sì, ma perché Luna ha una mente brillante e creativa! È un'ottima Corvonero” esclamò Lilith “Peccato che questo non significhi per forza successo scolastico. È Richard il Corvonero anomalo... 'Eccezionale' in tutte le materie, ma sa essere molto ottuso, a volte mi chiedo sinceramente come mai sia finito in questa Casa.”
Emma annuì, pensando al pedante ragazzo del suo anno, che proprio non riusciva ad apprezzare, visto che non faceva altro che lamentarsi di tutto con la sua voce nasale.
 “Richard non è stato preso al corso avanzato di Pozioni” disse a Lilith con tono soffice, perché era sicura che la cosa avrebbe rallegrato l'amica e infatti, la biondina gongolò per tutta la durata della colazione, punzecchiando Richard a dovere e chiamandolo continuamente “Il mio caro compagno di corso base”.

. . .

Quando finirono di fare colazione James ed Emma si alzarono insieme e si diressero verso l'aula di pozioni. Lilith li accompagnava brontolando, sconsolata, nonostante la mattinata libera che l'attendeva. I corridoi della scuola sembravano più vivi del solito.
 Gli studenti correvano su e giù in continuazione, o si riunivano in piccoli capannelli a parlottare e solo dopo un attento sguardo Emma si accorse delle spille che i ragazzi si passavano di mano in mano.
 “Hai visto?"” chiese a James, che si girò a guardare nella direzione che lei gli indicava, aggrottando leggermente la fronte.
 “Già, sarà qualche nuova moda o trovata. Tu sai qualcosa Lilith?” domandò, ma la biondina pareva troppo di malumore per rispondere alla domanda e borbottò solo tra sé, trascinando i piedi.
 Erano quasi arrivati alla svolta prima dell'ingresso ai sotterranei, quando Malocchio Moody li intercettò. L'uomo era uscito all'improvviso da un'aula vuota, facendo sobbalzare i tre ragazzi.
 “Buongiorno professore” mormorarono in fretta all'unisono.
 “Oh bene,” intervenne lui con aria arcigna , ispezionandoli con entrambi gli occhi “Bitterblue, McGregor e O'Shea speravo proprio di trovarvi. In realtà speravo di poter scambiare qualche parola con te O'Shea, se è d'accordo” disse, indicando la ragazza con fare minaccioso, che in realtà non le lasciava scampo.
“Dovrei andare a Pozioni Signore...” rispose mesta lei.
 “Il corso di Pozioni inizia tra venti minuti, hai tutto il tempo di fare quattro chiacchiere” sibilò l'altro.
 La ragazza si mordicchiò il labbro inferiore con fastidio. Era d'accordo con James di arrivare prima all'aula di Pozioni nella speranza di scambiare qualche parola con Severus, ma l'occhio magico di Moody sembrava vibrare minaccioso nella sua orbita ed Emma si chiese con ansia se potesse leggere nel pensiero.
“Mi dica pure" capitolò quindi, con tono gentile e il professore fece cenno di seguirlo nell'aula da cui era appena uscito, borbottando un 'è confidenziale' e lanciò uno sguardo arcigno a Lilith e James nel farlo, indicandoli con la mano tozza. 
 “Loro sono fidati?”
 “Molto” ribatté rigidamente l'emoor, insieme a due perplessi Lilith e James e poi entrò titubante nell'aula. 
Malocchio chiuse la porta alle loro spalle e dopo veloce un controllo alla finestra, come se temesse che sarebbe arrivato improvvisamente un nemico ad attentare alla sua vita, si voltò verso  di loro.
“Bene, la sicurezza è importante e non voglio certo sbandierare ai quattro venti questa conversazione. Si tratta di Potter"
 “Mi spiace, non conosco Harry Potter.” rispose Emma.
 “Avanti!” berciò l'altro con fastidio “Cosa vuol dire 'non conosco Harry Potter'? Tutti sanno chi è, così come per te e gli altri tre emoor. Per conoscervi tra di voi basterà presentarvi o forse siete talmente famosi che non servirà nemmeno dire il vostro nome.”
 La ragazza inghiottì bile, ma rimase ferma sul posto, immobile, lo sguardo fisso sul professore che assunse un'ombra scura.
 “Non si tratta di conoscere, o no comunque” riprese Malocchio con noncuranza “Il Torneo Tre Maghi. Bel pasticcio davvero. Quel ragazzo non sa sta fuori dai guai!” 
L'emoor non capiva cosa c'entrasse lei con il fatto che il calice avesse scelto Potter come quarto campione.
 “Mi spiace per lui” ribatté infine con distacco e l'altro rise con tono gelido e strano, tanto che Lilith e James si accigliarono leggermente.
 “Tu!” ghignò il professore, puntandole un dito contro “Ti dispiace eh. Ma tu hai un bel po' di magia, no? E un po' di testa, dicono. Concordo con te che sarebbe spiacevole perdere quel ragazzo prezioso, ma si dice che voi emoor batterete il più grande Mago Oscuro di tutti i tempi. Dovreste riuscire a dargli una mano, no?”
 Emma lo guardò sgomenta, schiarendosi la voce.
 “Non bisognerebbe dare credito alle voci che corrono” disse cauta, citando la Granger “Non crede professore che aiutarlo sia contro le regole? Non dovremmo allora fare lo stesso con Diggory? Cosa gli hanno detto gli altri emoor a riguardo?”
 “Gli altri? Diavolo no! Ti credevo più sveglia O'Shea!” ribatté Moody con un'aria quasi offesa “Ti sembra che potrei chiedere aiuto a dei Serpeverde affinché mi aiutino a proteggere Potter? Quanto a Diggory: si sta godendo il suo momento di celebrità, se muore non sarà una grande perdita.”
 “Ma, Professore!” boccheggiò Lilith, precedendo l'emoor.
 “Non se la prenda tanto signorinella” ribatté quello con un grugnito “il Torneo dovrebbe essere sicuro, o così si dice, ma Potter è di primaria importanza e va preservato più di chiunque altro. Compreso Diggory. Quindi O'Shea aiuterai il ragazzo?" borbottò infine, bevendo un grosso sorso dalla sua fiaschetta.
 Emma scrollò le spalle, ancora incredula per quella richiesta.
 “Se me lo chiederà gli darò una mano, anche se non vedo come potrei migliorare le sue conoscenze. Sono solo al terzo anno, Signore e credo che Potter, essendo stato scelto, se la caverà. Ora ci deve scusare, ma noi avremmo...”
“Certo, certo lezioni di Pozioni. Dite a Piton che verrò presto a trovarlo.” ribatté acido il professore e i tre ragazzi uscirono dall'aula e si allontanarono in fretta.
 “Strano tipo davvero quel Moody, ma forte però.” disse James.
 “Sarà” intervenne Lilith ancora di malumore “Ma a me sembrava ubriaco, che razza di proposta era quella che ti ha fatto, Ems? Aiutare Potter? E poi tu che c'entri?”
 L'emoor scosse le spalle stancamente, senza sapere cosa rispondere. Era sorpresa dalla richiesta del mago e si chiese se non dovesse farne parola con Piton o Silente, ma in fondo Moody le aveva solo chiesto di essere disposta ad aiutare uno studente, anche se non vedeva possibilità che ciò potesse accadere nel futuro prossimo.
 “Su una cosa Moody ha ragione però” riprese Lilith con aria diplomatica “I Serpeverde sono poco affidabili.”
  Emma scosse la testa, ma risero in tre, per motivi diversi, poi James e l'emoor salutarono la biondina e si avviarono verso i sotterranei.

. . .

L'ingresso ai sotterranei era bloccato da due folti gruppi di ragazzi che sembravano fronteggiarsi, mentre altri studenti di Case diverse facevano da cornice alla scena. Serpeverde e Grifondoro. 
Bastò un'occhiata alle loro divise ed Emma capì che la situazione non era delle più rosee e che avrebbe potuto volgere al peggio. 
 Frenò l'istintivo impulso di gettarsi in mezzo ai due gruppi, che si fissavano astiosi e rimase immobile a guardare, trattenendosi  anche dal far notare a tutti quanto quella situazione fosse stupida. 
 Perché mai Grifondoro e Serpeverde, in nome di antiche tradizioni  e pregiudizi futili dovevano per forza odiarsi?
James, che sembrava capirla con uno sguardo, raggiunse la sua mano e la strinse, facendole un piccolo sorriso e alzando le spalle in un gesto buffo, come a dire 'è così, non puoi farci nulla'. 
La ragazza, grata all'amico per quel muto sostegno, gli sorrise a sua volta e strinse la sua mano in risposta, prima di voltarsi a osservare con più attenzione quel che stava succedendo di fronte a lei.
  Harry Potter, paladino della giustizia, nonché secondo campione di Hogwarts, era al centro della piccola folla, gli occhi ridotti a fessura per la rabbia e la bacchetta stretta nel pugno e appena dietro di lui, scarmigliata c'era Hermione Granger, che tesa come la corda di un violino, sembrava pronta a intervenire per placare gli animi. 
 Emma alzò gli occhi al cielo, pensando che non c'era pace per quel ragazzo e d'istinto mosse lo sguardo in cerca della testa rossa del fratello di Ginny, di solito sempre alle costole di Potter, ma con vago stupore lo trovò distante, intento a osservare la scena di fianco a un Grifondoro che l'emoor non conosceva. 
“Merlino non di nuovo.” borbottò James ed Emma si accigliò appena, seguendo la direzione dello sguardo dell'amico e accorgendosi di chi Potter stesse fronteggiando e qualcosa di sgradevole e freddo le si agitò nel petto a quella vista. Merlino. 
 Il Serpeverde biondo, Draco Malfoy, aveva stampata sul volto una smorfia compiaciuta, che contraeva i suoi lineamenti affilati dandogli una vaga aria disgustata. Teneva anche lui la bacchetta mollemente in mano e nello sguardo grigio brillava una scintilla di pericoloso divertimento. 
C'erano accanto a lui i soliti due armadi viventi con le loro espressioni stupide, ma lo sguardo di Emma si fermò soprattutto su un ragazzo alto e bruno, con occhi chiari e obliqui, che risaltavano sulla pelle olivastra. Lo aveva visto qualche volta a cena, ma non lo conosceva, né sapeva il suo nome, ma aveva notato che si teneva spesso in disparte, le braccia incrociate sull'ampio petto, fissando la scena tra l'annoiato e l'esasperato, come se il suo unico pensiero fosse lo steso espresso da James poco prima:  “Merlino, non di nuovo.”
“Allora Potter?” chiese aspro Malfoy, inarcando un sopracciglio chiaro e aveva una voce bassa e pericolosamente calma, come se non avesse mai dovuto urlare in vita sua per assicurarsi di essere ascoltato. Harry in risposta assunse una colorazione vermiglia, come se invece avesse inghiottito qualcosa di estremamente sgradevole e si gettò in avanti, facendo scattare la bacchetta verso l'alto in un movimento fluido e veloce.
 “Fornunculus” gridò.
 “Densaugeo” ribatté il Serpeverde nello stesso istante.

Ci fu uno scoppio di luci che impedirono ad Emma e tutti gli spettatori di capire cosa fosse successo precisamente, ma, quando tornarono a poter vedere la scena, uno dei due ragazzi-armadio  Serpeverde era interamente coperto di pustole e gemeva terribilmente ed Hermione Granger cercava di nascondere, inutilmente, due enormi denti che le stavano crescendo a dismisura. 
 Emma, scioccata, guardò per un momento perplessa Ron che accorreva insieme ad Harry per assicurarsi che Hermione stesse bene e poi si girò di scatto verso la fazione verde argento.
Malfoy sfoggiava un ghigno misurato, l'aria supponente che lo rendeva davvero insopportabile, eppure, nonostante avesse appena assistito a una scena deplorevole, l'emoor non riusciva a evitare di osservarne il volto pallido. Il ragazzo non era particolarmente affascinante, né bello, i suoi lineamenti erano troppo affilati e gli occhi spenti, ma c'era qualcosa nella sua fisionomia, nel modo in cui piegava la testa, o si guardava intorno, quando non aveva nessuno da insultare, che la incuriosiva terribilmente.
 Un peso in fondo allo stomaco, simile a quello che aveva sentito quando Steph l'aveva baciata, si fece strada in lei, confondendola e fu con sollievo che accolse l'improvviso arrivo di Piton.
Il professore diede una pigra occhiata alla situazione ed Emma si avvicinò con James alla scena, giusto in tempo per sentire la voce strascicata dell'uomo che chiedeva cosa fosse successo. 
 Entrambe le parti, ovviamente, cominciarono a raccontare con fervore il proprio punto di vista, quasi accavallandosi l'un l'altro. 
 “Potter ha iniziato” disse il biondo Serpeverde, con disgusto.
 “Ma Malfoy ha fatto crescere i denti di Hermione!” ribatté prontamente Harry con tono furente e Piton esalò un mezzo sospiro esasperato, occhieggiando prima il ragazzo armadio che gemeva a terra e poi Hermione in lacrime. 
 “Non noto una grande differenza nei denti della signorina Granger” ribatte con voce bassa, inarcando un sopracciglio e l'emoor, ormai accanto a lui, la mano ancora stretta in quella di James, spalancò la bocca per lo stupore, guardando i denti mostruosamente cresciuti di Hermione, che avevano ormai superato il mento e poi, sdegnata, di nuovo il tutore. 
 Una bruciante delusione le sciolse il gelo nel petto e subito si infiammò di indignazione, pressando le labbra per non intervenire e fissando con rabbia il profilo adunco di Severus. Emma non conosceva Draco Malfoy e nonostante l'attrazione che provava per lui, era in grado di eliminarlo dai suoi pensieri in uno schiocco. 
 I comportamenti così freddi e sgarbati del ragazzo potevano anche infastidirla, ma sicuramente non la ferivano, perché Draco Malfoy non era certo un suo problema, né le doveva nulla, ma quella sottile e agghiacciante perfidia che Piton usava con gli studenti, in particolare con i Grifondoro e in quel caso, che aveva usato contro un'innocente Hermione, la colpiva al cuore.
 Potter e Weasley reagirono peggio e più veloce di lei, coprendo l'uomo di numerosi terribili epiteti, ma per loro fortuna lo fecero insieme e il professore non poté distinguerli nella loro interezza.  
L'emoor, indecisa tra il picchiare i due grifoni per gli aggettivi che aveva affibbiato al tutore e ferita dagli atteggiamenti di quest'ultimo, rimase assolutamente immobile, così che quando Piton si voltò, per esortare gli alunni ad entrare in classe, trovò la sua protetta nel centro della scena e capì che doveva aver assistito a tutto.
Emma intercettò lo sguardo pieno di dolore dell'uomo, sentì la sua rabbia placarsi in un sbuffo e vide ogni cosa con maggiore lucidità. 
 Severus aveva odiato i Grifondoro e Potter da sempre, per qualche motivo che ancora le sfuggiva e lei, che era entrata nella sua vita in un modo piuttosto bizzarro da solo pochi mesi, nonostante sentisse ancora l'amaro per le parole crudeli che lui aveva rivolto ad Hermione, non poteva forse pretendere da lui più di tanto. 
Severus era fatto così, ma l'emoor sapeva che non avrebbe voluto che lei, Emma O'Shea, assistesse a quella scena e non era per codardia, né per nasconderle quella parte di sé, ma perché Piton non voleva ferirla ed era invece consapevole che, con quelle frasi taglienti e cattive che usava contro chi non lo meritava, lo avrebbe fatto. Ma essere sgradevole con i Grifondoro era una cosa che Severus non riusciva, o forse non poteva,  evitare ed Emma se ne rese conto in quel momento: quegli atteggiamenti che lei non sopportava facevano in realtà parte di quella maschera che l'uomo si assicurava di indossare  costantemente, senza eccezioni.
Severus Piton voleva essere considerato un uomo freddo e sgradevole, voleva tenere gli altri a distanza, voleva nascondersi da chiunque potesse comprenderlo, o mostrargli empatia e il modo più semplice ed efficace perché nessuno si avvicinasse a lui, alle sue ferite e alle sue fragilità era sicuramente farsi odiare.
 Lei, la piccola Corvonero, l'emoor, sapeva solo che si fidava del tutore, nonostante tutto questo e che quel dolore che vide in quegli occhi scuri, bastava per sanare le scottature prese in precedenza.

Così, mentre la classe si avviava in silenzio lungo il corridoio che portava ai sotterranei, Emma sfiorò un braccio a Severus e nel tenue buio gli sorrise appena, per fargli capire che non ci sarebbe stato bisogno di scuse, almeno non quella volta.


L'aula li accolse nella sua consueta fresca penombra e i presenti, compresi Emma e James, scivolarono in automatico ai loro posti.  Severus, con un gesto brusco, fece però loro cenno perché uscissero da dietro i banchi e si mettessero in gruppo di fronte a lui. Emma individuò Sarah Morris e con un sorriso si avvicinò a lei, prima che il professore iniziasse a parlare con il suo solito tono spento.
“Essendo questo un corso avanzato si presuppone che voi siate tra coloro che dovrebbero aver superato lo stadio in cui i calderoni saltano per aria.” sibilò scettico “Se qualcuno di voi non dimostrerà di possedere le doti sufficienti per studiare la fine arte delle Pozioni in questo corso, non tarderò a farlo uscire da questa classe. Mi aspetto impegno e attenzione, ma soprattutto risultati” 
 Si fermò, lanciando uno sguardo freddo ai presenti e tutti annuirono di rimando. Emma spostò il peso da un piede all'altro. 
“È inoltre mio dovere informarvi” riprese l'uomo “non senza rammarico, che devo dividervi in coppie miste. Il preside è stato molto deciso a riguardo e non mi lascia scelta”
 Aveva pronunciato la frase con un certo disgusto, lanciando un'occhiata eloquente ai Serpeverde che ridacchiarono tra loro, ma Emma vide qualcosa tremolare nel suo sguardo e capì al volo che, nonostante quell'ostentata sicurezza, Piton era ancora scosso
“Ora nominerò le coppie e vi siederete ai vostri posti. Vicini.” riprese lui, raggiungendo la cattedra “Non sottovalutate la difficoltà di preparare una pozione in due è molto diverso che distillare in solitaria, dovrete collaborare”
“Professore è davvero necessario?” chiese una ragazza di Tassorosso e Piton la fulminò con uno sguardo gelido. 
 “Sì. Lo è. Alcuni tipi di Pozioni complessi prevedono l'applicazione di due persone coordinate. Dovrete imparare a conoscere a vicenda le vostre debolezze e i vostri punti di forza. Studiare il ritmo del collega, respirare insieme. C'è qualcosa di molto intimo in questo. Maggiore è l'affinità, ovviamente, migliore sarà il prodotto finale.”
 Emma sentì Sarah agitarsi sul posto e parecchi dei presenti si accigliarono leggermente a quelle parole, su tutti Draco Malfoy, ancora pallido per l'accaduto e piuttosto nervoso, ma lei pensò alle numerose pozioni che aveva preparato insieme al tutore quando stava a Spinner's End e si fece sfuggire un sorriso.
 “Sarah Morris con Blaise Zabini.” strascicò Piton e Sarah sobbalzò prima di avviarsi decisa, pur con il volto terribilmente arrossato, verso il ragazzo bruno, con gli occhi chiari, che Emma aveva notato accanto al biondo Serpeverde poco prima.
 “Artemius Hope, Holly Clarke”
L'emoor si voltò stupita. Aveva visto che né David, né Emily erano stati selezionati per il corso, ma non si era accorta del nome del quarto di loro. Il ragazzo, lo sguardo come sempre vacuo e distratto, si avvicinò con passo flemmatico a una ragazza di Tassorosso piuttosto graziosa, senza dar cenno di aver visto Emma.
 “Ernie McMillan, Micheal Corner”
 L'emoor cominciò ad agitarsi silenziosamente, mentre Severus nominava un'altra coppia e poi un'altra ancora. Erano sempre meno persone e Draco Malfoy svettava ancora tra i rimanenti, impassibile.       Sembrava poco interessato a scoprire chi sarebbe stato il suo futuro compagno di lavoro, aveva la mandibola tesa di disappunto e lo sguardo furente, quindi probabilmente stava ancora pensando alla litigata con Potter. 
Emma si sentiva stranamente agitata e desiderava allo stesso tempo di essere messa e non messa in coppia con lui.
 “Emma O'Shea, Draco Malfoy”
 Un classico, come nei libri, forse doveva aspettarselo.
 La salivazione divenne tutto d'un tratto assente e le gambe si fecero pesanti, ma l'emoor riuscì a raggiungere il suo solito banco, senza voltarsi per controllare che Malfoy la seguisse. 
 Rimase ridicolmente frastornata mentre Piton pronunciava le restanti coppie e affondò la testa nella sua borsa, cominciando a tirare fuori lentamente il materiale per la lezione. 
Solo quando il professore disse che “James McGregor” avrebbe fatto coppia con “Theodore Nott”, Emma alzò la testa e si riscosse in tempo per sorridere all'amico.
 A quel punto, tutti gli ingredienti e gli oggetti necessari erano a portata di mano sul banco e dovette voltarsi verso il suo compagno, non trovando null'altro da fare con cui tardare il momento. 
 Il Serpeverde, elegante persino nell'ingombrante divisa scolastica, sembrava assorto nei suoi pensieri, le mani affusolate che sistemavano i suoi strumenti e ingredienti con particolare cura.
 “Ciao” disse l'emoor ad alta voce.
 Tutt'intorno c'era una gran confusione di gente che frugava nelle borse e nessuno avrebbe potuto sentirli. Draco Malfoy si girò lentamente, posando appena gli occhi su di lei, come se fosse distratto. Era la prima volta che la guardava davvero, da quando Emma l'aveva per errore incrociato in quella stessa aula, quando non era ancora studente a Hogwarts e ora che si trovavano così vicini l'emoor poté constatare che gli occhi del ragazzo erano davvero grigi, ma contenevano anche pagliuzze più azzurre. 
 La ragazza lo osservò indugiare per un attimo come se fosse sul punto di rispondere al saluto e sorrise incoraggiante.
Il Serpeverde però sbatté una volta le ciglia e si voltò senza dire una parola, lasciandola basita. Come poteva credere di preparare una pozione insieme se non voleva nemmeno parlarle?
 
Dall'altra parte dell'aula Piton fece il solito gesto pigro e circolare con la bacchetta e la lavagna si riempì di indicazioni, poi si sedette, lanciando un'ultima occhiata agli studenti.
“Mi aspetto dei risultati almeno decenti. Iniziate sibilò e ogni parola trasudava profondo scetticismo.
 Emma inspirò lentamente aria dal naso, cercando controllo e si voltò verso Malfoy, in attesa. Si aspettava che, anche se privo di educazione, il ragazzo si decidesse a parlarle almeno per organizzare il loro lavoro di coppia, ma non fu così. 
 Il biondo diede una veloce occhiata ai passaggi sulla lavagna e con fare sicuro prese il primo ingrediente, cominciando a tagliuzzarlo. Emma, incredula, lo fissò per un momento indispettita, ma poi come un lampo prese il secondo ingrediente sulla lista, lanciando lui un'occhiata feroce di sfida e prese a tagliarlo in listarelle sottili. 
 Il ragazzo non si scompose e continuarono così per tutta l'ora. Facevano un passaggio per uno senza proferire parola, le loro mani si intrecciavano sul tavolo da lavoro e intorno al calderone senza mai sfiorarsi e la pozione avanzava passo a passo, senza che dovessero discutere, o confrontarsi.
Quando Piton si avvicinò al loro calderone e lanciò un sguardo alla mistura, disse un “Eccellente” fra i denti, talmente a bassa voce che nessuno, oltre ai due ragazzi, avrebbe potuto sentirlo. 
 Eppure né il Serpeverde, né la Corvonero gongolarono per il complimento extra del professore, o persero la concentrazione, anzi, entrambi chini sul loro lavoro, continuarono cocciutamente a seguire le istruzioni mantenendo il loro perfetto equilibrio, senza proferir parola.
Finirono di lavorare prima tutti i presenti e il risultato brillava in tutta la sua perfetta trasparenza, dimostrando di essere di gran lunga il lavoro migliore della classe, anche meglio di quello fatto da Nott e James, entrambi piuttosto avanzati come pozionisti.
Sia Emma che Malfoy sospirarono, asciugandosi il sudore dalla fronte, ma nemmeno allora si scambiarono sguardi, anzi, testardi e orgogliosi, si chinarono sulle loro borse e cominciarono a sistemare.
Severus Piton, che li osservava dall'inizio della lezione, stiracchiò le labbra in un mezzo ghigno, coprendolo con il dorso della mano. Mai come allora Emma gli era sembrata perfetta come Serpeverde
 Il professore raccolse le fiale etichettate con cura dagli studenti e l'emoor, una volta consegnata la sua, raggiunse James e Sarah, cercando di abbandonare la stanza il più velocemente possibile, senza guardare nemmeno di striscio il suo compagno di lavoro.

“Come hai trovato Zabini?” chiese subito a Sarah, cercando di distrarsi, dato che si sentiva la testa ribollire.
 “Non è affatto male, Ems, davvero. È stato molto gentile. Anche se   un po' rigido. Non credo che i Serpeverde siano abituati a parlare con ragazzi di altre Case.”
 Era il discorso più lungo che l'emoor avesse mai sentito fare alla ragazza e notò che era arrossita furiosamente, nonostante la sua voce tranquilla e per toglierla dall'evidente imbarazzo si rivolse velocemente a James.
 “E tu Jam? Com'è Nott? Sembravate lavorare bene”
“Silenzioso direi” ribatté l'altro “ma non è affatto male. È molto bravo in pozioni, ho fatto davvero molta fatica a stargli dietro.”
L'emoor inarcò un sopracciglio stupita, perché James era molto abile, da quel che aveva visto, in Pozioni e sospirò nervosamente, aumentando il passo senza quasi volerlo. Maledette serpi. 
L'atteggiamento di Malfoy le aveva provocato un attacco di nervoso, ma allo stesso tempo doveva ammettere che anche lui era piuttosto bravo in Pozioni e soprattutto era rimasta stupita dalla loro sincronia. Al solo pensiero del modo in cui le loro mani si erano intrecciate senza mai sfiorarsi intorno al calderone si sentì arrossire.  
Era come se avessero ballato insieme per due ore. In equilibrio
Emma si accorse che James la guardava con curiosità. 
 “E tu con Malfoy?” domandò il ragazzo e lei trasalì.
 “È bravo” ammise sincera “abbiamo lavorato abbastanza bene”
 “Non mi sembrava molto loquace” fece notare lui.
 “No, non è molto loquace. Non abbiamo affatto parlato, in effetti.”
 Dal tono sbrigativo, James dovette capire che non era il caso di approfondire la questione, perché si zittì. Voltarono l'angolo verso la Torre di Corvonero senza dire nulla ed Emma era ancora in preda al suo nervoso, quando notò la fiamma rossa dei capelli di Ginny Weasley che camminava da sola poco più avanti.
Con Ginny poteva parlare. Poteva sfogarsi.
 “Devo andare un attimo da lei” disse frettolosamente ai due compagni di Casa “ci vediamo dopo, ok?” 
 “Lilith ti verrà a cercare” le ricordò subito James “Deve portarti i tuoi appunti e devi aiutarla con Incantesimi, l'hai promesso.”
 “Certo, sì”!" gli rispose Emma “Mi trova al campo da Quidditch.”
  James annuì in risposta e la ragazza si mise a correre, raggiungendo  Ginny in poche falcate, afferrandola per le spalle.
 “Emma!” esclamò la Grifondoro, facendosi sfuggire un gridolino. 
 “Scusa” disse sbrigativa l'altra, pilotandola attraverso i corridoi affollati “oggi sono io che ho bisogno di parlare.”
Ginny annuì subito e non oppose resistenza e insieme, le mani  intrecciate, scesero verso la parte bassa del castello, senza dire una parola, fino a quando non uscirono nel freddo parco.
Non c'erano molti studenti in giro e camminarono svelte fino al campo da Quidditch, come sempre deserto, con i suoi colori brillanti sulle tribune in legno e gli anelli che tendevano al cielo.
 “Ora mi puoi dire che ti prende?” chiese finalmente la Grifondoro esasperata dal silenzio dell'amica, il fiato corto.
 “Draco Malfoy!” sbottò Emma all'improvviso, paonazza in volto per il nervoso trattenuto e Ginny inarcò un sopracciglio.
 “Draco Malfoy? Mi sono persa qualcosa, Emma?”
“Sì! Cioè no!” annaspò l'emoor, battendo i denti. Si gelava lì fuori  “Non ti sei persa nulla. Ma quel ragazzo è l'essere più...”
 “Viscido?” concluse per lei la rossa.
 “Sì e...”
 “Meschino?”
 “Esatto e anche...”
 “Subdolo e schifosamente ricco?”
 “Già.” esalò la Corvonero, rendendosi conto che la conversazione non stava andando come aveva immaginato, ma che si sentiva comunque più leggera. Ginny rise di cuore, divertita.
 “Queste cose le so già Emma. Dimmi qualcosa di nuovo.”
 “Sono in coppia con lui al corso di Pozioni.” mormorò.
 “Fantastico, ora avrai la tua possibilità di conoscerlo.”
 “Conoscerlo? Stai scherzando Gin. È un pezzo di ghiaccio. Non mi ha parlato per tutta la lezione, non ha risposto nemmeno al mio saluto. È stato freddo e maleducato e SUPPONENTE”
 “E...” la esortò la rossa
 “E nonostante ciò siamo riusciti a fare una pozione perfetta.”
Ginny sorrise sorniona “La cosa non mi sembra negativa.”
 “Lo odio.”
“È un sentimento forte l'odio”
 “La smetti?” rise Emma “dovresti consolarmi non dire ovvietà.”
“Sei tu che dici ovvietà, Ems” rispose la Grifondoro, alzando le spalle “pensavi che Draco Malfoy sarebbe stato un amorevole compagno di studio? Sbagliavi. Te l'ho detto mille volte che è una pessima persona. È sgradevole.”
 “Sai benissimo che non mi aspettavo nulla” si difese l'emoor nervosamente “L'ho solo salutato, non ha risposto, è stato scortese e sgarbato. Arrogante. Mi ha trattato come una stupida.”
 “A me non sembra” sorrise la rossa “so che ancora una volta mi sto comportando da pessima amica e dovrei dirti di lasciar perdere quel Purosangue borioso, ma devo farti notare che non ti ha trattato male. Malfoy ama insultare, sminuire e umiliare, invece ha lavorato con te per due ore in perfetta sincronia, dato che la pozione è uscita in modo eccellente, senza minimamente cercare di deriderti. Forse ha solo deciso di non rivolgerti la parola.”
 Emma roteò gli occhi. “Oh d'accordo, allora è solo quello, non vuole rivolgermi la parola! Che stupida a non averci pensato. Ti ho mai detto che sei estremamente incoraggiante?" chiese ironica.
 Ginny rise, sinceramente divertita, scuotendo la testa. La chioma rossa dondolò lungo la sua schiena e gli occhi nocciola brillarono.
 “Infinite volte, ma credimi, non lo sto difendendo. Anzi, se avrai bisogno di tirare lui un pugno: mi candido. Anche se dovresti parlarne con Hermione, lei gliel'ha tirato davvero l'anno scorso”
 L'emoor non faceva affatto fatica a immaginare la scena.
 “Ora che farai?” chiese Ginny
 “In che senso che farò? Non ho nulla da fare.”
“Continuerai a salutarlo?”
 “Ah” ribatté Emma e ci pensò su. Non salutarlo avrebbe significato giocare la sua stessa moneta, una moneta antipatica, ma lei non sconosceva Draco Malfoy e poteva anche voler dire dargliela vinta, forse voleva proprio che lei lo ignorasse.
“Non vedo perché non dovrei salutarlo” rispose spiccia “È lui quello maleducato e borioso, non certo io.”
“Vero” concesse Ginny, annuendo assorta.
  Si zittirono nello stesso momento, distratte dalla vista del campo da Quidditch deserto. Gli spalti vuoti e silenziosi, le bandiere delle quattro Case che si muovevano nel vento, i sei imponenti anelli che troneggiavano ai due estremi del campo. Sarebbe stato bello rimanere lì più a lungo, magari anche provare per la prima volta a volare. Emma non lo aveva mai fatto e ne era in parte terrorizzata, ma sapeva che Ginny era bravissima. 
 Il gelo pungente però strideva nelle ossa, spingendole a tornare verso il castello. Si mossero insieme, passeggiando senza fretta.
 “Harry invece?” domandò l'emoor.
“Nessuna novità” si affrettò a dire Ginny “anzi ora che è saltata fuori questa storia del quarto campione, se lo conosco, si chiuderà ancora più a riccio, sentendosi solo e incompreso, come sempre. Ha litigato con quell'idiota di mio fratello e le spille non aiutano.”
 Emma unì i puntini, ricordando sia le spille che giravano per i corridoi quella mattina,  sia il curioso distacco di Ron durante la litigata tra Harry e Draco.
 “Le ho viste le spille” mormorò “Se le scambiavano nei corridoi. Perché innervosiscono Harry? Che cosa dicono?”
“Sostengono Diggory e insultano Harry semplicemente” disse la Weasley, scrollando le spalle “In modo piuttosto accurato. Harry non dovrebbe prendersela tanto, la gente sarà sempre cattiva.”
 “Ma sono davvero di cattivo gusto.” tentò Emma, spezzando una lancia a favore del Grifondoro “Non capisco perché tutti si accaniscano, non mi sembra che ci sia dell'astio tra Harry e Cedric”
 “Le ha fatte Malfoy sai?” disse Ginny con un ghigno beffardo ed Emma si sentì arrossire e ammutolì e la rossa ridacchiò tra sé.
“È davvero molto esilarante questo fatto che la mia migliora amica, Emma O'Shea, la persona più in equilibrio che Hogwarts abbia mai visto, si sia innamorata del peggior ragazzo di tutti i tempi, Draco Malfoy” rise divertita, facendole un sorriso.
 Emma scosse la testa e aprì bocca per ribadire per l'ennesima volta che non era affatto innamorata, ma una voce alle sue spalle le gelò il sangue nelle vene “Che cosa?! Emma e Draco Malfoy?”
 Trasalirono entrambe alla vista di Lilith Bitterblue, con gli appunti dell'emoor stretti in mano, lo sguardo scuro tra l'eccitato e lo stupito.     Ginny ed Emma annasparono nel tentativo di sfuggire alla situazione, ma la bionda Corvonero chiuse la bocca, spalancata inizialmente dallo stupore e sorrise furba alle due ragazze.


*Angolo Autrice*

Eccoci. Capitolo che anche dal titolo sembra dedicato a Malfoy ( anche se il biondino non è l'unica serpe nella vita dell'emoor), in realtà ci sono molti punti importanti. 

Punti e spunti di getto:
. Harry. Qualcosa nel ragazzo incuriosisce l'emoor e la turba, rovinandole anche il sonno. 
. Malocchio. Incontro particolare e cruciale allo stesso tempo. 
. La zuffa fuori dall'aula di pozioni è avvenuta davvero e ho voluto mantenerla, guardandola da un punto di vista neutro. Ron è a distanza perché in quel momento ha litigato con Harry. 
. Zabini. So che lo Zabini dei libri è moro e con la pelle scura, ma io l'ho sempre visualizzato con chiari occhi azzurri, quasi trasparenti e le più belle fan fiction che trattano il personaggio lo descrivono proprio così. Inoltre Blaise cresce in inghilterra, ma ha nome francese e cognome italiano, lo immagino come un miscuglio che ha dato vita ha un ragazzo bello, alto, con capelli mori e lisci, occhi chiarissimi e obliqui (aggettivo attribuitogli dal libro che trovo bellissimo) e pelle olivastra. 
. Ho usato anche la zuffa per far maturare ancora una volta il rapporto tra Emma e Severus, se fossero finiti a litigare ogni volta che Severus è sgradevole con qualcuno non ne saremmo più usciti. Emma per la prima volta capisce che Severus vuole essere visto come un uovo sgradevole anche se non ne intuisce il motivo, ma rispetta questa maschera attentamente costruita, perché sa che lui non è davvero così. 
. Malfoy. Dopo sguardi, occhiate silenziose e pensieri sul biondo finalmente sono uno di fronte all'altra. Adoro il fatto che non si parlino. Adoro la battaglia a suon di pozioni un campo in cui sono entrambi bravi e in cui Emma non vuole sfigurare. Non diventeranno subito amici evidentemente, ma l'interesse e l'attrazione magnetica tra i due personaggi mi piace molto. 
. Ginny. Ho voluto inserire questo dialogo perché penso che l'amicizia tra Emma e Ginny sia importante, in realtà penso che Ginny sia importante. Nel quarto libro appare pochisismo ed Harry non pensa mai a lei, lei invece pensa a lui e lo sostiene silenziosamente, comprendendendolo più di quanto Potter creda.

Prossimo capitolo: PRIMA PROVA.
Si comincia a buttare carne vera sul fuoco! 
A lunedì. 

vi

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** Prima prova ***


.Prima prova.


Le spille oramai erano ovunque, esaltate dai bagliori verdastri che emanavano e che erano anche firma di coloro che le avevano create: Serpeverde. Emma aveva visto però persone di tutte le Case distribuirle e appuntarsele al petto e detestava quelle frasi così denigratorie e infantili che avevano impresse sopra e che spuntavano ormai a intermittenza da ogni angolo e corridoio della scuola, ovviamente insieme al nome di Potter e Diggory, come se qualcuno ancora non sapesse chi fossero i campioni di Hogwarts. 
 Era stato un sollievo per lei constatare che nessuno, dei  compagni di Casa del suo anno, avesse deciso di indossarle, a eccezione di Richard, convinto che Potter avesse infranto le regole e che quindi non meritasse di essere scelto come Campione e ancora meglio era stata scoprire che nemmeno gli altri emoor avevano preso parte a quelle prese in giro collettive, dichiarandosi neutrali.
 Emma passò i libri da un braccio all'altro mentre si allontanava veloce dalla biblioteca. Si era messa a studiare un passaggio complicato di Trasfigurazione insieme a Hermione, che aveva deciso fortunatamente di aiutarla, ma aveva perso la cognizione del tempo e sapeva di essere in spaventoso ritardo. 
 Camminò velocemente tra i corridoi a testa china, incontrando pochi studenti e rallentò solo quando passò accanto a Cedric Diggory, che vedendola le sorrise. 
Non che lei e il Tassorosso fossero propriamente amici, ma Cedric era una persona sensibile e gentile, che aveva capito quanto all'emoor non piacesse attirare l'attenzione e che si comportava sempre in maniera cortese con lei, scambiando qualche parola quando si incrociavano nei corridoi.
 “Ciao Ced” lo salutò la Corvonero, rispondendo  istintivamente al sorriso che il ragazzo aveva già accennato nella sua direzione.
 “Emma” ribatté lui “Tutto bene?”
 L'emoor annuì in risposta, ma il gruppo di ragazzi alle spalle del Tassorosso scoppiò a ridere sguaiatamente e la ragazza si bloccò, stupita, distinguendo chiaramente le parole 'Potter' e 'Troll' e si rese conto di non sopportare più nemmeno quelle risatine piene di scherno ai danni del ragazzo, i cui fautori erano, come in quel caso, non solo Serpeverde, ma studenti con la spilla appuntata al petto.
 “Ragazzi basta” li ammonì Cedric, vagamente accigliato e nervoso, prima di guardare di nuovo verso Emma “Scusali, sono degli idioti, è che sono ancora su di giri perché mi hanno scelto. Ho detto loro che quelle spille sono davvero orrende”
 L'emoor sorrise lui con più dolcezza “Non è colpa tua, Ced” sussurrò, perché l'espressione del ragazzo era davvero pregna di senso di colpa e quello era un altro motivo per cui quella competizione era davvero ridicola: né Diggory, né Potter, avevano infatti mostrato il benché minimo rancore verso l'altro, ma semplicemente 
'il resto della scuola', al posto che supportare entrambi i propri campioni, aveva deciso di etichettare uno come eroe e l'altro come zimbello, in modo che la maggioranza degli studenti, senza nemmeno pensare che forse Potter non aveva fatto nulla di male, seguiva la massa urlante, appuntandosi le spille.
 “Sei pronto per la prova?” chiese lei. 
Il ragazzo annuì.  
“Allora buona fortuna” sorrise la ragazzina, prima di lasciarsi alle spalle i Tassorosso, con un ultimo cenno di saluto a Cedric, che sembrava esasperato quanto lei per la situazione.
 Emma si rimise a correre. Ora era 
davvero in ritardo. Svoltò in un altro corridoio dove un paio di Serpeverde più grandi la guardarono malevoli e sbuffò esasperata, aumentando il passo.
 Il Torneo Tre Maghi non aveva variato la sua condizione di emoor reietta, dato che tutti continuavano a fissarla con morbosa curiosità ovunque andasse, ma aveva assottigliato la sua pazienza e la esasperava ulteriormente sapere che Diggory e Potter fossero anche loro vittime di quell'ossessione collettiva, sebbene per diversi motivi.
  Soprattutto perché, se anche Diggory era in parte deliziato di tutte quelle attenzioni, pur mantenendo il suo modo di fare educato e gentile, Potter le rifuggiva con tutte le sue forza, sempre più spesso in giro a testa basta, accompagnato solo da Hermione Granger.
  Emma arrancò per l'ennesimo corridoio, Lilith l'avrebbe uccisa se non fosse arrivata in Sala Comune entro due minuti e l'emoor non aveva alcuna intenzione di far arrabbiare la biondina, che già aveva dato in escandescenza quando aveva scoperto di essere stata tenuta all'oscuro della situazione 'Malfoy'.

*

Credevo di esserti amica”
 “Sei mia amica, Lilith”
 “Certo, ma non hai ritenuto necessario dirmi una cosa tanto piccola come il fatto che ti sei innamorata di Draco Malfoy"
 Emma fece un gesto stizzito, facendole bruscamente cenno di abbassare la voce.
 “Questo perché non sono innamorata di nessuno, tantomeno di Malfoy”
 “Ma la rossa ha detto così”
 “Ginny esagera sempre” ribatté brusca l'emoor, cercando di chiudere velocemente il discorso “Sono solo interessata a Draco Malfoy, non innamorata”
“Come faccio a esserne sicura?” indagò l'altra.
 “Non so se te ne sei accorta, ma ha tutta una serie di aggettivi poco carini che gli stanno benissimo e che non potrebbero mai farmi innamorare di lui”
 “Da quanto?” chiese fredda Lilith
 “Da quanto cosa?”
 “Da quanto l'hai notato?”
 “Non ti facevo così curiosa Lilith...”
 “Non mi hai mai parlato di ragazzi e come scoprirai sono protettiva con le mie amiche, se ti fa del male lo strozzo”
 “D'accordo. Beh non ce n'è bisogno perché non c'è null'altro da sapere.”
 “Non hai ancora risposto alla mia domanda. Da quanto?”
 “Non lo so. Da sempre” rispose in fretta l'emoor, non volendo certo perdersi nel racconto della prima volta che aveva visto Malfoy.
 Lilith stese un ghigno pieno di furbizia “Sei fottuta lo sai?”

*

L'emoor salì quasi senza fiato altre due rampe di scale, ormai si muoveva piuttosto tranquillamente per il castello, senza perdersi come faceva i primi giorni. In realtà la sua vita ad Hogwarts andava a gonfie vele, tolte le piccole faide dovute al Torneo e la sua condizione di emoor: le lezioni procedevano spedite e lei progrediva sempre di più e con il passare del tempo aveva anche constatato, non senza soddisfazione, di essere riuscita a stringere amicizia abbastanza facilmente, almeno con quelle persone che non la osservavano come un fenomeno da baraccone. 
Girò a sinistra e si lanciò di nuovo su per una larga scalinata, il fiato corto. Un quadro borbottò a riguardo di studenti che corrono a destra e manca, facendo un gran fracasso ed Emma si scusò a mezza voce e imboccò velocemente una seconda scala, ma questa, mentre era solo alla metà della salita, si mosse cambiando direzione e il quadro commentò acido un 'Ben ti sta'. 
L'emoor sbuffò, arresa al fatto che sarebbe arrivata in ritardo e si distrasse a guardarsi intorno. Amava Hogwarts.
Quelle mura erano diventate così velocemente la sua nuova casa che non si era quasi accorta di quanto scorresse veloce il tempo ed era rimasta stupita quella mattina, mentre tutti parlavano come sempre del torneo, di rendersi conto che l'indomani sarebbe stato il 24 novembre, giorno della prima prova. Era ora  pensò Emma che sperava che una volta iniziato il Torneo, i compagni avrebbero smesso di parlarne  ossessivamente.

*

Non avete davvero null'altro di cui discutere?” chiese stizzita Carmen.
 “Quest'anno non abbiamo il Quidditch, di qualcosa noi uomini dovremo pur parlare...” rispose Sean con un sorriso ampio.
 “E comunque, Carmen sei la sola che non è interessata” intervenne Dan “persino Emma che se ne è sempre fregata del Torneo ora freme dalla curiosità.”
 “Esagerato” ribatté l'emoor, alzando appena gli occhi dal libro di Trasfigurazione per sorridere all'amico.
 “Non puoi dire di no!” disse Luke, dando man forte al fratello “Vi abbiamo sentiti parlare a proposito della prima prova nell'ora di Storia della Magia”
  “Ovvio era Ruf” ribatté Lilith roteando gli occhi “Stavamo cercando di non dormire, no? E comunque non devi credere a Carmen, Sean, anche lei è curiosa”
 “Sì, ma non ne sono ossessionata, Lils” si difese l'altra.
 “Dipende dai punti di vista” continuò la bionda con un sorriso furbo. 
 “Lilith ha ragione, magari ne sei talmente ossessionata che ci stai implorando di smettere di parlarne per non impazzire” fece eco Sean e la mora scosse energicamente la testa e sbuffò esasperata, alzandosi per andare a studiare in un posto più tranquillo, insieme a Sarah che la seguiva a ruota ed Emma ridacchiò, non riuscendo a darle torto.
 “Mi daresti una mano in Incantesimi, Ems?” chiese James, sedendosi al suo fianco con un sorriso.
“Te la darà dopo aver detto la sua sulla prova” intervenne Sean.
 “Cosa vuoi sapere, Bales?” chiese Emma sospirando, conscia che sarebbe stato impossibile continuare a studiare senza dare una risposta.
 “Secondo te di che si tratta?” continuò Sean.
 “Sei davvero insopportabile” disse Emma, sbuffando stancamente “La mia idea l'ho già detta mille volte. Probabilmente sarà una prova di abilità e fisicità, no? Dovranno affrontare qualche mostro direi. Sul manuale di Cura delle Creature Magiche non ne mancano di terribili”
 “Secondo me invece dovranno dimostrare di essere incredibilmente abili anche se privati di bacchetta!” affermò convinto Luke.
 “Ho sempre pensato che tu fossi il più stupido dei due, fratello” disse Dan esasperato “È un Torneo di abilità magiche, non possono levar loro le bacchette”
 Scoppiarono tutti a ridere e continuarono a fare ipotesi insieme.

*

La scala smise di muoversi, accorciandole in realtà la strada ed Emma accelerò il passo: doveva assolutamente arrivare prima di Lilith. Voltò in corsa a destra e subito dopo a sinistra, ma si ritrovò a rallentare per non andare a sbattere contro l'amica, che l'aspettava con le braccia incrociate sul petto.
 “Sei in ritardo” disse la bionda.
 “Lo so” mormorò Emma, sorridendo e alzando le mani in segno di resa “Mi sono fermata in biblioteca a studiare.”
L'altra inarcò dubbiosa un sopracciglio “Sicura che non eri troppo impegnata a fare gli occhi dolci a qualche bel bion...”
“Lilith” la fermò l'emoor severa, arrossendo sulle guance.
“Tranquilla” rise l'altra “non c'è nessuno qui, sono tutti dentro.”
 “A fare cosa?”
 “Gli striscioni, Emma. Per domani. A meno che non si siano già uccisi tra di loro, ovvio.”
“Perché dovrebbero farlo?” chiese allarmata l'emoor.
“Non si decidono sul nome che bisogna scrivere. Chi dice Diggory, chi Potter, chi entrambi, chi si rifiuta categoricamente, chi non vuole far altro che andare a dormire e chi inventa scuse assurde per far vincere la sua tesi. Una tizia del quinto anno ha detto che dovremmo scrivere Cedric perché Cho Chang è dei Corvonero, come se me ne importasse qualcosa di quella lì”
“Non si potrebbe semplicemente scrivere qualcosa come viva Hogwarts?” domandò Emma perplessa, aggrottando la fronte.
 “È esattamente per questo che ti stavo aspettando con ansia.”
 “Per cosa?”
“Per la tua capacità di mettere tutto in equilibrio.” disse in fretta Lilith con un sorriso, spingendola dentro la sala comune.

. . .

Fino a quando non crollarono per il sonno, tutti i ragazzi che si trovavano nella Sala Comune di Corvonero lavorarono sodo. 
 La proposta di Emma venne ben accetta dalla maggior parte e i cartelloni con le scritta 'Viva Hogwarts' e 'Forza campioni' svettavano con i loro colori di Casa.
Un ragazzo del sesto anno era persino riuscito ad animare alcuni dei corvi, tassi e grifoni che li adornavano, tra l'entusiasmo generale ed Emma evitò di far notare quanto fosse sbagliata l'assenza delle serpi, aiutando in silenzio come poteva, per poi finire addormentata sul divano della Sala Comune, esausta.
 Rannicchiata in cerca di calore, in quella posa così infantile, la ragazzina esprimeva una profonda tenerezza. 
 I capelli lunghi e arruffati sembravano ancor più ramati del solito alla luce tremolante del fuoco e aveva un broncio leggero. James, vedendola, andò a recuperare una coperta nel suo dormitorio. 
 “È incredibile pensare che lei e gli altri emoor siano destinati a battersi con Tu-Sai-Chi, no?” disse assorto.
Sean, accanto a lui inarcò un sopracciglio, osservando l'amica.
“Non per demoralizzarti Jam, ma Tu-sai-chi è scomparso dalla circolazione parecchi anni fa.”
 “Così dicono” annuì il moro “ma non è detto che sia morto... anzi c'è il rischio che si rifaccia vivo secondo la profezia.”
 “Jam, allegro stasera!” rise l'amico.
 “Ma è così, no? Insomma per quale motivo non dovremmo temere il suo ritorno? Nessuno ha mai detto che sia morto.”
“Ma nemmeno che sia vivo...” gli fece notare Sean, più ottimista.
“Ma c'è un'intera profezia sugli emoor di cui non conosciamo il contenuto, se non che saranno essenziali nella battaglia contro l'Oscuro. Quindi, per quanto mi rincresca, potrebbe farsi  vivo.”
 Sean non rispose e il silenzio invase la stanza. Non era rimasto più nessuno se non i due ragazzi, che sobbalzarono quando un grifone  ruggì all'improvviso da uno degli striscioni.
“Non so se ce la vedo Emma a combattere contro il mago oscuro più grande di tutti i tempi, tutto sommato. Non so in realtà se voglio assistere alla cosa” mormorò Sean contrariato.
 “Ems è molto forte” disse James, una ruga di preoccupazione sulla fronte “Ma non vorrei mai essere al suo posto. Voglio dire... è una predestinata. Io vivrei nel terrore, anche perché se non fosse Tu-sa-chi, ma un altro, sappiamo solo che prima o poi dovrà farlo, no?"
 Sean scrutò attentamente l'amico e poi la ragazzina addormentata. .
 James McGregor, insieme a Lilith Bitterblue era diventato istintivamente amico dell'emoor perché Emma e il suo carisma pacato erano entrati sotto la sua pelle con naturalezza, ma in quei giorni, specie dopo che Potter era stato eletto come quarto campione, chiaramente contro la sua volontà, il ragazzo si era reso conto di quanto fosse fumoso e pericoloso il futuro dell'amica e si era ritrovato ad essere preoccupato per lei. 
Non poteva in fondo salvare qualcuno dal proprio destino, dagli incubi notturni, né da ciò che era costretta ad affrontare e da cui non poteva fuggire in nessun modo e questo lo demoralizzava. 
 Emma era fuori dalle sue possibilità e lui poteva solo cercare di essere di supporto a lei, poteva spalleggiarla e provare ad essere l'amico migliore possibile, per farsi trovare pronto, nel caso in cui lei avesse dovuto affrontare il suo destino, ma nulla di più.
 “Non preoccuparti Jam...” mormorò Sean senza cercare di nascondere un grosso sbadiglio “Se dovesse accadere immagino se la caverà e ci saremo anche tutti noi. Tu poi la conosci meglio di me, sai di che pasta è fatta e magari Emma si ritroverà a battere il suo mago oscuro tra moltissimi anni, non possiamo saperlo.”
 “Già” mormorò James adombrato e Sean strinse lui una spalla con fare amichevole e gentile.
 “Non ci pensare. Andiamo a letto amico.”
 “Sì, d'accordo” ribatté l'altro e lanciando un'ultima occhiata all'amica, salirono le scale per raggiungere il loro dormitorio.

. . .

Emma era piacevolmente di buon umore quella mattina, nonostante avesse dormito per metà notte rannicchiata su un divano della Sala Comune, ma ora che si trovava davanti al vasto assortimento proposto per la colazione si rese conto di avere lo stomaco chiuso. 
 Intorno a lei i tavoli delle Case sembravano travolti dalla frenesia degli studenti, che correvano su e giù con i loro cartelloni, o si parlavano animosamente, ma lei si sentiva inquieta.
 Masticò controvoglia una fetta di pane, senza partecipare all'eccitazione collettiva e diede solo un blando ascolto al chiacchiericcio dei compagni, spostando invece lo sguardo su Ludo Bagman, che con i suoi grandi occhi azzurri da bambino, sedeva al tavolo degli insegnanti, insieme alla delegazione del Ministero. 
“Quello vicino alla McGranitt è Barty Crouch” le disse Lilith con enfasi “Anche lui stava a Serpeverde”
 “Ma Bagman è l'uomo del Torneo” spiegò James che sembrava conoscere molto bene le diverse cariche del Ministero della Magia “pare che farà il presentatore alle prove”
“Era lui anche alla coppa del mondo di Quidditch” aggiunse Sean.
“Esatto” ribatté James “Bagman è sempre coinvolto negli eventi sportivi, è il capo del Dipartimento del Ministero che li coordina ed è particolarmente amato dalle folle”
Emma annuì, poggiando definitivamente la sua fetta di pane sul piatto, senza più fame. Qualcosa non andava dentro di lei, era una sottile ansia crescente, si sentiva come se fosse consapevole di dover affrontare un qualcosa di terribile durante la giornata, ma, per quanto si sforzasse, non ricordava assolutamente cosa.
 “Tutto ok?” le chiese James accigliato e l'emoor annuì, stirando un sorriso, ma quella sensazione soffocante non l'abbandonò per tutta la durata della colazione e continuò persistente anche durante le lezioni della mattina e persino durante il pranzo.

. . .

Ginny Weasley, tremava come una foglia, vittima di un' agitazione incredibile, per lo più causata dall'ansia di non sapere cosa avrebbe dovuto affrontare Harry Potter nella sua prova ed Emma, accanto a lei, fece un leggero sbuffo esasperato. 
 “Ti devi calmare Gin” esalò “Ti strozzerai con il tuo stesso respiro”
“Non ci riesco!” si lamentò la rossa per la centesima volta, gli occhi nocciola sgranati “E se gli succedesse qualcosa, Ems?” 
“Non succederà nulla. Ci sono gli insegnati” rispose l'altra debolmente, nell'ennesimo inutile tentativo calmarla, ma la rossa rimase clamorosamente tesa e pallida.
 “Potrebbero succedere così tante cose invece! Cose pericolose...”
“Respira Gin” disse di nuovo l'emoor e la ragazza prese un profondo respiro, tremando da testa a piedi.
 “Hai ragione.” esalò infine con voce roca “Harry è al sicuro”
 “Concordo”
 “Devo solo calmarmi”
 “Sarebbe auspicabile”
 “Non succederà nulla.” sussurrò incerta la Grifondoro, alzandosi quando si accorse di Hermione che camminava nella sua direzione “Con chi vai all'arena, Ems? Vuoi venire con me e Mione? Dobbiamo andare vicino alla Foresta Proibita” aggiunse.
 Emma fece un cenno verso i compagni di Casa, poco distanti e Ginny, risucchiando più aria del necessario, si allontanò in fretta.
 “Ci vediamo dopo, Ems” esalò.
 “A dopo, Gin” mormorò l'emoor, facendo un cenno anche verso l'altra Grifona, che non sembrava meno agitata della Weasley.
 La Corvonero sospirò e si portò una mano al petto, premendo leggermente nella speranza vana di cancellare quella strana oppressione che continuava a sentire, ma una volta che gli altri la raggiunsero, nessuno parve notare il suo malessere e avanzarono tutti insieme verso l'arena, decisi ad aggiudicarsi i posti migliori. 
Emma cercò con tutta sé stessa di imitare la baldanzosa allegria degli amici e provò a scrollarsi di dosso quel suo stato d'agitazione ingiustificato, decisa a godersi anche lei quella tanto attesa giornata.
 “Hai un sacco di Plimpi intorno alla testa” le disse Luna con voce angelica, affiancandola.
 “Sembra quasi una minaccia, Lovegood” la rimbeccò Lilith.
 “Ma è vero” si difese la ragazza, senza essere offesa, con il candore di chi pensa di avere semplicemente ragione ed Emma le fece sorriso  bonario in risposta.
 “Grazie di avermi avvisato, Luna” mormorò Emma.
 “Non c'è di che” disse la Lovegood, superandole con passo deciso e leggero, gli occhi leggermente sgranati.

. . .

L'arena era enorme e quando fu piena di tutti gli studenti delle tre scuole, divenne uno spettacolo quasi suggestivo. C'erano grida e schiamazzi allegri ovunque e l'emoor si sentì partecipe di quell'euforia, tanto che per un momento l'angoscia che le serragliava lo stomaco si fece più tenue e riuscì a godersi lo spettacolo.
 “Meraviglioso, vero?” sussurrò Sarah con un sorriso stralunato dalla fila dietro di lei, mentre fissava il caos che la circondava.
 Tutto il gruppo di Corvonero era riuscito, stringendosi un po', ad aggiudicarsi una buona postazione. Emma, pigiata tra James e Dan aveva una splendida visuale di tutto il campo in cui si sarebbe svolta la prima prova e si accorse di Ginny che, in mezzo alle compagne Grifondoro qualche posto più in là, la guardava pallida e agitata. 
L'emoor le sorrise, cercando di tranquillizzarla a distanza, ma la rossa nemmeno quella volta si rilassò. Nemmeno un poco.
 L'attesa era snervante comunque per tutti e di nuovo quello strano tuffo al cuore si fece strada nel petto dell'emoor, che fece una smorfia sofferente, mentre l'oppressione che avvertiva aumentava e con un filo di panico, mentre inalava aria fredda in profondi respiri per cercare di controllarsi, si chiese se non fosse il caso di andare a farsi vedere da Madama Chips.
 “Si inizia” esclamò Luke, felice e la voce rombante di Ludo Bagman, amplificata con la magia, esplose inaspettata nell'arena.
 “Benvenuti al Torneo Tre Maghi. Sono Ludo Bagman, il vostro presentatore. Oggi vedremo i nostri Campioni mentre affronteranno le creature tra le più aggressive, orgogliose e temibili del nostro mondo: I Draghi. Quattro Draghi di specie diverse, ognuno con le sue meravigliose e temibili caratteristiche!”
Emma, per qualche motivo, si sentì ancora peggio e impallidì.
“Un primo Drago signore e signori!” gridò Bagman e la folla ammutolì, mentre lei tratteneva il respiro.

 Era davvero la creatura più imponente e spaventevole che avesse mai visto in tutta la sua vita. Tutto nella bestia esprimeva vigore, era incredibilmente grossa, con sfumature azzurre e meravigliose squame. Ferma, piegata sulle zampe, si guardò intorno con occhi acuti e intelligenti, prima di far schioccare forte le mascella due volte, producendo un brontolio sommesso che raggelò la folla.
 Cedric entrò nel recinto, pallido, ma risoluto ed Emma vacillò e chiuse quasi gli occhi spaventata. Vedere il Tassorosso davanti a quel drago, le smosse qualcosa nel profondo. Non era solo preoccupazione per il ragazzo, ma l'ansia e l'oppressione, che sentiva dalla mattina, si tramutarono in vero proprio terrore perché, del tutto irrazionalmente, Emma si accorse di avere la convinzione che dopo Cedric anche lei avrebbe dovuto affrontare quel mostro.
 Era ovviamente un pensiero irragionevole e infondato, perché  sapeva perfettamente di non dover affrontare proprio nulla, dato che non era una campionessa, ma non riuscì a scacciare quel fastidioso tarlo, pur cercando di concentrarsi su Diggory che, nel frattempo aveva trasfigurato una pietra in un cane, nel tentativo di distrarre il drago e si era impossessato dell'uovo d'oro da recuperare, con solo una lieve bruciatura sul volto.
 Ci furono schiamazzi e festeggiamenti del pubblico per il Tassorosso, Ludo Bagman lanciò un grido soddisfatto e poi fu la volta della francese che, per quanto spaventata, dimostrò una naturale grazia ed eleganza e riuscì ad ammaliare più della metà dei ragazzi nell'arena, persino in quell'assurda situazione.
 “Come fa essere così bella?” mugugnò Dan.
“E voi come fate a essere così stupidi... è solo una ragazza!” borbottò Lilith, irritata dalle facce imbambolate degli amici.
 “Non è una ragazza comune, questo e ovvio.” disse Sean secco.
 “Probabilmente è amche più stupida della media.” rincarò Carmen, nervosa per non essere al centro dell'attenzione.
 “Esatto.” disse Lilith, appoggiando l'amica “Carmen è molto più bella e la vedete tutti i giorni.”
“Nessuno ha detto che Carmen non sia bella.” intervenne James diplomatico “abbiamo solo sottolineato il fatto che quella ragazza sia semplicemente stratosferica! E non credo sia stupida. O non avrebbe affrontato la prova così.” aggiunse, indicando Fleur, che era uscita vittoriosa dall'arena con il suo uovo sotto braccio.
Victor Krum apparve subito dopo, tra gli applausi entusiasti della folla, pronto a fronteggiare il suo mostro ed Emma, che era rimasta silenziosa durante la conversazione degli amici, sentì le gambe piegarsi. Non si capacitava della debolezza che stava provando perché nonostante lo spettacolo a cui stavano assistendo fosse davvero spaventoso, lei non era, solitamente, una di quelle persone che si dimostrano deboli e impressionabili. 
 La mole del drago non le faceva tutto quell'effetto fintanto che rimaneva sulle tribune, ma il suo cuore, che batteva forte contro la cassa toracica, sembrava essere di un altro avviso.
 L'emoor, con panico, si chiese se non fosse il caso davvero di andare a cercare aiuto, ma da sola sapeva non avrebbe fatto nemmeno un passo, perché temeva di crollare al minimo movimento e non aveva intenzione di chiedere a qualcuno dei suoi amici di perdersi la prima prova per accompagnarla in infermeria, quindi, con le mani convulsamente strette alla ringhiera a cui era appoggiata, cercò di concentrarsi sullo spettacolo di fiamme aranciate che uscivano dalle fauci del drago che Bagman aveva chiamato Petardo Cinese.  
Krum era atletico e si muoveva in maniera più svelta e precisa rispetto ai precedenti campioni. Emma provò per lui una discreta ammirazione, mentre il ragazzo riusciva a raggiungere l'uovo con un balzo notevole, dopo aver lanciato, con una certa maestria, un incantesimo nell'occhio del drago.
 La folla esplose in uno scrosciante applauso, ma il petto di Emma si strinse e boccheggiò. Cercò subito gli altri emoor con lo sguardo, chiedendosi se anche loro stessero male, ma Emily e David erano sorridenti dall'altra parte dell'arena, affiancati da Artemius, come sempre corrucciato, che osservava con sguardo vacuo il drago enorme, che alcuni maghi stavano trascinando nel recinto. 
L'emoor fece un grosso sospiro, anche se ora la sensazione era quella di soffocare e si sentì vacillare paurosamente mentre Potter entrava nell'arena. Un'allerta quasi urlata dentro di sé la avvisava del pericolo imminente, pressante e nella sua mente apparve nitida la parola ACCIO. Emma non sapeva cosa volesse dire e se era un incantesimo di sorta, non lo conosceva, eppure aveva la sicurezza di doverlo assolutamente usare e alzò la mano in aria come se tenesse in mano la bacchetta pronta a pronunciare la parola magica. 
Chiuse gli occhi, piena di confusione e quando gli riaprì, le parve di essere nell'arena e di avere lo sguardo dell'Ungaro Spinato fisso su di lei, poi fu come se una mano le avesse compresso violentemente la mente, urlò e sentì in lontananza il ruggito del drago e le mani di qualcuno che l'afferravano. Poi fu buio.

. . .

La sensazione di essere sospesa nel vuoto passò gradualmente ed Emma si rese conto di essere distesa e percepì qualcosa di fresco che la copriva. La cosa non le arrecò alcun sospirato piacere, dato che si sentiva come se fosse stata più volte infilata in un tubo di gomma, colpito poi con una serie di martelli, ma cercò di tornare lucida.
Attraverso gli occhi serrati per ripararsi dalla luce che percepiva al di là delle palpebre, avvertì un movimento accanto a sé e una voce, rauca e ben conosciuta, inveire contro qualcuno. 
“Chips, rispondimi immediatamente” Severus.
 L'emoor si sforzò di socchiudere gli occhi e osservare la scena tra le ciglia e non si stupì effettivamente di vedere il tutore che sibilava minaccioso contro l'infermiera della scuola: Madama Chips. 
 La donna si stringeva gelosamente al seno una boccetta e aveva un'aria estremamente offesa, ma in realtà entrambi erano piuttosto rossi in faccia e si sfidavano con sguardi severi.
 “Fai un passo indietro, Piton. So quello che faccio” disse Chips.
 “Voglio solo sapere il nome della pozione che somministrerai alla ragazza” ribatté duramente il professore, le labbra strette nel tentativo di dissimulare una forma di cortesia.
 “La signorina O'Shea è mia paziente e le darò solo ciò che sarà necessario per rimetterla in piedi.”
 “Io non la voglio solo in piedi, Poppy, non capisci? La voglio in perfetta salute. Adesso” sbottò rauco Piton.
“Naturalmente è ciò che intendevo!” inveì la donna piena di rabbia, come se l'atteggiamento dell'uomo fosse un grave affronto per lei “Stai forse mettendo in dubbio la mia professionalità, Severus?”
 Piton sembrava sul punto di esplodere, Emma non lo aveva mai visto così rosso e tremante, tanto che non si sarebbe stupita se il professore, colto da un raptus, fosse saltato addosso alla donna per strapparle la boccetta di mano e per scongiurare ciò, cercò di girarsi su un fianco e di richiamare l'attenzione dei due.
 Riuscì solo a metà nel suo intento, perché si aggrappò in effetti al materasso per cambiare posizione, ma ciò le provocò un inaspettato dolore diffuso, che che le fece sfuggire un gemito e la obbligò a tornare a distendersi a pancia in su. 
I due adulti però parvero ricordarsi della sua presenza e smisero di bisticciare, correndo al suo fianco. Severus fu il più veloce a raggiungerla e quando l'emoor si ritrovò a fissare i suoi occhi, quei due tunnel neri e freddi che ben conosceva e che sembravano colmi di angoscia, si sentì immediatamente meglio. Severus era lì con lei.
 “
Emma! Tutto bene?” chiese lui.
 “Credo di sì” mugugnò l'emoor, cercando debolmente di sorridere.
 “Un passo indietro Piton, la ragazza dovrebbe prendere la pozione” intervenne bruscamente Madama Chips, interrompendo il contatto visivo tra i due e il professore contrasse la mascella e sembrò di nuovo sul punto di dire qualcosa di estremamente spiacevole, ma  una voce, gentile e pacata, lo interruppe.
 “Credo, Severus, che Poppy non voglia affatto avvelenare la tua protetta e che anzi voglia solo rimetterla in sesto quanto te, per quanto sia lodevole il tuo interesse alla salute di Emma.”
 L'emoor sobbalzò, riconoscendo Albus Silente e stringendo i denti, si sforzò di mettersi seduta per guardare il preside che, appena apparso sulla scena con un elegante veste turchese, le sorrise.
 Severus sorresse d'istinto la schiena della ragazzina, mentre Madama Chips appellava un cuscino e approfittando della distrazione di Piton, che fissava il preside arcigno, le fece bere tutta la pozione. Silente, accortosi del gesto dell'infermiera sorrise debolmente, evidentemente divertito.
 “Certe cose non cambiano mai. Poppy sa essere piuttosto permalosa quando si mette in dubbio la sua professionalità” disse mentre la donna si allontanava borbottando e anche Emma sorrise appena in risposta, scoccando uno sguardo a Severus, che sfoggiava invece un'aria torva.
“Non ti chiederò come ti senti Emma, perché credo che tu abbia passato momenti migliori.” riprese Silente.
“Può dirlo forte” rispose l'emoor
 L'uomo annuì con un piccolo sorriso e si pulì lentamente gli occhialini a mezzaluna, senza smettere di osservarla attentamente.  
 “Immagino tu abbia delle domande da pormi”
“Dove siamo?” chiese lei di istinto.
 “Domanda essenziale, effettivamente. Sei di fianco all'arena dove si è svolta la prima prova. In realtà avevamo allestito questi letti in caso di qualche infortunio dei campioni... invece hanno ospitato te”
 L'emoor arrossì violentemente a quella notizia e scostò lo sguardo.
 “Io non mi vergognerei fossi in te” disse pacato il preside “Il fatto che tu sia svenuta oggi non è stato segno di debolezza. Molte altre persone, meno tenaci e più preparate di te, avrebbero potuto subire danni irreparabili per un'invasione di mente, peraltro così forte e inaspettata, come quella che hai avuto”
 “Un'invasione di mente?” chiese l'emoor confusa, lanciando uno sguardo a Piton, che se ne stava in disparte, più simile a un'ombra.
 “Sì” continuò Silente “un'invasione di mente, o almeno reputo che sia quello che è accaduto. Se mi vorrai dire cosa è successo dal tuo punto di vista, potrò sicuramente fare più chiarezza.”
 La Corvonero tentennò solo un istante, incerta, ma rendendosi conto che non avrebbe tratto alcun vantaggio dal mentire, decise di dire la verità e raccontò della strana sensazione di oppressione che l'aveva ossessionata per tutta la mattinata, mettendola in allarme e di come tale sensazione fosse aumentata incredibilmente durante le prove dei campioni, per poi implodere senza controllo appena iniziata quella di Harry Potter.
 “... ho sentito la fortissima necessità di pronunciare la parola 'Accio' e per un momento ho creduto di essere nell'arena al posto di Potter, poi è stato come se mi avessero compresso improvvisamente il cervello, è stato doloroso ed è diventato tutto buio”
Silente la ascoltava paziente, ma con aria grave, comodamente seduto su un lettino a fianco della ragazza e per un lungo momento rimase in silenzio, assorto, gli occhi chiari leggermente socchiusi, poi si portò una mano sul mento e la osservò.
 “Immagino che tu non sappia assolutamente quale siano gli effetti di quell'incantesimo” disse infine.
 La Corvonero scosse la testa e l'anziano preside sospirò.
 “Credo allora che non ci siano dubbi su quello che è avvenuto oggi. Il problema è... perché?”
 “Sono stata nella mente di Potter?” domandò l'emoor con un certo stupore, ma Silente scosse leggermente il capo.
“Credo si tratti di qualcosa di molto più complesso, ma non saprei ancora darti risposte certe. Come spesso accade intuisco molte cose e molti perché, ma non voglio essere troppo avventato. Quello che posso dire è che non è che me lo aspettassi, ma non mi stupisco più di tanto di questo collegamento tra te ed Harry” rispose l'uomo, ma sembrava perso in ragionamenti distanti ed Emma rimase calma, attenta a non mostrare nemmeno una parte del suo sconcerto.
 “Harry Potter è svenuto come me?” domandò
 “No, Harry ha concluso brillantemente la prova!”
 “E perché io sono svenuta?” chiese lei subito arrabbiata, non riusciva ad accettare di essere la più debole in quella situazione assurda e di aver per di più perso i sensi senza nessun motivo valido.
 “Ti ho già detto che non devi sentirti in difetto per questo, Emma” la tranquillizzò il preside “credo che Harry non abbia nemmeno avvertito la tua presenza. Tu invece hai dovuto sorreggere, contro il tuo volere, non solo i tuoi pensieri e le tue emozioni, ma anche tutti quelli del ragazzo, che in quel momento erano molto vividi. Mi stupisco che tu sia riuscita a mantenerti in piedi così a lungo. Ripeto, non molti sarebbero stati in grado di resistere.”
“Ma come avviene un'invasione di mente?” 
 “In questo caso, credo che il collegamento sia stato attuato dalla paura di Harry e dall'eccitazione che provava in quel momento”
 “Quindi rischio di collassare durante tutte le sue prove?” chiese l'emoor, amareggiata dalla prospettiva.
 “Io credo di no. La prossima volta il tuo cervello, o meglio, la tua mente sarà più preparata, ma non possiamo esserne certi. Severus tuttavia mi ha detto che possiedi uno splendido gatto di razza Salem, che potrebbe tornarci utile.”
 “Devo imparare l'Occlumanzia?” chiese la ragazza e avvertì il tutore magico agitarsi leggermente al suo fianco.
“Potrebbe essere una prima soluzione, sì” disse sorridendo Silente ed Emma annuì, ma aggrottò la fronte cercando di ragionare in fretta, si sentiva ancora piuttosto frastornata e faceva fatica a vedere il quadro d'insieme.
 “David, Emily e Artemius, signore?” chiese “Stanno bene?”
 “Loro non sono svenuti se è questo che ti preoccupa” rispose il preside, comprendendo la domanda implicita della ragazza.
 “Oh.” esalò infatti Emma con una nota di delusione nella voce. 
Si era aspettata in fondo che, almeno gli altri emoor, avessero vissuto la sua stessa situazione, che qualcuno potesse capirla.
 “Non stupirti. Il legame che unisce te con gli altri ragazzi, Emma è molto forte.” spiegò gentile il mago con un leggero sorriso “siete eredi di quattro grandi maghi, nelle vostre vene scorre il sangue più magico che sia mai stato in circolazione dopo i fondatori stessi e siete tutti e quattro legati a una stessa profezia, ma questo non implica che il vostro destino sia unico. Nelle vicende che seguiranno nelle vostre vite, con ogni probabilità, avrete funzioni molto diverse. Non è detto che un collegamento mentale esistente tra te ed Harry debba palesarsi con gli altri emoor” 
 “Capisco” disse delusa la ragazzina, incassando le spalle.
 “Non abbatterti. Non so come mai oggi è successo quello che è successo... ma non è detto che sia legato alla tua natura di emoor.” riprese Silente e sembrava selezionare accuratamente ogni parola, come se temesse di ferirla “Non classificarti troppo in fretta senza voler scoprire qual è il tuo vero scopo, Emma. Ti dissi di non lasciarti influenzare dalla curiosità degli altri e di essere te stessa e lo dissi anche agli altri tre, questo perché non potrebbero esistere giovani più differenti. Cosa avete in comune, in fondo, tu, David Lower, Emily Brown e Artemius Hope, oltre alle vostre origini?”
 “Loro però sono tutti e tre Serpeverde...”
 “E tu sei Corvonero e Harry Potter è Grifondoro e Cedric Diggory Tassorosso. Il cappello ci invia nella Casa migliore, non decide il nostro destino, Emma. Sono certo che avrà anche pensato di mandarti a Serpeverde con gli altri, ma infine ti ha inviato a Corvonero. Io non cercherei di chiedermi perché... ma farei di tutto per apprendere al massimo lungo la via che mi è stata consigliata.” 
 Il preside si alzò dal lettino e concluse il suo discorso dando una leggere pacca sulla spalla della ragazza, avviandosi poi verso l'uscita ed era quasi sulla soglia dell'improvvisata infermeria, quando si fermò e si voltò nuovamente verso l'emoor.
“Emma hai detto a qualcuno da quale Ombra di Hogwarts discendi?”
 “Solo a Ginny Weasley, signore. Credo che tutti gli altri abbiano  pensato che nemmeno io conoscessi la mia origine.”
“Ottimo.” annuì il preside soddisfatto “ora più che mai, ti sarei grato se tenessi segreta questa informazione. Harry è stato accusato di molte cose nella sua giovane vita, forse ti è giunta voce della sua abilità di parlare con i serpenti. Se si venisse a sapere che la discendente di Serpeverde e il rettilofono della scuola hanno, collegamenti mentali, non so quanto gioverebbe a entrambi.”
“Certamente” rispose in fretta l'emoor, che non aveva nessuna intenzione di attirare ulteriormente su di sé lo sguardo degli studenti della scuola “Signore, ma perché io e Potter?”.
 Silente la osservò di rimando per un istante prima di sospirare.
 “Ancora non ci è dato saperlo” rispose infine pacato e dopo un ultimo sorriso, si allontanò ed Emma abbassò lo sguardo, pensierosa, giocando distrattamente con le pieghe del lenzuolo.
La discussione con il preside le aveva dato moltissimo da pensare, ma, allo stesso tempo, le confondeva di più le idee. Perché lei si era trovata nella testa di Harry Potter? Quell'interrogativo bruciante, che sarebbe rimasto senza risposta, le cancellò la stanchezza e lo stordimento, lasciandola completamente lucida.  
Credo che Harry non abbia nemmeno avvertito la tua presenza aveva detto Albus e l'emoor corrugò la fronte. Come poteva non averla avvertita, quando lei aveva visto il mondo attraverso i suoi occhi?
 
“Tutto bene?” le chiese Severus avvicinandosi al letto. 
 “Sto bene” rispose mesta e lo osservò fare un cenno di assenso. 
 “Dobbiamo riportarti al castello” disse Piton, la voce roca e bassa come quando vivevano a Spinner's End, che la faceva sentire al sicuro e all'emoor non sfuggì il guizzo di preoccupazione che per un secondo contrasse i lineamenti duri dell'uomo.
 “Non ti devi preoccupare per me, Sev” sorrise la ragazzina, allungando una mano per sfiorargli una guancia in una carezza veloce e lui si irrigidì istintivamente a quel contatto, sforzandosi però di non sottrarsi al suo tocco caldo, per non offenderla.
 “Io sono sempre preoccupato per te.” borbottò acido, appena la mano di Emma tornò tra le pieghe del lenzuolo “Che tu lo voglia o no. Tu sei una continua preoccupazione, Emma”
“Grazie” mormorò la Corvonero, senza guardarlo negli occhi.
“Per cosa mi ringrazi?” si accigliò lui.
“Per pensare a me” sussurrò la ragazzina e lo disse con una tale sincera dolcezza che il cuore del professore perse un battito.
 “Non pensare troppo a quello che ti ha detto Silente comunque. È un vecchio pazzo.” borbottò in risposta.
 “È il più grande uomo di tutti i tempi.” soffiò l'emoor.
 “Nessuno lo mette in dubbio” concluse Piton evasivo e sembrava perso, improvvisamente, nei suoi pensieri e rimasero entrambi in silenzio per un lungo momento, prima che il professore, con un gesto secco, non la costringesse a sdraiarsi di nuovo sul lettino.
 “Non sono stanca!” si schermì lei.
 “Lo sarai tra poco. La pozione che ti ha somministrato Chips ha effetto ancora solo per pochi istanti.” 
 “E tu come lo sai? Non ti ha detto cosa mi ha dato!”
 Severus fece un'espressione trionfante, le labbra sottili che tagliavano il volto come in una sorta di sorriso.
 “Credi che le avrei permesso di somministrarti una qualunque cosa se non fossi stato assolutamente sicuro di cosa si trattasse?”
 “Eri distratto”
 “Ho finto di esserlo” la corresse lui con il solito mezzo ghigno “Potrei elencarti ogni estratto di pianta che circola nel tuo corpo.”
 “No grazie” mugugnò l'emoor, sorridendo e le parve di vedere Severus sorridere a sua volta, ma non poteva esserne certa: sbatté un paio di volte le ciglia e poi  si addormentò. 
 Piton rimase ad osservarla, vide come, ora che dormiva, i capelli sparsi sul cuscino e i lineamenti distesi, Emma sembrava più piccola della sua età. Quell'aria cocciuta e arcigna che esponeva, quando voleva ottenere qualcosa, era del tutto assente e lì nel lettino dell'infermeria, sembrava solo quella stessa ragazzina che aveva vissuto qualche mese con lui a Spinner's End, che l'aveva subissato di domande e che l'aveva aspettato sveglia piena di preoccupazione.
Era quella stessa ragazzina che gli aveva donato sempre affetto anche quando lui non era stato in grado di darglielo, anche quando lui era stato appositamente sgarbato e brusco con lei. 
Quel pensiero gli fece adombrare lo sguardo.
 “È un piacere vederti in queste vesti di tutore amorevole, Piton” disse soffice Madama Chips, mentre sistemava con cura alcune bende in un cassetto, dandogli le spalle e Severus le lanciò un'occhiata torva, scuotendo il capo. 
 “Non sono un tutore amorevole, Chips, quando la smetterai di ficcare il tuo naso ovunque?”
 “Quando tu ti fiderai delle mie pozioni curanti Severus.”
 L'uomo inarcò un sopracciglio e poi sbuffò sdegnato, mentre la donna si voltava lentamente verso di lui. 
 “Non essere sempre così brusco e duro con te stesso. La mia era una bella osservazione.” gli sorrise sincera “È bello vedere che non sei poi così solo, si vede che tieni molto alla ragazzina, anche se fai di tutto per non farlo vedere, da bravo burbero che sei. Ti conosco da quando avevi undici anni. Piton”
 Il professore scrollò le spalle, ma sapeva che Chips aveva ragione: Emma era decisamente una meteora anomala nella sua vita.
 Prese a correre con gli occhi sui lineamenti della ragazzina, che ormai conosceva come il palmo della sua mano e qualcosa di simile all'affetto gli scaldò il cuore, tanto che, per un attimo, pensò che avrebbe potuto portarla lui al castello. 
Era abbastanza esile e piccola da essere agevolmente trasportata in braccio, l'avrebbe stretta al suo petto, difendendola dal freddo e questo era un pensiero talmente dolce e inusuale per lui che, prima che qualcuno potesse sorprenderlo al capezzale dell'emoor, si voltò di scatto, avviluppandosi nel lungo mantello nero. 
 “La lascio nelle tue mani allora Chips” disse.
“Non mi dai una mano a portarla al castello?” indagò l'infermiera. 
 “No. Mi fido”
La donna fece una risata leggera e scosse il capo.
“Non ci credi nemmeno tu, Severus” disse pacata, ma l'uomo non rispose e cominciò ad avviarsi verso il castello. 
 La sua maschera era di nuovo indossata.



*Angolo autrice*


Ciao! Prima prova finalmente, che ci riempie di nuove informazioni. 

Punti e spunti:
. Mi piace immaginare Emma nella vita di tutti i giorni e i suoi pensieri e le sue reazioni a quel che abbiamo letto nei libri, come le spille. Ho voluto inserire due piccoli scorci anche delle sue relazioni personali, il momento di 'gioco' con gli amici e la discussione con Lilith su Malfoy. Lilith per ora ha dimostrato di essere una vera amica, non dicendo a nessuno dell'interessamento di Emma. Sempre alla piccola Bitterblue è affidata una frase importante: Emma mette tutto in equilibrio. 
. Ho voluto inserire la scena di James e Sean che osservano Emma dormire per far fare una riflessione sulla figura dei quattro emoor e sulle loro difficoltà. In questo momento il mondo magico crede davvero che Voldemort sia scomparso, eppure quei quattro 'maghi potenti' sono lì con una profezia sulla testa a eleggerli paladini contro un mago oscuro. è chiaro che le persone possono provare rispetto nei loro confronti, ma anche dubbio perché il fatto che esistono prevede anche una futura lotta. Mi sono chiesta gli amici più cari di Emma come si sentissero a stringere l'amicizia con una  predestinata. Tenete presente che nessuno sa della profezia di Potter a questo punto. Nemmeno Harry. 
.La prova e quel che ne scaturisce sono ovviamente il nocciolo più importante del capitolo. 
Continuo ad amare il rapporto di Sev ed Emma.

Fatemi sapere dubbi e domande, pareri e sensazioni. 
(Dedico questo capitolo a Pink_Galaxy che ha dedicato del tempo alla storia recensendo/commentando TUTTI i capitoli dal primo)

Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** Scorci e Malfoy ***


.Scorci e Malfoy.

 

La nebbia premeva sulle immense vetrate della torre, nascondendo le montagne e il cielo alla vista, mentre goccioline luminose, date dalla condensa leggera, si staccavano lentamente dalla superficie liscia, scivolando verso la parte più bassa della finestra. 
 Emma, avvolta in una coperta, le osservava con pacato interesse. 
 Era sola quel giorno e leggermente annoiata. Lilith aveva un terribile raffreddore che l'aveva resa insofferente, tanto da farla chiudere in dormitorio, dicendo di non voler vedere nessuno. 
Luna leggeva il Cavillo in un angolo della Sala Comune, i suoi buffi orecchini a rapanello che spiccavano sui lunghi capelli biondi, mentre ondeggiava il capo, canticchiando con voce sommessa un motivetto allegro. Dan e Luke erano corsi ai ripari e si erano chiusi in biblioteca con Richard, sperando che il secchione potesse aiutarli a fare in tempo il compito di Trasfigurazione. 
 Sarah e Carmen se ne stavano sedute accanto al fuoco, chiacchierando amabilmente, le teste tanto vicine che si poteva confonderle e le loro risate allegre riempivano a intermittenza il vuoto della Sala Comune. Persino James e Sean erano impegnati, perché, nonostante il tempo terribile e la pioggia scrosciante, avevano deciso di andare al campo da Quidditch per volare un po', dichiarando che per quanto il Torneo fosse avvincente, senza un po' di sport Hogwarts non era la stessa.
Emma, che non si sentiva affatto abbastanza atletica per sfidare quella bufera e aveva troppo freddo per pensare anche solo di uscire a fare un giro con Ginny, o per andare a cercare David ed Emily, si ritrovò quindi per la prima volta stranamente sola. 
Era un pomeriggio uggioso, che favoriva l'umore malinconico e lei era ancora piuttosto debilitata dalla prima prova del torneo. Dormiva male ed era vessata dagli incubi, sempre più presenti e oscuri e a poco servivano le lezioni di Occlumanzia con Severus.
 La ragazzina appoggiò la fronte sul vetro liscio, pensando a Harry Potter e la loro connessione: la vita ad Hogwarts era fatta anche di quei rari momenti di solitudine e dolce far niente.

*

“Scacco” disse James, gli occhi chiari brillanti dalla soddisfazione.
Emma corrugò la fronte, osservando il cavallo bianco dell'amico che svettava nella sua posizione critica per il suo povero re nero, rimasto privo di protezione. Fece scorrere lo sguardo sopra le caselle, occupate qua e là da pedine agitate, che sbraitavano consigli per non finire tra i pezzi mangiati. Infine lo vide: l'alfiere dimenticato nell'angolo sinistro della scacchiera, che la fissava in silenzio. 
“Ti sbagli” disse all'amico, mentre faceva muovere il pezzo avanti di una sola casella “è mio lo scacco” precisò e si godette lo sbigottimento di James per un istante, prima di aggiungere con un mezzo sorriso trionfante: “Matto”
 Il ragazzo aprì e chiuse due volte la bocca, chiaramente sorpreso, e poi sbuffò sonoramente, accasciandosi sul divano con un'espressione contrariata stampata sul volto lentigginoso.
“Ma non mi dire” intervenne Sean, seduto accanto all'amico “Emma ti ha battuto. Di nuovo
 “È una questione di fortuna.” rispose acido James “Non sa nemmeno davvero giocare.”
“Credevo il tuo motto fosse negli scacchi solo abilità” ribatté l'emoor divertita, picchiettando amichevolmente sul suo ginocchio.
 “Non prendertela male, Emma.” ridacchiò Sean “James cambia i suoi motti in base alla sua fortuna, ora probabilmente si starà maledicendo per averti insegnato a giocare a scacchi. L'ho visto lanciare una scacchiera contro un muro una volta. Questo è un gioco davvero pericoloso da fare con lui”
 “Non è vero” sibilò subito James, lanciandogli un'occhiataccia, ma era esattamente così. Gli scacchi erano l'unica cosa che gli facevano perdere la calma, rendendolo estremamente competitivo e nervoso, al contrario del suo atteggiamento generalmente pacato e composto.
 Vederlo uscire dai gangheri, perdendo completamente la sua espressione placida e seria, era sempre divertente e il fatto che Emma continuasse a batterlo con una certa facilità sembrava addirittura esilarante agli occhi di Sean.
“Dovresti saperlo Jam” lo punzecchiò l'emoor “l'allievo supera sempre il maestro prima poi, se si applica e usa la testa.”
Allungò una mano per scompigliare i capelli scuri dell'amico, che si perse dietro mille borbottii, facendo ridere di gusto Sean. 
Lilith, ancora piegata dal raffreddore, scese in quel momento le scale del dormitorio femminile e si avvicinò lentamente al divano dove stavano i tre compagni di Casa. Lanciò uno sguardo curioso alla scacchiera, corrugando la fronte e sorpresa si girò verso l'amico.
“Oh McGregor, hai perso di nuovo” disse, inconsapevole di essere il coltello nella piaga “Stai perdendo lo smalto”
 James assunse una smorfia esageratamente sconfortata, la fronte drammaticamente appoggiata accanto alla scacchiera e tutti si fecero sfuggire una risatina appena trattenuta.

*

Il sotterraneo era tranquillo, avvolto nella consueta tenue penombra. Le ampolle posate sugli scaffali, gli ingredienti appesi ad essiccare e i libri coperti di polvere che facevano da cornice agli studenti.
La figura di Malfoy, pallido, elegante ed evidentemente a suo agio, si stagliava al solito posto. L'emoor lo raggiunse con passo svelto, appoggiò la borsa a terra e fissò lo sguardo sul profilo di lui.
“Ciao” disse. 
Secca, fredda, educata oltre ogni limite.
La risposta fu il silenzio.

*

Ciao Emma, bambina mia.
 Io e tuo padre siamo davvero felici e orgogliosi di te. Sembra proprio, da quel che ci racconti, che tu sia nata per quel mondo.
 Qui a casa ci manchi molto, ma non devi pensare troppo a noi, siamo certi che avrai un sacco di cose da fare, oltre a stare con i tuoi amici, che dalle tue lettere sembrano essere numerosi. Gli altri emoor? Continuano a trovarsi bene?
Ringrazia come sempre Silente da parte nostra, se ne avrai la possibilità e anche il signor Piton per essere così gentili e presenti con te.

 Steph è venuto a trovarci questa settimana. Chiede ogni volta tue notizie e ti saluta tanto. Dovevi vedere come era contento per la lettera che gli hai scritto! Credo proprio che quel ragazzo tenga a molto a te.
 Sarà strano ovviamente il Natale senza di te, ma siamo entrambi certi che ti divertirai moltissimo a Hogwarts. Questo Ballo del Ceppo sembra essere in effetti un bellissimo evento e si spiega così a cosa servisse il vestito elegante che abbiamo comprato, sono davvero curiosa: mi raccomando, fatti fare una foto.
 Aspettiamo sempre tue lettere. Quel gufetto che le porta è davvero adorabile.

Con amore e affetto.
Mamma e Papà

Emma sorrise, sfiorando appena con i polpastrelli la pergamena della lettera, mentre, accanto a lei, Rubrick tubava allegro, evidentemente soddisfatto per averla consegnata.
 “Allora?” chiese Lilith al suo fianco “ti lasciano per Natale?”
 “Sì!” rispose l'emoor, alzando appena gli occhi dal foglio, mentre continuava a carezzare distrattamente il gufo, rileggendo le parole della madre come fossero qualcosa di estremamente prezioso.
 “Fantastico!” disse Lilith battendo le mani “allora è fatta, Ems!Potremo partecipare.”
“Lilith, per l'ennesima volta: il Ballo del Ceppo sarà aperto solo a quelli del quarto anno...”
 “Non importa, c'è sempre una piccola possibilità che qualcuno ci inviti e se non accadrà passeremo comunque il Natale insieme!”
“Certo. Certo.” sussurrò l'emoor, ma pareva distratta e con la punta del dito ora sfiorava il nome di Steph.
 “Che c'è? Non sei contenta?” rincarò Lilith e l'altra alzò lo sguardo e si sforzò di sorridere, scacciando la malinconia.
 “Ovvio che sono contenta.”
 “Bene!” sorrise la biondina, soddisfatta.
Emma si lasciò cadere sul letto appena Lilith sembrò distrarsi con il suo libro di Aritmazia e chiuse gli occhi. Si era resa improvvisamente conto che mentre Steph aspettava le sue lettere con ansia, lei stava cominciando a dimenticarlo e se ne vergognava terribilmente. Nonostante tutti i ricordi che aveva dell'infanzia passata insieme a lui, i lineamenti del volto dell'amico erano nella sua testa quasi sfocati e l'affetto che provava per lui sempre più simile a un ricordo dolce e lontano. Tenue, tiepido.
Si erano davvero baciati?  Si erano davvero promessi che sarebbero stati amici per sempre? Non ne era poi tanto sicura.

*

Diventeremo grandi, compreremo due case, una di fronte all'altra, ci incontreremo per pranzo, per cena e berremo caffé, come fanno gli adulti”
 Emma sorrise a quelle parole e si voltò a guardare il volto chiaro dell'amico, gli occhi lucidi e teneramente sgranati che fissavano le nuvole chiare. 
 “Sembra un ottimo piano Steph” mormorò e qualcosa le si agitò nel petto.
 “Quanto dura questa scuola speciale che devi fare?” chiese lui, sorridendo appena, le dita che giocavano distrattamente con un lungo filo d'erba.
 “Sette anni” mormorò l'emoor e si stese accanto a lui con un sospiro spaventato, guardando a sua volta le nuvole bianche. Cinque anni per lei, ma erano molti.
 I grilli cantavano e il caldo era quasi soffocante. I ragazzini respiravano lentamente, le fronti sudate, le ginocchia sporche di terra. Emma si voltò leggermente verso Steph, osservandone il profilo ben conosciuto, si sentiva stranamente in colpa, perché era la prima volta che nascondeva qualcosa al suo migliore amico: Steph aveva sempre saputo tutto di lei.
 “Sette anni sono pochissimi rispetto a tutti quelli che abbiamo davanti” disse all'improvviso lui, con una vaga dolcezza ad ammorbidire il suo cipiglio sicuro: sembrava averci pensato molto. 
Si tirò a sedere quasi di scatto, un largo ghigno sul volto chiaro. 
 “Nel frattempo Ems... facciamo a chi arriva prima in cima alla strada?” 
Non aspettò quasi risposta ed Emma in un volo gli fu accanto. 
 Furono piedi in corsa, risate, felicità.

*

La vita nella scuola di Magia e stregoneria di Hogwarts stava cambiando Emma O'Shea, trasformandola in una ragazza più matura, che abitava in un mondo completamente diverso da quello a cui era stata sempre abituata e questa bruciante consapevolezza la fece tremare, mentre un leggero senso di colpa le pizzicava nel petto.
Correre per arrivare per prima al cancello sulla curva, rubare qualche mirtillo in bilico sulla salita, guadare il fiume con i calzoncini arrotolati come avevano fatto l'ultima estate passata insieme. 
Erano tutti ricordi lontani, cristallizzati in un passato troppo diverso dal suo presente, così ricco di incantesimi, creature e cose che fino a un anno prima avrebbe ritenuto impossibili.
 “Ehi? Ci sei?” sbottò Lilith al suo fianco.
“Eh? Scusa, ero distratta” sussurrò l'emoor.
 “Lo credo bene! È cinque minuti che sembri in trance, mi fai preoccupare! Ti sta succedendo ancora quella cosa del Torneo?”
 “No!” si affrettò a tranquillizzarla l'emoor “è tutto ok. Mi hai detto qualcosa di importante?”
 Lilith le lanciò un'occhiata pensierosa “Ti ho solo chiesto se secondo te qualcuna del nostro anno sarà invitata al ballo.”
 “Oh. Beh, Carmen sicuramente.” rispose Emma, pensando alla bellezza magnetica dell'amica.
 “Oh, giusto” annuì Lilith “Carmen sarà sicuramente invitata. Ci scommetto ben quattro Falci”

*

“A voi non manca mai il cinema?” chiese Emily pensierosa agli altri due emoor, seduti accanto a lei nel cortile interno della scuola.  
Faceva freddo, ma un timido sole invernale faceva capolino dalle nubi, tanto che si erano arrischiati a uscire, pur avvolgendosi stretti in sciarpe e mantelli. Un po' di vento gelido era comunque meglio degli sguardi insistenti degli altri studenti che li seguivano ovunque. 
 “Voglio dire, i maghi come fanno a non guardare film?”
David si accigliò appena ed Emma ridacchiò, scrollando le spalle.
 “Beh nessun mondo è perfetto, Emy” rispose tranquilla “Noi poveri Babbani avremo pur qualcosa di buono, no?”
“Ovvio, tolto il fatto che noi non siamo Babbani” le fece notare David, un ghigno leggero a illuminargli il volto.
“Beh più o meno” intervenne Emily scettica, con un lieve sorriso, arrossendo furiosamente mentre osservava il profilo del ragazzo.
Emma si accigliò appena, si era accorta di come i due amici nell'ultimo periodo non riuscissero a togliersi gli occhi di dosso e sorrise con tenerezza, chiedendosi quanto tempo ci avrebbero messo a capire che si piacevano. Non c'era volta che uno dei due non si incantasse a guardare l'altro, o non arrossisse furiosamente.
“Noi siamo i fortunati” rispose la Corvonero al posto del Serpeverde, che sembrava essere improvvisamente troppo distratto dallo sguardo azzurro dell'altra ragazza “siamo maghi e conosciamo anche le sale cinematografiche”
 Concordarono tutti e tre e stavano ancora parlando di film quando Artemius Hope si avvicinò a loro, inaspettatamente, senza quasi esser visto e si fermò a un paio di passi di distanza. Emma lanciò lui uno sguardo stupito, perché all'infuori delle rare volte in cui lo intravedeva a lezione o durante i pasti, nell'angolo più tranquillo del tavolo di Serpeverde, era moltissimo che non vedeva il ragazzo.
 “Artemius!” esclamò David “hai bisogno? Ci stavi cercando?”
 L'altro alzò leggermente un sopracciglio come a dire che era ovvio che li stesse cercando e quando parlò Emma si rese conto che aveva quasi dimenticato il suono della sua voce.
 “Vi stavo aspettando in biblioteca, in realtà, credevo di dovervi aiutare per Erbologia” rispose piattamente.
 “Oh, Merlino!” esclamò David, saltando in piedi, subito imitato da Emily che aveva un'aria mortificata. 
“Scusaci Artemius! È già ora?” chiese la ragazza.
 “Avremmo dovuto vederci un'ora fa” rispose laconico l'altro ed Emma fu stupita di notare che non sembrava poi così offeso, ma che semplicemente aveva dato per ovvio l'essere dimenticato e imitò gli altri due, alzandosi in piedi e sorridendo verso il nuovo arrivato.
“Artemius, è un sacco che non ci vediamo” disse propositiva, ma lui la osservò di rimando con quello strano sguardo vacuo.
“Abbiamo alcune lezioni in comune” rispose secco, senza aggiungere altro e senza nessun tipo di inflessione nelle sue parole.
  Era una risposta che avrebbe ucciso qualsiasi conversazione.
 “Sì è vero” mormorò incerta l'emoor, senza riuscire a trovare altro da dire e i Serpeverde, con veloci cenni di saluto, si allontanarono. Due di loro dispiaciuti, il terzo perso nei suoi pensieri. 
 Emma si chiese solo distrattamente come mai Artemius facesse così fatica a integrarsi e li osservasse sempre con quell'apatica indifferenza e, con un sospiro, si avviò verso il dormitorio, mentre Gabriel Tullier e altri ragazzi di Beauxbatons, all'altezza della Sala Grande la salutarono per nome, facendola sobbalzare.

*

Il sotterraneo era tranquillo, avvolto nella consueta tenue penombra. Le ampolle posate sugli scaffali, gli ingredienti appesi ad essiccare e i libri coperti di polvere che facevano da cornice agli studenti.
La figura di Malfoy, pallido, elegante ed evidentemente a suo agio, si stagliava al solito posto. L'emoor lo raggiunse con passo svelto, appoggiò la borsa a terra e fissò lo sguardo sul profilo di lui.
“Ciao” disse. 
Secca, fredda, educata oltre ogni limite.
La risposta fu il silenzio.

*

“Così non va. Devi chiudere la mente. Non divagare, devi essere concentrata al massimo delle tue possibilità.”
 Emma e Severus erano chiusi nell'aula di Pozioni da almeno un'ora e si stavano esercitando con l'Occlumanzia, ottenendo troppi pochi risultati per essere anche solo lontanamente soddisfatti.
 “Sono solo stanca, Sev.” si difese l'emoor con voce tremante ed era vero, perché nonostante stesse cercando di impegnarsi, non riusciva a focalizzarsi su nulla.
La sua mente tremolava instabile a ogni fiacco tentativo di opporsi e sentiva il sonno pesare sui suoi occhi, tanto che le ciglia ormai accarezzavano le guance. Era riuscita solo un paio di volte a bloccare gli attacchi mentali di Piton, ma l'uomo era abile e conosceva i suoi punti deboli ed Emma era ormai sfinita.
 “Sono stanco anche io.” disse secco il professore, con un tono che non ammetteva repliche “Ma non è questo il punto, ragazzina! Il Signore Oscuro non ti concede riposo. Non devi pensare a nulla. Non devi permettere alla tua mente di correre da una cosa all'altra”
Lei mise un leggero broncio “ Mi sto davvero impegnando, Sev.”
Lui inarcò un sopracciglio “Stavi pensando al Ballo del Ceppo”
Le guance dell'emoor si imporporarono a quell'affermazione. 
L'idea che Severus le entrasse nella mente la metteva a disagio. Si fidava dell'uomo, ma un Legilimens può percepire ogni sfumatura del pensiero e delle sensazioni di chi decide di leggere e per quanto il ballo fosse una preoccupazione piuttosto innocente e sicuramente presente nella testa di tutti gli studenti della scuola, Emma ci teneva che il tutore rimanesse il più possibile distante dai suoi ormoni da adolescente e soprattutto dai suoi pensieri su Draco Malfoy.
 “Sono cose personali.” mormorò sulla difensiva.
“Se lo sono davvero devi impedirmi di accedervi.” rispose l'altro, ma il suo tono era più dolce “Occludere è l'unico modo che hai di difenderti, Emma. Può aiutarti a gestire questa situazione con Potter, ma è estremamente utile anche per organizzare la tua mente e un'ottima difesa contro chi ti vuol fare del male. Essere un ottimo Occlumante significa anche essere in grado di evadere dal tuo corpo, di creare schermi, o falsi ricordi.”
Emma lo osservò di sottecchi, dubbiosa e lui fece infine un sospiro. Si zittirono, affondando in uno di quei silenzi caldi e pieni che avevano il sapore di Spinner's End.
“Sei davvero stanca” mormorò infine il professore, dispiaciuto, abbassando la bacchetta “Non mi diverto a farti perdere tempo con questa cosa dell'Occlumanzia, Emma, sono solo preoccupato e penso che sia un'abilità comunque molto utile”
 “Da quando Severus Piton si preoccupa per qualcuno?” lo punzecchiò ironica, cercando di metterla sul ridere.
 “Non essere sciocca. Non è stato divertente vederti svenire.” rispose nervosamente lui, facendola imbronciare leggermente. 
 “Silente dice che la prossima volta non andrà così, che la mia mente sarà più preparata a sostenere l'intromissione.”
 “Mi sentirò comunque più sicuro se sarai in grado di distaccarti dalla testa di Potter.” sibilò il tutore.
 Emma annuì e abbassò allo sguardo ai piedi per un lungo momento, pensierosa, mentre il silenzio calava di nuovo tra loro.
Sentì il tutore sedersi sulla sedia della scrivania e rialzò lo sguardo per osservarlo. Severus sembrava, oltre che preoccupato, stranamente teso e pensieroso, gli occhi scuri erano lucidi e nervosi e le occhiaie più marcate sul volto pallido.
 “Posso andare? Sono davvero a pezzi.” mormorò la ragazzina e lui annuì pigramente in risposta. 
 “Cerca di chiudere la mente e tieniti vicino Wolland.”
 “Davvero il mio gatto è in grado di migliorare le mie capacità di Occlumante?” chiese curiosa.
“Fortifica le tue capacità, dovrai comunque applicarti.”
“Fantastico” borbottò Emma con falso entusiasmo. 
Si avvicinò al tutore con passo svelto e lo strinse brevemente in un abbraccio in cui Piton, come al solito, si irrigidì.
 “Buonanotte, Sev.”
“Buonanotte.” disse laconico lui “Emma?”
 “Si?”
“Come ti trovi nel corso di pozioni?”
 “È... interessante, direi. Mi piace.”
 “Bene.” disse Severus, annuendo brevemente “buonanotte”
 “Buonanotte.”

*

“Harry Potter è solo un idiota” sbottò Ginny.
 “Credevo che ne fossi innamorata” disse Emma in uno sbuffo.
 “Si è innamorati di una persona quando ricambia.”
 “Non per forza è così.”
Raggiunsero uno dei tavoli nella Sala Grande e si sedettero velocemente. Non c'era quasi nessuno intorno a loro, solo qualche studente del quinto anno seduto al tavolo di Tassorosso.
 “Stai alludendo a te e Malfoy?” chiese la rossa, con un sorriso furbo.
“Non sto minimamente pensando a me!” si difese subito l'emoor.
“Ancora non ti parla?”
 “Ginny... credevo stessimo parlando di te ed Harry.”
 “Te l'ho detto: Harry è un idiota. È li che cerca una dama per il ballo e non pensa minimamente che la sorella del suo migliore amico è una ragazza e risolverebbe ogni problema.”
 “Sta cercando qualcuno per il ballo?”
Ginny la guardò con aria mortificata e si morse il labbro.
 “È uno dei campioni, Emma. Dovrà aprire le danze” 
 “Magari penserà a te, Gin. Manca ancora parecchio.” disse l'emoor ma non era nemmeno lei così sicura della sue parole perché Potter, per quanto brillante, sembrava canalizzare la sua attenzione solo su pochi elementi della sua vita, tendendo a scordarsi il resto.
 “Oppure non penserà affatto alla piccola, povera e sfigata Ginevra Weasley e io non parteciperò al ballo.”
 “Non puoi chiedere a qualcun altro? O hai intenzione di aspettare solo un suo invito?” mormorò Emma con tatto.
 La rossa si strinse nelle spalle ed l'altra scosse la testa contrariata.
  “Ha ragione Hermione dovresti uscire con qualcuno.”
 “Emma!” protestò Ginny “sei la mia migliore amica, dovresti confortarmi! E poi da quando parli con Hermione?”
 “Da quando studiamo insieme in biblioteca.” ribatté l'emoor e Ginny sembrò solo lievemente sorpresa dalla notizia, prima di sbuffare sonoramente, affondando la faccia nell'incavo del braccio.
 “Sono patetica?” bofonchiò.
“Solo innamorata” sorrise l'emoor, carezzandole la schiena.
“Tu aspetteresti Malfoy?” chiese con voce sottile l'amica.
“Ginny, io non sono innamorata di Malfoy e non aspetto un suo invito. Come mi hai ricordato poco fa, non mi rivolge la parola.”
“Siamo due impiastri” sospirò la Grifondoro e la Corvonero sorrise in risposta, le poche lentiggini sul suo naso che si univano.
Avevano bisogno l'una dell'altra.

*

Il sotterraneo era tranquillo, avvolto nella consueta tenue penombra. Le ampolle posate sugli scaffali, gli ingredienti appesi ad essiccare e i libri coperti di polvere che facevano da cornice agli studenti.
La figura di Malfoy, pallido, elegante ed evidentemente a suo agio, si stagliava al solito posto. L'emoor lo raggiunse con passo svelto, appoggiò la borsa a terra e fissò lo sguardo sul profilo di lui.
“Ciao” disse. 
Secca, fredda, educata oltre ogni limite.
La risposta fu il silenzio.

*

Emma si sdraiò a pancia in su sul suo letto, fissando il baldacchino blue e bronzo e il suo gatto, Wolland, immediatamente la raggiunse, facendo le fusa. La ragazza allungò la mano per grattarlo dietro l'orecchio e si rilassò, cercando di chiudere la mente. 
Aveva dormito pochissimo anche quella notte e voleva provare a riposarsi, visto che la calma che aleggiava in quel momento nel dormitorio era una cosa più unica che rara. 
 “Emma!” 
La porta sbatté con forza contro il muro.
 “Carmen?” disse stupita la ragazza, osservando l'amica allarmata.
Ci fu un solo istante di silenzio, in cui l'emoor poté notare il rossore lieve che colorava il viso della ragazza di fronte a lei e i capelli corvini, per una volta tanto, sciolti.
 “Mi hanno invitata!”
 “A cosa?” esclamò l'altra colta di sorpresa.
 “Mi hanno invitata, Ems. Al ballo!”
Era raggiante e l'emoor si affrettò a ricomporsi e sorridere.
 “Oh, ma è fantastico Carmen, con chi ci andrai?”
“Eric Truffaut, di Beauxbatons.”
Emma era felice per lei, perché nonostante la mora fosse una ragazza eccezionalmente bella, impossibile da non notare, era anche molto fragile e sensibile e l'emoor si sentiva grata a questo Eric, chiunque fosse, per aver impedito le crisi di pianto che sarebbero nate se nessuno le avesse chiesto di andare al ballo. 
 Anche Sarah entrò nella stanza, seguita a ruota da Lilith e incontrò gli occhi dell'emoor, che si ritrovò a riflettere su quanto dovesse essere difficile essere la migliore amica di una persona come Carmen. Non perché la ragazza fosse sgradevole o altezzosa, ma semplicemente perché era impossibile non fare paragoni tra la propria persona e quella specie di dea dai capelli scuri.
 Sarah però, nel suo dolce essere mediocre, nonostante di fianco all'amica sparisse, con amorevole dolcezza, le era sempre stata accanto, sostenendola e ascoltandola e dimostrando una generosità e una lealtà degna di un Grifondoro, o di un Tassorosso. 
Per qualche motivo Emma, si sentì in dovere di ringraziarla per gli sforzi e la pazienza che dimostrava ogni giorno e sorrise lei ricevendo in risposta dalla ragazzina più esile della stanza un cenno.
 “Allora” interruppe Lilith come un tornado “Chi è lo sfortunato ragazzo?” e sorrise felina, prima di sporsi verso Emma con aria furba e dirle “Temo che tu abbia vinto la scommessa, Carmen è la prima invitata, ti devo quattro falci”

*

L'emoor uscì barcollante dalla biblioteca tenendo in bilico una gran quantità di volumi. Era estremamente stanca ed arruffata, avendo passato l'ultima ora a cercare di concludere i temi di Trasfigurazione e Incantesimi, sapendo che l'indomani avrebbero dovuto fare un compito di Storia della Magia. Con un sospiro, cercando disperatamente di non far cadere la pila di libri, o di non crollare lei sotto il suo peso, girò l'angolo diretta alla torre dei Corvonero.
 “O'Shea.” la voce dei gemelli Weasley la colse di sorpresa alle spalle, facendola quasi sobbalzare.
 “Fred, George” rispose, muovendo solo leggermente la testa a mo' di saluto, incerta sotto la pila di volumi.
 “Eh, il peso della cultura!” sospirò George divertito, come se fosse un vecchio filosofo, mentre si avvicinava alla ragazza, liberandola parzialmente di alcuni libri.
 “Grazie.” sussurrò lei grata, mentre anche Fred alleggeriva il suo carico con estrema nonchalance.
 “Devi stare attenta a studiare così tanto, Emma. Diventerai presto vecchia e gobba se continui così” le  disse il gemello.
 “Non essere drastico, sono solo un po' di libri. La biblioteca di Corvonero è poco fornita.”
“Oh Merlino! Avete anche una biblioteca in torre?!” esclamò lo stesso, strabuzzando gli occhi incredulo.
“Beh sì, voi non ne avete una in Sala Comune?”
 “Naaa” intervenne George al posto del fratello “questa è davvero una roba da Corvonero”
 “Non siamo tutti così secchioni” borbottò Emma offesa.
 “Scherzi?!” esclamò Fred “è secoli che nella Casa di Corvonero non si vede un Non-Secchione”
 “È invidia questa Fred?” lo stuzzicò la ragazza.
 “Certo che lo è” intervenne prontamente George “Io sono sempre stato il più intelligente dei due”
 “Ed io il più bello!” disse subito Fred.
 “E il mio fascino? Dove lo metti?” ribatté subito George.
 “Ne sei provvisto, Georgie” disse sornione Fred “ma rimani comunque una mia copia peggio riuscita!”
 “Possibile che voi due non sappiate battibeccare su altro?” chiese divertita l'emoor, lanciando loro un'occhiata sbilenca.
 “Non stiamo battibeccando, sto solo sottolineando l'ovvietà” le rispose allegro George, facendo l'occhiolino al fratello.
 “Smettetela!” li ammonì l'emoor, scuotendo appena il capo.
 “Non la smetteremo fino a quando non ci dirai che preferisci tra noi due.” interruppe Fred con un sorriso furbo.
 “Non ci penso nemmeno!” chiarì in fretta lei “A quel punto davvero non la smettereste più! Continuereste a battibeccare per ore e infine uno di voi gongolerebbe in maniera irritante per la mia risposta, mentre l'altro mi terrebbe il muso.”
 “Eh dai, avanti!” insistettero i due.
 “Siete perfettamente uguali!” 
 “Non è vero!” la rimbeccò George “Sei stata proprio tu l'altro giorno a dirmi che io e Fred siamo simili solo a prima vista, ma che tu riesci a distinguerci per infiniti particolari differenti. Per esempio che il nostro sorriso è diverso.”
“È vero” ammise lei con un sospiro, cercando di capire come evitare un interrogatorio più pressante.
 “Allora?” chiesero in coro i due con due smaglianti sorrisi.
 Emma cercò di non scoppiare a ridere, mentre li osservava. Lì, ritti in piedi, con le loro buffe espressioni e le braccia cariche di libri.
 “George” decretò infine “ma solo perché mi sta portando più libri.”
“Aaaah lo sapevo!” esclamò felice il gemello selezionato “Non te la prendere male, caro Freddie. Angelina l'altro giorno ha scelto te.”
 “Siamo pari fratello.” assentì Fred.
 I tre ripresero a camminare e quando furono vicino alla torre di Corvonero Emma riprese i libri e li salutò sorridendo. 
Entrambi i fratelli risposero allegri agitando la mano allo stesso modo. George si avvicinò solo un istante al volto della ragazza per sussurrarle un 'lusingato', che la fece arrossire.
 Emma pensò arrossendo che non le sarebbe dispiaciuto essere invitata al ballo da uno dei due, almeno si sarebbe divertita.

*

Era una serata uggiosa e tranquilla e nella torre di Corvonero e le cinque compagne di Casa si erano ritrovate tutte insieme nello stesso momento nei loro letti a baldacchino. Non era una situazione che si era verificata spesso dopo la prima sera in cui Emma era arrivata ad Hogwarts perché, nonostante l'affetto, erano persone molto diverse tra loro e avevano ritmi e impegni distinti, ma quella sera, mentre la pioggia batteva contro i vetri e il vento ululava appena fuori dalle finestre, si ritrovarono incerte su come combattere la noia. 
Fu Carmen la prima persona ad alzarsi e a tirare fuori dal suo  baule il vestito che avrebbe indossato al Ballo, le labbra increspate in un sorriso, e senza che nessuna avesse davvero detto nulla a riguardo anche le altre quattro, Emma compresa, si alzarono e svelarono i propri abiti da Cerimonia.
Carmen avrebbe indossato un vestito rosso rubino, che le lasciava scoperte le spalle ambrate e arrivava fino ai piedi con un lungo spacco. Sarah aveva invece un grazioso abito a manica corta, ricco di tulle, color beige chiaro. Luna un vestito di un intenso viola, bello senza dubbio, per quanto molto particolare e Lilith aveva un bellissimo vestito color blu notte, in palette con la sua Casa, lungo fino al ginocchio e con spalline sottili.
 Ogni abito sembrava perfetto con la personalità della ragazza che lo indossava ed Emma mostrò il suo con lieve imbarazzo. Non era abituata all'idea di sé con addosso un abito da cerimonia e non si era mai sentita, vista la sua giovane età, né particolarmente bella, né sensuale e non aveva desiderato esserlo in nessuna occasione. 
 Il vestito che aveva scelto le pareva tanto stupendo quanto esagerato per lei, ma era stata sua mamma a insistere con veemenza  affinché lo comprasse, Emma si era fidata e dalle espressioni incredule e luminose delle amiche, capì di aver fatto la scelta giusta.  
 L'abito era di velluto morbido e di colore verde intenso, con un corpetto aderente, spalline sottili e la gonna che ricadeva con inaspettata leggerezza fino ai piedi.
 “È davvero incantevole” fischiò Carmen ammirata.
 “Perché il verde?” chiese Lilith con finta innocenza.
 “È sempre stato il mio colore preferito.” disse Emma sinceramente, comprendendo però la sottile allusione dell'amica.

*

Il sotterraneo era tranquillo, avvolto nella consueta tenue penombra. Le ampolle posate sugli scaffali, gli ingredienti appesi ad essiccare e i libri coperti di polvere che facevano da cornice agli studenti.
La figura di Malfoy, pallido, elegante ed evidentemente a suo agio, si stagliava al solito posto. L'emoor lo raggiunse con passo svelto, appoggiò la borsa a terra e fissò lo sguardo sul profilo di lui.
“Ciao” disse. Secca, fredda, educata oltre ogni limite.
La risposta fu il silenzio.
 
La ragazza si chinò sulla borsa, la fronte aggrottata, persa nei suoi pensieri. Raccolse i suoi ingredienti e strumenti senza guardare il compagno di banco, fin troppo abituata al suo mutismo e si bloccò quindi perplessa quando una voce al suo fianco disse 'Ciao'
  Non ebbe bisogno di voltarsi, né di controllare chi avesse parlato.
Era la voce che avrebbe riconosciuto ovunque, ma priva di quella malvagità e superbia che di solito l'appesantiva. Era una voce secca, fredda, educata oltre ogni limite. E aveva detto ciao.
Emma inspirò aria dal naso e si voltò verso Malfoy, osservandolo distrattamente, ma lui era già concentrato sul primo ingrediente, come sempre, senza concederle la sua attenzione.
L'emoor deglutì appena e scostò quindi il suo sguardo, passando d'istinto al secondo passaggio che era espresso sulla lavagna, con un'unica bruciante certezza fissa nella sua mente: Draco Malfoy, per qualche motivo ancora ignoto, l'aveva salutata.
La stanza si riempì presto di vapore e il calderone di Holly Clarke crepitò appena, anche se Emma era ormai troppo concentrata per accorgersene. Lavorava svelta, come in un automatismo, le sue mani all'opera intorno alla pozione, agili e precise, mentre si impegnava più del solito ad evitare quelle del compagno. Sarebbe stato troppo.
Era già di per sé assurdo che Draco Malfoy le avesse rivolto il saluto senza che lei avesse fatto o detto qualcosa di diverso dal suo solito, anzi senza che, per quanto Emma si sforzasse a ragionarci sopra, lei avesse fatto qualcosa che potesse essere anche solo lontanamente una buona motivazione per cui il Serpeverde cambiasse il suo atteggiamento. L'emoor si tese e si fece attenta a qualsiasi passo falso del ragazzo, continuando a lavorare sulla loro pozione.
Chiudi la mente, Emma. Concentrati.
Le parole che Severus le aveva ripetuto fino alle sfinimento in quei giorni ebbero il potere di calmarla, tanto che, con un sospiro di sollievo, riuscì ad estraniarsi da tutto il mondo circostante. Fu una lezione tremendamente lunga con i sospiri e i bassi mormorii delle coppie al lavoro che sembravano riempire il sotterraneo fino a renderlo soffocante, tanto che Emma avvertì un profondo sollievo quando arrivò all'ultimo punto delle istruzioni e vide la sua pozione prendere una discreta colorazione giallastra. Avevano finito.
Malfoy non le rivolse alcuno sguardo complice, né alcuna parola, esattamente come al solito e l'emoor cominciò a pensare di aver immaginato quel 'ciao' e svelta riempì una fiala con la loro pozione e vi applicò un'etichetta con i loro nomi. Emma O'Shea e Draco Malfoy
 Per la prima volta vederli lì, uno accanto all'altro le fece un certo effetto e subito si arrabbiò con sé stessa per essersi comportata come una povera adolescente innamorata e rigida si avviò in fretta verso la cattedra e vi posò sopra la fiala, poi tornò al suo posto. 
 “Posso parlarti?”
 Emma alzò lo sguardo dal banco e si ritrovò a fissare gli occhi grigi di Malfoy. Rispose con un secondo di ritardo di troppo.
 “Parlarmi?” la sua voce era piuttosto tremante e il ragazzo di fronte a lei inarcò un sopracciglio, evidentemente perplesso.
“Sì, O'Shea. Parlare. Non mi avevano detto che tu fossi più stupida della media. Intendo parlare, dialogare, scambiare informazioni. Comprendi?” disse acido.
 Emma si sentì piccata e le guance si colorarono di cremisi. Non le andava di certo di fare la figura dell'idiota davanti al ragazzo.
“So perfettamente cosa significa il verbo parlare, Malfoy. Mi chiedevo solo perché mai tu possa avere intenzione di dialogare, scambiare informazioni con me.” ribatté beffarda e il Serpeverde sembrò irritarsi appena per la sua risposta.
Emma lo ignorò e si voltò invece verso Sarah e James che si stavano allontanando rispettivamente da Nott e Zabini per avvicinarsi a lei.
 “Credo che i nostri rispettivi amici stiano venendo qui, questo dialogo a due prenderà molto tempo?” sussurrò e sentiva le guance bollire per l'imbarazzo, ma era fiera di riuscire a tenere in mano la situazione: era lui in fondo che voleva parlarle e lei aveva la bacchetta dalla parte dell'impugnatura.
 “No, non prenderà molto tempo.” rispose secco il ragazzo, e subito si voltò verso Nott e Blaise e alzò il mento di scatto, così che i due, vedendo il gesto, cambiarono direzione e si avviarono verso la porta.
 “Credi di riuscire a sbarazzarti anche dei tuoi, O'Shea?”
Emma gli lanciò un'occhiataccia e si avvicinò a James e Sarah.
 “Andate pure in torre” disse frettolosamente “Io passo in biblioteca da Hermione e poi vi raggiungo.”
 “Malfoy?” chiese dubbioso James, guardando sopra la spalla di lei.
 “Oh, non è niente, ha detto che mi deve parlare. Probabilmente è per Pozioni.” rispose l'emoor, cercando di sembrare noncurante.
 “D'accordo.” sorrisero sia James che Sarah “A dopo allora.”
 “Ti controllano come dei cani da guardia.” sussurrò il Serpeverde.
“Chi?” chiese Emma distrattamente, mentre litigava con la cinghia della tracolla troppo carica di libri.
 “I tuoi amici, O'Shea.” disse Malfoy con sprezzo e l'emoor rinunciò alla cinghia, per guardarlo con aria scettica.
“È di questo che mi devi parlare, Malfoy? Non credevo che ti interessassi alle mie amicizie. In realtà non pensavo nemmeno che tu conoscessi il mio nome, anzi, cognome” disse e lui strinse le labbra.  
 “No, non volevo parlarti dei tuoi amici.”
“Ottimo” sorrise cortesemente Emma in risposta “Se mi vuoi parlare però ti chiederei di iniziare a camminare, ho fretta. Altrimenti troveremo un altro momento, se non è una cosa urgente”
Mostrati schiva e sicura di te, come se non ti importasse niente di lui.
 
Era il consiglio continuo di Ginny, ma Emma non aveva mai potuto metterlo in pratica prima di allora perché Malfoy sembrava non essersi accorto della sua presenza, ma ora era tutta un'altra storia.
 La ragazza rimase agitata, in attesa che l'altro scoppiasse a ridere, dicendo che potevano anche non parlare mai più dato che faceva tanto la pretenziosa... ma non accadde. 
 Il biondo corrugò invece leggermente la fronte e la osservò attento. I suoi occhi grigi erano freddi e seri, ma Emma si sentì affogare in mezzo a quelle piccole pagliuzze azzurre che poteva vedere solo perché erano a un soffio l'uno dall'altra.
 “Dove devi andare?” chiese lui con freddezza, facendo un leggero passo indietro, come a riacquisire le distanze consone.
 “In biblioteca.” 
 “D'accordo. Ti accompagno.”
 Uscirono insieme dai sotterranei e si avviarono verso la biblioteca. Camminavano in fretta e non si parlavano, tanto che l'emoor si sentiva distruggere dalla curiosità e cominciava a chiedersi cosa dovesse dirle il Serpeverde. Da uno sguardo esterno sarebbero potuti apparire come due persone che, assolutamente indifferenti l'uno all'altra, si erano ritrovate a camminare fianco per un breve tratto di corridoio e che, alla prossima svolta, si sarebbero separate senza alcun cenno di saluto, ma i due stavano invece seguendo la stessa strada, ognuno immerso nei suoi pensieri.
“Ti interessano i libri?” chiese Emma per rompere il silenzio.
“Sì.” rispose secco l'altro, lanciandole un'occhiata veloce.
“Non ti ho mai visto in biblioteca”
Era una conversazione davvero penosa da portare avanti.
 “Non vengo in biblioteca” disse il Serpeverde “a casa mia ho molti più volumi e poi, qui a Hogwarts, la biblioteca è mal frequentata”
Emma si accigliò confusamente e ci mise un attimo a capire l'allusione del ragazzo, sentendo subito montare la rabbia.
 “Malfoy, se ti riferisci a Hermione...” cominciò inviperita, ma lui alzò annoiato una mano per zittirla. 
 “Non ci provare, O'Shea. Non sono qui per discutere sulle nostre differenti opinioni a proposito della Granger.” ribatté, pronunciando il nome della Grifondoro con disprezzo “volevo solo parlare con te”
 L'emoor si fermò di scatto in mezzo al corridoio e incrociò le braccia sotto il seno con espressione dura.
 “Ti ascolto.” disse secca e Malfoy parve essere preso alla sprovvista dalla velocità con cui era passata da una rabbia quasi esplosiva alla più totale disponibilità all'ascolto ed Emma lo vide inghiottire saliva, nonostante la sua espressione rimanesse impassibile.

“Perché mi saluti?” chiese il ragazzo con voce bassa, distogliendo lo sguardo da lei, dopo qualche secondo di penoso silenzio. 
Emma rimase spiazzata. Non era certo quello il genere di conversazione che si era aspettata di dover intraprendere con il rampollo di casa Malfoy. Era una vera sorpresa.
 “Come scusa?” riuscì a chiedere l'emoor.
“Perché mi saluti?” insistette l'altro “Perché continui a salutarmi nonostante io non ti abbia mai risposto?”
 “Perché non dovrei salutarti?” domandò lei, confusa e il ragazzo parve essere preso per la seconda volta in contropiede. 
 “Non lo so” borbottò infine “ma è strano che tu lo faccia. Io sono stato appositamente maleducato con te. Quasi sgradevole direi. Ci ho provato almeno, ma tu eri ostinata.”
 A quella risposta l'emoor sorrise appena, divertita.
 “Grazie della sincerità, Malfoy. Non ci sono più gentiluomini come te al giorno d'oggi. Non ti crucciare: saluto te come tutti gli altri.”
La fronte del ragazzo si increspò leggermente di incertezza e un ciuffo biondo scivolò via dai capelli pettinati accuratamente all'indietro, per poi ricadere sul sopracciglio chiaro.
 “Quindi io per te sono come tutti gli altri?” chiese lui ed era una domanda davvero strana, tanto che lei, di riflesso, alzò lo sguardo e incontrò i suoi occhi e per un momento si sentì annegare.
 “Ma cosa dici, Malfoy? Certo. Io non ti conosco, no? E io per farti fare tutte queste domande irrisolte sono qualcosa di diverso da chiunque altro di quelli che insulti in giro per i corridoi?”
 Gli occhi del Serpeverde ebbero un guizzo divertito, si riportò indietro i capelli con un gesto fluido della mano sinistra e mentre faceva un passo indietro, riprendendo le giuste distanze, sul volto gli si aprì un ghigno “Touché” disse, senza smettere di fissarla ed Emma non abbassò lo sguardo, pur sentendosi arrossire. 
 C'era qualcosa di magnetico e istintivo tra loro ed entrambi ne erano perfettamente consapevoli, almeno da quando si erano ritrovati a lavorare alla stessa pozione, eppure nessuno dei due aveva il coraggio di fare il primo passo. Emma sentiva il cuore percuotere con violenza la sua cassa toracica e un pensiero frivolo e molto dolce le attraversò in un lampo la mente. Se ti volesse invitare al Ballo?
 
E mentre già cercava di reprimere quell'idea, per un solo istante,  riuscì a vedersi sorridente al braccio del Serpeverde, immaginò il ghigno leggero sul volto pallido di lui e la carezza delle sue dita sulla sua guancia  e quell'immagine le piacque moltissimo.
Draco, di fronte a lei, aggrottò la fronte e sembrò per un momento sul punto di dire qualcosa, ma tentennava, stranamente imbarazzato, dondolando sui piedi. Emma incontrò di nuovo il suo sguardo facendogli cenno con il mento di parlare, ma un movimento in fondo al corridoio anticipò l'arrivo di altri studenti e il Serpeverde fece subito un altro passo indietro.
“Ci vediamo, O'Shea.” disse in fretta, chiaramente non bruciando dalla voglia di farsi vedere in compagnia dell'emoor.
 “Malfoy” salutò Emma, con un rigido cenno del capo. 
 Si lanciarono un ultimo veloce sguardo e si separarono. Il ragazzo camminava veloce lungo il corridoio, sempre più lontano e l'emoor guardò la sua schiena incurvarsi ad ogni passo e strinse le mandibole per trattenersi dall'inseguirlo, mentre con sforzo si smosse dalla sua posizione ed entrò in biblioteca.
 Si sentiva terribilmente stordita e confusa. Cominciò a ripetere mentalmente il suo breve scambio di battute con Malfoy, ma non ne trovò alcuna logica, se non che lui l'aveva notata e aveva dato un peso ai suoi saluti testardi. Camminò più in fretta in mezzo agli alti scaffali ricolmi di libri che conosceva a memoria e raggiunse il tavolo dove Hermione Granger stava china su una pergamena. 
 La Grifondoro alzò leggermente la testa, sentendola arrivare e le sorrise benevola “Ciao, Emma” disse a bassa voce per evitare di scatenare l'ira della bibliotecaria.
 “Ciao, Mione.” rispose l'altra, sedendosi di fronte a lei.
 Era parecchio che facevano così: si incontravano in biblioteca e si facevano compagnia, o si aiutavano a vicenda con lo studio.
 Hermione era sufficientemente maniacale e brillante per spingerla a migliorarsi ed  Emma competitiva e perfezionista al punto giusto per seguirla nella sua testardaggine. Passavano spesso il tempo insieme, ma quasi solo avvolte da quei libri e scaffali ben conosciuti.
 Sotto la corteccia da studente tenace Emma aveva scoperto in Hermione una ragazza simpatica, che per un certo verso le somigliava, o almeno capiva perché i gemelli Weasley le consideravano simili. Erano entrambe silenziose e amanti della cultura, curiose e testarde, ma, per il resto, erano due persone completamente diverse. 
La grifona era orgogliosa e piena di coraggio, sempre con la battuta pronta e lo sguardo acceso di sicurezza, arrogante se voleva, impulsiva spesso, pronta a tutto per raggiungere l'obbiettivo e ferocemente intelligente. Emma invece era più mite e attenta ai dettagli, dotata di un sarcasmo gentile e un'ottimo spirito di osservazione, lunatica a volte, ma sincera e priva di rancore. 
 In una battaglia l'emoor era certa che avrebbe trovato Hermione in prima linea contro il nemico, intrepida e scattante, mentre lei si occupava di salvare le retrovie e lanciare incantesimi difensivi.
 Tirò fuori la pergamena, la piuma e l'inchiostro, cercando di trattenere il nervosismo e studiò per circa mezzora, poi andò in cerca di un libro tra gli scaffali, lo trovò, camminò in tondo e infine tornò a sedere e si accorse che Hermione la guardava con curiosità.
 “Che è successo?” chiese la Grifondoro.
 “Nulla.” rispose di riflesso Emma.
“Oh, se non vuoi dirmelo non importa” borbottò la Granger con un sorriso tiepido “ma è chiaro che sia successo qualcosa.”
L'emoor alzò lo sguardo, stupita dalla frase dell'altra e si ritrovò a fissare la smorfia gentile di Hermione.
 “Ragazzi” bofonchiò infine a mo' di scusa.
 “Oh, ti capisco.” ridacchiò lei divertita. 
 Emma si accigliò anche a quella risposta, non avrebbe mai detto che Hermione fosse un'esperta di qualcosa che non fossero i libri.
 “Hai un ragazzo che ti fa disperare?” chiese ingenuamente.
 “No, non ancora.” si affrettò a rispondere la Grifondoro, arrossendo leggermente sulle guance “Ma ho due amici che mi fanno perdere il senno e mi occupano molto tempo”
 Per un lungo istante rimasero entrambe in silenzio. Emma si mise a giocherellare con la piuma, senza tuttavia scrivere nulla, fino a quando Hermione non si protese verso di lei.
La ragazza aveva occhi curiosamente lucidi e grandi e prese un grosso respiro, come se avesse dovuto trattenere il fiato a lungo.
 “Prometti che se ti dico una cosa non la dirai a nessuno?” chiese tutto di un fiato, arrossendo sulle guance.
 Emma la osservò perplessa. Non era certo da Hermione un comportamento così, o comunque loro non erano mai state abbastanza intime per scambiarsi segreti, ma ora la ragazza la guardava implorante in attesa di una risposta.  
 “Certo” disse infine l'emoor “non lo dirò a nessuno.”
 Hermione cominciò ad agitarsi sulla sedia mentre si avvicinava ancora di più a lei, azzerando le distanze, nonostante la biblioteca fosse completamente vuota.
 “Viktor Krum” disse in un soffio “mi ha invitata al Ballo”
 Emma spalancò la bocca stupita. Non era certo una notizia che poteva passare inosservata quella.
 “Oh, Herm. Cercheranno di ucciderti per questo, lo sai?” disse infine piuttosto divertita, pensando a tutte le ragazza che circondavano sempre il bulgaro in cerca di attenzioni.
 La Grifondoro scosse i capelli ricci, stranamente compiaciuta ed Emma si rese conto che stava decisamente gongolando.
 Passarono l'ora successiva a parlare del ballo tra di loro, per una volta tanto, dimentiche della mole di compiti che avevano da fare. 
 Si scambiavano consigli e impressioni animatamente, zittendosi quando madama Pince appariva all'orizzonte e quando infine cominciò ad essere troppo tardi, uscirono insieme dalla biblioteca.  
Emma più volte era stata tentata da rivelare all'amica del suo 'interessamento' per Malfoy, ma alla fine aveva desistito, consapevole di non poter forse dire alla migliore amica di Harry Potter una cosa simile, eppure uscì comunque felice da quella lunga conversazione, contenta di aver guadagnato la fiducia di Hermione Granger.


*Angolo Autrice*

Piccoli passaggi temporali che ci fanno attraversare dicembre e arrivare... al "Ballo del ceppo"
Ho voluto inserire qua e là dei momenti di serenità di Emma ad Hogwarts, non tutto deve essere una battaglia e mi piace viverla un po' con i suoi amici nella sua normalità ( Quanto è tenera Ginny? ), intervallati dalla silenziosa battaglia tra lei e il biondo serpeverde. Personalmente adoro lo strano equilibrio che si crea facilmente tra i due. C'è infine stata anche l'occasione per conoscere meglio la nostra Hermione (così simile e diversa da Emma), entrando leggermente più in confidenza e avvicinando quindi il momento in cui lei ed Harry dovranno incontrarsi. 
So che alcuni si chiederanno se c'è qualcosa tra Emma e George Weasley, perché il feeling è evidente e in effetti i due mi piacciono molto insieme e sarebbero un'ipotetica bella coppia!

Aspetto vostri pareri! Spero che questa storia vi stia piacendo!

Ritorna all'indice


Capitolo 14
*** Il Ballo del Ceppo ***


.Il Ballo del Ceppo e Natale.

 

 

Fuori dalle finestre della torre di Corvonero il cielo era plumbeo e la neve cadeva in leggeri volteggi da tutto il giorno, provocando epiche battaglie a cui l'emoor non aveva potuto partecipare, in quanto era stata letteralmente rapita da Lilith, Sarah e Luna che si erano messe d'impegno per trasformare lei e Carmen in due bellezze. 
 Se però la mora aveva accettato di buon grado il trattamento, con tanto di risatine divertite e compiaciute, Emma si era mostrata restia e aveva fatto quasi impazzire Lilith, tentando più volte di sfuggire alle sue cure, mentre la bionda cercava di sistemarle i lunghi capelli. 
 Eppure ora, davanti alla superficie riflettente dello specchio che la obbligava a venire a patti con il risultato, l'emoor dovette ricredersi.
 Carmen era splendida e sensuale nel suo lungo vestito rosso, ma Emma non la vide che di sfuggita, perché i suoi occhi si incollarono alla propria figura. Era 
incredula, non sembrava neppure lei. 
 I lunghi capelli ricadevano sciolti sulle spalle, ma i riccioli erano 
accuratamente definiti, per nulla arruffati o ribelli, così che la sua chioma sembrava infinite volte più folta e lucida e i riflessi rosso ramato, che solitamente si perdevano con il colore chiaro generale, risaltavano bene. Lilith le aveva fatto un trucco leggero, che faceva brillare il suo sguardo, dove verde e nero si mischiavano e il rosso che le imporporò le guance completò il tutto, rendendola deliziosa.
Emma 
si sentiva bella ed era una sensazione strana e nuova.
 Il vestito verde, così agghindata com'era, non le apparve più qualcosa di eccessivo, o non adatto a lei, sembrava che glielo avessero cucito addosso. Il corpetto aderente risaltava le forme appena abbozzate di una ragazza in crescita, ma per nulla sgraziata e la morbida gonna lasciava appena intravedere nello spacco le gambe magre e ben proporzionate.
 “Ma come avete fatto?” mormorò senza parole.
 “Diciamo che la materia prima non era male.” la stuzzicò Lilith, sorridendole allegra con aria soddisfatta.
 “Siete stupende!” dissero Sarah e Luna all'unisono, la prima emozionata e la seconda leggermente stralunata.
 Uscirono dal dormitorio tutte insieme, ridacchiando complici e quando scesero le scale e arrivarono nella Sala Comune, Emma vide Sean e James voltarsi a guardarle e sgranare gli occhi stupiti.  
 L'emoor sentì un piacevole calore invadere le sue guance nel vedere la loro reazione incredula e arrossì dolcemente, facendo un goffo tentativo di saluto nella loro direzione.
 “Merlino impagliato, ragazze. Siete splendide!” esclamò Sean, muovendosi verso di loro, mentre anche James gli andava dietro, arrossendo furiosamente quando Emma di istinto lo abbracciò.
 “Non tornate tardi e fate le brave” intervenne Lilith, rompendo l'imbarazzo che si sarebbe potuto creare.
 “Sì, mamma” ammiccò Carmen, che a differenza dell'emoor sembrava estremamente a suo agio con quegli sguardi ammirati.
 “Ci raccontate tutto dopo, vero?” domandò Sarah, con un timido sorriso e le due ragazze annuirono avviandosi verso l'uscita.
 L'emoor fece un grosso respiro: stava andando al
 Ballo del Ceppo.


*

Emma ed Hermione avevano appena abbandonato la biblioteca e stavano ancora parlando di Victor Krum, quando due ragazzi di Beauxbatons si avvicinarono.  
 Uno di loro l'emoor lo conosceva: era Gabriel Tullier, aveva cenato di fronte a lei all'arrivo a Hogwarts e insisteva a salutarla un po' ovunque, ma l'altro l'aveva solo visto qualche volta al suo tavolo e fu lui che si rivolse ad Hermione.
 “Scusa, mi chiedevo se volessi venire con me al ballo” disse con tono esageratamente solenne, quasi in un inchino e la  Grifondoro arrossì compiaciuta.
 “Mi spiace, ma sono già occupata.” rispose imbarazzata.
 “Oh. Non importa” disse l'altro, gonfiando ridicolmente il petto e fece per girarsi verso Emma che si sentì morire, capendo che stava per essere scelta come scorta.

 “
E tu vuoi venirci al ballo con me?” chiese.
 L'emoor serrò i denti e fece per rispondere con i dovuti toni, le guance colorite di uno sgradevole rosso, ma Gabriel Tullier si mise in mezzo, anticipandola.
 “No, Fabièn. Lei è occupata, viene al ballo con me.”
 “Non me lo avevi detto” disse sospettoso l'amico.
 “Te lo avrei detto dopo” si schernì l'altro.
 Emma rimase in silenzio, osservando curiosa il povero Fabièn che si allontanava borbottando, mentre Gabriel si voltava verso di lei con un largo sorriso.
 “Non ti dispiace?” chiese con espressione cortese che brillava sul volto affilato “Posso dire lui che mi hai rigettato se non ti va. Mi sembrava poco carino che ti invitasse solo per un 'no' ricevuto.”
 Era alto e bello, gli occhi azzurri gentili e i capelli castani tenuti piuttosto lunghi. I lineamenti sottili del viso erano illuminati da un largo sorriso e il tono di voce, contaminato dall'accento morb
ido francese, fece sorridere l'emoor.
Non le dispiaceva affatto.
 “
No, davvero. Gabriel giusto?”
 “E tu Emma.” disse lui e la ragazza annuì.
 “Esatto. Emma O'Shea”
 “Allora, sarai la mia dama?”
 “Se tu sarai il mio cavaliere”
 “Affare fatto” rise il ragazzo, inclinando leggermente il capo all'indietro, prima di fare un leggero cenno di saluto a entrambe e allontanarsi a passo svelto.
 Emma lo guardò, come poco prima aveva visto allontanarsi Draco Malfoy e un piacevole tumulto le si agitò nello stomaco. Sarebbe andata al ballo. 
 Avrebbe indossato il suo meraviglioso vestito e forse anche il biondo Serpeverde l'avrebbe notata. Era un pensiero meschino nei confronti di Gabriel, ma l'emoor non poté non farlo e dentro di sé arrossì furiosamente per l'audacia mostrata e si rese conto, con piacere, di non aver trovato un rospo come cavaliere. 
Hermione di fianco a lei le diede una gomitata divertita.

*

C'era un'aria diversa quella sera a Hogwarts. Aria di festa e di attesa, tanto che persino i dipinti nelle loro cornici erano in fermento e ogni scala, sala, corridoio e persino aula era stata abilmente addobbata grazie all'abilità di Vitious e una manciata di studenti del sesto anno.
 “Agitata?” chiese Carmen, evidentemente in fibrillazione.
 “Di più” cercò di sorridere Emma.
 Si recarono presso l'ingresso senza più dire una sola parola, entrambe troppo tese per parlare e prima di percorrere l'ultima rampa di scale, Emma trattenne il fiato e socchiuse gli occhi, cercando di ignorare gli spasmi d'ansia che le serravano lo stomaco.
  Il terrore che le persone all'ingresso scoppiassero tutte insieme a ridere, vedendola, la invase per un terribile istante, facendola quasi tremare, ma nulla di tutto ciò accadde.
 Quando Carmen posò il piede sul primo gradino in molti si voltarono ed Emma fu tentata di andarsene, credendo che di fianco all'amica sarebbe certamente sparita e che la gente l'avrebbe vista come una bambina in un vestito troppo adulto, ma poi, dopo un primo sguardo alla mora, tutti gli occhi si spostarono verso di lei e le persone furono investite da una sorpresa tale, che molti spalancarono la bocca, senza ritegno.
L'emoor arrossì, piacevolmente colpita da quella reazione inaspettata e per una volta tanto si sentì felice per essere al centro dell'attenzione e con tenera emozione cominciò a scendere le scale, attenta a non inciampare nel vestito e accolse con gioia e sollievo la mano che Gabriel, finalmente accorso in suo aiuto, le porgeva. 
 Non pochi sguardi invidiosi vennero diretti verso il francese che, sorridente, sembrava invece esplodere di gioia.
 “Sei splendida!” le disse con un sorriso, mentre si chinava a sfiorarle la mano con le labbra, in un perfetto baciamano.
 “Grazie.” mormorò l'emoor, emozionata.
  Il ragazzo la prese a braccetto e la pilotò sicuro in mezzo alla folla. Emma vide da lontano Harry Potter con la sorella della gemella Patil e il fratello di Ginny, Ron, che sfoggiava un'aria ansiosa e annoiata allo stesso tempo. 
 Storse la testa in cerca anche di Hermione e la piccola Weasley, in particolare di quest'ultima, che non essendo stata invitata da Potter, aveva accettato con una certa titubanza l'invito di Paciok, ma non trovò nessuna delle due, anche se con sua sorpresa incrociò invece lo sguardo di David, che le fece l'occhiolino, con al braccio una ragazza di Tassorosso di cui Emma non conosceva il nome. 
 L'emoor dopo un veloce saluto, ruotò di nuovo il capo, guardandosi intorno curiosa e il suo sguardo finì dentro due occhi grigi e duri.
 Draco Malfoy se ne stava in disparte, vestito con un abito scuro che gli dava un'aria un po' troppo rigida e la guardava fisso negli occhi, evidentemente stupito e turbato allo stesso tempo. 
 Emma sorrise gentile nella sua direzione, ma il Serpeverde spostò subito lo sguardo, tendendosi nervoso e l'emoor dovette inghiottire bile, mentre lo osservava allontanarsi, trascinandosi dietro una ragazza della sua Casa piuttosto graziosa, che si chiamava Pansy Parkinson ed era vestita di un rosa molto acceso.
Gabriel, nel frattempo, sempre tenendola cavallerescamente per il braccio, riuscì a farsi spazio tra la folla per entrare nella Sala Grande ed Emma si ritrovò a fissare le decorazioni che la adornavano con estremo stupore, dimenticandosi del Serpeverde. 
 La Sala era bellissima, illuminata di bianco, d'oro e argento, con neve soffice e realistica che cadeva da soffitto, svanendo a pochi centimetri delle numerose ghirlande e gli abeti addobbati.
 “Fate le cose in grande qui” disse il francese, ammirato.
 “Sì, è nel nostro stile.” ribatté lei prontamente, sentendosi  orgogliosa della sua scuola.
 Non avevano ancora trovato un tavolo vuoto quando i quattro Campioni aprirono le danze. Emma vide finalmente Hermione, sicura e luminosa nel suo abito color pervinca, mentre si faceva guidare sulla pista dal bulgaro con un sorriso, mentre Harry, nettamente più in difficoltà con i passi di danza, ma anche lui elegantissimo, era quasi trascinato da una raggiante gemella Patil.
 “Mi concede questo ballo?” le chiese Gabriel con un sorriso ed Emma si sentì morire di felicità, accorgendosi in quel momento di quanto in effetti il francese fosse attraente.
 Chinò leggermente la testa, sorridendo cortese e Gabriel la portò al centro della pista. Era un ottimo ballerino, la Corvonero non dovette sforzarsi di seguire la musica, ma si lasciò cullare dal ragazzo e quando infine la canzone si concluse, dopo numerosi volteggi, Gabriel la condusse ad un tavolino finalmente vuoto. 
 Aveva una voce piacevole e calda ed Emma si disse di essere davvero fortunata ad aver trovato un così abile accompagnatore.
 “Hai degli occhi estremamente strani” disse lui.
 “Non sei il primo che me lo dice.” rispose l'emoor con un sorriso.
 “Sei giovane, non credevo avessi avuto così tanti ragazzi.”
 “Oh” esalò lei, arrossendo “non intendevo solo ragazzi.”
Lui le sorrise affabile, divertito “Sei del terzo anno qui, giusto?”
 “Sì, ma è il primo qui, ho studiato privatamente per i primi due”
 “Com'è la scuola?” chiese lui, sinceramente interessato.
 “Fantastica direi, abbiamo ottimi professori”
 “E la tua materia preferita?” domandò ancora ed Emma sorrise.
 Il francese faceva molte domande, ma in modo garbato e leggero, genuinamente curioso ed educato e la Corvonero cominciava a trovare davvero piacevole la sua compagnia, mentre tutto intorno ragazzi e ragazze continuavano a ballare felici.
 “Pozioni” rispose e cominciò con foga a raccontare di quanto adorasse preparare quegli intrugli e dei passaggi che amava di più di quella sottile arte e si infervorava piena di energia, spiegando tutto nei dettagli e gesticolando parecchio. 
 Gabriel la fissava evidentemente incantato. Sebbene l'emoor fosse infatti più piccola di lui di ben tre anni, aveva una passione e una decisione nel parlare che la facevano sembrare adulta e consapevole e che lo attiravano magneticamente. 
 Stavano per inerpicarsi in un complicato discorso sulla differenza reale tra infusi e distillati, quando David si avvicinò al tavolo.
 “Disturbo?” chiese cortese, gli occhi scuri brillanti.
 “David!” esclamò Emma, illuminandosi e non le sfuggì che i due ragazzi si osservavano in modo significativo.
 “Mi concedi un ballo?” le chiese il Serpeverde con un sorriso.
 “Veramente io sarei qui con lui...” titubò Emma, indicando il francese al suo fianco.
 “Solo un ballo. Te la riporto subito.” disse lui rivolto a Gabriel.
 “Certo, non è un problema.” assentì il francese con un sorriso misurato  “Emma, ti aspetto qua, d'accordo?”
 “Certo.” rispose lei, facendo una piccola smorfia a mo' di scusa.

Il Serpeverde non aspettò oltre e la trascinò fino alla pista affollata. La canzone era già iniziata e lui era un ballerino meno abile di Gabriel, così si tennero un po' in disparte, goffi.
 “AlloraTullier?” chiese il ragazzo.
 “David? Da quando ti fai problemi a riguardo?” 
 “È un dannato francese, Ems. Sei in combutta con il nemico?”
 “Non essere sciocco!” disse ridendo la Corvonero.
 “Ti tengo d'occhio” rispose lui divertito. 
Volteggiarono goffi, rischiando di sbattere contro altri due ballerini.
 “Emily?” chiese Emma.
 “Nel dormitorio” rispose lui, rabbuiandosi appena “Non ho trovato nessuno che la invitasse. Io non potevo, sono del terzo anno e ho approfittato dell'invito di Susan Bones”
 “Sei davvero innamorato, eh?”
 “Di chi, della Bones?” ghignò David, mascherando lo stupore.
 “Sto parlando di Emily, David. Credi che non me ne sia resa conto?” sorrise la Corvonero “Non fate altro che mangiarvi con gli occhi tutto il tempo. Sapete essere imbarazzanti a volte”
 “È una ragazza speciale.” mormorò lui con un sorriso e per un po' continuarono a dondolare sul posto impacciati.
 “E tu e Malfoy?” chiese all'improvviso il ragazzo, lo sguardo di nuovo luminoso e un ghigno furbo stampato sul volto. 
 Emma si sentì avvampare, ma cercò di apparire tranquilla
 “Io e Malfoy cosa?"
 “Non è amore?”
 “Perché dovrebbe?” domandò sconcertata.
 “Ah già, scusa” rise l'altro “Tu non sai: Zabini.”
 “Zabini?” chiese perplessa l'emoor.
 “Sì, Zabini.” assentì il ragazzo, ridacchiando apertamente “Ci racconta così tanti aneddoti sulle vostre ore di Pozioni...”
“Ti prego illuminami, che genere di aneddoti?”
 “Nulla di così interessante. È solo che Malfoy sembra disprezzare il mondo intero al di fuori dei suoi più vecchi amici ed è uno spocchioso Purosangue, Emma, davvero terribile, ma a quanto pare proprio non riesce a trattare male te.”
 “A dire il vero non mi rivolge la parola.” borbottò l'emoor, sorvolando quel '
ciao' appena sussurrato e quel veloce scambio di battute che le bruciavano nella mente.
 “Oh, non farci caso” ribatté prontamente David “Malfoy è scorbutico e borioso. A Serpeverde c'è chi lo odia e chi lo idolatra. Il più lo temono perché è figlio di gente potente, ma Zabini giura che a te non ti ha mai insultata e questa è una cosa 
assolutamente eccezionale. C'è chi scommette che tu sia l'unica in grado di tenerlo a bada. Sarebbe buffo, se un giorno tu e lui vi innamoraste. Divertente.”
 “Molto divertente, David” ribatté Emma tra i denti, ma cercò di sorridere con un certo sforzo “Anche se improbabile”
 “Oh, giusto.” rispose l'altro “Ora c'è il francese. Mi devo fidare?”
 “Sembra un bravo ragazzo e comunque non è affar tuo!”
 “Certo che è affar mio, un centinaio di anni fa i nostri avi erano migliori amici! E vuoi che non mi interessi?”
 Emma scoppiò a ridere. La musica si abbassò fino arrivare alla nota finale e il Serpeverde quasi la trascinò fuori dalla pista, scortandola fino al suo tavolo. Gabriel attendeva paziente.
 “Te l'ho riportata, come promesso” disse David, smagliante.
 “Grazie.” rispose Gabriel, fissandolo negli occhi.
 “Giusto per mettere in chiaro due cose, Mr Tour Effeil, la ragazza qui presente è sotto la mia protezione e sotto quella di molti altri tipi grossi, forti e vendicativi. Torcile solo un capello, falla solo minimamente soffrire e ti pentirai di aver lasciato la tua Francia. É come una sorella per me. È chiaro?”
“Anche da voi si usa dire: mago avvisato mezzo salvato?” chiese Gabriel, che aveva ascoltato il discorso del Serpeverde senza battere ciglio, con velato interesse.
 “Era esattamente questo che intendevo.”
 “Bene” ribatté il francese tranquillo “allora ho afferrato il concetto”
 David allungò la mano e l'altro ragazzo la strinse, poi l'emoor si allontanò facendo l'occhiolino ad Emma che, basita dall'uscita dell'amico, era rimasta a bocca aperta.
 
Sembra piuttosto alto il prezzo da pagare per stare con te. Quest'orda di amici sembra pronta a strangolarmi” le sorrise Gabriel, sfiorandole una mano per farla risedere al tavolo.
 “David scherzava, non ti preoccupare.” disse lei imbarazzata.
 “Forse, però tiene davvero a te.”
 “Credo di sì” rispose lei. 
 Il comportamento dell'altro emoor l'aveva stupita e deliziata nello stesso istante. Era come se il loro legame di emoor li costringesse a prendersi cura l'uno dell'altra in qualche modo, ma l'atteggiamento di David era stato causato soprattutto dall'affetto che evidentemente provava per lei ed Emma se ne sentiva felice.
 “Beh” riprese con un mezzo sorriso Gabriel, interrompendo i suoi ragionamenti “Sono pronto a correre il rischio”
 “Che rischio?”
 “Quello di combattere contro una serie di tipi grossi, forti e vendicativi per passare del tempo con te.” disse lui, facendola ridere.
 Emma guardò gli occhi azzurri del francese e da quel momento e durante i molti balli in cui lui la coinvolse, si beò del piacere di una prima cotta e dimenticò i propositi di far morire di gelosia Malfoy.
 Si sentiva bella, 
bella davvero, perché Gabriel la trattava come tale, nonostante le avesse chiesto di andare al ballo dopo averla vista con i capelli arruffati da due ore di Pozioni e tre di biblioteca. 
E presto tutta la serata cominciò a sembrarle un sogno pieno di decorazioni, musiche e persone, con la presenza rassicurante del ragazzo al suo fianco e non si accorse delle occhiate insistenti di Malfoy, né che il Serpeverde allontanò nervosamente la sua dama quando lei gli chiese per l'ennesima volta di ballare, Emma rimase concentrata solo su Gabriel e sul suo tocco leggero.
Strinse il braccio del ragazzo dopo l'ennesimo ballo e gli sorrise.
 “Usciamo un attimo?”chiese e lui non rispose nemmeno, ma annuì,  la prese con eleganza per la vita e la condusse fuori, dove l'aria fredda sfrigolò sulle guance bollenti dell'emoor.

. . .


Una sorta di grazioso giardinetto era stato allestito all'esterno. Su alcune delle panchine in pietra, rese intime da statue e siepi, coppie di ragazzi si scambiavano effusioni. Emma scorse Carmen con il suo cavaliere in atteggiamenti tutt'altro che consoni e si sentì arrossire.
 “Hai freddo?” chiese Gabriel.
 “No, sto bene.” rispose lei, rendendosi conto che l'aria gelida, in effetti, le stava ridando calma e lucidità. 
 Si fermarono ad osservare distrattamente il cielo terso e pieno di stelle, appoggiandosi ad una balaustra in pietra. Le cime degli alberi della Foresta Proibita che ondeggiavano piano in lontananza. 
 Emma rabbrividì senza volere e Gabriel, che se ne accorse, le circondò le sue spalle in un abbraccio e poggiò la guancia sulla sua testa, inspirando il suo profumo. La ragazza chiuse gli occhi, beandosi di quel gesto pieno di dolcezza e rimase docile quando lui la fece girare lentamente su se stessa, fino a guardarla in volto.
 “Emma, sono davvero felice di averti conosciuto” sussurrò e l'azzurro dei suoi occhi era l'unica cosa che l'emoor riusciva a scorgere ora. Era intenso e bellissimo.
Sorrise in risposta, alzò lo sguardo e si accorse che forse era la cosa sbagliata da fare, quando si ritrovò con le labbra di lui ad un soffio dalle sue. Gabriel si fermò un solo secondo, come per darle tempo di pensare e poi la baciò e l'emoor rimase immobile per un lungo istante, spiazzata, stupita, per nulla pronta a quel gesto.
 Non lo aveva pianificato, sperato, né atteso, era stata forse ingenua a non immaginarlo, ma ora le labbra di Gabriel erano sulle sue e lei ne avvertiva il calore e la morbidezza. Non sapeva cosa fare, ma quando sentì le mani del ragazzo sulla sua schiena, agì d'istinto e si aggrappò al suo collo, seguendolo in un bacio casto e dolce. 
 Un tiepido calore a invaderle la pancia e le guance che si coloravano di un piacevole rosa, Emma si rese conto che quel bacio, seppur lieve, era ben diverso da quello che aveva provato con Steph.
Le labbra di Gabriel avevano un sapore, erano buone, erano morbide e reali.  Il ragazzo si staccò da lei e le sorrise .
 “Scusami, è da quando ti ho visto scendere le scale che avevo voglia di farlo.” disse con dolcezza.
 “Non fa nulla” rispose lei di riflesso e forse nemmeno questa era la risposta più giusta da dare e cercò di sorridere per scusarsi, perdendosi nell'azzurro dei suoi occhi. 
Era piacevole. Era tiepido. 
 Non era il tumulto che si era aspettata di provare al primo bacio e c'era qualcosa di sbagliato forse, qualcosa che, evidentemente, il ragazzo non percepiva, ma l'emoor rimase in silenzio e stettero per un po' a dondolare sul posto accanto balaustra, goffi, la neve a far loro da cornice, fino a quando qualcuno non arrivò correndo.
Gabriel!”
 “Florian? Che succede?” rispose il ragazzo.
 “Scusate!” disse il nuovo arrivato mortificato, lanciando uno sguardo ad Emma, che gli fece un gesto frettoloso per dirgli di non preoccuparsi “Théo, ha picchiato quel ragazzo di Durmstrang” 
“È un idiota!” sbottò Gabriel stringendo i pugni e subito si voltò verso la Corvonero, addolcendo il tono “Mi sa che la festa è rovinata, mi dispiace terribilmente... è mio fratello. Uno stupido.”
 “Gabriel, non fa nulla. Va da lui.” rispose tranquilla lei, provando in realtà un leggero sollievo.
 “Sono desolato, ti riaccompagno dentro, non so, c'è qualche amica? O vuoi che ti riaccompagni alla torre?”
 “Gabriel” disse lei con maggiore fermezza, sfiorandogli un braccio con calma “Ho detto di non preoccuparti, va da tuo fratello, io sto ancora un po' qui. Poi vado alla torre.”
 “D'accordo.” mormorò lui “Ci vediamo domani?” gli occhi azzurri sembravano giganti e combattuti come quelli di un bambino ed Emma si sentì scossa da una profonda tenerezza.
 “Sì, non ti preoccupare.” lo rassicurò con un ultimo sorriso e lo guardò allontanarsi con Florian e sospirò quando infine sparì. 


Lasciata finalmente sola, l'emoor sentì un enorme peso scivolare via. Rimase ferma per un lungo istante a fissare le cime lontane degli alberi, pensierosa e stava quasi per tornare alla Sala con l'intenzione di fare un ultimo saluto e sgattaiolare svelta verso la torre di Corvonero, quando in silenzio apparve Severus.
 “Oh, sei tu.” mormorò l'uomo, vedendola.
 “Confermo, sono io.” sorrise lei, scrollandosi di dosso i pensieri su Gabriel, felice come sempre di vedere il tutore.
 “Quasi non ti riconoscevo.” disse il professore, lanciando uno sguardo incredulo al vestito della ragazza “Stai bene così” aggiunse, con una punta di disagio nella voce.
 “Grazie” mormorò lei “il vestito l'ha scelto mia mamma. Sembra essere un perfetto tono Serpeverde, pare”
 “Già. Ti ha invitato qualcuno?” chiese Severus.
Se ne stava a distanza dall'emoor tenendosi nell'ombra, osservandola attentamente ed Emma capì che era in imbarazzo. 
 L'uomo aveva sempre avuto a che fare con una ragazzina in jeans e maglietta china su libri e pozioni e ora si ritrovava davanti una piccola donnina avvolta in un vestito elegante e con dolcezza la ragazza si chiese cosa avrebbe pensato suo padre nel vederla così.
 “Sì, mi ha invitata un ragazzo di Beauxbatons. Si chiama Gabriel.”
 “Uhm, bene.” disse Piton, distogliendo lo sguardo da lei.
 
Sev?”
 “Si?”
 “È un bravo ragazzo.” lo rassicurò Emma e lui annuì, sforzandosi di fare un ghigno simile a un sorriso, apparentemente grato per quella precisazione di circostanza. 
 Era strano vedere Severus tentare di sorridere, il suo volto, troppo abituato alla sua espressione sempre seria, sembrava contrarsi innaturalmente, eppure ad Emma piaceva con quella smorfia sul suo viso, perché gli dava un'aria più giovane, più serena.
 
Sei di ronda?” chiese al professore per cambiare discorso, rendendosi improvvisamente conto non voleva rimanere sola e che la presenza di Severus aveva il potere di tranquillizzarla.
 “Sì, controllo che qualcuno di voi non faccia qualcosa di poco consono.” ribatté secco, inarcando un sopracciglio.
 “Crolleranno i punti delle Case questa sera” scherzò l'emoor.
 “Dipende dal giudizio di voi studenti. Emma... Ti ha lasciata sola?” chiese cauto e la domanda dell'uomo colse lei di sorpresa . 
 “No, cioè sì, ma perché è dovuto correre da suo fratello in infermeria” chiosò “Si è offerto di accompagnarmi alla torre, ma io gli ho detto che preferivo stare un po' qui.” 
 Piton rimase a scrutarla torvo e lei non distese un sorriso 
divertito.
 “Severus, non c'è ragione di preoccuparsi.”
“Sono il tuo tutore, ho delle responsabilità.” ribatté il professore a mezza voce, chiaramente a disagio.
 “È vero, ma non ti devi preoccupare troppo. Qui non siamo a Spinner's End. Sono i miei genitori a dover rispondere di me”
 “Giusto.” sussurrò lui frettolosamente, con lo stesso tono brusco che usava con gli studenti, come maschera.
 “Ma a me fa molto piacere che tu sia preoccupato per me, solo: no ansia” specificò Emma con un sorriso e l'uomo annuì.
 “Ok.”
 Non erano bravi a interagire tra loro quando non sapevano cosa fare. Erano abituati a lavorare insieme, a studiare, a cercare di raggiungere obbiettivi, non a chiacchierare del più del meno. 
 Emma a volte ci aveva provato, anche solo per tentare di conoscere meglio il tutore, ma Severus ne era sempre rifuggito. 
 Chiacchierare, passare del tempo insieme senza un fine, significava ammettere che si stavano affezionando l'uno all'altra e se per la ragazzina non c'era vergogna in questo, per il professore era tutta un'altra storia. Eppure, anche se leggermente tesi e goffi, nessuno dei due osava muoversi per lasciare l'altro. 
  Il loro abituale modo di rapportarsi era reso legnoso dalla distanza e dai vestiti fuori contesto, ma il silenzioso affetto tra i due era comunque evidente. Emma fece un passo in avanti, incontro al tutore, ma Severus l'anticipò, guardando al di là delle sue spalle.
 “Draco, mi stavi cercando?” chiese.
 La Corvonero sussultò nel sentire il nome del Serpeverde e si voltò di scatto. Draco Malfoy uscì da dietro una delle statue che ornavano il giardino, baldanzoso e borioso come al solito, lo sguardo sicuro e un mezzo sorriso stampato sulle labbra, anche se, forse per la luce lieve, ad Emma parve di vedere, per un solo momento, un certo imbarazzo aleggiare nei suoi occhi.
“No, professore. Non la cercavo” ribatté il biondo.
 “Ah. Allora devi essere qui per la signorina O'Shea.” disse Severus.
 “Io...” esalò Malfoy esitante e l'emoor lo guardò, stupita che Piton potesse avere un così grande ascendente su di lui.
 “Non importa, non disturberò oltre” borbottò il professore “cercate di non ficcarvi nei guai” aggiunse in fretta e prima che Emma, o Malfoy potessero chiedere in quali guai si sarebbero dovuti ficcare, il mantello dell'uomo stava già svolazzando in lontananza, affiancato, dopo qualche istante, da quello di Igor Karkaroff.

 L'emoor, frastornata, stava ancora osservando il punto in cui era scomparso Piton, quando Malfoy al suo fianco parlò.
 “Il tuo cavaliere ti ha abbandonata, O'Shea?”
 “La tua dama ha preferito qualcun altro, Malfoy?” rispose secca lei.
 “Dì piuttosto che sono stato io a scaricarla.”
 “Questo confermerebbe ancora una volta la tua mancanza di galanteria” sibilò nervosamente.
 “Da quando ti preoccupi di come tratto le ragazze?”
 “E tu da quando ti nascondi dietro le statue per spiarmi?” ribatté lei e lui ghignò, incassando elegantemente l'accusa. 
 “Non è molto interessante parlare con te, O'Shea. Rispondi alle domande con altre domande.”
 “Lo faccio sempre quando le domande che mi pongono sono poco intelligenti.” soffiò lei tranquilla.
 “Uuuh, come siamo taglienti.” la stuzzicò lui.
 Emma si era sforzata fino a quel momento di fissare un punto indefinito davanti a sé, sperando che Malfoy si allontanasse al più presto. Aveva ancora sulle labbra il calore del bacio di Gabriel e la sensazione di aver passato una bella serata e non voleva certo che le frasi taglienti del biondo le rovinassero tutto.
Anche perché, nonostante poco dopo aver dato il suo primo bacio si sentisse tutt'altro che soddisfatta e la presenza del Serpeverde la facesse sentire 
stranamente calda, Emma non aveva intenzione di rinunciare alla suo neo cotta con Tullier, solo perché Malfoy si degnava, finalmente, di parlarle con lei.
 L'emoor alzò lo sguardo tagliente fissando il biondo negli occhi quasi con rabbia e non fu una saggia mossa, perché nel grigio in cui affondò scorse una vaga scintilla di divertimento e interesse, che stuzzicò la sua curiosità, facendola sentire scoperta.
 
Non hai altro da fare, Malfoy?” chiese, cercando di sembrare sicura di sé e noncurante.
 “Nulla di meglio che stare qui a parlare con te”
 “Ah. Mi fa piacere che tu ti sia deciso a rivolgermi la parola. Credevo quasi ti ostinassi a ignorare la mia esistenza”
 “Non ti montare troppo la testa, 
Mezzosangue. Sto soltanto passando il tempo.” disse lui con leggerezza.
 “Non sono una 
Mezzosangue.”e la voce di Emma era gelida e Malfoy si accigliò appena, genuinamente sorpreso dalla durezza del tono di lei, osservandola con curiosità, con quegli occhi così grigi.
 “Certo che lo sei. Non è un insulto, O'Shea. Metà del tuo sangue appartiene a qualche fondatore e l'altra metà è mischiato con Babbani da generazioni: il risultato è Mezzosangue.”
 “Ti sbagli.” ribatté l'emoor con serietà “Sono più probabilmente una 
Sanguemarcio, non credi? Nessuno dei miei genitori ha mai avuto una bacchetta e non sapevano nemmeno che esistesse la magia. Sono due Babbani, Malfoy. Uno dei quali, per pura casualità, ha del sangue di uno dei fondatori nelle vene.”
 Il ragazzo si irrigidì, colto di sorpresa. Si era aspettato un'estenuante difesa morale della ragazza, che a detta di tutti era la persona più corretta che Hogwarts avesse mai visto. 
Si era aspettato forse che lei gli sbattesse in faccia quanto lui fosse arrogante, o che gli esponesse, con la stessa rigidità della Granger, di essere superiore in quanto emoor. 
 Si era aspettato forse indignazione, ma Emma se ne stava ritta e fiera, con il suo vestito meraviglioso, pronta ad auto accusarsi di essere una Sanguemarcio con estrema tranquillità e Malfoy le lanciò nuovamente una lunga occhiata curiosa, prima di ricomporsi e sfoderare il suo solito ghigno amaro.
 “Non c'è nulla di lusinghiero negli aggettivi che ti attribuisci, O'Shea. Io non andrei a sbandierarli in giro.” rise freddo.
 “A me non importa” ribatté Emma dura, tagliente, scostando lo sguardo con stanchezza “Non fare giochetti di superiorità con me, Malfoy. Non funziona. Tu hai il tuo casato, la tua nobiltà, il tuo sangue puro... io ho la mia discendenza, inutile come la profezia in cui se ne parla. Il discorso si conclude qui.” 
 “Tu ti sottovaluti, O'Shea” mormorò il ragazzo e per un attimo Emma tornò a guardarlo negli occhi ed era evidente che il biondo si fosse fatto sfuggire quelle parole e ora se ne pentisse.
 “In che senso mi sottovaluto?” domandò secca e lui si tese sul posto.
 “Potresti essere meglio di così, potresti essere ammirata da tutti se solo lo volessi. Chiunque vorrebbe il tuo potere, ma tu ti sottovaluti. Forse, è per la gente mediocre che frequenti: la Granger, tutti quei Corvonero e addirittura la Weasley. Sprechi le tue potenzialità, mancano solo i Tassorosso.” concluse il ragazzo, leggermente rosso in viso, guardandola con espressione all'apparenza soddisfatta, come se fosse certo di averla ferita.
 
“Da quanto controlli la lista di persone che frequento, Malfoy?” chiese Emma, sfoggiando un'aria annoiata e qualcosa si incrinò nello sguardo del biondo “Hai finito?”
 “Come scusa?” sussurrò il ragazzo.
“Ti ho chiesto se hai finito di recitare la tua parte di rampollo di antico casato.” disse Emma pacata “Sai cosa dicono di te?”
 “Che sono bello, sexy e ricco?” tentò lui con un ghigno divertito e l'emoor scosse la testa spazientita. 
 “Dicono che sei una persona odiosa e piena di sé, che sei subdolo, meschino e ingannevole e che nel tuo tempo libero non fai altro che dar rogne alla gente ed essere sgradevole”
  Lui fece un'espressione strana, come se fosse stato, a sorpresa, ferito da quelle parole, ma non distolse lo sguardo da lei ed Emma si sentì stranamente sicura di sé, mentre lo guardava di rimando in volto, ancora incredula che la serata avesse avuto un così brusco cambiamento. Voleva solo andare a nascondersi nel suo letto a baldacchino, dormire per ore, 
forse piangere. Voleva sfuggire da quello sguardo metallico che sembrava scavarle dentro.
 “Se sono un mostro allora perché ti ostini a non togliermi il saluto?” ribatté lui con tono gelido e distaccato.
 “Perché io non ho creduto a quelle voci, Malfoy.” rispose la Corvonero tranquilla, continuando a fissarlo “Nemmeno a una. Ho provato a conoscerti a pozioni. Ho pensato che ci fosse ancora qualcosa dietro tutta quell'arroganza. Intelligenza, per esempio, ma tu poi mi fai questi discorsi... davvero deludente”
 L'emoor aveva parlato con rabbia trattenuta, forse più di quello che avrebbe voluto, la mandibola tesa e gli occhi vagamente lucidi, perché Malfoy rappresentava in quel momento tutto quello che lei non comprendeva e non apprezzava del mondo magico: Casati, nomi, stati di sangue e diversità tra Case e ritta sul posto, lo fissava apertamente negli occhi, 
con sfida, anche se se si sentiva frastornata ed era consapevole che una grossa parte di sé avrebbe voluto semplicemente gettarsi contro di lui, forse picchiarlo e abbracciarlo nello stesso momento.
Nemmeno Malfoy riusciva a staccare lo sguardo dagli occhi di lei e per la prima volta, vedendola lì a fronteggiarlo come una guerriere determinata, così diversa eppure uguale alla ragazza ostinata che lo salutava a Pozioni, parve accorgersi di quanto lei fosse bella. 
 Non che non l'avesse notato, in fondo era un adolescente ed Emma era una bellezza atipica, ma di fascino raro, ma in quel momento, alla luce chiara della luna, lo sguardo lucente e il corpo magro avvolto da quel magnifico vestito verde, Draco si sentì quasi ammaliato da lei e il solo pensiero lo innervosì tremendamente.
 L'emoor non parve capire la guerra interiore che lo scuoteva, perché fece semplicemente un sospiro arreso, spezzando, suo malgrado, la magia del momento. Sentiva l'impellente necessità di rompere il silenzio e le parve che il freddo le entrasse nelle ossa.
 “Se non hai nulla da dire, Malfoy, io me ne andrei” sussurrò abbattuta, lo sguardo ai piedi, improvvisamente stanca e il Serpeverde rimase immobile, gli occhi grigi che ancora la scrutavano, 
combattuti
 Emma gli voltò le spalle senza pensarci due volte, non aspettandosi alcuna risposta e sobbalzò sorpresa quando udì la voce bassa del biondo mormorare: “Hai ragione, O'Shea. Per me è piuttosto semplice fare del male alle persone e so anche essere estremamente sgradevole, se voglio.”
 L'emoor si girò verso di lui di scatto, scrutandolo attenta, cercando la presa in giro dietro le sue parole, ma Malfoy non si era mosso di un millimetro e teneva lo sguardo basso e la mandibola serrata.
 “Come scusa?” chiese la Corvonero con un filo di voce.
 “Ti ho dato ragione O'Shea” ribatté il ragazzo con evidente vergogna, ciuffi di capelli biondi a coprirgli la fronte “Ti chiederei di dimenticare quello che ho detto questa sera, se puoi e comportarti come se non ci fossimo mai incontrati”
“Hai intenzione di tornare a non rivolgermi la parola?” domandò lei, parzialmente confusa da quel discorso e il ragazzo continuò per un momento a fissarsi i piedi con evidente nervosismo.
 “Ho intenzione di provare a ripartire da zero, 
Mezzosangue. Forse  abbiamo iniziato con il piede sbagliato”

Se lui si fosse tolto la giacca e gliela avesse offerta gentilmente per ripararsi dal freddo, Emma si sarebbe stupita di meno. 
 Sorvolò sul termine 
Mezzosangue trovandolo quasi affettuoso e rimase in silenzio, incredula. Perché quello sguardo privo di rabbia e cattiveria, quelle parole concise e semplici, quella proposta di dimenticare il litigio era, per Draco Malfoy, come chiedere scusa e chiedere scusa sicuramente non faceva parte dei boriosi atteggiamenti solitamente tipici del Serpeverde.
 Emma soppesò per un istante le sue parole, cercando inutilmente lo sguardo del ragazzo, suo malgrado colpita, prima di annuire.
 “D'accordo, Malfoy. Facciamo come se non fosse successo niente allora. Ci vediamo?” chiese pacata.
 Lui annuì brevemente, incassando le spalle “Pozioni” disse secco e si allontanò di qualche passo, come se necessitasse aria.
 Sembrava stranamente triste, vulnerabile ed Emma represse il desiderio di raggiungerlo e confortarlo, ma si obbligò invece a voltarsi, cercando di non correre, mentre ritornava nella sala dove a ritmo di un lento gli studenti si dondolavano sulla pista. 
 Le parve di scorgere Ginny nel mezzo, abbracciata a un ragazzo che non era Neville, ma non si fermò, perché sapeva che non sarebbe riuscita a resistere a lungo alle lacrime. 
 Uscì dalla Sala Grande quasi correndo, pregando che Malfoy non la seguisse e si avviò verso la torre, mentre parole confuse le apparivano nella mente.
Aveva ballato, si era sentita bella, aveva dato il suo primo vero bacio, aveva ricevuto un complimento da Severus e poi lo aveva visto andar via con Karkaroff e infine aveva persino parlato con Malfoy.
 Uno strano Malfoy. Un Malfoy diverso da quello che credeva di aver imparato a conoscere, osservandolo. Profondamente diverso
 Erano troppi elementi, troppe domande che le cozzavano nella mente, tanto che forse avrebbe voluto che la serata fosse andata diversamente e in mezzo a un corridoio deserto la ragazza si fermò, facendo grossi respiri per non scoppiare a piangere e controllando con fatica il tremore nelle gambe. Si tolse le scarpe e si massaggiò i piedi doloranti, in cerca di una qualunque forma di sollievo.
“Emma?” disse una voce alle sue spalle.
L'emoor sussultò e si voltò di scatto stupita, trovandosi di fronte George Weasley che la guardava sorpreso, la fronte aggrottata.
 “Tutto ok?” chiese il gemello, con fare particolarmente gentile e prima che lei potesse impedirselo, il tentativo vano di fermare le lacrime andò in frantumi e scoppiò a piangere.
 “Ehi, Ehi” disse subito il ragazzo, curiosamente protettivo, avvicinandosi a lei con dolcezza e abbracciandola ed Emma si strinse subito al petto del rosso, soffocando i singhiozzi.
 “Chi è lo stronzo che ti ha fatto piangere” chiese Weasley con tono serio, ma l'emoor scosse solo il capo, riemergendo dalla stretta di lui dopo qualche secondo di silenziosa disperazione.
 “Scusami” mormorò affranta “è stata una serata strana”
 “Devo affatturare qualcuno?” insistette il gemello.
 La Corvonero stirò un sorriso tremante, asciugandosi le lacrime con il dorso della mano “No George, grazie.”
 Il ragazzo la scrutò con insolita attenzione, il viso lentigginoso vicino al suo ed Emma si fece sfuggire un sospiro, sentendosi meglio.
Che ci fai qui?” disse lei, cercando di spostare l'attenzione su altro.
 “Ho accompagnato la mia dama alla torre” ribatté George allegro.
 “Corvonero?” chiese con un sorriso sincero e lui annuì di rimando
 “Sai cosa ci vuole per quelle lacrime?” aggiunse subito, furbo.
 Emma scosse la testa e il ragazzo, prima che lei potesse ribattere, od opporsi in qualunque modo, la prese per mano e le fece fare una piroetta su sé stessa, facendola sorridere.

Ballarono nel corridoio silenzioso e deserto, illuminati dalla luce pallida della luna. Ballarono dapprima lentamente, Emma incerta e goffa, George sorridente e allegro, fino a quando il gemello non aumentò la velocità a ritmo di una canzone immaginaria, facendola girare su se stessa più volte e l'emoor scoppiò infine a ridere, lasciandosi nuovamente affondare nell'abbraccio del ragazzo.
 
Grazie George” mormorò affettuosamente dopo parecchi minuti, alzò lo sguardo negli occhi castani del gemello trovandoli pieni di divertimento e il rosso la liberò dell'abbraccio, facendole un inchino. Non c'era attrazione, non c'era magnetismo. Solo del sincero affetto. Genuino, sano. 
 “Ti riaccompagno in torre” disse tranquillo e la ragazza non si sentì di rifiutare e gli si affiancò. 
Si incamminarono vicini, i passi che risuonavano nel silenzio del corridoio, le loro ombre che si allungavano nella luce della notte.
Non mi dirai chi ti ha fatto piangere?”
 “No, George” sorrise lei, perché sapeva di non potergli parlare dello scambio di battute con Malfoy, né della confusione che aveva provato quella sera.
 “Non è stato il francese?” rincarò il rosso e lei scosse nuovamente la testa con pazienza, ridendo appena e quando arrivarono alla torre ed Emma si volse, gli sorrise grata un'ultima volta.
“Grazie” mormorò sincera.
Non sentiva più il bisogno di piangere ed era contenta di aver trovato il gemello. Uno qualunque dei suoi amici avrebbe insistito per sapere il motivo delle sue lacrime fino a sfinirla, mentre insieme a George era sempre estremamente semplice sentirsi a proprio agio,  mantenendo un giusto riserbo.
 Il ragazzo scrollò le spalle e le carezzò una guancia, fraterno.
 “Ricorda che io e Freddie siamo i Battitori della squadra di Quidditch quando non c'è questo 
maledetto Torneo, quindi chiunque sia stato... se ti fa piangere di nuovo...” disse gentile, sfoggiando uno sguardo furbo e lasciando in sospeso la minaccia.
 Emma rise, scuotendo la testa e George con un gesto di saluto si allontanò, lasciandola con il cuore meno pesante, ma quando l'emoor entrò nel dormitorio e incontrò lo sguardo trepidante di attesa di Lilith, ansiosa di sapere come fosse andata, di nuovo la realtà le crollò addosso e le lacrime presero a correre sulle sue guance arrossate, senza che potesse fermarle. 
 Lilith confusa corse ad abbracciarla e la portò nel letto e si strinsero e confortarono l'una all'altra senza dire una parola, fino quando non crollarono addormentate.



*Angolo Autrice*

Finalmente è arrivato il Ballo del Ceppo. Una parentesi felice (in parte).
Questo è stato uno dei capitoli entrati nei miei preferiti e non potevo certo impedire ad Emma di partecipare al ballo, nonostante fosse di un anno più piccola del necessario. Cominciamo anche a sentire in Emma un cambiamento, a mio parere si sta lasciando definitivamente alle spalle l'infanzia, entrando a gamba tesa nell'adolescenza.

In ordine: 
. Gabriel Tullier. Forse qualcuno di voi avrebbe preferito che Emma andasse al ballo con un personaggio consociuto, ma io ho preferito che ci andasse con qualcuno di totalmente nuovo, una ventata di freschezza, fuori dai dogmi di Hogwarts. Inoltre il torneo Tremaghi, come ci dice Hermione, dovrebbe nascere proprio per fare conoscenza tra stranieri e lei è l'unica ad approfittarne, ho pensato che dovesse farlo anche Emma. Gabriel è un ragazzo d'oro. Credetemi, ma forse non quello giusto per l'emoor. 

. David. Ho voluto dare un piccolo spazio ad Emma e al più grifondoro degli emoor verde argento, visto che la simpatia tra i due è sempre stata lampante, ma passano poco tempo insieme viste le case diverse. David è un fratellone buono per Emma e come ogni fratellone e serpe è geloso. 

. Severus. Il rapporto molto tenero e pieno di protezione di Emma e Piton meritava una piccola parentesi. Ho immaginato lo sguardo di Piton come quello di un padrino che si accorge che la sua protetta improvvisamente non è più una bambina. 

. Draco. Signori! Che tensione. Emma e Draco hanno un'attrazione naturale tra loro ed Emma ha tutte le carte in regola per sollevare l'interesse del biondo, forse però non riescono a trovare il modo giusto per dialogare lontano da un calderone, ma ci provano, bisogna ammetterlo. (Che tenerezza).

. George. Dedico questo ballo notturno tra George ed Emma a Isotta, che legge sempre per prima e ama questa accoppiata. Spero che scoprire la totale assenza di attrazione, ma solo il genuino e positivo affetto tra i due non ti sia dispiaciuto troppo. Sono belli anche i rapporti così. Sinceri e puri. 

Il prossimo capitolo saprà di natale e vi anticipo che finalmente Harry entra in scena di più. 
Alla prossima, spero tanto che questo vi sia piaciuto.
vi


Ritorna all'indice


Capitolo 15
*** Natale e poco più ***


.Natale e poco più.

  

Emma!” gridò Lilith, aprendo con irruenza le tende del suo baldacchino e attirando l'attenzione dell'emoor addormentata, che confusa, si scrollò di dosso il sonno, stiracchiando debolmente le braccia prima di emergere dalla coltre di coperte sotto cui si era sepolta la sera prima quando, stanca e con le lacrime ancora secche sul volto, si era rifugiata nel suo letto. 
 Non aveva voglia di alzarsi e affrontare la giornata. In realtà non aveva voglia dell'entusiasmo che percepiva nella voce di Lilith, né di rischiare di incontrare Gabriel, o Malfoy per i corridoi, ma sapeva che, quel giorno in particolare, non avrebbe potuto far finta di non esistere, né sottrarsi ai festeggiamenti: era Natale.
 “Emma!” gridò nuovamente la biondina, al di là delle pesanti coltri del baldacchino che lei aveva provato a richiudere alla cieca, con un gesto secco e annoiato “Sveglia! Buona Natale.”
 La ragazza sospirò e si vide costretta ad aprire faticosamente gli occhi, mettendo a fuoco con una certa difficoltà la compagna di Casa che le sorrideva attraverso lo spiraglio di tessuto, saltellando letteralmente sul posto per la felicità. 
“Mmm” gracchiò in risposta “Natel buon pure a te Lil.”
 C'era uno strano profumo di cenere e pane caldo che aleggiava nell'aria e sapeva di festa. Fuori dalla finestra la neve cadeva candida e leggera nel cielo plumbeo.
“Ehi, svegliaaaa!” questa volta a gridare era stata Carmen, anche lei di buon umore, avvolta nella sua vestaglia blu notte e  con i capelli come sempre legati in una coda impeccabile. Emma la osservò mentre cercava di far alzare con pochi risultati Luna e Sarah che, come lei, si crogiolavano sotto le coperte e si stropicciò gli occhi, arresa al fatto che non le avrebbero permesso di dormire di più. 
 Appena si sentì completamente sveglia aprì le pesanti tende del baldacchino fino a quel momento solo socchiuse e gettando un'occhiata intorno, dopo aver fatto un cenno di saluto a Lilith, si sforzò di alzarsi dal materasso, imitando le due assonnate Luna e Sarah e di arrivare fino ai piedi del letto per aprire i suoi regali, rimanendo stupita dalla quantità di pacchetti colorati che vi trovò. 


 Era come essere di nuovo bambina e le faceva strano non avere i genitori accanto. Se fosse stata a casa avrebbe ascoltato con suo padre il suo cd di canzoni di Natale e l'aria sarebbe stata calda del profumo dei manicaretti di sua madre, Lydia. Nel pomeriggio, forse, Steph e la sua famiglia sarebbero passati a trovarli e avrebbero mangiato dolciumi davanti al caminetto. Emma sorrise tra sé e per un momento la malinconia le strinse lo stomaco.
 Il primo regalo, avvolto in una sgargiante carta rossa, si rivelò un bellissimo manuale di Trasfigurazione, regalatole da Hermione Granger. Subito dopo scartò delle nuove fiale per pozioni, regalo di Sarah e Carmen, un amuleto contro i malanni e gli spiriti maligni, pensiero di Luna e una splendida edizione di Storia di Hogwarts, inviatale da Emily, David e a sorpresa anche Artemius.
  James le aveva regalato una stranissima clessidra, i gemelli Weasley un enorme scatola di dolci magici, Sean e i gemelli Harrods una piuma per scrivere nuova e diversi fogli di pergamena da corrispondenza al profumo di zenzero e i suoi genitori un'edizione raffigurata del suo libro preferito. 
Emma sussultò nel vedere anche il regalo inatteso di Steph: era una loro foto incorniciata. Una  foto Babbana e sorpresa, rimase a guardare con affetto quell'immagine stranamente ferma che ritraeva lei e l'amico nel prato dietro casa, dove erano abituati a giocare insieme da bambini. 
 Doveva essere stata scattata qualche anno prima, perché sembravano entrambi particolarmente piccoli e teneri. Lei teneva un braccio intorno alle spalle di lui e sorrideva in camera, le ginocchia sbucciate in vista e un dente davanti mancante. Steph sembrava invece più timido e sbirciava appena il fotografo da sotto i capelli biondi arruffati, un braccio stretto intorno alla vita dell'emoor. 
 Emma appoggiò la foto accanto a sé e dopo un ultimo sguardo si affrettò a scartare l'ultimo regalo, rivelando una maglia decorata con un calderone e la scritta '
Pozionista', da parte di Lilith e soddisfatta, la indossò sotto il maglione blu con ricamata in bronzo l'iniziale del suo nome, regalatole inaspettatamente dai  coniugi Weasley. 
 Il dormitorio era pieno dei rumori della carta dei pacchetti scartati, delle risate trattenute, dei sospiri emozionati delle cinque ragazze. In uno sfolgorio di colori, nastri e canti di natale. Fuori dalle finestre la neve scendeva ancora lenta a scandire l'inizio pigro di quella mattinata. Era Natale. Natale ad Hogwarts.Emma era felice.

. . .

La Sala Grande era semplicemente splendida. Piccoli cristalli di neve creati con la magia cadevano dal soffitto ancora decorato come la sera prima e ghirlande intrecciate e alberi di natale, circondati da decorazioni e orpelli, adornavano gli angoli della stanza.
 Emma, incuneata tra Lilith e James al tavolo di Corvonero, mentre si riempiva con soddisfazione il piatto della colazione tra risate e schiamazzi, vide Ginny entrare nella sala con aria pensierosa e la testa bassa, pallida e sconsolata. 
La rossa non le lanciò nemmeno il solito cenno di saluto, anzi, stranamente persa nei suoi pensieri, si diresse a passo lento al tavolo dei Grifondoro, sedendosi poi in disparte, lontano da tutti, il mento appoggiato nel palmo della mano e lo sguardo vacuo. 
 Emma, incuriosita, la osservò per un momento, prima di decidere di raggiungerla, scusandosi frettolosamente con i suoi amici.

Auguri!” disse, una volta sedutasi di fronte alla Weasley. 
 Gli altri Grifondoro le lanciarono solo uno sguardo distratto, troppo presi a festeggiare per dare attenzione a quella sua intrusione. Nessun regolamento vietava esplicitamente di sedere al tavolo di un'altra Casa ai pasti, ma era sicuramente una cosa insolita.
 “Ehi!” sorrise la rossa, sobbalzando stupita “Bel maglione.”
 “Grazie ai tuoi genitori” rispose l'emoor con una smorfia gentile.
 “Figurati, volevano farti un pensiero. Tengono tanto a te e mamma regala sempre a tutti un maglione alla Weasley.” disse stancamente l'altra, cercando di sembrare allegra. 
 “È stupendo e molto caldo” 
 “Più che altro è utile per riconoscere Fred e George” mormorò la rossa, prima di aggiungere “Grazie a te del tuo regalo” sfiorandosi distrattamente i sottili orecchini a cerchio che Emma aveva preso per lei, senza nemmeno guardarla in volto.
 “Di nulla” sorrise l'emoor, accigliandosi appena “Ginny stai ben...”
 “Ho qui il tuo” la interruppe però la Grifondoro, scrollando le spalle come per togliersi un brutto pensiero e frugò nella sua tracolla, tirandone fuori un piccolo pacchetto che Emma si affrettò a scartare. Era un gioiello.
 Non particolarmente prezioso, ma agli occhi della Corvonero occhi sembrò bellissimo: 
un semplice ciondolo che pendeva da una catenella sottile. Sembrava una moneta che da un lato sfoggiava il disegno di un corvo stilizzato, dall'altro quello di un serpente.
È bellissimo Ginny” sussurrò stupita, guardandola con emozione.
 “L'ho visto lì in un negozio di Hogsmeade e ho pensato subito che fosse perfetto per te” sorrise mesta l'altra.
 La Weasley era l'unica, a eccezione degli altri tre emoor, a conoscere le origini di Emma ed era bello che avesse pensato a quella dualità tra serpente e corvo per lei, senza dimostrare alcuna rimostranza per il sangue Serpeverde. L'emoor assunse un'aria contenta e si affrettò a indossare il regalo, rialzando subito lo sguardo per scrutare il volto stanco dell'amica che, nonostante il sorriso che cercava di sfoggiare con noncuranza, aveva l'aria di una che non avesse dormito affatto bene e le occhiaie marcate.
 “Come è andata con Paciock?” indagò cauta.
 “Non prendermi in giro.” rispose subito la rossa, con una smorfia contratta sul volto lentigginoso.
 “Non lo sto facendo” disse pacata Emma.
 Sapeva quanto Ginny avesse sofferto nel dover rinunciare ad Harry per il Ballo e intuiva il motivo di quella brutta cera sul volto tirato dell'altra, che infatti sospirò abbattuta. 
 “È andata bene. Nel migliore dei modi in cui può andare se sei la dama di Neville Paciock.” borbottò con una leggera vena di risentimento “Lui è davvero gentile ma...”
 Emma sorrise con dolcezza e cercò benevola il suo sguardo.
 “Se ti fa stare meglio, Harry non sembrava così felice ieri.”
 “L'ho notato anche io.” rispose lei, illuminandosi appena.
 “Quindi perché quel muso lungo?” insistette la Corvonero, decisa a cercare di capire cosa affliggesse l'amica e Ginny in risposta si strinse le mani con affanno, improvvisamente pallida e spersa, mentre sembrava pensare velocemente a una risposta giusta e ad Emma parve di scorgere un vago senso di colpa nei suoi lineamenti.
“Ho parlato a un ragazzo che 
potrebbe piacermi” ammise infine.
L'emoor sbatté una sola volta le ciglia, assorbendo l'inattesa informazione senza dare prova del suo stupore. 
 Qualcosa nella sua memoria vibrò, ricordando di aver visto Ginny che ballava con qualcuno che non era Paciock mentre lei abbandonava la Sala per fuggire da Draco Malfoy.
 “Mi sembra fantastico” articolò con tono incoraggiante.
 “Non lo so è strano.” ribatté l'altra, imbronciandosi, le mani che svolazzavano ora tutt'intorno, piene di tensione. 
 “Non capisco di cosa ti preoccupi, Gin”
 “Non è Harry”
 La risposta la colpì per la sua semplicità, ma Ginny era così. Diretta. 
Sincera. Priva di fronzoli ed Emma si sporse istintivamente in avanti per coprire la sua mano con la propria, protettiva. 
 “Può essere un'ottima occasione per sbloccarti” le fece notare propositiva “Ne abbiamo già parlato. Chi è il fortunato?”
 “Michel Corner, Corvonero” mormorò la rossa imbarazzata.
 “Lo conosco” sorrise l'emoor “è simpatico”
 Ginny stese a sua volta un sorriso incerto 
 “Già sembra carino... e tu? Tullier?”
 “Mi ha baciata.” sussurrò.
 Aveva risposto come fosse sovrappensiero, non certo nel modo in cui una ragazza rivela alla sua migliore amica di aver ricevuto un bacio, ma era così che si sentiva a riguardo. 
 Era un qualcosa che rimaneva cristallizzato nelle ore passate la sera prima con Gabriel. Ore che, dopo il pianto e il sonno agitato di quella notte, punteggiato qua e là dai soliti terribili incubi, sembravano lontane mille miglia. Ginny scattò invece in piedi, spalancando la bocca a quella rivelazione, lo sguardo incredulo. 
 “E me lo dici solo ora?!” disse strozzata, mentre Emma rimaneva leggermente frastornata dall'entusiasmo dell'amica.
“Non è nulla di così importante...” si difese.
 “Emma! Non è importante? Sei stata baciata da Gabriel Tullier! È uno dei ragazzi più belli che attualmente gira per Hogwarts e ti ha baciata! Vuol dire che è interessato a te!”
 “Immagino di sì” ammise lei a disagio, quasi balbettando e arrossendo fino alle radici dei capelli.
 “Cosa mi stai nascondendo?” chiese la rossa.
 “Non so 
nemmeno se mi è piaciuto” sussurrò l'emoor con voce bassa, tanto che la Grifondoro dovette piegarsi per cogliere le parole e la Sala parve all'improvviso troppo angusta, piena di decorazioni.
 “Non ci credo.” disse secca Ginny.
 “È così” soffiò la Corvonero
 “Ma lui com'è?” rincarò l'altra, decisa a vederci chiaro.
 “Oh, lui è meraviglioso, è molto bello e mi ha trattato benissimo, è dolce e protettivo, ma...”
 Fu il turno di Emma di impallidire un poco spersa, mentre il suo sguardo si muoveva d'istinto verso la tavola di Serpeverde, dove Draco Malfoy, come sempre impeccabile nella sua divisa, sorseggiava il suo the nero accanto a un assonnato Blaise Zabini.
 “Non è Malfoy.” concluse per lei Ginny, che aveva seguito il suo sguardo attenta e sembrava solo vagamente stupita a quella rivelazione “Tullier è carino e simpatico, ma non è Malfoy”
 Emma sentì le gote andare ancora più in fiamme e lanciò un'occhiata alle persone intorno a loro, assicurandosi che nessuno avesse sentito le parole di Ginny. 
Mai lei avrebbe ammesso ad alta voce una cosa del genere. Eppure sapeva che l'amica aveva ragione e se ne rendeva lucidamente conto solo ora.
 “No, non è Malfoy.” sussurrò arresa e Ginny l'abbracciò.
 “Buona Natale, Emma” 
 “Buon Natale, Ginny”

La giornata passò al ritmo della neve che cadeva pigra, coprendo tutto di bianco. I Corvonero, radunati nella Sala Comune, chiacchieravano amabilmente del più e del meno dopo il sontuoso pranzo di Natale. Nessuno di loro sfogliava libri e non si vedeva nemmeno l'ombra di una piuma, né si sentiva il solito fruscio delle pergamene. C'era solo una sommessa e calda allegria.
 Emma, accoccolata tra James e Luke, si teneva la pancia dolorante dalle troppe risate, mentre Sean, in piedi su un tavolo, faceva una perfetta imitazione di Malocchio Moody. L'amico scese dal palco improvvisato e Dan prese il suo posto, imitando il professor Ruf, di Storia della Magia e quando tutti finsero di cadere addormentati come di solito accadeva in classe, persino due ragazze del sesto anno, che stavano assistendo insieme a loro, scoppiarono a ridere.
 A metà pomeriggio la luce che filtrava dalle grandi vetrate già cominciava a calare e dopo un altro paio di accurate imitazioni, Emma si alzò, senza smettere di ridacchiare tra sé.
 “Dove vai?” le chiese Lilith
 “Da Severus” 
 “Piton? Perché?” chiese la biondina incredula.
 “Non gli ho ancora fatto gli auguri di Natale.” spiegò l'emoor sbrigativa e si avviò svelta verso l'uscita della torre, lasciandosi suo malgrado alle spalle la compagnia ancora allegra. 
 Non voleva sentire i borbottii dell'amica a proposito di quanto fosse stupido continuare ad essere gentile con Piton. Su quell'argomento non sarebbero mai riuscite a trovare un accordo e James sarebbe dovuto intervenire, interrompendo la gioia natalizia. 
 Il fatto era che Emma non riusciva semplicemente a rinunciare alla presenza del tutore magico e Lilith invece non sopportava i Serpeverde, avevano due pensieri diametralmente opposti e quindi difficilmente conciliabili.
L'emoor fece un cenno di saluto e uscì dalla Sala Comune, avviandosi verso le scale che l'avrebbero portata ai sotterranei. Non c'era movimento nei corridoi, il silenzio sembrava invadere il castello e solo di tanto in tanto, in lontananza, si udiva un rumore sommesso che poteva far pensare a qualche festeggiamento. 
 Emma camminò lentamente, tranquilla, ricambiando gli auguri che le fecero un paio di fantasmi e ridacchiando tra sé quando udì Pix cantare con voce stridula e stonata vecchie ballate natalizie. 
 La presenza dei fantasmi a Hogwarts era qualcosa a cui non si era abituata velocemente e che in parte la intimoriva, tanto che se solo ci pensava ne era ancora quasi sconcertata e ringraziava silenziosamente il fatto che il fantasma di Corvonero, la Dama Grigia, fosse tanto riservato, da non apparire quasi mai in torre.  
 Pix in particolare però, forse per il suo carattere fin troppo goliardico, i guai che combinava e il suo modo di fare, non le incuteva timore, ma più spesso la faceva solo sorridere, o alla peggio scuotere la testa con disappunto.
 Emma scese innumerevoli piani, fino a quando non aprì la porta che dava accesso ai sotterranei. Percorse il lungo corridoio a passo svelto, sperando di non incontrare nessuno di Serpeverde e si fermò solo davanti a quello che sapeva essere l'ingresso dell'ufficio di Piton.
 Non si era annunciata in nessun modo ed era certa che il tutore non la aspettasse, tanto che per un momento si chiese se, nel vederla, avrebbe reagito con il disappunto di chi si sente invaso suo malgrado nei propri spazi, ma Emma non credeva di fare alcuno sbaglio nel fare al tutore gli auguri per quella giornata e torturandosi il labbro per quell'attimo di indecisione, si affrettò ad entrare. 
 L'interno della stanza era come sempre nella penombra, ma Emma scorse subito Severus seduto su una poltrona simile a quella che occupava a Spinner's End. 
L'uomo parve vagamente sorpreso quando la porta ruotò sui suoi cardini e le lanciò un'occhiata perplessa, alzando il capo dal libro che stava evidentemente consultando.
 “Ciao.” lo salutò Emma sorridendo. 
 Era la prima volta che vedeva l'ufficio del tutore, nonostante ne conoscesse l'ubicazione per ogni evenienza e si rese contro che la poltrona non era l'unica cosa che assomigliava alla casa di Spinner's End, dove anche lei aveva vissuto. 
 C'era lo stesso odore speziato e la luce calda e bassa, le stesse librerie colme di volumi, lo stesso caminetto sempre acceso, lo stesso retrogusto amaro delle pozioni distillate a lungo che sapeva di casa, così come la onnipresente teiera appoggiata sul tavolino e le pergamene arrotolate pronte all'uso.
 “Ciao” rispose Severus riponendo il libro e andando verso di lei.
 La ragazzina chiuse la porte alle spalle e avanzò nella stanza sotto lo sguardo circospetto del tutore, che ne controllava ogni movimento.
 “È bello qui” sorrise e l'uomo si accigliò appena.
“Hai bisogno, Emma?” chiese.
 Lei si voltò a guardarlo, con un sorriso benevole che rischiarava l'aria timida e le mani composte dietro la schiena, forse per nascondere l'agitazione.
 “Volevo solo dirti Buon Natale!” disse in fretta, impacciata e Piton inarcò istintivamente un sopracciglio, evidentemente sorpreso, ma si sforzò di fare un cenno gentile con il capo.
 “Buon Natale anche a te, Emma.” 
 
Ti ho portato il tuo regalo.” ribatté lei, porgendogli un pacchetto blu scuro con fiocchi verde cupo, mentre sorrideva contenta.
 “Regalo?” chiese l'uomo, avvicinandosi cauto.
 “Sì, Severus. Un regalo, a Natale è usanza comune farli, non so se te ne sei accorto” lo prese in giro, bonariamente.
Lui parve improvvisamente imbarazzato. Spostò gli occhi scuri a destra e a sinistra, dondolando sui piedi, a disagio.
“Io non ti ho fatto un regalo.” ammise infine, contrariato.
 Emma non parve troppo sorpresa, allargò invece il sorriso porgendogli nuovamente il pacchetto con insistenza, fino a quando il professore non lo prese, seppur titubante e se lo girò tra le mani, sotto lo sguardo divertito della sua protetta.
 “Non ricordo nemmeno più l'ultima volta che qualcuno mi ha fatto un regalo, non so che fare.” ammise lui.
 “Comincia ad aprirlo” disse la ragazzina, scostando lo sguardo verso una pila di libri, per lasciare lui il suo spazio.
 L'uomo le lanciò un'ultima occhiata incerta, prima di cominciare a rompere la carta, mettendoci insolita cura ed Emma, di sottecchi, vide le labbra sottili di lui piegarsi in un accenno di sorriso quando scoprì il contenuto del dono.
 
Grazie” disse sincero. 

Tra le mani stringeva una semplice cornice in legno, che racchiudeva una foto animata. Una ragazza e un uomo correvano sul versante di una collina, ridendo felici, circondati dal verde dell'erba e dal rosa e dal giallo dei fiori di campo.
 “Ne ho fatta una copia anche per me, ci ho messo un po' a imparare l'incantesimo, ma credo di aver fatto un buon lavoro.” disse, orgogliosa “ti piace?”
 “È una bella foto.” ammise lui, il volto tornato come sempre severo.
 “Merito della macchina fotografica di Silente” 
 Il loro silenzio, quel silenzio pieno di parole che era loro caratteristica, avvolse tutore e protetta per un lungo istante, mentre osservavano distrattamente le loro copie su carta, che nella foto che correvano spensierate. 
Sembravano appartenere a una vita prima, lontanissima, ma in realtà erano solo passati pochi mesi. 
 “Temo di non aver nulla da offrirti” disse infine Piton.
 “Non importa” scrollò le spalle la ragazzina, facendo un passo indietro “ero solo venuta ad augurarti buon Natale. Torno in torre.”
 Lui dondolò nuovamente sui talloni. Ora vi era un velato imbarazzo. Non erano fatti per i convenevoli. Senza qualcosa di specifico da fare, che si mettesse tra  loro a far da cuscinetto, Emma e Severus erano due persone diffidenti e solitarie che non sapevano interagire tra di loro, se non in quei rari e speciali momenti di perfetta condivisione. La lontananza, anche se non aveva intaccato il loro legame, indubbiamente aveva irrigidito il loro modo di vivere insieme e l'equilibrio che avevano trovato dopo lungo tempo.
 L'uomo si schiarì la voce, a disagio.
 “Hai passato una piacevole giornata?” tentò.
 “Sì, direi di sì.” rispose subito lei, con fin troppa cortesia e fece un sorriso, mentre quasi si voltava per defilarsi, ma un forte '
Crack' fece sobbalzare entrambi.

 
Signore, scusi per il ritardo.” disse una vocina stridula.
 “Glimpsy!” gridò Emma, riconoscendo l'elfo che era apparso in mezzo alla stanza e l'esserino nel sentirla squittì di gioia e corse verso la ragazza avvolgendole le ginocchia in un forte abbraccio.
 “Oh signorina, lei è tanto mancata a Glimpsy! Dovrebbe farmi venire a trovarla di tanto in tanto, tanto!”
 “Oh Glimpsy” esclamò nuovamente l'emoor, con dolcezza “puoi venire quando vuoi, sono alla torre di Corvonero di solito”
L'elfo annuì emozionato, facendo ondeggiare le grandi orecchie.
 “Mi hai portato la cicuta?” chiese Piton rivolto all'esserino, interrompendo l'emozione del momento.
“Certo, signore!” disse subito quello “E Glimpsy si chiedeva dove deve mettere questa. Era ancora nella sua camera signore...” 
 Si mise sulle punte, rivolto verso Piton per porgere un indumento piegato con cura che Emma riconobbe: era la mantella verde, con i gancetti a serpente che Severus le aveva dato per recarsi a Diagon Alley a comprare il materiale scolastico nella sua prima uscita. 
 Il professore la prese, pensieroso, sotto lo sguardo stranito di Glimpsy e la guardò, passando le lunghe dita tra le pieghe calde.
 
Hai avuto una bella idea a portarla, elfo.” disse infine, annuendo piano senza smettere di fissarla, mentre l'altro gongolava di gioia per quell'affermazione “Emma” sussurrò Severus “temo non sia un regalo preparato e spero tu non ti offenderai...”
 L'emoor trattenne il fiato incredula. 
 La prima volta che aveva indossato quel capo Severus le aveva raccomandato di fare attenzione in modo brusco e che non ammetteva repliche, le aveva detto che la mantella era un cimelio di famiglia appartenuto a sua madre ed Emma era stata ben attenta a non rovinarla. Non riusciva credere che avesse deciso di regalargliela, ma lui gliele porse con aria tranquilla.
 “Abbine cura, mi raccomando. È appartenuta...”
 “A tua madre, lo so.”
 “Perché tu sai sempre tutto quello che sto per dire?”
 “Perché ascolto.” sorrise la ragazzina.
Anche l'uomo fece una smorfia che assomigliava ad un sorriso.
 “Ti accompagno a cena” aggiunse poi. 
 “Grazie Sev” sussurrò lei.
 Pupilla e tutore, uno accanto all'altra tornarono insieme lentamente verso la parte del castello dove scorreva la vita. Scivolando tra decorazioni natalizie e la neve che cadeva fuori dalle finestre.

. . .

Fin troppo piena di cibo Emma se ne stava seduta sul divano. Uno a uno i suoi amici si erano trascinati verso il dormitorio, pieni di stanchezza e lei si era ritrovata solo con accanto Lilith e James, nonostante non fosse ancora passata la mezzanotte. 
 Le voci di Dan e Luke che intonavano ancora le ultime canzoni, come aveva fatto Pix per tutta la giornata, arrivavano ovattate. Nella Sala Comune solo un gruppetto di ragazzi del settimo anno, che in qualche modo si era procurato una bottiglia di Whisky incendiario, rideva a intermittenza in un angolo. 
 Per il resto era silenzio e nessuno, nemmeno tra Emma, Lilith e James parlava, anzi, i tre amici in effetti pieni e stanchi allo stesso tempo, si beavano solo della presenza degli altri due, troppo pigri per andare a dormire, ma anche per intavolare una conversazione.
Lilith sbadigliò sonoramente e si rivolse all'amica. 
“E così Tullier. Disse edEmma, dalla sua, annuì appena, arrossendo fino alle radici dei capelli. 
Gabriel l'aveva intercettata dopo cena, l'aveva baciata con galanteria davanti a tutti e le aveva regalato una rosa.  Era stato un gesto romantico e avventato che l'aveva compiaciuta e fatta arrossire, ma soprattutto l'aveva tanto stordita che non era riuscita a far nulla se non a sorridere. Metà della scuola ora sapeva della sua relazione con Tullier, se così si poteva chiamare e per qualche motivo si sentiva piuttosto imbarazzata a riguardo, anche se sapeva che non ne aveva alcun motivo. 
 James seduto al suo fianco ridacchiò ed Emma diede lui una leggera gomitata, ammonendolo.
“Smettila di prendermi in giro McGregor”
 “Eddai Ems, una rosa davanti a tutti...”
 “È stato gentile”
“È stato tremendamente francese
A interrompere il diverbio ci pensò un gufo che cominciò a picchiettare su una delle vetrate, James andò ad aprire, ancora ridacchiando e il rapace entrò posandosi sulla spalla del ragazzo. 
 “Per chi è?” chiese Lilith curiosa.
Il Corvonero scrollò le spalle, tolse con delicatezza il pacchetto dalle sue zampe e lesse il biglietto che vi era attaccato.
 “È per te” disse rivolto all'emoor.
 “Per me?” chiese stupita Emma. 
Non aspettava nessun altro regalo, anzi, ne aveva ricevuti fin troppi. I ragazzi del settimo anno si alzarono dal loro angolo, dirigendosi tra risatine trattenute verso il dormitorio, ondeggianti sulle gambe. 
 La Sala Comune divenne stranamente vuota. Emma si alzò e afferrò il pacchetto dalle mani dell'amico, rigirandoselo tra le mani. C'era allegato un  biglietto, coperto da una grafia sottile ed elegante che la ragazza era sicura di aver già visto, ma che non sapeva attribuire, anche perché non vi era allegata alcuna firma.
 

Ciao Emma.
Questo oggetto è appartenuto a una persona che ti ha amato come fossi una figlia. Ora è giusto che venga dato a te.
Non mostrarlo troppo in giro, tienilo con cura e fanne buon uso.
È incredibilmente raro e prezioso. 
Buon Natale


Chi può avertelo mandato?” chiese Lilith curiosa.
 “Non ne ho idea.” ammise l'emoor.
Cominciò a scartare il regalo e rimase a bocca aperta quando infine lo strinse tra le mani. Era un mantello, fatto con un materiale sottile e leggero, sicuramente pregiato, perché anche solo tenendolo tra le mani ne rimase incantata: pareva impalpabile. 
Non si accorse di null'altro, ma James e Lilith sussultarono.
 “Emma! Le tue mani” quasi gridò la biondina e l'emoor vide, o meglio non vide più, le sue mani al di sotto della stoffa sottile e spalancò la bocca. James, parve ancora più stupito dell'amica.
 “Deve essere un mantello dell'invisibilità! Credevo che esistessero solo nelle leggende, invece qualcuno te l'ha regalato” mormorò.
 Emma non sapeva cosa dire, rimasero lì immobili a fissare quel regalo inatteso ancora per parecchio, chiedendosi chi mai poteva esserci dietro e a chi potesse essere appartenuto.  Fu Lilith la prima a scuotere la testa e ad ammettere quanto fossero tutti e tre troppo stanchi per andare avanti a parlare, convincendoli a rifugiarsi nei rispettivi dormitori e solo una volta che il mantello fu riposto con cura in fondo al suo baule, Emma si accorse che il gufo che aveva portato il pacchetto l'aveva seguita svolazzando. 
 Prese un po' della granella che solitamente riservava a Rubrick e la porse all'animale, osservandolo assorta. Era uno dei Gufi della scuola, particolarmente affabile essendo abituato a tutti gli studenti, chiunque le avesse inviato il mantello era stato molto attento a non farsi riconoscere. Emma si accigliò appena, facendo un mezzo sospiro tra i denti e lo sguardo le si abbassò sulla maglietta con disegnato il calderone che le aveva fatto Lilith. 
Pozioni. 
 
Accanto giaceva la rosa regalatale da Gabriel a cena. Malfoy.
L'idea le venne all'improvviso, afferrò un pezzetto di pergamena e una piuma scrisse velocemente un biglietto.

Buon Natale, Malfoy. 
Ci si vede a Pozioni.
Emma O'Shea.

Il gufo si fece legare di buon grado il nuovo messaggio alla zampetta  e una volta finito di beccare il mangime volò fuori dalla finestra. 
Emma lo osservò fino a quando non sparì nella notte, poi si infilò sotto le coperte, coprendosi fino al naso, mentre ascoltava il respiro lento di Lilith che nel letto accanto si era appena addormentata. 
 Non sapeva perché avesse sentito la necessità di lasciare un messaggio al borioso Serpeverde. Non si erano più parlati dopo il Ballo, né visti, aveva scorto la sua testa bionda solo a cena, ma non si erano nemmeno guardati, ognuno troppo preso dai propri amici.
Non aveva nessun reale motivo per scrivere a Draco Malfoy, ma non faceva nemmeno nulla di male: erano solo degli auguri.
Lentamente si addormentò.

. . .

Nella notte di Natale Ginny Weasley sognava Harry Potter. Hermione Granger leggeva il terzo capitolo di uno dei libri appena ricevuti e nei dormitori dei Corvonero quasi tutti dormivano. 
 Fred e George, a Grifondoro, parlottavano invece tra di loro. Gabriel Tullier pensava ad Emma O'Shea. Draco Malfoy aveva appena cacciato malamente Pansy Parkinson e Blaise Zabini leggeva gli auguri che Sarah Morris gli aveva inviato. 
 Cho Chang sorrideva al pensiero di Cedric. Victor Krum pensava alla sua seconda prova. Albus Silente meditava sulle scelte appena prese e Minerva McGranitt considerava di cambiare il pigiama. 
 Remus Lupin, solo, rimuginava sui Natali passati. Alan e Lydia O'Shea dormivano abbracciati e poco distante Steph guardava la foto di Emma. Dudley Dursley mangiava di nascosto. 
 David Lower disegnava distrattamente su un foglio di pergamena, mentre al suo fianco, Emily Brown stava parlando di un qualcosa che doveva essere certamente interessante, ma non tanto quanto l'abbraccio che David le diede prima di dividersi. 
Artemius Hope se ne stava invece completamente solo in cima alla torre di Astronomia e sebbene nessuno sapesse a cosa stesse pensando, i suoi occhi erano pieni di lacrime. 
 Lord Voldemort, beveva il latte di Nagini che Codaliscia aveva munto per lui. Glimpsy sistemava con cura le due vecchie poltrone davanti al camino di Spinner's End ed Harry Potter faceva un incubo, come spesso gli accadeva, in cui c'era un vecchio e una luce verde.  Un uomo vestito di nero, con un lungo naso adunco e capelli scuri e piuttosto unticci, sistemava con cura una cornice il legno, contenente una foto animata, sul comodino accanto al suo letto.

*

Il giorno dopo a Natale e nei giorni che seguirono, Hogwarts fu insolitamente tranquilla. Gli studenti si radunavano in capannelli a chiacchierare e a giocare a scacchi magici, o a gobbiglie e solo occasionalmente si organizzavano battaglie a palle di neve nel parco.
 Con il passare dei giorni, qualcuno di più intrepido, cominciò a fare alcuni degli innumerevoli compiti dati per le vacanze, mentre altri prevedevano di mettersi sotto solo all'ultimo minuto e numerose coppiette, che si erano formate per lo più la sera del Ballo, si aggiravano in mezzo ai corridoi, mentre i primini si rincorrevano lanciandosi addosso caccabombe e facendo impazzire Gazza. 
 La vita scorreva tranquilla.
 Emma si alternava tra James e Lilith, i Corvonero, gli altri emoor, talvolta compreso Artemius, Ginny ed Hermione. Aveva quasi concluso i compiti assegnati e si godeva gli ultimi giorni di vacanze e nei momenti di calma spuntava Gabriel a farle compagnia. 
 Il francese sembrava aver preso davvero a cuore la loro relazione e si era dimostrato estremamente gentile con lei. Era un ragazzo sveglio, aveva una quantità invidiabile di cose interessanti da dire ed era sempre pacato e attento. 
A Emma piaceva passare il tempo con lui, anche se a volte si sentiva di partecipare alla loro coppia come fosse in terza persona, con leggero distacco. Ammetteva che Gabriel fosse affascinante e le piaceva ascoltarlo parlare e il fatto che lui l'ascoltasse, ma c'era qualcosa di poco istintivo nella loro modo di stare insieme, forse dato dalla differenza d'età e dalla sua inesperienza.
 Quando infine le vacanze di Natale passarono e ricominciarono le lezioni, il carico di studi fu tale che anche Gabriel passò in secondo piano e i loro momenti di coppia divennero più sporadici. Emma riprese di buona lena tutte le lezioni, dimostrando di non aver perso il passo durante la pausa didattica e quando giunse il momento di scendere nell'aula di Pozioni riuscì a mostrarsi disinvolta. 
 Non aveva ricevuto risposta agli auguri inviati a Malfoy, ma nessuno dei due vi fece cenno. Si salutarono appena e scambiarono qualche parola di circostanza, tesi come due corde di violino, fino a quando, come al solito, non furono i loro corpi e il loro linguaggio di sfida e gesti a prendere il sopravvento. 
 Le loro mani danzavano ancora intorno al calderone senza mai sfiorarsi ed Emma, in silenzio, osservò il Serpeverde e ne seguì ogni sua mossa, rendendosi conto di esserne sempre di più ammaliata. 
 
Ci vediamo O'Shea” disse secco Malfoy a fine lezione, allontanandosi a passo svelto insieme a Nott e Zabini. 
 Emma ricambiò con un cenno, stupendosi appena quando Blaise si voltò verso di lei e dopo una breve occhiata alzò una mano in segno di saluto, prima di seguire gli altri due fuori dall'aula.

*

Il passare del tempo riportò anche l'attenzione sul Torneo Tre Maghi. Ricominciarono le congetture su quale sarebbe stato il tipo di prova e molti si facevano domande su cosa contenesse l'uovo d'oro raccolto dai Campioni la prima volta. 
I Corvonero, non avendo alcun campione in Casa, riciclavano le notizie di seconda mano, sempre più assurde, tanto che qualcuno era arrivato a dire che da una della uova fosse uscita una Banshee. 
 Come al solito, l'emoor si occupava poco della cosa e cercava di concentrarsi su altro, ma l'idea di una nuova prova la metteva in agitazione perché, nonostante fosse notevolmente migliorata nell'Occlumanzia, temeva che un'emozione eccessiva da parte di Potter potesse farle lo stesso scherzo della volta precedente e in tutta sincerità non aveva alcuna voglia di riprovare la stessa soffocante oppressione che le aveva fatto perdere i sensi.

*

Silente non ti ha più detto nulla a riguardo dell'invasione di mente?” chiese David curioso, sistemandosi meglio la sciarpa sopra il naso arrossato. 
 Era una giornata limpida, ma molto fredda e i quattro emoor, insieme, passeggiavano lungo la strada che dalla Foresta Proibita risaliva verso il castello.
Emma fece in risposta un sospiro amaro e scosse il capo.
 
Dopo la prima prova è completamente sparito” ammise, con uno sguardo affranto agli altri tre “voi non avete mai avvertito nulla? Nessun incubo, nessun mal di testa strano, o pensiero non vostro?”
 David negò ed Emily e Artemius, qualche passo più indietro, fecero lo stesso, facendo sospirare di nuovo Emma, arresa. Era rimasta stupita della presenza del quarto emoor quel giorno, anche se Artemius non aveva ancora spiaccicato parola, ma li seguiva lentamente, trascinando i piedi nella neve, le mani affondate nelle tasche dei pantaloni. La Corvonero osservò assorta il castello che troneggiava sopra di loro. Secoli prima la sua antenata aveva aiutato a costruirlo e si rese conto di non sapere nulla nemmeno delle Ombre di Hogwarts, o dei Fondatori, o della profezia che si vociferava sul suo futuro.
 “È così snervante non capire che succede” soffiò arrabbiata “Silente in realtà crede
 che quello che è avvenuto con Potter non c'entri con il mio essere emoor. Teoricamente non avrebbe voluto che ve ne parlassi”.
E allora perché l'hai fatto?” chiese Artemius facendola sobbalzare.
 “Beh... pe
rché noi quattro siamo sulla stessa barca” rispose lei tranquilla “possiamo aiutarci. Se la connessione si fosse presentata in uno di voi avremmo potuto discuterne. Non è che ci siano altri emoor o persone nelle nostre condizioni con cui confrontarsi... sai con profezie e legami di parentela importanti”
 Il ragazzo parve soppesare la risposa e si limitò ad annuire, tornando a fissare pigramente di fronte a sé.
 
Chissà poi perché Harry Potter.” sussurrò infine David assorto, scuotendo appena il capo “Voglio dire, cosa avete in comune?”
Già” mormorò Emma.

*

Le uniche informazioni che Emma riceveva sul bambino che era sopravvissuto, che non fossero distorte dall'odio, o dalla gelosia, erano le riflessioni a mezza voce di Ginny e le crescenti preoccupazioni di Hermione, arrabbiata con l'amico per non aver ancora risolto il problema dell'uovo.
 “Sono così in ansia per lui. Prende tutto sotto gamba! Io passerei giorno e notte a studiare quell'uovo! Non sono sicura supererà questa prova, sembra non rendersi conto che è un Torneo  pericoloso.” sbottò la ragazza, i capelli più arruffati del solito.
 “Ha superato brillantemente la prima prova.” fece notare l'emoor per cercare di consolarla, mentre sistemava i libri nella tracolla.
 “È vero” ammise l'altra con fervore “ma sono comunque convinta che non si preoccupi abbastanza. Harry oltre ad avere la sindrome dell'eroe ha anche una sfacciata fortuna. Ma voglio dire...”
 L'emoor inarcò un sopracciglio, perplessa. Non conosceva personalmente Harry Potter, ma se non fosse stato per le chiacchiere di Ginny sul ragazzo e per gli ottimi aggettivi che Hermione gli attribuiva, negligenza a parte, lo avrebbe trovato un ragazzo svogliato, o per lo meno distratto.
A volte, quando accompagnava la Granger da qualche parte, lo incontravano, sempre con Ronald Weasley al suo fianco e sempre con quello sguardo sveglio, ma assente, come se pensasse continuamente a qualcosa d'importante. 
 Hermione non si era mai presa la briga di presentarli, forse pensando, come la maggior parte della gente, che fossero entrambi abbastanza famosi da poter evitare i convenevoli, così che Emma, fino ad allora, aveva solo scambiato un paio di sguardi con Potter, senza mai proferir parola, nemmeno per un saluto di educazione.

. . .

Questa volta potrebbe vincere Fleur” disse Gabriel con un sorriso.
 “Non sai di che si tratta.” insistette Emma.
 “Vero, ma dovresti sentirti lusingata. Voi ragazze immaginate i ragazzi come tanti maschilisti, sto parteggiando per una ragazza, dovresti essere fiera di me.” disse lui con un sorriso.
 “Oh lo sarei” ridacchiò l'emoor “se solo Fleur non fosse la campionessa della tua scuola, o se fosse bassa e bruttina. Essendo lei così com'è... il tuo supporto potrebbe essere frainteso Gabriel.”
 “A te non manca nulla” ribatté lui serio.
 “La tua galanteria finirà per renderti poco credibile.” rispose lei, sorridendo, sapendo però che lui era sincero.
 Camminavano stretti l'una all'altro, passando il tempo insieme con leggerezza. L'emoor trovava, come sempre, piacevole la compagnia del ragazzo e la sua galanteria soprattutto, ma quel sottile disagio, che aveva sentito fin dal primo bacio, non era mai passato e quando qualcuno dei suoi amici la incrociava in sua compagnia gli puntellava lo sterno con insistenza.
 “Non è il tuo amico?” chiese Gabriel all'improvviso ed Emma di istinto sussultò leggermente, cercando di non darlo a vedere
 “Sì, è David.” rispose.
L'emoor verde argento, erede di Grifondoro, era vicino alla sponda del lago in compagnia di Emily e Joanne Rowling, un'altra ragazza di Serpeverde che Emma conosceva appena e quando vide da lontano l'amica, le fece un cenno allegro di saluto, senza calcolare più di tanto Gabriel, che aggrottò la fronte.
 “Non credo di essergli poi simpatico.”
Emma rise appena “Lo temo anche io, ma non credo che dipenda da te, Gab. David è come un fratello geloso” 
 Il francese annuì ridacchiando, si fermarono all'ingresso del castello.
 “Grazie del pomeriggio” disse lei e Gabriel annuì e si chinò a darle un bacio veloce e dolce.
 “Grazie a te” sussurrò, con una smorfia gentile sul volto, prima di allontanarsi verso la carrozza di Beauxbatons a passo misurato.
 L'emoor lo osservò pensierosa, senza sapere come sentirsi. 
 Aveva accettato l'invito del ragazzo a passare una giornata a Hogsmeade e tutto sommato non le era spiaciuto passeggiare insieme a lui per le stradine del villaggio, sfruttando l'occasione per sfoggiare la sua bella mantella, ma allo stesso tempo aveva la sensazione di aver perso un'occasione di girovagare con i suoi amici e c'erano stati più momenti di vago imbarazzo tra loro, tanto che alla fine, privi di argomenti di cui discutere, si erano uniti a un gruppo di studenti Tassorosso a bere una Burrobirra.
 L'emoor fece un sospiro triste osservando la schiena ormai lontana del francese. Non era insensibile, anzi, tutto il contrario, ma era perfettamente consapevole di essere piuttosto inesperta e non capiva come gestire le sensazioni nuove che stava scoprendo. 
 Gabriel si muoveva invece decisamente più  a suo agio, le afferrava la mano con naturalezza, la baciava inaspettatamente sulle labbra facendole riempire lo stomaco di farfalle, ma lei in risposta non faceva che arrossire e sentirsi goffa.
Si voltò afflitta, pronta a raggiungere Hermione in biblioteca e sobbalzò stupita quando si ritrovò di fronte Harry Potter che si avvicinava a grandi falcate.
 “Emma O'Shea... giusto?” chiese il ragazzo titubante, il volto arrossato dal freddo. Aveva un tono di voce pacato e gentile e l'emoor si ritrovò ad osservare distrattamente i capelli disordinati e gli occhi verdi che brillavano dietro gli occhiali tondi ben noti a tutti.
 
Non si erano mai trovati così vicini.
Sì sono io.” sorrise “Tu devi essere Harry Potter.”  
Si sentiva un po' emozionata a parlare finalmente con il ragazzo e provava una strana sensazione che le faceva formicolare la pelle.
 “Già.” borbottò il Grifondoro, distogliendo subito lo sguardo. 
 Non sembrava affatto abituato a parlare con una persona dell'altro sesso, nonostante girasse tutto il tempo con Hermione Granger, pareva quasi imbarazzato.
 “Hai bisogno?” chiese Emma, curiosa.
 “Mi ha mandato 'Mione. Ha detto di dirti che oggi purtroppo non può venire in biblioteca.” disse lui tutto d'un fiato.
 “Oh, d'accordo. Nessun problema” ribatté l'emoor, osservandolo stranita “Grazie di avermi avvisato, Potter”
 
“Di niente. Io vado.” ribatté lui, girandosi bruscamente, evidentemente pronto ad allontanarsi il più possibile.
 “Harry!” lo chiamò Emma per fermarlo, confusa dalla velocità con cui lui sembrava volersi volatizzare e il ragazzo si voltò nuovamente, piuttosto titubante, lanciandole un'occhiata interrogativa.
 “Sei stato grande alla prima prova. Molti Corvonero tifano per te.” sorrise Emma, sperando di risultare incoraggiante, ma il ragazzo dondolò sui piedi, ancora vagamente a disagio.
 “Oh beh, grazie.” ribatté, annuendo lentamente, l'emoor lo scrutò attentamente, mentre lui ricambiava in silenzio.
“È uno schifo vero?” chiese sorridendo.
 “Come scusa?” domandò stupito.
 “Tutta quella popolarità che hai... non dev'essere sempre facile da gestire, no? Per me non lo è affatto. 
Odio stare al centro dell'attenzione. Odio in generale la curiosità ingiustificata delle persone.”
 Harry Potter inarcò un sopracciglio e la guardò dritta negli occhi, corrugando appena la fronte, evidentemente colto di sorpresa ed Emma capì per la prima volta cosa ci trovava Ginny in lui.

*

Sai perché non riesco a togliermi Harry dalla testa?” disse la rossa, lasciando dondolare i piedi dagli spalti del campo da Quidditch. Emma si voltò verso di lei, distogliendo lo sguardo dalle cime della foresta e scosse la testa in risposta.
 “Ti ho raccontato del mio primo anno, no? Del diario, la possessione di Tu-Sai-Chi e tutto il resto...” mormorò la ragazza e la Corvonero annuì. 
 Era stata una delle prime confidenze che la rossa le aveva fatto, all'inizio dell'anno scolastico, in quello stesso posto e l'emoor era in parte convinta che proprio quel difficile racconto le avesse unite indissolubilmente.
 “Mentre ero nella camera dei segreti e stavo per morire, avevo così freddo e mi sentivo così in colpa che avevo quasi paura di rimanere viva. Pensavo di aver deluso tutti e volevo semplicemente sparire. La prima cosa che ho visto ripresa conoscenza sono stati gli occhi di Harry. Avevo una cotta tremenda a quel tempo”
 
Anche ora” le fece notare l'emoor divertita.
Ginny annuì suo malgrado, con un mezzo sorriso a incresparle le labbra.. 
 “Vero. Ma allora era peggio, credimi. Eppure quando l'ho guardato negli occhi non ho sentito quelle farfalle nello stomaco che provi quando un ragazzo ti piace”
 
E cosa hai sentito?” domandò Emma.
 
Mi sono sentita protetta.” sorrise l'altra e i suoi occhi nocciola si riempirono di una luce tranquilla “Ho sentito che in quello sguardo c'era tutto il benessere che potevo cercare e che non lo avrei mai provato con nessun altro al mondo.” 

*

Gli occhi di Harry Potter, verdi e profondi, Emma li stava osservando ora per la prima volta, ricordando le parole dell'amica.
 Lo sguardo del ragazzo le dava la sensazione di qualcosa di tremendamente bello e piacevole, prezioso forse, ma non sentì l'attrazione magnetica che avvertiva con Malfoy, né nessun turbamento. Semplicemente vide in quegli occhi una scintilla che riconobbe come gratitudine e che le scaldò il cuore.
 “No, la popolarità non è facile.” ammise il Grifondoro.
“Già” rispose, e tese una mano verso di lui “È stato 
un piacere, Potter.
 “Anche per me.” disse l'altro.
 Si strinsero la mano con fare formale, ma quando le loro pelli si sfiorarono accadde qualcosa di sconvolgente. Emma ricevette come una grossa scossa, che la costrinse a lasciare la mano del ragazzo spaventata e si sentì invadere da una strana sensazione, come un dejà vu, che la fece tremare, dandole la fastidiosa certezza di 
conoscere Harry Potter e anche se la ragione le diceva che non era affatto così, che lei e il Grifondoro non si erano mai davvero incontrati, qualcosa dentro di sé la scosse profondamente.
 Emma era una ragazza socievole, ma attenta alle amicizie e per natura diffidente, eppure quella che provò per il ragazzo fu una totale e profonda fiducia e un affetto sincero, mischiato con un forte desiderio di protezione che non si sapeva spiegare in nessun modo.
 Ed Harry Potter, pallido e spaventato di fronte a lei, gli occhi verdi fissi in quelli bicolore della ragazza, la osservò di rimando confuso e parve quasi sul punto di dire qualcosa, ma rimase in silenzio. 
 Emma fu certa che anche lui avesse provato la stessa sensazione, ma non trovò le parole adatte per iniziare il discorso che sentiva di dover fare e così rimasero entrambi immobili, senza osare dire niente, fino a quando lei non si riscosse e decisa a rompere quella strana trance, lo salutò brevemente, correndo poi verso la biblioteca.


*Angolo Autrice*


Eccoci con un nuovo aggiornamento. è più un capitolo di passaggio, ma denso di dettagli importanti. 
Ci stiamo avviando verso la fine dell'anno, i prossimi capitoli saranno infatti dedicati alle 2 prove mancanti del torneo. 

Spunti e appunti:
. Natale. Quanto è bello passare il natale ad Hogwarts, ho cercato di descrivere il calore e i momenti di serenità e amicizia che ha passato Emma. So che i regali sembrano un po' un elenco, ma mi diverte sapere che cosa possono regalarsi dei piccoli maghi. Molto importante tuttavia è il regalo di Ginny lo vedrete spuntare spesso. Il dialoco tra Ginny ed Emma è uno dei miei preferiti, mi piace molto l'amicizia sincera tra le due.
. Severus. Penso onestamente che Severus goffo nel ricevere un regalo sia adorabile, allo stesso tempo è triste che sia tanto tempo che non ne riceve uno, trovo interessante il suo cedere ad Emma la mantella della madre.
. Il mantello. Credo che questo sia uno dei punti cruciali. Sappiamo che esiste un solo mantello e questo?
. Gabriel. Voglio molto bene a questo personaggio è un peccato che con Emma stoni
. Joanne Rowling. Si avete letto bene. Joanne. Rowling. In fondo questa fan fiction si fonda sul presupposto che la storia di Harry come la conosciamo, in realtà, sia solo parziale e che dietro la sconfitta di Voldemort ci sia molto altro. Joanne di tanto in tanto spunterà, non troppo, ma di tanto in tanto.
. Ho inserito quelle descrizioni veloci di cosa fanno tanti personaggi nello stesso momento perché credo che ormai stiate imparando a conoscerli e mi è piaciuto immaginare cosa potessero pensare tutti loro alla fine del loro Natale.
. Malfoy. Sembra esserci una tregua nel loro rapporto teso. Una leggera quiete natalizia anche se fatta di silenzi. 
Lo sguardo di Zabini non è un caso.
. Infine finalmente HARRY POTTER. Un incontro di grande importanza (e imbarazzo). Tenetelo a mente! 
(Dolce il pensiero di Ginny, secondo me. Non ci si è mai chiesto abbastanza che cosa ha provato ad essere salvata da Harry Potter)


Pensavo che avreste avuto molto da commentare con il capitolo precedente, invece c'è stato più silenzio che negli altri, in altri capitoli di cui ero meno convinta (come questo) invece siete stati entusiasti. Sempre bello che in tanti continuiate a leggere questa storia.
Spero che vi piaccia il capitolo, a mercoledì!
vi

Ritorna all'indice


Capitolo 16
*** Seconda prova ***


.Seconda prova.

 

Il suo letto l'accolse come un insperato rifugio ed Emma si avvolse nelle coperte fino al naso, sospirando di stanchezza.
 “Sembra che tu non veda un materasso da mesi” le disse Lilith.
 “Sono stanca.” si schermì l'emoor.
Aveva passato una piacevole serata in compagnia di Ginny, parlando soprattutto dell'argomento 'Harry o Micheal' che si basava da un lato sul senso di colpa immotivato della rossa a cedere a quella piccola cotta e dall'altro sul parere oggettivo di Emma che aveva provato a supportarla e scuoterla.
 L'emoor sprofondò nel torpore pronta ad appisolarsi, ma il picchiare ritmico di un becco contro il vetro la disturbò, specie perché, accompagnato da un frullio di ali. Con un certo fastidio gettò uno sguardo alla finestra e anche Carmen grugnì infastidita dal suo letto, aprendo le tende del baldacchino.
“Cos'è?” chiese Lilith, la voce piena di sonno.
 “Un gufo” rispose Emma con un certo stupore.
 Era vero. Un piccolo gufetto arruffato e dall'aria soddisfatta svolazzava su e giù fuori dalla finestra, cozzando di tanto in tanto contro il vetro lucido. 
“Per essere più precisi” continuò Emma osservando meglio l'animaletto “è il gufo di Ron Weasley.”
“Quel Ron Weasley?” chiese Lilith, perplessa.
“Non credo ne esistano altri” sussurrò l'emoor e uscì svelta dalle coperte per andare ad aprire la finestra, lasciando che il piccolo gufo si gettasse nella stanza, tubando allegro, mentre si esibiva in una miriade di piroette tutto intorno.
 Carmen lanciò uno strillo, Sarah spiava curiosa da dietro le tende del suo letto e Luna batteva invece allegramente le mani, muovendosi per la camera come in una danza, che seguiva i movimenti circolari che l'animale faceva a mezz'aria.
 “Ti conviene acchiapparlo, Ems!” esclamò Lilith rivolta all'emoor, tentando a sua volta di afferrare l'animale.  
 L'altra annuì in risposta, pur non avendo la più pallida idea di come fare e si mise a seguirlo, provando a intercettarlo, anche se il gufo sembrava come impazzito e rimbalzava continuamente ovunque nel tentativo di compiere grandi cerchi. Alla terza volta che cozzò sul soffitto e sembrò perdere quota però, l'emoor ebbe la presenza di spirito di afferrarlo al volo, ponendo così fine alle acrobazie dell'animale e al leggero panico che aveva invaso la stanza.
 “Secondo me si è perso e la lettera non è indirizzata a nessuna di noi” disse Lilith, guardando scettica il rapace, che ora si era adagiato pigramente tra le mani di Emma, emettendo gioiosi gorgoglii.
L'emoor sfilò la busta che il piccolo stringeva tra le zampette.
“Errato” disse rivolta alla bionda “ è per me”
 “Bene, quindi io posso tornare a dormire” borbottò Carmen “assicurati di portare via quell'uccello”
 Anche Sarah tornò dietro le tende del suo letto con un sorrisetto divertito e Luna si infilò sotto le sue coperte, apparentemente dispiaciuta che fosse finito quel leggero scompiglio.
 “Di che si tratta?” chiese Lilith ad Emma, vedendola preoccupata.
 “È Ginny”
 “Oh, allora nessun problema.”
 “Non saprei in realtà.” mormorò l'emoor.
Lilith la guardò perplessa ed Emma le mostrò il messaggio.

Emma, ti prego, ho bisogno di te.
Ho appena incontrato Hermione, stava andando con Ron dalla McGranitt.
Harry è in biblioteca da solo, sta cercando una soluzione per superare la prova di domani, ma è in alto mare e ha decisamente bisogno di aiuto. Andrei io, ma sai...
Hermione era nervosissima: Harry deve superare quella prova, Emma.
Assicurati solo che non faccia qualche pazzia. Prometto che mi sdebiterò.
Scusa, ma non sapevo a chi chiedere.
Ti voglio bene.

Ginny

Non ci andrai vero?” chiese Lilith.
 “Non posso mica lasciarlo nei guai. Ginny ha chiesto il mio aiuto.”
 “Ma non è 
Ginny che stai andando ad aiutare, è Harry Potter.”
Si erano arrampicate sul letto della biondina e parlavano sussurrando per non farsi sentire dalle altre. Emma corrugò la fronte cercando di ragionare velocemente, ignorando lo sguardo accusatorio della compagna di Casa.
 “Non posso ignorare il messaggio, Lilith.” esalò infine.
 “Puoi dire che il gufo non è mai arrivato, nessuno se ne stupirebbe!” tentò l'altra, gettando un'occhiata perplessa al piccolo rapace che sembrava essersi addormentato, gorgogliando piano.
 “Non essere meschina, Ginny è la mia migliore amica e alla fine starei aiutando un compagno di scuola, se fossi tu nella sua posizione saresti felice di ricevere un po' di supporto”
 “Non sono meschina... sto cercando di salvarti la pelle. Non so se te ne sei resa conto, Ems, ma è notte e gli studenti che vagano per i corridoi di notte sono messi in punizione.”
“Non sono mica un'incosciente” borbottò l'emoor “userò il mantello, no? E poi, non è stato Moody a dirmi di tenere sott'occhio Potter? Posso sempre dire di essere in missione per un professore.”
 “Non mi fiderei poi così tanto di quell'uomo, è strano.”
 “Sì” assentì Emma “L'hai già detto altre, volte. Inquieta anche me.”
 Scese dal letto e si vestì velocemente, sfilando poi il mantello dal fondo del suo baule. Tentennò un secondo prima di avvolgerselo intorno alle spalle con una mossa sicura.
 “Mi vedi?” chiese a Lilith.
 “No” rispose l'altra “e la cosa mi fa impressione. Fai attenzione.”
Emma annuì e in punta di piedi si allontanò dal dormitorio. 
Alle sue spalle il gufetto riprese a tubare allegro. 

. . .

Hogwarts di notte era ancora più bella. 
 La luce splendente della luna invernale penetrava dalle alte finestre e inondava i corridoi deserti, creando una strana atmosfera. Era una luce bianca, fredda, insensibile ed Emma vi camminava lentamente attraverso, attenta a non far nessun rumore, dato che il mantello la rendeva invisibile, ma non attutiva i suoi passi. 
 L'essere sola, in mezzo ai corridoi che percorreva tutti i giorni, per lo più correndo da una lezione all'altra circondata da una miriade di coetanei e non, le dava un strana sensazione di libertà e desiderò di poter girovagare tutta la notte da una stanza all'altra del castello, scovando nuovi angoli e passaggi segreti, ma conscia del suo compito, lasciò che i suoi piedi la guidassero lungo l'abituale tragitto verso la biblioteca. 
 Fu fortunata, perché non incontrò nessuno, né fantasmi, né professori, o Prefetti lungo il tragitto e quando si vide circondata dai vecchi libri, che la osservavano da sopra i loro polverosi scaffali, si sentì stranamente a casa.
Non ci mise molto a trovare Potter, che, chino su un vecchio tomo, se ne stava appoggiato a un tavolo con i gomiti, sfoggiando un'aria affranta. Sembrava stranamente minuto alla luce della luna, circondato da numerosi libri disposti in modo disordinato ed era evidentemente sull'orlo del panico, mentre faceva scorrere lo sguardo da un volume all'altro, come sperasse in quel modo, di assorbire qualcosa dei contenuti delle miriadi di parole racchiuse in ogni pagina. L'emoor, temendo di spaventarlo, si tolse il mantello dalle spalle e si avvicinò lentamente a lui.
 “Harry” sussurrò con dolcezza, ma non ottenne l'effetto sperato.
 Il ragazzo balzò in piedi con evidente spavento, stringendo convulsamente la bacchetta e puntandogliela contro e subito Emma alzò le mani in segno di resa, con un gesto calmo.
 “Tranquillo, sono io.”
 “O'Shea?” domandò stupito lui.
 “Esattamente.”
 “Mi hai spaventato.”
 “Mi spiace, non era mia intenzione.”
 “Cosa ci fai qui?” chiese il ragazzo, corrugando la fronte.
 “Sono venuta ad aiutarti” spiegò lei con semplicità “Hermione mi ha detto che avevi bisogno di una mano.” 
 Aveva furbescamente glissato sulle vere motivazioni, non potendo certo dire che Ginny l'aveva implorata di andare lì e si stupì nel constatare che mentire le era piuttosto semplice. Severus forse sbagliava a dire continuamente che aveva atteggiamenti da Grifondoro: Serpeverde sembrava starle bene addosso come Casa.
 
Sì beh, ma è notte. Non puoi stare qui” ribatté il ragazzo con un'espressione confusa stampata in volto ed era evidente che non capisse il motivo per cui lei stesse rischiando per lui.
 “Però Potter” lo schernì Emma “che spirito d'osservazione!”
 “Intendevo che rischi di finire in punizione” si difese lui.
 L'emoor lo guardò con dolcezza. Il ragazzo aveva un urgente bisogno di aiuto, di lì a qualche ora doveva superare una prova che non aveva idea di come affrontare, eppure era lì a preoccuparsi per lei. Un vero Grifondoro dal grande cuore. 
 “Non ti agitare. Ho i miei metodi per girare nel castello di notte senza essere scoperta, Potter”
 “Harry.”
 “Come scusa?”
 “Il mio nome è Harry. Non chiamarmi Potter” disse lui, guardandola negli occhi ed Emma annuì appena e si rese conto che quella poteva considerarsi 
la prima vera conversazione che scambiavano.
 
D'accordo, Harry allora.” assentì “spiegami cosa devo cercare, che tipo di incantesimo o stratagemma ti serve per superare la prova.”
 “Devo trovare il modo di respirare sott'acqua per più di un'ora.” disse lui, stranamente placido.
 “Oh” riuscì solo a ribattere l'emoor, mentre il ragazzo le faceva una smorfia arresa, come a dire '
ora capisci perché sto impazzendo
 Emma si riprese in fretta “Beh, mettiamoci al lavoro allora”

. . .

Nelle ore successive non si parlarono più, se non quando qualcuno trovava qualcosa che poteva essere interessante. Si divisero tutti i libri che sfioravano anche solo vagamente gli argomenti 'acqua' e 'respirazione' e cominciarono a leggere con attenzione, parola dopo parola, frase dopo frase. Scovarono un paio di pozioni che sarebbero potute essere utili, se avessero avuto un mese di tempo per prepararle ed Emma trovò anche un incantesimo piuttosto interessante per creare una bolla d'aria intorno al volto. 
 “Pensi di riuscire a impararlo in poche ore?” chiese, spingendo il libro verso il ragazzo e reprimendo uno sbadiglio assonnato. 
Harry lesse attentamente le istruzioni, azzardando anche a prendere la bacchetta in mano, in un timido movimento, il volto contratto dalla preoccupazione, ma alla fine scosse semplicemente il capo. 
 “Mi ci vorrebbe almeno una settimana per padroneggiarlo completamente” ammise candido “Non credo di farcela”
 “Immagino che fare un tentativo davanti a tutta la scuola e fallire non sia il massimo” sospirò l'emoor. 
 “Già” mormorò il ragazzo. 
 Arrancarono su un altro paio di libri, prima che Emma aggrottasse la fronte alzando il capo di scatto. 
 “Non hai provato a parlare con gli altri? Krum e Diggory, magari. Non sai come supereranno la prova?” 
Harry scosse debolmente il capo, un vago rossore sulle guance.
 “Diggory mi ha dato una dritta su come risolvere l'indovinello.” ammise “ma non ci parliamo molto a parte quello”
 Emma annuì assorta “Capisco” disse, chiudendo con uno scatto il libro che aveva davanti e allungandosi a prenderne un altro. Sbadigliò.
 Di nuovo. E si stropicciò gli occhi. 
 Prendeva appunti qua e là, che si rivelavano inutili e lottava sempre più contro la stanchezza mentre, entrambi dimentichi dell'ora e della possibilità che qualcuno avrebbe potuto trovarli, continuavano a lavorare di buona lena, ma Harry fu il primo a crollare.
 Semplicemente, dopo aver lottato contro il crescente torpore, gli occhi gli si chiusero e la testa prese a ciondolare sul suo petto. 
 Emma, al suo fianco, quasi non se ne accorse, presa com'era nella sua lotta contro il sonno, mentre arrancava tra le pagine del libro che stava leggendo. Mezz'ora dopo entrambi erano più che addormentati, chini sul tavolo in legno, senza aver trovato una soluzione al problema del quarto campione di Hogwarts.

. . .

Signore, Harry Potter!” strillò una vocetta acuta.
 Emma si svegliò di soprassalto e si guardò intorno spaventata, rendendosi immediatamente conto di non essere nel suo letto. Aveva il collo dolorante e la mente annebbiata e ci mise un istante di troppo a capire dove fosse. L'orrore nel rendersi conto di essersi addormentata la attraversò lucidamente mentre scattava in piedi: 
Erano ancora in biblioteca. Lei ed Harry. 
 La ragazza abbassò bruscamente lo sguardo, trovando il capo bruno e arruffato di Potter accanto a lei. Si erano addormentati entrambi.
 Non solo lei. E non avevano trovato alcuna soluzione.
 Erano probabilmente anche in ritardo per la prova, dovevano aver dormito parecchio, perché la luce che illuminava la stanza dalla grandi finestre indicava che fosse ma ormai mattina inoltrata.
 “Harry Potter, Dobby vuole aiutare!”
 Emma si voltò verso il punto da cui proveniva la voce squillante e lamentosa, che era stata la causa del suo risveglio. Quasi si spaventò quando vide l'esserino tutto trafelato che scuoteva il Grifondoro nel tentativo di svegliarlo: era 
decisamente un elfo domestico.
 “E tu chi sei?” chiese l'emoor accigliandosi, le ricordava Glimpsy, anche se non aveva gli occhi di un blu tanto intenso.
 “Oh, signorina, lei amica di Harry Potter. Dobby deve svegliarlo.” disse l'elfo con affanno evidente.
 “Che ore sono?” borbottò l'emoor stropicciandosi gli occhi.
Harry sembrava inerme e fragile accanto a lei, ancora pesantemente immerso nel sonno con la testa appoggiata sopra il tavolo di legno.
 “È ora della prova” ansimò l'elfo, quasi strozzandosi nella sua saliva “Harry Potter deve andare! Hanno preso il rosso!”
 Per quanto Emma non capisse appieno quello che la piccola creatura stesse cercando di comunicare, comprese grossomodo la situazione e si mise a scuotere il ragazzo con forza.
“Harry, svegliati! La prova sta per iniziare!”
Due occhi verdi la osservarono pieni di sonno.
 “Che ore sono?” chiese rauco e l'elfo, che doveva chiamarsi Dobby, sembrò svenire dalla gioia e dal sollievo vedendolo sveglio.
 “Harry Potter deve andare” cominciò, tirandolo energicamente per la manica “Hanno preso il rosso, Harry Potter lo deve salvare!”
 “Dobby!” esclamò il Grifondoro sorpreso, mentre Emma assisteva alla scena in disparte, sistemando i libri che avevano consultato.
 “Chi devo salvare?” 
 “Il rosso!”
Harry aggrottò la fronte e sembrò ragionare per qualche secondo.
 “Il rosso? Ron! Hanno preso Ron?” chiese infine, diventando improvvisamente molto pallido
 “Sì! Sì!” squittì l'elfo, contento che finalmente l'avessero compreso.
 “Non so come respirare sott'acqua” disse pieno di sconforto Potter.
 “Dobby sa!” trillò la creatura, che sembrava stesse per avere un crollo nervoso “Harry Potter deve mangiare questa prima di entrare in acqua. 
Algabranchia!” 
 Harry afferrò le foglie viscide che Dobby gli porgeva, osservandole con evidente sospetto. Non sembrava fidarsi molto.
 “Ne sei sicuro?”
 “Sicuro, sì. Dobby ha sentito.”
 Il ragazzo lanciò un'occhiata disperata ad Emma, ma l'emoor scosse le spalle. Non avevano molte alternative in fondo.
 “Non ti resta che provare, Harry” disse perplessa e lui sospirò e annuì, facendo un gesto veloce a metà tra il ringraziamento e il saluto e borbottando un '
devo andare', mentre già correva via.
 Emma avrebbe voluto augurare lui buona fortuna, ma la voce le si annodò in fondo alla gola. La tensione pre prova che le cominciava ad irradiarsi nel petto. 
Fece un profondo respiro, sistemando gli ultimi libri e si accorse che il piccolo Elfo era rimasto ad osservarla. 
 “Hai bisogno?” chiese, quieta.
 “Tu sei Emma O'Shea” squittì tranquillo l'altro. 
 Era un'affermazione, ma Emma annuì in risposta, sentendosi quasi subito soffocare dalle pareti della stanza. 
 “Grazie per averci svegliato” esalò alla creatura, mentre già si voltava per uscire, camminando con grandi falcate.
 Voleva stare improvvisamente sola. Non aveva voglia di andare alla prova, anzi, cominciava a sentire una leggera paura, ma sapeva che le pareti tranquille della biblioteca non l'avrebbero risparmiata da un'eventuale invasione di mente e che Piton e i suoi amici si sarebbero preoccupati non vedendola arrivare. 
 Si costrinse ad aumentare il passo.  Anche se il castello era deserto, sapeva 
perfettamente dove andare. Raggiunse il lago in pochi minuti.

. . .

La superficie dell'acqua del lago nero, nei giorni di sole era solitamente tanto ferma e placida che ci si specchiava il cielo, mentre nelle giornate più brulle diventava talmente scura da sembrare pece e in quelle ventose si increspava come fosse seta. 
Alcuni erano intimoriti dalla sua profondità sconosciuta, dalla calma che aleggiava sulle sue sponde tanto irreale da chiamare tempesta e dalla sottile nebbia che lo attraversava nelle giornate invernali, ma non Emma. Emma adorava quel posto.
 La Corvonero passava infatti intere ore sulle sponde del lago a leggere indisturbata, o a passeggiare, con gli emoor, o i compagni di Casa, ma più spesso in solitudine. Lo considerava un posto neutrale e per questo pieno di fascino, nel suo essere sufficientemente lontano dalla foresta Proibita e la sua aurea di tensione, ma anche da Hogwarts e la sua cacofonica allegria. 
 Era un punto dove era normale incontrare studenti di tutte le Case, senza distinzioni ed Emma credeva di conoscerlo come le sue tasche.
 Non quel giorno però. Quel giorno la ragazza stentava a far combaciare nella sua mente le solite amate sponde con quel che aveva davanti. 
 Strutture di legno e impalcature erano state costruite tutt'intorno, fin sopra lo specchio d'acqua, dove si allungava una piattaforma a cui avevano accesso solo i quattro campioni. 
 Emma riconobbe la figura smilza di Harry accanto a Fleur Delacour, mentre Krum se ne stava in disparte, apparentemente insensibile al freddo. Il bulgaro parlottava con Karkaroff e Cedric li osservava assorto, vicino alla superficie dell'acqua. Tutto intorno un numero impressionante di persone gridava, batteva le mani ed esultava, in una macchia informe di entusiasmo e colore. 
 C'erano studenti, professori, ospiti, delegati del Ministero e giornalisti e i flash dei fotografi tagliavano l'aria fredda in lampi sfarfallanti. L'emoor si sentì disorientata.
Emma!” gridò Ginny, vedendola da lontano.
La rossa correva nella sua direzione con espressione contratta. 
 “Oi, Gin” sorrise lei.
 “Dove sei stata?” chiese la grifona, appena l'ebbe raggiunta “Ti ho cercata dappertutto, ero preoccupata! Sei stata da Harry?”
 L'emoor annuì subito, sperando di placare l'irruenza tipica dell'amica. Ginny aveva la fronte aggrottata e lo stesso cipiglio che sfoggiava sempre appena prima di riempirla di domande. 
 “Abbiamo cercato una soluzione” rispose tranquilla “Mi sono attardata a sistemare i vari libri in biblioteca.”
 “Oh! Ci sei andata!” tremò la Grifondoro e nonostante la stanchezza che le pesava sulle ciglia l'emoor le fece un sorriso.
 “Avete trovato un modo, vero? Harry ce la farà?”
 “Credo di sì” confermò, osservando l'amica con curiosità.
Ginny Weasley, nonostante Emma pensasse di conoscerla come le sue tasche, riusciva ancora a stupirla. La Corvonero aveva sempre creduto di poter descrivere l'amica in un solo modo: come una persona coraggiosa, caparbia e indipendente. 
 Ginny Weasley infatti non piangeva mai, non era mai debole, non si mostrava mai svenevole. Era dura, tagliente, intelligente oltre ogni limite, come se volesse sempre dimostrare agli altri e sé stessa di essere abbastanza, ma la ragazza che aveva di fronte era diversa.  
 Quel giorno Ginny era un'adolescente visibilmente in ansia per il ragazzo che, nonostante tutte le parole sprecate in quei giorni su Micheal Corner, la rossa in fondo amava: Harry Potter.
 Ginny Weasley appariva quel giorno fragile e stranamente indifesa, mentre con gli occhi nocciola sgranati guardava l'emoor come in cerca di una risposta a una domanda mai posta, o di una tiepida rassicurazione ed Emma si chiese quanto profondamente può cambiare una persona l'amore per qualcuno, ma non osò fiatare, per non spezzare il fragile equilibrio dell'altra e sorrise invece in risposta.
 “Gli altri dove sono?” domandò, scorrendo con lo sguardo sui folti gruppi di studenti vicini al lago “la prova sta per iniziare mi sa”
 
È meglio che ci muoviamo” le intimò la rossa, scrollandosi di dosso un po' di debolezza, pur rimanendo tesa come una corda di violino “i tuoi amici ti stanno cercando da prima e anche Gabriel.”
 Emma annuì e insieme raggiunsero in fretta la zona dove tutti gli studenti si stavano ammassando. L'emoor vide da lontano Lilith e James che facevano segno di raggiungerli e stava per correre verso di loro, quando una voce ben conosciuta la gelò sul posto.
 “Dici che Potter ne uscirà vivo, O'Shea?”
 Draco Malfoy stava a meno di un metro dalle due amiche, avvolto in un pregiato mantello, il ghigno stampato sul volto pallido e i due soliti ragazzi armadio al suo fianco. 
Osservava Emma con aria divertita, ma non ostile ed evitava accuratamente di sfiorare anche solo con lo sguardo Ginny.
 L'emoor sbatté le ciglia sorpresa da quell'intervento, guardando di rimando il ragazzo e si rese conto in quel momento di quanto il suo viso fosse appuntito e affilato e di quanto gli stesse bene il verde del pesante maglione che indossava.
 “Allora O'Shea... hai perso la lingua? Ti ho fatto una domanda.” disse pungente il biondo ed Emma si riscosse.
 “Potter, Malfoy? Sì, io dico di sì. Ne uscirà vivo” rispose e sorrise leggermente, mentre fissava lo sguardo negli occhi chiari di lui. 
 Draco annuì appena e cadde per un istante il silenzio. Quelle risposte svelte e taglienti per loro erano una novità, o almeno lo erano dalla notte del Ballo del Ceppo. Erano abituati a fronteggiarsi con il loro equilibrio di corpi e azioni, intorno al calderone di pozioni, attenti a non sfiorarsi mai, non certo a dei botta risposta all'aperto, dove chiunque avrebbe potuto vederli, o sentirli.
 “E così tifi Grifondoro.” insistette lui, beffardo.
 “Io tengo ad Hogwarts, Malfoy” chiarì l'emoor con un sorriso “mentre tu... devo dedurre che tieni a Tassorosso.”
È una provocazione, O'Shea?”
 “Solo una constatazione, Malfoy” rispose pacata.
 “È errata.” si difese il biondo.
 Sembrava vagamente turbato, come se non si aspettasse affatto le risposte pronte che la ragazza dimostrava di avere.
 “Ma se non tieni né Potter, né a Diggory significa che non tieni a Hogwarts.” continuò lei, vagamente divertita e il Serpeverde inarcò appena le sopracciglia.
 “E anche se fosse?” domandò con una nota leggermente più arrogante nella voce calma, mentre alzava il mento con sfida, gli occhi socchiusi. Emma scrollò le spalle, noncurante. 
“Daresti solo ragione alle voci che dicono che tieni solo a te stesso.” dichiarò, pronta a voltare lui la schiena. 
 “Ma davvero?” ribatté Malfoy ghignando “E da quando tu, Emma O'Shea, a detta di tutti la persona più imparziale del mondo e incorruttibile ai pregiudizi, cadi nella tentazione di darmi l'etichetta di cattivo come fanno tutti? Magari a qualcosa tengo...”
 La Corvonero si stupì nel constatare che anche il ragazzo si stava evidentemente divertendo e cercò di non mostrarsi toccata dalle sue parole, ma sapeva che Malfoy aveva ragione: non era da lei rispondere in quel modo, né mettere etichette. 
 Sbuffò dal naso e riprese il controllo in un battito di ciglia.
 “Davvero?” disse “E a cosa terresti?”
 “Non so O'Shea, magari tengo a te.”
 Lei rise cristallina a quella risposta assurda e scosse il capo.
 “Malfoy mi spiace per te, ma ne abbiamo già parlato: io non sono una di quelle Serpeverde pronte a cascare ai tuoi piedi, per il tuo casato, i soldi e tutto il resto.” ribatté. 
 Gli occhi di lui erano incredibilmente grigi e belli. Emma deglutì, cercando di non farsi distrarre, né di ammorbidire la sua espressione, avverti appena un movimento di Ginny accanto a sé, curiosamente ancora in silenzio, mentre il ragazzo per nulla offesostendeva nuovamente le labbra sottili in un ghigno, mentre le due guardie del corpo improvvisate accanto a lui sembravano piuttosto confuse dallo scambio tra Corvonero e Serpeverde.
 “Sicura O'Shea?” la punzecchiò lui.
 “Sicura Malfoy”
 “Nemmeno il mio fascino ti tocca?” insistette il ragazzo.
 “Nemmeno” rispose Emma, mentendo con sicurezza.
 “Ci ho provato” disse lui tranquillamente e fece un passo indietro, come a riprendere il suo spazio “Allora ci vediamo a Pozioni.” 
Sembrava quasi una domanda ed Emma si chiese se avrebbe dovuto rispondere affermativamente, ma si limitò a sputare un “
Malfoy” secco, salutandolo con un cenno del capo, mentre cercava di non dar peso al fatto che suo malgrado, mentre osservava il ragazzo allontanarsi con gli altri due, stesse arrossendo furiosamente.
Da quando Malfoy ti parla e soprattutto da quando ti guarda così?!” domandò incredula Ginny, che era stata ignorata dal biondo e aveva potuto osservare al meglio la situazione dall'esterno.
 Anche Emma aveva quasi dimenticato la presenza della Grifondoro e sobbalzò alle sue parole, sospirando appena.
 “Perché? Come mi ha guardato?” chiese sovrappensiero, lo sguardo che ancora diretto al punto in cui era scomparso il ragazzo. 
 Si sistemò con un gesto secco la divisa per non mostrare all'amica le guance inevitabilmente chiazzate di rosso e tornò a camminare verso Lilith e James che le avevano quasi raggiunte e sfoggiavano un'aria stranita, forse per averla vista da lontano parlare tanto a lungo con il Serpeverde.  
Non li raggiunse mai. 
 Nell'attimo successivo tutto accadde velocemente: Harry Potter mangiò l'algabranchia per gettarsi in acqua e nello stesso istante, Emma avvertì qualcosa che le lacerava il respiro. Lanciò un debole grido soffocato, portandosi spaventata le mani al collo, mentre il quarto campione di Hogwarts tratteneva i conati sulla piattaforma.  Ginny si chinò verso l'emoor.
 “Emma tutto ok? Sei pallidissima.”
 La ragazza contrasse il volto e cercò di riprendere inutilmente a respirare, la voce di Ginny le sembrava appena un sussurro lontano  e annaspò in cerca di qualcosa a cui aggrapparsi, agitando le mani nell'aria e passandole sul collo e proprio mentre stava per cadere in avanti, priva di orientamento, James la raggiunse, appena in tempo per afferrarla in vita.
 “Emma” la chiamò dolcemente il ragazzo.
  “Sembra non sentirci” esalò Ginny spaventata, gli occhi dilati e il  Corvonero annuì e strinse gentilmente l'amica al petto. 
 “Dobbiamo allontanarla dagli studenti, non devono vederla” disse secco e cercò con lo sguardo Lilith che lo aveva appena raggiunto, gli occhi scuri pieni di panico e il caschetto scarmigliato.

Emma riusciva a sentire i suoi amici intorno a sé, riusciva a percepire la stretta di James e capì che stava provando a spostarla. Cercò di contrarre debolmente i muscoli per seguirlo e sentì vagamente la voce del ragazzo dirle che l'avrebbe messa al sicuro, ma era come se fosse bloccata in un luogo molto distante da loro.
 Era abbastanza lucida da capire cosa fosse successo, o almeno provare ad analizzarlo e nonostante la confusione, aveva avvertito l'invasione di mente con Potter e alzato istintivamente le barriere mentali come le aveva insegnato Severus, ma non era servito a nulla.
 Se non chiudeva la mente era come se improvvisamente 
diventasse Potter. Avvertiva le sue stesse sensazioni e poteva guardare attraverso i suoi occhi. Era come se avesse anche lei branchie al lato del collo, sentiva la pressione dell'acqua sulla pelle, il gelo che le carezzava le ossa. Aveva visto il verde del lago baluginarle davanti, con la sensazione di essere immersa in un liquido e riconosceva il brivido di paura del ragazzo come qualcosa di diverso dal proprio terrore che le toglieva il respiro, ma non poteva dividersi da lui. 
 Perché se Emma chiudeva la mente smetteva di vedere il lago davanti a sé, ma continuava a percepire 
tutto il resto, dal freddo pungente, ai rumori ovattati e anche se l'angoscia del Grifondoro si attenuava leggermente nel suo petto, la sua, nel sentirsi immersa nell'acqua gelida senza vedere cosa stava succedendo, peggiorava drasticamente. 
La sensazione di soffocare l'aveva colta impreparata e ci mise un attimo a rendersi conto, con spavento e fastidio, di non essere  in grado di gestire la situazione come aveva sperato. 
 Con sforzo estremo riuscì a mantenere sufficiente concentrazione per entrare in contatto o scivolare via dalla mente del Grifondoro, in alternanza, senza che i suoi nervi si spezzassero, e a sfruttare l'Occlumanzia affinché la sua coscienza non ne uscisse schiacciata, ma era una fatica debilitante e nulla la teneva sufficientemente ancorata al suo corpo da permettergli di mantenersi lucida. 
 Era come se il confine tra sé stessa ed Harry Potter si fosse improvvisamente assottigliato al grido di un'unica forte volontà totalmente irrazionale: 
rimani con lui, proteggilo.  
 
Emma tremò e socchiuse gli occhi abbastanza per poter incrociare velocemente lo sguardo azzurro di James.
 “Severus” mormorò disperata, con panico crescente, aggrappandosi  alle spalle dell'amico e torcendo con le dita contratte la sua divisa.
 Il ragazzo, colto di sorpresa, ricambiò lo sguardo spaventato di lei e barcollò sul posto, quando dovette sorreggere improvvisamente tutto il suo peso, mentre Emma si afflosciava senza forze. 
 James guardò Lilith, in cerca d'aiuto, ma lei boccheggiò, confusa, senza sapere cosa fare.
 Ginny invece fu più svelta. Perché la rossa aveva immediatamente capito che l'emoor cercava disperatamente l'aiuto del tutore e sapeva quanto fosse essenziale qualunque cosa potesse darle in quel momento sollievo.  
 Con un guizzo del capo, scorse con lo sguardo sui numerosi presenti in cerca del professore di Pozioni, scivolando sugli studenti festanti e i giornalisti in cerca di notizia.  Lo trovò dall'altra parte del lago. 
 La Grifondoro si mise a correre.

. . .

Ginny Weasley non aveva mai corso con disperazione, né aveva  mai provato dentro il suo petto quella terribile urgenza e senso di vuoto schiacciante. Questo probabilmente perché Ginny Weasley non aveva mai dovuto correre per salvare qualcuno che le stesse a cuore come Emma. 
 La rossa si slanciava in avanti, ignorando i polmoni contratti e i muscoli brucianti, con l'unica certezza che quella che stava compiendo fosse una corsa contro il tempo. L'emoor le aveva raccontato nel dettaglio della terribile sensazione che l'aveva invasa durante la prima prova, del dolore alla testa e la percezione di non poter fuggire e la Grifondoro era abbastanza sveglia per capire che quello che stava provando la sua amica in quel momento era sufficientemente terribile da farla impazzire. 
Doveva fare in fretta.
Professore!” gridò quando fu a pochi metri da Piton. 
 L'uomo osservava la superficie dell'acqua con aria assorta, la fronte corrucciata e sembrava perso nei suoi pensieri.  
Quando la ragazza lo chiamò di nuovo a gran voce sussultò e si girò di scatto, trattenendo a stento un'espressione sorpresa.
 “Weasley... qual il problema? La tua ombra ti ha spaventato?” chiese, con il tono strascicato che riservava agli studenti, in particolare ai Grifondoro.
 La ragazza sorvolò sulla frecciata decisa a trascinare 
immediatamente il professore dall'amica: non aveva tempo da perdere.
 “Emma, Signore. Non credo stia bene, ha chiesto di lei.”
 Gli occhi dell'uomo si dilatarono e colmarono di orrore, diventando neri come la notte e i lineamenti si indurirono in una smorfia tesa e stravolta. Ginny Weasley, che aveva sempre mostrato scetticismo riguardo il legame tra Emma e Piton, così come Lilith Bitterblue e molte altre persone amiche dell'emoor, dovette ricredersi in quello stesso istante. 
Quello del professore era il volto di un uomo spaventato, anzi, terrorizzato all'idea di perdere qualcuno.
 “Guidami, Weasley” disse secco e Ginny corse per tornare da Emma e Severus Piton corse dietro di lei

. . .

Oh Merlino, grazie. L'hai trovato!” gridò Lilith vedendo Ginny e   il professore arrivare in arrivo.
 Nessuno degli studenti che si trovavano poco lontano, arrampicati sulle alte impalcature, sembrava essersi reso conto del dramma che si svolgeva lì accanto, presi com'erano a osservare la superficie immobile del lago in attesa di novità, e questo era un bene. 
 James stava chino su Emma, seduta a terra e la sorreggeva con premura, cercando comunque di nasconderla con il proprio corpo da eventuali sguardi curiosi, mentre Lilith era in piedi e si torceva le mani, piena d'ansia, le labbra esangui e gli occhi scuri che guizzavano incerti a destra e sinistra, in preda all'agitazione.
 “Che succede, McGregor?” domandò velocemente Piton, una volta che li ebbe raggiunti, con Ginny alle sue spalle.
 “Non lo so signore, credo sia come durante l'altra prova, ma è peggio, a volte riprende conoscenza.” rispose il ragazzo.
 “Adagiala a terra.” disse brusco e James eseguì, mettendo Emma sdraiata sulla schiena con tutta la delicatezza possibile.
 L'emoor, accorgendosi del cambiamento, emise un flebile lamento, come se fosse vagamente consapevole di quel che accadeva intorno a lei, mentre continuava la sua fragile battaglia interiore.
 Vedere con gli occhi di Harry ovviamente l'agitava, specie quando lui prendeva una direzione che lei avrebbe assolutamente evitato.  Era come essere coscienti in un corpo che non si poteva controllare e che sembrava ben deciso ad andare alla deriva, ma non sapere cosa stesse accadendo era, ovviamente, ugualmente terribile. 
Emma così si sforzava, chiudendo e aprendo la mente in alternanza, alzando e abbassando barriere sottili, sfilando nei numerosi corridoi interiori che stava imparando a conoscere.
 Era sfiancata, ma di tanto in tanto riusciva a socchiudere gli occhi, incontrando quelli chiari e spaventati di James, rendendosi conto con frustrazione che non era di quello che aveva bisogno e annaspava dentro di lei, lottando con i sentimenti di Harry grottescamente dilatati, sempre più consapevole di essere come un amplificatore di Potter stesso e che questa condizione poteva esserle fatale. Se Potter si fosse spaventato seriamente, mentre erano connessi in quel modo, lei sarebbe  morta per arresto cardiaco.
 “Emma!” la voce roca, decisa e per certi versi brusca di Severus Piton la riportò alla realtà. 
Severus era lì. Finalmente.
 
“Sev...” mormorò lei  r aprì lentamente gli occhi, incontrando lo sguardo scuro del suo tutore. Era di quello che aveva bisogno. Di quei due tunnel gelidi che avevano la capacità di calmarla.
Emma, devi chiudere la mente” ordinò lui.
 “È inutile.” rispose lei stancamente, cercando di sillabare le parole “Se la chiudo smetto di vedere, ma rimango sempre con lui.”
 L'uomo aggrottò la fronte perplesso e imprecò tra i denti, mentre la ragazza sempre più esausta sentiva il respiro farsi più debole.
 “Harry era teso per la gara” mormorò, tremando leggermente  “Probabilmente per questo l'invasione è tanto pesante.”
 “Non mi importa delle tensioni di Potter” borbottò il professore acido, facendo alzare un sopracciglio perplesso a Ginny.
 L'emoor sbuffò e strinse debolmente il braccio del tutore, cercando il suo sguardo “Non capisci Sev” tentò di nuovo con voce sottile, gli occhi socchiusi “Harry pensava di non superarla, non era sicuro dell'algabranchia, era un salto nel vuoto, capisci? Per questo è tutto così forte. Con i draghi aveva un piano”
Piton aggrottò la fonte, cercando di ragionare su quel che la protetta cercava di fargli capire, ma Emma si afflosciò nuovamente, mettendo tutti in allarme. Il professore si chinò in avanti e cominciò a mormorare una complicata litania, gli occhi socchiusi e la bacchetta che sembrava tagliare l'aria sopra la ragazzina con movimenti particolarmente eleganti e precisi.
 “Devo andare a chiamare Silente, professore?” chiese Lilith agitata.
 “No.” le rispose secco Piton, estremamente concentrato “Me ne occupo io. McGregor, ce la fai a portarla fino al castello?”
 “Certo signore!” assentì subito il ragazzo, chinandosi verso di lei. 
 L'emoor sembrò tornare lucida per un momento, capì che l'amico provava a prenderla in braccio e si aggrappò a lui, debolmente, cercando inutilmente di sorridergli per tranquillizzarlo.
 “Non farla cadere” sibilò Severus con leggera apprensione.
 “Non la farò cadere” lo rassicurò James, stupito.
 “Molto bene. Andiamo.”

Quella strana combriccola, composta da quattro studenti, di cui una semi svenuta e un professore, visibilmente preoccupato, si stava per mettere in moto verso il Castello, quando Malocchio Moody si avvicinò con il suo passo claudicante.
 “Piton! Che succede?”
 “Nulla che possa interessarti, Alastor.”
 “È Emma O'Shea quella?” insistette l'Auror.
 “Sì” disse secco Piton “Ora fatti da parte”
Il professore però non accennò a muovere un passo, anzi si fece più vicino, l'occhio blu elettrico che ruotava nella sua orbita.
 “La stai portando in infermeria? Che cos'ha?” chiese aspro “Posso accompagnarti se vuoi...”
 “Francamente, Alastor.” lo fermò Severus “Ci penso io.”   
I tre ragazzi intorno a lui sobbalzarono per la fermezza nel tono del professore, osservando attentamente i due uomini che si fronteggiavano nervosi. Lo sguardo di Piton era freddo e terribile più che spaventato, ma anche carico di una determinazione così tagliente, che persino Lilith e James cominciarono a intuire quanto fosse forte il legame tra l'emoor e l'uomo.
 “Non credo tu sia qualificato per il soccorso” riprese Moody, l'occhio magico che ruotava nuovamente come impazzito.
 “Sono perfettamente qualificato per questo. Con permesso” sibilò Piton, dandogli insistentemente le spalle.
 “Allora si tratta di magia nera, giusto? Quella la conosci.” 
 Il gelo cadde sul gruppo. I ragazzi non osavano fiatare e anche Emma socchiuse gli occhi per osservare i due uomini.
 Rabbrividì. Era 
esausta e voleva solo andare in infermeria, ma la preoccupazione le attanagliò lo stomaco nel vedere Piton e Moody che si posizionavano l'uno di fronte all'altro, perché anche se nessuno aveva ancora messo mano alle bacchette era evidente dall'astio sui loro volti che avrebbero volentieri duellato.
 “Sev” mormorò Emma, richiamandolo e il tutore si girò verso di lei “Per favore, andiamo” lo implorò, sentendosi estremamente debole. 
 Davanti ai suoi occhi tremò l'immagine di un fondale cupo e spettrale, dove con stupore riconobbe i capelli aranciati di Ron Weasley tra gli ostaggi che vi galleggiavano. C'era anche Hermione, ma il suo viso era così pallido e strano sotto l'acqua verdastra che l'emoor ci mise parecchio a riconoscerla.
 “Allora Piton, posso dare un'occhiata?” chiese nuovamente Moody.
 Severus, che era ancora chino sulla protetta, ora inerme tra le braccia di James McGregor, si riscosse bruscamente e tornò a guardare torvo il collega, stringendo pericolosamente le labbra e affilando lo sguardo scuro.
“O'Shea è sotto la mia responsabilità Alastor. Abbiamo fretta ora, spostati” disse, il tono freddo e minaccioso e l'altro professore, si fece finalmente da parte con sospetto. 
 “Forse O'Shea dovrebbe farsi controllare se sviene ad ogni prova” gracchiò “sembra essere piuttosto suscettibile”.
 Piton non gli rispose nemmeno e fece cenno agli altri tre di seguirlo ed Emma, che aveva assistito alla conversazione a occhi chiusi, sospirò di sollievo all'idea di allontanasi finalmente da quell'uomo.  
 Fremette ancora tra le braccia di James, cercando di non collassare e contando mentalmente da uno a cento, nel tentativo di rimanere lucida. Di lì a poco la prova sarebbe finita e l'attenzione degli studenti si sarebbe spostata su di lei e se c'era una cosa che voleva 
assolutamente evitare era attirare l'attenzione.
 Attraverso gli occhi di Harry, vide Cedric e Krum riuscire nell'intento di salvare i loro ostaggi dal fondo del lago, ma Potter sembrava intenzionato ad aspettare anche Fleur.
 
Coraggio Harry, non fare l'idiota, muriamo in due pensò disperata. 
 Percepiva la mente del ragazzo tremare contro la sua e il peso e l'agitazione ampliarsi dentro di sé. Era una condizione strana, che la faceva sentire inerme. Respirò a fondo, stringendo con le dite la maglia di James, in cerca di supporto. Si fermarono quando furono sufficientemente lontano dagli altri studenti e dai loro sguardi indiscreti. Emma sentì Severus avvicinarsi a James e prenderla in braccio con fare goffo. Sussultò sorpresa, ma lasciò andare l'amico per aggrapparsi al tutore, tenendo gli occhi ancora serrati.
 “Da qui in avanti ci penso io.” snocciolò velocemente il professore a Lilith, James e Ginny che lo osservavano increduli “Tornate al lago. Non dite niente. Una sola parola e tolgo 100 punti alla vostra Casa. Weasley. Appena la prova finisce, di al Preside di recarsi immediatamente in infermeria.”
I tre ragazzi annuirono spaventati e rimasero a guardarsi incerti, consapevoli che quello a cui avevano assistito, ovvero vedere il sempre insensibile Professore di Pozioni che si preoccupava per qualcuno, fosse un evento più unico che raro.
 Severus non si voltò a lanciare alcuno sguardo di minaccia ai tre, ma continuò a camminare veloce, stringendo Emma al petto con insolita cura, mentre avvertiva i suoi respiri sempre più leggeri.
 Avrebbe voluto prenderla con sé da subito e correre in infermeria per affidarla alle cure di Madama Chips, che sapeva eccellenti, nonostante le sue lamentele, ma si era trattenuto.

Perché Severus Piton si sentiva curiosamente fuori controllo, fragile, esposto e non voleva che altri lo percepissero.
 Perché c'era 
qualcosa, in quella minuscola ragazzina, capace di stravolgere i suoi equilibri e abbattere ogni muro, che lo faceva sentire morbido e gentile, ed era qualcosa che lo destabilizzava fuori dai suoi confini, lo rendeva piuttosto confuso e lui, odiava la confusione, o non avere chiara la sua posizione. 
 Eppure Severus Piton era ormai dolorosamente consapevole del fatto che sarebbe stato in grado di preparare Pozioni con Emma O'Shea per 
intere giornate, senza mai stancarsi. Così come non lo aveva mai affaticato placare i suoi malumori, svegliarla dai suoi incubi e a volte persino rispondere alle sue innumerevoli domande. 
 Emma era una variabile imprevista nella sua vita, ma non l'avrebbe mai ammesso a voce alta e dato che temeva più di ogni altra cosa il giudizio altrui e si imponeva da troppi anni la sua maschera di fredda indifferenza, aveva dovuto trattenersi, per evitare la reazione delle persone che avrebbero scorto in lui dell'umanità.
 Nessuno doveva sapere quanto fosse in realtà importante quella ragazzina per lui. N
essuno.
Superò l'ingresso, diretto verso l'infermeria ed Emma, ancora immersa nella sua semi incoscienza, forse percependo la preoccupazione che quell'uomo burbero, freddo e insensibile, provava per la sua incolumità, tornò un poco più lucida. 
 Harry era comunque quasi fuori dal lago e l'incredulità, per ciò che il tutore aveva fatto per lei, rendeva i suoi sentimenti in quel momento molto più centrali, forti e importanti di qualsiasi sensazione che poteva trasmetterle Potter nello stesso istante.
 Le menti della ragazza e del bambino che era sopravvissuto tremolarono a contatto, mentre le pareti che lei aveva imparato a proiettare dentro di sé, per schermare sé stessa, si fecero improvvisamente più imponenti, mentre scivolavano al loro posto. 
 “Emma” la chiamò lentamente il professore “Emma, stai bene?”
 “Non so” esalò lei e il colore del lago baluginò dietro le sue ciglia.
 “Resisti Emma” sussurrò Piton “Siamo quasi al sicuro”
 A quelle parole l'emoor sentì un leggero nodo serrarle la gola e fece un singhiozzo commosso. Riuscì a vedere la superficie del lago che si avvicinava in un ultimo guizzo e pur sentendosi soffocare, cercò di contribuire a far raggiungere a Potter e gli altri due, Ron e una ragazzina bionda sottile, la salvezza. 
 Fu quasi certa che il Grifondoro avesse avvertito la sua presenza alla fine, ma poco le importava. Si sentiva esausta, come se avesse nuotato insieme a Potter per tutto il tempo.
 Il suo corpo crollò, mentre finalmente Severus la poggiava sul lettino dell'infermeria, con cura. Emma socchiuse gli occhi sempre più pesanti, ma si aggrappò debolmente al braccio di lui.
 “Cosa c'è?” chiese l'uomo con leggera impazienza, come se fosse arrivato a saturazione di contatto fisico per quel giorno. 
 “Grazie davvero” mormorò l'emoor “ora sto meglio, Sev. Harry l'ha superata. Ha superato la prova.”
Piton sospirò di sollievo vedendola lucida, completamente indifferente a ciò che era successo a Potter, mentre il rumore di tacchi sul pavimento annunciarono l'arrivo di Madama Chips.

*

Harry Potter era diventato improvvisamente il beniamino della scuola. Il parere di tutti gli studenti di Hogwarts, dopo l'esito della seconda prova, sembravano infatti essersi tramutato in sentimenti tutto d'un tratto positivi nei confronti del ragazzo. 
 Persino gli studenti di Beauxbatons e Durmastrang esprimevano un pacato rispetto, con veloci occhiate e cenni silenziosi e le spille dei 
Serpeverde erano scomparse dai corridoi.  Harry appariva compiaciuto.
 Emma O'Shea invece, pur felice per lui, più di una volta aveva avuto la tentazione di afferrarlo rudemente per la collottola e urlargli che non ci sarebbe stato il bisogno di fare l'eroe, rischiando per altro la pelle di entrambi e che stare in fondo al lago per troppo tempo, pur di vincere una prova, era un atteggiamento 
estremamente stupido, ma si era sempre trattenuta.
 L'emoor aveva il sospetto che James e Lilith fossero piuttosto concordi con il suo punto di vista, ma non ne aveva parlato con loro per non aprire l'argomento delle invasioni di mente e aveva apprezzato il fatto che i due non l'avessero spinta a farlo. 
 Emma non ci teneva in alcun modo a esporsi, né sembrava desiderosa di ragionare su quella connessione, preferendo anzi l'idea di rimanere ancora una volta nell'ombra, grata della natura mite e solitaria della maggioranza dei Corvonero. 
 Il fatto era che l'emoor non era nemmeno sicura che Harry avesse inteso che esistesse una connessione, né che era lei la persona con cui aveva condiviso ogni pensiero e sensazione e, in parte, non ci teneva nemmeno a rivelarglielo, perché a quel punto non sarebbe più potuta tornare indietro.
 L'unico suo cruccio era che, ancora una volta, nessuno aveva dato una valida risposta ai suoi dubbi, dato che il tutore si era semplicemente assicurato che lei stesse bene per poi dileguarsi nell'ombra, come sempre e Silente si era mostrato preoccupato per lei per non più di una manciata di secondi, prima di sparire, intimandole nuovamente di tenere nascosta ogni cosa.
 Emma aveva quindi ascoltato alla lettera le indicazioni ricevute, evitato il professor Moody nei corridoi ed era uscita dall'infermeria tanto velocemente quanto Madama Chips  le aveva permesso, grata che nessuno, al di fuori di Ginny, James e Lilith, sembrasse essersi accorto dell'episodio avvenuto sul fianco del lago.

*

Stai bene?” chiese Ginny, guardando l'amica fissare con insolito silenzio il campo da Quidditch, dove si erano nascoste in cerca di un po' di pace.
 Hogwarts poteva essere piuttosto caotica in quei giorni, contando tutti gli studenti stranieri che affollavano i corridoi, oltre che il parco, le serre e le sponde del lago.
 Emma chiuse gli occhi, pensando a come rispondere alla domanda fin troppo diretta dell'amica e optò  per sussurrare un “Non lo so” appena accennato. 
 Si sentiva frastornata, anche se si sforzava di non darlo vedere. Aveva un gran bisogno di un sonno senza incubi, ma da dopo la seconda prova, appena la bevanda della pace che le aveva dato Madama Chips aveva smesso di fare effetto, i sogni erano tornati più aggressivi che mai e alla donna sconosciuta che gridava e la luce verde constante, si erano mischiate anche nuove immagini oscure e confuse.
 A volte Emma nel sonno si ritrovava così a nuotare verso il fondo del lago nel tentativo fallimentare di salvare Severus, o i suoi genitori e Steph e altre volte sognava sagome scure e ululati nella notte, o percepiva fugaci stralci di conversazioni che non capiva e che dimenticava al mattino.
 A poco erano servite le rassicurazioni nelle lettere inviate dai genitori, quando di notte i loro volti sformati dal movimento dell'acqua la riempivano di angoscia e un'ingiustificata paura di perderli.
“I tuoi sanno della connessione?” chiese Ginny, forse indovinando i suoi pensieri.
 Emma scosse la testa in risposta “Non capirebbero. È già tanto che accettino la magia così tranquillamente. Sanno che ho incubi e dormo poco, mia mamma è convinta che sia perché stiamo finendo l'anno e io soffro di agitazione”
 “Nessuno fa incubi del genere per 'un po' di agitazione'” le fece presente Ginny perplessa “Non dormi per un numero d'ore decenti dalla prova, Ems”.
 L'emoor annuì sospirando piano: lo sapeva. Probabilmente doveva anche avere un aspetto orribile, ma non sapeva che farci, anche se potersi confidare con Ginny le sembrava un enorme aiuto.
 “Passerà.” esalò infine, sforzando un mezzo sorriso “Già gli incubi stanno cambiando, una volta erano sole le grida e la donna con la luce verde, ora sono diversi. Ieri ne ho fatto uno assurdo.”
 Lo sguardo della rossa si incupì appena, mentre la osservava tesa.
In che senso uno assurdo? Sempre con i tuoi genitori?” .
“No.” negò Emma “C'era un uomo con un enorme serpente accanto. Un uomo piuttosto piccolo, strano. Aveva un fagotto tra le braccia che si muoveva appena. Non l'avevo mai sognato prima”
 Ginny si accigliò e si morse nervosamente le labbra, scostando lo sguardo sugli anelli del campo da Quidditch, come per calmarsi.
 “Un fagotto?” chiese infine.
 “Un fagotto” confermò Emma.
 “Ne hai parlato con Piton?” chiese scettica la rossa. 
 Non aveva ancora in simpatia il professore, anzi, ma dopo averlo visto con l'angoscia stampata sul volto all'idea di perdere Emma, il tono che usava quando si riferiva a lui si era fatto più accondiscendente.
 “Si, ne ho parlato con Severus” rispose Emma quieta “Non di quest'ultimo sogno, no. Ma sa che sono peggiorati e che non dormo.”
 “Dovrebbe preoccuparsi” si infervorò improvvisamente Ginny “Un conto è vedere i tuoi genitori, potrebbe essere comprensibile, potrebbero mancarti e farti preoccupare, ma un altro è cominciare a sognare altri sconosciuti.”
“Lo so, tranquilla.” disse l'emoor e il volto della rossa sembrò  accartocciarsi. 
 La Corvonero sapeva che stava pensando al suo primo anno ad Hogwarts, a Tom Riddle e la sua possessione. Ne parlavano raramente, ma era un'evidente ferita aperta per la Grifondoro.
 “Gin...” tentò Emma con tono dolce, ma l'altra si irrigidì.
 “Gli alti emoor?”
 “Dormono sonni tranqui
lli a differenza mia”
 
È strano, mio fratello dice che anche Harry fa continuamente incubi. Perché queste somiglianze, secondo te?”
 L'emoor fece un respiro profondo, arresa a quello strano legame che sembrava non volersi attenuare e lasciò cadere il silenzio.

*


Secondo me questa volta è un duello” disse Dan e la sua voce sovrastava quelle degli amici seduti intorno a lui e riportò l'attenzione di Emma alla Sala comune affollata. 
 Erano tutti seduti vicini, quasi in circolo, in un angolo tranquillo accanto al fuoco che scoppiettava in uno degli ampi caminetti.
 “Sei fissato con la storia del duello” borbottò Lilith, alzando lo sguardo sull'altro “Potrebbe essere qualcosa di concettuale invece.” 
 “Perché dovrebbe?” intervenne Luke in difesa del fratello e la biondina scosse la testa con aria annoiata.
 “Perché non è mai stato chiesto loro di agire prontamente e con velocità di pensiero.” spiegò.
 “Beh, insomma c'è stato il drago” fece notare Sean.
 “I campioni sapevano dei draghi” specificò Carmen “Ernie McMillan dice che Cedric 
lo sapeva da giorni.”
 La conversazione probabilmente stava andando avanti da parecchio, ma Emma si era distratta e sbatté le ciglia, cercando di riprendere le fila di quel che i  compagni di Casa stavano dicendo.
“Anche io sono d'accordo con Lilith” intervenne pacatamente Sarah, come a chiudere il diverbio, senza però mai davvero riuscirci “Il drago era chiaramente una prova di coraggio, il lago solo parzialmente di ingegno e nervi freddi, ma studio soprattutto. Testare l'intelligenza è un parametro interessante”
 “E che ci vuole a testare l'intelligenza di Diggory, perdonami?” chiese Dan con un sorriso smagliante “Non certo un genio, per capire che quello lì è un Tassidiota.” 
 “Molto maturo, Dan” lo rimbeccò Carmen, inarcando le sopracciglia infastidita, mentre i due gemelli se la ridevano.
 Anche Emma li guardò con leggera accusa, di nuovo attenta: a lei Diggory e i suoi modi gentili stavano piuttosto simpatici. 
  James si avvicinò in quel mentre al gruppo, sporco da testa a piedi di fango, la scopa stretta tra le mani e l'aria arruffata. 
 L'emoor si rivolse subito a lui con un sorriso.
 “Ehi Jam, volato bene?”
 “C'era un freddo incredibile e piove almeno da mezzora.” disse il ragazzo con stanchezza “Mi sono perso qualcosa?” 
 “Nulla di fondamentale amico” rise Sean da sopra il libro che stava leggendo, con un tono vagamente esasperato “la solita conversazione sul torneo, dovevo venire a volare con te.”
 “Si stava parlando del livello d'idiozia di Cedric Diggory” specificò Dan, ricevendo una spinta da Carmen.

Cho Chang seduta lì accanto con le sue amiche, doveva aver sentito tutta la conversazione, tenendosi in disparte, ma dopo l'ennesima uscita del gemello scattò in piedi con un movimento fulmineo, i pugni serrati e gli occhi pieni di offesa.
 “Siete solo un branco di ingrati, Cedric è il vostro campione e dovreste trattarlo con rispetto.”
“Lo stiamo trattando con rispetto!” si difese Luke, con un ghigno.
 “Il vostro modo di parlare dimostra solo quanto siete rozzi” sibilò in risposta la ragazza ed Emma fece una smorfia perplessa.
 Trovava Cho una persona gentile, con cui talvolta era piacevole parlare, ma non erano mai andate particolarmente d'accordo, forse a causa del fatto che Cho sapeva essere molto superficiale e non si allontanava mai troppo dal suo drappello di amiche per cui Emma aveva 
decisamente poca simpatia. Soprattutto per Marietta Edgecombe e la sua aria perennemente scocciata.
 
Perdoni Madame” disse Dan con falsa cortesia, vedendo la rabbia della Chang “non volevamo offendere nessuno”.
 Tra i ragazzi della Casa, la passione per l'asiatica era sparita in fretta davanti all'atteggiamento di lei, che non faceva altro che sbandierare la sua relazione con Cedric, rendendosi così un bocconcino poco appetibile.
 “Non far caso a loro, Cho” intervenne prontamente Carmen, che al contrario le era amica “Stavano solo scherzando. Sono degli idioti.”
 “È un pessimo modo di scherzare” soffiò l'altra in risposta “Cedric si sta impegnando moltissimo per vincere il torneo e poter così alzare l'onore di Hogwarts...”
 “Ma certo...” cercò di dire Carmen per calmarla “Nessuno sta dicendo il contrario e sappiamo che rischia molto...”
Innalzare l'onore della scuola, è questo il suo obbiettivo? Non i Mille Galeoni in premio. Vero?”.
 Si voltarono tutti insieme. A parlare non era stato nessuno della combriccola, ma Richard Done, che pareva spuntato dal nulla con i suoi libri sotto braccio e che osservava la ragazza con aria arcigna. 
 Il gelo sembrò invadere il gruppo, insieme a un velato imbarazzo e Cho boccheggiò più volte, stupita per quell'accusa poco elegante, arrossendo leggermente sulle guance chiare.
“Richard calmati” disse pacata Emma rivolta al compagno di Casa, istintiva, e con un secondo di ritardo si rese conto che avrebbe potuto mordersi la lingua e tacere. 
 Il volto di Richard si fece scarlatto con un'espressione chiaramente offesa ed Emma comprese che anche se lei aveva agito con immediatezza per evitargli, nonostante non avesse alcuna simpatia nei suoi confronti, di finire in una situazione 
scomoda, come quella di inimicarsi Diggory, Richard non sembrava averlo colto. Affatto.
 L'emoor di solito sedava i litigi e, a differenza di Sarah, era solitamente molto abile a farlo, perché, per qualche motivo, quando gli eventi cominciavano a incrinarsi, metteva sempre istintivamente le cose nel giusto equilibrio. Era come un ago della bilancia, pacata e obbiettiva il giusto e lo faceva quasi senza pensarci. 
Con Richard però era diverso. 

Non si erano mai stati particolarmente simpatici, ma si evitavano cordialmente, consapevoli di quanto il sentimento fosse reciproco.
 Emma aveva sentito raramente così la voce nasale del ragazzo, a meno che lui non si rivolgesse al gruppo in generale, o non stesse aiutando Dan e Luke con lo studio e non si era quindi mai occupata di scoprire quali fossero i suoi pensieri, né di capire perché lui sembrasse detestarla: si era fatta scivolare tutto addosso. 
 Ora però Richard la fissava malevolo e furente attraverso gli occhiali spessi, senza nascondere un evidente astio nei suoi confronti.
 “E tu che vuoi, emoor?” ribatté aspro “Restane fuori. Sempre a ficcarti in mezzo, vero?”
 Emma rimase in silenzio, interdetta dalla rabbia sul volto del giovane e sbatté le ciglia, per un istante confusa.
 “Avanti, Richard!” intervenne Sean con un sorriso placido “Giornata storta? Non mi sembra il caso di sputar veleno.”
“Io non sputo veleno, ma vi siete visti? Un branco di idioti tali e quali a Diggory. Per non parlare di Potter, con quella sua mania di essere sempre al centro dell'attenzione, esattamente come la qui presente Emma O'Shea e i suoi compari. Decisamente nessun campione che Hogwarts meriterebbe e per di più con una combriccola di stupidi 
Sanguesporco al suo seguito.”
 Ci fu un vibrante silenzio e anche i gruppi più distanti di studenti si zittirono, occhieggiando verso di loro. 
 “Richard, adesso basta” intervenne James, che fino a quel momento era rimasto in silenzio e l'emoor si stupì di sentire la voce dell'amico stranamente bassa e tesa, con un tono che non ammetteva repliche.
 “Io non sto zitto quando siete così stupidi” sputò il ragazzo “nessuno ha il coraggio di dire che Potter e gli emoor sono solo un fenomeno da baraccone per gli allocchi e Diggory un idiota?”
 Emma si sentì arrossire. Non le era mai importato della profezia, del sangue antico che le scorreva nelle vene, delle sue origini, ma le parole di Richard le fecero vibrare qualcosa nel profondo del cuore, facendole scattare la testa verso l'alto. 
 Lei era 
fiera di essere una strega, fiera di essere la figlia dei genitori, fiera persino del suo sangue che nessuno sapeva essere legato a Serpeverde e non avrebbe permesso a Richard Done di insultare lei e gli altri tre. Non lo meritavano. Non così.
Sei tu proprio uno stupido Richard Done” disse secca, fissando con sprezzo il biondino mentre faceva un passo avanti “Non ci posso fare nulla io se sono un'emoor, non è una cosa che controllo, così come Potter non può farci nulla se è stato selezionato.”
 “Questo lo dici tu” disse nervosamente l'altro “io penso invece che Potter ci goda ad essere al centro dell'attenzione, lui come voi quattro scherzi della natura, nessuno dice che siate veramente gli eredi dei Fondatori, ma sono tutti lì a idolatrarvi”
“Nessuno idolatra nessuno” disse mite lei “Si può sapere perché ci odi così tanto comunque? Non ti abbiamo fatto niente.” 
 “Perché siete inutili”
 “Gli emoor sono simbolo della lotta contro l'oscurità, Richard” sillabò Emma incredula “Nulla più di questo. Vuoi davvero che a vincere siano dei maghi terribili come Lord Voldemort?”
 La tensione cadde ancora più pesante sulla sala. Emma non conosceva bene la storia del mago, sapeva solo che era sparito dalla circolazione da moltissimi anni e aveva letto alcuni libri a casa di Piton a riguardo e ascoltato i racconti di Ginny. E aveva 
notato che la gente evitava di dire il nome del mago ad alta voce, ma si stupì comunque di quanto il silenzio nella sala si fece pesante: Voldemort metteva ancora paura a distanza di molto tempo.
 Gli sguardi di tutti erano rivolti verso di loro senza nemmeno più cercare di nasconderlo ed Emma, infastidita, trattenne il respiro e fissò Richard negli occhi, considerandolo la causa di tutta quella spiacevole situazione. 
Voleva fuggire.
 “Chiedi scusa a Cho, semplicemente” sibilò in fretta, decisa a eclissarsi il più velocemente possibile, la pelle d'oca sulle braccia e un fastidio sottile che le faceva serrare le labbra.
 “Hanno cominciato loro.” ribatté Richard piccato, indicando il gruppo di ragazzi alle spalle di Emma ed era rosso di rabbia, con occhi colmi di vergogna.
 “Questo è vero” concesse lui l'emoor “Mas ono sicura che stavano per chiedere scusa. Non è vero, Dan?”
 “Certo” intervenne subito il gemello, mortificato “Scusaci, Cho.”
 La ragazza annuì confusamente, probabilmente chiedendosi come la conversazione fosse passata da un insulto rivolto al suo ragazzo, a un problema 
così serio come quello che aveva davanti agli occhi: Richard aveva chiamato gli emoor sanguesporco.
A
veva espresso ad alta voce pareri più che opinabili, che riportavano alla luce ricordi oscuri, a cui la gente preferiva non pensare. 
 James fece un passo avanti, mettendo una mano sulla spalla di Emma, in supporto e Richard strinse i denti con rabbia, borbottò uno scusa, corse su per le scale che portavano al dormitorio e solo quando la sua schiena sparì alla vista, Emma tornò a respirare. 
 Cho Chang, invece, sbatté le ciglia, ringraziò confusamente e si allontanò anche lei con il suo drappello.
  Lilith afferrò la mano libera dell'emoor.
 “Richard è un tale idiota” disse secca.
 “Già” mormorò Emma. 
 “Non fare caso a quel che ha detto” aggiunse Sean con un mezzo sorriso, passandosi imbarazzato una mano tra i capelli, mentre al suo fianco Sarah e Carmen annuivano in fretta ed Emma fece un cenno leggero in risposta, aggrappandosi quasi a Lilith e James per impedirsi di tremare per la rabbia e lo sconcerto.
 Aveva sempre osservato con un certo stupore e fastidio l'interesse morboso che molti sembravano avere nei confronti di lei e gli altri emoor, ma non aveva mai pensato di poter essere odiata per quella stupida profezia. Un sottile dolore le serrò lo stomaco.

 


*Angolo Autrice*

Eccomi con la seconda prova. 
Ebbene sì, nonostante gli sforzi Emma le menti di Harry ed Emma si sono unite di nuovo e la povera ragazza comincia ad essere insofferente per tutta la situazione. Non ho voluto raccontare molto altro in questo capitolo, perché molto ricco. Salta all'occhio un breve momento di collaborazione con Harry, una tesa e divertita conversazione con Malfoy e un acuto Moody che dimostra di essersi reso conto del malessere di Emma. Abbiamo anche modo di vedere ancora una volta il buon Severus capitolare nei confronti della ragazzina e Lilith, James e Ginny stringersi ancora di più intorno a lei. Il finale del capitolo è secondo me molto importante per due motivi: 
. non sono solo i serpeverde in grado di dire cattiveria, Dan e Luke facevano stupidi commenti solo per divertimento, ma hanno innescato qualcosa di più grande di loro. 
. Richard Done inoltre ci ricorda che non serve essere di serpeverde per essere stupidi e che gli emoor non generano solo curiosità, ma anche sentimenti negativi in qualcuno, pur essendo quattro poveri ragazzi che non conoscono affatto il loro destino. 
Prossimo capitolo arriveremo alla terza prova. 
Ci stiamo avvicinando alla fine di questo anno!

Grazie a tutti coloro che mi seguono.
con affetto
vi

Ritorna all'indice


Capitolo 17
*** Ultimo ostacolo ***


.Ultimo ostacolo.

 

Emma non dormiva in modo decente da troppo tempo. 
 Era esausta e non aiutava affatto che con l'arrivo dell'estate il programma scolastico si fosse fatto particolarmente intenso e il tempo libero anche solo per una passeggiata, o un momento di calma, sembrasse un miraggio. E poi non dormiva. 
Appunto
 Le sue notti erano costantemente sconvolte dagli incubi, sempre più aggressivi e i suoi giorni risucchiati dalle sfiancanti e categoriche lezioni di Occlumanzia, che Severus le imponeva, o le valanghe di rotoli di pergamena da consegnare per ogni materia.
 L'emoor si sentiva stranamente bloccata e procedeva giorno dopo giorno con inerzia, cercando di dormire quanto bastava per non crollare e vivendo, al di fuori delle lezioni, al ritmo di qualche inaspettato '
ciao' a Pozioni da parte di Malfoy, qualche punto guadagnato senza troppa fatica per Corvonero e le giornate passate con i suoi amici. Ma era così tanto stanca.
 Con la fronte appoggiata al vetro dell'ampia finestra della Sala Comune, l'emoor socchiuse gli occhi, cercando un po' di sollievo e calma, ma come ogni volta che il suo corpo sembrava rilassarsi e cedere al sonno, subito un lampo verde le illuminò l'interno delle palpebre e la face sobbalzare bruscamente. 
 La ragazza sospirò arresa, stringendo le labbra con disappunto: avrebbe dovuto chiedere a Severus della pozione per dormire. 
Di nuovo. Ed Emma odiava dimostrarsi debole davanti al tutore magico, così come odiava farlo preoccupare e vedere i suoi occhi neri come la pece farsi ancora più cupi, ma era esausta. Aveva davvero bisogno di dormire, o anche i suoi voti sarebbero calati.

“Non ci hanno ancora detto nulla riguardo all'ultima prova del Torneo” disse Dan alle sue spalle, con fare annoiato “Voglio dire, questa volta non penso la terranno segreta, chissà di che si tratta!”
 I soliti del gruppo di Corvonero stavano parlando nuovamente del Torneo, seduti in circolo davanti al solito caminetto ed Emma non aveva alcuna voglia di partecipare alla conversazione. 
 Il solo pensare alla terza prova, in effetti, la agitava notevolmente. Avrebbe dato 
qualunque cosa per essere certa che tutta quella fatica e le ore di Occlumanzia passate con il tutore magico, a erigere pareti interiori e ordinare la sua mente, le avrebbero risparmiato la connessione con Potter, ma questa sembrava attenderla inevitabile.
 
Eh no, basta!” inveì Carmen contro il gemello “Non se ne può più, Dan! Quando arriverà il giorno della prova saprai di che si tratta.”
 “Sono solo curioso” si difese il ragazzo borbottando.
 “Sei fissato” lo rimbeccò Sean, in accordo con la mora, mettendo in mostra il suo sorriso smagliante e divertito.
 James e Lilith seduti accanto ad Emma vicino alla finestra, in disparte rispetto al resto del gruppo, le lanciarono uno sguardo attento, come per assicurarsi che stesse bene. Erano anche loro poco interessati a partecipare alla conversazione e per nulla desiderosi di rivedere l'amica nelle condizioni della prova precedente. 
 Il ricordo dell'emoor, pallida e inerme, era fin troppo impresso nella loro memoria. Specialmente James non riusciva a togliersi dalla mente il modo in cui la ragazza era crollata tra le sue braccia, lo sguardo 
dilatato e le dita contratte che si aggrappavano disperate a lui.
Manca meno di una settimana” disse Luna a Carmen, ignara di essere, con la sua voce gentile, il coltello che girava nella piaga. 
 Emma staccò la fronte dal vetro e osservò distrattamente la pioggia che scrosciava all'esterno e le nuvole nere e minacciose sopra di loro. Sentiva gli sguardi di Lilith e James che la trafiggevano e i borbottii degli altri sempre più indistinti alle sue spalle.
 “Mi piace la pioggia.” sussurrò piano, più a sé stessa che agli amici, quando il silenzio si fece insopportabile.
James si fece vicino, alzando anche lui lo sguardo verso le nuvole.
 “La vista è più bella da qui, quando c'è il sole” le fece presente.
 “A me piace la neve” aggiunse Lilith per poter dire la sua e l'emoor trattenne un sorriso, guardandola con affetto. 
 Era grata a James e Lilith per essere sempre al suo fianco, non sapeva come avrebbe fatto senza il loro silenzioso supporto.
 
La prima volta che sono arrivata qui pioveva.” mormorò, perdendosi nel ricordo del suo arrivo ad Hogwarts. 
Sembravano passate vite intere, invece non era nemmeno un anno.
 “È vero” sorrise a sua volta l'amica e rimasero tutti e tre in silenzio per un tempo ridicolmente lungo, fino a quando James non sospirò, pieno di tensione.
 “Manca 
davvero meno di una settimana alla prova...” sussurrò.
 “Lo so” assentì l'emoor, fingendosi tranquilla.
 “Sei preoccupata?” indagò il ragazzo.
 “No.” mentì lei “è solo l'ultimo ostacolo, dopo questa non ci saranno più prove. Silente dice che in questo modo il legame mio e di Harry si attenuerà. O almeno si spera che il ragazzo non dovrà più sopportare un così alto livello d'ansia nella sua vita.”
 “Trasportando anche te nella sua mente.” concluse per lei Lilith.
 “Esatto” assentì l'emoor.
 “Chissà poi perché” si chiese James ed Emma sospirò.  
Non lo sapeva.
Nessuno sapeva dare una motivazione al legame tra lei ed Harry. Nonostante ci avesse pensato a lungo e ragionato anche con Ginny e gli altri emoor e avesse perfino fatto delle blande ricerche in biblioteca, era arrivata a pensare che quella connessione esistesse e basta e che doveva smettere di chiedersi perché.

Si sedette sul davanzale della finestra, una gamba che ciondolava piano, senza smettere di guardare la pioggia che cadeva.
 “Perché ti piace tanto la pioggia?” chiese James, seguendo il suo sguardo e avvicinandosi a lei di un altro passo. 
Cauto.
 “Non lo so.” ammise la ragazza “Mi affascina, fa un bel rumore quando cade, crea una bella atmosfera e ti fa venire voglia di guardarla mentre sei avvolta in una calda coperta.”
 “Oggi frasi profonde?” la stuzzicò Lilith, accostandosi a loro.
 Emma le sorrise di nuovo e le circondò le spalle in un abbraccio per poi fare la stessa cosa con James. I suoi amici sembravano aver paura di spezzarla, ma a lei piaceva quell'affetto e vicinanza.
 “La verità” disse l'emoor “è che tutto è bello finché lo si può guardare mentre sei al sicuro e al caldo, ma temo che durante la prova non sarò né al sicuro, né al caldo e non sarò nemmeno un'osservatrice esterna. Non è vero che sono tranquilla, ho paura di quello che succederà tra una settimana” concesse finalmente e sorrise con dolcezza quando i due amici si strinsero a lei.
 
Hai parlato con gli altri emoor?” domandò James che, a differenza di Lilith, non era affatto infastidito dal fatto che Emma continuasse a intrattenere rapporti con gli altri, per quanto fossero Serpeverde.
 “Sì, ma non sanno nemmeno loro cosa dirmi, o cosa consigliare. Ve l'ho detto, nessuno di loro ha mai avvertito il legame che sento io con Harry e sia loro che Silente sono d'accordo con me nel dire che questa connessione non dipende dalla mia natura di emoor.”
“Ma allora da cosa?” insistette il ragazzo, pur sapendo che non avrebbe mai ricevuto risposta.
 “Forse è perché tu sei speciale Emma, sei l'unica emoor a non essere tra i Serpeverde! Anche Moody l'ha detto” le ricordò Lilith.
 “Non credo sia per quello, Lil” soffiò Emma, cercando di non pensare alla sensazione di fastidio che le dava il professore di Difesa contro le Arti Oscure e trattenendo a stento il sorriso al pensiero della faccia che avrebbe fatto l'amica nel sapere che proprio lei tra i quattro era l'erede di Serpeverde.
 “E Gabriel, cosa ne pensa? È il tuo ragazzo... non è preoccupato per te?” domandò James con leggerezza, non vedendo Lilith che si agitava alle spalle di Emma, facendogli segno di cambiare discorso.

*

Il lago nero, con la sua superficie liscia e scura che contrastava con il prato verde tutt'intorno, per Emma era uno dei luoghi più incantevoli di Hogwarts, e non aveva smesso di pensarlo nemmeno dopo gli eventi della seconda prova.
 Passeggiando sulle sue rive era semplice trovare uno spazietto dove stare tranquilli, lontano dagli altri, spesso al riparo dell'ombra di qualche albero.
 Quel giorno lei e Gabriel si erano seduti una accanto all'altro sotto un vecchio salice, che lei amava particolarmente, in silenzio da quasi dieci minuti.
 
Non funziona vero?” chiese improvvisamente il ragazzo, rompendo il suo mutismo con un tono amaro e stanco ed Emma si voltò verso di lui, osservando i lineamenti belli e sottili e gli occhi incredibilmente chiari.
 
Che cosa?” chiese ingenuamente, pur sapendo a cosa si stesse riferendo.
 
Io e te” disse candido Gabriel, una luce triste nello sguardo ed Emma strinse le labbra con profondo dispiacere. 
 “Insieme intendi?” chiese, scrutandolo attenta.
 
Sì” mormorò lui e sospirò piano, già arreso “intendo insieme.”
 L'emoor annuì lentamente solo una volta e fece scivolare dolcemente il capo sulla spalla dell'altro.
Lo sentì sospirare di nuovo, mentre in un gesto automatico le avvolgeva le spalle protettivo. Rimasero entrambi assorti, rivolti verso il lago nero.
 
Avrei voluto davvero funzionasse...” iniziò il francese.
 
Come potrebbe?” lo bloccò Emma con una smorfia “Tu a breve finirai la scuola, a me mancano ancora quattro anni e in più saremo distanti. Sei giovane, bello e pieno di ambizioni, sei un mago di talento, dureremmo una settimana.”
Gabriel annuì, suo malgrado in accordo e la strinse piano. 
 “Lo so, ma questo non toglie che tengo a te” le sottolineò “Tu...”
 
E io a te” sorrise lei, uno strano groppo che le serrava la gola e le impediva di piangere come avrebbe voluto “non ti ringrazierò mai abbastanza per avermi invitato al Ballo del Ceppo quel giorno, in effetti.”
 
E come avrei potuto non farlo?” chiese il francese con un sorriso ora meno amaro e più dolce “Sei bellissima”.
 Emma si sentì arrossire lievemente, nessuno gli aveva mai detto in quel modo 'sei bellissima', in effetti non si era mai davvero chiesta se fosse bella. Aveva sempre cercato di dimostrare di essere intelligente, giusta, potente, ma ora, davanti a quel complimento dolce si sentiva stranamente deliziata e leggera. Sorrise al ragazzo e si chinò per rubare lui un bacio veloce sulle labbra. L'ultimo.
 
Ti scriverò Gabriel” disse speranzosa “possiamo essere buoni amici”
 
Lo so” ammise lui con tono gentile.
 Emma acchiappò una lacrima finalmente sfuggita al controllo, cancellandola nella sua manica. Tornarono al castello senza tenersi per mano.

*

Io e Gabriel non usciamo più insieme. Abbiamo deciso di lasciarci prima che debba tornare in Francia e comunque non avevamo mai parlato della cosa. Silente non avrebbe voluto” disse l'emoor,
 “Oh!” esalò James stupito, arrossendo improvvisamente e passandosi nervoso una mano tra i capelli.
 “Nessun problema” gli disse Emma, tranquillizzandolo “Non è stato nulla di drastico. Gabriel è un ragazzo intelligente.”
“Già... Immagino sia la giusta decisione” rispose James ancora imbarazzato “Meriti di meglio, Ems”
 La ragazza scosse il capo, negando.
 “Non è quello, Gabriel è meraviglioso e credo che lui ci sia rimasto male. Probabilmente tiene davvero a me in qualche modo. È un bravo ragazzo, mi piaceva passare il tempo con lui, ma non siamo fatti per stare insieme, temo. Potremmo essere amici, un giorno forse” mormorò “comunque grazie,  James.”
 Era arrossita, impacciata a parlare di cose così personali con altri. Era piuttosto timida e inesperta nel campo delle relazioni e in parte le mancavano le chiacchierate con il francese, anche se il ragazzo si assicurava sempre di salutarla ogni giorno a colazione, con quel suo sguardo un po' triste e arreso.
 “Draco Malfoy potrebbe essere un partito migliore, Emma.” intervenne Lilith con decisione “Tu hai lasciato cadere la cosa, ma secondo me gli interessi. Ti tratta bene mi dicono, Sarah ha detto che ti saluta a Pozioni. È una cosa strana, non lo fa con nessuno.” sottolineò con aria furba “Poi certo, è una serpe, ma...”
 Emma si girò di scatto verso di lei, la bocca spalancata e gli occhi assottigliati dalla rabbia e la biondina ci mise un attimo a capire la sua gaffe, poi si coprì la bocca con entrambe le mani.
 James invece fece scorrere lo sguardo da una all'altra, visibilmente confuso, ma quando capì, guardò l'emoor con gli occhi sgranati.
 “Ems?” 
La ragazza si fece scarlatta in volto e davanti al suo sguardo minaccioso, James alzò immediatamente le mani in segno di resa.
“Io non ho sentito nulla” decretò serio.

*

Una settimana è breve.
 E in un attimo era già il giorno della terza prova.
Emma si mordicchiava il labbro, scendendo verso i sotterranei a passo spedito, persa nei suoi ragionamenti. Severus l'aveva mandata a chiamare con urgenza e lei aveva passato l'ultima ora a parlare con Ginny non accorgendosi del tempo che scorreva.
L'amica le aveva raccontato di aver baciato Micheal Corner il giorno prima, perdendosi nei particolari nel tentativo di distrarla, perché sapeva quanto l'emoor fosse tesa per la prova e in parte era  riuscita nel suo intento, dato che ora Emma era in ritardo.
 Non ci teneva in nessun modo a innervosire Severus. 
Il Professore negli ultimi giorni era stato implacabile nelle sue lezioni e lei aveva intuito la sua preoccupazione nella sua espressione gelida e nell'insistenza sempre maggiore nell'allenarla ed aveva accettato quella situazione di tensione, impegnandosi duramente, un po' per sé stessa, un po' per inerzia, un po' per cancellare quella ruga di preoccupazione dalla fronte dell'uomo.

*

È stato così bello Emma e inaspettato, soprattutto.” disse Ginny raggiante “Eravamo a volare insieme, si è avvicinato a me come per togliermi qualcosa dalla spalla e invece mi ha baciato. È stato...” 
 
Molto romantico” sorrise l'emoor. 
 “Molto” confermò la rossa.
 “E come sta il tuo cuore a riguardo?” indagò.
Ginny alzò il capo, guardandola sorridente, gli occhi nocciola particolarmente vivaci e brillanti. Sembrava serena, spensierata come Emma non l'aveva forse mai vista. Un sorriso ampio e disteso tra le lentiggini fitte.
 
Sto benissimo, credo che mi piaccia sul serio” disse allegra ed era talmente genuinamente contenta che l'emoor pensò che avrebbe dovuto ringraziare il compagno di Casa per farle quell'effetto.
 Non che conoscesse molto bene Micheal Corner, ma le sembrava un bravo ragazzo ed era evidente che l'amica stravedesse per lui.
Sono davvero felice per te Gin” disse, prendendole la mano.
 
Anche io” annuì lei decisa “sono davvero felice per me”
Le due scoppiarono a ridere, perdendosi in chiacchiere per scoprire insieme ogni dettaglio di quel primo bacio. In minuti lenti e leggeri.
 “Non dovresti andare da Piton?” chiese la rossa, dopo un poco.
 “Salazar” imprecò Emma, alzandosi di scatto “Mi hai distratto”
Ginny rise divertita “Corri o il pipistrello ti ucciderà” 
 “Non chiamarlo pipistrello” borbottò Emma, mettendo le sue cose nella tracolla.
 “E tu allora non imprecare come una Serpeverde” la punzecchiò l'amica, chinandosi però per aiutarla a chiudere la borsa e fare più veloce. 

*

L'emoor, appena raggiunse lo studio di Piton, spinse la pesante porta in legno e avanzò come un automatismo nella stanza scura.
 “Emma” la salutò l'uomo con tono secco, alzando appena lo sguardo dal libro come sempre aperto di fronte a lui.
 “Volevi vedermi?” chiese la ragazza, avvicinandosi a lui e sedendosi sul bracciolo della vecchia poltrona con naturalezza.
 Passare tante ore insieme a giocare con la mente dell'altro, a studiare come difendere i propri pensieri e così a conoscersi, aveva riabbassato i muri tra loro, reso il tempo insieme più morbido, avvicinandoli e rendendo il loro rapporto molto più simile al periodo in cui l'emoor aveva vissuto a Spinner's End.
 Tra le pareti dell'ufficio smettevano di essere professore e alunna, mettendo invece le vesti di mentore e pupilla, ricamati di cenni che sapevano leggere solo loro, risatine trattenute e battute sarcastiche.
 Piton era comunque teso e aspro, poco avvezzo alla tranquilla dolcezza che la Corvonero dimostrava nei suoi confronti, ma aveva instaurato con lei uno strano equilibrio, fatto di silenzi, studio e lettura e delimitato da confini dentro cui si muovevano con consapevolezza, senza mai sforare in territori difficili per l'altro.
Forse, vedere l'emoor inerme, a un passo da essere travolta dalla coscienza di Potter, lo aveva reso più preoccupato per lei di quanto avesse mai voluto, più febbrile nel metterla al sicuro.
 “Ti ho chiesto di venire. Mi sembra che questo significhi che volevo vederti.” rispose ironico, chiudendo il libro con un gesto secco e lasciandolo cadere con un tonfo sulla scrivania.
 “Scusa, immaginavo” mormorò Emma, lanciando lui l'occhiata più tenera che riuscì a creare “Sono solo nervosa.”
“Non dovresti esserlo.” cercò di rassicurarla Severus “Ti sei allenata tanto. Può essere che questa volta tu sia in grado di staccarti da Potter” aggiunse, ostentando tranquillità.
 Si avvicinò all'armadietto dietro la scrivania e vi frugò all'interno, fino a trovare una boccetta scura e lucida.
 “Che cos'è?” chiese Emma.
 “Una pozione per i nervi” disse il professore porgendogliela “bevila tutta, aiuterà a calmarti e a mantenere il controllo.”
L'emoor annuì e bevve senza fare ulteriori domande. Si fidava.
 “Spero solo che Potter si agiti di meno.” esalò preoccupata “Questa volta sa a cosa va incontro, teoricamente. La prova non dovrebbe metterlo troppo in ansia, no?”
“Non è di Potter che mi preoccupo.” ribatté aspro l'uomo, inarcando pericolosamente un sopracciglio “Mi importa che tu possa arrivare sana e salva alla fine di questo calvario.
L'emoor fece una smorfia rassegnata, facendosi sfuggire una risatina secca e amara, prima che scambiasse con lui un veloce sguardo.
“Non so se l'hai notato, Sev, ma la mia salvezza è piuttosto legata a quella di Potter” disse, arricciando le labbra in un mezzo ghigno.
Lui finse di non sentire. Lei lo osservò attenta.
“Si può sapere perché odi tanto Harry Potter?” chiese quieta e lo vide indurire lo sguardo, alzarsi in piedi e scivolare nell'ombra. L'uomo prolungò il silenzio con la scusa di riporre il libro al suo posto, ma l'emoor attese paziente una sua reazione, mentre, per l'ennesima volta, si chiese di cosa avesse vissuto Piton prima di conoscerla, perché anche se a volte si sentiva una scocciatura per lui, almeno lo teneva occupato e gli dava delle responsabilità.
“Puoi rispondere?” insistette, capendo se non avesse spinto un poco lui avrebbe glissato su altro. Odiava quando la ignorava.
“Cosa?” fece lui. Evasivo.
 “Perché odi tanto Harry Potter, Sev?”
 “Non ti deve interessare la mia opinione su Potter, Emma.” ribadì l'uomo, spiccio “Ti ho chiamato qui perché volevo semplicemente assicurarmi che tu stessi bene, ricordarti di non andare nel panico e di concentrarti prima della prova e soprattutto darti la pozione. È un composto creato da me, più efficace di quelli di Chips.” 
 “È tutto sotto controllo, Sev.” ribatté lei, rilassandosi appena, cercando di mostrare disinvoltura “Qualche ora e sarà tutto finito”
 “Bene” disse secco lui, con un gesto netto del capo “Il campo da Quidditch sarà oramai pieno. Ti accompagno, non voglio essere troppo lontano se avrai bisogno.”
 “D'accordo” assentì.
 Era felice che Severus offrisse il suo aiuto di sua volontà. Emma si sentiva più tranquilla quando c'era lui e per questo represse la voglia di dirgli che non c'era bisogno di preoccuparsi così tanto e che lei era in grado di sostenere la situazione, ma si godette anzi la passeggiata attraverso il parco con lui, ricordando con affetto i tempi di Spinner's End.
In fondo Emma O'Shea cominciò a provare meno ansia: quella non era nient'altro che una stupida prova.
Tutto sarebbe finito presto.

. . .

Il labirinto era davvero impressionante dall'alto degli spalti. 
Emma faticò a contenere il suo stupore quando lo vide e Lilith e James non erano meno eccitati. Le siepi altissime, avvolte da una bruma sottile, si estendevano a perdita d'occhio, in tortuosi sentieri arzigogolati e disegni geometrici. Era 
immenso
 Sugli spalti, tutti gli ospiti, i giornalisti e gli studenti si protendevano curiosi verso quella illimitata distesa verde, che copriva interamente lo spazio solitamente dedicato al campo da Quidditch e anche oltre.
 “Hai visto!?” esclamò la biondina impressionata, come se l'emoor avesse potuto non accorgersi di quel mare di siepi che aveva davanti.
 Era piuttosto certa che Ginny in quel momento stesse lamentando con sprezzo che quel labirinto stava 
imbrattando il campo ed Emma le avrebbe dato in parte ragione, perché in fondo era anche lei affezionata a quel posto, pur non condividendo la passione per lo sport, ma, in quanto teatro delle loro confidenze, vederlo così cupo, ostile e pericoloso faceva un certo effetto.
 “È impressionante cosa siano riusciti a far crescere in un mese” disse Sean “Sono tantissime siepi!”
 James rise di gusto “Siamo maghi Sean, lo sai vero?”.
 Anche Emma e Lilith ridacchiarono di rimando, mentre il ragazzo faceva un leggero sbuffo imbarazzato.
 L'emoor era 
abbastanza serena, i suoi amici avevano trovato appositamente una postazione laterale, in modo che, in caso di necessità, potessero defilarsi con lei senza dare nell'occhio. 
 Per assistere la prova comunque una postazione valeva l'altra, perché una volta che i campioni si furono infilati nel dedalo di siepi, uno dopo l'altro sotto i loro occhi, divennero invisibili agli spettatori.
 Emma si tese quando Potter entrò nel labirinto, ma subito dopo si accorse, compiaciuta e stupita, di essere completamente in grado di gestire la situazione. 
Severus, Ginny e gli altri emoor, che la osservavano da diversi punti intorno a lei, si rilassarono quando la Corvonero fece loro un segno vittoria per tranquillizzarli.
 
Tutto a posto?” le chiese James, scostandosi un poco da Sean.
 “Affermativo” disse lei ed era assolutamente vero.
 Non era svenuta come alla prima prova, le emozioni di Potter non erano grottescamente amplificate in lei come nella seconda, semplicemente, forse anche grazie ai numerosi esercizi fatti con Severus e il suo gatto, o forse per la pozione che aveva bevuto, Emma poteva vedere e provare quello che vedeva e provava Harry, ma era anche conscia di potersene distaccare, chiudendo bruscamente la mente in qualsiasi momento. 
Era una vittoria.
 Dopo parecchi minuti di calma piatta però, passati a fissare il labirinto inerme, la curiosità la spinse a sbirciare cauta nella mente del Grifondoro, consapevole di essere avvantaggiata rispetto a tutti gli spettatori che storcevano il collo, nel tentativo di cogliere qualcosa all'interno della folta vegetazione.
 “Fa attenzione” le disse cauto James, intuendo la sua intenzione.
 Il labirinto, visto dall'interno, era più spettrale di quanto l'emoor avesse immaginato, o forse era la suggestione di Potter a mostrarglielo così. Cupo, 
inquietante e buio. Emma si distrasse completamente immergendosi nella visione e quasi non si accorse di Malocchio Moody che, con il suo passo claudicante e l'occhio magico fremente, stava passando tra gli studenti poco sotto il gruppetto di Corvonero, dove si trovava l'emoor.
 
Tutto a posto qui?” chiese con il suo tono aspro, rivolto al gruppo degli amici di Emma.
  “Sì, signore!” esclamò Dan, che aveva ammirazione per lui.
 “Bene” gracchiò l'altro per poi spostare lo sguardo sull'emoor “Buona visione O'Shea.”
Emma sussultò e si staccò con violenza quasi dolorosa dalla mente di Potter. Perché Moody le aveva detto quel '
buona visione'?
Possibile che sapesse qualcosa? Possibile che l'inquietante occhio magico potesse leggerle dentro e vedere la connessione con Harry?
 Sconvolta la ragazza osservò la schiena del professore che si allontanava, poi si girò verso Lilith e James che ricambiarono il suo sguardo allarmati, ma prima che qualcuno di loro potesse anche solo dire una minima sillaba, accadde il finimondo.
 
Il labirinto era illuminato dalle spettrali e inquietanti scintille rosse   che i campioni dovevano emettere in caso di pericolo.
Tutti gli spettatori trattennero all'improvviso il fiato e gli strilli di alcune ragazze si levarono sopra l'intenso mormorio della folla.
 “Chi è? Chi è in pericolo, Emma?” chiese Lilith, stritolando il braccio dell'amica e l'emoor annaspò, mentre cercava di riunirsi alla mente di Harry, ma dopo la brusca divisione causata da Moody, il collegamento tanto temuto sembrava difficile da attuare. 
 Dopo un paio di tentativi a vuoto, ebbe successo, ma fu con notevole sforzo che riuscì anche a reggersi in piedi, perché le emozioni del Grifondoro la investirono con forza inattesa. 
Harry era sconvolto, ma vivo. Non era a lui ad aver lanciato le scintille. 
 L'emoor lo sussurrò a Lilith e James, non vista dagli altri compagni.
 
“Ok, Emma, ma tu stai bene?” chiesero preoccupati loro a voce bassa, vedendola pallida e sudata e lei assentì bruscamente con il capo, mentendo. Non stava bene, non stava bene per niente
 Una strana sensazione sotto lo sterno la mise in agitazione e l'istinto le disse di non abbandonare la mente di Harry. Il ragazzo correva da una parte all'altra del labirinto, con tanta velocità nelle gambe che Emma faceva fatica a mettere a fuoco le pareti verdognole che lo circondavano. 
Rimase con lui, assistendo impotente ai ragionamenti di Potter sull'indovinello posto da una sfinge apparsa letteralmente dal nulla.
 “Emma. Staccati da lui” le disse James, e l'emoor sbatté le ciglia, sorpresa, rendendosi conto che il ragazzo doveva avergli ripetuto quella frase già diverse volte, ma che lei non l'aveva sentito. 
 “Non posso abbandonarlo Jam” disse, trattenendo un grido quando vide un enorme ragno attaccare Potter nel labirinto.
 Lilith sussultò  davanti alla sua espressione spaventata e la afferrò rudemente per un braccio, avvicinandola a sé.
 “Emma che cosa sta succedendo? Staccati subito da lui”
 L'emoor scosse appena il capo, confusa, mentre di nuovo le pareti del labirinto scorrevano accanto a lei. La tensione si allentò appena solo quando Potter scorse la figura di Cedric Diggory e anche Emma sospirò di sollievo, vedendo il ragazzo. 
Si fidava di Cedric.
 “C'è Ced. C'è Ced” snocciolò con un sorriso “Harry non è solo”
Da quanto tempo era nel labirinto? L'emoor non avrebbe saputo dirlo.
 “Emma staccati da lui 
ora” le disse serio James e Sean al suo fianco aggrottò la fronte senza capire.
 Emma annuì debolmente in direzione dell'amico, una parte del suo cervello che intuiva quanto il consiglio di James fosse sensato e provò a chiudere la mente per staccarsi da Potter, ma la sua volontà era sottile e tremante e il corpo fragile e spossato.
La coppa, vedo la coppa” sussurrò rauca, piena di sorpresa. 

Oramai era quasi esausta e stava diventando difficile mantenere anche l'equilibrio. James la sostenne con forza e le dita di Emma ebbero un guizzo e strinsero la manica del ragazzo.
 “Perfetto allora.” disse James, la voce vibrante di preoccupazione “Esci dalla sua testa, oramai è fatta. Sapremo dopo chi ha vinto.” 
Emma annuì di nuovo, con un leggero sorriso sulle labbra. 
Percepì i muri dell'Occlumanzia tremare e stridere, mentre provava ad abbassarli sui suoi corridoi interiori. Respirò più pesantemente, cercando di mettere a fuoco il volto dell'amico.
Voleva staccarsi da Potter. Ne era capace. E l'avrebbe fatto.
Ma non aveva previsto la Passaporta.

Potter afferrò, insieme a Diggory, la Coppa Tre Maghi ed Emma avvertì lo strappo sotto l'ombelico che conosceva bene e la strana sensazione di essere infilata in un tubo di gomma, ma il suo corpo non sparì come durante una smaterializzazione. 
 La ragazza si accasciò tra le braccia dell'amico, mentre Lilith si mise a correre in direzione di Severus Piton e i due campioni di Hogwarts, nello stesso momento, apparvero in un cimitero.

“Sean, aiutami.” sussurrò James all'amico e quest'ultimo eseguì di riflesso, lanciando all'emoor priva di sensi, un'occhiata preoccupata. 
 Uscirono dagli spalti cauti, senza farsi notare dagli altri, scendendo le scale laterali con la massima attenzione, fino a quando non posarono Emma sull'erba fresca. 
 Piton li raggiunse un momento dopo, seguito da Lilith e da una Ginny Weasley in stato confusionale, tanto era l'ansia che provava sia per la migliore amica, sia per il ragazzo nel labirinto.
 “Cos'è successo?” chiese aspro il professore.
 “Non lo sappiamo signore.” disse James “Emma era tranquilla oggi, stava mantenendo il controllo senza alcun problema. Poi all'improvviso si è accasciata, come le altre volte.”.
 “Era nella sua testa?” chiese ruvido l'uomo.
 “Credo di sì, signore sì.” cercò di rispondere in fretta il ragazzo, con evidente senso di colpa disegnato sul volto.
 Piton sembrava più preoccupato che mai, si tolse il mantello che lo intralciava e lo gettò a terra, chinandosi poi sulla ragazza. 
Emma tremava ora e le sue labbra si stavano facendo violacee.
 “Ha detto qualcosa?” chiese nuovamente il professore “McGregor! Concentrati. Ha detto qualcosa prima di svenire?”
 Il ragazzo scosse il capo, confuso, gli occhi dilatati e il volto chiaramente preoccupato e fu Lilith a rispondere per lui.
 “Diceva di vedere la coppa. Harry Potter era di fronte alla coppa.”
 Lo sguardo di Piton si fece ora allarmato.
 “Va a chiamare immediatamente il professor Silente, Bitterblue” disse e la ragazzina si allontanò di nuovo correndo.
 “C'è qualcosa che non va, professore?” azzardò James, riprendendo controllo mentre osservava prima l'amica che correva via e poi quella stesa sul suolo, che non aveva ancora smesso di tremare.
 “Certo che c'è qualcosa che non va, McGregor.” sibilò l'uomo, iniziando alcuni complicati incantesimi di diagnosi “Non c'erano protezioni intorno alla coppa. Se Potter l'avesse presa, ora sarebbe già fuori dal labirinto. È successo qualcosa. 
Deve essere successo qualcosa e la ragazza è stata coinvolta.”
 Il professore osservò attentamente i grafici vitali di Emma, passò la bacchetta sul corpo della ragazzina, con aria assorta, tentando qualche incantesimo che né Ginny, né James avevano mai sentito. Era letale e concentrato nei suoi movimenti e analizzava ogni cosa con strana maestria e crescente preoccupazione.
 Nello stesso momento Albus Silente abbandonò gli spalti per recarsi, in tutta fretta, dalla giovane Corvonero.

. . .

Emma sentiva le voci dei suoi amici intorno a sé, ma era come se giungessero da lontano, troppo lontano perché potesse capire cosa stessero dicendo. Non avrebbe comunque dato in alcun modo ascolto ai loro borbottii, perché quello a cui stava assistendo in quel momento risucchiava tutta la sua attenzione.
L'emoor era poco pratica delle questioni del mondo magico e non capiva completamente cosa fosse accaduto, né come potesse trovarsi lei insieme ad Harry e Cedric in quel vecchio cimitero, ma era almeno consapevole di non esserci 
veramente, dato che entrambi i ragazzi sembravano non vederla. 
 Tutto però era incredibilmente così 
reale. 
 
Rispetto alle altre volte, in cui la sua mente era stata invasa, il punto di vista era cambiato. Emma non vedeva il mondo attraverso gli occhi di Harry, ma era accanto a lui, seppur invisibile. Si sentiva clamorosamente lì in carne ed ossa, con la sensazione che se avesse allungato la mano avrebbe potuto toccarlo.
 Si guardò intorno, osservando il paesaggio spettrale e le lapidi antiche che li circondavano e avevano un non so che di familiare. Era notte e la nebbia era bassa e rotolava sul terreno umido.
 L'emoor avvertì la forte paura di Harry come fosse la sua, il battito accelerato del cuore del ragazzo e anche il dolore lancinante che il Grifondoro aveva alla cicatrice e che improvvisamente divise in due anche la sua mente, cogliendola impreparata. Annaspò e il suo corpo al campo di Quidditch tremò convulsamente.
 “Mani alle bacchette” disse Cedric ad Harry che annuì risoluto.
 L'emoor si voltò a guardare il volto teso del Tassorosso e desiderò con tutta sé stessa di avere con sé una bacchetta, pur sapendo di essere solo un collegamento nella testa di Potter. 
Un'ombra.
 Fece un sospiro e il suo sguardo venne attirato da un movimento alla sua destra: qualcuno si stava avvicinando a passo lento. 
 Anche i due ragazzi si tesero, guardinghi e l'emoor, stupita, cercò di mettere a fuoco il piccolo uomo che arrancava verso di loro e trasalì quando riconobbe lo stesso ometto che aveva visto nei suoi incubi.
 Avanzava tra le tombe, portando un fagotto tra le braccia, gli occhi acquosi che scrutavano principalmente Harry. 
Emma si accorse di conoscere il suo nome: 
Codaliscia.
 I due ragazzi sdrucciolarono appena sul terreno sconnesso, mentre facevano un passo di lato, le bacchette puntate in avanti. 
 “Non fa parte della prova” si rese conto Cedric con un sussurro e l'emoor lo vide fare un impercettibile movimento in avanti, come se volesse proteggere il compagno.
 L'ometto intanto arrestò la sua camminata a una manciata di passi, osservando i due studenti divertito. Emma sentì un fiotto di nausea.
 
Uccidi l'altro” sibilò una voce tenue.
 Cedric aggrottò la fronte ed Harry si portò una mano alla cicatrice, facendo un flebile lamento, mentre Codaliscia alzava la bacchetta e la puntava contro il petto di Diggory: “Avada Kedavra”
Nessun tentennamento, nessun rimorso. 

Un lampo di luce verde, identico a quelli che Emma aveva visto negli incubi che la tormentavano e il corpo di Cedric cadde con un tonfo a terra, troppo rigido e innaturale perché si potesse pensare che fosse solo inciampato e rimasa immobile, inerme.
 “Cedric” gridò Harry, avvicinandosi di istinto al compagno, gli occhi verdi sgranati, ma l'uomo alzò svelto la bacchetta, fermandolo e l'emoor trasalì, mentre la consapevolezza la investiva lenta. 

Cedric era morto 
Cedric Diggory era morto.
 Il suo corpo ebbe un sussulto anche al campo da Quidditch, mentre un dolore profondo misto a paura le faceva tremare il cuore. 
Cedric.
Api Frizzole. Non Drizzole” Cedric
.
 Delle lacrime colarono dagli occhi e per un istante la connessione vacillò, mentre al campo Severus osservava scioccato quelle stille sulle guance della protetta. Emma intravide in uno sfolgorio il cielo sopra Hogwarts e i volti di Piton e James chini su di lei, ma subito con uno schiocco tornò nella mente di Harry. 
Questa volta vedeva con gli occhi del ragazzo. Un altro schiocco e di nuovo era al campo di Quidditch e vide il volto contratto dalla preoccupazione di Ginny aggiungersi agli altri due. Tremò e fu di nuovo al cimitero accanto ad Harry, con quella strana sensazione di essere fisicamente con lui. 
Cosa doveva fare
 Cercare di avvisare qualcuno? 
E cosa poteva dire? Harry è in un cimitero? Quanti cimiteri potevano esserci in Inghilterra? 
Ammesso che quel posto fosse in Inghilterra.

Il dolore delle corde che legarono il Grifondoro alla lapide e il taglio profondo che gli fece l'uomo che si chiamava Codaliscia la riscossero dai suoi pensieri. Il peso che le schiacciava il petto si fece appena più sopportabile, mentre si sforzava di prestare attenzione ad Harry e di lasciare Diggory in una parte più tranquilla della mente. 
Harry era più urgente. Harry era in pericolo. 
 Emma si avvicinò non vista al ragazo. Sembrava privo di forze, floscio contro la lapide in sasso dove Codaliscia l'aveva lasciato. 
 Il piccolo e viscido ometto si avvicinò a un calderone logoro poco distante e si mise al lavoro sulla pozione che vi sobbolliva piano. 
 Sorrideva sadico, mentre versava all'interno il sangue che aveva prelevato dal braccio di Harry, borbottando parole sconnesse e sia il ragazzo che l'emoor fecero un flebile lamento.
 Codaliscia annuì soddisfatto una volta, prima di afferrare il coltello d'argento che aveva usato sul ragazzo per tranciare con un movimento secco e senza il minimo tentennamento la sua stessa mano sinistra, per poi gettarla nell'intruglio insieme al fagotto. 
Emise un solo guaito penoso e l'emoor, ancora scioccata, sperò che stesse soffrendo le pene dell'infermo.
 “Cosa stai facendo?” chiese Harry “Ti sei appena tagliato una mano Minus! Sei completamente impazzito?”
La voce tremante del ragazzo era in contrasto con lo sguardo fermo. Codaliscia sembrò fremere di fastidio nel sentirlo parlare e si chinò di nuovo sull'intruglio, concentrato. Emma si avvicinò di un passo.
Perché il sangue del ragazzo?  Si domandò stupita, confusa.
Perché la mano di un servo? Non capiva.
 
La pozione ribolliva piano, Codaliscia vi pose all'interno il piccolo fagotto che aveva con sé ed Emma fece un passo indietro, inorridita, mentre quell'ammasso di membra e stoffa si contorceva orribilmente.
 Ci fu uno strano silenzio, le lingue del fuoco sotto il calderone diventarono verdi, prima di smorzarsi fino a spegnersi. Cadde la notte ed Emma capì che qualcosa di strano stava per succedere e ne avvertì la magia. 
Qualcosa si mosse.
 Quello che era stato un fagotto ora era un mago di alta statura, che si levò in modo solenne e alla luce flebile della luna, mostrò il volto dai lineamenti serpenteschi, gli occhi rossi e il ghigno storto.
 
Potente. Reale. Drammaticamente vivo.

Lord Voldemort era tornato. 
Emma fu testimone della sua rinascita.
Harry urlò. L'emoor urlò.

. . .


Il corpo della ragazza smise di tremare improvvisamente. Severus aggrottò la fronte, perplesso e James si fece avanti. 
 “Che succede?” esalò. 
 Lilith strinse lui la spalla e Ginny fece un singhiozzo poi il corpo di Emma di fronte a loro sembrò afflosciarsi e subito dopo si tese innaturalmente e i presenti videro lo sforzo e il dolore palesarsi sul suo volto. La bocca dell'emoor si spalancò e un grido disumano di orrore e dolore sferzò l'aria. 
Tutta la folla continuava a guardare verso il labirinto, credendo che quell'urlo agghiacciante provenisse da lì, ma accanto agli spalti, le persone che circondavano Emma ebbero reazioni ben differenti.
Albus Silente, che aveva finalmente raggiunto il gruppo, sussultò e nelle sue iridi azzurre, dietro gli occhialini a mezzaluna, comparve per un istante un'ombra di cupo spavento. L'uomo, dimentico della sua solita pacata eleganza, si avvicinò velocemente a Piton, inginocchiandosi di fianco alla ragazza e tenendole leggermente la mano, cominciò a chiamarla dolcemente, ma con fermezza. 
 Severus Piton invece rabbrividì, sentendo il dolore racchiuso nel grido della sua protetta e ripensò alle parole di lei prima della prova:
Non so se l'hai notato, ma la mia salvezza è legata a quella di Potter, Sev”
Questo significava che entrambi i ragazzi erano in pericolo e gli occhi color onice dell'uomo si riempirono di profonda angoscia e la mano che reggeva la bacchetta prese a tremare. 
Non poteva lasciare che morissero. 
Ginny, Lilith e James osservavano la scena con aria confusa e smarrita, gli occhi spalancati e i visi terrei, come chi si trova davanti a una catastrofe naturale e non può far nulla per fermarla.
 Sean aveva abbandonato la scena per tornare sugli spalti, capendo la delicatezza del momento, ma quando sentì il grido dell'emoor si spaventò e dovette fare un notevole sforzo per continuare a fissare il labirinto e non far capire agli altri da dove provenisse.
 I tre emoor di Serpeverde, compreso Artemius. intuirono cosa doveva essere successo e fermi sugli spalti insieme agli altri studenti sperarono che Piton e gli altri si stessero prendendo cura di Emma. Artemius nervoso guardò David. 
“Era lei” sussurrò e David annuì di rimando, stupito della preoccupazione del ragazzo. Qualcosa di terribile stava accadendo

. . .

Emma, sentendo la voce di Silente chiamarla, per un nano secondo aveva pensato di staccarsi dalla mente di Potter e tornare al campo da Quidditch, ma era rimasta. L'idea di avere una scappatoia le dava un vago sollievo, ma qualcosa di più forte della sua stessa volontà la teneva lì. Aveva una sensazione forte, chiara, decisa: doveva proteggere Harry e doveva vedere più cose possibili.
La consapevolezza di essere l'unica testimone di ciò che stava accadendo la riempiva di responsabilità, perciò chiuse la mente, scacciando la voce di Silente e il pensiero di Piton e i suoi amici e si focalizzò su quello che stava succedendo in quel tetro cimitero.
 Lei ed Harry in realtà non erano davvero amici, si erano a malapena parlati una volta all'infuori della notte prima della seconda prova, ma qualcosa di più profondo le diceva che quella sensazione era giusta e che il legame doveva dire qualcosa. 
 Come la prima volta che aveva sfiorato Harry aveva capito di avere massima fiducia in lui, senza ragione alcuna, ora sentiva di dover stare al suo fianco. Non sapeva perché, ma era certa che finché lei fosse rimasta legata alla mente di Potter lui non sarebbe mai stato davvero in pericolo. Era irrazionale, senza senso, ma quell'istinto era l'unica cosa a cui Emma si stava aggrappando.
  Voldemort si erse, lentamente in tutta la sua malvagità, come se si pregustasse l'attimo ed Emma lo osservò con stupore e meraviglia.
 Quell'uomo era in fondo sopravvissuto alla morte stessa, era tornato, per trasformarsi però in un essere che altro non era se non  un prodotto di odio e male, incredibilmente pericoloso e fragile. 
 I Mangiamorte, quegli stessi personaggi che nei discorsi di Ginny parevano vecchie figure malvagie di fiabe per bambini, apparvero in cerchio intorno ad Harry, avvolti in lunghi mantelli neri, i volti coperti da maschere grottesche.
Macnair, Goyle, Nott, Tiger, Rockwood, Dolohov, Malfoy...
Udire il cognome di Draco rischiò di far perdere lucidità all'emoor. 
Si sentiva sempre più debole e inutile man mano che il tempo passava, solo un'ombra nella mente del ragazzo, ma anche se la sua volontà vacillava si sforzava di stare concentrata, scacciando dai suoi pensieri l'immagine fugace di Draco Malfoy e continuando a rimanere aggrappata a Potter, confortandolo.
 I Mangiamorte avanzarono di un passo, formando un circolo grigio e scomposto in cui Voldemort avanzò pacatamente. Il mago salutava i vecchi amici con falsa compostezza, contava i presenti con insolita attenzione ed Emma sussultò quando lui si voltò nella sua direzione, senza però poterla vedere. Lord Voldemort la attraversò con il suo sguardo e lanciò un incantesimo contro Potter, che libero dalle corde che lo avevano tenuto legato si rifugiò dietro una lapide.
 “Non stiamo giocando a nascondino, Harry” sibilò l'Oscuro. 
Aveva un tono gentile che stonava con la sua figura affilata.
 Emma sentì il cuore del ragazzo battere furiosamente al ritmo con il suo, come se fossero una cosa sola e si chinò sopra di lui per fargli da scudo, nella speranza che potesse percepirla.
 -Harry dobbiamo tornare a casa- sussurrò disperata, spaventata quanto lui per la situazione, ma Potter non parve sentirla.
 “Ti sei già stancato del nostro duello?” chiese di nuovo Voldemort con la sua voce acuta, camminando a piedi scalzi sul terreno sconnesso, un'espressione illeggibile sul volto ancora instabile. 
 Emma capì con lucidità che lei ed Harry non potevano resistere a lungo. Percepiva la tensione dei Mangiamorte, il sadico divertimento di Voldemort, il terrore del Grifondoro e il suo corpo sempre più fragile, lontanissimo da lì, al campo di Quidditch. 
 Si chinò di nuovo sul ragazzo, delicatamente, si accorse che tremava e pur impalpabile lo abbracciò e gli infuse coraggio.
 -Non sei solo Harry, non sei solo-
Ci fu uno strano tremore tra loro ed Emma sentì i suoi muscoli tendersi fisicamente, mentre insieme ad Harry balzava fuori dal loro precario rifugio dietro la lapide, appena un attimo prima che il Signore Oscuro la facesse esplodere in mille pezzi. 
 L'emoor impose al Grifondoro fermezza e coraggio, ma fu Potter a scegliere di lanciare l'Expelliarmus in risposta all'anatema del mago.
 I due incantesimi si scontrarono in aria e il corpo di Emma al campo di Quidditch prese a vibrare, come se stesse compiendo uno sforzo tremendo e la sua mente si contorse e piegò, mentre i suoi corridoi interiori si crepavano e incrinavano. 
 Una rete si formò intorno a lei, Harry e Voldemor, partendo dalle bacchette dei due maghi e qualcosa nella memoria dell'emoor riportò a galla il termine: Prior Incantatio e un ricordo legato ai nuclei gemelli delle bacchette.
Le sembrò di cedere alla stanchezza e sdrucciolare all'indietro, mentre si sobbarcava del terrore e il panico del Grifondoro, per permettergli di spingere la sfera di luce apparsa dal nulla verso Voldemort. Non sapeva perché. Era puro istinto.
 Perché Emma non sapeva che magia fosse quella, non aveva mai visto due bacchette reagire in quel modo all'incontro di due incantesimi, aveva solo vaghi ricordi di letture a Spinner's End, ma non se ne curò e tacque, rimanendo concentrata e dando al ragazzo tutto il sostegno possibile attraverso la mente, mentre Harry parlava con le figure uscite una ad una dalla bacchetta dell'Oscuro Signore.
 “Non sei solo Harry” sussurrò una donna e l'emoor quasi sussultò al suono di quella voce tanto dolce in tutto quell'orrore e vi si aggrappò con speranza e paura mischiate insieme.
 “Corri alla coppa Harry” gridò la voce di un'altra ombra perlacea. L'incantesimo si ruppe con violenza, sbalzando indietro i Mangiamorte infagottati nei loro mantelli.
Il corpo ancora fragile di Voldemort incespicò all'indietro ed Harry si mise a correre verso la coppa e a Emma parve di correre insieme a lui. Sentì il fiato spezzarsi dallo sforzo, avvertì il polso di Cedric nella sua mano e poi il rassicurante strappo sotto l'ombelico.
 Con un possente schiocco l'emoorvenne espulsa dalla mente del ragazzo e fu certa che Potter l'avesse percepita perché la disperazione confusa del Grifondoro fu l'ultima cosa che avvertì.

. . .

La Corvonero si risvegliò fradicia di sudore sul campo da Quidditch, spalancando gli occhi verdi miscelati d'ombra e annaspando con disperazione in cerca d'aria.
 “Emma!” esclamò Silente vedendo che la ragazza era sveglia “Emma, guardami. Cosa è accaduto?”
L'emoor sbatté due volte le ciglia, confusa.Vedeva tutto sfocato  davanti a sé e tremava per il freddo, la testa sembrava sul punto di spaccarsi in due. Mosse appena lo sguardo, cercando di frenare un attacco violento di nausea, mentre Severus si affrettava a metterle addosso il mantello che si era tolto.
“Preside” annaspò la ragazza, sentendo le labbra troppo secche spaccarsi “Harry. Deve andare immediatamente da Harry” 
 Silente annuì, lanciandole una lunga occhiata, come per assicurarsi che stesse bene, poi si rivolse verso Piton.
 “Tienila al sicuro” disse e l'uomo assentì con un cenno del capo, mentre faceva un incantesimo riscaldante sul corpo della protetta. 
 “Stai bene?” le chiese con sguardo incerto.
 “Sì” mormorò lei, ma tratteneva a stento le lacrime.
 Lanciò uno sguardo liquido ai suoi amici, che la guardavano pieni di sollievo e terrore alle spalle del tutore, ma non riuscì a sorridere.
 Cedric Diggory era morto. 
Morto. Cercò di alzarsi, anche si sentiva infinitamente debole. Tremava. Instabile.
Si aggrappò alla spalla di Severus e contrasse disperatamente i muscoli senza ottenere alcun risultato. 
Ricadde.
 “Stai seduta. Sei ancora debole” cercò di calmarla Piton “Non sappiamo 
cosa sia successo, ma hai subito una pesante intromissione”
 “Non capisci, Sev?” sussurrò lei, mentre lacrime liberatorie finalmente le rigavano il volto “Io ho visto tutto. 
Tutto. Lui è tornato, Sev. È tornato. Voldemort è  tornato.” 
 Lo sguardo dell'uomo si fece vuoto ed Emma ne approfittò per aggrapparsi di nuovo a lui e alzarsi. 
Doveva andare da Harry.
James le si avvicinò immediatamente offrendole sostegno, ma la ragazza lo allontanò gentilmente.
 “Ce la faccio, Jam.” si schernì.
 Si allontanò in fretta, mentre il grido del padre di Cedric squarciava l'aria e tutto pareva fermarsi. Emma sforzò i muscoli esausti, cercando di mettere più distanza possibile dal tutore e dai suoi amici, barcollante sulle gambe deboli, la vista offuscata dalle lacrime. 
Doveva raggiungere Harry.
 C'era una folla di persone che si stava raggruppando appena fuori dal labirinto, ma lo sguardo di Emma si spostò d'istinto sulla scuola e aggrottò la fronte riconoscendo la figura claudicante che si allontanava lungo il parco. 
Malocchio.
Professor Moody!” gridò forte.
 Attese che l'uomo si fermasse, costringendosi ad evitare di girarsi verso il corpo di Cedric a terra poco distante e obbligandosi a non ascoltare i lamenti pieni di sofferenza del padre di lui, 
di non soffermarsi sul pianto sommesso dei coetanei. Non ne aveva la forza.
 “Che c'è, O'Shea?” ribatté aspro il professore. 
Aveva una leggera fretta nel tono, ma reggeva tra le braccia Harry Potter e l'emoor pensò che probabilmente il ragazzo pesava.
 “Dove lo sta portando?”
“Al sicuro, O'Shea.” abbaiò quello.
 “Non crede che sarebbe più al sicuro vicino ad Albus Silente?” domandò. D'istinto. 
Proteggi Harry. Oramai sentiva imperativo quell'impulso. Non poteva lasciarlo andare.
 L'uomo parve spazientirsi e fece un mezzo grugnito scontento.
 “Sono un Auror ragazzina, so perfettamente come comportarmi. Potter ha bisogno di una boccata d'aria.” poi parve pensare a qualcosa, infine sorrise, con il ghigno inquietante che faceva paura a Lilith “Seguimi se vuoi O'Shea, avrò bisogno di una mano per rimetterlo in sesto. Potresti renderti utile.”
 Emma tentennò un solo istante, indecisa se chiamare Silente, ma Moody riprese ad allontanarsi e lei sapeva di dover stare con Harry. Doveva assicurarsi che fosse vero ciò che aveva visto, che non fosse solo un incubo. Doveva sapere se il ragazzo stava bene, perché sicuramente era spaventato, sconvolto... almeno quanto lei.
 Emma seguì il professore senza fare altre domande, ma James vide l'amica allontanarsi con Moody e Potter e corrugò la fronte, perplesso, voltandosi verso Lilith e Ginny.
 “Qualcosa non va” disse, mentre la biondina scrollava per la spalla il professor Piton, cercando di attirarne l'attenzione, senza risultato.
 “Professore, Emma è andata via” lo chiamò bruscamente Ginny. 
 Le labbra sottili di Severus si contrassero appena, mentre si tirava in piedi con aria frastornata. Intorno a loro c'erano grida e schiamazzi e persone che piangevano. 
 “Emma?” domandò rauco l'uomo, sentendo il panico invaderlo, quando non vide l'emoor, né accanto a sé, né vicino. 
 “Professore Emma...” tentò Lilith.
 “Emma!!” urlò di nuovo l'uomo.
 “È andata professore.” disse James con tono calmo, sotto lo sguardo sconcertato di Ginny e Lilith, ancora immobile. 
Piton si voltò di scatto dove indicava il ragazzo e individuò la figura sottile della protetta che si allontanava a passo spedito insieme a Malocchio Moody. 
Silente. Aveva bisogno di Silente.


*Angolo autrice*


Ciao! Eccomi un pelo in ritardo rispetto al solito con il nuovo capitolo. 
Capitolo essenziale, ma ammetto di aver fatto moltissima fatica a scriverlo insieme all'ultimo che avete letto. 

Punti e spunti:
. Ho lasciato un po' di spazio all'amicizia di Emma, Lilith e James, alle loro preoccupazioni legittime. Senza dimenticare la scuola e i suoi impegni.
. Ho lasciato un po' di spazio anche a Severus, che seppur sempre distaccato ha cercato in tutti i modi di dare ad Emma i giusti strumenti per affrontare la connessione. E trovo sempre dolce il loro rapporto, anche se in questo capitolo è solo di passaggio.
. Ho lasciato infine un piccolo spazio sia alla fine dell'amore tra Gabriel ed Emma, che all'inzio dell'amore tra Ginny e Corner, perché ho sempre provato curiosità per le relazioni di Ginny prima di Harry e perché lei ed Emma sono in fondo adolescenti, giusto che gestiscano le loro piccole storie d'amore (anche se Emma è piuttosto matura) e giusto che imparino a riguardo. 
. Il ritorno di Voldemort è sicuramente l'elemento essenziale e rispetto al libro originale Harry non è l'unico testimone. Questa è una grossa differenza se pensate al quinto libro. Ho cercato di scrivere però la narrazione in modo confuso e spezzato perché Emma non vi assiste fisicamente, ma è comunque trascinata dai sentimenti del ragazzo. 
. Il prossimo è un capitolo carino :) ed è anche il capitolo conclusivo del quarto anno e ci porta poi al quinto!


Grazie a tutti per il vostro sostegno!
Aggiorno lunedì. Come sempre.
Con affetto.

vi

Ritorna all'indice


Capitolo 18
*** La resa dei conti ***



.La resa dei conti e ferite inaspettate.

 

 

L'ufficio di Malocchio Moody era strano.
Emma non ci era mai stata prima e probabilmente, se non fosse stata tanto sconvolta, ne sarebbe rimasta affascinata.
 Era una stanza stretta e riservata, con pesanti tendaggi violacei alle finestre e oggetti di ogni sorta che adornavano la scrivania in mogano e le pareti, tanto da non lasciare un solo spazio libero.
 Riconobbe vari manufatti, libri oscuri, gingilli contro i malanni, oggetti utili per un uomo che, come Auror, aveva combattuto per tutta la vita contro la magia Oscura, sguazzandoci però nel mezzo. 
 Il professore arrancò all'interno e fece sedere rudemente Harry su una sedia, senza troppi complimenti e nonostante la stanchezza e la confusione qualcosa gridò allarme nell'istinto di Emma, che scostò velocemente lo sguardo dall'elaborato specchio che l'aveva distratta,  e tornò a prestare attenzione alla stanza.
 Malocchio Moody camminava in fretta, nervoso, come in preda ad un'eccitazione tanto esagerata, quanto ingiustificata. Avanti e indietro per lo studio angusto, leccandosi ritmicamente le labbra, le mani tremanti e la gamba di legno che batteva secca sul pavimento. 
Ignorava l'emoor, ma Emma tornò improvvisamente vigile e lo osservò attenta, cominciando a pentirsi, secondo dopo secondo, di non aver chiamato Silente. Perché il suo sguardo era così fremente?
Qualcuno sapeva che lei e Harry erano lì?

L'emoor avrebbe voluto soltanto attraversare la stanza per avvicinarsi al Grifondoro e fargli sentire il suo appoggio, ma la frenesia del professore le metteva in agitazione, perché per quanto Moody fosse strano, quel comportamento le pareva allarmante: quell’uomo in fondo era un Auror e avrebbe dovuto mantenere la calma ed essere concentrato. 
 Avrebbe, in realtà, dovuto assicurarsi che lei e Potter stessero bene, o almeno, a dirla tutta, avrebbe dovuto portarli in un'infermeria, soprattutto visto che Harry era visibilmente ferito ed entrambi comunque chiaramente deboli e confusi. 
 Istintivamente la ragazza irrigidì la schiena, provando un sottile disagio e una sensazione di pericolo che la mise in allerta, tanto da farle tenere la mano pronta sulla sua bacchetta. Forse, un vero Auror, si rese conto nuovamente, non avrebbe mai dovuto allontanarli da Albus Silente.
 Harry sembrò tornare più presente a sé stesso e alzò finalmente lo sguardo. Era evidentemente spaesato, gli occhi ancora pieni delle lacrime che doveva aver versato sul corpo di Cedric, ma stava bene.
 “Allora Potter? Cosa è successo?” chiese d'improvviso Moody, impaziente, facendo schioccare le labbra.
 “Mi scusi, professore?” rispose il ragazzo, stordito dalla domanda troppo diretta.
 “Ti ho chiesto cosa è successo! È tornato?” insistette brusco l’uomo, l'occhio magico che ruotava come impazzito “
Cosa è successo al cimitero, Potter?”
Emma assottigliò lo sguardo. 
 Ora era evidente quanto fosse tremendamente sbagliato il modo in cui il professore si muoveva, il modo in cui poneva le domande e soprattutto il modo in cui guardava il ragazzo e anche Harry parve accorgersene perché aggrottò le sopracciglia, incerto. 
“Professore, temo di non capire” sussurrò.
 Malocchio fece un gesto secco con la mano che tradì la sua insofferenza, si leccò il labbro inferiore, nuovamente, e ridacchiò a denti stretti con un'espressione inquietante sul volto. 
 L'emoor cominciò a sentirsi non solo dubbiosa, ma molto spaventata. Rimase in silenzio ad osservare i movimenti scoordinati del mago, mentre il dubbio diventava lentamente certezza: l'uomo che aveva di fronte non era Moody, o almeno non il Moody che lei credeva di aver conosciuto, nonostante fosse identico a lui. 
 Il ricordo dell'infantile timore dell'estate precedente, quando aveva pensato che Severus fosse stato sostituito da un malfattore, fece capolino nella sua memoria e l'anno di studi magici e i numerosi libri che aveva letto, completarono le mancanze della sua teoria.
 La sostituzione di persona nel mondo magico era possibile e poteva essere attuata in tre modi: tramite complicati incantesimi di trasfigurazione continui, con un manufatto magico complesso, o più semplicemente con della pozione Polisucco, ma nel caso di quest'ultima il soggetto avrebbe dovuto prenderla ogni ora.
 Lo sguardo dell'emoor indugiò sulla fiaschetta che Moody portava solitamente legata al fianco e che ora giaceva abbandonata sulla scrivania, le sarebbe bastato dare una veloce annusata per scoprirne il contenuto, ma mentre già stava facendo un passo in avanti l'uomo gridò contro Potter violentemente. 
 “Cosa non capisci della domanda '
Che cosa è successo' POTTER? Cosa non capisci? COSA NON CAPISCI?”
 Harry si fece minuscolo sulla sua sedia e qualcosa sembrò spezzarsi in lui, tanto che, seppur distante, Emma lo vide tremare sotto shock.
 Una strana rabbia le serrò lo stomaco, costringendola ad agire. Spostò il peso da un piede all'altro, guardando torva la schiena del professore che non sembrava curarsi minimamente di lei.
Piegò le ginocchia, pronta a balzare di lato con l'intenzione di disarmarlo, ma mentre aveva già alzato la bacchetta, con velocità inaspettata l'uomo ruotò su sé stesso e lanciò una fattura che la colpì con estrema violenza in mezzo al torace, sbalzandola indietro e facendole picchiare il capo contro lo spigolo della scrivania. 

L’occhio, quello stupido occhio.

Cosa credevi di fare ragazzina? Disarmare un grande mago come me? Il più grande sostenitore di Lord Voldemort?” 
 Lo disse con aria tronfia e un ghigno malvagio che Emma non vide, perché a occhi chiusi cercava di riprendere il controllo, deglutendo faticosamente. La testa le pulsava terribilmente e non riusciva a capire le parole dell’uomo nella loro interezza. 
 Era ancora tutta sudata, spossata dalla connessione con Potter e si sentiva incredibilmente debole. Sentì Harry alzarsi e balbettare qualcosa contro Moody, accusandolo di aver tradito tutti coloro che si fidavano di lui, ma i suoni le arrivavano ovattati e rarefatti.
 L’emoor si portò una mano al lato del cranio e si accorse di sanguinare abbondantemente. Si rialzò lentamente in piedi, facendo estrema attenzione, cercando di tornare lucida, aggrappandosi ai barlumi ancora saldi della sua coscienza.
 Moody la guardò truce, ma di nuovo sembrò considerarla non degna di attenzione e le diede nuovamente le spalle, tornando a fronteggiare Harry, una risata rauca a spezzare il silenzio.
 “Persone che si fidavano di me? No, Potter, ti sbagli. Nessuno qui si fidava di me. Si fidavano di Moody.”
 “Lei è Moody!” sbottò Harry, i nervi a pezzi.
 “No, non lo sono.” sibilò il mago “Alastor Moody è solo un mago in decadenza di cui ho preso il corpo in affitto per arrivare a te.”
 Lo sguardo di Potter si dilatò e si fece ferito e confuso.
 “No.” esalò, balbettando “No, non è così. Lei mi ha aiutato”
Sembrava completamente stravolto, combattuto tra il darsi da solo dello sciocco e il non accettare le parole dell'uomo e Moody rise di nuovo di lui, evidentemente divertito.
 “Non è stato difficile comprare la tua fiducia, ragazzo. Ti insegnerei volentieri a come stare più all’erta, ma temo che sia inutile visto che tra poco morirai. Chi pensi abbia messo il tuo nome nel calice?”
 Potter sbatté le palpebre confuso e anche Emma alzò la testa di scatto per lo stupore, stringendo i denti quando il mondo prese a girarle vorticosamente davanti, a causa della ferita.
 “Lei non può averlo fatto.” tremò il Grifondoro, indignato “Voldemort mi vuole morto. Se avesse voluto uccidermi l’avrebbe fatto prima. Ha avuto un sacco di occasioni”
 L'emoor si toccò la fronte, cercando disperatamente di non svenire, mentre la nausea le serrava lo stomaco e il sangue continuava a colare dalla ferita. Strizzò gli occhi nello sforzo di ragionare e riuscì a mettere a fuoco la situazione con difficoltà, cominciando a comprendere come erano andate le cose.
 
Dove ha messo il corpo di Moody?” sussurrò con voce flebile.
L’ex professore ghignò, ma la ignorò, rivolgendosi ancora a Potter.
 “Dunque, Potter. Non ci sei ancora arrivato? Non hai capito chi sono? Non ti ho mai ucciso perché era compito di di Lord Voldemort farlo in un momento 
preciso, appena recuperate le forze, se ti avessi allontanato prima, Silente, che ti controlla come un cane da guardia, sarebbe intervenuto, ma ora che l’Oscuro è risorto, non credo che si arrabbierà se ti uccido, in fondo gli sei sfuggito e non ha senso che tu sopravviva ancora, con il rischio di riaverti tra i piedi, quindi, dato che ora morirai comunque, dimmi: è risorto? Era forte? Era splendido nel suo nuovo corpo? Più parli, più vivi”
S ia Emma che Harry guardarono Moody con disgusto, ma l’uomo stava in mezzo a loro, felice come un bambino.
Il Grifondoro sembrava aver perso la capacità di parlare e la ragazza, che si riscosse per prima, tornò concentrata, anche se si sentiva come se una lama d’acciaio le stesse trafiggendo la tempia.
 “Dove ha messo il corpo di Moody?” chiese di nuovo “Deve aver bisogno di asportare costantemente parti di lui per mantenere valida la Polisucco. È ancora vivo?” 
 Moody le lanciò uno sguardo divertito, beffardo, ma continuò ostinatamente a ignorarla, guardando invece Harry che aveva contratto il volto in una smorfia strana.
 “Non ti  sforzare troppo Potter” disse il mago con scherno e i lineamenti di Harry si distesero a quelle parole e spalancò gli occhi verdi, come colto da un’improvvisa consapevolezza.
 “Lei è Barty Crouch Junior.” disse, indicando Moody.
 Emma aggrottò la fronte, barcollando e guardò i due estremamente confusa. Non riusciva a capire ciò che diceva il ragazzo. L'unico Barty Crouch che conosceva lavorava al Ministero.
 “Bravo, Potter.” disse l'ex professore, alzando la bacchetta contro di lui “Allora è vero che sei intelligente è quasi un peccato ucciderti.” 

L'emoor gelò davanti a quel gesto, andò nel pallone, senza riuscire  a pensare lucidamente e intervenne con panico, semplicemente nel tentativo di fermare l'attacco dell'uomo. 

Doveva difendere Harry. Doveva difendere Harry.

Non puoi ucciderlo!” disse stridula, incerta e quello che il ragazzo aveva detto chiamarsi Barty Crouch jr si voltò finalmente verso di lei ed Emma sentì il coraggio venire a meno. 
 Lei non era una stupida Grifondoro, era una Corvonero. 
Mite, dedita allo studio, curiosa. Avrebbe dovuto dedicare la sua vita ai libri e alla conoscenza, non certo a duelli con maghi oscuri.
 “Come dici, O'Shea?”
“Non puoi ucciderlo” ripeté con più calma, cercando di sembrare sicura di sé, nonostante si sentisse la bocca impastata.
 “E perché non dovrei?” chiese il mago, sornione. 
 “Voldemort in persona lo deve uccidere. Lo hai detto anche tu.”
Era passata al tu, ma in fondo quello che aveva davanti non era più il suo professore di Difesa contro le Arti Oscure.
 
Oh, giusto.” ghignò l'uomo “ dimenticavo la tua propensione a far sempre da ago della bilancia. È incredibile come voi giovani siate sconsiderati. Osi anche tu a infangare il nome del mio signore? Non puoi nemmeno pensare di nominarlo, lo capisci?”
 Emma alzò il volto, con l'intenzione di sembrare fiera e sicura di sé  “No, non lo capisco” rispose, sperando di nuovo che la sua voce fosse ferma, ma rendendosi conto, con orrore, che le tremava.
L'uomo rise sguaiatamente, guardandola folle. 
 “Tu non mi hai mai dato molta confidenza... vero O’Shea?” sibilò.
 La ragazza deglutì senza rispondere e Crouch riprese a parlare mellifluo, mentre il suo corpo sembrava rimpicciolirsi man mano e i lineamenti assumevano nuova forma. 
 “Deve essere stato il sangue che ti scorre nelle vene a metterti all’erta” continuò pensieroso “Un istinto vecchio secoli, non è vero? Non sarai mica l’emoor di Grifondoro?!”
 Emma rimase ancora ostinatamente in silenzio, intravedendo, con la coda dell'occhio, che la superficie dello specchio che aveva notato all'inizio era cambiata, diventando stranamente fumosa. Ora al suo interno delle ombre si agitavano piano. Anche Harry parve notarlo, quando, seguendo lo sguardo dell'emoor, si voltò verso il manufatto.
 “Dimmi, O’Shea.” riprese il mago, gracchiando, ignaro di quel che i due ragazzi avevano scorto “quanto credevate di nascondere la connessione tra te e Potter?”
 Harry sussultò ed Emma trasalì.
“Come fai a sapere?” chiese lei. 
 “Ah, allora ci ho visto giusto” mormorò lui.
 La ragazzina sentì un brivido, lanciò un altro sguardo veloce alle ombre che si dibattevano sulla superficie dello specchio e pensò che poteva fare solo una cosa: prendere tempo.
 Non avrebbe certo potuto vincere a un duello contro un mago Oscuro, tanto più che sia lei che Harry erano esausti e feriti e lei anche disarmata. L'unica cosa che poteva fare era lasciare che secondo dopo secondo il tempo passasse e sperare che Silente, o Severus venissero a cercarla.
 Alzò il capo, risoluta e le ombre nello specchio si dibatterono ancora, lentamente, sempre più nitide: erano tre persone.
 
Cosa intendi, Crouch?” chiese a voce più alta e ferma “Cosa intendi con la parola connessione?”
 Si sentiva estremamente debole, il sangue continuava a colare dalla ferita, ma sapeva di dover mantenere viva l'attenzione dell'uomo, perché appena si fosse annoiato li avrebbe sicuramente uccisi.
 “Non ci vuole poi molto a capire...” borbottò quello che una volta era stata Alastor Moody “ogni volta che c’era una prova tu stavi male. Piton era pronto ad accorrere, i tuoi amici erano all’erta, Silente in agitazione. Inizialmente non riuscivo a capire con quale campione fossi connessa, ma dopo questa sera non ho più alcun dubbio. Uno strano e malsano legame, non è vero? L’unica emoor non Serpeverde che si ritrova nella testa degli altri. Che si ritrova nella testa di Harry Potter, anzi. Hai per caso una passione per l’egocentrismo, O'Shea?”
 Emma si morse la lingua per non ribattere malamente. 
Prendi tempo.
 “Curioso vero?” sussurrò invece e l'altro rise.
 “O'Shea, O’Shea... devo chiedertelo: tu sai di chi sei l'erede?”
 “Questo non posso dirlo.” ribatté subito secca.  
Pensava vorticosamente a possibili vie d'uscita e sperava che Potter stesse facendo lo stesso. Lanciò un altro sguardo allo specchio, le tre figure all'interno erano vicinissime.
 “Sai, mi sarebbe piaciuto fronteggiare un’erede di Alicia Serpeverde.” disse l'uomo con tono lento, il ghigno a illuminargli i lineamenti che ormai non avevano nulla del vecchio professore “Tu e i tuoi compari avete grandi poteri e siete anche parte di una profezia che riguarda l’incolumità del mio Signore. Tu lo capisci vero che non posso lasciarti viva?”
 “Lo capisco” annuì Emma.
 “Davvero? Lo capisci?” chiese stupito il mago e improvvisamente uno strano interesse brillò nel suo sguardo.
 “Certo” mormorò l'emoor, che si sentiva a un passo dallo svenire “Io stessa mi ucciderei se fossi nella tua posizione forse, ma ti consiglio di non provarci. L'hai detto anche tu, non sai a quale delle quattro Ombre sono legata, non sai cosa succederà se mi uccidi. Nessuno conosce nemmeno cosa dica precisamente quella profezia. Non sai cosa potrebbe accadere.” 
 Stava mentendo apertamente, glissando su argomenti che aveva discusso tante volte con gli emoor, sperando di confonderlo. 
 Era vero che tutti sapevano solo che loro quattro sarebbero stati fondamentali contro un Oscuro Signore, così come era vero che nessuno conosceva l'esatto contenuto della profezia, ma dubitava che la sua morte sarebbe stata  un evento scatenante. 
 Chiuse comunque la mente, come le aveva insegnato Severus, ostentando tranquillità nel calare le pareti mentali che difendessero i suoi pensieri e quando percepì Crouch cercare di penetrare in essi, senza però riuscirci, vide il volto dell'uomo accartocciarsi per l'evidente stupore.
 
Occlumanzia. Così abile alla tua età!” era vagamente colpito.
“Ho avuto un ottimo insegnante” ribatté Emma con orgoglio, stringendo il bordo della scrivania per non crollare a terra.
 Crouch ridacchiò rauco, tra i denti e scosse il capo, sembrava genuinamente divertito. I lineamenti affilati contratti in una smorfia.
 “Ah sì certo, Severus. Il caro e vecchio Severus, un elemento interessante sulla scacchiera. Sarò sincero, lo conosco da tempo e non avrei mai pensato che si potesse affezionare a qualcuno e invece anche lui si è fatto intenerire. Un idiota”.
 “Non azzardarti a parlare così di Severus” ribatté lei minacciosa.
 L'uomo la ignorò, facendo un sorriso famelico. 
 “Vedi O'Shea il fatto che tu non mi faccia accedere ai tuoi pensieri non significa che tu non stia mentendo” gracchiò nervosamente, la bacchetta che andava veloce da lei a Potter, sempre più pallido e silenzioso “Ora che ho un’occasione così buona per ucciderti devo farlo. Devo almeno tentare. Senza un’emoor, cosa sono gli altri tre?”
 Lei aprì la bocca per rispondere, ma lui la ignorò.
 “Hai ragione, non so cosa potrebbe succedere, ma farti morire mi sembra una buona scelta. Per non parlare del fatto che tra i quattro tu sei l’elemento più ambiguo. Il mio Signore sarà contento di non averti tra i piedi: è il motivo per cui ti ho scelta.”
 “Mi hai scelta?” chiese perplessa la ragazza, le unghie conficcate nel palmi delle mani per costringersi a rimanere lucida.
 “Non l'hai capito?” rise lui “Ho cercato di farti avvicinare a Potter perché volevo che vi conosceste, che foste accanto proprio nel caso in cui si fosse presentata un’evenienza come questa, ma voi siete due ostinati testoni e sembravate evitarvi. Eppure sapevo che saresti corsa in suo aiuto, hai questa preoccupazione così stupida verso gli altri, quindi...” disse, lasciando in sospeso l’ultima parola, come assaporando il momento “forse sarebbe giusto fare prima con le signore. Dimmi, Emma O'Shea, di quale Casa sei l'emoor?”
Con un sorriso mostruoso l'uomo alzò la bacchetta ed Emma, capì che non avrebbe atteso una sua risposta questa volta. 
 
Capì che l'avrebbe uccisa, e arresa, strinse i denti e si preparò a saltare di lato per schivare la maledizione in arrivo, conscia che non avrebbe potuto evitarla per sempre, soprattutto nelle sue condizioni: il sangue le scorreva lungo il collo imbrattandole la divisa.
 Le parve di vedere, per un attimo, il panico dilagante negli occhi di Harry, immobile e pallido dall’altra parte della stanza.
 
Stai tranquillo pensò attraverso la connessione -ce la caveremo-
 E per un assurdo momento credette che lui l'avesse sentita. 
 Lanciò un ultimo sguardo allo specchio. Alle tre figure, se ne era aggiunta una quarta, più piccola e sottile. Con un guizzo stanco della mente Emma pensò che una di quelle sagome assomigliava vagamente a Severus e sentì stringersi il cuore.
 Il ghigno di Barty Crouch Jr poi attirò tutta la sua attenzione. Le parve più minaccioso che mai e pericoloso.
“Avad...” 
stava per morire?
 
La porta si spalancò e uno Schiantesimo abbatté Crouch. Silente, Piton e la McGranitt, seguiti da un James terrorizzato, apparvero sulla soglia della stanza ed Emma sospirò piena di sollievo, come mai lo aveva provato in vita sua.  Erano loro nello specchio.
 Il preside corse subito verso Harry, mentre Piton attraversò lo spazio a grandi falcate verso di lei, i lineamenti del volto irrigiditi in quell’espressione dura che formava la sua maschera, ma gli occhi lampeggianti che tradivano la sua preoccupazione. 
 Emma non esitò neppure un istante e si gettò verso il tutore, facendosi avvolgere dalle sue braccia magre.
 “Va tutto bene” sussurrò Severus in modo che solo lei sentisse, nascondendo il volto agli altri “tutto bene. Non ti lascerò mai più sola, sciocca ragazza. Sta tranquilla. Va tutto bene.”
Ed Emma credette alle sue parole e lo strinse forte. 
 “Sev” tremò contro il suo sterno “Moody un Mangiamorte, credo. Ha preso il vero Malocchio. Sospetto la Polisucco. Voleva ucciderci. Ha messo il nome di Harry nel calice, era tutto preparato”
 Snocciolava le informazioni tanto veloce che la sua voce si spezzava e accavallava da sola, spinta dall'urgenza di scagionare Harry e accusare l'uomo che ora era riverso a terra.
 
Sei stata bravissima” disse Piton, stringendola a sé protettivo, pieno di strana cura “Sei stata incredibilmente brava”
 “Lo sei stata davvero.” gli fece eco Silente “Eravamo qui fuori pronti a intervenire, sperando che Crouch si tradisse e ci raccontasse di più. Abbiamo sentito tutto e hai avuto nervi molto saldi Emma.”
 L'emoor lo guardò stupita. Non si era aspettata un complimento da Silente, ma si sforzò di fare solo un leggero cenno di assenso e guardò l'uomo girovagare per la stanza, mentre muoveva la bacchetta, per poi girarsi verso un grosso baule in un angolo. 
 “Albus?” domandò incerto Piton, che ancora stringeva la protetta.
 “Credo di aver trovato Alastor” rispose il preside “Severus, ora che hai visto che Emma sta bene, puoi andare a prendere una bottiglia di Veritaserum? Dovremmo interrogare Crouch. Chiedi a Pomona di chiamare Caramel e un altro paio di persone, potremmo aver bisogno di aiuto per tirare fuori il vero Malocchio da questo baule.” 
 Piton fece un gesto secco con il capo e il preside si girò verso James ancora immobile sulla soglia dell'ufficio.
 “Signor McGregor, lei potrebbe sorreggere Emma fino all'infermeria? Ha una brutta ferita e immagino molta stanchezza. Dovrebbe essere immediatamente curata.”
 “Posso accompagnare anche Potter” si offrì il Corvonero.
 “No grazie.” rispose Silente, lanciando un veloce sguardo verso il Grifondoro “ho bisogno di parlare con Harry”
Silente poi voltò loro le spalle, allontanandosi dal baule aperto e si accostò al corpo di Crouch, che la McGranitt si era affrettata a legare con una fune magica. James si avvicinò ad Emma.
 “Andiamo?” le chiese preoccupato, sorreggendola attentamente, mentre Severus abbandonava la stanza controvoglia.
 L'emoor annuì, ma prima che James la portasse via, si avvicinò cauta a Potter. Il ragazzo la guardava con occhi giganti ancora immobile sulla sedia dove Crouch l'aveva fatto cadere.
 
Eri tu nella mia testa, vero?” chiese, anticipandola.
L’emoor annuì piano. Non aveva senso nasconderglielo oramai.
 “Mi sei stata di enorme aiuto” sussurrò Harry.
 Lei annuì nuovamente. Sentiva le lacrime lambirle di nuovo gli occhi e tremava per lo shock: 
aveva davvero rischiato di morire.
 Deglutì lanciando un'occhiata nervosa allo specchio, tornato limpido e al baule in cui Silente aveva detto di aver trovato Alastor Moody e si sentì improvvisamente schiacciata dagli eventi.
 “È successo veramente? Lui è tornato?” domandò agitata.
Questa volta fu Potter ad annuire. 
Solo una volta.
 Si guardarono per un ultimo istante e fu uno sguardo pieno di mille parole e comprensione. Emma desiderò quasi abbracciare il Grifondoro e per un momento le parve che Silente li osservasse, ma non se ne curò. Lasciò James la portasse fuori da lì, si lasciò aiutare.

*

Cedric Diggory era morto e oramai tutta la scuola ne era al corrente. Albus Silente non aveva nascosto nulla ai suoi alunni e nel discorso di fine anno aveva raccontato tutto ciò che Emma aveva visto nella testa di Harry. Voldemort era tornato.
 L'umore generale era tetro. Nessuno sembrava aver voglia di chiacchierare nei corridoi e non era raro che qualcuno scoppiasse in lacrime semplicemente per il troppo stress e nervoso.
Uno studente morto in fondo non era affatto una cosa semplice da metabolizzare per nessuno. Le persone mormoravano a voce bassa e si muovevano in plotoni serrati come a farsi forza l’un l’altro, incuneati tra un preside che annunciava il ritorno di Voldemort e il Ministero che lo negava.
 Emma, in silenzio, aveva osservato passiva lo scorrere degli eventi, il dolore collettivo, la confusione, circondandosi dei suoi amici e obbligandosi a pensare il meno possibile al volto di Cedric, ma il ricordo del ragazzo, immobile e freddo a terra, la tormentava e non aiutava il fatto di essere compagna di Casa con Cho, profondamente spezzata e in lacrime per la morte del fidanzato.
 L'emoor aveva stretto i denti e portato pazienza, sperando che avrebbe almeno ricevuto delle risposte, ma non le avevano permesso di assistere all’interrogatorio di Barty Crouch e quando aveva saputo che era stato ucciso con il bacio dei Dissennatori era rimasta immobile a guardare la parete di fronte a sé, con un velato fastidio a serrargli lo stomaco. Niente risposte. 
Non da lui almeno. 
 Nemmeno Silente era andato a cercarla, non le aveva chiesto conferma di ciò che aveva visto Harry, non sembrava interessato al suo punto di vista e, a essere sinceri, non si era neppure assicurato che lei non svelasse niente a nessuno. L'aveva 
evitata, semplicemente ed Emma si era chiusa nel suo guscio ed era rimasta in silenzio, anche se ora cominciava a volere delle spiegazioni.
 Barty Crouch junior era al corrente del legame tra lei e Harry prima di morire e l'emoor voleva sapere quali fossero le conseguenze di quell'informazione, ma soprattutto 
voleva sapere cosa la rendeva diversa dagli altri emoor e perché faceva tanto spesso sogni terribili e pieni di urla. Voleva che qualcuno le spiegasse perché trovava così famigliare lo sguardo di Harry e cosa la legava al ragazzo, ma nessuno sembrava degnarsi di darle una risposta. Nemmeno Potter.

*

Come è andata con Silente?” chiese l'emoor, quando si accorse che il ragazzo steso sul lettino dell'infermeria accanto al suo non stava affatto dormendo come voleva far credere ed Harry, infatti, aprì gli occhi, contro voglia e la guardò.
Ci stiamo muovendo” disse, sfiorandosi appena le ferite fasciate sotto bende candide “Ho parlato con Silente, non mi ha detto molto, ma ho assistito senza volerlo alla sua litigata con Caramel.”
 “C'è un piano?” chiese l'emoor attenta e il ragazzo sembrò tendersi e valutarla.  
 “Silente ha dato delle direttive più che altro. Sirius...”  iniziò vago, ma subito si interruppe, imbarazzato ed Emma gli sorrise gentile.
 “So che Sirius Black è innocente.” disse, cercando di tranquillizzarlo.
Il Grifondoro le lanciò un'occhiata interrogativa, sulla difensiva ed Emma alzò le spalle, dicendo “Severus” a mo' di spiegazione.
 “Piton ti ha detto che Sirius è innocente?” chiese Harry perplesso.
Emma annuì “In un certo senso. Perché?”
 
Non vanno molto d'accordo che io sappia” disse il ragazzo.
 
E questo cosa centra con l'innocenza di Black?” chiese Emma.
Lui scrollò le spalle “Non pensavo che Piton fosse corretto” si difese “pensavo che avrebbe infangato il nome del mio padrino.”
Sirius Black è il tuo padrino?” domandò confusa la Corvonero, ma dalla porta dell'infermeria entrarono in quel momento Hermione e Ron, seguiti a ruota dai signori Weasley  e non ebbero più modo di parlare.

*

Dopo qualche giorno in infermeria, circondata dall'affetto dei suoi amici e coccolata persino dallo sguardo amorevole della signora Weasley, Emma era stata rispedita in torre. Aveva subito scritto ai suoi genitori, mantenendosi vaga sull'accaduto, ma ricevendo comunque dopo solo un giorno accorate lettere piene di parole amorevoli e spavento a cui Emma aveva di nuovo risposto, riempiendoli di rassicurazioni e affetto sincero. 
Aveva cercato di godere la calma di quelle ultime giornate nel mondo magico, visto che di lì a qualche giorno sarebbe tornata a  
casa casa  e avrebbe rivisto Steph, lasciandosi almeno per un poco alle spalle gli incubi e tutte quelle responsabilità che ora che Voldemort era tornato sembravano cadere sulla sua testa di emoor.
 Lilith e James le erano stati sempre accanto in quei giorni, protettivi, cedendo il loro posto solo a Ginny e agli altri emoor, nonostante Lilith ancora non apprezzasse quest’ultimi.

*

David si sedette accanto ad Emma. Avevano scelto un tavolo tranquillo e abbastanza appartato della biblioteca, per sfuggire agli sguardi delle persone. Non che avessero qualcosa da studiare, gli esami erano stati cancellati visto gli eventi tragici avvenuti, ma la biblioteca era un buon posto dove fuggire in quanto completamente deserta e quindi priva di curiosi.
Ho detto ad Artemius che non può continuare a fare lo struzzo senza guardare ciò che gli accade tutto intorno” disse David, facendo un lieve cenno con il capo verso il compagno di Casa, seduto poco più in là, il volto chino a pochissimi centimetri dal libro che stava leggendo.
 “Sì? E come l'ha presa?” domandò Emma, consapevole che il ragazzo potesse tranquillamente sentire tutto quel che dicevano. 
 “Ha brontolato, un classico di Mius, ma ha accettato di farci vedere il suo brutto muso più spesso” disse il ragazzo, con un sorriso largo.
 
Hai fatto bene, almeno poi non sta solo” rispose Emma pacata.
 
Lui vuole stare da solo” sottolineò David, inarcando entrambe le sopracciglia.
 Artemius alzò in quel momento lo sguardo vacuo verso di loro, come sempre pallido e silenzioso, le labbra piegate in una smorfia stanca.
 “Guarda che vi sento” disse con voce strascicata, facendo ridacchiare l'amico.
 Emily arrivò in quel momento carica di volumi e si mise accanto a David con  aria sufficientemente allegra ed Emma ne approfittò per alzarsi e andarsi a sedere accanto al quarto emoor. 
Rimasero in silenzio per un po', il ragazzo immerso nella lettura ed Emma che lo studiava attenta, prendendo confidenza con quei lineamenti asimmetrici.
Sono contenta in realtà di passare del tempo anche con te Mius” disse con tono propositivo, facendo un mezzo sorriso nella sua direzione.
 Lui alzò lo sguardo, scrutandola. Non disse nulla a riguardo di quel piccolo soprannome che la Corvonero aveva azzardato, la guardò e basta, a lungo,  prima di scrollare le spalle, esalando un veloce. 
 “Ok”.
Emma annuì solo. Era già qualcosa.

*

Mancava un solo giorno alla fine della scuola quando vennero finalmente a cercarla. Il pomeriggio volgeva al termine, ma il sole rischiarava ancora il prato verde del parco e lo specchio lucido e nero del lago. Emma aveva appena salutato gli altri emoor e si stava avviando sola verso la torre, osservando distratta la sagoma del castello, quando una ragazzina del primo anno di nome Viola Prewin, di Corvonero come Emma, la raggiunse.
 “Il preside mi ha detto di dirti che devi recarti immediatamente nel suo ufficio.” le disse sorridendo.
 L'emoor la guardò distrattamente, ma poi, realizzando le sue parole, ringraziò e si mise a correre. Il fatto che Silente volesse vederla, le dava la tenue speranza di poter essere finalmente messa al corrente di qualcosa e di avere dei chiarimenti, quindi cercò di raggiungerlo il più velocemente possibile e arrivò quasi senza fiato, sbiascicando la vecchia parola d’ordine.
 “Api Frizzole!” 
Frizzole, non Drizzole. Cedric.
  
Ma no, mia cara” borbottò il gargoyle “Quella è antiquata.”
 “Non conosco la nuova.” sussurrò la ragazza al mostro di pietra.
 “Infatti non te ne ho chiesta alcuna.” gracchiò l'altro “Sei tu che sei arrivata qui dicendo parole, il professor Silente sta aspettando!”.
Emma, sollevata, fece in una volata gli scalini e rovinò, letteralmente, nello studio del preside.
Mi scusi.” balbettò recuperando l’equilibrio.
Le sembrava che non fosse passato un solo giorno dall’ultima volta che era stata lì e allo stesso tempo che fosse passata una vita intera.

Gli strani oggetti argentei fischiavano e trillavano creando un allegro borbottio come allora e Silente se ne stava seduto dietro la scrivania con un’elegante tunica verde. A sorpresa c'era anche Severus Piton in piedi, avvolto nell’ombra, proprio di fianco al preside, come la prima volta che Emma lo aveva visto.
 L’emoor cercò lo sguardo del suo tutore, ma l’uomo lo tenne basso.
 “Emma.” disse il preside, gli occhi  fissi su di lei “ti  aspettavo.”
 “Aveva bisogno di parlarmi?”
Il mago annuì piano, senza smettere di osservarla.
 “Devo darti delle notizie. Purtroppo nessuna è buona.”
 L'emoor cercò di mantenere impassibile il volto, sforzandosi di bloccare tutti i muscoli del corpo. Ricevere delle notizie, non significava necessariamente che lei avrebbe avuto delle risposte.  
 L'uomo parve attendere un secondo in più del necessario, poi prese fiato e cominciò a parlare. Aveva la solita voce pacata e saggia che metteva tanta tranquillità e sicurezza, ma per la prima volta ad Emma apparve vecchio. Un vecchio stanco che cerca inutilmente di arginare la potenza di un’onda troppo grande 
persino per lui.
 La ragazza strinse la mandibola e si dispose all’ascolto.
 
Il Ministro mi ha confermato che non vuole credere al ritorno di Voldemort. Pensa che il racconto di Harry non sia una prova e a dirla tutta crede che io sia un po’ rimbambito. Non ha intenzione di divulgare la notizia, né di mettere in allerta il mondo magico.”
 “Ma perché!?” lo interruppe indignata Emma.
“Perché la notizia scatenerebbe il panico. Voldemort non è solo un mago crudele, Emma. Seminò il terrore a suo tempo. La gente aveva cominciato a non fidarsi più di nessuno, le morti erano all’ordine del giorno, gli amici diffidavano l'un dell'altro. Erano tempi bui ed è difficile accettare che siano tornati. Caramell non è sicuramente il ritratto del coraggio e ammettere una cosa così scomoda significherebbe dover essere pronti a fare una guerra.”
 “Quindi lei cosa intende fare?” chiese l'emoor infervorandosi.
 “Nulla,” ribatté pacato il preside “Io non posso fare nulla contro il Ministero, ma posso farlo nel piccolo, con le persone a cui tengo. Come i miei studenti. Per questo ho detto a tutti che il pericolo è imminente. Per questo ho raccontato a tutti di Cedric”
 “Io potrei raccontare ciò che ho visto” disse la Corvonero, propositiva, ma la sua espressione si incrinò quasi subito “Però forse nessuno mi crederebbe e io e Potter rischieremmo di finire nei guai perché la connessione deve rimanere segreta... giusto?”
 “Giusto." annuì l'uomo stancamente “Ora più che mai è importante che la connessione tra te ed Harry sia ben nascosta. Il fatto che Barty Crouch jr avesse intuito il vostro legame mi ha preoccupato sopra ogni cosa e aveva ragione: tra gli emoor sei quella che incuriosirebbe più Lord Voldemort.”
 “Perché?” chiese Emma.
 “Perché sei diversa” disse Silente  “Quello che però ignora di te è 
quanto tu sia diversa e il fatto che il tuo sangue sia lo stesso della sorella del suo antenato. Dobbiamo tenere il segreto.”
 Emma sbatté le ciglia stupita per quella rivelazione. Le parole del preside le avevano fatto improvvisamente percepire il suo legame con Alicia Serpeverde sotto un'altra cupa prospettiva.
 “Io e Lord Voldemort siamo parenti.” sussurrò
 Non era una domanda. Silente sospirò. 
“Alla lontana, sì. Tu e Voldemort avete dei legami di sangue, ma non è importante questo, Emma. Non ora. Credo che lui non ci abbia ancora riflettuto e che consideri te e gli altri come dei semplici ostacoli al suo potere e purtroppo non ci ha messo molto a dimostrarlo. Voldemort è già entrato in azione.”
 Emma osservò l’anziano mago accigliata, senza comprendere appieno le sue parole. Avrebbe voluto voltarsi verso Severus, in cerca del suo sguardo scuro e rassicurante, ma il volto stanco e sofferente di Silente la teneva legata a lui come una calamita. 
 Il preside sospirò rumorosamente, poi fissò Emma negli occhi.
 
Ieri Voldemort ha visitato le vostre case. Non è stata una mossa molto furba da parte sua, ma credo che fosse accecato dalla paura. Temeva la vostra esistenza e ne ha avuto conferma.” 
 “Cos'ha fatto?” sussurrò la ragazzina incredula, lo voce rotta, più simile a un respiro e Silente divenne 
ancora più fragile. La sua pelle sembrava carta velina.
 “Non potevamo immaginare una mossa simile così presto, Emma e temo che non avremmo potuto fare di più.” continuò con tono basso e sofferente “Voldemort ha ucciso la sorellina e la madre di Artemius ieri e ovviamente, appena abbiamo saputo, siamo entrati in azione per proteggere le vostre famiglie.”
 L'emoor trattenne il fiato. Sentiva la brutta notizia in arrivo e non poteva far nulla per fermarla.
 “Artemius lo sa?” chiese rauca.
Silente la guardava con occhi lucidi “Lo sa, Emma”
 “Tutti gli altri sono salvi?” chiese ancora la ragazzina. 
 Non faceva nemmeno finire di parlare il mago, interveniva saettando con le sue domande e poi tratteneva d'improvviso il fiato piena di terrore. Voleva avere le sue risposte, ma allo stesso tempo ne era terrorizzata.
“Siamo riusciti a raggiungere le case di Emily e David appena in tempo, ma siamo arrivati tardi alla tua. Non abbiamo potuto far nulla, Emma. I tuoi genitori sono morti.”
 
I tuoi genitori sono morti. I tuoi genitori sono morti... i tuoi genitori sono morti.
 
Emma rimase immobile. Non provò dolore, né stupore. La notizia l’attraversò come un fantasma e si sentì come dentro una bolla d’aria che l’escluse dal resto del mondo. La frase di Silente le rimbombava rumorosamente in testa e più l’assimilava e ne comprendeva il significato, più le sembrava irreale. 
 Perché la parola genitori e la parola morte non potevano coincidere. Non nella sua logica, non nella sua testa.
 Rimase ferma, guardando vacua il preside, lo vedeva muovere le labbra e sentiva le sue parole arrivare da lontano, come se fossero ai capi opposti di un lungo tunnel.

Emma. Emma mi dispiace. Ora è importante pensare a te...”

L'emoor continuava a non ascoltarlo, rifiutandosi di credere a una sola parola, incapace di comprendere la notizia. Rimase lucida e distaccata, gli occhi asciutti e il battere furioso del suo cuore che le rimbombava in testa, nel petto, nella schiena. 
 L'immagine dei volti dei suoi genitori, quando l’avevano salutata alla stazione, era limpida davanti a sé. Li ricordò felici, in maniera così precisa, che pensò che forse Silente si sbagliava, che i suoi genitori l’avrebbero attesa all’uscita di King Cross e che non vedevano l’ora di sentire i suoi racconti su Hogwarts.
 Suo padre con il suo odore di Colonia, il suo largo sorriso e i capelli accuratamente pettinati all'indietro e sua madre, così dolce e sottile, pronta a farle una carezza per poi guardare innamorata il marito.
 Quanti giorni prima si era scritta con loro? Uno? Due al massimo?

Emma, rimani lucida. So che è terribile, Emma. Steph era con loro. Credo fosse andato a trovarli. Voldemort ha preso anche lui, Emma. Lo ha ucciso.”

L'emoor chiuse gli occhi e un tremito la percorse mentre la sua mente lottava per accettare quelle parole. Silente stava sicuramente mentendo. Rimase ferma immobile per minuti interi, le braccia tese lungo il corpo e i pugni stretti sotto lo sguardo allarmato dei due uomini. Steph. Il suo Steph. No.
 Quando infine riaprì gli occhi per un istante riuscì a mettere a fuoco il volto di Silente e percepì il suo dolore, ma le parve qualcosa di fasullo, 
lontano. Riusciva improvvisamente a immaginare il viso di Steph in mezzo ai suoi genitori, nitidamente, con la sua espressione felice e furba, i capelli biondi disordinati e gli occhi azzurri cristallini... quegli occhi azzurri. 
 
Quegli occhi che Emma ricordava così vicini ai suoi. Steph.
 E infine la bolla d’aria esplose. 
 La realtà le si riversò cruenta addosso e arrivò il dolore. 
 Un dolore lancinante, nutrito dallo shock, che partì dal petto e le infuocò la gola, togliendole il respiro. Emma si mosse lentamente, si voltò, escludendo Silente e anche Severus dalla sua visuale e poi si mise a correre. Corse fuori dallo studio arrancando giù dagli scalini, gli occhi lucidi e le lacrime ricacciate indietro con rabbia. 
 Sentì la voce di Severus che la chiamava, ma Emma non voleva Severus in quel momento e nemmeno Ginny, né Lilith e James, né gli altri emoor. Voleva solo correre fino a star male. 
 Voleva fuggire da quel mondo che non sembrava crollare, anche se avrebbe dovuto farlo. 
Come poteva la vita andare avanti?
Come poteva il mondo ignorare la sua tragedia?

I tuoi genitori sono morti. Steph era con loro. I tuoi genitori sono morti. 
Steph, Steph, Steph. Morti. “Siamo orgogliosi di te”. Morti. 
“Il primo che arriva al cancello vince”. Morto. “Questa è la tua vita, Emma.” Morti. Morto.

Il grido di rabbia crebbe dentro di lei, ma lo trattenne. Avrebbe potuto occludere, trovare la calma, far calare muri interiori per contenere la sofferenza che già le graffiava lo sterno, ma non lo fece.
 Continuò a correre, curandosi solo di evitare i corridoi da cui proveniva il vociare della gente. Corse sentendo le ginocchia che cedevano e le gambe percorse da brividi e formicolii. Corse cercando di non pensare a loro e a Steph, il suo dolce Steph.
 Prese le scale ripide che portavano al piano terra e per un  momento pensò di andare nei sotterranei, in quella frescura che sapeva di protezione, ma poi l’idea che Severus la trovasse la atterrì.
Cosa avrebbe potuto dire? Nulla. Virò bruscamente nel corridoio di sinistra. Oramai il pomeriggio era tardo e la luce del sole appariva morente sul lago lucido e nero. Il lago nero era un bel posto. 
 
Le sarebbe bastato correre ancora un poco e superare la piccola collinetta per scomparire alla vista del castello. Lì avrebbe potuto fingere di non esistere e urlare fino a star male. Perché era di gridare e piangere che aveva un disperato bisogno.
 Aumentò ancora di più il passo, portandosi al limite. Pochi metri e sarebbe stata fuori, ma non si accorse di aver chiuso gli occhi in un inutile tentativo di fermare le lacrime, né di aver sbandato leggermente. Sentì solo il braccio di qualcuno battere violentemente contro la sua spalla e capì di aver colpito una persona. 
 Spaventata dall’urto aprì gli occhi, recuperando l’equilibrio e si voltò, pronta a mormorare le sue scuse senza doversi fermare, senza mostrare troppo del suo volto contratto dal dolore.
 I suoi occhi si dilatarono quando scorse i capelli biondi di colui che aveva urtato e il suo cuore ebbe appena un sussulto al confine del suo straziante dolore, perché Draco Malfoy la stava fissando e mentre la guardava l’aria arrogante si sciolse sul volto di lui, lasciando spazio solo allo stupore.
Draco Malfoy non conosceva il dolore, non sapeva che forma avesse e come si disegnasse sulle persone ed era con rabbia che aveva alzato la testa quando era stato colpito. 
 Rabbia immediatamente diminuita quando si era accorto di 
chi l’avesse colpito e che si era prosciugata, quando aveva visto quegli occhi. Quegli occhi neri e verdi, di quel colore quasi liquido e innaturale, che l’avevano guardato con sfida e determinazione ogni ora di Pozioni, che lo avevano osservato, di tanto in tanto, in Sala Grande e che lui aveva ignorato, che lo avevano sfidato fieri e combattivi la sera del Ballo del Ceppo.
 Draco Malfoy non conosceva il dolore, non sapeva cosa fosse, né come confrontarsi con esso, per questo, lo sguardo pieno di scuse, rabbia e confusione che gli inviò Emma lo impietrì e gli impedì di proferir parola. Per questo, quando Emma continuò a correre lontano da lui, portandosi via il suo dolore, Draco Malfoy la seguì, gridando un inutile “
Ehi,” senza sapere perché lo faceva.

Emma uscì dai portici e arrivò al lago nero, oramai senza fiato. 
 Le lacrime le si erano seccate ancor prima di raggiungere le ciglia, ma sentiva un fastidioso nodo alla gola premere per farla esplodere in singhiozzi. Sotto shock, 
spaventata, atterrita. 
 Il lago alla sua destra, il castello nascosto dietro di lei e lo sguardo perso verso le cime scure degli alberi della Foresta Proibita, si fermò.
 L’urlo soffocato le bruciava la gola, ma si rifiutava di uscire, il cuore colpiva furiosamente contro la cassa toracica, mentre un senso di colpa lancinante le stringeva lo stomaco: 
avrebbe dovuto metterli al sicuro, avrebbe dovuto scrivere loro più spesso. 
 Erano morti 
per colpa sua. Emma prese a tremare e si sentì debole e indifesa come mai in vita sua. I volti di Steph e dei suoi genitori continuavano a galleggiarle davanti agli occhi. 
Si stupì quando sentì i passi affrettati correre verso di lei, ma non ebbe né la curiosità, né la forza di voltarsi per scoprire di chi si trattasse. Così rimase immobile. In attesa che l’ospite indesiderato parlasse.
 
Malfoy si fermò qualche passo dietro a Emma e immobile attese un suo movimento. Era curioso di scoprire se avesse scorto davvero quel dolore profondo sul suo volto e ansioso di vedere i suoi occhi, ma Emma O’Shea non si voltò. 
 Rimase immobile e tremante sul posto, dandogli le spalle e Draco Malfoy, a disagio, non seppe che fare, perché non trovava parole adatte da dire, né gesti adeguati per rompere la tensione.

L'emoor sospirò affranta, perché chiunque l’avesse rincorsa ora se ne stava immobile dietro di lei, senza proferir parola. 
La cosa la turbò. 
 E lentamente si voltò, suo malgrado curiosa, nonostante il dolore dilaniante le affondasse ancora artigli nel petto e si stupì appena vedendo nuovamente i capelli biondi del Serpeverde e gli occhi grigi in quel momento maledettamente confusi. 
 Non c'era una motivazione valida per cui Malfoy stesse lì di fronte a lei, immobile, con uno strano disagio stampato sul volto chiaro, come se non sapesse bene nemmeno lui cosa stava per fare e qualcosa ribollì nel petto della Corvonero, simile a rabbia e stanchezza e desiderò quasi prendere a pugni quel ragazzo, in quel momento privo di colpa e allo stesso tempo che lui la abbracciasse e le impedisse di andare alla deriva.
 Non riuscì a dire nulla, lo fissò e basta, dolorante e impacciata, il peso della notizia ricevuta che le schiacciava lo sterno come una morsa e la rendeva troppo sensibile, 
pronta a spezzarsi, ma incurante dello sguardo freddo dell'altro, 
O’Shea.” Malfoy sfoderò il suo ghigno storto e beffardo, che usava in ogni occasione per schermarsi dal resto del mondo e l’emoor sospirò, di nuovo e a fondo, cercando di non soffermarsi su quanto il ragazzo sembrasse a disagio e dicendosi che era stupido occuparsi di una cosa così futile come Malfoy in quel momento.
Vuole solo ferirti. Prenderti in giro. Stai già male. 
Malfoy.” esalò tremante “Non ho voglia di parlare con te. Non oggi. Non ora. Non ho la forza di litigare” 
 C'era una stanchezza quasi adulta nelle sue parole, strascicata e le lacrime erano ancora ingabbiate nei suoi occhi verdi con ombre.
 “Non sono venuto per prenderti in giro.” disse il ragazzo.
 “E allora per cosa?” rispose lei esasperata, desiderando ora che lui se ne andasse. Nervosa perché non aveva forza di capire.

Il Serpeverde rimase in silenzio: la tentazione di fuggire in perfetto equilibrio con un’insana curiosità per la Corvonero che sentiva crescere pian piano. L'aveva osservata per tutto l'anno, si era fatto un'idea della sua forza e razionalità, conosceva 
a memoria ogni sua espressione, il piccolo neo alla base del collo, il modo in cui giocava con i capelli quando studiava, ma non la conosceva davvero.
Non sapeva come consolarla, non aveva idea di come darle calma.
 “Che ti è successo O’Shea?” chiese a bassa voce, titubante. 
 Era la prima domanda sincera e senza doppi fini che poneva da molti anni. Era solo 
curioso ed Emma davanti a lui rimase a fissarlo in silenzio per un lungo momento, studiandolo. Poi crollò.
 Il peso della solitudine e della perdita, mista con quell’inattesa preoccupazione del biondo, le fecero piegare le ginocchia, che andarono a sbattere contro l’erba umida e abbassare tutte le difese. 
 Piegò la testa in avanti e nascose il volto dietro i lunghi capelli e finalmente pianse, lasciando che le lacrime le scorressero libere.
Malfoy, a bocca aperta per lo stupore, completamente disarmato, tentennò. Se qualcuno l’avesse visto lì, con una ragazza piangente piegata ai suoi piedi, avrebbe potuto pensare a diverse motivazioni e molte delle congetture possibili non gli piacevano per nulla.
 Si chinò in fretta anche lui, il leggero avvallamento lo nascose alla vista del castello e rimase lì a fissarla, atterrito da quella massa folta e disordinata di capelli che aveva davanti a sé. 
 Si accorse che con la luce del sole parevano ancor più ramati del solito, si distrasse in quelle sottili sfumature, ma il volto della ragazza lo incuriosiva più di ogni altra cosa e fu solo per far fronte al suo orgoglio che fermò la mano che insensatamente voleva raggiungere quella chioma per scostarla dal viso di lei. Non per dolcezza, né per premura. Solo curiosità. 
Era dolore quello? Voleva vedere i suoi occhi.
Quando il ragazzo intravide alcune lacrime cadere a terra però, improvvisamente si sentì la bocca secca e pieno di disagio che nella sua fortunata vita non aveva mai provato, si irrigidì e fece un leggero movimento indietro. Doveva chiamare qualcuno?
 Draco Malfoy non era una persona che avesse provato sulla sua pelle la sofferenza e, soprattutto, non voleva entrare in quella storia. 
Non sapeva come consolare quella ragazza. Non la conosceva nemmeno così bene. Non era nemmeno la persona giusta per farlo. 
 Era cresciuto figlio unico in una casa ricca, ma austera, dove l'affetto della madre aveva solo ammorbidito le sue albe e i suoi tramonti. Non aveva mai avuto a che fare con le lacrime, nemmeno degli altri bambini, era a disagio con la sofferenza. 
 Era fuggito davanti ai pianti di Pansy più volte e una volta davanti alle lacrime inaspettate di Theodore Nott, era rimasto ammutolito a lungo, rigido come un tronco, incredulo.
 Quelle di Emma O'Shea non facevano alcuna differenza.  
 Voleva fuggire. Eppure non riusciva ad andarsene.
“O’Shea, che è successo?” ripeté nuovamente e nella sua voce c'era una nota di dolcezza che non gli apparteneva, che lo faceva sembrare il ragazzo giovane e inesperto che in effetti era.
 Si chinò in avanti, per scorgere l'espressione di lei senza però doverla nemmeno sfiorare.

Emma alzò di scatto la testa, in qualche modo stupita dal fatto che il ragazzo fosse ancora lì e che non fosse andato a cercare qualcuno per schernirla. Fissò gli occhi in quelli grigi di lui e le tornò alla mente il cerchio di Mangiamorte al vecchio cimitero e il nome Malfoy che aleggiava intorno a quell’immagine. Forse c’era anche un parente di quel ragazzo ad assistere alla morte dei suoi genitori.
 “Che è successo?” sillabò piano “Voldemort è tornato, Malfoy”
 “Lo sa tutta la scuola, O’Shea.” ribatté subito lui, nervoso “Ma sappiamo anche che è una bugia. Non serve piangere” 
 Il volto di Emma si contrasse appena di dolore a quell'affermazione e gli occhi si fecero più cupi e pericolosi.
 “Voldemort è tornato, Malfoy ed è andato a casa mia. O forse non lui, ma qualcuno dei suoi... Mangiamorte, giusto?” lo guardò e tremò appena “Ciò che importa è che gli hanno uccisi. Hanno ucciso i miei genitori, Malfoy e hanno ucciso Steph. Steph era il mio migliore amico. Loro non c’entravano nulla, capisci? Ma gli hanno uccisi. A causa mia. È tutta colpa mia”
 Non c’era rabbia, né odio negli occhi della Corvonero, solo dolore e un ingiustificato senso di colpa. Non piangeva più, ma i suoi occhi sembravano più grandi e feriti, le lacrime erano ancora sul suo volto.
 Malfoy parve boccheggiare per un momento, scioccato da quella risposta così schietta e tagliente e fu come se la ragazza gli avesse tirato uno schiaffo in pieno volto, perché, anche se solo per un istante, si era sentito in colpa. 
 Perché Draco Malfoy sapeva del ritorno di Voldemort e sapeva che la sua famiglia gli era fedele e fin da bambino lo avevano riempito di storie di gloria e potere al servizio dell'Oscuro Signore e lui stesso si era immaginato tra i Mangiamorte. 
Il migliore. Il primo tra tutti e braccio destro di quell'uomo leggendario. Ma Draco Malfoy, fino ad allora, non aveva mai visto il dolore e quello che gli aveva detto Emma non corrispondeva ai suoi sogni di gloria.
 In quel tremendo attimo in cui si sentì responsabile, come se avesse commesso lui l’omicidio, prima che potesse controllarsi si lasciò sfuggire un “
mi dispiace” ma poi, come se avesse preso la scossa, si alzò in fretta, stordito dalle sue stesse parole. 
 Forse fu quell'inattesa confusione a renderlo lento, forse per questo non riuscì a reagire, quando in una volata anche Emma si alzò in piedi e gli si gettò contro, stringendolo in un abbraccio che sapeva di disperazione e di gratitudine.
 Perché Emma O'Shea, sentendo quelle due semplici parole: “
mi dispiace” aveva improvvisamente capito il perché era fuggita alle inutile consolazioni dei suoi amici: aveva bisogno di quello. 
 Aveva bisogno di un “mi dispiace” sincero. Di qualcuno che non la conosceva e che non voleva consolarla, ma solo scusarsi.
 Per questo si gettò su Malfoy senza nemmeno pensarci, con un coraggio che non le apparteneva, affondando il volto sul petto magro di lui e poggiando i palmi sulla sua schiena. 
 Per questo sussultò appena, quando avvertì le braccia di lui stringerla, forse più per riflesso che per volere, ma in modo inaspettatamente dolce, attento, delicato.
 Per questo inspirò forte il suo profumo inebriandosi di quella fragranza che fino a quel momento aveva solo immaginato. 
 Profumo di pelle. Buono. Intenso. 
 Draco Malfoy sapeva di 
pioggia in arrivo, menta e caffé.  
Si staccò da lui con estrema difficoltà, rendendosi lentamente conto di cosa avesse fatto e le sfuggì un sospiro nel lasciarlo andare e si sentì arrossire prima di guardarlo dritto negli occhi, senza più una lacrima che oscurasse i suoi.
 
Grazie.” sussurrò.
 Lui distolse lo sguardo “Non c’è nulla per cui mi devi ringraziare.” 
 Ed Emma si strinse nelle spalle senza smettere di osservarlo attenta, cogliendo sul suo volto quelle micro espressioni che, fino a quel momento, aveva solo intravisto in mezzo a mille altre maschere e fece un passo indietro, liberandolo completamente dall'abbraccio.
 “Non tentare più di toccarmi O’Shea, intesi?”
Lei annuì e dovette trattenere un sorriso. Stava discutendo con Draco Malfoy a proposito di un abbraccio. 
Comico.

Si osservavano con strana attenzione ora, soffermandosi sui dettagli.
I boccoli ramati di lei e quelle minuscole pagliuzze azzurre negli occhi grigio tempesta di lui.
“È stato così terribile?” chiese all’improvviso.
 “Cosa?” domandò lui, alzando leggermente il sopracciglio, mentre lentamente tornava ad essere quel ragazzo sicuro che era sempre.
 “Farsi abbracciare.”
Draco tese un attimo la mandibola e scostò di nuovo gli occhi chiari.
 “No.” rispose secco ed Emma O'Shea giurò di averlo visto arrossire.
 “A me è piaciuto abbracciarti” rispose lei con un sorriso, ma il ragazzo scosse il capo e con quel gesto ricompose la sua maschera di pacata indifferenza, ma priva del solito scherno.
Cosa farai adesso O’Shea?”
 A quella domanda la Corvonero, per un solo attimo fu colta nuovamente da panico. 
Era sola
Non sapeva cosa avrebbe fatto.
“Severus. Credo andrò a parlare con Severus” rispose infine, quasi annaspando nel suo stesso cuore a quella rivelazione e Malfoy annuì come se lei avesse detto una cosa ovvia. 
 “Piton, giusto. Allora forse ci vedremo quest’estate, O’Shea.”
 “Come?” chiese lei perplessa.
 “Piton è molto amico di mio padre. Viene spesso da noi al Manor. Una volta potresti venire anche tu.”
 “È un invito Malfoy?” sorrise Emma con fatica.
Si sentiva ancora la bocca impastata e il cuore giustamente pesante.
 “Una specie” disse lui, nascondendo la sua reazione dietro il solito ghigno spavaldo. Emma si accigliò appena.
 “Non devi essere per forza carino con me, solo perché mi hai visto in questo stato.” Si difese. Non si sentiva sicura e cercava sul volto di Malfoy indizi per il suo comportamento così atipico.
Lui scrollò le spalle “Fa come vuoi, O’Shea.”

Ora che la ragazza sembrava tornata in sé il Serpeverde si sentiva di troppo. Percepiva ancora il dolore dietro quegli occhi così strani, ma era troppo personale e profondo e Draco aveva paura di addentrarsi in territori non suoi.
 Sentiva ancora il calore delle braccia di lei attorno alla vita ed era una sensazione stranamente piacevole che lo stordiva dolcemente. Gli pareva di percepire il sapore e il profumo delle sue lacrime, riusciva a distinguere qualcosa di lei intorno a loro che per istinto sapeva che avrebbe riconosciuto ovunque. 
Aveva bisogno di aria
 Ma allo stesso tempo si rendeva conto che non gli dispiaceva affatto essere lì con Emma O'Shea, lontano dagli sguardi degli altri che avrebbero potuto giudicarli e sperò che lei accettasse il suo invito. 
 
Sei un ragazzo strano, Malfoy”
 “Da che pulpito, O’Shea.”
Si squadrarono ancora per un istante.
 “Non ci siamo mai visti vero?” domandò l’emoor. Aveva ancora bisogno di piangere, ma si costrinse a fare un mezzo sorriso tirato.
 “Meglio se nessuno viene a sapere di questo incontro.”
 “Allora ci vediamo, Malfoy.”
 “A presto, O’Shea.”

Si allontanarono di qualche passo senza smettere di scrutarsi. 
 Poi infine distolsero gli occhi l’uno dall’altra. Malfoy si diresse verso l’ingresso della scuola. Emma verso il portico. Non sembrava nemmeno che si fossero parlati e a un occhio esterno sarebbe stato impossibile percepire ciò che avevano condiviso. 
 Con la testa piena di domande non si voltarono l’una verso l’altro, ma procedettero diritti ognuno con i suoi tormenti. 
Decisi.
 Arrivata al portico Emma trovò Piton ad attenderla. 
 Era avvolto nel suo solito lungo mantello scuro e sembrava una statua, con quel volto sempre più maschera che celava le emozioni, in contrasto con gli occhi neri che brillavano di preoccupazione. 
 La Corvonero sospirò di sollievo nel vederlo e improvvisamente si rese conto che 
ora aveva bisogno di lui. Non solo, con un certo sconcerto e dolore, la ragazza si accorse che non aveva altri che lui al mondo e che nessuno si sarebbe potuto prendere cura di lei ad eccezione di Severus.
 L’uomo non sorrise vedendola, ma allargò le braccia in un automatismo ed Emma, grata, vi affondò dentro, in quel profumo legnoso e speziato che in qualche modo sapeva di casa.
 
Scusa se sono scappata” mormorò.
 “Ne avevi tutte le ragioni, ma non farlo mai più.” disse secco Severus “Ti sei sfogata?”
Emma sospirò piano, annuendo senza sciogliere la stretta, mentre sentiva il groppo di lacrime riformarsi.
 “Mi dispiace per come sono andate le cose.” mormorò Piton e l'emoor si strinse nelle spalle. Incapace di rispondere. 
 Rimasero in silenzio, lo sguardo perso all'orizzonte, uno di fianco all'altra come se fossero in attesa di qualcosa, fino a quando Severus non si schiarì la voce.
 “E Malfoy?” chiese.
Emma sussultò sorpresa “Cosa?”
 “Eravate insieme. Siete arrivati dal lago”
 “Abbiamo parlato.”
Lui parve voler aggiungere qualcosa, ma si limitò ad annuire.
 “E mi ha invitato a casa sua quest’estate.” disse piano la ragazza, stranamente in imbarazzo.
 L'uomo non diede modo di far trapelare una sua qualsiasi reazione.
 “Capisco” si limitò a dire.
 “Severus...”
 “Sì?”
 “Non mi lascerai sola?”
 “Non ti lascerò sola.”
“Posso tornare a casa con te?”
 “Mi sembra una soluzione intelligente, almeno per ora.”
 “Per ora?”
 “Beh, lì hai una stanza.”
 “Già” mormorò Emma “Lì ho una stanza.” 
 E per qualche motivo si sentì ancor più commossa e fragile e avvertì le lacrime riaffiorare nuovamente, mentre i volti dei genitori e Steph, allontanati per un istante dall’incontro con Malfoy, si riformarono davanti ai suoi occhi. Severus parve accorgersene.
Si chinò verso di lei solo di un poco, protettivo e le strinse una spalla.
“Ce la farai, Emma. Ce la faremo”
 Il cielo si oscurò e i due tornarono al castello.
 Le ombre lunghe della sera a inseguirli.



*Angolo autrice*

Ciao! So che questo capitolo è davvero lungo, ma dividerlo era difficilissimo e sarebbe stato sbagliato (e scusate il piccolo ritardo). 
è un capitolo per me estremamente importante perché segna un grande cambio in Emma, una perdita dolorosissima come quella dei genitori e Steph e la consapevolezza che nulla sarà come prima, il tutto insieme all'adolescenza che avanza e non si può controllare. 
Il passaggio di lei e Malfoy è uno dei miei preferiti, perché pone i due personaggi, in un momento fragile e complesso, a mettersi in dubbio. 
Molte delle cose che succederanno in futuro in questa storia non sarebbero state possibili, secondo me, se Draco non avesse visto la combattiva e neutrale Emma completamente disarmata come in quel momento. Il dolore della ragazza pone il primo seme del dubbio che spunterà più volte poi (come nella storia che conosciamo) in Malfoy. Il borioso ragazzo purosangue scopre cosa sia il dolore in modo così inaspettato e struggente, attraverso una persona che già lo incuriosisce e questo mette tutto in discussione.

Siamo arrivati alla fine del primo anno ad Hogwarts. Vi faccio un piccolo riassunto della situazione.
 
Se pensi di avere tutto chiaro, salta pure il riassunto e ci vediamo con il prossimo capitolo.

La connessione tra Emma ed Harry: La connessione nasce dopo la prima volta che i due si stringono la mano. Emma prova la sensazione di conoscere il ragazzo e un'estrema, irrazionale e strana fiducia nei suoi confronti. Non sappiamo cosa provi Harry, ma anche lui appare turbato. Da quel momento Emma comincia a fare sempre più spesso incubi in cui appaiono una donna che grida e la luce verde dell'Avada Kedavra. La connessione si ripresenta durante le prove del torneo dove Harry è messo sotto forte stress: nella prima prova le emozioni di Harry si travasano in Emma. Nella seconda le emozioni del ragazzo si amplificano in Emma. Nella terza prova, forse grazie anche all'occlumanzia studiata dalla ragazza, le emozioni dei due vengono condivise e per la prima volta la connessione diventa gestibile. Emma prova persino a comunicare con il grifondoro attraverso essa (uso sempre i due trattini -così- quando la utilizza) ma per ora il ragazzo non sembra risponderle. Non si conosce il motivo della connessione, ne sono al corrente Lilith e James, Ginny, Silente, Severus e gli emoor. Barty Crouch la intuisce, mettendo Silente in allarme.

Corvonero: Credo, e spero, che ormai abbiate imparato a conoscere i corvonero, in particolare Lilith e James che condividono più spesso le giornate con Emma. Come anticipato: Sean, Carmen, Sarah, Dan e Luke, e Richard sono presenti, ma più secondari. Luna apparirà di più in futuro. Lilith e James sono per Emma due grandi sostegni e vuole loro molto bene, la bionda ragazzina, con il suo caschetto disordinato si dimostra energica e irruente, mentre James è un amico più pacato e attento. 

Amore: Emma ha lasciato alle spalle l'amore/amicizia/legame confuso e tenero che provava per Steph, con quel suo dolce primo bacio infantile che rimarrà cristallizzato nel passato. L'emoor ha avuto modo di vivere una relazione molto dolce e sicuramente più matura, durata qualche mese, con Gabriel Tullier. Lei e il francese si sono lasciati per incompatibilità (lui è molto più grande tra l'altro), ma sono rimasti buoni amici. L'attrazione di Emma è sempre nettissima fin da subito per Draco Malfoy, in un primo momento idealizzato come il 'misterioso biondo' e poi conosciuto meglio al corso di pozioni. Per tutto l'anno scolastico i due si sono studiati e sfidati, senza riuscire a farne a meno, sfociando in alcune conversazioni piuttosto tese che hanno malamente gestito. è evidente che tra i due ci sia interesse, ma il tutto tra loro è piuttosto sospeso. Vedremo come evolveranno le cose dopo questo capitolo.

Emoor: Poco sappiamo per ora del destino dei quattro emoor e anche delle Ombre di Hogwarts. All'inizio dell'anno si scopre da chi discendono: David-Grifondoro, Emily-Corvonero, Artemius-Tassorosso e Emma-Serpeverde. Tra di loro i ragazzi mantengono un buon rapporto, nonostante 3 di loro siano a serpeverde ed Emma a corvonero e continuano a frequentarsi per tutto l'anno scolastico. David ed Emma hanno un rapporto molto fraterno e istintivo (tanto che lui controlla attento i ragazzi con cui lei esce), tra Emily ed Emma c'è una gentile conoscenza, mentre Emma e Artemius si conoscono poco, il ragazzo rimane molto scontroso, nonostante i tentativi della corvonero di legare. La morbosa curiosità di chi era attratto dagli emoor per la profezia ( che li vede come elementi essenziali alla lotta contro una grande mago oscuro ), lentamente, soprattutto verso fine anno è scemata, ma ha fatto molto soffrire Emma per i primi mesi.

Amici
: Emma ha legato con molte persone ad Hogwarts. Sia nella sua Casa (su tutti Lilith e James) sia fuori da essa. La persona con cui Emma sviluppa un rapporto più profondo è sicuramente Ginny, le due entrano ad Hogwarts come poco più che bambine, ma si stanno trasformando in due carismatiche adolescenti, rimanendo molto legate. Si incontrano per la prima volta a Diagon Alley dove i genitori di Ginny accompagnano Emma a comprare il materiale scolastico e da allora condividono ogni cosa e si supportano a vicenda. Ginny è anche l'unica a conoscere che il sangue di Emma derivi da serpeverde, insieme agli altri emoor e regala ad Emma un collana con un corvo e un serpente a natale. Ginny e l'emoor si ritrovano spesso al campo di Quidditch a chiacchierare in tranquillità. Emma, come detto, mantiene il suo legame con gli emoor e ha buoni rapporti con tutti i compagni di casa, escluso Richard Done. Altri amici di Emma (Senza contare Malfoy tra essi) sono sicuramente i gemelli Weasley, in particolare George e da metà anno in avanti Hermione Granger, con cui la ragazza studia in biblioteca. Attualmente, escluso il legame con Harry, Emma non ha mai avuto contatti con Ron Weasley o altri grifondoro, ma conosce solo vagamente Neville Paciok.

Severus: Il rapporto con Severus d'apprima teso e professionale si è molto ammorbidito nel periodo in cui Emma ha vissuto con lui a Spinner's End. I due si sono affezionati l'uno all'altra e hanno legato (ma Severus non lo ammetterà mai), hanno imparato a diblare le loro differenze, smussare il sarcasmo di Severus e trovato punti in comune. La vita ad Hogwarts mina ovviamente a quell'equilibrio che si era creato nella bolla di Spinner's end, ma non al reciproco rispetto. Emma e Piton hanno dei piccoli screzi e vari assestamenti durante l'anno, ma anche molti momenti di affetto. Emma vuole molto bene a Severus e lo reputa estremamente importante. Per quanto riguarda il tutore magico sembra che con la presenza della connessione e dopo aver visto Emma stare così male dopo la prima prova, si sia molto intenerito nei confronti della ragazzina, forse spinto dalla paura di perderla. Questo non gli impedisce di essere comunque molto severo ed esigente nei suoi confronti e talvolta brusco e scontroso. In questo capitolo vediamo la presenza di Piton come una sorta di ritorno al principio, dove l'uomo si prende la responsabilità delle sue promesse, offrendole un temporaneo riparo a Spinner's End.

Scuola: Emma ha poche difficoltà a scuola, sia perché si impegna molto, sia perché ha dalla sua una notevole magia. Tuttavia non è infallibile. Se eccelle sopra la media di parecchie spanne in Pozioni, Incantesimi e Difesa contro le Arti Oscure, la ragazza ha difficoltà ad apprezzare Trasfigurazione ed è assolutamente impreparata per quanto riguarda il volo (Non avendolo fatto al primo anno). Inoltre Emma (questa è una cosa che non si evince dalla storia) non è particolarmente dotata in Aritmazia e Divinazione con una media che si aggira intorno ad un Accettabile, ma è molto brava in Erbologia (affine a pozioni) e Cura delle Creature Magiche. 
 
Ordine e Maghi Affini: Attualmente Emma non conosce l'Ordine della Fenice, ma ha avuto contatti con alcuni suoi membri, come Remus Lupin.

Emma: Emma all'inizio della storia è una ragazzina timida e ansiosa, con una spiccata curiosità che cerca di tenere a bada. Già dopo il suo soggiorno a Spinner's End dimostra di aver acquisito sicurezza e di essere piuttosto intelligente, tanto da stare al passo con Severus, tuttavia è goffa (si macchia sempre con l'inchiostro e inciampa spesso). Emma è piuttosto socievole ed educata con gli estranei, ma ha un animo schivo e sospettoso e non ha difficolta a stare da sola, forse per questo motivo trova facilmente un equilibrio con Severus. Una volta ad Hogwarts, dimostra maggiore curiosità e un grande equilibrio, dato dalla sua mancanza di pregiudizi, tende a fare spesso da giudice e paciere. Tendenzialemente pacata diventa molto combattiva quando si tratta di proteggere le persone che ama. Ora della fine dell'anno un po' del suo entusiasmo che aveva tratti infantili, si tramuta in testardaggine, saggezza e buona consapevolezza.

Spero che si
a stato utile.
A domani!
vi

Ritorna all'indice


Capitolo 19
*** Spinner's End e resistenza ***


.Spinner’s End e resistenza.

 

Era di nuovo a casa. 
Emma si nascose più a fondo sotto le coltri di coperte sparse sul suo letto in ferro battuto, coprendosi fin sopra la testa, in cerca di calore.
Non era 'casa casa', ma era nell’unica casa che le rimaneva sulla faccia della terra, oltre ad Hogwarts: Spinner’s End.
'Casa casa' l’aveva salutata da un pezzo, non poteva più tornarci per la sua sicurezza, doveva dimenticarla. 'Casa casa' era lontana da lì, irraggiungibile, sotto il controllo di Auror affannati e un Ministero spezzato. Emma non aveva potuto nemmeno dire addio. 
A volte le sembrava che il vialetto pieno di erbacce, sui cui era facile inciampare, che aveva percorso ogni giorno di ritorno da scuola, mano nella mano con sua mamma, si facesse confuso nella sua memoria. Così come i muri bianchi, il piccolo giardino e tutti quegli angoli in cui aveva giocato a nascondino con Steph nella sua infanzia. Spazi di memoria in cui aveva riso e dove si era sbucciata le ginocchia. Angoli di muro, scorci dalle finestre.
 Era un ricordo sempre più sbiadito quello di casa sua, nonostante la dolcezza, e doloroso anche. Con l'odore del cibo di sua madre Lydia e la risata rauca e contagiosa di suo padre Alan a fare da cornice.
 Emma cercava di non immaginare il lampo di luce verde dei suoi incubi che fuoriusciva dalle finestre della casa dove era cresciuta.  Cercava di non pensare alla confusione che dovevano aver avuto i suoi genitori, a come il volto di Steph doveva essersi fatto allarmato. 
 In parte, sperava che la morte li avesse colti di sorpresa. Perché era quasi sicura che l'amico, se non fosse stato così, avrebbe avuto paura e avrebbe tentato di scappare.
 Steph era veloce ed era il migliore che l'emoor conoscesse a giocare a nascondino. Ed era furbo. E buono. E meritava il mondo intero.
 Emma era certa che, se avesse potuto, si sarebbe salvato. E il dolore e il senso di colpa le si infrangevano nel petto ogni volta che ci ragionava. E si chiedeva se l'amico avesse pensato a lei nei suoi ultimi istanti. Si era forse detto “Devo assolutamente raccontarlo ad Emma quando torna”? O era morto prima ancora di capire che quelli davanti a lui erano dei maghi?
 Emma non lo sapeva. Non poteva saperlo. Ma questo non cancellava la mancanza quasi fisica e dolorosa che sentiva per lui, mentre tutti i discorsi che avevano fatto insieme sul futuro e sul crescere e bere caffé parlando di tutto e di nulla, con la schiena a terra sull'erba tiepida e le dita intrecciate ai fiori di campo, le tornavano irruenti alla mente, stringendole il petto in una morsa.
Steph era stato il suo primo amico. Il migliore.

La ragazza si rigirò, nascondendo il volto nel cuscino senza palesare alcuna voglia di abbandonare il letto. Singhiozzò lentamente, squassata dal dolore sempre più inconsistente, ma conosciuto.
Era giorni che non si alzava veramente, se non per trascinarsi in bagno. Era giorni che si era chiusa in un silenzio ostinato, lasciandosi andare solo a singhiozzi soffocati, alternati con notti insonni. Era conscia di essere in uno stato pietoso, ma il senso di colpa che provava non bastava a farla reagire, né a farle abbandonare la sicurezza blanda del suo letto.

I suoi genitori erano morti, Steph era morto. 
E lei non aveva alcuna motivazione per cui rimanere a galla.
Il dolore sordo che le aveva perforato il petto i primi giorni, insopportabile, inizialmente era stato tenuto a bada dalla presenza dei suoi amici, attenti e pronti a tenerla su di morale, ma ora, di nuovo sola in quella casa buia, era tornato, forte e tagliente. 
E sebbene l'emoor odiasse quel groppone che sembrava soffocarla, aveva cominciato a considerarlo come un compagno fedele. 
Crogiolarsi nei cattivi pensieri e nella sofferenza, auto infliggersi tormenti, correndo da un rammarico all’altro, godendo delle lacrime che versava in silenzio, era più facile che alzarsi e affrontare la vita.

Glimpsy si prendeva cura di lei, le teneva compagnia e le portava del cibo, che la ragazza toccava a malapena, assicurandosi che tutto fosse a sua disposizione e ad Emma dispiaceva vederlo preoccuparsi tanto, gli occhioni blu sgranati dall’ansia, così come le dispiaceva sentire il crescente nervosismo di Severus che, sentendosi impotente in quella situazione, non faceva altro che camminare avanti indietro nella casa, entrando di tanto in tanto nella stanza dell’emoor e cercando inutilmente di convincerla ad alzarsi dal letto, per aiutarlo in qualche pozione, o per accompagnarlo da qualche parte.
 Ma per la la prima volta nella sua giovane vita Emma si sentiva estremamente egoista e non aveva la forza di pensare ad altri, o a quello che ci si sarebbe aspettati da lei. Era il suo dolore quello, il suo lutto, la sua mancanza e sentiva il diritto di soffrire a modo suo.
 Non aveva né l’impulso, né la forza di volontà per preoccuparsi di altro. Era come svuotata e anche se le mancavano blandamente i suoi amici, i giorni ad Hogwarts le parevano lontani secoli. 
 Perché lucidamente sapeva di aver abbandonato un anno prima la casa dei genitori pensando di partire per un'emozionante avventura, ma per la maggior parte del tempo si era rivelata un incubo. 
La connessione, Voldemort, Moody, gli sguardi sprezzanti delle persone, i litigi sottili con Severus, la sensazione costante di non avere una direzione e il sonno precario le si erano riversati addosso tutti insieme, rendendo più sottili i legami che aveva costruito, l'affetto ricevuto e Hogwarts stessa. 
La sofferenza era lì, come una fedele compagna. 
Hogwarts era invece lontana e lei si sentiva più sola che mai.

*

La Foresta Proibita aveva sempre intimorito Emma. 
 Sapeva che all'interno ci vivevano creature pericolose, o nel caso dei Centauri, sufficientemente territoriali e orgogliose da essere reputate un pericolo e la foresta  era anche una linea di confine verso l'esterno e quindi piuttosto insicura. 
 Rubeus Hagrid, il guardiacaccia e professore di Cura delle Creature Magiche, che spesso l'emoor aveva visto chiacchierare amabilmente con il trio di Harry Potter, ma che lei conosceva appena, ci si immergeva all'interno a volte, per prendersi cura di qualche animale, o per trovare ingredienti, ma agli studenti di Hogwarts in generale, così come consigliava il nome, la Foresta era proibita e alla ragazza era sembrata una precauzione più che legittima.
 Quel giorno però, mentre lei e gli altri tre emoor sedevano lungo il confine alberato, nel tentativo di evitare gli sguardi degli altri studenti, Emma sentiva il forte impulso di correre verso l'interno proibito di quella distesa verde, fino a non sentire più i muscoli, nascondendosi nei punti dove l'oscurità l'avrebbe inghiottita, dimenticando così forse di esistere e il suo dolore, ma soprattutto sfuggendo ai tentativi di David di farla reagire.

Mi ascolti Emma?” chiese il ragazzo, scrollandola per una spalla per attirare bruscamente la sua attenzione “
Non devi farti abbattere, non ora.” 
 La Corvonero esalò un respiro tra i denti, esasperata. 
 Era la prima volta che si sentiva irritata dalle parole dell’amico e sapeva che lui voleva solo aiutarla con il suo modo di fare, ma lei invece desiderava solo un po' di calma e di comprensione forse.
È facile per te dire così, David.” sputò con sarcasmo “Hai entrambi i genitori che ti aspettano a casa e nessuno dei tuoi amici è stato ucciso a causa tua.” 
 Erano parole dure, fredde ed Emma sapeva che l’amico non le meritava, ma si sentiva amareggiata e arrabbiata e soprattutto aveva il forte bisogno di piangere e metabolizzare il suo lutto, non di essere continuamente spronata.
 D'istinto si allontanò leggermente dall'amico per mettersi più vicino ad Artemius, il cui volto imbronciato, sembrava estremamente fragile. 
 Anche lui stava soffrendo. Anche lui era solo.
 David non reagì e li osservò in silenzio, senza offendersi, anzi, forse in parte sollevato da quella curiosa vicinanza. Con strana cautela si allungò giusto a sufficienza per fare una veloce carezza sul volto dell'amica, costringendola a guardarlo nuovamente negli occhi.
 
Hai ragione, EmsScusami. So che non posso dirti nulla.” disse tranquillo e c’era dolcezza nel suo sguardo “So di non poter nemmeno immaginare il tuo dolore e di dovermi considerare fortunato, credimi, ma il mio voleva essere solo un consiglio. Non credo davvero che abbatterti possa essere in qualche modo utile”
Lo so, David, ma è difficile” si difese la ragazza, gli occhi velati di lacrime.
 
Il sole era alto e luminoso, in contrasto con l'umore di tutti e quattro, ma sfiorava appena quella linea di alberi in cui si nascondevano. 
 David, in piedi di fronte ad Emma, inclinò il capo, osservandola preoccupato, Emily sedette invece di fronte ad Artemius, i capelli ricci stretti in una crocchia.
Non aveva ancora aperto bocca, ma li guardava in silenzio. Artemius invece, quasi accartocciato su sé stesso, lanciò verso la Corvonero uno veloce sguardo comprensivo, seppur distaccato ed Emma fece un sospiro, rialzando di nuovo il volto verso l'amico, con aria interrogativa. 
 “Cosa dovrei fare secondo te, David?” chiese mite.
 
Rimanere lucida e chiedermi aiuto se ne hai bisogno.” rispose sicuro il ragazzo “Tutti i tuoi amici non vedono l'ora di aiutarti. Di aiutarvi anzi”  
“E come?” disse secca la ragazza, con fastidio.

Lui la fissò assorto per un minuto abbondante, la fronte aggrottata e quando parlò lo fece con un tono di voce basso e stranamente solenne.
 “Soffrire va bene Emma. È giusto. Non c'è nulla di cui vergognarsi. Hai perso i tuoi genitori, il tuo migliore amico... e anche Artemius è rimasto senza nessuno. La vita è stata così ingiusta con voi che mi fa male pensarci. Ma non siete soli. Ci sono io, c'è Emily. Ci sono tutti gli altri”
 Emma venne colpita da quelle parole. Grata che le fosse legittimato il diritto di soffrire. Azzardò uno sguardo ad Artemius, ma il ragazzo teneva il capo chino. Così fece un sospiro, si alzò lentamente e senza parlare si lasciò andare contro David, sentendosi protetta in quella stretta un po’ rude e calda che l'amico le offriva, bisognosa di affetto, consapevole di quanto lei e gli altri emoor fossero tutti sulla stessa barca: Dovevano stare uniti.

Emily sorrise con dolcezza davanti a quel gesto di affetto e aspettò che l'abbraccio si fosse sciolto prima di intervenire con la sua solita gentilezza.
 
C’è un aspetto che non è stato considerato.”
 
Quale?” domandò Emma confusa, stringendo ancora il braccio di David.
 
“Tu hai detto bene Ems: Io e David siamo fortunati ad avere ancora le nostre famiglie” disse cauta e il ragazzo annuì di rimando “ma Voldemort è comunque tornato e noi non possiamo ignorare questa cosa.”
 
Nessuno deve ignorarla” rispose la Corvonero, grata che anche gli amici usassero il nome dell'uomo senza terrore.
 “Certo” diede subito manforte David.
 
Quello su cui non ci siamo soffermati però... siamo noi” riprese Emily, puntando sé stessa Emma, Artemius e David. 
  L’emoor improvvisamente capì 
La profezia” sussurrò amara.
 
Esatto” annuì tranquilla l'altra ragazza “ci siamo sempre considerati solo dei ragazzi normali uniti da qualcosa di antico, ma adesso i nostri legami di sangue cambiano le carte in tavola. Improvvisamente abbiamo un ruolo. Perché che lo vogliamo o no, noi siamo gli emoor e...”
... e secondo la profezia saremo determinanti nella battaglia contro l’Oscuro Signore” concluse per lei Emma “Ero così abituata a sentirla come una cosa senza senso, che non avevo mai pensato a cosa significasse all'atto pratico. Intendo ora che Voldemort è tornato, ma Crouch me lo aveva detto. Noi eravamo una preoccupazione per l'Oscuro. Per questo ha attaccato le nostre famiglie.”
“Esattamente.” disse David “E tutti e quattro, anche se non sappiamo ancora come, siamo legati al destino di Voldemort, almeno quanto il suo è legato a quello di Harry Potter e...”
 
E quello del Grifondoro si è scoperto essere legato al tuo” disse Artemius, guardandola per la prima volta dritto in volto, il viso pallido e gli occhi leggermente tremanti. 
 Emma sospirò piano, osservando il nuovo amico, stordita dalle troppe informazioni, mentre cercava di ragionare. Si risedette al suo fianco, poggiando una mano sulla sua spalla e sorprendentemente il Serpeverde non si ritrasse.
Quello che sarebbe carino sapere” intervenne pacata Emily “è cosa dovremmo fare di preciso noi?.”



L’emoor si rigirò ancora nelle coperte cercando di scacciare quel ricordo. Non aveva voglia di pensarci. Non ora
 Il destino suo e degli altri ragazzi, la profezia, le Ombre di Hogwarts, forse il destino dell’intero mondo magico, le sembrava una cosa irreale, lontana. Un problema che in quel momento non voleva portare sulle spalle.
 Sbadigliò e per un attimo pensò di alzarsi. 
 Aveva una gran sete e  bisogno di andare in bagno, ma il solo pensiero di abbandonare il letto la riempiva di panico e la faceva sentire esausta. Nemmeno quella notte aveva dormito. Non abbastanza comunque.
Incubi. Di nuovo. 
Con grida e lamenti, in cui le urla disperate della donna che non conosceva si mischiavano con le voci dei suoi genitori. 
I loro volti, deformati dal dolore, apparivano di tanto in tanto con aria accusatrice, sovrapponendosi a quello di Steph e poi c’era la luce verde. Quella stessa luce verde che aveva ucciso Cedric Diggory nel vecchio cimitero e che appariva a intermittenza nei suoi sogni, spezzandole la testa in due dal dolore.
 Emma sentì la nausea salire al solo pensiero. Aveva bisogno di aria. Aveva bisogno di James e Lilith. Della calma di uno e l'irruenza dell'altra. Loro avrebbero saputo aiutarla. E poi Fred e George che l’avrebbero fatta ridere, ma più di tutto aveva bisogno di Ginny.

*

James e Lilith sciolsero l’abbraccio in cui l’avevano stretta ed Emma sorrise con affetto ad entrambi. Strinse la mano dell'amica, senza volerla lasciare andare e scompigliò i capelli del ragazzo, come faceva di solito.
 
Ci sentiamo!” disse lui “Fai attenzione, Ems”
 
Certo” assentì lei, rispondendo in contemporanea al sorriso di entrambi.
 Li guardò allontanarsi lungo la banchina del binario 9 e ¾, in direzioni diverse. Già le mancavano. Si sentiva già sola.
Credevi di andartene senza salutarmi?”
La voce di Ginny alle sue spalle fece sobbalzare l’emoor. Sorrise istintiva davanti al volto lentigginoso dell'amica, su cui spiccavano i brillanti occhi nocciola.
 
Ti ho cercata sul treno, Gin” rispose “non ti ho trovata da nessuna parte.”
 
Fingerò di crederci” le sorrise la Grifondoro, facendole una smorfia buffa.
 
I tuoi?” chiese l’emoor.
 
Laggiù” indicò lei e voltandosi ed Emma scorse un folto gruppo di teste rosse tutte vicine e le parve di scorgere anche la chioma cespugliosa di Hermione nel mezzo e i capelli neri e perennemente in disordine di Harry.
 
Ti saluterebbero volentieri” disse la Grifondoro “George in effetti mi ha quasi pregato di trascinarti da lui”.
Emma ridacchiò nervosamente, soppesando l’idea, ma nonostante avrebbe salutato volentieri tutti loro, non voleva i loro sguardi pieni di pietà, mentre erano tutti lì insieme. Uniti. Non voleva gli abbracci di conforto, i volti contratti.
 
Preferisco di no.” rispose tranquillamente “Però salutameli tanto e abbracciali da parte mia. Soprattutto Mione, i gemelli ed Harry, ovvio.”
 La rossa arricciò il naso divertita “Sai che non abbraccerò Harry”
 
Già ora hai Micheal Corner a cui pensare” la stuzzicò l’emoor.
Non gongolare troppo!” ridacchiò lei di rimando “Anche tu avrai le tue civette da pelare. Ho visto come ti guardava Tullier quando ti ha salutata. Puoi giurarci che si farà vivo e posso assicurarti di non essere stata l’unica a notarlo.”
 
Ma davvero? E chi l'avrebbe notato?” chiese Emma scettica, mentre sentiva un fiotto di calore al pensiero del francese: in fondo voleva bene a Gabriel, nonostante tra loro, anche se con affetto, fosse finita. 
 “
Il misterioso biondo” sorrise Ginny trionfante “continuo ad essere una pessima amica, ma credo che Lui si farà sentire almeno quanto Tullier quest’estate. Abbracciando il francese sembrava che tu l'avessi pugnalato.”
 Emma sorrise in risposta, arrossendo leggermente. Non aveva raccontato a nessuno del dialogo condiviso con Malfoy vicino al lago nero, ma prima o poi l’avrebbe detto almeno a lei. Di Ginny ci si poteva fidare.
 
Io non credo sai, Gin” ribatté e l'altra scoppiò a ridere liberamente.
 
Credimi invece, il francese ha rischiato una fattura in pieno petto”
 Rimasero in silenzio sorridendosi a vicenda. Incerte su come salutarsi. Su come lasciarsi andare, con così tanto dolore e non detto sopra di loro. 
 Cho Chang stava piangendo tra le braccia della madre a una manciata di passi di distanza e ignorare la sua sofferenza era impossibile.
 
Credo di dover andare” mormorò infine la Weasley.
 
Sì, ti aspettano.” annuì Emma di malumore. 
 Si abbracciarono strette sussurrandosi nello stesso istante un “ti voglio bene” colmo di sincerità, ma quando si staccarono e ognuna andò per la sua strada, erano tranquille e in controllo. Perché sapevano essere dure ed essenziali.
 Emma alzò il capo e vide sparire la famiglia Weasley e la sua migliore amica al di là del muro che riportava alla Londra Babbana.
Mentre lei in silenzio attendeva Severus.

*

Notte. Giorno.
Lo scorrere del tempo pareva aver perso di consistenza in quel letto. Doveva essersi addormentata. 
Di nuovo.  Si sentiva la testa dolorante e le lacrime secche sulle guance le tiravano la pelle. Fuori era buio. Emma si sfregò con rabbia le gote. Odiava piangere, odiava mostrare la sua debolezza, non era mai stata così. Eppure nell’ultimo anno aveva versato più lacrime che in una vita intera. 
 Si rigirò ingarbugliandosi ancor più strettamente nelle coperte sfatte e dovette soffocare un grido quando si ritrovò davanti a Severus che la fissava, seduto sulla sedia della sua scrivania.
 “Che ci fai qui?” borbottò l’emoor, aveva la voce rauca e le faceva male la gola. 
Da quanto non diceva una parola?
 
“Hai fatto un brutto sogno. Urlavi” disse l'uomo.
 “Oh.” sussurrò lei “non volevo farti preoccupare.”
 Lui non rispose, rimase impassibile e fermo per parecchi secondi, le ombre sul suo volto che parevano danzare.
 “Non puoi continuare così.” disse infine e nella sua voce c’era una nota secca e imperiosa che fece quasi tremare la ragazza.
 
Non è colpa mia se sogno”
 “Non stavo parlando dei sogni.”
L’emoor sospirò e si accasciò sul letto. 
 Non c’era bisogno che glielo dicesse Severus: aveva una pessima cera. Ma come spiegargli il suo dolore? 
 Come dirgli che sognava ogni notte i suoi genitori e i loro volti morti, che si sentiva in colpa per averli abbandonati nell’ultimo anno e che non poteva sopportare le loro grida di aiuto? 
Come raccontargli di tutto quello che aveva rappresentato per lei Steph e di come si sentisse responsabile della morte dell’amico? 
Erano sensazioni dilanianti, terribili, non immaginabili. 
 Così scelse il silenzio, fissò il soffitto ostinata e attese che Severus si alzasse e se ne andasse come faceva di solito, sconfitto dalla muta testardaggine della pupilla. L’uomo però 
rimase immobile al suo posto.
 “Emma, smettila di fissare il soffitto”
 “Non sei nessuno per darmi ordini”
 “Non sei nessuno per rispondere così.”
Silenzio.
 
Emma.”
 “Che c’è?” le tremava la voce.
 “Torna in te.”
 “Mi fa star bene stare così”
 “Non è vero, non stai bene. Non fai altro che vivere nel tuo dolore, ti distruggerai. Non puoi cibarti di rimpianti”
 Qualcosa di graffiante, simile a un grosso mostro, le si rimestò nel petto a quelle parole. Sentì la rabbia invaderla e dopo giorni di apatia, un sentimento così forte, la fece tremare.
 “E tu che ne sai del dolore, Sev? Che cosa ne sai? Proprio tu che non sai affezionarti a nessuno?” rispose secca, con tono velenoso.
 Fissava ancora ostinatamente il soffitto senza osare guardarlo in volto, perché sapeva che sarebbe scoppiata in lacrime, si sarebbe gettata contro di lui chiedendo scusa, abbracciandolo. Lei non voleva ferirlo, né essere crudele, ma non voleva nemmeno consigli da lui: l’uomo freddo senza nessun legame, che più volte l’aveva fatta soffrire proprio per questo.
Il dolore per Emma era sopportabile fintanto che era continuo e personale, ma non avrebbe potuto reggerlo se l'avesse condiviso, se avesse dovuto aprire il cuore e lasciarsi frantumare. 
“Ho il terrore di affezionarmi a persone che posso perdere.” disse inaspettatamente Piton con voce bassa, quasi mormorata, in una confessione che era semplice. Dura. 
Vera.
 Emma prese a tremare più forte e si tirò a sedere, si liberò con qualche difficoltà delle coperte in cui si era quasi legata e osservò il  tutore con estrema attenzione.
 “Mi dispiace, Severus” soffiò, ma contro ogni previsione non pianse e non corse ad abbracciarlo.
 Lui non la guardava, sembrava anzi stranamente assorto, il capo chino e misurava con estrema attenzione ogni parola.
 “Ho perso molte persone nella mia vita” disse “Ho provato a salvarne altre. A volte ci sono riuscito, altre no. Ho perso chi per me era tutto. Avrei voluto morire, credimi, ma non sarebbe cambiato nulla. Anche tu rimanendo in quel letto non cambierai le cose”
 “Devo andare a cercar vendetta?” chiese lei. 
Amara, ironica.
 “No.” ribatté lui con calma glaciale “La vendetta è dolcissima, ti appaga per un istante e sparisce. Poi torna l’amarezza. Ti ricordi quando mi vendicai contro Lupin?” 
 “Ricordo” rispose lei secca, stringendosi le gambe al petto. 
 “Non era un bel modo per trovare sollievo quello” disse aspro Piton “Tu devi fare qualcosa di diverso. Devi lottare per le persone ancora in vita e che possono ancora cambiare le cose. Perché per quanto tu insista a pensare ai tuoi genitori loro non torneranno, Emma e Steph rimarrà sempre un morto. Non puoi farci nulla. E anche se hai pianto abbastanza, questo non ti impedirà di piangere ancora. Anche tra dieci, vent’anni, pensando a loro, ti verrà da piangere. Perché questa è la disgrazia di essere umani: soffriamo.”
 La ragazza fece una smorfia scettica, inghiottì lacrime e tornò a fissare il soffitto con aria affranta, suo malgrado colpita dal discorso schietto del tutore, ma troppo dolorante per crederci davvero. 
“Mi dispiace deluderti, Sev” disse infine in un soffio “non credo di voler fare nulla di tutto questo.”
 “Sbagli invece. Sei giovane e viva, hai intelligenza. Usala.” ribatté l'uomo, sicuro “Hai la fortuna di non essere sola. Non isolarti. Guarda me. Io mi ero ripromesso che non mi sarei mai più affezionato a qualcuno, mi ero costruito il mio solido mondo di solitudine e pena, mi sentivo incapace di sbagli. Ero arido, ma sotto controllo e invece sei arrivata tu e mi hai sconvolto l’esistenza.”
 Emma rimase in silenzio, improvvisamente attenta e Severus ne approfittò e riprese a parlare con la sua voce pigra. 
 “Una volta mi hai chiesto se ti odio. Ricordi?”
Lei annuì “Sì.”
 “Io non ti ho mai odiata, Emma, mai, nemmeno per un secondo, ma detestavo tutti i cambiamenti che stavi apportando alla mia vita. Ero convinto di essere riuscito a creare una maschera perfetta, indistruttibile, ma con te la mandavo in pezzi ogni singola volta. Le cose cambiano. Che lo vogliamo o meno. Va solo accettato. Quindi ora smettila di vegetare in quel letto e se non lo vuoi fare per te, ti chiedo di farlo per me. Perché mi uccide vederti così.”
 Aveva parlato in modo brusco, secco, come se le sue parole non avessero alcuna importanza. Non si era commosso, non si era spostato di un singolo centimetro. Immobile, pareva una statua. 
 Emma rimase in silenzio, stupita da quel discorso lungo che mai si sarebbe aspettata di sentire dalle labbra dell'uomo, un discorso che  aveva una logica tutta sua, non troppo ferrea.
 
Ti voglio bene, Sev” sussurrò solo.
Era la prima volta che lo ammetteva. 
E fu bello dirlo.
L’uomo sospirò con aria stranamente stanca, esausta. 
Si alzò dalla sedia con lentezza, nell'ombra quieta della stanza e si sedette accanto a lei, sul letto sfatto, permettendole di abbracciarlo. 
Non rispose al ti voglio bene della ragazza ed Emma non vi fece cenno. Non che si fosse aspettata qualcosa di diverso: Severus si era già aperto notevolmente quella sera per i suoi standard. 
 Rimasero solo in silenzio a lungo, persi nei loro pensieri, aggrappati tra di loro in qualche modo, come sempre.
 “Ti preparavi da tanto a questo discorso?” chiese l’emoor curiosa.
L’uomo arricciò le labbra. “Credo di sì”
 “Era un bel discorso” ammise lei, annuendo una volta sola “Devi aver perso qualcuno di importante”
 “È così” disse lui, ma non aggiunse null’altro ed Emma non indagò.
 “Perché hai accettato di riprendermi con te, Sev?”
 “Non ti avrei lasciato sola e poi avevi una stanza.”
 “Non volevi che restassi sola come lo sei stato tu?”
 “In un certo senso.”
 Silenzio.
L’emoor si strinse più forte al suo tutore, afferrando con le dita la veste nera come se avesse paura di vederlo dissolversi all'improvviso. Le pareva di essere tornata bambina: fragile, piccola.
 “Non lasciarmi sola, Sev.” chiese in un sussurro.
 “Te l’ho già detto, non lo farò” disse lui serio ed Emma sospirò di sollievo e chiuse gli occhi, perché d’improvviso, nonostante avesse dormito tutto il giorno, si sentiva immensamente stanca. 
 Forse perché sapeva dentro di sé che dal giorno seguente non avrebbe più vegetato in quel letto. Era una decisione forte, specie per una persona che, in un certo senso, fino a qualche istante prima aveva smesso di vivere. Era davvero esausta. Tanto stanca da non riuscire nemmeno a pensare ai suoi genitori, né a Steph.

Quando Severus si accorse che la ragazza era crollata si sciolse con attenzione dal suo abbraccio. La appoggiò al cuscino e la coprì con una cura che si sarebbe potuta definire amorevole. 
Emma quando dormiva sembrava più piccola della sua età ed estremamente indifesa. Era una particolare che Piton aveva già avuto modo di notare, anche se sapeva che, sotto quella prima impressione, si celava una scorza dura di una ragazza che sapeva cosa significava soffrire. Una scorza che di tanto in tanto veniva a galla nelle ombre di quegli strani occhi verdi scuro.
 Piton si chiese quante altre persone, in fondo, sarebbero state in grado di uscire con nonchalance da quello che Emma aveva dovuto sopportare in un anno e mezzo. 
Sballottata tra due mondi, divisa dai genitori e dall’amico di infanzia, la ragazza aveva scoperto di essere una strega, ma anche una sorta di ibrido magico, in cui scorreva il sangue di una discendenza non propriamente pura e luminosa e su cui gravava una pesante profezia. In aggiunta l'emoor si era scoperta indiscutibilmente legata a un ragazzo complessato, a suo volta connesso al mago più oscuro di tutti tempi, parente, in un certo modo, della stessa Emma. Era così incredibile, da essere assurdo. 
 Specie se si pensava anche allo stress dato dalle connessioni con Potter e l’interesse morboso dei compagni di scuola nei suoi confronti, oltre che al peso psicologico dell’aver assistito impotente alla morte di un amico e al ritorno dell’Oscuro Signore.
Emma era ovviamente piuttosto sofferente, come se non fossero già abbastanza da soli tutti quegli stupidi problemi quotidiani che ogni giorno appesantiscono la vita degli adolescenti.
Severus non era poi così stupito dal fatto che Emma si fosse chiusa in sé stessa appena ne aveva avuta la possibilità, molti avrebbero fatto anche di peggio, ma a tutto c’era un limite e lui non voleva vedere la sua protetta in quello stato. 
 L’uomo si passò la mano sul volto mentre usciva dalla stanza della ragazza senza far rumore, per sedere sulla sua poltrona.
Accese il fuoco con un movimento pigro della bacchetta e distese le gambe nel tentativo di sciogliere i muscoli contratti, con pochi risultati. La sua preoccupazione era evidente. 

Solo il giorno prima Silente aveva richiesto nuovamente e con una certa veemenza il suo ritorno da Voldemort e mai lui avrebbe voluto ascoltarlo. Anzi, se avesse saputo di dover tornare regolarmente nelle schiere dell'Oscuro, anche solo come spia, non avrebbe mai accettato di riprendere con sé la ragazza. 
Ora si ritrovava invece con una giovane pupilla, fragile e spezzata, che gli chiedeva di non abbandonarla e con un impegno nei confronti di Silente che era obbligato ad onorare. Severus però sapeva che le due cose non erano conciliabili, perché, in quanto spia, lui sarebbe stato in prima linea, allo scoperto e avrebbe così trascinato anche Emma nell'occhio del ciclone. 
 E questo non poteva permetterselo.
 Perché se c'era una cosa di cui Severus Piton era completamente certo era che non avrebbe sopportato di essere nuovamente la causa di ogni male di un'altra persona. Nel migliore dei casi, in realtà, avrebbe desiderato per lei una vita dannatamente normale, tranquilla, noiosa, ma Lord Voldemort non l'avrebbe sicuramente permesso, quindi doveva proteggerla il più possibile.
 Perché era chiaro a tutti, a Crouch, a Silente e persino a lui, anche se si ostinava a non pensarci, che la ragazza avrebbe generato un interesse quasi morboso nell'Oscuro. Perché era antica, potente, unica Corvonero tra i quattro, ma con sangue Serpeverde.
 Sapendola così a portata di mano, forse, Lord Voldemort avrebbe atteso prima di ucciderla, ma prima o poi avrebbe comunque voluto studiarla, curioso come un animale con la sua preda e la parola preda associata ad Emma non gli piaceva per nulla. 
Per questo, nonostante il destino della giovane Corvonero sembrasse già tracciato, Piton avrebbe cercato con tutto sé stesso di dare lei la possibilità di sfuggirvi, o per lo meno di scegliere la strada da percorrere. Una scelta che lui non aveva mai avuto e che lei sicuramente meritava e che valeva tutto, compreso il rompere senza rimpianti la promessa di esserci sempre, consapevole che le avrebbe così spezzato il cuore, ma che sarebbe stato un buon modo di tenerla lontana dai guai e questo significava anche lontana da lui. 
 I Weasley l’avrebbero accolta volentieri. 
 Inizialmente sarebbero stati una buona scelta.
 Nelle ombre della notte Severus maledisse anche il momento in cui aveva avuto la malsana idea di mettere Emma in coppia a Pozioni  con Draco Malfoy. Aveva creduto che i suoi due migliori studenti, lavorando uniti, si sarebbero stimolati a vicenda, ma l’attrazione tra loro era ormai lampante, Severus non era stupido. 
Si era accorto di come danzassero con le mani intorno al calderone, di come si cercassero per fugaci sguardi in Sala Grande e non riuscissero a fare a meno di sfidarsi, ma Malfoy non era la persona più lontana da Voldemort che Piton conoscesse. Affatto.
L'uomo decise che l'indomani avrebbe affrontato Emma, o forse avrebbe aspettato qualche giorno, il tempo che riprendesse il suo equilibrio. L'emoor doveva capire che era necessario andarsene.
 Doveva capire quanto fosse grande il pericolo che correva.

*

Io non vado da nessuno parte” 
 Emma era al centro della stanza, le braccia conserte, un’aria seria e decisa, che le illuminava gli occhi. Erano passati alcuni giorni da quando aveva abbandonato la sua stanza ed era tornata alla vita, con un’energia e una decisione, in cui nemmeno Severus e il buon Glimpsy avevano sperato. 
Tirata su dal letto, l'emoor aveva risposto in fretta e furia alle numerose lettere inviatele dagli amici, aveva preso Wolland con sé e aveva cominciato a fare lunghe passeggiate sulle colline, sotto l’occhio attento e vigile del tutore che la osservava da lontano.
 Aveva ripreso a mangiare, a prendersi cura di sé e anche della casa, riorganizzando le grandi librerie e le scorte del mago. 
 Aveva cominciato anche uno studio minuzioso degli argomenti dell'anno successivo e si era dedicata con fervore insolito, persino per lei, alla preparazione delle pozioni. Severus l’aveva lasciata fare.
Solo la notte le grida di Emma squarciavano il silenzio. 
 Piton correva allora fuori dal letto e la trovava sempre tremante e sudata, spesso ancora legata al sogno che tanto la faceva urlare e si prendeva cura di lei, come fosse una bambina. 
 La cullava sul suo petto carezzandole i capelli e chiedeva a Glimpsy di portare acqua fresca da farle bere e da metterle su polsi e fronte per refrigerarla. Salvo poi, una volta che la ragazza si svegliava e tornava in sé, tornare l’uomo brusco e scuro di sempre. 
Distaccato e misurato.
 Ma alla luce del sole Emma era tornata in completo controllo, affidabile e tranquilla e passati alcuni giorni e visto che pareva abbastanza stabile, Severus aveva pensato di cominciare a esporre il problema su cui tanto aveva rimuginato. 

*

Albus Silente sedeva sul vecchio divano di Spinner's End, aspettando insieme a Piton il ritorno di Emma, andata a passeggiare sulle colline.
 Il vecchio mago aveva ascoltato, senza dire una parola e senza giudicare, il lungo e tortuoso discorso dell'uomo, a proposito della necessità di allontanare Emma da lui e aveva preso un profondo respiro prima di esprimersi.

Dubito fortemente che la ragazza si mostrerà anche solo vagamente disponibile ad accettare la cosa Severus.” disse infine con tono pacato.
 
Non mi importa, Albus.” ribatté nervosamente l'altro “Non posso rischiare che finisca nei guai e i Mangiamorte sono un guaio. Mandarla via è sicuramente la scelta migliore e più sicura.”
Albus scosse appena il capo, cercando le parole più giuste.
 
Severus, so che è difficile da accettare, ma Emma è un'emoor.” mormorò infine “Non potrai tenerla sotto una campana di vetro per sempre e anche se fosse una normale strega della sua età, a breve arriveranno tempi in cui nessun lattante, nel mondo magico e non, sarà al sicuro e credo tu lo sappia meglio di me.”
 Piton reagì con un gesto stizzito. 
 “Devo fare il possibile per lei. Devo tenerla lontana dall’Oscuro Signore”
 
Il che è ammirevole” disse dolce il preside “Sono contento che tu ti sia affezionato a lei ed è davvero notevole il tuo cambiamento in quest’anno, ma questa è una tua scelta. Emma dovrà fare la sua”
Lei non ha scelta, Albus”
L’anziano ridacchiò “Oh, sì che ce l’ha. E sono certo che la farà valere.”
 
Tu aiutami. Ti prego. Mi devi più di un favore.” ribadì stizzito l'altro.
 
Sarai ripagato per i tuoi sforzi Severus.” disse quieto il preside “Ti aiuterò ad esporre la situazione, ma non farò pesare il mio giudizio. È giusto che Emma capisca il pericolo e agisca di conseguenza. Se farà la scelta sbagliata si farà del male, ma non si cresce senza sbucciarsi le ginocchia. Io stesso ho un’interessante cicatrice sul ginocchio sinistro che assomiglia...”

*

Severus, quasi balbettando, aveva davvero provato a spiegare le sue motivazioni e le parole pacate del preside che diceva che “in fondo il tutore non aveva tutti i torti a preoccuparsi per lei” avevano cercato di placare Emma, ma la ragazza in piedi, nella stessa posa da quando era entrata, aveva espresso con forza il suo diniego.
 “Emma.” sussurrò Piton quasi in preghiera “Cerca di capire...”
 “No e no, Sev. Cosa dovrei provare a capire?! Spero che sia tutto uno scherzo e che tu non abbia davvero pensato di cacciarmi.”
L’uomo assunse una smorfia colpevole, mentre il preside, sempre seduto e con le mani appena congiunte, osservava la scena con una aria curiosa e soddisfatta, gli occhi che brillavano di una strana allegria e di un malcelato interesse.
  
Non ti sto cacciando.” mormorò il professore.
 “Sì che lo stai facendo.” sibilò Emma in risposta “Non provare a prendermi in giro, Severus Piton. Mandarmi via di qui equivale a cacciarmi. Mi avevi promesso che ci saresti stato. 
Sempre. Me lo hai promesso più volte...”
 “Non sono io che ti voglio mandare via, ma è la situazione che lo impone.” tentò l'altro, improvvisamente più duro.
 “Quale situazione, perdonami?” sbottò la ragazza furente “che senso ha mandarmi dai Weasley? Che io sappia la loro casa non è più protetta della tua. Sono comunque in pericolo con te o no. Perché Voldemort dovrebbe cercarmi da te? E non dirmi che hai avuto anche con lui qualche faida giovanile come con Sirius Black.”
 
Fu allora che Severus si rese conto di una tremenda falla nella sua argomentazione: aveva detto ad Emma che la voleva al sicuro e quindi lontano da lui, ma non aveva affatto spiegato perché 
lui fosse il problema. Era stato così abituato a nascondere il suo passato che non aveva pensato a quanto questo fosse rilevante. 
Albus parve rendersi conto con estremo stupore della situazione.
 “Severus. Non le hai detto nulla?” chiese, gli occhi azzurri fissi sull’uomo magro e scuro.
 “C’è qualcosa che dovrei sapere e non so?” domandò Emma, tesa e allarmata, dato che non era affatto sicura di essere pronta a dover assimilare un’altra brutta notizia. Piton rimase curvo e silenzioso, la confusione che gli faceva brillare gli occhi scuri.
 “No” mormorò piano.
“No, non mi hai detto nulla, o no non c’è nulla che dovrei sapere?!” sbottò nuovamente la ragazza e la sua esasperazione fece sorridere il vecchio preside, che tuttavia tornò presto serio e si rivolse a Severus con una dolcezza quasi paterna, che stupì l’emoor.
 “Severus, ragazzo mio, credo sia giunto il momento di dirglielo.”
 L’uomo sembrò sul punto di soffocare, in preda ai suoi tormenti, prima che alzasse gli occhi verso l'emoor.  Fu solo un veloce scambio di sguardi, ma Emma capì di dovergli lasciare il suo spazio per decidere come procedere e rimase in silenzio, mentre Piton alzava con la mano destra la manica sinistra del suo abito. 
 Lo fece lentamente, arrotolando la stoffa piano, come per timore di scoprire il braccio bianco che celava, ma con orrore dell'emoor sotto la manica non vi era la pelle lattea che si era aspettata.
 Il marchio nero brillava di ombre e malvagità. Il serpente pareva davvero scivolare fuori dalla bocca di quel teschio dalle orbite tetre. 
 Il marchio nero pulsava. 
Disgustoso. Aveva vita propria quasi e sul braccio di Severus ad Emma parve un abominio. 
 Le corsero alla mente immagini fugaci del buio cimitero, dei Mangiamorte e di Voldemort in circolo
 Non pensò che il suo tutore fosse ancora un suo seguace, nemmeno per un istante, ma 
desiderò distruggere, ridurre a brandelli quell’orrendo simbolo. Anche a costo di scuoiare il braccio di Severus. 
 Eppure un parte di sé intuiva che non sarebbe valso a nulla, che quel marchio non poteva essere distrutto, che era insediato come un parassita eterno nel corpo dell’uomo.
  Alzò lo sguardo verso di lui. 
Dura. Severa.
 “Esigo delle spiegazioni. Ora. ” disse.
E Severus gliele diede.

*

Quindi questa è la casa di Sirius Black.” disse Emma, osservando il tutore di sottecchi e inarcando di molto il sopracciglio sinistro “Accogliente! Avete gli stessi gusti, Sev.”
 La casa era apparsa tra il numero civico 11 e il 13 di Grimmauld Place, una piccola piazza circolare, abitata per lo più da Babbani. 
 Sembrava una dimora piuttosto modesta dall'esterno, tanto grigia e malmessa che non invitava per nulla ad avvicinarsi.
 “Non fare la spiritosa.” le rispose l’uomo, trascinandola con fretta per il gomito verso i bassi gradini dell’ingresso “Nessuno ti aveva chiesto di venire. Potevi startene con Glimpsy a Spinner's End”
 “Stare a casa da sola non sarebbe stato più divertente e poi mi hai assicurato che ci sarà Ginny.” sorrise l'emoor.
 “Certo, la Weasley, i fratelli e tutto il resto della combriccola.” 
 Emma fece una smorfia allegra, trattenendo a stento l'entusiasmo. Stava cercando di mostrare tutto il disinteresse possibile per quell'uscita inaspettata, ma in realtà fremeva dalla voglia di ritrovare l’amica e di esplorare dall’inizio alla fine quella casa tetra.
 Essere al quartier generale di quella che si poteva definire 
'Resistenza contro Voldemort' era entusiasmante e soprattutto un ottimo modo per sfuggire ai suoi incubi e i suoi pensieri.
 
Le ultime settimane a Spinner’s End erano state abbastanza difficili. Dopo che Severus le aveva raccontato la verità, Emma era andata su tutte le furie e mentre Piton cercava ancora di difendersi e di spiegare la sua versione, la ragazza aveva cominciato a gridargli contro con tutte le forze, con l’unico risultato di innescare una violenta litigata, che era andata avanti per ore, sotto lo sguardo incredibilmente tranquillo di Albus Silente.
Severus era nel panico, convinto di aver provocato il ribrezzo della ragazza, ma lei invece era semplicemente arrabbiata per essere stata tenuta all’oscuro di tutto fino a quel momento, come al solito. 
 Il risultato fu un’accozzaglia di parole taglienti lanciate da una parte all’altra della stanza, accompagnate da lacrime e grida furiose, fino a quando Silente non era intervenuto, portando una pace provvisoria.

*

È mio diritto decidere se vivere o no con un Mangiamorte.” sibilò Emma.
 
Certo che lo è.” asserì Silente, anticipando Piton, che era sul punto di parlare nuovamente “E per questo, se vorrai, potrai andartene, Emma”.
 “Avrei dovuto saperlo prima”
 “Forse” concesse il preside, tranquillo “Ma ora sei comunque consapevole del fatto che Severus era parte delle schiere dei Mangiamorte, così come sai anche che se ne è allontanato di sua volontà e che ora lavora come spia per me. Io mi fido ciecamente di lui, ma tu hai libera scelta di credere a ciò che vuoi.”
 Emma guardò in tralice il tutore, ignorando Silente. Il sangue che le ribolliva dolorosamente nelle vene, la delusione che le bruciava il petto. Non le importava del marchio, non completamente almeno, ma la fiducia per lei era importante e nascondergli una cosa così grande aveva un grosso peso. Specie perché era Severus.
 
Mi hai tenuta nascosta da un falso Mangiamorte per un'estate, Sev, mentre dividevo la casa con uno vero e non me lo hai detto” soffiò piena di rancore.
Emma, ascoltami” intervenne il preside nuovamente, cercando di attirare l’attenzione della ragazza su di sé, con pochi risultati “potremmo stare qui a discuterne a lungo, ma non raggiungeremmo nessun punto. Sono d’accordo con te sul fatto che Severus avrebbe dovuto dirti prima tutto ciò, ma è inutile perdere tempo a pensarci. Ora sai come stanno le cose. Severus ti ha già deluso in passato e potrebbe farlo ancora, non lo nego, ma se vuoi credere a ciò che ti ha detto, ti chiedo di fare un atto di fiducia. Solo da lì potrai ripartire.”
Perché hai lasciato i Mangiamorte?” chiese la ragazza e rivolse di nuovo la domanda direttamente all’uomo scuro e silenzioso che se ne stava in disparte, ignorando il preside. 
 “Perché hai lasciato i Mangiamorte” gridò di nuovo, perdendo il controllo “Perché Sev? Me lo devi. Me lo devi. Io mi sono fidata di te”
Per amore e rimorso” soffiò finalmente il professore.
 
Amore per chi?” insistette nuovamente Emma, piuttosto spazientita.
Per amore di una persona. La persona più importante per me, che non sono riuscito a salvare e che è morta per mano dell’Oscuro Signore anche a causa mia” la voce rauca e bassa, sofferente, piena di un profondo senso di colpa.
L'emoor si morse il labbro e parve soppesare le parole prima di rispondere.
 
È una di quelle persone la cui perdita ti ha portato a non volerti più affezionare a nessuno? A voler soffrire da solo?”
 
È esattamente quella persona.” assentì l’uomo.

*

Ed Emma era rimasta. Si era detta disposta a fare il suo atto di fiducia nei confronti del tutore ed era rimasta. Pur con qualche piccola tensione. Perché non era una cosa semplice da superare in fondo, ma i due avevano ripreso a leggere sulle loro poltrone, passeggiare insieme e preparare le pozioni. Avevano ripreso anche a spezzare i silenzi con brevi conversazioni e a far breccia lentamente nel cuore dell'altro. 
Erano in equilibrio.

*

Ma non tenermi più fuori dalle tue trame, Sev.”
 
Questo non posso promettertelo.”
 
Ma tu mi devi aiutare. Non posso semplicemente fidarmi di te.”
Credo” intervenne nuovamente Silente “che potrebbe essere giusto tenere al corrente Emma di alcuni fatti, Severus. Per esempio dell’esistenza dell’Ordine della Fenice. Non è necessario dirle tutto ed Emma lo dico anche per il tuo bene. Siamo in tempi bui e corriamo sul filo di un rasoio.”
 “Ma Albus...” tentennò Piton..
 “Dimmi Severus” disse il preside. 
L'uomo incespicò incerto, occhieggiando verso la protetta, sempre più tesa.
 “Ma dirle dell'Ordine...” ricominciò, ma Silente scosse la testa.
 “La solitudine fa fare molte domande alla mente più sciocca e in questo caso invece in gioco c’è la mente estremamente arguta della tua protetta. È inutile lasciarla a casa sola a preoccuparsi per la tua incolumità, Severus ed Emma sa che non possiamo correre il rischio che si chiuda nelle sue sofferenze. La situazione è già di per sé delicata e lei non rischia di più sapendo dell'Ordine. Sarò solo meno sola e non si sentirà esclusa.”
 Emma fece un sorriso incoraggiante, ma Piton impallidì.

Ma qui posso tenerla al sicuro, al quartier generale invece...” 
 “Con tutti i membri dell’Ordine presenti sarà sicura come fosse nella sua stanza, Severus. La tua preoccupazione è inutile.”

Ma io...” ritentò l'uomo e il vecchio preside rise genuino.
 “Severus, non fare quella faccia.”
 Piton sembrò inghiottire un rospo e provò a ricomporsi, sotto lo sguardo cristallino e divertito del preside, ma l'emoor in risposta ridacchiò allegra e poi si sporse in avanti e afferrò lui la mano. 
 “Ti devi fidare di me, Sev” sorrise appena e si stupì nel notare che forse per la prima volta l'uomo non si era irrigidito al suo contatto.

Non ti disgusto?” chiese lui vagamente incredulo.
 “No” rispose subito lei con dolcezza “non mi disgusti.”

*

Il quartier generale dell'Ordine della Fenice, era all'interno più sporco e malridotto di quanto Emma si fosse aspettata. 
L'ingresso scuro e polveroso le parve ostile e sentì un brivido lungo la schiena, mentre avanzava nello stretto corridoio. Poco più avanti, delle spesse tende coprivano un quadro di grosse dimensioni, appeso alla parete di destra. Emma le fissò accigliata per un istante, prima di prendere a parlare con tono allegro.
 “Quindi oggi conoscerò Sirius Black” disse con noncuranza, avanzando a passo spedito al fianco di Piton. 
Lui inarcò un sopracciglio, a disagio.

“Preferirei tu evitassi. Così come eviterei di girovagare qui dentro”
“Perché?” squillò la ragazzina.

“Abbassa la voce”

“Ma io...”

Piton le fece cenno di tacere, mentre passavano accanto alle tende che l'emoor aveva notato entrando e osservandole meglio la ragazza si rese conto che tremavano leggermente, come se qualcuno vi stesse respirando nascosto dietro.
 “Walburga Black” spiegò il tutore con tono stanco, appena le ebbero superate “La madre di quel 
cane di Sirius. Il suo quadro si mette a urlare ogni volta che vede estranei entrare qui dentro. Tieni il tono basso quando le passi davanti”
 “Deve essere simpatica” disse sarcastica la ragazzina e Piton fece un leggero sbuffo, che con molta fantasia poteva sembrare una risata.
 Arrivati all'ingresso un giovane particolarmente bello e con lunghi capelli rossi legati in una coda, uscì da una porta sulla destra del corridoio e si diresse verso di loro. Era piuttosto alto e quando fu vicino Emma notò che portava un orecchino a forma di zanna all'orecchio sinistro, aveva occhi chiari ed espressivi e un largo sorriso tiepido e accogliente. 
Non ci mise molto, vista l'evidente chioma fulva, a capire che fosse un Weasley e si sentì arrossire: era molto bello.

Piton.” salutò il ragazzo con un cenno, prima di rivolgersi a lei “Tu invece devi essere Emma.”
 Lei annuì cauta “E tu devi essere un Weasley...”
 “Perspicace” disse l'altro, a suo agio. 
 Aveva una risata rauca e strana in quel corpo così giovane, ma l'espressione del suo viso era calma e gentile. 
 “Da cosa l’hai capito?” chiese, passandosi una mano nei capelli rossi e liberandoli dal laccio che li legava.
“Dal colore degli occhi” buttò lì lei, ironica.
 “Immaginavo.” rise di nuovo “Bill Weasley. Un piacere conoscerti”

“Emma O'Shea” si presentò lei, stringendogli la mano.
 “Siamo contenti che tu...”

“Non hai nulla da fare, Weasley?” lo interruppe Piton con tono secco ed Emma lo sentì irrigidirsi impercettibilmente al suo fianco e arricciò le labbra in un sorriso: Severus era peggio di suo padre apprensivo a volte. Geloso di qualunque persona dell’altro sesso le si avvicinasse, iperprotettivo.
 “C’è Ginny?” chiese in fretta al ragazzo, prima di far saltare i nervi al tutore e intristirsi troppo a pensare al suo vero padre.
 “Sì, ti accompagno di sopra.” annuì lui “Severus, gli altri ti stanno aspettando in Sala per fare il punto.”.
 “Posso accompagnarla io” ribatté l'uomo con voce tesa.
 “Oh beh devo andare comunque su da Fred e George” minimizzò il giovane, facendo un gesto vago con la mano “e poi io ho finito, ma aspettano te per un parere invece”

“D'accordo” si arrese Severus, ancora in certo.
 Il ragazzo gli sorrise in risposta, sornione.
“Vieni Emma” disse, proseguendo lungo il corridoi.
L'emoor si voltò e si fece sfuggire a sua volta un sorriso vedendo il tutore in piedi nell'ingresso, accigliato più che mai, con un'espressione di evidente disappunto stampata sul volto. 
Lo salutò allegra, seguendo poi il maggiore dei fratelli pel di carota lungo il corridoio.

. . .

Bill Weasley era vivace e socievole ed emanava una naturale simpatia, tanto che l'emoor nel breve tratto di strada che fecero insieme, ebbe la curiosa sensazione di conoscerlo da tempo. 
Il ragazzo l’accompagnò lungo una serie di scale polverose e buie, chiacchierando amabilmente del più e del meno e snocciolando informazioni sul luogo dove si trovavano, che pareva essere, come Emma aveva intuito, la casa dei genitori di Black e in generale una dimora Purosangue da parecchie generazioni.

“Cosa significa una dimora Purosangue?” chiese.
 “Beh la casa è un luogo molto importante per le famiglie magiche” spiegò tranquillo il ragazzo “Questa è piuttosto vecchia e non era certamente abitata da maghi con un'alta morale. La casa risponde a Sirius per eredità, ma abbiamo comunque dovuto disinnescare un po' di maledizioni piuttosto fastidiose. Io lavoro come spezza incantesimi alla Gringott e conosco la materia, ma anche con l'aiuto di Malocchio ci ho messo parecchio a lavorarne alcune.”

“Maledizioni su una casa?” chiese affascinata, ma Bill scosse il capo.

“No, Maledizioni a protezione della casa. Ce ne sono di tutti i tipi e alcune sono molto complesse. Si passa dal confondere semplicemente una persona che vuole raggiungere casa tua a maledizioni molto più aggressive e a volte persino pericolose. Qui per esempio c'è voluta la presenza di Sirius, appunto. Il sangue magico, specie nel caso dei Purosangue ha una certa importanza in questo tipo di magie e legami e  la cosa si amplifica nelle dimore molto antiche, dove le maledizioni si sono sovrapposte nei secoli.”
Emma annuì assorta era molto interessata all'argomento, lo era di tutto quello che non conosceva del mondo magico, in realtà. 
Pensò istintivamente alla sua stanza a Spinner's End che sapeva essere protetta da vari incantesimi piuttosto potenti, dubitava che fossero stati fatti con legami di sangue, ma si disse che avrebbe dovuto chiedere meglio a Severus e Lupin cosa fossero.
Guardandosi intorno si accorse che le pareti, ovunque erano piene di quadri con volti rappresentanti maghi e streghe dai volti arcigni.
“Perché si mettono questo tipo di protezione, per i Babbani?” 
 “No. I babbani sono un piccolo problema, facilmente raggirabile per altro.” spiegò il rosso “Di solito si mettono per dimostrare il potere. Più i sigilli di una dimora sono antichi e impenetrabili, più la famiglia è protetta e irraggiungibile e quindi merita il rispetto. Non sono magie semplici da attuare, spesso sono fatte da altre creature che devono obbedienza alla famiglia, come gli elfi domestici, il che vuol dire che la famiglia deve avere un certo prestigio.”
 “Interessante.” mormorò l'emoor “Mi affascinano le tradizioni magiche. Da quel che ho letto sono piuttosto complicate e senza senso a volte, ma interessanti.”
 “Concordo” sorrise l'altro

“Anche Casa vostra ha delle maledizioni?”

Bill scosse il capo con un gesto vago e divertito.
 “La Tana? Solo alcune. Avrai modi di capire quanto i Weasley siano una famiglia Purosangue piuttosto alternativa” ridacchiò.
 Emma sorrise e annuì a sua volta.
 “È bello parlare con qualcuno. Grazie Bill”
 “Piton non è un gran chiacchierone in effetti” disse l'altro “Anche se ha altre qualità. Non deve essere semplice per te vivere con lui”
Emma scrollò le spalle con un sorrisetto sulle labbra.
 “È la stessa cosa che ha detto Ginny quando ci siamo conosciute.”
 “E tu cos’hai risposto?” domandò il ragazzo.
 “Allora vivevo con Severus solo da una notte, non sapevo propriamente che cosa rispondere.”
 “E ora?” la punzecchiò lui, curioso.
 “È meno dura di quanto pensiate voi altri. Severus è una persona speciale. È stato perfetto con me”
“Difficile crederti. Piton qua all'Ordine non è certo considerato il più simpatico, ma come ho detto, ha altre qualità”
 Si fermarono davanti ad una porta chiusa che doveva essere stata di un tenue color panna, ma la cui vernice era scrostata in più punti.
“Ginny ed Hermione sono qui dentro. Saranno felici di vederti.” disse il ragazzo con il solito tono allegro.
 “Grazie. È sempre un piacere conoscere un nuovo fratello Weasley”
 “Non te ne mancano molti ormai”
 “Solo Charlie e... Percy, credo”
“Non credo che Percy ti piacerà”
 “Lo dice anche Ginny”
“Immagino” sorrise il ragazzo “Vado a chiamare i gemelli. Ho idea che bazzicherai spesso da queste parti. Ci vediamo quindi” 
Le fece l’occhiolino e sparì giù per le scale e l'emoor si ritrovò a sorridere alla schiena del Weasley, con la strana sensazione di aver appena trovato un nuovo posto dove sentirsi a casa.


Appena Emma mise piede nella stanza la avvolse una nube di capelli rossi, insieme a un profumo fresco di fiori di campo che l'emoor avrebbe riconosciuto ovunque. Ginny Weasley.
 La rossa Grifondoro le era mancata più di quanto pensasse e se ne rese immediatamente conto vedendo il visetto illuminato di gioia dell’amica, mentre quasi soffocava nella sua stretta.
 Si staccò un poco per osservarla meglio. Era quasi sicura che si fosse alzata di un altro paio di centimetri, aveva pettinato con cura i lunghi capelli rossi, che le ricadevano così lungo la schiena ed era più bella che mai. Hermione invece aveva curiosamente legato i lunghi ricci, solitamente indomabili, in una treccia irsuta, ma era la stessa Hermione di sempre ed Emma scoppiava di gioia nel vederla.

Quindi, cosa fate qui tutto il giorno?” chiese con un sorriso.
 Le tre ragazze si sedettero vicine, sul tappeto bucherellato che copriva il pavimento in legno della stanza.
“Nulla di che.” rispose Ginny.
 “Nulla di che? Non siamo nel quartier generale di una Resistenza?”
 “Sì, beh” si affrettò a rispondere Hermione “è interessante non è vero? Però naturalmente Silente vuole mantenere la segretezza su un mucchio di cose. Non possiamo sapere molto.”
 “Non partecipate alle riunioni?” indagò l'emoor, perplessa ed entrambe le ragazze scossero la testa.
 “Più che altro puliamo con mamma questo tugurio.” ammise Ginny, con aria piuttosto sconsolata.
 “Già” esalò Hermione, ugualmente affranta.
 “Per fortuna ci siamo noi” tuonarono due voci alle loro spalle.
 La porta dietro alle ragazze si aprì improvvisamente e nella stanza irruppero i due gemelli Weasley, seguiti da un riluttante Ron, che salutò Emma imbarazzato. Il più piccolo dei maschi Weasley era quasi uno sconosciuto per lei in effetti, perché nonostante l'emoor sapesse chi fosse, non si erano mai parlati prima di allora.
 “Ron si è fatto scoprire da mamma vicino alla porta della Sala” spiegò George, andando diretto ad abbracciare l’emoor, per poi sedersi al suo fianco.
 “Non dovreste continuare ad avvicinarvi mentre sono in riunione” disse Hermione, lanciando un'occhiata storta ai gemelli, che fecero due ampi sorrisi in risposta
 “E perché no? Ciao Emma” la salutò Fred.
 “Ci avviciniamo 
proprio perché sono in riunione. È nostro diritto sapere! Non credi?” disse George.
 “Mamma esagera sempre...” intervenne Ginny.
 “Questo può essere vero, ma se Silente dice che...” tentò di rispondere Hermione, con tono pedante.
 “Silente non può tenerci all’oscuro di tutto, io e George siamo anche maggiorenni” fece notare Fred con uno sbuffo.
“Vero, almeno loro dovrebbero partecipare” tentò Ron, arrossendo fino alle orecchie davanti all'occhiataccia di Hermione, che scosse la testa con decisione, prendendo un grosso respiro.
 “Vi sfugge il punto. Se Silente vuole tenerci all’oscuro lo fa sicuramente per la nostra incolumità, o per sue ragioni comunque. E 
quelle cose, le Orecchie Oblunghe, sono meschine.”

Le orecchie cosa?” chiese Emma.
 “Oblunghe” rispose George mostrando un lungo filo color carne “le facciamo passare sotto le porte e ci permettono di sentire quello che dicono all’interno. Le abbiamo inventate io e Fred.”
 “Fico” ribatté l’emoor, colpita.
 “Emma, ti prego, almeno tu!” brontolò Hermione implorante, lo sguardo esasperato, ma la Corvonero si strinse nelle spalle.
 “Io sono qui da appena due minuti, Mione e ne so meno di voi. Però è vero, almeno Fred e George dovrebbero participare, dato che sono maggiorenni, no? Harry partecipa?”
 A quella domanda un silenzio imbarazzato cadde sulla stanza e tutti, persino i gemelli Weasley, si zittirono. 
 “Harry partecipa, giusto?” chiese di nuovo Emma, perplessa.
 “Harry non è qui, Emma. In realtà nn sa nemmeno dell’Ordine.” soffiò infine Ginny con vago imbarazzo.
 “È stato Silente a farci promettere di non scrivergli e di non dire nulla.” aggiunse subito Ron, prima che potesse intervenire.
 “Per la sua sicurezza chiaramente.” trillò Hermione.

L'emoor avvertì una sorta di fastidio appena sotto lo sterno. 
Se lei fosse stata al posto di Harry sarebbe andata su tutte le furie. Perché lei odiava essere tenuta all’oscuro da qualcosa e anche se non conosceva abbastanza Potter di persona, era stata nella sua testa abbastanza a lungo da poter indovinare quale sarebbe stata la sua reazione quando sarebbe venuto a sapere della situazione.
“Non ne sarà felice.” disse secca.
 “No, probabilmente no.” sussurrò Ron, le orecchie ancora rosse.
 Il silenzio si fece imbarazzato e stranamente lungo, vista anche la presenza dei gemelli, di solito abili a interrompere i momenti di tensione. Ci pensò Emma quella volta, chinò il capo, appoggiandolo alla spalla di George con naturalezza e sorrise ai presenti.

“Ad ogni modo sono felice di essere qui”
 “Anche noi siamo davvero contenti che tu sia arrivata” rispose subito Hermione, con un ampio sorriso.
 “Si, mamma ha insistito tanto con Piton” aggiunse Ron. 
 “E quindi questa è la Resistenza...” mormorò l'emoor, guardando i volti degli amici e poi la stanza spoglia in cui erano ammassati.
 Ginny fece una smorfia divertita. 
 “Non un granché vero?” ridacchiò.

Emma annuì un paio di volte assorta, mentre il clima si distendeva sensibilmente intorno a lei e Fred e George cominciavano a borbottare tra loro che in effetti la casa era uno schifo, ma a lei quel posto sembrava semplicemente perfetto per passare l'estate insieme.
“Non è male, Weasley.” sussurrò tra sé “Non è male”




*Angolo autrice*

Ciao a tutti :)
Prima di tutto mi devo scusare. Per questa settimana, viste le feste, ho slittato la pubblicazione a martedì, giovedì e sabato mattina. 
Ma dalla prossima settimana tornano a lunedì, mercoledì e venerdì sera. 

Per quanto riguarda l'aggiornamento, dopo la batosta per Emma dello scorso capitolo ho voluto farle un po' raccogliere i cocci. 
Giustamente ha dovuto assorbire il dolore e affrontarlo. è stato molto difficile descriverla nella sua apatia, quel senso di accettazione amaro, di chi non vuole più combattere, bisogna dire che non ha passato un anno semplice.
Ancora una volta è Severus a salvarla. Ormai adoro il loro rapporto. 
Ciò che si dicono è molto intenso e giusto a mio parere.

Ho lasciato spazio anche agli amici usando i momenti passati che Emma ricorda. 
Lei e Ginny si avvicinano ancora di più, così come gli altri, ma soprattutto gli emoor cominciano a temere la loro posizione, comprenderla e a farsi domande. Son felice soprattutto che finalmente Emma e Artemius hanno modo di avvicinarsi.

Infine due importantissimi momenti: 
. Emma scopre che Severus è stato un mangiamorte (con comparsata del buon Silente)
. Emma arriva all'Ordine della Fenice (trovo adorabile Emma imbarazzata davanti a Bill, una cottarella platonica adolescenziale)
La storyline dell'emoor si avvicina quindi a quella di Harry Potter in questo momento.

Grazie a tutti voi che mi leggete.
Ne approfitto per augurarvi Buon Natale e buone feste. 
So che per alcuni potrebbero essere dei giorni difficili. 
Vi abbraccio a distanza.

vi

Ritorna all'indice


Capitolo 20
*** Purosangue ***


.Purosangue.

 

Per qualche giorno Emma fece spola tra Spinner’s End e il numero 12 di Grimmauld Place, accompagnando Severus.
 Era sinceramente felice di poter passare del tempo con i suoi amici e sembrava quasi rinata, come se il dolore del lutto le stesse scivolando lentamente via dal petto. Albus Silente, ancora una volta, aveva avuto ragione: le amicizie aiutano a cucire le ferite.
 Nonostante infatti gli incubi di notte non cessassero e il pensiero angosciante di Steph e i suoi genitori non l’abbandonasse mai completamente, la possibilità di ridere, sfogarsi e passare del tempo con Ginny e gli altri era decisamente un aiuto enorme.

Ti vedo meglio.” le disse Severus quella mattina, mentre camminavano verso l’ingresso del Quartier Generale.
 “Sto un po’ meglio.” ammise Emma con un mezzo sorriso.
 “Bene.” annuì lui.
 L’emoor allungò una mano per stringere benevola quella del tutore e non interruppe il contatto anche quando lo vide come al solito tendersi. Severus si era molto ammorbidito con lei, per i suoi standard, anzi a volte pareva quasi espansivo, ma non sempre.
 Emma lo aveva spesso sorpreso a osservarla come fosse sollevato di vederla in piedi e si era detta che probabilmente, averla vista vegetare in un letto, sentendosi completamente impotente, non doveva essere stato semplice per il professore.
Stasera, se vuoi, puoi fermarti qui a dormire.” disse l’uomo secco. 
 “Qui? Come mai?” domandò Emma, stupita che la lasciasse libera di stare una notte fuori da Spinner's End, dato che, da dopo la morte dei suoi genitori Severus era diventato estremamente protettivo nei suoi confronti e sembrava agitarsi ogni volta che la ragazza era sola, o lontana dalla sua protezione.
 “Non saprei.” borbottò lui, accigliato “Secondo Molly Weasley potrebbe farti felice stare un po’ con le tue amiche. Mi ha accusato di essere troppo burbero e di tenerti sotto l’ala come una chioccia spaventata con il suo pulcino.”
 “Davvero Molly Weasley ti ha detto questo?” chiese l'emoor, sinceramente esilarata al solo pensiero.
 “Più o meno, stava ringhiando tra i denti e non ho colto tutte le parole. Non credo di esserle molto simpatico.”
 “Sev” rise lei divertita e l'uomo arricciò a sua volta le labbra in un sorriso trattenuto, vedendola così felice “tu non puoi stare simpatico alla gente. Non ti ci applichi.”
 “Non è nelle mie priorità”
 “E Molly ha ragione” riprese Emma.
 “Sul fatto che sono troppo burbero?”
 “No” sorrise l'emoor “ Sul fatto che sei protettivo con me.”
 “Credo che Molly mi abbia definito un sociopatico con alta funzionalità di esagerata protezione nei tuoi confronti.”
 “È un’ottima definizione.”
Piton sembrò improvvisamente imbarazzato e contrasse il volto.
 “Sono detestabile?”
 “Non ho mai detto questo” disse quieta la ragazza, stringendo più forte la mano di lui “anzi, mi piace molto il tuo modo di fare e mi piace averti come mio protettore. Mi fai sentire sicura.”

Salirono i tre bassi gradini ed entrarono al Quartier Generale.
 “Quindi? Ti fermerai qui?” chiese Severus
 “Solo questa notte, se per te va bene. Voglio passare davvero un po’ di tempo con Ginny. È piuttosto giù di morale. Cose da ragazze, ti annoierebbero a morte.”
 “Non voglio saperne niente in effetti.” ringhiò lui, facendo una smorfia contrariata.
 “Non fare quella faccia, Sev.” sorrise l'emoor, sorniona “È solo una notte, te la caverai. Credevo non ti andasse a genio la compagnia di una ragazzina troppo curiosa che vaga per la tua casa.” 
 “Non sei più una ragazzina.” ribatté lui burbero, emettendo quel suono così simile ad una risata e lanciandole uno sguardo che ad Emma parve vagamente orgoglioso “ma cerca comunque di non stare troppo vicino a Sirius Black.”
 “Sirius Black? Esiste davvero, Sev? Credevo fosse un sorta di leggenda oramai. Vengo qui ogni giorno da una settimana ormai e non l’ho ancora mai visto, nemmeno di sfuggita.”
Piton grugnì ed Emma sciolse la presa con la sua mano e gli inviò un bacio sulla punta delle dita con aria divertita, vedendolo bloccarsi a disagio con sguardo severo, in una posa rigida e goffa. Si girò e corse a perdifiato verso la camera di Ginny.

. . .

Le urla rimbombarono lungo la tromba delle scale, rimbalzando sulle pareti piene di quadri. Emma si bloccò, rimanendo in ascolto, la mano stretta sulla bacchetta.
 “Ha un futuro da cantante.” disse ridendo Fred Weasley, spuntando dalla porta della stanza di Ginny e facendola trasalire.
 “Era Harry?” domandò Emma stupita, dato che non era certa di aver riconosciuto la voce deformata dalla rabbia.
“Lo spero bene.” intervenne George alle spalle del fratello “Se non fosse lui, allora si tratterebbe di una strana creatura con la voce di Harry che infesta la casa...”
“... e secondo mamma spetterebbe a noi cacciarla.” concluse Fred.
 “Quando è arrivato?” domandò l'emoor, gettando uno sguardo obliquo al piano di sopra.
 “Ora, immagino” disse Ginny, apparsa a sua volta alle spalle di George “Hermione è schizzata fuori dalla porta della stanza per correre a salutarlo. Sembrava piuttosto in pena.”
 “Oh, ciao Gin”
 “Ciao Ems. Mamma ha detto che forse ti fermerai a dormire una di queste sere. Pare che abbia messo Piton sotto torchio”
 “Questa sera stessa.” rispose l’emoor con un sorriso e la rossa ammiccò di rimando.
 “Davvero?” si intromise Fred.
 “Ehi, ehi, Emma sta con me, non me la rubate: ho bisogno di parlarle.” affermò Ginny decisa, prendendo l'amica per mano.
 “Non credevo Emma ti appartenesse. E poi di cosa dovresti parlarle? Non avrai mica il ragazzo Gin!?” disse George, fintamente sorpreso ed Emma si mise sulla punta dei piedi per tirargli uno schiaffetto sulla nuca.
“Credo dovremmo andare a salutare Harry” fece notare abilmente, anche per evitare un litigio tra i vari fratelli.
 “Sì è necessario.” assentì Fred.
 “Fred non ha tutti i torti” intervenne George “Non vorrà proprio altre sorprese. Meglio farci vedere tutti insieme subito e subire la sua rabbia una volta per tutte.”
 “Già” mormorò l'emoor “Andiamo.”

. . .

Harry non si dimostrò effettivamente felice della situazione. 
 Rispose bruscamente ad ogni tentativo di spiegazione, chiudendosi a riccio e macinando rancore, a lungo, ma così come era stato per Emma, la presenza di tutti i suoi amici dopo qualche ora sembrò fargli passare lentamente il malumore, ammorbidendo in parte l'asprezza delle sue risposte, anche se il suo sguardo piuttosto offeso non sparì completamente come avevano sperato. 
 L'emoor lo aveva osservato in silenzio, ma non era riuscita a parlare sola con lui, anche se moriva dalla voglia di fargli un monte di domande. Era incuriosita da quel ragazzo più che da ogni altra cosa, eppure era come se tra loro fosse presente una sottile distanza, una fiducia tremolante e anche se lei continuava a chiedersi in silenzio “
Cos’è che ci lega Harry Potter?” , non osò interrompere le conversazioni e lasciò che fossero Ron ed Hermione a parlare con lui e spiegargli ogni cosa a riguardo dell'Ordine. 
 In parte era
 strano che lei e Potter non fossero nemmeno lontanamente amici, data la situazione, ma le stava bene e verso la fine del pomeriggio, quando il gruppo si divise, Emma ebbe modo di stare un sola a ragionare a riguardo e pensò che effettivamente lei il Grifondoro non avevano mai avuto l'occasione giusta per conoscersi.
 Harry, Ron ed Hermione si ritirarono nelle loro stanze a parlare, probabilmente cercando di colmare i vuoti dell'estate passata divisi e di placare Harry stesso. I gemelli parevano essersi eclissati a creare qualche diavoleria e Ginny era stata chiamata da Molly per aiutarla in cucina, anche se la matrona si era rifiutata di avere alcun contributo da Emma, asserendo che era un ospite.
 L'emoor quindi ne aveva approfittato e si era messa a gironzolare pigra per la casa, curiosando in giro senza sembrare irrispettosa e fermandosi infine nella sala più grande che fungeva da salotto e che era in quel momento miracolosamente vuota. 
Le pareti erano ricoperte di arazzi raffiguranti alberi genealogici di antiche famiglie, il più grande dei quali apparteneva ai Black. 
 Le complicate relazioni famigliari tra i maghi erano qualcosa che Emma non comprendeva fino in fondo e che eppure la affascinava profondamente. Quella magica era una società intricata da analizzare per lei, essendo fondata principalmente su valori molto personali come la famiglia, l'onore, il rispetto e il sangue. Oltre che sui pregiudizi, la stigmatizzazione e una buona dose di razzismo.
 Le leggi che veicolavano gli usi, i costumi e i rapporti, tra i Purosangue in particolare, erano antiche e sottili, più volte modificate nel corso dei secoli, facili da infrangere anche solo per errore e profondamente legate al nome della famiglia.
 L'emoor ragionava su ciò che sapeva, mentre si avvicinava  all'arazzo dei Black per osservare i nomi presenti. Scorse con stupore  quello di Draco Malfoy e si accorse che parecchi altri nomi erano stati cancellati con delle evidenti bruciature. Fece un sospiro: dovevano essere le persone considerate non degne del nome Black.
 Nella casa vi era un innaturale silenzio.
 Sentiva le voci dei suoi amici e degli altri dell’Ordine arrivare da più punti della struttura e da molto lontano anche il tramestio delle pentole della cucina. Non era abituata a stare da sola. Di solito c'era Glimpsy, o Severus, o Ginny con lei, aveva sempre poco tempo per sé. Eppure si sentiva stranamente tranquilla, rilassata, fino a quando il silenzio non fu interrotto bruscamente da una voce maschile.
 “Tu devi essere Emma O’Shea. La pupilla di Mocciosus”
 La ragazza trasalì e si voltò, portando istintivamente la mano alla bacchetta e mettendosi in posizione di difesa. L’uomo che aveva parlato stava appoggiato al muro con fare da ragazzaccio. 
 Era alto e magro, con il volto scavato, capelli lunghi e scuri che si arricciavano intorno alle gote e degli intensissimi occhi grigio chiaro. Emma non faticò a riconoscerlo: Sirius Black e sentimenti contrastanti cominciarono a cozzare nella sua testa.
 
Se con ‘Mocciosus’ intendi Severus... sì, sono io.” rispose infine cauta, lo sguardo fiero, fisso negli occhi dell’uomo che le stava davanti. Lui fece una risata rauca e avanzò nella stanza.
 “Harry e gli altri mi hanno parlato molto di te.”
 Emma rimase in silenzio, continuando ad osservarlo.
 “Ti interessano gli alberi genealogici?” insistette lui con un leggero ghigno a tagliare il volto magro. 
 “Abbastanza sì.” rispose quieta, abbassando la bacchetta “Sono affascinata dai legami e dalle tradizioni magiche in generale”
 Sirius annuì assorto e le si avvicinò, osservando la parete.
 “Io non ci sono lì sopra, la mia cara mamma mi ha bruciato quando me ne sono andato di casa” disse.
 Emma fece scorrere lo sguardo sui vari nomi cancellati e trovò un'ampia bruciatura che lasciava intravedere per metà la parola Sirius, accanto all'immagine di una ragazzo giovane e bello sotto cui svettava il nome
 'Regulus Black'.
 “Però hanno lasciato a te la casa al posto che a tuo fratello Regulus” fece notare la ragazzina, indicando la figura e Sirius fece un ghigno amaro e la guardò attento.
 “Mio fratello Regulus è morto molto giovane, puoi star certa che altrimenti questo non sarebbe il quartier generale dell'Ordine”
 “Oh” disse solo Emma e abbassò lo sguardo a guardare il volto, ricamato in ogni dettaglio del pallore del ragazzo.
 “Sembri una tipa a posto.” disse infine Sirius.
 “È un complimento?” domandò l'emoor perplessa.
 “Ma certo che lo è” ridacchiò Black “Pare che tu sia l’unica di voi a non essere finita in Serpeverde, nonostante tu sia stata educata da uno di loro. Il peggiore per altro”
“Dal modo in cui nomini la parola Serpeverde deduco che devi essere un ex Grifondoro”
 “Acuta. Ma d’altronde si vede, no?” disse l’uomo, indicandosi il corpo nervoso e sorridendo “Un Grifone fatto a puntino”

Emma lo osservò e pensò che un tempo doveva essere stato un ragazzo molto bello e affascinante e che probabilmente aveva fatto strage di cuori ad Hogwarts. Ora invece appariva piuttosto arruffato e consumato, nonostante il ghigno che gli illuminava il volto e gli occhi grigi che la osservavano brillanti di interesse.
 “La prima volta che ti ho visto sembravi un pazzo su una locandina,  Black. Molto poco Grifondoro.” disse secca la ragazzina.
 “Azkaban ti rende profondamente pazzo” ribatté lui con un’aria esageratamente seria e poi scoppiò a ridere ed anche Emma si vide costretta a farsi sfuggire un sorriso.
 “Ad ogni modo è un piacere conoscerti” riprese lui “Peccato per il sarcasmo, devi averlo preso da Mocciosus”
 “Smettila, non chiamarlo Mocciosus” lo ammonì Emma seria e a quella frase gli occhi chiari dell'uomo la fissarono con maggiore dolcezza e la piega del suo ghigno divenne più malinconica.
 “Lo difendi eh? Mi ricordi una mia vecchia amica” quasi sussurrò tra sé “Mocciosus si è sempre nascosto dietro qualcuno di più abile di lui pronto a difenderlo”
 “Forse era solo più abile di te a trovarsi dei validi amici” tentò la ragazza nervosamente, ma il mago scoppiò a ridere.
“Oh, avanti... Emma non puoi davvero credere...” iniziò, ma la conversazione morì, troncata da Piton stesso che, all'improvviso entrò nella stanza , avvicinandosi protettivo all'emoor.
 
Sev!” squittì l'emoor stupita. 
“Mocciosus” salutò Black con aria canzonatoria.
“Cane...” sputò tra i denti Piton, ricambiando il saluto.
 “Sempre simpatico” disse Black.
 “E tu sempre tra i piedi”
Nell'aria c'era un'elettricità strana.
 Piton sembrava stranamente fuori controllo, lo sguardo cupo che guizzava tra Black e l'emoor ed Emma lo conosceva abbastanza da capire che era pronto a portare la mano alla bacchetta e che non vedeva l'ora di avere un motivo per attaccare l'altro mago. Riusciva anche a leggere sotto i lineamenti tesi del tutore la sua evidente rabbia e si avvicinò per provare a calmarlo. 
 Che quei due si odiassero non c’erano dubbi e il litigio poteva scoppiare violento da un momento all’altro, anche perché Severus l'aveva trovata da sola in compagnia di un uomo che riteneva pericoloso e responsabile di mali infiniti e se avesse avuto anche solo il vago sospetto che Sirius l'avesse offesa, l’emoor era certa che il tutore non ci avrebbe messo molto ad incenerirlo.
Così su due piedi.
Andiamo?” chiese Piton con tono tremante e la ragazza annuì in fretta per evitare che esplodesse e si voltò per salutare Black.
 “Diventi quasi tenero nella veste di protettore, Mocciosus.” sibilò invece l'uomo, rivolto a Severus, mentre i due stavano uscendo dalla stanza “Dovresti pensare di farlo stabilmente.”
 L'emoor seppe subito che Sirius aveva scelto di usare la frase peggiore, dal modo in cui Piton si voltò di scatto, minaccioso, il volto pieno di rabbia incontrollata.
 “Taci.” ribatté, la voce vibrante.
 “E perché?” continuò Black, canzonandolo “Dico solo la verità. O forse ti infastidisce prenderti cura di qualcuno che non siano le tue stupide pozioni, o i tuoi libri? Non sei cambiato dai tempi della scuola, Mocciosus. Pensi solo a te stesso.”
“Smettetela.” cercò di dire Emma, mettendosi in mezzo ai due, pronta ad intervenire, ma Severus la prese per il polso, mettendosi davanti a lei come a farle da scudo, gli occhi neri lucidi di rabbia.
 “Non parlare a me di cosa faccio, o di come lo faccio, Black” disse rivolto al Grifondoro con voce roca e vibrante, piena di disgusto “Non permetterti di dirmi come sono, o non sono cambiato. Mi sembra che tu sia rimasto il solito cane borioso. Io posso anche essermi preso cura solo di libri e pozioni, ma tu di chi ti prendi cura? Non venirmi a dare lezioni di bon ton e di pubbliche relazioni.”
 “Mi prendo cura di Harry.” ribatté l’altro piccato, improvvisamente serio e per la prima volta punto sul vivo.
 “Oh giusto... Potter! L’avevo dimenticato.” rise Piton, sarcastico ed Emma riuscì a vedere sul suo volto quell’espressione soddisfatta di chi sta per fare l’affondo finale. Gli occhi che brillavano e le labbra sottili tese in una smorfia cattiva. 
 “Tredici anni ad Azkaban, Black. La tua cura nei confronti del ragazzo è stata davvero ineccepibile.”
 Sirius trattenne il fiato, stordito dalla stoccata crudele, si riscosse e portò la mano alla bacchetta, un secondo troppo in ritardo, mentre Piton, con un’ultima smorfia soddisfatta, già usciva dalla stanza, facendo svolazzare il suo mantello nero. 
 “Non dovresti stuzzicarlo.” sussurrò l’emoor, scuotendo la testa e  Sirius spostò lo sguardo su di lei, ammorbidendosi appena. 
 Le fece in risposta un sorriso teso, da lupo e ridacchiò tra sé, sinceramente divertito.
 “Io e Mocciosus ci stuzzichiamo da una vita, Emma. Ti conviene andargli dietro, prima che se la prenda con te.”
 La ragazza annuì, indecisa se aggiungere altro, ma infine fece un cenno di saluto e si affrettò a raggiungere Severus.

. . .

Stai alla larga da quel cane” le disse il tutore appena mise piede nell'ingresso: ribolliva di rabbia.
 “So cavarmela, Sev.” sussurrò Emma, carezzando lui il braccio.
 “Lo so.” ribatté lui, facendole una smorfia tesa mentre cercava di recuperare il controllo ed Emma lo guardò, silenziosamente contenta per quell'ammissione.
 
Poco fa è arrivata questa” aggiunse subito Piton, mostrando lei una lettera tutta spiegazzata. Le mani gli tremavano leggermente per la rabbia, nonostante stesse riprendendo il controllo.
 “Che cosa è?” chiese l'emoor. 
 “È di Lucius Malfoy, mi chiede di andare da lui per discutere di alcuni affari, è un amico di vecchia data per me. L’Ordine mi ha caldeggiato chiaramente di andarci per prendere informazioni.”
 “Uhm.” annuì la ragazzina, cercando di ignorare lo stomaco che aveva fatto una capriola di tensione al nome Malfoy “quindi starai via qualche giorno?”
 “No, solo una giornata.” disse l'altro a bassa voce, studiandola.
 “Capisco. Immagino che dovrò restare qui al quartier generale.”
 “In realtà no” rispose Piton e sembrava leggermente in imbarazzo “Draco Malfoy ti ha invitata al Manor. Se per te non è un problema avrebbe piacere di vederti e Lucius Malfoy e la sua consorte si sono detti onorati di ospitarti per una giornata presso la loro casa. Credo ti considerino in qualche modo la mia pupilla e non vogliano offendermi. Per quelli dell'Ordine va bene.”
 “Oh” riuscì solo a dire Emma, mentre la sua mente cominciava a correre al galoppo. 
Draco Malfoy. Ginny, aveva bisogno di Ginny.
Allora?” domandò Severus “Cosa gli devo rispondere?”
 “Certo.” rispose in fretta Emma “Vado volentieri”
 “Bene. allora passo a prenderti domani mattina.”
 “Sì. Certo. Domani. Ok. Grazie Sev” balbettò lei. 
L’uomo annuì, osservandola curioso ed Emma rimase a fissarlo di rimando, trattenendo il fiato e ostentando controllo ma, appena lui varcò la soglia, l'emoor si fiondò al piano superiore verso la stanza di Ginny. 
Aveva bisogno di aiuto.

*

Emma era ammutolita.
Non aveva detto parola fin da prima della smaterializzazione e si era solo preoccupata di camminare velocemente al fianco del tutore lungo la cancellata nera. Severus la guardava di sottecchi sorridendo perché non aveva mai visto la ragazzina tanto in ansia nemmeno prima delle prove del torneo Tre Maghi e aveva un'espressione tremendamente buffa stampata sul viso.
 “Tutto bene?” chiese con un ghigno leggero sul volto.
 La Corvonero era tanto tesa che quasi sobbalzò e si affrettò ad annuire, mordendosi il labbro, gli occhi fissi sulla cancellata.
 “Non dovresti stringere i pugni così forte.” le fece notare Severus “ti farai del male da sola.”
 “Non sto stringendo i pugni e sono tranquillissima” rispose Emma con piglio sicuro, ma rilasciò leggermente le dita, permettendo alle nocche arrossate di riprendere un colorito naturale.
 Si fermarono davanti ad un grande cancello chiuso, che evidentemente era l'ingresso principale della proprietà. Severus le fece cenno di attendere e alzò il braccio sinistro per poi attraversare le sbarre in ferro battuto come se fossero fumo. 
 Emma non batté ciglio, concentrata a mantenere la calma, ma lanciò un'occhiata bieca al braccio del tutore e si appuntò mentalmente di fare ricerche sulla tenuta dei Malfoy e i suoi sigilli di protezione. Severus le aprì il cancello dall’interno.

Il parco del maniero era ampio e molto curato. L’erba chiara era tagliata al millimetro, così come le aiuole verdeggianti che apparivano ai lati del viale principale. Qua e là spuntavano alberi, prevalentemente da frutto e pigri pavoni bianchi che passeggiavano, trascinando le loro eleganti code a terra e che parvero ad Emma un lusso quanto mai sfacciato. Tutto, in effetti, sembrava esprimere estrema potenza e induceva al rispetto in quel luogo. 
 Guardandosi intorno l'emoor scorse una grossa fontana che gorgogliava vicino all'ingresso e la struttura brillante e imponente di un'enorme serra, che si sviluppava lungo un sentiero secondario accanto a un piccolo labirinto di siepi.
 Malfoy Manor invece, di fronte a loro, era una struttura ampia e maestosa, grigia e granitica che incuteva terrore già alla prima occhiata ed Emma si chiese quante stanze potesse contenere un posto del genere. In uno dei suoi primi battibecchi con Malfoy lui aveva fatto riferimento ad una vasta biblioteca, ma l'emoor davanti a quella casa, se così si poteva definire, cominciò a pensare che la famiglia Malfoy dovesse possedere ben più di una biblioteca.

Severus, qualche passo davanti a lei, si muoveva svelto e sembrava essere piuttosto a suo agio, come se conoscesse bene il posto. Emma si chiese quante volte avesse già percorso quel viale bianco e si rabbuiò al pensiero, ma lentamente, forse distratta dalla maestosità di ciò che aveva intorno si calmò, riprendendo respiro.
 Piton parve accorgersene perché le si avvicinò di un passo.
 
Non c’è nulla di cui preoccuparsi, Emma. È solo una visita.” azzardò “Tu starai con Draco. Andrà bene”
 “Certo.” disse lei, fingendo disinvoltura “starai via a lungo?”
 “Non lo so ancora. Sicuramente qualche ora.”
 “Capisco.”
“Non essere sciocca. Te la caverai” le disse sbrigativo Severus “è solo per oggi e poi avevo capito che non ti piacesse la compagnia di un vecchio pipistrello nero.”
 Emma inarcò leggermente un sopracciglio, cogliendo la frecciata e si lasciò sfuggire un sorriso
 “Stai facendo dell’ironia, Sev?”
 “Forse” disse lui, stringendole la spalla gentilmente, in un muto gesto di supporto “Mi raccomando. Stai attenta.”
Lei annuì appena.

Severus!” trillò una voce femminile ed Emma si voltò di scatto in direzione del suono.
 Una donna alta e magra, dai capelli biondo chiarissimo, si stava avvicinando a loro. Camminava svelta, ma elegantemente, con un sorriso di cortesia stampato sulle labbra carnose.
 Non c’erano dubbi che fosse la madre di Draco, perché per quanto sembrasse giovane, assomigliava incredibilmente al Serpeverde. Severus si arrestò vedendola e l’attese.
 “Narcissa” disse, chinando leggermente il capo in segno di saluto.
 “Oh, Severus” sorrise lei, prendendogli le mani in un gesto semplice e affettuoso “era così tanto che non venivi a trovarci. Lucius ti stava aspettando, arriverà a momenti.”
 Più la guardava, più Emma la trovava bella, nonostante il viso leggermente allungato e l'aria austera e con imbarazzo sentì l’impulso di inchinarsi davanti a lei come se fosse una regina. 
 Non si era aspettata quella donna aggraziata e all'apparenza cortese come madre di Draco. Aveva immaginato qualcuno più simile a Walburga Black probabilmente e quell'accoglienza calda, le sembrava assolutamente fuori luogo e piuttosto curiosa davanti a quel maniero scuro. 
In aggiunta, il modo assolutamente naturale con cui Severus si era fatto avvicinare da lei e aveva accettato il suo affetto la sconcertava.
 Emma si domandò come potesse essere diventato così scortese Draco con una madre del genere a prendersi cura di lui e cominciò a temere di conoscere il padre. 
 La donna si voltò verso di lei, con aria incuriosita e l'emoor potè notare che i suoi occhi chiari, di un azzurro acquamarina, erano inaspettatamente velati di una delicata tristezza e provò immediata simpatia per Lady Malfoy.
 
Tu devi essere Emma.” sorrise la donna.
 “Sì, signora.” rispose l'emoor, arrossendo quando udì la sua voce tremare, ma la padrona di casa non parve notare il suo imbarazzo, o comunque non lo diede a vedere.
 “Sei davvero una bella ragazza.” disse quieta “Draco mi ha parlato molto di te. Severus si comporta bene?”
Draco parlava a sua madre di lei? Emma sorrise.
 
“Sì, signora Malfoy. Severus è un ottimo tutore.”
Lei parve quasi illuminarsi a quella risposta e fece un buffetto gentile sul petto di Severus, che rimase però impassibile.
 “Lo penso anche io.” disse la donna “lo pensiamo tutti in realtà. Se solo sorridesse di più sarebbe anche una persona di compagnia. Ho saputo della tua recente perdita, Emma. Le mie condoglianze.”
 La ragazza deglutì, presa in contropiede. Non era propriamente quello che si era aspettata, ricevere le condoglianze per la morte dei suoi genitori da una Malfoy, peraltro con quella naturalezza, ma gli occhi della donna le parvero sinceri, così si limitò ad annuire.
 “Grazie signora Malfoy”
 “Narcissa andrà più che bene, Emma. Dimentica il signora Malfoy” tubò lei “Più tardi sarei felice di prendere un the con te, ma credo che Draco ora ti stia aspettando. Sta provando la sua nuova scopa. Lo troverai sul retro della casa.”
 
L'emoor non potè fare a meno di notare la scintilla orgogliosa che brillò negli occhi della donna mentre parlava di suo figlio.
 “Sarà un piacere Narcissa” rispose, sorrise, salutò Severus con un cenno secco e si allontanò, scorgendo solo da lontano quello che doveva essere Lucius Malfoy.

 Emma camminava nel giardino, guardandosi intorno con curiosità. Se non fosse stato per la luce tetra che emanava il maniero quel luogo poteva considerarsi decisamente bello. Era una mattinata cupa e grigia, ma un debole sole stava cominciando a fare capolino dalle nubi, illuminando l'esterno in maniera gradevole.
 Come le era stato detto, trovò Draco dietro la casa a cavalcioni della sua nuova scopa. Stava sollevato a qualche metro da terra, muovendosi nell’aria con notevole agilità, mentre controllava la qualità dei suoi movimenti specchiato nelle ampie finestre del primo piano del maniero. Emma lo guardò ammirata.
 Lei non era mai stata nemmeno 
vicino ad una scopa e non aveva mai dato troppa attenzione al volo in generale, non essendoci stato l’anno precedente il Quidditch a causa del Torneo tre Maghi ed essendo svenuta durante la prima prova di Harry, e in tutta sincerità non era poi così attratta dall’idea di affidarsi ad un pezzo di legno, ma vedendo Malfoy volteggiare sicuro rimase incantata, ammirando segretamente il coraggio del Serpeverde, che sembrava essere perfettamente a suo agio.
 “Malfoy!” provò a chiamarlo, agitando un braccio nella sua direzione per attirare l'attenzione, ma il ragazzo era troppo concentrato su quello che stava facendo e non si voltò. 
 L’emoor quindi si fermò e perse qualche secondo a guardarlo, sentendosi fortunata a sbirciare in quel momento quotidiano.
Draco Malfoy
 era bello. Non oggettivamente, questo no. Ma bello.
 Era alto per la sua età e sottile, nonostante un vigore che non ci si sarebbe aspettati guardandolo ed era elegante, con i capelli tanto chiari da sembrare bianchi e la pelle diafana, ma i suoi lineamenti, che ad Emma parevano semplicemente perfetti, erano in realtà piuttosto affilati e spigolosi e il suo carattere, brusco e supponente, non lo rendevano nemmeno così affascinante. 
 Eppure la ragazza ne era attratta magneticamente, per qualcosa che non riusciva nemmeno a spiegare. Forse era il fatto che Malfoy non facesse nulla per colpirla, forse il modo secco in cui rispondeva alle domande, il distacco con cui la osservava, così diverso dalla curiosità 
morbosa degli altri. Forse era l'intelligenza pragmatica che dimostrava di avere a lezione, o il ghigno che gli tagliava il volto. 
 Emma non lo sapeva, ma rimase incantata mentre lo osservava, notando la sua concentrazione, i muscoli tesi e pronti, la fronte corrucciata e anche se distante riuscì quasi immaginare la luce che doveva illuminare i suoi occhi grigi, con tutte quelle minuscole pagliuzze azzurre che aveva scorto la prima e unica volta che lo aveva abbracciato. Improvvisamente si sentì imbarazzata: Malfoy l’aveva vista piangere. Piangere a dirotto, in realtà. Disarmata.
 L’aveva vista senza barriere, fragile come solo Severus l’aveva vista prima. L’aveva vista piangere la morte dei suoi genitori e poi loro due non si erano più incontrati, né sentiti. Ma ora lei era lì, da quello stesso Malfoy di cui non sapeva nulla se non il nome e il cognome, che condivideva con quella famiglia ingombrante con qualcosa di oscuro alle spalle e poco altro. 
Improvvisamente si sentì annaspare, ricordando il profumo di Malfoy e la sua stretta gentile e quel sottile imbarazzo che li aveva avvolti, quella reciproca curiosità, che cadenzava i loro incontri e avvertì il rossore indesiderato spandersi sulle sue guance.

*

Emma avrei voluto vivere anche io un momento di condivisione come il vostro.” affermò netta Ginny, la fronte aggrottata.
 
Non è stato proprio un momento di condivisione, è stato solo strano.” mormorò l'emoor, arrossendo dolcemente al pensiero.
 “Sì, ma t
i rendi conto che Draco Malfoy è interessato a te?”
 
Non penso che sia così”
 
Ti ha invitato al Manor”
 
Quindi?” si schernì l'emoor, cercando di minimizzare.
 
Quindi per qualche motivo quello stronzo patentato di un Malfoy deve aver perso la testa per te, oppure io non sono una Weasley”
 “Non capisco perché dici così” insistette Emma, dubbiosa e si vergognò di sentire il battito furioso del cuore sempre più incontrollabile.
 “Non capisci?” disse di nuovo Ginny, completamente esasperata dall'amica “
Ti ha invitato al Manor, Emma. A Malfoy Manor. Non hanno accesso a quel posto nemmeno Tiger e Goyle, credo. È personale”
 
“I due armadi umani?”
 “Loro.”
 “Non so se dovrei sentirmi lusingata” rise e Ginny con lei.
 “È personale, Emma.” ripeté la rossa dopo un attimo “Per le famiglie Purosangue nulla è lasciato al caso. La dimora dove vivono è importante, gli inviti sono strategia, le affermazioni armi a doppio taglio.”
 Emma aprì la bocca per ribattere di nuovo ma venne interrotta da Hermione, che le osservava appoggiata sulla soglia. Non l'avevano sentita avvicinarsi.
 “Ginny ha ragione Ems.”
 “Immagino tu abbia letto tutto a riguardo” borbottò l'emoor. 
 “In effetti, è proprio così” sorrise la Granger e sembrò tentennare un istante prima di continuare, dondolando sui talloni “Non volevo intromettermi, ma se ti interessano le storie delle famiglie magiche posso consigliarti qualche libro. Ci sono molte cose interessanti a riguardo.”
“Mi piacerebbe” mormorò l'emoor e Ginny scosse la testa accanto a lei, visibilmente incredula, gli occhi sgranati.
 “Trovo davvero impensabile che voi due siate riuscite a ricondurre ancora l'argomento sui libri. Anche quando si parla di un invito a Malfoy Manor”
 Emma trasalì appena davanti a quelle parole dette ad alta voce davanti ad Hermione, ma la riccia Grifondoro scosse appena il capo, facendo un sorriso molto dolce nella sua direzione.
 “Non so a cosa stiate giocando tu e Malfoy” disse pacata “Ma non è affare mio. Però Ginny ha ragione. Se ti ha invitata al Manor è personale”
 “Grazie a Merlino. Mi da ragione la strega più brillante che io conosca” trillò la rossa con soddisfazione, facendo ridere le altre due.

*

Emma sorrise pensando al fervore quasi infantile con cui l'amica le aveva fatto quei commenti, quando la sera prima le aveva raccontato del breve scambio che aveva avuto con Malfoy nei prati di Hogwarts e riuscì a rallentare il battito del cuore prima di avanzare lentamente verso il prato su cui Draco stava volando.
 Il ragazzo la notò in quel momento e planò verso terra, con un leggero cenno nella sua direzione e bastò quello perché le gambe dell'emoor tornassero molli e il cuore aumentasse i suoi battiti.
 
O’Shea!” esclamò il Serpeverde.
 “Malfoy” sussurrò lei. 
Si sentiva la bocca impastata e la voce tremante, ma dopo il primo attimo di incertezza le gambe parevano tornate abbastanza stabili da reggerla in piedi dignitosamente.
 “Non credevo saresti venuta” disse il ragazzo, oramai di fronte a lei.
 Un sorriso smagliante, di quelli che si sfoggiano davanti ad un pubblico, stampato sul volto, gli occhi luminosi e il viso stranamente arrossato dall’eccitazione del volo. Era stupendo. 
Merlino.
Non vedevo motivo per non venire. E poi te l’avevo detto che ci sarei stata.” rispose lei, sperando che Malfoy non le ricordasse il terribile momento in cui avevano avuto quella strana conversazione.
 Il ragazzo non infierì. 
 “Ti vedo bene” disse invece, indicandola con un movimento del mento ed Emma sorrise in risposta. 
 “Anche tu mi sembri in forma, Malfoy”
 “Sì, me la cavo” borbottò lui, grattandosi dietro la testa con un movimento fluido e naturale, 
inusuale per lui, che a scuola era sempre così rigido e impettito.  Sembrava più giovane e spavaldo lì nel suo ambiente. Emma non se lo sarebbe mai aspettato e poi stavano facendo conversazione.  Una conversazione normale, tesa e formale, forse, ma pur sempre conversazione e l'emoor cominciò a sentirsi più sicura di sé.
 “Ti ha accompagnato Severus?” domandò poi il ragazzo.
 “Sì, credo che lui e tuo padre se ne siano andati poco fa.”
 “Avranno i loro affari. Questo significa che abbiamo un po’ di tempo per noi.” 
Tempo per Noi.
Emma si sentì arrossire e si ritrovò senza parole. 
 Guardò Malfoy sperando che lui dicesse qualcosa per evitare l’imbarazzante silenzio che si sarebbe altrimenti creato, ma il ragazzo tacque ed era difficile, incredibilmente difficile stare lì immobile davanti a lui. Emma avrebbe voluto fuggire lontano e allo stesso tempo abbracciarlo fino a sentir male e la somma di questi sentimenti contrastanti dava come risultato la sua completa immobilità. 
E il silenzio.
 Le tornarono in mente tutte le ore di pozioni passate accanto al Serpeverde, lo sprezzo, la mancanza di parole, l'aria arcigna e non riusciva a ritrovare nessuno di quegli elementi nel ragazzo posato e tranquillo che aveva di fronte. 
Era davvero la stessa persona?
Ti dispiace se rimaniamo ancora un po’ qui? Si sta bene” azzardò infine lui ed Emma lo ringraziò mentalmente per aver rotto il mutismo, mentre subito annuiva in risposta.
 “Certo. Va benissimo” rispose “Sei bravo a volare.”
 
Aveva detto la cosa giusta. Subito il sorriso del ragazzo si allargò e gli occhi gli si illuminarono di soddisfazione.
 “È una scopa nuova questa. Me l’ha regalata mio padre per la promozione, davvero stupenda. Puoi provarla se vuoi.”

Era un atto davvero gentile. Malfoy le stava dando l’opportunità di provare la 
sua scopa. Per essere precisi la sua scopa nuova.
 Non era certamente una cosa che avrebbe proposto a tutti, ma Emma sorrise, declinando nella maniera più disinvolta possibile, atterrita in realtà dall’idea di volare sul pezzo di legno e soprattutto di fare la figura dell’idiota davanti al ragazzo, magari cadendo a testa in giù da quel trabiccolo.
 
“No, no grazie, Malfoy, davvero. Preferisco guardarti.” 
Era una scusa
 davvero patetica.
 “Non farti problemi” esclamò infatti lui, probabilmente fiero del suo atto di gentilezza “se te lo dico io! Puoi provarla davv...” 
 Si bloccò. Doveva aver colto qualcosa di molto simile al panico negli occhi della ragazza che se ne stava di fronte a lui e ci mise un istante ad arrivare alla giusta conclusione.
 “Tu non sai volare.” 
Non era una domanda. 
Emma si sentì avvampare e fu colta da un’improvvisa rabbia.
 “Non mi sembra così grave, no?”
 L’espressione del ragazzo la infastidiva. Era la stessa che aveva avuto Ginny Weasley quando aveva capito che l’emoor non sapeva chi fosse Harry Potter. 
Incredulità pura. Ed Emma odiava l'idea di rendere incredule le persone per la sua ignoranza. 
Non le sembrava nemmeno poi una così grave come mancanza quella non aver mai volato, ma evidentemente il Serpeverde, cresciuto diversamente da lei, non la pensava così.
 “Ma, ma tutti sanno volare. Non bene, non tutti. Ma un po’ sì. Facciamo volo al primo anno!”
 “Io non ho frequentato il primo anno.” ribatté lei, forse più acida di quanto avrebbe voluto, ma il ragazzo parve pensare a quell'aspetto in quel momento e scrollò le spalle, annuendo appena.
 “Giusto, non ci avevo pensato. Non c’è problema. Ti insegno io.”
Il cuore di Emma perse un battito.mL’aveva detto davvero?

Lanciò un’occhiata bieca al biondo e scosse subito la testa quando si accorse che lui diceva seriamente.
 “Non mi sembra proprio il caso. Potrei essere una pessima allieva.”
 “Io sono un ottimo insegnante.” disse lui, borioso.
 “Non ne dubito, ma davvero preferisco...”
 “Avanti O’Shea!” esclamò “ non ti fidi di me?”
 Quella domanda riportò Emma alla sua solita razionalità. Inarcò un sopracciglio, facendosi sfuggire un mezzo sorriso.
 “Dovrei?” domandò ironica
 Anche Malfoy scoppiò a ridere. Era la prima volta che Emma lo vedeva ridere. Avrebbe dovuto farlo più spesso. 
Era bello mentre rideva. Sembrava quasi un’altra persona, con la testa reclinata all'indietro, gli occhi luminosi, le guance rosate.
 
D’accordo, d’accordo” disse il Serpeverde, concludendo la risata con il suo ghigno storto e canzonatorio “non hai alcun motivo per credermi, ma se fai un atto di fiducia posso assicurarti che non te ne pentirai. È la cosa più bella del mondo, volare intendo.”
 Era il secondo atto di fiducia che le veniva richiesto dall’inizio dell’estate. Emma osservò curiosa il biondo, ancora indecisa. 
“Sai che Severus ti ucciderà se mi farai del male?”
 “Ne terrò conto” disse lui, smagliante.
 “Cosa ti diverte tanto?” domandò l’emoor.
 “Vedere la tua faccia atterrita quando ci staccheremo da terra O’Shea. Andiamo?” domandò il ragazzo e poi fece una cosa assolutamente inaspettata, un gesto che Emma non avrebbe mai immaginato che lui potesse fare con quella naturalezza e che stupì Malfoy stesso per leggerezza con cui lo fece: Draco tese una mano verso di lei e prima che lui potesse ritirarla, l'emoor agì d’istinto e l’afferrò saldamente.
 C’era una sorta di elettricità nell’aria mentre lui si metteva a cavalcioni della scopa ed Emma subito dietro e anche se la colse un leggero panico quando lui si alzò da terra prima che lei avesse individuato un posto dove tenersi, un’improvvisa ondata di pace e una sensazione di perfezione l’attraversò quando d’istinto si aggrappò a lui, circondandogli la vita in un abbraccio. 
 Malfoy non reagì a quel contatto intimo ed Emma inalò il suo profumo mentre si innalzavano sempre di più al di sopra del Manor. 
Pioggia in arrivo, menta e caffè.
 Si muovevano leggeri una aggrappata all’altra, in silenzio, entrambi pensierosi, mentre l'aria fredda sferzava i loro volti e il cielo gorgogliava, di nuovo scuro, promettendo pioggia. 
 Il ragazzo sorrise e l'emoor lo imitò, contro la sua schiena.

Narcissa Malfoy li scorse dalla finestra della sua stanza e subito le si accese nel petto una tenue speranza. Il fatto era che la donna aveva sempre avuto molte certezze nella vita, assicurate dai soldi, dal prestigio e dal suo cognome, prima ancora di quello del marito, ma l'affetto, l'amore, i legami erano una componente sottovalutata nella sua storia famigliare, che lei invece trovava di importanza cruciale.
E infatti Narcissa Black, in Malfoy, amava suo figlio più di ogni altra cosa, più del problematico marito che eppure aveva fortemente voluto e a cui stava fedelmente al fianco da tanti anni. 
Draco per lei era semplicemente 
tutto e Narcissa aveva investito ogni suo briciolo di tempo nella sua educazione, con fervente attenzione. 
 Contro il volere di ogni famigliare aveva cantato per suo figlio vecchie ballate e insegnato lui l'importanza della musica, aveva raccontato storie ricche di morali e passeggiato mostrandogli ogni fiore e insegnandogli la cura, la delicatezza e soprattutto la pazienza.
 Si era opposta fermamente al marito nell'idea di inviare Draco a studiare a Durmstrang e l'aveva invece tenuto al sicuro contro il suo fianco, tessendo per lui una rete di protezione e insegnandogli come comportarsi con distacco ed eleganza in società e come nascondere i suoi sentimenti perché altri non potessero usarli per ferirlo. 
 E nonostante gli sbagli che era certa di aver commesso
 era convinta di aver fatto il possibile per lui. Di aver fatto un buon lavoro.
 Eppure, in quei giorni incerti e oscuri di cambiamento, che per la sua famiglia potevano significare un periodo ottimo così come orribile, a volte temeva che qualcosa le fosse sfuggito, che il carattere di Draco si rivelasse più simile a quello di Lucius che al suo e che le amicizie di cui si contornava il figlio non lo aiutassero ad essere lucido ed obbiettivo, qualità che la donna giudicava essenziali. 
 Si era quindi stupita positivamente quando lui aveva chiesto educatamente il consenso di poter invitare un'emoor al Manor, dichiarando che si trattava dell'unica emoor non Serpeverde.
 Ed era rimasta ancora più deliziata quando aveva scoperto che, la ragazzina in questione, era la stessa che Piton aveva accolto in casa sua l'estate precedente e quando infine l'aveva incontrata poco prima, l'aveva trovata così educata, adorabile e sincera che il suo cuore aveva fatto uno svolazzo di soddisfazione. 
Narcissa Black in Malfoy aveva infatti molti difetti, nonostante lavorasse duramente per nasconderli, ma tra questi non c'era l'essere ottusa. Aveva imparato a leggere le persone in un battito di ciglia, a nascondersi dietro un sorriso e a non concedere immeritatamente la fiducia, ma se c'era una persona a cui la donna avrebbe affidato anche la propria vita, quella era Severus Piton.
 Conosceva quell'uomo da tanti anni che a volte perdeva il conto e sapeva quanto fosse rude e solitario, ma gli riconosceva una sua peculiare sensibilità. Lo aveva visto soffrire duramente in passato e costruire muri intorno a sé con feroce determinazione, tenendo tutti a distanza. E se Severus Piton aveva accolto Emma nella sua vita con tanta facilità, poteva sentirsi tranquilla a vederla passare il suo tempo accanto al suo unico figlio, Draco.
 L'emoor in fondo le pareva abbastanza Serpeverde da non destare problemi, figlioccia addirittura di un Mangiamorte, ma... 
diversa.  
 Non ci voleva poi molto in effetti a capire che Emma O'Shea e il suo sorriso cortese aveva ben poco in comune con la figlia dei Parkinson, o dei Greengrass e dal punto di vista della donna questo non poteva che essere un bene.

. . .

Il tocco della mano di Draco sulla sua fece sussultare l’emoor.
 “Tieni tutte due le mani sulla scopa, Malfoy” gridò atterrita “Sei forse impazzito? Vuoi farci precipitare”
 Volavano alti e veloci.
 “Sei così terrorizzata, O’Shea?”
 Il Serpeverde stava decisamente ridacchiando divertito ed Emma era senza parole. Nulla di quel ragazzo, che stava abbracciando convulsamente in vita per paura di cadere, aveva qualcosa a che fare con l’arrogante Malfoy conosciuto ad Hogwarts. 
Che fosse per l’eccitazione del volo non lo sapeva, ma era diverso ed Emma si ritrovò a fissare curiosa la nuca bionda del ragazzo di fronte a lei. Chiedendosi cosa avrebbero detto i suoi amici se l’avessero vista in quel momento. 
A cosa stai pensando, Malfoy?
 
O’Shea? Sei viva?” domandò il Serpeverde e l’emoor annuì piano contro la sua schiena, chiedendosi quanto tempo sarebbe passato prima di riavere l’opportunità di stare così vicini.
 “Guardati intorno. La vista è stupenda.” le disse gentilmente, con un tono inusuale per lui, rallentando l’andatura e planando verso il basso con movimenti delicati.
 Era vero. La vista era spettacolare.
 Il Manor dall’alto non era poi così scuro e terribile ed Emma poteva vedere anche il giardino immenso e tutti i suoi alberi e pavoni.
L’aria fresca le pizzicava la faccia. Era bellissimo.
 Draco le indicava vari punti del parco dall'alto, snocciolando informazioni ed Emma si rilasso lentamente, ma quando, dopo un tempo che parve infinito, tornarono a terra, si ritrovò comunque felice della forza di gravità che la teneva ancorata al terreno e fece un sospiro di sollievo senza riuscire a trattenersi, scivolando giù dalla scopa, mentre scioglieva riluttante la stretta su Draco.
 “Mi sento molto più tranquilla quaggiù.” ammise.
 “È stato poi così terribile?” chiese lui, sinceramente divertito.
 “Non so...” borbottò l’emoor “La vista era stupenda, ma non mi sento poi così sicura in bilico su un legno.”
 “Ehi” la riprese Malfoy “non offendere la mia scopa”
 “Ma 
è un pezzo di legno” sussurrò Emma.
 “Sei incorreggibile O'Shea” la rimbeccò di nuovo lui “non solo insulti la mia ottima scopa, ma potevi goderti il panorama senza avere paura e invece tramavi come un pulcino. Lo sai che non ti avrei mai fatta cadere?” ghignò lui, con quel suo nuovo sorriso storto e beffardo che incantava la Corvonero.
“Perché altrimenti Severus ti avrebbe ucciso.”
 “Anche, lo ammetto” annuì lui divertito “Ma, nonostante questa garanzia, hai rischiato di farmi andare in arresto respiratorio da tanto mi stringevi”
 Le guance dell’emoor si tinsero di rosso. 
“Draco, non è che non mi fido di te, ma mi fa paura l'altezza”
 Il Serpeverde sgranò gli occhi e la guardò intensamente, i lineamenti taglienti illuminati da un timido sorriso.
 “Mi hai appena chiamato per nome, O'Shea e hai appena detto di aver fiducia in me.” disse inarcando un sopracciglio “Facciamo decisamente progressi.”
 Lei sbatté le ciglia, colta di sorpresa e trattenne il fiato.
“Beh, Draco è il tuo nome, no?” puntualizzò in fretta, se possibile ancor più rossa “E la mia non è proprio fiducia... se ne avessi avuta non ti avrei stritolato, forse.” 
 Il ragazzo sorrise appena più allegro, ridacchiò tra i denti e non disse nulla, gli occhi però fissi sul volto di lei.
 “Comunque...” riprese l’emoor, scostando lo sguardo “scusa se ti ho quasi causato un arresto respiratorio.”
 “Nessuno ha detto che mi abbia dato fastidio, 
Emma.”

. . .

Draco Malfoy era una piacevole compagnia. Nemmeno nei suoi sogni l'emoor avrebbe mai potuto sospettarlo, ma era vero. Draco Malfoy era una piacevole compagnia.
 Nonostante l'inspiegabile attrazione che provava nei suoi confronti, lei l’aveva sempre considerato irritabile e pieno di sé e invece doveva ricredersi perché lui sapeva essere gentile e fare conversazione. 
 Avevano passeggiato nel parco a lungo e ora le stava mostrando la casa, che dall’interno pareva ancora più grande. 

Camminavano una accanto all’altro, Corvonero e Serpeverde, vicini, nonostante la spaventosa ampiezza dei corridoi. 
 Non si erano più sfiorati, da quando erano scesi dalla scopa, ma tra loro c'era una curiosa elettricità ed Emma sentiva il bruciante desiderio di prendere la mano di lui e le pareva a volte che anche Malfoy le lanciasse occhiate oblique, che si affrettava a nascondere. 
 Parlarono un po’ di tutto: di scuola, di letture, di voti, di professori, mai di compagni di classe, Voldemort o differenze. 
 Draco non fece mai riferimento al loro scambio di battute nei prati di Hogwarts ed Emma non accennò in alcun modo a quel fatto. 

Danzavano sulla superficie della loro conoscenza senza andare in profondità, forse per paura di toccare dei nervi scoperti, ma ciò, al posto che creare una conversazione vuota e superficiale, diventava un atto di gentilezza nei confronti dell’altro. Perché ognuno dei due sapeva, o almeno intuiva, che molto ci sarebbe stato da scoprire.
 Emma era attratta da quel ragazzo raggiante e sicuro di sé, che si muoveva nel suo spazio con disinvoltura ed eleganza, orgoglioso di mostrare la sua dimora e di parlare della storia dei Malfoy.
 Ed Emma non aveva scorto nemmeno un'espressione sprezzante sul volto del Serpeverde da quando era lì, né lui aveva mai dimostrato alcuno un atteggiamento snob, anzi, più l'emoor lo osservava più si sentiva a suo agio con quella nuova versione di Draco, così affabile e quasi gentile, che la rendeva man mano più serena, mentre l’ansia provata inizialmente l’abbandonava.
 “Andiamo piuttosto d’accordo, non è vero, O’Shea?” domandò lui a un certo punto, dopo un lungo silenzio privo di imbarazzo e le fece un mezzo sorriso allegro, fermandosi a metà del corridoio che avevano imboccato, per guardarla in volto.
 “Nessuno ha mai detto il contrario” ribatté lei.
Lui alzò le spalle con noncuranza a quella risposta e aprì una porta sulla destra del corridoio, entrando nella stanza senza voltarsi indietro. Emma lo seguì incerta e ammutolì di colpo quando si rese conto di essere all'interno di una mastodontica biblioteca, molto più vasta di quella che usava a scuola.
 “Ora capisci perché non frequento la biblioteca di Hogwarts” disse il ragazzo, senza riuscire a celare una certa soddisfazione davanti allo stupore di lei, che in risposta si limitò ad annuire, mentre osservava attenta la quantità di volumi intorno a loro.
 Malfoy avanzò nella stanza e si sedette su una delle due poltrone che stavano davanti ad un vecchio e maestoso camino spento. Sorrise incoraggiante all’emoor e le fece cenno di imitarlo indicando la poltrona vuota di fronte a lui.
 La ragazza, lo sguardo ancora perso sui volumi che la circondavano  eseguì. Non sapeva dove si trovassero di preciso. All’interno di quel maniero scuro per lei era quasi impossibile orientarsi, ma era abbastanza sicura che fossero piuttosto distanzi dall’ingresso e dalla saletta dove stava Narcissa.

 “Come vanno le cose?” chiese lui all’improvviso. 
 Distaccato e gentile.
 Emma sussultò. “Intendi a casa?”
Lui annuì e lei si schiarì nervosamente la voce.
 “Bene. Bene direi”
 “Non deve essere facile per te vivere con Severus, dopo tutto quello che è successo” disse cauto il Serpeverde, con strana calma.
 “È quello che continuano a chiedermi tutti.” rispose lei con un mezzo sospiro rassegnato “In realtà io mi trovo molto bene. Severus è una bella persona, siamo molto simili e mi è sempre stato molto vicino. 
Soprattutto dopo quello che è successo”
Un velo di tristezza adombrò i suoi occhi e sbatté le ciglia, cercando di togliersi dalla mente i volti dei genitori e di Steph così come li rivedeva nei suoi incubi. Il ragazzo di fronte a lei forse si sentì vagamente in colpa, o percepì il suo dolore, perché annuì velocemente in risposta e tacque, vagamente a disagio, tanto che per la prima volta il silenzio che si creò si fece velato di imbarazzo.
 “Non ti piace parlare di te.” disse dopo un poco il Serpeverde.
 “No” confermò Emma, osservandolo attenta e Malfoy di fronte a lei ricambiò lo sguardo tranquillo “Affatto”
 Era seduto mollemente in poltrona e sembrava rilassato e a suo agio, la testa leggermente inclinata come se volesse sottolineare il fatto di essere disposto all'ascolto con attenzione e le mani poggiate mollemente sui braccioli in pelle.
 “Ti capisco. Anche io lo detesto.” mormorò.
 L'emoor inarcò le sopracciglia, senza riuscire a nascondere la sua sorpresa. Draco Malfoy che non parlava di sé 
era una novità.
 “Hai parlato un sacco di te oggi” gli fece notare “e non hai mai nascosto il fatto che ti piace stare al centro dell’attenzione”
 Lui fece un ghigno storto e spostò lo sguardo verso gli enormi scaffali di libri intorno a loro, scuotendo appena il capo.
 “Questo è quello che continuano a credere tutti”
 Emma si ritrovò a sorridere, raccogliendo quell'informazione.
 “Quindi siamo due individui che non amano parlare di sé, soli in una gigantesca biblioteca. Paradossale direi. Due persone tanto diverse come noi due, per di più. Forse è per questo che ci hai messo tanto a rispondere ai miei ‘
ciao’ a pozioni. Che senso a conversare?” concluse ironica, intenzionata a punzecchiarlo, ma lui non perse un briciolo della calma che sembrava avere lì, nel suo ambiente.
 “Già” rispose lentamente “Le conversazioni in fondo non sono altro che qualcosa di frivolo e superficiale. Tanto vale stare in silenzio.”
Emma sbatté una sola volta le ciglia, perplessa e stupita. 
 “Sei molto cinico, Malfoy” disse infine.
 “Un po’” ammise lui. 
E il silenzio cadde.


Cominciarono ad osservarsi nello stesso momento, accorgendosi entrambi dell'attenzione dell'altro. Arrossirono lievemente, ma nessuno dei due interruppe quello strano gioco di sguardi. 
 Si scrutavano gentili e attenti, come a cercare qualcosa senza sapere esattamente cosa fosse, avvolti da un sottile imbarazzo, con una sensazione strana che faceva loro battere il cuore furiosamente. 
 Non era come quando istintivi si affrontavano danzando intorno al calderone, o quando si lanciavano sguardi di sfida da una parte all'altra della Sala Grande. Non era nulla di così fisico e potente. 
 Era invece una sensazione ben più delicata e profonda e forse per questo ancor più pericolosa.
 Si studiavano con feroce curiosità, appena da sotto le ciglia, analizzando i particolari dell'altro, danzando sul volto e sui piccoli dettagli, lasciandosi trasportare da quell'attrazione, che li faceva indugiare sulla forma delle labbra, sul modo in cui i capelli sfioravano la fronte, sul respiro controllato.
 Emma e Draco in fondo erano solo due ragazzi nella loro adolescenza, che non si conoscevano abbastanza e che si sentivano irrimediabilmente attratti l'uno dall'altra.
 Erano due ragazzi per certi versi soli e testardi, che temevano di esporsi a terzi e soprattutto di dimostrare le proprie debolezze, entrambi schiacciati da qualcosa di più grande di loro che non capivano completamente.
 Emma cercava di processare il lutto e annaspava nel mondo magico provando a ignorare la profezia sconosciuta che le ondeggiava sul capo e le aspettative legate al suo sangue.

Oltre che tentando di capire meglio quel mondo totalmente nuovo per lei, aggrappandosi a Severus e studiando tutto ciò che non poteva controllare, come la connessione con Potter. 
 Draco invece, provava ad essere il figlio perfetto, danzando tra regole e aspettative, all'ombra di genitori presenti, ma ambiziosi. Era destinato ad essere quasi il primo della classe, ma sempre un passo dietro alla Granger, circondato da una manciata di amici di cui alcuni per nulla sinceri e con davanti un futuro che immaginava di poche scelte e molte strette di mano, come si conveniva al suo lignaggio. Un'esistenza lucida, perfetta e 
per questo vuota.
 Ma lì seduti in quella grande biblioteca, avvolti da quel silenzio denso, Corvonero e Serpeverde erano solo due ragazzi, appunto.
 Stranamente a loro agio tra loro, come se tutti i problemi e le aspettative che dovevano affrontare fossero stati chiusi lontani da quella stanza luminosa e piena di libri. 
 Quello che provarono, fu uno strano momento di connessione, in cui si sentirono entrambi compresi e che si sciolse dolcemente solo quando gli occhi grigi di lui e quelli di quel verde liquido e innaturale di lei, si abbassarono timidamente, andando a scrutare il pavimento. Il Serpeverde tossicchiò nervosamente per darsi un contegno e fu il primo ad alzarsi con un movimento secco e misurato, riprendendo il controllo della situazione e da perfetto gentiluomo si avvicinò alla ragazza e tese una mano verso di lei.
 Emma l'afferrò e si spiavano ancora entrambi, non riuscivano a farne a meno, ma in maniera meno sfacciata. Il volto pallido e affilato di lui era pervaso da una strana serenità, quello bello e luminoso di lei da una forte curiosità e tentennarono per un momento in mezzo alla stanza, le mani intrecciate.
 “È davvero un peccato essere così diversi, O’Shea.” sussurrò lui e sembrava sinceramente dispiaciuto.
“Importa davvero qualcosa?” domandò lei.
Stava davvero vivendo tutto ciò?
“Forse non per noi.” concesse il ragazzo, accigliandosi appena “Ma per gli altri, per il mondo esterno, sicuramente.”
 “Non ne sarei così sicura.” ribatté tranquilla l'emoor.
 Lui non rispose e lei si ritrovò a pensare che il sangue che le scorreva nelle vene apparteneva a Serpeverde e si chiese come avrebbe reagito Malfoy nel saperlo.Uscirono insieme dalla stanza, tenendosi ancora la mano.
 “Perché giri con quei Corvonero e la Granger e tutti gli altri?” domandò dal nulla il biondo, mentre attraversavano il corridoio.
 Non la guardava. Timoroso, lo sguardo dritto davanti a sé, 
 “Sono simpatici” rispose Emma tranquillamente.
 “Simpatici?” chiese scettico lui.
 “Simpatici Malfoy, dovresti dare loro una chance.”
 “Devono piacere a te, non a me” ribatté con una nota disgustata “ero curioso, perché loro? Tra tutti gli amici che potresti avere?”
 “E tu perché esci con i due armadi?”
 Lui si accigliò ancor di più a quella domanda, diventando tutto d'un tratto molto confuso.
 “Intendi Tiger e Goyle?”
 “Sì loro” rincarò Emma “Blaise almeno sembra sveglio, ma loro?”
“Touché, 
Mezzosangue” soffiò Malfoy, con un mezzo sorriso ed Emma sussultò per l'appellativo, soprattutto perché le sembrava un modo piuttosto strano per definirla. 
 Erano molti i Mezzosangue a Hogwarts, certamente più comuni dei Purosangue e anche dei Nati Babbani. Le sembrava una caratteristica troppo banale per costituire un nomignolo.
 “È vero che esistono delle leggi per i Purosangue?” domandò all'improvviso, continuando a stringere la mano del ragazzo. 
Era 
sinceramente curiosa.  L'importanza che i maghi davano al sangue e alla purezza la stupiva profondamente. E nonostante le lunghe chiacchierate con Bill Weasley, che aveva fatto presso il Quartier Generale, analizzando insieme a lui i sigilli spezzati della casa dei Black, ancora la confondeva la struttura e le gerarchie della famiglie Purosangue. Draco parve leggermente infastidito per la prima volta dalla domanda, ma annuì una volta, con un gesto elegante del capo.
 “È vero” rispose.
 “Che tipo di leggi?” indagò lei.
 “Di ogni tipo.” rispose il ragazzo e lasciò la mano di Emma per fare un vago gesto nell'aria “dal comportamento in generale, al matrimonio. È un'etichetta piuttosto complessa da seguire, basata sul fatto che dai Purosangue ci si aspetta il meglio. Abbiamo un'educazione variegata fin dalla tenera età per essere pronti ad affrontare qualunque discussione in società”
 “Deve essere snervante e complicato” borbottò l'emoor e Malfoy scoppiò a ridere di cuore. 
Sincero.
 “Non direi, no! Io sono orgoglioso del mio stato di sangue” ammise.
 “Sì beh, sì. Immagino di sì” balbettò l'emoor, imbarazzata “Per me è strano. Dal mio punto di vista non c’è grande differenza. Non voglio offenderti” aggiunse velocemente, quasi trattenendo il respiro.
“Non mi offenderò” acconsentì Malfoy “Ma solo perché tu sei diciamo nuova a questo mondo.” 
 Le riafferrò la mano, lo sguardo assottigliato, come se stesse accuratamente scegliendo ogni singola parola da dirle.
 “Cosa stai pensando?” chiese lei.
 “La mia famiglia mi ha sempre insegnato a disprezzare gli stati di sangue diversi da quello puro e credo che siano nel giusto...” tentò lui, ma era piuttosto incerto e sembrava ragionare velocemente.
 “Perché?” lo interruppe Emma, non riuscendo a trattenersi.
Malfoy le piaceva davvero. Aveva trovato in lui una persona estremamente interessante, oltre che dotata di un'intelligenza feroce e la curiosità la spingeva a scavare dentro di lui, perché voleva assolutamente provare a capirlo, anche se complicato, e voleva dimostrarsi aperta, disposta all'ascolto e 
di ampie vedute.
 Il ragazzo le lanciò un’altra occhiata insicura e parve rifletterci ancora un istante, ma poi scosse la testa con decisione.
Non credo che io e te dovremmo parlare di queste cose.”
 “Perché?” domandò di nuovo la ragazza.
 “Perché avremmo sempre idee diverse e finiremmo con il litigare. La mia famiglia è molto antica e sono stato cresciuto con certi concetti fondamentali e inamovibili in cui credo io stesso. Non voglio tu possa provare a cambiarmi in nessun modo, specie perché non ne hai il diritto.” disse con tono secco e improvvisamente sembrò assomigliare di più al Malfoy di Hogwarts.
 “Forse hai ragione.” rispose Emma, cauta “Volevo solo capire, in fondo anche io sono una 
Sanguesporco. Ricordi?” 
 Malfoy fece una smorfia infastidita a quell'affermazione ed Emma seppe di averlo punto sul vivo, ma continuò a cercare tranquilla lo sguardo di lui, pacifica.
 “Per te è diverso O’Shea. Sei un'emoor.”
 “Beh, ma non cambia.” provò di nuovo, ma davanti a quell'insistenza Malfoy reagì di scatto, le lasciò la mano, l'afferrò per un polso, spingendola contro il muro e la fissò dritto negli occhi.  
 Sembrava 
furibondo ed erano vicinissimi, tanto che Emma sentì il volto diventarle rovente e la salivazione azzerarsi. 
 Il profumo del ragazzo le invadeva le narici, confondendola, ma non quanto il peso del suo corpo contro di lei. Anche lui sembrò colpito dalla sua stessa reazione e da quella vicinanza inattesa. L'emoor lo vide inumidirsi le labbra, teso.
“Ho detto che per te è diverso, 
O'Shea.” scandì il Serpeverde “È solo apparentemente sangue sporco. Hai del sangue purissimo che arriva a te da generazioni e generazioni, fai parte di una profezia che coinvolge i fondatori. È diverso ok?”
Emma deglutì “Ok” sussurrò infine, senza riuscire a trovare altro con cui rispondere e Malfoy sospirò. 
 Fece un passo indietro e la lasciò andare. Si passò in fretta una mano tra i capelli, cercando di riprendere il controllo e di tornare velocemente ad essere il solito ragazzo preciso e sicuro di sé, ma teneva gli occhi bassi, imbarazzato.
 “Non... non...” balbettò “non mi permetterebbero di passare del tempo insieme a te, se tu fossi considerata una Sanguesporco. Quindi possibilmente smettila di consigliarlo”
 Lo sguardo di Emma si dilatò dallo stupore al sentire quella frase e l'amarezza che aveva percepito nella voce incerta di lui. 
 “Ti piace passare del tempo con me?” chiese gentile, cercando di nuovo il suo sguardo e si aspettava in parte che lui ridesse, scuotesse la testa, o trovasse un modo tagliente di risponderle.
 “Molto” disse invece tra i denti, stupendola nuovamente.
 “Oh” esalò la ragazza.

Erano tornati all’ingresso. Immobili, una di fronte all’altro, con lo sguardo basso. Le ampie scalinate che portavano al piano superiore, coperto di lucido marmo, li faceva sembrare piccolissimi. 
 Attaccati alle pareti quadri di personaggi arcigni, come quelli di Grimmauld Place, li osservavano con perplessa curiosità, ma l'emoor li ignorò. Non riusciva a staccare lo sguardo dal volto pallido del ragazzo di fronte a lei, visibilmente combattuto.
 “Mi spiace se ti ho offeso, Malfoy” sussurrò e si sentiva davvero un’idiota per essersi messa a parlare di purezza di sangue con lui.
“Spiace a me se sono stato brusco” ribatté in fretta lui, senza nemmeno guardarla in volto “Non sono abituato”
 Emma sorrise piacevolmente stupita. Allungò una mano per sfiorare solo leggermente il braccio di lui, per attirarne l’attenzione.
 “E sono davvero felice di essere qui.” aggiunse con garbo. 
 Voleva essere gentile, far sapere lui che era molto grata dell'invito, che era contenta di aver avuto modo di parlare con lui in una luce  così diversa. Malfoy stirò un sorriso, vagamente compiaciuto.
 “Mi tocca ripetermi” rispose, con un leggero ghigno “è davvero un peccato essere così diversi, O’Shea”
 “Importa qualcosa?” rispose nuovamente lei, scrollando le spalle.
 E questa volta rimasero a lungo in silenzio. 
Forse entrambi emozionati.
 “Probabilmente no” rispose infine lui e le sorrise nuovamente.
Cominciava ad essere normale vederlo con quella smorfia stampata in volto, piacevole ed Emma smise di chiedersi in quel momento perché tanta differenza tra questo nuovo Malfoy e quello che aveva conosciuto a Hogwarts. 
Le andava bene così. 
Si avvicinò e lo abbracciò.

. . .

Presero il the in un piccolo salottino rosa con Narcissa, che dimostrò nuovamente di avere tatto ed eleganza da vendere. La donna pose numerose domande, senza però mai mettere Emma in imbarazzo, facendo accuratamente attenzione a non chiedere qualcosa di scomodo, o personale e l’emoor fu ben felice di risponderle. 
 Trovava la madre di Draco estremamente piacevole ed era affascinata dalle sue movenze composte e precise, che seppur di facciata per il mondo esterno, risultavano estremamente adeguate. 
 Tutto in Narcissa Malfoy era effettivamente 
adeguato. In una misura tale che quasi faceva girare la testa la sua perfezione.
“Quindi ti trovi bene con Severus.” chiese la donna, rigirandosi con un movimento elegante la tazza tra le mani.
 “Sì, signora.” rispose in fretta Emma.
 “Sono felice che ci sia tu con lui. Severus è sempre stato terribilmente intelligente, ma molto solo.” chiosò con un sorrisetto.
 “Probabilmente sarebbe stato 
ben felice di continuare ad esserlo, ma sta cominciando ad abituarsi a me” rispose Emma.
 “Non lasciarti confondere, quell'uomo ha un cuore d'oro” tubò la donna, annuendo tra sé, come persa nei ricordi.
 “Madre per favore” scosse la testa Draco, sconsolato.
 “Oh, Draco smettila di fare così, è la verità” borbottò Narcissa “Anche tu e tuo padre siete fatti della stessa pasta, sembrate uomini tutto d'un pezzo, ma alla fine siete più dolci di un Puffskein”
 Emma ridacchiò, portandosi una mano davanti alle labbra. Malfoy era arrossito leggermente, segno che evidentemente la madre lo conosceva bene. 
 “E dimmi Emma” riprese la donna con un sorriso cortese stampato sulle labbra, gli occhi che brillavano allegri “tu e Draco frequentate insieme il corso di Pozioni avanzato.”
 “Sì, signora”
 “Immagino che Severus sia piuttosto orgoglioso di questo”
 “Non me l'ha mai detto” disse lei con un sorriso “Ma...”
Draco le interruppe.
 “Madre, quanto deve continuare questo interrogatorio?”
 “Non volevo mettere in imbarazzo la nostra ospite.”
 “Non l’ha fatto.” chiarì Emma educatamente.
 “Ne sono felice, Emma. Forse però sto effettivamente rubando molto del vostro tempo. Avevi programmi Draco?” chiese, osservando il figlio con occhi curiosi.
 “Volevo mostrare ad Emma le serre, Madre” sussurrò il ragazzo.
“Mi sembra un splendida idea” disse lei, alzandosi elegantemente mentre sistemava con un gesto secco le pieghe del lungo abito. 
 Emma e Draco la imitarono e con un cenno di saluto sgusciarono verso l'uscita. Draco svelto ed Emma a passo più lento. 
 L'emoor quasi sobbalzò quando si sentì afferrare per un polso da una presa ferma e voltandosi si ritrovò vicinissima a Narcissa.
“Sei una brava ragazza, Emma. Tieni d’occhio mio figlio.” sussurrò lei con dolcezza, sorridendo appena “lui potrebbe aver bisogno di una persona come te al suo fianco. È tanto chiuso e scontroso, sai? A volte temo che sia molto solo. Lo farai?”
 Lei, sorpresa, riuscì solo ad annuire in risposta.

. . .

Si sedettero sotto un vecchio ciliegio nell’ampio giardino. Era un bell’albero, scuro e leggermente curvo, che sapeva di stabile e antico, ma preservava un’eleganza tutta sua. Chiacchieravano con fare gentile, senza guardarsi, attendendo il ritorno di Severus. 
 Emma si sentiva per la prima volta dopo molto tempo serena e felice: la giornata era andata nel migliore dei modi.
 
Perché mi hai seguito, Malfoy?” chiese all’improvviso.
 “Seguito?” domandò lui.
 “Quel giorno.” disse lei lentamente “Ad Hogwarts, quando ti ho colpito per sbaglio nel corridoio. Quando i miei genit...”
 “Ah” sospirò lui “non lo so.” ammise infine, senza cercare altre spiegazioni. 
Non sapeva perché lo aveva fatto, aveva sentito solo l'impulso irrefrenabile di farlo.
 “Sei un ragazzo strano, Draco” disse lei, avendo cura di usare il suo nome, mentre il vento serale le scompigliava i lunghi capelli.
 “Da che pulpito, Emma.” rispose lui.

Si concessero un mezzo sorriso, poi Draco allungò la mano, il palmo rivolto verso l'alto, invitante ed Emma la afferrò. Non aggiunsero nient'altro, rimasero in silenzio, osservando i giardini del Manor. 
 “Sono felice che tu mi abbia seguito” sussurrò lei, dopo un po'.
 Draco non aggiunse nulla, la guardò e basta, continuando a tenere la sua mano nella sua, con delicatezza. 
Ora si conoscevano un po’ meglio. Avevano dato qualcosa di personale all’altro. C’era uno spiraglio per il futuro.
 Non si accorsero dell'ombra di Severus che si avvicinava loro e li osservava con strana dolcezza. Non si accorsero del tempo che passava. 
Rimasero solo uno accanto all'altra
 In silenzio.


*Angolo Autrice*

Ciao Lettori!
E di nuovo auguri di buone feste a tutti.

Vi lascio un nuovo capitolo bello lungo in regalo e pieno di avvenimenti. 
Ero piuttosto indecisa se pubblicare durante le feste, ma direi che viste queste strane festività magari il capitolo può fare compagnia. 

Punti e spunti:
. Grimmauld Place: Ho fatto intravedere una piccola parentesi a Grimmauld place con gli amici e l'arrivo di Harry, tenete presente che Emma appunto non è lì fissa a passare l'estate come tutti gli altri, ma va avanti e indietro. L'arrivo di Harry lascia l'emoor sempre confusa, perché non riesce ad avere contatti con il ragazzo. (Un cuoricino anche per Molly Weasley che bacchetta Severus)

. Sirius Black! Eccolo che spunta, una piccola comparsata per ora. Il punto in cui Sirius dice ad Emma che gli ricorda una sua amica perché difende Piton (si presume sia Lily), l'ho inserito perché ho sempre trovato assurdo che nessuno abbia mai fatto accenno al fatto che Severus e Lily fossero amici. Perché quando Harry nel sesto libro dice che non si fida di Piton nessuno dice: tu sai che Piton e tua madre erano molto amici? 
Ovviamente il contatto tra Emma e Sirius deve coincidere con uno scontro tra Cane e Pipistrello.

. Narcissa Malfoy: ho sicuramente un po' idealizzato il personaggio di Narcissa nei tratti. Ho sempre avuto però una forte curiosità per le sorelle Black. Narcissa nel calice di fuoco viene descritta da Harry come bionda e con la puzza sotto il naso, nel suo habitat Narcissa appare diversa, anche se altera.

. Draco Malfoy: Draco ovviamente è il punto cruciale di questo capitolo. Anche lui come sua madre nel suo Habitat appare diverso, non solo, ammette l'interesse per l'emoor e i due provano a interagire senza filtri e senza gli sguardi di altri. Questo sottile equilibrio e momento di condivisione come pensate potrà evolvere? è evidente che i due non potranno avere questo rapporto ad Hogwarts come niente fosse.

. Stato di sangue: ultimo appunto, a causa delle prime traduzioni del romanzo spesso si fa confusione. 
Gli stati di sangue sono quattro:
- purosangue: figli di due maghi di famiglie pure, sono rimaste solo 28 famiglie a detenere questo stato di sangue, tra queste i Malfoy.
- mezzosangue: figli di un mago + un babbano, o un mezzosangue, o un nato babbano . è lo stato di sangue più comune, Harry e Voldemort sono mezzosangue. I mezzosangue sono tollerati da Voldemort o Salazar
- nati babbani (volgarmente sangue sporco): Maghi figli di due babbani. Sono discriminati da Voldemort, Salazar e i sepreverde. è lo stato di sangue di Lily Evans o Hermione Granger.
- babbani: senza alcuna magia

Ancora buone vacanze a tutti voi, spero che la storia vi stia piacendo.
Nel prossimo capitolo torneremo ad Hogwarts, ma userò qualche *flashback* per raccontare qualche momento a Grimmauld Place.

Con affetto

vi

Ritorna all'indice


Capitolo 21
*** Pezzi d'estate e ritorno ad Hogwarts ***


.Pezzi d'estate e ritorni.



Hogwarts. Casa, in un certo senso. Un posto dove tornare. 
 Quella scuola imponente e frastagliata che si stagliava sul profilo blu notte del cielo, con la sua sagoma peculiare e affascinante.

  Emma non si era accorta di aver contato le ultime ore della sua vacanza estiva, in realtà così arida di viaggi e divertimenti, ma ricca di riunioni e amicizia, in attesa proprio di quel ritorno. 
 Aveva sperimentato un'insolita agitazione per tutto il viaggio sull'espresso di Hogwarts, ansiosa di poter vedere all'orizzonte, dalla stazione di Hogsmeade, quell'esatto scorcio sulla scuola di magia e se ne rendeva conto solo in quel momento.
 Per Emma, trovarsi finalmente di nuovo lì, era in fondo come tornare a essere immersa nella propria tiepida normalità e sotto alcuni aspetti, come riprendere a respirare, perché, nonostante l'affetto che aveva imparato a provare per la scura e accogliente Spinner's End e per l'inaspettato caldo grigiore di Grimmauld Place, Hogwarts rimaneva il suo posto preferito.
 Era il luogo dove poteva ritrovare tutti i suoi amici, compresi i tre emoor Serpeverde.  Dove poteva passare il tempo a sbirciare Draco Malfoy, chiacchierare con Ginny al campo da Quidditch, o leggere in riva al lago nero, ma soprattutto, dove poteva usare la magia e quindi sentirsi completamente sé stessa.
Per un brevissimo istante, mentre avanzava attraverso il parco lasciandosi alle spalle le grosse carrozze trainate da strani cavalli, che li avevano condotti lungo la strada fino al castello, i drammi che aveva vissuto a inizio estate, la solitudine, le notti insonni, il dolore e tutte le preoccupazioni che la dominavano sempre più spesso, le parvero secondari ed Emma si lasciò solo travolgere da quella manata di colore e affetto che era la scuola di Magia, entrando svelta  in Sala Grande, diretta verso il tavolo di Corvonero

Lilith e James, che l'avevano accompagnata subito, fin dalla banchina del binario 9 e 3/4, erano apparsi raggianti e sollevati nel vederla, con i loro volti curiosamente cotti dal sole e l'aria rilassata. 
 Si erano messi al suo fianco con entusiasmo, riempiendola di silenzioso affetto, mentre snocciolavano i racconti delle loro vacanze e insieme a lei osservavano le candele ondeggianti che adornavano il cielo della stanza sopra le loro teste.
 
 I lunghi tavoli delle quattro Case si srotolavano davanti a loro nel caos di nuovi studenti e vecchie conoscenze ed Emma scorse a quello dei Serpeverde David ed Emily che si sbracciavano per salutarla e persino Artemius che fece un leggero cenno nella sua direzione, mentre a quello di Grifondoro, trovò Ginny, Hermione, Harry e i Weasley, che come sempre le facevano segni di saluto calorosi, nonostante l'avessero vista solo il giorno prima.
 Lilith, James e l'emoor si sedettero e subito vennero circondati da Carmen, Sarah, Luna, Sean, i gemelli Harrods e persino Richard Done in tutto il suo gelido distacco.  
E poi c'era Severus. Ovviamente Severus. 
 Che la osservava attento, ma con composta indifferenza, immobile tra gli altri insegnanti, quasi impalpabile in mezzo alle tante facce amiche che Emma riconosceva tutt'intorno.
Il fatto stesso che l'uomo fosse lì a tenerla d'occhio, senza riuscire a nascondere completamente il suo neonato affetto per lei, la faceva sentire al sicuro. Perché nonostante quel che aveva scoperto del passato del tutore durante l'estate, nonostante la sua apatia e ritrosia e difficoltà comunicativa, nonostante l'ingombrante passato, il marchio nero e le differenze, Emma si fidava di Severus, perché sapeva che l'avrebbe protetta e questo la sollevava. Almeno un po'.
 E sentì una vaga speranza scaldarle il petto, anche se era consapevole che Voldermort fosse tornato e il mondo magico sembrasse voler ignorare la cosa, a un passo dal baratro.
 Anche se la morte dei genitori e Steph la faceva ancora sentire in colpa e aveva peggiorato drasticamente i suoi incubi.
 Anche se non aveva ancora mai parlato con Harry Potter di ciò che li legava e di quel che avevano visto al cimitero.
 Anche se era dolorosamente al corrente del fatto che tutto era cambiato persino lì ad Hogwarts, in alcuni casi in maniera irreparabile: come il vuoto quasi assordante lasciato da Cedric Diggory al tavolo dei Tassorosso.
Ma per la prima volta, l'emoor, nonostante tutto, voleva provare a vedere il bicchiere mezzo pieno. Voleva provare a curare le sue ferite come le aveva detto di fare Severus. Provare a sperare in un futuro aggrappandosi testarda al bello che aveva nella sua vita.
La ragazza avvolta dal calore di quelle pareti conosciute che la facevano sentire al sicuro, guardò il sorriso smagliante di Lilith e poi James reclinare la testa all'indietro nel ridere a una battuta di Sean. 
Si concentrò sulla calma che gli infondeva il semplice pensiero di essere di nuovo lì, seduta a quel tavolo, in mezzo ai suoi amici e pensò che  ce l'avrebbero fatta, che poteva essere abbastanza forte per superare tutti i suoi problemi e dolori, e che poteva dimostrare una pazienza e resistenza sufficiente per aiutare anche gli altri a superare i loro. 
Pensò che Hogwarts era più imponente e stoica e l'amicizia più forte e l'amore più essenziale di qualunque Mago Oscuro volesse metterli in pericolo: potevano farcela. Insieme potevano riuscire a rendere quell'anno scolastico un nuovo inizio, diverso da disastro del precedente, potevano... 
Tutte quelle ipotesi luminose si distrussero miserabilmente quando la donna vestita di rosa, che si presentò come Dolores Umbridge, iniziò a parlare con voce squittente, auto presentandosi con tono compiaciuto come la nuova insegnante di Difesa Contro le Arti Oscure e distruggendo ogni vana speranza mentre declamava tutte le nuove regole che il Ministero aveva approvato per agire in sicurezza. Nel loro interesse. Emma era furibonda.

. . .

“Il Ministero in questo modo si pone apertamente contro Hogwarts e Silente, è inaccettabile” sputò tra i denti, con furia. 
Camminava avanti e indietro per la Sala Comune di Corvonero ormai deserta, stringendo i pugni con rabbia insolita per il suo carattere generalmente mite e Lilith e James la ascoltavano perplessi seduti su un piccolo divano, osservandola attentamente.
 “La vedi come una cosa così grave?” domandò la biondina, masticando distrattamente una tutti gusti +1.
 Emma cercò di trattenere l'irritazione, facendo un grosso respiro, frustrata e impotente come raramente si era sentita in passato.
 Trattenne a stento le lacrime di nervoso, distogliendo lo sguardo verso le enormi finestre della torre di Corvonero. 
C'era una stellata stupenda quella notte. Stupenda e insensibile.
 Lilith, James, così come gli altri compagni di Casa, non avevano passato come lei l'estate al quartier generale dell'Ordine della Fenice, tra tensione e attesa.  
Avevano passato le loro estati sereni, in vacanza con i parenti, stesi al sole, preoccupandosi blandamente che l'amica stesse bene, ma senza troppi drammi, o cattivi pensieri. 
 Voldemort non aveva sconvolto le loro vite e il loro sonno, i giornali non avevano raccontato di notizie allarmanti, o di un'oscurità imminente, anzi per il mondo magico nulla pareva cambiato.
Ginny, Harry, Hermione e tutti gli altri Weasley, invece, erano sulla sua stessa barca, conoscevano i suoi stessi risvolti e avevano assorbito la tensione che, nonostante i sorrisi, permeava sulla Resistenza, così come David ed Emily e persino Artemius condividevano con lei almeno le stesse paure date dalla profezia, ma per tutti gli altri suoi amici la situazione era ben diversa.
 Emma trovava difficilissimo spiegare loro cosa provava, specie perché a lei ogni cosa pareva lampante e per la prima volta capì il gioco della Gazzetta del Profeta e del Ministero ed ebbe paura: creavano ignoranza.
 “È grave?” ripeté Lilith accigliata “è pur sempre il Minis...”
 “È gravissimo” la interruppe Emma bruscamente “dimentichi? Voldemort è tornato. Io l'ho visto.”
 “Per favore non usare quel nome” borbottò la biondina.
 “Ma dobbiamo usarlo” insistette Emma, furente “Se cominciamo a temere un nome come faremo quando dovremo affrontare lui?”
 Era stata Hermione insieme ad Harry a farla riflettere su quel punto, perché in realtà per lei chiamare Voldemort con il suo nome, o meno non faceva nessuna differenza, ma capiva quanto fosse cruciale distruggere il terrore paralizzante che il mondo magico aveva nei confronti di quell'uomo.
“Ems, stai esagerando” chiuse il discorso Lilith, leggermente imbronciata, mangiando un'altra caramella e continuando a fissarla accigliata. Emma sospirò. Era senza parole. 
Strinse furente le labbra per impedirsi di urlare contro l'amica, mentre recuperava il controllo. Si era aspettata di riscontrare nei suoi compagni la stessa rabbia che sentiva lei, la stessa voglia di combattere, di difendersi dal ritorno del mago oscuro, di vendicarsi in parte ed era sinceramente frastornata da quella reazione.
 “Lils” la chiamò dolcemente “non possiamo ignorare ciò che è accaduto. Cedric Diggory è morto, io l'ho visto con i miei occhi. Anche i miei genitori sono morti e il mio migliore amico. Solo perché io... sai... ecco. Se Voldemort dovesse tornare al potere...”
 “Ti ho chiesto di non usare quel nome” rispose nuovamente Lilith, questa volta più irritata ed Emma si zittì perplessa. 
 James osservava la scena attento, in silenzio, Lilith masticò lentamente un'altra gelatina prima di alzarsi in piedi con un dito puntato contro il petto dell'emoor.
 “Nessun giornale ha parlato del ritorno di Tu-Sai-Chi, Ems. Solo tu, Silente ed Harry. Non ci sono state morti, non ci sono stati attentati. Quello che ti è successo è terribile e tieni bene a mente che io sarò sempre qui per te, se hai bisogno, ma non voglio gridare al lupo prima dell'effettivo pericolo. Perché stare in guardia? Da cosa? Perché Tu-Sai-Chi dovrebbe venire a cercare proprio me?” la voce le tremava e gli occhi scuri parevano giganti.
“Lilith...” l'emoor aprì due volte la bocca nel tentativo di rispondere, ma poi ammutolì non sapendo cosa dire e sentendosi incredibilmente a disagio. La credeva una bugiarda?
 “
Io...” tentò di nuovo debolmente, cercando inutilmente supporto in James con un'occhiata veloce. Lilith roteò gli occhi, spazientita. 
“ Emma, non fare quella faccia sconvolta, io sono dalla tua parte, ma non so a cosa credere. Quando ci siamo salutate ero davvero spaventata, mi avevi raccontato delle cose terribili ed ero pronta a tutto, ma effettivamente non è successo niente.”
“Credo che sia proprio questo il gioco del Ministero” intervenne James pensoso, anticipando Emma “La Gazzetta non ne parla, il Ministero stesso ignora la cosa. È un gioco di poteri e ignoranza, non vogliono creare il panico e preferiscono tenere all'oscuro i maghi. Fingono che non stia succedendo nulla di grave, perché in fondo non sanno nemmeno loro a cosa vanno incontro.”
 “Esattamente” sospirò Emma, sollevata che qualcuno avesse seguito il suo ragionamento “inoltre ho molto da raccontarvi.”
 Sia la biondina che il moro alzarono lo sguardo verso l'emoor.
 “Di cosa?” chiese Lilith incerta.
 “Della Resistenza” sussurrò Emma e si chinò in avanti cominciando a parlare loro di quel che poteva, facendo attenzione a non rivelare nulla di pericoloso, o sensibile, ma aggiornandoli su ogni cosa. 
Sul fatto stesso che esistesse una Resistenza, per esempio, così come il fatto che Voldemort non fosse l'unico a muoversi. Parlò del poco che  Silente sembrava intuire e di quel che si mormorava nei corridoi di Grimmalud Place. Lilith e James dovevano sapere. 
Tutti coloro che erano in grado di contrastare Voldemort dovevano sapere, il mondo magico doveva essere pronto. Silente aveva ragione.

*

La donna giovane le dava le spalle avvolta da un fumo leggero, che rendeva impossibile cogliere con chiarezza il colore dei lunghi capelli e del vestito. 
 Emma cercò di avvicinarsi a lei, ma fu inutile: le grida squarciarono l'aria e un lampo di luce verde ferì gli occhi della ragazza.
 Nero. Freddo. Dei sussurri lenti e ancora grida. 
 Il volto sfigurato di Malocchio si trasformava in Barty Crouch ed Emma si allontanò correndo, le mani strette sulle orecchie per non udire le urla. 
 Inciampò in qualcosa e si ritrovò a faccia in giù contro l'erba del cimitero, ansante, l'odore penetrante di umido che le invadeva le narici.
Alzò il capo, sapendo perfettamente cosa avrebbe visto: il circolo di Mangiamore incappucciati e Codaliscia con il coltello in mano, grondante del sangue di Harry.
 La Corvonero si voltò di scatto verso al lapide dove sapeva avrebbe trovato il Grifondoro, ma qualcosa era diverso: il corpo del ragazzo era troppo pallido, troppo rigido e gli occhi troppo vacui. 
 Prima che lei potesse urlare, il Mangiamorte più vicino si tolse il cappuccio, rivelando il volto di Alan, suo padre. Si voltò verso di lei lentamente, scrutandola con gli occhi scuri che in vita erano stati sempre gentili e che ora la trapassavano vacui. La sua espressione era troppo tesa, il corpo troppo rigido.
 “Sono morto per colpa tua, Emma” disse gelido.
 
Papà io...” tentò la ragazza, ma si accorse di non avere voce.
 Le urla della donna squarciarono di nuovo l'aria, terribili, agghiaccianti e il buio parve farsi denso intorno a loro. Emma si sentiva soffocare.
 
Papà...” tentò ancora, ma ammutolì all'improvviso: tutti i Mangiamorte si erano tolti il cappuccio, tutti erano sua madre, suo padre e Steph e la circondavano, guardandola con odio e al centro di quel semicerchio infernale anche la donna sconosciuta ora la guardava, il volto stravolto, gli occhi verdi sgranati, le labbra serrate. Poi urlò di nuovo e ci fu un nuovo lampo verde.

*

Emma si svegliò madida di sudore. 
Il respiro spezzato. Gli occhi dilatati. I muscoli tremanti.
 “Emma” l'emoor si voltò di scatto, ancora fragile e frastornata, incontrando lo sguardo preoccupato di Lilith e la biondina allungò subito una mano verso di lei in una carezza, gentile.
 “Incubo” borbottò semplicemente Emma, tirandosi in piedi di scatto, mentre stringeva i denti per ignorare il giramento di testa che la colse impreparata. Arrancò verso il baule e vi frugò all'interno alla ricerca della divisa, cercando di dare le spalle all'amica.
 “Lo so che sono incubi” ribatté Lilith “Urlavi. Sono peggiorati?”
L'emoor alzò lo sguardo verso di lei sospirando piano, indecisa se dire la verità, ma alla fine si rese conto che mentirle non aveva alcun senso e che aveva bisogno del supporto dei suoi amici.
 “Sono aumentati” confermò quindi, controvoglia “Non peggiorati.”
La biondina si avvicinò svelta a lei e si protese per abbracciarla, infischiandosene del sudore che copriva l'emoor e della discussione avuta qualche giorno prima. Non l'avrebbe lasciata sola.
“Dovresti parlarne con Silente” disse secca.
 “Silente aveva occasione di cercarmi all'Ordine, ma non l'ha fatto” mormorò Emma affranta “Avrà avuto i suoi motivi”
 “Se non  con lui, devi parlarne con altri. Con Piton se preferisci.”
 “No. Hanno altro a cui pensare”
Lilith strinse le labbra contrariata “Non diventare come Potter”
 “Scusa?” domandò l'emoor perplessa.
 “Non fare l'eroina della situazione senza motivo”
Emma si fermò e guardò l'altra con più attenzione.
“Ok.” sussurrò.
 “Grazie. Devi stare attenta, Ems”
“Lo so” ribatté l'emoor, vestendosi velocemente per scendere a colazione “Me lo dicono tutti”

*

Arrossisci ogni volta che Bill ti parla, lo sai?” sorrise Ginny maliziosa.
 Emma le lanciò un'occhiata omicida, abbassando subito lo sguardo sul suo libro di Trasfigurazione, mentre effettivamente arrossiva furiosamente. 
 Bill Weasley con il suo orecchino a zanna e i lunghi capelli rossi lasciò la stanza, ignaro di essere al centro della discussione, facendo da lontano solo un cenno di saluto veloce nella loro direzione.
 “Emma stai diventando un peperone” la stuzzicò di nuovo la rossa “Chi lo avrebbe mai detto, tutti preoccupati per un Serpeverde e poi...”
“Smettila” borbottò l'emoor, ma l'altra ridacchiò.
 Stavano facendo insieme gli ultimi compiti delle vacanze a Grimmauld Place, aiutate blandamente dalla Granger e nella stanza c'era una strana calma senza i ragazzi e si sentivano solo da molto lontano le grida di Molly ai gemelli. 
 Hermione rimase un momento in ascolto, come per assicurarsi che la donna non stesse salendo le scale, interrompendo così il piacevole pomeriggio di studi, ma subito si riscosse, pigiando i cespugliosi capelli al lato del cranio, mentre lanciava uno sguardo svelto a entrambe le ragazze di fronte a lei. 
 “Beh, Bill è bello” disse con tranquillità, riportando la discussione sul ragazzo.
 Ginny spalancò un poco gli occhi “Dite davvero?”. 
 Emma annuì in risposta “Lo è.”
 
Certo” assentì anche Hermione con un gesto secco, prima di chinare lo sguardo sulla sua pergamena “molto bello” rimarcò con un mezzo sorriso.
 Ginny rimase interdetta ed Emma si fece sfuggire una risata nervosa. 
 “Ne sei stupita Gin?” chiese all'amica.
La rossa scrollò le spalle, indecisa “Beh...” esalò imbarazzata.
E non avete ancora visto Charlie.” intervenne una voce alle loro spalle.

Ninfadora Tonks sorrideva loro, le braccia incrociate sul petto e i capelli lisci inequivocabilmente viola. L'emoor l'aveva conosciuta qualche giorno prima a cena e l'aveva presa in simpatia, ma non si erano mai davvero parlate all'infuori di qualche secco saluto. Sapeva solo che Tonks lavorava al Ministero e aveva avuto modo di notare che fosse comicamente goffa.
 
Charlie?” domandò quindi con un sorriso.
 
Sì mio fratello” disse Ginny “l'altro mio fratello anzi”
 
So chi è” ribatté la Corvonero “George però giura di essere molto più sexy di Charlie, quindi abbiamo un conflitto”
Hermione fece un risolino nervoso e Tonks scosse la testa sicura. 
 “George dice un mare di stupidate”
 “Ah si?” domandò Emma, divertita.
Beh, Tonks ha voce in capitolo” spiegò Ginny “Lei e Charlie si conoscono bene. Erano allo stesso anno ad Hogwarts, mamma credo sperasse si fidanzassero a un certo punto. Le piaci sai Tonks? A mamma intendo” 
 La ragazza dai capelli viola ridacchiò divertita.
 “Molly ha provato a farmi fidanzare con più di un figlio, temo”
 Ninfadora Tonks era genuinamente allegra ed evidentemente a suo agio. C'era qualcosa di affascinante nel modo sicuro in cui si muoveva nello spazio, per poi inciampare inaspettatamente nei suoi stessi piedi, e qualcosa di sfuggente nei suoi tratti, come se vibrassero, pronti a cambiare. Emma sapeva del suo essere metamorfa, ma non l'aveva mai vista all'opera, anche se le altre due Grifondoro giuravano che fosse molto divertente. 
 La nuova ragazza si sedette al fianco dell'emoor, mettendosi una ciocca di capelli violacei dietro un orecchio e sorridendole furba.
 
Ad ogni modo, meglio qualunque fratello Weasley che Malfoy, sbaglio?” la fissava insolente e lei ricambiò tranquilla lo sguardo, reclinando la testa leggermente, per poterla osservare in volto.
Beh non posso saperlo” rispose pacata “non conosco Charlie”
 Tonks fece un piccolo sbuffo, arricciando il naso in una smorfia. 
 “Ma pare che tu conosca molto bene Draco Malfoy, sbaglio? Ginny ed Hermione mi hanno detto che sei stata al Manor”
 L'emoor non si scompose e non se la prese con le due amiche, che improvvisamente chinarono il capo. Non era un segreto la sua visita al Manor.
 “È così” rispose semplicemente “perché?”
 
Sai quanto può essere pericoloso quel posto?” domandò l'altra, ma non c'era accusa nel suo sguardo, la osservava solo curiosa, attenta, un sorriso gentile che aleggiava sulla smorfia gradassa.
 
Immagino possa essere pericoloso, sì” concesse l'emoor con calma, mentre Hermione spostava attenta lo sguardo da lei a Tonks e Ginny si mordeva indecisa il labbro “ma sono stata con Draco tutto il tempo” 
 
Pensi che Draco non sia pericoloso?” chiese la ragazza con i capelli viola.
Non per ora, ma potrebbe esserlo se volesse, ovviamente”
 Tonks annuì, apparentemente soddisfatta dalle risposte dell'altra. 
 “Mia madre è la sorella di Narcissa, Draco è mio cugino” spiegò infine.
 “Oh” sussultò l'emoor “non lo sapevo.”
 “Beh non lo sbandieriamo di certo in giro e nemmeno loro” rise Tonks “credo che ci considerino una sorta di fallimento. Sai una Black che sposa un Nato Babbano... si allontana un po' dall'etichetta Purosangue.” 
 “Mi dispiace” disse subito Emma, ma Tonks scrollò le spalle.
 “Non mi è mai importato troppo, ma sono sempre stata curiosa di loro e se devo essere sincera, mi è sempre spiaciuto non conoscere meglio Draco. Se riesci a farlo tu ed esse
re una buona amica: ottimo, ma devi stare attenta”
 “Certo. 
Tutti mi dicono di stare attenta” sbuffò la Corvonero “E poi cosa ti impedisce di conoscerlo? Draco è solo un ragazzo, non è i suoi genitori”
 
“Non so se a lui farebbe piacere” spiegò l'altra con noncuranza “Sarà diverso dai suoi genitori, ma credo che la purezza del sangue gliel'abbiano già inculcata e come ti ho detto mia madre ha sposato un Nato Babbano. Una delle sue decisioni più brillanti oserei dire, non come quella di chiamarmi Ninfadora.”
 Emma annuì comprensiva, facendo un sorriso gentile. Cominciava a capire meglio le dinamiche di quel mondo e riusciva a comprendere come mai Draco e Tonks non potessero avere contatti, anche se non lo capiva.
 
Beh” riprese a parlare l'altra allegra “Narcissa da che ricordo in realtà non è male, ma Lucius è davvero una spina nel fianco. Se riuscirai a salvare mio cugino dal lato oscuro mia madre te ne sarà grata. ”
Emma fece un mezzo sorriso, ma scrollò le spalle indifferente.
 “Quello sta a Draco” e Tonks annuì ancora, mettendo una mano sulla sua spalla con affetto.

*

I primi giorni ad Hogwarts passarono tranquilli e presto il castello rientrò nella quotidianità dei ragazzi.

Nulla di cupo pareva effettivamente incombere sopra la scuola e il clima era rilassato, tanto che, nonostante Emma e Ginny si fossero viste e avessero chiacchierato animatamente della questione, lontano da Grimmauld Place e dal perenne stato d'ansia della Resistenza, persino lei stava cominciando ad abbassare la guardia.
 In effetti, a parte qualche sporadico orribile incubo notturno, spesso in collegamento con Potter, con cui il legame non sembrava interrotto e in cui Lilith era costretta a intervenire per svegliarla, la ragazza si sentiva in gran forma.
 Con leggero affanno Emma si arrampicò lungo i gradini della torre di Astronomia, trascinando con sé la borsa di libri. Era diventato il suo posto preferito, quando il lago nero era troppo affollato, ideale per godere di un po' di calma e solitudine, essendo poco frequentata nonostante la vista meravigliosa che aveva sul parco di Hogwarts.  
 Salì allegra l'ultima tornata di scalini, ma girato l'angolo le sfuggì un urletto spaventato, colta di sorpresa.
 “Artemius” esalò.
 Il ragazzo era seduto sul gradino più alto, le ginocchia strette al petto e gli occhi pieni di lacrime. Scattò subito in piedi nel vederla, probabilmente sorpreso lui stesso di essere stato scoperto e quasi inciampò, mentre indietreggiava bruscamente. Emma alzò entrambe le mani, pacifica, cercando di calmarlo. 
 “Ehi, tranquillo! Mius mi dispiace, sono io. Non volevo spaventarti. Non pensavo di trovare nessuno quassù.”
 Il ragazzo si fermò e la osservò sospettoso, cercando di asciugarsi velocemente le lacrime. Vagamente più calmo nel riconoscerla.
 “Tutto bene?” chiese Emma con voce gentile.
 “No” rispose secco il Serpeverde “pensavo fossi qualcuno della mia Casa, mi hai spaventato”
 Emma annuì, abbassando lo sguardo sulla punta dei piedi.
Lei e Artemius non ne avevano mai parlato da soli, ma entrambi sapevano del lutto dell'altro. Tra i quattro emoor erano loro due i feriti, gli orfani e questo forse avrebbe dovuto avvicinarli, ma fino ad allora nessuno dei due aveva fatto un passo verso l'altro, né avevano affrontato l'argomento.
 “Lo so, mi dispiace.” mormorò comprensiva.
 Il ragazzo continuò ad osservarla in silenzio. Aveva il viso paonazzo e gli occhi più stralunati del solito. Emma provò una gran tenerezza e strinse le labbra in cerca delle giuste parole di conforto, ma Artemius la anticipò, spezzando il silenzio con un tono pungente.
 “Come fai tu?”
La Corvonero lo osservò curiosa. Sembrava sconvolto.
 “A fare cosa?” chiese cauta.
 “A sopravvivere tranquilla a tutto questo” ribatte lui con sottile astio “Come fai a uscire con gli amici, ad andare normalmente a lezione  con tutto quello che ci è successo?”
 Emma si strinse nelle spalle vagamente a disagio, rigettando il senso di colpa: era la domanda che si faceva tutte le sere da mesi.
 “Servirebbe a qualcosa disperarsi?” chiese in un sussurro.
 Artemius ricambiò il suo sguardo a lungo, interdetto. 
 Era un ragazzo meno fortunato, che non aveva nessuno accanto esclusi i tre emoor, Emma se ne rese conto in quel momento. 
 Non aveva amici meravigliosi come lei, non aveva Severus pronto a sorreggerlo e l'emoor si rese conto di non sapere nemmeno con chi stesse ora il ragazzo visto che i suoi genitori erano morti. 
 Per un breve istante si vergognò di non essere andata in suo aiuto,
ma si rese conto che nemmeno lui l'aveva cercata. 
 Rimasero immobili, con il silenzio che li avvolgeva di imbarazzo, Artemius che fissava ostinatamente il muro dietro le spalle di Emma e lei che teneva lo sguardo su di lui, con uno strano tepore nel petto. 
 Era strano il rapporto tra i quattro emoor in generale, legati da una profezia prima che dall'amicizia, completamente diversi tra loro, tanto che spesso Emma si era chiesta se sarebbero diventati comunque amici senza quel legame antico che li univa, ma ancora più strana era la sua conoscenza con Artemius. 
 Era un rapporto basato su sguardi e silenzi, oltre che una rispettosa curiosità, tanto che, più che con Emily e David, Emma si sentiva  legata a quel ragazzo solo e strano, nonostante non lo conoscesse abbastanza, ma ne era anche in parte spaventata, perché aveva l'impressione che Artemius fosse tagliente come una lama e privo di qualunque filtro sociale che ne ammorbidisse il carattere. 
 Eppure riconosceva il dolore sul suo volto pallido e nei suoi occhi vacui come qualcosa di simile al suo e si sentì improvvisamente invadere da una forte empatia nei suoi confronti e dal forte istinto di avvicinarsi a lui il più possibile.
 
Mius...” sussurrò e fece un passo in avanti, incerta, osservandolo di sottecchi, come per assicurarsi di non ferirlo. 
 Il ragazzo non si mosse e lei si sporse verso di lui lentamente e lo abbracciò. Solo per un istante. Perché aveva l'impressione di dargli già fastidio, ma Artemius inaspettatamente accettò quello slancio di affetto senza fare una piega equando Emma sciolse delicatamente la stretta, la osservò attento. 
 Rimase per un attimo ritto sul posto con una miriade di emozioni accavallate tra i lineamenti del volto pallido ed Emma attese che le parlasse, ma il ragazzo le diede invece le spalle di scatto e con un '
ciao' secco scese le scale della torre, allontanandosi di fretta.

L'emoor fece un sospiro stanco e salì gli ultimi gradini, senza provare a seguirlo. Si sedette sulla cima alla scala, mettendosi a scrutare il cielo mentre ispirava aria fredda nei polmoni.
Cosa doveva fare?  Come poteva aiutare le persone che amava a stare all'erta? Dove si nascondeva Voldemort?
Ripercorse gli ultimi giorni di vacanze presso l'Ordine, con la sensazione di ansia e fermento che ravvivava i corridoi di Grimmauld Place e soprattutto l'attesa. 
Cosa sarebbe accaduto ora? Qual era la prima mossa?
La ragazza non sapeva rispondersi.

*

Mi dicono che tu e il giovane Malfoy siete amici.”
 Sirius Black era apparso nella caotica cucina de quartier generale, facendo sobbalzare Emma, che aveva già salutato Ginny ed Hermione ed era scesa presto per poter fare colazione in attesa che Piton passasse a prenderla. 
 Era l'ultimo giorno per lei a Grimmauld Place.
Amici è una grossa parola, chi lo dice?” chiese pacata.
 
Le voci corrono” sorrise Black “Sicura che sia un amicizia conveniente?”
Emma sbatté una volta le palpebre, piccata.
Certo che lo è. O non sarebbe mio amico. Draco è un ragazzo interessante.”
L'uomo fece un leggero sbuffo, che gli diede un'aria scettica e canzonatoria.
 
Le donne fanno molte cose folli per amore” borbottò, facendola arrossire.
 
Non so se mi sento di prendere consigli da una persona che è stata ad Azkaban tanto a lungo” lo punzecchiò subito Emma di rimando, regalandogli però un mezzo sorriso a cui Sirius rispose gentile, prima di sedersi al suo fianco.
 
Malfoy o non Malfoy, mi spiace che te ne vai. Mi sarebbe piaciuto conoscerti meglio, Emma.” ammise l'uomo con un ghigno leggero.
 
Avremo tempo per farlo” ribatté la ragazzina frettolosamente.
 
“ Probabile, ma prima ci sarà una guerra.”
L'emoor inarcò un sopracciglio e gli diede un'occhiata torva.
 
“E in guerra le nuove amicizie sono vietate?”
Sirius rise “No, anzi, ma di solito si è piuttosto presi”
Emma annuì e mangiò un boccone di pane e marmellata senza rispondere, osservandolo con attenzione. Anche Sirius la guardava di rimando e sembrava stranamente divertito, con il suo sorriso da lupo stampato in volto, evidentemente a suo agio nel suo essere mollemente seduto al vecchio tavolo.
 
Perché sei così interessato a me Black?” chiese infine lei, sfacciata, una volta finito di masticare il boccone.
 
Te l'ho detto, mi ricordi una persona a me cara” rispose lui “e  mi incuriosisci. Oltre al fatto che in tutta la mia esperienza non ho mai incontrato una persona così abile a essere l'ago della bilancia. Lo so che è puerile, ma le faide tra Case a Hogwarts sono sempre state molto presenti e dopo la scuola è difficile che le amicizie si rimescolino, al massimo può intervenire del  rispetto, ma nulla di più. Tu invece sembri scivolare da una parte all'altra senza problemi. Passi ugual tempo con Mocciosus che con i Grifondoro e dispensi a tutti  affetto.”
 
Non lo chiamare Mocciosus, Black” puntualizzò di nuovo Emma stancamente “Non trovo comunque nulla di così strano in quello che dici. Sarebbe auspicabile che, proprio perché siamo sull'orlo di una guerra, tutte le persone di tutte le Case cercassero di andare d'accordo, no?”
 Sirius annuì “Sei molto saggia, Emma”
E tu sei simpatico, Sirius Black”
 Ridacchiarono insieme, interrotti solo dall'ingresso di Lupin nella cucina. L'uomo era sempre stanco, ma sembrava meno arruffato di come Emma lo ricordava, come se i giorni a Grimmauld Place stessero lui giovando.
 
Emma” la chiamò il mannaro “Severus ti sta cercando”
 
Mocciosus appunto” sibilò Sirius, ricevendo un'occhiata di ammonimento.
Grazie professor Lupin” disse la ragazza con un sorriso, bevendo velocemente il latte rimasto. Sapeva che Severus si sarebbe innervosito ad aspettare.
 
È Remus” le sorrise il mannaro “dimentica il professor Lupin”
 “Remus” annuì Emma ed ebbe la curiosa sensazione che i volti dei due maghi di fronte a lei si illuminassero appena e indugiò un istante nel guardarli, mentre Lupin si sedeva di fianco al vecchio amico. 
Ne osservò i gesti automatici di chi si conosce profondamente e intercettò i loro sguardi affettuosi, mentre sembravano essersi già dimenticati della sua presenza. 
 Non si era resa conto di quanto fosse forte fosse il legame tra quei due e si chiese come dovesse aver vissuto Remus il distacco da Sirius, per tredici lunghi anni. 
 A dispetto dell'antipatia che provava Severus per i Grifondoro e in particolare per i quattro Malandrini, Emma sentì un nuova simpatia per i due maghi e sorrise, mentre usciva dalla stanza per raggiungere il tutore.

*

In cima alla torre di Astronomia gli ultimi bagliori del giorno brillavano poeticamente sopra la Foresta Proibita, lasciando che la notte scendesse su Hogwarts come un mantello. 
 Emma aveva la sensazione di aver appena salutato Artemius e il suo sguardo vacuo, ma si rese conto di essere in realtà su quella torre da almeno due ore e che avrebbe dovuto scendere in Sala Grande al più presto, se voleva trovare ancora qualcosa con cui cenare prima del coprifuoco notturno imposto dai Prefetti.
 Il silenzio però le dava una strana calma e le permetteva di districare lentamente i pensieri annodati nella sua mente, come raramente le capitava e il freddo vento la teneva concentrata, perciò rimase, ragionando come spesso faceva a proposito di Voldemort e delle sue eventuali mosse, degli emoor e il loro destino e della scelta delle Ombre di rimanere celati secoli prima, lasciando ai Fondatori tutta la gloria per la creazione della scuola. 
 Cercava di trovare un senso a tutte quelle informazioni aggrovigliate che la lasciavano sempre con confusione e parecchio nervosismo, tentava di mettere le poche nozioni che aveva in prospettiva, obbligandosi a cambiare punto di vista e ad ampliare il suo ragionamento, applicando anche una buona dose di Occlumanzia per ordinare i pensieri, ma non otteneva risultati.
Scaffali pieni di libri, con ricordi, ragionamenti e lunghi corridoi che visualizzava nella sua mente, diventavano sempre più numerosi, man mano che le abilità da Occlumante di Emma miglioravano.  
 Faceva calare pareti interiori per placare il dolore onnipresente del lutto e lo smarrimento, nel tentativo di ragionare più lucidamente, ma un paio di volte il volto affilato e pallido di un Serpeverde in particolare si inserì nelle sue riflessioni, distraendola.  
Cercò di scacciarlo, anche se sempre meno efficacemente man mano che i minuti passavano e il freddo si faceva più pungente e infine si arrese con un sospiro, stropicciandosi gli occhi piena di stanchezza, pronta a cercare i suoi compagni di Casa che erano probabilmente molto preoccupati per non averla vista a cena.

Il rapporto tra Emma e Malfoy era ancora segreto e piuttosto in bilico. Solo Ginny sapeva davvero come era andata la giornata passata al Manor e aveva sfinito l'emoor con mille domande per venire a conoscenza anche del più piccolo particolare. 
 Gli altri sapevano solo che lei si era recata presso l'antico maniero su indicazione dell'Ordine per una visita di cortesia, accompagnata  da Severus e vi era rimasta una giornata. 
Hermione, aveva sentito l'emoor e la rossa Grifondoro nominare più volte il nome di Draco sottovoce, nella loro stanza a Grimmauld Place e aveva chiesto stupita: “Perché state parlando di Malfoy?”. 
Ma alla chiara bugia delle due, che insieme avevano esclamato “Non stiamo affatto parlando di Malfoy” arrossendo fino alle radici dei capelli, non aveva infierito, sorridendo solo sotto i baffi.
 Anche Lilith e James, in realtà, sapevano, come il resto dei ragazzi dell'Ordine, che Emma e il Serpeverde si erano visti, ma non potendone parlare davanti agli altri compagni di Casa, l'emoor era riuscita a driblare la loro curiosità, soprattutto quella della biondina.
E in realtà Emma non avrebbe saputo cosa raccontare su quella giornata e si sentiva confusa a riguardo e vagamente ansiosa, perché anche se aveva la sensazione di aver incontrato un ragazzo diverso da quello che era il Serpeverde ad Hogwarts, da quando erano tornati, lei e Malfoy non si erano né visti da soli, né parlati. 
Il corso di Pozioni avanzate non sarebbe iniziato prima di qualche giorno e lei non vedeva altre possibilità di entrare presto in contatto con lui. Ad essere sinceri, in parte, evitava lei stessa il confronto, perché temeva che se gli avesse rivolto un sorriso, o un saluto nei corridoi, lui avrebbe distolto lo sguardo e finto di non conoscerla, o ancora peggio l'avrebbe derisa. E lei questo non poteva sopportarlo.
 Spiandolo però al tavolo dei Serpeverde, ogni mattina, durante la colazione, lo aveva visto elegante e altero, simile al solito ragazzo arrogante e sgradevole che aveva sempre visto ad Hogwarts, molto diverso dalla persona che aveva conosciuto al Manor.
 I discorsi, le parole e i gesti che si erano scambiati durante quella giornata e che le avevano fatto tremare il cuore, cominciavano a sembrarle lontani e piuttosto irrealistici e ciò la faceva sentire insicura e poco lucida, cosa che lei non apprezzava affatto.
L'emoor si morse il labbro, esasperata e non riuscendo a far scivolare il ragazzo in fondo ai suoi pensieri come aveva sperato, si decise ad abbandonare la torre. Il volto di Malfoy le punzecchiava pressante una parte della sua mente: con quella sua aria tranquilla e quella risata rauca inaspettata. Bello da star male. Dannazione.

Irritata dai quei pensieri, scrollò il capo, diede un ultimo sguardo al tramonto e scese verso i piani bassi del castello.
 Si sentiva le gote calde al pensiero del Serpeverde e se l'avesse vista Ginny sicuramente l'avrebbe presa bonariamente in giro. 
 “Emma O'Shea?”
La ragazza sussultò presa in contropiede per la seconda volta in poche ore. Non credeva di incontrare nessuno per i corridoi, essendo quasi passata l'ora di cena e di certo non si era aspettata di sentire quella specifica vocetta stridula.
 Eppure la donnetta vestita interamente di rosa, che si era presentata il primo giorno come Dolores Umbridge, era di fronte a lei e la stava fissando con velata insistenza, un tedioso sorrisetto ad arcuarle le labbra e gli occhi luccicanti di curiosità.
 Emma si dovette sforzare per non tapparsi velocemente le orecchie e sfuggire di fronte a lei, ma sfoggiò invece un sorriso di cortesia.
 “Professoressa Umbridge”
 Era la prima volta che si parlavano. L'emoor non aveva ancora iniziato le lezioni con lei e l'aveva solo intravista nei corridoi, ma il fastidio che aveva provato il primo giorno sentendole fare il discorso in Sala Grande era ancora presente. 
Che ci faceva la Umbridge poi da quelle parti? La stava forse seguendo?
L'emoor si sentì paranoica.
 “Ho fatto lezione agli altri tre emoor oggi” tubò l'insegnante, sorridendole forzatamente ed Emma rimase in silenzio mentre l'altra la studiava con la sua faccia da grosso rospo e si limitò ad annuire.
 “Sarò felice di conoscere anche lei signorina O'Shea, sono certa che diventeremo grandi amiche. Siete dei così cari ragazzi” tubò, con un sorriso esageratamente grande stampato in volto.
 “Immagino di sì” mormorò l'emoor a disagio.
“A questo proposito” intervenne la donna “come detto ai suoi amici di Serpeverde, se qualcuno dovesse infastidirla con racconti riguardo a un mago oscuro tornato per combattervi e la cosa dovesse turbarla, o impaurirla, la prego di venire a dirmelo, mi troverà sempre disponibile al confronto. Siete solo ragazzi, meritate un po' di pace e io voglio esservi amica. Le consiglio di andare a cena ora”
Emma ci mise un secondo di troppo a reagire a quel monologo, stupita, mentre la Umbridge e il suo sorrisino mellifluo si allontanavano lungo il corridoio a tempo con il ticchettio fastidioso delle sue scarpe di vernice, alla stessa velocità con cui era apparsa e sbatté le ciglia confusa e incredula. 
Qualche tempo prima avrebbe preso di buon grado il fatto che qualcuno cercasse di considerarla una ragazza normale e non un emoor, ma quello che la donna aveva appena fatto era qualcosa di diverso. 
 Aveva sminuito il suo ruolo intenzionalmente e ancora una volta finto che Voldemort non fosse affatto una minaccia.
 Emma ebbe l'impulso di inseguirla e gridarle che si sbagliava, che Voldemort era tornato, che la profezia pesava sempre di più su di lei e David, Emily e Artemius. Avrebbe voluto urlarle disperatamente che non riusciva a dormire la notte a causa degli incubi che la torturavano, che le grida di donna che non conosceva le stringevano le viscere e i volti morti dei suoi genitori le toglievano il respiro, ma improvvisamente si rese conto che sarebbe stato  inutile.
 Quella stupida donnetta ottusa, avrebbe negato tutto, anche davanti all'evidenza. Avrebbe sbattuto fastidiosamente le ciglia, fatto una risata da sciocca e forse l'avrebbe messa in punizione. 
 Con grande sconforto Emma si rese conto di avere pochissime armi per difendere il suo punto di vista e combattere l'Umbridge e il Ministero. In fondo era vero, non aveva prove.
Se persino Lilith aveva messo in dubbio la sua parola, chi le avrebbe creduto?
 Era ciò che dicevano Harry e lei contro il resto del mondo.Anzi, era ciò che diceva Harry, perché lei non poteva dire a nessuno di essere stata nella testa del ragazzo.
 Lei era come un fantasma in tutta quella situazione, un'ombra, come la sua antenata, trattata come una piccola reazione collaterale.

Persino la morte dei suoi genitori era stata valutata con sufficienza da Caramell. Severus le aveva detto che la causa ufficiale riconosciuta dal Ministero della Magia era un piccolo attacco isolato di vecchi Mangiamorte in azione per generare il panico. 
 Nei resoconti ufficiali, addirittura, Steph non era nemmeno citato, considerato una morte di circostanza. Il fatto che fossero stati i genitori di due emoor a essere uccisi era stato completamente ignorato e considerata una pura casualità.
 Per la prima volta Emma, con il peso sul petto di quel grande sconforto, si sentì profondamente responsabile. 
 Avrebbe dovuto combattere al fianco di Harry Potter, avrebbe dovuto far sì che tutti si fidassero del bambino che è sopravvissuto e avrebbe dovuto mettere tutta sé stessa in questa battaglia.

*

Non ti crucciare troppo” le disse Lupin ed Emma, troppo persa nei suoi pensieri, sobbalzò stupita.
 Non si era nemmeno resa conto che l'uomo le si era seduto accanto e lo mise a fuoco lentamente, mentre il vociare allegro che la circondava tornava a invaderle la mente, ricordandole dove fosse: Grimmauld Place era in festa. 
 Harry era stato assolto dal Wizegamont, dopo le accuse assurde ricevute sull'aver usato la magia ai danni del cugino Babbano ed era stato riammesso ad Hogwarts e tutti insieme stavano festeggiando con una ricca cena quell'evento, oltre che la nomina a Prefetti di Ron ed Hermione. 
 Severus aveva permesso a Emma di parteciparvi, ma si era eclissato verso casa, non essendo il tipo da festeggiamenti, in particolare se riguardavano Potter, che per qualche motivo continuava a non avere in simpatia.
 Ginny ed Hermione ridevano davanti alle mutazioni di Ninfadora, Molly serviva piatti di cibo, mentre Arthur, i gemelli e Bill intonavano una vecchia canzone e persino Sirius sembrava quasi sorridere. 
Il clima era allegro, caldo e familiare, anche se erano in quella casa grande e grigia, ma Emma era distratta e non riusciva a capire perché. 
 Si era ritrovata improvvisamente a ripensare al tetro cimitero, a Codaliscia, al coltello, al corpo rigido di Cedric e la festa le era scomparsa da davanti.
 “Emma” la richiamò di nuovo Lupin, dolcemente.
 “Scusami ero solo distratta, dicevi?” rispose con un sorriso meccanico.
  A Emma piaceva molto Lupin, con i suoi modi equilibrati e gentili e soprattutto con la sua capacità di ascoltare. Lo trovava davvero una brava persona e si era accorta che persino Severus, nel suo odio generalizzato, sembrava tollerarlo. 
 Le dispiaceva mentirgli omettendo tutti quei pensieri amari e cupi che non le lasciavano tregua, ma non voleva farlo preoccupare. Semplicemente. 
 “Ti dicevo di non crucciarti” ripeté il mago.
 “D'accordo” sorrise lei falsamente “Non lo sto facendo”
 Scostò subito gli occhi, soffermandosi su Harry. Il Grifondoro era compiaciuto, nonostante il leggero imbarazzo per quella festa a sorpresa in mezzo a tutti i suoi amici e sembrava divertirsi, ma Emma si accorse di come evitava accuratamente il suo sguardo. Per lei, il fatto che loro due non avessero ancora discusso di quel che avevano vissuto al cimitero era piuttosto strano, ma Harry sembrava ostinato a prendersi del tempo e anche se passavano molte ore insieme non erano mai soli e nonostante si fossero lanciati occhiate di intesa, non si erano mai rivolti davvero la parola e ciò che era successo al cimitero era ancora un argomento tabù.
 L'emoor avrebbe avuto bisogno di confrontarsi, ma sentiva che il ragazzo la teneva a distanza, forse in parte per paura di affrontare l'argomento della connessione, o perché mancava la completa fiducia e lei rispettava il suo volere.
 Non era certo un segreto, in fondo, che Harry e anche Ron non avessero visto di buon occhio la sua visita al Manor, così come sapeva che i due ragazzi non approvassero completamente il suo legame con Severus e nonostante Hermione avesse spiegato loro con molta pazienza che Emma aveva un posizione di mediatore, essenziale e delicata, l'emoor sentiva spesso lo sguardo sospettoso del Grifondoro sulla nuca.
“Emma” la richiamò per l'ennesima volta Lupin “Dove sei con la testa?”
 “Scusami Remus sono un po' stanca temo” si schernì l'emoor con un sorriso vuoto “anzi credo proprio che andrò a dormire.”
 Si alzò e si defilò in fretta. Riuscendo a evitare le domande di tutti e stava quasi per raggiungere la stanza dove lei, Hermione e Ginny dormivano, quando sentì i passi che la seguivano. Era di nuovo Remus.
 “Posso parlarti un momento?”
L'emoor annuì stupita. Era la prima volta che lei e Remus parlavano da soli.
 “Ti ho visto molto giù di morale in questi giorni, pensierosa”
 Emma lo osservò per un istante e si strinse brevemente nelle spalle, indecisa se aprirsi con lui. Un conto era trovarlo gentile, un conto era fidarsi.
 “Si beh, ho un po' di pensieri...”
 “Non dovresti farlo.” la interruppe lui con un sorriso.
 “Che cosa?” chiese Emma leggermente stupita.
 “Crucciarti per la mancanza di risposte, stare male per come sono andate le cose al cimitero. Darti colpe per i tuoi genitori. Credimi, non farlo. Non potevi fare nient'altro Emma, anzi sei stata anche molto coraggiosa”
 “Chi te ne ha parlato?” domandò l'emoor, guardando l'uomo in volto.
 “Severus” rispose lui con un gesto vago, facendole un sorriso di scuse, come se temesse che la ragazza potesse prendersela con il tutore per aver parlato di lei a qualcuno. L'emoor invece ne risultò piacevolmente stupita.
 “Non avere risposte è snervante” ammise, facendo un profondo sospiro e incassando le spalle con un gesto fragile e tenero “e ho l'impressione che Harry e Ron, che dovrebbero capirmi, non si fidino affatto di me"
L'uomo inarcò un sopracciglio e annuì comprensivo. 
 “Immagino. So che è un periodo buio, Emma ma passerà ed Harry e Ron capiranno che le cose vanno affrontate, sono solo due ragazzi confusi”
“Già” sussurrò l'emoor annuendo una volta, mentre ricambiava lo sguardo affettuoso dell'uomo, silenziosamente grata di quello scambio.
 “Se hai bisogno di parlare con qualcuno non ti far problemi ok?” 
“Ok” sussurrò l'emoor, gli occhi che le pizzicavano.
“E so che Severus ti tratta benissimo ed è molto presente” disse lui “ma magari hai bisogno di un altro punto di vista. Qualunque cosa. Sono qui.”
Emma annuì stupita. “Grazie Remus”
 Apprezzò silenziosamente che l'uomo non avesse messo in dubbio le capacità di Severus e il tono accorto e gentile che aveva usato. Lo stesso che avrebbe usato suo padre, o un zio buono. Lo vide per un istante imbarazzato, come se volesse aggiungere qualcosa di più, ma poi le augurò la buonanotte e tornò alla cena. 
 Emma aprì la porta della stanza e si buttò sul letto, esausta. Si addormentò quasi subito pronta  a scacciare le troppe domande che cozzavano nella sua testa.

*

Mentre pensierosa girava l'angolo dove pochi minuti prima era scomparsa la schiena rosa della Umbridge, Emma si disse che era fortunata ad essere circondata da persone che tenevano tanto a lei e si chiese cosa ne avrebbe pensato Draco delle sue decisioni di sostenere la battaglia di Potter.
 Il Serpeverde che aveva conosciuto lei, così diverso dal ragazzo che camminava per Hogwarts, si era dimostrato tollerante, curioso e intelligente e forse avrebbe compreso la posizione di Emma, ma c'era anche la possibilità che per gli stessi motivi il loro rapporto potesse essere troncato sul nascere.  
Era davvero così serrata la battaglia tra i Serpeverde e le altre case?
 
Emma aveva avuto la possibilità di passare il suo tempo con Severus e apprezzarne i tratti del suo carattere, seppur chiusi e difficili e si era fatta anche un'ottima opinione di Narcissa Malfoy, oltre che ovviamente degli altri emoor... ma gli altri?
 Erano chiusi, ostinati, attenti a non lasciare trapelare nulla che non volessero, manipolatori, difficili da comprendere.

*

Perché proprio Malfoy?” chiese George con un sorriso.
Emma alzò la testa dal libro che stava leggendo, per scrutare il gemello. Erano seduti nella stanza più grande della casa, quella che fungeva da salotto.
 “Perché tutti mi chiedete di Malfoy?” chiese Emma, scuotendo la testa.
 “Sei tu che sei andata a casa sua per un'intera giornata” le fece notare il ragazzo, divertito “E non ci hai raccontato nulla. Quindi io domando”
 L'emoor sbuffò sonoramente, lanciando lui un'occhiataccia e tornando a leggere, fingendo molta attenzione, ma il rosso non scostò lo sguardo, esasperandola.
 “Siamo solo amici” sentenziò quindi, dopo poco, cercando di sfuggire all'interrogatorio “ed è stato l'Ordine a dire che andava bene andarci”.
 George ghignò e bighellonò un po' intorno, prima di sedersi accanto alla ragazza, afferrandola con entrambe le braccia e stringendosela al petto come fosse un peluche. Emma non si oppose alla stretta. 
 George, da dopo il Ballo del Ceppo, era sempre estremamente affettuoso nei suoi confronti e quel periodo estivo passato spesso insieme li aveva ulteriormente avvicinati, quindi reagì semplicemente sistemandosi meglio contro il petto del ragazzo, senza smettere di leggere.
 “Ron non te lo perdonerà mai” disse il rosso dopo un istante di silenzio, punzecchiandola con un dito sul braccio solo per darle fastidio.
 “Conosco a malapena Ron” ribatté la ragazza, che aveva parlato con il rosso si e no due volte “E poi non capisco proprio che cosa non dovrebbe perdonarmi.”
 “Che fraternizzi con il nemico.”
 “Il nemico di chi?” insistette Emma.
 George parve rifletterci, senza trovare una risposta e alla fine fece spallucce.
 “Non ne ho idea in effetti” disse con un'espressione estremamente buffa stampata in volto e la ragazza scosse la testa divertita.
 “Lo chiami nemico solo perché è Serpeverde”
 “E perché è borioso”
 “Questo è vero”
“Tutti i Serpeverde lo sono”
“Non gli altri emoor però” rispose la Corvonero annoiata per quelle faide tra Case “E a dirla tutta nemmeno Nott e Zabini per quel che si può vedere a lezione. James e Sarah vanno piuttosto d'accordo con loro”
 George fece un'espressione pensierosa. 
“Posso chiederti una cosa Emma?” chiese con voce serissima.
 L'emoor si scostò leggermente da lui per osservarlo in volto, perplessa. 
 “Riguarda nuovamente qualche pregiudizio di voi grifoni contro la Casa di Serpeverde, George?”
 “In un certo senso” ribatté il ragazzo e lei sorrise.
 “Sputa”
 “Ma Piton... sotto quella palandrana che ha sempre indosso, porta le mutande o i boxer? Hai mai visto il suo bucato?”
 Per un istante Emma cercò di rimanere seria, ma il sorriso si increspò, lasciando spazio a una risata liberatoria. Era da molto che non rideva in quel modo e il suono crescente della risata di George si unì al suo. 
 Quando Fred, Ginny ed Hermione entrarono nella stanza li trovarono ancora abbracciati con le lacrime agli occhi dal troppo ridere e li osservarono in silenzio.
 “Abbiamo interrotto qualcosa?” chiese Ginny, sedendosi accanto a loro.
 “George è un cretino” disse affettuosamente Emma, scambiando uno sguardo divertito con il gemello.
 “Non una novità” ribatté l'amica, pragmatica.
 “Ho chiesto ad Emma di sposarmi, ma ha declinato" disse il gemello.
 “E perché lo avrebbe fatto?” domandò quasi offeso Fred.
 “Per un biondo Serpeverde” rispose George.
 “Falla finita” lo rimbeccò l'emoor, ma non riuscì a cancellarsi il sorriso dal volto “Io e Malfoy siamo a malapena conoscenti. Ve l'ho detto mille volte. La mia presenza al Manor è stata una visita di cortesia”
 “Vedremo” rise George, scambiando uno sguardo furbo con il fratello e un altro con Ginny, le lentiggini brillanti sul volto pallido. Emma rise, George la strinse ancora un poco e lei godette dell'abbraccio.

*

Il vociare di due persone in avvicinamento fece tendere i nervi di Emma: i corridoi a quell'ora erano evidentemente più frequentati di quanto si fosse aspettata. Camminò svelta e disinteressata, ma sentì i suoi muscoli bloccarsi completamente dallo stupore quando, voltato l'angolo, si trovò di fronte Sarah Morris e Blaise Zabini.
“Emma!” squittì la Corvonero, presa anche lei in contropiede.
L'emoor osservò stupita il colorito rosso intenso che stava assumendo la pelle di Sarah per un istante di troppo e cercò di rimediare velocemente per non far affogare nell'imbarazzo l'amica.
“Scusa Sarah, mi avete spaventato, non mi aspettavo di incontrare nessuno qui alla torre a quest'ora e invece è tutto un viavai” disse in fretta “Zabini" aggiunse poi con un sorriso di cortesia al Serpeverde.
 “Volevamo fare un ripasso di astronomia dopo cena” rispose Sarah tutto d'un fiato, l'aria di chi si vuole giustificare a tutti i costi e lo sguardo ai piedi “Si è più tranquilli di solito.”
Sarah e Zabini studiavano insieme oltre a Pozioni. Questa era un novità. Una bella novità in realtà.
 “Oh.” riuscì a dire Emma “è un'ottima idea in effetti, c'é la prova giovedì prossimo giusto?”
 Cercò di essere convincente e disinvolta davanti all'amica, che sembrò apprezzarlo e subito annuì in rimando, ma calò comunque un velato silenzio di imbarazzo, che nemmeno Zabini interruppe per rispondere al saluto di Emma perché, nonostante il mezzo sorriso stampato sul volto, anche il ragazzo era vagamente a disagio.
 L'emoor si decise quindi a salutare velocemente per togliersi di impiccio, allontanandosi il più possibile. 
 “Beh, io vado allora. Buono studio a entrambi”
Aveva quasi svoltato l'angolo a passo di marcia, il pensiero rivolto solo alla cena, quando il Serperverde la chiamò indietro.

Emma si fermò incuriosita, voltandosi verso di lui. Zabini era solo.
 Doveva aver detto a Sarah che l'avrebbe raggiunta perché la Corvonero stava già uscendo sulla torre e lui invece si avvicinò con un passo disteso ed elegante, gli occhi chiari che la scrutavano.
 “O'Shea, che hai fatto a Malfoy?” chiese.
Diretto, sfacciato. Emma lo osservò stupita.
 “In che senso Zabini? Non vedo Malfoy da questa estate”
 “Ma lui parla sempre di te.” fece notare il Serpeverde.
 Il cuore dell'emoor prese a battere con forza e cercò con difficoltà di ignorarlo, anche se sentiva lo sterno sotto attacco. Dovette far schioccare la lingua una volta per permettere alla mandibola di sciogliersi e riuscire a parlare.
 “Io non credo, Zabini” disse, sfoggiando un'aria solo falsamente tranquilla “Probabilmente ti sbagli”
 Gli occhi seri e chiari del ragazzo la analizzarono attenti, come se fosse certo che la Corvonero gli stesse nascondendo qualcosa. Inclinò leggermente il capo e stese un sorriso vagamente divertito.
 “È mio amico.” disse infine, come chiarire un concetto.
 “Lo so” ribatté piano Emma, inarcando un sopracciglio, stupita dalla piega che stava prendendo quell'assurda conversazione.
 “Le serpi sono piuttosto protettive con chi considerano amico, lo sai?” chiese il Serpeverde con tono soave. 
 Emma alzò il capo verso di lui, decisa a non farsi intimidire.
 “Sì” rispose con distacco “So di questa particolare inclinazione di voi Serpi, ma non capisco cosa vuoi da me, Zabini.”
 L'altro fece un sorriso sornione e si chinò alla sua altezza. Per farlo doveva piegarsi di molto perché era ben più alto dell'emoor.
 “Ti consiglio di evitare di farlo soffrire” sibilò.
 Emma prese un grosso respiro, prima di tornare a guardare gli occhi chiari di lui, cercando di dimostrarsi sicura.
“Lo terrò a mente” rispose secca, ricevendo dal mago un breve cenno del capo, prima che si voltasse, camminando a larghe falcate.
 “Anche Sarah è mia amica” gli urlò dietro l'emoor e Blaise Zabini in risposta sorrise e annuì.
 “Non ho nessuna intenzione di farle del male, è una ragazza in gamba” rispose, corrugò la fronte e sembrò aggiungere qualcosa, ma poi chiuse la conversazione con un cenno secco del capo, una smorfia inaspettatamente cortese per un Serpeverde a illuminargli il volto e girando le spalle all'emoor andò a passo lento verso la torre.
Emma rimase immobile, sola in mezzo al corridoio, prima di incamminarsi verso il suo la Sala Grande con ancora più domande che le cozzavano nella testa.





*Angolo Autrice*


Eccomi! 
Spero abbiate passato buone feste. 

In questo capitolo ho messo il nostro ritorno ad Hogwarts condito con un po' di Grimmauld Place. 

Punti e spunti:
. Primo punto importantissimo del capitolo è l'interazione con Lilith e James, mettetevi nei loro panni, hanno fiducia in Emma, ma fidarsi a volte è difficile. Lilith poi, per quanto arguta e per quanto io l'adori rappresenta un po' il ceto medio magico, facilmente influenzabile (pensate al suo odio assoluto e irrazionale per serpeverde) questo non significa che non sia una buona amica, come si può vedere dalla scena dell'incubo.
. A proposito dell'incubo ho pensato che potevate essere interessati ad avere una visione più nitida di uno degli incubi ricorrenti di Emma.
. Umbridge: Spero che saremo tutti d'accordo che la Umbridge si può solo odiare, per una persona così pacata e imparziale come Emma in effetti la professoressa rappresenta proprio il male. Si daranno del filo da torcere. L'incontro con la donna dà ad Emma maggiore consapevolezza sulla sua posizione.
. Malfoy: Ho voluto mettere in pausa il nostro Malfoy, facendolo però aleggiare sul capitolo attraverso i punti di vista degli altri, come la nostra Tonks o il buon George, che continua ad essere estremamente dolce con Emma (latenerezza!). 
. Mi fa molto ridere il momento tra ragazze che si crea tra Emma, Tonks, Hermione e Ginny
. Malandrini: Ho voluto anche delineare due rapporti differenti tra l'emoor e Remus e Sirius. Nella serie li vediamo sempre e solo preoccupati per Harry, mi son chiesta come potessero interagire con un personaggio diverso da lui. Amo Remus e lo penso presente nella vita di Emma, ma trovo che Sirius, rispetto al mannaro, non abbia avuto la possibilità di maturare completamente visto i suoi 13 anni ad Azkaban e quindi mi diverto a rendere il suo rapporto con l'emoor più teso e punzecchiante. 
. Artemius: Emma e l'emoor discendente di Tassorosso finalmente si aprono un po' di più tra loro. Il loro rapporto sempre molto equilibrato e complicato mi fa molta tenerezza. Mettermi nei panni di 'Mius mi riempie sempre di dolcezza e come Emma ho l'istinto di abbracciarlo.

Spero che la storia vi stia piacendo, mi sto molto impegnando nel sistemare questi capitoli e ne sono soddisfatta. 
Il quarto anno di Emma (ovvero il quinto di Harry) sarà, come nella storia originale, molto più movimentato. Aprendo la pista di lancio al sesto controverso anno. Ci sono delle chicche però che sono sicura vi coglieranno di sorpresa.
A presto.

Con affetto
vi

Ritorna all'indice


Capitolo 22
*** Pazienza agli sgoccioli ***


.Pazienza agli sgoccioli.



Via le bacchette”
Nell'aula, insolitamente piena di elementi rosa e particolarmente luminosa rispetto all'anno precedente, ci fu uno tramestio confuso mentre la classe metteva via le bacchette come era stato ordinato, pur borbottando visibilmente. 
 Per lunghissimi mesi un falso Alastor Moody li aveva spinti  a tenere sempre la vigilanza costante, quasi in modo paranoico, quell'anno invece facevano loro riporre i mezzi con cui potevano difendersi senza spiegazione e riguardi. Ironico.
 A volte Emma dimenticava di aver ricevuto insegnamenti da un Mangiamorte in copertura e quando ci rifletteva trovava incredibile il quantitativo di cose che aveva comunque imparato, nonostante i metodi certamente poco ortodossi. Inutile dire che le aspettative che invece riponeva nella Umbridge, il sorrisetto mellifluo stampato sul volto da rana, fossero piuttosto basse.
 “Più veloci, cari. Potete riporle nella vostra borsa, direttamente.” cantilenò la donna, civettuola, sbattendo le ciglia.
 Il tono squittente che utilizzava aveva il potere di innervosire all'istante la Corvonero, specie d
opo l'incontro serale che avevano avuto, dopo il quale Emma si era premurata di andare a parlare con gli altri emoor, chiedendo informazioni su come fosse davvero andata la loro lezione di Difesa Contro le Arti Oscure. 
I tre Serpeverde l'avevano aggiornata con dovizia di particolari, oltre che di insulti coloriti rivolti alla donna, specialmente David che in realtà aveva borbottato senza interruzioni, facendo ridere Emily e quasi sorridere Artemius. La ragazza sapeva quindi esattamente che cosa aspettarsi da quella lezione: nulla di buono.
 “Vi chiedo di prendere i vostri testi e cominciare a leggere con molta attenzione il primo capitolo” cinguettò la Umbridge.

Emma aprì il libro come era stato ordinato e si mise a leggere ubbidientemente. Lilith, accanto a lei, si guardava invece intorno confusa, come se si aspettasse da un momento all'altro che qualcuno gridasse che era solo uno scherzo e che la lezione doveva ancora iniziare, ma quando la biondina le lanciò un'occhiata, Emma che inarcò le sopracciglia in un muto 'Te lo avevo detto.'
Dopo circa dieci minuti l'emoor chiuse il libro davanti a lei. Era la prima ad aver finito e alzò la mano, giudiziosa, ricevendo dalla Umbridge un sorriso sornione.
 “Si, mia cara?” domandò “C'è qualcosa che non capisci?”.
 “È tutto chiaro. Mi chiedevo solo quando cominceremo con la parte pratica” rispose Emma con voce educata.
 “Non ci sarà una parte pratica, cara”
 “Non proveremo gli incantesimi e le fatture che stiamo leggendo?”
“Se lei, signorina O'Shea, si applicherà con il giusto impegno e leggerà con molta attenzione il suo libro sarà come aver interiorizzato gli incantesimi, che è tutto quello che le serve”
Emma non riuscì a trattenere un'espressione perplessa. 
“Davvero? Francamente non mi sentirei pronta...”
 “Per incontrare un mago oscuro? Ma certo che no!” squittì la donna, che sfoggiava un'aria annoiata, come se avesse già fatto mille volte lo stesso discorso, anche se continuava a mantenere un'orribile sorriso civettuolo stampato sul volto.
“Non deve essere pronta ad affrontare niente di male, in effetti, perché voi ragazzi siete al sicuro. Nessun mago Oscuro vi attende dietro l'angolo e nel caso in cui un giorno, speriamo molto lontano, necessitaste di difendervi, la teoria può comunque molto.”
 “Ma come faremo gli esami?” intervenne Sean ed Emma ringraziò mentalmente l'amico per essersi fatto avanti.
 “L'impegno e l'applicazione alla teoria sarà più che sufficiente signor Bale.” cantilenò l'altra, sbattendo le ciglia.
 “Ma è ridicolo” interruppe allora un ragazzo di Tassorosso che si chiamava Oscar e l'emoor arricciò le labbra soddisfatta.
La classe ora stava borbottando apertamente e ad alta voce, esprimendo il suo chiaro malcontento per la situazione.
“Non è mai successa una cosa così” “Questo non può essere un corso serio”
“Incredibile” “Ci prende in giro forse?”


“SILENZIO” gridò stridendo la donnetta alla cattedra, con tono tanto perentorio e acuto che un paio degli studenti seduti nei primi banchi non riuscirono ad evitare di portarsi le mani alle orecchie.
 “Forse è un banshee” mormorò James e sia Emma che Lilith trattennero a stento una risata.
 La Umbridge si alzò e uscì da dietro la cattedra con aria tronfia, ma era tanto bassa che non si notò quasi la variazione. Emma non riusciva a smettere di pensare che assomigliasse a un birillo e desiderò di poter trasfigurare il banco in una palla da Bowling.
“Negli anni scorsi l'insegnamento di questa materia è stato tremendamente discontinuo” esordì la donna con la sua voce acuta, il labbro inferiore che le tremava pericolosamente “so che vi sono state persino mostrate delle maledizioni proibite e che alcuni professori si sono rivelati tutt'altro che adatti a preservare la vostra sicurezza e a seguire i programmi richiesti dal Ministero.”
Emma sentì le guance pizzicarle di fastidio e non riuscì a trattenersi:
 “Si sta per caso riferendo al seguace di Voldemort che ha preso le vesti di Malocchio Moody per un anno intero?”
Nell'aula cadde uno strano silenzio scomodo, causato ovviamente dal nome del mago oscuro e la donna trasalì.
 “Io...” squittì, colta in fallo, il volto che sembrava liquefarsi nel tentativo di trovare una buona risposta.
 “Abbiamo avuto il professor Lupin però, che è stato il miglior insegnante di Difesa delle Arti Oscure mai visto.” intervenne Dan con baldanzosa sicurezza e molti altri intorno a lui annuirono.
“Molto bene.” lo fermò la professoressa, riprendendosi velocemente e trattenendo a stento la rabbia evidente “Scriverete tutti un tema di due pagine di pergamena sul capitolo che avreste dovuto leggere con attenzione in questa ora e O'Shea ha appena fatto perdere ben venti punti a Corvonero per aver fomentato questa sterile lamentela”
 Emma si zittì. Sapeva che se avesse provato a ribattere la aspettava una punizione e in tutta sincerità voleva passare con la Umbridge il meno tempo possibile. Era ben consapevole che, con la sua precaria pazienza nei confronti della donna e di tutto quel rosa, sarebbe stata messa troppo a dura prova, ma inaspettatamente fu ancora Sean a intervenire, nonostante James avesse fatto lui segno di tacere.
“Ma non è giusto!” esclamò il ragazzo “Emma ha fatto solo una domanda lecita: quando passeremo alla pratica?”
 “Esatto” intervenne una ragazza di Tassorosso “tutte le classi hanno la teoria e la pratica e nella sua materia è piuttosto importante!”
“La signorina O'Shea ha fatto una domanda leziosa.” puntualizzò la Umbridge “soprattutto visto che l'insegnante sono io e spetta a me dirvi cosa si può, o non si può fare”
 La classe la guardava con sfida ed evidente astio, ma la cosa sembrava compiacere la donnetta al posto che turbarla.
“Ora...” trillò di nuovo, il petto ridicolmente all'infuori a darle un'aria più goffa che autorevole “So benissimo che ci sono voci che un mago oscuro sia tornato, ma queste voci sono false.”
Emma si irrigidì sulla sedia, mordendosi l'interno della guancia con rabbia. Non aveva mai avuto un carattere violento, eppure in quel momento desiderò fare del male alla Umbridge. O almeno desiderò farle provare anche solo quanto dolore aveva sentito lei al campo da Quidditch vedendo Voldemort tornare. 
 Sentì un brivido lungo la schiena ricordando improvvisamente i lampi verdi che vedeva nei sogni, il circolo di Mangiamorte e l'odore umido e penetrante di terra smossa. James si chinò verso di lei.
 “Tutto bene?” chiese, ma la ragazza lo ignorò, fissando furente la donna che continuava a parlare.
 “Chiunque dica queste sciocchezze vuole solo disturbare la vostra quiete e il vostro sonno con inutili paure” vibrò, ignorando il silenzio rancoroso degli alunni “Il Ministero della Magia esiste per tenerci al sicuro e si prende cura di tutti noi, a partire dai giusti insegnamenti che dovete ricevere, fino alla vostra tutela nella vita di tutti i giorni. Quindi credetemi se vi dico che nessun mago oscuro si aggira nascosto nei boschi e nessuna minaccia è all'orizzonte. Vi invito anzi, se qualcuno di voi sentisse un compagno parlarne, o a fare discorsi che vi mettono a disagio, a venire da me, in modo che io possa punire il trasgressore e prendere provvedimenti. Dovete stare tranquilli. È tutto sotto controllo”
 Emma fece un profondo respiro, capendo che non avrebbe potuto ascoltare un secondo di più quella voce stridula e si alzò con estrema calma. Prese il suo libro di 'Difesa contro le Arti Oscure', lo mise nella tracolla e dopo un breve attimo di vaga incertezza, si voltò e si avviò con decisione verso l'uscita, senza degnare la donna della più piccola occhiata e senza dare alcuna spiegazione.
“Dove sta andando signorina O'Shea?” le chiese stridula lei.
 “Fuori.” rispose secca l'emoor, senza accennare a voltarsi “Non ho intenzione di sentire altre idiozie e bugie per oggi”
 “Bugie?” sibilò l'altra, diventando paonazza “Perché forse lei ha delle prove del ritorno di Tu-Sai-Chi?”
 La guardava con sfida, con occhi sempre più sgranati e folli ed Emma si sentì nuovamente paranoica: forse qualcuno le aveva parlato della connessione tra lei ed Harry Potter? Scosse il capo, prese un lungo respiro e si voltò di nuovo, lentamente. 
 “No, certo” ribatté quieta “Nessuna prova”
 La classe, in silenzio, sembrava in attesa del confronto, ma Emma li ignorò. Odiava essere al centro dell'attenzione e il suo carattere, di solito, era privo di quegli slanci di coraggio e ribellione, più adatti ai Grifondoro, ma si sentiva il sangue ribollire nelle vene.
 “E allora se non ha prove a riguardo, per quale motivo le definisce bugie?” chiese la Umbridge, avvicinandosi di un passo “Forse vuole sentirsi al centro dell'attenzione, Signorina O'Shea? Forse desidera il ritorno di Tu-sai-chi per la profezia di cui fa parte? Metterebbe a repentaglio la vita di tutte queste persone solo per dimostrare di potersi di battere contro un mago oscuro?”
 Quando le persone tiravano fuori la profezia e il concetto di essere al centro dell'attenzione, Emma si innervosiva irrimediabilmente, ma in quel momento si ritrovò a guardare con disprezzo la faccia scarlatta della professoressa e a non provare nessuna agitazione, anzi si rese conto di essere in totale controllo.
 “Nessuno potrebbe mai desiderare una cosa così mostruosa, professoressa Umbridge” ribatté severa, guardando male la donna  “Ma tutte le persone con un poco di cervello dovrebbero capire che quelle che lei sta dicendo sono solamente delle patetiche bugie”
"Le prove O'Shea, LE PROVE!” strillò la donna.
Era completamente fuori di sé ed Emma capì che il suo rapporto con la professoressa era irrimediabilmente compromesso, ma se ne curò poco. L'aveva fatta infuriare. Nemmeno Harry Potter ci era riuscito, beccandosi solo una sonora punizione.
Alzò il mento, fiera, sentiva il silenzio carico di attesa pressarle sulla nuca e l'adrenalina pomparle il sangue nelle vene. O ora o mai più
“Le prove professoressa Umbridge? Io credo in Albus Silente e in Harry Potter. Ecco la sua prova”
 Si rese conto di essere un filo teatrale, ma la cosa la fece sorridere e si voltò con decisione, uscendo dalla stanza a passo spedito. 
 Era decisamente la prima volta che faceva un gesto così trasgressivo ed esplicito e il cuore le batteva all'impazzata. 
 Dietro di lei sentì il rumore dei banchi che si spostavano e meno di un secondo dopo Lilith e James erano al suo fianco e poco dopo le grida della Umbridge arrivarono strepitanti fino al corridoio.
 “DOVE STATE ANDANDO TUTTI?”
 Emma si voltò e da sopra la spalla dell'amico vide un folto numero di Corvonero, tra cui Sean e i gemelli e parte dei Tassorosso abbandonare l'aula a passo spedito.
 “Oh, questa ce la ricorderemo a lungo” trillò Lilith esaltata ed l'emoor sorrise compiaciuta, prendendo a braccetto lei e James e allontanandosi dall'aula a grandi passi.

*

“Corrono voci che tu abbia fatto arrabbiare la Umbridge”
 “Oh, ciao George” disse l'emoor, alzando appena la testa dal libro di Incantesimi applicati che stava leggendo con attenzione “Fred” salutò in aggiunta, vedendo l'altro gemello in arrivo.
 “Allora?” la pungolò il rosso nuovamente  “Non ci dici nulla?”
“Beh è vero” disse l'emoor, scrollando le spalle con aria indifferente. “L'ho davvero fatta arrabbiare e ha tolto ottanta punti a Corvonero e trenta a Tassorosso. Un disastro” 
 “Pazzesco” dissero i due insieme.
 “Ottanta punti” rimarcò Fred “Siete praticamente fuori dalla coppa delle Case prima ancora che sia iniziata.”
 “Già” borbottò Emma mesta, senza però riuscire a sentirsi completamente dispiaciuta. Il pensiero della faccia sconvolta e scarlatta della Umbridge la metteva ancora di buon umore.

I gemelli le si sedettero accanto. Erano al parco nei pressi del lago nero, come sempre, il sole era ancora alto e il clima piacevole.
 “Almeno non ti ha messo in punizione” disse una voce inaspettata alle loro spalle ed Emma si voltò di scatto stupita, trovandosi di fronte il magico trio  e in particolare Harry Potter, che le sorrideva.
 “Oh, ciao” si lasciò sfuggire “Si in effetti almeno non sono costretta a stare con lei più del dovuto. Ho sentito che tu invece stai passando tutte le sere in punizione”
“Sta saltando gli allenamenti di Quidditch” disse George.
“Angelina è infuriata” concluse Fred.
 Harry fece una smorfia colpevole e mostrò all'emoor la sua mano destra fasciata. La ragazza lo guardò interrogativa, senza capire cosa volesse comunicarle, ma Hermione la anticipò.
 “È davvero una cosa incresciosa Harry, se solo la McGranitt venisse a saperlo...”sibilò,  era veramente indignata.
 “Non lo saprà” disse il ragazzo nervoso “non voglio certo andare a piagnucolare dalla mia direttrice di Casa.”
“Ma non si tratta di piagnucolare Harry” insistette Hermione, la voce particolarmente acuta e i capelli più indomabili del solito “Quello che sta facendo è illegale. Gli studenti non possono essere puniti a livello corporale"

Emma cominciava ad unire i puntini, con orrore.
 “Ti ferisce durante le punizioni?” chiese accigliata.
“NO” rispose velocemente Harry sulla difensiva “Mi fa solo scrivere 'non devo dire bugie' molte volte
 “Sì, ma con il tuo sangue” disse Ron esasperato, che doveva aver sentito quella conversazione un mucchio di volte.
 “Mano mia, decido io” borbottò allora Harry, cercando di chiudere la conversazione mentre sedeva per terra e a Emma parve quasi che il ragazzo le lanciasse un'occhiata in cerca di supporto, ma lei non seppe cosa dire in sua difesa, era piuttosto d'accordo con Hermione: Harry sarebbe dovuto andare dalle McGranitt.
 “La conversazione si fa meno interessante” disse Fred.
 “Noi togliamo il disturbo” fece George e lanciarono un'occhiata ai tre e un sorriso ad Emma che rispose di cuore, mentre Hermione rimaneva particolarmente imbronciata e Ron ed Harry tesi.

Nel silenzio denso che seguì, l'emoor si sentì decisamente a disagio e di troppo. I tre Grifondoro di fronte a lei comunicavano a sguardi nervosi, con quell'abitudinarietà tipica di chi si conosce a fondo e da cui lei era completamente esclusa. 
 Chiuse con un gesto secco il libro che stava leggendo e si mise sulle punte, pronta ad alzarsi e allontanarsi il più possibile, ma si bloccò a metà al suono della voce di Harry.
 “Comunque grazie”
Emma alzò lo sguardo, Potter sembrava vagamente imbarazzato.
 “Di cosa?” chiese stupita.
 “Di credermi.” ribatté subito l'altro.
“Oh” esalò lei, corrugò la fronte e si guardò intorno velocemente, assicurandosi che non ci fosse nessuno in ascolto.
“Intendi credere del ritorno di Voldemort?” chiese perplessa.
Ron accanto a loro si fece un po' più pallido, mentre Harry si scompigliò i capelli corvini, palesemente a disagio.
 “Sì, esatto. Grazie di credere alla mia storia”
 Emma schiuse le labbra per lo stupore, mentre scrutava incredula il volto del ragazzo, chiedendosi se la stesse prendendo in giro.
 “Ma io l'ho visto, Harry. Voldemort intendo, ero con te, ricordi?”
Ron trasalì nuovamente all'utilizzo del nome di Tu-Sai-Chi.
 “Oh miseriaccia, anche tu con questa storia del nome” borbottò.
“In che senso l'hai visto?” intervenne invece Hermione, tesa e veloce, anticipando anche Harry che la guardava turbato.
 Emma si sentì stranamente sotto esame. Lei aveva parlato con Lilith e James, gli altri emoor e naturalmente con Ginny di quello che era avvenuto l'anno precedente, ma non ne aveva discusso con il trio,  anche pensando che ci avrebbe pensato Harry. 
 Si era accorta di quanto il Grifondoro la evitasse e aveva pazientato in attesa del momento giusto per parlarne con lui, senza di certo aspettarsi però di dovere delle spiegazioni agli altri due.
 “Beh, Harry lo sa, io ero... ecco connessa a lui diciamo” balbettò, lanciando un'occhiata cauta a Hermione e la ragazza si voltò come un lampo verso il ragazzo. 
 “Harry non ce lo avevi mai detto!”
“Non glielo hai raccontato?” sussultò l'emoor stupita.
“Silente mi ha fatto giurare di non dire a nessuno della nostra connessione” strascicò lui, evitando di alzare il capo mentre snocciolava  con atteggiamento imbarazzato quella scusa.
 Emma si strinse nelle spalle, incredula.
 “Beh, ma sono Hermione e Ron”.
 I due ragazzi parvero essere in accordo con lei. Harry incassò vistosamente le spalle e distolse lo sguardo, arrossendo sulle guance. Era la prima volta che Emma lo vedeva insicuro.
“È che nemmeno io ho mai capito bene cosa è successo durante quelle prove” si difese, parlando d'un fiato ed Emma scosse il capo. 
“Si beh, nemmeno io. Ma tu mi sentivi no? Al cimitero intendo”
Ci fu un lungo momento di silenzio piuttosto scomodo, in cui Hermione e Ron fissarono Harry increduli ed Emma contò mentalmente da trenta a zero, per non perdere la calma.
Non capiva Potter e il suo essere restio. Non capiva il suo mutismo.
 “Harry, mi sentivi, vero?” insistette tremante di nervoso.
 “Ti sentivo. Mi hai molto aiutato.” ammise finalmente lui “Anzi, forse sarei morto se tu non ci fossi stata”
 Ron trattenne il respiro con un rumore sibilante, lo sguardo chiaro che andava veloce da Emma al compagno di Casa e improvvisamente l'emoor si sentì infastidita da quella tensione e minimizzò le parole di Potter con un gesto secco.
Hermione invece, ancora stralunata, li osservava con gli occhi ridotti a due pericolose fessure. Il cervello che ragionava veloce.
“Spiegatevi” disse secca, severa.
 “Non sono cose di cui dovremmo parlare qui fuori” rispose in fretta l'emoor, alzandosi “E non sono cose semplici da spiegare”
  “Ma perché voi due siete connessi?” insistette Hermione.
 “Non lo sappiamo” rispose incerto Harry, l'aria di chi spesso non ha le risposte che vorrebbe “Nessuno lo sa”
 “Ma anche gli altri emoor sono connessi con te?” incalzò la grifona, decisa a trovarci un senso logico.
 “No” scosse la testa Emma  “Solo io”
 “A proposito di altri emoor...” intervenne Ron e la Corvonero seguì il suo sguardo, vedendo David, Emily e Artemius che camminavano lentamente verso di loro, scendendo lungo il profilo della collina.
“Sì, li stavo aspettando, sono venuti per me” rispose con vago sollievo, raccogliendo libri e tracolla “Beh. Ci vediamo.”
“Emma, dovremmo riparlare di questa cosa” disse seria Hermione. 
“Quando vuoi Mione.” rispose lei nervosamente, alzando lo sguardo verso Potter "io avrei voluto parlarne anche prima con te, Harry, ma non c'è mai stato modo. A dirla tutta sei stato sfuggente”
 Le guance del ragazzo si fecero improvvisamente rosse e roventi e gli occhi verdi tremolarono incerti.
 “Ecco... è che ci sono delle volte che faccio fatica a fidarmi di te.”
Emma trasalì, mentre si sentiva colpita come da uno schiaffo a quella affermazione. Un conto era averne il sospetto, ma sentirselo dire in faccia con quel candore era tutt'altra faccenda.
 “Come scusa?” chiese, senza fiato.
 “È che frequenti ancora loro...” ribatté il Grifondoro, indicando con il mento gli emoor in arrivo “e poi Piton e soprattutto... Malfoy”
 “Frequenti Malfoy?” scattò Ron stupito, il volto che si coloriva di uno sgradevole colore viola “credevo fosse una visita di cortesia quella di questa estate, non che foste amici.”
 Emma si sentì punta sul vivo e guardò i due con distacco, gli occhi verdi che lampeggiavano pericolo e tensione.
“Sì conosco Malfoy, sono legata a Severus e loro sono miei amici.  Sono una persona leale, Potter. Credevo lo avessi capito. Onestamente da te non me lo aspettavo” le tremava la voce dalla furia appena trattenuta “Se dovessi basarmi su quello che sento in giro tu devi essere uno squilibrato mentale incline alla rabbia”
 Harry boccheggiò colpito “Io non intendevo...” ma Emma lo interruppe e c'era qualcosa di gelido nel suo sguardo.
 “Io non sono le persone che frequento.” puntualizzò “Ho visto Voldemort tornare esattamente come te. Sono stata nella tua stupida testa, credo di condividere con te anche i tuoi incubi e so a cosa credere, o no. Se tu non sei in grado di fidarti di chi è sulla tua stessa barca è un problema tuo.” sibilò. 
Si alzò di scatto, rivolgendosi bruscamente loro con un gesto secco e poi con un tono appena più dolce verso la ragazza “Mione”.
 Poi girò sui tacchi, facendo mulinare i capelli e andò incontro agli altri tre, mentre sentiva Hermione infuriata inveire contro Harry.
 “Ma cosa ti è saltato in mente Harry Potter!”

*

“Harry sa essere un'idiota” asserì Ginny con naturalezza ed Emma sospirò, lanciando un veloce sguardo all'amica, che se ne stava con gli occhi chiusi a godere dell'ultimo sole.
Gli spalti erano vuoti. Tranquilli.
 Le due ragazze non avevano perso l'abitudine di incontrarsi al campo di Quidditch quando volevano parlare con calma tra loro. A meno che non ci fosse una squadra in allenamento, quasi nessuno veniva mai lì, c'era sempre una piacevole pace.
Erano passati parecchi giorni dallo scontro con il Grifondoro e l'emoor si sentiva ancora delusa e arrabbiata se ci pensava: non poteva credere che il ragazzo dubitasse davvero di lei e Potter non l'aveva nemmeno cercata per scusarsi.
 “Scusa Ginny, so che cosa provi per Harry, ma l'ho trovato davvero ottuso” borbottò acida.
“Cosa provo per Harry?” rise la rossa, cristallina “Emma, ma io sto con Micheal Corner”
 “Sisi certo” ribatté l'emoor sovra pensiero.
 “Non ci vedi molto bene insieme, vero?”
 “Devi essere contenta tu, Gin.” si affrettò a rispondere “Mick è un bravo ragazzo a Corvonero ha buoni amici”
 “Credevo che stessimo parlando proprio del fatto che le persone che frequenti non fanno di te una persona migliore, o peggiore, o sbaglio?” sorrise furba l'altra.
“Sì certo, giusto” borbottò Emma, cercando di sfoderare a sua volta un sorriso tirato, riuscendoci solo a metà.
Ginny era cresciuta molto in quell'anno, la Corvonero ricordava perfettamente come l'amica si imbarazzasse e balbettasse irrimediabilmente alla vista di Harry, o anche solo a parlare di lui, nemmeno un anno prima, ora invece era calma, sicura di sé, lo sguardo tranquillo, controllato.
 “Aveva ragione Hermione” ammise Emma pensierosa.
 “Su cosa?” chiese Ginny “Che Harry è un idiota?”
 L'emoor rise apertamente e scosse il capo. 
“No, sull'averti fatto davvero bene uscire con altri ragazzi e lasciar perdere Harry. Sei molto più... sicura ecco”
 La rossa annuì piano, con evidente soddisfazione. 
 “Sì, è vero. Mi sento molto più sicura ora, anche se spesso mi sembra di prendermi in giro, sono sincera. Che rimanga tra noi, ma penso molto più ad Harry che a Micheal"
 La Corvonero annuì tra sé a quell'informazione. Aveva vissuto la stessa situazione con Gabriel Tullier l'anno precedente.
 “Come va con Draco?” chiese la rossa quasi a leggerle nel pensiero.
“Abbastanza bene” rispose l'emoor “Siamo civili, credo almeno. In realtà non ancora mai avuto modo di parlare con lui. Lo farò al corso di Pozioni immagino"
 Aveva incontrato il biondo un paio di volte dall'inizio della scuola e si erano scambiati un frettoloso cenno di saluto appena accennato, ma nulla di più. Non sapeva cosa aspettarsi.
Ginny sorrise furbescamente. 
 “Ci sarà il corso misto? Anche se loro avranno i G.U.F.O?”
 “Così pare.” sussurrò Emma, che si sentiva grata di avere un'occasione per vedere il Serpeverde.
“EMMA”
L'emoor e la rossa sobbalzarono e alzarono la testa di scatto.
 Lilith Bitterblue correva verso di loro a perdifiato con un ampio sorriso stampato sul volto. Ginny la guardò accigliata.
 “Dici che è successo qualcosa?” chiese, ma Emma non ebbe il tempo di rispondere perché l'amica le aveva già raggiunte, il fiato corto e i capelli biondi terribilmente scompigliati.
 “Sapevo che ti avrei trovato qui” disse d'un fiato la nuova arrivata  “ciao Ginevra. Ascolta Emma è successa una cosa incredibile, ti devo assolutamente parlare”
 La biondina aveva gli occhi brillanti e il sorriso tremante.
 “Dimmi Lils” la esortò l'emoor sorpresa. 
 “Fred Weasley” esclamò l'altra esultante.
 Emma inarcò un sopracciglio, in un'espressione che ricordava Severus e si chiese blandamente se Lilith stesse tenendo conto che Ginny era la sorella di Fred: probabilmente no, visto la sua irruenza e la palese agitazione che le coloriva le guance di un piacevole rosa e le illuminava gli occhi scuri.
 “Fred Weasley?” chiese incerta l'emoor.
 “Ti ricordi quando ti chiesi se i gemelli Weasley secondo te erano diversi?” continuò Lilith, su di giri.
 Emma dovette fare uno sforzo di memoria, perché era successo molto tempo prima “Sì, certo”
 “Ecco...” annuì Lilith oramai bordeaux in volto, mentre Ginny ascoltava con un'aria sempre più divertita “In realtà io lo avevo già notato che erano diversi, MOLTO diversi ecco, e questo... questo perché ho una terribile cotta per uno dei due, ma mi vergognavo a dirtelo o anche solo ad ammetterlo. Speravo quasi passasse.”
 Emma trattenne il fiato e vide Ginny fare lo stesso. Era sicuramente la situazione più comica in cui si fosse mai trovata.
 “Ok” disse l'emoor “Cosa è successo allora?”
“In realtà io sapevo perfettamente quale dei due mi piacesse, ma non sapevo come si chiamasse e ora l'ho scoperto: Fred Weasley”
“E come l'hai scoperto Lil?” chiese Emma cauta.
 “Beh” balbettò la biondina, diventando ancora più rossa, sembrava sul punto di esplodere “ecco perché lui mi ha invitato ad uscire”
Ginny a quel punto non riuscì a trattenersi e si fece sfuggire una risatina divertita, Lilith si voltò e fece una smorfia contratta, rendendosi conto della gaffe.
 “Oh, Ginevra, dannazione tu sei sua sorella, non ci avevo pensato” tremolò in imbarazzo, coprendosi il volto con le mani.
 Emma ridacchiò a sua volta, andandole però subito in aiuto.
 “Ginny è fidata, Lils” disse per calmarla “E io sono contenta che Fred ti abbia invitata ad uscire, non mi avevi detto che ti piacesse".
 Mentalmente si appuntò che avrebbe dovuto parlare al gemello perché non ferisse i sentimenti di Lilith.
 “Sono contenta anche io” sorrise Ginny “almeno mio fratello dimostra di avere un ottimo gusto in fatto di ragazze".
 Lilith parve tirare un sospiro di sollievo a quell'affermazione. 
 “Scusate davvero se sono piombata in mezzo a voi in effetti, ma ero sicura di trovarti qui Emma e volevo che tu fossi la prima a saperlo... di che stavate parlando?" chiese gentile, nel tentativo cortese di cambiare argomento. Ginny scosse i capelli rossi e si rimise ad occhi chiusi a godere del sole
 “Storie impossibili d'amore e ragazzi testardi”

*

“Ciao, Emma”.
 L'emoor si obbligò ad alzare gli occhi dagli ingredienti accuratamente sistemati accanto al suo libro di Pozioni e a incrociare lo sguardo grigio del Serpeverde. 
Malfoy sorrideva e non era il suo solito ghigno sarcastico che sfoggiava a scuola, era un sorriso vero e proprio, con una luce vagamente divertita e una piega morbida.
 Diverso da quello luminoso e sincero che Emma aveva visto al Manor, ma diverso anche dal Malfoy strafottente che conosceva lì.
 “Ciao Draco” rispose, poco più di un sussurro stupito.
Forse si era accorto che Emma stava trattenendo il respiro?

 
Non c'era stato bisogno di fingere, di nascondersi, di stare in silenzio in speranzosa attesa che lui facesse la prima mossa. Draco aveva parlato subito, per primo e con grande nonchalance, come se fosse ovvio che lo avrebbe fatto una volta arrivati a quella lezione. 
Perché in effetti non avrebbero dovuto? Non erano forse quasi amici loro due? Conoscenti almeno. 
Due conoscenti si abbracciano e passano le giornate al Manor camminando vicini e stringendosi la mano come per farsi coraggio?
Emma scosse il capo, cercando concentrazione. 
Si sentiva come se tutta l'aula fosse girata verso di loro a fissarli e in effetti era così. Probabilmente i pettegolezzi giravano velocemente per i corridoi e tutti erano curiosi di sapere se davvero O'Shea e Malfoy si parlavano amichevolmente come in molti sostenevano, quando l'anno precedente si erano sempre ignorati.
I due ragazzi raddrizzarono le spalle quasi in contemporanea, come se entrambi fossero improvvisamente infastiditi da quella curiosità e a Emma parve persino di sentire lo sguardo di James attraversarle la nuca, ma quando si voltò lo trovò intento a raccogliere alcuni ingredienti da terra. Sei paranoica.
 
La voce di Piton tagliò l'aria con il suo tono annoiato, rompendo la tensione e intimando le coppie a iniziare a lavorare.
Serpeverde e Corvonero si misero all'opera nello stesso momento.
“Come è andato il rientro? Non ci sentiamo da un po'” sussurrò Malfoy, stando attento che nessun altro lo sentisse.
Emma si sentiva pizzicare la nuca dall'eccitazione. 
 “Abbastanza bene” sussurrò a sua volta “e il tuo?”
 “Bene” rispose in fretta il ragazzo.
“Bene” rispose secca lei. 
 Lui le passò delle foglie da tritare, i loro polpastrelli quasi si sfiorarono ed Emma sentì il fiato tremare.
 “Mi hanno detto che hai fatto innervosire la Umbridge” disse lui.
 “Forse” soffiò l'emoor compiaciuta.
 Sì, Draco Malfoy sorrideva. Inequivocabilmente. 
 Gli angoli delle labbra del ragazzo erano vagamente piegati all'insù, in una smorfia decisamente divertita. L'emoor si sentiva la bocca impastata e il respiro spezzato.  Possibile che lui volesse continuare il rapporto così come lo avevano vissuto al Manor? 
E come avrebbero fatto con la curiosità della gente?  Le pareva impossibile.

 Era la prima volta che passavano del tempo insieme da quando si erano salutati quel giorno, quando stringendosi la mano emozionati avevano aspettato in silenzio il ritorno di Severus al Manor. Al solo pensiero qualcosa di tiepido si rimestò nelle viscere di Emma e si costrinse a concentrarsi sulla mistura, con esagerata cura. 
 Lavoravano veloci, quasi danzavano, intorno alla pozione che ribolliva lenta, con la sua colorazione praticamente perfetta.
Concentrati, vicini, le teste chine, i respiri coordinati.
 “Voci mi dicono che hai parlato di me tra i Serpeverde” soffiò dopo un po' l'emoor, mentre tagliuzzava l'ennesimo ingrediente con precisione e il sorriso del Serpeverde si allargò di  poco. 
“Potrebbe essere, in effetti, ma mi preoccupa parecchio che le voci siano arrivate fino a te". Potrebbe essere.
Blaise” spiegò Emma, facendo un cenno verso al ragazzo che divideva il banco con Sarah qualche postazione più in là. 
 Il Serpeverde dovette sentirsi chiamare in causa, perché alzò lo sguardo chiaro verso di loro e quando si accorse che entrambi lo stavano fissando si fece sfuggire un debole ghigno.
Draco scosse la testa, vagamente esasperato.
 “Quel ragazzo è davvero un pettegolo di prima categoria”
 “È stato gentile” ammise lei.
 Passarono il resto dell'ora quasi sempre in silenzio concentrati su quello che stavano facendo e quando il tempo finì fu Draco a segnare la pozione e a soffermarsi sui due loro nomi scritti vicini sull'etichetta, facendo un piccolo cenno all'emoor.
Lo stai pensando anche tu? Sembrava dire.
Emma si sentì arrossire, ma nascose il volto tra i capelli mentre sistemava le cose nella sua borsa in maniera goffa. 
 Se la mise a tracolla in fretta, pronta a salutare il Serpeverde e fuggire dall'aula che le sembrava stranamente piccola.
 “Ci vediamo presto?” chiese lui anticipandola.
 I compagni che sistemavano le postazioni, facendo un gran baccano coprirono la domanda da orecchie indiscrete. 
 Emma annuì secca, cercando di sorridere, senza sapere bene cosa l'altro intendesse, ma vagamente felice e sorpresa della piega che aveva preso quella prima lezione.
“Certo. Qui a Pozioni o in giro, no?”
 Draco fece un leggero cenno di assenso,  si voltò fluidamente e raggiunse Nott e Zabini, uscendo in fretta dal sotterraneo, con l'urgenza di non far capire quanto lui e la Corvonero stessero condividendo. Emma lo imitò.

*

L'emoor si staccò quasi dolorosamente da quel ricordo seguendo il tono perentorio della voce di Hermione Granger.
 'La Testa di porco' era polverosa, buia e squallida ed Emma se ne sentiva quasi soffocata. Non riusciva a capire perché non fossero andati ai 'Tre manici di scopa', aveva lasciato che Hermione organizzasse, ma erano evidentemente troppi lì dentro. Più persone di quanto quella bettola angusta potesse contenerne e il silenzio intorno a loro metteva in ansia la ragazza. 
 Se fossero stati ai 'Tre manici di scopa' il vociare della gente li avrebbe coperti a sufficienza, così come il baccano dei suoi compagni a Pozioni copriva le poche parole che scambiava con Draco, ma nessuno pareva averci pensato.
“Questo è fondamentale, Harry ci può insegnare”
 Hermione stava parlando con fervore e un cipiglio sicuro e tutto intorno c'erano facce amiche, quelle che ormai Emma conosceva come le sue tasche e altre più o meno note. Lei se ne stava in disparte, in mezzo a Lilith e James, che silenziosi ascoltavano con attenzione il discorso della Grifondoro.
 Erano tutti così giovani, infervorati e forti e si chiese, curiosa, se erano stati simili a loro anche i maghi che avevano contrastato Voldemort durante la prima guerra. Ragazzi giovani e coraggiosi lanciati contro l'ignoro, come i Malandrini.
 “La Umbridge è un problema” stava dicendo ora Hermione, a sostegno di un traballante discorso introduttivo che aveva fatto poco prima Potter, evidentemente poco avvezzo a parlare in pubblico “non ci sta insegnando nulla, ma là fuori ne avremo bisogno. Do per scontato che tutti voi siate dalla parte di Harry, ma anche se così non fosse e non credeste al ritorno di Tu-Sai-Chi, immagino che concorderemo tutti che dobbiamo saperci difendere e quello che stiamo studiando a scuola NON è Difesa contro le Arti Oscure.” 
Emma era completamente d'accordo. In quelle settimane le cose ad Hogwarts erano solo peggiorate a causa della presenza fastidiosa della Umbridge e quella riunione era un grido d'aiuto e una ricerca disperata di una qualunque soluzione al problema.
L'emoor lanciò uno sguardo a Lilith. Non era sicura che la sua amica volesse partecipare a quella presa di posizione studentesca, dato ogni volta che nominavano il ritorno di Voldemort si irrigidiva terribilmente, eppure ora la biondina sembrava molto interessata e osservava attenta la Granger.
 Zacharias Smith invece, con la sua voce noiosa e il naso all'insù, interruppe sgarbatamente la Grifondoro.
 “Ma quindi è vero quello che è successo al cimitero?”
 Gli occhi di Emma, istintivamente incrociarono quelli verdi di Harry, ma subito scostò lo sguardo, facendolo vagare sulle travi marce del soffitto: era ancora arrabbiata con il ragazzo.
 “A cosa stai pensando?” le soffiò Ginny dalle sue spalle in un orecchio. Emma le fece un mezzo sorriso e scosse appena il capo.
 “A nulla” disse meccanicamente, mentre in realtà cercava di allontanare il pensiero del sorriso storto di Draco.  
Non era una distrazione futile la sua. La perenne lotta tra Serpeverde e Grifondoro le era sempre sembrata una baruffa tra ragazzini, ma Emma non si era mai davvero soffermata a pensare cosa volesse dire essere un Serpeverde in quel momento storico.  Ora invece aveva motivo di rifletterci.
Cosa avrebbe pensato Draco vedendola in quel gruppo?
 
Il suo rapporto con il rampollo Malfoy era sempre più strano, basato su un fragile equilibrio nutrito dall'attrazione e frenato dal buon senso. Da quella prima lezione, nel cui ricordo Emma si immergeva ogni volta che aveva un briciolo di pace, lei e Draco avevano fatto dei piccoli e preziosi passi in avanti.
Piccoli
 Perché quasi impercettibili al mondo esterno, dato che anche se si avvicinavano sempre di più, riempiendo lo spazio tra loro di carezze senza tocco, tutti consideravano la loro accoppiata semplicemente come una fortunata combinazione di due persone diverse, ma che affrontavano insieme e in modo civile le lezioni di Pozioni. 
Preziosi
 Perché inconsapevolmente invece scavavano sempre più a fondo nella fiducia dell'altro, con un briciolo di semplice accettazione,  tessendo la trama di qualcosa di sempre più  stabile.
Dall'esterno sembravano solo professionali insieme, cosa che però non era abitualmente parte degli atteggiamenti di Malfoy nei confronti dei membri di altre Case che non fossero Serpeverde, ma poco importava comunque, dato che dopo il primo velato interesse, anche lo stupore iniziale degli studenti verso quella curiosa amicizia era progressivamente scemato e Draco ed Emma, millimetro per millimetro, si erano sentiti più liberi. Di poco, appunto.
 Qualche conversazione breve a bassa voce durante Pozioni.
 Qualche sguardo fugace in Sala Grande.
 Qualche mezzo sorriso, o saluto scambiato per i corridoi.
 Si cercavano e studiavano, non riuscivano a farne a meno. 
Ma cosa sarebbe successo se Draco l'avesse vista in quel nutrito gruppo di persone che lui odiava, a parlare dell'ombra di Voldemort e impegnarsi ad osteggiare quasi apertamente le scelte del Ministero? Come avrebbe reagito?
 Emma provò a immaginare l'espressione del Serpeverde se fosse entrato in quel momento dalla porta. Cercò di riuscire a visualizzare sia la rabbia che la delusione, ma non ci riuscì e con leggero sconforto si rese conto di non conoscerlo abbastanza 
Saresti capace di odiarmi Draco Malfoy?
Hermione interruppe nuovamente il filo dei suoi pensieri, porgendole una pergamena con un mezzo sorriso.  
 Aveva le guance rosate e gli occhi lucidi di soddisfatta determinazione che la facevano apparire bellissima
 “Se firmate qui vi state ufficialmente impegnando a non diffondere informazioni di nessun tipo. Quindi pensateci pure.” disse quieta.
 Emma la guardò distrattamente un secondo di troppo, prima di afferrare le sue parole, ma Lilith si era già fatta avanti, prendendo il foglio per prima e firmandolo sicura, seguita da James e poi dall'emoor che li imitò frettolosamente, senza pensarci: avrebbe supportato quel gruppo con tutta sé stessa. 
 Non aveva scelta in fondo Emma. 
Perché se pensava al vecchio cimitero e al corpo di Voldemort che si innalzava tra le tombe provava del puro terrore e le menzogne della Umbridge e per estensione del Ministero a riguardo le pesavano dolorosamente sulle spalle. 
 Gruppi di persone come quello che in quel momento era pigiato alla Testa di Porco intorno a lei erano l'unica salvezze. Emma ne era perfettamente consapevole e poco importavano gli ideali delle diverse Case e l'importanza nella sua vita di Draco Malfoy. 
 Non avrebbe rinunciato a ciò che per lei era giusto, ai suoi amici e soprattutto ai suoi ideali. E nei suoi fermi principi era compreso il fatto che considerasse un sciagura quella pazza di una Umbridge.

. . .

Tornando a piedi verso il castello, con Lilith e James al suo fianco, l'emoor rimase pensierosa. Erano usciti a piccoli gruppetti dalla Testa di Porco, in un tentativo blando di non dare nell'occhio e nessuno di loro tre aveva avuto voglia di indugiare troppo a lungo nel villaggio e avevano preso la via del ritorno, senza discuterne.
C'era un aria gelida, che spezzava il fiato.
 “Che hai?” le chiese James dopo un silenzio piuttosto lungo, lanciando lei una breve occhiata e di istinto Emma sorrise leggera, perché era sempre soffice la preoccupazione dell'amico.
 “Tutto questo” sussurrò con un gesto vago, stringendosi nelle spalle “è strano se ci pensi, è come se non stessimo dando la priorità alle cose poco importanti, la Umbridge e il Ministero, sono piccolezze. Questa attesa, in cui cerchiamo di capire da che parte spunterà Voldemort e con quale stratagemma, è snervante. A volte penso al cimitero e ha ciò che ho visto e ne ho un vero terrore Jam.”
 I due amici al suo fianco, a parte una debole protesta di Lilith per il nome di Voldemort pronunciato ad alta voce, rimasero in silenzio. Di fronte a loro il profilo della scuola si stagliava sull'orizzonte.
 Era vero, i segnali che il mondo magico lanciava loro non erano affatto buoni e la posizione del Ministero non solo non era incoraggiante, ma addirittura assurda e preoccupante. 
 Emma non riusciva a smettere di chiedersi quante persone e famiglie a causa di quell'atteggiamento, stessero rischiando di più.
 Lei aveva perso i genitori senza avere nemmeno il tempo di avvisarli del pericolo, in fondo, e in quei giorni aveva letto vari stralci di giornale della prima guerra, sapendo che dovevano essere una versione edulcorata degli eventi eaveva provato una profonda angoscia all'idea di Voldemort al potere. 
Allo stesso tempo, aveva ragione Lilith: in fondo non era successo niente. Voldemort stava tramando in qualche angolo, in attesa di trovare probabilmente un fianco scoperto, o un poco di stanchezza per colpire con violenza inattesa, era fermo. E l'idea di quel gruppo, 'L'esercito di Silente', anche se era un piccola cosa, in qualche modo la confortava e aveva l'impressione che lo stesso fosse per i due compagni di Casa, per quanto meno coinvolti di lei. 
L'ES faceva sembrare che fossero attenti, che si stessero preparando a  qualcosa almeno, che non erano disposti a sottovalutare il pericolo.
Emma si voltò verso i due amici, guardandoli con affetto. 
 “Non eravate obbligati a partecipare comunque.” sorrise “Anche se mi ha fatto piacere che foste lì”
 James le lanciò una nuova occhiata azzurra. 
 “Non ero lì per te, Emma. Ero lì perché mi importava.” rispose con il suo tono calmo e l'emoor per qualche motivo si sentì vagamente commossa e sollevata a quell'affermazione, specie quando anche Lilith annuì con forza al suo fianco.
Sospirarono tutti e tre, quasi nello stesso momento, lo sguardo rivolto verso il profilo della scuola sempre più vicino.
 Alle loro spalle ci furono un paio di risatine trattenute e voltandosi Emma vide i gemelli Weasley e Lee Jordan avanzare verso di loro.
“Ciao Emma” disse George allegro, vedendola.
 “Ciao Georgie” rispose lei “Ciao ragazzi.”
Lee Jordan fece loro un cenno, ma Fred si illuminò.
 “Ehi Lil” salutò subito, guardando la ragazza.
 La biondina arrossì terribilmente, salutando impacciata a sua volta il gemello che sembrò particolarmente deliziato da quel cenno.
 Emma non aveva mai visto Fred con quella luce in volto. Non lo aveva mai visto tendersi in un sorriso più grande del suo viso, con quegli occhi improvvisamente sia furbi che molto dolci e le lentiggini raggruppate sul naso. Anche George lo fissava con una smorfia stranita, curioso. 

I gemelli e l'altro ragazzi si allontanarono svelti e l'emoor rimase a guardare le loro schiene, stupita, cogliendo appena la gomitata scherzosa di George al fratello e la risata contagiosa di Lee. 
 “A me non mi saluta nessuno?” chiese James piccato, furbo.
L'emoor ridacchiò in risposta, circondando con un braccio l'amico in vita e stringendosi a lui, mentre Lilith ancora agitata, stava lentamente tornando di un colorito normale.
 “In effetti mi chiedevo perché avessi deciso di partecipare a questa riunione, Lils” disse Emma con un sorriso storto “Hai sempre cercato di rimanere piuttosto neutrale.”
L'altra ragazza le lanciò un'occhiata colpevole e si strinse le mani.
“Perché me l'hai proposto tu, Ems.” sussurrò
 “Davvero?” rise l'emoor “Quindi eri lì unicamente perché pensi che sia importante creare questo ES?”
 “Certo.” rispose con troppa enfasi l'altra.
Emma e James si scambiarono uno sguardo divertito.
 “Più importante la riunione, o Fred Weasley?” chiese lei.
 Lilith arrossì di nuovo colta in fallo, Emma ridacchiò davanti a quella reazione tenera, perché l'amica di solito era irruente e sicura di sé, ma negli ultimi giorni tremava non appena Fred arrivava a tiro ed era divertente e buffa nel suo goffo imbarazzo.
 “Non vi affatturate per favore” intervenne subito James, previdente, mettendosi in mezzo alle due amiche e circondando le spalle di entrambe “Lilith ha diritto di essere innamorata”
 “Non sono innamorata” puntualizzò lei.
“No, no. Certo che no. Affatto.” la prese in giro James.
 Emma rise. Si sentì quasi più leggera.
 Il terrore del volto di Voldemort si faceva più sfocato nel suo petto, offuscato dalle facce sorridenti dell'ES, la stretta tenue di James, l'imbarazzo di Lilith, la caparbia sicurezza di Hermione Granger e in parte anche il pallore elegante di Draco Malfoy.
 Era pronta. Anche se in modo incosciente, ma sapeva che avrebbe dato il meglio di sé.



*Angolo Autrice*


Ciao Lettori! :)
Ultimo capitolo del 2020:
dedicato alla Umbridge e alle tensioni di inizio anno.
Nel prossimo saremo nel 2021.

Sebbene forse lento, è un capitolo essenziale perché ci porta alla nascita dell'ES e per la prima volta ci mostra una Emma che perde le staffe (Finalmente) pur, bisogna ammetterlo, sempre con una certa eleganza. 
L'ES è in effetti cruciale nel corso del quinto anno di Harry Potter e ho pensato che partecipandoci comunque sia Ginny che Luna, nonché Hermione e i gemelli, Emma non potesse esserne esclusa e di conseguenza fosse necessario coinvolgere almeno Lilith e James. 

I nostri personaggi cominciano a maturare, non sono solo adolescenti in preda agli ormoni (Ma Lily e Fred?!), ma anche giovani adulti sempre più consapevoli del pericolo che corrono e delle responsabilità che hanno. I pensieri preoccupati di Emma riguardo il suo neonato rapporto con Malfoy sono ancora acerbi, ma più che leciti. C'è da chiedersi fino a quando riuscirà ad essere l'ago della bilancia. 

Altro punto di riflessione in effetti è anche il rapporto con Harry: piuttosto teso e sicuramente non cristallino, nonostante il legame che li unisce i due non riescono a stringere amicizia, soprattutto a causa della difficoltà di Harry ad aprirsi ad altri che non siano Ron ed Hermione (aspetto molto serpeverde del suo carattere per altro)

Piccole curiosità: 
. Il dialogo tra Lilith ed Emma sui gemelli c'è davvero in uno dei primi capitoli, dopo che Emma parla con loro a proposito del calice.
. Quando lessi per la prima volta il libro, la prima cosa che pensai riguardo alla riunione dell'ES fu proprio che avessero scelto un posto assurdo, per questo ho voluto tramsmettere il mio scetticismo riguardo alla Testa di Porco ( che la storia ci insegna essere opportuno ) ad Emma.

Ci vediamo nel 2021 con il prossimo capitolo, per certi versi simile a questo. Sono capitoli più distesi, ma utili a far crescere i personaggi e renderli più rotondi, che sarà preambolo per un succoso capitolo con cui inizieremo la prossima settimana e il 2021.

Buon Anno!

vi

Ritorna all'indice


Capitolo 23
*** Di serpi e grifoni, Es e tutori ***


.Di serpi e grifoni. ES e tutori.

 


Emma fissò la fetta di pane sul suo piatto con lo stomaco chiuso.
 “Si fa comunque” le disse secca Ginny, cogliendola di sorpresa alle spalle e facendola sobbalzare.
 “Intendi...” iniziò l'emoor.
“Sì” annuì in fretta la rossa, risoluta “Hermione ha detto che si fa comunque e di dirlo a tutti”
 “Hai visto la nuova comunicazione?” tentò l'altra, titubante.
“Del nostro Ispettore Supremo?” grugnì Ginny con aria schifata “Si certo, ma non ci importa. Si fa comunque
 Emma annuì di rimando, facendo capire che avrebbe avvisato lei gli altri e la Grifondoro si allontanò con passo militaresco.
 La Sala Grande quella mattina era piena di gente e sussurri visto il nuovo decreto che la Umbridge, appena nominata Ispettore Supremo di Hogwarts, aveva appeso a quello che era ormai chiamato 'Il muro dei decreti.' Era una comunicazione ufficiale che vietava agli studenti di fare squadre e coalizioni senza il permesso di un professore. Un tempismo troppo strano per essere casuale.
 La ragazza sospirò, diede un morso al pane, piena di malumore, mentre ascoltava  distrattamente Sean che si lamentava a riguardo dell'autorizzazione che la squadra di Quidditch di Corvonero avrebbe dovuto chiedere per continuare a giocare.
“Dovranno farlo tutte le squadre, no?” domandò Sarah.
“Sì, esatto” sbuffò lui “La daranno a tutti o a nessuno, immagino”
“Brutta storia” disse Carmen. 
 Emma sbatté le ciglia e annuì con un leggero cenno di assenso, alzando la testa dalla sua fetta di pane per guardare Lilith che camminava nella sua direzione insieme a Luna. Mosse la mano in saluto verso di lei, ma l'amica sembrava tesa come una corda di violino e la guardò torva, avvicinandosi quasi con foga.
 “Hai visto il decreto?” chiese subito in un sussurro.
 Aveva un'aria rabbuiata e pallida, mentre la Lovegood pareva come sempre solo un poco distratta.
 “Si fa comunque” rispose Emma tranquilla, raddrizzando un po' più la schiena, come per mostrarsi più sicura davanti al sottile panico che sembrava inquinare i lineamenti dell'amica.
 “Ma chi può avere...” sussurrò infatti Lilith, con sconcerto.
Emma si strinse le spalle e negò con il capo.
 “Credo che Hermione abbia stregato quella pergamena che abbiamo firmato, anzi sono sicura che l'abbia fatto. Se qualcuno ha fatto la spia lo capiremo in qualche modo”
 Lilith annuì, visibilmente tesa ed Emma provò a sorriderle. In fondo la capiva. La ragazza non aveva mai detto di avere completa fiducia in Harry Potter come l'emoor e la maggior parte del gruppo ES, anzi, per Lilith prendere una posizione precisa era contro la sua natura di mite Corvonero. Emma però sapeva di potersi fidare di lei perché la biondina aveva sempre avuto un lato ribelle che le ricordava i Grifondoro ed era una persona estremamente leale.
 “E Fred?” chiese, per distrarla “Come va?”
Come previsto lei fece un sorriso in risposta. 
 “Oh ecco, con lui va bene. Molto bene.”
 “Fred Weasley?” domandò Luna con aria svagata.
Lilith arrossì furiosamente mentre annuiva.
 “Sì, Luna. Fred Weasley”
“Qual'è dei due?” indagò la ragazza “Quello con i Gorgosprizzi rosa in testa ,o quello a cui vuole bene Emma?”
 L'emoor ridacchiò, vedendo la confusione nel volto di Lilith.
 “Fred non ha i Gorgosprizzi” disse indignata la biondina.
 “E io voglio bene a entrambi” chiarì l'emoor.
La compagna di Casa in risposta alzò le spalle con aria indifferente, facendo tremare gli orecchini a rapanello.
 “Come preferite. Io vedo Gorgosprizzi rosa schizzare in tutte le direzioni” disse candida e fece un cenno delicato verso il tavolo dei grifoni, dove Fred, come sempre accanto a George, guardava insistentemente verso Lilith, un sorriso sfacciato stampato sul volto.
 “Luna ha ragione.” ridacchiò Emma “Vedo anche io un sacco di Gorgosprizzi rosa intorno a Fred”
 Anche Lilith sorrise, arrossendo, gli occhi scuri che brillavano felici.
 “Gorgosprizzi rosa” mormorò tra sé, scuotendo il caschetto e Luna fece un'espressione allegra in risposta.
 “Quando uscite insieme?” domandò Emma.
“Il prossimo week end, a Hogsmeade” rispose Lilith con un sospiro leggero, ancora con il largo sorriso fisso sul volto.
 L'emoor annuì, dicendosi una volta di più che aveva bisogno di parlare con Fred della cosa. Per quanto volesse bene ai gemelli, se Lilith avesse sofferto, li avrebbe attaccati entrambi alla parete, senza differenze, perché tanto era sicura che George avrebbe spalleggiato in ogni caso il fratello.
 “Anche Malfoy è pieno di Gorgosprizzi rosa se proprio vuoi saperlo” sussurrò Luna al suo orecchio sinistro.
 Emma si voltò verso di lei, trattenendo il respiro davanti agli occhi vacui dell'amica, pieni di sincero divertimento. Non avrebbe mai capito come quella ragazza, così strana e in parte assurda,  potesse essere così intuitiva.
“Oh, grazie Luna” disse imbarazzata, cercando poi di dare tutta la sua attenzione alla metà rimanente della sua fetta di pane, con scarsi risultati. Resistette meno di un minuto prima di lanciare una veloce occhiata al tavolo di Serpeverde.
 Malfoy era seduto tra Tiger e Blaise, una tazza di caffé tra le mani. Sorrideva a qualcosa che l'amico moro stava dicendo, scuotendo la testa in un gesto rassegnato. Bevve un sorso di caffé e lanciò una veloce occhiata verso di lei. 
 Emma sussultò e si sentì arrossire. Fece un minuscolo cenno verso di lui e con stupore vide il labbro del Serpeverde inarcarsi di un millimetro in un sorriso leggermente più morbido dell'abituale ghigno. Le farfalle nello stomaco e lo sguardo di nuovo fisso sulla sua fetta di pane, Emma dimenticò completamente per qualche secondo la Umbridge e il suo decreto.

*

Mentre si dirigeva verso il parco dove avrebbe trovato gli altri emoor Emma venne intercettata.
 Stava ragionando sul fatto che almeno David ed Emily avrebbero dovuto essere messi al corrente dell'ES, pur sapendo che la cosa agli altri partecipanti non sarebbe andata a genio.
Con Artemius non si conosceva ancora così bene e poteva resistere, ma David ed Emily erano suoi cari amici e la ragazza era abituata a raccontare loro quasi tutto, o almeno le cose più importanti e l'ES era in quel momento un cosa molto importante nella sua vita.
 “Emma?” chiese una voce alle sue spalle. 
Era Richard, il ragazzo della sua Casa che mal sopportava. L'ultima volta che si erano parlati avevano litigato furiosamente.
 “Sì Richard?” chiese neutra, mentre lui si sistemava gli occhialini tondi sul naso con un gesto secco.
“La McGranitt ha chiesto di andare nel suo ufficio” disse aspro e  lei cercò di non mostrare lo stupore per quella convocazione.
 “Grazie Richard” mormorò, lanciandogli un'occhiata bieca.
 “Non ti sarai ficcata nei guai, vero? Non ci farai perdere altri punti!” le gridò lui dietro, ma Emma lo ignorò, aumentando il passo.
 Emma non era mai stata nell'ufficio della professoressa McGranitt prima di allora e una volta arrivata lo trovò molto più caldo e accogliente di quanto si fosse aspettata. Le pareti erano tappezzate di libri, c'era un ampio camino e un tavolino con un servizio da the. 
 L'emoor si stupì lievemente di trovare anche Severus nella stanza. Il tutore e la professoressa parlottavano piano tra loro e si accorsero a malapena del suo ingresso.
 “Oh, eccoti signorina O'Shea” tubò la donna, vedendola “Prego  accomodati, prendi un biscotto.”
Emma si sedette incerta, chiedendosi se avesse fatto qualcosa di male, ma Piton le fece un debole sorriso come a rassicurarla.
 “Un biscotto, O'Shea” ripetè con voce pratica l'altra e l'emoor si affrettò a prendere il dolce dalla scatola in latta che le porgeva.
“Ho mandato il signor Done a chiamarti per non destare sospetti” spiegò la McGranitt, sorridendole in maniera rigida “se uno dei favoriti della professoressa Umbridge ti chiede di raggiungere il mio ufficio non sembrerà che io stia nascondendo qualcosa.”
 La Corvonero annuì e inghiottì saliva, chiedendosi se non fosse un sottile riferimento al fatto che sarebbe stato meglio evitare la 'Testa di Porco' per parlare dell'ES, ma rimase in silenzio.
 “Ho fatto qualcosa che non va?" chiese invece, titubante.
Era una situazione alquanto strana. Se fosse stato qualcosa di inerente alla scuola avrebbe dovuto esserci Vitious, responsabile della sua Casa, ma non c'era ed Emma non riusciva a immaginare un motivo per quel colloquio. 
Anche perché, ad eccezione del suo primo viaggio verso Hogwarts e delle lezioni di Trasfigurazione, non aveva mai avuto molto a che fare con la McGranitt.
 “Nulla di male” disse la donna rigida “solo io e il professor Piton stavamo discutendo di alcune questioni e sei finita nei nostri discorsi, così di comune accordo abbiamo deciso che preferivamo parlarti e metterti in guardia”
 Emma li guardò entrambi, in attesa che uno dei due continuasse.
 “Umbridge” disse Piton a mo' di spiegazione.
“Sì esatto” riprese velocemente la McGranitt “La professoressa Umbridge, Emma. Personalmente quando mi hanno raccontato del tuo comportamento alla sua prima lezione mi sono sentita... diciamo molto fiera di te, ma questo non dovrei dirlo, essendo un mio parere personale e dato che stiamo parlando comunque di un'insegnante. Credo, tuttavia, che non ci stupiremmo di pensarla in maniera molto simile sulla professoressa Umbridge"qdisse, lanciando un'occhiata eloquente che fece sfuggire un sorriso all'emoor.
 “Se non identica” sussurrò Severus.
 “Ma nonostante ciòq riprese la McGranitt, tesa sulla sua sedia  “Dobbiamo essere molto cauti signorina O'Shea. La professoressa Umbridge potrebbe prendere sempre più potere qui dentro e temiamo che le cose possano solo peggiorare. Severus è comprensibilmente molto preoccupato per la tua posizione e io lo sono per quella del signor Potter. Gli altri emoor si stanno dimostrando quanto meno... meno teste calde, ecco.”
Ad Emma venne in mente il fervore con cui David aveva insultato la Umbridge non più di qualche giorno prima. Probabilmente, se la McGranitt lo avesse sentito, non lo avrebbe definito 'meno testa calda', ma era vero, gli altri emoor erano meno plateali e più schivi.
Perché non lo hanno visto tornare pensò.
“Mi state chiedendo di fare la brava?” chiese la ragazza, perplessa. “Io non ho mai mancato di rispetto nessuno, ma la Umbridge...”
“O'Shea” ribatté la McGranitt con un sospiro stanco “So perfettamente che sei una studentessa modello, ma qui dobbiamo fare un passo oltre. La professoressa Umbridge...”
 “Il Ministero ci sta riempiendo di bugie” la interruppe Emma, parlava seriamente e con commovente fervore “la Umbridge lo sta facendo. La questione è molto seria. La gente crede alle bugie e...”
 “Te lo avevo detto Minerva” intervenne Piton con voce strascicata “Emma è molto testarda.” e all'emoor parve di vedere un bagliore di orgoglio illuminargli per un istante gli occhi neri.
“Non è questione di testardaggine, è questione di buon senso.” disse pragmatica la McGranitt “E confido tu ne abbia, O'Shea. Il mio consiglio è di considerare le amicizie che hai in tutte le Case. La tua posizione è peculiare, parla con loro. Finché sarà possibile, noi insegnanti cercheremo di proteggervi. Non possiamo garantirvi di farlo sempre, ma lo faremo. Tu però devi evitare nel modo più assoluto di attaccare pubblicamente la professoressa Umbridge.”
Emma aveva capito il nocciolo e sapeva che la McGranitt aveva ragione, anzi, si sentiva contenta che gliene avesse parlato. 
“Grazie Professoressa" rispose e la donna sorrise sollevata.
“Bene. Puoi andare Emma” disse e l'emoor si accorse dell'uso del nome al posto del cognome.
 “Ti accompagno.” aggiunse in fretta Severus.

. . .

Pupilla e tutore camminavano vicini per i corridoi. Emma si rilassò leggermente, come sempre le succedeva in compagnia di Severus.
“Come stai?” chiese lui.
 “Bene” sospirò lei, ma in realtà i pensieri le cozzavano nella testa.
 “Ascolta quello che ti ha detto Minerva” la pregò l'uomo.
 “Certo. Come sempre. Come mai mi ha voluto parlare?” chiese di rimando, sinceramente curiosa.
“Minerva ci tiene ad avere un contatto con te” spiegò con distacco Piton “con il fatto che tu sei in Corvonero non ha mai potuto conoscerti più di tanto, mentre si deve occupare di Potter ogni cinque minuti e tiene sotto controllo costante gli altri tre a causa della loro posizione delicata nella Casa di Serpeverde. Tu sei più, un mistero per lei, ecco”
“Oh” riuscì solo a dire l'emoor, chiedendosi se dovesse essere lusingata da quella attenzione “Capisco.”
 “Se lo capisci sai che non devi metterti nei guai, Emma, te lo ripeto di nuovo” disse il professore e una luce dura gli illuminò lo sguardo e l'espressione severa “è per questo che ti abbiamo parlato.”
“Ci provo” sussurrò la ragazzina.
 Si stavano dirigendo inconsapevolmente verso i sotterranei: Emma persa nei suoi pensieri, Severus che la scrutava attento, come se volesse leggerle nella mente. 
 L'emoor sapeva che, se solo avesse voluto, ne sarebbe stato perfettamente capace, ma che non l'avrebbe mai fatto senza il suo permesso e osservava il professore che sembrava davvero fragile e preoccupato, come se combattesse una guerra interiore, arrancando nel tentativo di proteggerla. Emma si avvicinò a lui e gli carezzò il braccio, nel tentativo di calmarlo.
 “D'accordo” borbottò l'uomo dopo svariati secondi e lei sorrise “so che proverai a stare tranquilla”
 “Sai che mento, no? O meglio, faccio attenzione sempre, ma sono un'adolescente Sev, è evidente che mi metterò nei guai”
Lui alzò gli occhi al cielo in una smorfia appena trattenuta.
 “E cos'ho fatto io per meritarmi una figlioccia adolescente?”
L'emoor sorrise ancora più apertamente al termine figlioccia.
 
“Sono una brava figlioccia però, dai”
Il verso che fece l'uomo assomigliava a una risata. Severus le fece una veloce carezza sul capo e si separarono. Emma osservò il mantello del tutore allontanarsi con un mezzo sorriso. 
Qualunque cosa fosse successa aveva Severus con lei.

*

Harry era stato proprio bravo. Emma doveva ammetterlo.
 Il ragazzo con la cicatrice aveva fatto un'introduzione breve ed efficace e si era mostrato tanto tranquillo e sicuro di sé che vi era un gran silenzio intorno e molti nella stanza lo fissavano ammaliati.
 Emma stessa si era ritrovata ammirata da quell'istintiva capacità di essere un leader che scorgeva in lui. L'Harry che alla Testa di Porco era sembrato incerto e schivo, ora invece  si muoveva per lo spazio come se avesse sempre insegnato ad altri, il sorriso tranquillo e le mani in tasca, mentre rispondeva alle domande e snocciolava aneddoti sul suo passato.
 L'emoor fece lui un mezzo sorriso incoraggiante, inghiottendo il nervoso che sentiva ancora nei suoi confronti, prima di mettersi in coppia con Zacharia Smith, lasciando che James e Lilith, più intimiditi da quel gruppo sconosciuto, potessero lavorare insieme.
 Il ragazzo di Tassorosso le fece un ghigno storto, mentre si avvicinava a lei, lo sguardo che lampeggiava di interesse. Era alto e dinoccolato, con capelli biondo scuro pettinati all'indietro e occhi troppo piccoli per il volto squadrato. 
 Emma non ci aveva mai avuto a che fare, ma dopo averlo sentito parlare alla prima riunione l'aveva trovato sgarbato.   
 “Quale onore, O'Shea” disse compiaciuto.

All'emoor non pareva davvero onorato, anzi, era piuttosto evidente che si fosse affrettato a mettersi in coppia con lei per curiosità. Probabilmente voleva provare batterla solo per poter dire di essere più potente di un emoor, o era curioso di vederla agire. 
 La Corvonero provò una sensazione sgradevole in fondo allo stomaco e un'istintiva antipatia per il ragazzo. Si mise in posizione di difesa e quasi esultò quando Zacharias la attaccò senza preavviso, in maniera decisamente meschina e lei parò il colpo con un blando incantesimo scudo. 
 Il ragazzo, colto di sorpresa, si irrigidì per un secondo e bastò quel brevissimo lasso di tempo perché Emma si lanciasse in avanti gridando: “Expelliarmus”.
 La bacchetta del Tassorosso volò lontano e Zacharias dovette indietreggiare di qualche passo per il contraccolpo violento con la forza dell'incantesimo, rischiando di cadere a terra.
 “Lo sapevo piccoletta!” tuonò George dall'altra parte della stanza ed Emma non riuscì a trattenere un leggero ghigno.
 “Davvero ottimo, Emma” intervenne invece Harry, sinceramente colpito “È la prima volta che lo facevi?"
 L'emoor annuì, deliziata dallo sguardo stupito del Grifondoro.  
Sapeva di essere veloce ad apprendere, fin dai tempi del suo addestramento a Spinner's End. Sapeva di essere brava e molto affine alla sua magia, ma le persone di solito erano incuriosite da lei solo perché era un'emoor, non per le sue capacità. Quella era la prima occasione che aveva per dimostrare davvero quanto valeva forse anche la prima volta che Potter la vedevano usare la bacchetta. 
Uno strano orgoglio le scaldò il petto.
 “Forse dovremmo far girare le coppie così da mischiare i livelli” disse Harry, guardandola ancora interessato e scoccando un'occhiata acida a Zacharias, improvvisamente cremisi.
Le coppie presero a ruotare a cadenza di quindici minuti. 
Emma si ritrovò a fronteggiare George, che era piuttosto bravo, ma non riuscì mai davvero a contrastarla. Ginny,che si innervosì, dato che l'emoor continuava a disarmarla e rischiò di affatturarla e poi Lilith e James abituati alla velocità dell'amica e che quindi si limitarono ad evitare di essere sbalzati. 
 Nessuno riusciva veramente a batterla ed Emma si accorse che più di una persona ora la stava guardando di sottecchi.
 Solo quando si ritrovò di fronte ad Hermione alla Corvonero parve di avere finalmente un'avversaria pronta a darle filo da torcere. 
 Non che gli altri non fossero validi, ma all'emoor semplicemente veniva naturale difendersi e contrattaccare con una velocità superiore alla media e un dispendio di energie minimo, come se il suo cervello facesse solo uno sforzo minimo per produrre qualunque incantesimo e se la persona con cui duellava si affannava a sovrastarla con incantesimi troppo complessi, o fantasiosi, lei lo capiva velocemente e rispondeva naturalmente in difesa. 
 Hermione invece era svelta e molto determinata, prediligeva incantesimi semplici e immediati, su cui non doveva pensare e lasciava ad Emma pochissimo tempo di risposta, cambiando il ritmo ogni volta che l'emoor sembrava essersi abituata.
Le due ragazze diedero spettacolo per dieci minuti prima che Emma riuscisse a disarmare la grifona, con un grido di esultanza.
 Fred fischiò ammirato e Neville Paciock fece partire un timido applauso, mentre le due ragazze si stringevano la mano.
 “Molto bene” ripeté Harry, che sembrava leggermente in trance mentre le osservava “davvero molto bene.” 
 Continuarono ad allenarsi per un'altro po', prima che Hermione facesse notare che erano quasi le nove e la seduta venne sciolta.

Potter chiese loro di uscire a gruppi di tre o quattro per non dare nell'occhio, Emma non lo aveva mia visto così raggiante. 
 La Corvonero raccolse la sua tracolla da un angolo e cercò i due compagni di Casa con lo sguardo. James si era avvicinato al trio dei Grifondoro, probabilmente per chiedere se poteva portare Sean ai prossimi incontri e l'emoor pensò per un attimo che anche lei avrebbe potuto domandare per gli altri Serpeverde, ma decise di farlo in un'altra occasione, perché sapeva che Hermione si sarebbe innervosita se si fosse sentita subito sotto pressione.
 Si avviò quindi sola verso l'uscita quando scorse Fred e Lilith uno accanto all'altra che chiacchieravano complici.
 “Sono davvero carini vero?” disse George, apparso alle sue spalle e a lei non parve di sentire troppa ironia nella sua voce, era sincero.
 “Vero. Ma Fred non stava con Angelina?”
 “Naaa” fece il gemello “Non bisogna mai mischiare amore e Quidditch. Prima regola”.
“Sicuro?” indagò l'emoor “non voglio che Lilith soffra.”
“Lilith non soffrirà, te lo garantisco” disse il gemello in risposta, passandole un braccio intorno alle spalle.
 Scesero a cena chiacchierando amabilmente del più e del meno, raggiunti anche da una raggiante Ginny, fino a quando arrivarono in Sala Grande e si separarono ognuno diretto al proprio tavolo.
 Emma raggiunse la panca e si sedette accanto a Luna, che l'aveva anticipata di pochi minuti.  Si sentiva davvero affamata, ma mentre si serviva il cibo ebbe la strana sensazione di essere osservata e si bloccò a metà, guardandosi intorno, fino a quando non lo vide:
Draco Malfoy. Draco Malfoy che la fissava dal tavolo dei Serpeverde con un mezzo sorriso sul volto pallido e affilato.
Emma si sentì arrossire e sorrise meccanicamente in risposta.
 “Sembri stargli molto simpatica, vero?” disse Luna con fare svagato.
Emma sussultò “A chi?”
 “A Draco Malfoy” disse la ragazza sicura di sé, gli occhi sgranati.
L'emoor sentì le guance andare a fuoco e abbassò velocemente lo sguardo sul piatto, stringendosi brevemente nelle spalle.
 “No non credo.” esalò in fretta.
 “Oh sì invece” le disse Luna raggiante “Gli stai simpatica.”
Emma non riuscì a fare a meno di sorridere.

*

Un cerchio di Mangiamorte scuro intorno a lei. Il freddo pungente sul petto e quell'odore strano di umido e paura. Emma cercò di fare dei profondi respiri senza davvero riuscirci. Codaliscia e il coltello grondante di sangue di Harry, i volti di sua madre, suo padre e Steph che spuntavano da sotto il cappuccio dei Mangiamorte.  L'emoor annaspò, cercando di arretrare. 
 Al centro del cerchio la solita giovane con capelli rossi: sembrava quasi Ginny.
La donna urlò ci fu un lampo di luce verde e l'emoor si sentì soffocare, quando qualcosa al limite del suo campo visivo attirò l'attenzione. Prima che potesse mettere a fuoco la situazione Draco Malfoy le puntò una bacchetta contro.
 “Incarceramus” disse il biondo e funi sottili bloccarono la ragazza.
 “Draco” gridò disperata.
 “Mi dispiace O'Shea. Hai scelto la parte sbagliata”
E c'era davvero un profondo dispiacere nel suo sguardo grigio.
Di nuovo grida. Di nuovo un lampo di luce verde.

*

Emma si svegliò madida di sudore.
Era ancora notte e il buio premeva sui suoi occhi.
Il baldacchino sopra la sua testa, che conosceva come le sue tasche, con i suoi ricami blu e bronzo, ebbe il potere di farla tornare alla realtà, tranquillizzandola. 
Si guardò intorno con leggera ansia, come aspettandosi di vedere qualcosa di mostruoso strisciare fuori dall'ombra, ma c'era una strana calma. Le sue compagne di stanza stavano fortunatamente ancora dormendo nei loro letti. Quella volta, forse, non aveva gridato.
Con mani tremanti l'emoor si sporse verso il comodino e afferrò il bicchiere d'acqua che aveva preparato la sera prima. Ne bevve dei piccoli sorsi, lentamente, nel tentativo di calmarsi.  
Gli incubi stavano peggiorando. Decisamente. Ed erano strani.
Emma aveva sempre pensato di condividerli con Potter, ma da un po' sapeva che non era evidentemente così. Quando subiva le intromissioni di mente durante il torneo avvertiva la presenza del ragazzo, sapeva di essere con lui, quei sogni invece sembravano essere solo suoi e per quanto fossero peggiorati dopo ogni invasione di mente da parte di Potter, raffiguravano i suoi genitori, le sue paure e i suoi pensieri, come era evidente dalla recente presenza di Draco. 
Eppure l'emoor non si spiegava le grida della donna sconosciuta con capelli rossi e la luce verde che erano stati i primi apparire e non appartenevano ai suoi ricordi, visto che i lampi verdi erano iniziati molto prima che lei assistesse l'uccisione di Cedric, molto prima che lei sapesse di che colore fosse l'Anatema che uccide.
 La ragazza fece un breve sospiro, cercando di tornare a dormire.

*

I giorni passavano lenti tra una lezione e l'altra.
 Emma era di buonumore, gli incontri con l'ES la galvanizzavano e spesso si ritrovava distratta a pensare a quanto si sentiva bene libera di fare magie e di mettersi alla prova insieme agli altri. 
Avere Hermione come sfidante poi le aveva dato un nuovo stimolo. Non solo l'aveva elettrizzata, ma ora capiva cosa volesse dire duellare con la magia, avere un obiettivo e un margine di miglioramento.
“Pensi ad altro?” chiese David.
 Emma sobbalzò e guardò l'amico. Si sentì vagamente colpevole, perché non solo stava tenendo nascosta agli emoor l'ES stessa, ma si distraeva pensando alle riunioni mentre era in loro compagnia.
 “Sì, scusa ero distratta” ammise.
“Stai bene? Sicura?” chiese David ed Emma annuì incoraggiante.
“Non hai più connessioni con Harry Potter, vero?” intervenne improvvisamente Emily, prendendola in contropiede, mentre la osservava con estrema attenzione e anche Artemius alzò la testa dal suo libro e la fissò con i suoi occhi vacui.
 “Oh, no.” disse in fretta la Corvonero “Non mi è più capitato”
 “Che cosa strana quella...” borbottò Emily.
 “Già” sussurrò l'emoor, impacciata.
 “Comunque” le interruppe David “parlavamo della Umbridge.”
 “Detto tra noi quella è una vera megera” disse Emily, ricevendo un energico segno d'assenso persino da Artemius.
 “Avrei pagato per vedere la sua faccia quando sei uscita dalla classe, Ems.” rincarò David ed Emma sorrise debolmente, perché le piaceva avere il supporto dei tre Serpeverde.
 “Il problema vero, però, non è il carattere della Umbridge in generale o quanto possa essere sgradevole” sussurrò Emily.
 “Si ecco...” riprese David, soppesando le parole “il vero problema forse è il suo atteggiamento.”
 “In che senso?” chiese Emma, stupita.
 “Si sta facendo amici alcuni di quelli di Serpeverde” chiarì David con sguardo cupo “Non noi in particolare, ma altri, anzi persone pericolose in parte, come Avery, Parkinson o... Malfoy”
 Ad Emma parve che l'amico avesse nominato il nome di Malfoy con particolare attenzione, mentre la guardava negli occhi, ma lei non si scompose minimamente.
“Perché pensate che sia un problema?” domandò “non mi è mai sembrata una persona di molto senno, sbaglio?”
 “Beh, a noi non è sembrato molto adatto che una professoressa di Difesa contro le Arti Oscure abbia questa predilezione per i Serpeverde” disse David con semplicità, ma Emma si strinse nelle spalle, lo sguardo perso verso le cime della Foresta Proibita.
 “Lei era Serpeverde, no? Magari è solo un attaccamento alla sua Casa. In realtà credo che sia solo ottusa” disse, sicura di sé “E probabilmente i Serpeverde fanno il suo gioco e la adorano solo perché lei tratta male Potter e dà volentieri loro punti. Non so se c'è davvero della cattiveria, o un pensiero dietro”
 “Forse hai ragione tu, ma stare allerta comunque non fa mai male” asserì David ed Emma annuì di rimando, pensierosa.
 “Vi siete mai più chiesti quale sarebbe il nostro ruolo in un'ipotetica guerra?” domandò dopo un poco e tre paia d'occhi la fissarono per un lungo momento.
 “Io ci ho ragionato a lungo” rispose Emily con il suo tono pacato “ma non riesco a trovare nessun riferimento agli emoor più approfondito di quello che ci hanno raccontato. Una mia amica, Joanne, è un'esperta dei Fondatori originali della scuola e mi dà una mano, ma anche lei non sa quasi nulla dei quattro fratelli.”
 Emma la guardò ammirata. Lei, forse anche per il fastidio che provava verso la profezia, non aveva mai fatto nessuna ricerca e si disse che avrebbe dovuto provarci.
 “Perché voi non sapete quale sarà il vostro ruolo?” domandò improvvisamente Artemius, facendo sobbalzare gli altri tre che non si aspettavano un suo intervento e ad Emma parve di scorgere nel suo sguardo un vago interesse, di solito del tutto assente negli occhi del ragazzo.
 “Beh no” rispose per tutti David “Perché tu si?”
Artemius tardò di un solo secondo prima di scrollare il capo e dire un 'no' secco. Emily e David annuirono e ripresero a parlare tra loro quasi subito, ma Emma fu certa che il ragazzo mentisse e continuò ad osservarlo di sottecchi per tutto il resto del pomeriggio, senza però capire né su cosa, né perché mentisse.
 L'emoor erede di Tassorosso, forse sentendosi osservato le lanciò una paio di occhiate interrogative, ma nulla di più.

*

Il pubblico trattenne bruscamente il respiro prima di esplodere in un boato di gioia: Quidditch. La fatidica partita Serpeverde contro Grifondoro e Grifondoro aveva appena vinto.
 Anche ad Emma sfuggì un mezzo sorriso, non le importava molto di quello sport, né la entusiasmava particolarmente, ma doveva ammettere che era stato inaspettatamente un bello spettacolo. 
Si era ritrovata a trattenere il fiato nei momenti di tensione ed esultare quando i punti andavano a segno e si era divertita, nonostante il pubblico di Serpeverde si fosse comportato in maniera orribile, cantando per tutto il tempo a squarciagola una canzone odiosa che si intitolava “Perché Weasley è il nostro re”.
 Essendo i due Cercatori Potter e Malfoy, l'emoor aveva provato ad essere una spettatrice neutrale, ma la canzoncina l'aveva tanto snervata e fatta sinceramente dispiacere per il povero Ron, che era arrivata a fine partita con la mandibola serrata. 
 Per questo, quando Harry Potter aveva preso il boccino d'oro, appena prima di cadere rovinosamente al centro del campo, colpito dal bolide di Tiger, aveva applaudito contenta. 
 Ginny, accanto a lei, esultava invece a gran voce, nonostante fosse piena di preoccupazione e si sporgesse dalla balaustra nel tentativo di assicurarsi, senza darlo a vedere, delle condizioni di Potter.
“Vieni” disse, prendendola per mano, quando si accorse di essere troppo lontana per valutare “andiamo di sotto da Fred e George.”
 Emma sorrise, comprendendo che non aveva nessuna intenzione di andare in realtà dai gemelli, ma la seguì giù dalle scale senza ribattere, facendosi spazio nella folla festante.

Arrivate al campo la situazione che si trovarono davanti non era delle più rosee, anzi ad Emma parve subito piuttosto tesa.
 Angelina, Katie e Alicia trattenevano con tutte le forze Fred che si divincolava con rabbia, mentre Harry, con pochi risultati, cercava di frenare un George fuori di sé. Entrambi i Weasley in realtà erano fuori di sé e sembravano seriamente intenzionati a massacrare di botte Draco Malfoy, che stava tranquillo di fronte a loro.
 L'emoor sussultò e scorse il volto di Draco illuminarsi di un sorriso cattivo, con quell'aria di sfida che sfoggiava sempre quando voleva ferire qualcuno. D'istinto allungò il passo, superando Ginny. 
 “Ems” la chiamò debolmente la rossa, ma lei la ignorò.
 Non era ancora arrivata abbastanza vicina da sentire cosa diceva il Serpeverde, ma sia Harry che George si rivoltarono contro di lui nello stesso momento e cominciarono a colpirlo con calci e pugni.
 “No!” trillò l'emoor, ma nessuno si volse verso di lei.
 Si mise a correre e arrivò in tempo per afferrare il  braccio di Harry, allontanandolo dal ragazzo e impedendogli di sferrare lui un colpo sul naso, ma il Grifondoro si divincolò subito, rudemente, tornando a darle di santa ragione al biondo.
 “Fermi!” gridò Madama Boom, avvicinandosi in fretta e lanciò un incantesimo che separò i ragazzi e fece sbalzare Emma all'indietro. 
 L'emoor cadde con la schiena sull'erba umida e sentì dopo un secondo le braccia di Ginny che la sorreggevano.
“Tutto ok?” chiese l'amica e la Corvonero annuì in fretta.
“Potter! Weasley!” strillò madama Boom “Immediatamente dalla McGranitt per una punizione e cinquanta punti in meno a Grifondoro, non pensavo che foste dei selvaggi al posto che dei giocatori di Quidditch. Voi quattro negli spogliatoi, svelti.”
Emma si voltò indietro, Ginny le lanciò un'occhiata veloce per sincerarsi che stesse bene e poi corse dai fratelli verso gli spogliatoi di Grifondoro. La professoressa si girò invece verso di lei, guardandola con sospetto, probabilmente chiedendosi che cosa ci facesse lì, non essendo né parte della squadra, né un membro delle due Case che avevano giocato.
 “O'Shea” la chiamò “Accompagni il signor Malfoy in infermeria”
 “Ce la faccio da solo” bofonchiò il ragazzo.
 Emma abbassò lo sguardo su di lui piuttosto scettica. Era stato colpito seriamente, perdeva molto sangue dal naso ed era visibilmente dolorante.
 “Non sia sciocco signor Malfoy, si regge a malapena in piedi.” sbottò la professoressa, facendo un gesto rigido ad Emma perché intervenisse e l'emoor si affrettò a prendere il ragazzo sotto braccio.
 “Avanti Draco” sussurrò.
 “Non mi trattare con un bambino, O'Shea” disse lui sprezzante.
 La ragazza si accorse dell'uso del cognome e il distacco usato, ben diverso dai toni che si riservavano durante le lezioni di Pozioni e capì che Draco, evidentemente, non amava farsi trovare in difficoltà.
 “Oh vuoi cavartela da solo quindi?” chiese aspra, mollando la presa e incrociando le braccia con aria profondamente offesa. 
 Il Serpeverde stese un mezzo ghigno e cercò di raddrizzarsi, con pochi risultati, prima di riafferrarle il braccio, avvicinandosi a lei.
 “Così va meglio, Malfoy.”
 “Taci, O'Shea” sibilò lui.
Emma rise e presero a camminare lentamente verso il castello. 
Stavano in silenzio, Malfoy zoppicava visibilmente e continuava a perdere sangue dal naso, nonostante continuasse a tamponarlo con la manica della mano libera, ma Emma cercò di non fare commenti.
Solo quando le sembrò che Draco si facesse più pallido pulì il volto del ragazzo con un incantesimo e mormorò un veloce Epismendo che sembrò fermare temporaneamente il flusso del sangue.
 “Ti hanno ridotto male” mormorò con aria contrariata.
 “Amici tuoi” borbottò il Serpeverde con il fiato corto.
L'emoor lanciò lui un'occhiata storta, inarcando un sopracciglio.
 “Li stavi insultando Draco”
“Tu non puoi aver sentito. Eri lontana”
 La ragazza sorvolò sul fatto che lui l'avesse notata arrivare da lontano e trattenne il sorrisetto che stava per fare.
 “No, è vero” concesse “ero lontano, ma era abbastanza chiaro e anche se non ti avessi visto in volto. Non ci vuole poi molta immaginazione, tu insulti sempre Harry e i Weasley”
 Lui strinse le labbra con nervosismo e scosse il capo.
“Avevo appena perso una partita, Potter e Weasley sono più a torto” si difese e aveva una smorfia  imbronciata che intenerì l'emoor.
Stava davvero consolando Draco Malfoy per  una partita di Quidditch?

Ginny l'avrebbe trovata una situazione molto divertente, se solo il ragazzo non avesse preso a pugni suo fratello ed Harry.
 “Draco, in tutta onestà hai creato una canzone denigratoria contro Ron! So che sei stato tu, non mentire e l'avete cantata tutto il tempo, avrebbe fatto andare fuori di testa chiunque” disse Emma con più decisione e il ragazzo finì per borbottare tra sé e sé.
 “Che fai O'Shea difendi la feccia?” 
 “Smettila” lo ammonì lei.
 “Di fare cosa?” sputò.
“Di comportarti così. Di insultare la gente a caso.”
“Non è mai a caso con Weasley”
L'emoor roteò gli occhi al cielo prima di riprendere cauta a parlare.
 “Se solo tu non usassi tutta quell'energia contro di loro e  Harry...”
 “Cosa potrei fare?”
 “Beh non lo so” mormorò “ma sei un ragazzo intelligente, devi solo crescere un po' con questi battibecchi”
“Ti credi superiore a me e i miei battibecchi?” sibilò lui sprezzante.
 “Ma no Draco...” sospirò Emma stancamente, con la sensazione di parlare con un muro “Penso solo che meriteresti di meglio.”
 Quell'affermazione parve colpirlo. La Corvonero lo vide soppesare le sue parole, prima che le stringesse un poco di più il braccio, zoppicando qualche altro passo e giurò che stesse sorridendo.
 Dalla sua visita al Manor era sicuramente la conversazione più lunga che avessero mai sostenuto e non erano mai stati così vicini, né erano abituati al contatto fisico. A Pozioni di solito evitavano accuratamente anche solo di sfiorarsi e a Emma pareva che il punto in cui Malfoy era aggrappato al suo braccio stesse bruciando.
 “Sei bravo a volare” disse dopo un poco, nel tentativo di togliere la smorfia triste che intravedeva sul volto di lui.
 “Questo lo sapevi già” ribatté Draco, graffiante.
“Ma non ti avevo mai visto in gara.”
 “Ho perso Emma, il tuo non è un gran complimento”
 “Non bisogna sempre vincere per essere considerati bravi”
Lui scosse la testa, esasperato e le lanciò un'occhiata grigia. 
 “Hai sempre la risposta pronta, eh?”
Emma alzò le spalle con noncuranza.
 “Hai più volato?” indagò il ragazzo, lanciandole un'altra occhiata.
“Intendi dopo quella volta in cui ti ho quasi causato un arresto respiratorio per la paura?” rise lei.
Lui trattenne con fatica un ghigno e annuì.
 “No, non ho più volato” sorrise l'emoor.
 “Non mi è affatto dispiaciuto sai?”
 “Che cosa? Sapere che sono peggio di te su una scopa?”
 “No. Essere quasi soffocato da un tuo abbraccio”
 Emma alzò gli occhi verso di lui, sorpresa, con un sorriso che affiorava sulle labbra senza che riuscisse a trattenerlo. Le parve che Draco, ancora aggrappato al suo braccio, quasi si chinasse verso di lei, con una smorfia gentile, ma vennero interrotti.
 “Che ci fai con lei?”

Pansy Parkinson era in piedi al centro dell'atrio di ingresso, le mani sui fianchi e lo sguardo arcigno pieno di sfida. 
 Aveva un composto caschetto scuro e un volto ingrugnito, simile a quello di un carlino, ma i tratti del viso erano graziosi anche se inaspriti e il fisico minuto era ben proporzionato. 
 L'emoor le lanciò un'occhiata fiacca, ma Draco, colto di sorpresa, si staccò bruscamente da lei e barcollò sul posto.
 “Madama Boom mi ha chiesto di accompagnare Draco in infermeria” spiegò pacata la Corvonero e l'altra ragazza le lanciò un'occhiata sprezzante e si avvicinò inviperita al ragazzo, dandole uno spintone quando le passò accanto, prima di afferrare il braccio di Malfoy.
 “Ma tu ti lasci toccare da una così?” sibilò contro di lui “Sei forse impazzito? Lo porto io O'Shea, sparisci”
 Emma sentì le guance colorarsi di cremisi.
“Ehi” gridò dietro alla ragazza “Ma come ti permetti?”
Pansy si fermo e le lanciò uno sguardo pietoso. 
“Come ti permetti tu O'Shea! Toccare un Malfoy, un Purosangue.”
“Lei è a posto Pansy” mormorò con voce flebile e annoiata Malfoy.
Teneva lo sguardo basso ai piedi, come se si vergognasse, la mandibola rigida e pareva più pallido del solito.
“Oh, lei è a posto Dra?” squittì Pansy, il volto deformato dalla rabbia “Tu sei il mio ragazzo Draco. Mio. E io ti trovo a braccetto non solo con una ragazza, ma con una Sanguemarcio.”
 L'emoor sussultò. Solo una piccola parte del suo cervello registrò quell'informazione: Pansy era la ragazza di Draco, per il resto sentì il sangue ribollire per gli insulti. Fece un passo in avanti, pronta a rispondere a tono, ma non fu necessario, perché il volto di Malfoy si contrasse in una smorfia terribile e per un momento Emma pensò che avrebbe affatturato la Parkinson.
 “Vattene Pansy” sibilò il ragazzo. Secco e disgustato.
 “Che cosa?” sussurrò Pansy “Preferisci farti accompagnare da lei?”
 “No” disse in fretta lui ed Emma lo vide in difficoltà e si accorse che stava evitando accuratamente di guardarla “Vado da solo”
Draco non si girò verso di lei, tremava di rabbia e si allontanò cupo lungo il corridoio, zoppicando visibilmente. Emma lo seguì con lo sguardo indecisa se seguirlo. Era esasperata da tutte quelle situazioni in cui le persone a causa sua si trovavano in bilico tra 'chi erano' e 'chi avrebbero voluto essere'. Una volta era Severus a doversi sforzare di smussare i lati più spigolosi del suo carattere e ora Draco.
 Emma si era accorta di come il Serpeverde si fosse staccato bruscamente da lei all'arrivo di Pansy e con dolore si chiese se quell'atteggiamento fosse motivato dal fatto che effettivamente fosse fidanzato, o esclusivamente perché era una vergogna per lui farsi trovare in giro con un'emoor e in qualche modo il pensiero di questa seconda ipotesi la ferì più della prima.
Sospirò e stava quasi per girarsi per tornare in torre quando con la coda dell'occhio vide Pansy muovere la bacchetta e agì di istinto, evocando rapida un incantesimo scudo. 
Il gambemolli che evidentemente Pansy le aveva inviato le si ritorse contro facendola accasciare a terra. Emma la guardò la con sprezzo.
“Quasi alle spalle, Parkinson. Che colpo basso”
La Serpeverde cercò rialzarsi senza successo, furente. 
 “Solo perché sei un'emoor non puoi permetterti di trattare così una Purosangue, O'Shea. Rimani pur sempre una Sanguemarcio”
 “Grazie dell'informazione Parkinson” disse stancamente.

Litigare per la purezza del sangue era stupido per lei. Tanto più che se avessero dovuto mettere su una bilancia il suo sangue e quello della Parkinson, Emma era piuttosto sicura che il suo sarebbe risultato più puro, visto il suo legame con Alicia Serpeverde e per un momento provò a immaginare che faccia avrebbe fatto Pansy a sapere di essere di fronte alla legittima discendente della sua Casa.
 Scosse le spalle e si allontanò di un passo, ma la Serpeverde alzò nuovamente la bacchetta e gliela puntò contro e l'emoor sbuffò e la disarmò senza pronunciare ad alta voce l'incantesimo.
 Pansy sobbalzò all'indietro e impallidì.
 “Ma come hai fatto?” mormorò stupita.
Emma non lo sapeva, aveva agito di istinto.
“Incantesimo non verbale, Pansy cara” le interruppe una voce.
Era Zabini come sempre elegante nei suoi vestiti di alta sartoria con sprezzo per l'uniforme scolastica. Il viso composto e lo sguardo chiaro e obliquo evidentemente divertito, sembrava apparso dal nulla e lanciò un mezzo sorriso ad Emma, che rimase interdetta.
 “Che vuoi Zabini?” sibilò Pansy, cercando nuovamente di tirarsi in piedi, con scarsi risultati.
“Nulla Pans, son venuto a divertirmi. Io te lo avevo detto che mettersi contro un'emoor era piuttosto stupida come idea.”
 “Che fai ti metti dalla sua parte?” disse acida la ragazza.
“Taci Bla, in effetti” intervenne un altro ragazzo accanto a lui in cui Emma riconobbe Theodore Nott.
 Aveva il volto pallido con capelli scuri cortissimi, gli occhi graffianti e pericolosamente intelligenti, il corpo asciutto vestito elegantemente come i compagni di Casa. Il ragazzo si chinò ad aiutare Pansy, lanciando una bieca occhiata all'emoor, che lei lo ignorò.
 “Beh un piacere conoscervi” disse solo, ironica e si voltò per andarsene, senza dar conto a Theo e la ragazza, ma rispondendo di buon grado al mezzo sorriso che le riservò Zabini.

*

Ginny era rimasta deliziata dal racconto di Emma. L'emoor era stupita di come l'amica fosse incline ad accettare il suo rapporto con Malfoy, ma probabilmente il fatto che la Corvonero avesse umiliato la Parkinson in un corridoio la metteva di buon umore.
 “Non credo che Pansy sia davvero la sua ragazza.” disse la rossa.
 “Da come era arrabbiata sembrava proprio così.” sussurrò l'emoor, vagamente afflitta e Ginny ridacchiò.
 “A Pansy piacerebbe proprio. Si dice che si sia montata la testa dopo che Draco l'ha invitata al Ballo del Ceppo I Malfoy sono una famiglia oscura, ma di una certa importanza e anche molto ricca. Per i Parkinson sarebbe un bel colpo se la figlia sposasse l'erede. ”
 Emma annuì di rimando, ricordando l'imponenza del Manor e il discorso sui legami di sangue fatto con Draco. Era piuttosto certa che la famiglia Parkinson, anche se non altrettanto ricca e prestigiosa, fosse meglio considerata di lei dalla famiglia Malfoy.
 “Beh, anche se non ci fosse Pansy, è comunque difficile immaginare  che io e Draco potremo trovare un equilibrio. Dovevi vederlo ieri era... spezzato” mormorò.
 “Ma ti ha difeso” le fece notare Ginny.
“Non proprio. Ha detto che sono 'a posto' e poi se ne è andato da solo in infermeria senza nemmeno guardarmi in faccia”
 “Non puoi aspettarti molto di più per ora da lui” 
 “Lo so, ma temo...”
 “Cosa Emma?” chiese Ginny con un sorriso morbido.
“Temo che saremo sempre di opinioni diverse” ammise l'emoor “E che questo sia inconciliabile. E di non essere nemmeno abbastanza  per lui. Insomma lui toujour pur e io... beh sono più aperta, diciamo, ma anche imperfetta e temo che arriverà un momento in cui le due cose faticheranno a coincidere.” concluse e si stupì di aver ammesso ad alta voce quel pensiero e si ritrovò ad essere più leggera. 
 Era qualcosa su cui si arrovellava da parecchio. 
Se le cose in futuro si fossero complicate Emma sapeva che avrebbe avuto difficoltà a schierarsi. Non perché condividesse alcun ideale con Voldemort, anzi, ma nelle schiere del Mago Oscuro c'erano Piton e i Malfoy, oltre che il sostegno di persone più neutrali a scuola come Blaise Zabini, che lei non avrebbe voluto abbandonare.
Fino a quel momento se l'era cavata con poche regole: 'Sii te stessa e credi nei tuoi ideali, difendi chi ami e chi subisce abusi', ma essere l'ago della bilancia era complesso di così.  Emma non era disposta a vedere il mondo come una massa di solo buoni e cattivi. 
In mezzo c'erano da considerare, ai suoi occhi, tante sfumature di grigio, ma anche se per lei era naturale mettere ogni cosa in equilibrio, la guerra sarebbe stata dura e lei doveva pensare a come avrebbe agito se avesse dovuto difendere Draco dall'attacco di Potter.
 Ginny interruppe i suoi pensieri con un mezzo sorriso e si strinse nelle spalle prima di parlare con tono diplomatico. 
“Io non sarei così negativa, Ems. Tu sei abbastanza, prima di tutto.  E sei riuscita a far funzionare le cose con Piton, non vedo perché non dovresti riuscire con Draco. Per altro lui è interessato a te e...”
“Severus è una persona intelligente e sensibile” la interruppe Emma, bruscamente e Ginny sorrise furba “Con lui è semplice.”
 “Su questo non tutti sarebbero d'accordo. Eppure...”
 “Grazie del tuo parere signorina Weasley”
Il professor Piton era apparso alle spalle delle due ragazze, silenzioso come al suo solito, cogliendole di sorpresa. Il sorriso di Emma si allargò istantaneo, divertito, ma Ginny scattò in piedi.
 “Professore” balbettò.
 “Dovrei parlare con la signorina O'Shea” disse secco lui, le labbra sottili tenute strette in un'espressione sdegnata “Non so quanti punti si dovrebbero togliere a Grifondoro per aver dato al tuo professore di Pozioni della persona poco sensibile e intelligente”.
 Emma rise. Sapeva che Severus si stava solo divertendo a torturare la Grifondoro, ancora ritta e immobile mentre lanciava sguardi supplicanti all'emoor perché la aiutasse.
 “Avanti Sev. Ginny non voleva offenderti.” intervenne conciliante per smorzare la tensione, ma l'uomo le scoccò un'occhiataccia. 
“Sono professore qui ad Hogwarts O'Shea. O Signore” sibilò, poi si rivolse a Ginny mormorando con sprezzo “Sparisci”. 
E la Grifondoro non se lo fece ripetere due volte e corse via.
 “Non dovresti difendermi in quanto mia protetta?” chiese Piton, una volta che fu lontana, rivolgendo ad Emma un sorriso misurato.
“Lo faccio sempre” disse l'emoor quieta “dico a tutti che sei tenero come un Puffskine, ma poi tu li terrorizzi e non mi prendono sul serio”
 “La Weasley mi sta simpatica in realtà, non assomiglia al fratello” disse il professore e la ragazza sorrise contenta di rimando, perché le piaceva quando Severus si mostrava d'accordo con lei su qualcosa e soprattutto se approvava i suoi amici.
“Facciamo due passi, Emma?” propose lui con tono teso “devo parlarti di alcune cose” 
 L'emoor, colta di sorpresa, annuì, cercando di non agitarsi e di godere invece di quel momento con il tutore. Il rapporto tra lei e Severus, dolce e fragile, era una delle poche costanti nella sua vita.

Camminarono verso i sotterranei con passo lento, come se avessero tutto il tempo del mondo. Le poche persone che incontrarono non sembravano interessate a loro, ma Severus parlava comunque con il tono di voce basso e misurato di chi non si vuole far sentire.
 “È sorta una complicazione.” sussurrò.
 “Che complicazione?” chiese l'emoor, immediatamente tesa.
 “Il Ministero ha contattato Silente riguardo a te e Artemius Hope.”
 La ragazza lo guardò confusa non capendo subito perché lei ed Artemius e non anche gli altri due emoor.
 “Per via della morte dei vostri genitori...” le spiegò cauto Severus, notando la sua confusione e sembrò curiosamente docile e delicato nel dire quella frase, come se temesse di ferirla.
 “Oh” riuscì solo a dire Emma.
“Il fatto è che legalmente voi risultate orfani ed entrambi senza altri parenti in vita.” spiegò l'uomo “Silente è riuscito a temporeggiare, con la scusa di non agitarvi ulteriormente, visto la perdita che avete subito e ha dato il mio nome e quello del tutore di Hope come garanti, ma ora stanno diventando pressanti.”
Emma annuì, cominciando a capire il problema. Severus le lanciò un'occhiata per assicurarsi che stesse bene e riprese a parlare cauto.
“Ci hanno contattato ieri, per dirci che avete per legge bisogno di un tutore legale, uno vero. E che avrebbero già alcune famiglie disposte a... ad adottarvi ecco."
La ragazza sentì un peso allo stomaco. Non era solo l'idea di essere accolta in famiglia da degli sconosciuti all'età di quattordici anni, ma era anche il terrore di chi l'avrebbe potuta adottare. 
Vista la Umbridge e la posizione del Ministero l'emoor non osava immaginare a quali tipo di famiglie stessero pensando. Provò un moto di compassione anche per il povero Artemius e per la prima volta desiderò parlare più a fondo con lui della loro situazione.
“Sev, non lasciate che mi portino via” sussurrò, cercando di placare il moto di nausea che le rimestava lo stomaco.
Quante famiglie poteva desiderare di accaparrarsi un'emoor nel proprio albero genealogico? Quante avrebbero fatto carte false solo per esporla come un trofeo? Molte.
 “Non ti abbandoneremo.” disse Severus, interrompendo il flusso dei suoi pensieri “Non permetterei mai che tu possa essere messa in mano a degli idioti, Emma, o peggio ancora a famiglie pericolose e nemmeno il professor Silente lo permetterà, stiamo valutando attentamente tutte le possibili alternative.”
 Emma provò solo un leggero sollievo e annuì tremante.
“Ma è proprio necessario?” tentò “voglio dire, io non voglio questi genitori, ma non posso stare ad Hogwarts? O a Spinner's End? Potrei firmare dicendo che mi prendo la responsabilità delle mie azioni” sembrava un fiume in piena, gli occhi lucidi e grandi.
Piton, rigido, le posò una mano sul capo, in un movimento tranquillo. Generalmente le stringeva una spalla quando voleva comunicarle del supporto, ma sembrava anche lui frastagliato, le labbra livide e lo sguardo pieno di preoccupazione. Rimase fermo, con la mano immobile sul capo della ragazzina, fino a quando lei non tornò a respirare e lui abbassò il braccio in modo meccanico.
 “Emma, non ti agitare” mormorò “ho solo voluto avvisarti  per non tenerti nascosto nulla, ma è tutto sotto controllo.” 
L'emoor ricambiò il suo sguardo, solo vagamente più calma e capì l'allusione al passato. Severus stava provando ad agire senza nasconderle nulla. 
L'emoor ricordava lo smarrimento di lui quando lei aveva scoperto il marchio nero. Ricordava la rabbia e le parole taglienti che si erano lanciati a vicenda e la sua fragile richiesta di non essere più tenuta all'oscuro di cose tanto importanti. 
Severus stava provando a mantenere quella promessa, forse perché aveva capito che per la ragazza la fiducia era tutto e l'emoor provò un profondo affetto per l'uomo e gli sorrise grata.
 Si fidava di Severus e si fidava di Silente.
 “Grazie di avermi avvisato, Sev”
 “Di nulla. Troveremo una soluzione” disse Piton nel tentativo di rincuorarla, ma ad Emma la sua parve più una smorfia tesa che tranquillizzante “non pensarci troppo, d'accordo?”
“D'accordo.” mormorò la Corvonero, mentendo, perché sapeva che ci avrebbe ragionato e sofferto, ma cercò di ignorare lo sguardo di lui che sentì  correre sul suo volto.
 “E se avessi bisogno di qualcosa, non esitare a venire a chiedere, ci sono, ok?” insistette l'uomo, vedendola distratta “Sono ancora il tuo tutore, per ora.”
Emma questa volta tentò di sorridere di rimando, con poca convinzione, si scostò da lui di un passo e gli fece un cenno di saluto.
Osservandolo in silenzio mentre si allontanava con il suo passo silenzioso. Rimasta senza nessuno, ferma al centro del corridoio, l'emoor si sentì terribilmente sola.






*Angolo Autrice*

Buon Anno lettori :)
Finalmente il 2021!
Iniziamo con un capitolo davvero denso di avvenimenti. 

Per punti:

.Trovo delizioso il siparietto all'inizio del capitolo. Sia perché in poche frasi ci dimostra quanto sia tosta Ginny, sia per la presenza di Luna. La Lovegood è sempre un po' sottovalutata, ma l'ho sempre vista come una persona prima di tutto sensibile e discreta e poi sopra le righe, il tipo di persona a cui rivelare tranquillamente un segreto. Ammetto che ho trovato divertente l'idea dei gorgosprizzi rosa.

.Il discorso della McGranitt nel suo ufficio potrebbe sembrare superfluo, ma non lo è. Prima di tutto crea un primo contatto reale tra la donna ed Emma, in secondo luogo fa capire che i professori sono più consapevoli di quanto pensiamo. Nei libri Harry ne fa di ogni sotto il naso degli adulti, penso invece che gli adulti in parte glielo permettano anche a causa delle indicazioni di Silente, ma la McGranitt non è affatto stupida. Anche il successivo Sev-Emma adolescente lo trovo molto tenero. 

.Finalmente comincia l'ES e per la prima volta abbiamo modo di vedere davvero come Emma sia effettivamente grazie alla genetica, molto potente. Hermione è a mio parere è l'unica che riesce a contrastarla secondo la frase che dice che "Il duro lavoro batte il talento solo quando il talento non lavora duro." a questo punto Emma è comunque un anno indietro rispetto alla caparbia Granger.

.Non dirò molto sull'incubo, ma io lo trovo agghiacciante, molto importante la differenza tra incubi e intromissioni di mente.

.I discorsi tra i quattro emoor sono importanti soprattutto perché mostrano come i serpeverde non sono tutti uguali e come capire qualcosa sulla profezia e il loro scopo sia attualmente impossibile. Tutti conoscono il loro destino, ma il contenuto effettivo della profezia, delle loro origini e del loro ruolo è ermetico, ma soprattutto: Artemius?

.Piccolo momento sportivo per il Quidditch. Ammetto che pagherei per poter davvero vedere una partita di Quidditch e ne sarei davvero interessata, rispetto ad Emma, ma come Emma credo che sarei un totale disastro sulla scopa, mi sono resa conto che non avevo mai inserito la competizione sportiva e ho voluto dare un piccolo spazio, sfruttandola per dare spazio a un momento Emma-Draco molto importante. I due stanno effettivamente bene insieme, ma tutto il mondo e le ideologie intorno a loro sembra mettersi in mezzo. (Il pestaggio avviene davvero nei libri)

. E ultimo, ma non ultimo: il finale. Ci avevato pensato? Emma non ha tutori legali e non può esistere una minorenne senza tutori. Un bel problema.

Fatemi sapere se vi è piaciuto. 
Un super abbraccio di inizio anno a tutti voi che seguite questa storia.

vi

Ritorna all'indice


Capitolo 24
*** Le scelte dopo il primo attacco ***


.Le scelte dopo il primo attacco.

 


Emma nell'ultimo mese non aveva avuto un solo momento di tranquillità, tra lezioni e compiti in classe, oltre che gli incontri con l'ES che le toglievano ogni minuto libero rimasto. Fortunatamente, anche gli altri emoor sembravano troppo presi dallo studio pre-vacanze natalizie e si erano quindi visti sporadicamente, alleviando il senso di colpa della ragazza nei loro confronti per aver continuato a mantenere il segreto sull'ES.
 Per il resto però, il malcontento generale a scuola era sempre più alto in tutte le Case, a eccezione di Serpeverde, a causa delle regole dettate dalla Umbridge sempre più invasiva e petulante, tanto che Emma si era detta che gli altri emoor avevano avuto ragione a preoccuparsi per l'eccessiva simpatia che la donna aveva dimostrato verso la Casa verde argento e che lei stessa aveva minimizzato. 
 Non erano pochi infatti i Serpeverde che avevano cambiato atteggiamento e che, probabilmente sentendosi al sicuro da qualunque possibile lamentela, non temevano di camminare per i corridoi spesso con il solo intento di dar rogna a qualcuno, per poi minacciare di andare a fare rapporto alla Umbridge stessa.
 L'emoor, per quanto li trovasse sgradevoli, cercava però di non far caso a loro, mantenendo un basso profilo, come le aveva consigliato la McGranitt. 
In generale essere il più neutra e distaccata possibile in ogni situazione, sembrava essere la sua nuova missione.
Si faceva scivolare addosso gli atteggiamenti della professoressa, ignorava ogni frecciatina e frase acida rivolta a lei o ad altri, usando l'Occlumanzia per placare la rabbia e nascondendosi dietro falsi sorrisi tesi, che sembravano assecondare le stupide lezioni della donna, mentre lei in realtà fantasticava sul prossimo incontro dell'ES. 
Clamorosamente, fino a quel momento, ci era riuscita. 
 Aveva mantenuto il suo atteggiamento pacato e evitato di affatturare la Ubridge in mezzo ai corridoi, ma questo aveva l'ovvia  conseguenza di renderla perennemente nervosa. 
 La donnetta con la faccia da rana infatti sembrava compiaciuta del suo atteggiamento calmo e remissivo, dato che dopo la prima fiammeggiante lezione Emma non aveva più dato segni di insofferenza e si era quindi convinta di averla educata secondo i dettami del Ministero, cosa che la innervosiva terribilmente e che la donna continuava fastidiosamente a sottolineare.
 “Quanto la odio” sbottò Lilith in un leggero sfogo.

Lei, James ed Emma stavano camminando verso la torre di Corvonero dopo l'ultima lezione dell'ES prima delle vacanze e la Umbridge era, decisamente, da almeno dieci minuti, l'argomento principale della biondina. L'emoor annuì distrattamente.
 “Gli incontri dell'ES sono un successo però e non sarebbero mai esistiti se non fosse stato per l'incompetenza della Umbridge” disse con un sorriso quieto e lo pensava davvero: gli incontri erano un successo sotto più punti di vista.
 Emma aveva notato come tutti fossero notevolmente migliorati, tanto che persino Neville Paciock, generalmente timido e goffo, sembrava ora in grado di affrontare un duello senza troppi problemi e il gruppo si era anche allargato dall'inizio, con l'aggiunta di alcuni Tassorosso e di Sean, Carmen e Sarah.
Emma era ancora di gran lunga la migliore senza far fatica, ma aveva imparato nuovi incantesimi e migliorato la sua tecnica. Lei ed Hermione erano ormai coppia fissa ai duelli e l'emoor andava molto d'accordo con la grifona e il fatto che la ragazza fosse estremamente preparata e affatto facile da battere era un continuo stimolo .
 “Odio comunque la Umbridge” ribatté Lilith, con tono secco e i due amici accanto a lei ridacchiarono sommessi.
 “In effetti non so come tu faccia a sopportare tutto quello che  insinua su di te, Ems” disse James, ma lei scrollò le spalle.
 “Non sono Potter, quindi so controllarmi” rispose melliflua, sfoggiando un'espressione che Piton avrebbe sicuramente definito da Serpeverde, ma sapendo di dire la verità: era ormai noto che Harry, a differenza di lei, avesse un autocontrollo minimo. 
  “Oh guardate nevica” disse Lilith, distraendosi ed Emma alzò lo sguardo verso le grandi finestre gotiche, osservando incantata i fiocchi di nevi che cadevano lenti al di fuori, pieni di malinconia.
 Di lì a pochi giorni ci sarebbe stato il Natale e la ragazza si accorse di non sapere dove lo avrebbe passato.
 L'anno precedente essendoci stato 'il Ballo del Ceppo' aveva scritto ai genitori per avere il permesso di stare ad Hogwarts, ma quell'anno non c'erano genitori a cui scrivere, i suoi amici sarebbero tornati alle loro case e Severus non aveva fatto alcun cenno ad un possibile Natale a Spinner's End.  Un nodo di tristezza le strinse i polmoni.
 “Voi passerete qui le vacanze?” chiese ai due, vaga.
 “Uhm no” mormorò Lilith arrossendo e sembrava in imbarazzo, come se si sentisse in colpa di avere dei genitori con cui festeggiare “Torno dai miei e credo che andremo in montagna per la sera di Capodanno, mia zia ha una piccola baita.”
 “Che bello” commentò Emma con un sorriso, nel tentativo di non fare pesare all'amica la sua assenza “Anche tu Jam torni a casa?”
“Sì. Anche io" annuì brevemente il ragazzo “mio fratello torna dall'Italia e mio zio Rufus vuole fare una cena di famiglia. E tu? Sai già se dovrai rimanere qui? O forse... Severus?" aggiunse gentile.
 Lilith arricciò il naso in un'espressione di sdegno appena trattenuto.
 “Oddio un Natale con il pipistrello! Meglio stare a Hogwarts, Ems”
 L'emoor ridacchiò, sorvolando sui soliti insulti velati della biondina e si rivolse all'amico, che la guardava in attesa di risposta.
 “Non ne ho idea” gli disse mite e sospirò di sollievo quando, davanti al corvo per accedere alla Sala Comune, trovarono Sarah, Sean e Carmen che, in 
fibrillazione, li aspettavano per parlare insieme dell'ES, liberando Emma dall'incombenza di chiudere quella discussione. Si costrinse a sorridere, mentre ascoltava distrattamente la conversazione con i compagni di Casa, ma il suo cuore si incrinò leggermente e il suo sguardo si fece più cupo perché, anche se non lo avrebbe mai ammesso di fronte agli altri due, per evitare che avessero degli inutili sensi di colpa, si sentiva piuttosto sola all'idea di non sapere come avrebbe passato il Natale.

. . .

Il circolo di Mangiamorte.
Sua madre, suo padre e Steph sotto gli abiti neri.
Codaliscia e il pugnale pieno di sangue.
La donna con i capelli rossi e le grida. I lampi verdi.

E poi, inaspettato, un corridoio lungo, coperto di piastrelle lucide e nere.
Emma si rese conto di essere un enorme serpente. Harry.
Avanzavano strisciando e l'emoor vide una figura addormentata davanti ad una porta, una zazzera sparuta di capelli rossi. 
Qualcosa dentro di lei gridò allarme, ma non poteva semplicemente fermare il serpente e l'orrore si fece strada nella sua gola.

L'emoor si svegliò gridando di paura, con tanta violenza, che si lacerò l'interno della gola e sentì il sapore metallico del sangue.
 Ci mise una manciata di secondi per accorgersi che qualcuno, Lilith in realtà, la stava scuotendo con forza e disperazione e in un battito di ciglia riuscì a mettere a fuoco anche le facce pallide e preoccupate delle altre ragazze, che la fissavano dai loro letti.
Non era stato un sogno. Emma lo sapeva.
Poco prima stava facendo il solito ricorrente incubo che ormai ben conosceva, ma poi qualcosa era cambiato drasticamente e l'aveva trascinata oltre. La ragazza fece profondi respiri, mentre la crudezza delle immagini viste le si riversava addosso.
Aveva visto un Serpente. No, lei era un serpente e Potter era lì. L'aveva percepito chiaramente. Il loro corpo enorme, letale e bello, che strisciava lungo un corridoio che le pareva di aver già visto.
 Ricordava mattonelle lucide e nere e un luce fioca, tanto che ci aveva messo qualche istante a riconoscere il corpo dell'uomo che dormiva su un sedia accanto a una porta chiusa, la bacchetta tra le mani: Arthur Weasley.  
 Arthur Weasley, in effetti, mentre lei cercava di riprendere il respiro e riordinare i pensieri al sicuro del suo letto, stava rischiando la vita, perché il serpente, sé stessa, anzi forse Potter da dentro il serpente, aveva attaccato con ferocia l'uomo, mordendolo con le enormi fauci e lei non aveva potuto fare nulla per fermarlo.
 “Emma, ti prego rispondi” squittì Lilith e la scrollò di nuovo, pallida come un cencio “non hai mai urlato così a lungo”
 L'emoor si accorse di non aver ancora proferito parola e di sentirsi debole e fradicia di sudore. Era completamente nel pallone.
 Era certa, che quella appena vissuto, fosse un'intromissione di mente, forte, come non ne aveva più avute dopo le prove del torneo tre maghi, ma c'era qualcosa di strano.
Come poteva Harry trasformarsi in un serpente?
E per quale motivo avrebbe attaccato il signor Weasley?
 
Sconvolta, cercò di tirarsi in piedi, sfuggendo alla presa di Lilith.   
 “Ho bisogno di parlare con Severus. Adesso.” disse perentoria.
 Le altre tre ragazze la guardavano ancora in ansia. Erano tutte al corrente degli incubi dell'emoor, ma da come la osservavano Emma capì che quella volta doveva essere stato diverso anche per loro.
 “Non è meglio se chiamiamo Vitious?” chiese Carmen, allarmata.
 “No, Severus” ripeté la ragazza.
Luna, quasi volteggiando, le si avvicinò, asciugandole il sudore con un movimento circolare della bacchetta.
 “Deve essere davvero sgradevole sudare così tanto” disse con voce delicata “Stai meglio?”
 “Grazie Luna” borbottò la ragazza.
 Si chinò sul suo baule e prese il mantello dell'invisibilità dal fondo, si accorse che non lo aveva più usato da quando l'anno prima si era intrufolata di notte nella biblioteca per aiutare Potter nella seconda prova del Torneo Tremaghi: una vita prima, quando Voldemort non era ancora tornato. Scacciando quel pensiero Emma si avviò con passo deciso verso l'uscita del dormitorio ancora in pigiama.
 “Emma è notte” tentò Lilith, che la guardava con occhi grandi e spaventati, lo stesso identico sguardo che avevano Carmen e Sarah, mentre Luna, con un mezzo sorriso, sembrava semplicemente curiosa. L'emoor esalò un sospiro arreso.
 “Lilith, una persona potrebbe essere in pericolo, davvero in pericolo, potrebbe morire.” disse sbrigativa, lanciò uno sguardo alle amiche, ma non attese oltre e uscì dalla stanza quasi correndo.
 Un secondo dopo Lilith la seguì.
 “Vengo con te.”

. . .

Emma e Lilith erano senza fiato perché l'emoor aveva voluto correre, con la pressante sensazione di dover raggiungere Piton il prima possibile, il mantello che svolazzava lasciando vedere i loro piedi al di sotto. I corridoi comunque erano deserti, Gazza, che poteva essere una complicazione e perdita di tempo, non era apparso dietro nessun angolo e loro erano scese più velocemente possibile verso la parte bassa del castello.
 Inaspettatamente Emma aveva sentito un fiotto di tiepida gratitudine nei confronti di Lilith per averla seguita. Si sentiva stranamente poco lucida e spaventata e il castello buio e vuoto dilatava la sensazione di pericolo che le schiacciava lo sterno.
 Avere Lilith accanto era un bel supporto e istintivamente allungò la mano, afferrando quella dell'amica che subito ricambiò la stretta.
 Quando arrivarono alla porta dello studio del professore presero entrambe a bussare con foga contro il legno scuro, chiamandolo a gran voce ed Emma sperò con tutta sé stessa che il tutore magico riuscisse a sentirle dai suoi alloggi e sospirò di sollievo quando avvertì i passi che si avvicinavano.
Piton aprì la porta con uno sguardo severo e scocciato, ma riconosciuta Emma subito si ammorbidì e quando notò il suo affanno e intuì il terrore nei suoi occhi verdi, fece sparire ogni briciola di rabbia, assumendo una smorfia preoccupata.
 “Che succede?” chiese nervosamente.
 “Credo che un serpente abbia attaccato Arthur Weasley in un lungo corridoio” disse l'emoor tutto d'un fiato.
 Il volto dell'uomo si indurì e le labbra si serrarono.
“Spiega” disse conciso ed Emma capì di di avere tutta la sua attenzione e una manciata di secondi dopo i tre abbandonarono i sotterranei, dirigendosi a passo veloce verso gli uffici di Silente.

. . .

Albus Silente era in piedi al centro della stanza, senza cercare di nascondere l'aria corrucciata e preoccupata, ad Emma parve teso e stanco. Soprattutto stanco. Accanto a lui c'erano Harry Potter, pallido e affannato e un'allarmata professoressa McGranitt.
“Severus?” domandò il preside con voce tranquilla, lanciando uno sguardo stupito ad Emma e Lilith, spinte avanti dal professore.
“Albus. Emma dice di aver visto Arthur Weasley in pericolo” disse l'altro con un tono di voce curiosamente teso.
 “Era in un lungo corridoio, un serpente lo ha attaccato” intervenne in fretta la ragazza “ha bisogno immediatamente di aiuto, preside”
 L'emoor si accorse del pesante silenzio che calò nella stanza. Sia Silente che la McGranitt si volsero verso di lei, ma se lo sguardo dell'uomo era calmo, quello della professoressa risultava decisamente in allarme. Harry invece la guardava a bocca aperta. 
 “L'hai visto anche tu?” chiese, gli occhi verdi pieni di sollievo, come se il fatto che Emma avesse visto la stessa cosa, lo scagionasse dall'essere considerato pazzo e l''emoor tentò di rispondere, ma Piton la anticipò, con voce cupa e nervosa, guardando Silente torvo.
 “Cosa intende il ragazzo, Albus?” sibilò
 Il preside si girò verso di lui e lo guardò per un istante, come a valutare le sue possibilità. Sembrava stranamente fragile e incerto davanti alla ferma rabbia dell'altro e fece un profondo sospiro. 
“Minerva, ti sarei grato se accompagnassi la signorina Bitterblue alla torre di Corvonero e se andassi a svegliare i fratelli Weasley con una certa urgenza.” mormorò rivolto alla donna, senza distogliere però lo sguardo da Severus. “Li porteremo direttamente al San Mungo questa sera stessa e dobbiamo evitare che la professoressa Umbridge avvisi il Ministero per ora.”
 “Certo Albus” annuì rigidamente la McGranitt “Pensi che i ragaz..”
“Minerva” la fermò Silente “I fratelli Weasley. Ora”
La McGranitt gerrò occhiate oblique sui presenti, poi però, al lieve cenno di Silente, si riscosse nervosamente e fece un leggero sorriso a Lilith che si guardava intorno pallida e confusa.
 “Signorina Bitterblue” disse il preside, quando le due erano ormai alla porta “Le sarei grato se non facesse parola con nessuno di quel che è accaduto questa notte, tranquillizzi i suoi compagni di Casa.”
“Certo preside” sussurrò quieta Lilith, mentre la McGranitt le si affiancava “Avviserò le altre che era solo un incubo”
“Prego Bitterblue, mi segua.” intervenne rigida la professoressa e Lilith salutò Emma con la mano.

“Esiste ancora la connessione!”
 Appena le due furono uscite, il ringhio di Piton squarciò il silenzio, facendo sobbalzare i due ragazzi rimasti. L'uomo sembrava una furia, teso e pericoloso come se stesse per esplodere all'improvviso. Emma lo vide avvicinarsi a Silente con una mossa repentina e per un breve secondo temette che lo avrebbe attaccato. 
 La voce del tutore, rauca e ferita, le ricordava il tono che gli aveva sentito usare tanto tempo prima, alla sua prima visita al preside, quando ancora non lo conosceva: era un grido di aiuto disperato.
 Harry scivolò lungo la parete, mettendosi al suo fianco. Sembrava confuso quanto lei e guardava Piton con la fronte aggrottata, pieno di stupore. L'emoor si avvicinò al ragazzo di un passo.
 “Severus, calmati” disse lentamente Silente.
“Non mi calmo Albus”
 “Severus, ci sono i ragazzi”
L'uomo però non sembrava affatto intenzionato per questo ad abbassare il tono, gli occhi scuri fiammeggiavano pericolosamente e si sporse in avanti, frapponendosi, protettivo, tra Emma e il preside, come un'ombra.

“Avevi detto che il collegamento sarebbe cessato, Albus. Lo avevi detto” sibilò di nuovo, prima di girarsi di scatto verso Harry “Potter, hai visto anche tu il serpente?”
 Il Grifondoro, colto di sorpresa, annuì velocemente, senza sapere se stesse facendo la cosa giusta e Piton, davanti a quella ammissione, si trattenne a fatica da alzare gli occhi al cielo e affatturare il preside.
 “Albus” disse invece, gli occhi assottigliati dalla rabbia “Esiste ancora! Emma usa l'Occlumanzia, ma Potter è un vero disastro e...”
In contemporanea l'emoor chiamò secca il tutore “Sev!”, Harry esalò uno sdegnato “Ehi!”e Albus tuonò zittendo tutti.
“Severus. Ora basta.”

Il volto del preside era tranquillo, ma il tono che aveva usato era quello di un uomo che non ammetteva repliche. Piton, controvoglia, fece un altro passo indietro, avvicinandosi ad Emma e guardò Silente con evidente astio.
 “Stiamo tutti facendo il possibile perché Harry ed Emma siano al sicuro” disse lui il preside “quello che è avvenuto questa sera non era previsto, ma sapevamo che la connessione poteva tornare. Se ti tranquillizza chiederò ad Harry di studiare l'Occlumanzia, ma il fatto che Emma sia coinvolta, per quanto allarmante, non è detto che sia una cosa negativa. Per esempio potrebbe essere di supporto ad Harry, come lo è stata al cimitero”
 Severus parve stizzito e sul punto di aggiungere qualcosa di estremamente sgradevole, ma il preside lo interruppe nuovamente.
 “Ora: abbiamo pochissimo tempo.” disse con voce pacata “Appena arriveranno i fratelli Weasley creerò una Passaporta che vi porterà direttamente al San Mungo.”
 Emma non capiva, non sapeva cosa fosse il San Mungo e si chiedeva se qualcuno fosse andato in soccorso da Arthur.
“Professor Silente” disse cauta “Il signor Weasley ha bisogno...”
 “Oh, certo scusami Emma” la tranquillizzò lui “l signor Weasley è già stato soccorso, il San Mungo è un ospedale e, come puoi aver intuito dal nervosismo di Severus, Harry ha avuto la tua stessa visione e ci ha avvisato pochi istanti prima di te.”
 L'uomo sorrise brevemente, ma il suo sguardo da sopra gli occhialini a mezzaluna era fuggente e sembrava non posarsi troppo a lungo su nessuno dei due ragazzi, anche se ad Emma parve per un secondo che il preside sorridesse sotto i baffi e lo vide cercare lo sguardo di Severus più volte, come se vederli lì insieme, uno accanto all'altra, per qualche motivo lo mettesse di buon umore.
Severus parve cogliere ciò che Silente cercava di comunicargli, ma fece in risposta solo una smorfia sdegnata.
 “Emma” la chiamò l'anziano, glissando sullo sdegno dell'altro “Da che punto di vista hai partecipato alla visione?”
 “Dal serpente” disse senza esitare l'emoor ed Harry al suo fianco trasalì bruscamente.
“Anche io. Il serpente era Voldemort” disse il ragazzo.
L'emoor lo guardò bieca, aggrottando la fronte.
 “Voldemort?” chiese incerta e davanti all'insicurezza della ragazza gli occhi di Harry si fecero ancora più confusi.
 L'emoor lo vide osservarla stranito e poi cercare lo sguardo di Silente, che tuttavia sembrava interessato solo a lei.
 “Beh sì, era il serpente... noi eravamo dentro Voldemort” tentò il Grifondoro “non te ne sei accorta?".
A Emma parve che tutti nella stanza fossero in attesa di una risposta.
“Beh...” iniziò cauta “Non so, io sapevo solo di essere nella tua testa, Harry. Pensavo che tu fossi il serpente, non Voldemort. Non ci ho fatto caso, davvero.”
Il pensiero di essere stata dentro il corpo di Voldemort la nauseò. Cercò di respirare e tranquillizzarsi, ma aveva solo una gran voglia di piangere fino a poter dormire. Sfinita.

. . .

Il signor Weasley stava bene.
 Emma era seduta nella sala d'attesa del San Mungo, sola.
 Una volta visto che Arthur fosse sufficientemente in forze, con un sospiro di sollievo, aveva salutato la famiglia e si era messa ad aspettare fuori, sentendosi di troppo in quella massa di teste rosse.   
 Aveva visto anche Harry uscire poco dopo di lei, probabilmente per lo stesso motivo, ma non aveva attirato la sua attenzione e il ragazzo era andato dalla parte opposta.
 Seduta su una seggiola traballante nel corridoio dell'ospedale, la ragazza rimuginava su quello che aveva scoperto quella sera. Era stata nella testa di Voldemort, probabilmente trascinata da Potter, ma lei non se ne era accorta ed Harry non si era accorto di lei. 
 
 Voldemort? C'era la possibilità che lui l'avesse percepita?
 
Emma non aveva mai ragionato troppo sul mago oscuro.
 Lo vedeva come un simbolo sicuramente malvagio, lo associava alla morte dei suoi genitori, ma soprattutto pensava che fosse una variabile pericolosa per la sicurezza dei suoi cari, eppure non aveva mai riflettuto su 
chi fosse realmente Lord Voldemort.
 Una volta Silente le aveva detto che nelle sue vene scorreva lo stesso sangue dell'Oscuro mago e che in qualche modo, essendo entrambi discendenti da Serpeverde, erano legati, ma Emma non aveva mai pensato a come Voldemort avrebbe potuto reagire a questa notizia.
 
L'avrebbe uccisa per essere l'unico erede di quella antica stirpe?
 L'emoor non sapeva immaginarlo, ma improvvisamente riusciva a capire l'apprensione di Severus per la sua sicurezza e perché l'uomo facesse di tutto per tenerla nascosta. 
Si appuntò mentalmente che avrebbe dovuto fare delle ricerche su Colui che non deve essere nominato, oltre che sugli emoor e sulle quattro Ombre di Hogwarts e ad occhi chiusi si concentrò e cercò di fare un elenco di cosa accomunava lei e Potter. 
 Lo aveva fatto altre volte, sotto la calma del suo baldacchino, ma nella noia dell'attesa tentò una volta di più. 
 Lei ed Harry erano entrambi cresciuti con Babbani inconsapevoli dei loro poteri, erano entrambi orfani ed entrambi sembravano essere legati con l'Oscuro, così come, a loro volta, condividevano una strano legame: 
la connessione.
 
Emma si ricordò in quell'istante che Silente, dopo la prima prova del torneo, le aveva rivelato come Harry fosse capace di parlare con i serpenti, peculiarità di Salazar e con curiosità si chiese se anche lei ne sarebbe stata capace.
 
Se avesse voluto, avrebbe potuto ordinare a un serpente di attaccare?
 Avrebbe potuto aprire la camera dei segreti che tanto terrorizzava Ginny?

Come se avesse indovinato i suoi pensieri la rossa uscì in quel momento dalla stanza e si lasciò cadere mollemente sulla sedia vuota accanto a quella di Emma.
 “A quanto pare devo ringraziare te ed Harry se ho ancora un padre.” disse mesta la Grifondoro.
 “Ringrazia Harry soprattutto” mormorò l'emoor “è arrivato decisamente prima. Io ho solo osservato, come sempre.”
 “Mi spiace per tutto questo.” sussurrò Ginny con voce stanca, accarezzando la schiena dell'amica.
 “Dispiace a me. Arthur starà bene?”
 Ginny annuì, era pallida e aveva gli occhi rossi, ma Emma sapeva che non avrebbe pianto. Ginny era troppo dura e orgogliosa per farlo. Non piangeva mai.
“Non oso immaginare cosa sarebbe successo se Piton e la McGranitt non vi avessero creduto” sussurrò invece.
 “Già” esalò l'emoor, nemmeno lei osava pensarci.
 Severus, apparve qualche minuto più tardi, lanciando alle due ragazze, che stavano vicine, mano nella mano, un'occhiata curiosa.
 L'uomo non aveva in nessun modo voluto che Emma si allontanasse da Hogwarts senza la sua protezione ed era stato quindi lui ad accompagnare lei, Harry e i fratelli Weasley al San Mungo. 
 La feroce protezione che aveva nei suoi confronti da un lato faceva sentire l'emoor al sicuro, ma dall'altro appariva come un campanello di allarme, perché se Severus era agitato, significava che sapeva qualcosa di cui lei e Ginny erano all'oscuro, qualcosa che poteva essere terribile e pericoloso. 
 In quei momenti, l'affetto che Emma provava per lui le zampillava nel petto e ringraziava Piton per quel cuore buono che a volte dimostrava di avere dietro barricate di silenzio e solitudine.
 Emma era consapevole di quanto il ruolo del tutore tra i Mangiamorte fosse delicato e stressante, di come lui fosse abile a mantenere la calma necessaria per essere portatore della cosa più importante che avevano: 
informazioni e sebbene lei e l'uomo non ne parlassero mai apertamente, in un ridicolo tentativo di Severus di tenerla più al sicuro possibile, Emma stava prendendo tutte le precauzioni che aveva  per essere in grado a sua volta di proteggerlo.
 L'Occlumanzia,
 per esempio era un'arte che stava affinando giorno dopo giorno per essere certa che, se mai fosse caduta in situazioni spiacevoli, avrebbe potuto mantenere nascosto il più grande segreto che avevano: ovvero che Piton era un uomo di Silente.
 “Weasley” salutò Severus “Mi spiace per tuo padre”
 “Si rimetterà, grazie professore” sussurrò lei mesta e lui annuì rigidamente e poi si rivolse verso l'emoor. 
“Ho appena parlato con Silente. A quanto pare la Umbridge è su tutte le furie, meglio farla calmare con le vacanze, tornerete ad Hogwarts solo dopo Natale.”
 “Oh d'accordo” rispose Emma, il pensiero che subito correva a Lilith,  James e gli altri emoor.
 Doveva scrivere loro e tranquillizzarli, sarebbero stati sicuramente preoccupati, soprattutto Lilith e per un brevissimo momento si chiese se anche Draco Malfoy avrebbe fatto caso alla sua assenza.
 “Andremo a Spinner's End?” chiese al tutore.
 “Non subito, andremo dove starete tutti insieme” rispose l'uomo con il solito tono annoiato.
 “Oh” sussultò Emma. G
rimmauld Place.
 “
Emma passerà il Natale con noi quindi?” chiese Ginny a Piton.
 “Molly pensa che voi ragazzi sareste stati contenti” disse cauto Severus, le parole trascinate “e che avrebbe...”
 “Oh, grazie Professore!” trillò Ginny, interrompendolo ed Emma temette che fosse sul punto di abbracciarlo dalla gioia, ma per sua fortuna la Grifondoro si bloccò a metà dello slancio e con un sorriso rientrò nella stanza dalla famiglia.
 L'emoor sorrise a sua volta verso Severus, finalmente il cuore più leggero: sarebbe stato un bel natale.
 “Rimarrai anche tu a Natale, vero?”
Severus annuì rigido “Se ti fa piacere.”
 “Mi fa piacere.”
 “Allora è deciso”
 Emma guardò con affetto l'uomo di fronte a lei: i capelli scuri divisi in due bande, lo sguardo serio, l'atteggiamento schivo. 
 “Sarà strano.” disse la ragazza.
 “Cosa?”
 “Vederti lì, tra Potter e tutti gli altri a scartare regali”
Lui sembrò pensarci in quel momento, ad Emma parve di vederlo imprecare silenziosamente.
 “Non ci avevo pensato” ammise.
 “E a cosa pensavi se non a quello?” rise lei.
 “Pensavo solo che ti avrebbe fatto piacere e che la lontananza dalla Umbridge poteva essere solo un sollievo per tutti.”
 Emma annuì dolcemente “Ormai non puoi tornare indietro però e poi non puoi certo passare il Natale da solo, non te lo permetterò”
 Ridacchiò sincera e le sembrò di vedere un'ombra di tenerezza in fondo allo sguardo duro dell'uomo.

Per un po' rimasero in silenzio.
Lui in piedi, le mani dietro la schiena, lo sguardo assorto.
Lei seduta sulla sedia, una gamba che dondolava avanti e indietro e la testa appoggiata al muro pallido dell'ospedale.
La porta della stanza si aprì di nuovo e ne uscì George Weasley.
 “Professore” salutò il ragazzo, sembrava più mogio del solito.
 “Weasley”
 “Papà ha detto che può entrare, è pronto a rispondere a tutte le domande necessarie” rispose George e si lasciò cadere accanto ad Emma e istintivamente avvolse con un braccio le spalle della ragazza, attirandola al petto, come faceva sempre.
 Piton osservò attentamente ogni movimento del rosso e serrò le labbra contrariato nel vedere la vicinanza con la protetta. 
 “Io non mi allargherei, Weasley, a meno che tu non abbia intenzioni serie” sibilò, in un soffio vagamente minaccioso, prima di entrare nella stanza senza aspettare risposta. 
 Emma davanti a quella composta sceneggiata, alzò un sopracciglio e ridacchiò, mentre George si voltava stranito.
 “Diceva a me?” chiese il rosso.
Emma annuì divertita, il sorriso ancora sulle labbra.
 “Severus è un tantino protettivo nei miei confronti a volte”
 “E quindi?” chiese sconcertato lui.
L'emoor gli pizzicò il braccio lentigginoso con tenerezza, carezzandolo poi delicatamente con la punta delle dita.
 “Non è abituato al tuo essere espansivo con me” spiegò
George sbatté le palpebre confuso.
 “Questo perché è un pipistrello” borbottò con tono d'accusa.
 “Lo è, ma ha un cuore d'oro, in fondo” rise Emma, citando le parole che Narcissa Malfoy le aveva detto l'estate passata e lasciandosi abbracciare da George.
I gemelli Weasley sapevano di pane e polvere da sparo.
 Emma avrebbe riconosciuto il loro profumo ovunque, ma sapeva anche che Fred nascondeva sotto quei due intensi odori anche quello di cannella e biscotti, mentre George aveva qualcosa che ricordava il the allo zenzero e menta che beveva alla Tana.
 L'emoor inspirò quel profumo che sapeva di casa e calore e sgusciò gentilmente dalla stretta dell'amico per guardarlo negli occhi.
 “Come stai?” chiese timidamente.
 Lei e George erano molto legati, da sempre, ma il loro rapporto era fatto di giochi, scherzi e punzecchiature, non si erano mai trovati a parlare di argomenti seri o profondi, erano semplicemente il diversivo all'amarezza l'uno dell'altra. 
 Il rosso alzò l'angolo delle labbra in un sorriso stanco.
 “Sto bene.” sussurrò.
 “Ti sei spaventato?” domandò l'emoor con dolcezza.
Il ragazzo annuì e cadde un silenzio inusuale per il Weasley.
 “George” lo chiamò con calma Emma, poggiando una mano sull'avambraccio di lui, ma il gemello rimase fermo, lo sguardo sulle piastrelle stinte ai suoi piedi.
“George” ripeté l'emoor, questa volta sfiorandogli il volto, per costringerlo a girarsi verso di lei.
 Gli occhi di lui erano liquidi di spavento e paura. Emma riconobbe quel sentimento in modo chiaro e ci affondò dentro con il cuore che batteva. Era stato un breve guizzo, nulla di più e subito il gemello sorrise, ma lei 
lo aveva visto quel guizzo e le si strinse lo stomaco.
 “Merlino sei testarda” disse il rosso, cercando di sembrare allegro.
 L'emoor non aveva avuto davvero paura per i suoi genitori o Steph.
 Erano stati uccisi come un fulmine a ciel sereno prima che potesse provarla. Non aveva metabolizzato il terrore della perdita, era stata subito travolta dal dolore e dal rimpianto, ma quello che aveva visto negli occhi di George era invece della sincera paura di perdere qualcuno, di farsi sfuggire le cose di mano, di andare incontro a qualcosa di più grande di lui. 
 Era il sentimento che Emma provava nei suoi incubi peggiori, quando vedeva Severus in fondo al lago nero, o Harry minacciato da Codaliscia e il suo coltello. Era la sensazione che la teneva sveglia la notte con gli occhi sbarrati nel buio. 
Un disarmato terrore.
 “George...” mormorò la ragazza con tono soffice e il Grifondoro lasciò morire il sorriso fasullo che aveva indossato e sospirò piano.
 Non ammise di avere paura, non disse nulla, la guardò e basta, senza sottrarsi alla stretta di lei sul suo avambraccio.
 “Puoi abbracciarmi?” chiese all'improvviso ed Emma non lo fece nemmeno finire di parlare.
 Circondò le spalle del rosso con tenerezza. Guancia contro guancia. Respiro contro respiro. E rimasero a lungo immobili.
 La porta della stanza si riaprì, ma Emma non alzò lo sguardo per controllare chi fosse, anche se fosse stato Severus e il suo sguardo arcigno non le sarebbe importato nulla.

*

Era la mattina di Natale ed Emma sedeva con il volto scarlatto e le guance roventi al tavolo affollato della cucina di Grimmauld Place.  
 La colazione, abilmente preparata da Molly era servita di fronte a loro, ma sembrava essere stata dimenticata, così come l'umore, fino a quel momento piuttosto allegro, si era irrimediabilmente guastato.
 Emma quella mattina si era svegliata estremamente contenta di essere lì insieme ai suoi amici e stupita di vedere che persino Severus, che era rimasto come d'accordo, pur seduto al lato estremo del tavolo, sembrasse a suo agio e quasi rilassato, mentre sfoggiava il nuovo mantello che l'emoor gli aveva regalato.
 La Corvonero stessa aveva scartato con allegria i suoi regali, ricevendo dal tutore un nuovo set di pozioni di prima categoria, che sospettava gli fosse costato parecchio e anche altri doni e varie lettere di auguri da compagni di Casa e gli altri emoor, compreso un bigliettino conciso di Artemius, ma nulla di tutto questo era il motivo delle sue guance scarlatte.

Ron la guardava con aria sconvolta, il cucchiaio a mezz'aria e anche Harry sembrava aver perso la capacità di muovere i muscoli o parlare, mentre Hermione, accanto a loro, cercava di contenere lo stupore, il cervello che le lavorava visibilmente a pieno regime.
 Piton invece aveva assunto un'espressione vagamente contratta che si replicava sui volti di Remus, Sirius e della signora Weasley. 
 Gli unici sguardi non scioccati erano quelli di Ginny, che seduta di fronte all'emoor ridacchiava compiaciuta e dell'elfo domestico Kreacher che guardava Emma con strano interesse.
 E il motivo di tutto ciò era semplicemente la lettera color verde smeraldo che era arrivata insieme alla posta del mattino e che si era aperta da sola, facendo uscire la voce gentile di Lady Malfoy e ammutolendo tutti i presenti.


Emma, cara.
Non abbiamo avuto modo di vederci dopo quest'estate, ma con questa lettera voglio rimediare a questa mancanza invitandoti alla festa di Capodanno che teniamo al Malfoy Manor. È un evento prestigioso, utile per fare nuovi contatti in società e quest'anno sarà particolarmente importante.

Draco mi parla spesso di te, sono certo che sarà felicissimo di averti con noi.
Mando una strillettera perché ho già chiesto a Severus numerose volte se ti avrebbe portata, ma come suo solito, evita sempre di darmi risposte certe. 
 In questo modo, sono sicura che riceverai il mio invito.
Ti aspettiamo.

Narcissa Malfoy.


“Draco? Draco Malfoy?” disse con sdegno Ron, che sembrava aver ritrovato la voce, rompendo finalmente il silenzio.
 “Il signorino Malfoy” gracchiò Kreacher.
 “Oh, Kreacher, sta zittò” sbottò Sirius tra i denti.
Emma rimase muta, con la sensazione che qualunque cosa avesse detto avrebbe fatto scoppiare una bomba e Sirius, dall'altra parte della stanza, le lanciò un'occhiata ironica che sembrava dirle 'sapevi che sarebbe andata così'.
 “Oh, Ron” alzò gli occhi al cielo Hemione, ripresasi in fretta.
 “Ma è Draco Malfoy!” boccheggiò il rosso.
 “E quindi?” chiese nervosamente la Grifondoro, senza avere tuttavia troppi argomenti di replica.
 Ginny continuava imperterrita a ridacchiare ed Emma si guardò intorno a disagio, in cerca di supporto, ma Harry stava evitando accuratamente il suo sguardo ed Hermione si scambiava occhiate furenti con Ron, che sembrava sul punto di esplodere.
Si voltò verso gli adulti, ma con suo sconcerto, trovò sui loro volti le reazioni più inaspettate. Il sorriso di Sirius si era fatto tagliente e divertito, la signora Weasley sembrava trattenere il respiro da troppo tempo e lo sguardo di Remus era cupo, ma era Severus a mettere quasi paura: pallido, teso, arrabbiato.
“Sev...” mormorò l'emoor.
 “Non avrebbero dovuto” sibilò lui ignorandola, era livido.
 “Severus, non hai mai risposto al loro invito?” chiese Lupin pacato.
 “Ovviamente no.”
“L'Ordine però vuole che tu ci vada a quella festa, Mocciosus” fece presente Sirius nervosamente e Remus lo fulminò con uno sguardo svelto, prima di rivolgersi nuovamente all'altro.
 “Sirius ha ragione, Severus. Devi andarci.”
 “Io infatti ci andrò, Lupin” rispose secco l'uomo “ma non vedo perché esporre la ragazza.”
 Emma si sentiva come se la mancassero dei pezzi per comprendere la conversazione e anche Ginny aveva smesso di ridacchiare.
 “Severus ha perfettamente ragione” intervenne Molly Weasley, mettendosi accanto all'uomo, che parve stupito e grato dell'appoggio di lei “non c'è nessun motivo di mettere Emma in pericolo”
“Nessuno vuole mettere Emma in pericolo” ribatté Lupin paziente “ma per Severus un covo di Mangiamorte non dovrebbe rappresentare un posto pericoloso, almeno ai loro occhi. Anzi, non c'è nessun motivo logico per cui dovrebbe evitare ad Emma di partecipare.”
 Molly gonfiò il petto con ferocia materna. 
“Ma questa è la sua copertura! Sappiamo tutti che è pericoloso".
 “Severus” riprese Lupin diplomatico “avresti dovuto avvisarci di questo invito, avremmo deciso insieme come affrontare la situazione e come rispondere”
 “Emma non è affare comune. Mi occupo io della ragazza”
“Emma è un emoor Piton” sbottò Lupin, trattenendo a stento il nervoso “è un affare di tutti. Dobbiamo essere cauti. Quando si parla di lei sei iper protettivo e io lo capisco, ma non puoi fingere che non l'abbiano invitata. Si fideranno meno di te se desterai sospetti e loro devono avere completa fiducia in te, sai che anche Silente sarebbe d'accordo. E comunque... perché la vogliono vedere??”
Piton sembrò cercare le parole giuste da dire, preso in contropiede, ma Emma lo anticipò con voce tranquilla.
 “Perché sono amica di Draco” 

Tutte le teste della stanza si girarono verso di lei.
“Emma...” cercò di intervenire subito la signora Weasley, nell'evidente tentativo di proteggerla.
 “Perché nessuno chiede a me se voglio o non voglio andare a questa festa? Ho ricevuto io l'invito” riprese l'emoor, arrabbiata per il fatto che tutti fossero convinti di poter prendere decisioni per lei.
 Lupin e Piton la fissarono per qualche istante e si scambiarono uno sguardo quasi imbarazzato.
 “È pericoloso” iniziò a dire Severus.
“Sono già stata al Manor e non ho dato problemi”
 “Ora è diverso. E a questa festa ci saranno molti Mangiamorte”
 “Ma non devo stare con loro. Posso stare con Draco e...” Emma pensò freneticamente con quali altri coetanei avrebbe potuto passare il tempo al Malfoy Manor “e Zabini. Immagino ci sarà Zabini, lui è un tipo a posto. E poi ha ragione Remus, Sev. Se non mi portassi con te sospetterebbero. Si noterebbe.”
 “Severus” intervenne Lupin nuovamente, con la sua voce gentile “Dovevi immaginarlo. Dal momento che Emma è conosciuta da tutti come tua protetta, dovevi prevedere che sarebbe stata esposta.”
 “Ho cercato di evitarlo” borbottò l'uomo, schivo “in tutti i modi”
Sembrava pronto a spezzarsi come un topo chiuso in trappola.
 “Non gliel'ho permesso io” confermò l'emoor con voce pacata “Severus e Silente mi hanno dato la possibilità di scegliere un altro tutore dopo la morte dei miei genitori, so del suo passato, ma io volevo stare con lui e soprattutto non volevo lasciare solo”
Nella cucina scese un silenzio denso, all'emoor parve di sentire Ron sussurrare sdegnato: ha scelto consapevolmente Piton?
 “
Beh” intervenne Sirius, l'aria di chi si stava divertendo un mondo  “Anche se la ragazza ha evidentemente cattivi gusti in fatto di amicizia, mi sembra che abbia anche dalla sua parte un coraggio decisamente da Grifondoro. Ha detto che participerà, il problema mi sembra risolto.”
 Lupin lanciò uno sguardo preoccupato a Sirius, per un istante sembrarono comunicare nel silenzio, poi si voltò di nuovo verso Severus che, pallido, sembrava sul punto di svenire.
“Possiamo parlarne tra noi e scegliere quale sia la risposta migliore” disse, appoggiando una mano in conforto sulla spalla di Piton.
 Emma si stupì nel non vedere il tutore ritrarsi come si sarebbe aspettata, anzi, lo vide lanciare uno sguardo grato a Lupin.
“Quindi nessuno vuole parlarne con me?” ripeté piccata, cercando di attirare l'attenzione “Se non ve ne foste accorti sono io quella coinvolta e non voglio essere una pedina dei vostri piani”
“Nessuno pensa che tu sia una pedina Emma, ma...” disse Remus
“Ma mi trattate come se lo fossi” lo fermò lei “Sia io che Harry, in realtà. Io la pedina nera e lui quella bianca. Uno tra i cattivi e l'altro con i buoni, oltre al fatto che state apertamente ignorando tutte le variabili che potrebbero esserci con gli altri emoor"
 “Ha ragione” disse Harry alle sue spalle, improvvisamente concentrato “Non siamo pedine, dovrebbe essere lei a scegliere”
Emma si voltò grata verso di lui e gli sorrise.

Calò di nuovo silenzio. I presenti si scambiavano sguardi nervosi.
 “Oh andiamo, ma è Draco Malfoy!” ringhiò Ron all'improvviso “Siamo realisti, solo una pazza sarebbe amica di Malfoy e vorrebbe andare a quella stupida festa.”
 “Draco è a posto.” intervenne secca Emma, stupendosi di essere disposta a fare quell'aperta difesa nei confronti del ragazzo “Si trova solo dal lato sbagliato.”
 “E chi ci garantisce che tu Emma sia dalla nostra parte?” sbottò il Grifondoro, mentre Ginny Weasley si alzava di scatto, puntando la bacchetta contro il fratello.
 “Non ci provare Ronald” sibilò la rossa ed Hermione scattò in piedi a sua volta, sguainando la bacchetta e si affrettò a mettersi tra loro, anticipando la signora Weasley.
“Ginny ha ragione Ron.” esalò la grifona “Dobbiamo fidarci di Emma. La sua posizione è diversa. È un po' come quella di Piton. Professor Piton." si affrettò ad aggiungere.
Il mago chinò di pochi millimetri il capo come per ringraziarla, mantenendo però la solita espressione sdegnata e anche Emma si sentì riempire il cuore di gratitudine per la Grifondoro.
 “Severus?” chiese Lupin gentilmente.

Piton prese un respiro profondo, ma poi si girò verso la protetta. 
 “Te la senti?” chiese rauco.
Emma annuì tranquilla.
 “Dovrai usare l'Occlumanzia tutto il tempo, saranno degli sciacalli”
 “Lo so” sorrise la ragazza “Sono pronta, credimi”
 “Draco potrebbe essere a disagio quanto te.” insistette Piton.
 “So anche questo” rispose l'emoor, che immaginava che alla stessa festa ci sarebbe stata anche Pansy e che Draco non sarebbe stato probabilmente la persona più rilassata dell'universo.
“E soprattutto io non potrò essere sempre attaccato a te, sono lì per conto dell'Ordine, avrò cose da fare.”
 “Lo so.” insistette placida lei, guardandolo negli occhi.
 Severus prese un profondo respiro e si passò una mano sul volto, prima di chinarsi sul tavolo verso di lei, facendo scorrere qualche secondo di silenzio, mentre evidentemente ragionava.
 “Emma, questa è come se fosse una missione” disse infine.
L'emoor non si scompose e annuì senza distogliere lo sguardo.
 “È esattamente per questo che ti sto dicendo di portarmi, Sev” disse tranquilla “Come dice Remus, sarebbe sospetto se non ci fossi e non penso sia il caso di offendere i Malfoy”
 “Allora d'accordo.” mormorò il professore, appoggiandosi stancamente sullo schienale della sedia, mentre Ron sospirava di sollievo, rimettendo il cucchiaino nella sua ciotola.
“Ma allora è tutto chiaro! È per la missione che vuoi andare, non è per stare con Malfoy” disse allegro ed Emma arrossì leggermente.
 “Mi farà piacere passare del tempo con Draco, ovviamente, ma sarò cauta, promesso” aggiunse, guardando gli adulti “capisco quale sia la mia posizione. Sono diventata piuttosto brava con l'Occlumanzia, Severus lo può confermare. Non farò cose sciocche, sarò cauta e non mi farò scoprire.”
 La Signora Weasley fece un leggero singhiozzo commosso, avvicinandosi per abbracciarla e Remus e Sirius le sorrisero incoraggianti, ma Ron, alle spalle di Harry ed Hermione, che sembravano piuttosto tranquilli, stava ancora boccheggiando.
 “Ma i Malfoy sono i nemici!” disse esasperato “nessuno sta pensando che non sia affatto normale voler essere loro amici?"
 “Beh” abbozzò Lupin, con un piccolo sorriso “ognuno ha i suoi gusti, Ron. Personalmente non conosco molto Draco, ma a scuola era piuttosto bravo, magari lui...”
Emma vide il volto del rosso contorcersi come se stesse per dire qualcosa di estremamente sgradevole.
“Draco è a posto.” ripeté  quindi per la seconda volta, piccata.
 “A me non sembra a posto. Né lui, né tu che lo difendi” sbottò di nuovo il ragazzo, sbattendo le mani sul tavolo.
 “Dovrà bastarti la mia parola Ronald” disse gelida l'emoor, guardandolo con distacco “come ti basta quella di Silente."
 “Vuoi farmi credere che anche Malfoy è un membro sotto copertura dell'Ordine?" disse con sdegno lui, ridendo isterico.
 “No, dico solo che anche per Draco non è semplice essere nella posizione in cui è” rispose Emma nervosa, mentre sentiva le guance colorarsi di rosso e di essere prossima a perdere la calma “E penso che per l'Ordine sia una cosa positiva il fatto che io sia amica con alcuni Serpeverde, dato che nessuno parla mai con loro e può essere invece utile dare loro un punto di vista diverso da quello di Voldemort. C'è gente in gamba lì dentro! E Draco è intelligente, Ron, e gentile con me, anche se in molti pensano che non dovrebbe esserlo. Mi ha accettata” disse Emma, la voce che tremava nello sforzo. difficilissimo, visto tutto il nervosismo accumulato con la Umbridge,  di rimanere educata.
“Ah, lui ti accettata? Davvero? Da quando è lui che ci deve accettare? Sei un'idiota forse? Ci farai ammazzare” borbottò il rosso e la bacchetta di Ginny si levò di nuovo contro di lui.
“Calmi” intervenne subito Lupin “Emma ha ragione. Su tutto.”
Tutti i presenti si voltarono verso il lupo mannaro.
“Non solo” riprese lui con un sospiro “Penso che abbia dato prova di grande maturità, perché è vero: più Serpeverde si avvicinano a noi, meglio è, più umani restiamo, meglio è. Credo che se Albus fosse qui si complimenterebbe”
 “Remus il saggio” ghignò Black, facendo sorridere il mannaro.
“Ma Emma nessuno vuole dalla nostra parte i Serp...” iniziò Ron.
 “Invece sì Ronald” riprese Remus “E ti chiedo di considerare il fatto che e ha ragione anche Hermione” aggiunse, facendo sobbalzare la Grifondoro “Emma potrebbe assumere una posizione molto delicata in futuro, sia in quanto protetta di Severus, sia perché emoor e sia per le sue amicizie e ha bisogno di tutta la nostra fiducia e il nostro supporto. Personalmente, io mi fido” 
 Emma gli sorrise commossa, pronta a ringraziarlo, ma venne interrotta da Ginny, determinata e forte.
 “Anche io mi fido completamente di Emma”
“Anche io” squittì Hermione.
 “Anche io” disse Harry con un mezzo sorriso “anzi, mi scuso per non essermi fidato fin da subito”
 Lo sguardo di Emma si illuminò e subito annuì nella direzione del Grifondoro, grata, un piacevole calore nel petto.
“Penso comunque” chiarì il ragazzo con la cicatrice “che i tuoi gusti in fatto di ragazzi facciano schifo, O'Shea”
 “Lo accetto Potter” rispose lei sorridendo.
 “Molto bene, è deciso allora." sospirò Lupin e ora che tutto era tranquillo sembrava essere particolarmente stanco, come se fosse stato stato contagiato dalla preoccupazione di Severus “Dovrai fare molta attenzione Emma”
 “Lo farò” rispose lei sicura.
“D'accordo. Allora dovremmo indire una riunione straordinaria”
Severus assentì, gli occhi ancora fissi su Emma che gli sorrise dolcemente in risposta.
 “E del Ministero non ci preoccupiamo?” chiese Sirius.
 “In che senso?” chiese Molly.
 “Mocciosus, mi hai detto ieri che il Ministero vuole fare adottare Emma. Non potrebbe usare la scusa della festa per prelevarla?”
Severus fece solo una leggera smorfia verso Sirius e parve tentennare, come se volesse rispondergli con rabbia, ma poi usò un tono pratico e tranquillo.
 “Quella questione sembra essere quasi risolta, credo che sia una problematica minima comunque.”
 Sirius annuì una sola volta e si affiancò a Lupin con un sorriso.
 “Beh Emma” sospirò Ginny, riprendendo a mangiare allegramente la sua colazione “Ti servirà un bel vestito, temo”
 L'emoor assentì con un leggero cenno del capo, grata all'amica per rendere il momento più leggero e vide anche Hermione trattenere una risatina nervosa. In quel momento i gemelli Weasley entrarono in cucina con i consueti grandi sorrisi.
 “Buondì” disse Fred.
 “'Giorno” sorrise George, avvicinandosi baldanzoso all'emoor e schioccandole un non necessario bacio sulla guancia solo per far tendere nervosamente Severus.
 Emma diede un pizzicotto il ragazzo e scosse la testa, divertita.
 “Che atmosfera!” esclamò Fred “Ci siamo persi qualcosa?”




*Angolo Autrice*


Ciao a lettori!
Capitolo abbastanza denso di emozioni, soprattutto per Emma. 
Questa instabilità di non avere un posto in cui tornare comincia a pesarle. Severus è di una tenerezza estrema con l'emoor, ma non è propriamente un genitore e immagino che Emma si sarebbe imbarazzata a chiedere apertamente "Posso venire da te a natale?"

Abbiamo l'aggressione di Arthur che Emma vive attraverso la connessione. 
E lo spaesamento e i ragionamenti che ne seguono. 
Le domande che si pone Emma sull'aizzare un serpente o aprire la camera dei segreti mi piacciono molto perché fanno capire come lei scelga sempre di essere l'ago della bilancia e di perseguire nella giustizia, ma avrebbe il potere e le caratteristiche per essere temibile se solo lo volesse. 

Per far da contrappeso alla sensazione di tristezza e solitudine (durata poco fortunatamente), nonché alla paura per il futuro, ho voluto inserire due momenti teneri sia con Ginny (talmente legata all'emoor da difenderla di fronte a Ron) sia con il nostro George, di cui ormai adoro scrivere. 
La discussione a Grimmauld mette ancora più in mostra la posizione dei diversi personaggi e ci comincia a far intuire la posizioone che Emma sta assumendo.
Che ne pensate?

Prossimo capitolo sarà molto intenso per tanti motivi e pieno di TANTA dolcezza. 
Nella riscrittura dei vari capitoli sto migliorando moltissimo l'andamento della storia anche grazie alle vostre impressioni e consigli.
Non smettete!

A presto

vi

Ritorna all'indice


Capitolo 25
*** Famiglia Serpeverde ***



.Famiglia serpeverde.



Il pomeriggio di Natale, nonostante i canti allegri e stonati di Sirius, decisamente di buon umore, il profumo di cibo delizioso che impregnava le cucine e le decorazioni apparse un po' ovunque grazie a Molly e Tonks, ci fu un leggero momento di tensione per la riunione straordinaria indetta a causa di Emma. 
 L'emoor attese paziente che gli adulti la chiamassero, facendo compagnia a Ginny nella stanza di Fierobecco, l'enorme ippogrifo di Sirius. La rossa sembrava a suo agio con la creatura, ma Emma ne era vagamente intimorita e la osservò con curiosità, a metà tra lo sgomento e il fascino, fino a quando la voce di Bill non la chiamò.
 “Buona fortuna” le soffiò Ginny con un debole sorriso.
 L'emoor fece un cenno secco e scese le scale per raggiungere il Weasley più grande che, con una smorfia rassicurante, la portò nel salotto dove tutti si erano ammassati. C'era la gran parte dell'Ordine della Fenice presente ed Emma si sentì intimidita.
 Lupin, vedendola entrare, le sorrise, ma Severus, che se ne stava solo in un angolo, palesemente teso, le lanciò solo una breve occhiata, tornando torvo a osservare i presenti. 
 “Silente è d'accordo che tu vada con Severus alla festa” le comunicò il mannaro, con tono gentile. 
 “Bene” disse lei, guardandosi intorno come a chiedere cosa avrebbe dovuto fare ora che sembrava avesse avuto l'ok a procedere.
“Dobbiamo solo scegliere insieme alcuni possibili risposte alle domande che ti potrebbero fare mentre sei lì” le spiegò Remus.
 Emma si sedette su una sedia e annuì disponendosi all'ascolto, mentre un mago imponente che si presentò come Kingsley si alzava in piedi  e cominciava a parlare con voce profonda.
 Per tutta la riunione, fortunatamente, i toni si mantennero calmi. Severus e Sirius evitarono di punzecchiarsi e nonostante la partecipazione di numerosi membri, cosa che generalmente creava una gran confusione, il tutto si risolse in fretta, sia perché nessuno voleva fare una riunione operativa il giorno di Natale, sia perché avevano tutti accettato, forse a esclusione di Molly, che permettere ad Emma di partecipare a quella festa fosse la scelta migliore.
 Discussero e scelsero insieme alcune risposte che Emma avrebbe dovuto dare a specifiche domande, come per esempio a riguardo di dove avesse passato il Natale e Severus applicò il Legilimens contro di lei per dimostrare le sue capacità di Occlumante.
 “Molto bene. Abbiamo finito” disse Lupin con un sorriso, dando una leggera pacca sulla spalla alla ragazza.
 
Emma, molto più sollevata, uscì dalla stanza e si avviò verso il salone ancora in allestimento dove si sarebbe tenuta la cena. 

Ginny stava seduta in disparte, leggendo un libro e le fece un piccolo sorriso vedendola entrare, mentre il magico trio, composto dai tre Grifondoro, stava vicino al camino; Harry in piedi, che guardava assorto le fiamme, gli altri due seduti vicini sul vecchio divano.  
 L'emoor li osservò per un istante e poi raccolse un coraggio che non le apparteneva e si avvicinò lentamente, gli occhi puntati su Ron.
 “Hei rosso.” lo chiamò gentilmente e attese, ma visto che il ragazzo non rispondeva e nemmeno si girava verso di lei, ignorandola, così Emma riprese a parlare con tono neutro. 
“Senti Ron, penso che io e te abbiamo cominciato con il piede sbagliato e mi spiace, perché voglio molto bene ad almeno la metà dei tuoi fratelli e naturalmente tengo anche ad Harry ed Hermione”
 “Grazie Emma” disse Potter, facendole un gran sorriso ironico, mentre Hermione scoccava lui un'occhiataccia.
 “Non interrompere Harry” sibilò la ragazza.
 “Voglio dire” riprese l'emoor tornando a fissare la nuca del rosso “So che non ti piacciono le mie amicizie, lo capisco. Anche Lilith Bitterblue è una mia cara amica, ma detesta che io continui a frequentare i Serpeverde. Voglio solo che ti sia chiaro però che non tradirei mai Harry, né l'Ordine.”
 Le spalle di Ron si contrassero appena, prima che si voltasse lentamente verso di lei, il volto lentigginoso pieno di sfida.
 “E che mi dici di Piton?” sussurrò.
 “Severus?” domandò sorpresa l'emoor “Che c'entra Severus?”
 “Non mi fido di Draco.” scandì il ragazzo “Non mi fido dei Serpeverde. Non mi fido nemmeno di Piton. Per niente.”
 Emma sospirò e scosse appena le spalle, arresa, reprimendo l'istinto di urlare in faccia al ragazzo che era cieco e ottuso. 
 “Beh questo è un problema che non posso risolvere, Ron. Io mi fido ciecamente di Severus e anche di Silente e della sua opinione”
 Calò un silenzio nervoso, fino a quando il rosso, dopo aver ricevuto una gomitata secca nel costato da parte di Hermione, tese riluttante la mano verso l'emoor ed Emma la strinse.
 “Pace?” chiese la Corvonero con un mezzo sorriso.
 “Pace” confermò il ragazzo “basta che Ginny non mi torni fidanzata con un Serpeverde”
 “Io mi fidanzo proprio con chi mi pare” rispose di rimando la rossa da sopra il libro che stava leggendo. E i tre scoppiarono a ridere.

. . .

La cena continuava in un allegro brusio. 
 Tutti sembravano estremamente su di giri, il tavolo era imbandito e Lupin aveva aiutato Molly a far galleggiare varie candele sopra le loro teste, rendendo l'ambiente meno tetro.
 Emma si sentiva serena, nonostante, dopo aver chiarito con Ron, tutti i suoi pensieri fossero già rivolti alla festa al Manor. 
Ovviamente era preoccupata, non era stupida, l'immagine dei Mangiamorte al cimitero vibrava nei suoi ricordi ed era certa che al Manor avrebbe incontrato tutti loro e non riusciva a togliersi dalla testa l'idea che sicuramente anche il Mangiamorte che aveva ucciso i suoi genitori e Steph sarebbe stato lì. Impossibile che non fosse così e solo a pensarci le si seccava la gola.
Nervosamente cercò di concentrarsi sul fatto che la sua presenza avrebbe aiutato l'Ordine e soprattutto Severus e che evitare che i Malfoy si offendessero o insospettissero, era essenziale e che lei aveva davvero voglia di rivedere Draco. 
Vista la sua partenza frettolosa da Hogwarts Emma non lo aveva salutato e non gli aveva nemmeno scritto una lettera, come aveva fatto con gli altri amici, ed era estremamente curiosa di vedere come si sarebbe comportato il Serpeverde tra suoi pari nei suoi confronti, quando si fosse presentata in veste di invitata ufficiale.
 A dirla tutta, anche se non lo avrebbe mai ammesso ad alta voce, all'infuori probabilmente che con Ginny, si sentiva anche un po' emozionata a riguardo.
 “Severus perché non fai il tuo annuncio?” disse Sirius, con un sorriso gigante stampato sul volto.
 Sembrava estremamente contento, quasi come un bambino, probabilmente perché adorava l'idea di avere tante persone intorno a alleviare almeno temporaneamente la sua abituale solitudine.
L'emoor si staccò dai suoi pensieri e alzò lo sguardo verso il tutore.
Severus era rimasto a cena su sua grande insistenza, ma non aveva quasi proferito parola per tutto il tempo, probabilmente cercando di non attirare l'attenzione al suo angolo di tavolo, dove stava seduto incuneato tra Lupin e Bill Weasley. 
 Emma, seduta dalla parte opposta rispetto a lui, intuiva che quell'uomo serio e schivo, con il suo naso adunco, i vestiti neri sempre uguali e le labbra serrate, avrebbe preferito di gran lunga stare da solo a Spinner's End insieme a Glimpsy quella sera, o da qualunque altra parte piuttosto che lì dov'era. 
 Severus si era fermato solo per farla contenta e probabilmente in quel momento, mentre Black attirava divertito gli sguardi di tutti su di lui, se ne stava amaramente pentendo e l'emoor lo vide cercare di farsi piccolo e scuro come se volesse sparire, pur scoccando un'occhiata di puro odio a Black.
 “Che annuncio?” domandò Tonks, i capelli più rosa che mai.
 “Forse non è la sede, Sirius” intervenne a sorpresa Lupin, andando in supporto a Piton per la seconda volta in una giornata. 
 Emma lo guardò stupita. Sapeva che il tutore era rispettato nell'Ordine, anche grazie alle parole di Silente, ma sapeva anche che nessuno aveva mai dimostrato particolare empatia per lui, soprattutto perché Severus non si applicava in nessun modo per essere accettato da quel gruppo, anzi, era estremamente schivo e spesso acido. Eppure Lupin, per qualche motivo, era stato molto protettivo nei suoi confronti, in più di una occasione.
 “Ma certo che lo è! Remu!” disse nuovamente Sirius, la risata da lupo sul volto, e lo sguardo brillante “Siamo tutti qui riuniti, felici, è esattamente il posto migliore per fare un annuncio.”
 Questa volta fu Lupin al posto di Severus a scoccare uno sguardo esasperato a Black, che in tutta risposta continuò a sorridergli soddisfatto. Calò tutt'intorno un silenzio di attesa. 
Persino i gemelli Weasley avevano smesso di sghignazzare e guardavano verso il professore. Emma, qualunque fosse l'annuncio che Severus doveva fare, si sentì in imbarazzo. 
 Non lo aveva mai visto così, il volto a chiazze rosse e lo sguardo basso e con la coda dell'occhio vide anche Harry ed Hermione scambiarsi uno sguardo stupito: era evidente che non avevano mai nemmeno immaginato che Piton potesse assumere quell'espressione.
 “Sev?” lo chiamò piano l'emoor, cercando di andare in suo supporto, ma lui strinse le labbra.
 “Ecco... io pensavo dopo cena...”
“Severus che cosa ci stai nascondendo? Non capisco!” intervenne secca Molly, incrociando le braccia.
 “E si sta rovinando l'atmosfera” borbottò tra i denti George.
 Piton guardò Molly come si guarda una madre che sta facendo una ramanzina, aveva davvero l'aria di chi vuole fuggire il più lontano possibile da tutta l'attenzione che stava ricevendo.
 “Quello che intende Severus” intervenne Lupin, nuovamente in suo aiuto, scoccando una seconda occhiataccia a Sirius che stava apertamente ridacchiando e sembrava molto a suo agio nel vedere l'imbarazzo di Piton “è che forse avrebbe preferito fare questo annuncio in un secondo momento e senza coinvolgere tutti noi!”
 “Beh ma è una bella notizia” infierì di nuovo Sirius.
“Ma di cosa state parlando voi due?"”domandò irritata Emma.
Possibile che Remus e Sirius sapessero qualcosa su Severus prima di lei?

Lupin lanciò uno sguardo in tralice a Severus che era ancora molto in difficoltà e poi si rivolse verso l'emoor.
 “Emma” iniziò a dirle lentamente “Severus ti ha avvertito della situazione delicata che avevi presso il Ministero, giusto? Ne abbiamo parlato anche questa mattina”
La Corvonero annuì incerta verso il mannaro.
“Sì. Il Ministero voleva che qualcuno mi adottasse”
 “Cosa?” tuonò George “e perché?” chiese Fred.
 “Beh, Emma è minorenne e ha bisogno di un tutore legale” disse pratica Hermione, la fronte aggrottata per la concentrazione.
 “Non ne sapevamo nulla fino a questa mattina, nessuno di noi.” disse Molly dispiaciuta.
 “Non la affideranno a qualcuno scelto da loro, vero?” intervenne Tonks e i capelli le virarono a un rosso acceso, ma Lupin fece gesto di calmarsi a tutti. 
 “Ovviamente era nostro interessa sapere in che famiglia sarebbe finita Emma. Silente ha discusso con me e Severus della questione e abbiamo valutato delle alternative, ma pensavamo di avere più tempo, invece due giorni fa il Ministero ci ha comunicato che entro ventiquattro ore avrebbero attivato le pratiche di adozione”
Emma trattenne il fiato, questo nessuno glielo aveva detto.  Una piccola parte del suo cervello si chiese perché Silente ne avesse parlato con Lupin, ma per il resto pensò spaventata a chi poteva essere la famiglia scelta. I muscoli le facevano male da tanto che erano tesi e sentì anche Ginny al suo fianco trattenere il respiro.
 “E Sirius che ne sa?” intervenne Harry, rompendo la tensione.
 “Beh, Silente non aveva intenzione di parlarne con me” rispose Black con una smorfia divertita, scambiando uno sguardo complice con il protetto “dubito che per il Ministero sarei stato un buon candidato come tutore di Emma, ma io ho origliato”
 “Severus, credo che ora dovresti parlare” disse Lupin rivolto verso l'uomo, con un tono stranamente pacato.
 Piton alzò finalmente il capo facendo scorrere lo sguardo tutt'intorno, l'intera tavolata era rivolta verso di lui. Ad Emma non era mai sembrato così vulnerabile come in quel momento.
“Ecco...” iniziò titubante, rivolgendosi a lei e la ragazza ricambiò lo sguardo tranquilla, sorridendogli nel modo più incoraggiante possibile, il cuore che le attaccava lo sterno.
“Ecco...” ritentò, cauto “Ho pensato che non potevo rischiare di perderti, Emma. Il Ministero pensava ai Greengrass e non avevamo molte alternative quindi... ho deciso di adottarti io stesso. “
Il silenzio calò solo per un'istante. 
Emma sentì a malapena il gridolino di stupore di Ginny e quello incredulo di Fred. Ignorò la signora Weasley che trillava 'Ma è una bellissima notizia Severus', ignorò anche il sorriso di Lupin, l'espressione sgranata di Harry e Ron, quella dolce e sorpresa di George e gli occhi diventati improvvisamente enormi di Hermione.
 Emma aveva attenzione solo per Severus.

Quella maschera dura e sofferente che celava le sue espressioni. Quelle labbra serrate che sempre più spesso si inarcavano in un mezzo sorriso. Quei due tunnel cupi e freddi a cui tante volte si era aggrappata e che aveva imparato a leggere e conoscere. 
 L'emoor non riuscì a fiatare e nemmeno a muovere un muscolo, ma nello sguardo dell'uomo, solitamente velato di sdegno, o distratto da ricordi pesanti, vide della commozione.
Il cuore prese a batterle come impazzito, mentre lentamente realizzava cosa fosse successo e si vedeva scorrere davanti tantissimi dei momenti passati con lui: non se lo sarebbe mai aspettato, non dallo schivo Severus. L'aveva adottata.
Ed Emma, anche se sapeva perfettamente che ormai l'uomo si fosse affezionato a lei, non avrebbe immaginato che sarebbe stato pronto a rinunciare alla sua solitudine ufficialmente. Un conto era fintanto che doveva accoglierla per brevi periodi per ordine di Silente, ma adottarla era tutta un'altra questione. Eppure, lo aveva fatto.

La ragazzina si alzò, le ginocchia tremanti, percorse la stanza quasi di corsa, infischiandosene degli sguardi stralunati dei presenti e andò da Severus, gettandosi tra le sue braccia senza tentennare.
Avvertì l'imbarazzo dell'uomo e la risposta gentile alla sua stretta, istintiva, di riflesso, come aveva fatto la prima volta a Spinner's End infinito tempo prima, ma lo ignorò e affondò il volto in quel petto magro, dicendosi che non era mai stata più felice.
 Sentì il cuore tremare e si sentì meno sola.
 I gemelli, con perfetto tempismo, fecero partire un applauso e i suoni della stanza travolsero infine l'emoor che sciolse la stretta con il tutore seppur controvoglia.
 “Ora sì che posso insultarti davvero per essere la figlioccia di Mocciosus” rise Sirius di cuore e l'emoor ricambiò sincera il sorriso, chiedendosi solo distrattamente perché Black sembrasse così contento per lei.

Nella tavolata c'era un misto di sollievo e imbarazzo.
 Erano tutti grati del fatto che Emma non dovesse andare dai Greengrass, ma allo stesso tempo nessuno era abituato ad avere a che fare con l'umanità di Piton, né con le sue fragilità. 
 La signora Weasley però, che tubava ancora felice, mormorando  'ma che bella notizia', ruppe il disagio con la sua gioia contagiosa ed Emma notò che persino Harry, Ron ed Hermione sembravano colpiti da quella scena e sorridevano. 
 Nessuno di loro, l'emoor lo sapeva, aveva particolare fiducia, o simpatia nei confronti di Piton, anzi, ma parevano condividere il  pensiero che Severus fosse la persone migliore per adottarla e Harry le lanciò persino uno sguardo veloce di approvazione, a cui Emma rispose con un piccolo sorriso.
Severus Piton l'aveva adottata.

È una bella responsabilità quella che si è preso Severus” disse Lupin all'emoor “il Ministero si è opposto fino alla fine perché giudicavano per te una vera famiglia come un posto migliore, non volevano cedere e lui ha battagliato con tutte le sue forze per ottenere la tua custodia”
 “Lo immagino.” rispose lei, emozionata e sorrise al tutore tornato terribilmente serio, stringendogli gentilmente il braccio.
 “No, credimi. Non puoi immaginarlo” disse Lupin, che era  visibilmente più rilassato “Io che ero lì ancora non ci credo. Non avevo mai visto qualcuno di così determinato. Quando Caramell ha tirato fuori il nome dei Greengrass, Severus lo ha minacciato con la bacchetta. Silente è dovuto intervenire.”
 Fred e George guardarono Piton vagamente ammirati.
 “E come ha fatto a convincere il Ministro?” chiese Ginny.
 “Ho detto che mi sarei preso completamente la responsabilità” rispose Piton con tono strascicato “e che essendo l'attuale tutore previsto dalla scuola ero la scelta migliore. Ho minacciato che avrei iniziato una battaglia legale e Silente è stato essenziale perché ha detto al Ministro che avrebbe pagato di sua tasca fino all'ultimo Zellino e che riteneva anche lui che io fossi un candidato migliore dei Greengrass. Il Ministro ha ceduto solo quando la giuria ha dichiarato che essendo io disposto ad adottare Emma, ed avendo la ragazza già una stanza a Spinner's End avrebbe avuto meno traumi. Mi hanno somministrato anche Veritaserum.”
 “Ma è illegale” sbottò Tonks.
 Severus si strinse nelle spalle con un gesto elegante. 
 “Ovviamente ho preso la contro pozione prima di accettare di assumerlo, per ogni evenienza, ma è servito a convincerli”
 “Si, è stato incredibile” ridacchiò Remus.
 “C'era una giuria?” chiese Hermione stupita.
Piton annuì, ancora a disagio con l'attenzione che stava ricevendo.   
 “C'era il Wizegamont al completo. Non sono poche le famiglie che avrebbero dato parecchio per avere un'emoor nel loro albero genealogico, signorina Granger, anche in maniera disonesta”
 Hermione lo fissò con occhi sgranati e Fred fece un fischio.
 “Beh, Mocciosus” intervenne Sirius alzando un calice verso di lui “per una volta devo farti i miei complimenti”
 Severus, preso in contropiede da quel brindisi, fece solo un cenno rigido con il capo, sorvolando sull'insulto e afferrò il suo bicchiere.
 “E Artemius?” chiese l'emoor.
 “Abbiamo una soluzione abbastanza sicura anche per lui.” annuì Lupin “Abbiamo fatto il possibile, anche se lui non ha avuto un Severus che battagliasse fino all'ultimo respiro per difenderlo, è stato adottato dagli zii di Theodore Nott.”
 Emma fece una smorfia poco convinta.
 “Non è male come sembra” riprese Lupin “la sorella di Nott Senior è una persona intelligente e un'ottima strega.”
 “Suo marito, non è un granché però” fece notare Bill con espressione scettica “non è William Geller?”
 “Sì è lui ed è vero: non è granché” concesse Lupin “ma lei è fidata. Nonostante sia Purosangue Serpeverde non ha mai preso parte agli schieramenti di Voldemort, né simpatizzato, anzi è un'amica di lunga data di Silente. Si è proposta proprio parlando direttamente con lui. Sapeva che il Ministero avrebbe accettato perché  sono una famiglia molto antica. Silente ha dato il suo benestare e credo che non potesse andarci meglio”
 “Quindi ora Artemius è cugino di Theodore Nott?” chiese Ginny.
 “Sì, direi di si” rispose Lupin.
 Tutti ripresero lentamente a chiacchierare di cose futili, mangiando il cibo eccezionale di Molly, ridendo e divertendosi.
Emma si sporse di nuovo verso Severus, guardandolo con tenerezza.
 “Grazie” sussurrò.
 “Buon natale” ribatté lui, senza guardarla in volto, la maschera ricomposta in modo che non trapelasse nessun sentimento.
 “Sei sicuro della scelta? Ti sei condannato ad avere una ragazzina in mezzo ai piedi tutta la vita”
 “Molto sicuro” annuì Severus “e si spera che tu non debba rimanere per tutta la vita una ragazzina curiosa.”
 “Forse no.”
 “Avevo preparato una busta con i documenti ufficiali da darti come regalo di Natale a Spinner's End, ma evidentemente il 
cane ha voluto rovinare la sorpresa”
 Parlavano a bassa voce, quasi a schermarsi dagli altri, ma Molly era probabilmente lì pronta a intervenire perché passò alle loro spalle, distribuendo piatti per il dolce e disse: “Oh Severus. è stato molto meglio così, proprio un bel momento. Bravo Sirius.”
 Black ghignò e non smise di farlo per il resto della cena, soprattutto osservando Molly che, con la sua esagerata gentilezza nei confronti di Piton, lo metteva quasi in imbarazzo, cosa che esilarava Tonks e faceva ridere sommessamente anche Harry, Ron e i gemelli Weasley. Ginny ed Hermione erano invece stranamente su di giri e continuavano a ripetere
 'Chi lo avrebbe mai detto' e Lupin era sollevato e parlava allegro con Bill. 
 Emma si sentiva tranquilla, la mente sgombra, il respiro lento. 
Era il primo Natale senza i suoi genitori ed era più in controllo di quanto avesse temuto. Di tanto in tanto incontrava lo sguardo di Severus che sorrideva misurato in risposta, ritornato velocemente il solito professor Piton di sempre, ma Emma lo sapeva, lo vedeva in fondo al suo sguardo: era contento, 
era davvero contento.

*

Uomo e ragazza attraversarono velocemente la piazza avvolti stretti nei loro mantelli. Era una nottata fredda, che richiamava neve, ma priva di nuvole. La luna splendeva quasi piena nel cielo scuro e ad Emma venne in mente Lupin. 
 “Hai preparato la pozione a Remus?”
L'uomo accanto a lei scosse la testa “Domani”
 Emma capì che era nervoso, ne osservò il passo svelto e il volto curiosamente contratto. Il mantello scuro che sventolava sulle spalle.
 “Ti sta proprio bene il nuovo mantello, sono contenta di averci azzeccato.” tentò, per distrarlo e lui annuì di rimando.
 “È bello, non avresti dovuto spendere tanto, ma ti ringrazio.”
Emma sorrise e si strinse nella sua mantella verde quella che era appartenuta alla madre di Severus e si chiese per la prima volta che tipo di persona doveva essere. Tempo addietro lui le aveva detto che si chiamava Eileen e che era una strega di Serpeverde e queste erano le uniche cose che Emma sapeva di lei, ma ora Eileen Piton era parte anche della sua famiglia ed era curiosa.
 Tutore e protetta erano entrambi stranamente eleganti. Severus avevi i suoi soliti abiti neri, ma nuovi di zecca e con delicati ricami d'argento su collo e polsi. Emma invece indossava un vestito verde scuro, semplice e delicato con una bella scollatura sulla schiena e una gonna lunga fino ai piedi. Era stata Molly a sceglierlo.

*

Vedrai che apprezzeranno il colore” disse la donna soddisfatta, porgendole il vestito impacchettato con cura “D'altronde non sarebbe carino presentarsi con un abito rosso Grifondoro, né tantomeno con i colori della tua Casa. Provalo e fammi sapere se ti piace, possiamo aggiustarlo un poco se ti sta grande” aggiunse, uscendo dalla porta con un sorriso, mentre Ginny borbottava un “Però sarebbe davvero divertente”.
Emma stracciò la carta curiosa, rimanendo piacevolmente stupita dalla bellezza dell'abito e persino Hermione, accanto a lei, si fece sfuggire un 'Wow'.
 “Sarai bellissima” mormorò Ginny, sedendosi anche lei al suo fianco.
Le tre erano da sole nella loro solita stanza a Grimmauld Place, tra quei muri stinti a cui l'emoor aveva cominciato ad affezionarsi.
 “Devi fare una cosa per me Emma” disse la rossa, esageratamente seria.
 “Cosa?” chiese l'altra perplessa.
 “Devi entrare al Manor con quest'abito, guardare dritto Malfoy in faccia e poi essere in grado di descrivermi nei minimi dettagli l'espressione che farà vedendoti”
 Emma ed Hermione ridacchiarono, l'emoor guardò le amiche con affetto.
 “Volevo ringraziarvi per il supporto.” disse sorridente.
 “Quale supporto?” chiese Ginny con una smorfia ed era evidente che voleva che l'emoor vuotasse il sacco. Emma sospirò arresa.
 “Beh so che per voi Draco... voglio dire non credo che sia il tipo di ragazzo che consigliereste, ma entrambe mi sostenete e non state facendo domande”
Ginny rise divertita, gettando all'indietro la testa ramata. 
 “Hermione non fa domande
a te Emma, ma ha letteralmente inondato me”.
 “Ginny!” protestò la grifona, imbarazzata e l'emoor ridacchiò di gusto.
 “Intendevo solo dire che è bello che non cambiate idea su di me solo per Draco.” sorrise sincera “E puoi farmi tutte le domande che vuoi Mione”
 “Oh, ecco...” iniziò lei con una smorfia furba “preferisco fartele 
dopo la festa”
Emma arrossì

*

Piton e l'emoor si fermarono in una piccola stradina vuota, priva di lampioni. Li illuminava solo la luna.
 “Sei pronta?” chiese l'uomo, porgendole il braccio.
Emma annuì con un sorriso incoraggiante e si avvicinò di un passo, posando la mano appena sotto il suo gomito.
 “Ricordi tutte le risposte?”
Lei alzò gli occhi al cielo, un poco esasperata.
 “Io e te abbiamo festeggiato da soli a Spinner's End il Natale, ho passato poi un paio di giorni dai Weasley. 
Perché i Weasley? Sono amica di Ginny, tutti lo sanno. Sono strani? Sì un po', non me ne intendo di maghi, ma mi sembranogentili... devo andare avanti?”
 Severus fece una leggera smorfia che Emma non seppe interpretare e quindi riprese a snocciolare le risposte concordate.
 “Sono di Corvonero. Non ho molte opinioni sulla guerra magica. 
Se sono contenta di essere un emoor? Non esattamente, ma che mi scorra dell'antico sangue magico nelle vene mi rende orgogliosa. No, non so di quale Fondatore sono discendente, ma spero Corvone...”
 “Ok, d'accordo.” la interruppe Piton, secco.
 “Loro sapranno che mi hai adottata?” chiese la ragazza.
Severus si lasciò sfuggire una smorfia stupita. 
 “Non ci avevo pensato, ma credo di sì, molti degli invitati lavorano al Ministero, compreso Lucius Malfoy. A pensarci bene credo che tireranno fuori l'argomento, anche solo per punzecchiare i Greengrass di aver fallito.”
 “Ai Malfoy piace il potere” esalò lei e non era una domanda.
L'uomo annuì rigido “Sì, ecco, magari non dirglielo in faccia”
 L'emoor ridacchiò e strinse il suo braccio. Severus si attardò un secondo di più e sembrò studiare il volto della protetta.
 “Emma, sono molto fiero del tuo coraggio stasera e sono molto felice di aver tanto insistito per diventare davvero tuo tutore” l'espressione sul suo volto rimase immutata senza esprimere la gioia che dichiarava, ma lei annuì compiaciuta.
 “Grazie Sev. Sono molto contenta che tu l'abbia fatto, davvero.”
 Si guardarono negli occhi per un momento, poi lui tornò lucido e pragmatico. 
Preciso.
“Ok. Ora chiudi la mente e cerca di non vomitare.”
 “Sarebbe un peccato rovinare questo vestito”
 “Sì, ti sta molto bene” disse secco.
 “ok. 1... 2... 3”

. . .

Malfoy Manor, sotto la neve candida che cadeva, era una visione inaspettatamente poetica, tanto che ad Emma non sembrava nemmeno lo stesso posto austero in cui era stata quell'estate.
 Non si vedevano i pavoni bianchi e gli alberi da frutto erano privi di foglie, ma tutto era avvolto da una coltre bianca e ovattata e la dimora, con le luci accese che si vedevano dalle ampie finestre, non parve all'emoor così scura come la ricordava. 
 Come qualche mese prima Severus alzò il braccio e attraversò il cancello come fosse fumo, aprendolo poi per Emma dall'interno. 
 I due camminarono uno accanto all'altra senza fiatare, ognuno teso per motivi diversi. Dalle loro bocche uscivano piccole nuvolette: faceva molto più freddo lì che fuori da Grimmauld Place. 
 Arrivati al portone Emma sentì la mano di Severus stringerle brevemente la spalla in segno di supporto. Era troppo tardi ormai per pensare di tornare indietro, l'emoor prese un grosso respiro.

Il salone era riccamente decorato, ma con gusto. 
 Globi di luce bianca galleggiavano sul soffitto rischiarando l'ambiente e qua e là vi erano grosse calle e felci, oltre che eleganti decorazioni natalizie prevalentemente argentate. 
 Sembrava che la padrona di casa avesse posto attenzione ad ogni minimo particolare nella sala per rendere quella festa perfetta. 
 Su grossi tavoli tutt'intorno alla stanza era imbandito un sontuoso buffet e camerieri vestiti di bianco giravano rigidi con ulteriori vassoi pieni di cibo, o calici.

I due grossi camini della sala erano accesi e davanti ad essi erano posizionati piccoli tavolini, divanetti e poltrone. C'era molta gente, ma il vociare della stanza era basso, gruppetti di persone chiacchieravano cortesemente con toni affettati e il suono più distinguibile era la musica prodotta da un violinista e una ragazza con una grande arpa che suonavano armoniosamente.
La famiglia Malfoy sicuramente non peccava di gusto.

Un piccolo Elfo domestico si avvicinò per prendere loro i mantelli. Emma cercò di passargli il suo senza dargli troppa attenzione, trattenendo il sorriso che le stava spuntando in saluto all'esserino. Piton, accanto a lei, stava rigido, il volto immobile e attento.
 “Severus” trillò la voce di Narcissa e nel silenzio generale sembrò risuonare forte e a lungo.
 Molte teste si girarono verso di loro ed Emma chiuse con forza la mente e cercò di rimanere impassibile.
Lady Malfoy si avvicinò con un sorriso sul volto. Era incantevole. Portava un vestito bianco fine ed elegante che arrivava fino a terra, con sottili ricami verdi, una pelliccia immacolata a coprirle le spalle e tra i capelli chiari un diadema.
 “Oh, Severus sono così contenta che tu sia venuto”
 “Dovere Narcissa.” disse lui con tono monocorde.
 “E hai portato Emma.” sorrise la donna.
 “Non c'erano motivi per cui non avrei dovuto farlo.”
“Ma non hai mai risposto al mio invito” chiosò lei.
 “Davo per scontato che l'avrei portata con me, anche alla luce del fatto che l'avevi gentilmente invitata”
 Lady Malfoy parve soddisfatta della risposta e rivolse alla ragazza un sorriso caloroso. Emma chinò il capo in segno di saluto, come le aveva insegnato quella mattina Severus.
“Narcissa” disse.
 “Emma” fece di rimando la donna, guardandola affettuosamente “Sei davvero incantevole, questo colore ti sta benissimo”
 “Grazie” rispose l'emoor con un sorriso misurato.
 “Venite a salutare Lucius” trillò allegra la Lady, prendendo Emma a braccetto e attraversando la sala. La ragazza cercò di ignorare gli sguardi che le persone continuavano a inviare nella sua direzione.

Lucius Malfoy le dava le spalle.
Emma si accorse che aveva una corporatura simile a quella del figlio e quando l'uomo si girò, chiamato dalla moglie, vide che era anche straordinariamente somigliante nei lineamenti. 
 L'uomo aveva un'espressione però più arcigna, portava i capelli chiari lunghi sulle spalle e un pomposo vestito da mago con un ampio mantello che Emma dubitava avrebbe visto su Draco.
 “Severus è appena arrivato, caro” disse Narcissa al marito, avvicinandosi a lui con un sorriso “e ha portato Emma.”
 Piton e Lucius si scambiarono una veloce stretta di mano, guardandosi in volto senza battere ciglio, poi l'uomo si girò lentamente verso di lei, un sopracciglio inarcato.
 “Emma O'Shea” disse e la scrutava attento, con freddezza.
Emma chinò leggermente il capo come poco prima. 
 “È un piacere conoscerla signor Malfoy”
L'emoor” sussurrò lui, ignorando il suo saluto, gli occhi grigi e freddi che brillavano di interesse “Grandi cose si dicono sul tuo conto.”
Emma deglutì  “Non bisognerebbe dare troppo credito alle voci di corridoio” disse calma, ringraziando mentalmente Hermione per averle involontariamente insegnato quella risposta. 
 Lucius la fissò ancora dritto negli occhi, poi le porse la mano ed Emma la strinse, ricambiando lo sguardo, tranquilla.
Malfoy scostò lentamente il suo, portandolo a Piton.
“Congratulazione Severus, ho saputo dell'adozione”
 “Grazie Lucius”
 “Oh, sei riuscito ad adottarla?” sorrise felice Narcissa, scorrendo lo sguardo tra lui e la ragazzina “Lucius mi aveva detto che stavi facendo il diavolo a quattro al Ministero per ottenere la custodia, francamente sono molto contenta Severus. Stai troppo solo, te l'ho sempre detto, magari ora ti vedremo anche sorridere.”
 Lucius ghignò mellifluo, inclinando il capo come un predatore.
 “Si dice che tu abbia puntato la bacchetta contro il Ministro” disse.
 Il volto di Piton rimase incredibilmente impassibile, solo Emma vide pulsare leggera una vena sulla sua tempia. 
“Come dice Emma” rispose piano il suo tutore, con voce strascicata “non bisognerebbe dare credito alle voci di corridoio, ma è vero ho insistito con il Ministro.”
“E perché?” chiese Lucius “non mi fraintendere Severus, ma non mi hai mai dato l'idea di un uomo paterno, né di voler portare avanti il nome di tuo padre. I Greengrass tra l'altro erano un'ottima scelta. Non ti convincevano?”
 “Ho insistito io” sorrise Emma, andando in soccorso del tutore, ed entrambi i Malfoy si voltarono verso di lei, stupiti “Sono certa che la famiglia Greengrass sarebbe stata eccellente, anzi, dovrò trovare il modo di ringraziarli, ma io mi trovo bene con Severus, mi sono abituata a vivere con lui e abbiamo imparato a non darci fastidio. Severus mi dovrà sopportare solo altri tre anni alla fine, poi sarò maggiorenne, fare scartoffie e spostarmi di casa era fatica inutile”
Lucius sembrò riflettere, mentre fissava il volto della ragazza. 
 “Mi sembra sensato” disse poi, fiacco.
“Avery c'è?” chiese Piton per cambiare discorso.
Lucius annuì “Sì, andiamo a parlargli”
I due uomini si allontanarono senza più guardarla ed Emma cercò di arginare il panico vedendo Severus lasciarla sola. Narcissa si voltò verso di lei, sorridendole gentile e le fece una leggera carezza.
 “Draco dovrebbe essere in giro” le disse “serviti pure dai tavoli, Emma. Vado a salutare gli altri ospiti, d'accordo?”
 La ragazza annuì, cercando di ignorare gli sguardi che tutti le rivolsero appena si ritrovò sola. Si avvicinò a un cameriere, afferrando un bicchiere per non avere le mani vuote e si guardò intorno alla ricerca della testa bionda di Draco.

“O'Shea?”
L'emoor si voltò di scatto, trovandosi di fronte all'ampio sorriso di Blaise Zabini, gli occhi chiari e obliqui pieni di divertimento.
 “Zabini.” disse lei, sollevata dalla presenza del ragazzo.
Lui ridacchiò e fece un passo in avanti, scrutandola attento. 
 “Non avrei mai pensato di vederti sospirare di sollievo vedendomi” disse pacato, bevendo un sorso dal calice che teneva tra le mani.
 Emma stese un sorriso di rimando, si avvicinò a sua volta e lo imitò, mostrando più disinvoltura possibile. 
 “Ammetto di non conoscere nessuno. Sei quasi una faccia amica”
Lui annuì, porgendole un braccio con estrema cavalleria. 
 “Allora sarà mio ingrato compito quello di introdurti all'alta società, signorina O'Shea” soffiò, sornione.
 “Grazie” concesse lei, afferrando il braccio grata.
 Lei e Blaise prima di allora avevano avuto solo un paio di scambi, di cui uno era stato l'assurdo dialogo in cui lui la metteva in guardia sul fatto che Draco fosse un suo amico e di non farlo soffrire. 
 Emma non lo conosceva, ma aveva simpatia per il Serpeverde, forse perché lui non aveva mai dimostrato antipatia nei suoi confronti, o forse perché l'emoor sapeva della sua amicizia con Sarah Morris.
Il ragazzo, come sempre elegante, era quella sera particolarmente affascinante. La camicia grigia di alta sartoria che gli fasciava il corpo asciutto faceva risaltare la pelle olivastra, gli occhi chiari e il sorriso sghembo, che sfoggiava con naturalezza, gli illuminava i lineamenti delicati.
 “Come è stato l'impatto?” chiese il ragazzo educatamente.
 “Con cosa?” sussurrò l'emoor confusa.
 “Beh, con il meglio di Serpeverde”
“Avete del gusto” ammise lei “ma mi guardano tutti”
 “Sì, l'ho notato. Per questo ti porto in giro a braccetto, così tutti mi possono fissare con una bella ragazza magnificamente vestita” rispose Blaise con espressione divertita.
 “Hai apprezzato il verde?” chiese lei, sentendosi a suo agio.
 “Tutti i Serpeverde hanno un debole per quel colore e ti sta molto bene. Un'ottima scelta, Draco apprezzerà”
Emma arrossì involontariamente, trasalendo. 
 “Draco? Perché credi che Draco...”
 “Oh, Emma” rise il ragazzo, passando per la prima volta al nome “Io e te non dobbiamo per forza essere amici, ma mi sei simpatica e conosco Draco come le mie tasche, quindi non fingere con me.”
 “Non sto fingendo” rispose imbronciata l'emoor.
“E allora sii sincera. Draco non ti ha mai fatto capire che gli piaci?” chiese il Serpeverde diretto.
 Emma pensò agli sguardi che si lanciavano lei e il ragazzo in Sala Grande quando nessuno sembrava vederli, alle battute sussurrate a bassa voce durante Pozioni, ai sorrisi veloci che si scambiavano nei corridoi. Pensò al calore della mano di Draco sul suo braccio dopo la partita di Quidditch, all'abbraccio nei prati di Hogwarts che aveva alleviato la sua disperazione e alla mano del ragazzo stretta nella propria lì al Manor qualche mese prima.

“No, in realtà no Zabini, credevo che Draco poi stesse con Pansy”
Lui ridacchiò senza aggiungere nulla e scosse il capo, guidandola abilmente tra le persone della sala.

Arrivarono a un angolo dove era evidentemente radunato un gruppo di ragazzi della loro età. Emma riconobbe Tiger e Goyle, Theodore Nott, Pansy Parkinson, due ragazze di Serpeverde di cui non sapeva il nome, Montague e... Artemius.
 L'emoor discendente di Tassorosso se ne stava con le spalle incassate, un'aria come sempre vagamente annoiata sul viso.
Draco invece le dava la schiena, con indosso un abito dal taglio elegante, ma più morbido rispetto a quello troppo rigido che aveva usato al Ballo del Ceppo, i capelli chiari perfettamente pettinati.
“Ho portato l'ospite d'onore” esordì Zabini e tutti si voltarono.
Emma registrò lo sguardo sdegnato di Pansy e quello vagamente stupito di Artemius, ma nessun altro ebbe una reazione particolare, tranne Draco. Ovviamente.
 Il Serpeverde, colto di sorpresa, assunse un'espressione buffa: spalancò gli occhi stupito e mantenne la bocca aperta un secondo di troppo, mentre osservava l'emoor e il suo vestito.
 “Ricomponiti Dra.” lo prese in giro Zabini e il biondo lanciò lui un'occhiataccia.
“Ciao Draco” disse Emma, sorridendo appena.
 “Ciao Emma" rispose lui, forse un po' rigidamente.
L'emoor sentiva gli occhi dei presenti che osservava lei e il ragazzo. Nessuno sembrava voler spezzare quel momento di silenzio e imbarazzo che sembrava essersi creato e Malfoy stesso non riusciva scostare lo sguardo da lei.
“Bene” intervenne Zabini, evidentemente divertito dalla reazione dell'amico “Conoscete tutti Emma?”

Nott alzò la mano con aria annoiata in segno di saluto, imitato da Tiger e Goyle, Emma fece un cenno a tutti e tre.
 “Ciao Mius” aggiunse poi rivolta ad Artemius con un gran sorriso.
 “Ems” rispose rigido l'emoor.
 “Oh giusto, voi vi conoscete” disse Zabini “Per la storia del sangue, le profezie e tutto il resto.”
“Non mi aspettavo di trovarti qui” disse Emma all'amico.
“Artemius ora è mio cugino” spiegò Nott, senza nascondere uno strano orgoglio ed Emma capì immediatamente cosa intendeva Severus nel dire che molte famiglie sarebbero disposte a tutto per avere un emoor nel loro albero genealogico.
 “
Sì, l'ho sentito dire.” sussurrò la ragazza.
 “Io invece sono Daphne Greengrass. Sono di Serpeverde, non credo di essermi mai presentata”
A parlare era stata una delle due ragazze che Emma non conosceva. Era molto bella, alta e magra, con lunghi capelli biondo scuro acconciati in una coda alta, occhi a mandorla verde pallido con lunghe ciglia e un ampio sorriso sincero. Vestiva sobria ed elegante e sembrava molto sicura di sé.
 “Piacere Daphne, Emma.” rispose l'emoor, stringendo la mano che la Serpeverde le porgeva e azzardando un mezzo sorriso.
 “Credo che abbiamo rischiato di diventare sorelle prima di Natale” rise lei, allegra ed Emma annuì. 
 “Sì, volevo ringraziare la tua famiglia per averci pensato”
“Scommettevo che ti avrebbe adottato il professor Piton, anche mamma in papà in realtà, ma ci hanno provato comunque”
 “Piton ti ha adottato?” chiese Zabini stralunato.
 “Già” rispose Emma.
 “Notevole” rispose il ragazzo “chissà come sarà essere figlioccia di un professore. Magari ti favorisce”
“Non credo” tentennò l'emoor “Piton era già il mio tutore scolastico l'anno scorso e mi ha tolto comunque dei punti e dato rotoli di pergamena per compito, quindi immagino non sarà molto diverso”
Blaise e Daphne scoppiarono a ridere e ad Emma parve che persino le labbra di Artemius e Draco si inarcassero in una mezza smorfia, ma gli altri rimasero in silenzio.
 “Lei invece è mia sorella Astoria” intervenne di nuovo Daphne, spingendo avanti l'altra ragazzina.
 Era bellissima, un volto a cuore con lineamenti delicati, lunghi capelli corvini pettinati con cura, grandi occhi grigi con lunghe ciglia e labbra rosate tese in una smorfia di disappunto. 
 Sembrava una bambola di porcellana, ma anche se lei e Daphne possedevano un'eleganza innata, pur essendo molto belle entrambe, non si somigliavano e visto che la ragazzina subito dopo fece solo un cenno altero con il mento verso Emma, per poi girarsi e allontanarsi senza aspettare risposta, l'emoor si disse che le due sorelle dovevano avere anche un carattere molto diverso.
 “Io sono in coppia con James McGregor di Corvonero a Pozioni” intervenne Nott. Era teso ed Emma capì che si stava sforzando di essere gentile con lei, visto che era ospite dei Malfoy.
 “James mi ha detto che sei molto bravo, fa fatica starti dietro” rispose con gentilezza e Nott parve per un secondo prendere fiato per risponderle, ma Pansy lo anticipò.
 “Possibile che facciate tutti finta che non ci sia nulla di assurdo in  questo?” sbottò e tratteneva a malapena il tono della voce, perché era davvero sdegnata e si guardava attorno in cerca di supporto.
 “A cosa ti riferisci Pans?” chiese Zabini, fintamente curioso ed Emma ebbe l'impressione che si divertisse spesso a far saltare i nervi alla ragazza e infatti la Parkinson lo fissò nervosa, lo sguardo corrucciato, il labbro che tremava leggermente.
“Beh, prima lo strambo” disse agitando la mano verso Artemius “ora pure lei, credevo che questo fosse un Party esclusivo
“Artemius non è strambo” intervenne pacata Emmma, senza riuscire a trattenersi e l'amico le scoccò un'occhiata in cui l'emoor scorse una scintilla di gratitudine.
 “Lui almeno è Serpeverde” sbottò Pansy acida.
 La Corvonero si strinse nelle spalle noncurante, cadde il silenzio che nessuno sembrava voler interrompere.
 “Emma è amica di Draco” intervenne improvvisamente Tiger a sorpresa, con un'espressione molto concentrata che sembrava stonare sul viso. Emma non riuscì a trattenere una smorfia divertita.
 “Oh, ma per favore” sbottò Pansy a voce troppo alta “Non cercare di dimostrare di avere un cervello Vincent”
 “Ma è vero” borbottò in un soffio il ragazzo, evidentemente confuso su cosa avesse detto di sbagliato.
“Dra?” chiese Pansy, guardando il biondo con gli occhi pericolosamente lucidi e imploranti.

L'emoor vide le orecchie di Draco colorarsi di rosso. 
 Era la seconda volta che il ragazzo si trovava in una situazione sgradevole a causa di loro due ed Emma scoccò un'occhiata a Blaise, sperando intervenisse, ma il Serpeverde aveva l'aria di chi non vede l'ora di vedere che cosa sta per succedere.
 “Dra?!” chiese nuovamente la Parkinson.
 “Te l'ho già detto Pansy” soffiò il ragazzo tra i denti, mentre alcune persone della sala si giravano verso di loro “O'Shea è a posto, ed è un'invitata di mia madre”
 Emma inarcò un sopracciglio; Quella del ragazzo non era proprio una difesa a bacchetta spiegata, ma era accettabile. 
 Pansy invece prese rumorosamente fiato, indignata.
Ed Emma pensò, per la prima volta, che sarebbe stata anche una ragazza graziosa, se non fosse stato per quelle smorfie schifate e arcigne che continuava a fare e che mortificavano il pallido volto a cuore, contornato dal corto caschetto castano.
 “Draco tu sei il mio ragazzo”
 “Questo non è vero, Pansy”
Lei boccheggiò.
 “Ma mi hai invitato al Ballo del Ceppo.”
 Il rossore delle orecchie di Draco si stava rapidamente spandendo su tutto il volto e la sua espressione era tesa e chiusa.
 “Un sacco di persone sono andate al Ballo del Ceppo, Pans”
 “Ma io credevo...”
 “Pansy, abbiamo già fatto questo discorso”
 “Draco ha ragione” intervenne Blaise, ora evidentemente annoiato dalla piega presa “Ne avete già parlato. Più volte.”
 “Tra l'altro” aggiunse Daphne “Io detesto ricordartelo Pansy, ma Draco ha un contratto dalla nascita per sposare mia sorella, a meno che lui non decida di reciderlo per un partito migliore.”
 Pansy Parkinson era ormai in lacrime. Lanciò un ultimo sguardo intorno e un'occhiata di puro odio verso Emma, poi si afferrò la gonna dell'elegante vestito che indossava e scappò dalla stanza sotto lo sguardo perplesso dei presenti.
“Vado da lei” disse subito Nott, premuroso, andandole dietro.
Draco sospirò afflitto, passandosi una mano sul volto.
“Forse finalmente l'ha capita” disse Blaise all'amico “Andiamo a bere qualcosa per festeggiare”
Artemius, che fino a quel momento era rimasto immobile accanto alla Corvonero, seguì i ragazzi dopo averle soffiato un 'Sono strani questi Purosangue'. 
Emma rimase da sola con Daphne.
 “Mi spiace per Pansy” disse la Serpeverde “immagino che per te sia solo una persona piena di acidità, ma in realtà è una brava ragazza quando vuole, credimi. Il problema che lo vuole raramente”
 “Anche a me spiace per lei, credo proprio che mi odi” disse l'emoor.
 “Credo anche io” rise l'altra e ci fu un attimo di silenzio.
 “Voi...” iniziò Emma titubante “Voi Purosangue avete matrimoni combinati? Scusa se ti sembro inopportuna, è semplice curiosità”
Daphne arricciò le labbra, evidentemente divertita. 
 “Immagino la curiosità” disse guardando l'emoor negli occhi “Se ti riferisci al contratto di Draco e Astoria, non penso abbia nemmeno più una validità legale. Sono cose obsolete anche per i Purosangue, ma in modo propiziatorio alla nascita di eredi i genitori prendono accordi. Io dovrei sposare Nott, ma non credo ci sposeremmo nemmeno sotto Imperius.”
 “Oh. Quindi non sono accordi vincolanti”
Daphne sorrise sorniona e l'emoor si accorse di come riusciva ad essere elegante e bella con ogni smorfia e movimento. 
 “No, Emma, non è vincolante, ma mi piace stuzzicare Pansy. Come puoi immaginare i Parkinson pagherebbero oro per accoppiare la loro unica figlia con un Malfoy. Non sono ricchi, sono solo Purosangue, ma stai tranquilla, Draco è libero come l'aria e non è interessato né a Pansy, come avrai notato, né a mia sorella.”
 “Oh, non intendevo Draco, era semplice curiosità”
 Daphne inarcò il sopracciglio in un modo che ricordò Lilith. Probabilmente, se Emma fosse stata smistata a Serpeverde lei e la ragazza sarebbero diventate amiche e si stupì di come la scelta del cappello di metterla in Corvonero avesse influito su di lei.
 “Non credo di stare molto simpatica nemmeno a tua sorella” 
 “Sono nuovamente d'accordo con te, O'Shea” sorrise l'altra.

. . .

Poco prima di mezzanotte ci fu un breve momento dove il tono pacato delle conversazioni si alzò di volume per un veloce brindisi.
 Emma era piuttosto tranquilla e a suo agio. 
 Pansy non era più tornata nella sala e Nott aveva comunicato che era voluta tornare a casa. L'emoor si disse dispiaciuta per lei, ma silenziosamente sollevata di non averla tra i piedi.
 “Mi spiace davvero per Pansy, non volevo certo offenderla con la mia presenza” disse, osservando il volto pallido di Nott.
 “Non ti preoccupare, O'Shea” rispose lui, con tono piatto, ma sguardo vagamente sorpreso “mi scuserai però se non le porterò il tuo messaggio, vero?” 
 Emma annuì in risposta “Sì, immagino non le farebbe piacere.”
 Fu l'unico scambio della serata che ebbe con Theodore e nemmeno Tiger, Goyle, Montague, o Astoria, le rivolsero mai la parola, ma Blaise e Daphne continuarono ad essere straordinariamente gentili con lei e Artemius era un appoggio in più a farla sentire tranquilla.
Draco invece, teso, le inviava di tanto in tanto qualche breve sorriso, rimanendo però distaccato, nonostante Emma lo sorprese più di una volta lanciarle delle lunghe occhiate.
 In generale, escluso l'atteggiamento altero e fin troppo sicuro di sé, Emma dovette ammettere che i Serpeverde erano una compagnia piacevole. Non faceva fatica come aveva temuto a trovare argomenti di cui parlare, si sentiva a suo agio e sicura di sé e nel suo vestito verde, si sentiva persino bella.
 “Tutto bene?” le chiese Severus, avvicinandosi mentre lei prendeva una fetta di torta da un tavolo.
“Ciao Severus” sorrise “Tutto tranquillo”
 “Hai... fatto amicizia?” chiese l'uomo titubante.
 La guardava attento, come cercando di leggere qualche segnale di disagio, ma Emma annuì, con composta calma, addentando il dolce.
“Blaise e Daphne sono due persone interessanti, penso potremmo diventare amici e poi c'è anche Artemius”
 “Bene” disse secco il tutore, avvicinandosi di un passo “Io e Lucius dobbiamo occuparci di alcune cose, dopo la festa, faremo tardi.”
 “Devo tornare a Spinner's End da sola?”
 “No, preferirei stessi vicino a me. Narcissa sta facendo preparare una stanza per gli ospiti, se per te non è un problema”
“Oh” disse Emma “no, non lo è”
 “Bene” rispose di nuovo Piton, girando su sé stesso pronto ad allontanarsi, ma venne bloccato da una donna.

 Era magra e alta, con lunghi e folti capelli corvini che cadevano disordinati sulle spalle, bella a suo modo, anche se Emma notò qualcosa di disturbante e instabile nello sguardo scuro e nel sorriso forzato. C'era qualcosa di strano anche nei connotati del suo viso, come se li avesse trasfigurati con la magia.
 “È lei la tua protetta Piton?” chiese, la voce leggermente roca e lui annuì secco, muovendosi impercettibilmente più vicino alla pupilla e chinandosi per poterle parlare a bassa voce.
 “Emma, ti presento Bellatrix Lastrange, la sorella di Narcissa. È  qui sotto copertura, non tutti quelli del Ministero sarebbero contenti di vederla a piede libero”
 Emma a quella frase, di colpo, riconobbe i lineamenti trasfigurati: aveva visto una foto della donna sulla Gazzetta del Profeta tra quelle di alcuni evasi da Azkaban. Riconobbe nella persona davanti a lei i tratti che ricordava sulla carta di giornale, ma i capelli erano più ondulati che ricci e i tratti del viso più affilati del necessario. 
L'emoor allungò la mano con un sorriso teso, studiandola. 
 Come le due sorelle Greengrass, anche Narcissa e Bellatrix avevano pochissimo in comune.

All'affascinante eleganza, i sorrisi composti e l'etichetta usata con l'intelligenza di chi sa muoversi in società di Narcissa, Bellatrix rispondeva con una ferocia quasi magnetica, un'irriverenza calcolata e una curiosità vorace. La donna guardò la mano tesa dell'emoor, ma non la strinse.
“Sai chi sono io?” le chiese invece, fissandola negli occhi.
“Severus ci ha appena presentate: Bellatrix Lastrange” rispose piano Emma, cercando di non risultare scortese.
 L'altra rise squillante, a lungo, facendo girare alcune teste, poi si avvicinò al volto dell'emoor, ispezionandolo.
 “Non mi avevi detto che era simpatica, Severus”
 “Fin troppo” rispose lui e nonostante il tono di voce apatico e distaccato, Emma vide che era preoccupato e si chiese se anche l'altra donna l'avesse intuito.
 “Io” sussurrò Bellatrix a voce bassissima “Sono la più grande sostenitrice dell'Oscuro Signore, Emma O'Shea.” 
 Rise nuovamente, in maniera scomposta, gli occhi brillanti e pericolosi, ma la Corvonero non si fece intimidire. 
 “Allora è un doppio onore conoscerti” rispose lentamente, con distacco “anche se non sei la prima a dirmi questa frase. Barty Cruch jr era convinto di essere lui il più grande sostenitore.”
 La donna di fronte a lei sgranò gli occhi, un guizzo di divertimento a inquinarle i lineamenti stravolti. Emma la vide stringere le labbra, afferrando un bicchiere dal tavolo accanto e sorseggiando piano il contenuto, mentre la osservava assorta.
Un onore” disse, scimmiottando il suo tono con voce acuta ed Emma sentì Severus tendersi accanto a lei e rispose cauta.
 “Confermo. È un'onore conoscerti.” disse la ragazza.
 “Vuoi farmi credere che mi ammiri per quello che sono, O'Shea? Che apprezzi la mia lealtà verso il mio Signore?”

Severus fece di nuovo un leggero passo in avanti, ma Emma lo anticipò, lo sguardo verde assottigliato e velato dall'orgoglio.
  “Non ho mai conosciuto il tuo Signore, Bellatrix, ma sono piuttosto sicura di avere dei punti di disaccordo con la sua visione.” rispose netta, scrollando le spalle con sufficienza “Questo però non toglie il fatto che sia notoriamente un grande mago e se per lui tu sei una grande sostenitrice, significa che anche tu sei una grande strega”
L'emoor sentì Severus rilassarsi istantaneamente e seppe di aver risposto bene. Bellatrix rimase in silenzio per lunghi secondi, guardandola come un predatore osserva un fianco lasciato scoperto, ma infine sorrise di nuovo, famelica, voltandosi verso Piton.
 “Mi piace la ragazza.” decretò “È tagliente”
 “È sveglia” assentì Severus.
 “Da quale Ombra discendi, Emma?” chiese la donna, pressando le labbra mentre pronunciava il nome dell'emoor.
“Non lo so” rispose lei velocemente “ma da una parte spero Corvonero, è la mia Casa e... ”
 Non aveva ancora finito di parlare che avvertì una sottile pressione nella parte bassa della nuca e comprese in un secondo come Bellatrix stesse cercando di leggerle nella mente. Emma reagì chiudendola così bruscamente che la donna barcollò all'indietro.
 “Occlumanzia” sibilò stupita la Mangiamorte.
 L'emoor annuì con sfida, gli occhi che lampeggiavano rabbia.
 “Così potente alla tua età?” chiese lei leziosa. 
Era la stessa domanda che le aveva fatto Barty Crouch jr.
 “Ho un buon insegnante” rispose l'emoor e l'altra si voltò di scatto.
 “Piton, perché la tua protetta non mi fa leggere la mente?”
 “Perché” disse Emma, anticipando ancora una volta il tutore “Ci siamo appena conosciute, Bellatrix e pur essendo molto interessata a parlarti, non gradisco che mi si frughi in testa senza permesso”
La donna sgranò appena gli occhi e parve soppesare per un secondo le parole della ragazza, poi chinò il capo in segno di rispetto e tese finalmente la mano verso di lei, che la strinse.
 “Allora ci parleremo, Emma O'Shea. Presto” sibilò, allontanandosi.
 L'emoor rimase immobile a osservarla, cercando di fermare il terrore che le faceva tremare il cuore. Calò pareti immaginarie a proteggere i corridoi della sua mente e alzò lo sguardo verso Piton.
 Gli occhi neri di Severus bruciavano inaspettatamente di orgoglio che riusciva a stento trattenere.

. . .

A mezzanotte all'arpa e il violino si aggiunsero vari strumenti.
Narcissa, sembrava raggiante nel centro della sala, a braccetto con il marito, che appariva invece rigido e austero. I presenti smisero di chiacchierare, voltandosi verso la coppia, in attesa.
 “Volevamo ringraziare tutti voi per essere venuti” iniziò la donna, con un sorriso cortese e partì qualche timido applauso a cui Narcissa rispose con un leggero cenno del capo, prima che Lucius parlasse.
 “E io ringrazio mia moglie per aver organizzato, ancora una volta, con tanta maestria una festa a cui tutti teniamo.”
 Altri applausi e qualche sorriso di circostanza scorsero lungo la sala. Emma bevve un sorso dal suo calice, ascoltando attentamente.
 “Come molti di voi sanno, molto è cambiato in questo anno e speriamo che altro ancora succederà nel successivo” riprese Lucius con tono altero, lo sguardo cerimonioso e  sicuro di sé. 
 Narcissa lo guardò con affetto, stringendo appena il suo braccio e lui riprese a parlare dopo averle sorriso con insolita cura. 
 Emma non poté fare a meno di notare quanto l'uomo fosse a suo agio in mezzo alle persone e intuì la capacità politica di cui tante volte ad Hogwarts aveva sentito sussurrare.
“È probabile che ai nostri figli spetti un futuro migliore di quello che abbiamo noi in mano oggi. Ci aspettano grandi tempi” concluse l'uomo, levando il calice e ci furono esclamazioni di gioia.
Anche Emma alzò il suo, titubante. Si stavano riferendo a Voldemort?
L'emoor cercò di tenere il disagio nascosto dietro un sorriso composto, applaudì insieme agli altri. Falsamente.
 Narcissa sembrava invece felice e fece un passo in avanti con grazia.
 “Vi prego di unirvi a noi in questi ultimi balli prima di andare tutti nelle nostre case a riposare come meritate. Blaise, Daphne, Draco, Emma perché non aprite le danze?”
La Corvonero vide sussultare Lucius, probabilmente non concorde con quell'ultimo intervento della moglie, ma i presenti applaudirono e Blaise, perfettamente a suo agio, si fece avanti, prendendo per mano Daphne e raggiungendo il centro della pista con disinvoltura.
Draco si vide costretto a tendere la mano verso Emma e l'emoor si accorse di quanto fosse agitato e si affrettò a raggiungerlo. Si misero al centro della sala, ma fortunatamente, dopo pochi istanti, molte altre coppie si aggiunsero e la pista fu velocemente piena di persone.
Danzarono.  Draco era molto bravo, dimostrandosi in pochi attimi un ballerino migliore persino di Gabriel Tullier. Emma dovette affidarsi a lui, cercando di dare il meglio di sé e di non pestargli i piedi.
“Hai preso lezioni?” chiese per scacciare l'imbarazzo e lui annuì in risposta, stringendola appena più forte, la sua mano che le sfiorava la sua schiena nuda, facendola avvampare. 
 “Sei molto bravo” soffiò lei, lasciandosi guidare.
 “Alcune delle capacità che deve avere un Purosangue”
 “Non è affatto male” sorrise lei “che altro sai fare?”
 “Molte cose, quasi tutte inutili” soffiò Draco, facendola volteggiare “Mi spiace mia madre ti abbia costretto in questo ballo, so che non ti piace stare al centro dell'attenzione, Mezzosangue.”
“Oh” sussurrò Emma, sorvolando su quell'appellativo che sembrava un insulto senza motivo “in realtà sono contenta di ballare con te.”
 Le guance del ragazzo divennero inaspettatamente rosate. 
 “Ti sei divertita stasera?” chiese, con garbo e distacco.
 “Molto.” annuì lei “Anche se non credo di stare simpatica a tutti”
Malfoy fece una leggera smorfia di disappunto.
 “Ma...” riprese l'emoor che non voleva guastargli l'umore “credo di stare simpatica a Daphne e Blaise e loro piacciono a me”
 Il ragazzo annuì, stendendo un ghigno leggero. 
 “Non stare troppo con Blaise solo perché è simpatico”
Emma sbatté solo una volta le ciglia. 
 “E perché? Non sarai mica geloso, Malfoy”
Lui tese la mandibola, assottigliando lo sguardo chiaro.  
 “Potrebbe essere” disse e la ragazza trattenne a stento una risata.

Per un po' ballarono senza parlare. Emma ridacchiando tra sé, Draco con un leggero sorriso. Scivolarono agili tra gli invitati, andando a perfetto tempo di musica grazie a Malfoy. Blaise e Daphne, dopo aver dato spettacolo con la loro bravura, abbandonarono la pista con la fine della canzone. Loro rimasero lì.
“Stai bene stasera” disse l'emoor per rompere il silenzio, ed era vero.  
 Draco era elegante e molto bello, almeno per lei e non era solo l'abito di ottima fattura e la camicia chiara che faceva risaltare il colore degli occhi, ma era soprattutto la disinvoltura con cui si muoveva nello spazio ad aumentarne il fascino.
 Era evidente che fosse abituato a quel tipo di ambiente e a quel tipo di feste e vi si muoveva all'interno con grazia e sicurezza. 
 Emma alzò lo sguardo verso di lui con un sorriso e incrociò il suo. Occhi grigi e dannatamente belli. Lo vide sussultare leggermente, ma senza scostarsi e anche lei si strinse un poco più a lui.
“Posso essere sincero fintanto che siamo al centro di una pista lontano da orecchie indiscrete?” chiese Draco in un sussurro.
 “Devi” rispose l'emoor e il ragazzo parve cercare delle parole adeguate, sfoggiando un'espressione dura e fredda.
 “Avrei voluto ballare con te al Ballo del Ceppo.”
 Emma si sentì formicolare lungo tutto il corpo e lo guardò stupita, mentre il suo cuore aumentava distintamente il ritmo. 
 Per quanto cercasse di darsi un contegno sapeva che se Malfoy non l'avesse sorretta con presa ferma nella loro danza, probabilmente, si sarebbe semplicemente bloccata in mezzo alla pista.
 “E perché non mi hai invitata?” chiese perplessa.
“Sono un'idiota, lo so” ghignò lui, facendole fare un leggero volteggio “Ma tu eri sempre circondata da tutti quei...”
L'emoor gli tirò un pugno leggero sul petto, offesa, ma subito aggrottò le sopracciglia colta da un'illuminazione e alzò la testa di scatto per guardarlo in volto.
 “Avevi pensato di invitarmi quando mi hai accompagnato in biblioteca quel giorno?” domandò.
Il Serpeverde strinse appena gli occhi e inclinò il capo, curioso.
“Ti ricordi di quel giorno?”
 “Era la prima volta che mi parlavi”
 “Vero” concesse Malfoy, facendola girare di nuovo su sé stessa “Mi ha frenato proprio quello, l'idea che tu potessi rifiutare, dato che era la prima volta che ci parlavamo”
 “E un Malfoy non può ricevere un rifiuto” chiosò Emma
 “Esatto” ghignò lui, stringendola delicatamente in vita “ma devo ammettere che mi sono pentito quasi subito e quando ti ho visto quella sera con il francese mi sono dato dell'idiota tutto il tempo”
 “Hai invitato Pansy però, non ti sei comunque divertito?” chiese la ragazza con leggerezza, fingendo disinteresse.
Mio padre ha invitato Pansy” specificò lui, sarcastico “io invece ho litigato con Pansy, ho faticato per scrollarmela di dosso e infine l'ho lasciata a Theo e ti ho seguito per poterti parlare. Ti fissavo da quella statua da interi minuti, immaginando di rivelarmi e di essere romantico, ma non ci sono riuscito”
 Emma si sentì arrossire e sorrise con dolcezza.
 “In effetti, se la tua intenzione era quella, sei stato terribile” soffiò divertita “quella sera mi hai fatto anche piangere, lo sai? Mi ha salvato George Weasley.”
 “Weasley?” chiese lui accigliato.
“Weasley. Mi ha trovato da sola in un corridoio e mi ha fatto ballare per tirarmi su il morale”
 “Patetico” sbottò il biondo e la ragazza inarcò un sopracciglio.
 “Romantico vorrai dire.” ribatté sicura.
 “L'hai trovato romantico?” chiese il Serpeverde, facendole fare un'altra piroetta e sembrava sinceramente confuso.
 L'emoor si strinse nelle spalle “Beh sì” ammise, sorridendo appena nel vedere la fronte corrucciata dell'altro.
 Era evidente che a Malfoy non andasse poi tanto a genio che George l'avesse consolata e la cosa la divertiva moltissimo. Così come era lampante che il ragazzo stesse cercando in tutto i modi di sembrare poco interessato alla questione, ma tutto nel suo atteggiamento lo tradiva.
 “Posso provare ad essere romantico io?” chiese incerto.
“Meglio tardi che mai, Malfoy” sorrise Emma.
Il ragazzo la fece danzare con velocità, guidandola sicuro. Si muovevano con precisione, senza rendersi conto delle reazioni di chi li guardava, i loro volti vicini e un sorriso che increspava le labbra di entrambi. Quando Malfoy rallentò e la musica si finì, Emma fece per allontanarsi, ma lui la trattenne, chiedendole un altro ballo. 
L'emoor fece un sospiro leggero e accettò, riavvicinandosi a lui e sussultando appena al contatto con la sua mano sulla schiena.
 “Draco, perché io?” chiese in un sussurro e lui sgranò gli occhi.
 “Davvero non lo sai?”
“Non è che ti interesso solo per il mio essere emoor, vero?” domandò lei in fretta e una fitta di paura le pungolò lo sterno, perché sapeva che non avrebbe retto a quella delusione.
 Draco scosse il capo, il suo zigomo sfiorava la guancia di lei.
 “Non me ne frega nulla del tuo essere emoor, O'Shea”
 “E allora perché volevi invit...”
“Perché sei interessante” ammise il ragazzo, con un tono vagamente esasperato “Sei interessante e intelligente. Sei potente, equilibrata, curiosa e bella, certamente. Tutte qualità che apprezzo. Nella cultura Purosangue oggi giorno si pensa che le donne debbano solo essere obbedienti, ma un tempo se ne riconosceva il valore. Mia madre non è obbediente, lei e mio padre sono il braccio destro e sinistro di un'unica famiglia. Guarda che serata ha organizzato da sola, è potente. È in serate come queste, O'Shea, che si decide il futuro del mondo magico, tienilo a mente. Pansy, invece, così come altre Purosangue che conosco, seguono l'ideale sbagliato, pensando di essere solo delle miti mogli ricche e annoiate, non smuovono niente in me. Non mi interessano. Non voglio collaborare con loro per un compito in classe, figurati se ne posso essere affascinato, ma tu sei diversa. Sei testarda e particolare e maledettamente brava. Non ti lasci frenare da nulla, nemmeno dai pregiudizi e...”
 Emma alzò gli occhi di scatto per fissare il biondo, colpita da quelle parole tanto a fondo come non lo avrebbe mai ammesso. 
 Si sentì scoperta e fragile tra le sue braccia e Draco parve capirlo, perché addolcì il suo sguardo, ma svelò un ghigno furbo che gli tagliò in due il volto magro e chiaro.
“Avresti accettato?” chiese all'improvviso.
 “Che cosa?” domandò Emma, soffice. 
 “Di venire al Ballo del Ceppo con me, intendo”
L'emoor annuì subito, stupendosi di vedere il volto di lui illuminarsi.
“Se devo essere totalmente sincero, Emma” sussurrò il ragazzo, accanto al suo orecchio, l'aria ancora compiaciuta “devo scoprire le carte e dirti che sei davvero bellissima. Lo eri quella sera ad Hogwarts, lo sei stasera con questo vestito, ma in realtà sempre.”
L'emoor trattenne il respiro per un lungo momento, cercando di mantenere la calma. Era semplicemente troppo da metabolizzare, ma si costrinse a non scostare gli occhi da quelli del ragazzo, nemmeno per un secondo, con sfida e orgoglio.
 “Lo pensi davvero?” chiese, il volto in fiamme.
 Lui annuì, decisamente compiaciuto e la guardava con sfacciata attenzione, come se volesse godere di ogni singola sfumatura sul suo volto e di ogni più piccola reazione.
“Sì, lo penso.” ammise, stranamente tranquillo “E sono felice che tu sia venuta qui, anche se per te è un covo di serpi”
 “Mi tocca ripetermi, alcune serpi mi piacciono” disse lei piano.
 “A me piaci tu” rispose lui in un soffio, tanto a voce bassa, che Emma non fu sicura che lui l'avesse detto davvero.
 Draco le sorrise, visibilmente teso ed emozionato, anche se forse non era così visibile per altri che non fossero lei e fece scendere le mani sulla vita di Emma, mentre la musica diventava più lenta. 
L'emoor gli circondò il collo in una stretta leggera e si appoggiò al suo petto. Non sussultò questa volta alla carezza di Draco, era a suo agio, senza nemmeno più il timore di sbagliare passo.
 Per una volta non si chiese cosa sarebbe successo dopo, o come avrebbero potuto gestire l'evidente attrazione che c'era tra loro, o cosa avrebbero pensato altri. 
Per una volta l'emoor si lasciò andare, vivendo la sua adolescenza e godendo delle scoperte che aveva fatto e stretta al Serpeverde ascoltò il suo cuore. Rimasero così a lungo, a dondolare un lento in mezzo alla pista, felici, forse innamorati, senza proferire parola.
Indifferenti agli occhi dei presenti puntati su di loro.

Narcissa Black faticava a trattenere il sorriso, mentre, terribilmente seria, sua sorella Bellatrix guardava la coppia di ragazzi con curiosità. Severus Piton invece, pur mantenendo un'espressione neutra invidiabile, si malediceva ancora per aver messo quei due in coppia a Pozioni, rendendosi conto che era ormai troppo tardi.
 Blaise e Daphne si scambiarono un gesto di vittoria, mentre Lucius Mafoy dovette trattenere la rabbia mista stupore alla vista dell'unico amato figlio ballare con l'emoor.
 “Alla fine” disse il signor Greengrass con un leggero sorriso “per un soffio è stato davvero come se avessimo dato una figlia al Casato Malfoy, come i nostri annosi accordi” 
 Era un signore distinto ed elegante e parlava senza astio.
 “Preferirei di gran lunga che Draco stesse ballando con Astoria in questo momento.” sibilò invece Lucius e il signor Greengrass si strinse nelle spalle, con indifferenza. 
 “Tutti i genitori vorrebbero il meglio per i propri figli, ma poi loro fanno comunque quello che vogliono.”
 “Non sarai troppo permissivo con le tue figlie?” sbottò il biondo, la mano stretta sul calice.
Erano vecchi amici con pochi ricordi da condividere e troppi anni a separarli. Greengrass amava stare ai bordi e Malfoy al centro.
“Permissivo?” chiese divertito il mago “Dipende da cosa intendi, Lucius. Astoria è docile e altera come la madre, ma Daphne fa tutto di testa sua. Naturalmente però sa quali sono i limiti e le regole.”
 “Astoria sarebbe una perfetta moglie per un Purosangue. È bella e straordinariamente posata” disse secco Lucius e l'uomo accanto a lui  si strinse nuovamente nelle spalle, come se gli importasse poco. 
 “Dipende dal Purosangue. Non capisco perché te la prendi, per quel che ne sai la ragazza potrebbe essere erede di Serpeverde.” 
 “Dubito fortemente lo sia” sibilò il biondo.
 “Anche non lo fosse, Piton è riuscito ad adottarla, battendo me e mia moglie per un soffio. Il Signor Oscuro si fida di Piton, no?”
 Malfoy fece una smorfia infastidita e bevve un sorso di liquore.
“È comunque un'emoor Geoffry” disse con sprezzo evidente “una sanguesporco vestita d'argento.”
 “Sei davvero melodrammatico Lucius” rise l'altro “Se vuoi un consiglio, affidati a quello che ti dice Lui”
“Non ho mai capito perché tu non ti sei mai unito a noi. Anche perché parli sempre con molto rispetto del mio Signore” disse curioso il mago, voltandosi verso il vecchio amico.
 “Sono codardo” rispose l'uomo, pacato “Temo i cambi di potere e l'imprevedibilità. Non serve comunque avere il marchio per concordare con le idee del tuo Signore. Sai bene che la mia famiglia vi supporterà al bisogno.” disse e Malfoy annuì di rimando
“Bene.” sputò secco.
 “Quindi è tornato Lucius?" chiese Greengrass.
 Il biondo non rispose, ma sfoggiò un sorriso soddisfatto che valeva più di mille parole. I due uomini rimasero in silenzio a guardare i due ragazzi felici dondolare sul posto a tempo di musica.




*Angolo Autrice*


Ciao Lettori! 
Che capitolo eh! Lungo, ma non potevo tagliarlo a metà perché è un capitolo in cui Emma finalmente, dopo lo spavento dell'attacco a Arthur, dopo la morte dei genitori, le pressioni e l'assenza di risposte costante può permettersi di essere euforica. 

Due ovviamente gli eventi principali: L'adozione da parte di Severus ( ma la tenerezza ) e il ballo dai Malfoy. 
Entrambi portano Emma in una "Famiglia serpeverde" e da qui il titolo del capitolo. 

Io mi diverto sempre molto a scrivere dell'Ordine facendo parlare un po' tutte le teste all'interno, spero di riuscire a rendere l'idea del clima caldo e confusionario che immagino a Grimmauld Place. A parte Severus e i suoi incredibili passi avanti e la tua tenerezza dietro la scorza dura, un po' di cuoricino per me va a Lupin, magnifico nel gestire le parti (ma anche a quello spaccone di Sirius-cane-Black). 

Quanto al ballo, insomma, che Blaise fosse un serpeverde atipico l'avevamo intuito, ma è bello vedere che non sia l'unico. 
Anche Daphne spunterà qua e là nella storia d'ora in poi (non spesso, ma spunterà), fa parte di quei personaggi poco citati che per questo mi hanno sempre incuriosito.  Quanto a Draco sappiamo che quando si muove fuori da Hogwarts il suo atteggiamento cambia, sappiamo che esiste una forte attrazione tra lui ed Emma, sappiamo quanto i pregiudizi della società magica pesino sui due, ma ho voluto dare loro un momento sincero ora che possono permetterselo. Qualcosa che dasse loro un motivo per combattere. 

Anche se qua e là ci sono elementi che ci ricordano quanto l'oscurità incombe, uno su tutti il dialogo fondamentale con Bellatrix, ma anche la discussione finale tra Lucius e il signor Greengrass, mi piaceva dare l'idea di speranza e leggerezza attraverso gli occhi dell'emoor, lo sappiamo che l'oscurità è dietro l'angolo, ma è giusto che la ragazza non debba sempre pensare alla connessione con Potter e al suo ruolo.

Piccolo appunto: c'è imprecisione rispetto al libro, Bellatrix infatti evade qualche mese dopo in realtà, ma ho pensato fosse importante farla incontrare ad Emma prima, perché utile alla storia e ai ragionamenti che la ragazza, essendo l'ago della bilancia, è costretta a fare. 

Fatemi sapere che ne pensate :)

vi

Ritorna all'indice


Capitolo 26
*** Confessioni ***


.Confessioni.


Spinner's End riaccolse l'emoor con il tiepido calore che la ragazza amava e che dopo l'elegante e freddo Manor, sapeva ancor più di casa. Era quello di cui aveva bisogno. Furono solo pochi giorni prima della fine delle vacanze di Natale, ma alla Corvonero parvero preziosissimi. Lo scorrere delle giornate, con Piton e il piccolo Glimpsy tra quelle pareti, in quel posto che poteva ora chiamare 'casa' era ciò che di più simile ad una famiglia potesse desiderare ed Emma si crogiolò in quella sensazione di pace, passando il tempo tra la sua stanza, le poltrone davanti al camino o il divano consunto, così come sulle colline semi ghiacciate, senza tentare di nascondere una compiaciuta soddisfazione. 
La routine con Piton infatti, fatta di silenzi, letture e pozioni distillate insieme davanti al caminetto, la faceva sentire al sicuro e la ragazza ci affondò con dolcezza, arresa al fatto che lì potesse tranquillamente concedersi di abbassare le difese e che tra quelle pareti che sapevano di cenere e spezie essere degli elementi grigi senza parte, l'ago della bilancia, andava bene.
 Furono giornate di letture sfrenate e appunti, di calma e di pace, dove l'emoor approfittò della notevole collezioni di volumi del tutore per fare ricerca sulle Ombre e per placare la sua curiosità, leggendo tutto ciò che trovava su quello che non conosceva, sul passato ingombrante della prima guerra, sulla magia oscura e l'alchimia, annegando negli appunti dell'uomo nei vecchi tomi. 
Piton stesso sembrava stranamente pacato con lei, come se stessero insieme valutando nuovi confini ed Emma gli lasciò i suoi spazi, senza forzare il loro modo abituale di stare insieme, accettando le risposte taglienti e il sarcasmo dell'uomo quasi con affetto.
 Nell'aria c'era la sottile sensazione che presto tutto sarebbe crollato, che quella flebile felicità che stavano vivendo fosse troppo preziosa e ne godevano entrambi pienamente in ogni attimo. Cercando di ignorare le notizie sempre più oscure che sfioravano quelle pareti e le occhiaie sempre più marcate sul volto di Piton.
Severus era in effetti spesso assente, a causa di impegni dati dall'Ordine o dai Mangiamorte. Tornava a notte fonda prosciugato di ogni forza e si alzava all'alba con la fretta di agire. Verso la fine delle vacanze Emma passava così tante ore da sola, che Piton si sentì più sicuro a portarla a Grimmauld Place. 
L'emoor accettò senza proteste, sia perché non le dispiaceva stare a al quartier generale, sia perché sapeva quanto peso gravasse sulle spalle del tutore e si rendeva conto di quanto, nonostante Severus si fosse sforzato di essere gentile e morbido con lei e di nascondere i suoi tormenti, l'uomo fosse schiacciato dalle responsabilità
 Era evidente che a unirli non fosse solo l'adozione, che sanciva ufficialmente il loro rapporto agli occhi del mondo magico, ma che qualcosa fosse cambiato tra loro dopo il Capodanno al Manor.
Perché Severus era rimasto profondamente colpito dalla capacità che Emma aveva mostrato nel gestire la situazione e per la prima volta in molti anni, qualcosa di simile a una scintilla di fiducia si era accesa in lui, rendendolo meno chiuso e schivo, almeno con lei.

“Mi spiace abbandonarti per questi ultimi giorni” disse secco. 
Erano in piedi al centro del salotto, pronti a smaterializzarsi nella piazza di fronte a Grimmauld Place e Glimpsy stava in mezzo a loro, singhiozzando il suo dispiacere per quel saluto.
“Non c'è problema, Sev” rispose tranquilla l'emoor, scrollando le spalle “Sarò con gli altri, tanto. Non ti preoccupare, starò bene”
“Starai bene sì” borbottò lui, corrucciato “Devo passare anche al Ministero per le ultime scartoffie”
 “Non avrai ripensamenti?” lo stuzzicò lei, mentre si allungava ad abbracciare Glimpsy per salutarlo.
 L'elfo mugolò la sua tristezza mentre la stringeva, sotto lo sguardo esasperato di Severus, allergico a quelle esternazioni.
 “Nessun ripensamento”
La ragazza non lo aveva mai visto così rilassato nel parlare e gli sorrise, mentre si chinava a prendere in braccio Wolland.
 “Allora andiamo” disse allegra e l'uomo le porse il braccio.

*

“Dimmi solo che non hai ballato con Malfoy” disse George, scrutandola con sguardo attento. Si avvicinò alla Corvonero con un largo sorriso e la abbracciò con forza, facendola ridacchiare.
 “Oh sciocco di un ragazzo” ammonì Molly il figlio.
 “Giuralo Emma!” ribadì George, fintamente melodrammatico e l'emoor rise più forte e si strinse nelle spalle, senza dare una vera risposta così che il gemello le fece un occhiolino.
 Erano a Grimmauld Place, nella Sala principale dove avevano festeggiato il Natale tutti insieme. Piton si era volatizzato subito dopo il suo arrivo, facendo ondeggiare il mantello nero sulle spalle e lasciando Emma alle cure di quella grande famiglia che era l'Ordine e nemmeno venti secondi dopo che il tutore era uscito dalle porte, tutti i presenti avevano cominciato a farle domande su come fosse andata al Manor. Nella stanza c'era Molly, intenta a fare pulizie, Lupin e Sirius seduti sul divano malconcio al centro della stanza, George e Bill, interrotti nel bel mezzo di una partita a scacchi.
“Severus mi ha detto che sei stata perfetta" le disse Lupin con un sorriso, andandole incontro per abbracciarla a sua volta e Sirius, ancora seduto mollemente sul divano, le fece un ghigno furbo.
 “Ho fatto del mio meglio” rispose l'emoor, contenta.
 “Hai davvero fatto barcollare Bellatrix Lestrange?” chiese Bill Weasley e sembrava raggiante.
 “Confermo. Cercava di leggermi nella testa” sorrise Emma.
 Lupin rise a quell'affermazione sincera, tornando a sedersi e Sirius con lui, mentre George le lanciava uno sguardo ammirato.
 “Ben le sta a quella... “ sputò Black fuori dai denti.
 “Sirius” lo rimbeccò Remus, immaginando l'insulto che l'uomo avrebbe usato e si scambiarono uno sguardo divertito, mentre il mannaro posava una mano sul ginocchio dell'altro per calmarlo.
Emma li osservò affascinata, intuendo l'affetto che li legava in quei gesti così istintivi e consolidati attraverso anni di giovinezza sfrenati e un'assenza adulta e amara. Si chiese se da fuori anche lei e Draco e lei i suoi amici, sembrassero così affini come i due Malandrini.
 “Non riesco proprio a capire come mai non sei finita in Grifondoro” interruppe Sirius i suoi pensieri, gli occhi grigi tranquilli, la mano di Remus ancora sul suo ginocchio. 
 La ragazza sorrise meccanicamente in risposta, immaginando come al solito che quell'affermazione per lui fosse un complimento.
 “Emma è finita in Corvonero perché lei più Ginny ed Hermione nella stessa Casa avrebbero fatto morire giovani me e Fred” spiegò George, beccandosi un leggero pugno sul braccio dall'amica.
 “Proprio così fratellino” confermò la voce di Fred.
 L'emoor si voltò di scatto, osservando il secondo gemello mentre entrava nella stanza, seguito da Ginny, con un largo sorriso, identico a quello di George, stampato sul volto. La rossa si fiondò verso Emma, scoccandole un'occhiata furba e splendente e la abbracciò.
Severus deve essere stato molto fiero di te.” intervenne Lupin “lui è un Legilimens naturale e un eccezionale Occlumante, ma il tuo livello di difesa, visto anche la tua giovane età è impressionante.”
 “Era abbastanza soddisfatto, sì” mormorò la ragazza, sentendosi arrossire, mentre ancora Ginny la stringeva.
 “Avanti, Piton fiero di qualcuno? Non ci crede nessuno.” rise Fred.
 “Ben detto fratello” rimarcò George “Anche se a quanto pare Emma riesce ammaliare tutti i Serpeverde”
 “Ah, l'ho sentito dire” disse l'altro “Soprattutto quelli biondi, pare”
 “Smettetela” soffiò Emma, arrossendo ancor di più.
 Bill rise apertamente, mentre riponeva gli scacchi su una mensola e anche Molly si fece sfuggire un piccolo sorriso.
  “Da quando voi gemelli siete così gelosi di qualcuno?” chiese il più grande dei Weasley.
 “Le attenzioni di Emma non sono mai abbastanza” dichiarò George, divertito, sfoggiando la sua solita espressione sorniona.
 “Merlino fratello sei svenevole” ribatté il gemello.
Ginny a quell'affermazione roteò lo sguardo al soffitto esasperata. 
“Freddie devo forse ricordarti il nome di Lilith Bitterblue?”
Il ragazzo arrossì tanto che le lentiggini sparirono nel colore vivido.
 “E tu come fai a sapere?” balbettò arrabbiato.
“Buoni”, “Calma” dissero subito Emma e George, sotto lo sguardo estremamente divertito degli adulti.
 “Non c'e nulla di male ad essere innamorati” disse Lupin con il suo tono gentile, ridacchiando sotto i baffi e l'espressione del viso era malinconica e brillante, come se vedesse in quel gruppo di ragazzi un sé stesso più giovane e anche lo sguardo grigio di Sirius si muoveva svelto su di loro, carico di affetto.
 “Remus ha ragione” intervenne Molly “è bello essere innamorati”
 “Beh, dipende se lo si è di un biondo Serpeverde” 
Si voltarono tutti di scatto a quella frase.
 Harry sulla soglia della stanza, le braccia incrociate sul petto e il l'espressione gentile sul volto magro. Hermione e Ron lo seguivano a ruota, l'una visibilmente allegra e l'altro leggermente teso e imbronciato. Emma notò con sollievo che il tono del bambino che era sopravvissuto non era velato dall'accusa come si era immaginato, ma, piuttosto, sembrava divertito dalla situazione e le fece un sorriso sincero, andandole incontro per salutarla.
“Allora Emma...” disse il Grifondoro “Sei diventata ufficialmente una spia dell'Ordine?”
 Lei scosse appena il capo e si sedette di fianco a George, mettendosi a raccontare per sommi capi la sua esperienza al Manor. 
 Cercò di essere il più precisa possibile, distaccata e impersonale, glissando sui dettagli quanto bastava, per nascondere ciò che voleva tenersi per sé ancora per un poco e rispondendo gentile a tutte a tutte le numerose domande dei presenti.
Non si fece sfuggire che gli occhi nocciola di Ginny non la lasciarono andare un solo momento e sapeva bene che la Grifondoro alla prima occasione l'avrebbe subissata di domande per estrapolare ogni singolo dettaglio di come fosse andata davvero, e l'emoor sapeva di avere più di quanto la rossa si aspettasse da raccontare.

*

Emma attraversò di corsa l'ingresso, spintonando alcuni studenti più grandi per raggiungere i due amici in fondo la corridoio.
“Lilith, James!” gridò a perdifiato.
 “Emma!” trillò la biondina, felice “oddio ero così spaventata.” 
Si abbracciarono forte, come per assicurarsi di essere intere e scoppiarono a ridere quando James si aggiunse alla stretta.
“Scusate se sono sparita così prima delle vacanze” mormorò l'emoor “ma è stato necessario, la Umbridge era su tutte le furie sapendo che Silente ci aveva allontanato senza il suo permesso.”
“Immaginiamo” rispose il ragazzo “il signor Weasley?”
“Sta bene” sorrise Emma “si sta riprendendo, ci vorrà un po', ma nulla di troppo grave.” 
 “Ero così dispiaciuta per Ginny e i suoi fratelli!” soffiò l'amica “e anche per non aver subito capito quanto fosse grave la situazione. Emma mi dispiace davvero”
“Nemmeno io avevo capito bene cosa fosse successo” rispose l'emoor, tranquillizzandola “Non ti dispiacere per nulla”
“Quindi tu e Potter siete di nuovo connessi?” domandò James con affanno, evidentemente ansioso di sapere ogni cosa “Come durante il torneo? Che cosa è successo? Come è entrato nel tuo incubo?” 
Lilith trattenne bruscamente il fiato, arrossendo vistosamente.
“Scusa Emma” esalò “Lo so che Silente mi aveva chiesto di non farne parola con nessuno, ma James è James, no?”
 “Esatto.” disse lei, annuendo “James è James, ma dobbiamo essere  cauti d'ora in poi.”
 Lilith annuì e l'altra le mise una mano sulla spalla, con un sorriso. Camminavano vicini lungo i corridoi, parlottando a bassa voce. Emma non si era resa conto di quanto i due Corvonero le fossero mancati, ma ora che avvertiva l'agitazione scomposta ed energica di Lilith e la calma placida di James, sentì i suoi muscoli distendersi.  
 “Non è come al torneo” spiegò all'amico, cercando le parole adatte per raccontare quel che era successo “Era qualcosa di diverso. C'era anche Voldemort nella visione. Io non me ne sono accorta, ma Harry sì, nonostante non si fosse accorto di me.”
 “E Voldemort si è accorto di entrambi?” chiese James, perplesso.
L'emoor scrollò le spalle, vagamente assorta. Non aveva risposte. 
James, capendo la sua stanchezza, le mise una mano sulla spalla e come se avessero scelto insieme una strategia Lilith prese a parlare allegra delle sue vacanze. L'ambiente intorno a loro si distese ed Emma provò una morbida gratitudine nei confronti dei due amici.
 Chiacchierarono di ogni cosa venne loro in mente, risero apertamente, complici e si riappropriarono della loro sintonia. Emma si sentiva talmente in pace e felice di essere di nuovo ad Hogwarts con loro che avrebbe scritto di buon grado i numerosi  rotoli di pergamena che sapeva sarebbero stati dati dagli insegnanti nei giorni a seguire.
 “Sono stata anche a una festa per Capodanno.” disse quando fu il suo turno di raccontare le vacanze passate.
 “Che genere di festa?” domandò James.
 “Una festa Serpeverde e ho incontrato dei personaggi interessanti”
Gli occhi di Lilith si illuminarono di curiosità, saettando sul volto di Emma. L'emoor la vide trasalire e quasi trattenere il fiato.
 “Sei stata a Malfoy Manor. Vero?” chiese la biondina, sforzandosi di tenere basso il tono di voce, nonostante la Sala Comune, che avevano appena raggiunto, fosse praticamente vuota.
Emma annuì in risposta, cercando di non arrossire.
“Dovresti dire allora La Festa Serpeverde. Da che so è un evento molto prestigioso” soffiò Lilith, sgranando gli occhi.
 “Ti ha invitato Draco?” chiese James con nonchalance, decisamente più composto dell'amica.
 “Sono stata invitata da Narcissa. In quanto... oh” esclamò l'emoor sorpresa “in effetti non sapete una cosa piuttosto importante! Il Ministero ha cercato di farmi adottare dai Greengrass”
 Entrambi i Corvonero sbiancarono di colpo, guardandola sinceramente preoccupati.
 “E cosa glielo ha impedito?” chiese James.
“Severus” disse Emma con semplicità e ci fu un momento di silenzio.
 “Il pipistrello?” chiese la biondina con una mezza smorfia.
 L'emoor stese un sorriso da lupo, che probabilmente la faceva assomigliare curiosamente a Sirius Black.
 “Il pipistrello.” confermò.
“E come l'ha impedito?” chiese James, ora vagamente divertito.
“Voci di corridoio dicono che abbia minacciato il Ministro con una bacchetta” rispose Emma, godendosi le facce sbigottite degli amici “Ma molto più semplicemente, mi ha adottata.”
I due Corvonero fecero entrambi una buffa smorfia tra il 
pensieroso e lo stupito, che non riusciva a nascondere il loro sconcerto.
 “Beh” disse Lilith, facendo spallucce “meglio il pipistrello che una famiglia di Serpeverde sconosciuta”
 “Sapevo che lo avresti detto. Anche se Severus è di Serpeverde, Lils” sorrise l'emoor, mentre qualcosa di caldo nella tasca della felpa attirava la sua attenzione.
 Ci affondò la mano. Era la moneta dell'ES, che segnava sul suo dorso il giorno e l'ora del primo incontro.
 “È così bello che ci rivedremo tutti, no?” disse Luna a sorpresa, avvicinandosi al trio con la sua aria svagata.
“Molto bello” assentì Emma.

*

Grimmauld place. Il tavolo della cucina era stranamente vuoto ad esclusione di Emma, Harry, che come l'emoor beveva del latte caldo, ed era sceso a colazione stranamente prima di Ron ed Hermione e di Lupin che leggeva il giornale.
 “Non sopporto l'idea che da domani dovremo rivedere la Umbridge” borbottò la ragazza, stropicciandosi gli occhi.
 “Sarà furiosa con noi” sospirò Harry di rimando.
Emma fece una smorfia scettica ed esasperata allo stesso tempo.
“La Umbridge è sempre furiosa con noi, Harry”
 “Andrete avanti con L'ES?” chiese Lupin.
Potter annuì in risposta con un mezzo sorriso soddisfatto.
 “Credo di sì, pensavo di far provare loro il Patronus”
 “Molto bene Harry, davvero molto bene” sorrise l'uomo con approvazione “tu hai mai fatto un Patronus, Emma?”
Lei scosse la testa e incassò leggermente le spalle, imbarazzata. 
 “Credo di non esserci molto portata”
 “Non fare come Hermione, sei la migliore dell'ES” protestò Harry “Impara gli incantesimi subito, sa farli anche non verbali” aggiunse rivolto a Lupin.
 Emma si sentì arrossire mentre Remus si faceva sfuggire uno sguardo ammirato.
 “Allora non avrai problemi” disse il mannaro “Metterci un po' è normale, non ti buttare giù. Si tratta comunque di una magia molto complessa. Anche Harry che è molto dotato ha dovuto provare qualche volta”
 L'emoor serrò le labbra, incerta se essere sincera, ma alla fine alzò lo sguardo limpido sui due, decisa ad aprirsi totalmente.
 “Credo di avere un problema con tutti gli incantesimi per cui serve essere felice” sussurrò abbattuta, scostando lo sguardo da loro “Non ho mai provato con un Molliccio, ma penso che sarebbe un disastro anche quello”  
 Era un pensiero che ultimamente la tormentava, quando cercava di scacciare la mattina gli incubi che l'assillavano durante la notte senza mai riuscirci completamente, con quella sensazione terribile che le serrava la gola.
 Emma a volte si sentiva infetta per questo, spezzata, come se la magia nera di qualcun altro le stesse colando nelle vene contro la sua volontà.
 “Oh” fece semplicemente Lupin, inarcando le sopracciglia.
 “Potresti insegnarle tu, no?” intervenne Harry “Per me è stato molto utile” 
Lupin parve pensarci per qualche istante, poi annuì.
 “Certo. Che ne dici, Emma. Perché non ci spostiamo da un altra parte?”

*

“Oggi proveremo a fare un Patronus”
 Harry sorrise al gruppo raggiante, sembrava molto sicuro di sé.
 Era la prima volta che l'ES si riuniva dopo le vacanze di Natale e tutti i membri erano in fibrillazione per quella lezione, raggruppati tra le pareti magicamente estese della Stanza delle Necessità. 
 L'emoor lanciò un'occhiata alle facce amiche sparse tutto intorno con un moto di affetto: voleva bene a quelle persone, persino il volto arcigno di Zacharias Smith le era mancato.
 “Il Patronus è un incantesimo molto complicato, si basa sulla nostra capacità di visualizzare qualcosa di felice e serve prevalentemente per allontanare i Dissennatori, ma si può usare anche per altri scopi come inviare messaggi, o identificare una persona” spiegò il Grifondoro, spingendosi gli occhialini tondi sopra il naso e lanciando uno sguardo alle facce attente degli altri studenti.
 “Identificare una persona?” chiese Dean Thomas perplesso. 
 “Esatto” rispose Potter “Hermione vuoi spiegare?”
 “I Patronus assumono una forma diversa per ognuno” disse la ragazza con un sorriso “è una cosa che non si può controllare, o modificare, anche se io prendessi della pozione Polisucco per fingermi qualcun altro, il mio Patronus mi sbugiarderebbe”
 “Ci sono dei casi in cui però può cambiare no?” domandò Fred, distraendosi dalla sua adorante analisi del volto di Lilith.
 Harry annuì di nuovo con un sorrisetto, mentre Hermione riprendeva bruscamente fiato per rispondere al suo posto.
 “Sì, può cambiare” disse spiccia “Ma deve esserci una forte motivazione, o uno shock. Succede quando si è in lutto per qualcuno, quando ci si innamora, o si cambia drasticamente vita.”
 Cho Chang alzò timidamente la mano, lanciando uno sguardo adorante ad Harry che arrossì in modo buffo nel guardarla.
 “Cosa intendi Harry con visualizzare qualcosa di felice?”

*

Concentrati su qualcosa di bello.” le disse Lupin con fare gentile “Non solo un ricordo, pensa alla sensazione che provi.”
 Erano chiusi in una stanza vuota di Grimmauld place ad allenarsi da almeno due ore. Sia Hemione, che Ginny, che Sirius Black erano passati a guardare con curiosità quella lezione privata tra l'emoor e il lupo mannaro. Harry, seduto in un angolo su una sedia, non si era ancora allontanato dalla stanza e osservava con malcelato interesse ogni singolo movimento dell'emoor.
 “Forza Emma, riproviamo: 1, 2, 3” disse Lupin.
La Corvonero alzò la bacchetta: “Expecto Patronus”
 Non accade nulla. Dall'inizio della lezione era riuscita solo una volta a vomitare un paio di scintille pensando a un pomeriggio particolarmente bello passato con gli altri emoor qualche tempo prima.
 “Vuoi fare una pausa?” chiese Lupin comprensivo.
 “No. riproviamo.” rispose secca l'emoor, alzando nuovamente la bacchetta e mettendosi in posizione.

*

“Più il ricordo sarà intenso, più sarà potente il vostro Patronus” spiegò ad alta voce Harry e la classe pendeva completamente dalle sue labbra “Potrebbe volerci un bel po' prima di riuscire anche solo a fare delle scintille, non vi buttate giù. È un incantesimo molto complesso e tenete conto del fatto che qui, non essendoci davvero un Dissennatore, sarete facilitati”
 Molti annuirono e si misero in posizione, Emma sorrise, guardando la smorfia concentrata di Lilith al suo fianco e alzò la bacchetta.
 Le sembrava quasi di essere ancora nella stanzetta di Grimmauld Place, riusciva quasi a immaginare la presenza tranquilla di Remus al suo fianco e lo sguardo tagliente di Sirius Black, o quello curioso di Harry ad osservarla.

*

Perché non funziona?” sospirò affranta.
 “Non rimani abbastanza a lungo focalizzata sulla sensazione di felicità” le disse Lupin “o non stai pensando a qualcosa di sufficientemente radicato e profondo. Non è solo un ricordo positivo che devi cercare, siamo pieni di ricordi belli, ma per produrre un Patronus corporeo devi andare più a fondo. Il problema è solo questo. Stai continuamente facendo scintille, quindi non è un problema di qualità magica, solo di intensità di pensiero, concentrati” 
 “Io...” Emma tentennò, lo sguardo che scorreva indeciso tra Harry, che era ancora seduto al suo posto paziente e Lupin “Io non riesco.”
 Era un'ammissione che le faceva stringere il cuore nel petto. Perché era vero: non ci riusciva e non per incapacità, ma per troppe ferite mal curate.
 “Se penso a qualche ricordo della mia infanzia, poi penso che Steph e i miei genitori sono morti, in parte a causa mia” mormorò “Se penso agli altri emoor, poi penso a Voldemort e alla profezia, se penso.... Se penso a Draco mi viene subito in mente Serpeverde, le differenza, la guerra...” 
 Harry trasalì a quelle parole ed Emma si strinse nelle spalle in un gesto spezzato. Era davvero affranta. Non era abituata a non riuscire in un incantesimo e questo la innervosiva terribilmente, così come da molto tempo non mostrava le sue fragilità a terzi che non fossero Severus.
 Lo sguardo di Lupin si fece liquido di tenerezza a quelle parole, si avvicinò di un passo e le sorrise dolcemente, dandole un po' di calore.
 “Prova a concentrarti su qualcosa di più personale allora. Non pensare a qualcosa che credi possa essere un ricordo felice, ma a qualcosa che non cambia, qualcosa a cui ti puoi affidare” le consigliò l'uomo.
Emma sospirò brevemente, ma poi la soluzione le sembrò lampante: 
Severus.
La ragazza si stupì di non averci pensato prima e trasalì. 
 Severus era la costante della sua vita, le loro litigate riguardavano loro e basta, non massimi sistemi e guerre magiche e le loro differenze di vedute erano più simili a quelle di due compagni di Casa. 
Severus, che era un Mangiamorte, eppure ciò non gli aveva impedito di adottarla.. Severus così duro e chiuso, ma che si faceva sempre più spesso sfuggire un sorriso davanti all'irriverenza della protetta. Severus che la strappava agli incubi senza offrirle conforto, ma solo un appoggio fermo. Emma pensò alla stretta del tutore sulla spalla prima di entrare al Manor e sentì un tepore nel petto.
 “Ok credo di averlo Remus” disse seria.
 “Bene, allora proviamoci: 1, 2, 3.”

Emma visualizzò le colline a Spinner's End, pensò alla mano del tutore stretta nella sua, ai fiori rosa e gialli, al sole tra i rami, allo sguardo serio di Piton, alla corsa sui pendii erbosi, al 'sempre' che aleggiava intorno a quella visione, il cielo brullo sopra di loro, la radura con il suo ruscello argentato e gli occhi scuri e seri dell'uomo, la sensazione di casa e sicurezza che le passavano.
 “Expecto Patronus”
 L'incantesimo uscì con violenza dalla sua bacchetta, tanto da illuminare per un istante tutta la stanza. Una cerva correva tutto intorno agile.
 “Una cerva!” strillò l'emoor, felice, ma non aveva ancora finito di parlare che il Patronus sembrò indebolirsi, quasi spegnersi e la cerva svanì, ma quando, un attimo dopo, l'incanto tornò a splendere in tutta la sua bellezza, la cerva aveva lasciato il posto a una volpe che correva in cerchio intorno a loro.
 Harry sgranò gli occhi “Ma cosa?”

*

Nella Stanza delle Necessità vibrava un silenzio d'attesa da parte di tutti i partecipanti. Emma alzò il braccio, sicura.
 “Expectum Patronus” sussurrò, lo sguardo concentrato e dalla punta della bacchetta fuoriuscì una volpe argentata, che corse intorno a lei, galleggiando con eleganza nell'aria.
 “Molto bene Emma!” esclamò Harry applaudendo “Avevi già provato questo incantesimo prima però, vero?”
L'emoor annuì con un mezzo sorriso, scambiando uno sguardo grato con il Grifondoro. Era certa che come lei anche Potter era stato curioso di vedere quale dei due Patronus sarebbe uscito. Pareva che la volpe fosse la sua forma definitiva.
Harry si avvicinò, dandole una leggera pacca sulla spalla.
 “Puoi darmi una mano a seguire gli altri Emma?” chiese.
L'emoor annuì, sollevata che tutto fosse andato per il meglio e si avvicinò a Lilith che la guardava a bocca aperta.
 “Merlino, l'hai fatto al primo colpo” mormorò la biondina.
 “Non al primo colpo Lils” disse quieta l'altra “Hai sentito cosa ho detto ad Harry, l'avevo già provato”
 “Bella la volpe” intervenne James, con un sorriso leggero. 
“Sì, è molto mia” mormorò l'emoor, senza aggiungere nulla di più.

*

Erano di nuovo seduti nella cucina, lei, Harry, Remus e Severus.
 Quest'ultimo fissava Lupin con preoccupazione, la fronte aggrottata.
 “Il Patronus era una cerva.” ripeté forse per la terza volta, con esagerata lentezza, quasi sperando che gli altri gli dicessero che si sbagliava, ma Remus annuì con grande pazienza.
 “Esatto, Severus. Emma ha prodotto un Patronus completo chiaramente a forma di cerva, poi davanti ai nostri occhi si è modificato ed è diventato una volpe”
Le dita di Piton si contrassero appena e le labbra si assottigliarono in una linea.
 “E la cerva non è più uscita” ripeté nuovamente, con la sua voce strascicata, lo sguardo leggermente sgranato.
 “Corretto” assentì di nuovo Lupin “Emma ha riprovato altre tre volte, ma è sempre uscito un Patronus corporeo a forma di volpe.”
L'emoor si chinò in avanti, cercando lo sguardo del tutore.
 “Qualcosa ti preoccupa, Sev?” chiese. 
Nella cucina c'era uno strano silenzio ed Emma intuiva il nervoso dell'uomo.
Gli occhi di Severus sembravano ardere di qualcosa che assomigliava al panico, era pallido, con la fronte imperlata di sudore, i palmi appoggiati sul tavolo come a cercare stabilità. L'emoor lo vide scuotere leggermente il capo, assorto.
 “Ehm, professore...” iniziò timidamente Harry “potrebbe... potrebbe essere per il legame tra me ed Emma? Il mio Patronus è un cervo. Forse a causa della connessione, inconsapevolmente l'ho influenzata”
 Piton alzò di scatto lo sguardo verso il Grifondoro, per un attimo truce, poi però i lineamenti si distesero e parve ritrovare un po' di colore in volto.
 “Mi sorprende il tuo acume Potter, hai ragione potrebbe essere”
 “Nemmeno io ci avevo pensato” borbottò Remus “In effetti avrebbe senso.”
 Emma si appuntò mentalmente che anche Remus sembrava perfettamente al corrente del suo legame con Potter. Scostò lo sguardo verso Severus e vedendolo più tranquillo, gli sorrise timidamente.

*

“È stato bellissimo!!” disse Lilith, entusiasta della lezione.
 Non era riuscita a fare un Patronus completo, ma a fine lezione ogni volta che pronunciava l'incantesimo la sua bacchetta vomitava una notevole quantità di scintille argentee e tanto bastava a renderla allegra e su di giri.
 “Credo la prossima volta ci riuscirai Lil” le sorrise Emma, che voleva un gran bene alla Corvonero, ma sapeva quanto il suo carattere fosse incline allo sconforto.
 “Sì, ne sono sicura anche io” gongolò però la biondina con aria leggera e soddisfatta “E tu Jam!! Tu ci sei riuscito”
 Il ragazzo fece un ghigno leggero, stringendosi come al solito umilmente nelle spalle. James insieme a Emma, Hermione Granger e Ginny Weasley era l'unico ad essere riuscito a produrre effettivamente un Patronus corporeo completo entro la fine della lezione, anche se solo per pochi secondi.
“Tra l'altro a forma di lupo” esclamò estasiata Lilith, ma poi si fermò in mezzo al corridoio in modo tanto improvviso  che Emma si guardò intorno allarmata.
 “Che succede Lil?” chiese perplessa. 
 “Vi immaginate se il mio fosse a forma di maiale?” esalò la la ragazza con un'espressione angosciata disegnata in volto.
 Emma scoppiò a ridere insieme a James, anche se Lilith si imbronciò fino a quando non raggiunsero la Sala Grande.
 C'erano meno persone del solito a cena, forse era, in effetti, più tardi del solito ed Emma alzò lo sguardo d'istinto verso il tavolo Serpeverde prima di sedersi, come ormai era abitudine fare. 
 Draco Malfoy era lì e le sorrideva, seduto tra i suoi soliti amici, i capelli biondi pettinati all'indietro e l'aria tranquilla di chi ha tutto sotto controllo, ma sembrava quasi sollevato di averla vista arrivare, come se temesse di perdere quel silenzioso scambio che avveniva ogni mattina e ogni sera. 
 Emma stese le labbra in un sorriso di risposta, alzando una mano in segno di saluto e quasi sussultò quando vide Draco fare lo stesso.
Dovevano parlare. Dovevano parlare il prima possibile.

*

Il campo di Quidditch vuoto, secondo Emma, aveva un suo fascino.
Anche se ormai l'emoor aveva assistito più volte alle partite, non riusciva a provare un vero entusiasmo a riguardo di quello sport e continuava a pensare che senza il pubblico schiamazzante e i bolidi che schizzavano in tutte le direzioni, quel posto sembrasse più magic, oltre che essere l'ideale per farsi le giuste confidenze.
Ginny lo usava anche per volare, mentre chiacchieravano e ora, seduta a cavalcioni su una scopa che teneva immobile a mezz'aria, la osservava con le braccia incrociate sul petto, in attesa. 
Emma sapeva di doverle delle spiegazioni. Era riuscita a driblare la curiosità di tutti con eleganza riguardo la serata al Manor, ma arrendersi non era nelle corde della Weasley, che l'aveva subissata di domande a trabocchetto per sapere cosa fosse successo davvero al Manor e infine l'aveva incastrata lì con una stupida scusa.
L'emor sospirò piano, giocherellando con un boccolo.
 “Credevo che volessi parlarmi di Corner” disse, cercando di sviare.
 “Oh sì, Micheal è un tesoro. Andremo insieme ad Hogsmeade alla prossima gita. Siamo una coppia, credo e ne sono felice tutto sommato, anche se lui a volte sa essere pedante.”
 “Pedante?” domandò l'emoor, sperando di trovare un buon appiglio per cambiare discorso, ma la rossa assottigliò lo sguardo.
 “Pedante come te che ti ostini a non rispondere alle mie domande, Ems” quasi sibilò e l'amica fece un sorriso teso in risposta, sapendo di non poter sfuggire.
 “Che cosa vuoi sapere?” chiese e vide Ginny prendere un respiro.
 “Cosa non mi stai raccontando Emma?”
“Mi ha baciata”

Ci fu un momento di silenzio in cui Ginny trattenne il fiato ridicolmente a lungo, prima di alzare entrambe le braccia in segno di vittoria, lanciando un grido euforico. La Grifondoro afferrò il manico della sua scopa fece e una leggera piroetta in aria, atterrando poi subito accanto ad Emma, gli occhi brillanti.
 “Ginny contegno” trillò l'emoor, divertita.
“Draco Malfoy ti ha baciata” disse lentamente la ragazza in risposta, come per assicurarsi che fosse la verità.
 Emma annuì, arrossendo “Draco Malfoy mi ha baciata” confermò e sentì un sensazione di calore in fondo allo stomaco a dire ad alta voce quelle parole, che non sapeva se definire piacevole.
Nemmeno lei riusciva ancora a credere come erano andate le cose al Manor. Nemmeno lei riusciva ancora a credere a quel bacio.
Gli occhi di Ginny ardevano di curiosità.

*

Ballarono su altri due brani, poi Emma e Draco tornarono frettolosamente dagli altri, mantenendo un educato distacco e stando attenti a non dar mostra nemmeno lontanamente di quello che si erano detti sulla pista. 
 Draco smise quasi subito di guardarla, voltandole le spalle, afferrò un bicchiere di Whiskey incendiario come fosse la cosa più naturale del mondo e si mise a chiacchierare con Blaise e Goyle. L'emoor invece si avvicinò titubante a Daphne.
 “Avete dato spettacolo.” disse la bionda con un sorriso storto.
 “Davvero?” domandò innocente la Corvonero, inarcando le sopracciglia “Abbiamo solo ballato, come ci ha chiesto Narcissa”
 “O'Shea, non puoi addentrarti tra i Purosangue senza sapere le regole base” rise la bionda, sinceramente divertita “Un ballo è cortesia, due interesse, ma più di tre balli insieme... Merlino, pensavi che non vi avrebbero guardati tutti?”
 Emma si sentì arrossire e Daphne fece una smorfia più morbida.
 “Io non lo sapevo” sussurrò l'emoor.
 “Tu non sai tante cose, Emma” ribatté la Serpeverde sicura di sé, ma il suo tono di voce era gentile e nel suo sguardo chiaro non c'era alcuna accusa.
 “Puoi insegnarmi qualcosa delle vostre regole?” chiese mite la Corvonero.
Daphne la guardò in tralice, scuotendo elegantemente il capo.
 “Merlino, sei sfacciata.” rise cristallina “Sono segreti Purosangue, come potremmo essere considerati i migliori se li spiattellassimo in giro?”
 “Io...” quasi balbettò l'emoor, arrossendo piena di imbarazzo, ma l'altra ragazza sembrava a suo agio e di buon umore e si avvicinò a lei, osservandola.
 “Certo che te le insegno, O'Shea. Anche perché se hai intenzione di stare tra i piedi di Draco, come immagino, dovrai imparare a sguazzare tra le serpi.” le disse sorniona, sbattendo una volta le lunghe ciglia.
“Farò del mio meglio” esalò l'emoor
 La bionda annuì, prendendola a braccetto con naturalezza.
 “Ne sono certa” rispose pacata, guidandola nella stanza.
Non ebbero modo di parlare a lungo, perché i signori Greengrass si avvicinarono a loro nell'attimo successivo, avvertendo Daphne che dovevano tornare a casa. 
 Sembravano persone a modo, non loschi come tanti altri volti nella stanza, anzi, se la madre mostrò la stessa aria altezzosa della figlia più piccola, il marito  strinse ad Emma la mano con cortesia che ricordava la figlia più grande.
 “Un piacere conoscerla signorina O'Shea.”
 “Piacere mio” rispose l'emoor, chinando rispettosamente il capo.
 Li osservò in silenzio, mentre si allontanavano, camminando vicini, compatti, poi si guardò intorno. Non vedeva più né Draco, né Severus e poche persone erano rimaste nella stanza, ma individuò Artemius da solo su una poltroncina vicino al caminetto e si avvicinò lui con sollievo.
 “Ems” la salutò il ragazzo.
 “Mius” sorrise lei.

*

“Hai dormito lì?” chiese Ginny, quasi strozzandosi.
 “Sì, Narcissa mi ha fatto preparare una stanza”
 “Com'era la stanza?” chiese la rossa.
 “Beh, molto elegante” ammise l'emoor, pensando alla grande camera dove aveva dormito, con il bagno personale e il letto dalle coperte color panna, ricolmo di cuscini in una quantità mai vista.
 “Miseriaccia” sbottò Ginny, con un'espressione buffa in volto che ad Emma ricordò molto Ron “E poi?”
 “Poi...Un elfo domestico il mattino dopo mi ha svegliata, ho raggiunto Narcissa nella sala per colazione...”
“Emma” quasi gridò la Weasley “Quando diavolo ti ha baciata?”
La Corvonero arrossì.

*

Lady Malfoy abbandonò la tavola con una sorriso gentile a illuminarle il volto. Per quanto fosse mattina presto era già perfettamente pettinata e truccata e indossava un vestito lungo e morbido, color malva, che le donava particolarmente.
 “Mangia pure con calma, Emma” le disse “Draco dovrebbe arrivare tra poco.”
 “Grazie Narcissa” mormorò l'emoor, ma quando la donna uscì dalla stanza un sottile disagio le fece correre un brivido lungo la schiena.
 Il tavolo della sala da pranzo incredibilmente grande di Malfoy Manor era imbandito per almeno dieci persone, ma Emma era sola di fronte alle montagne di leccornie che gli elfi del maniero avevano preparato per colazione. 
 Si sentì stranamente piccola e si guardò intorno nervosamente, scorrendo con lo sguardo sui ritratti che la fissavano arcigni, raffiguranti quasi solo uomini pallidi e seri, raramente accompagnati da dame sottili e silenziose. I dipinti, insieme alle tende spesse e drappeggiate, erano l'unico orpello della stanza, che per quanto imponente, aveva un tono austero ed essenziale, come fosse usata per incontri militari più che per essere un luogo conviviale. 
 Emma  continuò con la sua ispezione, sorseggiando il suo the caldo, fino a quando non si accorse di un elfo domestico che stava immobile in un angolo. Aveva il capo bruno e le orecchie insolitamente piccole, ma gli occhi tondi, seppur scuri, erano identici a quelli di Glimpsy e Kreacher.
 “Ciao” tentò imbarazzata, cercando di attirare la sua attenzione, a disagio al pensiero di fingere che non esistesse.
 L'esserino sobbalzò, guardandola terrorizzato e si affrettò a fare grandi inchini, sfiorando il pavimento con la punta del naso mentre indietreggiava svelto verso l'uscita, quasi fuggendo dalla sala.
 “Ora mi terrorizzi anche gli elfi domestici, O'Shea?” chiese una voce alle sue spalle ed Emma sussultò voltandosi di scatto.
 Draco era entrato silenziosamente nella stanza, vestito di tutto punto, la camicia in lino aderente sul corpo asciutto e rimboccata sulle maniche e i pantaloni grigi che, seppur eleganti, aveva un taglio morbido diverso dal solito. 
Sembrava lui diverso dal solito in effetti.
 “Non sapevo con chi parlare” si difese Emma, lanciandogli un'occhiata incerta.
 “Hai dormito qui?” chiese il ragazzo, senza guardarla in volto.
 “Sì nella stanza degli ospiti. Severus e tuo padre avevano da fare” sussurrò. 
 Draco di fronte a lei annuì, ma sembrava particolarmente corrucciato e distratto. Emma lo osservò in silenzio mentre ispezionava il tavolo della colazione con aria assente, afferrando infine un paio di fette di pane tostato. Sulla guancia destra aveva un vago segno del cuscino e i capelli erano più arruffati del solito.
 Era così... 
reale.
Ti va di fare un giro?” le chiese, dando un morso alla prima fetta.
L'emoor assentì e due elfi domestici un attimo dopo arrivarono quasi correndo con la sua mantella verde e un tabarro per il ragazzo. 

Si avviarono lentamente verso i giardini. Fuori il sole rischiarava la neve facendola brillare: era una bella giornata invernale, tiepida.
 “Bella mantella, molto Serpeverde” sorrise Malfoy e l'emoor sospirò di sollievo vedendo quella smorfia sul suo volto, perché era la prima volta, da quando avevano smesso di ballare la sera prima, che Draco sorrideva.
 “È della madre di Severus” rispose, improvvisamente allegra.
 “Un cimelio della famiglia, quindi. Sempre più ufficiale il tuo essere una Piton”
 Emma assentì e Draco le sorrise, portando poi lo sguardo all'orizzonte.
 Chiacchierarono del più e del meno, camminando vicini, distesi, muovendosi distrattamente a nord del maniero, lungo una via di ghiaia bianca. 
 Le serre del Manor troneggiavano di fronte a loro, nella luce pallida del mattino. Emma le ricordava dalla sua prima visita, un posto magnifico pieno di piante particolari, regno indiscusso di Narcissa. L'emoor era certa che Luna Loovegood sarebbe rimasta incantata se l'avesse vista.
 Draco si avvicinò all'ingresso, tenendo la porta aperta perché lei lo seguisse e subito furono investiti dall'odore dolce dei fiori e quello più balsamico delle spezie.
 “Quindi...” iniziò Draco “Ti sei divertita ieri.”
Non era una domanda.
 Emma fece scorrere lo sguardo su una pianta con foglie di un viola intenso.
 “Molto, te l'ho detto, mi piacciono alcuni Serpeverde” disse dolcemente e sorrise nella direzione del ragazzo che parve compiaciuto della risposta.
 “So che Pansy ha fatto un po' una scenata, ma lei è un po' ottusa su queste cose, poco elastica” le rispose Malfoy, avvicinandosi impercettibilmente di più a lei.
 “Non importa” minimizzò Emma “Capisco che per alcuni di voi non sia affatto semplice. Anche se ho l'impressione che Pansy mi odierebbe anche se fossi una Purosangue di Serpeverde”
 Draco parve rifletterci e un  ghigno divertito spezzò il chiarore del suo volto.  
 “Potrebbe essere sì” ammise.

Ci fu un momento di silenzio, riempito dal cinguettio di qualche uccellino che forse aveva fatto un nido approfittando del calore della serra. 
 Emma sorrise di nuovo a Malfoy che la guardava con aria distratta. Nessuno dei due sembrava intenzionato a rompere quell'attimo di calma. Camminavano tra le piante senza fretta, avvolti da profumi delicati. 
 L'emoor rallentò per osservare una bellissima pianta di asfodeli e sentì Draco fermarsi dietro di lei. Ci mise qualche secondo prima di voltarsi e sobbalzò quando lui le afferrò la mano. Aveva una presa salda e fresca, piacevole.
 “Draco” gli sorrise, come esortandolo a parlare e si accorse di quanto attento fosse lo sguardo grigio del ragazzo, di quante pagliuzze azzurre vi danzassero all'interno nella luce limpida del mattino.
 “Posso baciarti?” chiese Malfoy e il tempo sembrò fermarsi.
 Emma lo guardò confusa, chiedendosi se fosse una domanda seria, il cuore che le  martellava forte nel petto e sentì le guance diventare incredibilmente calde. 
 Draco Malfoy la guardava negli occhi senza il minimo tentennamento, la mandibola tesa, il respiro lento. Sembrava ora così irreale nella luce del mattino, bello come Emma non lo aveva mai visto.
 “Cosa?” esalò in un soffio la Corvonero, tentando di sorridere.
 Lui fece un altro profondo respiro come se temesse di sbagliare. 
“Emma O'Shea, chiedevo il permesso di baciarti” le chiese, di nuovo.  
 Questa volta, però, non attese una sua reazione, ma con sorprendente dolcezza si avvicinò a lei, prendendole il volto tra le mani come fosse qualcosa di fragile e la baciò sulle labbra. L'emoor sentì distintamente il cuore schizzare così forte contro la gabbia toracica che temette per un momento che le sarebbe uscito fuori dal petto. Si aggrappò alle spalle di Draco con tutte le sue forze e rispose al bacio.
 Ed era semplice, semplice e istintivo, così come istintivamente non potevano fare a meno l'uno dell'altra e istintivamente danzavano con le mani intorno al calderone. Non era il timido bacio infantile di Steph, o i baci freddi e garbati di Gabriel Tullier, era qualcosa di diverso.
 A Emma parve che il tempo si fosse fermato e per un solo istante pensò addirittura di sognare, ma era troppo tempo che i suoi sogni erano solo incubi e  Draco, appena sotto le sue dita, era ora reale, incredibilmente reale. 
 Fu un bacio dolce, pieno di strano imbarazzo e felicità, ed era meglio di tutte le volte che la ragazza aveva fantasticato sul sapore delle labbra del Serpeverde.
 Sentiva il suo odore di pelle: buono, caldo, mischiato alla menta e al caffé, con quel sentore di pioggia in arrivo e avvertiva anche la morbidezza delicata delle mani di lui sul suo volto, che la carezzavano incerte con la punta delle dita e poi le spalle, tese sotto i suoi palmi, che la facevano tremare senza che sentisse freddo.
 Non seppe per quanto tempo rimasero lì, con le ginocchia scricchiolanti, i fiati corti e le labbra che goffamente si cercavano, ma quando si staccarono ad Emma pareva di essere a un metro da terra per la felicità.

“Draco” sussurrò, sorridente, ma soprattutto sorpresa e lui le cinse la vita con le braccia in un movimento morbido e la strinse a sé, gli occhi che brillavano di soddisfazione.
 “Allora O'Shea, sono più romantico di Weasley?” ghignò, lo sguardo acceso dalla sfida e dal divertimento, la voce tranquilla, il sorriso disteso, sicuro di sé.
Emma roteò gli occhi al cielo, mentre scoppiava a ridere. 
 “Stai davvero facendo a gara con George, Draco?”
Il ragazzo rise con lei, in modo rauco e libero e l'emoor si rese conto che era sempre bello quando lo faceva, sembrava felice, diverso.
 “Nessuna gara Emma” chiosò Malfoy “Io sono già in prima posizione.”
 L'emoor scosse la testa, vagamente esasperata, ma si strinse a lui, appoggiandosi al suo petto e compiaciuta sentì, non senza un leggero stupore, che anche il cuore del Serpeverde stava battendo furiosamente.

*

Ginny la guardava con gli occhi sgranati. Un rossore sempre più esteso sulle guance lentigginose.
OH PER MERLINO” esplose infine, scuotendo incredula il capo “Non ci riesco a credere e poi cosa è successo?”
 “Siamo stati interrotti.” spiegò semplicemente l'emoor.
 “Interrotti da chi?” insistette la rossa, impallidendo di botto.
 “Lucius Malfoy ha chiamato Draco a gran voce e quando ci ha trovato nella serra, ci ha chiesto sdegnato cosa ci facessimo lì. Draco ha detto che mi stava facendo vedere le piante, ma non credo Lucius ci sia cascato, mi ha fissato in cagnesco per parecchio”
 “E poi?” trillò la rossa.
“E poi nulla Gin” ridacchiò l'emoor “Abbiamo seguito Lucius che mi ha portato da Severus dicendogli che avrebbe dovuto insegnarmi a non scorrazzare in giro”
 “Ha usato la parola scorrazzare?” squittì Ginny, gli occhi ormai grandi come biglie ed Emma ci pensò un istante e scoppiò a ridere, annuendo tra sé, perché raccontata ad alta voce era in effetti una scena molto comica.
 “Sarei morta d'imbarazzo” esalò la Grifondoro, scivolando sulla schiena contro gli spalti accanto all'emoor. 
Rimasero in silenzio per un po', anche se la Weasley continuava a fissare il cielo sopra di lei, mormorando incredibile tra sé e sé.
“Severus comunque sembrava piuttosto offeso dall'affermazione di Malfoy” disse Emma “e quando siamo tornati a casa mi ha chiesto se fosse tutto a posto. Gli ho detto che era tutto sotto controllo, ma visto che il gufo della famiglia Malfoy un secondo dopo è entrato con una lettera di Draco per me, credo abbia qualche sospetto”
Ginny trattenne a stento una risata.
“Povero professor Piton, ti ha appena adottata e già si trova ad avere a che fare con suoceri arrabbiati e amori adolescenziali. Cosa diceva la lettera?”
 L'emoor frugò nella sua borsa fino a trovare quel che cercava: porse una pergamena a Ginny.


Perdona il poco tatto di mio padre e anche questa lettera frettolosa.
Avevi ragione O'Shea: non mi importa se siamo così diversi.
Tornati ad Hogwarts parliamone.
Troveremo un modo.
Non rispondere a questa lettera, mia madre ci ha messo un'ora per calmare mio Padre.

Dra


Ginny lesse quelle parole vergate frettolosamente per ben tre volte, prima di alzare la testa verso Emma, sgomenta.
 “Ha intenzione di trovare un modo di mantenere il legame con te.” 
 “Così sembra” sorrise la Corvonero, compiaciuta “Ma non ci siamo ancora parlati da quando siamo tornati ad Hogwarts”
 “Intendi a parte gli sguardi di fuoco che vi lanciate a colazione?” 
Emma arrossì leggermente  “A parte quelli sì”
 Ginny sbuffò e rilesse ancora con attenzione la lettera che aveva tra le mani, prima di riconsegnarla all'emoor.
Dra?” chiese inarcando un sopracciglio divertita.
 Rise Ginny ed Emma rise con lei, si sentiva leggera, felice, forse per la prima volta dalla morte dei suoi genitori.

*

Il circolo di Mangiamorte. 
Le grida e il coltello di Codaliscia grondante del sangue di Harry.
 Emma respirò lentamente di fronte ai suoi genitori vestiti da Mangiamorte e a Steph, il volto stravolto di odio, così diverso da quello del bambino che lei ricordava. Cercò di mantenere il controllo, ma le grida di donna e i lampi di luci verde che premevano sulle sue palpebre la colsero di sorpresa. 
 Emma tentò di nuovo di respirare a fondo: sapeva di essere in un sogno.

Altri tre Mangiamorte si fecero avanti e si calarono il cappuccio. 
Erano Draco, Lucius, Severus.
 “Una stupida Sanguesporco, Draco? L'emoor reietta?” disse Lucius con sprezzo.
Ed Emma sentì la voce del ragazzo mormorare: “È una Mezzosangue, padre”
 “Una Mezzosangue che crede davvero che io le sia affezionato" sibilò con sdegno Severus, Lucius rise con lui e la Corvonero sentì un peso sullo stomaco, anche se sapeva che il suo Severus non avrebbe mai riso in modo così grottesco e terribile. Si voltò di scatto, fuggendo.

Sbatté contro Draco, immobile, che la fissava con sguardo perso, l'espressione vuota, come se non sentisse ciò che gli altri due uomini stavano dicendo. 
 Emma lo vide alzare la bacchetta verso la donna dai capelli rossi e sussurrare “Avada Kedavra” poi si voltò a guardarla “Mi dispiace tu abbia scelto Potter”
L'emoor gridò.

*

Emma si svegliò nel buio nella sua stanza con il cuore che batteva nel petto e il fiato corto. Sentì quasi le lacrime lambirle gli occhi.
Non aveva urlato evidentemente: Lilith, Carmen, Luna e Sarah dormivano ancora serene nei loro letti.
 L'emoor scivolò fuori dalle coperte, rabbrividendo appena a contatto con il freddo del pavimento, prese il mantello dell'invisibilità e vi si avvolse, scendendo le scale del dormitorio.

. . .

Severus aprì la porta con sdegno, subito tramutato in stupore trovandosi la protetta davanti, nonostante mancasse ancora un'ora all'alba. L'emoor si stupì di trovarlo vestito di tutto punto come se fosse pronto a iniziare la sua lezione.
 “È successo qualcosa?” chiese l'uomo in allarme, la mano alla bacchetta, mentre scrutava il corridoio buio alle spalle di lei.
 Emma scosse il capo, trattenendo a stento un piccolo sospiro. 
 “Ho fatto un incubo” sussurrò, sentendosi improvvisamente estremamente stupida ad essere arrivata fin lì a disturbare il tutore.
 Lui infatti si accigliò, una ruga di preoccupazione a solcargli la fronte, mentre si scostava per farla entrare nel suo ufficio.
 “In collegamento con Potter?” chiese.
 L'emoor scosse di nuovo il capo, superando il tutore dentro la stanza che ben conosceva. Il fuoco non scoppiettava nel caminetto, ma un libro era appoggiato sul tavolino accanto alla poltrona. Evidentemente aveva disturbato Severus in un momento di quiete.
 “Era solo un incubo” mormorò.
“E perché sei qui?” chiese comprensibilmente il tutore, gli occhi scuri che la scrutavano attenti “Fai spesso solo incubi”
 “C'eri anche tu. Vestito da Mangiamorte” ammise la ragazza con voce tremolante “C'eri anche tu che ridevi di me”

Piton strinse le labbra per un solo secondo, guardandola severo, accese il fuoco con un movimento della bacchetta e fece cenno alla ragazza di prendere posto sulla poltrona davanti al caminetto. 
 Si sedette anche lui di fronte a lei, facendo levitare verso di loro una teiera e due tazze e nel silenzio più totale, mentre la Corvonero lo osservava, versò il the a entrambi.
“Emma voglio che sia chiaro da subito. Io sono un Mangiamorte” disse lentamente, guardandola in volto “Mi vedrai probabilmente vestito da Mangiamorte e anche a fare cose da Mangiamorte.”
 L'emoor lo guardò con occhi spaventati e annuì lentamente. 
 “Lo so” mormorò  “Ma perché?”
 “Perché è importante che io lo sia” disse Piton serio “è importante che tu ci creda e che il Signore Oscuro ci creda”
 “Lo so” ammise di nuovo lei, affranta “Mi fido di te”
Severus fece un gesto secco con il capo e bevve un sorso di the.  
 “Bene” disse serio, spostando lo sguardo verso il caminetto.
 “Ti fa fare cose terribili?” mormorò l'emoor, preoccupata per lui.
 “A volte” ammise lui tranquillo, lanciandole un altro veloce sguardo, prima di poggiare la tazza sul tavolinetto e chinarsi appena verso di lei “Emma, io non sono buono.”
 “Sì che lo sei” disse subito la ragazza, in un ringhio leggero.
“No, posso essere crudele, posso essere feroce.” spiegò lui, assicurandosi che lei gli desse attenzione, con le parole che scivolavano svelte tra loro, creando un muro “Voglio che tu tenga a mente ciò sempre. Io ho scelto di essere un Mangiamorte”
 “Ma ora non lo sei più, non davvero e poi so che tu puoi essere buono, guarda tutto quello che hai fatto per me” sussurro lei.
 Piton minimizzò le parole con un gesto stizzito della mano e sembrò improvvisamente insofferente, come se la difesa a cuore aperto dell'emoor fosse fuori dai suoi piani.
“Anche se ho scoperto che si può lottare per qualcosa di meglio non si smette mai di essere ciò che si è scelto. Io ho scelto di spingermi oltre, di fare terrore, di giocare con il fuoco, di cercare il potere e il controllo. Sono marchiato a vita, Emma.” disse soffice.
 “Ma non credi in quello che Voldemort vuole” ribatté la ragazza con fervore “non vuoi uccidere i Nati Babbani”
“No” concesse l'uomo “e sono anche contrario alla morte e alle torture e addirittura mi sono quasi affezionato a te, ma tutto questo nessuno deve saperlo, né Voldemort, né altri. Per tutti io sono e sarò sempre un Mangiamorte. È molto importante questo. È una scelta che ho fatto tanti anni fa e di cui posso prendere le responsabilità”
 L'emoor serrò le labbra in una linea sottile, evidentemente combattuta, poi sospirò piano, lasciandosi scivolare sullo schienale della poltrona, con stanchezza.
 “Io ho paura di perdermi in questo gioco di maschere” ammise.
Piton annuì una volta quasi assorto e riafferrò la sua tazza.
 “Perdersi è molto facile” sussurrò “ma al Manor hai dato dimostrazione di essere perfetta a indossare la tua maschera."
 “Lo so” mormorò lei amara “Ho l'impressione di esserci portata”
 Ci fu un lieve silenzio, interrotto dal fuoco che crepitava.
 L'uomo parve ispezionare con attenzione il volto della protetta, prese un breve respiro, stringendosi la radice del naso con le dita magre, l'espressione incrinata e sofferta.
 “Perché sei venuta qui stanotte Emma?” chiese con voce piatta.
 La ragazza gli lanciò uno sguardo bieco, arrossendo leggermente. Semplicemente era stata terrorizzata dal sogno che aveva fatto, ferita dalla frase che l'uomo aveva detto nell'incubo, era andata nel panico all'idea che Severus la considerasse un'ingenua, che non fosse davvero affezionato a lei e aveva avuto un bisogno urgente di lui, del suo sguardo freddo e distaccato, del suo controllo. 
Perché Severus era sempre stato l'unico a saperla tranquillizzare dopo i suoi incubi. Lilith la svegliava e poi la controllava con il suo sguardo pieno di preoccupazione per tutto il giorno, facendo sentire l'emoor in costante disagio. Severus era diverso. 
Era netto, grezzo. La scuoteva con forza, offrendogli al massimo di stringerlo in un abbraccio rigido e poco empatico, la guardava con gli occhi scuri fino a quando il respiro della ragazza non si regolarizzava e non la giudicava. Mai.
 “Sai come togliermi le paure” ammise l'emoor.
 “La tua paura qual era questa notte?”chiese lui, strascicando le parole ed Emma pensò al volto dei suoi genitori, di Steph, di Draco e di Severus sotto i mantelli neri.
 “Ho paura di essere tradita da chi amo” sussurrò lentamente “Ho paura di trovarmi dalla parte sbagliata della lotta ed essere disprezzata da chi vorrei solo difendere. Di sottovalutare il male”
 Severus la fissò in silenzio e l'emoor sorrise debolmente.
 “Ora mi dirai che sembro una Grifondoro”
 “Lo sembri abbastanza, in effetti” disse lui, inarcando un sopracciglio “Non puoi salvare tutti, Emma”
 “Sono l'ago della bilancia, Sev” ribatté lei, sarcastica “Io devo salvare tutti quelli che posso e poi... voglio aiutarti”
 “Fai già molto”
 “Voglio fare di più.”
L'uomo scosse la testa, le mani gli tremavano di nervoso e il dubbio gli annacquava i lineamenti aspri. 
“Emma, ho accettato di prenderti con me quando non avrei dovuto, ho persino deciso di adottarti per proteggerti il più possibile, per non lasciarti sola, non ti permetterò di ferirti a causa del tuo essere cocciuta. Voglio che ti sia chiaro quello che ci siamo detti questa notte: io sono un Mangiamorte.”
Le guance della ragazza si colorarono di rosa mentre continuava a scuotere decisa la testa, le spalle ritmicamente accarezzate dai boccoli chiari e scomposti.
 “Non è vero, Sev. Tu sei...”
“Lo sono. Sono un Mangiamorte” la interruppe l'uomo “Devo esserlo e sono bravo a farlo. Sono in grado di fare cose terribili, se voglio. Posso essere freddo e spietato quanto mi viene ordinato e sono anche potente. Voglio che tu lo tenga a mente, specie se hai intenzione di continuare rapporti di amicizia con altri Serpeverde.”
 “Ok” cedette lei, inghiottendo saliva “E la fiducia? Io mi fido di te”
 Era fragile e spezzata, gli occhi lucidi e lo sguardo fiero.
 “La fiducia è tutto.” ammise il tutore con tono calmo “Ci sono molte persone che hanno distrutto la loro vita perché hanno riposto la loro fiducia nella persona sbagliata. Se vuoi salvare qualcuno fai sempre in modo che si fidi di te. Se non vuoi farti ferire da ciò che vedrai, devi fidarti di me ed essere forte”.
 L'emoor annuì lentamente, guardando il volto del tutore, finirono di bere il the lentamente e attesero insieme l'alba senza più parlare. 
 Severus lo sguardo perso nel camino dove il fuoco andava lentamente a morire, Emma gli occhi socchiusi e l'aria assorta, mentre pensava che in quel discorso fatto con il tutore ci sarebbe stato benissimo dentro anche Draco Malfoy.



*Angolo Autrice*

Ciao lettori. 
"Confessioni" il titolo del capitolo è escplicativo dei diversi momenti che Emma si trova ad affrontare. 
C'è la sua confessione all'Ordine su cosa è accaduto al Manor (con quei simpatici gemelli), c'è la sua confessione a riguardo del suo punto debole: il patronus e la vediamo affrontarlo (la dolcezza di Lupin!), c'è la sua confessione su cosa è accaduto davvero al Manor a Ginny (decisamente più interessante), c'è in un certo modo la muta confessione di Emma e Draco che accettano di avere qualcosa di cui discutere almeno (finalmente! non se ne poteva più di quella tensione, peccato che Draco veda comunque tutto come una sfida e non gli aspettino momenti rosei) e soprattutto c'è la confessione di Severus. 

Potremmo essere ormai inteneriti dal rapporto tra i due, ma Severus è molto lucido: lui è un mangiamorte ed Emma lo deve considerare tale. 
Forse perché con più esperienza della sua pupilla, Piton sa che i tempi che arriveranno potrebbero essere molto duri per loro (anche se non immagina quanto) il dialogo che hanno protetta e tutore è forse uno dei più crudi e sinceri avuti tra i due, o almeno da pari. 
Piton considera Emma una persona di fiducia e parla a lei consapevolmente delle maschere che si è costretti ad indossare. E non cerca di indorare la pillola all'emoor anzi è molto netto, e sottolinea tutti i suoi aspetti più duri. Sa di essere oscuro, feroce e potente. 

Spero che la storia vi stia piacendo e che vi interessi come procedono le cose. 
Se avete in mente gli avventimenti canon dei libri/film potrete immaginare che da questo momento in avanti arriva davvero l'oscurità. 
(a mio parere il quinto libro è davvero un cambio pesante nella storia). 
A lunedì!

vi

Ritorna all'indice


Capitolo 27
*** Mettimi alla prova ***


.Mettimi alla prova.




Il circolo di Mangiamorte. Codaliscia e il coltello.
La donna che urla. I lampi verdi.
La madre, il padre e Steph. Severus e Lucius Malfoy che ridono di lei.
Draco Malfoy che alza la bacchetta. 
“Mi dispiace Emma, hai scelto il lato sbagliato”
Nero.

*

La superficie del lago era nera e scura, come sempre, nonostante fosse una bella giornata e la neve caduta risplendesse pallida. Emma, avvolta nella sua mantella verde, la osservava distrattamente.
“Quindi tu e Malfoy” disse David, il sorriso largo sul volto.
“Cosa?” chiese l'emoor, lanciando lui uno sguardo veloce che non la tradisse e non la facesse arrossire.
 “State insieme?”
“No, David”
 “Non è quello che si dice” disse il Serpeverde, punzecchiandola.
 “Da quando diamo credito a quello che si dice?”
 “Touché”
 Erano da soli, come lo erano raramente. Emily e Artemius si erano chiusi in biblioteca a studiare per il test di Storia della Magia, ma lei e David avevano deciso di averne abbastanza di polvere e libri e avevano abbandonato il tiepido silenzio della biblioteca per fare una passeggiata e scambiare due parole.
Era raro passassero del tempo insieme senza gli altri emoor, ma soprattutto era raro che non dedicassero i minuti a parlare della profezia, della storia, del loro destino ed era un peccato, perché lei e il ragazzo andavano straordinariamente d'accordo. Emma trovava David simpatico e adorava il fatto che la trattasse come una sorella.
 C'era qualcosa di piacevole e famigliare in lui, nel suo sguardo scuro e nel sorriso raggiante, qualcosa di positivo e speranzoso che avevano in sé anche i fratelli Weasley, soprattutto Ron.
 L'emoor sospirò, guardando l'amico che stava ridacchiando da solo.
 “Cosa ti fa tanto ridere tonto di un Serpeverde?” domandò, alzando gli occhi al cielo.
 “Draco Malfoy. Ricordi al Ballo del Ceppo? Lo avevo predetto.”
 “Sbaglio o era stato Zabini a darti l'idea?”
 “Vero” ammise il ragazzo “quindi... non c'è nulla?”
 Emma sibilò quasi tra i denti, esasperata, scegliendo con cura le parole, mentre fissava ancora lo specchio lucido del lago, ostinata.
 “Io e Draco andiamo piuttosto d'accordo” concesse e cercò di non pensare alla mano del ragazzo sulla sua schiena durante il ballo al Manor, a quel bacio sospirato, pieno di speranza ed emozione.
“Ok, piuttosto d'accordo” sorrise il Serpeverde, sornione “ma Zabini parlava del fatto che vi sareste incontrati, tu e Draco...”
 “Pozioni” rispose Emma, troppo velocemente.
 “Stai mentendo” la rimbeccò subito David, puntandole un dito contro, come in una zuffa tra bambini “tu e Malfoy siete schifosamente bravi in Pozioni, non avete bisogno di studiare insieme per migliorare il vostro rendimento”
Emma si arrese, scostò lo sguardo dal lago per guardare l'amico, alzando melodrammaticamente gli occhi al cielo. Di nuovo.
“Ok, Lower. Placati ora. Io e Draco andiamo d'accordo, ma è difficile avere un qualunque tipo di rapporto tra noi, non credi?”
“Perché?” chiese il ragazzo, scuotendo le spalle con sufficienza.
 “Sai, tra un Purosangue Serpeverde e una... una come me. Draco è l'erede della famiglia Malfoy e della famiglia Black, un sacco di regole, imposizioni e aspettative. Io sono un ibrido...”
 “Malfoy è uno stronzo, ma è intelligente” le fece notare l'altro, con l'aria di chi sta riuscendo ad ottenere le risposte che cercava.
 “Ci sono cose che probabilmente non dipendono da lui” specificò amara Emma e il ragazzo assentì debolmente.
“Però è interessante che tu abbia parlato di rapporto...” aggiunse poi sornione ed Emma scattò in avanti, ridendo e gli diede un leggero spintone che lo fece barcollare.
 “David Lower!” strillò, mentre lui fuggiva divertito, arricciando le labbra per trattenere una risata. 
Camminavano vicini verso la scuola, spintonandosi a tratti, scivolando sull'erba umida di neve e ridendo senza motivo. 
 “Ok. Mi piace” ammise Emma all'improvviso, alzando le mani arresa “ma questa cosa non deve saperla. Né lui, né altri”
 “Sicura che lui non lo sappia?”
 “Lui ha detto a me che io gli piaccio, al ballo, ma io non l'ho detto a lui. Non ad alta voce.”
 “Per ora mi basta” annuì il ragazzo, estremamente soddisfatto “Sei diventata molto popolare in Serpeverde, sai?”
 “Davvero?” chiese Emma stupita “A causa di Draco?”
 Avrebbe voluto rispondere la stessa cosa, ma l'interesse verso i tre emoor verde argento era scemato fino a quasi sparire tra i suoi amici. Persino Lilith stava smettendo di metterla in guardia contro di loro e cominciava a credere che non fossero poi i terribili maghi oscuri che temeva all'inizio.
 “No, non per Draco. Non so, improvvisamente sembrano tutti interessati a te” disse il ragazzo ed Emma aggrottò le sopracciglia.

“Che intendi?” chiese perplessa.
 “Zabini e Daphne Greengrass ti hanno difeso in una discussione ieri. Si parlava di purezza di sangue credo. Non che io abbia sentito molto, non parlano apertamente di te davanti a noi altri”
 “Immagino” disse Emma, il cuore che aveva tremato contento alle parole dell'amico “Daphne e Blaise sono molto simpatici, li ho conosciuti alla festa al Manor. Artemius ti ha raccontato?”
 “Sì, mi ha accennato. Loro due in effetti sono tra quelli con cui vado più d'accordo, credo addirittura che Emily e Daphne siano amiche. È la piccola Greengrass ad essere davvero insopportabile. Joanne Rowling l'altro giorno si è azzuffata con lei”
 “Per quale motivo?” chiese Emma e fece un piccolo sorrisetto, malamente trattenuto, mentre ricordava l'espressione sdegnata di Astoria alla festa del Manor.
 “Rowling è Mezzosangue. La Greengrass deve aver detto qualcosa di spiacevole a riguardo, ma una Serpeverde Mezzosangue rimane pur sempre una Serpeverde orgoliosa, Daphne è dovuta intervenire per sedare la lite”
 L'emoor sorrise, scuotendo appena il capo, come sempre confusa riguardo a quell'importanza così centrale che si dava al sangue nella comunità magica. Per quanti libri leggesse a riguardo, continuava a vederlo come un punto di vista antiquato. 
 “Com'è essere a Serpeverde? Non ne abbiamo mai veramente parlato” chiese curiosa, cambiando argomento “Voglio dire, avete
fatto amicizia? Come sono i rapporti tra compagni di Casa?”
 Emma era abituata, grazie ai Weasley, al calore tipico di Grifondoro. Quella rosso e oro era una Casa in cui ti sentivi costantemente parte di un gruppo e un ideale, in uno spazio competitivo, e frenetico, ma tiepido. Dove tutti erano accetti, dove tutto era splendente e nessuno era lasciato alle spalle.
Sempre pronti a dar battaglia per qualcosa di più grande, di più alto, ognuno in modo diverso, ma tutti con il sorriso sulle labbra e una cocciuta e solare ostinazione.
 In Corvonero erano più selettivi, in parte come i Serpeverde.
 I rapporti tra i membri della loro Casa che frequentavano anni diversi erano quasi nulli, mentre fervide erano le amicizie che si creavano nello stesso anno, stimolate dalla ricerca accademica, dalla creatività comune e dalla curiosità. Lo stesso gruppo di Emma era a compartimento stagno. Era più facile che un Corvonero facesse amicizia con un Tassorosso, o un Serpeverde piuttosto che con un compagno di Casa di un anno diverso. Erano miti, chiusi su loro stessi, privi di grandi ideali che non fossero personali. 
 E parlando con alcuni Tassorosso, Emma si era accorta di come invece i giallo-nero fossero disposti a mescolarsi, a collaborare, a dare il meglio di sé per il collettivo e quindi fossero particolarmente affini ai grifoni, ma conosceva solo singoli Serpeverde e tutti loro erano ostinati, ambiziosi, solitari e taglienti e a parte la festa di Capodanno non aveva mai avuto modo di intuire le meccaniche sociali tra loro e ne era particolarmente affascinata.
 “Ti direi che i rapporti sono pochi, ma buoni” le spiegò David “C'è molta competizione e gente da cui stare alla larga, ma in generale quelli che non ha mai sentito nominare sono persone a posto, schive forse, ma a posto, per questo non li conosce nessuno.”
 “Tipo questa Rowling”
“Esatto, Joanne è una cara amica di Emily, lei è a posto”
“Sai che il cappello aveva pensato di mandarmi a Serpeverde?” 
“Davvero?” le chiese lui, sinceramente stupito “Sarebbe stato divertente. Anche io sono stato quasi inviato a Grifondoro”
 “Ah ecco” sorrise la ragazza “Ho sempre pensato che tu fossi un grifone sotto mentite spoglie.” 
Anche lui rise, sincero, in quel suo modo rude e istintivo. Caldo.
 “E tu a Serpeverde?” chiese.
 “Il cappello mi ci vedeva bene” annuì l'emoor “Onestamente credo di avere dei tratti molto simili a quelli che Salazar apprezzerebbe”
 “Intendi oltre il sangue?”
“Oltre il sangue” confermò lei, divertita.
 “E allora perché Corvonero?”
 “Perché il cappello pensava che fosse giusto farmi occupare una posizione di giusto equilibrio”
“L'ago della bilancia”
 “Già” mormorò lei “l'ago della bilancia”

Parlarono ancora per un poco, soprattutto di Artemius e del fatto che sembrasse aver acquisito un po' di sicurezza in sé stesso, oltre a un po' di interesse per i suoi compagni e tutto quello che succedeva intorno a lui e secondo David, che sembrava aver finalmente preso persino Emma in simpatia.
 “Era davvero stupito della tua tranquillità al Manor, in positivo intendo. Penso che tu abbia guadagnato il suo rispetto e non credo che sia facile guadagnare il rispetto di Artemius”
 “È stato strano” assentì lei, pensando agli sguardi che tutti le avevano rivolto nel salone del Manor, alla strana combriccola di Serpeverde con cui si era ritrovata ad avere a che fare e al volto vacuo e gentile dell'emoor in mezzo a tutto quello.
 “E hai ballato con Malfoy”
 “E ho ballato con Malfoy”
 “Quello che ho detto a Tullier” disse David per la prima volta estremamente serio, tendendo minaccioso la mandibola “vale anche per Draco. Non mi importa della sua famiglia, se ti fa del male, lo affatturo. È come se fossi mia sorella per me, lo sai”
Emma gli diede un piccolo buffetto affettuoso sulla guancia e annuì, prima di salutarlo sulla porta di ingresso della scuola. Lui le sorrise, si voltò e si diresse verso i sotterranei, lei rimase a guardarlo mentre si allontanava, con dolcezza e provò nuovamente un sottile senso di colpa per il fatto di tenere segrete a lui e gli altri le riunioni dell'ES, ma non poteva fare altrimenti. 
Nessuno del gruppo avrebbe accettato di includere tre emoor Serpeverde ed Emma con tristezza si rese conto che il razzismo magico non era solo dei cosiddetti 'cattivi' verso i 'buoni', ma anche il viceversa. Scrollò le spalle e si diresse verso la biblioteca.

*

Lilith e Fred Weasley sembravano non essere riusciti ad attendere la loro seconda uscita a Hogsmeade, che sarebbe avvenuta di lì a qualche giorno, perché camminavano raggianti mano nella mano di fronte a Emma e George. La biondina sembrava galleggiare nell'aria tanto era felice, quasi non riuscisse a credere alla sua fortuna, ma erano gli occhi luminosi di Fred che lasciavano l'emoor stupita, così come il modo premuroso del gemello di muoversi intorno all'amica.
 “Chi l'avrebbe mai detto?” disse a George al suo fianco, mentre Lilith e l'altro gemello si allontanavano a passo svelto con una mezza scusa, in cerca di maggiore tranquillità.
 Avevano appena finito una riunione dell'ES ed erano piuttosto di buon umore, ma George sembrò ingoiare un boccone amaro, prima di tornare come sempre sorridente.
“Beh, non possiamo mica sposarci fra di noi, in fondo. Immagino che Fred abbia diritto a una ragazza” disse ironico.
 “Come farai ad andare in giro ad Hogsmeade senza di lui?”
 “Troverò una compagna per cedere all'istinto di piangere in un angolo” scherzò, mettendole un braccio sulle spalle, Emma rise.
La neo coppietta si era seduta in disparte nel cortile e anche a quella distanza l'emoor poteva vedere lo sguardo brillante dell'amica e intuiva il rossore diffuso sulle guance e il modo tenero con cui Fred si sporgeva verso di lei. Dolce
 “Beh sembrano innamorati” disse Emma con tenerezza.
 “Oh, lo sono” decretò George.
 Si fermarono anche loro, mettendosi a cavalcioni del basso muretto vicino all'ingresso, a una discreta lontananza da Lilith e Fred, in modo da concedere loro la giusta privacy. Emma tirò fuori il libro di Incantesimi per portarsi avanti con il tema che Vitious aveva richiesto e George le lanciò uno sguardo storto.
 “Non proverai a studiare, Ems!” si lamentò, con una smorfia contrariata “Sono qui abbandonato da mio fratello e tu mi ignori”
Lei gli lanciò un mezzo sorriso gentile “Devo. Potresti aiutarmi”
 “Non hai bisogno del mio aiuto”
 “Non essere melodrammatico. Un punto di vista diverso è sempre utile” fece presente la ragazza.
“Non hai Hermione per quello?” chiese imbronciato il ragazzo, appoggiandosi con la schiena alla colonna e incrociando le braccia.
“Hermione è brava, ma non è un nuovo punto di vista per me. Studiamo insieme da troppo tempo e poi come pensi di superare i MAGO se non ripassi, George?”
 “Merlino Emma. Sembri mia madre e la Granger insieme così”
 “Dici?” chiese lei con aria furba “E dire che non ho ancora detto che sei intelligente, ma non ti applichi”
L'altro trattenne a stento un sorriso  “Colpito e affondato.”
 “Quindi vuoi aiutarmi?”
 “Naah e a dirla tutta non è detto che farò anche i MAGO”
L'emoor lo guardò stranita “Ma che dici? Sono tra pochi mesi”
“Diciamo che ho un progetto.” sorrise morbido il ragazzo.
“Che progetto?” chiese sospettosa Emma, completamente dimentica del suo libro di Incantesimi e George ghignò furbo e si avvicinò a lei, portando il viso a un soffio della sua guancia.
 “È un segreto, signorina O'Shea, ma te lo rivelerò al momento opportuno, promesso” sussurrò ed Emma lo sentì prendere respiro come se stesse per aggiungere qualcosa, ma qualcosa li strattonò separandoli e l'emoor colpì la colonna alle sue spalle con la testa.
 Sbatté le ciglia, confusa, guardandosi intorno perplessa e si accorse della Umbridge che si avvicinava a passo di marcia dal fondo del corridoio, seguita da un paio di Serpeverde del secondo anno. 
 “Trenta centimetri di distanza” urlò la professoressa, civettuola, quando gli fu di fronte e aveva un'espressione incattivita.
 Emma si raddrizzò e si sforzò di farle un sorriso falso in risposta, cercando di resistere all'impulsoo di prenderla a pugni e non appena lei li superò, con il suo passo ticchettante, si affrettò a prendere la mano di George per calmarlo. Il gemello aveva le guance chiazzate di rosso e gli occhi che tremavano pericolosi.
 “Non ti agitare, è solo la Umbridge” sussurrò l'emoor
 “Lei potrebbe essere un buon motivo per non prendere i MAGO” sputò nervosamente il ragazzo “Non la sopporto”
  “Il tuo intento è quindi quello di farti espellere per tentato omicidio a un professore?” chiese Emma e lui la guardò stranito prima di scoppiare a ridere sonoramente.
“Merlino, essere adottata dal pipistrello ti ha reso un poco drastica”
Anche lei scoppiò a ridere divertita, la mano ancora stretta a quella dell'amico, senza imbarazzi.
Non si accorsero dello sguardo chiaro che li osservava da lontano, tra le fronde dell'albero che svettava in mezzo al cortile.
 Non seppero mai dell'urgenza improvvisa che scosse Draco Malfoy alla vista di Emma O'Shea e George Weasley ridere insieme. 
Né del dolore che attraversò il petto del ragazzo, o dello strano malessere che lo colse, rischiando di farlo cadere dal ramo su cui stava appollaiato. Ed era qualcosa di molto diverso dalla gelosia e dalla rabbia, ma, forse, per alcuni aspetti, più subdolo: Era invidia.

Draco Malfoy invidiava con tutte le sue forze George Weasley, con un'intensità che non avrebbe mai potute credere, specie perché era rivolta a un rosso traditore del suo sangue, ma Draco Malfoy non provava invidia per quello che il gemello era
 Provava invidia per quella risata alla luce del sole, per quell'amicizia a cui lui sembrava di non poter ambire. Per quella naturalezza condivisa, quei tocchi affettuosi e leggeri.
E Draco Malfoy, le nocche bianche, mentre si aggrappava ai rami del vecchio albero, si disse che doveva trovare il coraggio di parlare con l'emoor il prima possibile e la parola coraggio, purtroppo non gli apparteneva per nulla, ma non poteva fare altrimenti, perché Draco Malfoy non riusciva a smettere di pensare ad Emma O'Shea.

*

Il circolo di Mangiamorte.
Codaliscia e il coltello.
La donna che urlava.
I lampi verdi.
La madre, il padre e Steph.
Severus e Lucius Malfoy che ridevano di lei.
Draco Malfoy che alzava la bacchetta. 
“Mi dispiace Emma, hai scelto il lato sbagliato”
Nero.

*

Emma non era mai stata a Hogsmeade. Le uscite non erano mai state considerate adeguate alla sua sicurezza fino a quel momento e nelle giornate in cui tutti andavano alla cittadina lei aveva passato il tempo in biblioteca a studiare da sola, o più raramente con Artemius, nelle sue stesse condizioni. 
 Così quando Piton le consegnò il suo permesso firmato, in quanto suo nuovo tutore legale, la ragazza si fece sfuggire un gridolino di gioia inaspettato e dovette trattenersi dall'abbracciarlo di slancio.
 “Grazie Sev” disse d'un fiato e lui fece solo un cenno con il capo.
 “Devo farti firmare alcune carte” aggiunse secco, passandole varie pergamene, mentre abbassava il capo per continuare a correggere i compiti del terzo anno.

...ufficialmente, la sottoscritta Emma O'Shea, prende il cognome del genitore affidatario, Severus Piton, adeguando il suo nome ad Emma Piton O'Shea...

“Emma Piton O'Shea” disse l'emoor, masticando con un mezzo sorriso il suo nuovo cognome.
 “Non devi per forza usarlo” precisò l'uomo, senza guardarla “È solo una formalità. Anzi penso sia meglio che qui ad Hogwarts tu mantenga solo il tuo vecchio cognome, ma non posso adottarti senza importi il mio.” spiegò pratico, la voce bassa, all'apparenza distratta.
 “A me piace.” sorrise la Corvonero “Posso usarlo finita scuola?  Piton O'Shea, sembra piuttosto altisonante”
 Il professore le lanciò un'occhiata blanda, stringendo le spalle.
 “Se credi” borbottò, ma Emma notò la leggera piega sulle sue labbra. Tenerezza, forse una leggera soddisfazione.
 “Avanti Sev, non sei un po' contento che io prenda il tuo cognome? Stai inserendo una preziosissima emoor nella tua discendenza.”
 Lui arricciò le labbra in una mezza smorfia.
“Avrei preferito di gran lunga affidarti il cognome di mia madre” “Perché?” chiese Emma curiosa.
 “Perché mio padre era solo un zotico e un rude.”
 L'emoor si zittì e osservò attenta l'uomo, che teneva il naso adunco piegato sulle pergamene, senza lasciar trasparire i suoi sentimenti, come sempre. La ragazza lo sentiva raramente parlare del passato e lei aveva sempre avuto il tatto di non spingerlo a dire nulla di più di quello che si sentiva, tenendo a bada la sua curiosità. 
 Aveva capito che c'era qualcosa di doloroso da cui Severus voleva tenerla lontana, qualcosa che lo aveva portato a farsi marchiare e prendere strade sbagliate, ma non sapeva a cosa fosse legato e gli unici spiragli che lui le aveva concesso erano riguardo la sua infanzia, mentre la sua adolescenza rimaneva un buco nero.
 Emma però tendeva ad accettare quel che il tutore le concedeva e anche partire da un Severus poco più che bambino era comunque un inizio, per quanto fragile e faticoso.
 “Tua mamma si chiamava Eileen giusto?” chiese cauta.
 “Eileen Prince” annuì lui, alzando infine lo sguardo su di lei “Ma non dovresti essere ad Hogsmeade, Emma?”
“Giusto, Artemius mi sta aspettando” sorrise lei. 
 Firmò i fogli che le assicuravano il cognome Piton e li consegnò all'uomo, abbracciandolo velocemente, senza ricevere risposta alla stretta, per poi dirigersi verso la porta.
 “Come mai vai con Hope a Hogsmeade?” domandò il professore.
 L'emoor si bloccò, sorpresa per quella domanda inaspettata e osservò il tutore, che sembrava però ignorarla dando estrema attenzione alle pergamene che aveva di fronte, in cui affondava ancora il naso adunco. Per come lo vedeva lei, quello era un debole tentativo di Severus di interessarsi alla sua vita.
 “Beh, Artemius è un mio amico, pensavo di presentarlo agli altri di Corvonero...” spiegò, titubante “Anche per lui è la prima gita.”
L'uomo parve improvvisamente imbarazzato mentre annuiva.    
 “Certo. Pensavo solo, sai... oggi... voi ragazzi... Forse Weasley”
Era San Valentino. Emma lo sapeva benissimo, dato che Lilith non aveva parlato d'altro che della sua imminente uscita con Fred da quella mattina, ma l'emoor sapeva anche di non potersi permettere di immaginare una giornata romantica a Hogsmeade, sicuramente non con Malfoy. Lei non ci aveva riposto alcuna speranza e lui non ne aveva, in fondo, data alcuna.
 “Intendi George?” chiese con un sorriso al tutore, ormai scarlatto.
 “Non so qual era dei due a starti appiccicato al San Mungo.”
 “Era George.”
 “Bene. Pensavo che tu e lui...”
 “Non ho nessun appuntamento, Sev.” disse l'emoor tranquillamente, cercando di sorridere e di sembrare disinvolta. 
Era intenerita dall'atteggiamento del tutore, da quel tentativo evidente e goffo che l'uomo stava mettendo in piedi per avere un dialogo con lei, seppur con un certo sforzo e contro il suo istinto.
“Gli altri emoor?” chiese infatti, incerto nel parlare di sentimenti ed esageratamente rigido e serio “Ora che siete liberi di uscire nel fine settimana tutti e quattro? Non vi fate compagnia?”
 Fu il turno di Emma a diventare lentamente cremisi.
“David ed Emily in effetti hanno un appuntamento” spiegò velocemente “Uno vero. Romantico. per questo faccio compagnia ad Artemius. Non sarò sola quindi, se è questo che ti preoccupa."
 “Certo, certo” borbottò l'uomo “allora buon divertimento” 
 E  dal modo secco in cui parlò, incassando le spalle, Emma capì che non avrebbe aggiunto altro.
 L'emoor abbandonò la stanza, dirigendosi a passo svelto verso l'ingresso della scuola. Era piuttosto in ritardo e odiava farsi aspettare, specie da Artemius, già piuttosto insicuro. 
Quando David le aveva detto di aver invitato Emily ad uscire ufficialmente, Emma era quasi esplosa per la gioia, si era complimentata con loro, abbracciandoli e sull'onda dell'entusiasmo aveva proposto ad Artemius di unirsi a quel punto a lei e gli altri Corvonero per evitare di rimanere da solo. 
 Artemius aveva accettato con riluttanza, dopo aver chiesto con voce strascicata e vago sprezzo “Ma non vai con Malfoy? È San Valentino, sai?”, cogliendo di sorpresa Emma, che aveva scosso la testa con un sorriso forzato, chiudendo così la conversazione.
 Ora però che si avviava all'appuntamento con l'amico, la Corvonero si rese conto che lei ed Artemius non avevano mai avuto delle grandi conversazioni e all'infuori della festa al Manor non avevano mai passato del tempo insieme da soli e si chiese come avrebbero riempito il silenzio lungo la strada fino ai 'Tre manici di scopa' dove gli altri li avrebbero aspettati. 

Uscita in cortile Emma trovò l'emoor discendente di Tassorosso che la aspettava diligentemente accanto al muro. Ritto sul posto e avvolto fin sopra il naso in una calda sciarpa Serpeverde. Pensò addirittura che fosse in agitato, non riuscendo a vederne il volto e si sentì un sorriso spuntare immediato.
 “Ciao” lo salutò e lui fece un solo cenno con il mento, incamminandosi lentamente per primo.
 La ragazza a volte pensava che Severus da ragazzo doveva essere stato caratterialmente molto simile ad Artemius, con i suoi modi di fare chiusi e spicci e l'atteggiamento sulla difensiva. 
 Non si dissero nulla, ma il silenzio non era teso e inaspettatamente a romperlo fu proprio il ragazzo, quando scorsero una ventina di metri in avanti rispetto a loro i capelli rossi di Ginny, che camminava mano nella mano con Michael Corner.
“La Weasley è fidanzata” affermò con tono neutro, come stessero commentando il tempo atmosferico.
 “Sta con Micheal da parecchio” ribatté l'emoor, accigliandosi.
Il ragazzo piegò il capo di lato, assumendo un'aria assorta.
 “Pensavo le piacesse Potter”
 Emma gli lanciò un'occhiata, chiedendosi distrattamente come Artemius facesse saperlo, ma glissò velocemente.
 “Si beh, forse quando era più piccola si era presa una cotta, ma le è passata immagino. Come fai a saperlo?”
 “Malfoy” rispose secco l'altro.
 La ragazza alzò gli occhi al cielo: non faticava a immaginare Draco che si prendeva gioco di Ginny nella sua Sala Comune. Si strinse nella mantella, rabbrividendo a causa di un gelido refolo di vento, era una giornata di sole limpida, ma molto fredda.

I due camminavano a lato della strada. Alcune delle coppiette che li superavano, rallentarono appena per osservarli con curiosità. Emma sperò che non stesse accadendo lo stesso a David ed Emily e fece un sospiro esasperato, serrando i denti.
 “Mi sembri molto più sicuro di te, sbaglio?” chiese, per rompere di nuovo il silenzio e lui scrollò le spalle.
 “Uguale a prima, solo che ora parlo”
“Come mai?”
 “Così”
 “Ti trovi bene con i Nott?” domandò la ragazza, nel tentativo di portare avanti la conversazione.
 “Sono i Geller” specificò Artemius con tono piatto “Nott è il cognome della moglie. Mi trovo bene, in realtà non ne ho idea, ho passato solo le vacanze di Natale da loro, ma mi mandano lettere ogni lunedì e mercoledì e sembrano gentili”

“Hanno altri figli?” indagò l'emoor e Artemius scosse la testa.
“Immagino sia per questo che mi abbiano adottato, nessuno sano di mente che sa come sono i ragazzi normali l'avrebbe fatto altrimenti”
Emma lo guardò stupita, fermandosi. Le guance pallide del ragazzo si stavano colorando di rosa e gli occhi vacui e chiari fissavano un punto indefinito oltre di lei. 
 “Perché dici così?” sussurrò la Corvonero, frenando l'istinto di carezzarlo, o di afferrarlo per un braccio e scrollarlo.
 “Lo diceva sempre mia madre” spiegò lui stancamente “quella uccisa dai Mangiamorte, non quella nuova. Diceva che sono un ragazzo strano. Che nessuno mi avrebbe voluto come figlio.”
 Emma provò un moto di rabbia e tenerezza mischiate insieme. 
 Per un istante pensò di chiedere lui qualcosa della sua vecchia vita, della madre o della sorellina a cui Silente aveva fatto cenno, ma sapeva che il ragazzo non avrebbe apprezzato, quindi allungò solo la mano in un gesto affettuoso, carezzando la schiena di lui, stupendosi di non sentirlo ritrarsi, anzi.
 “Lo sei” disse sicura “strano intendo, ma la vedo come una qualità”
 Artemius le fece una smorfia contratta che la ragazza capì un secondo più tardi essere una specie di sorriso e lei provò un vago sollievo per avergli chiesto di accompagnarla. 
Loro due erano in fondo due orfani, che avevano passato drammi simili e che avrebbero dovuto aiutarsi e sostenersi. Anche se questo, visto la chiusura e il costante fare sospettoso del ragazzo era complesso, ma lei vedeva delle possibilità.
 “Vai ancora alla torre di astronomia quando vuoi stare solo?” chiese cauta. Lui si irrigidì visibilmente, annuendo piano.
 “Anche io lo faccio spesso” lo tranquillizzò Emma “siamo umani Mius, non siamo invincibili.”
Qualcosa si spezzò sul volto del Serpeverde, tremulo, fragile.
“A volte mi sento così tanto triste che ho bisogno...” balbettò con affanno e subito lei si fece più vicino a lui e sentì stringersi il cuore davanti a quell'espressione spersa.
 “Lo so” rispose semplicemente, con tono rassicurante “Per questo sono molto contenta che tu ora esca più spesso con me e gli altri e soprattutto di presentarti anche altri miei amici, bisogna supportarci a vicenda, Mius. Non isolarci”
 L'altro emoor annuì piano, gli occhi vacui e distratti e senza aggiungere altro ripresero a camminare verso il villaggio, fino a quando non arrivarono al centro di una piccola piazza.
 Emma scorse varie vetrine colorate e l'insegna dei 'Tre manici di scopa', sorrise godendosi la vista del piccolo villaggio e si accorse di David ed Emily poco distanti che camminavano vicini: raggianti.
 Fece un cenno al Serpeverde che alzò lo sguardo e annuì.
 “Sono una bella coppia” disse il ragazzo a sorpresa, riferendosi ai due emoor e detta da lui quella frase sembrava quasi una sottile approvazione, tanto che anche Emma assentì, in un piccolo sorriso.
 “Sono molto carini. Sono davvero felice per loro”
 “Anche tu e Malfoy sareste una bella coppia” aggiunse l'altro “Vi ho visti al ballo. Draco era diverso. Non lo avevo mai visto così”
 “Oh, noi... noi non siamo una coppia” balbettò lei, le guance roventi, mentre cercava di ignorare lo sguardo scettico dell'amico.
 “Come preferisci” decretò Artemius con nonchalance “Andiamo dai tuoi amici? Fa freddo qui”

. . .

Entrarono ai 'Tre manici di scopa', facendosi travolgere dal chiacchiericcio degli avventori e dal piacevole calore. Le loro guance quasi sfrigolarono di piacere, mentre Emma si guardava intorno, cercando gli amici tra i tavolini affollati.
Come previsto trovò James, Luna e Sean in un angolo tranquillo che sorseggiavano Burrobirra, tenendo loro il posto e con sorpresa dell'emoor vi erano anche George Weasley e Lee Jordan.
 Emma si districò velocemente in mezzo alla folla per andare ad ordinare due Burrobirre in più per sé e il Serpeverde e tornò al tavolo degli amici, quasi inciampando nella sedia di Hermione, che se ne stava sola in disparte e che la salutò frettolosamente, continuando a leggere il libro che aveva davanti a sé.
 “Ecco la mia Corvonero preferita” la accolse George allegro “Cominciavamo a chiederci dove fossi finita.”
 “Io e Artemius l'abbiamo presa con calma” rispose la ragazza “Come mai Hermione sta sola?”
 “Dice che ha un appuntamento e delle cose da sbrigare” disse Lee.
 “Capito. Lui è Artemius” 
 I ragazzi sorrisero benevoli al nuovo arrivato ed Emma si sedette accanto a James, facendo cenno all'altro emoor di imitarla. Artemius non sembrava propriamente a suo agio e si guardava attorno circospetto, ma si mise accanto a lei in silenzio.
 “Stavamo parlando dei GUFO che dovremo fare l'anno prossimo.” spiegò James, sorridendo loro.
 “Assolutamente inutili” specificò George “degli esami Ministeriali che non trovano certo il vero genio”
“Tipo quello tuo e di Fred” lo prese in giro l'emoor.
“Tipo!”
 Sean ridacchiò, osservando con curiosità il gemello ed Emma si rese conto che nell'amico c'era una scintilla di ammirazione e che forse lei era abituata alla presenza dei due gemelli e la considerava una normalità piuttosto piacevole, ma per gli altri i due Weasley erano delle vere Star. Tra i Corvonero stessi i gemelli Harrods erano i loro più grandi fan. 
“È vero che i ragazzi del quinto anno fanno un colloquio di orientamento con il proprio direttore Casa?” chiese Luna.
 “Vero” rispose Lee ed Emma lo guardò interessata.
 “A che fine?” chiese.
“Capire quale carriera sia più adatta a noi immagino” intervenne James, diplomatico.
 “Precisamente” annuì Lee "Ma la McGranitt è quasi impazzita a capire che cosa potrei fare della mia vita, io non ne ho idea, ma  mamma invece vorrebbe che lavorassi al Ministero”
 “Tutti i genitori lo vorrebbero” ribatté Sean.
“Mio padre no” disse serafica Luna, che ora li osservava con inatteso interesse “Perché mai uno dovrebbe voler vedere il figlio lavorare al Ministero?”
 Emma ridacchiò sotto i baffi e si accorse che Artemius guardava la bionda con una buffa espressione interdetta.
 “Io vorrei tentare una carriera accademica con la Trasfigurazione” ribatté James, con un sorriso sicuro.
 Emma, che ridacchiava ancora per l'intervento di Luna lo guardò stupita. L'amico aveva sempre le idee molto chiare e in effetti lavorare nell'ambito della Trasfigurazione sembrava essere una carriera che adatta a lui. Era sempre stato molto bravo nella materia ed eccelleva anche in Incantesimi, oltre che in Pozioni.
 “Io vorrei tentare la carriera di Magiavvocato” disse invece Sean.
 “Davvero?” chiese George perplesso, quasi strabuzzando gli occhi  “ma non è terribilmente noioso e complicato accederci?”
 “Beh” si difese Sean “nessuna carriera ambiziosa è semplice”
 “Né divertente” rimarcò Lee.
 “Tranne fare il custode dei ricciocorni” gli ricordò Luna, con aria terribilmente seria e solenne e ancora una volta il tavolo dovette trattenere le risate e il Serpeverde la guardò perplesso.
“Emma, Artemius?” chiese James, nel tentativo di coinvolgere nella conversazione anche il ragazzo, che li guardava in religioso silenzio, gli occhi spalancati come sempre e l'espressione neutra.
 “Pozioni” rispose Emma per dare il tempo al Serpeverde di pensare a una risposta “Se mi trovassi indecisa credo proprio mi piacerebbe continuare con Pozioni, ma in realtà vorrei informarmi meglio sulla costruzione delle bacchette”
 “Davvero?” chiese Sean stupito “è una carriera insolita”
 “Beh sì” ammise Emma, non ci aveva mai veramente pensato se non fugacemente, quando nelle vacanze a Spinner's End si era ritrovata a leggere un po' di libri a riguardo “Severus però una volta mi ha detto che sia la costruzione delle bacchette, che l'arte delle Pozioni sono discipline di grande precisione e conoscenza e che hanno molto in comune, quindi...”
“Ti ci vedo bene” la interruppe Artemius a sorpresa e il silenzio cadde sfrigolando intorno a loro.
 “Davvero?” chiese Emma soffice, mentre l'emoor Serpeverde annuiva, lanciandole un breve sguardo.
 “Il professor Piton ha ragione: sei molto brava in Pozioni” disse  piatto “quindi teoricamente sei portata anche per l'arte delle bacchette. Inoltre chi fa un lavoro del genere deve viaggiare, entrare in contatto con la politica del paese in cui si procura gli elementi che si vogliono usare come nuclei e poi continuare a sperimentare e studiare per affinare le conoscenze e rendere le bacchette sempre più precise e soprattutto declinabili a diverse forme di arti e di potere. Credo che sia molto adatta a te come carriera”
 Tutti al tavolo erano piuttosto impressionati, sia dal lungo discorso del ragazzo, sia dalle nozioni che aveva snocciolato con tanta tranquillità e distacco.
 “La sai lunga eh” disse Lee con un sorriso incoraggiante.

Continuarono a chiacchierare allegramente, anche se Artemius rispondeva per lo più a monosillabi e a volte in maniera piuttosto criptica, come quando disse a James che lui non pensava a una probabile carriera futura perché preferiva vivere il presente, non sapendo se sarebbe morto giovane, ma tutto sommato il ragazzo pareva a suo agio e il pomeriggio passò bene.
 “Bene amici Single” disse dopo parecchio George con tono allegro  “è ora di tornare al castello a sorbirci i racconti che i nostri amici sfortunatamente accoppiati vorranno farci.”
 Risero tutti, persino Artemius si fece sfuggire una piccola smorfia divertita e si incamminarono insieme verso i prati di Hogwarts, avvolgendosi stretti nei mantelli per combattere il freddo pungente.
Erano quasi arrivati e George stava commentando divertito il nuovo cognome di Emma “Piton O'Shea, Merlino com'è altisonante”, quando Blaise Zabini li raggiunse con passo spedito e sicuro e chiese di parlare con Emma. 
George lanciò un'occhiata sospettosa al Serpeverde, ma James lo trascinò via, anche su esortazione della ragazza e tutto quello strano gruppo mal assortito si allontanò continuando a chiacchierare.  
 Emma li osservò con un sorriso, quasi ruggendo di gioia nel vedere Artemius parlare con James come se fosse una cosa assolutamente normale, senza voltarsi per cercare il suo sguardo.
“Blaise” disse Emma verso il ragazzo bruno accanto a lei.
 Non si erano più parlati dopo la festa al Manor. Si erano al massimo incrociati brevemente qualche volta nei corridoi ed Emma l'aveva visto in un paio di occasioni in biblioteca con Sarah Morris, ma non si era mai intromessa.
 Lui inaspettatamente la abbracciò in maniera goffa e amichevole.
 “Come va O'Shea?”
 “Bene. Qual buon vento?” chiese lei.
“Malfoy” rispose pratico lui, porgendole una pergamena piegata con cura e concedendole un sorriso brillante.
 Emma sentì le guance colorirsi di rosa mentre la prendeva. 
 “Ti usa come gufo, Zabini?”
L'altro ridacchiò divertito, inspirando lentamente dal naso. 
 “Non oserebbe, ma io avevo voglia di salutarti e lui è un discreto codardo. Quindi eccomi qui.”
 Emma rise e si avviarono verso il castello insieme, chiacchierando del più e del meno con tono tranquillo. Si separarono all'ingresso, ognuno diretto verso la propria aula comune e appena la schiena di Blaise sparì dalla sua vista, con il cuore in gola, lei si affrettò ad aprire la pergamena.

Buon San Valentino.
Dra

Solo quella piccola frase. Quel minuscolo augurio, scritto con calligrafia educata ad essere elegante, ma l'emoor non riuscì a trattenere un mezzo sorriso nemmeno davanti a quelle poche parole.

*

Il circolo di Mangiamorte.
Codaliscia e il coltello.
La donna che urlava
I lampi verdi.
La madre, il padre e Steph.
Severus e Lucius Malfoy che ridevano di lei.
Draco Malfoy che alzava la bacchetta 
“Mi dispiace Emma, hai scelto il lato sbagliato”
Nero.

*

Emma era completamente travolta dai compiti e gli impegni scolastici in quei giorni, tanto che faticava a starne al passo. Si stropicciò gli occhi, stanca, mentre osservava il liquido che gorgogliava lentamente nel calderone, pensando alla serata piena di inchiostro e pergamene che la aspettava.
 Con un sospiro, girò un'ultima volta con il mestolo in senso orario, illuminandosi appena di soddisfazione quando vide la pozione assumere la giusta colorazione ed emanare un riconoscibile odore di liquirizia. Lanciò un'occhiata a Malfoy al suo fianco, che annuì con il capo in una chiara smorfia altrettanto soddisfatta.
 “Ottimo lavoro, O'Shea” bisbigliò il ragazzo ed Emma fece defluire la pozione nella boccetta, scrivendo come sempre i loro nomi.

A volte Draco la chiamava ancora con il suo cognome, quando la stuzzicava, o quando erano a lezioni e per qualche motivo la cosa la faceva sempre sorridere. Forse era il modo in cui lo pronunciava, come se sotto intendesse 'Ti chiamerei per nome se potessi', o forse era per quel ridicolo atteggiamento distante che adottavano di fronte ad altri, ma all'emoor in fondo piaceva che anche delle cose così piccole, come l'uso del nome e del cognome, per loro potessero assumere tanto valore.
 “Posso parlarti finita la lezione, senza che Piton trovi un altro assurdo motivo per trattenerti?” chiese il biondo in un sussurro e lei, con uno sguardo piacevolmente stupito, assentì.
“Dovremo fuggire, Malfoy” sorrise divertita “Tieniti pronto”
 Non le piaceva scappare da Severus, ma l'uomo era stato effettivamente un elemento di un certo peso nel ritardare il confronto tra lei e il Serpeverde. Draco, infatti, aveva provato a parlarle alla fine delle ultime quattro lezioni, ma il professore l'aveva sempre impedito, trattenendo Emma per i motivi più vari. 
E l'emoor, anche se intuiva il gioco del tutore e comprendeva che per lui vederla avvicinarsi a un membro della famiglia Malfoy era difficile e forse allarmante, voleva chiudere quella situazione.
  Severus la voleva al sicuro, certo, ma Emma non poteva sottostare alle sue paure per sempre, né considerava Draco un pericolo al pari di Lucius Malfoy e soprattutto voleva poter prendere le sue scelte.
 Non che non fosse grata a Piton per quello che faceva per lei e sicuramente avrebbe trovato il modo di discuterne insieme a lui in un secondo momento, probabilmente durante una delle sue lezioni di Occlumanzia, ma chiarire la situazione con Draco le sembrava prioritario e non accettava freni da un uomo che passava il suo tempo con Lucius, o peggio con Voldemort.
 La Corvonero si mosse svelta, la borsa che già le dondolava sulle spalle e portò la sua provetta alla cattedra con decisione. 
 Fece solo un sorriso frettoloso a Piton, troppo veloce perché lui potesse trovare il tempo di dirle qualcosa, o di trattenerla in qualunque modo e si affrettò a tornare al banco, dicendo a James e Sarah che li avrebbe raggiunti più tardi. 
Ignorò, con un certo sforzo, la voce bassa di Severus che la chiamava alla cattedra, fingendosi distratta nel trambusto generale degli studenti che sistemavano i banchi. 
 “Andiamo?” chiese incalzante a Malfoy e lui si affrettò a buttarsi la borsa sulle spalle e a seguire la ragazza fuori dal sotterraneo, sotto gli sguardi stupiti della maggioranza degli studenti.

. . .

I due camminavano lentamente nel parco, allontanandosi sempre di più dal castello e dagli sguardi indiscreti. Faceva freddo, ma la neve cominciava a sciogliersi in quel Marzo più mite del solito, lasciando grandi chiazze umide e verdi sparse sull'erba.
Emma si sciolse pigramente i capelli dalla treccia che si faceva quando lavorava a Pozioni e li gettò dietro alle spalle prendendo un bel respiro. Era vagamente stanca, ma luminosa nella luce pomeridiana e Draco, che camminava accanto a lei, la spiò attento. 
 Anche lui era tranquillo e il ghigno onnipresente che mostrava nei corridoi pareva scomparso, lasciando posto a un'espressione neutra, all'infuori delle labbra leggermente piegate in un mezzo sorriso.
“Qual è il piano, Draco?” chiese la ragazza, curiosa.
 “Quale piano, Emma?” fece lui di rimando con aria divertita.
 Si fermarono sotto un albero e si sedettero, dopo aver asciugato la porzione d'erba con la punta della bacchetta. Intorno a loro non si vedevano studenti e i rami curvi davano loro ulteriore privacy.
Il cielo era ancora chiaro nonostante fosse tardo pomeriggio e un venticello tiepido scompigliò loro i capelli.
 “Sei tu che mi hai scritto dopo il ballo al Manor” puntualizzò l'emoor “Che non ti importavano le nostre differenze, sbaglio?”
 “Più o meno in effetti è quello che ho scritto”
 “E non hai un piano?”
“Speravo lo avessi tu” gli sorrise lui, guardandola.
 Emma sospirò, lasciandosi distrarre per un breve momento dagli occhi grigi che la osservavano, mentre cercava di ignorare la stretta allo stomaco e provava a raggruppare le idee.
 Lei a Malfoy si erano baciati. Avevano ballato. 
'Tu mi piaci' aveva detto lui, mentre rideva in modo così bello e inaspettato.
 “A me non importa che siamo diversi Draco, importa più a te” ammise infine, giocherellando con una ciocca di capelli, ferma nella sua posizione di dare al ragazzo lo spazio di cui aveva bisogno. 
 Era lui quello cresciuto con ferme regole, imposizioni e aspettative, lei poteva essere più flessibile a riguardo, anzi, doveva provare ad esserlo se voleva che le cose funzionassero.
“Draco...” lo chiamò con dolcezza, chinandosi verso il ragazzo.
 “Nemmeno a me in realtà importa” disse lui secco, con espressione di sfida “Importa alla società però, ai Purosangue”
 Emma rise divertita, scuotendo appena il capo, mentre lo osservava di sottecchi, con un sorriso morbido.
 “Sai benissimo che importa anche a te, Draco, non mentire.” disse senza tono d'accusa “Non perché mi disprezzi, ma perché hai troppa paura di essere giudicato e poi perché a te piace moltissimo essere un borioso Purosangue e un perfetto Serpeverde: ammettilo” 
 Il ragazzo parve colpito da quelle parole, per qualche secondo strinse con forza le labbra in una linea severa e i suoi occhi argentei sembrarono assumere una luce pericolosa, ma Emma rimase pazientemente in attesa di una risposta e quasi sospirò di sollievo, quando sentì la voce di lui dire tranquilla: “Hai maledettamente ragione O'Shea. Mi importa essere un buon Purosangue, ma mi piacerebbe trovare un modo, davvero”
La Corvonero stese un sorriso mite, per fermare uno moto di panico improvviso che la fece arrossire e lo guardò.
 “Non possiamo stare semplicemente insieme? Anche solo passare del tempo insieme, come amici. Quale importante regola star...”
 Lui allargò di poco il ghigno supponente che gli illuminava il volto, ma lo sguardo parve farsi più cupo, malinconico e l'emoor  lasciò morire le parole di lamentela sulle labbra e sentì l'impulso di abbracciarlo, stringerlo, accarezzare quel viso distratto.
 “Io non bacio le mie amiche, O'Shea. Tu baci i tuoi amici?”
 “No” soffiò lei, le guance piacevolmente rosate e Draco le lanciò un'occhiata divertita per i suoi modi goffi, prima di parlare con tono sicuro e schietto.
 “Tu mi interessi. L'ho già detto. Mi piaci. Se ci fosse un modo consono per stare insieme ne sarei felice"
“Anche tu mi piaci” ribatté pronta l'emoor.
 Ci fu una bolla di silenzio ad avvolgerli inaspettata. 
 Draco alzò lo sguardo lentamente, fissandolo in quello di lei e parve prendersi un momento per studiarne il volto, come se volesse scoprire quello a cui lei stava pensando. 
Emma si rese conto che era la prima volta che gli diceva ad alta voce che lui le piaceva, ma non sapeva che era anche la prima volta che qualcuno diceva a Draco Malfoy quella frase così semplice.
'Tu mi piaci' era una frase semplice in effetti. Una frase tenera, quasi infantile. Una frase che nessuna delle ragazze di Serpeverde che Malfoy aveva frequentato in passato aveva mai pronunciato, né probabilmente pensato di dire, né a lui, né ad altri.
 Ed Emma lo vide in un lampo, l'atteggiamento di paura e difesa che inquinava i lineamenti del ragazzo, sentì quasi l'odore del suo terrore nel fare quel piccolo passo nel vuoto e lo vide chiudersi in sé stesso.
 “Sei svenevole, O'Shea” disse acido, ma l'emoor non si scompose.
 Rimase anzi in silenzio, osservando il parco deserto, lasciando che Malfoy assimilasse quel che si erano appena accennati e tornasse in controllo. La luce della giornata morente che sembrava dipingere il cielo intorno al castello di colori pastello. Era una vista stupenda.

“Non so come potremo far funzionare le cose.” ammise infine il Serpeverde, leggermente sconfortato, spezzando la calma.
 “Cosa non le fanno funzionare?” chiese Emma, paziente.
 “Mio padre non approva...”
 “Tuo padre non approva molte cose, Draco”
“Le nostre Case...”
 “Le Case non hanno più significato dopo Hogwarts, sei tu a dargliene uno e comunque sono una neutra Corvonero, nemmeno una terribile Grifondoro.”
“E poi ci sarebbe Piton...” tentò lui.
 “Severus non è affatto un problema tuo, ci parlerò”
 “Allora Potter.”
Emma sbatté le ciglia un paio di volte, presa in contropiede.
 “Che c'entra Harry?”
 “Beh, tu sei sua amica.” disse Draco e lo fece con così sconcertante  candore che l'emoor si sentì togliere le parole di bocca.
Aveva studiato molto sull'importanza del sangue magico, aveva parlato con Sirius e si era persino azzardata a chiedere Severus. Cominciava a intuire le imposizioni che governavano le leggi che le Sacre 28 famiglie di Purosangue si imponevano, ma lo sconcerto sul volto di Draco era alienante. Quel ragazzo non avrebbe mai potuto scegliere liberamente di essere, o non essere, amico di Harry Potter.
 L'emoor inarcò il sopracciglio e prese fiato. Lei non si sentiva propriamente di definirsi un'amica del Grifondoro, ma capiva cosa intendesse Malfoy e si sporse in avanti per guardarlo in volto.
“Anche tu sei amico di gente che non approvo, Draco. Ma cosa c'entra questo con noi due?”
Lui parve vagamente stupito e sperso. 
 “Sei disposta a essere amica di Potter e continuare a vederti con me.” esalò e non era una domanda, ma un'affermazione piena di perplessa e affascinata curiosità.
 “Certo” disse lei con forza “Draco, noi ci stiamo simpatici, è evidente. Ci piacciamo e non riusciamo evitarci. È però anche evidente che ci circondiamo di persone diverse. Tu non puoi costringermi a voler bene alla Parkinson, o a pensare che i Nati Babbani ci siano inferiori. Io non posso costringerti a schierarti con Potter, o a non insultare Hermione. Certo, ti farò notare sempre che secondo me è sbagliato e se la offenderai potrei difenderla e arrabbiarmi con te, questo non cambia quello che provo.”

Lui parve pensarci per una attimo prima di annuire.
 “Cazzo, Emma. Lo capisco. Stessa cosa per me, credimi, ma devi ammettere che la Granger...”
“Draco” lo fermò l'emoor con un tono perentorio, ma dopo un unico sguardo di sfida, si accorse che lui la stava solo stuzzicando e scoppiarono a ridere insieme e al suono della risata del Serpeverde il cuore dell'emoor parve prendere il volo. Malfoy era a suo agio e la osservava in attesa che lei dicesse qualcosa.
 “Questi comunque” lo accontentò la Corvonero, misurando le parole con estrema attenzione “sono dei problemi minimi. Sono le grandi cose che mi preoccupano.”
“Tipo?” chiese l'altro, già intuendo la risposta e rabbuiandosi.
 “Cose come Voldemort, Mangiamorte e la magia oscura.”
 Il silenzio si fece più denso. Draco, che aveva rabbrividito al nome di Tu-Sai-Chi, parve innervosirsi e si alzò di scatto.
 “Hai ragione, non può funzionare.” disse secco, ma Emma, che si era immaginata una reazione del genere, lo riafferrò per la mano, costringendolo a sedersi di nuovo, sorridendo quando vide il Serpeverde obbedire, seppur riluttante.
 “Può funzionare” disse pacata “Ma dobbiamo darci delle regole”
Malfoy stese un sorriso storto, annuendo appena.
 “Lo sapevo che avevi un piano. Sembri sempre averne uno”
 “Non ho un piano, ma penso che darci dei paletti ci possa aiutare”
 “Paletti? Vuoi darci delle definizioni, O'Shea?” chiese lui con un lampo strafottente e divertito a illuminare il suo pallore.
 “No, Malfoy” rispose dura lei, usando il cognome come se fosse una lama “Ma devi ammettere questa cosa tra di noi, è piuttosto strana.”
“Lo è, hai ragione” concesse lui ed Emma si stupì quando lo vide portare le mani con un movimento fluido dietro il capo e appoggiarsi mollemente al tronco dell'albero, disposto all'ascolto.
“Forse perché funzioni dovremmo...” riprese subito lei.
“Tu perché vuoi che funzioni?” chiese il ragazzo a  sorpresa ed Emma lo osservò attenta, cercando di capire il perché di quella domanda, ma poi scrollò le spalle, decidendo all'istante che non aveva nulla da perdere e voleva essere completamente sincera.
“Voglio che funzioni perché non credo di riuscire ad evitarti in nessun modo, Draco. Quindi sto cercando delle soluzioni valide” rispose, stupendosi del coraggio avuto e facendo un sospiro rassegnato, con la sottile paura che lui  scoppiasse a ridere.
 In fondo non conosceva Draco Malfoy, non abbastanza bene comunque, nonostante la loro magnetica attrazione. 
 Era perfettamente plausibile che il Serpeverde si tirasse indietro o sminuisse il loro legame con fare difensivo, ma con sorpresa, Emma si accorse che Draco la guardava solo assorto e cercò quindi di riprendere il controllo, facendo nuovamente un profondo respiro per rallentare il battito del cuore.  
Non pensava che potesse batterle più forte di così.
Nemmeno io posso fare a meno di te, Emma”

Calò di nuovo il silenzio, ma era strano ora, imbarazzato e gentile. Era il silenzio di due adolescenti alle prese per la prima volta con l'amore, un qualcosa che non conoscevano e non sapevano come affrontare e fu lei a rompere la tensione, riprendendo a parlare con tono pratico, cercando disperatamente di aggrapparsi alla logica per non far prendere il sopravvento al rossore sulle sue guance.
“Molto bene. Siamo d'accordo, sembra. Allora se vogliamo continuare su questa strada, immagino che dovremo imparare a conoscerci, Draco. Noi in effetti non ci conosciamo affatto”
 “Sono di nuovo concorde con te” disse lui, ma il dubbio annacquava gli occhi chiari e tremanti. 
Era evidente che il rampollo Malfoy non fosse affatto abituato ad aprirsi ad altri, o ad applicarsi per farsi conoscere.
 “Bene” sussurrò l'emoor “vuoi sapere una cosa che dovremo fare?”
 “Mettimi alla prova”
 “Dobbiamo fare un atto di fiducia”
Lui ghignò divertito, guardando il cielo sopra di loro. 
 “Come tu che sei salita con me sulla scopa.”
Lei sorrise più tranquilla, vedendo l'espressione rilassata di lui.
 “Una cosa del genere, sì”
 “Ok, O'Shea. Quali sono le regole quindi?”
 “Pensavo che potremmo deciderle insieme.”
 “Inizia tu allora” mormorò e sembrava stranamente arreso.
 “È semplice, la prima regola è che dobbiamo dirci sempre la verità e con sempre intendo senza nessuna eccezione” disse lei e il ragazzo rimase per un attimo interdetto, accigliato. 
 “È una regola piuttosto importante.”
“È fondamentale” sottolineò la Corvonero “perché ci ritroveremo spesso in fazioni diverse, sia a scuola che fuori, probabilmente. Se vogliamo resistere dobbiamo essere sinceri l'un con l'altra.”
Emma lo vide scrutare l'orizzonte pensieroso, mentre tendeva la mandibola. Stava tentennando. Lei però non era disposta a cedere su quel punto: avere fiducia l'un dell'altra a volte sarebbe stato difficile, se ne rendeva conto, ma avevano bisogno di quella regola.
 La fiducia era tutto. Glielo aveva detto anche Severus.
“Non so se sono in grado, Emma. Non puoi scegliere un'altra cosa?” disse il Serpeverde, la voce di nuovo scostante.
 “No” ribatté subito lei, terribilmente seria mentre lo guardava e il ragazzo fece un profondo respiro, trattenendo una smorfia sprezzante ed Emma capì che non era affatto abituato a ricevere dei no, ma che per qualche motivo vi stava cedendo.
Draco Malfoy e il suo sangue purissimo, il suo essere altezzoso, il suo distacco, si stavano incrinando e questo solo perché era abbastanza curioso di lei da voler fare un tentativo. Un passo nel buio.
 “D'accordo” accettò il biondo “allora se questa è la prima regola, la seconda deve essere che non dovremo mai giudicare l'altro. Ognuno di noi affronterà situazioni diverse, non essere d'accordo, o dare dei consigli può essere un bene, ma giudicare no”
 L'emoor rimase in silenzio, osservandolo: era una strana regola.
Malfoy si vergognava di qualcosa? Aveva paura di essere giudicato male da lei?
 “
D'accordo” assentì tranquilla, dato che per lei non era affatto un problema “Ho un'ultima regola da proporre, se tu non ne hai altre”
 “Sputa” mormorò il Serpeverde, lanciando uno sguardo intorno come per assicurarsi che nessuno fosse nei paraggi.
“Dobbiamo salvarci. Sempre” disse Emma, con tono quasi solenne e il biondo la guardò confuso “Spiega”

L'emoor prese un breve respiro. L'idea le era venuta proprio vedendo quanto fragile sembrasse Draco quando si mettevano in tavola i sentimenti e quanto terrore doveva probabilmente avere a lasciare il terreno che giudicava sicuro delle regole Purosangue. Emma sentiva di dovergli dare qualcosa, un appiglio, seppure flebile.
 “Se le prime due regole rimangono valide e potremo fidarci l'un l'altra, se ci fosse una guerra cercheremo di salvarci a vicenda”
 “Non ci sarà una guerra, O'Shea e se ci fosse dubito che saremo dalla stessa fazione, o che avremmo le stesse idee.” disse il ragazzo e il tono era freddo e distante “E se io fossi con i Mangiamorte?” 
Emma sentì la tensione sprizzare intorno a loro come una lama e trasalì. La preoccupazione evidente del ragazzo le bruciò sulla pelle e un brivido le corse lungo la schiena, rendendosi conto di quanto lui avesse ragione, di quanto lei fosse mille passi indietro. 
Stavano entrambi arrancando in un territorio sconosciuto, in nome solo di quella strana fiducia e attrazione che provavano l'uno per l'altra. Con un unico ballo e un unico bacio come promessa.
 “Draco...” tentò l'emoor.
 “Ci hai mai pensato, O'Shea?” rincarò lui quasi arrabbiato “Potrei essere pronto a colpire Potter. Potrei essere tra i cattivi”
 Emma lo guardò con candore in quegli occhi grigi e incerti, soprassedendo sul lampo di rabbia appena trattenuto che scorse dietro la paura. Si disse che aveva avuto ragione Tonks a Grimmauld place: Malfoy poteva essere pericoloso. 
E allora perché lei non riusciva semplicemente ad abbandonarlo in quel prato voltando lui le spalle? Perché voleva stargli più vicino?
 “
Ti auguro di diventare meglio di un Mangiamorte” gli sussurrò, con voce seria e misurata “ma capisco il tuo punto. Se ci fosse però un'occasione del genere e io potessi ancora fidarmi di te, perché abbiamo tenuto fede alle prime due regole, non mi tirerò indietro: ti difenderò. Questo non significa che ti permetterò di attaccare Harry, Draco. Soprattutto se difendere Harry fosse fondamentale.”
 “Le due cose non possono coesistere, Emma. Non puoi sempre essere l'ago della bilancia.” ripeté il Serpeverde.
“Ti sbagli. È mia intenzione essere l'ago della bilancia il più a lungo possibile” disse la ragazza, mentre una strana sicurezza si impadroniva di lei, scaldandole il petto e anche Draco parve notare un cambiamento, perché la osservò curioso.
 “Se vorrò battermi con Potter, perché penso che sia nel giusto lo farò” spiegò sicura “ma questo non significa che non posso provare a salvarti. Che non possa essere anche al tuo fianco”
 “Io non devo essere salvato da nessuno” sibilò lui.
 “No, lo so” soffiò Emma, prendendo fiato “Ma se dovessi farlo, anche solo egoisticamente, non mi tirerei indietro.”
“Ti sopravvaluti, O'Shea” disse secco Malfoy, arretrando dietro uno scudo fatto di ostinazione e insicurezza. 
 Emma si sentì improvvisamente testarda davanti a quel rifiuto. La ragione le si sgretolò davanti, insieme alla sensazione di non riuscire a spiegare il suo punto di vista. 
 “Non è così Draco.” precisò “Pensa, se fossimo in guerra e gli incantesimi volassero da tutte le parti e io e te fossimo in fazioni opposte, potrei disarmarti, impedendoti di attaccare Harry, ma poi farti da scudo perché nessuno ti faccia del male, o potrei portarti via di lì in un posto sicuro, così che non saresti tu a fuggire e tradire, ma poi tornerei a difendere gli ideali in cui credo e le persone a cui voglio bene. In questo modo avrei difeso te schierandomi con Potter, ma è solo una delle mille possibilità. Se non avremo smesso di dirci sempre la verità senza giudicarc, potremo fidarci l'un dell'altra e capire sempre quale sia la scelta migliore. La fiducia è tutto”

 Draco rimase in silenzio guardandola con una curiosità bruciante, sembrò rimanere immobile per tempo infinito, pallido e pensieroso, ma poi allungò la mano verso la ragazza, il palmo verso l'alto, invitante ed Emma gliela strinse contenta.
 “Affare fatto?” chiese dolcemente la Corvonero.
 “Proviamoci” affermò lui, con un lieve cenno del capo e l'emoor sorrise pienamente soddisfatta, vedendo che si stavano di nuovo rilassando, scordando la tensione di poco prima.
Rimasero in silenzio a guardare le cime degli alberi della Foresta Proibita e il lago scuro per una manciata di secondi, tenendosi entrambi sott'occhio, con la strana voglia di baciarsi.
 “Si è fatto tardi” sussurrò infine Emma, anche se non aveva alcuna voglia di abbandonare il Serpeverde, lui annuì e si alzarono quasi nello stesso momento, goffi.

“Emma” la chiamò Draco e l'emoor lo guardò in viso con espressione interrogativa, perché pareva stranamente imbarazzato.
“Ascolta, sono contento di queste promesse” esalò “Ma non credo che sia un bene che tutta la scuola sappia che stiamo insieme”
Lei trattenne il respiro, gustando quelle parole: stiamo insieme.
“Oh. Quindi... noi stiamo insieme?” chiese cauta.
 Il ragazzo si grattò il capo, con quel gesto fluido e naturale che l'emoor non gli vedeva mai fare tra le mura del castello, dove era solo un acido e borioso Serpeverde, ma che stato il gesto che, la prima volta che lo aveva visto fare al Manor, le aveva fatto intuire che c'era molto altro in lui oltre la smorfia sprezzante.
 “Beh” rispose il ragazzo “se ti sta bene... Sì, direi di sì”
 “A te sta bene?”
 “Te lo sto chiedendo io, Emma”
 “A me sta bene” sussurrò lei “Stiamo insieme.”
 Draco fece una smorfia strana, nuova, tenera ed Emma, senza sapere dove prese il coraggio, gli si avvicinò di slancio rubandogli un bacio a fior di labbra. Fu qualcosa di dolce, veloce. 
 Malfoy si sciolse in un sorriso inaspettatamente morbido, afferrandola per la vita, ma quasi immediatamente si irrigidì, diventando se possibile ancora più pallido del solito e lanciando uno sguardo tutto intorno per assicurarsi che non ci fosse nessuno.
 “Ti vergogni di me, Malfoy?” chiese placida lei.
 Erano alla distanza di un sussurro. Emma lo guardava dritto negli occhi e Draco scosse la testa, evidentemente in difficoltà. 
 “Non è questo, ma non è semplice, ok?”
 “Ok” sussurrò lei. 
 Intuiva molto di quello che contraeva i lineamenti del ragazzo, ma non riusciva a capire le sue intenzioni. A lungo termine continuare a fingere che nulla li legasse li avrebbe distrutti.

“Oggi abbiamo fatto parecchi passi in avanti, no?” chiese il Serpeverde, incrinato, ansioso di conferme.
 Lei sorrise incoraggiante  e annuì, le braccia molli lungo i fianchi.
 “Sono d'accordo. Parecchi miglioramenti.” 
 “Dammi solo un po' di tempo.” le domandò Draco con tono stranamente soffice “Facciamo che è la regola numero quattro: nessuno deve sapere di noi. Una regola assolutamente temporanea” 
 Forse vide un po' della delusione dell'emoor, nascosta dietro il suo sorriso tremulo, ma non ne parlarono, ostinati a vedere il lato migliore di quell'assurda situazione.
 “Ok. Troveremo un modo.” disse Emma.
 “Te lo prometto, O'Shea” promise lui “Ne valiamo la pena.”
Tornarono verso il castello camminando distanti, come se si fossero incontrati per caso, strascicando i piedi nell'erba verde e umida che spuntava tra la neve quasi sciolta.
 Erano felici, segreti, ognuno perso nei suoi pensieri.

*

Il circolo di Mangiamorte.
Codaliscia e il coltello.
La donna che urlava.
I lampi verdi.
La madre, il padre e Steph.
Severus e Lucius Malfoy che ridevano di lei.
Draco la guardva, ma non diceva nulla, non alzava la bacchetta, nei suoi occhi un accenno di sorriso.



*Angolo Autrice*


Eccomi! 
Scusate se ho saltato lunedì. 
Ma vi ripago con questo capitolo, forse un poco di passaggio, ma pieno di elementi essenziali. 

A seguire: 
. Gli incubi di Emma persistono, ho inserito come inserto ricorrente quello che vede, per far capire che nonostante la sua vita ad Hogwarts procede e va avanti, c'è qualcosa di oscuro che continua a incombere su di lei e che la lega ad Harry. 
. David: Ho voluto dare una piccola parentesi al più Grifondoro dei tre emoor Serpeverde, perché ho sempre pensato che David ed Emma potessero essere davvero dei buoni amici, ma che la loro relazione è inquinata da tutte le aspettative e le tensioni date dalla profezia. Attraverso l'emoor abbiamo un'altra panoramica di come la Casa verde argento è differenziata al suo interno.
. Cognome: Emma PITON O'Shea. Mi sono divertita a inserire questa piccola parentesi con Severus, e quel tentativo super goffo del tutore di interagire con la vita della protetta. Emma però ora cresce, non è più la bimba a cui Piton è abituato e lui non è proprio il più abile con i sentimenti. 
(Non gli è proprio andato giù George e sembra non andargli proprio giù nemmeno Draco.)
. Artemius: Quanto amore in questo Hogwarts!! Lilith e Fred, Ginny e Micheal, David ed Emily. Ha tutte le ragioni George a borbottare. Ho pensato che fosse decisamente troppo presto e inopportuno far passare il San Valentino di Emma con Malfoy ed ho optato quindi a farle conoscere un poco di più Artemius. Mi piace come questo ragazzo stia trovando, lentamente in Emma una persona con cui aprirsi. La scena ai "Tre manici di scopa" mi è sembrato un bel momento tra amici da scrivere. Hermione è sola perché sta aspettando Harry, nel libro è proprio il fine settimana in cui lui e Cho escono insieme da Madame Piediburro e poi Potter va a fare l'intervista con la Skeeter per il Cavillo!!
. Malfoy: Ho trovato giusto inserire un momento in cui Draco ed Emma si parlassero apertamente, mettendo sul piatto le loro possibilità. 
Abbiamo visto che la Umbridge continua a essere odiosa e sappiamo che a breve ci sarà la squadra d'inquisizione e soprattutto che la vita di Draco prima o poi diventerà più complessa di come lo è ora, perché come dice bene Emma, quelli che stanno affrontando sono "piccoli problemi", mentre ci sono differenze più grosse a dividerli, ma penso che sia giusto che ancora loro non lo capiscano completamente.
I due ragazzi in fondo sembrano nutrire sentimenti sinceri, o per lo meno curiosi e la variazione minima all'incubo nel finale, vuole dare un po' di giusta speranza. Io li trovo molto teneri (nonostante Malfoy non riesca ad evitare di essere un poco stronzo sempre) e quello che vivono è un momento molto importante anche perché vediamo apertamente un ragionamento di Emma su come vede la guerra e quanto si considera in equilibrio tra le due parti.
. Il titolo del capitolo è riferito sì a Draco ed Emma, ma anche alle piccole prove di tutti i giorni: i GUFO, George che lascia andare il fratello, i primi appuntamenti, Artemius che si apre, Piton che cerca di essere un buon tutore

Grazie a tutti quelli che stanno cominciando a leggere la storia ora e tutti quelli che la seguono!
Mi fate super contenta!!

Un abbraccio virtuale
vi

Ritorna all'indice


Capitolo 28
*** Cade tutto in pezzi ***


.Cade tutto in pezzi.


Era una normale riunione dell'ES. I cuscini che avevano usato per gli Schiantesimi e i busti di legno distrutti dai Reducto erano ammassati contro le pareti, mentre tutti i membri, disposti disordinatamente al centro della sala, stavano ancora provando i Patronus.
 Hermione fece rotolare la sua lontra, arricciando gli angoli delle labbra in un sorriso soddisfatto, Cho Chang sembrava deliziata dal suo Patronus a forma di cigno, mentre Ernie McMillan era appena riuscito ad evocare il suo, che si rivelò essere un grosso cinghiale. Anche Ginny aveva avuto successo e il suo cavallo argentato trottava per la stanza, mentre alle sue spalle Micheal Corner si lamentava con tono fastidioso di non riuscirci.

“È tutta una questione di concentrazione” mormorò l'emoor con voce calma, rivolta a Lilith che, corrucciata, fissava malamente James, oramai in grado di evocare con facilità il suo lupo.
 Emma alzò lo sguardo dove la sua volpe si muoveva intorno a loro, elegante, senza che lei dovesse impegnarsi troppo a mantenerla.
 “È inutile non ci riesco!” si sconfortò la biondina, passandosi una mano nel caschetto biondo sempre più disordinato.
 “Non ti abbattere” insistette l'altra “A cosa stavi pensando?”
 “A un Natale, quando ero molto piccola”
 “Perché non provi a pensare a qualche momento con Fred? È più recente, più vicino. Puoi avere più dettagli.”
La biondina sembrò rifletterci per un istante, gli occhi scuri che istintivamente saettavano verso il gemello Weasley e le labbra che si scioglievano in un sorriso. Si rimise in posizione, determinata.
 “Expecto Patronus”
Dalla punta della sua bacchetta uscì un fiotto argenteo che prese immediatamente la forma chiara di una lince.
 “Brava!” esclamarono Emma e James, all'unisono. 
 Lilith sussultò per lo stupore di esserci riuscita e fece un urletto di gioia, perdendo la concentrazione e facendo svanire la lince, ma non sembrò farci caso tanto era felice.
 “NON è UN MAIALE!” gridò, alzando le braccia in segno di vittoria e gettandosi contro l'emoor.
“Puoi usare questo momento come prossimo ricordo felice, Lils” rise Emma, abbracciandola a sua volta, ma l'amica non rispose, troppo impegnata a ripetere 'Ci sono riuscita e non è un maiale!' con entusiasmo decisamente contagioso.
Crack.

Emma stava ancora ridendo insieme a Lilith, cercando di districarsi dal suo abbraccio e non si accorse dell'elfo apparso in mezzo a tutti loro, né sentì quello che gridò con la sua vocetta stridula, né vide il panico sul volto di Harry, ma udì il silenzio improvviso che arrivò subito dopo e sentì un pizzicore di cattivo presentimento sulla nuca, che subito la fece irrigidire.
Un brivido gelido le corse lungo la schiena e in un battito di ciglia la stanza sembrò vorticarle davanti e si ritrovò a guardare tutti i presenti da un altro punto di vista: gli occhi di Potter. Pericolo.
La connessione si era attivata. 
Forse a causa del panico del ragazzo.
Erano in pericolo. Chiudi la mente.
L'emoor immaginò delle pareti di legno calare sulla sua mente per difenderla, drappi scuri avvilupparsi ai suoi pensieri e riuscì a interrompere la connessione con il Grifondoro. 
 Fece un profondo respiro, aggiungendo mentalmente nuovi teli, muri e spirali di ferro per celarsi dietro di essi, come le aveva insegnato Severus. Riaprì lentamente gli occhi quando si sentì stabile, la stanza ancora silenziosa e lei aggrappata a Lilith con entrambe le mani per non lasciarsi cadere, stupita di essere riuscita a gestire completamente la connessione per la prima volta. 
 Si guardò intorno e in mezzo a tutti riconobbe Dobby, l'elfo che aveva svegliato lei ed Harry prima della seconda prova un anno prima. Si agitava sul posto, tirandosi le orecchie.
 “Harry Potter, vi hanno scoperto. Dovete scappare” squittì l'esserino di nuovo ed Emma, allarmata, alzò di scatto gli occhi verso Potter e trovò il suo sguardo verde pieno di panico ad attenderla.
 “Che aspettate. CORRETE!” gridò Harry.
 L'emoor sentì i muscoli sciogliersi e in un battito di ciglia fu lucida, mentre l'adrenalina la spingeva all'azione. Afferrò Lilith per un braccio e si diresse velocemente verso l'uscita della Stanza della Necessità e alle sue spalle sentì i passi concitati di James e Sean e vide i capelli rossi di Ginny mulinare più in là e sparire oltre la porta di ingresso insieme a Luna.
 Fred Weasley le si affiancò, tirando Lilith con sé. Emma lasciò la presa sulla mano dell'amica, affidandola al gemello e afferrò invece quella di James, lanciandosi a perdifiato fuori dalla stanza.

E fuori dalla stanza era il caos.
Passi, respiri concitati e qualche grido, scoppi, fumo e lampi di luce.
 “Sono qui! Sono loro!” gridò qualcuno.
Emma non avrebbe saputo riconoscere la voce.
James si mise a correre con forza, trascinandosela dietro, mentre George si affiancava a loro e Sean li superava diretto verso la torre di Corvonero. L'emoor torse la testa cercando Harry con lo sguardo.
Non dovevano prenderlo, non Potter.
 “Emma corri dannazione” le intimò James con una leggera nota di panico, ma lei si girò ancora una volta in cerca del Grifondoro, spaventata e i suoi occhi incrociarono invece una testa bionda.
Draco. Draco Malfoy.
 
Il ragazzo stava in mezzo a un gruppetto di Serpeverde, il volto sprezzante e lo sguardo soddisfatto, mentre osservava le persone che correvano tutto intorno. Emma lo vide fare lo sgambetto a Micheal Corner, che si riprese subito e si allontanò nella confusione che si stavano lasciando alle spalle. Lo vide ridere divertito.
 Se lo erano immaginati entrambi che non sarebbero stati dalla stessa parte nella vita, lo temevano ogni giorno silenziosamente, ma avevano evitato il problema, annacquandolo con gli sguardi in Sala Grande e i sorrisi malcelati durante Pozioni.
 Eppure eccola lì la prima occasione in cui Emma doveva dimostrare di saper essere l'ago della bilancia e, in un battito di ciglia, la ragazza ammise a sé stessa che non aveva immaginato che le fragili regole che lei e Draco avevano scelto, dovessero essere applicate tanto in fretta, ma si riscosse presto e mentre inghiottiva saliva e rallentava il passo, ignorando l'insistenza di James a correre, Malfoy alzò lo sguardo verso di lei. 
 Il ghigno del ragazzo si affievolì e gli occhi grigi si fecero grandi e liquidi dallo stupore e per un momento Emma fu tentata di andare da lui per tranquillizzarlo e rassicurarlo, ma venne distratta da un movimento al limite del suo campo visivo, che la fece sussultare.
Harry. Harry che spingeva Cho verso un corridoio e si guardava intorno, come se volesse assicurarsi che tutti fossero al sicuro.
La ragazza imprecò sottovoce e sentì una forte sensazione di fastidio nei confronti dello stupido atteggiamento da eroe del Grifondoro e un secondo dopo, vedendo Theodore Nott che correva svelto verso il ragazzo, capì che l'avrebbero preso. 
 Lo sguardo dell'emoor scivolò solo per un istante di nuovo su Draco, ancora immobile a osservarla, ma in lampo tornò deciso su Potter. Non aveva tempo in quel momento di pensare al Serpeverde.
 Draco non era in pericolo, non era da difendere, anzi, era lui il pericolo in quel momento. Lasciò la mano di James e invertì rotta, correndo verso Harry e sentì l'amico imprecare e seguirla.
 -Harry- gridò lei attraverso la connessione, quasi senza accorgersene, mentre raggiungeva il ragazzo.
Possibile che non capisse che proprio lui non doveva essere trovato lì?

Emma cercò di ignorare la vocina che nella sua testa le diceva che anche lei avrebbe dovuto trovarsi lontana da lì e scattò in avanti con tutta la velocità che le gambe le consentivano. 
Mandò un incantesimo Confundus contro Nott, che era quasi addosso al Grifondoro e afferrò Potter per la manica, trascinandolo via con tutte le sue forze, la bacchetta pronta e il cuore in gola, mentre gridava anche a James di scappare.
 Tutti e tre insieme corsero fino a perdere il fiato, ma non arrivarono nemmeno all'angolo che Tiger e Goyle apparvero davanti a loro.
Emma sapeva d'istinto che avrebbe potuto confondere anche loro facilmente, per poi girare a sinistra, lanciando alle sue spalle un'Impedimenta per rallentare chi li seguiva. 
 Se avessero avuto fortuna sarebbe bastato scendere di un piano e disperdersi davanti all'Aula di Trasfigurazione.
 La sua testa andava veloce sapendo di essere perfettamente in grado di fare le cose che elencava mentalmente, ma tentennò ad agire.
Tiger e Goyle, in fondo, per quanto stupidi e rozzi, erano studenti anche loro e l'emoor non voleva attaccare senza una reale motivazione. L'urgenza l'aveva fatta reagire prontamente contro Nott, ma la McGranitt era stata molto chiara con lei: non doveva mettersi nei guai. 
 Si voltò verso i due Serpeverde con sguardo implorante.
 “Tiger...” tentò con il fiato corto, ricordando il goffo tentativo di accoglierla fatto dal ragazzo al Manor, ma non riuscì ad aggiungere altro perché la mano di Harry venne tolta dalla sua e lei si sentì afferrare per i capelli con violenza. Qualcuno la strattonò e la fece cadere con forza all'indietro sul pavimento e sentì il freddo delle piastrelle premerle contro la guancia sinistra.
“L'ho presa professoressa” Pansy.
“Pansy!” Draco “Lasciala le fai male”
“Oh, sta zitto Draco. Non le faccio niente”

Emma storse il capo con una certa difficoltà, cercando di liberarsi dalla presa dell'altra e cercò lo sguardo grigio del Serpeverde.
Gli occhi di Malfoy erano lucidi e dilatati dal panico e lei vi scorse una muta domanda: Doveva intervenire?
 Sentendosi svenire per il dolore l'emoor scosse la testa nella sua direzione in maniera impercettibile e le parve di vederlo annuire e respirare profondamente.
 “Chi sono, chi sono?” squittì la Umbridge.
Emma sentì dei movimenti dietro di sé e udì il ticchettare dei passi della donna. La mano di Pansy le artigliava la basa della nuca.
“Sono Potter, O'Shea, McGregor” disse la ragazza con tono dolce e soddisfatto. Fastidioso.
 “Potter lo sapevo! O'Shea e McGregor, non una novità” ribatté la professoressa e sembrava scoppiare di soddisfazione.
La Corvonero cercò nuovamente di tirarsi a sedere, ma Pansy la strattonò a terra con forza, graffiandole la guancia sulle piastrelle.
 “Io ho preso O'Shea, ma Draco ha preso Potter” la sentì dire sorniona, nel tentativo di adulare il ragazzo, ma il Serpeverde rimase immobile e stranamente silenzioso, la mano solo appoggiata sulla spalla di Harry perché non fuggisse.
 “Molto bene. Molto bene. Andiamo tutti dal preside.” cantilenò la Umbridge, ora quasi sul punto di saltellare.
 Emma sentì la presa della Serpeverde allentarsi e si alzò in piedi, scrollandosela di dosso con stizza, mentre si massaggiava la guancia.
 Si mise tra James ed Harry, seguendo controvoglia il passo trotterellante della professoressa lungo il corridoio.
 La Parkinson la puntellò con la bacchetta sulla schiena.
 “So camminare Pansy” soffiò arrabbiata l'emoor, provocando un mezzo sorrisetto nella ragazza.
 “Non sei in condizioni di parlarmi tanto maleducatamente, O'Shea” rispose infatti fredda e divertita.
 Emma la ignorò completamente e lanciò un'occhiata di sottecchi a James e a Harry: poteva quasi sentire entrambi mentre pensavano febbrilmente a una via di fuga, senza riuscire a trovarla.

 “Dovevi scappare” sussurrò lei al Grifondoro.
 “Anche tu” disse lui, piccato e l'emoor alzò gli occhi al cielo, cercando di non cedere al nervoso. 
“Avanti Harry, sai cosa intendo.” soffiò, ma lui scosse il capo con stizza, assumendo un tono arrabbiato.
 “No, non lo so”
“Zitti” li bloccò Pansy e la Corvonero dovette trattenere un lamento, mentre la bacchetta dell'altra affondava nuovamente tra le sue costole. Dolorosa.
Respirò lentamente, cercando di non perdere le staffe con Potter e quasi si pentì di essere corsa indietro a prenderlo.
 “Se hai un po' di sale in zucca ora cerca di evitare di prenderti la colpa di tutto per fare l'eroe” sibilò la ragazza al Grifondoro, ignorando apertamente l'avvertimento di Pansy.
 “Mai io...” cercò di difendersi il ragazzo, subito offeso.
 “Potter” intervenne James in un sussurro brusco, stupendo anche lei “te lo dico una sola volta: ascolta Emma e smettila di fare l'eroe. Non ci serve un martire.”
 Harry si zittì, guardando il Corvonero torvo, ma annuì in risposta e i tre ragazzi si scambiarono un'occhiata d'intesa.
 “Che avete da sussurrare voi? Ho detto zitti” li ammonì Pansy, nuovamente, spingendo malamente Emma per la spalla.
 Arrivarono alla base della scala a chiocciola che portava allo studio  del preside. La Umbridge liberò i Serpeverde con un gesto vago, non prima di aver dato quaranta punti a Draco e Pansy e poi anche a Nott che seppur ancora confuso aveva acchiappato James. 
 Emma ne approfittò per voltarsi verso Malfoy, facendo verso di lui un debole sorriso per tranquillizzarlo: non voleva che si sentisse in colpa, non così presto e per qualcosa che non poteva evitare.
 Draco però non parve accorgersi di quel muto gesto di supporto, sembrava sotto shock, pallido e confuso e si fece trascinare via dai compagni di Casa senza dire una parola.
 “Voi tre, di qua” trillò acida la Umbridge, guidando oltre il Gargoyle il trio, formato dai due Corvonero e dal Grifondoro.

. . .

Emma immaginava che ad attenderli non ci sarebbe stato solo il preside, vista l'eccitazione della Umbridge, ma si stupì di trovare un'intera delegazione del Ministero.
Persino Caramell in persona stava al centro della stanza sfoggiando un'aria grave, vestito di tutto punto con la divisa ufficiale, così come tutti i delegati, il petto spinto in fuori con orgoglio.
 Silente, Piton e la McGranitt erano schierati in riga accanto alla scrivania e lanciarono ai tre studenti un'occhiata seria, ma almeno all'apparenza tranquilla, in silenzio, le espressioni illeggibili.
 “Benebene” esordì il Ministro compiaciuto, vedendoli arrivare “Allora avevi ragione Dolores. Potter e...”
 “Emma Piton O'Shea” rispose l'emoor sicura.
“James McGregor” aggiunse il ragazzo accanto, ma Caramell non lo stava ascoltando perché i suoi occhi si fissarono a lungo su Emma prima di rivolgersi verso Piton.
 “Severus, è questo che insegni alla tua protetta dopo aver tanto insistito per adottarla? Muoversi di nascosto nel castello? Ordire piani che vanno contro le regole del Ministero?” chiese, senza riuscire a celare una certa soddisfazione. 
 Emma si sentì vagamente a disagio e lanciò un'occhiata di scuse al tutore, che tuttavia mantenne una mortale calma, mentre spostava lentamente lo sguardo scuro dall'emoor al Ministro.
 “Fino a prova contraria, Ministro ancora non conosce il motivo per cui Emma era in quel corridoio”
 “Ma era con Potter” ribatté Caramell sicuro di sé.
 Severus inarcò il sopracciglio e aveva un'aria apertamente annoiata e disgustata, gli occhi vuoti di qualunque emozione.
 “Potter spesso è dove non dovrebbe essere, potrebbe essere un caso sfortunato che Emma si trovasse nello stesso posto”
 Caramell parve innervosirsi al tono strascicato di Piton e si girò di scatto verso Harry.
“Allora ragazzo, sei consapevole del motivo per cui sei qui?” abbaiò nervosamente, puntandogli contro il dito grassoccio.
La Corvonero lanciò uno sguardo ad Harry e sentì anche James irrigidirsi al suo fianco. “Di di no” pensò disperata, mentre oltre la spalla di Caramell anche Silente scuoteva leggermente il capo: No.
 L'emoor si girò di nuovo, sperando che anche l'altro avesse colto il messaggio, ma quando vide il Grifondoro alzare il mento orgoglioso capì che avrebbe cercato stupidamente di fare di nuovo l'eroe.
 “No, che non lo sa.” intervenne allora, d'un fiato, anticipandolo.
 “Io ho chiesto a Potter ragazzina” le ringhiò contro il Ministro.
 “Io, James ed Harry ci stavamo incontrando per studiare. Siamo sotto il numero minimo permesso dalle regole della professoressa Umbridge” puntualizzò velocemente l'emoor, ignorando le sue rimostranze e l'uomo parve essere colto di sorpresa e si accigliò, guardandosi intorno come a cercare l'appoggio dei presenti. 
 “È vero Potter?” domandò infine.
“Sì” disse Harry con voce sicura, fissandolo negli occhi.
 “E cosa dovevate studiare? Non vedo libri”
 “Difesa contro le Arti Oscure” disse James velocemente.
 Emma sospirò di sollievo, capendo che lei e l'amico erano perfettamente allineati e annuì di rimando anche lei. 
 “Tutti sanno che Harry è il miglior studente in quella materia e la professoressa Umbridge ci impedisce di fare lezione pratica, quindi stavamo facendo degli approfondimenti.”
 Caramell si accigliò leggermente e parve farsi pensieroso, come se in fondo ritenesse quella spiegazione perfettamente plausibile.
 “Non è affatto così” trillò però la Umbridge con un'espressione disgustata stampata sul volto “Potter è piuttosto mediocre nella mia materia, gli alunni non possono fare approfondimenti pratici e stasera molte più persone erano nel corridoio”
 Emma si guardò intorno leggermente accigliata, prima di sfoggiare un sorriso innocente ed educato.
“Professoressa Umbridge, ma io vedo solo noi tre.” disse con tono morbido e giurò di vedere le labbra della McGranitt piegarsi di qualche millimetro in un sorriso trattenuto e il sopracciglio di Severus inarcarsi leggermente.
 “Saresti pronta a giurarlo?” domandò la donnetta acida, avvicinandosi pericolosamente al volto della ragazza ed Emma cercò di controllare l'impulso di spostarsi, fissandola placida negli occhi.
“Certo professoressa, sono pronta a giurare che ero lì per studiare con Harry e James Difesa Contro le Arti Oscure, prima che lei e gli altri studenti non ci piombaste addosso e Pansy Parkinson non mi buttasse a terra strattonandomi per i capelli”
 “Piton, Veritaserum”
La Umbridge aveva praticamente squittito l'ordine e stava tendendo una mano grassoccia e piena di anelli verso l'uomo, sfoggiando un'aria perentoria. Aveva ignorato la frecciata della ragazza, ma Caramell sembrò invece piuttosto a disagio e borbottò distintamente un 'per i capelli?', vagamente sconvolto.
 “Piton?” lo chiamò di nuovo la donna, lanciando lui un'occhiata furente, ma Severus rimase immobile senza mutare di un millimetro la sua espressione annoiata.
“Non somministrerà Veritaserum alla ragazza, Umbridge. È contro il regolamento scolastico e non accetterò in quanto suo tutore” rispose con tono glaciale che per un secondo immobilizzò l'altra.
“Dolores...” disse cauto Caramell che aveva già provato sulla sua pelle l'ostinazione di Piton, ma lei lo ignorò.
 “Molto bene, non è comunque necessario, perché ho una testimone” tubò con voce acuta, un sorriso troppo ampio sulle labbra malamente truccate e l'emoor, trattenne il fiato per un istante a quelle parole, ma alzò gli occhi al cielo esasperata, vedendo entrare Marietta Edgecombe.
Marietta era una Corvonero amica di Cho, piuttosto rigida e petulante in tutta onestà. Emma non aveva mai avuto molto a che fare con lei, ma non nascondeva una certa antipatia nei suoi confronti, prevalentemente perché la Edgecombe e Richard Done sembravano essere amici e al contrario Emma e il ragazzo non andavano d'accordo su quasi nulla. Quando però, con sua velata sorpresa, l'aveva trovata tra i partecipanti dell'ES, non aveva avuto nulla da ridire sulla sua presenza, ma nemmeno espresso felicità.
“Ciao Marietta” la salutò quindi apatica.
 La ragazza si coprì spasmodicamente il volto, affondando nel collo alto del maglione, gli occhi che sembravano terrorizzati e con acuta consapevolezza l'emoor capì che Hermione e la sua pergamena stregata dovevano averla proprio conciata per le feste.
 “Ah-ah vi conoscete!” esclamò il Ministro, puntando con un dito prima verso l'emoor e poi verso Marietta, come se fosse convinto di aver colto qualcosa di importante.
 Emma lo guardò senza riuscire a nascondere un vago sprezzo.
 “Certo che ci conosciamo Ministro, siamo della stessa Casa” chiarì, indicando la sua cravatta e quella di Marietta.
 “Oh” mormorò solo Caramell, vagamente deluso e parve afflosciarsi come se avesse finito tutte le sue energie.

Nei successivi minuti in cui Marietta, tra il terrorizzato e il confuso, affermò prima il vero, mettendo in pericolo i tre i ragazzi e poi inaspettatamente il falso, schierandosi così dalla loro parte, Emma trattenne quasi il fiato senza osare intervenire. Si era accorta che  Kingsley, un uomo alto e grosso che aveva visto parlare con voce profonda solo una volta alla riunione a Grimmauld Place in cui si era decisa la sua presenza al Manor, stava alle spalle della Edgecombe e pensò che l'avesse confusa, ma non ne era sicura.
Faceva parte dell'Ordine? O era solo un simpatizzante?
Emma non ricordava di averlo mai visto in altre occasioni, o al di fuori del Quartier Generale, ma lo guardo grata.
 “Insomma” gracchiò invece la Umbridge al limite dell'autocontrollo  “Stupida ragazza. Non vuoi parlare?”
Scuoteva con forza Marietta, che in risposta, con le mani ancora sul volto, la guardava terrorizzata, singhiozzando a ripetizione e il suono del debole pianto fece perdere alla donna tutta la pazienza.
“Bene, sciocca ragazza, se hai perso la lingua allora parlerò io: ho una lista, Ministro. Una lista dei partecipanti” disse, sventolando una pergamena che Emma riconobbe perfettamente. 
Sentì anche Potter trattenere bruscamente il respiro mentre il foglio  passava dalle mani grassocce della professoressa a Caramell, che parve illuminarsi e infine a Silente.
 Il preside osservò ciò che c'era scritto con con attenzione, solo una piccola ruga a increspargli le sopracciglia, prima di alzare lo sguardo con un sospiro arreso.
 “D'accordo Cornelius, mi hai scoperto”
“Scoperto...?” balbettò l'uomo “quindi è vero? Tu stavi creando un gruppo per rovesciarmi? Stavi creando un esercito?”
“Senza alcun dubbio” replicò tranquillo Silente, lo sguardo cristallino fisso sul Ministro.
 “Ma... Come? E perché soprattutto, perché? Questa è una follia. Come pensavi di fare?” balbettò il Ministro.
 “Quello di questa sera era il primo incontro, per valutare se fidarmi dei ragazzi selezionati, evidentemente ho sbagliato a ritenere la signorina Edgecombe degna della mi fiducia” disse soffice e Marietta annuì in fretta con esagerato entusiasmo.
 “Ma questo è inammissibile Albus” replicò l'altro uomo “Insomma si tratta di ragazzini, hai provato a circuirli... e....”
“Comprendo il tuo disappunto Cornelius” disse Silente.
 Emma vide con la coda dell'occhio Harry fare un passo in avanti, ma James fu più veloce e afferrò il Grifondoro, strattonandolo per il braccio e lanciando lui uno sguardo furente. 
Gli adulti non notarono quel silenzioso scambio, perché Caramell sembrava esplodere di soddisfazione, convinto di avere Silente in pugno, gli occhi dilatati dall'eccitazione e la Umbridge invece era quasi commossa e si agitava sulle corte gambe.
 “Cornelius” riprese a parlare il preside con voce pacata “Non vorrei smorzare il tuo entusiasmo, ma sai che non ti seguirò ad Azkaban.”
“Ma tu devi, Albus”
“Il dovere è certamente soggettivo, anche tu dovresti ammettere molte cose, ma sei codardo per farlo” disse serafico e l'altro uomo sembrò inghiottire una lumaca viscida e assunse un colore vermiglio, mentre una grossa vena prese a gonfiarsi sulla sua tempia. 
 Emma lo osservò balbettare in modo scomposto.
 “Non tentare di fare i tuoi giochetti, Albus.”
“Quali giochetti?” sorrise Silente, prima di agitare la bacchetta con una velocità impressionante  di fronte al volto dell'altro.
Ci fu un'esplosione, ma Emma non riuscì a capire distintamente cosa fosse successo, perché la McGranitt si gettò su Potter e lei venne raggiunta da Severus, che con un balzo la costrinse, insieme James, a stendersi a terra.
 “Tutto bene?” chiese Piton, scostandosi per guardarla in volto.
 “Sì” mormorò l'emoor e si accorse che tutti, a esclusione di lei, James, Severus, Potter e la McGranitt erano svenuti.
 Silente, naturalmente, era in piedi e si avvicinò a loro.
 “D'accordo, abbiamo poco tempo” disse pacato “si risveglieranno a breve. Fingete che non sia passato un solo istante, d'accordo?”
 Il suo sguardo correva allarmato sui presenti. Emma annuì.
 “Dove andrai Albus?” chiese la McGranitt con voce preoccupata.
 “Non ti preoccupare Minerva, non molto lontano, credo che Caramell si pentirà di essersi messo contro di me.”
“Professore” sussurrò Harry e sembrava in difficoltà, Emma lo vide combattere con sé stesso mentre cercava le parole giuste da dire e il preside lo guardò con aria grave, ma distaccata, quasi fredda. 
 “Harry, è molto importante che tu segua le lezioni che ti ho detto. Devi seguirle alla lettera, hai capito?”
L'emoor lo trovò uno strano consiglio e vide Potter tendersi nervoso, evidentemente sul punto di replicare, ma Silente si stava già rialzando pronto ad andare via. 
 Lo sguardo azzurro del mago si posò solo un secondo su di lei prima di dire “Statemi bene” e sparire con uno schiocco.
 Qualche secondo dopo gli altri cominciarono a risvegliarsi.

Caramell si tirò su di scatto per primo, con un grugnito, guardandosi subito intorno con aria terribilmente frastornata.
 “Dove è andato, dove è andato?” berciò.
 “Immagino che sia svanito” disse fredda la MacGranitt.
 “Oh che scappi pure, un vigliacco, questa è la fine di Albus Silente. Mettersi contro di me!!” disse l'uomo con una voce troppo tesa e stridula per essere preso sul serio, anzi che lo fece apparire piuttosto ridicolo ed Emma pensò che lo avrebbe affatturato volentieri.
 La metà dei mali del mondo magico attualmente in effetti erano causati dalla stupidità e dalla vigliaccheria di Caramell, che nascondeva il ritorno di Voldemort e dalla cattiveria dell'Umbridge che ora metteva in mostra un'aria decisamente instupidita.
 “Il professor Silente non è un vigliacco” rispose l'emoor, rivolta verso il Ministro, senza riuscire a trattenersi e l'ometto si girò verso di lei con aria incredula, gli occhi sgranati.
“Credo, signorina O'Sheam che lei si sia infilata già abbastanza nei guai oggi” disse severo prima di rimettersi dritta la bombetta sul cranio e uscire impettito dalla stanza, gridando a Severus di non far scorrazzare in giro la sua protetta.
 Emma dovette trattenere il sorriso che le sfuggì, scambiando uno sguardo veloce con il suo tutore.

*

“Perché non ce l'hai detto?” chiese David per l'ennesima volta e  con stupore di Emma non sembrava affatto arrabbiato, ma solo vagamente afflitto e deluso.
 “Non potevo.” rispose l'emoor semplicemente, per la terza volta, sentendosi decisamente sotto interrogatorio.
A scuola si era sparsa la voce dell'ES e della sua scoperta da parte della Umbridge, anche grazie a Pansy Parkinson che se ne continuava a vantare a voce molto alta al tavolo di Serpeverde e di Richard Done che aveva fatto una sfuriata contro i compagni di Casa durante la colazione definendoli degli irresponsabili che avrebbero buttato Corvonero fuori dalla coppa delle Case.
 
Emma sapeva che, prima o poi, avrebbe dovuto affrontare gli altri emoor e in parte era sollevata di togliersi il peso di quell'omissione.
 “Avanti David” disse Emily, carezzando il braccio del ragazzo “hai visto come si è ridotta Marietta Edgecombe?”
 “Sì e allora?” chiese lui, senza distogliere lo sguardo da Emma.
 “Sarebbe Emma ad essere conciata così se ci avesse detto di quelle riunioni” intervenne Artemius con la sua voce annoiata, senza alzare la testa dal libro che stava leggendo, nonostante stessero camminando lungo un corridoio.
 L'emoor lanciò un'occhiata grata a entrambi i Serpeverde, facendo un sospiro affranto, prima di cercare di nuovo lo sguardo di David.
“È esattamente così” confermò “come vi ho detto non potevo parlarvene a meno che non foste coinvolti, ma non potevo coinvolgere con tranquillità tre Serpeverde. Gli altri partecipanti non avrebbero facilmente approvato”
 “Oh, d'accordo” sbuffò David, incrociando le braccia sul petto “è solo che sembravano divertenti”
 “Lo erano” concesse Emma con una punta di malinconia.
Le riunioni le mancavano già.

Attraversarono l'ingresso della biblioteca, superando un gruppo di ragazzi che se ne stava pigiato davanti alla porta, mormorando piano, mentre leggevano qualcosa sul muro. Emma cercò con lo sguardo Hermione tra i tavoli della stanza senza trovarla.
 “Che mi dite della squadra di Inquisizione?” chiese quindi per cambiare discorso, riferendosi all'annuncio che la Umbridge aveva applicato a tutte le bacheche e che stavano evidentemente consultando quelli del gruppo sull'uscio.
 “Malfoy ne fa parte” disse subito David.
 “Lo so” sbuffò la ragazza. 
 Draco in fondo aveva stanato lei e gli altri, ne era consapevole e quella mattina lo aveva visto togliere dei punti a un ragazzino di Tassorosso senza un motivo valido. Non si erano ancora parlati per ciò che era successo, nonostante il biondo le avesse lanciato mute occhiate per tutta la mattinata dal suo tavolo in Sala Grande.   
 “Intendevo cosa ne pensate” riprese “Sono tutti Serpeverde"
 David annuì nuovamente, scambiando un'occhiata con Emily.
 “Ci abbiamo fatto caso anche noi, la cosa si ricollega a quello di cui discutevamo l'altra volta: l'affezione della Umbridge per la nostra Casa non può essere positiva” rispose il ragazzo e annuirono tutti distrattamente, compreso Artemius.

Un altro gruppetto di studenti tagliò loro la strada inseguiti da Madama Pince che intimava di fare silenzio, Emma notò che alcuni di loro si stavano passando di mano in mano un giornaletto, trattenendo appena le risate e l'emoor sapeva perfettamente di cosa si trattasse e sentì il buonumore colorarle le guance.
 “È l'intervista di Potter?” chiese Emily, seguendo il suo sguardo .
“Un'idea di Hermione” rispose Emma vagamente compiaciuta, prendendo posto a un tavolo insieme agli altri tre e tirando fuori i libri per studiare. L'idea della Grifondoro era stata in effetti davvero molto furba. Quasi geniale.
 Durante l'uscita a Hogsmeade a quanto pareva Hermione aveva fatto incontrare Potter con Rita Skeater ed Harry aveva rilasciato un'intervista, che era stata poi pubblicata sul Cavillo, in cui raccontava tutta la verità sul ritorno di Voldemort. 
 Luna lo aveva raccontato la sera prima a Emma e le altre, distribuendo alcune copie omaggio con aria allegra e quella mattina la notizia aveva fatto in un attimo il giro del castello e con estrema soddisfazione da parte dell'emoor, a nulla erano valsi i goffi ed isterici tentativi della Umbridge di mettere il giornale fuori legge. 
 Gli studenti avevano dato il meglio di sé trasfigurando, illudendo e modificando quelle poche pagine, che continuavano ad essere passate contagiosamente di mano in mano.
“È stata una bella mossa” disse David, con un sorrisetto sul volto ed Emma si rese conto in quel momento che lei e gli altri tre non avevano mai davvero affrontato l'argomento Harry Potter, se non quando discutevano delle intrusioni di mente che la coinvolgevano, e che, in realtà, anche l'argomento Voldemort era stato raramente sfiorato al di fuori delle teorie che cercavano sulla loro profezia.
La ragazza si fermò con la piuma a mezz'aria e guardò i Serpeverde accigliata, le labbra serrate dall'incertezza.

“Voi credete ad Harry, vero?” chiese.
 “Certo” rispose David “cioè, crediamo a te e se tu credi a Potter...”
 “Ci credo”
 “Allora anche noi”
 “Ovvio” rimarcò Emily con un sorriso gentile, mentre distribuiva un libro a testa agli altri, dove ipotizzavano avrebbero trovato qualche notizia sulle quattro Ombre di Hogwarts. 
 Emma si girò anche verso Artemius che la stava osservando, ma che subito abbassò lo sguardo, afferrando il libro che gli porgeva Emily. 
La Corvonero lo sentì distintamente borbottare un “Mai messo in dubbio” e si fece sfuggire un sorriso pieno di dolcezza, sentendosi fortunata ad avere quei tre come amici.

*

Emma scese velocemente verso i sotterranei.
 Non aveva fatto in tempo a cenare. Si era attardata con Ginny al campo da Quidditch a parlare dei drammi d'amore della rossa, che non sopportava più Micheal Corner e le sue lamentele e aveva perso la cognizione del tempo. Era riuscita a passare solo correndo dalla Sala Grande, per scusarsi con Lilith e James dell'assenza e arraffare due fette di pane e poi era di nuovo fuggita verso lo studio di Severus per la sua lezione di Occlumanzia.
 Raggiunse i sotterranei in una volata e quando arrivò dal tutore entrò in corsa senza bussare alla porta in legno, non immaginando di trovarlo impegnato, ma si ritrovò a barcollare per la sorpresa sul posto davanti alla scena che si vide davanti, trasalì e le fette di pane caddero a terra senza fare rumore.
Severus Piton era in piedi, livido di rabbia. Gli occhi lucidi che vibravano quasi di cattiveria, le labbra tremanti, serrate in una linea e il corpo teso fino allo spasmo. 
Emma in tre anni, durante i quali credeva di aver imparato un poco a conoscerlo, non lo aveva mai visto così furente e sconvolto.
 Si ritrovò a reagire grazie all'adrenalina che le pompava nelle vene e che le suggeriva il pericolo e subito la mano corse alla bacchetta, alzandola in posizione d'attacco, pronta a difendere il tutore.
“Ho detto... fuori di qui” disse Piton, la voce minacciosa e vibrante e la Corvonero abbassò lo sguardo seguendo quello dell'uomo e vide, incredula, che steso a terra vi era Harry Potter.
 Emma strabuzzò gli occhi. Il Grifondoro sembrava sconvolto e guardava il professore a bocca aperta, lo sguardo sgranato e il volto pallido. Evidentemente Severus non era in pericolo come l'emoor aveva pensato, ma era chiaramente terribilmente arrabbiato e lei intuì, vista la fragilità evidente, che era anche pronto ad attaccare.
 “Sev...” tentò a voce bassa, facendo un passo in avanti.
 L'uomo sobbalzò, le lanciò un'occhiata e parve innervosirsi ancora di più nel vederla lì. Abbassò di nuovo lo sguardo verso il ragazzo che stava incora immobile a terra e parlò con tale rabbia che Emma, pur essendo dall'altra parte della stanza si sentì tremare.
 “Non una parola con nessuno Potter e ho detto FUORI DI QUI!! Non ti voglio più vedere nel mio ufficio”
Emma gelò sul posto, mentre Harry, parve riuscire finalmente a muoversi e si alzò da terra, guardando sconvolto il professore un'ultima volta. Mormorò confuso un “mi dispiace” appena udibile e più in fretta che poteva si fiondò fuori dalla porta, senza degnare di uno sguardo l'emoor. Emma e Severus rimasero soli. 
 Ci fu una pausa e l'attimo successivo pesò come un macigno.
 La Corvonero vide Piton girarsi e subito dopo sentì l'aria spostarsi vicinissima al suo orecchio destro e capì che l'uomo aveva appena lanciato con rabbia un vaso pieno di scarafaggi turchi contro la parete dove un secondo prima era passato Potter. 
Il vetro esplose in mille pezzi con un terribile fracasso che fece sembrare il silenzio che arrivò ancora più soffocante.
 Emma rimase immobile al suo posto, sconvolta, la bacchetta in mano puntata verso terra, la bocca socchiusa, mentre si chiedeva che cosa poteva essere successo di così grave tra i due.
 Le pareva di poter sentire il cuore batterle contro il torace e di percepire anche quello di Severus tanto il silenzio era muto e denso.
Il tutore era tornato a darle le spalle e tremava visibilmente e la ragazza, fece qualche passo verso di lui, con l'intenzione di consolarlo, ma appena lui se ne accorse si scostò bruscamente dalla sua carezza e lei, con un'orribile stretta allo stomaco, si accorse che l'uomo stava piangendo. Non con disperazione, né a singhiozzi, ma grosse lacrime erano rotolate fuori dagli occhi scuri e avevano rigato le sue guance magre. L'emoor si accorse di aver smesso di respirare.

Conosceva Severus Piton, conosceva tutte le sue molteplici maschere, o almeno, la maggioranza. Conosceva la sua vena sadica e cinica, persino quella vendicativa. Conosceva il suo carattere lunatico e chiuso, la sua logica ferrea, il suo fare scostante e persino il suo disgusto. Conosceva la sua freddezza, la sua arroganza e ostinazione, così come il suo modo di essere dolce e protettivo.
 Severus era tante maschere, ma Emma aveva una certezza:  sapeva che era uno degli uomini più forti che lei avesse mai incontrato.
 Era l'unico in grado di essere spia di Silente e di militare tra le file di Voldemort, usando il suo autocontrollo unico, superando situazioni in cui chiunque si sarebbe fatto prendere dal panico, o avrebbe ceduto ai sentimenti e in cui invece Piton era stato freddo e impassibile, la smorfia immutata e gli occhi vacui. 
L'emoor aveva perso il conto delle volte in cui l'aveva visto irrigidire i lineamenti in quell'unica maschera illeggibile  e ferma.

Ed era dolorosamente consapevole che se lei era diventata in grado di capire cosa provava Severus Piton e a cosa pensava sotto le sue molte maschere, era solo perché Severus si fidava di lei e provava ad essere sincero. Solo perché lui, a modo suo, le voleva davvero bene e le concedeva uno spiraglio
 Se Piton non avesse voluto, Emma era certa che, nonostante le sue neo doti da Occlumante, i suoi blandi tentativi di Legilimens e la sua intuizione, non sarebbe stata in grado di comprendere nulla dal volto pallido del tutore.
Eppure in quel momento la compostezza del professore si era spezzata, le calde lacrime gli stavano rigando le guance e la ragazza non riuscì nemmeno a capire se fossero di rabbia o di dolore, perché d'altronde non aveva mai contemplato la possibilità che Severus Piton potesse piangere. Nuovamente lo chiamò con tutta la dolcezza che riuscì ad esprimere, ma lui continuò a fissare il muro.  
 “Sev, per favore...”
 “Puoi tornare al tuo dormitorio, Emma. Faremo la nostra lezione domani” disse con voce greve e roca, fragile.

Una piccola parte dell'emoor desiderò dargli ascolto, forse per allontanarsi il più possibile da quelle lacrime che la spaventavano e dalle emozioni che intuiva e non riconosceva, ma Emma ricordava come Severus si fosse preso cura di lei dopo la morte dei suoi genitori, ignorando le sue di lacrime e le sue richieste di essere lasciata sola, quindi non si mosse di un solo millimetro e quando Severus le intimò nuovamente di andarsene, questa volta con una nota di rabbia, si sedette sulla poltrona di fronte alla scrivania e attese.
 Il tutore ci mise parecchi minuti a recuperare il controllo. Minuti durante i quali l'emoor notò il pensatoio e capì, che probabilmente Piton faceva ad Harry delle lezioni di Occlumanzia. 
Cercò di nuovo di immaginare cosa potesse essere successo con il ragazzo e cosa avesse sconvolto tanto il professore, ma non riuscì a darsi una risposta valida e dopo dieci lunghissimi minuti, finalmente Piton si voltò, si avvicinò al pensatoio e con la punta della bacchetta raccolse i fili argentati, rimettendo i ricordi nella sua mente, come Emma gli aveva già visto fare più volte. 
 La ragazza rimase in silenzio, osservando i gesti di lui, lo seguì attentamente con lo sguardo mentre il tutore si sedeva sulla sua sedia dietro la scrivania,  il volto con una sgradevole sfumatura rossa e gli occhi più cupi e lucidi che mai, ma senza più lacrime a rigare le guance. Emma riuscì a fare un profondo respiro che la calmò.
 “Cosa ti ha fatto?” chiese, stupendosi del tono dolce che le uscì.
 “Non dobbiamo parlarne” rispose Severus e a lei si strinse il cuore sentendo quanto fosse tremante e spezzata la voce dell'uomo.
 “Ti ha attaccato?”
 “No”
 “Ti ha insultato?”
 “No”
“Sev...”
“Mi correggo, Emma non voglio parlarne. Soprattutto non con te. Voglio che torni nel tuo dormitorio”
 La ragazza si zittì, ma non si mosse dalla poltrona, guardando testarda verso l'uomo che però teneva gli occhi fissi sulle sue mani. C'era una strana e ostinata tensione tra loro.
 “Non me ne andrò, Sev” chiarì infine.
 “Fa come credi” rispose lui secco, la rabbia appena trattenuta, afferrando un libro e aprendolo a caso, anche se Emma sapeva che non stava leggendo, perché vedeva il suo sguardo vuoto e perso.
 “Sev, se Potter ti ha ferito in qualche modo...”
 “Non voglio parlare di Potter.”

“Dobbiamo parlarne, invece. Che cosa è successo?” chiese di nuovo con voce calma, ma determinata.
Lui sibilò tra i denti un mezzo insulto, seguito da un “Testarda di una ragazzina”, prima di poggiare il libro e alzare finalmente lo sguardo color onice su di lei. Era ancora furente.
 “Potter è uno stupido, un ingrato e un idiota. Ottuso e irrispettoso come suo padre, senza arte e capacità, né rispetto. Convinto di essere speciale e privo di qualunque senso del limite.”
 Emma non era d'accordo con la descrizione fatta da Severus di Harry, ma pensava che nemmeno Harry si impegnava troppo ad essere ben considerato da lui, né di avere con Piton un buon rapporto. Tutti e due si odiavano in maniera stupida e infantile e sebbene forse da Severus, che era adulto, ci si sarebbe aspettata più tolleranza, persino l'emoor sapeva come il Grifondoro fosse spesso troppo irritante e sempre pronto a puntare il dito contro il professore, talvolta in maniera esasperata e snervante.
 La ragazza sì inumidì le labbra, cercando attentamente le parole da usare per non rischiare di offendere Piton, evidentemente fragile.
 “Come ha superato il limite?” chiese mite.
 “Ha guardato nei miei ricordi” ammise lui, aspro.
L'emoor sbatté le palpebre confusa. 
 “Ha risposto al Legilimens?”
 “No”
 “E allora come...”
“Sono andato a liberare Graham Montague dall'Armadio Svanitore, sono tornato e ho trovato Potter con la testa nel pensatoio”
Emma gelò sul posto senza riuscire a trovare un parola in difesa del Grifondoro. Nemmeno lei aveva mai osato chiedere al tutore quali fossero i ricordi che riponeva all'inizio di ogni lezione con così grande cura, figurarsi guardarli senza il suo permesso.
“Mi dispiace Sev.” quasi balbettò e l'uomo fece un gesto secco con la mano come a dirle di lasciare perdere, serrando le labbra esangui. 
A Emma faceva quasi paura.
 “Che cosa ha visto Harry? Cosa ti ha sconvolto?” sussurrò. 
Voleva solo aiutarlo. Voleva fargli capire che si poteva fidare, ma Piton non si mosse e solo il suo sguardo scattò su di lei.
 “Voglio che tu stia alla larga da Potter.” disse freddo.
 “Severus...” iniziò Emma lentamente “Harry è forse un'idiota, ma è un mio amico e non voglio...”
 “Stai alla larga da lui.”
 “Sev... davvero tu...”
 “Sono il tuo tutore Emma e ti proibisco di avere contatti con quella feccia. Contatti di qualunque tipo”
 L'emoor si accigliò lievemente.
 “Non mi vuoi raccontare che cosa ha visto Potter. Non volevi nemmeno dirmi che cosa fosse successo. Non mi stai nemmeno dicendo perché Harry faceva con te delle lezioni di Occlumanzia, ma esigi che io smetta di frequentare un mio amico?”.
In realtà lei ed Harry non erano propriamente amici, avevano avuto pochi momenti di condivisione e, almeno all'inizio, non si stavano nemmeno apertamente simpatici. 
 Il Grifondoro era spesso scostante e la poca fiducia che riponeva in lei aveva tenuto la natura schiva dell'emoor a distanza, ma la ragazza non poteva fingere che il legame con lui non esistesse.
 C'erano le intromissioni di mente, gli incubi e quella connessione che lentamente stava imparando a gestire e soprattutto c'era quel forte impulso a proteggere il ragazzo che a volte sentiva irrefrenabile dentro di sé. Nell'ultimo periodo poi, da quando Harry aveva preso le sue parti a Grimmauld Place e grazie all'ES si erano sufficientemente avvicinati per conoscersi meglio. 
Emma poteva intravedere uno spiraglio per far nascere un'amicizia, nonostante i tanti aspetti del Grifondoro che non apprezzava, come la sua voglia di fare sempre l'eroe e ficcarsi nei guai, o la velocità con cui cocciutamente puntava il dito contro qualcuno, ma poteva credere che ci fosse qualcosa per cui ne valesse la pena.
 “Sev” mormorò la ragazza di nuovo, dolcemente, cercando di attirare l'attenzione del tutore.
 “Ti mette sempre in pericolo” sibilò l'uomo “L'ES poteva essere un grosso problema. Hai idea di cosa io abbia messo in gioco per adottarti? Hai idea di quanto mi sia esposto e spinto oltre? Intuisci che cosa sarebbe successo se Silente non si fosse sacrificato per quell'idiota prendendosi la colpa? Pensi che io mi diverta a rischiare di perderti per colpa di quel...”
 L'emoor lo fissò con sguardo improvvisamente gelido.
 “Non rinfacciarmi di avermi adottato Severus” soffiò tremante  “Nessuno ti aveva chiesto di farlo.”
“Non intendevo questo” disse subito lui, fissandola con sfida e lei serrò le labbra in un'espressione molto simile a quella del tutore.
 “Non smetterò di frequentare Potter, Severus e sono fiera di aver fatto parte dell'Esercito di Silente.” chiarì nervosamente “Lo rifarei oggi, lo rifarei mille volte. Ho imparato più in quegli incontri che in mesi di stupide lezioni tenute dalla Umbridge”
 “Questo non toglie che sei solo una ragazzina” sbottò l'uomo “Una ragazzina che non coglie i problemi. Tutta questa fierezza, tutto questo coraggio così Grifondoro. Finirai nei guai, Emma. Ci morirai forse e solo perché ti ostini a non darmi ascolto”
 L'emoor scattò in piedi, nervosa. I pugni stretti allo spasmo. 
 “Io sono qui solo perché volevo aiutarti. Sei tu che non ascolti”
“Tu non puoi aiutarmi, nessuno può farlo. Men che meno tu, che sei così cieca! Non riesci proprio ad evitare i problemi?!”
“Evito costantemente i problemi. Per me e gli altri” si difese Emma.
 “Fai amicizia con Potter e frequenti Draco Malfoy! Non mi sembra proprio l'atteggiamento di chi cerca di evitare i problemi” tuonò l'uomo e stava quasi gridando, si era alzato in piedi minaccioso, sfogandosi evidentemente di tutte le preoccupazioni che aveva e riversandole con rabbia contro la ragazza.
 “Oh, perché invece tu sei perfetto, vero?” gridò lei in risposta, perdendo completamente la calma “Sei stato tu a mettermi in coppia con Malfoy a Pozioni, Severus e lo frequento quanto voglio”
“La sua è una famiglia di Mangiamorte” berciò l'altro, con tono esasperato “Non riesci a capire questa cosa così basilare? Non riesci a capire che devi startene il più lontana possibile dall'Oscuro Signore? Non capisci che hanno ucciso i tuoi genitori? Ti sembra davvero un'idea saggia quella di schierarti con il suo peggior nemico e amoreggiare con il figlio di un Mangiamorte?”
 “Anche tu sei un Mangiamorte!!” rispose gridando con tutto il fiato che aveva in gola la Corvonero, mentre arrossiva terribilmente e le lacrime le sfuggivano dalle ciglia, cadendo a terra come massi “Tu sei uno schifoso Mangiamorte, ma io me ne sono fregata. Non ti voglio meno bene per quello stupido e orribile marchio. Non ho meno fiducia in te, eppure sei un Mangiamorte.”
 Severus la fissava a bocca aperta, l'espressione di chi è appena stato schiaffeggiato. Emma tremava visibilmente, riprendendo fiato, gli occhi lucidi, lo sguardo fiero e furente.
“Continuate tutti a dirmi cosa fare mentre vi nascondete sotto maschere, rancori adolescenziali e segreti.” disse seria, decisa, un dito puntato contro il tutore “Io invece non nascondo nulla! Tu sai tutto di me. Ogni singola cosa, ogni singolo pensiero e incubo. Sai anche che posso evitare Potter quanto voglio ma prima o poi sarà Voldemort a venire da me!"
“Non è così, non per forza!” mormorò Piton, con aria disperata, improvvisamente fragile e incerto “Io farò di tutto per evitarlo.”
 “E io non smetterò di frequentare Harry.” ribatté severa l'emoor, le lacrime che scorrevano sulle guance “Perché come Silente penso che lui sia una speranza, perché la connessione mi impedisce di non pensare a lui. È solo un ragazzo Sev, come me. Tu sei adulto, sei tu che dovresti comprenderlo, non lui. Non dico che non abbia fatto un terribile errore a violare il tuo pensatoio, ma Potter è abbastanza giovane e confuso per potersi permettere di sbagliare. È solo e pieno di domande, a cui nessuno sa dare una risposta, esattamente come me. Perché anche io sono solo una ragazzina”
 “Sei solo una ragazzina e non riesci a capire...” balbetto lui.
“Mi piace Draco, è vero” lo interruppe Emma, con voce bassa e tremante “Mi piace dalla prima volta che l'ho visto parlare con te. Ho cercato di evitarlo, ma non ci riesco e lo so perfettamente che la sua è una famiglia di Mangiamorte, anche lui lo sa. Pensi che io sia felice che le cose siano così complicate? Pensi che sia stato bello per me vedere quelle lacrime sulla tua faccia? Pensi che io non ti sia abbastanza grata per avermi adottato? Io ringrazio ogni giorno per avere ottenuto il tuo cognome e non quello dei Greengrass. Pensi che non capisca quanto sia fragile il mio ruolo, o che non sappia come cavarmela con Harry, o con la Umbridge, o con Sirius Black? Perché non riesci a darmi fiducia nemmeno un po' quando io mi fido completamente di te? Perché non ne sono degna anche se me ne sono fregata del tuo marchio, anche se ho accettato di non sapere nulla sul tuo passato, prendendo alla cieca quello che sei e imparando a conoscere solo quello che vuoi concedermi? Ti rendi conto? Tu sei la mia unica famiglia insieme ai miei amici, sei tutto quello che ho e non ti fidi di me! Non riesci a capire quanto tutto ciò sia straziante? Cosa devo fare di più?"

La ragazza si interruppe soffocando in un mezzo singhiozzo, lanciò uno sguardo ferito all'uomo, che la fissava sconvolto incapace di rispondere e per lei quell'assenza di risposte fu troppo. 
 Si sentiva stravolta e sballottata tra troppe emozioni, estenuata dall'essere sempre l'ago della bilancia, dal provare a fare con tutte le sue forze la cosa giusta. Si rendeva conto che il suo attacco era confuso e pieno di rancore, ma non ce la faceva ad essere più lucida di così e uscì di corsa dalla stanza, in cerca d'aria. 
Sentì Severus che la chiamava quando era ormai in fondo al corridoio, ma lo ignorò. Corse fino a quando le mancò il fiato, la bacchetta in pugno, i muscoli che bruciavano, i polmoni che spasmodicamente cercavano aria. Corse fino alla torre di Astronomia, perché non voleva andare in lacrime nel suo dormitorio.
 Non aveva voglia di affrontare nessuno.
 Non quella sera.

*Angolo Autrice*

Ciao Lettori! 

Eccomi, quasi in ritardo, ma ci sono. 
Scusate, ma è stata una lunghissima settimana. Sto cercando di rimanere al passo. 
Anche lunedì nonostante sarò in trasferta da lavoro cercherò di pubblicare. 

Questo capitolo è davvero intenso per me, o per lo meno lo è stato da scrivere. 
Ci eravamo lasciati nel precedente con un briciolo di positività e qui vediamo schiaffata l'altra faccia della medaglia, molto più cupa e dolorosa.
Non solo la distanza con Draco che nonostante le loro nuove regole sembra difficile da colmare, ma anche una lotta più difficile e silenziosa con Severus, che cercando di proteggere la ragazza a tutti i costi in realtà la ferisce. 

Ho voluto anche sfiorare una leggera riflessione sul rapporto tra Harry e Severus. 
Molti parlano di come Piton possa essere un insegnante  tossico, ma anche Harry in realtà è uno studente difficile. 
Severus poi è in realtà piuttosto giovane e inesperto nel libro, a questo punto ha circa 35 anni e oltre al suo incarico di professore deve anche portare avanti il suo ruolo di spia e quello nell'Ordine per proteggere un ragazzino che fa di tutto per finire nei guai. 
Sicuramente i suoi modi non sono dei migliori e spesso fa errori grossolani. Severus come dice spesso non è buono in fondo e lo sa. 
Ha pregi e difetti, con Emma fortunatamente sono i pregi a saltar fuori, ma in questo caso credo che la protetta si sia dimostrata più matura di lui.

Altro punto è che per una volta ho cercato di rendere visivo il processo mentale dell'occlumanzia e ho provato anche a parlare qua e la del legame con Harry. Dal capitolo scorso sappiamo che gli incubi stanno peggiorando, ma Emma sembra essere sempre più in grado di gestire la connessione, a differenza di Potter che attualmente la percepisce e basta, ma bisogna dire che l'emoor è un'Occlumante naturalmente più dotata del grifondotro.
(ricordate che il doppio tratto -così- sta a significare quando i due comunicano attraverso la mente)

La parentesi con i 3 emoor invece mi è sembrata necessaria, sia perché racconta una piccola parte di vita ad Hogwarts sia perché chiarisce come il rapporto tra i quattro sia costruito quasi su una fiducia a priori. A volte ho un po' la sensazione che gli emoor si ritrovino soli contro il mondo magico.
Si avvicina pian piano la fine dell'anno scolastico e sappiamo tutto cosa succede alla fine del quinto libro? Giusto?

Spero che la storia vi stia piacendo. 
Grazie per le recensioni e per il supporto.

vi

Ritorna all'indice


Capitolo 29
*** Ferite aperte ***


.Ferite aperte.

 

Voi ne siete sicuri?”
 “Sta parlando con noi, Fred?” chiese il primo gemello, ignorandola.
 “Temo proprio di sì, George” lo imitò il secondo “Merlino sembra proprio la Granger quando fa così”
 “Secondo me la Granger è meno minacciosa” ribatté l'altro ed Emma alzò gli occhi al cielo bonariamente, osservando le teste rosse dei due gemelli Weasley, che sebbene fossero esattamente di fronte a lei, fingevano ostinatamente di non vederla. 
 Li aveva raggiunti quasi di corsa nel cortile, su consiglio di Lee e li aveva trovati mollemente seduti a terra, le teste vicine e i volti raggianti, mentre confabulavano chiaramente su qualcosa di segreto.
 La ragazza fece un debole sorriso rivolto ai due e si mise le mani suoi fianchi, assumendo un cipiglio severo.
 “Volevo solo essere sicura che abbiate pensato alle conseguenze. 
Tutte le conseguenze” sottolineò con voce mite.
I due finalmente alzarono lo sguardo divertito verso di lei.
 “È cosa già decisa, Ems” disse Fred.
 “E anche perfettamente preparata.” chiarì George.
 L'emoor arricciò le labbra con disappunto, cercando di ignorare l'aria angelica che i due Weasley stavano sfoggiando.
 “Posso essere preoccupata per voi?”
 “Puoi” annuì George “Ma staresti sprecando il tuo tempo”
Emma in risposta, si accigliò: dubitava fosse una perdita di tempo.
“Non direi proprio. I rischi sono alti” disse secca “Anche perché il piano che mi ha detto Lilith è quantomeno ambizioso.”
 “Lo è” assentì Fred non senza orgoglio “E la mia dolce dama non avrebbe dovuto parlartene.”
 Una parte dell'emoor era fiera del coraggio dei gemelli e della loro scelta di portare avanti l'idea del negozio di scherzi, ma dall'altro lato era profondamente preoccupata. 
 Il mondo magico avrebbe avuto sicuramente bisogno di risate, visto il brutto e oscuro periodo che incombeva su di loro, ma allo stesso tempo una guerra imminente non era quello che si poteva definire un ambiente adatto a scherzare.
 “Cosa ti ha detto la biondina?” chiese George, che sembrava piccato di essere stato tradito dalla ragazza.
 “Lilith era solo molto orgogliosa del vostro piano e contenta di sostenervi” disse Emma, mettendo in buona luce l'amica.
 “Lo credo bene è un piano perfetto” sorrise Fred, sornione e la ragazza gli lanciò un'occhiata esasperata e scosse il capo. 
 “Forse potresti stare con lei questa mattina. L'ho vista piuttosto giù”
 Il gemello sembrò improvvisamente meno baldanzoso dopo quella frase e sospirò quasi malinconico, mentre si alzava in piedi.
 Emma fu sicura che dietro la perenne smorfia allegra, fosse piuttosto triste di lasciare Lilith ad Hogwarts.
 “D'accordo, io vado da lei. Noi...” il ragazzo bloccò la frase a metà, incerto ed Emma gli sorrise “Noi ci vediamo Fred.”
 Lui annuì vagamente sollevato da quella promessa, facendo un mezzo sorriso e corse verso la torre di Corvonero. Emma si girò verso George che osservava il fratello allontanarsi a grandi falcate.
 “È proprio innamorato, eh” lo stuzzicò, sedendosi al suo fianco e George sorrise debolmente in risposta.
“Non nominare un'altra volta Lilith o ci ripenserà”
 “Non scherzare” lo punzecchiò “Fred non ti lascerebbe mai solo.”
 “Forse è così” ammise il gemello
 “Sicuramente. Farete un grande spettacolo?”
 Il ragazzo buttò infuori il petto con fare orgoglioso. 
 “Il migliore che Hogwarts abbia mai visto"
 Emma ridacchiò tra i denti, appoggiandosi con naturalezza alla sua spalla. Si era affezionata ai gemelli Weasley dal primo istante, quando loro erano entrati nello scompartimento che occupava con Ginny, quelli che sembravano secoli prima, ma nonostante volesse molto bene a entrambi e avesse imparato a distinguerli prima di chiunque altro, qualcosa la portava sempre da George. 
 Qualcosa di poco definito, ma che glielo rendeva più affine, come latte caldo e miele. Qualcosa che sapeva ne avrebbe provocato la mancanza quell'anno, quando se ne sarebbero andati. 
 Forse era il profumo di pane e fuochi d'artificio, con quel retrogusto di menta e zenzero che la faceva sentire a casa, o forse perché il ragazzo era sempre in grado di farla sorridere ed era un amico sincero che amava avere attorno.
 “Fategliela pagare a quella megera” soffiò l'emoor, con un ghigno storto in volto e si allungò verso George, scompigliando lui i capelli, lo sguardo pieno di dolcezza malamente tenuta a freno.
 “Mi mancherai insopportabile signorina” rise lui.
 Emma non rispose, ma gli sarebbe mancato anche a lei.
Si fece avvolgere volentieri dalle braccia del ragazzo e rimase al suo fianco in silenzio guancia contro guancia.

*

Ciao Remus. 
Come stai?
Volevo 
chiederti. Ho bisogno di

Ciao Remus.
Come stai?
Ho litigato con Severus.

Emma sbuffò con impazienza dal naso, cancellando con la piuma l'ennesima frase lasciata a metà.
 Aveva pensato di scrivere a Lupin in cerca di conforto, dato che gli incubi era peggiorati nettamente e lei sapeva di non poter andare a parlarne con Severus, visto il loro violento litigio e nemmeno si sognava di disturbare Silente. 
Lupin le era sembrata una buona idea, visto che l'uomo sembrava essere aggiornato sulla sua situazione, ma si era sempre comportato in maniera estremamente gentile con lei ed Emma apprezzava i suoi modi pacati. Oltre al fatto che sapeva che il mannaro sarebbe stato felice di essere d'aiuto, anche perché l'aveva pregata di contattarlo se avesse avuto bisogno di qualunque cosa, ma per quanto l'emoor ci provasse non riusciva a iniziare il discorso.
Nervosamente batté le dita sul tavolo di legno, gli occhi socchiusi, indecisa sul da farsi. Una piccola parte di lei, forse, non voleva ammettere nero su bianco di essere alla deriva, di essere semplicemente esausta e spaventata dal litigio avuto con il tutore.
Aveva passato così tanto tempo a tessere le doti di Severus e a difenderlo a bacchetta spiegata che temeva che, se si fosse saputo che aveva perso le staffe con lui, le persone che la circondavano avrebbero iniziato a dire: te lo avevo detto.
 Ed Emma non aveva alcuna voglia di affrontare una conversazione di quel tipo e anche se sapeva che probabilmente Lupin avrebbe avuto più tatto e cervello che la maggioranza delle persone, qualcosa la rendeva fragile e la bloccava. 
 L'emoor si spazientì e accartocciò il foglio di pergamena che aveva davanti, ficcandolo con rabbia in fondo alla sua borsa a tracolla.
Con gesti veloci e sgraziati raccolse i suoi libri e si alzò dal tavolo, abbandonando la Sala Grande a grandi falcate. Doveva andare a lezioni di Pozioni e questo significava solo una cosa: Draco.
 Emma strinse le labbra per il nervoso, aumentando il passo, con lo sguardo basso sulla punta dei piedi e le spalle incassate.
 Era talmente persa nei suoi pensieri che quasi sussultò quando avvertì la presenza di qualcuno di fianco a sé.
 “Vai nel covo dei cattivi?”
 “Ciao Gin” sospirò l'emoor.
 “Hai una faccia da fare schifo”
 “Grazie”
La rossa le lanciò un'occhiata severa, le labbra piegate in un'espressione contrariata che ricordava Molly. Se c'era una cosa in cui Ginny era molto brava era quello di capire perfettamente le persone a cui voleva bene. Era l'unica a comprendere Hermione e la sua testa rigida e contorta ed Harry e il suo essere ermetico e soprattutto era l'unica, tra i suoi fratelli, a tenere testa a Fred e George. Ginny era sveglia, acuta, intelligente e soprattutto non aveva paura di ferire quando doveva dire la verità.
 “Ti stai distruggendo, lo sai?”
 Emma alzò lo sguardo confusa verso l'amica “Scusa?” chiese.
 “Pensi che non l'abbia capito? Hai delle occhiaie da far schifo.”
 “Cosa devi aver capito?”
“Che stai passando un periodaccio.”
 L'emoor fece un debole sorriso in direzione dell'altra, senza smettere di camminare, ma non rispose.
Si sentiva così stanca.
 “Emma”
“Gin...”
 “Senti, tu sai che puoi parlarmi di tutto, sì?”
“Si, lo so” tentò di sorridere lei.
 “Non andarti a sfracellare contro un muro”
 “Non lo sto facendo”
Il sopracciglio della rossa saettò verso l'altro.
 “Ti stai chiudendo in te stessa, tonta di una Corvonero, stai facendo come Harry, riconosco i segnali”
 “No, Gin. Ti sbagli” mormorò l'emoor, pur sapendo che l'amica aveva dannatamente ragione e l'altra, infatti, sbuffò sonoramente, scuotendo il capo con aria contrariata.
 “Oh, certo, mi sbaglio. Guarda che si vede lontano un miglio che si è spezzato qualcosa tra te e Piton, sei sempre stata felice di fare Pozioni e ora sembra che stai andando al patibolo”
 “Severus non c'entra.”
 “Certo come no.” la interruppe subito la Grifondoro, sforzandosi di mantenere un tono gentile “Come se lui poi fosse l'unico problema, non sono stupida: Malfoy va in giro a sbandierare il suo distintivo da inquisitore come se fosse un premio e immagino la cosa non ti faccia felice. Poco importa che quell'idiota appena appari tu in una stanza impallidisca come un pulcino, so che tu soffri di questa situazione. E George mi ha detto che sai del piano suo e di Fred di andarsene e so che non ti piace separarti dai tuoi amici e tu tieni molto a lui.”
 Emma fece un altro debole sorriso, appuntandosi mentalmente che forse non aveva bisogno di confrontarsi con Remus, quando aveva Ginny come amica, ma ancora una volta non rispose, per paura che la voce le tremasse troppo.
 “Emma.”
 “Sto solo facendo fatica a dormire, Gin. Davvero. C'è la scuola e poi si sicuramente Malfoy che aumenta il nervoso”
 Ginny sorrise appena, dolcemente: “Gli incubi?” chiese subito e l'altra annuì mesta, strofinandosi appena gli occhi di stanchezza.
Erano arrivate quasi ai sotterranei e la rossa doveva andare a Incantesimi. Le mandò un'ultima occhiata indagatrice, prima di dire: “Qualunque cosa, per favore, smettila di tenerti tutto dentro”.
 Emma annuì per l'ennesima volta, mentre l'altra si sporgeva per abbracciarla brevemente, prima di girare i tacchi ed andare alla sua prossima lezione.

. . .

L'emoor entrò dentro l'aula di Pozioni con il capo ancora basso e gli occhi vagamente lucidi. Si mise al suo solito posto e con gesti automatici cominciò a sistemare con cura maniacale gli ingredienti, cercando di trovare un po' di calma in quei preparativi che le risultavano così abituali.
 Draco, accanto a lei, la osservava di sottecchi. Sembrava vagamente nervoso, come sempre durante le ultime lezioni. Il peso di quello che era successo all'ES era ancora tra loro, senza che venisse mai affrontato apertamente, o almeno non da Emma.
 “Ciao” sussurrò il ragazzo, approfittando del caos intorno a loro.
 La Corvonero alzò lo sguardo verso di lui stupita, come se non si fosse aspettata di trovarlo lì e stese un sorriso meccanico.
 “Ciao Malfoy” rispose, con voce particolarmente tranquilla, poi si voltò verso la lavagna, avendo cura di ignorare completamente la presenza di Piton e lesse velocemente le istruzioni.
 Era un composto piuttosto semplice, che l'avrebbe distratta troppo poco.  L'emoor sospirò e si tirò su le maniche della divisa con aria pratica e decisa, prima di afferrare il primo ingrediente, senza interpellare il compagno di corso, dando così il via alla loro danza di mani e corpi intorno al calderone sul fuoco.
 Sentiva gli occhi di Draco fissi su di lei, ma li ignorò e per molti minuti rimasero in silenzio, lavorando insieme.

“Sei arrabbiata?” chiese a un certo punto il Serpeverde.
 Emma alzò lo sguardo e rimase nuovamente stupita, scorgendo sul volto del ragazzo un ghigno amaro e rassegnato, come se si fosse aspettato che un giorno lei si sarebbe arrabbiata tanto con lui da togliergli la parola. Sbatté le ciglia confusa, le labbra socchiuse e l'aria smarrita, mentre Draco corrugava la fronte, perplesso.
 “O'Shea io posso capirlo se sei arrabb...”
 “No” rispose lei sincera “Non sono arrabbiata”
 E in effetti non lo era affatto. Era semplicemente stanca e svuotata da tutta quella situazione, non arrabbiata.
 “Ok. Ma Emma... so che quello che è successo per te è stato... si insomma, io non immaginavo che tu facessi parte di quel gruppo” insistette il ragazzo, facendo cadere dell'elleboro accuratamente tritato nella pozione che sobbolliva piano e l'emoor osservò il gorgoglìo lento del composto con aria distratta, analizzando le parole del biondo e poi afferrò la radice successiva.
 “Non c'è problema” borbottò asciutta.
“Non pensavo fossi così amica di Potter, davvero
 Emma sorvolò sul tono leggermente sprezzante che il Serpeverde aveva usato nel pronunciare il nome di Harry. Non le importava. Non poteva importarle di meno delle faide tra i due ragazzi.
“Non importa, Draco, davvero” ripeté con distacco.
 Il ragazzo parve combattuto e si fermò a osservarla rigido, tanto che quasi si dimenticò di abbassare il fuoco sotto il calderone. Lo fece all'ultimo e la pozione diventò leggermente più scura del dovuto.
L'emoor fece un leggero sospiro contrariato, gli occhi fissi sulla lavorazione e si affrettò ad aggiungere asfodelo.
“Emma, credimi: sono davvero dispiaciuto. Se vogliamo parlarne...”
Lei alzò lo sguardo verso di lui per una veloce occhiata, mormorando un 'ok', ma sentendo che le mancavano parole.
Il ragazzo però sembrò illuminarsi per quella piccola risposta.
 “Sarei dovuto intervenire. Lo so” disse subito, ma Emma scrollò le spalle, regolando con precisione le fiamme sotto il calderone con un movimento attento della bacchetta e saltò al passaggio successivo.
“No, non avresti dovuto. È andata meglio così”
 “Ma quello che ti ha fatto Pansy...”
 “Non mi importa Draco. Pansy è un'idiota.”
 “Ho litigato con lei, le ho detto che non deve più toccarti” ringhiò l'altro “Si è messa in mezzo e...”
L'emoor scorse le guance di Draco diventare progressivamente sempre più rosa e dovette trattenere un sorriso.
 “Non posso dirmi poi così dispiaciuta della vostra litigata” ammise candida “quella ti sta con il fiato sul collo"
Il ragazzo ignorò la frecciatina e fece per parlare di nuovo, ma Emma sentì di non poter continuare quella discussione. Non aveva voglia di giustificazioni, di nuove regole e di imbarazzi. Tanto meno di sensi di colpa. Non accusava Draco per la fine dell'ES. Semplicemente si era resa conto, vedendolo tronfio con la sua spilla a seguire la Umbridge, che loro due erano forse davvero diversi e quella piccola ammissione la faceva soffrire e sentire sconfitta.
 “Ci stanno ascoltando” mormorò semplicemente e questo bastò per far tornare velocemente Malfoy il solito gelido Serpeverde che Hogwarts conosceva.
Perché lui non voleva che nessuno sapesse. Ancora.

*

Lo spettacolo con cui Fred e George Weasley avevano appena deliziato l'intera scuola era stato in effetti notevole. Fuochi d'artificio, girandole, scoppi e fontane di colore edEmma aveva sentito l'affetto per i due ragazzi zampillarle nel petto; Erano stati incredibili.
La folla di studenti urlò di gioia mentre i due gemelli, a cavalcioni sulle loro scope, con le loro smorfie allegre, si allontanarono di buona lena, ma non prima di aver insultato la Umbridge e consigliato tutti di andare al loro negozio a Diagon Alley.
 Al solo pensiero della faccia molliccia e perplessa della donna che si guardava intorno spiazzata, l'emoor sorrise feroce e si sentì invadere da una sottile voglia di ribellione e anche Lilith, travolta dell'esaltazione del momento, stava mantenendo un morale inaspettatamente alto, per la gioia dei suoi amici.
La biondina aveva molte qualità, ma Emma e James sapevano che se si fosse fatta prendere dallo sconforto, la risalita del suo umore sarebbe stata lenta e difficile. Per questo l'emoor non la interruppe mai, mentre lei le ripeteva per la centesima volta come erano andati i fatti, a cui tra l'altro entrambe avevano assistito, sottolineandone tutti i particolari. Qualunque cosa purché continuasse a sorridere.
 Sopra le loro teste, gli ultimi pigri fuochi d'artificio targati Weasley sibilavano piano, in smorzate capriole in aria.
 “Sono stati molto coraggiosi” tubò Lilith deliziata ed Emma annuì.
 “Molto e anche teatrali al punto giusto”
“Vero, non riuscivo a crederci a vederlo, lì su quella scopa. E sono volati via, capito? Dopo aver insultato la Umbridge!”
Entrarono in Sala Grande, l'emoor si sedette al tavolo e si affrettò a riempirsi il piatto. Era affamata.
 “Avete sentito Vitious?” chiese James con un ghigno leggero.
“Quando ha fatto correre la Umbridge su e giù per due piani di scale, sostenendo di non sapere se aveva l'autorità per far sparire i fuochi d'artificio?” sorrise Emma, trattenendo una risata. 
Il ragazzo annuì divertito, ma Lilith accanto a lui si rabbuiò.
“Mi mancherà” mormorò, spegnendosi un poco e l'altra, che si era aspettata quel cedimento, si affrettò ad accarezzarle la schiena.
“Hanno scritto un capitolo di storia che ricorderemo a lungo, credimi e anche tu mancherai a Fred, ma potrete sentirvi via gufo e poi non manca molto a questa estate.” disse quieta.
Lilith annuì tra sé e sé, buttandosi sulla cena con aria pensosa, prima di illuminarsi di nuovo.
“L'hai sentito quando ha detto Dedico questa fuga a quella dolce ragazza? Merlino, a volte Fred sa essere romantico, credevo di morire per l'imbarazzo, ma in fondo ero così contenta di essere quella ragazza” riprese come un fiume in piena, dopo un attimo di silenzio ed Emma si girò per sorriderle e così facendo vide Piton che si stava avvicinando al punto in cui erano seduti.
 Anche James se ne accorse e perse i propositi di occuparsi dell'umore di Lilith, facendo velocemente scattare lo sguardo sull'emoor che, pallida, fissava il piatto davanti a lei. 
 Il ragazzo la vide fare un grosso respiro e prima che l'uomo li raggiungesse, Emma si alzò e andò a passo veloce verso l'uscita.
 Lilith e James si scambiarono uno sguardo e guardarono verso che il professore, che pallido come l'emoor, ma composto e rigido, gettò solo un'occhiata veloce ai due amici della protetta in un cenno di saluto appena accennato e con una lentezza impensabile si allontanò verso il tavolo dei professori.
 I due Corvonero si alzarono inseguendo l'amica.

. . .

Emma non aveva detto a nessuno perché lei e Piton avessero litigato, ma aveva messo un tabù su qualunque domanda e dimostrato una furia insolita, ogni volta che chiunque le chiedeva cosa avesse spezzato il perfetto equilibrio tra lei e il suo tutore.
 Eppure era evidente che qualcosa fosse cambiato e ancora più lampante era che anche Severus ne soffrisse, per qualche motivo.
Nemmeno Ginny, David, o James, con cui di solito l'emoor si confidava più facilmente erano riusciti a cavarle nulla di più di un freddo “Abbiamo litigato violentemente”.
 Gli amici della ragazza avevano quindi deciso di comune accordo di lasciar passare del tempo, perché sapevano che Emma era sufficientemente testarda da poter resistere a molte domande e capivano che qualunque cosa fosse successa, l'emoor ne era rimasta profondamente ferita e insistere con lei non avrebbe dato risultati.
 Così, in particolare Lilith e James, si limitavano ad assicurarsi che la ragazza non stesse troppo male, o da sola e a dimostrarsi disponibili  a provare a distrarla il più possibile.
 L'unica fortuna è che sembrava che Emma si fosse, almeno in parte, rifugiata nello studio. L'emoor non aveva mai fatto fatica a lezione, essendo tremendamente portata in molte arti magiche, ma aggiungere uno studio disperato alla sua fortuna genetica aveva provocato un notevole distacco in bravura su tutti i compagni, assicurando un numero tale di punti a Corvonero che la Casa si era ritrovata improvvisamente a competere per la prima posizione e la cosa stava molto bene alla maggioranza dei suoi amici. 
 Il fatto poi che passasse improvvisamente tanto tempo in biblioteca con la Granger lasciava comunque tranquilli Lilith e James che, senza davvero conoscerla, si fidavano della Grifondoro.

James guidò Lilith fino alla torre di Astronomia e non rimase stupito quando trovarono Emma appoggiata al parapetto con gli occhi chiusi. Stava dando loro le spalle, ma doveva averli sentiti arrivare.
 “Come mi avete trovato?” chiese debolmente.
 “Vieni sempre qui quando vuoi pensare” rispose James tranquillo, mentre Lilith si torceva le mani, insicura su che parole usare per tirare l'amica su di morale.
“Vuoi parlarne?” chiese il ragazzo con tono mite.
Emma si voltò verso di lui, stendendo un sorriso dolce sulle labbra, colpita dalla preoccupazione di entrambi i suoi amici e da quanto bene loro le volessero. Scosse il capo gentile e si avvicinò a James, lasciandosi abbracciare.
 “No, Jam” mormorò stancamente. “non c'è nulla di cui parlare”
 “Sicura?” indagò lui con distacco.
“Sì, va tutto bene” li rassicurò Emma, con un sorriso tirato, ma non era vero. Aveva ogni ferita aperta.

*

“Non puoi fuggire per sempre dai problemi, lo sai?”
 Hermione non aveva nemmeno alzato la testa dalla pergamena su cui stava scrivendo con molta attenzione. 
 “Scusa?” chiese Emma guardandola stupita.
 “Non puoi fuggire per sempre dai problemi” ripeté la grifona con tono tranquillo e l'emoor sbatté le ciglia confusa.
Le piaceva stare con la Granger proprio perché aveva il tatto di non fare domande e perché, a differenza di tutti i suoi amici, non aveva cominciato anche lei a lanciarle occhiate preoccupate di sottecchi, ma Emma, in effetti, sapeva di non stare affatto bene e la cosa era evidente dall'aria triste e le profonde occhiaie.
 Si sentiva sempre tremendamente fragile e arrabbiata, come in perenne bilico. Il litigio con Severus l'aveva profondamente turbata e sfuggire dai tentativi di confronto del tutore e insegnante, che provava disperatamente a parlarle da allora, la sfiancava.
 Inoltre era rimasta ancora una volta delusa da Potter con cui si era aspettata di confrontarsi, visto che aveva assistito alla scena tra lui e l'insegnante, ma Harry sembrava volerla evitare con tutte le sue forze ed Emma era stufa dell'atteggiamento del ragazzo. 
Ad aggravare la situazione, c'erano ovviamente gli incubi che ormai non le davano tregua e la stremavano e che nell'ottica dell'emoor erano una responsabilità del Grifondoro, oltre a notevole carico di impegni che le dava la scuola.
E poi c'era Malfoy. Ovviamente Malfoy.

Il Serpeverde aveva assunto uno sgradevole atteggiamento pomposo per il suo ruolo di capo della squadra d'Inquisizione, cosa che metteva Emma assolutamente di cattivo umore. Non aveva ancora avuto modo di parlare apertamente con lui, a parte qualche breve parola durante la lezione di Pozioni, ma a dirla tutta l'emoor non aveva nemmeno troppa voglia di ascoltare le sue scuse. 
Era evidente che quel ruolo al ragazzo non dispiacesse affatto e anche se lei aveva la colpa di scappare alla fine di ogni lezione di Pozioni, per evitare Severus, impedendo così anche a Draco di parlarle, il Serpeverde non aveva fatto comunque un grande sforzo per dire la sua, visto che non le si avvicinava fuori dall'aula di Pozioni.
 A parte quindi qualche sguardo rubato in Sala Grande o qualche saluto veloce nei corridoi i due sembravano ignorarsi ed Emma cominciava a dubitare dello sforzo del ragazzo di provare a essere migliore, vedendolo sempre maltrattare gli altri con la solita boria. 
E se tratta sempre così tutti tranne me dovrei giustificarlo? 
 
Fino a quel momento la ragazza aveva evitato accuratamente di rispondere alla domanda, ma sapeva di non poterlo fare per sempre.
 L'emoor scacciò quei pensieri e osservò Hermione che aveva finalmente alzato il volto per fissarla attenta.
“Non voglio farmi gli affari tuoi” disse pragmatica la Grifondoro “ma è evidente che non stai bene”
 “Non è il mio periodo migliore” confermò secca Emma “E non cerco nemmeno di nasconderlo, lo so.”
“Lo immagino.” rispose l'altra pacata “Tra l'altro Harry mi ha detto che non sta più facendo lezioni con Piton, ne sai qualcosa?”
 “No” rispose subito l'emoor, fingendo di guardare con estremo interesse la pagina del libro che aveva davanti.
 “E Malfoy?” indagò Hermione con estrema disinvoltura.
 “Da quando ti sei messa a fare le domande Mione al posto che rispondere?” sorrise debolmente e lei scrollò le spalle.  
 “Immagino da quando Ginny è estremamente preoccupata per te perché non fingi nemmeno di starla ad ascoltare e da quando con me sei diventata un Dorsorugoso di Norvegia al posto che una piacevole compagna di studi.”
 Emma la guardò piccata e non disse nulla, anche se immaginava di non essere proprio stata l'emblema della simpatia in quei giorni.
 “Mi spiace.” sussurrò, senza sapere bene per cosa si dispiaceva, ma sentendosi sincera “è che tutto sembra ferirmi ultimamente”
 “Non sai quante volte ho sentito Harry dire la stessa identica frase” disse gentile la grifona, appoggiando la piuma per dedicare tutta la sua attenzione all'amica “E soprattutto quante volte ho provato anche io la stessa sensazione”
 “E cosa hai fatto in quei casi, o cosa ha fatto Harry?” 
 “Oh dipende. Harry di solito rimugina, si arrabbia e compie qualche sciocchezza” rispose Hermione ed Emma sorrise mesta “Io rimugino, vado a leggere qualche libro e poi affronto il problema, o almeno ci provo, a volte invece lo evito e basta. Tu invece mi sembra che stia ancora rimuginando, ma lo fai da giorni”
 “Già” assentì l'emoor “Ma non so cosa fare”
“Se sei abbastanza coraggiosa da affrontare il problema ti toglierai un bel peso dallo stomaco. Credimi.”
 Il pensiero di Emma corse al volto di Severus e alla sensazione orribile che aveva provato nel sotterraneo.
Si era sentita esplodere di rabbia, non quella che aveva provato l'estate precedente quando aveva scoperto che Severus le aveva nascosto di essere un Mangiamorte, ma qualcosa di più profondo. 
 Si era sentita tradita, incompresa e sola, oltre che offesa dalla mancanza di fiducia nei suoi confronti, nonostante i suoi sforzi.
Si era sentita come se nulla di quello che faceva valesse veramente a qualcosa, come se non fosse abbastanza.
 “E se...sapessi perfettamente quale sia il problema, ma non sapessi affatto come affrontarlo?” chiese lentamente, pensando invece al ghigno stampato che odiava sul volto di Draco.
Hermione le sorrise, scuotendo il capo in un movimento leggero. “Beh, tutti noi sappiamo che Tu-Sai-Chi è un problema, ma se sapessimo come batterlo non lo sarebbe veramente, no? Datti tempo Emma, smettila di accusarti”
 “Io non mi accuso” si difese la Corvonero.
 “Sì, lo fai invece, a volte assomigli tremendamente ad Harry.”
 “No” insistette, pensando al fastidioso modo del ragazzo di evitare di affrontarla “Potter fugge, fa di tutto per non parlare con me e per fingere che i problemi che non gli interessano non esistano. Si fa avanti solo quando può uscirne da eroe”
 Hermione inarcò appena un sopracciglio ed Emma arrossì: non la pensava totalmente così, ma si sentiva furiosa con lui. 
 “Beh” disse la Gridondoro con un mezzo sorriso, riafferrando la piuma e riprendendo a scrivere “Anche tu sei chiusa come un riccio in una biblioteca con l'unica persona con cui non hai nulla di irrisolto. Non sei né a sfogarti con Ginny o i tuoi amici come farebbe qualunque persona normale, né a parlare con Harry, né a discutere con gli altri emoor di Tu-Sai-Chi, o profezie, né a passare del tempo con Malfoy, impedendogli tra l'altro di fare il Purosangue borioso nei corridoi, né tanto meno sei a chiarire con il professor Piton”
La Corvonero fissò la nuca della della ragazza di fronte a lei con espressione decisamente stupita prima di aprir bocca.
 “Sei davvero la strega migliore del tuo anno Hermione Granger” disse infine e fu sicura che lei stesse sorridendo compiaciuta, tra tutti quei capelli così ricci.

. . .

Emma si stava dirigendo verso la Sala Grande, pensando che avrebbe dovuto parlare con Severus, quando sentì inaspettatamente la voce di Malfoy chiamarla e qualcosa in fondo alle viscere fece una capriola e sentì il cuore cominciare a battere più forte, come sempre quando si trattava del Serpeverde. 
 Sospirò prima di girarsi, appuntandosi che avrebbe rimandato a dopo i chiarimenti con Severus, dato che comunque Draco era un altro dei suoi nodi che arrivava al pettine. 
Il ragazzo era da solo e stava quasi correndo per raggiungerla, cosa di per sé piuttosto insolita e senza i due soliti armadi al fianco sembrava quasi più sottile e vulnerabile. 
 Emma sentì la nuca pizzicarle, rendendosi conto che lì non erano nell'aula di Pozioni, né al parco, né in un ala del castello poco frequentata: erano nei pressi della Sala Grande, con persone intorno a loro che li guardavano di sottecchi con vago interesse.
 “Draco” lo salutò lei, sforzandosi di sorridere.
“Come stai?” chiese lui e quella domanda semplice confuse l'emoor, così come l'ampio sorriso, diverso dal solito ghigno alla Hogwarts.
 “
Bene... hai bisogno?” domandò sospettosa: non era decisamente da Draco quello slancio.
 “Volevo solo trovare il modo di parlarti, fuggi sempre da Pozioni, mi chiedevo se ce l'avessi con me.”
Sincero. Curioso. Preoccupato.

“No.” rispose Emma subito, arrossendo “Non ce l'ho affatto con te ma, ecco, io ho litigato con Piton in realtà”
 “Oh” fece lui, evidentemente colpito “Mi spiace. Sei sicura quindi? Nessun problema con me?”
 Emma scosse il capo debolmente, cercando di sorridere nonostante si sentisse i muscoli del viso contratti.
“No, Draco, nessun problema. Regola n. 1, no? Dirci la verità”
Lui parve sollevato, ma non accennò ad allontanarsi e Alicia Spinnett e una ragazza bruna di Tassorosso ridacchiarono passando accanto a loro e si allontanarono parlottando fitto.
“Non siamo un po' scoperti?" chiese cauta l'emoor, guardandosi intorno e il ragazzo la imitò con una veloce occhiata, leggermente teso, ma più in controllo di lei.
 “Beh, ma stiamo solo parlando, O'Shea”
Lei fece finalmente una smorfia allegra “Di Pozioni.”
 Sorrisero nello stesso momento. Emma dondolò sui talloni 
 “Mi spiace se mi hai trovato fredda. È solo un periodo no” cercò di giustificarsi, sentendo la bugia che le si incrinava in bocca.
 “Se ti va di parlarne...” propose il ragazzo
 Ci fu un momento di velato imbarazzo, in cui probabilmente entrambi provarono a immaginare cosa sarebbe successo se Emma avesse accettato quella proposta, tanto sottile e friabile che quasi si spezzava tra le dita, e si fosse confidata. 
 “Non ne abbiamo la possibilità, Draco. Anche volendo. Questa anonimato ci impedisce di avere confronti.” rispose infine asciutta e la smorfia del ragazzo si scheggiò ed Emma vide sparire tutto lo strano ottimismo che aveva visto fino a quel momento. 
 Si sentì quasi dispiaciuta, responsabile di aver vanificato gli sforzi del Serpeverde, ma una parte di sé era orgogliosa per la sincerità dimostrata: non era affatto semplice affrontare Draco.
“Senti Emma, ho provato a dirtelo: mi dispiace. So che tu vorresti una situazione diversa, ma io lo faccio anche per te.” ringhiò lui, che probabilmente si era aspettato una risposta simile dall'emoor.
Le guance che si chiazzavano di rosso. La tensione. L'imbarazzo velato.
 “Non credo proprio, Malfoy" rispose lei con dolcezza, avendo cura di usare il cognome, come una breve distanza “A me non importa se la gente pensa o meno che stiamo insieme, a te invece sì”
 “Dovrebbe invece.” sibilò lui con leggero sprezzo “Fai tanto quella sicura di te, ma vuoi farti odiare dai tuoi amici, O'Shea?”
 “I miei amici sono persone più intelligenti di quel che credi. Probabilmente, con un po' di fiducia, anche i tuoi”
 “Pansy ti odia” disse lui esasperato.
 “Grazie per avermelo fatto notare” sospirò la Corvonero, alzando gli occhi al cielo, improvvisamente nervosa, pensando alla Parkinson e alle sue smorfie schifate “Forse in effetti non tutti i tuoi amici sono intelligenti, probabilmente nemmeno tutti i miei” aggiunse, ricordandola reazione di Ron a Natale.
“Voglio solo che tu capisca che davvero lo faccio per proteggerci, Emma. Credimi. Sarebbe il caos se si sapesse” sussurrò il Serpeverde e c'era qualcosa di quasi disperato e che sapeva di solitudine in quell'affermazione e che ammorbidì il cuore della ragazza. 
 “È che è difficile fingere che non mi importi di te” disse l'emoor e Draco sgranò gli occhi e la smorfia sul suo volto si fece più tenera.
 “Emma... è solo per ora. Per poco tempo” insistette.
 “Non ti devi giustificare” ribatté pronta lei, trattenendosi dal prenderlo per mano e portarlo via di lì, in un posto dove avrebbero potuto essere liberi da quegli stupidi pregiudizi “ma forse... siamo troppo diversi, Draco. Un po' di tempo in più  non cambia le cose.”
 Trattenne il fiato e abbassò lo sguardo, lasciandosi avvolgere dall'improvviso silenzio ovattato che si creò.
Sentiva il cuore come un masso ghiacciato che le scavava il petto ed evitò con cura gli occhi grigi di lui, perché sapeva bene che l'avrebbero messa in crisi immediatamente e ancora non ci credeva di aver detto quelle parole ad alta voce.
“Che intendi?” gracchiò Draco.
Asciutto. Preoccupato. Ansioso.
 
L'emoor rimase in silenzio, cercando le parole più giuste.
 “Mi stai lasciando, O'Shea?” insistette lui con più agitazione.
 “No, ma siamo mai stati insieme?” sussurrò la ragazza, cercando di ignorare gli sguardi ora insistenti di chi era intorno a loro “Mi piacerebbe passare il tempo con te, Draco. Mi piacerebbe discutere di quello che provo, darti il mio punto di vista. Tu mi piaci, ma io non so niente di te e ti vedo più spesso maltrattare i ragazzi delle altre Case per ordine della Umbridge che sorridere”
L'aveva detto. Aveva affrontato il problema. Almeno uno.

Malfoy si guardò nervosamente in giro.
“O'Shea...” sussurrò e aveva la voce bassa, quasi dolce, implorante  “Se il problema è la squadra di Inquisizione possiamo almeno parlarne? Cambiare le regole, trovare un modo?”
Emma fissò lo sguardo in quello di lui. Merlino quanto era bello.
Contrasse i muscoli per obbligarsi a non accarezzarlo, a non abbracciarlo disperatamente come avrebbe voluto fare.
Perché tra tutti Malfoy?
 Perché il suo cuore aveva scelto quel borioso ragazzo Purosangue?
 Perché non James, o Sean, o George Weasley?
 Perché non qualcuno con cui tutto sarebbe stato più semplice?
 Perché doveva incasinare la sua vita più di quanto non lo fosse già?
Aprì la bocca per rispondere, ma venne interrotta dalla voce acuta della Parkinson apparsa in fondo al corridoio.

“Sanguemarcio, non ti avevo detto di stare alla larga?” gridava da lontano, facendosi sentire appositamente da tutti e avvicinandosi con grandi falcate “Draco non vorrai infettarti?” 
  Zabini, che sembrò quasi apparso dal nulla , uscì da un gruppetto di ragazzi Serpeverde lì accanto e la placcò.
 “Pansy lasciali stare” disse serio, gli occhi chiari fissi sulla compagna di Casa, ma la ragazza lo spinse di lato con forza, continuando a guardare verso l'emoor, piena di rabbia.
 “Perché non gli lecchi le scarpe sudicia Sanguesporco. Giusto quello puoi fare. Non hai speranza con il casato Malfoy”
Emma distolse ostinatamente lo sguardo da Pansy, inghiottendo saliva e onore, le guance roventi. Si costrinse a guardare un'ultima volta Draco, cercando lo sguardo di lui con una nota di disperazione, sperando che lui facesse qualcosa, che reagisse, che la zittisse, ma il Serpeverde la fissava negli occhi pallido e silenzioso, con le braccia lungo il corpo e i pugni stretti, combattuto.
 “Pansy ha ragione” sussurrò quindi l'emoor “lei, o anche Astoria Greengrass, sarebbero sicuramente delle candidate migliori, perfettamente adatte al casato Malfoy. Nessun rancore. Ci vediamo Draco.” mormorò, si voltò e si diresse a passo svelto verso la Sala Grande, nascondendo la rabbia e le lacrime che doveva trattenere. 
Avrebbe voluto strapparsi il cuore dal petto e gridarsi da sola: 
“Te l'avevo detto Emma Piton O'Shea”

Draco Malfoy rimase immobile. 
Draco Malfoy che non aveva mai desiderato davvero qualcosa.
La vita era stata fino a quel momento abbastanza clemente con lui, non faceva in tempo a realizzare di volere qualcosa che la otteneva, sempre, senza dover pregare nessuno e senza nemmeno arrivare a sentirne la mancanza.
Draco Malfoy era sempre stato viziato e coccolato e la sua vita tra agi e ricchezze gli piaceva e difficilmente ci avrebbe rinunciato, così come lo rendeva orgoglioso essere Purosangue e come adorava appartenere alla casa di Serpeverde, compiacere il padre e risultare perfetto agli occhi della madre.
Ma Emma O'Shea era la prima persona che incuriosiva Draco Malfoy, solleticando un interesse sincero, senza che nessuno glielo avesse consigliato, o imposto e guardando la schiena della ragazza, accarezzata dai lunghi capelli mossi e biondi, pieni di quelle venature ramate che aveva imparato a riconoscere ovunque, allontanarsi velocemente da lui, quasi dolorosamente, si sentì perso.
Perché Emma O'Shea era la prima persona che Draco Malfoy desiderava sinceramente, pur rappresentando qualcosa che avrebbe dovuto evitare. Lui la voleva al suo fianco e pur di non perderla una piccola parte di sé gli diceva che sarebbe stato disposto ad andare contro tutto e tutti e affrontare l'impossibile.
Perché Draco Malfoy era un Serpeverde, che si affezionava a pochi in modo viscerale, aveva una mente arguta e un'ambizione vorace, ma era anche fondamentalmente un codardo e l'emoor era la prima persona da molto tempo che gli infondeva un po' di coraggio.
 Perché Emma lo attraeva in ogni sua piccola sfumatura. I suoi sguardi, l'intelligenza, quel suo modo di fare equilibrato e distaccato, la piccola ruga sulla fronte che si formava quando leggeva, le guance che si colorivano così facilmente di rosso e quell'aria seria e fiera da combattente che a volte sfoggiava e Draco Malfoy si rese conto in quel preciso istante, sentendo uno strano calore al centro del petto, che non avrebbe potuto rinunciare a tutto questo. 
Era una cosa che già sospettava e su cui aveva a lungo rimuginato e che ora gli sembrava chiarissima, era andato troppo oltre. 
 
Non poteva più ignorare Emma O'Shea.
Sapeva che quello che avevano conquistato a minuscoli passi era una cosa preziosa. Che quegli sguardi, quei sorrisi, quei baci timidi erano diversi da qualunque altro bacio avesse ricevuto. Che quella tensione strana ed emotiva che provava mentre preparavano insieme le pozioni, o quando lei appariva nel suo campo visivo, con il suo sguardo distratto, non la avrebbe provata con nessun altro.
Non che Draco non avesse cercato a dimenticarla, dopo che l'aveva vista con quegli stupidi abiti Babbani nell'aula di Piton la prima volta, o con quei suoi occhi carichi di dolore nei prati di Hogwarts, ma non ci riusciva. La sua testa tornava sempre lì, alla sua voce tremante, alle sua braccia che lo stringevano sulla scopa, ai suoi ciao testardi, al Ballo del Ceppo dove lo fronteggiava bella e ferita, o al Manor sicura e felice nel sua abito stupendo, quando gli ascoltava il cuore mentre ballavano abbracciati.
Draco Malfoy si rese conto che se essere un perfetto Serpeverde, come voleva suo padre e forse persino sua madre, significava perdere Emma O'Shea non poteva accettarlo. Non in quel momento.
Certo, non poteva nemmeno andare contro tutto quello che era sempre stato in quegli anni e non ne aveva nemmeno intenzione, perché lui era il fiero figlio di suo padre, ma non poteva lasciarla andare, perché Emma rappresentava la sua isola felice, la sua umanità e tutto quello che avrebbe voluto essere.
 Forse era egoismo il suo, ma per un solo secondo riuscì a immaginarsi con lei mano nella mano a Hogsmeade, o al tavolo del Manor a fare colazione ridendo, sotto lo sguardo compiaciuto di Narcissa. Si immaginò lì ad Hogwarts abbracciati sulla riva del lago nero, o seduti su una scopa mentre lei lo pregava di andare più piano, o in biblioteca ad aiutarsi a vicenda, studiando insieme e non riuscì a trattenere un sorriso.
 Per questo Draco Malfoy non poté fermarsi.
Per questo lì, all'ingresso della Sala Grande, in mezzo a studenti di tutte le Case e professori distratti che lo osservavano, Draco si girò verso Pansy che lo guardava imbronciata e che gli chiedeva “Che cos'hai da sorridere Malfoy? Dovresti ringraziarmi” e le rispose “Sta zitta Parkinson” con tutto lo sprezzo di cui era capace. 
Per questo quasi corse, con un coraggio che non gli apparteneva e una foga che di certo non abituale al suo rango e raggiunse Emma, che stava per entrare nella Sala e stupendosi anche lui per quell'atteggiamento plateale e molto poco Serpeverde, le afferrò la mano e sorrise: perché non poteva accettare che qualcuno insultasse e mettesse in cattiva luce qualcuno che lui voleva accanto. 
 Non era qualcosa che un Malfoy avrebbe permesso.

Emma si voltò di scatto, sentendo la presa su di sé  e sussultò stupita, vedendo che si trattava del Serpeverde.
 “Draco.” mormorò, osservandolo con curiosità.
Sul volto il ragazzo aveva un sorriso largo che l'emoor non riusciva a capire e che non gli aveva mai visto prima, nemmeno al Manor.
“Non posso cambiare da un giorno all'altro, O'Shea e onestamente nemmeno voglio, intesi?" disse, godendosi lo sguardo confuso della ragazza ed Emma si guardò intorno allarmata: tantissimi studenti, oltre che due sorpresi Vitious e McGranitt, li stavano osservando, ma Draco sembrò non farci caso e intrecciò le dita con quelle di lei.
 “Non ti ho mai chiesto di cambiare” mormorò l'emoor a bassa voce, sentendosi arrossire “Ho solo detto che siamo diversi”
“Hai ragione.” concesse lui “Ma se non lo facessi, o se almeno non provassi qualche cambiamento, ti perderei, giusto? Io sono disposto a qualche minuscolo cambiamento se la cosa ti fa felice.”
 “Non devi farlo per me, Draco, credimi” sussurrò l'emoor “ Non devi fare nulla. Io voglio che tu sia felice, ma...”
“Allora troviamo il modo Mezzosangue.” la fermò il ragazzo con tono trionfante, sorridendole e stringendo la mano più forte “So che tu sei disposta a venirmi incontro e accettare tanti difetti di me e voglio provare a fare lo stesso”
Emma sentì le labbra tendersi in un sorriso mentre lo guardava.
“Quali sono i miei difetti Malfoy?” lo punzecchiò.
 “Voglio scoprirlo” disse lui con strana dolcezza.
 “Sei sicuro?”
“Mai stato più sicuro. Sono certo che tu ne sia piena”
 Emma rise allegramente, le guance ormai roventi, mentre i mormorii dei presenti cominciavano a scalfire la loro bolla.
 “Ok, Malfoy” soffiò divertita “Nel tuo piano c'era anche fare l'esibizionista davanti alla scuola?”
 “Non era nei piani” disse lui, il ghigno beffardo di nuovo sul volto, mentre si guardava intorno con aria critica “ma devi ammettere che è piuttosto d'effetto come scena”
 La tirò gentilmente dietro di sé, superando l'ingresso, le dita ancora intrecciate a quelle di lei. Si guardava intorno con aria beffarda. Emma non aveva mai visto il suo sguardo così luminoso e sicuro,  camminava a testa alta, sfidando chiunque a dirgli qualcosa, gli occhi gelidi e affilati che correvano subito protettivi a lei.
 Davanti al tavolo dei Corvonero il ragazzo la attirò più vicino a sé, con dolcezza, dandole un bacio sulla fronte e sorridendole gentile.
 “Mi limito a questo perché forse oggi abbiamo dato abbastanza spettacolo” disse, ora vagamente nervoso, senza perdere il sorriso.
 “Mi sembra una scelta saggia”
 “Quindi ci vediamo, O'Shea” la salutò e non era una domanda.
 “Ci vediamo, Malfoy”
 Sciolse la stretta tra le due mani titubante, allontanandosi verso il tavolo di Serpeverde con il suo passo elegante e sicuro.
Emma vide che ad accoglierlo c'erano sia Daphne che Emily e accanto loro David che alzò entrambe le sopracciglia in una buffa smorfia verso l'emoor “Che ti dicevo?”
 La Corvonero sorrise, ma non fece in tempo ad alzare la testa che venne praticamente travolta da Lilith.
 “Che cosa ho appena visto??” trillò la biondina, decisamente su di giri, facendo di nuovo arrossire l'amica furiosamente.
Si sedettero al tavolo vicine e si servirono la cena. Ad Emma sembrava che tutta la sala mormorasse guardandola, ma per la prima volta in vita sua stare al centro dell'attenzione non le dispiaceva. 
Il petto le si gonfiò di gioia efece scorrere lo sguardo tutt'intorno, incrociando infine due occhi neri che la fissavano seri dal tavolo dei professori. L'emoor non vi colse né rabbia, né offesa e ricambiò lo sguardo tranquilla, leggera.
 Avrebbe avuto modo di sciogliere anche quel nodo.

*

I giorni passavano lenti e dolci ad Hogwarts.
Andava tutto bene. Andava tutto perfettamente.
 
Ad Emma sembrava di vivere in un sogno, i suoi voti avevano avuto un'impennata positiva, le giornate si facevano più lunghe e miti e lei poteva studiare sull'erba accanto al lago nero, aveva fatto guadagnare parecchi punti a Corvonero, gli incubi sembravano essersi placati e si godeva il tempo libero a disposizione tra una lezione l'altra, stando con i compagni di Casa, o gli emoor, o con Ginny e Hermione, ridendo, chiacchierando e vivendo le giornate come un'adolescente doveva fare, senza troppi pensieri.
 Emma si era resa conto di sentire una tranquillità che non avrebbe mai potuto pensare le appartenesse e questo, doveva ammettere,  era dovuto anche grazie a Draco nella sua vita.
Nonostante, dopo quel primo teatrale gesto di coraggio, lui e l'emoor fossero diventati più riservati, senza nessuna mossa plateale nei corridoi, o in mezzo agli studenti e nessun bacio romantico a vista, avevano smesso finalmente di nascondersi: studiavano insieme senza problemi, passeggiavano insieme, a volte prendendosi per mano, chiacchieravano, si salutavano senza fretta e senza imbarazzi.
 Gli sguardi degli studenti continuavano a seguirli ovunque, ma Emma si era abituata a quello stupore e se lo faceva scivolare addosso, giudicandolo un prezzo adeguato pur di poter andare in giro liberamente con Draco e per ben due volte aveva passato del tempo anche con Daphne e Blaise e quando si erano uniti a loro anche gli altri emoor si era sentita scoppiare di felicità. 
 Stava trovando un suo equilibrio.
 Andava tutto bene. Andava tutto perfettamente.
 
Vero, non aveva ancora parlato con Potter, ma aveva deciso che in fondo non le importava, non in quel momento almeno.
 Vero, non aveva chiarito con Severus, ma il rancore e la rabbia di quella sera, seppur presenti, le parevano meno insormontabili.
 Sapeva che prima o poi avrebbero dovuto chiarire faccia a faccia, mettendoci entrambi una dose di coraggio e orgoglio ferito di cui per ora non disponevano, ma fino a quel momento l'emoor si accontentava dei veloci sguardi e dei saluti secchi che si scambiavano alla fine delle lezioni. 
 Emma respirò profondamente, sorridendo al cielo, si sentiva leggera e tiepida. Aveva salutato Draco poco prima e lui l'aveva stretta velocemente, rubandole un bacio di sfuggita, premuroso, quando nessuno badava a loro e poi era corso a sostenere il suo GUFO di Storia della Magia. Emma invece aveva raggiunto Lilith e James e si era seduta accanto a loro con un sorriso, ascoltando il chiacchiericcio degli amici e beandosi del sole.
Andava tutto bene. Andava tutto perfettamente.
Andava quasi schifosamente bene e per questo non poteva durare.

. . .

“Emma, Emma svegliati dannazione”
 L'emoor sbatté le ciglia un paio di volte, cercando di prendere contatto con la realtà: James la stava scuotendo con forza. 
 Mise a fuoco il volto dell'amico con qualche difficoltà e subito dopo trovò quello ansioso di Lilith, subito dietro di lui. 
Era stato un sogno? Un incubo?
Se era un sogno era terribile. 
 Un terribile incubo con Sirius torturato da Voldemort. 
 Scaffali pieni di sfere spettrali, una luce tenue e quel lungo corridoio di piastrelle nere dove anche Arthur Weasley era stato attaccato.  
 L'emoor riprese a respirare, confusa, con la sensazione che qualcosa le stesse sfuggendo e il mal di testa che le distruggeva le tempie e le provocava una nausea acuta.
Lei non stava dormendo e Potter in quel momento doveva essere, come Draco, al suo GUFO di Storia della Magia, quindi di sicuro non  addormentato da qualche parte, o incosciente. Qualcosa non tornava
Non avrebbe dovuto avere quella visione. E Sirius?
 Sirius non poteva uscire da Grimmauld Place, non poteva essere stato rapito, a meno che Voldemort non avesse scoperto l'Ordine. 
 I dubbi le si attaccarono al petto, facendola quasi iperventilare. Si aggrappò a James con tutte le sue forze, provando a mettere in prospettiva quel che aveva visto: Sirius, il corridoio, la tortura.
 Era stata più una visione fugace che un sogno, come una breccia nella sua mente, ma se era qualcosa che Harry aveva visualizzato da sveglio, potenzialmente lucido e teoricamente in grado di chiudere la mente, cosa l'aveva causata?
L'emoor pensò all'impulsività del Grifondoro e tremò spaventata.  Probabilmente il Potter stava per fare un grosso errore, basandosi sulla visione di un istante.
“Emma” ripeté James con dolcezza, aiutandola a mettersi seduta “Che è successo? Stai bene?”
 “Potter” mugugnò lei a mo' di spiegazione.
 “Un'intromissione di mente?” chiese il ragazzo accorato e lei annuì e mosse lo sguardo verso Lilith, che la ricambiò tesa e concentrata.
 Si sentiva la testa pulsare dolorosamente e i muscoli tremanti.
 “È come quella di Natale? Qualcuno è stato attaccato?"
 Emma scosse la testa confusa, massaggiandosi le tempi lentamente.
Non era affatto sicura di quello che provava, era come se il suo corpo non le appartenesse completamente.
“È stato qualcosa di diverso” sussurrò, sentendosi leggermente più stabile “era come se qualcuno volesse che Harry vedesse quella scena e io non stavo dormendo, sono stata trascinata dentro”
 “No, non dormivi” confermò James pensieroso “Stavi parlando con noi e ti sei accasciata all'improvviso”
 L'emoor non lo ricordava.
 “Cosa dobbiamo fare? Hai bisogno di Piton?” chiese Lilith ed Emma fu grata della reattività dell'amica.
 “No. Dobbiamo trovare immediatamente Harry” disse in fretta, tirandosi in piedi “Prima che faccia qualcosa di stupido”
 “Tipo?” domandò accigliato James, subito affiancandola.
 “Tipo andare a salvare Sirius Black”



*Angolo Autrice*

Ciao Lettori!
Prima di tutto vorrei dedicare questo capitolo ad arisky che ha letto e commentato tutta la storia, ma anche a tutti i nuovi lettori!

Capitolo particolare. Era mia intenzione, lo ammetto, giocare con il vostro cuore altalenando a momenti up e poi subito down per farvi provare durante la lettura quello che sta passando Emma: confusione. L'emoor è rimasta evidentemente molto ferita dal litigio con Severus e fa fatica forse per la prima volta a mettere in equilibrio tutti gli aspetti della sua vita. In fondo è difficile essere sempre di buon umore ed Emma riesce a mantenere la sua gentilezza nei confronti dei suoi amici, che tuttavia la capiscono meglio di quanto lei creda, ma è palesemente in difficoltà.

Punti e spunti:
. Ho trattato la partenza di Fred e George in maniera più simile al film che il libro. La loro partenza nel libro è molto meno clamorosa ( ma lo spettacolo dei fuochi d'artificio avviene comunque in un altro momento ) ho preferito dare spazio a entrambi gli eventi unendoli. Mi sembrava un momento importante perché sia Emma (per la sua amicizia con George) che Lilith (per Fred) ne rimangono ferite ed è tenero però come Emma pensi subito all'amica (E Lilith subito dopo a lei). James sembra conoscere inoltre meglio Emma che Lilith non perché sia più legato a lei, ma perché lo immagino come un attento osservatore e un ragazzo sensibile che sa trattare perfettamente con il carattere dell'emoor 

. Ho voluto far fare ad Hermione il discorso che sveglia Emma sia perché molto in personaggio secondo me, sia perché, nonostante Ginny dimostri di capire perfettamente l'amica, volevo che fosse qualcuno di più esterno a darle il quadro completo. Emma ed Hermione vanno molto d'accordo, ma la loro amicizia è più superficiale di altre e si basa sullo studio. La grifona mi è sembrata quindi la persona corretta.

. Draco. Draco è odioso, lo sappiamo, ma Emma lo interessa sinceramente. Ho voluto dargli uno slancio di maturità che coglie l'emoor impreparata, cosa che dimostra una volta di più come i tempi tra loro non siano mai a ritmo. Nonostante questo trovo molto tenera questo tentativo (più serio) di provare a far funzionare le cose, dando a entrambi una piccola parentesi di benessere, nonostante la Umbridge, Potter, le differenze e l'inquisizione (che Emma non nasconde di odiare). 

. Il finale ovviamente è tutto un programma, nonostante Emma ed Harry continuino ad essere troppo diversi per poter essere allineati non possono cancellare la connessione tra loro ed eccola che incombe una volta di più.

. il titolo del capitolo è ovviamente riferito a le molte ferite aperte che Emma continua ad avere e che cominciano a prendere il sopravvento, tra sue sofferenze personali e il futuro che incombe sopra di lei.

Spero che la storia vi stia piacendo.
Fatemi sapere qualcunque dubbio, critica, parere e domanda! 
I prossimi capitoli saranno piuttosto intensi. 

A presto!

Con affetto
vi

PS:Causa lavoro devo spostare per questa settimana la pubblicazione a giovedì e sabato!

Ritorna all'indice


Capitolo 30
*** Fazioni ***


.Fazioni.

 

Emma correva lungo il corridoio, il cuore in gola e James e Lilith la seguivano a ruota, cercando di tenere il passo, le suole delle scarpe che facevano un suono secco contro il lastricato.Dovevano trovare Potter. Subito. E si muovevano freneticamente, con ansia crescente e ogni volta che si imbattevano in un'aula, vi si lanciavano all'interno con foga, ma a eccezione di qualche coppia di studenti in cerca di riparo dallo sguardo malevolo della Umbridge non ebbero risultati. E il castello era così tanto grande.
 - Potter - tentò di chiamarlo di nuovo l'emoor, usando la connessione senza criterio e senza avere quindi alcun risultato.
 Il panico le pungolò lo sterno e quasi cedette allo sconforto, pronta ad accettare di inghiottire l'orgoglio e andare a parlare con Severus, ma spalancando la porta dell'aula di Incantesimi, con sollievo, si ritrovò di fronte al trio dei miracoli che discuteva animatamente, insieme anche a Ginny e Luna.

“Che ci fate qui?” disse subito Harry, con tono aspro e spazientito ed Emma, svanita la sensazione di vittoria che l'aveva invasa vedendolo, inarcò un sopracciglio infastidita dal suo atteggiamento.
 “Oggi Harry è di una simpatia unica” borbottò Ginny, lanciandole un'occhiata e scuotendo il capo e  l'emoor sorrise distrattamente all'amica e si voltò per lanciare un'occhiata ai due Corvonero alle sue spalle, che la seguivano in silenzio.
“Black” disse poi, fissando il ragazzo con la cicatrice negli occhi e lo vide sussultare, colto di sorpresa.
 “L'hai visto anche tu?”
“Certo che l'ho visto anche io, Potter. Dimentichi che abbiamo una mente che tende a connettersi contro la nostra volontà?”
 Harry però non la stava più ascoltando, si tirò gli occhiali su per il naso con un gesto secco e si voltò verso gli amici con foga.
“Cosa vi dicevo? Sirius è in pericolo. Noi...”
 “No, Harry” ribatté sicura Emma, massaggiandosi le tempie nella speranza che il dolore sordo che la affliggeva passasse “Qualcosa non torna. È una visione diversa, non è come con il signor Weasley”
 Lui parve innervosirsi terribilmente per quella risposta.
 “È comunque una visione! Sirius...”
 “Non è una visione come l'altra volta. Dovresti calmarti”
 “Io non mi calmo. Sirius è il mio padrino. È in pericolo”
 La voce del ragazzo era stranamente profonda e perentoria, ma la Corvonero ricambiò tranquilla il suo sguardo.
 “Harry te l'ho detto anche io. Emma ha ragione.” intervenne Hermione in un sussurro “Silente voleva che tu bloccassi quelle visioni, potrebbero non essere vere, potrebbero essere una bugia.”
 L'emoor ringraziò di non essere l'unica a ragionare in quella stanza, ma sentì un brivido di disagio quando calò un silenzio sgradevole subito dopo. Ron spostava il peso da un piede all'altro, mentre la Granger era tesa come una corda di violino. Solo Ginny sembrava furiosa, le labbra serrate, nell'evidente tentativo di non inveire contro Harry, le braccia conserte. Se ne stava al fianco di Luna, al contrario solo velatamente interessata a quella discussione. 
 Emma lanciò un secondo sguardo veloce a Lilith e James, che sembravano tremendamente fuori posto, prima di tornare a fissare Potter: il ragazzo quasi tremava, trattenendo a stento la rabbia.

“Quindi dovrei star qui senza fare nulla, vero? Non intervenire solo perché Silente ha detto che non dovrei sapere un bel niente.” quasi urlò, la voce rauca “E se fosse vero? Sirius potrebbe morire.” 
Sembrava sul punto di perdere il controllo e persino Hermione, parve impallidire davanti a quella rabbia scomposta.
 “Non possiamo contattare l'Ordine?” domandò Ginny pragmatica.
 “La McGranitt è al San Mungo” sputò Harry, facendo sobbalzare l'emoor al pensiero della donna, che si era beccata  tre Stupeficium nel petto da Umbridge e scagnozzi, senza un reale motivo “Silente se ne è andato, non c'è nessuno che ci può aiutare!”
 Ron guardò pallido l'amico e fece un passo avanti, mettendogli una mano sulla spalla nel coraggioso tentativo di calmarlo. Harry prese un respiro, ma si ritrasse a quel contatto, camminando nervoso.
 “Potremmo parlare con Severus” propose Emma e tutti si girarono verso di lei con tenue interesse, ma Potter scosse la testa.
 “No. Non prenderà mai sul serio l'idea che Sirius sia in pericolo” disse secco  “Lui è fuori discussione.”
L'emoor fece per ribattere, ma si zittì e provò un profondo disagio. L'istinto le diceva che avrebbe dovuto parlare con il tutore, ma doveva ammettere che Harry sapeva essere perentorio e sicuro di sé all'occorrenza. Un leader nato. Emma si accorse di provare per il ragazzo una punta di rispetto.
“Possiamo provare a contattare Sirius allora, usando un camino e assicurarci che stia bene. No?” Ron.
“I camini sono bloccati” Harry.
“Non tutti però, il camino della Umbridge è libero” Hermione.
 La Corvonero osservò il trio scambiarsi un cenno di intesa. Bastava un solo sguardo tra loro, era un feeling evidentemente maturato in anni di piccole battaglie, di paure e di piani fatti insieme. Quei tre erano tanto diversi, ma si muovevano come un solo essere a tre teste.
“Possiamo aiutarvi” intervenne a sorpresa Lilith, con stupore dell'emoor “La Umbridge odia apertamente tutti voi, tranne me e Luna. Possiamo attirarla fuori dal suo ufficio con una scusa”
Emma vide Hermione osservare la biondina con attenzione, come se stesse valutando il suo grado di fiducia, ma poi annuì secca e Luna fece un largo sorriso alla compagna di Casa.
 “I sotterranei sono abbastanza lontani dal suo ufficio” disse poi con aria spersa “Potremmo attirarla lì”
 “E io e Ginny possiamo fare la guardia al corridoio” propose allora l'emoor con slancio e la rossa annuì in risposta.
 “E io e Weasley possiamo stare pronti sulle scale per avvisarvi, se la vediamo tornare.” disse pragmatico James.
 “Perfetto” annuì Hermione con cipiglio sicuro, improvvisamente al comando “Io ed Harry invece andremo nello studio con il mantello dell'invisibilità e contatteremo Sirius, ci basterà qualche minuto”
Emma spalancò gli occhi a quella frase e guardò la ragazza stupita: anche Potter aveva un mantello dell'invisibilità?
 
Schiuse le labbra confusa, sentendo lo sguardo di Lilith e James sulla nuca, ma non riuscì a chiedere nulla di più perché Harry quasi si lanciò fuori dall'aula, snocciolando un “Ottimo piano, andiamo”, senza aspettare di controllare che tutti loro lo seguissero.
 “Ce la faremo” mormorò l'emoor ai due compagni di Casa, prima di inseguire il Grifondoro. Lo disse soprattutto per farsi forza, ma aveva seri dubbi a riguardo della riuscita del piano.

. . .

Se ne stavano tutti pigiati contro la parete di destra dell'ufficio fin troppo minuto e fin troppo rosa che apparteneva a Dolores Umbridge: Emma, Lilith e James, una furente Ginny, un agitato Ron e due straordinariamente tranquilli Neville e Luna.
Non ce l'avevano fatta. Per niente.
 Di fronte a loro due Serpeverde del sesto anno che l'emoor non conosceva, Tiger e Goyle, Millicent Bulstrode e Theodore Nott tenevano le bacchette puntate contro di loro, mentre Draco Malfoy camminava alle spalle dei compagni di Casa, nervoso, la bacchetta in mano, ma mollemente puntata verso terra.
Da quando la Umbridge era uscita dalla stanza, trascinando con sé Harry ed Hermione, era calato un denso silenzio che nessuno aveva ancora osato spezzare. Li avevano fregati e i Serpeverde nascondevano malamente quanto fossero compiaciuti  della loro posizione, mentre osservavano con scherno gli altri ragazzi che, almeno all'apparenza, sembravano miti e arresi nelle loro mani. 
Non li avevano disarmati, stupidamente, ma era evidente che Emma e i suoi amici non potessero semplicemente afferrare le bacchette e indire un duello contro altri studenti, dato che questi avevano già le loro puntate e soprattutto nessuno sapeva quando la Umbridge sarebbe tornata.
 L'emoor strinse le labbra, accigliata, mentre ragionava velocemente, cercando di ignorare lo sguardo di Draco che ogni manciata di secondi saettava verso di lei, distraendola.
Severus era entrato nello studiolo poco prima, chiamato dalla Umbridge e aveva finto di non capire cosa gli aveva detto Potter in un moto disperato: “Ha preso Felpato”, ma l'emoor era sicura che il tutore avesse colto il messaggio, anche perché le aveva lanciato un'occhiata parecchio preoccupata.
Lei cosa poteva fare?  Cercò di nuovo di comunicare con Harry attraverso la connessione, ma sembrava semplicemente impossibile ora che non erano addormentati, non condividevano incubi, né si trovavano in una prova del torneo Tre Maghi. Il loro legame tremolava davanti a lei senza che potesse raggiungerlo.
Draco la guardò per l'ennesima volta e sembrò improvvisamente non riuscire a trattenere il nervosismo che lo smuoveva, si avvicinò a lei, superando la barriera di Serpeverde con fare sicuro. 
 Emma non reagì, lanciando lui solo un'occhiata interrogativa e si lasciò guidare quando lui la afferrò gentilmente, ma con decisione per un polso, trascinandola verso di sé. 
 Gli occhi scuri di Theodore Nott saettarono nella stanza e seguirono attentamente il movimento della coppia.
 “Non penso che tu possa tener d'occhio l'emoor a dovere, Malfoy. Non sei imparziale” sputò infine e Draco si irrigidì, spostando con lentezza gli occhi chiari sull'amico. Sorrise serafico.
 “Pensa a tenere d'occhio Donnola, Theo. Non vorrai farti battere da un Weasley mentre sei concentrato sulla persona sbagliata”
Ron lanciò un'occhiataccia al biondo e sibilò “Furetto”, ma l'altro lo ignorò apertamente e l'emoor si rese conto improvvisamente che non era mai stata così vicina sia a Draco che i suoi amici e la stanza all'improvviso le parve piccolissima.

“Dra” soffiò, voltandosi verso di lui con sguardo implorante e il ragazzo le fece un sorriso che si inclinò in un ghigno e le carezzò l'interno del polso col pollice, valutando la sua espressione. 
 “So cosa mi stai per chiedere, non ti lascerò andare, Emma”
“Ovviamente non lo farai, Malfoy” lo interruppe Nott secco, puntando di istinto la bacchetta contro la ragazza.
 Draco sfoderò la sua, in meno di un secondo, puntandola in risposta contro l'amico. Non si scompose, né lasciò il polso di Emma, il suo volto rimase immobile e le sue movenze fluide ed eleganti, ma squadrò l'altro con attenzione e una punta di scherno.
“Avanti Nott, sai benissimo che non mi batterai a un duello”
“Non esserne sicuro, Malfoy”
“Tuo padre è al sicuro proprio grazie al mio, Theo. Sei parte dei miei amici. È questo il tuo modo di dimostrare riconoscenza?”
 Emma tremò appena, sentendo quanto fosse gelido e pomposo il tono del ragazzo. Non aveva mai visto quel lato di Draco: così pericoloso. Era diverso dalle prese in giro a mezza bocca che si scambiava con i Grifondoro nei corridoi, diverso dal tono ironico e sprezzante con cui parlava di loro quando lei lo rimbeccava.
L'emoor si rese conto che Draco sapeva farsi rispettare e che il timore reverenziale che emanava, non era solo una questione di cognome, ma anche della capacità del ragazzo di mantenere la sua posizione, soprattutto nei confronti dei membri della sua Casa.
 Theo non parve colpito dalle accuse, ma la sua mascella si serrò e un lampo di rabbia controllata gli passò per gli occhi scuri. L'emoor capì che probabilmente i due ragazzi si rispettavano e conoscevano il valore dell'altro, ma che potevano essere letali e si sentì nuovamente curiosa delle relazioni tra i Serpeverde.
 “Nott. Basta” borbottò goffo Tiger, cercando di richiamare l'amico, che non osava spostare gli occhi scuri da Malfoy. 
 Draco invece fece un passo in avanti, il pollice che continuava a carezzare distrattamente l'interno del polso di Emma.
 “Andiamo, amico. Cosa ti sfugge dell'ordine: controlla Weasley?” disse, sciogliendo la mandibola per sfoggiare un ghigno, forse nel tentativo di smussare la situazione.
“Non sono un tuo amico, Malfoy.” sputò Nott a denti stretti “Sicuramente non ora che tu te la fai con una Sanguesporco".
 Il profilo di Draco si fece improvvisamente affilato, tremante.
 “Non osare insultarla, Theodore” sibilò minaccioso.
 “O che cosa farai? Te la farai anche con Potter e Lenticchia? Li aiuterai a fuggire magari?”
 Il biondo si tese e sembrò pronto a spaccargli la faccia a pugni. 
Un conto era stare con l'emoor  e ignorare le sue amicizie, un conto era essere accusato sottilmente di essere un traditore del suo sangue.
 Emma gli afferrò il polso con l'altra mano, trattenendolo, ma lui la ignorò e si sporse ancora più verso l'altro, furente.
 “Stai superando il limite, Nott”
 “Ne sono consapevole, Malfoy” sorrise l'altro, feroce.

. . .

Emma era terribilmente nervosa. 
 Qualcosa, in tutta quella situazione, non le tornava affatto e una parte di sé avrebbe voluto semplicemente correre da Piton e avvisarlo che erano tutti in pericolo e che forse Voldemort era entrato di proposito nella testa di Harry, ma purtroppo sapeva che questo avrebbe generato il disappunto della maggior parte delle persone coinvolte, quindi, cercando di tranquillizzarsi, si limitò a respirare lentamente e stare al suo posto, sperando in cuor suo che Harry e Hermione spuntassero dall'ufficio della Umbridge da un momento all'altro, dicendo con un sorriso “Tutto a posto, Sirius è a casa”.
 Ginny, accanto a lei, era invece più tranquilla e giocherellava con la bacchetta con aria annoiata, guardandola di sottecchi.
 “Sei preoccupata?” chiese all'emoor.
 Emma annuì senza provare a nascondere i suoi pensieri, agitandosi sul posto.
 “Qualcosa non torna” ammise.
 “Anche secondo Hermione.”
 “Dovremmo impedire allora ad Harry di fare sciocchezze”
 La Grifondoro ridacchiò sommessamente, scuotendo i lunghi capelli rossi.
 “Questa mi sembra una missione impossibile, Ems. Harry Potter, fa solo sciocchezze eroiche” disse, alzando poi lo sguardo verso un ragazzino minuscolo del secondo anno di Tassorosso che si avvicinava svelto verso di loro.
 “Gira alla larga c'è il corridoio pieno di gas strozzante.” disse Ginny e lui si bloccò per un attimo stranito, ma poi girò sui tacchi, allontanandosi velocemente.
La Weasley sorrise sotto i baffi soddisfatta, tornando a rivolgersi all'amica.
 “E dimmi... con Malfoy? Come va?” un sorriso malizioso si aprì tra le lentiggini “non riesco ancora a crederci che voi due stiate insieme”
 “Nemmeno io” mormorò Emma.
 “Sai cosa non riesco a credere io, Weasley? Che ci sia del Gas strozzante nel corridoio” disse una voce maschile. 
 Theodore Nott che avanzava a passo disteso lungo il corridoio, un sorriso composto ad illuminare appena il volto pallido e affilato.
 “A me di quello che credi tu non me ne importa nulla, Nott” rispose con invidiabile calma Ginny, le braccia incrociate al petto.
 “Ma davvero?” la canzonò il Serpeverde con aria scettica, inclinando il capo mentre osservava il volto della Weasley con ridondante attenzione.
 Dall'angolo delle scale spuntarono anche Tiger e Goyle, con il loro passo stanco e strascicato. Emma lanciò loro uno sguardo accigliato, avvertendo il pericolo in arrivo e si girò svelta verso l'altro ragazzo.
 “Se vuoi provare Nott, nessuno ti fermerà” intervenne, dando man forte alla grifona e facendo un gesto al ragazzo perché si accomodasse.
 Theodore la degnò solo di una veloce occhiata strascicata, ma sfoderò la bacchetta, puntandola contro di lei.
 “Proviamoci insieme, O'Shea. Che ne dici? Vediamo quando continuerete con questa ridicola farsa del gas strozzante.”
 “L'ultima partita di Serpeverde è stata una ridicola farsa” lo rimbeccò Ginny tagliente “Non certo questa.”
Theodore le riservò un sorriso smagliante e scosse appena il capo. 
 “Pezzente, lo sai che sono membro dell'Inquisizione?”
 “Quindi non è richiesto un cervello per farne parte?” ribatté la rossa ed Emma si fece sfuggire un minuscolo ghigno divertito. 
 Sapeva che insultare un Serpeverde non era una buona idea, aveva vissuto abbastanza a lungo con Severurs per capirlo. L'orgoglio delle serpi era sacro, portavano rancore ed erano vendicativi, ma la risposta di Ginny era eccezionale. 
Come previsto però Nott allargò il suo sorriso in un ghigno pericoloso e nei suoi occhi neri brillò uno sguardo predatorio.
 “Potete fare le splendide quanto volete, ma il fatto è che la Umbridge sa che qualcuno è nel suo ufficio” disse con un tono stranamente dolce, come se stesse raccontando loro qualcosa di piacevole e Ginny si irrigidì appena, continuando a guardarlo male, ma Emma rimase impassibile e inarcò un sopracciglio.
 “E a noi perché dovrebbe importare?” chiese pacata.
 “Perché sono convinto che voi centriate qualcosa” disse il ragazzo, muovendo il mento verso la porta dell'ufficio della Umbridge “forza andiamo a controllare”
 Emma rimase immobile, gli occhi verdi fissi sul Serpeverde di fronte a lei.
 “Non penso ti seguirò, Nott” disse gelida.
 “Oh, io penso di sì” reagì subito lui, afferrandola saldamente per un braccio.
 L'emoor provò a divincolarsi inutilmente, puntando i piedi e scoccò un'occhiata a Ginny che la ricambiò preoccupata, ma poi si dovette arrendere e si girò verso la porta e dietro di lei sentì la Grifondoro sibilare arrabbiata un “Toglimi le mani di dosso bestione” rivolta a Tiger, che probabilmente l'aveva spinta dietro il compagno di Casa.

“Lasciatele stare immediatamente stupidi Serpeverde, toglietele le mani di dosso. Mi avete sentito?” urlò qualcuno, gelando tutti sul posto.
 Era Neville Paciock, che stava correndo verso di loro con un'espressione straordinariamente concentrata stampata in volto. Non aveva in mano la bacchetta, stupidamente forse, ma stringeva convulsamente i pugni come se volesse lanciarsi contro Nott e prenderlo a botte.
 “Sta zitto Paciock” sbottò Theodore, afferrando più saldamente il braccio di Emma perché non scappasse e spingendola con più rabbia verso la porta.
 “Ho detto di lasciarle andare” gridò ancora Neville, mettendosi fronte a loro, i pugni stretti davanti al volto, pronto a colpire, mentre ondeggiava sul posto in modo goffo, il fiato corto per la corsa ed Emma sentì chiaramente Tiger e Goyle ridacchiare dietro di sé e Ginny inveire contro di loro.
L'emoor e Neville Paciock non si conoscevano bene, si erano si e no scambiati una manciata di parole alle riunioni dell'ES, lei sapeva solo che era un Grifondoro dell'anno di Harry molto amico di Luna e Ginny. 
 Silenziosamente apprezzava quel coraggioso intervento fatto per difenderle, ma era evidente che il ragazzo non avesse mai fatto a botte in vita sua e fece un sospiro, addolcendo lo sguardo. 
 “Neville...lascia perdere” iniziò, sperando di prendere tempo.
 “Zitta.” la fermò arrabbiato Nott, che fece un cenno a Goyle.
 Il ragazzo armadio, senza troppi complimenti, smise di ridacchiare e afferrò Neville, spingendolo verso al porta. Il Grifondoro oppose una debole resistenza, ma finì per inciampare nei suoi stessi piedi e rovinare a terra.
 Rialzandosi provò a tirare di nuovo un pugno a Goyle, che lo scansò con inattesa agilità e nel farlo Neville si sbilanciò e cadde di nuovo. 
 Emma fece un piccolo sospiro esasperato e alzò il capo rivolta verso lo scalpiccio che sentiva venire dalle scale nella speranza di ricevere rinforzi, ma vide con orrore altri tre Serpeverde arrivare a passo spedito, le bacchette strette nei pugni, mentre trascinavano James e Ron, seguiti mesti da Lilith, che sfoggiava un'aria contrariata, Luna e la professoressa Umbridge.
 Li avevano fregati.
Solo allora l'emoor si accorse di Malfoy nel gruppetto in arrivo, che la guardava a bocca aperta con aria affranta ed Emma non faticò a capire cosa stesse pensando: “Non di nuovo”

. . .

Theodore fulminò Draco con lo sguardo, ma sembrò mancargli il coraggio di aggiungere altro. Il biondo infatti, fissava l'amico truce, gli occhi tanto grigi da sembrare metallo fuso.
 Nella stanza era caduto un pesante silenzio, mentre lentamente quasi tutti i Serpeverde si giravano verso quella singolare silenziosa battaglia. Bastò quella distrazione.
Lo sguardo di Emma incrociò per un istante quello di Ginny e la rossa colse l'attimo, lanciando una fattura Orcovolante contro Tiger. Subito Ron si buttò su Goyle, mentre Luna colpiva con un incantesimo Nott, ancora distratto. 
 Emma, velocissima, evocò un incantesimo scudo e afferrò Draco con il colletto della camicia, spingendolo a forza sotto la scrivania per ripararlo dalla lotta. Uno dei due Serpeverde sconosciuti e James cominciarono a prendersi a pugni dimenticandosi completamente delle bacchette, mentre Lilith cercava disperatamente di liberarsi dalla presa di Millicent Bulstrode. 
 L'emoor lanciò svelta un Petrifucus Totalus in suo aiuto, prima di accovacciarsi sotto la scrivania per parlare con Draco.
 “Scusami" sussurrò al Serpeverde, prendendogli il volto tra le mani in un gesto di protezione istintivo.
 “Che cosa state facendo?” balbetto lui, pallido.
 “Io nulla” disse lei angelica, mentre una fattura di Lilith spaccava tre degli orribili piattini con gatti della Umbridge.
 “Cosa stanno cercando di fare allora?”
 “Devi fidarti di me.” sussurrò lei, accarezzandogli le guance.
 “Ems” la chiamò Ginny, chinandosi sotto il tavolo “state tutti bene li sotto? Malfoy è intero?”
 Emma lasciò andare Draco e annuì, alzandosi. I Serpeverde erano tutti a terra, alcuni gemevano, ma quasi tutti avevano perso i sensi. I suoi amici invece erano arruffati, ma tutto sommato sembravano stare bene. L'emoor sentì un movimento vicino e vide Draco alzarsi da sotto il tavolo e mettersi al suo fianco con aria incerta. Gli sorrise, allungando una mano per afferrare la sua.
“Harry ed Hermione stanno entrando nella foresta” annunciò Ron, guardando dalla finestra dalla Umbridge.
 “Dobbiamo andare da loro” rispose subito Ginny, determinata.
 Il fratello annuì, ma poi mosse lo sguardo verso Draco, i suoi occhi azzurri si fecero di ghiaccio e le orecchie si arrossarono all'istante.
 “Tu cosa ci fai ancora in piedi Malfoy?” disse aspro, facendo scattare in su la bacchetta.
 Emma si mosse impercettibilmente, mettendosi tra Grifondoro e Serpeverde, la mano intorno al polso di quest'ultimo.
“Draco non è un nostro problema, Ron” disse calma.
 “Me lo assicuri tu?” sbottò con rabbia il ragazzo.
 “Sì” rispose l'emoor fredda e c'era qualcosa nel suo sguardo fermo che fece abbassare la bacchetta al ragazzo.
 “Chi mi dice che non ci attaccherà di spalle?” chiese il rosso.
 “È in minoranza” spiegò paziente al ragazzo furente “E Draco non è uno stupido, né un codardo”.
Ron borbottò un insulto a mezza voce che comprendeva la parola codardo, con cui Emma non era nemmeno troppo in disaccordo, ma Draco era troppo confuso per rispondere a tono come al solito.
 Immobile, guardava il gruppo di ragazzi che lo fronteggiavano arrabbiati e soprattutto Emma, ritta di fronte a lui a fare da scudo e pronta a battersi per lui.
 Sentimenti contrastanti gli si agitarono nel petto.
L'emoor stava mantenendo la promessa, lo stava difendendo.
Nessuno aveva mai difeso Draco Malfoy.

“Penso che dovremmo legarlo quella sudicia serpe” sibilò Ron.
 “Non oserai” ribatté Emma seria.
 “Non stiamo perdendo tempo?” chiese Luna con voce allegra, spezzando la tensione tra i due e l'emoor la fu grata, mentre Ron si ritrovò costretto ad annuire secco e corse verso la porta.
 “Tu vieni?” chiese Ginny all'emoor.
 “Ovvio” rispose Emma senza esitazione “Vi raggiungo subito”
“Non ti invito Malfoy perché non penso apprezzeresti” disse la rossa con un sorriso sincero verso il Serpeverde “dovresti ringraziare Emma però, avrai intuito che più di una persona ti avrebbe preso volentieri a schiaffi in pieno volto”
Draco, ancora confuso, riuscì a dire solo un “ok” perplesso, annuendo appena, evidentemente combattuto tra il rispondere agli insulti, o continuare nel suo mutismo.
 “Andate” disse Emma rivolta a Lilith e James che la guardavano incerti, come se non sapessero se seguire gli altri o tornare in torre “vi raggiungo subito” 
 I due annuirono, correndo dietro a Ginny e gli altri ed Emma si voltò verso Draco che le afferrò di nuovo il polso con forza.
 “Non andare” la implorò.
Lei sorrise con dolcezza, cingendolo con le braccia.
“Draco, devo.”
 “Ma Potter rischia sempre di farsi uccidere, non voglio che tu sia con lui a rischiare di morire. Per favore.”
L'emoor pensò che il Serpeverde non avesse tutti i torti, ma fece un respiro lento e sciolse la stretta, anche se lui era ancora aggrappato al suo polso, le dita incerte.
 “Appunto” rispose mesta “vado a impedirgli di morire”
 “Perché tu? Perché non può farlo qualcun altro? Si tratta di Potter e Lenticchia dannazione. Non sei nemmeno Grifondoro.”
 C'era rabbia nel tono del ragazzo, mischiata al panico che tratteneva a stento, Emma si alzò sulla punta dei piedi per baciarlo.
 Non era il solito bacio rubato, per sfuggire agli sguardi della gente, era un bacio vero, dolce. Avvertì la tensione di lui e sorrise sentendolo sospirare per poi distendersi lentamente.
“Andrà bene” gli disse sulle labbra.  Pioggia in arrivo. Menta. Caffé. 
 
Il profumo di Draco le invase la mente.
“Ma che dovete fare?" sussurrò lui con un nota disperata nella voce.
 “Non lo so bene nemmeno io Draco”
 “E allora perché vai?”
 Lei lo osservò con dolcezza e sbatté le ciglia, colpita dal fatto che Malfoy stesse provando a capire il suo punto di vista.
 “Sono i miei amici.” disse semplicemente e gli accarezzò il volto, sentendo la presa del Serpeverde allentarsi leggermente.
 Lo vide ancora incerto e si lambiccò per trovare il modo di spiegargli il suo punto, mentre in realtà il suo cuore batteva al pensiero che rischiava di perdere gli altri e doveva affrettarsi.
 “Tu non lo faresti per Tiger e Goyle?” domandò.
 “Assolutamente no!”
 “Ok, comprensibile... per Blaise?”
Lui corrugò la fronte, confuso. Le labbra serrate in una linea.
“Forse. Ma tu non sei così amica di Potter”
 “Vero, ma fidati di me, per favore”

Qualcuno dei Serpeverde steso a terra tossicchiò ed Emma sentì il ragazzo lasciarla andare quasi spaventato. Ne approfittò all'istante, gli sorrise velocemente, mentre faceva un passo indietro e scavalcando Tiger e Goyle corse fuori prima che lui ci ripensasse.
 Non era ancora in fondo al corridoio che sentì la voce di Draco chiamarla con una rabbia che quasi la pietrificò “Fermati, O'Shea”.
 L'emoor si gelò sul posto, la mano pronta suo malgrado alla bacchetta, ma quando guardò il ragazzo vide che stava sorridendo.  
 “Nott si era svegliato” spiegò lui “Ho dovuto fingere di inseguirti.”
 “Oh” riuscì solo a dire Emma stupita “Eri convincente.”
 “Non eri di fretta?” la canzonò Malfoy, osservandola.
 Lei si riscosse e annuì con un mezzo sorriso “Vado”
 “Cerca di non morire, ok?” sussurrò il ragazzo.
 L'emoor si fermò di nuovo e si voltò a guardarlo, con il cuore stretto nel petto. Vide la preoccupazione sincera di lui ben nascosta dietro il ghigno sicuro, la tensione che aveva nell'essere di fronte a qualcosa di sconosciuto, la confusione comprensibile e in un istante capì quanto doveva essere difficile per lui lasciarla andare ad affrontare qualcosa che non solo non comprendeva, ma che disprezzava e si sentì fiera del Serpeverde.
“Torno da te Malfoy” gli mormorò e le parve di vedere l'ombra di un sorriso sul volto pallido e affilato di lui.
 Poi si girò e corse verso i prati del castello con quanto fiato aveva in corpo, le gambe che quasi tremavano per lo sforzo.

. . .

Quando Emma arrivò al limitare della foresta la tensione nel gruppo si poteva tagliare con un coltello.
 “Che succede?” chiese a Lilith e James, che se ne stavano un po' in disparte rispetto agli altri con aria accigliata.
 “Potter cerca di nuovo di fare l'eroe” rispose il ragazzo asciutto.
 L'emoor si voltò verso il gruppo. Ginny stava guardando Harry con estremo disappunto, le mani puntellate sui fianchi e lo sguardo infuocato. Emma l'aveva vista raramente così furente.
 “Non puoi obbligarci a stare qui Harry, veniamo anche noi” sibilò.
 “Esattamente” rincarò Paciock, dando man forte in modo goffo ed  Harry alzò gli occhi al cielo con espressione esasperata. 
 “Fate come volete, tanto non sappiamo come andarcene”
 “Perché non cavalcando quelli” intervenne Luna, indicando gli strani cavalli che trainavano le carrozze di Hogwarts.
 “Oh, si possono cavalcare?” chiese Emma stupita.
 Contemporaneamente Harry e Ron si voltarono verso di lei.
 “Non sei rimasta da Malfoy?” sputò il rosso.
“Tu li vedi?” chiese stupito il ragazzo con la cicatrice.
 Emma ignorò la frecciata di Ron e si rivolse ad Harry.
“Certo che li vedo perché non dovrei?” chiese, mentre alle sue spalle sentì Lilith chiedere “Vede cosa?”.
 “Immagino che siano Therstral” spiegò Hermione con il suo tono pragmatico e preciso “possono vederli solo coloro che hanno visto qualcuno morire. Per esempio io non li vedo”
 Emma guardò la Grifondoro stupita e poi si voltò verso lo strano cavallo che ricambiava tranquillamente la sua attenzione.
 “Io non penso di aver mai visto qualcuno morire.” disse l'emoor e scese uno strano silenzio che la mise in vago imbarazzo: non voleva essere di nuovo notata per qualcosa di strano.
 “Beh, qualunque cosa siano ci aiuteranno ad andare al Ministero no?” borbottò in fretta James, andandole in aiuto.
“Sì, giusto” disse Harry, riscuotendosi “ma non ce ne sono abbastanza. Quindi io e Ron cominceremo ad andare...”
 “Oh, Harry smettila una buona volta” sbottò Ginny “Luna dici che possono reggerci in due?”
 La ragazza soppesò per un istante l'idea prima di annuire sicura “Direi di sì. Sono piuttosto robusti.”
 “Bene allora sbrighiamoci.” disse Emma pragmatica “Se vogliamo fare una cosa così stupida come andare al Ministero al posto che parlare con Severus facciamola in fretta”
 “Ho provato a parlare con Piton” borbottò Harry con una punta di acidità nella voce, ma l'emoor lo ignorò e cominciò ad aiutare gli altri a salire sui loro Therstral aiutata da Luna.
 Lilith e James dividevano quello più grande. 
 Luna invitò Neville sul suo, Hermione si arrampicò insieme a Ron ed Emma prese posto dietro a Ginny, mentre Harry si mise sul dorso dell'ultimo da solo.
Qualche secondo dopo stavano volando verso il Ministero, mentre nello stesso momento Severus Piton correva con tutte le sue forze con unico pensiero: salvare Emma.
 Perché Sirius Black era al sicuro a Grimmauld Place e lui era assolutamente certo che qualunque cosa fosse successa nell'ufficio di quella megera della Umbridge, Harry Potter avrebbe cercato di mettersi nei guai ed Emma, ovviamente, con lui.



*Angolo Autrice*


Ciao Lettori!
Capitolo leggermente più breve del solito, ma intenso. 
Emma ed Harry si scontrano e, in maniera visibile, diventa chiaro ancor di più quanto siano diversi e come avrebbero affrontato la situazione di emergenza in modo completamente opposto. Agiscono tutti in maniera un po' in maniera un po' avventata e infantile nel capitolo, sia del gruppo del Grifondoro, sia in quello dei Serpeverde, in particolar modo Theodore. Emma invece riesce a dimostrare a Draco che un equilibrio è possibile tra loro, seppur difficile. I due sembrano resistere a questo primo problema, ma sappiamo tutti cosa aspetterà i ragazzi nel ministero. 
Interessante punto è come Emma cerca di usare la connessione, per tentare di trovare un modo di comunicare con Harry, con cui altrimenti non trova un punto di incontro, pur fallendo nel tentativo.

Curiosi di sapere come andrà a finire?
Ci sentiamo sabato sera!

A presto

vi


(Dedico questo capitolo a GattyP, uno dei primi fan di questa storia)


Ritorna all'indice


Capitolo 31
*** Goodbye Sirius ***



.Goodbye Sirius.



Davanti alla porta dell'Ufficio Misteri Emma ebbe un brivido. 
 Non riusciva a scacciare la sensazione di trovarsi nel posto sbagliato: non avrebbero dovuto essere lì, ma a parlare con Severus.
 Le immagini degli incubi che l'avevano turbata per lunghi mesi, le si accavallarono nella mente. Stavano camminando nello stesso corridoio di piastrelle lucide e nere dove era stato attaccato Arthur Weasley e lei poteva quasi a percepire la paura che aveva avuto quella notte e riusciva  a immaginare il serpente strisciare silenzioso.
 Il suo sguardo corse istintivamente a Ginny, poco distante, che pareva però stranamente tranquilla e poi a Ron accanto a lei, fermo  e concentrato, e improvvisamente l'emoor sentì una forte nostalgia di George, perché sapeva che il gemello, con i suoi modi di fare allegri e dissacranti avrebbe saputo tranquillizzarla.

“Tutto bene?” le chiese Lilith ed Emma annuì incerta.
 Lilith e James sembravano completamente fuori posto in quel gruppo. Eppure avanzavano uno accanto all'altra, lo sguardo che ogni manciata di secondi tornava verso l'emoor.
 Nulla giustificava la loro presenza lì al Ministero, a rischiare, se non la vita, quantomeno l'espulsione. Erano solo blandamente legati a Potter, non conoscevano nemmeno Sirius, eppure non avevano tentennato un solo secondo a seguirla e come al solito erano lì al suo fianco ed Emma si sentiva grata di avere il loro supporto.
Guardò con affetto James che manteneva un'invidiabile calma, camminando dietro Neville, la punta della bacchetta accesa, e poi fece un debole sorriso a Lilith che stringeva la mandibola con nervosismo, gli occhi, neri e lucidi, attenti ad ogni movimento,  l'atteggiamento di chi è pronto a combattere senza riserve. 
 Tutto il gruppo procedeva nel più completo silenzio, seguendo Harry ed Hermione che, in testa alla combriccola, prendevano decisioni svelti, aprendo una porta dietro l'altra.
Flagramus” disse la grifona, segnando con una grossa 'X' l'ennesima porta che si era rivelata sbagliata.
Emma strinse la bacchetta, ancora con il terribile presentimento di pericolo che le scivolava sulla pelle, togliendole il respiro, mentre ripeteva mentalmente, come fosse un mantra, tutti gli incantesimi che pensava potessero tornarle utili.
Protego. Stupeficium. Expelliarmus. Diffindo. Protego. Impedimenta. Petrificus Totalum. Incarceramus. Protego. Glisseo. Stupeficium. Protego. Protego. Petr...
“Se torno viva ad Hogwarts Severus mi ucciderà per essermi ficcata di nuovo in un guai” sussurrò, improvvisamente dimentica di tutte le tensioni irrisolte con il tutore, i litigi e la rabbia e Lilith annuì con un leggero ghigno, comprensiva.
 “Ci farebbe comodo il pipistrello ora” le disse a bassa voce. 
“Già” annuì Emma che avrebbe dato qualunque cosa per vedere Piton spuntare da dietro un angolo e andare loro incontro. 
La biondina le sorrise di rimando, lo sguardo cupo e la Granger, davanti a loro di qualche passo, aprì l'ennesima porta, spingendola con fatica con l'aiuto di Neville. Era sbagliata. La richiuse e la segnò con la X, mentre un sottile nervosismo pervadeva il gruppetto.
 “Continuiamo” disse secco Harry.
Si avvicinarono all'ennesima porta e questa volta furono Ron e James ad aprirla, con qualche difficoltà. 
Emma si sentì pizzicare la nuca come un avvertimento e dietro lo spesso legno scorse una stanza illuminata solo da una fioca fonte di luce, che non permetteva di scorgere le pareti, così da farla apparire simile a un labirinto, pieno di enormi scaffalature che ospitavano esclusivamente delle piccole sfere biancastre. 
 L'emoor e Harry risposero all'unisono “È questa”, sicuri di essere nel posto giusto e i due gruppi di Grifondoro e Corvonero si scambiarono sguardi nervosi.
 “Andiamo a Salvare Black, Potter” sussurrò la ragazza con un mezzo sorriso, mischiato ad una smorfia rassegnata. 
 Le immagini della tortura di Sirius nella loro visione condivisa le sfarfallavano sulle palpebre tremanti, estenuandola.
 Harry annuì in risposta con uno sguardo finalmente complice.

*

Torni ad Hogwarts?” 
  Black, il sorriso teso, da lupo, stampato sul volto magro, la osservava appoggiato al muro del salotto, come la prima volta che lo aveva incontrato. Emma alzò lo sguardo verso di lui con aria allegra e fece un cenno di saluto.
 L'uomo che un tempo era stato uno dei Malandrini di Hogwarts, come le avevano raccontato Hermione e lo stesso Lupin, sembrava ora magro e disperato, nonostante l'affetto delle persone che lo circondavano. Emma intuiva la sua sofferenza dietro gli occhi grigi e distratti e vi leggeva anche una smania di agire che la faceva tremare. Sirius era un mago d'azione, era irruento e istintivo, come Harry, ed era invece costretto da troppo tempo a stare tra quelle pareti che odiava.
 “Così pare” rispose “Ti dispiacerà essere di nuovo solo?”
 “Odio questa casa” ammise lui senza smettere di sorridere, ma l'emoor notò un guizzo malinconico oscurare gli occhi chiari.
“Andrebbe un po' rinnovata” concesse lei, che eppure apprezzava ormai il quartier generale, nonostante le sue sale stantie e trasandate. 
“Forse è solo il fatto che mi sento davvero inutile bloccato qui” ammise il mago  “E poi se voi non ci siete mi annoio. Però Molly ha ragione, sembro davvero un adolescente che brontola. Dovrei ritenermi fortunato”
 “Guarda il lato positivo” sorrise l'emoor con dolcezza “senza me in giro non sarai costretto a vedere Severus tutti i giorni. Non mi sembra male”
 Sirius rise sincero e attraversò la stanza con il suo passo lento e strascicato fino a sedersi accanto a lei sul divano. Sembrava cupo, come se fosse perso dietro qualche pensiero difficile da digerire ed Emma rimase in silenzio, lasciando lui spazio, mentre lo osservava attenta, stringendosi le ginocchia al petto.
 “Anche questa volta non abbiamo avuto tempo di conoscerci bene” disse infine lui, spezzando la calma soffice che si era creata.
 “Avremo tempo Black, se non ti fai uccidere da Severus per starmi troppo vicino” rispose lei, giocherellando distrattamente con un filo della cucitura saltata del divano “Anche io avrei piacere a conoscerti meglio. Credo tu abbia molto da raccontare, sai Severus...”
 “Mocciosus” sillabò lui, ridacchiando.
 “Non chiamarlo così” lo ammonì Emma, senza reale minaccia. 
 Si era ormai abituata ai battibecchi costanti tra i due, pur non comprendendone la ragione. Severus e Sirius non perdevano mai occasione di punzecchiarsi, che fosse con un'occhiata gelida o poche parole nel mezzo del discorso.
 “Non che Severus sia tanto più lusinghiero come nome” disse Black.
“Si può sapere perché vi odiate tanto?” lo fermò lei “L'ho chiesto anche a Sev, ma non me lo vuole dire e parlare di te lo innervosisce molto”
 L'uomo scrollò le spalle, lo sguardo che correva sull'albero genealogico sulla parete di fronte a loro, come se stesse cercando qualcosa.
 “Non me lo ricordo nemmeno più come è iniziata, Emma. Son sincero. Adolescenza, credo. Ma è ancora divertente stuzzicarlo”
 “Non lo stuzzicare troppo, Black. Severus può essere pericoloso”
 “Non stento a crederlo. Soprattutto se c'entri tu” disse lui e l'emoor non riuscì a trattenere una smorfia compiaciuta a quell'affermazione
“A proposito di questo... non mi aspettavo che tu fossi contento dell'adozione”
 “Perché non avrei dovuto esserlo?” chiese il mago, sinceramente stupito “Mocciosus ha decisamente risolto parecchi problemi adottandoti”  
 “Ma non perdi occasione per disprezzarlo, in fondo” gli fece notare la ragazza con tono candido e tranquillo “Immaginavo mi avresti in parte disprezzato, o che saresti stato più contento se mi avesse adottato qualcun altro, invece mi sembravi sinceramente felice all'annuncio, al di là delle tue frecciate”
 Sirius scrollò le spalle. Sembrava stranamente fragile, gli occhi grigi quieti, i capelli che si arricciavano pigramente sul collo, le mani sottili strette tra loro.
 “Per quanto io trovi Mocciosus davvero ripugnante, devo ammettere che farebbe qualunque cosa per difenderti, Emma e quando Remus mi ha raccontato della minaccia al Ministro per adottarti mi sono detto che tiene a te e alla tua sicurezza, il che è molto importante.” strascicò.
 “Ti fidi molto del giudizio di Remus”
 “Enormemente” disse lui con tono curiosamente dolce “Persino quando si tratta della considerazione che abbiamo di Piton, mi fido. Remus sa il fatto suo”
 Emma annuì tra sé, con un mezzo sorriso. Era una cosa visibile all'esterno, l'enorme affetto e fiducia che legava profondamente i due maghi. Lo aveva notato da subito. Gli sguardi e il modo in cui si piegavano leggermente l'uno verso l'altro, come se non potessero stare troppo lontani. Era un legame instaurato da anni, ferito e rinsaldato con molto amore e troppi ricordi.
 “Remus vede del buono in Sev” sussurrò l'emoor con tono affettuoso “Gli dà credito, lo accetta, gli sono davvero grata per questo, ma tu sei quello di cui gli importa davvero. Lo sai? Non dovresti mai sentirti troppo solo, Black, con Harry che non vede l'ora di raggiungerti e Remus pronto a sorreggerti.” 
 Sirius annuì appena, dolcemente ed Emma sorrise i risposta trovandosi in uno strano equilibrio con lui, tanto che quasi sussultò quando sentì la signora Weasley chiamarla a gran voce dal piano inferiore, intimandole di scendere.
 “Devo andare” disse, alzandosi “ci vediamo Sirius?”
 “O'Shea” rispose lui, porgendole la mano “O forse dovrei dire Piton O'Shea”
L'emoor scosse il capo divertita dall'espressione sprezzante e felice dell'uomo,  strinse lui la mano con decisione e si avviò fuori dalla stanza. Era quasi sulla porta quando si voltò a guardarlo. Sirius aveva già distolto la sua attenzione e fissava di nuovo l'albero genealogico. Le spalle magre incassate, gli occhi chiari spersi, l'espressione assorta come se fosse perso in tempi lontani.
 “Sirius” lo richiamò lei “ti ricordi quando mi hai detto che assomigliavo a una tua amica? Mi sono sempre chiesta se fosse un complimento o un insulto.”
 Lui sorrise con più dolcezza e parve guardarla con maggiore interesse, come se si aspettasse da lei una particolare risposta, o espressione. 
 “Era un complimento” disse infine “ma te lo racconto la prossima volta che ci vediamo, Molly non ti aspetterà ancora a lungo”
 “Ok” disse lei anche se avrebbe voluto stare lì a parlare, anche per ore. 
 Non perché provasse dell'affetto per Sirius  più di quanto ne provasse per Remus o Severus, ovviamente, ma perché sapeva che Black le avrebbe raccontato più volentieri del suo passato, di quel periodo in cui i Malandrini e Severus e i genitori di Harry avevano vissuto Hogwarts e questo perché Sirius sembrava così legato a quel che era stato, che era come se, in parte, non fosse mai riuscito a distaccarsene ed Emma era convinta che in quel passato avrebbe trovato anche i pezzi di Severus che lei non riusciva a leggere e di cui sentiva la mancanza.
 “Stai attenta a non ficcarti nei guai, ragazzina”
 “Detto da te.” sorrise la Corvonero e lo fece ridere..
 “Forse in effetti dovresti ascoltare Mocciosus su questo”
 “Sarebbe contento di sentirtelo dire” ribatté lei e  alzò la mano in segno di saluto verso l'uomo che la guardava con una smorfia gentile. 

*

Emma allontanò il ricordo, mentre avanzavano lentamente tra gli scaffali, la bacchetta stretta in pugno e i muscoli tesi. 
 Non aveva bisogno di pensare al sorriso da lupo e lo sguardo sofferente di Black in quel momento, doveva rimanere concentrata.
Per salvare Sirius, si ripeteva: dovevano salvare Sirius.
 
E quasi riuscì a immaginarselo in carne ed ossa, Sirius Black, avanzare verso di loro, lo sguardo giocoso e la camicia troppo larga sul corpo un tempo elegante e ora solo affamato. 
Se lo vedeva scuotere il capo e dire “Vi siete per caso cacciati in qualche nuovo guaio, ragazzi?” per poi gettare la testa all'indietro e ridere, gli occhi per un istante vivi e brillanti, canzonatori.
Arrivarono al punto in cui i due ragazzi avevano visto le torture nella loro visione, ma non trovarono nulla. Tutto era immobile e non c'era alcuna traccia che lasciasse intendere che Sirius fosse stato lì. L'emoor se lo era dolorosamente aspettato.
 “Era qui vero?” chiese Harry, in cerca di conferma.
 Emma annuì di rimando, guardandosi intorno con crescente disagio e anche il ragazzo ora sembrava titubante, mentre con la flebile luce che emetteva la sua bacchetta scrutava attentamente i lunghi corridoi pieni di scaffali in cerca di indizi.
 Il silenzio venne rotto dal grido di stupore di Paciock. 
 “Harry qui c'è il tuo nome”
 Neville era vicino a un ripiano ricolmo di sfere bianche, uguali a quelle che tappezzavano tutti gli scaffali della stanza e li guardava con occhi sgranati d'ansia. Potter scivolò via velocemente dal fianco di Emma e andò a passo sicuro verso il compagno di Casa.
 Si fermò con aria perplessa davanti a una sfera dove il suo nome era effettivamente scritto su un piccolo biglietto e allungò la mano d'istinto per prenderla.
 “Fermo” disse Hermione, allarmata.
Harry la guardò per un attimo perplesso, sbattendo le ciglia. 
“C'è scritto il mio nome” disse candidamente e per la prima volta Emma non si sentì di andargli contro e pensò che probabilmente avrebbe fatto lo stesso se avesse trovato una sfera con il suo.
 “Ems, qui c'è il tuo e quello degli altri emoor” la chiamò Ginny
 La Corvonero sussultò, mentre un piccolo vuoto nel petto la faceva vacillare, tutti gli sguardi dei presenti erano rivolti verso di lei ora e l'emoor si avvicinò cautamente all'amica.
Era vero. Aveva anche lei una sfera. Si voltò verso Harry che improvvisamente tentennava, la fronte aggrottata di incertezza.
 “Il mio non c'è da nessuna parte” constatò Ron, facendo scorrere lo sguardo su e giù sulle sfere negli scaffali vicini.
 “Forse non dovremmo toccarle” disse lentamente l'emoor.
 “Oh andiamo, non vuoi sapere di cosa si tratta?” chiese Lilith.
 “Anche io sarei curioso” rimarcò Ron, ma Hermione e Neville avevano un'aria contrariata.
 Emma si voltò verso James, in cerca di supporto, dato che si fidava molto del parere del ragazzo, ma lui scosse le spalle “Non saprei...” e gli occhi nocciola di Ginny passavano indagatori dalla sfera all'amica, sembrava molto concentrata. 
 “Che pensi di fare?” chiese ed Emma si strinse nelle spalle, fissando il suo nome sulla targhetta come se sperasse in una risposta.
 “Beh, qui Sirius non c'è, prendiamo queste sfere e andiamocene” decise Harry risoluto “Tornati ad Hogwarts poi, le faremo vedere a Piton, o possiamo aspettare che la McGranitt si riprenda.”
 “Se non decidono di espellerci” borbottò Hermione con rancore.
 L'emoor si sentì rassicurata dal proposito del Grifondoro e la sua sicurezza, lanciò un breve sguardo a Ginny, che non parve in disaccordo e quindi si sporse avanti e afferrò la sua sfera. 
 Era piacevolmente tiepida e liscia al tatto.
 Harry aveva appena fatto lo stesso con la sua, portandosela vicino al volto per osservarla meglio e ci fu un momento di silenzio, mentre tutti in tensione quasi si aspettavano che accadesse qualcosa di straordinario. 
Poi, proprio quando erano sul punto di rilassarsi, arresi al fatto che invece nulla sarebbe successo, una voce gelida ruppe il silenzio.
 “Molto bene, Potter. Adesso voltati lentamente, da bravo e dammi la profezia. Nessuno si farà male”
L'emoor vide Harry sussultare e lei gelò sul posto. Il suo cuore si fece improvvisamente pesante a sentire quella voce: era Lucius Malfoy.
 Ginny abbandonò immediatamente il suo fianco per correre in mezzo al gruppo che si stava compattando alle spalle di Harry, ma Emma, parzialmente nascosta dagli scaffali dietro cui era andata per prendere la sfera, rimase immobile e vide così il padre di Draco avanzare elegantemente, circondato da altre figure incappucciate: Mangiamorte.

Il circolo di Mangiamorte. Lucius Malfoy che rideva di lei. 
La donna che urlava. I lampi verdi.

“Signor Malfoy” sibilò Harry.
 “Harry Potter, è un piacere vederti, pur in queste curiose circostanze” ribatté l'uomo con un sorriso mellifluo.
 “Dov'è Sirius?” chiese il Grifondoro, la voce incredibilmente ferma ed Emma, ancora non notata, trattenne il respiro, silenziosamente colpita dal coraggio del ragazzo e si sporse appena, a studiare le maschere argentate dei nuovi arrivati. 
Malfoy avanzò di un passo verso Potter, ridacchiando, era evidentemente il capo del gruppo, che rimase rispettosamente immobile alle sue spalle. Harry vedendo l'uomo avvicinarsi tranquillo, di riflesso, arretrò di qualche passo e fu quel semplice gesto a scuotere Emma e a costringerla a intervenire.
 Perché alla vista del ragazzo in difficoltà i suoi muscoli si sbloccarono come fossero burro e l'urgenza di stare vicino ad Harry, di proteggerlo, le pungolò lo sterno.  
Svelta, con passo deciso, Ema si mosse per mettersi accanto a lui, la mano sulla bacchetta.
 “Lucius” salutò con tono educato.
Quella era davvero una situazione in cui non voleva trovarsi.
 
Il Mangiamorte trasalì nel riconoscerla, gli occhi grigi così simili a quelli di Draco, perfettamente riconoscibili dietro la maschera da Mangiamorte che gli copriva metà volto e che si affrettò a togliere per scrutarla con maggiore attenzione.
 “Emma O'Shea.” sibilò quasi con fastidio “Dubito fortemente che il tuo tutore sarebbe contento di vederti qui.”
 “Mi trovi d'accordo” rispose lei, fissandolo con educata sfida.
 “Cosa ci fa la ragazza qui?” intervenne con sprezzo una donna, superando Lucius per avvicinarsi a lei.
“Bellatrix” la salutò Emma, riconoscendola nonostante i lineamenti fossero diversi da come lei li aveva visti al Manor e sentì qualcuno alle sue spalle sussultare sentendo quel nome. Neville, forse?
 
La Mangiamorte la fissò per qualche secondo sconcertata, le labbra arcuate in una smorfia di controllato stupore. 
 “Ci incontriamo di nuovo Emma O'Shea” tubò e prima che la ragazza potesse fare qualunque cosa, scattò in avanti come una furia, la afferrò per il polso e la trascinò con sé dal lato degli incappucciati, come aveva fatto Draco solo qualche ora prima nell'ufficio della Umbridge. in maniera decisamente più gentile.   
Emma sussultò stupita e quasi perse l'equilibrio per lo strattone, ma appena fu di nuovo in controllo, cercò subito di sfuggire alla presa dell'altra, ma la strega era molto forte e la tratteneva.
“Non è la ragazza di tuo figlio Lucius?” chiese una voce tra gli incappucciati, con un sottile tono di scherno.
 L'emoor vide Malfoy senior irrigidirsi e girarsi verso la figura che aveva parlato, con sguardo sprezzante.
 “Taci Dolohov” sibilò.
“È così, vero?” insistette l'altro Mangiamorte, era alto e corpulento, con ciuffi biondi che sfuggivano da sotto il cappuccio nero “Ti sembra normale che tuo figlio frequenti un'amica di Potter?” 
 “Ho detto di tacere” disse Lucius.
 Emma, ancora trattenuta da Bellatrix, lanciò uno sguardo veloce ad Harry e con un movimento minimo del capo cercò di fargli capire che era il momento giusto di scappare, visto che erano distratti e vide Potter chinarsi e sussurrare qualcosa ad Hermione.
 “Hanno ballato insieme a Capodanno” disse nuovamente il Mangiamorte chiamato Dolohov, come a sottolineare l'ovvio.
 “Mio figlio non è un'idiota” sibilò Malfoy, la voce che vibrava minacciosa “E un ballo non significa nulla”
 “E poi la ragazza è la protetta di Piton” cantilenò Bellatrix “E un'emoor Dolohov, forse ha più sangue magico di te”
 Emma le lanciò uno sguardo a quell'affermazione, cercando nuovamente di sciogliere la stretta senza riuscirsi.
 “Puoi lasciarmi andare Bella, l'hai detto anche tu, sono una protetta di Severus, non farò stupidaggini”
La donna la strinse con maggior forza, gli occhi scuri sgranati, un sorriso feroce e troppo largo sul volto magro.
 “Piton mi ringrazierà per averti tenuto fuori, O'Shea” disse suadente “E se mi ringrazia Piton lo farà anche l'Oscuro Signore”
 La ragazza sospirò arresa al fatto che avrebbe dovuto stare dal lato sbagliato della barricata e guardò esasperata i suoi amici, che non si erano mossi di un millimetro, ma stavano comunicando tra loro.
“Cosa bisbigliate?” chiese Malfoy, voltandosi di nuovo minaccioso, la bacchetta puntata verso il gruppetto.
 I ragazzi si zittirono immediatamente, bianchi in volto e tesi.
Perché non scappano? Pensò Emma disperata.
 - Scappa Harry - cercò di comunicare attraverso la connessione e per un secondo, osservando il volto contratto del ragazzo, sperò di esserci riuscita.
 “Potter” parlò nuovamente Lucius con voce stranamente gentile  “Stiamo perdendo tempo. Dammi la profezia”
 “No, dov'è Sirius?” ribatté il ragazzo, spavaldo e concentrato.
No, dov'è Sirius?” lo schernì Bellatrix e Lucius fece un gesto secco per zittirla, prima di tornare a usare il suo tono gentile.
 “Avanti, Potter. Non vogliamo che nessuno si faccia male.”
 “Ho detto di no” disse ostinato il Grifondoro “Dov'è Sirius?”
 “Non ne ho idea, qui non c'è” rispose Lucius, con un ghigno viscido e vagamente divertito “Non c'è mai stato.”
 “Menti” sibilò Harry, sistemandosi gli occhiali sul naso con la mano con cui stringeva la profezia, la bacchetta ancora spiegata di fronte a lui, in posizione di difesa.
 “No, non mento” ribatté serafico l'uomo, ed Emma intuì il sorriso nelle sue parole, nonostante lui le desse le spalle.
 “Menti!” gridò Harry di nuovo, sulla soglia del panico.
“Il Signore Oscuro sapeva che se te lo avesse mostrato saresti accorso e a noi servivi qui. Black sarà a nascondersi in qualche buco, probabilmente. Nessuno di noi l'ha visto. Ora dammi la profezia”

L'emoor vide l'orrore propagarsi sul volto di Harry, mentre realizzava che li aveva portati tutti in un'imboscata e si morse la lingua per non sbattergli in faccia uno sgarbato 'te lo avevo detto', ma rimase tranquilla, perché se lo era già immaginato e respirò a fondo cercando di stare concentrata, mentre il sollievo di sapere Sirius al sicuro la faceva sospirare. 
 Il gruppo di ragazzi di fronte a lei si mosse nervoso, Emma intuì che Hermione stava ragionando velocemente e Ron cercava vie di fuga.
“Allora signor Potter...” iniziò Lucius.
 “Non dargliela, Harry” disse Neville e Malfoy si accigliò, facendosi sfuggire un sorriso più simile a un ghigno.
“Abbiamo qui un coraggioso” disse mellifluo “Immagino un nobile membro della casa di Grifondoro. Come ti chiami ragazzo?”
“Neville Paciock” rispose lui con voce tremante e alle spalle di Emma Bellatrix rise folle e infantile allo stesso tempo. 
“Paciock! Ho conosciuto i tuoi genitori, ragazzo”
 “Lo so” mormorò lui ed era pallido come un cencio, ma osservava coraggiosamente i Mangiamorte in volto.
 Lucius piegò le labbra in una smorfia divertita e altera allo stesso tempo, fece un gesto vago con la mano, avvicinandosi di un passo, come a voler scrutare meglio il volto di Neville.
 “Via Bella, più garbata. Il giovane Paciock qui sta dimostrando dei bei nervi. Ha coraggio da vendere a farsi avanti così”
 La strega ridacchiò tra sé, continuando a stringere Emma quasi dolorosamente, mentre Dolohov commentava a mezza voce: “Peccato tremi come una foglia”
“Potter” continuò Malfoy, tornando con lo sguardo verso il ragazzo  “Che ne dici allora di chiudere questo spiacevole colloquio, dand...”
“Non vi darò questa... profezia. Dovete lasciarci andare”
 “Non vogliamo che nessuno si faccia male” concesse Lucius “ma devi essere decisamente più educato. Perché non facciamo un accordo? Tu mi dai la profezia e nulla di male succederà a...” 
 Lo sguardo chiaro dell'uomo scorse sul gruppetto di fronte a lui.
 “Prendi la più piccola” rise Bellatrix e gli occhi di lui indugiarono e infine si arrestarono sulla testa rossa di Ginny. 
 “Ah! Ma tu sei la piccola Weasley” sussurrò gelido ed Emma trasalì tra le mani di Bellatrix, mentre con sollievo vide Harry e gli altri stringersi intorno all'amica.
“Perché Voldemort vuole la profezia?” chiese Potter, nel coraggioso tentativo di riportare l'attenzione su di sé.
“Tu osi pronunciare il suo nome?” intervenne Bellatrix in un sibilo, stringendo dolorosamente il braccio all'emoor.
 “Certo” rispose Harry con candore, lanciando uno sguardo bieco alla donna “Di che profezia si tratta?”
 Lucius lo fissò serio, un sopracciglio inarcato verso l'alto. 
 “Davvero non lo sai?” domandò a voce bassa.
 “No” mormorò Harry in risposta, nervosamente, le nocche bianche da tanto stringeva la sfera polverosa.
 “Se non lo sai, non ti riguarda, Potter” intervenne Bellatrix.
 “C'è il mio nome sopra, certo che mi riguarda”
 Lucius sembrò stancarsi di quella situazione di stallo ed Emma vide il lampo di nervoso inasprire il suo volto pallido.
 “Davvero Silente è stato così stupido da non dirti nulla?”
 “Silente non è stupido” sibilò il Grifondoro e le labbra di Malfoy ebbero un guizzo, assumendo una piega malevola.
“Come credi.” quasi rise, vellutato “Non sarà stupido, ma non ha voluto dirti della profezia fatta su di te e il mio Oscuro Signore”
 Harry si mosse a disagio sul posto, evidentemente confuso e rimase silenzio, gli occhi verdi che dardeggiavano sulle figure nere.
 “Beh, Potter, abbiamo cercato di conversare” riprese Lucius in un sorriso falso “ma non ho certo tutto il giorno... Accio Profezia”
 “Protego” reagì subito il Grifondoro ed Emma si sentì invadere da un sincero orgoglio, mentre Malfoy barcollò, preso in contropiede.
 “Sa come giocare Potterino” sghignazzò Bella, quasi torcendo il braccio dell'emoor e il cuore della ragazza batteva all'impazzata.
 “Perché volete la profezia di Harry?” chiese con tono il più neutro possibile, con l'unico intento di attirare l'attenzione su di lei per permettere agli altri di fuggire. 
Non era un atto eroico il suo. Emma sapeva di non essere particolarmente coraggiosa, non per istinto almeno, ma quella era pura logica: era evidente che lei rischiasse meno degli altri, aveva il nome di Severus e di Draco a proteggerla.
 Lucius le lanciò un'occhiata insofferente, come se dovesse sottolineare qualcosa di ovvio per l'ennesima volta.
 “Perché Lui la desidera, O'Shea e solo i proprietari della profezia possono ritirarla dall'Ufficio Misteri e fossi in te, come consiglio personale, eviterei di peggiorare la tua situazione”
 “In che modo la sto peggiorando?” insistette lei, impertinente, ignorando la stretta di Bellatrix sul braccio che le intimava silenziosamente di tacere e fissando invece Malfoy negli occhi.
 “Sei amica del giovane Potter, O'Shea.” disse Lucius, inarcando un sopracciglio “Mi sembra già il peggio”
“Harry non è mio amico” mentì lei, il pensiero che correva a Draco. Difendilo. Suo padre non avrebbe mai accettato che lui frequentasse un'amica dei Grifondoro. Forse avrebbe giudicato Draco un debole, forse l'avrebbe disprezzato.
 “E allora perché sei qui...” chiese Malfoy, con un guizzo di curiosità a illuminare i suoi tratti, nonostante la pazienza quasi finita.
 “Per questa” ribatté placida, mostrando la sua sfera con la mano libera dalla stretta della Lestrange e lo sguardo di Lucius iniziò a brillare, mentre Bellatrix trattenne bruscamente il fiato.
 “La profezia degli emoor?” chiese l'uomo con tono basso, facendo un passo verso di lei “pensavamo fosse perduta. Brava Emma. Lui te ne sarà davvero grato e Piton sarà fiero di te, ora dalla a me.”
 Si avvicinò a lei lentamente, il volto illuminato da una luce rassicurante, come se temesse di spaventarla. Sfoderò un sorriso largo e tese la mano, con il palmo verso l'alto, invitante, come faceva spesso Draco con lei, quando voleva tranquillizzarla.
Emma lo ignorò, cercando lo sguardo di Harry. Fu un istante.
“ORA” gridò il Grifondoro e i ragazzi alle sue spalle urlarono Reducto all'unisono, abbattendo gli scaffali, che ondeggiarono e poi cominciarono a crollare gli uni sugli altri. 
 Le sfere rovinarono a terra con un enorme fracasso e figure argentee si levarono dai cocci con voci profonde, citando le rispettive profezie. Ci fu un breve momento di strana immobilità, ma poi tutti si sparpagliarono gridando.
 Bellatrix lasciò andare il polso di Emma per potersi coprire la testa e lei colse al volo l'attimo e si mise a correre, stringendo la sfera al petto e cercando di fuggire il più lontano possibile. Solo quando ebbe superato Malfoy, ora confuso e privo della solita eleganza e raggiunto gli altri, Emma si fece scivolare la profezia nella tasca, brandì la bacchetta e afferrò Lilith, prendendole la mano.
 “Di qua! Dobbiamo scappare” gridò, guidando l'amica tra gli scaffali che crollavano uno dietro l'altro.
 Ginny, James, Luna e Ron correvano insieme a loro, mentre Harry, Neville ed Hermione stavano qualche passo indietro. L'emoor vide una porta e si fiondò attraverso, cercando riparo. 
Senza fermare la corsa attraversarono una stanza che non aveva mai visto e continuarono ad andare avanti, nel tentativo di distanziare più possibile i Mangiamorte. Emma non aveva la più pallida idea di dove fossero diretti, ma continuava a correre.
“Cosa facciamo?” urlò Ginny, mentre bloccava la porta alle sue spalle con un Colloportus, come aveva visto fare poco prima ad Hermione, il panico evidente nella voce.
 “Non lo so” ammise Emma, cercando inutilmente di ragionare “dobbiamo trovare un'uscita. Avvisare l'Ordine.” 
 “Proviamo di qua” propose James, indicando una porta a caso alla loro sinistra “non possiamo stare fermi.”
“Harry?” chiese l'emoor rivolta verso la rossa, ma Ginny fece una smorfia preoccupata e scosse il capo.
 “Non era più dietro di noi” rispose asciutta.
 Ripresero a correre, ci fu uno schianto e una porta venne divelta, due Mangiamorte irruppero nella stanza. Lilith strillò e Ron ed Emma si fiondarono in avanti, lanciando due Schiantesimi nello stesso istante. Uno dei due Mangiamorte barcollò, ma l'altro lo schivò, avanzando minaccioso.
“Via!” gridò l'emoor a pieni polmoni, mentre Luna evocava un incantesimo scudo a proteggerli.
 Entrarono nella stanza accanto che aveva un'enorme vasca di cervelli al centro, ma non si fermarono. Continuarono a correre il più velocemente possibile, superando altre due stanze, con i Mangiamorte sempre alle calcagna.
 “Impedimenta” urlò Ginny, per bloccare i maghi che erano a un passo da loro, mentre Lilith la aiutava, cercando di impastoiarne un altro spuntato dal nulla. Superarono almeno altre due stanze prima di seminarli, chiudendosi le porte alle spalle con la magia.
 “Dobbiamo chiedere aiuto” ansimò Ron, il volto rosso come i capelli ed anche Emma si sentiva la fronte imperlata di sudore e il fiato corto. Erano solo ragazzini, nessuno dei quali aveva ancora nemmeno finito di sostenere i GUFO, non avevano speranza contro tutti quei Mangiamorte, potevano solo cercare di mettersi in salvo e scappare il più lontano possibile.
 “Dobbiamo uscire di qui per poter chiedere aiuto” disse con disappunto “Muoviamoci non possiamo stare fermi.”
Entrarono in una nuova stanza e si trovarono improvvisamente a galleggiare tra dei pianeti. Era come se improvvisamente non avessero più peso ed era piuttosto complicato percepire persino il proprio corpo.

Che posto è questo?” chiese Lilith stranita.
 “È bellissimo” sussurrò Luna, una smorfia allegra sul volto chiaro.
 Anche Emma sorrise, godendo per un brevissimo momento di quella silenziosa calma, ma prima che potesse lasciarsi andare a quella sensazione di poter galleggiare leggera, un incantesimo fece esplodere il pianeta accanto a lei, rompendo l'incanto. 
 
Tre Mangiamorte. Tre Mangiamorte arrabbiati.
 L'emoor fu lucida in un istante, roteò la bacchetta, lanciando uno Schiantesimo alla cieca, nella speranza di riuscire a colpire qualcuno degli incappucciati e riparò lei e James da un'enorme frusta che il mago più grosso aveva evocato.
 “Non devi far male alla ragazza. Non puoi toccarla” gridò quello accanto al Mangiamorte che l'aveva attaccata.
 Emma approfittò dell'attimo di distrazione per spingere James e Lilith di lato e si voltò per afferrare anche Ginny, ma dovette fare un balzo indietro per evitare un'altra fattura e qualcosa esplose contro Ron che inaspettatamente scoppiò a ridere isterico.
 “Ron!” gridò Emma angosciata, ma James la afferrò per la manica, tirandola indietro con decisione. 
 “Emma dobbiamo andare! Non possiamo fermarci”
 Con la coda dell'occhio l'emoor vide Luna, Ginny e Ron, che ridacchiava stupidamente senza motivo, correre dal lato opposto e sentì la Corvonero gridare con voce limpida: 
Reducto.

Ci fu un'esplosione lontana, ma non la sentirono che di sfuggita, perché aveva già aperto un'altra porta, cadendoci dentro. 
 Si ritrovarono in una grande arena particolarmente silenziosa, con al centro una piattaforma su cui svettava un arco dall'aria antica, all'interno del quale sembrava galleggiare un sottile velo. 
 Erano soli: Emma, Lilith e James.
Presero fiato, tutti e tre, piegati in avanti, le mani sulle ginocchia. Erano pallidi e affannati, ma non feriti, fortunatamente. 
 I Mangiamorte dovevano aver seguito Ginny e gli altri perché per un momento ci fu una strana pace e un inquietante silenzio.
 “Questo posto mi mette i brividi” sussurrò Lilith. 
 Emma annuì di rimando, l'amica aveva ragione: quel posto metteva 
davvero i brividi. L'emoor aveva la sensazione di essere osservata e avvertiva degli strani sussurri indistinti arrivare da dietro l'arco al centro della sala che le provocarono un tuffo al cuore.
 Si guardò intorno attentamente, quell'inaspettata calma l'agitava.
 “Sono contenta di avervi qui con me” mormorò.
 “E pensare che la cosa più terribile della serata mi sembrava il tema di Trasfigurazione” soffiò Lilith, facendo ridere entrambi gli amici.
 Avanzarono tutti e tre insieme fino al centro dell'arena, guardandosi intorno per decidere dove andare. C'erano delle porte in alto, sulle scalinate, ma sembravano troppe per poter effettivamente prendere una decisione ragionata e l'idea di aprirne una e trovarsi di fronte un Mangiamorte non allettava nessuno dei tre ragazzi.
 “Dobbiamo trovare il modo di chiamare aiuto” ripeté di nuovo Emma, più a sé stessa che agli altri due “Come possiamo chiamare aiuto se siamo qui dentro?”
 Con lentezza raggiunse la piattaforma, se i Mangiamorte fossero arrivati dall'alto, loro tre, sul fondo dell'arena, sarebbero stati svantaggiati con solo quel sottile arco a fare loro da protezione.  
 L'emoor si voltò a guardare la struttura imponente che l'attraeva silenziosamente con i suoi mormorii ipnotizzanti.
 “Li sentite anche voi?” chiese, facendo un altro passo verso il velo che galleggiava tra le due vecchie colonne e James aprì la bocca per dire qualcosa, già proteso per tirarla lontano dall'arco, ma uno scoppio alle loro spalle li fece voltare tutti e tre di scatto.
La mano dell'emoor corse prontamente alla bacchetta, il cuore che le rombava nel suo petto, mentre istintivamente si metteva un passo davanti ai due compagni di Casa. 
Proteggili.
Se Severus l'avesse vista in quel momento avrebbe scosso la testa davanti a quell'atteggiamento così smaccatamente Grifondoro, ma Emma sapeva che non si trattava di stupido coraggio fine a sé stesso: era consapevolezza, lei era più forte.
 Era come una convinzione antica, innata, quasi fosse il suo sangue che le scorreva caldo nelle vene a parlarle: se c'era qualcuno tra lei e i suoi amici a dover fare un passo avanti, in quel caso, era lei.
 Piegò le ginocchia, pronta ad attaccare e scattare di lato, mentre osservava un gruppo nutrito di persone che si riversava nella stanza.
 C'era Harry in testa che correva verso di loro tenendo stretta la profezia, alta sul capo, come un richiamo e dietro di lui arrivava subito un gruppo numeroso di Mangiamorte
 L'emoor agì d'istinto e andò incontro al ragazzo, mettendosi al suo fianco, come se fosse la cosa più naturale del mondo, mentre sette incappucciati più Lucius Malfoy e Bellatrix rallentavano e si fermavano a distanza, fissandoli con curiosità. 
 Anche Lilith e James si schierarono alle spalle dell'amica e del Grifondoro, pronti a intervenire.

Mi dispiace Emma, hai scelto il lato sbagliato.

Il Mangiamorte gigante, che aveva creato la frusta poco prima nella stanza dei pianeti e che l'emoor riconobbe come Antonin Dolohov, fece un passo avanti. Aveva perso la maschera nell'inseguimento e sfoggiava un ghigno divertito sulla faccia larga e arcigna. 
Attaccò per primo, con violenza: Emma parò, senza difficoltà.
Un vago stupore percorse la schiera scura di fronte a lei, ma lei rimase concentrata, pronta a fermare il nuovo attacco.
Aveva scoperto durante gli incontri dell'ES che il Protego era l'incantesimo più potente che faceva e provò una sottile soddisfazione nel vedere barcollare il Mangiamorte nonostante la distanza che c'era tra loro. Il grosso mago, offeso, come previsto, attaccò altre due volte, ma Emma parò nuovamente senza sforzo.
“Perché ti limiti a parare ragazzina?” urlò Dolohov, rosso in volto “Non vuoi dimostrare la tua forza? Non vuoi combattere?"
“No, non voglio combattere” ribatté lei tranquilla, gli occhi verdi, così intrisi di ombre da sembrare pericolosi, erano assottigliati dalla rabbia “Voglio solo che lasciate tornare i miei amici a Hogwarts, al sicuro, poi se volete, io ed Harry possiamo discutere con voi.”
 “Esatto” gridò di rimando il ragazzo con la cicatrice.
 “Non esiste, Ems. Noi non ce ne andiamo” sussurrò severo James alle sue spalle, ma lei lo ignorò.
 “Come stanno gli altri?” chiese invece a Potter.
 “Bene credo” rispose lui, ma sembrava solo agitato.
 Dolohov, dovette trovare inutili le parole della ragazza, perché rise e perse la pazienza, muovendo ancora la bacchetta nella loro direzione, attaccando con rabbia. 
 “Vediamo chi gioca più duro stupida emoor” sbraitò, gli occhi brillanti di cattiveria “Avada Kedavra”

Il tempo rallentò, mentre tutto si illuminava di verde come negli incubi che la affliggevano. La maledizione mancò Lilith per un soffio e si infranse contro le scalinate dell'anfiteatro. 
 Ci fu un momento di silenzio profondo e scomodo, durante il quale Emma gelò sul posto e qualcosa dentro di lei, simile a un animale pericoloso e ferito, scattò. Non riusci nemmeno a capire a che contromossa stesse pensando, mosse la bacchetta e senza pronunciare parole evocò un incantesimo di istinto. 
La potenza della magia lanciata sprizzò tutto intorno sulla pelle dei presenti e Dolohov venne sbalzato con estrema violenza all'indietro, sbattendo contro il muro e perdendo i sensi. Emma sentì anche Harry al suo fianco sussultare, mentre i Mangiamorte più vicini al gigante biondo barcollavano per lo spostamento d'aria.
 “Non vi azzardate a toccare i miei amici” sibilò la Corvonero.
 Un altro mago, dopo aver visto il compagno accasciarsi, parve perdere il controllo e lanciò contro di lei una fattura particolarmente potente. Emma ne avvertì la forza malsana, intuendone l'origine oscura e di nuovo, parò senza battere ciglio e poi mosse il polso rapida, in risposta, evocando un serpente che sibilando strisciò minaccioso verso i Mangiamorte.
 Il mago che aveva lanciato la maledizione sgranò gli occhi sdrucciolando all'indietro e subito l'emoor ne approfittò per schiantarlo, mentre tutti erano distratti dall'animale.
Cadde un pesante silenzio sull'arena.
 “Fermi” gridò Lucius “Non toccata gli amici della ragazza, non fatele perdere il controllo”
 Aveva gli occhi chiari sgranati e il respiro mozzo. Emma smise di difendersi, raddrizzandosi lentamente e stupendosi di sentire paura nelle parole di Malfoy. Con lucidità si rese conto di aver agito senza filtri, liberando con rabbia tutta la sua forza e che i Mangiamorte erano spaventati da ciò che avevano visto.
 Lucius, così straordinariamente simile al figlio nella fioca luce della stanza, la guardava, tenendo entrambe le mani alzate in un muto gesto di resa e l'emoor cercò di placare la sua voglia di battersi.
 “Emma” disse, con il tono più gentile che la ragazza gli avesse mai sentito usare “Sono un vecchio amico di Severus e sono il padre di Draco, so quanto entrambi tengano a te. Non ti farei mai del male e non lo faremo ai tuoi amici. Ci servono solo le profez...” 
Uno scoppio interruppe il discorso di Malfoy e con il cuore gonfio di sollievo l'emoor vide l'Ordine della Fenice irrompere nella stanza. Lupin, Tonks, Kingsley e Sirius, seguiti da altri maghi di cui non conosceva il nome, che si misero a combattere contro i Mangiamorte.
La Corvonero approfittò della distrazione generale e afferrò saldamente la mano di Harry, mettendosi a correre.
 “Di qui” gridò rauca, dirigendosi verso quella che pareva l'uscita più vicina e sentì anche Lilith e James seguirli, tutti a testa bassa per evitare gli incantesimi che volavano ovunque.
 “La scala” urlò James ed Emma virò direzione, seguendo il consiglio di lui, con il cuore che sembrava volergli uscire dal petto e l'adrenalina che scorreva in fiotti caldi.
L'immagine di Draco, confuso e combattuto che la lasciava andare le passò per la mente. Torno da te Malfoy. Quando aveva pronunciato quelle parole non pensava che avrebbe trovato difficoltà a mantenere quella promessa, ma ora nella confusione generale, in mezzo a Maledizioni che cozzavano da tutte le parti e le grida, l'emoor era di un altro avviso.
 “Fermate Potter” disse un Mangiamorte, correndo verso di loro.
 Sirius lo intercettò ed Emma sentì, con spavento, il Grifondoro mollare la sua mano per correre in aiuto al padrino.
 “Harry!” lo chiamò con rabbia, mentre Lilith e James le si affiancavano prontamente.
Un altro Mangiamorte che non conosceva lanciò una fattura nella loro direzione e tutti e tre i Corvonero si difesero veloci con un Protego.  James rispose abilmente con un Impedimenta che rallentò il mago e l'emoor, rinunciando per un istante a seguire Harry, indicò le scale ai due amici.
 “Vi copro, tornate dagli altri”
 “Emma” la ammonì James.
“Cosa?” chiese lei, mentre seguiva con angoscia la figura di Potter che correva nell'arena a pochi passi da Sirius.
 “Emma.” la richiamò di nuovo James, gli occhi chiari che la guardavano con una determinazione mai vista.
 “Non sto facendo l'eroina” si difese la ragazza in un sospiro “Ma devo recuperare Harry. È importante.”
 “Potter se la può cavare, ci sono gli adulti” insistette lui, gridando al di sopra del frastuono della battaglia, ma lei scosse la testa, mentre di istinto bloccava altre due maledizioni in arrivo.
“Sono certa che se la caverebbe, ma sento che devo stare accanto a lui, devo proteggerlo” disse, nella voce una sorta di tensione.
 James si accigliò appena, le labbra strette dal disappunto. 
 “È la connessione?” chiese.
“Non vorrei interrompere questa piacevole chiacchierata!” li punzecchiò Lilith, ironica, impegnata a parare varie fatture che volavano verso di loro “ma siamo in mezzo a una battaglia”
L'emoor annuì in fretta, con un mezzo sorriso, lanciando due Incantesimi difensivi insieme alla biondina, mentre tutti e tre si chinavano per evitare una maledizione volante.
 “Prendilo e raggiungici.” si arrese secco James, sapendo che non sarebbe riuscito a convincere Emma del contrario, ma le lanciò uno sguardo preoccupato e pieno di affetto  “Cerca di non morire”
Emma pensò che era la seconda persona ad augurarglielo nella stessa giornata e guardò l'amico afferrare la mano di Lilith e correre sulle scale. Cercò di coprirli, deviando alcuni incantesimi fatti contro di loro, fino a quando non li vide, con sollievo, uscire dal campo di battaglia, ma prima che riuscisse a scendere i pochi gradini, un Reducto la mancò di poco, facendo esplodere l'intera scalinata.
 La Corvonero ruzzolò giù, picchiando violentemente il fianco e la spalla. Il dolore le attraversò i muscoli, mozzandogli il respiro.
“Non la ragazza” sentì Malfoy gridare, sopra il fracasso generale, con una nota di panico inaspettata. Hai paura che se mi fanno del male tuo figlio ti si rivolti contro, o hai solo terrore di Severus? 
 
Pensò freddamente Emma
 
Con fatica prese respiro, cercando di rialzarsi. Si mise sulle ginocchia, ma gemette per il dolore improvviso alla spalla e al fianco che aveva picchiato e sentì la profezia caderle dalla tasca. Non riuscì a fermarla e la guardò impotente ruzzolare giù per gli ultimi gradini fino ad infrangersi sul pavimento in pietra.
 Una figura sottile uscì dai cocci della sfera rotta, Emma non poté sentire interamente quello che diceva, a causa del frastuono che la circondava, quindi rimase a fissarla fino a quando non si dissolse.

... quattro ombre... Hogwarts... oscuro... il sangue che li lega... come scudo di...

“La ragazza ha rotto la profezia” gridò qualcuno con rabbia e l'emoor reagì immediatamente, sentendosi scoperta.
 Scattò in piedi, senza curarsi di chi avesse urlato e soffocando a sua volta un grido per il dolore, corse verso Harry, per qualche motivo aggrappato a Neville al centro della stanza.
 Paciock era in evidente difficoltà, visto che non riusciva a fermare i piedi, impegnati in una forsennata danza e perdeva molto sangue dal naso. Harry cercava di portarlo al sicuro, ma riusciva a malapena a trascinarlo. Emma li aveva quasi raggiunti, quando Lupin le tagliò la strada mentre duellava con due Mangiamorte. 
 E subito lei cambiò obbiettivo e si affiancò all'uomo, pietrificando il primo mago, mentre Remus schiantava l'altro.
 “Brava Emma” gridò Sirius nella sua direzione, il sorriso da lupo largo, raggiante, tanto da sembrare rinato, come fosse tornato improvvisamente ad essere il Malandrino affascinante e poco assennato che aveva conosciuto Hogwarts.
“Guardati alle spalle” lo mise in guardia Remus, con un tono però soffice e quasi affettuoso “Ti voglio intero, Felpato”
 “La porti al sicuro, Moony?” rispose l'altro con un leggero cenno verso Emma e anche senza vederlo in volto lei fu certa che Lupin stesse sorridendo nello stesso modo feroce e vivo.
“Ci puoi contare, Sirius” rispose infatti, poggiando una mano sulla spalla di lei per far sì che lo seguisse.
 L'emoor tentennò un secondo e incrociò per un istante lo sguardo di Black. Le sembrò di vederlo tremolare di ostinazione, felicità e rabbia insieme, quasi fosse sul punto di gridarle qualcosa.
 “Sirius” lo salutò, ma lui si era già voltato, riprendendo a duellare con ferocia contro un Mangiamorte sconosciuto.
 Ci fu un improvviso boato e un lampo di luce, Emma fu costretta a coprirsi gli occhi e perse di vista Harry e Neville. Sbatté le ciglia e quasi sussultò quando vide Albus Silente galleggiare sopra di loro.
 Il mago era inaspettatamente apparso sul campo di battaglia e tra i Mangiamorte si creò lo scompiglio più totale. La Corvonero sentì il sollievo invaderla vedendo l'anziano preside, mentre roteava la bacchetta, sbalzando i quattro Mangiamorte che lo fronteggiavano, come se fossero dei fantocci. Albus Silente era potente e letale.

Lupin la afferrò con più decisione per le spalle trascinandola con sé.
“Emma di qui” le disse con urgenza.
 C'erano grida e incantesimi ovunque. Una maledizione senza perdono passò vicinissimo all'orecchio del lupo mannaro, facendo sussultare di paura la ragazza. Sirius, di fronte a loro, sbalzò il Mangiamorte contro cui stava duellando e si mise a combattere con Bellatrix al centro della piattaforma, andando in aiuto a Tonks.
 Emma lo vide ridere, ma non sentì cosa stesse dicendo, i due stavano combattendo con l'asprezza di chi vuole vincere.
Gli incantesimi, le fatture volavano velocissimi, tanto che Tonks si fece da parte, forse per paura di colpire il cugino in mezzo a tutta quella frenesia. Remus la strattonava con insistenza perché corresse al sicuro, ma l'emoor torceva invece il collo per osservare i due Black scambiarsi abili e veloci colpi e fatture. Bellatrix con uno sguardo folle, Sirius con una smorfia piena di sarcasmo. 
 Successe all'improvviso.
L'emoor non capì nemmeno come, ma inaspettatamente un fiotto di luce rossa passò sotto il braccio dell'uomo e lo colpì in pieno volto.
Il corpo di Sirius si inarcò con composta lentezza, tutto parve andare a rallentatore, qualcuno gridò, Bellatrix scoppiò a ridere e l'emoor avvertì improvvisamente la presa di Lupin dissolversi e lo vide correre verso Harry.
 Lei stessa corse verso l'arco, mentre con gli occhi spalancati guardava Sirius cadere e poi rimanere immobile, passando attraverso il sottile velo che l'aveva tanto attratta. Ci fu un momento di silenzio, dove tutto parve fermarsi in una bolla pronta a esplodere, poi Harry gridò e in quel grido Emma vi scorse il suo stesso dolore.
“È appena passato!” Disperazione, paura, rabbia.
 
Lupin lo afferrò per le spalle, trattenendolo con tutte le sue forze.
 “È andato Harry” disse, le lacrime negli occhi scuri, che rotolavano lungo le guance scavate, mentre lottava per trattenerlo.
 Anche a distanza all'emoor quelle parole arrivarono chiarissime, come se il mago le stesse sussurrando a lei e sentì un tuffo al cuore e qualcosa le si spezzò nell'assistere al dolore di Remus Lupin.
 “Possiamo salvarlo” gridò di nuovo Potter, dimenandosi disperato.
 Emma gelò sul posto di fronte a quella sofferenza, che invadeva bruscamente la sua mente attraverso la connessione. Percepì la rabbia di Harry, la sensazione di perdita e fallimento, il terrore della solitudine, il sapore dell'abbandono.  
Avvertì il cuore farsi pesante e le orecchie fischiare, mentre l'orrenda e chiara consapevolezza della morte di Sirius la raggiunse come un manto pesante che le tolse il respiro e le urla disperate di Potter le perforavano la mente, formando crepe di dolore. Sirius era morto.
“È andato Harry. Non puoi fare più nulla” ripeteva Remus, il volto contratto e le lacrime che ormai scorrevano sulle guance incavate e grigie “È  troppo tardi. È andato”
 Solo allora Emma si accorse che Bellatrix la stava fissando, gli occhi scuri vacui, solo per un istante confusi, indecisi.
 L'emoor ricambiò lo sguardo severamente, osservando la donna con sprezzo. Si chiese se la Mangiamorte l'avrebbe attaccata, ma la vide invece contrarre gli occhi scuri, come stupita del giudizio della ragazza per poi aprirsi in un largo sorriso, folle, scomposto.
 Emma non riuscì a muoversi. Non riuscì a seguire Bellatrix che si voltò, scappando mentre faceva una risata stridula, né riuscì a raggiungere Harry, che liberatosi con rabbia dalla stretta di Lupin inseguì la strega su per le scale, di corsa.
 Non riuscì a muoversi nemmeno quando il mannaro si avvicinò a lei, preoccupato, chiedendole se stesse bene, mentre la scuoteva con gentilezza. Emma rimase perfettamente immobile, il cuore che batteva all'impazzata, il fiato corto e gli occhi lucidi.
 Fu il dolore alla testa che la riscosse, come una scossa. Un dolore forte e terribile, simile a una lama infilata nelle tempie. 
 L'emoor si accasciò con un gemito. Sentì Lupin gridare e sorreggerla pieno di preoccupazione, avvertì la testa vorticare e il dolore di Harry riversarsi nel suo petto.
 “Emma che succede?” chiese Remus, angosciato, il panico che che sgorgava dalla sua figura già così ferita e debole.
 “Harry” esalò lei, le lacrime le sfuggivano dalle ciglia e con un respiro spezzato si tirò in piedi, aggrappandosi alle spalle di Remus.
Evitò di guardare dove il corpo di Sirius era caduto, sentendosi a un passo dalla disperazione, si staccò in fretta da Lupin e arrancò verso le scale che Harry aveva preso per seguire la Mangiamorte. 
 Un brivido lungo la schiena la scosse, mentre un'acuta fitta le trapassava di nuovo le tempie. Lupin tentò di seguirla, ma venne intercettato da uno dei pochi Mangiamorte ancora in piedi.
 Emma si mise a correre, salì le scale traballante, appoggiandosi al muro appena poteva.

Respira.

Si obbligò a prendere aria e ad abbassare e alzare il petto, come non fosse più un gesto automatico. Un'altra fitta, ancora più violenta la destabilizzò inaspettata e l'emoor gemette e quasi si accasciò.
- Harry - chiamò disperatamente, attraverso la connessione.
 Si rimise in piedi barcollando e corse con angoscia lungo la scala, cercando di ignorare il tremore alla gambe. Si rese conto con stupore di essere nel corridoio che l'avrebbe portata fuori dall'Ufficio Misteri e l'adrenalina la fece avanzare più svelta.
 La sua vista sfarfallò e si accorse di guardare con gli occhi di Potter e vide Silente e Lord Voldemort combattere di fronte a sé.
 -Harry- richiamò di nuovo attraverso la connessione, trovando però il silenzio e la confusione
 Corse con tutte le forze che aveva in corpo per l'ultimo tratto di corridoio. I muscoli che bruciavano, la testa che si spaccava in due.
Doveva andare da Harry. Subito. L'emoor si bloccò.
 Nella Hall del Ministero qualcuno aveva dato evidentemente battaglia, come testimoniavano i segni di esplosioni e la statua che generalmente stava al centro della stanza, distrutta a terra in più pezzi, ma la ragazza non vide nessuno, a parte Silente, che si guardava intorno, teso, la bacchetta stretta in mano. 
La scultura smembrata sembrava aver preso in parte vita, uno dei suoi componenti teneva Bellatrix Lastrange imprigionata a terra, mentre la statua raffigurante il mago era stata decapitata dalla lotta e con il corpo bloccava Harry contro la parete.
L'emoor si guardò intorno confusa e stordita dal dolore alla testa, ci mise un secondo di troppo a capire che cosa non andasse, mentre la sua vista sfarfallava, passando, con una velocità nauseante, dal suo punto di vista a quello di Potter.
 Avvertì qualcosa di gelido passarle vicino e poi il corpo di Harry si contrasse in modo repentino e terribile e il suo volto si fece stravolto, in un'espressione che lei non aveva mai visto fare al ragazzo, gli occhi straordinariamente cupi e freddi.
 Emma arrancò di qualche passo, incerta, mentre dalle labbra del Grifondoro fuoriusciva una voce crudele, gelida, che non gli apparteneva affatto.
“Uccidimi Silente” sibilò la cosa dentro Potter..
 L'emoor sussultò spaventata, l'imperativo dentro di lei la fece piegare e correre in avanti, troppo velocemente perché Silente si accorgesse di lei, o provasse a fermarla. 
 “Harry” gridò disperata e corse dal bambino che era sopravvissuto e gli prese il volto tra le mani piena di preoccupazione.
 “Harry” lo chiamò con voce strozzata dall'angoscia.

Appena la pelle delle mani dell'emoor sfiorò quella del ragazzo, Harry gridò, come se il contatto con la Corvonero gli stesse infliggendo un dolore insopportabile. Emma però non si ritrasse e qualunque cosa fosse all'interno del corpo del ragazzo lo abbandonò all'istante. L'emoor sentì le forze prosciugarsi quasi all'improvviso, i muscoli che le tremavano per lo sforzo, il cuore che le batteva tanto forte nelle orecchie da renderla sorda.
Silente si mise in posizione di difesa dietro di lei e per la prima volta dalla notte al cimitero, Emma vide Voldemort apparire di fronte a loro. Non riuscì a distinguerlo chiaramente, fu solo un figura fumosa che si chinò fulminea verso Bellatrix, afferrandola per un polso, per poi sparire senza degnarla di uno sguardo.
 Era avvenuto tutto estremamente veloce, quasi in un battito di ciglia e per un secondo cadde un silenzio tanto denso da toglierle il respiro e poi molte voci presero a parlare concitate e solo allora l'emoor si accorse che vi era della gente a pochi passi da loro.   
 Dipendenti del Ministero probabilmente e Caramell in persona, che se ne stava al centro della Hall, con sguardo stralunato.

Era Tu-Sai-Chi”
“L'ho visto! Ha preso la donna ed è scomparso.”
“L'ho visto anche io”
“Ministro, è tornato”

Emma li ignorò e abbassò lo sguardo su Harry che tremante si stava rimettendo in seduto, finalmente libero dalla statua.
 “Come hai fatto?” chiese il ragazzo, con voce sottile, gli occhi dilatati che osservavano l'emoor da dietro gli occhiali tondi.
 “A far cosa?” sussurrò lei, sentendosi esausta e ipersensibile.
 “A farlo uscire da me, Emma. Appena mi hai toccato”
 La ragazza scosse la testa, avvertendo la nausea serrarle subito lo stomaco. Non sapeva rispondere alla domanda del ragazzo, non capiva in realtà nulla di quello che era appena successo e confusa si girò a osservare Caramell e Silente, senza riuscire a comprendere nemmeno cosa si stessero dicendo. 
Un dolore sordo si fece strada nel suo petto: Sirius era morto e l'emoor sentì improvvisa la tristezza addosso alle spalle e la preoccupazione per gli altri suoi amici farsi acuta. 
Non vedeva Ginny e gli altri da quando si erano separati nella stanza dei pianeti ed Hermione addirittura dalla sala delle profezie e si sentiva persa, stanca e spaventata, il petto che si alzava e abbassava in cerca d'aria. Stava avendo un attacco di panico.
Harry le afferrò la mano, osservandola attento con i suoi occhi verdi.
 “Emma, respira” le impose.
 Lei annaspò in cerca d'aria e lo guardò confusa, ma strinse la mano di lui e riuscì a recuperare lentamente il controllo. 
Il vociare della persone intorno a loro le arrivava però insopportabile alle orecchie, ferendola: Voleva andare via.
 “Ho rotto la mia profezia” mormorò Harry, come per darle qualcosa a cui pensare ed Emma annuì amara, ancora senza fiato.
 “Anche io la mia.” rispose, si scambiarono uno sguardo pieno di comprensione e l'emoor si accorse che stava ancora stringendo la mano del ragazzo e che lui ricambiava la stretta e si stupì nel trovare quel gesto assolutamente giusto e istintivo.
 “Ragazzi” Silente si era avvicinato a loro.
Pareva cauto, come se temesse di ferirli e aveva usato il suo solito tono controllato e tranquillo, ma i suoi occhi ardevano di rabbia e frustrazione, causata probabilmente dalla fuga di Voldemort e dalla lunga chiacchierata che lo aspettava con Caramell.  
 “Preside” rispose Emma rauca, mentre un'ondata di rabbia proveniente dal Grifondoro le invadeva il petto facendola barcollare.
 Silente li osservò solo un istante attraverso gli occhialini dorati, porgendo loro la testa della statua che aveva difeso Harry.
 “È una Passaporta, vi porterà nel mio studio. Harry tra mezzora sarò da te e ti prometto che potrai farmi tutte le domande che vorrai. Emma ci sarà Severus ad accompagnarti in infermeria.”
L'emoor annuì. Non fece domande, non si chiese perché Silente non volesse parlare con lei. Si sentiva così stanca.
Afferrò la Passaporta e accettò con una sottile sollievo l'abituale strappo sotto l'ombelico, sospirando sonoramente quando si ritrovò nell'ufficio di Silente.

. . .

“Emma.”
 Piton corse verso di lei, ignorando completamente Harry.
L'emoor riuscì a scorgere a malapena gli occhi di lui, colmi di angoscia e preoccupazione, perché l'uomo tese le mani e lei si gettò subito contro al suo petto, lasciandosi avvolgere in un abbraccio. 
La ragazza mise istantaneamente da parte la rabbia, il dolore e l'incomprensione irrisolta con l'uomo, bisognosa di affetto e colse in quella stretta tutta la disperazione che Severus doveva aver provato, pensando di averla persa.
 “È morto” sussurrò lei, aggrappandosi alle vesti nere dell'uomo, il capo appoggiato al suo petto magro, piena di disperazione e stanchezza, mentre tratteneva a stento i singhiozzi e sentiva il corpo di lui irrigidirsi di terrore.
 “Chi?” chiese Piton allarmato.
 “Sirius” disse Emma, scoppiando infine a piangere, senza vergogna e solo una piccola parte di sé si ritrovò stupita, vedendo l'espressione confusa e tesa sul volto del tutore, simile a una ferita inaspettata.
 “Mi dispiace” mormorò lui.
 “Non le dispiace affatto” ringhiò Harry arrabbiato e il professore inarcò un sopracciglio, osservando il ragazzo con sufficienza.
 “Potter, i miei dissidi con Black non c'entrano nulla con la sua morte. È un combattente in meno alla nostra causa. Un bravo combattente” rispose ed era sincero e ferito.
“Alla nostra causa?” lo aggredì Harry, era fuori di sé.
 “Sì Potter” rispose Piton gelido “alla nostra causa”
Emma provò solo un leggero fastidio per il poco tatto del tutore, perché era evidente che Harry fosse a un passo dal crollare tanto era sconvolto, ma l'odio che impregnava la voce del ragazzo la fece sussultare. L'emoor sospirò e lasciò controvoglia l'abbraccio protettivo di Severus per avvicinarsi al Grifondoro.
 Non scambiarono sguardi, né parole: Emma gli buttò le braccia intorno al collo, ignorando il fatto che entrambi fossero coperti di polvere, sudore e sangue ed Harry la strinse a sé.
 “Dobbiamo trovare il modo di parlare dopo” sussurrò lei calma e sentì Potter annuire contro la sua spalla, tremante di rabbia.
 Rimasero così a lungo, a farsi silenziosamente forza a vicenda, a soffocare il male con i loro respiri, fino a quando l'emoor non sciolse riluttante la stretta. Improvvisamente il dolore alla spalla che aveva picchiato e al fianco ferito si era fatto acuto e si fece sfuggire un gemito, mischiato alla stanchezza che la inondò, ora che l'adrenalina l'aveva abbandonata.

Le sembrava irreale quello che era successo quella notte.
Era semplicemente assurdo che lei avesse combattuto contro dei Mangiamorte, persino contro il padre di Draco Malfoy, quello stesso ragazzo che aveva baciato nell'ufficio della Umbridge qualche ora prima e che l'aveva lasciata andare a combattere, contro ogni logica.
 Le sembrava assurdo pensare al corpo immobile di Sirius che attraversava il velo, la disperazione di Lupin, le grida di Harry.
 Le sembrava assurdo ricordare con lucidità quello che aveva provato nel sentire la voce crudele di Lord Voldemort uscire dalle labbra del ragazzo. Le ginocchia le cedettero senza preavviso, il corpo attraversato da troppa stanchezza e subito il tutore la sorresse.
 “Andiamo in infermeria” disse Severus con un tono che non ammetteva repliche ed Emma annuì docile.
“Potter tu hai bisogno di cure immediate?” chiese il professore, la voce incrinata di chi si sta sforzando di usare un tono gentile.
 “No” rispose il ragazzo, gelido.
 “Quello è il tuo sangue?” insistette l'uomo con un sopracciglio alzato, indicando la macchia di sangue sulla manica del Grifondoro.
 Il ragazzo scosse la testa e abbassò lo sguardo, sembrando ribollire di rabbia. Emma intuì volesse essere lasciato solo e fece cenno a Severus di uscire. Si avviarono in silenzio verso l'infermeria.
Voleva solo dormire.



*Angolo Autrice*


Ciao Lettori.

Che capitolo eh!
Lungo e intenso.
è uno dei miei preferiti. 
Spero di essere riuscita a passarvi la tensione, la confusione e il dolore che ho provato io mentre immaginavo la scena. 
Al contrario di come avevano pensato alcuni di voi, nulla cambia a conti fatti dalla storia Canon, ma a mio parere la presenza di Emma rende la vicenda al ministero più interessante e con tanti significati in più.

Alcuni punti di focus (vado più lunga perché c'è molto da ragionare):
. Adoro il fatto che Emma sia molto più consapevole di Harry, ma che lo segua nella sua follia, cercando di salvarlo tutto il tempo. E adoro il fatto che, per quel senso di protezione che prova nei confronti del ragazzo, Emma si ritrova a fronteggiare una situazione che voleva assolutamente evitare, vista la sua relazione con Draco: stare in mezzo ai due schieramenti. 
. Mi è piaciuto portare l'emoor fisicamente dal lato dei Mangiamorte durante il dialogo con Lucius, questo sottolinea a mio parere ancor di più il suo essere l'ago della bilancia: Emma è dal lato opposto rispetto ai suoi amici, ma cerca di aiutarli a fuggire, li difende e prende le loro parti. 
Interessante secondo me è vedere come i Mangiamorte (addirittura Bellatrix) siano confusi dalla sua presenza e provino addirittura a proteggerla. 
Se nell'Ordine è difficile (pensate a Ron) accettare che le persone non sono solo o Bianche o Nere, figuratevi per una persona come Bellatrix o Lucius.
Emma per loro è la pupilla di Severus e l'interesse di Draco, non esiste che sia dalla parte di Potter e infatti ingenuamente Lucius è convinto che lei lascerà lui la profezia degli emoor.
. Ci ho tenuto a dare un piccolo momento di gloria a Neville visibile (ce lo saremmo perso non essendo lui con l'emoor nel momento in cui l'ha nel libro), nonostante per noi sia un personaggio secondario, visto che nel Canon il personaggio cresce molto nel quinto libro.
. Ho cercato di seguire il canon anche nella divisione tra i ragazzi nella loro fuga dai Mangiamorte, in questo modo tutto quello che succede nel libro: compresa Hermione colpita dalla frusta di Dolohov e Ron attaccato dai cervelli, potrebbe essere successo. A livello cronologico il reducto che Emma sente lanciare da Luna nella stanza dei pianeti sarà quello che romperà inavvertitamente la caviglia a Ginny e nella loro fuga Ron verrà attaccato dai cervelli. Harry trova i tre e si assicura che siano al sicuro, prima di raggiungere Emma, Lilith e James nell'arena, mentre Hermione è fuori gioco a causa della frusta di Dolohov dopo poco che si è separata dall'emoor, prima che loro reincontrino il mangiamorte nella stanza dei pianeti, Neville rimane con lei fino a quando non la lascia all'Ordine e raggiunge Harry nell'arena.
. Ho voluto mettere in mostra il potere di Emma per far capire che non è semplicemente più forte della media dei ragazzi della sua età. 
Emma è molto potente in modo antico e se solo dentro di sé fosse crudele potrebbe essere davvero pericolosa, invece lo diventa solo quando si minaccia seriamente una sua amica.
. Penso che Lilith e James siano davvero due grandi persone e due grandi amici.
. Il gesto di Emma che prende il volto di Harry nelle mani causando dolore a Voldemort dentro di lui vi ricorda qualcosa? Pensateci! 
. Ho deciso di far rompere entrambe le profezie ai ragazzi per dare loro la sensazione di essere, per la prima volta, sulla stessa barca.
. Ho semplicemente adorato il momento in cui Emma torna indietro e abbraccia Severus, mettendo da parte tutti i loro dissidi. Riuscite a immaginare quanto deve essere stato in pena quell'uomo? Immaginate anche Harry quanto deve essere arrabbiato a trovare Piton lì, dopo aver appena perso il padrino (nel libro subito dopo distrugge mezzo ufficio di Silente)

Fatemi sapere cosa ne pensate. 
A lunedì!

vi

Ritorna all'indice


Capitolo 32
*** Crepe sanate ***


.Crepe sanate.


 

Emma aprì gli occhi a fatica. La luce del mattino inondava l'infermeria, filtrando attraverso le tendine sottili. Era il secondo giorno che passava tra quelle quattro pareti, in totale riposo, eppure si sentiva ancora spossata. Nessun adulto era venuto a chiederle cosa fosse successo, l'avevano lasciata semplicemente oziare, nemmeno Silente si era mosso per cercarla. Sembrava che il mondo magico si fosse dimenticato della sua esistenza e tutto sommato, visto quanto si sentiva esausta, alla ragazza non dispiaceva affatto.
 Nei momenti di veglia, ripensando a quel che era successo, s
i rendeva dolorosamente conto di quanto fossero stati fortunati a sopravvivere. Quasi tutti i suoi amici erano stati addirittura curati e rimessi più o meno in sesto in una sola giornata: Ginny mentre Emma ancora dormiva, dopo una notte di Ossafast che le aveva sistemato la caviglia accidentalmente rotta dal Reducto di Luna e  Neville era tornato alla torre dopo essersi ripreso velocemente con solo qualche ammaccatura. I tre Corvonero, Luna, James e Lilith ne erano usciti miracolosamente illesi.
 Solo Emma e il magico trio occupavano ancora i lettini. 
 Harry come lei curiosamente spossato, Ron con le braccia piene di cicatrici rosate causate dall'attacco di uno dei cervelli che avevano intravisto nella stanza del Ministero ed Hermione era sotto controllo per la frusta di Dolohov che l'aveva colpita, ferendola alla spalla.
Lentamente, cercando di ignorare la stanchezza, l'emoor si mise a sedere e si guardò intorno. Nei lettini di fronte a lei, addormentati, stava come previsto il trio di Grifondoro, mentre poco più in là sonnecchiava un sonno agitato la professoressa Umbridge. 
 Il pigiama era come prevedibile eccessivamente rosa a coprirle il corpo tozzo e i capelli gonfi e fuori posto a incorniciarle il viso contratto. Emma si fermò a guardarla senza riuscire a provare il consueto disgusto, ma con un poco di rancore rimasto.
 Fece schioccare la lingua un paio di volte, imitando il suono di un galoppo sul selciato, era stato Ron a consigliarle quello scherzo la sera prima, tra le risate generali e come previsto, la Umbridge si svegliò di scatto, sgranando gli occhi e si guardò intorno smarrita, prima di incontrare lo sguardo di lei.
 “Tutto bene professoressa?” domandò Emma con voce innocente.
 “Oh sì, sì” balbettò quella “Deve essere stato un brutto sogno.” 
 “Immagino” rispose gelida la Corvonero, mentre la donna balbettava qualche altra parola scomposta tra i denti, prima di accasciarsi di nuovo sul letto, riprendendo a dormire

*

L'avete davvero portata dai centauri?” chiese Emma ad Hermione, che nascondeva a stento un sorrisetto furbo.
 “Oh, Harry ti racconterà” minimizzò la grifona, lanciando un'occhiata all'amico addormentato sul lettino accanto al suo “Ma è stato piuttosto divertente. Spaventoso, certo, ma divertente.”
 Era visibilmente compiaciuta e l'emoor notò il suo sguardo brillare di soddisfazione e realizzò perché la Granger fosse finita in Grifondoro e non in Corvonero, come tutti si sarebbero aspettati.
 “Sei davvero una strega” la prese in giro bonariamente e l'altra fece un altro debole sorriso divertito, nonostante fosse pallida e provata. 
 “È stata lei a insultarli, non io. Se l'è cercata direi.”
Sembrava minuscola appoggiata con la schiena a numerosi cuscini, i capelli come una criniera ancor più arruffata del solito intorno al viso stranamente smunto.
 “Potter non mi racconta mai nulla comunque” sussurrò Emma.
 “Non c'è molto da raccontare in effetti, in questo caso. Se non che l'abbiamo portata nella foresta e una mandria l'ha trascinata via.”
 “Una mandria l'ha trascinata via” ripeté lentamente l'emoor.
 “Esatto. Un mandria l'ha trascinata via” sorrise la grifona.
 “E non ha toccato te ed Harry”
 “No, perché ci hanno definito puledri, e i centauri sono rispettosi con i cuccioli, anche se secondo loro Harry era quasi un uomo”
 Emma ridacchiò e questo le causò uno strano formicolio su tutto il corpo, come un brivido incontrollato. La sua magia era stranamente instabile in quei giorni, come se l'eccessiva stanchezza l'avesse resa fragile, ma stava migliorando. 
 “Quindi siete stati salvati da loro” esalò, strizzando gli occhi nel tentativo di mantenere il controllo.
 “Oh no, è arrivato anche Grop”
 “Grop?” domandò perplessa.
 Hermione annuì sicura, prima di aggrottare la fronte, evidentemente concentrata su qualcosa di estremamente importante.
 “Forse questo non dovevo dirlo” ammise infine dopo qualche considerazione.
 “Chi è Grop?” chiese Emma perplessa e la Grifondoro tentennò solo per qualche altro secondo, prima di scrollare le spalle.
 “Oh beh, poco importa. Grop è il fratellino mezzo gigante di Hagrid”
 “Il fratellino mezzogigante” sillabò Emma incredula.
 “Di Hagrid, sì” ribatté Hermione, come se stesse commentando il meteo, prima di ristendersi sul lettino e chiudere stancamente gli occhi.
 “Ho come l'impressione di non essere al corrente di molto” sussurrò l'emoor, osservando Hermione Granger che annuiva appena.

*

Giorno. Notte. Le ore scorrevano inconsistenti e noiose, mentre la luce cambiava tingendosi di alba e tramonto, disegnando lunghe ombre sul soffitto fin troppo chiaro dell'infermeria. 
 Emma stava meglio, si sentiva più stabile e meno spossata, anche se si addormentava ancora improvvisamente e le capitava di vedere attraverso gli occhi di Potter fin troppo spesso, ma aveva smesso di sentire la magia tremare incontrollata sotto la sua pelle e il fianco e la spalla non le facevano quasi più male. 
 Scosse appena il capo, come a scacciare un brutto pensiero e stropicciò gli occhi assonnati, abbassando lo sguardo sul suo lettino.
 George Weasley sedeva addormentato su una delle vecchie poltroncine dell'infermeria, piegato in avanti, in modo da appoggiare il capo di fianco al suo ginocchio sinistro.
Probabilmente era rimasto accanto a lei mentre riposava e doveva essersi a sua volta addormentato e sembrava stranamente delicato e giovane in quella posizione... vulnerabile.
La sera prima c'era stato un grosso viavai di Weasley nell'infermeria, che aveva creato del fermento, soprattutto dato da un'isterica Molly che passava piena di affettuosa preoccupazione da un lettino all'altro, con grande disappunto di Madama Chips. 
Emma era stata felice, dopo due giorni di silenzio e controllo visite da parte dell'infermiera, di vedere delle facce amiche, ma era convinta non fosse rimasto più nessuno dei rossi, ad esclusione di Ron, quando si era addormentata. George doveva però essere tornato da lei.
 L'emoor sorrise con dolcezza e allungò la mano a scompigliare i capelli rossi del gemello che aprì stancamente gli occhi, sbattendo le ciglia per metterla a fuoco.
 “Sei sveglia insopportabile signorina” borbottò con tono impastato.
“Ciao Georgie”
 “Buongiorno”
“Hai passato qui la notte?”
 “Oh beh, non che avessi molta scelta, tutta la mia famiglia è stata in giro per il castello. Mamma, papà, Bill, è passato persino Charlie e anche Ginny che ti saluta, dormivi”
“Lei sta bene?” chiese l'emoor che non aveva ancora rivisto l'amica né i compagni di Casa, visto che Madama Chips aveva impedito tutte le visite e cercava di stressare i pazienti il meno possibile.
“Un po' scossa, ma camminava sulle sue gambe” rispose il gemello.
 “E gli altri? Stanno bene? Ieri Molly sembrava parecchio agitata”
 “Bene, te l'ho detto, sono tutti qui. Beh quasi, non c'è Percy ovvio. Ma tu come stai?”
 “Peggio di altre volte, ma tutto sommato bene”
 “Eri uno straccio quando sei arrivata”
 “Non ricordo praticamente nulla” disse lei.
George si sporse in avanti prendendole la mano e per la prima volta negli occhi nocciola del ragazzo, così simili a quelli di Ginny, l'emoor scorse della preoccupazione.
 “Non dovresti più rischiare di morire”
 “È un consiglio saggio, George” sorrise con stanchezza.
 “Per lo meno non rischiare di morire per salvare Ronald”
 “C'era anche Ginny” lo punzecchiò l'emoor.
“Vero, Ginny puoi salvarla. Anche se ho a volte l'impressione che mia sorella se la possa cavare comunque da sola.”
“È così” confermò Emma con un sorriso “Ginny è piuttosto abile se dobbiamo ammetterlo, ma tu come hai fatto a rimanere qui? Madama Chips non ci concede visite...”
 “Ho detto di essere il tuo ragazzo, ma sono pronto a dire che ci siamo lasciati se Malfoy dovesse fare vivo”
 Lei si adombrò appena al pensiero del Serpeverde. Non si erano ancora visti e non sapeva se Lucius fosse stato, o meno arrestato. Tentò di stendere un sorriso, ma ci riuscì solo malamente e George si affrettò a cambiare discorso, capendo il suo umore. 
 “Merlino, sai cosa vuol dire che ho visto Piton portarti praticamente in braccio in infermeria? In braccio!”
“Deve essere stato uno shock”
 “È sempre uno shock scoprire che il pipistrello ha un cuore.”
 “Esagerato” sorrise lei, stringendogli la mano “Fred?”
 “Con Lilith”
 “Bene.”
“Si è spaventato. Quando l'Ordine è andata al Ministero io e Fred siamo corsi ad Hogwarts, quando ha capito che Lilith ti aveva seguito è diventato uno straccio. Non l'ho mai visto andare così in ansia in tutta la nostra vita. Sono proprio carini sai?”
 “Lo so.” annuì soffice l'emoor “Avresti dovuto esserci anche tu al Ministero. Ti ho pensato, saresti stato utile, sai?”
 “Lo so” ribatté lui leggermente sconfortato “non riesco proprio a capire perché Harry, Ron ed Hermione decidano di rompere tutte le regole possibili solo alla fine di ogni anno scolastico. Hanno sempre un abbonamento in infermeria prima delle coppe delle Case. Quest'anno con la Umbridge speravo anticipassero onestamente, invece no, puntuali, ci hanno tolto tutto il divertimento”
 Emma ridacchiò appena, pensando che il ragazzo avesse ragione.  
 “Mi sei mancato”
 “Ci mancherebbe altro” rise il rosso a sua volta.

. . .

Sonno. Veglia. Le ore adesso scorrevano dense, lente e tranquille. 
Erano ormai passati due giorni dalla battaglia al Ministero, ma a Emma sembravano molti di più. Prese un libro e si immerse nella lettura, cercando di rimettersi al passo con le materie.
“Come stai?” disse qualcuno all'ingresso e la ragazza si voltò di scatto, riconoscendo la voce del tutore ed ebbe un leggero capogiro.
“Severus. Sto bene” mentì, anche se non stava affatto bene, perché nonostante le cure attente di madama Chips e la debolezza passeggera, riusciva ancora a vedere Sirius che attraversava il velo.
 Emma sbatté le ciglia e vide un secondo uomo che seguiva Piton.
 “Ciao Remus” sussurrò  in saluto.
 “Ciao Emma” ribatté l'altro. 
 Sembrava invecchiato di colpo: magro, le spalle incurvate, gli occhi spenti e il viso scavato. Era il volto di un uomo a cui era stata tolta la terra sotto i piedi e l'emoor si sentì stringere il cuore nel vederlo così.
Remus non lo meritava. Non avrebbe dovuto perdere Sirius.
Lei lo capiva, perché come pochi, al di fuori di Severus, si preoccupavano davvero di lei, ma tutti gravitavano attorno ad Harry, allo stesso modo, anche Lupin era poco considerato dall'Ordine, nonostante lui fosse sempre in prima linea. Tutti erano sempre stati preoccupati di Sirius, ma era Remus aveva perso quella che era la persona più importante della sua vita.
L'emoor non voleva nemmeno immaginare cosa potesse voler dire guardare morire una persona come lo erano per lei Ginny, Lilith o James, ma aveva provato un dolore simile quando i Mangiamorte avevano ucciso Steph e si sentì vicino al mannaro.
 “Tu come stai?” chiese contrita e lui stese una smorfia che poteva sembrare un'ombra di un sorriso smorto. 
 “È molto carino da parte tua preoccuparti per me, sto bene”
 “Dovresti dormire Lupin invece” intervenne Severus a sorpresa, scoccando un'occhiata contrariata all'altro mago, che incassò le spalle, colpito in fallo “E dovresti mangiare anche, sei uno straccio”
 “Severus ha ragione” si difese Remus pacatamente “Forse dovrei dormire di più, ma davvero sto bene”
Emma osservò entrambi gli uomini con attenzione. 
 Stavano spalla a spalla, più simili di quanto avrebbero voluto ammettere, Lupin spezzato così come Piton. Anche il Serpeverde aveva infatti la faccia stanca e stropicciata di chi ha dormito poco e male, le occhiaie sul volto pallido e le labbra serrate che nascondevano malamente la preoccupazione. 
 Emma sospirò e d'istinto protese una mano verso il tutore e l'uomo si avvicinò al suo letto, titubante, come se temesse di ferirla in qualche modo, mettendosi al suo fianco in silenzio, senza guardarla, mentre Remus assisteva a quella dinamica con una smorfia dolce e divertita sul volto. Emma se ne accorse e subito allungò le braccia anche verso di lui per stringerlo in un veloce abbraccio.
 “Volevo solo salutarti prima di andare via” sorrise Lupin
 “Hai fatto bene a passare, Rem”
 “E dirti di scrivermi per qualunque cosa tu abbia bisogno, ok?”
 “Fallo anche tu”
Lui rise amaro e a Emma sembrò un fantasma spezzato. 
 “Sei tu la ragazzina e io l'adulto” disse con voce calma.
 “Pensavo che da adulti si soffrisse comunque” esalò lei.
 Remus la guardò, colpito e annuì lentamente, con aria malinconica.
 “È così in effetti” ammise, fragile.
Sciolse l'abbraccio con la ragazza e lanciò un'occhiata ai tre Grifondoro ancora addormentati.
 “Salutami quei tre disgraziati quando si svegliano, ok?”
 “Certo, consideralo fatto” rispose l'emoor.
 “Grazie.” sorrise il mannaro “Severus” salutò poi.
 “Lupin” ribatté lui rigido.
 Il mannaro uscì dalla stanza lentamente, trascinando i piedi sulle piastrelle chiare dell'infermeria e chiudendosi la porta alle spalle, ma lasciando la tristezza galleggiare su di loro.
“Non sta bene” disse l'emoor, voltandosi verso il tutore.
 “Anche tu non stai bene, Emma” ribatté tetro Piton “Direi di cercare di metterti come priorità, per una volta.”
Lei fece un debole sorriso e sussurrò solo “ok”, ma il pensiero era ancora rivolto a Lupin e alla sua così personale sofferenza.
Il tutore mosse la bacchetta in un movimento pigro, che Emma riconobbe come l'incantesimo muffliato, che garantiva a loro un po' di privacy nel caso i tre Grifondoro si fossero svegliati. 
 “Silente mi ha raccontato come è andata nei dettagli, sei stata molto coraggiosa” disse lui lentamente, quasi senza muovere le labbra.
“Lo siamo stati tutti.” minimizzò l'emoor con tono dimesso e Severus annuì di rimando, vagamente assorto.
 “I Mangiamorte?” chiese lei.
 “Catturati”
 “Anche Lucius?”
 L'uomo fece un gesto affermativo con il capo e la ragazza sospirò arresa, chiedendosi come avesse preso la notizia Draco. 
 Non era venuto a trovarla, probabilmente la giudicava colpevole dell'incarcerazione del padre e questo le faceva male, perché lei lo aveva aspettato in silenzio, ora dopo ora, con delle scuse sulle labbra anche se sapeva di non avere alcuna colpa.
 “Draco non ce l'ha con te.” mormorò il professore.
 “Non leggermi nella testa, Sev”
“Non hai fatto nulla per impedirmelo.”
 “Come lo sai?”
“Di Draco?”
 “Sì.”
 “Mi ha chiesto di dirti che passerà oggi pomeriggio.” spiegò lui, asciutto “È dovuto tornare a casa dalla madre ieri, Narcissa è piuttosto fragile in questo momento”
Emma si sentì per un momento leggermente sollevata, ma subito si rabbuiò pensando agli occhi tristi della donna e sentendosi profondamente dispiaciuta anche per lei.
“Sirius era suo cugino.” sussurrò.
 “Sì” assentì Piton, monocorde.
 “Dici che le dispiace per la sua morte?”
 “Non ne ho idea, non si frequentavano da molto.”

Rimasero in silenzio per un po', lasciando che la distanza tra loro si velasse di dolcezza e sottile imbarazzo. Hermione si agitò debolmente nel sonno, attirando l'attenzione dell'emoor.
 “Emma” la richiamò il tutore, quasi in un sussurro delicato “Riguardo alla nostra discussione, l'ultima volta che...”
 La ragazza ricordò all'improvviso la violenta litigata avuta con lui quella che le sembrava una vita prima. Ricordò il dolore, la rabbia e la delusione che erano ancora blandamente presenti in lei, ma sotterrati maggiormente dalla stanchezza, la paura di morire e l'affetto che aveva provato nel vedere Severus nell'ufficio del preside, con i suoi occhi color onice colmi di preoccupazione. 
Scosse il capo, lentamente e scacciò l'immagine del sotterraneo così pieno di lacrime amare, urla ferite e rancore inespresso. Andò oltre.
“Avevi ragione, Sev. Potter mi mette solo nei guai.”
 L'uomo fece un'espressione stupita, lanciando uno sguardo al ragazzo addormentato dall'altra parte della stanza, all'apparenza così vulnerabile e poi alla sua protetta che lo osservava in silenzio.
“È così” rimarcò, apparentemente sollevato “Potter è un guaio e...”
 “Ma anche se avevi ragione, Sev” lo interruppe tranquilla lei “non smetterò di frequentare lui e gli altri, né abbandonerò Draco. Stare al loro fianco è una mia scelta e devi rispettarla. So che mi vuoi al sicuro, non farò nulla di scellerato, ma voglio scegliere.”
L'emoor vide il volto del tutore contrarsi per un istante, carico di disappunto, ma quando parlò sembrava pacato, i sentimenti totalmente nascosti dall'espressione vacua e tranquilla.
 “Draco avrà bisogno di tutto il tuo appoggio, temo” disse greve ed Emma sentì un brivido lungo la schiena.
“Lo immagino” rispose triste, inghiottendo le sue teorie e paure, non lasciando spazio al panico e il terrore.
 Rimasero ancora qualche secondo in silenzio, poi l'uomo fece un passo indietro, puntò la bacchetta e le fece un incantesimo diagnostico, controllando i suoi valori. Emma lo lasciò fare.
 “Madama Chips mi ha detto che probabilmente stasera sarai nel tuo dormitorio” le spiegò lui, con un cenno soddisfatto.
 “Bene” sorrise sollevata l'emoor.
“Posso farti avere qualche pozione per un sonno tranquillo.”
“Non servirà”
 “Sicura? Come stanno andando gli incubi?”
“Non ci sono per ora” ammise Emma, lanciando uno sguardo veloce verso Harry, che dormiva sereno, i capelli sparsi sul cuscino.
 La ragazza tentennò, indecisa se dire al professore che aveva la sensazione che gli incubi sarebbero tornati prepotenti appena lei e il Grifondoro avrebbero smesso di dormire nelle stessa stanza, ma decise di non mettere troppo alla prova i suoi nervi.
 “Non hai lezione?” gli domandò invece con tono neutro.
 “Sì, ora vado.” strascicò lui “Se hai bisogno di qualunque cosa, sarebbe gradito che tu venissi a parlarmi”
 L'emoor fece uno sbuffo leggero e le spuntò un sorriso. 
 “Intendi dire, maggiormente gradito di sapere che sono andata al Ministero della Magia volando su un Therstral?”
 “Precisamente” sibilò lui, rigido, arricciando appena le labbra.
 “Lo terrò a mente.” sorrise l'emoor
Severus si allontanò verso la porta con passo spedito, il mantello che ondeggiava alle sue spalle, gonfiandosi in modo teatrale.
 “Sev” lo chiamò di nuovo Emma con voce sottile e sembrava improvvisamente minuscola e fragile, lì accovacciata sul letto dell'infermeria, l'aria confusa e tranquilla e anche Severus parve notarlo, perché il suo viso aspro si distese, mentre chiedeva “Si?”
 “Cerca di stare vicino a Remus, per favore”
 Un sottile sdegno illuminò per un attimo l'espressione dell'uomo.
“Credo che ci siano altre persone più adatte di me, Emma. Io e Lupin non andiamo propriamente d'accordo e quello che è succ...”
“Per favore, Sev” insistette l'emoor con tono serio “So che lui in fondo non ti dispiace ed è molto solo. Ha bisogno di aiuto”
Piton parve tentennare, come se volesse aggiungere qualcosa di sgradevole, ma alla fine fece solo un gesto affermativo.
 “Grazie” sussurrò l'emoor, grata.

*

Madama Chips entrò con aria arcigna nella stanza, sibilando tra i denti la frase: “Sarebbero solo due visitatori per letto”, mentre superava le teste rosse dei Weasley con il suo abituale sdegno e si avvicinava a Hermione, che ridacchiava tra sé per la situazione.
 Molly, Arthur, Bill e i gemelli in quei giorni si erano ripresentati spesso nell'infermeria ed erano passati un'ultima volta a salutare prima di tornare alla Tana, affollando lo spazio.
 Ignorarono il disappunto della donna e si chinarono a turno per abbracciare e salutare Emma, mentre Fred esclamava verso l'infermiera che erano amici di tutti i quattro i ragazzi presenti e che quindi erano due visitatori per letto.
 Chips si accigliò appena, facendo velocemente i conti  e borbottò sonoramente tornando nel suo ufficio di gran lena.
“Mi raccomando dì a quel brontolone di Severus di portarti alla Tana questa estate” disse Molly all'emoor, con un ampio sorriso.
“Brontolone è un eufemismo mamma” fece notare Fred, facendo ridere di gusto Harry e Ron e sorridere Hermione e Bill.
“Effettivamente è quasi come se definissimo Harry: un normale adolescente” diede manforte George.
 “Per Piton sarebbe più consono acido” rincarò l'altro gemello.
 “Rancoroso”
“Sadico”
 “Ragazzi!” esclamarono Emma e il signor Weasley insieme, per metterli a tacere.
 “Scherziamo, Ems” ghignò Fred.
 “Sappiamo che Piton è un tenero pipistrello” mormorò George, scoccando un bacio sulla guancia all'emoor e aiutandola con gentilezza a scendere dal lettino. 
 Bill lanciò loro un'occhiata curiosa, corrugando la fronte davanti all'insolita dolcezza del gemello nei confronti della ragazza e alla loro così tranquilla vicinanza, come fossero abituati a passare molto tempo insieme.
“Ma voi due state ins...” tentò
 “Non ricordare a Georgie di essere stato battuto da un Serpeverde, Bill” intervenne Fred, giocoso “Il suo sconforto sarebbe illimitato”
 “Serpeverde?” domandò il maggiore dei Weasley, confuso.
 George annuì, fintamente melodrammatico, portandosi una mano al petto, e stringendo Emma con il braccio libero. 
 “Un Serpeverde biondo per di più”
 “Arrogante” rincarò Fred.
 “Stupido”
 “E clamorosamente ricco”
 “Schifosamente ricco vorrai dire, Freddie.”
L'emoor scosse la testa divertita, guardando la confusione sul volto di Bill e scoccando un'occhiata di finto rimprovero agli altri due, mentre Harry e Ron ridevano ancora più forte.
 Madama Chips alzò gli occhi al cielo e si avvicinò all'emoor controllando soprattutto la spalla e il fianco ferito.
“Molto bene” disse con tono gentile e professionale “se se la sente può tornare alla sua torre. Assoluto riposo”
 La ragazza ringraziò, salutò tutti i Weasley, Ron, Harry ed Hermione e si avviò verso l'uscita.

Aveva appena chiuso la porta dell'infermeria alle spalle, quando si girò e vide Draco Malfoy che si avvicinava lungo il corridoio.
 Sembrava più pallido del solito e non indossava la divisa, ma una camicia bianca e un pantalone dal colore grigio fumo ed era piuttosto corrucciato, come perso nei suoi ragionamenti, la fronte chiara aggrottata da pensieri e i capelli che cadevano in ciocche scomposte davanti allo sguardo metallico. 
 Emma sentì il suo cuore battere contro la cassa toracica e le mancò il fiato per parlare, in lotta con sentimenti che non aveva ancora imparato a gestire e che la facevano sentire fragile e scoperta.

Sono tornata Draco. Sono tornata viva.

Il ragazzo si arrestò, come se lei lo avesse chiamato ad alta voce e vedendola in piedi parve vagamente stupito. Emma ricambiò in silenzio lo sguardo, ma non osò muoversi, anche se avrebbe voluto correre lui incontro e abbracciarlo con tutte le sue forze, e baciarlo, e sussurrargli “Mi dispiace” e ammettere di aver avuto paura.
 Si osservarono in silenzio a distanza, entrambi segretamente emozionati, ma il ragazzo dovette mal interpretare la sua immobilità come un rifiuto, perché per un attimo sembrò irrigidirsi sul posto.  
L'emoor, compreso il malinteso, fece un passo in avanti per dimostrargli che non provava alcun disgusto, o rancore e il Serpeverde si riscosse e si mosse verso di lei di corsa.
 Draco Malfoy correva raramente. Emma lo sapeva bene, ma non riuscì a stupirsi a pieno per l'evento perché il ragazzo l'aveva già raggiunta e la stringeva tra le sue braccia con timida irruenza.
 E forse complice il corridoio deserto, forse la paura di essersi persi a vicenda, Emma sentì Draco avvicinarsi per baciarla e lei non si tirò affatto indietro, ma si strinse a lui intrecciando le dita nei suoi capelli chiari e partecipò a un bacio lungo, dolce, quasi disperato. 
 Il Serpeverde non disse nulla, non esalò nemmeno un singolo respiro, ma abbandonò le labbra di lei solo per andare al collo, le tempie, la fronte, per poi ritornare alla bocca con un'urgenza che l'emoor non aveva mai sentito in lui.
Ed Emma rispose al bacio aggrappandosi alle sue spalle e si accorse con un brivido di stupore e una punta di panico che gli occhi grigi di Malfoy erano lucidi e lei era sul punto di affondarci dentro.
“Draco” sussurrò, spingendolo indietro con dolcezza per obbligarlo a guardarla in volto, ma lui teneva lo sguardo basso e sembrava quasi offeso, tanto che, nonostante fossero ancora abbracciati, Emma avvertì una pacata freddezza calare come uno scudo tra loro.
 “Ho temuto di perderti stupida Corvonero” disse lui con sprezzo, trattenendo appena la rabbia e la frustrazione in un sibilo “Te lo avevo detto che Potter ti avrebbe quasi ucciso”
“Mi dispiace.” sussurrò lei, prendendogli il volto tra le mani “Mi dispiace davvero Draco. Non volevo farti preoccupare, davvero, ma sono tornata e sono viva, te lo avevo promesso”
 Cercò di sorridergli senza riuscire a coinvolgerlo. Il volto del ragazzo era pallido e l'espressione dura, ma Emma lo sfiorò con la punta delle dita, piena di dolcezza e adorazione. 
“Quando sono tornato in dormitorio ho trovato una lettera di mia madre, mi diceva di non permetterti di abbandonare la scuola” spiegò lui asciutto, freddo “invece io ti avevo appena lasciato andare”
Emma trattenne il fiato, indovinando finalmente la battaglia interiore che stava vivendo l'altro, percependo la rabbia e delusione evidente che lui aveva per sé stesso. Perché Draco Malfoy per una volta aveva ceduto. Per una volta aveva fatto un gesto fuori dalla sua comfort zone, aveva osato, fidandosi e facendosi da parte quando invece avrebbe voluto solo trattenerla e aveva sbagliato.
 L'aveva lasciata andare ed Emma era quasi morta.
 L'emoor fece un sospiro, vedendolo fare un passo indietro, gli occhi grigi feriti e testarda, colmò la distanza tra loro, accarezzò di nuovo il suo volto con leggerezza e gli afferrò la mano.
 “Facciamo due passi Draco” disse sicura.
Non lo avrebbe lasciato andare.

. . .

Camminarono intorno al Lago Nero, un posto che lentamente stava assumendo il loro sapore e profumo. Un posto tranquillo.
 Il parco del castello era quasi deserto e si respirava una strana pace.
Era una giornata limpida, ma ventosa e fresca, nonostante fosse primavere inoltrata ed Emma non aveva con sé il mantello.
 Rabbrividì, cercando di non darlo a vedere, perché non voleva rientrare, anzi voleva stare con lui il più possibile e non avrebbe accettato di tornare in torre prima di aver chiarito ogni cosa.
 “Tu sapevi la verità, no? Sapevi che era tornato” chiese e il ragazzo, fino a quel momento perso nei suoi pensieri, si riscosse e annuì.
 “Sapevi cosa stava cercando?”
 “No, ovvio, non sono uno di loro” mormorò in difesa “Non mi dicono nulla, mio padre e mia madre... non vogliono che io sappia.”
Emma guardò il profilo chiaro di lui e le parve di scorgere paura nei suoi lineamenti, gli strinse la mano con più forza, rendendosi conto di quanto fosse fragile il territorio in cui si stavano addentrando.
 “Vorresti diventarlo? Un Mangiamorte intendo. Un giorno” si azzardò a chiedere, con voce esageratamente tranquilla.
 Lui corrugò la fronte, stringendo appena gli occhi chiari, come se stesse guardando qualcosa di disgustoso e scosse appena la testa, in segno di diniego, ma le sue labbra si piegarono in una smorfia triste.
 “Non lo so” ammise in un sussurro appena udibile.
 Emma annuì e lo guardò attentamente. Avrebbe potuto dire che lei non lo avrebbe mai accettato, che i Mangiamorte erano il male e che detestava il marchio nero e tutto ciò che significava quel simbolo, ma sapeva che sarebbero state parole al vento. 
 Draco era troppo spaventato e distratto e nessuno dei due in quel momento, ancora al sicuro tra le mura di Hogwarts, poteva immaginare che cosa li aspettava là fuori, ma soprattutto lei non voleva abbandonarlo. Anzi. Sentiva l'istinto di stringersi a lui.
 Fare piani, congetture e pensieri, forse era inutile, anche se la verità era che l'emoor aveva visto una decina di uomini adulti attaccare nove ragazzini senza nessuna pietà e si aspettava decisamente il peggio e la cosa la terrorizzava.
“Potrebbero chiederti di diventarlo, lo sai?” disse cauta, pesando ogni parola e seppe di aver toccato un tasto dolente con quella domanda quando Draco sussultò e lasciò andare la sua mano. 
All'emoor sembrò di sentire più freddo e si strinse ancora un po' a lui, riempiendosi le narici del suo odore. Pioggia in arrivo, menta, caffé.
 “Ho solo sedici anni” disse il Serpeverde, ancora sulla difensiva e lei annuì gravemente, facendo un sospiro stanco. 
 “Beh sì” mormorò “Ma anche Harry ne ha solo sedici di anni e due giorni fa è stato posseduto da Lord Voldemort”
Cadde un silenzio pesante tra loro, ma lo ignorarono. Draco le riafferrò la mano e continuarono a passeggiare lungo la sponda. 
 “Perché io?” domandò a un certo punto con tono aspro il ragazzo, gli occhi stranamente dilatati “Perché non te ne sei andata da Weasley, o McGregor? Perché sei qui a passeggiare con me? Perché io ti dico che non so se voglio diventare o meno un Mangiamorte e tu non fai nemmeno una piccola piega? Cosa non va in te?” 
Aveva parlato in fretta, con tono tagliente e fermo, clinico avrebbe detto un Babbano, ma Emma percepì la paura dietro quelle parole.
 “Perché mi fido di te” rispose in fretta per non lasciare che il silenzio cadesse di nuovo tra loro, anche se non sapeva se quell'affermazione fosse vera, perché non sapeva se poteva fidarsi di lui, ma Draco Malfoy era il suo personale salto nel buio.
 Il ragazzo la scrutò senza rispondere, ma la rabbia scemò lentamente dal suo volto affilato e poi scrollò le spalle e si fermò, il capo tanto chino che quasi si sfiorava il petto con il mento, ciocche di capelli biondi che cadevano davanti ai suoi occhi color inverno.
 All'emoor sembrò essere tornata indietro di un anno a parti inverse, quando era lei disarmata e piena di rabbia, nascosta dietro i suoi lunghi capelli a piangere il suo dolore e Malfoy che le stava di fronte, incredulo, che cercava di capire che cosa fosse successo.
 “Draco” lo chiamò e lui finalmente la guardò, seppur riluttante.
 “Che c'è?” esalò arreso.
 “A cosa stai pensando?” domandò Emma, mordendosi appena il labbro inferiore e non sapeva ancora quante volte gli avrebbe fatto quella stessa domanda nei mesi che stavano per arrivare.
 “Si metteranno male le cose per noi?” sussurrò il Serpeverde, eludendo la risposta, il tono spezzato.
 “Le cose per noi saranno come vogliamo che siano, abbiamo delle regole.” tentò lei e lui rise amaro.
“Le regole, O'Shea, davvero? Dici che basteranno?”
 “Perché no?” mormorò lei “Se ci diremo sempre la verità, non ci giudicheremo a vicenda e ci difenderemo sempre, ce la faremo.”
 Lo vide annuire e sospirare a fondo, nel tentativo di non perdere il controllo, le sembrò così fragile che avrebbe potuto spezzarlo semplicemente con il pensiero.
 “Ho paura” ammise infine lui, mesto, la mandibola tesa per lo sforzo di fare quell'ammissione ad alta voce e l'emoor colse la delicatezza del momento e si rese conto che per la prima volta Draco Malfoy si stava mostrando a lei senza maschere e che non ci sarebbe più stato modo di tornare indietro. 
Comprese che il Draco Malfoy sicuro di sé, che si prendeva gioco dei Grifondoro nei corridoi del castello, fiero di essere chi era, si era appena frantumato di fronte a lei. In mille pezzi.
 “Temi per tuo padre?” chiese soffice, ma lui scosse la testa.
“Lo tireranno fuori lui in qualche modo” ammise con tono rauco “ma secondo mia madre il Signore Oscuro è molto deluso. Non può essere una cosa bella. So qualche storia e... ho paura di non essere all'altezza, di non essere in grado di fare quello che mi chiederanno. Perché lo faranno e ho paura che mi uccideranno anche, ho paura per mia madre e ho paura di perdere i miei privilegi”
 “Lo immagino” sussurrò la Corvonero, impressionata per quell'ammissione così candida “mi dispiace davvero Draco.”
 “Come ne usciamo Emma?” chiese lui e la guardò come se davvero sperasse con tutto il cuore che lei avesse una risposta da dargli, che li avrebbe liberati di tutte le paure in un solo secondo, ma la ragazza si limitò a sospirare e fare un sorriso provato, vuoto.
 “Ne usciamo passo a passo. Fianco a fianco. Insieme”
 Lui si passò una mano sul volto e sembrò improvvisamente adulto.
 “Io sarò con i Mangiamorte, Emma. Tu sei schierata con Potter”
Lei si corrucciò appena, alzando lo sguardo per incontrare gli occhi di lui, allungò la mano per poggiarla sulla guancia del ragazzo e rimase una manciata di secondi assorta, ad osservarlo.
 “Non sono schierata con Potter” specificò, causando una leggera irritazione in Draco che contrasse appena le spalle.
 “Raccontala a qualcun altro” 
 Emma serrò le labbra e si voltò quasi di scatto, lo sguardo perso sulla superficie ferma del lago e sentì gli occhi pizzicare di lacrime e sconforto, ma non cedette, consapevole di doversi mostrare forte e sicura, soprattutto in quel momento, se non voleva perderlo.
 Per un istante pensò a Sirius e se lo immaginò quando aveva la sua età, lì ad Hogwarts, probabilmente il periodo più bello della sua vita.
Era solo un ragazzo: come lei e Draco, come Harry e tutti gli altri e ora, senza nemmeno essere mai diventato davvero un adulto, o senza aver potuto dimostrare il suo valore, era morto, semplicemente.
 Draco parve sentire la sua tristezza, perché l'asprezza sparì completamente dal suo volto e si chinò verso di lei, per guardarla negli occhi. Emma ricambiò, perdendosi in quei lineamenti pallidi e spigolosi che stava imparando a conoscere in ogni piccolo dettaglio.
 “Tutto bene?” chiese il Serpeverde.
“Non proprio, ma va meglio se mi stai vicino.” rispose lei e il ragazzo come un automatismo le avvolse le spalle in un abbraccio, stringendosela protettivo al petto.
 Draco non era malvagio. L'emoor di questo era certa, ma questo non toglieva il fatto che fosse un borioso e viziato Purosangue, a tratti arrogante e sicuramente troppo codardo per cambiare completamente la sua vita da solo. Eppure erano lì in piedi, uno di fronte all'altra, mostrandosi a vicenda il loro lato migliore.
 “Preferisco Harry a Voldemort” ammise Emma con voce pacata, crogiolandosi nell'abbraccio tiepido del Serpeverde “sai perché?” 
Lui scosse il capo, trattenendo a stento una smorfia di disgusto.
“Perché è un fottuto eroe pieno di sfacciata fortuna?” chiese secco, con evidente fastidio che rivelava una volta di più come lui non detestasse Harry perché era il prescelto, ma per reale e sincera antipatia, che Emma non solo accettava, ma trovava comprensibile.
 Non si erano simpatici, erano troppo diversi, semplicemente opposti in troppe cose per poter pensare di provare a conoscersi, figurarsi immaginare di poter apprezzare l'altro.
 Lei rise, amara e sincera “Non è per quello”
 “E allora perché?” borbottò lui con tono acido.
“Perché penso che stare dalla parte di Harry offra l'opzione migliore per ora” rispese lei pragmatica “Se devo scegliere un mondo dove vivere, un mondo dove stare io e te, un mondo dove immaginare i miei amici, lo preferisco decisamente con Potter che con Voldemort e non vedo molte altre alternative oltre a loro”
 Il biondo si irrigidì leggermente, come ogni volta che lei pronunciava quel nome ed Emma lo abbracciò di istinto, abbattendo i muri che li dividevano, mentre appoggiava il capo sul petto magro e lui le accarezzava distrattamente i capelli.
 “Sarebbe tutto più semplice se tu fossi una Purosangue Serpeverde” mormorò il ragazzo con un sospiro, dopo aver gustato il silenzio.
 Lei sorrise, alzando il volto per guardarlo, improvvisamente allegra.
 “Potrei dire lo stesso di te. Anche se non so se i colori di Corvonero, o Grifondoro ti donerebbero tanto quanto il verde”
 Draco arricciò le labbra in una smorfia tra il disappunto e il divertito, ma non aggiunse nulla, le posò solo un veloce bacio sulla fronte e la guardò in viso, come volesse imprimersi nella memoria ogni piccolo particolare di lei.
 “Hai dimenticato Tassorosso” disse infine.
 “Vorresti essere Tassorosso?” lo stuzzicò lei.
“Merlino me ne scampi”
Appoggiarono la fronte l'uno contro l'altra, ridacchiando appena, tra i denti, in modo amaro ed Emma si accorse che altri studenti erano nel parco e Draco non poteva non averli notati, eppure rimanevano entrambi lì, l'uno contro l'altra, a sostenersi.
 “Posso fidarmi di te Draco?” sussurrò la ragazza con un mezzo sorriso stanco “Le nostre regole rimangono?”
Lui la guardò, gli occhi grigi che le scrutavano il volto e annuì pur non completamente sicuro, ma a lei bastò, si avvicinò a lui, gli rubò un bacio a fior di labbra. Gli ascoltò il cuore.
 “Ne usciremo Draco.”
 “Lo so” mormorò lui “Ma insieme?”
 “Insieme.”

Si voltarono per tornare verso il castello, Draco ed Emma, le mani ancora intrecciate e i respiri coordinati, quando Ginny li raggiunse e l'emoor, vedendo l'amica tutta intera si sentì scoppiare di gioia e le corse incontro per abbracciarla.
 “Mi hanno detto che hai combattuto come un'eroina” rise la rossa.
 “Non bisogna mai dare troppo conto alle voci che corrono” rispose l'altra, sciolse la stretta lentamente e si voltò verso Draco che se ne stava in disparte, con sguardo indifferente.
 “Malfoy” lo salutò Ginny con un gesto secco del mento “forse è stato meglio alla fine che io non ti abbia invitato a venire con noi.”
 Lui annuì rigido, ma non la insultò come avrebbe fatto in altre occasioni, anzi, rimase ostinatamente zitto, affilato, come se non volesse attirare l'attenzione su di sé ed Emma non osò intervenire mentre la grifona guardava il ragazzo, con estrema attenzione, gli occhi nocciola più seri che mai e lui ricambiava, studiandola con gelida cura. Ci fu un momento di silenzio, pieno di detto.
“Tuo padre è stato il meno peggio” disse infine la Grifondoro. 
 “Ginny!” protestò Emma, ma l'altra alzò gli occhi al cielo.
 “Lo sa anche lui che il padre è un Mangiamorte.”
 Malfoy era pallido come un cencio, la mandibola serrata, ma la grifona non se ne curò e parlava spedita, sicura di sé.
 “Il mio voleva essere un complimento Malfoy, davvero. Al Ministero c'erano un sacco di idioti quella sera, ma tuo padre non credo che ci avrebbe fatto male” sottolineò, continuando a fissarlo e ottenendo uno sguardo incerto da lui.
“Bada a come parli Donnola Junior” rispose secco.
 “Di sicuro non avrebbe fatto del male a Emma, se la cosa ti solleva. Anche solo perché sapeva che tu non lo avresti perdonato.”
Quest'ultima frase sembrò colpire il ragazzo che guardò stupito la Grifondoro, prima di fare un rigido cenno con il capo e sussurrare un “Ok. Grazie Weasley” appena udibile. 
 Lei stese un sorriso felino e si avvicinò a lui di un passo, buttando con un movimento sicuro i capelli rossi dietro le spalle.
 “Emma si fida di te con tutta se stessa” disse placida, sorvolando sugli inattesi ringraziamenti del biondo e l'emoor al suo fianco si sentì arrossire “sarebbe disposta a fare qualunque cosa pur di difenderti, Malfoy e io mi fido di Emma. Quindi fintanto che queste due cose saranno in equilibrio ti accetterò, ma torcile un capello e vengo ad ucciderti stupida serpe, intesi?”
 Aveva uno sguardo duro, serio, che non ammetteva repliche e Draco la prese stranamente sul serio, annuendo piano.
 “Ho già ricevuto queste minacce Weasley, non ce n'è alcun bisogno” disse lentamente, il ghigno storto che riaffiorava sul volto.
 “Da chi?” chiese Emma stupita.
 “David Lower” disse lui semplicemente, facendo ridere l'emoor e poi dopo un momento anche Ginny Weasley.
Draco Malfoy le osservò in silenzio e parve improvvisamente sentirsi di troppo. Fece un cenno secco di saluto alla rossa, prima di chinarsi a rubare un bacio ad Emma. All'emoor sembrò quasi che la trattenesse contro di sé più a lungo del solito e capì che quel gesto e il piccolo sorriso che il ragazzo le fece prima di allontanarsi a grandi falcate, erano un gesto di sfida nei confronti di Ginny, come a dimostrare quanto lui e l'emoor si appartenessero.
 “Megalomane” soffiò la Grifondoro, trattenendo un sorrisetto.
 “Era davvero necessario minacciarlo?” chiese l'emoor, alzando gli occhi al cielo e prendendola a braccetto.
Ginny sorrideva allegra, le lentiggini sparse sul viso chiaro. 
 “Sai quel che si dice... Mago avvisato...”
 “Sìsì, certo Gin” borbottò l'altra, osservando la figura sottile di Malfoy che si allontanava verso la scuola, precedendole.
 “Silente vuole parlarti” disse Ginny “dopo la coppa delle Case.”
Emma la guardò stupita “Oh, bene!”
 “Se vai in torre ti accompagno per un pezzo”
L'emoor assentì e si incamminarono insieme.
 “Avete parlato, tu e Draco?” chiese Ginny.
Emma fece un gesto affermativo.
 “Non sarà facile per voi ora.” insistette l'altra.
 “Non lo era nemmeno prima”
 “Questo è vero. Credo...” mormorò la rossa mordicchiandosi il labbro  “Credo che tenga davvero a te, a modo suo.”
 “Sta mettendo molto in discussione” ammise l'emoor.
“Per esempio?” chiese perplessa l'amica.
 “Beh, con quello che è successo al padre, ed essendo io coinvolta, aveva tutto il diritto di arrabbiarsi e invece era preoccupato per me”
 “Il padre era in torto marcio e Malfoy non è un'idiota anche se gli piace fingere di esserlo.”
“Hai mentito prima” sussurrò l'emoor.
 “Quando?” chiese Ginny, fingendo sorpresa ed Emma inarcò un sopracciglio, piegando le labbra in un mezzo sorriso.
“Lucius Malfoy vi avrebbe fatto male, forse ne avrebbe fatto anche a me. L'ha trattenuto solo il fatto che tenevo in mano la profezia e forse perché ha paura di Severus, non perché rispetta Draco.”
“Si beh, non lo so, volevo tirare un po' su il furetto, aveva davvero una brutta faccia” disse la Grifondoro. 
 “Lo chiamate ancora furetto?” ridacchiò l'emoor, mentre stava per salire lungo l'ultima scala che l'avrebbe portata alla torre di Corvonero. Ginny ghignò furba. 
 “Onestamente lo trovo un nomignolo molto divertente.”

*

Ultime ore ad Hogwarts. 
Grifondoro aveva vinto la coppa delle Case, di nuovo.
 Emma divideva il tavolo della biblioteca deserta con gli altri emoor, snocciolando con parole coincise la spiegazione più dettagliata che riuscì a fare di quel che era avvenuto al Ministero.
 “Avrei voluto sapere cosa diceva la profezia” disse Emily triste.
 “Anche io” ammise Emma “Mi dispiace ragazzi. Ma era una sfera di vetro in mezzo a un battaglia, anche Harry ha rotto la sua”
 “Ti dispiace?” sbottò David, stupito “Emma sei viva per miracolo, chi se ne frega di una stupida palla di vetro”
 La Corvonero vide Emily scoccare lui uno sguardo contrariato.
Era evidente che non la pensasse alla stessa maniera e probabilmente stesse maledicendo l'amica per aver privato loro di un'informazione così succulenta come la profezia stessa.
“Cosa stai pensando?” chiese quindi l'emoor alla ricciolina e la vide scuotere il capo, scoraggiata.
“È che non trovo nulla su di noi, Ems, da nessuna parte. Solo articoli di gossip e stupidi pareri sui nostri presunti poteri, ma su quale sia davvero il nostro ruolo: il vuoto. E non trovo niente di valido nemmeno che spieghi la tua connessione con Potter. Mi sfugge anche quello che mi hai raccontato a proposito di aver fatto magie senza sapere che incantesimi stessi evocando per esempio contro Antonin Dolohov, bizzarro.”
 “A voi non è mai successo?” domandò Emma accigliandosi.
 Emily e David scossero il capo, ma Artemius annuì.
 “A volte ho ancora episodi di magia involontaria, la mia madre adottiva dice che è perché la quantità di magia dentro di me è notevole e devo stabilizzarla.”
 Emma rifletté sulle parole del ragazzo, pensierosa. 
 “Io ero molto instabile dopo l'attacco, sentivo la magia che sprizzava intorno a me in modo molto simile alla magia involontaria infantile, in effetti e così anche Harry” disse assorta “Al Ministero ero furiosa in quel momento, il mio corpo ha reagito da solo perché ho sentito l'impulso a proteggere...”
“...come quando si è in pericolo, o sotto stress da piccoli” concluse per lei David, con un mezzo sorriso.
 “È un'ipotesi interessante” riprese a parlare svelta Emily, sistemandosi i ricci in un disordinato chignon “ma anche in questo caso abbiamo solo elementi in più che non ci spiegano nulla. Sappiamo che la nostra storia è nota, tutti sanno che che i fondatori avevano dei fratelli e che c'è una profezia a riguardo. Possibile che nessuno ne conosca il contenuto completo?”
 “Si sa che saremo determinanti nell'ultima battaglia contro un mago oscuro” le ricordò David “alla gente non serve altro”
 “Non c'è nemmeno molto sulle quattro Ombre” continuò Emily, affranta “sembrano più una leggenda a volte”
“Si sono fatti chiamare Ombre per un motivo probabilmente” borbottò Artemius con tono strascicato, guadagnandosi un'occhiata velenosa dalla compagna di Casa.
 “Sì, immagino siano riusciti nel loro intento” disse David nel tentativo di sedare gli animi “Ma noi? Voglio dire, i fratelli dei fondatori sono scomparsi e hanno lasciato alla loro discendenza una bella civetta da pelare. Tante grazie.”
 “Non si tratta solo di noi” sbuffò di nuovo Emily “ma anche di Harry e Voldemort e della connessione che Ems ha con lui!”
 L'emoor ascoltò in silenzio i ragionamenti dei tre amici e sospirò piano, sforzandosi di trovare un senso.
 “Dite che è tutto collegato?” domandò mesta, contrariata come sempre da quei discorsi che avevano fatto mille e più volte e le sembrava che non portassero mai a nulla. 
 I tre Serpeverde la fissarono per un momento, accigliati e fu David, come sempre più coraggioso degli altri, a prendere parola.
 “Beh, il fatto che tu abbia liberato Potter dalla possessione solo toccandolo, deve significare qualcosa, no?”
 “Gli ho fatto male” precisò Emma ricordando l'urlo che aveva provocato nel ragazzo “Voldemort ha lasciato il corpo di Harry perché il contatto con me gli procurava un dolore insopportabile”
 David annuì vagamente assorto, strizzando gli occhi scuri.
 “E tu non hai detto che sentivi la necessità di stare accanto a lui?”
 “Sì, per proteggerlo”
 “E non è la stessa cosa che hai detto la sera che Voldemort è tornato? Ricordi?” insistette il ragazzo.
 Emma lo guardò confusa, cercando di ricordare, ma Artemius la anticipò e parve curiosamente coinvolto, gli occhi vacui sgranati.
 “È vero” intervenne con fervore 
 “Cosa?” chiese Emma pacata, voltandosi verso di lui.
“Quando ci hai raccontato quello che è successo al cimitero” riprese il ragazzo, agitato “quando Lui è tornato, ci hai detto che non hai voluto abbandonare Potter perché avevi la sensazione di proteggerlo stando collegata con lui” 
“Avete ragione” sussurrò stupita la Corvonero.
 L'aveva quasi dimenticato, ma la sensazione provata al cimitero l'anno prima, era la stessa provata al Ministero: l'impellente bisogno di stare con Harry con la sensazione di poterlo proteggere.
 Cadde il silenzio tra loro e ancora una volta venne rotto da David.
 “Forse è questa la tua missione, Ems” disse serio, ma lei scambiò con lui uno sguardo incerto, perché aveva come la sensazione che il suo legame con Potter non c'entrasse con il suo essere un'emoor.
Probabilmente anche David la pensava allo stesso modo, ma fare qualche ipotesi non costava nulla e dava a loro la parvenza, seppur debole, di una direzione da prendere.
 “Immagino che dovremo ancora rimanere in attesa di risposte” disse Emily affranta, poggiando il capo sulla spalla del fidanzato, che le sorrise affabile.
 “Già” mormorò Emma, scambiando una veloce occhiata con Artemius, che sembrava stranamente teso.
 “Come sempre” soffiò David “Avanti, potremmo quasi abituarci a stare in questo limbo, voglio dire, prima o poi sapremo quale sarà il nostro destino, no?”
 “E se non ci piacesse affatto?” sussurrò Emma.

*

L'ufficio di Silente sembrava più sgombro del solito. Il preside, con addosso una veste azzurro chiaro stava seduto dietro alla scrivania, la fenice che lo osservava seria dietro la sua spalla destra.
 “Oh Emma, eccoti.” la accolse con voce gentile, vedendola entrare.
“Professor Silente.” mormorò l'emoor.
 “Prego siediti” la invitò lui con un mezzo sorriso.
Emma notò gli occhi stanchi e l'aria fragile, ma non fece commenti.
 “Come stai?” chiese il preside con sincera preoccupazione.
 “Bene” rispose velocemente lei, leggermente tesa sulla sedia.
 “Mi devi scusare se ci ho messo così tanto a trovare un momento per parlare con te, ma ho dovuto discutere con Harry e sapevo che tu stavi riposando in infermeria... ho preferito lasciarti del tempo”
“Non c'è problema” rispose secca, serrando la mandibola.
Non sapeva perché, ma si sentiva nervosa con l'uomo. Era come se un po' del risentimento che Harry aveva provato per averlo escluso fosse scivolato in lei, anche se, in fondo, Emma era cosciente che il preside l'aveva sempre trattata con rispetto e gentilezza, ma sentiva una leggera irritazione per la mancanza di risposte ed era stufa di essere considerata come una pedina, era stufa di segreti.
 
Il preside, di fronte a lei, la osservò con pazienza da sopra gli occhialini a mezzaluna. Sembrava aspettarsi quelle reazioni scontrose dalla ragazza, senza trovarle fuori luogo e sospirò con stanchezza. Emma ebbe l'impressione che, un po' come Draco, anche il mago le si stesse mostrando senza filtri per la prima volta.
 “Immagino tu abbia molte domande” sussurrò l'uomo.
 “Qualcuna” ammise lei “ma ormai non mi aspetto più risposte.”
 “Mi piacerebbe impegnarmi a dartene di più. Ho già avuto un difficile colloquio con Harry, che è comprensibilmente molto arrabbiato per la perdita di Sirius, tutti lo siamo, ma la cosa che faceva più rabbia al ragazzo era proprio non avere risposte.”
 “Lo capisco” strascicò Emma, amara.
 “Immagino di sì” mormorò il preside “Ad ogni modo voglio che sia chiaro che non posseggo risposte a tutte le tue domande, Emma, anche se lo vorrei”
“Ma può immaginarle” rispose la ragazza soave “e grazie alla sua esperienza difficilmente si sbaglia, no?”
 Aveva citato la frase che Silente stesso le aveva detto tempo prima e l'uomo parve accorgersene perché la guardò con maggiore interesse.
 “Posso immaginarle, è vero” ammise lentamente “Ma mi chiedevo se non volessimo farlo insieme.”
 “Trovare le risposte?” chiese scettica “In che modo?”
 “Facendo delle lezioni private con me all'inizio dell'anno prossimo”

La ragazza, sgranò gli occhi, colta completamente di sorpresa dalla proposta. Scrutò Silente certa di trovare dello scherno o un ghigno sornione che nascondesse altro, ma lui la fissava impassibile.
 “Lezioni private?” sillabò lei e l'uomo annuì, per la prima volta con un debole sorriso sincero a illuminare gli occhi chiari.
“Esattamente, delle lezioni per discutere della tua situazione, forse di quella degli altri emoor e di Harry.” chiarì “Potremmo farne addirittura alcune anche io, te ed Harry insieme, se la cosa ti interessa. Non l'ho ancora proposto al ragazzo, era molto fragile l'ultima volta che gli ho parlato, ma penso che potrebbe essere un'idea interessante, ci sono molte cose su cui riflettere”
“Certo” rispose Emma in fretta, senza tentennamenti “Mi interesserebbe molto, preside”
 “Mi fa piacere” disse lui e poi unì i polpastrelli delle mani con aria meditabonda, perdendosi un attimo nei suoi pensieri.
 “Cosa la preoccupa?” chiese l'emoor con tono più gentile, perché qualunque cosa desse a Silente pensieri non poteva essere positivo.
 “Molte cose, in realtà.” rispose lui stancamente “Perdere Sirius è stato inatteso e drammatico e il dolore di Harry ingestibile”
 “Il dolore non è mai gestibile” disse Emma “va assorbito, accettato”
Il mago alzò lo sguardo verso di lei, colpito dalle parole taglienti.
“Sono stato indelicato” disse pacato “Sono consapevole che anche tu hai passato molto, Emma. Harry non è sicuramente l'unico a soffrire. È solo in maggior misura fonte...”
 “...di preoccupazione, lo capisco” concluse la ragazza asciutta e lui le lanciò uno sguardo pieno di affetto. 
 “Sono molto orgoglioso di te” disse sincero e lei si sentì arrossire “Mi hanno raccontato come ti sei comportata in maniera impeccabile alla festa al Manor questo inverno ed Harry mi hai detto che hai fronteggiato Lucius Malfoy al Ministero, pur con Bellatrix Lastrange a trattenerti. Hai dato prova di grande forza, ma soprattutto di grande lealtà e di questo ti ringrazio”
 “Faccio solo del mio meglio, professore” minimizzò lei.
 “Questo non toglie che tu sia stata estremamente coraggiosa, vista anche la tua posizione.”
 “Già” mormorò lei, scostando lo sguardo, mentre avvertiva gli occhi chiari di Silente che studiavano ogni sua espressione.
 “Severus è preoccupato per te” le disse serio.
 “Severus è sempre molto preoccupato per me”
 Inaspettatamente il preside ridacchiò, afferrando un barattolo di caramelle al limone e ne prese una, masticandola con gusto e invitando Emma a servirsi a sua volta.
“Questo è vero” concesse lui, ancora ridacchiando “perdonalo, credo che sia ancora arrugginito nel prendersi cura di qualcuno ed è sempre stato protettivo con le poche persone a cui tiene”
 “Fa anche lui del suo meglio però” ammise Emma e Silente annuì, concorde, lanciandole uno sguardo significativo.
 “Mi ha raccontato del vostro litigio” disse pacato e la guardò in attesa di una reazione, mentre l'emoor contraeva i muscoli del volto per mascherare il profondo fastidio all'idea che il preside sapesse qualcosa di così intimo.
“Non prenderla a male, Emma” continuò Silente, intuendo i suoi pensieri “Severus è una persona sola e aveva bisogno di consiglio. Devi provare a capirlo, improvvisamente si è trovato a gestire i suoi problemi con me, con Voldemort, con Harry e con una figlioccia adottata in piena adolescenza. È solo, non può affrontare tutto”
 “In effetti” mormorò Emma, sorridendo sincera “Povero Severus”
 “Avete risolto?”
 “In un certo modo” borbottò lei, sentendo l'affetto per il tutore scaldarle piacevolmente il petto “Io e Severus sembriamo trovare sempre il modo di scusarci. È una gran persona, solo pessimo a comunicare, su tutti i fronti” 
 “Mi trovi d'accordo” disse complice Silente “Ma devo invece ammettere di trovarmi in completo disaccordo su un punto del ragionamento che Severus mi ha fatto. Mi è parso di capire che scorra della buona amicizia tra te e Draco Malfoy”
 Emma arrossì furiosamente e il preside la guardò stupito.
  “Si andiamo d'accordo” mormorò la ragazza tra i denti e Silente le sorrise con dolcezza, intuendo il non detto in quel rossore che si propagava teneramente sulle guance di lei. 
 “Pensavo sinceramente fosse solo amicizia” disse cortese “perdonami se ti ho messo in imbarazzo, ma Severus è stato piuttosto criptico a riguardo. Non serve comunque arrossire ragazza mia, l'amore è una bella cosa”
 “Immagino di sì” borbottò lei, lo sguardo basso.
 “Ad ogni modo, questo risolve un problema” disse Silente, scostando con delicatezza lo sguardo per guardare la sua fenice.
 “Che problema?” chiese Emma, agitata.
 “Ti stavo per chiedere di non rinunciare alla tua amicizia con il giovane Malfoy” confidò Silente “Ma vista la tua sincera reazione, non credo ci sia questo rischio e ne sono lieto.”

“Non intendo abbandonarlo” disse Emma secca “Immagino che possa vivere dei momenti difficili e...”
 “E anche il povero Draco ha bisogno del supporto di qualcuno, concordo e mi fa piacere se avrà una persona come te al suo fianco. L'idea di Severus di tenerti lontano da tutto quello che ritiene pericoloso non può funzionare per sempre e credo che il giovane Malfoy non sia un pericolo, ma che vada aiutato”
 Emma annuì in silenzio e l'uomo la osservò un istante, saggiando la sua reazione, prima di riprendere a parlare.
“Un'ultima cosa, Emma.” disse lentamente “So che è una domanda quasi inutile, ma le cose cambieranno nei prossimi mesi. Severus avrà sempre più a che fare con i Mangiamorte e il vostro legame legale, come sai, non è più nascosto. Se vuoi allontanarti dalla tua difficile posizione e andare a stare da altri, cosa perfettamente comprensibile, ti consiglio di farlo ora. Sono certa che Molly Weasley, o Remus Lupin ti accoglierebbero più che volentieri...”
“Sto con Severus” lo fermò lei, sicura, ferma.
 “Lo immaginavo.” sorrise l'anziano “E la cosa ti fa onore”
 “Non è una questione di onore” rispose subito “Severus mi ha adottato e aveva ragione lei, professore, è un ottimo insegnante, ma soprattutto è il miglior tutore che potessi desiderare.”
 Il preside le lanciò un lungo sguardo, intenso, pieno di mille parole che la ragazza non colse e poi annuì sorridendole.
 “Sono felice di aver fatto una buona scelta ad affidarti a lui e in tutta onestà sono contento che non lo lascerei solo”
 “Non lo farei mai” rispose lei, risoluta.
 “Te ne sono grato, ma non serve dirti che l'Occlumanzia diventa  a questo punto una priorità assoluta per te.”
 “Lo so” rispose lei “Sono brava a gestirla” 
“Sì, so che la sai usare molto bene” ammise il mago.
“Teme qualcosa?” chiese lei e lui scosse il capo. 
“Nulla in particolare, ma tieni presente che potrebbero verificarsi situazioni estreme e la posizione di Severus nell'Ordine deve essere in tutti i modi preservata. Emma è forse la cosa più importante che esista, probabilmente più di Harry Potter in questo momento.”
“Lo farò.” rispose la ragazza impressionata “Lo proteggerò”
“Bene” disse l'uomo “allora ci vediamo a settembre”
L'emoor annuì “Arrivederci professore”
 “Arrivederci Emma” sorrise lui.

*

L'emoor rimase in silenzio mentre guardava dal finestrino della carrozza Hogwarts allontanarsi e continuò a non proferir parola fino all'arrivo alla stazione di Hogsmeade. Notò Sarah salutare da lontano Blaise sulla banchina, prima di salire a bordo insieme a Carmen e poi Dan e Luke caricare i loro bagagli insieme a Richard Done, mentre Sean si incamminava con i membri della squadra di Quidditch di Corvonero verso il vagone in testa.
 L'emoor scosse anche la testa con sottile disapprovazione nel notare da lontano Micheal Corner con un braccio intorno alle esili spalle di Cho Chang e Lilith subito la imitò.
 “Non usciva con la Weasley?” chiese aspra, ma Emma negò.
 “Tempo fa, ma Ginny l'ha piantato”
 “Ci credo” intervenne James, affiancandosi alle amiche “Micheal Corner ha cominciato a piagnucolare in continuazione da quando Grifondoro ci ha battuto nell'ultima partita di Quidditch, non credo sia adatto alla Weasley un tipo così”
“Comunque lei non mi sembra stare male” notò la biondina, facendo un cenno verso Ginny che, poco più in là, camminava mano nella mano con un raggiante Dean Thomas.
L'emoor sorrise, annuendo distrattamente e salì sul primo gradino del treno, lo sguardo ancora ad Hogwarts in lontananza.
 “Ginny sa il fatto suo” sorrise. 
James la imitò salendo sul gradino dietro di lei e guardando nella stessa direzione, assorto, poggiò una mano sulla spalla di Emma.
“Cambierà tutto ora, vero?” chiese e lei annuì, un'occhiata piena di dolcezza verso il ragazzo, mentre anche Lilith si aggiungeva a loro, salendo dietro l'amica sul primo gradino, abbracciandola in vita.
 “Ci troveranno pronti” disse la biondina sicura di sé.
“Dobbiamo già essere pronti” ribatté seria l'emoor.
Rimasero per un attimo immobili, a osservare il profilo lontano di Hogwarts e la fiumana di alunni sulla banchina.
 “Emma un Gorgosprizzo ti ha bloccato?” chiese placida Luna alle loro spalle, una smorfia tranquilla e il livido sotto l'occhio solo appena accennato.
 L'emoor scosse il capo e sorrise lei, lanciando un'ultima occhiata malinconica tutt'intorno: Hermione Granger, stava salendo a bordo con i due amici di sempre a un vagone di distanza e David ed Emily, camminavano abbracciati poco lontano. Emma spostò lo sguardo per osservare i capelli chiari di Draco accanto a una raggiante Daphne Greengrass, stretta a Blaise Zabini e poi vide lo scuro Artemius, chiacchierare con Theodore Nott.
Stavano bene. Erano salvi per ora.
 Il suo pensiero corse a Severus che sicuramente l'avrebbe aspettata al binario 9 e ¾ e poi a Spinner's End, i suoi libri e il camino con il fuoco che scoppiettava sempre al suo interno.
 Sentì il cuore gonfiarsi. Aveva qualcosa per cui combattere.
Potevano farcela. Potevano battere Lord Voldemort.


*Angolo Autrice*

Ciao lettori. 
Capitolo che era brevissimo, ma nello riscrivere è diventato infinito. 
Si è concluso il quinto anno di Harry e il quarto di Emma. 
(Mercoledì nelle note farò il riassuntone).

Cosa ne pensate?
Ho voluto far raccogliere ad Emma ogni coccio e provare a curare ogni ferita, perché da questo momento per lei c'è una lenta preparazione alla battaglia: Lei e Severus ritornano allineati, con Remus si avvicinano dopo quello che è successo a Sirius, torna George e il suo modo di fare che per l'emoor è puro tepore. Si stringono gli amici intorno a lei, si affrontano temi scottanti insieme agli altri emoor, il gruppo reagisce e affronta questa nuova realtà, ognuno in modo diverso, chi chiudendosi in sé stesso: come Harry e chi cercando nuovi legami: come Ginny. 

è con Draco però il confronto più duro. 
Non c'è più nulla di adolescenziale nelle loro parole, persino l'odio del Serpeverde per Potter viene trattato non più come un problema, ma come un dato di fatto. Quel "non lo so" di Malfoy pesa più di un macigno ed Emma è eccezionalmente matura a prendere quella risposta con consapevolezza, senza rigettare il ragazzo, ma ancora una volta cercando di capirsi, nonostante la diversità. 
C'è una parte di Draco che vuole essere mangiamorte, per il suo orgoglio Serpeverde e la sua ambizione di dar prova di essere abbastanza forte, coraggioso, intelligente, ma c'è già una sottile paura di lasciarsi sfuggire le cose di mano. Ed è straziante vedere come davanti al vero problema della loro relazione Emma e Draco si avvicinino con tenera disperazione, non sapendo che cosa gli attenderà, consapevoli di aver avuta paura di perdersi.

A mercoledì.
vi

Ritorna all'indice


Capitolo 33
*** Mezzaestate ***


.Mezzaestate.

 


Emma chiuse la lettera e l'attaccò alla zampa di Kubrick. 
 Il gufo fece un verso acuto in risposta e gonfiò tutte le piume con buffo orgoglio, facendola sorridere.
 “Sono due consegne” spiegò la ragazza, carezzando la testa del rapace con dolcezza  “una per Lilith e l'altra per James”
 L'animale tubò nuovamente e si lanciò fuori dalla piccola finestra della cucina e lei rimase appoggiata al davanzale per qualche secondo, osservandone pensierosa il volo fino a quando non scomparve alla vista.

Era arrivata a Spinner's End da più di un mese e tutto scorreva tranquillo. A Emma piaceva stare lì. Anche se Severus in casa non c'era quasi mai, impegnato a portare una maschera di menzogne che sfoggiava su più fronti. Ma quando era presente il tutore cercava di essere gentile con lei e inoltre le aveva dato il permesso di far ciò che voleva, compreso andare a girovagare sulle amate colline, purché portasse sempre con sé Glimpsy e la bacchetta.
 Fino a quel momento l'emoor, tutto sommato, non aveva sentito la noia, tra libri, passeggiate e pozioni serali preparate come sempre insieme al tutore e poteva dire che, un po' di solitudine a parte, non stesse affatto passando una brutta estate.
 Ne aveva approfittato per leggere a lungo di vecchie leggende dei maghi e si era portata avanti con lo studio dell'anno successivo.
L'ombra pacata della casa di Spinner's End era ancora un rifugio per cui provava dell'affetto e l'esagerato tempo a disposizione per riposare, leggere e riflettere non l'angustiava affatto.
 Sapeva che i suoi compagni di Casa e gli altri emoor stavano passando delle estati ben diverse, quasi tutti in vacanza con i parenti al sicuro in luoghi soleggiati e tiepidi. Tutti escluso Artemius, ovviamente, come lei chiuso in casa con i nuovi tutori, ma Emma non sentiva il bisogno di fare qualcosa di diverso da quello che faceva tutti i giorni e dalla lettera concisa che le aveva inviato, anche Artemius sembrava essere dello stesso parere.
 Per quanto riguardava invece Ginny e gli altri Grifondoro le mancavano terribilmente, ma aveva il veto di scrivere loro, perché l'Ordine pensava fosse una giusta precauzione e lei aveva accettato controvoglia. Si era ritrovata persino a invidiare Harry Potter che, sebbene chiuso in casa dagli zii, che dalle rare descrizioni di Ginny sembravano essere orribili, poteva sentire Hermione, Ron e se solo avesse voluto anche la Weasley e i gemelli, molto più di lei.
 Severus, compreso il sottile malumore della protetta, per provare a tirarla su di morale le aveva promesso che avrebbe trovato il modo di portarla alla Tana qualche giorno, prima della fine dell'estate e l'emoor aveva accettato mite quella sua condizione di isolamento, aggrappandosi a quella minuscola speranza, convinta una volta di più che la pazienza fosse uno dei suoi migliori pregi.
 
“La signorina ha fame?” chiese Glimpsy ed Emma sorrise all'esserino, allungando una mano per carezzargli il cranio calvo.
 Si sedette a tavola dove il piatto di broccoli e patate era già servito,  lo sguardo, ancora malinconico, perso sulle colline che vedeva attraverso la finestra e sospirò, giocherellando distrattamente con la verdura, prima di infilzare un broccolo con la forchetta.
“La signorina è nervosa” disse l'elfo domestico.
“No Glimpsy io... ” mormorò lei, ma non aveva ancora concluso la frase che Severus entrò dalla porta di ingresso con furia insolita, quasi correndo verso di lei.
 “Emma” l'urgenza nella voce “abbiamo poco tempo. Stanno arrivando alcuni Mangiamorte, preparati”
 La ragazza sussultò, tendendosi a disagio e una manciata di secondi dopo, qualcuno bussò alla porta. Pupilla e tutore si scambiarono uno sguardo di intesa, gli occhi verdi con ombre di lei improvvisamente vigili, i due lunghi tunnel neri di lui che vibravano invece di preoccupazione e l'uomo fece un gesto con il capo, come a confermarsi, senza parole, di essere allineati e sì voltò di scatto per andare ad aprire, mentre Emma rimase immobile al tavolo, il broccoletto ancora a mezz'aria.
Venivano spesso Mangiamorte. Sempre con poco preavviso e alle ore più improbabili e l'emoor era ormai abituata a quelle visite e cercava di non farci troppo caso. Solitamente si defilava, provando ad ascoltare senza dare nell'occhio e ignorando la tensione che sentiva e fino a quel momento aveva funzionato.
Fortunatamente arrivava anche molta gente dell'Ordine, seppur solo di passaggio. Entrambe le fazioni consideravano Severus una spia e anche se la casa fosse stata sorvegliata nessuno avrebbe trovato strano vedere gente dell'una o dell'altra fazione a bazzicare lì intorno. In mancanza di Grimmauld Place, poco sicura dopo la morte di Sirius secondo Silente, la Tana, così come altre abitazioni di persone dell'Ordine, erano diventate dei luoghi chiamati 'Case sicure'. Spinner's End era invece una Crocevia.
 Piton attraversò il soggiorno a passo deciso e lei si limitò ad abbassare lo sguardo sul piatto, guardando fin troppo intensamente il broccoletto che aveva infilzato.
Si udì il tramestio all'ingresso e la porta che girava sui cardini.
“Piton”
 “Rookwood”
“Non sapevo vivessi ancora qui, è un quartiere Babbano. Ci abbiamo messo parecchio a trovare il posto”
 “Non passo molto tempo in casa, è solo un posto sicuro”
 “Immagino, mi fai entrare?”

Emma, piena di curiosità, alzò leggermente il capo per osservare i quattro uomini che entravano nell'abitazione. Indossavano abiti da mago da tutti i giorni, le facce serie e insospettabili, avrebbero potuto essere chiunque, invece erano Mangiamorte.
 Era questo aspetto che l'aveva sempre spaventata degli scagnozzi di Lord Voldermort: la loro apparente innocenza.
 “Ah, ecco l'emoor” esclamò uno di loro, scorgendola.
 Lei mise in bocca il broccoletto e continuò a masticare con calma, registrando il fatto che non le sembrava di conoscere nessuno di loro e stupendosi, una volta di più, di quanti fossero.
 “Emma vieni” la chiamò Severus freddo, la voce strascicata.
 L'emoor chiuse la mente e si alzò con calma, cercando di mantenere un'espressione indifferente. Attraversò il soggiorno e si mise accanto al tutore che le mise una mano sulla spalla.
 “Loro Emma sono Rookwood, Nott, Mulciber e Parkinson”
La ragazza stese le labbra in un sorriso composto “Piacere, Emma”
“Mia figlia dovrebbe avere la tua età” disse Parkinson, con una sgradevole voce nasale, aveva gli stessi occhi scuri di Pansy.
“Lei ha un anno in più” specificò mite l'emoor.
 “Abbiamo quasi tutti figli più o meno dell'età di Emma.” intervenne Nott Senior, con voce più gentile di quella del figlio e lei sorrise lui con maggior naturalezza.

“Conosco anche Theodore” rispose educata “è amico di Draco”
Con stupore della ragazza anche l'uomo fece una smorfia appena trattenuta in risposta, molto simile a un sorriso e lei si ritrovò incredula a rendersi che anche i Mangiamorte potevano essere persone gentili, quando non si è un Babbano, probabilmente.
 “
Vero che questa qui e il giovane Malfoy...” iniziò quello che doveva essere Mulciber, ma Piton lo interruppe con uno sguardo glaciale, infastidito dal tono che aveva usato per riferirsi alla sua protetta.
 “Suvvia Mulciber, lasciala stare, è solo una ragazzina” tentò mite Nott senior, facendo quella smorfia simile a un sorriso stanco per la seconda volta. 
 “Emma ti dispiace andare nella tua stanza?” chiese secco Piton, stringendo la spalla di lei “Io e i nostri ospiti dobbiamo discutere di alcune questioni piuttosto importanti e private”
 “Veramente stavo mangiando” rispose l'emoor piccata.
 L'accordo era quello: dovevano mostrarsi cortesi, impostati, fittizi, ma presentare sempre qualche piccolo screzio: mai far capire quanto Emma tenesse al tutore e viceversa.
 Severus, come previsto, le lanciò uno sguardo accigliato. 
 “Immagino che l'elfo possa portarti il piatto in stanza”
 “Ok” disse l'emoor con aria indifferente.
 Fece un veloce inchino agli ospiti e si avviò verso la camera, chiudendo la libreria alle spalle con un tonfo stizzito e un secondo dopo Glimpsy apparve con il cibo, ma lei lo ignorò, l'orecchio inutilmente pigiato contro la parete mentre cercava di cogliere qualche parola.
Ne siamo consapevoli.... voi.... i Malfoy al Manor”
“Perché li?....” “... Lucius... L'Oscuro pensa... Narcissa ha bisogno...” “Ma missione...? Perché?”
“Pensate.... Dopo la profezia... Noi come potremmo....
Emma si schiacciò con ancora più forza contro la libreria, ma gli uomini abbassarono la voce e lei non sentiva più nulla.
 Parlarono più di mezzora, tanto che l'emoor, indolenzita e arresa dal fatto che le fosse impossibile sentire di più, si sedette e si mise a mangiare, maledicendosi per non aver mai chiesto a George un'orecchia oblunga e solo quando sentì la porta d'ingresso che si apriva e poi il silenzio, scattò in piedi, fissando la libreria chiusa.
 Sapeva di non poter aprire il passaggio fino a nuovo ordine, così rimase immobile, fino a quando non sentì Severus bussare piano e si tuffò allora praticamente fuori dalla sua stanza, quasi andando a sbattere contro il tutore.
 “Che hanno detto?” chiese con voce strozzata.
 Piton la afferrò per le braccia perché non inciampasse nei suoi stessi piedi, ma la lasciò quasi subito andare e con passo strascicato si avviò verso la sua poltrona, davanti al camino come sempre acceso lì, nell'umida Spinner's End.
 “Non ti devo raccontare tutto Emma, può essere pericoloso.”
 “Hanno parlato di Draco?”
 “Stavi origliando?” chiese l'uomo.
L'emoor arrossì e Severus arricciò le labbra, più gentile.
 “Il Signore Oscuro, come puoi immaginare, non è molto contento di Lucius, Emma”
 “Lo sapevamo già questo”
 “Vero, ma oltre a questo, no, nessuna novità specifica su Draco”
 Emma strinse le labbra per non chiedere di più a proposito del Serpeverde e si sedette di fronte a lui.
 “Hanno parlato di me?”
 Il professore scosse la testa, probabilmente pronto alla cascata di domande in arrivo da parte della protetta. 
 “Allora che dicevano? Perché sei preoccupato, Sev?”
“L'Oscuro Signore si è stabilito al Manor” rispose lui ed Emma lo fissò con occhi giganti, la fronte corrugata, per un momento incredibilmente senza parole.
 “Ma come al Manor?” esalò “Abbiamo appena detto a Narcissa che andremo da lei fra due settimane”
 Piton annuì grave, lo sguardo scuro fisso nel fuoco.
 “È così.” chiarì “Andremo al Manor e dovremo starci qualche giorno. Mi parlavano appunto di questo, c'è una missione di più giornate, Nott dice che la famiglia Malfoy si è offerta di ospitarti”
 “Non posso stare qui?” chiese subito Emma, a disagio.
 Desiderava con tutta se stessa passare del tempo con Draco, ma l'idea di dividere la casa con Voldemort la agitava profondamente.
 “È quello che ho detto loro, ma Mulciber ha insistito. Dice che Narcissa è fuori di sé in questi giorni e nell'attesa che torni Lucius le farà piacere avere un po' di compagnia femminile.”
 Emma rimase in silenzio fino a quando Severus non si vide costretto a voltarsi lentamente verso di lei, come per assicurarsi che stesse bene. L'emoor lo fissava, stringendosi le ginocchia al petto.
“Non dovrò incontrare Lui vero?" chiese in un soffio
 Subito l'uomo scosse la testa con insolita energia, come se solo dire ad alta voce quella frase lo terrorizzasse.
“Ho già parlato io con l'Oscuro Signore, si è complimentato con me per l'adozione, immagino che trovi utile il fatto che tu sia a portata e mi ha detto che quando arriverà il momento di farvi incontrare lo dirà. Certo non posso garantire che se sei nella stessa casa dove risiede e io non sono lì, possa decidere di cambiare il suo piano. Il mio padrone è piuttosto umorale.”
 “Non chiamarlo così, Sev. Non è il tuo padron...”
 “Lo è” la fermò secco lui ed Emma inghiottì un boccone amaro e si fece sfuggire un sospiro affranto.
“Sev tu sei molto di più...” tentò mesta, ma lui scosse il capo.
“Ti ho già detto una volta Emma che io sono un Mangiamorte e l'Oscuro è il mio padrone. È importante che sia così e che tu creda a queste parole. È importante che tu ti tolga dalla testa quell'assurda idea di eroe romantico che ti sei fatta di me. Io sono un Mangiamorte e come tale devo fare cose orribili e sono piuttosto bravo a farle”
 L'emoor annuì, trattenendo il respiro, lo sguardo fisso su Severus, rigido e pallido di fronte a lei, poi si chinò in avanti e tese le mani in direzione del tutore, i palmi rivolti verso l'altro. 
 Lui le lanciò un'occhiata storta, ma dopo un attimo di incertezza la imitò, abbassando le sue difese e protendendosi in avanti incerto ed Emma gli afferrò le mani con sicurezza ostentata.
 “Sapevamo che ci sarebbero state queste situazioni, Sev”
 “Certo” ammise lui “ma sta andando troppo in fretta.”
 “Forse hai ragione” mormorò la ragazza “ma pensaci ci sono dei lati positivi: Lui non è interessato a me e Narcissa non è una Mangiamorte. Farò come dicono e non daremo nell'occhio, starò con lei e con Draco e mi comporterò bene”
Severus la guardò per un istante, il volto troppo immobile per poterlo leggere, ma un'ombra leggera ad oscurargli lo sguardo. 
“So che sarai perfetta” ammise suo malgrado “ma è tutta la vita che lavoro con queste persone, Emma. Ho visto morire gente per una parola di troppo o un'occhiata troppo lunga. Non mi piace lasciarti sola in mezzo a loro, senza la mia protezione.”
L'emoor sospirò senza sapere come tranquillizzarlo, perché in fondo era terrorizzata anche lei, quindi si limitò a stringergli entrambe le mani, cercando dentro di sé un po' di coraggio.
 “Devo parlare con Silente” disse infine l'uomo, sciogliendo il contatto con la ragazza e raddrizzandosi.
 “Sai che ti dirà che la copertura è importante.” mormorò lei.
“C'è un'altra questione” disse lui nervosamente ed Emma attese, respirando lentamente per non cedere al panico.
 “Il Signore Oscuro vuole affidarmi Codaliscia.” sibilò Piton e l'emoor sentì un moto di nausea stringerle lo stomaco, tanto che fu quasi sul punto di rigettare il pranzo.
 Lei e Codaliscia non si erano mai incontrati, non davvero, ma la ragazza sapeva perfettamente chi fosse. 
 Lo ricordava nitidamente nella sua visione al cimitero. Ricordava che era stato lui, seppur su ordine di Voldemort, a uccidere Cedric Diggory senza il minimo tentennamento. Lo ricordava in ogni suo incubo con il pugnale grondante del sangue di Harry stretto in una mano, gli occhietti acquosi, il viso inespressivo.
Emma, l'ago della bilancia, la mite e pacata emoor che non aveva mai odiato nessuno in vita sua, quella di mezzo, l'oculata Corvonero, che non disprezzava nemmeno Voldemort stesso, sentiva di detestare Peter Minus, con tutta sé stessa.
 I racconti che le avevano fatto dell'uomo Severus, Harry ed Hermione avevano solo amplificato il disprezzo che sentiva per lui, perché dal punto di vista della ragazza era colpa sua. Tutto.
Peter Minus era la causa di tutto
Era la causa della morte dei genitori di Harry, di quella guerra, della morte dei suoi genitori probabilmente, della rinascita di Voldemort, forse anche del dolore di Severus che Emma non conosceva fino in fondo e di cui l'uomo non le aveva mai parlato. Peter Minus era il male.
 “
Cosa vuol dire che ti affida Peter Minus?” chiese con esasperante lentezza, alzando lo sguardo verso il professore.
 “Che me lo offre come servitore” ribatté lui e l'emoor arricciò il naso visibilmente infastidita.
 “Non dovrà stare qui vero?”
Severus la guardò per un istante senza risponderle, poi si alzò, andò nella sua stanza e tornò poco dopo con ingredienti per una pozione che si mise a distillare in silenzio, ignorando apertamente la protetta che aveva seguito ogni suo movimento attenta.
L'emoor lo guardò spaesata, la bocca improvvisamente asciutta. 
 “Severus per favore rispondimi. Non farlo venire qui”
 “Non posso Emma, sarà solo per un breve periodo.”
 “Ma io non voglio vederlo e poi dovremo continuamente fingere di essere qualcosa che non siamo”
“Precisamente”
 “Per favore” disse implorante.
 L'uomo le scoccò un'occhiata veloce in cui Emma vi scorse un vago dispiacere, ma l'espressione rimase rigida.
 “Ne parlerò con Silente, ma non penso di potermi tirare indietro.”
 “Non voglio avere a che fare con lui”
 “Comprensibile. È tuo diritto ignorarlo”
 “Tu non lo detesti?” tentò l'emoor infine, lo sguardo triste.
 “Con tutto me stesso” ammise placido l'uomo, con voce apatica, versando alcuni ingredienti e girando la pozione con movimenti sicuri ed eleganti ed Emma capì che non lo avrebbe smosso e sospirò affiancandosi a lui. Piton non disse nulla, ma spostò alcuni ingredienti verso di lei e la ragazza, in silenzio, si mise al lavoro.
 “Dovrò essere sgarbata con te?” chiese lei con uno sbuffo.
 “Non esageratamente, non devi sembrare irrispettosa”
 “Ok” mormorò l'emoor “Ma deve sembrare che non mi importi...”
 “Sarà per poco tempo Emma” disse Piton con tono basso “Mi lamenterò con l'Oscuro di qualcosa e lo rispedirò al Manor.”
 “Pensi che lo mandi qui per controllarti?”
 Severus ci pensò un momento e l'emoor lo vide vagliare in silenzio l'ipotesi con attenzione, la fronte aggrottata dal ragionamento. 
“No, l'Oscuro Signore si fida di me” disse infine “ma credo che Codaliscia farebbe di tutto per scoprire qualcosa pur di correre dal suo padrone e spifferargli cose utili. Dovremo fare attenzione.”
 “Lo odio” sputò la ragazza con fervore e Piton fece solo un piccolissimo sorriso in risposta.
“Posso mandarti alla Tana per qualche giorno per evitarlo, ma non posso tenerti totalmente lontana da lui, Emma”
 “Sarebbe molto apprezzato” rispose l'emoor e lui annuì.
 “Come vanno gli incubi?”
 La ragazza sospirò stancamente, stropicciandosi gli occhi. 
“Male” Era vero. 
 Gli incubi erano di nuovo peggiorati, dormiva male da giorni.
 Dopo la battaglia al Ministero aveva avuto qualche notte priva di sogni, con suo grande piacere e stupore, ma poi gli incubi erano ricominciati più intensi di prima. Pieni dei volti dei suoi genitori e Steph morti, le grida della donna che non conosceva, i lampi verdi e qualche volta anche lo sguardo vuoto di Sirius.
 “Hai più avuto connessioni con Potter?”
 La ragazza scosse la testa.
“Bene.” annuì il tutore “Quando ci sarà Codaliscia dovremo stare molto attenti a non citarle. Mai.”
 Emma assentì, accorgendosi che Severus aveva dato per scontato che Peter Minus sarebbe andato a stare lì.

*

L'emoor camminò lungo la stessa strada che aveva fatto quasi un anno prima attraverso il parco del Manor, guardando solo distrattamente i pavoni bianchi che avanzavano pigri nell'erba, totalmente inconsapevoli di dividere la loro casa con il più grande mago oscuro di tutti i tempi.
Era quasi in prossimità del maniero, quando si voltò a guardare indietro verso i cancelli, dove uno sparuto gruppo di incappucciati stava ancora discutendo e lei sapeva che tra di loro, irriconoscibile a quella distanza, c'era anche Severus.
 L'emoor sbuffò con disapprovazione e riprese a camminare.
 Sicuramente il galateo Purosangue prevedeva che lei si presentasse all'ingresso del Manor e ufficializzasse il suo arrivo a uno degli elfi, che l'avrebbe fatta attendere in una delle stanze fin troppo ricche della casa affinché qualcuno della famiglia venisse ad accoglierla, ma Emma non voleva essere annunciata da un elfo e pensava di sapere dove fosse Draco e in quel momento non aveva voglia di vedere nessuno della famiglia Malfoy che non fosse lui.
 Girato l'angolo dietro il maniero, la ragazza si accorse di aver avuto ragione e sorrise vedendo la figura sottile del biondo a qualche metro di distanza, solo in mezzo all'erba verde.
 Le dava le spalle e al contrario di quel che pensava non stava volando, anche se stringeva la sua Nimbus 2001 nella mano destra, ma teneva il viso inclinato verso l'alto, probabilmente intento a guardare in direzione delle serre e troppo assorto nei suoi pensieri perché si accorgesse del suo arrivo.
“Draco” lo chiamò piano l'emoor.
 Il ragazzo si voltò in maniera rigida, goffa, inusuale per lui e guardandolo in volto Emma lo trovò sorprendentemente pallido e sciupato, come se non dormisse affatto bene o abbastanza, ma appena la riconobbe il Serpeverde sembrò illuminarsi e le fece un sorriso che finì dritto al cuore dell'emoor: un ghigno storto, vivo, come se fosse sollevato di vederla.
 “Emma” sussurrò lui, le si avvicinò e le prese la mano, attirandola verso di sé con decisione, per posarle le labbra sulla fronte ed Emma lo sentì sospirare tra i suoi capelli.

“Come stai?” gli chiese, osservando ogni millimetro del suo volto e gli occhi del ragazzo ricambiarono lo sguardo, seppur con espressione vagamente triste e combattuta.
 “Bene” disse, gli angoli delle labbra piegati solo leggermente in su.
 “È la verità?” indagò lei e lui annuì nervosamente, in fretta.
 “Per ora sì.” mormorò “è la verità”
 Le afferrò la mano e prese a camminare. Emma si sentiva stranamente osservata e si voltò a guardare le ampie finestre del Manor alle loro spalle, ma Draco si affrettò a stringere di poco la sua stretta e a tirarla con convinzione dietro di sé.
 “Non ti voltare, andiamo alle serre” disse secco e c'era una strana tensione nel suo tono di voce basso e solitamente misurato.
 Emma non osò contraddirlo e solo una volta che misero una notevole distanza con la struttura granitica del Manor le parve che   il ragazzo si distendesse un poco, ma capì per istinto che non sarebbe stata una visita semplice, o piacevole.
Un paio di volte provò a insistere nel chiedergli se c'era qualcosa che non andasse, ma lui si ostinò a scuotere la testa chiara e sorriderle teso, gli occhi, privi della solita luce canzonatoria, che sembravano spenti e preoccupati ed Emma infine cedette al silenzio e solo una volta alle serre, quando Draco si chiuse la porta di ingresso alle sue spalle, guidandola in un angolo tranquillo, dove si sedette a terra, Emma si azzardò a dire “Draco, qualcosa non va?” .
 E poi lo imitò, sedendosi accanto a lui, senza rompere la calma che si era creata, immobile al suo fianco e rimasero a lungo in silenzio appoggiati l'una all'altro, respirando piano.
Si erano mancati.
 “
Sei qui con Severus?” chiese lui, eludendo l'affermazione della ragazza ed Emma annuì, accigliandosi appena.
 “Sì” rispose “Ha da fare con gli altri, sto qui un paio di giorni”
“Bene.” disse secco il ragazzo, agitato, senza aggiungere nient'altro per portare avanti la conversazione e facendo cadere uno scomodo silenzio di attesa tra loro.
 “Sono già arrivati i tuoi GUFO?” domandò l'emoor, nella tenue speranza di farlo parlare.
 “Non ancora.”
 “Quando arriveranno?”
“Non ne ho idea”
 Emma si accigliò ancor di più davanti a quelle risposte secche e brevi, completamente disarmata e senza indizi.
 “Ma pensi che siano andati bene, no?” insistette.
“Bene. Sì.” sputò fuori l'altro, gli occhi spersi e le dita sottili e pallide che giocavano distrattamente con i ciuffi d'erba.
La Corvonero si fece improvvisamente seria e strinse gli occhi, guardando attentamente il ragazzo in tralice.
 “Draco parlami”
“Ti sto parlando”
 “Stai pensando ad altro. Sei preoccupato per altro”
 Malfoy la osservò per un istante, ma subito riabbassò nervosamente il capo, la mandibola serrata, gli occhi lucidi.
“Sì, sto pensando a molto, ma è tutto ok, Emma.”
 Lei assunse una smorfia offesa “Mi credi stupida?”
“No, per questo mi aspetto che tu smetta di chiedermi qui cosa c'è che non va” rispose sulla difensiva lui, la voce tanto bassa che lei dovette sforzarsi per cogliere tutte le parole. 
 L'emoor rimase in silenzio per un lungo momento senza distogliere lo sguardo, ma poi annuì in risposta e in un movimento veloce gli prese il volto tra le mani e lo baciò, come se niente fosse. 
 Sentì Draco irrigidirsi per un istante, per poi sospirare e rispondere al bacio con dolcezza, completamente arreso.

Si baciarono con timida incertezza, trattenendo il volto dell'altro nelle mani, come se temessero di  vederlo sparire.
 “Così va meglio” sorrise infine Malfoy, un guizzo nello sguardo che sembrò farlo tornare il solito ragazzo di sempre.
 “Anche quel sorriso che ho intravisto è meglio del muso che avevi”
 “I Malfoy non mettono il muso.”
 “Sì lo fanno” ghignò Emma “O almeno, tu lo fai”
 “Non mi avrai preso per un Weasley, O'Shea, continuano a influenzarti negativamente” rise lui e lei scosse il capo.
 “Non vedo una testa Weasley da quando ho salutato te.”
Gli occhi chiari del biondo ebbero un guizzo di curiosità.
 “Non li frequenti più?”
Emma rise e negò con sicurezza. 
 “Certo che li frequento ancora, cosa credi? Semplicemente non li ho ancora visti questa estate.”
 “Oh” sbuffò solo il ragazzo, irrigidendo la schiena e l'emoor sorrise e incrociò le braccia sotto il seno.
 “Era un sospiro deluso quello Malfoy?”
 Lui fece una smorfia fiacca ed Emma sgranò gli occhi e scosse la testa, incredula, rendendosi conto che lui non stava scherzando.
“Preferiresti che io fossi sola piuttosto che con i miei amici?” balbettò stupita “Davvero saresti felice se perdessi una persona come Ginny nella mia vita?”
 Lui negò con un movimento poco sicuro del capo, cercando di mentire, ma rabbuiandosi visibilmente, come fosse colto in fallo.
 “No beh, è che tra tutti... I Weasley!” disse nervosamente, senza riuscire a nascondere completamente lo sprezzo “Se vuoi rendere le cose difficili tra noi due non potevi scegliere famiglia migliore”
 L'emoor sbatté le palpebre stupita, assimilando quel che il giovane Malfoy diceva, lo stomaco serrato.
“Sono i miei amici, Draco. Lo sai già, non mi avevi detto di aver fatto cento passi indietro, a che gioco stai giocando?”
 “Nessun gioco.”
 “Allora hai solo deciso di comportarti come un ottuso Purosangue?” chiese senza troppa ironia.
 Il ragazzo le lanciò uno sguardo ferito, girandosi subito in direzione del Manor, come se temesse di veder arrivare Lord Voldemort in persona a sgridarli per qualcosa che avevano detto.
“Io sono un Purosangue, Emma, forse la cosa ti sfugge. E ti conviene non usare questo tono qui. Non so se lo sai ma...”
 “Lo so” disse subito lei lei, lanciando lui un'occhiata furente “So perfettamente che cosa è diventata casa tua, ma non mi importa. Ti stai comunque comportando come il più ottuso dei Purosangue. Lascia i miei amici fuori da...”
 “Ma è proprio il fatto che sono tuoi amici che rende le cose più difficili per noi!” esclamò lui, saltando in piedi, gli occhi sgranati come a sottolineare l'ovvio.
“No!” quasi urlò lei, alzandosi a sua volta, i pugni stretti “il fatto che io sia con te rende più difficile la mia amicizia con loro! E guarda un po', nessuno dei miei amici mi ha chiesto di lasciarti per questo. Vuoi dire che sono migliori di un Malfoy?”
Draco non rispose. Respiravano entrambi affannosamente, le guance arrossate, fissandosi in volto con astio e sfida che lentamente scemarono, lasciandoli solo senza fiato.
 “Forse è meglio se me ne torno a casa” mormorò Emma.
 “Non puoi, lo sai” ribatté lui, quasi con sfida e l'emoor si innervosì, serrando ancor più forte i pugni con rabbia.
 “Sì che posso, se voglio.” ribatté sicura, anche se non era certa di poter abbandonare davvero e senza conseguenze il Manor, dopo che Severus ce l'aveva portata e la sua presenza richiesta.
Si sentì gli occhi pizzicare di lacrime di nervoso e impotenza e si morse il labbro tanto forte da quasi farlo sanguinare. 
 Draco, di fronte a lei, sospirò, rilassò le spalle, con molto controllo e le lanciò un'occhiata più morbida.
“Calmati.” disse quieto, quasi dolcemente, improvvisamente di nuovo stanco e consumato “Non avrei dovuto arrabbiarmi così. Scusami. È che subisco delle pressioni”
 “Che genere di pressioni?” chiese subito lei, ma lui rispose solo con un gesto vago e un sorriso spezzato.
 “Draco...”
 “Ho paura di perderti tutto qui" ammise lui, la voce rauca, mentre evitava lo sguardo di lei ed Emma sobbalzò.
 “Perché dovresti perdermi? Sicuro che tu non mi stia chiedendo scusa solo perché non riesci a immaginare che io abbia detto che un Weasley è meglio di un Malfoy?” gli disse con tono scherzoso e lui si tese leggermente e scosse appena la testa.
Davvero sicuro?” lo punzecchiò la ragazza.
 “Sicuro” rispose, prima di aprirsi in un ghigno “anche se quel pezzente del gemello ti sta comunque troppo attaccato.”
 “Geloso Malfoy?”
 “Solo se preferisci le seconde scelte”
 Emma roteò gli occhi, ma l'ambiente intorno a loro si distese, come se il fatto che fossero tornati a punzecchiarsi li avessero teletrasportati di nuovo al sicuro tra le mura di Hogwarts. 
 “Sei davvero teatrale a volte” sorrise Emma “e detto tra noi, ti sconsiglio vivamente di dire, o far capire, a George che sei geloso di lui. Se lo scopre non si allontanerà mai più di due millimetri dalla mia persona solo per darti fastidio, ne sei consapevole?”
 “Lo so” borbottò il biondo, tornando improvvisamente il Malfoy strafottente che lei conosceva.
Era solo appena più pallido del solito, con una stanchezza malinconica che sembrava circondarlo, come se avesse solo bisogno di conforto, o di un lungo sonno.
 “Non mi perderai, Draco” lo rassicurò Emma, stringendogli la mano “Non ti lascerò andare, comunque. Non dopo tutta la fatica fatta per ottenere il tuo saluto. Puoi sempre contare su di me ok?”
 “Ok” disse lui con un sorriso poco convinto.
Rimasero dondolanti sul posto, le mani intrecciate, mentre si crogiolavano nella calma che assicuravano loro le piante della serra. Chiacchierarono brevemente, a bassa voce, nello sforzo di sfuggire al peso che si stava formando sulle loro spalle e alla strana oppressione che arrivava dalla struttura del Manor.

“Come va con Minus?” chiese Draco dopo un poco.
 “Terribile” rispose Emma “Quell'uomo è davvero strano.”
 “Sembra davvero un ratto più che altro” concesse il biondo “Ti infastidisce in qualche modo?”
Emma scrollò le spalle e aggrottò appena la fronte.
 “Non proprio, è solo che è lì e sembra costantemente studiare me e Severus, è piuttosto snervante”
 Un elfo domestico apparve con uno schiocco davanti a loro. 
 “Topsy” lo chiamò Draco.
 “La padrona ha chiesto se il padroncino e la signorina Piton O'Shea non vogliono entrare a bere con lei del the.” squittì l'elfo.
 “Avvisa che arriviamo” mormorò il biondo e subito parve indossare la sua maschera di insofferenza elegante da miglior Purosangue.
 “Narcissa?” chiese Emma.
 “Sì, ti spiace? Sicuramente vorrà salutarti” mormorò Draco.
 “Affatto” sorrise subito lei, sincera “Mi sono diretta subito qui. Mancavi. Ma saluto volentieri tua madre”

Lui annuì appena, un vago sorriso che apparve morbido a quel 'Mancavi' ed Emma si chiese quando il destino suo e quello di Draco Malfoy si fossero legati. In che momento era successo che lei aveva deciso che non avrebbe rinunciato a lui?
 Il ragazzo la prese per mano con tenerezza e si avviò verso l'uscita della serra, il capo chino, già schiacciato da responsabilità che lei non sapeva leggere. Si voltò a guardarla con un mezzo sorriso rassicurante, forse sentendola silenziosa.
 “Tutto tranquillo Emma, respira.” disse placido.
 Quando lui aveva ceduto alla dolcezza, dimostrandosi così tenero e arrendevole nei suoi confronti? Quando si erano ritrovati lì?
 L'emoor lanciò un'occhiata al Serpeverde, che ora, accanto a lei, camminava con espressione seria, gli occhi al prato, la smorfia preoccupata ben diversa dal suo solito ghigno.
 “Sono felice di essere con te” mormorò, senza aspettare risposta.

*

Emma era terrorizzata.
 Paonazza e sudata stringeva convulsamente il vecchio manico di scopa che stava cercando di usare, senza riuscire ad allontanarsi di più di un metro da terra. Ginny le passò di fianco a tutta velocità, facendole quasi perdere l'equilibrio.
“Emma, ti prego, prova almeno a muoverti, ci stanno stracciando!” le disse esasperata la rossa e l'emoor la guardò con aria colpevole. 
 Il Quidditch non faceva davvero per lei, ne aveva un sincero terrore e una scarsissima capacità di controllo, lì alla Tana però sembrava essere un'attività consueta e lei aveva provato ad adattarsi.
 “Inutile Ginny, non ci recuperi più” rise Harry.
 Emma era arrivata da un paio di giorni e quella sera avrebbero festeggiato il compleanno di Harry. 
Divideva una stanza con Ginny ed Hermione, come ai tempi di Grimmauld Place e non poteva sentirsi più felice di così.
 Stare dai Weasley era una boccata d'aria fresca, avrebbe voluto passare lì tutta l'estate e cercava di non pensare a quando sarebbe dovuta tornare a Spinner's End e rivedere l'odiosa faccia di Minus. 
 Il ratto si era rivelato ancora più sgradevole di quel che l'emoor avesse immaginato. Arrancava nella casa sempre trafelato, fissando malamente lei e Severus con i suoi occhietti acquosi e trattando in modo terribile il povero Glimpsy come al suo solito gentile. 
 L'emoor provava solo un po' di soddisfazione nel vedere l'acidità e la freddezza con cui il tutore si rivolgeva all'uomo, mentre lei si limitava semplicemente ad avere il meno possibile contatti.
La Pluffa sibilò accanto a lei, Emma cercò di allungare una mano per afferrarla, ma sentì con orrore il manico di scopa muoversi come non aveva previsto e prima di riuscire a raddrizzarsi, cadde a gambe all'aria sul terreno soffice. Harry e Ron scoppiarono a ridere, mentre Hermione le lanciò un'occhiata tra l'angosciato e il sollevato per non essere stata lei la prima a cadere. Ginny, spazientita, volò fino a lei e a tirarla su, sbuffando sonoramente.
 “Non posso fare da arbitro?” chiese amara la Corvonero.
 “Sei davvero una pessima giocatrice di Quidditch” borbottò la rossa “ma capisci talmente poco di questo gioco che potresti essere addirittura un arbitro peggiore.”
“Non credo che possa classificarsi nemmeno come giocatrice” rise Ron, senza cattiveria “Al massimo possiamo dire che è una strega seduta su una scopa, piuttosto in bilico in realtà”
“È solo la seconda volta che provo a volare su una scopa, non fa davvero per me” provò a difendersi Emma.
 “Nemmeno per me” aggiunse con calore Hermione che era solo poco migliore della Corvonero e ne avrebbe fatto volentieri a meno. 
“Ma Mione, io, Harry e Ginny non possiamo giocare da soli” si lamentò Ron “Anche se tu ed Emma siete appena accettabili”
 “Di pure che sono atroci Ronnie” sorrise Ginny senza mezze misure, facendo ridere di gusto l'emoor, ben consapevole dei suoi evidenti limiti in quella disciplina.
 “D'accordo” intervenne Harry, diplomatico “Allora facciamo io, Hermione ed Emma contro Ginny e Ron”
 “Andata. Harry tu sei bravissimo e io e Ron ottimi, mi sembra giusto che ti becchi le due atroci” disse Ginny con sollievo e l'emoor rise, fingendosi indignata.
 “Non dovresti essere così contenta di liberarti di me, Weasley”
 “Oh sì che lo sono” disse la rossa “lascio a Malfoy il compito di insegnarti a volare, a mio parere sei totalmente negata”
 Emma lanciò un'occhiata grata all'amica. Ginny aveva preso l'abitudine di inserire con nonchalance il nome di Draco nei discorsi e lei sapeva che lo faceva per rendere normale la sua frequentazione con il Serpeverde anche agli occhi degli altri.
 “Malfoy ti ha insegnato a volare?” chiese infatti Harry divertito, dimenticandosi il tono sprezzante che usava ad Hogwarts contro il ragazzo e lei scosse la testa con energia. 
“Direi di no, avrebbe voluto, ma mi ha solo costretto a salire con lui su una scopa e l'ho quasi soffocato per paura di cadere”
 Il Grifondoro rise di gusto in risposta e l'emoor si ritrovò ad osservarlo con un mezzo ghigno divertito. Era la prima volta che vedeva il ragazzo divertirsi sinceramente e questa riflessione la stupì.
 Harry Potter in fondo era quello, solo un ragazzo a cui veniva forse chiesto troppo e per una volta Emma, mise da parte gli attriti che lei e il Grifondoro avevano avuto in passato, arricciò le labbra in un mezzo sorriso e si mise a cavalcioni della scopa, alzandosi da terra in modo malfermo decisa a dare il meglio.

Il sole era tiepido e bellissimo e l'emoor, mentre lottava con il suo precario equilibrio nel volo, si concesse di pensare Draco e la sua aria stanca. Se solo lui e Harry e Ron non si fossero odiati e Malfoy non fosse stato un borioso Serpeverde, era certa che si sarebbe divertito lì con loro.
Riusciva a immaginarlo sorridente e sicuro di sé sulla scopa, mentre sfidava Harry battagliero, preso dal gioco, arruffato, ridendo dell'instabilità di Hermione e stuzzicando Ron. Riusciva anche a immaginarlo mentre con una smorfia sorniona la prendeva bonariamente in giro, scoccandole poi un bacio veloce e consigliandole di non avvicinarsi mai più ad una scopa. Il cuore di Emma si strinse, sarebbe stato bello, ma le cose erano diverse.
 Abbandonarono le scope dopo un'altra ora di gioco piuttosto disastrosa e tornarono verso la Tana, arruffati e stanchi. Erano quasi arrivati all'ingresso quando Emma scorse Lupin nel cortile agitare il braccio per salutarli e, in un moto di allegria, corse felice incontro all'uomo, abbracciandolo con affetto quando lo raggiunse.
 Dopo la battaglia al Ministero Lupin era diventato estremamente affettuoso nei suoi confronti e se prima era solo un persona gentile con lei, ora era molto presente nella vita della ragazza. 
 Sembrava che averla vista combattere e aver provato a difenderla avesse generato in lui della preoccupazione per lei e dell'affetto. Si scrivevano spesso e con scuse assurde l'uomo si era presentato più volte a Spinner's End, con leggero disappunto di Piton, che tuttavia sembrava tollerare la presenza del lupo mannaro più di altri.  
Ovviamente da quando Minus stava da loro non si era più potuto presentare ed Emma era molto arrabbiata a riguardo.
 “Come stai ragazzina? Piton non ti ha troppo strapazzato?” chiese il mannaro con la sua smorfia gentile, gli occhi appena più vivaci del solito grigiore che lo aveva ammantato dalla perdita di Sirius.

“Severus si comporta bene” lo rassicurò Emma.
 “Bene. Ciao ragazzi” aggiunse nel vedere gli altri quattro in arrivo.
 Entrarono in cucina dove la signora Wasley aveva cucinato per un esercito, in mezzo a una caotica accozzaglia di piatti, posate e bicchieri e vari vassoi colmi di cibo. 
 Fleur Delacour camminava spedita tutt'intorno, i capelli quasi argentei che volteggiavano leggeri dietro di lei a ogni movimento, mentre apparecchiava con gesti che la facevano sembrare incredibilmente bella anche durante una mansione così semplice.
 Emma la osservò, non la vedeva dal Torneo Tre Maghi e l'ultimo ricordo che aveva di lei era il suo volto stravolto all'annuncio della morte di Cedric. In quei primi giorni alla Tana l'aveva notata solo passeggiare di tanto in tanto insieme a Bill Weasley, con cui a quanto pare si era ufficialmente fidanzata,  ma non si erano ancora né parlate, né presentate. 
 La bionda alzò lo sguardo e vedendola le sorrise con calore inaspettato. I Weasley, a dispetto del loro solito buonsenso e istinto di accoglienza, sembravano accettare la presenza alla Tana della francese con una certa difficoltà, che aveva fatto presupporre a Emma che Fleur fosse un ospite difficile, ma così non sembrava.

*

La chiamiamo Flebo. È insopportabile” borbottò Ginny.
 “Davvero?” chiese l'emoor stupita, osservando la bionda che passeggiava al tramonto mano nella mano con Bill. Erano sorridenti e visibilmente innamorati.
 “Lo pensiamo tutti, deve aver ammaliato mio fratello” borbottò l'amica di malumore “mamma spera che Bill si metta con Tonks”
 “A me sembrano molto carini e innamorati però e lei gentile”
 “Svenevoli” decretò Ginny ed anche Hermione, al suo fianco, strinse debolmente le labbra, come fosse parzialmente d'accordo.
“Stai esagerando Gin” la punzecchiò l'emoor “Forse è un ospite poco gentile? Ha fatto il Torneo Tre Maghi, credo che questo decreti che sia piuttosto in gamba e Bill non è uno stupido, non si farebbe ammaliare senza motivo”
“IN SOP POR TA BI LE” scandì Ginny, infervorandosi un po' troppo e facendo ridere Emma di gusto.
“Ti ricrederai” la prese in giro la Corvonero “Stai esagerando”
 “Mai” disse secca l'altra.
 “E poi perché Bill dovrebbe innamorarsi di Tonks? Non conosceva Charlie lei?”
 “Beh, Tonks è carina” intervenne mite Hermione.
 “E anche lei è in gamba” rincarò Ginny “è un Auror”
 “Ma ha mai mostrato interesse per Bill?” rise Emma “Non credo. Quindi forse le speranze di Molly sono mal riposte”
 Hermione sorrise, ma Ginny scostò lo sguardo, pensierosa.
 “Sarà, comunque ultimamente Tonks non sta benissimo.”
 “L'ho notato” mormorò l'emoor, che aveva trovato la ragazza smagrita e particolarmente smunta, i capelli solitamente rosa acceso tramutati in un colore smorto e poco definito.
 “Beh, Sirius era suo cugino, magari è depressa, o si sente in colpa”  disse sbrigativa Ginny, facendo un gesto vago.
 “Ginny, tatto!” la redaguardì Hermione, accigliata. 
 “Scusa Mione” borbottò la rossa “Ma credo che sia così, voglio dire Bellatrix stava combattendo con Tonks... se solo l'avesse battuta...”
 A Emma si chiuse lo stomaco al solo pensiero.

*

“Noi non ci siamo mai presentati, c'est vrai?” chiese la francese con tono mite, tendendo una mano verso l'emoor.
 “Penso di no: Emma O'Shea” sorrise la Corvonero, stupendosi della stretta ferma della ragazza, in contrasto con il suo aspetto etereo “Ma mi ricordo di te, eri una dei campioni del torneo, no?”
Oui. Tu sei amica di Bill? Sai anche tu nella Maison di Grifondoro?”
“Sono Corvonero e amica di Bill, ma più di Ginny”
“E George” specificò il maggiore dei Weasley con un sorriso smagliante, spuntando al fianco della fidanzata “Emma ha una particolare predilezione per George”
 “Ciao Bill” lo salutò l'emoor con un sorriso.
 “Ems” ricambiò lui con tono allegro.
 “I gemelli in effetti non verranno oggi?” intervenne Ginny 
 “Sono molto impegnati” disse la signora Weasley, non senza orgoglio, uscendo dalla cucina carica di cibo “Pare che il negozio di Diagon Alley sarà molto bello. Ci stanno lavorando bene”
“Lo è” rispose Bill, indicando con galanteria la sedia accanto alla sua a Fleur “Ieri io e Remus siamo passati a salutarli, stanno facendo un ottimo lavoro, verrà bene”
 “Vero” assentì il mannaro “sono due ragazzi brillanti”
 La signora Weasley gonfiò il petto piena di orgoglio ed Emma pensò che gli mancavano entrambi, anche se in mezzo a tutte quelle teste rosse e arruffate, con qualche eccezione per i capelli di Tonks, di un grigio eccezionalmente smorto, o la chioma scomposta di Lupin, in qualche modo la ragazza si sentiva a casa. 
 Si sedette accanto a Bill, contenta di aver occasione di scambiare qualche parola con lui e non senza stupore vide Harry prendere posto accanto a lei, facendole un sorriso come chiederle il permesso
 “Stai facendo ancora incubi?” chiese il ragazzo all'emoor, verso metà cena, a bassa a voce e lei annuì mentre osservava la nuca arruffata di Potter al suo fianco.
 “Affermativo” sussurrò in risposta “in continuazione
“Non con me però”
 “No, nessuna intromissione di mente se intendi quello”
Il ragazzo annuì appena, sistemandosi gli occhiali tondi sul naso.
“Bene, Silente mi ha detto delle lezioni”
 L'emoor lo fissò, teneva lo sguardo basso sul piatto, come se non volesse svelare agli altri, intenti a ridere e scherzare tutt'intorno, che stessero avendo quella conversazione.
 “Sì anche a me sembra una buona idea” rispose e lui annuì.
 “Sono molto curioso” 
 Hermione e Ron tesero la testa nella loro direzione, nel tentativo, nemmeno troppo nascosto, di sentire quello che dicevano e lei ed Harry si scambiarono un'occhiata veloce e cambiarono argomento.
 Se non fosse stato per l'ombra di Voldemort sulle loro teste e la mancanza di Severus e Draco a quel banchetto, nonché il vuoto pesante lasciato da Sirius, Emma si sarebbe sentita davvero felice.
L'atmosfera alla Tana era calda, disordinata e colorata, diversa dalle stanze tetre di Grimmauld Place in cui comunque si era sentita a casa e a cui la ragazza pensava con nostalgia.
 Diverso dal calore intimo e solitario di Spinner's End, o il manto soffocante e oscuro del Manor. La Tana era un posto speciale.

*

Il circolo di Mangiamorte e Draco Malfoy nel mezzo, che si guardava intorno, il viso una maschera di orrore.
 La donna che Emma non conosceva apparve dal nulla e gridò, ma un lampo di luce verde la uccise, come in tutti i suoi incubi.
 La Corvonero si voltò e sussultò, vedendo che ucciderla era stato Steph e alle sue spalle i suoi genitori applaudivano.
 Nel sogno scosse il capo, tenendo gli occhi chiusi, cercando di togliersi quell'immagine così grottesca da davanti, ma quando li riaprì il sogno riprese dall'inizio e questa volta ad uccidere la donna fu Codaliscia, il coltello pieno di sangue di Harry stretto nella mano.

L'emoor urlò. Il volto odioso dell'uomo impresso sulle palpebre. Spalancò gli occhi nel buio, cercando disperatamente di respirare, un dolore sordo che le premeva sulle tempie.
 Per un istante sagome oscure le brillarono davanti al volto, confuse, ma quando lentamente la vista si abituò all'assenza di luce, il cuore le si fermò nel petto e tremò di paura, desiderando con tutta sé stessa che fosse ancora in un sogno, anche se sapeva che non era così.
 Sentì il terrore puro che le paralizzava le gambe e le mozzava il respiro, mentre seduta immobile sul suo letto, si rese conto di non avere scampo, perché gli occhi di Peter Minus, quasi brillavano acquosi nel buio e la fissavano, nel mondo reale.
 Il mago se ne stava sul limitare dell'ingresso della sua stanza, appoggiato alla libreria aperta e la guardava con interesse, la bacchetta in mano. Fece un passo avanti, accorgendosi che lei era sveglia e un brivido di sincera paura percorse la schiena dell'emoor, che di impulso strinse con forza i lembi della coperta, cercando di ragionare per trovare una via di fuga, senza smettere di fissare Minus che avanzava verso di lei.
Quell'uomo era pazzo, oppure voleva ucciderla. Non c'erano altri motivi per cui dovesse fissarla nel sonno e la ragazzina cercò di tirare fuori la voce per chiamare Severus, ma sentì la gola serrata dal panico e il tremore sotto la pelle.
 “Non volevo spaventarti” squittì Codaliscia, sorridendo viscido  “Stavi piangendo piccola Emma, nel sonno”
 “Esci dalla mia stanza.” ribatté l'emoor con voce flebile, ma straordinariamente calma e l'altro fece un ghigno che il buio della camera rese ancora più grottesco.
 “Ma eri tu che stavi facendo il mio nome” disse con voce quasi soave “Sono venuto qui per te.”
 “Esci dalla mia stanza” ripeté ancora lei “Per favore. Vattene”
“Eri così debole e inerme mentre dormivi.” continuò l'altro, ignorandola e facendo un altro passo avanti all'interno della stanza “Sai qual è l'unico nome che hai ripetuto più del mio?"
L'emoor rimase immobile senza rispondere, mentre sentiva un odio lancinante farla tremare e la magia repressa formicolare sulla sua pelle. Aveva il desiderio di prendere la bacchetta dal comodino e schiantare il Mangiamorte, pur sapendo di non poter fare magie fuori Hogwarts.
 “Chiamavi Draco” sibilò il mago, ignorando il suo silenzio, mentre sfoderava di nuovo un sorriso inquietante “Sarà contento il giovane Malfoy di sapere quando tieni a lui, non credi? Quando finalmente potrò tornare al Manor, glielo dirò”
 “Esci dalla mia stanza”
 “Perché mi chiamavi Emma O'Shea?”
“Stavo facendo un incubo stupito ratto” ribatté lei con rabbia, finalmente con più voce di quel che si aspettava e l'uomo sobbalzò leggermente, prima di sorridere di nuovo, untuoso.
 “Tu mi tratti male, tutti lo fanno, ma io sono stato utile sai?” sibilò, si agitava orribilmente, stringendosi le mani con nervosa smania “Sono io che ho permesso all'Oscuro di tornare, io sono un servo fedele, lo sai? E tu mi sottovaluti, sai quante cose potrei raccontarti Emma O'Shea? Sai quanti segreti conosco, che ho costudito nella mia vita da ratto? Vuoi che te ne racconti uno?”
 “Io non mi vanterei di quel che hai fatto” disse lei gelida e Codaliscia fece di scatto un altro passo in avanti, ma un lampo blu elettrico lo colpì alla schiena, fermandolo.
 Il mago squittì di stupore, mentre si portava con panico le mani alla gola, annaspando come se qualcosa gli togliesse il respiro. 
 Emma scattò in piedi, chiedendosi se un'altra volta avesse agito con magia involontaria, ma l'ansia le morì in gola.
Severus Piton avanzava nella stanza, uscendo dall'ombra con passo deciso, gli occhi color onice, che apparivano terribili e vivi, si fissarono su Codaliscia con enorme disgusto.
 “Ti manca il fiato, ratto?” chiese soave, guardandolo senza pietà.
 L'emoor era completamente gelata, mentre Peter Minus di fronte a lei annaspava sempre di più, piegandosi sulle ginocchia.
 “Piton” esalò il Mangiamorte, paonazzo.
 “Incredibile come una cosa essenziale come l'aria sia considerata scontata, non è vero Codaliscia?” continuò l'altro, severo “Come tu hai dato per scontato il fatto che potessi sgattaiolare dal tuo buco ed entrare in questa stanza senza permesso, credi che essere un Mangiamorte ti salverà?”
 Minus sgranò gli occhi, fissando l'uomo implorante, tremando, ma il volto di Severus era contratto in una smorfia di puro disgusto.
 “Tu mi sottovaluti Codaliscia. Lo vedo da come mi guardi, sperando che io faccia un passo falso. So che che pensi che io sia facile da battere, dubiti della mia lealtà verso l'Oscuro Signore e mi giudichi un rammollito, non è vero? Ma tu non sei forse solo un codardo? Così scadente che il nostro Signore per ringraziarti dei tuoi servigi ti ha dato a me come schiavo e mi permette di trattarti come feccia?” sorrise gelido, in una smorfia terribile “Tu ti sei fatto terra bruciata intorno, viscido verme, quando eri ancora un ragazzetto ottuso pronto a sbavare per maghi più potenti e ora osi sfidare me? Vuoi forse dirmi cosa ci facevi in questa stanza?”
 Lacrime calde uscivano dagli occhi del mago ed Emma osservava inerme la scena e per un momento l'odio prevalse e pensò che, in fondo, Codaliscia si meritava di morire più di altri, ma appena realizzò di aver solo mosso quel ragionamento inorridì per sé stessa.
 “Sev” mormorò piano, ma gli occhi del tutore erano colmi di rabbia e non si spostavano dal volto dell'altro.
“Stai indietro Emma, questa è una discussione tra me e il ratto” sibilò nervoso, distante, letale.
 “No, Sev. Davvero, fermati” mormorò lei e gli occhi di Codaliscia si fecero sempre più vuoti e imploranti, mentre l'emoor si avvicinava al tutore, stringendogli il braccio “Sev, ti prego. Non ne vale la pena”
 Quelle parole parvero smuovere Piton, che fece schioccare la lingua piena di disprezzo, ma mosse la bacchetta e liberò Codaliscia.
 Il mago rimase a terra a rantolare per qualche secondo, nel silenzio generale, le lacrime sulle guance, mentre prendeva tutta l'aria che riusciva nei polmoni, in piccoli singhiozzi.
 “Sei disgustoso e patetico” disse monocorde Piton “Sei un inutile essere immondo e senza speranze”
Mosse di nuovo la bacchetta in un gesto secco e il corpo dell'uomo schizzò fuori dalla stanza. Emma udì un tonfo, come se avesse picchiato con forza contro il tavolino del soggiorno, ma non se ne curò e anche Piton chiuse la libreria senza sincerarsi che fosse, o meno ferito, come non fosse un problema suo e si voltò verso la ragazza, ancora furente.
 “Stai bene?” chiese e la voce tremava pericolosamente.
 Lei annuì, si sentiva sconvolta, tra l'incubo, lo spavento di ritrovarsi Minus nella stanza a fissarla e l'attacco di Severus. Si rese conto che il tutore lo aveva quasi ucciso e lei ne aveva quasi gioito e la consapevolezza di ciò la spaventò e sconvolse. Improvvisamente era molto più chiaro quel che Piton le aveva sempre detto: lui doveva fare cose orribili ed era anche piuttosto bravo in ciò.
 L'uomo fece apparire un bicchiere d'acqua e lo tese verso di lei, Emma bevve a grandi sorsi.
 “Come è entrato?”
 “Facevo incubi” balbettò lei “deve aver sentito il suo nome ed è venuto a controllare, non so che intenzioni avesse”
Lui annuì, ragionando, un sopracciglio arcuato verso l'alto.
 “Ti ha detto qualcosa di strano?” chiese rauco, fremente e l'emoor sbatté le palpebre, stupita dalla domanda.
“No, non mi sembra”
 “Ti ha toccato? Ti ha fatto male in qualche modo?”
 “No, Sev” sussurrò “Sto bene, solo un brutto spavento.”
 “Bene” decretò l'uomo, leggermente più sollevato “D'ora in poi libreria sempre chiusa. Soprattutto di notte, intesi? Alziamo la guardia e tu cerca di non parlare con quel ratto schifoso”
 “Certo, lo faccio già.”
 Avrebbe voluto che Severus la abbracciasse e la confortasse, ma l'uomo le augurò buonanotte in un sussurro e uscì dalla stanza, dopo un ultimo sguardo, pallido e teso. 
 L'emoor rimase a fissare la libreria chiusa di fronte a sé con tristezza e spavento. Entrò nel letto e rimase a osservare il soffitto per quelle che parvero ore e stava ancora tremando quando alle prime luci dell'alba, finalmente si addormentò.



*Angolo Autrice*


Ciao Lettori. 
Quasi in ritardo, ma ecco il capitolo!
Prima parte dell'estate (da qui il titolo) per la piccola (non più così tanto piccola) Emma. 
Ho a lungo pensato a come poteva aver passato questa particolare estate l'emoor, provo per punti:
. All'inizio del sesto libro Codaliscia risiede da Piton quando le due sorelle Black vanno da lui, ho provato a immaginare l'arrivo del mago nella dimora. Ho provato anche a creare un parziale isolamento di Emma per quando sta dal suo tutore, che enfatizzi il suo essere nel mezzo e il fatto che nel suo ruolo le viene spesso richiesto di rinunciare a qualcosa. 
. I mangiamorte cominciano ad abituarsi alla presenza di Emma, ufficialmente protetta di Piton, ho provato a far capire come non sono ai miei occhi i classici 'brutti e cattivi', ma anzi, possono sembrare persone normali, aspetto che a mio parere rende ancora più spaventosa l'ideologia di Voldemort: se i mangiamorte fossero solo tutti dei pazzi non sarebbero così pericolosi. 
. Mi piace come Severus ed Emma continuino ad essere vicini, nonostante il peso che grava su di loro.
. Emma e Draco si ritrovano e ci sono momenti di dolcezza, ma anche una sottile tensione che preannuncia i drammi che sta vivendo il serpeverde, l'emoor continua a sperare per lui un futuro migliore ed è sempre propositiva nel suo approccio anche se cede a volte a stuzzicarsi con il ragazzo.
. La scena alla Tana voleva essere un momento sì di riflessione, ma soprattutto una boccata d'aria per la povera ragazza, si merita in fondo anche lei di vivere giornate dove il suo problema più grosso sia l'attrito tra Flebo e Ginny o l'assenza dei gemelli. 
. l'ultima scena è per me terrificante, ho vissuto sulla mia pelle cosa significa aprire gli occhi e trovare uno sconosciuto nella mia stanza anni fa e penso sia una delle cose peggiori al mondo. Ho provato a trasmettere lo stesso terrore ad Emma. Allo stesso modo ecco che vediamo un terribile Severus, violento per difendere la protetta (ma cè anche tanto rancore per il suo passato nelle parole che riserva al ratto) e anche una riflessione di Emma, che per la prima volta si approccia alla morte dall'altro lato della barricata, ovvero come quella che la causa e non la rifugge e se ne spaventa terribilmente, ancora una volta scegliendo di essere migliore.

Riassuntone nel prossimo capitolo, altrimenti non pubblico più stasera. 
Grazie infinite a chi mi segue e dedica tempo a questa storia, spero di ripagarvi con un po' di svago. 
Un abbraccio.

vi

Ritorna all'indice


Capitolo 34
*** L'ago della bilancia ***


.L'ago della bilancia.


 

La ragazza bionda, con lunghi capelli mossi pieni di riflessi ramati, girò l'angolo come una furia, gli occhi verdi, colmi di strane ombre, assottigliati dalla rabbia e le labbra serrate da un tale disappunto che avrebbe fatto tremare anche il più coraggioso del Grifondoro.
 Se poi il Grifondoro in questione l'avesse riconosciuta come l'emoor Emma O'Shea, appartenente alla casa di Corvonero, pupilla del Mangiamorte Severus Piton, davanti a quell'espressione contrariata se la sarebbe data a gambe, in barba al suo coraggio decantato, senza il minimo tentennamento. In quel caso, però, non si trattava di un temerario Grifondoro, bensì di un ostinato Serpeverde e poteva essere solo peggio.

“Draco!” quasi urlò Emma, incurante delle poche teste che si girarono curiose verso di lei.
 Diagon Alley era quasi deserta, silenziosa e cupa, ben diversa dalla cittadina in cui l'emoor aveva comprato piena di gioia la sua bacchetta insieme alla famiglia Weasley, quella che sembrava una vita prima. Quel giorno pochissime persone si aggiravano da sole e tutti sembravano avere fretta di togliersi dalla strada.
“Draco fermati” sibilò la ragazza, di nuovo, portando d'istinto la mano alla bacchetta nascosta nella mantella verde, ma il ragazzo continuò a ignorarla apertamente. Camminava a passo spedito e l'emoor, più minuta, doveva correre per riuscire a stargli dietro.
Alle sue spalle sentì i passi affrettati di Narcissa che arrancava sulla strada in sassi, senza però perdere la consueta eleganza, ma Emma non si voltò a guardarla, gli occhi puntati sulla testa di Malfoy.
 “Draco!” tentò di nuovo, ma ancora il biondo non si voltò, anzi sembrò aumentare l'ampiezza delle sue falcate e lei udì qualcosa, di simile a rabbia condita di frustrazione, stridere nel suo petto. 
 “Draco Malfoy!”
Questa volta, forse per l'accoppiata nome-cognome, o per il tono particolarmente allarmante, il ragazzo rallentò fino a fermarsi e si girò con lentezza verso di lei, il capo chino e la mandibola serrata a trattenere il nervosismo che sembrava scuoterlo.
 “Emma....” iniziò con aria di volersi giustificare.
 “Emma un corno” lo fermò lei, il tono di voce basso e pericoloso, mentre gli puntava un dito contro il petto, pungolandogli più volte lo sterno con decisione “ma cosa ti salta in mente stupido Serperverde? Ti rendi conto di cosa hai fatto?”
 “Hanno iniziato loro” borbottò lui, nervoso.
 “Non importa chi ha iniziato! Ti sembra normale? Ingaggiare quasi un duello in un negozio? Parlare di Mangiamorte e cose del genere in mezzo alla gente? Ma sei completamente ammattito?”
 L'emoor sentì i tacchi di Narcissa arrestarsi a poca distanza, ma la ignorò, alzò invece lo sguardo per affrontare il ragazzo di fronte a lei, stringendosi le mani al petto, la delusione a inquinarle i respiri.
 Avevano avuto insieme una mattinata piacevole, tanto che si era azzardata a provare del vago sollievo e a sentirsi più leggera.
 Persino Draco si era rilassato, acquisendo un po' di colore sulle guance pallide e Narcissa era apparsa decisamente allegra e li aveva portati in giro quasi sorridendo, chiacchierando con Emma del più del meno, evidentemente grata per quelle ore lontana dal Manor, che assomigliavano per tutti e tre a una boccata d'aria.
L'emoor aveva goduto di ogni minuto di quella normalità, la mano intrecciata a quella del biondo, il sorriso sulle labbra. Poi avevano deciso di andare da Madama McClan e tutto era andato completamente a rotoli, il buon umore spazzato via e sostituito da una feroce amarezza. Tutto perché, mentre Draco provava le sue divise, avevano incontrato Harry, Ron ed Hermione.

. . .

Draco scattò con irritazione evidente verso la donna che stava appuntando uno spillo alla sua manica sinistra e si scostò malamente, offeso.
 “Ho detto di stare attenta a dove mette i suoi stupidi spilli” berciò, fin troppo arrabbiato e l'emoor alzò gli occhi al cielo, mentre Madame McClan si difendeva con gentilezza professionale, borbottando un “Ma che modi”.
 “Sei davvero pessimo, Malfoy” intervenne Ron Weasley, apparso inaspettatamente alle loro spalle, lo sguardo azzurro puntato sul Serpeverde.
 Ci fu un lungo momento di silenzio, Emma si voltò verso i tre grifoni e sorrise nella loro direzione in segno di saluto e vide anche Hermione fare lo stesso, mentre lo sguardo fermo di Narcissa saettava da Potter e Weasley al volto del figlio.
 “Ciao ragazzi” disse la Corvonero, con tono morbido.
 “Emma” salutò la Granger, saggiamente.
 Ma Malfoy sputò tra i denti un “Ti prego” sdegnato e subito Ron si tese, evidentemente pronto al primo segnale di irritazione per attaccarlo.
 “Che c'è Malfoy, la tua puzza sotto il naso è troppo grande e non riesci più a sopportarla?” disse tagliente, ignorando completamente la presenza austera di Narcissa, che sgranò incredula gli occhi.
 Emma intuì il pericolo e fece immediatamente un passo indietro, avvicinandosi a Draco per afferragli la mano e implorarlo con lo sguardo di non rispondere.
 “Non mi sembra il caso di dare spettacolo” gli disse solo, ma lui si irrigidì .
 A Malfoy Manor Draco usava sempre un tono pacato e sommesso, che quando era con lei si trasformava in un'atteggiamento particolarmente dolce e silenzioso.
A volte Emma dimenticava quanto potesse essere insopportabile con altri e lei detestava quell'aspetto del suo carattere.
 “A me invece sembra il caso” ribadì infatti gelido, prima di alzare lo sguardo sul trio, rimasto immobile. Hermione nel mezzo e i due ragazzi ai lati.
 Il Serpeverde si tolse la veste dalla testa, gettandola a terra, afferrò di scatto la mano di Emma, avvolgendole le spalle in un abbraccio protettivo e con il peggior sguardo pomposo si diresse verso la porta, portandola con sé.
 “Togliamo il disturbo madre” disse con sprezzo “Non voglio comprare i miei vestiti dove c'è una Sanguesporco 
so-tutto-io
 L'emoor trasalì e indignata strattonò via la mano da quella del ragazzo, sfuggendo alla sua presa per poterlo guardare in tralice.
 “Smettila immediatamente” disse seria.
 “Hanno iniziato loro” ribatté lui con distacco.
 “Non è vero e non è importante” rispose Emma, mantenendo un tono calmo.
 “Cosa c'è Malfoy, ti devi far difendere dall'emoor?” chiese Ron con sprezzo “Non sei davvero in grado di cavartela da solo?”
 Draco gli lanciò un'occhiata gelida, ma non rispose, abbassò invece lo sguardo su Hermione, che aveva un buffo cerchio nero sull'occhio destro, che Emma sospettavo fosse opera di qualche scherzo dei gemelli. 
 Il Serpeverde ghignò divertito, ma la grifona non si mostrò intimidita.
 “Granger, chi ti ha fatto un occhio nero? Vorrei mandargli dei fiori” sibilò lui.
 “Oh per Merlino, Draco!” sbottò l'emoor esasperata, mentre Hermione placava gli altri due che avevano tirato fuori le bacchette, trattenendoli per le magliette. 
 Emma spinse Malfoy verso la porta per farlo uscire di lì, ma Ron gli gridò dietro “Spero che tuo padre ci muoia ad Azkaban, Malfoy”.
 Draco si immobilizzò e l'emoor vide la sua mascella tendersi pericolosa.
 “Magari ci sarà una cella anche per tua madre. Un suite per i Mangiamorte” rincarò Harry, con poco senno e una tensione terribile cadde sul negozio, mentre Madama McClan si portava entrambe le mani alla bocca, le labbra tremanti ed Emma ed Hermione trasalivano, scambiandosi uno sguardo preoccupato.
Draco Malfoy, invece, sembrava essere appena stato schiaffeggiato e i suoi occhi parevano metallo fuso, il corpo teso e pronto a colpire.
 “Io almeno ce l'ho un padre, Potter. Non credo che tu possa dire lo stesso”
 “Ora basta Malfoy” intervenne subito Hermione, spintonando il ragazzo all'indietro e in un attimo Narcissa fu accanto al figlio, una mano sulla sua spalla, gli occhi chiari fissi sui tre Grifondoro.
 “Tolga subito di dosso le mani da mio figlio signorina Granger” disse con tono soave la donna “Quanto a lei, Signor Potter... se l'esempio di ciò che ha potuto fare l'educazione di Silente risiede nella sua persona sono piuttosto delusa. Fare accuse in un negozio e augurare la morte a qualcuno. Una caduta di stile”
 Harry aveva la faccia di uno che stava inghiottendo un grosso rospo ed Emma si rese conto di poter percepire la sua rabbia attraverso la connessione se si concentrava abbastanza, ma rifuggì a quel contatto, cercando di concentrarsi solo sui Malfoy: doveva portare Draco via di lì il prima possibile. 
 Hermione annuì nella sua direzione, probabilmente intuendo i suoi pensieri, ma prima che le due ragazze potessero agire, dividendo saggiamente il gruppo, Harry scattò in avanti, sfuggendo alla stretta dell'amica.
 “Perché invece chiamare qualcuno Sanguesporco è giusto, vero Signora Malfoy?” sibilò arrabbiato e Narcissa lo fissò di rimando, imperscrutabile, prima di accennare un piccolo sorriso composto.
 “Un termine infelice, Signor Potter, glielo concedo” rispose con tono soffice “Ma è la realtà, no? La signorina Granger sa
 perfettamente di essere una Nata Babbana. Negarlo sarebbe pura follia”

Narcissa Black era letale, elegante e pericolosa. L'emoor lo comprese chiaramente mentre la osservava allungare il braccio e spingere il figlio verso l'uscita, con un'unica occhiata gelida verso i Grifondoro.
 “Ti aspettiamo qui fuori Emma, saluta pure i tuoi amici” aggiunse sulla soglia, il volto pallido appena rivolto verso di lei e la ragazza si sentì mancare le parole, le guance rosse come se si vergognasse di qualcosa.

Ma cosa avete nella testa voi due?” sibilò infine, rivolta ai due Grifondoro, appena i due Malfoy furono usciti dal negozio.
 “Hai sentito cosa ha detto a Hermione?” quasi gridò Ron.
 “Non mi sembra che sia stata Hermione a iniziare un duello”
 “Ma...” balbetto subito il rosso, paonazzo in volto.
 “Ma niente Ronald” intervenne Hermione, furente “Emma ha ragione. Che cosa vi aspettavate? È Malfoy e avete cercato di umiliarlo davanti alla madre, sapete cosa significa per un Purosangue? Non dovrei essere io a dirvelo”
 “Anche Ron è un Purosangue” borbottò Harry “E non ha fatto scenate”
 “Hermione intendeva un Purosangue borioso come Draco” disse secca Emma, senza andare per il sottile, stringendosi la sua mantella al collo e andando verso l'uscita “Il vostro comportamento è stato immaturo, sembrate cercar rogne”
 “E il suo comportamento? È difendibile?” le gridò dietro Ron.
 “No” disse tranquilla l'emoor, cercando e trovando il sostegno nello sguardo della grifona “penso che anche Draco sia indifendibile, ma ha ragione Narcissa, augurare la morte a qualcuno è davvero una caduta di stile. E comunque un atteggiamento sgradevole da lui me lo aspetto, ma da voi, che vi professate tanto migliori mi aspettavo qualcosa di meglio”
 “Ma lui ha detto ad Hermione che...”
 “Oh Morgana, Ron!” strillò la Granger con voce acuta e incrinata “Malfoy mi ha chiamato Sanguesporco un milione di volte, non me ne frega nulla di quello che pensa lui. Dovreste smetterla di provocarvi a vicenda dato che né voi due, né lui sembrate imparare un bel niente. Vi state coprendo di ridicolo. Entrambi. Questo è il contrario di quel che ci ha detto di fare Lupin, allontanare i Serpeverde li porterà tutti a stringersi con Voldemort.”
 Madama McClan a sentire quel nome parve averne abbastanza e perse tutta la sua precaria pazienza, gridando stridula contro i quattro.
 “Ora basta. Avete oltrepassato il limite da un pezzo. Tutti fuori”
 L'emoor non se lo fece ripetere due volte, scambiò solo un veloce sguardo con la Hermione, ignorando apertamente Harry che la stava osservando in silenzio. 
Uscì all'aria aperta e vide Narcissa che quasi inseguiva il figlio lungo la via principale. Non aspettò che i tre Grifondoro la raggiungessero, si lanciò quasi in corsa verso i due Malfoy. Gridando il nome del ragazzo a gran voce.

. . .

Cosa ti è saltato in mente?” ripeté di nuovo, delusa.
 “Smettila di difendere San Potter” rispose lui con sprezzo e l'emoor sussultò vedendo la smorfia disgustata del ragazzo: aveva quasi dimenticato quelle espressioni odiose di Draco. 
 Narcissa alle loro spalle doveva aver evocato un incantesimo Muffliato, perché i pochi curiosi intorno a loro, distolsero lo sguardo e si allontanarono a testa bassa.
 “Non sto difendendo Harry” puntualizzò esasperata la ragazza “sto parlando del tuo comportamento, Draco”
 “Esatto, il MIO comportamento!” sbottò il Serpeverde, i nervi scoperti “Non ti deve interessare come mi comporto”
 “Ah davvero?” disse acida l'emoor “Beh, io però non ho nessuna intenzione di stare con un ragazzo che non sa nemmeno trattenere gli istinti in pubblico.”
 “Allora va da Weasley, da McGregor, da chi vuoi” gridò lui di rimando “E sappi che io mi trattengo 
costantemente
 “Ragazzi” tentò di intervenire Narcissa, ma venne ignorata da entrambi: erano troppo concentrati a ferirsi a vicenda.
 “Beh, non dovresti farlo” sibilò Emma, lo sguardo fisso negli occhi del Serpeverde “Non dovresti trattenerti quando puoi”
 Lui rise amaro, scuotendo il capo, sembrava aver perso il controllo e c'era qualcosa di spezzato ed esasperato nella sua espressione.
 “E quando posso evitare di trattenermi, 
emoor?” sillabò.
 Emma inghiottì un boccone di saliva, aggrottando la fronte, lo sguardo scuro, il corpo teso e sulla difensiva. 
“Dovresti far vedere le tue emozioni quando sei con chi ti fidi, con me per esempio” disse lentamente, ferita “Dovresti mostrare ciò che provi al posto che cercare di essere sempre duro e freddo e deciso, per poi esplodere come un ragazzino alla prima situazione di tensione! Anzi alla prima situazione in cui 
avresti dovuto trattenerti. Ti sembra intelligente litigare con Harry Potter a Diagon Alley?”
 “Quel negozio è comunque orribile...” tentò lui.
 “Oh ma smettila. Sei patetico...” lo attaccò lei e Draco tese la mandibola e sembrava agitato, sul punto di perdere il controllo.
 “La fai facile tu” disse, il volto pallido rivolto verso Emma “Chi ti tocca a te? La cocca di Piton, l'amica di San Potter, di quegli spilorci dei Weasley e della 
so-tutto-io. Ti proteggono da tutti i lati non è vero? Che ne sai di cosa sto passando io? Nulla. Tu sei l'ago della bilancia, la grande e magnanima emoor. Disprezzami pure quanto vuoi, tanto lo fanno tutti, a me non importa”
 Cadde un silenzio di tomba. L'emoor guardava il ragazzo con sfida e Draco dovette rendersi conto di quello che aveva detto ad alta voce perché tentò di rimediare sussurrando un “
Emma” spezzato e sembrò improvvisamente di cristallo, tanto tagliente quanto fragile.
 “No, Malfoy. Hai ragione.” sibilò lei “Avevamo un accordo: dire sempre la verità. Se questo è quello che pensi. Perfetto.” 
 Fece per andarsene, ma lui le afferrò il polso.
 “No, Emma io...”
 L'emoor si sentiva le guance roventi e un dolore soffocante nel petto, strattonò il braccio, liberandosi, lo sguardo fragile e liquido.
 “
No lo dico io, Draco. Sai cosa? Sarò sincera: sei proprio un borioso Serpeverde egoista. Ho voluto vedere qualcosa che non c'era in te”
 Non seppe perché parlò così, non voleva davvero ferirlo, né dimostrare nulla. Poteva vedere quanto il ragazzo fosse confuso e  già pentito della scena fatta, ma non riuscì a fermarsi. 
Era stufa di cercare di arginare l'inevitabile, di sforzarsi con tutta sé stessa di mantenere in equilibrio ogni cosa.
 “Non ti sei mai accorto di quello che ho passato io.” esalò, la sua fragilità scoperta e visibile sul suo volto “Non te lo sei mai chiesto”
 “Emma” disse lui vagamente spazientito, masticando lentamente le parole, una dietro l'altra “Sicuramente hai avuto i tuoi brutti momenti, ma quello che sto passando io, ti assicuro, è diverso”
 “Brutti momenti? Diverso dici?”
 “Tu non sei sola”
 L'emoor lo guardò storto e poi scoppiò a ridere ed era una risata vuota, spezzata, di chi è stato ferito troppe volte.
 “Non sei sola? Mi sono sentita sola, ma ho deciso di non esserlo Malfoy” disse, uno sguardo tagliente al biondo “Ho scelto di stringermi a Severus, ai miei amici, ma i miei genitori sono morti, ricordi? E hai ragione, è diverso: tu non hai una stupida profezia sulla tua testa, non sei orfano. Hai la tua famiglia, hai me. Hai Daph, Blaise e i tuoi amici. Io sono pronta ad aiutarti, ma non ti chiedi nemmeno quali siano i miei problemi. Dai per scontato che sia tu quello che soffre, quello nella posizione scomoda.”
 “Non puoi capire” sospirò lui, ormai piegato su sé stesso. 
 “Sarebbe così semplice invece comprendere che io posso capirti meglio di chiunque altro, Draco” disse lei, con un tuffo al cuore.

Cadde un silenzio ferito tra loro e Narcissa ne approfittò per avvicinarsi al figlio, puntando però gli occhi chiari sulla ragazza. Emma si chiese se volesse intervenire, ma la donna rimase in silenzio ad osservarli, facendo da muto supporto a entrambi.
 Draco lanciò alla madre uno sguardo incerto, ricevendo in risposta solo un'occhiata severa e l'emoor piegò le labbra, lasciando che il silenzio si dilatasse per un istante, prima di riprendere a parlare.
“Sarebbe così semplice, Draco, ma tu non capisci e non ci provi nemmeno.” sospirò affranta, le braccia a penzoloni lungo il corpo “Non hai visto che una piccolissima parte delle mie sofferenze, perché temevo che per te sarebbe stato troppo. Non mi hai mai visto svegliarmi di notte con gli incubi. Non ti sei mai chiesto se il mio punto di vista fosse difficile. 
Mai. Sei sempre stato concentrato su quanti sforzi tu stessi facendo per riuscire a stare con me senza vergognarti in pubblico, ma mai ti sei domandato se stessi facendo la medesima fatica. Hai sempre dato per scontato che io non potessi desiderare di meglio, invece forse anche per me non è  piacevole”
 “Tu ti vergogni di me quindi?” chiese tagliente il Serpeverde e lei serrò le labbra esasperata, gli occhi umidi di pianto. 
 “È davvero l'unica cosa che hai capito del mio discorso?” mormorò “E comunque sì, oggi mi hai fatto davvero vergognare.”
 Draco finalmente la guardò in viso. Gli occhi grigi dilatati, pallido, fragile. Per un istante parvero vedersi davvero, senza maschere, ferite e cicatrici, presunte o tali. Il ragazzo tremò, cercando respiro.
 “Emma mi dispiace, credimi. Davvero” disse d'un fiato, in parte in imbarazzo forse, troppo debole e codardo per sputarle in faccia tutto quello che sentiva dentro e lo schiacciava. Lei lo fissò seria. 
 Sapeva che per Malfoy non era semplice chiedere scusa, eppure non riusciva ad ignorare il dolore che sentiva al petto, gli insulti che gli aveva sentito dire e le lacrime che voleva versare.
 “Forse dovresti dimostrarlo Draco quanto ti dispiace e smetterla di giocare a chi soffre di più” disse solo, con distacco e lui rimase in silenzio, mentre lei lo osservava prendere piccoli respiri, cercando disperatamente qualcosa da dire.
 “Non me la sono mai presa con te per mio padre” provò balbettando il ragazzo e lei inarcò un sopracciglio, contrariata, trattenendo la rabbia a stento.
“E io non me la sono mai presa con te per ciò che sei, per la tua famiglia, per le tue idee diverse dalle mie.” rispose mite, ma diretta “Ti ho difeso davanti a tutti i miei amici, senza pensarci un solo secondo. Frequento la tua famiglia con tutto l'affetto e la dignità del mondo, vivo persino con un Mangiamorte, ma se sono orfana è a causa di qualcuno di voi. Non dimenticarlo”
 “Lo so” sussurrò improvvisamente affranto lui ed erano vicini, una manciata di centimetri tra i loro volti.
 “E allora perché ti comporti così?” chiese, sincera e quasi sobbalzò quando la mano di Narcissa si posò dolcemente sulla sua spalla.

“Emma, credo che Draco stia solo passando un brutto momento, prova a scusarlo” disse la donna con tono gentile “Hai ragione sicuramente su molte cose, lui non è forte come te, ma forse questo è in parte anche per colpa mia: l'ho un po' viziato.”
 Allungò la mano per carezzare il braccio del figlio, gli occhi chiari che brillavano di affetto, senza lasciare la spalla dell'emoor e i due ragazzi rimasero in silenzio, gli sguardi bassi, mentre Narcissa sospirava piano, consapevole di dove chiudere le ferite che si stavano creando tra loro e quando parlò lo fece lentamente, come se stesse misurando con cura ogni singola parola, 
clinica.
 “Io trovo Potter... 
fastidioso, lo ammetto” spiegò “Inoltre sono la madre di Draco quindi mi viene istintivo proteggerlo, ma sono certa che potevo anche io fare di meglio in quel negozio. Sbagliare è umano, Emma. Detto ciò permettimi di dire che Draco è il mio unico figlio e sono davvero grata che tu gli sia accanto.”
 L'emoor distolse lo sguardo dal ragazzo per osservare la madre, stupendosi una volta di più dell'armoniosità dei suoi tratti e dalla regalità del suo portamento. Era evidente che l'esperienza, la pazienza e l'attesa avessero temprato quella donna più di altri.
“Io Narcissa...” mormorò la ragazza.
 “So che non è facile” la fermò lei “Ma non rinunciate a quello che avete, qualunque sia la natura del vostro rapporto, che non conosco appieno perché Draco non mi ha ancora...”
 “Anche io” intervenne secco Malfoy, nel tentativo di zittire la madre e guardò in volto l'emoor, come una preghiera “Anche io sono davvero grato che tu mi sia accanto Emma”
 La Corvonero alzò prima lo sguardo verso Narcissa, facendole un piccolo sorriso, poi si volse verso Malfoy, cercando di metabolizzare le sue parole. Si sentiva stanca e spossata, stufa anche di litigi e tensioni che andavano avanti da almeno una settimana. Essere l'ago della bilancia era già diventato estenuante.
 “Draco imparerà a vedere il tuo valore Emma, credimi.” disse Lady Malfoy “Vi lascio parlare con tranquillità, io ho bisogno di un vestito nuovo. Perché non vi chiarite e poi ognuno va farsi un giro da solo per distendersi un poco? Stasera abbiamo una cena importante al Manor ed è sempre meglio arrivarci con la mente sgombra” 
 Sorrise a entrambi con dolcezza, poi girò loro le spalle e si allontanò, con il suo passo morbido e sicuro e quello che i ragazzi non videro furono gli occhi della donna, che brillavano di soddisfazione e sollievo, perché per la prima volta in vita sua Narcissa Black aveva trovato un'alleata. 
 Perché Emma O'Shea avrebbe fatto di 
tutto per salvare il suo Draco. Non lo aveva rifiutato dopo l'orribile comportamento del figlio contro i suoi amici, anzi aveva battagliato, aveva provato a capirlo e a farsi capire, con determinazione. 
 Nonostante fossero evidenti i loro schieramenti diversi, Emma non lo avrebbe lasciato indietro, non facilmente almeno e Narcissa Black sapeva bene che una persona che farebbe di tutto per proteggere l'altra è una risorsa, di quei tempi, più preziosa di qualunque cosa.
L'emoor scostò lo sguardo dalla schiena di Lady Malfoy e si voltò.
 “Tua madre è una gran donna” disse e il Serpeverde annuì.
 “Lo so” rispose, aveva gli occhi distratti e color grigio tempesta.
 “Penso che tu abbia davvero sbagliato in quel negozio, Draco” chiarì secca “e non riesco a perdonarti su due piedi”
 “Ok. Mi dispiace. Sono solo un po' nervoso” 
 “Ho notato” sibilò Emma e poi sospirò arresa quando Draco le afferrò una mano e la baciò velocemente sulle labbra.
 “Ti dispiace allora se faccio un giro? Come ha consigliato mia madre.” propose lui “Tu non volevi vedere il negozio dei Weasley?"
 L'emoor annuì assorta, ragionando se il dividersi dopo quel litigio così violento fosse la scelta migliore. 
Voleva un suo abbraccio.
 “Allora ci vediamo lì, ok?” insistette il biondo.
 “Passi a prendermi dai Weasley?” chiese lei stupita.
 “Sì, certo” disse lui ed era ancora tranquillo, in controllo.
 “Ok.” rispose e cercò di sorridere al ragazzo, ma non ci riuscì. 
 Lo guardò allontanarsi con una strana tristezza, perché era la prima volta che litigavano così e il peso delle loro diverse fazioni gravava sulle loro spalle, così come il dolore e la rabbia che aveva visto sul volto di Draco che sembravano più profonde di una ferita.

. . .

“Me lo sto immaginando o quella che vedo è Emma O'Shea?”
 Fred e George Weasley, i completi nuovi di pacca e l'aria canzonatoria, le stavano sorridendo smaglianti ed Emma corse loro incontro e li abbracciò felice, facendo finire per un momento Draco Malfoy e la loro litigata in fondo ai suoi pensieri. 
 Fred sorrise nel stringerla, George quasi la sollevò da terra facendo un giro su sé stesso, tenendola contro di sé e l'emoor si rese conto che le erano mancate le facce allegre dei due.
Il negozio in cui si addentrarono subito dopo era una manata di colore e allegria. Suoni, luci e trilli scoppiavano intorno a loro, in mezzo a bolle di sapone rosate e gufi che sfrecciavano sopra le loro teste, portando le lettere degli ordini.
 “È incredibile” esclamò la Corvonero, realmente impressionata, mentre i gemelli le mostravano ogni cosa.
Emma riconobbe alcuni dei prodotti, ma si rese conto che i ragazzi avevano ampliato di molto la linea e non riusciva a capire quando avessero avuto il tempo di lavorare a tanto materiale.
 “Cosa ne pensi?” chiese George.
 “Andate alla grande eh?” rispose Emma.
 “Grazie al gemello più affascinante” intervenne Fred
“E al più intelligente” precisò l'altro.
 “Siete davvero incredibili” mormorò l'emoor ridendo, provando un forte orgoglio per i due e quel che avevano creato.
 “Non eri tu che avevi dubitato di noi?” chiese Fred.
“Oh, giusto. Emma diceva che avremmo dovuto prendere in considerazione tutti gli aspetti prima di abbandonare la scuola” precisò George e la ragazza lo spintonò gentilmente. 
 “Il fatto che io sia preoccupata costantemente per voi non significa che non abbia fiducia nei vostri progetti.” rispose allegra, prendendo entrambi i Weasley a braccetto.
 “Tra l'altro ti farà piacere sapere che i gemelli Harrods hanno chiesto di lavorare qui” disse Fred “Ma abbiamo detto loro di tornare quando avranno ottenuto i loro MAGO” aggiunse George.
Emma sorrise “Ve ne sono grata.”
 Passarono accanto a un piccolo cesto pieno di esserini simili a una palletta di pelo rosa, che galleggiavano felici, gorgogliando. Un gruppetto di persone si era fermato a guardarli.
 “Puffole Pigmee” esclamarono insieme i Weasley.
“Se ne prendete tre avrete un 10% di sconto!” quasi urlò Fred nella direzione di altre tre ragazzine che si erano sporte ad osservare.
 “Ciao Ems” 
 L'emoor si voltò di scatto e trovò Ginny, apparsa improvvisamente alle loro spalle, le braccia cariche di prodotti.
 “Ciao Gin” la salutò, felicissima di vederla.
 La rossa agitò una scatola sotto il naso dei fratelli dicendo “Forti questi” e loro sorrisero entrambi, evidentemente compiaciuti. 
 “Meno male che ci sei tu, Ginny, a raccogliere la nostra eredità, se dovessimo affidarci a Ron saremmo finiti” disse Fred e lei alzò appena gli occhi al cielo e si voltò di nuovo verso Emma, chiedendo: “Malfoy? Non doveva esserci anche lui?” per poi guardarsi intorno come se si aspettasse di vedere il biondo.
 “In giro” rispose asciutta l'altra “passa di qui dopo.”
 “Ah, giusto” intervenne George con sguardo indagatore “Qualcuno ci ha riferito che dopo la nostra partenza sei completamente ammattita e non sei più solo interessata al Serpeverde, ma vai in giro mano nella mano con lui.”
 “I rischi del mestiere” rispose Emma con una smorfia storta e furba “La scelta per voi era tra lasciare scuola e aprire un negozio di scherzi di enorme successo, oppure rimanere ad Hogwarts per preservare la mia integrità”
 Ginny scosse la testa esasperata dal sarcasmo dell'amica, ma George fece una smorfia stupita all'emoor, sgranando gli occhi.
 “Hai fatto una bella battuta Ems”
 “Ron e gli altri?" chiese Emma a Ginny. Aveva visto i signori Weasley e Bill poco distanti, ma nessuna ombra del trio e sebbene non avesse nessuna voglia di discutere con Harry e Ron di nuovo,  avrebbe voluto parlare con Hermione, anche solo per scusarsi al posto di Malfoy e chiederle se andasse davvero tutto bene.
“Non so, erano qui fino a poco fa” mormorò Ginny, dando prova di non essere ancora al corrente della litigata avvenuta da Madame McClan e l'emoor strinse le labbra preoccupata, indecisa se raccontare il tutto alla rossa, ma Fred la trattenne per un braccio.
 “Io comunque non mi stupisco” disse il rosso, con il volto ancora pensieroso “Hai sempre avuto gusti da schifo con i ragazzi. Ricordi quando hai detto che tra me e George preferivi George? Avrei dovuto capirlo che qualcosa non andava in te”
 L'altro gemello fece una smorfia fintamente offesa, che fece ridere entrambe le ragazze e gonfiò il petto all'infuori.
 “Questo è un colpo basso fratellino” ribatté ed Emma gli fece un buffetto gentile, tornando a guardare Fred.
 “Per fortuna tu hai un'ottimo gusto in ragazze, che mi dici di Lilith?” ribatté e lui le fece un sorriso felice. 
 “Grazie per avermelo chiesto, va meravigliosamente. Le avevo promesso che se il negozio fosse bene, tra due anni le avrei fatto fare un piccolo viaggio, ma di questo passo la porterò con me da qualche parte già l'estate prossima.”
 “Dovrai pagarmi profumatamente per gestire il negozio da solo” gli ricordò il gemello, facendogli un sorriso furbo e smagliante, mentre si sistemava pomposamente la cravatta.

Emma salutò i signori Weasley, molto contenti di rivederla e rimase per un'altra mezzora a chiacchierare con George, mentre Fred amministrava il negozio da bravo manager e Ginny sbirciava i prodotti sugli scaffali. In quel piccolo spazio colorato c'era allegria, svago e speranza. Tutto quello di cui l'emoor aveva bisogno.
 “Avete fatto proprio un bel lavoro” disse, sorridendo allegra.
 “Lo sappiamo, ma grazie di averlo sottolineato” rispose George.
 Emma guardò la Puffola Pigmea che i Weasley le avevano regalato.
La pallina di pelo galleggiava a pochi centimetri dalla sua mano.
 “Questo è il tuo regalo di scuse per il il calice di fuoco?”
 “Come scusa?” chiese George confuso.
 “Quella volta, quando tu e Fred avete pensato di superare la linea d'età di Silente e siete stati trasformati in...”
 “Ricordo perfettamente” disse il gemello accigliato “ma non capisco cosa c'entri con la tua nuova Puffola”
 “Merlino, sarai quello sveglio dei due, ma non hai grande memoria” lo prese in giro l'emoor “Mi avevi promesso delle scuse, che mi hai fatto in infermeria e un bellissimo regalo quando saresti diventato ricco e famoso, mi chiedevo se questo fosse la Puffola” 
 Il ragazzo scoppiò a ridere di gusto, avvolgendo le spalle dell'amica con un braccio e stringendosela al petto.
 “Hai una memoria di ferro O'Shea, ma no, ho intenzione di diventare ancora più ricco e famoso prima di farti quel regalo.”
 “Hai uno stuolo di ammiratrici già così pare” disse Emma, facendo cenno ad un gruppetto di ragazze che poco più in là, da dietro uno scaffale, fissavano imbronciate l'emoor,  probabilmente a loro parere troppo vicina al rosso “Quanta fama vuoi ottenere ancora?”
 George ghignò nella direzione del gruppetto di spasimanti, facendo un cenno di saluto esageratamente ammiccante, che fece scuotere la testa alla Corvonero.
 “In effetti non sto andando affatto male” disse allegro “ma si può fare sempre di meglio, giovane O'Shea”
“Anche diventare più affascinante di così?”
“Quello è semplicemente impossibile” sorrise furbo il rosso “Lo sai, io sono già il più affascinante.”
 La ragazza rise liberamente e sul suono della sua risata la puffola tremò appena e fece qualche volteggio sulla sua mano.
 “È proprio carina sai? Credo che la chiamerò Gred”
“Ce la vedo bene sul comodino di Piton” disse il gemello ed Emma si fece sfuggire un altro sorriso, immaginandosi effettivamente per un attimo il tutore con la puffola sulla spalla.
 “Idiota” lo prese in giro, ricevendo un bacio sulla guancia destra.
 Voleva davvero bene ai gemelli Weasley, entrambi, ma soprattutto era affezionata a George. Non sapeva perché, i due in fondo si assomigliavano molto, e tutti e due erano sempre stati gentili con lei, ma lei riusciva a coglierne le differenze. 
Fred era divertente, spiritoso e irriverente, era da lui che partivano quasi tutti le idee geniali dei gemelli e aveva una grande vitalità, eppure era George che senza mai battere ciglio le rendeva possibili, era lui che aggiungeva una punta di sarcasmo ad ogni battuta di Fred e lui che appoggiava il fratello senza mai tentennare. 
 Emma era affezionata a George e a quello sguardo pieno di amore che il gemello mandava sempre al fratello di poche ore più grande e lo considerava un amico speciale su cui sapeva di poter contare.

“Credo che Malfoy sia fuori ad aspettarti” le disse il ragazzo in questione, interrompendo i suoi pensieri e trattenendo a stento una risatina “Dall'espressione sembra che stia lottando con il suo cervello. Ah a proposito ne ha uno?”
 Emma fece lui un'occhiata di bonario rimprovero e si voltò.
 Draco era effettivamente fuori dal negozio con uno sguardo perplesso, pallido e stretto nel suo mantello sembrava palesemente a disagio e indeciso se rimanere o allontanarsi. L'emoor posò la puffola sulla spalla e si avviò verso di lui seguita a ruota da George.
 “Malfoy!” lo chiamò il gemello, raggiante, anticipando l'amica.
 Il Serpeverde mosse lentamente lo sguardo sul ragazzo e quando George allungò la mano verso di lui, gliela strinse brevemente, scrutandolo attento però con gli occhi chiari.
“Non vuoi fare un giro?” chiese Weasley, affabile, vedendo che l'altro non proferiva parola.
 “È bellissimo dentro Draco” sorrise Emma al biondo.
 “Non oggi” rispose il Serpeverde “avete fatto un bel lavoro sembra” aggiunse poi come per sembrare educato.
 “È bello sentire un apprezzamento da te” sorrise il gemello.
 “Malfoy” gridò Fred alle loro spalle, avvicinandosi a loro con grandi falcate “Non ti aspettavamo”
 “Sono solo passato a prendere Emma.” ribatté il biondo sulla difensiva ed era evidentemente stupito dall'accoglienza calorosa che gli stavano riservando i due gemelli Weasley.
 “Non fai un giro?” chiese Fred.
 “Dice non oggi” rispose George, ammiccando al ragazzo accanto a lui, che aveva un'aria sempre più confusa.
 Emma gli afferrò la mano, facendogli un piccolo sorriso.
Sii gentile e dimentichiamo la litigata di prima sembrava dirgli.
 “Però mi sono complimentato” mormorò Malfoy.
 “Ma grazie” rispose Fred con un buffo inchino e poi gli lanciò un pacchettino che Draco afferrò goffamente.
 “Polvere buio pesto peruviana” disse il rosso, raggiante “Un omaggio della casa” precisò George.
 “A che serve?” chiese cauto Draco.
“Beh, Buio Pesto, Malfoy, se ti sforzi secondo me ci arrivi.” disse Fred canzonandolo e Draco tese la mandibola per il nervoso, ma l'emoor sorrise divertita, grata ai gemelli di quell'accoglienza così genuina.  
Sapeva che i due, pur disapprovando il ragazzo, non l'avrebbero mai privata del loro appoggio, così come sapeva che se Malfoy le avesse fatto del male gli stessi che ora gli sorridevano pacati sarebbero andati a cercarlo in capo al mondo per distruggerlo e questo, in parte, la confortava.
“Noi andiamo” disse la ragazza ai due e lasciò la mano del Serpeverde per abbracciarli entrambi.
“Malfoy, a proposito di come trattare la piccola Emma.” intervenne George mentre ancora stringeva l'amica “Ti hanno già detto...”
 “Mago avvisato mezzo salvato” concluse Draco per lui, amaro.
 “Credo che tu sia la terza minaccia che riceve” spiegò Emma bonariamente, sorridendo a entrambi “E Ginny vi ha battuto largamente sul tempo, temo”
 “La tratterò bene” rispose a sorpresa Malfoy con grande serietà, guardava i due Weasley negli occhi con aria sicura, forse lievemente strafottente ed Emma si ritrovò a pensare con stupore che probabilmente Draco non li disprezzava come faceva con Ron Weasley, anzi, intuiva un sottile rispetto.
 “Ti aspettiamo dentro allora, la prossima volta” sorrise Fred e il ragazzo biondo annuì, facendo un ghigno sghembo. 
“Grazie per... pesto buio” disse con un cenno al pacchettino, prese Emma per mano e si allontanarono, mentre l'emoor si voltava un'ultima volta per sorridere ai due amici.
 “Beh che dire Fred.”
 “Il mondo cambia caro George.”
 “Speriamo”
“Certo che un Serpeverde...”
 “Biondo, per di più”

*

I successivi giorni al Manor furono molto strani.
 Persino Emma, che non sapeva nulla di ciò che succedeva nelle stanze del posto, all'infuori della sua camera degli ospiti dove dormiva, del salottino in cui passava il tempo con Narcissa e della serra in cui andava con Draco, se ne era accorta. 
C'era un notevole via vai di Mangiamorte e uno strano silenzio che sembrava annunciare qualcosa che tuttavia non si verificava mai e dopo una settimana, arrivato al momento di tornare a Spinner's End, l'emoor aveva accumulato così tanta tensione da quelle pareti che non poté che dirsi sollevata all'idea di andarsene. 
 Non le fu permesso di salutare Draco e Severus cercò di consolarla ricordandole che si sarebbero visti a breve sull'espresso di Hogwarts.
 Stare vicino al ragazzo, comunque, era stato molto difficile, nonostante dopo la litigata lui si fosse comportato con inusuale gentilezza ed entrambi avessero evitato qualunque tipo di argomento delicato tra loro, ma Emma non lo aveva mai visto  distendersi, se non per brevi momenti nella serra, dove lui si sentiva forse più tranquillo, vista anche la distanza dal Manor e lei aveva costante paura di sbagliare e di ferirlo inaspettatamente.
 Draco era infatti chiaramente spaventato e in allerta, pronto a scattare al minimo rumore, a Emma sembrava un animale braccato e decisamente solo l'ombra del sarcastico e strafottente Serpeverde che lei ricordava tra i corridoi di Hogwarts e a volte, dietro quei lineamenti stravolti, le occhiaie e la stanchezza evidente era difficile anche scorgere il ragazzo dolce, orgoglioso e attento di cui si era innamorata e che stava imparando a conoscere. 
 L'emoor aveva però deciso di rimandare le domande e si prendeva semplicemente cura di lui come poteva, con dolcezza e attenzioni di cui il ragazzo sembrava avere un gran bisogno.
Stava imparando a leggere le persone che erano intorno a lei, Emma, si era abituata alla freddezza insita nella famiglia Malfoy, scudo di un animo più fragile, aveva compreso quando il silenzio si trasformava in un'arma e il suo periodo al Manor l'aveva resa soprattutto anche più consapevole sulla sua posizione e, almeno in parte, delle sue potenzialità.
Alla Tana Emma si sentiva in famiglia, libera di essere se stessa, accolta e amata. Non seguiva le riunioni dell'Ordine, ma tutti la conoscevano e sapevano della sua peculiare posizione tra le due fazioni e per questo nessuno si azzardava a fare domande scomode, anzi cercavano sempre di farla sentire protetta e benvoluta.
 Al Manor ovviamente, soprattutto all'inizio della sua permanenza, era diverso. Nessuno le faceva domande nemmeno lì, ma non per gentilezza, o attenzione nei suoi confronti. Semplicemente nessuno la conosceva davvero, molti la guardavano con evidente sospetto, e a dirla tutta non si sentiva nemmeno così accolta, nonostante le attenzioni di Narcissa e l'affetto scomposto di Draco.
Lo scetticismo evidente di chi non era sicuro che fosse giusto che Emma fosse al Manor, l'aveva inseguita ovunque, eppure, in un qualche modo, dopo cinque giorni, persino la gente che passava di lì aveva cominciato a considerarla di casa.
 
I Mangiamorte si facevano vedere senza problemi senza maschera da Emma ora, anzi, alcuni di loro, come per esempio Nott senior, la salutavano con gentilezza quando la incrociavano. 
L'emoor aveva anche un posto che occupava tutte le sere al tavolo della famiglia Malfoy, seduta tra Draco e Severus, quando presenti e la curiosità, o gli sguardi truci iniziali, erano progressivamente scemati, tanto che nessuno sembrava far più caso nemmeno alla vicinanza che la ragazzina dimostrava di avere con il suo tutore.  
Persino per i Mangiamorte quindi, l'emoor era diventata lentamente una figura abituale, la consideravano evidentemente tutti una di loro, o per lo meno innocua e per la prima volta la ragazza aveva davvero capito cosa volesse dire essere l'ago della bilancia e quanto potesse essere pericoloso e cruciale il suo ruolo.

. . .

Tornando verso Spinner's End Emma e Severus si smaterializzarono distanti da casa, per poter camminare un po' insieme, senza l'aria cupa del Manor a soffocarli, o peggio l'ingombrante e sgradevole presenza di Peter Minus a far da muro tra di loro.
 “Sei stata molto brava in questi giorni” le disse l'uomo e lei sorrise perché i complimenti del tutore erano sempre ben accetti, anche se si era solo comportata in maniera educata, cercando di non dare troppo nell'occhio e assicurandosi di tenere chiusa la mente.
 “Dico davvero” riprese Piton “nessuno ha palesato lamentele per la tua presenza al Manor, anzi in un certo modo danno per scontato il fatto che ci si possa fidare di te. È un grosso risultato, credimi”
 “È la tua influenza Sev, sei piuttosto rispettato lì dentro.”
 Lui arricciò le labbra e le lanciò uno sguardo scuro e attento, Emma calciò un piccolo sasso che saltellò sul terreno sconnesso della via. 
 In lontananza, al di sopra delle verdi colline, gli alti comignoli della vecchia fabbrica disperdevano fumo grigio nell'aria.
“Forse in parte è così” concesse Piton “ma il tuo comportamento è stato davvero ineccepibile, persino Bellatrix ha speso una parola di interesse per te, è incuriosita. Ai loro occhi sei sembrata davvero la perfetta ragazza di un Serpeverde.”
“Ma io sono la perfetta ragazza di un Serpeverde” gli ricordò Emma ridacchiando e l'uomo arrossì leggermente, sibilando appena un “Touché” tra i denti, ancora non avvezzo, o arreso, al rapporto sempre più stretto tra lei e Draco.

Avrebbero potuto aggiungere altro, ma non lo fecero. Avevano imparato a comprendersi in silenzio, a fidarsi senza bisogno di conferme. Il Manor le aveva insegnato, anche il valore degli sguardi, del sangue, dell'assenza e dei legami e quello tra lei e Piton era un legame ben più saldo della magia nera che impregnava quel luogo.
Camminarono e basta, in silenzio, mantenendo lo stesso passo, ignorando la curiosità degli abitanti della via e tornati nel tepore di quella che ormai era a tutti gli effetti casa, si comportarono ancora come se indossassero le loro maschere.
 Emma non nascose la gioia di rincontrare Glimpsy, ma fece solo un gesto secco verso Codaliscia, trattenendo il suo disgusto, per poi entrare in camera sua e chiudere la libreria dietro di sé. 
 Preparò il baule per tornare ad Hogwarts fino all'ora di cena, persa nei suoi pensieri, ben contenta di avere una buona scusa per poter evitare completamente quello che Piton definiva “il ratto”. 
 L'idea che, tornando ad Hogwarts, non avrebbe più dovuto avere a che fare con Minus la riempiva di gioia, ma allo stesso tempo provava un po' di rabbia al pensiero che quell'estate, senza di lui a seguirla ovunque, avrebbe potuto essere molto diversa.
 Le mancava davvero stare con Severus a Spinner's End in naturalezza, le mancavano le passeggiate insieme alle colline, le battute secche del tutore che si spezzavano con un sorriso, le mancava leggere davanti al fuoco fino a tardi commentando insieme i libri che tenevano tra le mani, le mancava soprattutto il contatto umano, ma Codaliscia era lì a rovinare tutto.
 Al tavolo della cena l'umore non migliorò. Nessuno proferì parola ed Emma come al solito ebbe solo la sgradevole sensazione che Minus la fissasse di sottecchi, come se la studiasse. 
 La ragazza mangiò masticando lentamente, gli occhi fissi sul piatto e sperò con forza che dopo cena Piton dovesse preparare qualche pozione per potergli dare una mano. 
Sentiva di aver bisogno di un momento sincero con il tutore prima di tornare a scuola e la preparazione delle pozioni era una delle poche cose che erano rimaste uguali a sempre, perché era un qualcosa di normale, schematico, che non poteva destare nessun sospetto.
Qualcosa su cui nemmeno Codaliscia avrebbe avuto da ridire e su cui loro due potevano abbassare la guardia. Almeno un po'.
Perché in nessun altro caso Piton cedeva mai ad abbassare le sue difese, anche se la sera il ratto si ritirava nella stanza che era stata creata per lui e poteva così sembrare innocuo.
 Severus non si fidava. Mai. Anni e anni di dolore e preparazione lo avevano portato a provare un costante sospetto e per questo protetta e tutore non smettevano mai di indossare le loro maschere fintanto che si trovavano tra le mura di Casa. 
Ora anche io ho una maschera per difendermi dal mondo. 
 
Pensò la ragazza amara e il suo sguardo saettò d'accusa in quello di Peter Minus che ridacchiava tra sé fissandola.

Dopo cena Piton si mise seduto a leggere senza accennare al preparare una pozione, né tantomeno a parlare con Emma, quindi lei, tesa, si sedette a sua volta in poltrona, masticando malumore e immaginando che la serata fosse così persa. 
 Minus si ritirò nella sua stanza come previsto, Glimpsy sparì probabilmente ad Hogwarts e il silenzio pesò per un istante prima che il suono inatteso del campanello lo spezzasse.
 Emma inarcò un sopracciglio, perplessa e Severus lanciò lei una brevissima occhiata di intesa, come quando arrivavano i Mangiamorte, poi si alzò e andò all'ingresso, la bacchetta in pugno.
 Aprì solo uno spiraglio, sufficiente per controllare l'esterno, mentre l'emoor chinava il capo per continuare a guardare il libro che aveva sulle ginocchia, fingendo di leggere e provando a ignorare la sottile tensione che la invadeva ogni volta che ricevevano un visitatore.
 “Narcissa” disse Piton con una vena di stupore “che bella sorpresa”
 La Corvonero sospirò all'istante di sollievo e si alzò con naturalezza, chiudendo il libro per andare incontro alla donna.
 Anche Bellatrix Lestrange entrò dalla porta alle spalle della sorella.
 “Emma” la salutò la madre di Draco, gli occhi stranamente lucidi.
 “Non dovremmo essere qui” sibilò invece Bellatrix.
 “Ciao Bella” le disse con distacco l'emoor e la donna le fece solo un cenno con il mento, come se l'avesse appena notata.
 “Draco?” chiese Emma alla donna bionda, affiancandosi al tutore.
 “Sono qui per parlare con Severus proprio di lui” le rispose lei con un sorriso tirato “Possiamo rubarvi un momento?”
 “Emma per cortesia, fai accomodare le nostre ospiti” le chiese Piton con tono strascicato “Posso offrirvi qualcosa da bere?”
 Emma si voltò verso di lui e lo osservò con attenzione, rendendosi conto, con leggero stupore, che era teso. Lui però la ignorò e al cenno di assenso delle due donne appellò una bottiglia e dei bicchieri e versò il vino dall'aria pregiata.
 L'emoor si riscosse e fece cenno alle due donne perché si accomodassero sul divano logoro. Narcissa sembrò affondarci come se tutte le sue forza l'avessero abbandonata, mentre si torceva le mani con aria disperata che Emma non le aveva mai visto, mentre Bellatrix, evidentemente nervosa, si sedette rigida accanto alla sorella, pronta a scattare in piedi al minimo pericolo, come se si aspettasse da un momento all'altro un attacco.
 “Severus” disse Narcissa, una volta che anche l'emoor e l'uomo si furono accomodati “So che tu sai. Lo so per certo. Lui si fida.”
 “Narcissa” disse lentamente Piton “Se non hai la certezza che io sia al corrente di qualcosa non dovresti parlare con me di piani dell'Oscuro Signore, se non è stato lui a chiedertelo”
 “Che ti dicevo?” sibilò con cattiveria Bellatrix.
 “Che piano? Cosa c'entra Draco?” chiese subito allarmata Emma.
 “Nessuno ha detto che Draco centra qualcosa” disse lentamente Severus, guardando torvo la protetta.
“Narcissa ha detto di essere venuta qui per parlare di Draco e ora ti sta dicendo di un piano.” ribatté l'emoor, piccata, ma un tonfo sordo li fece tendere tutti insieme, il panico sui volti.
 “Scusate” disse Piton, agitò la bacchetta e si sentì uno squittio “È Codaliscia, ha preso l'abitudine di origliare, non so cosa abbia in mente, ma ora dovrebbe essere a posto. Emma puoi controllare?”
L'emoor sbuffò nervosamente, perché aveva la sensazione che Severus stesse cercando a tutti i costi allontanarla dalla stanza, ma si alzò, andando verso la porta  della camera di Minus.
 Le scale che tortuose che salivano di un piano sembravano fatte appositamente in modo scomodo per dar noia al suo occupante.  
 Emma le fece quasi di corsa, affacciandosi sulla soglia della camera del ratto senza avere cura di bussare.
 “Severus è incazzato Minus. Smettila di origliare.” disse fiacca, lanciando un'occhiata di sprezzo all'ometto che la guardava con occhi porcini, rendendosi conto blandamente che inm quel momento, almeno dall'esterno, doveva sembrare molto simile a Draco quando maltrattava i Grifondoro.
“Emma, Emma” squittì l'uomo, avvicinandosi velocemente e afferrando svelto la mano della ragazza.
 “Non mi toccare” sibilò subito lei, sentendo lo stomaco contrarsi per il disgusto. Era più forte di lei, odiava quell'uomo.
 “Io ti conosco bene Emma Piton O'Shea.” sibilò il ratto e l'emoor alzò gli occhi al cielo davanti a quei vaneggiamenti e lanciò lui l'ennesimo sguardo disgustato, arretrando di un passo.
 “Smettila di origliare, te lo ripeto.” rimarcò con rabbia.
 “Sicura di fidarti di Piton?” chiese l'animagus con un ghigno, ma lei tirò fuori la bacchetta, puntandogliela contro.
 “Taci” mormorò, non aveva tempo di perdere tempo con quell'uomo quando al piano di sotto stavano parlando di Draco.  
Scese velocemente le scale tornando nel soggiorno, Narcissa sembrava avesse ingoiato un rospo vivo e anche lei adesso era seduta rigidamente sul bordo del divano, protesa verso Piton, che la guardava con misurata freddezza. 
 Appena l'emoor entrò nella stanza la donna però alzò subito lo sguardo liquido di lacrime su di lei, facendole un sorriso stanco.
“Eccoti Emma” disse dolce e lei capì che per qualche motivo l'aveva aspetta prima di parlare e notò che aveva il volto stravolto da una smorfia che sembrava un misto di disgusto e paura.
 “Draco dovrebbe essere fiero” sibilò Bellatrix.
 “Fiero di cosa?” chiese l'emoor, tornando a sedersi sulla poltrona.
 “Emma, per cortesia, in camera tua” disse Severus con voce grave.
 “No” rispose lei e vide gli occhi del tutore trapassarla con rabbia.
“Non ti stavo lasciando scelta, Emma: in camera tua” ripeté lui con tono incredibilmente basso e minaccioso, che non aveva mai usato contro di lei, ma l'emoor non si mosse.
 “Io mi fido di Emma, so che farebbe qualunque cosa per Draco” intervenne pacata Narcissa “Per me può rimanere”
 “Penso” disse Severus, scoccando un'occhiata velenosa alla donna  “che Draco sia sufficientemente adulto per parlare con Emma se lo desidera. È profondamente scorretto che lei assista a questa conversazione, Narcissa e lo sai anche tu”
 “Draco è in pericolo?” chiese Emma, ignorando il tutore e guardando la donna negli occhi.
 “Potrebbe esserlo” rispose lei, osservando la ragazza con dolcezza  “Ma penso che se Severus potesse...”
“NARCISSA” la fermò furente l'uomo “Ti prego di smetterla immediatamente di parlare con mia figlia.”
Faceva paura, si era alzato in piedi con foga ed era tanto furioso da essere al limite di perdere il controllo, temibile.
Emma lo aveva visto così solo poche volte e ne intuì la pericolosità, ma il motivo per cui il silenzio cadde pesante nella stanza non era la rabbia dell'uomo, né il calice di vino pregiato versato sul pavimento, era un altro: Severus aveva detto 'mia figlia'.
Non figlioccia, pupilla o protetta come era solito fare. Aveva detto figlia, con un senso di protezione che aveva fatto sussultare le tre donne.
 Emma dovette trattenersi per non lasciarsi andare a un sorriso dolce davanti all'ennesima conferma di quanto Severus si fosse affezionato a lei e si guardò intorno allarmata, intuendo il pericolo.
 Bellatrix Black infatti, gli occhi scuri dilatati dallo stupore, aveva inclinato il capo con aria da predatore, probabilmente prendendo nota un fatto preciso: Severus Piton teneva ad Emma O'Shea, ma quella che in quella conversazione ci vide ben altro, fu Narcissa.
Narcissa infatti ci vide un ulteriore appiglio.

“Severus” mormorò subito con accorato interesse, chinandosi verso il vecchio amico e afferrandogli il polso “devo chiederti scusa, so che non vorresti mai mettere Emma in pericolo, ma tu per questo puoi capire la mia preoccupazione”
“Anche se potessi non vedo cosa c'entro io, Cissa” sibilò lui, tornando illeggibile “E ti ripeto: tu non dovresti parlarne”
 “Ha ragione” intervenne Bellatrix con sprezzo, come se le costasse moltissimo dare ragione a Piton, ma Narcissa la ignorò, cercando lo sguardo di lui con ansia.
 “Voglio solo che in questo periodo, difficile e delicato, tu mi prometta di proteggere Draco.” disse con voce rotta “Severus, è mio figlio, il mio unico figlio, capiscimi”
 “Draco è un mio studente” rispose lui asciutto “ovviamente lo proteggerò, ma non parlerò con l'Oscuro per metterlo in una posizione migliore, non sono uno sciocco Narcissa”
“Severus ti prego” ripetè lei implorante, scoppiando in lacrime “Tu sai cosa intendo, ti prego.”
 Emma era rimasta in completo silenzio, scioccata dalla scena davanti a lei. Se era raro vedere Severus perdere il controllo, era quasi impensabile immaginare Narcissa senza la sua calma ed eleganza e in più lei non riusciva a capire se Draco fosse coinvolto in qualcosa di più grosso e pericoloso, o se Narcissa fosse semplicemente estremamente preoccupata per lui, vista anche la situazione delicata della famiglia Malfoy.
 Severus versò nuovamente del vino nel bicchiere della donna, spingendolo a forza verso di lei, le labbra serrate.
 “Ti prego” disse lei di nuovo, lucida “È il mio unico figlio”
 “Narcissa controllati” le consigliò lui con freddezza e lei sembrò disperarsi ancora di più e prese a singhiozzare.
 “Draco è solo e senza protezione.... ed Emma! Emma tiene a lui non è vero?” disse, girandosi con occhi imploranti verso l'emoor che riuscì solo ad annuire incerta.
 La donna si gettò ai piedi di Piton e la ragazza rimase gelata sul posto mentre la vedeva perdere tutto il controllo e pregare di nuovo il tutore, con maggiore disperazione.
 “Severus la tua protetta tiene molto a mio figlio, non ferirla. Lei farebbe qualunque cosa per Draco, lei non avrebbe nessun tipo di tentennamento, ho visto come lo guarda”
 Piton sospirò brevemente, afferrandola per le braccia e aiutandola gentilmente a rimettersi seduta, per poi massaggiarsi le tempie.
 “Narcissa.... Narcissa! Posso provare a proteggerlo” disse infine  esasperato, ma tentò di usare più dolcezza di poco prima, nonostante la nota decisamente spazientita nella voce che faticava a nascondere “ora per favore andatevene però. Bellatrix ha ragione, non dovreste stare qui”
“Che ti dicevo?” sibilò contro la mora “PAROLE! Lui dice solo parole Cissy. Ma certo lo proteggerà, ma poi? Se ci sarà da scegliere tra Draco e sé stesso chi pensi che sceglierà?”
 “Severus non è un vigliacco, Bella. È il miglior mago che io conosca” disse Emma e capì dallo sguardo che le lanciò l'uomo di aver fatto un passo falso.
 “Ah” sorrise infatti la Mangiamorte, gli occhi che ardevano curiosi “Ma allora non sei solo tu che ti sei affezionato alla ragazza, Piton. A quanto pare anche lei si è affezionata a te.”
Ovviamente. Gli sono grata” disse Emma, riuscendo a dissimulare il nervosismo e la risposta sembrò convincere la donna che fece un cenno d'assenso piuttosto rigido. 
“Ma certo. Ovviamente
 “E anche io mi fido di Severus” intervenne Narcissa con strano calore, gli occhi sgranati “Completamente”
 “Perché sei stupida Cissa, non dovresti” sibilò la sorella e Severus rise rauco, in un ghigno misurato.
“Non ti fidi di me Bellatrix?” chiese.
 “No, Piton e lo sai benissimo”
“Hai esposto questi tuoi pensieri all'Oscuro, Bellatrix?” 
 “Certamente” rispose lei, ma tentennava.
 “E lui cosa ti ha risposto?” incalzò l'uomo con una smorfia beffarda.
 Bellatrix rimase in silenzio, le labbra strette e gli occhi furenti ed Emma intuì che Voldemort non aveva ritenuto necessario risponderle probabilmente.
 “Il Signore Oscuro si fida di me, Bellatrix” spiegò Severus con tono annoiato, come se avesse già spiegato altre volte ciò che stava dicendo “E a meno che tu non lo consideri uno sciocco, dovresti sapere che se lui si fida è perché gli ho dato prova della mia lealtà” 

Si stava prendendo evidentemente gioco della donna che lo guardava ferita, il tono strascicante e il sopracciglio arcuato e Bellatrix sembrò combattere con sé stessa, come se non sapesse come ferirlo, ma poi ebbe uno strano guizzo nello sguardo che Emma giudicò allarmante, tanto che per un momento pensò che avrebbe attaccato il tutore e strinse la bacchetta nella sua veste
 La Mangiamorte però non fece nulla, guardò invece sorniona Severus, l'aria vittoriosa stampata sul volto. 
 “Quando dici che proteggerai il ragazzo, faresti anche un Voto Infrangibile?” chiese, con uno strano sorriso soddisfatto.
 Narcissa sussultò, ma Piton rimase impassibile. Il pesante silenzio che si creò fece capire ad Emma che qualunque cosa fosse il Voto Infrangibile doveva essere piuttosto solenne. Bellatrix rise con crudeltà davanti al silenzio di Severus.
 “Che ti dicevo Cissy. Solo parole”
 Il professore inarcò impercettibilmente un sopracciglio e porse la mano a Lady Malfoy, la donna alzò lo sguardo fissandolo negli occhi e ad Emma sembrò acquistare improvvisamente vigore.
 “Sev...” tentò la ragazza, sentendosi a disagio senza sapere perché.
 “Bellatrix ci farai da Suggello?” chiese Piton, ignorandola.

. . .

Il silenzio era rimasto a galleggiare grave nella stanza anche quando le donne se ne furono andate. Bellatrix contrariata e sorpresa, Narcissa ancora in lacrime, mentre continuava a ringraziare Piton.
 L'uomo rimase in piedi accanto alla porta dell'ingresso chiusa per qualche secondo, prima di girarsi lentamente verso la protetta. 
 Per un lungo momento rimasero immobili a osservarsi, senza sapere cosa dirsi, il suono crepitante del fuoco nel caminetto a riempire lo spazio tra loro, poi lui fece un gesto secco verso la stanza dell'emoor.
Emma respirò a fondo e si affrettò a seguirlo senza fiatare.
 “Stai bene?” chiese Severus e lei annuì, la fronte aggrottata di pensieri e le labbra serrate su parole che cercava di trattenere.
 L'uomo lanciò uno sguardo verso il passaggio che portava alla stanza di Codaliscia e con un moto di nervosismo fece scorrere la libreria, creando una barriera tra il mondo esterno e loro due, al sicuro nella stanza della Corvonero.
 “Abbiamo fatto degli errori stasera” sussurrò il professore.
 “Lo so, scusami” mormorò lei in risposta.
 “In realtà sono stato il primo a farne uno, quasi imperdonabile”
 Emma lo guardò interrogativa, si sentiva stranamente fragile, senza reale motivo ed era piuttosto confusa per tutto quello di cui era stata testimone quella sera.
 “Ho dato a Bellatrix la prova che tengo a te.” spiegò il tutore e l'emoor annuì comprensiva, si avvicinò a lui e lo abbracciò e Severus, come sempre restio al contatto, la strinse solo goffamente.
 “Sono contenta che tu sia affezionato a me” esalò la ragazza sottovoce “che mi consideri quasi come una figlia”
 Il tutore le carezzò il capo e sciolse rigidamente la stretta.
 “Emma. Non possiamo compiere errori. Lo sai?”
“Lo so, Severus. Lo so bene” 
 “Se lo riterrai opportuno, potrai stare vicino a Draco, è probabile che avrà bisogno del tuo supporto, ma devi stare attenta. Narcissa ha perso il controllo stasera, ma una cosa vera l'ha detta:  si vede che tieni molto al ragazzo. Non farlo diventare il tuo anello debole”
 “È in pericolo?” chiese lei in un sussurro stanco.
 L'uomo tentennò, ma poi scosse la testa. 
 “Non più di altri” disse asciutto.
“Cos'è quella cosa che hai fatto con Narcissa?” chiese l'emoor “Quel Voto Infrangibile. Cosa significa?”
“Un impegno” spiegò lui, curando la scelta di parole “Un impegno solenne, che sono costretto a mantenere”
 “Perché lo hai fatto?”
“Perché non mi sarà difficile cercare di proteggere Draco”
Emma annuì in risposta, si morse il labbro inferiore, incerta. 
 “Comincio ad aver paura, Sev” ammise in un soffio e lui annuì lentamente, mettendole entrambe le mani sulle spalle.
 “Lo capisco, Emma ma non farlo, tieni a bada la paura. Sei stata molto brava finora. Continua”
 “Sev...” sussurrò lei “Perché sei diventato Mangiamorte?”
 Si guardarono. Immobili e l'uomo sembrò farsi più pallido.
 “È la domanda che mi faccio ogni giorno, Emma” disse infine, rauco e fragile “Non ho mai trovato una valida risposta, ma spesso mi dico che forse le cose dovevano andare così”
 “Forse. Chissà” sospirò lei, la stanchezza nel petto “Forse è così”
 Scambiarono un altro lungo sguardo. I tunnel neri dell'uomo e i due occhi verdi, ma pieni di ombre, della ragazza. Rimasero fermi.
 “Cerca di dormire” disse lui infine, quasi in un sussurro e le strinse leggermente la spalla, prima di uscire.
 Ad Emma parve per un momento estremamente solo e stanco, desiderò abbracciarlo, ma rimase immobile. 
 Inghiottì paura e lacrime fin troppo amare, con la sensazione che Narcissa Malfoy quella sera, tra tutti loro, fosse quella uscita vittoriosa.



*Angolo Autrice*


Ciao Lettori! 
Capitolo super importante questo. 
C'è in generale una grande tensione, Emma si ritrova immersa in quella che ha sempre considerato "l'altra fazione" e ce la mette tutta per rimanere nel suo equilibrio di essere "ago della bilancia", nonostante ogni cosa che succede, a esclusione del momento con i gemelli, sia avviso di quanto sarà difficile l'anno in arrivo. La scena da madama McClan mi ha sempre molto colpito nel libro per la sua violenza nelle parole. 
La frase "chi ti ha fatto un occhio nero Granger? Voglio mandargli dei fiori", così ironica e tagliente, mi è sempre rimasta in testa e ho deciso di usarla. 
Né serpeverde, né grifondoro vanno tanto per il sottile, fortunatamente Hermione ed Emma rimangono lucide. 
Ho cercato di trattare anche la tensione di Draco e la sensazione di attesa e oppressione che Emma sente. 
Mi piace che i due non si separino, ma si ostinano anzi a stare uniti e a cercare il loro equilibrio. 
Ma la regina indiscussa del capitolo secondo me è Narcissa, stratega sensibile, capisce come poter far leva su Severus, ma soprattutto capisce quanto valore ha Emma nella vita del figlio. 
A proposito di Severus: chi si è sciolto?

Piccolo appunto: Draco si separa da Emma a Diagon Alley per andare da Magie Sinister dove chiederà informazioni sull'armadio svanitore e il golden trio è assente al negozio dei gemelli proprio perché ha seguito il serpeverde.
A seguire super riassunto, avendo finito il quinto libro, 
se hai le fila di tutto vai oltre:

La connessione tra Emma ed Harry: Harry ed Emma non si sono ancora avvicinati, ma la connessione si fa più forte, così come gli incubi. Nel corso del quarto anno di Emma (5°di Harry) la ragazza addirittura prova a usare il loro legame per comunicare con lui, ottenendo però pochi risultati. In più situazioni di pericolo, come l'attacco all'ES della Umbridge e la battaglia al ministero, Emma avverte di nuovo la necessità di proteggere Harry, al ministero addirittura l'emoor è fisicamente distrutta dalla connessione, ma riesce a farsi forza e liberare il ragazzo dalla possessione di Voldemort solo toccandolo. Per la prima volta i due ragazzi sembrano capirsi e si abbracciano con forza nello studio del preside. I due rimangono molto diversi e spesso bisticciano tra loro, ma i punti in comune ad unirli non sono pochi: entrambi sono orfani, entrambi hanno una profezia sulla testa, entrambi hanno incubi e visioni, entrambi possiedono un mantello dell'invisibilità.

Corvonero: Emma è parte integrante di tutto il gruppo di corvonero, non solo, durante il suo quarto anno (5° di Harry) la ragazza in più di un'occasione fa guadagnare parecchi punti alla sua Casa. Emma mantiene le amicizie con i suoi compagni di Casa e l'antipatia nei confronti di Richard. Il rapporto con Lilith e James è quello però più intenso, i tre sono quasi sempre in simbiosi. Nonostante Lilith a inizio anno non si sente sicura del ritorno di Voldemort, nel corso dell'anno dimostra grande lealtà nei confronti dell'amica, tanto che è lei che propone di distrarre la Umbridge insieme a Luna e sempre lei si entusiasma più di altri per le lezioni dell'ES. James invece rimane un amico di grande presenza e fiducia per Emma. Entrambi i corvonero, nonostante meno schierati di altri studenti e senza nessun legame con Harry non tentennano nemmeno un secondo a seguire Emma al Ministero.

Amore: è un anno pieno di adolescenza e amore ad Hogwarts: Anche se non si vede sappiamo che Harry e Cho sono usciti insieme. Ginny frequenta Micheal Corner fino a quando non si lasciano a fine anno e inizia a uscire con Dean. Fred Weasley e Lilith Bitterblue formano ormai coppia fissa. I due emoor serpeverde David ed Emily si fidanzano. Ovviamente poi ci sono Emma e Draco. I due passano momenti di grande connessione molto dolci e momenti di strana tensione emotiva. Dopo vari dubbi e tira e molla succedono alcune cose fondamentali: I due vengono riconosciuti come coppia dopo il loro ballo a capodanno davanti ai mangiamorte, si baciano, decidono di provare a frequentarsi istituendo 3 regole (1. dirsi sempre la verità 2. non giudicare l'altro 3. salvarsi a vicenda), Draco dopo essersi comportato a lungo come una viscida serpe fa il grande passo di mostrarsi con Emma in pubblico e insieme superano momenti di grande nervosismo emotivo, scegliendo consapevolmente di non lasciarsi andare, pur stando in due fazioni opposte. Al punto in cui siamo Draco sta evidentemente passando un brutto momento e cerca di tenere Emma all'oscuro, dimostrandosi però incredibilmente agitato.

Emoor: Poco sappiamo ancora degli emoor, ma la visita al Ministero dimostra che c'è davvero una profezia su di loro e soprattuto che a parte sapere che loro saranno essenziali contro Voldemort, nessuno ne conosce il vero contenuto. I 4 continuano a frequentarsi e a ragionare insieme sulla loro posizione, ma durante l'anno, a parte il bel rapporto fraterno che la ragazza mantiene con David (portavoce di ciò che accade a serpeverde) è con Artemius, che finalmente si è unito al gruppo, che Emma sembra avere maggiore feeling. La corvonero e Artemius, oltre a frequentare ormai ambienti simili a causa dei nuovi tutori e a passare qualche momento piacevole insieme, ammettono di avere episodi di scoppi di magia quasi involontaria molto forti. 
Emma, battendosi al ministero, scopre anche di essere molto potente, in maniera quasi antica. Il suo incantesimo più forte è il protego.

Amici
: I legami di Emma con i suoi amici si fanno più forti. Oltre a LIlith e James e gli emoor è sicuramente Ginny l'amica più importante della corvonero, le due continuano ad essere ancora molto legate e a sostenersi sempre a vicenda, Ginny si dimostra anche aperta alla relazione dell'amica con Malfoy, ma si riserva di poter punzecchiare il serpeverde. 
Emma conosce meglio anche il golden trio, ma non riesce a legare né con Harry, piuttosto timoroso nei suoi confronti, né con Ron con cui invece battibecca apertamente, con Hermione invece crea un bel legame, razionale e profondo. L'emoor fa conoscenza anche con parecchie persone nuove grazie all'ES, tra cui Neville. I gemelli Weasley, nonostante abbandonino la scuola poco dopo la metà anno, rimangono molto presenti nella vita della ragazza, soprattutto George, molto amichevole, premuroso e affettuoso con lei. Se non fossero due amici perfetti i due sarebbero una bella coppia e infatti Draco si dimostra vagamente geloso del Weasley e di James. Nuove gradite conoscenze sono i serpeverde, Emma stringe una piacevole conoscenza con Blaise Zabini e scopre di trovarsi molto bene con Daphne Greengrass anche se poi non la frequenta ad Hogwarts. Il rapporto con Theodore Nott rimane teso, così come quello con Pansy, che odia apertamente la ragazza.

Severus: Severus è il fondamentale centro della vita di Emma. Il loro legame molto forte, fatto soprattutto di silenzi e sguardi, diventa ancora più indissolupbile. I due abbassano le barriere , tanto che Severus comincia a mettere Emma apertamente in guardia su ciò che potrebbe accadere. Durante l'anno hanno anche un violento e fortissimo scontro che ferisce a fondo entrambi. La cosa più importante che cambia però è che Severus decide di adottare Emma, per impedire che il minestero la mandi ad un'altra famiglia. Emma diventa quindi ufficialmente una Piton O'Shea e si ritrova di conseguenza nella difficile situazione di mediare, così come il suo tutore, tra le due fazioni. Dopo un'iniziale forte preoccupazione Piton deve ammettere che l'emoor sembra naturalmente fatta per coprire quel ruolo. A questo punto della storia la fiducia tra loro è profondamente radicata e Severus deve faticare per nascondere il suo affetto per la ragazza.

Scuola: Emma dimostra di continuare ad essere un eccellente studente, particolarmente versata per l'arte delle pozioni. Nel corso dell'anno migliora notevolmente anche grazie all'ES.

Ordine e Maghi Affini: Emma ha scoperto l'Ordine della fenice e ci passa parte dell'estate prima del suo quarto anno e le vacanze di natale. Ha modo di affezionarsi a Sirius e di passare qualche momento con lui prima di vederlo morire, conosce anche Tonks che si dimostra particolarmente affabile con lei e approva le sue scelte, ha simpatia per Bill Weasley (oltre che un piccolo imbarazzo quando lo vede perché lo giudica molto bello) e soprattuto lega moltissimo con Remus Lupin. Il mannaro si dimostra particolarmente gentile e sensibile con lei ed è anche uno dei pochi dell'Ordine a sostenere la presenza di Severus e per questo guadagna la fiducia dell'emoor. I due duellano spalla spalla al ministero contro i mangiamorte, dove Remus prova a mettere in salvo la ragazza. Tutto l'Ordine è consapevole della situazione in bilico di Emma e supporta l'adozione di Severus. Silente, che è sempre riamasto abbastanza a distanza dell'emoor, a fine anno le comunica che faranno delle lezioni insieme.

Emma: Emma è cresciuta moltissimo durante l'anno, è diventata sicura e consapevole, la sua accesa curiosità sta diventando saggezza e si dimostra abile in moltissime situazioni. Molto matura per la sua età dimostra un lato molto serpeverde simile a quello di Severus nelle situazioni delicate come la festa al Manor, anche se Piton continua a dire lei di essere una terribile Grifondoro. La ragazza in realtà, come una degna corvonero, non è molto coraggiosa, ma piuttosto sveglia e con ottime capacità logiche, capisce perfettamente quando può esporsi o meno ed è molto consapevole dei suoi limiti. L'amore e l'affetto per le persone a cui tiene la rendono tuttavia ostinata e pericolosa nei confronti di chi vuole fare loro del male. Si mantiene l'ago della bilancia in ogni suo aspetto, schierandosi con l'ES senza per questo rinunciare al suo rapporto con Draco, per lei essenziale.

Spero che sia stato utile.

Ritorna all'indice


Capitolo 35
*** Amaro inizio ***


.Amaro inizio.

 


Emma arrancò per il corridoio dell'Espresso di Hogwarts trascinando il bagaglio e la cesta di Wolland che, decisamente contrariato, miagolava incessantemente. 
 Alcune facce di studenti la fissavano curiosi dai vetri leggermente opachi degli scompartimenti, mormorando piano tra loro.
L'emoor riuscì a distinguere chiaramente le frasi “Nuova figlia di Piton” e “Si dice stia con Draco Malfoy” e con una smorfia stizzita aumentò il passo, per quanto possibile dato il bagaglio ingombrante che trascinava, maledicendosi per non aver accettato di andare al castello insieme a Severus.
 “Emma!” gridò qualcuno e lei si voltò.
 Sean stava agitando la mano nella sua direzione, indicandogli lo scompartimento da dove era uscito e l'emoor lo raggiunse.
 Al di là della porta vi erano anche Lilith e James, insieme a due sorridenti gemelli Harrods. La biondina scattò subito in piedi ad abbracciarla, appena la riconobbe, mentre Luke la aiutò a mettere il pesante baule sul portapacchi.
 “Come sono andate le vacanze?” chiese allegro Dan.
“Bene” rispose Emma sorridendo a tutti gli amici e chiedendosi, per un momento, cosa avrebbero pensato se lei avesse raccontato come erano andate davvero le sue vacanze. Per esempio se avesse nominato il Manor, o Draco, o di aver conosciuto Mangiamorte e Codaliscia.  
“Sei andata dai Weasley?” chiese James, per aiutarla a cambiare argomento, dato che intuiva che molto ci sarebbe stato da raccontare ed Emma annuì verso di lui, grata per l'intervento. 
 “Sì, per qualche giorno, è stato divertente.”
 Il ragazzo le sorrise, si scostò, per lasciarle come sempre il posto vicino al finestrino ed Emma si allungò per scompigliare lui i capelli neri con un gesto affettuoso e si sedette, lanciando un ultimo sguardo attraverso il vetro. La banchina scorreva via sempre più rapida mentre l'Espresso prendeva velocità.
 Le parve di vedere i signori Weasley, tra le tante teste di genitori e addolcì improvvisamente la sua smorfia al solo pensiero, dispiacendosi per non averli salutati. Non aveva ancora visto nessuno degli altri in realtà, né Ginny e il trio, né gli altri emoor, né Draco. Era arrivata in ritardo al treno con la Metropolvere ed era riuscita a salire al pelo.

“Spero onestamente che questo sia un anno di scuola noioso” disse Sean “Due anni fa il Torneo Tre maghi, l'anno scorso la Umbridge! Vorrei passare un anno normale, se possibile”
 Lilith ridacchiò nervosa, scuotendo il caschetto chiaro. 
 “Tu-sai-chi al potere ti sembra una piccolezza, no?” chiese ironica e anche gli altri risero, compresa Emma, ma erano sorrisi tesi.
 “Siete stati al negozio dei Weasley?” esclamò Dan, alleggerendo subito l'atmosfera “Io e Luke ci siamo stati forse dieci volte, abbiamo chiesto anche di poterci lavorare dopo i MAGO”  
 Emma scoccò un'occhiata a Lilith, i cui occhi brillavano orgogliosi e l'amica le sorrise di rimando con aria furba.
 Non si erano ancora completamente distesi tranquilli sui loro posti a sedere quando una ragazza di Tassorosso bussò leggera alla porta dello scompartimento, sorridendo agli occupanti.
 “Bitterblue, Bales vi aspettano in testa al treno”
“Giusto. Arriviamo” disse subito la biondina, alzandosi quasi di scatto ed Emma la guardò interrogativa.
 “Io e Lilith siamo stati nominati Prefetti” spiegò Sean con un largo sorriso sul volto abbronzato e l'emoor sentì un vuoto allo stomaco.
Ricordava perfettamente la festa a Grimmauld place fatta l'anno precedente per Ron ed Hermione quando erano stati nominati, ma che al quinto anno venissero scelti i Prefetti gli era sfuggito completamente dalla mente in quei giorni. 
Lei in realtà non aveva mai nemmeno pensato di diventarlo, ma improvvisamente capì il leggero sconforto che aveva avuto Harry a non essere selezionato. Draco era Prefetto. Lei no.
 
L'emoor, leggermente imbronciata lanciò uno sguardo a James.
 Poteva capire che non avessero scelto lei, probabilmente Silente aveva voluto evitargli un peso in più e a dirla tutta Emma sapeva che, sebbene fosse molto dotata e probabilmente la più capace tra le ragazze della classe, non era la più brava a scuola, perché Sarah Morris era la migliore a livello di voti e Lilith, anche se era terribile in Pozioni e incerta in Difese contro le Arti Oscure, brillava sopra tutti in Erbologia e Trasfigurazione ed era l'unica con voti piuttosto alti anche in Storia della Magia... ma James?
 James era uno studente modello, era popolare, attento alle regole, bravo a scuola in tutte le materie! Certo anche Sean lo era, ma non a livello di James e poi Sean giocava a Quidditch, avrebbe potuto essere nominato Capitano l'anno successivo, mentre l'amico, pur essendo un ottimo Cercatore, non era mai riuscito a scalzare Cho Chang dal suo ruolo e non aveva mai fatto parte della squadra.

Sean e Lilith uscirono dallo scompartimento frettolosamente e per un momento cadde il silenzio, subito interrotto dai toni allegri dei due gemelli che riscossero l'atmosfera. 
Emma si rese conto che James non sembrava affatto offeso di non essere stato scelto e quando i gemelli uscirono a loro volta dallo scompartimento per cercare Richard Done, si girò verso l'amico.
 “Credevo che avrebbero scelto te come Prefetto.”
“Oh” fece lui, che probabilmente non si era aspettato quella frase “In effetti mi hanno scelto.”
 Emma lo guardò interrogativa e lui scrollò le spalle.
 “Ho declinato. Voglio dire è un onore, ma Sean era piuttosto rattristato di non essere venuto al Ministero e a dirla tutta si sentiva un po' messo da parte da me. I primi tre anni passavamo molto tempo insieme e ultimamente, con tutto quello che è successo, ci siamo un po' persi. Con tutta l'attenzione che io, te e Lilith abbiamo attirato e il fatto che le cose in futuro saranno più complicate sai...” disse facendo un gesto come a sottolineare una cosa ovvia “Ho pensato di mettere davanti la mia amicizia con lui a una spilla”
 “Non capisco” disse l'emoor sinceramente sorpresa “Cosa intendi con cose complicate in futuro?”
 “Beh ho pensato solo che essendo Tu-sai-chi tornato ufficialmente le cose non saranno semplici e nel caso ci fosse da combattere vorrei essere al tuo fianco” disse semplicemente il ragazzo “Ci sarà la scuola, i GUFO a tenerci impegnati e vorrei riprovare ad accedere alla squadra di Quidditch, tutte cose che potrebbero richiedere grande attenzione da parte mia e prendere del tempo anche alla mia amicizia con Sean. Essere anche Prefetto mi avrebbe distratto e soprattutto io non ci tenevo a diventarlo, mentre per Sean era una vera propria ambizione e gli darà dei punti in più per la carriera di Magiavvocato che vuole fare, quindi ho declinato.”
 Emma guardò gli occhi chiari dell'amico con stupore in un fiotto di affetto tiepido che le scaldò il petto.
James era buono, giusto e leale
Questa presa di coscienza, o sarebbe stato più giusto dire questa constatazione, dato che erano cose che sapeva già, ma a cui forse non aveva mai dato abbastanza importanza, le tolsero per un attimo il respiro. Lei era fortunata. Era circondata da persone stupende.
Improvvisamente, sentì la commozione premerle contro le ciglia e si rese conto che quell'estate l'aveva in realtà ferita più di quel che pensasse, che la solitudine le era pesata addosso senza che se ne accorgesse e due lacrime le scivolarono sulle guance, lasciando atterrito il ragazzo.  Emma lo abbracciò con forza, stringendosi a lui.
 “Ma che fai, piangi?” chiese il Corvonero molto stupito: non era abituato a vedere l'emoor fragile, ma lei scosse con forza la testa contro la sua spalla, senza sciogliere la stretta.
 “È stata un'estate molto molto difficile, Jam, vi devo racontare. Mi mancavate tutti, terribilmente e tu, James McGregor, sei un amico unico ed eccezionale.”
 Sentì il ragazzo sorridere contro la sua guancia e quando si staccarono Emma vide che aveva un'aria compiaciuta.
 “Sai che puoi contare su di me” disse con il suo tono perennemente tranquillo e l'emoor annuì, asciugandosi le lacrime, appena in tempo prima che rientrassero i gemelli.
Avrebbe avuto bisogno di James, così come di Lilith e tutti i suoi amici. La aspettava una anno difficile.

. . .

Il viaggio proseguì tra chiacchiere allegre, racconti e risate.
Ginny passò a salutare poco dopo, fermandosi solo per un abbraccio, spiegando la sua fretta con un 'Dean' detto a mezza voce, mentre salutava anche James, prima di correre via ed Emma si stava rilassando, attendendo solo l'arrivo della signora del carrello, quando Zabini apparve alla porta dello scompartimento.  
Sean e Lilith erano appena tornati dalla ronda e lo fissarono con sospetto e il silenzio cadde tra gli altri Corvonero a disagio di fronte al Serpeverde. Il ragazzo però non sembrò farci molto caso e sorrise all'amica, con la sua solita aria sorniona.
 “Ciao Ems”
“Blaise, qual buon vento?”
 “Siamo stati invitati per un pranzo da un nuovo professore, si chiama Lumacorno.” rispose agitando dei piccoli fogli arrotolati e fermati con un nastrino viola, che sembravano essere degli inviti.
 “Non lo conosco” disse l'emoor accigliata “perché mi ha invitata?”
Il Serpeverde scrollò le spalle in un gesto vago. 
 “Non saprei, ci sono però anche gli altri emoor”
 “Ora?” chiese la ragazza.
L'altro annuì, voltandosi poi verso James.
 “Tu sei McGregor giusto?”
 “Sì, sono io”
 “Sei stato invitato anche tu allora” disse, lanciando lui l'invito e James, da perfetto Cercatore, lo afferrò al volo senza scomporsi.
 “Ma lasciate questo scompartimento a coppie alterne? Dobbiamo inventarci qualcosa Luke” disse Dan ridendo
 “Dovete raccontarmi tutto dopo” sussurrò Lilith ai due amici che annuirono svelti, poi l'emoor e James seguirono Blaise lungo il corridoio del treno.
 “Come va?” chiese il Serpeverde, sfoggiando un ghigno brillante.
 “Bene. Tu?” rispose lei tranquilla, stupendosi una volta di più di quanto si trovasse a suo agio con lui.
 “Alla grande, Draco mi ha detto che vi siete visti questa estate”
 Emma annuì timidamente e Blaise sembrò voler aggiungere altro, ma prima di farlo lanciò un'occhiata incerta a James che li seguiva a un passo di distanza.
Il Corvonero ricambiò pacato l'occhiata senza muoversi di un passo e dopo una sommaria valutazione l'elegante Zabini parve decidere che poteva esporsi.
 “Non ti è sembrato strano?” chiese in un soffio “Draco intendo”
 Emma alzò lo sguardo verso di lui, cercando di mascherare lo stupore per quella domanda. Evidentemente Malfoy non era riuscito a dissimulare tranquillità nemmeno con i compagni di Casa, oppure Blaise era un attento osservatore.
 “Sì” assentì semplicemente “È un po' teso, vero?”
 Non aggiunse altro, chiudendosi cocciutamente nei suoi pensieri e Blaise non insistette, ma si mise a chiacchierare con naturalezza di Quidditch insieme a James ed Emma, ascoltandoli con aria distratta, sorrise leggermente, rendendosi conto che per quel che conosceva Zabini, poteva in effetti andare piuttosto d'accordo con il pacato compagno di Casa, così come era sempre stata sicura che James sarebbe potuto essere un grande amico anche di David e Draco se solo Serpeverde e Corvonero avessero deciso di mischiarsi.

Si fermarono davanti ad un ampio scompartimento, chiaramente allargato con la magia e vennero accolti da un grasso ometto con buffi baffi e grandi occhi chiari che caracollò verso di loro.
 Dondolava sui piedi e sembrava sinceramente brillare di gioia, sfregandosi le mani, come se stesse per ricevere un premio ambito.
 “Ah! Emma O'Shea, Blaise Zabini e James McGregor, quale onore. Io sono il professor Horace Lumacorno”
 I tre ragazzi sorrisero in risposta, non presentandosi a loro volta, visto che l'uomo sembrava sapere perfettamente chi loro fossero ed entrarono dietro di lui nello scompartimento. Già accomodati c'erano un ragazzo biondo di Grifondoro che Emma non conosceva, Belby di Corvonero e Ginny che la guardava divertita.
Si accomodarono un po' alla rinfusa, appena prima dell'arrivo di Harry, Neville e gli altri emoor e dopo un po' che il pranzo procedeva scandito dalle domande che Lumacorno faceva agli studenti, Emma ebbe chiaro che tutte le persone presenti nello scompartimento erano in qualche modo considerate da lui interessanti: o perché, nella maggioranza dei casi, imparentati con qualcuno di noto, o per abilità, come Ginny, che lo aveva stupito con una fattura nel corridoio, o perché speciali, come lei.
 Il fatto che fossero quindi presenti anche gli altri emoor ed Harry era scontato, ma tra i tre Serpeverde, a parte David come al solito brillante e a suo agio, la timidezza di Emily e Artemius non parvero convincere lo strano professore.
Harry invece aveva fatto luccicare di interesse gli occhi dell'uomo, nonostante fosse rimasto piuttosto parco di risposte, ma Lumacorno andò avanti per parecchi minuti ad elencare le qualità presunte del Grifondoro, continuando a chiamarlo insistentemente il prescelto.
 Emma vide tossicchiare un paio di volte Zabini, di fronte a lei e finì per ammonirlo con un'occhiataccia, causando un ghigno di sfida nel Serpeverde, mentre Ginny, seduta accanto all'emoor, lo fulminava malamente con lo sguardo.
 “Ah, Signor Zabini, glielo ripeto, fossi in lei non stuzzicherei la giovane Weasley.” disse bonario il professore.
Blaise fece un sorriso noncurante ed educato in risposta, lanciando un'ultima occhiata di sfida a Ginny che sillabò lentamente la parola 'Insopportabile' in direzione del moro, facendo ridacchiare l'emoor.
 “O'Shea” intervenne Lumacorno improvvisamente, distraendola  “O forse dovrei dire Piton O'Shea!”
Emma stese un sorriso cortese in risposta.
 “A scuola sono conosciuta solo come O'Shea professore, ma sì Piton O'Shea è il mio cognome completo attualmente”
“Piton era un mio alunno da ragazzo, un ottimo alunno in effetti.”
 Emma annuì, sorridendo nuovamente e anche se rimase in silenzio, ebbe la netta impressione che l'uomo la trovasse simpatica.
 “Sei sicura di non avere parenti che hanno frequentato Hogwarts?” chiese leggermente accigliato, scrutandola con attenzione “Hai una faccia decisamente già vista”
 “No, signore” disse lei “I miei genitori erano entrambi non magici, ma devo avere una faccia piuttosto comune se può sollevarla, perché non è il primo che mi fa questa domanda” 
 L'uomo scoppiò a ridere in modo esagerato, tenendosi la grossa pancia con entrambe le mani ed Emma rimase ferma fino quando non lo vide annuire tra sé, per poi spostare lo sguardo su James.

Anche l'emoor era curiosa di sapere perché l'amico fosse lì. James non aveva mai parlato della sua famiglia, se non una volta del fratello più grande di lui che lavorava in Italia, né aveva mai fatto cenno a persone note tra i suoi affetti. Il ragazzo era rimasto fino a quel momento silenzioso ed educato al suo fianco, seguendo con interesse tutte le dinamiche del pranzo senza però mai intervenire.
 “Vedi spesso tuo zio Rufus?” chiese Lumacorno.
James, vagamente a disagio, annuì con gli occhi fissi sul piatto.
 “Sì, abbastanza spesso, anche se da quando è diventato Ministro è ovviamente più complicato.”
 L'emoor trattenne a stento un'espressione di sorpresa. Aveva visto la foto di Rufus Scrimgeour su tutti i giornali e silenziosamente gioito della destituzione di Caramell, ma non aveva assolutamente idea che l'uomo fosse lo zio del suo migliore amico.
“Certo, certo immagino, è sempre stato molto occupato, figurarsi ora” disse velocemente il professore con un sorriso lucido “Rufus è un mio amico di vecchia data”
Il Corvonero annuì di rimando con misurata gentilezza.
 “Sì, mi ha parlato di lei”
 La risposta sembrò far esplodere di gioia l'ometto che rivolse un grande sorriso al ragazzo.
 “Davvero?”
 “Davvero” ribatté James.
 “Lui è il fratello di tua madre, giusto?”
“Giusto”
 L'uomo sorrise nuovamente, evidentemente compiaciuto, facendo poi scorrere gli occhi tra James ed Emma.
 “E voi due siete molto amici vero? Che bellezza”
 Entrambi i Corvonero annuirono incerti, senza sapere che cosa volesse dire Lumacorno con il suo entusiasmo.
 “Sareste anche una gradevole coppia” disse allegro il professore “Con i tuoi geni, Emma e le conoscenze del signor McGregor sembrereste destinati al successo”
Nessuno dei due arrossì o si imbarazzò per quel commento, ma sorrisero entrambi educatamente. Erano abituati a sentirsi dire da altri che sembravano più che amici visto tutto il tempo che passavano insieme, un po' come molti pensavano che Emma stesse con George Weasley e non se ne curavano poi molto, ma quando Zabini tossicchiò, alzando un sopracciglio con aria divertita, la ragazza avvertì del calore sulle guance.
 Fortunatamente il ragazzo di Grifondoro che si era presentato come Cormac interruppe la tensione, asserendo che suo padre era andato a caccia con Rufus Scrimgeour proprio l'estate passata, catalizzando così l'attenzione del professore.
 “Che c'è?” sussurrò l'emoor rivolta alla serpe.
 “Nulla, solo che pensavo a come avrebbe reagito Draco se fosse stato qui” ghignò lui in risposta.
Anche Emma si fece sfuggire un sorriso, immaginando l'occhiata glaciale che il biondo avrebbe tirato al professore.
 “Io McGregor fossi in te starei attento a stare troppo intorno ad Emma” aggiunse Zabini.
 “È Malfoy a dover stare attento a come la tratta, non io” rispose James senza accusa, ma sfoggiando un sorriso.
 “E quattro” sussurrò Ginny .
 “Chiedo scusa, Weasley?" domandò Blaise inarcando di molto un sopracciglio “Hai imparato per caso a contare e vuoi mostrarcelo?”
 Lei scosse la testa, gettando dietro le spalle i lunghi capelli rossi.
 “Idiota. Contavo le minacce che ha ricevuto il furetto da quando ha cominciato a frequentare Emma: quattro”
 “Povero Draco” mormorò l'emoor “dovreste cominciare a dare lui un po' di fiducia.”
 “Esatto, e poi saremmo noi le serpi” ribatté sorridente Zabini.

. . .

A pranzo finito Emma fu quasi grata di allontanarsi dallo scompartimento, che le sembrava troppo pieno di chiacchiere e parole vuote. Il professor Lumacorno non aveva smesso un solo attimo di cercare di ingraziarsi gli studenti presenti con moine e grandi sorrisi e li aveva salutati assicurando loro che avrebbero trovato il modo di avere altre piacevoli cene tutti insieme.
 Una volta nel corridoio del treno, per un solo momento, l'emoor pensò di passare a salutare Draco insieme a Zabini, ma subito si disse che lo avrebbe imbarazzato.
 “Salutami Daphne” disse quindi a Blaise.
“Non Draco? Tu salutami Sarah” ribatté lui tranquillamente ed Emma assentì con un mezzo sorrisetto, contenta che i due ancora si considerassero.
La Corvonero poi abbracciò e scambiò qualche parola veloce con gli altri emoor e sventolò la mano verso Ginny ed Harry, che erano già lontani, per poi, insieme a James, tornare verso lo scompartimento.
 “Non sapevo che fossi nipote del Ministro”
 Lui arricciò il naso in una smorfia insofferente, facendo avvicinare le numerose lentiggini sul profilo diritto.
“Non lo dico molto in giro, mio zio non mi piace particolarmente.”
“Non farlo sapere a Lumacorno” sorrise lei.
 “No, infatti” ribatté prontamente il ragazzo, ridacchiando.
 “Perché non ti piace? Pensi che non sia un buon Ministro?”
James scosse la testa “Non è quello, è una persona molto giusta e un gran lavoratore, penso che sia un uomo di parola e che si impegnerà più di altri probabilmente, ma credo che sia un po' netto.”
“Netto?” chiese Emma accigliata.
 “Sì, un po'” ammise James “vede tutto o bianco o nero”
 “Capisco e invece che ne pensi degli altri invitati?” chiese l'emoor.
 “C'era chi è simpatico e chi meno, che Belby non fosse una cima nonostante sia Corvonero lo sapevamo”
 Emma rise annuendo, nemmeno lei apprezzava troppo Belby.
 “David e gli altri emoor?” chiese curiosa.
 “Lui è in gamba, sono convinto che potremmo diventare amici, ma non ho inquadrato Emily e Artemius”
 L'emoor gli fece una smorfia piuttosto contenta, si mise sulla punta dei piedi per stropicciare i capelli dell'amico, scambiandosi uno sguardo complice prima di entrare nello scompartimento, ridendo con leggerezza.

Draco Malfoy, immobile in fondo al corridoio, fissava la porta dietro cui erano appena spariti i due ragazzi con una sgradevole stretta alle viscere. Era una sensazione nuova, che lo  faceva sentire a disagio.
Zabini era tornato dal pranzo e gli aveva detto che c'era anche Emma da Lumacorno e improvvisamente si era sentito tremendamente in errore e il senso di colpa, generalmente, non era un sentimento che fosse permesso a un Malfoy. 
 Draco però sapeva di non aver cercato Emma sul treno e di non averle mai nemmeno scritto da quando lei era andata via dal Manor, si era anzi anche dimenticato di rispondere alla lettera che lei gli aveva lasciato come saluto e aveva dato per scontato che si sarebbero risentiti una volta a scuola.
Inoltre, non senza difficoltà, in quei giorni dove la presenza tranquillizzante dell'emoor era mancata tra le mura del Manor e nelle sue lunghe passeggiate nelle serre, il ragazzo aveva potuto ragionare da solo e si era reso conto di una cosa importante: Emma sapeva davvero capirlo molto più di chiunque altro e lui le stava nascondendo, contro le loro regole, qualcosa di gigante.
Perché era vero, non andava tutto bene nella sua vita come voleva far credere alla ragazza e in fondo anche a sé stesso, anzi.
 Draco Malfoy si sentiva alla deriva e anche se non lo avrebbe mai ammesso ad alta voce, a causa del suo stupido orgoglio, doveva accettare che lui fosse in torto e lei in ragione.
 Aveva pensato che diventare Mangiamorte fosse una buona idea, che sarebbe stato in grado di riportare in alto l'onore del suo cognome e che sarebbe stato abbastanza forte e potente da difenderli e da essere apprezzato dall'Oscuro quanto bastava per creare uno scudo intorno alla sua famiglia e i suoi cari, ma ora che il marchio nero bruciava terribilmente sotto la manica immacolata della sua camicia, quell'ambizione così tipica della sua Casa sembrava averlo abbandonato ed era tornato solo una ragazzo brillante, ma troppo codardo per affrontare apertamente il pericolo.

*

Voldemort era ancora più terribile di come se lo fosse immaginato e la magia nera era tanto densa intorno a lui, da dare la nausea, ma ad ipnotizzarlo del mago non era l'aura di potenza infallibile, né i lineamenti serpenteschi, bensì gli occhi rossi così lucidi e taglienti, pieni di un'intelligenza pericolosa.
 Draco tremò leggermente, cercando di concentrarsi sulla stretta gentile della madre sulla sua spalla, respirando lentamente, per mantenere il controllo.
 “E così questo è tuo nipote Bella” sussurrò il mago con voce stranamente dolce.
“È così Padrone” annuì Bellatrix, compiaciuta come una bambina che viene adulata da un genitore, gli occhi scuri che ardevano famelici, rendendo ancor più inquietante il suo sorriso vuoto “È l'erede delle famiglie Black e Malfoy” 
 “Narcissa” disse Voldemort, rivolto alla donna bionda, che subito chinò il capo in segno di rispetto, elegante e precisa.
“Mio signore” sussurrò, mite.
 “Sei consapevole di quello che ha fatto tuo marito?”
 “Sì, mio signore.” disse quieta “Ne sono mortificata.”
 “Lucius ha fallito come un dilettante.”
 “Mio signore” sussurrò la donna, alzando gli occhi chiari, brucianti di orgoglio, verso il mago “Lucius ha fallito, è vero, ma la situazione era impervia e la nostra famiglia può molto, io stessa mi offro alla causa...”
 Voldemort rise glaciale, tanto che le parole di Narcissa si persero in un mormorio quasi indistinto e Draco sentì i muscoli irrigidirsi.
 “Mio signore...” sussurrò di nuovo la strega, a disagio per la prima volta.
 “Io non voglio te, Narcissa. Non mi servi. Voglio Draco con me.”
 Il ragazzo sussultò, staccando a fatica gli occhi dal volto della madre. La sorpresa illuminava i suoi lineamenti affilati. Eppure avrebbe dovuto aspettarselo.
Emma glielo aveva detto che poteva succedere, ma lui aveva dato per scontato che a difenderlo ci sarebbe stata almeno la sua giovane età.
 “Mio Signore, non mio figlio.” soffiò subito Narcissa, mettendosi di fronte a lui, con coraggio atipico per loro Malfoy, ma forse non per una Black.
 Gli occhi Voldemort si assottigliarono pieni di rabbia violenta.
“Non mio figlio?” sibilò “Non mio figlio per risollevare il vostro nome? Non mio figlio per essere onorato di ricevere da me un grande incarico? Mi stai dicendo che non devo scegliere tuo figlio per essere un mago potente al mio fianco, Narcissa? Hai altri grandi piani per lui per caso?”
 Le parole di Voldemort trasudavano sdegno e cattiveria e il suo volto era trasfigurato in un'espressione violenta di scherno, gli occhi rossi magnetici, così brillanti sui suoi lineamenti rarefatti, non si spostavano dalla donna, che eppure rimase dignitosamente composta.
 “Forse non ti è chiaro, Narcissa, ma o Draco decide di brillare offrendosi al mio servizio, dimostrando cosa può fare la grande famiglia Malfoy senza compiere errori grossolani come Lucius, o per punire te e quell'uomo senza nervi che è tuo marito... dovrò ucciderlo” spiegò con semplicità il mago.
 “Mio nipote è un ragazzo sveglio” intervenne Bellatrix inaspettatamente e Draco, anche se aveva il dubbio che la zia stesse parlando solo in aiuto della sorella, si sentì quasi orgoglioso di quell'affermazione.
 Era molto difficile ricevere un apprezzamento dalla Mangiamorte e forse per stupore, il giovane Serpeverde non si sentì totalmente spaventato dallo sguardo analitico che gli lanciava l'Oscuro Signore, ma curioso e desideroso di mostrare ciò che era in grado di fare. Silenziosamente, sorreggendo con attenzione sua madre, stretta convulsamente al suo braccio, Draco chinò il capo, pensando sinceramente che avrebbe potuto farcela, anzi che doveva farcela, per difendere il suo orgoglio ferito, sua madre, suo padre.
 “Mio signore sono pronto” sussurrò, ignorando il cuore che tremava di paura e ogni cellula suo del corpo che lo metteva in guardia contro quella scelta avventata.
Voldemort sorrise gelido e la risata  di Bellatrix riempì il silenzio della stanza.

*

Ancora immobile in mezzo al corridoio vuoto del treno Draco si asciugò le gocce di sudore che gli imperlavano la fronte con la manica della sua costosa camicia.
Il marchio lo terrorizzava, ma ancora di più a spaventarlo era la consapevolezza di aver fatto una scelta irreversibile, forse prima di rendersi conto che non era nemmeno una buona scelta e ora, nonostante la paura e il disgusto che provava per sé stesso, ciò che era stato impresso sul suo braccio non poteva essere cancellato, né poteva controllare quel che stava succedendo alla sua vita.
Se poi si soffermava a pensare che cosa i Mangiamorte e l'Oscuro si aspettavano da lui, il panico diventava dilagante e si rendeva conto di quanto, accettando quell'incarico, avesse messo in realtà in pericolo sé stesso e chi voleva proteggere, come sua madre e forse anche l'emoor.  Ma cosa poteva fare in fondo? Di chi fidarsi?  
Di Emma, certo. Sapeva che lei non vedeva l'ora di aiutarlo.
 Eppure, ancora una volta, non aveva voluto dirle niente, mettendo in luce la dote principale che un Malfoy doveva avere, essere freddo e inattaccabile, in controllo, anche se in quel momento si chiese se forse non si stesse sbagliando.
 Perché per il giovane Malfoy l'emoor, con i suoi sorrisi e la sua caparbietà e voglia di giustizia, rappresentava in fondo una boccata d'aria fresca. Quando era riuscito al Manor a ritagliarsi un po' di tempo con lei gli era sembrato di tornare a respirare dopo molto, godendo delle sue carezze, dei suoi baci goffi, persino di quegli sguardi seri e indagatori che la Corvonero lanciava lui.
 E Draco Malfoy non aveva voluto in nessun modo contaminarla, anzi, non aveva voluto renderla parte di qualcosa che, secondo il Serpeverde, molto probabilmente non avrebbe accettato.
 Una parte di lui era forse terrorizzata semplicemente dall'idea che lei lo abbandonasse con disgusto a sapere quel che stava succedendo, anche se più volte aveva affermato con forza il contrario.
 E Draco Malfoy non avrebbe retto alla delusione irreparabile nello sguardo di Emma O'Shea.

A peggiorare le cose c'era il fatto che il ragazzo era dolorosamente cosciente che l'emoor avesse ragione a dire che era a causa di qualcuno con il suo stesso marchio se lei era orfana e quella consapevolezza non lo aveva fatto dormire la notte e aveva causato in lui quel senso di colpa che ora lo distruggeva. 
 Perché Emma era pura, buona, quasi perfetta e Draco si era stupidamente impegnato moltissimo per credere di essere migliore per lei e a far accettare la loro relazione ai Serpeverde, senza però considerare, come lei gli aveva urlato a Diagon Alley, se anche lei stesse facendo un simile sforzo, anzi, pensando in maniera egoista e impertinente che per lei stare con lui fosse l'ambizione migliore.

*

Perché la ragazza?” gli chiese mite Narcissa, mentre posava con cura alcune bende sul marchio ancora sanguinante.
 Draco teneva gli occhi chiusi e le labbra serrate, per non mostrare nemmeno una stilla del dolore che stava provando, silenziosamente grato alla madre per quella medicazione, ma troppo orgoglioso, come il peggiore dei Malfoy, per ammetterlo.
 “Che ragazza?” domandò con un filo di voce.
 “Perché Emma?” insistette la donna, senza andare per il sottile, osservando preoccupata il volto pallido del figlio.
 “Non credo che siano affari tuoi, madre” rispose lui, fiacco, forse con troppo sprezzo, portandosi il braccio al petto con stizza e Narcissa sospirò piano, alzandosi lentamente dalla posizione accovacciata di fianco al divano che aveva assunto per medicarlo e avvicinandosi alla finestra. Si sistemò le pieghe dell'elegante vestito e alzò il capo con aria altera e risentita.
 “Lei a me piace molto” disse, prima di uscire dalla stanza.
 Draco avrebbe voluto rispondere solo “Anche a me” e accettare l'aiuto silenzioso che la madre gli offriva, ma rimase in silenzio, esercitandosi a chiudere la mente, fissando il soffitto bianco.

*

In maniera lucida, ancora in piedi a fissare la porta dello scompartimento dei Corvonero, Draco sapeva che James era solamente il migliore amico dell'emoor. 
 Lei stessa gliene aveva parlato più volte, nonostante lui fingesse di non ascoltarla mai e Malfoy non era sicuro che il problema fosse la strana chimica che aveva visto tra i due, né quel contatto fisico naturale e sciolto che ricordava quello che lei aveva con il gemello Weasley e che invece tra lui ed Emma era stata una conquista.
 Il problema era che per la prima volta il ragazzo si era accorto che lei non era bella e speciale solo per lui, ma poteva esserlo agli occhi di molti, perché Emma non era la sua isola personale di salvezza come sperava, ma era una ragazza libera e se lui non ne avesse avuto cura avrebbe potuto perderla.
 Il Serpeverde rimase a lungo combattuto se raggiungere lo scompartimento, anche solo per dirle ciao, tanto che gli formicolavano le gambe e gli pareva di sentire il rumore dello scorrere del sangue nelle sue vene, quel sangue purissimo di cui si era sempre vantato, ma alla fine non si sentì abbastanza coraggioso.
 Lui era un Serpeverde, fiero di esserlo, non uno stupido grifone. Lui aveva la sua integrità, il suo orgoglio e la sua storia.
 Con un sospiro triste e vuoto si voltò e tornò dai suoi amici nello scompartimento in fondo al treno.  Ignorò l'occhiata languida che gli fece Pansy appena lo vide, così come lo sguardo indagatore di Zabini e in silenzio si mise a guardare semplicemente fuori dal finestrino, distratto, assorto, fino a quando la scarpa di Potter apparve per un istante davanti a lui e il ragazzo con sgomento si ritrovò a pensare ad altro.

. . .

Emma, seduta al tavolo dei Corvonero tra Sean e James, si sentiva piuttosto tesa e guardava solo distrattamente i compagni di Casa, pur essendo felice di essere di nuovo lì tutti insieme. 
 Un dolore sordo alle tempie, che aveva imparato a riconoscere, le diceva che qualcosa non tornava e l'assenza lampante di Harry Potter al tavolo dei Grifondoro non faceva altro che gridare allarme.
 “Cerchi ancora Potter?” chiese James.
 L'emoor annuì agitata, facendo scorrere lo sguardo su Ron ed Hermione, a loro volta accigliati.
 “Vi conviene allora girarvi entrambi” intervenne Lilith, indicando con una smorfia l'ingresso “Eccolo lì”
 Harry Potter stava effettivamente entrando in Sala Grande, completamente imbrattato di sangue. Severus Piton, che sfoggiava l'espressione crudele e sorniona di quando riusciva a vessare qualcuno di Grifondoro, lo accompagnava alla distanza di un passo e l'emoor spalancò gli occhi nel vederli e scosse subito la testa contrariata, voltandosi di scatto verso il tavolo di Serpeverde. 
 Come immaginava Malfoy, che non si era ancora degnato di salutarla, stava malamente nascondendo una smorfia soddisfatta sulle labbra, affiancato a quei due gorilla di Tiger e Goyle.
 “Che gli è successo?” chiese Sean stupito, ma nessuno le rispose.
 Emma era certa, senza bisogno di usare la connessione che li legava, che Harry si fosse messo di nuovo nei guai per sua volontà e se conosceva un minimo il suo tutore e il suo ragazzo, era probabile che Draco c'entrasse qualcosa, dato quanto sembrava soddisfatto, così come era chiaro che Piton, doveva essersi preso gioco del Grifondoro, vista l'occhiata d'odio che gli riservò il ragazzo.
 Scosse la testa disarmata e si chiese silenziosamente quando quei tre sarebbero cresciuti, la connessione sfrigolò nel suo petto, mischiandosi ai pensieri di Potter e aumentando il suo disappunto.
Di malumore non prese parte alle chiacchiere degli altri e non prestò nemmeno molta attenzione al discorso di Silente, fino a quando lui non annunciò che Lumacorno sarebbe stato il professore di Pozioni.
 Lo sguardo della ragazza saettò allora confuso tra l'ometto simile a un tricheco che aveva conosciuto in treno e il suo tutore, seduto al suo solito posto, sentendosi scioccata.
 “Pozioni?” disse Lilith altrettanto stupita “E Piton?” 
 Aveva posto la domanda direttamente ad Emma, aspettandosi probabilmente una risposta, ma l'emoor riuscì solo ad aprire e chiudere due volte la bocca estremamente confusa.
 “Io... io non lo sapevo” ammise infine.
 “...Mentre Severus Piton prenderà il posto di Difesa contro le Arti Oscure.” aggiunse il preside in quel momento.
 Emma osservò il tutore per la prima volta fare una smorfia che sembrava un mezzo sorriso storto alla Sala, con aria soddisfatta.
Le parve anche di sentire un 'NO' distinto arrivare dal tavolo dei Grifondoro e si accorse che in tanti intorno a lei stavano mormorando sorpresi e interessati da quel cambiamento.
 “Non ti ha detto nulla?” chiese perplesso James.
 Emma scosse nuovamente la testa, rendendosi distrattamente conto che probabilmente Severus aveva voluto farle una sorpresa, anche se lei non sapeva come prendere quella novità, perché era sicura che le sarebbe mancato Piton nei fumi dei sotterranei.
“...i corsi di Pozioni a livelli misti non si terranno quest'anno....” aggiunse il preside, dando una stangata finale all'umore già fin troppo depresso dell'emoor.
 Si voltò verso Draco, senza nascondere una smorfia triste e vide che finalmente il Serpeverde ricambiava il suo sguardo, pur non lasciando trapelare nessuna emozione e per un momento sembrarono essere sulla stessa linea d'onda.
“Finalmente torniamo a fare Pozioni tutti nelle stesse ore!” trillò Lilith, al contrario decisamente felice, circondando le spalle di Emma e James in un abbraccio soddisfatto.
L'emoor non si sentì di buttarla giù e si sforzò di sorriderle, ma vide che alle spalle dell'amica anche Sarah Morris, seduta di fronte ai gemelli Harrods era diventata improvvisamente affranta.
 “È un peccato” ammise James, mentre si alzavano per andare in torre, dopo che Lilith si era allontanata con Sean per accompagnare i ragazzini del primo anno.
 “Perché dici?” chiese Emma curiosa.
“Nott era molto bravo ed era stimolante lavorare insieme, anche se non proprio una simpatia, ho imparato parecchio con lui in coppia” ammise il ragazzo con tono pacato.
 “Già” mormorò lei e James le lanciò un'occhiata preoccupata.
 “Mi spiace anche per te e Draco, ovviamente”
 “Troveremo altri modi di passare il tempo insieme” snocciolò l'emoor, senza però alcun entusiasmo: aveva visto la testa bionda del ragazzo allontanarsi dalla Sala Grande senza fermarsi a salutare.
 “Anche a me mancherà Blaise” intervenne Sarah con sincerità, affiancandosi a loro insieme a Carmen.
 “Oh Sarah detestavo quel ragazzo” la rimbeccò l'amica “Non sono sicura che facessi bene a fidarti di lui”
 L'altra si strinse timidamente nelle spalle, sistemando ciocche di capelli chiari dietro le orecchie, in un gesto colmo di timidezza. 
 “È sempre stato gentile con me. È un buon amico.”
“Hai ragione. Blaise è gentile” sottolineò Emma, andando in suo supporto “ed è anche piuttosto simpatico”
 Sarah le fece un sorrisino, ma Carmen roteò gli occhi.
 “Non devi per forza cercare sempre di essere così corretta nei tuoi giudizi, Ems” disse la mora all'emoor.
“Che intendi?” chiese l'altra piccata. 
 “Intendo che possiamo anche accettare il fatto che Zabini sia un Serpeverde e sono rari i casi in cui un Serpeverde sia buona cosa”
 Emma guardò la compagna improvvisamente molto seria.
 “Non sono d'accordo Carmen.” disse con tono fermo “Tu non conosci Blaise, è in gamba e potresti scoprire un ragazzo molto simpatico, siamo sull'orlo di un guerra, non è bene additare le persone solo sulla base della Casa a cui appartengono”
 L'altra scrollò le spalle, prendendo a braccetto Sarah e sorrise sincera all'emoor. Non c'era alcuna sfida negli occhi scuri.
 “Forse hai ragione tu Ems, la mia è solo abitudine probabilmente” disse pacata “Ma non riesco a fidarmi”
Le due ragazze, le teste vicine, già prese dalle loro chiacchiere, senza nessun rancore tra loro per i punti di vista differenti, si allontanarono a passo spedito verso la torre di Corvonero. 
 James fece un grosso sospiro e lanciò un'occhiata all'emoor.
 “Sarà un anno difficile” disse, mettendole una mano sulla spalla.
“Già” mormorò lei, desiderando solo fiondarsi tra le coperte.
“E lungo.”
 “E lungo” ripeté la ragazza.

*

Camminavano svelti per i corridoi del quarto piano, rischiarati da un timido sole che entrava dalle grandi finestre gotiche. La scuola era già iniziata a pieno ritmo e le lezioni quell'anno erano serrate.
“Piton è stato bravo” disse James ad alta voce, evidentemente dopo averci pensato a lungo e l'emoor non riuscì a trattenere un piccolo sorriso e un'aria soddisfatta.
 “Merlino Emma, stai gongolando apertamente” esalò Lilith esasperata, facendo ridere entrambi gli  amici.
Si stavano dirigendo verso l'aula di Pozioni dopo aver finito una lezione di Difesa contro le arti Oscure che tutti sembravano aver davvero apprezzato. Poco ci voleva, in fondo, dato che dopo le lezioni ridicole della Umbridge dell'anno precedente, Piton, nonostante il tono strascicato e antipatico, sembrava a tutti oro colato, o per lo meno aveva dimostrato di essere molto competente e di conoscere bene la materia.
 “Quando parlava di Arti Oscure faceva un po' paura” ammise Lilith, vagamente corrucciata “Era così serio e netto”
 “Si” concordò James, pensieroso “credo però che abbia provato sulla sua pelle, o con la sua bacchetta ogni cosa da cui ci mette in guardia, ma questo ne aumenta il fascino, no? Voglio dire, è una persona che conosce ciò a cui stiamo andando incontro”
 Emma e Lilith annuirono entrambe, concordi.
 L'emoor era rimasta davvero stupita dalla lezione, non solo per la preparazione e precisione dell'uomo, ma anche perché era sempre stata sicura che Pozioni fosse il grande amore di Severus. 
 Lo aveva visto distillarne a centinaia, con attenzione e precisione che aveva scambiato per amore per quell'arte, ma vedendolo spiegare cosa fossero le Arti Oscure aveva capito di essersi sbagliata.
 Erano le branche sottili e duttili della magia Oscura che appassionavano l'uomo più di ogni altra cosa, non le pozioni e forse erano anche quelle stesse branche una delle poche cose che lo terrorizzavano, tanto da spingerlo a studiarne ogni minimo dettaglio per essere in grado di contrastarle.
Emma ci rifletté, ripetendo mentalmente le parole che aveva detto Piton a lezione, mentre entrava distrattamente nell'aula di Pozioni, come sempre in penombra, i banchi con i calderoni nelle solite posizioni, tanto che l'emoor quasi sussultò quando vide l'ampio sorriso di Lumacorno al posto che il volto serio del tutore.
D'istinto la ragazza prese posto al banco che fino all'anno precedente divideva con Malfoy, non senza una sottile malinconia.
 James gli si mise accanto, mentre Lilith e Luna si accomodavano nella postazione davanti a loro  e i gemelli Harrods in quella dietro.
 “Benvenuti” tubò il nuovo professore con aria estremamente allegra che stonava nel buio della classe.

Sulla cattedra c'erano vari calderoni con diversi intrugli all'interno, Emma ne riconobbe immediatamente alcuni, analizzando i tipi di fumi che ne uscivano, o i colori accesi.
 “Facciamo un gioco per conoscerci meglio” disse l'uomo con un grande sorriso, senza che la classe gli riservasse il medesimo entusiasmo “Vediamo, chi sa riconoscere questa pozione?”
 Emma d'istinto alzò la mano per rispondere.
 “Signorina O'Shea?”
 “È la bevanda della Pace” disse lei.
 “Molto bene, risposta corretta, ne riconosce altre?” chiese il professore, gli occhi che luccicavano di interesse. Emma annuì.
 “Mi dica allora!” esclamò l'uomo soddisfatto.
 “Quella a destra non è un pozione, ma è essenza di Dittamo, molto utile per ferite ed emorragie” rispose pacata “Invece quella nel calderone d'argento è Veritaserum”
 Il professore le lanciò uno sguardo splendente e le assegnò 10 punti.
“E quest'ultima?” chiese poi affabile in baffi che quasi vibravano.
 “Amortentia” rispose sicura l'emoor, accennando un sorriso “Si tratta di un potente filtro d'amore, che assume per ognuno un profumo diverso in base a cosa ci attrae”
 “Molto bene, O'Shea. Altri cinque punti a Corvonero. Questa Amortentia in particolare l'hanno preparata i ragazzi del sesto anno, a lezione. Qualcuno ha mai avuto occasione di annusarla?”
Quasi tutta la classe scosse la testa, trattenendo la curiosità.
 “Allora a fine lezione potrete passare di qui a sentire l'odore che assume per voi.” sorrise il professore “Sarà divertente”
 L'emoor sentì una strana tensione allo stomaco, forse a causa della mancanza di Malfoy, o della paura di non essere abbastanza brava per questo nuovo professore, ma l'agitazione sparì quando Lumacorno diede il via alla preparazione della pozione del giorno e la ragazza ne venne assorbita.

I gesti usuali e automatici che conosceva bene ebbero il potere di calmarla, come sempre ed Emma fu felice di constatare che anche senza Severus, o la presenza di Draco, Pozioni rimaneva decisamente la materia in cui eccelleva. 
 Era moltissimo tempo che non distillava una pozione da sola, a Spinner's End lavorava sempre in duo con Severus, mentre nei due anni precedenti aveva sempre avuto Draco come spalla, eppure non apparve fuori allenamento, anzi a fine lezione, guardandosi intorno, si accorse con una punta di orgoglio che nessuna dei preparati dei suoi compagni sembrava perfetta come la sua.
 Lumacorno si avvicinò al suo banco con il suo passo caracollante. 
 “Hai già finito Emma?” chiese stupito.
 La ragazza sorrise soddisfatta, godendosi lo sguardo incredulo dell'uomo mentre controllava il suo lavoro, facendole un cenno perplesso e un grosso sorriso e trattenne a stento un'espressione soddisfatta, mentre raccoglieva le sue cose con aria baldanzosa. 
 Lanciò uno sguardo indeciso al calderone pieno di Amortentia, passandoci davanti e immaginando perfettamente che profumo avrebbe sentito, ma si strinse nelle spalle e fece per uscire dall'aula.
 “Non vuole provare?” chiese allegro Lumacorno, guardandola con interesse “Un piccolo premio per il suo perfetto lavoro!”
L'emoor fece un sorriso leggero, vagamente imbarazzato e si avvicinò al calderone ispirando piano.
Odore di pioggia in arrivo, menta, pergamena e caffé. Nulla di inaspettato.
Con l'immagine di Draco stampata nella mente Emma si affrettò ad abbandonare la stanza. Sentiva il bisogno di Ginny e del suo sguardo sincero e sapeva perfettamente dove trovarla.

. . .

Ginny Weasley volava nervosamente con aria corrucciata, cercando di sfogare l'attacco di rabbia che la faceva tremare ed Emma seduta sugli spalti, il libro di Trasfigurazione aperto sulle ginocchia, le lanciò un'occhiata esasperata.
 “Mi vuoi raccontare cosa è successo?” chiese alla Weasley.
 “Dean Thomas!” sbottò una volta di più la rossa, con aria profondamente indignata, senza però aggiungere nulla di più, ma aumentando la velocità e iniziando a volare con maggiore stizza.
 Emma sospirò, riprendendo a leggere il libro, in attesa che l'amica si calmasse. Sapeva che parlare con lei in quel momento era perfettamente inutile. Prese una pergamena dalla borsa e scrisse qualche appunto. Erano passato poco dall'inizio della scuola, ma i professori gli avevano già caricati di impegni ed Emma non aveva intenzione di rimanere indietro, essendo quello l'anno dei GUFO.
 Quando la Grifondoro ebbe fatto altri tre giri del campo da Quidditch, dimostrando la sua naturale maestria nel volo, planò verso di lei e le si sedette accanto.
 “Meglio?” chiese l'emoor e la rossa scosse la testa, ancora furente.
 “Perché i ragazzi sono così stupidi?”
 “Cosa ha fatto questa volta?” chiese l'altra paziente.
 “Continua a farmi domande senza senso, mi avrà chiesto 'come stai' almeno dieci volte oggi!”
“Non mi sembra una domanda così sgradevole, Gin.”
 “Ma mi segue ovunque ed è sempre preoccupato come se fossi fatta di cristallo e soprattutto è inutilmente geloso”
 “Forse è solo timido e ci tiene a te” tentò l'altra “Dean mi sembra un ragazzo carino e tu sei piuttosto esasperante con lui. Hai provato magari a parlargli di come ti senti?”
 “Certo! Ma con i ragazzi è inutile discutere, tu sei lì che provi a chiarire e loro ti guardano in silenzio e non riesci a capire che cosa stanno pensando, o hanno reazioni che non immaginavi e ti lasciano lì confusa a cercare di comprendere dove hai sbagliato.”
 Emma sorrise sotto i baffi, sentendo che non poteva che darle ragione, ma non intervenne, lasciandola sfogare per qualche minuto, sorvolando sugli insulti coloriti che la ragazza sembrava aver imparato dai fratelli più grandi e che ripeteva a rotazione.
 Quando infine sembrò essersi sfogata a sufficienza, Ginny fece un profondo respiro, i piedi che dondolavano nel vuoto sotto di lei e si girò curiosa verso l'amica.
“Malfoy?” chiese indagatrice.
 Non era stupida, si era sicuramente accorta della totale assenza del biondo nelle giornate di Emma e aveva probabilmente aspettato quel momento di calma per farle quella domanda e l'emoor, che in realtà era andata lì proprio con l'intenzione di sfogarsi, si ritrovò improvvisamente senza parole.
“Niente di nuovo” rispose a labbra strette, affranta.

Malfoy era un tasto dolente.
 Il ragazzo le sorrideva dolcemente tutte le mattine dal tavolo dei Serpeverde e la salutava sempre quando la incontrava nei corridoi, ma in tre settimane lì ad Hogwarts non era mai andato a cercarla e non si erano mai davvero parlati, né erano mai stati soli.
Emma era sinceramente disarmata e non sapeva che fare.
 Alla fine dell'anno precedente avevano una relazione, che se pur riservata era ben visibile a tutti. Ora invece, sebbene per quanto ne sapesse quella relazione avrebbe dovuto esserci ancora, visto che durante l'estate, nonostante la tensione del ragazzo, erano stati bene insieme, si erano baciati a lungo e a lungo avevano passeggiato mano nella mano, sembrava che il Serpeverde volesse sfoggiare solo una pacata cortesia con lei e ad Emma mancava totalmente il coraggio di affrontarlo di petto.
 Una piccola parte di lei era semplicemente timorosa di essere rifiutata, di invadere i suoi spazi, o di coglierlo troppo di sorpresa se avesse afferrato la sua mano in mezzo a un corridoio, o si fosse presentata al tavolo di Serpeverde una mattina. Si era così disposta all'attesa, non senza difficoltà, cercando di ignorare le voci di corridoio che davano la loro storia per spacciata.
 Aveva provato a non dare peso all'ansia che vedeva cristallizzata sul volto del ragazzo e tentato con tutta sé stessa di smettere di chiedersi di cosa avesse avuto il terrore Narcissa, tanto da portarla a Spinner's End, ma non ci riusciva. Semplicemente era impossibile per lei non preoccuparsi per Draco.
 “Perché non gli parli?” chiese la Grifondoro esasperata “È assurdo, sembravate l'incarnazione dell'amore fino a qualche mese fa e ora lui smette completamente di cercarti? Qualcosa non quadra, Ems.”
 “Lo so” rispose l'emoor “immagino sia complicato.”
 Pensò di aggiungere altro, ma rimase muta, accorgendosi di non avere le forze di spiegare tutto a Ginny, né di dire ad alta voce che era terribilmente preoccupata per le occhiaie e il pallore del Serpeverde, che a volte temeva il peggio e aveva sempre più incubi a riguardo. Non aveva le forza di farsi probabilmente altre domande a vuoto.
“È sempre tutto complicato” sospirò la rossa appoggiandosi alla spalla dell'amica, godendo del sole settembrino.
 Rimasero così a lungo in silenzio, a sostenersi l'un l'altra senza il coraggio di aprire completamente il cuore ad alta voce, ma con la consapevolezza che avrebbero potuto farlo se solo avessero voluto.
 Più adulte e forti di quanto loro stesse pensassero di essere.


*Angolo Autrice*

Ciao Lettori!
Ecco un nuovo capitolo. 
Come ogni inizio anno si tratta di un capitolo tranquillo, quasi di passaggio, ma metto come sempre a seguire qualche punto e spunto. 

. Ho provato a mettere qualche elemento che faccia intuire come, se non ci fossero le divisioni tra Case, alcuni ragazzi andrebbero semplicemente molto d'accordo. Il siparietto tra Emma, James, Ginny e Zabini, completamente diversi tra loro e tutti appartenenti a diversi gruppi né è una prova. 
. Ho pensato che Lumacorno non si sarebbe mai fatto sfuggire gli emoor per il suo Lumaclub e così ho deciso di inserirli nel pranzo sul treno. 
. Ho sfruttato questo momento di calma per prenderci del tempo e analizzare i sentimenti di Draco. Bisogna ammettere che il ragazzo non sta passando un bel momento e date le scelte discutibil che potrebbe prendere in futuro, mi è piaciuto guardare per un momento Emma attraverso i suoi occhi. Non solo, ho sfruttato i suoi ragionamenti per inserire qualche Flash Back del suo diventare mangiamorte. Per Draco non sarà semplice cambiare da un giorno all'altro, ma non si può dire che non sia fortemente combattuto.
. I Prefetti! Mi sarebbe piaciuto vedere Emma Prefetto, ma ho deciso alla fine di liberarla da questo fardello e ho sfruttato la cosa per dare un po' di spazio alla bontà di James. Ai miei occhi James è un amico perfetto e insieme a Ginny e Severus lo immagino come uno dei pochi punti fermi di Emma, mi sono resa conto però che raramente ho fatto capire quanto.
. Per chi non lo ricordasse Harry è imbrattato di sangue perché si è introfulato nello scompartimento di Malfoy (Draco vede la sua scarpa) e il Serpeverde arrabbiato lo pietrifica e lo prende a calci. Harry sarà salvato poi da Tonks e scortato al banchetto da Severus che lo prende in giro.
. L'inizio anno sembra turbare l'emoor, Emma è una persona che cerca sempre per sua natura di mantenere un equilibrio, ed è molto brava a farlo, ma quando questo si spezza fa sempre fatica ad affrontare le nuove sfide all'inizio. Il cambio di professori, la distanza di Draco, la fine delle lezioni condivise di pozioni, la rendono fragile. 
. Anche se non mi soffermo sempre su di loro Emma e Ginny continuano ad essere grandi amiche e molto legate. Immagino molti momenti in più rispetto a quelli che scrivo delle due che si ritrovano al campo di Quidditch a parlare di tutto e di più. 
. Mi sono presa anche un piccolo spazio sfruttando Carmen per ricordare che il "razzismo" magico c'è in tutte le Case e con diverse intensità. 
Non ci sono per me solo i cattivicattivi e i buonibuoni.

Spero che il capitolo vi sia piaciuto. 
Volevo dire un ENORME grazie ai nuovi lettori (state finalmente aumentando!) e a tutti coloro che si fermano sempre a lasciare una piccola recensione. 
Il prossimo capitolo avrà finalmente qualche informazione in più sui nostri emoor e le Ombre.

Un abbraccio!

vi

Ritorna all'indice


Capitolo 36
*** Legami ***


.Legami.



Le braccia cariche dei libri delle lezioni di quella mattina e il morale sotto terra per i tre rotoli di pergamena da compilare in serata, nonostante il pomeriggio già passato a studiare in Biblioteca, Emma sussultò quando vide inattesa la testa bionda di Draco Malfoy che si dirigeva verso il lago nero: era da solo.
 Per un lungo momento lo osservò in silenzio, chiedendosi se fosse il caso di disturbarlo, ma poi si rese conto che non avrebbe avuto facilmente di nuovo così tanta fortuna da trovarlo privo di Tiger e Goyle al suo fianco, o senza lo sguardo di Pansy all'orizzonte e agì d'istinto, inseguendolo prima che sparisse dalla vista.
 Attraversò il parco quasi di corsa verso il lago, scivolando lungo i sentieri, il dorso dei libri che le tagliavano il respiro. Sentiva il cuore batterle nel petto di agitazione, mentre usando blandamente l'Occlumanzia riordinava i pensieri. Aveva l'impressione curiosa che avrebbe avuto solo pochi istanti per riuscire a catturare e trattenere l'attenzione di Malfoy, prima che scivolasse dietro scuse mormorate a mezza voce, con uno sguardo contrito a fargli da scudo.
 Quando infine lo raggiunse, il fiato corto, il Serpeverde si era appena seduto sull'erba, la borsa piena di libri abbandonata al suo fianco e quell'aria vagamente triste e assorta che ormai sembrava essersi cucito addosso a inquinare la sua calma.
 “Draco” soffiò la ragazza, attirando la sua attenzione.
Lui non si scompose, forse l'aveva addirittura sentita arrivare, ma stese un ghigno almeno all'apparenza divertito.
 “Mi stavi pedinando, O'Shea?”
 “A quanto pare è l'unico modo per poterti parlare” ribatté lei.
 “Touché” mormorò, facendole cenno di accomodarsi accanto.

La ragazza eseguì, riprendendo lentamente fiato e per un lungo momento rimasero in silenzio guardando la superficie liscia del lago nero: lui appoggiato agli avambracci con aria sicura, le gambe stese di fronte a sé, lei seduta leggermente curva, a gambe incrociate, le dita che si perdevano nell'erba, giocherellando incerte con i suoi fili.
 Il riverbero dell'acqua brillava ipnotico ed entrambi la osservavano in silenzio, fino a quando l'emoor, non prese un grosso respiro, cercando di racimolare lucidità e parole.
Si sentiva pizzicare la nuca e le mani per impellente la necessità di affondare nel petto magro del Serpeverde e sentirne l'odore della sua pelle: pioggia in arrivo, menta e caffé come nei fumi dell'Amortentia.
 Voleva baciarlo, carezzare quei capelli chiari che sapeva morbidi, afferrargli la mano, forse essere abbracciata.
Voleva essere un'adolescente. Draco gli mancava.

“Mi manchi”
Lo disse a mezza voce, senza quasi rendersene conto e subito arrossì.
 “Lo so” la prese dolcemente in giro lui, il sorriso sghembo che si allargava, ma poi inclinò leggermente il capo per guardarla meglio, il grigio degli occhi che si fece morbido e così la smorfia tesa sul volto affilato “Anche tu” ammise tranquillo.
 Emma si costrinse a contrarre i muscoli del viso, per non sembrare troppo stupita e alzò lo sguardo verso di lui, curiosa.
 “E allora perché mi stai evitando?” chiese.
“Non lo sto facendo.”
La ragazza si fece sfuggire una risata amara tra i denti.
 “Malfoy, regola numero uno” ricordò secca “Non mentire”
 “Non avremmo mai dovuto fare quelle stupide regole, O'Shea”
 “Perché?” chiese lei nervosamente.
“Non facciamo che infrangerle.”
 “Se tu lo chiedessi ai gemelli Weasley ti direbbero che le regole vengono imposte proprio per essere infrante” rispose tranquilla e gli porse la mano, il palmo verso l'alto, invitante e Draco tentennò prima di posarci sopra il proprio intrecciando le dita con lei.
 Il contatto con la pelle fresca dell'altro li fece rabbrividire.
 “Ora non siamo al Manor.” disse Emma “Puoi parlarmi. Siamo qua da un mese. Non mi vuoi più? Non mi hai mai cercato”
 “Non è questo” si difese subito lui.
 “E allora cos'è? Non sarà ancora qualcosa di stupido come le nostre diverse amicizie, vero? Per favore dovremmo riuscire...”
 Il ragazzo scosse la testa con strana energia, fermandola. 
 “È solo un periodo difficile” mormorò e lei si strinse nelle spalle.
 “Lo è per molti” gli fece notare.
Malfoy sospirò piano, tornando a guardare la superficie del lago con aria assorta e c'era qualcosa di fragile in lui e allo stesso tempo di scomposto, i capelli chiari che si muovevano nella brezza, non più ingellati contro i lati del capo come da ragazzino.
“Ti puoi fidare di me, Emma, come dici continuamente di voler fare?" sussurrò assorto e la sua voce era incrinata, come se temesse un no in risposta, ma il suo sguardo era tagliente e sicuro.
 “Io mi fido di te” rispose lei, lentamente, scegliendo con cura ogni parola “l'unico problema è che stiamo tornando al punto di partenza, Draco, ti vedo più spesso con un smorfia di disprezzo sul volto, o di sofferenza, che con un sorriso. Sei sempre serio, solo, affranto. Lo vedo che soffri”
Si avvicinò di un poco, allungando la mano libera dalla stretta per carezzargli il viso e il ragazzo non si ritrasse, anzi, sembrò per un attimo lasciarsi andare contro il suo tocco, a godere di quel contatto lento, dolce, chiudendo gli occhi, stranamente arreso.
Erano soli. Nessuno studente in vista.
 Erano le uniche due anime sedute davanti al lucido specchio del lago nero e l'emoor non aveva intenzione di sprecare quell'occasione per chiarire con lui, per sciogliere un po' di nodi.
 “Vorrei solo che mi parlassi” gli sussurrò e vide i suoi occhi schiudersi appena e poi scrutarla attenti, così grigi e quieti.
 Non rispose però, anzi si ostinò al silenzio ed Emma fece passare qualche minuto prima di decidersi a romperlo.

“D'accordo, stupido Serpeverde, come stai?”
Il ragazzo le lanciò un'occhiata perplessa “Bene.”
 “E Daphne e Blaise?” insistette lei, sorridendo appena “Come stanno, come vanno le cose nella vostra Casa?”
 Lui alzò un sopracciglio “Cosa tenti di fare, O'Shea?"
 “Conversazione” gli rispose con aria innocente “Parlo del più del meno per passare del tempo insieme.”
 Le labbra del ragazzo assunsero una piega gentile, divertita.
 “Sto bene. Le cose a Serpeverde procedono bene e anche Blaise e Daph stanno bene. A dirla tutti credo che si stiano facendo la corte, non fanno altro che stuzzicarsi”
“Sarebbe anche ora che lo ammettessero”
 “Che cosa?” chiese, arcuando un sopracciglio.
 “Che si piacciono” disse placida l'emoor.
 Draco la scrutò improvvisamente attento, raddrizzandosi appena sulla schiena, la testa inclinata di lato.
“Tu lo sapevi?” mormorò perplesso ed Emma rise.
“Non ci vuole un genio per capirlo, Malfoy. Non fanno che guardarsi. Hanno una bella chimica”
 Draco scosse leggermente il capo, gli occhi velati di malinconia.
 “È la stessa cosa che ha detto Blaise di me e te, dice che abbiamo chimica, come una pozione ben riuscita”
“Una pozione con ingredienti pericolosi”
 “Ma ben riuscita” sottolineò lui, sorridendole sincero.
 Cadde di nuovo il silenzio per un momento, la brezza leggera che soffiava, carezzando la calma che pesava delicata sulle loro spalle. 
 “Sai che ti puoi fidare di me, Draco?” gli disse lei, all'improvviso, parlando lentamente, attenta al tono e alle parole e vide il ragazzo chiudere gli occhi e annuire tra sé.
 “Blaise non usciva con una ragazza della tua Casa?”
 Emma strinse appena le labbra, infastidita da quel cambio argomento furbo e repentino.
 “Sarah. Sono amici. Blaise e Sarah sono molto amici.”
 “Capisco...”
 “Draco” insistette, il tono di voce tagliente e severo, che non ammetteva repliche “Odio essere tenuta all'oscuro di qualcosa. Non c'è nulla che possa spaventarmi di più del saperti in pericolo e non poterti aiutare. Mi sono spiegata?”
 Gli occhi del ragazzo tremarono di incertezza per un solo istante.
 “Mi serve più tempo” spiegò conciso “Vorrei solo che tu fossi al sicuro, credimi. Vorrei...”
“Io sono al sicuro. O per lo meno non sono più in pericolo di altri.”
 E lui esplose in una risata che sapeva di vetro e ruggine, così matura e sconfortata che Emma sentì un brivido e per una volta tanto tacque, priva delle giuste parole da dire.
“Credimi” disse rauco Malfoy, lo sguardo di metallo “sarebbe meglio se io fossi un Grifondoro in questo momento”
L'emoor soppesò il silenzio denso che seguì prima di insistere.
 “Cosa è successo al Manor Draco?”
 “Non mi va di parlane”
“Draco. Per favore”
 “Non ora Emma.” disse secco e le rubò un bacio sulle labbra, dolcemente, stringendola leggermente a sé con un nota di disperazione, fino a quando lei non si arrese, facendo scivolare le mani sul volto di lui.
 “Ok” mormorò soltanto e lui la fece sedere di fronte a sé in modo che le desse la schiena, avvolgendola stretta contro il suo petto e nascondendo il volto tra i suoi capelli.
 Emma lo sentì sospirare e si morse la lingua per non insistere ancora una volta, per non cercare la verità che avrebbe voluto sentire, anche a discapito della possibile sofferenza.
 
“James è solo un amico, vero?” chiese a sorpresa Draco, con voce vagamente imbarazzata, mugugnando contro la spalla di lei.
 La Corvonero cercò di girarsi per guardarlo, ma lui la teneva stretta per impedirglielo, così riuscì solo a intravedere una piccola parte di guance particolarmente rosse di lui.
 “Che fai Draco? Sei geloso?”
 Malfoy rimase in silenzio colpevole, continuando a stringerla, affondando il viso tra i capelli ramati.
 “Vi vedo spesso ridere insieme” si difese goffamente.
 “Io e James in effetti ridiamo spesso insieme” gli rispose Emma con dolcezza, trattenendo il sorriso che le stava per sfuggire dalle labbra.
Malfoy era geloso. Davvero geloso.
 “
A volte mi chiedo perché non hai scelto uno come lui” disse e lo sconforto nella sua voce era tale che Emma gli lanciò un'altra occhiata attenta e si strinse più a lui.
“Come lui in che senso?” chiese stuzzicandolo “Intendi moro? O Corvonero? O forse intendi bravo a Pozioni? Perché tu sei piuttosto bravo a Pozioni, mi pare”
 Seppe di aver risposto nel modo giusto, perché sentì Malfoy sorridere lievemente tra i suoi capelli.
 “E sono anche maledettamente affascinante”
 “E umile soprattutto mi sembra.” lo prese in giro.
 “E schifosamente ricco.”
 Emma rise liberamente e riuscì a sfuggire dalla sua presa quanto bastava per poterlo guardare in volto.
 “Non farti venire in mente idee stupide, Draco” disse e si lasciò scivolare contro il suo petto, distendendo le gambe in una posizione più comoda e si chiese per un momento se fosse quella l'adolescenza priva dell'ombra di Voldemort, se fosse quella la felicità.
Rimasero in silenzio, entrambi increduli per quel momento di pace, quasi dimentichi della magia torbida del Manor, che aveva pesato troppo a lungo su di loro e all'emoor pareva di sentire la testa del ragazzo pensare. Avrebbe dato qualunque cosa per sapere a cosa stesse pensando per anticipare le sue ansie e le sue paure.
 “Come fai a fidarti di me?” chiese Draco.
 “Non lo so. Ci sto provando.”
 “Sei una ragazza strana, Emma” sorrise lui.
 “Da che pulpito, Draco” gli fece eco lei.
 Si lasciò cullare contro il petto del Serpeverde, ignorando il freddo, avvinghiati l'uno all'altra per moltissimo tempo. Emma si era quasi pentita di non essere andata a cercarlo prima. Al sicuro tra le braccia del ragazzo, il volto appoggiato nell'incavo tiepido del suo collo, cercò di godersi quel momento di pace.

*

“Qual è la missione di Draco?”
 Era almeno la decima volta che la ragazza provava a chiedere risposta a Severus, ponendo continuamente in maniera casuale la domanda in mezzo a un'innocente conversazione.
L'uomo roteò nuovamente gli occhi scuri, tornando a fissare ostinatamente il libro che stava leggendo e ignorandola e la ragazza sbuffò leggermente a sua volta, appoggiando il mento nel palmo della propria mano, lo sguardo rivolto al soffitto scuro.
 Erano nello studio del professore nei sotterranei.
 Emma adorava quel posto che sembrava resistere al tempo e non cambiava mai e che le ricordava sufficientemente il caldo grigiore di Spinner's End di cui spesso sentiva nostalgia. 
 Da qualche tempo, quando la sera non aveva troppo voglia di studiare, o al contrario, quando voleva un posto dove stare tranquilla e concentrarsi, l'emoor andava a fare visita al tutore, che come tacito accordo le concedeva di stare lì fino al coprifuoco,  quando le faceva un cenno secco che sanciva la fine di quei momenti di condivisione e la accompagnava verso la sua torre.
Di solito si facevano compagnia senza darsi fastidio, in ottimo equilibrio tra loro, a meno che, come quella sera, lei non ci si mettesse di impegno. L'uomo abitualmente correggeva compiti, o si immergeva nella lettura di grossi tomi e solo di tanto in tanto distillava pozioni, facendosi aiutare dalla protetta come quando erano a casa. Lei invece studiava, leggeva e si rilassava, sentendosi in un posto sicuro per mostrarsi senza maschere.
 Quella sera Emma se ne era stata china per ore sulla pergamena di Incantesimi malamente macchiata d'inchiostro, cercando inutilmente di concentrarsi, con pochi risultati. Continuava a pensare al viso di Draco che diventava sempre più pallido e stravolto, nonostante tra loro le cose andassero a meraviglia.
“Perché hai mantenuto questo ufficio?” chiese con leggero disappunto, provando a cambiare argomento, non avendo avuto risposta dall'uomo alla domanda precedente.
 “Perché mi piace” disse lui, muovendo appena le labbra.
 “Ma puoi farlo?” domandò lei con un sorrisetto “Non ti sembra che Silente ultimamente ti stia facendo fare un po' quel che vuoi? Prima Difesa contro le Arti Oscure e ora ti lascia anche scegliere l'ufficio”
 “Dici?” fece lui, con un tono vagamente ironico, il naso adunco affondato nelle pagine del libro “Perché non glielo fai notare?”
 Emma ridacchiò in risposta, scuotendo appena il capo. 
 “Lunedì sera ho la mia prima lezione con lui” disse quieta, giocherellando con la piuma “potrei farglielo notare”
 Piton arricciò le labbra in una smorfia che poteva sembrare un sorriso, così come un segnale di insofferenza e non rispose.
 “Sev?” disse la ragazza, arrotolando distrattamente la pergamena e cercando lo sguardo del tutore.
“mmm?” fece lui, lanciandole una mezza occhiata.
 “Qual è la missione di Draco?” soffiò lei e l'uomo roteò nuovamente gli occhi neri, spazientito, facendo sorridere un poco la piccola Corvonero con la sua esasperazione.
 “Non tirare troppo la corda ragazzina” disse secco ed Emma, il cuore gonfio di affetto per Piton, si sentì un poco in colpa per il suo continuo tentativo a minare i suoi nervi già tesi, si rimise a lavorare al compito in silenzio, concedendogli un po' di quiete.

*

“Le ombre di Hogwarts continuarono a collaborare per la scuola che avevano creato e, a dispetto degli altri quattro fondatori, decisero che il loro ruolo sarebbe stato sempre quello di proteggere quelle mura” finì di leggere Emily con tono solenne.
Erano in Sala Grande seduti al tavolo che durante i pasti apparteneva a Serpeverde. Emily e David seduti vicini ed Emma invece accanto ad Artemius, una volta tanto interessato anche lui a quello che stavano dicendo.
“E questo dove l'hai trovato?” chiese curiosa la Corvonero, con un cenno al libro sottile intitolato 'Le ombre di Hogwars' che l'altra ragazza stava sfogliando davanti a lei.
 “Joanne.” rispose Emily asciutta, continuando a frugare tra le pagine, la fronte aggrottata e l'aria concentrata.
 “Joanne?” chiese l'emoor, perplessa.
 La Serpeverde la guardò per un attimo interrogativa prima di illuminarsi: “Oh sì, voi non vi conoscete. Joanna Rowling è una mia amica di Serpeverde, l'adoreresti” spiegò semplicemente, prima di ributtarsi sul volume come se fosse sicura di essersi fatta sfuggire qualcosa di importante ed Emma ebbe il fugace ricordo di una ragazza con capelli arruffati che seguiva spesso Emily per i corridoi.
 “Te ne ho parlato, Ems” aggiunse David pensieroso.
 “Posso vedere?” chiese la Corvonero, tendendo la mano. 
 In quel momento non gli importava poi molto chi fosse Joanne Rowling, ma voleva studiare quel libro il più a lungo possibile.
 L'amica osservò il suo gesto deciso e riluttante le passò il tomo. Non sembrava molto contenta all'idea di separarsene, ma si rilassò quando David le circondò le spalle in un abbraccio.
Emma capiva la sua frenesia, era la prima volta che avevano qualcosa per le mani che parlasse realmente delle quattro Ombre e le sembrava un bene prezioso. Distolse lo sguardo dagli amici, sfogliando insieme ad Artemius le pagine.
 “Dove l'ha trovato Joanne?” sussurrò.
“Nella biblioteca di sua zia” rispose Emily, staccandosi appena da David che le sorrideva dolcemente.
“E perché sua zia ha un libro del genere?” insistette l'altra.
 “Non ne ho idea, ma lei sapeva che cercavo qualcosa riguardo a noi e ha avuto la gentilezza di portarmelo. Joanne è un'esperta dei fondatori originali, la sua famiglia ha molto materiale.”
 “Beh, non è affatto male” mormorò l'emoor.
 In realtà si trattava di poche pagine giallastre piuttosto sgualcite e a dirla tutta non sembrava ci fossero scritte cose di cui non fossero già tutti al corrente, ma avere qualcosa di reale che parlava di loro anche se indirettamente, la confortava un minimo.
Il loro ruolo sarebbe stato sempre quello di proteggere quelle mura” ripeté lentamente l'emoor e alzò gli occhi verso gli altri in cerca di supporto, ma David ed Emily stavano sussurrando qualcosa a bassa voce, ridacchiando e si voltò quindi verso Artemius che ricambiò il suo sguardo senza allegria.
 “Ci stavo pensando anche io” disse il ragazzo.

Il loro ruolo sarebbe stato sempre quello di proteggere quelle mura 

“Il nostro ruolo, sembra essere legato più alla scuola stessa che non a Voldemort” sussurrò Emma, non senza un vago stupore e Artemius annuì di rimando, ma stette in silenzio.
 “Forse” snocciolò di nuovo la Corvonero concentrata “la nostra profezia comprende Voldemort solo perché lui cerca qualcosa in questa scuola, o forse perché vuole la scuola, o vuole distruggerla. Voldemort potrebbe essere un incidente di percorso per le Ombre”
 A quel punto anche Emily e David la stavano ascoltando e si misero tutti e quattro a rimuginare. Emma guardava i disegni tra le pagine e si soffermò sulla figura esile che rappresentava di Alicia.
 La Serpeverde, i lunghi capelli corvini che incorniciavano un volto a cuore pallido e bello, ricambiava il suo sguardo sfoggiando un sorriso sghembo.
“Alicia Serpeverde, nota per i suoi occhi verdi e neri, cangianti, fu di gran lunga una strega più potente del più noto fratello Salazar e probabilmente la più potente delle quattro Ombre” Emma si soffermò su quella frase per qualche secondo e continuò a leggere sotto “Lei e Thomas Corvonero furono a lungo amanti ed entrambi prediligevano passare il proprio tempo con gli amici Andrew Tassorosso e Angela Grifondoro, piuttosto che con i rispettivi fratelli, ma Salazar e Alicia, pur non condividevano le stesse idee sul sangue magico, rimasero per tutta la vita molto vicini”
“Drammi familiari. Non sembra molto interessante” disse David.
Emma annuì leggermente affranta, mordendosi il labbro.
“Già non aggiunge molto” sussurrò.
 Fece per girare la pagina, quando si bloccò. Rispetto alle altre questa era decisamente più spessa. Aggrottando la fronte controllò attentamente le pergamena in controluce.
 “Sono due pagine incollate” sussurrò.
Artemius ed Emily si protesero a loro volta a controllare e David trattenne quasi il respiro. Emma con attenzione divise le due pagine con il terrore che le si sbriciolassero davanti agli occhi.
 “È un disegno del castello” sussurrò Artemius una volta aperte.
 Tra le due pagine, incollate dal tempo, c'era in effetti un disegno piuttosto dettagliato di Hogwarts, esattamente come era in quel momento e un piccolo trafiletto. Emma lo lesse con voce bassa e tranquilla, le teste degli altri emoor vicinissime alla sua.
 “Quando le quattro Ombre finirono il loro lavoro presso la scuola di cui i fratelli divennero i fondatori, scelsero di rimanere, come è noto, nell'ombra e fecero un Vinculum Eldest tra loro. Essendo Thomas Corvonero e Alicia Serpeverde profondamente innamorati ed esistendo una forte amicizia a legare Andrew Tassorosso e Angela Grifondoro il Vinculum Eldest venne fatto incrociando le coppie. Quindi tra Thomas e Angela e tra Andrew e Alicia. Ad oggi non è noto quali fossero le imposizioni del Vinculum Eldest, ma in una lettera dello storico Rufuld, si legge che Andrew cita la promessa di proteggere Alicia con la sua stessa vita, affinché lei protegga le mura. Si presume quindi che Thomas abbia stretto la stessa promessa con Angela.” mormorò l'emoor.
 “Oh, Merlino” sussurrò Emily, sporgendosi per rileggere velocemente e a Emma batteva il cuore all'impazzata, le sembrava di essere a un passo dallo scoprire qualcosa di essenziale.
 “Che cos'è un Vinculum Eldest?” chiese, sentendo la bocca asciutta.
 La Serpeverde di fronte a lei scosse la testa, la fronte aggrottata.
 “Non ne ho idea, ma se hanno stretto un patto a coppie deve essere un vincolo di sangue, o una maledizione”
 “Si sono auto maledetti?” chiese perplessa Emma ed Emily si mordicchiò il labbro inferiore, incerta, prima di rispondere.
 “Da quel che dice qui sembra di sì. Volevano imporre qualcosa a loro stessi, per qualche motivo”
“Assicurarsi a vicenda che avrebbero protetto insieme la scuola” disse velocemente David, unendosi al ragionamento.
 “...esatto. Probabile” riprese la Serpeverde, concentrata “Dato che pare esistesse una fiducia maggiore tra l'Ombra Corvonero e Serpeverde e tra quella Tassorosso e Grifondoro hanno stretto il patto con il compagno di cui avevano meno fiducia.”
 “Corvonero con Grifondoro e Tassorosso con Serpeverde” mormorò Emma e non poté fare a meno di notare che in quel momento erano proprio divisi in quel modo.
 Emily e David emoor di Corvonero e Grifondoro seduti vicini e lei e Artemius spalla contro spalla di fronte a loro.
“Questa è la prima cosa reale che scopriamo” disse serio quest'ultimo, gli occhi chiari che scorrevano sugli altri tre.
Emma riprese in mano il libro e rilesse di nuovo attenta, poi si riscosse, puntò la bacchetta sulle pagine ingiallite e ne fece una copia con un incantesimo Geminio prima di ridarlo a Emily.
“Accidenti” disse David stupito “forse anche noi dovremmo applicarci e diventare bravi come te con gli incantesimi se vogliamo prendere qualche GUFO”
 Emma gli fece un buffetto gentile, con noncuranza, la fronte ancora aggrottata e il viso mortalmente serio.
“Dobbiamo scoprire che cosa è il Vinculum Eldest” disse.
“Certo e una volta scoperto capire perché lo hanno fatto. Che cosa si sono promessi a vicenda?” mormorò Artemius.
 Sul tavolo scese un pesante silenzio, ma per la prima volta era un silenzio ricco di tensione e pensieri e non di sconforto davanti all'assenza di risposte.

*

“Hei, tutto ok?” chiese Hermione, cogliendo Emma di sorpresa.
 Chine sui libri sparsi sul tavolo della biblioteca avevano passato l'ultima ora leggendo e studiando senza proferire mezza parola.
 L'emoor sorrise all'amica, stropicciandosi gli occhi, fuori era quasi buio e nevicava, non se ne era nemmeno accorta. 
 “Tutto ok” rispose con voce impastata.
 “Stavi sorridendo da sola, lo sai?” indagò la Grifondoro con aria divertita, un sorriso che le illuminava gli occhi color cioccolato.
 “Sì me ne sono accorta, pensavo.”
 “È lecito sapere a cosa?”
 “Draco” rispose Emma diretta, senza aver voglia di dissimulare “mi ha invitato a uscire insieme ad Hogsmeade” aggiunse, vedendo l'aria interrogativa dell'altra.
 “Oh” fece Hermione, senza riuscire a nascondere lo stupore.
“Oh?” le fece eco Emma, inarcando un sopracciglio.
“No beh” si riscosse la Granger “È solo inaspettato, ma finalmente si è deciso a crescere, direi. Sembrava quasi ti evitasse quello stupido”
 L'emoor allargò di poco il sorriso. Dopo la conversazione al lago Draco si era dimostrato più gentile con lei, pur mantenendo un pacato distacco. Per due volte lo aveva trovato fuori dall'aula di Pozioni ad aspettarla per passeggiare insieme intorno al lago e nelle ultime due settimane si erano visti anche per studiare in biblioteca.  
 Nessun bacio, nessuna stretta di mano, solo una pacata gentilezza, ma Emma non si era lamentata e si era goduta ogni momento con lui. Poi a sorpresa, il giorno prima a colazione, Malfoy aveva attraversato tutta la Sala Grande con grandi falcate, si era avvicinato al tavolo di Corvonero, sotto lo sguardo sgranato dei compagni di Casa e le aveva chiesto di andare insieme a lui a Hogsmeade.

*

Allora ci vieni, O'Shea?”
 Emma arrossì leggermente, con gli occhi sgranati.
 “Io, mi ero già messa d'accordo con Lilith e James...” balbettò.
 Lilith alzò lo sguardo dalla lettera che stava scrivendo a Fred con tale impeto che James ridacchiò e Malfoy si irrigidì per la sorpresa.
 “Oh, Emma! Stupida testa di legno, non osare” sbottò “Non c'è problema Malfoy, io e James sopravviveremo qualche ora senza di lei, divertitevi”
 Il Serpeverde fece un leggero ghigno in risposta ed Emma sorrise.
 “Allora è ok, Malfoy”

*

L'emoor si agitò sulla sedia della biblioteca, arrossendo, non era mai stata a Hogsmeade con Draco, come due normali ragazzi. Era, in realtà, il loro primo incontro fuori da Hogwarts, o il Manor.
“Sono contenta che Malfoy starà con te” disse la Granger.
 “Come mai?” domandò subito l'emoor che non si era aspettata un'affermazione del genere.
 “Harry è paranoico, è convinto che Malfoy trami qualcosa e io vorrei godermi una gita a Hogsmeade per una volta. Saperlo con te lo tranquillizzerà”
 “Perché Harry è convinto che Draco stia tramando qualcosa?” 
 La grifona fece un gesto vago con la mano, come a minimizzare.
“Harry si fissa sulle cose a volte, anche quando sono palesemente assurde. Hai presente quando ci siamo incontrati a Diagon Alley?”
“Certo” disse la ragazza, che ricordava bene il litigio tra Draco e i Grifondoro e il conseguente diverbio che era scoppiato tra lei e il ragazzo subito dopo.
 “Beh, Harry ha visto Draco reagire esageratamente quando la McClan gli ha toccato il braccio sinistro...”
 L'emoor sbatté una volta le palpebre scioccata, perché anche lei aveva notato quella reazione, ma aveva pensato semplicemente che fosse il lato teatrale e insopportabile di Draco, non certo il marchio.
 “Potter è convinto che Draco sia un Mangiamorte?” chiese incredula a Hermione, tenendo la voce bassa e l'altra si mise i capelli dietro alle orecchie in un gesto nervoso, sedendosi rigidamente, palesemente a disagio.
 “Sì, esatto” rispose con la voce leggermente troppo acuta che tradiva la sua agitazione “il che è semplicemente assurdo, no? Ma Harry non vuole affatto sentire ragioni”
L'emoor rimase in silenzio un secondo di troppo, stringendosi nelle spalle, mentre ragionava velocemente. Poteva essere vero?
 “Non saprei, non ci ho mai pensato” rispose meccanicamente “ma Draco ha solo sedici anni, no?” concluse e subito Hermione annuì energicamente, lo sguardo lucido e gentile.
“Esatto” sottolineò sollevata “È esattamente quello che ho detto io. E poi se fosse un Mangiamorte tu lo sapresti, no?”
Emma annuì incerta, mentre la Grifondoro tornava con la testa bassa a compilare la sua pergamena e sentì una strana e sgradevole stretta allo stomaco: panico.
 Improvvisamente tutto l'atteggiamento di Draco, la sua ansia e fragilità, il distacco, le occhiaie, la paura nascosta nei lineamenti, la visita di Narcissa a Spinner's End e le assenze del ragazzo al Manor sembravano assumere nuovi significati, più oscuri e terribili.
Draco poteva essere un Mangiamorte?

Loro si erano promessi di dire sempre la verità, ma lei quella domanda al ragazzo in effetti non gliela aveva mai fatta.
E aveva sedici anni, vero, ma poteva essere che Voldemort fosse tanto deluso da Lucius da costringere il figlio a prendere parte delle sue schiere? Era stata Emma stessa qualche mese prima a dire a Draco che dovevano aspettarsi una cosa del genere, in fondo. 
La ragazza inghiottì saliva, mentre cercava di placare il panico. Non poteva andare dal Serpeverde e di punto in bianco chiedergli se aveva preso il marchio, doveva essere cauta e se quella fosse stata la verità doveva tenere a bada il disgusto e la paura. Non doveva farlo sentire abbandonato, o Merlino solo sapeva come avrebbe reagito lui.
 In fondo l'emoor si sentiva in colpa, anche se sapeva che non avrebbe dovuto, ma tecnicamente era anche a causa sua se Lucius aveva fallito il suo piano ed era stato scoperto e incarcerato, quindi era anche lei parte degli eventi che avevano provocato la nuova posizione spiacevole dei Malfoy.
 E sicuramente Severus e quindi anche Silente ne erano al corrente, ma non lei, a lei nessuno diceva mai nulla.
Serviva che qualcun altro lo sapesse?
La Corvonero abbassò lo sguardo sulla testa riccia di Hermione intenta a scrivere il suo tema e sentì il disagio aumentare.
Avrebbe dovuto tenere nascosto ai suoi amici una notizia del genere?
 Sì, se non li mette in pericolo, 
e loro ora non lo era. 
L'ago della bilancia di nuovo. 
Emma prese una volta di più un grosso respiro, afferrò la piuma e si mise a scrivere il compito di Pozioni senza che Hermione si fosse accorta di quello che aveva appena passato.

*

Il circolo di Mangiamorte. Codaliscia che rideva con il pugnale zuppo di sangue.
Perché proprio il sangue di Harry?
Le grida della donna che non conosceva. Suo padre, sua madre e Steph vestiti da Mangiamorte. Severus e Lucius che ridevano di lei.
 
“È convinta che Draco tenga a lei, Lucius”
 “Come può mio figlio tenere a una ragazza che ha diviso la sua famiglia?”
Un lampo verde. Le grida. Draco che la guardava pallido.
“Ho scelto il lato sbagliato O'Shea”

Emma urlò nel buio della sua stanza.
Le braccia di Lilith, e poi Luna e infine Sarah e Carmen, accorsero salvarla dal suo dolore.

*

Nevicava.
Emma, avvolta nella mantella verde che era appartenuta a Eileen Piton, il volto rivolto verso l'altro, guardava i fiocchi cadere con un sorriso che le illuminava il viso.
 “Nessun Gorgosprizzo?” chiese Luna alle sue spalle.
L'emoor sorrise in direzione dell'amica “Nessuno, Luna.”
 “Peccato” disse l'altra, dirigendosi verso l'ingresso del castello.
 “Non vai ad Hogsmeade?” chiese Emma.
 La ragazza scosse la chioma biondo cenere con un sorriso svagato.
 “No, penso che oggi Hogsmeade non sia un bel posto. Penso che andrò a parlare con le sirene del lago nero”
 L'emoor la osservò mentre si allontanava in piccoli balzelli, pensando che forse non era solo Hogsmeade ad essere un posto poco luminoso e positivo, ormai, che forse tutto il mondo all'infuori di quel baluardo che era Hogwarts era un luogo oscuro.
Dondolò sul posto, in attesa. Draco era in ritardo, ma lei era contenta di godersi quell'attimo di calma sotto i fiocchi di neve.
La neve le era sempre piaciuta, la trovava elegante, leggera e vederla cadere non le metteva mai cattivo umore, anzi le faceva sempre venire voglia di una cioccolata calda, dell'odore di arancia e cannella e di un caminetto acceso.
 Le guance e il naso arrossati e l'aria stranamente serena e felice, Emma in quel momento sembrava più piccola della sua età e spensierata, con i lunghi capelli, che apparivano ancora più ramati in tutto quel biancore e che le accarezzavano la schiena come un'onda, rimbalzando a ogni leggero movimento che faceva.
 Draco la trovò così, la testa reclinata verso l'alto, gli occhi spalancati pieni di gioia, le labbra socchiuse che rubavano qualche fiocco pigro e rimase fermo ad osservarla incantato, rendendosi conto una volta di più, quanto quella ragazza gli fosse entrata sotto la pelle. 
 Fece un profondo respiro e decise di inghiottire tutta l'ansia che gli stringeva lo stomaco, il senso di colpa che lo soffocava e la consapevolezza che quella probabilmente sarebbe stata la sua ultima gita a Hogsmeade e sorrise mesto tra sé e sé, prima di avvicinarsi a lei con passo lento e tranquillo.
Emma meritava di avere una bella giornata e lui era deciso a tenere lontani, per quanto possibile, i doveri che lo attendevano e tutte le sue preoccupazioni, pur di regalargliela. 
 Fece un passo in avanti nel momento in cui la ragazza si voltò verso di lui con un largo sorriso e sentì il cuore perdere un battito a quella visione e anche l'emoor sussultò e arrossì leggermente, il pensiero delle parole di Hermione, dei suoi dubbi e del marchio nero, chiuso in un cassetto della sua mente.
Si squadrarono educatamente come fosse la prima volta che si vedevano davvero. Malfoy, avvolto in un pesante tabarro, aveva pettinato con cura i capelli all'indietro e la guardava con un sorriso di una dolcezza tale da stonare quasi su quel volto affilato, lei stretta nella sua mantella aveva le guance arrossate e gli occhi brillanti.
“Ehi” lo salutò la Corvonero e Draco tese una mano verso di lei.
 “Posso accompagnarla a fare un giro, signorina O'Shea?” domandò con fare formale, trasformando il sorriso in un ghigno che meglio si adattava al suo volto.
 “Ero proprio in attesa di una serpe che mi invitasse” rispose Emma e la risata tagliente di Draco riempì l'aria intorno a loro.

Hogwarts troneggiava bellissima alle loro spalle, avvolta nella neve sottile. Erano tra gli ultimi ad aver abbandonato il castello, si scorgevano parecchi studenti camminare molto più avanti rispetto a loro, oltre che uno sparuto gruppetto di primini che li salutava allegramente nei pressi della capanna di Hagrid. 
 Camminarono mano nella mano attraverso il parco e poi lungo la strada che portava a Hogsmeade. 
 “Cosa vuoi fare?” chiese lui.
 “Non saprei, conosco Hogsmeade meno di te.”
 “Le coppie di solito vanno da Madame Piediburro”
“Sembra svenevole solo a nominarlo” fece notare l'emoor, cercando di non pensare troppo al fatto che Malfoy avesse appena sotto inteso che loro erano una coppia. Quello era un appuntamento?
 “Lo è te lo concedo” rise lui “ma fanno un ottimo the”
 “Con chi ci sei andato?” chiese Emma, sentendo un briciolo di curiosità pungente.
 “Gelosa Mezzosangue?”
 Lei roteò gli occhi, infastidita da quell'appellativo, ma lui si chinò a scostarle una ciocca di capelli dal viso e le diede un bacio leggero sulle labbra, stupendola abbastanza da non far vincere il malumore.
 “Un po'” ammise quindi, sorprendendolo con quella risposta.
 “Sono andato con Blaise" spiegò Draco, con un mezzo sorriso più dolce, anche lui in fondo aveva provato la morsa della gelosia più volte, specie vedendola con James e George e si sentiva deliziato a sapere che anche lei lo fosse.
 “Non ci credo” esclamò la ragazza.
“Dovresti invece, Blaise si era beccato una scadente pozione d'amore e aveva invitato Millicent Bulstrode.”
 “Non ci credo” ripeté la Corvonero e Draco rise e lei sentì il cuore perdere un battito al suono di quella risata.
 “Invece è così, andai a salvarlo insieme a Theo e ci ritrovammo a bere the da Madame Piediburro. Una situazione grottesca”
 “Beh questo è un buon materiale per prenderlo in giro a lungo”
 “Non farlo” la ammonì la serpe “ci soffre ancora.”
 “Millecent ha una cotta per Blaise?”
 “Naaah era a sua volta vittima di uno scherzo di Daph, ti sembrerà assurdo, ma Millicent Bullstrode aveva una cotta tremenda per Cedric Diggory al tempo”
 Emma si rabbuiò leggermente a sentire quel nome ed ebbe la fugace visione del volto bello e gentile del Tassorosso.
Draco, di conseguenza, aggrottò la fronte preoccupato.
 “Oh, cattivo gusto” mormorò, chiudendosi a riccio.
 “Non ti preoccupare” sussurrò subito l'emoor “Cedric era un bellissimo ragazzo no? Chiunque capirebbe Millicent”
 Lui fece un sorriso teso e annuì.

“O'Shea!”
Emma e Draco si voltarono di scatto dimenticandosi di lasciarsi la mano e videro Lumacorno arrancare verso di loro, il sorriso enorme sotto i suoi grandi baffi.
 “Professore” lo salutò la Corvonero quando fu vicino.
 “Stai facendo un giretto?” chiese l'uomo, ancora senza degnare di uno sguardo il Serpeverde accanto a lei.
 “Sì, professore. Conosce Draco?” chiese, presentando il ragazzo.
 “Oh, certo, certo” disse l'altro, senza tenere lo sguardo troppo a lungo su di lui “Il nipote di Abraxas, frequenti il sesto anno, no?”
 Emma trovò curioso che Lumacorno facesse riferimento al nonno di Draco e non al padre e un piccolo campanello nel cervello le fece pensare che forse il professore non apprezzasse i Mangiamorte o simili, il che, essendo lui un Serpeverde era quantomeno curioso.
 Draco lasciò la mano alla ragazza per tenderla verso l'uomo, con la sua solita perfetta educazione che sfoggiava con gli adulti.
 “Sono stato molto felice nel sapere che era ad Hogwarts, mio padre mi ha parlato bene di lei” disse e sfoggiò il suo ghigno migliore, ma Lumacorno non si lasciò impressionare e fece solo una mezza smorfia imbarazzata, prima di stringere velocemente la mano del ragazzo per tornare a rivolgersi immediatamente verso l'emoor:
 “Faremo una piccola festicciola prima di Natale cara Emma, mi farebbe piacere se volessi partecipare. Saremo solo qualche persona in gamba e del buon vino”
“Sarà un piacere” concesse lei.
 “Se vuoi avvisare anche il signor McGregor”
 “Certamente, lo farò”
 L'uomo annuì e fece qualche passo superandoli, poi si bloccò in modo goffo e si girò di nuovo verso di lei, incerto.
 “Naturalmente puoi venire accompagnata se lo desideri” disse a voce bassa, lanciando solo una brevissima occhiata a Malfoy, prima di girarsi e allontanarsi a passo spedito sulle corte gambette.
 “Mi odia” disse Draco con una punta di amarezza.
 “Non dire così” sorrise Emma, tentando di consolarlo, pur ammettendo che sicuramente Lumacorno non sembrava avere una grande simpatia nei confronti di Malfoy.
 “Vuole tenersi lontano dai Mangiamorte, è evidente” disse lui sconfortato “In classe finge che io non esista”
 “Beh” sorrise Emma, riafferrando la mano del ragazzo e riprendendo a camminare verso la città “È comprensibile, no? Ma tu non sei un Mangiamorte e sei anche molto bravo in Pozioni”
 L'aveva detto senza pensarci, unicamente per tirarlo su di morale, ma quasi sussultò quando sentì la mano del ragazzo contrarsi leggermente nella sua e inghiottendo un boccone d'aria decise di far finta di nulla, anzi, sfoggiò un sorriso.
 “Ti va di venire con me alla festa di Lumacorno?” chiese.
 “È un invito ufficiale?” domandò Draco, arricciando appena le labbra in una smorfia sorniona.
 “Devo mettermi in ginocchio Malfoy?”
 “Sarebbe divertente”
 “Io non credo” 
Risero. Risero ancora. Draco la avvolse in un abbraccio. 
 Avanzavano vicini, innamorati, Emma sperò che quel momento durasse per sempre.

. . .

Andarono a Mielandia e poi al negozio di piume, dove Emma ne comprò un paio di nuove di ottima fattura su consiglio di Draco.
 Non lo sospettava, ma il ragazzo sembrava essere un esperto e conosceva molto sull'argomento e a lungo parlarono di inchiostro, piume e tipi di pergamena.
 “Preferisco quella rigida a quella morbida, ma la morbida è più pregiata” stava dicendo il ragazzo, mentre Emma rimirava i suoi nuovi acquisti, prima di metterli nella borsa a tracolla e riafferrare la mano del biondo.
 Camminavano sbirciando le vetrine, chiacchierando del più del meno con naturalezza, della scuola, dei pettegolezzi e man mano che il tempo passava Emma si rendeva conto di quanto gli fosse mancato e fu felice di constatare che lontani dal Manor, dalla magia nera e dagli adulti, stessero ancora bene insieme.
 Come era stato per l'estate precedente trovò la compagnia di Draco estremamente piacevole. Passavano sereni da un argomento all'altro, gentili, attenti, disposti all'ascolto, interrompendo il discorso solo per scambiarsi un sorriso, fare una smorfia divertita, o ridacchiare sommessamente, ignorando completamente gli sguardi curiosi che le persone inviavano loro.
Emma accompagnò Draco a vedere un negozio di Quidditch e si recarono anche in un minuscolo emporio specializzato in ingredienti magici per pozioni, dove non comprarono nulla, ma guardarono tutto con molta curiosità e infine, dopo aver visto solo l'esterno di Madame Piediburro e aver deciso che era troppo melenso per loro, si avviarono lentamente verso i 'I tre manici di scopa'.
 Si tenevano ancora per mano, il capo dell'emoor appoggiato sulla spalla del ragazzo, i sorrisi leggeri, la neve candida a far loro da cornice. Sembrava di essere quasi in un sogno.
“Che schifo O'Shea. Ora te la fai con Malfoy?”
 Zacharias di Tassorosso li osservava insieme a un gruppo sparuto di altri compagni della sua Casa. Emma lanciò lui un'occhiata annoiata: non le era mai andato troppo a genio quel ragazzo.
 “Problemi Smith?” chiese piatta, sentendo Malfoy irrigidirsi.
 “Pensavo avessi gusti migliori, sai?” berciò l'altro “Andate nel fine settimana ad Azkaban insieme per incontrare Lucius?"
 Emma contrasse la mascella, mantenendo il controllo con difficoltà, mentre frenava l'istinto di affatturare il Tassorosso. Prese un grosso respiro, stringendo la presa sulla mano di Draco e lo spinse con fermezza in una stradina laterale.
 “Io... quell'Idiota...” sibilò Malfoy, rosso in volto, cercando di tornare indietro, ma Emma lo trattenne con fermezza.
“Non ci provare, Draco” disse in un sussurro minaccioso “Non me ne frega nulla di quell'idiota. Può blaterare quanto vuole.”
 “Ha osato nominare mio padre.”
“Devi imparare a fregartene, Draco.” insistette lei, ferma e lui respirò un paio di volte più lentamente, cercando di calmarsi.
Emma portò entrambe le mani sul suo petto, sorridendogli appena, fino a quando non sentì i suoi muscoli distendersi sotto il suo tocco.  Si mise sulla punta dei piedi per baciarlo sulle labbra e poi lo strinse in un abbraccio leggero. Draco appoggiò la testa sulla sua, arreso.
 “Grazie” mormorò tra i suoi capelli.

Tornarono sulla via principale con le mani ancora intrecciate e ripresero a camminare verso il pub, rallentando appena quando passarono davanti a una gioielleria.
 “Tu non porti molti gioielli vero?” chiese Draco alla ragazza, in cerca di un argomento qualunque per spezzare il silenzio.
 “No, in effetti” disse lei.

Portava da sempre degli orecchini a cerchio che erano appartenuti a sua mamma Lydia e l'unico ornamento da cui non si staccava mai era la collana a forma di moneta con impressa la serpe e il corvo sulle due facce, che Ginny le aveva regalato due natali prima.
 “È strano no? A voi ragazze piacciono i gioielli”
 “Beh non a tutte” rispose l'emoor, stringendosi nelle spalle e pensando che a parte gli orecchini a ravanello di Luna, che dubitava che Malfoy avrebbe definito accettabili e alcune collane brillantinate di Carmen, non aveva presente molti gioielli sulle sue amiche.
 “Mia madre ha una grande collezione di monili” spiegò lui “per i casati Purosangue i gioielli sono molto importanti, si tramandano di generazioni in generazioni e spesso hanno molti significati”
“Non lo sapevo” rispose Emma interessata “Per esempio?”
“Beh, ci sono addirittura degli studi a riguardo, si può capire la storia di un'intero albero genealogico a volte basandosi su monili e tiare, non è raro che vengano anche maledetti, di solito in modo che solo le persone della famiglia possano indossarli”
 “Questo è poco simpatico” disse Emma seria e il Serpeverde fece un leggero ghigno, annuendo distratto.
 “Si tratta comunque di magie molto antiche” spiegò “e ormai in disuso, ma non del tutto debellate. Alcune forme di monili possono addirittura essere di protezione per chi indossa il gioiello. Per esempio sono sicuro che tra i gioielli Black e Malfoy non ce ne siano di maledetti, ma mia madre ne ha diversi contro le maledizioni”
 “Ne sai molto sull'argomento, come mai?”
 “Ne ho letto per caso ultimamente” borbottò lui, improvvisamente rigido, aprendole la porta del locale.
Emma gli lanciò un'occhiata perplessa per quella reazione, ma decise di non insistere, vedendo il suo pallore ed entrò svelta nel tepore dei “Tre manici di scopa”, guardandosi intorno.
Scorse varie facce di Hogwarts, ma nessuno dei suoi amici più stretti, tranne Ron, Hermione ed Harry che dividevano un tavolino dall'altra parte del locale e non parvero fare caso a loro.
 “Il tuo anello?” chiese l'emoor, con un cenno al monile argentato che il ragazzo portava sulla mano sinistra “È un gioiello Malfoy?”
Lui scosse la testa, ancora leggermente teso.
 “Black in realtà, un regalo di mia madre. Invece il tuo ciondolo?” chiese curioso “È della famiglia di Piton?”
 “Oh no” rispose Emma, portando d'istinto la mano al collo “Me l'ha regalato Ginny due natali fa, perché pensavi fosse di Piton?”
 Malfoy parve confuso e aggrottò la fronte. 
 “Ci sono incisi sopra un corvo e un serpente, pensavo che fosse un riferimento alle vostre due Case.”
L'emoor si sentì arrossire, Draco non sapeva che lei fosse l'erede di Alicia Serpeverde. A dirla tutta Ginny era l'unica insieme agli altri emoor al corrente della sua discendenza, nemmeno Lilith e James sapevano niente, né tantomeno Harry Potter e tutti gli altri.
“Credo in effetti che Ginny l'abbia scelto per via di Piton” disse asciutta “E poi perché sono una Testurbante, non so se ricordi quanto è durato il mio Smistamento, credo il cappello ci abbia messo quasi cinque minuti. Era davvero intenzionato a mandarmi in Serpeverde, prima di scegliere per Corvonero”
“Davvero?” chiese stupito Malfoy.

Ordinarono due Burrobirre e continuarono a chiacchierare per un poco fino a quando Draco, scusandosi, non si alzò per andare al bagno. Emma rimasta sola con un leggero sorriso sulle labbra, tamburellava distrattamente sul legno rovinato del tavolo.
 Qualcuno alle sue spalle le coprì gli occhi chiedendo: “Chi è?”
 “Ginny” rispose l'emoor.
La rossa rise e le scoprì gli occhi mettendosi in piedi di fronte a lei.
 “Allora come sta andando?” chiese con un grande ghigno.
“Bene” ammise Emma “ci stiamo davvero divertendo, tu?”
“Oh lascia perdere, io e Dean abbiamo litigato di nuovo, sto pensando di mollarlo” disse  lei a bassa voce, con un gesto vago.
“Di sicuro non potete continuare così” ammise l'emoor, mordendosi la lingua per non chiedere all'amica perché si ostinasse a frequentare tutti quei ragazzi, quando ancora era palesemente innamorata di Harry.
 “No, hai perfettamente ragione” disse la rossa con un sbuffo, poi scrollò il capo, come a liberarsi di un pensiero fastidioso. 
 “Ad ogni modo vi osservavo da lì” aggiunse soave, indicando un tavolino dove Dean Thomas la aspettava da solo con aria parecchio  corrucciata “Siete proprio carini.”
Emma arricciò le labbra in un sorriso e arrossì sulle guance.
“Non posso che darti ragione”
 “Weasley” la salutò monocorde il Serpeverde, apparso alle spalle dell'emoor “Perché appesti la mia aria?”
 “Malfoy” disse la rossa sicura di sé “Tutto bene?”
Il ragazzo si risedette al tavolo e leggermente rigido annuì.
 “Puoi anche rispondermi a voce” lo esortò Ginny con una buffa smorfia  “Mica ti mordo”
 “Devi solo provarci” rispose beffardo lui.
 “Ricorda che sono io a fare le minacce, furetto” sottolineò la ragazza, ma sorrideva pacifica e Malfoy tese un ghigno. 
 “Lo terrò a mente donnola junior” concluse borbottando e Ginny parve soddisfatta del battibecco, sorrise apertamente e fece un occhiolino ad Emma prima di allontanarsi.
 “La Weasley è passabile” disse il Serpeverde ed Emma annuì, visibilmente soddisfatta, mentre lanciava un'occhiata all'amica.
“Ginny è fantastica. Davvero. Dovresti essere carino con lei è una grande fan della nostra coppia”
 Il ragazzo le lanciò uno sguardo confuso “Davvero?”
 “Certo” rispose “non fa altro che ripetere il tuo nome mentre siamo in gruppo, spera che la gente si dimentichi chi sei e che tutti depongano l'ascia da guerra accogliendoti come un fratello”
 “Non so se voglio essere accolto da gente come i Grifondoro” borbottò lui con una smorfia schifata “Sicuro non da San Potter e la sua stupida cricca”
 Emma si strinse nelle spalle noncurante.
“A te ha fatto piacere quando Daph e Bla sono stati carini con me” rispose e il ragazzo ci pensò un istante, preso in contro piede, ma alla fine annuì appena, mormorando un “Hai ragione.”
 Finite le Burrobirre, senza smettere di chiacchierare, si avviarono verso l'uscita e poi, mano nella mano, lungo la strada di ritorno. Sembravano una coppia normale, senza pensieri e preoccupazioni.
Emma gli fece una smorfia felice e gli rubò un bacio e lo sentì quasi sorridere a sua volta contro le sue labbra.
 “Grazie per oggi” mormorò emozionata, ma prima che Draco potesse rispondere, qualcosa spezzò il silenzio: grida di orrore.
 L'emoor si girò di scatto e vide una ragazza che si contorceva in aria a pochi metri da loro e sotto di lei Harry Potter, Hermione Granger e Ron Weasley che la fissavano disarmati, mentre un'altra compagna di Casa, in lacrime, gridava a intermittenza “Katie!”.
 La mano del Serpeverde si strinse convulsamente su quella dell'emoor ed Emma lanciò lui uno sguardo preoccupata.
 “Ma cosa?” mormorò incredula.
 “Salazar” sussurrò Malfoy.



*Angolo Autrice*


Ciao Lettori. 
Ecco con un nuovo capitolo che può sembrare di passaggio, ma NON lo è! 
Ho usato il legame di Draco ed Emma per riflettere e passare attraverso diverse situazioni e lasciato un piccolo spazio agli emoor MOLTO IMPORTANTE.
Spunti e appunti:

. Draco ed Emma tengono l'un l'altra, si riconciliano e si allontanano, si stringono e si lasciano, si avvicinano e poi fuggono. Il tutto per proteggersi. Mi distrugge vedere come funziona il loro equilibrio, tanto quanto è pronto a spezzarsi da un momento all'altro. Ci ho tenuto a mostrare come la loro comunicazione sia però bella, come il loro affetto sia sincero e come facciano fatica a nascondere l'un l'altra le loro fragilità. 
. Piccola parentesi con Severus che sa di quotidianità e calore, ma se all'apparenza tutto è idiliaco e positivo tra i due, di nuovo la domanda della ragazza su Draco gettà una piccola ombra sulla situazione. Noi sappiamo benissimo che Severus sa e tiene all'oscuro la ragazza. 
.GLI EMOOR. Forse a voi non sembra, ma quello che leggiamo oggi di loro è piuttosto importante. Il Vinculum Eldest è di mia invenzione, ma si parla molte volte dell'importanza del sangue nei libri della Row. Una giovane Row Serpeverde che si rivela, senza apparire, anche un'importante alleata e conoscitrice dei fondatori. Ho immaginato che non si possano fare troppi legami di sangue ( un po' come gli Horcrux ) perché ciò indebolirebbe i maghi, per questo faccio sottointendere ad Emily che legami a due a due possano essere legami di sangue o maledizioni. Che ne pensate di tutto ciò?
. Emma scopre, grazie ad Hermione, che Harry sospetta di Draco e per la prima volta anche lei pensa concretamente a ciò che fino a quel momento ai suoi occhi era solo una blanda opzione, ma ancora una volta decide di avere fiducia.
. Gli incubi sono gli incubi e come non se ne libera Emma non ce ne liberiamo noi. 
Questa è la prima volta che Draco nell'incubo però non accusa Emma di aver sbagliato parte, ma accusa sé stesso.
. Luna delicata e leggera che ha già un presentimento su come andrà la visita ad Hogsmeade mi spezza il cuore.
. Penso che l'uscita ad Hogsmeade di Emma e Draco sia MOLTO importante perché a più livelli di lettura. 
Pensateci: Emma e il ragazzo stanno bene insieme, si divertono, sono in equilibrio. Ci sono due momenti che li riportano però alla realtà: Lumacorno e Justin, ma in entrambi casi l'equilibrio si mantiene, rischiando di incrinarsi quando Draco si accorge di aver mostrato di sapere troppo su amuleti e gioielli. Vi rendete conto che in quel momento ha in tasca la collana maledetta che darà a Katie?
Quando torna dal bagno, immaginate come si deve essere sentito il serpeverde? Ve lo dico io: Benissimo. 
E non per aver messo in pericolo la ragazza, ma perché Draco non ha idea di cosa significa UCCIDERE qualcuno, ma il pensiero di essere riuscito a liberarsi della collana e di aver quindi chiuso la sua missione, mentre la Bell la porta a Silente per lui, lo solleva. 
Draco deve essersi sentito per un momento libero, euforico, convinto di aver pagato il suo debito e aver chiuso i suoi obblighi.
Scherza con la Weasley, sorride quasi sulle labbra di Emma, non si rende conto di cosa voglia dire fare del male davvero. 
Penso che nel libro canon, così come in questa FF, il rendersi conto di aver quasi ucciso una ragazza, sia il primo grosso schiaffo che gli fa capire che non uscirà mai da questo compito e che se vuole sopravvivere dovrà fare molto di più.


Venerdì sarò a lavorare su un set fino a tardi. La pubblicazione slitta quindi a Sabato :)
Fatemi sapere che ne pensate e scusate i LUNGHI ragionamenti, ma mi piace ragionare con voi.
Grazie a chi segue e chi commenta. 

Con affetto.
vi



Ritorna all'indice


Capitolo 37
*** Vincoli e tasselli ***


.Vincoli e Tasselli.


 

Emma tremava di panico. Si affrettò a raggiungere lo studio di Severus, cercando di ignorare quanto si sentisse debole sulle sue gambe. Non aveva nessuna voglia di andare nel suo dormitorio e di rispiegare agli altri quello che era successo, non in quel momento almeno, si sentiva fragile e svuotata.
 Spalancò la spessa porta in legno e quasi si accasciò sulla vecchia poltrona al centro della stanza e chiuse gli occhi, sospirando arresa, mentre si messaggiava lentamente le tempie per alleviare il sottile mal di testa che non le dava tregua.

Il suono delle grida lacerate di Katie Bell, il corpo  innaturalmente inarcato verso l'alto in modo grottesco, mentre stringeva convulsamente un pacchetto di carta al petto, i volti terrei di Harry e Ron accorsi verso la ragazza e la disperazione e confusione che l'emoor aveva visto negli sguardi di Hermione e l'amica della Bell, erano dolorosamente impressi sulle sue palpebre.
 Emma sapeva di essere rimasta a lungo immobile, troppo sorpresa e sconvolta per capire a cosa stesse assistendo, una smorfia angosciata stampata sul volto e la mano stretta a quella di Draco, ma poi qualcosa si era sciolto in lei, forse trainato dalla capacità di reazione di Potter che le si riversava nel petto tramite la connessione e si era slanciata in avanti in una corsa confusa, con l'idea di aiutare in qualche modo, lasciando Malfoy alle sue spalle.

*

Rubeus Hagrid, il guardiacaccia della scuola, la superò correndo ed Emma finalmente si riscosse. Lasciò la mano di Draco di scatto e si lanciò in avanti, scivolando sulla neve candida e fermandosi vicino al trio dei Grifondoro, senza sapere cosa avrebbe dovuto fare, solo spinta dall'adrenalina e l'idea di essere utile.
 Katie Bell rimase per un'altra manciata di secondi in aria, il volto stravolto da qualche incantesimo oscuro, le labbra schiuse in un orribile urlo muto, lasciando nel più completo orrore i ragazzi che la guardavano dal basso, poi lasciò andare il pacchetto che stringeva tra le mani e subito si accasciò sulla neve, con inconsueta eleganza e tutti le si avvicinarono con preoccupazione.
 “... aveva trovato quella collana...” singhiozzò l'amica, piangendo.
 Emma le lanciò solo una veloce occhiata, lasciandola alle cure premurose di Hermione e si avvicinò al pacchetto che Katie aveva lasciato cadere.
 Semi nascosta da una semplice carta marrone, giaceva abbandonata sulla neve una collana d'argento con pietre nere di evidente valore. Emma fece un passo avanti, circospetta,  allungando lentamente una mano per afferrarla.
 “Non toccarla” la ammonì subito Hagrid “Potrebbe essere pericolosa.”
 L'emoor trasalì e si fermò immediatamente, non osando contraddire il guardiacaccia che non conosceva poi così bene e di cui aveva una leggera paura.
Lo vide chinarsi goffamente e prendere Katie, che rimase inerme tra le enormi braccia, la testa ciondolante all'indietro, mentre Harry più svelto e coraggioso dell'emoor si avvicinava alla collana, afferrandola usando solo la carta.
 “Facci attenzione Harry” insistette l'omone e il Grifondoro annuì e si tolse anche la sciarpa, avvolgendola stretta intorno al pacchetto di fortuna come ulteriore protezione, per poi voltarsi verso l'emoor.
 “Hai visto anche tu?” chiese pacato.
 “Sì” rispose lei in un sussurro  “io e Draco eravamo proprio dietro di voi.”
 Al nome del Serpeverde Potter si girò di scatto verso il biondo con uno sguardo d'odio, ma Draco non se ne accorse minimamente, perché per una volta nemmeno stava guardando Harry, anzi, era pallido e distratto, gli occhi grigi sbarrati che fissavano la schiena di Hagrid che si allontanava verso il castello.
“Dobbiamo andare dalla McGranitt. Ora” disse subito Hermione, perentoria, prendendo a braccetto l'altra Grifondoro che continuava a piangere sommessamente “Emma, Malfoy credo sia meglio se veniate subito anche voi, vi richiamerebbero comunque se scoprono che eravate presenti” .
 L'emoor annuì ancora, confusa, si avvicinò a Draco e gli afferrò la mano, sbirciandolo attentamente. Il ragazzo sembrava di cera, bianco come la morte, gli occhi grigi e lucidi più scuri del solito, quasi simili a metallo fuso.
 “Tutto ok?” chiese incerta in un sussurro.
 Malfoy annuì lentamente, serrando le labbra, ma Emma lo sentì aggrapparsi alla sua mano come se fosse l'unica sua salvezza nel mondo.

*

L'emoor, gli occhi chiusi e la schiena abbandonata sulla poltrona, continuava a ripercorrere nella mente quella scena in cerca di dettagli che le fossero sfuggiti, senza trovarli. Anche usando l'Occlumanzia e dividendo e sezionando ogni ricordo, balzavano lampanti sempre gli stessi elementi: le urla di Katie, il terrore che scuoteva i Grifondoro, Hagrid che avanzava, la stretta di Draco sulla sua mano, il volto immobile, come cera.
 Il ritorno a scuola era stato tetro e silenzioso e dopo che ebbero spiegato ogni cosa alla McGranitt, la donna, capendo che lei e Draco avevano solo assistito a parte dell'attacco, li aveva liberati quasi nell'immediato, con un'occhiata severa che sembrava chiedere a entrambi di cercare stare fuori da guai. 
 Emma, confusa, dopo aver salutato il Serpeverde con tutta la dolcezza che era riuscita a racimolare, ma ancora piena di disagio, si era avviata verso l'ufficio di Severus in cerca di tranquillità. 
Sapeva che l'uomo in quel momento stava controllando la collana che aveva causato a Katie quella reazione e ci avrebbe messo un po' a tornare, ma non aveva fretta. La collana. Un monile. 
I discorsi articolati di Draco su maledizioni e gioielli avuti durante l'appuntamento, premevano dolorosamente nella sua testa.
 L'emoor ripensò a ogni parola, chiedendosi se fosse solo una curiosa coincidenza, ma decise di chiudere quei timori in un cassetto della sua mente quasi con rabbia, sentendosi stranamente debole e scoperta, come se dubitare di Draco la esponesse terribilmente.
 Ogni fibra del suo corpo vibrava per l'istinto di proteggerlo, anche dà sé stesso, ma la logica terribile e la poca inclinazione che Emma aveva per la Divinazione, la fortuna e le cose intangibili, le dicevano che non poteva essere un caso che il Serpeverde si fosse dimostrato tanto preparato su quel discorso.
 Un'altra fitta alla testa e la visione sfarfallante di Potter che discuteva animatamente con Ron ed Hermione nella torre di Grifondoro, le fece capire che la connessione con il ragazzo, forse visto anche l'umore sconvolto di entrambi, era aperta, ma Emma non aveva nessuna voglia, o intenzione di addossarsi anche i sentimenti di Potter e riprese con l'Occlumanzia in cui, grazie a Severus, era diventata ancora più versatile.
 Abbassò le difese di legno e metallo con cui schermava la mente, percorse corridoi e labirinti immaginari, facendo ordine al suo passaggio, arrivò alla stanza piena di scaffali dove sapeva riporre ogni ricordo e informazione. Fece svanire ulteriori difese, schermi, grate in rame e porte di legno, fino a trovare un posto tranquillo.
Lì, stipò uno accanto all'altro i libri della mente con quel ricordo. 
 Il biancore della neve, il freddo nelle ossa, le grida terribili.

Si mosse tra gli scaffali, selezionando i dettagli a cui avrebbe dovuto ripensare e ripiegò a ritroso, rialzando le difese, inserendo vuoti e spazi bui tra l'esterno e la sua coscienza e quando tornò lucida nell'ufficio di Severus era completamente esausta dallo sforzo fatto.

Il sonno la prese senza che se ne accorgesse, almeno fino a quando non riemerse dai sogni indefiniti che stava facendo, sbattendo le palpebre e guardandosi intorno confusa. Riconobbe nella penombra lo studio del tutore e con una smorfia si raddrizzò, sentendo subito irradiarsi su tutto il corpo il formicolio causato dagli arti bloccati per troppo tempo in una posizione scomoda.
 “Emma” sussurrò Severus, entrando nel suo campo visivo.
 L'emoor sobbalzò leggermente, con stupore, torcendo il collo nel difficile tentativo di scioglierlo e si schiarì con un piccolo colpo di tosse la voce nel salutarlo  “Sev”.
 “Stai bene?” le chiese l'uomo “Non volevo svegliarti”
 “Ho notato” esalò lei “Che ore sono?”
 “Mezzanotte”
 La ragazza saltò in piedi di scatto, improvvisamente angosciata, accorgendosi in quel momento di avere i crampi della fame. 
 “Oh Morgana” esalò, sbattendo le ciglia confusa “Lilith e James saranno preoccupatissimi, penseranno che Malfoy mi abbia ucciso durante l'appuntamento”
 Severus mosse pigramente la bacchetta, per nulla toccato dall'agitazione della protetta e accese alcune delle candele dello studio, rischiarando l'ambiente. Si avvicinò alla sua scrivania e afferrò un vassoio con del cibo che poggiò sul tavolino di fronte alla poltrona su cui la Corvonero aveva dormito.
 “Non c'è problema. Li ho avvisati io” disse con tono strascicato, calmando la ragazza “quando sono tornato dallo studio della McGranitt ti ho trovato dormire e ho pensato di non svegliarti per la cena, avevi un'aria esausta”
 Emma ringraziò mentalmente l'uomo, perché effettivamente si sentiva stanchissima, nonostante il riposo. Si risedette, afferrò un pezzo di pane e si servì un po' di verdure.
“Katie?” chiese con una velata ansia.
 “Al San Mungo”
 “Sta così male? Madama Chips non poteva occuparsene?”
 “È molto fortunata a essere viva”
 “Ma cosa è stato? La collana?”
 L' uomo alzò lo sguardo scuro verso di lei, scrutandola attento.
 “Avevo capito che non avessi visto quasi nulla”
 “È così, ma la collana era a terra, le era scivolata.”
 Lui fece un segno di assenso impercettibile e poi per un lungo momento rimase in silenzio, come perso nei suoi ragionamenti ed Emma non infierì lasciandogli il suo spazio e gustandosi la cena, fino a quando Piton non sospirò con stanchezza.
“Emma perché tu finisci sempre dove sono i guai?”
 “Credevo che fossimo concordi nel dire che fosse colpa di Harry” rispose lei con un sorriso che fece alzare gli occhi al cielo al tutore.
“Potter ha accusato Draco di aver dato la collana alla Bell” le disse l'uomo con noncuranza, ma Emma spalancò la bocca in una smorfia totalmente stupita e indignata.
 Nella sua mente gli scaffali di libri dove aveva riposto i sospetti sul Serpeverde tremarono, ma lei li ignorò, affossandoli sotto altre pareti e protezioni, lo sguardo fisso sul tutore.
 “E perché Draco avrebbe dovuto fare una cosa del genere?” domandò fiacca e Piton si strinse brevemente nelle spalle. 
 “Non saprei, ma Potter ne era comunque convinto.”
 “Harry si fissa sulle cose a volte” ribatté nervosa la Corvonero, citando Hermione e ricordando improvvisamente lo sguardo carico di odio del ragazzo verso Malfoy “e poi detesta Draco”
 Severus rimase in silenzio, ancora assorto, afferrò un pezzo di pane dal vassoio e si mise a masticarlo con lentezza. Emma invece si agitò  sulla sua seduta, ragionando velocemente.
“Harry è prevenuto, Draco è sempre stato con me” sottolineò infine.
 “Davvero?” domandò Piton, di nuovo attento, gli occhi scuri vigili  e lei  annuì con entusiasmo. 
“A parte un unico momento in cui è andato in bagno non ci siamo mai allontanati. Avevamo un appuntamento.”
 “Capisco” disse Severus, la mente chiaramente già persa altrove.
 Emma lo guardò e pensò per un momento di dire lui del marchio che sospettava Draco avesse preso e dei discorsi che aveva fatto sui monili, ma un sincero fastidio per Potter e le sue accuse la fecero desistere, così, di malumore, tornò a concentrarsi sul cibo.

*

Carmen si avvicinò al tavolo della Sala Grande dove Lilith e James, insieme a Emma, stavano facendo il compito di Trasfigurazione.
Le piume e le pergamene sparse ovunque, i volti concentrati.
 “Ciao” disse la mora.
 “Ciao”, “Ciao Carmen” la salutarono gli altri tre, senza alzare le teste dalle pergamene.
 “Questo è per te Emma” disse la ragazza, sedendosi accanto a loro e tirando fuori il suo libro. L'emoor prese il biglietto che le porgeva e ci mise un istante a mettere a fuoco la calligrafia elegante, senza però riconoscerla, fino a quando non scorse la firma.

Domani ore 22.00.
Albus Silente

ps mi piacciono i pallini acidi


Beh, che dice?” chiese James, lanciandole un'occhiata.
 “Nulla, un appunto di Severus” glissò velocemente l'emoor, che non voleva far sapere a Carmen delle lezioni private con il preside.

C'era una strana calma, nella sala si sentiva solo il graffiare delle piume sulle pergamene e il sussurro delle persone che diligentemente ripassavano le loro lezioni. In fondo era l'anno dei GUFO e tutti ci tenevano ad andare bene, allo stesso modo degli studenti del settimo anno che si preparavano ai MAGO, seduti al tavolo dei Tassorosso.
A Emma piacevano quelle parentesi di pace, dove aveva l'impressione di essere davvero una semplice studentessa e non un'emoor con strani collegamenti mentali con ragazzi pieni di voglia di gesti eroici e con malvagi maghi tornati dalla morte. 
 Studiare magia le dava soddisfazione e a volte si rattristava pensando che avrebbe potuto vivere quegli anni con un entusiasmo diverso, se non ci fosse stata l'ombra della guerra a esasperarli.

La momentanea calma venne rotta dall'arrivo di Sean, fradicio dopo essersi allenato a Quidditch sotto la pioggia. Il ragazzo si lasciò cadere tra James ed Emma, inzaccherando anche gli amici.
 “Merlino, come ti sei conciato?” esclamò l'emoor, affrettandosi a roteare la bacchetta per asciugarlo con un incantesimo riscaldante.
 “Grazie Ems. Proprio quello che speravo facessi, non ricordavo quale fosse il movimento della bacchetta” le disse l'amico con un ampio sorriso a illuminargli il volto abbronzato.
 “Sei completamente lurido e a mollo” fece notare Carmen con disappunto, arricciando il naso in una smorfia perplessa.
 “È la dura vita dei giocatori di Quidditch, Hole” ribatté il compagno di Casa “Combatti le tempeste per un po' di gloria”
 “Dovremmo intuire che fuori piove?” chiese ironico James.
 “Diluvia” rispose il ragazzo.
 Emma lanciò uno sguardo verso il soffitto, dove grandi nuvole sembravano raggrupparsi sopra le loro teste: erano spesse e di un nero minaccioso, sospirando riabbassò la testa sui compiti.
Avrebbe dovuto vedersi con gli altri emoor nel parco, ma quella pioggia l'avrebbe costretta a cancellare l'appuntamento, o a spostarsi in biblioteca, senza possibilità di una boccata d'aria. L'emoor arrotolò con cura la pergamena con il tema di Trasfigurazione ormai completo e tirò fuori il libro di Pozioni.
“Lumacorno è molto bravo vero?” disse Carmen, osservandola di sbieco ed Emma annuì tra sé, distrattamente.
 “Molto preparato” concordò e la mora si illuminò in risposta.
“Onestamente trovo anche molto divertente questa idea delle piccole festicciole, Piton non lo avrebbe mai fatto”
 Lilith di fronte a loro ridacchiò divertita e anche Emma dovette trattenere un sorriso nell'immaginare Severus organizzare una festa.
 “No, di sicuro Severus non lo avrebbe mai fatto” rispose, anche se non era sicura che il fatto che Lumacorno tenesse delle feste dovesse essere considerato nel metro di valutazione del docente.
 “Si dice che ce ne sarà una a Natale” sussurrò Carmen compiaciuta “Ma solo per pochissimi eletti.”
 “Oh” esclamò Emma, attirando l'attenzione di tutti, con tutto quello che era successo sulla via di ritorno da Hogsmeade aveva completamente rimosso Lumacorno e la sua festa.
 “Io sono stata invitata e anche tu Jam” disse rivolta all'amico,  mentre Carmen sembrava eccessivamente stupita.
 “Sei stata invitata?” disse a bocca aperta “E non ci hai detto nulla?”
 “Mi era passato di mente” ribatté l'emoor, semplicemente.
“Ma cosa significa passato di mente?”
“Proprio quello che ho detto, Carmen. Mi era passato di mente, anzi, grazie per avermelo ricordato.”
“C'è un dress code per questa festicciola?” chiese James, marcando l'ultima parola con il gesto delle virgolette e le sopracciglia alzate.
 “Non ne ho idea” ammise Emma.
“Ma come non ne hai idea!” intervenne di nuovo Carmen, che non riusciva più a trattenere l'indignazione “Sanno tutti che bisogna andare eleganti. È incredibile, Emma, ti invitano a una festa a cui chiunque vorrebbe partecipare e tu non ti rendi nemmeno conto di quanto tu sia fortunata.”
“Ti cederei l'invito se si potesse” ammise l'emoor, che ricordava perfettamente il velato imbarazzo del pranzo sull'Espresso di Hogwarts ed era riuscita ad evitare le cene del lunedì del Lumaclub solo grazie alle esercitazioni di Occlumanzia che faceva con Piton.
Carmen borbottò nuovamente tra sé ed Emma fu sicura di sentirla dire 'Perle ai porci' in maniera piuttosto distinta.
 “Puoi portare un accompagnatore” informò James, che annuì, mostrando lo stesso entusiasmo dell'amica riguardo alla festa del professore e causando in Carmen un borbottio ancora più sonoro.
 “Tu hai già un accompagnatore, Emma?” chiese Lilith.
 “Malfoy” rispose lei, sentendosi arrossire.
Malfoy? Ma quindi è vero!” quasi urlò Carmen con un largo sorriso, trattenendo il respiro “State insieme.”
“Più o meno” minimizzò l'emoor in risposta, sentendo però quasi un ruggito felice nel petto. State insieme.
 
Per qualche minuto rimasero in silenzio, di nuovo chini sulle pergamene. Emma appuntava sul suo libro di Pozioni qualche piccolo cambiamento di procedura che avrebbe voluto provare, la fronte corrugata in concentrazione e quasi sussultò quando Carmen le afferrò la mano, attirando bruscamente la sua attenzione.

Blaise Zabini stava entrando in Sala Grande, chiacchierando amabilmente con Sarah Morris come fosse la cosa più naturale di sempre. Camminavano vicini, ma non troppo, i sorrisi di cortesia stampati sulle labbra, l'atteggiamento tranquillo.
Emma notò come Sarah sembrasse ancora più piccola accanto il Serpeverde, senza il banco di pozioni tra di loro, le guance dell'amica erano colorate di rosso, ma quello che stupì l'emoor era lo sguardo che lanciava al ragazzo: brillante, felice; 
 Era lo stesso sguardo che lei immaginava di avere quando osservava i suoi amici più cari, forse a volte persino quando guardava Draco.
 Zabini era più composto e almeno all'apparenza calmo, anche se sfoggiava un sorriso gentile che raramente Emma aveva visto sul volto del Serpeverde e si chinava con naturalezza verso Sarah per ascoltarla, con aria complice, ridacchiando tra i denti.
I due si separarono con un cenno di saluto appena accennato, Blaise andò verso il tavolo verde argento e Sarah avanzò verso di loro, il passo goffo come in una mezza corsetta appena trattenuta, i capelli per una volta scarmigliati intorno al volto gentile.
 “Parteciperò a un evento” disse la ragazza con la sua voce sottile, una volta che li ebbe raggiunti “Blaise mi ha invitata alla festa di Natale di Lumacorno”
 Carmen mostrò eccessivo entusiasmo, dimenticando la sua abituale disapprovazione per il Serpeverde e ignorando completamente anche le rimostranze di Sarah, che sottolineava piena di imbarazzo come loro due fossero solo amici.
 “Certo solo amici” scosse la testa la ragazza mora.
 “Siamo solo amici, davvero” sorrise Sarah “Ma ci tenevo davvero a partecipare e Blaise è stato così gentile da chiedermelo”
 Emma si voltò verso il tavolo di Serpeverde. 
Zabini sedeva vicino a Nott, come sempre, ma si voltò verso di lei e le lanciò un'occhiata allegra, di chi è sicuro di trovare l'approvazione dell'altro. L'emoor gli sorrise, orgogliosa: era bello vedere che qualcuno della Casa verde argento coltivasse delle amicizie al di fuori dei suoi ranghi, era addirittura emozionante.

*

L'ufficio del preside era esattamente come Emma lo ricordava nelle sue rare visite: pieno zeppo di scartoffie, di oggetti delicati color argento che sibilavano e borbottavano e di numerosi quadri raffiguranti i vari presidi di Hogwarts, in quel momento quasi tutti addormentati, o non interessati alla sua presenza.
 “Buonasera” sussurrò la ragazza entrando nella stanza e attirando l'attenzione dell'anziano, immerso nella lettura di un libro.
 Albus Silente, elegantemente avvolto in una veste color corallo, alzò lo sguardo dalla pagine su cui era assorto e le sorrise.
 “Eccoti qui. Prego Emma, siediti”
 L'emoor eseguì, lanciando come sempre un'occhiata a Fanny. La fenice, elegantemente posata sul suo trespolo, ricambiava il suo sguardo con aria quasi severa e solenne.
 “È nel suo periodo migliore” notò la ragazza, osservando il piumaggio folto e di colore intenso dell'animale.
 Silente annuì, guardando a sua volta l'uccello con aria assorta, per un lungo momento, prima di tornare a voltarsi verso di lei.
 “Come stai Emma?” chiese con voce gentile.
 “Bene” rispose lei di riflesso ed era vero, tutto sommato, stava bene.
 Il preside annuì e si prese un attimo per osservarla.
 “Come passa il tempo” commentò senza staccare gli occhi dal volto di lei, con un'aria che sapeva di tenerezza “Mi sembra ieri che sei entrata qui con quell'enorme felpa Babbana. Sembravi così confusa, piccola e fragile, inerme quasi. E invece...”
 “Sono ancora confusa, piccola e fragile” ribatté lei, sorridendo.
 “Oh, non credo” ridacchiò Silente con gusto “Nella tua breve vita hai già dato prova di grande forza, di controllo, di lealtà e soprattutto di un discreto coraggio”
 Emma fece un gesto per minimizzare le parole dell'uomo.
“Faccio solo del mio meglio” mormorò.
“E lo fai splendidamente” rispose lui sincero, mentre l'emoor, leggermente imbarazzata per quei complimenti inattesi, abbassava lo sguardo, senza sapere come ribattere.
 Aveva una stretta sgradevole allo stomaco, la stessa di quando si sentiva troppo al centro dell'attenzione e a dirla tutta moriva dalla curiosità di sapere in che cosa consistessero quelle lezioni e non voleva perdere tempo inutile in quei convenevoli.
 “Emma Piton O'Shea” disse invece il preside, sillabando con estrema cura ogni nome “Ricordi quando ti dissi di dare una possibilità a quel musone di Severus?”
“Come fosse ieri, professore”
 “Chi lo avrebbe mai detto che avresti preso il suo cognome” osservò lui, pensieroso ed Emma si strinse nelle spalle nuovamente, era vero.
Chi lo avrebbe mai detto?
 “
Hai mai usato la macchina fotografica che ti regalai?” chiese lui curioso, lisciandosi la barba.
“Molte volte, ho una bella collezione di foto.”
 “Ne sono felice” rispose l'uomo sorridendo, per poi raddrizzarsi sullo schienale “Le foto aiutano in qualche modo a ricordare.”
Poggiò i palmi delle mani sulla scrivania con attenzione, come se stesse decidendo come iniziare il discorso. Emma taceva.
 “Bene” disse infine “Ti starai chiedendo come mai sei qui e che cosa faremo in queste lezioni.”
 “In effetti sì” rispose mesta lei.
 “Devo essere sincero Emma, non ti ho mai dedicato il tempo che avresti meritato perché Harry ha assorbito la mia attenzione, forse più del dovuto, ma ora sono certo che possiamo recuperare. Ho pensato quindi di raccontarti quelli che sono i miei dubbi e le mie certezze e quello che ritengo possa esserti utile in futuro.”
“Per esempio la mia connessione con Potter?”
 Lui fece un gesto con la mano di andare piano.
 “Certo, anche. La connessione è centrale, ma pensavo di fare  almeno un paio di lezioni da soli, io e te, ci sono molte cose su cui riflettere, poi avremo modo di parlare anche con Harry”
 “E del mio essere emoor?” domandò la ragazza “Parleremo anche con gli altri emoor?”
 “No” disse l'uomo ed Emma fece una smorfia delusa.
 “Perché tutti ignorate gli altri tre? Sono emoor quanto me”
 Silente corrugò la fronte e riprese a parlare con tono paziente.
“È piuttosto complicato a dirsi. Non ignoro affatto i tuoi amici, ma non sono emoor quanto te. Ovviamente penso che sia molto importante prendersi cura di tutti voi quattro, tenervi al sicuro, guidarvi, se possibile. Tuttavia, anche se ognuno di voi avrà un percorso personale e uno collettivo dettato dalle vostre libere scelte, il vostro ruolo in quanto emoor è già scritto.”
 “Nella profezia che ho rotto al Ministero...” mormorò lei e Silente annuì grave, gli occhi azzurri che la osservavano vigili attraverso gli occhialini a mezzaluna.
 “Io e gli altri abbiamo fatto molte ricerche” azzardò Emma “ma non abbiamo trovato nulla di che, non sembrano esserci molte informazioni su di noi, o le quattro Ombre in generale, non molte credibili quantomeno. A volte ci chiediamo quale debba essere il nostro ruolo con Voldemort.”
 “Noto con piacere che pronunci il suo nome” disse il preside ed Emma si strinse nelle spalle con noncuranza.
 “Penso che sia proprio di Lord Voldemort che dovremo occuparci” mormorò Silente “so che probabilmente non ti sei molto soffermata a pensare a lui, se non come a un ostacolo alla serenità di più persone, ma ti assicuro che è una figura chiave.”

“Ma gli emoor non sono legati a Voldemort quanto me? Non abbiamo un ruolo comune? Perché ignorarli?”
 “In parte sì, certamente” concesse Silente “La profezia dice che gli emoor saranno determinanti nella battaglia contro l'Oscuro Signore, ma c'è un'unica cosa che mi immagino che voi possiate fare in questa battaglia.”
 “Difendere la scuola.” rispose svelta Emma con il cuore in gola, lo sguardo fisso in quello dell'uomo e Silente ridacchiò, dissimulando malamente il suo stupore.
 “Mi togli l'effetto sorpresa così, ma dovevo immaginare che avresti avuto una risposta pronta. Siete dei ragazzi svegli, in fondo. Come lo avete capito?”
 “Joanne Rowling ha dato ad Emily un libro sulle Ombre, si parlava di come loro volessero proteggere le mura, quindi...”
 “Avete immaginato giusto e mi piacerebbe vedere quel libro”
 “Glielo posso portare la prossima volta” propose Emma.

La conferma di Silente sulle teorie che lei e gli altri avevano immaginato, ebbe uno strano effetto su di lei. Dopo tanto tempo a cercare risposte le veniva dato un cenno positivo, senza nemmeno dover nemmeno insistere: era come perdere l'equilibrio.
 “Quindi tutto qui? Solo difendere la scuola?” chiese per sicurezza, provando internamente un sincero sollievo.
“Non sottovalutare questo aspetto, Emma” ribatté serio l'uomo “temo che arriverà un momento e il perché lo capiremo insieme, in cui Voldemort vorrà, con tutte le sue forze, Hogwarts e l'unica cosa che so è che voi ne siete i guardiani, ma non so dirvi perché, né in che modo potrete proteggere queste mura, probabilmente capirete cosa fare e come solo quando arriverà il momento. Il che, lo capisco, non è granché tranquillizzante”

“No, non lo è in effetti” mormorò mesta la ragazza, prima di alzare il capo con decisione “Quando dice che io non sono un'emoor come gli altri, intende che immagina che il mio ruolo non sia solo quello di guardiano, giusto? C'è anche la connessione con Potter, che gli altri non hanno.”
 Silente annuì con un guizzo divertito negli occhi, forse a causa del tono esageratamente sconfortato della ragazza.
 “È corretto” assentì “molto unisce voi quattro: il vostro sangue antico, la profezia che vi cita, il fatto di essere i quattro guardiani di questa scuola, per alcuni di voi dei sottili legami di parentela... ma due di voi sono vincolati anche ad altri compiti”
 “Due di noi?” chiese Emma sconcertata “Legame di parentela?”
 Lui ridacchiò evidentemente divertito, gli occhi azzurri brillanti.
 “Severus ha ragione quindi. Non hai perso l'abitudine di fare molte domande crescendo, Emma”
 La ragazza si sentì arrossire e incassò la testa nelle spalle, ma sorrise. Si sentiva formicolare tutto il corpo dal desiderio di sapere quello che l'uomo aveva da dirle, ma non voleva insistere.
 “Voi quattro emoor discendente dalle Ombre di Hogwarts, questo lo sai già” riprese Silente pacato e lei annuì solamente, non osando interrompere “Alicia Serpeverde, Thomas Corvonero, Andrew Tassorosso e Angela Grifondoro, quattro valorosi che a differenza dei fratelli amavano davvero questo castello con tutto loro stessi. Molto amici, alcuni di loro amanti, non smisero mai di rispettarsi. Avevano caratteri diversi, ma inclinazioni simili a quelle dei loro fratelli, Angela era piena di valore e coraggio, Thomas era assetato di conoscenza, Andrew buono e leale e poi c'era Alicia e Alicia era speciale: era intelligente, determinata e furba, se posso sbilanciarmi, molto più di suo fratello Salazar, ma soprattutto aveva un'innata capacità nell'argomentare e mediare”

Emma annuì tra sé, senza accorgersi che si era quasi chinata in avanti, completamente assorbita dalle parole del preside.
 “Nell'estate in cui tu e i tuoi amici vi siete rivelati e siete stati portati dai vostri tutori, come ricorderai, ho fatto molte ricerche.” riprese lui “Ho dovuto raschiare negli alberi genealogici di tutti voi con un grande dispendio di energie, ma mi sembrava importante venire a capo della situazione e comprendere da quale Ombra ognuno di voi discendesse. Credevo di dovervelo e che fosse un mistero utile da scoprire. Non è stato semplice perché nelle famiglie non sempre c'era un erede e quindi ho dovuto spesso cercare l'erede designato”
“Ma se sono arrivati a noi la magia deve essere passata di figlio in figlio” disse Emma, aggrottando la fronte e Silente scosse il capo.
 “Non per forza, Emma.” rispose pacato “Rifletti: nel mondo magico c' è qualcosa che è più importante di ogni altro aspetto quando si tratta di discendenza. Non è l'amore, non è il rispetto, non è la conoscenza e non è la genetica, ma è qualcosa che ha fatto lottare intere generazioni di maghi, sai di cosa sto parlando?”
“Il sangue” rispose l'emoor sicura, ricordando il trafiletto sul Vinculum Eldest e le riflessioni di Emily sulle maledizioni.
 Silente annuì di nuovo, visibilmente soddisfatto. 
“Esattamente, il sangue. Il sangue che scorre nelle nostre vene è ciò che secondo gli antichi maghi sancisce le discendenze. Esistono anche incantesimi e a volte malocchi e maledizioni tutti legati allo stato di sangue che i maghi sbandieravano con tanto orgoglio: Purosangue, Mezzosangue e Sanguesporco.”
 “
Come il Vinculum Eldest” disse Emma con tono tranquillo  e gli occhi di Silente brillarono di stupore e ci mise un secondo di troppo a riprendere la sua spiegazione.
 “Come lo conosci?” chiese “come conosci il Vinculum?”
 “Lo stesso libro che citavo prima”
L'uomo aggrottò la fronte, colpito dalla prontezza della ragazza. 
 “Sai cosa sia il Vinculum Eldest quindi?”
 “No, so solo che le Ombre lo auto imposero tra di loro a coppie.”
Silente strinse per un momento le labbra in un'espressione che sembrò stranamente severa e respirò a fondo.
 “Molto bene Emma, davvero molto bene. Era in effetti di due tipi di vincoli di sangue che ti volevo parlare. Il primo è il Vinculum Eldest. Tu sai che che cos'è il Voto Infrangibile?"
Emma sentì il capo pizzicare al ricordo della strana promessa tra Narcissa e Severus a cui aveva assistito quell'estate. Ricordava ogni singolo dettaglio. Un impegno. Severus l'aveva definito semplicemente così, ma non sapeva davvero di cosa si trattasse, così scosse il capo.
 “Il Voto Infrangibile” le rispose Silente “è un impegno irreversibile che un mago prende con un altro mago. Spezzare il Voto Infrangibile è semplicemente impossibile, come consiglia il suo nome. Se non si tiene fede al patto: si muore.”
Emma alzò il capo di scatto, il cuore sibilante di paura. Le parve di cadere per qualche secondo nel vuoto, mentre la consapevolezza la bagnava come una doccia fredda: Severus aveva giurato a Narcissa di proteggere Draco, pena la sua stessa morte. E improvvisamente all'emoor sembrò chiaro il perché del sorriso esageratamente divertito di Bellatrix.

“Tutto ok?” chiese pacato Silente ed Emma annaspò e annuì.
 “Cosa c'entra il Voto Infrangibile con il Vinculum Eldest?” chiese con voce flebile, cercando di scacciare il pensiero di Draco e del tutore in fondo alla sua mente.
 “Il Vinculum Eldest è come se fosse un Voto Infrangibile, ma non è stretto solo tra due persone, bensì tra due discendenze.”
 Emma si sentì cadere in un baratro vuoto. Il panico le serrò la gola.
“Quindi io e Artemius siamo ancora legati dal Vinculum come lo erano anche Andrew e Alicia. E allo stesso modo anche David ed Emily sono legati come i loro antenati?”
 “È così.”
 Emma strinse gli occhi e cercò di mantenere la calma.
 “Ma cos'è il Vinculum che si sono auto imposti? Qual è la promessa che si sono fatti?”
 “Il problema è questo” disse pacato Silente “Non si sa, così come non si conosce tutta la profezia. Sappiamo solo che il legame è avvenuto e che le Ombre si consideravano i guardiani della scuola. Ma magie così complesse non avvengono senza un sacrificio, il prezzo per un Vinculum è solitamente molto grande. Più è salato, più sarà forte il potere del...”
 “Il loro prezzo erano le discendenze Magonò” sussurrò la Corvonero con lucidità “Discendenti privi totalmente di magia fino al momento in cui non fosse arrivata la necessità di difendere la scuola. Fino a quando il Vinculum non fosse stato compiuto.”
 Gli occhi di Silente si fecero improvvisamente dolci, Emma invece avrebbe solo voluto piangere.
“Mia cara ragazza...” mormorò l'anziano e l'emoor strinse i denti e rialzò lo sguardo, ricacciando indietro le lacrime, concentrandosi con tanta forza che il cuore le tremava e le tempie pulsavano.
 “Prima lei ha detto che esiste un altro legame di cui voleva parlarmi. Non solo del Vinculum Eldest”
 “È così” confermò Silente, capendo che la ragazza voleva sapere di più e che non avrebbe ceduto alle lacrime e alla paura.
 “Di cosa si tratta?” chiese infatti subito Emma.
 “Come ti accennavo prima, non sempre tra i vostri antenati c'è stato un erede diretto” riprese Silente “Ho dovuto fare molte ricerche aggiuntive per scovare le vostre discendenze.”
“Parlava di un erede designato e legami di sangue” concluse l'emoor per lui, perfettamente in controllo.
 “Esatto” assentì il preside “Immagina: Una famiglia di Purosangue a causa di problematiche probabilmente legate alla genetica e allo sposarsi tra consanguinei, non riesce a fare un figlio che superi i primi anni di vita. Una volta era molto comune come situazione, ma la famiglia è antica, ricca, potente e non può permettere al suo albero genealogico di estinguersi, cosa fa quindi?”
 Emma ci rifletté un solo secondo: “Adotta qualcuno”
 “Molto bene” disse Albus con soddisfazione “Ma puoi immaginare che una famiglia Purosangue non potrebbe mai accettare di adottare e rendere erede un Mezzosangue, o peggio un Nato Babbano. Men che meno possono pensare di adottare un Babbano perché i poteri magici non si possono tramandare e imporre a chi ne nasce privo, ma non esistono molti bambini Purosangue pronti per essere adottati. Cosa rimane da fare quindi alle famiglie?”
Emma ci ragionò un attimo, ma poi scosse la testa. 
 “Non ne ho idea.” ammise “Forse esistono magie che possono travasare il sangue di qualcuno nel corpo di altri?” 
 Era piuttosto scettica, ma non ne sarebbe stata incredula. Silente fece infatti un'espressione estremamente compiaciuta. 
“È esatto. Vinculum Pateret” disse con aria grave “Un incantesimo estremamente complesso che facevano solo alcuni maghi particolarmente dotati chiamati Arustipidi, un incantesimo che permette di imporre il sangue a una persona, rendendola legata per sempre all'altra. È irreversibile e ad oggi vietato dal Ministero, ma un tempo, come puoi immaginare era molto in voga e anche in tempi più recenti, per esempio con l'avvento di Grindelwald veniva molto utilizzato.” 
“In che modo?” sussurrò l'emoor.
“Beh, bastava che il bambino scelto avesse già proprietà magiche dentro il suo sangue per legarlo a una famiglia, o a un'altra. Immagina famiglie di maghi Purosangue e Mezzosangue legate da sincero affetto che usarono l'incantesimo per salvare amici e parenti. Oppure pensa a genitori Purosangue che si ritrovavano i figli uccisi nella guerra e che quindi dovevano adottare gli orfani dei vicini di casa Mezzosangue, rendendoli degni, pur di portare avanti il nome della loro famiglia. Un gran caos. Un caos però molto costoso, che solo alcune famiglie facoltose potevano permettersi. Una famiglia di Purosangue in declino, che non poteva pagare un Arustipide, semplicemente si estingueva o si macchiava di un Mezzosangue nell'albero genealogico, perdendo il suo diritto di Purosangue”
 Emma annuì, cominciando a capire.
 “Quindi per questo le ventotto sacre famiglie di Purosangue sono anche molto ricche” disse e Silente annuì. 
“Esatto, non un caso. Le sacre ventotto sono le famiglie che sono state in grado di mantenere il loro stato di sangue a qualunque costo e a volte non solo attraverso la procreazione. Non tutte ovviamente. La famiglia Malfoy, per esempio, da secoli ha sempre avuto un solo erede maschio e non ha mai mancato di portarlo a maggiore età, né ha necessitato Arustipidi e i loro servigi”
“Quindi risalire alle Ombre è stato complicato a causa degli innumerevoli legami di sangue creati non per discendenza da nascita, ma attraverso la magia?”
 “Precisamente”
 “Perché mi sta raccontando tutto questo?” chiese l'emoor all'uomo.
 “Perché lo ritengo importante” disse lui.
 “A che scopo?” domandò lei confusa.
 “Per analizzare alcune questioni.”
Emma fece cenno al preside di continuare.

“L'anno scorso sei rimasta turbata dal fatto, per esempio, che, anche se alla lontana, tu e Lord Voldemort siete parenti. Questo può essere considerato vero, perché se nelle vene di Voldemort scorre il sangue di Salazar, nelle tue scorre quello di Alicia e i due non solo erano fratelli, ma erano anche molto legati tra loro.”
 Emma ascoltava con gli occhi sgranati, avida di informazioni.
 “Facendo delle ricerche aggiuntive ho però scoperto altre cose interessanti.” riprese Albus “Per esempio Alicia Serpeverde e Thomas Corvonero sono stati a lungo amanti e insieme hanno persino avuto una figlia: Honor. Anni dopo però i due capirono che a legarli c'era solo una dolce amicizia e si separarono sposandosi nuovamente entrambi. Alicia ebbe poi altri due maschi dal nuovo legame e Thomas un'altra figlia: Violet. Ora, procedendo a ritroso ho scoperto che la tua amica Emily discende da Violet, quello che non mi aspettavo è che invece tu non discendi da uno dei due figli di Alicia come pensavo, ma da Honor, sorellastra di Violet.”
 Emma sbarrò gli occhi “Quindi io e Emily...”
 “Siete lontane parenti tanto quanto tu e Voldemort”
 “Questo mi solleva un po'”
 “Lo immaginavo” sorrise Silente “E non è finita qui. Devi sapere che uno degli altri due figli di Alicia morì sfortunatamente prima di diventare maggiorenne, ma l'altro sopravvisse e diede vita a una sua discendenza che ad oggi ha ancora degli eredi, nonostante abbiano mescolato più volte il sangue con Mezzosangue: i Greengrass"
Emma ammutolì “Per questo il Ministero...”
 “... voleva affidarti ai Greengrass? Ancora una volta, Emma: è esatto. I Greengrass sapevano di essere discendenti di Alicia, ne vanno piuttosto orgogliosi in realtà e si chiedevano, nel caso in cui tu fossi stata discendente dell'Ombra di Serpeverde, se non fosse loro dovere, in qualche modo, quello di accoglierti"
“Non ne avevano certezza però”
 “No, il Ministero non sa delle mie ricerche”
 “Ma tutti questi legami... cosa vogliono dimostrare?” chiese Emma.
“Nulla, ma sono importanti se pensi che Voldemort dà un grande valore al sangue magico e serve anche per farti rendere conto di quanto in realtà siano labili i legami di parentela. Voldemort è erede di Serpeverde ed è ossessionato dalla storia dei quattro fondatori, ma non ha mai dato molto peso alle Ombre. Ora, a causa di una profezia, è però costretto a considerarle e probabilmente non sa come affrontare la questione. Il fatto che ci sia un altro erede di Serpeverde lo affascina, ai suoi occhi sei la cosa più simile a una sorella che lui abbia mai avuto, ma Voldemort è anche un eterno figlio unico, vuole primeggiare e se si rendesse conto che tu potresti essere un pericolo alla sua scalata al potere, non stento a credere che deciderebbe senza troppo pensarci di distruggerti”
 “Comprensibile.” mormorò Emma, la fronte aggrottata “Voldemort è un Purosangue?”
L'uomo di fronte a lei le fece un grande sorriso. 
“Hai davvero un'intuizione straordinaria. No, Voldemort è un Mezzosangue e questo è un punto debole che dobbiamo tenere presente, ti racconterò meglio la sua storia più avanti, ma per ora focalizziamoci sul fatto che, essendo lui un Mezzosangue, puoi capire quanto per lui il legame di sangue con Salazar sia tutto e forse rappresenta anche il motivo per cui tu sei l'unica, tra tutti e quattro emoor, che avrebbe l'occasione di avvicinarsi a lui.”
 “Severus non ne sarebbe molto contento” scherzò amara lei e  Silente sorrise una volta di più, con tenerezza. 
 “Devi comprenderlo Emma, tutta la vita di Severus è stata minacciata dall'ombra di Voldemort e sa benissimo che non potrà tenervi divisi per sempre, ma vorrebbe poterlo fare.”
Lei annuì, pensando con dolcezza nascosta al tutore, a quanti muri tentasse di far calare tra lei e il suo signore pur sapendo di fallire dal principio nel tentativo. Era una speranza commovente. 
 “Ma ancora non capisco come tutto questo possa esserci utile.” disse l'emoor, scacciando il pensiero di Severus e cercando invece di focalizzarsi solamente sulla lezione.
 “Tutto questo è essenziale per cercare di comprendere Voldemort.” disse il preside “Tu sei stata nella sua testa attraverso Harry e sono sicuro che dovrai rincontrarlo ancora. Più sai di lui, meglio sarà”
“Visto anche il mio legame con Sev. C'è un rischio maggiore che io ci entri in contatto, giusto?”
 “Anche” ammise l'uomo “Capirne i punti deboli, intuirne i pensieri ti aiuterà ad essere più forte, più abile a chiudere la mente dove non vuoi che entri, più furba ad anticiparne le mosse e ad affascinarlo. La curiosità innata di Voldemort potrebbe essere un punto debole a nostro favore e credo che la relazione tra voi due potrebbe pesare molto su quello che accadrà in futuro e in particolare anche sul destino di Harry”
“E il legame mio e di Potter? Non ha peso?”
 “Ci arriveremo” disse pacato Silente “È una delle cose di cui non ho una risposta certa e su cui potremo sicuramente ragionare insieme, ma se vuoi provare ad andare ad intuizione: Harry è collegato a Voldemort e tu sei collegata a entrambi, mi sembra già una buona base da cui partire.”
 Emma assentì, incerta, non era sicura che questa fosse una vera risposta e scosse le spalle tornando a guardare il preside.
“Qual è l'altro emoor che come me ha altri compiti oltre a quello di guardiano?” domandò, cercando in parte forse di ottenere una risposta, cogliendo il preside di sorpresa, ma lui non si scompose.
 “Artemius” disse tranquillo.
Emma sbatté le ciglia una volta, chiudendo la mente come tenue difesa: se lo era aspettato, era come se lo avesse sempre saputo.
 “Che cosa deve fare?” chiese.
 “Credo che sia giusto che sia lui a raccontartelo se lo vorrà”
 “Capisco” mormorò la Corvonero pensierosa, prima di riscuotersi e riprendere a parlare svelta “Ho perso il filo però, se vogliamo che Voldermort mi studi, perché dobbiamo tenere nascosto il fatto che io discenda da Alicia Serpeverde? Non potrebbe attirarlo di più?”
 “Certamente, infatti non lo faremo per sempre” disse Silente “ma finora è stato necessario per più motivi. In primo luogo, ci ha dato tempo. Appena Voldemort scoprirà chi di voi è legato a lui e assai probabile che voglia distruggere gli altri tre. Se ti avesse scoperto troppo presto, sulla base del ragionamento che gli dice che i quattro emoor privati di una parte non possono batterlo, avrebbe provato ad eliminarli, salvando forse te per poterti studiare, in attesa di decidere il tuo futuro. Era qualcosa che non potevamo rischiare.”
“Ed è vero?” domandò Emma senza fiato.
 “Non importerà saperlo, perché sfrutteremo la debolezza di Voldemort di cui accennavo prima: La curiosità” disse Silente.
 La ragazza lo fissò confusa e scosse il capo “Non capisco” ammise e Silente arricciò le labbra visibilmente soddisfatto. 
 “Ripeto Emma, non conosco tutte le risposte, ma ho la fortuna e il fardello di avere una mente brillante. Ti ho chiesto di mantenere segreta la tua discendenza per preservare te e i tuoi amici il più a lungo possibile, ma ora c'è un elemento nuovo sulla scacchiera, che non possiamo non considerare. Riesci a immaginare quale?"
 Emma guardò l'uomo incerta, ma poi si illuminò: “Severus”
 “Molto bene, davvero” disse Silente con aria solenne “E hai perfettamente ragione. Severus è un servo a cui Voldemort tiene particolarmente ed è il nostro grande vantaggio.”
“In che modo?” disse la ragazza nervosa all'idea di esporre il tutore. 
“Severus tiene visibilmente a te, Emma, tanto che ti ha adottata. Questo farà sì, probabilmente, che Voldemort decida di non ucciderti anche senza avere la certezza che tu sia erede di Serpeverde, almeno all'inizio, a causa del suo sottoposto.”
“Per rispetto?” chiese dubbiosa l'emoor.
 “No, non per rispetto, intendiamoci” ammise il preside “Più probabilmente si tratterrebbe per poter sfruttare la figura di Severus, ai suoi occhi preziosa, il più a lungo possibile. D'altronde avrebbe  comunque la certezza di averti a portata e quindi la consapevolezza tranquillizzante di poterti eliminare quando vuole, ma Voldemort è un buono stratega e saprà di poter aspettare il momento migliore. È ovviamente un'arma a doppio taglio, lo comprendo, come Severus non smette mai di sottolineare, il Signore Oscuro è piuttosto volubile e potrebbe anche decidere di farti del male solo per punire lui, per questo tutti noi dovremo fare grande attenzione e prendere precauzioni aggiuntive, ma il lato positivo è che questa aggiunta di tempo ci permette di avere qualche buon pezzo da muovere nella nostra partita, sfruttando la curiosità di Voldemort stesso”
Emma era ammaliata dalle parole di Silente, anche se non capiva in toto che cosa lui intendesse con sfruttare la curiosità di Voldemort.
“In che modo possiamo portare la cosa a nostro favore?” chiese.
“Immagina: da subito Voldemort cercherà di capire se proprio tu, tra tutti gli emoor sei quella con il sangue di Alicia Serpeverde e su questo punto, permettimi un consiglio, se conosco un poco Lord Voldemort ti posso assicurare che scoprire la tua discendenza da te, credendo di avertela estorta, per lui sarà estremamente più stimolante.”
 “E una volta che lui saprà che sono io l'altra erede di Serpeverde non cercherà comunque di fare del male agli altri?”
“No, io non credo” sorrise Silente “Anzi, a quel punto lui crederà di aver preso due maghi con una cioccorana: ha trovato una sorella, che per combinazione è anche la protetta di uno dei suoi migliori Mangiamorte ed è a sua disposizione. Diventerai ai suoi occhi molto preziosa e a quel punto io credo che tu avrai il potere di fargli credere qualunque cosa tu voglia.”
 “Per esempio?” chiese l'emoor dubbiosa “Non credo che Voldemort sia sprovveduto, non penso che grazierà i miei amici solo perché io glielo sto chiedendo, no?”
“No, ma per esempio potrai dire lui che sai che la profezia non si spezza affatto con la morte di uno degli emoor, anzi, che quello è esattamente il modo per scatenarla. Impedirai così che tu o gli altri possiate essere uccisi.”
 Emma spalancò gli occhi, sembrava davvero un buon piano.
 “Ma come potrebbe crederci?”
 “Te l'ho spiegato all'inizio di questa lezione: Lord Voldemort dà estrema importanza al sangue magico e non ci sarà nulla di strano a pensare che versare il sangue sacro di una delle Ombre lo maledirebbe. Immagina, ricevuta questa informazione cosa resta da fare a Voldemort per sedare il pericolo degli emoor?”
 La mente di Emma correva freneticamente “Dividerci”
 Silente annuì nuovamente, ora vagamente impressionato.
 “Corretto ancora una volta, Emma. Voldemort cercherà di dividervi e per farlo sono certo che proverà, comprensibilmente, a trarre dalla sua parte la sua consanguinea, protetta di un suo servo e ironicamente l'unica non Serpeverde tra gli emoor”
 L'emoor era stordita, cercando di assimilare tutte le informazioni.
 “Quindi questa è la mia missione?”
“Affatto” tubò Silente “Questa è una chiacchierata che abbiamo fatto su qualcosa che potrebbe accadere”
“Potrebbe?” chiese la ragazza, inarcando un sopracciglio.
 “Esattamente, sulla base di quello che abbiamo sul tavolo e per cui dovremo essere eventualmente pronti.”
 “Dovrò fingermi dalla parte di Lord Voldermort”
L'uomo scosse subito la testa, con strano vigore, lo sguardo serio. 
 “No, Emma” disse con voce grave “Anzi, più sarai te stessa, più ti opporrai al suo piano e più lo renderai disperato. Saprà di non poterti uccidere per paura di scatenare la sua fine, o perché non vuole ancora perdere il suo migliore servo e rimarrà scioccato di sapere che voi due, che dovreste essere secondo la sua logica simili, siate così diversi. Se Voldemort viene distratto dal pensare ad Harry Potter sarà un grande risultato.”

“Qual è il destino di Harry?” domandò l'emoor e trattenne quasi il fiato nel fare quella domanda, come se la risposta la riguardasse personalmente in qualche modo, ma Silente si distese, ridacchiando appena, divertito dalla sua curiosità.
“Penso per oggi di averti già dato molto a cui pensare, Emma. Una cosa per volta. La prossima lezione vorrei esplorare di più con te Voldemort e il suo passato, sarà una lezione molto utile”
 “La conoscenza è un'ottima arma, vero?” 
 “La migliore” confermò il preside con dolcezza e l'emoor capì che la loro conversazione era finita.
 “Grazie” mormorò, sinceramente grata di avere finalmente alcune risposte. Sentiva la testa piena di troppe notizie e una grande confusione, eppure aveva l'impressione di essere più leggera. 
 Si alzò lentamente, avviandosi verso la porta, ma tentennò prima di uscire. Si girò all'ultimo di nuovo verso la scrivania da dove Silente non aveva ancora smesso di osservarla, con Fanny che la fissava altrettanto attenta dal suo trespolo.
“Professore” mormorò la Corvonero.
 “Dimmi, Emma” sussurrò Silente e c'era affetto e uno strano senso di colpa nel suo sguardo azzurro.
 “Posso raccontare agli altri emoor quanto detto?”
 “Condividere con loro credo che sia essenziale a questo punto e penso che non solo loro meritino la tua fiducia, sbaglio? La signorina Weasley e i tuoi compagni di Casa, Bitterblue e McGregor, si sono dimostrati dei fidati consiglieri, non credi? Ti chiedo solo di tenere segrete le nostre riflessioni su Voldemort, se possibile”
 “A riguardo del mio possibile ruolo con lui?”
“No, a riguardo dei sentimenti che lui potrebbe provare nei tuoi confronti e dei suoi punti deboli: curiosità e ossessione per il sangue, oltre, naturalmente...”
 “A Severus” disse Emma di rimando e sorrise, prima di girarsi e uscire svelta dall'ufficio, i tasselli nella sua mente che trovavano finalmente la giusta posizione.

*Angolo Autrice*

Ciao Lettori! 
Ho quasi fatto ritardo, ma spero di avervi ripagato con questo capitolo succoso.
Credo che sia il capitolo dall'inzio dell FF più denso di importanti contenuti e uno di quelli di cui sono più soddisfatta. 
Svela molto sulla storia degli emoor, a cui voglio molto bene. 
Vi lascio qui alcuni punti/spunti, fatemi sapere se tutto è chiaro, so di aver messo molto in campo.

. Mi sono resa conto che nella vita di Emma ad Hogwarts Hagrid è quasi totalmente assente. In fondo il guardiacaccia occupa un posto speciale nel cuore di Harry perché è stato il suo primo contatto con il mondo magico, ma visto dagli occhi di un alunnno qualsiasi immagino che il grande Hagrid, in realtà così dolce e buono, almeno di sfuggita possa incutere un poco di timore. 
. Draco rimane sconvolto da ciò che vede ed Emma ci mette poco a unire i puntini, ma ancora non vuole cedere ai sospetti.
. Ho lasciato spazio all'Occlumanzia per dimostrare i progressi di Emma. L'ultima volta che l'abbiamo vista usarla faceva calare solo protezioni e pareti, ora invece la ragazza sta imparando a muoversi nella sua mente e a catalogare pensieri e ricordi. Deve in fondo essere sempre più forte in quest'arte, dato che probabilmente passerà molto tempo con i mangiamorte.
. Come sempre il legame dolce e protettivo che c'è tra Emma e Severus mi scioglie. Riesco perfettamente a immaginare la scena tra i due.
. Ho lasciato un piccolo spazio ai corvonero (mancavano solo i gemelli Harrod e Luna) perché mi mancavano da un po' un momento di gruppo semplice con gli amici, ne ho approfittato per inserire Sarah e Blaise perché penso che sia bello far sapere che le divisioni tra Case non sempre sono così nette.
. Tutta la parte tra il Vinculum Eldest e il Pateret Vinculum credo che sia largamente spiegata, così come l'importanza del sangue magico, soprattutto per Voldemort, ma essendo molto intensa e piena di informazioni, fatemi sapere se volete uno schema riassuntivo nelle note del prossimo capitolo. Entrambi i due vincoli di sangue sono inventati da me, ma ho cercato di renderli credibili, pensando all'importanza che viene data al sangue e alle promesse solenni nel mondo magico. 

Grazie mille a chi segue, a chi legge silenzioso e chi commenta. 
Una piccola dedica a Keira Lastrange e i suoi preziosi consigli, la nuova arrivata Megumi, che ha letto tutto d'un fiato e commenta sempre e a Thranduil_Laufeyson, soprattutto per aver creato il termine "Dremma" per la ship Draco-Emma. 

A lunedì!
Con affetto.
vi

Ritorna all'indice


Capitolo 38
*** La festa di Lumacorno ***


.La festa di Lumacorno.

 

Sei Serpeverde” balbettò Lilith, arrossendo sulle guance, con l'espressione contratta di chi sta lottando internamente per non mostrare i propri sentimenti stampati sul volto.
 “Esatto” rispose Emma paziente, dandole il tempo di metabolizzare la notizia, mentre James ridacchiava apertamente, gli occhi chiari brillanti sul viso pieno di lentiggini.
 “Avanti Lil, è pur sempre Emma, non vorrai rimangiarti anni di amicizia solo per questo!” disse il ragazzo divertito e la biondina scosse con foga la testa, sgranando gli occhi.
 “No Jam! Certo che no, ma è strano, non credi?” esclamò “Merlino sei discendente di Serpeverde, proprio tu Emma”
 “Avrei preferito un'altra posizione” ammise quieta l'emoor “Quella che in cui mi trovo attualmente, non è affatto semplice"
 James si sporse in avanti per abbracciarla, senza aggiungere altro e Lilith si fece sfuggire un mezzo sorriso.
 “Per tua fortuna hai degli amici grandiosi al tuo fianco.”
 “Infatti non so come ringraziarvi” rispose l'emoor, allungando la mano per aggiungere anche lei all'abbraccio e si strinsero affettuosamente, godendo a vicenda del calore dato dagli altri due.
 “Potresti cercare di sopravvivere, per esempio” ribatté seria la biondina, scrutando l'amica con un leggero broncio “non è che te la sei presa per tutte le volte che ho insultato 
quella Casa vero?”
Emma scosse la testa in risposta, ridacchiando piano tra sé, il braccio ancora intorno alle spalle di James.
 “Come l'hanno presa gli altri emoor per il resto?” domandò lui.
 “Bene” 
Era vero. 
 Gli altri emoor erano stati i primi a sapere del contenuto della lezione con Silente. Si era vista con loro di mattina, con urgenza, prima ancora che Lilith e le altre Corvonero si svegliassero e aveva raccontato ogni cosa, entrando nei dettagli e rispondendo a tutte le loro numerose domande.
 Le facce stralunate dei tre, l'avevano fatta sorridere più volte, anche se immaginava che anche lei doveva aver avuto un'espressione simile nell'ufficio del preside e persino Artemius era parso profondamente interessato a quello che aveva da dire loro ed Emma, aveva lanciato lui più di un'occhiata significativa, chiedendosi quale fosse la sua missione e se mai si sarebbe esposto a riguardo.

*

Quindi avevamo ragione, la tua connessione con Potter non c'entra assolutamente nulla con il tuo essere emoor” sussurrò David.
 Sembrava elettrizzato, gli occhi scuri che brillavano di interesse e preoccupazione  mischiate insieme ed Emma gli sorrise benevola.
 “Esatto. La mia connessione con Harry è in parte il motivo per cui io devo fare delle lezioni aggiuntive. Silente vuole però che voi siate coinvolti e che io vi tenga aggiornati. I nostri ruoli primari sono come pensavamo quelli di guardiani di questa scuola, anche se non so cosa significhi questo nel concreto”
 Emma ci teneva a confortarli e renderli partecipi, aveva avuto paura che, vista la differenza di stato tra loro, di cui la Corvonero avrebbe fatto volentieri a meno, gli altri emoor avrebbero reagito allontanandosi e chiudendosi a riccio tra loro.
  Invece, con gioia della ragazza, i volti arrossati sulle guance, tutti e tre sembravano morire di curiosità, con la voglia di schierarsi con maggiore convinzione al suo fianco.
“Hai il sangue di due generazioni magiche dentro di te, ti rendi conto?” disse Emily impressionata, ragionando veloce come suo solito. 
 Aveva lo sguardo chiaro assottigliato, mentre cercava di chiudere i numerosi ricci scuri in una stretta crocchia ed Emma le fece solo un sorriso di rimando, stringendosi appena nelle spalle, con noncuranza. 
 “Poco importa. Sono emoor solo di Alicia. La profezia è chiara, almeno su questo, si cita un'emoor per ogni Casa e tu sei quella di Corvonero”
 “Poco importa? Sarai l'emoor solo di Serpeverde, ma questo non toglie che tu abbia sangue doppiamente magico, potrebbe essere interessante”
 “Forse” ammise Emma che troppo presa dalla sua 'missione' con Voldemort e tutte le informazioni che Silente le aveva dato sui legami e quel che sembrava essere il suo prossimo futuro, non si era ancora soffermata su quell'aspetto.

Cadde uno strano silenzio, i quattro ragazzi si lanciavano sguardi assorti.
 “Quindi Silente ti ha parlato dei due tipi di vincoli sanguigni, ti ha svelato che una discendenza può essere imposta attraverso il sangue e non la nascita e che ovviamente per Lord Voldemort il sangue ha importanza primaria. Ti ha confermato che noi siamo i guardiani della scuola, che la tua posizione di erede di Serpeverde potrebbe interessare Voldemort e che c'è stato un Vinculum Eldest tra le Ombre, ma non si sa che cosa le due coppie di amici si siano promessi”
 Emma annuì, impressionata dalle capacità di sintesi dell'amica “Esattamente”
 “Beh è tanto a cui pensare” sbuffò David, grattandosi la testa distrattamente.  
 “Silente non ha detto che la tua posizione potrebbe essere utile anche per arrivare a Voldemort?” chiese a sorpresa Artemius, osservando attento Emma “Nel senso, non solo che lui potrebbe essere interessato a te, ma che tu potresti usare questo aspetto a tuo favore?” 
 La Corvonero si girò verso di lui, trattenendo appena un sussulto. Era stata vaga su quel punto, come aveva promesso a Silente. Le riflessioni fatte sul suo ruolo, non erano così centrali da essere discusse con gli altri ed era più cauto tenerle nascoste, ma non aveva affatto pensato all'acuta intelligenza del Serpeverde.
“Silente ha solo detto che Voldemort potrebbe cercare di avvicinarmi, sì” disse.
 “Sarà pericoloso” insistette Artemius, le labbra serrate da un insolito disappunto ed Emma annuì, vagamente a disagio.
 “Immagino di sì”
 “Merlino” esalò David con voce incrinata, rompendo la tensione che si stava creando, ma la Corvonero non lo ascoltò, né diede troppa attenzione ai borbottii a mezza voce di Emily riguardo a quanto fosse snervata da tutte quelle informazioni poco chiare. 
 Emma li ignorò, perché intenta a ricambiare curiosa lo sguardo di Artemius, mentre i due fidanzati prendevano a parlare sottovoce con nervosismo trattenuto, sostenendosi a vicenda e scuotendo la testa perplessi,  cercando di fare ipotesi con tutte le nuove informazioni. 
 Artemius ricambiò il suo sguardo, fissandola con i suoi occhi stranamente grandi e vivi, illuminati diversamente dal solito ed Emma, che passando tanto tempo con Severus, Draco e le loro maschere aveva imparato a cogliere certi segnali, simili a piccoli cedimenti e sentimenti mal celati tra i lineamenti, vide chiaramente sul volto di Artemius, solo apparentemente impassibile, fermo e fiacco, il panico di saperla in pericolo.
 “Tutto bene?” soffiò, chinandosi leggermente verso di lui e Artemius annuì appena, lo sguardo vago, ma la corvetta non abbandonò nemmeno per un secondo il suo viso.

. . .


Il campo da Quidditch era totalmente coperto dalla neve pallida che non aveva ancora smesso di cadere, sarebbe stato un bianco Natale.
Emma riscaldò con la punta della bacchetta parte della sua seduta e con un grosso libro di Incantesimi in grembo si accinse a passare il tempo, alzando solo di tanto in tanto il capo per osservare Ginny volare intorno al campo.
La più giovane dei Weasley indossava la divisa da Quidditch e si muoveva veloce, quasi con rabbia, sul suo vecchio manico di scopa. I lunghi capelli rossi stretti in una coda alta che sferzavano l'aria ad ogni movimento, la fronte corrucciata.
Emma era piuttosto gelosa di quella incredibile capacità di controllo nel volo che l'amica sfoggiava, specie dato che lei si alzava a malapena da terra, beccheggiando pericolosamente, mentre Ginny, oltre ad aver avuto modo di imparare dai fratelli più grandi la tecnica e le basi, dimostrava un evidente talento naturale.
L'emoor sorrise pensando alla gioia che la Grifondoro aveva mostrato per essere stata ammessa nella squadra quell'anno e alzò di nuovo lo sguardo per intercettare la sua figura che si muoveva agile. 
  La rossa, tra tutti i suoi amici, era quella che aveva reagito con maggiore violenza e preoccupazione alle novità raccontate da Silente. L'emoor le aveva spiegato a grandi linee ogni cosa, entrando più nel dettaglio riguardo al suo ruolo con Voldemort di quanto non avesse fatto con gli altri e Ginny aveva ascoltato tutto con grande attenzione, fissandola con i suoi occhi lucidi e furbi e quando lei aveva finito, la Weasley aveva annuito secca una sola volta e senza aggiungere nulla, aveva afferrato la scopa e si era messa a volare.
Emma, comprendendo il suo disagio, le stava lasciando il suo tempo, non troppo stupita da quella reazione.
 Ginny Weasley era la ragazza più forte e coraggiosa che l'emoor conoscesse, perfino più di Hermione Granger ed Emma si fidava ciecamente di lei e dei suoi consigli, ma da troppo tempo la rossa si trovava incuneata tra il magico trio ed Emma stessa e assorbiva le preoccupazioni di entrambe le parti senza poter far nulla per aiutare i suoi amici. Ginny si mostrava sempre forte, dura, pronta ad affrontare qualunque problema e soprattutto instancabile, ma Emma sapeva che in fondo anche lei era umana. 
Il fatto che le maggiori situazioni di pericolo coinvolgessero lei, che era la sua migliore amica ed Harry, il ragazzo per cui aveva una cotta da sempre, non aiutavano la Grifondoro a tenere a bada la sincera paura che provava pensando al futuro ed Emma non temeva il suo sdegno, ma si aspettava il panico razionalizzato.
 A differenza di Lilith e James infatti, la Weasley, come gli altri emoor, era già al corrente delle origini dell'amica, ma il fatto che nelle vene di lei scorresse sangue Serpeverde non le aveva mai dato alcun fastidio: fino a quel momento.
Ora infatti questa specifica caratteristica di Emma aveva assunto dei significati diversi, a tratti inquietanti, che parevano mettere la ragazza in maggior pericolo e i discorsi che lei aveva fatto sul mettersi in contatto con Voldemort e imparare a giocare con lui avevano definitivamente compromesso la calma di Ginny.

Emma sospirò appena e si lasciò poi sfuggire un sorriso vedendo la rossa buttarsi in impennata in una perfetta finta Wronsky, per poi compiere grandi giri in aria a una vicinanza vertiginosa con gli spalti vuoti delle quattro Case.
 “Niente male, Weasley” la stuzzicò, sorridendo, ma Ginny ignorò il suo commento e con una cambio di direzione a mezz'aria fatto con una certa maestria, si fermò di fronte all'amica e la fissò in volto con una determinazione tale che fece tremare l'emoor.
 “Devi tenermi sempre aggiornata” disse, puntando un dito sul petto della Corvonero con aria che non ammetteva repliche, gli occhi stretti in un'espressione severa che ricordava Molly Weasley.
 “Lo farò” promise Emma con voce tranquilla.
 “Non cercare di fare l'eroina Ems, davvero”
 “No, non sono mica Harry Potter” ribatté lei con un mezzo ghigno che fece sorridere l'amica.
“E se Malfoy fa qualcosa, se sospetti qualcosa devi dirmelo”
 Emma prese un profondo respiro e si costrinse ad annuire di nuovo.
 “Malfoy non è un problema, Gin” sussurrò più a sé stessa che all'altra e la rossa inarcò nuovamente un sopracciglio, scettica.
 “E conviene che anche Piton non faccia cazzate. Se ti succede qualcosa io li affatturo tutti, Ems. Compreso Piton. Non me ne fotte un cazzo che sia un professore, o un Mangiamorte, o qualunque cosa lui sia. Comprendi?"
 L'emoor sorrise con tenerezza, scuotendo appena il capo. 
 Si sporse dagli spalti, appoggiandosi alla ringhiera in legno, per essere proprio di fronte a Ginny e la guardò negli occhi.
 “Beh dovrai affatturare Voldemort allora, temo. Il pericolo maggiore sarà lui, ma potrebbero sorgere delle complicazioni se posso essere del tutto sincera con te” la stuzzicò e  Ginny serrò le labbra con rabbia trattenuta, ma si fece sfuggire un sorriso.
 “Credimi, O'Shea. Se Voldemort ti fa del male lo farò.”
 “Harry sarà contento di sentirtelo dire” sorrise l'emoor.

*

Emma finì di intrecciare con cura i lunghi capelli biondi di Luna, che le sorrise allegra attraverso il riflesso del grosso specchio davanti al quale le due ragazze si stavano preparando.
 “Sono bellissimi i capelli così, Ems. Grazie”
 L'emoor batté gentilmente sulla spalla dell'amica, fermando con cura la lunga treccia e le sorrise.
“Figurati Luna, per così poco, stai molto bene. Vedrai che questa sera farai davvero un figurone alla festa.”
 Era vero. Luna quella sera aveva un vestito grazioso color argento e sembrava meno stramba del solito, forse vista anche l'assenza dei suoi orecchini a rapanello: era genuinamente emozionata. 
Emma era rimasta stupita che Harry l'avesse invitata alla festa di Lumacorno, ma era grata al Grifondoro. La Lovegood era una persona deliziosa e si meritava di partecipare alla festa e divertirsi, come una qualunque ragazza, pur con tutte le sue stranezze.
 Il dormitorio quella sera era in effetti un gran fermento e tutte e cinque le ragazze si preparavano freneticamente: Luna per Harry, Sarah per Blaise, Emma per Draco.
Anche Lilith avrebbe partecipato, dato che James non aveva interesse a invitare una ragazza in particolare e aveva quindi deciso di coinvolgere l'amica per non lasciarla da sola nel dormitorio, mentre Carmen sarebbe andata al ballo... con Artemius.
 
Emma era piuttosto sicura che i due non si sarebbero scambiati nemmeno una parola, ma dato che David ed Emily sarebbero andati alla festa come coppia e lei avrebbe avuto Draco, le era dispiaciuto sapere che Artemius sarebbe stato solo.
 Così, quando il giorno prima Carmen era quasi scoppiata a piangere all'idea di essere l'unica del gruppo senza invito, Emma le aveva proposto di chiedere ad Artemius di invitarla, aggiudicandosi così la riconoscenza della Corvonero, che aveva ringraziato di slancio senza davvero pensare, secondo l'emoor, cosa volesse dire essere la dama dello strano amico e uno sguardo perplesso da parte del ragazzo, che tuttavia non aveva rifiutato la proposta.
 Una parte di Emma sperava che i due si trovassero davvero bene e si divertissero, contro ogni previsione, ma purtroppo ne dubitava, conoscendo bene entrambi.
 “Ci siete?” chiese Lilith, scalpitando sul posto.
Indossava un vestito blu corto che la faceva sembrare più aggraziata del solito e orecchini argentei che spuntavano da sotto il cortissimo caschetto biondo. Le ragazze annuirono di rimando, mentre l'emoor lanciò un ultimo sguardo allo specchio.
Aveva modificato il vestito usato al Ballo del Ceppo, accorciando la gonna sopra al ginocchio e aggiungendo delle maniche lunghe.   Fasciata dal tessuto, i capelli semi raccolti sulla nuca, Emma sorrise piacevolmente stupita dalla sua immagine riflessa e seguì le amiche.
 “Andiamo” la chiamò Carmen con un sorriso. 
 Uscirono insieme dal dormitorio e Lilith si affrettò a raggiungere James che le aspettava accanto all'ingresso insieme a Sean. Il ragazzo sorrise a tutte le amiche, ma i suoi occhi saettarono sorpresi a osservare l'emoor.
“Emma, stai benissimo!” le disse, facendola arrossire.
“Grazie Jam” mormorò compiaciuta, mentre Lilith con un sorriso esasperato, alzava gli occhi al cielo.
 “Sì Jam, Emma è stupenda, ma questa sera sono io la tua dama, non farmene pentire” lo rimbeccò la biondina, trascinandoselo dietro, mentre salutava le altre con la mano “Ci vediamo alla festa!” 
 Emma, Carmen e Sarah annuirono e uscirono insieme dalla Sala Comune, scendendo al terzo piano, dove avevano appuntamento con i Serpeverde.

. . .

Emma si mordicchiò il labbro impaziente. Aveva salutato gli altri emoor con affetto e guardato con un mezzo sorriso divertito Artemius e Carmen allontanarsi insieme goffamente. Lui rigido come un tronco, lei per la prima volta lievemente imbarazzata.
 Era rimasta poi con Sarah, in attesa, sperando di vedere Blaise e Draco spuntare in fondo al corridoio, ma era apparso solo Zabini, vestito splendidamente con un papillon rosa pallido al collo, casualmente coordinato con il semplice ed elegante vestito di Sarah: stavano molto bene vicini.
 “Blaise” lo salutò Emma, mentre Sarah correva lui incontro.
“Ems” sorrise lui, dopo aver baciato la ragazza su una guancia “come mai non sei alla festa?”
 “Sto aspettando Draco, ero convinta che arrivasse con te”
 Lui le lanciò uno sguardo confuso “Draco?”
 “Sì, Draco” disse lentamente Emma “Non lo hai visto?”
 “No” ammise Zabini, lo sguardo di chi avrebbe voluto rispondere diversamente “Non sapevo nemmeno fosse invitato alla festa, onestamente”
 “L'ho invitato io...” rispose l'emoor leggermente a disagio e Zabini fece un'espressione triste, aggrottando la fronte perplesso. 
 “Mi spiace Ems, non l'ho visto. Non era in dormitorio”
 “Oh, non importa, sarà in ritardo” sorrise la ragazza, cercando di mostrarsi tranquilla, ma con il petto stretto in un morsa.
 “Vuoi che aspettiamo qui con te?” chiese Sarah come sempre accorta e gentile, ma Emma scosse con decisione la testa. 
 “Assolutamente no, tranquilli” insistette “Voi andate pure, ci vediamo tra pochissimo tanto.”
Li guardò tentennare entrambi indecisi e sorrise con dolcezza, spingendoli, testarda, ad andare via, ma appena ebbero girato l'angolo abbassò il capo sconfortata. Draco non sarebbe arrivato. Lo sapeva. Rimase per altri trenta minuti quasi immobile ad aspettare, poi si sfilò i tacchi e si sedette sul muretto, facendo grossi respiri per scacciare le lacrime, sperando che nessuno la trovasse lì.

*

A che pensi Dra?” chiese Emma e il Serpeverde sussultò, stendendo, subito dopo, un piccolo ghigno.
 “A niente. Non penso a niente O'Shea”
 Lei sbuffò appena, stringendo le labbra sottili. 
 “Comincio ad essere gelosa di questo niente, pensi sempre a lui” 
Draco non si scompose e non colse l'ironia in quelle parole ed Emma osservò i suoi lineamenti tesi, le occhiaie, l'aria arruffata, prima che si distendesse per un istante in un sorriso sincero, ma fragile. E sarebbe stato così semplice chiedere con leggerezza “Draco hai preso il marchio?” togliersi il peso allo stomaco e trovare il modo di andare oltre, ma non si sentiva abbastanza coraggiosa per fare quella domanda ad alta voce e assistere alla reazione.
 “Tra due giorni c'è la festa di Lumacorno” disse invece, rompendo il silenzio.
 “Giusto” annuì il ragazzo, aggrottando la fronte, le mani affondate nelle tasche.
 “Non hai mai risposto al mio invito” 
 “Come potrei dirti di no?”
 “Non so, dimmelo tu” sorrise la Corvonero, perdendosi nello sguardo dell'altro, credendo per un momento che non fosse il tormentato Malfoy degli ultimi mesi, ma lo spocchioso, allegro e ironico Malfoy che aveva imparato a conoscere e di cui si era innamorata.
 “Non potrei mai” concesse il ragazzo, chinandosi appena per darle un bacio.
 Era un gesto raro, soprattutto in pubblico ed Emma cercò di trattenerlo, mordicchiandogli il labbro e facendolo sorridere, le dita che si arrotolavano sulla stoffa sottile della camicia di lui, ma Draco scivolò all'indietro dopo un istante.
 “Blaise si incontra con Sarah al terzo piano per le 21 potremmo vederci lì” mormorò infine l'emoor, decisa a non lasciare spazio allo sconforto.
 “Con chi si incontra Blaise?”
 “Con Sarah”
 “Chi è Sarah?” domandò confuso il Serpeverde ed Emma rise.
 “Una mia compagna di Casa. Quella che tu mi hai chiesto se stava con Blaise. Facevano a coppia al corso di Pozioni dove io facevo coppia con te”
 “Oh” fece il ragazzo “quel corso di Pozioni ha fatto una strage.”
 “Ma Blaise non te l'ha detto che l'avrebbe invitata?” chiese l'emoor.
 “No, ma quindi alla fine stanno insieme?”
 “Non credo, studiano insieme però, mi sembrano buoni amici. Merlino, ma di cosa parlate voi Serpeverde in dormitorio se non di ragazze?”
Draco fece una risata appena trattenuta e si alzò dal muretto dove erano seduti. Gli studenti presenti come loro nel cortile non si girarono verso di loro, forse ormai abituati a quella curiosa coppia. Il ragazzo si chinò a recuperare la scopa da terra e poi si sporse di nuovo a baciare Emma sulle labbra.
 “Sei molto dolce oggi” disse lui l'emoor.
 “Tu sei molto bella” 
 “Ti ringrazio” sorrise la ragazza, arrossendo sulle guance “Ma non hai ancora risposto alla mia domanda: di cosa parlate voi Serpeverde?”
 “Di Quidditch. Vado all'allentamento” disse lui e per l'ennesima volta Emma si morse le labbra per non fargli notare quanto in realtà ormai fosse discontinuo il suo allenamento, di come il Quidditch, che aveva sempre amato, fosse finito in fondo alle sue priorità, al punto da fargli saltare partite, in favore di qualunque cosa stesse risucchiando tutte le sue forze.
 “Ci vediamo dopodomani alle 21?”
 “Ci sarò”

*

Ma lui non c'era, non c'era affatto e una forte delusione ed amarezza si era fatta strada in Emma. Non se lo meritava.
 Stava cercando di ignorare i comportamenti assurdi di Draco, le sue improvvise sparizioni, il fatto che spesso girasse per il castello con due ragazze che non conosceva. 
 Poteva sperare di non parlare delle occhiaie sempre più profonde, il volto scavato e l'aria consumata. Poteva zittire i suoi sospetti, sforzarsi di dargli fiducia che forse non meritava, ma la calma glaciale dell'emoor stava cominciando silenziosamente a incrinarsi.
Se doveva fingere che tutto andasse bene, per non crollare e per non vedere lui collassare su se stesso, non poteva fingere da sola. Dovevano giocare in due ed  Emma si era aspettata che, almeno per qualcosa come un ballo, Draco si sarebbe sforzato di fingere.
Aveva sperato che, un po' come durante la loro gita ad Hogsmeade, fossero entrambi disposti a far credere al mondo e a loro stessi, soprattutto, di essere due normali adolescenti e l'emoor sentiva il disperato bisogno di essere una normale adolescente, di pretendere degli spazi in cui scacciare le responsabilità che sembravano gravitare costantemente sulla sua testa. E aveva bisogno di Draco per farlo.
Perché stare con lui le dava quel sottile sollievo che le permetteva di togliere le maschere che era costretta a portare e accettare silenziosamente il fatto che fossero entrambi incastrati in qualcosa di cui non potevano parlare, ma che intuivano. 
 Stare con lui significava zittire la rabbia, le preoccupazioni e la paura, persino le evidenti differenze, per occuparsi solo di farlo star bene e in qualche modo, fino a quel momento, quel contratto basato sul non detto e la presenza tranquillizzante dell'altro, aveva funzionato, ma ora che Draco non c'era: aveva spezzato l'equilibrio.
 Emma con un sospiro si chiese se non fosse stato il caso di tornare in dormitorio, perché affrontare la festa da sola, le domande, lo sguardo di Ginny, o di Lilith che disapprovavano il Serpeverde, le sembrava troppo tutto insieme.
 Aveva desiderato a lungo quella serata, soprattutto perché, dopo l'appuntamento a Hogsmeade, Draco era diventato un pezzo di ghiaccio e lei aveva una volta di più ignorato l'apparente distacco, immaginando che fosse anche lui sconvolto per quello che era successo a Katie Bell e gli aveva lasciato tempo e spazio.
Quella serata doveva essere la loro isola felice. La loro rivalsa.
 
Si era immaginata di entrare alla festa stringendo la mano del biondo con orgoglio, di ballare con lui, come al Manor, dimenticando per un attimo tutte le ombre della loro strana relazione, sorridendo felici, fiduciosi.
Perché, in fondo, che male c'era a voler essere felice con Draco Malfoy?
Quel pensiero le diede la nausea e sentì le lacrime premere pericolosamente sul bordo delle ciglia. Scosse la testa con forza, arrabbiata e con un gesto secco si mise in piedi, riscuotendosi.
 Fece due o tre respiri profondi per riprendere il controllo, si rimise le scarpe e con decisione, la testa alta e lo sguardo fiero, si rassettò le pieghe del vestito e con passo svelto si diresse verso la festa.
Vaffanculo, stupido Serpeverde.
Sirius avrebbe detto 'Così si fa, una Grifondoro fatta a puntino.'

. . .

Emma aveva sorvolato sulle domande degli amici, entrando alla festa sola, ma a testa alta. Raggiante, sicura di sé, un calice in mano e una luce di sfida sul volto. Ballava e chiacchierava, lo sguardo acceso e il sorriso ampio steso con naturalezza.
 La Sala della festa, che accoglieva più persone di quanto si fosse aspettata, era stata decorata perfettamente, con cura e attenzione per i dettagli tipica dei Serpeverde. C'erano bibite e bevande su tavolini dorati, cibo portato su vassoi da ragazzi in livrea e varie decorazioni argentate che pendevano in un leggero dondolio dal soffitto, il tutto illuminato dalla luce fioca delle candele.
 A braccetto con Ginny, rimasta sola dopo aver nuovamente litigato con Dean, Emma si guardava intorno provando una strana calma.   
 Era a suo agio nel suo vestito verde e non si sentiva intimorita dal numero di persone presenti, anzi si accorse, non senza piacere, che parecchie teste si erano voltate verso di lei in segno di  approvazione e al posto che provare imbarazzo si sentì vagamente tiepida e in controllo, come forse si sentiva Narcissa Malfoy ogni volta che teneva uno dei suoi eventi al Manor.
 Nessuno aveva chiesto il motivo dell'assenza di Draco al suo fianco, nessuno aveva fatto domande scomode: erano tutti lì per divertirsi.

Terry Steeval, un ragazzo di Corvonero più grande di un anno, dopo averla fissata per qualche minuto, si decise ad avvicinarsi.
 “O'Shea. Sei uno schianto stasera.” le disse, stendendo un sorriso composto sul visto appuntito, i capelli castani pettinati con cura all'indietro e il corpo fasciato da un completo grigio elegante.
“Lei è uno schianto sempre, Steeval” intervenne Ginny, mentre in un baleno liberava Emma del calice che stringeva tra le mani “Non solo oggi, tienilo bene a mente”
 Terry sembrò arrossire leggermente, ma rimase tranquillo.
 “Anche tu stai bene, Weasley” aggiunse e la rossa scosse la chioma, sorridendo sorniona.
Adulatore. Riportamela intera”
 Emma sentì la mano dell'amica spingerla verso il ragazzo e si lasciò trasportare, sorridendo lui e seguendolo in pista. Il Corvonero non era un ballerino bravo come Draco, o Tullier, ma era discreto e danzarono insieme su un paio di canzoni, chiacchierando brevemente e ridendo allegri.
 “È un piacere passare finalmente un po' di tempo con te, O'Shea”
L'emoor inarcò un sopracciglio stupita da quell'affermazione. 
 “Cosa ti impedisce di passare del tempo con me di solito?”
 “Beh” disse il ragazzo imbarazzato “sei piuttosto popolare. Sempre circondata da persone popolari: la Weasley, la Granger, i gemelli e poi McGregor, è il nipote del Ministro, no?”
L'emoor sbatté le ciglia, presa in contro piede, chiedendosi per un tremendo istante se non sembrasse dall'esterno una smorfia civettuola. Era così abituata al suo gruppo di amici che non si era mai resa conto che potesse essere considerato popolare, non nel senso che intendeva Steeval comunque.
“Puoi parlarmi quando vuoi Terry” sorrise lei e lui annuì appena, compiaciuto e la strinse più vicino a sé, rispettosamente.

Emma lo lasciò fare, toccata dalla gentilezza del ragazzo e ballarono ancora un poco, chiacchierando del più e del meno con naturalezza come fossero grandi amici. L'emoor lo guardava, chiedendosi cosa si stesse perdendo nella sua vita d'adolescente per cercare di aggiustare la ferita che aveva spezzato Draco Malfoy e quando partì l'ennesima canzone e sentì le sue guance più tiepide e il sorriso farsi naturalmente più morbido, con ferma gentilezza lasciò andare Terry e cercò di nuovo Ginny con lo sguardo. 
 “Scusa, ti ho rubato per ben due balli” disse il ragazzo.
 “Tre sarebbe stato sconveniente Steeval” sorrise l'emoor.
 
Si allontanò dalla pista da ballo un po' alla cieca, senza trovare la testa rossa di Ginny da nessuna parte. Afferrò un bicchiere d'acquaviola e lo sorseggiò lentamente, fino a quando non individuò Lilith e James chiacchierare in un angolo e si avvicinò loro.
 “Ehi.” li salutò con un sorriso.
 “Ehi Ems, parlavamo delle Holly Harper” disse James di fretta, deciso a portare avanti con la biondina di fronte a lui quello che sembrava un vero e proprio bisticcio.
“Non ne sai così tanto di Quidditch, Lils” disse infatti secco.
“O per favore sono sopravvalutate James” subito ribatté l'altra inviperita “Solo perché sono quasi tutte donne hai perso la testa, ma non sono brave nella strategia. E lo dico da donna”
 Emma ridacchiò e approfittando di quel momento in cui era a suo agio in mezzo ai due amici di sempre si mise ad osservare gli invitati.
C'era Harry con Luna dall'altra parte della sala e poco prima aveva visto con un certo stupore Hermione correre via da Cormac McClange. Individuò anche la chioma scura di Carmen accanto a un Tassorosso del settimo anno e Blaise e Sarah sorseggiare del succo di zucca in un tavolino appartato. 
Qua e là c'erano parecchi ragazzi del settimo anno tutti in ghingheri e ragazze che scuotevano la testa al tempo di musica, ignorando i pochi professori presenti. Bibite, alcolici leggeri, dolciumi e decorazioni natalizie sembravano ovunque, l'ambiente era caldo e confortevole, pieno di sorrisi e allegria, sicuramente ben diverso dall'imbarazzante pranzo avuto sul treno. Era piacevole.
 L'emoor incrociò lo sguardo di Severus, in un angolo in mezzo ad altri professori e l'uomo le fece un mezzo sorriso imbarazzato e subito si voltò verso Pomona Sprite, probabilmente per far capire alla ragazza che non la stava controllando e poteva godersi la serata.
 “Io e Jam abbiamo finito di litigare” annunciò Lilith all'emoor che subito ridacchiò tra i denti, prendendo un altro sorso di acquaviola. 
 “Non ci credo nemmeno se lo vedo. Sarà la quarta volta questo mese che discutete di quella squadra di Quidditch”. 
 “Perché la visione di Lilith è limitata per qualche motivo” intervenne James e subito la biondina spalancò la bocca indignata ed Emma nascose il sorriso dietro il bicchiere, lanciando un'altra occhiata intorno mentre gli altri due riprendevano a bisticciare.
 Vide Artemius che se ne stava prevedibilmente in disparte, solo, osservando le persone intorno a lui con la sua solita aria distratta. 
 Aveva una camicia chiara che gli donava, ma sembrava stranamente in contrasto con la sua figura sottile. Emma, di istinto, con un sospiro si staccò dai due amici, che stavano litigando sempre meno pacatamente e si avvicinò al Serpeverde.

“Ti va di ballare?” gli chiese sorridendo, una volta raggiunto.
 Artemius alzò lo sguardo vacuo, osservandola incerto, come se non si fosse aspettato di trovarla lì. Emma si avvicinò di un passo.
 “Non ballo” rispose lui conciso, spostando il peso leggermente indietro, come se quella vicinanza l'avesse riscosso improvvisamente.
Emma non si scompose e annuì solo, un sorriso vago sulle labbra, mentre inclinava il corpo in modo da tornare vicino all'amico.
 “Carmen?” chiese leggera e Artemius arrossì leggermente.
 “È abbastanza simpatica, ma le ho chiesto di trovarsi un ballerino”
 “È piuttosto esuberante, vero?” disse l'emoor, lanciando un'occhiata alla compagna di Casa che, raggiante, attirava gli sguardi di tutti, mentre ballava elegantemente al centro della pista.
 “Fin troppo” si difese il ragazzo in un mormorio “sfavillante.”
La Corvonero rise e si avvicinò ancora di un poco, sentendo lo spazio tra lei e il ragazzo sfrigolare, poteva avvertire la tensione dell'amico, avverso di solito a gesti di affetto e amicizia. 
“Sei il solito Mius” mormorò l'emoor e afferrò la mano di lui saldamente e lo trascinò con lei sulla pista prima che potesse protestare “Questa sera però siamo qui per divertirci, se non vuoi ballare con Carmen lo farai con me.”

Incapaci di danzare dondolarono sul posto impacciati, le mani di Emma appoggiate sulle spalle di lui e quelle di Artemius che a malapena sfioravano i fianchi di lei. Stavano in silenzio e si osservavano attenti, ben consapevoli del non detto che gravava tra loro e di quello strano affetto che stavano imparando a provare l'una per l'altro, forse a causa del sangue che scorreva loro nelle vene.
  “Ormai ci vediamo più alle feste che a scuola” fece notare Emma, facendo riferimento al pomposo capodanno Serpeverde a cui entrambi avevano partecipato.
 “Tecnicamente questa è una festa anche se è a scuola” strascicò il ragazzo con tono indifferente ed Emma gli sorrise. 
 “Quindi vale doppio? Sia festa che scuola?”
 Gli angoli delle labbra di Artemius si piegarono impercettibilmente verso l'alto, mentre le spalle si distendevano di qualche millimetro.
Era come una guerra silenziosa con lui. Un ragazzo che si chiudeva in sé stesso peggio che Draco, con stampato sul volto quel sentimento ferito di chi non si aspetta nulla per se stesso. Emma si strinse a lui, ripetendosi una volta di più che era intenzionata a passare una bella serata e a quel punto tanto valeva che l'amico si tirasse su di morale insieme a lei.
 “Sono contenta di conoscerti meglio, Mius.” ammise.
 “Non devi essere gentile solo perché gli altri pensano che io sia strambo” si difese lui, con uno strano orgoglio che bruciava negli occhi vacui “Non sei costretta ad essere mia amica.”
 “Anche io penso che tu sia strambo” disse asciutta l'emoor “ma mi stai simpatico e  al di là di tutte le profezie e le maledizioni e i legami che ci uniscono contro il nostro volere, penso potremmo essere buoni amici Mius. Davvero.”
Artemius questa volta fece un piccolo sorriso, chinando il capo, ma rimase in silenzio e quando parlò, dopo altri due dondolii incerti sul posto, cambiò bruscamente argomento.
 “Silente ti ha detto qualcosa di me?” 
Emma lesse la leggera apprensione sul suo volto e scrollò le spalle. 
 “Solo che io e te abbiamo più cose in comune di David ed Emily, ma che troveremo il modo noi di parlarne, al momento giusto. E se tu non vuoi parlarne Mius, a me non importa. È una tua scelta.”
 Il ragazzo annuì cercando di fare un altro sorriso goffo e la Corvonero gli strinse delicatamente la spalla con affetto, mentre continuavano a dondolare piano, sentendosi vagamente più leggera.
 La quiete nella stanza venne rotta da un improvviso baccano all'ingresso della sala. Una ragazza lanciò un gridolino e ci fu il fracasso di qualcosa che cadeva a terra e dei mormorii indignati.  
 Emma e Artemius si voltarono di scatto, allarmati e videro Gazza entrare nella stanza berciando e trascinando qualcuno con sé.
L'emoor, stupita, si ritrovò a trattenere bruscamente il fiato e subito avvertì lo sguardo di Artemius osservarla con apprensione, nel riconoscere entrambi che la persona che Gazza trascinava con tanta veemenza era Malfoy.
 Un silenzio imbarazzato calò tra i presenti.
 Emma dimenticò Artemius, Lilith, Ginny, James, Steeval e tutti gli altri e fissò il nuovo arrivato sgomenta. Le viscere le si contrassero in uno spasmo, mentre lo osservava, sentendo un'espressione di sprezzo nascerle sul volto senza che potesse nasconderla o trattenersi.
 Draco era pallido e contrariato come se volesse trovarsi in qualunque posto, ma non lì, Emma si accorse immediatamente che non era vestito per venire alla festa e dall'espressione che fece, guardandosi intorno perplesso, capì che probabilmente il ragazzo la festa l'aveva rimossa dai suoi pensieri fino a quel momento.
 Lo vide corrugare la fronte in cerca di indizi, per poi impallidire improvvisamente, realizzando dove si trovasse quando Lumacorno si avvicinò a lui con un sorriso sornione.
 “Cosa succede signor Gazza?” chiese il professore con il suo tono allegro e tranquillo, nonostante la fronte aggrottata.
 “L'ho trovato lungo il corridoio del settimo piano” berciò il custode con i occhi sgranati “Voleva imbucarsi”
Emma dubitava che fosse così, Draco sarebbe potuto venire con lei alla festa e capì che era stato colto sul fatto mentre faceva altro e si appuntò mentalmente il fatto che fosse al settimo piano, ben lontano dai suoi sotterranei, cercando di tenere a bada la rabbia.
 Il Serpeverde intanto, resosi conto di essere alla festa di Natale e quindi di aver dimenticato l'appuntamento con lei aveva alzato la testa di scatto cercandola e l'aveva trovata in mezzo a tutti, le labbra serrate dal disappunto, bellissima e furente, mentre lo guardava con fredda indifferenza che lo ferì nel profondo.
Accanto a Emma, Artemius Hope, le cingeva la vita con fare protettivo e per la prima volta Draco vide nell'altro Serpeverde uno sguardo vivo e arrabbiato, che lo trapassava da parte a parte e capì quella volta di aver esagerato a dare l'emoor per scontata. 
 Emma invece, insofferente, evitava il suo sguardo, la mano appoggiata sul braccio dell'amico che tremava leggermente.


“Signor Malfoy, non è l'accompagnatore della signorina O'Shea?” chiese Lumacorno gentilmente.
 “Io... io...” balbettò il biondo in evidente difficoltà.
 “Sì professore è con me” rispose semplicemente Emma, sfoggiando un sorriso perfetto all'uomo, mentre scioglieva con dolcezza la presa di Artemius sulla sua vita per avvicinarsi alla scena.
 Lumacorno le sorrise di rimando, benevolo, gli occhi brillanti come ogni volta che si rivolgeva a uno dei suoi favoriti e tornò a guardare critico Malfoy lanciando un'occhiata al suo abbigliamento.
“Il dress code era elegante, signor Malfoy, ma è Natale chiuderemo un occhio. Avanti Signor Gazza, lasci andare il ragazzo, probabilmente stava solo cercando la festa” intimò e Gazza, con l'aria di chi sembrava essere stato appena schiaffeggiato, lasciò controvoglia il braccio di Draco, allontanandosi con passo nervoso, senza smettere di borbottare tra sé e sé.
 “Colpa mia per l'abbigliamento professore” spiegò Emma con tono affabile al pozionista “devo essermi dimenticata di avvisare Draco che dovevamo essere eleganti, chiedo scusa.”
 “Oh beh poco importa” sorrise l'uomo “sei elegante abbastanza per entrambi, cara Emma. Divertitevi” concluse, allontanandosi poi sulle corte gambe, canticchiando a bassa voce.
 L'emoor osservò per un momento il professore, fece morire il sorriso sulle labbra e si voltò, scoccando un'occhiata furente al Serpeverde.

“Emma....” iniziò lui con voce lamentosa, il tono già carico di scuse, ma la Corvonero non lo ascoltò nemmeno per un secondo, anzi, con un gesto secco si allontanò, lanciando ad Artemius uno sguardo di intesa e si diresse poi a passo deciso verso il tavolo con le bibite in fondo alla sala, determinata a non degnare di alcuna attenzione Malfoy, nonostante sentisse i suoi passi che la seguivano.
 Con enorme sollievo, prima che la sua irritazione avesse la meglio, vide Ginny quasi apparire dal nulla, l'espressione sdegnata, mentre  correva verso di lei.
 “Gira alla larga furetto” intervenne la rossa, anticipando l'amica, gli occhi che parevano lanciare fiamme, mentre circondava le spalle di Emma in un abbraccio protettivo.
 “Non ti intromettere, Weasley” ribatté subito lui, usando il tono aspro che la Corvonero detestava.
 “Non ti intromettere? Io ti avevo avvisato smidollato di un Serpeverde che se tu l'avessi trattata male...” sibilò la rossa.
 “Credo che Emma si sappia difendere da sola” la fermò con tono gelido il ragazzo, mentre qualche testa si stava già girando verso di loro, osservandoli curiosi. L'emoor se ne accorse e avvertì una profonda irritazione, mentre il precario buonumore che aveva racimolato con fatica spariva completamente.
 “Ginny ti sta facendo un favore” disse al biondo “Fosse per me saresti già Schiantato. Ascolta il suo consiglio, Draco”
 “Emma, per favore, cerca di...”
“Cerca di? Capire? Di nuovo Draco?” chiese la ragazza, trattenendo a stento una risata amara “Per quante volte dovrò sforzarmi di capire? Capire cosa? Che per te è un periodo complicato? Che sei impegnato a fare qualcosa che nemmeno posso sapere? Deve essere proprio una cosa importante per esserti dimenticato il mio invito. Avrei dovuto invitare qualcun altro”
La Corvonero lo fissò negli occhi senza paura e vide un guizzo orgoglioso bruciare in quelli grigi di lui, animandolo per qualche istante di luce pericolosa.
 “No, non avresti dovuto farlo” rispose nervosamente.
 “Invece sì” ribatté secca lei, vagamente esasperata “ti ho aspettato per un'ora da sola, inutilmente. Sono entrata qui da sola e me la sono cavata alla grande e prima che tu arrivassi da chissà dove mi stavo anche divertendo. Sono certa che qualunque altra persona avessi invitato avrebbe avuto la decenza di presentarsi e di dimostrarsi felice di passare del tempo insieme a me, o quanto meno mi avrebbe avvisato di non volersi presentare”
 “Io sono felice di passare il tempo con te” mormorò il ragazzo.
 Era affranto ed Emma si morse furiosa l'interno della guancia per impedirsi di sospirare e cercare il suo sguardo chiedendogli cosa lo affliggesse. Alzò invece il mento con aria di superiorità, decisa.
“Beh, anche Steeval lo è e se permetti penso di voler tornare a ballare con lui. Almeno mi sorride e non fa di tutto per dimostrare quanto poco tenga a me, furetto”
Draco serrò la mandibola nervosamente a quell'appellativo e sembrò cercare il coraggio per rispondere con le parole giuste. 
 “Se solo tu capissi che lo sto facendo per proteggerti...” sospirò infine “Un giorno ti racconterò ogni cosa Emma, ma ora io...”
“Non si protegge qualcuno tenendolo all'oscuro di tutto, Draco. Né facendolo sentire poco importante, né dimenticandosi di inviti a cui l'altro tiene” disse la ragazza, la voce che vibrava di pianto.
Lo guardò sperando che si decidesse a chiedere semplicemente scusa, rendendosi conto di essere stato un verme con lei e i suoi sentimenti, ma lui stava guardando oltre le sue spalle con aria assorta e quando Emma, nervosamente, si voltò e vide la nuca di Harry Potter girarsi, qualcosa le si spezzò dentro.
“Ora anche Harry Potter è più importante di me?” chiese affranta.
 “No” disse subito Draco, riscuotendosi appena e subito chinandosi verso di lei  “no, certo che no, è solo che Potter mi stava fissando”
“Certo, capisco” esalò Emma stancamente “Deve essere snervante per voi due. Sprecate tanta energia a cercare di accusarvi l'un l'altro che nemmeno vi accorgete delle persone che vi sono intorno.”
Non aspettò che Draco reagisse, vide con la coda dell'occhio Severus che si avvicinava a loro con sguardo arcigno e ne approfittò per allontanarsi dalla festa il più velocemente possibile.
 Sentì Ginny seguirla, per qualche passo, ma subito venne intercettata da Dean e una parte dell'emoor sospirò di sollievo.
 Voleva stare da sola.

. . .

Emma si sfregò violentemente gli occhi pieni di lacrime recuperando un po' di controllo. Aveva dovuto sforzarsi con tutta sé stessa per non tornare indietro a cercare Draco.
 Qualcosa, nell'espressione ferita del Serpeverde, le diceva che, nonostante lui fosse evidentemente uno stronzo patentato, stava soffrendo e quel qualcosa la spingeva inesorabilmente a preoccuparsi per lui e a desiderare di stargli accanto. 
 Girò l'angolo allontanandosi ulteriormente dalla festa, camminando svelta per i corridoi vuoti all'infuori degli occupanti dei quadri, quasi tutti sonnecchianti e si pietrificò di fronte a una scena inaspettata all'altezza del terzo piano, trattenendo senza volerlo il respiro.
 Severus e Draco erano su un lato del corridoio, Malfoy con le spalle al muro, Piton che troneggiava verso di lui con uno strano atteggiamento che sapeva di minaccia. 
 Parlavano a bassa voce a denti stretti, ma Emma riuscì a sentire distintamente quello che si stavano dicendo.
“Ho fatto un Voto Infrangibile con tua madre per proteggerti Draco” sibilò Piton “Non essere così stupido.”
“Non avrebbe dovuto professore” rispose piccato il ragazzo “Lui ha dato a me questo compito. Non si metta in mezzo”
 “Ma non capisci? Sarà un suicidio” sibilò l'uomo con rabbia “Pensavo che avessi un po' di sale in zucca, in quanto figlio di Lucius e Narcissa, mi sbagliavo evidentemente”
“Non si azzardi a nominare i miei genitori.” sibilò il ragazzo “Che cosa dovrei fare secondo lei? Fallire? Lasciare che lei lo faccia al mio posto? Io non ho scelta, professore”
 “Si ha sempre una scelta, Draco, lascia che...”
 “Non voglio ascoltare” rispose Malfoy con asprezza, mentre cercava di divincolarsi dalla presa dell'uomo che, in tutta risposta, lo spinse con più decisione contro la parete.
 “Stai peccando di superbia, come Lucius” gli disse Piton.
 “L'ho già detto. Non si permetta di nominare mio padre” 
 “Mi permetto eccome” quasi tuonò Severus, minaccioso “Lucius è un mio amico e se fosse qui vorrebbe che tu utilizzassi quello stupido cervello. A volte mi chiedo cosa ci trovi Emma in te, non fai altro che deluderla. Non fai altro che comportarti come un bambino”
 “Lasci Emma fuori...” disse lui con tono strozzato.


“Cosa state facendo?” domandò l'emoor e aveva usato un tono pacato, ma nel silenzio del corridoio fu come un urlo.
 Trasalirono entrambi voltandosi di scatto, colti di sorpresa.
 Lei era immobile, il volto stropicciato dalle lacrime ora illuminato da uno sguardo severo, le labbra piegate in una smorfia di disappunto e delusione, le mani sui fianchi. 
 Una luce consapevole illuminava il volto chiaro. L'incanto della festa era finito, quella di fronte all'emoor era la cruda realtà.
“Emma...” mormorò Piton e subito cadde un lunghissimo momento di silenzio pieno di imbarazzo, durante il quale nessuno si mosse.
 Ragazzo e professore guardavano l'emoor con sentimenti contrastanti, in attesa probabilmente che lei esplodesse, ma Emma non fece nulla, mosse solo, pigra, lo sguardo da uno all'altro, avvolta dal vestito elegante che aveva indossato sperando di passare una bella serata e quando il silenzio divenne insopportabile fu Piton a prendere una decisione. 
 Sciolse la sua posizione quasi con rabbia, afferrò il braccio del biondo e camminò verso la protetta, trascinandolo con sé.
 “Parlatevi” sibilò, rivolto principalmente a Draco “Io sarò in fondo al corridoio Malfoy, appena hai chiarito con lei, vieni da me. Emma se hai bisogno di me dopo, sai dove trovarmi”
Il professore allungò una mano e strinse la spalla dell'emoor, ma Emma non reagì a quel gesto di affetto, gli occhi fissi sul ragazzo di fronte a lei. Avrebbe voluto chiedere una volta di più a cosa stai pensando, Draco Malfoy?  Ma sapeva che molto probabilmente ancora una volta Draco non avrebbe risposto, quindi, curandosi solo che i passi di Severus fossero abbastanza lontani, fece l'unica cosa che le imponeva l'istinto: baciò Draco Malfoy come non aveva mai fatto prima. 
Lo strinse quasi con disperazione, cercando le sue labbra con foga e dolcezza e sentendo le lacrime riprendere a scorrere sulle guance, mentre le mani appoggiate alla sua schiena risalivano fino a perdersi nei capelli biondi di lui e avvertì lo stupore del Serpeverde, che dapprima rigido, poi subito rispose alla foga di lei, stringendola con la stessa disperazione e urgenza. 
 Era il bacio di due adolescenti goffi, innamorati senza sapere di esserlo davvero, ma anche di due persone che avevano il terrore di perdersi, mischiato di lacrime, dolore e delusione. 
Era una bacio disperato, romantico, istintivo.
Emma non si curò delle lacrime che non riusciva a fermare e nemmeno del tremore che controllava a stento, si aggrappò solo al ragazzo con tutte le sue forze, assaporando le labbra, la pelle e il collo, tremando per il freddo e la paura, inalando il suo odore che avrebbe riconosciuto ovunque: Pioggia in arrivo, menta, caffé.
 “
Emma” sussurrò Malfoy, una volta tanto senza il tono lamentoso e la richiesta di scuse. Era solo confuso, fragile, sorpreso.
 L'emoor rimase vicina a lui, a un centimetro dalle sue labbra, guardandolo dritto negli occhi grigi, stringendolo al petto.
 “Vuoi sapere cosa provo io ogni volta che mi volti le spalle? Ogni volta che fingiamo entrambi di non notare le tue occhiaie, la tua stanchezza, la tua paura?” chiese con voce sottile, gli occhi tanto grandi che ci si poteva cadere dentro “Vuoi sapere cosa provo ogni volta che credo finalmente di poter avere con te un pezzetto di felicità, ogni volta che mi baci e poi sparisci, che non mi dai spiegazioni, che mi lasci sola a cercare di far pace con i miei sentimenti? Vuoi sapere che suono ha fatto il mio cuore quando mi sono resa conto che non saresti mai arrivato e che il mio desiderio di partecipare a questa festa con te, di essermi fatta bella solo per te, felice di essere al tuo fianco si era appena infranto? Vuoi sapere cosa provo ogni volta Draco Malfoy?”
 Il Serpeverde, la guardò confuso, senza riuscire a dire una sola parola, ma poi annuì senza sapere che altro rispondere ed Emma fece un piccolo sorriso e si voltò, allontanandosi con un movimento repentino che lui non avrebbe potuto fermare e senza aggiungere altro prese il corridoio, camminando sicura senza guardarsi indietro e aumentò sempre più la distanza dal ragazzo, che immobile sentì il cuore infrangersi con un rumore sordo.

. . .

L'emoor si accasciò sulla poltrona nell'ufficio di Severus. Lasciò che un paio di lacrime scorressero sulle guance per affievolire il dolore al petto e si concentrò sul suo respiro per riprendere il controllo.
Draco non era riuscito a raggiungerla e una piccola parte di lei ruggiva di orgoglio per sé stessa. Era stata forte, anche se ora faceva maledettamente male. Era stata ferma.
Poco importava che il suo cuore fosse andato in pezzi come quello del Serpeverde, che i suoi polmoni avessero sussultato in cerca di aria a ritmo con la caduta delle sue lacrime, i muscoli brucianti per la corsa disperata verso i sotterranei. Era stata ferma.
 Aveva sceso due rampe di scale in una manciata di secondi mentre si precipitava verso lo studio del tutore e voltato l'angolo era quasi caduta, scontrandosi praticamente con Zabini.
 Non era riuscita ad evitarlo e ci era andata a sbattere contro, lui l'aveva afferrata prima che si ribaltasse, guardandola con strana dolcezza e ora, seduta nella comoda poltrona in pelle, Emma ripensava alle poche e significative parole che si erano scambiati.

. . .

Emma"”
 “Blaise”
 “Merlino sei sconvolta”
 “Grazie per avermelo fatto notare.”
 Lui tentennò, gli occhi illuminati dal dubbio, il volto chiuso in una smorfia rigida e nervosa di chi si addentra con delicatezza in territori non suoi.
 “È stato Draco?” chiese, le mani ancora attorno alle braccia dell'emoor. 
 Lei gli lanciò un'occhiata storta, incontrando i suoi occhi obliqui e chiari e si rese conto che mentire non avrebbe avuto alcun senso.
 “È sempre Draco” mormorò con tono arreso.
 “Quel ragazzo è un idiota” sussurrò il Serpeverde e l'abbracciò.
Emma si sentì minuscola tra le braccia di lui e si stupì di non sentire alcun imbarazzo nel farsi consolare dalla serpe. Anche se da fuori dovevano essere piuttosto buffi, Blaise curvo per poter arrivare alla sua altezza e lei che sulla punta dei piedi non riusciva nemmeno a stringergli le spalle, ma doveva affondare nel suo ampio torace, come una bambina.
 “Grazie Blaise” mormorò sincera, ricevendo in risposta un ghigno che a ben guardare era quasi un sorriso, mentre scioglievano la stretta.
 “Sono preoccupato per Draco” ammise il ragazzo.
 “Anche io, Bla. Anche io”
 “Intendo davvero preoccupato”
 “Lo so” mormorò l'emoor, che poteva capire cosa passasse nella testa di Zabini.
 Il moro in fondo era una delle poche persone che conosceva davvero Draco Malfoy, anzi, probabilmente era uno dei pochi amici sinceri su cui il ragazzo poteva contare e il fatto che sembrasse all'oscuro di tutto e fosse addirittura preoccupato non era di certo un buon segno.
 “Dove stavi andando, Emma?”
 “Da Severus”
 “Giusto. Piton”
 “Blaise, Draco non parla con te, vero?” chiese l'emoor di slancio.
 “No, non di quello che vorremmo sapere io e te.”
 “Capisco” sussurrò la ragazza, lo sguardo incredibilmente vuoto e Zabini si accigliò, poggiandole una mano sulla spalla con fare amichevole.
 “Vi siete lasciati Ems?”
Lei scosse la testa “Ho provato solo a fargli sentire come mi sento.”
 “Devi stare uno schifo ora.”
 “Perspicace”
 “Io e Daph però facciamo il tifo per te”
 Lei sorrise amara a quell'affermazione, mentre la tristezza le affondava dentro.  “Grazie Bla, non fate scommesse però, potreste perdere”
 Zabini annuì nervoso in risposta, togliendosi pelucchi invisibili dalla camicia.
“Lo so, solo che sarei davvero felice se tu rimanessi accanto a Draco. Non so cosa passi nella testa di quel ragazzo, ultimamente ho paura che prenda scelte sbagliate, ma con te, sembra stare bene. Non voglio che si perda, Emma.”
 “Credimi, nemmeno io” disse amara lei, strappandogli un sorriso e rimasero in silenzio per un attimo impacciati, senza altri argomenti.
 In fondo non avevano molto in comune se non Draco e... Sarah.
 “Blaise... e Sarah? Ero convinta che tu e Daph...”
 “Sarah è una persona fantastica” rispose lui aprendosi in un grande sorriso, sembrava felice di dover rispondere a quella domanda “E un'amica rara”
 Emma lo osservò stupita. Lei era affezionata a Sarah, ma se pensava a lei la immaginava quasi sempre come un prolungamento di Carmen, per quanto più pacato e gentile.
“Ma... state insieme?” chiese curiosa e  Zabini scosse la testa. 
 “No, non credo di essere il suo tipo a dirla tutta” rise lui “ma è una bellissima amicizia, ci troviamo davvero bene insieme e se posso essere schietto con te O'Shea, devo ammettere che è bello poter contare su qualcuno di... diverso ecco. Non capita spesso a noi Serpeverde di avere rapporti con persone di altre Case, quasi nessuno vuole conoscerci meglio in realtà, mettiamo un certo timore, credo”
 Emma annuì pensando alle rimostranze di Lilith rispetto alla Casa delle serpi.
 “Sì, è vero. È bello poter contare su qualcuno... quindi Daphne?” chiese ammiccante e il ragazzo non rispose, ma fece un sorriso smagliante, prima di voltarsi e andare verso i dormitori.

. . .

“Non avete chiarito”
 Emma sussultò vedendo che Severus era entrato nella stanza senza che se ne accorgesse e scosse la testa in risposta.
 L'uomo fece un respiro greve, si tolse con cura il mantello e si sedette alla scrivania con aria estremamente pensierosa.
 “Quel ragazzo mi farà impazzire.” sibilò tra i denti.
L'emoor in risposta si strinse solo nelle spalle, ma non riuscì aggiungere altro, per paura di scoppiare di nuovo a piangere.
 “Detesto che ti faccia soffrire” sussurrò l'uomo, rivolto verso di lei, la voce rauca e nervosa a quell'ammissione ed Emma annuì di nuovo, grata a Severus, alla sua dolcezza e a quel senso di protezione che la faceva sentire a casa. 
 Capì subito cosa l'aveva portata ad andare nello studio del tutore al posto che a farla tornare nel dormitorio dove la aspettavano gli altri: era quella strana calma, quella sensazione di poter soffrire liberamente senza essere giudicata. Era quello sguardo scuro e cupo, pieno di angosce e pensieri, con tutta quella sofferenza che emanava e che le faceva sentire meno sola.
 “Vuoi che ti accompagni in torre?” le chiese il professore, l'aria stanca ed Emma scosse la testa. 
“Posso dormire qui?”
 Come aveva immaginato Severus non fece domande, non insistette perché lei tornasse nel suo dormitorio, non le chiese che cosa si erano detti lei e Malfoy e perché aveva quel viso così stravolto e pieno di lacrime. Annuì semplicemente, mosse la bacchetta e fece apparire una piccola branda con delle coperte verdi scuro. Poi si alzò stancamente, facendo un breve carezza sul capo della ragazza.
 “Ne vuoi parlare?”
 “No, Sev, grazie”
 “Sono nella mia stanza se hai bisogno” disse con voce bassa.
 “Pensi ancora che spetti a Draco dirmi che cosa sta succedendo?” chiese lei titubante e Piton parve pensarci, ma poi annuì brevemente, guardando dispiaciuto la sua protetta.
 “Le cose andranno meglio Emma” disse meccanicamente, come si sentisse in dovere di consolarla.
 “Io non credo.”mormorò lei.

Per un secondo lo sguardo lucido e scuro del tutore indugiò su di lei, poi l'uomo si strinse con la punta delle dita la radice del naso, assorto e quando tornò a guardarla era di nuovo distaccato e in controllo.
 “Già, forse hai ragione” mormorò “Cerca di dormire.”
 “Buonanotte Sev”
 “Buonanotte.”


*Angolo Autrice*


Ciao Lettori. Eccomi qui. 
Capitolo delicato, ma che se ci si sofferma è piuttosto profondo. 
Vi lascio i soliti appunti/spunti. 

. Emma si confronta con i suoi amici sulle novità e le reazioni sono molto diverse: ovviamente gli emoor devono condividere con lei la preoccupazioni di quali orizzonti aprono tutte quelle nuove informazioni. Ci ho tenuto a dare un spazio leggermente maggiore ad Artemius e a caratterizzare il pragmatismo di Emily e la bontà di David. Lilith e James, sono stati quelli di cui immaginare la reazione mi è venuto più semplice. Lilith nasconde il suo disagio con battute e allegria, James non è affatto turbato e subito spalleggia l'emoor. Ginny invece ancora una volta è tra due fuochi e ancora una volta affronta i problemi di petto e con cipiglio sicuro. La sua posizione non è affatto facile e io l'ammiro molto per il suo controllo.
. Ho voluto sfruttare il ballo di Lumacorno per più aspetti: in primo luogo mostra un po' di coesione tra le varie Case. 
Ho adorato il fatto che tutte le Corvonero alla fine potessero partecipare e soprattutto immaginare Carmen con Artemius mi ha fatto davvero sorridere. 
Ho sfruttato anche il ballo per spiegare ancora meglio cosa leghi Emma a Draco e perché i ragazzi si fanno così del bene a vicenda a dispetto a tutti i loro problemi, ma volevo anche mostrare il fascino e l'indipendenza di Emma, pronta comunque a divertirsi, orgogliosa, nonostante il pessimo inizio. 
Il momento con Artemius in pista poi è il mio preferito, mi piace il lento avvicinamento dei due personaggi e la loro pacata amicizia piena di sincerità.
. L'arrivo tardivo di Draco al ballo è Canon, viene beccato da Gazza quando torna dalla stanza delle Necessità verso il suo dormitorio. Draco è sfasato. Non ha lasciato sola Emma con cattiveria: non ricordava il ballo. Questa è una cosa che Emma in passato avrebbe facilmente perdonato, più volte è tentata di farlo, ma in qualche modo a furia di inghiottire silenzi l'emoor è al limite. Non sa cosa stia passando Draco, lo intuisce e accetta di sopportare il tutto per il suo bene, ma il progressivo allontanamento, le bugie, i silenzi e la paura possono fare molto male, anche più male del sapere la verità. 
. Importantissimo il momento in cui Emma lascia perdere definitivamente l'idea di vivere la serata come una ragazza normale e assistente allo scontro tra Draco e Severus. Il fatto che il suo litigio con Draco si chiude con un bacio, così vero e disperato,
è piuttosto intenso
. Trovo che il momento di sostegno tra Blaise ed Emma sia molto importante oltre che tenero. Serpe e Corvetta dimostrano di capirsi senza entrare nei dettagli, si scambiano informazioni, capiscono perfettamente cosa intende l'altro, senza doversi spiegare e pur non essendo poi così intimi. Mi piace molto il rispetto che vige tra i due e la reciproca preoccupazione per Draco.
.Infine Severus. So che è stupido, ma questo pezzetto è stato il primo pezzo che mi ha quasi commosso scrivendolo. Non perché succeda qualcosa di particolare, ma perché la connessione e la capacità di comprensione tra Emma e Sev è arrivata ormai a livelli altissimi. Sono l'uno la comfort zone dell'altra e il modo profondo in cui evidentemente si conoscono e ammirano è di una semplicità struggente. Emma ancora una volta cerca le protezioni tra quelle mura che in qualche modo le ricordano Spinner's End, l'unico posto ad Hogwarts dove può decidere di tenere tutto distante. 


Grazie a tutti per le recensioni e le vostre attenzioni!
Non sapete quanto è bello rivedere ripagati i miei sforzi.
Questa settimana, sempre a causa di un set non so se sarò in gradi di pubblicare mercoledì, ci proverò, ma preferisco mettere attenzione nei capitoli, piuttosto che pubblicare a vanvera perché costretta. Nel peggiore dei casi ci si vede venerdì. 
Un grande abbraccio.

vi

 

Ritorna all'indice


Capitolo 39
*** Casa Piton, Casa Malfoy ***


.Casa Piton, Casa Malfoy.

 

Natale. Le feste. La gioia collettiva. Emma, invece, in quei giorni, si sentiva solo in balia della malinconia. AgrodolceSoffusa. Perché, quando arrivavano le feste, la mancanza dei suoi genitori e Steph si faceva acuta. Era una sofferenza lieve, appena pungente, ma riconoscibile e lei era consapevole di doverla affrontare.
 Erano passati due anni dalla loro insensata e inaspettata morte, due anni intensi e ricchi di avvenimenti e novità che l'avevano più volte destabilizzata, eppure all'emoor, a volte, pareva un solo istante.
 Se chiudeva gli occhi riusciva a sentire il profumo della cucina di Lydia O'Shea, la vedeva che le sorrideva, il grembiule natalizio stretto in vita, un velo di trucco e le labbra che si muovevano a ritmo dell'ennesimo brutto cd di Natale scelto dal marito.  
Vedeva la loro casa dalle pareti chiare, il giornale appoggiato sul tavolino accanto al caffé e la pipa di suo padre, le tende da cui filtrava la luce del sole, la sua cameretta dalle tinte color senape, così piena di dischi, libri e vecchi giocattoli. 
 Se si sforzava Emma riusciva a immaginare persino la cravatta a tema natalizio di Alan, suo padre, un omone grande e gentile che rideva forte alle battute della figlia, con la barba fatta di fresco, i capelli accuratamente pettinati, lo sguardo allegro che si illuminava mentre, osservandola di sbieco, le diceva di nascosto quale fosse il regalo che aveva fatto a mamma.
  Erano le immagini di un passato tanto bello quanto impalpabile che Emma a volte stentava a credere di aver vissuto. Un'esistenza semplice, normale, piena di amore e biscotti allo zenzero.
Riusciva anche a vedere Steph, come se fosse reale, dipinto sulle sue palpebre: i capelli biondi che cadevano a ciocche disordinate davanti agli occhi chiari, lo sguardo di un eterno ragazzino di soli tredici anni, timido in mezzo agli adulti, ma furbo e vivace appena si chiudevano in una stanza da soli. Steph.
 Emma riusciva quasi a sentire la voce squillante dell'amico che a volte le sembrava di dimenticare, troppo distorta dai suoi incubi.  
 Ricordava le corse, le confidenze, le risate, gli abbracci istintivi e privi di malizia che avevano costellato le sue giornate con lui. 
 Steph era stato il suo primo grande amico, il primo a cui aveva raccontato ogni cosa, con cui aveva gareggiato e sognato a proposito della loro amicizia che non sarebbe mai finita.
L'emoor sospirò, cosciente, calma. Per quanto presenti, il dolore e la mancanza erano mutati dentro di lei con il tempo e la sensazione soffocante di senso di colpa e solitudine che le aveva attanagliato lo stomaco tanto a lungo, si era fatta più mite. I bei ricordi riempivano i suoi pensieri cancellando gli screzi e le litigate, i loro volti si facevano più dolci e indistinti. Emma stava imparando a convivere e ad accettare quel dolore sordo e sincero e le vacanze di Natale, in quel momento, pur con il pensiero rivolto a loro e, inevitabilmente alla loro assenza, non le sembravano così amare.
  Accanto al caminetto acceso svettava un albero di Natale piccolo e storto, con decorazioni verdi e blu, forse non particolarmente natalizie, ma di certo indicative delle persone che occupavano la piccola casa di Spinner's End. Era l'unico elemento nuovo nelle stanze, per il resto tutto era uguale a sempre: i libri ovunque e il fuoco che scoppiettava nel caminetto.
  Era anche  il primo Natale che Emma e Severus passavano da soli, se non si contavano Glimpsy, che dalla sera prima cucinava canticchiando canzoni a tema, Wolland e Rubrick. 
 Piton aveva rispedito Codaliscia al mittente, con la scusa che, essendo ormai lui ad Hogwarts, non aveva più bisogno di lui ed Emma non poteva che essere felice di quella ritrovata pace.
Era stata invitata a passare il giorno di Natale sia alla Tana, che al Manor,da Narcissa, ma aveva declinato con gentilezza entrambe le proposte, preferendo stare da sola con Severus a Spinner's End. Casa. O almeno, la cosa più simile che aveva a una casa.
 Sentiva il bisogno di pace che, né il caotico e caldo guazzabuglio della Tana, né tanto meno la situazione tesa e irrisolta tra lei e Draco al Manor, le avrebbero concesso. Aveva bisogno di rimettere insieme i pezzi e dato che sarebbe comunque dovuta andare in entrambe le case durante il periodo di vacanze, proprio per il giorno di Natale voleva concedersi del tempo solo con il tutore.
L'essere curiosamente non in equilibrio, come di solito era in grado di stare la frastornava e faceva sentire particolarmente vulnerabile.
 Le scoperte che aveva fatto durante la sua lezione con Silente le avevano dato molto da pensare, facendola agitare più del dovuto e causandole più di una notte insonne e quello che era successo alla festa di Lumacorno, con conseguenti pesanti prese in giro di Pansy Parkinson ed altri Serpeverde, solo blandamente tenute a bada da Blaise e Daphne, l'avevano ferita più di quel che si aspettasse, nonostante si trattasse di cose frivole.
Perché a nessuno, in fondo, nemmeno alla diplomatica e pacata emoor, può far piacere sentire le risatine sommesse della Casa verde argento ogni volta che era nei paraggi, né udire la voce sgraziata di Pansy Parkinson urlarle dietro “Draco quindi ti ha scaricato?”, ricordandole la ferita aperta con il biondo.
  Emma stava provando quindi a distaccarsi, a razionalizzare le cose, respirando a fondo e mettendo tutto in pausa per qualche giorno, convinta che la cosa l'avrebbe aiutata. Aveva occluso i dubbi, le domande senza risposta e i pensieri negativi nella sua biblioteca interiore e aveva alzato barriere emotive contro sé stessa.

 Il fuoco crepitò, distraendola. Stava seduta sulla sua poltrona, una volta tanto senza libro tra le mani, rivolta verso il caminetto scoppiettante con gli occhi leggermente socchiusi.
 Rilassata, curiosamente priva di tormenti, osservava l'alberello storto, chiedendosi con dubbio cosa potesse fare per migliorare l'aspetto di quel povero arbusto rachitico.
 Lo aveva preparato il giorno prima, senza magia, per fare una sorpresa a Severus ed era rimasta stupita dall'eccessivo entusiasmo dimostrato dall'uomo per quello che, l'emoor ne era perfettamente consapevole, era in realtà un albero di Natale piuttosto malconcio.
 Anche Piton stava seduto sulla sua poltrona, con un grosso libro di Pozioni aperto sulle ginocchia ossute e osservava a sua volta distrattamente l'alberello con un'ombra di sorriso.
 “Cosa ti rende felice, Sev?” chiese Emma con dolcezza e il mago si riscosse dai suoi pensieri, rivolgendole un'occhiata quasi gentile.
 “Credo che sia la prima volta che qualcuno fa un albero di Natale qui dentro” disse, il solito tono strascicato e disattento, in contrasto con il brillio dei suoi occhi.
 “Davvero?” domandò stupita la ragazza, aggrottando la fronte “Non lo facevi nemmeno da piccolo?”
 Il dire quella frase ad alta voce, la rese improvvisamente consapevole del fatto che Severus Piton era stato un bambino. Doveva aver pianto, sognato ad occhi aperti, aspettato con ansia di crescere e fare grandi cose, come tutti i bambini.
L'uomo di fronte a lei scosse lentamente il capo in risposta.
 “No, nessuno ha mai fatto un albero di Natale qui. Nemmeno minuscolo come questo. Mia madre provò a farlo una sola volta con la magia, ma mio padre si arrabbiò terribilmente” aggiunse, quasi mormorando le parole tra sé, perso nei suoi pensieri.
 Emma trattenne il fiato e non richiamò l'attenzione su di sé e così il tutore rimase distratto per qualche secondo, prima di prendere il libro ancora aperto sulle sue gambe e affondarci il naso adunco per ricominciare a leggere con esagerata attenzione. 
L'emoor, colpita da quell'atteggiamento difensivo, allungò la mano e la poggiò sul  ginocchio del tutore, con delicatezza.
 “Non mi hai mai parlato dei tuoi genitori” disse, sincera, senza preoccuparsi di nascondere la sua curiosità.
 “Non c'è molto da dire.”
 “Non mi hai nemmeno mai detto quel poco che c'è da dire”
 Severus le lanciò un'occhiata esasperata da sopra il libro, indeciso.
 “Forse perché non voglio farlo. Non hai perso l'abitudine di ficcare il naso negli affari altrui” disse serio.
“No, esatto” rispose lei, sorridendogli sorniona “Sono curiosa”
 Lui si raddrizzò sulla poltrona con sguardo cauto, come se stesse pesando con attenzione le parole da pronunciare.
“Mia madre era una strega, mio padre no.”
Era un inizio, almeno.
 “
Non andavano d'accordo?” indagò l'emoor con tatto, invitandolo a continuare con un leggero gesto della mano.
“No, per nulla. Mio padre non amava molto il fatto che mia madre fosse una strega, credo. In realtà non so dire cosa amasse, tutto sembrava dargli fastidio.”
 “Era un uomo complicato?”
“Semplicemente disapprovava la magia”
Emma rimase un istante in silenzio, le fiamme del caminetto danzavano sul volto aspro del tutore, creando ombre veloci e drammatiche che sembravano accarezzarlo con indifferenza.
 “Sapeva che tua madre era una strega o l'ha scoperto dopo?” chiese, quando il silenzio cominciò a tendersi tra loro.
 “Lo sapeva. Lo ha sempre saputo. Lei non riusciva a tenere niente di segreto con lui. Gli diceva sempre tutto.”
 “Ma se sapeva che tua madre era una strega perché...”
 “Era un uomo piuttosto rigido e poco interessante” la interruppe Piton, il viso contratto “Faceva un lavoro da manovale e per lui la forza fisica era essenziale, quindi, come puoi facilmente immaginare, non ero il figlio ideale ai suoi occhi e non l'ha mai nascosto, anzi, si divertiva a ricordarmelo, ma non è mai stato troppo cattivo con me”
 Emma scrutò il volto teso del tutore, notandone lo sguardo fuggente, era evidente che ci fosse altro e che Severus stesse tentennando ad aprirsi, ma lei rimase in silenzio e gli lasciò il suo spazio. Dopo tutto quel tempo passato insieme era vero che lei meritava di sapere, ma Severus meritava di esporsi a modo suo.
 “Gli volevi bene?” osò chiedere quando i secondi cominciarono a diventare minuti, pronta a farsi zittire dal mago senza arrabbiarsi, ma Piton, sorprendentemente, parve pensare alla domanda e per la prima volta Emma vide la sua maschera assottigliarsi tanto che le parve di poterlo leggere come un libro e con bruciante stupore si rese conto che l'uomo, forse complici le pareti ben conosciute e quell'atmosfera tranquilla, aveva abbassato la guardia.
 “A modo suo mi voleva bene, ma con mia madre perdeva sempre la calma.” mormorò, muovendo appena le labbra sottili “In realtà penso che mi avrebbe odiato allo stesso modo se mi avesse visto usare la magia, la vedeva come una scappatoia da vili, ma non ha fatto in tempo perché ci abbandonato prima.”
“Lei com'era? “chiese Emma, la voce incrinata di dolcezza.
 “Mia madre Eileen era una strega piuttosto dotata e intelligente” mormorò Severus, perso nei ricordi “Non è mai stata bella, ma aveva molto fascino e sapeva come usarlo. So che ad Hogwarts era piena di amici perché me ne parlava spesso ed era anche l'unica erede di un'antica famiglia di maghi. Ovviamente perse tutti i suoi diritti e le sue amicizie quando decise di sposare un Babbano.”
 “Era innamorata di lui?”
Severus prese respiro, il volto rigido e all'apparenza privo di emozioni, ma i suoi occhi scuri brillavano di dolore e malinconia.
“Non ho mai visto amore tra mio padre e mia madre. Lei era dolce con lui a volte, ma lui era sempre arrabbiato e geloso e mia madre debole e facile da spezzare. Non ha mai provato a reagire, o a contrastarlo, nemmeno quando lui diventava violento, si è semplicemente spenta. Giorno dopo giorno.”
 “Ma allora perché si sono sposati?” domandò l'emoor, perplessa.
 “Non lo so” ammise Piton e c'era un tale delicato sconcerto nella sua voce che Emma pensò che non fosse il caso di indagare oltre e lasciò che il silenzio per l'ennesima volta si allargasse tra loro a curare le ferite e i rimpianti.
 “Mi dispiace” mormorò infine, intervenendo ancora una volta per prima, ma Severus non sembrava troppo turbato.
 “Tu le saresti piaciuta. Ti avrebbe trovato interessante” disse con voce affettata e distratta, tornando alla sua lettura.
 Emma di istinto si alzò dalla sua poltrona e si avvicinò a quella di lui, sedendosi sul bracciolo e circondandogli le spalle in un abbraccio. Non sapeva come fosse riuscita a fare breccia nel cuore freddo dell'uomo, ma Severus era diventata una costante della sua vita, a cui si era aggrappata con affetto e fiducia. 
 Erano entrati sotto la pelle l'una dell'altro come un dolce veleno. 
L'emoor sapeva che senza di lui si sarebbe sentita persa ed era grata per quei momenti di condivisione in cui lui non si ritraeva.
 “Perché non apriamo i regali?” domandò allegra, improvvisamente ispirata, con l'intento di distoglierlo dai pensieri sul suo passato, anzi sentendosi un po' in colpa per averli provocati.
 “Non è ancora Natale” fece notare lui con voce nuovamente apatica e strascicata, l'emozione che aveva fatto breccia nel suo sguardo completamente svanita.
 “Lo sarà tra pochi minuti” ribatté la ragazza con leggerezza, lanciando una veloce occhiata al suo orologio.
 “Non hai detto solo poche ore fa che è categorico aprire i regali la mattina di Natale?”
 “Possiamo aprire solo i nostri” concesse lei.
 Piton le lanciò un'occhiata incerta, ma si sedettero comunque sul polveroso tappeto e parevano due bambini al posto che un uomo e una ragazza, mentre stracciavano la carta colorata a ritmo delle canzoni dell'elfo domestico, illuminati dalla brace del fuoco.
Sussultarono quasi all'unisono di stupore davanti al regalo dell'altro. Emma teneva tra le mani un tomo rigido e pesante su cui era scritto 'Arti Oscure, limiti e applicazioni' e confusa alzò la testa verso il tutore in cerca di spiegazioni, ma trovò Piton distratto, troppo preso aa osservare il dono che lei gli aveva fatto.
 La ragazza si fece sfuggire un sorriso soddisfatto, vedendo come l'uomo sembrava non indossare più la sua solita maschera rigida, ma guardava con sincero stupore il sottile ciondolo ovale che pendeva da una catenella che teneva con insolita delicatezza tra le mani.
 “Che cos'è?” chiese lui.
 “Che spirito di osservazione, Sev: è una collana.”
 “Oh” rispose solo, evidentemente chiedendosi cosa avesse spinto Emma a regalare lui una collana. 
Perché, nonostante il monile fosse semplicissimo, Piton non era chiaramente il tipo da ornamenti e orpelli.
 “C'è applicato sopra un'incantesimo” spiegò Emma con semplicità.
 Portò la mano al suo ciondolo a moneta, quello che raffigurava il corvo e il serpente e lo strinse tra le mani. Severus di fronte a lei sobbalzò: il suo monile era diventato inaspettatamente caldo e sulla superficie liscia dell'ovale erano apparse le parole 'Buon Natale'.
 “Comunicanti” spiegò l'emoor soddisfatta “mi sono fatta aiutare da Hermione Granger. Ho pensato che se le cose si dovessero mettere male potremmo ritrovarci in schieramenti opposti, o avere molte difficoltà a comunicare, con queste potremo farlo più facilmente”
 L'uomo sgranò gli occhi e sembrava davvero impressionato. 
 “Ma non avverto magia” sussurrò e lei tese un sorriso da lupo, gli occhi lucidi di orgoglio malcelato.
 “Ho utilizzato l'incantesimo Occulto con qualche variazione, dovrebbe funzionare, a meno che qualcuno non stia analizzando con attenzione proprio la tua collana” disse quasi gongolando “la puoi tenere nascosta sotto la tunica, è sottile, nessuno la noterà e a contatto con la pelle avvertirai subito se si sta scaldando”
 “Incredibilmente utile” borbottò lui quasi tra sé e sé, mentre Emma abbassava titubante lo sguardo sul libro che ancora stringeva tra le mani. Aveva una copertina spessa e pagine ingiallite che lo facevano sembrare piuttosto antico, non ricordava di averlo mai visto, né nella biblioteca di Hogwarts, né lì a Spinner's End.
 “Ehm, Sev... Tu mi hai regalato un tomo di Arti Oscure?”
 L'uomo tornò subito attento, tendendosi appena.
 “Confido che non sarai così ingenua da tentare di usarlo”
 “Non era mia intenzione, ma stai cercando di dirmi qualcosa?”
 Lui si strinse nelle spalle a disagio e gli occhi scuri scrutarono attenti la protetta, prima di scivolare verso il fuoco.
“Ho solo pensato che conoscere qualcosa di più di quello che stiamo per affrontare ti preparerà meglio di chi cercherà di farti del male. Ci sono cose terribili in quel libro, ma sapere cosa le crea e come contrastarle, come ho detto a lezione, può essere molto utile. La magia oscura è incredibilmente affascinante e insensibile”
“Mi ha molto colpito in effetti il tuo discorso di presentazione quest'anno... ma Sev, mi hai davvero regalato qualcosa che potrebbe essere potenzialmente pericoloso?” chiese ridendo la ragazza. 
 Non era da Severus Piton una cosa del genere, anzi lui era proprio il tipo di persona che si sarebbe fatto pregare prima di cederle un libro su quei temi e che avrebbe fatto tutto quello che era in suo potere per tenere la protetta lontano da tali informazioni. 
 Quel regalo rappresentava in realtà un grande cambiamento.
 “Sev” sorrise lei davanti alla faccia contratta dell'uomo “non è che stai cominciando a darmi fiducia?”
 Lui arricciò le labbra in una buffa smorfia “Forse” sputò e l'emoor si sporse in avanti per abbracciarlo di nuovo, brevemente. 
 Quello forse era il regalo più significativo ricevuto da Severus in quegli anni. Il tutore stava cominciando a capire che non poteva tenerla lontano dal pericolo per sempre, anzi, le stava dando gli strumenti per affrontarlo. Era esattamente quello che avrebbe fatto un buon padre, o un saggio mentore ed Emma, le mani strette intorno al libro, si ritrovò a sorridere con dolcezza.
 “Sev?”
 “Sì?”
“Tuo padre era un cretino”
 “Emma!”
 “Scusami, ma penso che solo uno stupido non si sarebbe reso conto di quanto tu sia meraviglioso.”
 “Io non sono meraviglioso.”
“Sì che lo sei” sorrise con tenerezza lei.
 “Non credo” disse l'uomo con disappunto “la parola meraviglioso mi ricorda qualcosa di rosa e frivolo, come lei” 
 Indicò la Puffola Pigmea che galleggiava sulla testa di un Glimpsy che, confuso, era appena entrato nella stanza.
 “Padron Piton mi deve scusare” disse balbettando l'elfo “questa strana creatura mi segue da questa mattina” 
 E storse gli occhi per cercare di guardare la pallina sopra di lui, facendo ridere Emma che liberò il povero elfo dalla Puffola.

Era vero, durante le feste la mancanza dei genitori e dell'amico di infanzia defunti si faceva più amara per lei e in modo diverso, le mancavano i suoi amici e Hogwarts. Era vero.
 Essere a Spinner's End era come mettere in pausa la sua vita di tutti i giorni per immergersi in un bagno caldo, piacevole e sicuro. 
 Era come se il tempo si fosse fermato e lei fosse tornata indietro a vivere quel primo periodo passato a studiare magia e immaginare come fosse Hogwarts, quando ancora nulla l'aveva ferita, né immaginava i pericoli che avrebbe dovuto affrontare.
 Eppure sentiva una strana pressione che le stringeva il cuore, una preoccupazione vaga che le faceva chiedere se i suoi amici fossero al sicuro tanto quanto lei e se, come lei faceva con loro, la stessero pensando e stessero passando bene le loro vacanze di Natale.
 Infine, un'altra acuta mancanza aveva il nome e il volto di Draco.
 Non solo di Draco come persona concreta, con il suo odore, i suoi baci e i suoi abbracci di cui Emma sentiva sempre il bisogno, ma anche di Draco come concetto, ovvero quel Malfoy divertito, sarcastico e sicuro di sé, di cui l'emoor si sentiva irrimediabilmente attratta, coinvolta e innamorata e che sembrava ormai appartenere a un passato piuttosto lontano.
Qualcosa aveva spazzato via quel Draco Malfoy, lasciando al suo posto un ragazzo ferito, spaventato, con i nervi a pezzi e ad Emma invece mancava il ghigno beffardo e la battuta pronta che aveva sempre avuto il biondo.
 Eppure a guardare Severus lì, seduto a terra circondato da cartacce con il suo regalo che pendeva dal collo sbottonato della sua veste nera, scoppiare a ridere di cuore, davanti al confuso elfo e la Puffola Pigmea, Emma sentì queste piccole e grandi sofferenze sparire in un volo e scivolare in fondo al cuore che improvvisamente sembrava esplodere di gioia e soddisfazione.

Quella era casa. Quella era la sua famiglia.

*

Il Manor, di nuovo. Con la sua imponenza, i pavoni bianchi e i Mangiamorte cupi che ne attraversavano i grandi corridoi.
 Il Manor silenzioso e scuro, avvolto dalla neve candida come l'anno prima, quando Draco e l'emoor avevano ballato innamorati in mezzo agli ospiti della festa di Capodanno e i Malfoy avevano alzato i calici e fatto brindisi in onore del futuro splendente che sembrava attendere loro e le loro discendenze.
 Ora che quel futuro però era arrivato, Lucius chiuso ad Azkaban e il loro maniero occupato dalle schiere di Voldemort, Emma non era sicura che i due coniugi la pensassero nello stesso modo.
 Quell'anno non ci sarebbero state feste o danze a Capodanno, come da tradizione Malfoy, ma solo un banchetto per pochi intimi a cui Severus avrebbe partecipato, spedendo però la protetta dai Weasley.
Era evidente che, nonostante i suoi passi avanti, Piton la volesse ancora il più lontano possibile dal pericolo e sia lui che l'emoor erano consapevoli di come il Manor, tra i suoi orpelli e la finta cortesia, fosse diventato un luogo estremamente pericoloso.
Emma era d'accordo quindi di passarci meno tempo possibile, senza che la cosa saltasse troppo all'occhio, ma a volte, come quel giorno, non poteva semplicemente evitare la sua presenza.
 Così, seduta, insieme a un nutrito numero di Mangiamorte, al tavolo da pranzo, incuneata tra Severus e Draco, cercava di stare ritta con la schiena e di non attirare l'attenzione, sperando di avere la possibilità di sfuggire a quella silenziosa tortura il prima possibile.
 Lei e il Serpeverde non si erano più visti dopo il litigio della festa di Lumacorno e dopo quel bacio pieno di amore e disperazione che si erano scambiati, né avevano parlato e il silenzioso disagio che si era ramificato tra loro era quasi palpabile. 
 Emma riconosceva la tensione tra i loro corpi, il modo in cui sia lei che Draco sembravano vibrare dalla voglia di toccarsi, ma si era sforzata di non guardarlo più del necessario e di non allungare mai la mano verso di lui, andando a colmare i pochi centimetri che li separavano e Draco, in tensione probabilmente per motivi che non riguardavano solo lei, sembrava non farci caso: rispondeva educatamente alle poche domande che gli venivano poste e si comportava da padrone di casa, gentile e fin troppo serio, evitando accuratamente di guardarla in volto.
 Emma, segretamente colpita da quell'elegante compostezza, cercò di imitarlo nel suo distacco, provando con tutta sé stessa a non pensare che solo un anno prima, proprio lei e il Serpeverde, si erano baciati per la prima volta nelle serre poco distanti. Sembrava un ricordo appartenere ad un'altra vita. Una vita in cui Draco non sembrava sconvolto dalla sua stessa ombra.
Un giovane Mangiamorte, all'improvviso, rise troppo sguaiato a una battuta che l'emoor non aveva sentito e Rodolphus Lestrange lo zittì con uno sguardo secco. Emma vide anche Narcissa agitarsi appena sulla sedia. L'equilibrio del Manor era attaccato a un filo.
La conversazione principale verteva sulle pozioni, un argomento che l'emoor seguiva senza fare troppo fatica. A quanto pareva Severus non era l'unico abile Pozionista tra i Mangiamorte, anzi al tavolo si discuteva proprio su chi tra lui e Nott senior fosse il migliore e sembrava che il padre di Theodore fosse imbattibile nei veleni.
Emma trovava incredibile come tutti i presenti, per la maggior parte Mangiamorte, o consorti, sembrassero persone normali, lì seduti a pranzo a parlare del più e del meno con leggerezza.
 “Emma è molto dotata in Pozioni, come d'altronde il suo tutore, potrebbe aiutare a distillare alcuni veleni un giorno” propose Narcissa, giusto per intavolare una conversazione e smorzare la tensione intorno al tavolo “Draco mi ha detto che durante le lezioni sei talmente abile che fa quasi fatica a starti dietro”
 L'emoor annuì, consapevole che fosse un'esagerazione e rabbrividì all'idea di dover creare qualcosa che avrebbero potuto ferire persone che conosceva, ma si sforzò di stendere un sorriso.
 “Non mi sono mai cimentata nella creazione di veleni in realtà” ammise tranquilla “Ma è vero che distillo Pozioni con facilità”
“Il programma scolastico di Hogwarts è sempre stato carente da questo punto di vista” disse Severus lentamente, per distogliere l'attenzione dalla protetta “Silente non è mai stato molto tollerante verso certe pratiche. I veleni non sono contemplati”
Avery fece un cenno di assenso, imitato da Macnair.
 “Ora c'è quel Lumacorno, giusto?” chiese l'uomo.
 Piton annuì, poi posò le posate sul piatto e si alzò lentamente. Un minimo cenno del capo e subito Emma fu al suo fianco, ubbidiente.
 “Grazie per il pranzo Narcissa” disse lui “Noi andiamo”.
 “Dovere, Severus. Spero abbiate gradito” replicò tranquilla lei.
 “Era tutto delizioso” rispose e la donna annuì elegantemente e fece un cenno di saluto, prima di rivolgersi al resto dei commensali.
Emma fece a sua volta veloce gesto con la mano, come un mezzo saluto trattenuto, mentre seguiva fuori dalla stanza il professore. 
 Tra i presenti, alcuni sguardi la osservarono curiosi, ma la maggior parte non le diedero molta importanza. Draco Malfoy non alzò gli occhi dal suo piatto e l'emoor si affrettò ad uscire.

La scusa ufficiale era che dovevano passare a Spinner's End a recuperare alcuni ingredienti che mancavano nella dispensa del Manor, in realtà Emma aveva accolto la proposta di Piton di accompagnarlo con gioia, perché bisognosa di allontanarsi da quelle mura almeno per qualche ora. Il Manor la soffocava. Letteralmente.
 Erano lì solo da due giorni e si sentiva schiacciare dalla magia Oscura che gravava in quel luogo. L'avvertiva sulla pelle, come una presenza e faceva peggiorare i suoi incubi, rendendo fragile anche la sua Occlumanzia. Odiava stare tra quelle pareti, specie perché, dal suo punto di vista, era anche privo di senso e solo pericoloso.
Non passava il tempo con Draco come avrebbe voluto, in fondo era solo esposta e il clima cupo di tensione che avvelenava l'aria intorno a loro e sembrava pronto ad esplodere, deteriorava ogni cosa.
 “Piton”
Bellatrix Lastrange li fermò quando ormai erano quasi al portone, pronti ad avvolgersi nelle mantelle che un intimorito elfo domestico porgeva loro. La donna aveva una voce suadente e il sorriso troppo spalancato per non risultare vagamente inquietante.
 “Bellatrix” rispose l'uomo con tono misurato.
 “Lui ti vuole vedere”
“Ora?”
 “Ora” rispose lei, con un guizzo divertito negli occhi.
 Emma mosse lo sguardo tra la Mangiamorte e il tutore, tendendosi leggermente all'idea di non poter seguire Severus.
Lui rimase composto, si slacciò il mantello ridandolo all'elfo e non tentennò un solo secondo, nemmeno per avere l'accortezza di stringere la spalla della sua protetta come faceva di solito: ruotò su sé stesso e si diresse con grandi falcate verso il salone principale, richiudendo la porta alle sue spalle e lasciando l'emoor da sola.
 Bellatrix la fissava, lo sguardo brillante e il labbro inferiore leggermente sporgente all'infuori, in una smorfia infantile.
 “Emma” la salutò la Mangiamorte sorniona.
“Bellatrix” rispose lei, cauta.
 “Tu e Dracuccio avete per caso litigato?”
 L'emoor si tese leggermente a quella domanda, la bocca secca e i muscoli in allarme, in atteggiamento di difesa.
“No. Perché?” rispose, con il tono più fermo che riuscì a fare.
 Bellatrix sbatté le lunghe ciglia, allargando il sorriso.
“Una mia impressione probabilmente” soffiò e si allontanò da lei  ancheggiando vistosamente e ridacchiando tra sé, prima che Emma potesse aggiungere altro.

L'emoor e la Mangiamorte avevano uno strano rapporto.
 Bellatrix sembrava incuriosita da lei e  per questo, oltre a mostrare il suo pacato interesse, si sforzava di usare una buona educazione nei suoi confronti nei limiti del possibile. 
 La donna aveva un'indole generalmente cattiva e istigatrice e un atteggiamento impossibile quasi con tutti coloro che incontrava, che fossero, o meno, Mangiamorte. Spesso era inoltre irriverente e oltraggiosa e usava il suo corpo, che conosceva bene, per sedurre.
Era esagerata, priva di freni e volgare. Amava fare battute, provocare litigi e insidiare dubbi, per poi gettare indietro la testa e ridere sguaiatamente, sollevando vistosamente il petto pieno, sicura di sé. Pericolosa. Priva di limiti.

Solo con la sorella sembrava tenere un atteggiamento più umano e meno violento e sfacciato, così come con il nipote e a volte, appunto, con Emma. Bellatrix con lei sembrava trattenersi ai confini della decenza, come se la studiasse e, a parte qualche piccola frecciata lanciata con noncuranza, si salutavano rispettosamente quando si incontravano, anche se raramente parlavano tra loro. 
 L'emoor distolse lo sguardo dal punto in cui l'altra era sparita e guardò il portone nero dietro cui Severus era scomparso. 
 Con stupore intuì che dietro quelle due porte si nascondeva Voldemort in persona e la colpì l'acuta consapevolezza che l'Oscuro Signore era probabilmente in grado di percepirla attraverso quella sottile barriera di legno ed ottone e che forse la stava studiando.
 Una parte di lei, infastidita, avrebbe voluto seguire il tutore e vedere finalmente faccia a faccia l'uomo che aveva sconvolto le loro vite, affrontarlo e chiudere così quella strana attesa, ma la stretta gentile e inaspettata di Narcissa sul suo braccio la riscosse.
 “Emma. Vieni con me?” 
 L'emoor annuì, colta di sorpresa e la seguì senza farsi domande.
Si fidava abbastanza di Narcissa, un po' per istinto, un po' perché comprendeva l'amore cieco che dimostrava per il figlio e soprattutto perché, quando aveva avuto bisogno d'aiuto, Emma ricordava che la donna non era andata da Voldemort, come ci si sarebbe aspettati, ma da Severus, pur con la sorella contrariata che provava a dissuaderla dai suoi intenti. Narcissa meritava fiducia.
 
Attraversarono il corridoi del Manor senza proferire parola, fino a una stanza isolata nell'ala est del maniero.  La donna chiuse la porta alle loro spalle e con velocità e precisione inaspettata evocò un Muffliato e un paio di incantesimi di natura protettiva che Emma non riuscì a riconoscere, poi, sotto lo sguardo stupito della Corvonero, si gettò in avanti e la strinse brevemente, con affetto.
La ragazza, estremamente confusa, rispose all'abbraccio.
 “Ero così preoccupata” soffiò la madre di Draco.
 “Narcissa...” mormorò lei, indecisa.
 “Abbiamo poco tempo” la interruppe l'altra con fermezza “Emma, devi stare molto attenta. Il Manor non è un posto sicuro e se non sei con me, con Draco, o con Severus non devi lasciare mai la tua stanza, o la biblioteca. Non tutti i Mangiamorte sono contenti di averti qui, non devi attirare l'attenzione per nessun motivo per favore, qui non c'è spazio per atti eroici come al Ministero. Anzi, se puoi, non venire proprio al Manor”
 Emma annuì stupita “Narcissa...”
“Lasciami finire” disse secca lei, gli occhi fissi non in quelli dell'emoor, ma sulla porta della stanza “Se sei qui e devi scegliere tra le serre e le stanze della casa, scegli sempre le serre e non fidarti di nessuno a meno che non te lo dica io, anche persone che sembrano educate con te. Devi tenere alta la guardia.”
“D'accordo” assentì la ragazza preoccupata “Ma...”
 Gli occhi di Narcissa tremarono appena e abbandonarono la porta per posarsi per un istante sul volto di lei. Emma si sentì osservare e studiare da quello sguardo chiaro e provò una leggera soggezione.
“Mi vuoi spiegare perché Draco è in pericolo?” chiese l'emoor con voce bassa, di slancio, approfittando di quella strana occasione.
 La donna si illuminò, ma serrò le labbra con forza ed Emma notò il panico balenare nel suo sguardo e meno di un secondo dopo la vide muovere velocemente la bacchetta per revocare gli incantesimi nello stesso istante in cui porta della stanza si aprì.
Dolohov comparve sulla soglia e l'emoor non riuscì a trattenere un sussulto. A differenza di altri Mangiamorte che aveva conosciuto lì al Manor durante l'estate, l'ultima volta che aveva visto Dolohov era quando aveva combattuto contro di lui al Ministero della Magia.
L'uomo aveva quasi ucciso Lilith, aveva provato a spingerla a battersi, aveva rischiato di ferire lei e James con la sua maledetta frusta ed era finito privo di sensi contro una parete, proprio a causa di Emma. L'emoor non sapeva che fosse fuori da Azkaban, aveva creduto che tutti i Mangiamorte presenti al Ministero fossero finiti in carcere. Si sbagliava.

Ragazza e gigante biondo si scambiarono solo un veloce sguardo prima che l'uomo si girasse lentamente verso l'altra donna, come se non l'avesse nemmeno riconosciuta.
 “Narcissa, le porte devono essere aperte” disse con voce lenta e profonda, velata di sottile sprezzo.
 “Ero sovrappensiero Antonin” rispose Narcissa con una calma glaciale, mentre con un movimento fluido e sicuro prendeva una teiera da un sottile tavolino, che Emma non aveva notato, per versare del the nelle due tazze poggiate lì accanto. 
 L'uomo aggrottò la fronte, mentre Lady Malfoy rialzava il capo in un mezzo sorriso, sfoggiando un'aria innocente. 
 “Per altro questa è pur sempre casa mia e certe abitudini sono difficili da far morire. Mi perdonerai di questo, vero? Stiamo solo prendendo un the in compagnia, come si conviene.”
 Il Mangiamorte tentennò, ma non parve trovare nulla da ridere e, dopo aver lanciato un ultimo sguardo a entrambe, uscì.
 Emma ancora gelata sul posto, la mano che prudeva per l'istinto di raggiungere la bacchetta e attaccare, rimase in silenzio, stupita che Dolohov non l'avesse né aggredita, né offesa, anzi che l'avesse a malapena sfiorata con lo sguardo.
“Accomodati Emma” la invitò Narcissa, con uno svolazzo della mano, il volto inespressivo e distaccato come se il momento di condivisione di qualche istante prima non fosse mai avvenuto.
L'emoor prese respiro, studiando il sorriso composto e gli occhi quieti dell'altra, che nulla lasciavano trapelare e si sedette lentamente, scioccata da quanto radicata fosse la maschera che Narcissa doveva indossare per sopravvivere e difendere il figlio.
 “Gradisci del limone, o del latte?” chiese l'altra.
 “Limone, grazie” esalò la Corvonero, stringendo con le mani il bordo della sedia, fino a far diventare le nocche bianche.
 Iniziarono a parlare e continuarono a farlo per un paio d'ore, mentre il the si raffreddava e la bolla di finzione che Narcissa aveva costruito intorno a entrambe soffocava ogni tentativo di discussione.
 Emma era stravolta e perplessa, stupita nel cominciare a capire con maggiore consapevolezza cosa stesse passando il giovane Malfoy in quelle mura e pur non giustificandolo, avvertì una stretta allo stomaco a immaginarlo solo, mentre affrontava le maschere e i segreti di quel posto orribile che era il Manor.

. . .

Dolohov riapparve sulla soglia della stanza dopo un paio d'ore solo per avvisare che la Sala da pranzo si era liberata dalla riunione e se le due volevano provvedere per la cena erano libere di farlo.
 “Ti spiace andare nei sotterranei a chiedere a Nott se si ferma questa sera?” chiese Narcissa rivolta all'emoor e poi prese Dolohov a braccetto in modo da allontanarlo velocemente da lei.
 Emma, non potendo rifiutare, con una sottile sensazione di disagio che le stringeva il petto dopo la lunga conversazione priva di valore che aveva scambiato con la donna, si diresse verso i sotterranei.
C'era stata solo una volta di sfuggita, la prima volta che Draco le aveva mostrato la casa, due estati prima. Ricordava vagamente  grandi sale simili a quelle di Hogwarts, umide e a malapena illuminate da candele, che non arrivavano a schiarire gli spazi.
Ora che ci era di nuovo però, Emma si stupì di trovare i sotterranei del Manor spaventosamente ampi e ben curati per essere nascosti sotto terra, come se il buon gusto della famiglia Purosangue fosse arrivato persino lì sotto. C'erano molti corridoi, sale e grate, che si estendevano ben oltre quel che poteva vedere e rendevano lo spazio labirintico. Qualcosa nello stomaco di Emma si contrasse nell'immaginare che potevano essere una perfetta prigione.

Trovò Nott in una delle prime sale, intento a distillare qualcosa che la ragazza riconobbe come un veleno. Era concentrato, avvolto nei fumi della pozione, il corpo lungo chino sugli ingredienti. Come Theodore aveva occhi scuri e taglienti, che risaltavano sul volto pallido, ma la schiena era più curva e l'atteggiamento remissivo.
Se Theodore andava in giro per Hogwarts a testa alta, lo sguardo che vagava intorno carico di una luce di sfida e freddezza, il padre, al contrario, sembrava cercare di non attirare l'attenzione, il volto più scavato e dai tratti, almeno all'apparenza, quasi gentili.
Emma si soffermò ad osservare i movimenti secchi e nervosi che l'uomo dimostrava di avere nel preparare il veleno. Era preciso, letale, efficace sicuramente, seppur meno elegante di Severus.
“Nott” disse, aspettando che lui la guardasse.
 Lui però rimase con il capo chino e gli occhi socchiusi ad osservare il calderone, regolò il fuoco con la bacchetta e mescolò con cura la mistura due volte, prima di darle attenzione.
 “Emma O'Shea” disse infine, osservandola attentamente.   
Lei spostò il peso da un piede all'altro, incerta sul da farsi.
 “Narcissa chiede se stasera ti fermi per cena” domandò infine frettolosamente, decisa ad abbandonare la stanza il prima possibile.
 Il Mangiamorte la scrutò per qualche secondo con aria assorta, prima di rivolgersi a lei con tono, almeno all'apparenza, cortese.
“Theodore mi ha detto che anche tu facevi parte del corso di Pozioni avanzate e Narcissa oggi a tavola ha tessuto le tue lodi”
 La Corvonero annuì appena, tendendo i muscoli in allarme.
“Per non parlare del fatto che Severus è un ottimo Pozionista” continuò l'uomo “Checché ne dicano gli altri, parecchio migliore di me, o per lo meno più completo. Immagino sarà fiero di te”
 “Per lui devo sempre applicarmi e migliorare” rispose lei neutra, stupita del tentativo di fare conversazione dell'altro, mentre rammentava l'avvertimento di Narcissa di non fidarsi di nessuno, ma allo stesso tempo si chiedeva se la donna, così attenta alla sua sicurezza, non l'avesse mandata lì apposta.
 Nott Senior, in effetti, con l'aria triste e consumata e i suoi saluti brevi e composti, aveva sempre dato ad Emma l'impressione di essere una Mangiamorte atipico, o quantomeno, civile.
 “Tu e mio figlio non siete molto amici, vero?” chiese lui
 “Non ci conosciamo così bene, no.”
 “Sareste amici se vi conosceste meglio?”
L'emoor scrollò le spalle stranita, sulla difensiva. 
 “Non credo” rispose infine sinceramente, pensando attentamente a ogni sfumatura “Theodore è un ragazzo intelligente, ma credo sia innamorato di Pansy e lei mi odia con tutta se stessa. Quindi...”
L'uomo di fronte a lei fece improvvisamente un suono rauco inaspettato che assomigliava in modo grottesco a una risata.
 “La Parkinson quindi?”
 “Forse non avrei dovuto dirlo” mormorò lei.
 “Forse no” rise ancora lui, gli occhi brillanti “ma non mi stupisce più di tanto, è proprio la classica ragazza da Theodore”
 L'emoor rimase in silenzio, circospetta, guardandolo mentre  l'altro scuoteva la testa, quasi divertito.
 “E la Parkinson ti odia” borbottò di nuovo lui
“Così pare” soffiò Emma e nervosamente chiuse la mente.
 “Immagino che sia per Draco”
 “Forse” rispose e si strinse nelle spalle minimizzando la cosa. 
 Non voleva esporsi in nessuno modo, né attirare l'attenzione su Draco, o un qualunque altro studente, Parkinson compresa, ma non poteva nemmeno semplicemente andarsene smettendo di rispondere e rischiando di mancare di rispetto il Mangiamorte.
 “Lo conosco da quando è nato quel ragazzo, Draco intendo” disse Nott, leggermente accigliato, come se stesse parlando a sé stesso “ho sempre temuto che assomigliasse più a quel testone di Lucius, ma per fortuna Narcissa sembra aver fatto un buon lavoro con lui”
 Emma annuì lentamente, ostinandosi a stare in silenzio.
 “Immagino non sarà facile per te, ma cerca di stargli vicina se puoi” aggiunse l'uomo con aria triste “Non se la sta passando bene.”
 L'emoor sentì un formicolio sulla nuca e si fece attenta, sperando di avere l'occasione di capire di più a proposito di Draco e del suo evidente malessere.
“No?” domandò, deglutendo. Innocua. Accuratamente ingenua.
“No” confermò l'uomo “affatto in effetti. Non te ne sei accorta? Sei una ragazza strana, Emma O'Shea”
 Lei tentò un sorriso. Ragionava febbrilmente: non poteva permettersi che l'uomo si richiudesse nel silenzio.
Inghiottì saliva e si tese sulle gambe: se bisognava giocare con le serpi e uscirne viva e con le giuste informazioni, avrebbe dovuto usare tutto il suo lato Serpeverde. Pregò che Alicia la assistesse. 
 “
Tu cosa ci fai qui Nott?” domandò nel tentativo di ribaltare le carte in tavola “Non mi sembra il tuo posto”
 “La tua domanda può avere molti significati: sii più specifica.”
 “Cosa ci fai qui a distillare per loro veleni per uccidere.” disse lei impaziente “Non è da te. Sei un Mangiamorte atipico”
Nott smise di prestare attenzione al calderone e alzò lo sguardo verso di lei con curiosità. Analitico. Pericolosamente attento.
“Cosa te lo fa dire?” domandò con tono piatto.
 “Sei gentile. Sei umano”
L'uomo ridacchiò tra i denti. Amaro. Una stilla di nervoso nei lineamenti affilati che fece tremare gli occhi scuri. 
 “Hai una bella faccia tosta, ragazza”
 “Dico solo la verità. Penso meriteresti di meglio”
 “La verità a volte fa solo male, giovane emoor” rispose lui grave, spegnendo il fuoco da sotto il veleno.
 “Ma non mi hai risposto: Cosa ci fai qui?” domandò lei di nuovo.
 Era chiaro che aveva decisamente toccato un nervo scoperto e voleva esplorare la cosa fino in fondo. Rimase stoicamente ferma, mentre lui la osservava, per un lungo momento, con tale intensità che lei si sentì rabbrividire.
 “Io sono qui a difendere come posso Theodore e la mia famiglia” rispose infine con voce bassa “Sto facendo la mia parte”
 L'emoor trattenne il respiro e poi annuì, comprendendo cosa intendesse il pozionista: Nott Senior era evidentemente molto più simile a Severus e Narcissa che ad Avery e Dolohov.
 “Posso darti un consiglio, Emma?”
 “Certo”
 “Fidati solo di Severus. Ascolta Narcissa. Stai vicino a Draco.”
 “Sono tre consigli. Perché mi dici questo?”
 “Perché ti ho preso in simpatia”
 “E perché? Perché dovrei ascoltarti?” domandò di nuovo lei con sfida, non ci teneva ad essere presa in giro.
 L'uomo lanciò un Muffliato, uscì da dietro il calderone con lentezza, avvicinandosi a lei di qualche passo ed Emma, malgrado l'istinto le ordinasse di fuggire, si costrinse a rimanere immobile.
“Ho visto come ti guarda Draco Malfoy” disse Nott mortalmente serio “ho visto come ti guarda Narcissa, ma soprattutto ho visto come ti guarda Severus. Conosco Piton da quando aveva sedici anni, Emma. Un ragazzo solo, un'anima perduta e senza affetti: intelligente, pragmatico, spietato, ma soprattutto solo e tu non hai idea di quanto questo l'abbia sempre reso il Mangiamorte perfetto. O almeno era perfetto, ma poi sei arrivata tu.”
 Emma mantenne l'espressione ferma e chiuse la mente con maggiore cura, cercando di non far trapelare il suo stupore per quello che l'uomo le stava dicendo.
 “Io? Cosa intendi?”
“Severus è un eccezionale Occlumante e un Legilimens naturale, sa come gestire le emozioni, per non parlare del fatto che è anche un ottimo pozionista, conosce la pazienza, l'attesa, la precisione. Eppure, quando si tratta di te, non riesce a nascondere la sua preoccupazione e il suo affetto. Possono non vederlo Dolohov, o il Signore Oscuro, perché è evidente che non abbiano mai amato qualcuno, ma io ho Theodore. Io so cosa si prova"
Emma sentiva il suo cuore battere con forza, una goccia di sudore le scivolò su una tempia. Il suo affetto per lei poteva mettere in pericolo Severus?
 
“Qual è il tuo punto Nott?” sbottò l'emoor con nervoso scetticismo “Pensavo che volessi darmi un consiglio, non analizzare il mio tutore. Non capisco cosa c'entri Severus in tutto questo.”
 “C'entra perfettamente” sorrise il Mangiamorte “Fa capire che sei importante, Emma O'Shea”
 “Non capisco” sibilò la ragazza, facendo infine un passo indietro.
 “Il mio consiglio è quello di non perderti.” esalò l'uomo, con un sospiro pesante. “Rimani l'ago della bilancia come tutti dicono che tu sia. Stai attenta, fidati di Severus e Narcissa, rimani accanto a Draco, se tieni davvero a lui, prenditi cura di lui, salvalo.”
L'emoor rimase in silenzio interdetta, l'uomo le si avvicinò ancora di un poco, sembrava nervoso e sconvolto.
 “Stai indietro” disse lei con voce bassa, controllata.
“So che Piton crede in te” disse invece Nott, ignorando la sua interruzione, parlava con un sussurro basso accanto all'orecchio della ragazza, improvvisamente rigida e spaventata “Io mi fido di Severus e quindi credo in te Emma O'Shea, ma devi stare attenta. Io posso essere un Mangiamorte gentile, ma Lastrange e consorte non lo sono e se devi giocare con le serpi, devi impegnarti al massimo. Molto più di così, in effetti”
Emma si accorse che aveva smesso di respirare, cercò lo sguardo dell'uomo e vi trovo con stupore un sorriso divertito.
“Mi hai letto nella mente.” disse asciutta “Mi hai letto nella mente quando ho pensato di dover giocare con le serpi e... mi hai letto nella mente, Nott. Non ti dovevi permettere”
 Lui fece una smorfia stanca, con un gesto vago della mano che minimizzava il suo sconcerto e fece infine un passo indietro. 
 “Narcissa mi ha chiesto di metterti alla prova” le disse tranquillo “Sei molto brava con l'Occlumanzia fortunatamente, ma hai delle debolezze da sistemare. Si ti fai prendere dal discorso lasci passare degli spiragli. Non puoi permettertelo. Non al Manor”
 Lei sbatté le ciglia, presa in contro piede, mentre si affrettava a far calare pareti più spesse nei corridoi della sua mente.
 “Come posso fare?” chiese cauta “come posso migliorare?”
“Ho trovato spiragli perché mi aspettavo una resistenza.” spiegò asciutto il mago “L'Occlumanzia va bene, è un buon metodo, ma devi imparare a gestire non solo quello che vuoi nascondere, ma anche quello che vuoi che gli altri vedano. Se qualcuno vorrà spaccare la tua mente, mostrargli qualcosa, al posto che occludere tutto, può essere una soluzione.”

Emma prese nota del consiglio senza riuscire a nascondere il suo evidente stupore e annuì.
 “Ma perché mi dici questo? Perché qui e di nascosto?”
 Lui sorrise per l'ennesima volta con stanchezza, spento.
“Volevo solo farti sapere che hai il mio supporto Emma, ma Piton non permette a nessuno di noi di avvicinarsi a te, anche chi tra noi non vuole farti alcun male. E lui poi non ti consiglierebbe mai di pensare a cosa vuoi mostrare semplicemente perché è terrorizzato all'idea che qualcuno ti entri nella testa. Narcissa voleva darti un punto di vista diverso e ha chiesto a me di aiutarti”
 “Sono in molti come te?” chiese l'emoor, le labbra serrate.
 “Tu che dici?” sorrise l'uomo “Non sei forse l'esempio perfetto del fatto che si può essere un'ago della bilancia?”
 Emma capì che con quell'affermazione Nott, la stava aiutando, ma non solo, stava dichiarando la sua posizione nelle file dell'Oscuro.  
 Fece un leggero cenno di ringraziamento verso il Pozionista e accennò un passo indietro, indecisa su come chiudere il discorso.
 “Non mi fermo a cena” disse lui, andandole in aiuto.
Lei cercò qualcosa da dire, ma non ci riuscì. Non riuscì nemmeno a ringraziare. Guardò l'uomo allontanarsi lungo il corridoio. In silenzio.

Fidati solo di Severus. Ascolta Narcissa. Stai vicino a Draco.
Rimani accanto a Draco, se tieni davvero a lui, prenditi cura di lui, salvalo.

Le parole di Nott le frullavano in testa, in un turbinio di emozioni e contrasti e sapeva già che non l'avrebbero fatta dormire quella notte.


 


*Angolo Autrice*


Ciao Lettori! 
Eccomi, mi siete mancati. 
Capitolo che può sembrare privo di avvenimenti, ma super denso. 
Rappresento i due lati della medaglia della fazione più Oscura, quello delle persone devote, protettive e con una forte morale e quello della paura, dell'attesa e della magia oscura.
Punti e spunti: 
. Severus ed Emma e il loro primo natale. Trovo che sia una scena dolcissima, giusto coronamento della splendida comunicazione tra i due. Ora che non bisticciano più senza motivo, tutore e protetta provano ad affondare più nella conoscenza dell'altro. Si studiano e supportano, riconoscendo limiti e qualità. Visto cosa ci aspetta alla fine dell'anno scolastico, penso che questi momenti siano preziosissimi. 
. La collana: Emma e Severus hanno modo di comunicare senza che altri lo sappiano, una bella comodità. 
. Il passato di Severus: ho pensato che fosse importante dare  qualcosa di sé ad Emma, sono poche nozioni, ma Emma dice tutto a Piton e per la prima volta anche l'uomo si apre con lei. 
. Il Manor: ho cercato di far percepire l'aria viziata e pesante del Manor, con i suoi meccanismi arrugginiti. Se Voldemort chiama i mangiamorte rispondono, le regole come "tenere le porte aperte" sono assurde, i Malfoy sono prigionieri della loro stessa casa. 
. Bellatrix: mi piace molto questo strano rapporto morboso tra lei ed Emma.
. Narcissa: Narcissa si batte per proteggere chi ama e per qualche motivo, si è affezionata alla ragazza, trovo il suo tentativo di mettere in guardia Emma e il suo modo di dimostrarsi comunque la padrona di casa toccante. 
. Nott Senior: L'incontro con l'uomo è FONDAMENTALE, è la prima dimostrazione che ci siano diverse forme di resistenza e in tutte le fazioni. Alcuni Mangiamorte si schierano con gli emoor, addirittura Nott la aiuta, ma c'è un altro elemento fondamentale: Alcuni mangiamorte si rendono conto che Severus tiene all'emoor e che fa di tutto per tenerla lontana da loro. 
. Draco ed Emma non ancora chiarito, la situazione tra loro è ridicolmente tesa e dolorosa. Emma si strugge per il dolore di lui e la persona del biondo è comunque presente nelle parole di molti personaggi, che spingono l'emoor a proteggerlo.

Fatemi sapere che ne pensate! Nel prossimo capitolo avremo una dose di Weasley.
In questo periodo, mi sono entrati molti lavori e devo un po' modificare le uscite. 
Prossima settimana pubblico martedì e giovedì (tenterò anche con un sabato)

Dubbi e domande son qui.
Grazie al vostro affetto e alle vostre recensioni, ma anche ai numerosi che seguono silenziosi. 
Con affetto
vi.

Ritorna all'indice


Capitolo 40
*** è una guerra di persone ***


.è una guerra di persone.


 

Lo avevano torturato. Davanti a lei. Senza nessuna ragione.
 Emma cercò, annaspando, di immettere aria nel corpo. Tremava
Il mondo le arrivava ovattato e frammentato, le sensazioni rese confuse dallo shock. Avvertì un movimento al suo fianco e si tese istintivamente: era Severus, che si avvicinò lentamente, di un passo, lo sguardo tagliente che la scandagliava con attenzione.
Malfoy Manor incombeva oscura alle loro spalle, vuota, temibile.
“Respira” le ordinò l'uomo e la sua voce dura e impersonale ebbe effetto sull'emoor che si costrinse a prendere fiato.
L'aria le invase quasi dolorosamente i polmoni e quando alzò lo sguardo, fissandolo nei due tunnel freddi che erano gli occhi del tutore, sembrò piccola e spaurita: fragile.
 “Era una tortura. Era una vera tortura.”
 “Respira” impose lui e la ragazza ubbidì e prese di nuovo fiato.
 Piton la osservava attento, ma dalla sua espressione compatta non trapelava nessuna emozione e, quando Emma parve appena più in controllo, le mise sulle spalle la vecchia mantella di Eileen Prince e le porse una sciarpa con i colori di Serpeverde. 
 Lei si asciugò lentamente le lacrime, le guance chiazzate di rosso.
 “Copriti stai congelando” disse lui.
La ragazza annuì, avvolgendosi stretta, cercando una tenue protezione in quel tessuto che ben conosceva e sapeva di casa.
Il parco di Malfoy Manor era ancora immobile e deserto a eccezione di loro due. Non si vedevano nemmeno i soliti pigri pavoni bianchi. Le serre che l'emoor aveva appena lasciato sembravano cristallizzate contro il panorama candido. La quiete prima della tempesta.
“L'hai ucciso?” chiese con voce tremante.
 Severus non rispose, ma la afferrò per un gomito, spingendola a camminare più velocemente verso i cancelli. La neve appena caduta che scricchiolava scivolosa sotto i loro passi.
 “Non essere sciocca” mormorò dopo un poco ed Emma inghiottì saliva, recuperando lentamente il controllo.
 Rimasero ancora in silenzio fino a quando lui non le offrì il braccio per smaterializzare entrambi, appena fuori dal confine di Malfoy Manor, lanciando un ultimo sguardo alle spalle.
“Andiamo a Spinner's End?” chiese lei speranzosa.
 Lui scosse subito il capo, in un gesto sbrigativo. Il volto rivolto verso il maniero, come se si aspettasse di vedere arrivare qualcuno. 
 “No. Per ora no. Io devo tornare subito qui e non voglio che tu stia da sola. Ti porto al sicuro”
La Corvonero annuì lentamente e afferrò il braccio del tutore, fiduciosa. Si sentiva a pezzi.

. . .

La struttura precaria e colorata della Tana svettava nel giardino pieno di brina. C'era una calma che sapeva di attesa.
 Un gnomo, di quelli che Ron ad Harry l'estate precedente avevano lanciato oltre il basso steccato, si mosse facendo tremare un cespuglio. La neve aveva appena ripreso a cadere pigra dal cielo plumbeo e dagli innumerevoli comignoli che adornavano il tetto storto dell'abitazione salivano leggere colonne di fumo, segno che qualcuno era in casa e promessa del tepore del camino.
Emma e Severus apparvero vicino allo steccato in legno con un sonoro crack, tipico della Smaterializzazione e per un momento si guardarono intorno, come per assicurarsi che tutto fosse tranquillo.  
 L'emoor rabbrividì e si strinse la sciarpa Serpeverde al collo.
 Quando l'aveva trovata in un vecchio baule a Spinner's End aveva insistito veementemente per poterla usare, fino a quando un esasperato Severus non aveva ceduto. Le piaceva avere qualcosa di Piton da ragazzo, anche se con i colori di Serpeverde, anzi, forse specialmente per quello. Si sentiva di appartenere un po' al tutore, più di quanto dicessero una manciata di carte firmate.
 Perché avere qualcosa di lui era in fondo un privilegio, perché era l'unica che conosceva davvero il suo animo gentile, che aveva visto sprazzi di lui al di là di maschere e controllo.
 “Possibile che sia più calda della mia sciarpa di Corvonero?” chiese cercando di spezzare il silenzio nervoso.
Gli occhi scuri di Piton saettarono su di lei e le labbra si serrarono, ma rimase zitto, pur evidentemente contrariato. C'era un'insolita tensione tra i due: l'uomo faticava chiaramente a mantenere la sua maschera impassibile, mentre lei era visibilmente pallida e sconvolta.
 “Severus” lo chiamò l'emoor con dolcezza.
 “Non sono in vena di discussioni, Emma. Specie se riguardano una stupida sciarpa. Forse non ti rendi conto di quello che è successo.”
 L'emoor abbasso leggermente il capo, seguendo la caduta dei fiocchi di neve, le guance che si coloravano di rosa.
“Me ne rendo conto, Sev. Cercavo solo di...”
 “Di fingere che tutto andasse bene? Di mostrare noncuranza?” quasi la aggredì “Non è il momento dell'eroismo, Emma. Siamo sul limite di qualcosa di pericoloso e sono preoccupato per te.”
 La porta di ingresso si spalancò con irruenza, interrompendoli e la figura sottile di Ginny Weasley si stagliò di fronte a loro.
Emma avvertì tutta la tensione che aveva accumulato al Manor sciogliersi improvvisamente e corse verso l'amica con slancio, stringendola contro il suo petto, come fosse un'ancora di salvezza.  
 La rossa si aggrappò a lei a sua volta, poi la prese per le spalle, allontanandola un poco da sé per scrutarla attentamente con i suoi occhi nocciola, come se si aspettasse di trovare qualche ferita o elemento fuori posto.
“Tutto bene?”
 “Tutto bene. Sto bene” disse flebile Emma.
“Merlino, mi devi raccontare TUTTO. Non ti aspettavamo prima di tre giorni. Che cosa è...”
 L'emoor si sentì quasi mancare il respiro a quel pensiero e Severus, che era un passo indietro rispetto a loro, si avvicinò subito con uno svolazzo del lungo mantello scuro, affiancandosi a lei con fare protettivo, una mano subito a stringere la sua spalla.
 “Posso parlare con tua madre, Weasley?” chiese, con l'aria di uno che non aveva particolare voglia di entrare nell'abitazione di fronte a lui e che probabilmente sperava che Ginny chiamasse Molly lì fuori.
 “Certo professore” sorrise la rossa con educazione, non intuendo i desideri dell'uomo “Le faccio strada”

. . .


Emma alla Tana si sentiva sempre a casa.
 Aveva solo bei ricordi tra quelle mura e questo aumentava l'affetto per quel posto. Severus, al contrario, ogni volta che si presentava lì sembrava essere totalmente fuori luogo, si faceva rigido e scuro, le labbra serrata e i gesti secchi e misurati. 
 Nella sala da pranzo trovarono Remus seduto al tavolo insieme a Bill, con varie mappe e rotoli di pergamena sparsi di fronte a loro.
Il fratello Weasley fece un gesto di saluto vedendo Emma alle spalle della sorella, mentre Ginny andava in cucina alla ricerca di Molly.
 “Eccovi arrivati” disse, con un grosso sorriso stampato sul volto.
 “Remus, Bill” sputò Piton, con tono strascicato.
 “Severus, ti vedo bene” lo accolse Lupin “Abbiamo ricevuto il tuo Patronus, non aspettavamo Emma oggi. Tutto tranquillo?”
 Piton non rispose, colpevole e l'emoor scivolò via dal suo fianco e si mosse verso i due maghi. Abbracciò affettuosamente il mannaro e fece un sorriso in risposta a quello di Bill, ma lo scalpiccio di qualcuno che scendeva velocemente le scale attirò la sua attenzione.
 “Ma allora Ginny aveva ragione: Emma O'Shea!”
 George Weasley era appoggiato alla porta della stanza con un sorriso sornione stampato in volto, i capelli rossi stropicciati e un vecchio maglione verde addosso. Appena lo riconobbe l'emoor si liberò della stretta gentile di Lupin e corse verso l'amico e lui subito allargò le braccia, lasciando che si fiondasse sul suo petto.
 “Non sapevo che ci fossi anche tu!” sorrise la Corvonero, lasciandosi inebriare dal profumo di pane e fuochi d'artificio tipico dei due gemelli Weasley.
 “Sorpresa” sorrise l'altro “Ho preso un giorno di ferie dal negozio due minuti fa solo per te. Sappilo e sii riconoscente.” disse con tono troppo formale per essere preso sul serio. 
Lei rise divertita e tornò a voltarsi verso gli altri, tutti in tranquilla attesa, il sorriso sulle labbra davanti a quella scena dolce. Tutti tranne Severus. Ovviamente.
 “Mamma non c'è professore” disse Ginny, tornando dalla cucina.
 “Ah si, è appena uscita con la Metropolvere a fare alcuni acquisti” spiegò Bill “Avevate bisogno?”
 Piton, con lo sguardo che ancora indugiava sulla mano di George stretta sulle spalle di Emma, fece una smorfia contrariata.
“Io non posso restare” disse secco “Lupin, ti occupi tu delle protezioni allora se non c'è Molly? Emma ha bisogno...”
“Certo” rispose subito l'altro, con tono pacato “Tranquillo Severus è tutto sotto controllo. Emma qui è al sicuro!”
 Piton strinse per l'ennesima volta le labbra in una smorfia scettica e sembrò voler esprimere il suo disappunto, ma all'ultimo parve decidere di sorvolare e annuì.
 “Non fai rapporto?” chiese Bill.
 “Non c'è tempo, ho chiesto ad Emma di anticiparvi il possibile”
 “In effetti hai anche la sciarpa da serpe” disse George, scuotendo drammaticamente il capo “Ci devi dire qualcosa?”
“È di Severus” ribatté l'emoor con un sorriso stanco.
“Merlino. Sei sempre più una piccola Piton.” borbottò il rosso “Senza offesa, professore”
 L'uomo rimase impassibile, osservandolo con freddezza, ma Ginny sollevò le sopracciglia con un certo stupore.
 “Beh, George però ha ragione. Se ora fai anche rapporto, sei ufficialmente una spia dell'Ordine, Emma”
Quell'affermazione causò un sorriso nell'emoor, ma la tensione si propagò veloce sul volto del tutore che ebbe un fremito di nervosismo. Remus se ne accorse e si accigliò leggermente.
“Severus, qualcosa non va?” chiese con voce affettata, l'intento evidente di tranquillizzare l'uomo di fronte a lui. Cadde un silenzio denso, ed Emma vide il tutore impallidire e i presenti tendersi.
“Severus, parlami...” tentò Remus.
 “È solo nervoso perché mi hanno ferita” minimizzò l'emoor e subito il professore fece una smorfia appena trattenuta, tra il sofferente e il colpevole, mentre il volto dell'altro si accendeva di preoccupazione e Ginny spalancava la bocca.
 “In che senso ti hanno ferito?” chiese Bill cauto.
L'emoor si strinse nelle spalle, a disagio.
 “Bullizzano Draco al Manor, quasi tutti i Mangiamorte.” disse solenne “Sono intervenuta mentre Dolohov lo stava torturando, lui si è difeso con quel suo stupido incantesimo frusta, ma Severus comunque lo ha visto e gli ha fatto parecchio male” specificò e si fece sfuggire un mezzo sorriso al pensiero, per poi rabbuiarsi quasi subito, sbattendo le palpebre per scacciare il ricordo del volto di Draco mentre Dolohov faceva sibilare la sua frusta a pochissimi centimetri da lui con sguardo crudele.

Dove è ora Lucius, Dracuccio?

“Oh Morgana” sussurrò Lupin “Emma devi stare attenta. Non dovevi assolutamente intervenire. I Mangiamorte sono...”
 L'emoor roteò gli occhi senza riuscire a trattenere l'esasperazione.
“Remus ti prego, Severus ha già speso molte parole a riguardo, più di tutte quelle che gli abbia mai sentito pronunciare in realtà. Dovevo intervenire. Non capisci?”
 “No. Non capisco, non è un gioco questo” insistette il mannaro, con voce ferma e seria, tanto perentoria come lei non l'aveva mai sentita.
 La guardava torvo, la mandibola tesa da rabbia e preoccupazione, ma l'emoor si sentiva ancora più furente e determinata.
 “Infatti non sto giocando.” disse, piccata.

Se devi giocare con le serpi, devi impegnarti al massimo.

“Allora dovresti sapere che ci sono cose da cui devi star lontana e lasciare fare a noi. Dovevi chiamare Severus” sottolineò Lupin.
 Piton intervenne, facendo un rigido cenno a Remus per intimargli di smetterla, forse troppo tardi, perché ormai l'emoor guardava il lupo mannaro con le guance sgradevolmente chiazzate di rosso.
 “Remus, lo stava TORTURANDO” gridò.
E il silenzio cadde scomodo su tutti loro. Emma ansimava, aveva fatto un passo in avanti senza accorgersene, lasciando il fianco di George, piena di rabbia che la faceva tremare, i pugni chiusi.
La compostezza che aveva assunto una volta lasciato il Manor per poter aiutare Draco e non far preoccupare Severus crollò tutta insieme, lasciandola ferita di fronte agli altri: fragilefurente.
 Bill e Ginny erano pallidi e sconvolti, George si riavvicinò invece subito a lei, posandole entrambe le mani sulle spalle.
 “È vero” assentì Piton con voce neutra e strascicata “Draco e Narcissa sono poco sicuri al Manor. La loro posizione è precaria”
 Lupin boccheggiava stupito, lo sguardo che correva da Piton all'emoor che era sull'orlo delle lacrime
 “Perché non mandate qui Draco allora?” chiese esasperato “Se la situazione è così grave non dovrebbe stare lì”
 Emma quasi rise isterica al pensiero di vedere il biondo alla Tana. Riusciva a immaginare perfettamente il suo composto imbarazzo, l'agitazione malamente nascosta e la smorfia sprezzante sul volto.
 “Draco non può abbandonare il Manor al momento” spiegò Severus grave “Ci sono molte cose di cui dobbiamo discutere, Lupin. Si muove tutto velocemente.”
 “È solo un ragazzo” mormorò Remus.
 “Lo so” assentì Piton stancamente “ora però devo proprio andare”
 In un gesto istintivo tese le braccia verso la protetta che sfuggì alla presa di George e si avvicinò a lui per abbracciarlo. Lui le fece una carezza sul capo e le strinse una spalla con fare distaccato.
 “Stai attenta, ok? Non perdere il controllo” le disse, mentre tutti gli altri nella stanza scostavano lo sguardo con delicatezza, sempre tesi e poco avvezzi ai gesti umani di Piton “Ci vediamo a Hogwarts”
“Io starò bene, Sev, sei tu quello che devo stare attento”
Lui fece una smorfia che sembrava un mezzo sorriso.

“Lo sarò. Fatti medicare la ferita da Lupin, stanotte ti brucerà”
“Ok.” assentì, Piton annuì a sua volta e poi fece un cenno secco di saluto agli altri e si avviò deciso verso l'uscita.
“Ricorda le protezioni su Emma” disse a Lupin quando fu sulla porta, voltandosi senza aspettare risposta.
L'emoor gli andò dietro.
 “Sev?”
 “Sì?”
 “Tieni d'occhio Draco, non sta bene”
 Lui la guardò con aria assorta per una manciata di secondi, assentì brevemente, uscì dal cortile con ampie falcate e si smaterializzò.

. . .

Remus, poco prima di cena, le mise sulla ferita sul fianco uno strano unguento denso, al profumo intenso di menta, borbottando pieno di disappunto tra sé e sé. L'aveva già medicato due volte quel pomeriggio, ma era un brutto taglio, anche se i bordi rossastri ora sembravano di colore meno intenso.
 Emma strinse i denti, cercando di ignorare il bruciore che provava al contatto con la sostanza, che solo dopo qualche istante sembrò darle un po' di sollievo. Si torse per guardare in volto Lupin.
 “I tuoi borbottii non sistemeranno il mio fianco Rem”
 “Sono solo preoccupato, Emma” si difese piano lui, iniziando l'incantesimo di guarigione sulla pelle intorno all'abrasione.
 Sembrava più stanco e arruffato del solito e l'emoor osservò con affetto i lineamenti accartocciati, trattenendo una piccola smorfia per il pizzicore insistente al fianco.
 “Ho già Severus di accigliato e preoccupato, ma ho un posto libero per qualcuno di allegro e sorridente” sorrise e lui sospirò pesantemente, ignorando l'ironia.
“Cosa è successo? Perché Dolohov ti ha colpito?” chiese invece ed Emma serrò le labbra, inspirando lentamente dal naso mentre si rimetteva a sedere con l'aiuto del mannaro.
 “Vuoi davvero saperlo?”
 “Certo”
“E a che scopo? Ti arrabbierai e basta. Non è sufficiente sapere che mi ha ferito e che Severus mi ha difeso?”
 “A volte un po' di rabbia dà il giusto stimolo” disse l'uomo con gentilezza “O almeno una buona prospettiva”
 La Corvonero sorrise amara in risposta.

*

Le risate e gli schiamazzi risuonarono insoliti per gli ampi corridoi.
 Emma si accigliò. Non erano certo suoni che ci si aspettava di sentire al Manor e presa da uno strano disagio, salì velocemente gli ultimi gradini dei sotterranei, seguendo il rumore verso l'ingresso. Risate più forti, uno scoppio, altre risate.
Emma si mise a correre.
 Il salone principale era curiosamente pieno di persone. Solitamente veniva usato per le riunioni più grandi e per cene con molti invitati, Emma non ci entrava mai.
 Una decina di Mangiamorte in divisa, ma privi di maschere ridevano di qualcosa, o di qualcuno di fronte a loro. L'emoor si fece spazio tra loro con urgenza e sussultò quando vide la causa di quella macabra allegria.
 Dolohov era in piedi, ergendosi in tutta la sua imponente altezza e rideva rauco. I capelli biondi disordinati sulla fronte bassa e gli occhi color ghiaccio accesi di sadico divertimento e Draco Malfoy, tanto pallido da sembrare un fantasma, stava di fronte a lui, immobile, lo sguardo vitreo, l'espressione nulla, le braccia che ricadevano molli lungo i fianchi. Non aveva in mano nemmeno la bacchetta.
 I Mangiamorte risero ancora con forza ed Emma sentì il cuore tremare di indignazione e rabbia.

*

“Ero appena risalita dai sotterranei con Nott...”
 “Theodore?”
“No, il padre”
Una smorfia spaventata illuminò il volto di Remus per un istante.
 “Emma, ma che ci facevi con... tu non dovresti prendere certe iniziative... voglio dire i Mangiamorte...”
“Remus, se vuoi sapere cosa è successo mi devi ascoltare fino in fondo e per la cronaca credo sia meno pericoloso per me passare il tempo con Nott Senior che con Nott figlio”
 Il mannaro la guardò confuso, boccheggiando senza sapere come intervenire. Emma era vagamente divertita dalla situazione, che sembrava essersi capovolta rispetto al solito.
 Normalmente era lei che chiedeva a Lupin consiglio e lui che le rispondeva come sempre in modo saggio e gentile, rassicurandola quando serviva. L'uomo era sempre stato un esempio, pacato e mai invadente per lei, nonché una persona di fiducia con cui amava mettersi a confronto e su cui sapeva di poter contare.
 Inoltre, elemento non trascurabile, dentro l'Ordine era uno dei pochi che difendeva e supportava Severus apertamente e questo non faceva che aumentare il rispetto che provava Emma per lui.
Ora invece, spaesato e preoccupato, mentre l'emoor raccontava lui dell'incontro avuto con Nott, Lupin appariva un ragazzino a cui la Corvonero doveva spiegare ogni cosa per riuscire a tranquillizzarlo.
“Remus” disse pazientemente “se vogliamo vincere contro Voldemort bisogna fare un passetto in più. Dovete rendervi conto che non tutti i cattivi lo sono davvero, pensa a Sev, ma anche a Nott Senior e Narcissa Malfoy. O a te. Voglio dire, sei un lupo mannaro, una delle creature considerate più oscure del mondo magico, ma tu sei tu, semplicemente. Non sei malvagio”
 “Questo lo so Emma, credimi, però...”

“E nemmeno tutti i cosiddetti buoni sono perfetti” disse seria la ragazza, un'espressione dura che ricordava Piton, stampata in volto “Merlino: Mundungus Fletcher, ci hai mai parlato per più di due minuti? Intendo parlato davvero? Io sì, a Grimmauld Place, è un voltagabbana rivoltante. E Dolores Umbridge! Che avrebbe dovuto rappresentare l'imparzialità del Ministero, ne vogliamo parlare? Nott Senior invece sembra una brava persona e questa guerra non è fatta di buoni o cattivi, ma di persone e lo sai meglio di me”
 Remus la fissò per un momento pieno di rispetto, poi ridacchiò, finalmente disteso ed Emma lo imitò.
 “D'accordo. Con Mundungus mi hai convinto” sussurrò “Sai essere piuttosto determinata, sai? Le mie scuse, vai avanti”

*

La bacchetta di Dolohov si mosse veloce, Emma riconobbe l'incantesimo e sussultò mentre una frusta infuocata appariva, tagliando l'aria vicina a Draco. 
 Il Serpeverde però non si mosse, lo sguardo rimase vitreo e la posa arresa ed Emma sentì il corpo percorso dalla rabbia e il sangue divenne bollente nelle vene. 
 Si accorse che la camicia del ragazzo era tagliata in più punti lungo le braccia e che quindi quel gioco sadico stava continuando da un po'.
 “Dov'è Lucius ora, Dracuccio?” abbaiò Dolohov e altre risate di scherno percorsero il gruppo di Mangiamorte, la frusta schioccò di nuovo e ancora e ancora, sempre vicinissima al Serpeverde.
 Il cuore di Emma perse un colpo. Non importava quanto lei e Draco avessero litigato, o quante cose il ragazzo le avesse tenuto nascosto, l'emoor non avrebbe mai permesso che qualcuno gli facesse del male in quel modo.
 Malfoy non si muoveva, non reagiva, sembrava che nemmeno sentisse le cattiverie borbottate a mezza voce da Dolohov, né lo schiocco della magia. Era arreso, inerme, apatico, mentre il Mangiamorte portava la frusta sempre più vicino a lui e piccoli brandelli di camicia si staccavano in svolazzi leggeri.
“Tua zia Bella dice che sei debole, Dracuccio, che hai molto da imparare. Vogliamo metterti alla prova? Crucio” disse l'uomo.
 Fu improvviso: il corpo di Draco si inarcò e cadde a terra dove si contorse, ma gli occhi grigi erano tanto vacui e sotto shock che sembrò non accorgersene. Le labbra pallide si schiusero, ma non uscirono urla, le membra si contrassero spasmodicamente in reazione a un dolore che lo spezzava dall'interno.
 Per Emma fu troppo, semplicemente. Troppo.
 “Antonin” ruggì e non si accorse di aver fatto un passo avanti, la bacchetta stretta in pugno, l'aria determinata: l'istinto schiacciò la sua ragione.
 Superò con un balzo la fila di Mangiamorte e si mise di fronte al gigante biondo.
Lo sguardo verde pieno di ombre assottigliato dalla furia, la mascella tesa.
 “Ah, eccoti qui: l'emoor. Ora sì, che la cosa si fa divertente” berciò l'altro e qualche Mangiamorte accennò di nuovo a ridere, ma erano molti meno di prima.
 Gli occhi di tutti i presenti erano fissi a disagio sulla ragazza ed era sceso un pesante silenzio, come tanti bambini che vengono colti sul fatto. Ad Emma non importava. Né di loro, né di nessun altro: aveva occhi solo per Draco.
 “Non toccarlo più” sibilò, lanciando uno sguardo veloce al Serpeverde che, rannicchiato a terra, ansimava e tremava.
 Dolohov fece un ghigno divertito e alzò la bacchetta verso di lei.
 “Ti ho sfiorato il fidanzatino O'Shea?”
 “Antonin.” intervenne Avery, facendo un passo avanti, il tono di voce teso e in allerta “è la protetta di Piton, ricorda...”
 “Lasciami un po' divertire con la Sanguemarcio”
 Emma lanciò un'ultima occhiata a Malfoy, steso a terra e strinse con decisione la bacchetta, pronta a combattere.

*

Lupin la guardava  con occhi spalancati, le labbra serrate, cercando di rilassare le spalle, mentre faceva alcuni incantesimi diagnostici per assicurarsi che non ci fossero altri danni oltre alla ferita.
Emma sospirò appena, dispiaciuta di dare lui tanta preoccupazione .
 “Dolohov stava torturando Draco, Remus” gli disse “Dovevo intervenire, mi capisci? E poi io e lui avevamo dei colpi in sospeso fin dal Ministero, ma non mi aveva mai attaccato anzi mi ignorava, ma in quel momento lo stavo umiliando davanti ad altri e ha perso il controllo. L'ho chiamato zotico e idiota e l'ho fatto volare a gambe all'aria. Stava torturando Draco, lo feriva continuamente con minuscoli tagli e lo insultava per Lucius e nessuno degli altri interveniva e Draco era immobile e spaventato, senza avere il coraggio di attaccare un Mangiamorte.”
 “Emma capisco che fossi preoccupata per lui e so che non vuoi sentirti dire che è pericoloso per l'ennesima volta, ma lo è. Non dovresti metterti contro i Mangiamorte, loro...”
 “A me non importa un bel nulla dei Mangiamorte, Remus e loro lo sanno” disse la ragazza, mettendosi diritta, il volto contratto in un'espressione arrabbiata e sicura “Non è questione di essere scellerati come il peggiore di voi Grifondoro, che siano Mangiamorte, o bulli di passaggio, non mi sarebbe importato: stavano torturando Draco. E non mi sono messa nei guai, 
sapevo di poter battere Dolohov se avessi voluto, ho già duellato con lui. È potente, ma impreciso, si fa distrarre dal contesto, è convinto di vincere al primo colpo e quando non accade, poi tentenna, perché non ha fantasia e sdrucciola sui soliti tre incantesimi. È banale.”
 Lupin sospirò piano, suo malgrado stupito dalla matura consapevolezza della ragazza. 
Era lucida. Sicura.
 “Lo so” sussurrò “So che hai la testa sulle spalle, ma...”
 “Ma voi siete preoccupati” finì per lui la ragazza stancamente “Lo so, Remus. So che lo siete, ogni volta che vedo Severus, sembra che voglia prendermi e portarmi via da questa guerra, lo vedo che siete terrorizzati. 
Tutti. Lo capisco”
“Non puoi biasimare Severus. Si sente responsabile”
 “Ma lo sono anche io e non dovete credere che non abbia paura, solo non posso fare a meno di mettermi in gioco, non quando qualcuno tocca la mia famiglia, non quando qualcuno tocca Draco.”
 “Emma vogliamo tutti proteggerci a vicenda. So che per te Draco è importante, credimi lo capisco...”
 “No, Rem. Non lo capisci. Non è solo 
importante. Voi tutti siete la mia famiglia. Tu, l'Ordine, i Weasley, Hermione, Lilith e James, gli emoor, Severus ovviamente, Draco e perfino Harry e Narcissa, siete la mia famiglia e non posso permettere che venga ancora toccata la mia famiglia. Non di nuovo, non quando posso fare qualcosa. So dove posso spingermi. La mia posizione me lo permette.”
 Lo sguardo della ragazza bruciava di rabbia e orgoglio e quello del mannaro si incrinò appena di commozione. Annuì brevemente. 
 “Lo so” sorrise debolmente l'uomo “ma non sentirti al sicuro, Emma. Ha ragione Severus a dire che a volte sembri proprio una serpe. Guai a chi ti tocca i tuoi protetti”
 “Sev dice che sembro uno stupida Grifondoro in realtà, di solito” sussurrò lei con una smorfia timida e divertita.
 “Non a me” disse gentile il mannaro, lasciandola stupita e facendole cenno di continuare.

*

Dolohov attaccò con violenza, ma Emma scartò di lato e parò.
 Nella stanza c'era un silenzio tombale. Un paio di Mangiamorte, da bravi codardi, si volatizzarono, altri cominciarono a innervosirsi sul posto. 
 Draco giaceva ancora a terra, ma si era messo debolmente a sedere, gli occhi grigi sgranati di preoccupazione, le spalle tremanti.
 La frusta di Dolohov riapparve e attaccò di nuovo, spezzando l'aria a metà. Emma scartò per l'ennesima volta di lato, parò e inviò uno Stupeficium. 
Erano almeno dieci minuti che quel duello improvvisato andava avanti. Con un ritmo scandito dalla potenza del Mangiamorte e dalla velocità della sua avversaria. L'emoor parava e ribatteva, con grazia, senza quasi muovere un muscolo se non non per scartare le fatture in arrivo. Era precisa, con una capacità innata a individuare il punto debole dello sfidante, lo sguardo fermo, gelido, spaventosamente indifferente, come se pensasse ad altro.
 Era uno spettacolo notevole per gli altri.
 Il Mangiamorte aveva invece dalla sua l'esperienza degli incantesimi oscuri e una potenza rude, irruenta, ma, rosso in viso, grondava di sudore, gli occhi sbarrati che non riuscivano a celare completamente il nervoso e lo stupore. Era evidente che lui ce la stesse mettendo tutta per batterla, mentre non era affatto chiaro quanto impegno ci stesse mettendo lei.
 L'uomo attaccò altre tre volte, Emma parò, poi lanciò un Impedimenta spaventosamente ben assestato, che fece barcollare il gigante biondo, ma lui recuperò l'equilibrio e attaccò con maggiore violenza e l'emoor volteggiò di lato.
 La ferita esposta sul fianco, a causa di un colpo andato a segno poco prima, sembrava lasciarla impassibile, nonostante sanguinasse copiosamente e Dolohov era consapevole del fatto che avrebbe dovuto fare un male cane e l'indifferenza calcolata della ragazza lo turbava terribilmente.
 “Che fai Antonin, sei stanco? Non riesci a battere una ragazzina?” lo schernì lei con rabbia, gli occhi colmi di vendetta che tremavano tra l'uomo e Draco.
 Il suo sguardo gelido  faceva paura. Non sembrava una ragazzina. Era letale.
 Dolohov inghiottì saliva con agitazione, tremando e facendo grossi respiri per frenare la rabbia. Emma sapeva di aver toccato un nervo scoperto, perché era solo la verità: non riusciva a batterla.
 Il Mangiamorte grugnì e puntò la bacchetta verso Draco al posto che su di lei, con un'espressione cattiva. Emma scivolò di fronte a Malfoy e contrattaccò con un Levicorpus. Il gigante tremò e i piedi gli si staccarono da terra, prima che potesse mormorare un Liberacorpus. Bastò quel frangente perché l'emoor gli ferisse un braccio con un Diffindo.
 L'uomo sgranò lo sguardo e si fissò stupito la ferita per qualche secondo, prima di alzare la testa di scatto, furioso, verso la ragazza.
 “Tu, sudicia Sanguesporco. Hai osato colpirmi?”
 “Non essere così idiota Antonin” sibilò Emma, la bacchetta dritta di fronte a sé e gli occhi dell'uomo strabuzzarono di rabbia.
 “Crucio” gridò lui contro Draco, che si contorse a terra con un lamento strozzato ed Emma per la seconda volta balzò in avanti inorridita, il sangue che sembrava ribollire nelle sue vene, insieme a una cocente determinazione.
 Dolohov si voltò verso di lei pronto ad attaccare. 
 “Cru...”
 La bacchetta dell'uomo si abbassò e le parole gli morirono in gola. L'emoor si voltò, seguendo lo sguardo stralunato del Mangiamorte e ne comprese la paura.
 Severus Piton si stagliava sulla porta di ingresso, gli occhi che sembravano completamente neri tanto erano pieni di rabbia, l'espressione contratta, livida, pericolosa. Dietro di lui Narcissa, pallida e altera, chiaramente sconvolta.
 Emma trattenne il respiro spaventata, mentre Dolohov lentamente sbiancava.
 “Piton io...” balbettò. 
 Ci fu un momento di immobilità, poi un altro paio di Mangiamore si allontanarono in fretta dalla sala e Severus avanzò, lentamente, temibile, fermo. Gli occhi puntati sul biondo che sembravano volerlo trapassare.
 La Corvonero si riscosse e si avvicinò a lui, allungando una mano.
 “Sev io...” mormorò.
 L'uomo la afferrò per un polso, mettendola al sicuro alle sue spalle, senza degnarla di uno sguardo, in un gesto che assomigliava a quello fatto tanto tempo prima con Sirius Black a Grimmauld Place. L'emoor tremò, osservò il tutore e scorse qualcosa nelle sue movenze, nel modo in cui alzò la bacchetta puntandola verso l'altro, che le fece capire che le scaramucce con Black non erano nulla. 
 Che nonostante la sua preoccupazione di allora, Severus e Sirius non si sarebbero mai fatti del male e lo capì perché lo sguardo che ora Piton riservava a Dolohov era infinitamente più pericoloso di quello che aveva riservato al malandrino.

Severus, ti prego” sussurrò la ragazzina, mentre l'ansia le si annidava nel petto.
 “Emma, per cortesia, stai indietro” sibilò lui in risposta, senza nemmeno voltarsi, lo sguardo gelido fisso su Dolohov che indietreggiava lentamente.
 L'emoor non si fece ripetere due volte l'invito, sentì le mani di Narcissa subito sulle spalle, protettive e si voltò a guardare la donna in un moto di panico.
 “Prendi Draco, esci.” le sussurrò lei con tono fermo, ma suoi occhi azzurri erano grandi come piattini da the, liquidi di preoccupazione.
 Emma non pensò nemmeno per un momento di controbattere. Sdrucciolò indietro, chinandosi velocemente su Draco per assicurarsi che potesse reggersi in piedi. Lo afferrò con urgenza da un braccio e barcollò sotto il peso del biondo, sentendo però con sollievo che rispondeva alla sua stretta.

*

Lupin trattenne bruscamente il fiato ed Emma riprese a parlare velocemente per chiudere la storia in fretta. Sentiva ancora fiotti di adrenalina che la facevano tremare al solo pensiero.
 “Ho avuto timore che Severus lo uccidesse.” ammise “Dolohov si è inginocchiato a terra e lo ha pregato di perdonarlo, una scena patetica. Io ho preso Draco come mi aveva detto Narcissa e sono uscita in salvo, perché nonostante voi crediate che io cerchi guai, ti assicuro che cerco di evitarli con tutta me stessa”
 Lupin inarcò le sopracciglia stupito, sembrò pensare per un po' a quello che aveva appena sentito, ma alla fine sorrise.
 “Credo che avessi ragione in fondo, Dolohov è uno zotico idiota”
Risero di gusto entrambi, lui la aiutò ad alzarsi e scesero a cena.
 “Il tuo racconto ha dei lati positivi” le disse Lupin, tenendole aperta la porta, lo sguardo che analitico controllava i movimenti di lei per assicurarsi che la ferita appena medicata non le facesse ancora male.
 “Quali lati positivi?” domandò l'emoor.
 “Beh, possiamo ancora fidarci della posizione di Severus”
Emma ebbe la visione fugace del tutore così come lo aveva visto al Manor: pericoloso, letale, gelido e ricordò le parole di Nott Senior su quanto a lungo Severus fosse stato il Mangiamorte perfetto.
 Rivide gli occhi scuri e spietati, il modo in cui l'aveva portata alle sue spalle, protettivo, il terrore sul volto squadrato di Dolohov..
 “I Mangiamorte sono spaventati da Sev” ammise lei.
 “Questo è un bene”
“Già” mormorò l'emoor, cercando di ignorare la preoccupazione lancinante che sentiva per il tutore, nel saperlo di nuovo tra le pareti intossicanti del Manor, senza di lei. 
 Lupin le strinse affettuosamente la spalla, insieme scesero i gradini verso il tramestio che si udiva dal piano inferiore, il profumo del cibo  di Molly che già solleticava il loro palato.

*

I Weasley e quel loro calore così accogliente.
 Emma era grata di essere alla Tana e sospirò di un sollievo indistinto, sprofondando nel divano rosso del salotto, dolorosamente sazia a causa dell'imponente cena appena consumata.
 George le si sedette accanto dopo un istante, rivolgendole un breve sorriso gentile, mentre le avvolgeva un braccio intorno alle spalle in un gesto istintivo, parlando distrattamente con Fred.
 Harry, Ron ed Hermione invece chiacchieravano seduti vicino al caminetto acceso, a bassa voce, le teste vicine. Come sempre un po' distanti dal resto del mondo, avvolti nella loro personale bolla.
 Ginny entrò con una tazza di the e la porse all'amica. Un forte profumo di erbe e menta si sparse nell'aria, con un retrogusto di zenzero che solleticò il naso della Corvonero.
 “Per te” sorrise la rossa porgendole la tazza “Ci vuole uno stomaco Weasley ad affrontare queste cene, o molte di queste tisane.”
“Grazie” mormorò l'emoor, ma fece una leggera smorfia a causa del fianco ferito, mentre si allungava a prendere la bevanda.
 George lo notò subito e tolse il braccio dalle sua spalle, prendendo la tazza per lei e porgendogliela con attenzione. Emma sorrise.
 “Come farei senza di te?” lo punzecchiò.
 “È quello che mi chiedo ogni giorno” disse teatrale lui e Ginny alzò gli occhi al cielo e sedette sulla poltrona di fronte a loro, avvolgendosi stretta in un plaid e osservando attenta l'emoor.
 “Tutto bene?” chiese.
 Lo sguardo di Emma si mosse solo per un istante verso il trio dei miracoli, poi tornò sull'amica. Annuì pigramente.
 “Si penso di sì, Gin. Sono solo stanca”
 “Ci credo” intervenne Fred “Remus dice che con il tuo fianco ferito in quel modo dovresti essere a riposo per un paio di giorni, mamma non voleva nemmeno farti scendere a cena.”
 “Sto bene” mormorò l'emoor, tranquilla.
“Oh miseriacca” 

I quattro amici si voltarono verso il trio. Ron si era allontanato leggermente con il busto dagli altri due e guardava torvo l'amico.
 “Sono serio Ron” sibilò Harry, mentre Hermione al suo fianco mordicchiava distrattamente una pellicina sul pollice. 
 “Lo so che sei serio, ma non ancora Malfoy, Harry” disse il rosso, causando nervosismo nell'altro che si sporse di nuovo verso di lui.
 “Ma io sono sicuro” 
“Eri certo che Piton volesse farti fuori e che Sirius fosse all'ufficio...”
 “È diverso” lo fermò Potter “In questo caso abbiamo delle prove...”
 “Ora basta” intervenne Hermione con aria severa, lanciando un'occhiata preoccupata ad Emma e gli altri tre, prima di girarsi di nuovo verso gli amici e abbassare voce.
L'emoor inghiottì saliva e scostò lo sguardo dal trio trovando così gli occhi nocciola di Ginny che la fissavano ancora attenti.
 “Merlino quei tre non possono fare a meno di confabulare” disse Fred, scuotendo il capo.
 “E di ficcarsi in guai e avventure senza di noi.” ribatté George.
 “E sopravvivere sempre in modo creativo”
 “Sempre senza di noi”
“Irriconoscenti”
 L'emoor ridacchiò leggermente, afferrò un biscotto dal basso tavolino di fronte al divano, ma si accorse di non avere fame e lo tenne stretto tra le dita, sbriciolandolo un poco.
“Sicura che sia tutto ok?” insistette Ginny “Perché non sembra”
 “Merlino Ginny, la stai soffocando!” disse Fred esasperato, ma la Corvonero fece un gesto vago con la mano, come a dire che andava tutto bene e si rivolse direttamente all'amica.
Provò a stendere anche un sorriso, ma i lati delle labbra erano contratti come se non fosse più abituata a farlo e le uscì una mezza smorfia arrabbiata.
 “Sto bene Ginny” le disse “Non mento”
 Era una verità solo a metà, perché al di là del fianco dolorante qualcosa scavava con più dolore nel suo petto, qualcosa di più drammatico dello sguardo gelido di Severus. 
Era Draco. La sua fragilità e soprattutto la sua solitudine.
L'emoor si massaggiò le tempie e il braccio di George tornò a stringerla affettuosamente, avvicinandola al suo petto.
 “Starai bene qui con noi” le disse tra i capelli, facendole finalmente sciogliere la sua espressione contratta, che si trasformò in un mezzo sorriso stanco, i polmoni che si riempivano del profumo dei gemelli: pane e polvere da sparo.
Era vero. Lì stava bene.
Lasciò che i due rossi e le loro chiacchiere leggere scendessero come una carezza su di lei. Socchiuse gli occhi, cercando di riposare, ignorando il pulsare del fianco e la paura che le faceva tremare i muscoli. Di tanto in tanto alzava lo sguardo a incontrare quello infuocato di Ginny e ricambiava con accurato distacco, cercando di rassicurarla senza dover dire nulla, senza però davvero riuscirci.

*

Le parole di Nott le vorticavano dolorosamente nella testa con insistenza: doveva prendersi cura di Draco. Subito. Emma trattenne un lamento. 
 La lesione al fianco le bruciava terribilmente e si sentiva esausta, ma strinse con più forza il braccio intorno alla vita di Malfoy, spingendolo contro il lato buono del corpo, mentre cercava di portarlo velocemente fuori di lì.
 La magia nera che impregnava quelle mura, premeva dolorosamente contro la sua ferita e immaginava anche contro quelle di lui, che le arrancava accanto.  
 Non aveva ancora detto una parola, muto e spaventato, ma si era fatto trascinare fuori dalla stanza e ora fuori dal Manor senza opporre resistenza.
 Erano diretti alla serre, come le aveva consigliato Narcissa, ma senza i loro mantelli a coprirli, tremavano entrambi per il freddo e i loro piedi inciampavano nella neve fresca, ma avanzarono comunque per allontanarsi dal maniero.
 L'emoor sconvolta dalla rabbia, si sentiva prudere le mani dalla voglia di prendere la bacchetta e tornare indietro ad affrontare il Mangiamorte, ma il respiro le si mozzò in gola e gocce di sudore le colarono sulla fronte, mentre con le dita arricciate sulla camicia pregiata del biondo, continuava invece ad avanzare verso la meta. Le batteva il cuore in modo doloroso nel petto e sentiva quasi il rumore di quello di Malfoy nel silenzio denso intorno a loro.
 La ragazza lanciò uno sguardo al Serpeverde: Draco sembrava sotto shock, era pallido e lo avvertiva tremare contro di lei. Cercò di aumentare il passo per quanto possibile, ansiosa di metterlo al sicuro e appena furono oltre l'ingresso delle serre, esalarono entrambi un sospiro di sollievo.

*

“Cosa è successo?”
Gli occhi scuri di Ginny la fissavano attenti, analizzando ogni suo movimento ed Emma sospirò piano, perché sapeva che quel momento sarebbe arrivato e che non sarebbe mai bastata la veloce spiegazione data agli amici del motivo per cui era stata portata lì con due giorni di anticipo. Non per Ginny.
“L'ho già raccontato, Gin” tentò debolmente, sbattendo le palpebre per cercare di scacciare l'immagine di Draco dopo la Cruciatus.
 Era in piedi al centro della stanza dell'amica, che conservava sempre l'odore di fiori che la grifona emanava ed era abbellita da foto magiche e poster animati della sua squadra di Quidditch preferita. A Emma era sempre piaciuta la camera di Ginny, era calda e accogliente, la faceva sentire al sicuro.
 “Sì, ti ho sentito raccontarlo, ma a me non basta.” disse con tono pragmatico la rossa “Tu non stai bene, Ems.”
 L'emoor alzò lo sguardo verso di lei, grata di quell'attenzione e vi trovò il volto contratto e determinato dell'amica a fissarla.
 “No, non sto bene.” ammise finalmente e l'altra quasi sospirò di sollievo e le fece cenno di sedersi accanto a lei, coprendo entrambe con il piumino e offrendole un biscotto, che Emma rifiutò.
 Le sembrava che quello che si era sforzata di mangiare poco prima le fosse ancora attaccato in gola, soffocandola.
 “Come ti senti? Come stava Draco?”
 L'emoor umidificò lentamente le labbra e inspirò dal naso, cercando le parole più adatte. Stava lentamente prendendo consapevolezza di quanto grave fosse quel che era successo a Malfoy Manor, di quanto Draco fosse vessato, di quanto lei avesse rischiato, di quanto Severus si fosse esposto ed era spaventata da tutto ciò.
La tortura di Draco, il suo intervento, l'intervento di Severus.
Avevano scoperto le carte. Davanti a tutti. Davanti a Dolohov.
 “
Emma” la chiamò debolmente l'amica e l'emoor si girò verso di lei, gli occhi giganti di paura, ma subito scostò lo sguardo, facendolo girare tutto intorno per recuperare il controllo.
 Indugiò sulle pareti di legno della stanza, che durante il giorno si riempivano del sole, schiarendosi di molto, si fissò su alcuni nodi del legno che nella penombra notturna diventavano volti, cercò una distrazione per non crollare, ma la Grifondoro non le permise di distaccarsi nei suoi pensieri. 
 Si chinò invece verso di lei, in modo tranquillo e rassicurante, afferrandole una mano e stringendola tra le sue.
 “Emma parlami” implorò.
 “Hanno letteralmente torturato Draco davanti a me.” sospirò infine l'emoor e sentì le lacrime invaderle gli occhi, senza pietà “È molto peggio di come pensavo, Gin. Tutto. Non è come la Umbridge a scuola, non bastano dei fuochi d'artificio Weasley per scacciare tutto questo. Non questa volta”
 “Emma...” mormorò l'altra con un respiro spezzato “Raccontami”

*

L'emoor si girò lentamente verso Malfoy, lo fece sedere con attenzione, vicino alla stessa pianta davanti a cui si erano baciati quella che sembrava una vita prima e con la bacchetta cominciò a curare le ferite superficiali. Senza dire nulla.
 Sapeva di non poter usare la magia fuori da Hogwarts, ma dopo il duello e trovandosi al Manor dubitava che il Ministero l'avrebbe trovata.
 Stavano entrambi in silenzio, senza guardarsi negli occhi, uno di fronte all'altra.
 Draco nemmeno reagiva al tocco gentile di lei, anzi, pallido e con le occhiaie visibili, emanava solo una grande sensazione di stanchezza e arrendevolezza.  Emma ignorò la paura, il dolore al fianco e l'agitazione e continuò a curarlo, con attenzione e dolcezza, sfiorandolo appena, lasciandogli il suo spazio.

Ehi.” sussurrò dopo svariati minuti.
 “Ehi” rispose lui, riscuotendosi appena, il tono appena udibile.
 “Se ti togli la camicia ti sistemo anche le altre” provò a dire lei, indicando i punti in cui evidentemente dovevano esserci altre ferite nascoste dal tessuto pregiato, là dove si stavano formando degli aloni rossi.
 Draco ebbe un brevissimo istante di panico e poi scosse la testa con energia. 
 “No, non importa” rispose secco ed Emma non aggiunse nulla. 
 Rimasero per altri interi minuti quasi immobili, distaccati, forse vagamente confusi, ognuno perso nei suoi pensieri.
 Draco Malfoy sembrava spezzato, irrimediabilmente. Gli occhi grigi, color tempesta, tremavano appena. Le labbra erano serrate. C'era qualcosa di tremendamente fragile  e instabile in lui e l'emoor si rese conto che era la prima volta che lo vedeva completamente senza maschere e barriere. Non c'era lo sprezzo che usava sempre come scudo, non il nome Malfoy a proteggerlo, non i suoi modi di fare alteri e sicuri, non il blasone di Serpeverde.
 Era così delicato che Emma temeva di spezzarlo definitivamente anche solo sfiorandolo, ma lei si sentiva così frastagliata d'avere il bisogno di stringersi a lui.
 Rimase quindi a distanza, con un nodo alla gola e sentimenti contrastanti che lottavano tra loro per venire in superficie.
 “Mi sei mancato” ammise infine. Non sorrise. Non fece gesti di affetto.
 Lo disse e basta, una piccola e semplice constatazione.
 E Draco non rispose, ma alzò lo sguardo in quello di lei in maniera timida e fugace e subito dopo chinò il capo e si sporse in avanti per lasciarsi abbracciare, appoggiandosi a lei, arreso.
 L'emoor si stupì in silenzio, senza darlo a vedere e lo accolse tra le sue braccia.
 “Il fatto che tu mi sia mancato non cancella il tuo essere un'idiota” precisò con un ghigno morbido, affondando nel profumo di lui e carezzandogli il capo e le spalle, nel tentativo di confortarlo, godendo del peso leggero della fronte del Serpeverde contro il suo sterno. Sentì un sospiro che interpretò come un sorriso.

*

Ginny la fissava silenziosa. Si erano rintanate sotto le coperte di un unico letto a bere il fondo dei loro the e a sgranocchiare i biscotti.
 Emma sentiva che il peso che portava nel petto dal giorno prima si stava sollevando di un poco e afferrò un biscotto anche lei, mordicchiandone il bordo con aria fragile e distratta.
“Sono felice di essere qui” sussurrò “Non avrei sopportato le pareti del Manor un giorno di più. Quel posto è terribile”
 La Grifondoro annuì comprensiva, preoccupata.
 “È tanto brutta lì?” domandò curiosa ed Emma annuì a sua volta.
 “È la magia nera, Gin. La senti proprio. È qualcosa di diverso. Sai quando arrivi a Hogwarts da Hogsmeade e ti sembra di sentire tutta quella magia, no?”
 “Ho presente.” sussurrò l'amica.
 “Beh, il Manor dà una sensazione simile, ma sembra che quella magia può entrarti dentro e ucciderti”
 Ginny reagì con un lungo silenzio, la fronte leggermente aggrottata.
 “Piton ha detto una cosa simile alla prima lezione di Difesa contro le Arti Oscure quest'anno. Diceva che la magia nera ha la forza di ammaliare e può entrarti nelle vene e intossicarti lentamente, come un veleno, se non sei in grado di gestirla.”
 “È così” ammise Emma “Severus conosce bene quel tipo di magia, la teme e la rispetta. Il suo è un discorso molto sensato.”
 “È andato fuori di testa quando ha visto che Dolohov ti stava quasi cruciando?” chiese la rossa curiosa ed Emma ebbe la fugace visione degli occhi lividi di orrore di Piton mentre entrava nel salone.  Ricordò il terrore che aveva provato nel vederlo quasi perdere il controllo, pensò al modo in cui l'aveva afferrata e spinta all'indietro.
 “Sì, abbastanza fuori di testa.” rispose infine.
 “PP”
 “Che significa?” chiese l'emoor accigliata.
“Un codice per dire Piton Protettivo”
 “Stupida” sorrise l'emoor e Ginny la imitò.
“Ed è vero che Nott Senior ha cercato di aiutarti?” 
Gli occhi di Emma saettarono verso il volto dell'amica, stupita.
“Come lo sai?” chiese senza fiato.
 “Ho sentito Lupin dirlo a Bill” disse Ginny ed Emma scosse il capo con aria molto contrariata.
 “Come pensa di vincere la guerra la Resistenza, se basta origliare a una porta per scoprire i suoi segreti?”
“Merlino, non hai torto” ridacchiò la rossa ed Emma sorrise tra i denti, strofinandosi gli occhi dalla stanchezza.
 Spensero le luci e affondarono sotto le loro coperte, continuando a rimanere nelle stesso letto, come se avessero bisogno della vicinanza dell'altra per affrontare il buio. Hermione non le avrebbe raggiunte, perché dormiva nella stanza di Percy, quindi potevano parlare indisturbate ancora per un poco.
 “Quindi tu e Draco avete chiarito?” domandò Ginny dopo poco e il sorriso dell'emoor si allargò e sospirò per l'ennesima volta, scuotendo la testa arresa.
“Non lo so” ammise.

*

Fuori dalla serra aveva ripreso a nevicare. Attraverso i vetri opachi si notavano appena i fiocchi che, grandi e leggeri, cadevano tutto intorno coprendo il parco e il maniero e rendevano l'aria stranamente ovattata.
 I due ragazzi, una contro l'altro, respiravano piano, quasi all'unisono, godendo di quella parentesi di calma, cercando di ignorare le ferite.
 “Hai passato un bel Natale?” domandò lei, cercando di farlo parlare e lui fece un ghigno amaro in risposta, ritornando seduto eretto.
 “Domanda di riserva O'Shea”

Ok, dov'è il mio regalo di Natale?” chiese lei ironica e gli occhi grigi di lui ebbero un guizzo divertito, ma poi si limitò a fare un sorriso storto. 
 Nessuno dei due aveva fatto un regalo all'altro. Non volevano attirare l'attenzione, non volevano sembrare così legati e il litigio in mezzo aveva peggiorato ogni possibile situazione.
 “È strano” disse Malfoy aspramente, lanciandole un'occhiata obliqua “non mi hai ancora chiesto a cosa sto pensando, perché ti nascondo le cose, cosa non ti voglio raccontare, perché non ti dico cosa sta succedendo...”
 Emma sorrise amara e scrollò le spalle esprimendo indifferenza.
 “Ci perdi solo tu a non dirmi le cose come stanno” gli rispose disinvolta, lasciando il ragazzo piccato e perplesso “Non posso costringerti, Draco.”
 Ci fu un altro lungo silenzio e l'emoor si chiese quanto sarebbe passato prima che venissero a cercarli e distrattamente anche se Severus avesse ucciso o meno Dolohov ed era così persa in quei ragionamenti tesi che sobbalzò quando sentì la mano del ragazzo afferrare la sua.
 “Ti devo delle scuse credo”
 “Confermo, Draco” rispose lei, Malfoy assunse un'espressione imbarazzata e le guance pallide si colorarono di rosa.
 “Scusami”
 “Questo si che è un bel regalo di Natale”
 “Sono un'idiota, vero?”
 “Siamo sulla strada giusta”
 “Un arrogante Serpeverde”
 “Sempre più vicino” sorrise lei e lui si fece stanco e frastagliato.
 “Vorrei davvero poterti raccontare quello che mi ha distratto e impedito di venire alla festa, devi credermi Emma, ma...”
 “... ma non lo farai” chiuse il discorso con semplicità la ragazza, afferrando la mano di lui, ma scostando lo sguardo verso la neve che cadeva.
 Malfoy fece una smorfia assurdamente contratta e lei, senza vederla, rise in risposta, ma c'era qualcosa di amaro in quel suono.

Emma, tu sei davvero...” iniziò il ragazzo con tono stranamente dolce, ma lei scosse il capo, trattenendo le lacrime e lo fermò con un gesto della mano. 
 Non avrebbe potuto reggere altre scuse, altri segreti, altre cure superficiali per ferite che si facevano sempre più profonde.
 “Mi hai fatto sentire un'idiota, lì da sola ad aspettarti” sussurrò invece al Serpeverde, tornando a guardarlo in volto, stringendo appena di più la sua mano tra le proprie “Ci sono stata male, male davvero. Ho creduto che non ti importasse nulla di me, che non fossi abbastanza”
 “Non è così. Lo sai, Mezzosangue” sussurrò Malfoy e lei glissò su quel nomignolo dai molti significati, che per lui erano importanti e che lei non coglieva.
 “Come faccio a saperlo Draco?” disse “Tu non mi dimostri il contrario. Io cerco di farti capire quanto conti per me, quanto sono disposta a mettere in gioco per noi. A te scivola tutto addosso. Ti chiudi a riccio, mentre io vengo ferita. Lo so che le cose sono difficili. Lo vedo. Tutto quello che sta succedendo, ma... Avevo solo voglia di andare a una festa con te, di sentirmi bella e stringerti la mano davanti a tutti. Mi rendo conto che sia una cosa frivola, ma a volte ho paura di desiderarti più di quanto tu desideri me” ammise infine e si sentì più leggera nel farlo, mentre lo guardava di sottecchi, immobile con il capo chino.
 “Nessuno può desiderare qualcuno più di quanto io ti desideri” mormorò lui.
 “Abbiamo un problema di comunicazione allora, Malfoy” ribatté lei nervosamente e il ragazzo si tese, a disagio, prima di tornare a parlare.
 “A dirla tutta è stupido che tu voglia provare a sentirti bella”
 “Perché?” chiese amara l'emoor irrigidendosi, pronta a scattare.
 “Perché tu sei bella. Sei bella sempre.”
 Emma rimase per un attimo interdetta, colpita dalla dolcezza di quelle parole, ma restia a lasciarsi andare. Guardò il biondo per qualche istante, ma poi fece uno sbuffo leggero, sfoderando un'espressione particolarmente triste e scettica. 
 Draco, che la osservava per la prima volta attento, sembrò farsi ancora più fragile e i lineamenti appuntiti si sciolsero appena.
 “Perché sei triste?” chiese il ragazzo.
“Perché non riesco a capirti” rispose lei e non aggiunse nulla, ma il suo silenzio e i suoi occhi lucidi valevano molto più che mille parole. 
 Malfoy nel vederla così ferita sospirò appena e si tirò in piedi, con qualche difficoltà, trattenendo una smorfia di dolore e le prese il volto tra le mani.
 “È solo che non sono abituato a questo” si difese, arrossendo terribilmente e facendo un gesto vago che indicava entrambi “Tutto quello che vivo e vedo tutti i giorni mi ricorda che non dovrei sentirmi come mi sento ora, ma dovrei essere freddo, logico e concentrato. Invece non posso impedirmi di pensarti e di preoccuparmi e di provare tutto quello che provo e mi sento in colpa e mi sento scoperto e ho paura di metterti in pericolo.”
 Sembrava sconvolto per aver espresso quei pensieri ad alta voce ed Emma provò di nuovo quella voglia di confortarlo, di dirgli che non era così, che c'era un futuro ad attenderli, che tutto era questione di scelte, ma desistette.
 Sapeva che Draco non era pronto a sapere di avere delle alternative tra cui scegliere. Sapeva che non avrebbe ceduto alla logica, ma si sarebbe aggrappato piuttosto ad anni di insegnamenti Purosangue che gli erano stati inculcati.
 Ogni persona nel momento di paura cerca il suo porto sicuro e per Draco quel porto sicuro era intessuto nei preconcetti di una società obsoleta che gli era sembrata il meglio possibile per troppo tempo per non poterla considerare.
 A Emma era ormai chiaro che il Serpeverde voleva tenerla all'oscuro per proteggerla, come diceva, ma anche perché voleva che lei rimanesse per lui una relazione pura, qualcosa di lontano dagli intrighi, lontana dalla pesantezza che emanava il Manor, un appiglio in grado a un certo punto di salvarlo da sé stesso.
 L'emoor però sapeva che la sua era una speranza inutile, perché lei non era pura e non poteva salvarlo da sé stesso, ma che anzi, esattamente come lui, ci era dentro fino al collo e anche Draco prima poi, come era successo per Severus, si sarebbe reso conto che lei stava partecipando alla sua stessa battaglia.
 “Sono forte Draco. Lo sai” gli disse, per provare a rassicurarlo.
 “Lo so che lo sei, ma vorrei solo fossi anche al sicuro”
 “Lo so” rispose l'emoor con dolcezza.
Cominciava ad essere certa che Draco fosse dentro quegli intrighi molto più di quanto entrambi avevano sperato, ma ancora una volta mise la parte l'urgenza di avere delle risposte e intrecciò invece le sue dita con quelle di lui, in un muto gesto di supporto. Fronte contro fronte.
 “Possiamo fare pace, O'Shea?” mormorò lui.
 “Pace. Ok.” ribatté l'emoor lentamente.
 “Ok?” chiese il ragazzo, vagamente stupito.
 “Sì, ok”
 “A volte con te le cose sono così semplici”
 “Ci sono molte cose che potrebbero essere più semplici, Malfoy se solo tu lo volessi. Potremmo fare così tante cose insieme...”
 Lui alzò gli occhi grigi verso di lei, una leggera luce di divertimento a bagnarli il viso magro e lo sguardo color tempesta.
 “Merlino, mi devi sgridare ancora a lungo?” sorrise e la baciò.

*

Ginny la fissava nella penombra con gli occhi nocciola ancora sgranati. Le briciole dei biscotti che stava ancora mangiando che le imbrattavano il mento come quello di una bambina.
 “È successo tutto questo?” chiese, masticando lentamente.
 “Già” assentì Emma.
 “Non avrei mai pensato di dirlo, ma mi dispiace per il furetto.”
 “Già.” ripeté di nuovo l'emoor.
 “Quindi non sai ancora cosa sta succedendo, se è un Mangiamorte, o meno, o perché è in pericolo.”
 Emma scosse la testa sconfitta, mordendosi il labbro insicura.
“No. Non lo so. È sempre così distrutto e fragile che mantenere la sua fiducia e la sua calma è difficile. Forse avrei potuto chiederglielo, ma era ferito e avevamo appena fatto pace. Non riuscivo a dirgli semplicemente scusa hai il marchio nero?"
“No, immagino” mormorò l'altra, l'aria corrucciata che assumeva sempre quando pensava a delle soluzioni, senza però trovarle.
 “Dici che capita spesso, che venga torturato?”
 L'emoor ebbe un brivido a quel pensiero e qualcosa di sgradevole le si mosse nel petto, soffocandola. 
 “Non so, Gin” esalò tremante “Draco è spesso sconvolto, ma sta poco al Manor durante l'anno, per ora”
 “Questo è vero. Che situazione”
 Calò il silenzio, sentirono i passi di qualcuno che saliva le scale e dei mormorii, riconobbero Harry e Ron e rimasero immobili fino a quando non furono passati.
 “I Malfoy è un po' come fossero prigionieri nella loro stessa casa, no?” domandò la rossa in un sussurro.
 “In un certo senso sì. Narcissa e Draco non sono completamente al sicuro, ma Severus non ama parlare dell'argomento, quindi non so molto, ma lo posso immaginare. Sai, con Lucius ad Azkaban, Voldemort arrabbiato e tutto il resto...”
 “Merlino” singhiozzò Ginny piena di tensione.
“Come è andata qui?” chiese Emma, sentendosi satura al pensiero del Manor e cercando di cambiare argomento.
 “Bene, il solito. Tutto sommato è stato un bel Natale.”
 “Harry?” buttò lì l'emoor e l'amica arrossì in un modo che le ricordò quando non riusciva a parlare in presenza del Grifondoro. 
“Sta bene. Lui è convinto che Malfoy stia tramando piani diabolici e ti chiederà cose vedrai” rispose la rossa, inghiottendo l'ultimo boccone di biscotto e rannicchiandosi contro di lei. 
 Si abbracciarono in silenzio, sentendosi al sicuro sotto le coperte a godere della calma dell'altra, respiro contro respiro.

*

Erano gli ultimi giorni alla Tana, la neve cadeva interrottamente da almeno tre giorni imbiancando il paesaggio e l'indomani sarebbe arrivata anche Lilith con Fred a godersi un po' la fine delle vacanze, prima di tornare tutti insieme ad Hogwarts.
 Emma era felice di vedere l'amica, anche se trovava strano l'idea di immaginarla tra quelle pareti che per lei erano sempre state della famiglia Weasley e del magico trio. Sebbene infatti Lilith, insieme a James, fosse la persona con cui passava più tempo a scuola, la biondina, esclusa la battaglia al Ministero e qualche rara occasione, non aveva mai davvero avuto a che fare né con Ginny, né con Harry, Ron ed Hermione, ma l'emoor era certa che con la sua  l'energia travolgente, si sarebbe ambientata in un secondo.
 Sorrise tra sé all'idea, mentre scendeva le scale insieme a Ginny per andare ad aiutare Molly ad apparecchiare, con la strana sensazione, come di malinconia, che quelle giornate tranquille, circondata da persone a cui voleva bene, non sarebbero durate a lungo e che sarebbe dovuto passare molto tempo prima di ritrovarle. 
 Fece una smorfia a causa di una fitta alla ferita sul fianco, respirò a fondo, cercando di scacciare i brutti pensieri e stirò un sorriso sincero, anche se stanco, per salutare gli altri, mentre Hermione le veniva incontro con dei piatti da distribuire.
 “Eccovi qui, dove eravate finite?” chiese la grifona.
 “Probabilmente cercavano di evitare di farsi schiavizzare da mamma” intervenne Ron, contraendo il volto lentigginoso.
 Emma guardò le teste rosse dei suoi amici, quella corvina di Harry e quella arruffata di Hermione e si rese conto che voleva un gran bene a tutti loro, persino a Ron, con cui si accapigliava sempre.
 Il suo sguardo corse con maggiore affetto su Ginny e George, seduto sul divano, ma tornò poi subito agli altri presenti, facendole tremare il cuore di affetto per un breve momento.
“Ginny mi ha detto che non avete ancora iniziato il ripasso.” intervenne Hermione, interrompendo i suoi pensieri.
“Come?” 
 “I GUFO, Emma.” esalò l'altra “Come fate a non pensarci? Non siete per nulla preoccupate, ma è l'anno dei GUFO per voi.”
 “Oh, giusto. Certo.” mormorò l'emoor, finendo di apparecchiare.
I GUFO. Una preoccupazione così piccola, così normale.
 “Mione, lasciale stare” intervenne Ron “Non angosciarle”
 “Ronald solo perché tu...”
 “Ron ha avuto i suoi GUFO e li avranno anche Emma e Ginny” intervenne Harry con tono gentile, prima di sistemarsi gli occhiali e posare le mani sulle spalle dell'amica, con fare rassicurante.
 Hermione si distese un poco a quel tocco ed Emma sorrise sotto i baffi nel vedere la buffa espressione esasperata di Ron.
 “Prometto di impegnarmi Mione.” ribatté Ginny.
 “Anche io” confermò l'emoor e gli occhi della grifona saettarono su di entrambe, addolcendosi appena
“Oh, lo so che siete parecchio responsabili, tutte e due, scusatemi. È che sono sempre stata abituata a questi qua”
“Ehi” disse Ron, fintamente offeso, mentre Hermione roteava teatralmente gli occhi. Emma e Ginny ridacchiarono e il rosso borbottò che avrebbero anche potuto difenderlo visto che lui era intervenuto per loro, quindi la sorella lo abbracciò allegra in risposta, Ron arrossì ed Hermione si fece sfuggire un sorriso divertito. L'emoor si fermò ad osservarli in una nuova ondata d'affetto, poi il suo sguardo scivolò su Harry.
 Gli occhi verdi del ragazzo erano come sempre distratti. Sembrava pensare continuamente a qualcosa di molto importante. Emma osservò il fisico smilzo e il maglione troppo grande, fino a quando il Grifondoro non alzò lo sguardo e le sorrise. Lei ricambiò.
In quei giorni alla Tana contro ogni previsione l'emoor si era affezionata a Ron e il suo sorriso largo e infantile e già voleva bene a Ginny, i gemelli ed Hermione: Harry era più un'incognita per lei. 
 In realtà lei e il ragazzo non erano così amici, condividevano gli incubi e avevano vissuto insieme momenti cruciali, ma non avevano mai riso insieme, né avevano mai passato del tempo solo per divertirsi e non si erano mai confidati nulla, anzi tenevano un pacato distacco tra loro, pieno di timore e curiosità. 
Eppure l'emoor sentiva di volergli bene. Davvero. E non solo. Quell'istintiva necessità che la spingeva a proteggerlo e quella sensazione tiepida sottile di conoscerlo da sempre, sembrava acuirsi man mano che passavano più tempo nella stessa stanza.
 Emma distolse lo sguardo, il sorriso che ancora aleggiava sulle labbra, le solite domande sul legame tra lei e il ragazzo che le cozzavano nella testa e volò con il pensiero a Severus. 
 Il volto teso e preoccupato del tutore, quella maschera che indossava sempre e che quanto pareva non era l'unico ad avere, erano, in quei giorni, un pensiero costante e tormentato dell'emoor.
Ragionava spesso, con tutto il distacco possibile, sulla situazione che c'era al Manor e pensava a Narcissa e i suoi timori espressi, a Nott che distillava veleni nelle segrete per amore del figlio, probabilmente ingrato, a Draco, a quella stanchezza così adulta che si era attaccata addosso ai suoi lineamenti spigolosi e che lo faceva sembrare sempre meno il sarcastico e borioso biondo Serpeverde che Hogwarts aveva conosciuto. Emma pensava sempre a quella guerra silenziosa che tutti loro stavano affrontando senza quasi rendersene conto e sospirò appena, strofinandosi gli occhi stanchi. 
 Un attimo dopo sentì le braccia di qualcuno avvolgersi intorno a lei e alzando lo sguardo trovo George e il solito tepore istantaneo che il gemello le passava ad ogni stretta, che si irradiava tra loro.
“Un galeone per i tuoi pensieri” sorrise e lei scosse appena il capo.
 “Nulla di che, George”
 “Eddai” insistette il ragazzo “Non mentirmi O'Shea”
 “Davvero. Nulla in particolare. Stavo solo pensando a quel che ci aspetta. Sai tutte le possibilità che abbiamo. La guerra...”
 “Non pensarci.” la fermò subito lui, strofinandole le spalle con i pollici, in piccoli movimenti circolari “Quel che ci aspetta, ci sta aspettando comunque ed un problema dei futuri noi.”
 L'emoor ridacchiò a quell'affermazione e inclinò il capo per studiarlo, perdendosi nei disegni che facevano le sue lentiggini. 
 “E quale sarebbe il problema dei noi attuali?”
 George parve pensarci un attimo, strinse con dolcezza la presa su di lei e la guidò verso il cortile, lontano dagli sguardi di tutti gli altri. 
 Il freddo di gennaio si avvolse intorno alle loro caviglie. C'era una stellata meravigliosa. La neve non cadeva più, ma aveva coperto di un soffice biancore tutti i prati intorno.
 “Il mio problema attuale è come spenderò tutti i Galeoni che sto guadagnando.” sorrise il gemello.
 “Il negozio di scherzi quindi va bene” disse Emma in un sussurro.
 “Molto bene. Tanto bene in realtà che forse potrei farmi una tinta permanente biondo platino, mi donerebbe?”
“Idiota.” rise lei, scuotendo appena il capo “E il mio problema? Quale sarebbe?”
 “Tu hai tanti problemi, Ems: il furetto platinato, il pipistrello e la tua sindrome da crocerossina, quegli altri tre Serpeverde con cui hai miscelato il tuo sangue, Harry Potter attira guai e...”
 “E i GUFO” disse l'emoor.
“Sì, beh” sorrise sghembo George “i GUFO sarebbero un piccolo problema, ma Hermione Granger arrabbiata è un grosso problema, quindi mettilo pure nella lista.”
“Tu non ti metti nella lista?” chiosò lei.
 “Affatto, giovane O'Shea. Io per te non sarò mai un problema, solo una soluzione” ammiccò lui ed Emma gli sorrise con dolce condiscendenza e si lasciò avvolgere dal suo abbraccio.
 Alzarono entrambi lo sguardo verso il cielo stellato, in silenzio, senza aggiungere più nessuno scherno, ma riempiendo l'aria della condensa dei loro respiri. L'emoor sapeva che quello era il modo di George di preoccuparsi per lei e amava il fatto che ci fosse ancora qualcuno disposto a farlo sorridendo.
 “Sto bene” sussurrò infatti, in risposta a una domanda mai fatta e George annuì, stringendola appena più forte, con un debole sorriso.
“Lo so. Sei forte”
 “A volte temo di non esserlo abbastanza”
“Per questo ci sono Lilith e James e tutti i tuoi amici, il furetto, il pipistrello e tutti gli altri” sorrise il ragazzo “Soprattutto per questo ci sono io. Per aiutarti quando sarai al limite.”
 Emma sentì la commozione lambirle le ciglia, ma prese un respiro e semplicemente sorrise, ancora stretta tra le braccia di George.
 Dall'interno della Tana arrivò la risata forte di Ron, seguita da uno strillo acuto di Ginny e poi le grida della signora Weasley e poi altre risate ancora. Si sentivano i mormorii dei giochi e della serenità.
Stavano bene. Stavano tutti bene.


*Angolo Autrice*

Ciao lettori! 
Eccomi qui con il nuovo capitolo. 
Il titolo è davvero importante, si scoprono gli altarini, i dolori e le posizioni di tutte le parte, le fragilità e i punti di forza.
Questo è un momento molto oscuro e denso, senza nemmeno avere Voldemort presente e soprattutto è un capitolo riscritto di recente a cui sono particolarmente legata per le sue tinte amare e la tensione. Emma per la prima volta deve davvero essere l'ago della bilancia e non per piccole scaramucce tra studenti o per la sua relazione con Draco, non sta solo cercando di capire quale sia il suo ruolo, o glissando in una situazione potenzialmente scomoda, ma si trova realmente incuneata tra il dover scegliere se reagire o meno e ovviamente, forse anche per il sangue che le scorre nelle vene non può  semplicemente lasciare che Malfoy venga torturato davanti a sé. 

Emma si espone, Severus si espone e tutto diventa incredibilmente fragile.

Per punti:

. Ho usato flashback e racconto alternati per confondervi e cercare di togliervi più il fiato. Spero di esserci riuscita e che vi sia piaciuta la struttura.
. è stato difficile rendere pienamente la preoccupazione di Severus senza farlo uscire mai dal personaggio, ma credo di esserci riuscita abbastanza bene, ho cercato di visualizzare quale sarebbe stata la sua reazione, senza distruggere però la sua maschera. 
. Ho voluto dare ad Emma un pezzo di Severus (la sciarpa), per unirli ancora di più in previsione dei duri colpi che prenderanno in futuro.
. Penso che sia importante rendersi conto quanto l'emoor stia diventando consapevole dei suoi poteri. Sa perfettamente di poter battere Dolohov e si difende egregiamente, ovviamente non è infallibile, come si può vedere dalla sua ferita, ma estremamente pericolosa.
. Mi piace rendere la Tana un posto felice anche quando la tensione è evidente. Ho cercato di usare George, Ginny, ma anche Remus e Bill come cuscini al dolore dell'emoor. Ginny la capisce con uno sguardo, George sa come farla sorridere, mentre Remus lo vedo sempre come un Severus 'più morbido'.
. Anche se alcuni personaggi come Remus e Ginny si rendono conto della condizione di Malfoy, ho cercato di sottolineare come Harry non voglia assolutamente cedere ai suoi dubbi e sia fermo sulla sua opinione, ma che questo non intacca la sensazione immotivata di affetto che la ragazza prova per lui.
. Ammetto di adorare la relazione tra Remus e l'emoor, la trovo affettuosa ed equilibrata.
. è stato molto difficile immaginare la tortura di Draco, penso che l'apatia e la depressione siano dei temi delicati e credo che Malfoy, sempre coccolato e viziato e improvvisamente prigioniero in casa sua e immerso nell'orrore, abbia sofferto di entrambe. Il non reagire nemmeno al dolore è terribile. Volevo che per Emma fosse davvero difficile vederlo così. E che la loro riconnessione fosse motivata da qualcosa di forte.
. Le scene alla Tana sono anche un'ultima isola felice. Il momento delicato e leggero di George ed Emma, che guardano le stelle e senza dirselo si preoccupano l'un per l'altra, è un momento di svolta. Mi sento di dire che le cose rotoleranno via sempre di più, andando in malora. 

Fatemi sapere cosa ne pensate. 
I vostri appunti sono sempre così utili ad aggiustare il tiro della storia. 
L'ultimo capitolo pensavo non vi sarebbe piaciuto, invece ha riscosso successo. 
Grazie a tutti i lettori, silenziosi e non. 
Con affetto.
vi


Ritorna all'indice


Capitolo 41
*** Anima e Sangue ***


.Anima e Sangue.




“Dieci punti a Corvonero” annunciò con un sorriso Lumacorno, guardando compiaciuto Emma. 
 L'emoor esultò tra sé per quel premio: aveva appena concluso con successo una delle lezioni più soddisfacenti dell'anno.
 “Ma come fai?” le sussurrò stupita Lilith, guardando la pozione liquida e cangiante dell'amica, ben diversa dalla propria, che sfoggiava un intenso colore violetto e una preoccupante densità. 
 Emma scrollò le spalle in risposta e sorrise allegra, notando che nemmeno James, di solito piuttosto efficace nella materia, era stato in grado di ottenere un risultato altrettanto avanzato come il suo.

  Era un periodo davvero positivo per lei ad Hogwarts. Finalmente.
In una sola settimana aveva fatto guadagnare sessanta punti a Corvonero, rispondendo in maniera precisa sia alle numerose domande di Vitious, che a quelle di Lumacorno, non senza una buona soddisfazione e un po' di compiacimento, che Severus sicuramente avrebbe considerato da perfetta serpe, e ottenendo anche l'ammirazione incondizionata dei suoi compagni di Casa.
 Persino la McGranitt, di solito piuttosto rigida e ingenerosa nel dare punti, durante l'ultima lezione di Trasfigurazione, che non era una delle materie in cui Emma andava meglio, le aveva fatto un minuscolo cenno di apprezzamento e assegnato cinque punti per aver eseguito un perfetto tema sulle trasfigurazioni umane.
Tornata ad Hogwarts da qualche settimana, dopo aver passato alcune piacevoli giornate alla Tana, anche in compagnia di Lilith, l'emoor, per qualche motivo, sembrava risplendere di luce propria.
 Forse erano gli incubi meno intensi, forse era l'effetto di rivedere quelle amate pareti, Emma non lo sapeva, ma era di ottimo umore e aveva deciso di approfittarne per dare peso e spazio allo studio.
 Come Hermione non aveva mancato di far notare loro in continuazione, i GUFO erano importanti ed Emma si era ritrovata a pensare spesso ai suoi genitori: Lydia e Alan. Sapeva che i due sarebbero stati così orgogliosi che la loro unica figlia andasse bene nei suoi esami e quindi, in un muto tentativo di renderli felici come se fossero ancora in vita, si era data da fare.
 Di preoccupazioni, in fondo, in quel momento ne aveva poche.
 Gli incubi erano stati straordinariamente rari dal suo ritorno a scuola, vedeva spesso Severus, improvvisamente più tranquillo ora che erano di nuovo tra le mura del castello e passava molto tempo con i suoi amici. Inoltre gli emoor, forse anche grazie alle informazioni aggiuntive date da Emma dopo la lezione con Silente, erano meno accigliati del solito e più inclini a passare il tempo insieme serenamente e James e Lilith, a pari passo con l'umore della loro amica sembravano positivi e pieni di energia.
Persino Ginny, che si era finalmente lasciata con Dean, ritrovando il buonumore, era particolarmente raggiante in quei giorni.

Emma si caricò i libri in spalla e uscì insieme a Lilith e James dall'aula di Pozioni dirigendosi verso la torre Corvonero. 
Stavano parlando animatamente del compito affidato da Piton quella mattina, che si era rivelato piuttosto complesso, quando Harry li intercettò, correndo nella loro direzione.
 “Emma!” la chiamò il ragazzo con un sorriso.
Lei si voltò verso di lui, mettendo a fuoco quell'espressione allegra particolarmente inattesa e corrugò perplessa la fronte. 
 “Harry”
 “James, Lilith” ribatté lui, salutando gli altri.
 “Potter” disse Lilith con distacco “Qual buon vento?”
 “Oh ecco...” iniziò a balbettare, con un vago rossore sulle guance, la mano a scompigliasi i capelli “Devo parlare con Emma.”
 Le sopracciglia dell'emoor scattarono verso l'alto aumentando lo stupore sul suo volto, ma fece un lieve cenno di assenso.
 “Ti aspettiamo in torre allora” disse velocemente James, rivolto verso di lei “D'accordo?” 
 Emma sentì distintamente che l'amico la stava studiando, per sapere probabilmente se per lei andava bene parlare da sola con Potter e fece di nuovo un leggero cenno di assenso per tranquillizzarlo. 
I due amici si allontanarono a passo lento lungo il corridoio, ma James si voltò un paio di volte a controllare che fosse tutto ok.
“Lezione con Silente” spiegò Harry appena rimasero da soli “ti aspetta martedì alle dieci di sera nel suo ufficio.”
 “Oh, grazie. Come stanno andando le tue?” chiese l'emoor, provando un vago sollievo nel sapere il motivo per cui il ragazzo le stava, dopo mesi ad averla ignorata, rivolgendole la parola.
 “Vanno bene” rispose, ancora con quella strana allegria vagamente forzata “Un sacco di cose interessanti in realtà”.
 Emma sorrise di nuovo, senza sapere cosa aggiungere e ci fu un leggero silenzio velato di imbarazzo, durante il quale l'emoor dondolò sui talloni indecisa, sfoggiando il suo miglior sorriso di circostanza mentre si preparava ad allontanarsi con una qualche  scusa. Le sue conversazioni con il Grifondoro di solito, in fondo, erano straordinariamente brevi e rimase quindi perplessa quando il ragazzo si mise a camminare accanto a lei.

“Come stai?” chiese gentilmente “A parte Silente”
“Bene, grazie” rispose lei, dimenticandosi di chiedere e tu? come sarebbe stato più cortese fare, ma troppo intenta a chiedersi come mai Harry, di solito schivo, stesse tentando di fare conversazione.
“Senti...” riprese il Grifondoro “So che insieme ne abbiamo passate tante, ma non ci siamo mai presi un momento per discutere e capire qualcosa del nostro legame... Mi dispiace”
 “Non ti è mai importato molto Harry.”
 “Lo so. Lo so.” esalò lui con evidente imbarazzo “Ma credo che sia importante che parliamo. Voglio dire, tra noi”
 Emma gli lanciò un'occhiata, mettendosi sulla difensiva e subito pentendosene. Aveva cercato a lungo un dialogo con il ragazzo, ma lui era sempre sfuggito, ora che finalmente stava facendo un passo avanti sarebbe stato codardo da parte sua ignorarlo.
 “Beh” masticò lentamente tra le labbra, studiandolo attentamente “per questo ci sarà una lezione insieme con Silente, no?”
 “Sì, quelle serviranno sicuro, ma io parlavo in generale”
L'emoor si fermò in mezzo al corridoio ad osservarlo, attenta, incredula per quell'improvvisa apertura nei suoi confronti.
 “Stai cercando di fare amicizia, Potter?” lo prese bonariamente in giro e lui fece una smorfia buffa e contratta. 
 “Noi siamo già amici, no?” 
C'era una tale goffa dolcezza nelle sue parole che Emma si fece sfuggire un sorriso sincero, per un istante. Gli credette.
 “Per me sì, Potter. Sei tu che di solito mi eviti e hai problemi altalenanti di fiducia nei miei confronti”
 “Hai ragione su questo, sono un'idiota, ti chiedo scusa”
 La Corvonero inarcò appena un sopracciglio, stringendo leggermente gli occhi. Harry aveva un rossore sempre più diffuso sulle guance e sembrava a disagio.
“Non mi era mai capitato di ricevere delle scuse da un ragazzo senza dover insistere per giorni.” chiosò lei, con un mezzo sorriso composto “Cosa mi stai nascondendo, Potter?"
 Il grifone in risposta ridacchiò nervosamente, prima di fare un grosso respiro e riprendere a parlare velocemente.
 “Ho discusso della cosa con Lupin in realtà e lui ha una grande fiducia in te ed Hermione ti difende a bacchetta spiegata e sai...”
 “... meglio non contraddirla” concluse Emma sorridendo.
Un tepore vago la fece rilassare e abbassare la guardia, dicendosi che forse Harry voleva davvero solo parlare con lei, finalmente: senza doppi fini, senza cercare risposte tra le righe. 
Emma si sentiva stranamente a suo agio con lui, come se si conoscessero da sempre, abbastanza rilassata da credergli. Era una sensazione che aveva già provato e che la fece avvicinare a lui di un passo, riprendendo a camminare lungo il corridoio.
Per quanto quella fosse, decisamente, la prima vera conversazione che affrontavano, a entrambi venne normale sorridere e i loro corpi si mossero vicini con tranquillità e senza tensioni. Ora che lo stavano facendo, comunicare tra loro era incredibilmente semplice.
Parlarono del più e del meno, tranquillamente ed Emma si rese conto che essere con Harry accanto era un po' come stare tra le pareti tiepide e sicure di Spinner's End, come essere avvolti da qualcosa di calmo e conosciuto.
 “Quindi scuse accettate, Potter. Ora abbiamo parlato e siamo amici. Dovevi chiedermi qualcosa in particolare?” chiese dopo un po', convinta che lui avrebbe scosso la testa con un sorriso.
 Una reazione del genere le avrebbe fatto credere che lei e Potter stessero avendo un confronto sano, che finalmente erano sulla stessa linea d'onda, ma il ragazzo si sistemò gli occhiali e tentennò prima di parlare, mettendo in allarme i sensi dell'emoor.
“In realtà...” iniziò “si tratta di Malfoy”
 Emma sentì un peso premerle le tempie e si mise sulla difensiva. Il suo sguardo si raffreddò all'istante e strinse la mandibola, scrutando il ragazzo di fronte a lei con una tale ferocia che quasi Harry fece un passo indietro.
 “Cosa c'entra Malfoy?”
“No ecco, nessun problema.” balbettò lui, scivolando leggermente più lontano, gli occhi sgranati, come avesse compreso il suo passo falso “Io ho capito, ecco, che lui tiene a te.”
 Emma rimase in silenzio, appoggiò i libri sul muretto accanto, si mise con le braccia conserte in una perfetta copia di Hermione Granger e rimase a fissarlo in attesa che continuasse.
 “Continua Potter”
“Ecco... l'ho visto sciupato ultimamente, mi chiedevo se stesse bene”
 “Da quando ti preoccupi della salute di Draco?”
Lui rimase colpevolmente in silenzio e questo esasperò la ragazza.
“Forza Harry, sei un ragazzo intelligente e coraggioso dicono, dimmi quello che volevi davvero chiedermi”
 Il Grifondoro la guardò ed Emma ebbe la percezione che stesse scegliendo le parole adatte per non ferirla. Questo in parte la intenerì, ma subito si chiese se non stesse usando quell'attenzione solo per ottenere la risposta che cercava e qualcosa di teso tremò nel suo sguardo. Emma poteva essere pericolosa ed Harry stava mettendo alla prova la sua proverbiale fortuna a sopravvivere.
 “Io penso che lui sia un Mangiamorte.” sussurrò il Grifondoro.
 “Ok, vai avanti” rispose secca l'emoor e lui la guardò sinceramente confuso, alzando di scatto la testa verso di lei.
 “In che senso vai avanti?”
“Pensi che lui sia un Mangiamorte quindi?”
Il volto di Potter era visibilmente illuminato dall'incertezza.
“In che senso quindi? Un Mangiamorte Emma!” esclamò.
“Ho capito Harry” disse gelida, gli occhi ridotti a fessure “e io ti ho chiesto: un Mangiamorte, quindi? Cosa vuoi fare? Che piano hai?”
 “Beh se lo fosse dobbiamo fermarlo!”
 Ci fu un momento di silenzio perplesso, in cui l'emoor schiuse le labbra per lo stupore e fece un passo indietro, squadrando il ragazzo che aveva di fronte come se fosse completamente impazzito, ma poi lei assunse un'aria dura e ferma e fece schioccare la lingua.
Dobbiamo, Potter?” chiese con un tono di voce più acido di quello che avrebbe voluto “Noi non dobbiamo fermare proprio nessuno. Ha ragione Severus: tu vuoi ficcarti solo nei guai e fare l'eroe”
“Questo non è vero” rispose offeso lui, le guance arrossate.
“E allora non essere idiota!” sbottò Emma con rabbia “Non spetta a noi e lo sai. Se Draco fosse un Mangiamorte ne parlerei prima con lui e gli proporrei di chiedere aiuto a Silente, o a Severus, o a un adulto responsabile. Non cercherei certo di fermarlo io”
 “Tu non lo sai? Se lo è intendo” insistette il Grifondoro, titubante.
 “NO” rispose lei nervosamente.
 “Ma state insieme! Come può mentirti su questo!” gridò il ragazzo e l'emoor sbatté le ciglia confusa da quella reazione.
 “Draco non mi sta mentendo” disse asciutta come a chiudere la questione “non gliel'ho mai chiesto, non ne abbiamo mai parlato”
 “E cosa aspetti? Che razza di modo è di stare insieme?”
 Le guance di Emma si fecero paonazze mentre l'offesa le sgretolava la smorfia contratta, pugnalandola direttamente nel petto.
 Lei era anni che lottava, esattamente come Harry e come Harry era orfana, afflitta da dolori, incubi e visioni e sempre come Harry aveva una profezia che pendeva sulla sua testa. 
 Era anni che nonostante questo parlava con tutti i fronti, agiva in maniera lucida, cercava sempre la mezza misura.
Ogni volta, ogni singola volta, che era finita in qualche guaio era sempre stata colpa di Potter e lei era stanca del suo inconsapevole voler fare l'eroe e anche della sua arroganza. 
Aveva cercato un confronto con lui dal giorno zero, si era resa disponibile, comprensiva, l'aveva difeso, aveva rischiato per lui in più momenti e ora lui saltava fuori dal nulla, dopo averla sempre evitata e cercava di insegnarle come doveva, o non doveva comportarsi con Draco.
 L'emoor serrò le labbra piena di disappunto in un'espressione che, al ragazzo che la guardava, ricordò tremendamente Severus Piton.
 “Io e Draco non stiamo propriamente insieme. È complicato” sibilò  nervosamente “e comunque quello che io e lui ci diciamo non è certo affar tuo, Potter.”
 “Non avviseresti me? Non avviseresti Hermione?”
“Non vedo perché dovrei. Correrei da Severus e da Silente.”
“Silente non ci crede.” ribatté lui piccato, gli occhi verde chiaro lampeggianti di rabbia dietro gli occhiali tondi.
 “E tu non credi a Silente?” lo pungolò lei, fissandolo con sfida.
Harry sembrò sul punto di ribattere, ma alla fine sospirò affranto, di nuovo imbarazzato e senza argomenti.
 “Credevo che tu fossi dalla nostra parte” mormorò, in un ultimo tentativo di smuoverla ed Emma si sentì ferire ancor più nel profondo nel cuore da quell'affermazione e una volta di più la delusione la fece tremare.
 Alzò lo sguardo verso il ragazzo. Aveva già avuto modo di notare come Harry fosse cresciuto in quegli anni. Non era più il ragazzino dinoccolato e sperso che le aveva mostrato per la prima volta Ginny Weasley. I capelli neri arruffati erano quelli di sempre, così come lo sguardo verde e distratto, ma era la sua espressione, concentrata e contratta, la cosa che più si era modificata.
Ora era diventata una smorfia matura, dura, scavata dalla preoccupazione. C'era così tanto dolore che condividevano che sarebbe bastato a legarli per sempre, eppure non erano in grado di affrontare con equilibrio una semplice conversazione.
 L'emoor placò la sua rabbia e si avvicinò lui obbligandosi a stendere un sorriso tremolante, mentre racimolava le parole da dire.
“Harry.” sussurrò “Io provo ad essere dalla parte di ciò che è giusto. Non permetterei mai che Draco possa farvi del male, ma in questo momento tutto è estremamente delicato. Se lui fosse davvero un Mangiamorte me lo dirà e io sicuramente avviserò le persone che devono essere avvisate, ma per favore, tieni presente che non tutto è sempre e solo nelle nostre mani”
 Il Grifondoro chinò la testa sconfortato e nervoso.  L'emoor gli si avvicinò di un altro passo e gli strinse brevemente la spalla in conforto, come faceva sempre Piton con lei, fino a quando il ragazzo non alzò il capo solo per fargli un piccolo sorriso.
“Non so come fai a stare con lui onestamente. Tu sei così... così giusta. Malfoy invece è ...”
 “Draco ha i suoi pregi e i suoi difetti” disse semplicemente Emma, interrompendolo “e tu non sei proprio la persona da cui vorrei dei consigli in materia di cuore e amore, Harry.”
 Il ragazzo fece un'espressione vagamente stupita. 
“Cosa intendi?”
 “Mah, non so” soffiò lei in un mezzo sorriso “Cosa ne pensi se ti dicessi che dovresti muoverti a invitare Ginny Weasley a uscire?”

*

Emma camminava velocemente nei corridoi del castello, diretta in infermeria. Era persa nei suoi pensieri e la borsa carica di libri le batteva ritmica sulla sua gamba destra.
Nell'ultimo mese, dopo le vacanze di Natale e gli eventi del Manor, tra lei e Draco sembrava essersi instaurato un precario equilibrio, o per lo meno, il ragazzo si era assicurato di prenderla per mano di fronte a Pansy, mettendo a tacere quindi le malelingue e dando a entrambi un po' di sollievo, ma a parte quel gesto studiato, c'era stato poco altro e le parole di Potter e i sussurri malevoli che si aggiravano a scuola la stavano estenuando.
 Lei e il Serpeverde si vedevano raramente e quando accadeva lui spesso era sfuggente, anzi evanescente. Le gite ad Hogsmeade, dopo l'attacco a Katie, erano state cancellate e senza il corso di Pozioni in comune, le occasioni di incontrarsi senza che tutta la scuola lo notasse erano ridotte all'osso. Malfoy per altro, a dispetto del suo carattere borioso e in cerca costante di adulazione, sembrava, per la prima volta, metterci tutto sé stesso per non dare nell'occhio e questo implicava non attirare di nuovo l'attenzione su di loro.
 Si ritagliavano quindi momenti insieme in modo creativo. Draco la sorprendeva senza che lei potesse prevederlo, a volte semplicemente appariva alle sue spalle in un corridoio deserto e afferrando la sua mano la portava di fretta in un posto tranquillo, spesso al lago nero. 
 Oppure le mandava un gufo solo per chiederle di studiare insieme, o di vedersi alla torre di Astronomia e passavano quei momenti quasi sempre in silenzio, le teste vicine chine sullo stesso libro, i respiri coordinati.
 Emma aveva smesso di fare domande e cercava di essere un muto supporto, in attesa che Draco fosse pronto ad aprirsi. Provava a non pensare allo sguardo vuoto e arreso che il ragazzo aveva avuto di fronte a Dolohov, era semplicemente presente e Malfoy, in cambio, aveva abbassato qualche barriera e mostrava senza timore il sincero sollievo che sembrava invaderlo ogni volta che vedeva la ragazza.
In qualche modo, stavano bene insieme.

Eppure, quando Ginny aveva raccontato all'emoor che Ron era stato avvelenato, il malumore era tornato a stringerle il petto e tutti i ragionamenti, i pensieri e le supposizioni fatti su Draco e il suo destino, in particolare la possibilità che potesse portare il marchio, erano tornati pressanti, spaesandola.
 C'erano troppe cose in comune tra l'avvelenamento di Ron e l'attacco di Katie, per cui Potter aveva dato la colpa proprio al Serpeverde. In entrambi i casi la vittima non sembrava essere quella designata, in entrambi i casi l'attacco non era stato fortunatamente mortale e in entrambi casi era previsto un oggetto.
 Emma fece un grosso respiro, scendendo un'altra rampa di scale, mentre ragionava velocemente, strutturando i corridoi e gli scaffali della sua mente in modo da far scivolare il biondo appena più in fondo nei suoi pensieri.
 Non era ancora riuscita a vederlo dopo la notizia di Ron. Non si era presentato in biblioteca come avrebbe dovuto e quando agitata, era andata a cercarlo aveva trovato solo Blaise Zabini ad aspettarla fuori dalla Sala Comune di Serpeverde, le braccia incrociate sull'ampio petto, l'aria corrucciata e il ghigno appena accennato.

*

Draco non sta bene” disse il Serpeverde, vedendola arrivare e c'era una punta di amarezza nel tono soffice delle sue parole.
 “In che senso, non sta bene?” chiese l'emoor, aggrottando la fronte “E non poteva avvisarmi soprattutto?”
 “Ti sta avvisando: tramite me.” ribatté l'altro con aria tranquilla.
 “Zabini, sono dovuta venire io fin qua, mi stavi semplicemente aspettando, non avvisando in qualche modo”
 “Perché sapevo che saresti venuta” rispose lui con un ghigno leggero, scoprendo i denti perfettamente bianchi “Minimo sforzo, massima resa”
L'emoor alzò gli occhi al cielo ispirando bruscamente dal naso e nello stesso momento due piccoli Serpeverde uscirono dal dormitorio, rimasero a fissare un secondo la curiosa coppia, prima che Blaise chiedesse loro di andarsene, con il tono più elegante e allo stesso tempo perentorio che l'emoor avesse mai sentito. 
 “Quando dici che sta male cosa intendi?” chiese Emma al ragazzo e dovette piegare leggermente il capo all'indietro, per poterlo guardare in volto.
 “Intendo che sta male nell'unico senso possibile. È immobile nel suo letto, fissa il soffitto ed è simile a uno straccio da ore. Potrebbe aver pianto. Non mi parla.”
 L'emoor strinse le labbra con disappunto, il panico che le pungolava lo sterno.
 “Blaise, lo stai proteggendo?”
 “Cosa intendi, Ems? Proteggo la pellaccia di Malfoy da che ho memoria”
 “Mi stai nascondendo qualcosa? Sai perché non sta bene?”
 Lo sguardo di lei era carico di tensione e qualcosa nel suo fervore intenerì Zabini probabilmente, che rese più dolce il suo ghigno.
 “No, Ems. Te l'ho detto, Draco non mi parla.”
 “Non di quello che vorremmo noi”
 “Esattamente. È testardo”
 “Ma tu sei preoccupato.”
 Non era una domanda e gli occhi chiari e obliqui del ragazzo saettarono sul volto di lei, studiandola attentamente.
 “Sì, sono preoccupato.” ammise.
 L'emoor annuì solo una volta, lentamente e poi strinse leggermente il braccio del ragazzo in segno di supporto, prima di allontanarsi.
 “Grazie Blaise.”

*

Emma spinse la porta ed entrò nell'infermeria. La stanza era deserta all'infuori del letto occupato dal Grifondoro. Si avvicinò cauta, trovandolo addormentato. Incerta su come procedere, rimase per qualche secondo a guardarlo. Non era abituata a lui da solo.
La conoscenza tra loro era iniziata con il piede sbagliato e non erano mai riusciti davvero a risolvere. Eppure il volto del rosso era presente in tanti suoi ricordi e bei momenti, soprattutto alla Tana e proprio durante quelle vacanze di Natale si erano quasi avvicinati, o almeno, avevano reso sopportabile la presenza dell'altro. 
 Emma non aveva mai considerato Ron come un amico, ma sempre e solo come il fratello di Ginny, il prolungamento di Harry Potter e sicuramente la cotta segreta di Hermione Granger, ma non si era mai fatta un'idea vera e propria di lui a riguardo e non aveva davvero idea di che genere di ragazzo fosse ad Hogwarts.
 Sapeva che era testardo come il miglior Grifondoro, che era divertente quando voleva e che era un discreto giocatore di Quidditch. Dai racconti di Hermione si era fatta l'idea che fosse un amico leale, ma goffo ad esprimersi ed Emma stessa aveva imparato ad apprezzare il suo sorriso tiepido e gentile, ma la sua conoscenza del più giovane dei ragazzi Weasley finiva lì.
Steso nel letto, le braccia chiare e muscolose lungo i fianchi e il lenzuolo bianco a coprirgli il petto, Ron sembrava un bambino troppo cresciuto. I capelli rossi erano disordinati intorno al volto tondo coperto di lentiggini e l'espressione era stranamente distesa, priva dell'asprezza che spesso lo animava quando era sveglio.
 Sembrava quasi innocuo ed Emma scorse in lui una vaga somiglianza con Ginny che non aveva mai notato prima e gli sorrise gentile, mentre si accorgeva che il respiro del ragazzo non era abbastanza profondo, segno che, probabilmente, fingeva di dormire.
 “Ron, sono Emma” sussurrò e come previsto il rosso aprì gli occhi azzurri, per nulla assonnati, dando ragione alla sua teoria.
 “Oh, sei tu” mormorò.
 “Sembri terrorizzato, chi temevi che fossi?”
“Lavanda” borbottò quello, con candore.

L'emoor si accigliò leggermente. Sarebbe stato impossibile non notare la relazione tra Ron e Lavanda, che da prima di Natale si sbaciucchiavano ovunque in giro per tutta la scuola. 
 I due erano praticamente in ogni angolo e spesso incollati, tanto che Emma non credeva di averli mai visti davvero parlare, ma tutti sapevano che erano una coppietta decisamente affiatata e a tratti stucchevole, come non aveva tardato a sibilare tra i denti Hermione quando l'emoor l'aveva raggiunta in biblioteca per studiare qualche tempo prima. Era dunque piuttosto strano per lei immaginare che Ron stesse evitando, così palesemente, una ragazza con cui continuava a scambiarsi saliva con tanta cura.
 “Perché dici il nome di Lavanda così impaurito?” chiese con un mezzo sorriso e il giovane Weasley si strinse goffo nelle spalle.
 “Miseriaccia è che a volte voi donne siete complesse”
 “Lavanda non mi sembra molto complessa.”
 “Ma è appiccicosa e non so come staccarla di dosso”
 “Allora è questo il punto, vuoi lasciarla, ma non hai il coraggio” disse Emma, mentre le orecchie di Ron diventavano lentamente dello stesso colore dei suoi capelli.
 “Ti prego non dirlo a Hermione.” esalò lui, piuttosto spaventato “Lei pensa che io sia un disastro con le ragazze. Lo dice sempre”
 “Non lo farò.” ghignò l'emoor “Ma è vero che sei un disastro”
Ridacchiarono appena, complici, poi cadde il silenzio.
 Non erano mai stati abituati ad avere grandi scambi tra loro ed erano più le volte che avevano battibeccato, che quelle in cui avevano semplicemente chiacchierato, ma Emma si sentiva in colpa, come se l'avvelenamento del rosso fosse avvenuto anche a causa sua e voleva provare ad ammorbidire il suo atteggiamento.
 “Che sei venuta a fare qui comunque?” chiese lui e la ragazza gli porse una scatola di Cioccorane.
“Farti visita semplicemente, in realtà. Ginny mi ha avvisato dell'avvelenamento. Volevo solo sapere se stavi bene”
“Poteva andarmi peggio.”
 “Immagino di sì. Harry ha avuto un bel sangue freddo a ficcarti quel Bezoar in gola.” disse l'emoor e il rosso annuì appena, grattandosi il cranio con aria distratta.
“Sì beh, Harry ormai ha salvato mezza mia famiglia”
 Emma lo guardò con attenzione. Aveva assistito spesso ai cambi repentini di umore di Ron e ascoltato abbastanza Ginny ed Hermione parlare delle insicurezze del ragazzo. Essere amico di una persona costantemente al centro dell'attenzione come Potter, risultare un eterno secondo, non doveva essere molto facile per lui.
 “Immagino che non sia semplice essere suo amico... di Harry intendo” tentò la ragazza con tatto, in cerca di un argomento di discussione, ma lo sguardo di Ron si fece confuso. 
 “Perché?” chiese sbattendo le ciglia “Harry è il mio migliore amico”
 Emma si strinse nelle spalle. Era consapevole che la sua percezione della gelosia di Ron come suo punto debole, fosse giusta, ma  evidentemente le qualità del ragazzo dovevano essere migliori dei suoi difetti e l'emoor pensò che Harry Potter, nel suo essere un amico impegnativo, per cui era semplice provare acredine, avrebbe dovuto sentirsi estremamente fortunato ad avere accanto Ron, con quel suo modo innocente di domandare “perché?”, come se rinunciare all'amicizia con lui fosse la cosa più stupida del mondo.
“Beh, sai Harry è praticamente un eroe, il prescelto, tutta quella fascinazione che provoca...” borbottò la Corvonero “è una figura piuttosto ingombrante da affiancare, ma non è colpa sua, credimi, capita anche a me di attirare quel tipo di attenzione e non è certo la gloria per merito che una persona può apprezzare, anzi”
 Ron sembrò prendere in considerazione le sue parole, perplesso.
“Già immagino non sia semplice, no” borbottò infine con un mezzo sospiro quasi arreso, grattandosi il naso e guardandola con maggiore interesse, gli occhi chiari assottigliati. 
 “Come sei stato avvelenato?” chiese Emma per cambiare discorso.
 “Non si capisce. Forse il vino. Ovviamente Harry pensa a Malfoy”
“Ovviamente” sussurrò lei.
 “Devi ammetterlo, il tuo ragazzo è uno sterco di Troll a volte.”
 L'emoor sorrise appena, il volto di lui era placido e rilassato. Non odiava Draco con ferocia, probabilmente non pensava nemmeno che fosse stato lui ad avvelenarlo. Quelli erano screzi minuscoli. Emma fece un profondo respiro di sollievo.
 “Beh, volevo solo salutarti”
 “Hai fatto bene. Grazie delle Cioccorane” borbottò l'altro.
 “Di niente.”
 “Non ti sei offesa no? Per aver detto che Malfoy è uno sterco di Troll?” chiese arrossendo e lei ridacchiò, scuotendo il capo.  
 “No, ma non continuare a ripeterlo”
 Si avviò verso l'uscita, ma la voce del ragazzo la richiamò. Emma si girò e lo trovò rosso come un pomodoro a guardarla.
 “So che tu e George siete solo amici” balbettò lui.
 “È così” confermò l'emoor vagamente divertita.
 “Sì, me lo dice anche lui, ma non mi sarebbe dispiaciuto averti come cognata. Sei una tipa a posto, O'Shea, nonostante tutta la faccenda di Piton e Malfoy.”
Il sorriso di lei si allargò di poco e si fece dolce. Era davvero il maggior sforzo che poteva ottenere da lui. Era un'offerta di pace. Quasi.
 “Grazie Weasley. Lo prendo come un complimento.”
Il rosso annuì, stringendosi per l'ennesima volta in modo goffo nelle spalle, tornando steso sul lettino.

*

Emma si appoggiò al divano della Sala Comune, mentre ascoltava distrattamente Dan e Luke esprimere tutte le loro argomentazioni su come i GUFO dovessero essere aboliti.
 “I gemelli Weasley ne hanno presi pochissimo e sono dei geni.”
 “Non tutto il mondo è i gemelli Weasley, Luke” disse Carmen.
“Ma sono dei geni, Carmen e avranno preso una manciata di GUFO al massimo, come lo spieghi?” rimbeccò Dan.
 “Sono un caso” sussurrò di nuovo la ragazza e Sarah, seduta al suo fianco con un libro di Incantesimi sulle ginocchia, annuì in supporto.
 “Confermo anche io, nasce un Fred e George su un milione” intervenne Lilith, la fronte aggrottata mentre cercava di tradurre un esercizio di Antiche Rune e subito Sean scosse la testa.
  “Io credo che tu sia di parte Lilith”
 “Oh, ma smettila Bales” ribatté la biondina.
 Emma ridacchiò, passandosi una mano sul volto e serrò gli occhi, mentre scivolava di qualche centimetro più in basso, lungo la spalliera del divano. Chiuse con un gesto secco il libro di Trasfigurazione: si sentiva esausta, come se avesse fatto una lunga corsa e aveva uno strano formicolio che le infastidiva le tempie.
“Sei stanca?” chiese James, notando la sua espressione contratta, mentre accanto a loro tutti avevano cominciato a bisticciare.
“Un po'. Ho studiato un sacco oggi in biblioteca” sorrise l'emoor, ma ebbe appena il tempo di finire di parlare che un brivido le corse lungo la schiena e sentì qualcosa nella sua testa tendersi e un'immagine sfocata le sfarfallò davanti agli occhi.
Era nella testa di Potter?
 Emma avvertì una strana euforia farsi strada dentro di sé, come se avesse appena avuto la conferma di aver fatto qualcosa di giusto, il sangue le scorreva più caldo nelle vene. 
“C'è qualcosa di strano” mormorò nell'orecchio dell'amico.
“In che senso?” chiese il ragazzo in un sussurro, mantenendo un sorriso distaccato sul volto per non attirare l'attenzione degli altri ed  Emma, sempre a occhi chiusi, fece un respiro, la mente che tesa.
 “Connessione” biascicò.
 Il parco della scuola si estendeva lucido e bellissimo sotto il cielo stellato davanti a lei, in uno sfarfallare di immagini che non appartenevano ai suoi occhi. Harry si stava avviando con il professor Lumacorno verso la capanna di Hagrid, Emma non ci era mai stata all'interno e la trovò particolarmente calda e accogliente.
 Si parlava del funerale di qualcuno, di un ragno. Hagrid piangeva inconsolabile, Lumacorno parlava di veleno di Acromantula.
Qualcosa smosse la coscienza di Emma: il veleno di Acromantula era un ingrediente per pozioni molto raro e utile.

 “Emma” la voce di James era calda e ferma e l'emoor socchiuse gli occhi, incontrando l'azzurro di quelli dell'amico. Tutt'intorno gli altri continuavano chiacchierare, senza fare caso a loro.
 “Sei nella testa di Potter?” sussurrò il Corvonero, lo sguardo che brillava, attento. Emma annuì appena. 
“Scusa, devi coprirmi, devo continuare a vedere.”
 Il ragazzo assentì con un gesto secco del capo e le offrì una spalla.
L'emoor ci si appoggiò, fingendo di riposare, le risate degli amici che gli arrivavano ovattate alla mente e un secondo dopo riconobbe la stretta gentile di Lilith al suo polso sinistro.
I suoi amici la stavano coprendo durante una visione. Sorrise di gratitudine.
 Lumacorno invece singhiozzava a proposito di Lily Evans, la madre di Potter, snocciolando una storia a riguardo di un piccolo pesciolino che lei gli aveva regalato. L'emoor si distrasse e pensò alla sua radura dove andava con Severus, con la sua ombra fresca e il fiume argenteo che scorreva al centro.
 Il tutore le aveva fatto trasfigurare proprio un piccolo pesciolino per metterla alla prova e poi lo aveva gettato nel fiume subito dopo. Emma affondò in quel ricordo e stranamente le parve che Harry si distraesse insieme a lei. Il Grifondoro si tese e l'emoor tornò quindi bruscamente alla visione nella capanna di Hagrid. 
Lumacorno ora sembrava sconvolto, la Corvonero ebbe la sensazione che avesse lasciato ad Harry qualcosa, ma non sapeva cosa.
 “Alicia Spinnet dice che i GUFO sono un incubo” proruppe la voce di Sean con sconforto. 
“E tu che cosa ne sai di quel che dice Alicia Spinnet?” Carmen.
“Oh beh, sai, Quidditch” rise Sean, allusivo. 
 “Fortunato bastar...” esclamò Dan, ma Emma era di nuovo distratta dalle visioni della connessione.
 Passi lungo i corridoi e poi l'ufficio di Silente. L'emoor riconobbe Fanny sul suo trespolo e gli oggetti argentati sparsi ovunque.
 “L'ho trovato signore” disse Potter.
 “Molto bene, Harry. Molto bene.” rispose il preside.
Un pensatoio galleggiante, Il ricordo vi cadde dentro con inconsistente agitarsi ed Emma vi fu risucchiata. Vide un Lumacorno più giovane e Tom Riddle. Il sorriso di Tom Riddle. 
Quel volto così serio, intelligente e sofferente. Pericoloso.

L'emoor ebbe un brivido mentre veniva espulsa con violenza dalla mente di Harry. Si raddrizzò all'improvviso, staccandosi bruscamente da James e avvertì la stretta di Lilith sul suo polso farsi più ferma. Trasalì quando si accorse che tutti la guardavano, le fronti corrucciate e perplesse.
 “Dormivi Emma?” chiese Sean con un sorriso “Bentornata tra noi”
 “Scusate mi sa di sì” balbettò lei, arrossendo, il fiato leggermente corto, gli sguardi di Lilith e James sulla sua nuca. 
“Per forza dormiva, parlate sempre delle solite cose, ci si addormenta dalla noia” borbottò Carmen.
 “Hey” si lamentò Dan, offeso.
 Luna arrivò in quel momento quasi volteggiando sulla punta dei piedi. Lanciò un'occhiata curiosa all'emoor e sorrise appena tra sé.
 “Dovremmo parlare di plimpi.” disse, sedendosi accanto a loro “Di solito stanno negli stagni, è piuttosto comune, ma Ems ne ha la testa piena e sono davvero neri. Anche Micheal Corner ieri era così”
 Emma sorrise appena verso l'amica, mentre la osservava pilotare la conversazione verso le sue assurde creature. Ebbe l'impressione che Luna le stesse dando un po' di respiro perché aveva riconosciuto il suo turbamento e le fu grata. 
 Si voltò con non chalance, approfittando della distrazione generale e incontrò finalmente lo sguardo di James e Lilith, gli occhi chiari dell'amico e quelli scuri dell'amica erano pieni di silenzioso supporto, ma soprattutto domande.

*

Horcrux. Emma ripeteva mentalmente quella parola: Horcrux.
 Silente, quella sera avvolto in una veste blu notte, la osservava.
 Il silenzio tra loro era scomodo e teso ed era arrivato dopo una valanga di parole, di spiegazioni, di racconti che avevano lasciato l'emoor stranamente priva di domande. 
 Il volto magro di Tom Riddle, ancora giovane e affascinante, le scavava nella mente, mettendola a disagio.
 “Cosa ne pensi?” le chiese gentilmente il preside e l'emoor si morse il labbro in risposta, indecisa su cosa dire. 
Se pensava che la lezione precedente fosse stata illuminante e che lei avesse finalmente avuto la possibilità di avere un punto di vista, questa lezione era decisamente uno schiaffo in faccia.
Le sembrava semplicemente troppo.
 Erano affondati nel passato di Lord Voldemort, attraverso ricordi che Silente aveva minuziosamente raccolto. Avevano sbirciato nelle sue origini, nella sua infanzia e nella sua adolescenza, fluttuando nei fumi argentei delle memorie del pensatoio e quando Emma aveva pensato di aver avuto anche fin troppe informazioni, Silente le aveva parlato degli Horcrux e lei era rimasta semplicemente ghiacciata sulla sua seduta.
 Gli occhi chiari del preside ora la scrutavano attenti, forse velati di leggero timore davanti al suo evidente turbamento ed Emma si vide costretta a riprendere il controllo, mettendo una parola dietro l'altra.
 “Lord Voldemort è molto più umano di quel che si pensa” sussurrò, con lentezza misurata e lo sguardo del preside ebbe un guizzo di curiosità, l'azzurro dei suoi occhi vivo e definito.
 “La tua è un'affermazione molto interessante, Emma. Cosa te lo dire?” chiese assorto e la ragazza scosse le spalle, ancora allucinata al pensiero di tutto quello che aveva visto.
 “È stato un bambino solo e ferito ed è cresciuto pensando di non essere desiderato. È diventato poi un ragazzo solo e senza amici e infine un uomo solo e spaventato dalla morte.”
 “Mi sembra una sintesi corretta” assentì Silente.
 L'emoor rifletté. L'immagine dello sguardo vuoto di Merope Gaunt, che le ricordava quello di Draco durante la tortura al Manor, le pungolava la memoria, facendo tremare la sua Occlumanzia.
Era lo sguardo di chi è arreso e ormai vive più di immaginazione che di realtà, per non impazzire. Lo sguardo di chi non vuole lottare.
 Merope Gaunt. La giovane donna che aveva partorito Tom Riddle, il sangue di Serpeverde che le scorreva nelle vene, una famiglia antica e ormai ridotta a brandelli, un padre e un fratello violenti e un amore così feroce per Tom Riddle: un Babbano.
“Merope era davvero una Magonò?” chiese mite la ragazza. 
 Aveva visto la ragazza in un angolo della sua casa, insultata dal padre per non essere in grado di fare magia, ma aveva visto anche il suo sguardo illuminarsi come brace al nome Riddle.
 Silente scosse la testa lievemente, anche lui pensieroso. 
 “Io non credo, no. La giovane Gaunt era più probabilmente solo spaventata dalla sua stessa famiglia e aveva quindi chiuso dentro di sé i suoi poteri. Perché me lo chiedi?” chiese tranquillo.
 “Mi ha ricordato un po' gli emoor, tanti anni senza poteri e poi danno vita a un mago con magia superiore”
“È un parallelismo interessante, ma privo di fondamento. Merope Gaunt e le discendenze delle Ombre sono due cose diverse. I Magonò che portano a voi emoor sono dati dal pegno richiesto dal Vinculum Eldest, Merope invece limitava semplicemente sé stessa come difesa personale, ma appena ha abbandonato casa è stata in grado di compiere magie e persino di creare un filtro d'amore piuttosto potente perché Tom Riddle Senior si innamorasse di lei”
 Emma annuì appena. La storia della nascita del bambino che sarebbe diventato Lord Voldemort aveva dell'incredibile: Figlio di un legame fittizio tra l'ultima erede di un'antica famiglia Serpeverde, Merope e di un avvenente babbano, Tom Riddle, non era mai stato realmente desiderato ed era stato messo al mondo in un orfanotrofio dove la madre era morta dandolo alla luce.
 L'emoor provò per un momento una strana tenerezza nei confronti di Merope, per quel suo amore così grande, istintivo e proibito, che l'aveva costretta ad agire in modo irrazionale e contro ogni preconcetto di sangue magico, ma intuiva anche il lato oscuro e malsano di quella giovane donna, che pur di tenersi stretto l'amante aveva dato lui una pozione d'amore, giorno dopo giorno fino a rimanere persino incinta.
Possibile che quel bambino fragile e solo al mondo nato in una triste notte di inverno fosse diventato il mago più terribile di tutti i tempi?
 “
Merope sapeva quel che faceva?” domandò l'emoor.
“Intendi somministrando per anni una pozione d'amore a un Babbano, cercando di tenerla legato a sé?” chiese Silente con dolcezza “No, non credo. Non lucidamente almeno. Merope Gaunt era stata così a lungo maltrattata da suo fratello Orfin e suo padre Orvoloson che ha solo sperato di poter meritare un po' di amore. La pozione le sembrò un mezzo giusto. Era una ragazza ingenua Emma, non sapeva gestire i suoi sentimenti e forse sperò che con il bambino in arrivo lui sarebbe rimasto al suo fianco”
 “Ma non è andata così”
“No, esatto. Come ci insegna la storia Tom Riddle Senior tornò a casa dei suoi genitori, abbandonando Merope e il bambino al loro destino, senza mai più rivederli. L'unica cosa che il padre ha condiviso con il figlio è il nome”
 “Tom Riddle” ripeté lentamente Emma.
 “Oggi noto come Lord Voldemort” concluse Silente.
 “Voldemort sapeva che suo padre era un Babbano?” chiese la Corvonero “Li odia solo perché il padre l'ha abbandonato? La sua ideologia è davvero tutto frutto di una vendetta personale per un torto subito? Per la sua infelicità?”
 Silente sorrise, annuendo lentamente, con tristezza misurata. 
 “Corretto, in un certo senso. Credo anzi, che Lord Voldemort abbia subito una profonda delusione: visto che la madre era morta dandolo alla luce e lo aveva abbandonato, deve aver creduto a lungo che il suo sangue magico derivasse dal padre. Credo che per lui sia stato un duro colpo scoprire che la famiglia Riddle era di Babbani”
 “Capisco.” mormorò la Corvonero “Quindi per questo ha creato il suo pseudonimo. Non vuole avere il nome di un Babbano”
I ricordi che le aveva mostrato Silente le scorrevano nella testa. Le sembrava di avere Voldemort bambino ancora davanti a sé. Quel volto serio che pareva di porcellana, gli occhi scuri e tremendamente intelligenti, l'aria assorta e distaccata.
 Il preside, di fronte a lei, unì i palmi, con aria pensierosa.
 “Sono convinto che Tom volesse semplicemente essere unico e non accettasse di portare un nome così comune, uguale per di più a quello del padre Babbano che giudicava una vergogna. Voleva essere speciale, in modo che tutti lo ricordassero.”
 La ragazza annuì e cadde un lungo silenzio.
“A che pensi Emma? Ti vedo turbata” le chiese lui.
 “È che per tutto il tempo, mentre osservavo quei ricordi, ho pensato che avrebbe avuto bisogno di qualcuno.”
 “Chi? Tom Riddle?” domandò l'uomo accigliato.
 “Sì beh” rispose Emma, mordendosi il labbro, la fronte aggrottata dalla concentrazione “qualcuno che lo ascoltasse almeno, che lo consigliasse forse, un amico sincero”
 Silente annuì piano con aria solenne, vagamente stupito.
 “Quello che dici è molto importante, Emma. Tom Riddle, in effetti, è stato una persona molto sola, desiderosa di stupire e di dimostrare la sua potenza certo, ma in fondo sola, tanto che alla fine ha cominciato a competere solo con sé stesso”
“Cercando di superare sempre il limite.”
 “È esatto.”
“È davvero una persona che non ha mai provato amore?”
 “Temo di sì.” annuì il preside “Forse, il fatto che sia nato da un rapporto sotto pozione d'amore non è un caso.”
 “Mi spiace quasi per lui” mormorò la ragazza.
 Silente annuì di nuovo, questa volta con aria grave e si chinò in avanti per osservarla meglio attraverso gli occhialini a mezzaluna.
“Lo capisco, Emma, ma non lasciarti ammaliare da questa sofferenza. Voldemort è frutto di sue scelte sbagliate e crudeli. Ha avuto più volte la possibilità di essere aiutato, ma ha preferito non circondarsi di amici, bensì di persone che lo adulassero”
 L'emoor pensò istintivamente a Tiger e Goyle alle spalle di Malfoy, le facce stupide e adoranti, ma represse subito l'immagine. Draco aveva Blaise, Daph e aveva lei. Questa era una grande differenza.
 “Cosa pensi, ora che hai scoperto tutto questo sul passato di Lord Voldemort, di quello di cui abbiamo discusso la volta scorsa insieme?” chiese Albus, curioso.
“Aveva ragione” assentì subito Emma “Voldemort da estrema importanza al sangue. Ora capisco cosa intendeva quando diceva che sarebbe quasi ossessionato da me e penso che sarà semplice fargli credere che non può uccidere nessuno di noi emoor perché lo spargimento del nostro sangue attiverebbe la profezia.”
 “Sono d'accordo. Te la sentirai di portare avanti questa, chiamiamola missione?”
 “Penso di sì.” mormorò lei “Professore, questi Horcrux invece, vanno distrutti, vero?”
 “Di questo non ti devi preoccupare tu, Emma, ma fa parte delle lezioni che faccio con Harry”
 “Sarà compito suo? Posso aiutarlo?”
 Silente sorrise con dolcezza e scosse appena il capo.
 “Sono certo che il tuo aiuto sarebbe estremamente prezioso per Harry, ma no, penso che voi due dobbiate occuparvi di cose diverse, anzi penso che tu possa, come detto l'ultima volta, distogliere con grande successo l'attenzione di Voldemort sul ragazzo”
 “E allora perché me ne ha parlato?” domandò lei curiosa “Questa cosa è piuttosto cruciale, no? È l'unico modo che abbiamo di fermarlo. Perché rischiare, dicendolo a me?”
“Te ne ho parlato proprio perché ho fiducia in te, Emma” disse Silente con un tenue sorriso “e perché penso che sia estremamente importante che tu abbia un quadro completo di chi sia Voldemort e di quanto sia disumano. Tom Riddle può essere affascinante e tentatore e tu dovrai passare parecchio tempo con lui. Ti accorgerai che potresti avere più cose in comune di quel che credi oltre il sangue e penso che tu meritassi di sapere quanto invece orribile sia il suo animo, per evitare che tu possa provare compassione. Essendo a conoscenza degli Horcrux e della sua malvagità sei in possesso di tutte le armi per contrastarlo” disse pacato l'uomo.
 “Spaccare l'anima in sette pezzi” mormorò la ragazza “Piuttosto arrogante direi. Come si distruggono?”
“Esistono diversi modi, Harry distrusse il diario di Tom al secondo anno, con il veleno di basilisco. Non so se la tua amica Ginevra ti ha mai raccontato quello che successe”
 Emma annuì. Era stata una delle prime grandi confidenze che le aveva fatto la Grifondoro e che le aveva unite con forza.
 “E oltre al veleno?” chiese curiosa.
 “Esistono incantesimi e manufatti. Per essere distrutto un Horcrux non deve essere più in grado di ricomporsi, nemmeno con la magia. Si tratta di una pratica molto complicata, ne ho eliminato uno io in persona, ma ho dovuto sacrificare un pezzo come avrai notato” disse, mostrando con un sorriso amaro la mano bruciata.
 L'emoor l'aveva ovviamente notata dall'inizio dell'anno, ma vivere con Severus le aveva insegnato a dosare il suo istinto a far domande quanto bastava per non imbarazzare la persona di fronte.
 “Mi spiace” rispose semplicemente, lo sguardo che si distaccava dall'uomo, con tatto, per scorrere tutto intorno, da Fanny ai numerosi libri sulle pareti.
 “Sono vecchio Emma” ridacchiò l'altro “Non ho più i riflessi”
La Corvonero si trattenne dal dire che non era affatto vecchio, al contrario, che era probabilmente il mago più grande di tutti i tempi e che lei lo stimava infinitamente.
 “Professore, perché se ne deve occupare Harry degli Horcrux?”
 “Questo rimane una confidenza tra me e il ragazzo” insistette lui.
 “Ho visto attraverso la connessione il ricordo di Lumacorno”
 Gli occhi azzurri del preside si fecero taglienti.
 “Riesci a gestire la connessione tra te ed Harry?”
 “Non proprio. A volte finisco nella sua testa.”
 “Capisco.” mormorò lui con evidente stupore “Ti chiedo di mantenere estremo riserbo su ogni cosa che riguardi gli Horcrux, Emma, non è una cosa di cui ti devi occupare per ora”
“Ma sembra pericoloso, se Potter avesse bisogno di aiuto...”
“Emma” insistette il preside con una nota severa “Quello che condividiamo in queste lezioni è molto delicato. Negli anni ho imparato che non bisogna mai riporre la propria fiducia in una sola persona. Per essere d'aiuto ad Harry non devi essere al corrente di tutto, inoltre, passerai molto tempo a contatto con gli altri Mangiamorte, capirai da sola che non è prudente che tu sappia tante cose così essenziali. Hai già il segreto di Severus da sostenere ed è vitale che nessuno oltre a me, te ed Harry sappia degli Horcrux. Nemmeno i tuoi più cari amici questa volta.”
 “Giusto, capisco.” annuì lei.
 “A proposito di questo” riprese l'uomo accorato “So perfettamente che hai molta fiducia in Severus...”
 “Ho totale fiducia in lui” disse secca lei, sulla difensiva.
 “Lo so e ne sono contento, ma quello che ti chiedo oggi è di continuare ad averne anche quando sarà difficile”
“C'è qualcosa che non so?” chiese nervosa lei, i muscoli subito tesi, i nervi già stremati dal nervosismo.
“Molte cose” confermò il preside con un lieve cenno “E fosse per Severus condividerebbe tutto con te, ma, per la sicurezza di cui ti parlavo, gli ho chiesto di tenerti nascoste alcune cose fondamentali. Ti pregherei di non prendertela con lui e ti pregherei anche di tenere a mente queste parole: non tutto quello che vedi è reale."
Emma sbatté le palpebre un paio di volte, confusa, ma si vide rispondere “Ok” senza capire completamente cosa intendesse l'altro e senza sapere cosa aggiungere. 
 “Bene” disse Silente con soddisfatto “Come sta Draco?” aggiunse poi con voce informale e l'emoor si sentì arrossire.
 Era sempre strano quel modo diretto del preside di chiederle cose riguardo il Serpeverde, troppo intimo. 
 “Non molto bene, temo” rispose.
 “Temo anche io. Draco è molto fragile in questo momento”
 Emma pensò all'espressione contratta del ragazzo, alle occhiaie, ai sorrisi stanchi, alle sue assenze al Manor e a Dolohov che faceva schioccare la sua frusta vicinissima a lui.
 “Lei potrebbe aiutarlo?” chiese “Io non so cosa sta affrontando, ma ho assistito a qualcosa al Manor...”
 “Sto già provando ad aiutarlo, Emma” disse il preside “ma è un ragazzo chiuso, orgoglioso e spaventato. Non ti nascondo che potrebbe fare delle scelte sbagliate solo per paura. Prova a parlargli, hai visto anche tu cosa può nascere da un ragazzo privo di amore, aiuta Draco a fare le scelte giuste”
Silente le sorrise ed Emma cercò di imitarlo con poco successo.
 “Bene” disse l'uomo “un'ultima cosa”
 Mosse la bacchetta con grande velocità di fronte a sé e un serpente atterrò sulla scrivania. Emma fece un balzo indietro sorpresa, facendo cadere la sedia su cui sedeva, mentre il rettile si contorceva un paio di volte e sollevava la testa minaccioso.
Il preside sembrava tranquillo, ma la ragazza trasalì quando l'animale si diresse senza indugio verso Fanny.
Fermo” strillò, atterrita, cercando disperatamente la bacchetta nelle vesti e lanciando solo uno sguardo bieco a Silente che immobile assisteva alla scena. Il serpente si fermò, appena titubante e voltò la testa verso la ragazza.
Fermo
 ripetè lei con più calma.
 Si accorse dello sguardo limpido e attento del preside e capì: il serpente la comprendeva e questo significava che sapeva parlare Serpentese. La ragazza allungò la mano verso l'animale, lentamente.
Vieni” sussurrò e si accorse che qualcosa di sibilante era nascosto nella parola e il rettile, mite, si avvicinò a lei, salì sulla sua mano e si avvolse intorno al suo braccio come in un muto gesto di affetto.
 “Abbiamo la riprova che Alicia ti ha passato anche questa abilità oltre al colore degli occhi” sorrise Silente.
 “Come Harry” mormorò la ragazza, aggiungendola mentalmente alle cose in comune che aveva con il Grifondoro “ma da cosa è data? Dal sangue, dalla genetica?” domandò poi, senza riuscire a distogliere lo sguardo dall'animale.
“Non saprei” ammise Silente “Ma non credo che sia solo a causa del sangue di un Serpeverde che ti scorre nelle vene, cosa ne pensava il cappello parlante?” 
 “Ha pensato di mandarmi in Serpeverde” sussurrò la ragazza, sbattendo appena le ciglia, confusa.
 “Forse allora perché c'è qualcosa davvero di Serpeverde in te”
 “Forse” ammise lei. 
 Il serpente non le faceva paura, anzi si sentiva stranamente a suo agio con lui e quasi si dispiacque quando Silente lo fece sparire.
 “Voldemort ha un serpente” disse l'uomo.
 “Nagini” mormorò la ragazza.
“L'hai mai visto?”
 “No, non al Manor. Non ancora”
 Silente annuì e poi, a sorpresa, sorrise allegro, come se stesse per fare una battuta molto divertente.
 “Non sarebbe una cattiva idea farsi amica Nagini un giorno”
 “Immagino di no” rispose, Emma ricambiando la smorfia.

. . .

Emma lasciò l'ufficio del preside con la testa piena di immagini e pensieri. Non riusciva a smettere di rimuginare su Voldemort e quello che aveva scoperto di lui e a chiedersi se non sarebbe davvero bastata una persona amica a salvarlo da sé stesso.
Merope, Tom Riddle bambino in orfanotrofio, Voldemort ragazzo.
 Non finì di fare i suoi ragionamenti perché un movimento in fondo al corridoio del settimo piano attirò la sua attenzione. 
 Aggrottò la fronte perplessa. Era sicura di aver visto la testa bionda di Draco sparire dietro l'angolo e maledicendosi per aver lasciato, come sempre, il mantello dell'invisibilità nella torre di Corvonero aumentò il passo e girò l'angolo, ritrovandosi però di fronte un corridoio deserto. Affranta, era quasi sul punto di tornare sui suoi passi quando udì un singhiozzo.
 Era un singhiozzo seguito da una voce che avrebbe riconosciuto ovunque e che confermava i suoi sospetti. 
 L'emoor si avvicinò cauta al bagno dei ragazzi che stava alla sua destra, trattenendo il respiro. Si sporse quanto bastava per sbirciare all'interno, le dita contratte dall'agitazione aggrappate al bordo dell'ingresso, con tanta forza da sbiancare.
Draco Malfoy era chino sul lavandino e si stava rivolgendo a un fantasma di una ragazza che Emma non conosceva, senza minimamente sospettare di essere osservato.
“Che ci fai qui?” chiese con sprezzo alla figura traslucida del fantasma “Non dovresti essere al bagno del secondo piano?”
 “Ti stavo cercando” spiegò la ragazza, incrociando offesa le braccia sul petto “sapevo che stasera eri nella stanza, pensavo che avresti avuto bisogno di un po' di affetto. Ultimamente ne esci sempre molto molto nervoso e affranto.”
 Emma si accigliò leggermente, domandandosi che cosa intendesse  il fantasma, vergognandosi di sentirsi vagamente gelosa.
 Represse la sensazione sgradevole e il suo sguardo corse al corpo magro e spossato del Serpeverde: il volto stravolto, la camicia stropicciata con le maniche arrotolate fino ai gomiti.
Il marchio nero era lì. Orribile, spaventoso, vivo. 
 Era lì a deturpare il biancore dell'avambraccio del ragazzo e l'emoor provò un dolore sordo che sembrò dividerle il petto in due, quasi più bruciante di quando aveva visto lo stesso marchio sul braccio di Severus, ma non avvertì sorpresa. 
 In fondo una parte di lei lo aveva sempre temuto e saputo, quindi respirò a fondo, cercando di calmarsi e fece un passo avanti.
 “Draco” sussurrò con stanchezza e dolcezza.




*Angolo Autrice*

Ciao Lettori! 
Capitolo denso eh. 
Spunti/Appunti a seguire:
. Il confronto con Harry prima o poi doveva avvenire, ma ancora una volta Corvonero e Grifondoro non trovano il giusto punto di incontro. Il tentativo subdolo del ragazzo di essere gentile per ottenere informazioni offende Emma profondamente, anche se sul finale la ragazza sembra dare lui una possibilità. Il confronto tra di loro mette in luce come Emma ed Harry abbiano un approccio diverso ancora una volta. Potter diffida dell'autorità in ogni caso, arriva perfino a diffidare di Silente, Emma invece si fida di poche persone, ma in quelle persone la fiducia è massima. Non si metterebbe mai a cercare di risolvere questioni che non la riguardano, quando sa che Severus e Silente hanno tutto sotto controllo. Nonostante il legame evidente e la sensazione piacevole di qualcosa di sicuro e conosciuto che i due ragazzi hanno quando passano del tempo insieme, credo che la strada perché i due si fidino sia ancora non tutta retta.
. Ron. Penso che il personaggio di Ron sia spesso sottovalutato, forse a causa dei film. Ron in realtà è un amico simpatico e leale e soprattutto sveglio. Nei libri è lui che racconta ad Harry ed Hermione moltissime cose del mondo magico. Ho sempre pensato però che Ron ed Emma non si accapigliassero molto e infatti gli ho sempre fatti battibeccare anche se Ron e Lilith hanno alcuni tratti del carattere in comune. Ho approfittato dell'avvelenamento di Ron per mettere a confronto l'emoor e il Grifondoro e mostrare che in realtà, in situazioni di calma, un'amicizia sarebbe possibile. 
. Blaise. Il rapporto delicato ed elgante di silenziosa fiducia tra Emma e Blaise mi piace sempre molto, quelle poche parole piene di significato e preoccupazione che si scambiano non sono mai un caso. 
. Ho voluto inserire la visione di Emma di Harry che prende il ricordo di Lumacorno durante una normale serata di Corvonero, per ricordarci anche degli altri compagni di Casa, finiti un po' sullo sfondo. Mi piace che Lilith e James si prendano cura di Emma in maniera automatica, ma soprattutto adoro Luna che interviene sempre al momento giusto grazie alla sua sensibilità. è una delle poche visione che Emma ha completamente lucida e sveglia, segno che la connessione si sta facendo man mano più forte. 
. A proposito di questo faccio un recap sulla LEGENDA: (...) breve passaggio temporale, (*) passaggio temporale più consistente, (corsivo) sogni, o lettere, o Flashback, (grassetto) serpentese, (-) tentativi di comunicare tramite la connessione.
. La lezione di Silente è molto importante. Mi rendo conto che, per chi non ha letto i libri, la storia dei Gaunt può essere difficile da seguire. Vi consiglio di leggerla perché è bellissima. In due parole: Merope Gaunt vive in miseria con il padre Orvoloson e il fratello Orfin, sono i discendenti di Salazar. Merope sembra una magonò a causa dei continui maltrattamenti dei famigliari. Innamorata del babbano Tom Riddle lo strega con una pozione d'amore e fugge con lui rimanendo incinta. Forse ingenuamente si convince che lui abbia iniziato ad amarla e lo libera dalla pozione, ma Riddle Senior, inorridito la abbandona. Merope da alla luce il figlio perdendo la vita e con l'unico desiderio di chiamarlo Tom Riddle. Tom cresce in orfanotrofio, fino all'arrivo di Silente, che vede in lui un ragazzino particolarmente inquietante, ferito e da disciplinare. Tom si mostra restio immediatamente all'uso del suo nome e ad Hogwarts si rivelerà essere uno studente brillante e affascinante, ma Silente non si fiderà mai di lui. 
. Silente rivela ad Emma gli Horcrux e può sembrare una mossa avventata, parte del motivo comunque lo spiega già in questo capitolo: vedere quanto orribile sia Lord Voldemort, renderà più difficile la possibilità che lui possa ammaliarla, ma verrà approfondito in seguito.
. Siamo alla resa dei conti con Draco. Il dado è tratto. 

Volevo ringraziarvi immensamente per il supporto meraviglioso che mi avete dato. 
Non sono in gran forma, ma spero di riprendermi presto, vi terrò comunque aggiornati.
Attualmente confermo l'uscita dei prossimi capitoli: Lunedì, Mercoledì e Venerdì. 
Grazie mille a tutti voi, lettori silenziosi e non.
Vi sono davvero grata, date un senso alle tante ore di scrittura e mi spronate a cercare di fare sempre meglio.
Con affetto
vi


Ritorna all'indice


Capitolo 42
*** Marchi senza futuro ***


.Marchio senza futuro.



Draco Malfoy, pallido e stravolto, era debolmente illuminato dalla luce della luna che entrava dalle grandi finestre e la guardava.
 Le braccia lungo il corpo e l'aria arresa, non cercò di coprire il Marchio, anzi, con occhi sgranati, stava semplicemente rivolto verso Emma, piegando appena le labbra in una smorfia triste.
 Mirtilla Malcontenta, galleggiando a un paio di metri da terra, li osservava sfacciata, tubando sorniona.
 “Ohi ohi, Draco, ora che cosa le dirai?”
 “Vattene Mirtilla” sussurrò lui, senza distogliere lo sguardo dall'emoor, il volto spezzato dal dispiacere ed Emma lanciò solo una breve occhiata alla figura perlacea della ragazza che, offesa, si inabissò nel gabinetto, poi tornò a concentrarsi sul Serpeverde.
 Gli occhi grigi di lui ricambiavano ancora il suo sguardo, ma erano  velati di una strana arrendevolezza, come se si aspettasse di essere abbandonato al suo destino da un momento all'altro e l'emoor fatto un sospiro rassegnato, a passo deciso, avanzò verso di lui. 
 Il silenzio era assoluto e il non detto tra loro pesava come un macigno, ma tutto si fece confuso e leggero quando la ragazza gli gettò le braccia al collo, stringendolo a sé con forza, riempiendosi le narici del suo profumo. 
Pioggia in arrivo. Menta. Caffé.

Draco irrigidì i muscoli, preso in contropiede da quella reazione. Aveva ipotizzato molti scenari possibili, ma non quello.
Le risposte che credeva di dover dare crollarono in piccoli pezzi a causa dello stupore, la mente si annebbiò e il cuore cominciò a tremare contro lo sterno. Rispose subito all'abbraccio, per puro istinto, stringendo la vita di Emma titubante, inalando il profumo di pane, cioccolato e pergamena che lei emanava e cercando disperatamente il suo sguardo. Era incredulo.
 L'emoor si scostò solo leggermente da lui e lo guardò negli occhi, accontentandolo, prima di mettersi sulle punta dei piedi e baciarlo, senza smettere di aggrapparsi con forza a lui.
 Si appropriò delle labbra di Draco con dolcezza e determinazione, rubando il sapore salato delle lacrime che il ragazzo doveva aver versato prima del suo arrivo e il Serpeverde si beò di quell'attimo di incomprensibile dolcezza.

Draco Malfoy era piacevolmente confuso.
 Si era aspettato di dover affrontare la rabbia e la delusione della Corvonero e forse di vederla allontanarsi da lui per sempre. 
 Si era preparato al peggio con paziente rassegnazione, in tutte le notti insonni nel suo dormitorio, dove gli sembrava di attendere come una tortura il momento in cui sarebbe rimasto solo al mondo.
 Credeva di essere pronto, se ne era convinto. Era pronto alla sofferenza, alla solitudine, al rimpianto, ma non si era certamente aspettato di affrontare un abbraccio pieno di dolcezza, né un bacio appassionato.
Eppure Emma era tra le sue braccia ed era calda e reale e gli stava mordicchiando il labbro inferiore e giocava con i suoi capelli biondi, attorcigliandoseli sulla punta delle dita e Draco Malfoy era semplicemente esterrefatto. 
 Nascose il volto nell'incavo del collo di lei, come in cerca di protezione dalla realtà che presto, ne era certo, gli sarebbe crollata addosso e strofinò la punta del naso sul suo profilo, dolcemente.

Per un lungo momento, rimasero immobili e in silenzio. I respiri stranamente sincronizzati, i corpi intrecciati, come mai prima di allora. Erano soli nella calma della notte, tutti gli altri studenti chiusi nei loro dormitori e questo dava loro la strana sensazione di essere sospesi in un limbo.
 Continuarono a stringersi, fino a quando Draco non emise un singhiozzo strozzato e l'emoor sciolse l'abbraccio per guardarlo di nuovo negli occhi, carezzandogli le guance con la punta delle dita.
 “Dimmi cosa sta succedendo, Draco” gli disse e il suo tono era fermo, ma pieno di dolcezza e il Serpeverde sembrò incrinarsi davanti a quella domanda e rimase in silenzio, colpevole, fino a quando Emma non sospirò, piena di stanchezza.
 “Non l'hai capito, Malfoy?” sputò mortalmente seria “Non c'è nulla da nascondere. Non con me. Io non ti abbandono, l'ho visto il Marchio e sono ancora qui con te.”
Il ragazzo sussultò tanto forte a quelle parole da perdere un battito del cuore e cominciò a tremare. Sapeva benissimo che lei lo aveva visto, semplicemente perché era impossibile non notarlo sul suo braccio candido, ma sentirglielo dire dopo la frase 'non ti abbandono' era meglio di quello che avesse mai osato sperare.
Emma, a riprova delle sue parole, afferrò il suo polso sinistro, con delicatezza, accarezzando con il pollice l'incavo bianco. Abbassò lo sguardo sull'avambraccio e fece solo una piccola espressione di disappunto, tramutandola subito in un ghigno leggero.
 “È orribile” disse semplicemente “Ammettilo.”
 Draco annuì imbarazzato, lanciando uno sguardo veloce al marchio. Il serpente che strisciava fuori dal teschio. 
 “Lo so” rispose mesto e lei sorrise.
 “Ma non è il primo che vedo sai? Fa un po' meno paura”
 Lui la scrutò confuso, sbattendo più volte le ciglia.

“Severus” spiegò lei dolcemente “Ho visto il marchio di Severus.”
“Giusto” annuì in fretta il biondo, cercando di immettere aria nel corpo, di non cedere al panico.
 “Sai che ho avuto la possibilità di cambiare tutore quando l'ho scoperto?” disse l'emoor, le braccia ancora strette intorno alla vita di lui “Silente mi ha detto che avrebbero capito”
 Il Serpeverde la osservò con interesse, incerto “Davvero?”
 L'idea che Emma avesse un tutore diverso da Piton gli sembrava semplicemente sbagliato. Lui sapeva quanto l'emoor tenesse a Severus, ma anche se la ragazza non glielo avesse mai detto personalmente più volte, ci avrebbe messo poco a capirlo.
 A Hogwarts, dove erano professore ed alunna, era più difficile notarlo, ma al Manor, dove sembravano muoversi in simbiosi, pronti a proteggersi l'uno con l'altra e sempre attenti a cercarsi con lo sguardo, era impossibile ignorare il chiaro e forte legame tra i due.
 “Non avevi paura?” chiese rauco e l'emoor rise amara.
 “Certo” rispose subito, quasi in un sussurro, viaggiando con la mente a quell'estate ormai lontana “Erano da poco morti i miei genitori, ero sola al mondo e mi sentivo uno straccio. Quando ho visto il Marchio di Severus mi è tremata la terra sotto i piedi, ma  ho deciso di rimanergli accanto senza nemmeno conoscere le sue ragioni. Non ho voluto abbandonarlo, nonostante questo”
“Perché?” esalò Draco, con occhi tanto sgranati che le pagliuzze azzurre sembrarono invadere il grigio metallico.
“Perché mi sono fidata. Perché gli sono affezionata” disse la ragazza lentamente, lanciando uno bieco sguardo al braccio del ragazzo  “Sono rimasta al suo fianco ad ogni costo e ho avuto ragione. Cosa ti fa pensare che quindi abbandonerei te?”
 Draco inghiottì un groppo di saliva, chiudendo lentamente gli occhi, come se temesse che l'emoor potesse leggergli dentro.
“Ho un compito” disse infine in un sussurro strozzato, dopo aver combattuto con sé stesso per un tempo che parve lunghissimo “Ho un compito che ti lascerebbe inorridita. Che potrebbe farti fuggire”
“Parlamene.”
 “Non posso”
Emma si accigliò leggermente, afferrò le mani di lui e rimase in silenzio fino a quando il Serpeverde non ricambiò titubante il suo sguardo, allora provò di nuovo a sorridergli. Rassicurante.
 “Tu non mi puoi inorridire, Draco e poi abbiamo delle regole. Regola n1: non dobbiamo mentirci, mai. E come da regola n2: io non ti giudicherò. Puoi fidarti”
 Il ragazzo parve soppesare la proposta, e sembrò quasi voler cedere alla sensazione di poter dividere con qualcuno il fardello che portava. Valutò in silenzio, accarezzando silenziosamente le prospettive, lo sguardo basso, ma poi scosse la testa deciso, serrando la mandibola in una smorfia piena di nervosismo.
 “Non posso, Emma. Lo dico per te. Ti sto proteggendo. E poi non possiamo tirare fuori quelle regole a piacimento”
 “Non è a piacimento, Draco, ma...” sibilò lei offesa.
 “Non posso.” rimarcò nuovamente lui e l'emoor sospirò irritata e fu il suo turno di pressare le labbra in una linea sottile.
 “Non sarà il Marchio ad allontanarmi da te Malfoy, ma il tuo tenermi all'oscuro da tutto. Te ne rendi conto?”
“Tu non mi racconti tutto” tentò lui a disagio e lasciò le mani di lei, facendo un piccolo passo indietro come a cercare un po' di spazio.
 “Chiedimi qualunque cosa” lo sfidò l'emoor, guardandolo negli occhi e le guance del ragazzo si fecero rosate nella luce notturna, mentre ragionava tra sé e sé.
 “Diresti a San Potter e tutti gli altri che sono un Mangiamorte?”
 “No, ovvio” rispose seria.
“Lo sospettano?”
“Alcuni di loro sì” ammise tranquilla e la testa di Draco scattò verso l'alto e gli occhi si piantarono su di lei in una frazione di secondo. Paura. Una paura evidente e irrazionale.
 “
Perché non me l'hai detto?” disse con tono basso e tremante ed Emma inarcò un sopracciglio, facendo di nuovo un passo avanti per essere più vicina a lui.
 “Che cosa dovevo dirti precisamente? Dovevo venire da te a raccontarti che Potter ed altri sospettano che tu sia un Mangiamorte? Sei serio? Quale sarebbe stato il risultato? Metterti in allarme? Perdere la possibilità di parlare con te? Farti chiudere ancora più a riccio? Tu hai idea di cosa sei stato in questi mesi?”
Il ragazzo boccheggiò un po' di volte, in cerca di una risposta, ma infine non aggiunse nulla, sospirò e basta, appoggiandosi arreso con i palmi a un lavandino, il capo chino.
 “Dovresti andare da Silente” consigliò l'emoor e lo vide sobbalzare prima di guardarla allucinato “Ora Draco, dovresti parlare con lui”
 “No, non devo. Ti devi fidare di me. Tu non capisci”
 “Capisco perfettamente invece. Sei in una brutta situazione. Per questo devi parlarne con lui” disse esasperata.
 “NO! Non capisci. Ti ucciderà Emma e ucciderà i miei genitori!”
 Tremava, i nervi a pezzi, gli occhi sgranati, completamente privo della sua leggendaria compostezza ed Emma si accigliò, mentre lui si passava le mani nervosamente nei capelli biondi e per un momento folle si chiese se lui  intendesse Silente, ma poi capì in un battito di ciglia che si stava riferendo a Voldemort.
 Mantenne per l'ennesima volta la calma, si fece avanti e prese la mano di lui, stringendola con decisione tra le sue e lo vide chiudere gli occhi arreso e stringere le labbra. 
Era semplicemente un ragazzo a pezzi.
“Non mi ucciderà. Io sono al sicuro Draco, ma tu no e a volte si devono fare delle scelte. Il compito che ti è stato chiesto vale davvero il rischio che stai correndo?”
 Malfoy annaspava, visibilmente sconvolto ed Emma si chiese cosa stesse sopportando, che cosa avesse visto.
 “Tu non puoi capire, Emma. Io sto cercando di proteggerti. È tutto l'anno che ci provo, ma tu ti ostini...”
“Lo so. Lo hai già detto.” lo fermò lei “So che vuoi proteggermi Draco, ma non riesco a capire da cosa. Siamo tutti in pericolo, no?”
 “No. Non come te. E io ci sto provando, ma non so come fare.”
 “Draco...” mormorò lei, stringendolo appena sulle braccia per fargli  sentire che lei era lì per aiutarlo, ma il ragazzo si staccò quasi di scatto, all'improvviso, portando la mano, che lei aveva stretto fino a un secondo prima, al petto, come fosse improvvisamente scottato dal suo tocco. Gli occhi grigi lampeggiavano freddi e severi, pieni di panico e paura.
 “Devi farti gli affari tuoi, Emma. Devi sapere il meno possibile.”
 “Tenermi fuori da tutto questo è sbagliato” insistette lei, ora la limite dell'arrabbiatura “io sto solo provando ad aiutarti.”
 “Ma non mi stai aiutando. Non puoi capire. Mi hanno detto un sacco di cose orribili... Lui ti ucciderà se scopre... ascoltami. Devi andartene. Non posso metterti in pericolo. Vattene.”
Stava parlando con astio e violenza. Sputando le parole una dietro l'altra con cattiveria che fece sobbalzare il cuore dell'emoor che fece un passo indietro, guardandolo sconvolta, cercando di capire qualcosa delle parole frastagliate che lui mormorava.
 “Perché vuoi rimanere da solo Draco? Non mi proteggerai così, lo capisci?” sussurrò “Vuoi provare a spiegarmi?”
“Non l'hai ancora capito?” rise lui, isterico “Io sono solo, Emma e non sarà un'emoor con sanguemisto ad aiutarmi”
La Corvonero trasalì e cadde un silenzio denso, pesante, che sapeva di non detto e di attesa. Fece un altro passo indietro, guardando il ragazzo che fino a un istante prima aveva confortato e sentì le lacrime lambirle gli occhi di umiliazione e tristezza. 
 Draco tentennò davanti alla sua fragilità, rendendosi conto una volta di più di essere stato troppo duro, fece un passo verso di lei e sentì il cuore sprofondare quando la vide scostarsi.
 “Credevo ci fosse altro tra noi” disse l'emoor, mortalmente offesa.
 “Emma è solo che a volte...”
 “Ho quasi sperato che provassi qualcosa di vero per me, che a modo tuo mi amassi” disse seria e Draco sussultò. 
Lo aveva detto. Emma aveva detto ad alta voce quello stesso pensiero che lui aveva accarezzato per mesi e mesi e che lo aveva confortato nella solitudine del Manor e nelle notti insonni nel suo dormitorio.
 Quel dolce pensiero che gli aveva dato la forza di non cadere sulle ginocchia ogni volta che racimolava una sconfitta, o capiva che uno dei suoi piani era fallito, quasi uccidendo studenti come lui.

Draco Malfoy non era un Mangiamorte freddo e senza cuore. 
Era solo un ragazzo. Un ragazzo che per non vomitare ogni sera, quello che si costringeva a mangiare, nonostante non avesse più forza, pensava a lei. Ad Emma O'Shea e a quel sentimento caldo e forte che non comprendeva, ma a cui timoroso, aveva cominciato a dare un nome. A tutti quei brevi momenti di pace che si concedevano insieme. Credeva bene. Lui amava Emma O'Shea.
Nonostante cercasse di tenere a bada i sentimenti, nonostante ambisse alla freddezza, nonostante provasse ad essere spietato, potente e infallibile, intoccabile. Il suo cuore da tempo gli aveva dato quel verdetto e non importava che avesse solo sedici anni e non importava che fossero di fazioni quasi differenti.
Non importava nemmeno che lei fosse un'emoor e lui un Purosangue, non gli importava più niente. Era invecchiato prima del tempo, annegando nel suo sconforto e nella sua rassegnazione e non voleva saperne nulla di quella stupida guerra.
 Il giovane Malfoy che aveva gongolato per essere ammesso nella squadra di Quidditch, che si prendeva gioco dei Grifondoro con il suo ghigno gradasso, che sfoggiava la sua ricchezza con malcelato orgoglio, era ormai morto da tempo, soffocato dalla freddezza adulta che la guerra aveva gettato sulle sue spalle. 
 A lui non importava più del potere, di Voldemort e delle aspettative soffocanti che lo attendevano per legarlo al nulla.
 Lui amava Emma Piton O'Shea.

“Non ho mai detto di amarti" si difese spaventato e bastò un secondo perché si odiasse per quell'uscita infelice, vedendo il volto di lei farsi livido di stupore come se l'avesse schiaffeggiata. E capì di aver sbagliato tempi, modi, parole, ma non riuscì a rimangiarsi quell'affermazione piena di paura. Capì che aveva fallito e si lasciò inghiottire dall'orrore di aver perso ogni cosa per colpa di sé stesso.
“Grazie per la precisione Malfoy” sibilò l'emoor.
Lo sguardo ferito, ma fermo, le labbra strette dal disappunto.
 Sentiva il cuore che ruggiva dolorante e temette che sarebbe esploso in mille pezzi se fosse rimasta lì un secondo di più. Alzò gli occhi verdi, così colmi di ombre, sul volto di lui, sfidandolo.
 “Allora mi correggo, credevo di amarti” disse secca e si voltò decisa per abbandonare la stanza, chiedendosi quante volte ancora avrebbe dovuto dare le spalle al Serpeverde e fare il suo cuore in pezzi. 
Si domandò anche se Silente sarebbe stato deluso dal suo allontanamento da Draco, ma non poteva farcela. Non per sempre. 
 
Lei non era infallibile: era solo una ragazza.
Non si aspettava però di sentirsi afferrare da Malfoy, quasi con rabbia e si girò pronta a sferrargli un pugno per liberarsi dalla sua presa, ma le labbra di lui, la colsero di sorpresa, così come il volto pieno di lacrime del ragazzo, che la ammutolì. 
Non si aspettava i baci e le carezze disperate, i singhiozzi che lo scuotevano. Non era mai Draco a perdere il controllo. Mai.
 Era lei quella passionale e animata da grandi ideali, era lei che si arrabbiava, che piangeva e che perdeva il controllo.
 Era lei che sentiva il dolore soffocarle nel petto, che puntava i piedi, che lanciava sguardi di fuoco pieni di determinazione.
 Lei che lo puniva lasciandolo in mezzo al corridoio dopo averlo baciato, o che cercava di affrontarlo facendogli mille domande, testarda nel capire che cosa non andasse. Che si batteva, che lo scuoteva, che lo abbracciava, che cercava una soluzione.

 Lui era invece quello equilibrato, freddo, schivo e calcolatore.
 Lui quello che era in grado di nascondere tutto il dolore dietro un ghigno storto e una battuta pronta e che immobile la guardava sempre allontanarsi, con il pretesto di proteggerla e l'incapacità di comunicare, senza mai sapere come intervenire.
 Lui era quello che accettava il suo destino, le regole di sangue, le imposizioni dei genitori e che elegante e distaccato lasciava semplicemente che le cose gli scorressero accanto, senza toccarle.   Arreso a farsi definire da secoli di sangue puro ed etichetta.
Draco Malfoy era tante cose e aveva tanti difetti, ma non era mai stato solo lacrime e tremore. Non era mai stato specchio delle sue paure.
 Fino a quel momento.
 “Ti prego.” sussurrò spaventato “Emma ti prego”
“Draco” disse lei a un soffio dalle sue labbra, cercando di ignorare la stretta ansiosa di lui “Ascoltami. non può funzionare così”
“Deve” singhiozzò il ragazzo, accasciandosi, aggrappato a lei.
 Emma era scioccata. Scivolò a terra sul pavimento piastrellato, accanto a lui. Gli prese il volto tra le mani, osservando i lineamenti stravolti dal panico e dal dolore e si rese conto che Draco Malfoy stava avendo un crollo emotivo tra le sue braccia.
 “Draco. Respira” ordinò, guardandolo negli occhi, cercando di sembrare tranquilla, mentre lui annaspava, le dita aggrappate a lei  che torcevano la stoffa della sua divisa.
“Io... non sono... Emma... io... ti ucciderà. Sto fallendo... io...”
 “Draco. Respira” sussurrò di nuovo l'emoor e lo strinse a sé, lasciando che piangesse tutte le sue lacrime, cercando di velare il suo stesso sgomento davanti a quel ragazzo così spezzato.
 Lo lasciò nascondere nell'incavo del suo collo, lasciò che si aggrappasse a lei. Lo cullò e confortò come poteva, mentre una rabbia terribile le stringeva lo stomaco e le infuocava lo sguardo.
L'avrebbe fatta pagare a tutti loro. Ai Mangiamorte. A Lucius Malfoy. A Dolohov e Voldemort. A chiunque avesse ridotto Draco Malfoy in quella condizione.
 “Draco” sussurrò dopo vari secondi, quando respiro del ragazzo si era fatto più lento e la pizzicava leggero alla base del collo e a sentirla mentre lo chiamava le dita di lui si strinsero subito convulsamente alle sue braccia e l'emoor sospirò piano.
 Erano ancora accovacciati a terra nel bagno deserto e buio.
“Non abbandonarmi” la pregò il Serpeverde. Fragile.
 “Draco. Dobbiamo essere noi a farla funzionare e così non va.”
 Lo strinse di nuovo e lui scosse la testa, triste, sconsolato e inerme, aggrappato a lei come se fosse una scialuppa di salvataggio che si rifiutava di lasciare andare.
 “Ti prego Emma. Ti prego. Non smettere... Ti prego... Sono a un passo dal cadere in pezzi” ammise infine, gli occhi grigi fissi su di lei.
L'emoor rimase sconvolta dalla cruda verità che le stava dicendo il ragazzo, disarmato di fronte a lei. Gli occhi grigi sgranati. Persi.  
 Draco stava disperatamente cercando aiuto. A modo suo. 
 Per la prima volta aprendole il cuore senza difese. E l'emoor si sforzò di prendere un profondo respiro e di nuovo lo strinse con dolcezza al petto, carezzando lui la schiena, per poi scostare ciocche di capelli biondi dalla sua fronte sudata.
 Lo sentì tremare contro il suo corpo, simile a cristallo in pezzi e capì che non poteva abbandonarlo. Che non poteva lasciarlo annegare in quella disperazione così cocente, piena di ferite e sangue.
Posò le labbra sulla nuca di lui come fosse un bambino, senza dire nulla. Rimasero abbracciati sul pavimento di quel bagno quelle che sembrarono ore. In silenzio. Fino a quando i respiri di entrambi non tornarono coordinati. In equilibrio.
 
Era vero, la loro relazione era complessa, quasi sempre al limite, caotica, dolorosa, difficile ed emotiva ed entrambi erano testardi e istintivi e si accapigliavano e offendevano con grande facilità, ma Emma non poteva abbandonarlo. 
 
Le tornò alla mente lo sguardo vuoto e arreso del ragazzo mentre veniva ferito dalla frusta di Dolohov, il volto allarmato di Narcissa, l'arrendevolezza di Nott e il silenzio grave e teso che riempiva i corridoi del Manor e sentì dentro di sé qualcosa di terribilmente consapevole, disperato e fin troppo maturo.
 Si sentì esposta e al limite, prendendo consapevolezza di come lei, Draco, Harry e tutti gli altri fossero solo dei ragazzi che stavano combattendo qualcosa decisamente molto più grande di loro, affrontandolo come potevano, con le loro forze e le loro fragilità.
Erano giovani ormai vecchi prima del tempo. Predestinati alla sofferenza. E lei l'avrebbe fatta pagare a chiunque avesse ferito il suo Draco in quel modo orribile.
Il sangue Serpeverde, tramandato da Alicia nei secoli, le ribollì nelle vene. Sentì la pelle d'oca invaderle le braccia, mentre continuava a carezzare la schiena di Malfoy, nel tentativo di calmarlo.
Rimase in silenzio, la mandibola tesa e una voglia pericolosa di andare a radere al suolo il Manor, Voldemort, Codaliscia, Dolohov e tutti gli altri. Era furente, ma cercò di calmarsi, mentre le pareva che il cuore le rombasse nel petto e sentiva la presa di Malfoy farsi dolce.
 “Scusa” sussurrò lui.
 “Non ti devi scusare di niente Draco” mormorò  in risposta.
 “Dovrei proteggerti io, non tu, Emma”
 “Dovremmo proteggerci entrambi”
 Lui annuì piano, almeno all'apparenza più tranquillo: il respiro di nuovo misurato, gli occhi grigi vagamente quieti.
 “Ho fatto così tanti disastri.” disse “E ho così tante cose da fare ancora, da dimostrare. Devo trovare una soluzione e... vorrei davvero dirti ogni cosa, ma voglio che tu sia al sicuro e...”
“Lo so.” disse lei frettolosamente “Mi fido di te, Draco, ma, per favore, per favore, considera di parlare con Silente.”
 “Piton lo sa” rispose il ragazzo in un soffio, ancora aggrappato a lei.
 “Sa anche della tua missione?” chiese Emma stupita e il biondo annuì piano, scostando lo sguardo e l'emoor si sentì  confortata da quella risposta e un sottile sollievo le fece rilassare i muscoli che non si era accorta di aver intesito.
 “Bene” sussurrò e si chinò a baciare il ragazzo sulle labbra, sciogliendo delicatamente l'abbraccio, per mettersi in piedi.
 “Che fai, Emma?”
“Andiamo a dormire” propose l'emoor e lui annuì e si alzò insieme a lei, trattenendola per la mano e quando furono una di fronte all'altro, le afferrò il volto tra le mani, tremante e la scrutò con attenzione, tanto che la Corvonero si sentì quasi in imbarazzo. 
Erano vicinissimi, inebriati da quella nuova dolcezza, da quel dolore condiviso in silenzio. Emma cercò di sorridere, nonostante il viso di Malfoy fosse serio e combattuto, dondolò sulla punta dei piedi, senza provare a sottrarre il volto dalla stretta morbida di lui.
 “Draco.”
 “Ti amo, Emma”
Ci fu un lieve silenzio a cadere su di loro, come una carezza e il cuore della Corvonero perse un battito. Affondò negli occhi di lui, in quel grigio così freddo e tormentato, in quelle piccole pagliuzze azzurre che solo a quella breve distanza poteva notare. 
 Vi si lasciò cadere dentro piena di stupore, senza riuscire a dire nient'altro, per una volta tanto senza parole.

*

Le mani che distrattamente strappavano ciuffi d'erba, Emma chiuse gli occhi assorta, godendo di quel sole inaspettato per una giornata di inizio aprile ed Emily, seduta accanto a lei, recitò con voce squillante, per la terza volta, il programma di Incantesimi.
L'emoor la ascoltava insieme a David, sdraiato a terra su un fianco, un filo d'erba tra i denti e Artemius, invece curvo e accigliato, mentre prendeva appunti con aria concentrata su una pergamena.  
Guardò guardò con affetto i tre emoor, sorridendo appena.  
Nell'ultimo periodo si era sentita particolarmente in sintonia con loro, forse perché erano le persone con cui condivideva molte delle sue preoccupazioni, ma anche perché erano suoi amici, amici sinceri, su cui sapeva di poter fare affidamento.
 Socchiuse gli occhi, distratta, una parte del suo cervello che provava sinceramente a concentrarsi sullo studio e sui GUFO, ma un'altra grossa parte che non riusciva nemmeno mettere a fuoco le parole che Emily stava snocciolando tra i denti.
L'idea di Voldemort e di una guerra, la nauseava, tanto che si chiedeva spesso se gli esami fossero poi davvero un evento così importante da affrontare e non dovesse piuttosto concentrarsi su quel che stava accadendo al di fuori delle tranquille mura del castello. Non riusciva togliersi di dosso la sensazione di malessere e terrore che le aveva passato il Draco e da quella notte erano ripresi gli incubi, ancora più vividi e terribili di come li ricordasse, con la folla di Mangiamorte, le grida i lampi verdi e tutto il resto.
 L'emoor sospirò, forse troppo rumorosamente.
 “Tutto ok?” le domandò subito David preoccupato, interrompendo Emily e la Corvonero sobbalzò, presa in contropiede. 
 “Come? Sì certo. Tutto tranquillo.”
 Il ragazzo le lanciò un'occhiata indagatrice e la mora riccia, accanto a lui, fece lo stesso. Emma non era mai stata troppo brava a nascondere ai quei tre le sue preoccupazioni e anche se i Serpeverde sapevano perfettamente non essere invadenti, tanto quanto erano attenti e sensibili, era evidente che fossero preoccupati.
 “Oh beh” disse Emily, riscuotendosi “era anche ora di smetterla di ripassare Incantesimi e poi tu stai chiaramente pensando ad altro Ems e non ci hai ancora detto come è andata la lezione con Silente.”
“Bene” rispose lei, forse troppo velocemente, glissando.
Sapeva che non poteva raccontare ai ragazzi degli Horcrux e non aveva idea di come nascondere la cosa. 
 “Solo bene?” indagò di nuovo David con un sorriso gentile e incoraggiante “Voglio dire, l'ultima volta avevate aggiunto parecchia carne sul fuoco, no?
L'emoor annuì in risposta un po' più convinta, alzando lo sguardo.
“Vero, a questo giro però è stato più tranquillo. Abbiamo ridiscusso di quello che vi avevo detto l'altra volta e ragionato su possibili scenari alternativi”
“Che genere di scenari alternativi?”
 “Quello che potrebbe fare, o non fare Voldemort ora. È una guerra più di strategia che ci attende immagino. Silente è stato insegnante di Voldemort, lo conosce un poco, mi ha parlato di quel che sa”
 “Solo questo?” insistette David, vagamente deluso.
 “Abbiamo anche scoperto che so parlare con i serpenti”
“Oh. Bello” esclamò David sorpreso e anche Artemius lanciò all'emoor uno sguardo interessato.
 “Non è un capacità comune” disse Emily tranquilla.
 “No, vero. Silente me l'ha detto” rispose Emma “Ma pensa che sia semplicemente un dono legato al sangue di Alicia”
 “E non ha detto davvero nulla su di noi?” insistette la ricciolina con aria scettica “Su eventuali legami e pensieri che ha fatto?”
 “No, non questa volta” confermò la Corvonero, deglutendo piano.

David si stese a terra accigliato, gonfiando le guance in uno sbuffo e portando le mani dietro la testa in un movimento fluido.
“È incredibile, essere in una profezia tanto importante e non sapere assolutamente cosa fare. Questa cosa dei guardiani, cosa si aspettano? Che in quattro ci mettiamo a difendere l'intero castello? Mi sembra un'aspettativa esagerata nonostante le nostre notevoli qualità”
Emma ghignò, facendo uno buffetto sul capo dell'amico e schiuse le labbra per dire che era piuttosto arrogante nel sottolineare con quella sfacciataggine le loro indubbie capacità magiche, ma Artemius la interruppe.
 “Io lo so” disse il ragazzo, pallido e incerto, quasi sobbalzando quando tutti si girarono verso di lui.
“In che senso lo sai?” domandò Emily e ci fu un silenzio lungo e pesante, in cui gli occhi dei tre emoor studiarono Artemius, che però teneva lo sguardo ostinatamente basso ad osservarsi le mani.
“Sai cosa dobbiamo fare per difendere la scuola?” tentò David, serio e l'altro Serpeverde incassò le spalle ancor più del solito, a disagio e scosse la testa debolmente.
 “No...” mormorò “So solo cosa devo fare io.”
 Emma lo guardò stupita, illuminandosi appena, mentre uno strano formicolio di tensione le passava sulla nuca. 
 Non si aspettava che Artemius decidesse di condividere il suo ruolo anche con gli altri due presenti e non sapeva cosa aspettarsi dalla rivelazione del ragazzo, ma sorrise lui incoraggiante. L'unica cosa di cui la ragazza era certa era che lei e Artemius, più di Emily e David, erano in qualche modo coinvolti nella profezia più a fondo, ma lei e il ragazzo non avevano ancora affrontato la questione.
 “Mius” lo spronò gentilmente, mentre lui faceva un profondo respiro come a raccogliere coraggio “Stai tranquillo. Siamo qui”
 Lo sguardo cristallino di lui si fissò su di lei e la osservò per un lungo momento, affatto vacuo, poi raddrizzò le spalle e prese fiato.
 “Io devo morire. Devo morire per salvare Emma”

Un silenzio di ghiaccio cadde sui quattro. Le voci e le risate degli altri studenti dispersi nel parco arrivavano loro irreali e ovattate. Emily e David guardarono l'amico con aria confusa, ma la Corvonero lo trapassò con uno sguardo acuto, cercando di capire se il ragazzo di fronte a lei, pallido e spaventato, stesse mentendo.
 “Mius cosa stai dicendo?” chiese mortalmente seria.
 “Non sapevo se dirvelo” spiegò lui titubante, facendosi piccolo “Non volevo che ti arrabbiassi, Ems”
“Beh ormai l'hai detto, spiega” ribatté lei, fredda e concentrata e Artemius sembrò annaspare nei suoi stessi respiri, lanciando agli amici uno sguardo colpevole.
“Artemius.” provò David con voce calma e fermi “Devi spiegarci”
“L'ho sempre saputo” si arrese lui, scuotendo le spalle “da quando mi si è attivata la magia. Ho avuto una visione di voi tre e ho subito capito che voi eravate i miei compagni e che io dovevo proteggerti” aggiunse, guardando Emma con timidezza, mentre lei, sotto shock per quelle rivelazioni, cercava di tenere un contegno.
 Strinse le labbra, respirò lentamente e chiuse gli occhi per un istante, nel blando tentativo di ricomporsi. Emily e David erano assolutamente immobili al loro fianco. Sembravano bloccati.
 “Mius. Non lo accetto” disse infine la Corvonero, lentamente.
 “Non puoi non accettarlo” cantilenò l'altro “è così.”
 “No. Non è così.” disse secca lei “Proteggermi è diverso che morire per me, te ne rendi conto? Ci sono molti modi di proteggere”
 Il ragazzo a quelle parole aggrottò la fronte e sgranò appena gli occhi chiari, come se non ci avesse pensato affatto.
 “Oh. Beh immagino di si” mormorò e l'emoor si sentì rinfrancata da quella reazione e si sporse verso di lui.
 “Non c'è nessuno motivo per cui tu debba morire, men che meno per difendere me.” disse e si allungò per afferrargli la mano e cercare un contatto con lui, che curiosamente non si ritrasse, ma ricambiò debolmente la stretta “Come ti è venuta questa idea?”
 “Te l'ho detto, con l'attivazione della magia. Ho avuto delle visioni”
 “Di che visioni stai parlando, Mius?”
Artemius fece un sospiro rassegnato, forse capendo che non poteva più tirarsi indietro e lanciò uno sguardo a tutti e tre. Tremante.
 “Ve l'ho detto, vi ho visto. Ho visto David far esplodere la finestra della sua classe ed Emily ferire il bullo che la inseguiva e poi ho visto te, Emma, tu che eri felice e hai fatto muovere insieme tutti i fiori in quel prato e cambiavi loro il colore” 
 Emma sentì la bocca diventarle secca, perché ricordava perfettamente il giorno che l'amico le aveva appena descritto.

Lei e Steph, con i genitori, erano andati a un parco botanico della sua città e lei si era sentita così felice della giornata che stava passando, che improvvisamente tutti i fiori avevano iniziato una danza e cambiato colore. Era rimasta a guardare quello spettacolo accanto all'amico, con la sensazione di esserne il motivo scatenante, ma senza osare dirlo ad alta voce per non risultare strana. 
 Solo quando Silente glielo aveva confermato nel suo soggiorno, mesi dopo, rivelandole per altro di essere una strega, ne aveva avuta la conferma e l'emoor sentì per la prima volta un velato senso di colpa nei confronti dei genitori del suo migliore amico, che in quella vicenda erano stati privati dell'unico figlio maschio, ma che lei, stravolta e strappata da quel mondo, non aveva mai chiamato e che probabilmente si chiedevano dove lei fosse scomparsa.
 “La tua prima magia non è stata distruttiva?” domandò Emily, finalmente di nuovo lucida, strappandola dai suoi ricordi “Questo è davvero particolare, Ems”
 L'emoor fece una smorfia nervosa, lanciandole una breve occhiata, ma tornando subito a osservare Artemius di sottecchi.
 “Cosa intendi con particolare?” soffiò.
 “Le prime magie dei maghi di solito si attivano in situazioni di pressione.” spiegò la ricciolina con voce pragmatica “Quando un bambino si sente messo alle strette libera la magia di impulso. Io ho ferito quel bullo che mi inseguiva e non so Artemius, o David, ma immagino che fossero arrabbiati”
 “Ero arrabbiato con mio fratello” confermò David “mi rubò la merenda e una ragazzina mi disse che mi stava bene perché mio fratello era molto più bello di me”.
 Emma inarcò un sopracciglio fiaccamente divertita. 
“Hai fatto esplodere la finestra per questo David?”
Lui sorrise smagliante in risposta, facendole l'occhiolino.
“Ero una persona diversa, anche se già affascinante” disse ironico ed Emily alzò gli occhi al cielo prima di riprendere a spiegare.
“È semplicemente molto raro che la prima magia di un mago si riveli in maniera positiva, per uno stato d'animo non particolarmente alterato” disse svelta, diplomatica “significa che tu hai proprio tanta magia e che ti relazioni con essa con più facilità rispetto ad altri. Forse è per il tuo collegamento con ben due fondatori. Joanne mi ha raccontato che l'insieme di Sangue magico antico a volte crea delle situazioni interessanti. Forse questo spiega il perché della tua predilezione per le magie protettive come il Protego. Che è un'azione molto poco da sangue Serpeverde, se me lo concedi”
 “Capisco” disse Emma, senza sapere cosa aggiungere, stringendo ancora la mano dell'altro emoor.
 “Ma ciò non spiega perché Mius ci ha visto” disse David e l'amico di fronte si strinse nelle spalle  e ammise candido: “Non lo so”.
“È per questo che quando ci siamo ritrovati in quella stanza, la prima volta che ci siamo visti tu non ci hai nemmeno salutato?” insistette di nuovo la Corvonero e Artemius annuì in risposta.
“Sapevo già chi eravate” disse con voce strascicata, come se stesse sottolineando l'ovvio “pensavo lo sapeste anche voi, non credevo di dovermi presentare e non volevo diventare vostro amico.”
“Perché?” domandò stupita Emma.
 “Perché non volevo morire con il dispiacere di lasciare qualcuno” disse tetro il ragazzo e gli emoor si scambiarono uno sguardo cupo, mentre Emma strinse i denti, facendo l'ennesimo grosso sospiro e passandosi stancamente la mano sul volto.
 Si mise poi dietro le orecchie alcune ciocche di capelli ricci e indisciplinati, scegliendo con cura le parole da usare.
 “Ok, Mius, ascoltami attentamente” quasi sussurrò “devi levarti dalla testa questa cosa che morirai per me.”
“Emma io...” esalò il ragazzo dietro i ciuffi di capelli scuri.
 “Non ci provare. Ascoltami. Mi devi proprio promettere che cambierai punto di vista su ciò che devi fare. Proteggermi va bene, te lo concedo, se credi di doverlo fare, ma morire no”
 “Ok” rispose incerto lui, lo sguardo sfuggente.
“E poi perché devi proteggere me e non Emily, o David?”
 “Non lo so, mi è stato subito chiaro che dovevo occuparmi di te.”
“Forse è il Vinculum Eldest” disse Emily “Ricordi? Serpeverde e Tassorosso sono gli antenati tuoi e di Artemius”
 “E perché né tu né David avete l'impulso imperativo di proteggere l'altro come Artemius per me?” sbottò l'emoor con tono più acido del solito “Corvonero e Grifondoro strinsero lo stesso patto, no?”.
“Non sappiamo però quale fosse davvero la natura delle promesse” ricordò mite David, posando una mano sulla spalla dell'amica per non farle perdere il controllo “Forse Andrew Tassorosso barò, cercò di fare qualcosa di diverso, si sottopose a un altro Vinculum.”
“Si ma perché?” sibilò l'emoor e i ragazzi sospirarono, ora tutti insieme, affranti e confusi.
 “Ad ogni modo ora sapete” disse infine Artemius, stringendosi le gambe contro il petto, il mento appoggiato sulle ginocchia ossute. 
 “Mius sono seria” ripeté la Corvonero, lanciando lui un ultimo sguardo di fuoco “Niente colpi di testa. Niente morti”
 “Lo so” bofonchiò il ragazzo.
 “Devi totalmente dimenticarti questa possibilità di morire. Non lo accetto. Non mi serve un martire, mi servi tu accanto, ok?”
 “Ok” accettò ancora l'altro ed Emma notò che le guance di lui si coloravano stranamente di rosa e si rese conto che era compiaciuto, forse dell'essere incluso in qualcosa, di essere difeso.
 Anche David parve notare il cambio di espressione perché gli diede una pacca sulla spalla amichevole, sorridendo lui.
“È inutile che ci provi vecchio mio. Non permetteremo che tu faccia sciocchezze, sei dei nostri”
 E Artemius sorrise, facendo la smorfia più allegra che Emma gli avesse mai visto fare e annuì piano.
 “Non so perché ho pensato di morire” ammise con voce bassa, gli occhi vagamente stralunati “Ho sempre pensato che sarei morto giovane, quindi quando ho saputo di doverti proteggere, forse ho solo immaginato che avevo appena scoperto come sarei morto.”
 Emma ebbe un brivido lungo la schiena e scosse il capo con decisione, stringendo lui la mano.
 “Non servirà. Ci proteggeremo a vicenda l'un con l'altro”
 E sorrise di nuovo all'amico e poi scambiò un lungo sguardo con David ed Emily. Avrebbe fatto di tutto per proteggere loro, di sicuro non avrebbe permesso che morissero.

*

Emma gettò la testa all'indietro e scoppiò a ridere di nuovo, mentre Ginny Weasley, di fronte a lei, si teneva la pancia squassata dalle troppe risate. Erano al campo di Quidditch, come sempre. 
 Si erano rifugiate lì a chiacchierare in libertà, approfittando anche di ripassare insieme in vista dei GUFO. I libri però in quel momento giacevano dimenticati tutti intorno a loro sugli spalti e le due ragazze, sedute con i piedi a penzoloni, chiacchieravano rilassate.
Ginny le aveva appena raccontato di come Harry le avesse chiesto di uscire e la descrizione dettagliata della faccia imbarazzata del Grifondoro era la causa delle risate incontrollate.
 Aveva iniziato Emma, sommessamente, senza un reale motivo, semplicemente immaginando lo sbigottimento del ragazzo e Ginny si era messa in coda per poi perdere il controllo e provocate dalle loro stesse risate, non erano riuscite più a fermarsi.
L'emoor si asciugò le lacrime, cercando di non guardare l'amica per evitare un nuovo attacco di risa, il fiato corto. Era grata a Ginny per quel momento di svago, che aveva cancellato per un istante l'oppressione che sentiva costante al petto dopo l'incontro notturno avuto con Malfoy e la rivelazione di Artemius.
Aveva un disperato bisogno di leggerezza, aveva bisogno di divertirsi, di momenti in cui scrollarsi di dosso le responsabilità.
 La rossa lasciò andare lo strascico di un'ultima risata e con forza prese respiro, recuperando controllo. Indossava la sua divisa da Quidditch, i lunghi capelli rossi raccolti in una coda bassa.
 “Quindi ti ha chiesto di uscire...” la stuzzicò di nuovo l'emoor e l'altra annuì compiaciuta, arrossendo leggermente.
 “Vorrei ben vedere, dopo avermi baciato davanti a tutti i Grifondoro dopo la partita! Se non mi avesse chiesto di uscire, questa volta lo avrei probabilmente cruciato.”
 Gli occhi di Ginny brillarono. Emma credette ad ogni parola.
 “Ron come l'ha presa?” chiese curiosa e l'amica scrollò le spalle, con indifferenza, il volto rilassato.
 “Bene mi sembra, ma non è un grosso problema quello che pensa mio fratello. Non aveva molte possibilità comunque. Anche se l'avesse presa male se la sarebbe dovuta far passare.”
 “Sei troppo severa con lui”
La grifona strabuzzò gli occhi e spalancò la bocca.
 “Proprio tu, Emma dovresti darmi ragione. Mio fratello su certe cose è davvero ottuso, è ancora lì che accusa Malfoy di intrighi”
 “Già” mormorò l'emoor, stirando un sorriso teso “Anche se ormai credevo che fosse più il tuo moretto che Ron”
“Si in effetti forse è più Harry” concesse Ginny.
“Anche se, in effetti, non riesco a spiegarmi come Ron non si accorga di Hermione” sorrise Emma “quindi forse è un po' ottuso.”
“Esatto!” esclamò l'altra “Te l'ho detto. Mio fratello è un'idiota. Farsi scappare una ragazza come Mione... incomprensibile.”
 “Sì in effetti Ron ha bisogno di un po' di tatto in più” convenne l'emoor “Non che Hermione abbia voglia di ammettere la sua cotta”
 La Corvonero voleva bene alla Granger. La trovava una ragazza indipendente, forte e spaventosamente intelligente, ma non aveva mai davvero compreso l'insana attrazione che aveva per il rosso. 
 Ron era ovviamente suo amico da sempre, oltre che un bravo ragazzo ed era divertente, leale e simpatico, ma lui ed Hermione sembravano avere davvero poco in comune, infatti non facevano altro che bisticciare. Ginny, meno diplomaticamente, sosteneva che quella cotta non avesse senso e che prima o poi le sarebbe passata.

“A proposito di Malfoy” intervenne la rossa ed Emma si riscosse, sentendo un brivido di disagio correrle lungo la schiena.
 Per un momento temette che l'amica le avrebbe chiesto novità sul Marchio e lei sapeva che non sarebbe stata in grado di mentire a domanda diretta, ma Ginny, gli occhi nocciola screziati d'oro illuminati da una strana felicità, non ci fece accenno.
 “Ci pensi Emma? Siamo innamorate di quei due idioti da sempre, ne parlavamo nelle nostre prime lettere”
 L'espressione dell'emoor si ammorbidì e sorrise, pensando a quegli scambi di confessioni, che sembravano appartenere a una vita prima: lei ancora a Spinner's End a studiare e l'amica tra le mura del castello. Il povero gufo di Piton, era stato a lungo sfruttato per portare lettere il cui argomento erano Potter e il biondo Serpeverde.
 “Già” sussurrò malinconica.
 “E ora stiamo entrambe con l'uomo dei nostri sogni. Trovo che sia una cosa bellissima, no? Ma se me lo concedi, la tua idea di uomo dei sogni, è opinabile” continuò Ginny, inarcando un sopracciglio.
Le labbra di Emma si arricciarono appena per mormorare  “Concesso” e poi si distesero in una smorfia divertita.
 “Se solo quei due stupidi non si odiassero sarebbe bello fare un'uscita a quattro.” borbottò la rossa, persa nei suoi pensieri, facendo dondolare le gambe nel vuoto.
 “Sarebbe divertente in effetti” assentì l'emoor, pensando che una volta avrebbero dovuto provarci, anche solo per vedere le espressioni dei due, ma poi le tornò alla mente lo sguardo stravolto di Draco, il terrore nelle sue membra tremanti, la disperazione nel suo respiro e pensò che i tempi in cui il problema tra i due ragazzi era una zuffa adolescenziale basata sulle Case erano ormai lontani.

Ti amo, Emma.

“Draco ha detto di amarmi” disse improvvisamente ad alta voce e fu come se si fosse tolta un masso dal petto e sentì immediata una strana euforia nel poter confidare a qualcuno quella piccola notizia felice, in tutto quel mare di preoccupazione. 
 Ginny si portò una mano alla bocca colta di sorpresa, ma poi con slancio si avvicinò all'amica e la strinse in un abbraccio tiepido.
 “Merlino Emma, che cosa bella!”
 L'emoor sorrise contro la sua spalla. Era ovviamente felice anche lei, anche se avrebbe voluto liberare quelle due parole della disperazione e della paura di cui avevano il sapore.
 Draco Malfoy però l'amava e questo era davvero importante.

*

“Artigiana di bacchette” ripetè lentamente Vitious ed Emma di fronte a lui sorrise con cortesia.
 “Sì signore. È esatto.” rispose, prendendo un grosso respiro, mentre l'ometto sembrava ragionare tra sé e sé.
“È una professione insolita” disse infine, osservandola attento con i suoi occhietti particolarmente acuti e intelligenti “Credo che tu sia la prima tra i miei studenti a mostrare interesse per questa branca della magia e insegno da molti anni” 
 Emma si strinse nelle spalle, a disagio per essere di nuovo considerata troppo particolare e abbozzò un leggero sbuffo.
“Mi sono informata e so che è un lavoro molto vario e di grande ricerca, perché bisogna sempre sperimentare, lavorare su nuovi nuclei, viaggiare in cerca di materiali e adattare le bacchette alle nuove magie ed è anche artistico, perché posso modellare le mie bacchette a piacimento” spiegò sorridendo man mano che le parole le sfuggivano “mi sembra una professione stimolante e completa”
“Lo è” disse Vitious con un cenno di approvazione.
 L'emoor non era mai stata nell'ufficio del professore prima di quel colloquio orientativo. Era una stanza circolare molto luminosa, ordinata e piena zeppa di libri, come si era sempre immaginata. 
 In realtà, era positivo che non avesse mai avuto a che fare con Vitious, al di là delle lezioni, perché significava che non aveva mai fatto guai tanto grossi da essere rimproverata dal Direttore di casa.
Sorrise educatamente all'uomo che la osservava, Vitious era una persona mite e gentile che Emma apprezzava.
 “È un'arte molto completa in effetti e molto difficile da perseguire” spiegò lui “Dovrai fare un corso di un anno al Ministero e poi trovare una bottega disposta a farti fare l'addestramento”
 “È molto difficile accedere al corso?”
 “Moltissimo, c'è richiesta in tutto il mondo e chiedono il massimo numero possibile di MAGO e GUFO. Vedendo i tuoi risultati però” borbottò, consultando la pergamena di fronte a lui “Non dovrebbero esserci problemi. Hai la possibilità di ottenere un GUFO in tutte le materie necessarie. Forse l'unica cosa...”
“So che l'ultima prova di Aritmazia non è stata delle migliori” soffiò subito l'emoor, tesa come la corda di un violino “Ma recupererò”
 “No, no.” sorrise Vitious bonario “Volevo solo dirti che forse dovrai impegnarti un poco in Trasfigurazione, un Oltre Ogni Previsione è un'ottima media, ma se tu riuscissi ad alzarla ad un Eccezionale ti sarà sicuramente utile”
 “Ci proverò, signore” rispose Emma con sollievo.
“Bene. Allora abbiamo concluso direi. Mi sembra che tu abbia le idee molto chiare e un brillante futuro davanti a te.”
 “Non mi chiede un piano B?” domandò stupita l'emoor.
 Lilith era rimasta dentro a parlare con il professore oltre un'ora, cercando le varie possibili carriere adatte a lei e ne era uscita confusa e agitata, mulinando le braccia intorno a sé mentre cercava di spiegare a lei e James tutte le opzioni che aveva trovato. 
 Emma si era aspettata quindi un colloquio altrettanto lungo e particolareggiato, non certo che finisse in una manciata di minuti.
“Avrai bisogno di molta determinazione per ottenere l'accesso a quel corso.” le disse Vitious con tono gentile “Forse un piano B non deve essere contemplato fino ad allora, non avere scelta a volte è molto utile, credimi”
 “Capisco” rispose l'emoor. Il ragionamento dell'uomo filava.
 “Immagino comunque che il piano B riguardi le pozioni”
 “Sì signore” confermò Emma.
“Lumacorno mi dice che raramente ha avuto nella sua carriera un'alunna così intuitiva e abile, non che ne avessi dubbi, con un insegnante come Severus a casa. Quindi immagino che se tu avessi bisogno di un piano B non avresti problemi. Concentriamoci quindi sul piano A.” concluse con un sorriso affettuoso che stupì l'emoor e le diede una ventata di coraggio e buon umore.
 “D'accordo. Vada per il piano A”
“Ollivander è un mio caro amico. Posso parlare con lui quando ne avrai bisogno, potrebbe darti qualche consiglio per il corso ed è un ottimo contatto quando avrai necessità di una maestro di bottega”
 Qualcuno bussò alla porta, si voltarono entrambi: “Avanti” disse Vitious e dallo spiraglio che si aprì, spuntò il naso di Severus Piton.
 “Ah, Severus vieni” disse allegro l'ometto “Stavo giusto parlando con Emma della sua carriera. Ti abbiamo appena nominato”
 “Non vorrei disturbare.” rispose l'altro, piegando però gli angoli delle labbra in un mezzo sorriso, vedendo l'aria allegra dell'emoor.
“Oh, non disturbi, non mi avevi detto delle ambizioni di Emma”
“Temo di non conoscerle” chiarì l'altro e l'emoor si sentì vagamente arrossire e sorrise ai due professori. 
 “Non ne ho ancora parlato con Severus in effetti” spiegò.
 “Ah!” fece Vitious “Visto quanto siete uniti lo avevo dato per scontato. Spero di non aver rovinato una sorpresa”
 “Anche se fosse, ormai sarebbe tardi” rispose Severus, consegnando all'altro professore una pergamena che era probabilmente motivo della sua visita e che Vitious la prese e la lesse accigliato.
 Emma non disse nulla, ma giurò che le guance di Severus si fossero tinte appena un poco di rosa davanti al commento dell'altro professore su quanto lei e lui fossero legati. L'uomo si voltò verso di lei in quel momento, gli occhi neri distanti e freddi, come sempre.
 “Allora? Quali sono i tuoi piani?”
 “Non pozioni” disse lei con una smorfia divertita, notando come il tutore era evidentemente curioso e faticava a nasconderlo.
Piton fece solo una minuscola espressione delusa.
 “Ah, credevo ti piacesse la materia”
 “Molto” confermò la ragazza “ma è il mio piano B e il professor Vitious mi ha detto che probabilmente, nel mio caso, il piano B sarebbe meglio non contemplarlo.”
Severus inarcò un sopracciglio, sempre più confuso.
 “Immagino che il piano A non sia una carriera nel Quiddicth” disse secco, prendendo velatamente in giro la protetta “Anche se comincio a chiedermelo visto tutto questo segreto”
 “Artigiana di bacchette” rispose Emma e lui fece un'espressione stupita prima di ricomporsi e guardarla con più attenzione.
 “Singolare” ammise “Molto singolare, in effetti. Se non altro non ti unisci alla lista infinita di studenti che vogliono diventare Auror, per poi fallire miseramente”
Vitious appoggiò la pergamena che stava leggendo, sorridendo mestamente al collega, lo sguardo di nuovo attento.
 “È quello che ho risposto io. Non degli Auror, Severus, non essere così duro con i tuoi studenti, ma sicuramente quella di Emma è una scelta singolare e complicata, anche se non credo avrà troppi problemi se continua con questa media scolastica.”
 Piton annuì seccamente in risposta al collega, senza però distogliere gli occhi dalla ragazza. Vitious tossicchiò.
 “Ora però deve arrivare il prossimo studente se non avete altro da aggiungere... Ah sì la signorina Lovegood” disse, riscuotendosi e fece  un balzo per scendere dalla sedia e poi caracollò sulle corte gambe, scortandoli alla porta, mentre parlava sottovoce con Piton.
 “L'appunto di Pomona è molto utile, proverò a lavorarci nel pomeriggio. Se possiamo rafforzare le difese del castello, meglio”
“Esattamente” strascicò l'altro con un cenno di assenso “Non sappiamo quanto possa servire, ma le serre sono distanti, meglio assicurarsi che gli studenti siano protetti.”
 Emma li ascoltò con distacco, appuntandosi mentalmente che i professori stavano lavorando alla sicurezza del castello. Ricordava le lunghe conversazioni con Black e Bill a proposito delle case magiche e le loro protezioni e si chiese quali fossero quelle della scuola.
I due uomini parlottarono ancora un poco tra loro e poi Vitious aprì l'ingresso, invitandoli a uscire con un sorriso.
 “Bene. Alla prossima Emma.” la salutò. 
 Lei lo ringraziò a sua volta, ritrovandosi nel corridoio con il tutore e lasciando il posto a Luna, che le fece un cenno allegro prima di entrare nell'ufficio con un mezzo saltello. 
 Emma e il tutore rimasero soli e senza che si parlassero presero a camminare insieme lungo il corridoio semi vuoto del piano. 
 Il cielo era ancora chiaro, ma nuvoloso ed Emma calcolò che aveva un paio d'ore libere per studiare un poco in biblioteca prima di cena, o forse avrebbe potuto cercare Draco e stare un po' con lui.
 “Perché non me l'hai detto?” chiese il tutore, interrompendo i suoi ragionamenti. Non era offeso, solo curioso.
 “Di voler diventare Artigiana di Bacchette?”
“Esatto” disse secco lui.
 “Non so, Sev. Nulla di personale, volevo provare a scegliere senza il consiglio di nessuno, per vedere cosa mi avrebbe portato.”
 “Hai scelto bene. È una professione difficile, ma  interessante.”
 “È sembrato anche a me” disse la ragazza, stupita e sollevata nel vedere l'interesse dell'uomo “Vitious mi ha chiesto di migliorare il mio voto in Trasfigurazione, avrei bisogno di un Eccezionale.” 
 “Mi sembra un buon consiglio” disse Piton “Sono certo che andrai benissimo, è una scelta per pochi. Se vuoi devo avere dei libri a casa a riguardo, posso portartene qui qualcuno se volessi consultarli.”
 Lo sguardò dell'emoor brillò e sorrise, il cuore gonfio, come tutte le volte che sentiva che il tutore la stava supportando sulle sue scelte.
 “Grazie Sev” 
 “Per così poco.”
 “State aumentando le difese del castello? Ho sentito che parlavate delle serre e mi sono incuriosita, in effetti sono distanti.”
“Sì.” annuì lui “ma è solo una precauzione, per non lasciare punti scoperti, è una cosa che si è sempre fatta. Pomona e Filius sono i principali responsabili. Controllano i passaggi e che gli incantesimi siano non corrotti, ma il castello in sé è protetto da molta magia antica che non possiamo nemmeno controllare.”
 “Come le case dei Purosangue?”
 “Come lo sai?”
 “Ne avevo parlato con Sirius e anche con Bill. È un tema interessante e una cosa che notato anche al Manor, così so che la mia stanza è piuttosto sicura rispetto alla casa a Spinner's End.”
 “In parte parte è come le case di Purosangue” ammise il professore, suo malgrado stupito dall'acutezza della ragazza “ma non si tratta di  magie legate al sangue come la casa di Black, si tratta di qualcosa che è legato alla conoscenza e a un luogo sicuro dove trattarla”
 “Interessante” mormorò l'emoor.
 “Lo è.” strascicò l'altro. 
 “Siete preoccupati per quello che può accadere ora che...”
 “No” la fermò subito il tutore “I controlli sono sempre stati fatti. L'ho detto. Hogwarts è sicura, Emma e tu dovresti concentrarti sui tuoi obbiettivi e il tuo Eccezionale in Trasfigurazione, non su altro”
 “Lo so, Sev” sorrise lei.
 “Bene.” disse secco lui “Raccontami che tipo di libri ti piacerebbe leggere per approfondire le tue conoscenze sulle bacchette magiche”
disse l'uomo e lei sorrise. Artigiana di bacchette.
 
Era strano. Emma si accorse che era la prima volta che pensava davvero a un futuro fuori da Hogwarts, mentre chiacchierava con il tutore con facilità. Un futuro concreto, tangibile.  
Qualcosa che immaginava di fare davvero dopo la guerra ed era bello che anche Severus sembrasse ottimista sull'idea che un futuro, al di là di tutto, ci sarebbe stato.
Sorrise al tutore con dolcezza, mentre parlava lui e gli occhi scuri e attenti dell'uomo la fissarono con un guizzo curioso.
“Tutto bene?” le chiese cauto, con il suo solito tono strascicato.
 Emma annuì appena, si sporse in avanti di slancio e lo strinse brevemente in vita, come non faceva mai in mezzo ai corridoi.
 “Grazie per tutto quello che fai, Sev”
 Piton si irrigidì stupito e con maggiore sconcerto osservò la protetta sciogliere l'abbraccio in un istante e allontanarsi con aria allegra, quasi saltellando sulla punta dei piedi. I lunghi capelli biondi, con venature ramate, dondolavano liberi, carezzandole la schiena. 
Sembrava incredibile a dirsi, ma Emma O'Shea stava canticchiando.




*Angolo Autrice*


Ciao Lettori. 
Vi scrivo ahimé sapendo di essere positiva al Covid. Fortunatamente, avendo fatto molta attenzione, dato che lavoro a contatto con moltissime persone, sono riuscita a limitare i danni e non ho infettato nessuno! Ora si tratta di avere solo una grande pazienza e finire la mia quarantena, sono un po' acciaccata, è una malattia davvero fastidiosa, ma non sono grave e sto sulle mie gambe (per tutti quelli che si sono preoccupati). 
Proteggetevi il più possibile 🤍.

Andando al capitolo:
Ho voluto partire da un momento molto tetro e man mano portare un po' di luce al capitolo e respiro alla nostra Emma. 
Spunti e appunti:
. Ho a lungo pensato come sarebbe avvenuto il confronto con Draco, volevo un po' di indignazione da parte di Emma, non tanto per il Marchio, ma per l'atteggiamento del ragazzo. Alla fine ho però deciso di sfruttare questo confronto per far letteralmente crollare Malfoy. Volevo dargli una possibilità di piangere tutte le sue lacrime e di sfogarsi (penso lo meriti) ed ho immaginato che la reazione di Emma ad uno sfogo del genere potesse essere solo di rabbia e accanita protezione nei confronti del Serpeverde. Credo che i due non siano mai stati con i cuori così vicini come su quelle piastrelle. 
. Ho a lungo pensato anche a come avrebbe reagito Draco, al di là delle lacrime, il 'ti amo' mi è parso la risposta più giusta, anche se forse i due non sanno come chiamare il sentimento che li lega, Draco intravede in Emma un'umanità che nessuno gli ha mai concesso, sommato anche al suo desiderio di proteggerla, la sua gratitudine e la sua fragilità, ho immaginato che potesse dirle 'Ti amo' semplicemente perché è tutto ciò che riesce a offrire lei. 
. Artemius. Mio piccolo dolce Artemius. Un grande passo in avanti per gli emoor. Si scopre che Artemius deve proteggere Emma, per la prima volta vediamo effettivamente i quattro emoor stringersi l'un l'altro e sostenersi. Nonostante le tante domande che cozzano tra di loro, soprattutto la natura del Vinculum Eldest tra le due coppie, il primo istinto della Corvonero è quello di rassicurare l'amico, afferrare lui la mano e fargli promettere che non si farà ammazzare. Trovo così candido, atroce e commovente il fatto che Artemius fosse pronto a morire per lei, così come ho provato tanta tenerezza nel pensarlo schivo e chiuso per paura di affezionarsi agli altri e dover poi dire addio. 
. Il campo di Quidditch è il mio posto preferito per le mie due amiche preferite. Ho lasciato un po' di spazio a Ginny ed Emma. Le due stanno crescendo e così stanno crescendo le loro cotte adolescenziali. Sebbene i soggetti non siano cambiati, anzi siano teneramente gli stessi, Ginny non si nasconde più tutta rossa alla vista del prescelto ed Emma conosce fin troppo bene il misterioso biondo che l'aveva tanto affascinata. Ferite, orgogliose, forti e indipendenti le due lasciano spazio al loro lato tenero e forse più infantile, nonostante tutte le preoccupazioni, confidandoselo a vicenda. 
. Artigiana di Bacchette. è una delle prime cose che ho scelto del personaggio di Emma. Penso che sia una professione perfetta per lei e per cui aveva già mostrato entusiasmo nella gita ad Hogsmeade con Artemius. Nel libro ho adorato il colloquio di Harry e la Mcgranitt al tempo della Umbridge e ho voluto dare un colloquio anche alla nostra emoor e sfruttarlo per farle passare un breve momento di comunicazione con il tutore. Trovo giusto che Emma veda un futuro al di là dei suoi dolori e che Severus ne veda uno, se non per se stesso, almeno per lei. 
. Il titolo del capitolo ha significato ambiguo, da un lato il fatto che Draco probabilmente non sarà mai un grande Mangiamorte, così come sembra riferirsi a un'ipotetica sconfitta di Voldemort, dall'altro sembra che il Marchio, di Draco, di Severus e di tanti altri risucchi il futuro degli stessi.

Grazie come sempre per tutte le vostre recensioni e il vostro meraviglioso supporto. 
Vi mando un abbraccione.
A mercoledì.

vi

Ritorna all'indice


Capitolo 43
*** GUFO ***


.GUFO.


 

Il brusio degli studenti nel parco era più intenso che nelle stanze del castello, dato che, con il sole persistente di quelle giornate, sembrava che tutta Hogwarts si fosse spostata all'esterno. Gruppi di ragazzi di ogni anno, coppiette, o lupi solitari in cerca di pace, erano sparsi sull'erba, dalle rive del lago nero fino agli angoli riparati del cortile, con qualche temerario che si aggirava nei pressi della capanna di Hagrid e lungo i confini della Foresta Proibita. 
 Persino i professori sembravano aver deciso di approfittare del sole timido e di prendere aria, tanto che Emma scorse da lontano la figura sottile del tutore passeggiare insieme alla professoressa Sprite, la braccia cariche di piante e ingredienti.
 
L'emoor sorrise, tranquilla, mentre camminava attraverso il parco con Draco, le dita delle loro mani appena intrecciate, con delicatezza, come se avessero paura di spezzarsi a vicenda.
 Il ragazzo sembrava essere tornato il composto Malfoy di sempre, i capelli erano pettinati con cura e la divisa in perfetto ordine e se la luce impietosa del sole non avesse messo in mostra le pesanti occhiaie che gli macchiavano il volto di porcellana, Emma avrebbe potuto dire che Draco si stesse finalmente riprendendo.
 Attraversarono l'erba umida, diretti verso le mura del castello, di lì a poco lei avrebbe dovuto raggiungere Lilith e James in torre per un ultimo ripasso, ma voleva passare più tempo possibile con Draco. 
Mancava davvero poco ai GUFO e anche se l'emoor non ne poteva più di studiare, doveva ammettere che quei momenti di ripasso collettivi erano stati molto utili fino a quel momento.
 Fece vagare lo sguardo nel prato affollato e vide da lontano il trio d'oro dei Miracoli e Ginny Weasley, seduti vicino al lago.
 Hermione stava con il solito libro aperto di fronte a sé, l'aria corrucciata ed Harry e Ron ridevano sguaiatamente di qualcosa, mentre la rossa appoggiava con naturalezza il capo alla spalla del moro, che accarezzava distrattamente il fianco di lei.
Sembravano sereni, felici, normali.
 L'emoor si rabbuiò solo per un'istante, sentendo una piccola stretta al petto e prima che potesse impedirselo, immaginò di voltarsi con un sorriso verso Draco e di dirgli “Hei ci sono gli altri!”
 E per un solo breve attimo riuscì a visualizzare il volto del biondo illuminarsi con un sorriso aperto e sincero, come la prima volta che lo aveva visto scendere dalla sua scopa al Manor e cercò di impedirsi di correre con la fantasia, ma fu troppo lenta.
Riuscì a vedersi lì seduta insieme ai quattro, appoggiata però serenamente al petto del Serpeverde, che le cingeva la vita con una presa morbida. Riuscì a immaginare la risata di Draco mentre scherzava di Quidditch con Harry, lanciandosi a vicenda battute taglienti e riuscì quasi a vedere Ginny che alzava gli occhi al cielo esasperata, sbottando un 'i ragazzi' tra i denti. 
 Emma sentì di desiderare quella normalità con tutta sè stessa.
 “Sopravviverai ai GUFO, te lo garantisco.” le disse Draco, che doveva aver frainteso la sua aria corrucciata.
 “Oh sì, immagino di sì” rispose lei, sobbalzando nervosamente e il biondo si accigliò appena, rallentando l'andatura per osservarla attento, senza lasciare lei la mano.
“Non stavi pensando ai GUFO” constatò stupito.
“No, in effetti no.” ammise mesta lei, con un mezzo sorriso a inclinarle le labbra, lanciandogli a sua volta un veloce sguardo da sotto i boccoli della frangia un po' troppo lunga. 
 Draco la guardò vagamente perplesso e attese qualche secondo, un sopracciglio teatralmente inarcato verso l'alto, prima di parlare.
 “Posso sapere allora a cosa stavi pensando se non ai GUFO?” insistette, sfoggiando un pallido ghigno, che fece sorridere l'emoor.
 “Merlino si sono invertite le parti, ora mi fai tu l'interrogatorio” lo punzecchiò lei e Draco trasformò il suo ghigno in un'espressione più  dolce, gli occhi grigi che la osservarono cautamente.

Dopo gli eventi nel bagno, dopo le lacrime e la disperazione, Malfoy era diventato curiosamente gentile con lei. Era protettivo e a tratti affettuoso, come se cercasse un modo di essere grato. Emma ci aveva fatto velocemente l'abitudine e non era raro ormai che raccogliesse il suo panico e il suo silenzio, costringendolo a quelle passeggiate vuote eppure dolcissime in cui entrambi si distendevano.
 “No, davvero, Emma. A che pensavi? Sembravi triste” le disse il ragazzo, attento alle parole che usava per non sembrare invadente, ma l'emoor scrollò le spalle, minimizzando.
 “Triste è un'affermazione un po' forte. Stavo solo riflettendo”
 “Su cosa?”
 “Sai di Ginny ed Harry no?”
 L'altro fece un buffa smorfia schifata appena trattenuta, che riportò subito in vita il vecchio Malfoy.
“Merlino sì, me l'ha detto Daph, pensavo che la donnola Junior dopotutto avesse gusti migliori. Se sei triste per quella coppia hai la mia totale comprensione, credimi”
Emma serrò le mascelle solo per un istante, ma scacciò il fastidio con un mezza risata tra i denti. Stanca. Da lupo. Come Sirius Black.
“Oh, lascia perdere stupido di un Malfoy.” borbottò divertita e lui  nel vederla ridere, si illuminò e sembrò riprendere fiducia, il petto che scattava in fuori e gli occhi scintillanti.
 “I Malfoy, come saprai, sono incredibilmente intelligenti, Emma. Generazioni e generazioni di Purosangue preparati ad eccellere. Quindi non tentare di darmi dello stupido.”
 “Allora forse ti hanno adottato” lo punzecchiò lei di rimando, tagliente, anche se lo sguardo rimase morbido e dolce.
 Draco rimase interdetto un solo secondo, inarcando le labbra sottili in una smorfia annoiata, gli occhi grigi che scandagliavano ogni minuscolo movimento di lei.
 “Mi hai scoperto, O'Shea. In realtà sono un Weasley” disse serio ed Emma rise in risposta. Il sollievo, la tranquillità e il divertimento che le si mischiavano nel petto con tenerezza.
 “Sei proprio un idiota, Malfoy. Lo confermo” lo prese in giro lei.
 “Non sono io che ho parlato della coppia d'oro della scuola con il meglio di Serpeverde, non potevi certo pensare che gioissi” 
 Lei ridacchiò tra i denti e gli diede un buffetto sulla spalla, con la mano libera, scuotendo appena il capo. Malfoy la trasse più vicina a sé, abbastanza per sfiorarle la fronte con un bacio.
 “Dimmi a che pensavi, forza” la esortò,  afferrandole un boccolo e giocandoci distrattamente, passandolo tra le dita pallide “Se lo fai giuro che terrò per me i miei commenti su quei due.”
“È solo... che li vedo davvero... ecco. Felici”
 
Draco inarcò le sopracciglia a quell'affermazione, nell'evidente sforzo di non commentare oltre.
 “Ed è una cosa negativa?”chiese.
“Pensavo solo che sarebbe bello un giorno, quando tutto questo sarà finito vivere una vita normale, uscire con i nostri amici, senza pensieri, con Daph e Blaise, Harry e Ginny...” mormorò lei.
Malfoy si irrigidì impercettibilmente, gli occhi subito duri e freddi e la squadrò attentamente come se fosse improvvisamente impazzita.
“Non capisco se lo stai consigliando tra le righe, ma non penso proprio che uscirò con lo sfregiato, Emma.”
 “Nemmeno se te lo chiedessi io?” tentò lei con sguardo morbido “Per me sarebbe davvero importante, Draco”
 Si aspettava di vederlo stringere la mascella e scuotere la testa esasperato, per poi usare una qualche battuta sarcastica e nervosa, ma invece, con stupore della ragazza, Draco la guardò con attenzione prima di rispondere con voce educata.
 “Merlino, Emma. Sarebbe davvero chiedermi un grosso favore quello di uscire con SanPotter, non credi?”
 “Ginny è innamorata di lui però e Ginny è la mia migliore amica. Mi spiacerebbe escluderti” disse lei sincera, approfittando dell'inattesa calma del biondo nell'affrontare l'argomento, ma il Serpeverde sospirò, nascondendo malamente il velato imbarazzo.
“Voglio dire” cercò di spiegarsi Emma velocemente “non dico ora, ovviamente, ma un giorno, quando tutto sarà finito. Non ti piacerebbe avere una vita tranquilla? Fare delle cene con gli amici, andare al parco, fare dei pic nic, divertirsi?”
 “Certo O'Shea, ma Potter!” sbottò Malfoy, strabuzzando gli occhi e l'emoor fece un'espressione dolce, stringendo appena di più la presa sulla mano del ragazzo.
 “Sono certa che lui penserebbe lo stesso di te” fece leva, con un sorriso sornione a illuminarle il viso “Se solo non foste entrambi così testardi andreste d'accordo, credimi. Vi assomigliate sai? Tutti e due siete figli unici, siete orgogliosi e solitari e cercate sempre di fare gli eroi e di agire per il bene di chi amate.”
 “Ti prego evita” disse Draco, la smorfia disgustata che contraeva i lineamenti delicati “e poi io non faccio certo l'eroe”
“Oh sì che lo fai” rispose Emma, punzecchiandogli il braccio con un dito e sbirciando la sua reazione “Sei un eroe sotto mentite spoglie che mi tiene all'oscuro dei suoi piani per cercare di proteggermi”
 “Emma...”
 Prima che Malfoy potesse innervosirsi, l'emoor si mise sulle punte dei piedi per rubargli un bacio e gli sorrise con dolcezza, tanto che  lui sospirò, scostandole i capelli chiari dal volto.
 “Ci penso” mormorò arreso ed Emma dovette sforzarsi di non spalancare la bocca per lo stupore.
 “A cosa?” chiese incredula, presa in contro piede.
 “A SanPotter e donnola Junior” disse secco lui “Ci penso se per te è tanto importante. Ma scordati la Sanguesporco e lenticchia”
 L'emoor sorrise radiosa e Draco sentì di perdere un pezzo di cuore davanti a quella felicità. Quegli occhi così liquidi e verdi. Quel volto luminoso coperto di sollievo e lentiggini.
 “Su Hermione ne riparliamo” disse la Corvonero imbronciandosi appena, in un gioco tenero e infantile.
 “Io non credo” disse secco Malfoy.
 “Io credo di sì” soffiò lei “Anzi, io credo...”  
 Draco si protese verso di lei e la zittì con un bacio nervoso. Il volto di Emma tra le mani, il respiro spezzato tra loro. 
 “Frena l'entusiasmo O'Shea” disse dopo un istante, canzonatorio.
 Sorrise e si allontanò a passo sicuro, per poi girarsi a metà del corridoio per salutarla di nuovo con un cenno veloce e andare verso la sala comune dei Serpeverde. L'emoor sorrise.

*

Emma si lasciò cadere sull'ultimo tavolo della biblioteca, esausta.
Hermione, il capo chino su un numero imprecisato di libri, le lanciò solo una breve occhiata, facendole un piccolo sorriso. 
L'emoor tirò fuori dalla borsa piume e inchiostro, mentre l'altra ragazza riabbassava velocemente il capo, impegnata a compilare le pergamene di fronte a sé, poi inclinò il viso curiosa e osservò la grifona e il suo fervore in silenzio, per qualche secondo. Hermione aveva i capelli terribilmente arruffati e gli occhi vagamente sgranati.
 “Sai che questo non è l'anno dei MAGO, Mione, vero?”
 L'altra le lanciò solo un altro velocissimo sguardo esasperato, senza smettere un solo secondo di scrivere con affanno.
 “Sì, Emma. Lo so. Perché me lo chiedi?” domandò con voce tremante per il panico appena trattenuto e l'emoor si accigliò ancor di più, scuotendo la testa divertita.
 “Mi sembri un tantino stressata”
 “Perché lo sono. Tutti si rilassano al sesto anno perché non ci sono gli esami, ma è un momento molto importante”
 Emma annuì divertita, sbuffando leggermente e scuotendo il capo.
 “Nessuno dice il contrario, ma sembri più in panico di me che tra due settimane ho i GUFO. Dovresti ricordarti di prendere fiato”
 “Ho sempre detto che tu e Ginny non vi preoccupate abbastanza” ribadì la grifona spiccia, gli occhi cioccolato che controllavano con attenzione maniacale la pergamena che aveva appena vergato.
 Emma ridacchiò senza risponderle e si chinò di nuovo sulla sua borsa, recuperando il libro di Trasfigurazione. Era intenzionata a fare un intenso ripasso per riuscire ad ottenere l'Eccezionale che le serviva e aveva preparato un attento programma di studi proprio su consiglio di Hermione, che nonostante la testa come sempre piena di pensieri, era intenzionata a rispettare il più possibile. 
Ci teneva davvero a provare ad accedere a quel corso per artigiani di bacchette, ma la concentrazione sull'incantesimo di trasfigurazione umana parziale, durò solo per dieci minuti scarsi, prima che gli occhi cominciassero a ricadere di nuovo sulla sua borsa, distratti.
Il libro di magia Oscura che Severus le aveva regalato a Natale spiccava in mezzo agli altri volumi di testo, con le sue pagine spesse e il profilo borchiato. Attraente.
 L'emoor era convinta che se il tutore avesse scoperto che lo aveva portato ad Hogwarts l'avrebbe messa, per la prima volta in vita sua, in punizione e forse avrebbe avuto anche ragione. 
 Emma era perfettamente consapevole di non poter leggere un volume del genere ovunque e che era pericoloso anche portarlo in giro con leggerezza, ma voleva assolutamente consultarlo e ogni volta che ci provava qualcuno le girava intorno.
Il discorso fatto con Artemius, qualche settimana prima, l'aveva messa profondamente a disagio, gli incubi erano aumentati fino a diventare insopportabili e lei non tollerava più di non sapere le cose. Si era messa in testa di voler conoscere tutto riguardo al Vinculum Eldest e sperava di trovare qualche informazione in quel libro.
 L'emoor alzò di poco il capo, lanciando uno sguardo furtivo alla Grifondoro. Subito gli occhi di Hermione, tesa come una corda di violino, saettarono su di lei.
 “Che c'è?” sibilò, nervosa.
 “Niente, niente” sospirò Emma, arrendendosi.
Eludere l'attenzione della grifona se avesse messo sul tavolo in legno un volume di materia oscura sarebbe stato impossibile e infatti appena posò sul tavolo il più innocuo volume sulla costruzione delle bacchette che le aveva portato sempre Severus quella mattina, Hermione le sorrise interessata.
 “Ginny mi ha detto delle tue ambizioni”
Emma fece un debole cenno in risposta. 
 “Già. Ci provo almeno.”
 “Fai bene” disse l'amica, incoraggiante, osservandola di sottecchi mentre l'emoor scorreva le pagine distrattamente.
Il primo capitolo si intitolava “Bacchette magiche, dalle famose alle leggendarie” ed Emma si immerse pigramente nella lettura, ammettendo a sé stessa che, pur non essendo il libro che avrebbe voluto leggere in quel momento, se non altro era più stimolante dell'ennesimo ripasso di Trasfigurazione.

La bacchetta di Sambuco tra tutte le bacchette leggendarie è la più famosa. 
Il legno di cui è composta, in combinazione con il suo nucleo, realizzato secondo la leggenda con un crine di Therstral è una selezione piuttosto potente, nata dall'arroganza del suo creatore. Ad oggi i crini di Therstral sono vietati...

*

I ragazzi del quinto anno erano sulla soglia del panico. Tutti insieme in Sala Grande, sparsi nei quattro lunghi tavoli usati per la cena, capannelli di studenti studiavano con insolito fervore sotto il cielo particolarmente nuvoloso che svettava tra le arcate.
 Lilith ripeteva febbrilmente tutte le date di Storia della Magia, mentre Carmen e Sarah stavano controllando l'ennesimo esercizio di Aritmazia e Sean invece, stranamente silenzioso e pallido, teneva gli occhi chiusi, mentre muoveva le labbra velocemente in una muta ripetizione integrale del libro di Trasfigurazione aperto davanti a lui.
Emma scorse i gemelli Harrods inseguire letteralmente Richard Done, che tentava di liberarsi di loro roteando più del solito gli occhi dietro gli occhialini tondi e anche un paio di Tassorosso, seduti poco distanti dal gruppo bronzo blu, che scoppiarono in lacrime.
“Sei distratta?” chiese James, al suo fianco, l'unico dei suoi amici che sembrava avere un po' di controllo.
 “Non so più che studiare” ammise lei, vagamente annoiata, chiudendo nel libro la sua traduzione di Antiche Rune che aveva già ricontrollato due volte.
Quella frenesia e ultima corsa allo studio sembra aver travolto chiunque e l'emoor sapeva di non poter nemmeno andare in cerca di Ginny perché la rossa si era chiusa con Hermione in biblioteca, dando il veto a chiunque non fosse lì per studiare di avvicinarsi a lei. 
 Al tavolo di Serpeverde, dall'altra parte della Sala Grande, scorse anche i tre emoor chini sulle loro pergamene con aria concentrata ed Emma si rese conto che non aveva mai visto David così spaventato e ansioso prima di allora. 
James chiuse a sua volta il libro di Pozioni che stava leggendo con un movimento secco “Ti va di fare un giro?” chiese.
 “Sì, ti prego” assentì l'emoor.

Nei corridoi incontrarono solo ragazzi dei primi anni, visto che tutti gli altri si preparavano ai vari esami. Emma si sentiva snervata da tutte quelle ore sui libri, con la stessa insofferenza di quando era rimasta chiusa per mesi e mesi a Spinner's End.
 “Non so quanto ci può aiutare questo studio matto dell'ultima ora” ammise a mezza voce, giusto per parlare di qualcosa mentre attraversavano i corridoio insolitamente silenziosi.
 “Non aiuta” rispose James, sorridendo appena “o meglio, aiuta psicologicamente, dà l'idea di avere tutto sotto controllo”
 “Non si può avere tutto sotto controllo”
“No, confermo” disse l'altro.
 Emma adorava passare il tempo con James, perché di tutti i suoi amici era forse quello che le assomigliava di più e nonostante i forti legami che la ragazza aveva ad Hogwarts con Ginny, Lilith, gli emoor e ultimamente anche Hermione, il rapporto con il Corvonero rimaneva qualcosa di estremamente unico per lei.
 L'emoor non si era mai sentita giudicata dal ragazzo, ma al contrario, riconosceva l'affetto e la fiducia che l'amico le riservava.
James non storceva il naso per le sue amicizie con i Serpeverde, anzi aveva espresso curiosità e l'aveva supportata persino nella sua relazione con Draco. Inoltre, cosa non scontata, Emma e il ragazzo non si erano mai guardati con malizia, nonostante il loro legame e i numerosi abbracci che si scambiavano. 
Si volevano bene profondamente e in maniera sincera e ognuno occupava un posto speciale nel cuore dell'altro senza doppi fini, rendendo così il loro rapporto semplicemente cristallino.
Per Emma l'amico aveva la grande qualità di saperla calmare ed ascoltare, dandole sempre ottimi consigli e aveva in parte preso il posto occupato da Steph quando erano bambini: quello di un compagno sincero, con cui poteva essere se stessa al 100%.
 E anche James, da parte sua, considerava Emma come una delle persone più importanti della sua vita. Aveva un profondo rispetto per lei e la sua intelligenza e completa fiducia nel suo istinto e nelle sue capacità. Per questo aveva sempre seguito l'amica con cieca stima in ogni sua battaglia, che fosse al Ministero, o con l'esercito di Silente, senza mai doverne nemmeno discutere insieme. 
 Entrambi sapevano quindi che si sarebbero sempre difesi l'un l'altra, Emma lanciandosi per prima con coraggio e lucidità innata e lui proteggendola e guardandole le spalle.
 Nessuno dei due si stupì quindi, quando, in reazione a uno Schiantesimo che uscì dal bagno delle ragazze al secondo piano, andando a infrangersi contro il muro, Emma si parò davanti all'amico con fare protettivo, la bacchetta in mano e James non esitò nemmeno un secondo ad andarle dietro a coprirle le spalle, mentre lei entrava nella stanza. 
 Né ci fu bisogno che si parlassero quando videro Harry Potter e Draco Malfoy fronteggiarsi, ma anzi, in un perfetto movimento di simbiosi scattarono in avanti per separarli.
Emma si mise davanti al Serpeverde in un battito di ciglia e James afferrò prontamente per il braccio il Grifondoro, cercando di tirarlo all'indietro. I due Corvonero erano un ottimo duo combattimento.
 “Che cosa state facendo?” chiese l'emoor stravolta, mentre Harry si liberava di James con uno strattone nervoso, lanciando un altro Schiantesimo verso il biondo alle sue spalle. 
 L'emoor riuscì a schivarlo agilmente, trascinandosi dietro Draco e l'incantesimo ruppe un rubinetto che cominciò a zampillare acqua.
 “Potter sei finito” gridò Malfoy, sfuggendo alla presa della ragazza e contrattaccando con ferocia, ma James parò la fattura in velocità, mentre lottava a fatica per trattenere Harry.
 “Siete completamente ammattiti?” strillò l'emoor, decisa a fermarli e fece un breve cenno di intesa a James, che subito afferrò Potter con entrambe le braccia, cercando di trascinarlo fuori dal bagno.
 “Avanti Potter, usciamo fuori a prendere aria” disse, ma il Grifondoro si fece ostinato e cercò di liberarsi dalla stretta, puntando i piedi, mentre sibilava tra i denti un “Stanne fuori McGregor”
 Draco, alle spalle di Emma, approfittò della distrazione generale e lanciò un'altra fattura che colpì il braccio di James, costringendolo a mollare la presa su Harry e la bacchetta.
 “Malfoy!” gridò l'emoor, voltandosi verso di lui indignata e il veloce sguardo di scuse che il ragazzo le lanciò, prima di prenderla per le spalle per mettersi davanti a lei, non bastò a placare la sua rabbia. 
 Emma cercò di afferrarlo per trascinarlo di nuovo indietro, senza però riuscirci, scivolando sul pavimento bagnato. Draco la afferrò per un braccio rimettendola in equilibrio, ma un altro incantesimo lanciato da Potter sibilò accanto a loro, infrangendosi contro lo specchio. L'emoor guardò incredula il ragazzo e intercettò lo sguardo di puro odio tra lui e il Serpeverde.
 “Avanti Potter, non sai fare di meglio?” chiese acido Draco.
Era furente, i lineamenti contratti in un'espressione di rabbia pericolosa, la pelle pallida intaccata da un vago rossore. 
 Harry mandò un'altra fattura verso di loro, Draco afferrò Emma, portandola al riparo dietro il cubicolo di un bagno, che colpito dall'incantesimo andò in frantumi, proprio mentre James recuperava finalmente la bacchetta che gli era caduta nell'acqua.
L'emoor approfittò di quel momento e scattò in avanti, evocando un Protego tra i due combattenti, tanto forte che li fece barcollare entrambi per la sorpresa.
 “Ora BASTA. Smettetela tutti e due” sibilò e c'era una tale furia nel suo sguardo che Grifondoro e Serpeverde sembrarono per un momento abbassare la bacchetta con aria colpevole.
 “Emma” disse secco Harry, ma lei lo ignorò lanciandogli uno sguardo di fuoco e accusa.
“Emma un corno, Potter. Siete completamente impazziti, un duello nei bagni, davvero? Quanti anni avete? Dieci?”
Era affranta, delusa e sospirò di sollievo per l'apparente calma, scambiandosi uno sguardo con James. Il ragazzo era chino sulle ginocchia, uno zigomo graffiato, probabilmente dalla colluttazione avuta con Potter e il fiato corto. Emma lo ispezionò velocemente per assicurarsi che non avesse nulla di rotto e bastò quella minuscola distrazione perché gli altri due alzassero di nuovo le bacchette.
 “STUPEFICIUM”
“SECTUMSEMPRA”

L'incantesimo di Draco si infranse contro il muro in un lampo rosso, passando a pochi centimetri dalla testa di Harry e James, mentre quello del Grifondoro colpì il biondo in pieno petto.
 Ci fu un istante di assoluta immobilità, poi Emma squittì spaventata e alzò lo sguardo su Draco che sgranò gli occhi, sorpreso.
Il sangue cominciò a colare all'improvviso dal corpo del ragazzo e cadde ai suoi piedi in gocce vermiglie, mischiandosi all'acqua che ricopriva le piastrelle bianche del pavimento. Harry impallidì leggermente e James trattenne il fiato, mentre l'emoor fece un passo in avanti verso di lui, il cuore in gola.
 Draco sembrò dondolare sul posto, come sorpreso da qualcosa, ma poi si accasciò a terra privo di forze e piccole ferite affiorarono sulla sua pelle immacolata, imbrattando la camicia candida.
 L'emoor rivide chiaramente la scena di tortura di Dolohov al Manor e gli occhi le si dilatarono di spavento. Si buttò velocemente in ginocchio nell'acqua accanto a Draco e i polmoni le si svuotarono dolorosamente dell'aria che aveva trattenuto.
 Malfoy emise un singhiozzo strozzato, i suoi muscoli si tesero in piccoli spasmi, riempiendo le mani di Emma che lo sorreggeva di altro sangue rosso: il sangue purissimo di un Serpeverde.
 “Che ti è preso Harry!?” ruggì con rabbia la ragazza verso l'amico “Da quando usi magia nera? Lo volevi uccidere?”
 “Io... Io non lo sapevo” balbettò spaesato il Grifondoro, pallido in volto e l'emoor cercò di non farsi prendere dal panico e di non perdere tempo, ma lanciò uno sguardo disperato a James che capì subito cosa le servisse: Severus Piton.
 Il Corvonero uscì dalla stanza e si mise a correre ed Emma, spaventata, diede finalmente tutta la sua attenzione a Draco. Gli carezzò il volto, chiamandolo con dolcezza e cercò di calmarlo, analizzando le ferite con occhio attento.
 Ce ne erano almeno due che destavano preoccupazione, essendo particolarmente profonde, oltre che un'altra manciata di piccoli tagli sparsi, abbastanza netti da fa gocciolare sangue. 
 Il biondo fece un verso rauco, gli occhi grigi pieni di terrore e la sua mano si aggrappò al polso di Emma.
“Va tutto bene Draco.” sussurrò subito lei, ma non sapeva nemmeno se credere alle sue stesse parole.
“Ho paura” mormorò il biondo, a voce tanto bassa che lei dovette chinarsi sul suo petto per poterlo sentire. 
 L'emoor prese bruscamente un profondo respiro, afferrò la bacchetta che aveva lasciato cadere e indecisa, mentre guardava con un misto di paura e stupore il sangue di Malfoy che continuava a scorrere sul suo corpo e mischiarsi all'acqua del pavimento, strinse labbra, ragionando velocemente sul da farsi.
 Se Harry sembrava sinceramente scioccato nel vedere gli effetti del Sectumsempra lei non lo era affatto. Conosceva perfettamente l'incantesimo, perché ne aveva letto su alcuni appunti scritti a mano in un libro trovato a Spinner's End e sapeva quanto fosse pericoloso.
 Probabilmente doveva essere stato lo stesso Piton ad inventarlo ed Emma, saggiamente, temeva l'abilità del tutore.
Non si fermò a cercare di capire come Potter conoscesse quella formula, perché ogni secondo poteva essere cruciale. Draco stava rischiando la vita e c'era un solo modo per contrastare la maledizione ed evitare che dissanguasse davanti a lei ed era una via terribilmente complicata: il Vulnera Sanentur.
 “Emma ti prego, fa qualcosa” mormorò Potter nel panico, gli occhi liquidi di lacrime e spavento.
L'emoor, che era consapevole della difficoltà quasi proibitiva dell'incantesimo curativo, che solo maghi molto dotati sapevano gestire e che lei, pur conoscendone la teoria, non aveva mai provato, decise che non poteva aspettare Severus senza tentare nulla e ignorando Potter fece un respiro leggero e si chinò in avanti, mentre sentiva la presa di Malfoy sul suo polso farsi più debole.
“Emma mi dispiace” sussurrò di nuovo Harry “Io non ne avevo idea. Mi dispiace. Mi dispiace”
“Taci una buona volta Potter” sibilò lei in risposta, senza nemmeno voltarsi, sforzandosi di non affatturarlo.
 Gli diede le spalle, chiuse gli occhi e cominciò a mormorare la litania del Vulnera Sanentur per curare le ferite. Subito sentì la magia strabordare irruenta dal suo corpo, prosciugandola, ma cercò di mantenere la concentrazione, muovendo con precisione la bacchetta sulle ferite di Draco, ignorando i brividi sulla schiena causati dall'acqua gelida di cui era ormai zuppa.
 Non seppe quanto tempo rimase lì, ma le sembrò per molto ed era ormai completamente senza forze, quando lo sciabordio di passi nell'acqua annunciò l'arrivo di qualcuno, riempiendola di sollievo.
 L'emoor si azzardò ad aprire gli occhi, titubante, incontrando con gioia i due tunnel neri e preoccupati del tutore.
 “Sev...” mormorò, stupendosi di quanto fosse sottile la sua voce e notò anche che Potter era ancora immobile alle sue spalle, così come era prima che lei chiudesse gli occhi. 
 L'emoor lo ignorò, in parte stupita che il ragazzo non se le fosse data a gambe e abbassò il volto su Malfoy, bianco come non mai, ma ancora vigile, le lacrime cristallizzate sulle guance.
 “Ha fatto effetto” sussurrò sorpresa, notando che il lato destro del corpo di Draco non sanguinava più così copiosamente.
 Severus si chinò sul Serpeverde e sgranò gli occhi, osservando la protetta in una muta domanda.
 “Vulnera Sanentur” rispose lei.
 “Ma come hai fatto...” sussurrò l'uomo con malcelato stupore.
 “Sev” lo interruppe l'emoor “ti prego salvalo.”
 Piton annuì svelto e riprese a curare il ragazzo da dove lei aveva smesso. La sua litania era molto più intensa di quella pronunciata da Emma, simile a una cantilena gentile, ma come lei anche era teso e concentrato, a mollo nell'acqua fredda del bagno. 
La Corvonero si lasciò scivolare a terra e rimase lì accanto silenziosa, con la mano destra stretta in quella di Draco e la sinistra che accarezzava lui il capo e si rilassò leggermente solo  quando vide le ferite del ragazzo smettere di sanguinare.
 Severus si alzò, asciugandosi il sudore dalla fronte con una manica.
 “McGregor riesci ad aiutare la signorina O'Shea a portare Malfoy in infermeria, facendolo levitare?”
 “Sì signore” rispose subito James, facendosi avanti.
 “Potter con me” disse acido il professore.
 Harry, che Emma aveva continuato a ignorare, le lanciò un'ultima occhiata confusa da dietro gli occhiali tondi.
 “Mi dispiace davvero Emma, io non lo sapevo, davvero”
 “Vai da Severus, Harry” rispose lei con tono gelido e subito si voltò verso gli altri due per aiutare il compagno di Casa a sollevare Draco.
 “Grazie a entrambi” sussurrò il Serpeverde stremato.
 Emma e James si scambiarono uno sguardo, stupiti. Non era nelle corde di Malfoy quella gentilezza, né la gratitudine, ma era evidente che si fosse spaventato a dovere.
“Non c'è di che, Malfoy” rispose il Corvonero con un mezzo sorriso, mentre l'emoor stringeva la mano della serpe con dolcezza.
Draco era salvo. Andava tutto bene

*

Il circolo di Mangiamorte. Codaliscia e il coltello pieno del sangue di Harry.
I suoi genitori e Steph. Lucius e Severus che ridevano di lei sprezzanti.
La donna che non conosceva, le grida e i lampi verdi.
Draco torturato da Dolohov con occhi vuoti.
 “Ho un compito che ti farebbe inorridire, O'Shea”
Artemius era morto a terra, la pelle che già si staccava dal suo teschio.
Il capo si girò drammaticamente verso di lei, gli occhi morti e velati.
“Sono morto per te Emma. È colpa tua.”
Quattro figure si mossero in mezzo altri lampi verdi. Si tenevano per mano ed Emma sapeva che erano le quattro Ombre, ma loro scuotevano la testa con disapprovazione. L'emoor sentì il sangue pulsare nelle vene quasi dolorosamente, mentre le immagini si ripetevano ancora e ancora.

George morto.
Harry morto.
Lilith morta.
James morto.
Severus morto.
Remus morto.

*

L'emoor si svegliò di scatto, trattenendo all'ultimo sulle labbra un grido. Sbatté le ciglia e nel buio intorno a lei riconobbe la sua stanza. Lentamente riprese il controllo, obbligandosi a rallentare il respiro, prima di aprire le tende del suo baldacchino, sollevata dal fatto che tutte le sue compagne erano ancora nascoste dietro le loro, ad esclusione di Luna, che dormiva serena con il tendaggio aperto.
Emma prese di nuovo respiro, passandosi le mani sul volto e bevve un sorso d'acqua ghiacciata dal comodino, per calmarsi.
Sei solo agitata perché domani ai i tuoi GUFO. Si ripeté mentalmente più e più volte, ma non era sicura che i GUFO fossero davvero la causa di quello stato d'ansia che la attanagliava.
 Impaurita all'idea di rimettersi a dormire, occhieggiò il suo libro di Arte Oscura e il manuale di bacchette nella sua borsa, chiedendosi se fosse il caso di consultarli per passare il tempo, ma poi scosse la testa con stanchezza, tornando sdraiata sul soffice materasso, coperta fino al naso, con l'intenzione di dormire.
 Hai degli esami importanti domani.
Il peso piacevole e leggero di Wolland che saliva sul suo letto la fece sorridere lievemente. L'emoor allungò la mano per carezzare la testa del gatto, grattandogli distrattamente dietro le orecchie.
 Pensò ai corridoi della sua libreria immaginaria e vi ci immerse, usando al meglio l'Occlumanzia. Mise nel suo libro degli incubi una pagina impalpabile con quello appena fatto, lo ripose su uno scaffale ordinato, si allontanò per corridoi tortuosi, facendo calare grate, pareti in legno e coperture in ferro che la proteggessero.
 Quando fu piuttosto sicura della distanza messa tra lei e i suoi incubi, si avvolse dentro un buio caldo e pieno di protezione e creò altre reti di luce, scudi e divisioni. Girò il labirinto della sua mente, che ormai conosceva a memoria più e più volte, fino a quando non fu così esausta che si addormentò.

*

Emma con un gesto secco si tolse i capelli dal volto sistemandoli dietro le orecchie e regolò il fuoco con la bacchetta, sporgendosi appena per controllare lo stato della pozione che ribolliva piano. 
Sorrise soddisfatta: stava andando bene.
 L'esaminatore dei GUFO passò davanti al suo tavolo, annuendo impressionato e l'emoor trattenne a stento una smorfia vittoriosa.
 Buttò un po' di alloro nell'intruglio e abbassò il fuoco ancora di un poco, sospirando: aveva due minuti di pausa.
 Lilith, poco distante, la fronte corrucciata e un'espressione di panico sul volto, stava ruotando intorno alla sua pozione, che aveva un colore completamente errato, ma non sembrava poi così terribile.  
 James invece sembrava cavarsela alla grande, così come gli altri emoor qualche banco più in là. Emma si voltò e lanciò uno sguardo anche a Ginny, rendendosi conto che non sapeva come se la cavasse la rossa in quella materia, ma tutto sommato le parve tranquilla. 
La pozione sfrigolò appena, raggiungendo la giusta temperatura e la Corvonero spense la fiamma, rimestando il liquido con polso fermo. 
 Fu la prima della classe a consegnare l'ampolla contenente una pozione di una perfetta colorazione pistacchio.
Severus sarebbe stato fiero di lei.

Nel pomeriggio Emma si era trovata ad affrontare Difesa nelle Arti Oscure con una strana tranquillità, facendo un'ottima prova e riuscendo a impressionare l'esaminatore sia a causa del suo Patronus corporeo, sia per il suo Incantesimo scudo, tanto potente, che quasi lo aveva sbalzato all'indietro.
 In Trasfigurazione invece, a parte qualche piccolo errore che sperò essere trascurabile, riuscì a completare l'esame in maniera decente, sperando silenziosamente di essere riuscita ad ottenere il suo Eccezionale, mentre Lilith andò talmente bene da meritarsi un applauso dalla professoressa che la esaminava.
 Verso la fine del pomeriggio Emma sospirò di stanchezza e caricandosi ancora una volta i libri sulle spalle, tornò verso la torre, camminando tra Lilith e James. Mancava solo un giorno alla fine degli esami e non vedeva davvero l'ora di uscire da quell'inferno.
 “Ventiquattro ore e siamo liberi” continuava a ripetere Lilith, il caschetto più disordinato del solito.
 “Lilith sembri matta” le sorrise l'altra e la biondina in risposta si pigiò i capelli al lato del cranio, facendo una smorfia esagerata, mentre si lasciava cadere su uno dei divanetti della Sala Comune.
 Due ragazzini del primo anno, riconoscendoli come studenti del quinto, si affrettarono ad allontanarsi, probabilmente per non essere affatturati, abbandonando la loro scacchiera a metà del gioco nonostante James avesse provato a sorridere loro rassicurante.
 “Dobbiamo essere terribili da un occhio esterno.” disse il ragazzo.
“Oh non preoccuparti Jam, fra quattro anni saranno nella nostra situazione e ci capiranno” borbottò Lilith.
 “Domani è semplice” provò a dire Emma per confortarla “Sei l'unica a sapere tutte le date di Storia della Magia e sai anche tu che in Erbologia non avrai nessun tipo problema, sei una delle migliori.”
 La biondina sbuffò appena, lasciandosi scivolare sullo schienale. 
 “Le date le so adesso, ma davanti a una pergamena vuota si volatizzeranno. Già lo so” disse amara, voltandosi per guardare fuori dalla finestra il sole calante che tingeva il cielo di rosa.
 “Stai esagerando Lil” le sorrise l'amico, attirando la sua attenzione.
 “Non esagero. Pozioni ho fatto uno schifo” mormorò la biondina,  coprendosi il volto con le mani e accasciandosi sempre di più sullo schienale sul divanetto.
 “Non era la tua peggiore pozione Lil”
 “Oh, grazie tanto, Ems. Ora sì che mi sento meglio.”
 “In Trasfigurazione sei stata la migliore però." le fece notare il moro e Lilith fece una smorfia finalmente compiaciuta che subito tramutò in un sorriso sghembo.
 “E Richard ha fallito” disse con un ghigno “miserabilmente pare”
 “Non si gioisce delle disgrazie degli altri” la rimbeccò Emma, facendosi però sfuggire a sua volta un sorrisetto.
 Non sopportava Richard Done, il suo tono nasale, il suo fare da damerino, il suo essere sempre perennemente acido e offeso per qualcosa. Per sua fortuna in tre anni di scuola si era ritrovata ad avere poco a che fare con lui, litigate a parte.
 “Come sta Draco?” chiese James.
 “Bene” disse Emma, sorridendo lui “Ieri finalmente l'hanno dimesso, Gli rimarrà qualche segno, ma nulla di troppo grave.”

*

Ehi” sussurrò l'emoor entrando a passo misurato nella stanza chiara. 
 Nessuno studente occupava i lettini ordinati, all'infuori di Malfoy e c'era una luce bassa e accogliente quel giorno in infermeria. Emma sorrise. Madama Chips, riconoscendola, le fece un secco gesto di saluto, continuando a sistemare metodicamente una grande massa di bende. L'emoor passava di lì più volte al giorno da quando il ragazzo era arrivato in cura e la Chips non ci faceva ormai quasi più caso alla sua presenza.
 “Ehi tu” la chiamò il biondo, vedendola entrare e l'emoor si affrettò a raggiungere il suo fianco, dandogli un bacio sulla guancia.
 “Come stai?” chiese, sorridendo.
 “Sempre affascinante, ricco e perfetto, come se no?”
Gli occhi di lei corsero alle occhiaie e al sorriso teso, ma non commentò.
 “Cicatrici?”
 “Nessuna grave, sei stata brava” le sorrise lui “Rimarrà solo qualche segno”
 “Beh qualche cicatrice di guerra per cui vantarti con gli amici potevi tenerla”
 “Vantarmi O'Shea? Potter mi ha battuto” fece il ragazzo, inarcando di molto un sopracciglio e mal celando il sincero divertimento.
 “Questo è vero” disse l'emoor, senza riuscire a frenare il fastidio che provava ancora nei confronti di Harry e la sua avventatezza “Però Potter è stato anche scorretto, non avrebbe dovuto usare magia oscura”
 Malfoy alzò leggermente le spalle con aria indifferente.
 “Non so se la magia oscura agli occhi dei Serpeverde possa essere un demerito e comunque sai anche tu che se lo avesse saputo non lo avrebbe mai fatto.”
 Emma lo guardò con sorpresa, avvicinando di poco il volto a quello di lui, così da trovarsi a un soffio dalle sue labbra.
 “Stai giustificando Harry, Malfoy?” chiese sorniona.
 “Mai” rispose il Serpeverde, circondandole la vita con un braccio e avvicinandola al lettino “San Potter è un'idiota certamente, ma preferisco dimostrarlo alla prossima partita di Quidditch e non con un altro duello potenzialmente mortale in un sudicio bagno.”
Draco sorrise furbo, avvicinandola ancora di più a sé e Madama Chips lanciò loro un'occhiata storta, tossicchiando con nervosismo e probabilmente disapprovando l'eccessiva vicinanza tra i due. Emma, ridacchiando, si liberò gentilmente dalla presa del ragazzo, limitandosi a stringergli la mano tra le sue.
 “Eppure hai saltato la tua ultima partita di Quidditch, Draco” 
 “Non ero al meglio della mia forma” si giustificò lui, ma sapevano entrambi che stava mentendo, che non era per un malessere che aveva saltato la partita, ma che Draco a volte spariva e nemmeno Emma sapeva dove andasse.
 Finsero però di nulla, evitando di ricordare come la Corvonero fosse rimasta sugli spalti per tutta la partita con l'angoscia nel cuore non vedendolo sulla scopa.
 L'emoor prese un sospiro e con naturalezza si chinò a baciarlo sulle labbra, chiudendo così la discussione.
 “Devo tornare a studiare, ci vediamo domani quando ti dimettono, ok?” soffiò e lui annuì, gli occhi socchiusi a guardarla mentre andava verso l'uscita.

“Emma?”
La ragazza si voltò verso di lui con aria interrogativa.
 “Ringrazia Piton da parte mia, non ho ancora avuto modo” le disse il Serpeverde e sembrava che parlare dell'uomo lo infastidisse leggermente, ma lei non fece domande.
 “Lo farò” rispose invece asciutta, annuendo e si voltò per uscire.
 “Emma” la richiamò di nuovo lui, facendola assumere un'espressione divertita.
 “Dimmi, Malfoy.”
 “Sei bellissima” le disse il ragazzo e lo pensava davvero.
 La Corvonero arrossì, deliziata e mandò lui un bacio sulla punta delle dita, prima di dirigersi nuovamente verso l'uscita.
 “E un'ultima cosa” aggiunse Draco, facendola definitivamente ridacchiare “Ci ho ripensato, hai presente quando tutto sarà finito e potremo fare pic nic, cene e tutte quelle cose che definisci normalità?”
 “Mmmm mmm” ribatté dubbiosa l'emoor.
 “Niente Sfregiato e Donnola Junior, mi spiace. Sono pericolosi, Emma. A questo punto forse preferisco Granger e lenticchia”
 L'emoor rise di gusto, ignorando lo sguardo severo di Madama Chips, afferrò un cuscino dal lettino accanto a lei e lo lanciò al ragazzo, guardandolo divertita.
 Draco Malfoy stava scherzando. Draco Malfoy stava sorridendo.
 Andava tutto bene.

*

Emma sorrise vagamente a quel ricordo.
 “Bei pensieri?” chiese Lilith di fronte a lei
 “Abbastanza” rispose l'emoor.
 La biondina annuì appena in risposta e poi si voltò a guardare malinconica la vetrata da cui si vedeva il cielo annuvolato e ormai scuro. Emma capì dall'aria distratta e assorta che probabilmente l'amica pensando a Fred Weasley.
 Per un po' rimasero in silenzio, nella quiete della Sala Comune, il brusio degli altri Corvonero di sottofondo.
 “Fortuna che non abbiamo dovuto fare Astrologia questa sera” fece infine notare James, osservando il temporale in arrivo e distaccando senza volerlo entrambe le ragazze dai loro pensieri.
 Emma annuì distrattamente rivolta all'amico, osservando anche lei le nuvole scure sopra di loro, sempre più dense e minacciose.
 “Sarebbe stato un bel problema” disse dolcemente “Scendo un po' prima in Sala Grande così saluto Gin, ok? Vi aspetto per cena”
 Aveva voglia di passeggiare un poco senza portare il carico di libri sulla schiena, per svagarsi un attimo, senza dover pensare agli esami che le mancavano e a quelli appena fatti.
 “Veniamo anche noi” ribatté Lilith, leggendola nel pensiero “Tra poco qui si riempirà di gente che avrà solo voglia di parlare degli esami e io non voglio ancora sapere quante domande ho sbagliato”
Emma ridacchiò alzandosi, sentendosi in sintonia con l'amica e uscì dalla porta, prendendo a braccetto i due in un gesto automatico e naturale. Si ritrovò a pensare che mancavano solo due anni alla fine delle scuola e due anni erano un tempo incredibilmente breve e fugace, che un po' la intimoriva.
Stavano crescendo, stavano diventando adulti.
 “Stasera hai Silente?” domandò James.
Lei annuì in risposta.

Erano ad Hogwarts.
Erano al sicuro.
Avevano quasi concluso i loro GUFO.
Andava tutto bene.




*Angolo Autrice*


Ciao Lettori!:)
Come state? 
Non me ne voglia Arisky, ma in questo capitolo ho voluto mettere qualche momento di distensione. Però (perché c'è sempre un però) ci sono degli elementi che ricordano che non c'è proprio nessun motivo di distendersi. Durante tutto il capitolo vedremo come Emma ripete spesso, come una litania, la frase "Andava tutto bene" come temesse di perdere il controllo e si assicurasse della silenziosa calma ogni volta che riesce. 
Il capitolo però è incentrato prevalentemente sulla preparazione e poi gli esami veri e propri, uno scorcio quindi di "Vita normale" ad Hogwarts. 

Punti e Spunti: 
. Piccolo momento di dolcezza e tranquillità iniziale dove Malfoy ed Emma tornano a stuzzicarsi come i vecchi tempi. Emma anela a un po' di pace e Malfoy a modo suo cerca di andare dietro ai suoi sentimenti. I due si stuzzicano con più leggerezza del solito, passeggiano per mano e cercano di concedersi qualche momento di calma. Trovo entrambi molto fragili e delicati, appoggiati su un silenzioso equilibrio. 
. Curiosità: Tutti gli amici dell'emoor, bene o male, spesso la chiamano 'Ems', Malfoy invece è l'unico che la chiama sempre O'Shea o Emma. Ci avete fatto caso?
. Ho voluto inserire la piccola parentesi in biblioteca un po' perché mi piace da morire immaginare Hermione impanicata pur non avendo gli esami e per dare anche una parvenza delle normali giornate dell'emoor a scuola. La sua ricerca silenziosa di verità non si ferma però nonostante gli esami e intuiamo che Emma, inconsapevolmente, si è avvicinata al conoscere i doni della morte. 
.Scontro Potter - Malfoy! Ho sfruttato meramente la cosa per mettere in luce l'amicizia, sempre elegante e cristallina, di James ed Emma. Mi piace moltissimo il loro rapporto e adoro il fatto che siano un ottimo duo di combattimento. Lo scontro tra Grifondoro e Serpeverde con in mezzo l'emoor non è stato semplice da pensare, volevo che i due si detestassero abbastanza ferocemente da volersi attaccare nonostante la presenza dei due Corvonero, ma ho dovuto per esempio togliere il fatto che Draco cerchi di Cruciare Potter. Intendiamoci, anche il mio Draco di questa Fan Fiction a mio parere avrebbe cercato di Cruciare il Grifondoro, se fosse stato solo, Emma non l'ha ancora migliorato abbastanza, ma davanti all'emoor? 
Quando hanno appena raggiunto un precario equilibrio? Non l'avrebbe mai fatto. 
. Credo che il duello anche nel libro Canon sia un momento molto importante per Harry. Il fatto che Emma fosse presente e consapevole del Sectumsempra credo che rendi tutto ancora più importante e complicato e andrà per forza a smuovere anche la relazione tra i due. 
Apprezzo molto che Harry non sia fuggito dalla stanza, anche nei libri mi ha fatto molta tenerezza in tutta la situazione. Emma ancora una volta invece dimostra non solo sanguefreddo e capacità di azione, ma anche notevole capacità magica che arriva a stupire persino il tutore. 
. Era un po' che non inserivo gli incubi, ma peggiorano e mutano in maniera sempre più Oscura. Emma ormai dimostra una grandissima abilità nell'Occlumanzia.
. Pensare ai GUFO mi ha molto divertito, soprattutto l'esasperazione e umore ad alti e bassi di Lilith. Ho voluto regalare un piccolo momento di calma e condivisione al trio di Platino di O'Shea, Bitterblue e McGregor. 
. La scena in infermeria mostra ancora una volta come Draco ed Emma stiano cercando di mantenere il loro nuovo rapporto sano, ma questo non significa che, nonostante ormai molte carte siano state scoperte, le cose tra loro siano limpide. Draco però cerca di apprezzare la Corvonero e di farla sentire importante, forse cercando di mantenere la promessa fatta a sé stesso a inizio anno. 

Spero davvero che il capitolo vi piaccia, le cose si stanno facendo più dense e mantenere tutte le trame esige grande concentrazione. 
Ringrazio tutti per continuare a leggere la storia, per i commenti ai capitoli e i messaggi. 
Un grosso abbraccio
vi

Ritorna all'indice


Capitolo 44
*** Vestibolo del dramma ***


.Vestibolo del dramma.

 

Fanny guardava i due ragazzi con interesse, la testa piumata piegata leggermente di lato come se stesse riflettendo su qualcosa di complicato ed Emma non riusciva a toglierle gli occhi di dosso, affascinata dal piumaggio colorato e dagli occhi estremamente acuti e intelligenti dell'animale, simili a due tizzoni scuri.
 “È bellissima vero?” domandò in un soffio, mentre il rapace gonfiava il petto cremisi con un certo orgoglio.
 “Già. Bellissima” mormorò Harry Potter, seduto al suo fianco, l'aria perennemente concentrata su altro.

  Cadde di nuovo il silenzio. I due ragazzi erano seduti in attesa da almeno dieci minuti sulle due seggiole di fronte alla scrivania del preside. Un imbarazzo velato a nutrire la tensione tra loro.
 Silente non si era ancora presentato, anche se Emma aveva la curiosa sensazione di essere osservata e già due volte si era guardata intorno attenta, scrutando le pareti colme di libri  e strumenti, come se si fosse aspettata di incrociare lo sguardo del preside.
Potter invece era visibilmente nervoso e tamburellava con le dita della mano destra sul bracciolo della sedia, il ginocchio sinistro che si muoveva veloce a tempo con i suoi pensieri e ogni due minuti si agitava insofferente sul posto, nel tentativo vano di trovare una posizione più comoda. La ragazza provò a ignorarlo, prendendo un grosso respiro e ordinando i suoi pensieri. Non sapeva cosa aspettarsi.
Fino a quel momento non avevano parlato molto, vagamente a disagio, entrambi consapevoli che era la prima volta che si trovavano in una stanza completamente soli e che su di loro gravava quello che era successo nel bagno di Mirtilla Malcontenta e di cui non avevano ancora discusso. Emma stessa, solitamente piuttosto pacata, non si sentiva ben disposta nei confronti del Grifondoro.
 “Come sta... Malfoy?” azzardò lui dopo qualche minuto di silenzio, lanciando un'occhiata incerta alla ragazza.
 “Bene” rispose secca l'emoor, lisciandosi le pieghe della gonna della divisa con improvviso interesse.
 “Bene. Meno male” esalò lui con sollievo, grattandosi la testa, con il risultato di arruffare ancora di più i capelli neri e vedendo il suo volto contratto di ansia e dispiacere, così grondante di scuse che non riusciva a esternare, a Emma sfuggì un sorriso, ma non disse nulla.
 Prima però che il silenzio tra loro rischiasse di diventare di nuovo fonte d'imbarazzo, Silente entrò nella stanza, passando da una stretta porta dietro la scrivania.
 Indossava un'elegante veste color rosa pallido e non sembrò far caso alla tensione evidente tra i due, ma al contrario si sedette di fronte a loro con aria quasi allegra, scrutandoli attentamente da dietro i suoi occhialini a mezzaluna.
“Ah. Eccoci qui, la nostra prima lezione tutti insieme, come state?” chiese bonario, luminoso quasi.
 “Bene!” risposero entrambi nello stesso momento, incerti e Silente fece un piccolo sorriso, studiandoli con distaccata gentilezza.
 “Ne sono contento, ne sono contento” bofonchiò “Anche perché quello che affronteremo oggi ha bisogno di molta concentrazione da parte di entrambi. Di tutte le lezioni che abbiamo fatto insieme questa sarà probabilmente la più importante, ma, temo di dovervi avvisare, anche quella con meno risposte.”
“Parleremo del nostro legame?” chiese subito Emma, senza riuscire a trattenersi, decisa ad arrivare in fretta al nocciolo della questione.
 “Sempre la prima con la curiosità” ridacchiò lui, prendendola bonariamente in giro “in parte sì. Ne parleremo”
 L'emoor sorrise mesta, ma Harry invece rimase con la testa quasi incassata nelle spalle, lanciando solo un'occhiata pallida all'uomo.
 Il preside non vi diede però peso e poggiò le mani sulla scrivania con un movimento elegante, sedendosi più comodo e facendo un respiro profondo, come a raccogliere i pensieri.
 Emma non potè fare a meno di osservare la mano ferita, tesa sul legno di fronte a loro: sembrava morta da tanto era nera. Potter, invece, vi teneva orgogliosamente lo sguardo lontano, come se volesse dimostrare di poter fare a meno della curiosità, ma se il preside si accorse dell'interesse dell'una o dell'ostentato disinteresse dell'altro non ne diede segno, troppo perso nei suoi pensieri.
 “Per iniziare... perché non provate ai descrivermi il vostro legame?” domandò all'improvviso con leggerezza e i due ragazzi si lanciarono un mezzo sguardo, indecisi, come se non sapessero da cosa partire.
 Fu Harry a schiarirsi la voce e parlare per primo, da bravo Grifondoro, pur con le guance rosate e l'aria di chi si sente a disagio.
“Beh, sembra che facciamo entrambi incubi simili, a volte, ma non sempre insieme, ma dormiamo comunque entrambi a fatica.”
 “Ti accorgi quando c'è anche Emma con te?” chiese il preside e il ragazzo annuì contro voglia.
 “È successo solo raramente però, come per esempio quando abbiamo visto l'attacco al signor Weasley.”
 “E tu Emma?” chiese l'uomo con interesse “Te ne accorgi?”
Anche l'emoor annuì lentamente, cercando di pensare a tutte le volte che la connessione tra lei e Potter si era attivata. Era successo prevalentemente nel sonno, ma non solo. Era... strana.
“È vero che è successo piuttosto raramente.” disse quieta “Quando avviene è piuttosto strano. Riesco proprio a percepire la presenza di Harry nel sogno, dal suo punto di vista. A volte siamo una cosa sola, altre volte però avverto la sua persona come fossimo in una stanza, come se negli incubi fosse seduto accanto a me”
“Interessante e gli incubi hanno perso intensità con il tempo?”
Entrambi i ragazzi scossero la testa vagamente afflitti. 
“Stanno peggiorando gli incubi da soli in realtà” disse Harry “Io non dormo affatto, ma non ci siamo più visti. No?”
 Emma fece un leggero segno di assenso verso il ragazzo.
 “D'accordo.” annuì il preside, gli occhi che brillavano attenti e sembrò perdersi per un lungo momento nei suoi pensieri, ma nessuno dei due ragazzi osò intervenire, fino a quando non fu lui di nuovo a spezzare il silenzio.
 “Molto bene, è una partenza immagino, vi faccio un'altra domanda importante: avete mai provato a comunicare nei sogni?”
 Grifondoro e Corvonero si accigliarono leggermente, ma di nuovo scossero la testa nello stesso momento.
 “Invece durante le intromissioni di mente che avete subito durante, per esempio, il Torneo Tremaghi? I momenti in cui siete svegli, ma riuscite a percepirvi?” insistette il professore nuovamente e questa volta Potter scosse la testa, ma Emma annuì sicura.
 “Non solo durante le prove” rispose con enfasi “Ho cercato di usare la connessione per comunicare con Harry in più di un'occasione, ma è come se ci fosse un muro. Durante la terza prova però, nel cimitero, credo che mi abbia percepito, cercavo di far sentire lui la mia presenza. Volevo fargli sapere che non era solo.”
 “E tu riuscivi a percepirla Harry?” indagò l'uomo e il ragazzo parve illuminarsi stupito e assentì con un cenno lieve del capo, gli occhi verdi sgranati che osservavano l'emoor di sottecchi.
“È vero, l'avevo dimenticato.” sussurrò “Anche se mentre ero nel cimitero non sapevo fosse lei. Avvertivo semplicemente un qualcosa, come se qualcuno mi stesse supportando e in realtà anche durante la seconda prova, nell'ultimo tratto a nuoto. L'Algabranchia non funzionava più e credevo di soffocare, ma ho sentito qualcuno, come dentro di me che mi spingeva a nuotare.”
 Emma confermò la versione del ragazzo con un sorriso. 
 “Non ero sicura che te ne fossi accorto”
 “Me ne ero accorto.”
 Il preside unì le due mani e le portò sotto il mento pensieroso, Emma non avrebbe saputo dire se fosse preoccupato, o solo stanco.
 “Bene, molto bene, questo mi solleva.” disse lentamente “Altre volte in cui hai avvertito Emma usare la connessione su di te, Harry?”
 Il moro scosse la testa “No mi dispiace” mormorò e Silente annuì una volta di più, assorto. 
 “È possibile che il tuo sia un meccanismo di difesa, Harry. Dovremo lavorarci per aggirarlo, la vostra connessione è un vantaggio estremamente positivo ed essenziale"


 Entrambi i ragazzi lo guardarono leggermente perplessi, con una punta di curiosità. Fino a quel momento le intromissioni di mente, le visioni di Voldemort e le possessioni che aveva subito Harry e percepito Emma, non erano mai state considerate positivamente, anzi, l'emoor aveva lavorato duramente con l'Occlumanzia per imparare a gestirle e sapeva che a Potter era stato consigliato di fare lo stesso, pur con risultati disastrosi.
 “È una cosa buona che ci avvertiamo l'un l'altra? Perché con Voldemort non lo era” fece notare la ragazza ed Harry annuì in supporto, mentre il preside le sorrise per non dirle nuovamente che non aveva resistito a fare una domanda.
 “Sì, è una cosa positiva, Emma e vi spiegherò perché tra poco.” 
“Ma quando Voldemort mi entra nella testa...” balbettò Potter.
 “Non ora, Harry” lo interruppe il preside con dolcezza “Ne parleremo dopo. Ora voglio che vi concentriate su quel che vi chiedo. Pensate al vostro legame: sapreste descrivermi una qualche reazione fisica che vi ha provocato la connessione? Non vi è mai successo di avvertire qualcosa al di fuori dalle visioni, o di trovarvi stranamente sulla stessa linea d'onda?” 
 Entrambi i ragazzi si guardarono di nuovo confusi, la verità è che non erano mai stati così tanto insieme per accorgersene e anche quando si erano aiutati a vicenda avevano sempre mantenuto una pacata distanza sia fisica che emotiva tra loro. 
Stavano quindi quasi per negare nuovamente nello stesso momento, quando Emma improvvisamente sgranò gli occhi.

“Io sì” esclamò, forse con eccessivo entusiasmo, facendo sobbalzare il Grifondoro accanto a lei, ma le era tornato improvvisamente in mente il primo incontro che aveva avuto con Potter, la loro stretta di mano formale e quella fortissima sensazione di conoscerlo da tempo, insieme a quello strano sentimento di fiducia cieca. Per non parlare di tutte quelle volte che aveva sentito il feroce istinto di volerlo difendere e si chiese se era quello che intendeva il preside.
 “Harry, la prima volta che ci siamo stretti la mano, ricordi?” disse subito l'emoor e lui annuì incerto. 
 “Sì, mi ero spaventato. Ho sentito come una scossa.”
 “Esattamente. Era la sensazione di conoscerci da tempo, no?”
 “Sì, immagino di sì... Una cosa del genere.”
 Cadde uno strano silenzio durante il quale i due studenti avvertirono lo sguardo di Silente su di loro.
 “Una scossa?” chiese l'uomo con voce pacata.
“Sì” balbettò il ragazzo “come un Deja vu”
 “Che intendete ragazzi?” chiese il preside.

 “A volte è come se ci conoscessimo da sempre” intervenne sicura l'emoor “Stare con Harry intorno mi mette una strana tranquillità, anche se in realtà al di fuori della connessione non abbiamo mai avuto molto a che fare, non siamo propriamente amici. Ma in più di un'occasione di tensione, istintivamente, ho cercato il suo contatto, in maniera irrazionale, come se la mia sola presenza potesse difenderlo dai pericoli intorno a lui.”
 Lo sguardo del preside scorreva attento da uno all'altro.
 “Hai l'istinto di proteggermi?” domandò stupito il Grifondoro, guardandola perplesso e stupito mentre lei annuiva e all'emoor parve che provasse un leggero fastidio all'idea che ci fosse un'altra persona disposta a fare da scudo ai suoi problemi.

“Lei sa la motivazione di tutto questo?” chiese Harry
 “La intuisco” rispose pacato Silente “ma non posso dirvi molto a riguardo, purtroppo, mi spiace”
 Emma trattenne a stento un'espressione di forte delusione, ma Potter si scurì in volto immediatamente, la mandibola tesa.
 “E perché?” chiese duramente, tanto che l'emoor non potè fare a meno di notare della tensione nella sua voce, ma il preside non si scompose e  si limitò a scoccare loro un'occhiata profonda.
 “Perché è una cosa che perderebbe valore se ve la raccontassi ora e, soprattutto, se Voldemort riuscisse ad entrare nelle vostre menti e la scoprisse potrebbe essere un grosso problema”
 “Voldemort non ha più provato a entrare nelle nostre teste” fece notare Harry stizzito, agitandosi sulla seduta.
“Per ora no, ma voi due continuate a fare sogni inquietanti ed a essere connessi, non è vero? E tu e Voldemort siete in collegamento Harry, perché l'Occlumanzia è poco efficace. Giusto?”
 “Beh, sì” ammise nervosamente il ragazzo.
“Allora significa che il canale è aperto e che le vostre menti, per quanto possiate difenderle non sono sicure ed essendo le mie solo delle supposizioni, finché non saranno certezze giudico una buona idea non condividerle apertamente con voi”
 “Professore” intervenne Emma, cercando di sembrare sicura di sé  “Io ed Harry però meritiamo di sapere”
 Lo sguardo del preside si ammorbidì con improvvisa dolcezza, mentre annuiva lentamente verso di lei.
 “Sono certo che meritiate la verità e molto altro, ragazzi miei e prometto che arriverà un momento in cui ogni cosa sarà più chiara, sia per me, che per voi, ma vi chiedo ancora una volta di fidarvi.” 
Scambiò uno sguardo con entrambi e nessuno dei due fiatò. 
 Emma si chiese quante altre volte le sarebbe stato chiesto di riporre cieca fiducia in qualcuno, perché se c'era una cosa che odiava con tutta sé stessa, era non essere messa al corrente di qualcosa.
Eppure Silente li guardava tranquillo come se avesse tutto sotto controllo, come se sapesse che tutti i nodi sarebbero venuti al pettine e non se ne preoccupasse affatto.
 “Cosa dovremmo fare allora?” chiese la ragazza, sforzandosi di essere gentile “In che modo la connessione è così tanto un vantaggio come dice, se non possiamo conoscerla a fondo?”
“Il motivo per cui il vostro peculiare legame esiste deve rimanere segreto il più a lungo possibile, anche e soprattutto a voi due.” rispose l'uomo, pesando con cura le parole “Ma questo non ci impedisce di ragionarci su e di trovarne i punti di forza e i lati positivi. Non dobbiamo, in fondo, obbligatoriamente focalizzarci sul perché, ma può essere utile semplicemente concentrarci sul fatto che la connessione c'è e usarla come un vantaggio appunto.”
 “Beh, il perché a noi importa” tentò di nuovo Harry ed Emma sobbalzò stupita della sfrontatezza del ragazzo.
Lei, nei confronti di Silente, aveva comunque un profondo e timoroso rispetto, anche quando insisteva un po' più del solito per ottenere delle risposte. Harry invece era diretto in maniera quasi irrispettosa, sicuro di sé e spavaldo, gli occhi verdi pieni di una strana determinazione invidiabile ed Emma intuì che quei due dovevano avuto parecchi confronti in passato.
Silente infatti non si scompose per il tono acido del protetto e semplicemente scosse nuovamente la testa, scoccando loro un profondo sguardo che vibrava severo e fermo. 
 “Mi dispiace Harry, ma qualunque cosa tu ed Emma mi diciate non mi convincerete in nessun modo a dirvi il poco che so. Non è mancanza di fiducia nei vostri confronti, al contrario è un'estremo timore nell'avventatezza di Voldemort e della sua mancanza di limiti. La vostra connessione è una di quelle cose che è bene rimangano segrete il più a lungo possibile a Tom Riddle. Vi invito, come detto, a concentrarvi sul fatto che esista e non sulla motivazione. Posso fidarmi di voi?”
Emma annuì immediatamente, imitata da Harry un secondo dopo.
“Bene” sorrise il preside con leggera soddisfazione “allora cerchiamo di fare un quadro della situazione: gli Horcrux.” 
 I due ragazzi parvero tendersi sulle sedie, come se questo potesse aumentare la loro concentrazione a riguardo.
 “Entrambi sapete cosa sono e ne avete, spero, capita l'importanza” riprese Silente “Voldemort pensa di essere stato bravo a nascondere la loro esistenza e questo per noi è un bene. Come, anticipato, Harry, sarei grato se tu volessi darmi una mano a trovarli”
 “Certo signore” disse subito il moro.
 “Emma invece” riprese il preside, sempre guardando il Grifondoro  “per quanto sia importante che insieme a te abbia il quadro completo della situazione, non parteciperà a questa ricerca”
“Oh” fece stupito il ragazzo, corrucciando la fronte “e non la aggiorneremo a riguardo?”
“No” disse candido Silente “ma ritengo che possa essere comunque  una discreta alleata per te, sebbene il suo compito sia un altro”
 Harry fece un'espressione confusa, evidentemente curioso di sapere quale fosse la posizione dell'emoor e la ragazza stese un ghigno.
 “Fondamentalmente devo distrarre Voldemort da te” spiegò.
 “Come?!” esclamò lui, sconvolto “ma è pericoloso”
 “Però Potter, che occhio” disse ironica l'emoor e Silente sorrise.
 “Oh è curioso Harry, perché Emma ha pensato che fosse piuttosto pericoloso che tu ti occupassi da solo degli Horcrux e si è anche offerta di aiutarti in qualche modo.”
“Ma è Voldemort! Io potrò muovermi di nascosto. Non possiamo fare in modo che lei si avvicini a...” protestò il ragazzo.
 “Non così stupito Potter, so quello che faccio” intervenne di nuovo l'emoor, ora leggermente offesa e Silente ridacchiò di gusto, mettendo il Grifondoro ancora più di malumore.
“Ragazzi.” sussurrò il preside e entrambi alzarono il volto stupiti di sentire nel suo tono una nota di dolcezza “Per essere due non propriamente amici tenete parecchio l'uno all'altra. So che siete schiacciati dai timori e dalle troppe informazioni, ma non potete salvarvi perennemente a vicenda, tenetelo a mente. Ho bisogno che costruiate però una salda fiducia tra voi. Una fiducia che resista anche attraverso il dubbio e l'inganno. Avete imparato a vostre spese l'anno scorso che non sempre possiamo fidarci della nostra mente e che siamo corruttibili, senza nemmeno accorgercene.”
 Emma ed Harry abbassarono il capo tristemente, ricordando gli eventi che avevano portato alla morte di Sirius Black e Silente parve concedere loro qualche secondo per ragionare, prima di riprendere a parlare con il suo tono soffice.
“Quello che vi chiedo e il motivo per cui vi dico che la vostra connessione è un cosa positiva a differenza del vostro legame con Voldemort, è che, lavorando insieme e comunicando a dovere, voi potete imparare a riconoscervi, concentrarvi sulla presenza dell'altro durante le visioni, connettendovi. Non è cercando di escludere l'altro da problemi e pericoli che otterremo qualcosa.”
 “In che modo può essere utile tutto questo?” chiese Emma.
 “Sono grato che tu l'abbia chiesto” le disse cortese l'uomo “La mia è solo una riflessione, ma potrebbe esserci in futuro una situazione per cui non potrete confrontarvi, o potreste essere separati e faticherete a fidarvi anche dei vostri più cari amici. Potreste anzi essere, come temo, in fazioni opposte, almeno all'apparenza. Quello sarà un buon momento per affidarvi l'un l'altra e per avere una spalla su cui appoggiarvi nei momenti bui. Se cercherete una rassicurazione, o una risposta, saprete che c'è l'altro.”
 “Un canale segreto di comunicazione” mormorò Emma.
 “Uno con i buoni e l'altra con i cattivi. Pedine” borbottò Harry e Silente sospirò affranto a quella reazione. 
 “Mio caro ragazzo, non pedine, no. Le vostre scelte avranno sempre un grande valore nella strada che deciderete di percorrere, i miei sono consigli. È mio dovere raccontarvi ciò che posso, perché siete sicuramente delle persone le cui decisioni potranno influenzare più di una vita. Per questo vi metto all'erta. Perché per vostra natura, carattere e ruolo, state affrontando questa guerra in modo diverso. Harry, tu hai più di un legame con Lord Voldemort da troppi anni e tutto l'Ordine che ti circonda, pronto a sostenerti, ed anche Emma in parte, ma lei è profondamente legata a Severus come sai e che tu lo voglia o meno, mio caro ragazzo, anche a Draco Malfoy e altre figure e persone di Serpeverde che tu potresti non apprezzare, ma che combattono la stessa guerra.”
Il volto del Grifondoro si contrasse appena in una misurata espressione di sprezzo che fece ridacchiare l'emoor sotto i baffi.
 “Sapete però entrambi” continuò tranquillo il preside, sorvolando su quella reazione “che stiamo combattendo contro un nemico comune e vi chiedo di far fede a quella sensazione che avete provato quando vi siete stretti per la prima volta la mano. Fidatevi l'uno dell'altra, non combattetevi.”
 “Signore” disse Harry accigliato “non vedo perché io ed Emma dovremmo combatterci onestamente. Non ci conosciamo bene, è vero, ma so che è diversa da Malfoy e so che è dalla nostra parte”
 “Non si può mai sapere, Harry” disse Silente in un sussurro gentile, scorrendo con lo sguardo da una all'altro, attento e pensieroso “Vi invito ad imparare a riconoscere la mente dell'altro con immediatezza. Imparate a comunicare, a tranquillizzarvi a vicenda all'occorrenza, a guidarvi. Difendete le vostre menti dalle eventuali intromissioni, Emma è un'eccezionale Occlumante, per esempio, che può sopperire alle tue fragilità, Harry. Prendetevi cura l'uno dell'altra anche se a distanza. È fondamentale.”

Harry non rispose e anche Emma sentì il respiro chiuderle la gola. Gli occhi chiari del preside erano velati di lacrime, mentre continuava ad osservarli con un sorriso gentile. Sembrava in sincera difficoltà, come se il semplice fatto che loro due fossero seduti di fronte a lui, uno accanto all'altra, lo commuovesse e destabilizzasse.
 “Professore” mormorò Harry imbarazzato, senza sapere che altro aggiungere, ma la mente di Emma, abituata più a ragionare che ad agire, correva più veloce di quella del moro accanto a lei.
 Lo sguardo accigliato, l'emoor osservò Silente e si chiese quante cose non stesse rivelando loro e quanti segreti ci fossero dietro quelle parole accuratamente scelte per quella lezione. 
E lentamente la prese la consapevolezza che l'anziano li stava mettendo in guardia non da una probabilità, o da eventuali situazioni che il futuro poteva avere in serbo per loro, ma da qualcosa che prevedeva con certezza che sarebbe successo e questa consapevolezza bruciò in un secondo dentro di lei, con violenza tale, che per un breve attimo pensò di lasciare la stanza, il castello e forse l'intero mondo magico per fuggire a quel destino già scritto.
 Silente però si voltò in quell'esatto istante verso di lei e dentro il suo sguardo chiaro Emma vi scorse una scintilla di speranza e fu come guardare negli occhi tutti i suoi amici, come scambiare un lungo sguardo con Remus, Draco, o Severus e seppe con certezza che sarebbe rimasta a qualunque costo e che avrebbe affrontato il suo destino combattendo, se necessario, fino all'ultimo respiro.
 “Lo faremo” disse sicura ad alta voce, ignorando lo sguardo curioso e stralunato che le lanciò Harry “Ci alleneremo a riconoscerci e comunicare. Ha ragione lei. Potrebbe essere utile. Impareremo a sostenerci. Io lavorerò per occupare la mente di Voldemort, Harry avrà le sue cose da fare. Ce la caveremo, professore.”
 L'uomo di fronte a lei continuò a fissarla negli occhi e annuì lentamente ed Emma fu sicura di scorgere in quello sguardo una scintilla di orgoglio e di profonda fiducia.

*

Emma si avvicinò a passo spedito al Tavolo della Sala Grande che nei pranzi apparteneva a Serpeverde e si sedette accanto a Artemius con un sorriso morbido che le illuminava il volto. Emily e David alzarono lo sguardo su di lei interrogativi.
 “Sei di buon umore?”
“Più o meno.” rispose l'emoor, la mente che sfarfallava al bacio che Draco le aveva rubato in cortile “Scusate il ritardo comunque”
“Tu non sei mai in ritardo” le fece notare David, con un leggero ghigno “Arrivi in anticipo e fai sentire sempre gli altri in perenne ritardo anche se non lo sono.”
“Spiritoso” sbuffò lei, provando un vago sollievo nel notare che i tre emoor non erano circondati da libri e pergamene come sempre nell'ultimo mese: i GUFO erano ufficialmente conclusi. Finalmente.
 “David ha ragione” intervenne Artemius, lo sguardo sempre vacuo, ma un sorriso accennato “Sei sempre fin troppo perfetta, Emma”
 La Corvonero sorrise dolcemente nella direzione dell'amico.
 Da quando si era aperto con loro, parlando del presunto sacrificio che avrebbe dovuto fare per difenderla, Artemius sembrava metterci un maggiore sforzo per provare a comunicare con loro.
 “Come sono andati i tuoi GUFO?” intervenne Emily ed era pallida, con le guance screziate di rosa che tradivano la sua agitazione “Io credo bene, ma in Erbologia temo di aver fatto un disastro”
 “Esagerata” disse David in un soffio gentile, scoccandole un bacio dolce sulla fronte, un braccio intorno alle sue spalle magre.
 “Voi due siete sempre molto teneri” notò Emma, con un sorriso compiaciuto, mentre le guance di Emily viravano al rosso.
“Mai quanto tu e Malfoy, Emma” subito la prese in giro David e Artemius sembrò lottare per reprimere un sorrisetto “da quel che si dice fate passeggiate mano nella mano e lui addirittura sorride.”
“Idiota” ridacchiò leggera l'emoor, ma avvertì qualcosa di tiepido e leggero agitarsi nel petto. 
Era così soddisfacente ridere e punzecchiarsi su cose così normali. L'emoor si voltò verso Emily, ancora pallida e tesa.
 “Credo comunque che i miei GUFO siano andati abbastanza bene” sorrise all'amica “Sono contenta soprattutto di Pozioni”
 “Ovvio” sillabò Artemius, scambiando uno sguardo con David, mentre Emily agitata sussurrava invece un “Buon per te”
“Non so però se sono riuscita ad ottenere l'Eccezionale che mi serviva in Trasfigurazione” ammise la Corvonero.
 “La McGranitt sa della tua ambizione come Artigiana di bacchette, l'ho sentita mentre parlava con Vitious, ricordi?” le fece notare David “Non ha nessuno motivo per metterti il bastone tra le ruote.”
 “Sarà” rispose Emma, vaga, non osando sperare troppo in un gesto magnanimo della rigida donna.
 Tirò fuori il libro di costruzione di bacchette e lo mostrò ai tre, indicando il capitolo della Bacchetta di Sambuco che aveva riletto con attenzione la sera prima. C'era qualcosa nella fama e nella storia di quella bacchetta che la affascinava irrimediabilmente.
Non sapeva perché, ma continuava a pensarci e il sottile disegno di come doveva apparire quello strumento leggendario le stuzzicava la memoria, senza però che riuscisse a fare il giusto collegamento. 
I tre emoor si chinarono sul libro per leggere con interesse.
 “La conoscete?” chiese Emma, ma loro scossero la testa.
 “Mai sentita nominare” disse Emily e la Corvonero pressò appena le labbra in una linea delusa.
 “Perché ti interessa?” insistette la ricciolina ed Emma scosse il capo, risistemando con un sospiro il libro nella borsa, e mormorando un sincero “Non so”
“Che cos'è quello?” chiese David, indicando invece il librone di Arte Oscura che spuntava leggermente. L'emoor trasalì.
 “Oh, solo un libro che mi ha regalato Severus” rispose in fretta “Tratta anche di applicazione di magia oscura e ho pensato che potessero esserci degli elementi sui Vinculum, o qualcosa di utile, ma è roba davvero pesante e non ho ancora avuto modo di leggerlo.”
 “In che senso non hai ancora avuto modo?” chiese Emily, sdegnata.
“Beh non è il libro che puoi mettere con leggerezza sul tavolo della colazione. Ho sempre qualcuno intorno” rispose l'altra.
La ricciolina inarcò di molto un sopracciglio, con aria incredula.
“Potresti trasfigurarlo, no?” sibilò “Al posto che sperare di trovare il momento perfetto. Non ci hai pensato?”
In risposta Emma sbatté solo una volta le ciglia, colpita.  No, non ci aveva affatto pensato. Emily era sempre stata più sveglia e pragmatica di lei, ma la semplicità di quel consiglio le bruciò l'orgoglio e capì perché l'amica, pur con la sua acuta intelligenza, fosse finita a Serpeverde e non a Corvonero.
 “Hai ragione avrei potuto farlo” disse con tono spento, richiudendo un po' piccata la borsa, mentre arrossiva “Voi invece avete trovato qualcosa?” domandò subito per cambiare discorso, ma David scosse la testa, imitato da Artemius ed Emily fece un piccolo sbuffo che le fece svolazzare in aria uno dei riccioli sfuggiti alla sua crocchia.
“Oggi mi vedo con Joanne, dice che ha trovato in un libro qualche riferimento poco utile, ma succoso”
 “Ovvero?” chiese Emma interessata.
 “Pettegolezzi, in realtà. Lettere personali dei fondatori, in cui fanno riferimenti ai fratelli. Nulla di centrale nelle nostre ricerche, ma dato che non abbiamo modo di sapere cosa si sono promessi nel Vinculum tanto vale scoprire quali erano i rapporti tra loro.” rispose pacata la Serpeverde, con un sorriso complice, forse dispiaciuta per essere stata troppo rigida sui suoi commenti sul libro poco prima e anche Emma parve cogliere quel tentativo di condivisione e rispose pacata al sorriso dell'altra. 
 “Sì, mi sembra un'idea ottima. Cosa abbiamo sul piatto per ora?”
“Grifondoro e Corvonero da un lato e Serpeverde e Tassorosso dall'altro” snocciolò Artemius, con il tono annoiato di chi aveva ripetuto quel concetto mille volte.
 “Ma Serpeverde e Corvonero si amavano e Tassorosso e Grifondoro erano molto amici.” borbottò David.
“Alicia era anche molto legata al fratello, Salazar, che però a sua volta aveva problemi con Godric” ricordò Emma.
 “E sappiamo che tutte e quattro le ombre mantennero sempre ottimi rapporti e che per qualche motivo temevano per l'incolumità della scuola dopo la loro morte.” concluse Emily.
 “Già” mormorò David, grattandosi il capo con aria assorta e aggrottando appena la fronte “Chissà perché hanno ritenuto di dover esporre loro e addirittura tutte le generazioni future in difesa della scuola. Voglio dire, che bisogno c'era? Per delle persone che non volevano essere notate è una scelta piuttosto forte.”
 “Forse le cose tra Godric e Salazar erano più tese di quel che ipotizziamo” tentò Emily, scrollando le spalle “Forse erano spaventati all'idea di creare una spaccatura troppo profonda.”
 “Probabile” assentì David “Di quei tempi la magia non è che fosse molto regolamentata, da una faida famigliare a una guerra il passo doveva essere piuttosto breve”
 “Bravo, Dav. Hai studiato Storia della Magia, infine” sorrise Emily.
 “È solo perché abbiamo fatto il GUFO poco fa.”
 Risero tutti e quattro, ma avevano un'aria affranta e concentrata, compreso Artemius, che era stato silenzioso fino a quel momento.
 “Secondo voi, visto il Vinculum e le mie visioni e percezioni a riguardo del mio ruolo, potrebbe essere che Andrew abbia deciso di proteggere Alicia con la sua stessa vita anche a dispetto degli altri due?” domandò il ragazzo e cadde un silenzio scomodo.
“Voglio dire, perché avrebbe dovuto?” chiese David mesto, ma Emma strinse le labbra e improvvisamente ricordò l'istinto bollente e feroce che l'aveva colta quando si era resa conto di quanto Draco fosse spezzato. Quel desiderio violento improvviso di farla pagare a tutti, senza remore, radendo al suolo qualunque cosa ferisse il ragazzo che amava: era qualcosa di molto forte.
“Forse Andrew era innamorato di Alicia” disse ad alta voce, colta di sorpresa da quella rivelazione “Forse c'era qualcosa che non sappiamo, che lo ha spinto a non prendere lo stesso Vinculum degli altri due. Forse ha cambiato le carte in tavola di sua volontà”
 Tre paia d'occhi la fissarono attentamente, sgranati.
 “Ma Alicia stava con Thomas Corvonero. Abbiamo trovato più prove a riguardo” mormorò Emily “Erano molto innamorati”
 Emma annuì lentamente, scrollando le spalle con fare arreso.
 “Ma dopo aver avuto Honor sappiamo che i due si sono lasciati e hanno avuto altre storie, ma sono rimasti amici, no? Tutti e quattro. Questa è l'unica certezza. E non è detto che Alicia conoscesse il motivo per cui Andrew voleva proteggerla a tutti i costi.”
 Annuirono tutti di nuovo, David si grattò la testa spaesato, un braccio a stringere delicatamente le spalle di Emily.
“È un bel caos.” bofonchiò contrariato.
“I sentimenti sono sempre un caos” disse Artemius con semplicità, chiudendo la discussione ed Emma sorrise amara, lo sguardo rivolto a Draco e Zabini che stavano entrando in quel momento in Sala Grande e sentì le viscere stringersi e il calore invaderle le guance, mentre il suo sguardo scorreva sul moro per poi fermarsi sul profilo spigoloso e pallido di Malfoy.
 “È vero” sussurrò dolcemente “Sono sempre un caos”

*

Emma osservava immobile il profilo scuro della foresta proibita con attenzione, una leggera pelle d'oca che le ricopriva le braccia magre a causa della brezza serale. Adorava la torre di Astronomia, quel silenzio compatto e il cielo che si tingeva di blu sempre più scuro, tanto da sembrare velluto. Si voltò, lanciando uno sguardo a Draco, anche lui distratto dai suoi pensieri mentre guardava l'orizzonte
L'emoor si perse a osservare il profilo chiaro del ragazzo, che conosceva come le sue tasche. I lineamenti spigolosi dell'adolescenza che si erano fatti più armoniosi, il pallore che non gli dava più l'aria di un ragazzino smunto, ma appariva quasi nobile e il fisico, pur sempre asciutto, ora tonico e nervoso, temprato da ore inquiete di volo sulla scopa e probabilmente, anche se non le piaceva ammetterlo, dall'allenamento fisico imposto dai Mangiamorte.
 Draco Malfoy si stava trasformando da un dinoccolato e fragile adolescente a un giovane uomo affascinante. Anche i capelli, tanto biondi da sembrare bianchi, che per primi avevano colpito l'emoor, erano cresciuti e ora li portava più scomposti tanto che cadevano in ciocche disordinate davanti agli occhi chiari e il sorriso, anche se sempre irriverente, si era fatto più sbieco e vissuto.
 Emma trattenne a stento una smorfia dolce nel rendersi conto, una volta di più, che era stata attirata e affascinata da quel ragazzo ombroso dal primo momento.
 Quel ragazzo che contro ogni logica gli era entrato sotto la pelle senza che fosse in grado di resistergli.
 Da qualche tempo aveva anche smesso di chiedersi “
perché?”.
 
Aveva smesso di cercare una logica nell'attrazione che provava per lui e nella calma che la invadeva quando stavano insieme. 
 Anche se le cose si fossero messe molto male, in fondo, anche se le posizioni di lei e Draco si fossero tese agli estremi di una guerra insensata, Emma non era più sicura di volersi tirare indietro. Non era più sicura di voler rinunciare al Serpeverde.
 Lui si voltò a guardarla, facendosi sfuggire un sorriso sghembo che le fece battere il cuore, nel coglierla sul fatto. Si fece avanti di un passo, mettendosi al suo fianco con movimenti misurati, come se temesse di invadere uno spazio non suo. 
 “Che fai? Mi spii?” chiese con dolcezza.
 “Forse” rispose lei, concedendogli un sorriso.
Si avvicinò a sua volta, gli circondò la vita in un abbraccio morbido, mettendosi sulle punte per appoggiare le labbra sulla base del collo di lui. Gli accarezzò la schiena in gesti lenti, tracciando con le dita piccoli cerchi e Draco sembrò cedere a quelle attenzioni, senza irrigidirsi sulla difensiva come faceva in presenza di altri. 
 Perché se c'era una cosa a cui un rampollo del suo rango non sapeva affatto resistere, erano le carezze. Quei gesti di una dolcezza tanto semplice ed esclusiva di cui lui, in tutta la sua esistenza era stato privato. Gesti diversi nella loro fragilità da un abbraccio passionale, da una stretta di mano, o da uno schiaffo. 
 Le carezze erano sempre state il punto debole di Draco Malfoy per l'intimità che imponevano tra i due soggetti. Perché attraverso la pressione dei polpastrelli era un po' come se a forza di tocchi delicati si spogliassero a vicenda di ogni scudo e menzogna, fino alle ossa.
 Narcissa era stata l'unica ad aver accarezzato Draco prima di allora. Sul capo biondo, o su una guancia, con il freddo distacco di una madre Purosangue che ama, ma conosce il suo ruolo. 
 
Narcissa e ora Emma Piton O'Shea, che aveva sostituito le parole e le domande con quei gesti muti e forse più significativi.
 L'emoor sospirò appena quando sentì i muscoli di Draco distendersi e sciolse la stretta, mettendosi davanti a lui, di nuovo rivolta verso l'esterno della torre, il capo posato mollemente sul petto del ragazzo, lo sguardo diretto alla Foresta Proibita. 
 Il Serpeverde si fece più vicino, cingendole la vita con dolcezza, il viso che affondava nei capelli di lei. Aveva una presa calda e gentile e l'emoor si lasciò andare, cercando di placare i pensieri che le si attorcigliavano nella testa, per nulla infastidita dal silenzio tra loro.
 Era agitata. 
Questo sì. Sentiva che stava per succedere qualcosa e si fece sfuggire un sospiro sibilante dai denti, mentre disponeva in ordine i pensieri, cercando di racimolare il coraggio di parlare lui.
Con Draco le cose stavano andando maledettamente bene e in quei giorni, il ritrovato affetto e la dolcezza in cui si erano avvolti le avevano quasi tolto il respiro. Era come se avessero abbassato gli scudi, smettendo di ferirsi inconsapevolmente a vicenda, ma anzi trasformandosi nel conforto silenzioso l'uno dell'altra.
 Emma si era abituata ai silenzi del ragazzo e persino al marchio nero. Si era abituata all'attesa, alle sue sparizioni, ai suoi attacchi d'ansia. Aveva smesso di fare domande, concedendo più baci e strette disperate, trascinando Draco fuori dalla sua angoscia ogni volta che lo vedeva affondare e aveva preso la decisione sempre più netta e consapevole di provare a scavarsi uno spazio in quella guerra di terrore per trovare il modo di stare insieme a lui, ma mancava ancora la sincerità. Su 
tutto. E lei la anelava.
 Emma si sporse per un momento verso di lui, scrutandone il volto diafano, poi tornò a guardare le cime degli alberi e ispirò aria di nuovo, mordendosi le labbra in un gesto di insicurezza.
 “Draco, ti è stato ordinato di uccidere qualcuno?” chiese con tono neutro, le parole che le erano scivolate dalle labbra più naturalmente di quanto avesse temuto, quasi in un sussurro, senza che lei se ne rendesse realmente conto.
 Le braccia di Malfoy, che la stringevano delicatamente in vita, si irrigidirono appena e l'emoor lo sentì trattenere il respiro, ma non reagì in altro modo, così rimase tranquilla, gli occhi chiusi, la brezza serale particolarmente fresca che ora le accarezzava il volto e le scompigliava i lunghi capelli e la frangia a boccoli, mentre il respiro lento di Draco contro la sua schiena scandiva il tempo. 
 Per un lungo istante ci fu un silenzio tanto teso, che lei si chiese quasi se il ragazzo avesse sentito la sua domanda e fu tentata di ripeterla, ma poi sentì la guancia di lui depositarsi arresa sulla sua testa e subito dopo il suo abbraccio si fece più dolce e disperato.
Emma raccolse di nuovo coraggio che non sapeva di avere e sgusciò gentile nella sua stretta, per poterlo osservare meglio e prendergli il volto tra le mani, con estrema attenzione, mentre tendeva le labbra in un sorriso il più possibile ottimista.
 “Draco... parlami.”
 “Speravo non mi facessi mai questa domanda.”
 “Lo so.” mormorò piano.
 “E allora perché me la stai facendo?” chiese il ragazzo, gli occhi grigi ridotti a due fessure attente. L'emoor ricambiò lo sguardo.
 “Perché ho bisogno di sapere. So che sta succedendo qualcosa e sono pronta a proteggerti, ma non possiamo più mentirci”
 “Da quanto ci stai pensando?” chiese lui flebile.
 Ed Emma lo osservò, stupita di come non si fosse chiuso a riccio, né si fosse allontanato da lei. Draco era arreso e la guardava. Sembrava semplicemente fragile e stanco, come se davvero non riuscisse più a gestire da solo tutto quel peso che portava sulle spalle e fosse in parte sollevato dalla testardaggine di lei nello scoprire la verità.
 “Ci ragionavo da un po'” ammise “Sei terrorizzato. Non dormi. Mi hai detto di un compito terribile. Mi rimanevano poche possibilità”
 “E nonostante questo non sei fuggita” sussurrò lui e come al solito la sua non era affatto una domanda, ma Emma scosse comunque la testa in risposta. Osservò il volto di lui, pallido e smunto, le occhiaie marchiate, le labbra piegate in una smorfia rassegnata e quegli occhi ormai sempre velati di una distaccata tristezza.
 “Non giudicarmi” si difese il Serpeverde come a intuire i suoi sentimenti, la voce tremante “Non ho scelta, Emma”
 “Regola n2: Non ti giudicherò” sussurrò lei con un sorriso amaro.
 “Lo farai.”
 “Sono preparata. Mi hai già detto che è un compito terribile”
 “Non sai quanto orribile però. Io non ho scelta” ripeté.
Emma rimase in silenzio. Avrebbe potuto facilmente rispondere che una scelta c'era sempre e che potevano andare insieme a parlarne con qualcuno, con Silente, per esempio. Anzi, ogni cellula del suo corpo le diceva di combattere, di provare a convincerlo del fatto che c'era una possibilità, ma sapeva perfettamente che ogni discorso con Draco sarebbe stato inutile. 
 C'erano troppi silenzi e differenze tra loro e lui non l'avrebbe ascoltata e non solo: si sarebbe chiuso violentemente con muri compatti, trincerandosi dietro una rabbia e una rassegnazione che stonavano sul suo volto giovane, nel tentativo inutile di tenerla al sicuro, lontano da quegli obblighi a cui lui non poteva dir di no.
 Emma provò il desiderio di confortare il ragazzo e si avvicinò lui.
 “Tu sei importante Draco, lo sai?” chiese di istinto, cambiando bruscamente discorso “Sei importante e sei forte.”
 “Come?” chiese lui rauco e confuso.
 “Sei importante, Draco” ripeté lei risoluta, scostandogli ciocche chiare dal volto “Non dovresti dare la tua esistenza per scontata”
 Voleva dare a Malfoy un motivo per stare a galla, per combattere. Voleva fargli sapere che lei c'era e ci sarebbe sempre stata e gli occhi grigi di lui ebbero un guizzo di vitalità e le labbra si piegarono in un ghigno.
 “Sono un pezzo di carne con un missione, O'Shea.”
 “Tutti a modo nostro lo siamo. Io, te, Potter, gli emoor.”
 “Sì, forse hai ragione.” mormorò lui, facendo una leggera smorfia infastidita a sentire il nome del Grifondoro ed Emma sentì sotto i suoi palmi i suoi avambracci tendersi appena.
 “Impara a contare su di me.” disse seria, asciutta, scostando lo sguardo per non sembrare troppo sentimentale.
 “Per quanto mi starai intorno 
Mezzosangue?” la punzecchiò lui.
 “Per quanto serve” e per l'ennesima volta glissò su quell'appellativo che lui amava usare e lei non riusciva a comprendere.
“Mi starai intorno per sempre?” chiosò  lui, divertito. 
 Emma lo guardò e scavò oltre il suo atteggiamento sornione e lo scherno che aleggiava sulle labbra sottili del ragazzo. Vide una tenue speranza nei suoi lineamenti contratti e capì che Draco voleva essere rassicurato. Si difendeva con i suoi modi freddi, composti, la stuzzicava e giocava con i suoi sentimenti, ma in fondo sperava solo che lei rispondesse che '
Sì, gli sarebbe rimasta intorno per sempre'.
 “Diciamo per un tempo indefinito Malfoy” disse secca, arricciando il naso in una smorfia buffa e Draco fece un ghigno stanco, ma soddisfatto e una folata di vento gli scompigliò i capelli chiari, rendendolo ancora più giovane e arruffato, poi sciolse l'abbraccio in cui si erano stretti e si passò una mano sul volto in un gesto arreso che colpì Emma come uno schiaffo.
 “Draco...” mormorò.
 “Sapere che la mia vita potrebbe essere solo una sequela di ordini orribili da eseguire non mi permette di gioire spensieratamente dell'idea di averti intorno tanto a lungo, Emma” ammise piano lui, improvvisamente di nuovo cupo e triste “Ho visto cose al Manor, ho dovuto 
fare cose, che credo mi rimarranno addosso per sempre.”
 L'emoor si sentì sopraffatta da quell'immeritata amarezza e accarezzò con dolcezza la guancia destra del Serpeverde, sfiorandolo appena con le nocche e poi il palmo della sua mano. 
 Lui la fissò e nel suo sguardo c'era qualcosa di fermo e gelido che la fece tremare mentre lasciava scivolare la carezza lungo il collo di lui e poi verso l'incavo vicino alle spalle, come se volesse studiarne con attenzione ogni singolo centimetro. 
 Qualcosa le diceva che non avrebbe avuto la possibilità di averlo sempre così vicino,
 qualcosa la stava già mettendo in allarme.
 “Io sono qui solo per aiutarti Draco” mormorò lentamente “Se solo tu mi permettessi di...”
“Nemmeno per scherzo. Non mi aiuterai in questo. No ti voglio in mezzo” disse lui serio e alla luce tenue del tramonto parve improvvisamente adulto, sicuro e bello, ma Draco Malfoy era sempre bello ai suoi occhi “Ti voglio il più al sicuro possibile, Emma. Questo vuol dire niente gesti da eroina.”
 “Non sono Potter” si difese lei con aria perentoria “Vorrei solo che tu ti fidassi di me Draco, per una volta e che mi dessi modo di continuare a fidarmi di te”
 Il ragazzo annuì di rimando, amaro e frastagliato.
 “È probabilmente l'unica cosa che mi tiene vivo, O'Shea”
 “Cosa?”
 “Tu” disse lui, con struggente sincerità ed Emma in risposta esalò un sospiro, si chinò in avanti e si appoggiò al parapetto della torre di Astronomia, imitata subito dopo dal Serpeverde.
 Tenevano entrambi le spalle incassate come due vecchi ricurvi e guardavano verso l'orizzonte buio in silenzio, godendosi quello strano momento di quiete e calma.
 C'era una strana tensione nell'aria. 
C'era da giorni. Una paura sottile e persistente che li circondava e li rendeva tesi e fragili.
 
Solo il giorno prima Harry aveva quasi perso il controllo per il nervoso di non riuscire a comunicare con Emma a comando, come Silente aveva consigliato, dimostrando peraltro la stessa duttilità che aveva per l'Occlumanzia.  Erano tutti al limite.

*

Inutile non ci riesco.” sbottò Potter, spingendosi gli occhiali lungo il naso con un gesto secco ed esasperato ed Emma sospirò lentamente, cercando di mantenere la calma di fronte a Ron ed Hermione che li fissavano corrucciati. 
 Avevano trovato un'aula vuota dove esercitarsi al terzo piano ed erano chiusi lì da almeno un'ora con risultati praticamente nulli. 
Emma riusciva quasi a gestire la connessione con un po' di sforzo, provava a entrare in contatto con Potter, ma batteva sempre contro la proiezione di un muro mentale particolarmente ostinato. Senza sapere come, Harry era particolarmente  abile infatti a tenerla fuori dalla sua mente, dimostrando che tra le sue ottime indubbie qualità non figurava l'elasticità.
 “Devi solo abbassare le difese, Harry, è come se tu mi bloccassi.”
 “Non so di che difese parli. Io non sto facendo nulla”
 “Le devi percepire.” disse lei con calma obbligata, cominciando a capire il motivo per cui il suo tutore aveva così poca pazienza con il Grifondoro “L'Occlumanzia è un concetto simile a questo, sei tu che strutturi la tua mente, sei tu che crei le tue difese, è come se tu volessi tenermi a distanza”
 “La fai facile tu” ribatté acido lui.
 “Sì, perché una volta che capisci il meccanismo è facile.” spiegò paziente “Devi visualizzare. Io ho strutturato la mia mente come una biblioteca per esempio. Magari per te potrebbe non funzionare lo stesso, ma devi trovare il...”
 “Sono tutte cose senza senso. Non ha il minimo senso...” esplose lui, nervoso ed Emma si zittì arresa, appoggiandosi allo schienale della sedia con stanchezza improvvisa e occhieggiò in direzione di Hermione in cerca di supporto, ma la grifona sembrava disarmata quanto lei.
 “Come vuoi, Potter. Riproviamo?” chiese quindi mesta, mentre Harry si alzava, cominciando a camminare avanti indietro.
 “Amico mio prendi un respiro.” borbottò Ron, ricevendo in risposta un'occhiata verde omicida “Sembri un'anima in pena.”
 L'emoor sbuffò snervata da quell'atteggiamento, si alzò di scatto, puntando la bacchetta contro Potter con un movimento repentino e sicuro. Gli occhi verdi con ombre sembravano quasi liquidi e pericolosi nella penombra della stanza.
 “Legilimens” disse pacata, a sorpresa e non avrebbe dovuto farlo. Lo sapeva.
 Ci fu un turbinio di immagini, una Sala Comune oro e rosso che non aveva mai visto, i capelli setosi di Ginny, l'aria in faccia mentre volava sulla scopa e il campo di Quidditch dall'alto, insieme a incubi che conosceva.

Emma annaspò nella mente del ragazzo, molto più vivida e contorta di quanto si fosse immaginata, sbatté contro il volto di Sirius che cadeva dietro il velo sottile, vide la Tana e i suoi colori accessi e poi Hermione e Ron che ridevano insieme.
 Harry la espulse con rabbia percepibile dalla sua mente, lo sguardo tradito e un'espressione stupita sul volto che si tramutò subito in furia.
 “Che cosa stai facendo?” le gridò contro.
 “Mi hai percepito ora Potter?” chiese Emma, a sua volta furente e stanca.
 Lui annuì secco, gli occhi ancora pieni di offesa.
 “Bene.” sibilò lei “Quella che hai sentito sono io dentro la tua fottuta testa. Riconoscimi e non bloccarmi e fammi la cortesia di smetterla di piangerti addosso. Siamo sulla stessa barca se non l'hai notato e fa schifo”
 Il moro rimase ancora un istante a osservarla come in cerca di un insulto, poi serrò le labbra e uscì dalla stanza, sbattendo con violenza la porta alle sue spalle, dopo aver mormorato un secco e nervoso “Ricevuto”.
 “Miseriaccia.” sbuffò Ron “Meno male che hai preso in mano la situazione. Credevo di mettere radici qui.”
 Emma fece al rosso una smorfia stancamente divertita e scambiò un mezzo sorriso con Hermione, tremula e spaventata.
 “Un po' drastico forse” disse mite la grifona “Ma è servito.”

*

E non era solo il nervosismo di Harry.
Era anche Ginny particolarmente accigliata e tesa e gli altri emoor frenetici come se anche loro avvertissero qualcosa che incombeva.
 Era la tesa agitazione che percorreva anche la Sala comune di Corvonero, con Emma stessa che aveva la fastidiosa sensazione che tutto stesse sfuggendo loro di mano, che qualcosa stesse per accadere senza che nessuno, tantomeno lei potesse fare nulla per fermarlo e il solo pensiero le stringeva lo stomaco.
Tutto era in tensione. Tutto era in attesa di qualcosa.

  Emma si girò verso Draco con un movimento secco e inaspettato, si aggrappò di istinto ai vestiti di lui con le dita gelide e si impossessò delle sue labbra chiare, cercando riparo tra le braccia del ragazzo come se fossero il posto più sicuro al mondo. 
 E Malfoy sbatté le ciglia chiare, vagamente stupito, ma rispose al bacio immediatamente, stringendosi a lei come se non aspettasse altro. Corpo contro corpo, respiro contro respiro.
 Si baciarono piano, in silenzio, aggrappati l'un all'altra con dolcezza e rabbia insieme. Erano diventati intimi, con naturalezza, abbassando le difese e i blocchi, lasciandosi più liberi di esplorare.
 Era terribile per Emma accorgersi di non poter più fare a meno di Draco Malfoy, la faceva sentire fragile ed esposta, ma la realtà era che non le importava del marchio, né del sangue puro e limpido del Serpeverde, delle difficoltà e di tutte le cose orribili che avrebbero dovuto fare e delle bugie che avrebbe continuato a dire pensando di proteggerla: ne sarebbero usciti insieme.
Posò un bacio sulla base del collo del ragazzo e guardò la pelle d'oca formarsi dove passavano le sue labbra con una sottile soddisfazione e per la prima volta desiderò essere libera davanti a lui, senza la divisa e tutti gli indumenti che sembravano una barriera inutile tra loro. Come sarebbe stato stare pelle contro pelle con lui?
Ti va di dormire insieme a me stanotte? Non dormo bene da mesi” ammise Malfoy in un sussurro “Vorrei averti vicina”
 Emma lo guardò curiosamente, ancora aggrappata a lui. Lei e Draco non avevano mai passato la notte insieme e improvvisamente una curiosità bruciante di sapere come fosse il suo volto addormentato le strinse lo stomaco.
 “Certo, sto con te” rispose sicura e lo vide fare un sospiro sollevato e questo le bastò per cancellare ogni dubbio.

Draco la prese per mano e camminarono giù dalla torre fino al settimo piano senza fiatare, insieme. Si mossero attenti a cogliere passi in movimento e i rumori notturni del castello, ma tutto pareva stranamente tranquillo. Le ombre della notte quiete e prive di pericoli in agguato, i quadri del castello addormentati. 
Arrivati a un muro vuoto e compatto Draco rallentò il passo e insieme camminarono per tre volte davanti a quella che era la Stanza della Necessità, pensando semplicemente di trovare al di là della parete scura un posto dove poter stare tranquilli, dove sentirsi una volta tanto al sicuro.
 “Dovrai andartene?” mormorò l'emoor.
 Sentiva il cuore tempestarle nel petto e una strana paura stringerle la gola. Lui si accigliò a quelle parole e la guardò con dolcezza. 
 “Intendi dalla stanza?” chiese
 “No. Intendo da Hogwarts”
 Rimasero un secondo in silenzio mentre davanti ai loro occhi si formava una porta scura in legno. Emma sentiva i muscoli contratti, la sensazione di allarme che le seccava la bocca, mentre una strana consapevolezza nasceva dentro di lei: erano gli ultimi giorni di scuola, se doveva succedere qualcosa, come le ricordavano sempre Fred e George, sarebbe successo a breve.
“Forse sì” mugugnò Draco, facendola sobbalzare, mentre con le dita catturava un ricciolo ribelle di lei.
 “Ci aspetteremo?” chiese l'emoor con serietà.
 “Ovvio, O'Shea. Sempre” rispose Draco sicuro, avvicinandosi un po' di più e c'era in quella parola una solennità tale che Emma non ebbe alcun dubbio e per un attimo scacciò la paura.
 Tenendosi sempre per mano attraversarono la porta ed entrarono nella stanza, cercando entrambi di non pensare alla sensazione che quello fosse quasi un addio.

*

Emma si sentiva frastornata. Un ragazzino di Tassorosso durante la cena l'aveva convocata con urgenza da Silente e lei si era quasi precipitata nello studio dell'uomo, immaginando un'emergenza.
 Aveva però trovato il preside seduto tranquillo alla sua scrivania, pronto, semplicemente, per una lezione non prevista, ma almeno all'apparenza per nulla preoccupato.
 Emma aveva osservato stranita il mago mentre tirava fuori il pensatoio, come qualche lezione prima e preso una boccetta polverosa, invitandola a guardare e se ora lei chiudeva gli occhi riusciva ancora a vedere l'immagine di Alicia Serpeverde davanti a sé. Riusciva ancora a percepire qualcosa di strano che il ricordo mostratole dal preside le aveva lasciato addosso.
 “Allora come è stato?” chiese mite Silente.
 “Molto...” iniziò la ragazza, sciogliendo la mandibola che aveva tenuto contratta  “molto interessante”
 L'uomo sorrise, estremamente compiaciuto, ma cauto nel porsi.
 “Ero abbastanza certo che avresti apprezzato.”
 L'emoor annuì in risposta, distratta. Si sentiva tutto il corpo percorso da una piaceva eccitazione e tensione, ancora incredula per ciò che aveva appena visto: 
un ricordo unico.Un ricordo consumato, poco definito, con aloni che ne rovinavano la visione, ma chiaro.
 Un ricordo appartenente ad Angela Grifondoro, che secoli prima lo aveva riposto in una boccetta con l'etichetta '
Io e i ragazzi' ormai troppo sbiadita per leggerne totalmente le lettere. 
 Un ricordo che testimoniava che le quattro Ombre di Hogwarts non erano semplicemente una leggenda: ma che erano esistiti, che 
avevano vissuto, provato emozioni, proprio come lei e gli altri.

*

La ragazza riccia e bionda, gli occhi verdi brillanti e il sorriso perfetto, rise con forza reclinando la testa all'indietro. Era molto bella, snella e sottile, con la pelle abbronzata e i lineamenti delicati e graziosi.. 
 Il ragazzo basso e moro, accanto a lei, la imitò nella sua risata, stringendo gli occhi scuri in un'espressione buffa e quasi nello stesso momento riabbassarono entrambi la testa di scatto e ripresero a ridacchiare incontrollati.
 Emma pensò a lei e Ginny al campo di Quidditch e si rese conto che lei e la sua migliore amica non erano poi così diverse da Angela Grifondoro ed Andrew Tassorosso che di fronte a lei semplicemente si divertivano.
 Le due Ombre attraversarono il parco lentamente. Angela aveva un passo deciso ed elegante, mentre Andrew sembrava procedere dondolando, quasi più lento dell'amica. Si vedeva che si conoscevano da molto ed erano a loro agio l'un con l'altra, si muovevano nello spazio con naturalezza, vicini, come se avessero fatto quella strada molte volte insieme.
 “Avete fatto un ottimo lavoro per la vostra Sala Comune” si complimentò lei.
 “Anche secondo me, credo che gli studenti saranno contenti di essere vicino alle cucine è molto accogliente. Tosca la adora.”
 “Beh certo, hanno le cucine, ma manca loro una bella vista”
 “Ma hanno una bella serra solo per loro”  
 “Andy, quale ragazzino di undici anni può essere felice di una serra? ”
 Lui scrollò le spalle con gentile noncuranza e fece per ribattere, ma si bloccò improvvisamente, con la bocca aperta e l'espressione stranita, guardando qualcosa oltre la spalla dell'amica. Un momento dopo si sciolse in un sorriso e riprese a ridacchiare sommessamente, scuotendo la testa.
 “Quei due non riescono proprio a stare lontani nemmeno un secondo”
 La Grifondoro ed Emma si voltarono quasi nello stesso momento.
 “Oh, Merlino, sono svenevoli” rispose la ragazza divertita.
 'I due' erano seduti sull'erba vicini. 
 Il ragazzo aveva capelli scuri, portati lunghi fino alle spalle e una pelle chiara su cui risaltavano penetranti occhi azzurri. 
Le labbra sottili erano piegate in un sorriso gentile che ad Emma ricordò un poco James, ma l'emoor scostò lo sguardo da lui quasi all'istante e lo portò sulla ragazza verso cui era chinato e sentì un improvviso vuoto nello stomaco.
 Sapeva esattamente chi fossero: Thomas Corvonero e Alicia Serpeverde che amoreggiavano come una normale coppia sui prati di Hogwarts, ridacchiando e osservandosi innamorati.
 Anche se seduta a terra Alicia Serpeverde era evidentemente molto alta. I capelli corvini, lunghissimi, le accarezzavano la schiena in morbide onde e incorniciavano un viso a cuore, dai lineamenti delicati, anche se leggermente imbronciati. Era sottile, altera ed elegante, di una bellezza quasi magnetica e sembrava a suo agio, mentre con le mani affusolate carezzava dolcemente il braccio del ragazzo di fronte a lei, parlando a voce bassa. 
 Come Angela poco prima, anche lei rise, le labbra carnose che andavano a scoprire denti perfettamente bianchi, allineati tra loro come per magia, che contrastavano con la pelle olivastra.
 Emma faticava a trovare con lei un solo tratto distintivo che le accomunasse e giustificasse la loro relazione sanguigna.  Erano l'opposto evidente l'uno dell'altra: ad esclusione degli occhi.
 Gli occhi di Alicia erano identici ai suoi.
 Nonostante il fumo che annebbiava il ricordo, risaltavano di un verde quasi liquido e innaturale. Occhi verdi macchiati da ombre e nonostante quelli della ragazza fossero più a mandorla e circondati da folte ciglia scure, rispetto a quelli più grandi e contornati di ciglia chiare di Emma, l'emoor vi si riconobbe.  Quella era la sua antenata: Alicia Serpeverde.
 Angela e Andrew raggiunsero i due amici, si sedettero accanto a loro sul manto erboso, mentre Thomas e Alicia sorridevano, voltandosi per accoglierli. 
 I loro gesti erano automatici e coordinati: Angela si chinò verso l'amica e le disse qualcosa nell'orecchio che fece brillare lo sguardo della ragazza e Thomas la liberò dolcemente dal suo abbraccio, in modo che le due potessero sedersi in disparte a parlare a bassa voce, le teste vicine, mentre i ragazzi si voltavano in silenzio a guardare il castello con aria pensierosa.
“È bellissimo vero?” chiese il Corvonero dopo poco, con una voce stranamente profonda e l'amico annuì, un mezzo sorriso a illuminargli il volto.
 “Stasera festeggiamo?” domandò Alicia, tornando a rivolgersi agli altri due.
 “Dobbiamo” rincarò allegra Angela “Avete avvisato gli altri?”
 “Salazar non verrà” ribatté l'amica e Thomas si rabbuiò un istante, guardando la piega triste delle labbra di lei.
 “Ancora problemi con Godric?” chiese mite e la ragazza si strinse nelle spalle, facendo un gesto con la mano, come a dare poca importanza alla cosa.
 “Passerà a tutti e due” ribatté pragmatica la Grifondoro, sorridendo a tutti e tre “Sono due idioti, ma si vogliono bene e soprattutto non credo che vogliano portare avanti questo stupido litigio per molto tempo”
 “Dici?” chiese perplesso Andrew “L'ultima volta Salazar era piuttosto incazzato e Godric non ha detto cose piacevoli.”
 “Sal è sempre incazzato” ribatté Angela con tono spiccio “e concordiamo tutti che le sue idee sul limitare l'accesso ad Hogwarts siano estreme”
 Alicia, leggermente piccata, fece una smorfia nervosa a quell'affermazione.
 “Però devi ammettere che anche tuo fratello Godric è davvero uno spaccone borioso quando ci si mette e io sono stufa di far l'ago della bilancia tra tutti”
 “Questo è vero” ammise la bionda con tranquillità, posando una mano su quella dell'amica, in modo dolce e protettivo.
 “Credo siano sono affari loro” concluse Thomas, circondando di nuovo le spalle della sua ragazza con affetto “ormai la scuola è completa e sarebbero davvero da incoscienti rovinare quello che hanno fatto insieme. Che si ignorino piuttosto, non sono costretti a parlarsi.”
 “Io sono convinto che potrebbero trovare un punto di incontro” fece notare Andrew “Salazar potrebbe limitare l'accesso ai Nati Babbani alla sua Casa”
 “Sarebbe un peccato però” sussurrò Alicia, la fronte aggrottata, evidentemente in disaccordo con il fratello. Concordarono tutti e Andrew alleggerì l'atmosfera facendo una battuta che Emma non capì perché riferita a qualcuno che loro conoscevano e lei no, ma le quattro Ombre di Hogwarts risero.
Risero allegri tutti insieme ed Emma riuscì quasi a sovrapporre loro la sua immagine e quella degli altri emoor. Quattro amici con grandi responsabilità.
Quattro amici che passavano il tempo insieme, complici, allegri, felici.

*

“Anche loro erano solo ragazzi” disse Silente “Volevo mostrartelo per questo. Erano solo ragazzi, anche se tutti dicono che hanno fatto grandi cose. Non vorrei che tu ti caricassi di troppe responsabilità, Emma. Con Severus, la posizione di Draco e la connessione con Harry hai già molto a cui pensare.”
 “Erano così simili a noi” mormorò lei in risposta, alzando poi lo sguardo grata verso il preside e incontrando i suoi occhi chiari e gentili “Sta per succedere qualcosa vero?”
 Silente annuì con aria stranamente solenne e tesa.
 “Credo che questa sia stata la nostra ultima lezione. Sai qual è il passato di Voldemort, hai imparato a vedere con i suoi occhi e a riconoscere i suoi punti deboli. Sai quel è la missione delle Ombre e che tu e Artemius siete più legati alla profezia di Emily e David e oggi hai visto come i vostri antenati fossero semplici ragazzi, proprio come voi quattro. Sai anche cosa puoi fare per aiutare Harry e come distrarre Voldemort e aiutare te e i tuoi amici a sopravvivere e sai quali possono essere le difficoltà in arrivo, ma soprattutto sai che Draco Malfoy ha bisogno di te. Non credo di doverti dire altro.”
 “Lei potrebbe dirmi molte cose” disse Emma con un sorriso “Per esempio: sa se Andrew Tassorosso fosse innamorato di Alicia?” 
 Silente la osservò attento e sembrò sembrò riflettere sulla domanda, poi però scosse la testa e guardò Emma negli occhi.
 “C'erano voci a riguardo, mai confermate. Perché lo pensi?”
 “Mi chiedevo perché volesse a tutti i costi difenderla.”
 “Come sai che voleva difendere la tua antenata?”
“Artemius.” rispose semplicemente l'emoor “Mi ha rivelato il suo ruolo. È convinto di dovermi proteggere. Era convinto di voler morire per proteggermi in realtà, ma lo abbiamo fatto desistere.”
 “Capisco” mormorò l'uomo “Tu e gli altri ipotizzate quindi che possa dipendere dal Vinculum tra loro”
“È l'unica cosa sensata a cui abbiamo pensato” disse l'emoor.
“È un'ipotesi interessante” ribatté l'altro, ma sembrava distratto.
 “Va tutto bene?” chiese cauta Emma.
 Il preside si girò verso di lei con un sorriso cortese, lo sguardo perso in chissà quale ragionamento distante, poi annuì gentile.
 “Harry sta venendo qui, Emma, gli chiederò di seguirmi per andare in cerca di un Horcrux. Questa notte non sarò a scuola”
 La Corvonero fece un cenno di assenso, pensierosa e vagamente a disagio, assorbendo l'informazione, ma non aggiunse nulla.
 “Ed Emma gradirei che tu fossi qui ad attenderci, al sicuro, a Hogwarts, senza fare gesti eroici stasera. Se dovesse succederci qualcosa, sarai l'unica a sapere degli Horcrux”
 “Lo so” rispose la ragazza, ricambiando solennemente lo sguardo. 
 “Bene.” mormorò lui sollevato “E se in mia assenza dovesse succedere qualcosa di strano, qualcosa che ti mette in agitazione per qualunque motivo, vai da Severus, o aspetta il mio ritorno alla Torre di Astronomia, d'accordo?”
 “D'accordo” sussurrò lei.
 “Non sarete lasciati senza protezione, l'Ordine pattuglierà i corridoio, sarete tutti al sicuro” aggiunse il preside e sembrava voler tranquillizzare la ragazza con tutto sé stesso, nonostante l'emoor non fosse affatto agitata, piuttosto incuriosita.
 “Lo so” mormorò infatti, sorridendo appena e per un lungo momento cadde un greve silenzio che si espanse tra loro prima che l'emoor lo rompesse, come faceva sempre.
“Professore, credo che Draco Malfoy stia per fare qualcosa di terribile e io non posso fermarlo.”
 Avvertì il peso che le opprimeva il petto sollevarsi, permettendole infine di respirare. Mentre il senso di colpa per il suo silenzio scivolava via dalle sue spalle.
 “Lo so” rispose il preside.
 “Credo che lo stiano costringendo a uccidere qualcuno”
 “So anche questo”
 “Volevo solo avvisarla”
 “E io ti ringrazio, so che per te costa molto esporti su Draco.”
 L'emoor si sforzò solo di annuire in risposta, vagamente sollevata che Silente fosse al corrente di ogni cosa. Non che sospettasse del contrario, ma era contenta di aver messo sul tavolo tutto quello che sapeva, di non aver nascosto nessun tassello.
 “Emma” la chiamò l'uomo con tono serio e grave “è amore quello che provi per il ragazzo?”
Emma si sentì arrossire terribilmente, colta di sorpresa, ma si costrinse ad annuire di nuovo in risposta, cosciente che una bugia in quel caso sarebbe stata completamente superflua.
 “Nonostante tutto?” insistette il preside.
 “Nonostante tutto.”
“Emma...” mormorò Silente, gli occhi velati da una strana e autentica commozione “mia cara ragazza, così coraggiosa e così giusta. Raramente ho incontrato un cuore così equilibrato e amorevole come il tuo e una mente così arguta. Siamo all'inizio di una grande battaglia, vorrei con tutto me stesso liberarti almeno in parte del fardello che dovrai sopportare, ma non posso.”
 “Lo porterò al meglio delle mie possibilità, professore” disse fiacca lei “non serve liberarmi di nulla.”
 L'uomo sorrise e sembrò farsi fragile come un alito di vento.
“Alla fine di tutto Severus sarà fiero di te. Emma”
 Anche l'emoor sorrise in risposta e annuì in silenzio, il cuore che le tremava appena contro lo sterno.
 Lei non era mai stata coraggiosa, o almeno non si sentiva così, anche se Severus le diceva sempre che aveva il coraggio di una stupida Grifondoro. Lei aveva sempre preferito il ragionamento, la calma, gli incantesimi scudo, le pozioni e le retrovie, ma in quel momento si sentiva come se non avesse scampo, come se qualcosa la stesse spingendo inesorabile verso il suo destino. 
 Aveva la sensazione di star correndo incontro a qualcosa di pericoloso e spiacevole senza poterlo evitare e che quindi non le rimaneva altra scelta se non quella di affrontare il pericolo dignitosamente e a testa alta. Persino Fanny, alle spalle di Silente, sembrò capire la drammaticità della situazione.
L'emoor vide l'uccello chinare il capo, attirando lo sguardo su di sé e facendo rotolare calde lacrime fuori dagli occhi scuri.
 “Hai fatto piangere la mia fenice” disse semplicemente il preside, accarezzando con affetto il piumaggio colorato della creatura, per poi, con un movimento gentile della bacchetta, cristallizzare le sue lacrime e farle galleggiare di fronte alla Corvonero “è molto raro che pianga, sai cosa servono le lacrime della fenice?”
 “Hanno potenti proprietà curative” mormorò l'emoor, incantata.
“Esatto, hai con te qualcosa che ti porti sempre appresso?” chiese il preside con aria assorta ed Emma d'istinto porse lui il ciondolo con il corvo e il serpente che portava sempre al collo e che comunicava con quello regalato a Natale a Severus.
 L'uomo sorrise come davanti a qualcosa di molto divertente.
 “Davvero molto significativo” sussurrò, poi mosse la bacchetta con un gesto ampio ed elegante e le lacrime cristallizzate si riversarono nel ciondolo scomparendo alla vista.
“Penso” disse il preside “che potranno esserti utili un giorno. Consideralo un regalo di Fanny, ha sempre mostrato un certo interesse nei tuoi confronti”
 Emma sorrise senza sapere se ringraziare l'anziano preside, o lo strano uccello con il suo piumaggio cremisi, ma non riuscì ad aggiungere null'altro, perché in quel momento Harry bussò.


*Angolo Autrice*

Ciao lettori! 
Come state?
Capitolo denso questo. Il mio obbiettivo era solo uno: mettere angoscia. 
Ho cercato di inserire questa tensione e attesa un po' ovunque, anche nei momenti apparentemente distesi tra Emma e Draco. 
Come ci insegnano i gemelli Weasley, siamo alla fine dell'anno e alla fine dell'anno succedono le cose peggiori. 
Ormai Emma se lo aspetta e in parte forse è snervata dal non sapere cosa sta per accadere. 

Per spunti/appunti:
. Discussione molto importante tra il preside e i due ragazzi d'oro, oltre che la prima vera occasione di confronto tra Emma ed Harry. 
Silente è preoccupato che i due, che non hanno mai mostrato una grande simpatia tra loro, non provino sufficiente empatia per l'altro e li spinge a fidarsi del loro istinto e fortificare il loro legame. Emma ed Harry non hanno alcuna ragione di odiarsi, perché come dice Albus stanno affrontando in modo diverso la stessa battaglia, ma trovo saggia la preoccupazione del preside, perché con Voldemort e le sue capacità di manipolazione non si può mai sapere. 
. Il momento tra gli emoor mi fa molta tenerezza per il modo in cui arrancano nel nulla, passando da preoccupazioni più normali come l'esito degli esami, fino a drammi più importanti come il tema del Vinculum Eldest. Tutti e quattro stanno capendo, come insegna il buon Silente, quanto il mischiare magia e sentimenti possa essere pericoloso e si fanno a mio parere domande giuste. Ho sfruttato il momento anche per raccontare un po' la loro amicizia e mettere un po' più in luce Emily, che insieme all'amica Joanne è quella che più si è presa carico di scoprire la verità. 
. Draco ed Emma son più vicini che mai, quasi intimi e pieni di tenera fiducia. Davanti alle difficoltà al posto che fare un passo indietro si stanno gettando l'uno nella braccia dell'altra, in cerca di un porto sicuro. Trovo che sia una reazione molto tenera e umana, visto anche i nervi a pezzi del ragazzo a questo punto dell'anno. I due abbassano completamente le bandiere, trovando inutile opporsi al loro legame e questo ovviamente da loro sollievo, ma li rende allo stesso tempo anche molto fragili e facili bersagli per chi li osserva. Ho voluto appositamente far intuire quanto la loro relazione sia maturata anche dal punto di vista del contatto fisico, lasciando però loro un po' di giusta privacy. 
. Emma ed Harry cercano di imparare a gestire insieme la connessione, pur con difficoltà. Dopo la collaborazione al Ministero è la prima volta che lavorano uniti con consapevolezza da ambo le parti.
. Seconda lezione a sorpresa di Silente, finalmente vediamo le Ombre. Emma scopre quindi che non sono degli esseri potenti e leggendari, ma erano ragazzi proprio come lei e gli altri. Volevo che riuscisse a dimensionare un poco il suo ruolo, che mi sembrava davvero troppo gravoso per una ragazza così giovane. Bisogna ammettere che rispetto a quanto fatto con Harry, Silente non è andato mai per il sottile con lei e l'ha messa al corrente di più elementi e possibili responsabilità. Importante il modo in cui la ragazza rivela dei suoi sospetti di Draco, dimostrando di poter essere fedele a entrambe le parti come è sua peculiare abilità, così come le essenziali sono le lacrime di fenice, regalo molto prezioso. 

Prossimo capitolo, preparate i fazzoletti. 
Grazie infinite per il supporto caloroso che mi date e le recensioni sempre estremamente utili e molto apprezzate.
Un grosso abbraccio. 
vi

Ritorna all'indice


Capitolo 45
*** Il canto della fenice ***


.Il canto della fenice.

 


Qualcosa non va” disse Emma e si dovette sforzare, mentre faceva quell'ammissione ad alta voce, per cercare di sembrare tranquilla.
 Il suo sguardo perso, però, che si muoveva svelto attraverso le vetrate della torre di Corvonero, in direzione delle montagne ormai solo parzialmente innevate, sembrava dire il contrario. 
 La Sala Comune era stranamente vuota quella sera e spettrale nella luce tenue. Davanti ai camini c'erano solo una manciata di persone, immerse quasi tutte nella lettura e poi Emma, James e Lilith, seduti accanto alla vetrata, tesi come corde di violino.
 I due amici osservavano l'emoor in silenzio, il cuore che batteva forte dalla preoccupazione che non osavano esternare.

  Erano giorni, in fondo, che Emma era sempre tesa, sconvolta dagli incubi e dalla strana sensazione che qualcosa stesse andando storto.  
 Era Lilith a svegliarla di notte dalle sue stesse grida, sorreggendola con fervore e James a raccogliere la mattina il suo sconforto, con pazienza ed entrambi assistevano anche alla stanchezza per i ripetuti fallimentari tentativi di comunicare con Potter e alla sua pena nel vedere Draco Malfoy sempre più simile all'ombra di sé stesso.
James e Lilith avevano usato inizialmente parole piene di calma e affetto, snocciolate per darle il loro sostegno, ma cominciavano a sentire della sottile incertezza, mentre osservavano l'amica, se possibile ancor più rabbuiata dopo l'inaspettato incontro con Silente.
“Emma, devi cercare di stare tranquilla.” tentò la biondina, scrutandola con gli occhi scuri e grandi, il fiato sospeso e l'emoor in risposta serrò i denti e le sembrò quasi di sentirli scricchiolare, mentre lanciava uno sguardo sfuggente ai due. 
James sospirò a fondo, evitando come poteva l'occhiata furente di Lilith, che lo esortava a dire qualcosa. Il ragazzo in realtà era piuttosto sicuro che togliere quell'aria preoccupata dal volto di Emma sarebbe stato impossibile: la conosceva troppo bene.
 “Che cosa vuoi fare?” chiese quindi arreso, pronto ad accettare qualunque decisione dell'amica.
 “Non deve fare niente” soffiò Lilith “Deve solo calmarsi”
 James ignorò la biondina, fissando gli occhi chiari sulla nuca ramata dell'emoor che evitava ostinatamente il suo sguardo.
 “Emma. Dimmi cosa vuoi fare” ripeté con fermezza, causando nella ragazza un piccolo fremito di nervoso appena trattenuto.
 “Vado da Ginny” gli rispose secca, alzandosi in piedi con un gesto sicuro “Ho bisogno di schiarirmi le idee e a stare qui ferma temo di impazzire. Qualunque cosa succeda non uscite di qui.”
 Lilith schiuse le labbra per dire qualcosa, ma James le afferrò il polso intimandole di tacere. I due amici si scambiarono solo un'occhiata, ma non tentarono di seguire l'emoor, o di fare domande, consapevoli che sarebbe stato completamente inutile. 
 Emma era così preoccupata e nervosa, che faceva spavento e loro  erano semplicemente terrorizzati, perché sapevano che difficilmente l'emoor aveva torto su qualcosa.

. . .

La Corvonero, uscita di fretta dalla Sala comune, si incamminò per i corridoi del castello, nervosa. Passò sotto alcuni ritratti chiassosi e incrociò il fantasma di Nick Quasi senza testa, ma non rallentò.
Di studenti ve ne erano pochi, quasi tutti che, pigramente, cominciavano a muoversi verso le rispettive Sale Comuni prima che scattasse il coprifuoco serale. Ad Hogwarts c'era tensione.
 Emma cercò istintivamente Ginny nei punti della scuola che di solito bazzicava, senza però trovarla e contrariata, la pancia che brontolava per la fame, avendo saltato la cena per andare da Silente, cambiò direzione verso i sotterranei, sperando così di incontrare forse gli altri emoor, o qualche Serpeverde di sua conoscenza.
 Sentiva un estremo bisogno di essere confortata, di assicurarsi che tutto fosse a posto, di avere la prova che si sbagliava e che come le aveva detto Silente ogni cosa era sotto controllo.
Era quasi arrivata alle scale che si inabissavano verso la parte bassa del castello, quando, svoltato l'angolo a passo di marcia, si scontrò con qualcuno di decisamente più alto di lei, che arrivava velocemente nel senso opposto. L'emoor sdrucciolò all'indietro con un soffocato “Ehi”, prima che due braccia non la afferrassero saldamente, impedendole di cadere a terra.
 “Emma” disse Blaise Zabini, che la osservava con i suoi occhi chiari dall'alto della sua statura, palesemente sorpreso di trovarla lì.
“Blaise” rispose lei, tendendo di istinto le labbra in un sorriso, stranamente sollevata di aver trovato il ragazzo tra tutti.
“Cosa ci fai qui?” chiese lui e la nota di nervosismo che inquinava il suo tono fece alzare la testa all'emoor che lo osservò attenta.
 Il Serpeverde era chiaramente nel panico, i capelli di solito perfetti apparivano arruffati, portava solo la camicia senza la cravatta della sua amata divisa e aveva il fiatone: tutte cose che contrastavano con l'abituale aspetto composto e curato che Zabini amava sfoggiare in ogni occasione, non senza orgoglio.
 “Tutto bene?” domandò perplessa l'emoor.

 Il ragazzo di fronte a lei assunse un'espressione contratta, mentre chiaramente indeciso su come rispondere ricambiava il suo sguardo.
Emma e Blaise non erano propriamente amici, ma si rispettavano e si erano difesi a vicenda quando ce ne era stato il bisogno e soprattutto andavano istintivamente molto d'accordo.
 L'emoor ricordava con affetto i più momenti in cui il ragazzo le aveva dato il suo silenzioso ed elegante supporto, come quando si era dimostrato preoccupato per la mancanza di Draco al suo fianco la sera della festa di Lumacorno, o quando le aveva offerto silenziosamente il suo appoggio al Manor, a Capodanno, aiutandola a scivolare indenne tra i peggiori Purosangue. 
 Emma non poteva certo dire di conoscerlo bene, ma sapeva abbastanza cose di lui per trovare l'agitazione, in cui versava in quel momento, preoccupante e sentì una punta di ansia invaderle il petto.
 “Blaise” ripeté con tono basso “Va tutto bene?”
 “Non trovo Draco” rispose lui, simulando a malapena il suo allarmismo “Io e Theo lo cerchiamo da ore”
L'emoor sbatté una volta le palpebre perplessa e cercò di non agitarsi, anche se nella sua prospettiva il fatto che le due serpi fossero preoccupate e cercassero l'amico da ore, era decisamente una cattiva notizia, perché i Serpeverde non perdevano mai il controllo. Mai
Non cedevano alla preoccupazione e avevano la capacità di essere discreti, analitici e precisi in ogni situazione. Specialmente quelle di tensione. Specialmente quelle in cui chiunque altro, soprattutto i Grifondoro, avrebbero reagito con stupida impulsività.
 “Perché ti preoccupi?” domandò indecisa.
 “Sai dov'è?” insistette l'altro.
 “No, mi spiace. Non dovevamo vederci questa sera. Pensavo fosse con voi” disse lei secca, cercando di leggere il volto del ragazzo.
 “Lo temevo” esalò Zabini, passandosi una mano sulla fronte.
Emma dondolò sui piedi, osservando lo sguardo cauto di lui, si avvicinò di un passo, incerta se rassicurarlo o meno.
 “Sarà a fare un giro magari” tentò con finto ottimismo, mentre le viscere le si arricciavano “Tornerà prima del coprifuoco. Sai che Draco, a volte, ha bisogno di solitudine, lo conosci meglio di me”
 “Non so se è la sua voglia di solitudine questa, Ems” la interruppe Zabini in un mormorio “Ho una strana sensazione.”  
 “Che cosa, Blaise?” chiese subito Emma, gli occhi socchiusi.
 “Ho paura che faccia una stronzata” ammise l'altro.
 “Tutti abbiamo questo timore, ma perché ora?” insistette lei, mentre un brivido le correva lungo la schiena “Non è da te”
 “Tiger e Goyle lo seguono sempre ultimamente e sembrano spaventati, sono lì in Sala Comune tesi e silenziosi.” spiegò il ragazzo, le mani che quasi tremavano “Draco non c'è, non sta più parlando con me da giorni, mi evita palesemente e fa lo stesso con Theo. Lo stiamo tenendo d'occhio, lasciandogli lo spazio di cui ha bisogno, ma ora non lo troviamo e ho solo un brutto presentimento”
 “Tu sai cosa deve fare Draco?” chiese cauta lei.
Lui scosse la testa “No e tu?”
 “No” mentì.
 “D'accordo, ma Emma sta succedendo qualcosa” insistette il moro, fissandola negli occhi, in cerca di una spalla e l'emoor tentò di aprire bocca per controbattere, ma sentì il ciondolo che portava al collo diventare incredibilmente caldo e strinse i denti, evitando di sobbalzare davanti al ragazzo.
 “Mi metto a cercarlo anche io allora, sto andando da Severus ora, magari Draco è semplicemente da lui.” disse frettolosamente “Se lo trovi prima tu, o Theo mi avvisi. Andrà bene.”
 “Ok” rispose lui secco, un'ombra preoccupata che gli oscurava gli occhi chiari, la mandibola tesa sul suo nervosismo.
Emma gli lanciò un'occhiata e tentennò, indecisa nuovamente su come comportarsi. Si rese conto che era la prima volta che vedeva Zabini veramente preoccupato e provò per lui uno strano affetto.
 “Andrà tutto bene, Blaise” ripeté sicura.
 “Ne sei certa?” chiese il ragazzo con una punta di scherno, già sapendo che quella domanda non aveva nessun senso.
 “Dobbiamo solo sperarlo” mormorò l'emoor, cercando di sorridere.
Poi si girò e corse da Severus.

. . .

“Emma”
Piton la aspettava in piedi al centro del suo ufficio, vestito di tutto punto con la sua veste nera, come se fosse pronto a partire da un momento all'altro.
“Tutto bene?” chiese la ragazza preoccupata, la mano stretta ancora intorno al ciondolo su cui brillava la scritta "nel mio ufficio!".
 
L'uomo sembrò sul punto di rispondere, ma poi serrò le labbra sottili, si avvicinò a lei velocemente e la abbracciò.
Era la prima volta che Severus la abbracciava.
 
A volte aveva teso le mani verso di lei per facilitarla, o offrirle il suo conforto, ma era sempre stata Emma la prima a cercare il contatto e l'affetto dell'uomo. Sempre. Invece ora il professore si era mosso verso di lei per primo e senza un motivo apparente e l'aveva stretta con forza e dolcezza contro il suo petto.
 L'emoor avrebbe voluto godere a pieno di quel gesto di affetto spontaneo, ma tutti i suoi sensi si misero in allarme: perché se Severus la stava abbracciando significava che qualcosa stava per succedere e che lui era ai limiti della sua preoccupazione.
 La ragazza sospirò, lasciandosi andare contro il petto magro del tutore e si strinse a lui in cerca di un po' di conforto e protezione.

  “Severus” mormorò, cercando di spezzare il silenzio.
 “Davvero strepitoso questo ciondolo” la interruppe lui.
 “È utile” ammise l'emoor.
 “Scusa se ti ho convocato di fretta” 
 “Sta per succedere qualcosa, Sev?” chiese lei in un soffio.
 “Silente è partito con Potter?”
 Lei annuì e l'uomo sciolse delicatamente la stretta per guardarla in volto. Gli occhi neri erano lucidi di preoccupazione e il volto era contratto e segnato come se non stesse dormendo da giorni.
 La guardava attento, l'espressione tesa che tradiva la sua ansia, le labbra serrate, come se titubasse nel parlare e nel rivelarle il motivo per cui l'aveva convocata nel suo ufficio.
 “Emma... potrebbero succedere molte cose questa notte e voglio che tu sia al sicuro” disse infine, tetro.
 “Sev...” mormorò subito lei, contrariata.
 “No, ascoltami.” disse secco il tutore “quello che succederà stanotte deciderà molto del futuro di tutti noi e dobbiamo essere estremamente cauti. Silente è perfettamente al corrente di tutto, devi credermi, ma non ti voglio vedere rischiare”
 “Draco?” domandò Emma agitata, improvvisamente all'erta nel pensare al terrore negli occhi di Zabini e Severus annuì serio, scrutandola con gentile attenzione.
“Draco c'entra, ma non ti devi preoccupare per lui, farò in modo che esca di qui illeso” le disse serio.
 “Uscirà di qui?” boccheggiò “Cosa sta per succedere Sev?”
 “Non ti deve importare, Emma. Abbiamo poco tempo temo e devi ascoltarmi molto attentamente. Ho bisogno che tu stia lontano dai corridoi questa notte e che, qualunque cosa accada, tu mi prometta che non uscirai dalla torre di Corvonero e se tieni ai tuoi amici, ti consiglio di fare in modo che rimangano con te, al sicuro.”
“Sev tu...” iniziò lei, la bocca impastata, ma lui la bloccò di nuovo, bruscamente, scrollandola quasi per una spalla.
 “Io starò bene e Draco starà bene. Te lo prometto”
 “Silente mi ha detto che ci sono molte cose che non so” mormorò lei, spaventata “Che ci sono cose che non puoi dirmi ma...”
 Piton annuì con aria solenne, come fosse sollevato che il preside l'avesse messa in allerta.
 “È così. Se tu uscissi dalla torre potresti assistere a qualcosa che non comprenderesti e che ti farebbe del male. Non voglio che accada, Emma, non voglio che ci sia il rischio che tu venga ferita.”
 Calò un silenzio strano, teso, in cui i due si scambiarono uno sguardo denso di significati. La mente dell'emoor arrancava tra le informazioni spezzettate che aveva, ragionando veloce.
Silente aveva espresso preoccupazione, le aveva detto di non temere, che l'Ordine era allertato e che anche in sua assenza tutti sarebbero stati al sicuro. Si era mostrato teso, senza che Emma facesse alcuna domanda, come per farle sapere che tutto era previsto e in suo controllo e quel pensiero rese la ragazza lucida.
 Tutti i tasselli scivolarono al loro posto: l'ansia e la paura di Draco, la preoccupazione e concentrazione di Piton, il modo in cui Silente le aveva spiegato ogni cosa senza in realtà dire nulla.
“Arriveranno dei Mangiamorte” sussurrò, rendendosi conto di quella semplice verità: Draco aveva il compito di far entrare qualcuno nel castello. Era così semplice. Qualcuno era lì per uccidere. 
Ma chi? Harry? Harry era con Silente quella notte.

Severus diventò ancora più pallido a quella sua affermazione.
 “Emma ascolta...”
 “Non posso promettertelo Sev.”
 “Cosa?” chiese, accigliandosi appena.
“Non posso prometterti che sarò buona nella mia stanza, questa è anche la mia battaglia.” disse e l'uomo sospirò con sconforto.
 “Emma... ti prego” mormorò teso.
 “No, Sev ascoltami” insistette lei, guardandolo coraggiosamente in volto, ferma, sicura “sono giorni che sento che sta per succedere qualcosa di orribile, tu me lo stai solo confermando. Ho paura per te, per Draco, per Harry, per i miei amici, persino per Blaise, semplicemente non posso...”
 “Emma” la richiamò con dolcezza il tutore stringendole le spalle “Devi stare tranquilla. Davvero. Lascia per una volta che ce ne occupiamo noi adulti. Avere paura è normale, anche io ho paura di perderti. Per questo ti sto chiedendo...”
“Non mi perderai” disse seria lei, interrompendolo.
 “Potrei dover fare delle cose orribili”
L'emoor alzò gli occhi verso di lui, stupita e attenta.
 “Sei la seconda persona che mi da questa risposta, Severus e sei la seconda persona a cui prometto che ci sarò. Nonostante tutto”
 “Chi è stata la prima?”
“Draco”
Piton non sembrò particolarmente sorpreso, annuì semplicemente di fronte a lei e per un lungo momento rimasero immobili. Protetta e tutore. Uno di fronte all'altra, seri, spaventati, le mani di lui sulle spalle di lei in un gesto quasi affettuoso. 
 Erano preoccupati per l'altro, entrambi consapevoli che sarebbero morti pur di difendersi a vicenda e che qualcosa di terribile stava per scombinare tutti i loro piani.
 “Volevo semplicemente convocarti...” riprese Severus con voce rauca “... per dirti che qualunque cosa ci aspetta nel nostro futuro sono fiero di te e a dirla tutta invidio il tuo coraggio. Accettare di essere il tuo tutore è stata la migliore scelta che io abbia preso” 
“Oh Sev...” sussurrò l'emoor colpita.
 “Voglio il meglio per te” mormorò l'uomo “Devi credermi”
Emma sentì gli occhi velarsi le lacrime e ricambiò lo sguardo del tutore: Severus era un uomo scuro, schivo, arrabbiato, eppure da anni ormai era il suo riferimento, il suo esempio.
  Era l'uomo che l'aveva sorretta nei momenti più duri e consolata, comprendendola meglio di chiunque altro. Era un ricordo condiviso con lui che le aveva permesso di evocare il suo primo Patronus ed era sempre lui che le aveva insegnato ogni cosa, guidandola attento e accogliendola nella sua casa. Era lui che aveva combattuto per lei, che per lei aveva messo tutto in discussione più volte.
 Severus Piton era un uomo difficile che Emma aveva dovuto imparare a conoscere, apprezzare, ma soprattutto a comprendere, perché lui, con i suoi occhi scuri e freddi, i suoi sorrisi appena accennati e quel suo modo rigido e impacciato di volerle bene non era mai stato bravo a comunicare.
Severus Piton era quell'uomo che ora serio e concentrato stava ritto di fronte a lei, che era diventato lentamente un padre, un amico, un confidente e che goffo si era abituato ad avere una ragazzina sempre intorno e si era dimostrato inaspettatamente iperprotettivo, pur anche brusco e distaccato, ma sempre deciso a fare il meglio per lei, compreso minacciare il Ministro della magia pur di adottarla.
Severus Piton era l'uomo che era lì per lei senza fare domande e senza voler ascoltare giustificazioni ed Emma gli era grata.
 “Ti voglio bene, Sev. Sei il miglior tutore che possa esistere al mondo” disse ed era sincera. 
Papà. Avrebbe voluto chiamarlo così. Emma era quasi certa che suo padre, Alan, non se la sarebbe affatto presa, anzi, sarebbe stato felice che la sua unica figlia fosse al sicuro grazie alle cure di quell'uomo, ma la parola morì in un singhiozzo soffocato e pieno di lacrime. 
Severus le sorrise in risposta, senza sospettare nulla e cercò di tranquillizzarla con lo sguardo, lungo e pieno di significati e affetto, che si scambiarono, ma uno scalpiccìo di passi li distrasse e Vitious irruppe nella stanza correndo.
 “Severus, ci sono Mangiamorte nel castello.”

. . .

Emma arrivò alla torre di Astronomia senza fiato. La bacchetta in pugno e il sudore che le colava dalla fronte. Tremava spaventata e la visione di Silente che scendeva da una scopa, gobbo e stremato, aggrappato con tutte le sue forze a Harry, che la guardava con gli occhi verdi sgranati dalla preoccupazione, la riempì di paura.
 “Che cosa è successo?” chiese la ragazza affannata.
Potter fece per parlare, ma Silente lo anticipò con voce flebile.
 “Emma, mia cara ragazza” sorrise vedendola “Speravo davvero che tu fossi qui, abbiamo avuto un piccolo problema, avrei urgente bisogno di Severus.”
 “Professore, Severus non c'è”
 “Non c'è?” chiese stupito l'altro, fragile come un bambino.
 “Mi dispiace, ma ci sono dei Mangiamorte nel castello, Signore” rispose Emma frettolosamente “Severus è dovuto andare a fermarli con gli altri membri dell'Ordine”
 “Mangiamorte?” chiesero accigliati sia l'uomo che il ragazzo e l'emoor annuì e subito si avvicinò a loro per aiutare Harry a sorreggere il preside.
 “È per quello che c'è il Marchio nero sulla scuola?” chiese il Grifondoro “È morto qualcuno?” 
 Emma scosse la testa confusa, senza sapere cosa rispondere.
 “Non ne ho idea Harry” mormorò e si rivolse subito a Silente “Preside la portiamo da Madama Chips ora.”
“No” gracchiò lui, irrigidendosi “Non possono vedere Harry.”
“D'accordo, allora Potter mettiti il mantello” intimò Emma, ma il ragazzo la guardava con occhi sgranati d'ansia, senza la minima intenzione di seguire il suo consiglio.
 “Ginny e gli altri?” insisté “Stanno bene?”
 L'emoor fece un gesto stizzito in risposa. Era anche lei preoccupata per il suoi amici, ma non sapeva nulla e non voleva perdere tempo.

*

Emma e Severus corsero fuori dallo studio di lui, la prima per avvisare madama Chips che Vitious era svenuto e Piton per difendere il castello. Sulla soglia l'uomo la afferrò per una spalla, scrutandola attento.
 “Vai immediatamente nel tuo dormitorio dopo. Per favore” disse lui e la ragazza rispose con un lieve cenno del mento, ma poi si lanciarono entrambi nel corridoio, andando quasi a sbattere contro Luna ed Hermione, che per qualche motivo erano in attesa appena fuori dall'ufficio.
 Emma sgranò gli occhi. Sapeva perfettamente che se la Grifondoro era lì voleva dire che anche Ron e probabilmente anche Ginny e Neville dovevano essere in giro per il castello, mentre il fatto che ci fosse anche Luna le faceva salire la preoccupazione a mille per Lilith e James.
 “Signorina Granger?” la anticipò Piton.
 “Professore” squittì Hermione a disagio “L'Ordine è al castello”
 “Ne sono consapevole” ribatté lui accigliato “faccio parte dell'Ordine della Fenice, al contrario di lei che è una studentessa e dovrebbe essere nella sua torre”
 Hermione arrossì fino alle radici dei gonfi capelli, evidentemente in difficoltà e fu Luna a toglierla dall'impiccio, parlando con la sua voce serafica.
 “Ci sono anche Mangiamorte nel castello, Signore” 
 “Vitious ce l'ha detto” tagliò corto Emma “è svenuto, potete aiutarlo voi?”
 E si voltò subito per seguire il tutore che, ignorando le tre ragazze, aveva già imboccato il corridoio a passo svelto.

Dove vai tu?” le chiese Hermione di getto, afferrandola per una manica prima che corresse via, gli occhi color cioccolato pieni di panico e determinazione.
 “Draco” sillabò solo Emma, con sguardo sicuro e l'altra annuì.
 “Ci vediamo dopo allora” aggiunse semplicemente “Fai attenzione”
 L'emoor buttò fuori l'aria in un respiro nervoso e guardò Hermione prendere la mano di Luna per andare verso l'ufficio di Piton. Erano già quasi oltre la soglia quando la Corvonero chiamò la compagna di Casa, dopo aver dato uno sguardo al lungo corridoio vuoto che le testimoniava come Severus fosse ormai lontano.
 “Dimmi Emma” le sorrise Luna, gli occhi liquidi e curiosi e un mezzo sorriso che brillava sul volto pallido e gentile.
 “Lilith e James?” chiese l'altra agitata.
 “Sono usciti dal dormitorio, erano preoccupati per te, ti stanno cercando.”
Emma imprecò, mordendosi per un istante il labbro incerta. 
 “Stai attenta, Lu” disse infine all'amica e si mise a correre.

*

“Emma. Stanno bene?” insistette Potter, fissandola freddamente.
 “Credo stiano bene” borbottò l'emoor, sostenendo d'improvviso tutto il peso di Silente che si stava accasciando “Non so nulla”
Un rumore. Emma si immobilizzò e così Harry. Passi in avvicinamento.
 “Harry il mantello” disse brusco Silente, prendendo per un istante vigore e rialzandosi in piedi.
 Potter si affrettò a eseguire l'ordine questa volta, mentre Emma, la bacchetta in pugno, si metteva accanto al preside, in posa difensiva, sperando di vedere con tutta sé stessa qualcuno dell'Ordine spuntare dalle scale. Sentì alle sue spalle Silente mormorare qualcosa e nello stesso momento di fronte a lei apparve Draco Malfoy.
“Expelliarmus”
 “Draco!”
Silenzio.

L'emoor vide la bacchetta di Silente volare via come a rallentatore e sussultò. Era bastato un attimo: lei aveva perso tempo per nominare il ragazzo, Silente per borbottare qualcosa che non era riuscita a comprendere e Draco era stato più svelto.
 Il preside, vagamente stupito, appoggiato alla parete e disarmato, guardava il giovane Serpeverde con dolcezza. Tutto era calmo e sospeso. La stellata insensibile sopra di loro come unica testimone.
 “Sei riuscito nel tuo intento Draco?” chiese Silente, come stesse chiedendo lui qualcosa a proposito del tempo e Malfoy tremò.
Aveva una pessima cera, sembrava sul punto di svenire, pallido e sudato, visibilmente nel panico, gli occhi dilatati e pieni di lacrime. Emma deglutì e abbassò subito la bacchetta, avvicinandosi a lui.
 “Draco...” sussurrò.
 “Emma ti prego vattene” le disse con voce implorante e debole.
 “Draco stai facendo un errore.”
“Emma...” riprese il Serpeverde, quasi strozzandosi con il suo respiro. Stanco. Arreso. “Per una volta ascoltami. Vattene.”
 “No, Draco.” rispose seria l'emoor, guardandolo negli occhi con decisione “Abbassa la bacchetta. Adesso.”
 “Te lo avevo detto che dovevo fare una cosa terribili” soffiò lui disperato, sull'orlo delle lacrime “Ti avevo avvisato”
 “Draco, ragazzo mio” intervenne Silente con la voce pacata, lo sguardo cristallino “Tu non sei così”
 Il Serpeverde si riscosse all'udire quelle parole e fece una smorfia disgustata, mentre le guance gli si colorarono sgradevolmente di rosso. Scostò gli occhi dall'emoor per guardare il preside, con panico e odio mischiati sapientemente insieme.
“E lei che ne sa di come sono io?” esalò “Ho fatto tutto sotto il suo naso. Ho fatto entrare i Mangiamorte nel castello con l'Armadio Svanitore che era nella stanza delle necessità, tutto da solo”
Era nel pallone, la bacchetta ancora alzata verso l'uomo che lo osservava tranquillo. Deglutiva ogni lettera, come se non avesse abbastanza respiro, le lacrime sporgenti sulle ciglia.
 “Sei stato molto furbo Draco.” disse Silente, annuendo piano  “Molto furbo a congegnare questo piano tutto tu...”
 “Ne sei davvero orgoglioso?” lo interruppe Emma, tagliente, guardando con sfida il ragazzo negli occhi e cadde un silenzio denso, pesante e ferito, che fece sembrare la torre gelida.
 Si sentivano in lontananza dei rumori soffocati: qualcuno stava evidentemente dando battaglia e un'angoscia sorda strinse il petto dell'emoor, mozzandole il respiro, mentre la preoccupazione per i suoi amici cresceva, ma cercò di ignorarla e si avvicinò al biondo.
 “Draco guardami” disse con dolcezza e lui alzò timoroso gli occhi.
 “Non potete aiutarmi” mormorò “Non potete.”
 “Invece possiamo.” disse sicura lei “Possiamo andarcene anche ora. Io e te. Ti porterò in un posto sicuro e quelli dell'Ordine possono andare a prendere anche tua madre. Il professor Silente ci proteggerà. Te lo posso garantire. E io starò con te.”
“Verranno a prenderci” esalò rauco lui, le labbra sottili screpolate a sangue, gli occhi liquidi di terrore.
 “Ti difenderò”
 E a quelle parole qualcosa si spezzò sul volto del Serpeverde e fece una risata rauca, quasi isterica, gli occhi chiari ancora puntati su Silente. Emma lo vide cercare di respirare mentre il panico lo investiva a ondate e quando riuscì a racimolare abbastanza calma per parlare, puntò lo sguardo ferito su di lei.
“Ti uccideranno, Emma” mormorò arreso “e io non posso permetterlo. Non posso permettermi di perderti. Sono qui perché devo proteggerti e se non lo faccio, se non lo uccido, loro ti uccideranno. Mi hanno obbligato a torturare e... ti uccideranno”
“Non possono” disse Emma, si sentiva estremamente lucida e sicura di sé “Se mi uccidono si attiva la profezia degli emoor e Voldemort morirà, non possono uccidermi, Draco. Ci proteggeremo a vicenda, ci nasconderemo e staremo insieme. Nessuna bugia, nessun giudizio. Nessuno deve morire. Per questo ti dicevo di parlarne con me apertamente, sono un punto di vista diverso dal tuo.”
 Il ragazzo abbassò leggermente la bacchetta, guardando Silente.
“Può farlo?” chiese, per la prima volta illuminato da un'ombra di dubbio e Silente annuì visibilmente commosso dalla scena a cui stava assistendo, i suoi occhi che si spostavano dall'emoor al ragazzo, pieni di quello che sembrava orgoglio.
 “Certo mio caro ragazzo. Posso farlo. Basta che tu lo voglia. Non sei costretto a compiere gesti così terribili. Nasconderemo te, Emma e i tuoi genitori se necessario.”
 Draco sembrò combattere con sé stesso silenziosamente, lo sguardo fisso sul preside. Si umettò le labbra, le spalle abbassate.
 “Mi hanno torturato” mormorò infine, arreso “hanno torturato mia madre di fronte a me, signore. Mi avrebbero ucciso e avrebbero ucciso lei. Mi hanno detto che avrebbero ucciso anche Emma e che io sarei stato costretto a guardare mentre la facevano a pezzi. O che mi avrebbero costretto a ucciderla e torturare mia madre. E io... Io non so cosa fare, Signore. Non so di chi fidarmi”
 “È tutto a posto Draco” mormorò Silente, improvvisamente di nuovo esausto ed Emma sospirò di sollievo, mentre vedeva il Serpeverde abbassare totalmente la bacchetta sul fianco.
Gli sorrise dolcemente e si avvicinò a lui e anche il preside sorrideva, pur con sforzo di stare in piedi. Emma si chiese distrattamente dove fosse Harry, stupita che il Grifondoro non fosse già balzato in avanti in difesa dell'uomo. Fece un passo verso Malfoy, sempre stringendo convulsamente la bacchetta.
Fu un attimo di calma, in cui l'emoor riuscì a vedersi mentre fuggiva con Draco, mentre insieme recuperavano i cocci rotti di quel povero ragazzo e cominciavano a guardare a un futuro migliore.
Fu un attimo e poi un rumore inatteso.
 Malfoy perse ogni colore in volto, gli occhi si allagarono di panico e scuse, mentre guardava pieno di orrore sia Emma che Silente, confuso. La bacchetta scattò di nuovo in alto verso il preside.
Passi in avvicinamento.

Bellatrix Lastrange apparve dalle scale della torre. Era vestita di nero, la bacchetta in mano, i capelli simili a serpenti lucidi e scuri che le contornavano elegantemente il volto pallido.
 “Bravo Draco” sussurrò e fece un passo avanti, leccandosi famelica le labbra carnose, sorprendentemente dolce, quasi cinguettante.
 Dietro di lei vi erano un Mangiamorte che Emma non aveva mai visto e Greyback che fece schioccare la lingua divertito.
 La ragazza e il mannaro non si erano mai davvero incontrati, lui non presenziava molto al Manor e Piton aveva fatto di tutto per tenere la protetta lontana dall'uomo. L'emoor sapeva però quanto Greyback fosse terribile, senza cuore e pericoloso, guidato dall'impulso famelico e animalesco che Lupin da anni teneva a bada con fatica e sentì un brivido di disgusto percorrerle la schiena, mentre l'uomo la fissava con malcelata curiosità.
 Nell'aria si sparse un odore di muschio, sangue e umidità che fece torcere lo stomaco dell'emoor, gettandola nel terrore.
 Bellatrix fece un passo avanti, sorridendo subdola, gli occhi che guizzavano nella stanza attenti, come se non volesse farsi sfuggire nulla, che si posarono infine curiosi sulla Corvonero.
 “Emma O'Shea” disse in un cinguettio stridente e fece un passo in avanti, poggiando una mano sulla spalla di Draco “Che ci fai qui?”
“Potrei farti la stessa domanda, Bella.” ribatté lei, alzando la bacchetta decisa contro la donna e spostandosi impercettibilmente davanti a Silente “Io sono nella mia scuola, tu?” 
 Lei rise sguaiatamente, sgranando gli occhi scuri e arcuò le labbra in una smorfia che sapeva di pericolosa curiosità, prima di alzare lo sguardo verso il preside con uno scatto famelico.
 “Andiamo Silente ti fai difendere da una ragazzina?”
“Come vedi Bellatrix sono vecchio e disarmato” ammise serafico l'uomo “ed Emma, come certamente saprai è una grande strega”
La Mangiamorte fece una smorfia carica di dissenso prima di tornare a fissare il nipote con aria pigra.
 “Uccidilo Draco, dobbiamo andarcene”
 Emma sentì il cuore perdere un battito, mentre il terrore la scuoteva fino alle ossa. Cercò lo sguardo del Serpeverde, allarmata.
 “Draco...” mormorò  e il ragazzo deglutì, visibilmente spaventato.
 “Draco uccidilo!” insistette la Mangiamorte, spazientita.
 “Emma è davanti...” sussurrò lui, completamente bianco in volto.
 “Spostati” sibilò la donna all'emoor.
 “No” rispose semplicemente lei e cercò di non andare nel panico davanti alla furia cieca che si accese negli occhi della donna.
Prendi tempo. Si ripeteva silenziosamente nella testa. Prendi tempo.
 Probabilmente qualcuno dell'Ordine sarebbe arrivato dal basso della torre, i rumori della battaglia arrivavano sempre più distinti e a quel punto lei avrebbe potuto attaccare Bellatrix, forse Harry  sarebbe intervenuto: potevano ancora salvarsi. 
La sua mente ragionava velocemente, mentre la connessione avvertiva la rassicurante presenza di Potter. Era ancora lì.
 “Severus non sarebbe contento di trovarti qui” disse Bellatrix alla ragazza con un sorriso bieco, cercando di pungerla sul vivo, ma Emma ignorò la frecciata con una scrollata di spalle.
“Finalmente siamo d'accordo su qualcosa” disse secca “No, non credo in effetti che sarebbe contento di trovarmi qui”
Ed era la verità. Piton avrebbe voluto che lei fosse al sicuro nella sua torre, non certo a fare scudo a un Albus Silente ferito, minacciata da alcuni dei peggiori Mangiamorte in circolazione. Un rumore. 
 
Il cuore di Emma iniziò a battere forte pieno di speranza, vide anche gli occhi di Draco avere un guizzo di vitalità, mentre tutti si voltavano verso la tromba delle scale. Trattennero il fiato, Bellatrix si ruotò sfoggiando un'aria pericolosa, la bacchetta pronta all'attacco.  Passi in avvicinamento.
Il tempo sembrò fermarsi per un istante, ma la Corvonero sospirò di un sollievo quasi doloroso quando incontrò lo sguardo del tutore appena spuntato dalla tromba delle scale.  
Severus la osservò per un secondo, solo vagamente turbato nel trovarla lì, ma il suo volto rimase impassibile ed Emma lo vide lanciare uno sguardo anche ai presenti con esasperante lentezza e poi tendere un braccio verso di lei, invitandola a raggiungerlo.
 “Va” sussurrò Silente alle sue spalle, a voce talmente bassa che l'emoor credette di essere l'unica a sentirlo “Va da Severus”
 Incerta la ragazza fece un paio di passi verso il suo tutore, che subito la afferrò con un movimento repentino, avvolgendola con un braccio intorno alle spalle e stringendola contro di sé.
 “Il ragazzo non vuole ucciderlo” disse lui Bellatrix, con aria annoiata, gli occhi che scandagliavano attentamente l'uomo e la sua stretta protettiva sulla ragazzina.
Emma afferrò le vesti del tutore in cerca di stabilità e si impose di pensare velocemente, il sudore che le colava lungo il collo, il cuore che batteva all'impazzata. Immaginava che Severus si sarebbe rivoltato da un momento all'altro e cercava di trovare le vie di fuga, elencandosi mentalmente tutte le possibilità.
Erano ben tre Mangiamorte e Draco era troppo sotto shock per combattere. Emma avrebbe dovuto difenderlo e tenere testa almeno a uno di loro. Forse l'effetto a sorpresa avrebbe permesso di metterne uno fuori gioco subito, Severus avrebbe dovuto occuparsi di Bellatrix, ma se Potter fosse saltato fuori in loro aiuto e Draco si fosse ripreso potevano farcela. L'emoor ragionava veloce. Letale.

“Ultime parole Silente?” gracchiò Bellatrix, fermando il filo dei suoi pensieri. L'anziano ignorò completamente la Mangiamorte.
 “Emma” chiamò invece, con tono dolce e la ragazza si torse, sfuggendo con fatica solo in parte alla stretta di Severus, per poterlo guardare negli occhi.
 “Mi dica, Signore” disse quieta.
 “Ricordi cosa ti dissi di tenere sempre a mente?” domandò lui.
 “Non tutto ciò che vedi è reale” sussurrò l'emoor.
 Albus Silente sorrise e fu un sorriso di una tale dolcezza che la colpì  nel profondo e le fece pensare che tutto sarebbe andato bene, poi gli occhi chiari si scostarono da lei e si rivolsero a Piton.
“Severus, ti prego” disse e l'emoor sentì una stretta sgradevole allo stomaco nel sentire quelle parole, perché c'era qualcosa di sbagliato nell'immagine di Silente che pregava Piton. 
 La ragazza si torse di nuovo, confusa, cercando di allentare la stretta del tutore per osservarlo in volto, senza riuscirci. Avvertiva il battito feroce del cuore dell'uomo attraverso il suo petto magro e il suo braccio pressarla contro di lui, come fosse fatto di acciaio.
 Per un attimo ci fu uno strano momento in cui il tempo, di nuovo, parve immobilizzarsi, poi due parole squarciarono il silenzio e attraversarono la mente dell'emoor come un fulmine doloroso.

Avada Kedavra

Un lampo di luce verde illuminò la torre, Emma sentì la stretta di Piton farsi più forte, quasi soffocante e poi lasciarla andare di colpo.
 Il corpo di Silente, colpito dalla maledizione si inarcò scomposto e cadde  in maniera ridicolmente lenta oltre il parapetto della torre.
 Emma si accorse di non essere più in grado di respirare. 
 Osservò il corpo del preside sparire nella notte, mentre cercava disperatamente ossigeno senza riuscire a contrarre i polmoni, sentendosi soffocare come fosse immersa sott'acqua. 
Sentì dei movimenti intorno a sé e con fatica si girò verso il tutore in cerca di risposte, ma gli occhi di Piton erano più neri che mai e brulicanti di pensieri, il volto cristallizzato in una smorfia contratta.
 “Emma resta ad Hogwarts” le ordinò solo, perentorio e l'emoor non preferì parola e rimase solo immobile a guardare il volto di lui senza provare nulla, senza riuscire ad ammettere che la voce che aveva pronunciato la Maledizione senza Perdono fosse proprio quella dell'uomo che l'aveva sempre protetta e che ora la guardava.
 Ricambiò lo sguardo, mentre al confine della sua mente registrava che i tre Mangiamorte se ne stavano andando e Severus si stava voltando, afferrando Malfoy.
 “Emma non viene?” chiese il Serpeverde, cercando debolmente di opporsi, allungando la sua mano verso l'emoor.
 “No” disse il professore “Lei sta qui.”
Il panico attraversò in un lampo lo sguardo grigio di Malfoy, che in una tenue opposizione cercò di liberarsi della stretta di Piton, protendendo le dita verso di lei in una muta richiesta, ma la ragazza non riuscì a muoversi. Non riusciva nemmeno a respirare.
 Emma rimase immobile a guardare l'uomo che considerava come un padre correre via dalla torre dove aveva appena ucciso Albus Silente, trascinando via il suo ragazzo, mentre il dolore aveva la meglio sullo shock e il cuore si spezzava.
Quando scomparvero giù per le scale, finalmente, con un singhiozzo rotto che le spezzò la gola, l'emoor tornò a respirare, ma ancora non  si mosse, non  fino a quando Harry Potter non spuntò dal nulla alla sua destra e senza degnarla di uno sguardo si mise a correre giù dalla torre, lasciandola sola.
Solo allora, la consapevolezza terribile di quello che era successo le cadde addosso come una doccia fredda, i suoi sensi si acuirono improvvisamente e con lucidità e freddezza seppe cosa doveva fare: corse dietro il Grifondoro, non dovevano prendere Potter.

. . .

Lampi di luce, grida, corpi, polvere ed esplosioni. 
 Emma trattenne il fiato e strinse gli occhi, mentre cercava di individuare Harry in quel caos. Arrancò tra i combattenti, stringendo convulsamente la sua bacchetta, il fiato sospeso, ma poi   scorse il ragazzo lanciarsi giù dalle scale, correndo con tutte le sue forze e lo inseguì, parando una fattura che volava verso di lei. 
 Si chinò in avanti e scivolando sui detriti lasciati dalla battaglia, determinata a fermarlo, passò dietro le spalle di Lupin che duellava con altri due Mangiamorte, mentre alla sua sinistra scorse Ginny ed Hermione combattere. Entrambe si muovevano con grazia insolita, in piccole giravolte e movimenti agili, evitando tutti gli incantesimi che i Mangiamorte lanciavano verso di loro. 
 Emma inghiottì la paura che provava per le due e si lanciò verso le scale, vide in un guizzo un caschetto biondo che poteva appartenere a Lilith e James che si difendeva lì accanto e riconobbe Tonks combattere schiena contro schiena insieme a Fleur Delacour. 
 Il cuore di Emma tremò, ma continuò a seguire Potter al piano inferiore, perdendolo quasi di vista quando uno Schiantesimo alzò un polverone inaspettato e ritrovandolo poco più in là.
Passò come un fulmine alle spalle di Dolohov che rozzo e impreciso lanciava maledizioni tutto intorno e girò a destra, rallentando appena quando Greyback le tagliò la strada, emettendo un verso animalesco e lanciandosi contro qualcuno alla sua destra. 
Di istinto Emma scagliò uno Schiantesimo contro la schiena dell'essere che guaì, accasciandosi e lasciando andare la sua preda e all'emoor parve di scorgere dei capelli rossi a terra e di riconoscere Bill Weasley che la fissava. Ricacciò indietro le lacrime e il panico, aggrappandosi alla bacchetta e riprendendo a correre a perdifiato dietro Harry. Perché tutto stava crollando?

Emma scese giù per le scale, piano dopo piano, tanto velocemente che vedeva solo sfocati intorno a lei i corridoi della scuola. 
 Arrivò al portone di ingresso inciampando nei suoi piedi per la stanchezza e il freddo della notte le tolse quasi il respiro, gelandole i polmoni. Attraversò il parco, scivolando sull'erba umida mentre arrancava in avanti, le gambe che tremavano dalla fatica. 
 Harry gridava pieno d'odio contro Piton, pochi metri più avanti.
 “Lui si fidava di lei!” urlò il ragazzo e anche se distante Emma vide gli occhi di Severus brillare nell'ombra, mentre si fermava per osservare il Grifondoro con aria assorta. 
 Draco, pochi passi indietro, li guardava sconvolto e quando si accorse di Emma, che correva verso di loro alle spalle di Harry, la chiamò con disperazione e cercò di andare verso di lei, ma Piton si voltò e lo fermò, afferrandolo per la camicia. 
Bastò quella minuscola distrazione di Severus per permettere ad Harry di cercare di Schiantarlo.
 Il Grifondoro urlò l'incantesimo con rabbia, ferito, la bacchetta puntata contro il fianco dell'uomo, ma fu Bellatrix a pararlo e subito a ridere divertita, attaccando a sua volta il ragazzo.
“Potter” sibilò, sadica, sferzando l'aria con violenza, i capelli corvini che si muovevano come serpenti intorno al volto pallido. 
 Harry fu sbalzato in aria e cadde sull'erba umida di schiena, trattenendo a stento un lamento. L'emoor lo raggiunse in quel momento, il fiato corto e lo aiutò a mettersi seduto, assicurandosi velocemente che stesse bene, poi alzò lo sguardo, stringendo la bacchetta, pronta a difendere il grifone e vide Piton che sbraitava verso la Mangiamorte, furente.
 “Non contro il ragazzo! Non sai seguire gli ordini Lastrange?”
 La strega fece una smorfia annoiata in risposta, poi sorrise a Emma, gli occhi scuri che brillavano di una strana soddisfazione e si affrettò a correre verso i cancelli, come le stava ordinando Piton.
 “Sev.” sussurrò l'emoor con tono flebile e si alzò in piedi, guardando il suo tutore con disperazione.
 Cercò in lui un segnale, qualcosa che potesse tranquillizzarla, ma la verità era che Severus aveva appena ucciso Albus Silente e quello andava contro tutto ciò che lei aveva sempre pensato di lui.
 “Torna al castello, Emma. Subito e qualunque cosa succede stai ad Hogwarts” le rispose secco lui.
 “Perché non può venire con noi?” chiese Draco, ancora bloccato dal braccio dell'uomo.
“Perché qui è al sicuro” disse Piton con freddezza ed Emma sentì la nausea farle girare la testa a quelle parole: non aveva senso.
 
Non aveva senso che Severus si preoccupasse della sua sicurezza, dato che aveva appena ucciso l'unica persona al mondo in grado di contrastare Lord Voldemort e tenerli al sicuro e lo aveva fatto a sangue freddo. Di fronte a lei. Non aveva senso.
 Emma alzò lo sguardo scrutando quelle due persone che amava, Draco e Severus e che si stavano allontanando da lei, forse per sempre, per quanto entrambi sconvolti e spezzati.
Avvertì un improvviso panico e si staccò da Harry, coprendosi il volto con le mani, cercando di rimanere lucida e di fermare le lacrime che sapeva di lì a poco le avrebbero rigato le guance.
Sectumsempra” disse la voce del Grifondoro, facendola sussultare,  ma Piton parò l'attacco senza fare una piega, mentre lo guardo gli si accendeva di cattiveria e indignazione, gli occhi neri come la pece, i lineamenti contratti in una maschera di rabbia.
Tu. Tu osi lanciare addosso a me i miei incantesimi, Potter?” gridò, avvicinandosi ai due ragazzi di un passo, minaccioso.
 Troneggiava scuro e potente, all'emoor non era mai parso così pericoloso e anche Harry parve notarlo, perché fece un passo indietro e inciampò. Emma invece rimase immobile.
 “Sono io il Principe Mezzosangue, Potter” sibilò il professore, più minaccioso che mai “La cosa ti sorprende?”
Sua madre si chiama Prince pensò la Corvonero distrattamente, pur non capendo lo scambio tra l'uomo e il ragazzo. 
 Aveva la sensazione che i tasselli non combaciassero, che lei fosse all'oscuro di troppe cose e spostò gli occhi verdi, di quel colore liquido innaturale verso Severus, con crescente disperazione.
 “Sev ti prego” mormorò, in una preghiera sussurrata, ma lui ancora una volta la ignorò, continuando a rivolgersi ad Harry.
 “Torna anche tu al castello, Potter e prova a seguire per una volta nella tua vita i consigli di Silente e a non cercare di farti uccidere prima del tempo, credendoti un mago migliore di quello che sei.”
 “Lei lo ha ucciso” gridò il ragazzo, sconvolto.
 “Sev...” mormorò di nuovo Emma, senza fiato.
 Harry cercò di attaccare altre due volte, sordo agli ammonimenti, il viso contratto di dolore. Piton parò senza difficoltà, quasi ridendo.
 “Incantesimi non verbali Potter, possibile che tu non li abbia ancora imparati?” lo ferì con scherno.
“Non si permetta di dirmi cosa devo fare” strillò il ragazzo, i nervi a pezzi “Lei non può dirmi nulla. Lei è un vigliacco. Lei ha ucciso Silente. LUI SI FIDAVA DI LEI”
 Lo sguardo di Piton rimase gelido e impassibile, come fosse sordo a quelle urla. Inarcò appena un sopracciglio, scuotendo il capo.
“Quante speranze pensi di avere in un duello contro l'Oscuro Signore, Potter in questo modo? Perché sei così mediocre? Devi controllare i tuoi sentimenti. Devi controllare ogni cosa”
Emma osservò il tutore, stupita del fatto che stesse dispensando al ragazzo quei consigli preziosi, ma Harry sembrò non farci caso, perché lanciò un altro Schiantesimo e fu lei questa volta a evocare un Protego tra i due, difendendo entrambi dall'attacco dell'altro.
 “Smettetela” sussurrò, si sentiva svuotata.
Draco, bloccato alle spalle di Piton, prese coraggio e fece di nuovo un passo verso di lei, la fronte aggrottata dalla preoccupazione, ma Severus lo afferrò spazientito per il bavero e questa volta si voltò, trascinandolo con sé, mentre correva verso i cancelli.
L'emoor rimase immobile a guardarlo allontanarsi, senza provare a seguirli. Pregò che il tutore si girasse a dirle qualcosa, che le lanciasse uno sguardo di scuse, qualunque segnale, ma non lo fece. 
Il mantello nero che svolazzava nella notte, la mano stretta sul braccio di Malfoy, che si torceva cercando lo sguardo della Corvonero, Piton si allontanò velocemente e una volta fuori dal cancello si smaterializzò ed Emma ignorò le grida di rabbia di Harry e rimase immobile a guardare il punto in cui il tutore era scomparso, il punto in cui gli occhi grigi di Draco erano scomparsi, guardandola in una muta e disperata supplica.
Non tutto quello che vedi è reale. Le aveva detto Silente, anzi era stata precisamente l'ultima cosa che gli aveva ricordato prima di morire, ma tutto quello era reale. 
Quel dolore sordo al petto, quella consapevolezza amara, quella paura incontrollabile e quel vuoto che sentiva dentro di sé.
 Emma si lasciò cadere sulle ginocchia nell'erba umida, rifiutandosi di raccogliere le forza per combattere. Ne aveva abbastanza di tutto quello. Aveva rinunciato ai suoi genitori, a Steph, a Sirius e ora le veniva chiesto di rinunciare alla guida di Silente, a Draco e soprattutto a Severus. La ragazza lasciò che le lacrime scorressero liberatorie e fu Potter questa volta a chinarsi verso di lei, protettivo ed ad assicurarsi che stesse bene.
 “Sei ferita?”chiese il ragazzo e lei scosse la testa. 
 Harry sembrò per un istante imbarazzato e la lasciò piangere in silenzio, senza dirle nulla. Da lontano videro la capanna di Hagrid che crepitava tra le fiamme e spaventati si resero conto che tornare al castello poteva voler dire scoprire nuove morti, nuovo dolore.
 Il ragazzo le porse una mano, chinandosi appena verso di lei.
 “Dobbiamo tornare al castello, Emma” sussurrò e l'emoor accettò il suo aiuto e si lasciò sorreggere, le lacrime che silenziose le rigavano ancora le guance in un pianto pieno di dolore e dignità.
 Si guardarono negli occhi, uno di fronte all'altra, come ad assicurarsi che l'altro avesse appena vissuto lo stesso. 
“Dov'eri nella torre?” chiese lei in un sussurro debole.
“Silente mi aveva bloccato” 
 “Oh” mormorò Emma, ricordando le parole indistinte che il preside aveva mormorato all'arrivo di Draco: l'ultimo atto dell'uomo era stato proteggere Harry e dare ad Emma quell'ultimo consiglio.
 “Cosa intendeva Silente con quella frase: non tutto ciò che vedi è reale?” domandò infatti il Grifondoro, ma Emma scrollò le spalle.
 “Non lo so” ammise affranta e rimasero per un lungo momento in silenzio e ancora una volta, sorprendentemente fu Harry a intervenire per primo.
“Non lo avrebbe mai ucciso” disse lentamente, Emma lo guardò interrogativa “Draco, non avrebbe mai ucciso Silente” sottolineò il ragazzo, una luce solenne negli occhi verdi e lei annuì di fronte a quella magra consolazione e sentì altre lacrime rigarle le guance.
 Si accorse con stupore che sanguinava copiosamente da un braccio, probabilmente qualcosa l'aveva colpita mentre aveva attraversato la battaglia, ma non lo aveva notato: si sentiva vuota.
 Strinse la mano di Harry, lui annuì piano tra sé e insieme si diressero lentamente verso il castello.

. . .

Furono le grida di dolore di Hagrid ad attirarli verso la base della torre di Astronomia, dove un piccolo gruppetto di persone era lì raccolto. Emma riconobbe i tre emoor, Ginny, Lilith e James e naturalmente Hermione e Ron, circondati anche da vari membri dell'Ordine, con il capo chino e i menti al petto.
 Lei ed Harry avanzarono in silenzio, stringendosi ancora la mano fino ad arrivare al corpo di Silente e al loro passaggio tutti si scostarono, lasciando libera la strada.
 Silente sembrava dormire, compostamente abbandonato a terra, pacifico e stranamente sereno nelle sue vesti eleganti ed Harry e l'emoor rimasero fermi a guardarlo per un tempo indefinito, in silenzio, fino a quando Potter non spezzò quell'immobilità e alzò la bacchetta al cielo, illuminandone la punta.
 Molti lo imitarono e la notte parve rischiararsi per un istante, ma Emma non riuscì a fare nulla. Rimase ferma, circondata dalle bacchette luminose, la mano stretta in quella del Grifondoro e le lacrime di dolore che le colavano sulle guance. 
 Nessuno parlava, tutti in silenzio stavano metabolizzando quello che era successo, la maggioranza di loro senza avere risposta.
Nessuno di loro sapeva che era stato Draco Malfoy a disarmare Silente, che era stato Piton ad ucciderlo, stringendo la sua protetta con feroce terrore, fino all'ultimo. Nessuno.
Solo lei ed Harry.

Ginny si avvicinò loro, gli occhi color nocciola che una volta tanto avevano ceduto alle lacrime e lanciò uno sguardo incerto all'emoor, come se volesse chiederle qualcosa, ma quando l'altra scosse la testa in una muta preghiera, la Weasley desistette senza aggiungere altro ed Emma le fu grata, perché in fondo non sarebbe riuscita a parlare nemmeno volendo. Come poteva ammettere che Silente era lì, morto ai suoi piedi, a causa delle due persone che più amava al mondo?
Sospirò, ricambiando in silenzio lo sguardo della rossa, rimandando le spiegazioni e frenando il desiderio di abbracciarla e di dire lei quanto era felice di vederla viva. Lasciò lentamente la mano di Harry, affidandolo alle cure dell'amica e immobile rimase a guardare il cadavere del preside.  Sono sola. Si disse. 
Il vuoto lasciato dal Grifondoro che si trasformava in voragine, mentre quella consapevolezza calava in maniera leggera su di lei, man mano che Potter e Ginny si allontanavano in silenzio.
 Non ci sarebbero state le braccia magre di Severus a consolarla, come aveva sempre fatto, con i suoi occhi scuri e incomprensibili, pronti a leggerla dentro e a salvarla dai suoi incubi. 
Non ci sarebbero stati i timidi baci di Draco, i suoi tentativi goffi di far funzionare il loro legame, di proteggerla e prendersi cura di lei, mentre la stringeva inebriandola con quel suo odore che avrebbe riconosciuto ovunque: pioggia in arrivo, menta, caffé. Era sola.
Ma non riuscì a finire di formulare il pensiero che due braccia la strinsero, cogliendola di sorpresa. James. Emma riconobbe il profumo  di cannella, erba tagliata e cuoio che associava all'amico.
Si voltò contro il suo petto, lasciandosi andare in forti singhiozzi, godendo della stretta dolce che la cullava e subito anche le braccia di Lilith avvolsero entrambi e l'emoor sussultò, allargando l'abbraccio per stringere anche l'amica, grata che lei fosse viva e vegeta, nonostante una brutta ferita alla fronte.
 E quando riemerse dalla stretta dei due Corvonero, che non sembravano intenzionati a lasciarla andare, Emma notò che anche gli altri emoor la guardavano, pallidi e sconvolti.
 David fu il primo a raggiungerla e ad avvolgerla con le sue braccia muscolose, subito seguito da Emily e infine persino da Artemius, che si aggiunse in silenzio a quello strano abbraccio collettivo. 
 La ragazza e il pallido Serpeverde si scambiarono uno sguardo pieno di mille parole, di comprensione e forse affetto e paura.
 “Come mai siete qui?” chiese Emma in un sussurro spezzato, guardando gli occhi vacui di lui, ma Artemius scosse appena il capo.
 “Non lo so” ammise mesto “Sapevo solo che eri in pericolo.”
 “Mius voleva raggiungerti a tutti i costi, Ems” disse piano David “E noi non ti avremmo mai abbandonato”
 Emma sospirò e annuì lentamente, senza riuscire a sorridere ai tre.
 Hermione, Ginny, Harry e Ron, che si stavano allontanando, sconvolti e spaventati, si fermarono incerti e tornarono sui loro passi , avvicinandosi a loro volta. 
Emma si strinse a ognuno di loro, senza riuscire a smettere di piangere, mentre anche Luna e Neville si aggiungevano al gruppo.  
Si mischiarono tutti tra di loro, in cerca di affetto e supporto, mentre il dolore e la paura appesantiva i loro cuori.
 Erano un gruppo di ragazzi in fondo. Un gruppo di ragazzi soli che affrontavano qualcosa di più grande di loro e in mezzo a tutto quell'improvviso calore Emma si voltò e vide in disparte Blaise Zabini che li guardava.

Il ragazzo era immobile, lo sguardo perso e le labbra serrate.  Sembrava l'ombra di sé stesso, le lacrime sulle guance perfette.  
L'emoor sciolse con dolcezza la stretta con i suoi amici e si avvicinò lui, sotto lo sguardo attento di tutti. Si mise sulle punte e lo avvolse come poteva con le sue braccia, senza riuscire a raggiungere le sue spalle troppo alte, fino a quando anche Zabini, che in quel momento probabilmente si sentiva solo e sicuramente lo era più di lei, non decise di chinarsi e stringerla a sua volta.

“È andato?” chiese il Serpeverde con voce rotta e l'emoor annuì contro la sua spalla, stringendo ancor più la presa.
 “Mi dispiace così tanto, Emma. Ho cercato di dire lui...” 
“Troveremo una soluzione Blaise” sussurrò “andrà tutto bene”
“Non lo abbandonerai?”
 Lei scosse solo la testa in risposta, pensando al panico che aveva visto negli occhi di Draco, alla muta preghiera di non abbandonarlo e sciolse l'abbraccio con il ragazzo. Prese il Serpeverde per mano, trascinandolo con lei in mezzo ai suoi amici. Nessuno protestò, nessuno proferì parola. Stavano tutti soffrendo, compreso Blaise.
In quel momento il canto della fenice si librò sulle loro teste e tutti si fermarono ad ascoltarla incantati. C'era dolore in quelle note leggere, così struggente che fece tremare i loro cuori di paura e speranza e per qualche motivo Emma capì che sarebbe stato l'ultimo. L'ultimo canto di Fanny.
Hagrid prese tra le braccia il corpo di Silente, piangendo copiosamente. Il tempo parve fermarsi. L'emoor sentì Ginny afferrarle la mano libera da quella di Blaise e lei la strinse con forza.
Li aspettavano tempi duri, durissimi. La collana prese a bruciare ed Emma la sfilò dal colletto, guardandola: mi dispiace.


*Angolo autrice*


Ciao Lettori! 
Eccoci con un bel capitolo di svolta. 

Oggi arrivo leggermente più in anticipo, visto che abbiamo avuto di mezzo il weekend.
Se la volta precedente ho voluto mettervi angoscia, qui ho cercato di velare tutto con una sorta di dolorosa malinconia. 
I giochi sono fatti e non c'è modo di cambiare le carte in tavola, ho cercato di far in modo che Emma si aggrappasse come poteva alla logica e al suo buon animo, pur ovviamente travolta dagli eventi. Non si è mai abbastanza pronti in fondo ad affrontare una cosa del genere. 
Mi si stringe il cuore a pensare a quanta disperazione stanno provando in questo momento i personaggi: Emma, Draco, Severus, Harry, tutti piegati dal loro destino. 

Ho voluto creare un momento di "addio" tra tutore e protetta, perché penso che Emma e Piton se lo meritassero. Secondo me è davvero tragico che la ragazza si ritrovi ad avvicinarsi così tanto alla figura dell'uomo, arrivando addirittura a considerarlo come un padre, proprio nel momento in cui le loro strade sembrano dividersi. Ho deciso anche di ampliare la sensazione di qualcosa che ormai incombe, senza che si possa fermare, così come ho voluto che Emma fosse partecipe agli eventi attivamente e non spettatrice come Harry. 
Sono contenta che almeno il Grifondoro e l'emoor, finalmente, feriti per motivi diversi, sembrino sulla stessa linea d'onda e reputo importante che Harry abbia visto la reazione di Malfoy e forse compreso che le cose non sono proprio tutte bianche o nere. Anzi.

Ho voluto velare il finale poi di dolcezza amara, facendo stringere tutti i ragazzi insieme. Sono feriti e stanchi, costretti in battaglie troppo grandi per loro, ma in qualche modo stanno affrontando il tutto in maniera anche più matura e consapevole di tanti adulti. 
Non si tirano indietro, anzi. Persino gli emoor si mettono in campo solo perché l'istinto di Artemius sente che Emma è in pericolo e nessuno di loro fa un passo indietro nei confronti della ragazza, nonostante la sua posizione ora decisamente delicata, anzi, si stringono intorno a lei. 
Il ruolo di Blaise nella vicenda mi piace particolarmente, mostra come anche nelle retrovie un ragazzo può fare la differenza e come nonostante sia sicuramente in una posizione differente rispetto ad altri, questo non gli impedisca di essere umano e di prendere elegantemente una posizione. 

Cosa ne pensate? Vi aspettavate qualcosa di diverso? 
Che Emma per esempio sarebbe andata con Severus e Draco?
Nel prossimo capitolo bisognerà raccogliere i cocci, ora tutto è ovviamente ancora più in bilico. 
Vi ringrazio tanto per le numerose recensioni, sempre molto utili e sono davvero contenta di vedere l'aumento tra i lettori. 
Spero che la storia continui ad appassionarvi, entriamo a breve nell'ultimo anno che è anche quello più contorto e difficile per tutti. 
Vi abbraccio, a mercoledì. 
vi

Ritorna all'indice


Capitolo 46
*** Colpevole ***


 

.Colpevole.

 


Emma si massaggiò le tempie tenendo gli occhi chiusi e respirando piano, mentre Harry raccontava quello che era successo per l'ennesima volta alle persone presenti nell'infermeria. C'era una grande confusione, tutti cercavano di spiegare il proprio punto di vista per ricostruire l'accaduto, ma nessuno sembrava conoscere davvero l'interezza degli eventi e si parlavano uno sopra l'altro, con foga, creando scompiglio.
 La ragazza sentì un moto di gratitudine per il Grifondoro, che aveva capito quanto lei fosse rimasta ferita da quella notte e le aveva fatto da scudo davanti alla curiosità di tutti, prendendosi l'incombenza di essere lui a raccontare ogni cosa e a sorbirsi tutte le domande necessarie, nonostante fosse altrettanto stanco e sconvolto.
 Era il dolore a unire in quel momento Harry ed Emma. Il dolore e la comprensione di essere rimasti soli, con troppi dubbi e domande.  
 La mancanza di fiducia latente, il non detto, il nervosismo accumulato in quei giorni erano stati spazzati via, lasciando tra loro solo una profonda empatia e voglia di proteggersi a vicenda.

 Il ragazzo parlava svelto, canalizzando l'attenzione di tutti su di sé, solo Molly continuava a ringraziare l'emoor in piccoli singhiozzi per aver salvato Bill da Greyback ed Emma annuiva solo nella sua direzione, imbarazzata, senza avere il coraggio di osservare il volto lacerato del ragazzo.
 Quando un silenzio inatteso si espanse nella piccola stanza, la Corvonero si azzardò a socchiudere gli occhi, per osservare le persone disposte a semicerchio intorno a loro. 
 C'erano Lupin e Tonks, i volti contratti, la McGranitt che sembrava invecchiata di colpo e Vitious a sua volta su un lettino. 
 La professoressa Sprite era appena uscita dalla stanza insieme a Lumacorno per andare a parlare con gli altri docenti e assicurarsi che il corridoio venisse ripulito e che tutti gli studenti fossero a letto.
 “Parlerò con i fantasmi perché mi aiutino a controllare ogni cosa” disse la donna con voce grave, chiudendosi la porta alle spalle.
 Nessuno rispose, tutti erano immobili, come fatti di ghiaccio, solo Madama Chips sembrava non riuscire a fermare il suo lavoro, come una figura evanescente. Si muoveva nell'infermeria con occhi lucidi e sgranati, animata da una strana frenesia. 
Emma l'aveva vista parlare sotto voce con Remus e poi, quando era tornata di nuovo da lei, guardando con sguardo critico la sua ferita, l'aveva sentita mormorare “povera ragazza”.
 Molly invece era accanto al marito, affiancata anche dalla bella Fleur, china sul capezzale di Bill, ancora incosciente.  Lilith e James stazionavano in piedi a fianco del lettino dove stava Emma e Ginny, silenziosa e preoccupata, era seduta con lei, mentre le circondava le spalle con fare protettivo, pronta a scattare in sua difesa, gli occhi nocciola fissi però su Potter. Ovviamente Hermione e Ron erano ai lati proprio di Harry, come due fedeli soldati, tesi e scuri in volto e accanto a loro sedeva Kingsley, rigido e concentrato.
 “Chi l'avrebbe mai detto?” mormorò Lupin assorto, spezzando il silenzio “Voglio dire, tutti abbiamo avuto dei dubbi su Piton, ma Silente è sempre stato così certo di lui...”
 “Ci ha sempre lasciato intendere che ci fosse qualcosa che non sapevamo...” aggiunse subito la McGranitt.
Le parole rimasero sospese nell'aria e l'emoor sospirò. Nemmeno lei riusciva a capire cosa fosse successo e non poteva certo biasimarli per essere arrivati alle loro conclusioni, perché erano possibili.
 Eppure, sentiva nel profondo che qualcosa le stava sfuggendo, che c'erano dettagli e parole a cui avrebbe dovuto dare importanza e sperava di riuscire a fermare il delirio emotivo che aveva nel petto per mettere tutti i pezzi al loro posto.
 “Io so perché Silente si fidava.” disse Harry con tono fermo e forse un poco arrabbiato e tutta la sala si girò di nuovo verso di lui “Piton è stato quello che ha detto a Voldemort di uccidere i miei genitori. Gli ha rivelato la profezia e poi si disse pentito. Silente era convinto della sua sincerità per qualche motivo.”
 L'emoor alzò la testa di scatto, stupita: non aveva idea di ciò che diceva il Grifondoro. Quando Silente le aveva detto che lui si fidava completamente di Severus, aveva semplicemente preso per vere quelle parole e fatto il suo atto di fiducia come le era stato chiesto. 
Si rese conto in quel momento che non sapeva in realtà nulla del periodo in cui Piton aveva preso il marchio, perché il tutore era sempre stato piuttosto evasivo a riguardo e aveva lasciato intendere che si trattasse di un momento doloroso del suo passato. 
 Lei aveva rispettato la sua privacy, ma ora quella mancanza di informazioni, quel passato così ingombrante, incombevano terribili su tutti loro, alimentando ogni dubbio e paura.
“Ma Silente non può averci creduto.” disse Lupin sconvolto “Piton odiava James. Si odiavano entrambi e...”
“Pensava che mi madre fosse una Sanguesporco” specificò Harry.
 Gli occhi del mannaro saettarono in quelli del protetto e sembrarono fremere appena, carichi di dolore ed Emma deglutì a disagio nel vedere il suo turbamento, perché non aveva mai visto Remus perdere il controllo.
Guardarlo farsi sempre più grigio, il volto segnato pieno di sofferenza, era come invadere uno spazio troppo fragile e personale, così pieno di qualcosa che Emma non riusciva a comprendere, ma che era probabilmente profondamente legato alla solitudine di Lupin e alla morte di Sirius, che lo aveva segnato come una cicatrice sgraziata, oltre che alla perdita passata dei genitori di Harry.
 Così come Emma si sentiva addosso il peso delle scelte delle Ombre di Hogwarts, la ragazza aveva la sensazione che la storia di Remus, Severus e i Malandrini, quella generazione che come loro era stata mandata al macello in una guerra che non potevano controllare, nascondeva molto più di quanto volessero ammettere.
E anche se lei non lo avrebbe mai ammesso ad alta voce, i dubbi che tutti esprimevano su Severus erano coerenti e lei era piuttosto d'accordo sia con Potter, che con il mannaro: non capiva come Silente potesse essersi fidato. Sapeva anche lei che Severus si era allontanato dai Mangiamorte per la perdita di una persona per cui si sentiva in colpa, ma non aveva idea di chi fosse questa persona e dubitava fortemente che si trattasse dei genitori di Harry.
“Beh, non sapremo mai cosa si fossero detti.” disse Tonks, pratica e sbrigativa “Ma sicuramente Silente si fidava, lo sappiamo e adesso sappiamo anche che è stato un errore fatale.”
 Emma si agitò leggermente sotto il braccio di Ginny e la rossa le lanciò una veloce occhiata.
 “Che c'è?” chiese in un sussurro, ma lei scosse appena la testa, nel tentativo di distogliere l'attenzione.
 “Io davvero non riesco a capire come sia possibile che...” mormorò la McGranitt, mortificata e stranamente umana in quel momento.
 “Non possiamo farcene un colpa, Minerva. Nessuno sarebbe andato contro Silente” la consolò Arthur “Per lui Piton era degno di fiducia e nemmeno nei nostri peggiori incubi potevamo immaginare...”
“Emma a cosa stai pensando?” interruppe Lupin.
 L'emoor si tese ancora più nel sentirsi al centro dell'attenzione e si morse l'interno della guancia con nervosismo, ricambiando lo sguardo pacato del mannaro.
“Niente” rispose, anche se avrebbe voluto gridare, con tutte le sue forze, perché c'era qualcosa che stonava negli eventi della notte, perché Severus sapeva già che sarebbero accaduti e le aveva detto che Silente era al corrente di tutto e le aveva intimato di stare al sicuro.
 Avrebbe voluto spiegare, Emma, come per tutto l'anno, ogni volta che aveva parlato con il preside, lui avesse insistito perché lei continuasse a fidarsi di Severus Piton, a qualunque costo e come Piton sembrasse terrorizzato, mentre la stringeva in cima alla torre.  
Avrebbe voluto dire che non riusciva a scacciare dalla mente lo sguardo intenso che Silente le aveva rivolto e quell'ultima frase: “Non tutto quello che vedi è reale” mormorata proprio prima che, come in un incubo, il tutore lo uccidesse davanti a lei. 
 Non riusciva a dare voce ai suoi pensieri e a incastrare le parole in un discorso compiuto, ma avrebbe voluto che...

“Non sono sicuro però che Piton sia davvero colpevole”
 Emma sgranò gli occhi e si girò di scatto verso Harry Potter che aveva pronunciato quella frase.
 “Come?” mormorò incredula.
“Harry” disse pacatamente Lupin “so che è difficile da accettare ora, ma ci hai detto tu stesso che Severus ha ucciso Silente davanti ai tuoi occhi e tutto quello di cui stavamo discutendo...”
 “È così. Lo ha fatto” confermò il ragazzo, stranamente tranquillo  “Ma qualcosa non torna.”
“Cosa Potter?” domandò la McGranitt, subito attenta.
 “Parla, Harry” soffiò Hermione in un gentile supporto.

 “Io non mi fido di Piton” specificò il ragazzo, con un scrollata di spalle “lui non mi è mai piaciuto, lo sapete e confermo che l'ho visto uccidere Silente davanti ai miei occhi, ma era preoccupato per Emma. Terribilmente preoccupato. Le ha detto più volte di mettersi al sicuro, l'ha stretta spaventato quando ha ucciso Silente, sembrava sconvolto per il fatto che fosse lì”
 “Harry, penso che Piton tenga davvero a Emma” tentò Tonks mesta, lanciando una veloce occhiata all'emoor, che teneva lo sguardo basso “ma questo non significa che lui...”
 “Se tiene a lei perché non l'ha mai guardata in faccia allora?” la interruppe Harry “Se tiene a lei perché non si è mai scusato e non ha provato a tranquillizzarla? La evitava palesemente, continuava a dirle solo di stare al castello. Sappiamo tutti che non è quello che Piton avrebbe fatto con Emma. Se lui fosse un Mangiamorte e tenesse a lei l'avrebbe portata con sé, non le avrebbe mai permesso di stare con noi, di rischiare di essere presa da altri Mangiamorte, di non averla sotto la sua custodia e il suo controllo.”
 L'emoor guardò il ragazzo attenta, stupita del suo acume e grata del suo intervento: Harry aveva ragione.
 “E poi Silente ha parlato ad Emma” continuò il Grifondoro, aggrottando la fronte “le ha detto che...”
“... che dovevo ricordarmi che non tutto quello che vedo è reale” concluse Emma per lui, con una smorfia grata e stanca.
 Nella stanza calò il silenzio e tutti si scambiarono sguardi incerti.
 “Emma pensi anche tu che qualcosa non torni?” tentò Lupin con gentilezza, gli occhi ancora sofferenti, ma il sorriso dolce.
 “Non lo so” ammise lei sincera “per tutto il tempo ho cercato di comunicare con Severus, ma aveva alzato un muro tra me e lui. Quando ha ucciso Silente però il suo cuore batteva all'impazzata, era terrorizzato, non è da lui”
Tacque. Decisa a nascondere quel mi dispiace. Decisa a  non mostrare troppo i suoi sentimenti e mentre guardava il mannaro sfrecciò nei corridoi della propria mente e più catalogava pagine di pergamena in libri immaginari, riponendoli con cura sugli scaffali, i dettagli nascosti le saltavaano agli occhi: la stretta di Severus, sia per proteggere che per trattenere, lo sguardo di Bellatrix, la paura di Draco, la calma irrazionale di Albus Silente di fronte alla morte.
 “Nessuno sapeva di quello che sarebbe successo questa sera tra noi?” chiese la McGranitt, guardandosi intorno con attenzione.
 “Silente ci aveva solo chiesto di venire a proteggere il castello” disse Lupin mesto “Nulla di più”
 “Sapevamo che lui non sarebbe stato qui e voleva che gli studenti fossero al sicuro.” aggiunse Tonks.
 “Ma altre volte è mancato quest'anno e sono bastate le ronde di noi insegnanti, perché chiamare l'Ordine questa volta?” ragionò la McGranitt, con cipiglio rigido.
 “Sappiamo che Silente non lasciava nulla al caso, forse si aspettava qualcosa” tentò Kingsley con la sua voce profonda e tranquilla  “Forse Piton lo aveva avvisato, o aveva detto qualcosa per cui il preside si è messo in allarme.”
 “E allora perché non dircelo?” rifletté Lupin.
“Severus lo sapeva” ammise Emma con fatica, la mano stretta a quella di James, l'abbraccio di Ginny a confortarla “Stasera mi ha chiamato nel suo ufficio, mi ha detto che sarebbero successe molte cose determinanti e che Silente ne era al corrente e mi ha intimato di rimanere al sicuro perché non avrei capito”
 Un silenzio ancora più scomodo cadde di nuovo sui presenti, interrotto da un leggero colpo di tosse di Lupin.
“Effettivamente, il Severus che conosco non avrebbe mai lasciato Emma indietro, rischiando di esporla al pericolo.”
Emma alzò lo sguardo verso di lui e lo vide aggrottare la fronte.
 “Che intendi Remus?” chiese Arthur. 
 “Intendo che, a meno che Severus non reputasse i Mangiamorte un pericolo, l'avrebbe portata con sé” rispose il mannaro.
 “E allora perché non l'ha fatto?” domandò la McGranitt.
 “Il Piton che conosciamo non avrebbe nemmeno ucciso Silente però” disse Tonks “Non possiamo ignorare questo fatto”
 La signora Weasley fece per aggiungere qualcosa, ma un urletto acuto di Hermione interruppe tutti.
 “Oh Merlino” esalò la ragazza, portandosi una mano alla bocca  “Emma sarà costretta a tornare da lui ora”

Si formò un silenzio grumoso di preoccupazione e sconcerto. Molly Weasley inarcò subito un sopracciglio con aria estremamente contrariata, scostando gli occhi da Bill solo per un istante.
 “Questo non esiste. Emma piuttosto rimarrà da noi, è grazie a lei che ho ancora un figlio oggi. Non le permetteremo certo di tornare a Spinner's End da quell'uomo”
 “Ma non può venire da voi Signora Weasley” disse Hermione in un sussurro dolce “Perché Emma...”
“L'adozione!” intervenne Lupin, battendosi con una mano sulla fronte ed Emma sgranò gli occhi stupita di non averci pensato e in un lampo tutto il quadro della sua situazione le si presentò chiaro, ma quando fece per parlare, Hermione la anticipò.
 “Esatto.” disse con tono pratico “Emma è legalmente una Piton, non possiamo impedirle di tornare a casa.”
 “Per questo Severus non mi ha guardato” mormorò la Corvonero, ragionando veloce e ignorando lo sguardo pieno di confusione dei presenti per concentrarsi su Hermione che annuì con forza.
 “Non capisco perché uccidere Silente però” ammise la grifona.
“Draco...” mormorò Emma “Ha ucciso Silente per Draco.”
 “Potete spiegarci?” chiese Tonks leggermente esasperata ed Emma annuì con un sospiro, improvvisamente lucida. 
 “Severus ha ucciso Silente per difendere Draco Malfoy”
 La guardarono tutti confusi, il dubbio sulle loro espressioni.
 “Emma, cosa intendi?” chiese Lupin con un tono dolce.
 “È così.” confermò secca lei “Draco aveva una missione,  doveva uccidere Albus Silente per ordine di Voldemort”
“Che vi dicevo!” esclamò Harry verso Ron ed Hermione, per poi arrossire e fare cenno all'emoor di continuare.
 “Emma ti prego di spiegarci meglio, perché quello che dici sembra assurdo.” insistette Lupin con stanchezza.
 “Draco aveva il terrore di questo piano” mormorò l'emoor, cercando di non pensare agli occhi grigi pieni di profondo dolore del Serpeverde “era una punizione per il fallimento di Lucius al Ministero. Io non ne sapevo molto, non me ne ha mai parlato perché voleva proteggermi, ma so che lo avevano minacciato di uccidermi e lasciarlo guardare” spiegò sotto lo sguardo atterrito dei presenti “e so anche che Severus e Silente ne erano al corrente. Gli ho informati io stessa del poco che intuivo e loro sapevano ogni cosa. A questo punto credo che Draco dovesse far entrare dei Mangiamorte nel castello e uccidere Silente.”
 “E cosa c'entra Piton in tutto questo?” domandò Kingsley e gli occhi dell'emoor saettarono sull'uomo, mentre inghiottiva un groppo di saliva e prendeva un profondo respiro.
 “Severus era costretto a intervenire per salvarlo perché questa estate ha fatto un Voto Infrangibile con Narcissa Malfoy, promettendo che avrebbe protetto il figlio, ero lì con lui. Gli ho visti”
 I presenti sgranarono gli occhi, ammutoliti e il signor Weasley fece un leggero colpo di tosse, nervoso.
“Un momento, quindi sia Piton che Silente erano consapevoli della missione affidata a Draco e sapevano entrambi che Piton aveva fatto un Voto Infrangibile?” chiese l'uomo.
“Esatto” confermò Emma.
 “Allora Silente era consapevole che Severus sarebbe dovuto intervenire” mormorò la McGranitt il volto acceso da un sincero stupore, quasi sollievo “questo ovviamente cambierebbe tutto. Certo che farsi uccidere...”
“Ancora però non capisco perché non ne abbia parlato con noi, o con almeno Emma” rimuginò Lupin.
“Non è evidente?” riprese parola Hermione, con un tono che sembrava sottolineare l'ovvio “Per proteggerla. Ve l'ho detto: Emma è una Piton ora ed è costretta a tornare a Spinner's End. Se non lo facesse il Ministero potrebbe accusarvi di rapimento di minori suo malgrado e Piton ne era perfettamente consapevole. Non è ancora un latitante, non c'è un processo: è il suo tutore legale. Così come probabilmente è consapevole che Emma, vista la sua posizione, sarà in contatto con altri Mangiamorte e molto probabilmente anche con Tu – Sai – Chi. Emma è un'ottima Occlumante, ma...”
 “I ricordi!” quasi gridò Harry, interrompendola “Piton si è mostrato freddo e distaccato, dicendole di tornare al castello, perché se dovessero interrogare Emma e frugare in tutti i suoi ricordi anche con la forza si vedrebbe qualcosa di coerente. Un uomo freddo che uccide a cuor leggero, eseguendo perfettamente un ordine e che dice alla sua figlioccia di non occuparsi del problema e stare al sicuro.”
 “Esatto!” trillò Hermione, guardando orgogliosa l'amico “Se anche vedessero Silente dire ad Emma che Piton è un suo uomo questi ultimi ricordi della sua morte vanificherebbero i precedenti. Piton risulterebbe un traditore per Silente, un braccio di Voldemort e ha dato ad Emma un alibi. L'ha resa libera di mostrare i suoi ricordi”
Emma era impressionata, tutto sembrava avere una sua logica ferrea. Il suo alibi, la posizione di Severus, la protezione per Draco.
“Ha senso. Ha senso” mormorò “i ricordi modificati sono facilmente riconoscibili e se cercassero proprio il ricordo di questa notte la mia unica opzione sarebbe quella di chiudere la mente ma...”
 “Questo ti renderebbe un soggetto ostile” concluse per lei la grifona, trionfante “E vorrebbero andare più a fondo per capire cosa stai nascondendo, ma mostrandoglielo subito invece sarai passabile di fiducia e anzi apprezzeranno la tua apertura nei loro confronti.”
 Lupin osservò entrambe le ragazze con aria concentrata, cercando evidentemente di mettere a posto tutti i tasselli. 
 “Per come avete spiegato le cose effettivamente sembra avere tutto una motivazione” confermò “Ma stiamo parlando della morte di Albus Silente, non possiamo ignorarlo e non possiamo affidarci completamente alle nostre ipotesi, dobbiamo anzi considerare Piton come se ci avesse davvero tradito, comportandoci di conseguenza. Lo capisci Emma? Non possiamo fidarci di lui”
 L'emoor annuì tranquilla, nessuno di loro in effetti aveva la certezza che le cose fossero andate così e per avere qualche indizio in più lei avrebbe dovuto parlare con il tutore, ma doveva ammettere che c'era una certa logica nei loro ragionamenti, che le dava una piccola speranza. Se davvero le cose erano andate come stavano ipotizzando Severus era innocente, non solo: Severus era un eroe.
 “Ma non possiamo nemmeno mettere Emma in pericolo” intervenne di nuovo Molly, con tono materno.
 “È tutto sotto controllo” disse l'emoor, improvvisamente seria  “Silente era consapevole che il mio ruolo sarebbe stato di collaborare a stretto contatto con i Mangiamorte, mi aveva avvisato. Abbiamo lavorato insieme per tutto l'anno per preparaci a questa eventualità. Sono perfettamente in grado di affrontare la cosa”
“Silente era un po' matto però, lo sappiamo tutti” borbottò Ron, beccandosi una gomitata da Hermione.
 Alcuni sguardi scettici e preoccupati si rivolsero verso di Emma e lei li sostenne fiera, fino a quando Harry non tossicchiò attirando nuovamente l'attenzione su di sé.
 “In effetti sarebbe giusto avvisarvi che Emma ed io abbiamo delle missioni da compiere” chiarì Potter.

Ginny, che fino a quel momento rimasta silenziosa al fianco dell'amica, trapassò il fidanzato con uno sguardo allarmato, mentre James stringeva più forte la mano di Emma e Lilith tratteneva il respiro. Ron ed Hermione invece sembravano incredibilmente tranquilli, come se fossero abituati a quegli sbalzi emotivi e stessero già pensando al prossimo passo, al contrario di tutti gli adulti che, compresa Tonks e Fleur, intenta a spalmare un balsamo sul volto di Bill, apparivano piuttosto accigliati e preoccupati.
 “Puoi parlarcene Potter?” chiese la McGranitt.
 “No, professoressa” disse il ragazzo “mi dispiace, ma è una cosa che rimane tra me, Emma e Silente.”
“Ma Silente è morto, Potter e noi potremmo aiutare” provò di nuovo la donna, con aria sicura.
 “No” disse Harry seccamente ed Emma rivide in lui quella capacità di essere leader che gli aveva sempre invidiato, quella sicurezza e tranquillità nel tenere una posizione che lei avrebbe voluto “La morte di Silente non cambia le cose”
 “Possiamo dirvi però che le posizioni mie e di Harry saranno molto delicate in futuro” intervenne pacata l'emoor per mediare con gli adulti senza che si preoccupassero troppo, fino a diventare un problema “ma noi ci fidiamo ciecamente l'un dell'altra e vorremmo che voi vi fidaste di noi.”
Il Grifondoro le lanciò un'occhiata grata a cui Emma rispose con un sorriso stanco, ma pieno di dolcezza. Tutt'intorno gli sguardi erano accesi di preoccupazione e stupore per quella strana maturità, calma e consapevolezza dimostrata dai due ragazzi.
 “Io mi fido completamente di entrambi e avete il mio supporto” disse Lupin sicuro,Tonks subito annuì e anche i signori Weasley la imitarono, sebbene più tentennanti.
 “Grazie” sussurrò l'emoor, cercando di non far caso allo sguardo penetrante della McGranitt, che al contrario sembrava intenzionata a non arrendersi e andare a fondo in quella questione.
 “Quindi Emma...” iniziò la signora Weasley con voce rotta.
 “Dovrà tornare a Spinner's End” disse Lupin con tono pratico  “siamo tutti d'accordo su questo?”
 Varie teste annuirono in risposta, compresa quella dell'emoor.
 “E così: sei una nostra nuova spia Emma” disse quindi Remus, sorridendole con una punta di orgoglio.
 Bussarono alla porta dell'infermeria e la testa bionda di Luna fece capolino, seguita da quella di Neville.
 “È permesso?” chiese leggera.
 “Solo due ospiti alla volta” intervenne Madama Chips, uscendo dal suo ufficio, decisamente intenzionata a riprendere il controllo della sua infermeria, in quel momento invasa di persone.
 “Oh, avanti Poppy” la bloccò bonaria la McGranitt “oggi non è il giorno adatto per le regole” e fece cenno a Luna e Neville di entrare.
Dietro di loro apparvero anche Fred e George, seguiti a ruota dai tre emoor. Per ultimo ci fu Sean a fare capolino, incerto, come se non fosse sicuro di appartenere a quel gruppo ed Emma e James fecero lui cenno di entrare, mentre David scostava Ginny per poter avvolgere l'amica in un abbraccio protettivo.
Erano tutti lì, vicini, simili. Nessuno disse una parola, si scambiarono occhiate intense e spaventate, ma piene di determinazione, sotto lo sguardo attento e vagamente stupito degli adulti.
 Emma guardò i suoi amici con grande orgoglio, ascoltando solo distrattamente le discussioni sul mandare a casa gli studenti dopo il funerale di Silente, sulle possibili implicazioni delle ferite di Bill e con discreto distacco anche i borbottii della signora Weasley, convinta che Fleur avrebbe lasciato il figlio.
 La bionda francese parve offendersi terribilmente per quelle insinuazioni e si erse in tutta la sua statura, gli occhi chiari fiammeggianti di sdegno e le labbra piegate in una linea dura.
“Non lascerò Bill, Madame Weasley. Le scicatrici sono simbolo del suo courage di mio maritolo amo e in ogni caso sono abbastanza bella per entrambi” sputò secca, con un cipiglio arrabbiato e orgoglioso e un secondo dopo lei e Molly si stavano abbracciando tra le lacrime, sotto lo sguardo perplesso dei presenti.
 “Ho una tiara che ti starà benissimo” mormorò la donna, ricevendo dalla ragazza un delicato cenno di assenso.
 Emma sospirò, confusa e divertita dalla situazione, cercando di prendere forza. Si sentiva distrutta, il peso degli eventi che aveva vissuto quella notte le premeva fastidiosamente addosso, togliendole il respiro e l'immagine del corpo di Silente che cadeva era dolorosamente impressa sulle palpebre. Si lasciò scivolare sul lettino, avvolta dall'affetto dei suoi amici, cercando di ordinare i pensieri.
“Emma. Draco?” chiese Remus, distraendola dai suoi ragionamenti.
 “Che cosa?” domandò rauca, sentendo tutti gli sguardi dei suoi amici volgersi preoccupati verso di lei.
 “Sai cosa gli succederà?” chiese l'uomo e l'emoor sentì lacrime inaspettate premere per uscire e scosse il capo, inghiottendo il panico e la paura che la invasero.
“Pensi che possiamo aiutarlo? È solo un ragazzo...”
“E non avrebbe mai ucciso Silente” sottolineò ancora una volta Harry “era terrorizzato, parlava di torture...”
 Ci fu qualcosa di grave e spiacevole che cadde nella stanza a quelle parole ed Emma capì che quella era l'unica possibilità che aveva per redimere il ragazzo, cambiarne la percezione che avevano gli altri e spiegare il suo punto di vista. 
 “Draco è stato torturato al Manor” confermò e calò nuovamente un silenzio scomodo tra di loro perché nessuno voleva sapere i dettagli di un ragazzino torturato senza motivo “È stato torturato più volte in realtà, sia fisicamente che psicologicamente. È stato minacciato e umiliato da vari Mangiamorte e ha assistito a torture e minacce anche nei confronti della madre. Gli hanno detto che lo avrebbero costretto ad assistere alla mia morte e credo che lo abbiano anche costretto a torturare a sua volta. Il Manor è impregnato di magia nera ormai, è una situazione pericolosa e soffocante”
 Il silenzio più pesante che si formò venne interrotto da Lupin.
 “Emma, mi dispiace davvero. Nessuno merita una situazione del genere. Ripeto se possiamo fare qualcosa per aiutarlo...”
 Lei scosse la testa tristemente, in un tremito incontrollato.
 “Temo di no, Remus. Draco ha solo me e Severus”
 L'uomo parve soppesare le parole della ragazza, era evidentemente dispiaciuto e la guardava con aria afflitta.
 “Se le cose si mettessero male per lui.” disse serio “L'Ordine però può tentare di salvarlo, lo sai?”
L'emoor annuì, grata a lui almeno quanto lo era ad Harry e a tutti quei volti amici che ora la fissavano seri. 
 “Lo so. Grazie Remus.”
 “Anche solo in funzione di scuola. Il signor Malfoy è uno studente e merita protezione” intervenne a sorpresa la McGranitt.
Emma sorrise e di nuovo annuì e Ginny sgusciò infine dal suo fianco per andare dal Harry che la accolse rigido e goffo, mentre Hermione si avvicinava all'emoor con un sorriso di conforto e gli adulti riprendevano a borbottare tra loro, lasciando ai ragazzi un momento di pace per loro.
 Emma chinò il capo combattuta, sentiva urgente la mancanza di Severus e avrebbe voluto con tutto se stessa vedere la testa bionda di Draco lì in mezzo. Ma Silente era morto, tutto era cambiato.
Era iniziata.

*

Alla fine della mattinata piccoli gruppi si radunarono qua e là per il parco, parlando sotto voce, con rispetto e timore, ad esclusione di Rubeus Hagrid che ululava tutto il suo dolore a gran voce, piangendo senza freni. Molti piangevano in realtà, sommessamente, o meno e si consolavano tra loro.
 Il funerale di Albus Silente era stato in effetti uno spettacolo impressionante e piuttosto emotivo. Sembrava che tutto il mondo magico si fosse riversato lì a rendere omaggio al mago. Le creature del lago cantavano in maniera dolce e straziante di fronte agli studenti con le loro facce pallide e sconvolte e agli adulti seri e preoccupati, mentre in lontananza, al limite della foresta, c'era persino un gruppo di centauri venuto a rendere omaggio.
 Emma, stretta su una panca tra James e George, aveva lo sguardo vacuo e spento, le guance rigate di lacrime e nonostante avesse smesso di piangere da un po', si sentiva la bocca impastata.
“Vado da mio zio un attimo” le disse con voce bassa James, indicando con il mento Scrimgeour, il Ministro della magia ed Emma annuì in risposta senza proferire parola, mentre il ragazzo le carezzava il capo con fare protettivo.

I funerali erano malinconici, non tristi. Ora l'emoor lo sapeva. 
Lei che aveva perso tante persone, ma non aveva assistito a nessuna sepoltura. Non le era stato permesso di dire addio in modo ufficiale ai suoi genitori, per questione di sicurezza, non c'era stato un momento in cui piangere Sirius, agli occhi della giustizia ancora reo, non sapeva se ci fosse stato un funerale per Cedric.
Però aveva detto addio a Silente ed era la malinconia dei momenti persi, di quello che non avrebbe più potuto avere, a pungolarle lo sterno. Aveva ascoltato ogni parola dei presenti con flebile attenzione, frasi che dipingevano Silente come un uomo grandioso, potente e inarrivabile, così diverso dall'anziano arguto e preoccupato, con la sua mano grigia e gli occhi luminosi, con cui aveva passato tante ore insieme nell'ultimo anno. 
 Guardandosi intorno con aria affranta, l'emoor provò a non cedere a quella sensazione che le attanagliava lo stomaco e si soffermò sulle persone che conosceva in cerca di distrazione. Vide poco più in là Lilith in lacrime, consolata da Fred Weasley, stranamente serio e rigido e anche Hermione che si stringeva a Ron, mentre Harry e Ginny si allontanavano lentamente, le mani intrecciate. 
 C'erano anche Emily e David in disparte e Artemius accanto a Nott, che sembrava indossare una maschera di cera tanto la sua espressione era vuota, la mano stretta in quella di Pansy, una volta tanto senza la sua smorfia arcigna stampata sul volto. 
 E poi anche i Weasley, ovviamente e Remus e Tonks e una manciata di persone che Emma era sicura di aver già intravisto.
 “Come stai?” chiese George con voce stranamente pacata.
 L'emoor si era quasi dimenticata che il ragazzo fosse al suo fianco.
 “Bene” mentì spudoratamente, senza riuscire a guardarlo in volto.
 “Mi dispiace per Draco” sussurrò lui e lei si sforzò di tendere le labbra in una smorfia accennata.
Lo sapeva che George era sincero, che era davvero dispiaciuto per lui: per il suo dolore, per il destino di quel Serpeverde solo al mondo, per quella separazione forzata che aggiungeva solo sale sulle ferite già estese dell'emoor, e quella bontà lampante del gemello la rendeva ancor più fragile ed emotiva.
 “Lo so” sussurrò e sentì il ragazzo sospirare e poi stringerle la spalla con affetto che ricordò lei Severus.
“Ti lascio tranquilla?”
 Annuì e George tentennò qualche secondo, forse dispiaciuto anche di non poter fare di più, ma poi si alzò, rispettando il suo volere e incamminandosi a testa bassa verso i genitori.
 “Grazie” soffiò l'emoor in risposta, quando il ragazzo era ormai troppo lontano per sentirla.
 Sola sulla panca Emma Piton O'Shea cercò di riprendere il controllo e di impedire a nuove lacrime di uscire. Percorse con l'Occlumanzia i corridoi della sua mente, riponendo libri sugli scaffali, calando difese protettive, raggruppando fogli  stropicciati. 
 Divise tutto in ordinate categorie: Severus, Draco, Silente, la torre di Astronomia, Potter, Remus, i Malandrini. Li saggiò senza andare a fondo, decisa a concedersi un attimo di tregua, perché si sentiva troppo confusa e instabile, il petto che si sollevava velocemente come se non avesse ossigeno per riuscire a respirare.
Silente era morto. Morto e ora commemorato da tutte quelle persone che composte parlavano sottovoce, vestite del loro abito migliore, la maggioranza di loro probabilmente non consapevole di quanto fosse grave quella dipartita.
 La ragazza si massaggiò di nuovo le tempie, cercando di darsi un contegno, indecisa se andare a cercare Lupin. L'uomo aveva infatti la peculiare capacità di tranquillizzarla e darle un po' di fiducia in sé stessa ed era stato estremamente gentile con lei. 
Lo osservò al limitare del lago, avvolto nel suo pesante pastrano, affiancato dalla figura sottile e finalmente di nuovo colorata di Tonks e decise di lasciar perdere, immaginando che quei due avessero bisogno più di chiunque altro di tempo e spazio per parlare.
Lupin e Tonks: era successo come un fulmine a ciel sereno. 
Il giorno prima nella mente di Emma erano due individui e ora sembravano quasi una coppia e l'emoor non riusciva a capire bene come fosse successo, né tantomeno perché, ma si sentiva dolce e ben disposta nei confronti di quello strano e inatteso duo.
 Si era rivista nello slancio di coraggio della giovane Auror, pronta a rivendicare quello che pareva essere amore per Remus. Come lei difendeva il suo rapporto con Draco, Tonks non aveva voluto sentire ragioni e dopo aver visto come Fleur non si era scomposta delle ferite di Bill con amorevole noncuranza, era diventata ostinata e si era apertamente dichiarata a Lupin, a sorpresa, davanti ai presenti, mettendolo velatamente in imbarazzo.
L'uomo era incespicato nelle sue stesse parole, paonazzo e confuso, cercando di razionalizzare inutilmente la sicurezza di Tonks nel dichiarare il suo amore, ma il discorso della ragazza era limpido e semplice: lei era innamorata di lui, anche se era un lupo mannaro, anche se non aveva un soldo, anche se stavano in bilico e avrebbero potuto morire tutti da un momento all'altro.

*

Con Bill è diverso” spiegò cauto Remus “Lui non sarà mai un lupo mannaro, non davvero. Io lo sono invece e...”
 “Bill è un problema di Fleur” disse secca l'Auror, i capelli più rosa che mai “Tu sei il mio Remus Lupin, te l'ho detto così tante volte...”
 “Ninfadora” la fermò lui con tono stranamente deciso “Non posso. Tu sai...”
 E in quella frase sospesa sembrava nascondersi un mondo intero.
“Tu sai...” ripeté Remus affranto, gli occhi lucidi e nessuno osò fiatare, forse non comprendendo completamente cosa stesse accadendo, forse perché molto c'era alle loro spalle, ma Tonks fece un gesto secco con il capo, in assenso.
 “Io so. Remus Lupin. So ogni cosa” disse sicura “Abbiamo passato un intero anno di ronde, missioni e controlli a vomitarci addosso i rispettivi dolori, i rispettivi passati, le rispettive paure. Io so e non me ne frega nulla. Così come non mi importa affatto che cosa sei, ma solo chi sei.”
 “Tonks...” sussurrò il mannaro. 
 “Posso darti tempo, spazio e rispetto.” disse lei con voce tremula “Posso accettare ogni difficoltà e dolore. So che hai un passato, Remus. Lo sappiamo tutti. Ed è complesso e ingombrante, al di là del tuo essere anche un lupo mannaro. Posso sostenere tutto questo, ma non lasciarmi sola. Non adesso che siamo di fronte a una guerra. Non ora. Io voglio te.”

*

Emma sorrise con dolcezza a quel pensiero. 
La testardaggine di Tonks a dire al mannaro “Ma io voglio te” con candore, rispondendo alle deboli rimostranze di lui, l'aveva fatta sorridere a lungo: un nota positiva in tutta quella amarezza.
 Aprì gli occhi con un sospiro e si stupì di ritrovarsi di fronte Zabini che la guardava accigliato.
 “Quel sorriso?” chiese lui, cauto.
 “Niente Blaise. Hai bisogno?” rispose gentile e lui si strinse nelle spalle indeciso, cedendo poi con uno sguardo afflitto.
“Non so con chi parlare”
 Emma lanciò verso di lui un'occhiata attenta prima di fare un mezzo sospiro rassegnato. Non si sentiva abbastanza lucida da supportare anche il malumore del Serpeverde, ma la faccia del ragazzo era pallida e sofferente, così con un lieve cenno lo invitò a sedersi accanto a lei.

Rimasero in silenzio per una manciata di minuti, sotto il cielo incredibilmente azzurro di quella giornata piena di ferite. Le persone che sciamavano lentamente in gruppi compatti, la bara bianca di Silente che troneggiava di fronte a loro come monito.
 “Ho paura” ammise infine Zabini e sedeva rigido, tenendo le mani intrecciate in grembo in una posa curiosamente goffa. 
 La Corvonero lo guardò di sottecchi, notando la tensione del volto, i capelli scarmigliati, il panico malamente tenuto a bada che si percepiva nella sua espressione stravolta ed annuì comprensiva.
“Tutti ne abbiamo, Blaise”
 “Non voglio diventare un Mangiamorte.” continuò lui.
 “Allora non diventarlo” 
Lui fece un sorriso amaro e pieno di stanchezza così adulta, che Emma si avvicinò di qualche centimetro offrendogli un mano con il palmo verso l'alto. Il ragazzo la afferrò con delicatezza intrecciando le lunghe dita con quelle di lei, stabilizzando la sua ansia.
 “Anche Draco non voleva diventarlo, ma guarda cosa ha fatto.”
 “Lo so” mormorò lei, chiudendo gli occhi e il Serpeverde deglutì rumorosamente, a disagio e si passò una mano due volte sul volto prima di parlare di nuovo.
 “Posso essere sincero?” chiese infine.
 “Devi” mormorò l'emoor.
“Siamo stati cresciuti con questo mito del potere, del sangue puro, di essere dei prescelti in una società di corrotti. È come se si aspettassero tutti grandi cose da noi Purosangue, costantemente. Tutti i genitori vogliono che i figli prevalgano sugli altri, che si dimostrino i migliori. Ci insegnano a competere, a danzare, a conversare nel modo giusto, a seguire l'etichetta, ad essere eccellenti, eppure noi non ci facciamo la guerra ed è strano, no?”
“Voi?” chiese rauca la Corvonero, lo sguardo umido.
“Noi. Io, Dra, Theo, Daphne, persino Pansy: siamo amici. Forse non come lo intenderebbero dei coraggiosi Grifondoro, ma ci siamo sempre aiutati, ci fidiamo l'un dell'altro e ci rispettiamo. Conosciamo il valore e le capacità di ognuno di noi e le temiamo. Siamo tutti molto legati in Serpeverde e leali in questo, ci facciamo scudo a vicenda, quando possiamo, anche se siamo in competizione, ma Tu-Sai-Chi... Ems, Tu-Sai-Chi è una faccenda diversa. Lui non è uno che chiede, lui pretende e ottiene. So che è difficile pensarlo, ma siamo anche noi vittime, non è semplice essere un Purosangue, sai?”
 “Immagina quanto semplice sarà essere un Nato Babbano nei prossimi mesi” rispose lei con sarcasmo e Zabini sospirò.
 “Quello che intendevo...”
 “Lo so cosa intendevi, Blaise, ti capisco” mormorò lei, pentita dell'asprezza del suo tono “Non è certo colpa vostra.”
 “Ma cosa posso fare?” chiese lui con voce rotta.
 “Per cosa?”
 “Per essere utile, per non diventare un completo verme.”
 L'emoor gli sorrise con dolcezza, picchiettando sul ginocchio di lui con affetto, mentre cercava qualcosa di sensato da dire: “Non lo so” ammise infine “Rimani vivo e continua a chiederti cosa puoi fare”
 “Ne abbiamo parlato tutti. Nott, io, Daph, persino Pansy.” sospirò il ragazzo “Siamo spaventati a morte, Ems. Abbiamo il terrore che i nostri genitori ci chiedano di prendere il marchio e...”
 “Lo immagino” lo interruppe triste la ragazza “Ma voi non fatevi marchiare, ok? Siete Purosangue e minorenni. Voldemort non vi ucciderà credimi, non vorrà spreca sangue magico senza motivo. Supportate la causa come facciata, dimostratevi perfetti, non vi sarà difficile, no? Siate degli aspiranti Mangiamorte senza difetti, ma poi potrete rendervi utili nelle retrovie. Forse è l'unica cosa che possiamo fare tutti noi insieme”
“Immagino sia una buona idea” ribatté l'altro, pensieroso “Anche se tutti penseranno che siamo degli stronzi”
 Emma inarcò un sopracciglio stupita dal linguaggio scurrile che non si addiceva alla solita eleganza che il ragazzo amava sfoggiare e gli fece un buffetto gentile sulla guancia.
 “È un rischio che dovrete correre, Blaise.”

Rimasero ancora per un po' rimasero in silenzio, mentre via via le persone si diradavano. Da quando Draco era sparito si era creato uno strano equilibrio tra Emma e Blaise. 
 L'emoor apprezzava il pragmatico distacco della serpe, almeno quanto la lucida intelligenza che lui amava sfoggiare, ma aveva scoperto nel ragazzo anche una parte fragile ed emotiva e una volta imparato a scorgere quei flebili segnali nella sua maschera composta, trovare i medesimi cedimenti anche negli altri elementi della Casa verde argento era diventato molto più semplice.
 Non solo negli altri emoor, ma anche in Daphne che sempre fredda, altezzosa ed elegante, faceva in realtà tremare leggermente il labbro nei momenti di tensione, o Theo, che pur composto e arrogante, aveva gli occhi di un uomo sul punto di annegare quando capiva di non avere scampo, persino la stessa Pansy, così civettuola e distaccata, ma che poteva spezzarsi in mille frammenti, incrinando la sua espressione contratta in uno sguardo più vago e distratto.
Emma era convinta che, in parte, fosse la sua maggiore attenzione a farle notare quei piccoli segnali, ma che probabilmente era qualcosa che le serpi le stavano concedendo perché cominciavano a fidarsi di lei. Forse. O semplicemente avevano capito di avere interessi comuni.
 “Lo rivedrai?” chiese improvvisamente Zabini e l'emoor non aveva bisogno di chiedere lui a chi si riferisse, ma annuì semplicemente in risposta, con sicurezza.
“Farò di tutto per rivederlo, Blaise. Farà di tutto per salvarlo e per distruggere tutti coloro che gli hanno fatto del male” aggiunse seria e si rese conto che la sua voce era un sibilo vibrante e minaccioso, tanto che Zabini sussultò.
 “Hai il mio supporto” ribatté lui serio, gli occhi chiari che la scrutavano attenti “Draco è sempre stato come un fratello per me, odio sapere quello che ha passato e non essergli stato di aiuto”
 Emma annuì una sola volta, lentamente.
 “Sai Zabini, sei una bella persona, in fondo, oltre che una serpe. Sono contenta di averti conosciuto” sussurrò in risposta, scivolando ancora di poco verso il ragazzo e appoggiandosi alla sua spalla.
 Lui annuì, con un sorriso sghembo, fragile e pericoloso. 
 “Potrei dire la stessa cosa, O'Shea” rispose, guardandola di sottecchi e mettendo, cauto, un braccio intorno a lei. 
 Emma lo lasciò fare, perché aveva bisogno di affetto, aveva bisogno di appoggio, tutti ne avevano bisogno. Perché stavano iniziando tempi difficili in cui era meglio trovarsi alleati piuttosto che nemici.
 “Era un grand'uomo Silente vero?” mormorò Zabini, lo sguardo di nuovo perso verso la bara bianca.
 “Il miglior mago di tutto i tempi”
 “Credo tu abbia ragione” 
 “Non me lo aspettavo da una serpe, sai Blaise?” sorrise lei.

*

L'espresso di Hogwarts brillava sotto la luce del sole pallido.
 Non c'erano schiamazzi, non c'erano risate. Gli studenti si muovevano svelti sulla la banchina, spingendo i loro carrelli. 
 Anche Emma avanzava tra Lilith e James, in silenzio. Tutti e tre particolarmente stanchi e arruffati, un leggero broncio sul volto. Salirono sul treno fiammante, senza fermarsi a guardare la scuola.
Lungo i corridoi stretti, ignorarono gli sguardi curiosi cercando uno scompartimento vuoto dove lasciarsi cadere, il fiato trattenuto. 
 Fu Sean, che avanzava di poco davanti a loro, a individuarlo, aprì la porta e li invitò ad entrare, senza dire una parola. 
 Emma, liberatasi del bagaglio, lo imitò e sedette nel suo angolo di scompartimento, la fronte appoggiata al finestrino, gli occhi chiusi.
 L'idea di dover guardare un'ultima volta la scuola all'orizzonte le era insopportabile, perché sapeva che qualunque cosa fosse successa nel loro futuro Hogwarts non sarebbe più stata la stessa. 
 I balzelli del treno in partenza e il brusio dei tre compagni di Casa, che chiacchieravano a bassa voce accanto a lei, la rilassarono a sufficienza da metterla in un sottile dormiveglia. La sua testa sfarfallava tra ricordi e pensieri, che vennero però bruscamente interrotti quando qualcuno aprì lo scompartimento chiamandola per nome.  L'emoor si voltò e incontrò gli occhi di Joanne Rowling.
“Emma?” ripeté la ragazza.
 “Sì” rispose la Corvonero, riconoscendola “hai bisogno?”
 Aveva parlato con lei solo raramente e solo perché era un'amica di Emily. Non si stavano particolarmente simpatiche, forse perché la Rowling la studiava costantemente, sfoggiando un'aria perplessa e contrariata, ma si sopportavano, in nome della loro amicizia in comune e dell'interesse della Serpeverde per gli emoor.
 “Per te” disse la ragazza, tendendo verso di lei un sottile plico di fogli giallognoli e dall'aria fragile, che Emma afferrò incerta.
 “Che cos'è?” chiese.
 “Lettere dei fondatori, ne ho fatto una copia anche Emy” rispose quella, scrutandola attenta “Credo che il secondo marito della mia bisnonna fosse imparentato con Tosca Tassorosso”
“Davvero?”
“Non che ci siano prove a riguardo, ma ho in casa un cassetto pieno di lettere come quelle, quindi immagino...”
“È fantastico Joanne” sussurrò l'emoor con un mezzo sorriso.
“Non dicono molto, ti avviso, ma mia madre le tiene con cura ed Emy ne era entusiasta e mi ha chiesto di farne avere anche a te, visto che forse non vi vedrete per l'estate.”
 “Oh” mormorò la Corvonero “Grazie mille allora”
 “Di niente” rispose asciutta l'altra, scrollando le spalle e lanciando un veloce sguardo ai presenti, mentre quasi subito si voltava per abbandonare lo scompartimento.
 “Joanne” la richiamò Emma, curiosa.
“Sì?” chiese lei accigliata.
 “Perché ci aiuti?”
 La ragazza la fissò per qualche secondo in silenzio, prima di inarcare un sopracciglio genuinamente perplessa.
 “Perché non dovrei? Vedo ben più di un valido motivo”
 L'emoor non seppe cosa rispondere, ma pensò ai discorsi fatti con Blaise e si chiese, mentre rimaneva a guardare la Serpeverde che se ne andava, richiudendo la porta dietro di sé, quanti altri della Casa verde argento in realtà si trovassero in una posizione scomoda.
 “Poi venitemi a dire che i Serpeverde non sono strani” borbottò Lilith, ancora a bocca aperta per quell'apparizione improvvisa, facendo ridacchiare James di fronte a lei.
 “Chi è comunque?” domandò Sean.
 “Joanne Rowling, del nostro anno.” rispose spiccia Emma “Un'amica di Emily Brown. L'emoor”
 “Oh” fece Sean, tornando a dare attenzione alla Cioccorana che stava mangiando “Quando non sono degli stronzi boriosi i Serpeverde diventano quasi invisibili. Non l'avevo mai notata”
 “Già” mormorò Emma, scorrendo distrattamente il plico di fogli.
“Ho visto che ti sei avvicinata molto a Zabini” insistette Sean e la ragazza alzò lo sguardo verso di lui e fece un cenno di assenso.
 “Sì. Zabini è a posto.” confermò e l'amico annuì innocentemente: era evidente che la sua fosse solo una curiosità.
 “Sai è sembrato a posto anche a me Zabini, nonostante tutto” aggiunse Lilith con un sospiro, come se quell'ammissione le costasse un'enorme fatica “Anche Sarah me ne parla bene.”
 L'angolo del labbro di Emma si contrasse in un accenno di sorriso, l'aveva sempre esilarata la totale mancanza di fiducia che la biondina mostrava a priori per i Serpeverde. Riabbassò lo sguardo sulle lettere, leggendone alcuni stralci.

Ciao Godric.
Ho saputo del litigio con Salazar e siamo onestamente tutti stupiti.
Perché dovete essere così testardi su...

Salazar. Tua sorella non ti perdonerà tanto facilmente questa volta. Ti sto scrivendo di notte dopo aver parlato a lungo nel tentativo di calmarla. Andrew e Priscilla ora sono con lei, ma è stremata. Dovete trovare una soluzione, le cose non possono continuare così....

Tosca ha trovato il modo di sistemare l'ingresso delle cucine. 
 Non capisco perché non si possa fare in altro modo, ma credo che sia la soluzione migliore. I ragazzi comunque ci daranno una mano anche in questo, siamo fortunati ad avere dei fratelli e delle sorelle del genere, Salazar, so che puoi capire l'importanza di questo.

“Qualcosa di interessante?” chiese James ed Emma alzò lo sguardo negli occhi chiari dell'amico e fece un vago gesto di assenso.
 “Il solito, litigi da fratelli, cose così. Credo di doverle leggere con calma” sussurrò.
 In realtà si sentiva troppo stanca per rifletterci, troppo persa nei suoi pensieri e malumori. Non sapeva a cosa stava andando incontro e questo la agitava profondamente. Non sapeva se Severus sarebbe stato a Spinner's End, o al Manor, o se non sarebbe mai apparso e lasciandola sola.
 Non sapeva che cosa avrebbe dovuto dire, o provare una volta davanti al tutore e se avrebbe mai rivisto Draco. I problemi dei fondatori, delle Ombre e i Vinculum, della profezia e di Hogwarts, le sembravano in quel momento distanti da lei, nonostante incombessero preoccupanti sul suo futuro prossimo.

*

Sei davvero sicura di tornare lì?” chiese Lupin gentilmente.
 Emma annuì, pressando le labbra e lanciò uno sguardo veloce al mannaro.
 Camminavano lungo il ponte che portava dalla scuola al parco, lentamente e senza fretta. Il cielo era rosato e la brezza soffiava leggera tra loro.
 L'emoor, era grata per quel momento di calma, perché, nonostante la confortante presenza dei suoi amici, che non la lasciavano mai sola, cominciava a sentire il bisogno di prendere respiro e distaccarsi da tutte quelle emozioni e Remus Lupin era la compagnia più adatta a quel sentimento, perché discreto e sensibile.
 “Non che io abbia molta scelta, Remus” sussurrò la ragazza “Alla fine o torno e seguo quello che sembrava il piano di Severus, provando a capirci qualcosa di più, o mi espongo ed espongo anche voi da subito, in una posizione di contrasto. Onestamente, non mi sembra una grande idea.”
 “C'è sempre una scelta Emma, se non te la senti...”
 “Me la sento.” rispose lei.
Lui annuì, senza smettere di osservarla di sottecchi, gentile.
 “Mi devi promettere però che se Piton non è a Spinner's End, se ti senti in pericolo, se hai bisogno di fuggire, manderai subito un Patronus. Ok? Arriveremo in un attimo, lo sai.” insistette Lupin “Molly non è per niente sicura di lasciarti andare. Sarebbe solo contenta di accoglierti alla Tana. Dico davvero. Nessuno pensa che tu sia obbligata, non sei una spia, sei una ragazzina e forse riusciremmo a impedire al Ministero di...”
 “Rem” lo fermò la Corvonero con un sospiro “È tutto a posto. Davvero. Torno Spinner's. End. È giusto così e credo di aver bisogno di guardare Severus in faccia, in fondo. Ce la posso fare”
 “Lo so. Ma non sarà facile” mormorò l'uomo.
 “Lo so.”
Rimasero per un istante in silenzio, osservando l'orizzonte chiaro. Era una giornata stranamente bella e triste, in modo quasi struggente.
 “Severus odiava davvero i genitori di Harry?” chiese a sorpresa lei “Intendo così tanto da farli uccidere? Non so quasi nulla di lui da studente”
 Lupin le lanciò uno sguardo accigliato e sembrò rifletterci davvero.
 “Non lo so, Emma.” rispose infine, con quell'aria malinconica che assumeva sempre quando si parlava del passato “Piton è sempre stato un ragazzo molto chiuso. Odiava James, di sicuro.”
 “È che...” iniziò lei, inumidendosi le labbra, insicura “È che è così strano per me pensare che lui... a volte mi chiedo... semplicemente come fosse. Perché era così arrabbiato? Cosa lo ha portato a fare quelle scelte orribili? Era solo?”
 “Lo capisco.” la fermò il mannaro con tono dolce “So che avrai molta confusione, ma è difficile darsi delle risposte ora, no?”
 “Tu lo conoscevi però. Come era lui?” tentò, ma l'uomo scosse appena il capo.
 “Non ho mai conosciuto davvero Severus, Emma. Non me l'ha mai permesso e di sicuro non eravamo amici, avremmo potuto esserlo forse, ma la vita ha voluto diversamente. Credo che tu abbia conosciuto la parte migliore di lui, lo credo davvero, ma ora le cose sono complesse. Ho bisogno che tu tenga a mente...”

... che potrebbe essere colpevole. Lo so” concluse la ragazza per lui, staccandosi dal parapetto e riprendendo a camminare.
 Il mannaro la seguì lentamente, appena un passo indietro, lasciandole il suo spazio ed Emma sbatté un paio di volte le ciglia, fermando una lacrima imbrigliata che era quasi sfuggita al suo controllo.
 “Tu Remus pensi che possa essere innocente?” chiese con voce rotta “Per quel che sai... vorrei solo sperare che ci sia una piccola probabilità...”
 Lupin le mise la mano su un spalla, facendole un sorriso accennato e sincero.
 “Non lo so davvero. Mi dispiace” ammise “Ma lo vorrei. Il fatto è che mi ero costruito un'idea dell'integrità di Piton ma...”
 “... le cose sono complesse ora. Lo so” finì per lui ancora una volta l'emoor, con amarezza “L'ho capito Rem. Lo so.”
 Non avevano nient'altro di cui discutere, per cui camminarono in silenzio. Lo sguardo dell'uomo era stranamente perso e malinconico, come se ragionasse su molte cose tutte insieme, quello della ragazza era vacuo e stanco, come se non sapesse più dove portare i suoi pensieri.
 “Rem” sussurrò quando furono tornati nei pressi dell'ingresso.
 “Dimmi”
 “Dai una possibilità a Tonks” 
 Non sapeva davvero perché lo avesse detto. Forse perché aveva riconosciuto la piega stanca della schiena di Lupin, il volto illuminato dallo sconforto. L'ultima volta Emma aveva chiesto a Severus di stare vicino al mannaro, ma ora Remus era di nuovo solo. Privo di Sirius, privo di amici, arrabbiato e sconfitto.
 “Tonks?” chiese leggero lui “Tu credi?”
 Emma annuì, stancamente, stropicciandosi gli occhi stanchi. 
 “Bisognerebbe sempre dare una possibilità alle persone. Non meritano di essere lasciate andare senza nemmeno aver provato. È doloroso.”
 “Capisco” sorrise lui “Ti riferisci anche a Severus?”
 La ragazza scrollò le spalle, leggermente indispettita.
 “Mi riferisco a te e Tonks” disse dura.
“Allora ti ringrazio del consiglio. È sicuramente una buona riflessione la tua Emma, ma è che le cose sono...”
 “Complicate. Lo so” lo interruppe nuovamente la ragazza, questa volta ridendo per l'assurdità del limbo in cui si trovavano “Però tu provaci. Tutti meritano una possibilità. Tonks e ovviamente anche persone come Draco e Narcissa, in fondo, se si scoprisse che sono innocenti, no? Anche tu. Anche Severus. Anche io.”
 Il mannaro la guardò per un momento, lo sguardo velato di commozione. Si sporse ad abbracciarla dolcemente, con un sorriso lieve. Stringendola al petto con un fare paterno che fece tremare l'emoor nel profondo.
 “Andrà tutto bene, Emma” le disse lui “Capiremo come uscirne”
 Lei annuì contro il suo petto, lasciandosi consolare, ma non credette nemmeno un secondo a quelle parole. Giocherellò distrattamente con la collana che portava al collo, fino a quando Lupin non la lasciò andare e per un istante pensò di raccontare all'uomo di quelle due piccole parole, di quel 'mi dispiace' che continuava a pungolarle la coscienza, ma desistette. Fece un sorriso teso e si incamminarono in silenzio verso la scuola.

*

“Emma” la chiamò James e l'emoor alzò lo sguardo confusa, staccandosi bruscamente dai suoi pensieri. 
 “Jam?” mormorò rauca.
“Non ti crucciare. Andrà tutto bene.” disse lui con un sorriso.
“Non dirlo” rispose la ragazza, lo sguardo di nuovo al finestrino.
 “Ma è così.”
Lei fece un sospiro e mise le lettere nella borsa a tracolla. Nello scompartimento era calato il silenzio e sentiva anche gli sguardi di Sean e Lilith incollati sul suo profilo. Cercò di farseli scivolare addosso, di non pensare, di svuotare la mente percorrendo corridoi tranquilli nei suoi pensieri, usando l'Occlumanzia per calmarsi, ma la verità era che aveva paura. Un terribile paura.


*Angolo Autrice*

Ciao Lettori! 
Come state? Io finalmente sono negativa e domani finisco la mia quarantena! :)
Capitolo questo in cui parecchi nodi arrivano (era ora) al pettine. Personalmente nel sesto libro mi piacque molto la ricostruzione degli eventi nella scena dell'infermeria e ho cercato di ricostruire un ragionamento collettivo anche qui. Spero di essere riuscita a rendere l'idea. 
L'Ordine è deciso quindi a ritenere Piton responsabile della morte di Silente e comportarsi di conseguenza, ma il dubbio serpeggia, soprattutto grazie (incredibile a dirsi) l'intervento di Harry. Avete apprezzato le ipotesi su i ragionamenti fatti da Severus? Vi torna tutto?

Punti e spunti (pochi): 
. Mi piace molto come tutti i ragazzi collaborino e ragionino insieme (Benedetta Hermione e la sua intelligenza)
. Voglio dare una piccola stelletta a Lupin, secondo me esemplare, avrà i suoi difetti, ma è una persona buona e sono felice che Emma possa averlo accanto.
. Finalmente Harry ragiona, guarda e ascolta e soprattutto finalmente lui e l'emoor sono sulla stessa linea d'onda.
. Reputo molto importante il dialogo con Zabini per il semplice fatto che fa molto riflettere su entrambe le fazioni. Non solo a livello di guerra e Ordine e Mangiamorte, ma anche come possono vivere la situazione i ragazzi. Persino Pansy sembra aver capito che non c'è più nulla da ridere. 
. Sono sempre stata sicura di far tornare Emma a Spinner's End, credo molto nel suo ruolo come "Ago della bilancia" e ora è pronta a dimostrare le sue capacità. 
. Piccola comparsata di Joanne un po' più presente del solito, utile a sostenere ancor più il punto di vista sui personaggi 'grigi' e i Serpeverde buoni. 
. Ho inserito un poco più Sean perché in fondo è il migliore amico di James e conosce tutti loro, pur essendo uno sguardo esterno fresco e utile.
. Ho inserito la storia di Tonks e Lupin, cercando di darle contesto. Mi è sempre parsa un po' un fulmine a ciel sereno questa coppia, ho provato a immaginare che nascesse invece più da un contesto di vicendevole rispetto e sostegno. Tante ronde, parole e lavoro per l'Ordine che hanno portato due persone complicate a relazionarsi sullo stesso piano. 

Spero che il capitolo vi sia piaciuto. 
Grazie del vostro supporto, lasciatemi pure impressioni e commenti (le vostre recensioni mi sono utilissime nel mettere un focus, come sempre)
Ora siamo in campo aperto e immagino che anche per voi sia più difficile intuire quale sia l'evento prossimo, dato che, come abbiamo detto, è assai probabile che le strade dell'emoor e Harry si dividano e forse sarà più divertente fare teorie e discuterne insieme.
Ci vediamo venerdì con il prossimo capitolo 
Un grande abbraccio.
vi

Ritorna all'indice


Capitolo 47
*** Sono una Piton ***


.Sono una Piton.

 


Emma O'Shea, con tanto di ingombrante baule, divisa di Corvonero e gatto miagolante, rimase immobile per parecchi minuti di fronte alla porta di Spinner's End, sotto lo sguardo sfacciato dei bizzarri abitanti di quella via di periferia dimenticata da tutti. 
 Le verdi colline sembravano più brillanti che mai sotto il cielo coperto di nuvole scure e i pinnacoli della fabbrica con i loro vapori, in lontananza, svettavano come sempre sulle case grigie.
 Le sembravano passati secoli da quando era arrivata lì la prima volta, accompagnata da Severus, curiosa e ansiosa di cominciare a studiare magia. Sembravano passati secoli anche da quando, proprio di fronte a quella stessa porta, aveva incontrato per la prima volta Ginny Weasley, poco prima di andare insieme a Diagon Alley. 
Se si concentrava Emma riusciva quasi a vedere l'amica rossa appoggiata al muricciolo, che si alzava andando verso di lei con sguardo sicuro e passo deciso. Eppure, in tutto quel tempo così carico di eventi, nulla era cambiato nella casa.

 Le erbacce nel giardinetto poco curato, il muretto malfatto, la facciata grigia e la porta chiusa, che celava l'interno che Emma conosceva in ogni suo dettaglio, erano sempre le stesse. 
 L'emoor sospirò e trascinando i pesanti bagagli e superò il vialetto accidentato, andando verso l'ingresso.
Sentiva una vaga tensione, ma allo stesso tempo non vedeva l'ora di confrontarsi con il tutore. L'uomo non le aveva fatto sapere nulla, non era andato a prenderla alla stazione, non le aveva procurato della polvere volante come aveva fatto altri anni per farla tornare tramite camino: sembrava semplicemente scomparso. 
 Emma era dovuta arrivare fin lì in taxi, priva di altra opzione e decisa a cavarsela da sola, mettendo mano ai suoi pochi soldi Babbani e dovendo sopportare un'autista particolarmente pedante.

Aperta la porta di casa la ragazza venne investita dall'odore penetrante di menta e corbezzoli. Severus doveva appena aver appena finito di distillare qualche pozione, o Glimpsy stava tentando qualche nuovo piatto in cucina. La porta ruotò rivelando il salotto vuoto, dove il fuoco come sempre scoppiettava nel caminetto sebbene fosse estate, nel tentativo inutile di combattere l'umidità.
Tutto sapeva così tanto di casa e quotidiano che l'emoor sentì uno sgradevole tuffo al petto e le lacrime agli occhi, e per scrollarsi di dosso quella sensazione, senza indugiare, trascinò rumorosamente le valige all'interno, cercando di ignorare Wolland che miagolava incessantemente dalla sua cesta, parecchio contrariato.
 “Sono a casa” disse a voce alta, come se non si fosse già dichiarata con tutto il baccano che stava facendo.
 Severus Piton emerse dalla sua stanza in quel momento, vestito nei suoi soliti abiti neri, le braccia cariche di ingredienti per qualche pozione. Rimase fermo per qualche secondo, chiaramente preso in contropiede, il volto pervaso da un sincero stupore, gli occhi enormi.
 Emma lo vide stringere le labbra sottili incerto come fosse sotto shock, per poi lasciar cadere a terra tutti gli ingredienti, che rotolarono sul vecchio parquet, spargendosi ovunque e poi correre verso di lei in preda all'emozione.
“Pensavo non saresti mai tornata” esalò in un sussurro appena udibile, stringendola contro di sé con un moto che poteva quasi dirsi affettuoso, ma che risultava più che altro protettivo e stranamente paterno, mentre le carezzava il capo come fosse una bambina.
 Emma rimase immobile, sconvolta, mentre emozioni contrastanti le si agitavano dolorosamente nel petto. Non rispose all'abbraccio, rimase inerte, le braccia stese lungo i fianchi in maniera arresa e combattuta allo stesso tempo, gli occhi sgranati per quella reazione così genuina dell'uomo.
 “Sei tornata.” sussurrò di nuovo lui, chiaramente incredulo.
“Sono una Piton” mormorò lei atona in risposta, distaccata, quasi fredda “che io lo volessi, o meno, dovevo tornare”
L'uomo si separò da lei quasi bruscamente, gli occhi neri che ardevano di dispiacere e le labbra piegate in una smorfia incerta, mentre la scrutava con attenzione, forse rendendosi conto di quanto avesse abbassato velocemente le difese nel vederla lì,  forse troppo.
 “
Emma io...” iniziò, imbarazzato.
 “Avrai avuto i tuoi motivi per comportarti come hai fatto” ribatté lei gelida, senza degnarlo di uno sguardo.  
 Si chinò sulla cesta per liberare Wolland e poi si voltò di schiena, dirigendosi verso la sua stanza con passo militaresco, senza aggiungere una parola di più, forse nel tentativo di rimanere ferma nei suoi propositi di non crollare fin dal primo istante.
 “Emma...” la richiamò il tutore perplesso, senza fiato e lei sospirò, perché sentiva la nuca bruciare sotto lo sguardo ardente dell'uomo ed era tutto molto più difficile di quanto avesse sospettato.
Severus stava soffrendo. Severus teneva a lei e non era solo l'espressione del volto che lo tradiva, ma c'era qualcosa di disperato in tutta la sua figura, una sorta di tensione evidente che metteva in mostra come lui avesse avuto davvero paura di non vederla più. 
Piton era immobile e la fissava, con sgradevoli guance rosse che sembravano ferite sulla sua pelle pallida. Era schiacciato e confuso, come se avesse considerato e accettato di perderla per sempre, come se in quei giorni in cui era rimasto solo a Spinner's End, mentre lei era ad Hogwarts, avesse macerato dolore e sofferenza da solo.
 La mente di Emma, lucida e analitica, non poteva che gridare al fatto che dovevano aver ragione Hermione ed Harry a dire che tutto quello che aveva fatto Piton, lo aveva fatto per proteggerla, ma la ragazza sapeva che anche Lupin non aveva torto: non potevano rischiare e dare per scontato che Severus fosse dalla loro parte.
Era tutto molto più complicato di così, tutto molto più fragile e spezzabile e lei si rese conto, che nonostante si fosse preparata a quel momento, non aveva idea di come affrontare quel dolore. Non aveva idea di come affrontare anche la sofferenza di Severus.
 Poteva usare l'Occlumanzia, poteva provare ad essere una macchina da guerra perfetta: fredda e logica, ma doveva tenere anche a bada i sentimenti e quella parte, davanti allo sguardo lacerato dell'uomo, era decisamente più difficile.

L'emoor inalò aria, con un profondo respiro, che le punse dolorosamente i polmoni. Cercò di bagnare i suoi lineamenti con il distacco e l'insofferenza e provò ad applicare le numerose regole snocciolate da Blaise e Daphne sull'imperscrutabilità dei Purosangue. Alzò scudi e barriere.
“Severus” sussurrò, voltandosi con l'espressione più decisa che riuscì a comporre, lo sguardo verde stranamente freddo che si fissava negli occhi scuri di lui “se l'hai fatto per proteggermi continua a farlo. Non dovrei essere io a dirtelo e lo sai. Sono qui unicamente perché  dovevo tornare. Se ti aspettavi un abbraccio e dell'affetto ti sbagliavi. Ho bisogno di tempo”
L'uomo rimase in silenzio, forse deluso, le braccia ora vuote a penzoloni in una posa goffa ed Emma riuscì improvvisamente a capire perché Lilith lo chiamava pipistrello, vedendolo lì con quello sguardo scuro e ferito, la pelle giallognola e i lunghi capelli unticci che ricadevano in bande al lato del volto magro. 
 Eppure il suo cuore tremò, perché non riusciva a non scorgere in quella figura, anche l'uomo che considerava come il padre putativo e la persona che l'aveva sempre salvata anche da sé stessa e che forse stava cercando di farlo anche in quel momento e si odiò per questo.
 Glimpsy ruppe quell'attimo di silenzio, arrivando dondolando sulle gambe magre, gli occhioni blu sgranati, le orecchie agitate.
 “Signorina O'Shea” trillò ed Emma sorrise all'elfo, chinandosi e allungando le mani verso di lui per abbracciarlo.
“Ciao Glimpsy, mi sei mancato” sussurrò felice di vedere una faccia amica e stava ancora sorridendo, quando qualcuno bussò alla porta e tutti e tre si girarono di scatto con espressioni tese. 
Emma guardò interrogativa il tutore che però scosse le spalle con aria indifferente, come se non aspettasse ospiti e si avvicinò ad aprire. L'emozione svanita dal suo volto, così come le guance rosate, lo sguardo di nuovo affilato dell'uomo che l'emoor conosceva.

Mulciber, Nott Senior e Dolohov, il gigante biondo per cui Emma aveva sempre provato un sottile odio, entrarono nella stanza con disinvoltura, sotto lo sguardo stralunato della ragazza e si diressero a sedersi sul divano senza che Piton li invitasse a farlo, evidentemente tutti e tre abituati a quel tipo di visita.
 “Piton” salutò Antonin, con aria annoiata, ma si bloccò di scatto vedendo Emma che lo fissava dall'altro lato della stanza.
 L'emoor ricambiò lo sguardo con odio malcelato, la mano che istintivamente si avvicinava alla bacchetta.
Era già abbastanza difficile e complesso essere tornata tra quelle pareti e affrontare il dolore silenzioso di Severus, non si era certo aspettata di dover incontrare ben tre Mangiamorte nella prima mezzora e si maledisse mentalmente di non aver dato ascolto a Lupin, accettando l'invito dei Weasley alla Tana.
 Dovette usare tutto il suo controllo per risultare impassibile, l'espressione vagamente annoiata, le labbra che assumevano appena una piega di disappunto, mentre studiava i nuovi arrivati.
 “Sei tornata, quindi” disse il Dolohov, scoprendo i denti in una smorfia, la voce velata dal sarcasmo.
 “Dove sarei dovuta andare? Questa è casa mia” rispose piccata la ragazza e lui fece una risata simile a un latrato, gli occhi brillanti di curiosità e la smorfia crudelmente dubbiosa.
 “C'era chi scommetteva che avresti deluso Piton, dopo tutto quello che lui ha fatto per te, che avresti tradito le tue nuove origini per andare a sostenere Potter” sibilò infine ed Emma sentì la rabbia, la stanchezza e la paura che aveva provato in quelle lunghe giornate, rimestarsi in fondo allo stomaco e dovette usare tutto il suo precario autocontrollo per non attaccare l'uomo. 
Sentiva di odiarlo con tutta sé stessa, istintivamente ed era sempre stato così, in fondo, fin loro primo incontro al Ministero: un'odio reciproco. L'ultima volta che si erano fronteggiati lui stava torturando Draco ed Emma lo aveva umiliato, l'ultima volta che si erano visti l'uomo mandava a raffica maledizioni nel corridoio della sua scuola, contro i suoi amici e ora il Mangiamorte la fissava in volto sfacciato, un brivido di sadico divertimento nel suo ghigno.
 L'emoor fece un piccolo respiro e sfoggiò a sua volta un sorriso sghembo, guardandolo con scherno. Nella stanza nessuno fiatava, Severus era più simile a un'ombra smunta, Nott rigido sulla sua seduta e Mulciber si guardava intorno con vaga agitazione.
“Dovreste valutare meglio le vostre scommesse allora, Dolohov. O rischiate di perdere sempre” ribatté acida l'emoor all'improvviso, spezzando il silenzio con tono di sfida “Nott” aggiunse poi più gentile, con un piccolo cenno rivolto verso l'adulto che le fece una smorfia in cui riuscì a cogliere un sorriso. 
 La ragazza raccolse le valige e ignorando Mulciber che osservava la scena attento, si diresse in camera sua. Stava facendo ruotare la libreria per chiudersela alle spalle, quando sentì la voce di Piton apostrofare Dolohov malamente, con quel tono teso e minaccioso che raramente gli aveva sentito usare.
 “Permettiti ancora una volta di accusare la mia protetta sotto il mio tetto Antonin e ti farò pentire di essere nato. Non credo che il Signore Oscuro avrà da ridire, dopo avergli spiegato quanto tu sia un idiota senza speranza e senza rispetto, potrebbe quasi complimentarsi con me”
“Severus” borbottò subito il biondo in tono di scuse ed Emma si fece sfuggire un sorriso furbo. Era appena iniziata, doveva ancora dare il meglio di sé. Lo aveva promesso.

*

Potter si avvicinò lentamente, seguito anche da Hermione e Ron. Avevano tutti e tre un'aria consumata, stanca e abbattuta, nonostante sfoggiassero sorrisi gentili.
 “Scusate se vi disturbo. Dovrei parlare con Emma” disse il bambino che era sopravvissuto, rivolgendosi a lei e Zabini, ancora seduti vicini sulla panchina e lanciando un'occhiata curiosa a quest'ultimo.
 “Nessun disturbo Potter” rispose subito il ragazzo, scivolando via dal fianco dell'emoor e scattando in piedi, come se fosse a disagio ad essere al loro cospetto.
 Fece un sorriso imbarazzato, tanto che per un attimo sembrò sul punto di aggiungere qualcosa, ma poi con un gesto di saluto sbrigativo, si allontanò a grandi falcate, dirigendosi verso Daphne che lo osservava mite da lontano.
“Come stai?” chiese il moro, distogliendo lo sguardo da Blaise.
 “Bene” mentì l'emoor e lui le fece un sorriso tirato.
 “Sarai anche brava con l'Occlumanzia, ma a mentire fai schifo”
 “Anche tu, Potter”
 “Zabini?” chiese con tono incerto il ragazzo.
 “È terrorizzato. Tutti i Serpeverde lo sono.” mormorò lei in risposta ed Harry annuì comprensivo, insieme a Ron ed Hermione, entrambi tesi. 
 Sembravano quasi vecchi, con i loro sguardi preoccupati e concentrati, troppo feriti e profondi per appartenere a degli adolescenti.
 “Ve ne andrete vero?” chiese la Corvonero, un pizzico di malinconia che già le serrava la gola, mentre annuivano all'unisono, tenendo lo sguardo basso.
 “Sì” rispose il Grifondoro.
 “Subito?” insistette lei.
 “No” rispose Harry, rialzando il volto verso di lei “Dobbiamo organizzarci prima e capire come muoverci”
 “Ci sono molte cose da pensare e preparare” sussurrò Hermione, la fronte già aggrottata dalla preoccupazione “Non possiamo lasciare nulla al caso.”
 “E c'è il matrimonio di Bill e Fleur prima” aggiunse Ron.
 “Giusto. Sarà bello” sorrise Emma in risposta.
 “Mamma ci ucciderà se non ci andiamo” chiarì il rosso con un'espressione che sembrava far intendere che l'ira di Molly Weasley potesse essere peggio di affrontare Voldemort in persona.
 Ci fu un momento di silenzio, troppo stanchi persino per ridere insieme alle battute del rosso. Erano tutti stranamente consapevoli che probabilmente quella poteva essere l'ultima occasione che avevano per parlare e confrontarsi, ma era come se fossero improvvisamente incapaci di dire qualcosa di utile, svuotati, troppo spaventati forse.
 “Avete un piano?” chiese l'emoor.
 “Più o meno” affermò la Granger con il suo miglior tono pratico.
 “Miseriaccia non proprio” disse Ron, facendola sorridere.
“Vorrei davvero venire con voi” mormorò Emma.
 “Sarebbe molto bello” ammise Harry, con uno strano brillio nello sguardo.
 “Ma anche volendo avrei la traccia addosso” sorrise appena la Corvonero, l'altro assunse un'espressione delusa e abbassò le spalle ed Emma intuì che una parte di lui aveva sperato che potesse esserci una possibilità di non dividersi.
 “Allora posso solo chiederti di non fare sciocchezze” mormorò il ragazzo, guardandola con quel suo modo di fare sfrontato e lei fece uno sbuffo, mentre avvertiva il solito senso di protezione che si faceva strada strada dentro di lei, insieme a un affetto sincero e una vaga commozione.
 “Oh, Harry. Sarò in mezzo a Mangiamorte e al cospetto di Voldemort, fare sciocchezze è l'unica cosa sensata che mi rimane” rispose ironica.
 “Ok, allora falle con attenzione” ribatté il ragazzo con la cicatrice, abbracciandola di istinto, con fare amichevole “e salva quell'idiota di Malfoy” aggiunse, stranamente affettuoso, in modo che sentisse solo lei.
 “Farò il possibile” rispose l'emoor, ricambiando la stretta, incredula di come, in una manciata di giorni, si fossero modificati i sottili equilibri tra lei e il prescelto.
 “Se darai del filo da torcere a quegli stupidi Mangiamorte avrai tutto il mio rispetto” soffiò Ron, sporgendosi anche lui per abbracciarla, in modo decisamente più goffo “Miseriaccia effettivamente tutte le cose divertenti a te, mentre noi cerchiamo qualcosa che forse nemmeno esiste sulle indicazioni di quel pazzo di Silente. Un genio, certo, ma diciamocelo era anche pazzo.”
 “Oh Ron” lo rimbeccò Hermione, scostandolo per stringere a sua volta l'emoor “Ci vediamo al matrimonio”sussurrò nell'orecchio dell'amica “Parla con Severus, salva quella testa di platino di Malfoy, non tenerti tutto dentro come fai sempre. Devi spiazzarli tutti quanti.” 
 “Posso prometterti che mi applicherò soprattutto sull'ultima parte” sorrise l'emoor, guardandoli con affetto, senza sapere che cosa aggiungere. 
 Le mancavano già tutti e tre. Persino Ron. Era strano sapere che l'anno seguente sarebbero stati separati, che non non avrebbe trovato Hermione nel solito angolo di biblioteca, che non sarebbe stato semplice parlarsi.
“E tieni d'occhio Ginny per me. Forse dovrai tirarla un po' su di morale” aggiunse infine Harry a bassa voce, con lo sguardo sfuggente, quasi colpevole.
 Emma lo fulminò con un'occhiata severa.
“Oh Harry, Merlino, non dirmelo”disse esasperata.

*

Le dinamiche a Spinner's End era sempre più tese e strane.
 Nei giorni successivi Emma e Severus ebbero pochissimi contatti. L'emoor si era chiusa a bozzolo e si rivolgeva a lui solo se strettamente necessario, impedendo all'uomo di provare a intraprendere qualunque forma di dialogo. 
 Piton invece sembrava aver deciso di essere paziente e di rispettare il desiderio della ragazza e se ne stava quasi sempre sulle sue, lasciandole il giusto spazio e assicurandosi solo di tanto in tanto, con un veloce sguardo, che non le fosse nel frattempo passata.
 Non che Emma fosse arrabbiata in maniera palese con lui, dimostrava al contrario una fastidiosa e distaccata educazione: salutava l'uomo la mattina e la sera, mangiava insieme a lui in silenzio, sotto lo sguardo attento di Glimpsy, ma non parlava mai.
 A dirla tutta sembrava che entrambi si ignorassero educatamente, anche se era palese che per Piton fosse una scelta piuttosto difficile.
 Nemmeno per le pozioni lavoravano più insieme, Severus le distillava da solo con aria corrucciata senza osare chiedere aiuto alla ragazza, che in tutta risposta lo guardava apatica senza osare intervenire. Non avevano nemmeno provato a discutere di quel che era accaduto, scivolavano falsamente su argomenti neutri e solo se necessario, infangando tutto di un pesante silenzio. 
Era strano. Glimpsy stesso si tratteneva da giorni, andando contro la sua naturale curiosità e cercava di lasciare loro il giusto spazio, non osando dire nulla, ma osservando attento.
Da un occhio esterno, capire cosa fosse intervenuto a rompere il proverbiale equilibrio che aveva sempre unito tutore e pupilla, anche nei momenti più difficili, era impossibile.

Le giornate procedevano quindi noiose. 
 I Mangiamorte dopo quella prima visita non si erano fatti più vedere, forse per ordine dello stesso Piton. Era lui che si allontanava da casa all'occorrenza, ma tornava sempre indietro entro sera, con quel suo sguardo concentrato e ferito, pieno di cose non dette, come per assicurarsi che Emma non stesse mai troppo sola. 
 L'emoor dalla sua si stava quasi abituando a quella strana routine, anche se sapeva che prima o poi si sarebbe spezzata, per quanto cercassero entrambi di fingere che non fosse così. Erano in costante attesa, non sapevano nemmeno loro più di cosa e nessuno dei due osava cambiare di una virgola il proprio atteggiamento. 
 Emma si allenava giorno e notte con l'Occlumanzia, leggeva molto e osservava il tutore, in attesa che facesse un passo falso, o che rivelasse qualcosa di interessante, ma Severus era imperscrutabile, così l'ipotesi del cambiamento, in quella flebile calma che si era creata tra loro, divenne la paura più grande della ragazza.
L'emoor intuiva che il fatto che Severus non la stesse obbligando a seguirlo al Manor, o a entrare in contatto con gli altri Mangiamorte, fosse solo una cortesia nei suoi confronti, per prendere tempo e non peggiorare la ferita tra loro, ma questo non significava che la sua presenza non fosse richiesta al Manor, soprattutto ora che era stato confermato il suo ritorno a Spinner's End. 
 E solo l'idea di tornare nei corridoi cupi e bui della dimora dei Malfoy significava spezzare gli equilibri e affondare in un mondo che lei disprezzava e la metteva in grande agitazione e non era certa che sarebbe stata in grado di mantenere tutto sotto controllo.
Aveva ricordi dolci e terribili a Malfoy Manor, Emma.
Ricordi malamente mischiati tra loro, in un groviglio di momenti leggeri, come il volo sulla scopa con Draco, il loro primo bacio nelle serre, le passeggiate mano nella mano, il Capodanno e i numerosi the presi con Narcissa nella sua sala rosa, ma anche sensazioni orribili ed estenuanti, come le torture di Dolohov, la magia nera che premeva su di lei, soffocandola, il fare arreso di Nott Senior, le lunghe cene con i Mangiamorte, le loro risate bieche, i loro discorsi e lo sguardo vacuo e affranto di Draco che veniva torturato. Draco.
 Emma non poteva che pensare a lui, con tormento. Non aveva più avuto notizie del ragazzo e moriva dalla curiosità di sapere come stesse. Non riusciva a togliersi dalla mente la disperazione che aveva visto nel suo sguardo grigio, mentre Piton lo trascinava via la notte della morte di Silente, ma non osava chiedere nulla al tutore per non spezzare quel silenzio imposto che era calato tra loro. 
 Con il passare lento dei giorni, però, non avere indizio alcuno cominciava a preoccuparla sempre di più. I giornali non erano utili perché non pubblicavano nulla di compromettente, o quantomeno di realistico e lei non poteva nemmeno rischiare di scrivere a qualcuno dei suoi amici, o dell'Ordine, perché era piuttosto sicura che qualunque lettera sarebbe stata intercettata. 
 Il tutto la faceva sentire quindi sotto una strana cappa estraniante, come se il tempo avesse smesso per lei di scorrere.

Quel pomeriggio Emma se ne stava seduta sulla sua poltrona con aria contrita, mentre rifletteva su come fare per avere notizie del biondo Serpeverde, quando Rubrick entrò frullando le ali dalla finestra aperta e sia gli occhi di lei, che quelli di Severus, scattarono incuriositi verso l'animale, che con un ultimo svolazzo tese una busta verso la ragazza: era in carta spessa ed elegante.
L'emoor vide con la coda dell'occhio il tutore tendersi agitato.
 “Che cos'è Emma?” domandò subito l'uomo, osservandola in tralice, ma lei lo ignorò, aprendo la busta e leggendone con un sorriso il contenuto.
 “Emma la corrispondenza via gufo...”
 “Sev. Non sono affari tuoi” ribatté secca, bloccandolo e lui rimase per un attimo interdetto, stupito da quella sicurezza, il volto contratto in una smorfia infastidita.
 “Perché mi tratti così?” chiese poi in un soffio, con tono basso e quasi minaccioso e la ragazza gli lanciò una leggera occhiata accigliata, ma subito tornò a leggere la lettera, ignorandolo.
 “Emma...” tentò di nuovo l'uomo, cercando di attirare l'attenzione e l'emoor questa volta represse a fatica la voglia di urlargli addosso e si limitò a pressare le labbra in una linea dura e sottile e ad alzare gli occhi al cielo con nervosismo nemmeno troppo trattenuto.
“Sev, davvero? Questa domanda? Perché ti tratto così? Hai dimenticato come te ne sei andato da Hogwarts?”
 “E tu hai dimenticato cosa ti ha detto Silente?” sbottò lui tra i denti.
Cadde un silenzio pesantissimo tra i due ed Emma sussultò leggermente, perdendo completamente la sua espressione sfacciata, lo sguardo sbarrato e in attesa. 
 Severus si era alzato in piedi, nervoso, gli occhi più neri che mai, evidentemente teso nello sforzo di trattenersi e rimase ridicolmente immobile e confuso per qualche secondo, mentre l'emoor sbatteva le ciglia nel tentativo di capire se si era immaginata quella frase sbottata tra i denti, che poteva avere ben più di un significato.
 Fissò immobile il volto dell'uomo, cercando smaniosa qualche espressione che lo tradisse dietro la maschera che come sempre celava sapientemente le sue emozioni, ma Severus era tornato rigido e impenetrabile e la fissava come fosse di cera.
Emma si riscosse e risucchiò un po' d'aria di scatto, riabbassando lo sguardo distratto sulla busta, le guance roventi.
“Quando dovrò incontrare Voldemort, Severus?” chiese asciutta e lui parve per un istante spaesato da quel cambio di argomento così repentino e la guardò con occhi sgranati, a disagio.
 “Presto immagino, perché?” mormorò dopo una breve incertezza.
 Lei annuì con leggerezza e si strinse nelle spalle, fissando ancora ostinatamente la lettera che stringeva tra le mani. 
 “Andrà tutto bene, Sev” rispose infine, con più dolcezza di quello che avrebbe voluto e lui annuì insicuro, dondolando sui piedi goffo e indeciso, con un'aria che sembrava più giovane e sperduta a causa dell'espressione spaventata che era affiorata sul suo volto.
 “La posta...” iniziò Piton a bassa voce.
 “È controllata, lo immagino” ribatté subito lei, fredda.
 “Allora, se lo sai, quella lettera...”
 “Severus” lo fermò Emma “Sono più sveglia di quel che credi e questa lettera è sicura, o non sarei così tranquilla. È un semplice invito a un matrimonio. Nulla di compromettente, o che ti possa interessare. Davvero”
 “Un invito a un matrimonio di chi?”
 “Fleur e Bill Weasley”
Piton fece una smorfia tesa e contrariata.
 “Non credo che andarci sia una buona idea” disse serio.
Le si fece accigliata, lanciando lui uno sguardo torvo e distratto.
 “Stai scherzando spero” 
“Emma... è solo che potrebbe essere pericoloso.”
 L'emoor assorbì immobile quelle parole, leggermente interdetta, poi si alzò mettendosi di fronte al tutore. Piton era piuttosto alto e lei doveva inclinare il capo per poterlo vedere in volto, ma in quel momento tale era la sua determinazione che lui sembrò fragilissimo.
“Francamente, Severus” sussurrò la ragazza con voce tesa e nervosa “secondo il tuo parere tutto quello che faccio a più di un metro di distanza da te è pericoloso, ma sarai d'accordo con me che partecipare a un matrimonio non è la cosa più rischiosa che farò nel prossimo periodo, giusto?”
 “Le persone coinvolte possono essere pericolose. Sono membri dell'Ordine. Devi stare lontano dai Weasley” insistette lui ed Emma rise con un tale amaro sconcerto che lui rimase di cera.
 “Una volta mi hai pregato di andare dai Weasley per stare lontano da te e ora mi dici che sono pericolosi?” soffiò la ragazza con cattiveria “I Weasley non sono pericolosi, Severus. Chi li vuole morti sono quelli pericolosi. Bill è un mio amico, non è una figura così eminente della Resistenza, nemmeno per Voldemort. Si sposa, è un grande giorno per lui e io voglio essere lì a festeggiarlo”
 “Emma è mio dovere proteggerti e i Weasley...”
 “Ma per favore! È il tuo dovere proteggermi e hai ucciso Silente davanti ai miei occhi” disse glaciale, fissandolo in volto e l'uomo parve essere frustato da quelle parole e incassò il capo a disagio, impallidendo leggermente.
 “Non fare così per favore” mormorò ferito.
Emma fece un sospiro stanco e arreso. Non era mai stata brava a essere fredda con lui ed era stufa del silenzio tra loro, avrebbe voluto abbattere i muri e tornare a combattere insieme.
“Ascolta Sev.” mormorò “Le cose sono molto complicate al momento e io e te abbiamo parecchio da chiarire, ma Silente è morto e sia per me che per te ci saranno momenti difficili in arrivo. Io sono pronta. Sono preparata, credimi, ma questo è solo un matrimonio di amici. È una cosa bella in mezzo a tutta l'oscurità che ci sta per travolgere e io voglio partecipare. Per favore.”
Ed è forse l'ultima occasione che ho di salutare Harry, Ron ed Hermione.

Piton deglutì a disagio a quelle parole, sembrava annaspare in cerca di una via d'uscita, ma questa volta Emma non gli andò in aiuto, non tese alcuna mano verso di lui, ma lo lasciò riflettere e quasi riusciva a vederlo dipanare i suoi pensieri e valutare ogni via.
“Vorrei che tu non ci andassi” disse infine, dopo un lungo silenzio.
 “Sev, io ci andrò” sussurrò Emma con aria decisa.
 “Sono il tuo tutore...”
 “Appunto, sei il mio tutore, non il mio carceriere e che tu lo voglia, o no, io andrò a quel matrimonio e se vuoi avere speranze di recuperare un po' il nostro rapporto dovresti capirmi e lasciarmi andare” ribatté inviperita, pentendosi però quasi subito delle parole scelte quando vide il volto contratto dal dispiacere di lui.
 Ancora una volta, l'ennesima da quando avevano iniziato quella conversazione, Emma prese un profondo respiro, cercando di placare il nervoso e il battito tremante del suo cuore.
 “Se pensi che sia pericoloso perché temi che i tuoi amici Mangiamorte possano attaccare come degli infami durante un semplice matrimonio puoi dire loro di evitare di farlo” sussurrò, forse un po' troppo sarcastica e acida, ma sincera e lui si fece cadere di nuovo sulla sua poltrona, stringendosi la radice del naso in uno sforzo di concentrazione e controllo, gli occhi serrati, il capo chino, appena nascosto dai lunghi capelli neri.
 “Ok. Vai, se proprio vuoi” sputò tra i denti ed Emma lo vide stanco come raramente si mostrava a lei e qualcosa le si spezzò dentro.
Sapeva che tornare a casa sarebbe stato difficile, ma non così. 
Non riusciva a fingere indifferenza davanti a Severus così fragile, figurarsi mostrare rancore. Lupin le aveva consigliato di comportarsi in maniera distaccata con lui, ma quello sulla poltrona, inerme e disperato, era il suo Severus. Non un assassino spietato da odiare, come persino lui voleva farle credere. Era Sev. Il suo tutore.
L'emoor si avvicinò cauta a lui, lasciando che a muoverla fosse l'istinto e l'affetto che sentiva e non la ragione che le imponeva di stare in guardia. Si sedette rigida sul bracciolo della poltrona, come aveva fatto tante volte in passato e gli strinse una spalla.
 “Ci sono cose per cui non sono in grado di perdonarti, Sev.” ammise “Silente avrebbe voluto che io ti credessi ciecamente, ma è difficile, anche perché lui è morto a causa tua”
L'uomo annuì lentamente, comprensivo e perso nei suoi pensieri.
“Ci sono cose per cui nemmeno io sono in grado di perdonarmi, Emma, ma sto facendo del mio meglio” rispose mesto.
 La ragazza annuì e rimasero così per un lungo momento, sotto lo sguardo commosso di Glimpsy, fino a quando lei non sciolse quel contatto, tornando a sedersi sulla poltrona di fronte.
 “Avevi ragione. Forse sarebbe stato meglio se fossi rimasta in torre quella notte” disse la ragazza in uno sbuffo e l'uomo di fronte a lei annuì teso, l'espressione dura, illeggibile “Ma sono contenta di essere stata lì in prima linea alla fine, avevo bisogno, forse, di vedere” 
Lui chinò appena il capo ed Emma rimase immobile per qualche istante, lasciando che il silenzio riempisse lo spazio tra loro.
“Non abbandonerò i Weasley, Sev e andrò a quel matrimonio”
“Lo so” disse lui con voce rauca e sofferente.
 “Ma ti assicuro che le cose possono essere più semplici di così. Non riesco a mentirti: ti odio per quel che hai fatto, ma sei anche la mia unica famiglia e ho la sensazione di non sapere molte cose. Forse è meglio che io non le sappia per ora, ma è stato terribile pensare di averti perso per sempre” mormorò l'emoor tutto d'un fiato, quasi spaventata per quell'ammissione.
 Piton le lanciò uno sguardo incerto i lineamenti scuri e frastagliati.
 “Non vedo un modo in cui le cose possono diventare più semplici. Non so come muovermi per non offenderti, ma agendo con senno.”
“Non serve che tu mi tenga lontana dal Manor con tanta fatica, so che lo fai per me e ti ringrazio.” rispose lei tranquilla “Lo so che l'hai fatto perché odio cosa è diventato quel posto e odio i Mangiamorte, compreso te, ma sono la tua figlioccia e farò quello che deve essere fatto. Non è necessario che cerchi risposte argute per coprirmi, non sono fragile, Severus. Farò attenzione e sarò un'ottima Piton”
“Non ho dubbi Emma” iniziò lui “ma il Manor sente se tu..”
“Lo so. Il Manor percepisce le menzogne, fa impazzire chi porta le maschere, aumenta le paure di chi non è certo delle sue scelte” ribatté fluida la ragazzina “Lo so. Ho studiato, ma sono pronta a correre il rischio, perché non puoi chiedermi di non essere me stessa. Sarò sincera con Voldemort e i suoi fedeli, ma so cosa posso e non posso fare, conosco i limiti. Sarò precisa e ti chiedo di provare ad aver fiducia in me, perché ancora una volta io te ne sto dando tanta e ti assicuro che a questo giro mi è davvero difficile.”
 Lui la guardò stupito, il volto finalmente privo delle solite maschere, si fronteggiavano con la crudezza di due guerrieri che stanno valutando un'alleanza, le carte scoperte sul tavolo, mentre si chiedono quanti assi nella manica potrebbe avere l'avversario, ma la differenza era che loro non sarebbero mai stati avversari. 
 C'era troppo ad unirli e a farli soffrire, a costringerli a voler scavare nell'altro in cerca di affetto e forse di salvezza e l'uomo fu il primo a riscuotersi e allungare d'istinto una mano verso di lei, come se volesse afferrare la sua, ma si bloccò a metà, tornando seduto rigido.
 “Basto io a indossare una maschera” disse secco, evidentemente sollevato da quella discussione inattesa “non posso chiederti di fare altrettanto, solo ti consiglio di non abbassare la guardia.”
 Emma tese le labbra in un mezzo sorriso, il primo da quando era arrivata lì e annuì in risposta.

*

“Accidenti, sei bellissima”
 L'emoor si girò di scatto, incontrando lo sguardo di George, allegro e canzonatorio, il sorriso largo sul volto lentigginoso.
 “Oh ma smettila, Weasley” ribatté arrossendo.
“Ma lo sei davvero, molto meglio così che sotto il tuo solito carico di libri che ti fanno sembrare la Granger”
 “Ti ho sentito” ribatté Hermione passando alle sue spalle, i capelli legati in una crocchia elegante, indossava un vestito che le donava particolarmente, facendola apparire più magra e slanciata del solito e accanto a lei c'era anche Lilith, quasi irriconoscibile nel suo abito attillato, il caschetto biondo pettinato in morbide onde.
“Merlino Hermione, ma sei bellissima anche tu, uno splendore, davvero e anche tu Lilith, mio fratello è un uomo fortunato. La gente dovrebbe sposarsi tutti i giorni” decretò il rosso e le due ragazze risero di gusto, scuotendo la testa divertite.
 Anche Emma sorrise tra sé e lasciò che il gemello continuasse il suo sproloquio di complimenti e battute, mentre lei si guardava intorno.
La Tana era irriconoscibile quel giorno. Il grosso tendone che accoglieva gli invitati dava un tocco elegante al giardino, i soliti gnomi erano spariti, ma c'erano al loro posto fiori profumati e nastri chiari intrecciati ed era fortunatamente una bellissima giornata e il sole splendeva nel cielo terso. Ginny si avvicinò loro con un vassoio.
 “Succo di zucca?” chiese con un sorriso. 
Era incantevole nel suo vestito dorato, che ricadeva morbido sul corpo tonico e faceva risaltare i capelli rosso fuoco.
 “Signori. Mi state forse dicendo che questo splendore è la mia sorellina?” chiese George, fintamente sorpreso, strabuzzando esageratamente gli occhi.
 “Finiscila, George” ribatté Ginny, sfoggiando però un sorriso furbo e compiaciuto e scrollando il capo facendo ondeggiare i capelli.

L'emoor ridacchiò e si allungò sulle punte dei piedi per raddrizzare il colletto della camicia del gemello, sfiorando appena, con dolcezza, la cicatrice sotto l'orecchio destro mancante. Lui sorrise con leggerezza di rimando, intuendo i suoi pensieri e le afferrò entrambe le mani, portandosele al petto.
 “Uno Zellino per i tuoi pensieri, O'Shea” le disse a voce bassa in un orecchio, facendola ridacchiare tra i denti.
 “Neanche tu sei niente male Weasley” borbottò Emma, con espressione divertita, liberando le mani dalla stretta di lui, ma alzando il capo per guardarlo in volto e concedergli un sorriso.
 “Solo grazie al fatto che tu mi hai rattoppato” rispose lui allegro, scoccandole un veloce bacio sulla guancia.

*

Quando le avevano spiegato l'idea dei 'sette Potter' le era sembrata geniale, ma ora che attendeva il verdetto del piano Emma non ne era più tanto sicura.
 La Tana era terribilmente silenziosa e i ticchettii dell'orologio sembravano rombi che laceravano il silenzio, mentre lei cercava di scacciare la tensione, senza nemmeno provare a placare Ginny, che camminava avanti e indietro in ansia, o la signora Weasley che pareva di cera, lo sguardo fisso sulle lancette delle strano orologio in soggiorno, dove tutti gli occupanti figuravano su “pericolo di morte”. 
 La Corvonero cominciò a pregare Merlino e tutti i maghi che le venivano in mente, fondatori e Ombre di Hogwarts compresi, perché arrivassero tutti sani e salvi, mentre sobbalzava ad ogni minimo rumore proveniente dal cortile.
  Aveva sperato di avere maggior controllo, ma quell'attesa la stava spaventando più del dovuto. Sapeva che sarebbe stato pericoloso, in fondo, sapeva che i Mangiamorte avrebbero fatto di tutto per cercare di prendere Harry e l'Ordine altrettanto per difenderlo, sapeva che probabilmente Severus sarebbe stato la fuori, con tanto di marchio bruciante e cappuccio, ma essere lì davvero in attesa era sfibrante, la preoccupazione che ondeggiava tra il tutore, Draco e tutto l'Ordine.
Un'orribile sensazione di pericolo le si sciolse nelle viscere ed era se come tutto il suo corpo tremasse per il bisogno di correre da Potter e andare a proteggerlo, mentre brividi sulla schiena, causati dalla connessione, le mostravano brevi lampi e sprazzi di cielo confusi, che non promettevano nulla di buono.
 “Sta succedendo qualcosa?” chiese pallida Ginny, guardandola in tralice, ma Emma scosse debolmente il capo, gli occhi serrati e le labbra tese in una smorfia sofferente, mentre cercava di placare le visioni.
 “Non riesco a distinguere nulla è tutto molto confuso.”
 Uno schiocco improvviso in cortile annunciò l'arrivo di una Passaporta. 
 Ginny fece un urletto e corse insieme alla madre all'esterno ed Emma le seguì con il cuore in gola, sospirando di sollievo quando vide Harry sano e salvo. Gli occhi verdi del ragazzo scivolarono subito su di lei, mentre abbracciava la rossa e emoor e Grifondoro si fecero un cenno di intesa, pieno di sollievo.
 Un attimo dopo un nuovo schiocco annunciò il ritorno del signor Weasley e Fred e Molly scoppiò in singhiozzi, ma prima che potessero felicitarsene, anche Lupin apparve nel cortile, sorreggendo George sanguinante.
 Il respiro spezzato della signora Weasley fu l'unica vera reazione, perché il resto dei presenti, escluso Remus che arrancava verso casa, erano tutti troppo sconvolti per intervenire. Emma sentì la nuca formicolare, la magia che sprizzava sulla sua pelle e così come era successo quando Malfoy era stato colpito dal Sectumsempra di Harry nei bagni di Hogwarts, si sentì improvvisamente lucida.
 Corse verso il mannaro, riuscendo a mettere da parte l'angoscia e lo aiutò a portare dentro il gemello. Il ragazzo era mortalmente pallido e sembrava sul punto di svenire ed Emma riusciva solo a pensare: “Ti prego, non George”

*

“Oggi mi devi concedere un ballo” sorrise il gemello, sfiorandole una guancia con la punta delle dita.
 “Vedremo Weasley” ribatté subito l'emoor, lasciandosi però avvolgere dalle braccia del ragazzo, in una stretta lieve e dolce.
George aveva quella capacità innata di farla sentire serena, che Emma in quel momento trovava ancora più preziosa del solito e lo osservò con un sorriso, mentre lui si allontanava affiancato da Lilith, per raggiungere Fred.
 “George ha ragione, sei bella vestita così” le disse Hermione e si mise al suo fianco, bevendo un generoso sorso dal suo calice.  
 “Anche tu sei stupenda.” rispose l'emoor, osservando la Grifondoro: era su di giri, con le guance arrossate e gli occhi brillanti. 
 Ginny appoggiò il vassoio colmo di bicchieri su un tavolo sgombro, prendendone uno per sé e si avvicinò alle due amiche.
 “Come stai?” azzardò Hermione, lanciando un'occhiata all'emoor.
“Bene” ribatté l'altra senza mentire. Stava beneLì insieme a loro.
 “Piton?”
“La sto gestendo.”
 La Granger parve all'apparenza contenta, ma rimase in attesa ed Emma si vide costretta a fare un piccolo sospiro.
 “Credo che tu ed Harry abbiate ragione. Severus mi ha protetto, ma sto cercando di andarci piano, di capire.”
 L'altra annuì in risposta, mentre un sorrisino furbo le illuminava il volto: era la soddisfazione di chi trova riscontro nelle sue teorie.
 “Lo immaginavo” disse sicura “vediamo come va.”
 Ginny, ancora ferma accanto a loro, scosse affranta il capo.
 “Merlino, Emma, non vorrei mai essere al tuo posto” soffiò e l'emoor scosse le spalle con nonchalance e si rivolse a Hermione.
  “Voi siete pronti?”
 “Credo di sì” ribatté lei con strana energia “ma oggi non voglio pensarci e cerco solo di divertirmi”
 Emma annuì di rimando e rimase sola con Ginny, osservando l'altra grifona che si allontanava incerta sui tacchi alti, sfoggiando un sorriso splendente sul volto.

*

Emma è un piacere non essere morto e poterti vedere, dimmi sono tanto brutto?" domandò George con voce sottile, cercando di nascondere la paura che gli illuminava il volto con dell'ironia sagace.
 “Oh sta zitto stupido” sussurrò lei, dando una veloce occhiata alla ferita, ripulendola del sangue “Sei sempre bello comunque”
 Il taglio era grave ed Emma sentiva lo sguardo di Lupin sulla sua schiena e il silenzio denso intorno a lei, mentre lo analizzava. Si chinò a guardare il sangue che colava, riconoscendo perfettamente i segni del Sectumsempra e il cuore ebbe un sussulto al pensiero che potesse essere stato Severus ad attaccare George.
 “Emma è una ferita piuttosto complicata da curare” iniziò la signora Weasley “George ha perso molto sangue, lascia che noi...” 
 L'emoor la ignorò, consapevole che nessuno in quella stanza fosse esperto di una maledizione così specifica. Chiuse gli occhi e si mise a a recitare il Vulnera Sanentur, con intensità e concentrazione, lasciando completamente ammutoliti tutti i presenti e non si fermò nemmeno un istante, vibrando per lo sforzo di rimanere focalizzata, fino a quando la mano di Lupin non le strinse delicatamente la spalla per attirare la sua attenzione.
 “Emma.” sussurrò il mannaro con stupore “Ha smesso di sanguinare.”
 La ragazza si azzardò ad aprire gli occhi e sospirò di sollievo nel vedere che aveva effettivamente funzionato. Intorno a lei erano ancora tutti in silenzio e si accorse che erano arrivati anche Bill e Fleur, mentre Fred invece, seduto accanto alla testa del gemello, era ancora pallido come la morte, gli occhi fissi sul suo volto del fratello, l'espressione contratta.
 “Come ti senti Georgie?” chiese con apprensione.
 “Mi sento Romano” rispose lui con voce secca.
 Fred alzò lo sguardo confuso, guardando Emma in cerca di risposte.
 “Gli è successo qualcosa? Ha subito un danno al cervello?” chiese agitato e l'emoor pressò le labbra confusa, cercando di pensare a cosa potesse essere andato storto nel processo di guarigione.
“Ma no Freddie” gracchiò George “Mi sento come un foro romano, capisci? Un foro: non ho l'orecchio, c'è un buco e questo mi rende romano.”
 Ci fu un momento di cristallizzato sconcerto per quella battuta assurda, in cui Fred guardò l'altro con occhi sgranati ed Emma sentì i muscoli distendersi.
 “Weasley questa sì che è una pessima battuta” lo prese in giro con dolcezza.
 “Ora sarò anche il più divertente dei due oltre che il più bello” ribatté Fred, ancora perplesso, ma evidentemente sollevato.

 “È stato Piton a colpire George”
 Emma trasalì e si girò di scatto, mentre le parole di Bill cadevano pesanti come macigni e aleggiavano nel salotto senza che nessuno avesse la forza di aggiungere altro. Rimase bloccata solo un istante, lasciandosi colare addosso il dolore e lo sconforto, il volto contratto in un'espressione neutra, ma poi avvertì la mano di Ginny che le si poggiava sulla spalla, in segno di affetto e riprese a respirare.
 Inghiottì un groppo di saliva e rimboccò le coperte a George, mentre tutti si guardavano con sgomento, pulì di nuovo la ferita del gemello e appellò uno straccio con dell'acqua, da mettergli sulla fronte, sorridendogli lieve.
 “E Malocchio è morto” aggiunse Bill e il silenzio e lo sbigottimento dei presenti divenne bruciante, mentre il gelo cadeva nella stanza.
 “Come?” domandò Harry, pallido, l'espressione di chi si sentiva colpevole stampata in volta “In che senso è morto?”

*

“Stai davvero bene?” chiese Ginny.
 “Sì e tu?” ribatté Emma.
“Io bene”
 “Hai parlato con Harry?”
 “Ci siamo baciati”
 “Oh!” fece stupita l'emoor “Beh piuttosto esplicativo.”
 “Ron ci ha interrotto” ribatté la rossa con un sorriso triste.
“Un classico” fece Emma di rimando “se posso permettermi però, meglio Ron che Lucius Malfoy”
 Ginny parve pensarci per un istante e rise divertita. 
 “In effetti. Dieci a zero per te Emma, Pluffa al centro.”
Rimasero qualche istante in silenzio entrambe, osservando Bill e Fleur che raggianti salutavano i loro invitati. Erano luminosi, allegri, un attimo di felicità che illuminava la giornata. Lei elegantissima nel vestito grigio perla, i lunghi capelli biondi finemente intrecciati con la tiara che le aveva dato Molly, lui tanto felice che le cicatrici sul volto parevano solo dei graffi lievi. Erano belli. Innamorati.
“Non pensarci” le disse Ginny.
 “A cosa?” mormorò l'emoor.
 “A come potrebbe essere se Malfoy fosse qui.”
“Non ci stavo pensando”
 La rossa strinse appena le labbra, lanciandole un'occhiata bieca.
 “Non mentirmi, non serve con me. Se non ci stavi pensando, ci saresti arrivata tra una manciata di secondi. E va bene così. Anche io sto pensando a come sarebbe se non fossimo in guerra e soprattutto se Harry fosse Harry e non, beh mio cugino Barney.”
 Fu il turno della Corvonero a ridere di gusto. Harry presenziava al matrimonio grazie alla pozione Polisucco e aveva assunto l'aspetto di un Babbano rosso di capelli del paese vicino. Lo avevano presentato come un cugino dei Weasley a tutti gli altri invitati ed Emma riusciva a riconoscerlo solo a causa del suo sguardo assorto.
 “Ok, ricevuto.” rise l'emoor.
 “Quindi?” insistette Ginny “A che pensi?”
 “Penso solo che sarebbe bello, no?” mormorò Emma “Se tutto fosse già concluso, la guerra finita e il nostro problema fosse solo appartenere a Serpeverde o a Grifondoro”
 “Beh perché tutto finisca deve prima iniziare.” disse l'amica.
“Una cosa del genere” assentì l'emoor “Come sei profonda”
 “Cerchiamo solo di vincere la guerra, così che possiamo avere finalmente la nostra uscita a quattro” concluse la rossa con un mezzo sorriso amaro, lanciandole uno sguardo.
 “Mi sembra un buon motivo per battere Voldemort” annuì Emma “Possiamo andare da lui e dirgli: scusaci Tom, nulla di personale, ma abbiamo un'uscita a quattro da organizzare e tu ci hai scombinato decisamente i piani”
 La Grifondoro strinse le labbra di rimando, cercando di trattenere la risata in arrivo, ma non ci riuscì e l'emoor la imitò senza freni.

*

Mundugus si è spaventato e si è smaterializzato, Malocchio ha cercato di trattenerlo ed è stato colpito” mormorò Bill ed Emma arricciò il naso in un'espressione infastidita: Mundungus Fletcher non le era mai andato a genio.  
 Non aveva mai davvero capito perché l'Ordine si ostinasse a tenerlo nelle sue file, così come i Corvonero facevano con l'odioso Richard Done a Hogwarts.
 Ci fu un lungo momento di silenzio in cui la ragazza riuscì a visualizzare la faccia storta dell'ex professore, con il suo occhio magico. In realtà lei non aveva conosciuto il vero Malocchio e in quel momento se ne dispiacque sinceramente. 
 Bagnò un pezzo di stoffa che Fleur le porgeva e pulì nuovamente con cura la ferita di George, tenendogli una mano con quella libera. Il gemello cercava di recuperare forze e teneva gli occhi serrati, Fred seduto accanto. Emma provava a dargli un po' di silenzioso conforto come poteva.
 “Non può essere morto” sbottò Harry, spezzando la calma, era furibondo, gli occhi lucidi di rabbia, Emma lo percepiva attraverso la connessione.
 “Togliti dalla testa che sia colpa tua se Malocchio è morto” intervenne, seria.
 “Ma è così”  ribatté arrabbiato il ragazzo “erano lì per portare in salvo me”
 “E il piano è riuscito” fece notare l'emoor, sotto lo sguardo attento di Ginny, Hermione e Ron, che li osservavano pronti a scattare.
“Ma Malocchio è morto” gridò il ragazzo, ed Emma si alzò in piedi per fronteggiarlo, senza però scostarsi troppo dal fianco di George. 
 “Portarti in salvo era precisamente quello che dovevano fare, Potter” disse secca “Malocchio lo sapeva. Tutti lo sapevano. Non so se ti rendi conto che la salvezza del mondo magico dipende dal fatto che tu rimanga vivo”
 “Non mi importa. Non voglio che vi sacrifichiate per me. Malocchio è morto perché il piano riuscisse, quindi è morto per colpa mia” ribatté il ragazzo, amaro.
 “La tua colpa è pari alla mia colpa per l'orecchio di George” ribatté gelida lei e calò un silenzio strano a quelle parole, imbarazzato, sia tra loro che tra gli adulti lì accanto, che la guardarono colpevoli e dispiaciuti. Remus fece un passo verso l'emoor, ma Harry ruppe l'imbarazzo annuendo con fare arreso.
 “D'accordo, Emma. Hai ragione, ho capito, non è colpa mia” ammise.

*

“Posso chiederti un ballo?” domandò una voce alle sue spalle.
 L'emoor si voltò, distogliendo lo sguardo dal Luna che ondeggiava in una buffa danza, affiancata dal padre e si trovò a faccia a faccia con un ragazzo posato, lo sguardo luminoso e un sorriso gentile. Era alto e bello, con capelli castani e occhi chiarissimi.
 “Oh, Godric! Gabriel!” trillò sorpresa, sinceramente contenta.
 “In carne ed ossa” scherzò il francese.
 “Non mi aspettavo di trovarti qui.”
 “Ero compagno di scuola di Fleur, ricordi?” le disse lui, con un'espressione strana stampata in volto, probabilmente riferendosi ai tempi del Torneo Tre maghi e alla loro goffa relazione acerba.
 “Ricordo” annuì l'emoor.
 “Quindi questo ballo?” la esortò lui, affabile.
 Emma gli sorrise, allegra, afferrando la mano che le porgeva e facendosi trasportare fino alla pista. La presa del francese era gentile, ma decisa e come ricordava era un ottimo ballerino.
“Come stai?” domandò quando si ritrovarono a volteggiare in pista.
 “Bene.” rispose lui con tono affabile, una mano ferma sulla schiena di lei “Ho cominciato a studiare per diventare Medimago”
 “Davvero?” si illuminò l'emoor e il francese le fece fare una piroetta, mentre annuiva in risposta.
 “Fleur mi ha raccontato che qui invece non ve la passate altrettanto bene. Sbaglio o sta per succedere il finimondo?”
L'emoor si strinse nelle spalle con un mezzo sospiro affranto. 
“Non è un bel periodo, confermo”
 “Mi ha anche detto di Bill, delle ferite e che sei stata tu a salvarlo”
 “Oh, beh sì, pura fortuna in realtà” minimizzò lei, già abbastanza imbarazzata per l'eccessiva gratitudine che la ragazza continuava a dimostrarle, ogni volta che poteva.
 Il francese parve percepire il suo imbarazzo, perché da perfetto conversatore cambiò discorso con leggerezza, facendole un sorriso.
 “Hai ancora degli amici gelosi pronti a picchiarmi?”
 “Di peggio, ho un ragazzo ora” ridacchiò lei e lui parve sorpreso e girò lo sguardo tutt'intorno leggermente teso.
 “Ti puoi rilassare, non è qui” fece Emma, trattenendo appena una buffa smorfia “E anche se lo fosse non avrebbe da ridire per un ballo con un caro amico” aggiunse, osservando gli occhi chiari di lui.
 Gabriel era bello, posato e gentile. Era anche intelligente e in passato Emma, nella sua breve relazione con lui, lo aveva scoperto come una persona attenta e affettuosa. Il tempo passato distanti gli aveva inoltre giovato, rendendolo un giovane uomo piacente e maturo, pur con lo stesso sorriso luminoso che aveva da ragazzo e che aveva colpito l'emoor. Tra le sue braccia, volteggiando con leggerezza a tempo di musica, una volta di più la Corvonero si chiese perché le cose non potessero essere più facili.
Perché la relazione tra lei e Tullier non poteva semplicemente funzionare?
Sarebbe stato bello, un sollievo, forse, e riusciva a immaginarsi mentre conversava amabilmente sul portico di qualche casa in Provenza, stringendo lui la mano con dolcezza. Lei e Gabriel avevano interessi in comune, avrebbero potuto vivere una vita semplice, sicura, luminosa, scandita da poesie francesi mormorate a mezza voce, in stanze chiare profumate di lavanda e limone.
 Eppure Gabriel, pur con tutte le sue indubbie qualità, non era Draco e questo Emma non poteva dimenticarlo. Anzi, il ricordo degli occhi grigi del Serpeverde, dei suoi baci disperati e della stretta delicata delle sue braccia intorno alla sua vita, la distrassero per un istante e venne quasi colta di sorpresa quando Gabriel le fece fare un'ultima piroetta, posandole un bacio cortese sulla guancia sinistra.
 “È stato davvero un piacere, Emma, ma non voglio sequestrarti tutto il tempo” le sorrise lui, gentile.
 “Il piacere è stato tutto mio” ribatté l'emoor, stringendogli affettuosamente la mano e concedendogli un leggero inchino.
 Fermarono il loro ballo dopo un'ultima piroetta e voltandosi, scorsero al centro della pista Hermione danzare con Viktor Krum. Gabriel inarcò un sopracciglio stupito quanto lei a quella vista.
 “Allora è una vera e propria rimpatriata del Torneo Tre Maghi” rise sincero “manca solo Potter.”
 Anche l'emoor stese un sorriso, sentendo però il cuore farsi più pesante, perché in fondo non mancava solo Harry, in realtà presente, ma anche Cedric Diggory e l'immagine del corpo rigido del ragazzo che cadeva a terra le attraversò la mente con dolore.
 “Già” rispose mesta, mentre uno strano senso di allerta le stringeva lo stomaco “vuoi scusarmi?”
 Gabriel le lasciò la mano con fare cortese e subito l'emoor si allontanò da lui, a passo svelto, guardandosi intorno.

*

Emma lanciò un ultimo sguardo alla sua immagine nello specchio, sorridendo. Pur senza l'aiuto di Lilith e Carmen le sembrava di aver fatto un buon lavoro.
 Indossava un bellissimo vestito rosa pallido, semplice e leggero, che la fasciava sul busto in maniera elegante, lasciandole la schiena scoperta in una profonda scollatura e risaltando le forme appena accennate senza essere volgare. 
 Per il matrimonio sarebbe andato più che bene. Provò a immaginare come l'avrebbe guardata Malfoy se l'avesse vista in quel momento e riuscì a visualizzare il suo sguardo grigio che si illuminava di malizia, il sorriso sghembo che nascondeva appena lo stupore.
 “Stai molto bene.”
 L'emoor si voltò, trovando Severus che la osservava con una luce vagamente orgogliosa nello sguardo, appoggiato all'ingresso della sua stanza.
 “Grazie Sev” mormorò lei, lisciandosi un'ultima volta la gonna.
 Rimase ancora qualche istante a rimirarsi, poi si infilò in bagno si svestì, si mise dei calzoncini corti e una maglietta semplice in cotone e tornò in camera, mettendo il vestito rosa in valigia con molta attenzione, per non rischiare di stropicciarlo. 
 Si guardò intorno accigliata, per essere sicura di non aver dimenticato nulla, afferrò la bacchetta e si voltò verso il tutore che, ancora fermo sulla porta della sua stanza, la guardava ansioso, in attesa.
 “Io vado allora” disse l'emoor con leggerezza e lui annuì in risposta, tentando di stirare un sorriso, senza davvero riuscirci.
 “D'accordo” disse roco, con voce bassa e nervosa.
 “Non ti preoccupare Severus, andrà bene.” lo confortò lei con distacco, senza guardarlo in volto “Starò alla Tana solo una settimana e poi torno.”
 “Ho solo una strana sensazione”
 Emma sospirò “Non è nulla”
 Allungò una mano e gli strinse la spalla, come era solito fare lui per tranquillizzarla e mentre lo faceva sorrise tra sé di quello strano cambio di ruoli, poi a testa alta si avviò verso la porta sicura di sé.

*

Lilith era luminosa quando si affiancò all'emoor senza che lei se ne accorgesse. Aveva le guance arrossate dal sole, un sorriso sereno sul volto incorniciato dal caschetto e un calice nella mano sinistra
“Stai cercando la tua ombra?” chiese la biondina e l'emoor trasalì.
 “Oh, Lilith scusami. Mi hai spaventata” ribatté.
“Avevi un'espressione terribile"
 “Non è nulla, ho una una strana sensazione” ammise l'altra con un sospiro, lo sguardo che si muoveva attento.
 Hermione era ancora al centro della pista e ballava con aria raggiante insieme al bulgaro, sotto lo sguardo estremamente contrariato di Ron che la osservava imbronciato da bordo pista. 
 Ginny e Luna stavano chiacchierando allegramente a un tavolo in disparte, mentre Bill e Fleur dondolavano stretti l'un con l'altra al centro della scena, osservandosi innamorati, i volti vicini. 
 C'erano anche i signori Weasley che intrattenevano gli ospiti con ampi sorrisi e Fred e George che parlavano al limitare del giardino insieme a due ragazzi che Emma non aveva mai visto, più tantissimi altri invitati di cui non conosceva nemmeno il nome, ma che sembravano tutti divertirsi privi di angosce.
“Emma ti prego” la rimbeccò Lilith con uno sguardo dolce “almeno per oggi, che sei lontana dal pipistrello e da tutti i problemi, cerca di goderti la giornata. Io sto provando di farlo. Godric, siamo a un matrimonio, il trionfo dell'amore e stiamo tutti bene”
 Emma annuì, inghiottendo un groppo di saliva e prese respiro.    
“Scusami, hai ragione. È che non è facile” ammise “Ho molti pensieri e mi sembra che ci stiano sfuggendo così tanti dettagli”
“Lo so” disse Lilith, afferrandole una mano “ma devi provarci ok? Ci stiamo provando tutti. Oggi è un'ottima giornata per divertirsi. Siamo in sicurezza e tra i maghi. Persino Hermione sembra essersi lasciata andare, finalmente.”
La musica invadeva allegra il giardino, tra risate e convenevoli, Emma fece un ennesimo sospiro e cercò di rilassarsi.
 “Sono contenta che tu sia qui” disse all'amica.
 “Anche io e non so se te ne sei accorta, ma questo è il primo evento a cui io e Fred possiamo partecipare insieme e ti dirò, mi piace essere la signora Weasley” disse la biondina e l'emoor sorrise sincera, mentre osservava la faccia esageratamente soddisfatta dell'altra, sorvolando su quanto fosse strana quell'affermazione e cercando di non immaginare Lilith con gli abiti della madre di Ron.
 “Sono felice per te Lils.”
 “Non pensare che io non abbia visto come ti guardava Tullier” 
“Perché come mi guardava?” chiese Emma arresa.
 “Con occhi molto grandi e dolci. Pensaci Emma è un ragazzo affascinante, dovresti prenderlo in considerazione.”
 “Lilith io ho un ragazzo.” ribatté secca l'emoor e l'altra inarcò un sopracciglio palesemente contrariata.
“Ma davvero? Non sai nemmeno dove sia. Sono passati due mesi e non ti ha fatto sapere nulla, nemmeno una lettera o una parola”
 “Io non credo che lui possa...”
 “Ed è un Serpeverde, Emma.” la interruppe l'altra “Dovrebbe bastarti questo. Non ti potevi aspettare nulla di diverso. Se non ti ha scritto vuol dire che sta bene e tu non puoi aspettarlo per sempre. Siamo in guerra e siete in due fazioni opposte, come credi...”
 “Lilith” la ammonì secca l'emoor “adesso basta”
L'altra roteò gli occhi al cielo. Avevano avuto quella discussione molte volte in quei giorni ed Emma non si era smossa dalla sua posizione. Sapeva che l'amica lo faceva per lei, ma sapeva anche che Lilith era poco obiettiva dato che ai suoi occhi Malfoy rappresentava il prototipo del peggior ragazzo possibile e avrebbe preferito saperla al fianco di chiunque altro. Lei però era di un altro avviso.
Lilith, tra tutti i suoi amici, nonostante i buoni propositi, incarnava infatti a perfezione la visione classica e un po' ottusa del mondo magico. Dove Serpeverde significava per forza cattivo e tutto era o bianco o nero, in maniera netta. Draco Malfoy, per la biondina, rappresentava in modo lampante un'anima nera ed Emma capiva il suo tentativo di proteggerla e metterla in guardia, ma non voleva cedervi. Voleva che le sue scelte fossero sue e che i suoi amici, Lilith compresa, le rispettassero, pur non condividendole.
 “Anche gli altri emoor sono di Serpeverde, Lils” disse pacata “e anche Daphne e Blaise”
“Loro sono delle eccezioni”
 “Sono parecchie eccezioni”
L'altra Corvonero sbuffò appena, scuotendo il caschetto chiaro.
“Va bene, ok. Hai ragione.” si arrese “Aspetta pure la serpe all'infinito, fai come credi: hai il mio appoggio totale, ma io voglio vederti felice, d'accordo? Non mi piace che tu stia qui con questa aria rabbuiata durante una festa. Quindi fammi un sorriso e accompagnami in pista. Ho voglia di ballare con Fred e sono certa che George sarà felice di farti da cavaliere” disse allegra e l'emoor ruotò di nuovo la testa, guardandosi intorno e cercando di scacciare la sensazione che qualcosa stesse per andare storto, ma assentì.
“Va bene Bitterblue, ma solo per un ballo, poi ti riconsegno a Fred”
 L'altra annuì raggiante, piena di gioia, afferrandole la mano.
 “D'accordo. Uno solo ballo. Sai, sarebbe bello se tu ti innamorassi di George, faremmo un sacco di uscite divertenti noi quattro”
 “Lilith” sibilò Emma.
 “Va bene, va bene!” rise lei. 
 Arrivarono al centro della pista e si misero a ballare in modo scomposto, divertite da quel gioco inaspettato ed Emma sentì un fiotto di gratitudine verso l'amica e la sua raggiante leggerezza.
Fece l'ennesimo giro su sé stessa, la gonna che si gonfiava scenografica intorno al corpo magro e quasi inciampò, facendo ridere l'amica, seguendo le note disordinate e ammalianti della musica che invadeva il grande tendone bianco.
 Fu allora che la sensazione di pericolo le chiuse di nuovo lo stomaco e la fece bloccare in mezzo alla pista da ballo togliendole il fiato. 
 Emma si guardò intorno allarmata, tenendo a bada il panico e individuò subito Harry, i capelli ricci e rossi e il volto lentigginoso dati dalla pozione Polisucco che lo rendevano irriconoscibile, se non fosse stato per quello sguardo, tanto concentrato quanto distratto, che lei avrebbe riconosciuto ovunque.
 La collana che portava al collo prese a bruciare in allarme, l'emoor sentì un tuffo al cuore e non dovette nemmeno abbassare lo sguardo a leggere il messaggio per sapere che qualcosa non andava.
 Il gelo improvviso si sparse sulla folla e fermò i balli degli invitati. Anche Lilith impallidì leggermente e la squadrò attenta, intuendo il pericolo dalla sua espressione, gli occhi scuri velati di tensione, la mano già pronta sulla bacchetta nascosta nelle pieghe del vestito.
 “Emma...” sussurrò, ma non riuscì ad aggiungere altro, perché al centro della pista apparve un Patronus a forma di lince che parlò con la voce profonda di Kingsley.
 “Il Ministero è caduto. Stanno arrivando”
E il mondo si capovolse in un solo istante.

*Angolo Autrice*

Ciao Lettori! Come state?
Capitolo molto intenso e lungo, che cosa ne dite?
Ho diviso il capitolo nettamente nelle due sfere di preoccupazione di Emma, portandola da un lato a Spinner's End, dove affronta Severus e tutte le implicazioni della loro situazione e dell'altro l'Ordine, dove le preoccupazioni sono tutte intorno ad Harry. 
Mi è piaciuto in questo caso usare i FlashBack perché volevo dare un po' la sensazione altalenante di passare da un eccesso all'altro nei pensieri dell'emoor che è piuttosto fragile e sballottata dagli eventi, nonostante, bisogna ammetterlo, si stia comportando in maniera, a mio parere, davvero impeccabile. 

Punti/Spunti: 
. Severus: Ho a lungo pensato a come avrebbero reagito Emma e Severus una volta di fronte. Ho immaginato che questo momento di calma e silenzio imposto fosse necessario e lasciato che maturassero in pace i loro sentimenti. Piton è sicuramente più spezzato della ragazza, ma forse perché più consapevole del quadro generale e perché davvero non si aspettava di rivederla. Emma in fondo ancora annaspa nel tentativo di capire il tutore e la sua posizione. Mi piace tuttavia che la separazione tra i due non riesca ad essere netta, nonostante ci mettano entrambi dell'impegno, così come adoro il ribaltamento di ruoli dove è quasi l'emoor a confortare il tutore. 
. Mangiamorte: Ho voluto subito inserire la loro presenza perché che ci piaccia o no Piton è un Mangiamorte, anzi, il braccio destro di Voldemort ed Emma se vuole sopravvivere ( come dimostra poi ) deve scendere velocemente a patti con la situazione e accettarla. Ho scelto di confrontarla subito con Dolohov per renderla immediatamente combattiva. 
. George: Trovo tragico che sia stato proprio Severus a ferire George. Indirettamente è stato un po' come ferire Emma e ampliare il divario tra loro. Che fosse Emma a curare il gemello, visto anche quel che era successo con Draco, mi è subito sembrata l'unica scelta possibile. 
. I 7 potter: Volevo dare tensione al momento, ma anche distacco, Emma si ritrova coinvolta a causa della connessione, ma è preoccupata anche per Severus, che immagina sarà presente e allo stesso tempo cerca di mostrarsi forte per Ginny. L'emoor si ritrova forse per la prima volta a rendersi conto quanto sia scomodo il suo ruolo di mezzo e a soffrirne. Anche se Remus e Ginny le si stringono subito vicino. 
. Matrimonio: ho cercato di mettere un po' di dolcezza e speranza nelle immagini del matrimonio, pur dovendo velare tutto di amarezza che fa presagire come andrà. Da qui la scelta di Hermione spensierata, le battute di Ginny sull'uscita a 4 saltata per Voldemort, o Lilith che cerca di spronare l'amica a divertirsi. Come sappiamo la felicità dura poco e la preoccupazione di Emma ha ragione di esserci. 
. Gabriel: Il francese è un personaggio a cui sono affezionata e che sapevo avrei ritirato fuori, in fondo è sempre stata una figura positiva nei ricordi di Emma e il matrimonio era il momento migliore. Ricordando anche Cedric e il tempo del Torneo Tre Maghi, fa sorridere amaramente come i problemi che al tempo sembravano insormontabili, siano in realtà piccoli rispetto a quanto sono complicati quelli attuali. 
. Draco: Emma e il Serpeverde non si sono ancora visti. Credo che l'angoscia che prova la ragazza sia perfettamente comprensibile. Draco era sconvolto l'ultima volta che si sono visti ed Emma sa che viene torturato al Manor, non vorrei mai essere nei suoi panni. 

Fatemi sapere che ne pensate. 
Mi spiace avervi lasciato in sospeso proprio sul più bello. 
Vi ringrazio come sempre per le numerose recensioni e i vostri pareri. 
Grazie mille.
Vi

Ritorna all'indice


Capitolo 48
*** Tra i fuochi ***


.Tra i fuochi.



Cadde il silenzio e tutto sembrò fermarsi.
 Il Patronus di Kingsley svanì in uno sbuffo argenteo, mentre un gelo inaspettato percorreva il giardino, immobilizzando gli invitati. Fu come se un'orda di Dissennatori si fosse abbattuta sul matrimonio, risucchiandone di colpo tutta la felicità.
 Emma sentì il cuore battere furiosamente nel petto, tanto forte da farla tremare e tutti i suoi sensi si misero in allerta. D'istinto afferrò la mano di Lilith, ancora immobile al suo fianco. 
 “Vai da Fred” disse, tanto ferma che suonò come un ordine  e  la biondina indietreggiò senza ribattere, lo sguardo scuro sgranato.
 Il tempo sembrò farsi improvvisamente più lento, come fosse diventato melassa e si potesse cogliere ogni singolo dettaglio di quel che avveniva. Le reazioni dei presenti arrivavano in ritardo ed ovattate ai sensi dell'emoor, già pronta a combattere, la bacchetta stretta nel pugno.  
 Fece scattare lo sguardo verso Potter, dall'altra parte del tendone e ci fu un brevissimo attimo di immobilità in cui sembrarono capirsi, prima che lei si lanciasse in avanti per raggiungerlo, spezzando la calma irreale che era calata dopo le parole di Kingsley.
 Il crack del primo ospite che, riscuotendosi, fuggiva, quasi si sovrappose al crack del primo Mangiamorte incappucciato che apparve sotto l'ampio tendone e in un attimo fu il caos. 
Grida, scoppi, maledizioni e luci ferirono la pace della Tana.
 
Emma arrancò tra i corpi che correvano in ogni direzione, confusa e stordita dal panico dilagante, gli occhi fissi sui capelli rossi di Potter, sempre troppo lontano da lei, mentre avanzava con smania, cercando di raggiungerlo.
“Harry” gridò con il cuore in gola, quando due streghe che scappavano nella direzione opposta la urtarono, facendole perdere l'equilibrio e il contatto visivo con il Grifondoro. 
 Emma annaspò, tirandosi di nuovo in piedi e stringendo la bacchetta. Gli incantesimi sibilavano ovunque e il caos era tanto assordante da farle perdere l'orientamento. Si guardò intorno con panico trattenuto, cercando disperatamente Harry, o Ron, o Hermione, l'angoscia che le toglieva il respiro. 
 Con la coda dell'occhio vide un movimento alla sua destra e riconobbe il colore del vestito della Granger, che si lasciava Krum alle spalle, la mano stretta in quella di Harry e solo un secondo  dopo individuò Ron poco più avanti, che si faceva largo nella folla con le forti braccia, cercando di raggiungere i due amici.

L'emoor lanciò svelta uno Schiantesimo contro la schiena del Mangiamorte che li stava inseguendo e si mise a correre verso di loro, le orecchie che le fischiavano e il sangue che le bruciava nelle vene, mentre un istinto imperativo la spingeva alla difesa di Potter.
 Vide Hermione allungare un braccio, annaspando nel nulla verso Ron, l'altra mano salda intorno al polso di Harry e come a rallentatore vide anche il rosso sgomitare tra le persone con foga, fino a raggiungerla e appena furono tutti e tre insieme, si voltarono, pronti a smaterializzarsi e per un istante gli occhi di Emma O'Shea e quelli di Harry Potter, che lentamente stavano tornando del solito colore verde chiaro, si incrociarono.
 - SCAPPA - gridò lei, attraverso la connessione.
Potter fece un'espressione sconvolta in risposta e, con un certo stupore, l'emoor capì che doveva averla percepita. Sollievo.
 Il passaggio di un altro gruppo in fuga le fece distogliere lo sguardo per un secondo e quando rialzò la testa i tre erano scomparsi. Avrebbe voluto dire loro qualcosa, abbracciarli e seguirli, ma la ragione ebbe la meglio: si preparò ad attaccare.
 Piantò sicura i piedi sul terreno, guardandosi intorno analitica, in posizione di difesa, essendo scoperta su tutti i lati. Il giardino era stato invaso da un numero imprecisato di persone incappucciate e gli incantesimi che cozzavano ovunque. Fiori e nastri penzolavano tetri e il tendone era attraversato da squarci.
Emma individuò Ginny e Luna che combattevano spalla contro spalla e corse verso di loro con decisione e appena fu abbastanza vicina spazzò entrambi gli incappucciati che le fronteggiavano con un potente Protego, sbalzandoli all'indietro.
 “Andate in casa immediatamente” gridò loro sopra il frastuono.
 “E tu?” ribatté Ginny con sfida, lo sguardo lucido, duro e combattivo che la Corvonero conosceva come le sue tasche e che in un'altra situazione avrebbe trovato intimidatorio.
 “Non mi faranno niente” ribatté Emma seria “Non sono qui per me. Non possono ferirmi”
Ginny parve soppesare le parole dell'amica, ma poi annuì decisa, afferrò Luna per la mano e corse verso casa ed Emma le seguì con lo sguardo, assicurandosi che entrassero e appena furono al sicuro si guardò intorno, cercando di capire dove potesse essere utile.
Stavano combattendo tutti con ferocia, ma nessuno badava a lei.
 I membri dell'Ordine e parte degli invitati erano troppo impegnati a difendersi, mentre sembrava che i Mangiamorte la stessero apertamente ignorando. 
 Una strana sensazione si annidò nello stomaco dell'emoor. 
Era nel mezzo di una battaglia dove nessuno le avrebbe mai fatto del male ed era lei a dover decidere chi ferire e il respiro le si spezzò nel petto davanti a quell'ingrata responsabilità, mentre cercava di rimanere lucida per agire con senno.
 Bill gridava incantesimi contro Rookwood e Fleur e la signora Weasley contro Avery, ma distinguere gli altri incappucciati era quasi impossibile. I duelli erano tutti troppo serrati perché potesse intervenire, gli incantesimi volavano ovunque senza nemmeno sfiorarla. Il giardino della Tana sembrava un rogo pronto a bruciarli tutti insieme: nemici e amici.
 Lupin entrò nel suo campo visivo mentre teneva testa a due Mangiamorte ed Emma si riscosse e andò verso di lui. Avevano già combattuto insieme al Ministero ed erano ben equilibrati. 
 L'emoor deviò un paio di incantesimi, mettendosi al suo fianco.
 “Emma non dovresti essere qui.” le gridò il mannaro, affannato per il combattimento “mettiti al sicuro”
 “Io sono al sicuro” rispose lei di rimando, ugualmente senza fiato.
 Un suo Protego fece barcollare i due sfidanti abbastanza perché Remus li immobilizzasse ed Emma si torse agitata per cercare di capire chi fossero gli incappucciati, con il terrore di incontrare lo sguardo di Severus o di Draco, ma non vide nessuno dei due. 
 Scivolò nella battaglia con il cuore in gola, usando con maestria Protego e incantesimi difensivi, rifiutandosi di attaccare, o ferire, perché non si sarebbe mai perdonata di far del male al tutore, o a Malfoy, o anche solo Nott Senior.
Emma aveva già combattuto in passato e aveva visto morire persone, ma in quel momento, mentre arrancava tra corpi, maledizioni e incantesimi, si rese conto lucidamente di cosa significasse essere in guerra. Tutti i presenti erano persone
 Persone che conosceva bene, di cui sapeva i nomi.
Persone con una vita, una casa, molti di loro una famiglia, che stavano rischiando di morire in nome di qualcosa di estremamente intangibile come la vittoria. Tutti. Potevano morire tutti.
 L'emoor lanciò un altro incantesimo difensivo tra Fred e un incappucciato, lo sguardo sgranato. Sentì una presenza alle sue spalle e si voltò pronta ad attaccare, ma non fu abbastanza veloce.  
 Una donna la afferrò brutalmente, avvolgendole un braccio intorno alle spalle e stringendosela contro il petto. Emma sentì il profilo di un pugnale premerle contro la gola.
“Stanne fuori marmocchia” Bellatrix.
 “
Sono i miei amici Bella” ribatté l'altra, cercando inutilmente di liberarsi della stretta “Come posso non intervenire?”
 Il rumore della battaglia era insopportabile ed Emma deglutì lentamente, contro il metallo freddo della lama, gli occhi sbarrati.
 “Se muori Piton ci uccide tutti, quindi stanne fuori” sibilò di nuovo la Mangiamorte e ammorbidì la presa perché la ragazza si girasse per guardarla in volto, afferrandole però il polso e torcendoglielo.  
 Emma emise un lamento, mentre quasi lasciava cadere la bacchetta, ma all'ultimo riuscì a strattonare il braccio, staccandosi bruscamente dall'altra con sguardo furente.
 La Mangiamorte esplose in una risata divertita e anche attraverso la maschera l'emoor riuscì a scorgere gli occhi di lei brillare più minacciosi che mai, mentre la squadrava attentamente, ferina, la testa inclinata, come un animale pronto a braccare la sua preda.
 “Ti ho avvertito O'Shea: stanne fuori. Non siamo qui per te.”
Le orecchie dell'emoor fischiavano e le doleva la testa.
 “Severus lo sapeva?” chiese con affanno “Sapeva dell'attacco?”
 Bellatrix si sporse in avanti, cercando di inviare due maledizioni oltre le spalle della ragazza, ma Emma fu più svelta ed evocò un Protego, bloccandole.

La Mangiamorte si fermò, interdetta, scaraventò a terra la maschera e si avvicinò a lei di un passo, minacciosa, gli occhi fissi sul volto pallido dell'emoor.
 “Mi stai ostacolando, O'Shea?” sibilò, alzando la bacchetta.
 “Non vorrai ferirmi Bellatrix, vero?” ribatté Emma con sfida.
 Vide un lampo di confusione passare sul volto della donna, mentre le labbra si serravano piene di rabbia malamente trattenuta e gli occhi si facevano neri e pericolosi. 
Non possono toccarmi pensò l'emoor con sconcerto, ricambiando lo sguardo della Mangiamorte.
 “Allora?” insistette quindi la Corvonero, decisa a mantenere l'attenzione di Bellatrix su di sé per distoglierla dalla battaglia.
 Ogni secondo che le faceva perdere poteva significare una ferita mortale in meno inferta ai suoi amici, perché l'emoor sapeva perfettamente quanto la donna fosse letale, potente e arrabbiata.
 La Mangiamorte continuò a fissarla con aria combattuta e  parve sul punto di dire qualcosa di orribile, ma inaspettatamente si bloccò, rimase come in ascolto di qualcosa e poi, facendo un mezzo grugnito in risposta, le lanciò un'ultimo sguardo infuriato, prima di chinarsi a recuperare la maschera argentea che aveva lasciato cadere, per poi smaterializzarsi con uno schiocco.
 Emma sbatté le ciglia, confusa da quella sparizione improvvisa.  Come erano apparsi i Mangiamorte erano svaniti, lasciando qualche ferito e il tendone da matrimonio spezzato a metà. 
 Dopo il frastuono della battaglia quell'improvviso silenzio parve ancora più terribile. L'attacco era durato solo una manciata di minuti, ma a lei erano sembrati dei giorni interi.
 L'emoor prese respiro lentamente, guardandosi intorno con occhi sgranati e si rese conto di non essere l'unica sotto shock, ma a parte qualcuno con qualche brutta ferita, sembrava che nessuno si fosse fatto male in maniera troppo grave e non c'erano corpi a terra.
Fleur, bella come una guerriera epica, pur con il vestito rovinato e un brutto graffio sul braccio, si avvicinò a lei preoccupata.
 “Stai bene 
Emmà?” domandò e la ragazza riuscì solo annuire, confusa dall'abbraccio leggero della francese, che appena si staccò da lei scoppiò a piangere in singhiozzi leggeri. 
 Bill si affrettò ad avvicinarsi alla moglie e a confortarla, protettivo ed Emma lanciò uno sguardo triste alla ragazza. Non poteva biasimarla, quello avrebbe dovuto essere il giorno migliore della sua vita, non un giorno da ricordare per un attacco di Mangiamorte.
 Anche se illesa la Corvonero si sentì improvvisamente svuotata, il cuore che le batteva nel petto e le lacrime sulle ciglia.
 “Harry?” gridò la signora Weasley con angoscia “Dov'è Harry? Hermione? Dov'è il mio Ron?”
 Emma sospirò e lentamente andò verso di lei, abbracciandola stretta appena la raggiunse e mettendo in quel gesto tutto l'affetto che riusciva a provare per quella donna così tanto testarda e affettuosa, che aveva accolto tutti loro come figli e che si straziava per la partenza di ognuno.
 “Sono andati Molly" disse solo e le si strinse il cuore sentendola singhiozzare contro la sua spalla.
 Il silenzio intorno a loro era teso e pesante e per qualche istante tutti rimasero fermi, si udiva solo il sommesso pianto di Fleur ancora stretta tra le braccia di Bill e i singhiozzi meno delicati di Molly. Arthur attraversò il giardino e si avvicinò alla moglie, togliendola con gentilezza dalla spalla di Emma e cingendola a sua volta in un abbraccio “Va tutto bene Molly” mormorò l'uomo, il volto segnato dallo spavento appena vissuto.
 Alcuni dei pochi invitati rimasti, infine, si riscossero e si misero lentamente a sistemare ciò che era stato rotto. I tavoli e le sedie erano rovesciati in terra, i festoni giacevano frastagliati e tristi.
Ginny e Luna uscirono dalla Tana titubanti e subito si avvicinarono ad Emma, insieme anche ai gemelli e Lilith che attraversarono il prato verso di loro. L'emoor sospirò di sollievo, vedendo che nessuno di loro sembrava ferito.
 “Tutto bene?” chiese subito George, appena la raggiunse e la Corvonero annuì senza rispondere, ma abbracciò con forza il gemello in vita, appoggiando il volto sul suo petto.
 Si sentiva fragilissima e quasi temeva che se il rosso l'avesse stretta con poca più forza si sarebbe spezzata. Socchiuse gli occhi lentamente, sciolse l'abbraccio, appoggiando per un istante il volto nella mano con cui il gemello l'aveva accarezzata su un guancia. Cercò la calma in quel contatto carico di dolcezza fraterna, ci si abbandonò giusto l'istante per riprendere il controllo.

Gabriel Tullier era in un angolo del giardino e stava curando un signore basso e panciuto. Doveva essere rimasto a combattere ed Emma sentì un sincero moto di gratitudine nei suoi confronti.
 Anche a distanza era evidente, dal modo in cui teneva le spalle rigide e la mandibola tesa sul volto improvvisamente pallido, che fosse scosso. L'emoor ispezionò la sua figura sottile, ma scorse solo un taglio sulla sua guancia destra, per il resto sembrava stare bene.
 Quando il ragazzo si voltò, incrociando il suo sguardo, Emma fece lui un leggero cenno con la mano e subito Gabriel si alzò e si avvicinò lei a passo svelto, lo sguardo luminoso e concentrato.
 “Stai bene?” chiese con aria apprensiva.
 Lei annuì, si guardarono per un istante in volto e poi la ragazza lo abbracciò dolcemente e lui la strinse contro il petto.
 “Torna a casa, Gab” sussurrò con dolcezza l'emoor, racimolando parole “Torna a casa e se puoi racconta a tutti quello che hai visto. Avremo bisogno di tutto l'aiuto possibile”
Lui annuì in risposta, guardandosi intorno indeciso con aria spaventata, poi le posò un bacio sul capo, facendole un'ultima carezza sulla spalla. Sembrava ragionare velocemente, la fronte aggrottata, lo sguardo cauto e perplesso.
 “Puoi conta su di me Emma” mormorò “Quello che è successo oggi qui... è… non ha senso. È pericoloso.”
 “Lo so” sussurrò lei.
 “Conta su di me” ripeté di nuovo il ragazzo ed Emma si fece sfuggire solo un “
Ok” con voce flebile.
 “Intendo davvero” insistette Gabriel “Questi sono dei folli. Se avete bisogno di supporto conta su di me. Vanno fermati. Essere in Francia non credo che ci lasci al sicuro.”
 Emma sorrise lui e annuì con maggior convinzione. Gabriel la strinse un'ultima volta e poi si allontanò svelto. L'emoor lo vide solo scambiare qualche parola veloce con Bill e Fleur, poi scavalcò la staccionata e si smaterializzò.

“Sono andati vero?”
 Ginny le si era avvicinata in silenzio, senza far rumore alcuno e quando Emma si voltò verso di lei si accorse che la rossa evitava il suo sguardo, fissando ostinatamente il punto in cui Gabriel era sparito e intuì che stava trattenendo le lacrime e la paura e quindi, educatamente scostò anche il suo.
 “Sì, sono andati” rispose solo, ben sapendo che l'amica si riferiva ad Harry, Ron ed Hermione.
 La rossa annuì una volta e strinse la mano dell'emoor.
 “Non sono nemmeno riuscita a parlare con loro” mormorò.
 “Già” sussurrò Emma, con aria altrettanto abbattuta. 
 “Spero di rivederli” aggiunse con voce bassa la grifona, come se si vergognasse di esprimere quella preoccupazione ad alta voce.

 L'emoor le lanciò una breve occhiata, sapendo quanto l'amica stesse soffrendo, per quanto si ostinasse a mostrare quella facciata da dura e le strinse con più dolcezza la mano, prendendo un respiro. 
Ginny aveva maledettamente ragione. Non potevano più essere sicuri di nulla. Non era affatto certo che lei e il Trio si sarebbero rivisti.
 La guerra ormai gli aveva travolti e per quanti piani e strategie potessero fare i risultati sarebbero stati imprevedibili. C'erano troppe variabili in atto, non solo Harry e Voldemort e il loro strano legame, ma anche lei, gli emoor e tutte le persone con una posizione grigia e delicata, a partire da Severus, fino a Blaise Zabini.
 “La guerra fa schifo” disse Ginny amara.
 “Credo tu abbia ragione” le rispose Luna a sorpresa, con la sua voce delicata ed Emma fece un debole sorriso alla compagna di Casa, prendendo anche lei per mano.
 Lilith si affiancò a loro in quel momento, il volto contratto e il caschetto biondo più disordinato che mai.
 “E ora, che succede?” chiese ed Emma stava quasi per rispondere “Non so”, ma venne distratta dalla figura di Lupin che si stava avvicinando loro con aria seria e uno sguardo cupo e sofferente, come se tutto gli costasse un'enorme fatica.
 “Emma. Dobbiamo parlare” disse mite.
 La Corvonero si sentì invadere da uno strano disagio e si mise in allarme, ma annuì in risposta al mannaro, seguendolo dentro casa.

*

“Emma parlami” sussurrò Piton.
 La ragazza non parve stupita da quella richiesta e scostò lo sguardo dal ruscello che scorreva di fronte a lei, per osservare distrattamente l'uomo che, in piedi al limitare della piccola radura, la guardava con attenzione, una ruga profonda a segnargli la fronte aggrottata.
Severus rimase in attesa, in silenzio, ma lei non disse nulla e pressò solo le labbra con una smorfia leggermente infastidita, tornando a dare attenzione all'acqua cristallina, il mento appoggiato sulle ginocchia in una posa rannicchiata.
Erano anni che Emma e Piton non tornavano insieme in quella radura nascosta tra gli alberi in cima alle verdeggianti colline, alle spalle della piccola casa di Spinner's End, eppure per lei quello era sempre rimasto il posto 'suo e di Severus' e quando quella mattina era andata lì per schiarirsi le idee, bisognosa di calma e aria fresca, era sicura che lui l'avrebbe trovata.
 “Emma...” sussurrò l'uomo, trattenendo a stento il nervoso.
 “Di cosa ti devo parlare, Severus?” lo interruppe a sorpresa la ragazza, con voce neutra e lui parve sollevato di quella reazione e raddrizzò la schiena, ostentando un po' di sicurezza.
“Di quello che non va.” disse serio.
 “Come sai che qualcosa non va?” ribatté l'emoor, con una punta di acidità e di rabbia, ma l'uomo non perse la calma e fece solo un sospiro stranamente profondo e grave, gli occhi scuri e taglienti come lame, fissi sul profilo chiaro di lei.
  “Sono andati vero?” chiese con voce bassa.
 Emma sussultò e quando si voltò nuovamente verso di lui il suo sguardo era indifferente, ma i capelli arruffati intorno al volto insolitamente pallido, gli occhi verdi spenti e stanchi, come se non dormisse abbastanza da troppo tempo, tradivano la sua fragilità.
 “Chi è andato?” chiese con voce sottile
“Potter e gli altri due, sono partiti?”
 “Non so di cosa tu stia parlando” ribatté, sfoggiando un'aria improvvisamente più dura e sicura e Piton fece un sospiro quasi arreso a quel punto e si azzardò a fare un passo in avanti, rinunciando a stare al limitare della radura.
Emma non reagì, nemmeno quando l'uomo si sedette, titubante, al suo fianco, nemmeno quando alzò una mano per stringerle una spalla, sotto il suo sguardo stupito, senza che lei si ritraesse
 “Non sapevi dell'attacco, lo so” mormorò l'emoor, come se questo spiegasse la sua accondiscendenza e Severus parve sollevato.
 “Come lo sai?”
 “Non mi avresti mai lasciato andare” spiegò asciutta lei “Ho fatto la dura dicendoti che sarei andata dai Weasley ad ogni costo, ma non sono una stupida. So perfettamente che se tu non avessi voluto saresti stato perfettamente in grado di impedirmelo. Semplicemente non sapevi che ci sarebbero stati dei Mangiamorte”
 Piton annuì, facendo un sorriso sghembo e amaro, colpito come sempre dalla lucidità della ragazza.
“L'attacco non era nei piani, infatti” ammise “È stata una decisione di Dolohov, preso dall'entusiasmo appena caduto il Ministero. Il Signore Oscuro non ha particolarmente gradito”
Emma annuì con fare stranamente arreso, arricciando le labbra per trattenere il disgusto che provava per il Mangiamorte.
 “Sempre Dolohov” soffiò solo, strappando distrattamente alcuni fili d'erba e facendoli passare tra le dita.
 Il silenzio tra loro si fece scomodo, erano entrambi due persone sufficientemente schive, abituati alla mancanza di parole, ma vi era  anche il non detto a gravare sulle loro spalle, a torturarli in quel mutismo che non potevano spezzare, ma che odiavano entrambi. 
 “Almeno ora Lucius è tornato a casa?” chiese Emma.
 “Sì, è a casa.” rispose il tutore, osservandola attento, pieno di ansiosa preoccupazione, come se temesse di ferirla troppo a fondo scegliendo la parola sbagliata ed Emma si mordicchiò il labbro inferiore, annuendo, la fronte aggrottata, chiaramente turbata.
 “E Draco?” azzardò con un filo di voce.
Era la prima volta che cedeva e si azzardava a chiedere informazioni sul biondo Serpeverde. La prima volta che la sua angoscia per il destino del ragazzo diventava troppa da poter contenere e gli occhi di Piton saettarono sul profilo di lei, osservandola con attenzione.
 “Non sta bene” ammise infine controvoglia “ma è al Manor”
 “Ok” rispose velocemente lei, forse troppo, scrollando le spalle come se non le importasse davvero di avere notizie del ragazzo e per un poco rimasero zitti ad ascoltare lo scrosciare dell'acqua e il rumore delle foglie che si muovevano pigre a causa di una brezza fresca che sapeva di fine dell'estate.
C'era, in quel silenzio vellutato, una strana pace, priva del solito teso rancore che ultimamente li divideva. Era una tregua.
 “Voglio vederlo Sev” disse la ragazza all'improvviso con strana determinazione e lui le lanciò l'ennesimo sguardo attento, forse cercando di decifrare il motivo.
“D'accordo” annuì dopo qualche secondo “appena possibile posso portarti da lui se è quello che vuoi, ma devi stare...”
“Attenta, lo so” concluse lei con voce bassa.
 Severus risucchiò un po' d'aria, guardando la ragazza con dolcezza.
 “Non vuoi ancora dirmi che cosa è successo ieri dai Weasley?” tentò “Perché sei così triste, ci sono feriti?”
 Emma si tese sul posto, a disagio, lo sguardo fisso sul ruscello.
 “Ho solo paura che l'Ordine non si fidi di me.” ammise infine “Dopo il matrimonio c'era molta tensione”
 “Non si sono mai fidati nemmeno di me”
 “E facevano bene” gli fece notare la protetta.
 “Beh, forse” minimizzò lui, con uno sbuffo risentito ed Emma lo osservò, sperando che Severus aggiungesse altro, che finalmente le rivelasse la sua innocenza, di cui era ormai quasi certa.
L'uomo però si rabbuiò all'istante, contrasse il volto in una smorfia stanca e piegò il braccio sinistro infastidito.
 “Ti stanno chiamando” constatò lei.
 “Sì” confermò Piton, mettendosi in piedi, leggermente a disagio “devo andare. Ti dispiace tornare in casa? Sarei più tranquillo”
 La Corvonero annuì mesta. Non aveva voglia di discussioni e non aveva un reale motivo per stare nella radura se non quello di sentirsi distaccata e lontana da tutti i problemi che le gravavano addosso.
“Ok” rispose tranquilla, liberandosi dalla stretta alla spalla dell'uomo con noncuranza e si avviò verso casa, a passo lento.
“Se vuoi ne possiamo parlare più tardi” le disse Piton, forse preoccupato di non avere più possibilità di un confronto.
La ragazza non rispose e non si voltò, annuì distrattamente tra sé, uscendo dalla radura, mentre udiva il crack della smaterializzazione del tutore alle sue spalle.

*

Emma si svegliò con un terribile mal di testa e la bocca impastata. Dopo gli eventi alla Tana, era tornata a Spinner's End da quasi una settimana e di lì a meno di un mese sarebbe tornata ad Hogwarts.
Non aveva ancora scoperto nulla di nuovo, non aveva visto Draco, non riusciva a percepire Potter, non aveva avuto la conferma da Severus che fosse un uomo di Silente, non aveva nemmeno avuto  rivelazioni dalle lettere ricevute da Joanne, si sentiva  bloccata.
 L'unica cosa su cui era andata avanti era stata la lettura del libro di Arti Oscure. Era arrivata a metà e per lo più era rimasta inorridita dalle maledizioni e gli incantesimi torbidi che vi aveva trovato all'interno. Inizialmente si era appuntata ciò che trovava interessante, o d'aiuto, ma l'idea di lasciare in giro quegli appunti l'agitava profondamente, quindi infine gli aveva bruciati.
Fino a quel momento non aveva trovato molto sui Vinculum, né Eldest, né Pateret, che erano solo elencati come parte delle maledizioni di sangue ad oggi giudicate illegali, ma aveva scovato un'intera pagina a proposito degli Horcrux. Nulla di troppo specifico, o che potesse essere di aiuto ad Harry per distruggerli, ma era spiegata con dettaglio come avveniva la lacerazione dell'anima.
 Emma era rimasta inorridita leggendo le parole fredde e oscure che descrivevano come l'anima, strappandosi, lasciasse solo un'ombra di ciò che era prima nel corpo del mago e di come il sangue e i tessuti si lacerassero brutalmente, dividendosi da ciò che li teneva in vita e morendo in parte, in favore di qualcosa di oscuro e alieno. 
L'omicidio e la sua brutalità avvelenavano lentamente il creatore stesso degli Horcrux. Erano una condanna a vita, non c'era nulla di potente e ammirevole nella loro creazione.
L'emoor aveva avuto incubi nel chiedersi che cosa potesse essere rimasto dell'affascinante e intelligente Tom Riddle in quel guscio di malvagità che portava il nome di Voldemort dopo che aver creato non uno, ma ben sette Horcrux. Era orribile.
 La ragazza scosse la testa, cercando di mettersi seduta sul letto e gemette a causa di una fitta acuta alle tempie. Gli incubi non le lasciavano tregua, continuavano a peggiorare e in più aveva sognato Draco e le sue sofferenze, di nuovo.
Da qualche tempo il Serpeverde era una costante, in mezzo a lampi di luce, grida di donna e l'immagine di Silente che spezzato cadeva nel vuoto. L'emoor non aveva ancora ricevuto una singola informazione sul ragazzo a parte quello che le aveva detto Piton: che non stava bene ed era al Manor e doveva ammettere, che al di là della preoccupazione, che Draco le mancava terribilmente. 
 Era però a riuscita a resistere, fidandosi del fatto che Severus, prima o poi, l'avrebbe portata da lui.
Cercava di mostrarsi forte e soprattutto lavorava su sé stessa duramente per evitare di tradirsi, mostrando così quanto in realtà tenesse a Malfoy, ma adesso che lui aveva cominciato ad apparirle persino nei suoi sogni, solitamente mortalmente ferito, o peggio morto, resistere cominciava a diventare difficile.
 Gli incubi erano terribilmente realistici, tanto che Emma riusciva a scorgere il colore degli occhi di Draco e, a volte, persino percepirne il profumo che avrebbe riconosciuto ovunque. La mattina quando si svegliava era sempre stravolta e il sogno le lasciavano una brutta sensazione addosso durante tutta la giornata. 
 Quella notte poi era stato particolarmente vivido. Aveva assistito a una lunga tortura su Draco a opera dei Mangiamorte che rendevano il ragazzo sordo e cieco, mentre lei, completamente inerme e incapace di muoversi, era costretta ad assistere.
 Emma aveva gridato talmente forte nel sonno da svegliarsi da sola in lacrime e singhiozzi, con un dolore lancinante al petto e il fiato corto e Severus era rimasto a fissarla preoccupato sulla soglia della sua camera, senza osare avvicinarsi per non contrariarla, fino a quando, stremata, la ragazza non si era riaddormentata.
 L'emoor si alzò con fatica dal letto e si avviò strascicando i piedi verso il soggiorno, i capelli terribilmente arruffati.
 Piton non c'era, probabilmente in giro da qualche parte per ordine dei Mangiamorte, ma Glimpsy caracollò verso di lei con un ampio sorriso stampato sul volto.
 “Buongiorno signorina O'Shea” trillò con la sua vocetta acuta.
 “Ciao Glimpsy” rispose lei con tono impastato dal cattivo sonno.
 “Ha una faccia terribile e un pessimo aspetto” notò l'elfo con candore, gli occhioni sgranati ed Emma ridacchiò amaramente, mentre si versava del succo di zucca in un bicchiere.
 “Quanti complimenti elfo” borbottò, vagamente divertita.
“La signorina si è offesa? Glimpsy stava solo osservando” ribadì l'elfo, dondolando sui piedi insicuro ed Emma fece un sorriso dolce in risposta, accarezzando lui la nuca.
 “Va tutto bene Glimpsy, hai ragione, ho un aspetto orribile.”
 Si sedette in poltrona e afferrò la Gazzetta del Profeta che Severus aveva lasciato sul tavolino, scorrendo distrattamente le notizie. Come aveva previsto il giornale non le era d'aiuto, tutto sembrava andare magnificamente secondo Rita Sketeer e Pius O'Tusoe, appena nominato Ministro sotto maledizione Imperius.
 Quando aveva saputo della morte di Scrimgeour, Emma non aveva nemmeno potuto scrivere a James per assicurarsi che stesse bene, nonostante la morte dello zio e ora che la faccia di O'Tusoe sorrideva sornione dalla prima pagina del giornale, l'emoor provò uno moto di nausea e irritazione.
Nessuno scriveva davvero cosa stesse succedendo nel mondo magico, di come i Mangiamorte stessero cambiando leggi e regole e di come il Ministero non fosse più in grado di difendere il paese. 
 Nessuno parlava di morti sospette, sparizioni e retate, eccetto il Cavillo, a modo suo, ma avere una copia del Cavillo a Spinner's End era probabilmente utopico ed Emma sapeva di non poter usare Rubrick per contattare l'Ordine, o per materiale sospetto.
 La ragazza sospirò lentamente e chiuse gli occhi sconsolata: non vedeva l'ora di tornare ad Hogwarts. Sapeva che quell'anno le cose sarebbero state diverse, senza Silente e soprattutto con Voldemort al potere, ma aveva bisogno di avere accanto i suoi amici. 
 Sostenere sulle spalle il peso degli eventi affiancata da loro era molto più semplice e soprattutto le infondeva il giusto coraggio.
 L'emoor fece di nuovo un sospiro leggero, persa nei suoi pensieri, cercando di togliersi di dosso la sensazione di solitudine che le stringeva lo stomaco. 
Lì a Spinner's End non aveva la possibilità di parlare con nessuno, si sentiva tagliata fuori, esclusa, più di quanto già non si sentisse tutti i giorni. Lei in fondo era un elemento controverso, era l'ago della bilancia, e lo era per entrambe le fazioni.

*

Ginny Weasley, l'espressione dura e concentrata, stava in piedi di fronte ad Emma pronta a difenderla con tutte le sue forze.
 “Ginny, questo non è un processo contro Emma. Io mi fido di lei” tentò per l'ennesima volta Lupin, cercando senza successo di calmare la ragazza.
 “Non sembra affatto, Remus, o non saremmo intorno a un tavolo a parlare di cosa può aver rivelato Emma ai Mangiamorte” ribatté aspra la Grifondoro, la mano stretta intorno alla bacchetta.
 “Stiamo solo cercando di capire come conoscessero il luogo” cercò di mediare Tonks “Ci hanno trovato subito, è preoccupante”
 “State accusando Emma di aver rivelato informazioni” rispose la Weasley, con voce tremante di rabbia.
 “Magari involontariamente...” sospirò Molly, lo sguardo confuso e ferito.
 Ginny fulminò la madre con un'occhiataccia e fece per ribattere, ma a sorpresa fu Bill a intervenire, la voce tranquilla, un braccio intorno alle spalle della moglie e gli occhi però fissi sull'emoor.
 “Se oggi io sono vivo e mi sono sposato, lo devo a Emma. Io mi fido di lei.”
 Calò per qualche istante un silenzio imbarazzato, in cui la signora Weasley arrossì leggermente, come vergognandosi di aver dubitato della ragazza, mentre Emma faceva un piccolo sorriso a Bill piena di gratitudine. 
 Fu Lupin di nuovo a intervenire, con tono di voce tranquillo e diplomatico.
 “Nessuno dubita di questo e nessuno dubita di Emma, ma dobbiamo capire come i Mangiamorte prendono le informazioni e come ci hanno trovati, oggi c'erano delle protezioni su questo posto.”
 “Molto protezioni” scandì Tonks.
“E perché subito dovete fare domande a Emma?” sibilò Ginny, i nervi a fior di pelle “Metà delle protezioni che avevamo sulla casa erano fornite dal Ministero e oggi il Ministero, se non ve ne siete accorti, è caduto.”
 L'emoor, che fino a quel momento era rimasta seduta tranquilla ad ascoltare gli adulti, cercando di capire il punto della discussione senza riuscirci, sfiorò la mano dell'amica attirandone l'attenzione.
 “Ginny, tranquilla, non me la sono presa, siediti” sussurrò con stanchezza.
 “Io invece me la sono proprio presa” rispose lei, le guance che si coloravano di rosso acceso “Perdono tutto questo tempo a fare domande stupide a te quando ci sono questioni più importanti. Quante volte dovremo parlare delle persone in cui riporre, o meno, la fiducia? Quante volte dovremo ancora dubitare di te, Piton, Harry e persino di Malfoy?”
 “Ginny” la richiamò di nuovo Emma, con maggior fermezza, facendole cenno di sedersi accanto a lei, pur silenziosamente grata all'amica per quella difesa a bacchetta spiegata e la Grifondoro questa volta si arrese, con un leggero sbuffo, senza smettere di sfoggiare però un'espressione arcigna.
“Quali sono i vostri dubbi Remus?” chiese l'emoor, pragmatica.

Erano tutti pigiati nella cucina della Tana: l'Ordine al completo e poi Ginny, i gemelli e Lilith, Luna e i genitori di Fleur, grottescamente vestita da sposa. 
 La  tensione era palpabile nell'aria, densa, opprimente.
 “Sei l'unica di noi ad avere contatti con Mangiamorte” disse quieto il mannaro “Avevi per caso sentito dell'attacco?”
 “No, non ne sapevo niente o vi avrei avvertito, ovviamente” rispose Emma.
 “Immaginavo.” annuì Remus “Non hai nemmeno sentito Piton fare qualche riferimento che avrebbe senso a posteriori?”
 “Io e Severus ci parliamo a mala pena”
 “Ma lui non voleva che tu venissi, me lo hai detto tu” insistette il mannaro.
 “Esatto, ma dubito che fosse al corrente dell'attacco o non sarei qui con voi.”
 Remus la osservò attentamente e poi annuì con espressione tranquilla.

Questo è un appunto interessante, in effetti.” borbottò “Emma, sai bene che io mi fido completamente di te, queste sono solo...”
 “Precauzioni, lo so” rispose l'emoor “hai altre domande?”
 “No” disse Lupin gentile, facendole un sorriso sincero “Se tu non hai nulla da aggiungere io sono a posto, volevo solo ragionare con te della cosa”
 “Invece dovremmo farle altre domande” insistette un mago che Emma non conosceva, ma che faceva parte dell'Ordine e che si presentò come Dedalus Lux.
Emma si voltò verso di lui, studiandolo attentamente.
 “Prego” lo invitò a continuare.
 L'uomo parve un po' intimorito dalla calma glaciale della ragazza e tentennò prima di aprire di nuovo bocca “Ecco... Piton...”
 “Come detto io e Severus non abbiamo quasi contatti. Tutto quello che posso sapere dalla mia convivenza con lui lo comunico tempestivamente a Remus, non ho interesse a collaborare con i Mangiamorte” rispose pacifica la ragazza.
 “Ma è vero che sei ancora affezionata a lui?” chiese allora l'uomo, sfacciatamente, con un tono vagamente accusatorio e guardandola dritto in faccia
 “Certo.” rispose Emma senza distogliere lo sguardo, arricciando il naso in una smorfia infastidita “anche se credo che la sua sia una domanda poco pertinente e anzi, piuttosto personale”
 “Tieni a lui anche se ha ucciso Albus Silente?” insistette Lux incredulo.
 “Ora basta” dissero Lilith e Ginny all'unisono, perdendo entrambe la calma e mettendosi davanti all'amica con fare protettivo.
 “Non vi preoccupate.” sussurrò la Corvonero alzandosi e affiancandosi alle due  “Preferisco che vengano fugati tutti i dubbi per l'ennesima volta.”
 “Sai dove è andato Harry?” intervenne con voce pacata Tonks, sorridendole amichevolmente, per farle capire che non sospettava affatto di lei, ma che voleva trovare una soluzione.
 “No, ma in questo caso anche se lo sapessi non ve lo direi” ribatté l'emoor ferma, cercando a sua volta però di fare un sorriso sincero alla ragazza, che immobile annuì, stringendo la mano di Lupin.
“Ma sapevi che sarebbe partito, no?” intervenne per la prima volta Kingsley con la sua voce profonda, guardandola con estrema attenzione, come se non volesse farsi sfuggire nulla.
 “Oh andiamo, non prendiamoci in giro, tutti noi lo sapevamo” sbottò Fred.
 “Esatto. La smettete di trattarla come se fosse una traditrice?” rincarò George con aria offesa “Bill ha ragione: dobbiamo essere grati a Emma. Voglio dire, lo avete visto il mio orecchio? È stata lei a salvarmi! E poi ne abbiamo già parlato mille volte, Emma si è largamente meritata la nostra fiducia, no?”
 “Malocchio avrebbe detto che la fiducia non è mai troppa” ribatté Dedalus, con uno sguardo velenoso, borbottando tra sé.
 “Allora continua a farmi domande” ribatté Emma gelida, fissando l'uomo negli occhi, quasi con sfida “Sono a disposizione e se non volete credermi datemi pure del Veritaserum, non mi tirerò indietro”
 “Non è necessario” intervenne subito Remus, protettivo, cercando di placare i toni “siamo tutti stanchi e preoccupati, vacillare è semplice, ma i ragazzi hanno ragione, dovremmo avere fiducia gli uni degli altri. Emma poi...”
 “Ha una posizione particolare” ribatté Ginny alzando gli occhi al cielo, ricordando terribilmente Hermione “Quante volte dovremo ripeterlo ancora? Quante volte dovremo dire ancora che Emma è fedele ad Harry, ma è la figlia putativa di Piton e gli è grata e allo stesso tempo sta insieme a Draco Malfoy? Quante volte dovremo ripetere ancora che lei è l'ago della bilancia?”
 “Un ago della bilancia con pessimi gusti in fatto di ragazzi” borbottò Fred con un sorriso ampio stampato sul volto, facendo sghignazzare George al suo fianco, ma Emma ignorò i gemelli e guardò l'amica con orgoglio.
 Ginny se ne stava fiera e altera, lo sguardo nocciola assottigliato da un principio di rabbia, le labbra strette dalla determinazione e fronteggiava il gruppo di adulti senza il minimo tentennamento e senza che una lacrima le rigasse le guance nonostante il suo ragazzo fosse appena sparito per una missione suicida. 
 Emma conosceva bene la caparbietà e la forza dell'amica, ma in quel momento la vide particolarmente ferma e cresciuta: una vera leader.
“Ora siamo stufe, ce ne andiamo. Fine della riunione” decretò la rossa con aria solenne, prese l'emoor per mano e abbandonò la stanza tirandosela dietro, seguita a ruota da Lilith, con un sorriso furbo stampato sul volto, Luna e i gemelli Weasley con la loro aria allegra. 
 I presenti osservarono stupiti i ragazzi andarsene, mentre Lupin non riusciva a fare a meno di sorridere tra sé con malcelato orgoglio.

*

La ragazza camminava avanti e indietro con il cuore in gola.
 Severus sarebbe arrivato di lì a momenti perché la voleva con sé al Manor e lei non aveva potuto rifiutare. 
 Questo significava che con tutta probabilità avrebbe rivisto Draco e non aveva davvero idea di come affrontare quell'incontro. 
 Emma, in fondo, ad eccezione del giorno del matrimonio di Bill e Fleur, era stata tutto sommato al sicuro per tutta l'estate, Draco invece, intrappolato al Manor, era decisamente nell'occhio del ciclone e lei ricordava bene il pallore e le profonde occhiaie che avevano deturpato il volto del ragazzo per tutto l'anno precedente e ora non sapeva che cosa aspettarsi e aveva il timore di scoprirlo.
 Agitata fece un saltello sul posto per sciogliere la tensione quando Piton aprì la porta d'ingresso, una busta di carta spessa tra le mani.
 “Ciao” lo salutò la ragazza, con misurato distacco.
 “Ciao” ribatté lui, con voce altrettanto neutra “È arrivata una lettera da Hogwarts.”
 “Hogwarts?” 
 “Potrebbero essere i tuoi G.U.F.O.”
 
I GUFO. Emma risucchiò improvvisamente troppa aria, rischiando di strozzarsi. Aveva completamente dimenticato i GUFO
 Tutto quello studio matto e pieno di tensione fatto con i compagni sembravano appartenere ad un'altra vita. 
Ripensare al colloquio che aveva avuto con Vitious sul suo futuro le parve irreale, ma comunque una leggera agitazione le strinse involontariamente lo stomaco, mentre afferrava e poi apriva velocemente la busta che le porgeva Severus, un'ombra di sorriso sul volto sempre troppo serio.

Incantesimi – Eccezionale
Pozioni – Eccezionale
Difesa contro le Arti Oscure – Eccezionale
Erbologia – Eccezionale
Aritmazia – Oltre Ogni Previsione
Antiche Rune – Eccezionale
Trasfigurazione – Eccezionale
Storia della magia – Oltre Ogni Previsione
Cura delle creature magiche – Oltre Ogni Previsione
Astronomia – Eccezionale


Allora?” chiese Piton ed Emma si stupì nel notare che l'uomo era davvero interessato, anzi pareva addirittura impaziente, per quanto cercasse malamente di nasconderlo dietro il tono di voce neutro.
 “È andata bene.” rispose al tutore, senza riuscire a trattenere un mezzo sorriso soddisfatto “Ho preso sette Eccezionale e quattro Oltre Ogni Previsione” rivelò soddisfatta, immaginando per un momento che persino Hermione Granger sarebbe stata orgogliosa di lei, tanto che, se fosse stata lì, si sarebbe complimentata con entusiasmo, dimenticandosi di quanto poco valore potevano avere dei voti in tempi di guerra.
 “Sei riuscita a prendere il tuo '
Eccezionale' in Trasfigurazione?” domandò Piton e l'emoor alzò lo sguardo verso di lui, stupita che si ricordasse la loro conversazione a riguardo.
“Sì, ci sono riuscita. Anche in Pozioni” mormorò.
 “Non avevo dubbi. Sono fiero di te”
 Il tono era basso e distaccato, lo sguardo sfuggente, a nascondere le sue vere emozioni e l'emoor si ritrovò a sorridere all'uomo di rimando, cercando di scavare sotto quella maschera impassibile.
 “Allora andiamo?” chiese lui in fretta, forse per togliersi da quella situazione, porgendole il braccio, la schiena stranamente rigida.
 La ragazza annuì, facendo un passo verso di lui.
 “Pensi che importino in un momento come questo delle votazioni, Severus?” chiese incerta.
“Perché no?” domandò lui sinceramente stupito e la ragazza scrollò le spalle, con espressione affranta.
 “Beh, con Voldemort e tutto il resto” snocciolò a labbra strette “forse è stupido preoccuparsi dei voti di scuola.”
 “Ti sconsiglio di dire il suo nome, sai che stanno lavorando per creare un allarme a riguardo” la fermò il tutore.
 “Sì giusto...” disse mesta lei, ma rimase immobile, senza afferrare il braccio che l'uomo ancora le porgeva. 
 “Emma” la richiamò, lui con strana dolcezza “i tuoi voti 
sono importanti. Sono degli ottimi obbiettivi e ti serviranno per il tuo futuro e la tua carriera, non volevi costruire bacchette magiche? Ti serviva quell'Eccezionale e sei riuscita ad ottenerlo”
 “Si ma siamo in guerra e...”
 L'espressione di Piton si rabbuiò appena e parve farsi quasi malinconica, mentre scrutava la ragazza. 
 “Non saremo in guerra per sempre” ribatté “Lo sai questo no?”
 L'emoor inclinò appena il capo e lo osservò curiosa.
 “Pensi che prima o poi tutto finirà?” chiese con tono che era un misto di stanchezza e speranza insieme.
 “Certo” sussurrò il professore, le labbra strette, lo sguardo brillante.
“E che finirà bene?” chiese dubbiosa l'emoor.
 “Dobbiamo solo sperarlo” disse brusco lui “ma di sicuro tutto finirà e il tuo Eccezionale avrà valore, ti farà accedere al prestigioso corso del Ministero e diventerai un'artigiana di bacchette.” 
 Era evidente che Severus la stesse supportando nel tentativo di tirarle su il morale e soprattutto di farla sperare in un futuro che da qualche parte la stava aspettando ed Emma apprezzò il suo sforzo e i suoi modi di fare in quel momento così crudi e sinceri.
 “Sarà un anno strano, vero?” gli disse, osservandolo attentamente.
 “Sicuramente.” ammise l'uomo, porgendole nuovamente il braccio.

Ed Emma, lì in piedi nel salotto di Spinner's End, fece un breve piccolo sorriso, sospirando piano, lo sguardo attento che scorreva sui lineamenti marcati del tutore, il sopracciglio leggermente inarcato. Severus ricambiò curioso quell'occhiata indagatrice, senza evidentemente capire che cosa passasse nella testa della protetta. 
 In realtà, nemmeno l'emoor avrebbe saputo spiegare con precisione 
cosa stava provando in quel momento. Era stata una fugace sensazione che l'aveva attraversata quando Severus le aveva dato il braccio. Quante volte l'aveva fatta smaterializzare in quel modo?
 
Emma si rese conto che proprio quel gesto, quel muto invito ad afferrare il suo braccio, aveva avuto importanza da subito, fin dal primissimo giorno in cui lui l'aveva portata lì, nella casa di Spinner's End, quando l'emoor aveva lasciato alle spalle la sua felice infanzia e il salotto dei suoi genitori per diventare una strega.
 Sembrava passata una vita intera, ma Emma sapeva che era proprio stato quel primo passo verso di lei che aveva fatto iniziare il suo rapporto con il tutore. Un rapporto, quello tra lei e Severus, che era cresciuto e si era rinsaldato, ma che in tutta sincerità, rimaneva un legame delicato ed estremamente complesso. 
Anche se, nonostante tutti gli ostacoli e i problemi che si erano ritrovati ad affrontare, infinite altre volte si erano trovati proprio a quel 
preciso punto: in cui lui che le porgeva il braccio per smaterializzare entrambi da qualche parte e lei lo seguiva.
 Emma ricordava perfettamente il Severus dei primi tempi: chiuso e sarcastico, distaccato e spesso perplesso, come se si chiedesse, con un certo disprezzo, cosa avesse fatto di male per avere intorno una ragazzina iperattiva e piena di curiosità a cui insegnare ogni cosa.
 Così come ricordava il Severus ironico che era succeduto al primo, quello stesso Severus che l'aveva invitata a leggere sulla sua nuova poltrona, o che con un microscopico gesto del capo le permetteva di aiutarlo con le pozioni, o che composto l'accompagnava sulle colline, la smorfia che appena si incrinava in fugaci e brevi sorrisi.
 L'emoor si ricordava anche il Severus Piton gelido e terribile che insultava i Grifondoro a scuola, con la sua voce annoiata e strascicata, mentre spiegava le sue lezioni e toglieva punti senza avere alcuna fiducia nelle teste di legno che gli si sedevano di fronte.
 Quello stesso Severus che tratteneva a malapena la sua rabbia quando si confrontava con Black, o con questioni che non comprendeva fino in fondo e non sapeva gestire come avrebbe voluto. Quello stesso Severus che soffriva silenziosamente quando si accorgeva che Emma intercettava le sue sgradevoli battute piene di sprezzo e che in modo goffo e teso cercava di farsi perdonare.
 Ma soprattutto Emma conosceva bene il Severus che la guardava con preoccupazione, l'uomo che accorreva da lei dopo le prove del Torneo Tre Maghi, l'ansia stampata sul volto pallido, la fronte corrucciata. Lo stesso uomo che a volte le faceva compagnia con brevi chiacchierate, che sorrideva mesto alle sue battute e che reagiva rigido ai suoi abbracci, alzando gli occhi al cielo davanti al suo spirito che lui definiva 
da perfetto Grifondoro.
Quell'uomo che l'aveva adottata al costo di minacciare il Ministro della magia in persona e che si parava davanti a lei senza tentennamenti, che accorreva quando aveva bisogno, che la risvegliava dai suoi incubi con fare severo e freddo e le asciugava le lacrime senza mai stancarsi, dandole il suo supporto con una leggera stretta su una spalla, o una breve carezza sul capo.
 Quell'uomo pieno di preoccupazione, amore, affetto e rispetto che lei considerava il suo tutore e che era infinitamente migliore dell'uomo che aveva ucciso Silente, senza nemmeno guardarla in volto, per poi fuggire. Meglio del Mangiamorte freddo e calcolatore, meglio del mago oscuro e distaccato che viveva senza passato e senza speranza alcuna per il futuro.
 Davanti al braccio sollevato di Severus verso di lei, l'emoor, ebbe un sussulto, che le fece tremare il cuore e si chiese distrattamente 
chi fosse quel nuovo Piton, ma quasi immediatamente, con consapevolezza, si rese conto che forse quel Severus comprendeva tutti gli altri e con una strana dolcezza nel cuore sentì nascere una nuova e potente fiducia in lui e mentre afferrava il braccio con decisione, sotto lo sguardo scuro del tutore, che aveva sempre avuto il potere di calmarla, si ritrovò a sorridere con tranquillità, certa che Severus l'avrebbe sempre difesa e lei avrebbe sempre difeso lui. Erano di nuovo insieme.
 Emma sorrise e il suo cuore perse un battito quando vide la piega che presero le labbra dell'uomo, poi si smaterializzarono.
 Severus Piton stava sorridendo.


*Angolo Autrice*

Ciao Lettori! 
Come state? Questa sera sono stata quasi in ritardo, ma eccomi.
Tutto il capitolo è un po' una riflessione sulla posizione di Emma e su come reagiscono le persone intorno a lei. 
La ragazza, come da titolo è per più di un motivo tra vari fuochi e ormai questo lo sappiamo, ma mantenere tutto in equilibrio sta diventando sempre più difficile e non più per la sua capacità o meno di fare il doppiogioco o di usare l'Occlumanzia a dovere, ma perché entrano in gioco i sentimenti e la ragazza è coinvolta emotivamente. Emma dovrà imparare, come fa Severus, a sembrare dura e distaccata, se vuole essere una buona spia.

Punti/spunti direttamente: 
. Credo che la situazione di Emma sia paradossale è difficilissima. è ufficialmente l'unica che sembra non rischiare nulla, ma che si sente però responsabile di tutti quelli che la circondano e forse in un certo senso in colpa per avere un trattamento diverso.
. Molto importante secondo me la comparsata di Bellatrix. Addirittura interviene e rinuncia al 'divertimento' per proteggere l'emoor. 
. Un cuoricino a Gabriel combattivo. Bravo ragazzo.
. Sto cercando di far avvicinare pian piano di nuovo Emma e Severus. A mio parere è completamente inevitabile. Come primo luogo di "riconciliazione" la radura mi è sembrata la scelta più ovvia e giusta, visto che era stato un posto importante nel passato dei due. 
. Emma ancora non vede Draco, ma la figura del Serpeverde è presente nel capitolo attraverso le parole di Severus e la preoccupazione dell'emoor. 
. Ho voluto lasciare spazio a Ginny e anticipare quello che sarà poi Ginny nella resistenza: una leader. Che la ragazza non si faccia problemi a dire la sua lo sappiamo perfettamente, ma in questo caso la vediamo confrontarsi anche con gli adulti. 
. Nei momenti di 'pace' in casa o nella sua partenza dalla radura, ho cercato di rendere occasionale e evanescente la presenza di Severus per rendere un po' di più la quotidianità della ragazzina. Spesso sola, senza notizie e piena di preoccupazione. 
. La chiusura del capitolo è tutta per il rapporto Emma-Severus, a cui sapete tengo molto. Ho voluto riflettere su come, forse senza che nemmeno ce ne siamo resi conto, sia mutato e cresciuto (e su come sia meraviglioso)

Cosa ne pensate? Il capitolo era forse un po' di passaggio, ma essenziale. Vi è piaciuto?
Nel prossimo farò riassuntone della fine del libro!
Un grande abbraccio.
vi

Ritorna all'indice


Capitolo 49
*** Imparare dal male ***


.Imparare dal male.

 


Emma Piton O'Shea uscì dal camino che dava sulla banchina del binario 9 e ¾, accompagnata dalla figura elegante di Narcissa Black e quella silenziosa  di Draco Malfoy. La donna bionda, una mano appoggiata con fare protettivo sulla spalla del figlio, si fece spazio tra la folla con aria sicura, uno sguardo sdegnato stampato sul volto e il mento sollevato in maniera aristocratica, nella miglior maschera possibile per una moglie di un Mangiamorte. Emma, che invece trascinava il suo baule tenendosi a qualche passo di distanza, si accorse di come tutti si scostassero al loro passaggio, le teste chine davanti ai Malfoy, che subito si risollevavano per guardare lei, come a chiedersi da che parte stesse.
 Arrivati accanto al treno rosso fiammante, Narcissa si fermò, voltandosi verso di lei e afferrandole le mani con un gesto gentile, mentre lo sguardo chiaro le scrutava attentamente il volto.
 “Emma cara” disse piano, per un attimo sincera “Passa un buon anno scolastico. Spero di rivederti presto”
 “Grazie di avermi accompagnato Narcissa” ribatté l'emoor, chinando il capo in risposta e ricevendo un sorriso appena accennato dalla donna bionda, prima che lasciasse la presa su di lei.
Draco, fermo accanto alla madre, lanciò a sua volta alla ragazza un lungo sguardo pieno di turbamento, ma non disse nulla. 
Nonostante il completo scuro che indossava per darsi un tono serio e la smorfia dura e inflessibile, che affilava ancor di più i suoi lineamenti, Emma riusciva a scorgere la sua paura.
 L'emoor sapeva perfettamente che il Serpeverde non avrebbe voluto essere lì, che per lui tornare ad Hogwarts  significava dividere lo spazio con i coetanei che lo guardavano con sospetto e timore  e quelli che lo disprezzavano apertamente per il suo marchio, oltre che stare a stretto contatto con i Carrow.
Draco avrebbe dovuto costringersi in una maschera di indifferenza e almeno fingere di seguire le lezioni. Non avrebbe potuto annullarsi come cercava di fare costantemente al Manor, smettendo quasi di respirare nel tentativo di far dimenticare il mondo di lui.
E questo era uno dei motivi per cui l'emoor era contenta che i Malfoy e Voldemort l'avessero rispedito a scuola, oltre al fatto che era piuttosto d'accordo con Narcissa: Hogwarts sarebbe stata più sicura di altri posti e poi sarebbero stati insieme.
 “Ci vediamo dopo Draco?” chiese, facendo lui un mezzo sorriso e solo dopo averlo visto annuire rigidamente, Emma si voltò e avanzò nella folla in cerca di Ginny.
 Non tardò a trovare il gruppetto di teste rosse poco distante, molto meno nutrito degli altri anni. C'erano solo i signori Weasley, Bill e la figlia ed Emma alzò una mano verso di loro e vide il volto dell'amica illuminarsi di sollievo.
 “Oh, Emma” sorrise subito la signora Weasley, avvolgendola in uno di quei caldi abbracci che sapevano di casa.
 “Molly” la salutò l'emoor con un sorriso, ricambiando dolcemente la stretta “Dove sono tutti?” chiese.
 “Fred e George hanno da fare al negozio” spiegò il signor Weasley “Charlie è tornato subito in Romania e...”
 “Ho saputo che Ron ha la Spruzzolosi” disse l'emoor “Come sta?”
“Si – si si rimetterà presto” balbettò il signor Weasley, guardandola ammirato davanti alla sua prontezza.
 Era la copertura dei Weasley, fingere che Ron fosse gravemente malato e altamente infettivo, per non essere subito considerati dei traditori pronti ad appoggiare Harry Potter.
 Emma si allungò per abbracciare anche Bill, che le sorrideva allegro, le cicatrici appena visibili sul volto chiaro.
 “Invece quell'idiota di Percy manca come sempre all'appello” disse il ragazzo e lei notò la signora Weasley irrigidirsi impercettibilmente.
 “Non essere duro con tuo fratello” intervenne Arthur, pur con un'espressione seria stampata sul volto “Non sappiamo come se la stia cavando al Ministero”
“Non ho mai avuto il piacere di conoscerlo” ribatté la Corvonero, rivolgendosi poi di nuovo a Bill “Fleur?”
 “Nella casa nuova. Abbiamo trovato un posticino proprio carino, ti piacerà un sacco, ne sono certo” rispose il rosso.

Il treno fischiò con forza e subito la signora Weasley intimò alle due ragazze di salire, approfittandone però per rubare a entrambe un altro abbraccio amorevole.
 “Mi raccomando state attente” sorrise, agitando un fazzoletto nella loro direzione per salutarle e l'emoor ricambiò con affetto, salendo sul treno alle spalle di Ginny per poi voltarsi un'ultima volta per guardare i tre rossi con un sorriso.
Con la coda dell'occhio scorse alle loro spalle Narcissa Black osservare la scena, ritta nella sua posa elegante, il vestito costoso a fasciarle il corpo slanciato. Teneva le labbra serrate in un'espressione di disappunto e lo sguardo fermo  indecifrabile. 
Emma si chiese cosa stesse pensando e per un momento ebbe la strana impressione che provasse invidia. 
Forse per l'evidente affetto che c'era tra lei e i Weasley, o per il dispiacere di non poter essere anche lei apertamente amorevole nei suoi confronti, o forse il suo era semplicemente disgusto trattenuto, non riuscì a definirlo, ma alzò la mano nella sua direzione, facendole un ultimo saluto e vide la donna sussultare e subito ricambiare, con un sorriso appena accennato, la mano che si muoveva in modo così simile a quello di Molly Weasley e che eppure riusciva a risultare estremamente più elegante.

*

Per un istante rimasero fermi ad osservare la cancellata del Manor. Immobili. Poi Severus, come tutte le altre volte, superò i cancelli come fossero fumo grazie al marchio nero e poi aprì dall'interno per permettere ad Emma di entrare.
 Si incamminarono lungo il viale ancora in silenzio. Malfoy Manor, con la sua struttura imponente e granitica, aveva sempre intimorito leggermente l'emoor, ma ora qualcosa di strano e sinistro aleggiava nell'aria, rendendola anche più pesante e gelida rispetto al solito e passandole un vero e proprio terrore. Sembrava come se una cappa di oscurità avesse avvolto pesantemente tutta la struttura.
 “Arti Oscure” disse Piton, intuendo la muta domanda della protetta.
 “Si fanno sperimentazioni al Manor?” chiese Emma curiosa e l'uomo annuì rigido, evitando lo sguardo di lei.
 “Una specie” rispose secco.
 “Che genere di sperimentazioni?” insistette la ragazza.
 “Emma queste cose sono...”
 “Sono solo curiosa” si difese subito lei, mite, lo sguardo innocente e Piton parve soppesare per un istante la domanda, prima di tornare a guardare il Manor.
 “Sperimentazioni su magia principalmente.” disse infine lui “Il Signore Oscuro ci spinge alla continua ricerca, non ammette la perdita di tempo, o la noia.”
 “Piuttosto intelligente da parte sua” ammise suo malgrado l'emoor “Vi occupate prevalentemente di maledizioni, o spaziate anche in altri campi?” 
Piton le lanciò un'occhiata visibilmente stupita e inarcò un sopracciglio. 
 “In ogni campo, appunto. C'è una piccola divisione di medicina anche. Avery e Rookwood stanno lavorando invece su magie di distruzione massiva: esplosioni controllate, incantesimi di erosione, maledizioni acide. Rosier e Nott lavorano ai veleni e alle pozioni. Travers e Yaxley invece stanno studiando maledizioni che si attivino su vincoli contrattuali, per cercare basi solide di accordi con politiche estere. Selwyn, Macnair e Rowle stanno provando incantesimi persuasivi e di tracciamento per mettere un tabù sul nome dell'Oscuro Signore.”
 Emma dovette sforzarsi per non mostrare quanto fosse impressionata dall'organizzazione del lato oscuro. Dubitava sinceramente che l'Ordine si stesse muovendo con una pari coordinazione e provò del fascino per Lord Voldemort che spingeva il suo esercito di bruti e feriti a cercare, migliorare e conoscere.
 Improvvisamente capì da cosa l'aveva messa in guardia Silente.
 “Immagino che non dovresti dirmi queste cose.” sussurrò con voce sottile
 “Non è certo un segreto” disse secco Piton “Come l'Ordine lavora in nome di Silente per contrasto i Mangiamorte lavorano per l'Oscuro. I piani del mio Signore sono pensati con accuratezza e necessitano di ricerca e preparazione”
 “E tu cosa fai per lui?” chiese con candore la Corvonero e Piton irrigidì leggermente la mascella e il suo sguardo si fece più cupo.
 “Io ho l'onore di coordinare. Sono uno dei consiglieri dell'Oscuro Signore.”
 Emma si tese, sapeva che l'uomo parlava in quei termini perché si trovavano nel giardino del Manor, ma sentì comunque un leggero fastidio.
 “Capisco” mormorò “Quando dovrò incontrarlo?”
 “Quando e se ti chiamerà” rispose secco il tutore.

Erano ormai quasi all'ingresso del Manor che incombeva di fronte a loro.
 “Quanto rimarremo qui?” domandò l'emoor.
 “Almeno un paio di settimane, ho molto da fare.” ribatté l'uomo.
 “Ma tra due settimane inizia la scuola” fece notare lei, accigliata.
 “Sì. Narcissa ti porterà al treno. È un problema?”
Emma scrollò le spalle con indifferenza, sorpresa. Aveva sperato di passare ancora qualche giorno a Spinner's End, a stabilizzare il rapporto con il tutore, studiare tutto quello che riusciva e sentirsi ancora per un poco al sicuro.
 “No, va bene.” rispose apatica, entrando nell'ingresso.
 “Hai dieci minuti prima che la tua presenza sia richiesta dai Malfoy nella sala del tea.” le disse Severus “Posso portarti subito da Draco, va bene?”
 La ragazza sussultò stupita e quasi si strozzò con la sua stessa saliva. Non si aspettava di poter vedere subito il ragazzo, non aveva osato sperarlo.
 Il cuore prese a batterle con forza e il sangue a ribollire nelle sue vene, mentre alzava grata lo sguardo verso il tutore.
 “Sì, va bene” disse in un sussurro.

*

“Troviamo uno scompartimento” disse Ginny, tirandosi dietro il suo pesante baule e allungando il passo lungo i corridoi.
 Non dovettero camminare molto per scovarne uno vuoto, l'intero treno sembrava curiosamente poco affollato e piuttosto silenzioso, quasi in maniera sinistra. Fecero appena in tempo a sistemare i bagagli, che anche Luna e Neville apparvero sulla porta dello scompartimento, seguiti a ruota da Lilith e James.
 “Eccovi qui, voi due” esclamò il Corvonero con un largo sorriso “vi stavamo cercando per tutto il treno.”
 L'emoor corse subito verso l'amico, trattenendo a stento un gridolino felice. Aveva visto Lilith al matrimonio, ma James non lo vedeva da mesi e gli era mancato terribilmente. 
 Il ragazzo la strinse brevemente, ridacchiando per quell'entusiasmo e lei allungò una mano per scompigliare lui i capelli corvini, come sempre. Alcuni piccoli gesti che, anche con Voldemort e la guerra in corso, non cambiavano mai. Anche i nuovi arrivati si sistemarono alla belle meglio, stretti gli uni con gli altri.
Neville tentò goffamente di issare il suo bagaglio senza mollare il suo rospo, Emma si mise subito sulle punte insieme a Ginny, per provare ad aiutarlo, ma James fu più veloce.
 “Grazie” esalò il Grifondoro, prima di lasciarsi cadere sul sedile.
Era strano vedere persone che avevano avuto pochi rapporti tra loro chiuse tutte insieme nello stesso scompartimento, uniti solo da quella strana guerra che stava avendo ufficialmente inizio. Era strano vedere Luna e Ginny più vicine che mai e James e Lilith fare spazio amabilmente a Paciock. Strano, ma bello.
Emma sedette accanto al Corvonero, di fronte a Ginny e spostò lo sguardo verso il finestrino dove il paesaggio scorreva veloce, facendola immergere nei suoi pensieri. Nessuno in quel momento stava parlando, uno strano silenzio era calato, forse perché nessuno aveva voglia di raccontare come fossero andate quelle orribili vacanze, né volevano mettere sul tavolo le paure evidenti di ognuno. Fu un viaggio lungo e silenzioso. Solo Neville, a un certo punto, goffamente, si rivolse all'emoor con voce gentile.
 “Tu e Malfoy state ancora insieme?” chiese, fissandola in volto con aria tranquilla “Vi ho visti arrivare insieme alla banchina”
 Emma lo osservò sorpresa, presa in contropiede da quella domanda sincera e diretta, ma annuì in risposta, decisa a non mentire e Neville arrossì sulle guance paffute, con un'espressione concentrata.
 “Magari non ti importa” disse il Grifondoro “ma anche io penso che sia stato solo sfortunato, non avrebbe mai ucciso Silente. Harry lo credeva anche lui e mi sono sempre fidato di Harry.”
 L'emoor sollevò entrambe le sopracciglia, colpita da quell'affermazione e sentì uno strano calore invaderle il petto, facendola sorridere con aria stupida. Avrebbe davvero voluto che Draco fosse lì con lei ad ascoltare quelle parole.
 “Grazie Neville” sussurrò, guardandolo ammirata.
Sapeva benissimo quanto Malfoy potesse essere sgradevole con i membri di altre Case, in particolare i Grifondoro. Non aveva dimenticato i comportamenti da bullo del ragazzo e le sue battute talvolta meschine e Paciock era sempre stato anche un elemento fragile e imbranato e quindi un facile bersaglio. 
Era ammirevole che nonostante le battute perfide che aveva ricevuto dal Serpeverde, fosse disposto a difenderlo in maniera oggettiva, con quello sguardo buono e sincero. L'emoor fece una smorfia gentile nella sua direzione, sentendo di aver a sua volta sottostimato il cuore di Neville Paciock e il ragazzo le rispose con un grande sorriso, tornando poi a fissare il suo rospo.

*

Draco le dava le spalle, stava seduto su una sedia con aria affranta, la testa china sorretta dalle mani. Sembrava ancora più magro e consumato di quanto Emma lo ricordasse, ma era vivo e questo le bastava.
 “Due minuti e poi vi aspettano di sotto” sussurrò Severus, osservando la protetta e la Corvonero annuì senza voltarsi a guardarlo, completamente assorbita dalla figura del ragazzo di fronte a lei.
 Avvertì solo distrattamente i passi dell'uomo allontanarsi e una porta chiudersi dietro alle sue spalle. Rimase a osservare il profilo fragile del Serpeverde per qualche secondo, indugiando con gli occhi verdi sulle spalle incassate in una posa arresa e la pelle diafana, tanto chiara da sembrare irreale.
 Draco non dava nemmeno l'impressione di essersi accorto della sua presenza, ma stava immobile chino in avanti, tanto che Emma si chiese se si fosse addormentato. Indossava un completo scuro molto elegante, che la ragazza non gli aveva mai visto e l'emoor ebbe la strana percezione che, mentre erano separati, fosse diventato improvvisamente adulto.
 “Draco” mormorò, stupendosi appena del suono rotto della sua voce, il cuore le batteva furiosamente nel petto senza che riuscisse a controllarlo.
Il ragazzo lentamente si riscosse nel sentire il suo nome ed Emma trattenne quasi il respiro, mentre lui si girava lentamente verso di lei, la bacchetta in mano. 
 Era pallido, il volto teso da uno sforzo incomprensibile che gli deturpava i lineamenti affilati, le occhiaie marcate sotto gli occhi metallici e le labbra sottili tenute talmente tanto strette da renderle quasi bianche. Emma si perse nel suo sguardo grigio e spezzato, scorgendovi con dolore un guizzo che le parve di paura e che le strinse il cuore. Draco era l'ombra di sé stesso.
 L'emoor si avvicinò lentamente, i palmi rivolti verso di lui per dimostrargli che non c'era nulla da temere, le lacrime agli occhi nel vedere quanto fosse debole e ferito. Spaventato. E Draco Malfoy la osservò di rimando per qualche secondo, in silenzio, forse in parte chiedendosi se stesse avendo un'allucinazione, ma poi si alzò incerto sulle gambe, la testa inclinata a studiarla e solo quando si rese conto che davanti a lui c'era davvero l'emoor in carne ed ossa, schiuse le labbra in un'espressione sinceramente stupita e lasciò cadere a terra la bacchetta, facendo un passo incerto verso di lei.

Emma lo vide muovere le labbra insicuro, come se volesse dire qualcosa, ma non riuscisse nemmeno a deglutire e i suoi occhi grigi si fecero grandi e liquidi di una profonda commozione. Respirava lentamente, immobile e confuso, come invaso dalla potenza delle emozioni che lo stavano attraversando e che forse a furia di occludere e fingere di non esistere, non era più in grado di gestire.
 Emma fece un altro passo verso di lui, i palmi sempre rivolti verso l'alto e lo sguardo rassicurante, attenta a non fare movimenti bruschi che potessero spaventarlo e spezzare quel fragile equilibrio.
 “Draco” lo chiamò di nuovo, con dolcezza e gli occhi del ragazzo saettarono nei suoi. Era evidente si lacerasse nel dubbio. Era evidente come temesse che Emma avrebbe provato disgusto nei suoi confronti. Era evidente che non sapesse assolutamente come affrontare quel momento. Aveva passato mesi, in fondo, solo tra quelle mura, vessato da Voldemort e i suoi adepti, torturato e umiliato, con la costante paura di morire e l'imperativo di non mostrare i suoi sentimenti.
Si era lasciato andare, Draco Malfoy, spegnendosi a poco a poco, fingendo di non esistere e trincerandosi dietro muri di Occlumanzia. Aveva reso inaccessibile ogni emozione, ogni paura, ogni pensiero, fingendo di essere vuoto e freddo e nascondendo anche a sé stesso i suoi sentimenti, la sua rabbia, il suo desiderio di rivalsa. Tutto questo per paura che in una delle lunghe invasioni di mente a cui Voldemort lo sottoponeva, pieno di feroce curiosità, Draco potesse tradirsi, facendo capire, per esempio, quando tenesse all'emoor.
 Emma non lo sapeva, ma l'Oscuro Signore aveva mostrato interesse morboso nell'analizzare il suo rapporto con il giovane Malfoy e aveva scandagliato ogni centimetro della sua mente, cercando di capire perché un'emoor, con il sangue magico più potente e antico che si fosse visto da molti secoli, avesse scelto quel ragazzo fragile e agli occhi di Lord Voldemort tutt'altro che interessante. 
 E Draco Malfoy aveva lasciato che lo violassero, con distacco e sguardo assente, senza nessun rispetto per sé stesso, cercando solo di soffrire il meno possibile, di non pensare ad Emma e alla sua condizione, di proteggerla. 
 E ora, dopo tutti quei mesi di buio e terrore, vedere l'emoor a pochi passi da lui era come tornare all'improvviso a respirare, era come essere investiti da quei sentimenti che aveva finto di non conoscere e che ora risplendevano nella sua mente tanto brillanti da fargli venire mal di testa. 
 Draco Malfoy si rese conto con improvvisa lucidità di quanto la presenza di Emma nella propria vita gli fosse mancata e soprattutto di quanto avesse desiderato quel momento, senza osare ammetterlo a sé stesso.
 Il ragazzo sentì l'urgente bisogno fisico di stringerla tra le sue braccia per avere la prova che fosse reale e la trovò bellissima, mentre con sguardo spezzato si soffermava sui capelli biondi e disordinati di lei, con tutte quelle venature ramate che avrebbe riconosciuto ovunque, per poi affondare in quello sguardo verde con ombre così unico, parzialmente nascosto dalla frangia arruffata.
 “Sei viva” mormorò Draco.
 “Sei vivo” sorrise Emma.

*

“Non mi abituerò mai a questo” sussurrò Lilith tetra, guardando verso il tavolo dei professori.
 Non c'era bisogno di chiederle a cosa si riferisse, sia Emma che James annuirono, perfettamente d'accordo con l'amica, mentre osservavano i due Mangiamorte occupare ben due sedie e Severus seduto al posto che un tempo era appartenuto ad Albus Silente. 
 Ed era un'immagine così irreale e sbagliata che molti nella sala sembravano quasi confusi e sbattevano le ciglia come a cercare di mettere a fuoco quell'assurda situazione.
 Tutto era in effetti estremamente quieto per essere il banchetto di apertura del nuovo anno a Hogwarts e sentire le poche conversazioni che qualcuno si azzardava a fare era incredibilmente semplice. Lo smistamento era avvenuto quasi in silenzio, senza i soliti applausi e schiamazzi, una cerimonia formale e frettolosa alla fine della quale i bambini del primo anno avevano raggiunto i loro tavoli a testa china, vagamente spaventati.
 Emma con un moto di rabbia non poté non notare quanto effettivamente le tavolate apparissero stranamente vuote rispetto al solito, senza tutti i Nati Babbani. L'unico tavolo gremito era ovviamente quello di Serpeverde che però conservava l'aria mogia e silenziosa di tutti gli altri studenti. 
Il vuoto lasciato dal magico trio al tavolo di Grifondoro appariva come una voragine, che risucchiava inesorabilmente l'attenzione di Emma e di tutta la sala. L'emoor non aveva avuto notizia da loro. Erano semplicemente scomparsi. Non avevano scritto, non avevano provato a contattarla, nemmeno Harry attraverso la connessione. Persino gli incubi condivisi sembravano essersi fatti più rari. Era come se il magico trio fosse sparito, in punta di piedi.
 Emma fece scorrere lo sguardo lungo le panche di Corvonero con un'aria triste, evitando il tavolo degli insegnati.
Dan e Luke, Nati Babbani, mancavano all'appello e tutti nel suo gruppo sembravano particolarmente abbattuti, persino Richard Done, che eppure si agitava sulla panca come se non vedesse l'ora di lasciare la sala, la fronte corrucciata.
 “Sei stato punto da un Acromantula, Richard?” chiese Sean con un mezzo sorriso stanco, senza astio, cercando solo probabilmente di fare un po' di conversazione, ma Richard divenne particolarmente rosso in volto e si girò verso il compagno di scatto, quasi con rabbia.
 “Sta zitto idiota di un Bales, sta zitto! Se non vuoi che ti faccia attorcigliare le tue stupide viscere con una Cruciatus”
 Sean ammutolì e gli altri aggrottarono la fronte davanti a quella esplosione inattesa di violenza. Un bambino del primo anno, seduto di fronte a loro, sembrò farsi minuscolo sulla panca, tanto che Sarah carezzò lui la schiena per tranquillizzarlo.
 “Richard ma che dici?” chiese Sean in un sussurro, osservando l'amico che si sistemava nervoso gli occhiali.
“Forse siamo solo tesi e stanchi” sussurrò James, cercando di calmare le acque, ma scoccando un'occhiata di rimprovero a Richard, che scrollando le spalle tornò a fissare il cibo nel piatto.
Emma scosse leggermente il capo davanti a quel tentativo dell'amico di giustificare il compagno di Casa, minimizzando quello sfogo. Lei e Richard avevano sempre evitato contatti, dato che si mal sopportavano a vicenda e a esclusione di una furiosa litigata al primo anno di Emma ad Hogwarts, avevano a malapena scambiato qualche parola negli anni a seguire. Semplicemente la pensavano diversamente su troppe cose e il ragazzo, inoltre, detestava tutti quei maghi come Harry Potter, o l'emoor, noti per qualcosa senza che se lo fossero meritato. Emma si rese conto che Lord Voldemort doveva doveva essere per lui un mago ideale, che si era creato dal nulla da solo, grazie alla sua ambizione. 
Dan e Luke però rappresentavano una variabile interessante perché erano gli unici veri amici del ragazzo ed essendo Nati Babbani non rispettavano le regole del sangue puro che professava Voldemort. 
 Richard doveva essere piuttosto confuso e arrabbiato con sé stesso in quel momento e il fatto che fosse anche isolato e privo dei due amici, sicuramente, non aiutava a migliorare la sua condizione.
 Emma sbuffò piano, distogliendo l'attenzione dal ragazzo e spostò lo sguardo al tavolo di Serpeverde, scivolando su Daphne, Zabini e gli altri emoor, per poi soffermarsi sul volto pallido di Draco.
 Il biondo era vagamente imbronciato, lo sguardo distratto e il mento appoggiato nel palmo della mano e sembrava quasi stonare con il resto dei compagni di Casa, così adulto e spezzato.
 Le cose stavano cambiando anche lì ad Hogwarts.

*

Emma uscì dalla stanza con rabbia cieca, sbattendo furiosamente la grossa porta della sala da pranzo del Manor. Corse svelta dietro Draco, che si allontanava a grandi passi, visibilmente alterato, le spalle tremanti. 
 Era stato un pranzo difficile, zeppo di accuse velate al giovane Malfoy e insulti infiocchettati, scanditi dalle risate bieche dei Mangiamorte, fino a quando, con tutta l'eleganza possibile, Draco aveva abbandonato la stanza, pallido e ferito, sotto lo sguardo preoccupato di Narcissa ed Emma ne aveva approfittato e si era voltata verso i commensali con un disgusto appena trattenuto, mettendoli a tacere con un'occhiata furente. Aveva ignorato lo sguardo freddo e allarmato di Severus ed era uscita con passo militaresco dalla stanza, decisa a raggiungere Malfoy.
 Se c'era una cosa che l'emoor odiava del suo soggiorno imposto al Manor erano certamente i pranzi con i Mangiamorte, che la portavano spesso all'esasperazione, ma il silenzio assordante degli ampi corridoi e la consapevolezza che in una delle numerose stanze si nascondeva l'origine di tutti i loro problemi e che lei non potesse farci assolutamente nulla, non era tanto meglio.
Da quando era lì la ragazza aveva imparato ad ascoltare molto e parlare poco, aveva osservato Narcissa, imitandola come fosse la sua ombra, destreggiandosi nei convenevoli e scivolando sempre via dalle situazioni di tensione il più velocemente possibile. Era diventata perfetta nel seguire le regole dei Purasangue, gli inchini, il silenzio, i comportamenti stucchevoli. Aveva imparato a mantenersi ai lati, a essere sempre pronta intervenire e a fingere distacco.
 Questo però non le aveva impedito di dare qualche secca risposta a Dolohov, di non dissimulare il dissenso davanti a certe conversazioni e soprattutto di stare il più possibile con Draco. L'emoor se ne fregava altamente di cosa pensassero di lei i Mangiamorte. Non era affar suo e non voleva il loro favore.
 Sapeva che non la guardavano con sospetto perché l'aurea di rispetto che incuteva Severus era abbastanza forte da proteggerla e questo le bastava. Non le importava che la giudicassero degna o potente, né che Yaxley e Mulciber la chiamassero il “peperino Piton” per le sue risposte secche e nervose. 
 Se ne fregava delle illazioni sulle sue origini e delle domande indiscrete che facevano a Severus su a chi l'avrebbe data in sposa, domanda per altro ripetuta appositamente di fronte a Draco e Narcissa, per vessarli e renderli nervosi. 
 A Emma non importava delle risate di Bellatrix Lastrange, dei brindisi per ogni retata andata a buon fine e dei lupi mannari e i Ghermidori che si presentavano a tutte le ore. Non le importava nemmeno della magia oscura che impregnava le pareti e le peggioravano gli incubi. Né del dolore alle tempie ormai persistente.   
 A Emma non importava nemmeno più di Dolohov e il suo continuo sguardo di sfida sprezzante. Il Mangiamorte era in fondo alle sue priorità. 
 Perché l'emoor aveva imparato a farsi scivolare tutto addosso, a chiudere interi libri ed emozioni nella sua mente, a schermare e organizzare, occludere e modificare i percorsi che portavano ai suoi dubbi e alle sue paure. 
 In solo una settimana al Manor, Emma, per esigenza, si era trasformata alla stregua di Severus, in una maschera di indifferenza e controllo. Ma non dovevano toccarle Draco. Mai. Draco era il suo punto debole, il suo punto di rabbia, il suo punto di irrazionalità.
Perché ora che lo aveva rivisto, l'emoor sapeva quanto il Serpeverde fosse ormai prossimo a spezzarsi e non ci teneva a rischiare di perderlo per un branco di maghi mediocri. Non lo avrebbe permesso in nessun modo.
 Emma aumentò il passo e vide il ragazzo in prossimità all'ingresso. Gli afferrò una mano, chiamandolo per nome con decisione e lo tirò contro di sé, aggrappandosi al suo collo, ispirando quel profumo che aveva sognato per mesi e reclinando subito la testa per cercare i suoi occhi grigi.
 Trovò invece le sue labbra, che si agganciarono a lei inattese, mentre lui la stringeva con forza contro di sé, dolcemente. Si baciarono nel mezzo del corridoio cercando conforto l'una nell'altro.
 “Non devi ascoltare Dolohov, Draco, è un'idiota.” soffiò l'emoor a voce bassa  e carezzò con tenerezza quel volto che le era mancato terribilmente, osservandone ogni millimetro “Non far sì che si prenda gioco di te. Chiudi la mente e fingi che non esista. Non ne vale la pena” 
 La mancanza che aveva provato per mesi del Serpeverde non sembrava essere ancora passata. Sentiva il bisogno viscerale di vederlo, abbracciarlo, assicurarsi che fosse salvo e al sicuro. Non ne aveva mai abbastanza.
 Il ragazzo parve essere sulla stessa linea d'onda, perché annuì appena e si chinò nuovamente verso di lei a rubargli un altro bacio. C'era dolcezza, c'era timore, c'era amore, soprattutto. Si muovevano con delicatezza, come se l'altro fosse di cristallo e avessero il terrore di spezzarsi a vicenda.
 “Mi dispiace” mormorò Draco, afflitto “non riesco a far finta di nulla”
 “Non è colpa tua, lo capisci?” ribatté lei, accigliata.
 Malfoy in risposta la strinse con più forza e la baciò improvvisamente con più impeto ed Emma rispose con trasporto, lasciando che fossero i loro corpi a cercarsi, afferrarsi e stringersi uno contro l'altro e dimenticandosi per un momento che avrebbero potuto vederli e che questo li rendesse vulnerabili.
 Si fecero sfuggire sospiri rassegnati e sognanti, lui le mordicchiò il labbro e scese lentamente lungo il profilo del suo collo, lei affondò le mani nei capelli biondi.
 “Merlino mi sei mancata” sussurrò Malfoy.

Emma strusciò il naso contro il collo di lui con tenerezza, poi con un sospiro fece un passo indietro, mettendo una giusta distanza tra loro, intrecciò le dita con quelle del ragazzo e lo tirò leggermente verso di sé, con l'intenzione di portarlo verso le serre. Draco la seguì per un passo, poi però si irrigidì, una smorfia infastidita sul volto e fletté il braccio sinistro, guardandola con fare colpevole.
 Non ci fu bisogno di parlare, Emma lasciò andare la sua mano e lo guardò allontanarsi svelto verso il salone principale, sentendosi incredibilmente impotente. Altri Mangiamorte spuntarono da vari corridoi, o apparvero in sbuffi di fumo e ignorandola completamente, si diressero nella stessa direzione presa dal biondo.
 L'emoor sospirò amara, tirando su con il naso in un mezzo sbuffo indeciso. La magia del Manor premeva sul suo corpo come una cappa soffocante e le intorpidiva i sensi. L'idea di dover stare lì un'altra settimana, tra gli intrighi, i sussurri, la paura e l'attesa, la innervosiva terribilmente.
 Prese le scale verso la sua stanza, la rabbia che ancora le strideva nel petto a pensare a Dolohov e al pranzo e come Draco sembrasse affogare sempre di più, pressò le labbra con disappunto.

... Morten Aracnula.... Partius legante... Afilius Memento...

Erano alcune delle maledizioni oscure che aveva letto nel libro di Severus, le uniche che Emma si era resa conto che sarebbe stata in grado di eseguire se avesse deciso di rendere la sua anima un poco più nera. 
 Avevano per lo più conseguenze terribili e la ragazza a volte immaginava di usarle contro Voldemort e di far finire tutta quella sofferenza, ma rifletteva sempre se davvero sarebbe stata una vittoria battere l'oscurità con l'oscurità.

... Morten Aracnula.... Partius legante... Afilius Memento...

Si accontentò di ripeterle come mantra orribile e calmante, anche solo per ricordare a sé stessa di cosa sarebbe stata capace, se solo avesse voluto.

*

I primi giorni ad Hogwarts erano stati surreali. 
 Emma aveva seguito le lezioni come fossero a distanza, senza riuscire ad essere completamente concentrata come avrebbe voluto e stupita di come i professori cercassero di tenere la guerra e le preoccupazioni il più possibile lontano dalle aule. 
 La McGranitt, Lumacorno, Vitious e la professoressa Sprite, in particolare e in maniera stoica, sembravano essersi eletti a protettori degli studenti e si mostravano fermi, equilibrati e tranquilli in ogni situazione, ben decisi a limitare i Carrow ed essere di esempio per gli studenti, cercando di mantenere un minimo di normalità e professionalità e riempiendoli di compiti e consegne.
Le facce pallide degli abitanti del castello, tuttavia, insieme al senso di oppressione dato dai Dissennatori che galleggiavano sulla vicina Hogsmeade, la mancanza di risate e colore nei corridoi e i vuoti lasciati dagli assenti, rendevano tutto più smorto, oppressivo e difficile da digerire. Teso.
 Non si vedevano studenti da soli nei corridoi, tutti cercavano di tenersi gli amici accanto, intimiditi dalla presenza dei Mangiamorte e con il terrore di essere presi di mira. Persino Emma, che in fondo non temeva troppo per la sua incolumità, visto anche la tenue protezione che Severus esercitava su di lei, si muoveva come alienata sempre accanto a Lilith e James, o Ginny e gli emoor, attenta a tutto quello che succedeva intorno a loro, pronta a non farsi sfuggire nulla e a mantenere il suo miglior controllo, ma la tensione che c'era nell'aria sembrava preannunciare che qualcosa sarebbe esploso.
 Quella mattina era riuscita a malapena a inghiottire qualcosa durante la colazione e si era diretta verso l'aula di Babbanologia insieme ai compagni. Era una nuova materia obbligatoria, tenuta, così come Difesa della arti Oscure dai due fratelli Mangiamorte. Nel caso specifico da Alecto Carrow.
Emma non conosceva bene i Carrow. Al Manor non occupavano un posto di prestigio ed erano percepiti più come cani da sguinzagliare all'occorrenza. Con Mangiamorte acuti e abili, come per esempio Mcnair e Avery, l'emoor non riusciva a capire perché tra tutti fossero stati scelti i Carrow per Hogwarts. 
 I due fino a quel momento si erano mostrati solo tronfi e crudeli. Perennemente gongolati per il ruolo ricevuto, spesso petulanti e imprecisi, più occupati a dimostrarsi potenti nella loro posizione che ad amministrare la scuola. In questo, la resistenza poteva ritenersi fortunata. Se ci fosse stato Avery al loro posto sarebbero stati istituite ronde e controlli, ma con i Carrow, per lo più, bisognava solo combattere contro una costante irritazione.

“I Babbani sono la feccia del nostro mondo e come tali vanno trattati. Insudiciano le nostre discendenze ormai da secoli cercando di rubare la magia ai maghi” berciò Alecto con tono acido ed Emma serrò la mandibola per non scoppiare a ridere.
 Era una strega tozza e sgraziata, con una fisionomia totalmente dimenticabile, se non fosse stato per quella voce gracchiante e fastidiosa che ti entrava sotto pelle con disgusto al solo sentirla. A Emma ricordava in parte il tono lezioso e ovviamente insopportabile usato dalla Umbridge due anni prima.
 “Ovviamente un Nato Babbano non ha motivo di avere sangue magico, ma esistono molti modi per rubare parti magiche a un mago, per questo il controllo deve essere meticoloso” continuò la donna con occhi sgranati e un sorriso insensato sul volto.
L'emoor si morse il labbro piena di rabbia incredula, annoiata da quelle spiegazioni assolutamente assurde e prive di fondamento. Tamburellò nervosamente con la mano sinistra sul legno del banco, attirando uno sguardo allarmato di James.
“Non darle corda” soffiò l'amico, ed era sicuramente un buon consiglio, tanto che Emma fece lui un mezzo sorrisino teso. 
 “È solo che stamattina la mia pazienza è ai minimi storici” sussurrò l'emoor “non sopporterò tanto a lungo tutto questa ignoranza”
 James trattenne un ghigno ed Emma respirò a fondo, cercando di  non dare peso alle parole gracchianti e insultanti della donna.
 Tutta quella lezione sembrava alla Corvonero molto peggio che una qualunque spiegazione della Umbridge in realtà, perché, oltre ad essere fasulla, era anche incredibilmente stupida. 
 Ogni singola parola pronunciata dalla Mangiamorte trasudava un'ignoranza rozza che aveva dell'incredibile ed era quasi comica. Alecto stava andando avanti a parlare da più di mezzora, ben oltre il limite di sopportazione della ragazza, che non poteva credere che Lord Voldemort potesse davvero essere felice di avere nelle sue file delle persone così grette e ignoranti come i Carrow.
 “Il rubare la bacchetta è ovviamente il primo passo, essendo veicolo di magia...” continuò la Mangiamorte e l'emoor non riuscì più a trattenersi, colma di insofferenza si alzò in piedi, gli occhi infiammati di orgoglio e le guance sgradevolmente chiazzate di rosso. 
 Non era mai stata una da gesti plateali, perché, come i suoi antenati, preferiva di gran lunga agire nell'ombra e mentre la classe si girava lentamente a guardarla, trattenendo il respiro, si rese drammaticamente conto di non sapere affatto cosa dire, o fare e si limitò a ricambiare lo sguardo perplesso che le inviò la Professoressa.
 “Ha bisogno di qualcosa O'Shea?” chiese Alecto Carrow, fermando temporaneamente il suo sproloquio e guardandola con molto interesse, un ghigno appena accennato sul volto.
 “Le informazioni che sta dando sono sbagliate. Non si può affatto rubare la magia a un mago” sputò lei in risposta “Anche un bambino di tre anni potrebbe dirglielo.”

La strega sbatté le palpebre per qualche secondo, con espressione perplessa a instupidita, prima di rendersi conto di quello che aveva detto la ragazza e mettersi a ridere in modo volgare.
 “Pensi di saperne più di un insegnante?” chiese melliflua
 “In effetti sì” rispose l'emoor, con un candore tale che provocò qualche risatina nei presenti e lasciò basita la donna “Ovviamente se con insegnate intende che ne so più di lei. Non ho mai sentito tante bugie e imprecisioni messe insieme in un discorso.”
“È un peccato vedere tanta insolenza: la magia si può rubare.” sibilò quella “Lo dicono centinaia di maghi illustri”
 “No” disse annoiata Emma, che ormai aveva esaurito totalmente la sua pazienza “La magia non è una capacità trasmissibile. Deve essere presente nel mago, o nella strega in maniera innata. Può essere ampliata e potenziata con legami di sangue e trasmissioni di eredità fittizie, per quanto ormai illegali, ma un Babbano privo di qualità magica non potrebbe diventare un mago, nemmeno usando dei Vinculum oscuri. Il meglio che può ottenere è diventare una Magonò blasonato, ma non riuscirà mai a fare nemmeno un incantesimo di base. I Nati Babbani che dimostrano qualità magiche sono normali maghi e streghe”
 “Come osi sudicia emoor?” sbottò quella, alzando la bacchetta.
 “È la verità” si difese la ragazza “la magia non si può rubare, o tutti i Babbani sarebbero maghi, non crede? Ci sono molte altre cose interessanti che potrebbe insegnarci sugli stati di sangue, i legami, le famiglie e i ruoli delle case e degli stemmi dei Purosangue, ma queste che sta dicendo sono solo patetiche menzogne.”
 Il volto di Alecto si accartocciò ed Emma si alzò a fronteggiarla. Lilith, James e Sean la imitarono, quasi subito seguiti da Sarah, che tremava come una foglia. Guardarono tutti la donna con aria di sfida, mentre Alecto li fissava perplessa, gli occhi sgranati.
“Ma per favore...” sbottò tra i denti Richard con sdegno e Carmen gli diede una forte gomitata per farlo tacere.
Il gesto secco parve rianimare la professoressa, che contrasse il volto in una smorfia terribile e prima che chiunque potesse intervenire, lanciò una Cruciatus contro Sarah. Inaspettata. La ragazza urlò come un'ossessa appena la maledizione la colpì al centro del petto ed Emma per un istante la guardò contorcersi scioccata e subito alzò la bacchetta verso la Mangiamorte, mentre la classe ammutoliva.
 “La lasci andare!” tuonò, mentre James e Lilith impallidivano, pur rimanendo accanto a lei e Sean si sedeva lentamente, sconvolto.
Sarah continuava a urlare e piangere disperatamente, il corpo magro che sussultava in modo terribile. Nella classe era calato un silenzio pauroso e una Tassorosso scoppiò a piangere al suo banco, sussurrando con voce tremante 'La sta torturando'
 “La lasci!” gridò di nuovo Emma, guardando sconvolta l'amica.
 “Io non prendo ordini da lei, signorina O'Shea”

Emma perse il controllo, come quando al Ministero Dolohov aveva quasi colpito Lilith con un Avada Kedavra. Esplose, semplicemente.
  Il formicolio alla mani si fece improvvisamente intenso e il sangue prese a pomparle nelle vene con grande velocità, bollente. La magia, antica e potente, sprizzava incontrollata intorno a lei. 
 Non dovette nemmeno pensare a l'incantesimo offensivo, né lo pronunciò ad alta voce. Puntò solo la bacchetta sulla donna, in un gesto repentino, pensando di farla smettere e questa schizzò contro la parete squittendo e sbattendo violentemente il capo.
 Emma non si preoccupò di vedere se stesse bene e insieme a Carmen si chinò subito accanto a Sarah, preoccupata.
 “Dobbiamo portarla immediatamente in infermeria” esalò spaventata guardandole le labbra bianche dell'amica.

“Sto – Sto bene” rispose piano la ragazzina, gli occhi pieni di lacrime, nello sforzo di mostrare coraggio.
 “Oh, Sarah” singhiozzò Carmen, circondandola in un abbraccio.
 Emma si rialzò furente, incontrando lo sguardo di Richard Done.
 “Hai aggredito un insegnante stupida idiota di un emoor” le disse il ragazzo con espressione cattiva.
 “Ha usato una Maledizione senza Perdono, Richard” sibilò lei.
“E allora? È un insegnante, può fare quello che vuole e voi stavate insubordinando” disse il ragazzo quasi isterico, gli occhi grandi e il rossore sulle guance che si diffondeva rapidamente.
 Emma scosse appena il capo con sdegno, trattenendosi dal gridare anche contro al compagno di Casa. Avrebbe voluto chiedere lui cosa ne avrebbero pensato Dan e Luke a riguardo e riusciva facilmente a immaginare lo sdegno e lo sconcerto dei due gemelli, ma si trattenne, per non ampliare ancor di più la spaccatura con Richard e disse solo: “Gli insegnanti non praticano Cruciatus sugli studenti”
 “Questo sono io a deciderlo” ribatté una voce profonda e tutta la classe si voltò verso l'ingresso dell'aula dove Severus Piton, li osservava con occhi neri di rabbia.
 “Severus...” iniziò Emma.
 “Sono professor Piton, signorina O'Shea, o Preside” ribatté l'uomo gelido e l'emoor chinò il capo, nervosa, mentre lui a passo svelto si avvicinava ad Alecto e con un gesto svogliato della bacchetta la risvegliava. La donna si alzò subito sbraitando e sputacchiando.
“Piton quella stronza della tua protetta...” berciò vedendolo.
Severus la silenziò con un movimento circolare della bacchetta, ma la donna continuò a urlare senza emettere alcun suono, agitando le mani disperatamente, gli occhi sbarrati. Il preside si rialzò sfoggiando un'aria accigliata, lanciò uno sguardo alla classe immobile e poi tornò a rivolgersi alla Mangiamorte.
“Tranquilla Alecto” disse con voce strascicata “riprenderai la voce appena ti sarai calmata. O'Shea, McGregor, Bitterblue con me in presidenza. Tutti gli altri, fuori di qui. Sono quaranta punti in meno a Tassorosso, per non aver fermato l'emoor e cento in meno a Corvonero per avere dei membri tanto sconsiderati”
 “Ma cosa centriamo noi?” sussurrò Lilith.
 “Dove c'è O'Shea, ci siete voi due” sibilò Piton, lanciando solo un veloce sguardo a Sarah, ancora a terra con accanto Carmen.
 Il trio uscì dalla stanza sotto lo sguardo sornione di Richard.

*

Severus strinse la spalla della ragazza ed Emma lo guardò con paura.
 “Vuole vedermi?” chiese allarmata.
 Si aspettava ormai da un momento all'altro che il tutore le dicesse che doveva incontrare Voldemort, ma Piton scosse la testa in risposta alla domanda. 
 Quell'attesa snervava la ragazza, era giorni che bazzicava liberamente per il Manor, dormiva nella stanza che le era stata assegnata, presenziava ai pasti e passava tutto il tempo possibile con Draco. Una sera aveva persino partecipato a una riunione secondaria, seduta sul divano accanto al tutore, mentre fingeva di leggere un libro, le orecchie tese ad ascoltare i discorsi dei maghi intorno a lei. Eppure Voldemort non l'aveva ancora cercata.
 “Se non è per Lui che sei qui mi spieghi allora perché sei preoccupato?” chiese con dolcezza, scrutando il volto cupo dell'uomo.
 “Sono sempre preoccupato” ribatté Piton ed Emma si sentì di dargli ragione.
 Si incamminarono verso le serre di Narcissa con passo misurato. I pavoni passeggiavano pigri per il parco, con le loro lunghe code bianche e l'emoor osservò distrattamente la parte di prato dove lei e Draco si erano incontrati la prima volta che era venuta in visita, quella che pareva una vita prima. 
 Avevano volato insieme e riso, parlando per la prima volta liberamente ed Emma aveva visto qualcosa di diverso in lui, che l'aveva ammaliata.
“Devo stare qualche giorno via” sussurrò infine Piton, distaccandola dai suoi pensieri e attirando tutta la sua attenzione.
 “Ok. Sto qui o a Spinner's End?” chiese lei, abituata a quelle procedure.
 “Starai qui. È più appropriato e Narcissa ti terrà d'occhio per me, ma comunque non dovrebbero esserci problemi”
 “Se ce ne fossero me la saprò cavare.”
 “Se ce ne fossero mi devi avvisare” sibilò lui, lo sguardo particolarmente duro ed Emma sorrise brevemente. 
 “Ok, userò la collana”
 “Fa solo attenzione” disse l'uomo stancamente e lei si strinse nelle spalle.

Il parco era cristallizzato in quell'estate fin troppo fredda per essere reale, frutto in realtà della magia che l'opprimeva. Le maledizioni e le arti oscure rendevano quel posto più ostile di quanto in realtà non fosse. 
 “Mi devi dire altro, Sev?” chiese lei con tono distaccato.
 Non era mai completamente a suo agio. Nonostante le cose con il tutore andassero meglio, c'era sempre una sorta di tensione tra loro, forse causata dal troppo non detto. L'uomo le lanciò un'occhiata veloce.
 “A Hogwarts l'unica novità non saranno i Carrow come insegnanti.”
 “Che altro può succedere di così terribile?”
 “L'Oscuro Signore mi ha chiesto di essere preside” mormorò Piton e l'emoor lo guardò con stupore sincero e si fece sfuggire un ghigno, che le piegò le labbra in un'espressione inusuale.
 “I miei complimenti per la promozione” disse ironica, inarcando un sopracciglio e l'uomo serrò la mandibola, chiaramente imbarazzato e infastidito.
 “Non essere sciocca, non è certo per meriti, te lo sto dicendo solo perché...”
 “Non potrai essere gentile con me, sarai sempre freddo e distaccato” concluse lei per lui con stanchezza. Piton serrò le labbra, annuendo con un gesto del capo.
 “Mi dispiace, Emma” ribatté ed era freddo nei suoi modi, ma curiosamente sincero e l'emoor annuì semplicemente.
Aveva visto come gli occhi color onice del tutore la evitavano ostinatamente, carichi di preoccupazione e colmi di vergogna. Severus stava chiaramente lottando con i suoi demoni personali e la ragazza strinse delicatamente il braccio di lui, scuotendo appena il capo, come a minimizzare il problema.
 “Lo so che ti dispiace, Sev” disse solo, con voce tranquilla “Davvero”
 La Corvonero era cambiata in quell'estate di troppa solitudine e attesa, in cui era stata sballottata tra il Manor e la resistenza e in cui troppo spesso aveva avuto contatto con le Arti Oscure e il dolore. Non era più la ragazzina che era arrivata a Spinner's End ormai tre anni prima, piena di energia e curiosità e non era nemmeno più la combattiva e testarda emoor che punzecchiava Potter e si batteva per essere l'ago della bilancia.
  Quella che ora stava di fronte a Severus assomigliava più a una ragazza cresciuta troppo in fretta. Saggia. Analitica. Temprata dall'attesa, dal dolore e dalla consapevolezza, che l'avevano resa adulta e pericolosa.
 L'uomo avrebbe dato qualunque cosa per vederla ridere con spensieratezza.

Fecero il giro della serra in silenzio e poi ripresero la strada verso il Manor, passeggiando di nuovo in mezzo ai pavoni bianchi che si muovevano pigri sull'erba perfettamente tagliata e godendo della reciproca compagnia, sempre più rara presso quel Maniero. Insieme al tutore, pur nell'ombra dell'inquietante struttura che, granitica, troneggiava di fronte a loro, Emma si sentì serena.
 “Grazie per avermi portato da Draco” mormorò all'improvviso e Severus fece una smorfia che poteva sembrare un mezzo sorriso.
 “Lo vedo meglio” ammise.
 “Ci aiutiamo a vicenda.”
 Piton annuì per l'ennesima volta, probabilmente leggermente a disagio con certi argomenti, ma prima di avvicinarsi all'ingresso del Manor si fermò e lanciò uno sguardo accigliato alla ragazza. Sembrò lottare con sé stesso alla ricerca delle parole più giuste da usare.
 “Emma perché Draco?” chiese con tono incuriosito.
L'emoor lo guardò dapprima con stupore e poi con maggiore dolcezza, intuendo la preoccupazione del tutore dietro quella domanda. Severus non aveva mai fatto mistero di ritenere Draco e la famiglia troppo vicino a Voldemort per essere considerato una compagnia raccomandabile per la protetta.
 “Me lo chiedo ogni giorno” mormorò la ragazza, facendo un profondo sospiro “ma in fondo Severus, perché non lui? Tutti meritano di essere amati, anche Draco e lui per me è molto importante”
 Lui fece un gesto affermativo, guardando la ragazza in tralice, la maschera perfetta sul volto non fece trapelare nessuna reazione, ma Emma lo conosceva troppo bene e si accorse del tremore leggero negli occhi scuri. 
 Prese la mano dell'uomo, tornando verso l'ingresso, senza sospettare quanto lui si sentisse in quel momento squarciare in due da un antico e profondo dolore.

*

“Non sappiamo davvero di cosa parlare io e te vero?”
Artemius era accovacciato sull'ultimo gradino che portava alla torre di Astronomia, le ginocchia strette al petto, in una posa rannicchiata, simile a quella di un vecchio gufo. 
Emma, distolse lo sguardo dal libro di Pozioni, per portarlo su di lui.
 “Non è vero Mius, stavo solo ripassando, di cosa vuoi parlare?”
 Il Serpeverde, si strinse nelle spalle con fare indifferente, chiuse il libro che aveva tra le mani, appoggiandolo sul gradino accanto a sé e serrò le labbra incerto, osservando la ragazza di fronte a lui.
 “Non saprei” mormorò infine, scrollando le spalle.
 “Allora sei tu a non avere argomenti” lo punzecchiò l'emoor con un mezzo sorriso divertito.

I quattro emoor non riuscivano più a vedersi insieme.
 Era una cosa che Emma aveva già notato nei primi giorni ad Hogwarts, ma che dopo il suo attacco ad Alecto era solo peggiorata.
Ogni volta che ci provavano qualcuno, in realtà quasi sempre i Carrow, o ragazzino di Serpeverde, interveniva per dividerli, con una qualche scusa stupida e i quattro ragazzi erano arrivati alla conclusione che fosse un tentativo piuttosto blando da parte dei Mangiamorte di provare a tenerli separati e si erano organizzati in modo da continuare a vedersi.
 Non che avessero molto di cui discutere comunque, al di là del piacere di stare insieme. Emma aveva perso il conto delle volte che avevano letto le lettere trovate da Joanne, discutendo di tutti i possibili legami e le possibili implicazioni, ma ad essere sinceri quelle comunicazioni ai loro occhi così preziose, in realtà non dicevano molto di più di quel che già sapevano: Alicia e Salazar erano molto legati, ma quando Salazar e Godric avevano cominciato a litigare anche il rapporto tra i due fratelli si era incrinato. 
 L'antenata di Emma, perso il legame con il fratello, si era stretta agli amici e all'allora fidanzato Thomas Corvonero, poi le Ombre avevano fatto un Vinculum Eldest a coppie, proclamandosi protettori della scuola, ma cosa si fossero davvero promessi ancora non lo sapevano e da lì si arrivava a loro quattro: lasciati allo sbaraglio con una profezia confusa sulla testa.
 Emily ed Emma cercavano di incontrarsi quasi sempre in compagnia di Joanne Rowling, o Daphne Greengrass per non destare sospetti. Entrambe le ragazze si erano dimostrate due nuove alleate, particolarmente furbe nel gestire i Mangiamorte e soprattutto le domande scomode. 
 Emma aveva avuto già modo di avere a che fare con Daphne Greengrass alla festa di capodanno al Manor, con il suo sguardo tagliente e sicuro e il sorriso falsamente timido e aveva presto imparato a capire quanto la ragazza fosse brava a manipolare e ottenere quel che voleva. 
Si riteneva in effetti piuttosto fortunata, l'emoor a essere nelle sue grazie e non averla contro, perché la Serpeverde sapeva essere estremamente fidata e gentile con chi riteneva alla sua altezza, ma perfida e spietata per chi aveva in antipatia. 
 Anche Joahnne, per quanto più riservata e silenziosa, si era trasformata in una discreta conoscenza. Emily aveva avuto ragione sulla ragazza: aveva una memoria notevole e sapeva moltissime cose su vecchie leggende e storie sui fondatori e della scuola. 
 Emma era certa, che se solo si fossero parlate, la Rowling ed Hermione Granger sarebbero andate molto d'accordo.
Emma e David invece si organizzavano per passeggiate vicino alla foresta, dove era più semplice avere un momento di calma, o comunque in punti distanti dal castello, come la Guferia, in modo da sfuggire il più velocemente possibile al controllo dei Carrow. 
 Non riuscivano mai a parlarsi troppo a lungo, ma si facevano bastare quei momenti di condivisione, aggiornandosi velocemente, chiacchierando svelti tra una battuta e l'altra e salutandosi sempre con un abbraccio, come a ricordarsi che si potevano fidare l'una dell'altro. Il loro rapporto era rimasto piuttosto leggero, semplice e genuino e a volte Emma pensava che dovesse essere lo specchio dell'amicizia che aveva legato Alicia ad Angela Grifondoro.
 Per lei e Artemius, invece, la scelta era caduta con naturalezza sulla torre di Astronomia. Era un luogo appartato e sicuro, poco frequentato dopo quello che era successo a giugno e lontano dalle Sale comuni di entrambe i ragazzi. Il posto ideale dove sedersi a studiare, o chiacchierare brevemente, mai del superfluo. 
 C'era qualcosa di profondo che li legava, che non sapevano spiegarsi, ma che avevano accolto con tiepida accettazione. Si scrutavano spesso e si sostenevano in silenzio, scivolando su argomenti scomodi e passando il tempo a parlare di magia avanzata.
Tra gli emoor Artemius era l'unico, come Emma, affascinato in maniera limpida anche dalle Arti Oscure e dai modi per contrastarle e i due avevano perso il conto delle volte che si erano messi vicini a leggere il vecchio libro regalato alla ragazza da Severus.

“Dovremmo provare qualcuna di quelle maledizioni un giorno” mormorò il ragazzo con un cenno al libro ed Emma alzò lo sguardo perplessa verso di lui, la fronte aggrottata.
 “Non credo di sentirmi pronta, Mius. È roba pesante. Sarebbe bello riuscire ad evitare le Arti Oscure il più possibile”
 “Come pensi di poterle usare contro Voldemort se non le provi?” chiese Artemius, osservandola con sguardo vacuo ed Emma scrollò le spalle, mordendosi leggermente il labbro.
 “Da un lato forse usare magia Oscura per batterlo non sarebbe una grande vittoria, non credi?”
 Artemius parve pensarci per un istante con aria distratta.
 “Non puoi vincere la Magia Oscura con magia basica, Emma. Se lui facesse un duello contro di te, l'unica tua possibilità sarebbe ribattere con la stessa moneta. Anche il Sectumsempra in fondo è Arte Oscura, ma non ti lacera dentro. È tutta una questione di scelte e soprattutto di equilibrio.”
 “A questo proposito il libro dice che dipende molto da qual è l'intento” ammise l'emoor, che aveva preso in considerazione ogni aspetto e Artemius annuì in fretta, perfettamente allineato. 
“Appunto. Penso che difendersi da Voldemort sia un intento lodevole per usare la magia oscura, se con testa. Non possiamo batterlo in fondo con i buoni sentimenti.”
 “Forse sì” mormorò Emma “Ma non ne sono certa. Harry per esempio non sarebbe d'accordo, lui non accetta l'idea di qualcosa di impuro, vede tutto molto bianco e nero”
“Stai parlando del ragazzo che ha lanciato una maledizione contro Malfoy in un gabinetto?” chiese l'altro ed Emma fece un ghigno divertito, scuotendo la testa.
 “Touché” sputò tra i denti.
 Per qualche istante tacquero. Un vento fresco, che aveva già il profumo dell'autunno entrò dalle grandi finestre. Rimasero assorti a osservare il cielo ancora terso e azzurro, in silenzio. Emma lasciò andare un sospiro affranto, mentre sbatteva le ciglia cercando di non pensare al corpo di Albus Silente che cadeva da lì, solo una manciata di mesi prima e Artemius parve percepire il suo turbamento, perché si mise seduto ritto a guardarla.
“Ad ogni modo le magie davvero Oscure sono quelle che modificano permanentemente l'essenza di qualcosa” disse, forse nel tentativo di distrarla “le maledizioni come il Sectumsempra, invece feriscono l'essenza, ma sono reversibili. Credo che siano la giusta chiave per contrastare Voldemort senza corrompersi”
 “Dovremmo approfondire” mormorò Emma, il cui pensiero principale erano sempre gli Horcrux.
Aveva ipotizzato che l'Ardemonio, trovato a pagina sessantasette potesse distruggerli, ma l'Ardemonio era magia molto oscura.
 “Come va da Serpeverde?” chiese all'improvviso all'amico, cercando di cambiare argomento.
 “Non bene” ammise lui con tono strascicato “non tira una bella aria, tra quelli che son figli di Mangiamorte e quelli che sono semplicemente terrorizzati da tutto questo”
 “Vorrei solo che tutto questo finisca presto” sbuffò lei.
 “Speriamo che Potter trovi una soluzione allora.”
 “Già” disse Emma quasi in un sussurro “A volte vorrei così tanto potergli parlare. Chissà che cosa sta facendo là fuori”
 “L'eroe. Come sempre” disse secco Artemius, facendola ridere.

Ci fu un altro breve silenzio, denso di affetto e aspettativa.
 “Emma posso darti un consiglio?” sussurrò improvvisamente il ragazzo, una smorfia concentrata sul volto e lei lo osservò di rimando, curiosa, facendo lui cenno di parlare. 
 “Se continui a difendere tutti a spada tratta diventerai una paladina e tutti si aspetteranno ogni volta un tuo intervento e si nasconderanno dietro di te.” disse lui con tono tranquillo e misurato “Tu, la Weasley e gli altri finirete per diventare però dei martiri, troppo torturati dai Carrow e la gente comincerà a pensare che è meglio farsi i fatti propri al posto che finire come voi.”
 La Corvonero osservò stupita l'amico negli occhi vuoti. Erano giorni che lei, Ginny, i suoi amici e una manciata di Grifondoro e Tassorosso stavano assumendo una posizione di contrasto ai Carrow, beccandosi per questo punizioni e attacchi corporali.
 “E quindi cosa faresti tu?” chiese la ragazza, coprendo con la mano libera un livido ben visibile sul suo braccio sinistro.
 “Dobbiamo creare una resistenza” rispose Artemius.
 “Dici davvero?” ribatté lei stupita: tutto si era aspettato dal ragazzo tranne che una presa di posizione e l'altro annuì, gli occhi che brillavano stranamente risoluti
 “Le persone devono sapere che c'è un'alternativa ai Carrow, ai Mangiamorte, a Tu Sai Chi. Ha funzionato quando voi avevate creato l'ES, no? Tanti martiri fanno paura e sgomento, ma una resistenza organizzata è diversa. Possiamo usare la Stanza delle Necessità per incontrarci e organizzarci.”
 “Come fai a conoscerla?” domandò Emma stupita.
 “Conosco tanti posti di questo castello, mi annoio spesso e cammino molto e poi quando ci hai raccontato delle vostre lezioni con l'ES era ovvio che non avevate utilizzato un'aula normale. La Stanza delle Necessità ha tutto quel che serve.”
L'emoor sbatté le ciglia, con un sorriso stampato sul volto.
 “Saresti stato bene anche in Corvonero” disse assorta.
 “E tu in Serpeverde” ribatté lui atono, gli occhi di nuovo distratti.
 “Ne parlerò con Ginny, Mius”
 “Ok”
“Tu ne parli con chi pensi possa essere interessato in Serpeverde?”
 “Ok”
 Emma si avvicinò a lui, abbracciandolo brevemente. Oramai il ragazzo quasi non si irrigidiva più alle sue dimostrazioni di affetto, anzi chinò il capo contro la sua spalla.
 “Emma” mormorò.
 “Sì?” chiese lei sciogliendo l'abbraccio.
 “Sarebbe meglio non dire nulla a Piton e tenere fuori Draco da questa idea, per proteggerli”
 “Lo so” mormorò l'emoor, il cuore che batteva di gratitudine per l'amico.

*

Emma sussultò quando vide la figura di Bellatrix Lastrange semi sdraiata sul divanetto di fronte al camino. La Mangiamorte sembrava persa nei suoi pensieri, i capelli neri sparsi sul cuscino su cui era appoggiata come sottili serpenti le incorniciavano il volto pallido. Nella calma della stanza, senza la bacchetta in mano, o qualcuno da schernire appariva quasi bella.
 L'emoor non l'aveva più incontrata se non di sfuggita a qualche pranzo, dopo la morte di Silente e la sua apparizione al matrimonio e si chiese, indecisa se non fosse il caso di passare più tardi, ma poi, con un gesto stizzito, si risolse ad entrare nella biblioteca, dirigendosi a passo sicuro verso lo scaffale dove doveva riporre il libro che aveva tra le braccia.
 “Bellatrix” la salutò distrattamente e la donna, in tutta risposta, alzò la testa curiosa e fece un sorriso famelico.
“Ciao emoor. Cosa ci fai qui?”
 “Riporto un libro e ne prendo un altro” ribatté lei secca.
 “Un libro?” chiese la Mangiamorte attenta e la ragazza annuì distrattamente.
 “Dopo domani torno ad Hogwarts e volevo prendere gli ultimi appunti sulla Pozione Corroborante, il Manor ha un'ottima sezione di Erbologia e cercavo delle varianti valide da sperimentare”
 “Lucius lo sa?” chiese lei, sollevandosi dal divano in una posa più consona, una smorfia divertita sulle labbra e l'emoor scosse le spalle con noncuranza: non aveva ancora rivisto Lucius.
 “Non ne ho idea, mi ha dato il permesso Narcissa”
 “Ah Cissy Cissy, la mia stupida sorella”
 “Non è affatto stupida, lo sai anche tu, Bella”
 “Lo è, ha sposato un inetto e sta crescendo un figlio anche peggiore”
 Emma si voltò con rabbia appena trattenuta verso la donna.
 “Lascia stare Draco” sibilò e quella in risposta arricciò le labbra divertita, gli occhi brillanti e pericolosi.
 “Ma certo, chi te lo tocca Dracuccio? Lo sai che l'amore è materia pericolosa, Emma? Pensi che non mi sia accorta di come vi guardate? Deboli. Come è debole Piton, che strillerebbe come una ragazzina se ti torturassi davanti ai suoi occhi” 
 L'emoor chiuse la mente e fece un profondo respiro, guardando l'altra con evidente sfida, le labbra serrate per evitare di urlarle contro.
 “Non hai davvero nulla di nuovo nel repertorio Bella?” soffiò con insofferenza “Insulti a Draco e Severus sono tutto quello che sai fare? Piuttosto deludente.”
 La Mangiamorte rimase per un momento piccata e l'emoor seppe di aver fatto centro: l'aveva confusa. Emma era consapevole di avere un certo potere su Bellatrix. Si era accorta della strana curiosità che la lei aveva nei suoi confronti, del suo sguardo che non la abbandonava mai quando erano nella stessa stanza e persino dei suoi tentativi di metterla al sicuro durante gli attacchi.
 Bellatrix aveva un'intelligenza feroce e un istinto tagliente, sapeva come muoversi ed essere letale ed era una persona annoiata da tutto fuorché il suo signore.
Attirare la sua attenzione era difficile e l'emoor sapeva di stuzzicare il suo fascino e provocare la sua gretta gentilezza, non certo per paura di Severus, ma perché sembrava che lei fosse sinceramente incuriosita dalla sua persona, forse per il modo sfacciato in cui l'aveva espulsa dalla sua mente al loro primo incontro, o per il ruolo curioso che ricopriva, o forse perché Voldemort stesso era interessato agli emoor e Bella era uno specchio del suo padrone.

“Perché hai preso il marchio?” chiese Emma, voltandosi di scatto verso di lei.
 “Come scusa?” ribatté l'altra, un'aria confusa a illuminarle il volto.
 “Perché hai preso il marchio?” scandì l'emoor, spazientita.
 “Ti prendi gioco di me ragazzina?” rise lei, leccandosi le labbra.
 “In realtà ero solo curiosa” ribatté Emma “L'Ordine mi ha spiegato dettagliatamente perché non prenderlo e quali sono i lati negativi di far parte del lato Oscuro, ma nessuno di voi mi ha mai parlato dei pro”
 La donna si sedette con la schiena diritta, attenta, guardandola curiosa.
 “Ti interessa la magia oscura?”
 “Mi interessa tutto” rispose l'emoor distrattamente.
 “La magia oscura è infinitamente più potente e superiore della magia che i sudici dell'Ordine usano” snocciolò la donna “È difficile da piegare alla propria volontà, ma una volta compresa è duttile e soddisfacente.”
 “Ma ha anche i suoi lati negativi” mormorò Emma “La magia oscura dà molto, ma priva anche di qualcosa. È un tipo di magia che chiede pegno costantemente e chi la pratica, è una scelta”
 “Sicuramente è una scelta e il prezzo che mi viene richiesto è minimo rispetto a quello che posso ottenere, a quello che il mio Signore professa”
 “Il Signore Oscuro attualmente mi sembra che ti chieda di essere uno strumento nelle sue mani, ma che non ti dia molto in cambio” disse l'emoor, avendo cura di utilizzare l'appellativo con cui lo chiamavano in Mangiamorte per riferirsi a Voldemort “Non è mai uscito dalla sua stanza, non ha mai professato i suoi valori. Si aspetta molto da te, da voi, sulla base di una promessa vacua.”
“La missione è tutto, O'Shea.” ribatté secca l'altra “È la via per la grandezza e la libertà. Il mio Signore non ha bisogno di spiegare i suoi valori e i principi del suo obbiettivo. Lui è la verità che ci guida e che ci vuole liberare dalle catene, come può non essere abbastanza? Il suo potere è sconfinato.”
 “Come sai che ha ragione? Come sai che quello che dice è reale?” chiese la ragazza, fissandola in volto e Bellatrix parve tentennare, come se stesse mostrando troppo il fianco alla lama e si leccò le labbra prima di parlare.
 “Tutto quello che il Signore Oscuro professa era già nei miei pensieri, ma lui ha dato corpo a qualcosa che era solo frastagliato, mi ha dato la forza e il coraggio per essere chi sono, mi ha dato rispetto e mi ha accettata.”
 Ci fu un lungo momento di silenzio in cui Emma scrutò il volto della donna di fronte a lei. Bellatrix aveva le guance rosate e gli occhi lucidi di tenerezza, il labbro inferiore che tremava leggermente, il corpo proteso in avanti.
 “È evidente che sei innamorata di lui” disse con tono soffice l'emoor, scostando lo sguardo “ e tu stessa hai detto che l'amore è una materia pericolosa, Bella.”

Il volto della Mangiamorte sembrò accartocciarsi e si immobilizzò in una smorfia contratta a quelle parole. La Corvonero vide il rossore spargersi ora sgradevole sulle gote di lei e gli occhi sgranarsi come se fosse stata colpita da uno Schiantesimo, mentre inciampava all'indietro, chiudendosi come un guscio duro.
 “Io... io...” tentò di rispondere la donna con una rabbia evidente.
 “Non ti preoccupare Bella, è normale” la tranquillizzò l'emoor, ma prima che potesse sorridere sentì una presenza alla sue spalle e si immobilizzò davanti a un enorme serpente che la squadrava torva: Nagini. 
 Era la prima volta che la incontrava ed era piuttosto imponente. Bellatrix perse il colore che aveva sul volto e la bellezza che Emma aveva scorto venne trasfigurata dal terrore, mentre si prostrava a terra, strisciando verso il serpente.
 “Ti prego no. Ti prego no, Nagini, non dire nulla al tuo padrone” singhiozzò scomposta, con orribile angoscia a squassarle i muscoli, mentre Emma la fissava agghiacciata da quella disperazione.
La Mangiamorte prese a piangere con violenza e l'emoor si volse a studiare l'animale che ricambiava il suo sguardo, la testa leggermente inclinata. 
 Era evidente che Bellatrix, nella sua follia malata, fosse terrorizzata all'idea di far sapere a qualcuno che amava Tom Riddle e quando il serpente si allontanò strisciando e la donna ebbe quasi delle convulsioni, Emma si riscosse.
 “
Nagini chiamò e sentì dei sibili uscire dalle sue labbra con enorme sollievo e vide il serpente voltarsi verso di lei con aria interrogativa.
 “
Non dire al tuo padrone ciò che hai sentito sibilò Emma “Non gioverebbe lui in nessun modo
 “
Deve sapere quanto questa donna è sciocca rispose il serpente.
 “
Quella di Bellatrix è solo una devozione troppo profonda spiegò Emma con uno sguardo bieco alla Mangiamorte, che la guardava con enorme stupore, immobile, a carponi per terra “Lui non potrebbe mai comprenderlo e dovrebbe ucciderla, ma lei è la sua migliore Mangiamorte, ha enorme dedizione per la causa e lui non può farne a meno. Non dire nulla Nagini, o la distruggerai
Il serpente si avvicinò a lei, strisciando lentamente e d'istinto Emma allungò la mano e le carezzò la testa, stupendosi di sentirla tiepida sotto le sue dita.
 “Tu perché parli la nostra lingua?” sibilò l'animale e la ragazza si chiese se intendesse sua e di Lord Voldemort, o il Serpentese in generale.
 “
Credo che tu lo sappia ribatté sicura e il serpente sembrò quasi annuire e si ritirò con dolcezza alle sue carezze.
 “
Sarà il nostro segreto Emma O'Shea sibilò, andandosene.
 La ragazza si accorse di aver quasi trattenuto il respiro. Lasciò andare le spalle troppo tese e si voltò verso Bellatrix, che la guardava ancora sconvolta.
 “Cosa ha detto? Le hai parlato?” chiese lei, la voce rauca.
 “È tutto a posto Bella” ribatté l'emoor e le parve di vedere un profondo sollievo sul volto di lei. 
 “Ti devo un pegno” sibilò la Mangiamorte ed Emma annuì, soddisfatta. 
 “È così” disse “Nel frattempo tieni segreto che parlo Serpentese. Il resto verrà”
Un rumore alle loro spalle le fece trasalire, Emma alzò lo sguardo e sorpresa, vide sulla porta Narcissa che la fissava pallida e palesemente sconvolta, aggrappata al braccio di Severus, impassibile, gli occhi scuri fissi sulla protetta. 
 L'emoor riconobbe nella maschera dell'uomo, quasi impassibile e perfetta, una luce tesa che le fece capire che era terrorizzato e si rese conto di non aver mai detto lui di parlare Serpentese, fece un passo nella sua direzione.
 “Stai bene?” chiese Piton preoccupato e lasciò andare il braccio di Narcissa, che scivolò verso la sorella, per avvicinarsi all'emoor, titubante.
 Per una volta, Bellatrix non infierì con nessun commento davanti a quell'attenzione di Severus nei confronti della sua protetta. Rimase zitta, le mani strette a quelle chiare di Narcissa, china su di lei, mentre Emma, a sua volta, distoglieva i suoi pensieri dalla Mangiamorte, per sporgersi verso il tutore e lasciarsi abbracciare da lui, godendo di quel raro contatto.
 “Tutto bene” confermò, sorridendo a Severus. “ho fatto amicizia con Nagini”



*Angolo Autrice*

Ciao Lettori! 
Come state?

Capitolo lungone e che può sembrare di passaggio, ma è uno dei miei preferiti in assoluto e secondo me davvero cruciale. 
Fa capire come la posizione di Emma sia molto più grigia di quella di Harry non solo per il fatto di essere l'ago della bilancia, ma anche per il suo modo di ragionare e provare curiosità anche nei confronti del "male" anche solo per sapere come contrastarlo. Ho volutamente deciso di alternare la nascita della resistenza ad Hogwarts e la permanenza oscura al Manor come le facce di una stessa medaglia.
(giuro che vi faccio il riassuntone nel prossimo capitolo. Chiedo venia!)

Punti/Spunti:
. Trovo adorabile e dolcemente straziante Narcissa e il suo affetto sincero per l'emoor, così come la fragilità di Draco. Vi siete mai soffermati a pensare a quanto deve essere stato difficile anche per lui il ritorno a scuola nel settimo anno? 
. Nei film soprattutto, vediamo i mangiamorte come tanti bruti e cattivi. Io invece credo che non potessero essere degli incoscienti allo sbaraglio che uccidono a caso persone e si muovono senza un piano, specie perché molti di loro sono Serpeverde e i Serpeverde sono dei perfezionisti ambiziosi. Ho voluto quindi dare un'idea dei retroscena al Manor, della tensione emotiva che immagino ci sia in quel posto, e dello stimolo a cercare un costante miglioramento che penso possa imporre una figura come quella di Voldemort.
. Ho ufficializzato il ruolo di Severus come consigliere di Voldemort e coordinatore.
. La dolcezza di Neville 🤍
. Il momento in cui Emma e Draco si rivedono è drammatico secondo me, nella sua dolcezza. Il sollievo di vedersi vivi, nonostante siano entrambi in una casa piena di magia nera, spezzati, feriti e spaventati, fa capire quanto difficile e fragile sia la loro posizione. Ho immaginato che le torture che stanno destabilizzando Draco siano inflitte, perché Voldemort cerca di capire l'emoor prima di incontrarla. Il che rende tutto ancora più drammatico. 
. Ho scelto di far sparire Dan e Luke come Nati Babbani (già mancano) e di rendere ancora più ambiguo Richard perché da subito, anche nello stretto gruppo dei Corvonero, comincino a crearsi delle ferite: siamo in guerra ragazzi, non sarà semplice per nessuno. 
. Ritengo Voldemort intelligente, non ho mai capito perché tra le sue file tenesse anche rozzi come i Carrow e ho provato a descriverne lo sconcerto di Emma. So che la reazione della ragazza può sembrare strana per il suo carattere, ma Emma sta cambiando e comincia ad essere tesa e stanca, oltre al fatto che il senso di colpa di sentirsi protetta rispetto ad altri, la spinge ad essere quella che può osare. 
. ❤️per i professori di Hogwarts.
. Il momento con Severus nel parco del Manor era un retroscena essenziale per far capire che il suo legame con l'emoor non ha fatto passi indietro: ad Hogwarts stanno giocando con le loro maschere per quanto possibile. 
. Sweet moment con Artemius. Il ragazzo sostiene l'interesse di Emma per le Arti Oscure, anzi ne vede una giusta chiave. Questo è un elemento di grande importanza per me. I sentimenti puri che animano Harry a suon di experlliarmus sono ammirevoli, ma basati sulla fortuna. Lupin stesso, nel settimo libro dice lui: se non sei pronto ad uccidere, almeno schianta. Emma incarna perfettamente la consapevolezza di poter apprendere dal male e diventare più potente, conoscendo il proprio nemico. 
. Ho sempre pensato che con l'andare avanti della situazione per gli emoor sarebbe stato difficile confrontarsi. Voldemort non è stupido, ma i ragazzi sono svelti a trovare soluzioni. Mi piace che sia Artemius a dare l'idea della resistenza.
. Joanne e Daphne sono due serpi perfette, adoro il loro ruolo, anche se di sfondo
. Finale con Nagini: fondamentale. Silente aveva chiesto ad Emma di avvicinarsi al serpente e questa è l'occasione perfetta, plus: Bellatrix ora è in debito con l'emoor. Sempre di questa situazione ancora una volta il punto centrale è come Emma si interessi del punto di vista dei Mangiamorte. Questo oltre a rendere lei più consapevole, la mette anche in luce migliore nella fazione oscura. 

Spero che il capitolo vi sia piaciuto!! 
Grazie mille davvero a tutti voi che mi lasciate un commento o una recensione. 
Ci sentiamo venenrdì con il prossimo

vi

Ritorna all'indice


Capitolo 50
*** Resistenza ***


.Resistenza. 

 

“Severus” insistette Emma “Per favore.”
 Guardava il tutore in volto, speranzosa, una piega amara nel suo sorriso, desiderosa di farsi almeno ascoltare, ma Piton teneva il capo chino, evitando accuratamente lo sguardo della protetta.
 “Non posso farci nulla, Emma” si difese con tono sommesso, muovendo appena le labbra e l'emoor sospirò, cogliendo un'ombra di dispiacere sul volto di lui che non seppe come catalogare.
 Leggere il volto di Severus era sempre stato complicato, ma lei aveva imparato a conoscerlo quanto bastava a comprendere le micro espressioni che si lasciava sfuggire, ultimamente però, l'Occlumanzia dell'uomo era diventata tanto avanzata che persino lei, specie quando erano ad Hogwarts, faceva fatica a coglierle.
L'ombra che l'emoor aveva creduto di scorgere poteva essere dispiacere che il professore provava per lei, così come per altri, o addirittura solo per sé stesso. Era chiuso. Complicato.

 Sedevano entrambi alla scrivania che era appartenuta ad Albus Silente ed Emma era sufficientemente agitata in quella stanza, tanto da non volersi fermare troppo a lungo. 
 Quando aveva bisogno del tutore lo cercava ancora nel suo vecchio ufficio, rabbuiandosi quando spesso lo trovava vuoto e doveva arrischiarsi a salire fin là sopra. Lo studio del preside la metteva a disagio perché le sembrava il fantasma di un'epoca ormai passata.
Risvegliare dolorosi ricordi, oltre agli incubi che già non le lasciavano tregua, non era una cosa a cui amava sottoporsi. A parte infatti l'assenza tangibile di Fanny e l'aggiunta di un grosso quadro, rappresentante proprio Silente, sul muro alle spalle di Piton, tutto era rimasto completamente invariato, come se non fosse passato nemmeno un giorno da quella notte sulla torre d'Astronomia. 
 I libri erano ai loro posti alle pareti, la scrivania sgombra e gli oggetti argentei gorgogliavano e producevano fischi, come sempre.
 “Hanno cruciato un ragazzino del secondo anno” tentò di nuovo la Corvonero, cercando di attirare l'attenzione dell'altro in extremis, ma Piton respirò lentamente dal naso, con stanchezza e le rivolse uno sguardo vuoto e distaccato ed Emma notò i lineamenti che si indurivano istantaneamente e le labbra formare una piega amara.
 “Ne sono consapevole, Emma” disse rauco, con tono strascicato “Ma come ti ho detto: non posso farci nulla. Ti chiedo di smetterla di impicciarti negli affari dei Carrow e di tornare nel tuo dormitorio. È pericoloso che tu vada in giro da sola.”
 “Non sono sola” ribatté offesa la ragazza, in un leggero moto di rabbia, piccata dall'indifferenza dell'uomo.
“Allora torna in torre con i tuoi amici e cerca di non fare idiozie. Non fartelo ripetere.” chiuse la discussione Piton e le voltò le spalle senza aggiungere altro, alzandosi di scatto in modo imperioso per andare davanti ad una vecchia libreria, deciso ad ignorarla.
 L'emoor rimase a osservare la sua schiena, incerta se tentare di nuovo di argomentare il suo punto, ma poi, forse delusa, si alzò a sua volta con nervosismo, dirigendosi verso l'uscita.
“Buonanotte Severus” disse solo, con aria affranta e l'uomo non si voltò a guardarla, ma l'emoor distinse chiaramente un 'buonanotte' appena mormorato, in tono più dolce e forse triste di quello che il tutore era abituato a usare ad Hogwarts.
Prima di uscire la ragazza lanciò uno sguardo pieno di domande al quadro di Albus Silente che, come tutte le volte che era stata lì, pareva addormentato, poi scosse la testa e scese le scale, salutando distrattamente il gargoyle di pietra una volta arrivata in fondo, la fronte corrucciata dai pensieri gravosi. 
 Severus era maledettamente bravo nel suo ruolo. Non si sbilanciava mai, non dava mai nulla per scontato e pesava ogni parola con un perizia aliena, stando attento a non promettere mai nulla che non potesse mantenere e non far intendere niente che potesse comprometterlo. Anche dopo tutti quegli anni di reciproca conoscenza, in cui Emma e il tutore aveva imparato a scavare l'una nel dolore dell'altro, a volte quell'uomo sapeva essere sconcertante.

Lilith e James la stavano aspettando a qualche metro dall'uscita, insieme a Ginny, Luna e Neville. Tutti e cinque erano stranamente tesi e appena Emma si avvicinò loro, quasi controvoglia e con passo strascicato, sembrarono farsi ancora più pallidi.
 “Allora?” chiese subito la rossa Grifondoro, carica di aspettative, gli occhi nocciola che tradivano l'agitazione.
 “Niente da fare, Gin” mormorò Emma abbattuta “Ci abbiamo provato, ma non si smuove. Non interverrà”
La ragazza imprecò con nervosismo appena trattenuto e tutti gli altri sussultarono, guardandola poi come in attesa di risposte. 
Emma non era affatto rimasta sorpresa del fatto che Ginny, in assenza di Harry, fosse diventata la leader naturale del gruppo. Era quella tra loro più sicura e coraggiosa, sapeva prendere decisioni velocemente, rimanere ferma sulla sua posizione e confortare quando ce ne era bisogno, in modo persino più efficace del bambino che era sopravvissuto. Era portata per mediare nei gruppi e spiegare il suo punto di vista, era una bella speranza per tutti loro.

 “Non ha detto niente?” indagò la rossa, scrutando attentamente l'amica, che si ritrovò semplicemente a scuotere il capo.
 “Era in palese difficoltà” ammise Emma, scrollando le spalle “Dice di non poterci fare nulla, che i Carrow hanno la giurisdizione della sicurezza della scuola per conto di Tu-Sai-Chi e che non è qualcosa che lui può gestire in nessun modo”
 La Weasley imprecò nuovamente sotto voce, tra i denti e Neville si affrettò a metterle una mano sulla spalla, per tranquillizzarla.
 “Quell'uomo sarà anche dalla nostra parte forse, ma è un codardo” sputò Ginny, senza curasi di chiedere scusa all'emoor per l'offesa al tutore, che comunque, silenziosamente, le dava in parte ragione.
 Emma in fondo non si era certo aspettata che Severus si esponesse per proteggerli, o per placare i Carrow, perché anche se le cose fossero state come tutti loro sospettavano e Piton stesse in realtà lavorando per l'Ordine, la sua posizione non poteva essere compromessa, ma la ragazza aveva sperato di smuovere comunque qualcosa davanti alle prove di tortura sugli studenti.
 “Dobbiamo trovare un'alternativa per fermare questo scempio quindi” disse Lilith, con aria stranamente ferma.
 “E quale abbiamo?” si chiese Neville, invece palesemente afflitto.
 “Non lo so” ribatté la biondina “ma non possiamo lasciare che i Carrow massacrino gli studenti”
 “Vediamo nei prossimi giorni” rispose Ginny, con tono rassicurante ed Emma le lanciò un'occhiata, mordendosi leggermente il labbro.
 “C'è sempre la proposta di Artemius” sussurrò.
 Lilith, accanto a lei, si tese leggermente, come sempre quando si parlava dei tre emoor Serpeverde, ma annuì secca una volta ed Emma apprezzò lo sforzo che stava facendo nel provare a dare fiducia e le fece un piccolo sorriso.
“Giusto. Dobbiamo parlarne” annuì anche Ginny.
“In effetti è la possibilità migliore che abbiamo” disse James con il suo tono basso e fermo e tutti fecero cenni di assenso.
 Ginny si sporse verso Emma, abbracciandola stretta, il suo profumo di fiori, che ricordava così tanto la Tana che le si attaccava contro.
“Grazie, so che per te è difficile” sussurrò dolcemente all'emoor e poi si voltò e afferrò la mano di Neville, dirigendosi con passo sicuro verso la torre di Grifondoro.
 “La spada era nell'ufficio?” le chiese a sorpresa Luna, lanciandole una veloce occhiata ed Emma annuì controvoglia. 
 Sapeva da giorni del piano di Neville, Luna e Ginny di tentare di rubare la spada di Grifondoro dall'ufficio del preside, ma lei dissentiva ed era la prima volta in realtà che lei e l'amica avevano opinioni diverse. Trovava che fosse un gesto stupido e fine a sé stesso, così tipico dell'irruenza rosso oro dei grifoni.
 “Perché non vuoi rubare la spada?” insistette Luna, attenta come al solito ai pensieri dell'altra.
“Penso che sia un gesto stupido” ammise l'emoor “Severus sarebbe costretto a punirci e il nostro intervento non aiuterebbe comunque nessuno. Artemius ha ragione, non dobbiamo fare i martiri, dobbiamo formare una Resistenza”
 L'altra annuì con i suoi occhi vacui, facendo ondeggiare i suoi orecchini tra i capelli biondissimi. 
“Però Ginny è arrabbiata” disse, come se questo aspetto giustificasse semplicemente ogni possibile scelta della rossa.
 “Lo capisco” sussurrò Emma che in quei giorni aveva dovuto avere a che fare con gli scatti di lei “Ma ci sono modi diversi per sfogarsi”
 La verità era che Ginny era insofferente ed Emma la capiva.
 Non sapere come stessero Harry, Hermione e il fratello la consumava e stare al castello alla mercé dei Carrow, con le mani in mano, non faceva che aumentare il suo disagio. 
Era rimasta l'unica Weasley a non combattere apertamente contro Voldemort e aveva evidentemente una gran voglia di mettersi alla prova. Emma riusciva davvero a comprenderla, ma non per questo si sentiva d'accordo a compiere colpi di testa, o furti non sensati.
 Rubare la spada di Grifondoro poteva anche sembrare un atto di coraggio, ma a lei pareva un'azione piuttosto debole e sbruffona, che avrebbe inutilmente attirato l'attenzione su di loro.
“Credo che un Grifondoro arrabbiato e un Corvonero arrabbiato agiscano in modo molto differente” sussurrò all'improvviso Luna con il suo tono pacato e assorto “Per questo tu non vuoi rubare la spada e Ginny invece ne sente il bisogno”
 Emma annuì, ma James si accigliò al suo fianco. 
 “Ma tu sei Corvonero, Luna e stai appoggiando il piano di Ginny”
 La Lovegood lo guardò con occhi sgranati per un istante e sorrise.  “Oh hai ragione” disse allegra “però Ginny è sempre carina con me, forse rubare la spada la farà essere un po' meno arrabbiata.”
 “Forse” assentì l'emoor.

Percorsero in silenzio il resto della strada, le lunghe ombre che si estendevano per i corridoi alla luce chiara e fredda della luna. Lilith rispose all'indovinello del corvo in bronzo e spinse la porta per entrare nella Sala comune di Corvonero, Emma seguì gli amici con aria distratta, persa nei suoi ragionamenti.
 Appena superata la soglia però un brivido la percorse, facendola tremare. Sentì le gambe farsi deboli e si dovette fermare aggrappandosi alla spalla di Lilith. Subito James si tese in allarme, avvertendo qualcosa di strano nell'amica e le mise una mano sulla schiena, pronto a sorreggerla.
 “Emma, che succede? Tutto ok?”
 Lei provò ad annuire senza riuscirci, mentre una sottile sensazione di soffocamento alle tempie la gelava: la connessione.
L'emoor chiuse gli occhi, inalando aria con fatica, mentre cercava di concentrarsi sulla leggera pressione della mano dell'amico e chiudeva la mente con velocità, pur sapendo che sarebbe servito a poco. Avvertì anche gli sguardi allarmati di Lilith e Luna e poi un altro brivido, qualche immagine che sfarfallava davanti ai suoi occhi.
 “Emma” sussurrò di nuovo James con apprensione, stringendola tra le braccia, mentre le ginocchia dell'emoor cedevano.
 La connessione, dopo tutti quei mesi di silenzio, si rivelò inaspettatamente forte e la fece barcollare di sorpresa. 
 La sua mente cercava di rigettare con violenza la presenza di Potter e mentre annaspava, cercando controllo, il grido improvviso di Hermione che chiamava Ron, le invase un'angolo della mente.
 Avvertì la rabbia, paura e confusione di Harry agitarsi nel suo petto, mentre l'immagine di una tenda stinta le sfarfallava davanti. Emma Occluse i suoi pensieri e i suoi sentimenti, lasciando che solo quelli di Potter la invadessero lentamente.
 Hermione era in lacrime davanti a lei ed era così reale che l'emoor aveva la percezione di poterla toccare.
Si è smaterializzato.” balbettò la grifona, pallida, gli occhi gonfi di lacrime.
  
- Harry? - tentò l'emoor, le sembrava di sentire il battito del cuore del Grifondoro accanto al suo.
- Ems? - Harry. Harry la percepiva.
 
Fu un istante brevissimo in cui sembrò che fossero uno di fronte all'altro. Emma riuscì a sentire lo sconcerto del ragazzo e vide i suoi occhi verdi e i capelli arruffati davanti a sé, così reali, ma poi subito un muro calò tra loro e con uno spasmo l'emoor tornò lucida, espulsa dalla mente del ragazzo.
 L'emoor si accorse di essere ancora immobile, fortunatamente in piedi, Luna e Lilith a fissarla, mentre James l'abbracciava protettivo.
 “Tutto bene?” chiese di nuovo il moro.
Ed Emma in risposta scoppiò a piangere spaventata, senza sapere cosa dire, lasciando basiti gli altri tre per quella reazione. Non era da lei un crollo di quella portata. Quei singhiozzi strozzati e le guance stravolte di rosso. I tre ragazzi subito le vennero vicini, tesi e angosciati nel vederla così, James la strinse con maggiore dolcezza contro il suo petto, Lilith e Luna le carezzarono la schiena.
 “Emma che succede?” mormorò cauta la biondina “vuoi che provi a chiamare il professor Piton?”
Lilith non aveva mai visto l'emoor perdere improvvisamente il controllo e parve rassicurarsi parzialmente solo quando la vide riemergere dall'abbraccio di James e asciugarsi le lacrime con stizza, per poi voltarsi verso di loro con aria appena più risoluta.
 “Scusate” mormorò imbarazzata "Non so che mi è preso, ma è stato così inaspettato che mi ha colto di sorpresa e destabilizzato.”
 “Li hai visti?” sussurrò Lilith, trattenendo il fiato e lei annuì secca.
 “Harry?” chiese Luna, illuminandosi improvvisamente.
 L'altra sgranò gli occhi stupita come sempre dalla sensibilità della Lovegood che, pur non sapendo nulla delle sue connessioni con Potter, subito aveva pensato al ragazzo, gli occhi vacui e chiari illuminati di gioia.
 “Sì” le rispose Emma e bastò alla Corvonero, che sorrise felice
 “Dove sono?” chiese subito James, che ancora la sosteneva.
 L'emoor scosse la testa, lanciando uno sguardo veloce alla Sala Comune per assicurarsi che fossero completamente soli. 
“Non ne ho idea, ma erano arrabbiati, Harry soprattutto, Hermione era molto triste. Credo... credo che Ron abbia lasciato il trio” sussurrò, rendendosi conto ora di quel che aveva visto e calò un leggero silenzio, mentre i quattro si guardavano nervosamente.
 “Oh, Merlino” sussurrò Lilith, portandosi le mani alla bocca con evidente sconcerto, mentre Luna ricambiava tranquilla lo sguardo.
“Domani parliamo con Ginny e Neville” disse James con cipiglio sicuro “Artemius ha ragione. Ci dobbiamo organizzare per cominciare a vederci nella Stanza della Necessità. Noi e tutti quelli che riteniamo validi, non importa di che Casa. Non possiamo lasciare sulle spalle di Potter tutta la responsabilità di questa guerra.”
 Emma fece un vago cenno di assenso e Lilith annuì a sua volta, con una certa spavalderia, lo sguardo duro e brillante 
“Jam ha ragione. Arriverà il momento in cui Potter e gli altri avranno comunque bisogno di avere una resistenza dalla loro parte” affermò sicura, scambiando sguardi taglienti con tutti e tre.
L'emoor e Luna annuirono all'unisono. Sentivano tutti e quattro i cuori solo a metà sollevati nel sapere che Harry fosse ancora vivo, ma nell'essere così incerti su ciò che stava facendo.
 “Non dite però a Ginny di Ron” sussurrò Emma “Parlerò io con lei se sarò necessario.”

*

Emma e Artemius camminarono tre volte davanti alla parete del settimo piano ed entrarono silenziosi attraverso la grossa porta appena apparsa. Si muovevano in modo coordinato e automatico, ormai abituati a quella routine. 
 Erano settimane ormai che l'ES era stato ristabilito e che i partecipanti si incontravano nella Stanza delle Necessità, arrivando a coppie sparse. I Carrow sospettavano ovviamente qualcosa e avevano cercato di stanarli ovunque, senza per altro avvicinarsi nemmeno lontanamente al settimo piano.
 “Sono convinti che ci troviamo vicini alle cucine” le disse Artemius in un basso mormorio ed Emma sorrise, ma varcata la soglia, si stupirono dello strano silenzio e sussultarono quando Luna andò loro incontro con un labbro spaccato che sanguinava copiosamente.
“Oh ciao ragazzi siete voi” disse pacata.
Emma sgranò gli occhi alla vista del volto dell'amica. 
 “Ma cosa? Luna! Che ti è successo?”
 “Oh, non è nulla, non fa nemmeno troppo male”
L'altra le lanciò un'occhiata storta, poi alzò la testa con rabbia e attraversò la stanza, fino all'angolo dove stava un gruppetto di ragazzi seduto a terra, in silenzio. C'erano Sean, Seamus e Neville vicini, Sarah e Carmen appoggiate contro il muro, David ed Emily leggermente tesi e distanti dal gruppo, ancora non completamente a loro agio e poi Ginny ovviamente, l'unica in piedi con le mani che puntellavano i fianchi in una posa che ricordava un po' Molly.
“Cosa è successo?” tuonò Emma rivolta all'amica, mentre con lo sguardo scorreva sui presenti.
 Seamus aveva un occhio che stava virando lentamente al viola, Neville tamponava con un fazzoletto il sangue che usciva copioso dal naso, sembravano entrambi piuttosto doloranti.
 “Tiger e Goyle” disse secca Ginny “stavano torturando Holly Clarke e due primini di Tassorosso. Neville è intervenuto”
 “Tiger e Goyle vi hanno fatto questo?” chiese l'emoor perplessa, stupita che i due armadi, piuttosto stupidi e non maghi incredibili, avessero potuto mettere fuori combattimento da soli i tre Tassorosso, Luna e i due Grifondoro tutti insieme.
 “E i Carrow” bofonchiò acido Neville “Sono intervenuti”
 Emma pressò le labbra contrariata, placando la sua ansia, la fronte aggrottata dall'evidente disappunto.
 “Avevo inteso che farci massacrare non fosse la soluzione.” sputò severa, guardando Ginny in volto, ma rossa sostenne lo sguardo, gli occhi nocciola fermi e tranquilli.
 “Non è che ci piaccia farci massacrare, Ems.”
La Corvonero fece un respiro per non perdere la pazienza.
“Allora non dovreste rispondere alle provocazioni, Gin” insistette “Dobbiamo dare un porto sicuro a chi è vessato dai Carrow, non farci uccidere al loro posto. Ne abbiamo già parlato, se noi siamo fuori gioco tutte queste persone rimarranno da sole.”
 “Emma” sussurrò Ginny con noto basso, non era la prima volta che avevano quella discussione “Li stavano massacrando”
 “Lo immagino Gin, ma deve essere una guerra anche di strategia” insistette l'emoor “Non possiamo semplicemente gettarci nella mischia per dimostrare di poterlo fare. Non dobbiamo essere eroi senza senno, dobbiamo usare la testa, organizzare, prevedere”
 “La pensiamo diversamente su questo” disse ferma la Grifondoro.
 Non c'era astio tra le due amiche. Emma rispettava la posizione da leader di Ginny e non avrebbe mai voluto essere al suo posto, ma il Manor le aveva insegnato che non sempre si ottiene qualcosa andando all'attacco, l'osservazione delle file di Mangiamorte l'aveva resa forse più simile a una Serpeverde che non a una Grifondoro.
Ginny le si avvicinò con dolcezza, stringendole una spalla.
“Ems, so come la pensi e lo capisco, credimi. Ma non possiamo sempre essere sulla difensiva, noi la pensiamo diversamente.”
“Gin, ci sarà il momento in cui dovremo attaccare e sarà meglio non farci trovare troppo feriti” ribatté lei seria, guardando l'amica preoccupata e abbassando poi lo sguardo di nuovo su Neville.
“Mi spiace Ems, ma non mi va di stare fermo davanti a un ingiustizia. Non più” disse il ragazzo.
L'emoor annuì, con un leggero sospiro e si chinò in avanti, fermando con un veloce Epismendo il sangue di lui.
 “Fatti vedere da Madama Chips” sussurrò.
 “Grazie” disse gentile il ragazzo.
 Ci fu un attimo di silenzio ed Emma si sedette a terra, con Ginny accanto a lei e si scambiarono un'occhiata veloce, d'intesa.
L'unico rimasto in piedi era Artemius, con la sua posa goffa e gli occhi vacui, si guardava intorno indeciso.
 “Io penso che Emma abbia ragione.” disse infine, con fare curiosamente tranquillo “Dovremmo essere più cauti.” 
Ginny annuì comprensiva, ma Seamus fece uno sbuffo e borbottò un “Figurati. Serpeverde codardo
Gli occhi di Emma saettarono verso il ragazzo, pronta a ribattere, ma Ginny fu più veloce “Smettila Seamus” disse severamente, sfoggiando un'aria pericolosa e arcigna “Se ti sento un'altra volta borbottare contro Artemius, contro Emma, contro David, o Emily, ti faccio nero anche l'altro occhio.”
 Il Grifondoro arrossì, incassò le spalle e abbassò il capo ed Emma appoggiò la testa al muro e fece un profondo sospiro. Volevano tutti la stessa cosa, ma erano tremendamente fragili.
 Lanciò uno sguardo anche a David ed Emily, nel loro angolo, entrambi preoccupati e silenziosi. Artemius invece rimase ancora per un momento in piedi, incerto, poi si sedette al fianco di Emma e anche Luna li imitò, mettendosi accanto a Neville.
 Si guardavano tutti, stancamente, come in attesa di qualcosa e istintivamente, dopo un poco, gli sguardi corsero su Ginny, vagamente pallida. Emma conosceva troppo bene l'amica e colse del disagio sul suo volto lentigginoso.
 “Che c'è, che succede?” chiese e Neville sembrò tendersi leggermente, mentre la rossa stringeva le labbra prima di parlare.
 “Prima di Natale cercheremo di rubare la spada.” sussurrò infine “Io, Neville e Luna. Lo abbiamo deciso”
 L'emoor scosse solo leggermente il capo, contrariata, ma alla fine disse un semplice: “D'accordo”.
“Non sei arrabbiata?” chiese la Weasley, in ansia, il labbro che sporgeva all'infuori in un'espressione curiosamente infantile.
Emma lanciò uno sguardo veloce agli altri emoor alla sua sinistra, sapendo che la pensavano come lei, tutti e tre ricambiarono placidi, quasi indifferenti e la Corvonero fece un sospiro dolce e scuotendo di nuovo il capo, si costrinse a fare un piccolo sorriso.
 “No, Gin, non sono arrabbiata. Io non lo farei, lo sai, ma se per voi è importante avete il mio supporto” si limitò.
 Gli occhi di Ginny Weasley parvero illuminarsi e si sporse ad abbracciarla, sussurrando un grazie. Emma la strinse a sua volta, convinta della sua scelta. Se tutti loro volevano avere una speranza di vittoria dovevano stare uniti e se voleva che gli altri emoor fossero integrati aveva bisogno anche del supporto di Ginny, andare contro l'amica, in quel momento, non avrebbe avuto nessun risvolto positivo. La rossa si staccò e si alzò decisa, improvvisamente piena di energia, facendo un'ultimo sorriso all'amica.
 “Andiamo da Madama Chips voi tre” disse rivolta a Luna e i due Grifondoro. Neville si alzò per primo, avvicinandosi impacciato ai quattro emoor insieme a Seamus.
 “Il vostro supporto è davvero importante” disse “Sono felice di vedere che Serpeverde ci sostiene”
“Saremmo anche di più” rispose David con tono profondo e sicuro, lo sguardo fermo e stranamente solenne “Se solo voi grifoni aveste voglia di accogliere qualche Serpe in più.”
 Neville lanciò di istinto uno sguardo a Ginny che annuì.
 “Ci stiamo lavorando David” disse la rossa ed Emma fece un debole sorriso.

*

Draco l'aspettava sveglio, seduto sul letto, addosso solo una t-shirt bianca aderente e dei pantaloni in tessuto morbido, gli occhi illuminati di tensione e i capelli biondissimi arruffati.
 Emma lo trovò bellissimo, come sempre.
 “Ci hai messo parecchio” sussurrò il ragazzo, il volto contratto.
 “Mi sono fermata a parlare con David” rispose lei tranquilla.
 Si accostò a lui camminando in punta di piedi e Draco immediatamente allungò le braccia verso di lei per accoglierla, afferrandola gentilmente per la vita e portandola con sé sul letto. 
 Si lasciarono cadere sul materasso morbido, avvolgendosi stretti nelle coperte e per un lungo momento rimasero immobili, abbracciati, ad ascoltare il respiro leggero dell'altro.
 “David sta ancora con la Brown, vero?”
Emma sorrise contro la pelle del collo di lui.
 “Sì, Malfoy” disse divertita “Non dirmi che ora sei geloso anche di lui adesso, oltre che di Jam...”
 “Non sono geloso di McGregor.”
 “Lo sei” ridacchiò lei in risposta.
 “Sono solo geloso della sua libertà” ribatté il ragazzo amaro.
Emma sospirò e si poggiò sui gomiti per poterlo guardare in volto.
 “Davvero Draco? Non sarai un po' drammatico? Stiamo parlando di un emoor e del migliore amico di un emoor, quale libertà?”
 Lui fece spallucce in risposta.

Emma e Draco, divisi per mesi dopo la morte di Silente, senza sapere cosa ne fosse dell'altro, avevano scoperto profondamente che cosa fossero i dolori della distanza. L'angoscia che avevano sentito all'idea di perdersi e il sentimento incerto che aveva animato quelle giornate passate a desiderare di vedere il volto dell'altro, di sentirne il suo profumo e soprattutto di sapersi vivi e vegeti, per poi ritrovarsi in realtà spezzati e soli, li aveva fatti crescere e maturare. 
 Emma non era più disposta a rinunciare a Draco, né a perdere prezioso tempo che potevano passare insieme.
Aveva deciso che non avrebbe nemmeno permesso che lui si lasciasse andare all'ansia e il terrore che evidentemente provava ogni giorno e che avevano rischiato di distruggerlo.
Draco invece, per la prima volta in vita sua, si era reso conto che sarebbe morto non tanto per salvare Emma, ma come conseguenza certa se lei fosse scomparsa. Aveva bisogno di lei.
 Il biondo, borioso e vanitoso, Serpeverde aveva scoperto a sue spese cosa fossero davvero le Arti Oscure e ne era rimasto inorridito e sconvolto. Aveva scoperto cosa volesse dire essere davvero solo, temere la propria morte, ma ancora più quella di chi si ama.
 L'idea di avere un cammino tracciato lo metteva nel panico e si era accorto, più di ogni altra cosa che non gli importava nulla della guerra, di Voldemort, Potter o chiunque altro, che quei sogni di gloria e potere che gli avevano inculcato da bambino erano solo dei fuochi fatui. Voleva solo non stare più così male e stringere la mano di Emma O'Shea il più a lungo possibile.
 Per questo, nelle due settimane estive passate a Malfoy Manor, seppur cauti, entrambi avevano abbassato la guardia e si erano spesso tenuti per mano anche di fronte ad altri Mangiamorte, incapaci di stare troppo distanti, dimostrando quasi con sfida, almeno da parte di Emma, quanto tenessero l'uno all'altra e pronti a fare fronte comune, ma ora che erano ad Hogwarts, mischiati tra sostenitori e contrari a quel regime, si erano visti costretti a mantenere un educato distacco nei corridoi per evitare di attirare troppo l'attenzione, sia dei Carrow, pronti a umiliarli e schernirli, sia degli altri studenti, che non vedevano Draco di buon occhio. 
 Dopo però le prime settimane passate quasi sempre divisi, a scambiarsi lunghi sguardi in Sala Grande, avevano deciso di trovare metodi alternativi per stare insieme e la Stanza delle Necessità era stata una scelta sicura e naturale.

 Avevano scoperto che quando stavano da soli, lontani dai doveri e dalle pareti oscure del Manor, la loro complicità era immediata, che dormendo abbracciati gli incubi venivano sedati e che il loro rapporto ammorbidiva e migliorava i rispettivi caratteri. 
 Quando erano insieme era come se si calassero in un bagno tiepido, che andava a lenire sofferenze e ferite. In quei momenti cercavano di tenere sempre lontani i pensieri della guerra, del loro sangue, del matrimonio combinato che forse attendeva Draco e di quello che accadeva fuori da quella sottile parete. 
 Quando erano insieme i loro corpi si cercavano istintivamente, le loro labbra si stendevano in un sorriso e le loro menti si placavano. Malfoy si recava lì prima del coprifuoco e attendeva la ragazza che lo raggiungeva, usando il mantello dell'invisibilità e portando a volte cibo dalle cucine. Questo, almeno tre volte a settimana.

L'emoor tossicchiò cercando di attirare l'attenzione di lui mentre continuava a guardarlo in volto, anche se gli occhi chiari di Draco erano distratti a seguire le trame dei disegni sul baldacchino. 
Era una stanza semplice quella che appariva per loro, un letto, un caminetto, un divanetto e una libreria, dove i colori di Corvonero e Serpeverde si mischiavano, tra velluti ed arazzi. 
 Era un luogo dove trovare riparo e dove entrambi si sentivano al sicuro e rappresentati, con le caratteristiche del Manor e delle sue stanze migliori, così come gli angoli più accoglienti di Spinners' End.
“Malfoy posso avere la tua attenzione?” chiese l'emoor con un sorriso e il ragazzo spostò lo sguardo verso di lei.
 “Noi siamo liberi, lo sai? Tutti quanti, di fare scelte.” sussurrò Emma, scivolando con le labbra sul profilo di lui.
 “Come no” ribatté il Serpeverde, flettendo il braccio sinistro sopra la sua testa come fosse una risposta.
Lei sbuffò leggermente, afferrandolo per il polso, scostò la manica del pigiama e posò un bacio leggero proprio sul Marchio, guardando Malfoy in faccia con sfida, un sopracciglio inarcato.
 Era un gioco che faceva spesso, ogni volta che lui si lamentava e si lasciava distruggere dai pensieri negativi. Lei baciava il marchio, che si contraeva sotto le sue labbra, innocuo al suo tocco e ogni volta il ragazzo non riusciva a evitare di sgranare gli occhi stupito.
 “Volevo parlarti di una cosa questa sera.” sussurrò la ragazza dolcemente, lasciando andare il braccio di lui e sistemandosi più comodamente sul fianco.
“Che cosa?” chiese lui, tendendosi leggermente.
 “A Natale, tua madre mi ha invitato al Manor”
 “Ah. Verrai?” domandò pacato.
 “Vorrei evitare”
Qualcosa tremolò nello sguardo di lui, ma annuì comprensivo.
 “Severus che dice?”
 “Non ne ho ancora parlato con lui. Mi evita”
 “È ancora incazzato per quello che hanno fatto la Weasley e Paciock nel suo ufficio?”
“Per la spada?”
 Il ragazzo fece un sorriso furbo, le sue lunga dita pallide che scostavano dolcemente una ciocca di capelli dal volto dell'emoor.
 “Allora è vero. Hanno cercato di rubare la spada”
 Emma lanciò lui un'occhiataccia e, vagamente nel panico, si avventò sulle sue labbra, cercando di distrarlo.
 “Non funziona, O'Shea” ridacchiò lui, afferrandola per i polsi e tirandosi leggermente indietro per guardarla in volto.
 “No?” chiese lei, chinandosi di nuovo sulle labbra sottili, in piccoli baci e lo sentì sorridere divertito.
 “Forse invece ce la fai a convincermi” rispose rauco.
Emma rise cristallina e si rannicchiarono l'uno contro l'altra, sorridendo mesti, godendo della pace che si potevano permettere lì. L'emoor avvertiva l'agitazione del Serpeverde dal suo respiro spezzato e dalla premura con cui la teneva tra le braccia, nonostante il momento di calma, ma non chiese nulla e gli lasciò il suo spazio.
Draco in fondo non era mai tranquillo, il suo corpo aveva perennemente la sottile tensione di chi si sente sotto attacco. Era fragile, facile da ferire ormai, circondato troppo a lungo da persone che disprezzavano lui e la sua famiglia e che spesso lo attaccavano fisicamente, solo per divertimento. Era braccato.
 Emma aveva perso il conto delle volte in cui al Manor aveva guarito lividi violacei e piccole ferite e la prima volta che lo aveva visto senza camicia, in un momento che avrebbe dovuto essere dolce e solo loro, era inorridita davanti alla ragnatela di sottili cicatrici che aveva trovato sulla sua schiena a testimoniare le numerose torture inflitte, al solo fine di umiliarlo, o di dimostrare qualcosa.
 L'emoor represse la rabbia che le ribollì nelle vene e che avvertì infuocarle il petto e distrattamente accarezzò un paio di cicatrici sul braccio chiaro di lui.
 “Che fai?” soffiò Malfoy, irrigidendosi impercettibilmente.
 “Nulla, ti accarezzo.”
 “Lascia stare quelle cicatrici Emma, le odio” disse aspro e per un attimo la ragazza avvertì il tono saccente e acido che Malfoy usava contro i Grifondoro, quelli che le sembravano secoli prima.
 “A me piacciono le tue cicatrici, sono una prova di quello che stai passando, delle tue lotte e del tuo valore”
 Lui fece una smorfia appena insofferente, ma la lasciò fare, mentre le carezzava con dolcezza i capelli.
 “Sono trentasei” mormorò dopo un attimo di silenzio.
 “Cosa?” chiese l'emoor.
“Le mie cicatrici” disse lui “sono trentasei. Di cui Potter si può prendere il merito solo di quindici, ma sono anche quelle che si notano di meno a dirla tutta”
 “Perché sono state curate da me magnificamente” sorrise la Corvonero, alzando lo sguardo a incontrare gli occhi grigi di lui.
 Draco arricciò appena le labbra in una smorfia soddisfatta, la strinse a sé con più dolcezza, prendendole poi il volto tra le mani.
 “Precisamente” mormorò “Curate quasi a perfezione”

La verità era che il Serpeverde non era affatto coraggioso, tutt'altro: Draco Malfoy era decisamente un codardo e sia lui che Emma ne erano perfettamente consapevoli.
 Lui non era in grado di battersi per grandi ideali collettivi, di sacrificarsi per il bene comune, o immolarsi a una causa, al contrario, Draco Malfoy era malleabile, corruttibile, incapace di imporsi, specie se mettendolo di fronte alla paura e al ricatto.
 Era essenzialmente una persona fragile ed egoista, disposto a mettersi in gioco solo fintanto che non aveva nulla da perdere, o al contrario se la posta era troppo alta per non rischiare e per altro, se privato dell'emoor al suo fianco, il Serpeverde perdeva anche ogni istinto a combattere: si sarebbe fatto uccidere lentamente dal terrore e dallo sconforto, piuttosto che osare ribattere o resistere, rischiando di mettere in pericolo sé stesso, o chi amava.
 Emma però, pur consapevole di quei difetti, aveva deciso di accettare ogni lato di Draco Malfoy senza sconti, compreso il suo essere codardo e di stargli affianco e aiutarlo. 
Semplicemente l'emoor pensava che non tutti sono istintivamente coraggiosi e che esserlo è una qualità, una dote innata da ammirare,  che lei stessa non aveva e se anche il Serpeverde ne era sprovvisto, andava a colmare le sue lacune con altro.
Draco Malfoy era in fondo un ottimo mago, era intelligente e furbo, era un Occlumante abile e un Legilimens naturale. Era un ragazzo viziato che stava diventando consapevole di esserlo e che aveva a cuore la sua famiglia in maniera genuina, ma soprattutto, aveva la capacità di comprendere i suoi sbagli e se avesse potuto si sarebbe strappato il Marchio dal braccio a mani nude.
 L'emoor lo osservò con occhi socchiusi, si avvicinò alle labbra di lui, baciandolo e quasi scoppiò di gioia quando lo sentì respirare arreso, perché un'altra qualità di Draco era che si fidava di lei, totalmente.
 Gli sorrise con dolcezza, sistemandosi meglio contro di lui e lasciandosi carezzare, arrendevole a quelle attenzioni, mentre il ragazzo le portava una mano tra i capelli e la stringeva con decisione contro di sé. Si baciarono con tenera passione, i corpi premuti in cerca di calore, fragili, goffi soprattutto.
 “Ti ho già detto che ho paura?” sussurrò lui, senza smettere di stringerla, beandosi dello sguardo innamorato di lei e sentendosi libero di fare ammissioni che non avrebbe confidato a nessun altro.
 “No, ma lo so. Tutti ne abbiamo” mormorò lei in risposta, le mani perse nei capelli chiari e morbidi di lui, gli occhi verdi pieni di ombra sciolti nel grigio tempesta di quelli del ragazzo.
 “Ti va di provare a dormire? Sono distrutto” fece lui, l'emoor annuì e le luci della stanza si affievolirono all'istante.
 “Draco?”
 “Mmm”
 “Come stanno gli altri?”
 “Che altri?”
 “Blaise e i Serpeverde.”
 “Stanno come tutti, Ems.”
Scese un silenzio morbido.
 “Draco?”
“Mmm” fece lui con il sonno già a impastargli i pensieri.
 “Ti amo” disse Emma ed era la prima volta che glielo diceva da quella notte lontanissima, quando aveva scoperto il Marchio nero sul suo braccio e lui aveva pianto e chiesto aiuto e lei aveva capito che non lo avrebbe mai abbandonato.
 Il ragazzo non rispose, ma la strinse con più dolcezza, affondando il volto nei capelli di lei e l'emoor lo sentì rilassarsi, il respiro che si faceva più lento e regolare e nella penombra della stanza si ritrovò a sorridere. Desiderava con tutta sé stessa proteggere Draco Lucius Malfoy, trovare un mondo in cui potevano amarsi liberamente e l'avrebbe fatta pagare a chi lo aveva spezzato.
L'emoor corrugò la fronte, pensando alla guerra e a Voldemort, ad Harry ed Hermione soli da qualche parte e alla schiena ferita di Draco Malfoy. Pensò ai suoi amici e alle battaglie che stavano compiendo tutti insieme, ai Carrow e agli studenti torturati e soprattutto, tristemente, pensò a Silente e si rese conto che le mancava il vecchio preside con la sua aria tranquilla e sibillina.
Emma se si concentrava riusciva quasi a percepire tutti i tasselli che stavano andando al loro posto, portandoli inesorabilmente verso lo scontro finale, che si incombeva minaccioso sui loro destini. 
Si scostò leggermente, osservando il profilo addormentato del ragazzo accanto a lei e cercò di immaginare cosa ne sarebbe stato di loro negli ipotetici futuri che li attendevano, poi stancamente, con un sospiro, si lasciò scivolare sul petto di lui e si addormentò, ascoltando il battito del suo cuore.

*

Artemius le lanciò un'occhiata attenta.
 “Pronta?” chiese serio.
L'emoor annuì lentamente, respirando con calma.
Nella Stanza delle Necessità, oltre a loro due, c'erano solo Lilith e James che li osservavano con curiosità.
 Rispetto a quando si incontravano con l'ES la stanza aveva preso dettagli più in linea con i due emoor: era meno ampia, ma accogliente e scura, forse più simile ai sotterranei, o a Spinner's End.
 Allineati sulla parete di sinistra vi erano vari fantocci in paglia che dovevano fare da bersaglio e sul tavolo in legno al centro della sala stava appoggiato il libro di magia Oscura regalo di Severus. 
 Qualche candela era l'unica fonte di luce che riscaldava l'ambiente, a parte un'ampia finestra sul muro che dava a nord, sotto la quale vi era un vecchio divano verde, dove sedettero Lilith e James.
 Emma evocò una barriera protettiva che dividesse lei e Artemius dai due Corvonero, per ogni evenienza.
 “Siete sicuri di farlo?” chiese James e l'emoor lanciò un'occhiata all'amico, intuendo la sua paura, ma annuì. 
Lei e Artemius avevano lavorato per settimane a studiare le formule meno oscure del libro. Avevano fatto ricerche sulla creazione di maledizioni e incantesimi e avevano modificato leggermente i movimenti e le parole, attenuando il più possibile il grado di magia nera al loro interno. Non restava che provarle. 
Artemius si fece avanti per primo con aria piuttosto nervosa, alzò la bacchetta di fronte a sé, facendo un complicato movimento di polso.
 “Monrtes Aracnis” sussurrò.
 Una sostanza densa e nera saettò contro il primo fantoccio, si contorse come fosse percorsa da elettricità e si avvolse contro la paglia lasciando delle bruciature. Ci fu un momento di immobilità e poi il fantoccio si sgretolò divenendo polvere davanti a loro. 
 Emma trattenne il respiro, chiedendosi cosa sarebbe successo se avessero usato la formula del libro e Artemius si mosse a disagio, lanciandole una veloce occhiata, prima di mettersi alle sue spalle.
“Questa è roba pesante” fischiò Lilith al di là della barriera, gli occhi sgranati e le guance pallide, almeno quanto James.
 Emma la ignorò, respirò a fondo per placare l'agitazione e fece un passo avanti, alzando la bacchetta con un movimento sicuro.
 “Legami Partius” mormorò.
 Una frusta simile a quella di Dolohov, saettò fuori dalla sua bacchetta, avvolgendosi con precisione intorno al collo del secondo fantoccio. L'emoor immaginò che se fosse stato qualcosa di vivo lo avrebbe soffocato e con un brivido si ricordò della notte che Severus aveva quasi ucciso Codaliscia davanti a lei. 
 Tirò la frusta verso di lei e questa schioccò in aria e agile colpì il fantoccio con grande velocità, separando con tocchi precisi gambe e braccia di paglia dal busto, per poi tornare a soffocarlo.
 Emma sentì la bocca impastata e una strana sensazione di disagio le strinse la gola. La magia oscura, seppur attenuata, le faceva formicolare la pelle, come se fossa spinta da una strana energia. Sentì uno sgradevole freddo al petto e una sensazione di potere immenso e controllo che la spaventò. Con un gesto nervoso fermò la maledizione e si accorse di avere il fiato corto e il sudore della fronte.
 “Fa spavento vero?” le chiese Artemius.
Emma si voltò verso di lui e annuì tremante. Improvvisamente capì cosa intendeva Bellatrix nella loro ultima conversazione. La magia Oscura dava un'irrefrenabile sensazione di invincibilità. 
 Si rese lucidamente conto, per la prima volta, di quanto potere le scorresse nelle sue vene, di quante cose poteva fare scegliendo quella via. Poteva controllare ogni singola particella di magia, avvertiva il suo respiro in modo stranamente presente e la sensazione di percepire il mondo intorno a sé in modo diverso.
 “Tutto bene?” chiese James, avvicinandosi con preoccupazione alla barriera magica che li divideva.
L'emoor revocò la protezione e si sentì sollevata che i due amici fossero lì. Annuì brevemente avvicinandosi a loro, come se la loro presenza potesse scacciare il disagio che provava.
 “Bene” disse asciutto Artemius “Sappiamo di essere in grado”
 “Già” mormorò l'emoor “non facciamolo mai più”
 “Concordo” disse il ragazzo in totale sincerità ed Emma fu sollevata di notare come anche lui fosse pallido e sconvolto.
 “Avete delle carte in più da giocarvi però” intervenne James, con tono gentile, carezzando la schiena dell'emoor con dolcezza e facendo un sorriso amichevole anche ad Artemius “Non che dobbiate per forza usarle, ma ora conoscete meglio il vostro nemico”
Entrambi gli emoor annuirono incerti. Emma si avvicinò al libro, carezzandolo distrattamente. Ricordava come Severus le avesse detto che sperava che non fosse così stupida di tentare ad usare qualcosa di scritto lì dentro e invece l'aveva appena fatto, seppur con le dovute precauzioni e lo aveva fatto per paura, soprattutto.
Artemius le si avvicinò, osservandola attento.
 “Tutto ok? Sicura?” chiese “Non è stato per nulla piacevole.”
 Lei fece un cenno di assenso, ma non ne era affatto sicura. Sentì un leggero brivido lungo la schiena.
 - Emma -
 - Harry -
 - Tutto ok? -
 Il dolore alle tempie le pressò il cranio e sentì un brivido indurire la pelle delle braccia, mentre si sforzava di stare concentrata.
 - Abbastanza ok, sì -
 - Ho sentito qualcosa di allarmante -
 - È tutto a posto Harry -
 Cercò di aggiungere altro, ma la connessione tremò e si frastagliò nella sua mente, senza che potesse fermarla.

 “Potter se ne è accorto” disse agli altri e tre paia di occhi si fissarono su di lei, poi Artemius si imbronciò leggermente.
 “Forse possiamo lasciar perdere per un po' la magia oscura e concentrarsi sui Vinculum e la connessione.” disse infine.
 “I Carrow ci stanno addosso” rispose mesta Emma “non possiamo usare la biblioteca per le nostre ricerche”
 “Potreste usare questa stanza però” propose Lilith “Io e Jam possiamo dare una mano a voi emoor se volete”
 Emma sorrise grata all'amica, stupita del suo cambio positivo nei confronti dei Serpeverde, ma scosse il capo.
“Nella stanza ormai c'è quasi sempre Neville, quel ragazzo non si da pace, è in fuga costante. Possiamo fare qualche ricerca io e Artemius sulla torre, ma se avremo bisogno sarete i primi a saperlo.”
 La biondina annuì ed Emma le fece un altro sorriso stanco, mentre si massaggiava le tempie, avviandosi verso l'uscita. Sentì il braccio di James avvolgersi intorno alle sue spalle e provò profonda gratitudine nell'avere degli amici così presenti.

Lungo i corridoi si mossero in fretta, le orecchie tese a percepire i rumori del castello e arrivati al solito bivio Artemius fece un cenno di saluto e scese le scale verso il dormitorio di Serpeverde.
Emma lo afferrò per la manica all'ultimo e lo tirò con sicurezza contro di sé in un veloce abbraccio.
 “Grazie.” mormorò.
“Di cosa?” disse il ragazzo, imbarazzato.
 “Di essermi amico” rispose l'altra “Di essere così tanto di supporto. Non sai quanto, davvero”
 Lo sentì irrigidirsi troppo e quindi lo lasciò andare, notando che  aveva le guance rosse e roventi e che le fece una smorfia buffa prima di scappare via giù dalle scale.
“Lo farai morire di imbarazzo se ti ostini ad abbracciarlo così” disse Lilith “So che non lo pensi, Ems, ma è un tipo fragile e timido.”
“Lo è.” mormorò con un mezzo sorriso l'emoor “Ma credo abbia bisogno di sapere che gli vogliamo bene”
Erano notti che ai soliti incubi si era aggiunto un elemento. Che le faceva orrore, paura, spavento. Un lampo di luce verde diretto verso di lei, al posto che contro la donna urlante e Artemius che moriva al suo posto, che la difendeva a costo della sua vita.

*

- Potter non andare a Godric's Hollow – Emma cercò inutilmente di gridare al Grifondoro, attraverso la connessione, ma il ragazzo in risposta chiuse la mente quasi con violenza e l'emoor riuscì solo ad avvertire uno strascico del suo nervosismo.
 Piccata la Corvonero cominciò a muoversi agitata sotto lo sguardo attento di Ginny, inveendo contro Potter e la connessione che continuava a coglierla di sorpresa e senza apparente logica.
 “Non ti ha ascoltata” constatò la rossa, mortalmente pallida e l'emoor scosse la testa con aria affranta.
 “Mi dispiace Gin. È testardo...”
 “È Harry Potter, Ems, che cosa ti aspettavi?” rise amara “Se non fa l'eroe almeno una volta al giorno non è di certo contento. Almeno sappiamo che sono vivi, sappiamo dove sono.”
“Sappiamo dove andranno più che altro.” rispose mesta l'altra scuotendo il capo nel tentativo di distogliere l'attenzione da quel nome “Godric's Hollow” che non le dava tregua.
 “Perché non vuoi che vada in quel posto?”  chiese la rossa, assorta.
 “Non lo so Gin, è una sensazione” ammise l'amoor con aria sconfitta “Harry continua a pensarci e non so... mi agita.”
 “Ancora non riesco a crederci che Ron gli abbia abbandonati.”
La Corvonero fece una smorfia dispiaciuta a quell'affermazione e appoggiò comprensiva una mano su quella dell'amica.
 “Non fartelo sfuggire quando torni a casa, mi raccomando”
 Era l'ultima settimana prima delle vacanze di Natale e le due ragazze erano sedute al campo di Quidditch, le sciarpe ben strette sopra i cappotti pesanti che le riparavano dal vento gelido che prometteva neve. Sapevano entrambe che durante le vacanze sarebbero state divise e questo le innervosiva, perché lì, insieme con la Resistenza e l'appoggio costante che si davano l'un l'altra, si sentivano più coinvolte e meno sole.
 Avevano parlato di tutto nell'ultimo periodo, scambiandosi pareri e informazioni, snocciolando paure e teorie. Emma aveva spiegato dell'esperimento con la magia Oscura e Ginny la teneva aggiornata su quel di cui si discuteva nella torre di Grifondoro. 
 Erano coordinate e con gli stessi obbiettivi.

Una folata di vento gelido mosse le bandierine sugli spalti di Tassorosso. Emma si mosse sulla sua seduta, cercando di ignorare come poteva l'acuta fitta che le trapassò fianco. Ginny se ne accorse.
 “Ti fa ancora male?”
L'emoor assentì, non aveva senso mentire.
 “Merlino” sospirò l'altra “Ma Piton lo sa che i Carrow ti hanno praticamente torturato?”
 “Non ancora” ribatté l'emoor, aspettava l'occasione per parlare della cosa con il tutore “Da quando avete tentato di rubare la spada Severus non mi ha parlato, magari non se la prenderà poi tanto”
 “Mi spiace” soffiò Ginny, ma i suoi occhi si illuminarono di soddisfazione al pensiero di quel che avevano provato a fare.
 “Un peccato che non ci siate riusciti”
“Vero”

 Negli ultimi giorni era stato un vero e proprio massacro. Le previsioni di Artemius si erano rivelate corrette e non erano più solo in tre o quattro ad opporsi, ma tanti, in tutte le Case.
 L'ES, travestito da resistenza, faceva sentire le persone più sicure e parte di qualcosa e infondeva coraggio, ma questo significava anche che l'infermeria era sempre piena e loro sempre più acciaccati.
Nonostante i tentativi di Emma di insistere a usare più strategia che attacchi poco ponderati, i Carrow diventavano sempre più sadici e violenti e i loro interventi ovviamente erano sempre più necessari.
 “Neville dovrebbe darsi una regolata, hai ragione tu, lo stanno distruggendo” ammise mite Ginny.
 “Anche Seamus” fece presente l'emoor “E anche Sean.”
 “Sean in effetti è stata una sorpresa” convenne la rossa che non si era aspettato tale supporto dal Corvonero.
 Emma tremò nuovamente e una fugace visione di Harry ed Hermione nella tenda le sfarfallò davanti agli occhi. I due stavano discutendo animatamente di qualcosa, ma le parole le sfuggivano come se fossero sott'acqua e nervosa la ragazza si massaggiò le tempie, cercando di alleviare il mal di testa.
“Ti stanno massacrando queste connessioni” notò l'amica.
“Sono diverse da quelle che avevamo una volta” assentì l'emoor “Sono più... consapevoli direi, più complicate”
“Trovo incredibile che Silente non vi abbia voluto spiegare il perché del vostro legame” sussurrò Ginny e ancora una volta lei si ritrovò ad annuire, dandole pienamente ragione.
 Lasciarono il campo da Quidditch alle loro spalle dirigendosi verso il castello a passo tranquillo. Emma strinse i denti fino a quasi farli stridere, mentre altre due violente connessioni con la mente di Potter la facevano tremare. Vide la tenda, Hermione sciupata con gli occhi sgranati, avvertì il freddo e la fame che provavano loro.
Harry era chiaramente agitato ed Emma cercò di calmarlo a distanza, usando l'Occlumanzia per lui, ma con pochi risultati, perché il ragazzo continuava involontariamente a far cadere un muro tra loro e la Corvonero veniva espulsa e poi riportata con un brivido nella sua mente.
 “Dovrai andare al Manor a Natale?” chiese Ginny.
“Temo di sì” mormorò l'emoor.
 “Almeno avrai Draco vicino”
 Lo sguardo di Emma si velò di leggera tristezza a quelle parole.
 “Draco non è molto in sé quando è al Manor” ammise e gli occhi nocciola di Ginny si fecero stranamente morbidi e comprensivi, ma solo per un istante, prima di indurire l'espressione.
 “Non dovrai vedere Tu-Sai-Chi, vero?”
Emma si morse leggermente il labbro inferiore a disagio.
 “Non ne ho idea. Probabile”
 “Non sei terrorizzata?” chiese la rossa, guardandola di sottecchi.
Emma annuì lentamente “Certo, ma non posso evitarlo, no?”
 Fece per aggiungere altro, ma alzarono entrambe lo sguardo su Neville che correva a perdifiato verso di loro.
 “Jam... James” sputacchiò il ragazzo nel tentativo di prendere fiato ed Emma sentì un'angoscia sorda subito attanagliarle il petto. 
 “Che è successo?” chiese con un filo di voce, avvertendo anche Ginny tendersi al suo fianco.
 “Cinque Cruciatus” soffiò il Grifondoro stravolto “è in infermeria.”
Non ci fu bisogno di aggiungere altro, l'emoor si mise a correre, lasciandosi alle spalle i due amici. Gli occhi verdi di quel colore così strano, quasi liquido, fatto di luce ed ombre, che fiammeggiavano di rabbia, il corpo che quasi volava sopra i prati di Hogwarts.
Non James. Proprio no.


*Angolo Autrice*


Ciao Lettori! 
Eccomi con un nuovo capitolo. 
è tutto incentrato sulla resistenza. La sua nascita e la sua fragilità. Anche se tutti con uno stesso obbiettivo, gli equilibri nella situazione di precarietà e tensione in cui si trovano non sono facili da mantenere. I Serpeverde sono stati accolti (solo gli emoor), ma non sono ancora a loro agio con il gruppo e i membri delle Case non agirebbero tutti nello stesso modo. Vorrei dare una piccola stellina ad Emma e Ginny per la loro incredibile maturità nel confrontarsi anche quando non sono d'accordo. 
Ho lasciato a parte poi due piccole parentesi:
. Dremma: Ho voluto mostrare un momento intimo, dolce e fragile tra i due. Draco ed Emma si stanno trasformando l'uno nella boccata d'ossigeno dell'altro in tanto dolore e difficoltà. Ci ho tenuto a scrivere di loro come due persone molto umane e consapevoli dei loro limiti. Draco non è una persona buona, né perfetta, lo sappiamo: è codardo, inutile dipingerlo in modo diverso, ma è la persona che Emma, forse irrazionalmente, ama e ha scelto di avere accanto ed è giusto che la ragazza scenda a patti con questo. 
. Arte Oscure: Nonostante abbiano preso tutte le preucazioni del caso le Arti Oscure sono un bello schiaffo per Emma ed Artemius. Avevo bisogno di spaventarli ben bene, di far capire loro con cosa giocassero. Credo che oltre alla consapevolezza di essere in grado di gestire quel genere di magie, la cosa bella di questo piccolo momento è che i due scelgano consapevolmente di farne a meno (il più possibile). Penso che in qualche modo i due si siano avvicinati ancora di più ora. Ho ritenuto necessario la presenza di Lilith e James perché voglio che Emma e Artemius non si chiudano in un loro personale bozzolo quando affrontano certe tematiche. Emma continua a confrontarsi anche con gli amici che continuano a supportarla. 

Vi lascio qui di seguito il riassuntone del libro precedente. Se avete tutto chiaro, saltatelo.
Spero che questo capitolo vi sia piaciuto! 
Grazie mille per le vostre recensioni. 
vi


Riassuntone:
. Emma ed Harry: durante il quinto anno di Emma (Sesto di Harry) grazie alle lezioni di Silente i due ragazzi scoprono che il preside ha un'ipotesi sul perché esista la loro connessione, ma non vuole dividerla con loro per paura che Voldemort invada le loro menti. Il preside spinge i due a non chiedersi perché la connessione esista, ma a fidarsi l'un dell'altra e usare questo legame per poter comunicare e supportarsi. Nel corso dell'anno inizialmente il rapporto tra i due non riesce a prendere piede, nonostante un primo momento di avvicinamento a Grimmauld Place, perché i tentativi di Harry di carpire informazioni su Draco e l'attacco al Serpeverde nel bagno fanno si che continui a dividerli una discreta freddezza e differenza di vedute, questo cambia però quando entrambi assistono alla morte di Silente. Incredibilmente si avvicinano molto e, fedeli alle ultime promesse fatte al preside, fanno finalmente, fronte comune. 

Scuola e Corvonero: Emma continua ad andare bene a scuola e riesce ad ottenere il suo GUFO in Trasfigurazione che le permetterà di seguire il suo sogno di diventare Artigiana di bacchette.  I suoi rapporti di amicizia si mantengono positivi con tutti i compagni di Casa ad eccezione di Richard Done, con cui si acuisce l'iniziale antipatia. Lilith e James con i loro modi di fare diversi e quasi opposti sono sempre più vicini e protettivi con l'amica. James si scopre essere nipote del fu ministro della magia Scrimgeour e farà parte con Emma del Luma Club, mentre Lilith viene nominata Prefetto insieme a Sean. 

. Amore: è un anno più doloroso e meno dedito all'amore, ma David ed Emily e Lilith e Fred continuano a fare Coppia fissa. Ginny invece frequenta Dean Thomas per un bel po' fino a quando, sul finire dell'anno inizia a frequentare Harry (finalmente). La loro relazione si mette in stand by con la partenza di quest'ultimo (te pareva). Draco ed Emma invece hanno a inizio anno vari scontri. L'emoor percepisce che qualcosa non torna in lui, ma Draco fa di tutto per escluderla, facendola soffrire. Nonostante una dolcissima uscita a Hogsmeade i due litigano dopo che il ragazzo non si presenta alla festa di natale ed Emma decide di lasciarlo nel suo brodo. Nonostante questo interviene in difesa del ragazzo al Manor quando assiste alla torture di Dolohov nei suoi confronti. Dopo che Emma, per puro caso trova Draco da solo in un bagno a piangere e scopre il marchio nero, i due però si avvicinano moltissimo ed Emma sente per la prima volta il desiderio di usare la violenza per difenderlo, promettendosi che la farà pagare a chiunque gli farà del male. Sulla torre con Silente Draco ammetterà di aver avuto paura e di aver pensato di non aver scelta, perché i mangiamorte, oltre a torturare lui e la madre avevano minacciato di uccidere Emma. L'emoor riesce a convincerlo che può proteggerlo e il ragazzo abbassa la bacchetta. Quando sarà portato via da Severus poco dopo il ragazzo sconvolto cerca in tutti i modi di portare l'emoor con sé. Dopo un estate separati, dove Draco viene torturato a lungo e subisce invasioni di mente da Voldemort che cerca di comprendere il suo legame con l'emoor, finalmente, Draco ed Emma, che hanno temuto per la vita dell'altro, si ritrovano, ben decisi a non lasciarsi. 

Emoor: molte cose si scoprono sugli emoor che finalmente fanno dei passi avanti. La cosa più importante è il Vinculum Eldest: una maledizione di sangue simile al voto infrangibile, ma che si riflette sulle discendenze. Il vinculum è il motivo delle discendenze magonò ed è stato stretto a coppie tra gli elementi delle ombre che avevano meno motivo di fidarsi: Angela Grifondoro conn Thomas Corvonero e Andrew Tassorosso con Alicia Serpeverde. La promessa del vinculum non è nota, ma sappiamo che è legata alla difesa della scuola, così come il vinculum è stato fatto in seguito al litigio tra Godric e Salazar, causa dell'incrinatura di rapporti tra i due fratelli Serpeverde. Artemius inoltre rivela che al nascere della magia dentro di sé ha avuto una visione di tutti gli altri emoor e che quindi sapeva già chi fossero quando si sono incontrati, il ragazzo rivela inoltre che lui conosce il suo destino, ovvero proteggere Emma. Avendo sempre avuto l'impressione di dover morire giovane si convince di dover perdere la vita per lei. Emma lo dissuade e da quel momento Artemius diventa molto più partecipativo del loro gruppo e stringe un legame molto forte con Emma. 

. Amici: Ginny rimane una presenza primaria ed essenziale nella vita di Emma, le due ragazze si supportano molto e cercano di sdrammatizzare i momenti di difficoltà (la fatidica uscita a quattro in programma che Voldemort ha rovinato ne è un'esempio), la Weasley in più di un'occasione si espone con coraggio in difesa dell'emoor. Lilith e James rimangono però gli amici con cui la ragazza passa più tempo e che pazienti la supportano in ogni momento. Fred e George (soprattutto il secondo come sappiamo) rimangono presenti nella vita della ragazza, pur non essendo più ad Hogwarts. Oltre agli emoor rimane anche la presenza Serpeverde di Zabini, con cui Emma mantiene un rapporto molto elegante e posato, basato sul reciproco rispetto e sul finire dell'anno Emma reicontra J.K. Rowling, migliore amica di Emily. In corner riappare anche la figura sicuramente positiva di Gabriel Tullier. Con il magico trio invece, a parte Hermione, con cui l'emoor ha avuto sempre un bel rapporto molto posato, Emma ha alti e bassi sia con Harry che con Ron, ma nell'ora della partenza si sente molto vicina a entrambi i ragazzi. 

Severus: Emma e Severus passano l'anno in completa sintonia, hanno più momenti di grande comunicazione, affetto e vicinanza. Passano anche il loro primo natale insieme da soli e l'uomo si apre con la ragazza. L'emoor in più di un'occasione cerca la sicurezza e il conforto del tutore e arriva persino a considerarlo come un padre sul finire dell'anno. Con gli eventi della torre d'astronomia lo shock dell ragazza è immenso, ma la paura di perdere il tutore e il ragionamento la portano a riflettere su ciò che ha visto e riconsiderare gli eventi. Essendo l'uomo il suo tutore legale Emma è costretta a tornare a Spinner's End e per la prima volta si presenta con la frase "Sono una Piton." che le dà molta consapevolezza della sua situazione.  
Da quel momento lentamente i due si riavvicinano, pur rimanendo Emma attenta a cogliere ogni sfumatura. 

. Ordine e maghi affini: Emma ha vari contatti con tutti i membri dell'Ordine che vogliono molto bene alla ragazza. Sarà Emma a salvare Bill da Grayback la notte della morte di Silente e anche a curare l'orecchio di George. Nonostante questo la posizione peculiare di Emma mette l'Ordine in allarme e in dubbio la sua lealtà. Remus Lupin è sicuramente il mago dell'Ordine con cui l'emoor ha un legame più forte. Tra i due vige un profondo rispetto e spesso l'uomo si propone di aiutarla.

Emma: Emma è cresciuta in fretta e moltissimo. è diventata ancora più matura, ma soprattutto consapevole. Comincia a capire come muoversi tra le due fazioni in maniera molto lucida e cosa può e non può fare, oltre che dimostrare sempre maggiore controllo e conoscenza delle arti magiche e del suo sicuramente notevole potere. Sia con Bellatrix, sia mentre cura Draco, o George stupisce i presenti per le sue abilità e rispetto ad Harry ha una padronanza maggiore della connessione. Grazie poi a Severus, poi diventa molto avanzata nell'Occlumanzia.
Il punto debole di Emma però sembra essere Draco.

Ritorna all'indice


Capitolo 51
*** Voldemort ***


.Voldemort.

 

“Emma non trovo Luna” l'emoor scostò il volto dal finestrino dell'espresso di Hogwarts e guardò Ginny, che la ricambiava con una ruga a segnarla sulla fronte, gli occhi colmi di molta stanchezza.
“L'hanno chiamata in testa al treno, no? Sarà con i Caposcuola.”
“Non c'è” ribatté l'altra, serrando le labbra e Artemius, seduto di fianco all'emoor, si agitò leggermente sul posto, a disagio.
 “Non l'avranno prelevata?” chiese in un soffio, rivolto alle due ragazze ed Emma si sentì sbiancare e vide anche il volto di Ginny perdere colore. 
Non erano pochi gli studenti che erano stati prelevati da Hogwarts in quei mesi, sempre per i motivi più vari, che fosse un'uccisione in famiglia, o una richiesta di qualche genere. Nessuno di loro era tornato.
 Emma sospettava che alcuni fossero imprigionati per ricattare i loro famigliari e il solo pensiero le metteva i brividi. Hogwarts diventava giorno dopo giorno un luogo sempre più vuoto e silenzioso, minaccioso in parte, non certo la scuola che conoscevano.

 “Non allarmiamoci, mettiamoci a cercarla” disse pratica, alzandosi con finta sicurezza e guidando svelta sia Ginny che Artemius lungo il corridoio del treno.
 Erano un strano trio: Serpeverde, Grifondoro e Corvonero, gli unici tra gli amici di Emma, insieme anche a Luna, a decidere di tornare a casa per le vacanze di Natale. 
Hogwarts in fondo, rispetto al mondo esterno, era un posto abbastanza sicuro finché erano tutti insieme e non si erano ovviamente mai verificati omicidi, al contrario di quello che accadeva giornalmente fuori. Rimanere alla scuola era, almeno per ora, un'ottima idea, ma per loro era ovviamente diverso: Ginny voleva tornare a casa a tutti i costi, Luna aveva un padre che senza di lei avrebbe altrimenti passato il Natale da solo, Emma non era riuscita a convincere Severus a evitarle il Manor e Artemius era stato convocato urgentemente dalla famiglia adottiva.
 “Credo che abbia preso il marchio” disse il ragazzo a bassa voce, mentre avanzavano nel corridoio, sbirciando negli scompartimenti alla ricerca di Luna e sia Emma che Ginny si fermarono a scrutare il ragazzo in volto.
 “Chi?” chiese l'emoor, trattenendo il fiato.
 “Il signor Geller, il mio padre adottivo”
 Le due amiche strinsero le labbra in un'espressione preoccupata.
 “Mius” sussurrò Emma “Merlino, sei spaventato?”
L'altro scosse la testa “La mia nuova madre è una brava persona”
 “La signora Nott?”
 “La signora Nott” confermò lui ed Emma annuì, guardando con affetto l'amico che aveva abbassato lo sguardo ai piedi, ricordava che Remus aveva accennato alla donna come un'amica di Silente.
 Ginny al suo fianco, in silenzio, osservava il Serpeverde con curiosità, evidentemente chiedendosi perché il ragazzo si era sentito di parlare del possibile marchio del tutore senza nessun motivo apparente. La Grifondoro, per quanto si fosse sforzata, non riusciva ancora bene a inquadrare Artemius, dato che l'emoor non spiccicava mai parola se non con Emma e gli altri emoor e stava sempre in disparte, ma si fidava del giudizio della sua migliore amica e poi aveva trovato in lui un ottimo alleato per la Resistenza.
“Hai fatto bene a dirmelo, sai che puoi sempre parlare con me” sorrise la Corvonero e il ragazzo alzò subito il capo, scambiando con lei uno sguardo che sembrava denso di mille parole.
 “Lo so” rispose in un soffio, mentre Emma gli afferrava la mano, in un gesto automatico e sicuro, che lasciò la rossa stupita, soprattutto nel vedere come il ragazzo non si sottraesse affatto al contatto.
Ginny Weasley, osservando quel silenzioso scambio, si rispose da sola alla sua domanda: Artemius si era confidato apertamente perché Emma era sua amica, forse l'amica più cara che aveva. 
Era semplice. Era ovvio. La Grifondororo rifletté silenziosamente, per la prima volta, sul fatto che il legame tra gli emoor sembrava farsi giorno dopo giorno molto più forte, indissolubile.
 “E poi non sarai solo” aggiunse Emma “sicuramente ci vedremo al Manor e se hai bisogno puoi scrivermi”
 Il Serpeverde annuì in risposta, poco convinto, ma con l'aria sollevata di chi si è tolto un peso.
“Luna” disse Ginny a bassa voce, ricordando loro l'urgenza, senza voler rompere quel momento tra loro.
 Emma si riscosse e riprese a camminare, guidandoli. 
 Cercarono in tutto il treno, in tutti gli scompartimenti e in tutti gli angoli chiedendo anche agli studenti se avessero visto la ragazza e ricevendo in risposta solo sguardi spaventati e 'no' appena sussurrati, ma non la trovarono e quando tornarono allo scompartimento, arresi, Emma era terribilmente agitata. 
 Aveva semplicemente il terrore di perdere i suoi amici.

*

L'emoor spalancò la porta dell'infermeria con rabbia, facendo sobbalzare tutti i presenti. Su lettini c'erano Ernie McMillan con un braccio fasciato e Seamus con il volto pesto, mentre Alicia Spinnett doveva essere appena arrivata.
Madama Chips spuntò da dietro un paravento, in un ticchettio causato dalle scarpe lucide che spuntavano da sotto la divisa inamidata.
 “Signorina O'Shea, ma che modi”
 “Dov'è?” chiese Emma senza mezze misure, il sangue che le bolliva nelle vene e la donna la fissò con aria contrariata, facendo un cenno brusco al paravento.
 “Il Signor McGregor se la caverà, ma ha bisogno di assoluto riposto”
 Lei fece un passo deciso nella direzione indicata, ma la donna la ostacolò, con una luce estremamente determinata in volto.
 “Se non mi ha sentito, ho detto che ha bisogno di riposo, signorina O'Shea. Il che significa che lei potrà passare di qui domani mattina.”
 “Ems” l'emoor si voltò a udire la voce sottile di Lilith.
 Lei e Sean erano seduti su due seggiole accanto all'ingresso e non li aveva notati. La ragazza era pallida e stanca, le occhiaie evidenti sotto gli occhi scuri, Sean sembrava ancora più fragile, un taglio che andava a cicatrizzarsi sulla guancia destra, rimasuglio di una zuffa della settimana precedente.
 Emma si avvicinò loro “Lo avete visto? Che è successo?”
 Le labbra di Lilith erano pallide e screpolate da tanto se le era torturate.
 “Lo abbiamo portato noi qui. Non si muoveva, Ems” disse con angoscia “Sono stati i Carrow, li ha chiamati la Parkinson. Ha beccato James e la Abbott che cercavano di liberare dei primini chiusi nelle segrete e sono usciti di testa”
 Gli occhi color ebano di Sean corsero preoccupati sul volto dell'emoor, incerto su cosa dire. Emma era pallida, ma lo sguardo verde con ombre, così liquido e innaturale brillava di una furia pericolosa.
 “Ems, non fare pazzie, James non vorrebbe che...” balbettò il ragazzo, ma l'altra stava già uscendo dalla stanza, sorda agli ammonimenti degli amici.

Percorse i corridoi con rabbia cieca, a passo militaresco, dirigendosi verso i sotterranei, con l'unico pensiero di farla pagare alla Parkinson.
 Era arrivata quasi alla zona dell'aula di Pozioni quando scorse Draco e Blaise appoggiati a un muro ed ebbe la strana sensazione che la stessero aspettando.
Il moro fu il primo a notarla e ad avvicinarsi a lei con passo disteso, le mani affondate nei calzoni dal taglio elegante.
 “Emma” la voce calda e gentile, gli occhi obliqui che la fissavano attenti.
 “Dov'è Pansy?” sibilò lei.
 “Emma prova a calmarti” tentò di nuovo Blaise con voce curiosamente tranquilla “lascia che ti spieghi.”
 “Non ho bisogno di sentire nulla, Bla. Ho chiesto solo dov'è Pansy.”
 Gli occhi della ragazza svolazzarono verso Draco e con uno sbuffo secco scostò Zabini per andare verso di lui.
 “Draco. Dov'è?” chiese in un sibilo, lo sguardo rovente fisso su di lui.
 Il Serpeverde inalò aria dal naso con stanchezza, il viso pallido era contratto e privo di sentimenti, o espressioni che lo tradissero. Si avvicinò a lei e le prese il volto tra le mani, delicatamente.
 “Respira” ordinò, guardandola negli occhi ed Emma rimase stupita dal tono fermo, gli occhi grigi che la fissavano erano distratti, doloranti.
 “Hanno quasi ammazzato James per colpa sua” sibilò l'emoor, cercando di arretrare, ma Draco la trattenne e non scostò le mani dal suo volto, anzi, si chinò a posarle le labbra sottili sulla fronte.
 “Ho detto di respirare Emma.” ripeté, la voce stranamente dura, in controllo.
 L'emoor sentì il sangue rallentare nelle vene e fece un profondo respiro. 
 Malfoy lasciò scivolare via le mani dal suo viso in una carezza, per poi tendere la destra verso di lei, il palmo verso l'alto come un invito. L'emoor gliela afferrò piena di fiducia, mentre sentiva lo sguardo di Zabini osservarli attento.
 Draco la portò con sé in un'aula apparentemente vuota, ad esclusione di Pansy e Theo che stavano seduti su due banchi. Nott si voltò subito verso i nuovi arrivati, il viso apatico e tranquillo, Pansy invece era arruffata, gli occhi scuri puntati al pavimento, che si alzarono tremanti a guardare l'emoor.
 “Sei venuta a uccidermi?” chiese, la faccia da carlino illuminata solo una leggera luce di sfida, ma la voce tremante di paura ed Emma sentì un fiotto caldo di rabbia nel petto, tenuto a bada dalla presenza tranquilla di Draco.
“Perché l'hai fatto?” chiese gelida, mentre cercava di continuare a respirare lentamente, concentrandosi sulla mano di Malfoy ancora stretta nella sua.
 “Non l'hai ancora capito O'Shea?” ribatté acida la ragazza “Siamo o noi o voi. Dobbiamo stare a galla.”
 Emma fece un passo avanti, minacciosa, ma Draco la trattenne. La sua mano scivolò intorno alla vita di lei e la strinse contro il suo fianco e l'emoor intuì in quel gesto sia il tentativo di impedirle di uccidere Pansy che una sottile protezione.
 “Siamo qui per chiarire” disse gelido il Serpeverde e il suo tono era talmente tagliente che la Corvonero si chiese come pensasse di rendere semplice la discussione con gli altri due, anche se, in tutta onestà, non pensava nemmeno ci fosse qualcosa da chiarire: Pansy era la causa dell'attacco a James. Punto.
 “Concordo. Pansy ha fatto una sciocchezza” intervenne Theo indifferente “Mi ha promesso che non farà più nulla del genere.”
 Aveva il volto contratto di chi vorrebbe trovarsi ovunque, ma non in quella stanza, gli occhi scuri fuggenti ed Emma capì che stava assistendo a qualcosa di raro: le dinamiche che sostenevano gli equilibri della Casa Serpeverde.
 “Una sciocchezza la chiami?” sibilò arrabbiata “James è quasi morto, Nott. Ha ricevuto in pieno petto cinque Cruciatus per questa sciocchezza”
 Gli occhi di Theo si scostarono da lei, colpevoli e Pansy sembrò impallidire ancora un poco, ma non disse nulla.
 “Potremmo essere migliori di così. Tutti noi Serpeverde” intervenne Zabini con la sua voce profonda e pacata “Non dobbiamo per forza ammazzarci con le altre Case, non abbiamo ancora un marchio che ce lo impone”
 Emma lanciò un'occhiata a Draco, la mandibola stranamente tesa, mentre ancora la stringeva contro il suo fianco senza dire una parola e poi scostò gli occhi su Nott che teneva ora lo sguardo puntato su Blaise.
 “Risparmiaci la ramanzina, Zab” disse secco il ragazzo “Ho appena detto che Pansy ha promesso che si farà i fatti suoi, mi sembra abbastanza. McGregor non è morto in fondo e la Abbott non si è fatta nulla. Cosa possiamo fare di più: delle scuse pubbliche? Non possiamo esporci”
Theo si alzò dal banco, prendendo Pansy per mano. La ragazza era ancora pallida e con lo sguardo basso, ma seguì il suo invito e si avvicinò al ragazzo.
 “Merlino, nessuno parla di scuse pubbliche” fece Blaise con un ghigno “Ma...”
 “Ma Pansy ha ragione.” continuò con sfida Nott “Non è questione di odiare o meno quegli idioti dei Carrow, o i Nati Babbani. Il tutto si risolve in noi o loro. Non è colpa mia se io sono nato Purosangue e voglio sopravvivere.”
 “Non è nemmeno colpa di chi non lo è non esserlo, Nott” ribatté Emma, sentendo il sangue ribollire, nonostante la stretta calmante di Draco “Ci potrebbero essere tanti noi e loro differenti comunque, siete voi a decidere di essere dalla parte sbagliata” aggiunse mesta e anche Zabini annuì, dandole subito manforte con un pacato “Dovremmo parlarne”.
 “No, non dovremmo” rispose sicuro Nott con sguardo tagliente “Mio padre e il padre di Pansy rischiano la vita ogni giorno per noi. Il minimo che possiamo fare è cercare di non far arrabbiare i Carrow ed essere degni figli di due Mangiamorte. Non toccheremo gli emoor e i suoi amici, se la cosa vi dà tanto fastidio, ma non potete chiederci di più, Zabini.”
 “Theo avanti, ci conosciamo da una vita” tentò Blaise con tono conciliante.
 “Non ha nessuna importanza. Non ti pugnalerò mai alle spalle Blaise, ma siamo di idee differenti” decretò Nott, guardandolo con freddezza, prima di voltarsi per un'ultima occhiata in direzione di Emma “Prova a toccare Pansy, O'Shea e il mio tentativo di essere neutro svanirà e ti renderò la vita un inferno”
 “Devi solo provarci Nott” sibilò lei, provocandogli un sorriso e lo vide tentennare per un istante, incerto, prima che rialzasse il capo per guardarla in volto.
 “Porta i miei auguri a McGregor, se puoi. Non ho nulla di personale con lui, mi spiace per le Cruciatus, è persino un Purosangue.” disse e l'emoor pensò alle ore di Pozioni che i due ragazzi avevano condiviso e al sottile rispetto che James aveva sempre esternato nei confronti di Nott. 
 La Parkinson e Theo fecero per allontanarsi, ma di nuovo Nott si fermò, guardando verso Draco in tralice “E tu non tirare troppo la corda Malfoy, mio padre dice che non si parla bene della tua famiglia tra i sostenitori”

 “Dovresti ascoltare meglio tuo padre, Theo” ribatté Draco con tono misurato, scambiò un breve sguardo con il ragazzo, prima che questo uscisse dalla stanza, portandosi dietro Pansy che non aveva detto ancora una parola, né alzato la testa.
 Emma era turbata dalla vergogna evidente della Serpeverde e si rendeva conto come Theo e la ragazza fossero l'ennesima faccia della medaglia di quella guerra.
 “Se non fosse per Pansy, non avrebbe parlato così” disse Blaise con leggera tristezza, scambiando uno sguardo veloce con Malfoy.
 Emma colse in quello scambio mille parole non dette e si rese conto di quanto quei due ragazzi fossero vicini, ma non si sentì coinvolta, perché la rabbia la faceva quasi tremare e sentire il respiro spezzato di Draco attraverso il suo costato, era anche peggio. Il Serpeverde si chinò su di lei, ignorando Zabini e di nuovo le afferrò il viso tra le mani.
 “Cerca di non farti uccidere per vendicare McGregor. Per favore. Non sarebbe da te. Ci sono altri modi”
 L'emoor sapeva che Malfoy aveva ragione, nonostante l'istinto la spingesse a voler radere il suolo i muri per ritrovare Pansy e il suo sguardo mesto. 
 Sospirò e annuì. Le braccia di Draco si avvolsero intorno alle sue spalle e la ragazza ne avvertì il sollievo.

*

L'emoor scese dal treno con aria accigliata, seguita dagli altri due e una volta che furono tutti insieme sulla banchina si fermarono a guardarsi intorno, sperando di scorgere la chioma bionda di Luna nella folla, senza però trovarla.
 “Che fine avrà fatto? Non può essere scomparsa dal treno” sussurrò Ginny ed era spaventata, anche se cercava di non darlo a vedere.
 Artemius si strinse nelle spalle, senza sapere evidentemente come confortarla e guardò Emma di sottecchi.
 “Ci vediamo al Manor, Ems?” 
 “Certo” rispose lei con un mezzo sorriso.
Non si abbracciarono, né scambiarono gesti di affetto. Artemius salutò sottovoce con un cenno secco e, afferrato il bagaglio, si allontanò, camminando lentamente verso una donna che agitava un mano verso di lui, con un sorriso sul volto. L'emoor guardò apprensiva l'amico, prima di voltarsi verso Ginny.
 “La troveremo. Starà bene” disse seria, rabbuiandosi poi leggermente “Fai attenzione in queste settimane, Gin”
 La rossa annuì mesta, le lentiggini contratte sul naso.
 “Anche tu Emma, ti prego” sussurrò.
 Si abbracciarono brevemente, trattenendo entrambe la paura che provavano, cercando di mostrarsi forti per l'altra.
 “Ma guarda chi si vede” disse acida Ginny a qualcuno alle spalle dell'emoor, sciogliendo la stretta con l'amica.
 Emma si voltò, incontrando gli occhi chiari di Malfoy.
“Weasley” disse secco lui.
 “Nessun problema a farti vedere in giro con una traditrice del suo sangue, Malfoy?” chiese acida lei, con sfida.
 “Qualcuno sì, Donnola Junior, ma sono qui per Emma”
 L'emoor rimase in silenzio, mentre il ragazzo e l'amica si continuavano a fissarsi in cagnesco.
 “Vorrei poterti augurare il peggio, Malfoy se solo questo non ferisse Emma.” sibilò la rossa “Ma spero che un giorno ti guarderai allo specchio, rendendoti conto di quanto sei codardo.”
 Draco incassò il colpo senza fare una piega, prima di inarcare un sopracciglio, leggermente stupito.
 “Il Natale senza San Potter ti agita Piattola?” chiese soave.
 “Vai a farti fottere, stronzo” ribatté la ragazza.
 “Smettetela tutti e due” intervenne Emma, mettendosi tra loro.
 “Ha iniziato lei” fece il ragazzo con tono neutro e Ginny rise tra i denti, gli occhi resi brillanti da quel gioco teso in cui eccelleva.
“Non importa chi ha iniziato” insistette la Corvonero, esasperata da entrambi “non siete due bambini.”
 “Siamo due ragazze e un codardo in effetti” sibilò Gin.
 Malfoy fece per ribattere, ma l'emoor lo fulminò con lo sguardo. 
 “Non ci provare, Dra.” disse secca e Ginny lanciò un'occhiata vittoriosa al Serpeverde, sfoderando un ghigno.
“Furetto, dovresti sapere che per Emma gli amici sono sacri”
“Gin ora basta, anche tu”
Gli amici sono sacri.

*

Ems. Non devi preoccuparti” le disse con un sorriso James, appoggiato mollemente a parecchi cuscini sul suo letto di infermeria.
 Era il primo giorno che riusciva a parlare senza fare smorfie di dolore ad ogni minimo movimento, era stata una guarigione piuttosto lunga e pesante ed Emma lanciò lui uno sguardo apprensivo e poco convinto. 
 Dalla mattina dopo l'attacco non si era praticamente più mossa dall'infermeria, fino a quando Vitious non era andato a cercarla per dirle che non poteva saltare tutte quelle lezioni. Aveva raccontato agli amici del confronto avuto con i Serpeverde e loro ne erano rimasti positivamente impressionati, dichiarando che era 'un buon segno' perché avevano dimostrato come anche i più testardi di loro agissero in realtà per difesa personale e non per ideologia, ma lei invece si sentiva ancora prudere le mani per non averla fatta pagare a Pansy.
 “Ti hanno lanciato cinque Cruciatus, James, per altro appena ti ho lasciato solo un momento, certo che devo preoccuparmi.” mormorò l'emoor.
 “Però ora sto bene, sono sopravvissuto” si difese lui con un sorriso rassicurante, gli occhi chiari luminosi ed Emma arricciò il naso contrariata. 
 “Non voglio semplicemente lasciarvi qui soli.”
 “Sappiamo cavarcela, sai?” disse Lilith, seduta su un lettino accanto, senza alzare la testa dal libro di Trasfigurazione che stava consultando.
“Ha ragione, Ems, davvero: sto bene e starò meglio io ad Hogwarts che tu al Manor, idem per Lilith” aggiunse James.
 “Ma se avrete bisogno non potrò aiutarvi” ripeté nuovamente la ragazza con il volto contratto dall'ansia e gli altri due alzarono gli occhi al cielo, esasperati dalla testardaggine dell'amica.
“Non ci saranno nemmeno i Carrow!” esalò la biondina, con un tono che sottolineava l'ovvio “La McGranitt probabilmente ci farà un sontuoso bacchetto solo per festeggiare il fatto che siamo vivi e non succederà nulla. Dovresti essere tu preoccupata per te stessa ad andare in quel posto”
 “Beh io non sarò da sola, ci sarà anche Draco e Severus...”
 “Oh, adesso sì che sono molto tranquilla” borbottò ironica l'altra, un sopracciglio inarcato e James si fece sfuggire una risatina.
 “Vieni qui” le disse il ragazzo, facendo cenno di sedersi accanto a lui, Emma lo raggiunse e si sentì avvolgere in un abbraccio gentile e protettivo.
 Madama Chips, che era diventata molto più morbida sulle esternazioni di affetto tra gli studenti quell'anno, passò accanto a loro senza commentare.
 “Saremo noi ad essere preoccupati, lo sai?” disse James “Io e Lilith invece saremo insieme e ci sono anche Neville e gli altri e se succedesse qualcosa possiamo nasconderci nella Stanza delle Necessità. Io poi starò in infermeria per almeno un'altra settimana, non ci sono rischi”
 “Lo so è che...” mormorò Emma, con un groppo alla gola.
 “È che non riesci a fare a meno di preoccuparti per gli altri quando dovresti pensare a te una buona volta” la interruppe nuovamente Lilith “Merlino, meno male che era Potter a voler fare l'eroe, Ems”
 James ridacchiò divertito e l'emoor si distese leggermente, guardando grata gli amici, provando a scacciare la paura.
 “Ci saranno anche David ed Emily con noi” aggiunse il ragazzo con voce pacata “Staremo bene, Ems, te lo prometto”
Lilith fece un smorfia scettica  “Di bene in meglio” borbottò tra sé e sé ed Emma rise e allungò il braccio per includerla come sempre nel loro abbraccio.

*

Ginny e Draco si stavano ancora fissando con astio, ma sotto lo sguardo severo di Emma, la rossa assentì a lasciar perdere e con un movimento rigido della testa, strinse le labbra decretando una temporanea tregua, senza però smettere di fissare in cagnesco l'altro.
 Emma sapeva che all'amica non era andato giù il fatto che Malfoy non avesse cambiato atteggiamento davanti alle malefatte dei Carrow e che anzi si tenesse palesemente a distanza da tutto quel che accadeva a Hogwarts, senza mai indignarsi, o intervenire.  
L'emoor era convinta che le aspettative di Ginny, dopo quel che lei le aveva raccontato del Manor e di come stesse vivendo Draco, si fossero alzate troppo e che la ragazza avesse dato per scontato di vedere una sorta di ribellione in lui, cosa che ovviamente non era avvenuta e inutili erano stati i tentativi di Emma di spiegare che ognuno combatte come può le proprie battaglie.
 La rossa si era inviperita nei confronti del Serpeverde, perdendo l'aria bonaria che di solito sfoggiava per lui e azzerando i tentativi di inclusione, anzi, ogni volta che si incontravano, anche solo brevemente, si insultavano cattiverie a denti stretti. 
 “Vedi di prenderti cura di lei mentre siete al Manor, Malfoy. Se le accade qualcosa vengo a prenderti” sibilò, gli occhi nocciola pericolosamente seri, poi si allungò a scoccare un bacio sulla guancia all'emoor con un sorriso “Scusami Ems, ma il tuo ragazzo mi fa perdere le staffe anche solo respirando”
 “Lo so” ribatté lei, guardando l'amica con un mezzo sorriso, prima che si allontanasse verso Bill Weasley che la aspettava a qualche metro di distanza. La Corvonero alzò una mano in segno di saluto e il primo dei Weasley rispose agitando la sua, raggiante.
 “Andiamo?” chiese Draco accigliato, evidentemente nello  sforzo di dissimulare il nervosismo.
L'emoor annuì e si avviarono verso i camini, tenendosi per mano sulla banchina ormai quasi deserta.
 “La Weasley mi odia” sussurrò il ragazzo e c'era una nota triste nel tono della sua voce, ma gli occhi grigi brillavano di rabbia.
“Non ha nessun motivo per non farlo se ci pensi” ribatté Emma, rabbuiandosi appena “ma oggi era solo particolarmente nervosa e tu hai fatto inconsapevolmente da bersaglio temo: Luna è sparita”
“La Lovegood?” chiese lui perplesso.
 L'emoor annuì in risposta, inghiottendo saliva e tensione. 
 “Era salita con noi sul treno, ma Flint l'ha chiamata dicendo che i Carrow avevano bisogno e invece è scomparsa. L'abbiamo cercata ovunque senza nessun risultato.”
 “Merda” borbottò il Serpeverde tra i denti.

. . .

Malfoy Manor era insolitamente silenzioso. Nessun Mangiamorte camminava per i corridoi e tutto appariva stranamente immobile anche per quel posto così tetro. Emma e Draco si guardarono intorno piuttosto perplessi. Era strano.
 “Saranno in riunione?” chiese la ragazza.
“Il mio marchio non ha bruciato.” sussurrò lui in risposta.
Si lanciarono una sguardo cupo e teso, abbandonarono i bagagli e superarono l'ingresso a passo svelto, sempre tenendosi per mano. 
La porta che dava sul salotto rosa antico di Lady Malfoy, dove tante volte Emma aveva preso un the con la padrona di casa, era socchiusa e si sentivano dei sussurri all'interno. Draco tentennò e fu l'emoor a farsi avanti, entrando cauta.
 Trovarono Severus e Narcissa in piedi al centro della sala, vicini tra loro, mentre si sussurravano a denti stretti parole incomprensibili, evidentemente alterati.
Lucius Malfoy, invece, sedeva con aria affranta su una poltroncina poco distante, lo sguardo perso nel fuoco scoppiettante.
 Era la prima volta che Emma lo vedeva da dopo il Ministero, quell'estate si erano accuratamente evitati e alla ragazza sembrò consumato, nonostante fosse vestito dei soliti abiti eleganti. 
 Era molto magro, i capelli raccolti in una coda morbida non erano pettinati in maniera impeccabile come ricordava e sul volto, stranamente scavato, vi era un'ombra di barba.
 “Che succede?” chiese l'emoor ad alta voce, spezzando il silenzio.
 Piton e la donna trasalirono, ma Malfoy senior mosse solo lo sguardo pigro verso di loro ed Emma notò la sua smorfia apatica incrinarsi appena, mentre si soffermava sulle mani intrecciate dell'emoor e del figlio.
 “Ragazzi” sussurrò dolce Narcissa, gli occhi brillanti di preoccupazione, mentre si spostava verso di loro e le sue braccia magre si avvolsero per prime alle spalle di Draco.
 “Madre” la salutò rigido lui, lasciando la mano di Emma per ricambiare la stretta e l'emoor sorrise brevemente a Narcissa e attraversò la stanza a passo sicuro fino a Piton.
 “Che succede, Sev?” chiese ancora, apprensiva.
“Ricordavo che le buone maniere prevedessero il primo saluto per chi ti ospita” intervenne Lucius freddamente, ma Emma non si fece impressionare e spostò lentamente lo sguardo dal tutore al padre di Draco, facendo un sospiro, per cercare di controllarsi al meglio.
 “Lucius” salutò rigida.
 “Via Emma, le buone maniere” fece lui, alzandosi in piedi e le porse la mano, ma l'emoor lo guardò in tralice, senza stringerla.
 “Sei ancora arrabbiata con me per quella storia al Ministero?” chiese l'uomo vagamente affabile.
“Lucius, non tormentarla” intervenne Narcissa con un piglio severo, gli occhi chiari che saettavano dalla ragazza al marito.
 “Non la sto tormentando, sto solo chiedendo” soffiò Malfoy Senior, arricciando le labbra “in fondo lei va in giro mano nella mano con il mio unico figlio, dorme nelle stanze della mia dimora e mangia il cibo prelibato che le offriamo, sono io che sono finito ad Azkaban a causa di quello che è successo, dovrei essere io quello arrabbiato”
 “Non è certo colpa mia se sei finito ad Azkaban” ribatté Emma gelida, ignorando la stretta pacata di Piton sulla sua spalla, a metterla in guardia.
“Certo, hai ragione, in effetti è anche colpa dei tuoi amici”
“Non pensavo che battere una decina di ragazzini che al tempo non avevano nemmeno conseguito dei GUFO, potessero essere un problema per dei Mangiamorte addestrati”
Calò per un istante un silenzio scottante nella sala. Narcissa si irrigidì appena e Severus rimase immobile, mentre gli occhi di Lucius tremavano indignati. Inaspettatamente fu Draco a rompere la tensione creata, con una voce tanto sottile da sembrare irreale.
 “Padre... io ed Emma...”
 Lucius sbuffò dal naso con nervosismo estremo, mostrando i denti in una smorfia sdegnata.
 “Sì, Draco” lo interruppe “non c'è bisogno di entrare nei particolari, ho visto il modo ridicolo in cui vi stringevate la mano, non lo sai? L'amore è per i...”
 “Smettila Lucius!” lo fermò Narcissa, lo sguardo lucido e deciso, protettiva nei confronti del figlio.
 L'emoor non l'aveva mai vista essere così categorica e anche Lucius lanciò lei un'occhiata e subito si ammorbidì, distendendo le spalle, per fare solo un sottile ghigno tra sé e sé e tornare a sedersi, gli occhi fissi sull'emoor.
“Sono molto curioso di vedere come te la caverai con l'Oscuro, emoor, magari la tua lingua non sarà così tagliente allora.” sussurrò.
 “Lucius, adesso stai davvero superando il limite” intervenne finalmente Severus e la sua voce era tanto rauca e minacciosa che persino Emma se ne sentì intimidita.
 Malfoy Senior fece un piccolo sorrisetto e alzò le mani in segno di resa, afferrò il Profeta da un tavolino con un movimento elegante e si mise a leggere assorto, sfoggiando un finto interesse. Emma si voltò invece verso il tutore, il cuore in gola. 
“Stavate parlando di questo quando siamo arrivati?” chiese.
“Che intendi?” chiese lui, mentre Narcissa quasi sbiancava.
“Voldemort vuole vedermi?"
 “L'Oscuro Signore vuole vederti, sì” rispose Piton, senza mezzi termini, tradendo solo una leggera tensione.
 “Quando?”
 “Ora”
 L'emoor annuì lentamente, il cuore che le batteva dolorosamente nel petto. Si voltò verso Draco, pallido e spaventato, gli occhi grigi dilatati e Narcissa che sembrava sul punto di scoppiare in lacrime.
 “Ok” sussurrò la Corvonero “Allora andiamo.”

. . .

Draco si avvicinò lei e le diede un piccolo bacio sulla fronte: tremava. Emma strinse lui una mano brevemente, con un sospiro e lo guardò preoccupata, mentre il ragazzo, con la madre a braccetto, entrava nella stanza insieme ad altri Mangiamorte, lasciandola sola.
C'erano molti Mangiamorte, in effetti, tutti che si smaterializzavano fuori dal giardino della villa ed entravano dalla porta principale a passo lento, senza guardarsi intorno, avvolti nei loro pesanti mantelli, si avviavano verso la stanza principale del maniero.
Era lo stesso salone dove Emma aveva festeggiato con Artemius e i Serpeverde il Capodanno, quella che sembrava una vita prima e dove lei e Draco avevano ballato insieme, innamorati.
 L'emoor scorse anche Nott senior tra quelle teste chine e fece lui un piccolo sorriso, a cui l'uomo rispose goffamente. Nessuno sembrava davvero far caso a lei ed Emma osservava quella fiumana di persone, stupendosi di essere piuttosto tranquilla.
 Sapeva che avrebbe dovuto temere quella situazione, ma si sentiva stranamente anestetizzata, come se il fatto di incontrare l'Oscuro Signore fosse talmente inevitabile da non poterlo nemmeno temere:  non poteva fuggire, in fondo, nemmeno volendo.
 In modo freddo e analitico fece scivolare i ricordi più pericolosi dietro le sue barriere mentali, inabissandosi nei corridoi pieni di libri che immaginava durante l'Occlumanzia. 
 Prese i fogli del suo rapporto con Severus, della connessione con Potter, dei Vinculum e degli Horcrux e li fece affondare negli scaffali più distanti, nel buio. Memore poi dei consigli di Nott Senior scelse con cura alcuni pensieri innocui, momenti con Draco, con gli emoor, con Ginny, dove non si parlava mai di argomenti scottanti e li pose in bella vista davanti, svolazzanti. Si curò di mettere le torture dei Carrow davanti a tutto, compatte, senza tentare di celare il suo sdegno, ma nascose la Stanza della Necessità e la Resistenza dietro muri di piombo, fogli di rame e reti luminose. 
Un piccola parte di sé si chiedeva cosa sarebbe successo se Voldemort l'avesse uccisa appena entrata, rendendo vano tutto quello sforzo mentale e senza darle la possibilità di parlare, o difendersi, senza poter nemmeno tentare di distrarlo da Potter come le aveva chiesto di fare Silente. Per lei le cose non sarebbero cambiate molto, probabilmente non avrebbe avuto nemmeno il tempo di pensare, ma i suoi amici? Severus?
L'emoor, con profonda tristezza, si rese conto che non aveva avuto modo di scrivere loro nemmeno una lettera e il cuore le si fece pesante. Non poteva morire. Soprattutto non poteva morire davanti al tutore e Draco, li avrebbe spezzati, ne era consapevole: l'unica opzione che le rimaneva era quella di battersi e sopravvivere.
 La ragazza prese un profondo respiro, cercando di calmare il battito del suo cuore. Piton attraversò l'atrio camminando verso di lei e le si mise accanto ed Emma lo guardò di sottecchi, notando che il volto pareva trasfigurato in una maschera di tensione, i lineamenti contratti in un smorfia dura, le labbra livide e serrate, gli occhi neri che saettavano in ogni direzione con piccoli sussulti.
 “Pronta?” chiese con voce spezzata.
 “Pronta” rispose lei, con tono eccessivamente tranquillo e lui annuì di scatto e inalò aria a fatica, sembrando sul punto di svenire.
 “Sev” sussurrò l'emoor con dolcezza, facendolo voltare verso di leii e lui incontrò il suo sorriso e si distese un poco “Andrà tutto bene”
“Andrà tutto bene” le rispose l'uomo di rimando, stringendole la spalla delicatamente, ma Emma notò come non sembrasse credere nemmeno lui a quelle parole.

La porta della Sala, che si era chiusa alle spalle dell'ultimo Mangiamorte entrato, si aprì improvvisamente da sola dall'interno.
La presa di Severus si fece più forte sulla sua spalla, mentre la spingeva in avanti verso l'ingresso e per un momento Emma trattenne il fiato, concentrata.  I tuoi amici. Draco. Sev. Rimani viva.
 
Respirava lentamente, dando tutta la sua attenzione alla stretta del tutore, che nonostante tutto, sapeva infonderle come sempre una placida calma e la prima cosa che notò, appena superata la porta, era che la sala doveva essere stata allargata con la magia, perché nonostante la luce bassa era evidente che fosse immensa.

 Lord Voldemort era seduto su uno scranno, vestito di ampie vesti nere, i piedi scalzi protesi verso di loro. Emma lo osservò sfacciatamente, perdendosi nei lineamenti sfatti e prudenti, in quegli occhi sottili e  stranamente arrossati. 
 L'uomo, se così si poteva definire, era profondamente diverso da come lo aveva conosciuto nei ricordi di Silente, niente più rimaneva del fascino di Tom Riddle, ma era anche più potente del mucchietto di carne e ossa che aveva visto rinascere al vecchio cimitero.   
 Qualcosa di serpentesco e disturbante si annidava dentro la sua figura, rendendolo oscuro e intrigante, ma l'emoor distolse la sua attenzione da lui e si guardò timidamente intorno, dove file e file di Mangiamorte incappucciati stavano immobili. Alcuni portavano la maschera e altri no ed erano molti di più di quanti ne avesse mai visti anche al Manor.
 Scorse Dolohov che sogghignava in un angolo, i tre Malfoy contro la parete destra, stretti tra di loro con i volti pallidi e accanto a Voldemort anche Bellatrix che la osservava confusa, leggermente accigliata, con occhi grandi e vacui. 
 Piton lasciò la spalla della pupilla e si inginocchiò, mentre lei rimase ad osservarlo con orrore, vedendolo appoggiare la fronte sulla pietra liscia del pavimento in un gesto umile e servile.
 “Mio Signore” sussurrò con una voce pacata e arresa che lei non gli aveva mai sentito usare e scioccata distolse lo sguardo e tornò a concentrarsi su Voldemort, ma non si inginocchiò, né chinò il capo.
 Rimase tranquilla, in piedi, immobile davanti all'uomo di fronte a lei, fissandolo in volto. Il mago non parve offendersi, anzi, fece un sorriso viscido e mostruoso e con un movimento lento della bacchetta verso Piton, fece lui cenno perché si alzasse.
 “Quindi è questa la tua protetta Severus” sussurrò, la voce strana, come se fosse soffocata, quasi dolce mentre si rivolgeva lui.
“È lei” confermò Piton con tono vibrante e sicuro.
 Voldemort arricciò le labbra in una smorfia pericolosa e la ragazza fissò gli occhi verdi con ombre, così liquidi e innaturali, così simili a quelli di Alicia in quelli del mago, pressò le labbra in una linea dura e alzò il mento, distendendo le spalle per ostentare sicurezza.
 “Emma O'Shea, l'emoor, finalmente ci incontriamo.”
 “Il piacere è mio” rispose lei in un sibilo.

Lord Voldemort si stava decisamente divertendo, Emma ne aveva assoluta certezza. Teneva la testa piegata di lato, prendendosi tutto il tempo per studiarla, con calma sospetta, come fosse una preda prelibata da pregustare e da mettere a disagio. 
 L'emoor lo lasciò fare, ricambiando con indifferenza lo sguardo indagatore e cercando di non mostrarsi intimorita.
“Emma O'Shea dunque” ripeté lui in un sibilo, gustandosi il suo nome tra le labbra inesistenti “l'emoor reietta, la Corvonero. Figlioccia di uno dei miei migliori Mangiamorte, compagna del promettente giovane Malfoy, amica dei Sanguesporco e traditori del loro sangue, spalla del Bambino che è Sopravvissuto, come vedi, molte cose si dicono su di te”
 Lei annuì con un gesto secco, prima di rispondere, sfidandolo.
 “Tom Riddle, promettente studente Serpeverde divenuto ambizioso mago in solitudine e poi Oscuro Signore capace di superare ogni limite sotto il nome fittizio di Lord Voldemort. Combattente nel terrore e capo di un'ideologia altamente razzista e discriminante per Babbani e creature. La tua descrizione Riddle è più breve della mia”
 “Sfacciata” sibilò lui, ma era divertito e le labbra si piegarono in uno strano ghigno “irrispettosa e sconsiderata. È davvero curioso come tu sia una Corvonero e non una sudicia Grifondoro, non mi sembri saggia, ma forse ti tradisce... il tuo sangue?”
Emma non fece trapelare nessuna reazione visibile alle sue parole, nemmeno quando avvertì il tentativo di invaderle la mente del mago, ma dentro di sé tremò spaventata, perché si era accorta di quanto fosse straordinariamente potente. Molto più di Bellatrix e forse più di Severus e si dovette concentrare e usare tutte le sue capacità di Occlumante per ostacolarlo.
 I suoi scaffali tremarono ondeggianti e i corridoi della sua mente si fecero cupi, e fragili, mentre alcune delle pareti si incrinavano inesorabilmente. L'emoor guidò Voldemort verso i suoi pensieri più innocui, liberando appena la pressione insopportabile alle tempie.
 I lineamenti del viso del mago si contrassero in uno spasmo di stupore e disappunto per un istante.
 “Severus, perché la tua protetta non mi fa leggere nella sua mente?” domandò lezioso, gli occhi fissi sulla Corvonero, senza considerare il Mangiamorte che se ne stava mite al suo posto, con la testa china.
“Non gradisco che mi si frughi in testa a sorpresa” ribatté lei, anticipando il tutore e Piton al suo fianco non ebbe alcuna reazione, rimase immobile e il suo viso non espresse nessun sentimento, ma l'emoor sentì una leggera irregolarità nei suoi respiri profondi e ne indovinò la tensione che lo affliggeva.
 Anche Bellatrix, in piedi accanto al suo padrone, si agitò davanti alla sfrontatezza della ragazza, probabilmente accorgendosi che la risposta data era la stessa che aveva ricevuto lei due anni prima e che quindi Emma sembrava non temere il suo amato Signore. 
 Il silenzio grave nella stanza, così denso di attesa e aspettative, venne rotto dalla risata acuta di Voldemort.
 “Ma certo, irreprensibile” disse, mentre un lampo di cattiveria gli illuminava il volto, mettendo i sensi di Emma in allarme “Capisco che tu non apprezzi l'invasione e dimostri notevoli capacità di controllo, certo. Perché allora non mi mostri qualcosa tu?”
“Lo sto facendo” rispose flebile lei, mentre momenti di serenità innocui con i suoi amici sfarfallavano davanti ai suoi occhi. 
 Sentì la pressione nella sua testa farsi quasi insopportabile e aprì piccole brecce in cui fece frullare i ricordi che si era preparata. Vide lo sguardo di Voldemort assottigliarsi e frugare avidamente tra quelle immagini, dubbioso, senza riuscire ad andare in profondità.
 Ogni volta che la ragazza avvertiva la sua presenza avvicinarsi alle sue protezioni, faceva svolazzare nuovi fogli di ricordi inutili davanti a sé, guidandolo sicura nella sua mente.
 “Non trattarmi come uno stupido ragazzina” disse vacuo lui e l'emoor lo guardò incerta, senza capire cosa intendesse, mentre il mago faceva un respiro sibilante, osservandola attentamente, prima di piegare le labbra in una smorfia soddisfatta e sussurrare:
 “Legilimens” gracchiò con rabbia, ma Emma raggiunse la bacchetta in meno di un secondo e gridò “Protego”
 Lo spostamento d'aria dato dalla potenza dell'incantesimo di protezione fece barcollare i presenti e persino Voldemort, che si era appena alzato dallo scranno con fare solenne, preso alla sprovvista, fece un piccolo passo indietro. L'emoor vide una minuscola espressione di stupore illuminare i lineamenti serpenteschi, prima che ridesse di nuovo, la testa reclinata all'indietro.
 Le pareti mentali della ragazza tremarono, mentre alcune immagini di Codaliscia a Spinner's End svolazzarono fuori dalle crepe, subito assimilate da Voldemort, prima che l'emoor potesse ricomporsi, riportando il flusso dei suoi pensieri al sicuro.
 L'uomo sorrise famelico, lo sguardo rosso scintillante di avidità, fece un altro passo in avanti, mentre i presenti trattenevano il fiato.
 “Sai cosa mi affascina delle persone come te, ragazza?” chiese divertito e l'emoor deglutì, piena di spavento e si limitò a scuotere leggermente la testa in risposta.
“I punti deboli.” disse lui soave “Sembri così potente e invincibile e questo significa solo che hai punti deboli più dolorosi”
 “Non capisco” ribatté la Corvonero, mentre il sorriso mellifluo di Voldemort le faceva accapponare la pelle.
“Giovane Malfoy, un passo avanti.”

Emma sussultò e perse tutta la sua concentrazione, mentre il suo cuore perdeva un battito. Si girò di scatto verso la famiglia Malfoy, con aria spaventata e vide che Lucius e Narcissa, mortalmente pallidi uno accanto all'altra: stavano tremando.
 La donna teneva una mano appoggiata sulla spalla del figlio con fare protettivo e il suo sguardo chiaro, per un breve secondo, si mosse verso l'emoor, mentre Lucius, il capo chino sul petto e il volto distrutto dalla tensione, rimase immobile contro la parete, accasciandosi leggermente lungo il muro.
“Avanti Draco” sibilò nuovamente Voldemort e il ragazzo alzò appena lo sguardo verso di lui, come se sperasse di scoprire che l'Oscuro Signore si riferisse ad altri ed Emma lo vide deglutire, gli occhi grigi leggermente sbarrati, mentre faceva incerto un passo avanti, sfuggendo gentilmente alla stretta della madre.
 “Più avanti Draco, più avanti, forza” lo esortò di nuovo l'altro, il sorriso freddo onnipresente e Malfoy fece un altro passo in avanti verso di lui, il capo chino ed Emma si sentì tremare da capo a piedi, squassata da una rabbia incontrollabile, consapevole che Voldemort avrebbe ferito Draco per punirla.
 Il mago ritirò leggermente le labbra sui denti, lo sguardo reso vivo dall'eccitazione della tortura ed Emma sentì qualcosa spezzarsi dentro di lei. Dimenticò gli amici, gli altri emoor, la possibilità di morire, l'Occlumanzia, le promesse fatte a Silente e riuscì a mettere a fuoco solo la bacchetta del mago alzarsi verso Draco. 
Il sangue le ribollì violento nelle vene e quell'istinto di difesa che stava imparando a riconoscere, prese il sopravvento, facendola scattare in avanti. Non poteva lasciare che venisse ferito. Se lo erano promessi. Si sarebbero sempre difesi.
 
Lo Schiantesimo della Corvonero si ruppe con fragore sordo sullo scudo evocato pigramente da Voldemort e la ragazza lo vide quasi sogghignare soddisfatto, prima che contrattaccasse con violenza. 
Subito l'emoor dovette schivare di lato, si piegò in avanti, piena di paura e corse a mettersi di fronte a Draco per fargli da scudo, sentendo i muscoli bruciare per lo sforzo improvviso. 
Altre due di fatture dell'Oscuro si infransero violentemente contro le sue parate, mentre lo sguardo dell'uomo perdeva all'improvviso la luce divertita per diventare impaziente. Non si aspettava di combattere.
 “Come osi?” chiese acuto, senza riuscire a celare il suo stupore davanti alla capacità di duellare della ragazza.
 “Non devi toccare Draco.” sibilò di rimando l'emoor, furente, sentendo il petto fracassato dal cuore che pareva impazzito, mentre cercava di tenere a bada il terrore.
 Stava duellando con Lord Voldemort. Stava duellando con Voldemort sotto lo sguardo atterrito di una centinaio di maghi e del suo tutore.
Stava duellando con l'Oscuro Signore e quello non era decisamente uno scenario che aveva previsto.
 Il respiro spezzato di Draco, alle sue spalle, la mantenne concentrata, gli occhi dell'emoor si assottigliarono mentre con la mano sinistra afferrava la maglia del ragazzo per obbligarlo a stare dietro di lei. Il Serpeverde non aveva nemmeno preso in mano la bacchetta, si spostò in automatico come la ragazza gli imponeva, gli occhi grigi sgranati che guardavano Voldemort con terrore.
 “Il ragazzo mi appartiene” ruggì il mago, lasciando perdere la voce pacata “Posso farne ciò che voglio, emoor”
Emma non si diede la pena di rispondere e attaccò nuovamente con ferocia, il corpo teso e pronto, finendo contro l'ennesima parata.
Era consapevole del fatto che Voldemort non stesse affatto lottando con tutte le sue forze e che se lo avesse fatto lei non avrebbe saputo contrastarlo in nessun modo, ma si era anche accorta di come quell'uomo che lanciava incantesimi pigramente, mentre la osservava con occhi socchiusi, era realmente incuriosito da quel suo potere acerbo e irruento e da quella tenacia così adulta.
Giocando su quello per distrarlo e impegnandosi al massimo, mentre si concentrava per non essere sopraffatta in uno schiocco di dita, Emma placò l'istinto e cercò di rimanere lucida e di ragionare sulla strategia da attuare per uscire viva di lì senza rinunciare a difendere il ragazzo alle sue spalle. 
 Tentò di riesumare ciò che aveva imparato con l'esercito di Silente e di vedere quel duello con il distacco di un osservatore, stupendosi appena del fatto che se Harry e i suoi amici le avevano insegnato cosa fosse effettivamente un duello tra maghi, Lord Voldemort le stava inconsapevolmente insegnando come battersi.
 L'emoor tentò con due Schiantesimi e un Expelliarmus, ma andarono a vuoto, sembrava che nulla potesse minimamente scalfire quel volto serpentesco. Usò anche un Reducto, ma subito dovette scartare di lato altre due volte, i muscoli tesi dallo sforzo, la mano stretta sulla bacchetta, per evitare due maledizioni arrivate tanto velocemente che non le aveva nemmeno riconosciute. 
Si sentiva senza vie di uscita, ma dopo altri due Expelliarmus e un Incarceramus vani, le venne in mente Artemius e le Arti Oscure. L'amico aveva ragione: non poteva vincere con la magia tradizionale.
 L'emoor si piegò sulle ginocchia, agile e il suo Sectumsempra, lanciato con velocità e perizia rara, in maniera insperata colse Voldemort di sorpresa.

 Era evidente che il mago, come aveva previsto l'emoor di Tassorosso, non si era aspettato che la ragazza, così pura di cuore a detta di tutti, si abbassasse a usare Magia Oscura e nonostante la maledizione venne assorbita quasi completamente dal Protego che  aveva evocato, sulla guancia perlacea di lui si formò un piccolo taglio da cui uscì un'unica goccia di sangue.
 L'intera stanza parve trattenere il fiato bruscamente per la sorpresa e Lord Voldemort, con esasperante lentezza si pulì la goccia di sangue dal volto, rimanendo poi a rimirarla sulla punta delle sue dita per interminabili secondi, mentre Emma, fulminea, compresa la gravità di ciò che aveva fatto, spingeva Draco verso i suoi genitori.
 “Hai insegnato molto bene a duellare alla tua protetta, Severus” sibilò il mago “Molto bene”
 “Mio signore è giovane ma...” sussurrò l'uomo, indeciso su cosa dire, ma Emma invece riprese respiro, pronta a intervenire. 
 Sentiva lo sguardo di Draco sulla sua nuca e avrebbe voluto voltarsi e controllare che stesse bene, ma rimase immobile, in attesa che quella bomba di calma le esplodesse addosso.
“Emma Piton O'Shea” disse infatti l'Oscuro Signore, fissando gli occhi rossi e pericolosi su di lei.
 “È il mio nome” rispose con sfida e l'altro sorrise di nuovo, a metà tra la curiosità e il divertimento di fronte a quel soldo di cacio che osava attaccarlo con tanta determinazione.
 “Così stupida e incosciente, pensi di potermi battere?”
 “No, affatto. So di non poterlo fare, io mi stavo solo difendendo.” sussurrò la ragazza e lui parve compiaciuto.
 “Stavi difendendo il giovane Malfoy, non te stessa. Dovresti sapere che l'amore è stupido e pericoloso. Un'arma a doppio taglio che può essere facilmente usata contro di te. Un punto debole. Severus questo non te l'ha insegnato?”

“Silente non la pensava così.”
 “SILENTE è MORTO” ribatté il mago, con veemenza, perdendo quasi la pazienza “Morto con i suoi stupidi ideali: amore e lealtà. Sai cosa mi rende davvero potente Emma?”
“No. Spiegamelo”
 “Il terrore che infondo e il controllo che ho. Prendila come una piccola lezione che ti do. Guarda Severus: lo ammiri, non è vero? È un mago ammirevole e sono certo che tenga a te, ma se io ti uccidessi qui, davanti a lui, so che non farebbe una piega se fosse necessario, capisci? Perché io ho il potere e lui si controlla”
 Emma non si scompose, ma sentì Severus che, al suo fianco, si agitava impercettibilmente e il terrore che lui perdesse quel controllo di cui tanto si parlava e buttasse all'aria anni e anni passati da spia per lei, la mise in allarme, perciò guardò Voldemort dritto negli occhi con serietà, cercando di attirare la sua attenzione.
 “Faresti un errore ad uccidermi” sussurrò.
“E perché?” chiese lui, la testa reclinata di un lato.
 “La profezia degli emoor”
 “Non prenderti gioco di me ragazzina, nessuno sa cosa dica precisamente, solo che mi siete ostili.”
“Io invece lo so. So cosa dice la profezia.”
 Calò un silenzio terribile, di attesa. Emma si rigirò la bacchetta tra le mani, agitata, ma non abbassò lo sguardo, anzi rimase con il mento sollevato e un'aria altera che non le si addiceva.
 “Menti” sussurrò Voldemort, ma la ragazza scosse la testa. 
 “No, affatto, non mento.”
 L'Oscuro Signore assottigliò lo sguardo e parve soppesare le sue parole con attenzione, prima di riacquistare una strana parvenza di calma e sedersi nuovamente sullo scranno, disposto all'ascolto.
 La fissava con feroce curiosità, le labbra pressate tra loro.
“Allora se lo sai parla giovane O'Shea. Dimmi, come pensate di battermi tu e i tuoi sciocchi amici?”
L'emoor si sentiva confusa e spaventata, ma cercava di non darlo vedere. Cosa poteva dire e cosa doveva celare?  Per un lungo attimo lottò con sé stessa per non cercare lo sguardo rassicurante di Severus.
 “Non sono gli emoor che vengono a batterti” disse infine, con tono misurato “sei tu a perire tentando di attaccarli”
“Spiega” disse l'uomo, quasi senza muovere le labbra ed Emma avvertì il pericolo e anche tutti i Mangiamorte intorno parvero percepirlo perché un brivido di sottile paura attraversò la sala.
“Noi emoor non esistiamo allo scopo di batterti come credi tu, siamo nati con un'altra missione. Siamo i guardiani di Hogwarts e il nostro scopo è solo quello di proteggere la scuola. L'unico modo che hai per scontrarti contro di noi e fallire è cercare di penetrare ad Hogwarts, invadendone i confini”
 Emma osservò il volto del mago farsi di ghiaccio, gli occhi rossi chiaramente pieni di agitazione e pensieri. Cadde un lungo silenzio, si riuscivano ad avvertire i respiri delle persone nella stanza e l'emoor si concentrò su quello di Severus accanto a sé, cercando di tranquillizzarsi e si azzardò a dare un'occhiata veloce ai Malfoy, ancora appiccicati alla parete di destra. 
Voldemort era chiaramente in conflitto a causa dell'informazione ricevuta e questo, a logica, significava una sola cosa: Voldemort doveva tornare ad Hogwarts. Aveva un motivo per farlo. 
 Emma ragionava a tutta velocità.
 “L'unica soluzione mi sembra quindi quella di ucciderti” disse l'Oscuro Signore quasi a sé stesso, rompendo il silenzio “La profezia parla dei quattro discendenti delle Ombre dal poco che si sa. Senza un'emoor cosa sono gli altri?” sussurrò lentamente, come se volesse godersi quell'affermazione.
“Francamente te lo sconsiglio” intervenne di nuovo Emma, cercando di racimolare tutto il poco coraggio che le rimaneva dato che Severus, accanto a lei, la distraeva, tremando sempre più visibilmente “Hai già una volta interpretato malamente una profezia e non ti ha portato molto bene, sbaglio?”
 “Me lo sconsigli?” rise Voldemort con cattiveria “Fammi il tuo appello perché io ti risparmi allora, O'Shea”
“Mio signore...” tentò di intervenire a quel punto Severus, ma Voldemort lo zittì con un gesto secco della mano.
“Non è un appello, Tom” disse seria la ragazza, sentendosi tremare per aver usato quel nome, ma il mago rimase di marmo, senza tradire nessuna reazione “Te l'ho detto, è la profezia. Se uccidi uno di noi quattro emoor il legame con gli altri si attiva. Non potremo ignorare quello che hai fatto, è il sangue che ci lega. Sangue magico, antico. Se uccidi uno di noi dovremo distruggerti, così come se provi a invadere Hogwarts. Se hai dei piani per cui devi restare vivo, ti sconsiglio vivamente queste due strade.”
 “Menti” sussurrò l'uomo per la seconda volta ed Emma lo guardò coraggiosamente negli occhi, tranquilla. 
 Cercò di immaginarsi Silente che annuiva con aria bonaria e allegra, complimentandosi con lei. Fece scorrere davanti a sé il ricordo del preside che le parlava dell'importanza del sangue magico e vide gli occhi rubino di Voldemort dilatarsi appena.
 “Non mento” ribatté di nuovo “pensaci Tom, si tratta di sangue puro e antichissimo, sangue impregnato di promesse e legami, sangue legato a Hogwarts stessa. Ti viene così difficile pensare che stia dicendo la verità?”
Voldemort la trapassò con uno sguardo d'odio, Emma poteva intuire la sua rabbia che ribolliva appena al di sotto dei suoi lineamenti serpenteschi.
“Quindi l'unica cosa che posso fare è chiedervi obbedienza...” sibilò  e l'emoor intuì il pericolo e fu pronta a evocare un Protego, ma la bacchetta di Voldemort non si alzò verso di lei come aveva temuto, ma saettò contro Piton.
 “Crucio” sussurrò, sembrava quasi cantasse.
 Severus Piton fece solo un verso strozzato che sembrava un guaito, ma non urlò, mentre il suo corpo si contorceva malamente. Emma, al suo fianco, invece sbiancò, gli occhi le si colmarono di orrore e una rabbia ancora più feroce la invase. 
 Lei e Severus stavano lottando per mantenere il loro legame, non sempre erano d'accordo e il suo gesto di uccidere Silente l'aveva sconvolta e li aveva allontanati, ma qualcosa di forte la legava comunque al tutore, un affetto potente a cui non poteva rinunciare e vederlo contorcersi al suo fianco fu come ricevere uno schiaffo e il ricordo di tutto quello che avevano passato insieme, dello sguardo affettuoso dell'uomo e della sua stretta delicata sulla sua spalla ebbero il potere di scuoterla.
 “Lascialo andare!” gridò subito, terrorizzata.

Era molto peggio che guardare Sarah, o i ragazzini del secondo anno assediati dai Carrow, perché i Carrow erano maghi mediocri, ma ora Emma avvertiva il potere che stava investendo Severus e vedeva che lui non riuscivano a nascondere il dolore che provava.
 “Ho chiesto di smetterla, ti prego!” gridò di nuovo l'emoor, le lacrime che cadevano a terra, mentre cercava di avvicinarsi a Piton senza riuscirci, tenuta lontana dalla potenza magica di Voldemort.
Si rese conto che le sue preghiere non sarebbero servite a nulla, anzi, che divertivano sinceramente il mago. Andò nel panico.
 “Quindi non è il giovane Malfoy il tuo punto più debole” sibilò l'altro “È Severus.”
“Lascialo andare” ruggì Emma, perdendo il controllo.
 “Dimmi la verità sugli emoor” sibilò l'Oscuro Signore.
 “Te l'ho detta” gridò la ragazza, disperata, cercando inutilmente di rimanere lucida “Non puoi ucciderci, non devi”
 Voldemort parve ascoltarla, ma non interruppe l'incantesimo e Severus continuò a contrarsi a terra, gli occhi neri spalancati, le labbra così strettamente serrate che parevano spezzarsi e a quella vista l'emoor esplose, come con Dolohov, o Alecto: gridò, puntando d'istinto la bacchetta verso Voldemort e lo spostamento d'aria fu talmente forte che metà dei Mangiamorte caddero.
 L'Oscuro Signore però non venne investito dalla forza dell'incantesimo, perché un attimo prima sparì in una nube di fumo, interrompendo la maledizione. Emma si girò di scatto quando lo avvertì ricomparire alle sue spalle, ma lo ignorò e con occhi liquidi di lacrime, corse invece verso Piton che giaceva riverso a terra.
 “Severus” sussurrò spaventata, scostando i capelli neri dal viso pallido di lui “Severus rispondimi, per favore”
 “Che immagine commovente” fece Voldemort con sprezzo “Quanto ridicolo amore che scorre. Nauseante”
 Emma sentì la rabbia infiammarla, ma prima che potesse reagire un brivido percorse la sua schiena e senza preavviso si accorse di vedere con gli occhi di Potter. Il Grifondoro ed Hermione erano in una casa che l'emoor non conosceva, buia.
 Di fronte a loro vi era una vecchina minuscola, che in maniera mostruosa cominciò a sciogliersi e sfaldarsi per lasciare spazio a un serpente. L'emoor riconobbe Nagini. Il panico le serrò la gola. La scena era grottesca e orribile e avvertì la sensazione di pericolo tanto forte da procurarle un capogiro.
 - Scappate - gridò la ragazza alla mente di Harry, mentre di scatto alzava il volto su Voldemort.
Dov'è Nagini?” chiese al mago e non si accorse di aver parlato serpentese e anche Voldemort ebbe appena il tempo di sgranare leggermente gli occhi, colpito, ma poi il suo sguardo si fece distratto, come se fosse in ascolto di qualcosa di molto lontano e un secondo dopo sparì in una nube di fumo.

 La stanza senza la presenza del mago si fece improvvisamente meno opprimente, ma stranamente tutto rimase immobile e gli sguardi dei Mangiamorte fissi sul punto dove il loro padrone era scomparso.
 Emma sapeva con certezza che il mago stava correndo dove si trovavano i due Grifondoro, ma sapeva anche che al suo arrivo non avrebbe trovato nessuno. 
 La connessione con Potter si chiuse dolorosamente. Harry ed Hermione ormai se ne erano andati, grazie alla prontezza di quest'ultima. L'emoor si riscosse, inginocchiata accanto a Severus lo chiamò dolcemente.
 “Sev...”
“Emma” la voce rauca.
 “Scusa Sev, ho cercato di stare buona.”
 Lui fece un sorriso amaro e le carezzò la testa cercando di alzarsi.
Tutto intorno i Mangiamorte erano ancora immobili, scossi da ciò che avevano visto: una ragazzina alta un soldo di cacio aveva appena tenuto testa a Lord Voldemort, non solo, si era opposta apertamente a lui e aveva difeso Malfoy senza tentennare.
 Nott Senior si avvicinò lentamente e con distacco misurato aiutò Severus a mettersi in piedi, per poi ritornare subito nelle file dei Mangiamorte, senza degnare di uno sguardo l'emoor.
“Beh?” disse Piton rivolto ai presenti, gli occhi che brillavano minacciosi, mentre con aria indifferente si puliva il mantello “Cosa fate lì impalati? L'Oscuro è andato, saremo chiamati al suo ritorno”
Emma guardò non senza stupore i Mangiamorte sussultare e affrettarsi a lasciare la stanza, stringendosi nei loro mantelli. Erano terrorizzati dalla possibilità che Piton si arrabbiasse: lo temevano e Severus, che se ne stava eretto con la sua smorfia sprezzante, doveva esserne consapevole. Era comunque il braccio destro di Lord Voldemort e anche se il pallore cadaverico tradiva il dolore che stava evidentemente provando, induceva al rispetto. 
 La stanza lentamente si svuotò in un mormorio fiacco.
 “Narcissa” soffiò il professore rivolto alla donna, che subito gli  si avvicinò con sguardo preoccupato.
 “Severus, Morgana, stai bene?”
 “Non ti preoccupare per me” la tranquillizzò subito lui “ma ho bisogno di fare subito un bagno caldo, o i dolori della Cruciatus rimarranno per giorni. Puoi portare Emma in una stanza dove possa stare al sicuro? L'Oscuro non ha finito con lei, ma non voglio che nessuno le possa dare fastidio nel mentre”
 Narcissa annuì in risposta con fare pratico e fece un gesto secco al marito che si staccò dalla parete per avvicinarsi a loro.
 “Lucius, mostra a Severus dove può fare un bagno” disse sicura ed Emma riuscì a scorgere l'eleganza e l'orgoglio che era abituata a vedere in lei prima di che Voldemort abitasse le stanze del Manor.
 La signora Malfoy fece un piccolo sorriso a Piton in cui Emma scorse della complicità, era lo stesso sorriso che Hermione avrebbe dedicato ad Harry, o lei a James e si stupì nell'accorgersi in quel momento della sincera amicizia che doveva legare quei due. 
 Si riscosse dai suoi pensieri solo quando Narcissa si volse lentamente verso di lei, prendendola a braccetto con fare dolce e attento di una madre premurosa. La ragazza le sorrise con qualche difficoltà, ancora sconvolta da quel che era accaduto e poi lanciò uno sguardo incerto al tutore, il cuore che batteva a mille.
“Arrivo subito da te, Emma, vai con Narcissa” le disse lui e lei si lasciò convincere solo grazie all'accenno di sorriso che le parve di scorgere sulle labbra dell'uomo.
 “Andiamo in camera, Emma” sussurrò Lady Malfoy con più decisione, stringendole delicatamente il braccio e sospingendola verso l'uscita “Abbiamo bisogno tutti di riposare”
 L'emoor si arrese e annuì mesta, si sentiva stordita dagli eventi e fu con sollievo che vide Draco avvicinarsi a lei. 
 Guardò quegli occhi grigi, così turbati e fragili e sorrise, allungando la mano verso di lui e Malfoy l'afferrò senza tentennamenti, lo sguardo che brillava di un muto ringraziamento.
 “Stai bene?” chiese Emma, con dolcezza, mentre lui si portava la  mano di lei alle labbra, posandole un piccolo bacio sul dorso e annuiva mesto, le lacrime tra le ciglia bionde.
 “Sei stata brava O'Shea” disse una voce alle loro spalle.
 Emma sussultò e si voltò, incontrando con sorpresa lo sguardo grigio di Lucius Malfoy e perplessa, fece solo un cenno con il capo, ma non disse nulla e subito si allontanò, ancora sostenuta da Narcissa, la mano di Draco nella sua, mentre la consapevolezza di quello che era accaduto si faceva strada dentro di lei.


*Angolo Autrice*


Ciao Lettori. 
Capitolo intenso. Ve lo aspettavate? 
Emma finalmente incontro e si confronta con Voldemort. Non è cosa da poco, anzi, credo che sia un grande punto di svolta, così come hanno peso le cose che i due si dicono.  L'emoor tiene testa all'Oscuro Signore in maniera encomiabile, ma ci tengo a dire, come la stessa Emma pensa durante lo scontro, che per quanto sia potente, Voldemort lo è molto di più lei, se la ragazza sopravvive è perché qualcosa di lei evidentemente lo interessa. 
Vi avviso: le cose da questo momento si fanno parecchio oscure, credetemi. 
Non voglio dirvi molto in queste note, mi piace sentire la vostra su questo punto così fragile di svolta. 
Di mio vorrei solo dare una stellina a Blaise e Draco che evitano l'incidente diplomatico tra Case con grande maturità, una stellina a Lilith e James che sono sempre una dolcezza, ma anche a Ginny e Artemius, questi due insieme secondo me potrebbero diventare grandi alleati. 
(Plus: so che GattyP batterà le mani per come Ginny tratta Draco alla stazione, concesso, ma il biondo secondo me comincia davvero a meritare il nostro rispetto e affetto, no?). 
Un abbraccio gigante invece lo darei in primis a Severus ed Emma e poi a Narcissa, sono particolarmente legata a lei, perché nel Canon sappiamo poco del personaggio, ma il poco che la vediamo non tentenna mai a disubbidire a Voldemort, mi sto molto sforzando a immaginare davvero cosa avrebbe fatto, non facendola uscire dal personaggio e credo che si stia rivelando una donna di spessore.
Attendo vostri commenti e vi ringrazio per tutte le recensioni. Manca ancora un poco alla fine della storia, ma sempre meno. Qui siamo a fine dicembre e la battaglia di Hogwarts si svolgerà all'inizio di maggio. Ho ancora qualche pezzo di storia che si deve incastrare e spero che vi possa stupire. 
Vi abbraccio.
vi

Ritorna all'indice


Capitolo 52
*** Marchio Nero ***


.Marchio Nero.

 

Emma, completamente vestita, stava stesa sul letto della stanza che solitamente occupava quando si fermava a dormire al Manor e che la sera prima Narcissa le aveva indicato come tutte le altre volte, dopo aver aggiunto alcuni incantesimi protettivi. Era immobile e a occhi chiusi, mentre respirava a fondo, massaggiandosi lentamente le tempie nel tentativo di riordinare i pensieri. 
 Quello poteva considerarsi decisamente il peggior risveglio natalizio della storia. Era da sola, senza nessun regalo ad attenderla e una sorda angoscia che la metteva in allerta.
 Avvolta dalle tenui pareti crema e l'arredamento dalle linee semplici ed eleganti, vuoto ed essenziale, l'emoor sentiva sempre più la mancanza dei suoi amici. Avrebbe dato qualunque cosa per poter festeggiare quella giornata nel caldo caos della Tana, o tra le mura ben conosciute di Hogwarts con Lilith, James e gli altri emoor, invece si trovava in quel maniero scuro, in completa solitudine e nell'angosciante attesa di essere chiamata nuovamente dall'Oscuro Signore e messa a giudizio.

 Quando il giorno prima Voldemort era tornato al Manor, con una furia tale che aveva fatto tremare le pareti del posto, Emma aveva temuto a lungo di essere richiamata nella stanza principale e quasi con disperazione aveva aumentato le protezioni della sua mente, spingendo l'Occlumanzia al limite. 
Con stupore della ragazza, però, il mago non l'aveva richiesta e lei era semplicemente rimasta chiusa nella sua stanza per precauzione,  cenando, completamente sola, con quel che le avevano portato gli elfi su ordine di Narcissa. L'unica breve visita era stata di Severus, che l'aveva tranquillizzata con poche e veloci parole e poi ovviamente Draco, che entrava e usciva dalla stanza appena poteva.

*

Stai bene?” chiese Piton , di nuovo vestito di tutto punto e tirato a lucido.
 Era pallido e stanco, ma almeno sembrava essersi ripreso dalle Cruciatus e osservava la protetta con freddo distacco, gli occhi spenti e i capelli divisi in bande che sembravano allungare il viso giallognolo dai lineamenti marcati.
 “Dovrei essere io a chiederlo a te” mormorò l'emoor contrita.
 “Sto bene” rispose secco l'uomo.
 Tra di loro c'era una tensione strana. Entrambi avrebbero probabilmente voluto buttarsi nelle braccia dell'altro, per controllare che tutto fosse a posto e che l'affetto che aveva spinto Emma a pregare Voldemort perché risparmiasse il tutore fosse ancora lì, appena dietro il cuore, ma rimanevano a una curiosa distanza, rispettosi dello spazio dell'altro, studiandosi attenti.
 “Mi dispiace.” sussurrò l'emoor e non sapeva nemmeno lei di cosa. 
 Forse di aver perso il controllo, forse di aver parlato Serpentese, forse di aver pregato Voldemort e messo in mostra, in una volta sola, tutte le sue debolezze.
 “Non ti dispiacere, ne parliamo in un altro momento. Ora devo andare da Lui” rispose cauto Severus, ma tutto il linguaggio del suo corpo, proteso verso di lei, sembrava dire il contrario, svelando quanto non volesse lasciare quella stanza.
 Emma si sentì improvvisamente sola e triste e si limitò ad annuire, stringendosi le mani in grembo, mentre si sedeva sull'ampio letto, le gambe a penzoloni, che dondolavano pigre nel vuoto. Sembrava una bimba dimenticata.
 “Tu... Hai bisogno di qualcosa?” chiese il professore, con voce spezzata, come se si rendesse conto del suo dolore, ma non sapesse come affrontarlo. 
Lei scosse solo il capo, lo sguardo ai piedi e Piton serrò le labbra, indeciso.
 “Emma, Lui ha visto qualcosa che non avrebbe dovuto nella tua mente?”
 Di nuovo l'emoor negò, sentiva il bisogno di essere abbracciata, ma non l'avrebbe mai ammesso ad alta voce, soprattutto non con Severus.
 “Bene” disse l'uomo, dondolando sui talloni “L'hai bloccato?”
 La ragazza scosse per l'ennesima volta il capo, rialzando lo sguardo sul tutore.
 “Gli ho mostrato il superfluo” sussurrò, vedendo una scintilla di sorpresa nello sguardo scuro del tutore.
 “Bene” disse di nuovo Piton, voltandosi poi verso l'uscita.
 “Sev?” lo chiamò Emma incerta e lui si girò a guardarla e attese che parlasse, un sopracciglio leggermente inarcato “Possiamo tornare a casa? Per favore” 
 “Intendi a casa-casa?” chiese l'uomo perplesso, riferendosi a dove lei era cresciuta con i suoi genitori.
 “No. Intendo Casa.” sussurrò l'emoor “Intendo Spinner's End”
 Gli occhi di Piton si allargarono appena e si fecero liquidi di commozione per un istante, forse nel sentire che quella ragazza, che cercava di proteggere da troppo, ormai considerava le vecchie pareti della sua abitazione come la sua 
casa, nonostante tutto quello che era successo tra loro. Un guizzo di tenerezza gli stirò le labbra in un mezzo sorriso piuttosto fragile e contratto.
 “No, Emma. Mi dispiace, ma non possiamo tornare a casa” sussurrò solo, prima di uscire velocemente dalla porta della stanza, facendo svolazzare il nero mantello, ma la Corvonero, per qualche motivo sentì il cuore più leggero.

*

C'era qualcosa che turbava profondamente l'emoor riguardo alla connessione che aveva avuto con Potter il giorno prima e non c'entrava con il fatto che un serpente fosse uscito da un cadavere di una donna, né con la paura che aveva sentito invadere il Grifondoro, o il fatto che lui ed Hermione fossero nuovamente sfuggiti solo per un soffio dall'ira di Voldemort. 
A metterla in allarme era stata una sensazione di confusione che aveva avvertito in Harry e che per riflesso aveva scorto sul volto di Hermione: entrambi sembravano persi.
 I due grifoni erano chiaramente sconvolti dai loro dubbi, privi di una vera pista ed Emma aveva la sensazione netta che stessero semplicemente cercando di non annaspare: Harry ed Hermione erano a un punto morto della loro ricerca.
 L'emoor chiuse gli occhi e cercò di non pensare a cosa poteva succedere se la missione dei due amici si fosse arenata e loro fossero stati costretti per anni a vivere sotto le redini di quel pazzo di Voldemort, in attesa che qualcosa di buono accadesse. 
Non voleva nemmeno immaginare quante morti, torture e sparizioni un regime del genere potesse portare, e quanti altri ragazzi e ragazze si sarebbero spezzati come aveva fatto Draco Malfoy.
 Quanto potevano sfuggire Harry ed Hermione dai Ghermidori e i Mangiamorte? Quanto potevano resistere ancora senza un pasto decente e una direzione chiara? Per quanto il loro morale sarebbe stato sufficientemente alto?
 L'emoor sapeva bene che la caparbietà e la volontà di perseguire un ideale potevano essere molto forti nella Casa rosso e oro, ma sapeva anche che quello che stavano affrontando Harry ed Hermione, da soli contro il mondo, era qualcosa di difficile e che loro tutti cominciavano ad essere esausti di quella resistenza continua.  
 Blandamente si chiese anche dove fosse Ron e se anche lui stesse pensando ai due amici e ricordando il volto lentigginoso e lo sguardo chiaro del ragazzo, l'emoor sperò sinceramente che fosse al sicuro.
 Sospirò arresa, preoccupata, perché si sentiva completamente inutile in quella stanza. Non sapeva come aiutare i due amici e non poteva avere contatto con nessuno degli altri e non solo, non aveva più avuto notizie da Ginny nemmeno riguardo a Luna.
Era come se fosse confinata, tenuta lontana dalla battaglia che voleva vincere, anestetizzata e resa innocua e sentiva sempre più l'urgente bisogno di un abbraccio positivo di George e di incrociare il sorriso conciliante e carico di supporto di Lupin, ma intorno a lei c'era il nulla, se non le pareti chiare.
 Si alzò, lanciando solo uno sguardo alla sé stessa riflessa nel grande specchio accanto all'armadio, che gli rimandò l'immagine di una ragazza minuta, magra, con forme gentili. Sul viso i lineamenti delicati erano decorati di lentiggini e illuminati da quei suoi occhi così strani: verdi con ombre. Si soffermò appena sulla piega amara delle labbra e sui capelli lunghi arruffati, più ramati del solito grazie alla luce calda della stanza.
Emma O'Shea si rese conto che si stava lentamente trasformando, lasciandosi alle spalle l'ossuta e irruente ragazzina che era stata, in favore di una giovane donna dallo sguardo triste e consapevole e quel pensiero la lasciò sgomenta. Stava crescendo, stava cambiando ed era così assorbita da quella lotta che quasi non se ne era accorta.

Qualcuno bussò piano alla porta della stanza, facendola trasalire.
 “Avanti.” mormorò, voltandosi di scatto, come sempre in allerta.
 Draco fece timidamente capolino, mettendo in mostra un sorriso sghembo che ultimamente dedicava solo a lei.
 “Ehi” fece lui.
 “Ehi” sussurrò lei.
 La ragazza osservò quasi con sollievo il Serpeverde entrare nella stanza. Draco era l'unica persona davvero amica che aveva lì dentro.
L'unica persona di cui indovinava i pensieri senza difficoltà, o almeno, che non si nascondeva a lei, anzi, che in lei cercava un appiglio, ma, soprattutto, il ragazzo era come lei una vittima della situazione e di scelte che non poteva controllare.

“Che fai O'Shea mi fissi?” la punzecchiò lui con un leggero ghigno.
“Sei piuttosto bello” fece lei, con tono sornione.
 “Solo bello?”
 “Ho detto piuttosto”
 “E cosa significa? Intendi: piuttosto che Hagrid?”
 “Volevo rafforzare un concetto, Malfoy” ribatté l'emoor e Draco sorrise con maggiore dolcezza e attraversò la stanza avvicinandosi a lei, circondandole la vita in un abbraccio morbido, per poi posarle un bacio delicato sulla fronte. 
 Era bello quando Emma poteva godere di quei brevi momenti in cui lui era sé stesso e lei poteva riconoscere il ragazzo di cui si era innamorata dietro la sua maschera di terrore imposta da Voldemort. Erano attimi di conforto, in cui si sentiva di battersi davvero per qualcosa e di non annaspare completamente nel vuoto.
Lei e Draco stavano in effetti combattendo entrambi, ognuno a suo modo, per trovare un mondo dove fosse possibile amarsi. Con quei loro abbracci cauti, con la loro pazienza e ostinazione a non lasciarsi andare: stavano sfidando apertamente il male, nonostante la fragilità evidente di entrambi, soprattutto di Malfoy.
 “Ho solo pochi minuti, mio padre mi aspetta di sotto” mormorò lui.
 “Tutto ok?” indagò Emma in un sussurro.
 “Io sì e tu?”
Un'ombra oscurò lo sguardo chiaro di lui ed Emma la colse: Draco si sentiva in colpa e lei si tese quando riconobbe lo sguardo duro e freddo di chi avrebbe voluto proteggerla, ma non sapeva come farlo e piegò le labbra in una smorfia triste, terrorizzata all'idea che ancora una volta il ragazzo si trincerasse dietro il suo dolore nel tentativo vano di difenderla, come aveva fatto l'anno precedente.
 “Sono io ad averlo chiesto a te, Draco” ribatté subito in un sussurro, cercando lo sguardo di lui “Sei agitato. Che succede?”
Malfoy tese lievemente la mandibola e i suoi occhi si fecero scuri.
 “Non vorrei lasciare il Manor, se lui ti chiamasse mentre non ci sono, l'idea che potresti essere in pericolo...”
 “Sarebbe solo meglio, Draco. Non potrebbe usarti contro di me.”
 Il ragazzo annuì e le afferrò un ricciolo ribelle, prima di guardarla negli occhi e carezzarle una guancia ed Emma si avvicinò a lui per rubargli un bacio veloce, l'odore di pelle che avrebbe riconosciuto ovunque che le invadeva le narici. 
Sorrise appena sulle labbra di lui, intrecciando le mani dietro il suo collo e sospirando piano quando si accorse che Draco Malfoy aveva sciolto ogni muscolo, affidandosi a lei pieno di fiducia.
 Quello che c'era tra lei e il giovane Serpeverde era sicuramente un sentimento complicato, eppure la ragazza, guardandosi indietro vedeva come fosse cresciuto e diventato forte in maniera totalmente coerente. Ricordava gli sguardi di sfida sfuggente all'inizio di tutto, le sottili punzecchiature a vicenda, il modo in cui si cercavano senza poterne fare a meno, danzando con le mani intorno al calderone nell'aula di Pozioni ed esasperando le persone intorno a loro. 
 Così come aveva presente il dolore che si era insinuato nella loro calma, l'oscurità che aveva tolto loro il sonno e spazzato via la sicurezza sfacciata del Serpeverde, i suoi ghigni e le battute taglienti.
 Ora si trovavano entrambi in uno strano e precario equilibrio, fatto di poche regole e tanta fiducia per l'altro, in cui si aggrappavano timorosi a tenui speranze, senza ammetterlo, molto simili.
 La ragazza sentì le labbra di Draco cercarla con più insistenza e rispose senza remore alle sue attenzioni, facendosi sfuggire un sospiro tremante, mentre lui la stringeva a sé, senza staccarsi da lei, lasciando da parte le parole in favore di pelle e respiri. 
 C'era della disperazione in quella ricerca istintiva di corpi e della paura sincera, soprattutto di essere divisi contro il loro volere. 
Si tennero stretti, innamorati e con dita tremanti, come se dovessero salvarsi a vicenda. Ancora e ancora.
 “Quanto impeto Malfoy” sussurrò l'emoor, prendendolo in giro velatamente e carezzando i capelli chiari del ragazzo che ricadevano in ciocche scomposte davanti al volto di lui. 
 Rabbrividì, presa in contro piede, quando sentì la mano del Serpeverde scorrere sul suo costato, attirandola verso di sé.
 “Non mi sembra ti dispiaccia, O'Shea” fece Draco, rubandole un ennesimo bacio, una smorfia felice sul volto.
Solo il giorno prima Emma aveva pensato di morire per mano di Voldemort e ora quei baci timidi e irruenti le davano una strana gioia e un profondo sollievo, una ragione per cui vivere. 
 E nonostante la contraddizione di tutto ciò, decise di lasciarsi andare a quella piccola parentesi di felicità e chiuse quasi con rabbia la mente, trincerando lontano da sé le preoccupazioni e provando a non lasciarsi andare ai pensieri troppo amari. 
 Cercò con timida sicurezza le labbra di lui, mordicchiando piano il profilo della mandibola tesa e stringendolo in vita, cercando di far aderire i loro corpi in un abbraccio.
 “Buon Natale, Malfoy” sussurrò allegra e gli occhi grigi del ragazzo si illuminarono improvvisamente, mentre la sua smorfia si addolciva, lasciando spazio a un sorriso pallido.
 “Buon Natale a te, O'Shea” sussurrò.
La prese in braccio con slancio, causandole un sussulto e una risata nervosa, mentre la portava deciso verso il letto. Emma sentiva il cuore batterle furiosamente nel petto e si sciolse sotto quei tocchi pieni di tenerezza, assaporando ogni bacio, ogni sguardo e ogni carezza che Draco le dava. Si accucciò contro il suo petto in cerca di calore, sorridendo piano quando sentì quanto forte batteva il cuore di lui e quanto tremavano i suoi occhi grigi.
“Emma io...” sussurrò Draco con dolcezza e le strinse delicatamente il mento tra due dita, per obbligarla a guardarlo, ma un colpo di tosse spezzò la bellezza di quel momento intimo e fragile ed entrambi i ragazzi si voltarono di scatto, ammutoliti.
 Severus Piton e Lucius Malfoy erano sulla porta e li osservavano con del velato disagio. Sia Emma che Draco sciolsero repentinamente l'abbraccio, voltandosi verso i due adulti con aria colpevole e scattando in piedi come molle, mentre riprendevano respiro. L'emoor era stranamente più tranquilla, oltre che parzialmente indignata per quell'interruzione su un momento tanto privato e dolce, ma era Draco ad essere in maggiore difficoltà, le guance che lentamente si coloravano di rosa e lo sguardo basso.
“Sev, Lucius” salutò seccamente Emma “Bisognerebbe bussare”
“Scusate l'intrusione, ma Lucius è venuto a prendere Draco” spiegò Piton, rivolto alla protetta con un tono fin troppo distaccato, come se non avesse affatto appena assistito alle effusioni dei due giovani “Io ho bisogno di parlarti invece, Emma”
“Non c'è problema” disse tranquillamente la ragazza, facendo un piccolo sorriso a Draco, che pareva affogare nel suo disagio e rimaneva immobile con la testa incassata tra le spalle.
 Lucius parve riscuotersi in quel momento, un'espressione incredula che inacidiva i suoi lineamenti, gli occhi grigi velati di sdegno. Emma lo vide per qualche secondo lottare in cerca di parole.
 “Si tratta comunque di casa mia questa” intervenne infine con astio “posso entrare in qualunque stanza senza permesso.”
 L'emoor inarcò un sopracciglio, contrariata, sostenendo lo sguardo chiaro dell'uomo e poi si aprì in un sorriso furbo.
 “Certo che puoi, Lucius, ci mancherebbe” ribatté “Poi però non ti scandalizzare davanti a quello che puoi trovare.”
Lucius divenne terribilmente rosso in volto a quelle parole e Draco si strozzò con della saliva, tossicchiando piano.
 La Corvonero era solitamente molto educata e rispettosa con gli adulti, ma Malfoy senior non le andava proprio a genio. Aveva la capacità di farle immediatamente saltare i nervi e non riusciva a capire come un uomo adorato da una persona come Narcissa e così simile al ragazzo che amava, potesse essere tanto sgradevole.
 La sottile tensione tra loro, momentaneamente allentata dalla sua difesa nei confronti dell'unico figlio al cospetto di Voldemort, sembrava ora farsi più acuta e Lucius si trattenne a stento davanti all'atteggiamento sfacciato dell'emoor.
“Emma” la riprese Draco in un sussurro debole, enormemente imbarazzato, mentre con passo incerto si avvicinava al padre e insieme a lui usciva dalla stanza dopo un breve cenno di saluto: un Malfoy a capo chino, l'altro furente.

“Sei un serpe fatta finita” disse quieto Severus, una volta rimasti soli ed evocò un Muffliato e alcuni incantesimi di protezione complessi.
 “Lucius la deve smettere di avercela con me” ribatté la ragazza tranquilla, causando un leggero ghigno nel tutore.
 “Posso concordare, però è vero, questa è casa sua e noi siamo ospiti” le fece notare ed Emma sbuffò risentita.
 “Da che parte stai Sev?”
 Lui scrollò le spalle in un gesto vago e si accomodò sul bordo del letto. I polpastrelli uniti come faceva un tempo Silente.
 “Tu e Draco fate sul serio.” affermò l'uomo con distacco ed Emma si limitò ad annuire in risposta e si avvicinò a sua volta al letto mettendosi seduta accanto a lui.
 “Ti conviene allora avere Lucius dalla tua parte” spiegò il tutore “il contratto matrimoniale con deve essere approvato dal padre.”
“Narcissa ha una certa influenza, credo e comunque non mi aspetto di sposare Draco tra due giorni” ribatté lei secca e Severus le lanciò un'occhiata profonda e attenta, come se cercasse di leggerla dentro.
 “Non funziona proprio così tra i Purosangue”
 “Immagino di no, ma non credo mi importi granché di come funzioni, il mondo sta cambiando” sospirò l'emoor risentita.
 “Devi essere più cauta Emma” disse solo lui, dopo averla scrutata a lungo “Hai visto come lo ha usato...”
“Lo so, hai parlato con il tuo Signore?” ribatté lei, con una smorfia di evidente disappunto stampata in volto.
 “Sì, mi ha parlato.”
 “Ed è arrabbiato?”
 “In un certo senso. In fondo l'hai umiliato davanti ai suoi adepti e non può avergli fatto piacere, ma è anche molto interessato a te e credo che quello che gli hai rivelato degli emoor l'abbia colpito”
 “Bene” sospirò, vagamente sollevata.
 L'uomo la studiò con i suoi occhi scuri, il volto illeggibile.
 “È la verità?” chiese “Ciò che hai detto sugli emoor e la profezia?” 
 “È un'informazione che rimane mia e di Silente” ribadì ostinata la ragazza e lui rimase pensieroso, per poi annuire nuovamente.
“Emma io non posso difenderti dalla sua ira, devi stare attenta”
“So cosa sto facendo” rispose, sapendo di mentire.
 In realtà non aveva idea di come gestire Voldemort, si stava affidando completamente al suo istinto e alle poche flebili informazioni che aveva ricevuto da Silente. Non aveva affatto un piano, né una strategia, una grossa parte delle sue azioni erano in mano a una sfacciata fortuna, all'istinto che le faceva ribollire il sangue nelle vene e alle sue abilità di Occlumante.
 “Ok” rispose Piton mesto, facendo un grosso respiro e forse rendendosi conto di non poter dire di più.
Lui ed Emma stavano lentamente rinsaldando il loro vecchio rapporto, scrostando la rabbia e la delusione dall'affetto profondo che li legava e l'uomo non si sentiva di farle la morale. Aveva capito suo malgrado di dover almeno provare a fidarsi di lei, se non voleva perderla e manteneva così il loro equilibrio. Si alzò.
 “Narcissa mi ha chiesto di portarti questo” disse a voce bassa, lasciando sul letto accanto a lui un pacchetto di carta verde.
 “Che cos'è?” chiese la ragazza, curiosa.
 “Un vestito credo” rispose asciutto il tutore.
“A cosa mi serve?”
 “Stasera ci sarà una cena di Natale tra i Mangiamorte”
 “Non verrò” ribatté sicura lei.
 “Sì invece, verrai” disse secco Severus “Sei la mia protetta e questo è un evento di società dove tutti mettono in mostra i propri figli e la tua assenza verrebbe notata. Inoltre presenzia anche l'Oscuro Signore e Narcissa ha invitato alcuni amici tuoi e di Draco, tra cui il giovane Hope, non penso tu voglia lasciarlo solo”
L'emoor si agitò leggermente sulla sua seduta, mentre assimilava quelle nuove informazioni. Artemius.
 “
Io non sono tua figlia” sussurrò distrattamente, gli occhi che si accendevano, mentre incontravano lo sguardo scuro del suo tutore.
Fu uno scambio silenzioso, pieno di paura per entrambi.
Legalmente è come se lo fossi” mormorò lui, cauto, senza riuscire a nascondere uno sguardo deluso, mentre la scrutava di sottecchi.
 Emma si sentì dispiaciuta di essere andata sulla difensiva e poggiò una mano su quella ruvida dell'uomo.
 “Mi dispiace, Sev. Scusami. Non volevo arrabbiarmi con te, mi sono solo agitata per la questione della cena e Artemius...”
 “Non sei costretta a sentirti legata a me, Emma, ma per legge è così e io devo..” esalò lui imbarazzato.
“Lo sono.” ammise lei a bassa voce e il cuore le si gonfiò nel vedere il guizzo di speranza e commozione che illuminò l'uomo di fianco a lei, per un istante “Sono la tua protetta per tutti, sono legalmente la tua figlioccia e tu sei come un padre per me”
 Rimasero in silenzio entrambi, pensierosi, in quella piccola stanza dalle pareti chiare tanto diversa da quell'immenso maniero oscuro e terribile. La mano della ragazza ancora posata su quella dell'uomo.

“Come fai a fidarti di qualcuno che ottiene la tua fiducia solo con il terrore?” chiese dopo un po' Emma e Severus fece una smorfia amara e sbuffò dal naso aquilino.
“Io non mi fido de mio Signore. Non bisogna mai fare affidamento su un mago tanto oscuro e potente.”
 “Ma sei un Mangiamorte, Sev” quasi tremò la ragazza “Come fai ad accettare tutto questo?”
“Non lo accetto” rispose candido Piton, guardandola dritto in volto.
 Emma ricambiò lo sguardo, cercando di comprendere a fondo quelle parole, senza però riuscirci. Si tese un istante, agitata, ma poi si obbligò a distendere i muscoli stanchi e lentamente appoggiò il capo sulla spalla dell'uomo. Lo sentì irrigidirsi dallo stupore, ma non sottrarsi a quel gesto di affetto.
 “Se qualcuno ti fa ancora del male io lo distruggo” disse severa l'emoor, con un tono gelido e privo di inflessioni, che avrebbe fatto rabbrividire la maggioranza di Mangiamorte in quella struttura.
Piton invece rise, rauco e amaro, ma la sua era decisamente un risata.
“Ti prendo sulla parola, ma te lo sconsiglio caldamente, Emma. Troppe persone vogliono il mio male” sussurrò.
 La preoccupazione galleggiava ancora tra loro, sapevano entrambi che la loro posizione era precaria e se davvero quella sera ci sarebbe stato Artemius al Manor, lo erano ancora di più. 
Era una mossa decisamente avventata quella di avere ben due emoor nella stessa stanza insieme a Voldemort ed Emma intuì che non doveva essere stata una scelta di Narcissa, quanto un'imposizione dell'Oscuro: qualcosa bolliva in pentola e lei non aveva alcuna intenzione di permettere che l'altro emoor ne rimanesse coinvolto. Aveva già rinunciato ad abbastanza
 La preoccupazione per l'amico le provocò un moto di nausea, ma la rese  anche completamente lucida e affilata.
“Dovrò stare molto attenta” mormorò velocemente.
 “Era ora che lo capissi” ribatté Severus, sarcastico e la ragazza alzò il capo per guardarlo negli occhi, provò a leggere altro nella sua espressione, ma il tutore era maledettamente bravo a nascondere ogni pensiero e ricambiava il suo sguardo con pacato distacco.
 “Ieri sei stata molto brava, lo sai?” disse lui, con tono strascicato.
“Dici? Ho perso il controllo” rispose Emma, mordendosi il labbro inferiore “Non è andata proprio come volevo”
 “Hai perso il controllo con classe e hai dimostrato carisma” spiegò tranquillamente il tutore “L'Oscuro Signore voleva che tu reagissi per difendere Draco, ma non si aspettava certo che tu fossi così potente. Lo hai davvero colpito.”
 “E la tua tortura?” soffiò la ragazza risentita.
 “Quella è stata un'improvvisata” ammise il professore e l'emoor pressò le labbra con nervosismo e rabbia miste insieme.
 “Sev io...”
 “Siamo dentro fino al collo, Emma, dobbiamo avere pazienza.” disse solo lui e la ragazza lentamente annuì.

. . .

L'emoor si sentiva esausta e spaventata, mentre a passo lento e misurato camminava verso la sala del ricevimento.
Scese lentamente le scale principali, distratta dai suoi pensieri, costringendosi ad Occludere e sistemare i suoi ricordi e quasi sussultò per la sorpresa quando venne intercettata da Narcissa.
 Gli occhi chiari della donna brillavano nella penombra e sulle labbra tinte di rosso era stampato un sorriso dolce. Si mosse svelta verso di lei e la strinse in un breve abbraccio, in cui la ragazza si lasciò cullare, godendo di quell'atteggiamento materno e gentile.
 “Sei stupenda” le disse Lady Malfoy con un sorriso sincero, prendendola per mano e aiutandola a scendere gli ultimi scalini e la Corvonero arrossì leggermente a quel complimento. 
 “Grazie Narcissa, il vestito è stupendo”
 Il corto vestito in velluto blu che la donna le aveva procurato stava effettivamente molto bene all'emoor e risaltava ogni sua sfumatura, ma era niente in confronto a quanto brillava Narcissa, con il suo portamento sicuro ed elegante, avvolta in una veste verde scuro che sembrava illuminare di luce propria la sua pelle lattea.
La madre di Draco sorrise ancora educatamente, facendo un gesto vago con la mano e le porse un astuccio in raso verde.
 “Che cos'è?” chiese Emma curiosa.
 “Una collana, appartiene alla famiglia Black” rispose gentilmente l'altra, gli occhi azzurri illuminati da una strana luce soddisfatta “Mi piacerebbe che la indossassi tu stasera e in futuro”
 “Non posso accettare” ribatté subito l'emoor, stupita.
 “E perché mai?”
 La ragazza inghiottì un groppo di saliva, a disagio, consapevole dell'entità di quel dono e in cerca delle parole giuste.
 “Draco mi ha raccontato dell'importanza dei monili di famiglia. È troppo” sussurrò e Lady Malfoy assunse un'espressione severa per qualche istante, osservandola attentamente, per poi farsi sfuggire una risata cristallina che quasi stonava con il silenzio del luogo.
“Proprio perché sono importanti è per me un onore darti questa collana” disse semplicemente e sfilò l'astuccio dalle mani della ragazza e lo aprì rivelando una sottile catenina d'argento con uno smeraldo incastonato in un semplice ciondolo.  Era un serpente che avvolgeva la pietra verde chiaro ed era decisamente un gioiello pregiato, che sembrava brillare di luce propria e con gesti eleganti la donna lo legò al collo della ragazza.
 “Sei incantevole” sussurrò con affetto “dovresti togliere l'altra però”
 “No” rispose la Corvonero, troppo in fretta, senza nessuna voglia di privarsi del suo canale di comunicazione con Severus. 
 Narcissa inarcò appena un sopracciglio, ma sorrise composta.
 “Solo per questa sera, Emma. Portare due collane attirerebbe l'attenzione e so che tu non vuoi attirarla”
 L'emoor la guardò tesa, ma sentì della strana fiducia nei confronti dell'elegante Serpeverde e ubbidì con gesti lenti. Narcissa afferrò il monile dell'emoor e con un colpo di bacchetta lo fece sparire.
 “Ti aspetterà sul comodino della tua stanza, non ti preoccupare.”
 “Perché sei così gentile con me?” domandò la ragazza, confusa.
 “Perché ti sono affezionata.” mormorò Narcissa con voce ferma “perché sono affezionata a Severus e soprattutto perché credo che ci sia qualcosa di importante tra te e mio figlio e sono in debito con te  per aver preso le sue difese”
 L'emoor intuì quanta gratitudine si celava dietro lo sguardo composto che la donna le riservò e dietro quel gesto di farla sentire parte della famiglia. Effettivamente Narcissa l'aveva vista difendere il figlio davanti a Lord Voldemort ed era evidente che volesse mostrare  gratitudine a modo suo. Forse si sentiva anche in colpa per la morte dei genitori di Emma e per questo si comportava con lei come una madre amorevole, l'emoor non lo sapeva, ma sorrise in risposta e la seguì attraverso l'atrio e verso la sala del ricevimento.
“Draco sposerà una donna Purosangue un giorno?” mormorò la ragazza distrattamente, improvvisamente curiosa di capire la posizione di Narcissa a riguardo.
 “Draco sposerà chi ama” ribatté sicura la bionda.
 “Credevo che al casato Malfoy...”
 “Io sono una Black, Emma” ribatté lei severa, non senza una punta di orgoglio a illuminarle il volto, mentre attraversavano a passo spedito l'atrio silenzioso “Una Black prima ancora che Malfoy”
 “Tu e Lucius...”
 “Un matrimonio combinato non sempre è terribile” sorrise Narcissa, facendo una breve carezza sul volto della ragazza “Ero giovane ed emozionata quando mi sono sposata con Lucius e abbiamo imparato ad amarci e rispettarci a nostro modo, nonostante i nostri caratteri diversi. Sono una moglie devota e orgogliosa e so che Lucius riserva a me un amore sincero, ma ci sono voluti tempo e pazienza per unirci. Tu e Draco...” sussurrò lasciando in sospeso la frase come se cercasse la giusta descrizione.
 Emma non la lasciò finire e si affrettò a prendere la mano della donna e stringerla delicatamente, quasi avesse paura di spezzarla.
 “Lo difenderò Narcissa, da qualunque cosa”
 “Lo so” sorrise lei e l'emoor scorse una scintilla triste nel suo sguardo chiaro “Quindi permettimi di difendere te, Emma”

. . .

C'erano molti invitati, alcuni di loro già occupavano i posti designati per la cena, ma la maggioranza era sparsa nella sala in piccoli capannelli. Emma scorse Theodore e Pansy nell'angolo opposto a lei, ma nessuno dei due la salutò, al contrario di Blaise Zabini, che attraversò lo spazio che li divideva a passo svelto e la strinse con affetto una volta raggiunta, ignorando gli sguardi degli adulti.
“Come stai?” sussurrò il ragazzo preoccupato.
“Bene” rispose lei, cercando di sfuggire al suo sguardo attento.
Sapeva che quello non era il luogo per fare domande ed era preoccupata che Blaise fosse lì, così come per Artemius, che apparve alle spalle di Zabini e alzò una mano per salutarla con aria mogia. L'emoor ne approfittò per abbracciarlo brevemente.
“Mius”
 “Buon Natale, Ems” rispose il ragazzo con voce atona.
 Lei sorrise e poi si voltò verso Blaise fermo alle sue spalle.   
 “Daphne?” chiese curiosa e lui scosse leggermente la testa. 
 “La sua famiglia è solo simpatizzante. Non fa parte...”
 “Capisco” sussurrò in fretta.
 Mosse lo sguardo tutt'intorno nella stanza, osservando i volti dei Mangiamorte che la riempivano, scorrendo tra le strette di mani e i sorrisi di circostanza e si sentì disgustata da quei balletti inutili da società corrotta. Riconobbe volti noti dell'alta società che di solito si muovevano sui giornali che passavano sui tavoli durante la colazione e si strinse maggiormente tra i due ragazzi sentendosi più al sicuro.
 Theo e Pansy si avvicinarono loro, la ragazza con lo sguardo ostinatamente lontano dall'emoor, ma Theo le fece un rigido cenno di saluto e strinse la mano a Blaise e Artemius.
 “Draco?” domandò dopo un attimo.
 “Eccolo” rispose Zabini, facendo un cenno verso l'ingresso della sala dove era apparso il Serpeverde, vestito con un'elegante camicia bianca che gli donava particolarmente.
 Emma sorrise nella sua direzione e provò un moto di soddisfazione vedendolo sgranare leggermente gli occhi alla sua vista, mentre attraversava la stanza a passo svelto ed elegante. I ragazzi si strinsero le mani con fare stranamente formale, Draco sfiorò la guancia di Pansy come da protocollo, per poi avvicinarsi ad Emma.
Le circondò la vita in un abbraccio gentile, stringendola contro il suo fianco in modo affettuoso, gli occhi grigi che sembravano ardere di desiderio di protezione, mentre si chinava verso di lei, sfiorandole uno zigomo con un bacio delicato.
 “Sei molto bella stasera” le sussurrò a un orecchio ed Emma arricciò le labbra in un sorriso.
 “Come siamo possessivi, non te la volevamo rubare Malfoy” disse sornione Blaise, osservandoli divertito e Draco lo fulminò con lo sguardo e glissò sulla stoccata.
 “Ci mancherebbe, Zabini. Che ci fate qui?”
“Siamo stati invitati”
Emma notò immediatamente il disagio sul volto del biondo.
 “È tutto sotto controllo” cercò di tranquillizzarlo “È  solo una cena”
 “Non è mai solo una cena” ribatté Draco teso, sfiorandole la fronte con un altro bacio, mentre ispezionavano la stanza e i presenti.
 Anche Pansy e Theo si tesero leggermente, ma continuarono a mostrare disinvoltura, senza smettere di chiacchierare con gli altri di argomenti leggeri. Emma prese aria, coordinando il suo respiro con quello del biondo, mentre cercava dentro di sé della calma e pregava silenziosamente di arrivare in fondo alla serata senza danni.

. . .

Lord Voldemort alzò appena il calice e subito il silenzio cadde tra gli invitati rimasti. Erano a metà cena e a non tutti i Mangiamorte era concesso l'onore di poter rimanere seduti fino al dolce. 
 Con pochi gesti misurati l'Oscuro Signore durante il pasto aveva mandato Codaliscia accanto ai commensali, a cadenza regolare, indicando chi doveva abbandonare la stanza e i Mangiamorte scelti si erano alzati silenziosi, senza mai fiatare, uno a uno, portando i loro saluti, inchini e ossequi a Voldemort, che li osservava. 
Pansy e Theodore Nott si congedarono in quel momento, seguendo le figure sottili dei genitori della Parkinson, ma Nott Senior era ancora sulla sua sedia, così come Severus e i Malfoy.
Emma rabbrividì quando Codaliscia le passò di fronte, fissandola con gli occhietti acquosi e azzurri, una mano di metallo al posto di quella tagliata al cimitero e dovette trattenere un moto di disgusto e l'impulso di sibilare al ratto di smetterla di studiarla. Lo ignorò.
 Era seduta tra Artemius e Blaise a una discreta distanza da Voldemort e i Mangiamorte eletti, compreso Severus e Malfoy.
 Quando l'Oscuro Signore riabbassò il calice in un muto brindisi e si alzò, troneggiando sulla tavola, l'emoor sentì un brivido correrle lungo la schiena che non prometteva nulla di buono e poggiò la forchetta sul piatto, disponendosi all'ascolto dell'annuncio che sicuramente il mago stava per fare.
 Entrambi i Serpeverde ai suoi lati allungarono la mano sotto il tavolo per stringere quelle di lei, che rimase stupita da quel gesto di affetto istintivo e sorrise debolmente ai due ragazzi, prima di prendere un profondo respiro. L'Oscuro Signore, ancora in silenzio, sfoggiava un ghigno vagamente divertito sul volto mortalmente pallido, osservando la platea di fronte a lui.
 Draco, seduto accanto al padre e la madre era più vicino a Voldemort di quanto lo fosse l'emoor e sembrò diventare improvvisamente di cera, lo sguardo fisso sul piatto, come se volesse smettere di esistere ed Emma si morse con rabbia il labbro, riconoscendo il panico che sembrava invadere il ragazzo.
 “Oggi abbiamo l'onore di avere a questa tavola due celebrità” sibilò Voldemort, attirando l'attenzione di tutti e costringendo l'emoor a spostare lo sguardo da Draco al lui “Emma e Artemius, alzatevi.”
La ragazza sussultò, colta di sorpresa, ma cauta, dopo una veloce occhiata ai Mangiamorte, eseguì l'ordine. 
Sentiva lo sguardo di Piton fermo su di lei dall'altra parte del tavolo, accanto al suo Signore, mentre gli altri adepti, troppo codardi per attirare l'attenzione, fissavano il tavolo in tensione.
 Accanto a lei anche Artemius si mosse lentamente, imitandola. L'emoor non lasciò la mano del ragazzo, ma fece scivolare via quella di Zabini, improvvisamente pallido e chiaramente a disagio.
 “Emma perché non ci presenti il tuo amico?” sibilò Voldemort.
 “Perché è in grado di presentarsi da solo, se vuole” ribatté lei, ferma, lo sguardo che pigramente correva sui Mangiamorte.
 Si soffermò per un attimo sul patrigno di Artemius, arcigno e serio, il marchio in bella vista sul braccio sinistro, il capo chino e poi sulla madre adottiva, che invece osservava il figlioccio con un'apprensione strana, come se tenesse davvero a lui.
 “Sono Artemius Hope” sussurrò il Serpeverde con tono flebile ed Emma avvertì la sua mano tremare “Voi siete i responsabili della morte di mia madre e la mia sorellina”
 “Uno spiacevole incidente di percorso” sussurrò subito affabile Voldemort, piegando le labbra sottili in un sorriso falso, evidentemente affascinato “Serpeverde giusto?”
Artemius annuì lentamente ed Emma strinse lui più forte la mano, senza scostare gli occhi dall'altro.
 “Ho molto apprezzato che la mia Casa acquisisse ben tre giovani talenti” sibilò il mago, scostando lo sguardo per fissare la sua bacchetta “Solo la giovane O'Shea mi è sfuggita. Cosa pensi di lei?”
 Artemius rispose con voce sempre sottile, ma i suoi occhi chiari erano stranamente presenti e brillanti.
 “Emma è la più talentuosa tra tutti noi” 
 “La più talentuosa dici?” chiese Voldemort attento “La sua magia mi è sembrata alquanto mediocre e mi ha rivelato cose piuttosto importanti senza dover nemmeno insistere”

La Corvonero sapeva che l'uomo stava mentendo spudoratamente: non l'aveva affatto trovata mediocre, o non sarebbero stati lì a parlarne a quel tavolo. Se l'avesse trovata mediocre lei sarebbe semplicemente morta, anche solo per aver osato chiamarlo con il suo nome davanti ai suoi adepti, ma invece era sopravvissuta.
 Vide Draco deglutire spaventato, tutti avevano smesso di mangiare e c'era un silenzio denso e carico d'attesa nell'aria. Voldemort prese a camminare intorno al lungo tavolo, osservando attentamente i due ragazzi ancora in piedi, con aria vagamente divertita.
 “Vedi O'Shea” disse mesto “ho lungo a riflettuto su quel che mi hai rivelato. Informazioni molto utili. Secondo quello che dici non posso uccidervi e non posso dividervi, né attaccarvi...”
 “È così” lo interruppe la ragazza, beccandosi un'occhiata velenosa.
 “Come ho intuito” riprese il mago, minaccioso, come se lei non fosse affatto intervenuta “L'unica cosa che mi rimane da fare è obbligarvi all'obbedienza.”
 Emma alzò il mento con sfida, stringendo con forza la mano dell'altro emoor, il respiro coordinato con il suo.
 “Né io, né Artemius ci piegheremo mai ai tuoi folli piani...”
 “Io credo di sì”
 “No, mai” disse fiera lei, pensando con spavento alle vie di fuga.
 “Giovane Hope, hai mai pensato di prendere il marchio?” chiese Voldemort, ignorandola e Artemius scosse debolmente la testa.
 “No? Non sei interessato?”
 Di nuovo il ragazzo negò, ma era totalmente terrorizzato e come una furia Emma lo spinse dietro di sé e sfoderò la bacchetta.
 “Non ti azzardare a toccarlo, Riddle”  sibilò e sapeva quanto stava osando, sapeva che nemmeno Severus in quel momento avrebbe potuto intervenire a difenderla, ma non poteva permettere che Artemius fosse marchiato.
Merlino ormai sembri davvero Potter pensò con amarezza.
 “Questo stupido istinto di protezione nei confronti di chiunque ti ucciderà O'Shea” ribatté il mago, lo sguardo annoiato dietro le palpebre pesanti.
“Artemius non è chiunque” sussurrò lei e Voldemort rise di gusto.
 “Coraggiosa, testarda e stupida, son sempre più convinto che tu sia l'emoor Grifondoro.”
 “Non marchierai Artemius” ripeté lei gelida, gli occhi verdi con ombre che lampeggiavano silenziosamente.
“Ma io devo marchiare uno di voi” sussurrò Voldemort, quasi gentilmente come se spiegasse un concetto semplice “devo dividervi, devo obbligarvi all'obbedienza e onestamente preferisco tra le file un'emoor Serpeverde che una Grifondoro come te.”
“Io non sono l'emoor di Grifondoro” ribatté ferma, nuovamente e c'era una sorta di orgoglio in lei, mentre pensava alla figura seria e sottile di Alicia Serpeverde: l'ago della bilancia.
 “
Dubito fortemente di ciò” disse lui mellifluo, voltandosi verso Dolohov  “portatemi il ragazzo”
 Emma colta dal panico strinse più forte la mano di Artemius e lo vide per la prima volta cedere alla paura, lo sguardo apatico incrinato che lasciava spazio al panico. 
 Lo separarono bruscamente da lei, Nott senior l'aveva afferrata con strana gentilezza per la maglia, tirandola lontano da lui, mentre Dolohov lo trascinava via, portandolo di fronte all'Oscuro Signore e sollevandogli malamente la manica del braccio sinistro.
 Emma si sentì gelare, il cuore che le rombava nel petto e la mano stretta con tanta forza intorno alla bacchetta da farle diventare le nocche completamente bianche. Artemius invece sembrava arreso, gli occhi sbarrati pieni di paura, il volto pallido, girato verso di lei, in quella che l'emoor interpretò come una muta richiesta.
“Giovane Hope” sorrise Voldemort alzando la bacchetta contro il braccio del ragazzo “Sei pronto ad unirti alle mie file?”
 La Corvonero si sentì andare in pezzi, mentre Artemius la guardava disperato, implorandola silenziosamente di intervenire. Sentì il suo cuore perdere un battito e le sue barriere abbassarsi, mentre nuovamente la rabbia la travolgeva senza che potesse far nulla per placarla. Nessuno si muoveva, nessuno sarebbe intervenuto a salvarli, ancora una volta gli adulti erano troppo codardi per smascherarsi e rischiare la loro posizione.
Stai facendo uno sbaglio” disse quindi ferma e le parole uscirono in quel sibilo acuto che aveva imparato a riconoscere.
 Voldemort si bloccò con la bacchetta a mezz'aria, girandosi a guardarla, con aria di vittoria e Nagini, fino a quel momento accovacciata in un'angolo alzò la testa e osservò la scena.
Allora non mi ero sbagliato” sussurrò l'uomo, inclinando leggermente il capo, senza riuscire a nascondere un certo stupore “Parli serpentese.
L'emoor si sentì tremare da capo a piedi e improvvisamente vulnerabile, mentre cercava di ricordare le parole di Silente e di capire se si era tradita in qualche modo. Il preside le aveva detto che Voldemort sarebbe stato più felice se avesse creduto di estorcere informazioni e in effetti ora sul volto del mago si percepiva una felicità infantile, resa mostruosa dai suoi tratti serpenteschi.
Perché, ragazza?” chiese il mago, lo sguardo attento “Perché parli la lingua dei miei avi?
Sono certa che lo immagini. Libera Artemius” ribatté Emma e tutt’intorno i Mangiamorte si scambiarono sguardi sinceramente confusi, mentre osservavano il loro padrone e l'emoor comunicare in una lingua incomprensibile.  Voldemort invece sorrise ed Emma ne intuì chiaramente la pericolosità. 
 Lo vide fare un cenno secco a Dolohov, che lasciò andare Artemius, che subito arretrò di qualche passo spaventato.
 “Sei tu l'emoor Serpeverde?” chiese Lord Voldemort cauto, gli occhi rossi fissi sulla ragazza che stava di fronte a lui ed Emma infine annuì, sapendo di non poter mentire.
 “Come è possibile, tu sei l'unica finita in Corvonero!”
 “Alicia Serpeverde amò Thomas Corvonero e la loro discendenza giunge a me” ribatté, alzando il mento con fierezza e fissando il mago con sfida, cercando di ignorare il tremore alle ginocchia.
 “Tu! Chi l'avrebbe mai detto” sibilò lui, con strano stupore a illuminargli i lineamenti rarefatti, mentre studiava il volto di lei, con malcelato interesse, come se si aspettasse delle risposte.
 Emma tacque, senza reagire all'attenta analisi del mago.
 “Portatela qui” disse infine ai Mangiamorte, ma nessuno si mosse ed anche l'emoor rimase immobile.
“Non mi farò marchiare Riddle” ribatté tranquilla.
 “Nelle nostre vene scorre lo stesso sangue, i nostri antenati erano fratelli, tu meriti questo marchio” sibilò lui.
 “Quello che dici sul sangue è vero e ti dirò: Salazar e Alicia erano molto legati tra loro e si rispettavano, ma per noi è diverso, io non voglio il tuo stupido marchio”
 Lui sorrise mellifluo “Non importa cosa vuoi tu”
 Mosse la bacchetta e questa volta Emma non riuscì a parare l'incantesimo e venne sollevata in aria e mentre roteava nel vuoto vide confusamente lo sguardo atterrito di Zabini e quello spaventato di Artemius che si massaggiava il polso in disparte, ma prima che potesse articolare qualunque pensiero, Voldemort la lasciò cadere e picchiò violentemente sul pavimento in marmo.
 “Portatemela qui” sibilò di nuovo il mago e questa volta Dolohov si mosse e le si avvicinò, ma Emma cercò di opporsi debolmente. 
Si agitò cercando di dare pugni e calci per sfuggire alla presa ferrea del gigante biondo e quando a lui si aggiunse Rodolphus, il marito di Bellatrix, che la tenne ferma, trascinandola bruscamente in avanti per i capelli, l'emoor lo morse con forza sulla mano.
 “Ah! La canaglia mi ha morso” gridò l'uomo e la Corvonero lo guardò furente, selvaggia, spaventata.
 “Piano Emma” disse mellifluo Riddle “non siamo animali qui.”
 “Ma ci marchi come tali” sibilò lei e lui alzò appena gli angoli delle labbra sottili, poi si volto e disse a voce bassa “Severus”
L'emoor sussultò e cercò nuovamente di divincolarsi, mentre tutti i Mangiamorte al tavolo tenevano lo sguardo basso imbarazzati, anche Draco, gli occhi lucidi di lacrime e paura. Piton si alzò invece con straordinaria calma e si avvicinò lentamente, il volto contratto e illeggibile, il passo sicuro nel suo mantello svolazzante.
 “Mio Signore...” la sua voce era un sussurro.
 “Sei un bravo servo, Severus” disse l'altro, guardandolo brevemente in volto “Hai dato prova di grande lealtà in più occasioni, mi sei prezioso, ti chiedo un ultimo sforzo perché tu venga ricompensato”
 “Quello che desidera, Signore.”
 “Marchia la tua protetta” sibilò Voldemort, lo sguardo acceso da una strana luce sadica ed Emma trattenne il fiato, immobilizzandosi mentre guardava il tutore impallidire.
 “Mio Signore io...” sussurrò il professore, confuso.
 “Hai qualche problema con il fatto che Emma porti il marchio?” chiese l'altro, socchiudendo gli occhi rossi.
 “No, mio Signore, per me è un onore offrirla alla causa, ma la magia del marchio... se lei si oppone...”
 “Le insegnerai ad accettarlo Severus, non è vero?” lo interruppe il mago “Così come le hai insegnato così bene l'Occlumanzia e a battersi in duello. Mi sembra che tu abbia a cuore la tua protetta”
“È così, mio Signore” mormorò Piton, in una tremula ammissione, forse sperando di risparmiarle quell'umiliazione.
 “Bene.” riprese Voldemort con un sorriso mostruoso sulle labbra inesistenti “Allora puoi certamente renderla una strega migliore con le tue conoscenze, non è vero? Insegnale ad accettare il marchio.”
 Il mago guardava Piton con sfida, in attesa, mentre il professore sembrava quasi tremare, lo sguardo una volta tanto incerto ed Emma pregò perché il tutore non perdesse la testa, nonostante il terrore che sentiva nel petto.
 “Sev ti prego” sussurrò disperata, per attirare la sua attenzione e si rese conto che erano state anche le ultime parole di Silente. 
 L'uomo le lanciò uno sguardo intenso e in quegli occhi neri Emma vi scorse tutto il dolore che stava provando: Severus si stava ponendo di fronte alla sua più grande paura, lasciare che la Corvonero compisse il suo destino, accettare di non poterla proteggere come avrebbe voluto.
 “Non abbiamo tutta la sera, Severus” sibilò Voldemort “Una meravigliosa cena di natale ci aspetta” 
Tornò a sedersi al suo posto, in uno svolazzo di vesti nere, senza degnare l'emoor di uno sguardo, l'aria vittoriosa. Perdonami sembrava gridare il volto di Severus, mentre afferrava il polso della ragazza.
 “Sev, io non voglio questo marchio. Non lo voglio. Lo odio. Ti prego” pianse Emma e per la prima volta apparve per quel che era, una ragazza giovane e sperduta, mentre cercava di ritrarsi e si agitava tra le mani ferme dei Mangiamorte, con la voce fragile.
Severus alzò gli occhi onice verso di lei, sembrava dilaniato dall'interno. Perdonami. Sembrava gridare, poi afferrò la sua bacchetta e la puntò lentamente sul braccio dell'emoor, con un gesto come sempre secco ed elegante, come stesse preparando una delle sue pozioni a Spinner's End.
“Mordsmore” sussurrò, gli occhi colmi di angoscia, lo sguardo lontano, il volto trasfigurato dal terrore cieco che provava ed Emma gridò, mentre il dolore le invadeva il braccio sinistro e il corpo, insopportabilmente acuto.
Dolohov e Lastrange arretrarono e la lasciarono cadere, perché nessuno di loro aveva mai reagito in quel modo alla marchiatura, non era così dolorosa, ma la ragazza si accasciò, inerme.
 “Emma” la chiamò incerto Severus, scuotendola appena.

L'emoor sentì la vista annebbiarsi e le forze abbandonarla, cercò di concentrarsi sul respiro spezzato del tutore, ma il dolore era troppo intenso e non riuscì a rimanere lucida. Sbatté gli occhi, nel tentativo di incontrare lo sguardo scuro di lui, con disperazione, ma l'uomo non si chinò verso di lei e non cercò di aiutarla.
 Furono Blaise e Artemius ad accorrere, ignorando gli sguardi ammonitori dei rispettivi genitori, si chinarono entrambi su Emma pieni di preoccupazione. Blaise la sostenne con dolcezza, stringendola al petto delicatamente, come avrebbe fatto James con lei e Artemius le prese la mano, chiamandola ripetutamente.
 “Dobbiamo portarla fuori di qui” sussurrò Zabini a Piton, gli occhi chiari che lampeggiavano di accusa.
Nessuno degli altri Mangiamorte si mosse ancora, erano come impietriti dalla scena, mentre Voldemort era l'unico che continuava a mangiare, l'aria assorta e distratta, come se nessun dramma si stesse svolgendo nella stanza. Severus, ancora rigido, ebbe un piccolo sussulto e si voltò lentamente verso l'Oscuro.
 “Mio Signore, posso?” tremulò.
 Voldemort appoggiò la forchetta accanto al piatto e si pulì le labbra sottili con un tovagliolo candido, i gesti tremendamente misurati, prima di voltarsi verso il Mangiamorte e annuire.
“Sì, portala pure via, Severus non voglio moribondi al tavolo. Poi però torna qui al mio fianco”
 “Grazie, mio Signore” mormorò lui, ma prima che potesse intervenire, Blaise si era già messo in piedi, l'emoor stretta contro l'ampio petto, lo sguardo obliquo che dardeggiava verso Draco.
 Il biondo lo ignorò e con sdegno il Serpeverde moro strinse Emma con maggiore dolcezza e la portò fuori dalla stanza a passo sicuro, subito seguito da Artemius e Piton che con un cenno richiamò insieme a lui Narcissa. 
Draco Malfoy invece, atterrito, rimase immobile al suo posto al tavolo, gli occhi pieni di lacrime e il cuore dolorante, mentre la consapevolezza di non aver protetto la ragazza lo invadeva per l'ennesima volta.



*Angolo Autrice*


Ciao Lettori.
Sono sincera: spero di avervi colto di sorpresa con la marchiatura di Emma. 
Anche su questo capitolo non voglio scrivere molto di punti e spunti perché mi piace sentire la vostra impressione, credo che ci sia moltissimo da riflettere su quel che sta affrontando Emma e sui suoi legami con le persone che la circondano. 
Credo che "protezione" potrebbe essere la parola chiave di questo capitolo, sia quella che Emma vuole fornire alle persone intorno a lei, più istintivamente Draco e Severus, ma anche Artemius, sia quella che altri vorrebbero dare a lei. Malfoy soffre perché non si sente in grado di proteggerla come vorrebbe, Severus ed Emma hanno costruito un intero rapporto su questa parola, Narcissa si espone con un monile Black, Artemius e Blaise la proteggono in maniera plateale. 
Voldemort è davvero crudele se ci pensate: gioca e si diverte, osserva e poi attacca, costringe l'emoor ad esporsi, parla di sangue e legami, tortura Severus obbligandolo a marchiare la sua protetta, a tutti impone sofferenza.
Vi aspetto al prossimo capitolo, non abbiatene male, ve l'avevo detto che l'oscurità sarebbe arrivata. 
(Una stellina alla dolcezza infinita della Dremma?)
Vi abbraccio e vi ringrazio per le vostre recensioni e il vostro supporto!
Con affetto
vi

Ritorna all'indice


Capitolo 53
*** Le cicatrici sono solo cicatrici ***


.Le cicatrici sono solo cicatrici.

 


Che cosa le sta succedendo? Perché sta male?” Narcissa.
Curiosità. Stupore. Confusione. Emma era cieca e avvolta da un'irreale, incoscienza, riusciva a percepire dilatate le emozioni intorno a sé, ma non a interagire, o parlare, perché il dolore e la stanchezza erano troppo acuti e si erano avvolti attorno ai suoi nervi e muscoli.
 “Non ti sei mai chiesta cosa succede se qualcuno viene marchiato contro la sua volontà?” 
Severus.
 Rabbia. Frustazione. Paura. 
Qualcosa si agitò nel petto dell'emoor, l'impulso di voler abbracciare e tranquillizzare il tutore che la faceva tremare, voleva cancellare quel tono amaro e dolorante che aveva sentito nella sua voce. Non è colpa tua. Voleva gridare.
 “
No, non me lo sono mai chiesto.” riprese Narcissa “Possiamo fare qualcosa? Dobbiamo fare qualcosa!”
 Speranza. Timore. Coraggio. Quanto era nobile l'animo della Black?
 “
Non lo so” era ancora Piton e c'era paura in quell'affermazione.

 L'emoor si agitò nuovamente nel suo dormiveglia, qualcuno la coprì con cura quasi affettuosa. Avvertì Narcissa muoversi intorno al letto dove era stesa, con i suoi soliti movimenti eleganti che la ragazza aveva imparato a riconoscere e si accorse che Piton era accanto a lei: ne riconosceva l'odore di cenere e spezie, mischiato con il sapore di pioggia in arrivo che le ricordava anche Draco. Draco.
Emma lo aveva visto seduto al tavolo, sulla soglia delle lacrime, nel panico. Sentì il cuore riattivarsi e battere forte nel petto, quasi dolorosamente. Dov'era Draco? Stava bene? Era vivo?
 L'emoor sapeva che lì al Manor non si poteva dare nulla per scontato e cercò di ascoltare per capire se il ragazzo fosse nella stanza, ma gli occupanti erano in silenzio e per quanto lei si sforzasse di parlare, l'unico risultato fu quello di diventare presto esausta. 
Nero. Incoscienza.
Emma non percepiva più la stanza, né le persone accanto a lei, ammesso che ci fossero. Non sapeva nemmeno da quanto fosse in quello stato, era come se la sua mente si fosse completamente distaccata dal corpo e dai suoi bisogni più materiali. 
 Sbatté le palpebre nel buio, cercando un qualunque segno che le facesse capire che ancora da qualche parte il suo corpo esisteva. La sua mente era confusa, i suoi ragionamenti lenti, come se il suo cervello fosse improvvisamente pieno di fango e vento gelido.
 Draco? Pensò e si stupì di aver articolato correttamente il nome.
 Nel buio compatto si mosse qualcosa, l'emoor alzò il capo, quattro figure si avvicinavano. Erano solenni, alte, sicure. La ragazza rimase in attesa di scoprire chi fossero, ma qualcosa nel suo sangue che scorreva veloce già le faceva intuire la risposta: 
erano le quattro Ombre.

“Sta dormendo?” Draco. Era accanto a lei.
 Emma tornò cosciente di quello che c'era nella stanza, ma il corpo ancora non le apparteneva. 
Draco. Il Serpeverde era vivo e in qualche modo la ragazza si accorse di provare felicità e sollievo.
 “Sì. Sta ancora dormendo” la voce di Piton non era mai stata tanto stanca, ci fu il rumore di una sedia trascinata sul pavimento e due respiri spezzati vicini al suo capezzale.
Un uomo e un ragazzo. 
Severus e Draco.
“Si riprenderà vero?” chiese il giovane Malfoy, il tono arrochito dalle lacrime, ma il tutore non rispose ed Emma immaginò il suo sguardo cupo spegnersi, arrendendosi all'angoscia.
 “Per favore Severus, salvala” mormorò ancora il ragazzo, affranto ed Emma sentì Piton sospirare, come trattenendo il disappunto.
 “Dovresti provare qualche volta anche tu a salvarla, Malfoy” 
 Buio. Assenza di tempo e spazio.
 L'emoor sbatté le ciglia 
immaginarie e riempì i polmoni inesistenti di aria gelida creata dalla sua percezione fallata. Non esistevaLo sapeva. Eppure le quattro figure di fronte a lei sembravano reali.
 “Sei quella che chiamano Emma?”
 Le labbra di Alicia quasi non si erano mosse, ma la sua voce aveva risuonato forte e chiara nella sua mente. L'emoor annuì lentamente, sperando che lei potesse vederla e Alicia sorrise in risposta, gli occhi verdi con ombre, identici a quelli che aveva lei, che la fissavano talmente tanto assorti da metterle i brividi.
 “Dovete difendere la scuola, lo sapete?” chiese soave.
 “Sì” rispose l'emoor, la voce rauca come vetro in frantumi.
 “Molto bene, Emma”
 “Cosa vi siete promessi con il Vinculum?”
 L'Ombra sorrise, divertita e si voltò verso gli altri tre alle sue spalle, sembrò tremulare nell'aria prima che il buio avvolgesse tutto, facendole perdere il senso dell'orientamento.

“Perché è ridotta così?” 
Bellatrix
 Emma era di nuovo al Manor. Era di nuovo nel corpo che non riusciva più a gestire. 
Il petto della Corvonero quasi sussultò dalla sorpresa, riconoscendo la voce sprezzante della Mangiamorte. Severus si schiarì la sua prima di rispondere, era tanto roca e spezzata che sembrava non parlare da anni.
 “È la maledizione del marchio. Bisogna volerlo 
davvero quando viene imposto, non importa quale sia il motivo: altrimenti uccide.”
 “Sai anche tu che ci sono Mangiamorte che accettano solo per paura” ribatté l'altra con sprezzo evidente.
 “Vero” ammise Piton, ma non aggiunse nulla, Bellatrix ammutolì e all'emoor sembrò di sentire il rumore dei suoi ragionamenti.
 “Perché a loro non succede la stessa cosa?” domandò infine la donna, impaziente “Perché lei soffre? E loro no?”
 “Perché per un motivo, o per l'altro, che sia amore, follia, paura, o fedeltà, loro lo accettano” sussurrò Piton con calma.
 “E lei non può?” chiese l'altra e sembrava sinceramente stupita, come se non riuscisse a immaginare che qualcuno rifiutasse il marchio del suo Signore “Non riesce a trovare un motivo?”
 “Non lo so” rispose arreso Severus.

Alicia era ancora lì a osservarla e qualcosa nella mente dell'emoor tremò: quel buio di incoscienza in cui affondava le ricordava un pensatoio. Emma attese che le altre Ombre raggiunsero la Serpeverde prima di rivolgere l'attenzione verso di lei.
 “Voglio sapere dei Vinculum” disse aspra la ragazza “Ora”
 “Siete legati alla nostra promessa” rispose Alicia, distrattamente.
 “Appunto. Vogliamo sapere di che si tratta.”
 Le Ombre si guardarono incerte, poi Andrew Tassorosso si voltò verso di lei. Aveva un volto dolce e innocuo, tratti del viso semplici, dimenticabili, ma il suo sorriso era caldo ed esprimeva fiducia.
 “Difendere la scuola è la priorità” le disse, con strano affetto.
 “Perché Artemius pensa di morire per me allora?”
 Il sorriso dell'Ombra Tassorosso si incrinò, Alicia si voltò a guardarlo, confusa ed Emma capì che era stupita quanto lei, che non era a conoscenza di quella parte dell'accordo. 
La Corvonero si chiese se quelle fossero davvero le Ombre che comunicavano con lei attraverso il suo sangue, o se le stava solo immaginando ed era la sua coscienza in cerca di risposte.

“Severus devi riposare” 
Narcissa
 “
Non posso lasciarla sola” Severus.
L'emoor annaspò fuori dal nulla, improvvisamente consapevole di essere di nuovo al Manor. Il dolore acuto al braccio e il bruciore che le attraversava i muscoli immobili le ricordarono che possedeva un corpo, ma si scoprì completamente incapace di muoverlo.
 “Sono giorni che non dormi e non mangi, ho bisogno che tu sia lucido” ribatté la donna nervosamente ed Emma avrebbe voluto dire al tutore di ascoltarla, ma non aveva voce, né labbra.
 “Non adesso, Narcissa.” rispose rauco l'uomo.
 “Non vorrai far capire all'Oscuro quanto tieni alla ragazza...” sussurrò lei, tentando l'ultima carta e Piton rimase solo per un istante in silenzio, incerto. L'emoor lo sentì trattenere il respiro.
 “L'Oscuro si fida di me” ribatté infine con voce vibrante.
 “Ma ti stai distruggendo ed Emma sarà al sicuro anche se dormi un paio d'ore. Ho bisogno che torni sul campo e lucido” insistette lei. 
 Ci fu un lungo silenzio, durante il quale la Corvonero capì improvvisamente di poter respirare, 
tremò.
 “Emma è come una figlia per me Cissy” sussurrò Severus e quelle parole erano talmente strane dette da quell'uomo scuro, da non sembrare nemmeno reali, tanto che se avesse avuto degli occhi da poter usare Emma si sarebbe commossa, ma il suo corpo bruciante non le apparteneva più.
 “Severus. Lo so, ma...”
 “No Cissy” la fermò lui “Mi sei stata sempre vicino e ti sono grato, ma non sai troppe cose per capire. Non la lascerò qui da sola.”
L'emoor riuscì a immaginare, senza vederlo, lo sguardo della Black farsi gelido e ostinato, il volto solo vagamente macchiato dell'affetto che provava per l'uomo, sentimento più che raro in lei.
 “Posso anche non capire molte cose, ma non sono una sprovveduta, Severus.” disse con voce dolce, ma imperativa “Quello che non conosco posso intuirlo e ti sto dicendo che ci penserò io. Ok? Tu vai a dormire almeno un poco, per favore”
 “No” ribatté lui secco e Lady Malofy esalò un sospiro irritato.
 “Piton. Il mio è un ordine. Hai notato cosa indossa la tua protetta?”
 Ci fu un altro attimo di silenzio, Emma sentì dei movimenti molto vicino al suo corpo, non capì quanto. Il tempo, le distanze, la realtà non sembravano appartenerle più.
Severus si strozzò per lo stupore “Un monile Black?”
 “Emma è sotto la mia protezione” disse secca Narcissa “Lo è da molto, sicuramente da quando ha varcato la soglia del Manor. Non morirà, non oggi. Non con me a vegliarla. Vai a dormire”

C'era solo Andrew ad attenderla, con il suo volto buono e sfuggente. 
 “Ti aspettavo”disse solo.
 “Mi parlerai dei Vinculum?” chiese l'emoor e la sua stessa voce le arrivò strana alle orecchie, come se non le appartenesse e si accorse che il Tassorosso, come Alicia, non muoveva le labbra per parlare.
 “Ho dovuto calmare Alicia, si è molto arrabbiata. Lo è sempre quando si tratta dei suoi amici.”
 “Per cosa?” chiese l'emoor e a sorpresa ritrovò il cuore, si accorse che batteva e le parve di sentire il sangue pulsare nelle sue vene.
 “Tu sei l'ago della bilancia, Emma.”
 “Lo sono. Lo so.”
 “Anche Alicia lo era, ma alla fine si è spezzata.”
 “Perché?" esalò l'emoor. 
Ecco cos'era che percepiva di diverso nello sguardo dell'Ombra Serpeverde, nonostante fosse così simile al suo: tristezza. 
Una tristezza profonda. 
Totale. Devastante.
 “Troppo dolore” disse Andrew con dolcezza “Alicia era il centro: di Salazar, di noi quattro, di Thomas, dei suoi figli. Alicia si è spezzata. Ha sofferto tanto che abbiamo rischiato di perderla.”
 “E tu hai promesso che non le avresti mai più permesso di spezzarsi” mormorò Emma e Andrew sorrise bonario. 
 “Qualcuno, per una volta, doveva sacrificarsi per lei. Alicia non ha limiti con sé stessa, si distrugge pur di lasciare tutto in equilibrio.”

“Lui vuole vederti” 
Bellatrix
L'emoor si accorse improvvisamente che il dolore la rendeva viva. 
 Il Manor. 
Si chiamava Manor quel posto? Non ne era più sicura. La sua mente lavorava più velocemente ora, ma ancora arrancava con il resto, si stupì di avere dei polmoni, stava respirando.
 “Arrivo” rispose Severus e lei riconobbe il fruscio del suo mantello.
 “Stai bene Piton? La ragazza?”
 “Da quando ti importa di come sto, Bella?” sputò lui. 
Freddo, apatico, senza remore. “Da quando ti importa di Emma?”
 La donna sembrò tentennare, l'emoor la sentì trattenere il respiro e  la curiosità le puntellò i confini della mente.
 “Non mi importa, ma mi dispiace per lei, è in gamba.”
 “Lo è” disse rauco il tutore ed Emma accorse che era lontano da lei ora, forse vicino alla porta.
 “E c'è qualcosa di stranamente affascinante in lei. Hai visto lui come la guarda? E tu Piton? Sei cambiato per lei”
 Severus non rispose, ma Emma sentiva che era ancora nella stanza, fu Bellatrix a spezzare lo scomodo silenzio, incerta, con quella sua voce da bambina pericolosa per una volta tanto priva di acuti.
“Vuoi che stia io qui a tenerla sott'occhio?” propose titubante “Posso aspettare fino a quando torni. Rodolphus non mi aspetta stasera”
 “Grazie” rispose l'altro, un accenno di stupore nella voce roca.

Emma era di nuovo nel buio, nell'incoscienza, ma per la prima volta si sentì davvero lucida. Ad aspettarla c'era ancora Andrew che sembrava seduto, ma non avrebbe saputo dire su cosa.
 “Mi dispiace per non aver finito la conversazione l'altra volta, ma ti sei agitata e hai chiuso la mente” disse l'Ombra.
 “Dispiace a me” rispose Emma sincera “Dove eravamo rimasti?”
 “I 
Vinculum. Dovete proteggere la scuola, ma Alicia voleva fare di più. Voleva proteggere sia il bene che il male. Voleva proteggere tutti”
 “Ed è possibile?” chiese Emma. 
Draco. Severus. Narcissa. Blaise. Nott senior. Gli spezzati. Quelli del male.
L'Ombra sorrise mesta “Sei davvero simile a lei. Certo che è possibile, ma Alicia avrebbe sacrificato sé stessa. Io volevo impedirlo. Lei ha promesso di difendere tutti e di essere per sempre l'ago della bilancia. Io di proteggere lei dalla sua ostinazione”
 Un movimento in fondo a tutto quel niente anticipò l'arrivo delle altre tre Ombre. Emma scattò verso Andrew, aveva troppe domande, allungò un braccio per afferrarlo, ma si accorse di essere lontanissima da lui ora.
 “La amavi?” chiese solo e Andrew sorrise teneramente.
 “L'amore è un sentimento importante, ma l'amicizia e il rispetto possono esserlo anche di più. A volte per qualcuno di molto solo, possono essere totalizzanti e creare legami molto potenti”
 “Come me e Artemius” mormorò lei e l'altro annuì.
 “Esatto. Come te e Artemius”

Manor. 
Respiri.
Per qualche motivo, attraverso le palpebre che non sapeva di poter aprire, Emma si convinse che fosse notte, ma sapeva di non essere sola. I ricordi le si ammassarono nella testa confusamente.
Severus. Draco. I suoi amici. Narcissa. Gli emoor. Lupin. L'Ordine. Harry.
I volti erano slavati e mischiati tra loro, indefiniti.
 “Ti prego Emma perdonami, torna da me. Ti prego” 
Draco
All'emoor si mozzò il respiro. I polmoni funzionavano da soli. Per un breve istante tutto sembrò tornare al suo posto e ricordò di avere un corpo e dei pensieri propri. Di avere una volontà.
 “Non esprimere i tuoi pensieri a voce alta ragazzo, non qui al Manor, non quando non sai chi potrebbe sentirti” 
Severus
Malfoy rimase colpevolmente in silenzio a lungo, ma infine sussurrò “Ho bisogno di lei, mi sento così tanto in colpa” così flebilmente che Emma si chiese se non se lo fosse immaginato.
 “Lo so. Anche io.” disse burbero Severus. 
SeccoFreddo.
 Ci furono dei movimenti impacciati. Draco era vicino a lei, molto vicino, Emma sentiva gli occhi color tempesta di lui che la scrutavano attenti e il dolore di non potergli parlare, di non poterlo rassicurare, si fece acuto tra le costole di lei.
 “Non pensavo che facesse così male” 
Draco. Ancora.
 “
Cosa?” Piton. Era distante, forse contro il muro della stanza.
 “Amare” mormorò il Serpeverde, imbarazzato “Tenere a qualcuno così tanto. Non sono cose che mi hanno mai insegnato.”
 Severus rise amaro, tanto che anche Emma trattenne il respiro.
 “Ci sono cose che solo la solitudine ti insegna, Draco”

Nero. Incoscienza e silenzio. Ma la sua mente lavorava veloce.
 “Dove siete?” chiese Emma al nulla e apparve per primo Thomas Corovonero. Emma provò uno strano sentimento che ci mise un po' a decifrare: era intimidita da quell'uomo alto e saggio.
Era tanto bello, con quello sguardo chiaro e la schiena rigida, che si sentì arrossire, come la prima volta che aveva visto Bill Weasley.
 “Hai parlato con Andrew” le disse serio, aveva una voce profonda e un profilo tagliente e solenne.
 “Sì, mi ha raccontato dei Vinculum e di Alicia, che si è spezzata.”
 L'Ombra annuì, dietro di lui già arrivavano gli altri.
 “Emma” la chiamò il Corvonero e la ragazza dovette alzare il capo per ricambiare, perché era molto più alto di lei “Sai perché Draco è importante? Te lo sei mai chiesto?”
 “L'ho capito da poco. Draco è essenziale perché mi ricorda che merito anche io di essere amata, anche se voglio proteggere”
 Lui la guardò profondamente e per la prima volta sul volto pallido e bello apparve l'illusione di un sorriso.
 “Brava. Alicia se lo dimenticava. Tu non dimenticarlo. Varrà sempre la pena di salvarvi a vicenda.”
 Le altre Ombre erano lì ormai, le sorridevano tutti.
 “Cosa dobbiamo fare? Io e gli altri, vi prego” sussurrò l'emoor e aveva la sensazione che il tempo stesse per finire, che lei dovesse affrontare altre battaglie.
 “Lo capirete” intervenne Angela e guardando il suo viso radioso la Corvonero ebbe l'impressione di incontrare una vecchia amica.
 “Noi non sappiamo come rispettare il vostro Vinculum” ripeté Emma affranta  “Non sappiamo cosa fare”
 “Lo capirete” e questa volta era Alicia, con il suo sguardo così strano un po' meno triste, mentre la osservava con affetto.
 L'emoor si sentì terribilmente vicina alla sua antenata, il sangue che  le scorreva veloce e caldo nelle vene.
 “L'amicizia è importante” disse Andrew.
 “L'amore è importante” disse Thomas.
 “Le radici e la famiglia sono importanti” disse Angela.
“Essere l'ago della bilancia è importante” mormorò Alicia.
 Erano tutti e quattro sorridenti, sereni. Alicia allungò una mano per carezzare la guancia dell'emoor, ma Emma, lo sguardo sgranato, non avvertì mai il suo tocco, perché la luce invase il buio quasi ferendole gli occhi che immaginava di avere. 
 Il dolore al braccio sinistro divenne insopportabile. Cercò di chiamare le Ombre, ma non li avvertiva più vicini.
 Pensò con distacco di essere sul punto di morire, o di perdere la ragione, ma inaspettata sentì ancora la voce di Alicia, strana, dentro di sé, come se volesse fare quella confidenza solo e soltanto a lei.

Le cicatrici sono solo cicatrici.

Dolore. Il suo corpo era tornato a esistere, ma Emma non era più abituata a lui e stentò a riconoscerlo come suo per lunghi minuti. 
 Si sentiva come se fosse immersa in una pozza di ghiaccio, mentre il suo braccio sinistro invece bruciava, gli stralci delle conversazioni intorno a lei che le arrivavano confusi e ovattati. 
 A volte le sembrava di riprendere conoscenza tanto da poter quasi rispondere alle loro domande, ma poi subito ripiombava nell'incoscienza. Aveva quasi sempre freddo, si sentiva debole e squassata dalla febbre, non riusciva nemmeno a sforzarsi di aprire le palpebre per rassicurarli, ma allo stesso tempo non era mai abbastanza esausta per dormire davvero. 
 Dalle conversazioni e dalle presenze che udiva intorno a lei sapeva che Narcissa e Severuss non abbandonavano quasi mai il capezzale. Non aveva più sentito né Blaise, né Artemius, ma Draco a volte le stava accanto, senza dire una parola. 
 Lo riconosceva semplicemente dal suo profumo di pelle,
 di pioggia in arrivo, menta e caffé e ogni volta avrebbe voluto chiedergli di prenderle almeno la mano e stringerla a sé.
Ebbe un fremito, simile a un sussulto, improvvisamente ricordava tutto: i suoi amici, i loro volti, la guerra, il marchio.
Sentì qualcuno muoversi subito accanto a lei.
 “Sta riprendendo conoscenza?” 
Narcissa.
 “
Non lo so” Severus Emma, riesci a sentirmi? Devi accettare il Marchio, devi trovare un motivo per farlo tuo, ti prego. Devi accettare il marchio, o ti distruggerà, ti prego” 
 La sua voce era frastagliata in pezzi di vetro e l'emoor desiderò con tutta sé stessa di rassicurarlo, guardare negli occhi scuri come due lunghi tunnel e stringergli la spalla per dire lui che sarebbe andato tutto bene, ma emise solo un suono rauco e soffocato, flebile, senza riuscire a rispondere al tutore, né ad aprire gli occhi.
 Cosa voleva dire che doveva accettare il marchio? Lei non lo voleva, lo odiava.
 “
Si sta svegliando?” Draco.
Il cuore di Emma impazzì, ricordò Thomas e le sue  parole. Draco.
 “
Non lo so, forse” mormorò Severus.
 Ci fu un tramestio e qualcuno si mosse velocemente, il suono di acqua che veniva versata arrivò alle sue orecchie e subito dopo Emma sentì qualcosa di fresco bagnarle la fronte, dandole un momentaneo sollievo. Erano le mani gentili di Narcissa che la accudivano. Sospirò a fondo. 
Riuscì a farlo.
 “Innerva” mormorò Piton.
 L'emoor sentì l'oppressione che le stringeva il petto farsi per un istante più leggera, ma non riuscì a svegliarsi. La fronte le bruciava ed era percorsa da brividi, il braccio sinistro le pulsava terribilmente, come se fosse stato fatto a brandelli. Avvertì una mano afferrare la sua e stringerla. 
Draco.
 “
Lasciamoli soli, Severus” Narcissa
 “
No” rispose rauco lui “Ha dato segnali, lei si potrebbe svegliare e deve assolutamente sapere che io...”
“Severus” la voce di della donna ora era imperiosa in totale controllo “Non dire e fare sciocchezze”
 E l'emoor sentì il cuore fracassarsi contro il torace e la mente farsi acuta: Narcissa sapeva del doppio gioco di Severus, 
era chiaro, si preoccupava per lui, che non facesse passi falsi.

Severus era un uomo di Silente. 

Fu quel pensiero a ricordarle improvvisamente Voldemort, la guerra, gli occhi vacui e spaventati di Artemius e quelli pieni di lacrime di Draco. Draco. I suoi amici, gli emoor, la resistenza. Avevano bisogno di lei, la aspettavano a Hogwarts.
 Qualcosa si rimestò in fondo alla coscienza dell'emoor, lentamente si rese conto che avrebbe fatto qualunque cosa per salvarli, anche accettare il marchio sul braccio. 
Qualunque cosa
 Si agitò leggermente, emettendo un sospiro profondo e si concentrò sulla stretta gentile di Draco sulla sua mano. 
 La mancanza che provava di lui divenne improvvisamente graffiante, insieme alla consapevolezza che, se lei non fosse uscita da quel torpore, il ragazzo sarebbe stato spacciato. 
Troppo debole per imporsi, troppo vigliacco per essere un Mangiamorte. La disperazione e le Arti Oscure, l'avrebbero distrutto, spezzato.
 “Draco” provò a chiamarlo e le uscì solo un lamento flebile, ma per un attimo intorno a lei cadde un silenzio pieno di speranza.
 “Mi ha chiamato” mormorò il Serpeverde incredulo e né la madre, né Severus dissero nulla.
 “Draco” riprovò Emma con un suono appena più distinto, respirò di nuovo, in cerca di aria e sbatté le palpebre dolorosamente.
 In fondo cosa significava accettare il marchio? Fingere di essere qualcuno che non si era, nascondersi dietro una maschera? Non era forse quello che faceva Severus? Lo faceva anche Narcissa e Nott Senior.
Lo faceva Draco 
ogni giorno e quasi sicuramente lo faceva anche Silente pur non essendo marchiato da Voldemort, lo faceva Remus Lupin in missione tra i mannari. L'immagine del preside e il pensiero di Lupin ebbero il potere immediato di calmare la ragazza, seppur debole e febbricitante. La sua mente riprese a lavorare e a riordinare i pensieri: doveva alzarsi da quel letto, andare fuori da quel posto. 
 Da qualche parte nel mondo Harry ed Hermione erano soli a combattere qualcosa di più grande di loro, non poteva abbandonarli e Lilith, James, Neville e i compagni di Casa stavano resistendo ai Carrow, gli emoor cercavano di capire il loro ruolo, Luna era scomparsa, Blaise, Daphne e Joanne Rowling attendevano che qualcuno tendesse loro una mano e l'Ordine e i professori si stavano battendo per la pace. Emma con rinnovata lucidità si rese conto che non poteva farsi fermare da un marchio sul braccio.
 I ricordi le invasero la mente e la memoria.

*

A me non importa" sussurrò la ragazza, cercando di calmare l'attacco di panico del Serpeverde, posò le labbra sul marchio sul suo braccio, lo strinse a sé.
 La Stanza delle Necessità alzò le luci rivelando i velluti blu e verdi, una finestra si creò sulla parete ed Emma si alzò a spalancarla per far entrare l'impressione di un refolo d'aria nella stanza, poi tornò da lui.
 “Tu sei completamente matta” sussurrò Malfoy, ma la avvicinò di nuovo a sé, perdendosi nel folto dei suoi capelli ramati, il respiro ancora rotto dal pianto, con cui si era svegliato dall'incubo, che lentamente si calmava.
 “Il marchio è solo un simbolo Draco, non qualcosa che ti identifica. Una cicatrice, nulla di più"
 “Ma non potrò mai cancellarlo, lo sai?” disse lui con rabbia appena trattenuta, lo sguardo chiaro perso, lontano da lei.
 Emma lo baciò dolcemente, distraendolo dai suoi pensieri.

A volte le cicatrici possono essere utili” sussurrò “e a me non importa di uno stupido simbolo, importa di chi sei tu, dietro tutto questo. Mi importa del ragazzo che mi guardava da una parte all'altra della Sala Grande prima ancora di conoscermi, che mi ha detto 'ciao a Pozioni', che mi ha preso per mano di fronte a tutta la scuola fregandosene dei pregiudizi, che mi ha salvato abbracciandomi mentre piangevo la morte dei miei genitori, che ha ballato con me in mezzo ai Purosangue, dicendomi che ero bellissima, che mi ha giurato che non mi avrebbe mai mentito, che ha pianto e mi ha chiesto di non abbandonarlo”
 Le labbra di lui si arricciarono appena in un sorriso “Ti importa di me quindi”
 L'emoor si appoggiò al suo petto, facendosi avvolgere dalle braccia magre.
 “Esatto mi importa di te, non di uno stupido marchio”
 “Sei davvero matta, Mezzosangue. Ha ragione Piton, il cappello parlante ha decisamente sbagliato, sei proprio una stupida e perfetta Grifondoro.”

*

Eri felice quando hai preso il marchio?”
 Severus le lanciò uno sguardo perplesso, bloccando a metà il gesto che stava facendo e alzò il volto per fissarla con aria contrariata e confusa allo stesso tempo, una volta tanto senza la sua maschera di sdegno.
 “Non credo che felice sia la parola giusta, Emma” borbottò infine e tornò a chinarsi sulla pozione che stavano preparando.
 “Te l'ho già chiesto una volta, ma non mi hai risposto, perché sei entrato nelle file di Voldemort?” domandò lei, prendendo un ingrediente e tagliandolo attenta.
 “Non sempre c'è una risposta a tutte le domande. Te l'ho già detto una volta e te lo ripeto di nuovo, forse doveva semplicemente andare così” ribatté lui laconico e la ragazza lo guardò di sottecchi e strinse le labbra delusa da quella risposta.
 “Una volta mi hai detto che c'entrava l'amore per una persona che hai perso...”
 “No” la interruppe subito lui con una punto di nervosismo “Non è il motivo per cui ho preso il marchio, anzi è il motivo per cui ho cambiato idea”
 “Ok” sussurrò lei.
Il silenzio si fece denso e quando parlò l'emoor  lo fece con voce bassa e dolce.
 “Se non eri felice, che cosa hai provato?” chiese perplessa e Severus le lanciò un lungo sguardo significativo, evidentemente cercando una via di fuga da quella risposta, strinse le labbra sottili e riabbassò gli occhi scuri sulla pozione.
 “Ho provato senso di appartenenza, paura, confusione, disgusto, eccitazione... tante cose, erano tempi diversi e io ero una persona diversa, ferita e senza scopo”
 “È solo una cicatrice lo sai?” sussurrò la ragazza, colpita dalla risposta e dal dolore che portava con sé.
 “Lo so”

*

La Sala Rosa dove lei e Narcissa prendevano il the era uno dei pochi posti al Manor, escluse le serre, che Emma riusciva ancora ad apprezzare. Le pareti chiare e l'arredamento più femminile e di gusto, rispetto alle altre tetre sale del maniero, la faceva sentire al sicuro e a suo agio.
 Lady Malfoy era in silenzio, sorseggiava the con piccoli sorsi delicati, perfettamente truccata e vestita di sobrio buongusto, il volto curiosamente disteso ed Emma la osservava attenta, cercando di rubare con gli occhi la leggiadria dei suoi movimenti. L'emoor si considerava piuttosto goffa e generalmente se ne dispiaceva, ma l'eleganza della donna non la metteva mai a disagio, anzi la riempiva sempre di un sentimento di rispetto e fiducia.
 “Tu non hai il marchio.” sussurrò la ragazza, improvvisamente.
 Non aveva posto la domanda, era una semplice costatazione e gli occhi chiari di Narcissa saettarono subito verso la porta della stanza, ma poi parve rilassarsi leggermente e guardò calma l'emoor, accennando un leggero sorriso.
  Quel giorno il Manor era praticamente vuoto ed entrambe ne erano consapevoli.
 “No, non ho il marchio” confermò.
 “Come mai?”
 “Preferiresti che lo avessi?” chiese lei con un sorriso.
 “Sono solo curiosa” ammise l'emoor.
Narcissa appoggiò la tazza ormai vuota sul tavolinetto di fronte a loro e si lisciò con cura la gonna, la fronte appena aggrottata.
 “L'Oscuro tendenzialmente giudica meno potenti le donne, non offre loro il marchio se non lo richiedono, o meritano per qualche motivo. Bellatrix ha dovuto dimostrare la sua devozione con molto fervore”
 Dal modo in cui la donna piegò le labbra, l'emoor capì che anche lei sapeva dell'amore della sorella per il mago e che nonostante ne fosse apertamente disgustata, non l'avrebbe mai tradita. Erano due Black e il sangue era tutto.
 “Alecto Carrow non è potente” fece presente l'emoor, senza troppi giri di parole “anzi, è piuttosto stupida, ma ha il marchio” 
 Un guizzo di un sorriso divertito illuminò il volto della donna, che annuì.
 “È tanto stupida da mostrare una devozione totale e priva di remore nel seguire gli ordini e l'Oscuro Signore ha sempre avuto bisogno dei suoi personali cani, oltre che di combattenti e menti salde”
 “E tu non vuoi essere né uno, né l'altro e Lui lo sa.”
 Narcissa annuì una volta sola, con vaga tristezza, nonostante il sorriso aleggiasse ancora sul volto pallido e bello.
 “Credo che l'Oscuro mi giudichi intelligente e che lui lo sia abbastanza da non offrirmi il suo marchio. Sa di avermi comunque in pugno, Lucius è marchiato e così anche mio figlio, come sai”
 “Mi dispiace Narcissa” sussurrò Emma, capendo tutto il non detto e la sofferenza che c'era dietro quelle parole composte e accuratamente selezionate.
 Lei si girò a guardarla con occhi chiari e taglienti, il volto fermo, il sorriso appena più largo e dolce, mentre osservava con tenerezza la ragazza.
 “Ogni guerra prima o poi ha la sua fine, in attesa che si decida di cominciarne un'altra” sussurrò la Black, prendendo una mano dell'emoor tra le sue “e qualunque sia l'esito della battaglia finale le cicatrici sono solo cicatrici. Ci sono cose più importanti. Come la famiglia, l'amore, il rispetto e il perdono”

*

Le cicatrici sono solo cicatrici. Il marchio era solo una cicatrice.
 La stanza era buia, ma la flebile luce proveniente dal camino acceso bastò a ferirle gli occhi. Emma li richiuse subito, stringendoli appena, colta da una forte nausea. Sentiva una leggera pressione sul petto e concentrandosi ne riconobbe il tepore e capì che il ciondolo dei Black doveva aver contribuito a proteggerla e svegliarla.
 Pensieri confusi le si ammassarono nella testa dolorante, ricordando vaghi discorsi con Draco a proposito dalla protezione data dai vecchi monili, insieme alla frase di Narcissa a Severus che aveva udito mentre era quasi incosciente. 
Narcissa Black aveva provato a proteggerla, dandole quella collana.
 “
Emma” una voce femminile piena di speranza la raggiunse e l'emoor spostò il capo verso quel suono, cauta, si sentiva fragilissima e con la gola stranamente in fiamme.
 “Dov'è Draco?” mormorò, gli occhi ancora serrati.
 Subito Severus le fu accanto, la ragazza ne avvertì la presenza. 
 Le mani dell'uomo le sostennero il capo con strana cura e le fece bere qualcosa di fresco che le scivolò nella gola, dandole sollievo. 
 Il tutore le stava mormorando qualcosa con tono gentile, ma il cervello strapazzato di lei non riusciva a distinguere le lettere e le parole, mentre si abituava di nuovo al tempo, lo spazio e il corpo.
 Non oppose alcuna resistenza alle cure che le venivano offerte con tanta tenerezza, si lasciò accudire come una bimba e provò per la prima volta dopo molto tempo un leggero benessere attraversarle le membra pesanti. Sbatté le ciglia e tornò a vedere. Piton, Narcissa e Draco la guardavano stralunati, gli occhi dilatati e pieni di sollievo.
 “Che è successo?” mormorò piano la Corvonero e rimase inorridita da quanto flebile e rauca fosse la sua voce.
 Severus la sorresse di nuovo prontamente, lo sguardo cupo e il volto illeggibile, mentre lei schiudeva gli occhi.
“L'Oscuro Signore ha voluto che ti marchiassi” ammise lentamente, pieno di vergogna ed Emma annuì piano, ma il movimento seppur minimo le provocò un dolore lancinante alle tempie.
 “Lo ricordo” sussurrò, accettando il bicchiere d'acqua che Narcissa le porgeva “Perché sto così male?”
 L'uomo strinse le labbra, con tristezza e disagio ancor più presente.
 “Non accettavi il marchio, ti opponevi a lui. Si tratta di magia oscura, o la accetti dentro di te, o muori.”
 Emma annuì di nuovo, stavolta più cautamente, mentre soppesava le parole del tutore e cercava di unire i puntini dei discorsi che aveva ascoltato da semi incosciente. Era bastato voler tornare dai suoi amici, accettando il compromesso di quell'orribile simbolo sul braccio, pur di salvarli, per farla svegliare, ma si sentiva uno straccio.
 “Bellatrix?” domandò: era rimasta stupita dalla curiosità che le aveva riservato la Mangiamorte mentre era incosciente e Severus e Narcissa si scambiarono uno sguardo perplesso, prima di tornare a osservarla premurosi.
 “È passata di qui a trovarti più volte” disse la madre di Draco.
 “Ci sentivi?” chiese Severus, lo sguardo attento.
 “A volte” mormorò l'emoor “Narcissa la collana...”
 “Ti ha protetto” disse lei semplicemente.
 “Come?”
 “È un monile contro le maledizioni, non poteva nulla contro il marchio, ovviamente, ma ha impedito che ti uccidesse all'istante e ti ha permesso di accettarlo con i tuoi tempi” sorrise la donna ed Emma la guardò piena di gratitudine: 
le doveva la vita.
 “Come ti senti ora?” chiese il tutore, offrendole da bere quella che sembrava una Pozione Rinvigorente.
 “Male” ammise la ragazza, che si sentiva debolissima “Quanto sono rimasta incosciente?”
“Sei giorni” rispose Severus, ad Emma erano parsi molto di più.
 Ebbe la forza di abbassare lo sguardo sul braccio sinistro e inorridì guardando il marchio sulla sua pelle. Si chiese cosa avrebbero detto Ginny e gli altri di quella novità e si sentì male al solo pensiero.  
 Avvicinò il disegno al volto, osservandolo con maggiore attenzione e si rese conto che c'era qualcosa di diverso nel suo marchio rispetto a quello che aveva visto sul braccio di Piton e Draco.  Il colore era più grigio che nero, i contorni erano sfumati e poco definiti e il serpente che scivolava fuori dal teschio non era così tanto minaccioso, né sembrava vivo come quello degli altri Mangiamorte.
 “È sbiadito” notò e lanciò uno sguardo stupito al tutore “Perché?”
 Piton si strinse nelle spalle incerto, come se non conoscesse davvero una risposta a quella domanda.
 “Ho visto una sola persona con un marchio così: Regulus Black. Non ho mai saputo perché fosse diventato così per lui, perché è stato ucciso poco dopo, alto tradimento” disse serio e Narcissa si tese leggermente accanto, ma Emma sapeva perfettamente di chi stesse parlando il tutore: Regulus Black, il fratello di Sirius, il giovane sottile dall'aria triste che c'era sull'arazzo di Grimmauld Place.
 “Credo” disse Severus “che tu abbia vinto contro il marchio, dubito che funzionerà come gli altri, ha minor presa su di te”
 L'emoor annuì “Capisco” sussurrò e incontrò gli occhi grigi di Draco che la guardava e che non aveva ancora proferito parola. Gli sorrise e strinse con più decisione la sua  mano.
 “Ciao Draco” gli disse, il calore sulle guance “mi sei mancato”
 “Anche tu Emma” mormorò lui, gli occhi lucidi, il respiro spezzato.
 Narcissa si sciolse quasi in tenerezza e si alzò con aria sicura, cercando di spingere Severus via dalla stanza.
 “Vi lasciamo soli” disse saggiamente, ma Piton parve tentennare e la bionda lo sospinse con maggior decisione.
“Hanno bisogno di stare tranquilli, Severus” disse seria.
 “Ma io...”
 “Niente 
ma Severus Piton” ribatté lei, sospingendolo.
 “Sev” lo richiamò l'emoor divertita dalla scena che aveva davanti e l'uomo si voltò verso di lei, gli occhi neri che dardeggiavano di senso di colpa “Non avevi scelta. Lo so che non è colpa tua” mormorò lei e sorrise con labbra tremanti.
 Piton fece un profondo sospiro e sembrò sul punto di aggiungere qualcosa, ma alla fine accennò solo un gesto secco con il mento, a celare il suo imbarazzo, tese le labbra sottili in un mezzo sorriso e scambiò con Emma uno di quegli sguardi pieni di parole, prima di seguire Narcissa fuori dalla stanza. 
Avrebbero avuto modo di parlarsi.
 Emma osservò la porta da cui era uscito con tristezza. Avrebbe voluto togliere dai pensieri del tutore almeno qualcuno dei suoi demoni, prima che si distruggesse nel senso di colpa che sembrava provare perennemente, ma Draco attirò la sua attenzione.
 “Bentornata O'Shea”
 “Malfoy” disse subito lei, ricacciando in gola l'amarezza.
 “Hai una pessima cera” la prese in giro lui bonariamente e lei gli sorrise in risposta dicendo “E un orribile tatuaggio”
 Il braccio le bruciava ancora terribilmente, ma le sembrava più sopportabile di quello che aveva passato in quei giorni.
 “Per coincidenza ne ho uno uguale anche io” ghignò il biondo.
 “Un tatuaggio di coppia quindi” disse la Corvonero in una mezza risata tra i denti e il Serpeverde scosse al testa in risposta, alzando gli occhi al cielo, incredulo.
 “Come fai a scherzare su questo?”
 Emma scrollò le spalle, era troppo felice di essere viva.
 “Blaise e Artemius?” chiese subito.
 “Nelle loro case, non sono stati puniti per il loro comportamento.”
“Bene” mormorò lei, parzialmente sollevata, guardando Draco che era pallido come un cencio.  
Si accorse di amarlo più che mai.
 Aveva ragione Thomas Corvonero. Ne sarebbe sempre valsa la pena di salvarsi a vicenda. Alicia si era dimenticata di meritare amore, sacrificando sé stessa unicamente come ago della bilancia, ma lei non l'avrebbe fatto, sarebbe stata attenta.
 “Ho avuto paura di perderti” ammise il Serpeverde in un basso mormorio ed Emma sorrise debolmente, carezzando lui un braccio e ignorando il dolore che ogni movimento le causava.
 “Lo so, ti sentivo” sussurrò a voce bassa.
 Le guance di Malfoy si colorarono leggermente di rosa e la ragazza sorrise tra sé, mentre gli faceva segno di avvicinarsi. Il ragazzo si stese accanto a lei e l'emoor si lasciò andare sul suo petto, senza forze, tenendo per qualche istante lontano i suoi tormenti e beandosi dell'abbraccio di lui. Si sentiva stanchissima, nonostante fosse stata stesa su quel letto per sei giorni, 
si sentiva senza forze.
 “Non ti ho difeso, Emma” mormorò Draco lentamente, pieno di vergogna, con sincero dolore e imbarazzo che colpì la ragazza come uno schiaffo “Non sono nemmeno riuscito ad alzarmi da quel tavolo. Non sono riuscito a fare nulla.”
 “Lo so” rispose lei stancamente, inalando il suo profumo.
 “Mi dispiace” sussurrò lui, le lacrime che colavano dalle guance.
 “So anche questo Malfoy, il coraggio non è il tuo forte”
 “No, non lo è” ammise flebile, baciandole la fronte.
 “A me importa solo di una cosa in realtà, Draco. Posso fidarmi di te?” sussurrò l'emoor, mentre sentiva gli occhi chiudersi per la stanchezza e il dolore.
 “Sempre” mormorò il Serpeverde ed era davvero sincero.
 Emma si rilassò contro il corpo di lui, tremando di gratitudine e calma, mentre il suo odore la avvolgeva.
Il suo cuore batteva nel petto. Il suo corpo era tornato ad appartenerle. La sua mente era di nuovo celata dall'Occlumanzia.
Aveva ritrovato sé stessa.
 Draco la stringeva. Stavano bene. 
 
Un brivido lungo la sua schiena.
 -Emma-
 -Harry- 
 -Eri scomparsa. Non ti sentivo più. Mi sono spaventato.-
 -Sono qui- lo tranquillizzò lei e si rese conto che era la prima volta che era Harry a usare per primo la connessione senza che fosse in risposta a lei, o qualche evento che percepivano entrambi.
 -Stai bene?- chiese il Grifondoro con voce tremante.
 Emma osservò il profilo rilassato di Draco e sorrise dolcemente, serena, il respiro coordinato al suo.
 -Sto bene Harry. Sto bene-




*Angolo Autrice*


Ciao Lettori!
Come state?
Capitolo questo emotivamente per me molto intenso da scrivere e importantissimo per Emma e la sua crescita. 
Nel delirio emotivo e fisico che prova, con poca percezione della realtà se non per brevi sprazzi, Emma vede gli emoor.
Non è dato sapere se sia la sua coscienza, il Vinculum, il sangue che gli scorre nelle vene, ma penso che la conversazione con loro sia molto importante. Emma entra a patti con il suo destino, le sue cicatrici, i suoi difetti, la sua forse totale abnegazione. Recupera gli amici, gli affetti, gli obbiettivi dalla sua memoria e credo che questo la renda in qualche modo più forte. 
Voldemort voleva ferirla e rompere i legami della ragazza, ma per ora non sembra esserci riuscito, anzi. 
In questi capitoli così intensi ed emotivi non voglio dirvi molto in questi commenti finali. Come dice sempre Keira "la fine comincia a incombere su di noi". Manca ancora qualche passaggio, non temete, qui siamo a fine dicembre e la battaglia di Hogwarts sarà il 2 di maggio, come sappiamo, ma quel che è certo è che da questo momento ci stiamo tutti preparando a combattere. 
Vi ringrazio infinitamente a uno uno: voi lettori silenziosi, voi che non smettete mai di commentare e mandarmi i vostri commenti e le vostre recensioni, non sapete quanto la vostra presenza e/o i vostri pareri siano essenziali per questa storia. 
Con affetto
vi

Ritorna all'indice


Capitolo 54
*** Un po' spezzati ***


.Un po' spezzati.

 


Emma ci mise parecchio a riabituarsi al suo corpo.
 Era sempre piuttosto spossata e difficilmente i muscoli le rispondevano a dovere, tanto che, prima che riuscisse ad alzarsi dal letto per brevi momenti, dovette aspettare altri due giorni, passati a farsi somministrare varie cure e pozioni rinvigorenti. 
 Si sentiva come dimenticata dal mondo, non era mai uscita dalla sua stanza da quando era stata marchiata e non sapeva cosa stesse succedendo, né al Manor, né all'esterno.
 Narcissa si era assicurata che gli elfi fossero a sua disposizione e le portassero il cibo a ogni pasto e premurata anche di passare a trovarla ogni volta che poteva, affacciandosi alla sua stanza con la sua espressione gentile, ma Draco e Severus erano quasi scomparsi.
 Emma sbuffò contrariata, mentre giocherellava distrattamente con le due catenelle intorno al collo. Portava ancora il monile dei Black, visto che Narcissa si era rifiutata di averlo indietro e lo teneva insieme al ciondolo con il corvo e la serpe regalatole da Ginny, quello che conteneva al suo interno le ultime lacrime di Fanny.

La luce nella stanza si stava abbassando lentamente, decretando la fine di un'altra lunghissima giornata. L'emoor si annoiava terribilmente, leggendo svogliata i libri che Severus le aveva lasciato e bramando di uscire di lì. Le sembrava davvero di sprecare tempo utile a stare in una stanza, mentre l'Ordine là fuori combatteva.
Con una smorfia sofferente si raddrizzò sui cuscini e chiuse la mente, riorganizzando la sua libreria interiore e sistemando fogli, libri, grate e muri meticolosamente. Non sapeva quando Voldemort l'avrebbe richiamata e non riusciva a prevedere la prossima mossa del mago, ma non voleva farsi trovare impreparata, o farsi cogliere dalla paura.
Metteva quindi nelle sedute di Occlumanzia della cura quasi maniacale, anche perché le era diventata essenziale per darsi uno scopo e non impazzire. Passava le ore a cercare di diventare inespugnabile e illeggibile, rendendo il suo labirinto interiore sempre più complesso e andando pericolosamente a fondo nel suo subconscio, per cercare di essere migliore di Voldemort stesso.

 Quelle sessioni nella sua mente però, fin troppo lunghe, l'avevano messa in una situazione peculiare: ovvero, mentre Occludeva, Emma incappava spesso in ricordi non suoi, ma della sua antenata. 
 Se ne era accorta casualmente e aveva cercato di nascondere la cosa al tutore, dicendosi che, probabilmente, il dialogo con le Ombre avuto nell'incoscienza l'aveva destabilizzata, ma, sempre più spesso, momenti che era certa di non aver vissuto sfarfallavano nelle sue librerie e incuriosita lei aveva provato ad andare più a fondo, trovando altre immagini, confidenze, attimi di tensione e relax delle quattro Ombre tra i corridoi della scuola. 
 L'emoor ne era rimasta affascinata ed era affondata dentro di sé, creando nuove librerie, grate e spazio e guardando ogni stralcio di ricordo con occhi sgranati, perdendosi in quei momenti. 
Un parte di lei, quella più razionale, dubitava di ciò che vedeva, essendo di fatto impossibile che possedesse le memorie di Alicia dentro di sé, ma qualcosa di più infantile la ancorava a quella convinzione e la spingeva ad osservare l'antenata e i suoi compagni in tutti quei preziosi momenti che sembravano così veri.
 A volte l'emoor si chiedeva se non stesse impazzendo.

Vuoi per caso diventare folle e perderti dentro di te?” chiese la voce aspra di Piton, apparso nella camera della ragazza senza preannunciarsi nemmeno con il rumore dei suoi passi.
 Emma venne presa in contropiede, trasalì e si staccò bruscamente dalla sua libreria interiore, le lacrime agli occhi e il respiro spezzato.
 “Di cosa parli?” mormorò sulla difensiva “stavo solo Occludendo”
Severus alzò un sopracciglio e lei si accorse che era arrabbiato.
 “Mi prendi forse in giro, Emma? Sei un po' grandicella per questo tipo di bugie. Sono ore che non stai mai uscendo dalla tua mente, ti sei persa e ho bisogno che tu sia qui invece”
 L'emoor si morse le labbra, indecisa se dire la verità al tutore e ammettere di aver trovato dei ricordi 
non suoi, ma alla fine tacque, guardando Seveurs in volto, con aria leggermente assorta. 
 Quel che aveva visto delle Ombre, non era nulla di nuovo, confermava solo quel che già sapeva. Alicia era davvero
 l'ago della bilancia, schiacciata tra l'amore che aveva per Thomas, l'affetto per Andrew e Alicia, l'orgoglio nel vedere Hogwarts sempre più bella, mattone dopo mattone, ma soprattutto il legame fortissimo con suo fratello Salazar, oltre che il rispetto che le riservavano gli altri fondatori: tutti volevano avere a che fare con lei.
 “Stai vedendo ricordi non tuoi?” domandò il tutore con fare brusco ed Emma sentì il respiro mozzarsi e alzò il capo verso di lui, stranita.
 Sbatté le ciglia un paio di volte, chiedendosi se potesse mentire, ma alla fine capitolò, sicura che lui già sapesse ogni cosa.
 “Come lo sai?” chiese senza voce.
 “Nel sonno non fai che chiamare i fratelli dei fondatori, sembrano aver preso posto dei tuoi abituali incubi, quindi ho fatto qualche piccola ricerca” disse a bassa voce, avvicinandosi al letto della ragazza e porgendole un piccolo libro nero, con pagine tanto sottili e fragili che sembravano sul punto di spezzarsi.
“Ma come hai fatto a scoprire...” sussurrò lei.
 “La biblioteca del Manor è meglio fornita di quella di Hogwarts” rispose semplicemente l'uomo, mentre la testa dell'emoor formicolava all'idea di quel che avrebbe potuto trovare lì dentro se solo Draco le avesse accordato il permesso.
 “Che libro è?” chiese emozionata.
 “Un libro sui Vinculum di sangue in generale, nulla di interessante, ma parla di possibili emicranie e visioni causate da alcuni di questi, in persone particolarmente sensibili, spesso quelle sottoposte a maledizioni a distanza di anni, o secoli” disse lui.
 Emma si irrigidì, guardandolo con aria interrogativa e sorpresa:
 “Aspetta. Tu sai del Vin...”
 Severus non fece una piega e riprese a parlare velocemente, porgendole una boccetta con all'interno un liquido scuro.
 “Io so molte cose, Emma.”
 “Ma come puoi sapere anche di questo e dei legami? Non ti ho nemmeno visto in questi giorni e...”
 “In questi giorni il mio Signore è piuttosto nervoso, anche a causa tua e ho avuto da fare. Sono passato a controllare ogni sera il tuo marchio e che i tuoi valori fossero nella norma e come detto poco fa ti ho sentito nominare i fondatori nel sonno. Non lo avevi mai fatto e mi sono insospettito.” disse asciutto, con semplicità.
 Emma si ammutolì, nervosa, afferrando la boccetta che il tutore ancora le porgeva e abbassò lo sguardo sul suo braccio sinistro, che in effetti era sempre fasciato di fresco, ogni mattina. 
 “Dieci punti a Serpeverde, Piton” borbottò nervosa e il tutore tese appena le labbra in un mezzo sorriso stanco.
 “Sono solo un bravo osservatore, Emma” disse con distacco il tono strascicato che usava sempre ad Hogwarts “e provo a prendermi cura di te come posso.”
L'emoor espirò con calma e annuì, agitando la pozione davanti a lui.
 “Questa cos'è?”
 “
Questa è una variazione della Bevanda della Pace fatta da me. L'ho mischiata alla pozione per Sonno senza Sogni, dovrebbe far cessare le visioni. Secondo il libro avvengono solo in casi di forte stress emotivo, o forti variazioni interiori, o di intenti.”
 L'emoor annuì assorta. Aveva pensato che le immagini delle ombre che vedeva fossero ricordi, invece... 
erano visioni?
 “È colpa del marchio?” chiese.
 “Probabile. Il marchio è una maledizione e per quanto parzialmente debellato, è un legame purtroppo molto potente. Quindi è normale che possa dar fastidio alla tua magia, ma passerà”
 Emma strinse le labbra e annuì in risposta prima di sospirare afflitta, un leggero broncio sul volto e dire: “Non so se voglio cancellare questi ricordi, Sev, possono essere utili.”
 “Non sono ricordi, ma proiezioni e ti mangeranno dall'interno” disse secco lui “Vedi solo quello che vorresti conoscere, il che non significa che sia lontano dalla realtà, ma non sono veri. Pensaci, ti hanno fatto scoprire qualcosa di nuovo?”
 “No” ammise l'emoor, e Severus le fece un minuscolo accenno di sorriso, così che la ragazza, suo malgrado, prese la pozione.
 “Grazie, Sev”
 “Qualsiasi cosa...” borbottò lui, scrollando le spalle.

*

Scomparse le Ombre dalla mente, grazie alla pozione di Severus, Emma era migliorata moltissimo. La febbre era calata all'improvviso e il suo corpo aveva preso progressivamente forza, mettendola di buon umore. Il suo unico pensiero era quello di cercare di rimettersi in sesto in tempo per la fine delle vacanze.
Voleva tornare il prima possibile a Hogwarts: non aveva nessuna voglia di stare al Manor più dello stretto necessario.
 Osservò il marchio grigiastro, provando quasi affetto per quel disegno confuso che era la testimonianza del fatto che anche Voldemort poteva essere battuto e si stiracchiò.
 “Disturbo?” chiese la voce di Narcissa quando la donna fece capolino dalla porta, con un mezzo sorriso sul volto chiaro.
 “Ciao” mormorò l'emoor, mentre l'altra entrava nella stanza, seguita a ruota a sorpresa da Severus.
 La Corvonero era totalmente affascinata dal modo in cui i due adulti Serpeverde si muovevano coordinati nello spazio.
 Non si era mai accorta prima della sincera amicizia tra la madre di Draco e il suo tutore, non prima comunque di quell'anno e di sentire i loro dialoghi durante la sua convalescenza, ma ora le sembrava tanto lampante, da sentirsi stupida ad averla ignorata. 
 Emma aveva sempre creduto che Narcissa fosse andata da Severus a chiedere aiuto per il figlio a causa del suo legame con Draco, o perché cercava un appiglio in qualcuno con un briciolo di intelligenza e sufficientemente potente, ma ora le era sempre più chiaro che la Black aveva 
accuratamente scelto Piton, ben consapevole di affidargli la vita dell'unico figlio, per un motivo ben diverso: lo considerava un amico. Si fidava.
 “
Stai meglio vedo” mormorò il tutore, accostandosi al letto.
 “Severus” lo salutò la ragazza, mentre le labbra si increspavano automaticamente in un sorriso gentile.
 “Da domani potrai alzarti quanto vuoi” ribatté lui, poggiando delicatamente la mano sulla sua fronte per assicurarsi che non avesse la febbre “ti sentirai man mano più in forze, ma non devi strafare”
 “Sto già meglio” ammise Emma “Grazie alle tue pozioni”
 “Bene” borbottò l'altro, come al solito freddo e distaccato.
Narcissa aprì le finestre canticchiando tra sé, mentre arieggiava la stanza e sistemava piccole cose fuori posto, con movimenti silenziosi.
Emma aveva l'impressione che non avesse una vera ragione per essere lì, se non il fatto che trovava gradevole la loro compagnia.
  “Le Ombre?” chiese Piton.
 “Scomparse.” rispose l'emoor.
 “Meglio così.”
 La ragazza rimase a osservarlo mentre sistemava con cura le pozioni rinvigorenti che aveva preparato per lei sul suo comodino, la fronte corrucciata e lo sguardo perso nei suoi pensieri. 
 “Come l'ha presa 
Lui?” si azzardò infine a chiedere, concentrandosi solo sull'uomo scuro al suo fianco.
 Era la prima volta che parlavano effettivamente di Voldemort e di ciò che era successo e Severus, prevedibilmente, si irrigidì assumendo un'aria nervosa e le lanciò un breve sguardo accigliato, come se fosse indeciso a dirle la verità.
 “È... ossessionato da te” sibilò infine, con evidente fastidio, la testa incassata nelle spalle magre e l'emoor sorrise soddisfatta.
 “Devo rivederlo?”
 “No, per ora no”
 “Non marchierà Artemius?”
 “No, gli bastava un emoor e credo sia piuttosto soddisfatto di aver scelto te. È convinto che il marchio insinuerà il dubbio e incrinerà la fiducia nei tuoi amici, vuole dividervi e rendervi deboli”
 “Capisco” sussurrò lei, piena di sollievo.
 L'uomo le lanciò un lungo sguardo prima di sedersi al suo fianco sul letto, mentre Narcissa dava educatamente loro le spalle.
 “Emma” mormorò lui, con un filo di voce e la Corvonero sorrise appena, intuendo come il tutore si stesse per scusare con lei: ma lei non voleva le sue scuse.
Severus aveva fatto tutto quello che aveva potuto. Ancora non capiva perché avesse ucciso Silente, ma le parole con cui il preside l'aveva salutata la spingevano a credere che a tutto ci fosse una motivazione. Allungò la mano a coprire quella ruvida dell'uomo e sorrise, scuotendo il capo.
 “Non c'è bisogno di dire nulla, Sev. Lo so.”
 Il professore sembrò combattere con sé stesso, come se fosse sul punto di aggiungere qualcosa ed Emma lo vide aprire le labbra sottili, più volte, prima di irrigidirsi con una smorfia insofferente, rabbuiandosi e flettendo il braccio sinistro. Narcissa, forse avvertendo quel gesto, si voltò di scatto e subito si tese.
 “Severus” sussurrò la donna.
 “Mi sta chiamando” disse lui ed Emma sentì anche il suo braccio sinistro formicolare sotto la fasciatura che le aveva fatto il tutore.
 L'uomo si alzò quasi di scatto e andò alla porta con passo svelto.
 “Stai qui” ordinò alla pupilla, prima di uscire dalla stanza, seguito velocemente da Narcissa, che si voltò all'ultimo verso la ragazza per rivolgerle solo un vago sguardo di scuse.
 “Stai al sicuro, Emma”
 “Che sta succedendo?” chiese lei, ma l'altra scosse appena il capo, dimostrando che non lo sapeva e uscì dalla stanza.
 L'emoor rimase immobile nel letto, in ascolto, ma il silenzio che sembrava calato sul Manor era talmente denso che le fischiavano quasi le orecchie. Poi avvertì uno scalpiccio e dei passi concitati al piano inferiore. Infine iniziarono le urla.
 
La Corvonero sussultò spaventata, sentendo improvvisamente una voce che assomigliava terribilmente a quella di Ron Weasley e con il cuore che batteva furioso nel petto, si domandò, per la prima volta, 
dove fosse finito davvero Ron e se era lui a gridare.
Sperò con tutta sé stessa che non fosse mai tornato indietro e che Harry ed Hermione non fossero lì e il terrore le si propagò lungo la spina dorsale al solo pensiero e la convinse ad alzarsi faticosamente dal letto, trattenendo a stento un lamento soffocato. 
 Si sostenne al muro liscio con entrambe le mani, quasi con rabbia, mentre un pesante capogiro la coglieva all'improvviso, facendole capire quanto fosse ancora incredibilmente debole e quando le parve di essere sufficientemente stabile allungò una mano a recuperare la bacchetta sul comodino e uscì nel lungo corridoio, cercando di ignorare la sensazione di tremore alle gambe e dirigendosi alle scale con il cuore in gola. 
 Sdrucciolò sui primi gradini, le orecchie tese a sentire il vociare indistinto che proveniva dal piano di sotto e si rese immediatamente conto che dovevano essere più persone. D'istinto chiuse la mente e strinse i denti, cercando di muoversi in maniera disinvolta fino all'ingresso che era particolarmente affollato. 
 Non c'era ombra di Severus, ma Bellatrix svettava al centro della Sala e, oltre a lei, vi erano i Malfoy al completo, che si tenevano stretti l'un l'altro e un gruppo piuttosto nutrito di Ghermidori, che le impedivano di vedere i prigionieri, seduti evidentemente a terra. L'emoor osservò tutti i presenti e sentì le viscere attorcigliarsi per il disgusto quando riconobbe Greyback .
 “Emma” la chiamò Bellatrix, stupita probabilmente di vederla in piedi “Pensavo stessi male. Non sapevo che potessi già alzarti.”
 “Non posso infatti” mormorò la ragazza con voce sottile, facendo un passo in avanti “Ma ho sentito delle grida.”
 Lo sguardo della Mangiamorte brillò pericoloso prima che sorridesse sorniona, mentre ordinava con un cenno brusco ai Ghermidori di fare un passo indietro a svelare le tre figure pallide e arruffate nascoste alle loro spalle. 
Ad Emma si gelò il cuore e sperò con tutta sé stesse che ciò che vedeva fosse causato delle allucinazioni e distorsioni mentali date dal marchio. 
Perché non poteva essere. Non poteva assolutamente essere che Hermione Granger, Harry Potter e Ron Weasley fossero lì a Malfoy Manor, a ricambiare spaventati il suo sguardo, legati e resi innocui.
 “Prigionieri” tubò la Mangiamorte, con uno strano sorriso “Draco dice di non riconoscerli, ma forse tu si? Mi sai dire se si tratta di Potter e i suoi amichetti? Dobbiamo esserne assolutamente certi prima di chiamare il mio Signore”
 Emma deglutì, ostentando una sicurezza che non aveva, la mente che lavorava alla velocità della luce, senza però trovare via d'uscita. Titubante, invitata dal gesto di Bellatrix, si avvicinò ai tre ragazzi.  
 Qualcuno doveva aver fatto una fattura pungente contro Harry, perché il volto del Grifondoro era sfigurato in modo irriconoscibile e l'emoor ringraziò la prontezza di chiunque fosse stato, ma Hermione e Ron erano semplicemente... 
loro. Solo più stanchi e disperati.
 “Che cosa gli è successo?” domandò, con voce fredda e distaccata.
 Harry le lanciò uno sguardo verde che le perforò il cuore.
 “Sono loro?” insistette Bellatrix, senza lasciarle il tempo di pensare.
 “Non mi sembrano proprio loro, no” rispose l'emoor, forse troppo velocemente, lanciando una breve occhiata a Draco, incuneato in un angolo alle spalle del padre. 
Draco aveva mentito per Potter?
 “
Non ti sembra?
” sibilò Bellatrix, in una pessima imitazione del suo tono di voce ed Emma capì che doveva almeno dare delle risposte coerenti per accontentare la curiosità della donna.
 “Lei non è di sicuro Hermione Granger” tentò, ma Bellatrix serrò le labbra con aria allo stesso tempo indispettita e assorta, gli occhi scuri furenti che non preannunciavano nulla di buono. 
 Scattò in avanti, prendendo bruscamente Harry per la collottola e agitandolo sotto il viso dell'emoor come fosse un fantoccio di pezza.
“E lui? Lui è Potter?” sputò tra i denti.
 “Bella, lo sai che faccia ha Potter” soffiò Emma, pur rendendosi conto di quanto deboli fossero le sue argomentazioni e quanto grosso fosse il sospetto della strega “Questo non è lui, è un mostro”
 L'emoor chiuse la mente con maggior intensità quando la sentì lambirne i confini, guardando placida in volto la Mangiamorte.
 “Dimmi almeno che lui è quel Weasley” sibilò quella, esasperata, la bacchetta puntata sull'ultimo prigioniero.
 Questa volta la Corvonero fece un passo incerto in avanti e inclinò la testa di lato, fingendo di scrutare e valutare il volto del ragazzo. 
 Il cuore le batteva a mille contro lo sterno, mentre gli occhi azzurri di Ron ricambiavano il suo sguardo, liquidi di puro terrore. L'emoor avrebbe voluto tranquillizzarlo, fargli un minimo cenno, ma non si sentiva così audace e temeva di farsi scoprire.
 “I Weasley sono tutti rossi e tutti uguali. Non lo riconosco” disse infine, con voce fin troppo tremante “E che io sappia Ronald ha la Spruzzolosi ed è chiuso in casa, no?”
 “Menti. Tu sei amica dei traditori del loro sangue” sbraitò la donna, che aveva improvvisamente perso la calma e il suo tono falsamente lezioso, mettendo in mostra uno sguardo furente. 
 La magia sembrava sprigionarsi intorno alla sua figura in piccole scintille di furia ed Emma, lucidamente, capì per la prima volta quanto fosse pericolosa e quanto lei fosse stata incredibilmente fortunata, fino a quel momento, a non essere bersaglio della sua ira.
 “Bellatrix” intervenne Narcissa con voce bassa, ma composta e sicura, attirando l'attenzione dei presenti “Emma dice di non conoscerli e Draco è d'accordo. La ragazza è debole, non insistere”
 “Come posso crederle Cissy, me lo spieghi?” sibilò l'altra, contrariata, gli occhi sgranati e folli “Lo sai anche tu. Ha passato intere estati in quella feccia di casa”
Emma si sforzò di fare un sospiro lento, guardandola in volto apertamente e cercando di risultare tranquilla.
 “In realtà io sono amica di Ginny Weasley, quello sì, ma ho visto Ron solo qualche volta ad Hogwarts, da lontano e son sincera non mi sembra affatto lui questo. L'ultima volta che l'ho visto comunque aveva pustole ovunque.” sorrise, mentendo senza alcun problema dietro le sue difese, pur tremando, in attesa della reazione dell'avversaria, che però tardava ad arrivare.

- Come siete finiti qui? – chiese Emma a Potter attraverso la mente, attenta a non scostare gli occhi dalla Mangiamorte di fronte a lei e sentì il Grifondoro sussultare, stupito per la connessione inattesa.
 - Tu cosa ci fai qui! Che hai fatto al braccio? -
 - È una lunga e brutta storia. Mi hanno costretto al marchio -
 - Ma cosa stai dicendo?! -
 - Nulla di grave, Potter. L'ho reso innocuo, ma non è il momento -
 Il dubbio serpeggiò nella mente del Grifondoro ed Emma fu stupita di accorgersi che non metteva in discussione la sua spiegazione, o lealtà, ma il fatto che 
davvero lei stesse bene e che non fosse grave al sua situazione. L'emoor sentì dell'affetto scaldarle il cuore.
 - Hai visto Severus? - chiese
 - No. Ci aiuti a fuggire?- chiese lui.
 - Merda. Sì penso di potervi aiutare-
 - Draco ha mentito per noi -
 - Lo so. Avete le bacchette? -
 - Ce le hanno i Ghermidori -
 - Merda -
 - Lo so -

. . .

L'ultima volta che era stata nel salone principale in cui si trovavano in quel momento, Emma aveva duellato con Voldemort davanti a un centinaio di Mangiamorte e trovava irreale esserci con un nugolo di maghi oscuri e i tre Grifondoro, disarmati e feriti. 
 Non era riuscita a tornare in camera come le aveva chiesto Narcissa e aveva seguito come allucinata quel gruppo mal assortito, stando scrupolosamente accanto alla donna, così come Draco era immobile accanto a Lucius, più pallido di quanto l'emoor l'avesse mai visto.
 Due dei Ghermidori afferrarono Ron ed Harry senza troppe cerimonie, trascinandoli fuori da una porta laterale che Emma sapeva li avrebbe condotti alle segrete del Manor. 
I due ragazzi si torsero e cercarono di opporsi, ma dalla sua posizione laterale l'emoor non riuscì nemmeno a scambiare uno sguardo con loro, né a tranquillizzarli come avrebbe voluto e a fatica inghiottì un groppo di saliva. Sapeva che le segrete non erano un bel posto.
 Per quanto simili ai sotterranei dove Nott senior distillava le sue pozioni e veleni, erano però più cupe e pregne di magia Oscura, per impedire la fuga degli occupanti. Emma in realtà poteva solo immaginare che ci fossero delle persone tenute prigioniere, perché nessuno gliene aveva mai parlato e lei non ci era mai stata, ma dalle parole spezzate che aveva sentito tra i Mangiamorte, intuiva che non era da molto tempo che erano usate in quel modo.
 “La Sanguesporco rimane qui” disse Bellatrix, ancheggiando verso il centro della sala in maniera volgare e fermando a metà lo slancio di Greyback, pronto ad afferrare Hermione con le sue mani sudice.  
 Le labbra della donna si tesero in un sorriso divertito nel vedere la reazione delusa del mannaro e le sfuggì un leggero sbuffo che fece svolazzare un ricciolo davanti al suo volto pallido, mentre le grida disperate di Ron arrivavano alle loro orecchie. 
“Prendete me! Lasciate Hermione. PRENDETE ME!”
Improvvisamente, Emma capì più che mai quanto Bellatrix adorasse il potere, il controllo, l'eccesso. A lei non faceva differenza esercitarlo su una Sanguemarcio, o un Ghermidore, lei voleva semplicemente essere sempre quella che tirava i fili.

Hermione, in piedi e con le braccia legate, tremò sul posto. 
 Emma notò i leggeri lividi sul suo volto, i capelli arruffati, la pelle pallida e lo sguardo spento. Da sotto il maglioncino intuiva le costole della ragazza da tanto era dimagrita e si sentì invadere da una rabbia cieca, che cercò subito di controllare.
“Bellatrix” esalò, senza riuscire a trattenersi, mentre faceva un leggero passo avanti, ma la donna la ignorò, continuando a girare famelica intorno alla Grifondoro, come se volesse divorarla ed Hermione, sfinita, abbassò lo sguardo, senza emettere un fiato.
 “Bellatrix” tentò di nuovo la Corvonero, facendo altri due passi verso il centro della sala, la mano stretta sull'impugnatura della bacchetta nella sua veste e questa volta la Mangiamorte alzò appena lo sguardo, annoiata e subito tornò a fissare la Granger.
 Alla Grifondoro, improvvisamente, cedettero le ginocchia e si rannicchiò a terra, gli occhi grandi e color cioccolato, di solito così luminosi, erano vacui e sgranati. Eppure, nonostante fosse chiaramente terrorizzata, l'emoor si accorse di come continuasse a guardarsi intorno nervosamente, con lo stesso sguardo folle che sfoggiava sempre agli esami. Il cervello della Granger, nonostante il panico giustificato, stava lavorando a pieno regime.
 “Emma torna nella tua stanza” disse Bellatrix con un ampio sorriso.
 “No” disse l'emoor, facendo immediatamente corrucciare l'altra.
 “Severus non sarebbe contento di vederti qui, sei ancora debole, hai bisogno di riposo” la voce della Mangiamorte era quasi gentile e preoccupata, in maniera stranamente inquietante.

 “Bella” tentò Emma, cercando di sembrare sicura “Salirò appena lascerai questa povera ragazza: stai facendo uno sbaglio”
 La donna rimase interdetta un solo secondo prima di ridere sguaiatamente, si chinò velocemente su Hermione e la afferrò per il collo, facendola strisciare indietro contro il pavimento lucido e obbligandola a stendersi a terra con un movimento brusco. 
 La Grifondoro squittì spaventata, gli occhi sbarrati, mentre scalciava scoordinata con i piedi, in una muta lotta e cercava con entrambe le mani di liberarsi della presa ferrea che la stringeva.
 “Nessuno sbaglio emoor” sibilò la Black “Per essere erede di Serpeverde sei una delusione a volte”
 Emma inalò tanta aria che quasi si strozzò e fece per parlare di nuovo, ma avvertì la mano di Narcissa stringersi delicatamente sul suo polso, come un leggero ammonimento. 
 La ragazza si girò a scrutare il volto della donna, ma la madre di Draco rimase impassibile, senza battere nemmeno le ciglia.
 
“Crucio” sussurrò Bellatrix alle loro spalle.
 Hermione cercò di trattenere coraggiosamente le urla mentre si contorceva a terra, ma ci riuscì solo per poco tempo ed Emma vide la ragazza inarcare le sopracciglia, terrorizzata e gridare come un'ossessa, mentre gli arti le si contorcevano dolorosamente. 
 Quasi nello stesso istante, la voce di Ron dal sotterraneo arrivò flebile alle loro orecchie, in risposta agli strilli incontrollati della ragazza e un sentimento sgradevole di impotenza scese sulla Corvonero, togliendole il respiro. 
 Aveva detto che li avrebbe aiutati, ma non era vero. 
Non sapeva come fare. Non aveva idea di come farli uscire senza far saltare la sua copertura e all'improvviso comprese meglio la codardia di Draco, la freddezza di Severus e la leggera stretta di avvertimento di Narcissa.
Emma era diventata 
una di loro, una dei grigi che operano nel mezzo, che devono sopportare il dolore degli altri senza poterlo dissipare. Era diventata una di quelli che non possono permettersi nemmeno un errore e si sentì morire di un poco, mentre avanzava lentamente verso il centro della sala, cercando lo sguardo folle della Black.
 “Bella, smettila. Hai perso il senno” ritentò, cauta, lentamente, mentre tutto intorno cadeva il silenzio, ma la donna ghignò, scuotendo il capo in segno di delusione, i riccioli neri ribelli.
 “Sei davvero patetica, Emma” ribatté quella aspra, la scarpa che schiacciava la mano di Hermione, sempre più pallida e in lacrime  “Pensi che li lasceremo andare?”
 “Non sono Potter e i suoi amici” disse l'emoor con tono fermo “Te l'ho detto io e te l'ha detto anche Draco.”
 La Mangiamorte sorrise beffarda, come se si stesse divertendo moltissimo e inclinò la testa di lato.
 “E dire che mi hai subito interessato perché sembravi intelligente” disse in un sibilo, con un brillio di vittoria nello sguardo che ad Emma fece pensare a Voldemort “Questi sono comunque dei fuggiaschi, emoor. Anche se non fossero Potter e i suoi, cosa ci facevano nascosti nei boschi a usare il nome del mio Signore?”
 “Sono riusciti a mettere il tabù sul nome?” chiese l'emoor, con sconcerto, lei aveva smesso di nominare il soprannome di Tom Riddle già da quell'estate, per sicurezza, sapendo da Severus dei loro piani, ma ne rimase comunque raggelata.
 Le labbra dell'altra si arcuarono soddisfatte.
 “Noi riusciamo in tutto quello che vogliamo, emoor”
 La Corvonero non trovò risposta e quando Bellatrix riprese a torturare la Granger si chiese se non dovesse ricordare lei che conosceva il suo segreto e minacciarla di non giocare con il fuoco, ma qualcosa di imperioso la fece desistere da quel tentativo.
Se messa alle strette, davanti a tutti quei presenti, Bella sarebbe impazzita ed Emma non poteva rischiare di esporsi così tanto.
 Hermione era, come lei stessa, solo un'altra pedina della scacchiera: 
era sacrificabile. Era solo Harry che doveva uscirne vivo, non lei, non Hermione. Il minore dei mali. Come ragionava Severus.
 Emma sentì le lacrime lambirle gli occhi e si rese conto che erano tutti un po' spezzati, lasciati soli a combattere il loro destino in quella guerra troppo complessa. Arretrò di una manciata di passi, tornando al fianco di Narcissa e l'unica cosa che le venne in mente, mentre annaspava in cerca di una soluzione, fu quella di sussurrare velocemente un incantesimo di protezione che le aveva insegnato Piton, quelli che le sembravano anni prima.
 Era un palliativo, sarebbe servito a poco con la Cruciatus, ma almeno Hermione non sarebbe impazzita di dolore in pochi minuti ed era l'unica arma che aveva per proteggerla silenziosamente, come aveva fatto Narcissa con il suo medaglione: non le aveva impedito il marchio, ma le aveva dato modo di sopravvivere. 
 Emma stava regalando alla Grifona del tempo.
 -Urla- pensò, sperando che Hermione fosse abbastanza lucida da non farsi beccare a non provare nulla e un moto di orgoglio le scaldò il cuore quando lei prese a farlo, con disperazione e convinzione.
 Il suo unico pensiero ora era Harry. Hermione, Ron, Narcissa, 
persino Draco erano secondari ad Harry. Potter non poteva assolutamente essere preso da Voldemort.

. . .

Bellatrix era squassata dalle urla di rabbia.
 “Schifosi! Maledetti! Fecce”
Emma rimase immobile e sconvolta, le urla disperate di Hermione impresse nella mente. La Mangiamorte se ne era accorta. 
Si era accorta che le Cruciatus non facevano davvero male alla ragazza e aveva subito capito che la Corvonero c'entrava. L'aveva guardata con odio e preso il coltello, si era chinata sulla Grifondoro inerme e le aveva inciso la parola 'Sanguemarcio' sul braccio, senza mai distogliere lo sguardo folle dall'emoor. 
Nessuno si era mosso, non i Malfoy, come al solito pallidi e spaventati, non lei, troppo scioccata da quel che stava vedendo, non i Ghermidori, solo in attesa di ricevere la loro ricompensa. Erano rimasti immobili e pieni di terrore, ma poi Harry e Ron, accompagnati da un'elfo domestico, avevano fatto irruzione nella stanza e la rabbia della Mangiamorte aveva avuto una valvola di sfogo.
L'emoor cercò di riprendere fiato, senza riuscirci, gli occhi sgranati dal panico, fissi sull'enorme lampadario in cristallo che per un solo soffio aveva mancato Hermione e Bellatrix. Sentiva il corpo già debole ora squassato dallo shock, lo sguardo che sfarfallava tutt'intorno piena di confusione. Harry era salvo. Salvo.
 
Emma si appoggiò alla parete mentre le grida di Bellatrix le perforavano la mente. Il terrore la invase, mentre scivolava di lato, verso Draco che era caduto a terra dopo uno scontro con Harry. 
 Harry era salvo. Continuava a ripetersi, ma Hermione aveva una terribile cicatrice perché lei era stata scoperta ad aiutarla, Draco era stato colpito e un coltello di Bellatrix, lanciato nella direzione del trio era scomparso nel nulla nell'attimo in cui si erano smaterializzati.
Harry era salvo. Si disse ancora e ancora, inghiottendo saliva e panico dilagante, i singhiozzi che si facevano strada nel suo petto.
 “Hanno preso la spada. Hanno preso la spada” strillava Bellatrix con furia spaventosa, il volto contorto dall'odio e dalla vergogna e si muoveva come un animale braccato, con scoppi di magia involontaria che sprizzavano intorno a lei, pur essendo stata privata come Draco della bacchetta durante la lotta.

 Emma si sentì prendere per le spalle all'improvviso e guidare fuori dalla stanza con urgenza da qualcuno. Non oppose resistenza e vide che anche Narcissa stava portando via Draco e si lasciò trasportare per stanze e corridoi senza dire nulla e nemmeno quando si ritrovò nel freddo giardino, nel gelo di gennaio reagì.
 “Emma” 
Severus. Era stato lui a portarla via, ma lei era incapace di rispondergli, troppo terrorizzata.
 “Emma” la chiamò di nuovo lui, scrollandola con gentilezza.
 Lo sguardo dell'emoor rimase vacuo, mentre cercava di mettere insieme i pezzi del suo cuore, la paura, la follia e deglutiva nel tentativo di prendere aria, senza però riuscirci.
 
Harry, Ron, Hermione erano scappati. Non certo grazie a lei.
 “
Emma”
 Lo sguardo di Severus si fece duro e lei sbatté le palpebre confusa in risposta, le labbra bluastre per il freddo, gli occhi lucidi di lacrime.
 “Severus” mormorò ed era appena un lamento, ma all'uomo parve bastare, la afferrò per un braccio e riprese a trascinarla ed Emma lo seguì docile, totalmente inerme.

Il tutore la spinse lungo un sentiero che tagliava il parco del Manor in un punto ad Emma poco conosciuto, attraverso alcuni roseti. I rovi scuri e vuoti delle piante erano cupi, ma fornivano loro una leggera copertura se qualcuno avesse osservati dal maniero.  
 Piton aumentò il passo e non si fermò fino a quando non furono  fuori dai cancelli. Camminò ancora per qualche metro e si smaterializzò, portando con sé la sua protetta. 
 L'emoor si rese conto solo dopo vari secondi di essere a Spinner's End e si sentì avvolgere e proteggere da quelle pareti conosciute come mai prima di allora e, prima di riuscire a controllarsi, scoppiò in lacrime, per la prima volta dopo molto. 
Era un pianto disperato e spaventato, il petto che le si alzava e abbassava affannosamente, lo sguardo pieno di confusione e Severus, che si era chinato per accendere il fuoco, si impietrì sul posto, fissando confusamente la ragazza.
 È che Emma li aveva visti: Harry, Ron ed Hermione. Magri, fragili, soli e lei non aveva potuto fare nulla per difenderli. Hermione era stata torturata 
davanti ai suoi occhi e lei ne aveva sentito le grida, ma aveva fallito. Erano solo ragazzi, tutti loro, eppure erano esposti allo stesso feroce destino degli adulti. Costretti a crescere e farsi forti.
 Li stavano usando, 
macellando. Tutti loro, senza sconti. Da Grifondoro a Serpeverde: li stavano distruggendo.
 Un dolore acuto al braccio sinistro le fece intuire la rabbia di Voldemort attraverso il suo marchio sbiadito e per un istante venne trascinata con violenza nella testa del mago e le sembrò di avvertire anche Harry con sé. Si aggrappò a quel barlume di umanità del ragazzo quasi con disperazione, osservando l'Oscuro Signore distruggere ogni cosa che capitava a tiro nella sala che lei e Severus avevano appena abbandonato.
 -Dobbiamo distruggerlo Harry-
 -Emma sei...-
 “Emma” la chiamò Piton nervosamente e la guardava con aria preoccupata, privo della solita maschera, gli occhi onice socchiusi e attenti che scrutavano ogni sua espressione.
 L'emoor tremò, staccandosi dalla visione e senza pensarci si buttò tra le braccia di lui, continuando a singhiozzare disperatamente.
 Non pensò ai dubbi, non pensò a quando l'uomo aveva ucciso Silente, me ferita e 
stanca di quella guerra che si era ritrovata a combattere, si beò dell'abbraccio composto e rigido del tutore, lasciandosi andare all'illusione di essere al sicuro insieme a lui. Severus.
L'affetto che provava per quell'uomo che l'aveva salvata, portata nella disperazione, marchiata e salvata di nuovo e altre mille volte, zampillò per un istante nel cuore ferito della ragazza.
 “Andrà tutto bene, Emma” disse lui, sconvolto nel vederla così fragile e la Corvonero annuì contro il suo petto, disarmata.
 “Lo so, Severus” sussurrò “Tu non mi lascerai andare”

*

La Stanza della Necessità, nonostante la sua spaventosa ampiezza, non era mai ad Emma parsa tanto soffocante. Ginny la guardava con volto terreo e pallido e accanto a lei anche Lilith, James, Sean e David sembravano sinceramente preoccupati.
 Erano uno strano gruppo, mal assortito, di persone che in fondo non erano così legate tra loro, ma che erano accorse in urgenza lì, richiamati dalla Corvonero dopo nemmeno un'ora che erano tornati ad Hogwarts. L'emoor sedeva immobile, di fronte a loro, come lei accovacciati sul grande tappeto in religioso silenzio, ormai da parecchi, lunghissimi, minuti.
“Luna sta bene?” chiese infine Ginny, con voce rotta ed Emma sospirò di sollievo, prima di annuire.
 “Sì. Severus mi ha detto che se ne è andata con Harry e gli altri. Non sapevo nemmeno fosse al Manor, nessuno ne parlava, c'erano con loro anche Ollivander e un folletto della Gringott” sussurrò, ma il silenzio accolse la sua spiegazione e fu di nuovo Ginny, dopo qualche secondo, a intervenire, con cipiglio sicuro.
 “Ti hanno torturata?” chiese, con tono di voce tranquillo.
 L'emoor scosse la testa “No, dopo il marchio nessuno mi si è più avvicinato. Severus, Draco e Narcissa si sono presi cura di me tutto il tempo, fino a quando Sev non mi ha riportato a Spinner's End. Persino Bellatrix sembrava preoccupata che io riposassi”
I ragazzi fecero una smorfia al nome della Mangiamorte ed Emma non poté biasimarli, era tre giorni che lei sognava le grida di Hermione mentre veniva torturata. Ginny guardò bieca il braccio dell'amica, ancora coperto da una benda, prima di scambiare un'occhiata con gli altri, ma la prima ad alzarsi e ad avvicinarsi  all'emoor per abbracciarla, gli occhi scuri pieni di paura, fu Lilith.
 “Io lo uccido.” sibilò la biondina stringendola a sé.
 “Credo che tu debba metterti in coda Lils” mormorò l'altra ironica “tutti vogliono uccidere Tu-Sai-Chi”
“Merlino, Emma” esalò James subito dopo, atterrito e pallido, avvicinandosi anche lui all'amica per stringerla affettuosamente.
Sean sembrava invece troppo spaventato per proferir parola e David era particolarmente teso e concentrato. Emma li osservò, stretta nell'abbraccio dei due compagni di Casa e in parte confortata nel non aver generato disgusto.
 “Devi avvisare Neville del marchio, Ginny e tu David ne devi parlare con Emily” disse sicura e il Serpeverde annuì, pensieroso.
 “Non sarebbe meglio parlarne con tutti?”
 “Credo anche io che sia una buona idea” intervenne subito James, un braccio ancora intorno alle spalle dell'amica “Nascondere la cosa non ha senso, potrebbe essere fraintesa e creare divisioni, anzi forse proprio per questo Lui ti ha marchiata, se ne parliamo apertamente invece non ci saranno problemi, i ragazzi capiranno”
 Emma soppesò le parole dell'amico con leggero spavento. Rivivere davanti a tutto l'ES quello che le era successo in quelle giornate non sarebbe stato semplice. Si sentiva ancora debole e spaventata, ma sapeva che James aveva ragione, quindi alla fine annuì mesta.
 “Ok, possiamo farlo” rispose, cercando di sembrare sicura.
 “Artemius era lì?” chiese David, il volto una volta tanto serio e preoccupato, senza il suo solito radioso sorriso.
L'emoor fece un leggero cenno di assenso, per l'ennesima volta.
 “Lui e Blaise Zabini sono stati i primi a soccorrermi” spiegò di nuovo, pazientemente “Vi ho spiegato come è andata, Artemius stava per essere marchiato, Voldemort ha deciso di ripiegare su di me solo quando ha capito che io ero l'erede di Serpeverde”
I presenti annuirono in risposta, corrucciati e per qualche istante rimasero immobili, stranamente fragili e vicini, tutti che non riuscivano a distogliere l'attenzione dal braccio sinistro dell'emoor e dal marchio invisibile in quel momento alla vista. 
 Fu David il primo ad alzarsi, sicuro, sorridendo a Emma bonario.
 “Vado dagli altri, racconterò tutto ad Emily” esordì con voce bassa e si chinò ad abbracciarla con affetto, dandole il suo incondizionato supporto prima di uscire dalla stanza.
 I pochi rimasti si guardarono tra loro incerti sul dal farsi.
 “Torniamo anche noi in torre?” chiese James.
 “Andate Jam” sussurrò Emma “Voglio parlare con Gin”
 La rossa, ancora seduta con lo sguardo sperso, sussultò leggermente a sentire il suo nome e alzò gli occhi nocciola verso l'amica e James e Lilith, capendo la delicatezza del momento, si misero in piedi e uscirono in silenzio, seguiti quasi subito da Sean, ancora ammutolito dalle novità. La stanza parve farsi più piccola e buia.
 “Ginny” sussurrò l'emoor.
 La ragazza era pallida e nervosa, gli occhi infossati di stanchezza e le dita che si torcevano sulle punte dei capelli rossi, come se fosse disperatamente in cerca di qualcosa a cui aggrapparsi.
“Ginny” ripeté l'emoor con tono più fermo “Per favore, guardami. Ho bisogno di parlare con te.”
 “Che c'è, Ems?”
“Perché fai così?”
 “Così come?”
“Non riesci nemmeno a guardarmi in faccia” ribatté lei, un dolore sordo che le stringeva il petto. Non avrebbe mai accettato di perderla.
La rossa era sempre stata la sua roccia, la prima persona con cui aveva stretto amicizia e l'unica dell'Ordine che si era sempre battuta per lei e che l'aveva difesa strenuamente. Non avrebbe accettato di perderla a causa di una stupida cicatrice imposta.
La Grifondoro si morse le labbra indecisa e gli occhi, che teneva ostinatamente distanti, le si riempirono di lacrime. Era strano vedere Ginny Weasley così fragile, lei che non piangeva mai, anzi era tra gli amici di Emma era sicuramente la più caparbia e più coraggiosa.   
 L'emoor aveva sempre apprezzato il suo carattere stoico e forte, il suo sguardo che davanti alle difficoltà si faceva duro e affilato.
 “È che è tutto così difficile, Ems. Il tuo marchio, Luna, i Malfoy, Harry...” la voce le si spezzò in un singhiozzo e la Corvonero sospirò dispiaciuta e le si avvicinò un poco, annuendo a sua volta.
 “Lo so, mi dispiace Gin”
“Harry rischiava di uccidere Draco per sbaglio nella fuga” pianse l'altra, senza controllo “E tu potevi morire! Senza nemmeno avere la possibilità di difenderti, capisci? Lontana dai tuoi amici”
 “Ma sono qui.” mormorò Emma, accarezzandole affettuosamente la schiena e inghiottì un groppo di saliva, decisa a mostrarsi forte anche per l'amica, rimanendo in silenzio e offrendo la sua spalla, mentre la ragazza si sfogava, piangendo tutte le lacrime che aveva.  
 Ad Emma sembrò di stare lì seduta per un'eternità, un po' come quando aveva consolato Malfoy nel bagno del settimo piano e non le pesò rimanere immobile e paziente, fino a quando Ginny stessa non si asciugò le lacrime con sprezzo.
“Stavano bene?” chiese con voce sottile.
 “Erano vivi.” disse Emma, senza riuscire a dire di più, perché aveva visto quanto i tre ragazzi fossero distrutti.
Li aveva visti sfuggire alla morte ancora una volta per un soffio.
“Vorrei così tanto che tutto finisse.” disse a sorpresa Ginny.
 “Lo so anche io” ribatté la Corvonero.
 Emma era stanca. Non si era ancora completamente ripresa dalla convalescenza e il ritorno ad Hogwarts era stato peggiore del previsto. Aveva significato il distacco da Draco, tornato a nascondersi in mezzo ai Serpeverde, ma anche il ritorno di un Severus freddo nelle vesti di preside e poi, ovviamente, i Carrow, che sembravano accanirsi ancora di più sugli studenti, con sadico piacere, fin dal veloce banchetto di quella sera.
 “Non voglio che la guerra ci trasformi in mostri” disse Ginny, guardando in tralice verso il braccio sinistro dell'amica “Fa male?”
 “A volte” ammise lei “ma non è come un vero marchio, lo posso controllare in parte. È più delicato”
 “Mi ricorda la cicatrice di Harry”
 “Un po'”
 La rossa si morse il labbro inferiore, prendendo un grosso respiro a pieni polmoni, sembrava insicura, come mai prima di allora.
 “Sono certa che Piton sia innocente sai, dopo quello che mi hai raccontato” sputò fuori, come fosse un enorme peso ed Emma le lanciò una breve occhiata stupita e si distese appena.
 “Sì, a questo punto lo penso anche io, ma non lo volevo dire davanti agli altri, perché penso che ci stia nascondendo molto”
 Ginny chinò il capo e si appoggiò al muro con le  spalle.
 “Non ce l'hai con me per il marchio vero Gin?” chiese Emma timorosa, dopo qualche secondo di silenzio, cercando di ignorare il battere furioso del cuore “Non ho potuto scegliere, lo sai vero?”
 L'amica si voltò di scatto verso di lei, gli occhi giganti e sgranati.
 “Certo che no, Emma. Non credere che mi farei mai da parte per uno stupido marchio, ho totale fiducia in te.”
“Ok” sussurrò l'altra, leggermente sollevata, ma il volto di Ginny non accennò a distendersi, anzi, ad Emma parve di vedere il colore scivolare bruscamente via dalle sue guance.
 “Allora cosa ti preoccupa?” insistette.
 “Penso che si stia avvicinando il momento finale” sussurrò la rossa “e credimi se ti dico che ne sono terrorizzata. Questa guerra sarà terribile. Lo è già, ma temo di non aver ancora visto il peggio”
 “Penso anche io” ammise lei.
 “Sai cosa farà Harry?”
 “Non lo so”
 Lo sguardo di Ginny si fece duro, splendente.
 “Io sono certa che tornerà qui” ribatté al nulla ed Emma non poté darle torto, perché era un pensiero fisso anche per lei.
Tutto era partito da Hogwarts, in fondo, e forse tutto doveva semplicemente finire ad Hogwarts e l'emoor non aveva dimenticato come l'Oscuro avesse tentennato quando lei le aveva consigliato di stare lontano dalla scuola: era spaventato. Lord Voldemort nascondeva qualcosa lì e lo voleva con tutto sé stesso.
 “Malfoy ha mentito per loro ed Harry ora ha la sua bacchetta” disse la Grifondoro e non era una domanda la sua, ma stava semplicemente riflettendo ad alta voce ed Emma annuì di rimando.
 “Dannato furetto” rise amara “Casca sempre in piedi.” 
 “Fa del suo meglio” sorrise l'emoor.
“Blaise invece?” chiese piano la Weasley.
 “Cosa?” mormorò Emma.
 “Sai se sta bene? Credo che dovremmo dargli la possibilità di far parte della Resistenza, se lo è meritato. In più di un'occasione.”
 “Lo pensa anche Mius” 
 “E Daphne Greengrass anche, potremmo coinvolgerla”
 “Daph è a posto” concordò l'emoor “Ma non la sorella.”
“Me l'hanno detto, pare sia nervosetta. Joanne Rowling?” chiese la rossa “Emily Brown garantisce per lei.”
 La Corvonero annuì in risposta “Joanne è in gamba”
 “Dobbiamo avere supporto anche tra i verde argento” affermò Ginny sicura, finalmente di nuovo rinvigorita, concentrata “Non importano più le Case, importa chi è contro Voldemort”
 Emma fece un sorriso orgoglioso rivolto verso di lei e rimasero a lungo in silenzio, le spalle vicine, le menti che correvano ragionando su ciò che le aspettava.
 “Theodore?” chiese la Grifondoro dopo qualche minuto.
L'emoor scosse piano la testa, dispiaciuta. 
 “No, Theo rimane fuori e anche la Parkinson”
 “Chiaro, non avrei mai incluso quella gallina, ma Nott? È amico di Artemius, mi sembra a posto e abbastanza sveglio. James mi ha raccontato che è molto bravo a Pozioni”
 “Lo è” ammise Emma “Ma è innamorato di Pansy”
 Ginny raccolse il pettegolezzo con un sorriso furbo, ma non si scompose, sussurrò solo “Brutta faccenda l'amore”.
 “Già” concordò l'emoor.
“Invece Malfoy?” chiese la rossa “dovrei affatturarlo solo per non essersi preso cura di te come mi aveva promesso, ma ha mentito per Harry e da che mi dici è stato piuttosto sballottato.”
“Lascialo respirare, Gin” ribatté l'altra con un sorriso leggero “Non se la cava benissimo al Manor. Deve sopportare molto”
“Ma....”
 “Lascialo stare ho detto” rise l'emoor e Ginny scosse il capo.
 “Forse per ora, ma non può scappare per sempre da una ramanzina alla Weasley” rise tra sé ed Emma con lei, alleggerendo il dolore e la paura che pesava sulle spalle di entrambe.

*

Draco era seduto in cima alla torre di Astronomia e dava loro le spalle. Emma e Artemius, che si erano arrampicati fin li per parlare delle visioni delle Ombre che aveva avuto la ragazza e per studiare insieme come facevano spesso, non si erano aspettati di trovare il Serpeverde biondo lì e si scambiarono uno sguardo.
 “Va da lui” sussurrò il ragazzo, con tono fermo.
 “Mius, ti avevo promesso che ti avrei aiutato con Antiche Rune” insistette Emma, che non voleva mettere i suoi amici da parte per Draco e voleva davvero confrontarsi con Artemius e sapere come stesse dopo tutto quello a cui aveva assistito.
 I due emoor, si erano avvicinati, come se le barriere tra loro, le paure e la timidezza, fossero state tutte abbattute di colpo, ma il ragazzo sembrava più fragile e spaventato, seppur più presente ed Emma era preoccupata per lui, almeno quanto Artemius lo era per lei. Era come se fossero in bilico tra il sentimento di gratitudine che provavano a vicenda e la paura di affrontare la guerra.
 Emma non aveva scordato come il ragazzo fosse corso in suo aiuto, sfidando tutti Mangiamorte presenti e lui non poteva dimenticare come lei si fosse presa quell'orrendo marchio al suo posto.
 “Ha bisogno più lui di te, io posso aspettare.” ribadì il Serpeverde “Vado in biblioteca, nel caso mi trovi lì. Non lasciarlo solo”
 Emma lo osservò, mentre abbozzava un sorriso e si inabissava giù per la tromba delle scale e sospirò appena, prima di voltarsi. 
 Draco doveva averli sentiti, ma non si era voltato. Stava appoggiato al parapetto in pietra, lo sguardo perso oltre la finestra da cui era caduto Albus Silente poco meno di un anno prima. 
 Doveva aver pianto, perché gli occhi erano rossi anche se ormai asciutti, ma il volto era completamente inespressivo e l'emoor gli si sedette accanto, lasciando cadere i libri al suo fianco e chiamandolo con dolcezza: “Draco.”
“A volte mi sembra di non aver mai lasciato questa torre” mormorò il Serpeverde in risposta ed era pallido e scosso, ma allungò una mano per offrirla all'emoor, il palmo invitante, verso l'altro ed Emma la prese delicatamente tra le sue.
 “Anche a me” sussurrò “Eppure sono cambiate così tante cose” 
 “Lo pensi davvero?” rise il ragazzo amaro e rauco “A me sembra che tutto sia ancora fermo a quella notte invece”
 Emma non rispose, rimase ad osservarlo in silenzio in attesa che si sfogasse. 
Sapeva quanto Draco ne avesse bisogno. Durante tutto quell'anno non avevano mai parlato della morte di Silente. Era stato un tabù che si era insinuato tra loro, a causa del timore di lui ad aprirsi e dell'angoscia che l'emoor aveva di spezzarlo.
 Draco Malfoy era ermetico, complesso, orgoglioso, incapace di esprimere a parole le sue emozioni. Nessuno gli aveva spiegato cosa fosse l'odio, o l'amore, gli avevano insegnato solo a controllarli e salvo qualche rara occasione con Emma nella Stanza delle Necessità, in cui accettava di abbassare qualche muro, non si era mai lasciato andare, né aveva ceduto al dolore in cerca di conforto.
 “Faccio schifo come Mangiamorte” rise lui infine ed era quasi isterico “Faccio schifo come Mangiamorte, come amico, come figlio e come fidanzato e non sono nemmeno un eroico stupido Grifodoro. Sono una nullità. Non ha senso che io esista.”
 Aveva una voce stridula e acuta, fuori controllo e le spalle magre venivano scosse dalla risata amara. Emma si mise in ginocchio di fronte a lui e gli prese il volto tra le mani.
 “Sei troppo duro con te stesso, Draco. Smettila”
 “No. Non è vero” disse brusco “Non riesco a essere crudele, non riesco a difenderti, sono un 
fallimento. Hai visto quando ti ha marchiato? Sono rimasto immobile su quel tavolo, Emma. Non mi sono mosso di un millimetro, anche quando tutti se ne sono andati”
“Perché?” chiese soffice la Corvonero. 
Delicata.
 “Mi tremavano le gambe dal terrore e la vergogna. Sono debole”
 Gli occhi grigi ora erano di nuovo pieni di lacrime, spezzati e se Emma lo conosceva bene sapeva che sarebbe crollato a breve. 
 Si avvicinò a lui e lo baciò lentamente su uno zigomo, lo sentì irrigidirsi, come sempre al primo contatto, ma un secondo dopo, inaspettatamente si sentì afferrare rudemente per la vita e si accorse che Draco la stava stringendo contro di sé, baciandola con passione, mentre le lacrime gli scorrevano sulle guance.
 “Draco, devi calmarti” sussurrò l'emoor, distaccandosi di poco da lui e fermando con gentilezza le mani voraci, carezzandolo dolcemente e il ragazzo si chinò in avanti in cerca di sostegno ed Emma lo abbracciò.
 “Ho visti morire tutti” sussurrò e l'emoor sentì il cuore spezzarsi.
 “Chi Draco?” chiese spaventata.
 “La professoressa di Babbanologia, Babbani, Nati Babbani. 
Tutti. Avada, Cruciatus, Nagini, a volte coltelli, chiedevano tutti aiuto, mi guardavano, come se si aspettassero che un ragazzo così giovane potesse aiutarli, come se sperassero che non fossi così cattivo” stava ormai singhiozzando, le difese inesistenti.
 “Avevano ragione” mormorò la ragazza, con un groppo in gola “Tu non sei così cattivo. Sei solo un ragazzo”
 “Ma non li ho salvati” sussultò lui, le spalle che tremavano sotto i palmi della Corvonero “Loro speravano che io lo facessi, ma non l'ho fatto e sogno i loro occhi ogni notte. Ho addosso la loro morte come qualunque altro Mangiamorte. È colpa mia.”
 “Lo è sicuramente” disse Emma secca “Ma ognuno di noi ha le sue colpe e tu sei qui a piangere, sei qui a cercare la tua strada.”
 Draco fece una smorfia contratta, irrigidendosi quasi con rabbia, mentre cercava di asciugarsi le lacrime.
“Come fai a vedere sempre del buono in me” gridò disperato “Come fai a giustificarmi? Io ero contento di poter rialzare il nome dei Malfoy con il marchio, volevo essere potente e invincibile e 
penso ancora che i Purosangue siano migliori. Sono una persona orribile, Emma. Sono una persona tremenda”
 Si alzò, staccandosi bruscamente da lei, gli occhi spalancati pieni di disgusto per sé stesso e sembrò annaspare nel nulla, perso, mentre agitava le mani nel vuoto in cerca di un'appiglio. 
 L'emoor sospirò lentamente, rimettendosi anche lei in piedi, racimolando tutta la sua pazienza. Avevano affrontato tante volte il discorso della codardia di Draco, non in modo così disperato, ma era già successo, eppure lui ci ricadeva sempre, con panico e paura.
 “Perché non ti disgusto?” mormorò piano il ragazzo. 
 “Semplicemente perché ho visto oltre” gli disse lei con tono dolce  “E ho trovato in te qualcosa di buono”
 “Cosa?” chiese disperato lui “Cosa puoi aver visto in me?”
 “Ho visto un ragazzo che non ha avuto scelta” mormorò l'emoor e lo vide incrinarsi “Ho visto un ragazzo cresciuto con troppe regole, senza qualcuno che gli tendesse la mano. Ho visto un ragazzo solo, spaventato, su cui erano riposte troppe aspettative e responsabilità senza che fosse stato preparato a farlo. Circondato da persone che forse non hanno saputo dargli il giusto affetto e maghi che cercavano di ridicolizzarlo ingiustamente.”
 “Ciò non toglie che io sia un verme” ribatté lui con sdegno.
 “Ciò non toglie che tu abbia decisamente sbagliato Draco, ma sei in tempo per cambiare” disse ferma lei “E io ti capisco”
 
Perché anche lei si era sentita impotente. Inutile. Senza possibilità di scelta, vedendo Hermione torturata sul pavimento del Manor e considerandola il male minore rispetto Harry. Si avvicinò a lui, stringendolo tra le braccia, costringendolo a guardarla in volto.
“Cerca di dimostrare che ho ragione io” sussurrò, dolcemente, sbirciando gli occhi grigi di lui “Dimostra a tutti che sei il ragazzo che mi ha portato con sé sulla sua scopa nuova e che mi voleva invitare al Ballo del Ceppo. Che sei il ragazzo che si incontra insieme a me nella Stanza delle Necessità per scacciare insieme gli incubi. Dimostra che sei il Draco Malfoy che vorrebbe togliere quel marchio, che mi ha chiesto scusa, che si è sforzato di essere gentile con Fred e George solo per farmi felice e che mi ha promesso che forse un giorno farà un picnic insieme a me, Ginny Weasley e Sanpotter e che ha finto di non riconoscere il trio delle meraviglie quando ha avuto la possibilità di consegnarli. Dimostrami di voler andare anche tu oltre a tutto questo.”
 Sorrise lui e lo vide abbassare il capo, arreso e quindi si mise sulle punte e lo baciò sulla guancia, sulla punta del naso, sul mento, scostando i ciuffi di capelli biondi dagli occhi.
 “Sei bellissimo” sussurrò “E meriti così tanto”
 “E sono anche affascinante” rispose lui meccanicamente.
 “E schifosamente ricco” gli ricordò lei, ridendo.
 Anche Draco sorrise debolmente, sciolse l'abbraccio e camminò verso la finestra, appoggiandosi di nuovo al parapetto e scrutando l'orizzonte con aria assorta. La luce del sole gli bagnava i lineamenti sottili ed Emma si sentì rapita da quella visione e fortunata per aver accesso a quella parte così intima e fragile di lui.
 “Potter ha la mia bacchetta” disse infine il Serpeverde, rabbuiandosi leggermente a quell'ammissione.
 “È un bene no?” fece l'emoor con un sorriso, osservando divertita lo sguardo estremamente confuso di lui,
 “Cosa intendi? Come può essere un bene?”
 “Intendo che sarà la tua bacchetta a battere Riddle” disse sicura “È Harry Potter, dimentichi? Non  c'è modo che non faccia l'eroe.”
Lo vide spalancare per un istante gli occhi stupito e poi azzerare le distanze tra loro. Sentì prima le braccia di lui chiudersi sul suo busto con forza e poi le labbra baciarla con trasporto, mordendo e stringendo, tenendola salda contro il suo corpo.
 “Ti amo, Emma O'Shea. Ti amo 
così tanto” 
 Ed era la prima volta che glielo diceva dopo quella lontanissima notte in cui lei aveva scoperto il marchio nero.
Era la prima volta che glielo diceva 
davvero.
 “Anche io, Draco Malfoy” soffiò lei.
 Erano spezzati, ma erano insieme.



*Angolo Autrice*

Ciao Lettori! 
Come state?
Questo capitolo è stato uno di quelli più complessi per me da scrivere e spero che trasudi un po' della mia sofferenza. 
è un capitolo di grande cambiamento, sia per Emma che per le persona intorno a lei. Per la prima volta l'emoor non riesce a difendere chi ama e comprende cosa vuol dire essere nella pelle di Draco, o Severus e per la prima volta la resistenza decide di aprire la porta ai Serpeverde. 
Tutti loro sono spezzati, tutti loro sono anche sacrificabili. Tranne Harry. 
Punti/spunti:

. Ho voluto rendere lenta la ripresa di Emma, sia dal punto di vista fisico che psicologico, l'idea di visioni delle quattro Ombre mi è venuta perché la stessa emoor si senta improvvisamente fragile là dove cominciava a sentirsi più sicura: nella sua mente. Le visioni non porteranno ad altro, ma credo che per l'emoor siano state in qualche modo importanti. 
. L'idea di Narcissa e Severus complici la trovo, oltre che molto Canon, dolcissima. Entrambi si muovono intorno all'emoor e in parte anche a Draco con affettuoso distacco come il miglior Serpeverde.
. Il marchio di Emma formicola, ma non sembra bruciare come un marchio normale. 
. L'arrivo del Golden trio è un punto di svolta. Emma per la prima volta comprende davvero Draco e Severus, provando un forte dolore davanti all'assoluta sensazione di impotenza che la coglie nel non poter intervenire. Nonostante questa volta Emma non intervenga come vorrebbe (e forse come ci saremmo aspettati) la lucidità con cui metabolizza e affronta la situazione è, secondo me, commovente.
. Ho voluto lasciare sia la tortura con le Cruciatus dei libri, ma anche l'uso del coltello del film, secondo me una trovata intelligente. 
. Emma e Severus si sono avvicinati moltissimo finalmente e il crollo che ha la ragazza di fronte all'uomo è di una fragilità dolcissima. Nonostante il tanto non detto tra loro, non riescono a evitare di stare vicini e proteggersi a vicenda. (Significativo anche come l'emoor non voglia le scuse del tutore)
. Ho ritenuto necessario sia il confronto dapprima con una piccola parte della resistenza, che lo sfogo di Ginny. I ragazzi si rivelano ancora una volta forse più maturi degli adulti, decidendo di essere cristallini con tutti riguardo al marchio dell'emoor. Quanto a Ginny, volevo mostrare che la ragazza, come tutti, ha i suoi momenti di fragilità, ma trovo giusto che si esponga solo con Emma, testarda ad essere forte per tutti gli altri. 
. Il momento con Draco l'ho ritenuto necessario per vari motivi. Prima di tutto porta la riflessione che nel Canon sia la bacchetta di Draco Malfoy a uccidere il Signore Oscuro, ma mostra anche come i due ragazzi, nonostante tutto quel che sta succedendo loro, si stanno comunque sostenendo. Infine abbiamo la prova che la relazione dei due sia accettata da Artemius, che probabilmente, più di altri, capisce cosa sta passando Malfoy. 

Fatemi sapere cosa ne pensate, da questo momento in poi, iniziarà ad esserci sempre più tensione. 
Grazie mille per il vostro supporto e le recensioni. 
Con affetto.
vi

Ritorna all'indice


Capitolo 55
*** La nuova e la vecchia guardia ***



.La nuova e la vecchia guardia.

 


La Stanza delle Necessità era particolarmente affollata quella sera.
 Era presente ogni singolo studente che faceva parte dell'ES, o che lo avesse sostenuto in qualche scaramuccia contro i Carrow, il tutto grazie alle convocazioni precise di Neville e Seamus, che per tutta la settimana avevano sussurrato informazioni per il castello, tramite le monete truccate tempo prima da Hermione, o con ogni altro mezzo considerato sufficientemente sicuro che avevano trovato. 
 La stanza risultava quindi particolarmente colorata e vivace, con persone di tutte le Case sparpagliate un po' ovunque, seduti sui tavoli, o con le gambe a penzoloni dalle numerose amache.
 Emma sospirò con sollievo, mentre si guardava intorno, salutando la maggior parte dei presenti che le facevano cenni allegri. Vide Carmen che raccontava animatamente a Sarah come Terry avesse attaccato i Carrow durante Babbanologia, Sean e Ernie che chiacchieravano insieme di Quidditch e Neville e James impegnati sui piani d'azione dell'ES per la settimana a venire. 
 L'emoor arricciò le labbra in un sorriso soddisfatto e si accorse del gruppo dei Serpeverde in disparte, seduti intorno a un tavolo, gli sguardi generalmente beffardi e sicuri che ora apparivano incerti, mentre studiavano con circospezione i presenti.
 Emma era felice di vederli tutti lì e li studiò per un istante con un sorriso sulle labbra che non riusciva a nascondere. 
Erano un buffo quadretto: i tre emoor spiegavano pazientemente ogni aspetto dell'ES, del funzionamento delle monete e della Stanza della Necessità e Blaise, Daphne e Joanne, tutti e tre rigidi, seppur sfoggiando la loro consueta eleganza, ascoltavano attenti. Emma si avvicinò loro a passo svelto, con una smorfia allegra in volto.
“Dovreste provare ad integrarvi” disse con gentilezza rivolta ai tre nuovi “Non date l'impressione di essere socievoli.”
 “In realtà nessuno sembra volerci qui particolarmente” sussurrò timidamente Joanne Rowling, tirando su con il naso.
 Era una ragazza graziosa con un viso tondo dai lineamenti morbidi, su cui spiccavano gli occhi chiari brillanti di un'acuta intelligenza, il tutto circondato da lunghi e disordinati capelli castani.
 “Sono solo sospettosi” spiegò l'emoor con voce calma “e se rimanete qui seduti a guardarli con quell'aria truce, non li aiuterete a non esserlo, onestamente.”
 A quelle parole e con stupore della Corvonero, Emily si alzò con fare disinvolto, sfoggiando un mezzo sorriso che le illuminava il volto lentigginoso e si mise dietro un orecchio parte dei suoi ricci corvini, prima di voltarsi con aria stranamente sicura verso l'amica.
 “Avanti Joanne, non vorrai stare qui seduta tutta la sera” le disse tranquilla e afferrò lei la mano, ignorando il suo sguardo titubante e trascinandola con sé a passo sicuro verso Neville e Seamus.
 “Mi sembra lo spirito giusto” sorrise Emma, annuendo soddisfatta e sedendosi tra David e Zabini.
 Il moro fece un sbuffo che sembrava una mezza risata, la mano posata su quella sottile di Daphne e gli occhi chiari e obliqui che seguivano i movimenti delle due ragazze Serpeverde per la stanza.
 “Come li hai convinti?” chiese all'emoor
 “Di cosa?” ribatté Emma con nonchalance, un piccolo ghigno sul volto stropicciato di stanchezza.
L'altro inarcò elegantemente un sopracciglio, in segno di sorpresa, facendo un gesto largo che indicava tutto intorno. 
 “Come li hai conviti ad accettarci qui, O'Shea?” mormorò.
 “Nello stesso modo in cui ho convinto voi a venire qui” sorrise la ragazza “Non deve essere stato facile, sbaglio?”
 Blaise annuì una sola volta, l'angolo destro della bocca che si inclinava appena in un sorriso conciliante.
“Touché” rispose e l'emoor giurò che fosse davvero divertito.
“Possiamo dire comunque che è stata una riunione piuttosto strana” intervenne Artemius dal nulla, lo sguardo vacuo e assorto.
 “Beh, non era semplice” ammise David, avvolgendo un braccio intorno alla Corvonero, che si distese a quel tocco amichevole e si appoggiò alla spalla del ragazzo “Emma ha messo un po' di brace al fuoco e cambiato un po' di punti di vista.”
 “Ammetto di essere stato colpito” disse zelante Blaise “Nessuno ha strillato e nessuno ha cerca di ucciderla dopo aver visto il marchio. Non mi aspettavo certo tanta elasticità mentale da un gruppo gestito prevalentemente da dei Grifondoro”
 “Zabini!” lo bacchettò l'emoor, ma fece un piccolo sorriso, che si allargò di più, appena vide l'espressione vagamente divertita che si fece sfuggire Daphne alle parole del ragazzo.

Era andata bene in effetti. Emma aveva mostrato alla Resistenza il marchio, aveva raccontato quello che era successo al Manor e detto di aver visto Harry e gli altri e tutti i presenti, dal primo all'ultimo, l'avevano ascoltata con grande serietà e quello che pareva in qualche modo rispetto, prima di invaderla di domande, che Ginny e Neville avevano cercato blandamente di gestire, per mantenere l'ordine.
 Poi la riunione era stata sciolta e si erano ritrovati tutti a dividere quello spazio comune, Case mescolate e dogmi che cadevano.
“Quindi, secondo te, Potter alla fine verrà qui ad Hogwarts, Emma?” chiese Daphne, aprendo bocca per la prima volta e l'emoor si voltò a guardare il profilo austero dell'altra con curiosità.
 Daphne Greengrass aveva cominciato a venire alle riunioni dell'ES silenziosamente, osservando molto e non dicendo quasi nulla. 
 Spesso sedeva in un angolo con distacco, quasi sempre al fianco di Blaise, senza esercitarsi con gli altri membri, ma Emma era stata molto orgogliosa della sua presenza, soprattutto visto che per la Serpeverde anche solo essere lì significava prendere una posizione.  
 Il sangue dei Greengrass non era purissimo, ma il loro nome era largamente rispettato. Erano da secoli nel commercio e da secoli avevano spesso figlie femmine e questo significava benessere e contratti matrimoniali. Anche un Purosangue estremo, se messo alle strette da un impero monetario in declino, sarebbe stato un folle a non mischiare il proprio sangue con una delle due ragazze.
 Senza nemmeno contare della bellezza magnetiche sia di Daphne che di Astoria e delle loro indubbia intelligenza, ma se la figlia più giovane cercava con tutta sé stessa di essere ciò che ci si aspettava da lei, stretta come una gattino bagnato al fianco di Pansy Parkinson e Millicent Bulstrode, la maggiore, Daphne, nonostante amasse la sorellina Astoria con un fervore tipico dei Serpeverde, aveva espresso con fermezza come un altro futuro fosse possibile.
Emma la rispettava e per questo, quando la bionda alzò un sopracciglio per esortarla a rispondere, dimostrando così una leggera curiosità, nonostante avesse usato il suo solito tono distaccato, l'emoor le sorrise sincera prima di annuire in risposta, la testa ancora appoggiata alla spalla di David, che la stringeva fraterno.
 “Sì, Daph. Credo che Potter verrà qui ad Hogwarts.”
 “Perché?” chiese quella, acuta.
“Perché ogni cosa è iniziata qui e qui finirà probabilmente.”
La Greengrass pressò le labbra per un secondo, prima di scostare lo sguardo con quella che parve noia. Accavallò le lunghe gambe e sembrò valutare le persone che la circondavano con attenzione, la mano ancora elegantemente intrecciata a quella di Zabini. 
 Teneva i lunghi capelli biondi raccolti in una coda bassa e gli occhi verde chiarissimo, per quanto brillanti di determinazione, sembravano ancora pieni di sospetto ed Emma studiò il profilo delicato di lei e la sua posa rigida prima di aggiungere: “Tu pensi di no? Dove potrebbe esserci una battaglia se non qui?”
 Per un attimo, Zabini, Daphne, Emma, David e Artemius rimasero immobili in mezzo al tramestio provocato da tutti i presenti, ragionando su quelle parole. Effettivamente avrebbero dovuto combattere a un certo punto e il pensiero li incupì, fino a quando Daphne non si alzò con un gesto fluido, trascinando con sé Zabini e dopo essersi congedata con un sorriso composto, si allontanò sempre mano nella mano con il ragazzo. Emma li guardò avvicinarsi a passo svelto a un gruppetto di Grifondoro e quando vide la ragazza allungare la mano per presentarsi, si sentì orgogliosa di loro.

“Se la stanno cavando bene” fece David, osservando i compagni di Casa che si destreggiavano tra i vari gruppi.
 “Non ne avevo dubbi” rispose Emma affettuosamente.
 “È stata una buona idea farli partecipare, penso che daranno il massimo per aiutarci ora” aggiunse Artemius, alzandosi a sua volta, prima di dondolare un poco sui talloni, come in cerca di equilibrio, per poi muoversi incerto e mischiarsi a sua volta nella folla.
 Emma sentì il cuore batterle nel petto pieno di speranza, mentre osservava la schiena dell'emoor allontanarsi. Artemius non aveva mai partecipato a nessuna riunione dell'ES se non al suo fianco, senza mai distanziarsi di più di dieci centimetri da lei.
Il ragazzo invece ora stava attraversando la stanza a passo sicuro, in direzione di Anthony Goldstein, che vedendolo avvicinarsi fece lui un gesto di saluto. Anche David guardava l'amico a bocca aperta, sinceramente colpito dalla sua sicurezza.
 “Chi l'avrebbe mai detto?” esalò “Se avessi saputo che il risultato sarebbe stato questo ti avrei fatto marchiare prima”
 Emma in risposta sorrise, trattenendo appena una leggera risata e David si voltò di nuovo verso di lei, sfoggiando a sua volta il suo  ghigno smagliante e sincero.
 “Stai bene?” le chiese.
 “Sto bene” annuì lei.
 “Tutta la questione delle visioni delle Ombre? Risolta?”
 “Risolta. Severus aveva ragione, come sempre. Erano solo proiezioni e mi tenevano vincolata alla mia mente”
 “Tutta colpa del marchio insomma”
 “Una discreta colpa” sorrise l'altra.
 “Almeno Piton si è reso utile” borbottò David ed Emma si staccò da lui, dandogli un leggero schiaffetto al braccio. Il ragazzo sorrise.
 “Draco invece?” chiese dopo un attimo di silenzio ed Emma fece un piccolo sospiro, senza perdere il buon umore.
 “Cosa vuoi sapere?”
“Voglio sapere tutto, ovviamente. Lo devo andare a prendere? Lo devo malmenare? Ti ha fatto qualcosa?”
 La ragazza rise divertita, seppur con uno strascico amaro. 
 David era sempre stato molto protettivo con lei, tutti i suoi amici in realtà lo erano e lei con loro, ma David agiva da sempre come una sorta di fratello maggiore particolarmente geloso. 
 Era lui che aveva minacciato Tullier affinché si comportasse bene con lei al Ballo del Ceppo ed era stato anche il primo a mettere alle strette Malfoy con velate minacce gentili.

 “Draco si sta comportando bene, al meglio delle sue possibilità” disse lei con stanchezza “E le sue possibilità non sono molte”
“Bene. È uno straccio in questi giorni, però”
 “Lo so.” annuì l'emoor, dispiaciuta “Lo immagino”
 David le lanciò un'occhiata e si schiarì la voce prima di parlare.
 “Non vi vedo molto spesso insieme qui Hogwarts.”
 “I Carrow” ribatté spiccia la ragazza “E in generale tutte le persone che osservano sia lui che me, non vogliamo dare nell'occhio”
 “E perché non lo hai invitato qui?” indagò l'altro.
 “Quante domande signor Lower”
 “Sono sincero”
 “Pensi che tutti sarebbero contenti e tranquilli ad avere anche Draco qui? Lo scopo della Resistenza è unire e offrire riparo, la presenza di Draco potrebbe essere controproducente.”
 “Lo posso capire, ma mi preoccupo per te, non voglio che tu soffra”
 “Stiamo tutti soffrendo” abbozzò Emma.
 “Sì, ma tu tendi a prenderti carico di tutti i drammi”
 La Corvonero gli sorrise gentile, guardando affettuosamente gli occhi scuri dell'amico. Lei e David si erano sempre trovati sulla stessa linea d'onda, fin dal primo momento in cui si erano visti e sebbene negli anni la loro amicizia era stata legata più alla profezia e alle comuni preoccupazioni, che a una normale frequentazione, istintivamente la Corvonero gli voleva molto bene. 
 Ne intuiva il cuore buono e generoso e il suo atteggiamento così fraterno e attento l'aveva sempre fatta sentire al sicuro e sapeva anche che la sua preoccupazione non era causata da ciò che avevano scoperto sulle Ombre, ma che David teneva davvero a lei.
 A dirla tutta, l'emoor non aveva mai nemmeno capito come il ragazzo fosse finito in Serpeverde, non solo per il sangue che gli scorreva nelle vene, ma anche per il suo spirito altruista e protettivo. 
Eppure, sebbene fosse un Grifondoro mancato, David sembrava  aver trovato il suo posto tra le serpi, specie accanto ad Emily.
 “Quindi?” la incalzò di nuovo lui, strappandola ai suoi pensieri “Perché decidi di soffrire tu tenendo fuori Malfoy? La Resistenza alla lunga capirebbe, sono persone intelligenti..:”
“Forse sì, ma la Resistenza e quel che potrebbe accadere non è l'unico motivo per cui ho deciso di lasciarlo fuori.”
“Immaginavo. Qual è la vera risposta quindi?”
 “Non voglio obbligare Draco a scegliere”
 “Davvero?” chiese perplesso “Voglio dire, prima o poi dovrà farlo”
 “Sì, ma non sarò io ad obbligarlo. Non voglio che faccia nulla solo perché pensa che per me sia meglio. Sta passando molto, ha bisogno di chiarirsi cosa vuole e capisco che non sia semplice farlo quando hai il Signore Oscuro che ti occupa il soggiorno” disse amara lei.
 “Solo un idiota non sceglierebbe te” ribatté il Serpeverde con tono tranquillo “E sono sicuro che Malfoy non lo sia, ma non riesco a farmi un'idea completa di lui, è piuttosto... volubile.”
 La ragazza rise tra i denti, scuotendo appena il capo. 
 “Se dovesse scegliere male promettimi di non ucciderlo”
 “Ci proverò.” rispose l'amico, ghignando beffardo prima che il suo volto si oscurasse appena “Piton invece?”
 “Lui sta bene” annuì lei “grazie che ti preoccupi per me, David”
 “Io sono sempre preoccupato per te e ci sono per te, lo sai?”
 L'emoor gli fece un buffetto sulla guancia e si alzò “Lo so, David” rispose dolcemente, stranamente commossa da quello scambio e bisognosa di prendere una boccata d'aria.
 Atraversò la stanza affollata, scambiando una breve occhiata con Artemius, che aveva alzato subito la testa verso di lei al suo primo accenno di movimento e che ora le sorrideva in maniera buffa, stranamente a suo agio.
Anche l'emoor sorrise e si incamminò poi per la Sala, intercettando anche lo sguardo luminoso di Ginny e quello allegro di Sean e stirando un sorriso composto, mentre avanzava verso l'uscita, verso chiunque le facesse un cenno, o si girasse verso di lei. Con un ultimo saluto ad Hanna Abbott e uno sguardo a Blaise e Daphne, che stavano parlando tranquillamente con Neville e Sarah, Emma uscì dall'ingresso, sgusciando alle spalle dei presenti.
 Le spiaceva lasciare l'atmosfera tranquilla e stranamente gioiosa della Resistenza, ma l'urgenza di prendere respiro era pungente e provò sollievo sincero quando si ritrovò nei corridoi bui e deserti, privi a quell'ora di studenti, insegnanti, o fantasmi e appena uscita dalla Stanza della Necessità, si fermò, poggiando le spalle al muro e chiuse gli occhi per un istante, riprendendo il controllo di sé. 
Quella sera aveva dovuto affrontare molto. Si sentiva in parte ancora frastornata e aveva il bisogno impellente di camminare per i corridoi vuoti del castello, occludere e riordinare i pensieri per placare la paura e la sensazione sgradevole che le chiudeva lo stomaco a ripensare al marchio e tutto quel che era successo al Manor.
 Si staccò dalla parete incamminandosi lungo il corridoio principale. La sensazione di nausea si placò leggermente, così come il pulsare ritmico sulle sue tempie ed Emma prese fiato, abbassando il capo a fissare il marchio nero sbiadito, che non aveva ancora fasciato dopo averlo mostrato agli altri. Lo coprì con un gesto stizzito con la manica del maglione e continuò a camminare.
 Un brivido lungo la schiena la distrasse, quando era nei pressi della torre di Astronomia e si accorse di percepire Potter e stralci di conversazioni ed emozioni. Vi era rabbia, impazienza e il nome della Gringott snocciolato più volte,  ma fu solo un momento.
 Emma fece un grosso respiro e riprese a camminare a passo più svelto, salendo i primi gradini della torre di Astronomia. 
La connessione con Harry, da quando si erano rivisti al Manor, era aumentata considerevolmente. Era come se il fatto di essere stati sotto lo stesso tetto li avesse avvicinati ulteriormente. 
 I primi giorni, quando Severus l'aveva riportata a Spinner's End, Emma era riuscita a percepire il ragazzo quasi costantemente, ma oramai aveva imparato a gestire quello strano legame piuttosto bene e cominciava quasi ad apprezzare quel canale alternativo di comunicazione con lui, nonostante i muscoli contratti e la sensazione di brividi e freddo che la connessione le lasciava.

- Potter - tentò di chiamarlo arrivata a metà della salita alla torre.
 Ci fu uno sfarfallio di altri pensieri legati Gringott, poi una spada e immagini di conchiglie che ondeggiarono davanti a lei.
 - Emma, tutto bene? -
- Tutto bene- rispose in fretta, per rassicurarlo -Mi sentivo solo un po' giù, volevo sapere se era tutto ok per te-
 Ci fu un attimo di silenzio, mentre l'emoor quasi si arrampicava sugli scalini finali, respirando l'aria gelida che arrivava dall'ampia finestra e osservando incantata il cielo stellato.
 - Abbiamo una pista, Ems. È tutto sotto controllo per ora - rispose il ragazzo e lei ne avvertì l'impazienza nel tono.
 - Bene - mormorò, parzialmente sollevata, senza sapere cosa aggiungere e strinse tra le mani la pietra a cui Draco si era appoggiato qualche giorno prima, sospirando triste.
 Ora che la Stanza delle Necessità era sempre bloccata vedeva molto meno il Serpeverde e aveva poche occasioni di parlare con lui, ma lo trovava sempre più mogio e pallido ogni volta che lo incrociava.
 - Ems - la richiamò il Grifondoro.
 - Potter - rispose lei, stupita che il ragazzo avesse deciso di continuare quello scambio.
Non era mai Harry a cercare di comunicare con lei, quasi mai.
 - Devo dirti una cosa - continuò il ragazzo e lei si tese.
 - Sono tutta orecchi - ribatté, trovando che quel modo di dire mal si abbinava a una conversazione che avveniva attraverso la mente.
 Ci fu un lungo silenzio, durante il quale la Corvonero avvertì la pelle d'oca che le si formava sulle braccia, mentre i muscoli le si tendevano per l'agitazione e i denti cominciavano a battere.
 - Codaliscia è morto - rispose Harry e il respiro dell'emoor si fermò.
Sentì un brivido che la fece tremare, mentre uno strano sollievo le invadeva le membra. Ci mise un attimo a rendere concrete nella sua mente quelle parole. Dovette ripeterle più volte, lentamente, con sconcerto. Codaliscia è morto.
 
- Quando? - chiese infine in un sussurro.
 - Al Manor, quando siamo fuggiti. Ha cercato di fermarmi e gli ho ricordato i miei genitori e a quel punto la mano argento che aveva grazie a Voldemort... l'hai presente? Quella che sostituiva quella che si era tagliato al cimitero...-
 - Sì - disse lei, disgustata al solo pensiero.
 - Gli si è rivolta contro, Emma. Si è strangolato da solo. Credo sia stato, non so, rimorso, il fatto che non volesse fermarmi -
 L'emoor rimase immobile, scioccata a quel pensiero, lo sguardo perso all'orizzonte. Ricordava la faccia paonazza di Codaliscia, viscido e implorante, mentre Severus lo stava quasi soffocando quando lo aveva trovato nella stanza di lei. 
Quell'immagine sembrava quasi profetica ora, grottesca. Codaliscia era morto soffocato e l'emoor non sapeva che cosa provare.
 Aveva sempre sentito del sincero disgusto per l'uomo e l'aveva sempre considerato il primo motore che aveva causato la morte di molti in primis e probabilmente anche la guerra attuale, eppure non riusciva a sentirsi completamente sollevata.
Era morto soffocato da sé stesso. Che morte orribile. Emma sentì il bisogno di vomitare e fece profondi respiri per impedirselo.
 - Ci sei? - la chiamò Harry e la ragazza provò un leggero sollievo a sentire la presenza del Grifondoro, come fosse accanto a lei.
 Lo immaginò con i suoi capelli neri arruffati, gli occhi verdi sgranati e quell'immagine ebbe il potere di calmarla.
 - Sono qui. - rispose.
 - Stai bene? -
 - Non lo so. Tu?
 - Non lo so. -
- Era amico dei tuoi genitori, no? Codaliscia intendo -
 - Non direi no. - disse aspro il ragazzo.
 - Perché me lo hai detto? - chiese l'emoor e le sembrò quasi di vederlo scrollare le spalle in risposta.
 - Pensavo che dovessi saperlo. -
 - Codaliscia mi diceva sempre di conoscermi meglio di quel che pensassi quando era a Spinner's End e che aveva dei segreti da dire
- sussurrò la ragazza con leggero nervosismo, malamente simulato.
 - Minus era un bugiardo Emma. - le rispose lui con tono dolce.
 - Sì forse sì.- mormorò lei in risposta - Grazie Harry -
 Il Grifondoro non rispose, ma Emma sentì la sua presenza scivolare via e improvvisamente la torre di Astronomia le parve troppo scura e troppo fredda per essere considerata un posto piacevole e si sentì stranamente scoperta. Una voce che la chiamava alle sue spalle la fece voltare di scatto e si trovò di fronte Lilith e James.
 La biondina si avvicinò a passo sicuro “Tutto bene?”
 Lei annuì, ricacciando la nausea e cercando di tendere un sorriso.
 “Tutto bene, tranquilli. Aveva solo bisogno di stare sola”
 “Sicura?” chiese James con tono pacato, attento “Preferisci che ti lasciamo tranquilla?”
Sembravano entrambi pronti ad andarsene per esaudire il suo desiderio e lasciarle lo spazio che cercava, ma Emma scosse debolmente la testa e si avvicinò loro.
 “No, sono felice in realtà che siate qui” sussurrò, sentendosi effettivamente confortata dalla presenza dei due, specie dopo la conversazione avuta con Potter.
 Si mise sulle punte e scompigliò i capelli di James, prendendo Lilith per mano e si avviarono tutti e tre giù dalla torre verso il dormitorio.
 Emma rimase pensierosa e non disse una sola parola, ma si sentì molto grata di averli al suo fianco e i suoi amici le lasciarono il suo spazio, affiancandosi a lei miti, come guardie gentili.
Lilith e James erano i lati di un triangolo perfetto, erano le sue rocce, le sue costanti. In maniera diversa dall'irruenza amorevole di Ginny,  che nel cuore di Emma aveva da sempre occupato un posto in maniera speciale, dal pragmatismo di Hermione, dal buon umore di George, o l'amore di Draco, Lilith e James l'avevano sostenuta da subito senza nulla pretendere, in punta di piedi, tra i primi a considerarla una normale studente e non un'emoor.
 L'avevano accolta, ascoltata e si erano fidati di lei, Lilith con i suoi larghi sorrisi e la sua irrefrenabile parlantina, James con la sua pacata calma e i suoi pensieri profondi. 
L'avevano seguita senza battere ciglio in mille situazioni rischiose, solo per non lasciarla sola e non l'avevano mai ostacolata, offrendole in cambio invece il loro sostegno e incondizionato affetto e dopo tutti quegli anni, così pieni di pericoli, incubi, battaglie, dubbi, Serpeverde, pianti, e invasioni di mente, così grondanti di piani, preoccupazioni e persino un marchio nero, loro tre erano ancora insieme, erano pronti a combattere, pronti a schierarsi, pronti a sostenersi a vicenda. Ancora, ancora, ancora.

*

Trasfigurazione non era mai stata la materia preferita di Emma.
 La sua magia era davvero notevole ed eseguiva ormai senza battere ciglio incantesimi non verbali e complicate alterazioni di magia, così come era estremamente abile sia in Difesa Contro le Arti Oscure che Incantesimi e possedeva una particolare sensibilità che le permetteva di eccellere in pratiche come Pozioni e Erbologia.
Persino discipline come Antiche Rune le risultavano immediate, principalmente grazie alla sua sana curiosità, ma quando si trattava di andare a modificare la natura di qualcosa, ne rimaneva turbata, come con le Arti Oscure e sebbene per lei non fosse difficile eseguire gli incantesimi che la McGranitt insegnava loro, doveva rimanere molto concentrata durante le lezioni.
 Lilith al contrario, nella sua irruenza e capacità di agire senza porsi troppe domande, era decisamente la più brava della classe in quella materia e adorava le lezioni di Trasfigurazione a tal punto che  solitamente era sempre di buon umore al suo banco e per questo era particolarmente strano quel giorno vederla distratta, gli occhi scuri che guardavano la professoressa senza notarla e l'aria mogia, mentre anche Emma, seduta accanto, doveva sforzarsi di non far vagare lo sguardo sul soffitto dell'aula, e con le dita tamburellava affranta.
Nessuno in realtà nella classe sembrava particolarmente di buon umore quel giorno e persino la McGranitt di solito severa e attenta, pronta a spiegare senza fermarsi durante tutta la lezione, appariva adombrata, il volto contratto improvvisamente invecchiato.
Generalmente quelle lezioni erano una delle poche parvenze di normalità che vivevano gli studenti, perché tra le mura della sua aula, l'austera strega non permetteva che entrassero né i Mangiamorte, né la guerra, ma solo conoscenza e applicazione, ma quella mattina si era sparsa la voce che un bambino del primo anno era quasi morto nelle segrete per gli attacchi dei Carrow.
Neville era sparito nelle ore successive dopo essere intervenuto coraggiosamente ad aiutare il bimbo ferito e aver subito a sua volta una brutale tortura e altri sussurri di corridoio, dicevano che i Mangiamorte, subito dopo, erano andati dalla nonna di Paciock, con l'intenzione di farle del male, ma questa era riuscita a scappare.
Emma, Lilith e James sapevano che il ragazzo in realtà era al sicuro nella Stanza della Necessità, ma questo non impediva loro di sentire un morso d'ansia al pensiero di quello che era successo: i Mangiamorte stavano superando i limiti, stavano perdendo il controllo.
 Alla fine di quell'interminabile ora di lezione, l'emoor quasi sobbalzò, riscuotendosi e affrettandosi a mettere i suoi libri nella vecchia tracolla, mentre Lilith accanto a lei la imitava in silenzio. 
 James, seduto con Sean un banco indietro, le raggiungesse con un mezzo sorriso in realtà molto stanco.
“Oggi è una giornata difficile” mormorò ed Emma e Lilith fecero un gesto di assenso, sospirando piano.
 “Dobbiamo passare dalle cucine e portare qualcosa a Neville?” sussurrò l'emoor a bassa voce.
 “Dovrebbero pensarci i Tassorosso stasera, ci troviamo comunque con loro più tardi?” chiese James
 “È ok. Lilith?” domandò la Corvonero all'amica.
 “Sì certo, va benissimo” annuì quella in fretta, ma si vedeva dal modo in cui stringeva le labbra e dallo sguardo vacuo, che stava pensando con preoccupazione ad altro.
 “Tutto bene?" chiese l'emoor, ma la biondina scrollò solo le spalle, sfoggiando un sorriso triste.
 “È solo che mi manca Fred. Oggi è il suo compleanno" sussurrò.
Era il primo di aprile. Il compleanno di Fred e George. Emma venne colpita all'improvviso nello stomaco dalla mancanza dei gemelli: non li sentiva da mesi, non sapeva nemmeno se stessero bene.
Sentì il dispiacere invaderla nel vedere il volto contratto dell'amica, rendendosi conto che lei almeno poteva incrociare lo sguardo di Draco per i corridoi e sapere che era vivo, ma Lilith e Fred non si vedevano da mesi. Si sporse a stringere la biondina in un abbraccio sincero e Lilith la strinse piena di gratitudine prima di spingersi insieme a lei verso l'uscita, ma la voce secca e austera della McGranitt le fermò quando erano ormai sulla soglia.
 “Signorina O'Shea, può concedermi un momento?”
 “Certo professoressa” rispose la ragazza e fece un cenno ai due amici, che accigliati uscirono dall'aula, mormorando un “Ci vediamo dopo allora Ems” a cui l'emoor rispose con un sorriso.
 Si voltò verso la donna, che stava raccogliendo alcune pergamene sulla cattedra e attese che la scortasse nel suo ufficio, ma appena anche l'ultimo alunno fu uscito dalla porta, la McGranitt si affrettò ad apporre degli incantesimi protettivi nella stessa aula e si sedette in cattedra, facendo cenno ad Emma di accomodarsi di fronte a lei.
 “Vorrei poterti offrire un biscotto, ma in questa circostanza mi sembra secondario” disse, un leggero sorriso a illuminarle il volto stanco “E ci fermiamo qui a parlare perché credo che il mio ufficio, così come le mie stanze, siano sotto controllo.”
 “Va benissimo così” rispose Emma.
La professoressa assentì e per un istante parve raccogliere le parole giuste da dire, guardava l'emoor con attenzione, gli occhi chiari preoccupati e indagatori, simili a quelli di una nonna severa.
 “Immagino che lei sappia darmi informazioni riguardo a Paciock. Come sa il ragazzo è della mia Casa e sono molto preoccupata per lui, visto anche quello che è successo ad Augusta.”
“Neville sta bene” rispose subito l'emoor, comprendendo la sincera preoccupazione dell'altra “È al sicuro per ora, non si deve preoccupare di questo”

Emma si era aspettata forse dalla McGranitt che ribattesse piccata, dicendo che era lei a decidere di cosa preoccuparsi e che avrebbe fatto maggiori domande per scoprire la sorte di Neville, ma la donna annuì piano, assorta, congiungendo la punta delle dita e osservandole con aria pensierosa per un lungo istante.
 “Questo mi solleva” disse infine “Come sta lei signorina O'Shea?”
“Bene” rispose la ragazza.
 “I suoi incubi?” chiese l'altra.
Emma la guardò sospettosa “Come sa dei miei incubi?”
“Non penserà che Silente avesse i suoi segreti solo con lei e il signor Potter” sorrise la donna.
 “No, certo che no.” sobbalzò l'emoor.
 “Quindi? Come vanno? Riesce a dormire?”
“Gli incubi vanno bene” iniziò cauta “ma a volte la connessione con Harry può causare dei fastidi”
 La donna fece un gesto vago con il polso, inarcando le sopracciglia.
 “Sono al corrente della cosa per sommi capi, ma non penso che sia opportuno entrare nei dettagli, mi importa solo sapere che lei e Potter stiate bene, per ora”
 “Stiamo bene”
 “Ottimo, non chiederò di Severus ma...”
 “Sta bene anche lui.” ribatté invece secca l'altra “Credo che sia innocente professoressa, lo credo davvero”
 Un lampo di dubbio passò nello sguardo scettico della donna, che si strinse nelle spalle senza dire nulla. Emma immaginava che Piton e la professoressa avessero passato tempo insieme, specie nell'ufficio di Silente, riusciva a intuire l'antico rispetto che aveva legato i due, frantumatosi quando Severus aveva ucciso il preside. 
 “A volte mi manca quello sciocco ragazzo di un Piton” disse a sorpresa la McGranitt, scuotendo la crocchia tesa.
Emma sorrise, davanti a quell'affermazione così umana e quindi così strana detta da una persona dura e inflessibile come la professoressa.
 “Fa del suo meglio per proteggermi, sono certa che prima o poi avrete modo di parlarne” sussurrò l'emoor.
“Non mi sembra tuttavia che sia stato in grado di difenderti da tutto” rispose l'altra e per la prima volta il suo sguardo cadde sul braccio sinistro ancora fasciato della ragazza, accusatorio, ed  Emma lo ritrasse infastidita, portandoselo al petto.
 “Non poteva impedirlo” rispose a voce bassa, sulla difensiva “È stato costretto a farlo. È stato giusto così”
La McGranitt di fronte a lei fece un sospiro stanco, guardandola con sincera preoccupazione. Emma non aveva parlato del marchio con nessuno dei professori, lo aveva fatto per difenderli, principalmente e si rese conto in quel momento di quanto questo fosse un atteggiamento da Potter. Non poteva però pretendere che loro non si accorgessero della cosa, anche se era stata attenta a tenerlo nascosto, i professori non erano stupidi.
 “Signorina O'Shea, non posso comprendere a fondo il suo rapporto con Severus, ma so che Albus si fidava totalmente di lui per qualche ragione e anche io gli ero affezionata e credevo di conoscerlo bene, quindi non mi sento di giudicarlo completamente colpevole, nonostante gli atti riprovevoli di cui si è macchiato” disse la donna con tono pragmatico e prese un piccolo fiato, osservando l'emoor  “Credo però che lei debba tenere a mente che il mio ruolo di insegnante prevede che io sia qui a proteggere la scuola e miei studenti e che il professor Piton rappresenta...”
 “Anche gli emoor” la interruppe Emma e la McGranitt serrò la sua espressione in una maschera contratta.
“Come scusi, signorina O'Shea?” chiese a bassa voce.
 “La missione degli emoor è proteggere la scuola” spiegò Emma.
La donna sembrò particolarmente colpita da quella rivelazione.
“Proteggere la scuola? Tu-sai-chi ne è al corrente?”
 “Sì, lo sa grazie a me, in effetti, ma crede che la profezia per cui perirà contro di noi non avverrà a meno che non supera i confini della scuola, o se non uccide uno di noi quattro. Ho fatto credere lui che il nostro legame di sangue magico si attiverebbe in quel caso.”
 La professoressa inarcò un sopracciglio e la guardò impressionata, per un istante, ma si ricompose in fretta.
 “Molto bene. Immagino che questo sia parte del suo ruolo tra loro.”
“In parte sì è questo. Tenerlo occupato, non farlo concentrare su Harry, passargli informazioni incomplete” ammise Emma “In parte invece sono lì come osservatore. Professoressa non tutti quelli che stanno con l'Oscuro vorrebbero starci, questa è una guerra pericolosa e complessa. Ogni giorno che passa me ne rendo sempre più conto. Quella di Tu-Sai-Chi è una politica di terrore, io stessa ne sono stata vittima e ho dovuto accettare dei compromessi per sopravvivere e proteggere chi amo”
 La McGranitt le concesse quello che sembrava uno sguardo affettuoso e si allungò per stringere brevemente la mano di lei, con fare materno, gli occhi vagamente lucidi.
 “Ne sono consapevole, Emma. Intuivo che ti stessi sacrificando su molto per noi” sussurrò e la Corvonero notò l'utilizzo del nome proprio e il luccichio negli occhi della McGranitt e si sforzò di sostenere il suo sguardo, nonostante si sentisse stranamente commossa, perché era la prima volta che lei e la professoressa mettevano tutte le loro carte sul tavolo e sembravano esserne entrambe dolorosamente consapevoli.
 “Quando ho visto quella fasciatura sul suo braccio, signorina O'Shea, mi sono sentita terribilmente in difetto per non essere venuta prima a parlarle” riprese Minerva.
Era tornando fredda e misurata ed Emma ne ammirò l'integrità e il coraggio fermo e onesto che lei non aveva mai posseduto. 
 “Lo so che può far paura professoressa” mormorò “Ma il marchio è solo una cicatrice, nulla di più e lei non avrebbe potuto fare...”
“Tutti noi avremmo potuto fare molto” la interruppe lei con tono brusco “Specie quando a portare il peso di questa guerra sulle spalle siete tu e Potter. Due ragazzini. Così come in passato su giovani come voi sono ricadute colpe e dolori. Sono consapevole che state sopportando molto e se attualmente Potter è fuori dalle mie possibilità, si da il caso che lei sia invece a Hogwarts e sento la necessità di proporle il mio aiuto”
 “Professoressa” mormorò Emma “Lei fa già molto, cerca di proteggere un'intera scuola e io non devo chiederle di più, so anche che la situazione con Severus è complicata da gestire e...”
 “Che Godric me ne scampi, signorina O'Shea, ma non sono una codarda” disse imperiosa la donna, lo guardo rovente “Voglio e so di poter essere utile. Quello che intendevo poco fa è che nonostante i miei dubbi su Severus, le chiedo di avere fiducia in me, come io l'ho in lei. Non sarà certo un marchio imposto a minare la mia posizione, anzi sono molto stupita che sia riuscita a sopravvivere a una maledizione del genere. Il mio ruolo è quello di proteggere i miei studenti a qualunque costo e si dà il caso che lei lo sia. So che con Potter avete degli affari per ordine di Silente e so che non volete condividerli con altri e lo rispetto, ma se c'è qualcosa che io posso fare, o gli altri professori possono fare, vi prego di coinvolgerci. Non dimentico che il suo ruolo è particolarmente delicato e so che è costretta a stare a contatto con i Mangiamorte, così come so da Silente dello strano legame che lei ha con il signor Potter e ne intuisco le motivazioni, prego Merlino che la signorina Granger e il signor Weasley stiano bene...”
“Stanno tutti bene” interruppe Emma con un forte magone. 
Era impressionata nell'apprendere quanto la donna in realtà sapesse e nonostante questo non le avesse mai detto nulla, lasciandola libera di scegliere e rispettando la sua privacy, ma quello che le faceva più impressione era il tremore che aveva scorto nello sguardo chiaro di lei, la commozione e determinazione mischiate insieme, che la rendevano affascinante e pericolosa.
 “Molto bene, questo mi solleva” disse la McGranitt con dolcezza.
 “E mi fido di lei Signora, davvero” insistette l'emoor “Solo non capisco quanto posso dire e a chi, non sono l'unica a scegliere, io ed Harry abbiamo fatto delle promesse al professor Silente...”
 “Lo immagino, non le chiedo di rivelarmi nulla, le chiedo solo di non dimenticarsi di me, di noi insegnanti”
 “Non lo farò” disse seria la ragazza “Oggi mi sono esposta molto”
 Per un momento cadde un leggero silenzio in cui si osservarono, non avevano avuto molto a che fare prima di allora, ma era chiaro che Emma stimasse la professoressa, mentre più inaspettato era l'indubbio affetto che Minerva McGranitt sembrava avere per lei.
 “Professoressa” disse l'emoor rompendo il silenzio.
 “Mi dica” ribatté l'altra composta.
 “Arriverà un momento in cui dovremo combattere e la scuola andrà protetta a ogni costo.”
 “Lo immagino per questo ho voluto parlarle ora”
 “Le chiedo, quando arriverà quel momento, di non tentennare e di non chiedere troppe informazioni, ma di fidarsi di me e aiutarmi a difendere la scuola. Questo potrebbe essere essenziale.”
 “Lo farò, O'Shea” disse la donna e sembrò fiera e bellissima “Le assicuro che ci si può fidare della vecchia guardia”
 Le due si guardarono ancora per un altro istante ed Emma si chiese se dovesse rivelarle altro. 
Lei, al contrario di Harry, così ermetico e testardo, era più disponibile a condividere con coloro che amava o di cui si fidava, ciò che sapeva e giudicava completamente sbagliato tenere le persone all'oscuro di qualcosa per presunzione, ma era anche consapevole di dover rispetto a Potter e nonostante il nuovo affetto che zampillava in lei per la professoressa si zittì e non aggiunse nulla.
 Al cenno della donna comprese che la conversazione era chiusa, si alzò e andò verso la porta, ma mentre stava quasi per uscire si fermò e si voltò verso di lei, guardandola intensamente.
 “Professoressa.”
 “Si, signorina O'Shea?”
 “Le devo chiedere un favore personale. Quando arriverà il momento della battaglia, ho bisogno che difenda Draco Malfoy”
 Gli occhi della donna brillarono di un intenso orgoglio da Grifondoro e la ragazza temette che avrebbe riso e rifiutato, ma poi si irrigidì, riacquisendo il suo comportamento composto e professionale e fece un piccolo gesto con il capo in assenso.
 “Lo farò” disse semplicemente ed Emma le sorrise.

*

Il campo da Quidditch, che era stata tante volte teatro delle confidenze tra Emma e Ginny, non era più utilizzabile a causa della presenza dei Dissennatori, così le due ragazze si incontravano quasi sempre ormai sulla riva del lago nero e a volte Ginny si azzardava a portare con sé la scopa e si lanciava in qualche breve volo, mentre Emma a terra si perdeva nella lettura di qualche libro. 
 Quel giorno però pioveva a dirotto e le due avevano ripiegato sulla biblioteca. I Carrow infatti, che inizialmente avevano ostacolato solo i ritrovi tra i quattro emoor, ormai osteggiavano qualunque tipo di incontro tra Emma e i suoi amici.
La biblioteca però, sebbene non potessero far molto altro che sussurrare per non attirare le ire di madama Pince, offriva un riparo maggiore rispetto alla Sala Grande, o alle aree comuni del castello.
 “Quei due trogloditi non si avvicinerebbero a un libro nemmeno sotto tortura” disse sicura la rossa ed Emma sorrise fiocamente in risposta, mentre arrotolava il suo tema di Pozioni.
 “Consideriamola una fortuna, o non sapremmo dove ritrovarci.”
 “Già. Chiamala fortuna, come vuoi. Come vanno le connessioni?” chiese la Grifondoro con un sorriso incoraggiante.
 “Aumentano” rispose l'emoor, la fronte aggrottata.
 “La cosa ti preoccupa?”
 “Non so se è un bene, o un male. In realtà mi sembra di poterle controllare meglio. Io ed Harry riusciamo anche a comunicare facilmente, ma spesso lui mi scaccia ancora dalla sua mente”
 “Forse è spaventato, o ha paura che possa accedere Tu-Sai-Chi”
 “Forse” borbottò lei mestamente, cercando di non apparire troppo cupa di fronte all'amica, non voleva che si preoccupasse eccessivamente, Ginny era già ansiosa quando si parlava di Harry.
 Raccolsero i libri e si avviarono di malavoglia verso l'uscita, raggiungendo a passo svelto un corridoio tranquillo. Emma sfilò dalla borsa il mantello dell'invisibilità, dopo aver controllato che non ci fosse nessuno e lo buttò sulla testa ad entrambe e Ginny non proferì parola, ma con gesti ormai automatici si avviarono in silenzio verso le scale che portavano alle cucine. 
 Generalmente erano i Tassorosso a procurare cibo per le persone ormai bloccate nella Stanza delle Necessità, ma una settimana prima Ernie e Susan erano stati attaccati da due Serpeverde del quinto anno e si erano spaventati, così da qualche giorno, in attesa che le  acque tornassero tranquille, se ne occupavano Emma e Ginny con il mantello a far loro da scudo.
Arrivarono al grande dipinto che fungeva da ingresso e la grifona allungò una mano per grattare la pera che apriva le porte, ma trasalirono entrambe quando si trovarono di fronte Glimpsy, gli occhi sgranati e spaventati.
“Signorina O'Shea” strillò il piccolo elfo e l'emoor sussultò preoccupata che lui potesse vederla, ma si accorse dopo un istante, dal modo in cui l'esserino scandagliava confuso l'aria di fronte a sé, che effettivamente non poteva, ma che la stava evidentemente aspettando. Si fece scivolare il mantello di dosso rivelandosi lui.
“Glimpsy” mormorò “cosa ci fai qui?”
 Sapeva che l'elfo quando lei e Severus erano ad Hogwarts lasciava occasionalmente Spinner's End per lavorare nella scuola, ma non l'aveva mai incontrato prima di allora e la felicità che provava nel vederlo era soffocata dall'evidente preoccupazione che illuminava gli occhi blu di quest'ultimo.
 “Signorina O'Shea” esclamò di nuovo l'elfo con un tono lamentoso e preoccupato “Sapevo che stava venendo qui, Glimpsy è felice di vederla, ma deve andarsene immediatamente!”
“Ho bisogno di prendere del cibo, Glimpsy. È importante”
L'elfo scosse energicamente la testa, facendo dondolare le grosse orecchie, mentre puntellava le ginocchia dell'emoor con le manine.
“Lei non può prendere cibo. Ci sono i due fratelli cattivi”
“I Carrow?” esclamò Ginny indignata, uscendo anche lei allo scoperto e quasi tramortendo dallo spavento il povero Glimpsy che annuì però subito energicamente in risposta ed Emma e la Grifondoro si scambiarono uno sguardo veloce e preoccupato.
 “Perché i Carrow sono nelle cucine Glimpsy?” chiese l'emoor con voce dolce, chinandosi alla sua altezza.
 “Pensano che gli studenti scomparsi siano nel castello e non vogliono che il cibo scompaia” squittì veloce quello.
Le due ragazze si scambiarono un altro sguardo preoccupato e Ginny scosse il capo sicura, stringendo un braccio di Emma.
 “Dobbiamo prendere quel cibo. Non possiamo portarlo via dalla Sala Grande, se ne accorgerebbero e non possono non mangiare”
 Emma sospirò cercando di ignorare l'elfo che ancora la spingeva Emma lontano dal quadro con fare insistente.
“Glimpsy. Per favore, solo qualcosa” sussurrò.
 “NO” squittì lui “lei se ne deve andare signorina O'Shea o la prenderanno e il padrone si arrabbierà moltissimo... deve andare”
“D'accordo” si arrese lei, coprendo nuovamente Ginny sotto al mantello “Glimpsy sai se c'è un altro modo per procurarsi cibo qui dentro la scuola. Un qualunque modo”
 “Non qua dentro” esalò l'elfo. 
 Si sentirono dei passi concitati che si avvicinavano loro ed Emma si affrettò a mettersi a sua volta sotto il mantello, prima che i Carrow arrivassero gridando attraverso il quadro.

“Perché hai aperto il passaggio stupido elfo?” berciò Alecto.
 “Io... io...” balbettò Glimpsy e l'emoor dovette sforzarsi di non intervenire, mentre una rabbia cieca la invadeva a percepire l'evidente il terrore del piccoletto.
 “Io sono venuto a chiuderlo non aprirlo” sussurrò infine l'elfo, mentre Alecto alzava con fare minaccioso la bacchetta verso di lui, subito fermata da Amycus.
 “È l'elfo di Piton questo” la ammonì “Non puoi toccarlo”
 Entrambi i Mangiamorte si guardarono intorno con aria sospettosa, mentre Glimpsy si affrettava a tornare nelle cucine. Emma e Ginny rimasero immobili sotto il mantello, stringendosi a vicenda la mano, fino a quando i due non rientrarono e loro si allontanarono insieme in silenzio,  scosse da ciò che avevano visto.
I Carrow forse non erano così stupidi come avevano pensato e non potevano certo sottovalutarli: erano pericolosi. Stavano cercando Neville e gli altri e non trovandoli, volevano prenderli per la fame.    
 Le due ragazze rimasero mute fino al settimo piano, quando Emma fece scivolare via il mantello dalle loro teste e si azzardò a parlare.
 “Potrebbero avvelenarci tutti quei due e nemmeno lo sapremmo”
 “Gli elfi non lo permetterebbero” glissò la rossa, ma lo sguardo le si rabbuiò e si girò verso l'amica.
 “Non ci siamo mai davvero chiesti chi ti ha fatto un regalo tanto pregiato, vero?” chiese con un cenno al mantello ed Emma scosse la testa, aveva ricevuto con un biglietto anonimo al suo primo anno ad Hogwarts e solo Lilith e James ne erano stati al corrente per molto tempo, fino a quando in quei giorni non era tornato estremamente utile e lo aveva mostrato a Ginny.
Qualcuno che ti ha amato come una figlia” citava il biglietto.
 Secondo la rossa non poteva essere una coincidenza che sia lei che Harry possedessero un oggetto tanto raro e che a entrambi fosse stato regalato e sebbene Emma le desse ragione, non riusciva a trovare una motivazione logica a quel fatto. Non aveva mai dato molta importanza al mantello in fondo, anzi, nonostante l'evidente utilità del regalo, lo aveva usato poche volte, lasciandolo spesso al sicuro sul fondo del suo baule, anche quando sarebbe stato utile.
 Non era una sciocca, aveva avuto anche lei i dubbi e moti di curiosità iniziali su chi fosse l'autore di quel regalo, ma non trovando risposta aveva smesso di chiederselo e solo quando aveva scoperto che anche Harry possedeva un mantello identico vi aveva dato nuovo interesse, ma poi con quel che era avvenuto al Ministero aveva avuto altro a cui pensare.
 “Voglio dire tu ed Harry...” iniziò Ginny guardandola di sottecchi, mentre attraversavano la porta della Stanza delle Necessità.
“Lo so” tagliò corto Emma “Abbiamo molto in comune”
 “E anche lui lo ricevette in regalo”
 “E lui ha mai scoperto da chi?” chiese d'improvviso l'emoor.
 “Non credo” disse la rossa, la fronte aggrottata nello sforzo di capire che cosa le fuggisse.
“Per una volta allora mi sento di fare come Potter” sorrise Emma e poi si zittirono entrambe alla vista del volto sorridente di Neville consce di dover portare lui cattive notizie.

*

Severus l'aveva scrollata con gentilezza, ma Emma si svegliò di colpo come fosse attraversata da una scossa, tirandosi in piedi con un movimento fluido, la bacchetta subito stretta in pugno. 
L'uomo la guardò con una piega amara sulle labbra, forse ferito nel vederla così tesa e pronta ad attaccare. Come fosse in guerra.
 “È tutto a posto Emma, sono io” rispose calmo e l'emoor abbassò lentamente l'arma, ancora confusa.
 Si trovava nel vecchio studio del tutore, quello che assomigliava tanto a Spinner's End, nei sotterranei. La ragazza si ricordò, confusamente, di essere andata lì per farsi medicare il marchio e non trovandovi Severus si era messa seduta ad aspettarlo sulla poltrona davanti al fuoco e doveva essersi addormentata.
 “Scusa Sev” mormorò “Ti aspettavo, sono crollata”
 Gli occhi scuri dell'uomo la ispezionarono attentamente, come a cercare qualcosa che non andasse.
 “Ti aspettavo anche io nel mio ufficio” disse infine “ma non ti sei mai presentata lì”
 “Oh” esalò la ragazza “scusami sono venuta qui d'istinto”
 In realtà Emma odiava andare nell'ufficio che era appartenuto a Silente e quando cercava il tutore si recava sempre nei sotterranei.
“Non c'è problema. Ti ho trovata” rispose distratto l'uomo, riaccese il camino, ormai ridotto a brace, con un gesto pigro della bacchetta e le fece cenno di sedersi, mentre sistemava sul basso tavolino gli ingredienti della medicazione. 
 Emma si stropicciò gli occhi con stanchezza e tolse la fascia dal marchio, l'aspetto era ormai quasi banale, grigiastro e inconsistente. Anche Severus lo controllò attento, le lunghe dita sottili che indugiavano sui bordi frastagliati del disegno.
 “Va tutto bene?” le chiese, con voce bassa, mentre le afferrava di nuovo il braccio, spargendo sul marchio una strana sostanza scura.
 “Non lo so” rispose lei.
 “Hai di nuovo proiezioni delle Ombre? Dolore? Ti serve la pozione senza sogni?” chiese l'uomo e lei scosse il capo.
 “No, niente di tutto questo, sono solo gli incubi. Non mi danno pace e non mi fanno dormire, anzi, aumentano di intensità e in questi giorni si mischiano a quel che ho visto al Manor”
 Gli occhi scuri di Piton si fissarono sulla protetta, prima di tornare a dare attenzione al suo braccio. Mise una mistura verdognola sui bordi cicatrizzati e coprì tutto con bende chiare.
 “Intendi la fuga del trio?” chiese distaccato ed Emma annuì.
 “La fuga del trio. Quell'elfo domestico. Le grida di Bellatrix.” sussurrò mogia, mordendosi il labbro, come faceva da ragazzina.
 “Passerà Emma” rispose il tutore con stanchezza.
 “Mi chiedo solo se stiano bene, ma io sto bene Sev, davvero”
 “Non sembra” le fece notare Piton, lanciandole una breve occhiata.
 Dal suo pianto disperato a Spinner's End qualcosa li aveva portati a tornare uniti come un tempo. I loro corpi si muovevano di nuovo in simbiosi, pronti a proteggersi a vicenda, gli sguardi che comunicavano in continuazione, con il bisogno di passare del tempo insieme con tranquillità.
 La ragazza sospirò decisa ad aprirsi per la prima volta dopo molto.
“Mi manca un po' Lupin” ammise “Mi mancano un po' tutti dell'Ordine, in realtà” La mancavano terribilmente.
Le mancava quella sensazione di affetto e protezione che provava circondata da loro, alla Tana,  o a Grimmauld Place.
 Piton si strinse la radice del naso con due dita, come se cercasse di mantenere il controllo, o la concentrazione, su qualcosa di particolarmente complesso e quando infine si distese sembrava improvvisamente più magro, scarno e invecchiato.
 “Sai di non poter scrivere lui” disse “È in missione con i mannari”
“Tu questo non dovresti saperlo” ribatté Emma.
 “Io so tutto” le fece di rimando l'uomo, dandole le spalle per sistemare alcune boccette su un ripiano vicino e l'emoor deglutì lentamente, osservando la schiena del tutore con apprensione, perché non sapeva mai dove fosse il limite tra uomo e missione quando si trattava di Severus Piton.
 “Non lo tradire” lo pregò infine, con leggero spavento.
 “Chi?” chiese lui perplesso.
 “Remus. Per favore non lo tradire. Lui per me è...”
 “Non ce n'è alcun bisogno” le rispose Piton, gli occhi ancora bassi ed Emma fece un sospiro di sollievo, tornando poi a studiarlo.
 “A te piaceva Lupin” disse “Eravate quasi amici.”
 Piton fece una buffa smorfia, vagamente disgustata.
 “Non direi. Era solo meglio di altri” borbottò.
 “Avevate la stessa età ad Hogwarts, no?”
“Non amo parlare di quel periodo”
 “Perché?” domandò la ragazza, decisa quella volta a insistere.
 “Non ti deve interessare” disse lui con tono forse troppo sgarbato e l'emoor ammutolì, leggermente piccata e incrociò le braccia sul petto pronta a ribattere, ma il tutore la interruppe.
“Il marchio è migliorato” disse, avendo cura di cambiare discorso “non dovrebbe più darti troppo fastidio, forse solo la notte”
“Mi da fastidio solo quando Lui è arrabbiato in realtà e avverto quando vi richiama, ma posso tollerarlo”
 “Meglio così.”
“Sev?” chiese la ragazza, incontrando gli occhi di lui “Visto che sai tutto, come stanno gli altri?”
 “Che altri?”
“L'Ordine”
L'uomo tentennò per un istante, subito nervoso e rigido.
 “Non dovremmo parlare di questo”
 “Perché?” chiese soffice l'emoor.
 “Perché è pericoloso”
 Emma sospirò lentamente con leggero astio. Se c'era una cosa della guerra che la mandava in bestia era non sapere. Non poteva comunicare con gli amici, sapeva che ogni singola lettera era controllata e che la Gazzetta del Profeta non dava alcuna informazione utile: i morti erano insabbiati e le buone notizie non sarebbero state certo sbandierate sul giornale.
 “I due gemelli hanno dovuto chiudere momentaneamente il negozio” mormorò infine Piton a sorpresa, senza davvero guardarla in volto ed Emma sussultò stupita.
 “Davvero?” esalò con panico a malapena trattenuto.
 “Un negozio di scherzi di quel calibro e con quelle modalità rischiava di farli ammazzare. Hanno fatto bene.”
 “Fred e George non sono mai andati troppo per il sottile”
 “Sconsiderati” disse tra i denti Severus.
“Forse. Sono Grifondoro” precisò Emma “Ma intelligenti e furbi”
 Il tutore borbottò qualche parola tra sé e sé non riuscendo propriamente a ribattere contro la ragazza.
I gemelli si erano rivelati due grandi menti imprenditoriali e nei tanti gadget del negozio di scherzi ce ne erano alcuni molto utili, oltre che divertenti e nemmeno Severus Piton poteva negarlo.
 “Per Pasqua possiamo andare a Spinner's End al posto che al Manor?” si azzardò a chiedere l'emoor, dopo parecchi minuti passati in silenzio e l'uomo le lanciò un'occhiata e scosse il capo.
 “Non credo, Emma, mi spiace” rispose con il tono di voce strascicato che la ragazza avrebbe riconosciuto ovunque “Il mio Signore ti vuole vedere, temo”
L'emoor sentì le viscere stringersi per il disagio, deglutì. 
 “Davvero? Di nuovo?” disse e Severus annuì e si risedette alla scrivania, scrutando la protetta attentamente. 
Fece per parlare, ma la ragazza lo anticipò, con leggero astio, dicendo “Sì, so di dover stare attenta” in un borbottio acido e l'uomo inarcò un sopracciglio scuro con sorpresa, prima che la sua smorfia si trasformasse in uno sguardo freddo.
 “In realtà stavo per dirti che posso magari permetterti di andare qualche giorno alla Tana se ci tieni” disse a bassa voce “Ma se preferisci posso inondarti di raccomandazioni inutili che tanto la tua stupida testa di legno non assorbirà in alcun modo”
 Emma si illuminò a quelle parole, semplicemente incredula. 
 “Dici davvero? Posso andare alla Tana?” chiese felice.
 Piton si strinse nelle spalle, lo sguardo freddo e tagliente. 
 “Non ho mai ricevuto ordini contrari a riguardo e nella tua stupidità non hai mai nascosto di essere molto amica di Ginevra Weasley, nessuno si farà domande. Sei una ragazzina per loro.”
 “Sarei molto felice, Sev” disse l'emoor con un ampio sorriso, ottenendo solo una piccola smorfia dall'uomo.
 “Allora è deciso" decretò Piton, aprendo secco un nuovo volume di arti oscure e immergendosi nella lettura. 
Rimasero per un attimo immobili. Pupilla e tutore, con tutto quel non detto e quell'affetto che saturava l'aria di attesa, poi l'uomo sospirò, senza staccare lo sguardo dal libro che stava leggendo e spinse verso di lei una busta gonfia, con aria distratta.
Emma la fissò interrogativa, ma vedendo che il tutore la ignorava si sporse in avanti ad afferrarla e subito si affrettò ad aprirla.
Dentro vi trovò delle lettere, biglietti e piccoli post it. Nessuno di questi era firmato, si trattavano sempre di poche righe didascaliche, ma l'emoor riconobbe la scrittura contorta di Remus, quella tondeggiante di George e un paio di appunti di Fred e capì che quella era la sua posta confiscata dai Carrow.
 Alzò lo sguardo commosso verso il tutore, ma lui fece finta di non vederla, il naso adunco perso nelle pagine del libro che aveva di fronte, come se la lettura fosse una questione di vita e di morte.
 “Grazie Sev” sussurrò lei e tremò, vedendo le labbra dell'uomo arcuarsi leggermente in un sorriso.


*Angolo Autrice*


Ciao Lettori! 
Come state?
Scusate l'ora tarda:) Ad ogni modo, capitolo che può sembrare di passaggio, ma che nasconde piccoli momenti. 
Parto dal titolo: si parla della nuova resistenza, ma mi son voluta soffermare anche sulla vecchia Guardia, attraverso in particolare il personaggio della McGranitt e in parte attraverso Piton. Mentre infatti l'ES, nella Stanza delle Necessità, si organizza e prende corpo, i professori non cedono il passo all'Oscurità. Mi ha sempre affascinato l'idea di una personalità come la McGranitt durante il settimo anno di Potter, il modo stoico che ha di scendere a patti per non abbandonare gli studenti, ma senza perdere un briciolo di carisma. Ho sempre immaginato la donna come una persona di cuore e coraggio, molto legata a Silente e sufficientemente discreta da saper tenere anche segreti di grande portata. Per questo ho voluto avere un confronto con l'emoor e soprattutto era mia intenzione stipulare una sorta di patto/alleanza tra passato e presente. Oltre al fatto che ritengo i professori della scuola maghi e streghe preparati e potenti e non credo al fatto che non sapessero un bel nulla di Potter e tutto il resto, o che per lo meno non intuissero il corso degli eventi.
Della vecchia guardia si scorgono anche il nome di Lupin e quello di Severus che a modo loro, sostengono la piccola emoor. 
Emma sta intanto combattendo per ritrovare un equilibrio, sempre più coinvolta con l'ES, aiuta i Serpeverde ad essere accettati, lotta con la connessione, sistema le sue priorità (Draco e il loro modo di placare gli incubi, dormendo insieme nella stanza della necessità, sono passati per esempio in secondo piano e la ragazza è tornata a non dormire.) Emma, ha cominciato a mettere da parte le Ombre e si concentra più sull'imminente battaglia.
Particolarmente tenero e importante a mio parere il confronto con Harry. Il ragazzo si confida apertamente con lei, raccontandole della morte di Codaliscia e forse per la prima volta i due sono completamente sulla stessa linea d'onda.

Fatemi sapere che ne pensate! Siamo a inizio aprile nella storia (compleanno dei gemelli avviene l'1), manca un mese alla battaglia finale e vi assicuro che in un mese possono succedere molte cose, ma è una caduta libera ormai, verso un'epica lotta definitiva e poi il finale della storia. 
Grazie mille al sostegno che mi state dando. 
Con affetto e tanti abbracci virtuali.
vi

Ritorna all'indice


Capitolo 56
*** Senso di colpa ***



.Senso di colpa.

 



L'emoor lanciò uno sguardo arrabbiato e confuso alla testa bionda di Draco Malfoy, che la precedeva di qualche passo, tenendola per mano, mentre la tirava dietro di sé. Era apparso all'improvviso in biblioteca, come una furia, avvicinandosi al tavolo dove lei, Daphne e Blaise stavano studiando insieme. L'aveva afferrata per il braccio senza proferire parola e senza darle il tempo di ribattere, intimandole solo bruscamente di seguirlo, sotto gli occhi sgranati dei due Serpeverde.
Emma avrebbe voluto chiedere spiegazioni, ma Draco, dopo aver mormorato un secco 'non qui' non aveva più proferito parola, sfoggiando un'espressione contratta e decisa che la ragazza non aveva mai visto sul suo viso e turbata l'emoor, ammutolita, sbirciava ora di sottecchi il profilo del ragazzo, la fronte aggrottata, il grigio degli occhi che sembrava metallo fuso, la mandibola tesa.

 Nei corridoi attraverso cui quasi correvano, non incontrarono nessuno, anche perché Draco, teso e preciso, cambiava velocemente strada ogni volta che sentiva una voce anche solo in lontananza.  
 Sembrava conoscere perfettamente ogni luogo del castello e ogni scorciatoia ed Emma non riuscì a non pensare a quanto doveva aver vagato da solo per la scuola l'anno precedente, quando portava sulle spalle magre fin troppi fardelli.
Continuarono a scendere rapidi, in silenzio ed Emma intuì che si stavano dirigendo verso i sotterranei e vide Draco rilassarsi man mano che vi si avvicinavano, piano dopo piano. Lo osservò distendere le spalle e smettere di digrignare i denti e nelle ultime due rampe di scale, il ragazzo lasciò addirittura andare la mano di lei per avvolgerla con un braccio in vita, in una stretta più dolce.
 Girarono in un corridoio che Emma non conosceva e dopo un attimo la Corvonero si rese conto di essere di fronte a un muro privo di quadri, particolarmente solido e compatto, che a intuito non poteva che essere l'ingresso della Sala Comune di Serpeverde. 
 Draco mormorò la parola d'ordine senza che lei riuscisse a sentirla e appena fu aperto il passaggio, la sospinse dentro e l'emoor percepì la bacchetta del ragazzo sfiorarle il capo e uno strano calore scenderle lungo il collo e capì che il Serpeverde l'aveva disillusa.
 Stupita, sbatté le ciglia, pronta a fare domande, ma venne subito distratta dalla bellezza magnetica della sala verde argento.
 Era la prima volta che accedeva alla Sala Comune e il suo sguardo scorse velocemente sui divanetti in morbida pelle scura, sparsi tutt'intorno e le librerie che svettavano accanto ai tavoli lucidi e neri. Nella luce verdastra che arrivava dalle ampie finestre, Emma riconobbe i fondali del lago nero e spalancò gli occhi stupita nel vedere la piovra gigante scorrere vicinissima al vetro.
 L'emoor si trovò a immaginare un giovane Severus Piton tra quelle mura eleganti e sofisticate, il capo chino sui volumi di scuola, così come una sorridente Narcissa, stretta al fianco di Lucius Malfoy, per non parlare di Bellatrix e persino Voldemort stesso. 
 Emma non faticava in effetti a figurarsi Tom Riddle, giovane e bello, come lo aveva visto nei ricordi di Silente, sedersi mollemente su una delle poltrone vicino agli ampi camini a leggere tomi di arte oscura, con un piccolo ghigno sul volto.
Sbatté di nuovo le ciglia confusa, tornando a concentrarsi sul presente e si accorse solo in quel momento dei vari Serpeverde che si giravano a guardare Draco con sospetto. Grazie alla disillusione non potevano notarla ed Emma si sentì grata di questo, ma rimase stupita dall'acidità che scorgeva su quei volti e subito spiò il viso del biondo, che tuttavia sembrava farsi scivolare addosso quelle ingrate attenzioni e la guidò sicuro verso i dormitori.
 Arrivati di fronte ad una porta che citava in lettere argentate 
“Settimo anno” il biondo prese un respiro prima di entrare nella stanza a grandi falcate, facendo sussultare Theodore Nott e Tiger, sdraiati sui loro letti e impegnati in una conversazione piuttosto frivola su una Tassorosso del quarto anno.
 “Fuori” sibilò Malfoy con decisione, mentre, sotto lo sguardo stralunato dell'emoor, richiamava l'incantesimo di disillusione e i due ragazzi di fronte a loro, trattennero malamente lo stupore nel vederla apparire dal nulla nel loro dormitorio.
 “Che ci fa lei qui?” chiese Theodore con astio.
 “Non sono affari tuoi, Nott” sibilò l'altro.
 “Lo sono eccome visto che mi stai chiedendo di uscire dalla mia stanza” si difese quello, alzandosi con aria minacciosa ed Emma strinse la mano di Malfoy, cercando di attirare la sua attenzione.
 “Draco, Theodore non ha tutti i torti. Vuoi dirmi perché siamo qui?” chiese in un sussurro e scorse uno sguardo di approvazione nell'altro Serpeverde che rispose infatti secco “Grazie O'Shea” gli occhi scuri fissi in quelli grigi di Draco.
 Vincent, intanto, dovette pensare che non valeva la pena di litigare con i compagni di Casa, perché strascicando i piedi uscì dalla stanza, lanciando solo una veloce occhiata verso l'emoor, che imbarazzata fece lui un cenno di saluto. Nott e Malfoy invece continuarono a lanciarsi sguardi velenosi per svariati secondi.
“Ti è tanto difficile non essere irritante una volta tanto, Theo?”
 “E a te è tanto difficile non essere stronzo, Malfoy?”
 “Ti chiedo solo di uscire” ribatté secco l'altro “E ti chiedo di poter essere discreto a riguardo della presenza di Emma qui, come una vera serpe sa fare. Ho bisogno di parlarle”
 Sembrava appellarsi a un codice morale che l'emoor non conosceva e che sembrò far infuriare Nott ancora di più.
 “Spiegami il perché di questa farsa e lo sarò” rispose infatti, prima di sedersi di nuovo sul letto, come se non avesse affatto fretta di abbandonare la stanza e la mandibola di Malfoy si contrasse, mentre la mano si stringeva intorno alla bacchetta.
 “No” rispose il biondo “Non ti devo nessuna spiegazione” 
 Emma sospirò, pronta a mediare, mentre la tensione sprizzava nell'aria. I due ragazzi si fissavano in volto infuriati ed erano entrambi bravi a combattere ed esageratamente intelligenti, se si fossero attaccati sarebbe potuto succedere qualcosa di grave e il fatto che fossero evidentemente ai ferri corti non aiutava.
 “Draco” sussurrò mesta l'emoor, per tamponare, ma il Serpeverde strinse più forte la presa sulla sua mano, lanciandole un'occhiata tanto perentoria che la fece ammutolire per la seconda volta. 
Non aveva mai visto Malfoy tanto deciso. Faceva quasi paura.
 “Perché non puoi andare semplicemente da Pansy come fai sempre Theo?” sibilò tra i denti, perdendo un po' della sua solita compostezza, uno strano rossore sulle guance.
 Theodore sembrò colpito duramente da quelle parole e impallidì leggermente, schiudendo le labbra, confuso.
 “Ti dà fastidio che io esca con Pansy, Draco?” chiese improvvisamente più mansueto.
 “Cosa? No!” rispose Malfoy, evidentemente semplicemente impaziente che l'altro lasciasse libera la stanza.
“Lo capirei” insistette Nott “Insomma era la tua ragazza... io su questo non voglio certo mancare di rispetto”
 “Theo, non me ne fotte un cazzo di Pansy” ribatté Draco “Puoi andarci a letto quanto vuoi. Voglio solo che esci di qui.”
 Theodore sbatté le palpebre confuso, come fosse preso in contropiede e raddrizzò la schiena in modo goffo, a disagio. A Emma, che aveva sempre avuto una visione del ragazzo come un Serpeverde fin troppo gelido e sicuro di sé, sfuggì un sorriso nel vederlo così titubante. Lo vide prendere un profondo respiro e inghiottire un groppo di saliva, prima di riprendere parola.
 “In realtà con lei ho intenzioni serie, non voglio portarmela a letto e basta” disse mesto “Credo di essermi innamorato, Malfoy”
 Scese un silenzio imbarazzato davanti a quella dichiarazione così semplice e tenera. Emma trattenne il respiro e Theo si rese improvvisamente conto della presenza di lei nella stanza e arrossì.
 “È tutto ok” disse subito l'emoor, tentando un sorriso verso di lui “Fate come se io fossi discreta come una serpe, non dirò una parola”
 Per la prima volta il ragazzo non la guardò con cattiveria, ma solo con curiosità, lanciando anche uno sguardo a Draco, ugualmente imbarazzato per la confessione aperta dell'amico. Era evidente che i due Serpeverde, al di là dell'onore che cercavano di non macchiare, non parlassero facilmente di sentimenti.
 “D'accordo Malfoy” borbottò infine Nott ed Emma ebbe l'impressione che stesse cedendo solo perché voleva fuggire dalla stanza ora “Vi lascio un'ora. Non siate disgustosi e ricorda che mi devi un favore e che ciò non toglie che tu sia uno stronzo”
 “E che tu hai pessimi gusti in fatto di ragazze” soffiò Malfoy in risposta, ricomponendosi, un ghigno mesto sul volto.
 “Mai quanto te” ribatté l'altro, chiudendosi la porta alle spalle, dopo aver lanciato un'ultima occhiata all'emoor.
Appena Emma e Draco rimasero soli, il silenzio parve calare freddo nella stanza fino a diventare insopportabile. Draco si sedette sul suo letto ad occhi chiusi come se cercasse con difficoltà di recuperare il controllo ed Emma si avvicinò lentamente a lui, attenta a lasciargli il suo spazio, visto che era chiaramente furioso.
 “Allora è così che litigate voi Serpeverde” disse con un mezzo sorriso, cercando di scuoterlo, ma lui rimase immobile, ignorandola e l'emoor dondolò sui talloni, mordendosi l'interno della guancia e guardandosi intorno curiosa. Non aveva idea del motivo per cui Draco l'avesse portata lì e il silenzio ostinato del Serpeverde la agitava leggermente.
 “Draco, puoi dirmi che succede?” insistette quindi, dolcemente.
 Malfoy era nervoso e fragile allo stesso tempo, sembrava in pensiero per qualcosa, i capelli arruffati che gli cadevano davanti al volto. Emma si avvicinò di un passo, incontrando gli occhi grigi di lui, simili a metallo fuso e stranamente duri e gli sorrise, mentre uno strano calore le invadeva lo stomaco per la sua vicinanza.
 
Draco era sempre bello e gli era mancato in quei giorni.
 
Aprì la bocca per aggiungere qualunque cosa spezzasse quel silenzio, ma non ci riuscì, non ebbe nemmeno modo di pensare, perché il ragazzo le si avventò contro senza preavviso e la baciò con irruenza, stringendosela addosso e l'emoor, colta di sorpresa, rispose a quel bacio con impaccio e desiderio, tremando da capo a piedi come ogni volta che entrava in contatto in quel modo con lui.
 Era dal Manor che non passavano effettivamente del tempo insieme e l'odore di pioggia in arrivo, menta e caffé del ragazzo le fece girare la testa. Le mani di Draco le si mischiarono nei capelli, carezzandole la nuca con le dita sottili e quando l'emoor sentì il modo in cui il cuore di lui pulsava sotto il palmo della sua mano, appoggiato d'istinto sul suo petto, Emma si sentì tremare. 
Aveva dato priorità alla Resistenza, a Potter, alla connessione, dimenticandosi dell'equilibrio. Le parve quasi di vedere Thomas Corvonero ammonirla silenziosamente con lo sguardo e per questo, quando Draco la prese in braccio come fosse una piuma, portandola verso il letto dove era seduto poco prima e le si mise a cavalcioni, baciandole il collo e ispirando il profumo dei suoi capelli, Emma non oppose alcuna resistenza, anzi cercò di stringersi a lui il più possibile e morse le sue labbra, il collo, le spalle, sospirando piano, improvvisamente bisognosa di quel contatto come fosse ossigeno.
 Malfoy armeggiò con i bottoni della sua camicia con difficoltà, dato che cercava in ogni modo di non staccarsi da lei mentre lo faceva ed Emma sentì le guance andarle a fuoco, mentre di sottecchi lo osservava. Il Serpeverde aveva un fisico magro e asciutto da vero cercatore che Emma trovava piuttosto attraente, ma era forte a sufficienza da spostarla agevolmente, essendo lei minuta e infatti quando lui tornò a stringerla, il volto affondato nel suo collo, per poi spostarla sopra di sé in un movimento fluido, l'emoor non ne rimase affatto stupita e sorridendo, lanciò lui uno sguardo languido.
 Sbirciò quella pelle diafana, fregiata di sottili cicatrici sparse, che sapeva ormai di amare con tutta sé stessa. Accarezzò il petto tonico del ragazzo sospirando piano e sentì le mani fresche di lui lottare con la camicia della sua divisa e lo aiutò a liberarsene, aggrappandosi subito al suo collo e cercando il suo sguardo. 
 Fu allora che vide la disperazione profonda che illuminava gli occhi grigi di Malfoy e si fermò agghiacciata.
 “Draco, che succede?” chiese allarmata, ma lui cercò di baciarla nuovamente, le mani che si muovevano svelte sul corpo di lei.
 L'emoor però si irrigidì, allarmata, cercando di sfuggire con fatica alle sue attenzioni, fino a quando il ragazzo capitolò, arrendendosi e si lasciò scivolare contro di lei.
Nascose il volto nell'incavo del suo collo, respirando profondamente, tremante e arreso ed Emma lo strinse a sé, cullandolo appena, per minuti interi, confusa da quel cambio repentino, chiedendosi cosa avesse di nuovo spezzato Draco Malfoy.
 “Ti sto perdendo” sussurrò infine lui, la voce terribilmente sottile e l'emoor sbatté le ciglia perplessa e gli prese il volto tra le mani per obbligarlo a guardarla in viso.
 “Che cosa stai dicendo?” chiese indignata, divincolandosi dal suo abbraccio ed erano entrambi arruffati e arrossati dalla foga del bacio, le camice aperte e la pelle a contatto.
 “Ti sto perdendo. È così” mormorò il Serpeverde, una piega amara sulle labbra sottili “Nessuno mi ha insegnato a come prendermi cura di qualcuno, io ci sto provando, ma non riesco a trattenerti. Però non sono stupido, Emma. Mi nascondi le cose, ti incontri con altri Serpeverde senza invitarmi, ti rifiuti di venire con me nella Stanza della Necessità, non dormiamo insieme da... da quando hai il marchio, non lo so... e gli incubi che ho... forse ti ho deluso”
 “Draco, smettila con queste sterili lamentele. Tu non mi hai deluso e nulla è cambiato da quando ho il marchio, sai anche tu che è poco più di un tatuaggio Babbano per me” si difese la ragazza con decisione, la fronte aggrottata in un'espressione che tradiva la sua preoccupazione.
 “E allora perché non stai più sola con me?” chiese lui “Ti faccio paura? Hai deciso che non ne vale la pena?”
 Emma si corrucciò, ma scosse il capo con un sorriso divertito. Era tanto che lei e Draco non stavano da soli insieme in effetti, visto la Resistenza e tutto quel che era successo, ma non aveva mai pensato che lui potesse pensare che lei lo stesse abbandonando.
 In realtà non aveva mai pensato che un giorno avrebbe visto sul volto del pomposo Purosangue, del sincero bisogno di stare con lei.
“Sei un idiota Malfoy” disse infine “Tu vali sempre la pena, semplicemente la Stanza della Necessità non è più accessibile e trovare altri posti non è facile”
 Lo sguardo del biondo, dapprima confuso, si illuminò pieno di stupore “Oh” esalò e l'emoor ghignò.
 “
Oh è la reazione giusta”
 “Paciock e gli altri?” chiese lui.
 “Esatto” annuì lei, Draco sembrò combattere con sé stesso, mentre scrutava attentamente il suo volto, tenendolo tra le mani e c'era una strana dolcezza in quel gesto, nel modo in cui le accarezzava le guance con i pollici e la studiava in silenzio, che sciolse l'emoor.
 “Perché non me ne hai parlato?” chiese infine il Serpeverde, prendendola in contro piede con il suo sguardo disarmato.
 “Non lo so” rispose lei con un leggero sbuffo “Immaginavo Blaise ti accennasse agli incontri e...”
 “Ma perché non tu?” insistette Malfoy “Non ti fidi più di me?”
 “Non è quello Draco” disse Emma e per un momento si sentì come se i loro ruoli si fossero invertiti, quando l'anno precedente lei cercava di indagare e lui si trincerava dietro al suo silenzio.
 “E allora perché?” insistette nuovamente il biondo.
 Gli occhi grigi erano sgranati e sinceri, come se desiderasse davvero capire il punto di vista della ragazza ed Emma sentì il suo cuore spezzarsi davanti a quello sguardo e capì di non poter più mentire. Non avrebbe comunque potuto proteggerlo per sempre dalla verità, anzi era certa che lui già la conoscesse.
 “Perché non voglio obbligarti a scegliere Draco.” mormorò e lui rimase qualche secondo interdetto, osservandola attentamente e si mise a sedere, scivolando via dal suo abbraccio. 
 Subito l'emoor gli fu accanto, carezzandogli la schiena, senza mai perdere il contatto con lui, il capo appoggiato alla sua spalla.
Il ragazzo si prese la testa tra le mani, la schiena arcuata in una posa affranta e rimase in silenzio per interi minuti.
 “Dimmi cosa pensi” lo pregò l'emoor, quando non riuscì più a reggere quell'assenza di risposte e posò le labbra sulla spalla di lui, rimasta scoperta dal tessuto della camicia pregiata e sentiva il bisogno quasi fisico di stare a contatto con quella pelle chiara.
 “Non mi vuoi tra i tuoi amici?” chiese il ragazzo.
 “Non desidero altro in realtà” mormorò lei.
 “E allora perché non...”
Emma infine si irrigidì appena, chiudendo gli occhi.
 “Non te l'ho mai nascosto Draco se ci pensi” ribatté con leggero nervosismo “Sai perfettamente che io e Ginny e gli altri ci battiamo per 
qualcosa. Sai anche che Blaise è stato invitato a farne parte e se non te ne sei davvero accorto è perché sei cieco, o non vuoi vedere. Se vuoi saperne qualcosa, chiedi, io risponderò a tutte le tue domande. Non ti ho invitato solo perché non ti sentissi costretto, non posso essere io a obbligarti a schierarti e quello che facciamo nella Stanza delle Necessità, Draco, è uno schieramento”
 “Chi ti dice che io non voglia schierarmi?” domandò lui piccato ed Emma sorrise amara, le lacrime sulle ciglia.
 “Quante volte ti ho chiesto cosa pensavi di fare in futuro, alla fine di tutto questo? Mi hai sempre risposto che non hai scelta e non vuoi metterti contro i tuoi genitori, ma che vuoi stare con me allo stesso tempo, ma questa è una guerra Draco, persino io mi sto rendendo conto quanto sia difficile tentare di salvare tutti e sono nel mezzo. Se non vuoi scegliere per chi combattere, almeno devi decidere per cosa stai combattendo. È essenziale”
 Draco la ascoltò attento, disarmato e senza argomenti.
 “Che cosa dovrei scegliere io quindi?” chiese “Ho un destino segnato praticamente e lo sai”.
“Non è così Dra” mormorò l'emoor “Io ho una profezia addosso, ma ho comunque fatto le mie scelte. Questo non vuol dire che tu debba fare le stesse, ovviamente. Ti ho sostenuto in ogni momento nonostante le nostre differenze, ma abbiamo sempre saputo che sarebbe stato difficile a un certo punto”
 “Ma abbiamo sempre trovato il modo di stare insieme, anche se la pensavamo diversamente, che cosa è cambiato ora?” chiese lui allarmato ed Emma scrollò appena le spalle e per un attimo si perse nel grigio degli occhi di lui, lottando con la voglia di baciarlo e avvolgersi insieme nelle coperte, dimenticando tutto il resto, la guerra e Voldemort.
 “Non è cambiato nulla per noi, ma sta per arrivare la resa dei conti e cosa succederà quando ci troveremo una di fronte all'altro nel campo di battaglia? Come ci comporteremo? Non ci sarà spazio per decidere come agire e io non voglio costringerti in una direzione”
 Malfoy inghiottì un groppo di saliva ed Emma lo imitò. 
 Si sentiva particolarmente scoperta. 
Fragile.
 “Non ti farei mai del male, lo sai. Anche se fossimo in battaglia contro” disse il ragazzo e lei gli sorrise con dolcezza.
 “Lo so, Draco e io non lo farei a te, ma questa non è una guerra tra noi due e io non voglio far pesare il mio parere sulle tue scelte”
 Lui fece una smorfia nervosa, passandosi una mano tra i capelli.
 “Quindi, quale sarebbe il tuo piano?” chiese fiacco.
 “Non lo so, non ho un piano” mormorò l'emoor “ma abbiamo sempre lottato insieme per trovare un mondo in cui fosse possibile amarci, su questo siamo sempre andati d'accordo. Ora però io devo combattere anche con altri e alcuni di noi stanno perdendo molto in questa guerra e non potrei mai perdonarmi di averti obbligato verso una strada, che sia la Resistenza, o i Mangiamorte, per questo voglio che sia tu a scegliere.”
“E tu?” chiese rauco lui “Cosa farai?”
 “Io ho già scelto, Draco e quando prenderai la tua decisione sarò pronta ad accoglierti e ascoltare le tue ragioni, ma tu non l'hai ancora presa” disse l'emoor con dolcezza, Malfoy ora teso e nervoso, gli occhi vagamente lucidi, il volto pallido.
 “Quindi secondo te Blaise sarebbe pronto a morire? È sicuro della sua scelta?” chiese con una punta di acidità.
 “Certo” rispose pacata l'emoor “desidera a tutti i costi vivere ovviamente, lo sai come è fatto Blaise, è una serpe, ma sa perfettamente a cosa sta andando incontro. Ne è consapevole.”
 “Ma è una serpe, appunto, come me, tu non lo conosci, lui...”
 “Quindi?” chiese Emma, prendendo il mento del ragazzo per obbligarlo a guardarla “Una serpe cercherà sempre di sopravvivere. Non bisogna per forza essere i primi coraggiosi in battaglia per sostenere un ideale. 
Ci sono tanti modi. So che la tua posizione è delicata: Voldemort è a casa tua e ci sono i tuoi genitori da difendere... ne abbiamo parlato mille volte. Proprio per questo ti sto dando la possibilità di decidere cosa fare della tua vita. Hai sempre vissuto seguendo le scelte che altri hanno fatto per te e so che ne hai sofferto e io non voglio essere l'ennesima persona che ti impone una scelta. Non posso obbligarti a far parte di qualcosa che non desideri”
 Le mani di Malfoy si serrarono sulla vita di lei, avvicinandola a sé ed Emma si sentì tremare, mentre il biondo le sussurrava a un soffio dalle labbra la frase: “Ma io 
voglio stare con te”
 E sentì il cuore spezzarsi nel rendersi conto che era completamente sincero, che davvero la voleva nella sua vita, che almeno una scelta l'aveva fatta. 
Ma non bastava.
 “E io voglio stare con te” sussurrò in risposta l'emoor e lo baciò sulle labbra, gli carezzò il volto e i capelli morbidi e chiari e lo vide chiudere gli occhi e per un momento lasciarsi andare.
C'era una strana malinconia nell'aria, come quella che si percepisce a fine estate. Emma aveva la sensazione che qualcosa stesse scivolando via. Posò un ultimo bacio sulle labbra sottili del ragazzo, poi sulla punta del naso, sullo zigomo e sorrise, posando la fronte contro quella di lui.
 “Non possiamo prenderci in giro Draco, le nostre possibilità di stare insieme in futuro dipendono dalle scelte che facciamo oggi. Se non ci imponiamo, se non decidiamo davvero una direzione insieme, prima o poi, a te verrà imposta una Purosangue che sia un buon partito, lo sai bene, e io...”
 “E se l'Oscuro vincesse?” chiese lui con tono cauto e tremante e le labbra di Emma si piegarono in una smorfia triste e allo stesso tempo piena di tenerezza.
 “Io continuerò a battermi fino alla fine Draco” disse seria “Tu-Sai-Chi non mi lascerà scampo, ma se anche fingessi di redimermi e di voler stare dalla parte dei Mangiamorte, solo per poter stare al tuo fianco, sai bene anche tu che 
Lui non ci cascherebbe. L'Oscuro mi ucciderebbe anche solo per mostrare ad altri cosa succede a chi lo tradisce, anche solo per terrorizzare te, o Severus e ricordare a entrambi a chi dovete essere fedeli. Per questo io...”
 “Ma se vincesse, forse potremmo...” tentò il biondo, poco convinto ed Emma scostò lui alcuni ciuffi di capelli chiari dagli occhi e lo baciò nuovamente con tenerezza.
 “No, Draco, so che ti hanno insegnato a rispettare il potere dell'Oscuro, ma credimi, non credo che con Lui al potere avremmo un mondo in cui viverci liberamente, non potremmo nemmeno avere un mondo in cui scegliere. Per questo ti ho sempre detto che tra lui ed Harry, preferisco mille volte Potter. Ti faccio una domanda, se 
Lui perdesse, che farai? Se rimanessimo con questo regime come ti immagini andrà per noi?”

Per la prima volta lo sguardo chiaro di Malfoy sembrò incerto. 
 Era ansioso come se si aspettasse che lei gli desse la risposta giusta, ma Emma non lo fece, anzi, attese in silenzio, desiderando con tutto sé stessa che Draco riuscisse a racimolare quel briciolo di coraggio per dirle che ci stava, che voleva combattere con loro. 
 Malfoy però rimase immobile, l'aria confusa e lo sguardo vacuo ed Emma, per la prima volta, si arrese.
 Si alzò dal letto, allacciandosi lentamente la camicia, senza smettere di osservarlo e, con il cuore spezzato, si chinò a rubargli un bacio, con dolcezza, sapendo che poteva essere l'ultimo e si avviò verso l'uscita, alzando lo sguardo che era già sulla soglia, per a cercare i suoi occhi, tremando visibilmente.
 “Pensaci” sussurrò, senza temere di dover nascondere le lacrime “Se vuoi ne parliamo domani o quando...”
 “Dovremmo smetterla di vederci, Emma” rispose a sorpresa il ragazzo “Non dovremmo più stare insieme, non dovremmo più provare nemmeno a cercarci.”
 L'emoor inghiottì saliva e cercò di non singhiozzare. 
Se lo era aspettato, ma faceva comunque male.
 Draco alzò lo sguardo verso di lei, non era mai sembrato così fragile, sembrava un uomo al patibolo, la morte nel cuore.
 “Che intendi?” chiese rauca, ma solo per costringere lui a riflettere e parlare, perché lei aveva già tutte le sue risposte.
 “Avevamo tre regole: non mentire, non giudicare e difenderci a vicenda e io non sono in grado di difenderti, Emma ed è evidente e ti ho mentito troppe volte, anche se per proteggerti e ho giudicato le tue amicizie” mormorò il ragazzo.
 “A me questo non importa” ribatté subito Emma, lottando per non avvicinarsi a lui di un passo, senza fiato “so che mi posso fidare di te e questo mi basterebbe, capirai tu cosa vuoi e...”
“Ma non basta a me” disse serio lui “Sono stufo di sentirmi in difetto, Emma. Sono stanco di soffrire, di vederti ogni volta rischiare la vita e sapere che non potrò mai essere io a salvarti, in nessun modo. Perché tu sei mille anni luce in avanti. Mi distrugge”
 “Ma tu mi 
hai salvato” ribatté lei ostinata, decisa a farlo ragionare “Mi hai salvata in molti modi e sei stato accanto a me dopo il marchio. Mi hai dato amore, conforto, speranza...” 
 “Ma non basta” la fermò lui con voce flebile “Finché tu sarai al mio fianco io non sarò abbastanza lucido da scegliere. Tu sei... 
troppo, semplicemente. Raccogli le mie lacrime, mi conforti e sproni, non mi lasci mai la possibilità di cedere. Per questo io non scelgo mai. Ho tutto quello che vorrei dalla vita con te, ma tu non vuoi me se io non scelgo. È un serpente che si morde la coda” disse amaro, gli occhi pieni di profonda tristezza “L'hai detto anche tu, voi state combattendo una guerra che io non son in grado di affrontare fino a quando non sceglierò. Non sono in grado di proteggerti. Sono perfettamente inutile. Mi aggrappo a te perché sei l'unica persona che mi fa sentire davvero vivo, ma non posso approfittare per sempre del tuo amore. Hai ragione, dovrò sposare una Purosangue e in questo momento mi sento talmente tanto insulso che so che lo farei: la sposerei e gli darei un erede maschio perché così dovrebbe andare. Sono troppo codardo Emma, troppo un perfetto Purosangue. E per questo, non voglio più vederti”
 “Draco io...” sussurrò lei. I
l cuore spezzato. Ma le argomentazioni caddero via dalle sue labbra. Malfoy stava soffrendo. Visibilmente. Eppure il suo sguardo si freddò come il più gelido inverno, mentre la fissava da lontano e le sibilava “Vattene”.
 Ed Emma lo vide. Il senso di colpa che distruggeva il ragazzo di fronte a lei, vide i suoi occhi vacui e lucidi, le labbra che tremavano come se volesse aggiungere altro senza averne il coraggio.
Emma Piton O'Shea sgranò gli occhi, stupita, in cerca di parole che non trovava, mentre si rendeva conto che il Serpeverde aveva ragione. Draco era incuneato tra lei e i genitori e nel tentativo di salvare entrambe le parti si stava spezzando, senza comprendere sé stesso. Lei avrebbe saputo farlo, essere l'ago della bilancia era il suo ruolo, ma lui non ne era in grado, semplicemente.
 Respirò lentamente e capì di dover lasciare la stanza prima che Malfoy si sgretolasse su sé stesso, perché vederlo soffrire più di quel che già stava facendo in quel momento, sarebbe stata una tortura per lei. 
Se lo avesse visto spezzarsi Emma sapeva che, cocciutamente, non gli avrebbe permesso di stare solo, né di lasciarsi andare e così facendo quello stallo non sarebbe mai finito.
 L'emoor si voltò, reprimendo un singhiozzo, gli occhi già pieni di lacrime e appena fuori dalla stanza, si mise a correre, senza riuscire ad apprezzare il bagliore verde della Sala Comune in tutta la sua bellezza, né a riconoscere le facce che le scorrevano davanti confuse.
 Andò quasi a sbattere contro Blaise e Daphne di ritorno dalla biblioteca e non si fermò a scusarsi e i due Serpeverde si scambiarono uno sguardo allarmato, poi Daphne corse dietro l'emoor e Blaise si affrettò verso il suo dormitorio quasi con rabbia. 
 Il ragazzo arrivò alla porta, aprendola con un'irruenza che non gli apparteneva, ma le parole piene di veleno che era pronto a sibilare contro l'amico morirono sulle sue labbra, quando trovò Draco solo e disarmato, la camicia ancora slacciata, il volto pallido cristallizzato in una smorfia di dolore sincero.
 “Che cazzo hai fatto questa volta, Malfoy?” sussurrò il moro, con sconcerto, avvicinandosi di un passo all'amico, cauto, spaventato e Draco Malfoy gli rivolse uno sguardo liquido, vacuo e pieno di lacrime dolorose, che caddero dalle ciglia bionde e gli rigarono le guance pallide e magre.
Era la prima volta che Blaise Zabini vedeva l'amico di infanzia piangere e fu più lancinante e scioccante del previsto. 
 Senza dire nulla, il cuore tremante si avvicinò e lo abbracciò. 

*

Era nel cimitero, ma Codaliscia non aveva più il coltello pieno del sangue di Harry. Il corpo di Peter Minus era a terra, gonfio e ributtante, la lingua violacea che fuoriusciva dalle labbra screpolate, gli occhi sgranati e i lineamenti quasi irriconoscibili. Emma rischiò di vomitare anche nel sogno. 
 Chiuse gli occhi, ma non poteva semplicemente smetter di vedere qualcosa che era nella sua testa, qualcosa di così infido da torturarla nel sonno.

Il circolo di Mangiamorte. Lucius e Severus che ridevano di lei.
La donna che non conosceva. Le grida strazianti, la luce verde.
Harry morto. I suoi genitori morti. Steph morto. Hermione e Ron morti. Lilith morta. Ginny morta. James morto. George morto. Gli emoor morti. La testa di Artemius si voltò lentamente verso di lei.
 “È colpa tua, Emma”

L'emoor annaspò nel sogno, pianse gridò, ma quelle immagini continuavano a sfarfallare davanti ai suoi occhi, crudeli, realistiche, dolorose. 
 Draco Malfoy era al centro del circolo dei Mangiamorte ora. La guardava vacuo, ma c'era qualcosa di sbagliato in lui, che stonava.
 “Ho scelto di stare dalla tua parte Emma” disse, lo sguardo troppo vuoto, la pelle troppo pallida. L'emoor fece un passo verso la sua figura, ma Nagini fu più veloce. Si avventò contro Malfoy e gli squarciò il collo.
 Il circolo di Mangiamorte... Lucius e Severus che ridevano di lei... la donna che non conosceva. E ancora. E ancora. E ancora.

*

Una settimana dopo l'incontro nel dormitorio di Draco, Emma si sentiva ancora uno straccio. Lei e il Serpeverde non si erano più parlati e l'emoor si era sforzata di non incrociarlo nemmeno nei corridoi, per impedirsi di cedere davanti al suo sguardo e di abbracciarlo ancora una volta, tentando di consolarlo. 
 Sapeva bene quanto Draco Malfoy potesse essere il suo punto debole e sapeva soprattutto che il ragazzo 
aveva ragione: se volevano avere una speranza, quella rottura avrebbe fatto bene a entrambi.
 Per questo l'emoor passava ormai quasi tutto il suo tempo, al di fuori delle lezioni, trincerata nella Stanza delle necessità insieme a Neville e a coloro che attendevano di far sbollire i Carrow per qualche motivo, o alla peggio nella sua Sala Comune, immersa in un libro, o circondata dai suoi amici.
 Quel giorno però il sole era spuntato per la prima volta tiepido nel cielo e la ragazza si era azzardata ad andare in riva al lago nero insieme a Lilith e James in cerca di un momento di pace.
 Ad Hogwarts la notizia della rottura tra lei e Draco, si era diffusa a macchia d'olio a causa della sfuriata che Daphne aveva fatto contro Malfoy durante colazione il giorno dopo il loro incontro.
 Era molto raro vedere un Serpeverde urlare, generalmente erano sempre freddi e controllati, 
soprattutto la Greengrass, eppure qualcosa le aveva fatto perdere la calma e senza nessun preavviso tutta la Sala Comune l'aveva vista balzare in piedi, gridando addosso al biondo che se non fosse stato così maledettamente stupido non si sarebbe fatto scappare una ragazza meravigliosa come Emma.
 Draco era rimasto con gli occhi fissi nel piatto, pallido e a disagio, mentre l'amica, furente, si era allontanata dal tavolo con aria altera, le guance stranamente chiazzate di rosso.

*

 “Non mostrare lui quanto stai soffrendo, questo lo farà impazzire, Emma.” disse la bionda con tono secco, le mani sottili a scrollarla gentilmente.
 “Dici?” chiese lei perplessa e l'altra annuì con un leggero ghigno sul volto.
 “I Purasangue sono piuttosto gelosi delle loro compagne e anche se ha voluto questa assurda pausa per prendere una decisione che dovrebbe già conoscere, tu rimani la sua compagna e Draco impazzirà davanti alla tua sicurezza”
 “Non voglio farlo impazzire” sussurrò l'emoor affranta.
 “Allora fallo per me, come favore personale” le disse Daphne con aria furba “È ora che il mio amico si dia una svegliata. Capisco che la sua situazione non sia semplice, ma francamente ha tutte le possibilità di prendere una direzione e credo che non scegliere te sarebbe semplicemente da idioti”
 Le labbra dell'emoor si curvarono in un leggero sorriso e borbottò un “Lo pensa anche David” mentre la Serpeverde si chinava per darle uno dei suoi rari e composti abbracci.
 “Andrà tutto bene, Emma. È complesso, ma andrà tutto bene”

*

Daphne era stata la prima a raggiungerla e a raccogliere le sue poche lacrime quel giorno, aiutandola a ricomporsi, come avrebbe fatto una vera Serpeverde, ma Emma non si era aspettata una sua sfuriata del genere e nei giorni successivi aveva dovuto dribblare la curiosità degli studenti, ma anche dei suoi amici e di alcuni membri dell'ES, che probabilmente gioivano silenziosamente di quella rottura.
 Con enorme sollievo dell'emoor, oltre a Ginny, anche Lilith e James avevano avuto il buon senso di lasciare spazio all'amica e nessuno dei due aveva fatto domande indiscrete, nonostante la biondina avesse dovuto più volte mordersi la lingua per la tentazione.
 Entrambi in fondo intuivano senza dover chiedere i motivi di quello stallo e immaginare un compromesso tra le due parti era difficile, ci sarebbe voluto molta pazienza e comprensione.

 L'emoor stava in fondo assumendo un ruolo sempre più di spicco nell'ES, affiancando Ginny e Neville nel coordinare il gruppo e facendo quasi sempre da portavoce, sia per gli emoor, sia per il gruppo di Corvonero, che si fidava ciecamente di lei. 
 Mentre al contrario Malfoy era sempre più schivo e silenzioso, simile a un'ombra nella scuola, sempre più spesso solo e assente dato che non si presentava nemmeno durante i pasti e quando lo faceva toccava a malapena il cibo, il volto perennemente pallido.
 Non potevano continuare così, ovvio, dovevano prendere una decisione, ma se Emma aveva messo in tavola perfettamente le loro possibilità, lasciando a lui una scelta, Draco Malfoy che aveva molte qualità, sfoggiava, tra i suoi peggiori difetti, il fatto di essere un codardo con il terrore di scegliere e questo non aiutava.
 L'emoor si appoggiò alla spalla di James, cercando di non pensare al biondo, circondando le spalle di Lilith in un abbraccio.
 Erano accovacciati vicini per stare nascosti sotto al mantello dell'invisibilità di Emma, con l'intenzione di sfuggire ai Carrow, o ai giovani Serpeverde pronti a fare la spia. 
 In realtà a nessuno dei tre dispiaceva rimanere a contatto con gli altri due sotto lo stretto mantello, nella loro amicizia spesso si erano ritrovati a dividere un abbraccio e a trovare conforto nel vicinanza tra loro e parlavano sotto voce scherzosamente dell'ultima noiosissima lezione di Ruf, delle disastrose storie d'amore estive di James e di quanto Lilith fosse svenevole a parlare di Fred.
 “In effetti Lilith innamorata sei strana” disse James con un sorriso.
 “Sono innamorata da molto però” disse la biondina di rimando, prima di illuminarsi e voltarsi velocemente verso gli altri due, rischiando di far scivolare via il tessuto che li copriva “A volte mi chiedo cosa sarebbe successo se non mi fossi presentata ad Emma, forse oggi non starei nemmeno con Fred”
“E perché mai?” chiese l'emoor accigliata e l'altra scrollò le spalle.
 “Ho notato Fred perché i gemelli parlavano con te, prima non aveva mai fatto caso a loro, anzi, li trovavo abbastanza idioti”
 “Lo sono ancora a volte” rise l'emoor con affetto.
 “A volte sì” concesse l'altra “mi manca molto”
 “Merlino Lilith” la stuzzicò Emma “Jam ha ragione, sei svenevole”
 “Dico davvero” insistette subito la biondina, ridacchiando, pur con aria stranamente assorta “Secondo voi cosa sarebbe successo se non mi fossi presentata la prima sera ad Emma?”
 L'emoor le lanciò un'occhiata confusa e ci ragionò velocemente.
 “Beh, ci saremmo incontrate mezzora dopo in dormitorio e probabilmente avremmo fatto comunque amicizia”
“Non è detto” intervenne James “Lils ha ragione, se ti avesse parlato per prima Luna magari avresti legato con lei. Luna ha sempre frequentato Ginny, saresti uscita più con loro”
 “Avreste preferito che fosse andata così?” li stuzzicò l'emoor.
“Affatto” disse James con un'espressione dolce sul volto “sono molto contento che il giorno dopo tu sia inciampata in tutta la tua grazia, mandando all'aria la scacchiera di Sean. Una bella entrata di scena”
 Emma rise sincera a quel ricordo, imitata da Lilith.
“La tua classica eleganza Ems” la prese in giro l'amica.
 “Vi ricordate quando alla prima lezione di pozioni Lilith non la smettevi di insultare Severus?”
 “Adoro ancora chiamarlo pipistrello” ribatté l'altra.
 “E le tue Pozioni fanno ancora schifo” le ricordò James.
 “E tu non sei ancora riuscito a diventare cercatore Jam” si difese subito lei “E non vorrei dirtelo, ma a batterti è quella piagnona di Cho Chang”
 “Eddai!” la rimbeccò Emma “Siete troppo duri con quella ragazza, Cho ha sofferto molto per Cedric"
Per un istante si adombrarono al pensiero del ragazzo, Diggoy per Emma era un tasto sempre dolente, la sua morte totalmente evitabile e così veloce la feriva profondamente. Per di più, aveva conosciuto poco Cedric, ma per quel poco che ci aveva avuto a che fare, le era sembrato un ragazzo essenzialmente buono e corretto, una morte decisamente ingiusta. L'emoor sospirò lentamente e cercò di cambiare discorso per non perdere il buon umore.
 “Beh vi immaginate se Silente invece mi avesse dato un altro tutore al posto di Severus? Tipo la Cooman?”
“Merlino” esalò Lilith con aria inorridita “non l'avrei mai detto, ma quasi preferisco il pipistrello”
 Scoppiarono a ridere tutti e tre, di nuovo allegri, ma quando l'emoor fece per aprire bocca e aggiungere un altro aneddoto, venne percorsa da un brivido e James subito la strinse.
 “Tutto bene?” chiese preoccupato e lei annuì.
 “Di nuovo la connessione?” domandò Lilith perplessa.
 “Già” mormorò lei affranta.
 “Ormai ne hai parecchie al giorno.” le fece notare James ed Emma corrugò la fronte pensierosa e fece un cenno di assenso verso i due.
 “È come se il legame stesse diventando più forte” ammise.
“Parlano ancora della Gringott?” chiese la biondina scrutandola e l'amica annuì, ma subito sgranò gli occhi, notando Sean che correva a perdifiato verso di loro. Lilith si voltò a sua volta e tutti e tre si scambiarono uno sguardo sotto il mantello.
 “Deve essere successo qualcosa” disse Emma e uscì allo scoperto, rivolta al Corvonero in arrivo “Sean?”
 Il ragazzo sospirò di sollievo nel vederla, mentre anche Lilith e James si liberavano del mantello, rendendosi visibili.
 “Dovete correre” disse, il fiato corto, gli occhi sgranati “Richard Done è impazzito, ha ferito Finnigan e sta cruciando una ragazzina” “Sean, ma che dici?” chiese brusco James.
 “È così. Zabini sta provando a mediare con i Carrow perché lo facciano smettere, ma non sembrano intenzionati”
L'emoor trattenne il fiato mentre lo storico astio per il compagno di Casa le infiammava il petto, si scambiò uno sguardo veloce con gli amici e si mise a correre, mano nella mano con Lilith e James.
Sean li osservò per un istante pieno di sollievo, mentre si allontanava, prese respiro e poi riprese a correre per seguirli.

*

Ben svegliata”
 Emma sbatté le palpebre confusa, guardandosi intorno. Si rese conto di essere stesa in un lettino dell'infermeria, ma non ricordava affatto come ci fosse finita, né si capacitava del motivo per cui Blaise Zabini, in tutta la sua elegante compostezza, dovesse essere seduto mollemente su una sedia accanto a lei, mentre le rivolgeva un sorrisetto gentile, sfogliando distrattamente una rivista di moda.
 “Che ci fai qui?” mormorò perplessa.
 “Io?” domandò il ragazzo con un sorrisetto “Do il cambio ai tuoi amorevoli amici che ti hanno vegliato senza sosta per tre giorni” 
 “Cos... che amici? Che ci faccio qui?” ripeté lei e il Serpeverde  allargò il sorriso, l'aria stranamente allegra.
 “Sono felice anche io di vederti Emma” disse ironico, inarcando le sopracciglia “Comunque te l'ho detto: sei rimasta svenuta per tre giorni e ad onor del vero ti sei persa un sacco di cose”
 L'emoor corrugò la fronte e gemette per il dolore alla tempie che subito la gelò, aveva ricordi davvero confusi.
 “Mi puoi dire che è successo senza girarci intorno come una vera serpe, per cortesia?” chiese 
affranta e l'altro sorrise sornione, gli occhi chiari e obliqui illuminati di quello che sembrava puro divertimento.
“Certo che posso, ma il fatto è che adoro tenere qualcuno sulle spine. Aumenta la suspence del racconto”
 Emma sbuffò, chiaramente contrariata e il ragazzo inarcò di nuovo un sopracciglio, umettandosi le labbra in una smorfia aristocratica.
 “Non ti ricordi nulla?” chiese infine.
 “Non molto e sto uno schifo” mormorò l'emoor.
 “Vorrei ben vedere, O'Shea, ti sei presa diciassette Cruciatus per difendere una ragazzina di Corvonero. Abbiamo avuto paura morissi in realtà, non mi aspettavo nemmeno che ti svegliassi tanto presto. Fortunatamente Done è un mago mediocre e non ha fatto danni. Non troppi almeno.”
 Emma guardò scioccata il moro per qualche secondo, esterrefatta da ciò che aveva detto, prima di iniziare parlare con voce stridula.
 “Che cosa!?” disse, ma si fece sfuggire un gemito di dolore e dovette ristendersi sui cuscini, parlando con tono basso “Diciassette Cruciatus? Che Corvonero? Che cosa è successo Bla?”
 “La corvetta dovrebbe chiamarsi Viola Prewin è del terzo anno. E sì, diciassette Cruciatus, Emma. Richard Done è impazzito e ti ha cruciato diciassette volte” ripeté l'altro e l'emoor sbatté le ciglia, ricordando all'improvviso Sean e la corsa fatta con Lilith e James.
 “Richard? 
Morgana, Zabini vuoi parlare una volta per tutte!?” sibilò irritata, perdendo completamente la calma, mentre una sorda angoscia le stringeva il petto “Qualcuno si è fatto male?”
 “No, non troppo” soffiò il Serpeverde più serio, tornando a leggere la sua rivista con aria distratta “Artemius si è preso qualche graffio, è uscito ieri dall'infermeria, James si è beccato un paio di Cruciatus, nulla di troppo grave e ormai sembra esserci abituato, ma Richard Done è stato espulso, Piton ha perso il controllo, i Carrow sono stati puniti e Daphne ha letteralmente aggredito Draco”
Lei assunse un'espressione incredula e sentì le parole venire a meno.
“Merlino, Blaise, come narratore fai davvero schifo” disse infine, affondando nei numerosi cuscini del lettino con stanchezza.
 Si sentiva completamente a pezzi, le facevano male tutti i muscoli e le bruciava il marchio, oltre al mal di testa.
 - Emma - 
Harry
- Harry - rispose lei attraverso la connessione
 - Emma sei sparita per tre giorni, che cosa è successo? -
 Nella mente della ragazza apparve per un istante la Gringrott e di nuovo la casa piena di conchiglie che percepiva come un luogo sicuro. Sospirò lentamente, sentendosi invadere nella mente dalla preoccupazione del Grifondoro.
 - Ho avuto un imprevisto e sto ancora unendo i puntini, Potter, ma sono viva se è questo che ti preoccupa -
 - Non farlo mai più -
 - Allora tu sbrigati a far fuori Tu-Sai-Chi -
 - Mi chiedi una cosetta da niente, O'Shea-
 L'emoor lo sentì quasi sorridere.
 - Pensavo fossi tu l'eroe senza macchia, Potter -
 “Ehilà, terra chiama Emma, ci sei?”
 La Corvonero sbatté le ciglia, rimettendo a fuoco l'elegante ragazzo bruno che era ancora accanto a lei, l'espressione divertita.
 “Scusa Zabini, ero distratta”
 “Ti stavo chiedendo se vuoi che ti spieghi cosa è successo”
 “Te ne sarei grata”
 “Bene” disse lui, arricciando le labbra soddisfatto, mentre chiudeva con un gesto secco e teatrale la rivista, evidentemente divertito da poter fare quel racconto, Emma si dispose all'ascolto “Richard Done è uscito di testa, completamente impazzito. Senza motivo”
 “C'è sempre un motivo. Spiega” ribatté Emma attentissima e pronta ad assimilare ogni dettaglio.
“Ha aggredito la ragazzina di Corvonero, Viola Prewin appunto, perché lei gli ha fatto cadere un libro in corridoio. Lui ha iniziato a urlarle contro, dicendo che era una pezzente e che doveva essere una Mezzosangue per comportarsi in modo così stupido”
 “Ma che dici?” sussultò Emma, stupita, quello che le stava dicendo Blaise era troppo anche per uno come Richard.
 “La verità. Credimi, è stato orribile e senza senso.” disse il ragazzo cupo “Quando la ragazzina non ha risposto alle sue provocazioni Richard ha cominciato a Cruciarla. Io ho visto tutto da lontano, mi sono accorto tardi di quel che stava succedendo, ma c'erano dei Serpeverde presenti e Amycus Carrow e nessuno l'ha fermato. Poi ci ha provato Finnigan, di Grifondoro, ma Done l'ha quasi ucciso,  quindi il tuo amico, quello con la testa color sabbia, Sean si chiama, no? È andato a cercare rinforzi.”
 Emma annuì, senza fiato “Sì, Sean ha chiamato noi”
 “Lo so. Io invece mi sono assicurato che Finnigan stesse bene, insieme a Daphne e quella svegliona della Abbott”
 “Non prenderla in giro” sorrise l'emoor.
 “Beh, non si può proprio dire che sia veloce come un boccino” ribatté l'altro con aria innocente ed Emma si fece un sfuggire una risata, ma subito lo esortò a continuare. 
 “Va avanti, Zabini, ti prego, sei una continua distrazione.”
 “Beh la ragazzina era quasi morta di dolore” riprese il ragazzo con tono pragmatico “Nessuno di noi sapeva cosa fare, anche perché era arrivata anche Alecto e lanciava maledizioni contro chiunque cercasse di intervenire. Ho provato a mediare senza successo, ma poi sei arrivata tu e non ti sei minimante posta il problema”
 L'emoor aggrottò la fronte, mentre qualche immagine di quel che era accaduto affiorava nella sua memoria, si morse il labbro e fece cenno a Blaise di continuare.
Zabini prese un profondo respiro molto teatrale  prima di procedere.
 “Richard sembrava scoppiare dalla felicità di averti lì davanti, ha subito provato ad attaccarti, ma ovviamente tu l'hai disarmato in mezzo secondo. Amycus però si è incazzato, ti ha minacciato di uccidere la piccoletta di Corvonero se non avessi appoggiato a terra la bacchetta e tu ovviamente...”
 “Ho appoggiato la bacchetta” concluse per lui l'emoor
 “Sì, ovvio. Sei miss 
falacosagiusta, quasi peggio della Granger!”
 “Zabini” lo ammonì l'emoor.
 “Sì beh, a ogni modo” riprese il moro “Done è andato fuori di cervello e ha cominciato a Cruciarti. James ovviamente è scattato in tua difesa, purtroppo si è dimenticato di essere un mago e se posso dirlo anche con un discreto talento e ha ben pensato di provare a picchiarlo alla Babbana, ma si sono messi in mezzo dei Serpeverde tra cui Tiger e Goyle e si è anche beccato un paio Cruciatus.”
 Emma cercò di non farsi prendere dal panico. 
James stava bene ora, non doveva preoccuparsi, o Blaise l'avrebbe già detto.
 “
Lilith a quel punto si è spaventata” continuò Zabini con voce tranquilla “è corsa a chiamare gli altri emoor e Ginny, a proposito, un bel peperino la Weasley”
 La Corvonero alzò gli occhi al cielo, esausta dalle lungaggini.  “Zabini va avanti 
ti prego” sussurrò.
 “Ok” disse Blaise, facendo spallucce “Beh noi abbiamo preso tempo e quando Lilith è tornata con gli altri Done era ormai fuori di sé. Amycus rideva e Alecto continuava attaccare chiunque, tu eri ancora sotto Cruciatus e nessuno di noi sapeva davvero che fare, eravamo atterriti, giuro, non sapevamo come intervenire, eravamo un sacco di persone tutte vicine, rischiavamo di ferirci a vicenda. La Weasley però quando è arrivata non ha fatto una piega, ti ha visto a terra e ha attaccato Amycus con una fattura 
Orcovolante
“Ti prego, non me lo dire” trattenne il fiato l'emoor.
 “Oh, ma è andata proprio così” sorrise Zabini “La fattura ha steso Amycus, David ne ha approfittato e ha disarmato e 
Schiantato Done e a quel punto Alecto si è messa strillare: sembrava un maiale sgozzato e Artemius Hope le si è messo di fronte e glielo ha detto”
 “Cosa le ha detto?” domandò Emma scioccata.
 “
Che sembrava un maiale sgozzato” ripeté placido Zabini “Dovevi vederlo. Glielo ha detto proprio in faccia Emma, con quella sua espressione da schiaffi stampata in volto, dovevi vedere quella di lei. Ha provato ad attaccarlo ovviamente, ma quel ragazzo è forte e ha parato quasi tutte le maledizioni, si è preso a malapena due graffi e le ha detto che era una strega mediocre, poi le ha voltato letteralmente le spalle, come se non la temesse minimamente e si preso cura di te. Alecto è rimasta a bocca aperta”
 “E Sev quando è arrivato? Hai detto che ha perso il controllo” disse debolmente l'emoor, incredula per quel che le stava raccontando l'amico, cercando di immaginarsi la scena.
 “Emma io credo di non aver mai avuto tanta paura in vita mia. Ho temuto che Piton ci uccidesse tutti dalla rabbia. È apparso all'improvviso e quando ha visto te a terra è diventato una furia. Alecto stava ancora squittendo scuse e Piton l'ha Cruciata senza battere ciglio, davanti a tutti noi, Emma”

*

 “Richard non essere stupido”
 “Sei tu che sei stupida O'Shea e cieca. Non vedi che sto ripulendo Hogwarts?”
 “Hai perso il senno Rich”
Lui rise e l'attaccò, lei lo disarmò senza battere ciglio.
 “Mi fai schifo sporca emoor” sibilò lui arrabbiato, ma lei lo ignorò e lanciò uno sguardo preoccupato alla ragazzina Corvonero inerme a terra.
 Sembrava minuscola e indifesa, oltre che priva di sensi, rannicchiata a terra.
 “Va tutto bene Viola” cercò di confortarla, chinandosi su di lei e sospirando di sollievo quando percepì il debole battito di cuore del suo polso.
 “Non fare l'eroina emoor” sibilò Done, spingendosi gli occhiali sul naso in un gesto agitato ed Emma gli lanciò uno sguardo bieco.
 “Come pensi che la prenderanno Dan e Luke a sapere che vuoi ripulire Hogwarts da quelli come loro Rich?”
 Dolore. Dolore. Dolore. Paura e desiderio di proteggere i suoi amici.
Rabbia, sgomento e il marchio che bruciava terribilmente.
 
“Richard torna in te” la voce tranquilla di James.
Emma avvertì l'amico che abbandonava il suo fianco e quasi si avventava contro il Corvonero. Furia, dolore, sconcerto.
 “Smettila immediatamente Richard” Muscoli , corpi, movimenti.
 “Crucio” un suono sordo e qualcosa che cadeva a terra.
 James ora era sul suolo, vicino a lei ed Emma cercò di allungare la mano per afferrare la sua. Voleva sentirlo vicino, voleva proteggerlo, ma il suo corpo non le rispondeva in alcun modo, squassato dalle Cruciatus.

Il dolore l'aveva invasa con tale irruenza da confonderla, non si sentiva più come se il suo corpo le appartenesse, non capiva dove fossero le braccia e le gambe, sentiva solo delle voci confuse intorno a sé e blandamente si rese conto che nessuno la stava più torturando, sentì Ginny strillare.
 “Emma! Che cosa le avete fatto? Animali! Stupidi idioti senza midollo”
 Uno scoppio, i capelli dell'amica che si muovevano nell'aria come una fiamma. Amycus che cadeva a terra. Emma lo guardò a fatica, le sembrava sfocato, lontanissimo, anche se era a meno di un metro.
 “Emma sono Mius, mi senti?”


Gli occhi di Artemius non erano il grigio che amava, ma erano un'ancora di salvezza ed Emma vi si aggrappò, cercando di non scivolare nell'incoscienza con disperazione, senza comprendere dove fossero le sue mani e neppure il suo cuore, non sapeva nemmeno più se stava respirando, o se fosse già morta.
 “Mius” provò a chiamarlo, ma le sue labbra non si mossero e il volto pallido dell'amico si fece inconsistente.
 “Emma non abbandonarmi, lasciati proteggere, ascolta la mia voce”
Emma si aggrappò con totale fiducia a quel mormorio sommesso.

“Crucio”
Alecto che gridava come un'ossessa. Silenzio. Timore. 
 Piedi che si allontanavano in fretta. E poi Severus.
 “Weasley, Bitterblue, accompagnate McGregor, Finnigan e Hope in infermeria. Zabini e Greengrass nel mio ufficio, mi spiegherete cosa è successo. Signor Bale, mi aiuti con questa ragazzina. La porti in infermeria e dica Madama Chips di predisporre immediatamente un trasferimento al San Mungo. Tutti voi altri zotici sparite nelle vostre Sale Comuni, questa sera non verrà servita alcuna cena. Abbott, Lower e Brown voglio che organizziate delle pattuglie nei corridoi, nessuno studente può uscire” sibilò l'uomo.

Severus. Severus. Severus. Severus.
Emma sentì il tutore chinarsi verso Alecto ancora cosciente.
 “Prendi quella feccia di tuo fratello e accompagna il signor Richard Done nei sotterranei, può attendere lì sotto che i suoi genitori vengano a prenderlo, è espulso con effetto immediato. Ascoltami molto attentamente Alecto: tu mi disgusti, non credere che il nostro Signore Oscuro non venga informato di quanto accaduto oggi.  Non riuscite nemmeno a gestire dei ragazzini in modo pulito. Siete ridicoli. Sappi che se provi ancora una singola volta a toccare la mia protetta senza il mio preciso consenso... io ti uccido, siamo intesi?”

Passi, Artemius che le stringeva la mano.
 “Signor Hope, lasci pure la signorina O'Shea, me ne occupo io” Severus.
 “Mi dispiace signore, io non la abbandono”
Il sospiro stanco di Piton.
 “Nemmeno noi” Lilith e James.
 “Noi tutti siamo con lei” Ginny
 “Tutti insieme” David, Emily.

*

“Me lo ricordo” disse Emma “mi ricordo qualcosa”
 “Ne sono contento” sorrise Zabini mellifluo, l'aria divertita “Sarebbe stato un peccato se tu ti fossi persa il tutto”
 Per un momento la ragazza rimase in silenzio, guardando distrattamente il soffitto bianco dell'infermeria.
 “Richard è sempre stato un idiota” disse infine.
 “Concordo”
 “Quindi ora è espulso?”
“Totalmente”
 “Immagino sia un problema in meno”
 “Era ora che avessimo qualche buona notizia, no?” ghignò il Serpeverde, poggiandosi con i gomiti sul bordo del letto.
 “Gli altri?” chiese Emma.
 “Te l'ho detto: sono stati qui a vegliarti. Ginny è dovuta andare nella Stanza delle Necessità però, Piton non le ha tolto punti, né l'ha punita, ma il fatto che abbia attaccato uno dei Carrow la mette sicuramente in pericolo, meglio non si faccia vedere troppo in giro”
 Emma si passò un mano sul volto e sospirò “Salazar”
 “Già” rispose l'altro con un ghigno gentile.
“Lilith, Jam, gli emoor?”
 “Tutti bene, staccare James dal tuo letto è stato difficile.”
“Come mai?” chiese perplessa.
 “È diventato iper protettivo e credimi se ti dico che con Artemius anche peggio. Io e Lower abbiamo dovuto garantire che non ti avremmo mai lasciata sola perché andassero a dormire qualche ora, per fortuna Lilith ed Emily sono state ragionevoli e ci hanno dato man forte e tu sei stata estremamente fortunata a svegliarti quando ero io a fare turno”
 “Perché mai dovrei esserlo, Zabini?”
 “Beh, O'Shea, mi sembra ovvio, non è per tutti un risveglio accanto all'uomo più affascinante di Hogwarts”
“Sei un idiota Blaise” fece lei, prima di tornare seria “Daph?”
“Sta bene, un po' scossa, ovviamente, ma tutto ok”
 “Mi hai detto che ha attaccato Malfoy”
“Oh, già è vero. Quello.”
Quello. Non hai niente da aggiungere?” insistette l'emoor, suo malgrado in ansia per il ragazzo.
 “Ben poco. Draco non è venuto a trovarti. È li che si torce le mani in Sala Comune, pallido come un lenzuolo, ma non ha il coraggio di venire qui e Daph non gli rivolge più la parola in maniera che sembra piuttosto definitiva. Gli ha detto che rimarrà per sempre solo e vuoto, che è un codardo e non merita la Casa di Serpeverde”
 “Mi spiace” mormorò l'emoor impressionata, senza faticare a immaginarsi il volto arrabbiato della ragazza.
 “Oh. Non farlo” disse in fretta Zabini “Draco è il mio migliore amico, Emma, ma io sono d'accordo con te e con lei. È ora che Malfoy prenda la sua prima scelta. Sarò sincero: sta soffrendo come un cane, ogni volta che entro in dormitorio mi guarda in silenzio in attesa che io gli dica qualcosa su di te e io faccio molta attenzione a non dirgli proprio un bel nulla, ma penso che sia positivo tutto questo, magari è la volta buona che apre gli occhi”
Emma gli sorrise debolmente, improvvisamente grata che Zabini con il suo strano umorismo, fosse un suo amico.
 “Signor Zabini” disse una voce profonda.

Severus Piton era sulla porta d'ingresso dell'infermeria, vestito dei suoi abiti neri, la sua miglior espressione arcigna sui suoi lineamenti duri, gli occhi scuri come sempre, lucidi e seri. Era stranamente imponente e incuteva rispetto.
 “Professore” salutò Blaise, alzandosi con un movimento elegante.
 “Devo chiederle di lasciarmi un istante solo con la signorina O'Shea” disse secco l'uomo “Può uscire?”
 Zabini mosse il capo in un veloce gesto di assenso, afferrò la mano di Emma per farle un veloce ed elegante baciamano, per poi sorriderle divertito, notando il rossore sulle sue guance.
 “Sempre un piacere, O'Shea” sorrise sornione il Serpeverde “Professore” aggiunse poi, uscendo dalla stanza.
Tutore e protetta, trovandosi soli, si scambiarono un lungo sguardo, vagamente teso ed imbarazzato. Non erano più abituati  ad esprimere affetto, specie non in un momento così fragile.
 “Grazie per avermi difeso” sussurrò infine l'emoor spezzando coraggiosamente il silenzio denso tra loro “Blaise mi ha raccontato un po' come è andata. Io ho ricordi confusi”
 L'uomo sembrò tendersi sui polpacci e spostò il peso da un piede all'altro in modo goffo e inusuale per lui e l'emoor fece lui cenno di avvicinarsi, stendendo un debole sorriso e allungando la mano per prendere quella del tutore e stringerla tra le sue. 
“Grazie anche per le lettere dell'Ordine” aggiunse in un sussurro.
 “Come stai?” chiese invece l'uomo, pronto a cambiare discorso e nei suoi occhi scuri c'era affetto e preoccupazione.
 Emma ricambiò lo sguardo, una smorfia addolcita sul volto.
Fissò per un momento il tutore in volto, abbassando le difese, rilasciando leggermente l'Occlumanzia, per sentirsi più vicina a lui.
 “Ora meglio” rispose.
Ora meglio.




*Angolo Autrice*

Ciao lettori!
Come state? Ieri mi è mancato non pubblicare per voi. 
Capitolo questo essenziale per più vari motivi che ho voluto rileggere un po' perché ne uscisse bene.

Elenco punti/spunti:
.Draco ed Emma si lasciano. è stata una sofferenza per me scrivere questa parte perché so che entrambi i personaggi stanno soffrendo, ma credo che sia la giusta scelta in questo momento. Draco, con Emma al suo fianco, non sarebbe mai riuscita a capire cosa vuole davvero
Come dice lui l'emoor l'ha sempre protetto e confortato e lui rischia di crogiolarsi in questo amore, mentre ha bisogno di capire d più se stesso o si spezzerà, perché come dice Emma, il Serpeverde non è fatto per essere l'ago della bilancia. Credo che la decisione dolorosa di dividersi, comunque faccia capire quanto i due ragazzi in fondo siano maturati e quanto siano realmente legati tra loro, al punto di capire cosa è meglio per l'altro, a discapito delle loro sofferenze. Voglio molto bene a entrambi e vorrei abbracciarli. 
. Ho messo un piccolo inquietante incubo che ci ricordi cosa stia passando l'emoor nelle sue nottate e quali siano le sue paure. Agghiacciante.  
. La piccola parentesi al lago nero con Lilith e James voleva essere un breve respiro in cui i ragazzi rimestano ricordi e momenti passati insieme, bisogna ammettere che i tre amici hanno vissuto molte avventure uniti. 
. Richard Done dà di matto e ci sono moltissimi elementi in questo scontro su cui riflettere! Dalla posizione dei nuovi "Serpeverde neutri", l'azione coordinata di più Case, il coraggio di Ginny, all'intervento di Artemius che va a proteggere l'emoor, persino affrontando Alecto.
. Ho adorato poter sfruttare il personaggio di Blaise, la sua strafottente eleganza e il suo essere un Dandy per raccontare qualcosa di così tragico come l'attacco alla piccola Corvonero, ad Emma e tutti gli altri. Avevo bisogno di un po' di leggerenza nell'affrontare una situazione così drammatica e spero abbia funzionato anche per voi.
. Severus 🤍

Grazie infinite per il vostro supporto. 
Ai lettori silenziosi e coloro che mi regalano il loro tempo lasciandomi appunti e recensioni. 
Sto sistemando gli ultimi capitoli, ne mancano 11/12 in base a che accorpamenti (o meno) farò + un epilogo. 
Il che vuol dire che manca davvero davvero poco e gli ultimi capitoli saranno ovviamente incentrati sulla battaglia. 
Comincio a sentire già la malinconia delle cose che scivolano verso il finale.
Vi abbraccio. Con affetto.

vi

Ritorna all'indice


Capitolo 57
*** Nagini ***



.Nagini.



Nagini scivolò lentamente verso di lei ed Emma, automaticamente, allungò la mano, carezzando la testa del serpente con gentilezza. Il contatto con la pelle asciutta dell'animale non la disgustava, né terrorizzava, anzi, le metteva una strana calma nei nervi e il serpente sembrava capirlo, mentre si avvolgeva gentilmente intorno alle sue gambe. L'emoor la lasciò fare. In parte incantata dalle spire dell'animale, in parte perfettamente consapevole di quanto Nagini potesse essere letale. 
 Draco le aveva raccontato una volta della morte della professoressa di Babbanologia e di come Voldemort impiegasse il serpente, se pensava anche ai suoi incubi, spesso pieni di immagini in cui il Nagini squarciava la gola del Serpeverde, o talvolta di George, o qualche suo amico, l'emoor sentiva i muscoli del collo tendersi.
 Eppure l'istinto della ragazza le diceva che era meglio farsi amica Nagini e in ogni caso non aveva molto altro da fare, visto che erano almeno due ore che stava in quella stanza del Manor in attesa che Voldemort si palesasse e si sentiva piuttosto irrequieta.

Severus l'aveva accompagnata lì dentro teso come la corda di un violino e poi, con urgenza, era dovuto andare via per una missione, che lo avrebbe tenuto impegnato fino al mattino dopo e a nessuno, nemmeno a Narcissa, che in fondo era la padrona di casa, o agli elfi domestici del Manor, era stato permesso di rimanere con lei. 
Emma carezzò un'altra volta la testa del serpente e chiuse gli occhi, continuando a usare l'Occlumanzia per compartimentalizzare la sua mente, facendo attenzione a chiudere anche qualunque canale di comunicazione con Potter.
 Si ripeteva mentalmente le poche indicazioni che le aveva dato Silente a riguardo di quel suo ruolo particolare e si rese conto che era passato moltissimo tempo da quando aveva parlato l'ultima volta con il preside.
 Sembravano vite intere in effetti. Si sentì molto sola.

*

Cosa intendi, Sev, dicendo che Lui vuole passare un po' di tempo con me?” chiese l'emoor con una punta di acidità nel tono della voce, mentre camminavano svelti verso i cancelli del Manor, Severus con il suo lungo mantello fluttuante e lei ancora con la divisa di Howarts e la fronte aggrottata.
 Il tutore strinse le labbra contrariato a quella domanda, azzardandosi a lanciare alla protetta solo un veloce sguardo, per poi aumentare il passo.
 “
Intendo quello che ho detto, Emma” disse rigido “Il mio Signore ha richiesto di passare un po' di tempo con te”
 L'emoor strinse gli occhi, cercando di fare un quadro della situazione, senza riuscirci, mentre in automatico continuava ad occludere la mente, mettendo muri e divisori e preparandosi all'incontro con l'Oscuro.
 “
Giocheremo a scacchi immagino” disse con nervosa ironia, buttando i capelli indietro sulla schiena in un gesto secco, prima di borbottare tra i denti “Che meravigliose vacanze di Pasqua” alzando poi gli occhi al cielo.
 Il tutore non disse nulla, ma la sua mano si strinse delicatamente sulla spalla di lei e l'emoor sospirò, nel ricevere quel gesto d'affetto composto e gentile.
 “
Avremo un pubblico?” chiese la ragazza, guardando i pavoni nel parco.
 “No” disse in un sussurro l'uomo.
 “Qualcuno sarà presente?” insistette lei, ora leggermente allarmata.

 “No” ripeté l'altro, impallidendo ancora un poco.
Emma chiuse gli occhi, inalando aria nel tentativo di mantenere la calma.
 “Meraviglioso” sussurrò amara “Davvero meraviglioso”

*

Non molti possono dire di aver accarezzato Nagini e di essere sopravvissuti” disse Voldemort con voce sottile e l'emoor sussultò appena, colta di sorpresa. 
 L'uomo era scivolato nella stanza senza fare alcun rumore e la guardava con strana immobilità nel corpo, piuttosto imponente, nonostante tutto. La Corvonero gli lanciò uno sguardo storto e i suoi occhi vedi con ombre inciamparono sul pallore irreale, i lineamenti rarefatti e le vesti scure, prima di tornare a concentrarsi sul serpente.
 “Cosa ne pensi di lei?” insistette il mago, sedendosi lentamente sul suo scranno e facendo un cenno verso l'animale.
 Teneva le labbra inesistenti atteggiate in un flebile ghigno e la bacchetta stretta in pugno. Emma era rimasta così a lungo in silenzio, che quando parlò la sua voce sembrava accartocciata. 
 Si schiarì la gola.
 “È speciale” rispose quieta al mago “Nagini è speciale”
 Il serpente, come se avesse compreso il complimento appena ricevuto, si avviluppò intorno a lei con insperata delicatezza e l'emoor continuò a coccolarla distrattamente, cercando di ignorare lo sguardo gelido dell'uomo che si sentiva scorrere addosso. 
 Fece scivolare le dita sulla pelle tiepida e asciutta dell'animale, mentre il silenzio intorno a lei si dilatava tanto da togliere il respiro, costringendola ad alzare infine il volto verso l'altro, con aria interrogativa. Voldemort la osservava attento, con uno strano scintillio nello sguardo.
 “Alla fine sei sfuggita al mio marchio” constatò, la voce stranamente bassa e tranquilla.
“Non direi è ancora sul mio braccio” rispose piccata.
 “Vero. Ma è poco più che un tatuaggio Babbano, dato che non riesco completamente a percepirti. Come sei riuscita?”
 Emma non lo sapeva, così pressò le labbra in una linea dura e scrollò le spalle, riabbassando il capo.
 “Semplicemente non lo volevo” disse sincera.
 Nagini si contorse per ricevere un'altra carezza e la ragazza, guardandola, si rese conto che se avesse potuto fare le fusa, in quel momento le avrebbe fatte. Il pensiero quasi la fece ridere per la sua assurdità, ma riuscì a fermarsi in tempo, pur rendendosi conto di quanto effettivamente fosse assurda 
tutta quella situazione. 
 Lei, Lord Voldemort e il suo serpente da compagnia, Nagini, che passavano il tempo in semi tranquillità insieme come una famiglia.
 “C'è qualcosa di straordinario in te” intervenne a sorpresa l'Oscuro, attirando di nuovo la sua attenzione.
 Aveva appena mormorato, come se in realtà stesse facendo una riflessione tra sé e sé, ma Emma schiuse le labbra, assorta, smettendo di carezzare Nagini, che contrariata scivolò verso il suo padrone.
Cosa stava cercando l'uomo? Cosa voleva da lei?
 “
Non credo di essere straordinaria in nulla” mormorò in risposta, causando uno strano ghigno nell'altro.
 “Invece lo sei” sibilò Voldemort a voce sempre bassa “Sei la prima persona, anzi, che posso considerare degna di nota da molto”
 “Non ne vedo il motivo” ribatté secca “Non sono interessante”
 Sbatté le ciglia, cercando di non mostrarsi troppo curiosa o confusa e arricciò una ciocca di capelli sull'indice, dando a quel gesto eccessiva attenzione, per avere qualcosa da fare.
 “Mia madre era una strega debole e falsa.” disse Voldemort secco “Si innamorò di un insulso Babbano, senza alcun poter. Ho eliminato il problema appena ho potuto.”
“Mi è giunta voce” ribatté l'emoor con volto impassibile,  nonostante il battere furioso del suo cuore la tradisse. 
 Se il mago fu sorpreso da quella sua affermazione non lo diede a vedere e continuò velocemente con il suo racconto.
 “Mia madre si chiamava Merope Gaunt, portava nelle sue vene il sangue di Salazar Serpeverde, ma è morta dandomi alla luce e il mio insulso padre l'ho ucciso con le mie stesse mani, così come qualunque altra persona legata a me a livello di sangue. Potrei quasi dire, giovane Piton O'Shea, che tu sia la mia unica famiglia esistente. Già questo è straordinario, non è vero?"
 Emma inarcò un sopracciglio, vagamente sorpresa dalla piega che stava prendendo quella conversazione e fissò il mago in volto.
 “Non so se ci tengo particolarmente a far parte della tua famiglia, Tom.” ribatté, ostentando una sicurezza che le mancava “Mi capirai, spero, ma vorrei rimanere in vita il più a lungo possibile”
 Voldemort arricciò le labbra in una smorfia che poteva sembrare divertita e non dimostrò fastidio per l'utilizzo del suo nome proprio, ma i suoi occhi rossi erano pericolosamente fissi in quelli di lei.
 Emma rimase però immobile, ricambiando lo sguardo, mentre lui giocava distrattamente con la sua bacchetta, inclinando il capo in un gesto studiato e minaccioso, prima di tornare a fissarla con un sorriso che gridava al pericolo.
 “È davvero interessante il fatto che tu non ti renda conto di quanto potrebbe essere grande il tuo potere” disse con tono soave “Avere me al tuo fianco, giovane Piton O'Shea, potrebbe spianarti più di una strada, se solo tu non fossi tanto stupida e testarda”
 L'emoor, pur mantenendo alta la sua attenzione, era confusa da quella lunga conversazione e dai toni educati che non si era affatto aspettata, per non parlare del modo in cui Voldemort si ostinava a chiamarla: 
giovane Piton O'Shea.
“Intendi una strada spianata uccidendo i Nati Babbani?” chiese infine la ragazza, con una smorfia contratta.
 “Anche, se necessario. Sono solo delle anomalie”
 “Anche io sono un'anomalia, Tom e a dirla tutta anche tu” rispose lei seccamente “Se ci rifletti, la magia stessa è anomalia.”
 Voldemort alzò un sopracciglio inesistente e scoppiò a ridere ed Emma si sentì percorrere da un brivido di paura. La risata dell'uomo era fredda, vuota, non sembrava nemmeno umana. Era un suono privo di qualunque empatia e sentimento.
 Era un suono pericoloso.
 “Sfacciata, appunto” disse lui, facendo morire la risata in un ghigno sprezzante “Confido che l'intelligenza arrivi con il tempo, o forse con la sete di potere”
 “Non sono interessata al potere” ribatté la Corvonero.
 “Tutti sono interessati al potere”
 “Non io”
 Lui rise di nuovo, alzandosi lentamente in piedi e si avvicinò lei. Emma si costrinse a respirare a fondo, nel tentativo di tenere a bada il terrore puro che le stava nascendo nel petto.
 “Non sei interessata alla conoscenza? Alla saggezza? Alla magia?” chiese lui con aria sadica e l'emoor ammutolì nel rendersi conto che  si stava divertendo genuinamente.
 “Certo che sì” rispose in un soffio “Sono cose di mio interesse”
 “E non sono forse tutte forme di potere queste?” chiese lui beffardo.
 Emma lo guardò con una scintilla di stupore, rendendosi improvvisamente conto che cosa avevano trovato in Lord Voldemort tante persone prima di lei e cogliendo in quei lineamenti distrutti una punta di quel che doveva essere stato un tempo.
 Un ragazzo bello, abile a parlare, un perfetto Serpeverde, forse simile a Blaise Zabini e il suo fascino, o Theodore Nott e la sua sicurezza, o Draco e...
Voldemort parve indovinare i suoi pensieri perché le fece un sorriso storto e vittorioso.
 “Ora ho la tua attenzione giovane Piton O'Shea?”

*

Emma O'Shea, quale onore averti nella nostra umile dimora” George.
L'emoor sentì il petto esploderle di gioia alla vista del gemello. Le era mancato così tanto. Gli occhi nocciola così simili a quelli di Ginny, il ghigno storto sul volto lentigginoso, i capelli rossi arruffati nel modo che lei aveva imparato a riconoscere come un tratto che lo differenziava da Fred.
 La ragazza volò direttamente tra le sue braccia, trattenendo a stento uno strillo di felicità, un sorriso meraviglioso che le illuminava il volto. Respirò. Polvere da sparo e odore di pane. George. Stava bene. Stava bene.
 Il gemello la strinse con affetto, lasciandola andare solo per cederla a Fred.
 “Mi siete mancati da morire” mormorò lei.
 “Sarebbe un peccato vederti morire per la nostra assenza” disse subito Fred.
 “Ma sarei lusingato da tanta importanza” fece George, carezzando la testa  della ragazza in un gesto affettuoso ed 
Emma fece una smorfia divertita e si divincolò dagli amici per andare a stringere anche Molly, che aveva lasciato andare finalmente Ginnny e stava quasi correndo verso di lei.
 “Oh, Emma” fece la donna “Sono così contenta che quell'uomo ti abbia permesso di venire” le disse stringendola a sé e l'emoor rispose con dolcezza a quell'affetto materno, pieno di calore di cui sentiva di avere bisogno. 
 Era immensamente sollevata di essere alla Tana.
 “
Con 'quell'uomo' intendi il pipistrello, mamma?” chiese Fred.
 “Oh, sì, beh, quell'uomo” borbottò la madre, serrando le labbra chiaramente furiosa nei confronti di Piton ed 
Emma sorrise: non le importava in quel momento di difendere il tutore come faceva di solito, essere lì era stupendo e non voleva perdersi nemmeno un attimo di quei due miseri giorni che le erano stati concessi. Voleva sentirsi a casa. Al sicuro.
Mi sei mancata anche tu Molly” disse allegra l'emoor.
 “Ti è mancata più o meno di quanto ti siamo mancati noi?” la punzecchiò George con espressione fintamente offesa.
 “Oh Fred non essere sciocco” borbottò Molly.
 “Mamma lui è George” disse la Grifondoro, ridendo.
 “Oh, scusami caro” ribatté la donna, mortificata “non avevo visto l'orecchio”
 “Perché non c'è mamma” disse Fred, provocando le risate dei presenti.

*

Emma rimase in silenzio in attesa che Voldemort tornasse a parlare, ma l'uomo non sembrava averne fretta e guardava assorto fuori dalla finestra da almeno venti minuti, Nagini acciambellata ai suoi piedi. Lui e la ragazza erano chiusi in quella stanza nel Manor da parecchio ormai e l'Oscuro non aveva ancora spiegato il motivo per cui lei era stata convocata.
 Nessuno era venuto a disturbarli e l'emoor si stava quasi abituando alla presenza del mago, perdendo lentamente la percezione del tempo e del pericolo. Al di fuori della stanza, comunque, non c'era molto ad attenderla, Severus sarebbe stato fuori fino al mattino dopo e lei, appena congedata, sarebbe semplicemente andata a chiudersi nella sua stanza, nel goffo tentativo di evitare Draco. Era al Manor 
solo da qualche ora e sentiva già la mancanza della Tana.
 “Perché hai voluto vedermi?” chiese la ragazza senza riuscire ad aspettare oltre e Voldemort si voltò verso di lei con aria assorta.
 “Volevo provare a capire”
 “Che cosa?” domandò lei, innervosita dall'assenza di risposte.
 “Quello che tutti vedono in te”
 Emma corrugò la fronte perplessa.
 “Non capisco” disse e l'altro le lanciò un'occhiata che le parve genuinamente stupita. 
“Non capisci? Piton, i Malfoy persino Nagini...” elencò il mago “Tutti che pendono dalle tue labbra, per qualche motivo. Riesci ad ammaliare chiunque: voglio capire come mai.”
 “Lucius mi odia” fece lei con un leggero sbuffo.
 “Lucius è un pezzente” sibilò l'Oscuro “ma la moglie, per quanto cerchi in tutti i modi di non farlo notare e tenere un basso profilo, è di un'intelligenza sottile e ti è affezionata. Il giovane Malfoy, pur con i suoi difetti è completamente tuo. Nagini si fa accarezzare da te, ti cerca addirittura e Piton...”
 Emma sussultò leggermente al sentire le parole dell'uomo, cercò di cacciare in fondo ai pensieri il dolore che aveva provato nel sentire “
Draco è tuo” e chiuse ostinatamente la mente. 
 Un libro nella sua biblioteca interiore, pieno di pagine di baci, risate, abbracci, sospiri e carezze tremò dentro di lei.
 “Mi trattano solo con gentilezza, oggi lo stai facendo anche tu”
 Voldemort fece schioccare la lingua con disappunto.
 “
Gentilezza. Conosco Piton da quando aveva sedici anni, ragazza” sibilò “È un uomo spietato, un Mangiamorte devoto e un mago abile, non l'ho mai visto piegarsi a desideri umani e gentili. Piton è freddo, analitico, preciso. Tortura senza farsi domande, obbedisce all'ordine più complesso, è un bravo servo”
 L'emoor strise le labbra a quelle parole “E quindi?” chiese.
 “Quindi perché tiene a te?” si domandò l'altro, inclinando la testa mentre la osservava “Perché fatica così tanto a essere sé stesso quando sei con lui? Perché tu sei così diversa dagli altri emoor? È perché sei l'unica tra loro a condividere con me lo stesso sangue, o perché sei l'unica non Serpeverde?”
 “Non lo so” rispose Emma, sincera.
“Per questo voglio capire” sibilò Voldemort.

*

La Tana era come sempre calda e accogliente, ma stranamente vuota.
Seduta a tavola insieme ai signori Weasley, Ginny e i gemelli, Emma si rese conto quanto pesasse l'assenza di Harry, Ron ed Hermione, ma non osò dire nulla ad alta voce e continuò a sorridere. Le mancava anche Bill e non sapeva perché fosse assente, ma preferì non indagare e mangiarono con discreta allegria, chiacchierando tutti insieme e ridendo brevemente.
 A volte Emma lanciava a Ginny delle occhiate di sottecchi, quando di comune accordo cercavano di ammorbidire i racconti di quel che avveniva a scuola, per non preoccupare troppo i Weasley, già abbastanza provati dalla guerra.
 “Passano Remus e Tonks a salutare più tardi” disse il signor Weasley ed Emma si illuminò felice, mentre si affrettava ad aiutare Molly a sparecchiare.
 “Non serve cara” disse subito la donna, permettendo ai quattro ragazzi di andare a riposarsi in soggiorno.
Nonostante fosse aprile inoltrato il fuoco scoppiettava nel camino, Emma pensò a Spinner's End e con un sospiro, si accucciò contro il fianco di George su una poltrona, sorridendo all'amico, mentre Ginny e Fred si stravaccarono sul divano nella stessa identica posizione scomposta.
 “
A Hogwarts è davvero così tranquilla la situazione?” chiese Fred, Emma lanciò un'occhiata di intesa a Ginny e la rossa fece un profondo sospiro, prima di rivolgersi di nuovo verso i due gemelli.
 “No, non lo è” disse “Per nulla tranquilla”
 “Lo immaginavamo” rispose Fred e, per la prima volta da quando Emma lo conosceva, sembrò preoccupato.
 “Avete portato avanti l'ES però?” chiese George ed entrambe annuirono.
 “Brave bimbe” sorrisero i due gemelli.
 “Io e Neville coordiniamo il tutto” disse Ginny spiccia “Emma però ha portato parecchie persone ed è una portavoce essenziale. È riuscita a coinvolgere anche gli emoor e altri Serpeverde e cosa non da poco, farli accettare. E ci sono anche Lilith e James e tutti gli altri. Siamo un bel gruppo”
 
Emma sorrise debolmente in direzione dell'amica e la Grifondoro ricambiò.
C'è anche Malfoy con voi?” chiese George, picchiettando con fare gentile sulla testa dell'emoor.
 “Io non affronterei questo argomento fossi in te Georgie” intervenne Ginny.
 “Perché mai?” chiese Fred e l'altro rosso guardò di sottecchi la Corvonero.
 “Abbiamo promesso di farci sentire se avesse fatto lo stronzo Emma, ricordi? Mago avvisato...” intervenne arrabbiato.
 “...Mezzo salvato” concluse Fred annuendo energicamente e l'emoor sospirò, cercando di sorridere per tranquillizzarli. 
 “Nulla di grave, davvero. Siamo solo in uno stallo”
 “Oh Emma, puoi ammettere che è uno stronzo smidollato!” sbottò la rossa.
 “Gin!” mugugnò l'amica “Ha bisogno di avere tempo per sé. Sono fiera di lui”
 “Ha avuto tutto il tempo per pensare e una ragazza perfetta al suo fianco” si infiammò la rossa “Non riesco proprio a capire cosa lo blocchi.”
 “Non tutti siamo uguali a te, Gin” disse Emma “Non tutti siamo coraggiosi.”
 “Le cose si fanno piccanti qui” sorrise Fred per distendere la tensione, ma 
Emma si morse l'interno della guancia, cercando di ricacciare indietro le lacrime che le lambivano gli occhi come ogni volta che si parlava del Draco. 
 Le mancava terribilmente, ma soprattutto era dilaniata, perché sbirciandolo silenziosamente le poche volte che si incrociavano lo vedeva sempre più distrutto. Draco Malfoy stava sparendo lentamente, piegato dal dolore e la solitudine.
 “
Beh non sono piccanti solo per me le cose” si difese Emma, cercando di cambiare conversazione “Come va tra te e Lilith? Stai almeno provando a scriverle? Le manchi molto” disse rivolta a Fred.
 “Oh non nominiamo Lilith a Freddie” esclamò George, roteando gli occhi al cielo “Non fa che parlarmi di lei, da quando abbiamo chiuso il negozio si preoccupa costantemente di...”
 “George!” lo ammonì Fred, quasi infuriato e Ginny lanciò un'occhiata ai due, incuriosita dalla loro reazione. I gemelli non litigavano: mai.
 “
Ti preoccupi di cosa?” chiese la rossa, con la sua migliore faccia insolente.
Fred diventò rosso come un pomodoro, cosa molto strana per lui, sembrava Ron.
“Bella mossa Georgie” sbottò arrabbiato “Aveva ragione Luna, da quell'orecchio ti deve essere entrato un Gorgosprizzo”
 “Ma per cosa ti stai arrabbiando Fred?” chiese Emma confusa e George sorrise furbo, circondando le spalle dell'emoor con un abbraccio confidente.
 “Beh, vedi Emma” iniziò il gemello “Devi sapere che con la guerra e tutta questa grande paura di morire, Fred...”
 “Sto mettendo da parte dei soldi perché spero di chiedere a Lilith di sposarmi” disse Fred, ancora più rosso in volto ed Emma trattenne il respiro per una decina di secondi, prima di scattare in piedi felice.
 “Oh Merlino! Fred, ma è una cosa dolcissima!”
 Lui sorrise, tornando lentamente il solito Weasley smagliante.
 “Si beh, ed è un segreto, quindi non fartelo sfuggire. Non subito poi, Lilith deve finire la scuola, ma tra un paio d'anni, ecco...”
 “Certo!” esclamò Emma contenta “raccontami di più!”
 
Fred aprì la bocca, grattandosi il capo in modo goffo, ma non poté aggiungere altro perché Lupin e Tonks entrarono nella stanza insieme ai signori Weasley.
 “Buonasera” salutò per primo il mannaro con un sorriso ed Emma si voltò di scatto verso di loro e fece un urletto, correndo incontro all'uomo e sfoderando a sua volta un ampio sorriso felice, ma si fermò a metà dello slancio, confusa, vedendo il pancione enorme di Tonks, su cui la ragazza poggiava le mani in una posa dolce e protettiva.
 “
Ma...” disse l'emoor, incredula, aprendo più volte la bocca stupita, mentre assimilava l'informazione "Tonks! Sei incinta. Molto incinta”
 La ragazza, che sfoggiava di nuovo i suoi capelli rosa, fece una smorfia sprizzante di gioia in risposta, sembrava radiosa.
 “Remus non ti aveva detto nulla, Emma?” chiese allegra.
 “No!” esclamò l'emoor, guardando il mago, che le sorrise goffamente.
 “Non c'è stata occasione, però sì, a quanto pare diventeremo genitori” ribatté lui e sembrava felice come Emma non lo vedeva da molto tempo, forse come non lo aveva mai visto prima di allora.
L'emoor rimase per un secondo interdetta, colta di sorpresa, ma quando Ginny la superò per andare ad abbracciare Tonks, si riscosse e batté le mani contenta, sorridendo a lei e poi Remus, mentre qualcosa di caldo le scioglieva le angosce nel petto. Una bella notizia, finalmente. Due belle notizie. Due bellissime notizie.
 Abbracciò il mannaro e si sentì a casa.

*

Voldemort si accarezzò le labbra con la punta di un dito, assorto, gli occhi assottigliati pieni zeppi di ragionamenti e pensieri.
 “Persino Potter sembra essere tuo amico” sibilò il mago con un tono di voce meno calmo di poco prima “contro ogni logica apparente, nonostante il tuo sangue Serpeverde, così diverso dal suo.”
 Emma si strinse nuovamente nelle spalle, allungando la mano verso Nagini che abbandonò i piedi del padrone per strisciare di nuovo verso lei. Alzò barriere di Occlumanzia pronta a una silenziosa lotta.
 “Io ed Harry non siamo propriamente amici”
 “No?”
 “No”
 “E la Sanguemarcio che si porta dietro?” chiese l'altro e l'emoor alzò lo sguardo furente verso di lui, senza riuscire a controllarsi, mentre Nagini le si avvolgeva intorno. L'immagine di Hermione in biblioteca, i capelli arruffati e il sorriso gentile le sfarfallò davanti.
 “Hermione Granger è una delle streghe più brillanti e potenti di Hogwarts e potrebbe diventarlo dell'intero mondo magico”
 “Ma è una Nata Babbana. 
Feccia” ribatté Voldemort con tono vibrante, come se esprimesse qualcosa di logico, le labbra strette con rabbia, ostinato a punzecchiarla, a metterla alla prova.
 Cadde un silenzio scomodo, carico di tensione ed Emma sentì che se avesse detto qualcosa, o alzato lo sguardo verso l'Oscuro Signore quella strana calma sarebbe esplosa, così attese.
Osservando ammaliata la pelle del serpente, attenta ad ogni movimento sinuoso dell'animale, con cui si sentiva in sincronia.
 “Bellatrix” disse il mago, improvvisamente e la ragazza alzò lo sguardo verso la porta, aspettandosi di vedere la Mangiamorte sulla soglia, ma rimase stupita quando vide che nessuno era arrivato ed erano ancora solo lei e Voldemort.
 “Cosa?” chiese allora confusa.
 “Persino Bellatrix” sussurrò lui assorto “Persino lei, la mia favorita, la più spietata tra i miei: ti porta rispetto. Parla di te con curiosità e ti segue ovunque con il suo sguardo. È stata persino al tuo capezzale”
 L'emoor sospirò lentamente “Così pare” disse apatica.
 Cominciava a stufarsi della situazione, non sapeva quando l'uomo l'avrebbe lasciata andare e non era a suo agio in quella stanza ora che fuori era calata la sera. Era come se l'oscurità si stesse addensando intorno a Voldemort che, persa la pazienza davanti a quell'atteggiamento distratto della ragazza, si alzò e mosse la bacchetta velocemente, mettendo Emma a testa in giù.
 “Cosa mi nascondi Emma Piton O'Shea?” sibilò avvicinandosi a lei, il volto pallido pieno di tensione e l'emoor rimase in silenzio, chiudendo con tenacia la mente, mentre avvertiva i tentativi dell'altro di violarla.
 Era davvero potente, ma lei era preparata e sapeva di poter resistere, gli occhi verdi così liquidi e pieni di ombra che non si staccarono un solo secondo da quelli rossi del mago, almeno fino a quando lui non mosse nuovamente la bacchetta facendola volare in aria per poi cadere di nuovo bruscamente a terra. L'emoor trattenne un lamento di dolore quando picchiò sul pavimento lucido.
 “Secoli di sangue magico, il mio stesso sangue nelle vene e ciò che viene generato è una ragazza debole, soggiogata dall'amore e amica della peggiore feccia”
L'emoor cercò di riprendere respirò, strisciò lentamente sul pavimento, le labbra serrate e Nagini la guardò con curiosità, avvicinandosi a lei. Volemort si avvicinò di un passo, la sovrastava in forza e in altezza, il volto spezzato da un ghigno.
 “Debole” ripeté assorto “
Eppure, nonostante questo, riesci ad avere un così grande fascino e potere sulle persone intorno a te. Perché?”
 Lei rimase in silenzio e strinse i denti quando Voldemort lanciò contro di lei una Cruciatus. Era dolore puro, più forte di qualunque tortura ricevuta fino a quel momento, persino più delle diciassette Cruciatus di Richard. Era come se ogni pezzo di pelle andasse a fuoco, i muscoli si sfaldassero in sottili filamenti e il sangue nelle vene si tramutasse in aghi e pezzi di vetro. 
 Emma riuscì a non urlare, solo perché mente e corpo sembrarono separarsi per lo shock e solo al quarto attacco le uscì un lamento disperato e Voldemort parve soddisfatto e smise di lanciare maledizioni contro di lei, ma le voltò le spalle e tornò al suo scranno, lasciandola a terra ansimante.
 “Sono una Testurbante” disse Emma, il fiato spezzato, mentre si stringeva le costole per il dolore soffocante.
 Non sapeva perché l'avesse detto, ma sentiva di dover dire qualcosa se voleva tenere viva l'attenzione di lui e infatti gli occhi del mago si accesero di interesse, muovendosi verso di lei.
 “Una Testurbante? Tra quali Case?”
 “Corvonero e Serpeverde.” rispose l'emoor, notando un minuscolo tremore nelle labbra dell'altro “Il cappello era molto indeciso”
 “Serpeverde...” mormorò a bassa voce Voldemort prima di annuire tra sé, una strana speranza sul volto, gli occhi scintillanti “Ti tirerò fuori quello che sei veramente pezzo per pezzo allora. Ti torturerò, ti addestrerò, ti farò soffrire, farò in modo che il tuo dolore porti a galla il tuo sangue Serpeverde.”
“Un ottimo piano” disse Emma piena di sarcasmo, un sapore di sangue e metallo che le scivolava nella gola, Voldemort la ignorò.
 “Voglio che tu possa essere ammaliata da me, Emma Piton O'Shea, soggiogata e maledetta, fino a quando non siederai alla mia destra come una sorella ubbidiente. Figlioccia del mio prezioso Mangiamorte. Strega di incredibili qualità. Ti insegnerò a superare le sottili arti magiche, sazierò la tua conoscenza, macchierò la tua anima straziata e ti renderò migliore. È quello a cui sei destinata.”
 “Tutto questo mentre tenti anche di battere Potter?” sibilò lei con sfida “Mi sembra parecchio da gestire, Tom”
 Gli occhi di Voldemort brillarono di nuovo di puro divertimento e sadismo. Emma lo vide fare un ghigno sghembo e pericoloso.
 “Potter è già morto, non ha alcuna speranza, ti sconsiglio di affezionarti a lui proprio ora. Ma sì, mi dedicherò alla sua fine e quella dei suoi amici come prima cosa, poi mentre il mio impero procederà privo di nemici, mi occuperò di te. Ti farò sposare il giovane Malfoy, non temere, ma ti impedirò di produrre un erede, salverò i tuoi amici per costringerti a torturarli, ti farò assaggiare il potere, sognare le Arti Oscure”
 “Ok, ok.” rispose la ragazza con sguardo di fuoco “
Sfida accettata Riddle aggiunse tra i denti in serpentese.
 Si alzò, cercando di controllare i tremori che la squassavano, pensando di aver assolutamente bisogno di un bagno caldo e abbandonò la stanza, sapendo che lo avrebbe fatto infuriare, ma stufa di ascoltare quei deliri. Sotto lo sguardo stupefatto di Voldemort, Nagini
 seguì la ragazza.

*

Non far tornare a Hogwarts la tua amica” ripeté ad alta voce Ginny incredula,  per l'ennesima volta.
Emma aveva ricevuto quel messaggio da Severus tramite la loro collana e le due ragazze ne avevano ragionato insieme tra loro.
 “
Non far tornare a Hogwarts la tua amica” ripeté di nuovo la rossa.
 Erano sedute in cima al tetto scricchiolante della Tana e le stelle brillavano sopra di loro fioche, ricordando un po' ad Emma la torre di Astronomia.
 La radio appoggiata tra loro gracchiava con le voci dei gemelli, dando le notizie della giornata, l'avevano chiamata 'Radio Potter' ed era l'unico canale di comunicazione della Resistenza. La voce di Lee Jordan gridò qualche insulto verso i Mangiamorte ed Emma sorrise appena, ricordando il ragazzo nello scompartimento al suo primo giorno ad Hogwarts, quando era riuscita a stupire i gemelli Weasley e diventare loro amica.
 
Un refolo di vento scompigliò i capelli rossi della Weasley ed Emma si girò cauta verso di lei. Se non fosse stata per l'aria corrucciata sul volto della ragazza sarebbe stata una serata stupenda. C'era calma. C'era silenzio. C'era attesa.
 “Cosa intendi fare?” chiese e Ginny si morse il labbro, gli occhi nocciola colmi di preoccupazione, mentre scandagliava il nero della notte intorno a loro. 
 Sospirò, era evidente che fosse per lei avrebbe dato battaglia, ma era anche furba abbastanza da saper pensare con coscienza ed Emma le lasciò il suo spazio.
 “Non lo so” ammise infine la Grifondoro “Perché mai Piton dovrebbe averti dato questo avvertimento per me?”
 L'emoor si strinse nelle spalle, schiarendosi la voce “Forse in qualche riunione han detto che ti devono prelevare e ha preferito avvisarmi. Severus sa che se ti facessero qualcosa non lo perdonerei”
 Ginny sospirò arresa “Cosa dovrei fare quindi? Rimanere qui? Nascondermi?”
 Nessuna delle opzioni sembrava piacerle ed Emma si sentì improvvisamente in colpa chiedendosi se Ginny fosse in pericolo per aver attaccato i Carrow, o per il fatto che lei si trovasse lì per quelle due giornate.
 “Forse sì” disse l'emoor in risposta all'amica, sentendosi male all'idea di tornare ad Hogwarts senza di lei “per ora ora almeno, dovresti stare nascosta.”
 “E l'ES?” mormorò Ginny, decisamente affranta.
“Ci penseremo io e Neville” la rassicurò l'emoor.
 “Non c'è più nemmeno Luna. Sarete da soli”
 “Ma si sono aggiunti i Serpeverde” disse di rimando Emma, cercando di apparire sicura “Saremo a sufficienza, vedrai”
 La rossa fece una smorfia indecisa e l'emoor le sorrise debolmente “Gin, se Severus ha corso il rischio di avvisarmi temo che il pericolo sia davvero serio”
 “Lo so... solo vorrei trovare una soluzione.”
 “Puoi parlarne con i tuoi, ma secondo me è meglio se stai al sicuro”
 “Come farete ad avvisarmi se succede qualcosa?”
 “Patronus” rispose spiccia Emma “oppure tieni con te il galeone, così se dovesse arrivare il momento di combattere, ti chiameremo”
 “Combattere a Hogwarts...” mormorò la ragazza distrattamente.
 “Esatto una volta per tutte” sussurrò Emma.
 “Per poter fare la nostra uscita a quattro intendi.” rise l'altra, ma tornò seria appena l'emoor si rabbuiò.
 “Già qualcosa del genere” mormorò.
 “Oh non fare quel muso, Emma” ribatté subito Ginny, stringendole la mano “ufficialmente, da impiastri quali siamo, né io, né te siamo più insieme al nostro ragazzo dei sogni”
 “Già. Nessuna uscita a quattro allora.”

La finestra attraverso cui erano passate per salire sul tetto si aprì cigolando, facendole sobbalzare entrambe e rivelando Lupin e il suo sorriso gentile.
Ginny, Molly ti sta cercando” disse e la ragazza fece un sospiro e tornò dentro casa per raggiungere la madre, mentre Remus si arrampicava sul tetto.
 “Una bella stellata” disse allegro, sedendosi accanto a Emma.
 “Molto” sorrise la ragazza, alzando lo sguardo.
 Ci fu per un attimo un piacevole silenzio tra i due, che li avvolse come una coperta tiepida, la radio continuava a crepitare tra loro, in un sottofondo tutt'altro che piacevole, ma che nessuno dei due si azzardò a spegnere.

Stasera non ci sei in radio” disse la ragazza per rompere il mutismo.
 “
Ho lasciato il timone ai due gemelli, per una sera ce la possono fare”
 “Se la cavano alla grande, ma tu perché ti sei arrampicato fin quassù? Volevi parlarmi?” domandò Emma, con un mezzo sorriso.
 “Non proprio, o meglio, solo se ti va. Molly mi ha raccontato del marchio” disse Remus preoccupato, rompendo la calma.
 “Non è niente, davvero” mormorò l'emoor in risposta, alzando la manica del maglione per mostrare lui il disegno sbiadito come prova delle sue parole.
 Lui osservò attento la cicatrice prima di annuire convinto.
 “L'hai reso praticamente innocuo”
 “Ci ho provato”
 “Come stai tu?” chiese il mannaro dopo un attimo di silenzio ed Emma allargò appena il sorriso a quella domanda, perché Lupin era la persona che le chiedeva più spesso come stesse e quando lo faceva era sempre preoccupata e attento, come se la risposta fosse davvero essenziale per lui.
 “Bene” rispose “A parte qualche problema con Draco.”
 
Il mannaro aggrottò appena le sopracciglia, guardandola assorto e l'emoor si sentì confortata anche solo da quello sguardo.
 “
Che genere di problema? Se ti va di parlarne” le chiese con tatto.
 “È solo che è debole Remus” ammise lei “e spaventato. È stato torturato così a lungo che non vede via d'uscita, è circondato quasi totalmente da bifolchi e vorrebbe salvare i suoi genitori, ma non sa come fare. Non ha appoggi, sta provando di capire per cosa vuole combattere, ma è distrutto dalla paura e il senso di colpa. Ovviamente è tornato ad allontanarmi e chiudersi in sé stesso, pensando di non meritarmi. Non troviamo una quadra.”
 “E questa volta lo stai lasciando cuocere nel suo brodo” notò Lupin.
 “Esatto” sorrise triste Emma “ho bisogno che capisca cosa vuole davvero, non voglio costringerlo a prendere decisioni di cui si potrebbe pentire. Non voglio che un giorno si ritrovi ad odiarmi, solo perché l'ho costretto in una direzione. Voglio solo che sia felice. Se lo merita, anche se in molti credono il contrario.”

L'altro annuì, scrutando la luna ancora nelle sue prime fasi nel cielo scuro, l'espressione stranamente dolce e distesa che calmò anche l'emoor.
 “Il tuo è un ragionamento molto maturo, Emma” disse Lupin “ma se posso darti un mio parere, che magari ti potrà consolare in parte, o che può aiutarti a capire Draco, è che l'amore non è semplice da accettare per alcune persone. Io stesso ho allontanato per tanto tempo Tonks, proprio perché temevo di non meritarla. Mi sentivo in colpa perché pensavo di marchiarla a vita con la mia presenza, di rovinarle il futuro mettendomi accanto a lei. Pensaci, io un maledetto lupo mannaro reietto per la società e lei così giovane, divertente e piena di possibilità. Pensavo che meritasse di meglio e per questo la volevo lontana da me. Mi odiavo troppo. Trovi delle somiglianze?”
 
Emma si fece attenta “e poi cosa è cambiato? Per te intendo”
 “Quando ho pensato di perderla, quando ho capito quanto fosse grande il suo amore e che lei davvero voleva me e nessun altro, con tutti i miei difetti e le mie ferite, con il mio passato e i miei rimorsi, sono capitolato. Non si può resistere a un sentimento del genere, è una fortuna troppo grande per non coglierla. Nessuno merita la solitudine quando potrebbe avere un amore così.”
 Era esattamente lo stallo in cui erano immersi lei e Draco. Uno che si considera maledetto e l'altra che cerca di dare amore. 
Rimasero entrambi in silenzio a lungo, ognuno perso nei suoi pensieri.
 “
Hai paura di diventare padre?” disse dopo un po' l'emoor.
 “Sono terrorizzato ovviamente.”
 “Andrà tutto bene, Remus. Sarai ottimo”
 “Anche a te, sai? Draco è innamorato di te è innegabile.” disse ed Emma fece un piccolo sorriso, mormorando “Già”.
 “È una cosa strana l'amore in effetti. Cambia le persone, quasi sempre in meglio” disse Remus “Ma a volte accettarlo è complesso, a volte si crede di non meritarlo, a volte ci si mette troppo a riconoscerlo. Sono equilibri difficili”
 “Sì è complesso. Pensa a Bellatrix Lastrange, ossessionata da un uomo che non esiste più” disse amara l'emoor e il mannaro fece un cenno di assenso
“Esatto. Non ne sono certo, ma credo che non veda solo una sorta di capo o luminare in Voldermort in quel caso però si tratta di un'ossessione, non è amore, in nessuna forma, ma è un caso a sé”
 Emma non disse nulla, rimanendo vaga, per rispetto dei sentimenti della Mangiamorte e alzò lo sguardo a osservare la falce di luna.
 “Sai” disse Lupin dopo un attimo, con un sorriso sghembo “Credo di aver visto persino Piton innamorato una volta”
 La ragazza sgranò gli occhi improvvisamente interessata.
 “Quando eravate a scuola?” chiese.
 “A scuola e subito dopo. Come sta lui?”
 “Bene. Più o meno. 
Severus è innocente Remus, ne sono convinta” 
 “
Lo sospetto anche io” ribatté lui pacato “Ma come sai: le cose sono complicate”
 “Come era Sev innamorato?” chiese lei con un mezzo sorriso.
 “Sofferente, sincero, combattuto, proprio come Draco”
 “Capisco”  sorrise lei, stranamente allegra e Remus le circondò le spalle in un abbraccio affettuoso in cui la ragazza si sentì protetta.
 “Sai” riprese il mannaro assorto “ho chiesto ad Harry di essere il padrino di mio figlio quando nascerà”
 “Un'ottima scelta” sorrise lei “Harry sarà perfetto in questo”
 “Ti andrebbe di fare la madrina?”

*

Emma camminò per i corridoi del Manor, i capelli, ancora umidi per essere stata a lungo immersa in una vasca di acqua bollente, nel tentativo di cancellare i dolori della Cruciatus, che ricadevano sulla maglietta larga del pigiama.
 Aveva singhiozzato tutte le sue lacrime, di spavento e paura, nella solitudine dell'elegante bagno personale che le era stato messo a disposizione, fino a quando non era uscita dalla vasca con decisione e aveva pensato di fare due passi. 
Nell'ala del castello dove si trovava la sua stanza dalle pareti chiare, raramente incontrava Mangiamorte, o persone che non fossero della famiglia, tanto più che era notte fonda, ma si mosse comunque cauta, in punta di piedi, per nulla a suo agio in quei corridoi bui.
  Non le avrebbe fatto certo piacere trovarsi Dolohov dietro l'angolo.
 La ragazza passò di fronte a quella che sapeva essere la porta della camera di Draco e sentì le dita prudere dal desiderio di bussare, anche solo per assicurarsi che fosse vivo e stesse bene, o per vedere il suo volto mischiato di sonno e stupore venirle ad aprire, ma con forza d'animo insperata si costrinse ad andare avanti, camminando svelta e silenziosa.
 Si accorse di essere istintivamente andata verso la biblioteca del maniero quando si ritrovò di fronte l'ingresso. Sbatté le ciglia assorta per qualche secondo, indecisa se tornare indietro e tentare di dormire, o distrarsi ancora per un po', ma i suoi piedi si mossero per istinto in avanti ed entrò silenziosamente nella stanza. 
Aveva bisogno di una distrazione. Lo meritava.
 Nonostante avesse il permesso di Narcissa e formalmente anche di Lucius di visitare la biblioteca ogni volta che lo riteneva opportuno, Emma si sentì stranamente fuori posto ad essere lì di notte e un brivido di tensione le corse lungo la schiena, mentre avanzava verso l'angolo dove si trovava la sua poltrona preferita.
 Era la stessa dove anni prima si era seduta a parlare con Draco, durante la sua prima visita al Manor, il giorno in cui il Serpeverde le aveva preso la mano, dicendole che forse non importava essere così diversi ed Emma sospirò quasi dolorosamente a quel ricordo e si accucciò contro lo schienale della poltrona, massaggiandosi le tempie e chiedendosi se avesse ancora qualche lacrima da versare, mentre cercava di farsi tranquillizzare dalla presenza rassicurante di quella moltitudine di libri e carta.

“Sono felice di vedere che tu sia qui sana e salva, Emma. Ero preoccupata, ti aspettavo per cena” disse una voce gentile e l'emoor quasi sussultò di paura, girandosi di scatto, stupita quando il suo sguardo incontrò quello di  Narcissa Malfoy.
 La donna sembrava ancor più magra del solito, i capelli biondi sciolti sulle spalle e una vesta da camera in seta color avorio che le accarezzava leggera il corpo flessuoso. Sorrise alla ragazza e, nella luce della luna, la sua pelle parve di porcellana, tanto era liscia e priva di imperfezioni.
 “Narcissa” salutò l'emoor, mettendosi in piedi, un filo a disagio “Scusami, non riuscivo a dormire e...”
La madre di Draco fece un gesto delicato con la mano, come a dire che non necessitava di alcuna spiegazione e si sedette sulla poltrona di fronte a lei, gli occhi azzurri che dardeggiavano sul suo volto.
“Come stai?” chiese pacata ed Emma lanciò un'occhiata all'ingresso della stanza, cauta, ma la Black le fece un sorriso gentile.
 “Ho già messo gli incantesimi di protezione necessari, anche se sono certa che nessuno ci disturberà a quest'ora”
 La ragazza annuì solo una volta, cercando di distendersi, ma si accorse che, nonostante il bagno caldo, i muscoli erano ancora doloranti. Trattenne una smorfia, tentando di sedersi dritta, per non sentirsi tremendamente poco elegante al cospetto della Black.
 “Emma, come stai?” le chiese di nuovo la donna con voce cristallina, non avendo ricevuto risposta.
 “Male. Tu?” rispose Emma senza mezzi termini.
 “Ho avuto momenti migliori. Lo confesso” ribatté Narcissa, incrociando le gambe in un movimento fluido che ricordò ad Emma Daphne Greengrass “Hai i capelli tutti bagnati, che cosa...”
 “Ho dovuto fare un bagno” la interruppe secca l'emoor “Dovevo bloccare i dolori della Cruciatus”
Le labbra della donna si incresparono di dispiacere, ma non aggiunse nulla ed Emma rimase a sua volta ostinatamente in silenzio, lo sguardo basso.
 “Emma” la chiamò Narcissa dopo un istante “Guardami”
 E la voce ferma e delicata di Lady Malfoy, scosse la ragazza, che si sforzò di alzare il capo, incontrando di nuovo gli occhi blu di lei.
 “Mi dispiace” sussurrò la bionda “mi dispiace davvero tanto”
 “Di cosa?” chiese la Corvonero sorpresa, sbattendo appena le ciglia.
 “Mi dispiace per tutto” disse l'altra contrita, chinandosi in avanti per prendere lei le mani e con i capelli così sciolti e l'assenza totale di trucco, a Emma, Narcissa parve fatta di cristallo, dura e vulnerabile allo stesso tempo.
 Era bellissima e l'emoor scorse nei suoi tratti qualcosa che le ricordò Draco. Non sapeva per cosa la donna si stava scusando, se per le Cruciatus di cui non aveva colpa, se per averla costretta a tornare al Manor insieme a Severus, se per il figlio che l'aveva lasciata in cerca di sé stesso, ma si sentì profondamente toccata.
 L'emoor lasciò che solo una lacrima le rigasse la guancia e si affrettò a farla sparire nella manica del suo pigiama, sotto lo sguardo contrito e rispettoso della Serpeverde.
 “Mi manca” mormorò Emma, dopo un breve silenzio.
 Non disse che si riferiva a Draco. Non disse nulla, ma Narcissa si mosse con un movimento fluido, azzerando le distanze tra loro e l'abbracciò, la guancia posata con leggerezza sul capo di lei, le braccia ad avvolgere le spalle magre.
 “Oh, bimba mia” sospirò e l'emoor riuscì a non versare altre lacrime, ma si lasciò andare da quell'abbraccio materno, da quel calore e quella pelle così simili a quelli di Draco.
 Le sembrò che in quell'abbraccio i muscoli contratti si sciogliessero ancora un poco, dandole un leggero sollievo.

Che ne dici di tenere la mente impegnata?” sussurrò Narcissa.
 “Impegnata?” mormorò in risposta l'emoor.
 “Impegnata, esatto.” disse la donna “Severus mi ha detto che vuoi diventare artigiana di bacchette. Potresti consultare la nostra biblioteca per occupare il tempo fintanto sarai qui, così non starai da sola in stanza, ma non dovrai girare per i corridoi. Abbiamo diversi volumi a proposito di nuclei magici e alcuni anche riguardanti bacchette leggendarie, potrebbe essere interessante” disse la donna le sorrise, con una dolcezza tale da confonderla.
 “Grazie Narcissa. Davvero” mormorò solo la Corvonero.
 “Ne hai passate tante” le sussurrò l'altra “ti prometto che le cose si sistemeranno, ma fino ad allora, a meno che tu non debba andare 
altrove la biblioteca sarà un buon posto dove passare il tempo e mi occuperò personalmente di tenere lontane le distrazioni”
 Emma annuì, silenziosamente grata e si lasciò prendere a braccetto e scortare verso la sua stanza, al suono allegro del “È deciso allora” di Narcissa Black.

*

Mancherai” le disse George.
 “
Anche tu” rispose Emma e si abbracciarono stretti mentre un 'Crack' soffocato avvertiva della smaterializzazione di qualcuno.
 L'emoor si voltò, Severus Piton era in piedi, con i suoi soliti abiti neri che spiccavano in contrasto con il prato coperto dalla brina mattutina. Si teneva rispettosamente parecchi passi indietro rispetto alla staccionata che delimitava il confine della Tana, in attesa, ma Emma percepì distintamente la tensione che attraversò il cortile come un vento gelido.
 Gli occhi di tutti i Weasley erano fissi sul tutore. Furenti. Tesi. Confusi. 
 Piton non si avvicinò. Non fece un cenno di saluto. Era come se non li vedesse nemmeno. Rimase immobile. In attesa, appunto e a distanza

 “Mi fa incazzare lasciarti a lui” disse George con nervosismo che non gli apparteneva, stringendo appena gli occhi per scrutare l'ex professore ed Emma strinse lui gli avambracci, attirando la sua attenzione.
 “Temo che ci siano molte cose che non sappiamo, George. Non giudicarlo troppo duramente, o almeno non prima del tempo, per favore” gli disse cauta, guardandolo negli occhi e lo sentì sospirare, prima che la abbracciasse di nuovo, in quel suo modo rude e caldo.
 “Stai attenta Emma. Per favore” le sussurrò il gemello in un orecchio e non c'era scherno, non c'era battuta, non c'era risata, solo preoccupazione.
 La guerra era stata in grado alla fine di arrivare a George Weasley ed Emma si strinse contro il suo petto, sospirando piano, cercando di reprimere la rabbia: doveva riportare lui il sorriso.
 “Stai attento a Ginny, è a pezzi.” disse solo la ragazza e s
i staccò di malavoglia da lui, guardando, oltre la sua spalla, i Weasley rimanenti che la salutavano dall'ingresso, insieme a Remus Lupin e Tonks.
 Ginny spiccava sul gruppo, l'espressione allo stesso tempo dura e affranta, la mandibola tesa, gli occhi nocciola bollenti di rabbia. Emma la conosceva abbastanza per sapere che la ragazza si sentiva messa in panchina e mal sopportava la situazione. Fece un cenno di saluto nella loro direzione, sentì George chinarsi per rubarle un bacio sulla guancia e si sforzò di sorridere lui, mentre avanzava verso Severus. 
 Avvertì le protezioni del confine della Tana scivolare sulla sua pelle quando superò lo steccato. Si voltò di nuovo con un groppo alla gola. I Weasley erano ancora lì, lo sguardo di Lupin era fisso su Piton.
 Il tutore si schiarì la voce e si avvicinò di un passo. Emma lo imitò a disagio. Quando era arrivata alla Tana era sera molto tardi, Severus l'aveva lasciata all'ingresso e se ne era andato senza essere visto. Ora era diverso. 
 Nessuno aveva previsto quell'incontro. L'Ordine e il traditore che si fronteggiavano su un campo aperto, le domande che aleggiavano taglienti nell'aria, insieme alla rabbia, i dubbi e il non detto.
La tensione si poteva tagliare con il coltello ed Emma era perfettamente consapevole che nessuno delle due parti stava attaccando l'altra solo a causa sua.
Lei che stava nel mezzo. L'ago della bilancia.

 “Come è andata?” chiese Piton, porgendole il braccio, come sempre ed Emma prese un breve respiro, prima di stringere con le dita tremanti la manica dell'uomo e alzare lo sguardo verso di lui, mentre già in automatico iniziava a compartimentalizzare, Occludere e proteggere.
 “Comincia ad essere stancante” mormorò la ragazza.
 “Stare nel mezzo?” chiese Severus con voce bassa, quasi morbida.
 L'emoor annuì, inghiottendo un groppo di saliva, ricomponendosi lentamente, mentre fissava il volto dell'uomo, senza osare voltarsi verso i Weasley e il loro sospetto. Lo sguardo scuro di Piton si addolcì appena, un angolo delle labbra sottili si arricciò di qualche millimetro in un'ombra pallida di sorriso.
 “Lo so Emma” mormorò “Lo so.”

*

Emma appoggiò la fronte al finestrino sentendosi terribilmente sola. Non c'era Ginny, non c'era Luna, non c'era Neville, o i gemelli Weasley, non c'era nemmeno Draco e Lilith e James. Anche gli altri emoor li avrebbe trovati solo una volta ad Hogwarts e improvvisamente pensò a Dan e Luke e si chiese dove fossero.
 L'assenza dei due gemelli si sentiva enormemente a scuola e a lezione e spesso aveva pensato di scrivere loro, ma aveva desistito per paura di metterli in pericolo, in quel momento però, pensare che ad Hogwarts non li avrebbe trovati, non sapeva perché, ma le faceva venire le lacrime agli occhi e blandamente, si chiese cosa avrebbero pensato i due amici del cambiamento di Richard Done, con cui avevano sempre avuto una buona amicizia e fece un sospiro arreso, che andò ad appannare il vetro freddo dello scompartimento, mentre faceva scorrere lo sguardo sulle campagne fuori Londra.
Gli ultimi giorni al Manor erano stati molto pesanti. Dopo aver abbandonato Voldemort lui non l'aveva più richiamata e dopo il bagno caldo, la passeggiata notturna in biblioteca e la chiacchierata con Narcissa, l'emoor aveva ripreso in mano i cocci della sua vita.   
 Voldemort le aveva detto che l'avrebbe spezzata e che avrebbe usato il suo dolore per farla cedere alle Arti Oscure, lei lo aveva usato invece per trincerarsi dietro una maschera di freddezza.
Dopo quella notte Emma si era mantenuta a distanza da tutti, a eccezione di Narcissa e non aveva permesso nessun cedimento, nemmeno per Draco, aumentando la distanza tra loro, arrabbiata per il suo silenzio. Aveva passato le sue giornate in biblioteca, evitando le serre e il parco, dove avrebbe rischiato di trovare il Serpeverde e si era chiusa in uno studio matto su bacchette e nuclei e poi su favole e leggende. Nagini quasi sempre al suo fianco. DevotaDolce. Ed Emma non faceva quasi più caso alla sua presenza.
 L'emoor era arrivata velocemente alla conclusione che anche se il serpente avesse detto qualcosa al suo Signore di come passava le sue giornate, non avrebbe potuto dire nulla di compromettente. 
 Emma era troppo concentrata per farsi sfuggire anche solo un dettaglio pericoloso. Al massimo l'animale avrebbe potuto dire che la ragazza passava spesso il tempo a bere the con Narcissa, facendosi insegnare le regole dei Purosangue, ma questo sarebbe stato solo apprezzato. Per Emma quella al Manor era stata a suo modo una settimana istruttiva e stancante e si sentiva più preparata e letale.
 La verità era che anelava la battaglia finale con tutta sé stessa. Era stanca di quella guerra, della paura costante, delle Cruciatus, dei Mangiamorte, dello sguardo vuoto di Malfoy. 
 Era stanca anche di dover essere l'ago della bilancia.
Un brivido lungo la schiena la distrasse dalla sua amarezza, sbatté le palpebre, mentre per l'ennesima volta sentiva la tensione di Harry. Era così da giorni, la stanchezza e il nervosismo del Grifondoro che si accumulavano ai suoi sentimenti già tesi e contorti e il volto preoccupato di Hermione che le baluginava davanti agli occhi a intermittenza. La connessione le faceva ormai quasi compagnia e lei aveva accolto le visioni con gelida noncuranza, facendoci l'abitudine e imparando a non mostrare mai dall'esterno quando avvenivano.
 Percepire la sofferenza di Potter la faceva sentire meno sola, come se almeno lui, vessato quanto lei dagli eventi, potesse capirla.
 -Andrà tutto bene Harry- sussurrò attraverso la mente e dopo un istante di vacuo silenzio le parve di percepire la presenza del ragazzo. Lo immaginò come sempre con i suoi capelli perennemente scomposti, mentre la guardava attento con i suoi occhi verde brillante, un sorriso furbo stampato in volto.
-Emma stiamo per fare qualcosa di folle-
 -Lo percepisco. Sono con voi-
 -Ho paura- ammise lui, in modo così candido che la spezzò.
-Lo so Harry. Ne ho anche io- sussurrò in risposta
 -Dopo questo non sappiamo dove andare-
 Emma fece un breve sospiro e chiuse gli occhi.
 -Potremmo doverci rivedere, Harry. Potresti dover tornare a Hogwarts, o da qualche parte dove saremo insieme- ammise, lasciando scivolare via il moro dalla sua mente.
 “Tutto bene?”
L'emoor aprì di scatto gli occhi trovandosi di fronte Artemius.
“Mius! Che cosa ci fai qui?” chiese stupita “Credevo che non tornassi a casa dei tuoi tutori per Pasqua”
 “Lo so, ma sono ci sono andato comunque, anche se solo per un paio di giorni, ho immaginato non avresti avuto un ritorno a scuola in compagnia e ho pensato ti avrebbe fatto piacere una faccia amica” mormorò lui con le guance arrossate.
Emma gli sorrise affettuosamente in risposta, facendo lui cenno di sedersi di fronte a lei e il ragazzo eseguì.
“Come stai?” chiese la Corvonero, con tono gentile.
 “Ti ha torturato di nuovo?” ribatté lui senza darle ascolto, gli occhi chiari pieni di sospetto.
 L'emoor serrò le labbra contrariata a quella domanda, ma annuì, sincera e vide il volto dell'amico accendersi di rabbia per un istante. 
 Fece subito per ribattere, con l'intento di tranquillizzarlo, ma dalla sua borsa uscì galleggiando una vecchia macchina fotografica che non ricordava nemmeno di avere con sé.
 “Che cos'è?” chiese il ragazzo accigliato, osservando l'oggetto che ronzava di fronte a lui.
“Una macchina fotografica” rispose Emma con un mezzo sorriso stupito “me l'ha regalata Silente parecchi anni fa”
 Artemius fece un'espressione perplessa a quella rivelazione e la macchina scelse proprio quel momento per scattare lui una foto, emettendo uno strano rumore metallico, mentre ne faceva cadere una copia tra i piedi dei due. L'emoor si chinò a raccoglierla.
 “Sei venuto bene!” esclamò con un sorriso.
 L'Artemius nella foto, sembrava vagamente interessato, mentre ricambiava lo sguardo di Emma, la sorpresa che la macchina fotografica aveva colto in lui illuminava gli occhi di solito vacui.
 “Me l'aveva detto Silente che con il tempo avrebbe cominciato a far foto da sola, non ricordavo nemmeno di averla con me” spiegò lei
 “Sembri piuttosto stupita che io sia venuto bene” borbottò il ragazzo e l'emoor fece una risata, riafferrò la macchina svolazzante e la rificcò nella borsa che teneva sulle ginocchia, poi con la bacchetta fece una copia della foto e ne diede una ad Artemius. 
 “L'altra la tieni tu?” chiese lui sospettoso.
 “Per ricordo” sorrise lei “Vuoi farne una insieme?”
Lui scosse la testa deciso “Non mi piacciono le foto”
 “C'è qualcosa che ti piace, Mius?” domandò lei ironica, scuotendo la testa divertita e lasciò la borsa di lato sul sedile e si mise accanto al ragazzo, scivolando lentamente contro la sua spalla.
 Artemius non si ritrasse, rimase stranamente rigido al suo posto, come se fosse stupito di quel contatto amichevole che eppure dava sollievo a entrambi. Fu solo dopo parecchi minuti passati in silenzio che, pieno di imbarazzo, il ragazzo afferrò delicatamente la mano della Corvonero, sollevando appena la manica del maglione, per poi sospirare triste alla vista del marchio.
 “Non ti ho mai detto quando mi dispiace” disse imbarazzato.
 “Non è stata colpa tua Mius”
 “Lo so, ma lo hai fatto per me”
 “Tu hai detto ad Alecto Carrow che squittiva come un maiale per me” disse lei “Direi che siamo pari”
 Il ragazzo fece un piccolissimo sorriso al pensiero. 
“Già, ma era vero quello. Dirlo a lei è stato quasi liberatorio”
Emma ridacchiò in risposta e strinse con decisione la mano dell'altro. Dolcemente pensò a quando Artemius quasi non le rivolgeva parola e si muoveva silenzioso per la scuola, guardando sospettoso il mondo intero con i suoi occhi vacui e la sua solita aria apatica, in solitudine.
 Quell'Artemius che le stava stringendo la mano in quel momento era un'altra persona, con addosso qualche livido in più fatto dai Carrow, ma presente e affettuoso ed Emma si sentì orgogliosa di lui.
Erano solo ragazzi, se lo erano detti tante volte.
Solo ragazzi, contro qualcosa di molto più grande di loro.




*Angolo Autrice*

Ciao Lettori! 
Come state?
Capitolo per me molto importante questo, seppur più 'leggero' di altri e in parte di passaggio. 
Non ho molto da dire, anche perché la vicenda si racconta abbastanza da sola. 
Punti/spunti:
. Vediamo Emma nel presente al Manor e nei flashback i suoi primi due giorni di vacanza alla Tana. La contrapposizione tra i due ambienti è notevole, ma mi piace mostrare come l'emoor, in qualche modo, abbia trovato il suo spazio in entrambi i luoghi. 
. Nagini, che dà anche il titolo al capitolo, è ovviamente un personaggio importante. Il serpente, infatti, pur così legato a Voldemort, mostra non solo interesse, ma anche affetto nei confronti dell'emoor e la cosa non sembra piacere particolarmente al suo padrone, che tuttavia rimane ad osservare. 
. Trovo interessante tutto il dialogo tra Emma e l'Oscuro, come dice lui stesso, la ragazza attrae e affascina il mago. Forse è la prima volta che Voldemort si ritrova di fronte a qualcuno con cui non riesce a giocare, ma che gioca con lui. Tutte le riflessioni dell'uomo sono ovviamente giuste, ma a mio parere si pone le domande sbagliate. Al posto infatti che chiedersi cosa lega, per esempio, Emma e Severus, si chiede il perché siano legati. 
. La famiglia Weasley, sempre calorosa, mostra però qualche sofferenza della guerra, ancora una volta sono i ragazzi a cercare di non far soffrire troppo gli adulti e a mostrarsi forti. Un cuore per ogni gemello poi: Fred innamorato,  George e la sua amicizia.
. Il discorso di Lupin è un altro punto importante. Mi piace molto il parallelismo tra Tonks e il mannaro, che Emma vede felici e innamorati e Draco e l'emoor, penso che sia un ragionamento molto giusto e profondo. Lascio un cuore a Remus per la menzione a Severus innamorato. Sono dell'idea che sia molto strano che nessuno ne faccia MAI riferimento nel canon. 
. A proposito di Severus: ❤️. Trovo dolcissimo il fatto che, davanti al giusto scetticismo e la tensione di fronte ai Weasley (ma anche mentre vanno al Manor) Emma e Piton, ancora una volta si avvicinino e comprendano sempre di più. 
. Draco manca ovviamente all'appello. Che dolore. 
. Narcissa rimane un personaggio a cui sono grata e che ha il mio rispetto. Apprezzo molto che la donna capisca la sofferenza di Emma senza doverne davvero parlare e che le offra protezione e distrazioni necessarie. 
. Infine c'è il ritorno ad Hogwarts, dove Emma è più stanca e ferita dell'inizio dell'anno e in parte più sola. Amo il fatto che Artemius sia lì con lei. Ho sfruttato il momento per ritirare fuori il regalo di Silente, che si era perso nei meandri della storia. Se ci fermiamo a guardare Emma e Artemius, spalla contro spalla, non meno uniti di Emma e James, o Emma e George, possiamo davvero vedere quanta strada hanno fatto questi ragazzi. 

Spero che il capitolo vi piaccia e vi ringrazio tantissimo per il vostro supporto. 
Grazie mille davvero! I vostri appunti e commenti sono utilissimi anche per tenere tutte le fila e non dimenticare nemmeno un dettaglio, cosa che, ormai che ci avviamo al finale è più che essenziale. 
Con affetto.

vi

Ritorna all'indice


Capitolo 58
*** L'ultimo tramonto ***



.L'ultimo tramonto.



Emma era distratta. 
Aveva dormito poco e male, tormentata dagli incubi per tutta la notte. Erano tornati di nuovo i suoi genitori e Steph, che la fissavano accusatori e aveva sognato ancora la donna che urlava, il lampo di luce verde e il corpo di Draco sventrato. Qua e là aveva avvertito Harry al suo fianco, in mezzo a tutto quell'orrore e aveva provato ad aggrapparsi a lui in cerca di sollievo, inutilmente. 
 A metterle angoscia era soprattutto un elemento particolare, che non aveva mai incontrato nel sonno: 
Cedric Diggory.
 Il volto giovane e bello immobile a terra, gli occhi spaventosamente vuoti, il corpo rigido. Emma non aveva mai sognato Cedric prima d'ora, il viso del ragazzo nella sua memoria era confuso, perché non era mai stata così vicina a lui quando era vivo, pur ricordandolo con affetto, essendo stato sempre gentile con lei. Eppure, la dovizia di particolari del volto del ragazzo nel suo incubo, le aveva tolto il fiato e vederlo così rigido e senza vita, sul terreno umido cimitero le aveva serrato lo stomaco. Non era più riuscita a dormire. 
Cedric Diggory era stata la prima morte a cui aveva assistito.
Persa nei suoi pensieri, mentre camminava per i corridoi diretta alla lezione di Incantesimi, con accanto Lilith e James che la inseguivano come due guardie del corpo, Emma rischiò di andare a sbattere contro Draco Malfoy, che avanzava solo nel corridoio.
James, fortunatamente, la salvò dall'impatto per un soffio, afferrandola per le spalle e sorreggendola per non farla cadere.
 “Attenta Ems” sussurrò il moro, con tono gentile e come sempre tranquillo, rimettendola in equilibrio e lei alzò appena il capo e lanciò un breve sguardo alle sue spalle, riconoscendo il biondo Serpeverde e sentondosi ancora più grata all'amico per il suo intervento. Sorrise leggermente e strinse lui il braccio.
 “Grazie Jam” mormorò e con la coda dell'occhio vide Malfoy fermarsi e lanciarle un'occhiata veloce e senza bisogno di osservarlo più a lungo, indovinò la mandibola tesa e le dita delle mani che si contraevano per il nervoso. 
Draco era teso.
 “Quindi ora stai con lui?” chiese il Serpeverde, con voce tanto flebile da sembrare irreale ed Emma sentì la pelle d'oca coprirle tutta la schiena e trattenne il respiro prima di voltarsi lentamente.
Erano settimane che lei e Malfoy non si parlavano, né che stavano così tanto vicini come in quel momento. Lo sguardo del ragazzo era vuoto e sofferente, come se la fissasse da lontanissimo, fino a quando non divenne sfuggente, già pentito di aver fatto quel commento.
 Qualcosa dentro l'emoor la spingeva a correre alle sue labbra, a stringerlo, a scuoterlo, a costringerlo a piangere, a liberarsi, a lottare, ma rimase immobile.
 “Come scusa?” chiese con voce calma.
 “Ho solo chiesto se stai con lui” ripeté lui, nervoso, portando lo sguardo al pavimento e la smorfia di Emma si contrasse piena di rimprovero, strinse le labbra in cerca di qualcosa da dire, ma, trovandosi senza argomenti, gli diede semplicemente le spalle. 
 Non voleva ferire Draco, ma la rabbia che le formicolava nel petto non l'avrebbe certo aiutata a mantenere la calma che le serviva quindi, con un gesto sicuro, prese due stupiti Lilith e James a braccetto, nel tentativo di allontanarsi più in fretta possibile.
Sentì alle sue spalle Draco fare due passi in avanti, quasi a seguirla e udì un suono secco provenire dalla sua gola, mentre si schiariva nervosamente la voce.
 “È così quindi?” insistette di nuovo il Serpeverde “O'Shea!”
 Emma lo ignorò e continuò a camminare spedita.
 “Stai con lui? Emma! Guardami” oramai stava quasi urlando e c'era una nota di panico nella sua voce.
 L'emoor si fermò di nuovo e chiuse gli occhi. Si sentiva tremare da capo a piedi e rabbia, amore, paura, delusione le si mescolavano nello stomaco. Prese un profondo respiro e lasciò andare i suoi amici per massaggiarsi le tempie, poi si voltò lentamente e trovò, come aveva immaginato, Draco la fissava, con quel grigio metallico nello sguardo che conosceva come le sue tasche. 
 Emma si avvicinò piano, trascinando quasi i piedi, fino ad arrivare a pochi centimetri da lui e lo guardò in volto, senza tentennare, con una furia tenuta malamente a bada.
“Anche se fosse, non sono affari tuoi, furetto” sibilò e il ragazzo sgranò leggermente gli occhi, mentre faceva un timido passo indietro, incerto davanti all'intensità dello sguardo di lei.
“Furetto?” disse a bassa voce Malfoy, appena recuperato il controllo “Hai già trovato il modo di odiarmi quanto i tuoi amici, O'Shea? Pensavo che fossi diversa dopotutto, pensavo che fossi mia”
 Sembrava vagamente minaccioso, delicato e spezzabile allo stesso tempo ed Emma lo osservò con distacco, anche quando lo vide lanciare uno sguardo gelido agli altri due Corvonero, come se volesse sfidarli a intervenire.
 “Non credo proprio” ribatté, senza abbassare lo sguardo di un millimetro “Io non sono di nessuno Draco e tu hai perso qualunque diritto nei miei confronti. Ricordo male, o sei stato tu a dirmi che non volevi più vedermi?"

Non dovevano assolutamente tornare in quel limbo. Doveva dargli il suo spazio. Draco doveva scegliere.
 “
Io sono...” iniziò lui a denti stretti, scostando lo sguardo.
 “Costretto certo” lo interruppe lei gelida “Anche io sono stata costretta a prendere il marchio, ma ora è un tatuaggio sbiadito, o sbaglio? Tutti i miei amici pensavano che tu non fossi adatto a me, che fossi solo un borioso Purosangue, invece io? Dimmi Draco per quanto tempo ti sono stata dietro?”
 Il ragazzo schiuse le labbra come colpito da uno schiaffo.
 “Pensi che io non sia più adatto a te?” chiese ferito.
 “Non lo so” ribatté lei, improvvisamente più incerta, perché pensava che a quel punto della conversazione il ragazzo se ne sarebbe già andato, pensava di poterlo tenere a distanza, di poter gestire il dolore e fingere indifferenza, 
per il suo bene, ma era tremendamente difficile.
 “Comincio ad essere stufa di attendere” mormorò.
 
Gli mancava. Gli mancava tutto di lui. Il ghigno leggero, il respiro lento quando dormiva, i suoi abbracci morbidi, il suo sguardo sincero e disarmato, il sorriso dolce che riservava solo a lei, il modo in cui le offriva sempre la mano, il palmo verso l'alto, invitante. E l'odore della sua pelle: pioggia in arrivo, menta, caffé.
 Ma avevano bisogno di spazio. Draco aveva bisogno di scegliere.
Non per lei, non per i suoi, ma per sé stesso ed Emma sapeva di non poter cedere, anche a costo di mentire. Perché non era stufa. 
Era una bugia. Lei avrebbe anche aspettato all'infinito.
 Perché Draco Malfoy ne valeva la pena. Era una delle poche certezze che aveva. Draco Malfoy era buono. Sotto tutto quel dolore, le cicatrici e la dottrina.
 “
Lo sapevo che alla fine mi avresti visto per quello che sono, emoor” disse lui in un soffio e qualcosa tremò sul suo volto.
Emma gli lanciò un'occhiata veloce, ma decise che non aveva voglia di rispondere, perché non avrebbe trovato parole taglienti quanto serviva e si sentiva esausta di quella sensazione di tensione tra loro. 
 Distrattamente pensò che Blaise sarebbe stato perfetto a gestire la situazione, ma lei non ne era davvero in grado, o almeno non come avrebbe voluto. Semplicemente detestava che non potesse essere tutto più facile, che lei e Draco fin dal primo giorno fossero stati messi davanti al fatto che un amore tra loro non fosse previsto, che dovessero lottare per poter stare insieme, ma l'emoor, a volte, aveva anche l'impressione che lei avesse pazientato fin troppo e forse giustificato abbastanza. 
 Si voltò nuovamente con decisione senza aggiungere una sola parola e si incamminò lontano da lui, superando i due amici e aspettandosi che loro la seguissero. Sussultò quindi quando udì la voce di James alle sue spalle usare un tono tagliente che non gli aveva mai sentito.
 “Malfoy” disse il Corvonero “Possibile che tu di debba sempre sforzare di essere così sgradevole?”
 Il Serpeverde assottigliò lo sguardo, evidentemente stupito e infastidito da quell'intrusione, ma strinse solo le labbra, come se fosse indeciso se rispondere o andarsene.
 “James lascia perdere” sussurrò Emma “non ne vale la pena” 
 “Invece io penso proprio che ne valga la pena” ribatté lui “Penso sia arrivato il momento di fare una chiacchierata con Draco, l'abbiamo posticipata fin troppo a lungo”
 “Jam ha ragione” diede manforte Lilith, incrociando le braccia sotto il seno e assumendo un'aria estremamente offesa e altera.
 “Lilith” la richiamò Emma, estremamente confusa.
 “Tutti contro il Serpeverde malvagio. Vero?” chiese Malfoy, ignorando la biondina e l'emoor.
Teneva gli occhi gelidi puntati sul ragazzo di fronte a lui, una risata di scherno isterica pronta a piegargli le labbra.
 
Draco era sempre stato geloso di James.
 “
Sei davvero un'idiota Malfoy, lasciatelo dire” ribatté serafico l'altro, scuotendo la testa, mentre le guance del biondino assumevano una strana colorazione vermiglia “Sai quanto abbiamo aspettato io e Lilith e tutti gli amici di Emma, che tu ti decidessi ad essere una persona quantomeno gentile?”
 La biondina sorrise furba e sfuggì alla presa dell'emoor, facendo un passo verso Malfoy, mentre Emma era sempre più stupita e guardava la scena a bocca aperta, senza trovare le parole giuste per intervenire. Il Serpeverde spostò la sua attenzione su Lilith, aggrottando la fronte, confuso dalla vicinanza.
 “Che cosa volete da me?” chiese combattuto.
 “Nulla” rincarò James “Ci chiedevamo solo quanto sarebbe passato prima che tu aprissi gli occhi e ti guardassi intorno. Dici che ti importa tanto di Emma, ma non ti è mai interessato sapere con chi passasse tanto tempo, no?”
 “Io... lo sapevo” ribatté Malfoy preso in contropiede “Voi... la Weasley... A me stava bene”
 “Emma ci ha parlato di te talmente tante volte” intervenne Lilith esasperata, facendo un altro passo avanti per obbligarlo a indietreggiare e assumendo un'aria vagamente minacciosa “e vi abbiamo osservati così tanto a lungo! Ginny e James nemmeno una volta hanno fatto presente quanto tu fossi semplicemente ottuso e ignorante, anzi, l'hanno supportata e hanno cercato di guardarti con gli occhi di lei a differenza mia”
 “Tu devi essere quella furba del gruppo allora” disse con sprezzo il ragazzo, riprendendo un po' di coraggio, la piega delle labbra così amara che il cuore di Emma tremò.
“Affatto” ribatté Lilith con noncuranza, sempre fissandolo con sfida  “ma io ho sempre pensato sicuramente che tu fossi solo una serpe e ho messo Emma in guardia e ho provato persino a farla uscire con altri ragazzi” rispose tranquilla e Draco tese la mandibola furente, gli occhi grigi che saettavano da Emma, ammutolita per la situazione e l'altra ragazza.
 “E ci sei riuscita? “chiese, dopo quelli che parvero minuti interi, la voce irrimediabilmente incrinata e un ghigno soddisfatto illuminò i volti dei due Corvonero, mentre Emma impallidiva un poco.
 “Ah, ma allora anche tu hai dei sentimenti” lo punzecchiò James, mentre la biondina alzava le sopracciglia in una smorfia divertita.
 “Allora? Ci sei riuscita?” chiese di nuovo Malfoy, ignorando le beffe e usando un tono più misurato.
 “Adorerei risponderti semplicemente di sì” disse lei “ma non posso farlo. Non ci sono riuscita, sfortunatamente. Emma non si è lasciata convincere a uscire con altri, mentre tu facevi l'idiota mascherato, la abbandonavi da sola alle feste di Natale, la ignoravi per mesi quando voleva solo aiutarti, o facevi semplicemente lo stronzo. Nemmeno una volta. Anzi lentamente lei mi ha fatto cambiare idea su di te, 
furetto.”
 “Su di me? Come?” chiese lui confuso, gli occhi che per un istante che corsero alla figura dell'emoor, incerti.
 Emma lanciò lui uno sguardo di puro stupore. Non era da Draco farsi domande, non era da Draco nemmeno darsi risposte. 
 Il Draco che aveva imparato ad amare aveva difetti, era debole e davanti a quella situazione sarebbe immediatamente fuggito con guardo sprezzante, cercando una nuova occasione poi per parlarle piuttosto. Invece era lì, spaesato e confuso, la maschera da perfetto Purosangue ormai incrinata e anche Lilith parve pensarci, perché la sua smorfia si ammorbidì leggermente in un mezzo sorriso.
“Ho cambiato idea quando ho sentito Emma chiamare il tuo nome nel sonno con il terrore di perderti, Malfoy” sussurrò “Quando ho visto come non potete fare a meno di guardarvi e cercarvi, quando mi ha raccontato che le sei stato accanto mentre era incosciente per il marchio e quando ho sentito quello che prova per te. Mi sono fidata, è questo che fanno gli amici. Ascoltano e comprendono.”
 “Draco ha degli amici Lils” intervenne nervosamente Emma con un filo di voce, temendo di crollare da un momento all'altro “Sa benissimo cosa fanno. Se lui si comporta così è per una sua scelta e basta, lascialo perdere. Per favore”
 “Il discorso Draco” riprese a quel punto James, ignorando l'emoor, la voce distesa e le mani affondate nelle tasche dei pantaloni “È che sei così fottutamente fortunato che Emma abbia visto del buono in te, ma nemmeno te ne accorgi. Non ti accorgi di quanto sia bello e unico quello che avete, perché sei troppo impegnato a guardare solo a te stesso e alle tue sofferenze”
 Malfoy era pallido e immobile e fissava James in silenzio. Gli occhi grigi sembravano tempesta ed erano spalancati e pieni di terrore. Era come se le sue difese si fossero sgretolate tutte insieme.
 “Io me ne sono accorto fin troppo bene invece, McGregor. Per questo ho fatto un passo indietro” sussurrò ed Emma cercò di respirare lentamente e non riuscì a capire cosa stesse succedendo, ma Draco Malfoy sembrava improvvisamente maturo e sofferente e anche Lilith e James tentennarono davanti a quella sincerità inattesa. La biondina però si riscosse in fretta e sistemandosi una ciocca di capelli dietro l'orecchio, riprese con noncuranza parola.
 “Il punto Malfoy è che temo che tu debba allargare il tuo punto di vista. Non ti sei mai posto le giuste domande. Non hai nemmeno mai pensato di venire a conoscerci, anche solo per gentilezza nei confronti di Emma, però sei stato geloso di James.”
“E questo cosa c'entra” mormorò il Serpeverde, livido.
 “C'entra. Perché Emma invece ha provato a conoscerti. Esce con i tuoi amici, ha stretto amicizia persino con Blaise e gli altri. Ha studiato le leggi delle famiglie Purosangue solo per te. Non lo capisci?" domandò impertinente.
 James fece un respiro lento, facendo cenno all'amica di fermarsi e gli occhi chiarissimi che osservavano il ragazzo saettarono per un momento anche sul volto stravolto di Emma, tesa e fragilissima.
 “Quello che intendiamo Draco” disse con un tono amichevole e diplomatico, provando a smorzare la tensione “È che Emma ce la fa benissimo da sola, ma ti manca e tu a lei. Forse stai rovinando la prima cosa bella che ti sia mai capitata, o sbaglio? Non sei stato in grado di provare a comprendere il suo mondo, ma hai preteso che entrasse nel tuo. Forse è solo questa la scelta che devi fare”
 “Come osi...” tentò il biondo, ma era un incipit troppo flebile.
 “Emma meriterebbe molto di meglio di te a mio parere” chiuse il discorso James, scrollando le spalle “Ma lei ti ha scelto e tu la ami e non riesco davvero a capire perché ti devi comportare così.”
 “Come uno stupido allocco cieco!”specificò la biondina.
 L'emoor si sentì tremare. La testa le pulsava e dovette lottare per non scoppiare a piangere o gridare. Si avvicinò come un automa ai due amici, cercando di concentrarsi sul fatto che dovevano andare a lezione. Poggiò una mano sulla spalla di James e afferrò il polso di Lilith, tenendo il capo basso.
 “Lilith, James basta” sussurrò debolmente.
Il suo sguardo si scagliò su Draco in un battito di ciglia e lo vide spezzato, schiacciato dalle parole dei due Corvonero e sentì il cuore batterle furiosamente contro lo sterno. 
Tempo. Draco deve scegliere. Non per te. Non per i genitori. Per sé stesso.
 
Lilith scrollò le spalle, una luce di furbizia negli occhi scuri.
“Scusa Ems, ma dato che a lui di chiedere il mio parere non gliene frega niente, ci tenevo a darglielo in tutta sincerità, io e James ne parliamo da mesi, solo un'idiota si farebbe sfuggire una come te”
 “Ti ringrazio” disse Emma, facendo lei un piccolo sorriso lusingato “ma davvero, credimi, non ne vale la pena”
 James stava ancora osservando il biondo, che teneva lo sguardo basso pieno di vergogna, ma quando l'emoor gli sfiorò di nuovo il braccio si riscosse e la seguì.
 “Ci vediamo Malfoy” disse al ragazzo e anche Emma lanciò un'ultima occhiata al Serpeverde, preoccupata, nonostante tutto. Draco era immobile, come folgorato.
 “Non voglio amarti, Emma odiando me stesso. Ho capito che non funzionerà mai così” rispose il biondo in un soffio e l'emoor si bloccò, incredula per quelle parole che erano scivolate fuori dalle labbra di lui, senza che quasi si muovessero.
 “Sono perfettamente d'accordo, Draco”  rispose con tono ferito “Ne abbiamo già parlato. Usa il tempo a disposizione per te”
 E si rese conto, mentre per un solo istante scambiavano uno sguardo, di quanto fossero intime e consapevoli quelle parole tra loro. Lo vide inghiottire saliva incerto e qualcosa nel petto di lei si mosse e sentì l'istinto di avvicinarsi e chiedere spiegazioni e obbligarla a guardarla in volto, ma Draco non le diede il tempo.
 Nella posa meno elegante di sempre, le spalle flosce e il volto distrutto, senza mai alzare il capo, o cercare il suo sguardo, il Serpeverde girò sui tacchi velocemente, allontanandosi lungo il corridoio ed Emma dovette improvvisamente ricordarsi come respirare e si obbligò a farlo, sentendo lo sguardo di James che la osservava attentamente. Le ci vollero una manciata di secondi per recuperare il controllo. Intrecciò una mano con quella dell'amico e l'altra con Lilith e prese a camminare in fretta verso l'aula. 
Se conosceva Draco,
 se lo conosceva almeno un poco, sapeva che il Serpeverde in quel momento doveva avere la gola chiusa da un groppo di lacrime che non avrebbe mai fatto cadere.
 
Non voglio amarti, odiando me stessoNon funzionerà mai così.
 L'emoor si sentì male per lui, ma sapeva che non poteva aiutarlo. Non in quel momento almeno. Chiuse con rabbia la mente, il dolore, il suo libro pieno di ricordi con Draco Malfoy.
 Cerco di cancellare quella pallida ombra del ragazzo, quelle ferite grondanti di sangue invisibili che lo stavano facendo sparire.
 Faceva male, maledettamente male e voleva solo urlare.
Ma non poteva lasciarsi guidare dal dolore. 
Non ora.

*

Il coltello di Bellatrix saettò attraverso la stanza e brillò minaccioso, come la notte in cui lei aveva cercato di fermare la fuga del magico trio dal Manor, senza riuscirci. Nel sogno però il coltello arrivò a segno.
 
Il petto di Potter venne squassato da un rantolo mentre si macchiava di sangue. I Mangiamorte intorno a lei ridevano terribili e freddi, i cappucci sui loro volti tranne per Bellatrix. Emma si avvicinò ad Harry con le lacrime agli occhi, allungò le mani per avvolgere il ragazzo in un abbraccio pieno di conforto, mentre la lucidità di dire 'è solo un incubo' veniva a meno.
 
Il gelo e il buio la avvolsero e sentì la presenza di Nagini intorno a sé. La risata di Voldemort fredda e inumana. Emma sbatté le ciglia ripetutamente e si stupì di trovare suo padre Alan di fronte a lei.
 “
Papà” mormorò l'emoor, senza fiato, accorgendosi tardi di come il volto dell'uomo, in vita sempre illuminato da un sorriso splendente, fosse deturpato da un ghigno abominevole.
 “Mi hanno detto che mi hai sostituito” rispose lui, con una voce roca e pericolosa. Ci fu un lampo verde e il corpo di Severus, apparso all'improvviso, cadde nel centro del cimitero che si era formato intorno a lei.

 La donna che non conosceva, per la prima volta risparmiata da quale lampo maledetto, alzò gli occhi verso di Emma, colmi di orrore, le labbra tremanti. All'emoor ricordava qualcuno, ma non sapeva dire chi e sbatté ancora le ciglia e perse lucidità. Corse verso il tutore, il corpo rigido e freddo, lo abbracciò e si rese conto di non poter piangere.
 “Sev” singhiozzò arida e la donna sconosciuta, in piedi di fronte a lei, sembrò trasfigurarsi piena di rabbia.
“Non osare” sibilò.

Il buio ricadde intorno all'emoor e si accorse di non avere più il corpo del tutore tra le braccia. 
Sentì freddo e soprattutto solitudine. Il cuore sembrò fermarsi nel petto per il terrore che stava provando.
 “Emma” la chiamò qualcuno.
 L'emoor si girò di scatto. George morto. Harry morto. Ginny morta. Lilith e Fred morti. James morto. Gli emoor morti. L'ES ormai solo cadaveri e così l'Ordine. Sguardi vuoti, corpi senza più vita e in mezzo a loro Draco.
 Draco Malfoy pallido e spaventato. Con le lacrime che scorrevano sul suo volto come la notte in cui lei aveva scoperto il suo marchio.
 
Nagini uscì di scatto dal buio e si avventò sulla gola del ragazzo.
Una volta. Due volte. Tre volte.
 “
Nagini!” gridò Emma.
Il serpente inaspettatamente si fermò e si voltò a guardarla. 
 La voce di Voldemort sibilò nell'aria, spingendo l'animale ad attaccare, ma Nagini non lo ascoltava, il muso serpentesco fisso sull'emoor.

Il corpo di Draco era immerso nel suo stesso sangue. Una pozza scura e orribile che si allargava come un lago sotto il corpo sottile di lui.
 “
Voglio...a..are... te... Emma.” a sua voce gorgogliava frasi frastagliate, l'emoor sentì il freddo arrivarle fino alle ossa, facendola tramare di orrore.

*

Emma si svegliò di scatto nel suo letto nella torre di Corvonero.
 Il respiro leggerissimo nel petto, gli occhi che sbattevano nell'oscurità mentre definivano lentamente i contorni della stanza. Si portò una mano al petto, trattenendo paura e singhiozzi, mentre si rendeva conto di essere al sicuro.
 
Era solo un sogno. Un altro inutile e dannatissimo sogno. L'emoor inghiottì saliva, si costrinse a respirare, ad Occludere, a concentrarsi sui fregi blu e rame del suo baldacchino.
 Lo sguardo le cadde sul comodino dove era appoggiato un album di foto, lo afferrò tra le mani tremanti, scorrendolo lentamente in cerca di distrazione e osservando le immagini nella luce flebile della luna.
 Emma e Severus sulla collina, Emma e le compagne di stanza alla sua prima sera ad Hogwarts, Emma e Ginny alla Tana con Hermione sullo sfondo che salutava allegra, Emma e Draco di schiena, seduti in un angolo della serra del Manor, Emma stretta tra George e James vicino alle serre di Hogwarts, i ragazzi con una scopa da Quidditch in spalla, Emma con James e Lilith a braccetto nella Sala Comune, Artemius sull'espresso di Hogwarts, un primo piano di George, una foto sfocata di Draco durante l'allenamento, una foto di Severus a Spinner's End chino sulle sue pozioni.
 
I suoi amici. La sua famiglia. L'emoor fece un profondo respiro in cerca di auto controllo. Stavano tutti bene.
 Wolland, il suo gatto, salì pigro sul letto ed Emma allungò una mano per grattare lui un orecchio.
 “Tutto ok?” chiese la voce di Lilith che la osservava silenziosa dal suo letto, probabilmente da interi minuti, tra le mani la radio magica con cui ascoltava la voce di Fred ogni sera.
 L'emoor le lanciò un'occhiata e fece per annuire, ma si accorse all'ultimo di un movimento alla sua destra: erano Sarah e Carmen che la guardavano.
“Hai urlato” disse semplicemente la mora.
 “Scusate” mormorò Emma “Tornate pure a dormire”
 Sarah fu la prima a scrollare le spalle e ad avvicinarsi a lei. 
 “Non è affatto facile essere al tuo posto” sorrise “E tu mi sembri particolarmente brava ad affrontare tutto” 
 “Sono destinata ad essere l'ago della bilancia.” rispose con un sorriso amaro l'emoor, tentando di spezzare la tensione “A volte preferirei essere Millicent Bulstrode”
 Carmen fu la prima a ridacchiare, arricciando le labbra e uscì dal letto avvicinandosi a quello di lei, seguita da Lilith e infine Sarah.
 “Beh sicuramente la giovane Millie ha meno preoccupazioni di te” disse la mora e si strinsero vicine, abbracciandosi con forza.
 “Andrà tutto bene” aggiunse la voce mite di Sarah “Lo pensa anche Blaise e lui è sempre un brontolone pessimista di solito”
 “Ah allora se lo pensa Blaise” borbottò Carmen e Lilith ed Emma ridacchiarono sotto i baffi per quell'insinuazione.
 “Non è così male Zabini” disse la biondina contro la spalla dell'emoor, scuotendo il caschetto già disordinato ed Emma arricciò le labbra in un sorriso divertito.
 “Il mondo sta davvero per finire se aduli un Serpeverde Lil”
 “Beh, non ha scelto proprio il meno piacente ad onor del vero” ammise Carmen e Sarah ridacchiò di rimando.
 Si strinsero più forte, Emma si sentì protetta.
“Credo che il termine corretto per Blaise sia smagliante” mormorò.
 “Affascinante” rincarò Carmen.
 “Intelligente” sorrise Sarah.
 E Lilith sembrò costringersi a cercare un complimento. 
 “Non così male” concesse infine.
Risero ancora. 
E Ancora.

*

Era passata una settimana dall'ultimo confronto avuto con Draco ed Emma non lo aveva più visto. Il ragazzo era praticamente sparito da allora, lui e le sue parole piene di dolore. Aveva saltato pranzi, colazioni e cene, svanendo dai corridoi e probabilmente dalle lezioni, riempiendola di preoccupazione, fino a quel momento.
 Draco Malfoy era al tavolo di Serpeverde per la colazione quella mattina ed Emma osservò il suo profilo pallido da quello di Corvonero, unendo le labbra in una linea triste, quasi incredula di vederlo ancora vivo e tutto sommato intero.
 “Tutto bene?” le chiese Lilith al suo fianco, dolcemente.
 L'emoor tentò di sorridere in risposta riuscendoci solo a metà e abbassò lo sguardo sul libro che stava consultando poco prima, cercando di placare il battito agitato del suo cuore.
 Il tavolo di Grifondoro alle sue spalle, senza il trio, Ginny e tutti i fratelli Weasley e mutilato anche di Dean Thomas da inizio anno e di Neville e Seamus chiusi nella Stanza delle Necessità, era clamorosamente vuoto. A Corvonero dell'anno di Emma erano presenti solo lei, Lilith, Carmen e Sarah. L'assenza di Luna e dei gemelli gridava dolore, il vuoto lasciato da Richard, imbarazzo, mentre Sean e James in quel momento erano assenti solo perché da Abeforth Silente a procurare cibo. 
 Il fratello di Silente, con cui erano in comunicazione tramite un ritratto di una ragazzina sottile trovato da Neville nella Stanza delle Necessità mentre chiedeva disperatamente di aver bisogno di cibo, era diventato la principale fonte di sostentamento per tutti quei ragazzi che erano nascosti dai Carrow. Emma, che aveva avuto pochi fugaci contatti con l'uomo, per lo più bruschi e fatti di parole taglienti, lo rispettava profondamente. Abeforth Silente li aveva accolti alla Testa di Porco, aveva imposto poche e precise regole e aveva accettato di dare loro il cibo di cui avevano bisogno.
L'emoor spostò lo sguardo per la Sala, al tavolo di Tassorosso c'erano facce smorte, ma poche assenze, mentre quello di Serpeverde aveva le panche piene e in parte anche allegre.
 Emma vide Pansy Parkinson buttare la testa all'indietro in una risata scomposta e tutt'altro che nobile, per qualcosa che aveva detto un ragazzo del quinto anno che lei non conosceva e accanto a lei anche Astoria Greengrass ridacchiò, coprendosi però educatamente le labbra con una mano.
 I tre emoor, seduti ben distanti dalla scena, scossero il capo quasi in contemporanea, scambiandosi uno sguardo, David con un braccio intorno alla vita di Emily, Artemius con il volto affondato nella sua ciotola di cereali. Blaise Zabini, in tutto il suo annoiato poco entusiasmo, non degnò di uno sguardo la ragazza, ma alzò un sopracciglio, infastidito dal rumore, al contrario di Daphne e Joanne che non riuscivano a nascondere il loro sprezzo.
 Draco Malfoy invece, seduto accanto a Zabini, continuava ad essere totalmente assente, lo sguardo grigio perso davanti a sé.
 Sembrava tutto normale.
 “Emma mi stai ascoltando?” chiese Lilith.
 “Scusa Lil, no” ribatté lei con un sospiro.
 “Merlino, ma hai dormito?” domandò la biondina
 “Poco e male”
 “Si vede, hai due occhiaie...”
 “Grazie Lil”
 Lei stese un piccolo sorriso “Dovresti riposare.”
 Emma annuì, di cattivo umore, cercando di non risultare scortese. Lilith la stava aiutando in quelle giornate dove l'assenza di Ginny pesava su di lei. La Weasley era sparita e come promesso, l'emoor aveva preso il suo posto come leader nella resistenza, anche se, a dirla tutta, era molto meno portata della rossa. 
Chinò il capo, chiuse il libro e con fare svogliato stese la pergamena con il tema di Antiche Rune. Dedicarsi allo studio le sembrava così assurdo, a volte, nella situazione in cui erano, eppure tutti i professori continuavano a caricarli di compiti da fare.
 “Sai che sono fiera di te?” richiamò di nuovo l'attenzione l'amica e l'emoor si voltò a guardarla, stupita da quell'affermazione. 
 “Per cosa dovresti essere fiera?” chiese.
 L'altra si aprì in un largo sorriso, gli occhi scuri che le brillavano furbi sul volto ed Emma si rese conto che era tanto tempo che non la vedeva così allegra e che le era mancato quello sguardo.
 “Beh prima di tutto per l'ES e per il modo in cui tieni in piedi ogni cosa. Sei riuscita a portare dei Serpeverde nel gruppo e quasi a farmeli piacere e poi hai fatto il culo a Malfoy”
 Emma si ritrovò a ridacchiare e scuotere il capo insieme. 
 “In realtà sei stata tu ad avergli fatto il culo” mormorò.
 “Io ho solo dato il mio parere, tra l'altro su spunto di James, ma tu gli hai fatto davvero il culo Ems, credimi” sottolineò di nuovo la ragazza, imburrandosi una fetta di pane “So che ti è costata fatica non fiondarti su di lui, giustificarlo e tentare per l'ennesima volta di aiutarlo e io credo gli sia servito. Hai visto il suo sguardo no?”
 
Sì, Emma lo aveva visto. Lo sognava da giorni.
 “
Non pensavo che ti andasse a genio la nostra relazione” disse l'emoor, prendendo un appunto e arrotolando con cura la pergamena “Pensavo che sperassi che io mi dimenticassi di lui”
 “No infatti” ribatté la biondina, addolcendo la sua espressione “Lui rappresenta ancora il prototipo del peggiore ragazzo possibile che immagino per te, ma, detesto ammetterlo, si vede che c'è qualcosa di importante tra voi, si vede che state soffrendo in due per questa cosa e tutto quello che mi hai raccontato... insomma un po' mi spiace per lui, non deve essere bello essere Draco Malfoy”
“No, affatto” confermò l'altra, grata però all'amica per l'appoggio e afferrò un'altra fetta di pane, imburrandola generosamente.
 “E a parte tutto questo” riprese Lilith “Senza Ginny temevo che ci saremmo sgretolati. La Weasley è testarda e capace e aveva le idee molto chiare, invece tutto sommato ce la stiamo cavando alla grande e tu stai facendo un ottimo lavoro”
 “Non amo molto essere a capo di qualcosa” sussurrò l'emoor imbarazzata “Se devo essere completamente sincera.”
 “Lo so” disse dolce l'amica “ma ti ci seri ritrovata e ci sei molto portata, sei calma, razionale e imparziale”
 “Grazie Lils. Davvero. Il tuo supporto è importante.”
 La biondina sorrise sincera ed Emma tentò di nuovo di rispondere al gesto affettuoso, ma inaspettato un brivido gelido le attraversò la schiena e il respiro le si mozzò per lo stupore.

Gringott. Mantello. Bellatrix. Polisucco. Horcurx.

 Emma” era di nuovo Lilith, che le stringeva un braccio allarmata.
 “Usciamo di qui” arrancò l'emoor, prendendola per mano.
 Si sentiva scossa e pallida e barcollò una volta in piedi, attirando l'attenzione di tutta la sala. Facce confuse e curiose che la guardavano attenti da tutti i tavoli e gli occhi obliqui di Zabini che quasi la trapassavano nonostante la distanza.
 La Corvonero si obbligò a non cercare Draco. A respirare.
 “Che hanno da guardare?” borbottò tra i denti, aggrappandosi all'amica, mentre con la mano libera afferrava la tracolla.
 “Oh, non farci caso” ribatté Lilith scuotendo il caschetto “non guardano te. Guardano tutti me, non lo sai? Sono tremendamente affascinante” disse la corvetta a voce alta, gli occhi furbi luminosi.
 Emma rise, ricordando quella stessa scena quattro anni prima. 

. . .

Emma era ad occhi chiusi da almeno venti minuti, il fiato corto, spezzato, spaventato. Semi sdraiata su una delle comode poltrone della Stanza delle Necessità, sentiva lo sguardo degli altri su di sé e per questo non osava sbirciare, cercando di rimanere concentrata.
 Harry, Ron ed Hermione erano scappati volando sul dorso di un Drago. Erano scappati dalla Gringott aggrappati a
l fottuto dorso di un drago. L'emoor non riusciva ancora a crederci.
 “Stanno bene?” chiese Neville, che aveva evidentemente racimolato il coraggio per fare quella domanda ed Emma aprì le palpebre, osservando il volto pallido del ragazzo di fronte a lei.
 “Incredibilmente sì” mormorò, raddrizzando appena la schiena.
 Lilith e James erano come sempre al suo fianco e di fronte a lei vi erano Paciock e Finnigan, tesi come due corde di violino e poi Sean, il volto pieno di stanchezza e un brutto livido sullo zigomo.
 “A bordo di un drago” ripeté lentamente James, come per avere la certezza che fosse vero.
 “A bordo di un drago” confermò Emma e si fece quasi sfuggire una risata leggera e isterica davanti al volto stralunato dell'amico, che la guardava con gli occhi chiari sgranati.
 “Ma come...” iniziò lui, ma Emma venne nuovamente percorsa da un brivido violento e sobbalzò portandosi una mano al marchio che aveva preso a bruciare terribilmente, ma prima che potesse lamentarsi, o che chiunque dei suoi amici potesse raggiungerla e aiutarla, la ragazza venne trascinata con forza in una nuova visione.
 Percepì Harry accanto a sé, una presenza confortante, che venne però quasi spazzata via dalla rabbia violenta che l'attraversò di colpo e che non apparteneva né lei al né al ragazzo.
 
VoldemortVoldemort sapeva che stavano prendendo gli Horcrux. Gli occhi rossi furenti e spalancati per quell'affronto, lo sgomento e la rabbia incontrollata, il tremore.
Emma si sentì mancare il fiato, mentre si faceva strada in quelle sensazioni troppo violente in cerca di Harry. Lo trovò in un angolo della sua mente e si aggrappò a lui.
 - Harry - osò, ma il ragazzo non rispose, troppo terrorizzato.
 Voldemort stava distruggendo tutto quel che riusciva a raggiungere, nello stesso soggiorno dove meno di un mese prima Emma aveva parlato con lui quasi tranquillamente, carezzando Nagini. Il mago faceva esplodere e bruciare ogni cosa, mentre alcuni Mangiamorte terrorizzati fuggivano velocemente dalla stanza e altri cadevano.
 - Harry - tentò di nuovo Emma non sentendo più la presenza del ragazzo e ancora una volta lui non rispose.
 L'emoor sentì James che la scuoteva, ma era come se l'amico fosse lontanissimo, la mano di Lilith che si intrecciò alla sua e lei seguì la loro voce per uscire da quell'incubo, le emozioni di Voldemort violentemente e grottescamente amplificate dentro di sé. 
 Vide nitida l'immagine di Nagini e una bolla che le si formava intorno, l'immagine di una grotta, della Gringott e poi un luogo che ben conosceva, illuminato nella sera e bellissimo a vedersi: Hogwarts. Emma rantolò e riuscì a staccarsi dalla visione con fatica. Sudata, spossata, 
spaventata. Tremava ancora quando riuscì a mettere a fuoco i cinque visi terrorizzati che la guardavano, mentre una consapevolezza si faceva strada dentro di lei.
 -Emma-
 -Harry-
 -Torniamo ad Hogwarts, l'ultimo Horcrux è lì-
 -Harry Hogsmeade è controllato-
 -Dobbiamo venire lì-
 -Testa di Porco-
 -Come?-
 -Se ti seguono vai alla Testa di Porco-

Emma” James stava quasi gridando ora.
 “Sono qui” sussurrò lei spaventata dal tono dell'amico.
 “Cosa hai visto? Cosa sta succedendo?”
 L'emoor fece per parlare, ma si bloccò spaesata, il cervello che andava velocissimo. 
Harry stava tornando. Voldemort stava arrivando.
Quella era la resa dei conti. Per un istante si sentì schiacciare da quella consapevolezza e dalle quantità di cose che potevano succedere. La scuola andava difesa, l'Ordine avvisato, dovevano prepararsi a combattere e contrastare la rabbia dell'Oscuro Signore. 
 Terrorizzata, si rese conto che lei non sapeva cosa dovesse fare e nemmeno gli altri emoor. 
Difendere la scuola come tutti gli altri? Perché loro sarebbero stati determinanti allora? Ed Harry? Non sapevano nemmeno quale fosse l'Horcrux mancante.
 Mentre ci pensava ebbe un'illuminazione: 
Nagini. La bolla che le si era formata intorno a lei per proteggerla. Nagini doveva essere un Horcrux e con sgomento l'emoor si chiese cosa doveva essere passato per la testa di Voldemort a vederla giocare tranquillamente con il serpente. Nagini forse rappresentava quella parte di Voldemort che Emma avrebbe compreso e aiutato se si fossero conosciuti a Hogwarts. La parte buona di Salazar Serpeverde, quello che aveva protetto e voluto bene ad Alicia.
 L'emoor si massaggiò le tempie ragionando, sotto lo sguardo attento degli altri. Entrare tramite il passaggio di Abeforth era l'unica possibilità per Harry, bisognava avvisare il gestore della Testa di Porco e radunare più persone possibili. Scosse la testa confusa e si chiese se dovesse avvisare per prima la McGranitt, o andare da Piton, mentre una piccola parte di sé voleva solo andare a cercare Draco, metterlo in salvo forse, dargli una possibilità di fuga.
 
Draco. Il momento delle scelte era arrivato prima del previsto e loro erano ancora così fragile e frastagliati che...
La ragazza scorse lo sguardo, passando dagli occhi chiari di James a quelli color ebano di Sean, fino ai volti terrei e malmessi dei due Grifondoro, ma fu solo quando incontrò gli occhi scuri di Lilith, pieni di determinazione che riuscì a tornare lucida.
 “Cosa dobbiamo fare, Ems? Siamo pronti” disse la biondina ed Emma ringraziò mentalmente quello strano coraggio Grifondoro che Lilith a volte dimostrava di avere.
 “Devi andare subito a chiamare Carmen e Sarah e tutti i Corvonero e Tassorosso che puoi trovare” disse sicura l'emoor, scambiando uno sguardo di intesa con la biondina, prima di girarsi verso gli altri “Jam, tu vai a recuperare gli altri emoor, Blaise, Daph e Joanne. Seamus chiama quelli dell'ES, usa la moneta, così che riceveranno il messaggio anche Ginny e Luna e se si può anche quelli del vecchio gruppo, i gemelli e tutti gli altri. Sean, devi trovare il modo di sentire Dan e Luke e se loro hanno contatti, tutti i Nati Babbani che sono in giro. Neville ho bisogno che ti metti in contatto con l'Ordine tramite Abeforth”
 “Abeforth non me lo farà fare, Ems, non voglio che ci razioni di nuovo il cibo per dispetto” mormorò il ragazzo.
 “Non importa più del cibo” disse Emma sicura “Trova il modo, Lupin, i Weasley, Kingsley, chiama tutti quelli di cui possiamo aver bisogno. Io mando un Patronus a Gabriel Tullier e i suoi di Beuxbatons e vado a parlare con Severus, poi torno qui” disse in fretta e si alzò sicura, improvvisamente lucida e carica di adrenalina.
 “Ems” la chiamò James “puoi dirci che succede?”
 “Non l'hai ancora capito?” chiese Lilith, un sorriso furbo che le illuminava il volto mentre scambiava uno sguardo con l'emoor.
 “Che cosa?” chiese confuso il moro.
 “Harry” disse Emma con un sorriso ai due “Harry Potter sta tornando ad Hogwarts. Si combatte”

. . .

Uscirono dalla Stanza delle Necessità alla rinfusa, quasi correndo, ognuno nella sua direzione. Emma guardò gli amici allontanarsi da lei e rallentò fino a fermarsi di fronte all'ampia finestra che dava sul parco. L'emoor prese respiro, lentamente, cercando di reprimere l'ennesimo brivido della connessione. 
 Tutta la sicurezza che aveva dimostrato di fronte agli altri nella Stanza, si sgretolò, lasciandola vulnerabile, le mani aggrappate al cornicione della finestra, lo sguardo fisso sul tramonto morente.  
 Ragionò velocemente, quasi sfrecciando nei corridoi della sua mente, cercando di racimolare i dettagli che potevano esserle utili. 
 Come prima cosa doveva chiamare i rinforzi, poi andare da Severus e poi assicurarsi che Potter arrivasse sano e salvo al castello. Una volta fatto ciò non le rimaneva che correre dalla McGranitt, sperando che mantenesse la sua parola di non fare domande e spingesse anche gli altri insegnanti ad alzare le difese.
 La possibilità che Voldemort quella notte si presentasse ad Hogwarts era reale e dovevano farsi trovare preparati. Emma inghiottì saliva e continuò a stringere la pietra gelida sotto le sue dita, affondando nella sua Occlumanzia. 
 Il libro interiore sugli emoor tremò ed la ragazza strinse le labbra con forza. 
Gli emoor, la protezione della scuola, il Vinculum Eldest erano ancora un qualcosa di sconosciuto per tutti e quattro, non sapevano affatto cosa dovevano fare a livello pratico, avrebbero dovuto improvvisare. Emma spinse quella preoccupazione dietro il pensiero di Potter salvo e Severus. 
 Prese un altro profondo respiro, alzò e abbassò barriere, si avvicinò al libro interiore ormai consumato di Draco, che in quei giorni aveva sfogliato fino a farsi venire mal di testa riempiendolo di dettagli e ricordi. 
Draco
Anche se non stavano più ufficialmente insieme Emma aveva giurato di difenderlo e intendeva mantenere quella promessa anche contro il suo volere, anche perché sapeva che non avrebbe mai potuto sopportare l'idea che il ragazzo morisse. Incerta sul tipo di priorità da dare lui, l'emoor posò il suo libro accanto a quello di Severus e la McGranitt, appena dietro a Potter e gli emoor.
 Chiuse e protesse le ultime stanze della sua mente, scivolando via dai corridoi ormai pieni di volumi, prima di tornare lucida al presente. Il sole era quasi calato completamente. L'emoor alzò la bacchetta verso il cielo e corrugò appena la fronte, mentre pensava a una verde collina, dove un uomo e una ragazzina correvano ridendo, circondati da fiori rosa e gialli. 
 Le sfuggì appena un sorriso. 
Expecto Patronum. La volpe argentata brillò bellissima nella notte ed Emma la osservò incantata solo per un secondo, prima di parlare in fretta.
 “Gabriel Tullier. Dì lui che siamo pronti a combattere. Che lo sto aspettando, con tutti quelli che riesce a portare”
 Il Patronus galleggiò intorno a lei, come se stesse metabolizzando le sue parole, poi si tuffò nella notte ed Emma rimase a lungo a osservare il punto in cui era scomparso, sperando che il messaggio arrivasse a Gabriel e che lui fosse disposto a mantenere la promessa fatta durante il matrimonio di Fleur.  
Avevano bisogno di bacchette. Avevano bisogno di combattenti. Avevano bisogno di avere speranza.
 Emma respirò a fondo un'ultima volta, il cuore che le batteva dolorosamente nel petto e guardò malinconica i prati di Hogwarts che si estendevano nel buio sotto di lei e, per la prima volta dopo molto, pensò ai suoi genitori, ad Alan e Lydia, che l'avevano cresciuta amorevolmente e l'avevano supportata persino quando uno strambo uomo era entrato nelle loro vita dicendo che  la loro unica figlia era una strega. 
Emma provò una strana commozione per la loro fiducia e si disse che se fossero stati ancora vivi l'avrebbero voluta vedere trionfare e sarebbero stati pronti a sostenerla, abbracciarla e applaudirla se necessario. L'emoor sorrise. Pensò a Severus e si disse che il tutore e suo padre Alan sarebbero potuti anche andare d'accordo. Pensò a Steph, il suo dolce amico, morto a causa di Voldemort e di quell'assurda guerra di sangue di cui non faceva nemmeno parte.
 Avrebbe dovuto vendicarli. 
Ma la vendetta è dolcissima, ti appaga per un istante e poi sparisce. SeverusIl pensiero del tutore le invase la mente e la fece tremare. Emma si mise a correre con tutte le sue forze. Era arrivato il momento. Erano pronti a combattere.

. . .

L'emoor irruppe nello studio sotterraneo di Piton come un tornado. Le guance arrossate, i capelli scarmigliati e il fiato corto, quasi senza far caso al fuoco nel caminetto e le pareti scure cariche di volumi, che avevano solitamente il potere di farla sentire a casa. 
 Si piegò in avanti, appoggiando le mani sulle ginocchia nel vano tentativo di riprendere respiro, sotto lo sguardo color onice dell'uomo che la osservava allarmato.
 “Emma ma cosa...” iniziò Severus, stupito da quell'ingresso inatteso, ma l'emoor svelta prese fiato e si rialzò, guardando affannata il tutore, improvvisamente senza parole da dire.
Che cosa avrebbe dovuto dire in effetti? “Voldemort ha degli Horcrux?”
 
Aveva corso come un'ossessa verso lo studio del tutore solo con l'urgenza di vederlo, magari metterlo alle strette, avvisandolo che qualcosa stava per succedere e costringendolo ad ammettere di essere rimasto un uomo di Silente, ma ora che si trovava davanti al suo sguardo scuro e la calma glaciale di quei lineamenti che conosceva come le sue tasche, si ritrovò priva di argomenti.
“Mi vuoi dire che cosa succede?” chiese nuovamente lui.
 Emma aprì la bocca per rispondere, ma poi lasciò perdere e, con naturalezza, si fiondò contro il petto magro del professore, stringendolo in un forte abbraccio e sospirando di sollievo quando Severus, pur titubante, rispose alla stretta con fare gentile.
 “Mi devo preoccupare?” chiese atono.
 “Non lo so” ammise la Corvonero, sciogliendo 
riluttante l'abbraccio.
 Piton la osservava con quell'aria severa e attenta che sfoggiava sempre quando temeva di perdere il controllo degli avvenimenti, era la stessa che aveva stampata sul volto quando l'aveva portata al cospetto di Voldemort, quando aveva dovuto marchiarla.
 “Emma sei corsa qui da me in orario di coprifuoco, sei chiaramente sconvolta, non parli e mi abbracci, vuoi dirmi cortesemente che cosa succede?” chiese, la fronte sempre più corrucciata ad ogni parola e l'emoor sbatté le ciglia confusa, prima di aprirsi in un sorriso a causa di un pensiero fugace, che le era tornato alla mente.
 “Remus Lupin mi ha detto che una volta ti ha visto innamorato” sussurrò, stupendosi anche lei di aver scelto di iniziare il suo discorso con quell'affermazione che sapeva avrebbe fatto infuriare il tutore e come prevedibile, infatti, il sopracciglio di Piton si inarcò irrimediabilmente verso l'alto.
 “Come scusa?” chiese improvvisamente livido.
 Emma scrollò subito le spalle, avvertendo il pericolo.
 “Non è niente, non so perché ci ho pensato ora, ma me l'ha raccontato alla Tana e mi ha fatto sorridere.”
 “A parte che quel maledetto mannaro non dovrebbe permettersi di parlare di me in mia assenza...”
 “Cercava di tirarmi su di morale” provò a mediare la ragazza, ma le guance di Piton si chiazzarono sgradevolmente di rosso ed era evidentemente scosso. 
“Poco importa” sibilò “mi vuoi dire che sei venuta fin qui con tutta questa urgenza solo per riempirmi di certe idiozie?”
 Era quasi arrabbiato, 
offeso sicuramente e l'emoor si affrettò a scuotere la testa, dispiaciuta e ad avvicinarsi di un altro passo.
 “No, Sev, scusami. Non era per questo”
 “E allora?” domandò esasperato l'uomo ed Emma inghiottì saliva, tremolando sul posto, mentre spostava il peso da un piede all'altro.
 “Credo che stanotte succederà qualcosa di importante, potrebbe esserci la resa dei conti” sussurrò cauta.
 Lo sguardo di Piton saettò su di lei “Potter?” chiese arcigno.
 “Sev ho davvero bisogno di sapere che sei dalla mia parte, o non so come affronterò tutto questo e...”
 “Potter?” chiese di nuovo l'uomo.
 “Lui sta bene” sussurrò lei e le parve di vedere del sollievo nei lineamenti duri del tutore “Sev...”.
 “Cosa stai cercando di dirmi Emma?” domandò Piton, brusco.
 “Sei un uomo di Silente? Puoi dirmelo ora?”
 Gli occhi del professore dardeggiarono di una luce strana, mentre osservava la protetta con curioso affetto.
 “Se anche lo fossi” disse con un tono di voce bassissimo “dovresti aver imparato che questo sarebbe il momento peggiore per ammetterlo. Siamo alla resa dei conti, no?”
 L'emoor alzò lo sguardo verso di lui, colpita da quell'ammissione sibillina e annuì. Gli occhi di lei così strani, verdi, ma pieni di ombre, liquidi e innaturali si agganciarono ai due tunnel color onice, freddi e all'apparenza vuoti di lui. Si scavarono dentro.
 “Stai facendo entrare esterni a scuola Emma?” domandò pacato l'uomo, spezzando il silenzio.
 “Sì” rispose lei tranquilla “c'è una falla nella sicurezza e devi promettermi che non farai nulla per fermarmi”
Lui la scrutò attento, quasi troneggiando su di lei, imponente e pericoloso, con quell'espressione dura e illeggibile in volto.
 “Non vi fermerò” ribatté con voce inaspettatamente sottile.
 “E se non vuoi esporti e vuoi continuare a fare ciò che hai iniziato, ho bisogno che mi liberi il campo, non puoi stare qui ad Hogwarts stanotte” continuò la ragazza, guardandolo preoccupata.
 Lui tentennò un istante, ma poi annuì di nuovo “Lo farò”
 Emma lo guardò commossa e improvvisamente l'adrenalina che l'aveva portata correndo fin lì, riprese a pomparle nelle vene, facendola rendere lentamente conto che stava accadendo davvero, stavano per dare battaglia.
 “Grazie” sussurrò  e un brivido le percorse la schiena, avvisandola che Potter e gli altri due erano ad Hogsmeade.
La ragazza si riscosse e tornò a guardare il tutore.
 “Sev...” disse, ma si sentì mancare di nuovo le parole. 
 Avrebbe voluto ringraziarlo, per averla accolta e averle insegnato ogni cosa. Per averla adottata, rifiutandosi di abbandonarla. Per aver distrutto le sue maschere, donandole affetto e per averla strappata dagli incubi, sorretta pacatamente, abbracciata al momento del bisogno. Voleva ringraziarlo per essere stato il suo punto di riferimento, amico, padre, insegnante, nonostante tutte le loro evidenti differenze, ma ringraziare
 sapeva di addio e se c'era una cosa che Emma non voleva fare era dire addio a Severus Piton.
 “Dimmi” mormorò lui e il cuore dell'emoor si spezzò sentendo quanto la sua voce fosse incrinata.
 “Lo sai cosa hai sempre sbagliato?” domandò con tono dolce e lui la guardò interrogativo, mentre tornava a sedersi  alla sua scrivania.
 “No. Non lo so” disse brusco “Dimmi cosa ho sbagliato”
 “Non hai mai pensato al futuro” disse lei con candore, lasciando che le lacrime le lambissero le ciglia senza cadere.
“Cosa sarebbe cambiato se lo avessi fatto” chiese sarcastico lui, secco e freddo, ruvido come una corteccia. 
 “Non lo so” ammise la ragazza “Ma non è giusto. Hai sempre agito momento dopo momento, hai fatto del tuo meglio, hai salvato vite e fatto il doppio gioco, ma non ti sei mai fermato a chiederti cosa ci sarebbe stato dopo tutto questo, non è vero? Non osi nemmeno 
immaginare cosa puoi avere dopo il dolore”
 Lui le lanciò uno sguardo profondo, serrando le labbra sottili.
 “Immaginare il futuro non è mai stato il mio forte, no” confermò.
 L'emoor fece un sorriso dolce “Anche per me è difficile sai?” disse  “chiunque vinca questa notte potrebbe significare per me perdere qualcosa di molto importante”
 “Lo so” mormorò lui “mi dispiace”
 “Però tu pensaci” insistette lei “al futuro intendo. Finito tutto. Potremmo stare a Spinner's End, magari apriremmo un negozio di pozioni, io potrei studiare per diventare artigiana di bacchette, potremmo leggere e passare il tempo insieme, potremmo comportarci come una vera famiglia Sev, ci hai pensato?”
 Gli occhi dell'uomo luccicavano nella penombra del sotterraneo, il volto immobile, le braccia distese lungo il corpo magro. Non era come le lacrime di rabbia che Emma gli aveva visto versare una volta in quella stessa stanza, non erano lacrime pesanti come macigni e piene di dolore: Severus Piton era commosso.
 L'emoor represse il desiderio di prendere lui la mano e andare a Spinner's End, chiudersi in quelle quattro pareti che sapevano di casa, aspettando che tutto finisse in qualche modo, senza di loro e si limitò a fare lui un sorriso pieno di significanti profondi, prima di girarsi verso l'uscita dello studio.
 “Emma...” la chiamò l'uomo, la voce rauca e spaventata.
 “Si?” disse lei, tenendo a bada l'emozione.
“Stai attenta”
 “Anche tu Sev”
 “Lo sarò”
 La sensazione che quello potesse essere un addio li fece tremare per un istante, ma rimasero stoici, seri, saldi per una volta entrambi coraggiosi allo stesso modo.
 “Ci vediamo alla fine di tutto, Sev, ok?”chiese l'emoor con voce rotta, cercando di credere con tutta sé stessa a quelle parole. 
 Lui sorrise con dolcezza, un sorriso che Emma non aveva mai visto sul suo volto e si limitò ad annuire in risposta.



*Angolo Autrice*

Ciao Lettori!
Come state? Scusatemi ancora se pubblico a tarda ora. In questi giorni sono molto piena di impegni e così nel prossimo mese, vi avviserò man mano sulle pubblicazioni, ma se non dico nulla potete considerare i soliti lunedì-mercoledì-venerdì. Ad ogni modo anche se son quasi le quattro di notte, pubblico questo, magari non arriveranno nuovi lettori, ma almeno voi fedeli nella giornata di domani lo avete da leggere! :)
Ragazzi: tramonta il sole un'ultima volta sull'Hogwarts che conosciamo. Siamo pronti alla battaglia. 
Punti/Spunti (sempre più brevi, ho voglia di sapere il vostro punto di vista):

. Emma e Draco hanno sempre risolto i loro problemi a distanza dei loro amici e anelavo il momento in cui qualcuno di loro avrebbe perso la testa e sono grata l'abbiano fatto Lilith e James. Mi piace che siano proprio i due pacati Corvonero a rompere la maschera del Serpeverde. Penso che questo scambio tra Emma e Draco sia molto intimo anche se quasi indiretto. Il Serpeverde prova a capire un altro punto di vista per la prima volta e le due brevi frasi finali che si dicono fanno capire come Draco ed Emma, nonostante la mancanza e la sofferenza, vogliano fare le cose per bene. Vogliano aggiustarsi da soli (in realtà Draco), per poi stare insieme davvero. Bene. Vedremo che succederà. Non hanno proprio una timing perfetta.

. L'incubo mi spezza il cuore ogni volta che lo leggo. Così come quell'abbraccio tra le amiche, con la mancanza bruciante di Luna.

. Delle visioni di Harry e l'ES non ho molto da aggiungere, mi piacciono tutti e voglio a tutti loro molto bene (un piccolo cuore a Lilith e il suo coraggio Grifondoro) mi sento tesa per loro e mi piace che Emma si prenda quel momento di solitudine davanti ai prati di Hogwarts, a riflettere e dare priorità, nonostante l'urgenza. Così come adoro il fatto che mandi un Patronus a Gabriel e che la promessa del francese non venga dimenticata.

. Severus. Ho finito di scrivere con il magone. 

Grazie a tutti voi che state seguendo con tanto affetto questa storia e per tutti i vostri utilissimi commenti. 
Pian piano sto sistemando anche gli errori di battitura e formattazione dei primi capitoli (all'inizio ho molto lottato con l'html) e pensavo, prima o poi di portare questa storia anche su WattPad ( nonostante EFP, rimanga il mio primo amore ). 
Inizia la parte che preferisco di questa storia dal prossimo capitolo. Quella dove tutti i tasselli vanno lentamente al loro posto. 
Vi abbraccio
vi

Ritorna all'indice


Capitolo 59
*** Il girotondo immobile ***


.Il girotondo immobile.


 

Emma era squassata dai brividi e dal bruciore al braccio sinistro, provocato dal marchio nero, ma continuò a a muoversi veloce verso il settimo piano. La connessione sembrava ormai senza controllo e ogni volta che sbatteva le ciglia vedeva attraverso gli occhi di Potter, dandole modo di sapere che, mentre lei correva con tutte sue forze, il trio aveva appena attraversato il passaggio di Abeforth.
Nonostante i brividi, il dolore diffuso, il marchio bruciante e le tempie oppresse, l'emoor si sentì percorsa più da speranza che terrore e superò la porta d'ingresso della Stanza delle Necessità con slancio, piena di bruciante curiosità di sapere cosa sarebbe successo.
Rimase disorientata per qualche secondo sulla soglia, a causa del numero elevato e imprevisto di persone che si trovò di fronte: i suoi amici avevano evidentemente avuto successo nel chiamare i rinforzi.

 Emma batté le ciglia cercando di schiarirsi la vista, ma un brivido la percorse inaspettato e si ritrovò a guardare sé stessa con gli occhi di Potter. Si vide arruffata e stanca, seppur piena di una feroce determinazione, ma prima che potesse soffermarsi sui dettagli del suo stesso viso, il momento passò e l'emoor si rese conto di aver recuperato la sua vista e di essere effettivamente di fronte al ragazzo.
 La sala sembrò ammutolire, mentre i suoi occupanti si facevano da parte, permettendo a lei e Potter di osservarsi in silenzio ed Emma sentì il cuore attaccarle lo sterno, riportandola a concentrarsi. 
Fissava il ragazzo: i capelli neri disordinati, lo sguardo verde come sempre distratto, come se pensasse a qualcosa di importante, gli occhiali tondi e la cicatrice. 
Harry Potter. Il bambino che era sopravvissuto. Il prescelto. Il Grifondoro.
 
Il corpo dell'emoor agì da solo, più veloce e istintivo della sua mente, che annaspava ancora incredula per essere finalmente, dopo quasi un anno, nella stessa stanza con Harry. Il busto si sporse, il sorriso le si aprì insensato sul volto, mentre ogni singolo muscolo era percorso da un piacevole tepore e senza controllo alcuno si ritrovò a scattare in avanti, allungando le mani verso di lui.
 “HARRY” gridò e improvvisamente fu come se la sala avesse ripreso vita e tutti esultarono e ci fu entusiasmo e calore a circondarli da ogni lato quando Emma buttò le braccia al collo del ragazzo, azzerando le distanze tra loro.
 Ogni muscolo del suo corpo si rilassò, fu come tornare a respirare, il bruciore al marchio diminuì istantaneamente e il mal di testa venne spazzato via, anche il Grifondoro sorrise felice contro la sua spalla e ricambiò la stretta sulla sua vita.
 Non erano mai stati da contatti fisici loro due. Si erano sempre abbracciati solo in momenti tragici, come il funerale di Silente o la morte di Sirius e sempre più aggrappandosi all'altro, piuttosto che stringersi a vicenda. Ad esclusione, in effetti, della mano che il ragazzo le aveva offerto, dopo l'uccisione di Silente, Emma non ricordava mai un contatto che fosse di affetto tra loro. 
 Eppure, l'aver condiviso la connessione, sembrava in qualche modo aver abbassato le barriere, come se l'unione delle loro menti avesse irrimediabilmente avvicinato ogni singola parte di loro. Il ragazzo cercò lo sguardo dell'amica e l'emoor sorrise in risposta, affondando in quel verde famigliare, mentre si faceva a sua volta stringere da una strana sensazione di completezza che le scioglieva il cuore.

Venne distratta da un movimento alla sua sinistra e quasi sussultò quando Hermione entrò nel suo campo visivo, affiancata da Ron.
 Harry per un momento aveva attratto tutta la sua attenzione, ma vista l'amica, mentre la commozione le stringeva lo stomaco, la Corvonero sgranò gli occhi e si divincolò in fretta dall'abbraccio con Potter, che rise della sua frenesia. 
 Hermione Granger ed Emma O'Shea si strinsero come fossero l'ancora di salvezza l'un dell'altra e l'emoor rise piena di sollievo, quasi soffocando nei capelli folti della ragazza e le prese entrambe le mani, osservandole il volto, cercando di capire se fosse ferita. La grifona ricambiò il suo sguardo con tranquillità e determinazione.
 “Stai bene” disse l'emoor.
 “Sto bene” confermò Hermione “Stiamo tutti bene”
 Emma annuì e tornò a guardare un'altra volta i tre ragazzi. Erano magri, scarmigliati e stanchi, 
ma interi. L'emoor stentava a crederci.
 “Ci sei mancata” sussurrò la grifona emozionata.
 “Anche tu e sei mancata soprattutto in biblioteca” le rispose.
 “Credevo che la biblioteca fosse chiusa per lutto dalla partenza di Hermione Granger” disse Ron, con il suo sorriso divertito e caldo, mentre Hermione gli colpiva scherzosamente il braccio. 
 Tutto intorno gli studenti di tutte le Case sembravano sprizzare di felicità, James e Lilith si avvicinarono sorridenti al magico trio, seguiti a ruota da altri presenti, compresi Carmen, Sean e Sarah, che con i tre non avevano mai nemmeno parlato, ma che erano contagiati da quella strana felicità collettiva.
 “Possiamo disturbare?”chiese una voce alle loro spalle e tutti si voltarono verso il passaggio della Testa di Porco, ammutolendo.
 Ginny Weasley svettava sull'ingresso, raggiante, mano nella mano con Luna Lovegood e seguita dai gemelli Weasley, Lee Jordan, Angelina Johnson, Dean Thomas e Cho Chang.
Ad Emma la sua amica non era mai parsa tanto bella, luminosa e battagliera e con la coda dell'occhio, vide Potter irrigidirsi e intercettò il suo sguardo come calamitato verso la piccola Weasley, in un muto e infuocato scambio di parole a cui la rossa rispose con un minuscolo ghigno che Blaise avrebbe definito molto Serpeverde.
 “Ciao Harry” disse con voce sottile la Lovegood, rompendo la tensione, mentre avanzava a passo di danza per salutare i compagni.
 Emma fu la prima che la abbracciò, piena di sollievo, lasciandola poi a Carmen e girandosi, con un sorriso enorme, verso Ginny.
 “Allora, avete portato avanti la baracca?” chiese la rossa.
 Si scambiarono uno sguardo duro, lucido, consapevole, quasi graffiante e l'emoor stirò le labbra in un ghigno leggero.
 “Lo sguardo di Potter non mi sembrava quello di uno che vuole dire di no alla nostra uscita a quattro, Weasley” le sussurrò e Ginny assunse un'espressione decisamente trionfante, che la fece brillare.
 “Ho pensato proprio la stessa cosa, O'Shea” rispose e subito si sporse a stringerla in un breve abbraccio.
 L'emoor sorrise, sollevata e felice “Bentornata Gin”
 “Mi sembra abbiate fatto un ottimo lavoro” ammise l'amica, guardando ammirata la Stanza delle Necessità, che da quando lei era mancata si era notevolmente ingrandita e arredata, riempiendosi di ulteriori amache e divanetti.
 “Ce la siamo cavata, ma ti lascio con sollievo il comando” rispose la Corvonero “Lo ammetto, preferisco le retrovie”
 “Emma mi è stata in realtà di enorme aiuto” la interruppe Neville alle sue spalle con un grande sorriso, facendola arrossire, prima di sporgersi a salutare a sua volta Ginny.
 “E a noi, non ci saluti?” disse la voce gioviale di George e voltandosi Emma trovò il gemello che la guardava allegro, mentre allargava le braccia verso di lei, in un gesto invitante.
La ragazza non si fece pregare, troppo felice di avere lì l'amico e gli si gettò immediatamente contro in un piccolo gridolino. Le era mancato così tanto. 
George le era mancato come l'aria.
 “Non ho mai capito perché ti preferisce fratello” disse Fred, scuotendo la testa con finta offesa “Ti abbraccia sempre per primo nonostante il mio innegabile fascino”
 Emma rise e agitò un braccio per aggiungere anche lui alla stretta, ma una voce sottile e tremante la fece desistere.
 “Fred”
 L'emoor e il gemello si voltarono insieme, trovandosi accanto a Lilith. Emma non aveva mai visto l'amica più felice di quel momento. Gli occhi scuri pieni di gioia sembravano giganti, così come l'ampio sorriso, il volto illuminato e sereno, bellissimo.
 “Lilith” sussurrò Fred e l'emoor e George sussultarono nel sentire quanto il tono del gemello fosse commosso, mentre li superava con un balzo per lanciarsi verso l'altra ragazza.
 Lilith volò direttamente tra le braccia del rosso, incontrandolo a metà strada, con un grido di gioia spezzato. Insieme si baciarono con passione disperata, senza riuscire a smettere di sorridere. Erano bellissimi. 
Erano innamorati. Erano una speranza.
 “Merlino” tubò George, un braccio intorno alle spalle dell'emoor  “prendetevi una stanza”
 Emma, James e Sean al suo fianco, scoppiarono a ridere e fu un momento di felicità collettiva, a cui man mano si aggiungevano altri Corvonero e Tassorosso, oltre che gli onnipresenti Grifondoro.
 L'emoor non riusciva a vedere altro che serenità intorno a lei, ed era così bella e frastornante come sensazione che si lasciò travolgere, facendo tremare le pareti della sua mente, cercando di scacciare il dolore e la preoccupazione che aleggiavano intorno alle figure assenti di Draco e Severus.
Dean stava abbracciando Seamus, Ginny sorrideva raggiante tra Micheal Goldstein e Terry Boot, Harry, Ron ed Hermione salutavano allegramente tutti nella stanza sempre più affollata, felici e vagamente confusi. C'era Sean che dava delle pacche sulle spalle a Lee Jordan, affiancato da Angelina Johnson e accanto a loro Hanna Abbott e Neville che parlavano con le teste vicine e i sorrisi distesi, persino Cho, di solito timida e riservata, si guardava intorno stupita con occhi brillanti, il braccio amichevolmente a circondare le spalle di Colin Canon. 
L'arrivo del trio aveva regalato speranza.

Un silenzio carico di stupore calò solo per un istante quando, dal buco del ritratto, entrarono Dan e Luke Harrods, i capelli arruffati e i sorrisi smaglianti, come se non fossero mai mancati da Hogwarts.  
 Sarah emesse un urletto di gioia strano per lei, solitamente placida e pacata e fu la prima a correre verso di loro, seguita da Sean che, al contrario dell'amica, ruggì felice senza ritegno nel vedere i due ragazzi. Anche gli altri Corvonero, compresa Emma, si affollarono tutto intorno, insieme a qualche Tassorosso.
 “Morgana, quanto affetto. A saperlo ci saremmo fatti vivi prima!” esclamò Dan allegro, il sorriso identico a quello di Luke.
 “Speravo che arrivaste” disse lui Emma, superando Carmen per poterli stringere entrambi.
 “Tu ci chiami e noi accorriamo” ribadì il gemello.
 “Richard è qui?” chiese invece Luke, guardandosi intorno.
 “Oh questo non vi farà piacere” borbottò Sean e ad Emma si strinse il cuore, ma non ebbe tempo di lasciarsi andare alla rabbia e la tristezza, perché un nuovo arrivo interruppe i festeggiamenti.
 “È qui la festa?”
 Ci fu un secondo momento di silenzio che cadde sulla stanza, mentre tutti si voltavano a osservare la reazione del trio Grifondoro.
Blaise Zabini, come al solito elegante e perfettamente vestito, con un sorriso smagliante in bella mostra sul volto olivastro, fece il suo ingresso nella Stanza in modo quasi solenne e il vociare allegro scemò leggermente. Harry, immediatamente cupo, si affrettò a sua volta a guardare Emma, stranito.
 “Ci possiamo fidare alla fine?” le chiese.
 Zabini sembrò divertirsi moltissimo per quella situazione di tesa calma e ghignò ancora più apertamente al Grifondoro, con aria chiaramente beffarda, la mano stretta a quella di Daphne Greengrass, bellissima e altera, come sempre, i lunghi capelli biondi raccolti in una treccia e lo sguardo chiaro che osservava i presenti con aria assorta. Sembravano entrambi troppo perfetti per essere reali. 
Maledetti Serpeverde. E alle loro spalle entrarono anche David, Emily e Artemius, seguiti da una titubante Joanne, che osservò curiosa il trio delle meraviglie.
 “Cosa ci fanno loro qui?” chiese Ron confuso, ma non accusatorio.
 “Sono dalla nostra parte” rispose Lilith con un grande sorriso, staccandosi per un momento da Fred, che la guardava innamorato, come se fossero da soli nella stanza.
 Ernie McMillan ruppe l'imbarazzo e superò il trio dei miracoli per andare ad accogliere i sei Serpeverde e l'emoor sorrise sotto i baffi, vedendo Harry e Ron che sbattevano le palpebre con aria stupita, al contrario di Hermione che sorrideva ai nuovi arrivati compiaciuta.
 “Lo sapevo Zabini che eri dei nostri” disse allegra “Sei sempre stato troppo intelligente per le serpi”
 “Benedetta Granger, le Serpi 
sono intelligenti, mediamente persino più di voi Grifondoro” rispose lui serafico, mentre al suo fianco Daphne alzava gli occhi al cielo “E poi... Dei nostri, non esageriamo. Lungi da me mischiarvi a voi grifoni, diciamo solo che abbiamo degli interessi comuni”
“I nostri 
interessi comuni però vi hanno reso degli elementi molto utili” ammise Ginny e Blaise scoprì i denti bianchissimi in un ghigno composto, prima di farle un cenno grato.
 “Tutto molto bello” interruppe George “Nemici che diventano amici, Serpi che diventano 
quasi simpatiche, senza offesa Zabini, davvero commovente, ma non necessario. Credevamo di essere stati chiamati qui per combattere. Non abbiamo una certa fretta?”
 “Non sbagli Georgie” disse Fred, affiancandosi al gemello, la mano stretta in quella di una raggiante Lilith.
 “Oh, Giusto” intervenne Neville, assumendo lo sguardo determinato che l'emoor aveva imparato a conoscere in quei lunghi mesi di lotta interna “Harry spiegaci cosa dobbiamo fare”
 Colto in fallo Potter fece un'espressione vacua e imbarazzata, balbettò qualche parola sconnessa, intimidito dall'intensità dei volti di tutti i presenti che lo osservavano in attesa.
 “Non vogliamo farvi combattere” tentò incerto il ragazzo “Dovete stare al sicuro, noi... noi dovremmo...”
 “Eccolo che rincomincia” borbottò Ginny esasperata ed Emma ridacchiò del suo tono accusatorio, mentre Sean sbuffava tra sé, tendendo contrariato un galeone a James.
 “Avanti Potter, non essere così prevedibile: vuoi di nuovo fare l'eroe. Ci avevo scommesso” lo rimbeccò il Corvonero, intascando il galeone della scommessa fatta e facendolo arrossire
 “No è che noi... dobbiamo trovare una cosa” balbettò Harry.
 “Che cosa?” insistette Luna con la sua aria distratta.
 “Una 
cosa... ma a voi non importa, perché dobbiamo farlo noi tre, la troviamo e poi ce ne andremo di nuovo.”
 “Cosa significa 
a noi non importa? E in che senso poi ve ne andrete di nuovo?” domandò Sean piccato, guardandosi intorno in cerca di supporto e fu Neville a darglielo, facendo un passo avanti.
“Sono mesi che ci facciamo massacrare dai Carrow per difenderti, Harry, che gridiamo il nome di Silente nei corridoi, facci combattere con te. Hai visto Seamus com'è ridotto?”
 “Voi non avreste dovuto...” balbettò di nuovo il Grifondoro, scuotendo il capo “Non siamo qui per combattere”
 Il silenzio gravò sui presenti ed era carico di delusione e attesa.
 “Magari 
possono aiutarci Harry” sussurrò Ron incerto.
 Artemius scivolò al fianco di Emma, afferrando lei la mano. Quel contatto diede all'emoor un fiotto di coraggio e le permise di prendere aria e mettere a fuoco ogni cosa più chiaramente.
 - Possono farlo Potter  - comunicò a lui  con la connessione e lo vide sussultare, colto di sorpresa  - Possono aiutarci se vogliamo. - 
 - Dobbiamo trovare l'Horcrux Ems, come possono aiutarci? Non sappiamo nemmeno che 
cosa sia -
 - Appunto, non servirà spiegare, ma più siamo a cercare meglio è, lascia che ti aiutino. Tu-Sai-Chi è furente, potrebbe arrivare da un  momento all'altro, abbiamo bisogno di bacchette. -
 
“Quindi?" domandò David “Siamo tutti qui per voi”
 “Ecco” iniziò Harry “In effetti dobbiamo trovare un oggetto, non sappiamo 
cosa sia, ma potrebbe essere qualcosa appartenente a Corvonero, un oggetto che riporti ai fondatori”
 “Non sono molte informazioni Potter” ghignò Blaise, ricevendo una leggera gomitata da Daphne.
 “Un qualcosa tipo il diadema di Corvonero?” domandò la Rowling, sussultando appena quando tutti si voltarono verso di lei.
 “Joanne è un'esperta dei fondatori” spiegò Emily con voce tranquilla “Ha dato una mano a noi emoor a trovare informazioni riguardo la nostra profezia. Conosce ogni storia e leggenda a riguardo, se è un oggetto dei fondatori le può esserci molto utile.”
“Piacere” sussurrò la ragazzina verso il trio, guadagnandosi per lo meno i sorrisi di Ron ed Hermione.
 “Harry” disse Emma con dolcezza “Spiega a tutti cosa possiamo fare. Siamo pronti”

. . .

Era successo tutto molto velocemente.
 Un attimo primo Emma ed Harry erano schiacciati sotto i loro mantelli nella torre di Corvonero, di fronte alla statua di Priscilla e un attimo dopo stavano trattenendo il respiro per non essere scoperti da Amycus Carrow, arrivato senza preavviso proprio a cercare il Grifondoro, mentre berciava contro un'impassibile McGranitt.
 “Potter 
deve essere qui” sibilò il Mangiamorte, leccandosi il labbro inferiore “L'Oscuro sa che sarebbe venuto alla torre di Corvonero”
 “Non vedo perché. Potter è della mia Casa” ribatté la donna con rigido orgoglio, inarcando di molto un sopracciglio “Non ha alcun motivo valido per venire qui”
 “Quello che pensi tu non importa granché. Siete finiti Minerva. Siete obsoleti. Ridicoli” ghignò l'uomo, con disprezzo, avvicinandosi a lei sempre più fino ad arrivare a pochi centimetri del suo volto.
 Minerva McGranitt non arretrò di un solo passo, lo sguardo gelido e fermo fisso su Amycus che rise e le sputò in faccia. 
 Emma trasalì bruscamente, non riuscendo a trattenersi e ci fu un momento di immobilità nell'aria in cui la tensione si fece quasi dolorosa. L'emoor intuì con un solo secondo di ritardo che cosa stava per accadere e cercò di fermare Harry, 
fallendo
 Il ragazzo scattò in avanti, uscendo dal mantello e rivelando la sua presenza. Emma lo vide urlare, prima di attaccare Amycus con una Cruciatus, senza tentennare. 
PotentePericoloso.  Il Mangiamorte squittì, cadde riverso picchiando la testa e perse i sensi.
Il volto della professoressa di Trasfigurazione venne attraversato da un lampo di stupore, per un brevissimo momento, prima che raddrizzasse la schiena con decisione, facendo un passo verso Harry per afferrarlo saldamente per un braccio.
 “Potter” esalò con voce incrinata, portandosi una mano al petto.
 “Le ha sputato addosso, professoressa! Non doveva proprio farlo” rispose lui urlando, secondo una logica giusta, ma non troppo razionale, gli occhi brillanti di rabbia.
 “Oh beh, è molto cavalleresco da parte tua, Potter, ma... O'Shea” trillò la donna, sobbalzando di nuovo, mentre Emma sgusciava a sorpresa fuori dal suo mantello.
 “Mi scusi professoressa” disse contrita l'emoor.
 “Ma cosa... voi non dovreste essere qui” rispose lei, portando lo sguardo velocemente sul ragazzo.
 “Questa è la mia torre” si difese Emma con un sorriso.
 “Oh Beh” borbottò quella “Allora 
lui non dovrebbe essere qui. Questa è una follia Potter, devi andartene subito”
 Harry sospirò, assumendo quel fare autoritario che Emma gli aveva sempre invidiato. 
Sicuro di sé. Coraggioso.
 “Non posso andarmene” disse cauto “Agisco per ordine di Silente”
 “Per ordine di Silente? Ma Potter...” si innervosì la donna.
 La corvetta esalò un respiro nervoso: non ne sarebbero venuti a capo in fretta, puntò la bacchetta contro Amycus che stava lentamente riprendendo conoscenza e lo schiantò.
 “Professoressa. Dobbiamo parlare.”

. . .

Posso portarti io a vedere il diadema Harry” tentò Cho con un sorriso “Abbiamo una statua nella Sala Comune di Corvonero che rappresenta Priscilla mentre lo indossa. Così sai come è fatto”
“Sarebbe stupendo, Cho, grazie” rispose il ragazzo educatamente.
 “No, lo accompagnerà Emma” intervenne subito Ginny, lo sguardo affilato “Potete usare entrambi un mantello e non rischierete di farvi beccare, mostrando i vostri piedi in giro per i corridoi”
 “Giusto” annuì l'emoor, facendosi sfuggire un piccolo ghigno, intuite le motivazioni dell'amica ed Harry, arrossì leggermente, a disagio, mentre Cho abbassava lo sguardo delusa.
 “Ok, bene” sussurrò il Grifondoro.
 Si avvicinò frettolosamente all'emoor e la prese per mano, mentre Neville aprì loro la porta della stanza. Corvonero e Grifondoro si lanciarono uno sguardo e poi si avvolsero stretti nei loro mantelli.
Non avevano tempo da perdere.
 Il silenzio della notte era perfetto, come fosse di velluto e l'emoor si stupì, una volta di più, della fortuna di avere entrambi ricevuto un regalo tanto raro come il mantello dell'invisibilità, mentre si muovevano svelti.
 - Come stai?- chiese Harry, attraverso la connessione.
 -Bene, Harry e tu?-
 -Sono stato meglio. Puoi dirmi perché tutti vogliono dare battaglia?-
Emma fece un mezzo sospiro, stringendo le labbra.
 -Perché sono stanchi Harry e perché ci sarà una battaglia, che tu lo voglia o no- rispose, mentre di nuovo un brivido la faceva sobbalzare e il marchio le bruciava con forza, intorpidendole il braccio.
 -Mi sa che questa volta l'ho fatto incazzare- disse il Grifondoro con tono mesto, alludendo a Voldemort e dopo un attimo di silenzio Emma, non potendo vederlo lo immaginò sfregarsi la cicatrice con aria affranta. 
 Doveva dare lui fastidio tanto quanto a lei bruciava il marchio.
 -Mi sa anche a me- assentì, senza riuscire a trattenere il sorriso -Gira a destra.-
 Per un po' rimasero in silenzio, cercando di avanzare senza far rumore nei corridoi sempre più bui e spettrali.
I loro passi, per quanto lenti e misurati si udivano distintamente sul pavimento in pietra nel silenzio notturno. Emma deglutì, agitata, cercando di rallentare il battito furioso del suo cuore. Rispetto a lei Harry era più abituato a girare di notte nel castello, lo aveva fatto spesso nei suoi anni di scuola, ma l'emoor non lo era e quel silenzio denso e profondo la metteva stranamente in allarme, oltre al fatto, che gravava su entrambi la consapevolezza che quella non fosse una scorribanda ingenua di due studenti, ma una missione cruciale.
 -Sono davvero contenta che tu sia tornato, sai?- disse infine Emma, per spezzare il silenzio almeno con la mente.
 -E io sono contento di essere qui, anche se sarebbe bello essere in un'altra...-
 -Un'altra situazione, vero- concordò mesta lei - ma questo è, Potter, quindi facciamocelo andare bene.-
 Senza vederlo immaginò Harry annuire.
 -Draco?- chiese il ragazzo titubante e l'emoor strinse di nuovo le labbra.
 -Non lo so Harry- sussurrò -Non lo so davvero.-
 Il Grifondoro ebbe cura di non insistere, o citare Severus e avanzarono silenziosi.
L'emoor sentiva la pelle d'oca tirarle la schiena e il marchio che bruciava. 
 -Come farete ora che non c'è la spada?- chiese dopo un po', il fiato corto dopo l'ennesima rampa di scale.
 -Per cosa?- ribatté Harry, troppo veloce perché fosse davvero inconsapevole.
 -Per distruggere gli Horcrux?- insistette l'emoor, forse con un tono un po' acido.
 La mente di Potter rimase silenziosamente colpevole ed Emma intuì che nella smania di raggiungere Hogwarts non aveva pensato a una soluzione.
 - Speriamo allora che Hermione abbia una qualche idea - sussurrò e di nuovo lo immaginò annuire, mentre, ognuno sotto il proprio miracoloso mantello dell'invisibilità, avanzavano veloci, in silenzio, comunicando mentalmente solo quando dovevano girare in qualche corridoio.
 -Siamo diventati piuttosto bravi con la connessione, vero?- notò il moro, quando ormai erano di fronte al corvo di bronzo che faceva accedere alla Sala comune – ormai praticamente ci parliamo con facilità.-
-Vero- concordò l'emoor, che ormai considerava normale la comunicazione alternativa che aveva con Harry – Silente sarebbe fiero di noi, forse.
 Superarono il corvo di bronzo e il suo indovinello ed entrarono nella stanza. Anche senza vederlo Emma sentì Potter ammutolire per lo stupore davanti alla bellezza della sua Sala comune e il suo cuore, al limite della frenesia, la preoccupazione e la fretta, prese a battere orgoglioso per la sua Casa.

. . .

“Potter” riprese la McGranitt con urgenza “Lo ripeto una sola volta: qui non sei al sicuro, Silente vorrebbe...”
 “Professoressa” la interruppe Emma, zittendo con un gesto secco Harry, che stava per parlare “Si ricorda quando le ho detto che sarebbe arrivato un momento in cui avremmo dovuto combattere senza fare domande? È precisamente arrivato quel momento”
 La donna serrò le labbra, irrigidendosi, prima di lasciare andare di scatto le spalle e chinare lentamente il capo in segno di assenso, una fiammella di orgoglio e consapevolezza che brillava negli occhi chiari e nell'espressione dura, lasciando sorpresa l'emoor.
 “Molto bene, signorina O'Shea” disse la donna “Che cosa posso fare per aiutarvi allora?”
 Harry la guardò confuso, genuinamente stupito da quel cambio repentino, ma Emma sorrise e gli fece cenno di parlare.
“Beh ecco” iniziò cauto “Dobbiamo prendere tempo. Evacuare la scuola velocemente e difenderla. Io devo trovare un oggetto che è nascosto qui da qualche parte...”
 “Ma per evacuare la scuola...” sussurrò la McGranitt accigliandosi.
 “C'è un modo sicuro” la interruppe Emma, decisa a velocizzare i tempi “Attraverso la Stanza delle Necessità che si trova al settimo piano, c'è un passaggio che porta direttamente al pub di Abeforth Silente a Hogsmeade. È sicuro”
La professoressa inarcò stupita le sopracciglia, ma si riprese velocemente, annuendo tra sé.
“Molto bene” disse con tono pragmatico “Ma si tratta di moltissimi studenti, ci vorrà del tempo e...”
“Voldemort e i Mangiamorte saranno troppo impegnati con noi, non faranno caso agli altri studenti” Harry.
 “Quel nome...” trasalì la professoressa.
 “Non importa più. Lui tanto sa dove siamo” spiegò il Grifondoro.
 Emma sentì bruciare il marchio e dall'espressione che fece il ragazzo accanto a lei, capì che anche a lui doveva far terribilmente male la cicatrice: Voldemort era in viaggio ed era furioso. 
 Vide la notte stellata sfarfallare davanti ai suoi occhi, come se stesse volando e capì che dovevano accelerare.
 “Nessuno si accorgerà di chi lascia la scuola” disse l'emoor stancamente “Voldemort vuole Harry e basta, ma dobbiamo comunque fare in fretta. Bisogna convocare tutti gli studenti nella Sala Grande e i Direttori di Casa per presidiare i cancelli e rinforzare le protezioni. Dobbiamo rallentarli”
“Come facciamo con Piton?” chiese la donna con tono neutro.
“Convochi anche lui.”
 “Ma signorina O'Shea...”
 “La prego. Si fidi di me” insistette Emma e scambiò con la professoressa un lungo sguardo, fino a quando questa assentì.

Entrambi i ragazzi la osservarono un'ultima volta.
La donna aveva uno sguardo battagliero e sicuro, una luce piena di determinazione che le illuminava gli occhi chiari e la ringiovaniva improvvisamente, facendone intuire la forza.
 Emma annuì grata verso di lei, il cuore tiepido e pesante, poi afferrò Harry per mano e lo trascinò fuori.
Non si rimisero i mantelli, non aveva più senso con i Carrow riversi nella Sala dei Corvonero. La cicatrice e il marchio bruciarono con forza insieme, facendoli barcollare.
“Non abbiamo più tempo” sussurrò il ragazzo.
 “Lo so” rispose Emma “Dobbiamo parlare con il fantasma di Co...”
“Potter, O'Shea” li chiamò di nuovo la McGranitt, mentre il Patronus di un gatto correva loro accanto, probabilmente diretto verso gli alloggi dei professori e di Piton. 
 “Albus sarebbe stato fiero di voi” disse lei con un piccolo sorriso  e sia Harry che Emma si sentirono commossi e annuirono a loro volta con leggeri sorrisi, prima di mettersi a correre. 
Era arrivato il momento. La battaglia era cominciata.

. . .

Emma cercava Draco con lo sguardo, mentre tutti pigiati nella Sala Grande aspettavano che Piton parlasse. Lilith, al suo fianco, le strinse con forza la mano, intuendo la sua preoccupazione.
 “Starà bene” le sussurrò, ma l'emoor non ne era affatto sicura.
 Un nuovo bruciore al marchio le fece tremare le gambe e strizzò gli occhi per cercare di rimanere concentrata.
 “Se qualcuno di voi questa sera ha incontrato Harry Potter” disse Piton con voce strascicata “È tenuto a dirmelo immediatamente se non vuole pagarne le conseguenze”
 Emma strinse le labbra piena di agitazione e le sembrò che anche Lilith e James trattenessero il respiro. Un mormorio avanzò dal fondo della Sala, Piton alzò gli occhi e gli studenti si mossero di lato, svelando la persona che avanzava verso di lui: 
Harry
 “Come fai a stare dove lui stava?” chiese il Grifondoro rivolta verso il professore e la sua voce era tranquilla, priva di accusa, gli occhi verdi che scrutavano il volto di lui con curiosità.
Piton aveva i lineamenti tanto contratti che nemmeno Emma riuscì a capire cosa stesse provando, gli occhi neri guardavano attentamente il ragazzo di fronte a lui.
 “Potter” disse con voce bassa il preside “La tua presenza semplifica le cose. Vieni con me”
 Freddamente voltò addirittura le spalle al ragazzo, come se si aspettasse davvero che lui l'avrebbe seguito.
Emma sgranò gli occhi. 
Piton voleva parlare con Harry?
 “
Non credo, professore” ribatté Harry “Credo che lei debba preoccuparsi di altro questa sera che parlare con me, c'è una notevole falla nella sua sicurezza della scuola.”
 Ragazzo e uomo si scrutarono a lungo ed Emma nel loro sguardo riuscì a leggerci l'odio reciproco che entrambi si erano riversati addosso per tanti anni, mischiato con la confusione di non sapere esattamente a che gioco stesse giocando la controparte. 
 Harry, come Emma, sospettava l'innocenza di Severus e cercava di leggere qualcosa nello sguardo duro dell'uomo e Piton, d'altro canto, era all'oscuro della missione degli Horcrux e probabilmente si chiedeva cosa avrebbe dovuto fare con quel ragazzo.
 Dal fondo della sala passi, sussurri e gridolini iniziarono a spandersi a macchia d'olio mentre le porte si aprivano e rivelavano l'Ordine della fenice. Emma vide Gabriel Tullier avanzare insieme agli altri, il sorriso splendente e Lupin, in testa, che le lanciò subito una breve occhiata per assicurarsi che stesse bene.

. . .

Emma ed Harry arrivarono correndo nella Stanza di Necessità, appena tornati dalla torre di Corvonero, senza novità sull'Horcrux, ma con il supporto della scuola e trovarono la stanza ancora più affollata di prima, piena anche di volti poco conosciuti e maghi adulti accorsi ad aiutare.
L'emoor lasciò la mano del ragazzo, lanciando lui un'occhiata e si fece velocemente spazio nella massa di persone per raggiungere Lupin che, nel vederla, le fece subito un sorriso e la avvolse in un caldo abbraccio amichevole.
 “
Come stai?” chiese il mannaro.
 “Io bene, che ci fai qui?”
 “Stavo sedando una lite” spiegò l'uomo, indicandole con il mento Molly e Arthur Weasley che fronteggiavano con forza la loro unica figlia femmina.
 “
Non vogliono farmi combattere” disse Ginny contrariata e il suo sguardo arcigno e sdegnato fece sorridere Lupin, ma rabbuiare Molly.
 “Abbiamo convenuto che Ginny rimarrà nella Stanza delle Necessità” spiegò Remus, con un sorriso appena accennato “Almeno sarà al sicuro, ma vicina”
 “
Perché Emma può combattere?” domandò la rossa nervosamente.
 “Non penso che Piton riuscirà a impedirglielo” fece notare l'altro con dolcezza, mentre Ginny arrabbiata si voltava, cercando nuovamente di convincere i signori Weasley del contrario. Bill, accanto a loro, fece un breve cenno di saluto verso l'emoor e prese il posto di Lupin come mediatore.
 “
Cosa ci fai qui, davvero?” domandò Emma severa, afferrandolo per una manica “Hai appena avuto un figlio Remus. Dovresti stare con lui”
 “Ne sono consapevole ed è proprio per lui che sono qui
” ribatté l'uomo con la sua solita calma, osservando Ginny che inveiva con rabbia contro un pacato signor Weasley, privo di argomentazione “Devo dare lui un futuro”
 Emma pensò alla foto del fagottino minuscolo che tramite Piton aveva ricevuto dalla sua posta confiscata qualche settimana prima. Teddy Lupin era troppo piccolo per capire di essere al mondo, così fragile e dolce, con il ciuffo di capelli blu di Tonks sul piccolo capo e il broncio così simile a quello di Remus.
 Accanto a loro Ginny espresse nuovamente la sua posizione inveendo contro Bill.
 “Si unirà alla battaglia appena potrà, lo sapete?” disse Emma al mannaro che la ascoltava assorto, indicando con un cenno l'amica.
 Lui le lanciò uno sguardo divertito e annuì tra sé.
 “Lo so, ma a noi adulti piace pensare di avere tutto sotto controllo”
“Ci riuscite raramente allora” lo punzecchiò lei
 “So anche questo. Come stai davvero?” le chiese con voce preoccupata.
 “Sto bene.” sussurrò l'emoor e l
'uomo la osservò con tenera attenzione come se si aspettasse di vederla crollare da un momento all'altro.
 “Severus?” chiese, con quel tono gentile che faceva sentire Emma al sicuro.
 “Gli ho parlato, sgombrerà il campo” mormorò l'emoor.
 “Davvero? È dei nostri allora?” chiese Lupin con un velato stupore e un sorriso improvvisamente luminoso.
 “
Non ce lo farà mai sapere con certezza” ribatté lei amara.
 “Capisco. Ma è già un bene avere il campo sgombro. Draco?”
 “Non lo so” mormorò lei e gli occhi di Remus si strinsero di dispiacere.
 “
Capisco. Sarà una notte difficile per te questa” disse e la abbracciò.
 Emma si fece avvolgere dal suo tono di voce amichevole e preoccupato e si sentì felice di averlo accanto in quel momento, dove sembrava che tutte le sue figure di riferimento si fossero volatizzate. Si chinò in avanti per farsi stringere e per una volta si sentì semplicemente quello che era: una ragazzina in cerca di conforto.
 “
Sarà una notte difficile per tutti” disse con amarezza.
 “Stai atten...”
 “...Attenta, sì, me lo dite continuamente” lo interruppe lei con gentilezza. “Stai attento tu, Remus Lupin”
 “Lo farò” rispose lui, stringendola incerto, come se non volesse lasciarla andare.

. . .

Emma trattenne il fiato, mentre Minerva McGranitt si affiancava a Potter e il suo sguardo guizzò svelto dal tutore al lato dove la donna e il ragazzo con la cicatrice si stavano schierando.
 La preoccupazione le strinse i polmoni togliendole l'aria e prima che potesse ragionare, fece un passo in avanti e nella sala calò il silenzio 
più assoluto e gli sguardi degli studenti si dilatarono nel vedere Severus Piton, l'emoor, la McGranitt e il prescelto fronteggiarsi.
“Fermi. Non attaccatevi” sussurrò Emma e si voltò verso il tutore, cercando il suo sguardo “Severus. Ti prego...”
 La bacchetta della McGranitt si abbassò di qualche millimetro e le spalle di Harry si distesero. Emma pensò che sarebbe riuscita a tenere le acque calme, ma poi gli occhi di Severus si incollarono ai suoi e l'emoor capì esattamente cosa sarebbe successo.
 La mano dell'uomo corse alla bacchetta, ma Minerva fu altrettanto veloce e attaccò con ferocia per prima, facendolo barcollare. 
 Harry afferrò la sua bacchetta e tutti trattennero il respiro, Emma compresa, mentre la donna attaccava di nuovo, e ancora, 
e ancora.
 Gli incantesimi evocati erano particolarmente potenti e spettacolari alla vista, oltre che evidentemente pericolosi, ma se Minerva attaccava per ferire, con una strana maestria e ferocia, lo sguardo infuocato di coraggio e determinazione, gli incantesimi di Piton pur altrettanto impressionanti ed eleganti, nelle movenze ed esecuzioni, erano per lo più a difesa personale, mai in attacco.
 L'emoor sentiva il cuore pronto a spezzarsi dalla troppa tensione e uscì dalle file, sfuggendo alla presa di James che aveva provato a trattenerla e mettendosi davanti ad Harry, cercando però lo sguardo di Piton in tutti quegli scoppi e scintille.
 “Sev... ti prego” gridò di nuovo e gli occhi di Severus guizzarono verso di lei, pieni di panico e subito si fecero fuggenti quando Amycus Carrow, a sorpresa, irruppe della stanza berciando, la rabbia che gli deformava i brutti lineamenti tozzi.
 La McGranitt approfittò di quella distrazione e un'enorme fenice dorata si abbatté su Piton, ma il Mangiamorte, con una lucidità impressionante, tornò concentrato e la assorbì nella sua bacchetta con un movimento complicato. Ci fu un scoppio assordante e un lampo di luce che obbligò tutti a chiudere gli occhi, poi la fenice infuocata riapparve, brillando sotto il cielo scuro della Sala. 
Piton, con una calma glaciale che gli illuminava il volto magro, deviò l'attacco con un movimento fluido della bacchetta e l'animale infuocato lo mancò per pochi centimetri, andando invece ad abbattere Amycus. Emma ebbe la 
netta sensazione che la mossa del tutore fosse stata calcolata per mettere fuori gioco il Mangiamorte e alzò lo sguardo verso di lui, facendo un passo avanti.
 Gli occhi neri si rivolsero verso di lei per un istante e sembravano fragili e disperati, poi Piton girò su sé stesso e sparì in una nube di fumo, lanciandosi fuori dalla finestre che si ruppe in frantumi.

“Stai bene?” chiese subito Harry all'emoor, prendendola per mano e lei gli sorrise convincente, tornando lentamente a respirare.
 “Tutto ok” sussurrò, ma si sentiva improvvisamente la bocca asciutta e il marchio riprese a bruciarle.
 I mormorii nella sala si alzarono di volume, mentre gli alunni si mischiavano e l'Ordine si sparpagliava. Emma vide Fred raggiungere velocemente Lilith e fece per muoversi a sua volta verso James, ma dovette soffocare un gemito di dolore, mentre la voce fredda di Voldemort invadeva le loro teste. L'emoor si portò le mani alle tempie ed ebbe un capogiro, mente qualcuno intorno a lei si mise a gridare. Voldemort
. Voldemort stava invadendo le mente di tutti loro.
 “
So che vi state preparando a combattere” sibilò crudele e alcuni bambini dei primi anni presero a singhiozzare sommessamente.
 “I vostri sforzi sono inutili. Non potete fermarmi, ma non voglio uccidervi. Nutro rispetto per gli insegnanti di Hogwarts e non voglio sprecare inutilmente sangue magico”
 L'emoor fece una smorfia infastidita. Se lo immaginava seduto su uno scranno improvvisato, la posa lasciva e gli occhi rossi iniettati di sangue, i Mangiamorte a circondarlo servili e Nagini ai suoi piedi, avvolta dalla sua sfera protettiva. 
Pensare che il serpente fosse un Horcrux le fece battere di nuovo il cuore, perché ricordava perfettamente come Silente, tanto tempo addietro le aveva detto che poteva essere una buona idea farsi amica il serpente. 
Quel pazzo di Silente.
 “
Consegnatemi Harry Potter” riprese Voldemort, con il suo tono più affabile e agghiacciante “Consegnatemi Harry Potter e a nessuno verrà fatto alcun male. Consegnatemi Harry Potter e lascerò la scuola intatta. Io non voglio attaccare queste mura, miei preziosi ragazzi, miei preziosi emoor”
 Emma sobbalzò: Voldemort stava tentando di rabbonirli, ma soprattutto quella era la prova che il mago aveva creduto alle sue parole e stava cercando di dimostrare, in modo goffo, che non era suo interesse battersi contro i quattro emoor e che li temeva e temeva la profezia. La Corvonero sentì la mano di Harry stringersi con più forza sulla sua e lei incrociò lo sguardo di Artemius.
 “Avete tempo un'ora” sibilò la voce del mago un'ultima volta.

Calò un silenzio angosciante e tutti gli occhi si rivolsero verso Potter, pieni di paura, mentre il ragazzo si guardava intorno sgomento. 
 “Che cosa aspettate?” ruppe il silenzio la voce fastidiosa di Pansy Parkinson “Potter è lì, consegnatelo!”
 Emma sentì le viscere contrarsi per il disprezzo che provava per quella ragazza e notò Theodore affiancarsi a lei e strattonarla per intimarle di tacere, ma lei mantenne la sua espressione sdegnata.
 “Che ho detto di male? Dovremmo morire tutti a causa sua?”
 L'emoor fece un passo, mettendosi tra Harry e la Serpeverde, la bacchetta in pugno, la rabbia appena trattenuta e subito venne affiancata da Luna e poi lentamente da tutto l'Ordine e l'ES e in un moto di gioia e orgoglio vide anche Joanne, Blaise, Daphne e i tre emoor avanzare e mettersi come loro tra Potter e gli altri.
“Scriverò un libro su questa assurda situazione” affermò la Rowling.
 “Cerca di non tagliare questo momento allora” le disse Emma con un mezzo sorriso, vagamente divertito.
 “La faccia di Pansy è impagabile” aggiunse David, le mani posate protettive sulle spalle di Emily “Merita una pagina tutta per sé”
 La McGranitt riprese il controllo ed esortò gli studenti che non intendevano combattere, così come tutti i minorenni a lasciare immediatamente la Sala Grande, per affrettarsi ad essere evacuati.
 Lo sguardo dell'emoor scorse in cerca di una testa bionda e lo trovò quasi schiacciato tra Tiger e Goyle, terrorizzato, gli occhi grigi che sembravano due pozzi di angoscia. Forse per la prima volta scoperto e solo, ma prima che potesse raggiungerlo il ragazzo sparì dalla sua vista trascinato dalla folla.

. . .

Fa terrore sapere che siamo arrivati alla resa dei conti vero?” disse David, ma nonostante il tono di voce estremamente serio e teso sul suo volto si aprì il solito largo sorriso, che placò, almeno in parte, la tensione degli altri tre.
 Erano in un angolo della Sala Grande, Emma, David, Emily e Artemius. Si scrutavano attenti, i cuori che battevano e l'ansia che stringeva lo stomaco, mentre alle loro spalle gli adulti prendevano decisioni e si dividevano in gruppi.
 Videro la McGranitt confabulare a bassa voce con Vitious, che subito dopo, con uno scatto impensabile per le sue corte gambe, corse fuori dalla sala pieno di energia, Remus che si confrontava con Bill e nuove facce che apparivano tutt'intorno, probabilmente provenienti dal Locale di Abeforth.
 “Fa un po' paura non sapere cosa fare” sussurrò Emily, più pallida del solito, il volto seminascosto dai ricci neri.
“Dobbiamo solo combattere” rispose Emma con semplicità, cercando di dare a tutti conforto “Se dovremo fare qualcosa di diverso lo capiremo sicuramente, ma fino a quel momento, dobbiamo semplicemente difendere Hogwarts come tutti”
 David ed Emily annuirono, ma Artemius rimase immobile, assorto.
“Mius?” lo richiamò Emma dolcemente, fino a quando anche lui non alzò gli occhi vacui su di lei “Ricordi cosa ci siamo detti? Nessun gesto eroico, ci difendiamo a vicenda?” specificò con un sorriso, ottenendo un leggero gesto di assenso dal ragazzo che non la tranquillizzò affatto.
 “Come ci organizziamo?” chiese David.
 “Forse dovremmo stare vicini...” ipotizzò Emily timidamente.
 “Io ed Emma potremmo dover avere un ruolo diverso” sussurrò Artemius, la Corvonero gli lanciò un'occhiata confusa e lui si strinse nelle spalle “Non sappiamo se Voldemort ci chiamerà a lui, non sappiamo se Severus, o il mio patrigno, ci obbligheranno ad andare nelle loro file. Non sappiamo come si comporteranno con noi.”
 Lo sguardo di Emily si fece allarmato, ma Emma comprese perfettamente l'amico e annuì con energia.
 “Mius ha perfettamente ragione” disse, rivolgendosi a David e la ragazza “Abbiamo tutti e quattro uno stesso obbiettivo, ma potremmo dover seguire strade differenti. Anche Silente lo diceva”
 Emily si morse il labbro nervosamente, fino quasi a farlo sanguinare, era 
evidentemente molto in disaccordo all'idea di dividersi, ma David annuì tranquillo ed Emma ringraziò l'atteggiamento spavaldo del ragazzo, che sembrava caratterizzarlo persino all'alba di una battaglia come quella.
 “Mi sembra sensato” disse con voce calma, carezzando la schiena della ricciolina, in un gesto di conforto “Allora Emma e Artemius da una parte e io ed Emily dall'altra!”
Tutti e quattro assentirono all'unisono con sorrisi nervosi.
 “Difendiamo Hogwarts” mormorò Emma, come a farsi forza da sola con quella frase e d'istinto afferrò le mani dei due ragazzi ed Emily, di fronte a lei, lo sguardo chiaro pieno di paura, fece lo stesso.
 Formavano così uno strano 
girotondo immobile e si guardavano negli occhi, sentendo gli sguardi curiosi di altri intorno a loro. Altri che probabilmente speravano che loro sapessero che cosa fare, che avessero un piano, ma la realtà era che non lo sapevano, erano allo sbaraglio, inermi e spaventati, ma fortunatamente uniti.
 “Non fare pazzie, Ems. Rimani con Artemius” disse serio David, il tono protettivo che spesso usava nei suoi confronti che riaffiorava.
 “Non faccio pazzie” disse lei tranquilla.
 “E rimani con Artemius” rimarcò lui severo.
 “La tengo d'occhio David” annuì Artemius con un mezzo sorriso.
 “Sarà meglio Hope, o ti vengo a cercare” ribatté l'altro.
 I due ragazzi si abbracciarono con affetto, Artemius che sembrava minuscolo rispetto a David, mentre Emily ed Emma si scambiarono un sorriso composto e poi, mentre Artemius si voltava a salutare l'altra emoor, David si fiondò sulla Corvonero e la strinse con forza.
 “Finito tutto questo non pensare che Malfoy scamperà a un bel pugno” disse serio, trattenendola ed Emma sorrise contro la sua spalla e sorvolò sulla stoccata da fratello geloso.
 “Prenditi cura di Emily” sussurrò invece, anche se sapeva che era una richiesta inutile da fare, perché il ragazzo, infatti, appena sciolto l'abbraccio con lei, così rude e caldo, si voltò verso la Serpeverde e le cinse la vita con dolce delicatezza, portandola al suo fianco.
 Si scambiarono un ultimo sguardo, tutti e quattro, emozionati e poi i due Seroeverde si allontanarono ed Emma e Artemius rimasero per un istante in silenzio a guardarli, uno a fianco all'altra.
 “Sono sempre una bella coppia” sussurrò a sorpresa il ragazzo.
“Lo sono” mormorò Emma con un sorriso.
 Si girò verso l'amico, guardandolo affettuosamente.
 “Devo prendermi un momento con Lilith e James e passare da Ginny” spiegò brevemente “Ci troviamo davanti alla Stanza delle Necessità, d'accordo?”
 “Ok” annuì il ragazzo.
 “Ok”
 L'emoor si allontanò di qualche passo, poi si fermò a metà, incerta e si voltò di nuovo verso l'amico.
 “Mius te lo ripeto” disse seria “Niente pazzie”
 Lui sorrise appena, ma non rispose e la Corvonero serrò le labbra contrariata, ma corse via, verso i due amici che l'aspettavano pazienti. 
Avevano poco tempo.


*Angolo Autrice*

Ciao Lettori. 
Siamo dentro la battaglia. Fino al collo. 
Punti e spunti brevi. 
Perché mi piace leggere i vostri pareri. 

.Emma ed Harry si sono riuniti e ho voluto mettere un po' di emozione in questo momento sia a livello mentale che fisico. Mi piace che i due, pur non essendosi visti per un anno, siano ora più uniti di quanto non lo siano mai stati prima. 
.Ho cercato di dare speranza ai ragazzi e di animarli, a forza di abbracci e sollievo collettivo. Volevo dare ad ogni combattente un motivo per mettere tutto se stesso in questa lotta. Mi sono divertita a immaginare gli ingressi teatrali di Ginny, i gemelli Harrods, ma soprattutto quello di Blaise e gli altri Serpeverde e ho gioito silenziosamente insieme ad Emma nel permetterle di abbracciare un'altra volta George e vedere Lilith e Fred finalmente riuniti. 
.Ho pensato di mettere Emma al posto che Luna nell'accompagnare Harry alla torre, rompendo il Canon. Credo però che sia una scelta in linea in questa FF, perché a Ginny, così come la conosciamo, sarebbe sicuramente venuta in mente prima l'emoor che la Lovegood e poi avevo la forte necessità che lei si incontrasse di nuovo con la McGranitt per rinnovare le loro promesse. 
.Ho alternato i momenti di "missione di Harry ed Emma" con la loro passeggiata notturna e il ritrovo con l'Ordine per dare una maggiore sensazione di instabilità e sorpresa. 
.Per una volta ho deciso di seguire il film al posto del libro per il confronto tra Severus e Minerva. Nel libro i due combattono in un corridoio, con Harry solo testimone, nel film invece c'è una forte carica emotiva perché questo confronto avviene davanti a tutta la scuola e costringe Piton, dolorosamente, a mantenere la sua maschera una volta di più. Nella pellicola Alan Rickman è superlativo nel passare con un solo sguardo tutto quello che sta provando e c'è davvero la scena in cui Severus devia gli incantesimi della donna e li manda contro i Carrow. Una chicca di pochi frame, ma davvero significativa che ho provato a ricreare. 
. Il girotondo immobile, che dà il titolo all capitolo è quello dei quattro emoor, pronti a girare, uniti e decisi ad affrontare il loro destino, anche se non sanno cosa gli aspetta e cosa dovranno fare. Fossi in loro sarei terrorizzata e mi fanno molta tenerezza. Ho cercato di trasmettere la paura dietro il coraggio dei quattro, ma soprattutto il loro affetto sincero. 

Grazie a chi ha lasciato un commento e al vostro supporto! 
Ho notato un calo notevole di lettori e recensioni solo nell'ultimo capitolo e spero non sia dovuto a qualche mio errore! 
Vi auguro buona Pasqua. 
Teoricamente lunedì dovrei riuscire ad aggiornare, ma nel caso vi avviso.
Vi abbraccio con affetto. 
vi


Ritorna all'indice


Capitolo 60
*** Insieme. Ti amo. Addio ***


.Insieme. Ti amo. Addio.



 

Emma prese fiato, cercando di immettere più aria possibile nei polmoni per placare l'agitazione, mentre rivolgeva lo sguardo verso la sottile membrana protettiva evocata da Vitious, che sembrava avvolgere Hogwarts come in una bolla. 
 Il cielo nero della notte, che si intravedeva attraverso quel sottile scudo, era terso e illuminato da stelle lucenti e appariva bello, ma freddo e insensibile agli eventi che si susseguivano sotto di lui.
 “Sarebbe una nottata stupenda” sussurrò James “Se non dovessimo dare battaglia contro un folle”
 L'emoor e Lilith annuirono, ma rimasero in silenzio, con la brezza gelida che entrava dalla finestra aperta della torre di Corvonero a scompigliare loro i capelli. Avevano lasciato la Sala Grande di fretta, scivolando in mezzo ai combattenti, con cenni di intesa a compagni e amici, Emma aveva salutato con un abbraccio George, James con una stretta di mano Zabini, mentre Harry era corso via in cerca di Ron ed Hermione e presumibilmente dell'Horcrux.
Era stata Lilith a prendere le mani dei due amici di sempre e insieme a loro a salire gli infiniti gradini che portavano alla Torre della loro Casa. Ancora una volta, insieme. Tutti e tre sapevano, in fondo, di aver bisogno di quel momento di pace tra loro, non avevano nemmeno dovuto discuterne, erano stati guidati solo dalle necessità pungente di prendersi del tempo per loro.
Razionalizzare, e mettere in prospettiva, in quel momento era essenziale e loro tre insieme, come lo erano stati fin dall'inizio, erano particolarmente bravi a farlo. Tra tanti istintivi Grifondoro e machiavellici Serpeverde erano il giusto mezzo, cauti almeno quanto ostinati.
 Emma diede uno sguardo all'amica, con i suoi capelli biondi a caschetto come sempre disordinati, gli occhi grandi, lucidi e scuri, pieni di una strana fierezza e poi all'amico, con il suo carattere saggio e pacato, il profilo elegante e pallido, il corpo magro e lentigginoso, i capelli corvini arruffati. 
 Entrambi erano assorti, rivolti verso la sottile protezione della scuola eretta dal professore, animati dalla stessa consapevolezza che agitava l'emoor, ovvero che con l'inizio della battaglia si sarebbero divisi e ognuno di loro sarebbe andato nel posto più giusto, dove poteva dare il meglio di sé: Lilith al fianco di Fred, James con Sean insieme ai combattenti guidati da Lupin nel parco, Emma a prendere Ginny, e poi insieme ad Artemius.
 Il pensiero che a breve non sarebbero più stati un trio, li colpiva profondamente, ma non osavano dirlo ad alta voce e quella strana attesa peggiorava le loro paure. Avevano affrontato tutto insieme, spalla contro spalla e l'idea che davanti a quell'ultimo atto non lo sarebbero stati, in parte li confondeva perché anche se stavano combattendo per un obbiettivo comune, non si sarebbero coperti la schiena a vicenda, non avrebbero saputo costantemente che gli altri due stavano bene. Stavano, in parte, facendo un salto nel vuoto e faceva paura, pur sapendo che fosse giusto così. 
 Ognuno di loro aveva però il suo destino e non potevano fare altrimenti. Emma si disse mentalmente che era quello che si provava crescendo e sapeva che era giusto che Lilith fosse al fianco di Fred e che James stesse in prima linea come desiderava, anche se tutto ciò sapeva di malinconia e di qualcosa che sfugge dalle dita. 
Forse anche senza Voldemort e l'incombenza di una battaglia, una volta finita Hogwarts, sarebbero stati destinati a provare comunque quella sensazione di abbandono e a prendere le loro strade, a crescere, a cambiare, pur mantenendo l'affetto, ma ora non si sentivano semplicemente pronti e sentivano il bisogno sordo di avere accanto i migliori amici.

 “È strano pensare che l'anno prossimo sarà il nostro ultimo ad Hogwarts” disse James, come a leggere i pensieri dell'amica “È strano pensarlo in questo momento, forse”
 “Sarà l'ultimo anno 
se Hogwarts sarà ancora in piedi” fece notare Lilith con forte sarcasmo e James rise tra i denti.
 “Sarebbe un bel fallimento se la scuola non ne uscisse illesa con ben quattro emoor a proteggerla oltre a tutti voi” fece notare Emma con un sorriso ironico e storto e Lilith rispose con uno sbuffo che assomigliava a una risata, scuotendo appena il capo.
 Cadde per un istante di nuovo il silenzio. Erano in piedi, appoggiati alla grande vetrata della torre, gli sguardi ancora rivolti alla sottile membrana protettiva, i cuori che rombavano nella calma della Sala Comune deserta, così strana senza le risate dei compagni e il rumore delle piume sulle pergamene. Erano stati in quella stessa posizione al primo anno di Emma ad Hogwarts, quando pensavano con ansia alla terza prova del torneo Tre Maghi imminente, durante la quale Voldemort era poi tornato al potere.
 “Comunque sia mi mancherà questo posto” ammise Lilith, lanciando uno sguardo intorno, sorvolando sul cielo della Sala dipinto di blu con le sue stelle color bronzo, le librerie colme di volumi, il tavolino più vicino al caminetto, su cui Sean aveva lasciato come sempre la sua scacchiera magica.
 “L'anno prossimo saremo ancora qui” insistette Emma, colta da una strana ansia, nel tentativo di placare il tremore.
 “Sì, forse, ma poi usciremo da qui e diventeremo grandi” disse la biondina alzando le spalle “Avremo il lavoro, gli impegni, i figli, il poco tempo, le cose da fare. Diventeremo degli adulti noiosi. Poi chissà come usciremo dalla battaglia di oggi. Mi mancherà 
questo momento, questa Hogwarts.”
 Emma annuì, condividendo il sentimento. 
 “Già” mormorò semplicemente.
 “Beh” intervenne James con tono pratico “intanto proviamo a non farla buttare giù dai Mangiamorte. Mi sembra un inizio”
 Qualcosa colpì la membrana di protezione e la fece 
tremare, mentre onde si espandevano lente sotto lo sguardo dei tre Corvonero.
 “È iniziata” mormorò Emma “Dovremmo andare”
 Abbracciò stretta Lilith e si allungò a scompigliare i capelli a James, come faceva sempre, prima che anche lui si aggiungesse alla loro stretta. Si aggrapparono forte, tra loro, con affetto e paura, provando conforto in quel contatto che conoscevano bene e che aveva dato loro sempre sollievo. Un abbraccio che era caldo e conosciuto e sapeva di affetto e bei ricordi.
 “State attenti” quasi li pregò l'emoor, mentre un altro incantesimo faceva tremare di nuovo la barriera.
 “Merlino, Emma” disse Lilith con un sorriso amaro “sei tu quella che è pupilla del braccio destro di Voldemort, fidanzata di un Mangiamorte, connessa con Potter, paladina della scuola...” elencò con voce ironica “Stai attenta tu.”
 Emma ridacchiò “Hai ragione.”
 “Tenete le monete dell'ES per comunicare” consigliò loro James e le ragazze annuirono.
 Emma fece mentalmente il conto degli oggetti e delle modalità che aveva per comunicare con gli altri: le monete per l'ES, la mente con Potter, la collana con Severus, il marchio con Voldemort.
Fece una smorfia infastidita, mentre un altro incantesimo faceva increspare di nuovo la sempre più sottile patina trasparente al di là delle vetrate. Alzarono insieme lo sguardo, ma nessuno dei tre sembrava aver voglia di lasciare quella stanza. 
 Un rombo sordo e la voce lontana della McGranitt, proveniente da qualche finestra, fece loro capire che la donna doveva aver mobilitato tutte le armature del castello. Era iniziata davvero.
 “Devo dirvi una cosa” disse Lilith “Dovete sopravvivere entrambi”
 “Grazie Lils” disse James “Quello era il piano”
 Lei rise divertita, sciogliendo la tensione e scuotendo i corti capelli.  
 “Lo immagino, ma quello che intendo è che dovete sopravvivere 
per forzaperché siete invitati al mio matrimonio fra due anni.”
 L'emoor si aprì in un sorriso, mentre James si faceva confuso.
 “Fred mi ha chiesto di sposarlo” spiegò la biondina, un lampo di gioia a illuminarle il viso.
 “Lo sapevo” trillò Emma raggiante, mentre James si accendeva di entusiasmo e si abbracciarono di nuovo, stretti, felici, leggeri.
 Alla loro spalle la membrana si incrinò e produsse nuove onde. Si voltarono di nuovo, i volti lividi di preoccupazione, poi un suono acuto pesò sui loro cuori e infine il debole scudo si ruppe in mille pezzi davanti ai loro occhi.

. . .

Emma corse con forza, cercando di ignorare le grida ovattate che arrivavano dai piani inferiori, decisa ad arrivare il prima possibile alla Stanza delle Necessità. Inghiottì bile, mentre si costringeva a non pensare a Draco. L'aveva cercato con lo sguardo dalle alte finestre gotiche del castello, mentre nel parco Vitious cercava di ricomporre la protezione con qualche difficoltà e aveva sperato di vederlo apparire ogni volta che girava in un nuovo corridoio.
Il ragazzo però sembrava scomparso e la sua preoccupazione era ormai alle stelle. L'emoor sapeva che Malfoy era molto potente e  poteva essere un ottimo combattente, in condizioni normali il ragazzo se la sarebbe cavata tranquillamente in battaglia, ma quelle 
non erano condizioni normali. Al primo volto conosciuto il Serpeverde sarebbe capitolato, non sarebbe stato in grado di ferire, o attaccare e la persona di fronte a lui non avrebbe avuto il tempo di capire il suo stato d'animo e la sua incertezza e avrebbe semplicemente fatto la prima mossa, magari fatale.
 Draco Malfoy sarebbe stato ucciso dal senso di colpa e dalla sua incapacità di essere l'ago della bilancia, come Emma e Piton erano stati in grado di essere, Emma era assolutamente convinta che il rischio che le cose andassero così fosse alto e voleva far di tutto perché ciò non accadesse. 
 Pregò silenziosamente Morgana, Merlino, le Ombre e tutti i fondatori perché Narcissa si imponesse su Lucius e che il suo fare protettivo tenesse il suo unico figlio lontano dalla battaglia.

Girato l'ultimo corridoio la Corvonero si stupì di imbattersi in Ginny e Tonks, entrambe sporte da una finestra mentre lanciavano fatture ai nemici sottostanti.
 “Ginny” sussurrò confusa, con un'occhiata storta all'altra strega.
 “Mia mamma si sta prendendo cura di Teddy” rispose l'Auror velocemente alla muta domanda, pallida e tesa, i capelli più viola che mai “Devo trovare Remus” aggiunse a mo' di spiegazione.
 L'emoor non si sentì di darle contro e non le disse nulla, ma si voltò di nuovo verso la Grifondoro, notando alle sue spalle Artemius, che la aspettava con la bacchetta in mano e lo sguardo acceso di determinazione.
 “Ginny.”
“Ciao Ems” le rispose la rossa, lanciando una fattura Orcovolante di notevole forza oltre le colonne.
 “Non dovresti essere nella Stanza?” domandò lei.
 “O non ti ci mettere anche tu, io combatterò” ribatté Ginny.
 “Certo, mi chiedevo solo perché eri fuori.”
 “Harry” spiegò la grifona, scostandosi dalla finestra per riuscire guardare in volto l'amica “Credo che cercasse qualcosa lì dentro la stanza, mi ha chiesto di aspettare qui”
 “Oh” fece l'emoor, mentre un brivido le percorreva la schiena. 
Horcrux. “Io vado dentro con lui allora, tu fai attenzione, ok?” aggiunse in fretta e tentennò, chiedendosi se dovesse abbracciare l'amica, salutarla e stringerla.
 Anche Ginny sembrò pensare la stessa cosa, ma poi entrambe scossero la testa e si sorrisero complici, gli occhi pieni di una determinazione dura e brillante. Non era il momento degli addii, sarebbero uscite da quella battaglia a testa alta e insieme.
 “Se ne hai la possibilità Emma, ricorda a Voldemort che ci ha rovinato la nostra uscita a quattro” rise la rossa, riprendendo a lanciare incantesimi dalla finestra e l'emoor annuì con un ghigno e le diede le spalle, dirigendosi verso Artemius.
 “Potter non era molto contento che la Weasley fosse qui fuori” disse il ragazzo, con un'aria perplessa stampata in volto.
 “Immagino, ma Ginny fa quel che vuole”
 “Ho visto” strascicò lui, ironico.
 “Dobbiamo entrare ad aiutare Harry, Mius”
 Il Serpeverde annuì risoluto e si girarono entrambi verso l'ingresso della Stanza, in tempo per vedere Tiger e Goyle, seguiti dalla testa platino di Malfoy, superare la porta della Stanza delle Necessità senza notarli. Emma trattenne il respiro, guardando confusa l'amico, ma prima che potessero parlare qualcosa alle loro spalle scoppiò. 
Si girarono di scatto e videro Tonks allontanarsi correndo lungo il corridoio, chiamando spaventata a gran voce il nome di Remus.
 “Tonks” le urlò Ginny di rimando, rincorrendo la strega.
 L'emoor le osservò allontanarsi preoccupata, indecisa se seguirle, ma l'idea che Potter e Draco fossero insieme nella Stanza le metteva maggiore urgenza e pressione.
 “Mius, ti va di andare con loro?” chiese d'un fiato, d'istinto “Entro io a dare una mano a Potter, tu controlla che Ginny sia ok”
 L'altro sembrò a disagio con la richiesta e dondolò sui talloni. 
 “Dovremmo rimanere insieme, Emma”
 “Ci ritroveremo, te lo prometto” disse la Corvonero, con sicurezza “Ricordi la notte in cui Silente è morto? Tu hai avvertito il pericolo che stavo correndo. Sapevi dove trovarmi, ricordi?”
 Il ragazzo annuì incerto, il volto pallido, gli occhi sgranati.
 “Ci ritroveremo anche questa volta, Mius, dai solo un occhio a Ginny. Per favore. Io prendo Harry e arrivo” insistette l'altra.
 Artemius strinse le labbra e assentì controvoglia, Emma lo abbracciò di slancio per solo un secondo e rimase ad osservare mentre lui correva via dietro la Grifondoro, con la curiosa sensazione che fosse tremendamente sbagliato separarsi da lui, ma si riscosse in fretta e svelta si lanciò contro la porta della Stanza delle Necessità prima che sparisse.

. . .

Si ritrovò in una stanza piena di oggetti che non aveva mai visto.
 Erano ammassati ovunque, in grandi cumuli che sembravano formare un intricato labirinto. L'emoor si guardò intorno confusa, le orecchie tese, pronte a percepire qualunque movimento, ma non avvertì nulla. Si mosse cauta nello spazio, la mano stretta sulla sua bacchetta il fiato sospeso, mentre controllava dietro ogni angolo.
“C'è nessuno?” chiese, ma non ricevette risposta, anzi la sua voce sembrò essere inghiottita dagli oggetti che la circondavano. 
 Incerta avanzò nella stanza, preoccupata di non ritrovare la porta di ingresso. Lì dentro non arrivavano i suoni della battaglia ed era come essere stranamente sospesi nel tempo. Stava camminando da qualche minuto, girando tra i cumuli alla cieca, quando avvertì un brivido e percepì distintamente la presenza di Harry vicino a lei e di istinto girò a sinistra, avanzando sicura nello spazio, lasciandosi guidare dalla connessione con Potter.
 “Harry!?” esclamò stupita, quando, girando nuovamente a destra si trovò di fronte al Grifondoro, arrampicato per metà su un grosso cumulo, la mano tesa nel tentativo di recuperare un elegante  diadema appoggiato su un busto in marco, poco sopra la sua testa.
 Emma ammutolì vedendolo e riconoscendo al primo colpo il cimelio di Corvonero: 
avevano trovato l'Horcrux.
 “
Ciao Ems” le sorrise il ragazzo.
 “L'hai trovato” mormorò lei, correndo verso di lui.
 Lui scivolò, facendo cadere a terra vari libri con un tonfo sordo.
 “Sì, lo recupero e usciamo. Hai visto Hermione e Ron?”
L'emoor scosse la testa, osservando l'instabile arrampicata di lui.
 “Hai provato con un incantesimo di appello Potter?” disse ironica.
 “Tu che dici O'Shea?” domandò lui, grondante di sarcasmo, continuando a scalare gli oggetti, sempre più vicino al diadema.  
 Dalla parte opposta spuntò all'improvviso Hermione, scarmigliata e agitata, mano nella mano con Ron.
 “Mione” la salutò Emma, facendo un breve cenno anche verso il rosso, che aveva un sorriso allegro stampato sul volto. 
 L'emoor lo ignorò, chiedendosi solo distrattamente cosa ci fosse da sorridere e alzò la testa verso la scalata precaria di Potter. 
“Expelliarmus” 
Goyle
Emma sussultò, voltandosi di scatto, subito all'erta e l'incantesimo mancò di poco Harry, ma per lo spavento, anche se non colpito, il ragazzo ruzzolò comunque giù di svariati centimetri.
 L'emoor si voltò di nuovo a osservare Tiger e Goyle e in mezzo a loro, qualche passo indietro, Malfoy, pallido e insicuro.
 “Draco” sussurrò la ragazza, ignorando gli altri due.
 “Oh, guarda Draco, c'è la tua fidanzatina” rise Tiger, con un tono canzonatorio che l'emoor non gli aveva mai sentito usare nei confronti del biondo e ad essere sinceri, nemmeno nei suoi confronti. Si rese conto in realtà che non aveva mai sentito parlare molto i due
 'ragazzi armadio'.
 “Lei possiamo risparmiarla, ma ammazziamo gli altri Malfoy che dici?” parlò ancora Tiger, avanzando minaccioso.
 Emma vide Draco deglutire e impallidire visibilmente, mentre sussurrava il nome dell'amico con poca convinzione.
 “Non biascicare Malfoy, non ti sentiamo” rise Goyle e aveva una voce sorprendentemente dolce, come non ci si sarebbe mai aspettati.
 Malfoy si tese, riguadagnando qualche centimetro di altezza, la mano stretta con forza su quella che l'emoor riconobbe come la bacchetta di Narcissa Black.
 “Non possiamo ammazzarli” disse il biondo ai due compagni di Casa, con voce ferma “Appartengono al Signore Oscuro”
 “Il Signore Oscuro vuole solo Potter, smettila di essere un idiota, credi forse che siamo stupidi, Malfoy? 
Possiamo ammazzarli” sibilò Tiger, davanti agli sguardi sempre più stupiti dei presenti.
 “
Ammazzare, Tiger?” intervenne perplessa l'emoor, guardando con sprezzo il Serpeverde “Fai sul serio?”
 “Stanne fuori O'Shea” ribatté lui con un ghigno stampato in faccia.
 “Dovete solo provarci ad ammazzarci” gridò invece Ron con rabbia “Stupidi gorilla”
“Avada Kedavra”
 Il tempo parve fermarsi. Goyle aveva evocato la maledizione proibita senza modificare la sua espressione, la bacchetta a pochi centimetri dal volto di Emma, una smorfia pacata sul viso tondo, come se stesse parlando di qualcosa di estremamente banale, mentre solo le sopracciglia si inarcavano appena.
 La Corvonero si girò spaventata e vide l'anatema sfiorare Hermione, rimasta gelata sul posto e il cuore le perse un battito, mentre si sentiva travolgere da puro terrore e la sua magia sfrigolava. Ron, da vero Grifondoro, agì con maggiore prontezza rispetto a lei, lanciandosi con rabbia contro i due Serpeverde.
 “Non dovete toccare la mia ragazza” ruggì fiero, lasciando i presenti senza parole e riuscendo a scuotere anche Emma, che contrattaccò veloce e precisa.
 “
Expelliarmus. Accio bacchetta” gridò, disarmando Goyle che insieme a Tiger, preso di sorpresa, indietreggiò spaventato, mentre il rosso lanciava contro di loro diverse fatture.
 Malfoy rimase immobile, facendosi da parte per lasciare passare Weasley che correva dietro agli altri due, guardò per un secondo gli amici fuggire e quando si voltò cercò con sicurezza lo sguardo di Harry, ignorando l'emoor.
 “Potter dobbiamo parlare immediatamente...” disse rauco.
 “Hai scelto da che parte stare tu?” lo interruppe Emma fuori di sé  “Stavano per uccidere Hermione, Draco. Te ne rendi conto? È con questo genere di persone che vuoi combattere?”
 Lui spostò verso di lei gli occhi grigi, titubante. 
 “Mi dispiace” sussurrò “Ora è assolutamente importante però...”
 L'emoor si infuocò di rabbia e fece per ribattere, ma non riuscì a scoprire se il Serpeverde si riferiva alla sua capacità di scegliere o se si stava scusando per il passato, perché Ron tornò di corsa indietro. “Scappate!” gridò il rosso disperato e c'era anche Goyle alle sue spalle che correva verso di loro, pallido come un cencio e inseguito da quello che sembrava fuoco magico.
 L'emoor schiuse le labbra stupita, mentre Ron la superava senza fermarsi, afferrando Hermione per un braccio e trascinandola con sé. Harry scivolò giù dalla sua catasta, lontano dal diadema, le fiamme riflesse sui suoi occhiali tondi. Fu il lamento soffocato del ragazzo quando arrivò a terra che riscosse Emma, che senza esitazione scattò in avanti, prese la mano di Draco e poi quella del Grifondoro e si mise a correre trascinandoli con sé. Goyle al loro fianco, non sembrava poi più così interessato ad attaccare il bambino che è sopravvissuto.
Questo fuoco è intelligente. Pensò scioccata, scartando di lato mentre alcune lembi di una fiamma cercavano di afferrarla a una caviglia. Si sporse in avanti, stringendo forte le mani di entrambi i ragazzi e aumentò la velocità, aggirando un paio di cumuli di oggetti.
 Cercò di dirigersi verso dove ricordava la porta di ingresso, le mani strette agli altri due a formare un improbabile trio, ma dopo aver evitato l'ennesimo lembo di fuoco, si trovò sbalzata lontana da Draco, mentre un serpente di fiamme saettava minaccioso verso di lei. Harry l'aveva afferrata e tirata con forza contro di sé, protettivo, salvandole la vita e obbligandola a separarsi dal Serpeverde, mentre una cascata di oggetti cadeva a dividerli.
 “DRACO” gridò Emma disperata, ma il Grifondoro non le permise di lasciare la sua mano, la tenne anzi stretta e si fiondò in avanti, verso alcune scope dall'aria malandata, vicino a un Ron terrorizzato, che si stava già mettendo a cavalcioni della prima, aiutando ed esortando Hermione a salire sulla sua.
 “Aguamenti” gridò l'emoor contro un'altra fiamma, l'adrenalina che le impediva di sciogliersi in lacrime.
Harry le mise in mano una scopa “Salici” le ordinò.
 “Harry non so volare” tremò Emma, spaventata.
 “Dobbiamo salvare Malfoy” disse secco lui, serio come mai prima di allora “Non riesco a portarvi entrambi”
 L'emoor sbatté solo una volta le ciglia e si mise a cavalcioni della scopa, sollevandosi appena prima che un enorme pugno di fuoco si abbattesse dove erano fino a pochi istanti prima. 
 Beccheggiò dietro ad Harry, il cuore che le batteva come un rombo, le mani strette spasmodicamente sul legno, mentre si rendeva conto che se quella volta fosse caduta non ci sarebbe stato il verde prato della Tana ad accoglierla, ma sarebbe morta bruciata. 
 Accanto a lei Hermione evocò uno sfera d'acqua che diradò il fuoco per un istante, permettendo loro di passare. Harry volava veloce, scrutando la masse di oggetti sottostanti, sfruttando la debole protezione degli occhiali per cercare di scorgere qualcosa nel fumo.
 “Se moriamo per loro Harry, ti uccido” ruggì Ron, indicando Goyle poco più sotto che si affannava disperato nel tentativo di arrampicarsi su un grosso cumulo.
 Lui ed Hermione inclinarono le loro scope nello stesso momento e afferrarono il Serpeverde dalle braccia, andando poi verso l'uscita.
 “Andiamo via di qui” gridava Ron, esortandoli a seguirlo, ma Harry continuava a volare in cerca di Malfoy, concentrato come non mai e imitato da Emma, molto più instabile sulla sua scopa. 
 Fu quando l'emoor stava per cedere alla disperazione che il Grifondoro si buttò in picchiata e ritornò su poco dopo, tenendo Draco malamente per la sua divisa. Emma sentì un fiotto di speranza e si fiondò verso di loro, evitando per pura fortuna un'altra fiamma gigante scattata verso di lei.
 “Prendilo sulla tua scopa” gridò il ragazzo e l'emoor non se lo fece ripetere e si abbassò abbastanza da far salire Malfoy alle sue spalle. Harry si rituffò subito verso il basso ed Emma non vide cosa il ragazzo stesse cercando di raggiungere, perché sparì dalla sua vista inghiottito dal fumo, lasciandola nel panico.
 - Dobbiamo uscire! - gridò disperata attraverso la mente
 -Vai verso la porta - la esortò lui - ti seguo.-
 L'emoor virò con fatica verso l'ingresso della Stanza che vedeva attraverso le fiamme impazzite e il fumo denso. Si mosse incerta, beccheggiando, a disagio con l'altezza e la velocità, le labbra serrate dallo sforzo e capì che non ce l'avrebbero mai fatta. Che sarebbero morti lì, lei e Malfoy, abbracciati su una scopa in mezzo a fiamme mortali e feroci: 
era quasi romantico.

Il
l panico le offuscò la vista, ma mentre vi stava per cedere, i singhiozzi che già le serravano la gola, l'emoor sentì Draco stringerla a sé, portando le sue mani su quelle di lei e anche solo quel contatto fresco, in mezzo a tutto quel bruciante calore, le diede un minimo di lucidità e lasciò che il Serpeverde inclinasse il manico in avanti, mentre con la sua stretta dava alla scopa maggiore stabilità.
 “Ti porto fuori di qui!” le sussurrò Draco in un orecchio, al di sopra del frastuono e con presa salda e un volo sicuro si inclinò bruscamente di lato, evitando una fiamma che gli avrebbe certamente uccisi, muovendosi agile come il migliore dei Cercatori.
 “È un buon momento questo per dimostrare quanto sei bravo a volare, Malfoy!” gridò Harry, che sfrecciava al loro fianco, lottando per evitare le lingue di fuoco saettanti.
 Emma era inerme tra le braccia del ragazzo. Erano posizionati all'inverso di quella lontana giornata al Manor, dove lei, alle spalle del Serpeverde, gli si era stretta in vita. Ora era lei davanti e lui aggrappato c
ome se fosse la sua salvezza, ma l'emoor era consapevole di essere, come quel pomeriggio, totalmente nelle sue mani. 
Terrorizzata dal volo, in mezzo a quel delirio di fumo e fiamme, si rannicchiò contro il petto di lui, iperventilando e pregando di tornare velocemente con i piedi per terra, mentre Draco si muoveva agile, analitico, cercando di raggiungere quella porta che appariva sempre troppo lontana. Una fiamma ruggente li divise da Harry, che sparì alla loro vista. Malfoy si gettò in avanti con ultima disperazione ed Emma cercò di concentrarsi sul respiro di lui sulla sua schiena e sui muscoli tesi di entrambi, per non perdere la lucidità, mentre i polmoni si stringevano in spasmi nervosi in cerca di aria.
 “Siamo quasi fuori. Respira Emma. Respira. Andrò tutto bene” le disse Draco e l'emoor gli credette, pur sentendo che c'era della paura sincera nascosta in quelle parole piene di conforto e si accorse all'improvviso della fatica terribile che stava facendo il ragazzo a volare con lei, così rigida e spaventata.
 In un moto di coraggio insperato, forse spinta dal contatto rassicurante con il Serpeverde, la ragazza si appiattì a sua volta in avanti contro il legno consunto della scopa per consentire a lui di andare più veloce, ignorando il suo terrore genuino per il volo. La porta si spalancò davanti a loro e si gettarono all'esterno, subito seguiti da Harry con il diadema al braccio.
 Emma sentì il manico di scopa scivolare via e avvertì le braccia di Draco chiudersi intorno a lei come una morsa, protettive, prima che cadessero entrambi sul marmo freddo, tossendo e tremando, i corpi attraversati di spasmi e ci fu un secondo tonfo accanto a lei che intuì essere Harry. 
Non erano morti.
 -Sei vivo? - chiese con fatica attraverso la connessione, troppo debole per parlare ad alta voce.
 -Sì - rispose lui e quando alzò la testa per controllare, lo vide riverso a meno di un metro, vicino a Ron ed Hermione, che si stavano riprendendo, mentre Goyle singhiozzava piano.
Le braccia di Draco erano serrate ancora intorno a lei, quasi con disperazione ed Emma si torse leggermente per poterlo guardare in volto. Incrociò i suoi occhi lividi di terrore, grigi come la tempesta e gli posò delicatamente una mano sulla guancia sinistra.
 “Draco, lasciami andare” sussurrò e quasi si stupì quando lui, pur riluttante, le diede subito ascolto e la liberò, gli occhi però fissi su di lei, come per assicurarsi che fosse tutto a posto e non fosse ferita.
 “Tiger?” chiese Goyle alle loro spalle.
 “È morto" rispose grave Ron e ci fu un momento di silenzio, Goyle emise un singhiozzo spezzato e Draco chinò il capo affranto.
 Rimasero immobili a prendere fiato, fino a quando Hermione non strillò “Harry il diadema!” e gli occhi dei presenti si fissarono sul monile che il ragazzo portava al braccio e che sembrava sciogliersi davanti a loro, in maniera grottesca e orribile, come se qualcosa lo stesse infettando dall'interno. Hermione si portò le mani alle labbra, sgranando gli occhi piena di paura.
 “Oh, Morgana, doveva essere Ardemonio” sussurrò spaventata e qualcosa nella mente di Emma si mosse, ricordando la maledizione citata nel libro che le aveva regalato Severus e le sue budella si contorsero a pensare che Tiger potesse essere stato tanto stupido da tentare di evocare qualcosa del genere.
 Un vociare indistinto li distrasse, Hermione, Harry e Ron si tirarono in piedi a fatica, parlando velocemente tra loro, come se non esistessero altri, Goyle era invece ancora sdraiato, grigio e immobile, lo sguardo lucido di paura, ma l'emoor li ignorò, la sua attenzione tutta risucchiata da Draco Malfoy.
 Il Serpeverde era pallido e chiaramente scosso dalla morte del compagno di Casa, ma la guardava fisso, tremante, con due occhi nuovi, giganti, sinceri. A Emma sembrò bellissimo e fragile, ma sotto quello sguardo intenso si sentì quasi arrossire.
“Harry ti ha salvato la vita” gli disse, mettendosi a sedere di fronte a lui, come per saggiarne la reazione e Draco schiuse le labbra, ma non emise alcun suono. 
 Ci fu uno scoppio alle loro spalle, un tramestio e delle grida ed Harry, Ron ed Hermione si allontanarono correndo. 
 I Mangiamorte dovevano essere entrati nel castello e la Corvonero venne percorsa da un brivido. Si tirò in piedi con un groppo in gola. 
 “Devo andare Draco” soffiò.

La mano del ragazzo le si strinse intorno al suo polso con leggera fermezza ed Emma rimase a fissarlo, nonostante l'urgenza e la logica la spingessero a correre via verso quella battaglia insensata.
 “Aspetta” sussurrò Draco e l'emoor chiuse gli occhi con un sospiro.
 “Non ho tempo per parlare ora. Stai al sicuro. Per favore.”
 “Mi dispiace, Emma” la fermò lui e la sua voce si fece spezzata, mentre cercava lo sguardo di lei.
 “Mi dispiace, Emma”
 “L'hai già detto altre volte” ribatté dura la ragazza, cercando di liberarsi della stretta sul suo polso.
 “Ascoltami fino in fondo, per favore” la pregò lui, stranamente saldo e nel dirlo la lasciò andare, come per darle scelta di rimanere, o correre via ed Emma tentennò e poi cedette e alzò il suo sguardo, scontrandosi con gli occhi grigi di lui che le affondarono dentro. 
 Si accorse solo distrattamente che anche Goyle era sparito come il trio e che lei e Draco erano soli in quel corridoio, sospesi nel tempo, mentre da qualche parte forse la battaglia era già cominciata.
 Lo sguardo del Serpeverde si fece liquido e dolce, mentre si metteva in piedi di fronte a lei e con cautela le afferrava il volto tra le mani, guardandola negli occhi, apertamente come forse non aveva mai fatto prima di allora.
“Mi dispiace di non averti parlato di ciò che provavo” iniziò dolcemente “mi dispiace di aver provato a difenderti nel modo sbagliato, di averti allontanato per paura, di averti trascinato nei miei problemi senza mai pensare prima ai tuoi, so di essere stato un egoista bastardo e mi dispiace davvero”
 L'emoor tremò, un boato di nuovo alle loro spalle. 
 “Draco mi fa piacere ma...”
 “Mi hai chiesto di scegliere” disse lui serio e lei scosse la testa già sfinita da quella discussione sfibrante.
 “Non ti ho mai chiesto di scegliere per rinunciare a qualcosa” disse piccata “ti ho detto proprio che non volevo importi una scelta,  ma volevo che fossi tu a capire che cosa vuoi e...”
 “E l'ho fatto.”

Al confine con la paura, l'adrenalina e la disperazione il cuore di Emma vibrò a quella semplice frase. Sgranò gli occhi, il volto improvvisamente incassato tra le mani fresche del ragazzo e affondò definitivamente a fondo in quel grigio sempre più scuro e intenso, schiudendo le labbra per lo stupore sincero.
 “Hai capito che cosa vuoi?” domandò incerta e il Serpeverde di fronte a lei annuì sicuro, la mandibola tesa e si chinò in avanti, appoggiando la fronte su quella dell'emoor. 
Respirarono piano.
 “Ho capito cosa intendevi su Potter, 
hai ragione, se vogliamo un mondo in cui sia possibile amarci, l'unico possibile è uno dove vince Potter e non il Signore Oscuro. Ho scelto, Emma. Questa sera ho seguito Tiger e Goyle solo perché ho sentito che vi volevano attaccare, volevano fare qualcosa di stupido. Ho provato a parlare a Potter, dovevo avvisarlo che...”
 “Sono fiera di te” disse sincera lei, il rumore della battaglia sempre più presente alle sue spalle “ma...”

 “Non capisci Emma?” continuò il ragazzo “sono pronto a lottare con voi. Sono pronto a dimostrare ai miei genitori che valgo più di quel che credono. Sono pronto a rifiutare un matrimonio Purosangue per stare insieme a te. Sono stato un codardo, è vero, un debole, non sono nemmeno stato degno della Casa di Serpeverde. Ho parlato con Daph e Blaise. Ho capito dove sbagliavo. Non voglio vivere un solo altro giorno senza di te e se per fare questo dovrò mettermi accanto a Potter, rivoltarmi contro Tu-sai-chi, accettare la Piattola e la so tutto io, mi sta bene. E se invece tu non mi vorrai più, ciò non cambia la mia scelta. Voglio provare ad essere simile alla versione di me stesso di cui sarei orgoglioso e questa versione vuole renderti felice, non importa se con, o senza di me.”
 “Cosa ti ha fatto cambiare idea?” sussurrò lei colpita.
 Non c'era ne rabbia, né rancore negli occhi del ragazzo, solo una strana e velata dolcezza, piena di acuta determinazione.
 “I tuoi amici, quei Lilith e James” mormorò lui “Quello che hanno detto, il fatto che non mi sia reso conto di quello che avevo... Ho pensato a lungo a quello che mi hai dato in questi anni. Non hai mai fatto un passo indietro, mai. Ti sei fidata di me quando nessun altro era disposto a farlo. Hai visto il mio potenziale, nonostante i tuoi amici e forse anche i miei amici mi odiassero, nonostante il marchio e il mio atteggiamento odioso. Sei sempre stata corretta, gentile e non ti sei fatta influenzare da nulla, hai visto 
oltre. Non mi hai considerato un maledetto. Mi hai dato tutto l'amore possibile e a un amore così, non si può rinunciare”
 
Lupin aveva detto le stesse identiche parole sul tetto della Tana riguardo l'amore che riceveva costantemente da Tonks ed Emma sentì gli occhi lucidi di commozione.
 “Perché quello che provo per te Draco è...” balbettò lei “ma tu non sei costretto...”

 “Io mi fido completamente di te e sono pronto a difenderti contro chiunque, a non mentire mai più e a non temere il tuo giudizio. Non sarò perfetto forse, concedimelo e ho molto da imparare, dovrai avere pazienza, ma proverò a dare il meglio di me. Voglio provare ad essere limpido, ho capito cosa ho sbagliato e sono pronto anche a pagare per i miei errori. Ti prego. Dammene la possibilità.”
 Emma non l'aveva mai sentito parlare tanto a lungo e con tanta fermezza, l'espressione seria, fremente e sincera e i loro corpi tanto vicini che poteva avvertirne il tepore e cogliere, dentro quegli occhi dal sapore di tempesta, quelle piccole pagliuzze azzurre che lei tanto amava. Guardò il ragazzo in silenzio, sentendosi orgogliosa e confusa e lui ricambiò il suo sguardo con intensità nuova.
 Si chinò a baciarla.

La baciò in mezzo alla battaglia, mentre le risate dei Mangiamorte si facevano più vicine e boati avvertivano di crolli tutt'intorno. La baciò perché era la cosa giusta da fare, perché non potevano rischiare di morire senza prima darsi quel bacio. 
 Si strinsero, con forza, mentre cercavano quel contatto che era mancato più dell'aria, le mani di lui che risalivano sul collo di lei, per poi perdersi nei lunghi capelli biondi, i pollici a carezzarle le guance in un gesto pieno di tenerezza. 
 La baciò con impeto e gentilezza, le morse il labbro inferiore e rubò con le labbra le lacrime che sfuggivano dalle sue ciglia ed Emma rispose d'istinto a quel bacio, mentre il cuore trovava il giusto asse e in uno sfarfallare di emozioni riusciva a capire cosa fosse successo.
Draco aveva scelto. Non lo aveva fatto per lei, ma per sé stesso e  avvinghiata al Serpeverde, il suo odore di pioggia in arrivo, menta e caffé ad avvolgerla, si rese conto di quanto gli fosse tremendamente mancato e di quanto avesse sognato quel contatto e quel momento. Si sentì leggera, capace di affrontare qualunque cosa e qualunque pericolo. Anche Voldemort stesso. Si sentì potente e inarrestabile.
 “Ti amo” si fece sfuggire lui in un sospiro, gli occhi limpidi.
 “Ti amo anche io” ribatté lei arrossendo.
 Si sorrisero entrambi, innamorati come forse non lo erano mai stati, prima che la realtà piombasse cruda su di loro e i suoni della battaglia arrivassero infine acuti alle loro orecchie. Tornarono lucidi in un battito di ciglia.
 “Devo andare. Cerca di non morire ok?” mormorò lei.
 Malfoy fece un ghigno stanco e le carezzò uno zigomo.
 “Non ho una bacchetta, ma ci provo”
 Emma subito frugò nella sua tasca, trovando la bacchetta che aveva preso a Goyle. La porse al Serpeverde con un piccolo sorriso.
 “Eccola. Adesso non hai scuse. Sopravvivi per favore” abbozzò, ma gli occhi di Draco si accesero di nuova determinazione.
 “Se ho una bacchetta voglio combattere al tuo fianco” disse con slancio e lei scosse energicamente la testa.
 “Non se ne parla, devi stare attento all'ES, perché potrebbero attaccarti vedendoti, non sanno che hai cambiato fazione e non posso proteggerti ovunque. Fai del tuo meglio, ma non voglio perderti per un errore di valutazione Draco, stai nascosto”
 Lo sguardo di lui si rabbuiò, rendendosi conto di quanto lei avesse ragione e le labbra presero una piega amara.
 “Ti prego, sopravvivi” mormorò il Serpeverde, affranto dall'idea di non poterla proteggere come avrebbe voluto, proprio ora che sapeva di essere disposto a farlo e l'emoor annuì, senza riuscire a prometterglielo: Tiger era appena morto e i rumori della lotta arrivavano incombenti e le gelavano il sangue nelle vene. Sarebbero potuti morire in qualunque momento, quasi senza accorgersene.
 
La morte era su tutti loro.
Si sporse a baciarlo un'ultima volta, cercò di chiudere dentro di sé l'immagine di lui sorridente, poi lo lasciò andare e lo sentì correre nella direzione opposta alla sua.
 L'emoor spinse la paura di perderlo dentro di sé, in uno dei libri tremanti della sua biblioteca mentale e di nuovo concentrata, si mise anche lei a correre scendendo di un piano. 
 In mente solo un pensiero fisso: 
Artemius.
 Al piano sotto 
era il caos.

Mangiamorte e Resistenza stavano combattendo con ferocia. Incantesimi, fatture e maledizioni volavano ovunque. Parte di una scala era crollata e Rookwood, nessuna maschera a coprire il volto, lanciava le macerie contro studenti e professori. 
 Un enorme sasso mancò la testa di Luna per pochi centimetri, facendo trasalire Emma che spostò lo sguardo tutto intorno, mentre correva, scorgendo i gemelli Weasley lottare accanto a Percy. 
 Lilith era con loro, schiena contro schiena con Fred e l'emoor per un istante si distrasse nel vedere l'amica che si destreggiava in quel caos con fierezza, combattiva come mai prima di allora, mentre colpiva con precisione e si difendeva con velocità, lavorando in perfetta sincronia con il gemello. 
 Emma scostò di nuovo lo sguardo e si gettò in avanti, scese le scale, scivolò mentre evitava un incantesimo volante e piegò male un polso nella caduta, ma strinse i denti con rabbia, rialzandosi subito.
 Katie Bell quasi le tagliò la strada, duellando con un Mangiamorte piuttosto giovane che Emma aveva notato più volte al Manor, ma prima che l'emoor potesse aiutarla, la bionda Cacciatrice riuscì a sbalzare il suo avversario e corse verso un altro combattente.  
 L'emoor si buttò quindi nella mischia dalla parte opposta, sdrucciolando in mezzo a studenti e professori schierati.
Notò Hermione in difficoltà alla sua destra e lanciò un 
Incarceramus verso uno dei due Mangiamorte che stava fronteggiando sola, mentre Harry e Ron duellavano vicini alle sue spalle. 
 L'emoor corse oltre, evocò un Protego e deviò un lampo di luce verde che l'aveva sfiorata, ma non ebbe nemmeno il tempo per stupirsi di essere scampata alla morte. Individuò la chioma rossa di Ginny Weasley, che combatteva concentrata affiancata da Artemius e si mosse verso di loro. 
 Lungo la strada, pietrificò una donna chiaramente sotto Imperius che lanciava maledizioni alla rinfusa e spedì a gambe all'aria un altro Mangiamorte che non riuscì a riconoscere. Arrivò dagli amici con il fiato corto e si affiancò all'emoor di Serpeverde con un certo sollievo, mentre lui le lanciava un veloce sguardo, visibilmente felice di averla accanto e di trovarla viva.
 “State bene?” chiese Emma ed entrambi i ragazzi annuirono, gettandosi in fretta di lato meno di un secondo dopo, per evitare dei fiotti di luce rossa lanciati verso di loro.
 James arrivò correndo e li aiutò a rialzarsi, coprendoli sapientemente con un incantesimo scudo.
 “È il caos qui” gridò ed Emma notò che aveva una ferita sulla spalla e sanguinava copiosamente da una guancia, ma gli occhi azzurri non erano mai stati più vivi. 
 Sean arrivò alle sue spalle, mentre Emma si rimetteva in piedi.
 “Non eri al parco?” chiese confusa al migliore amico.
 “È il caos” ripeté James e si allontanò insieme a Sean verso la torre di Corvonero “Andiamo a ripristinare gli incantesimi di protezione”
 Non fecero in tempo a raggiungere le scale però che queste esplosero davanti a loro e dovettero indietreggiare. 
 L'emoor cercò subito di raggiungerli, ma quelli che sembravano quattro Inferi le sbarrarono improvvisamente la strada. 
Erano ripugnanti e per un attimo la lasciarono senza parole, fece titubante un passo indietro, cercando di controllare il terrore.
 “Incendio!” gridò Artemius e le fu accanto, trascinandola via.
 “Grazie” mormorò Emma “mi hanno preso di sorpresa”
 Il Serpeverde annuì, la guardò in volto per assicurarsi stesse bene e riprese a duellare. Era forte, Emma si accorse che non lo aveva mai visto combattere prima di allora e ne rimase colpita.
 Usava incantesimi complessi ed efficaci, al limite con la magia Oscura, passando dalla mano sinistra alla desta senza il minimo tentennamento. L'emoor trovò in lui un'ottima spalla.
 Entrambi, dopo qualche minuto pressante di lotta con altri due incappucciati, si accorsero che Ginny cercava di aiutare a mettersi in salvo una ragazzina di Tassorosso troppo piccola per essere lì.  
 Emma fece un cenno al ragazzo di coprire la rossa e lei si buttò in avanti, immobilizzando due Mangiamorte che si stavano dirigendo verso di loro, per poi arretrare di nuovo verso gli amici. 
 Scorse in quel caos anche Gabriel Tullier lottare con altri tre e mandò una fattura in suo aiuto. Il francese le rispose con un sorriso veloce e l'emoor respirò a fondo, detergendosi il sudore dalla fronte. 
 Come al matrimonio di Bill e Fleur nessun Mangiamorte sembrava avere grande interesse a ferirla e lei poteva muoversi svelta, con più libertà di altri. A volte le puntavano addirittura la bacchetta contro per poi scostarla appena la riconoscevano. Emma approfittava della sua posizione a piene mani, per proteggere tutti quelli che riusciva. 
 Il suo sguardo sicuro venne distratto da Dolohov, che lanciava maledizioni ovunque dalla cima delle scale, ridendo sguaiatamente e qualcosa di animalesco prese vita nel petto dell'emoor: 
Lo odiava.
 
Lo aveva sempre odiato.
 “
Coprimi” disse secca rivolta ad Artemius, che annuì seguendola subito, mentre lei correva verso il gigante biondo.
“Dolohov!” lo chiamò con rabbia la ragazza e lui si voltò, riservandole un sorriso tremendo e divertito.
 “O'Shea, ci rivediamo.”
 Emma non aggiunse altro, ma lanciò tre fatture che il biondo parò.  Sembrava intenzionato a non essere battuto quella volta.
 “Vuoi saperlo un segreto O'Shea?” berciò sornione .
 “Non voglio sentire nulla di quel che esce da quella fogna” ribatté Emma acida e lanciò un Diffindo che andò a segno, raggiungendo il braccio sinistro del Mangiamorte.
 Un lampo di rabbia illuminò il volto dell'uomo, mentre l'espressione si accartocciava in un ghigno pericoloso. Emma attaccò di nuovo, con il terrore di sapere che cosa aveva da dirle, i sensi all'erta.
 “Ho ucciso io i tuoi genitori, O'Shea” rise il gigante biondo e cadde un silenzio nella mente dell'emoor, mentre un ronzio sordo nelle orecchie la immobilizzava dall'orrore.
 “Come?” gracchiò, la battaglia sparì dalla sua attenzione.
 “Gli ho uccisi come fossero delle inutili mosche” continuò Dolohov con cattiveria “Ho ucciso anche il tuo stupido amico, O'Shea. Un moccioso piagnucolante e petulante”
 “Menti” sussurrò l'emoor, sbattendo le ciglia mentre tornava lucida.
 Il cuore che batteva con dolore e il rumore della battaglia che gli arrivava stranamente ovattato. Si accorse che persino il volto dell'uomo era confuso davanti a lei e si rese conto che stava piangendo. 
Steph, mamma, papà.
 “
Non mento” disse lui “Dovevi sentire tuo padre come mi pregava 'Non fare del male ad Emma'... Patetico”
 L'emoor sbatté le ciglia e lasciò che le lacrime cadessero. Sentiva il respiro spezzato di Artemius al suo fianco, pronto a intervenire e il corpo le formicolava per la rabbia, come se avesse sempre sospettato che sarebbe arrivata quella rese dei conti. 
La ragazza strinse con decisione la bacchetta e la puntò contro Dolohov, ma quello parve farsi di fumo e scomparve davanti ai suoi occhi, lasciando dietro di sé solo il suono della sua risata fredda.
 “Emma” gridò Artemius alle sue spalle “Rookwood”
 Puntò il dito contro il Mangiamorte che li sovrastava dal corridoio superiore, il ghigno come un taglio sul volto squadrato e volgare.
Erano tutti vicini. Vicinissimi. E combattevano.
 
Quando Rookwood puntò la bacchetta contro la parete est un brivido percorse la schiena dell'emoor. Gridò il nome di Lilith e Fred, troppo vicini al muro, mentre si difendevano con tenacia, uno accanto all'altra, coordinati, lui con il sorriso sulle labbra e lei con elegante ferocia, il caschetto biondo più disordinato che mai.
 Emma si lanciò in avanti con disperazione, sfuggendo alle mani di Artemius che cercarono di fermarla, continuando a chiamarli, spinta dalla rabbia che Dolohov aveva riversato dentro il suo petto, ma riuscì solo a raggiungere George e ad afferrarlo per la mano, tirandolo verso di sé, continuando a gridare verso gli altri due, poi tutto esplose e il sotto e il sopra divennero una cosa sola.

Emma gridò disperata di paura e confusione, squarciandosi i polmoni, mentre la parete crollava trascinandola con sé. 
 Spinse George di lato con tutte le forze che aveva e cercò di scartare anche lei alla sua sinistra, senza riuscirci. Sentì i massi schiacciarla e toglierle il respiro e per un istante tutto divenne buio. Solo quando avvertì il dolore percorrerle tutto il corpo 
capì di essere ancora viva.
 La vita è dolore, la morte assenza e quello era il il dolore fisico di muscoli che si erano contratti troppo velocemente e quelle causato dalle pietre che erano cadute ferendola, ma era anche il sordo dolore al petto che si può solo associare alla paura di perdere qualcuno.
 Le tolsero dal corpo alcuni massi, chiamandola a gran voce.
Emma riconobbe il volto pallido di Harry sopra di sé, con il suo sguardo verde preoccupato e quello teso di Artemius subito dietro. Fu il Serpeverde a trascinarla fuori, stringendola al petto con forza, aiutato da Tullier che era corso verso di loro.
 “Mi dispiace Emma” sussurrò il francese sinceramente e l'emoor guardò gli occhi chiari del ragazzo senza capire. 
 I
l tempo sembrava essersi fermato. Sgusciò a fatica dalla stretta di Artemius, voltandosi lentamente e rimase immobile, confusa, mentre guardava il volto di James rigato di lacrime, Ron urlare con rabbia insieme a Percy Weasley ed Hermione ferma, le braccia penzoloni lungo il corpo, con accanto Ginny, il volto terreo.
 
Tutti sembravano essersi fermati, la guerra era cristallizzata e l'emoor li guardò per un lungo istante senza capire, mentre il sangue le colava lento dalle ferite e il marchio pulsava doloroso.
 Lilith e Fred giacevano a terra immobili con strana eleganza.
 I corpi feriti coperti di polvere grigia, le bacchette ancora strette nei loro pugni. Sembravano dormire, vicini, le mani che quasi si sfioravano, sereni, come se scuotendoli potessero aprire gli occhi, alzarsi, ridere e riprendere a combattere. 
 Fred avrebbe fatto una battuta divertente e Lilith le avrebbe rivolto uno di quei suoi sguardi pieni di determinazione, che Emma conosceva come le sue tasche e di cui già sentiva la mancanza.
 Alzatevi. Non potete dormire ora. Sono stanca anche io, ma non ora.
 
Si rese conto di quanto stupido fosse quel pensiero. Rimase ferma, mentre nuovi incantesimi li raggiungevano e tutti cominciavano a riscuotersi. Rimase immobile mentre la verità le franava addosso, più dolorosa dei massi che l'avevano colpita.
 Sentì Artemius chiamarla con forza, stringendola, ma non rispose. Avvertì Gabriel mettersi di fronte a lei e parare con decisione incantesimi che altrimenti l'avrebbero raggiunta.
Intuì che intorno a loro la battaglia stava continuando, 
ma non per lei. Emma sentì il cuore frantumarsi, il respiro spezzarsi e la realtà perdere consistenza, alzò lo sguardo verso James e lo trovò lì ad attenderla, spezzato e devastato quanto lei. Arso. Vuoto. Ferito.
 Fred Weasley, il gemello di George, 
il suo amico, il fratello di Ginny, era morto e Lilith Bitterblue, la sua cara amica, la sua compagna di avventure, la coraggiosa Corvonero, era morta.


 

*Angolo Autrice*

Ciao Lettori!
Spero abbiate passato delle splendide vacanze. 
Capitolo duro e intenso questo, ma ammetto che un po' tutti questi ultimi lo saranno. 
L'ho chiamato "Insieme. Ti amo. Addio" perché credo che queste parole rappresentino bene i tre macro momenti in cui è diviso.

INSIEME: La scena di Lilith, Emma e James in cima alla torre di Corvonero è stata struggente da scrivere. Immaginarmeli nervosi e impauriti, in una situazione simile al passato, ma davanti a qualcosa di molto più grande e con molta più consapevolezza, pur sempre insieme, mi inteneriva enormemente. C'è qualcosa di puro tra loro, nei loro abbracci, nel loro modo di sostenersi e il fatto che in mezzo a tutta quella tensione trovino comunque il modo di sorridere e guardare speranzosi al futuro credo che faccia capire che persone meravigliose siano. è anche l'ultimo momento in cui avremo il Trio insieme e a ben guardare è un trio che viene spezzato sul finale del capitolo, rispetto ad altri, come Harry, Ron ed Hermione o Ginny, Luna e Neville. 

TI AMO: momento romantico per eccellenza, ma che ho cercato di rendere vero e intenso. Son sempre stata convinta che Draco ed Emma avrebbero trovato il modo di stare dalla stessa parte nel momento più opportuno e hanno mantenuto le mie aspettative, perché più scrivevo, più la distruzione della Stanza delle Necessità e simbolicamente il luogo 'segreto' dove Draco ha lavorato solo e lacerato tutto il suo sesto anno, mi sembrava il posto perfetto. A me loro come coppia piacciono, non l'ho mai nascosto, in tutte le loro infinite imperfezioni. Senza Draco, Emma forse sarebbe stata un ago della bilancia meno abile se ci pensate. è stata la vicinanza con il ragazzo, il suo ruolo tragico e le sue debolezze che l'hanno resa quella che è oggi, perché insieme alla figura di Severus, grazie a Draco Emma ha scoperto 'I grigi'. 
Il fatto che sia Malfoy (finalmente) a salvarla e che lo faccia a bordo di una scopa, come il primo incontro che li aveva tanto avvicinati, mi scioglie, semplicemente. 

ADDIO: 
Sono sincera, ho sempre pensato che il fatto che siano sopravvissuti tutti e tre i protagonisti fosse irrealistico, mi spiego: erano i bersagli principali in una guerra cruenta ed erano tre ragazzini con le loro lacune, ma sono stati sfacciatamente fortunati. Non penso che potessero esserlo tutti e so che è terribile, ma mentre scrivevo ho dovuto scegliere tra Lilith e James e far sopravvivere Lilith a Fred mi sembrava davvero una crudeltà. La morte di un'amica così vicina all'emoor non potrà che generare reazioni, ne sono convinta, anche perché Lilith e il suo amore con il gemello hanno rappresentato spesso una speranza per un futuro, che viene ora brutalmente spezzata. Un piccolo dettaglio che mi è piaciuto inserire è che Emma fa una cosa eccezionale: salva George, ma il dolore che la travolge è talmente forte, che quasi non se ne accorge e quando Harry, Artemius e Gabriel la tirano fuori dalle macerie George è l'unico che non nomina, nonostante l'abbia appena salvato. Credo che anche George in quel momento, pur essendo appena sopravvissuto grazie all'emoor non si stia nemmeno rendendo conto della sua presenza, stravolto per la morte di Fred. La mancanza istintiva di un abbraccio e una ricerca di contatto tra questi due personaggi che si sono fatti sempre scudo con tenerezza quasi infantile, segna per me un momento di forte dolore e crescita. 

Non odiatemi troppo. Scrivere una storia significa accettarla e affrontare questi momenti, se siete stravolti, tirate fuori fazzoletti, perché la carica emotiva non si abbassa più. Se avete domande, insulti, dubbi o pareri scrivetemi liberamente. 
In questa settimana avrò parecchi impegni purtroppo! Cercherò di pubblicare mercoledì, ma non posso darvi certezza (non voglio pubblicare velocemente questi capitoli, ho bisogno di darci attenzione). Se non fosse, vi avviso tempestivamente!

Con affetto. 
vi

Ritorna all'indice


Capitolo 61
*** La Stamberga Strillante ***



. La Stamberga Strillante.




Emma si lasciò trascinare da Artemius lontano dalla battaglia, inerme. Aveva visto con la coda dell'occhio Sean e Dan avvicinarsi a al corpo di Lilith e portarlo via dalla linea del fuoco, mentre Harry e Percy facevano lo stesso con quello di Fred, ma lei non aveva reagito. Immobile si era lasciata attraversare dal dolore, insensibile alle grida, alla guerra, agli ideali.
 Era qualcosa di diverso dalla morte dei suoi genitori e Steph a cui non aveva nemmeno assistito, diverso dalla morte di Diggory, così veloce e irreale, era diverso dalla morte di Sirius che conosceva appena, diverso dalla morte di Tiger, causata dalla sua incoscienza, diverso persino dalla morte di Silente. 
 
Lilith e Fred non sarebbero dovuti morire. Dovevano sposarsi. Essere felici. Fred stava tenendo da parte i soldi e in due anni avrebbero festeggiato insieme alla Tana, sarebbe stato bellissimo.
 “Portatela al sicuro!” gridò qualcuno e l'emoor torse il capo e vide che era stato Gabriel, che non sembrava rendersi conto di perdere sangue da una ferita sul petto, lo sguardo puntato verso di lei.
 “Via!” gridò di nuovo il francese, buttandosi nella battaglia insieme a Micheal Corner ed Ernie McMillan, entrambi coperti di polvere e con l'aria stremata, ma pronti ad offrire un diversivo sufficiente per far sì che Artemius portasse l'emoor lontano dal pericolo. 
Emma sbatté le ciglia, intontita da tutta quella preoccupazione nei suoi confronti, mentre si accorgeva della stretta salda di Artemius che la trascinava al sicuro. Improvvisamente, tornò lucida e si rese conto del sangue che le scorreva dalle ferite, dei muscoli doloranti, del senso di vuoto lasciato dalla mancanza di Lilith.
 “Mius” sussurrò, ma il ragazzo non si fermò e continuò a correre, portandola con sé ed Emma notò che nessun altro era intorno a loro e la sua mente si affannò al pensiero di George e di quel che stava provando. Si irrigidì appena, frenando la corsa dell'altro emoor per cercare James con lo sguardo, rilassandosi quando vide che il ragazzo li stava seguendo come un'automa, esortato a mezza voce da Artemius, la bacchetta puntata a terra e gli occhi sgranati, tanto pallido da sembrare inconsistente. 
 La Corvonero sentì le lacrime agli occhi nel vederlo così e si strinse debolmente al Serpeverde, in cerca di muto supporto.
 “Ginny?” gli chiese, mentre l'angoscia le serrava la gola.
 Artemius parve sospirare di sollievo vedendola più lucida, gli occhi grandi spaventati e continuò a camminare per altri interminabili secondi prima di fermarsi in un corridoio stranamente tranquillo, nonostante i rumori dei combattimenti giungessero chiarissimi.
 “Ginny?” ripeté Emma con affanno.
 “Sta combattendo” rispose Artemius, sopra il fragore della battaglia  “Tutti stanno combattendo.”
 L'emoor respirò a fondo, scacciando le lacrime che già scorrevano sulle sue guance e si girò verso James, fermo alle loro spalle.
 “È morta vero?" chiese e lui la guardò in silenzio senza rispondere e forse senza capire se l'amica si riferisse a Lilith, o la Weasley.
 Uno scoppio vicino a loro fece saltare in aria Lavanda Brown e Romilda Vane. Le due ragazze atterrarono malamente a terra, ma si tirarono subito in piedi, le bacchette spiegate.
Emma le guardò ammirata per un istante, prima di girarsi di nuovo verso James, ignorando lo sguardo insistente di Artemius.
 “È morta Jam” ripeté e questa volta non era una domanda, ma era come se quelle parole potessero aiutarla ad accettare la realtà.
 Il ragazzo si schiarì la voce, inghiottendo un singhiozzo e annuì mesto, lasciando che le lacrime scorressero anche sulle sue guance.
 “È morta” ammise ad alta voce, chinandosi ad abbracciare l'emoor.

La battaglia continuava. Hogwarts intera stava combattendo e stretta contro il petto dell'amico di sempre Emma fece un profondo respiro.
 Il sangue di Alicia Serpeverde le ribollì nelle vene e la chiara consapevolezza di non poter stare nascosta in un corridoio le diede energia inattesa. Prese il dolore, lo sguardo scuro di Lilith, i ricordi con l'amica, le risate e i momenti passati tra quelle mura e li chiuse in un libro che ripose in un angolo lontano della sua mente. 
 Sentì la voce di Gabriel Tullier esortare gli altri a combattere e si riscosse, alzò il capo, incontrando gli occhi chiari di James, nel mare di latte e lentiggini che sembrava il suo volto.
 “Non può essere morta per niente”
 “No” sussurrò l'amico, annuendo appena e sciolsero l'abbraccio, pur riluttanti a lasciarsi andare, senza smettere di osservarsi e dopo un tempo che parve infinito, dove le parole non furono necessarie, James corse via con un cenno ed Emma si voltò verso Artemius.
 Il Serpeverde era immobile, in rispettoso silenzio, gli occhi solitamente vacui, ora fissi sull'emoor, che fece un passo avanti allungando una mano per afferrare la sua.
 “Dobbiamo combattere” sussurrò lei e il suo sguardo era tanto denso e pericoloso che il ragazzo di fronte tremò dentro di sé e forse non solo lui, ma anche l'Ombra di Andrew Tassorosso che aveva conosciuto Alicia e la sua furente determinazione.
“Difendiamo Hogwarts allora”mormorò in risposta Artemius.
 Si strinsero la mano, intrecciando saldamente le dita con l'altro e si lanciarono verso la battaglia, ma, poco prima di girare l'angolo, l'emoor trattenne l'amico e lo guardò, scrutandolo in volto sfacciata, rendendosi conto che non era affatto detto che sarebbe arrivata in fondo a quella giornata con tutti gli amici al suo fianco.
 “Ti voglio bene” disse secca.
 “Anche io, Ems” ammise Artemius con un piccolo sorriso.

. . .

Emma schiantò con rabbia un Mangiamorte che aveva provato pietrificarla e scartò di lato. Non riusciva a controllarsi, la magia fluiva potentissima nella sua bacchetta senza che nessuno riuscisse a contrastarla e nel caos della battaglia, in cui si muovevano corpi e ombre e persino riconoscere amici e nemici diventava sempre più complicato, lei diventava un elemento letale.  
 Interveniva in difesa di Hogwarts con determinata precisione e rendeva innocui i Mangiamorte, senza mai ferire.  
 Un paio di volte il suo cuore tremò nello scorgere i capelli biondi di Draco che sgusciava in mezzo ai combattenti, troppo svelto perché chiunque potesse afferrarlo, come un angelo custode improvvisato per i ragazzi di Hogwarts. I libri nelle sua mente che lo riguardavano e il suo desiderio di 
proteggerlo la misero a dura prova, ma Malfoy era come un'ombra. Danzava nella battaglia, sfruttando la sua conoscenza dei punti deboli dei Mangiamorte con cui si era allenato per mesi per neutralizzarli. Era letale. E l'emoor sapeva che non poteva far nulla per fermarlo ora che aveva preso una posizione.
 
Stai al sicuro. Stai al sicuro. Si ripeteva solo mentalmente, sperando che il ragazzo fosse abbastanza abile e veloce da non far capire a un lato che gli aveva traditi, pur aiutando l'altro.
Emma atterrò altri due Mangiamorte con un movimento pigro, mentre correva verso l'ingresso della scuola per accedere al parco. Non vedeva Remus dall'inizio della lotta e aveva intenzione di trovarlo. Aveva perso di vista anche James da parecchio ormai, ma Artemius la seguiva arrancando, insieme a Carmen e Sarah.
 Le due Corvonero si lanciarono verso il parco appena arrivati al portone, che giaceva divelto a terra.
 “Andiamo a vedere se qualcuno ha bisogno di cure” gridò la mora, prima di sparire, trascinandosi dietro la migliore amica.
 “State attenti” disse loro Sarah, con un timido sorriso.
 Emma rispose con un cenno di intesa e rallentò, voltandosi incerta verso Artemius per un confronto.
 “Mius che facciamo?” chiese.
 Il ragazzo trasalì quando una maledizione senza perdono passò vicinissima al suo orecchio e la Corvonero lo superò con un balzo, spingendolo alle sue spalle e con violenza estrema attaccò il Mangiamorte che l'aveva lanciata. Si accorse tardi che non ce ne sarebbe stato bisogno, perché un altro incappucciato, accanto a lui, lo aveva già pietrificato. Emma strinse gli occhi piena di stupore, mentre il Mangiamorte che era intervenuto si toglieva la maschera per rivelare la sua identità. 
Era Nott senior.
 “
Theodore?” sembrava gridare lo sguardo dell'uomo e l'emoor lo osservò stupita: il volto pallido e scavato, gli occhi pieni di paura. Sembrava colmo di angoscia e pronto a spezzarsi.
 “Theodore?” ripeté lui, questa volta con un filo di voce.
 La Corvonero scosse il capo in risposta, lentamente.
 “Non è qui” mimò con le labbra.
 Nott senior la guardò per un istante, come se fosse indeciso se aggiungere qualcosa, ma Emma lo anticipò.
 “Dovresti andartene Nott” disse sicura “morirai se stai qui.”
“E dove dovrei andare” rise piano lui. 
Amarissimo.
 “Non lo so.” esalò la Corvonero “Ma prendi Theo e vattene. Non è la tua battaglia questa. Non ha senso che tu muoia”
 L'uomo fece un sorriso stanco, calandosi la maschera sul viso.
 “È la mia famiglia e per questo è sempre stata la mia battaglia, Emma. Nessuno si aspetta che io arrivi in fondo alla giornata e va bene così: sono stanco. Ma se questa è la mia fine, qui nello stesso posto dove ho studiato la magia che per troppo tempo ho creduto  mi rendesse superiore, permettimi di fare del mio meglio per difendere ancora una volta il mio unico figlio” mormorò.
 “Sei un pozionista Nott” disse secca l'emoor “Uno dei migliori che io abbia mai incontrato. Non sei un combattente e questa è una carneficina. Per favore. Vattene”
 “È stato un privilegio conoscerti, Emma Piton O'Shea" rispose lui e la ragazza lo osservò indietreggiare, prima che chinasse il mento in un leggero cenno, mentre il dispiacere le si scioglieva nel petto. 
 Non c'erano molte possibilità che Nott Senior avrebbe visto la luce in fondo al tunnel. Se avessero vinto loro sarebbe stato considerato un Mangiamorte e processato, se avesse vinto Voldemort non avrebbe retto ancora a lungo a tutto quel terrore e alle bugie.
 “Hai seguito i miei consigli?” gli chiese all'ultimo l'uomo.
 “Il più possibile” disse lei in un mezzo sorriso e l'altro, con un cenno di assenso dietro la maschera, si voltò, scostando lo sguardo da lei, allontanandosi in cerca del figlio ed Emma, confusa, lo lasciò andare, senza avere la forza di inseguirlo.
 “Lo conoscevi bene?”chiese Artemius, perplesso, che era rimasto tutto il tempo immobile al suo fianco e lei annuì semplicemente, il fiato corto che le si spezzava nel petto.
 “Dobbiamo muoverci di qui, Mius” sussurrò, voltandosi verso l'ingresso stranamente sgombro.
Presero fiato decidendo come agire, non avevano più visto né David, né Emily da quando si erano salutati in Sala Grande e non riuscivano a capire se stessero perdendo o vincendo. 
 Tutto intorno il caos era totale. Intere parti del castello stavano crollando sotto i colpi di bacchetta. Sangue, polvere e macerie erano ovunque e l'emoor colse l'ironia del fatto che tra i suoi piedi si stesse mescolando sangue puro e non.
 Nello stesso punto dove Nott senior era sparito poco prima, esplose una parte di muro con un suono insopportabile e d'istinto Emma si gettò davanti Artemius, protettiva. Vennero però sbalzati entrambi indietro di parecchi passi e, quando riuscirono a mettersi stabili in piedi, gelarono di terrore, vedendo centinaia di ragni entrare dalla spaccatura che si era creata.
 “Aracnia” gridò l'emoor e Artemius al suo fianco la imitò, mentre Hanna Abbott, Luna Lovegood e Dean Thomas insieme a un Luke Harrods, stranamente privo del gemello, arrivarono correndo a dar loro man forte, determinati e disperati allo stesso tempo.
 Riuscirono a fermarne una buona quantità, direzionando il resto all'esterno, ma Emma annaspava perché il dolore al marchio era tornato a infuocarle il braccio sinistro e non presagiva nulla di buono. Si ricordò improvvisamente di Harry e lo cercò attraverso la connessione, senza però capire dove fosse, in una trottola di immagini sfarfallanti che non faceva altro che confonderla e si sfregò il braccio sinistro, gettandosi nella mischia, sempre un passo davanti ad Artemius, che la seguiva attento, coprendole le spalle.
 Nel parco la situazione era ancora peggio che dentro il castello, in un guazzabuglio di persone e creature magiche, ma Emma aveva solo un obbiettivo: Remus. Avanzarono nel buio, lei ed il Serpeverde, arrancando tra corpi e duelli, fino a quando il gelo dei Dissennatori non cadde sopra di loro, cogliendoli di sorpresa.
Emma alzò lo sguardo quasi distrattamente e per un attimo sentì quasi di voler cedere a quella disperazione che le schiacciava i polmoni, troppo stanca per combattere, ma la stretta improvvisa di Artemius sul suo polso la riscosse quanto bastava. 
 Le ombre nere galleggiavano tetre sulle loro teste in maniera ipnotica, avvicinandosi sempre di più ed Emma si concentrò, pensando, con dolcezza, a Severus e alle loro colline a Spinner's End e poi allo sguardo lucido di Draco prima che la baciasse, alle risate di Ginny nel campo di Quidditch e all'abbraccio con Harry qualche ora prima, il sollievo che aveva provato nel vederli vivi.
 “Expecto Patronus”
 La volpe baluginò nell'aria subito seguita dalla lepre di Luna e il cigno di Cho Chang accorse ad aiutarla e, quando anche il gufo di Artemius si aggiunse, i Dissennatori arretrarono quanto bastava per farli allontanare. Emma riprese a correre senza quasi più fiato nei polmoni, superò di fretta il portone della scuola con un unico pensiero: 
dovevano chiudersi all'interno, lì fuori non avrebbero mai vinto.
 Individuò Ginny appena oltre la porta d'ingresso, aveva pianto, le lacrime che le rigavano il volto coperto di polvere e gli occhi nocciola stranamente cupi, ma sembrava desiderare solo combattere. Si muoveva svelta, concentrata ed Emma le si mise accanto, iniziando a duellare al suo ritmo.
 Chiunque avesse alzato lo sguardo su di loro in quel momento, avrebbe potuto pensare che danzassero. Erano letali e bellissime, gli occhi splendenti, improvvisamente muti nei confronti del loro dolore. Erano arrabbiate e ferite, a sufficienza da essere incredibilmente pericolose. Non si parlavano, non si scambiavano nemmeno uno sguardo, ma agivano coordinate, precise, letali, come se si fossero da sempre allenate per quella battaglia, abili a colpire e a difendersi in alternanza. 
Ermetiche.
 James, apparso dal nulla, si unì alla danza dopo poco, sfuggendo ad un attacco di Greyback per un soffio, grazie all'intervento tempestivo di Lee Jordan e l'emoor avvertì la sensazione di pace che sapeva infondergli solo la presenza ragazzo. 
 Lasciò che Ginny si affiancasse ad Artemius, con cui la rossa aveva sempre avuto una bella chimica nel combattimento durante le lezione dell'ES e lei si mise accanto all'amico. 
 James le lanciò solo un breve sguardo, bloccando due attacchi che volavano verso di loro. 
Erano fatti per collaborare insieme, Emma lo aveva sempre saputo e avuto modo di sperimentare ed era certa che, anche senza Lilith, ne sarebbero usciti: i corpi che si muovevano a sincrono senza possibilità di errore, tesi dallo sforzo e dalla paura.
 “
Confrigo... Stupeficium... Glisseo... Protego” gridava l'emoor, mentre il ragazzo parava, o attaccava in alternanza con le sue decisioni.
 Emma roteò su sé stessa, lasciando che James la coprisse sul fianco sinistro e con un certo stupore stupore vide l'ultimo Mangiamorte con cui stava combattendo voltarsi confuso, prima di darsela a gambe, imitato da tutti gli altri.
 Si fermarono tutti, perplessi e incerti davanti a quella reazione.
 “Questo non mi piace” mormorò Ginny, mentre impotenti osservavano tutti i nemici che si dissolvevano nell'aria o scappavano veloci “non mi piace per niente”

Rimasero a lungo interdetti, scambiandosi sguardi preoccupati, mentre la polvere si posava con elegante lentezza a terra e sui corpi dei caduti, come una patina grigia nel pesante silenzio. 
 Emma non aveva mai pensato che l'assenza di suoni potesse essere così terribile. Si guardò intorno e con orrore riconobbe Colin Canon riverso in un angolo e sentì le forze scemare, mentre l'immagine di Lilith e Fred tornava a premerle la mente.

 “Avete combattuto valorosamente” esordì la voce di Voldemort ed era sibilante e terribile, tanto che Emma provò un disgusto profondo nel sentirla così vicina a sé, come se lui fosse alle sue spalle.
 “Lor Voldemort sa riconoscere il valore e per questo vi diamo un'ora di tempo per disporre dei vostri caduti e per riposare. Consegnatemi Harry Potter. Se alla fine di quest'ora il bambino che è sopravvissuto non sarà qui con me, ucciderò ogni uomo, donna, o bambino dentro Hogwarts. Un'ora”
 Abbassarono tutti stancamente le bacchette nello stesso momento e senza guardarsi si mossero verso la Sala Grande. 
 L'idea di consegnare Harry non sembrò realistica a nessuno, nemmeno per un istante. Ginny quasi correva, desiderosa di raggiungere i suoi genitori, ma Emma, James e Artemius, che non avevano nessuno ad attenderli, avanzavano piano, strisciando i piedi sul pavimento in pietra ed entrarono nella sala titubanti: James dirigendosi lentamente verso Sean, Artemius invece accanto all'emoor, ma ad una rispettosa distanza per permetterle di soffrire.
 Camminarono piano tra i corpi dei caduti e coloro che correvano per aiutare i feriti. Anche Emma perdeva molto sangue, ma sembrava non accorgersene. Vide i Weasley da lontano, le teste rosse vicine, chine sul corpo senza vita di Fred e il cuore quasi le si fermò quando scorse i capelli biondi di Lilith a fianco del ragazzo.
 Scostò lo sguardo,un brivido lungo la schiena, sentendo di nuovo le lacrime premere per uscire, ma si fece forza.
 -Harry- sussurrò attraverso la connessione, ma prima che il ragazzo potesse rispondere qualcosa bruciò sul suo petto. 
 L'emoor trasalì, stupita e tolse dal colletto la vecchia collana che le aveva regalato Ginny Weasley, carezzando anche il monile dei Black, dono di Narcissa, che portava insieme. Sul corvo del monile apparve la parola 
Voldemort ci chiama, sul serpente Stamberga Strillante.
Severus la stava contattando.
 Emma corrugò la fronte, cercando di ragionare. Severus le stava dicendo di andare? Temeva qualcosa? L'emoor non lo sapeva. Il suo sguardo vagò vacuo e infine cadde distrattamente su due corpi poco distanti.
 Remus Lupin e Ninfadora Tonks giacevano a terra senza vita su due barelle improvvisate, gli occhi chiusi e i volti distesi. Emma trattenne il fiato, registrò l'informazione e suo ultimo tassello di autocontrollo cadde: 
Lupin era morto.
 Cercò disperatamente di usare l'Occlumanzia per placare il dolore in arrivo, ma le sue pareti interiori si incrinarono, gli scaffali tremarono e qualcosa dentro di lei si spezzò. 
Lupin era morto.
 Quell'ultima figura di riferimento a cui si era aggrappata con speranza giaceva immobile di fronte a lei, accanto alla donna che aveva imparato ad amare e da cui aveva appena avuto un figlio.
 Remus Lupin non era uno stupido, era un mago abile, potente e di esperienza, il fatto che fosse steso senza vita su quel pavimento era un terribile errore. 
Una fatalità. Emma si inginocchiò accanto all'uomo, lanciò solo un veloce sguardo al volto di Tonks, tanto sereno che pareva addormentata e si mise ad osservare Remus, le cicatrici sottili, l'espressione leggermente aggrottata anche ora che era senza vita, il pastrano verde sul corpo magro.
 L'emoor lasciò che la lacrime scorressero libere e prese a singhiozzare senza sosta, mentre accarezzava il volto di lui. 
 Afferrò la mano di Lupin e la strinse, appoggiandosi sopra una guancia, dilaniata dalla sua assenza e poi si accasciò sul suo petto quasi sperando di sentire la sua stretta affettuosa. 
 La crudeltà di quella morte e il pensiero di Teddy, rimasto orfano così piccolo, la scossero nel profondo e le fece montare una rabbia cieca che non aveva mai provato prima. Emma capì in quel momento che sarebbe stata capace di uccidere.

 Sentì le mano di Artemius stringerle la spalla con delicatezza
 “Emma” sussurrò il ragazzo con dolcezza, ma lei non rispose.
 Avvertì passi dietro di lei e poi la stretta del Serpeverde si dissolse.
“Ci penso io Mius” disse la voce di James e l'emoor sentì le braccia dell'amico avvolgerla in un abbraccio più forte, staccandola con forza dal cadavere per tenerla contro il suo petto e udì le parole del Corvonero avvolgerla piene di cura e affetto in cui lei vi si lasciò affondare, cercando di recuperare il controllo. Doveva andarsene, ora.
 “
Qualcuno ha visto Sarah?” chiese Carmen, passando accanto a loro, le braccia cariche di bende, ma James scosse la testa e la mora si allontanò a gran velocità, una ruga di preoccupazione sulla fronte.
 “Io devo andare” mormorò Emma in un sussurro debolissimo, approfittando di quell'interruzione.
“Dove?” le chiese James con la stessa preoccupazione che Artemius aveva riflessa nello sguardo.
 “Piton mi ha detto dove si trova Voldemort. Devo andare.”
 “Veniamo con te” ribatté subito il Corvonero, irrigidendo la sua presa, ma l'emoor scosse la testa.
“No. Questo non è possibile. Dovete aiutare qui” disse seria “Mius puoi cercare anche David ed Emily?”
 “No, Emma. Veniamo con te” ripeté James con voce ferma, ma lei scosse la testa di nuovo con più energia.
“Vi raggiungo dopo. Promesso. Vi prego. Devo solo parlare con lui. Io non rischio nulla, ma a voi potrebbe uccidervi”
 Ci fu un lungo silenzio, mentre i due ragazzi, entrambi mori arruffati e con gli occhi chiari e stanchi, la osservarono.
 “Porta almeno Potter” consigliò infine Artemius, sapendo che non avrebbe mai smosso l'amica e l'emoor lanciò lui un'occhiata grata e annuì, tranquillizzandolo in parte, mentre James non sembrava affatto convinto di lasciarla andare.
Emma si affrettò, li abbracciò brevemente entrambi e sorrise loro con fatica, allontanandosi a passo svelto, prima che cambiassero idea. Il cuore pesante e grondante di sangue: Remus Lupin era morto.

. . .

-Harry?-
 -Emma-
 -Devo andare alla Stamberga-
 -Voldemort è lì-
 -Lo so.-
 -Ha Nagini con sé-
 -Immagino-
 -L'ho visto, Emma-
 -Va bene. Harry, ci sarà Piton.-
 -È un bene o un male?-
 -Non lo so, ma mi chiamano, devo andare.-
 -Veniamo con te-
 -Lo so-
 L'emoor camminò in silenzio per i corridoi e attraverso la porta principale. 
Hogwarts era messa peggio di quel che credeva. Mentre si avviava lungo il parco si accorse che parte della torre di Corvonero, dove qualche ora prima lei Lilith e James si erano salutati, era crollata. D'altronde però anche Lilith era morta e nulla era più come prima. RemusRemus non c'era più. 
 L'emoor soffocò il dolore lanciando uno sguardo al cielo stellato. Aveva ragione James, sarebbe stata una nottata stupenda se non avessero dovuto combattere contro un folle. 
 Il pensiero dell'amico e del dolore che aveva visto nei suoi occhi, così simile al suo, le strinse il cuore. Pensò anche alla rabbia di Ginny, ad Artemius che non l'aveva lasciata un solo secondo.
Penso a tutti coloro che si stavano battendo, pensò a George, solo e ferito. 
Dovevano vincere. Avevano tutti perso troppo.
 
Avanzò lentamente sull'erba umida e si accorse che anche nel parco erano disseminati i corpi di caduti. Riconobbe un Mangiamorte con cui aveva spesso mangiato al Manor e scambiato qualche parola, lo ricordava gentile e ostinato, non aveva più di trenta anni e lì riverso a terra, pallido alla luce della luna, sembrava giovane e fragile.
 Accanto a lui giaceva anche Richard Done, addosso la divisa dei Mangiamorte, il volto privo dei soliti occhiali, caduti poco più in là e i capelli liberi dal gel che lo facevano apparire diverso. 
 L'emoor lo guardò con vago stupore e pena, ricordandolo quando bazzicava nel castello insieme ai gemelli Harrods, il mento all'insù e la voce nasale. Provò un profondo dispiacere a pensare a quante scelte sbagliate avesse fatto quel ragazzo, ma non si fermò.
 Avanzò decisa fino a quando, con la coda dell'occhio, scorse un corpo esile e magro poco più in là, i capelli lisci con una venatura rossastra sparsi su un visetto che pareva di porcellana. Il cuore  cominciò a battere dolorosamente nel petto di Emma che già intuiva quello che il cervello si rifiutava di accettare. In mezzo all'erba umida del parco, dove tante volte si erano stesi a studiare e chiacchierare, giaceva il corpo senza vita di Sarah Morris.
 Era su un fianco, rannicchiata e nonostante il volto gentile fosse disteso, l'emoor intuì che dovevano averla cruciata e lei doveva essersi protetta così, in posizione fetale e così doveva essere morta.
 Emma deglutì e si avvicinò alla compagna di Casa, immaginando distrattamente cosa avrebbero fatto Carmen e Zabini una volta  scoperto. Si chinò su di lei, ma si accorse di non riuscire più a piangere e le scostò solo i capelli chiari dal volto con dolcezza, facendole una carezza leggera sul capo con il cuore pesante e ghiacciato, pieno di dolore. 
Il ricordo dell'amica sorridente accanto a Blaise alla festa di natale, o gentile e pacata mentre chiacchierava con Carmen in ogni angolo della Sala Comune le aprì una nuova ferita.
 “Mi dispiace Sarah” sussurrò “mi dispiace davvero tanto” come se fosse lei motivo di quella morte.
 Si rialzò con calma, una smorfia dura sul volto e una nuova risolutezza che l'animava. Si avviò a passo sicuro verso la 
Stamberga.

. . .

Emma era pronta a scivolare attraverso il passaggio stretto sotto il Platano Picchiatore, seguita da Harry, Hermione e Ron.
 Non avevano quasi parlato quando si erano ritrovati davanti all'albero, tutti e quattro stanchi, feriti e arruffati. Si erano solo scambiati in silenzio uno sguardo dolorante e consapevole, Ron ed Hermione avevano raccontato svelti della Camera dei segreti e delle zanne rubate al basilisco ora andate perse.
 “Però la coppa è distrutta” soffiò la grifona e poi il rosso fece levitare un piccolo bastone verso un nodo in particolare e il Platano si immobilizzò, permettendo loro di avvicinarsi. 
 L'emoor scivolò in avanti sulle ginocchia, procedendo a carponi lungo il tunnel e sospirò appena mentre si rialzava in piedi una volta all'interno della struttura. Non riusciva più nemmeno a sentire la paura, il suo corpo era come anestetizzato. Avvertì la presenza tranquillizzante di Harry dietro di sé e fece un passo allo scoperto, lasciandosi alle spalle il trio, nascosto sotto il mantello.
 “Ah, Emma” sibilò Voldemort, vedendola.
 “Mi cercavate?” chiese lei, con tono monocorde.
 L'uomo era fermo al centro della stanza, Nagini ai suoi piedi. Il serpente tentò di avvicinarsi alla ragazza, ma la bolla protettiva di cui era avvolta la trattenne ed Emma fece lei un debole sorriso. Severus era di fronte al suo Signore, pallido e serio, avvolto nelle sue abituali vesti nere ed eleganti.
 “Quindi Tom?” ripeté l'emoor, alzando lo sguardo verso Voldemort, con accenno di sfida, ignorando gli occhi rossi dell'uomo che la scandagliavano attenti.
 “Hai combattuto” sussurrò il mago con sprezzo, analizzando con attenzione il sangue copioso e le ferite sulla ragazza.
 Emma annuì tranquilla, scuotendo appena il capo con indifferenza. Sentiva gli occhi di entrambi gli uomini scrutarla attenti, uno con preoccupazione, l'altro con morboso interesse.
“La domanda è... da che parte?” sibilò Voldemort, arricciando le labbra con disgusto ed Emma avvertì una sottile rabbia nascosta nelle sue parole “Hai voluto rendere onore al tuo sangue?”
“Importa?” ribatté l'emoor “Ho difeso chi dovevo. Ho difeso Hogwarts. Ci sono dei ragazzini lì dentro, Tom”
 L'altro si fece sfuggire un ghigno divertito, forse sadico, pericoloso.
“Sei sangue del mio sangue giovane Piton O'Shea. Te l'ho già detto, ma dopo questa sera ti piegherò alle Arti Oscure. Combatti con chi vuoi per ora. Gioca.” sibilò e l'emoor lo ignorò e lanciò invece uno sguardo al tutore che impassibile non aveva ancora proferito parola, si avvicinò a lui di un passo, trattenendo l'istinto di abbracciarlo.
 “Ah sì, come ti stavo dicendo, Severus” continuò Voldemort “Vi ho convocato qui perché devo discutere con entrambi di un increscioso inconveniente e delle sue conseguenze”
 Il tono dell'uomo era melenso e tranquillo, ma a Emma non piaceva per nulla, lo fissò in volto con sfida, ragionando velocemente mentre quello passeggiava avanti e indietro con aria vaga, facendo cigolare le assi di legno sotto i suoi piedi.
 “Mi dica mio Signore” disse Piton con voce bassa e controllata.
 “Si tratta della bacchetta di Sambuco, Severus”
Il tutore tremò impercettibilmente davanti alla smorfia affilata di Voldemort, mentre Emma si irrigidiva.
Aveva letto molto a riguardo di quella bacchetta.

*

L'emoor sedeva nella biblioteca del Manor, come ormai tutti i giorni in quelle terribili vacanze che stava passando divisa da Draco, un libro di storie per bambini che aveva trovato nella biblioteca aperto sulle ginocchia. 
 Era interessata al tipo di narrativa che veniva offerta ai piccoli maghi ed era stata contenta di trovare il volume nella collezione personale dei Malfoy.
 “
Le storie di Beda il bardo” le sorrise Narcissa, osservandola e anche Emma le lanciò uno sguardo veloce.
“È una lettura interessante” ammise..
 “Quale hai letto?” chiese la donna, avvicinandosi a lei.
 “La storia dei tre fratelli”
 “La preferita di Bellatrix” annuì lei “la più oscura”
 “Strano che fosse la sua preferita allora” ribatté ironica la ragazza e le labbra di Narcissa si incresparono in un sorriso sottile.
 
L'emoor cercò di immaginarsi Narcissa bambina, bionda ed eterea, affiancata dalla scura e irruente Bellatrix e ci riuscì perfettamente. Con un sorriso accarezzò distrattamente l'immagine del fratello più giovane, Ignotus, nascosto sotto il suo mantello dell'invisibilità. Si era soffermata su quella storia perché parlava della bacchetta di Sambuco che, secondo il libro datole da Severus, era reale e leggendaria, ma si era incagliata sulla descrizione del mantello, che sembrava così inquietantemente simile a quello che lei teneva nascosto dentro il suo baule.
 Il mantello di Ignotus però, secondo la storia, era unico, mentre lei sapeva di almeno un'altra persona oltre a lei ne possedeva uno simile al suo.
 “
È solo una favola, vero?” chiese titubante “Quella dei tre fratelli, intendo”
 “
Nei secoli molte persone l'hanno presa più seriamente che una semplice storia per piccoli maghi” ammise Narcissa pensierosa.
“Hanno cercato di trovare i tre doni dei fratelli?” 
 “Come ogni leggenda c'è un fondo di verità e l'idea dei doni rese ingordi molti maghi, ci sono state guerre e omicidi nel loro nome. Molti volevano credere che artefatti così potenti come la bacchetta di Sambuco fossero reali. In parte forse si sentivano confortati al pensiero”
 “
Perché lo sono” ribatté aspra Bellatrix, entrata in quel momento nella stanza e Narcissa rise cristallina, tanto che Emma riuscì a scorrere per un istante il legame tra le due e intuire quanto avevano vissuto crescendo insieme. 
 “Ne sei sempre stata così convinta, Bella”
 L'emoor alzò lo sguardo sulla Mangiamorte, come sempre vestita di nero, i lunghi capelli sciolti lungo le spalle, lo sguardo accigliato, aspra, ma la vide fare un debole cenno di assenso nei confronti della sorella.
 “
Tu davvero credi che siano reali?” chiese l'emoor con il tono più gentile che riuscì a simulare, perché non si sentiva mai completamente a suo agio con la donna, anche se sapeva che la sua sofferenza era profonda e che nascosta dietro le sue risate sguaiate, la follia contagiosa e la rabbia mai placata, c'era in realtà una persona spezzata dai suoi stessi sentimenti inespressi.
 “Sono reali” ribatté di nuovo la Mangiamorte, sedendosi accanto alla sorella.
 “Sarebbe un problema allora se i tre doni cadessero insieme nelle mani di una persona come il tuo Signore” fece notare l'emoor e Bellatrix si aprì in un sorriso.
 “Sarebbe meraviglioso.”

*

Ah. Vedo che anche Emma sa di cosa stiamo parlando” disse Voldemort, curioso, indugiando sull'espressione combattuta dell'emoor, prima di mostrare ciò che aveva tra le mani.
 Emma riconobbe con sconcerto la bacchetta di Albus Silente e il mondo tremò sotto i suoi piedi, mentre improvvisamente ricollegava l'arma con il disegno sottile che tante volte aveva visto sul suo volume di costruzione di bacchette.
L'angoscia la pervase, insieme alla sensazione di non avere scampo, mentre realizzava che Bellatrix doveva aver avuto ragione e così anche il suo libro. 
La bacchetta di Sambuco esisteva ed era tra le mani di Lord Voldemort.
 
Severus accanto a lei rimase di cera, sembrava quasi non respirare.
 “Mio Signore non capisco” disse a voce bassa, un passo in avanti.
 “Tu hai ucciso Albus Silente, Severus e mi hai portato la bacchetta”
 “È così. Come lei mi aveva ordinato di fare.”
 “Esatto. Sei un servo bravo e molto utile, mi hai fatto un bel dono e hai addestrato molto bene la piccola Emma, che porta il tuo nome in onore, ma c'è un problema”
 Piton lanciò lui uno sguardo vagamente interrogativo, mentre il cuore di Emma prendeva a battere con più forza.
 “Che problema?” chiese.
 “La bacchetta non mi riconosce come suo proprietario” disse Voldemort e Severus inclinò curiosamente il capo, come se volesse dare al suo padrone tutta l'attenzione.
 “Credo che si sbagli, mio Signore, ha fatto molte magie incredibili con quella bacchetta” tentò ed Emma si accorse che era impallidito, il corpo era irrigidito e anche lei si tese in allarme.
 “
Io sono straordinario, Severus” ribatté Voldemort “Io, ma non questa bacchetta. Non è nulla di più rispetto alla mia vecchia amiche e tu sei un uomo intelligente, sai dirmi perché?”
 Piton rimase in silenzio, la sua mano si tese verso Emma e l'emoor la afferrò, affiancandosi a lui. 
Stava tremando. I sensi della ragazza andarono in allarme. Poteva Voldemort decidere di uccidere il tutore?
 “
Mio Signore” esalò Severus e nella sua voce sottile c'era spavento.
Voldemort sembrò innervosirsi per quella debolezza e mosse pigramente gli occhi rossi sull'emoor.
 “Quello che sto per fare sarà molto doloroso per te, Emma”
Lei alzò lo sguardo su di lui interrogativa, la mandibola tesa.
“Allora non lo fare” disse seria, minacciosa.
 “È necessario, giovane Piton O'Shea. Necessario e doloroso lo ammetto, ma ho bisogno che questa bacchetta mi riconosca come padrone, o non potrò distruggere Harry Potter. Prendi il dolore che verrà, la rabbia e la frustrazione e usali per scendere nell'oscurità” le disse affabile, come se le stesse dando un ottimo consiglio.
 Emma lo guardò confusa e lo vide arricciare le labbra in un sorriso. 
 “Ah” esalò il mago “ma vedo già quella rabbia in te. Che terribile perdita quella della giovane Lilith Bitterblue e di Remus Lupin”
 Gli occhi dell'emoor saettarono sull'uomo furenti, mentre con un secondo di anticipo capiva cosa stava per succedere. Cercò di intervenire, ma Severus fu più veloce e si mise davanti a lei, spingendola contro una parete per proteggerla, mentre Voldemort ordinava a Nagini di uccidere. 
 Il serpente si lanciò su Piton prima che l'uomo potesse raggiungere la sua bacchetta e lo azzannò con una forza tale da farlo accasciare contro la parete in legno della Stamberga. Emma gridò e osservò la scena con orrore per un solo secondo, il corpo improvvisamente tremante di rabbia che sembrava prendere fuoco, poi si alzò furente.
 “
NAGINI!” urlò in serpentese, mentre quello si tendeva, pronto ad attaccare di nuovo e come negli incubi che l'avevano afflitta, l'animale si voltò confuso, lo sguardo colpevole, come se fosse sinceramente dispiaciuto di aver morso a morte l'uomo e bloccò il secondo attacco a metà, attendendo paziente, la testa triangolare che si muoveva da Voldemort ad Emma.
 “
Brava sibilò l'emoor e poi si voltò furente verso l'Oscuro.
 “Sei sangue del mio sangue” le ricordò il mago, nascondendo, dietro un sorriso mellifluo, lo stupore per il fatto che Nagini avesse bloccato l'attacco per ordine di altri “Vi lascio soli. 
Un vero peccato” Guardò per un istante  il corpo riverso di Piton, ma non c'era nessun dispiacere nella sua voce e scomparve insieme al serpente con un rumore secco. Per un istante scese un silenzio terribile.
 Emma si lanciò verso il tutore, la morte nel cuore. Piton sanguinava copiosamente e aveva delle terribili ferite sulla gola più simili a squarci. La ragazza cercò di fermare il sangue con le mani, piena di disperazione, inzuppandole inutilmente. 
 Sentì un movimento alle sue spalle, ma non se ne curò, gli occhi incatenati con panico a quelli dell'uomo che aveva di fronte, tentò un paio di incantesimi di cura che risultarono inefficaci.
 “Ti prego Sev, non morire” disse con le lacrime agli occhi, mentre un orribile gorgoglio usciva dalla gola di lui “Ti prego Sev, non lasciarmi. Non tu. Ti prego”
 L'uomo scostò lentamente gli occhi scuri da quelli della protetta, per guardare qualcuno alle sue spalle.
 “Pr...prendi” disse in un sussurro appena udibile, mentre un liquido argenteo e impalpabile usciva dalle sue labbra, dalle narici, dagli occhi, in flutti continui. Emma riconobbe i ricordi.
 “Ma cosa?” soffiò stupita, voltandosi di scatto e vedendo Harry in piedi dietro di lei, sconvolto.
 Lo sguardo di Piton era fisso su di lui: evidentemente come ultimo atto voleva dare quei ricordi al ragazzo. Fu Hermione a farsi avanti,  pragmatica, una fiala vuota stretta nella mano destra, mentre tendeva ad Emma una boccetta di essenza di Dittamo nella sinistra.
 L'emoor si affrettò a spalmare l'essenza sulle ferite del tutore, osservando distrattamente la Grifondoro che guidava i ricordi argentei dell'uomo nella fiala, usando la punta della bacchetta per poi passarla a Potter. 
 L'essenza di Dittamo funzionava all'apparenza, ma dopo un solo attimo le ferite si riaprivano e il sangue riprendeva a sgorgare.
“Gua... rda...mi” sussurrò Severus, dolcemente, questa volta rivolto a lei, ma l'emoor lo ignorò, perché non aveva nessuna intenzione di lasciarlo andare. 
Non poteva lasciarlo andare.
 “Emma” le disse con voce rotta Hermione “ti sta chiamando...”
 “Va tutto bene, Sev” disse invece lei “Lascia fare a me, ok?” aggiunse disperata, continuando a spalmare l'essenza di dittamo, mormorando al contempo incantesimi di guarigione, nella tenue speranza che facessero effetto, combattendo tenacemente contro il tempo e l'impossibile.
 “Emma...” insistette Severus con voce flebile.
 “Sono qui, Sev” singhiozzò lei, mentre impotente cercava di pensare a una soluzione, lasciando che lacrime le rigassero le guance  “Sono qui. Non ti lascio. Non ti affaticare.”
 “Emma io... de...vo... dirti...”
 Lo sguardo dell'uomo si faceva sempre più vacuo, nonostante la tenace insistenza della ragazza. Emma si ripeté a mente cosa sapeva sui veleni, provò a pensare ai più terribili e come si potevano contrastare, desiderò avere Nott Senior accanto, perché lui sicuramente avrebbe saputo aiutarla.
 Nella confusione le venne in mente il basilisco a cui Ron ed Hermione avevano detto di aver staccato le zanne per distruggere l'ultimo Horcrux e imprecò pensando che anche il veleno di basilisco non aveva antidoto, tranne... L'emoor sussultò e sgranò gli occhi, rendendosi improvvisamente conto di avere la soluzione. 
Fanny.
 Con urgenza si tolse la sua collana dal collo, quella che usava per comunicare con Sev, il regalo di Ginny Weasley, quella da cui non si separava mai. Le dita inciampavano nella catenina sottile, il respiro che le tremava sotto lo sterno, i muscoli tesi. Sorrise di sollievo, confusa e felice mentre ricordava cosa Silente aveva nascosto in quel ciondolo un anno prima. 
Lacrime. Lacrime di Fanny.
Quella vecchia volpe di Silente, che l'aveva esortata perché le tenesse sempre con sé. Quella vecchia volpe.
Partius” sussurrò Emma, la bacchetta puntata sul ciondolo argento.
 Ci fu un attimo di attesa, ma poi le lacrime galleggiarono fuori dal monile e lei con la mano che tremava le fece cadere sulle ferite del mago e mentre queste agivano, facendo guarire i tessuti, sanando gli squarci, l'emoor rincarò con un Vulnera Sanentur.
 Harry, Ron ed Hermione, alle sue spalle, rimasero assolutamente immobili, il fiato sospeso davanti a quella disperata lotta. Nessuno dei tre osò intervenire, ma attesero senza pensare un solo secondo di abbandonarla, mentre Emma, il sangue del tutore che ancora le scorreva sulle braccia e lungo i gomiti, dondolava sui talloni mormorando la strana litania protettiva. 
 I minuti scorsero tanto lenti che parvero ore, fino a quando l'emoor non si accasciò su sé stessa e sorprendentemente, fu Ron il primo a sorreggerla con fare gentile e presa salda.
 “Emma” sussurrò Hermione commossa, guardando il professore “L'hai salvato. Ce l'hai fatta.” e lei sorrise e annuì appena. 
 Piton doveva essere svenuto, ma il respiro era tranquillo e il volto che sembrava a un passo dalla morte poco prima, ora pareva aver ripreso un tenue colore. Gli squarci erano debolmente richiusi e il sangue non stava più scorrendo.
 “Devo stabilizzarlo. Hai rimpolpa sangue Mione?” chiese e la grifona si mise a frugare nella sua borsa di perline con foga, tirando fuori varie pozioni e posandole accanto all'emoor che lentamente cominciò a controllarle.
 “Dovresti andare a vedere cosa sono quei ricordi Harry” disse Emma “se Severus te li ha dati ora potrebbero essere molto importanti.” aggiunse con voce sottile, spossata.
 “Sei sicura di rimanere qui?” domandò il ragazzo.
Lei annuì in fretta, l'attenzione tutta assorbita da Severus. 
 “Nessuno verrebbe qui dentro ora, nemmeno Voldemort e a me ci vorrà un po'. Devo stabilizzarlo e medicarlo. 
Non posso lasciarlo. Vai”
 “Emma...” iniziò Harry non a sua agio all'idea di dividersi.
 “Vai Potter” insistette lei “mi dirai dopo di cosa si tratta”
 “Rimango io con te” propose Hermione con un sorriso, toccando l'amica sulla spalla con fare gentile, ma Emma scosse la testa.
 “Andate pure entrambi al castello” ribatté “Se vedete James e Artemius dite loro che sto bene. Saranno in pena e se non mi vedono tornare sono certa che farebbero qualcosa di stupido”
 Hermione serrò le labbra incerta, ma Emma le voltò le spalle, riprendendo a curare Piton. Sentì i passi dei tre allontanarsi e poi il silenzio. Erano solo lei e il tutore.
Solo lei e Severus.


*Angolo Autrice*


Ciao Lettori. 
Vi vedo tirare un bel sospiro di sollievo arrivati in fondo!
Ancora una volta non voglio dare troppe considerazioni, ma il capitolo inizia nel dolore e continua a procedere tra sollievo e paura, disperazione e speranza, luce e buio. 
Lilith, così come la piccola e dolce Sarah (Povero Bla e povera Carmen quando lo scopriranno) sono un'esempio delle ferite più crudeli che la guerra può dare, ma ho voluto inserire entrambi i punti di vista e per questo tra i caduti ci sono anche giovani Mangiamorte senza volto che Emma riconosce e persone come Richard, che hanno preso scelte molto sbagliate. Emma attraversa tutto ciò con composta dignità e determinazione, rialzandosi ogni volta che il dolore diventa troppo. 
La morte di Remus segna per lei un grande passaggio: come le fa presente poco dopo Voldemort, il dolore può portare oscurità ed è proprio con la morte del mannaro che l'emoor si riscuote e si rende conto di aver tanta rabbia in corpo che potrebbe uccidere. 

Sulla Stamberga ho poco da dire se non sorridere contenta. 
Penso che la morte di Severus avesse assoluto senso nel canon, sebbene mi abbia causato ore di lacrime, in fondo è morto come un eroe romantico, che finita la sua ultima missione, senza più nulla da spartire con la vita, si lascia andare, guardando un'ultima volta gli occhi della sua Lilith. Ma nella mia storia Severus ha molto ancora da spartire con la vita. Ha la piccola Emma e tutto quel che hanno costruito e le lacrime di fenice credo che siano state quindi usate nel modo perfetto. 
Aspetto però vostre opinioni e commenti a riguardo, io ammetto di essere arrivata con il magone e il sorriso alla fine di questo capitolo. 
Vi dico solo che i prossimi 2 capitoli sono tra i miei preferiti in assoluto. 
Non pubblicherò però il prossimo venerdì, ma Sabato! 
Grazie mille per il vostro meraviglioso supporto. 
A presto. 
vi

Ritorna all'indice


Capitolo 62
*** I ricordi di Severus (I) ***




.I ricordi di Severus (I).




Quando Severus aprì gli occhi, dopo alcuni minuti, l'emoor si fece sfuggire un sorriso di vittoria e si perse nel vedere il volto aspro del tutore, riconoscendone le smorfie e i dettagli che indicavano quanto fosse vivo. L'uomo era stato ripulito dal sangue ed adagiato alla meno peggio sui alcuni tessuti trovati nella stanza angusta, le ferite coperte da impacchi di Dittamo e bende bianche che Hermione le aveva lasciato. Emma si chinò per guardarlo in volto, dopo aver controllato il suo lavoro da curatrice inesperta e lo osservò mentre aggrottava la fronte confuso. Sembrava così fragile.
 “Emma?”
 “Sono io”
 “Sono morto?”
 Lei rise, in bilico tra la felicità e la stanchezza.
 “No, sei vivo” gli assicurò.
 “Ma come...” sussurrò lui, portandosi frettolosamente le mani al collo, là dove Nagini aveva colpito, ma Emma lo fermò con un gesto sicuro, guardandolo attentamente.

 “Nagini ti ha attaccato” spiegò.
 “Ricordo” mormorò lui, la fronte aggrottata mentre cercava febbrilmente di ricostruire.
 “Ti ho curato con delle lacrime di fenice e parecchia magia”
 “Fenice?” fece rauco il tutore.
“Erano un regalo di Silente.”
 Lui sbatté le palpebre incredulo, gli occhi scuri fissi sul volto della protetta, che non riusciva a smettere di sorridere.
 “Non sono morto” ripeté, come a rimarcare di nuovo il concetto, aggrottando la fronte pieno di perplessità ed Emma sorrise con tenerezza davanti a quella genuina confusione.
 “Voldemort pensava che uccidendoti sarebbe diventato padrone della bacchetta di sambuco.”
 Gli occhi di Severus diventarono pura oscurità e il corpo stanco si contrasse di spavento.
 “La bacchetta. Emma è importante. Se scopre che sono vivo...” balbettò, cercando di tirarsi in piedi, ma lei lo spinse con forza di nuovo a terra, irremovibile.
 “Non ci provare, sei vivo per miracolo, Sev” disse con voce ferma e stranamente adulta “Ci ho messo parecchio a rimetterti insieme, non rovinare il mio lavoro. Non penso che 
Lui possa sapere che sei vivo, a meno che non appaia qui adesso e non ne avrebbe alcun motivo. Inoltre, a dirla tutta, anche se tu fossi morto, la bacchetta non gli avrebbe comunque risposto come vorrebbe.”
 Il professore la guardò sinceramente confuso, Emma non lo aveva mai visto così giovane e sperso.
 “Ho letto la storia dei tre fratelli al Manor, ne ho parlato con Bellatrix e Narcissa, so come funziona” disse tranquilla “La storia della bacchetta è diventata sanguinolenta a causa della sete di potere degli uomini, ma inizialmente bastava vincere lealmente un duello per guadagnare la sua lealtà. Ora pensa alla torre di Astronomia... tu non sei stato il primo a battere Silente quella notte”
 Severus assottigliò lo sguardo, fissando la protetta “Cosa intendi?”
 Lei sorrise affabile e soddisfatta, controllando una volta di più la fasciatura sul collo e il petto dell'uomo.
“Draco. Draco ha disarmato Silente per primo” disse a bassa voce.
 Lo sguardo di Piton si fece gigante, incredulo.
 “Emma devi avvisarlo... Emma devi...” sussurrò.
 “Non appartiene neppure a lui ormai” disse lei pacata.
 “Cosa intendi?” chiese Severus e lei sorrise.

Dopo che aveva finito di curarlo, Piton era rimasto svenuto per almeno dieci minuti, durante i quali la ragazza, con la testa tra le mani e la tensione a contrarle ogni singolo muscolo, aveva pensato freneticamente a quel che era successo. 
 Aveva usato l'Occlumanzia, in cui era ormai maestra, scorrendo tra le leggende, i racconti che aveva letto, le cose che le erano state dette e ciò che sapeva da Silente sulla bacchetta di Sambuco, facendo tremare fino allo stremo le sue pareti colme di libri. 
 Aveva ripensato alla notte in cui il preside era morto più e più volte, cercando di mettere a fuoco ogni particolare e quando infine era arrivata a quell'ipotesi tutto aveva assunto un senso tanto chiaro che si era stupita per non averci pensato prima. 
 Tutte le nozioni confuse sulle leggende, il potere della bacchette, le maledizioni, i Vinculum e la magia nera erano scivolate al loro posto, lasciandola stranamente calma e consapevole.
 Piton la guardava in attesa che lei parlasse, era ancora pallido e visibilmente scosso e lei si avvicinò lui.
 “Harry Potter” disse con sguardo compiaciuto.
 “Potter?” chiese lui dubbioso “Che c'entra Potter?”
Lei fece un mezzo sorriso divertito nell'udire lo sprezzo con cui lui aveva pronunciato il nome del Grifondoro, nonostante tutto.
 “Potter, 
esatto” quasi rise “ricordi quando lui Hermione e Ron sono apparsi al Manor e poi sono fuggiti con l'elfo? Harry ha disarmato Draco nella fuga, in questo momento ha la sua bacchetta”
“Oh. Quindi Potter...”
 “Harry Potter è il padrone della bacchetta di Sambuco, se ciò che dicono dei libri per bambini può essere considerato reale”
 Le sopracciglia di Severus parvero unirsi per lo sconcerto, per poi distendersi improvvisamente, lasciando il volto aspro dell'uomo illuminato da un'espressione totalmente arresa e incredula.
 “Merlino. Quel ragazzo...” sussurrò ed Emma ridacchiò vagamente, mentre la stanchezza la faceva tremare.
 “Un giorno mi dovrai dire perché lo odi tanto.”
 “È una storia lunga” sbuffò l'uomo.
 “Avremo tempo”
 “Dobbiamo vincere una guerra prima”
 “Con un po' di fortuna oggi sarà una lunga notte, ma vedremo la fine. Poi potremo pensare al futuro.”
 Piton sospirò di sollievo al sentire quelle parole e lei non dovette chiedere nuovamente se era rimasto un uomo di Silente fino in fondo. 
Lo era, non c'era più bisogno di maschere. 
 Rimasero in silenzio a lungo e c'era una strana pace che aveva dell'incredibile in mezzo a tutto quello che era successo, Severus socchiuse gli occhi cercando di riposare, Emma rimase accanto a lui immobile, con la sua mano stretta tra le sue. 
Si sentiva così stanca.
 
La ragazza sospirò lentamente e lasciò che le ciglia andassero ad accarezzare le guance rigate di lacrime e polvere, ma, prima che potesse cedere alla stanchezza spossante che le faceva tremare, avvertì un brivido alla base della schiena e l'immagine di Harry che correva per il castello le sfarfallò per un attimo davanti agli occhi. Il ragazzo stava per salire nell'ufficio di Silente dove c'era il pensatoio.
 “Sai che io possiedo un mantello dell'invisibilità?” disse ad alta voce.
 “Che cosa?” esclamò Piton, chiaramente stupito, riaprendo gli occhi di scatto.
Lei si strinse nelle spalle con aria non curante, scuotendo il capo.
 “Qualcuno me lo regalò durante il mio primo anno, con un biglietto che diceva che era appartenuto a una persona che mi amava come una figlia. Non ho mai capito chi, ma so che Harry ne ha uno identico. Ricorda un po' il mantello di Ignotus, no?”
 “Un po'” sussurrò lui, inghiottendo saliva.
 “Stai bene?”chiese Emma accigliata.
 Severus stava impallidendo di nuovo e una luce piena di preoccupazione gli illuminava lo sguardo.
 “Dov'è Potter ora?” chiese brusco, con strana urgenza.
 “Sta andando a vedere i tuoi ricordi. Ho pensato dovesse vederli subito” rispose lei e l'uomo fece un gemito di sconforto.
 “Emma. La connessione è ancora aperta tra voi?”
 “Sì, attualmente è molto forte, possiamo comunicare tra noi come fossimo accanto” rispose lei accigliata.
 “Potter ti trascina ancora in ciò che prova e vede?”
 “A volte. Sev, mi fai preoccupare. Cosa c'è che non va?”
 L'uomo si tirò a sedere goffamente e le strinse più forte la mano.
 “Se dovesse trascinarti con te in ciò che sta per vedere Emma, ti prego di perdonarmi per avertelo nascosto. So che è stato sbagliato, ma volevo proteggerti. Silente voleva proteggerti, era necessario. Ho fatto del mio meglio, devi credermi Emma”
 “Di cosa stai parlando?” chiese lei allarmata.
 “Ci sono molte cose che non ti ho detto, soprattutto riguardo alla connessione tua e di Potter”
 “Lo so. Silente non ha voluto spiegare...”
 “Lo so” la interruppe Severus gli occhi pieni di dispiacere “ma avremo tempo di parlarne, potrai farmi domande, ti dirò tutto quello che so, ma ti prego. Ti prego. 
Credimi. Vorrei che ci fosse un modo semplice per spiegare, io volevo solo il meglio per te.”
Emma lo guardò confusa e fece per domandare che cosa le stesse tenendo nascosto, ma non fece in tempo. Un brivido più lungo e potente le percorse la schiena, tremò appena e si accasciò contro la spalla di Piton, mentre con uno schiocco la sua mente veniva trascinata in quella del bambino che è sopravvissuto.
 Severus rimase immobile. Seduto in mezzo alla Stamberga Strillante. Tra le braccia il corpo svenuto di Emma.
Grosse lacrime colavano lungo le guance magre e il naso adunco.

* * *

Emma ci mise un secondo a capire di essere in un ricordo.
L'immagine fluttuava davanti a sé non perfettamente definita, con contorni fumosi e incerti. Era in un parco giochi Babbano, dove due bambine correvano di fronte a lei, vicine, una magra e bionda, l'altra con lunghi capelli rosso fuoco e un vestitino verde con fiori.
 L'emoor avvertì la presenza di Harry e girò il capo, trovandoselo di fronte che la fissava confuso, decisamente più nitido rispetto alle immagini intorno a loro.
 “Tutto bene?” chiese cauta, indovinando della tensione sui lineamenti del ragazzo e lui annuì, ma sembrava stravolto.
 L'emoor gli afferrò la mano e sentì la connessione stabilizzarsi, quasi con sollievo, prima di voltarsi brevemente di nuovo verso le bambine. Si assomigliavano in qualcosa, forse nei loro vestiti curati o nel modo di sorridere e guardarsi intorno, dovevano essere sorelle.
 Harry si tese accanto a lei, muovendosi sul posto a disagio.
 “Cosa c'è?” insistette l'emoor, lanciandogli un'occhiata di sbieco.
 La bambina con i capelli rossi fece un saltello, attirando la loro attenzione e raggiunse l'altalena, cominciando a dondolarsi sotto lo sguardo attento della bambina più grande, canticchiavano entrambe  qualcosa a bassa voce.
“Sono contenta che tu sia qui” mormorò Harry con evidente sollievo “Non lasciare andare la mia mano”
 “Non lo farò” rispose sicura lei.
 Le due sorelle di fronte a loro presero a ridere divertite, la più piccola, saltò dall'altalena. Ci mise troppo a raggiungere il terreno, fluttuò leggera e aggraziata nell'aria per più di venti secondi. Emma capì che era una strega. La bambina bionda si accigliò in un secondo e cominciò a gridare contro di lei.
 “Non devi farlo, Lily. Smettila”
 “Ma è divertente Tunia” rispose l'altra dispiaciuta.
 “Non farlo” si imbronciò la bionda “Lo hai promesso”
 Fu allora che Emma lo notò: 
qualcuno stava osservando la scena oltre a loro. Era un bambino magro, con i capelli scuri maltagliati intorno al visetto smunto, che stava rannicchiato dietro alcuni cespugli, quasi impossibile da notare a causa dei vestiti grigiastri che indossava, troppo grandi per lui, che lo mimetizzavano con l'ambiente. 
 Nell'istante in cui la bimba, che si chiamava Lily, toccò terra, il piccolo osservatore sembrò prendere coraggio e con un sospiro si issò sulle gambe magre, caracollando verso le altre due.
 
Era buffo. Si muoveva in modo frenetico e incerto, impacciato dal camicione fuori misura, un sorriso compiaciuto a illuminare il viso.
 “Lei può farlo perché è una strega.” disse allegro alle due bambine che lo guardavano con sospetto, l'aria solenne.
 “Merlino...” sussurrò Emma, portandosi la mano libera alla bocca, mentre un groppo strano di stupore ed emozione le si agitava nel petto “Ma è Severus”
 La biondina assunse un'aria tra l'imperioso e lo schifato e fece un passo indietro per allontanarsi sdegnata dal nuovo arrivato.
 “Vattene via” sibilò “io lo so chi sei. Sei quel Piton. Vivi giù vicino al fiume. Tuo padre urla sempre a tua madre, lo sanno tutti”
“Ma io...” tentò il ragazzino, facendo un passo avanti.
 “Non vogliamo giocare con te" disse in fretta la ragazzina, lo sguardo più spaventato che cattivo e fece un altro passo indietro.
 Il bambino arrossì terribilmente e per un momento tentennò incerto, come se volesse tornare a nascondersi nel cespuglio e fingere di non esistere, tutto il coraggio che lo aveva animato completamente scomparso, mentre la bionda, soddisfatta per l'insulto, si allontanava risoluta. 
 La bimba rimasta, invece, dondolò sui piedi, guardando la sorella sempre più lontana, che la chiamava a gran voce, ma prima di seguirla si avvicinò al bimbo di fronte a lei con uno sguardo tenero.
 “Tutto bene? Non ascoltare Tunia, a volte può essere davvero cattiva” disse complice “Io sono Lily”
 Harry si schiarì la voce e si voltò verso Emma, osservandola con occhi verdi sgranati.
 “La bimba è mia madre” sussurrò.
L'emoor trattenne il respiro, sorpresa.
Il ricordo cambiò.

Emma riconobbe immediatamente la radura di Spinner's End. 
 I fiori sull'erba verde protetti dai faggi secolari, il ruscello che tagliava in due lo spazio, gorgogliando piano. I piccoli Piton e Lily stavano seduti nell'erba morbida e ridacchiavano complici, felici, le teste vicine e i visi luminosi.
 “Non vedo l'ora di andare ad Hogwarts, Sev.”
 “Anche io Lily. Sarà bellissimo”
 La bimba prese una margherita e il piccolo Piton scostò lo sguardo dal fiume per osservarla attento, mentre il fiore prendeva a danzare sul palmo candido della sua mano. Ad Emma ricordò la sua prima magia involontaria. Lily sorrise e Severus con lei.
“Non andrò ad Azkaban per questo, vero?” chiese d'un tratto la bimba, guardando l'amico con ansia e Piton scossa subito la testa, in modo buffamente solenne.
 “Assolutamente no. Ad Azkaban ci vanno solo i cattivi. Non noi”
 Il volto di Lily era pieno di sincero sollievo.
 “Raccontami della magia e della scuola e di 
tutto quello che sai
 Il piccolo Piton gonfiò il petto, orgoglioso di essere investito di quel ruolo, gli occhi neri lucidi e grondanti di gioia, mentre guardava la bambina seduta di fronte a lui.
Il ricordo cambiò di nuovo.

Severus poteva avere qualche anno di più ora, ma aveva ancora il corpo di un bambino e sedeva solo nella solita radura, con aria sconsolata, i capelli neri a coprire come una tenda il viso magro. 
 Doveva aver pianto e tirava su col naso, ma quando dei rumori lievi preannunciarono l'arrivo di qualcuno si sfregò gli occhi con foga e raddrizzò la schiena, cercando di dimostrarsi sicuro di sé. 
 Lily apparve davanti a lui con una smorfia preoccupata sul volto, che a Emma ricordò Harry, le ginocchia sbucciate che spuntavano dalla salopette corta, i lunghi capelli rossi raccolti in una treccia.
 “Stai bene?” chiese contrita.
Piton si strinse nelle spalle, ma rimase in silenzio.
 “Non offenderti se i bambini ti prendono di mira. È Tunia che li istiga e loro sono degli stupidi”
 “Ci sono abituato” mormorò lui, tenendo il capo chino, le ginocchia strette contro il petto e la bambina si morse il labbro dispiaciuta, come se valutasse varie opzioni.
 “Secondo me si sbagliano, non sembri una femmina. A me piacciono molto i tuoi capelli lunghi” disse infine.
Il piccolo Piton tentennò, ma poi il suo sorriso si aprì dolcissimo.
“Dici davvero?” chiese goffo.
 “Dico davvero, Sev” sorrise lei.
Il ricordo cambiò

Ci fu un frullìo di immagini colorate, luminose, positive.
 Lily nella radura. Lily che rideva. Lily che lo abbracciava, le gote abbronzate dopo l'estate. Lily che muoveva un piccolo bastoncino di legno fingendo che fosse una bacchetta. 
 Lily e il piccolo Severus che correvano sul versante della collina, felici, spensierati, uniti. Lily che lo guardava assorta, mentre lui parlava di Hogwarts. Lily Evans brillava semplicemente di luce propria nei ricordi di Severus.
 Il cuore di Emma si fece caldo e pesante davanti a quelle immagini sfarfallanti e colorate e, accanto a lei, Harry le strinse la mano più forte, un'espressione combattuta in volto. 
 Era evidente che il ragazzo si dibattesse tra lo sconcerto per ciò che stava vedendo e la gioia di avere la possibilità di affondare nel passato della madre scomparsa. Emma invece si sentiva semplicemente confusa. 
Perché Severus non gliene aveva mai parlato? Perché svelare il segreto ora?
 
Lily fermò la corsa verso la cima della collina, i capelli scompigliati del vento. Severus camminava piano dietro di lei, osservandola con occhi neri sgranati e felici. La bambina si voltò verso di lui, curiosa, i capelli che si muovevano ribelli nell'aria come una fiamma.
 “Avanti Severus” trillò “Sei lentissimo”
 E subito corse indietro, verso di lui, veloce, scendendo lungo il versante della collina e l''emoor perse un battito mentre li osservava, perché era una scena davvero molto simile a quella che aveva vissuto lei con il tutore. 
Molto simile al ricordo che usava per poter evocare il suo Patronus.
Il volto di Severus esplodeva di felicità sincera mentre la guardava, Lily non riuscì a fermare la sua corsa, inciampò e cadde addosso al ragazzino, troppo esile per riuscire a fermarla. 
 Ruzzolarono giù ridendo, tra i fiori e i fili d'erba.
Il ricordo cambiò.

Arrivarono altre immagini, come un torrente, visioni galleggianti e fugaci che quasi accarezzavano Emma ed Harry con la loro bellezza, sfarfallando inconsistenti tutto intorno a loro.
 Lily danzava sventolando la busta di Hogwarts in aria. Lily che lo carezzava. Lily che lo abbracciava. Lily che si torturava il labbro indecisa. Lily con lo sguardo ferito che fissava la sorella voltarle le spalle arrabbiata. Lily sporca di briciole, mentre mangiava i biscotti fatti da sua madre, offrendone a Severus. Lily che lo aiutava a mettere un cerotto sul ginocchio sbucciato. Lily che rideva soprattutto o che lo guardava fin troppo seria e adulta.
 “Come va con i tuoi genitori Sev?”
Lui si strinse nelle spalle con noncuranza, scegliendo il silenzio.
 “Litigano sempre?” insistette Lily
 “Quasi sempre”
 “Le cose andranno meglio, Sev, credimi.”
Il ricordo cambiò.

Lily e Severus erano da Ollivander. Evidentemente i signori Evans, in quel momento seduti dove un tempo si era seduta Ginny Weasley con la cesta di Wolland, si erano offerti di accompagnare a fare i suoi acquisti anche quel bambino scuro, così amico della figlia.  
 Severus già stringeva la sua bacchetta, un sorriso tanto largo sul volto da sembrare grottesco. La bambina invece era ritta in piedi, in evidente agitazione, gli occhi verdi che saettavano a destra e sinistra.
“Ecco” disse Ollivander con entusiasmo “proviamo questa”
 “La mia prima bacchetta” sussurrò Lily e insieme all'amico si sporse sul bancone per osservarla.
 Harry ed Emma li imitarono, avvicinandosi di un passo e l'emoor quasi si strozzò per lo stupore. 
Quella era la sua bacchetta.
 “
È bellissima” sussurrò Lily e Severus annuì con forza accanto a lei.
 La bimba allungò la mano e la strinse, la bacchetta tremò appena, ma non successe nient'altro e Ollivander storse il naso, assorto.
 “Non perfetta, no. Peccato. Proviamo qualcos'altro”
 Sparì nel retro mentre Lily posava delusa la bacchetta nella scatola, occhieggiando verso l'amico con aria triste.
 “Ne troviamo una migliore” disse il piccolo Piton, propositivo.
 “Ma questa mi piaceva proprio tanto” sussurrò lei.
 Emma non riusciva a togliere lo sguardo sulla bacchetta posata sul bancone dalla bambina e trattenne il respiro. 
Come doveva essersi sentito Severus ogni volta che la vedeva studiare e fare magia con quella bacchetta? L'aveva riconosciuta? Ma certo che sì.
 “È la mia bacchetta Harry” sussurrò, quasi senza forze e il Grifondoro si voltò di scatto, stupito. 
 “Davvero?” chiese, lei annuì, sentendo la secchezza in bocca.
 “Quando la acquistai la feci vedere a Severus e lui si rabbuiò. Allora non lo conoscevo bene, ero con lui solo fa un giorno e non capii il suo atteggiamento, pensai che fosse semplicemente un uomo acido e scontroso, perché mi disse che era una bella bacchetta e si voltò dall'altra parte chiudendosi in sé stesso. Fu difficile cavargli dalla bocca anche solo una parola per ore. Non sapevo perché avesse reagito così e pensavo non mi sopportasse”
 “Invece era perché se la ricordava” mormorò l'altro, una ruga di preoccupazione tra gli occhi “Si ricordava Lily e la sua prima bacchetta, dopo tutti quegli anni...”
Uno schioppo e delle scintille alle loro spalle, annunciò che Lily aveva trovato al sua bacchetta. I Signori Evans batterono le mani contenti, chinandosi sulla figlia per abbracciarla, ma Lily aveva occhi solo per il suo amico e Severus sorrideva pieno di felicità.
Il ricordo cambiò di nuovo.

Si ritrovarono in uno scompartimento dell'espresso di Hogwarts.  
 Severus e Lily erano seduti vicini e discutevano animatamente con altri due ragazzini di fronte a loro.  L'emoor ed Harry li osservavano curiosi e sussultarono entrambi per lo stupore nel farlo, perché uno dei due bambini era perfettamente riconoscibile: 
era James Potter. 
 Improvvisamente Emma osservando il bimbo nel ricordo capì cosa intendessero tutti quando dicevano che Harry era la fotocopia di suo padre. Era coì: erano
 davvero identiciLo stesso sguardo assorto e furbo, i lineamenti delicati, i capelli impossibili.
 “Gli somigli molto” sussurrò.
 “Lo so” disse Harry, senza riuscire a nascondere una punta di orgoglio che gli fece brillare gli occhi.
 Accanto a James Potter, che rideva divertito, c'era ragazzino magro dal volto bello e affilato, seduto mollemente sul sedile con fare sicuro e gradasso. L'emoor riconobbe con stupore Sirius Black.
 “Come puoi 
sperare di finire in Serpeverde?” chiese James a Severus, mentre Lily lo fulminava con lo sguardo.
 “Tutta la mia famiglia è di Serpeverde” spiegò Piton accigliato, gonfiando ridicolmente il petto “Vorrei renderli orgogliosi.” 
 “Anche la mia lo è” disse Sirius con vago sprezzo al contrario, afflosciandosi appena sulla seduta.
 “Oh!” esalò James dispiaciuto “e dire che sembravi a posto”
 “Lo sono.”  ribatté veloce il bambino “Io odio la mia famiglia. Sono un Black, se sai cosa intendo. Non voglio essere un Serpeverde”
Gli occhi grigi e profondi erano privi della tristezza che li aveva velati da adulto, ma il sorriso da lupo era lo stesso che Emma ricordava. Provò una forte malinconia.
 “Oh. Ora ha più senso” disse James con un ghigno, per poi tornare a fissare Piton con gli occhi assottigliati “Tu invece però speri proprio di 
essere un Serpeverde, non sarai forse stupido?”
 “Un 
Mocciosus” rincarò Black in un soffio, mentre Piton schiudeva le labbra per rispondere, rosso in volto.
 “Oh, andiamo Sev, troviamo un altro scompartimento” intervenne Lily, con un broncio pieno di solenne offesa, afferrandolo al polso.
 Emma si accorse come improvvisamente gli insulti degli altri due bambini, che non smettevano di ridere in modo stupido alle loro spalle, sembrassero scivolare addosso al piccolo Piton, ora che la bambina lo teneva per mano.
Il ricordo cambiò.

Hogwarts. Emma ed Harry assistettero allo smistamento in silenzio, curiosi. Videro Remus, James e Sirius smistati in Grifondoro e la faccia delusa di Piton separato dall'amica di infanzia, poi subito le immagini ripresero a scorrere velocemente, colorate, inarrestabili.
 Severus sedeva al tavolo di Serpeverde e guardava tristemente la sua Lily seduta dall'altra parte della sala, lei alzò il capo e fece un sorriso nella sua direzione, agitando la mano in segno di saluto.
 Severus e Lily con le cravatte di Grifondoro e Serpeverde, incuranti degli sguardi dei compagni, stavano vicini in Sala Grande, le teste chine, mentre scrivevano assorti sulle loro pergamene.
 Severus e Lily sulle rive del lago nero e in biblioteca, in giro per i corridoi di Hogwarts. Sempre insieme, 
sempre vicini, nonostante le Case diverse. Emma si stupiva ogni volta nel vedere quel sorriso impacciato sui lineamenti del bimbo. 
Harry non riusciva invece a credere ai suoi occhi, mentre tutto quello che aveva di certo nella vita si sgretolava lentamente.
 “Nessuno ti ha mai detto che Piton era amico di tua madre?” chiese la Corvonero e l'altro scosse la testa.
 “No” mormorò “nessuno”
I ricordi correvano veloci.

Lily scoppiò a ridere, i capelli rosso fuoco a incorniciare il volto lentigginoso. Si sporse in avanti e svelta mise la sua sciarpa Grifondoro intorno al collo dell'amico in un gioco pieno di sfida.
 Erano sulle rive del lago nero, dove tante volte Emma era stata con i suoi compagni e amici, o aveva passeggiato con Draco, le sembrava incredibile a pensarci che le stesse rive avessero accolto Severus, i malandrini, Lily Evans e i loro drammi.
 “Guarda come sei bello vestito da Grifondoro” trillò lei e Piton arrossì, assumendo un'espressione beata.
 “Tu saresti meglio come Serpeverde” ribatté, avvolgendo a sua volta la sua sciarpa intorno al collo di lei e Lily rise allegra, ma non si tolse la sciarpa che rendeva i suoi occhi ancora più verdi.
 “Noi saremo amici per sempre, Sev?” chiese ingenuamente.
 “Sempre” rispose subito lui con aria solenne.
 Un vociare indistinto e passi alle loro spalle interruppero quel momento intimo e dolce, tanto che anche Emma ed Harry quasi trasalirono, insieme ai due piccoli Lily e Severus.
 “Hey Mocciosus, bella sciarpa” gridò Sirius, e lanciò verso di lui una manciata di terra, ridendo sguaiato.
 “Smettila Black” sibilò Lily in risposta, infuriata, mettendosi di fronte all'amico con fare protettivo e a Emma ricordò improvvisamente qualcuno, ora che la vedeva così arrabbiata e corrucciata, ma non avrebbe saputo dire chi.
Black rise e si allontanò seguito da Potter e gli altri e Lily e Severus si sedettero sulla riva e aprirono i loro libri per cominciare a studiare.
 “Erano davvero amici” mormorò Harry “Come me ed Hermione”
 L'emoor osservò lo sguardo assorto di Piton che studiava il profilo di Lily, 
adorante, dolcissimo e sospirò piano.
 “No, Harry. Non penso che fossero come te ed Hermione”
Il ricordo cambiò.

Quasi sera. Lily e Severus camminavano nei corridoi bui.
 Erano entrambi più alti, i corpi avevano abbandonato le forme dell'infanzia. Lui era diventato lungo e magro, i capelli sempre a coprirgli il viso ora più spigoloso. Non poteva dirsi bello, ma aveva assunto un certo fascino nella sua camminata sicura e quel modo di fare distaccato e ombroso. 
 Lily invece si stava trasformando in una vera bellezza. Era sinuosa, delicata, luminosa 
quasi. I capelli lunghi che le accarezzavano la schiena in una morbida curva fino alla vita sottile, le forme dolci che si intuivano sotto la divisa, il volto ricamato di lentiggini dove splendevano due occhi grandi e verdi, brillanti nella luce spettrale della sera calante.
 “Sev” mormorò lei assorta.
 Si fermarono a una diramazione, Emma sapeva che Severus sarebbe andato a sinistra per raggiungere i sotterranei e Lily a destra verso la torre di Grifondoro.
 “Si?” chiese il ragazzo, inarcando appena un sopracciglio.
 “Tu hai mai dato un bacio?”
 Piton quasi si strozzò con la sua stessa saliva e divenne paonazzo.   
 “Ehm, no”
 “Nemmeno io” disse lei tranquilla e se si accorse del disagio dell'amico non lo diede a vedere.
Rimasero in silenzio per un po', lui si guardava imbarazzato i piedi, lei si mordeva assorta il labbro inferiore.
 “Sev” lo chiamò di nuovo “ti va se provo a darti un bacio? Sei il mio migliore amico e di te mi fido. Non voglio fare schifo al mio primo bacio con un ragazzo solo perché non ho mai provato”
 Piton sembrò annaspare, gli occhi scuri lucidi nella penombra.
 “Se ti fa schifo non importa” aggiunse subito lei con un sorriso leggermente incrinato “Posso lasciar perdere”
 “No, certo che no” la fermò lui tutto d'un fiato “Proviamo!”
 Lily ridacchiò appena, si avvicinò a lui lentamente e gli diede un bacio lieve, quasi impalpabile. Un bacio piccolo e casto sulle labbra, 
veloce, tanto che Severus non riuscì a muoversi, ma rimase dritto come uno stoccafisso.
 “Non come me ed Hermione” disse Harry imbarazzato ed Emma sorrise lui, guardando con dolcezza il primo bacio del suo tutore.
 Lily si era staccata da lui imbarazzata, ma il ragazzo sembrava deciso a non rinunciare a quella sfacciata fortuna e si chinò di nuovo verso di lei, questa volta abbracciandola in vita, le guance che sembravano andare in fiamme e la baciò con dolcezza, a lungo.
 “Lily io...” sussurrò emozionato, il volto vicinissimo a quello di lei e Lily si aprì in un sorriso, lo sguardo stupito e brillante nella sera.
 “Sev ma sei bravissimo! Farai impazzire così tante ragazze se baci così bene” disse allegra e sciolse l'abbraccio con delicatezza e si allontanò lungo il corridoio, voltandosi all'ultimo verso di lui per fargli un sorriso, mimando la parola '
grazie' con le labbra carnose.  
 Emma fu sicura di sentire il cuore di Severus spezzarsi.
 “Non l'ha capito vero?” disse Harry, guardando la figura della madre che si allontanava, osservata dal giovane Piton rimasto solo e confuso, le spalle incassate nel corpo magro.
 “Qualcosa che hai preso da lei” rispose l'emoor.
Il Grifondoro la guardò storto, senza capire. 
 “Che intendi?”
 “Quanto ci hai messo a capire che Ginny ti stava solo aspettando Potter?” lo punzecchiò l'emoor e lui increspò le labbra in un mezzo sorriso stanco e dolcissimo.
Il ricordo cambiò.

I ricordi
 successivi furono meno dolci, più cupi e talvolta pieni di sofferenza. Non c'era più stati baci, anzi. Lily spesso bacchettava Piton, fiera e bellissima.
 “Avery e Mulciber, Sev! Come fai a frequentare quei due? Sono rivoltanti. Non te ne rendi conto?”
 Lui rispondeva raramente, impacciato, sempre più in difficoltà a fornire giustificazioni e a comunicare con lei. L'emoor vide lo sforzo del ragazzo dipinto sul volto pallido, i tentativi goffi di chiedere scusa, di nascondersi in fretta se Lily lo beccava insieme ad altri Serpeverde, o con volumi oscuri nella cartella.
 C'era più freddezza e distacco in quei ricordi. Una Lily consapevole e matura che scuoteva l'amico con forza, ma sempre più stancamente e un Severus solo e senza altri amici, vessato dai Malandrini, privo di supporto, ammaliato da quei Serpeverde più grandi che lo facevano sentire importante.
 Harry, accanto all'emoor si faceva man mano più pallido.
 “Non ne sono fiero” sussurrò, mentre guardavano la scena di Piton a testa in giù, disperato e umiliato, con le mutande grigiastre in vista a causa dei Malandrini, mentre inveiva contro tutti, Lily compresa.
 “Non è mica colpa tua Harry. Erano ragazzi” cercò di consolarlo Emma, anche se si sentiva male a vedere quanto dolore svettava sul volto del tutore e quanto amare erano le lacrime che colavano in silenzio sul volto pallido.
Assistettero in silenzio all'umiliazione del ragazzo e allo sconcerto e al dolore che lo attraversarono dopo essersi accorto di aver chiamato Lily 
schifosa Sangue sporco.
 “Forse le cose sarebbero andate meglio se non l'avessero bullizzato così” riprese Harry, seguendo con lo sguardo i Malandrini che si allontanavano insieme ridendo. 
 James e Sirius in testa, Peter che li seguiva adorante e Remus per ultimo, in disparte. Emma vide il giovane Lupin fermarsi e voltarsi a guardare con aria assorta Piton rimasto a terra, sembrò quasi tentennare, come se volesse tornare sui suoi passi e aiutare il ragazzo, ma Sirius tornò indietro e lo afferrò per la mano, dedicandogli un ghigno leggero e portandolo via con sé.
 “Harry” disse Emma, tornando a concentrasi su di lui e stringendogli la mano “Se le cose fossero andate diversamente forse Lily alla fine non si sarebbe nemmeno innamorata di James e tu non saresti qui. Le cose dovevano andare così. E poi Severus non ti ha mai sopportato a causa di tuo padre e tu non c'entravi nulla, o quasi. Direi che siete andati in pari” disse ed Harry fece un sorriso debole, ma guardò dispiaciuto il Serpeverde di fronte a lui.
Il ricordo cambiò.

La ami vero?”
 Narcissa Black, con la divisa di Hogwarts indossata a perfezione, si sedette accanto a Severus, accavallando le lunghe gambe.
 Emma ed Harry ammutolirono davanti a quel curioso duo, il Grifondoro perché non li aveva mai visti insieme, l'emoor perché non aveva mai pensato a loro a Hogwarts.
 Si trovavano al campo di Quidditch, gli spalti erano quasi vuoti ad esclusione di qualche Grifondoro che aveva assistito agli allenamenti della loro squadra e Serpeverde che aspettava di vedere la propria. Gli occhi di Severus si staccarono a fatica dalla figura di Lily, accovacciata sugli spalti dalla parte opposta del campo, il volto affossato in un libro, una leggera ruga tra le sopracciglia a segnare la sua concentrazione. Non si era nemmeno accorta che gli allenamenti della sua Casa erano finiti.
 “L'amore è per i deboli” esalò il ragazzo e gli occhi di Emma si riempirono di dispiacere a quelle parole e anche Harry si rabbuiò, ma Narcissa fece un sorriso, trattenendo a stento una risata.
 “Voi uomini siete tutti uguali”
 Severus inarcò un sopracciglio, lanciando lei un'occhiata torva.
 “Hai bisogno di qualcosa, Black?”
 Lei scosse elegantemente il capo e arricciò appena le labbra e  sembrava sinceramente divertita.
 “Anche Lucius si ostina a dire che l'amore è per i deboli, ma dovresti vedere come si illumina quando gli dico che non vedo l'ora di essere Lady Malfoy”
 Piton fece una smorfia acida e tornò apatico a guardare di fronte a sé, mentre la Black sospirava.
 “Sono solo preoccupata per te Severus” disse serafica.
 “Perché dovresti?” si difese bruscamente lui.
 “Perché sei un amico” rispose candida lei “E sei un ragazzo intelligente. Lucius mi ha detto dei suoi piani con L'Oscuro mago di cui tutti parlano, non mi piace per nulla e se c'è una cosa per cui la Evans ha ragione è che anche tu dovresti stare a distanza da personaggi come Mulciber e Avery”
 L'espressione di Severus si contrasse appena di fastidio. 
 “Dovresti pensare ai fatti tuoi, Cissa. Lucius prenderà il marchio, dovresti mettere lui in guardia, non me.”
 Lei arricciò il naso in una smorfia appena infastidita, gli occhi azzurri eccessivamente seri e guardinghi.
“Lucius sa perfettamente cosa vuole, Severus” disse gelida “E questo gli impedirà di perdere la sua mente nelle Arti Oscure. Sai meglio di me che chi le pratica deve avere una forte motivazione: Lucius vuole me, una famiglia, un erede e l'onore e prenderà scelte, sbagliate o giuste che siano, per queste quattro cose, per preservarle e difenderle al meglio delle sue capacità, ma tu?”
 Severus si mosse vagamente a disagio sulla sua seduta ed Emma si rese conto in quel momento di quanto fosse giovane e ancora ingenuo, malleabile, trascinato da un fervore alimentato dalla sensazione di ingiustizia e dalla voglia di riconoscimento. Gli occhi azzurri di Narcissa, invece, erano fermi e tranquilli mentre lo osservavano, specchio di una personalità più matura e rotonda.
 L'emoor sentì il cuore battere, rendendosi conto in quel momento che persino lei aveva sottostimato il legame tra i due, strinse più forte la mano ad Harry e il Grifondoro ricambiò assorto, mentre Piton di fronte a loro tornava a guardare il profilo lontano di Lily Evans.  
 “Non lo so cosa voglio, Cissy” ammise mesto e la giovane inarcò un sopracciglio e si lisciò la gonna con un gesto elegante.
 “Io penso invece che tu lo sappia perfettamente, Severus. Quindi prendi accuratamente le tue scelte” disse, sciogliendo poi la sua espressione in un sorriso più morbido “Lucius ti è affezionato, pensa che tu sia di un'intelligenza rara e io anche. Quello che volevo dirti oggi è che troverai sempre in noi un appoggio, quando lo vorrai, ma prima di capire chi siano i tuoi alleati ti consiglio di riflettere se il tuo intento sia solo distruggerti, o stai cercando qualcos'altro.”
 Cadde un silenzio denso tra i due, mentre i nuovi giocatori verde argento invadevano il campo sfrecciando sulle loro scope, tra gli applausi generali delle persone della loro Casa venuti lì ad assistere. Narcissa si alzò nervosamente, pronta ad andarsene.
 “Lo ami?” chiese Piton a sorpresa, senza guardarla in volto.
“Lucius intendi?” chiese la ragazza e le sue labbra si piegarono in una smorfia gentile “Io so rispondere a questa domanda, Piton, a differenza tua. Lucius è tutto quello che il mio sangue poteva desiderare. Mi è affezionato teneramente e sto imparando ad amarlo a modo mio, nelle piccole cose. Ho scoperto che è intelligente e che ha un animo più gentile di quel che la gente si aspetta, sotto le apparenze. È un ottimo compromesso che non mi lascerei mai sfuggire. Sono certa che tu possa capire cosa intendo” disse quieta  “Credo che amerò ancor di più la nostra vita e i figli che avremo. Non ho mai desiderato altro se non una famiglia, l'appoggio dei miei genitori e la possibilità di essere me stessa. Di poter continuare a studiare, leggere, viaggiare e Lucius mi permette di avere tutto questo e ciò che la società si aspetta da me, è un fidanzato rispettoso. Quindi sì. Lo amo, o sto imparando a farlo. Sono felice.”
 “Sei felice” mormorò Piton.
 “Sì, Severus” sorrise quieta Narcissa “e ti auguro di esserlo anche tu un giorno, quando te lo permetterai.”
 Il ricordo cambiò.

C'erano immagini più nere. Notti più fredde e non più il rassicurante castello di Hogwarts. Essere tra i Mangiamorte era terribile. Torture, ordini, retate, sveglie notturne a tutte le ore, paura.
 Emma ed Harry si mossero a disagio nei ricordi di un Piton giovane e allo sbaraglio, orfano, senza punti di riferimento, se non la debole umanità che a volte gli riservava Lucius Malfoy, quando tornava da qualche missione troppo ferito, o sperso.
  Emma si sentiva male per il tutore, mentre lo guardava arrancare in quella vita di cui sembrava essersi già pentito, per lo più solo e miserabile, dove solo in alcuni brevi stralci rivedeva il brillio nel suo sguardo di chi ha fame di qualcosa e vuole ottenerla a tutti i costi.
Lily non lo aveva mai perdonato, nonostante le sue scuse, 
nonostante i tentativi, il loro legame così forte e simbiotico si era dissolto come briciole di pane al vento e ai mille gufi inviati, lei non rispondeva mai. Risoluta e testarda come solo un Grifondoro può essere.
 Emma ed Harry tacquero nell'assistere alla crescita di quella montagna di dolore, incomprensione e non detto. Frastornati e dispiaciuti di fronte all'espressione di Severus mentre guardava Lily Evans camminare a Hogsmeade con James al suo fianco, senza che potesse nulla pretendere. A Emma si spezzò il cuore e desiderò con tutta se stessa poter abbracciare quel ragazzo pieno di sbagli e si stupì di vedere lo stesso sentimento di dispiacere sul volto di Harry.

Lily era ancora nelle giornate di Severus, ma lei non lo sapeva. Lui passava spesso da Godric's Hollow, sotto le finestre della casa dei Potter, avvolto nel suo mantello scuro.
 Lanciava solo sguardi veloci alle finestre illuminate, con il cuore che prendeva a battere forte e gli occhi che brillavano di felicità se riusciva a scorgere il suo sorriso, o una ciocca di capelli rossi. 
 Si assicurava semplicemente che stesse bene vegliando sulla neo coppia in silenzio, assicurandosi che rimanessero fuori dall'attenzione del suo Signore e più volte Harry ed Emma lo videro fermo di fronte la porta di casa, la mano tesa verso il campanello, senza avere il coraggio di suonare. I ricordi si fecero più confusi. 
Cupi. A volte lampeggiavano delle luci verde degli Avada Kedavra.
 Severus non aveva mai ucciso. Era terrorizzato alla sola idea. Temeva di fallire. Ma si affannava in ogni missione, in ogni retata, sempre il primo a presentarsi ad ogni chiamata, scuro e silenzioso, con il suo nuovo Marchio Nero splendente sul braccio pallido.
Il ricordo cambiò.

Piton si accasciò sul letto di una stanza che Emma riconobbe essere quella che il tutore a volte occupava quando era al Manor.
 Lo videro provare a regolarizzare il respiro, gli occhi serrati e la fronte aggrottata. 
Era esausto. Mentre sembrava sul punto di addormentarsi, dalla finestra spalancata sulla notte pacifica un gufo entrò frullando le ali e fece cadere una lettera davanti a lui. 
 Severus socchiuse gli occhi e si accigliò, poi il cuore gli andò in gola quando evidentemente riconobbe la calligrafia sulla lettera.
 Emma ed Harry si scambiarono uno sguardo e si sporsero su di lui a guardare la pergamena che aveva srotolato con mani tremanti.

Ciao Sev. Sono Lily. Quanto tempo.
Non so bene perché ti scrivo, ma ne sento il bisogno.
 Sono diventata mamma Sev. Ci credi? Io. Harry è il bambino più bello dell'universo, se solo tu lo conoscessi: ti piacerebbe, ne sono certa. 
 So che le cose tra noi non si sono chiuse bene. So che hai provato a chiedermi scusa, ma io non riuscivo ad accettare quello in cui ti stavi trasformando, quello che sei. Mi terrorizzava, Sev. Mi chiedo però se le cose potevano andare diversamente se ti avessi perdonato. Forse non ti saresti unito a loro? 
 Forse non è troppo tardi?
 È che io cercavo il mio migliore amico, il bambino con cui mangiavo biscotti nella nostra radura, con cui sognavo Hogwarts... e quel che facevate tu e Mulciber... e Avery! Godric, Avery! Non potevo accettarlo. 
 Immagino che tu abbia saputo del mio matrimonio, immagino che tu non l'abbia presa bene e mi dispiace. So che tu e James non vi siete mai sopportati, ma ora lui è una persona molto diversa dal bullo che conoscevi. 
 Magari un giorno gli darai una possibilità?

 Non so se risponderai a questa lettera, ma mi manchi Sev e dovevo dirtelo.
 Mi manca il mio amico.
Ora che ho un bimbo di cui prendermi cura mi sono spesso ritrovata a pensare a noi da piccoli. Vorrei tanto che Harry trovasse un giorno un amico come te.

Con affetto, tua
Lily.


Severus rimase immobile, mentre un sorriso insensato gli illuminava il volto emaciato. Non sembrava afflitto per il matrimonio, era solo tremendamente contento che lei lo avesse cercato.
 Emma ed Harry lo videro trasfigurarsi in un'altra persona, come se una nuova energia lo avesse investito. Gridò euforico nella stanza, libero, felice. Urlò tremante di gioia e sollievo.
Il ricordo cambiò.

Lettere. Parole. Affetto. RetateUccisioniTorture.
 La vita di Piton era in bilico tra le frequenti comunicazioni di Lily e le sue attività di Mangiamorte. Un ossimoro: spaccato, distrutto.
 “Sono rimasti in contatto, per tutto quel tempo” mormorò Harry incredulo, mentre davanti a loro scorrevano immagini sfocate e lettere piene di affetto e amicizia, mischiate con orrore, notti fredde e Cruciatus. Anche Emma era ammutolita, stupita, mentre cercava di unire i pezzi di ciò che stava vedendo, senza riuscirci.
 Un conto era nascondere a lei ed Harry che Piton e Lily fossero stati amici da bambini, ma nascondere tutto quello che stavano vedendo... 
perché?

Possiamo vederci Sev?
Ti devo parlare.
Lily

E il ricordò cambio.

Severus si era infilato i suoi vestiti migliori, neri, nuovi. Una camicia aderente e pantaloni scuri. Era un giovane uomo ora, aveva perso la goffezza dell'adolescenza e il suo fisico si era fatto asciutto, ma in forze e il volto era sempre aspro, ma meno corrucciato di quando era un bambino. Davanti allo specchio cercava di pettinarsi alla meno peggio i lunghi capelli neri. 
Era evidentemente agitato, le labbra serrate che non riuscivano a trattenere un sorriso fremente. Faceva tenerezza. Emma riconobbe la casa di Spinner's End non molto diversa da com'era nel presente. Mancava solo la sua poltrona davanti al camino.
 “Lì dietro ora c'è la mia stanza” disse al Grifondoro, indicando la libreria ed Harry si guardò intorno con occhi diversi.
 “Ah, abiti qui?” chiese curioso.
 Emma annuì, seguendo con lo sguardo Severus che camminava nervoso da una stanza all'altra. L'orologio segnava le diciotto. Piton non stava più nella pelle evidentemente. Si torceva le mani agitato, senza riuscire a stare fermo un solo secondo. Suonarono al campanello e il mago si fiondò verso la porta aprendola di scatto, tanto che quasi sbatté contro il muro.
 Lily Evans in carne ed ossa lo aspettava fuori, i capelli rossi tagliati alle spalle, le lentiggini sparse, gli occhi verdi lucidi. Era così simile alla ragazza che era stata, eppure più matura, il volto giovane pieno di una nuova luce consapevole.
 Se ne stava in piedi con un sorriso che aleggiava sulle labbra, avvolta in una mantella scura e teneva un vino elfico tra le mani. Arrossì nel vedere l'amico e per un istante nessuno dei due si mosse, forse nel tentativo di osservare i cambiamenti nell'altro, ma fu lei a lanciarsi per prima contro di lui, abbracciandolo stretto.
 “Mi sei mancato Sev”


*Angolo Autrice*


Ciao Lettori. 
Questo capitolo e il successivo sono tra i miei preferiti e sono molto legati tra loro. 
Non dirò qualsi nulla. Lascio a voi ogni commento. 
Metto solo qualche punto/spunto a seguire:
. Ho cercato di ampliare i ricordi in modo credibile, a parte il capitolo del principe non sappiamo molto del passato di Severus, ma lui e Lily sono amici da prima di Hogwarts (mi immagino qualche anno prima) e sono molto vicini almeno fino al quinto anno. Nel quinto anno ancora Lily si ostina a difenderlo, andando contro il parere di tutti. Sono quindi 6/7 anni di amicizia, sicuramente il tempo necessario per far avvicinare molto due persone. Per questo il momento del 'bacio' tra i due non mi sembra OOC, i due personaggi lo vivono semplicemente in modo molto diverso, ma credo possa essere successo anche in un ipotetico Canon, mi è difficile pensare che l'adorazione di Severus per Lily sia rimasta intatta per tanti anni solo sulla base di qualche anno fugace di amicizia, credo che i due abbiano condiviso molto e che fossero molto vicini.
. la frase "Se si deve prendere per vero quel che si dice in un libro per bambini" mi fa sorridere, perché anche HP è un libro per bambini, eppure siamo qui a scriverne e parlarne, a soffrire e gioire un poco con i suoi personaggi e la piccola Emma. E per quanto attraverso un racconto è una sofferenza 'reale' per questo i libri son tanto belli.
. Ho inserito un piccolo dettaglio per me molto importante: Sirius che prende Remus per mano. Sono una di quelle lettrici che crede nell'amore tra Remus e Dora, ma che reputa anche che Wolfstar (Sirius e Remus) sia Canon. Quattro amici sempre insieme, quasi in maniera ossessiva, James è il più bello e capace e sposa Lily, ma Sirius era notoriamente il più affascinante eppure non è mai accostato una figura femminile di sorta. Spende il tempo solo con i suoi amici, suo fratello James, il piccolo Minus e Remus. Remus per cui diventa un Animagus, Remus che rivede con emozione dopo Azkaban, Remus di cui forse dubita prima della morte dei Potter, tanto da proporre Minus come custode. Non mi viene difficile immaginare Remus e Sirius come una coppia di gioventù e mi fa sorridere pensare a quando infine si ritrovano e poi a cosa deve aver provato Lupin alla morte di Sirius. Non è assolutamente un dettaglio che aiuta alla storia, ma mi fa molta tenerezza.
.Cercando online l'anno di nascita di Narcissa è il 1955, Severus invece nasce nel 60, non avrebbero dovuto quindi essere insieme ad Hogwarts al quinto anno di Piton. Nel libro Canon però si fa riferimento solo a un Lucius Malfoy prefetto durante lo smistamento di Severus, mi sono presa quindi la libertà di dare un'età intermedia tra i due personaggi a Narcissa, immaginandola come una ragazza del settimo anno, già ufficilamente fidanzata con Malfoy durante il quinto di Piton. 
(Adoro l'amicizia composta tra i due personaggi tra l'altro, mi ricordano un po' Blaise o James ed Emma)
. Trovo adorabile il fatto che Lily ora che è madre vorrebbe augurare ad Harry di trovare un amico come Sev è stato per lei ed è dolce pensare che Harry lo trovi in fondo, soprattutto in Ron, che come Severus con Lily spiega lui ogni cosa sul mondo magico e nonostante vari screzi. Harry a differenza di Lily però, perdona sempre i colpi di testa dell'amico.
Vi aspetto alla prossima parte di capitolo. Molti nodi verranno al pettine, ve lo assicuro è un capitolo essenziale nel posizionamento degli ultimi tasselli.
Grazie mille per chi segue, silenzioso o meno, soprattutto grazie ai miei veterani recensori che non mi abbandonano mai: Arisky, Gattyp, Thranduil, Keira e Megumi.

A lunedì! 
vi

Ritorna all'indice


Capitolo 63
*** I ricordi di Severus (II) ***



. I ricordi di Severus (II).




Lily e Severus erano seduti sul tappeto consunto, davanti al caminetto acceso. La bottiglia di vino elfico vuota, così come i loro calici. Ridevano sommessamente, parlando a bassa voce, anche se nessuno poteva ascoltarli. Stranamente complici, a loro agio, come se non fosse passato un giorno dall'ultima volta che erano stati vicini.
Lily fece scivolare il capo sulla spalla del ragazzo e lui l'accolse con velato stupore. Era una scena così dolce e delicata che sia Emma che Harry si sentirono degli intrusi.
 “Mi sei mancato così tanto” sussurrò lei, sorridendo leggera.
 “Anche tu, Lily” rispose subito Severus e l'emoor sentì il cuore andare in pezzi nel vedere quanto era radioso il viso del tutore in quel momento, sembrava non credere alla sua fortuna e si ritrovò a sperare, con tutta sé stessa, che un futuro bellissimo fosse lì ad attenderli, pur sapendo che non sarebbe stato così.

 “Se ti avessi perdonato, dici che le cose oggi sarebbero andate diversamente?” mormorò la ragazza.
 “Non lo so, Lily” ammise mogio lui “forse era solo questione di tempo. Avevi ragione. Mulciber... e Avery...”
 La ragazza fece un piccolo sorriso triste e annuì, rimanendo per un istante assorta a guardare le fiamme arancioni del fuoco, una calma tiepida che calava su di loro. Severus le circondò le spalle con un braccio e lei si voltò verso di lui. I loro volti erano vicinissimi.
Il tempo parve farsi denso alla luce tenue del caminetto. Emma ed Harry trattennero il fiato. Lily sfiorò il naso di Severus con la punta del suo. I suoi occhi erano grandi e lucidi, forse anche a causa del vino. Piton invece si era pietrificato. Le labbra schiuse e una smorfia piena di stupore stampata in volto.
 “Lily...” tentò, con un tono basso e rauco, leggermente timoroso.
 Lei si chinò in avanti e lo baciò con dolcezza, tremante, portando le mani sul volto di lui e per un momento tutto si fermò, davanti a quell'immagine colma di struggente dolcezza.
 Emma sentì Harry tendersi a disagio e gli strinse forte la mano. Durò un secondo. Severus dovette probabilmente usare tutta la sua forza di volontà per staccarsi da lei, ma arretrò e la prese con attenzione per le spalle, delicatamente, scostandola da lui, mentre un'ombra di delusione passava per gli occhi verdi di lei.
 “Lily non fraintendere...” soffiò Piton e sembrava non avere abbastanza aria per riuscire a parlare normalmente “Io... lo vorrei... credimi. Ma... Non sei sposata con Potter?”
 “Sì. Io e James siamo sposati” rispose lei tranquilla.
 “E perché questo? Non sei felice?” chiese confuso, come a cercare una motivazione valida per quel gesto.
 “Sono molto felice con James” rispose Lily con aria colpevole.
 Il cuore di Severus si spezzò, Emma se ne accorse dall'espressione appena trattenuta, ma il giovane rimase in silenzio e continuò a scrutare il volto dell'amica di infanzia, in cerca di risposte.
 Lei invece scostò lo sguardo, a disagio per la prima volta da quando era entrata in quella stanza. Parve improvvisamente farsi piccola e incerta, mentre fissava le trame sul vecchio tappeto con aria assorta, mordendosi il labbro. Era così genuina e semplice, fragile per certi versi e ancora più bella ora che era quasi sopraffatta dagli eventi, le mani strette al petto e il respiro lento.
“Lily, vuoi provare a spiegarmi” chiese Severus, 
morbido, attento.
 “James intuiva che sarebbe potuto succedere questo” disse infine lei, agitando le mani tra loro e diventando completamente rossa, gli occhi verdi ormai quasi liquidi di pianto.
 “Cosa intendi?” chiese Piton, solo appena confuso, il busto proteso verso di lei, pronto all'ascolto “Che intendi, Lily?”
 Lei alzò lo sguardo di scatto, il volto pallido illuminato in modo poetico dal fuoco morente e Severus capì che non gli avrebbe nascosto più nulla, perché la conosceva troppo bene. La vide distendere la fronte e contrarre le labbra in un sorriso incerto e sembrò quasi lasciarsi cadere negli occhi di lui, fiduciosa.
 “Intendo, Sev, che ho bisogno di te e James lo sa. Intendo che ti chiamo nel sonno ogni notte. Piango. Faccio incubi e a volte durante il giorno mentre faccio cose semplici, come allattare Harry, o fare un doccia, ho dei crolli ed è terribile. Un momento sono felice e sorrido, il momento dopo sono in lacrime e mi dispero. Penso a te e mi sento in colpa, 
costantemente. Molto in colpa. Penso a noi due, alla nostra amicizia, a tutto quello che abbiamo fatto insieme e mi manchi così tanto, così intensamente, che a volte mi viene difficile anche solo respirare e il dolore sembra uccidermi ogni volta. Mi hanno detto che sono attacchi di panico”
 Severus la guardava in silenzio, deliziato per il fatto che lei ancora lo pensasse, ma confuso sul perché gli stesse raccontando quelle cose e soprattutto perché lo avesse baciato.
 “Non capisco” sussurrò infatti e Lily ricambiò seria il suo sguardo, si mordeva il labbro, evidentemente cercando le parole giuste da dire.
 “È stata di James l'idea di scriverti. Mi ha spinto a farlo, perché non sapevamo più che fare. Lui è così buono...”
 “Risparmiati le moine a Potter” disse secco Severus, allontanando il busto da lei “Per favore”
Sul volto brillava un dubbio chiarissimo. 
Lily lo stava usando?
 “
Scusa” sussurrò la rossa “Scusami, davvero. È solo che James pensa che troppe cose siano rimaste in sospeso tra noi. Dice che dobbiamo trovare il modo di chiuderla, di dirci addio nel modo giusto, o il senso di colpa mi ucciderà. Ha paura di perdermi ovvio, perché io vivo costantemente nel passato, con un tuo ricordo. Dice  che non posso continuare farmi del male pensando costantemente a quello che sarebbe stato se io ti avessi perdonato e tu...”
 “Potter ha ragione” disse Piton, evidentemente schifato da quell'ammissione, forse sentendosi un po' ipocrita per quello che aggiunse dopo “Nemmeno io voglio che stai male perché attaccata a qualcosa che è solo un ricordo. Non ora che potresti essere felice. Detesto ammetterlo, ma ha ragione.”
 Anche Lily parve stupita, guardò seria l'amico di infanzia per molti minuti, in silenzio. Il fuoco che bruciava sempre più lento nel caminetto, più simile a brace. La ragazza prese un profondo respiro, palesemente affranta, bellissima nella luce calda del soggiorno, con tutte quelle lentiggini a decorarle i lineamenti delicati.
 “James mi ha dato la possibilità di vivere quel che sarebbe stato. Non vuole sapere di noi, capisce che per me è stato difficile stare senza di te così a lungo e che il dubbio mi logora. Forse si sente anche in colpa per come ti ha trattato durante gli la scuola e per aver scatenato gli eventi che ci hanno diviso. Vuole che io aggiusti le mie ferite per tornare da lui intera e io... penso che abbia ragione, Sev. Forse tutti noi meritiamo un po' di pace. Anche io e te.”
 “Non possiamo essere amici e basta?” chiese l'altro. 
 Era incredibile come i ruoli sembrassero invertiti ora e Lily scosse la testa, una lacrima le scorreva sulla guancia. 
 “Noi... Sev. Vorrei tanto che potessimo essere amici. Vorrei tanto che tu... ma tu...Tu sei un Mangiamorte e io...”
Un singhiozzo le sfuggì dalle labbra e Severus capì di non essere l'unico con il cuore spezzato in quella situazione e per la prima volta dopo anni si sentì sulla stessa linea d'onda dell'amica.
 “Ti sei unita all'Ordine della Fenice” concluse per lei, mettendo in ordine i tasselli “Hai deciso di esporti con la Resistenza”
 
Lily era tornata a prendersi il loro bacio mancato prima che fosse troppo tardi. Prima di crollare in pezzi per il rimorso, prima che il suo Severus, così come lo aveva conosciuto, sparisse inghiottito dalle Arti Oscure, e un muro di non detto e rimorsi separasse lei e l'uomo di cui era innamorata: Potter.
 Lily era venuta per amare Severus Piton per una sola notte, per dare a entrambi il beneficio del dubbio e un ultimo ricordo felice: 
l'addio che meritavano. Salvando sé stessa e il suo futuro e dando a lui un'ultima cosa dolce da amare e stringere.

Emma si accorse di tremare di dolore ed Harry si avvicinò a lei, lo sguardo verde confuso e dispiaciuto.
 “Io non avevo idea” esalò affranto il Grifondoro e l'emoor annuì.
 Di fronte a loro Lily e Severus chinarono all'unisono il capo, poi lui allungò una mano per raccogliere la lacrima della ragazza sfuggita alle sue ciglia, senza riuscire di evitare di mostrare quel lato dolce che in fondo era sempre appartenuto soltanto a lei. 
 La Grifondoro tese le labbra in un sorriso stanco e appoggiò la guancia nella mano di Severus con dolcezza, singhiozzando piano, cercando di riprendere fiato e controllo.
 “Questa è l'ultima volta che ci vediamo quindi?” chiese Piton con voce incredibilmente tranquilla e sia Harry che Emma trattennero il fiato, in ansia quasi quanto lui di conoscere la risposta.
 “Penso di sì” mormorò Lily in un sussurro, il volto ancora appoggiato alla mano dell'amico, gli occhi chiusi.

 E questa volta, quando la ragazza si chinò in avanti per baciarlo Severus non si tirò indietro. Fece scorrere una mano sulla vita di lei e l'altra tra i lunghi capelli tirandola verso di sé. I contorni del ricordo si fecero meno nitidi e infine si sfocarono, ma sia Emma che Harry sapevano cosa doveva essere successo subito dopo.
 Ne intuivano la dolcezza, il dolore, la profondità che li avrebbe avvolti per molto tempo. Si guardarono imbarazzati, mentre il ricordo seguente ci metteva fin troppo tempo tempo a comporsi.
Il ricordo cambiò

Lily era scomparsa, non più una lettera. Nulla.
 Harry ed Emma riuscivano ad avvertire il vuoto intorno alla figura sottile di Severus, piombato nella solitudine, in un vortice di dolore, incubi, maledizioni e missioni quasi suicide. Lui però sopravviveva sempre, suo malgrado e tornava sempre indietro, alla sua esistenza vuota, apatica. Troppo aggrappato alla vita per lasciarsi morire, ma troppo codardo per cambiare le sue sorti.
 Lucius si era sposato con Narcissa e avevano avuto un bambino e Severus osservava con pacato distacco la famiglia dei suoi unici amici, stravolto dai sentimenti contrastanti: dalla dolcezza, alla sensazione di fallimento e solitudine che lo scuoteva nel profondo.   
 
Quella era una normalità che lui non avrebbe mai avuto.
 
Harry ed Emma assistettero ad alcuni ricordi confusi di Severus con un piccolo Draco sulle ginocchia, cena intime dai Malfoy, risate sommesse con Narcissa, pochissimi brevi attimi di normalità e l'emoor si commosse, mentre osservava il viso del tutore, sempre meno simile al giovane Piton sorridente che aveva condiviso qualcosa con Lily Evans e sempre più illeggibile e ferito mentre  arrancava nella vita, cercando disperatamente un riconoscimento.
Il ricordo cambiò
La Testa di Porco era squallida e sporca, ma Harry ed Emma se ne accorsero appena, troppo distratti a osservare Piton. Sembrava l'ombra di sé stesso, gli occhi neri frementi e pericolosi sul volto segnato di stanchezza, il corpo magro e scavato. 
 Si era imbattuto in Sibilla Cooman, Albus Silente e la profezia del bambino che poteva sconfiggere Lord Voldemort e in un attimo di vanagloria aveva visto forse la soluzione alla sua apatia. 
 Emma ed Harry assistettero al cambio di espressione dell'uomo, all'improvviso raggiante e consapevole e lo seguirono, loro malgrado, mentre lui correva dal suo Signore, per snocciolare con tono febbrile e ansioso tutto quello che aveva sentito, desideroso di trovare almeno un posto dove fosse benvoluto al mondo.
 Erano cose che Potter e l'emoor già sapevano, ma entrambi si rattristarono nell'assistere il compiersi di un triste destino, mentre Severus mandava a morire proprio lei: la sua unica fonte di felicità.
 “Oh Sev” mormorò Emma “stupido ragazzo. Che cosa hai fatto?”
 Harry si pose più vicino a lei, protettivo. Erano spalla contro spalla e respiravano insieme.
Il ricordo cambiò.

Piton si chiuse una porta alle spalle con fare rigido e subito dopo si portò una mano al cuore e scivolò contro il muro elegante dell'ingresso del Manor, impallidendo. Emma ebbe l'istinto di andare a sorreggerlo, ma a metà del suo slancio si rese conto che il Severus del ricordo non poteva sentirla e che lei non poteva aiutarlo.
 “Cosa hai fatto?” disse una voce femminile e Piton si voltò di scatto spaventato, insieme ai due ragazzi.
 Narcissa Malfoy lo fissava con quello che sembrava puro odio, gli occhi azzurri gelidi, le labbra contratte, la posa autoritaria.
“Cosa hai fatto Severus?” chiese ancora lei e all'uomo sembrò mancare l'aria per respirare correttamente, annaspò, raddrizzandosi.
“Io... sono stato a una riunione. Il nostro Signore è...” fece un cenno alla porta alle sue spalle.
 Narcissa si fiondò su di lui, afferrandolo rudemente per un braccio e lo trascinò con sé fino alla Sala Rosa che Emma conosceva bene.
La Corvonero ed Harry li seguirono con il cuore in gola.
 “Che cosa hai fatto.” disse di nuovo la donna, una volta che ebbe protetto e insonorizzato la stanza con vari incantesimi.
 La sua non sembrava più una domanda, ma un'accusa. Severus sembrò farsi di cristallo, la guardò disarmato e poi si spezzò, arreso.
 “Lui crede che siano i Potter, Narcissa” esalò infine con sguardo giovane e sperduto “Crede che sia il figlio di Lily Evans”
 L'espressione sul viso di lei divenne se possibile ancora più dura, tanto che lui arretrò di un passo ed Emma non avrebbe mai creduto che avrebbe mai visto il tutore avere paura di Narcissa Malfoy.
 “Tu” sibilò la donna, furente “Tu stupido, ignobile, ragazzo. Tu e il tuo inutile orgoglio. Sei un idiota”
 Severus incassò le spalle e sembrò trattenere un singhiozzo.
 “Mi dispiace. Mi dispiace.”
“Gli hai dato in pasto Lily Evans. Lei tra tutte. Te ne rendi conto?” sibilò gelida lei, senza andare per il sottile e lui annuì tra sé e ad ogni oscillazione del capo sembrava perdere un po' di colore.
 Narcissa invece sembrò farsi di sale ed Emma, che aveva imparato a conoscerla, si rese conto che stava pensando velocemente, quindi non si stupì quando d'improvviso, con uno scatto inatteso, si fiondò in avanti verso Severus, puntando lui la bacchetta alla gola, con aria estremamente minacciosa.
 “Ora farai come ti dico io: andrai da Silente” disse seria, pigiando la bacchetta più a fondo e Piton deglutì e sgranò gli occhi.
“Silente? Ma Narcissa... che cosa...”
 “Andrai da Silente” ripeté brusca lei “E lo pregherai di aiutarti. Gli dirai cosa hai fatto e gli chiederai di salvare Lily Evans. Ti inginocchierai se necessario. Io ti coprirò, nessuno si accorgerà della tua assenza, non importa quanto ci vorrà, ma poi...”
“Non lo farò. Lui lo scoprirà e saremmo entrambi in pericolo. Non posso salvarla” singhiozzò l'altro, accasciandosi lungo il muro “E non posso trascinare in questo anche te e Lucius”
“Lo farai” insistette gelida Narcissa “Puoi farlo e lo farai, Severus. Sei la persona più intelligente che io conosca, ma a volte risulti veramente stupido. Te l'ho già chiesto una volta e non hai saputo rispondermi, te lo ripeto ora: la ami?”
Gli occhi di Piton si fecero grandi ed Emma sentì chiaramente Harry tendersi contro la sua spalla, ma l'uomo non rispose, terrorizzato e Narcissa sospirò affranta.
“Molto bene” disse “Allora nel dubbio non ci resta che salvarla”
 “Ma Narcissa...” tentò di nuovo Piton, scivolando ancor più contro il muro, pieno di dolore e panico.
 “Draco e Lucius sono le due persone che più amo al mondo, Severus.” rispose lei spiccia “Hai idea di cosa mi succederebbe se morissero a causa mia e io non cercassi di fare nulla per impedirlo?”
 L'uomo trasalì, poi scosse piano il capo e la bionda tremò.
 “Il dolore che proverei sarebbe tanto atroce che impazzirei, invocando di essere uccisa” mormorò, pressando appena le labbra, gli occhi lucidi al solo pensiero di quel che stava dicendo “Sei un amico troppo caro Severus, una persona buona, anche se ancora non lo sai e soprattutto sei il padrino di Draco e il tuo compito è proteggerlo, non impazzire di dolore per la morte della donna che non hai il coraggio di ammettere di amare. Una morte causata, per altro, da un tuo unico momento di stupidità e vanagloria.”

Lo sguardo di Narcissa era imperioso e ad Emma sembrò bellissima e potente, tanto che persino Potter la guardò affascinato.
 “Chi lo avrebbe mai detto, erano amici” sussurrò il ragazzo, osservando la madre di Draco addolcirsi, abbassare la bacchetta per attirare Severus contro di sé e stringerlo in un abbraccio fraterno.
 “Lo sono ancora” mormorò l'emoor, osservandoli attenta, l'affetto per Narcissa che zampillava dentro di lei “Lo sono ancora”
 “Mi dispiace davvero tanto Severus” sussurrò la Serpeverde e Piton si appoggiò alla sua spalla e rimasero immobili per il tempo di un respiro, prima che lei si staccasse quasi bruscamente, di nuovo sicura e concentrata “Ora vai da Silente e imploralo, offrigli tutto quel che credi sia degno della vita di Lily Evans, trova un modo per proteggerla. Io ti coprirò e nessuno saprà nulla, nemmeno Lucius. Poi tornerai qui e pregherai anche l'Oscuro”
 “Ma non mi ascolterà.” balbettò l'altro “Non si può pregare... 
Lui”
 “
Pregherai anche l'Oscuro usando una qualunque scusa. Farai tutto quello che in tuo potere per difenderla, Severus. L'Oscuro vuole il figlio della ragazza, prendi tempo, mostrati crudele, chiedi lui di risparmiare lei e basta per esempio, sii convincente” disse seria “Ovviamente, tutto questo solo se la ami. Altrimenti se non è così, se pensi di poter superare facilmente la morte di quella ragazza, non ne vale la pena di mettere a rischio ogni cosa. La ami?”
 Severus rimase in silenzio, ma lo sguardo lucido e nero che scambiò con l'amica bastò come risposta a Emma ed Harry. 
 Era lo sguardo di un uomo al patibolo, di qualcuno che non aveva scelta ed era traboccante di sentimento e terrore. 
 Nulla al mondo contava più di Lily Evans agli occhi di Severus Piton,
 era lampanteQualunque cosa non sarebbe mai stata abbastanza per pagare il pegno. Severus Piton avrebbe dato di più. Molto di più.
 Narcissa annuì e si avvicinò verso la porta a passo svelto.
“Grazie” mormorò il giovane, il capo chino, l'espressione nascosta nei capelli neri e la bionda sorrise amara. 
 “Non mi ringraziare, lo faccio perché sono egoista, Severus. Non voglio rinunciare una persona come te al mio fianco, ma soprattutto a quello di Lucius. Lui... si sta un po' perdendo, temo e so che tu potrai aiutarlo. E poi un giorno mi ripagherai del favore, quando dovrò essere io a proteggere qualcuno”
 Il giovane fece un debole cenno di assenso e la donna uscì.
Il ricordo cambiò.

Il vento sferzava la collina con irruenza, cancellando le parole che Piton e Silente si erano detti. La profezia. Harry Potter. Voldemort.
 Severus che chiedeva piangendo al preside di Hogwarts di proteggere Lily Evans. Giovane e disperato. I capelli neri scomposti intorno al volto giallognolo e affilato.
 “Lily è sposata ed è madre, Severus. Ti importa solo di lei?” chiese Albus e sia Emma che Harry fecero un passo indietro, spaventati dall'intensità dello sguardo del mago.
 “No” disse debolmente il giovane, ma era chiaramente una bugia.
 “Tu mi disgusti” disse Silente, voltandosi con sprezzo evidente in volto e Piton lo seguì annaspando.
 “Ti prego” gridò, gli occhi neri pieni di terrore all'idea che Silente se ne andasse senza ascoltarlo “
La prego, mi aiuti. Li protegga. Li protegga tutti. Non mi importa”
 Sembrava isterico e senza speranza, stravolto dalle sue emozioni e l'anziano lo osservò in silenzio, con attenzione.
 “Perché sei diventato un Mangiamorte, Piton?” chiese calmo.
 “Perché non avevo scelta” biascicò l'altro.
 “Si ha sempre una scelta”
 “Non io” ribatté il ragazzo con disperazione,
Silente lo analizzò attentamente, con quel suo fare distaccato e intimidatorio, l'aria si fece meno tesa, mentre Piton si faceva sfuggire un singhiozzo, accasciandosi di un poco, come se non avesse più forza nemmeno di stare in piedi. 
 “Posso solo cercare di salvarla, ma per me non ho scelta” gracchiò infine, come un legno spezzato e Silente aggrottò le sopracciglia. 
 “Io invece credo che tu possa scegliere, 
Severus. Guarda che cosa hai fatto stasera. È una scelta molto forte.”
 Il ragazzo alzò il capo confuso, mentre il preside lo ispezionava attraverso gli occhialini dorati, ora più gentile, tiepido quasi.
 “Cosa mi darai in cambio della protezione di Lily Evans?”
 Piton puntò lo sguardo verso di lui, stravolto, stupito forse da quella domanda e per un momento Emma pensò che si sarebbe ribellato, che avrebbe detto che stava cercando di salvare una vita in fondo, che non doveva dare nulla in cambio. 
 L'emoor lo immaginava rispondere secco con il suo tono aspro e arrabbiato che lei conosceva, ma dovette ricredersi, vedendo gli occhi del tutore farsi giganti, quasi liquidi, mentre esalava con un sospiro: “Qualunque cosa”
Il ricordo cambiò.

Piton era estremamente nervoso. 
 Da quando i Potter avevano fatto l'incanto Fidelius non poteva più andare a sbirciare sotto la loro casa, per sapere se stessero bene. 
 Non aveva più notizie. Non da Silente, né tantomeno dall'amica di infanzia e sconvolto, svuotato, dopo l'ennesima missione, si lasciò cadere sul divano logoro della casa di Spinner's End, troppo stanco persino per raggiungere la sua stanza.
 Un piccolo gufo lo osservò dal basso tavolinetto, con una lettera tra le zampe, chiaramente in attesa che il giovane la afferrasse.
Quando Severus si voltò, rimase a fissare l'animale per qualche secondo, poi allungò la mano e afferrò la busta in carta spessa.
 “Non sembra nemmeno lui. Sembra così fragile” mormorò Harry, lasciando stupita l'emoor, che gli fece un debole sorriso.
 Il giovane di fronte a loro attirò di nuovo la loro attenzione quando sussultò, scattando in piedi, lo sguardo improvvisamente attento, guardando con occhi sgranati la calligrafia che si era convinto non avrebbe mai più visto.


Sev. Ciao.

Non ci sono parole semplici per dirti quello che sta succedendo, quindi sarò diretta: sono incinta di 7 mesi e il padre non è James. 
Sei intelligente abbastanza da fare da solo i calcoli.
 Non so come sia potuto succedere. Non ci ho pensato. Ero troppo presa dall'averti ritrovato. James è migliore di me e mi ha subito detto che è ovvio che lo terremo, che crescerà il bambino come suo, che già lo ama. 
 Non ha fatto una sola piega. Non credo di meritarmi una persona come lui, così come forse non mi sono mai meritata abbastanza una persona come te, ma penso proprio che faremo così. Terremo il bambino e lo cresceremo, però ho deciso che tu lo dovessi almeno sapere. Scusa se te l'ho tenuto nascosto a lungo, ma mi spaventa quello che sei e io devo proteggerlo, capisci?

È strano sai? Sapere che io e te saremo mischiati dentro un piccolo
 corpoStrano. Forse tremendamente giusto. Non cercarmi. Silente dice che non siamo al sicuro.

Ti terrò io aggiornato. Ti voglio bene.

Ciao.
Lily

Severus alzò la lo sguardo dalla lettera tremando, confuso, felice. Lacrime grosse come macigni rotolarono fuori dagli occhi scuri, mentre si stringeva quella lettera al petto, per poi rileggerla freneticamente. Emma ed Harry erano sconvolti.
 “Hai un fratello?” sussurrò lei confusa.
 “No” disse secco l'altro biascicando “forse mamma è morta prima?”
 “Forse”mormorò l'emoor, pensando a Lily e a quel bambino forse mai nato e guardando con dolore la felicità dipinta sul volto del tutore. Si sentì quasi gelosa di quell'amore evidente che lo animava in quel momento. Lei aveva creduto di essere la prima ad essere considerata quasi come un figlia per lui, ma era lampante che lui avesse già provato quella sensazione. Doveva aver desiderato quel bambino con tutto sé stesso.
Il ricordo cambiò.

I Mangiamorte non trovavano i Potter e il malcontento di Voldemort metteva terrore. Severus presenziava il minimo possibile alle riunioni con l'Oscuro, ma anche al Manor e le sue Cene di Gala, tanto che Narcissa dovette bacchettarlo dicendo lui che avrebbe dovuto essere più attivo come Mangiamorte, se non voleva non destare sospetti.  Piton la ascoltava blandamente, contro voglia, ma si sforzava un poco per l'amica, per poi scappare il prima possibile a Spinner's End dove le lettere di Lily scorrevano veloci.
 Erano poche notizie, ma Severus le leggeva tutte con avida attenzione. A volte la calligrafia non era quella di Lily, ma quella più appuntita e frettolosa di James. Quando le riceveva da lui Piton le metteva da parte con maggiore sprezzo, ma l'emoor non poté fare a meno di notare come Potter fosse sempre gentile in quelle missive, didascalico forse, ma informava il giovane del procedere della gravidanza con precisione quando Lily era troppo stanca per farlo.
“Tuo padre doveva essere un grand'uomo” disse Emma a Harry e il Grifondoro annuì, con gli occhi lucidi ed emozionati.
 Perché era vero. James Potter era un uomo che era stato in grado di mettere da parte il suo orgoglio e la sua arroganza in favore di un bambino che nemmeno era suo. Aveva imparato ad amare talmente a fondo da perdonare Lily, da non lasciarla andare via. 
 Aveva capito cosa spezzava la moglie e forse le aveva dato la possibilità di trovare uno strano equilibrio e una nuova pace dentro di sé. O forse si era semplicemente macerato troppo a lungo nel dolore di essere la causa dell'infelicità della donna che amava e aveva affrontato il problema. Emma si accorse di ammirarlo.
 Lei ed Harry osservarono Severus e Narcissa scorrere nei corridoi del Manor, tessere la loro trama, muoversi sicuri e poi dividersi e ritrovarsi con la stessa luce negli occhi: difendere chi amavano. Sempre. Rimanevano fedeli a loro stessi: un Mangiamorte spietato e una moglie devota, ma Emma cominciava a cogliere nelle loro espressioni qualcosa che riconosceva nel presente e che l'aveva spinta irrimediabilmente a legarsi a loro due, la mancanza di crudeltà gratuita, forse anche di ambizione e desiderio di potere se questo significava calpestare chi possedeva il loro cuore. 
 Narcissa non sapeva della gravidanza di Lily evidentemente, eppure non smetteva nemmeno per un istante di offrire il suo silenzioso appoggio a Severus, che dalla sua continuava ad essere in maniera ineccepibile un Mangiamorte, padrino di Draco e amico di entrambi i Malfoy: Narcissa sempre più lucida e sicura, Lucius sempre più instabile e incerto.
Il ricordo cambiò.

Spinner's End. Il fuoco brillava nel camino e dalle finestre si intuiva una tempesta d'acqua. Qualcuno bussò alla porta e Severus uscì dalla sua stanza andando ad aprire. Harry ed Emma si sporsero curiosi per capire chi fosse e sussultarono stupiti entrambi quando Remus Lupin entrò nel salotto, scrollandosi di dosso l'acqua. 
 Severus non fece una piega, lo stava evidentemente aspettando.
 “Piton” salutò l'uomo.
 “Lupin. Accomodati” ribatté secco l'altro, prendendo posto sulla sua poltrona “Quindi? Cosa ti porta qui?”
“È nata” disse il mannaro e sembrava raggiante, come se fosse normale per lui dividere la felicità con Piton.
 Severus invece sbiancò e scattò di nuovo in piedi, gli occhi grandi pieni di frenetico stupore, le labbra schiuse e incerte.
 “È nata? Una femmina?” mormorò senza fiato.
 Lupin annuì velocemente un sorriso sul volto magro e arruffato.  “Sì, ed è una bambina stupenda, Severus. Lo devo ammettere, non credo abbia preso il tuo naso” sorrise e cercò qualcosa nel pastrano.
 Da una delle tasche tirò fuori una piccola foto, Emma si avvicinò in fretta insieme ad Harry e vide una bambina minuscola, con una peluria chiara in testa, dormire in una copertina verde. Sul retro la calligrafia di Lily che ricamava poche parole:

È una bambina Severus. Tu devi proteggerla.
Una bambina! Si chiamerà Eileen Evans.

È nata” mormorò Harry confuso “È sopravvissuta” 
 Emma non si voltò verso di lui però, perché osservava Piton che tremava, guardando la minuscola foto come se non ci fosse nulla di più prezioso al mondo, il volto trasfigurato in qualcosa di perfettamente riconoscibile: 
amore.
 “Come sta?” chiese in un sussurro rivolto verso Lupin.
“Stanno entrambe bene” sorrise dolcemente Remus e Piton annuì, visibilmente sollevato, le guance chiazzate di rosso ed emozione.
“Grazie di essere passato” disse secco.
 “Dovere” sorrise il mannaro, spostando il peso da un piede all'altro con aria incerta “Lily voleva che tu lo sapessi subito e mandare James, o Sirius non sarebbe stata una buona idea immagino”
 Severus fece una smorfia simile a un ghigno benevolo, con evidente sforzo di mostrarsi educato nei confronti dell'uomo.
 “Immagini bene. Posso tenerla?” chiese facendo cenno alla foto.
 “Certo è tua.” disse Remus mite “Tu come stai Severus?” 
L'altro non rispose e lo guardò, come se si aspettasse una trappola. 
 “Ringrazia Potter da parte mia” disse infine, aspro, nervoso “Digli che lo verrò a sapere se la tratterà male e...”
 “James già la ama. Non gli importa che sia tua e non la tratterà mai male Severus, puoi star tranquillo su questo. Sarà un buon padre” cercò di tranquillizzarlo Remus, ma gli occhi di Piton divennero più cupi e sembrò chiudersi a riccio, mentre dava le spalle al mannaro, guardando assorto la foto della neonata.
 Emma si avvicinò lui e gli posò una mano sulla spalla, pur sapendo che lui non avrebbe potuto sentirla.
 “Chi lo sa?” chiese Piton.
 “Che è tua figlia?”
L'altro annuì.
“Lily, James, Sirius, Silente, Minerva ed io”
 “Nessun altro?”
 “No”
 “Nemmeno Codaliscia?”
 “No. Lily non ha voluto. Hanno scelto un amico a testa. James ha scelto Sirius e Lily me. Silente e Minerva sono stati messi al corrente fin da subito invece per protezione e sicurezza”
“Chi sa che è nata invece?” chiese Piton.
 “Le stesse persone e Codaliscia, ma pensa che sia la figlia di James” lo tranquillizzò Lupin e Piton annuì secco.
 “Severus” tentò Remus “le cose potrebbero essere diverse se solo...”
 “No” lo interruppe l'altro “io voglio solo che lei sia felice”
 “La bambina?” domandò quieto il mannaro, guardandolo con affettuoso dispiacere.
 “Lily” disse secco l'altro, nervoso “e anche la bambina certo. Voglio che abbiano una bella vita, serena, felice, ma non posso stare accanto a loro. 
Sarebbe drammatico. Io sono una Mangiamorte e non voglio imporre la mia presenza. Io e Lily ci siamo detti addio e per la bambina Potter basterà. Continuate tutti a dire quanto sia nobile e bravo. Saranno felici. Importa questo.”
 “Come preferisci. Pensaci su però. C'è tempo per cambiare idea” sussurrò Lupin, rispettoso, ma dispiaciuto, dirigendosi verso la porta e Severus lo seguì con lo sguardo, senza provare a fermarlo.
 Fu Remus a farlo, voltandosi con un sorriso pieno di tenerezza.
 “Lily vorrebbe che fossi il padrino della piccola” spiegò, ormai sulla soglia e guardò attento l'uomo fronte a lui, come se si aspettasse una reazione particolare, ma Piton scrollò solo le spalle con aria stanca e Remus quindi continuò a parlare con tono gentile “Ci teneva a sapere un tuo parere a riguardo, Severus e anche io”
 “Non ho molte altre persone da proporre” ammise Piton con fastidio “Le uniche persone che non pensano che io sia un pezzo di carne da macello sono Lucius Malfoy e Narcissa Black e non credo che Lily approverebbe la scelta”
 “Penso di no” ammise Lupin.
 “Quindi tu andrai benissimo, 
Lupin.” disse secco Piton, trattenendo forse il disgusto, forse le lacrime di amarezza che premevano sui suoi occhi “Meglio che quel cane di Black, comunque” 
“Ti ringrazio della fiducia” ribatté dolcemente il mannaro, sorvolando sull'insulto all'amico “E mi dispiace davvero per come sono andate le cose tra noi, Severus. Ho sempre pensato che se ci fossimo incontrati in modo diverso saremmo potuti essere amici.”
 “Ma ci siamo incontrati con in mezzo Potter e Black, inutile pensare a come sarebbe stato” disse Severus con sprezzo, nascondendo solo parzialmente lo stupore che aveva provato ascoltando le parole dell'altro “Tu mi odi, Lupin e io odio te”
 “Io tengo in grande considerazione il parere di Lily e lei ha sempre avuto una buona parola per te” rispose il mannaro con un sorriso “E poi no,  io non ti odio Severus.”
Il ricordo cambiò.

Emma avvertì il dolore e il gelo in arrivo e sentì Harry, accanto a lei, trattenere il respiro. Erano nel buio, ci furono delle grida disumane che l'emoor riconobbe come la voce di Severus e la sua disperazione rese l'aria quasi irrespirabile.
 C'era una stradina che baluginò davanti a loro e poi una casa mezza distrutta, con un piccolo giardino e la porta d'ingresso divelta.
 “È casa mia” sussurrò Harry e fu la volta dell'emoor di trattenere il respiro “È casa dei miei genitori a Godric's Hollow”
 Un giovane Piton li superò svelto in quel momento ed entrò nella casa, loro fecero per seguirlo, ma il ricordo tremò e si sfocò ed Emma, con lucido stupore, si rese conto che Severus, pensando a ciò che avrebbe visto Harry, aveva cercato di nascondere lui i dettagli più macabri nel passargli il suo ricordo, risparmiandogli il corpo di James, i muri anneriti e le stanze devastate. 
 Solo al pensiero l'emoor provò una profonda commozione. Ci fu un lampo, la pioggia che cadeva incessante, si trovarono nella cameretta di un bambino. 
I giocattoli a terra, un carillon che ancora suonava. 
Il silenzio. Emma si portò la mano libera alla bocca, per frenare i singhiozzi e sentì Potter tremare più forte sulla sua spalla.
 “Mi dispiace Harry. Mi dispiace così tanto” mormorò e insieme a lei anche Severus sussurrava infiniti 
'mi dispiace', con le lacrime sulle guance cave e tra le braccia il corpo inerme di Lily Evans. 
 Il volto disperato affondato nei suoi capelli rossi, la braccia strette sul corpo magro ed Harry si fece di cera davanti a quell'immagine struggente e poetica e sentirono entrambi i loro cuori fermarsi, rispettosi di quel dolore troppo grande.
 L'emoor e il Grifondoro si aggrapparono l'uno all'altra.
Il ricordo cambiò.

Erano nell'ufficio di Silente. Piton era a terra e singhiozzava in modo orribile, pareva invecchiato di almeno dieci anni ed Emma sentì il cuore stringersi nel petto e le ginocchia tremare a quella vista. Harry la sorresse, tornato quasi in controllo, pur con gli occhi sgranati.
 “Lily e James hanno riposto la loro fiducia nella persone sbagliata, Severus, come te d'altra parte. Non avevi chiesto a Lord Voldemort di risparmiarla?” disse pacato Silente, mentre il giovane uomo prostrato di fronte a lui pareva inconsolabile.
 “Io volevo proteggerla. Volevo...”
 “Harry ed Eileen sono sopravvissuti” lo interruppe cauto Silente e cadde il silenzio e un lampo di speranza passò sul volto di Severus.
 “È viva?” chiese quasi senza voce, strabuzzando gli occhi.
 “Sono vivi entrambi”
 Lui fece un gesto stizzito “Dov'è?” chiese fremendo e il preside, che lo osservava attraverso i suoi occhialini dorati, fece un profondo respiro, come se volesse raccogliere le forze per dire qualcosa di molto complesso, o di molto doloroso
“Non posso fartela vedere Severus” ammise infine e ci fu una pausa solenne, in cui il volto di Severus assunse una smorfia scioccata.
 “Cosa?” berciò poi, il petto che si alzava e abbassava affannato “Che cosa intendi. Albus, ti prego”
 “Harry ed Eileen dovevano essere messi al sicuro”
 “Posso prendermi cura io di entrambi se me lo chiedi. Posso curare anche il figlio di Potter... Lui si prendeva cura di Eileen, posso prendere con me anche il bambino” tentò Severus, ma Silente scosse di nuovo il capo lentamente, con serietà. 
 “Harry è stato mandato dai suoi zii materni”
 “Ok, d'accordo, ma mia figlia?”chiese in un sussurro Piton.
 “Tua figlia è stata data a due Babbani, che abitano in una zona vicina a Minerva che può tenerli d'occhio”
 Ancora una pausa. 
Densa. Pesante.
 “Ma è mia figlia!” ruggì l'uomo “Non è orfana”
 “Lo so, Severus, ma era di prioritaria importanza che Eileen venisse messa al sicuro. Nessuno può sapere che la bambina era con Harry Potter questa notte. La sua esistenza è poco nota e...”
 “Con me sarebbe al sicuro” singhiozzò lui, perdendo di nuovo il controllo “Sarebbe completamente al sicuro, perché io...”
 “No, Severus. Non lo sarebbe. Voldemort...”
 “Lui è SCOMPARSO!”
 “
Lui tornerà” lo fermò con voce fredda il preside, obbligando il giovane ad abbassare il tono e gli occhi di Piton fremettero di terrore sincero e chinò il capo, respirando a fondo.
 Harry si schiarì la gola, a disagio “È davvero terribile vederlo così” mormorò sincero e ancora una volta Emma riuscì solo ad annuire, confusa e ferita, in parte gelosa di quella bambina misteriosa, ma soprattutto spezzata di fronte al dolore del tutore.
 Severus non lo meritava. 
Non lo meritava.
 Silente fissò il giovane con sofferenza visibile e quando riprese a parlare lo fece con tono più morbido, accogliente, paterno.
 “Voldemort tornerà, Severus e quando lo farà tu mi servirai in prima linea, perché Harry ed Eileen saranno in pericolo estremo. Non possiamo far sparire Harry, perché è famoso in tutto il mondo magico, la gente festeggia gridando il suo nome questa sera, ma nessuno sa dell'esistenza di tua figlia, eravamo ancora in tempo, capisci? E anche se avessi deciso di non nasconderla, tu non avresti potuto crescerla. Sarebbe stato strano affidare una bambina a un presunto Mangiamorte in attesa di processo, non credi?”
 “Non è al sicuro” annaspò Piton in lacrime, scosso dai singhiozzi “Non è al sicuro. Quel Black, 
sapeva di lei e li ha traditi, ha tradito Lily e Potter  e la cercherà Albus. Io devo proteggerla, ti prego”
 “È al sicuro, Severus” ripeté calmo Silente, commosso “me ne sono assicurato personalmente, nessuno potrà mai trovarla. Nemmeno tracciando il suo sangue. 
Credimi. Ho eseguito su di lei un Vinculum Pateret in modo che si legasse con il sangue ai due...”

La voce del preside si spense, notando la rabbia cocente improvvisa che cristallizzò i lineamenti di Piton. Gli occhi si fecero grandi di genuino sconcerto e le labbra si piegarono in un'espressione dolente.
 “Hai imposto il Vinculum Pateret A MIA FIGLIA??” ruggì Severus a bassa voce, minaccioso.
 Harry osservò i due confuso, ma Emma sbiancò, perché sapeva perfettamente di cosa stessero parlando. 
 La bambina, 
chiunque fosse, da quel momento non avrebbe più avuto il sangue dei genitori nelle vene, non avrebbe più avuto un legame con Lily e Severus, ma solo con i nuovi tutori e confusa, si chiese se Silente le avesse parlato di quella maledizione nelle loro lezioni proprio a causa di Eileen Evans. Doveva forse trovarla?
Severus. Siediti” ordinò l'anziano “Credimi, mettere al sicuro Eileen per me è prioritario, così come Harry. Non sto agendo con leggerezza. Ti chiedo di essere ancora una volta dalla mia parte. Non vuoi far si che Eileen abbia un'infanzia serena? Aiutami a proteggere tua figlia e il figlio di Lily Evans, Severus.”
 “Il figlio di Potter” sibilò lui e Silente annuì con amara tristezza e fece un minuscolo sorriso spento, che non arrivava agli occhi chiari e che subito scomparve nella barba candida.
 “Ha i suoi occhi, Severus. La bambina ha esattamente gli stessi occhi di Lily. Tutti e due i bimbi li hanno e James Potter questa sera è morto per proteggere entrambi, dovresti essere lui grato”
 “Che ne sai tu?” sibilò l'altro “Come fai ad essere così sicuro che Potter li amasse abbastanza, che si sia sacrificato?”
 “Lo so e basta” disse semplicemente Silente e sembrò non voler aggiungere null'altro, sicuro di sé.
 Severus tentennò ormai in pezzi ed Albus insistette di nuovo.
 “È una condizione temporanea questa, Severus, per la sicurezza di tutti. Un giorno, ti assicuro che potrai stare con Eileen. Questa è una promessa. Ma per ora ti chiedo di essere il mio braccio destro e di aiutarmi a non abbassare la guardia, per la sicurezza di entrambi i bambini. Per la sicurezza di tutti”
 Piton lo scrutò per lunghi minuti combattuto, poi annuì seccamente ed Emma ed Harry si strinsero con forza la mano, perché avevano entrambi l'impressione di vivere una vita parallela mentre assorbivano tutte quelle informazioni.
 “Hai un sorella Harry”disse Emma con voce sottile “da qualche parte hai una sorella”
 “Emma io credo...” iniziò il ragazzo.
Il ricordo cambiò.

Piton entrò sbattendo la porta nello studio del preside. Era furente.
 “La McGranitt mi ha detto che Eileen non è tra i bambini che frequenteranno il prossimo anno scolastico, Silente e dovrebbe. Ha l'età giusta. Che cosa le hai fatto?”
 L'anziano alzò gli occhi su di lui “Siediti. Ti aspettavo Severus”
 “Non voglio sedermi” ribatté l'altro con foga, sbattendo le mani sulla scrivania “Voglio sapere 
esattamente che cosa hai fatto a mia figlia. Io mi sono fidato di te” tuonò, lo sguardo che mandava fiamme e Silente fremette per un istante e sembrò quasi spaventato, ma quando parlò la sua voce era tranquilla.
 “Non è semplice da spiegare” mormorò, unendo la punta delle dita in un gesto composto “Siediti per favore”
 “È una Maganò?” indagò Severus, ma l'altro scosse la testa.
 “Ricorderai che avevo trovato una famiglia Babbana a cui affidarla” disse e Piton annuì secco, mentre Albus riprendeva a parlare “Scelsi i genitori addottivi su consiglio di Minerva, perché avevano perso una figlia della stessa età di Eileen il giorno stesso, morta per una malformazione al cuore. Confonderli e affidare loro tua figlia, facendogli credere che fosse la loro, era semplice. Il Vinculum Pateret le garantiva un nuovo sangue senza sopprimere la magia, l'unico eventuale problema era che sarebbe stata un po' meno potente, ma mi sembrava un pegno accettabile, pur di garantire la sua sicurezza. Era una soluzione ottima”
 “Non dirmelo” gracidò Piton “C'è stata un complicazione.” e gli occhi azzurri del preside saettarono su di lui. 
 “In effetti è così” sussurrò “C'è stata una complicazione.
 “E quando pensavi di informarmi?” soffiò l'altro, lo sguardo gelido.
 “Non lo so, forse questa sera stessa” sorrise il preside con dolcezza.
 “
Proprio questa sera” sputò tra i denti Severus “Che curiosa coincidenza. Che tempismo, Albus”
“Una coincidenza fortuita, sì” replicò il preside e Piton alzò gli occhi al cielo, ma si sedette infine di fronte all'uomo, facendogli un cenno secco perché continuasse a spiegare.
 “Ho scoperto che il padre adottivo di tuo figlia, aveva tenui collegamenti con la comunità magica nel suo albero genealogico. Minerva in realtà l'o sapeva già prima che decidessimo di affidarla a loro, ma ci sembrò solo un dettaglio interessante, che sarebbe stato utile alla bambina quando sarebbe stata reinserita in questo mondo”
 “Ma...” disse sarcastico il giovane, rigido e duro, Albus tentennò e a Harry ed Emma parve improvvisamente diventare fragile ed entrambi si tesero agitati, ansiosi di scoprire la verità.
 “Continua” lo esortò aspro Piton, assottigliando lo sguardo scuro e dando voce ai pensieri dei due ragazzi.
 “Conosci la profezia degli emoor, Severus?” chiese Silente.
 Emma sentì il cuore battere con più forza e spalancò la bocca piena di stupore, mentre Harry impallidiva. La ragazza prese un profondo respiro pensando ad Emily, gli occhi chiari e i capelli corvini come quelli di Potter, timida, esile.
 Possibile che fosse la figlia del suo tutore?
 Cercò di pensare se aveva mai notato interazioni tra l'amica e il professore, ma non le venne in mente nulla.
 Il volto di Piton intanto si era fatto improvvisamente livido, tanto che per un istante i due ragazzi ebbero paura e pur sapendo di non rischiare nulla, fecero titubanti un passo indietro.
 “Fammi capire” sibilò il mago con tono pericolosamente minaccioso e vibrante “Mi stai dicendo che hai imposto un legame di sangue a mia figlia con una famiglia discendente da un'Ombra di Hogwarts, Albus?”
 “Non era mia intenzione, ma è successo” ammise il preside, teso.
 E Piton esplose, si gettò contro ogni cosa che capitava a tiro, distruggendo gli oggetti argentei con i loro sibili, i libri e la scrivania.
Silente rimase immobile, quasi impassibile, mentre assorbiva tutta quella giustificata rabbia del giovane uomo. Una rabbia alimentata da anni e anni di rancore, solitudine e rimorso, mischiati a uno studio feroce e una pazienza infinita che le cose migliorassero.
 Severus Piton aveva dovuto mantenere segreti immensi, come l'esistenza di una figlia che amava senza aver mai conosciuto e si era leccato da solo le sue ferite, costruendosi una spessa maschera, senza poter richiedere conforto e comprensione se non a Silente, che ora sembrava averlo pugnalato alla schiena. Emma pianse ed Harry impallidì, mentre prendevano atto di tutto quel dolore.
 “Severus” mormorò il preside “Sono davvero dispiaciuto”
 “Tu sei un falso” quasi gridò il mago “Non sei dispiaciuto. Sei machiavellico, sei 
malvagio. Ordisci i tuoi piani per fini più alti di noi comuni mortali, senza pensare a me, o a altri. Doveva essere al sicuro e l'hai esposta! Sono anni che ti aiuto...”
 “E te ne sono grato” mormorò il preside.
 “Grato?” gridò Piton, il volto in fiamme “Hai idea di cosa ho provato ogni giorno della mia vita a sapere di non poter crescere mia figlia? Cosa ho provato per tutto l'anno scolastico a guardare gli occhi del figlio di Potter e sapere che io ho dovuto rinunciare a 
tutto pur di proteggerlo? Tu non lo sai, Albus. Non riesci a immaginarlo perché tu sei solo al mondo, più di me. Tu vuoi solo che Harry Potter venga addestrato per battere l'Oscuro Signore. Tu hai temuto che quella famiglia non avrebbe avuto altri figli dopo la morte della primogenita e gli hai fornito una figlia per timore di non avere il quarto emoor. Tu sei un mostro!”
 Gli occhi di Silente fremettero di dispiacere 
sincero e parve spezzato.  “Severus... non è così. Ascoltami...”
 “Sei un MOSTRO” ripeté il mago, alzandosi di scatto e camminando avanti e indietro “Dimmi dove si trova, adesso.”
“Severus, ora più che mai è importante che tu... In tutti questi anni hai rinunciato a lei perché fosse protetta”
 “Come si chiama, qual è il nome Babbano?”
 “Severus...”
 “Dimmi dov'è Albus. ORA”
Il ricordo cambiò.

Emma si voltò verso Harry con un largo sorriso stampato sul volto.
 “Deve essere Emily, Harry! Deve essere tua sorella. Lei...” esclamò felice, ma le parole le morirono in gola.
 Si trovavano in una strada che conosceva 
perfettamente
 Le piccole villette a schiera bianche, il marciapiede pieno di erbacce su cui era facile inciampare, la via che portava al bosco vicino.
 L'emoor si voltò di scatto, il cuore in gola, le orecchie che fischiavano. Piton era di fronte a una casa bassa e accogliente, i fiori curati nel piccolo giardino. Un bambino biondo bussava con insistenza alla porta di legno verde, gridando a gran voce.
 “Emma! Muoviti, ti aspetto da 
ooooore
 La Corvonero sentì un nodo alla gola e le si mozzò il respiro: era Steph. Il suo caro, dolce 
Steph. Con i suoi calzoncini corti e i capelli biondi arruffati. Steph con cui aveva giocato e scherzato. Con cui aveva sognato di crescere tra mille avventure, con i cerotti sulle ginocchia e quella fiducia nel mondo e nel futuro così infantile e genuina. Steph che era morto senza poterle dire addio quando era ancora poco più di una bambino pieno di immaginazione.
Quella era casa. 
Casa casa.
 “
Emmaaaa!” gridò ancora il bambino e la consapevolezza si fece strada lentamente nell'emoor.
 Osservò Piton immobile, stringere la staccionata con forza, gli occhi fissi sul bambino biondo, le nocche quasi bianche.
La ragazza si avvicinò al tutore, lasciando la mano di Harry. 
 Sapeva perfettamente cosa sarebbe successo di lì a poco: una sé stessa di appena dieci anni sarebbe uscita dalla porta ridendo, i capelli probabilmente raccolti in una treccia e le ginocchia perennemente sbucciate. Avrebbe detto a Steph
 “Che fretta c'è si può sapere?” e lo avrebbe abbracciato, per poi correre via insieme. 
 Forse sua madre Lydia avrebbe dato loro una merenda, o suo padre Alan si sarebbe sporto dalla finestra per salutare Steph e avrebbe raccomandato loro di tornare in tempo per la cena. 
 Forse avrebbero lanciato uno sguardo curioso all'uomo strano che li fissava dalla staccionata, ma Emma se lo sarebbe ricordato se fosse successo nel suo passato e lei sapeva che non era mai accaduto.
 Per questo non si stupì di vedere Severus tremare indeciso, ma infine voltarsi, arreso, dando le spalle alla porta di casa che si apriva, senza guardarla, allontanandosi in fretta. 
Ancora una volta, ubbidendo a Silente ed Emma cercò di respirare senza riuscirci. Era sconvolta
 E per per un attimo le sembrò di scivolare via dalla mente del Grifondoro e vide la Stamberga Strillante baluginarle davanti, ma Harry la trattenne con forza, riafferrando la sua mano.
 “Non puoi andartene” le disse, mentre il ricordo mutava ancora intorno a loro  “Non ora, Emma. Stai con me”
 “Ma non capisci Harry?” disse l'emoor con occhi sgranati e un filo di voce “
Sono io. Sono io la figlia segreta di Severus Piton e Lily Evans. Sono io tua sorella”
 Harry si sistemò gli occhiali nervosamente sul naso e annuì, stringendo più forte la mano di lei, un piccolo sorriso morbido che si increspava sulle sue labbra.
 “Sì, Emma. L'ho capito. Tu sei mia sorella” disse sicuro.
Il ricordo cambiò.



*Angolo Autrice*

Ciao Lettori! 
Prima di tutto mi scuso. Come ho già avvisato chi ha recensito avrei dovuto chiudere i ricordi in questo capitolo, ma mi sono resa conto come questo sarebbe diventato un capitolo infinito e il successivo sarebbe stato troppo breve e ho dovuto cambiare l'accorpamento. Molte domande che potevano avere già risposta qundi dovranno attendere ancora un poco. (Ma tutte le domande, lo prometto, o almeno tutte quelle che per ora mi avete posto, avranno risposta entro la fine.). 
Per il resto, che dire: sono un po' emozionata a pubblicare questo capitolo. 
Mi tenevo dentro questo segreto davvero da un sacco! 

Emma non è solo la protetta di Severus, ma sua figlia. Se ripercorrete tutto quello che abbiamo passato insieme dall'inizio, quello che ne esce è a mio parere un ritratto ancora più sofferente ed eroico di Piton. Un uomo che ha rinunciato a tutto quello che poteva renderlo felice per il benessere di chi ama. Trovo struggente questo cambio di punto di vista, dolce e doloroso. è stato molto difficile immaginare cosa poteva pensare Emma, ma se ci riflettete non è poi un cambio di posizione così enorme. 
Emma è arrivata ad amare, rispettare e apprezzare, come un padre, proprio il padre che le è stato negato. 
Ciò da un significato ancora più intenso e profondo al legame tra i due e la cosa mi commuove ogni volta che ci penso. Specie se rileggo i primi capitoli. 

Sono certa che alcuni di voi avevano cominciato a sospettare questo legame. Anche perché mi sono divertita a disseminare anche indizi. 
Basta anche solo pensare a Lily: Lily che bambina fa le stesse magie di Emma con i fiori e si morde il labbro come lei. Quando Lily si arrabbia e si mette protettiva davanti a Severus ad Emma ricorda qualcuno, ma non riesce a capire chi: è sé stessa. Immaginate Severus che rivive con la piccola emoor tutte quelle situazioni avute con l'amica di infanzia come deve stare. Quanto gliela deve ricordare, come si attacca alle piccole differenze tra le due (Emma è più bionda come Petunia, ma conserva nei suoi capelli delle venature ramate).

Vi lascio rimuginare. 
Aspetto vostri scleri e commenti.
E vi abbraccio. 
Con affetto.
vi


ps. Cercherò di pubblicare giovedì e sabato. Vi avviso se ci sono cambiamenti.

Ritorna all'indice


Capitolo 64
*** Il dono del secondogenito ***



. Il dono del secondogenito.




Severus era suo padre. Emma sbatté le ciglia. 
Era la figlia segreta di Lily Evans e Severus Piton.
 I ricordi successivi le scivolarono attraverso, senza che lei riuscisse davvero a vederli. Seguì il tutore a Hogwarts, vide chiaro il suo sprezzo per il ragazzo che 
nonostante tutto continuava a proteggere, la sua stanchezza, la sua delusione, ma era come se tutto fosse distante da lei, irraggiungibile ed etereo. 
 I tasselli erano scivolati al loro posto, ma Emma faticava ad accettare gli eventi e soprattutto faticava a crederci. Smaniava di fuggire da quei ricordi, di tornare alla realtà. Non le importava più 
davvero del mondo magico, della profezia e del suo destino, voleva solo delle risposte e le voleva da Severus.
 L'unica cosa che la teneva ancorata lì era la stretta di Harry sulla sua mano e la consapevolezza che anche lui non meritasse di rimanere da solo in quella follia. 
Lo aveva promesso. Sarebbe rimasta.
 “Severus. La ragazza ha bisogno di un tutore, mi chiedevo se tu....” mormorò Silente, guardando attentamente il giovane, accasciato sulla sedia di fronte a lui.
 “Non credo di esserne in grado, Albus” rispose stancamente l'altro, coprendosi il volto con una mano.
 “Ma è tua figlia” ribatté il preside, accigliandosi appena, stupito.
“Mia figlia?” disse aspro Severus, i lineamenti attraversati da una stilettata di dolore “Credevo che ormai le scorresse sangue diverso dal mio nelle vene, credevo che per te fosse più una pedina, un personaggio secondario del tuo grande piano”
 “Non fare così Severus.” esalò il preside “Era assolutamente necessario nascondere l'esistenza di Eileen, lo sai...”
 “Emma, non Eileen.” gli ricordò l'uomo “e forse era necessario, ma ora Albus mi chiedi di fare una cosa che non so come affrontare.
 Non sono un padre. Non l'ho mai fatto. Mi hai impedito di esserlo"
 “Saresti un padre ammirevole invece a mio modesto parere” disse il preside con un sorriso dolce “Ma non devi preoccuparti di questo ora, per lei al momento devi solo essere una guida, un insegnante e sai anche tu che ne sei perfettamente in grado”
 “Non può prendersene cura Lupin? È il suo padrino in fondo” disse agitato l'uomo, rifuggendo allo sguardo chiaro dell'altro.
 Emma mise a fuoco quell'aspetto e improvvisamente ricordò tutte le volte che Lupin le era stato vicino, che l'aveva aiutata, che era sembrato sul punto di dirgli qualcosa per poi rimangiarselo. 
 Non solo, pensò a tutte le volte che il mannaro aveva silenziosamente supportato Severus, con una stretta sulla spalla, un gesto che consigliava di mantenere la calma, un sorriso leggero. 
 Remus Lupin era 
buono. Aveva fatto del suo meglio. Remus era il suo padrino e lei, come Harry con Sirius, ora se ne trovava privata.
 “Lui si è reso disponibile in effetti” iniziò pacato Silente.
Severus fece una smorfia sofferente “Allora è deciso”
 “Remus si è reso disponibile, ma...” riprese Silente, inarcando un sopracciglio “Solo nel caso in cui tu ti saresti rifiutato. In effetti ha molto insistito perché tu ti prendessi a carico di Emma e mi ha detto di dirti che, secondo il suo modesto parere, Lily avrebbe desiderato con tutta sé stessa che la bambina stesse con te”
Le labbra di Severus si strinsero di disappunto e gli occhi si inumidirono, mentre fissava apatico Silente.
 “Una volta mi hai detto che ha i suoi occhi” mormorò rauco “Non posso nemmeno 
pensare di guardare in faccia una bambina con gli occhi di Lily, figurati farle da mentore”
 L'altro mago fece un sospiro, lo sguardo morbido e ferito, mentre si lisciava con una mano la barba candida.
 “Gli occhi della bambina sono cambiati” ammise piano, osservando Severus che lo fissava confuso e bastarono una manciata di secondi perché capisse cosa intendeva il preside.
 “Il Vinculum Pateret” sussurrò Piton e l'altro annuì.
 “È esatto. Il Vinculum Pateret, come natura di ogni legame di sangue, prevede il pagamento di un pegno. Il sangue di Alicia ha preteso di tramandare alla sua emoor i suoi occhi. Sono rimasti sempre verdi... ma particolari”
 “Conosco la leggenda” ribatté secco Piton “verdi con ombre”
 Per un momento cadde un silenzio profondo in cui i due uomini evitarono lo sguardo dell'altro e si ostinarono all'immobilità, forse sperando che qualcosa spezzasse quella tensione tra loro, o almeno che l'altro parlasse per primo.
 “Meglio così” mormorò infine Severus, esausto e lo sguardo di Silente era affettuoso nel guardare il suo pupillo, premuroso quasi.
 “Non le devi nulla, Severus. 
Lei ha dei genitori. Nessuno si aspetta nulla da te, se tu non vuoi. Le hai già dato la possibilità di vivere una vita serena. Devi solo essere un mentore per lei, solo per pochi mesi, fino a quando non entrerà ad Hogwarts, poi potrai sparire se deciderai così, lei tornerà a casa e non saprà niente di più: rimarrà una studente come tanti altri e prometto che rispetterò la tua scelta, qualunque essa sia, ma mi sento di dirti che questa è l'opportunità che hai per conoscerla. È tua figlia in fondo, non sei curioso?”
Severus fece un debole accenno di assenso. Le ombre danzavano sul suo volto pallido e stanco, insieme al dolore.
 “Allora è deciso” disse Silente. Non era una domanda.
 “Allora è deciso” mormorò Piton.
Il ricordo cambiò

Le immagini si fecero più veloci, frastagliate e confuse.
 Emma ed Harry, ancora per mano, assistettero al lavoro nell'ombra di Piton per tutti quegli anni. 
 Videro i piani di Silente, i pensieri dei due, i consigli. Videro ogni volta che Severus aveva messo sé stesso in secondo piano per il benessere degli altri: per salvare Harry, per proteggere Emma.
 Lo videro insieme a un'emoor più giovane e spensierata correre sul versante della collina, come aveva fatto con Lily bambina. Lo osservarono prendersi cura di Emma, guardarla di nascosto con adorazione, in tanti minuscoli frammenti di felicità. 
 Lo videro trascinarla fuori da ogni incubo, accorrere ad ogni pericolo, preoccuparsi ad ogni sguardo velato di tristezza, fino a quando non si imbatterono nella scena assurda di Piton con la bacchetta puntata contro il Ministro della magia, pronto a minacciare per poterla adottare.
 Spesso, con un certo stupore da parte di entrambi, lo videro anche parlare con Lupin. Il mannaro cercava sempre il confronto con quell'uomo scuro ed era una presenza suo malgrado confortante e costante. Emma aveva sempre intuito che Severus sopportasse Lupin più di altri, ma da quei ricordi frastagliati, l'emoor vide che c'era molto di più: Severus rispettava Remus.
 In un certo senso era come se i due fossero quasi due vecchi amici. In fondo erano ciò che rimaneva di un passato ingombrante, avevano ricordi e dolori comuni.
Emma ed Harry attraversarono quei ricordi in silenzio, non si lasciarono mai la mano, osservando tutto quello che avevano intuito e anche di più, senza osare commentare. Si imbatterono anche in fruscianti ricordi che rispondevano ai loro peggiori dubbi, alle loro intuizioni mai confermate, come l'accordo preso tra Silente e Severus per uccidere il preside.
Il ricordò cambiò.

 
Codaliscia sospetta qualcosa” sibilò Piton.
 Camminavano nei corridoi deserti della scuola, curiosamente vuoti nel caldo estivo. Persino geli occupanti dei ritratti erano assenti.
 “Cosa ti ha detto?” chiese Silente, per la prima volta allarmato.
 “Nulla di specifico. Una volta mi ha chiesto dove abbiamo seppellito la bambina dei Potter. Gli ho detto che non lo sapevo ovviamente e che non mi importava, ma ora studia Emma con molta attenzione, ieri notte l'ho trovato nella sua stanza.”
 Il silenzio di Albus si fece grave e un guizzo di preoccupazione passò negli occhi chiari. I due ragazzi lo videro aggrottare la fronte, mentre ragionava svelto dietro i suoi occhialetti dorati.
 “Emma sospetta qualcosa?” chiese infine l'uomo e Piton scosse il capo, con un mezzo sospiro. 
 “Non credo e ora ho spaventato Codaliscia perché le stia lontano”
 “Bene” annuì Silente “Forse però dovremo affrettare le cose”
 “Se quel ratto l'ha toccata io...”
 “Severus” mormorò benevolo il preside e Piton esalò un sospiro.
 Salirono la scala a chiocciola e arrivarono nello studio, immutato nel tempo. Albus gli lanciò un'occhiata lucida e affettuosa, lo invitò a sedersi e Piton eseguì, poi l'anziano si chinò verso di lui in un gesto pieno di confidenza, come se stesse per fare una battuta divertente.
 “Parliamo della mia morte, Severus” disse.
La smorfia dell'altro si contrasse, mentre ribatteva gelido- 
 “Non mi chiedi una cosa da niente”
 “Ma non potrei chiederla che a te”
 “Come pensi che la prenderà Emma dopo che ti avrò ucciso?” rise Severus amaro, quasi con sfida e Silente fece un sospiro triste. 
 “Per lei sarà molto difficile, lo so, ne sono consapevole, ma credo che capirà. È una ragazza molto intelligente, ha una smisurata fiducia in te e ama profondamente il giovane Malfoy”
 Piton fece una smorfia inacidita e Silente sorrise più naturalmente, colto di sorpresa e genuinamente divertito.
 “Cos'era quella smorfia? Non ti comporterai come un padre geloso con lei, Severus” lo stuzzicò.
 “Mi preoccupa il fatto che Draco faccia parte di una famiglia di Mangiamorte, sì” si difese lui “Dovrebbe preoccupare anche te”
 Il preside però ridacchiò apertamente, facendo accigliare l'uomo davanti a lui, che fissò nervosamente il soffitto. Emma si sentì arrossire e anche ad Harry sfuggì un mezzo sorriso.
 “Severus. Permettimi di dirti” disse il Albus “che l'anima di quel ragazzo non è guasta quanto quella del tuo amico Lucius”
 “Anche grazie ad Emma forse” borbottò Piton.
 “Anche, certo. Se solo non perdessi tanto tempo a borbottare, ti accorgeresti che sono una bella coppia e che quella di metterli insieme al corso di pozioni è stata un'ottima scelta. Lily ne sarebbe stata estasiata, non avrebbe mai fatto nulla per ostacolarli.”
 “Io non credo” disse contrariato Severus, incassando le spalle.
 “Oh io credo di sì invece” ridacchiò Silente “Ti avrebbe fatto notare come la storia si ripete. Tua figlia, amata e rispettata da tutti, circondata da amici fedeli che si innamora dell'unico ragazzo sconsigliabile della sua scuola. Lily avrebbe detto che quei due sareste potuti essere tu e lei se le cose fossero andate diversamente”
 Emma si accigliò leggermente riscuotendosi, in parte indignandosi.
 “Stiamo veramente assistendo a Silente e Severus che parlano della mia vita sentimentale?” domandò con sconcerto ed Harry, accanto a lei, annuì con energia e rise.
 “Perché mi hai chiesto di venire qui Albus?” li interruppe inconsapevolmente Piton, versandosi in una tazza color salvia il the speziato che il preside aveva fatto apparire.
 “Mi hai accusato di non fidarmi di te, Severus. Voglio dimostrarti il contrario” rispose Silente e lo sguardo dell'altro uomo si fece attento, mentre faceva cenno al preside di continuare.
 “Quello che ti dirò Severus è solo un'ipotesi e potrebbe non piacerti affatto, ma ti prego di ascoltarmi fino in fondo” disse l'anziano e aveva parlato con voce bassa e misurata, senza smettere di scrutare l'altro mago. Ancora una volta il Piton lo esortò a continuare.
 “Si tratta della connessione tra Harry ed Emma”
 “Che non è sparita” borbottò Severus.
 “Non sparirà” disse Albus tranquillo, bevendo un sorso del suo the “anzi posso dire con certezza che potrebbe rafforzarsi con il tempo”
 Ci fu un momento di silenzio in cui i due si osservarono.
 “È a causa del fatto che Emma è un'emoor?” domandò acido Piton.
 “No. La natura di emoor di Emma non c'entra con tutto questo. La connessione è causata da qualcosa di molto più profondo”
 Harry ed Emma si lanciarono uno sguardo, i cuori che rombavano nel petto, consapevoli del fatto di essere a un passo della verità e di fianco a loro Piton sembrava fatto di cera.
 “Vedi, Severus, la notte che Voldemort cercò di uccidere Harry Potter, il bambino sopravvisse grazie alla protezione fornita dal sacrificio della madre, che fece da scudo nonostante le fosse stata data la scelta di mettersi in salvo”
 Il volto di Piton si rabbuiò, ma Silente continuò a parlare, svelto.
“Grazie a Lily, Harry uscì praticamente illeso dallo scontro con Voldemort , all'infuori di una saetta sulla fronte.”
 “Questo lo sappiamo. La protezione di Lily è rimasta intatta dentro di lui per sedici anni, fintanto che Potter ha vissuto con Petunia” sbuffò Severus.
 “Esattamente” annuì l'anziano “ma non abbiamo mai tenuto conto del fatto che Lily quella notte non si frappose solo tra Harry e Voldemort, ma anche tra Voldemort ed Emma, nascosta alla vista del mago nella sua culla. È vero che Voldemort era lì per uccidere solo il suo primogenito, ma Lily voleva salvare 
entrambi i suoi figli e per entrambi era preoccupata”
 Severus si fece attento “Quindi anche Emma è protetta.”
 “Così credo” assentì Silente “Harry, passami il termine, 
usò la protezione fornitagli dalla madre per sopravvivere quella notte, ma in Emma presumo che questa sia presente ancora oggi”
 “Non capisco” mormorò Severus “quindi se Voldemort provasse ad ucciderla, potrebbe avvenire...”
 Silente lo interruppe alzando la mano, con un gesto elegante.
 “Non possiamo sapere se la maledizione rimbalzerebbe su Emma come è successo con Harry. È solo un'ipotesi e se mi permetti, anche piuttosto azzardata. Sono passati molti anni da quella notte e stiamo parlando di qualcosa di molto difficile da comprendere”
 “Cosa c'entra allora questo con la connessione tra i due ragazzi?”  chiese l'uomo, vagamente confuso.
 “La protezione di Lily vive dentro Emma e l'amore della madre scorre sotto la pelle di entrambi, rendendoli uniti. Ogni volta che Harry è in pericolo, piuttosto spesso a onor del vero, questa si attiva e spinge tua figlia ad aiutare il fratello, con ogni mezzo. Con l'aumentare del pericolo, si rafforza anche la loro connessione”
 “Per questo le invasioni di mente” mormorò Piton.
“Esattamente. C'è un amore molto potente ad unire quei due ragazzi. Quello di Lily per i suoi figli, quello che James provava per entrambi i bambini e quello che tu provi per Lily e per riflesso anche per Emma. Forse esiste anche l'affetto che li lega, ma che ancora non hanno avuto modo di sperimentare”
 “Quindi non si spezzerà mai” mormorò Piton sconvolto “la connessione esisterà fintanto che il ragazzo è in pericolo”
 “Severus” lo interruppe di nuovo Silente e gli occhi chiari non erano mai stati tanto dispiaciuti “Lascia che ti spieghi una cosa. Sai come funzionano gli Horcrux?”
 Piton annuì, perplesso e il preside riprese a parlare.
 “Quando Voldemort cercò di uccidere il bambino, la sua anima instabile si lacerò e un pezzetto di essa si staccò da lui e si legò a una delle due presenze vive nella stanza: Harry. Per questo il destino di Harry è così legato all'Oscuro Signore e per questo ha particolari abilità, come quella di parlare con i serpenti”
 “Non sappiamo se Emma è in grado di parlare con i serpenti, come puoi essere certo che l'anima dell'Oscuro non si sia legata a lei ma a Potter?” sbottò Piton, mortalmente pallido.
 “Le abilità eventuali di Emma sono una curiosa coincidenza” sorrise Silente “Credo che anche lei sia rettilofona e intendo scoprirlo durante le nostre lezioni, ma anche se così fosse, la sua abilità di parlare Serpentese deriverebbe dal suo sangue, che la lega alla Casa di Serpeverde. Tua figlia ora è a tutti gli effetti una discendente della Casa di Salazar e Alicia in fondo e potrebbe averne acquisito i poteri, l'abilità di Harry, invece, deriva indubbiamente da Lord Voldemort”
 Piton si fece pensieroso e serrò le labbra contrariato.
“Quindi mi stai dicendo che finché quel pezzetto di anima vive in Potter... Voldemort non può essere sconfitto”
“È così” confermò Silente con semplicità “Per questo il ragazzo dovrà morire e, al momento giusto, dovrai essere tu a dirglielo”
 Piton allargò lo sguardo, sorpreso ed Emma ed Harry tremarono spaventati. L'emoor cercò di parlare, ma il Grifondoro scosse leggero la testa, lo sguardo fisso sui due uomini di fronte a loro: Silente affranto e spezzato, Severus sconvolto e fragile.
 “Ma lo abbiamo protetto per tutto questo tempo” disse Piton “Lo abbiamo protetto perché era il figlio di Lily, ho rinunciato a molto per lui e ora tu mi stai dicendo che lo abbiamo allevato come carne da macello per farlo morire al momento giusto?”
 Aveva un'espressione disgustata stampata in volto, ma il preside  sorrise lui quasi con dolcezza, gli azzurri brillanti.
 “Ma non mi dire Severus” mormorò affettuoso “Ti sei affezionato al ragazzo dopotutto?”
 “A lui?” sibilò Piton, sgranando gli occhi scuri, incredulo e si alzò in piedi con fare solenne, puntando in alto la bacchetta, senza distogliere lo sguardo dal preside. 
 “Expecto Patronum” sussurrò e in un istante una cerva argentea apparve, trottando intorno a loro leggiadra.
 “Lily, Severus?” mormorò Silente “Dopo tutto questo tempo?”
 “
Sempre” disse lui in un soffio emozionato e pieno di dolore.
 Cadde un silenzio denso e pieno di pensieri, Emma si accorse che le lacrime le rigavano le guance e che anche Harry, accanto a lei, aveva gli occhi lucidi. 
Erano tristi.
Per Severus e il suo difficile destino, per ciò che aspettava Harry, per tutto quello che dovevano ancora affrontare. Si strinsero la mano quasi tremando, fino a quando Piton non si risedette sulla sedia, sotto lo sguardo attento del mago più anziano.
 “Emma non mi perdonerà mai”
 “Di cosa Severus?”
“Se faccio morire Potter. Se scopre che ho sempre saputo che il ragazzo doveva morire e non ho fatto nulla per provare a salvarlo. Mi odierà. La perderò”
 Gli occhi chiari di Silente, si assottigliarono, taglienti. 
 “In effetti c'è un modo per salvare il ragazzo” mormorò.
 Piton si fece attento “Va avanti”
 “So che quello che ti sto per dire non ti piacerà affatto” disse pacatamente “ma è una possibilità”
 “Spiega” sputò Severus tra i denti, teso come la corda di un violino.
 “Come ho detto il ragazzo deve morire” riprese il preside pazientemente “e deve essere Voldemort in persona a ucciderlo, ma non possiamo sottovalutare la connessione”
 “Che intendi?” domandò Piton, in allarme.
“Vedi Severus, per metà della sua la vita Emma ha sentito la necessità irrazionale di proteggere Harry e spesso ci è riuscita. Credo che questo possa essere un segno”
 “Un segno?” domandò aspro il Serpeverde.
“Un segno” ripeté Silente “Ragioniamo. Se Harry si presentasse al cospetto di Voldemort pronto a morire, ma Emma si sovrapponesse tra lui e la maledizione per difenderlo, come le consiglia di fare la protezione dentro di lei, che cosa succederebbe?”
 “Non se ne parla” sbottò Severus alzandosi, furente.
 “Severus siediti” insistette Silente “Parliamo per ipotesi”
 L'uomo si tese, il volto orribilmente contratto, sembrava al limite, pronto ad affatturare Silente, gli occhi brulicanti di pensieri e di rabbia, ma alla richiesta del preside, lentamente, tornò a sedersi.
 “Dimmi la tua” disse pacato l'anziano “Come andrebbe?”
 “Il ragazzo potrebbe essere protetto nuovamente dal sacrificio di sua madre attraverso Emma” strascicò Severus, con tono acido e nervoso e sembrava arreso e senza scampo.
“E la ragazza?” lo esortò il preside.
Piton lo guardò confuso “Morirebbe?” disse con un filo di voce.
 “Non se abbiamo fortuna” ribatté l'altro.
 “Fortuna, Albus? Stai parlando della vita di mia figlia”
 Silente fece un profondo respiro affranto.
 “Ti ho detto che non ti sarebbe piaciuto quel che avevo da dire, ma pensaci. Il sacrificio di Emma per Harry, specchio di quello fatto da Lily diciassette anni fa, proteggerebbe il ragazzo. In questo modo con la sua maledizione Voldemort ucciderebbe solo la parte sbagliata in lui, il pezzo di anima parassita e 
non Harry. Mentre la protezione di Lily che Emma ha ancora intatta dentro di sé, farebbe rimbalzare la maledizione...”
 “Hai detto che non ne abbiamo certezza” disse Piton gelido “Hai detto 
chiaramente, Albus, che sono passati anni e la maledizione potrebbe non rimbalzare”
 “È così” confermò l'uomo “Non ne abbiamo alcuna certezza. Harry ed Emma dovrebbero andare a fronteggiare la morte prendendo in considerazione la peggiore delle ipotesi: ovvero quella che 
entrambi non sopravviveranno. Non possiamo garantire loro nulla e il loro sacrificio, che è probabile che sia definitivo, salverà il mondo magico. Però pensaci, Severus, se c'è anche solo una piccola, minuscola possibilità che loro possano invece sopravvivere entrambi, insieme, non tenteresti? Non sarebbe bello e giusto, in fondo, riunire i due fratelli alla fine di tutto? Non ne sarebbe felice Lily?”
 Severus si alzò con rabbia, specie a sentire il nome di lei da Silente.
 “Potter è un tuo problema, se vuoi fargli fare il paladino della giustizia mandalo pure a morire, ma per quel che riguarda Emma puoi scordartelo. Ho lottato per tenerla al sicuro finora, ho 
rinunciato a vederla crescere per tenerla lontano da Voldemort. Non le permetterò di andare a morire per i tuoi piani”
“Credo,che dovrebbe essere la tua protetta a scegliere...”
 “No, Albus, non questa volta e poi Emma ha già abbastanza pesi sulle spalle. Grazie a te e al suo essere scellerato ormai è un'emoor con una profezia da seguire e ...”
 “Il destino degli emoor è quello di proteggere la scuola e sicuramente per farlo dovranno fronteggiare Voldemort.” intervenne Silente “Sai anche tu che arriverà il momento in cui il 
tuo Signore vorrà tornare qui, ma sacrificandosi per Harry e idealmente per salvare tutto il mondo magico, Emma non tradirebbe la sua natura di emoor. Anzi, permetterebbe al ragazzo di chiudere un cerchio, con un ultimo duello con Voldemort”
 “No, Albus. Puoi dimenticare i tuoi piani con smania di grandezza oggi” disse Severus con voce gelida, si allontanò dalla scrivania e si diresse verso l'uscita pieno di rabbia, con grandi falcate.
 “Promettimi che ne discuterai con i ragazzi a tempo debito, Severus” intervenne Silente, con voce tenue.
 “Non posso farlo. Non posso promettertelo. Dirò a Potter che deve morire se ci tieni tanto, ma terrò Emma fuori da questa storia e se Potter è magnanimo come dici, sarà d'accordo con me”
 “Dopo tutto quello che ha passato Harry non merita di essere abbandonato in questa ultima sfida”
 “E quello che ho passato io? E quello che ha passato mia figlia?”
 “Emma vorrà aiutarlo” disse pacato Silente “È un'anima pura."
 “È proprio questo che mi preoccupa” ribatté Piton e uscì dalla porta, sbattendola alle sue spalle.
Il ricordo si dissolse.”

Ci furono degli ultimi ricordi frettolosi che Emma non comprese, ma che fecero spalancare gli occhi del Grifondoro, specie quando videro Piton che faceva trottare la sua cerva in un cupo bosco.
Video Mangiamorte, riunioni e oscurità, rividero la morte di Silente e altri momenti di terrore, ma poi anche queste ultime immagini sfrigolarono e nessun altro ricordo comparve. Emma capì che non c'era altro da vedere e strinse forte la mano di Harry, spaventata improvvisamente all'idea di lasciarlo andare.
 “Potter” disse in fretta, mentre sentiva la connessione scivolare via "Ci troviamo all'ingresso”
 “Emma tu non sei costretta...”
 “Ci troviamo all'ingresso” rimarcò lei “A tra poco”
 Non sentì la risposta del ragazzo, perché con un potente schiocco venne espulsa dalla sua mente e si ritrovò di nuovo nella Stamberga Strillante. Si rese conto di essere sdraiata a terra, i muscoli le facevano male e la pelle era stranamente sensibile.
 Ci mise un secondo a rendersi conto che Severus la stringeva contro il suo petto, protettivo. Emma sentiva il suo cuore battere contro il suo orecchio sinistro e si mosse debolmente, riprendendo piano il controllo e il tutore si accorse che era tornata.
 “Emma” mormorò.
 Gli occhi neri pieni di dolcezza, indifesi, confusi e l'emoor ricambiò lo sguardo, sentendosi fragilissima. 
Cosa avrebbe dovuto dire all'uomo di fronte a lei. Grazie?
 
Severus aveva dato tutta la sua vita per lei. Per lei ed Harry. Per Lily. Aveva rinunciato a tutto quello che aveva e provava, calpestando i suoi sentimenti e il suo istinto e non aveva chiesto nulla in cambio. La ragazza schiuse le labbra, cercando le parole giuste, ma non le trovò, così alla fine semplicemente sorrise.
 “Ciao Papà” disse a bassa voce, guardando le lacrime scendere lungo le guance scavate di Severus.

. . .

Emma attese paziente.
 Solitamente quella strana calma l'avrebbe agitata e messa in allarme, ma ora, appoggiata al muro del castello accanto al portone divelto dell'ingresso, gli occhi socchiusi e il vento che la carezzava leggero, cercava solo di godersi quell'attimo di pace. 
 Non c'era nulla che poteva agitarla a quel punto.
 Sapeva già che cosa l'attendeva: l'ora concessa da Voldemort stava quasi per finire e lei, prima dello scoccare dell'ultimo minuto, si sarebbe trovata di fronte alla morte, inerme, con l'unico obbiettivo di salvare 
suo fratello Harry e di porre la parola fine a quell'assurda guerra di sangue, Case e pregiudizi.
 A quel pensiero si rese conto che forse non c'era fine più giusta e sorrise stancamente. Non cercò Potter con la connessione, sapeva di potersi fidare, sapeva che il ragazzo non sarebbe sgattaiolato via di nascosto evitandola. Non a quel punto. Non dopo quello che avevano scoperto insieme.
 La ragazza si passò una mano sul volto e lanciò uno sguardo verso l'ingresso. Le sarebbe piaciuto camminare un'ultima volta tra i corridoi del castello, guardare il parco dalle grandi finestre gotiche che l'avevano colpita fin dal primo giorno, o sbirciare i libri della sua amata biblioteca, dove tante volte aveva studiato con Hermione. 
 Le sarebbe piaciuto forse accoccolarsi un'ultima volta nel suo letto nella torre di Corvonero e riposarsi un poco, raccogliere i pensieri, forse, ma non c'era tempo, anche se si sentiva così stanca. 
 Con forza si impedì anche di andare a salutare gli altri, o anche solo di osservarli da lontano. Sentiva il bisogno infantile di abbracciare Ginny e farsi dire con quel suo tono deciso che sarebbe andato tutto bene. Avrebbe voluto stringere George e ridargli forza, avrebbe voluto avere la possibilità di dire a tutti addio a James e tutti i Corvonero e gli emoor che si sentiva in parte di abbandonare.
E ci sarebbero stati anche i Weasley, Hermione, i membri dell'eES, Blaise e i Serpeverde, ma sapeva di non poterlo fare.
 Se fosse entrata in Sala Grande in quel momento tutti loro avrebbero fatto domande, avrebbero cercato di proteggerla, avrebbero chiesto spiegazioni e infine l'avrebbero trattenuta con la forza, soprattutto James e Artemius, tanto più che il Serpeverde era convinto di doverla salvare da ogni pericolo.
 Emma sapeva di non avere tempo per le spiegazioni e di dover quindi lasciare quel mondo in punta di piedi, anche se era difficile. Chiuse gli occhi tremando, cercando di non far cadere nessuna lacrima. Respirò lentamente e pensò al volto di Draco, pieno di amore e speranza quando l'aveva baciato ore prima. Sembrava un ricordo appartenente ad un'altra vita.
 Emma si rese conto di quanto fosse crudele il loro destino: lei sarebbe morta per dare a Draco un mondo dove si sarebbero potuti amare e l'amarezza di quel pensiero le tolse il fiato e si accorse che lasciare Draco alle spalle sarebbe stata quasi la cosa più difficile da fare. 
Quasi. Perché l'addio doloroso lo aveva già dato.

 “Ehi” 
Harry.
Gli occhi verdi di lui erano tanto grandi che l'emoor avrebbe potuto caderci dentro, i capelli neri arruffati più che mai e il volto segnato e stanco, tanto quanto si sentiva lei.
 “Ehi” mormorò in risposta, con un attimo di indecisione, prima di lanciarsi contro il ragazzo e abbracciarlo con forza, e anche Harry ricambiò la stretta e per un momento rimasero immobili.
 “Severus?” domandò il Grifondoro con apprensione.
 “Sopravviverà” rispose Emma, cercando di ingoiare il dolore e il ragazzo si guardò dubbioso intorno.
 “Ti ha lasciato andare?” chiese infine, perplesso.
“Gli ho mentito” ammise lei, con un filo di vergogna “Gli ho detto che Silente aveva garantito a me e te che saremmo sopravvissuti. L'ho convinto ad aspettarmi alla Stamberga, a rimanere nascosto”
 Come aveva intravisto Draco in mezzo alla battaglia, nonostante avesse detto lui di starne fuori, l'emoor sapeva che anche Severus non sarebbe stato in grado di stare fermo a lungo, senza conoscere la sua sorte, che sarebbe probabilmente uscito dalla Stamberga, così com'era, ferito e debole e avrebbe reso vane le lacrime di fenice.
 “Mi dispiace” disse Harry con sincerità, forse leggendo le sue paure.
 “Anche a me” ammise lei, sbattendo le ciglia per impedirsi di far cadere le lacrime “Ma Severus ha mentito per tutta la vita per proteggermi, ho dovuto ricambiare il favore”
 Harry fece un sorriso stanco e allungò la mano verso di lei. Emma, ormai come un automatismo l'afferrò e si incamminarono lentamente, scendendo a passi misurati verso la foresta proibita.

. . .

 “Emma non andare” 
Il volto pallido, gli occhi scurissimi, come due lunghi gelidi tunnel. 
 Severus Piton aveva paura. Un terrore quasi disperato e una volta tanto, non temeva di mostrarsi senza maschere e senza filtri.
 “Sapevi che non mi sarei tirata indietro Sev, lo hai detto tu stesso a Silente” mormorò l'emoor dispiaciuta, il volto pieno di affetto.
 Carezzò quel viso devastato e stanco, che troppi avevano ingiustamente odiato.
 “Ma mi hai detto di pensare al futuro per una volta. Mi hai chiesto di farlo. Possiamo farcela. Possiamo vivere come una famiglia, Emma. Siamo vivi. Lascia che Potter faccia quel che deve. È il suo destino, non il tuo. Apriremo un negozio di Pozioni come volevi, staremo a Spinner's End. Insieme”
 Piton la stava quasi pregando, spalancando gli occhi lucidi, il volto contratto e confuso ed Emma riusciva a vedere quasi quel che lui le raccontava.
Sorrise con più dolcezza, afferrando lui la mano e tenendola tra le sue. 
 “È mio fratello, Sev. Ora che lo so come posso...”
 L'uomo fece una smorfia sdegnata, roteando gli occhi scuri.
 “Ho sempre pensato che ci fosse qualcosa di tremendamente Grifondoro in te”
 “Come Lily” ribatté lei e il professore sussultò leggermente.
 “Come Lily” mormorò a sua volta, dopo qualche secondo di silenzio.
 L'emoor si alzò lentamente, sapeva di non avere abbastanza tempo per chiedere spiegazioni e ascoltare il punto di vista del tutore e si trattenne dal fare domande, ma cercò le parole giuste per dirgli addio, senza che lui potesse fermarla, mentre si puliva distrattamente dalla polvere le ginocchia dei pantaloni.
 Era un'operazione completamente inutile dato che erano tutti inzaccherati e avrebbe dovuto a breve superare a carponi il passaggio stretto sotto l'albero, ma non riusciva semplicemente ad andarsene, lasciandolo lì, spaventato e ferito.
 Severus era stato troppo a lungo tutto il suo mondo, il suo appiglio più importante e lasciarlo scivolare via le sembrava totalmente sbagliato e innaturale.
“Emma, non posso perderti” sussurrò con angoscia l'uomo, come se intuisse i suoi pensieri, mentre due nuove lacrime sfuggivano dagli occhi color onice e cadevano lungo le guance scavate, nell'ultimo tentativo di trattenerla e l'emoor strinse le labbra con fatica, prendendo un grosso respiro.
 “Tornerò, Sev. Potrai parlarmi di tutto quello che non mi hai detto”
 “Se hai visto i ricordi, sai che non è affatto sicuro quello che stai per fare”
 “Silente è stato più positivo con me durante le nostre lezioni, mi ha detto che alle fine di tutto sarei sopravvissuta, anche Harry. Ce la faremo” disse in fretta la ragazza, chiudendo la mente per non cedere alla paura.
 Piton le lanciò una lunga occhiata, dubbioso “Davvero?” chiese.
 “Davvero” rispose lei, stendendo con dolore un sorriso per nascondere la bugia “Ti voglio bene pap࣠aggiunse in fretta, il cuore in gola, approfittando del dubbio sul volto di lui. Papà. 
 Assaporò quella parola con dolcezza amarissima, rendendosi conto di quanto fosse giusta associata a Severus.
“Emma, per favore...” iniziò rauco lui, ma lei lo interruppe.
“Stai qui. Stai al sicuro” si assicurò, cercando di tenere a bada il tremolio della voce e lo sentì arrancare, mentre cercava di mettersi in piedi. 
 “Emma promettimelo” la voce nel panico “Promettimi che tornerai qui.”
 Lei lo spinse di nuovo delicatamente a sedere e lo guardò un'ultima volta negli occhi, di nuovo fece spuntare un sorriso sulle labbra e per un istante rimasero lì, a osservarsi traboccanti di amore. Poi Emma si voltò, ignorando il tremore alle ginocchia e il vuoto devastante che si sentiva nel petto a lasciarlo lì.
 “Ti rendi conto che sei un eroe, Sev?” sussurrò e uscì, quasi di corsa, cercando di non sentire la voce disperata di lui che la chiamava.

*

Stai bene?” chiese Harry ed Emma si fece sfuggire un risolino amaro davanti a quel suo tono preoccupato e dolce.
 “Sì, sto bene” mentì “Sono solo preoccupata per Severus”
 “Se la caverà, con tutto quello che ha passato... è forte” mormorò il Grifondoro e l'emoor notò che c'era una punta di ammirazione in quell'affermazione, ma scosse il capo.
 “Rimarrà spezzato Harry” disse, dura, ma sincera “Non mi perdonerà mai di averli mentito. Di averlo abbandonato”
 “Andrà bene invece” sussurrò lui e per una volta la Corvonero decise di lasciarsi andare a quell'ottimismo così maledettamente Grifondoro e si limitò ad annuire “Tornerai indietro, Emma.”
 Camminarono in silenzio solo per qualche metro, prima che il ragazzo si fermasse e prendesse un grosso respiro.
 “Emma... tu non sei obbligata” disse, guardandola in volto “Potresti salvarti, tornare indietro già ora, stare con gli altri, con Severus”
 Lei in risposta strinse più forte la mano del ragazzo. Sapeva che avrebbero discusso di quel punto e sapeva perfettamente che risposte avrebbe dato: 
sorrise.
“No, Harry. So che non sono obbligata, ma voglio farlo” mormorò ed Harry sembrò tentennare, ma poi cedette di fronte a quello sguardo fermo e chinò leggermente il capo.
 “Molto Grifondoro come atteggiamento” la prese in giro.
 “Lily forse ne sarebbe fiera” sorrise lei.
 “Sicuramente”
 Ripresero a camminare lentamente.
 “Harry?” sussurrò la Corvonero.
 “Si?”
 “Se io non dovessi sopravvivere...”
 “Ce la faremo entrambi Emma”
 “Sai benissimo che non è detto” disse lei e lui annuì abbattuto.
 “Se non dovessi sopravvivere” riprese la ragazza “Va da lui, per favore. Va da Severus. Consolalo, fagli sapere quanto gli sono grata e dì a James e tutti gli altri quanto bene voglio loro”
 “Idem se non sopravvivo io però” disse il Grifondoro, goffo ed Emma inarcò un sopracciglio, contrariata. 
 “Sto andando incontro alla 
fottuta morte per proteggerti, Potter. Se sopravvivo io e non tu, ti vengo a prendere a calci nel regno dei morti, capito?” rise, amara, così simile a Sirius Black.
 Lui annuì leggermente, cercò quasi di sorridere, ma entrambi presero in quel momento consapevolezza che Harry aveva molte più possibilità di tornare indietro. Emma sarebbe morta per lui, lo avrebbe protetto con il suo corpo, l'emoor invece doveva sperare nella ormai obsoleta protezione della madre di cui nemmeno Silente era poi così sicuro. 
 Sospirarono entrambi nello stesso momento e il ragazzo la guardò con un'occhiata carica di terrore e responsabilità.
 “Se dovesse succedere lo farò. Parlerò con tutti loro” disse con voce calma, nel tentativo di tranquillizzarla.
L'emoor si distese un poco e accennò un sorriso triste.
 “Grazie Potter e poi dovresti fare lo stesso con Draco”
 “Godric, Emma mi chiedi parecchio” sbottò lui e lei ridacchiò, pensando che anche davanti alla morte le antipatie tra i due non riuscivano a passare in secondo piano.
 “Dirai addio a Draco da parte mia invece. Me lo devi. E come ultima cosa: Ginny.” sussurrò divertita lei.
 “Cosa 
Ginny?” sbuffò il grifone.
 “Se sopravvivi, Potter... sposala per Merlino e smettila di fare l'idiota” sbottò l'emoor ed Harry sorrise, ma entrambi tremarono dentro e cercarono di dimenticare cosa volesse dire avere speranza.

Camminavano silenziosamente, avrebbero potuto farsi mille domande, chiarire dubbi, raccontarsi come avevano passato tutti quegli anni separati, ma non ce n'era ragione. Stavano avanzando verso la morte, mano nella mano e farsi domande e cercare risposte sembrava una fatica inutile.
 Al limitare della foresta si fermarono. Era ancora buio e la brina brillava insensibile sul prato scuro, così come il cielo coperto di stelle che pareva di velluto. Hogwarts troneggiava sullo sfondo della notte.
 “Hai il tuo mantello?” chiese Harry e  l'emoor annuì indicando il petto, teneva il mantello dell'invisibilità nella tasca interna della divisa ormai lacera.
 “Brava, tienilo nascosto” disse Potter “Magari così non lo troveranno subito quando noi...”
 “Quando saremo morti” chiarì lei e lui fece una leggera smorfia “Se abbiamo fortuna, finirà sotto terra con noi” aggiunse acida Emma.
 “Se abbiamo fortuna lo useremo per tornare al castello” mormorò Harry e l'emoor si sentì percorrere da una strana adrenalina, mista a stanchezza. 
Voleva che tutto finisse in fretta.
“Andiamo Harry?” disse piano, con un cenno alla foresta.
 “Devo fare una cosa prima” mormorò lui, tirando fuori dalla tasca un boccino d'oro e ci poggiò le labbra sopra come se fosse la cosa più normale del mondo e quello si aprì con uno scatto gentile.
 All'interno c'era una pietra.
 L'emoor rimase interdetta solo un secondo, prima di ridacchiare quasi isterica ed Harry alzò il capo e la guardò incuriosito.
 “Perché ridi?” chiese sconcertato.
 “Non mi dire che quella è la Pietra della Resurrezione, maledetto Harry Potter” sbottò lei.
 “Non lo so” ammise il ragazzo “Potrebbe essere”
 “Il mantello, la pietra e la bacchetta di Sambuco. Sei il padrone dei doni” rise amara l'emoor, scuotendo la testa, non sapeva nemmeno più se per divertimento, o esasperazione.
 “La bacchetta no, Piton è sopravvissuto.”
 “Draco” rispose Emma tranquillamente, rivelando i ragionamenti che aveva fatto alla Stamberga mentre aspettava che il tutore si svegliasse e guardò gli occhi verdi del ragazzo farsi un attimo confusi per poi allargarsi pieni di stupore, mentre abbassava lo sguardo sulla bacchetta del Serpeverde, stretta tra le sue mani.
 “Ma anche tu hai un mantello” fece notare Potter “Non è detto che il mio sia quello dei tre doni... Non è detto che io li abbia tutti...”
 Il ragazzo sembrava sviare da quell'ultima responsabilità ed Emma strinse le labbra, pensierosa. Il segreto del mantello uguale era irrisolto, ma scosse le spalle, mostrando sicurezza per il ragazzo di fronte a lei, aveva 
bisogno che almeno a lui non mancasse il coraggio.
 “Infatti ti sto scortando dalla morte” ribatté pacata e le sembrò nuovamente che fosse tutto maledettamente giusto e doloroso.
 Harry fece un sorriso stanco. Entrambi rimasero per una manciata di secondi assorti, a fissare la pietra.
“Cosa ci facciamo con quella '
Signore della morte'?” disse la ragazza ironica, indicandola con il mento.
 “Proviamola” rispose lui “Ce lo meritiamo”
 Prese la mano dell'emoor e la poggiò sulla sua mentre la pietra ruotava. Le ombre, simili a fantasmi, ma così solide da sembrare quasi reali, uscirono dalla pietra stretta nelle mani dei due ragazzi una ad una, lentamente.
 Emma vide per primo James Potter che subito si rivolse al figlio, ma lei non ci fece quasi caso, perché di fronte a lei Alan O'Shea, così come l'emoor lo ricordava l'ultima volta che lo aveva salutato alla stazione di King Cross, con la sua corporatura grande e grossa e il sorriso buono, la guardava negli occhi, tenendo il braccio avvolto intorno alle spalla esili di Lydia O'Shea. 
 Sorridevano sereni, quasi allegri ed entrambi poggiavano le mani libere, protettivi, sulle spalle di Steph, i capelli biondi arruffati, gli occhi chiari e la pelle coperta di lentiggini.
 Era minuscolo. 
Emma non lo ricordava così piccolo.
 “
Un bel tipino quel Silente, eh” disse Alan, inarcando un sopracciglio, la risata forte che Emma aveva ben presente e che aveva cadenzato la sua infanzia che esplodeva nell'aria, mentre l'emoor muoveva le labbra per dire qualcosa, senza riuscirci.
 “Stai bene?” le chiese subito la madre, dolce. 
 Aveva usato il tono che aveva quando Emma da piccola prendeva qualche malanno, o aveva la febbre: caldo, accogliente, 
preoccupato
 L'emoor annuì con fatica in risposta, un nodo alla gola, gli occhi giganti che cercavano di cogliere ogni dettaglio: non si era accorta che le mancassero così tanto, ma vederli lì, di fronte a lei, così veri, era bellissimo e doloroso insieme.
 “Siamo molto orgogliosi di te” sussurrò la donna con dolcezza, un sorriso sulle labbra che illuminava anche i suoi occhi timidi.
 “E soprattutto siamo contenti che ci fosse qualcuno come Piton a prendersi cura di te” ribatté Alan.
 “Esatto siamo molto grati a Severus per tutto quello che ha fatto” annuì Lydia, scambiando uno sguardo tenero con il marito.
 L'emoor si sentiva soffocata dall'emozione, instabile, come se la terra le tremasse sotto i piedi e li guardava sconvolta e felice, cercando tutti quei dettagli che aveva temuto di aver dimenticato.
 “Grazie a voi” sussurrò commossa “Per tutto”
 I genitori annuirono nuovamente all'unisono, con sguardi orgogliosi e brillanti ed Emma abbassò il suo, tremante, sul volto di Steph, che le sorrideva furbo senza dire nulla. Si sentì felice di vederlo così diverso da come lo ricordava negli incubi. Era ancora il ragazzino allegro e sorridente che aveva popolato la sua infanzia.
 “Ciao Steph” mormorò. 
Era così piccolo.
 “Ciao” rispose lui, con naturalezza.
 Il cuore dell'emoor perse un battito sentendo la sua voce e lo sentì tremendamente vicino, come se fosse ancora una dodicenne che si godeva l'estate, correndo con il migliore amico e mangiando gelati.
Forse era perché vicina alla morte?
 “
Emma”

La Corvonero si voltò di scatto, il cuore che le batteva nel petto, la fronte imperlata di sudore. Di fronte a lei Remus Lupin, meno stanco e arruffato di come lo ricordava, la guardava con affetto e orgoglio. 
Sembrava così reale.
 “
Remus” sussurrò la ragazza “Remus mi dispiace così tanto”
 Lui scosse la testa con un sorriso dolcissimo “E per cosa?”
 “Avevi appena avuto un figlio” fece notare lui Harry ed Emma si riscosse sentendo il Grifondoro parlare, a
veva completamente dimenticato la sua presenza, nonostante gli stringesse la mano.
“Ho combattuto anche per mio figlio” disse tranquillo il mannaro “Ho combattuto per tutti noi”
 “Sei il mio padrino Rem” sussurrò l'emoor, con uno strano bisogno di sentirlo vicino e di essere riconosciuta per quello che era: la figlia di Lily Evans e Severus Piton.
 “Lo so” disse lui con uno sguardo tenero e liquido “avrei voluto davvero fare molto più di quel che ho fatto”
 Emma schiuse le labbra, pronta a dire lui quanto invece era stato prezioso per lei, quanto gli era grata per il silenzioso appoggio che le aveva dato non solo a lei, ma anche a Severus, ma venne interrotta da una voce di donna.
 “Diciamo che come padrini per i miei figli ho scelto due disgraziati”
Lily. Lily Evans. L'emoor trattenne bruscamente il respiro e sentì anche Harry irrigidirsi al suo fianco.
 Leggiadra, 
bellissima, la giovane di fronte a lei sorrideva divertita a Remus e Sirius. Emma notò solo in quel momento la presenza di Black, più giovane e bello di come lo avesse conosciuto in vita, che rideva apertamente accanto James Potter, ma non se ne curò.
 
Aveva occhi solo per lei.
 
Si riconobbe nel modo in cui Lily portava i capelli sulla spalla sinistra, nell'aria divertita che aleggiava sul suo volto, nello sguardo complice con i suoi amici. Si riconobbe nella risata trattenuta, nel smorfia pacata, nel modo in cui si mordeva il labbro inferiore.
 Lily le assomigliava moltissimo, o meglio Emma assomigliava a lei.
 “Mamma” sussurrò l'emoor spiazzata, la voce rauca.
 E quando Lily si voltò verso di lei, Emma si rese conto in quel momento, che era il volto della donna che aveva popolato i suoi incubi con le sue grida per tutti quegli anni, quasi irriconoscibile in quel momento, perché non era stravolto dal dolore, ma era dolce ora, sereno. Emma aveva sognato la sua morte.
Tutti i tasselli, una volta di più, scivolarono al loro posto.
 “La mia bambina” disse Lily, spostando lo sguardo da Remus a lei  “i miei bambini. I miei coraggiosissimi figli” aggiunse, guardando lei ed Harry con dolcezza e orgoglio. 
 E l'emoor ebbe un'illuminazione e si voltò di scatto verso Sirius:
 “Era lei l'amica a cui somigliavo?” chiese e lui le fece in risposta uno di quei sorrisi tesi, da lupo, che le mancavano tanto.
 “Come due gocce d'acqua” borbottò l'uomo.
 E sembravano tutti dannatamente reali. 
Vivi. Ed Emma capì perché tanti maghi avevano sperato che quella dannata pietra esistesse davvero e perché il mago della storia di Beda il Bardo fosse impazzito nel possederla.
 “Fa male?” chiese Harry al suo padrino e aveva una certa urgenza nella voce perché il tempo stringeva.
 “Morire?” chiese Black dolcemente “No, affatto, è più facile e veloce che addormentarsi”
 “Starete con noi?” domandò l'emoor, di nuovo spaventata.
 Perché non voleva rimanere sola e quelle sagome, per quanto si continuasse a ripetersi che fossero solo un ricordo fasullo, come le memorie delle Ombre che le avevano invaso la mente dopo la sua marchiatura, la scaldavano con la loro presenza.
 “In ogni momento” rispose Lily ed Emma guardò con affetto i volti dei genitori che l'avevano cresciuta, del suo amico di infanzia, dei Malandrini e della sua vera madre. 
 Si soffermò su James Potter e gli sorrise con sincerità e gratitudine, ricevendo in cambio uno sguardo commosso e pieno di amore.
 “Lilith è li con voi?” chiese incerta, tornando a guardare il padrino.
 “Lilith e Fred stanno bene” sussurrò lui e si avvicinò alla ragazza, mettendogli la mano sulla spalla “E tu ed Harry vi prenderete cura di Teddy?”
“Non sappiamo se sopravviveremo Rem” ribatté l'emoor.
 “È probabile di no, in effetti” sussurrò Harry “Credo che anche tu abbia scelto due disgraziati come padrino e madrina”
 “Allora 
se tornerete” disse Lupin con un sorriso triste ed entrambi i ragazzi annuirono in risposta, mentre Lily si avvicinava a loro, la mano sinistra sulla spalla della figlia e l'altra su quella del figlio.
 “Andrà tutto bene” disse la donna e c'era qualcosa di così confortante nel suo tono di voce, che Emma vi si affidò completamente, lasciandosi cullare da quelle parole.
 “Vi vedranno?” chiese tremante Harry al padre, ma James scosse la testa in risposta, un sorriso così uguale a quello del figlio.
 “Siamo parte di voi” sussurrò a entrambi Sirius.
 “I miei coraggiosi figli, vi amiamo così tanto” mormorò Lily nuovamente ed Emma ed Harry si lanciarono un'ultima occhiata e avanzarono verso la foresta.
Tenendosi stretti.

. . .

La radura era quasi circolare e piuttosto affollata. 
 Emma, nascosta con Harry tra gli alberi, riconobbe i volti di molti dei Mangiamorte presenti e scorse anche Narcissa, pallida e concentrata, accanto a Bellatrix, protesa invece con una leggera preoccupazione verso il suo Padrone: Voldemort.
 Il mago, come l'emoor aveva immaginato, era seduto su un scranno improvvisato, i piedi scalzi, le vesti neri che gli aveva sempre visto addosso al Manor e Nagini accanto, chiusa nella sua sfera.
 “Credevo che Potter sarebbe venuto” stava mormorando ed era sinceramente incredulo, Emma lo capì nel sentire una nota tesa nella sua voce bassa, quasi sconcertata.
 L'emoor lanciò un'occhiata veloce ad Harry che annuì in risposta. La pietra scivolò dalle loro mani mentre si facevano avanti, entrando nella radura dove sedeva l'Oscuro Signore. La ragazza percepì le ombre dei loro cari che si dissolvevano nel nulla e nonostante la mano del Grifondoro stretta nella sua, si sentì tremendamente sola, mentre l'ansia le puntellava il cuore.
 -Va tutto bene- le disse dolcemente Harry, attraverso la mente, come un vero fratello maggiore.
 -Maledetto coraggio Grifondoro- sussurrò lei.

 “Harry No!” gridò con voce disperata Hagrid, che era stato legato con grosse funi ad un albero e sembrava piuttosto malmesso.
 “Emma” sussurrò invece una voce di donna, molto più elegante e affranta e l'emoor vide Narcissa guardarla con occhi sgranati, una mano sul petto, le labbra tremolanti. 
 Accanto a lei anche Bellatrix la osservava quasi spaventata, incredula, seppur ancora protesa verso il suo Signore e la ragazza scambiò con loro uno sguardo veloce, dispiaciuto, soffermandosi appena sugli occhi chiari della madre di Draco, provando per lei un affetto e una gratitudine travolgenti. 
 “Tuo figlio sta bene” avrebbe voluto gridare Draco è buono”, ma Voldemort attirò la sua attenzione, alzandosi lentamente dal suo scranno improvvisato e aveva gli occhi rossi come mai Emma li aveva visti prima, una smorfia contratta che a stento nascondeva l'espressione di vittoria che gli aveva illuminato il volto pallido in un veloce lampo. Si girò lentamente verso di lei, osservandola attento.
 “Mi hai portato il ragazzo” sibilò, 
quasi compiaciuto ed Emma si sentì tremare, ma annuì in risposta, stringendo la mano di Harry.
 “Lo hai fatto perché non venissero uccise altre persone, vero? Hai ascoltato il tuo dolore giovane Piton O'Shea?” disse e  si avvicinò a lei, allungando una mano per carezzarle una guancia.
Emma si sentì gelare, ma non arretrò e le labbra dell'uomo si arricciarono in un sorriso tremendo e soddisfatto. 
 “Sangue del mio sangue” sussurrò e lei non rispose.
 L'attenzione del mago si rivolse ad Harry, che tremava leggermente al fianco dell'emoor, lo osservò tranquillo, il volto quasi inespressivo, gli occhi rossi immobili.
 “Harry Potter” sibilò lentamente, arretrando di qualche passo “Il ragazzo che è sopravvissuto... venuto a morire”
 Le sue parole furono dolci e rimasero sospese nella radura, mentre tutti trattenevano il respiro e Hagrid gridava la sua disperazione.
 Emma si stupì solo distrattamente dell'arroganza del mago, 
così cieco,  così convinto che lei gli stesse consegnando Harry Potter, solo in nome del sangue che scorreva nelle loro vene. Pensò quasi di farglielo notare, Emma, ma capì di non averne il tempo. Perché fu un attimo, un solo istante.  Mentre Voldemort alzava la bacchetta e pronunciava la formula dell'Anatema che uccide, lei si spostò dal fianco del ragazzo, lasciando lui la mano. Il cuore che batteva nel petto, il respiro spezzato e un unico obiettivo nella mente: difendere il bambino che era sopravvissuto, difendere suo fratello.
 La ragazza si mise in fretta di fronte al Grifondoro.
 -Ti voglio bene- mormorò, attraverso la connessione.
 -Idem - le rispose lui.

 Emma Piton O'Shea, l'emoor, la Corvonero, l'ago della bilancia, la figlia di Severus Piton e Lily Evans, nata Eileen Evans e cresciuta da Alan e Lydia O'Shea, discendente di Alicia Serpeverde e Thomas Corvonero, difese Harry Potter con il suo stesso corpo. 
 Le braccia larghe, il petto sollevato, lo sguardo illuminato da un coraggio che non sapeva di avere, fisso in quello di Lord Voldemort, si offrì come scudo umano.
Pensò a Draco, Emma. Pensò ai suoi occhi grigi tormentati, al suo 
odore che avrebbe riconosciuto ovunque. Pioggia in arrivo. Menta. Caffé.
 Pensò ai suoi abbracci delicati e timorosi, i loro baci irruenti, le risate trattenute. Pensò alla sua stretta gentile sulla sua vita, al respiro lento di quando dormiva tranquillo e senza incubi e soprattutto al suono della sua risata. 
 Riuscì a pensare a tutto questo e provare sollievo e l'ultima immagine a cui la sua mente riuscì ad aggrapparsi fu quella di loro due al Manor, sulla scopa nuova del ragazzo, stretti l'uno all'altra, mentre volavano sul suo giardino, i capelli così biondi nel vento.
 Poi il corpo della ragazza cadde come un sacchetto vuoto sul terreno e ci fu un grande silenzio e Voldemort la guardò, inerme, scioccato,
 per un solo secondo, prima di alzare il volto su Potter e fissarlo con dell'odio purissimo nel suo sguardo rosso sangue. 
 Emise un grido rauco, soffocato.
 “Tu... tu! Guarda cosa mi hai fatto fare!” berciò furente.
 Era stravolto per aver ucciso un'emoor, per aver ucciso quell'ultimo sottile collegamento alla sua famiglia che aveva provato a preservare, era 
spaventato di aver così attivato la profezia.
 Harry Potter sentì la rabbia crescente dell'uomo, ma non rispose. Rimase fermo, lo sguardo sulla ragazza morta ai suoi piedi. 
 Emma era bella in quel momento, stesa a terra con gli occhi chiusi, i capelli chiari sparsi intorno al volto delicato. Come quando dormiva, sembrava indifesa, più piccola della sua età.
 Harry placò la rabbia che gli avrebbe imposto di vendicarsi, perché sapeva che 
non era la cosa giusta da fare. Strinse i pugni, per impedirsi di prendere la bacchetta, perché sapeva di non potersi difendere. Alzò lo sguardo verso Voldemort con un leggero sorriso e rimase in attesa.

 “
AVADA KEDAVRA!”


*Angolo Autrice*

Ciao Lettori! 
Come state?

Questo è un capitolo secondo me molto intimo e particolare. 
è un capitolo che, alle soglia della battaglia finale, sa quasi di arresa e pace. 
Il titolo si riferisce ovviamente alla pietra della ressurrezione, ma fa l'occhiolino anche alla possibilità che Emma, come seconda figlia, possa far sfuggire Harry dalla morte. 
Ancora una volta non vorre dirvi molto, sono capitoli che per me sono di grande emozione, perché è stato difficile scriverli, ma che voi potreste vivere in modo vario. 

Quindi lascio qualche punto/spunto:

. Mi spezza vedere e immaginare quanta sofferenza debba aver provato Severus, ma soprattutto a quanto amore deve averlo scosso. Il coraggio di quest'uomo, la sua dedizione sono incredibili. A questo punto della storia, pensando a tutto quello che hanno passato lui ed Emma tremo sempre. 
La frase più dolorosa da scrivere, per me, è stata questa:
 Non sono un padre. Non l'ho mai fatto. Mi hai impedito di esserlo.
. Ho fatto un piccolo cenno a Codaliscia e la sua estate a Spinner's End. 
. Si scopre finalmente il legame tra Emma ed Harry, dato dalla protezione di Lily, ancora attiva nella ragazza, che la spinge a proteggere, in nome della madre, anche il primogenito, ad ogni costo, degenerando sempre di più.
. Il motivo per cui Emma può salvare il fratello, mi sembra molto logico, ma vedrete che ogni cosa verrà spiegata anche meglio nel prossimo capitolo. 
. Ve lo immaginate come deve essersi sentito Severus durante il colloquio con Albus? Ci credo che poi quel povero uomo non voglia pensare al futuro. 
. Sulla scena tra Emma e Severus alla Stamberga, sia il momento in cui si ritrovano che l'addio, ho molto ragionato come procedere e ho pensato che chiamare finalmente Severus 'papà', senza strani rigiri come 'sei come un padre', o 'un tutore', fosse la cosa più intensa possibile. Non solo per Emma e la sua accettazione, ma soprattutto per Severus, che dopo interi minuti vissuti nella consapevolezza di quel che la ragazzina sta vedendo, la vede svegliarsi e chiamarlo come in fondo lui ha sempre desiderato. 
L'addio è doloroso, ma consapevole. Entrambi sanno che l'altro sta reagendo alla cosa come avrebbero sospettato. 
. I pensieri di addio di Emma sugli amici e Draco, mi hanno straziato. 
. La pietra tenuta da entrambi i neo fratelli mi ha sciolto, ho richiamato per loro tutte quelle immagini genitoriali o di riferimento (per questo non ci sono per esempio Lilith e Fred) i due ragazzi vogliono e devono sentirsi protetti. Al di là della dolcezza di Alan e Lydia e dell'emozione per l'incontro con Lily e Remus a spezzarmi sono il 'ciao' di Steph e la presa di consapevolezza di Emma di quanto sia minuscolo, nel suo rimanere per l'eternità solo un bambino, sempre più lontano da lei, ormai cresciuta e il ghigno da lupo di Sirius. Mi scioglie poi lo scambio quasi impalpabile tra James e l'emoor. Come ho detto ad altri nelle risposte alle recensioni questo è il mio personale percorso di riabilitazione nei confronti di Potter senior, che ho dovuto provare, perché ho sempre avuto difficoltà ad apprezzarlo. 
. Nella radura ho voluto tenere come da Canon Hagrid, ma non è certamente un personaggio che è legato all'emoor, per aggiungere un po' di emozione (e anche perché piuttosto giusto) ho deciso di soffermarmi su Narcissa (che personaggio!!)
. Emma muore, sembra più piccola della sua età, come quando dorme. A immaginarmela senza vita un pezzo del mio cuore si è spezzato inesorabilmente. 

Grazie mille del vostro supporto. A sabato. 
Curiosi?
Con tantissimo affetto per voi. 
vi

Ritorna all'indice


Capitolo 65
*** Il pensatoio delle risposte ***



. Il pensatoio delle risposte .




Emma si accorse come prima cosa dell'assenza di dolore.
 I punti in cui era stata colpita dalla parete che aveva ucciso Fred e Lilith, le ginocchia che avevano battuto contro il pavimento della Stamberga Strillante nel soccorrere Severus, le spalle contratte dalla fatica del combattimento accanto ad Artemius, non le facevano più male. A dirla tutta si sentiva parecchio leggera.
 Era come se l'ansia, l'angoscia e la paura fossero improvvisamente scomparse. Le preoccupazioni che l'avevano tenuta in vita durante la battaglia arrivavano morbide al suo cuore, lontane, delicate. 
 Si sentiva stranamente calma, vuota e con un leggero tremore di ciglia, causato dalla luce abbagliante che percepiva attraverso le palpebre, socchiuse gli occhi e lentamente si mise a sedere. 
 Era nel nulla. Intorno a lei tutto era di un bianco sgargiante, immacolato. Si guardò intorno stupita, chiedendosi dove si trovasse.
 “Emma” 
Silente.
 La ragazza si voltò di scatto con il cuore in gola, piena di stupore nel trovarsi di fronte il vecchio preside di Hogwarts. Le vesti color pervinca, la barba candida e lo sguardo, illuminato da un sorriso commosso, che brillava dietro le lenti degli occhialini a mezzaluna, che erano gli stessi di sempre.
 “Professore” sussurrò commossa.
Quello di fronte a lei era l'uomo che per primo le aveva detto di essere una strega e sembrava che non fosse passato un solo giorno da quando lo aveva visto cadere dalla torre di Astronomia.
“Professore” ripeté, tirandosi in piedi “Lei è...”
“Vivo?" concluse per lei l'uomo “No, sfortunatamente, non direi no” e sembrava stranamente allegro nell'affermarlo.
 “Sono morta io quindi?” chiese la Corvonero, tastandosi il petto come per assicurarsi di esistere.
 “È presto per dirlo questo” rispose l'anziano, inclinò la testa di lato, osservandola con affetto e curiosità e l'emoor sostenne il suo sguardo attenta, stupendosi quando vide il sorriso dolce di lui allargarsi ancora di un poco.
“Mia coraggiosa, meravigliosa ragazza, credo tu sia a un bivio.”
Emma si guardò intorno. Il bianco accecante sembrava estendersi all'infinito da ogni lato, compatto. Non c'era segno di strade, o porte, o muri, o possibilità di scegliere una qualunque direzione.
“Questo sarebbe un bivio?” chiese perplessa.
 “Facciamo due passi” le propose il preside, ignorando la sua domanda e l'emoor gli si affiancò e per qualche istante rimasero in silenzio, avanzando lentamente nel nulla, occupandosi solo del dondolio dei loro passi, fino a quando l'impazienza non fu troppa.
“Professore, ho molte domande” disse lei con sicurezza, decisa ad avere le risposte che cercava.
 “Certe cose non cambiano mai” sorrise il preside e anche la Corvonero fece una mezza smorfia divertita.
 “Per una volta però” riprese lui con voce calma “Abbiamo tempo per parlare, ho tutte le risposte che desideri avere e non devo nasconderti nulla, ma prima voglio chiederti io una cosa”
“Prego” assentì la ragazza.
 “Dove siamo?”

L'emoor si guardò intorno perplessa, aveva sperato che fosse lui a darle quell'informazione. Non c'era niente ad avvolgerli, nessun elemento che potesse suggerirle la risposta giusta.
 “Siamo in un pensatoio?” chiese di istinto.
 Non le sembrava in fondo molto diverso dal nulla in cui lei ed Harry erano stati a lungo immersi, mentre guardavano i ricordi di Severus. Ad Emma sembrarono essere passati anni da allora e con sconcerto si chiese da quanto fosse lì dentro e si stupì nel constatare che probabilmente il tempo, in quel bianco latteo, non esisteva, o almeno non la concezione di tempo che aveva lei in vita.
 Silente arricciò le labbra in un sorriso, annuendo piano, colpito.
 “Harry pensava fosse una stazione, ma io sono d'accordo con te. L'ipotesi di un pensatoio è più affascinante”
 “Harry è qui?” chiese l'emoor guardandosi intorno, come se si aspettasse di trovare gli occhi verdi del ragazzo poco distante, mentre l'ansia che pensava di aver dimenticato tornava a pungolarle lo sterno “Non è sopravvissuto?” chiese.
“Calma” la ammonì Silente con tranquillità “Harry è qui da qualche parte e sta parlando con me. Sta bene.”
 “Ma lei è con me” fece presente la ragazza, provocando una mezza risata divertita nel mago.
 “Tante cose sono possibili in un pensatoio” le disse lui, riprese a camminare e la ragazza si vide costretta a seguirlo, ansiosa di avere le sue risposte.
Nel silenzio, il pensiero di Severus solo, sul pavimento della Stamberga Strillante, che l'attendeva speranzoso, improvvisamente le pungolò la mente. Cercò di scacciarlo per poter rimanere lucida, ma il dolore fece per un momento breccia nel suo petto, insieme all'urgenza. Doveva avere risposte.
 
“A costa stai pensando. Emma” chiese il mago.
“Perché mi ha chiesto dove siamo?” domandò lei.
“Trovo affascinante l'idea che dopo la morte ognuno finisca in un pensatoio personale. Se in vita si è studiato, si ha avuto curiosità e si è avuta la forza di viaggiare, leggere e conoscere, la morte può essere piena di avventure e risvolti interessanti, altrimenti...”
 “Si finisce nel nulla” finì per lui la ragazza, accigliata.
 “Esattamente” assentì l'anziano.
 “E siamo qui perché dobbiamo parlare del passato, giusto?” ipotizzò l'emoor e lui annuì di nuovo.
 “Precisamente” disse con dolcezza “Il tuo acume non smette mai di stupirmi, nemmeno qui. Vuoi iniziare?”
 “Da dove?”
 “Dove preferisci”disse e lei annuì. 
 “I miei genitori” cominciò sicura e davanti a lei si formarono le immagini di Adam e Lydia O'Shea. 
 Erano sorridenti come nei suoi ricordi, così come erano usciti dalla pietra della risurrezione prima che lei entrasse nella radura. Erano belli e giovani, gli sguardi estremamente dolci e il braccio di lui come sempre protettivo intorno alle spalle della donna.
 “Due brave persone, vero?” disse Silente con un sorriso, lanciando un'occhiata ai due, prima che svanissero ed Emma si ritrovò a fissare il muro bianco che si lasciarono alle spalle. 
 “Non hanno mai saputo che io non fossi la loro vera figlia, vero?”
“Esatto, hanno sempre creduto che tu fossi Emma, non Eileen”
“Severus, nei suoi ricordi pensava che lei mi avesse legata a loro per paura che non nascesse un'altra emoor” azzardò lei, tagliente “Era vero? Era tutto un piano?”
 “Severus provava molto rancore nei miei confronti per averti diviso da lui al tempo” disse pacato il preside.
 “Non può dargli torto. Lei era sempre un passo avanti a tutti”
“È il peso di chi ha una mente brillante, convengo, ma per rispondere alla tua domanda: in vita mi sono macchiato di più scelte a tavolino, a volte discapito della felicità di altri per preservare il bene collettivo, ma non in questo caso. Ti posso garantire che scoprii solo dopo le radici della tua nuova famiglia e trovai la coincidenza interessante, ma il primo impellente bisogno che avevo era di nasconderti al resto del mondo e di metterti al sicuro”
 Emma, per qualche motivo, gli credette e non indagò oltre.
 “Ma perché? Perché non potevo stare con mio padre?”
 Lo sguardo cristallino del mago ebbe un guizzo di tenerezza a quelle parole, il volto si distese in una smorfia morbida.
 “Sono molto contento che parli di Severus in questi termini” disse e
l'emoor si sentì arrossire appena e fece un cenno a lui perché rispondesse alla sua domanda.
“Non potevi stare con lui perché sapevo che qualcosa di grande era successo nella piccola stanza che tu ed Harry avevate diviso, ma non potevo capirne ancora la portata e desideravo che foste il più possibile lontani dai pericoli” prese quindi a dire Silente, con estrema calma “Ho provato a darvi un'infanzia felice mentre io ragionavo sul vostro futuro e credo, almeno con te, di esserci riuscito. Severus era troppo coinvolto e troppo esposto per essere la persona giusta a cui affidarti in quel momento, doveva affrontare un processo con l'accusa di essere un Mangiamorte e sarebbe stato avventato affidarti a lui senza svelare la verità. Avevamo bisogno di tempo, non sapevo nemmeno se sarei riuscito a tenerlo fuori da Azkaban, per il mondo era il cattivo e tu una bambina innocente.”
 L'emoor pensò anche alla vera Emma O'Shea, quella di cui aveva preso il posto per gli ignari genitori. Anche lei era una bambina innocente e nessuno l'avrebbe mai ricordata e a disagio, prese un grosso respiro e si morse le labbra, pensierosa.
“Per quanto riguarda Severus...” disse e gli occhi di Albus si adombrarono leggermente.
“Ha sofferto molto e me ne dispiaccio” sussurrò sincero “Severus è una persona straordinaria e sicuramente meritava di meglio”
“Ho curato le ferite” disse Emma “È vivo”
 “Grazie al tuo sangue freddo”
 “Grazie alle lacrime di Fanny”
 “Un regalo giusto al momento giusto” concesse Silente “Ma avresti potuto usare quelle lacrime tante volte, sulle tue stesse ferite, o su quelle di un tuo amico, invece hai deciso di usarle per Severus. Gli sei stata a fianco, come hai sempre giurato di fare, in fondo”
“Non lo avrei mai lasciato solo” disse Emma solenne.
“Lo so” annuì Silente “e sai che lui non avrebbe lasciato sola te. Dal primo momento in cui hai accettato di andare da lui a Spinner's End, vi ho osservato con curiosità, mentre combattevate per trovare un vostro equilibrio. E ho sentito lo sforzo di Severus nello smussare il suo carattere e ti ho guardato insistere caparbia per stare al suo fianco, persino dopo aver scoperto il suo Marchio Nero. Non riuscivo a credere che vi foste avvicinati così tanto, nonostante tutto e ho capito quanto sarebbe stato forte il vostro legame, nonostante la distanza e il Vinculum Pateret che ti avevo imposto e ne sono rimasto impressionato. L'amore Emma, ancora una volta, opera per strade sconosciute e ci entra sotto la pelle a volte in modo misterioso”
 “Io voglio solo che lui possa essere felice, per una volta. Ha rinunciato a troppo” sussurrò lei e Silente sorrise triste.
 “È vero ha rinunciato a troppo e il tuo è un intento lodevole. Convengo con te che se lo meriterebbe”
 “Già. Spiace solo non esserne parte” sussurrò amara l'emoor e le sopracciglia del mago si unirono in un guizzo curioso e le labbra si piegarono in un sorriso fragile.
 “È ancora presto per dirlo” disse quieto “Potresti poter scegliere”
Gli occhi della ragazza si illuminarono attenti, in ascolto. 
 “Grazie alla protezione di Lily?” chiese e Silente annuì.
 “Certo, sicuramente il sacrificio di tua madre è uno dei motivi più importanti per cui tu sei a questo bivio, ma ce n'è un altro in cui confidavo, non sapendo se il sacrificio di Lily sarebbe stato sufficiente, riesci a capire quale?”
 La ragazza corrugò la fronte, sforzandosi di trovare qualcosa di sensato con cui rispondere, anche se doveva ammettere che tutto quello che era successo nelle ultime ore aveva poco di logico, ma ebbe un'illuminazione inaspettata dopo lunghi istanti di silenzio, ricordando il velato stupore sul volto serpentesco e i suoi occhi rossi sgranati, poco prima del buio che la colpisse.
 “Voldemort non voleva uccidermi” esalò.
 “Esatto, Emma. Davvero ben fatto, una testa davvero notevole la tua. Sei la degna figlia di Lily e Severus” disse il mago e la ragazza sorrise, mentre lui addolcì lo sguardo prima di riprendere a parlare.
“Per poter lanciare una maledizione senza perdono, in effetti, ci vuole una fortissima forza di volontà e sicuramente, forse anche grazie al vostro strano rapporto, Voldemort non voleva ucciderti. Questo fattore unito alla protezione fornita da Lily e al tuo profondo legame con Harry, credo ti darà la possibilità di tornare indietro, ma solo ovviamente se lo vorrai”
L'emoor sentì il cuore battere ferocemente e una strana emozione invaderla. Si guardò intorno nel bianco compatto che la circondava, cercando di capire come potesse tornare indietro. Subito
 Da Severus, da tutti coloro che aveva lasciato la spalle, ma il peso delle domande ancora senza risposta che la opprimevano le fece fare un profondo respiro e scuotere le spalle, tornando a osservare il preside con aria lucida e assorta.
“Voldemort era molto interessato a me, sono riuscita a convincerlo che uccidendo un'emoor avrebbe attivato la maledizione contro di sé ed era davvero molto incuriosito anche dal nostro legame” disse seria, decisa a continuare quel discorso.
“Su questo” rispose il preside, con una luce soddisfatta a illuminargli lo sguardo “Siamo stati particolarmente fortunati e tu convincente, devo ammetterlo. Nemmeno nelle mie più ardite ipotesi avrei osato sperare che lui fosse così tanto affascinato da te. Pensavo che ti avrebbe odiato e guardato con timore, perché minavi al suo essere l'unico discendente di Serpeverde, invece desidera davvero averti al suo fianco, insegnarti e lasciarti un'eredità. Ti considera in parte come una figlia prodiga ritornata a casa”
 “A volte mi spiace per lui” ammise lei “È una persona molto sola”
 “Non provare pietà per i morti, Emma, provala per i vivi e Tom Riddle, purtroppo, è morto molto tempo fa”
 L'emoor guardò il preside con serietà, prima di annuire. Capiva perfettamente cosa l'uomo intendesse: Voldemort era solo l'ombra del giovane, intelligente e ambizioso Tom Riddle. 
 Emma a volte rimaneva affascinata e incuriosita da quel passato ormai cancellato e indistinto di Lord Voldemort, che lei ancora cercava inutilmente nei suoi lineamenti rarefatti, senza mai trovarne traccia. Si sentiva spesso dispiaciuta per il destino del Serpeverde e delle sue ambizioni, diventate un groviglio di malvagità e rancore.
 “Sono diventata anche amica di Nagini, si fida di me” aggiunse mesta e Silente sorrise apertamente.
 “Questo è sicuramente un altro punto interessante, che magari potrebbe tornare ancora utile. Sei stata abile, ma credevo tu avessi altre domande” la esortò il preside e la ragazza si riscosse, annuendo sicura, mentre scacciava il pensiero del serpente.
 “Gli emoor, il nostro destino non si è ancora compiuto? Vero?”
“Esatto” ammise Albus, affettuosamente “Mi spiace non liberarti ancora completamente dei tuoi fardelli, ma se il tuo lato Eileen Evans questa notte ha già fatto grandi passi verso la vittoria, Emma O'Shea è ancora all'inizio della sua battaglia, temo.”
“Capiremo cosa fare, vero? Il Vinculum Eldest che ci unisce, immagino che sia importane”
 “Essenziale, oserei dire. Molto amore, promesse e paure legano le quattro Ombre e i quattro fondatori” assentì Silente “Tu, Artemius, David ed Emily, come detto altre volte, dovete proteggere la scuola e capirete come farlo. Sarà il vostro stesso sangue a consigliarvelo”
 “Sbaglio o la scuola a un certo punto sembra essere diventata una priorità più per le Ombre che per i fondatori?” chiese lei titubante.
 Era un pensiero che ultimamente più volte l'aveva accarezzata e Silente le diede ragione annuendo lentamente, mentre il suo sguardo si spostava sul bianco compatto dove, dopo una manciata di secondi, comparve la figura sottile di Alicia. 
 Era bellissima, il volto olivastro, a cuore, illuminato da un sorriso, i lunghi capelli corvini ad accarezzarle la schiena. Gli occhi fissi sulla sua giovane discendente, pieni di un affetto profondo e sincero.
“Esattamente” disse Silente “Per il poco che sappiamo, se oggi la scuola esiste ancora, lo dobbiamo principalmente alle Ombre, molto più che ai Fondatori. In seguito al litigio tra Godric e Salazar, Tosca e Priscilla divennero più incerte e fu solo grazie ai rispettivi quattro fratelli se la scuola venne preservata”
 “E perché Alicia viene considerata l'ago della bilancia? Anche più delle altre Ombre”
 “Perché lo era” sussurrò l'anziano “Da quel che sappiamo fu l'unica a mantenere con tutti i contatti, sia i fondatori, che i suoi amici e fu lei che guidò le Ombre nelle fasi finali della creazione della scuola, quando i quattro fondatori originali si fecero fragili e incerti.”
“Perché lo fece? Perché le importava così tanto della scuola?”
 “Non lo sappiamo” disse quieto il preside “Ma rimase a capo di tutti con polso fermo, nonostante non fosse una leader nata”
 “E perché decisero di rimanere nell'ombra?” insistette l'emoor ancora confusa, ma il preside non dovette rispondere.
 Accanto ad Alicia erano ora apparsi anche Thomas, Andrew e Angela. Il quartetto era affiatato, si stringevano l'un l'altro con affetto. Era evidente che avessero tra loro qualcosa di molto più importante di onore e gloria: erano legati da amicizia, amore, rispetto ed erano bellissimi, forti e sicuri.
 “Perché non volevano la gloria. Volevano solo il meglio per tutti” sussurrò la ragazza, rispondendosi da sola.
 “È così” assentì Silente “Si dice che fu Alicia a insegnarlo a tutti loro loro. A mettere in ordine le priorità”

Nel bianco compatto di fronte a loro Thomas circondò le spalle di Alicia, con un gesto affettuoso e la ragazza sorrise lui dolcemente e allungò una mano per stringere quella di Angela, mentre Andrew faceva un passo in avanti, come se volesse proteggere tutti e tre.
 Emma li guardava assorta, con la strana sensazione che fosse l'ultima occasione di dire loro qualcosa, ma non le veniva nulla di intelligente e teneva solo gli occhi incatenati con quelli della sua antenata, sentendosi stranamente vicina a lei. 
Guardò le quattro figure farsi sempre più tenui e infine svanire, cogliendo per ultimo lo sguardo pieno di mille parole e promesse che Andrew mandò ad Alicia ed Emma ricordò improvvisamente Artemius e quell'assurda certezza che il ragazzo aveva di dover morire per proteggerla, figlia del Vinculum antico.
 L'emoor voltò le spalle al punto in cui le Ombre erano scomparse per guardare il preside in volto, sicura.

 “A volte temo che Artemius sia ancora convinto di dover morire per proteggermi” disse, il cuore che formicolava come stretto in una morsa resa tenue da quel limbo privo di forti emozioni “Non capisco se sia una sua scelta, o se è il Vinculum. Che cosa promise Andrew?”
 “Artemius ha sempre sofferto nella sua giovane vita, è cresciuto con l'idea che sarebbe presto morto e ha accettato infine quel sentimento passivamente.” disse lentamente Silente “Scoprire che il suo fine era proteggerti è stato quasi un sollievo per lui, temo: aveva finalmente un obbiettivo da seguire. Sul Vinculum poco si sa, ma intuisco che Andrew, che come la sorella Tosca aveva un animo buono e giusto, abbia visto quanti sacrifici Alicia stesse facendo per la scuola e tutti loro e abbia deciso di essere quello che poteva fare un passo indietro. Credo abbia promesso di difenderla, di supportarla, probabilmente di impedirle di sacrificarsi ancora”
 “Questo l'ho intuito, ma perché?” insistette Emma indignata e per un momento, la rabbia che pensava di aver lasciato alle spalle, inquinò i suoi lineamenti e i suoi occhi dardeggiarono sconforto.
 “Non lo so” ammise Silente “Non ne abbiamo la certezza. Le mie sono ipotesi. Ci sono persone, Emma che nascono con la tristezza dentro, altre che sono fatte per difendere gli altri. Si sa che Alicia rinunciò alla sua famiglia, a Salazar, al suo sangue e lottò invece per la parità, facendo l'ago della bilancia tra molti e condannandosi in parte alla solitudine. Andrew si ripromise di raccogliere le sue ferite prima che si spezzasse immagino, forse le era grato per non averlo lasciato solo e questo desiderio deve essere arrivato ad Artemius”
 “Ma non 
è giusto” disse l'emoor e gli occhi di Silente si addolcirono.
 “Dipende dai punti di vista, Emma. Artemius sembrava essere destinato a vivere una vita in solitudine e sofferenza, eppure ha incontrato voi ed è felice, tanto da poter evocare un Patronus. A volte i destini cambiano”
“Sopravviverà?” domandò l'rmoot con il cuore spezzato, gli occhi pieni di lacrime “Sopravviverà, nonostante il Vinculum?”
 Silente le sorrise bonario, una leggera tristezza a velargli lo sguardo   “Possiamo solo sperarlo” disse ed Emma fece un leggero sospiro.
 Normalmente il cuore le si sarebbe stretto nel petto, ma in quel bianco accecante e insensibile, l'angoscia e la sofferenza non arrivavano a nascere. Era tutto soffice, misurato.

“Cosa sarebbe successo se fossi cresciuta con Severus?” chiese, con aria assorta all'improvviso “Cosa sarebbe successo se Alan e Lydia non avessero avuto un altra figlia?”
 “Beh” abbozzò Silente, riflettendo “Nemmeno questo possiamo saperlo. Sono le nostre scelte a scrivere la storia, niente è già deciso, nemmeno quando in mezzo ci sono dei vincoli di sangue. Forse era semplicemente destino che tu diventassi un'emoor, forse è anche per questo che sei nata. Devo ammettere che pur non possedendo dalla nascita il sangue di Alicia Serpeverde, per il poco che si sa delle Ombre, molto ti accomuna alla tua antenata: curiosità, senso di protezione e l'essere sempre...”
 “L'ago della bilancia.” concluse per lui la ragazza.
 “Proprio così: l'ago della bilancia.”
 “Il cappello ha pensato di mettermi in Serpeverde”
 “Non stento a crederlo” disse lui divertito “Hai molto di Severus in te, hai molto in generale delle origini date dal tuo sangue, ma credo  proprio che, in ogni caso, Lily non avrebbe avuto nemmeno un briciolo di possibilità di vederti smistata in Grifondoro, anche se le cose fossero andate diversamente”
 E a quelle parole anche Emma stese un'espressione più allegra.  
 “Già” mormorò riscuotendosi “ma credo che Corvonero fosse la Casa giusta comunque”
“E questo è ciò che importa” disse il mago. 
 “Il cappello mi disse che mi avrebbe smistato lì perché era una posizione di giusto equilibrio” ammise Emma “Quindi direi che alla fine ho mantenuto la sua aspettativa”
 “Concordo” annuì Silente “Forse in fondo dobbiamo ringraziare anche Thomas Corvonero per questo e la sua proverbiale calma e saggezza, se oggi siamo qui. Anche il suo sangue ti scorre nelle vene in fondo, a ricordare il suo legame d'amore con la tua antenata. Senza di lui forse non saresti mai stata tanto amica con Lilith e James, forse non saresti stata in grado di vedere il buon cuore di Draco e molte cose sarebbero diverse. È davvero impressionante quanto tu sia stata brava a eccellere in questo tuo ruolo. Hai unito tutti: Severus, Harry, Voldemort, gli emoor, i Malfoy...”
 Emma ebbe un brivido a sentire il nome 
“Malfoy” e il suo cuore prese a battere con forza al pensiero di Draco solo al castello. 
 Riuscì a visualizzare gli occhi grigi tormentati e i capelli chiari, le dita sottili, le labbra serrate. Sentì la mancanza del ragazzo così acuta che temette di essere tornata alla vita.
 “Il giovane Malfoy in effetti è stato molto fortunato ad averti nella sua vita” disse quieto Silente con un sorriso, intuendo con facilità i suoi pensieri e l'emoor pensò ai ricordi di Severus e si fece sfuggire un ghigno divertito.
 “Non pensavo che la mia relazione con Draco potesse essere fonte di tanti pettegolezzi tra lei e Severus” disse e Silente trattenne malamente una piccola risata e scosse il capo, divertito.
 “Lascia qualche piccola gioia a noi adulti. È sempre bello scommettere su un amore così puro come il vostro”
Puro come il vostro.
 Emma pensò a tutte le lacrime e il dolore che avevano versato lei a Draco, alle consapevolezze prese, alle battaglie vinte.
Si rese conto di amarlo disperatamente, desiderò poterlo stringere e confortare e baciare, assicurandosi che fosse vivo e per qualche secondo rimasero in silenzio, continuando a camminare piano.

“Le circostanze della mia nascita...” iniziò di nuovo l'emoor, rompendo la provvisoria calma e cercando di allontanare dalle mente il pensiero del Serpeverde.
 “Sono singolari, sì” ammise Silente, venendole in soccorso.
 “Lily amava Severus? Perché andò da lui?” chiese l'emoor. 
 Non sapeva esattamente perché ma quel pensiero la struggeva profondamente. Riusciva a vedere chiari, davanti a sé, gli occhi di Severus, liquidi di stupore e felicità e quel suo modo di cercare Lily con ogni fibra di se stesso, quella luce di protezione che gli illuminava il volto pallido, quella sensazione di amara malinconia mischiata a dolcezza presente in quei ricordi.
 “Penso che tu debba parlarne con Severus, piuttosto che con me” sussurrò il preside assorto “ma sappi almeno che per Lily e Severus era davvero impossibile amarsi in vita. Troppo astio, differenze e rancore a dividerli e questo fatto ha dato a entrambi parecchio dolore, ma molto li legava” aggiunse con dolcezza e nel bianco compatto apparvero improvvisamente un ragazzino scarno e magro e una bambina con fluidi capelli rossi che volteggiavano intorno a lei, si tenevano per mano, lanciandosi sguardi divertiti.
 Emma li osservò assorta, una piega amara sulle labbra.
 “Ma non li accomunava l'amore” sussurrò.
 “Che cos'è l'amore Emma?” chiese Silente sibillino “Severus dopo tanti anni ama ancora a modo suo la sua Lily e il suo Patronus ne è la  prova. Lily ti ha amato con lo stesso ardore con cui amava Harry. Ha amato James. Ha amato Severus. Ci sono tante declinazione dell'amore e molto amore ha protetto te ed Harry.”
“Ma non è questo che lei descrive. Questo è anche affetto, amicizia, tra me ed Harry c'è solo del supporto e del rispetto per esempio e...”
 “Tu ed Harry siete due ragazzi straordinari.” la interruppe Silente “E l'amore, Emma, non si descrive con una sola parola”
 L'emoor fece un sospiro, prima di annuire e sorrise con fatica.
 “La prima volta che ho evocato un Patronus per qualche secondo ha preso la forma di una cerva, poi di una volpe. Era per Lily?”
 Silente annuì con dolcezza, lisciandosi la lunga barba. 
 “Remus me lo raccontò e mi disse quanto era sconvolto Severus a riguardo. In questo caso non posso avere una risposta certa a questa domanda, ma a intuizione posso dirti che sebbene nelle tue vene scorra il sangue di Alicia, Lily e Severus rimangono i tuoi genitori e la cerva in qualche modo rappresenta entrambi”
 L'emoor annuì dolcemente, sentendo l'affetto per la madre mai conosciuta e il tutore zampillare dentro di lei.
 “Remus” aggiunse semplicemente “Lui sapeva tutto, perché non mi ha detto che era il mio padrino?”
 “E come avrebbe potuto?” disse triste Silente “Era un segreto. Remus voleva fortemente proteggerti anche lui”
 “Mi è stato molto vicino, più che ha potuto e anche a Severus.”
 “Perché Remus è un uomo incredibile. Ha perso molto nella sua giovane vita. Ha visto scivolare via i suoi amici uno dopo l'altro fino a quando non è rimasto completamente solo. In un certo modo forse Severus rappresentava per lui l'unico legame con ciò che era stato.”
 “Non erano amici però, non riuscivano.” mormorò Emma.
 “Molte cose ci sono nel passato dei Malandrini” disse Silente “Molto affetto, amore, delusione e grandi ideali. Erano ragazzi con grande fervore e troppa inventiva. Sapevano essere feroci a volte, ma avevano un grande cuore. Severus era tutto il contrario. Era chiuso, mite, distaccato e in cerca di riscatto.”
“Però lui e Remus in qualche modo erano legati e...”
 “Rimorso, comprensione e stanchezza. Si sono ritrovati gli ultimi due a rappresentare un'era e in qualche modo a condividerla.  Remus non si accanì mai su Severus e lui seppe riconoscerlo. Non c'era troppo astio tra loro. Molto prima di James, Lupin capì cosa serviva a Lily e che la ragazza si stava distruggendo per il ricordo dell'amico mai perdonato e credo che prima di molti altri, forse perché lo vide reagire alla tua foto da neonata, Remus pensò che Severus meritasse più amore e rispetto di quel che aveva ricevuto fino a quel momento. Si oppose con forza quando gli dissi che ti avevo tolto a lui e cercò di essere di supporto a tuo padre, per quanto, come sai, nonostante le sue indubbie qualità, Severus non sia molto bravo ad accettare di ricevere amore”
 L'emoor sorrise malinconica, mentre alcune lacrime le sfuggirono dalle ciglia, respirò a fondo, in cerca di controllo.
 “Mi mancherà terribilmente Remus”disse e Silente le posò con affetto una mano sulla spalla e lei scosse il capo e continuò a ragionare svelta, arrancando tra un pensiero e l'altro, perché le sembrava ora che il tempo sfuggisse troppo veloce.
 “Cosa devo sapere sui Doni della morte?” domandò a mezza voce, lanciando un'occhiata all'anziano.
 “Ah sì. I Doni. Sono rimasto stupito quando sei arrivata a capire anche quello” ammise il preside “I Doni sono stati un flagello della mia giovinezza, sono certo che Harry ti spiegherà”
 “Ma cosa c'entrano con tutto questo? La bacchetta... la pietra...”
 “Nulla” sorrise quieto Silente “Erano un'ambizione comune mia e di Tom Riddle e di tanti altri giovani maghi. Un'ambizione pericolosa, inciampata sul nostro percorso e su quello di Harry, un'ambizione che rischiava di farci andare tutti fuori strada, perdendo di vista le cose importanti”
L'emoor annuì appena e prese un altro profondo respiro. 
 “Harry sopravviverà?” domandò esitante e si accorse di tremare, perché forse temeva quella risposta più di tutte.
 “Grazie a te” annuì il preside con una luce orgogliosa negli occhi “Non molte persone si sarebbero sacrificate in quel modo per qualcuno. Harry dovrebbe esserti grato”
 “Severus si è sacrificato tutta la vita per me e così anche Liy, James e tutti gli altri” mormorò l'emoor, fissando l'uomo negli occhi, pacatamente “Potevo farlo anche io per una volta.”
 Silente si fece sfuggire un sorriso dolce, ma il tempo scorreva forse troppo veloce e l'emoor cercò di riordinare i pensieri per fare le giuste domande.

“Il legame tra Harry e Voldemort” continuò decisa, snocciolando tutte le sue perplessità “Esiste anche grazie al fatto che Voldemort ha usato il sangue del ragazzo per risorgere? È il paracadute di Harry aggiuntivo nel caso in cui il mio sacrificio non fosse bastato, giusto? Io ho Lily e il desiderio di Voldemort di lasciarmi vivere e difendermi, mentre Harry ha il mio sacrificio e quello scambio di sangue, corretto? ”
 Silente le scoccò un'occhiata genuinamente ammirata.
 “Beh, ti ho davvero sottovalutato Emma. Il cappello ha avuto ben ragione a mandarti a Corvonero. Come fai a...”
 “Ricordo quella scena ogni notte e la rivedo spesso nei miei incubi” mormorò l'emoor pensando al tetro cimitero, Codaliscia e il coltello grondante di sangue del Grifondoro “Mi sembrò una scelta così strana che lui prendesse il sangue di Harry...”
 “Fu una scelta dettata da un profondo sprezzo del pericolo e da un'idea di onnipotenza incontrollata, entrambi elementi che hanno sempre portato Tom Riddle ad auto distruggersi.”

 L'emoor annuì assorta, mettendo i tasselli al giusto posto.
 “Invece il nostro legame? Quello tra me ed Harry?”
 “Si dissolverò al vostro risveglio. Ora tra voi rimane solo l'affetto che imparerete a costruire giorno per giorno”
 “Ma... la connessione” riprese Emma incerta e concentrata “Lei voleva che rimanesse segreta a noi perché Voldemort non la usasse per metterci l'uno contro l'altra vero?”
 “È così” ammise il preside “Tom ed Harry erano uniti da un destino creato dalle scelte fatte. La scelta di Voldemort di ucciderlo a dispetto della protezione della madre e quella di risorgere usando il suo sangue. Tu e Tom eravate uniti da qualcosa che vi legava con il sangue alla discendenza di Salazar a causa della mia scelta di affidarti agli O'Shea. Quello che nessuno, nemmeno io, aveva previsto era il legame tra te ed Harry”
 “La protezione di Lily” mormorò Emma “Per questo quando toccai il viso al Ministero Voldemort venne scottato”
 “Corretto. Era la protezione di tua madre, la sua scelta, imprevista” disse Silente “Un legame più forte di altri, quello dell'amore. Formavate insieme un triangolo 
potenzialmente letale e imprevedibile. Se Voldemort ne fosse venuto a conoscenza temevo che vi avrebbe messi l'uno contro l'altra”
 “In che modo?” chiese l'emoor.
 “In molti modi, sai meglio di me quanto lui possa essere persuasivo. Poteva usarlo per trarvi in una trappola, poteva usarlo per ferirvi, poteva istillare il dubbio in Harry che tu fossi il male. Cosa sarebbe successo se Harry fosse venuto a chiederti di quale Ombra eri l'emoor?” domandò pacato l'uomo.
 “Probabilmente gli avrei detto la verità: che ero l'emoor Serpeverde” ammise la ragazza.
“E conoscendo il temperamento di Harry come avrebbe reagito?”
Emma fece un leggero sbuffo in risposta, sussurrando un 'male' tra i denti e Silente rise divertito.
 “Voldemort avrebbe potuto cercare di farvi distruggere a vicenda, farvi dubitare della vostra lealtà, mettere inutili paure nella vostre menti” disse il preside “Era molto importante per me che voi imparaste a usare il legame per fidarvi l'un dell'altra a sostenervi e difendervi al posto che combattervi”
 “Ha senso” ammise ammirata l'emoor. 
 Effettivamente se Silente non avesse coltivato in loro il rispetto l'un per l'altra, se non avesse istillato nelle loro menti la fiducia, specchio di quello che lui provava per loro, molte cose sarebbero potute andare diversamente.
 “Dovremo combattere?” chiese l'emoor. 
 “Solo se vorrete”
 “Lo voglio”
 “Bene. Allora il tempo di questa chiacchierata sta per finire”
 “James. James Potter” si affannò però Emma, guardando gli occhi chiari del preside in preghiera.
 “Cosa vuoi sapere?” domandò lui tentennando.
 “Ha detto a Severus che mi ha amato come una figlia, che ne era sicuro, senza voler spiegare da cosa lo aveva capito”
 “È così” annuì lui.
 “Perché?”
 “Il mantello, Emma” sorrise l'anziano “Il dono che la morte fece a Ignotus Peverell e che lui donò al figlio quando fu stanco di fuggire. Il dono che da secoli si tramanda da genitore a erede senza sosta”
 “Un unico mantello però secondo la leggenda” mormorò l'emoor “ma io e Potter ne possediamo entrambi uno”
 Silente annuì grave.
 “Cosa puoi intuire da questo Emma?”
“ Il mantello apparteneva a James Potter, corretto?”
 “Corretto” annuì il preside. 
 “Lui mi amava come un figlia secondo lei, ma come sono diventati due? Il mantello della leggenda non può essere trasfigurato, appellato, diviso, con la magia, né tolto al legittimo proprietario a meno che non sia lui a donarlo”
 “Esatto. Il mantello non si può dividere volontariamente con la magia, ma la notte in cui James Potter morì per proteggere sua moglie e suo figlio, 
voleva proteggere nello stesso modo un'altra persona: te, Emma e quella notte lo vidi dividersi in due davanti ai miei occhi. Me lo aveva affidato perché lo studiassi, sapendo il mio interesse per i Doni e capii subito che qualcosa di terribile doveva essere successo. James era un ragazzo ormai maturato dalla sua giovinezza. Sapeva quali erano state le sue colpe in passato e si è sempre pentito di come ha trattato Severus e di come ha diviso lui e Lily. Ha subito perdonato Lily per aver salutato a modo suo una parte importante di sé e ti ha accolta come figlia sua senza pensare di amarti meno solo perché lui non era tuo padre”
 “Voleva proteggerci entrambi”mormorò colpita l'emoor. 
 Era diverso dal sapere che lui l'avrebbe semplicemente cresciuta, James Potter era morto 
per lei, per proteggerla.
 “È così. Il mantello si è spezzato per ognuno dei figli che amava” disse Silente “Era la prima volta da secoli che un discendente di Ignotus Peverell aveva più di un figlio, senza Severus non sarebbe stato possibile. L'amore mai nato tra tuo padre e tua madre, il loro legame e la loro amicizia sincera hanno cambiato le carte in tavola. Prova a immaginare se Severus quel giorno non fosse saltato fuori dal suo cespuglio per dire a Lily che era una strega, invece l'ha fatto e per questa minuscola e piccola scelta secoli di figli unici per la discendenza diretta dei Peverell sono stati spezzati.”

 Emma deglutì  “Quindi il mio mantello...”
 “Sono stato io a mandartelo quel Natale perché James voleva che fosse tuo, quanto voleva che Harry avesse la sua parte” spiegò con pazienza Silente ed Emma lo guardò con occhi giganti. 
 “James Potter era un grande uomo”
 “Lo era” convenne il preside “o almeno era un uomo che aveva capito i suoi sbagli, cosa tutt'altro che scontata”
 “Severus lo detesta” ammise la ragazza.
 “E ne ha le sue ragioni” disse il mago “Non essere troppo dura con lui. Severus ha sofferto molto a causa dei Malandrini: aveva desiderato con tutto sé stesso che Hogwarts diventasse una nuova casa dove fuggire da ciò che viveva sotto il suo tetto, è stato per lui terribile trovarsi di nuovo circondato da ostilità, proprio quando 
sperava di essere libero, ma Severus è una persona intelligente e sa di dover essere molto grato a James. Almeno per quel che ti riguarda”
 L'emoor si voltò verso il bianco compatto e di fronte a lei apparve una scena che non aveva nulla di reale, ma racchiudeva molta dolcezza.

*

Lily Evans, bellissima nei suoi trent'anni che non aveva mai avuto, rideva divertita, entrando in un grazioso salotto, la mano stretta a quella di un Harry appena dodicenne, che mostrava orgoglioso i colori di Grifondoro, mentre passando accanto a loro, entrava nella stanza anche una piccola Emma, avvolta invece in una sciarpa di Serpeverde, un grosso libro tra le mani.
 Era Natale, un albero addobbato illuminava il soggiorno con le sue luci, Remus Lupin leggeva un giornale al tavolo da pranzo, James Potter stava invece su un divano rosso dall'aria comoda insieme a Sirius che scuoteva la testa divertito, osservando la ragazzina vestita di verde e argento.
 “
Merlino James. Una figlia Serpeverde” disse Black e l'altro rise.
“Non me lo ricordare Felpato, è Natale”
 “Smettetela tutti e due” li sgridò dolcemente Lily, con un sorriso
, mentre liberava la mano ad Harry, per spostarsi verso la cucina “Preparo del the per tutti” 
 “Grazie Lily” mormorò solo Remus, alzando a malapena il capo ed Harry, libero dalla stretta della madre, corse verso il padre e Black, sfrecciando incurante davanti a Lupin e alla sorellina che si stava arrampicando sulla sedia accanto al mannaro, sfoggiando un'aria composta.
 “Quest'anno posso avere una scopa per regalo?” chiese il bambino, con un sorriso furbo, avvolto dalle braccia del padre.
 “Forse” ribatté James, spostando l'attenzione dalla moglie al figlio, lo sguardo brillante di orgoglio, mentre sistemava gli occhiali tondi sul volto di Harry.
 Emma aprì il grosso libro di fronte a sé con uno sbuffo impaziente e l'aria assorta e si mise a leggere sotto lo sguardo divertito di Remus.
 “Tu non la vuoi una scopa Emma?” chiese affettuosamente lui e la bimba scosse energicamente la testa, in segno di forte dissenso.
 “Basta Harry nella squadra di Quidditch in famiglia. Se posso essere sincera a me sembra un gioco veramente rozzo”
 “Perché non sai volare” la stuzzicò il fratello, prima che Sirius lo acciuffasse, facendogli il solletico e causandone le risa ed Emma alzò leggermente gli occhi al cielo, lanciando loro un'occhiata velenosa.
 “
Non vorresti provare a entrare anche tu nella squadra di Serpeverde, il prossimo anno quindi?” chiese Remus e lei negò con un movimento sicuro del capo.
 “Non è nei miei piani, no” disse e aveva un'espressione estremamente seria e composta per essere una bimba di undici anni, tanto da far sorridere.
 “
E cosa sarebbe nei tuoi piani?” indagò quieto il mannaro, dando lei tutta la sua attenzione, il giornale posato a lato ed Emma alzò gli occhi su di lui, studiandolo a sua volta attenta. 
 “Voglio diventare pozionista.”
 “Pozionista? È una bella idea” rispose interessato Lupin, scoccando un sorriso sornione a James che sembrava esasperato e divertito insieme.
“Lunastorta non la fomentare” fece Black, dando delle leggere pacche sulla spalla all'amico, in segno evidente di conforto.
 “Perché, cosa c'è di male in pozioni?” chiese Emma, rivolgendosi al mago seduto sul divano, che le riservò un sorriso dei suoi, brillante, da lupo.
 “Nulla di male, testolina” disse affettuosamente Sirius in risposta “Non avevo dubbi che fossi brava in Pozioni. Anzi ne ero certo”
 
James si alzò, lasciando Harry sul divano accanto a Sirius e si avvicinò alla figlia, mettendole le mani sulle spalle con fare protettivo.
 “Lo zio Mocciosus è bravo in Pozioni, sono sicuro che sarà contento se gli dirai che piace anche a te. Potrebbe insegnarti, ti piace passare il tempo con lui, no?”
 
La ragazzina lanciò lui uno sguardo esasperato e contrariato insieme.
 “Si chiama Severus, papà. Non Mocciosus. E lo so che è bravo in Pozioni, mi ha insegnato lui a distillarle, meglio che Lumacorno”
 Remus represse a malapena una risata, davanti al sopracciglio inarcato di James che accusava il colpo, prima di carezzare il capo alla bambina e di voltarsi verso Lily, che ridacchiava, deliziata da quella conversazione.
 “A proposito mamma, lo zio Sev può stare con noi a Natale?” chiese la bambina  “Altrimenti domani è solo e io odio che stia solo. Specie a Natale”
 “Certo” rispose Lily con un sorriso dolcissimo che si apriva sul volto lentigginoso, ignorando lo sguardo di Sirius e James “Perché non glielo chiedi questa sera a cena? Sta per arrivare. Sono certa che non saprà dirti di no”
 “Oh Godric” disse Sirius scuotendo la testa e facendo ridere i presenti “Non basta vederlo a cena tre volte a settimana, pure a Natale!”
 “Anche tu ti auto inviti tre volte a settimana, Black” lo rimbeccò Lily “Al massimo è James che si può lamentare, non certo tu”
 “E io non mi lamenterò perché ci tengo alla pelle” disse Potter.
 “
Non è così male lo zio Sev” intervenne candido Harry ed Emma fece una smorfia grata e soddisfatta al fratello, dondolando i piedi sotto la sua sedia, mentre Sirius riacciuffava il bimbo, sferzando un nuovo attacco di solletico.
 “Non Mocciosus, giovane Potter. Non puoi prendere le sue parti”
“Ma
 me sta simpatico” si difese Harry, tra una risata e l'altra, cercando inutilmente di respirare.
 “Anche a me” aggiunse Lily in un soffio leggero, mentre portava il the in tavola.
 “Anche a me sta simpatico Severus” disse Remus gentile, scambiando un sorriso complice con la bimba e James alzò gli occhi al cielo. 
 “Lo avevamo capito, Lunastorta” disse “Va bene la tua passione per i casi disperati, ma non fai altro che difenderlo”
 “Lo zio Sev non è un caso disperato” fece eco Lily e subito dopo venne interrotta da Harry che gridava tra le risate: “Sirius! Basta”
 “Allora testolina” disse Black un sorriso da lupo “non vieni a salvare tuo fratello da questo attacco di risa mortale, ora che ha difeso per te il pipistrello?” 
 Il campanello suonò e Lily ridendo andò ad aprire. Emma saltò in piedi, sotto lo sguardo affettuoso di Remus e James che osservavano la scena e si lanciò in aiuto di Harry che sospirava di risate e sollievo. Sirius la afferrò e la lanciò in aria facendola ridere cristallina
 “
Merlino, stupido cane di un Black. Falla cadere e accidentalmente ti fornirò un decotto di belladonna” disse una voce spenta, strascicata, annoiata.
 La bimba subito si divincolò dalla stretta di Black, con frenesia, girandosi mentre faceva un sorriso luminoso verso il nuovo arrivato. Il suo sguardo verde chiaro, identico a quello della madre, si fissò su di lui: era vestito dei soliti abiti neri, ma con Lily sorridente al suo fianco.
 “Vuoi darmi il soprabito Severus?” chiese la rossa e lui fece verso di lei un breve cenno di sorriso, ma non riuscì a rispondere perché la piccola Emma riuscì in quel momento a liberarsi dalla stretta di Sirius e strillando 'Sev' si lanciò contro il suo petto, ridendo felice e abbracciandolo in vita.
 “
Buongiorno anche a te piccoletta” disse Piton alla protetta, accarezzandole il capo ed Emma sorrise. E Remus sorrise. E Lily sorrise. Persino Potter sorrise e le labbra di Sirius si piegarono in una smorfia più dolce.
 “Ciao Zio Piton” esclamò Harry, cercando di attirare la sua attenzione, in piccoli saltelli e giravolte sul posto.
“Non tutto questo entusiasmo cucciolo di Potter” disse l'uomo con leggero astio, ma i suoi occhi neri, simili a due gelidi tunnel erano tutti per la bambina che ancora lo stringeva.

*

“Sarebbe bello se fossero andate così le cose” mormorò l'emoor.
“Forse” disse Silente con tatto “ma non si può piangere per qualcosa che non è mai esistito, Emma. Possiamo però combattere per quello che abbiamo”
 La Corvonero annuì, sentì un vago pizzicore agli occhi e rialzò lo sguardo verso Silente, mentre le immagini di lei bambina come non era mai esistita, di Harry, Severus e dei Malandrini, svanivano. 
 Il preside sembrava irradiare luce e le sorrideva gentile, scrutandola attraverso gli occhiali con i suoi occhi azzurri.
“Dici che Severus mi perdonerà?” chiese l'anziano ed Emma rimase in silenzio per qualche secondo, assorta, pensando al tutore, o meglio al padre, a tutto quello che aveva condiviso con il preside, alle lotte che insieme avevano affrontato e le venne in mente quello che Piton aveva detto di Silente nei suoi ricordi: Albus Silente era solo. Più che mai. Severus almeno aveva lei. Si appartenevano, ma Silente no, per tutti quegli anni, in solitudine, aveva semplicemente cercato di fare la cosa giusta e forse Severus, in qualche modo, era stato per l'uomo una figura amica, pur con tutto il suo sarcasmo.
 “Pensò che l'abbia già perdonata, professore” disse Emma “Ora è libero di fare le sue scelte e probabilmente capirà meglio quelle che lei ha dovuto affrontare.”
 “Lo spero” rispose l'altro, con un sorriso “Stai al suo fianco”
 “Sempre. Non lo lascerò mai più solo” disse la ragazzina e gli occhi azzurri dell'uomo si riempirono di commozione “Severus è tutto il mio mondo.”
“Lo so, Emma. Sono arrivato a comprenderlo”  disse il preside.
“Combatterò per lui” insistette l'emoor, interrompendolo “Lo difenderò da chi gli punterà contro il dito. Gli insegnerò a guardare finalmente al futuro e a costruirlo passo per passo”
“Non posso desiderare per lui niente di meglio. È fortunato ad avere te” sorrise l'anziano preside “E penso sinceramente che lui non desideri altro, Emma. Sei tu che sei tutto il suo mondo”
“Lo so” mormorò la ragazza con dolcezza, sorrise poi guardò il vecchio mago negli occhi e sentì per lui un moto di affetto sincero. 
 “Grazie” gli disse, emozionata.
 “Grazie a te, Emma” rispose Albus Silente “Grazie a te. E scusami per le sofferenze che ti ho causato”
 All'emoor pareva già lontanissimo, poi la luce bianca la accecò.

* * *

Emma avvertì l'umido del terreno e il solleticare dell'erba sulla sua guancia sinistra, poi il dolore acuto alle ferite e agli arti. Sotto la pelle i lividi cominciavano ad affiorare e le ossa scricchiolavano di pura stanchezza, si sentì priva di forze: era sopravvissuta.
 Qualcosa pesava sul suo braccio sinistro e ci mise un istante a capire che doveva essere il corpo di Harry, caduto accanto a lei.
 Era riversa sulla schiena e avvertiva un freddo terribile e intorno a lei solo uno strano silenzio, tanto che per un momento fu tentata a provare ad alzarsi e controllare che Potter fosse vivo, ma  fortunatamente, mentre già le sue palpebre tremavano e i muscoli si stavano contraendo, udì un mormorio sommesso che la gelò.
 “Mio Signore” 
Bellatrix.
 “Ce la faccio” si schernì Voldemort con rabbia appena trattenuta.
 Ci fu un tramestio di passi e sospiri, voci spezzate che sussurravano e il lamento lento di Hagrid da un angolo della radura.
Altri movimenti affrettati, qualcuno che parlava in un sussurro ed Emma capì che stavano aiutando Voldemort ad alzarsi.
 “Controllate se sono morti” disse il mago e l'emoor quasi sussultò, sentendo una nota di fragilità nel tono di voce di lui e il suo cuore prese a battere con forza, 
traditore.
Voldemort stava chiaramente sperando che lei fosse viva.
 “Mio signore” disse piano Bellatrix.
 “Ho detto di andare, 
Bella” sibilò lui “Dimmi se la ragazza è morta”
 Ci furono dei passi frettolosi e altri mormorii, Emma si sforzò di rimanere completamente immobile, fino a quando un profumo famigliare non le solleticò inaspettatamente le narici. 
Narcissa.
Sentì il respiro della donna spezzarsi e bloccarsi per un istante accanto a lei, mentre altre mani quasi gentili, ma nervose cominciarono a frugare anche sul suo corpo.
 “Ma cos...” 
Bella. Bellatrix stava controllando che lei fosse viva.
 “Taci” 
Narcissa. Appena un sussurro verso l'altra.
 “Allora?” chiese Voldemort, impaziente, inconsapevole di quello scambio tra le due sorelle, mandate a controllare il loro stato.
 Dovevano aver capito entrambe che lei era viva ed Emma sentì la mano di Bellatrix quasi artigliarle il petto e dovette usare tutta la sua concentrazione per non aprire gli occhi, o emettere alcun lamento.
 Trattenne il respiro, il rombo del suo cuore che le riempiva le orecchie: era semplicemente impossibile che le due chine sopra lei ed Harry non lo sentissero.
 “Cissy” sibilò piano Bellatrix, quasi in preghiera, in un lamento.
 “Draco è vivo?” mormorò piano Narcissa, in modo che nessun altro potesse udirla ed Emma fece per rispondere, perché voleva dire lei che Draco era vivo, felice, innamorato, ma un altro sussurro più flebile arrivò alle sue orecchie e il suo cuore ruggì pieno di speranza.
 “Sì” 
Harry.
Ci fu un movimento lieve e l'emoor capì che Narcissa doveva essersi alzata in piedi: “È morto” disse e lo fece ad alta voce. Sicura. Inflessibile. Capace di mentire al mago più Oscuro di tutti i tempi.
 Emma non faticava a immaginare il suo sguardo fermo e azzurro, la sua espressione graffiante e sentì l'affetto per Narcissa scaldarle il petto e darle speranza e desiderò abbracciarla e piangere contro la sua spalla, lasciandosi andare alla sua stretta materna e gentile.
 I Mangiamorte alla notizia parvero rendersi conto della parole della bionda e grida esultanti spezzarono il silenzio della radura. 
 Emma non li ascoltò. 
Harry era vivo. Harry era vivo e Narcissa aveva appena mentito per proteggerlo e istintivamente la ragazza cercò il Gridonforo con la connessione, ma non trovò altro che il silenzio e si ricordò di quel che le aveva detto Silente: la connessione era svanita e l'emoor si sentì stranamente sola.
 “Silenzio” sibilò Voldemort minaccioso e tutti si zittirono tremanti.
 “Bellatrix, la ragazza?” chiese ed Emma si stupì di nuovo nel sentire uno tremore indistinto nel suo tono, una sottile preoccupazione.
 La Mangiamorte, che ancora teneva una mano posata sul petto dell'emoor, tardò solo un secondo a rispondere, mentre un'attesa densa cadeva sulla radura. Emma si aspettava che la donna rivelasse che lei fosse in vita da un momento all'altro e con frenesia pensò a dove avesse messo la sua bacchetta, ma Bellatrix la sorprese, emettendo un piccolo rantolo e sussurrando piano: “Morta”
 Per la seconda volta l'emoor rischiò di sgranare gli occhi per la sorpresa, perché Bellatrix stava mentendo al suo padrone, al suo amato, alla sua ragione d'essere e mentre Emma arrancava cercando di capire il perché, le tornarono in mente le lunghe conversazioni avute con Silente nel suo studio. 
Il Sangue. 
 Il sangue era il legame più forte esistente nel mondo magico e Bellatrix rimaneva pur sempre la sorella di Narcissa Black.
Nata come una
 Black e nonostante tutto il suo amore e la sua ossessione, non avrebbe mai tradito intenzionalmente la sua famiglia, in particolare l'unica sorella che considerava degna di essere chiamata tale, sangue del suo sangue.
 Emma si rese conto in quel momento come la donna, considerata da tutti, lei compresa, folle e perduta, non avesse in realtà, mai fatto parola nemmeno del Voto Infrangibile che aveva legato Draco Malfoy e Severus Piton e mentalmente si disse che Bellatrix avrebbe meritato di meglio che Tom Riddle.

Voldemort emise un lamento e poi gridò “Crucio” ed Emma si tese, pensando che la maledizione sarebbe arrivata a lei, ma avvertì solo il braccio di Harry staccarsi bruscamente dal suo e poi il tonfo del ragazzo che cadeva poco distante. Il Grifondoro non emise un solo lamento e lei pregò che riuscisse a resistere il più a lungo possibile.
 Si chiese se avrebbero giocato anche con il suo corpo, sentiva solo i Mangiamorte intorno a loro che ridevano e Hagrid che ululava ancora il suo dolore, inconsolabile.
 “Crucio” 
DolohovCerto che avrebbero giocato con il suo corpo.
Questa volta Emma si sentì sollevare e strinse i denti pronta a ricevere dolore, ma le sue membra si contrassero con disperazione senza che la sensazione di fuoco e spilli della Cruciatus la sconvolgesse. Avvertì curiosamente solo un vago formicolio e sentì uno strano tepore sul petto. Sussultò: il monile dei Black, regalo di Narcissa, la stava proteggendo.
 “Idiota” sibilò la voce Voldemort “Sei un povero idiota Dolohov”
 “Mio Signore io... “ iniziò balbettando il Mangiamorte, rendendosi conto di aver fatto un passo falso e il cuore di Emma ruggì a sentire quel suono pieno di paura e per la prima volta apprezzò l'inconsueto interesse che Voldemort sembrava avere nei suoi confronti.
Avvertì il marchio bruciare per la rabbia del mago, ma anche senza quella sensazione, avrebbe percepito il pericolo anche solo per il gelo che cadde all'istante nella radura.
 “Piton aveva ragione dopotutto” disse l'Oscuro “Sei senza cervello. Chi ti ha detto di toccare la ragazza?”
 “Mi scusi mio Signore. Io credevo...”
 “Non devi osare. 
Crucio
 Lord Voldemort era furioso e Dolohov soffocò un urlo, mentre l'emoor si accorgeva con freddezza di non provare nessun dispiacere. I gemiti del Mangiamorte si trasformarono in grida, mentre la maledizione non accennava a diminuire di intensità ed Emma udì i denti dell'uomo stridere, prima che il tonfo del suo corpo sul prato umido, non preannunciasse la fine della tortura.
 “Alzati vigliacco. Alzati” disse Voldemort al gigante biondo, con sprezzo, mentre i movimenti goffi del Mangiamorte arrivavano alle orecchie tese dell'emoor.
 “Mio Signore” 
Bellatrix Mio Signore cosa dobbiamo fare?”
 “
È arrivato il momento per cui mi hai sempre detto che avresti combattuto al mio fianco, Bella” sibilò l'Oscuro e sembrava avesse ritrovato la voglia di combattere.
 “Sarò al suo fianco mio Signore” disse la donna, adorante e l'emoor riuscì a immaginare il cenno distratto di Voldemort verso di lei.
 “Andremo al castello” sibilò il mago, rivolto a tutti i presenti “Tu, Hagrid, stupido gigante ti renderai utile e porterai il ragazzo, in modo che tutti lo vedano, ben in alto. L'emoor invece rimarrà qui, al sicuro. Che nessuno osi toccare il suo corpo, che nessuno si azzardi. Alla fine della battaglia riceverà gli onori dei nostri caduti. Il suo sangue era il mio sangue. 
Era mia sorella, figlioccia di uno tra voi che ha dimostrato molto e pagato per la sua fede ed era una Serpeverde e come tale riceverà il nostro rispetto.”
L'emoor sentì il suo corpo staccarsi da terra e capì che qualcuno la stava facendo levitare. Con difficoltà sciolse i muscoli e si lasciò ciondolare, cercando di muovere appena il petto solo per far passare un filo d'aria nei polmoni. Il cuore che ancora batteva furioso.
 Sentì di nuovo l'erba contro la sua schiena e udì i passi dei maghi allontanarsi, con l'eco della risata di Bella a ritmare il loro avanzare.
 Emma si concesse un breve respiro e di nuovo, la consapevolezza di essere sopravvissuta e l'incontenibile gioia e sollievo, si mischiarono con il terrore di quel che l'aspettava. Si chiese come avrebbero reagito tutti i loro amici a vedere arrivare i Mangiamorte al castello con il cadavere di Harry. Si domandò se si sarebbero rassegnati se Voldemort avesse annunciato la 
sua di morte. 
 Provò a immaginare le sensazioni che avrebbero provato gli altri emoor, sempre che David ed Emily fossero ancora vivi, così come tutti i suoi amici. Soprattutto Emma pensò a Draco e una stilettata di dolore le spezzò il cuore e si ritrovò a sperare con tutta sé stessa che il Serpeverde fosse fuggito lontano dal campo di battaglia e che non dovesse assistere all'annuncio. Per un momento rimpianse la connessione con Potter da cui a lungo era rifuggita: poter parlare con il Grifondoro sarebbe stato davvero utile.
 Sbatté le palpebre e la luce la ferì. Lentamente, cauta, mosse la testa, accorgendosi che l'avevano lasciata davvero sola.
 Si trovava appoggiata in un punto in cui l'erba era più alta e fresca, in modo da coprirla parzialmente e con fatica si tirò in piedi, recuperò la bacchetta nella tasca interna della divisa e il mantello dell'invisibilità e dopo tutto quel che aveva scoperto, guardare quel pezzo di stoffa le passò emozioni molto forti.
 Scosse il capo e ancora una volta riordinò i pensieri dietro pareti di Occlumanzia, si sentì particolarmente leggera, come se si fosse tolta un fardello e lucida soprattutto, pur non sapendo cosa la aspettava.
Si avvolse nella metà di mantello appartenuta a James Potter e per un attimo pensò di andare da Severus, per tranquillizzarlo a proposito del suo destino e far sapere lui che sarebbe andato tutto bene, ma anche senza la connessione a spingerla a proteggere Potter il suo cuore rombava di agitazione nel petto e la spingeva a raggiungere il ragazzo e la battaglia.
 Con passi incerti uscì dalla radura e si diresse più velocemente possibile al limitare della foresta.
 Era l'ultimo atto.


*Angolo Autrice*


Ciao miei Lettori. 
Ci troviamo in questo capitolo delicato e fragile, in cui si parla dell'aldilà come un pensatoio. 
Lo dedico alla meravigliosa attrice Helen McCroy, interprete di Narcissa, ieri venuta a mancare. 
E mi si stringe il cuore a sapere che sia capitato proprio questo capitolo. Ci mancherà. 
Molto del mio amore per Narcissa deriva anche dalla sua delicata ed emotiva recitazione e le sono grata.

Per fare invece un breve commento sul capitolo, credo che molte domande (non tutte) trovino in queste righe risposta. 
Mi sono molto divertita a far confrontare Silente ed Emma, a farli districare la matassa degli eventi e cercare insieme le risposte.
Il legame con Harry, il rapporto con Severus, gli emoor, Voldemort. 
Mi colpisce come Emma si senta in fondo legata a Tom Riddle e come Silente la aiuti a capire come ciò che Voldemort è stato non esista più. 
Mi intenerisce il suo pensiero rivolto costantemente a Severus, la sua preoccupazione, il suo affetto. 
Mi stupisce la maturità con cui affronta tutto, questa minuscola ragazzina che ho visto crescere nella tastiera del mio computer. 
Credo che Silente sia macchiavellico, ma a pensarci non ha mai messo in pericolo la vita dei due ragazzi e meritava questo atto finale.

Ammetto che un poco mi sono commossa nello scrivere il passaggio che Emma si immagina su come sarebbero potute andare le cose. 
In quella visione Emma è Serpeverde perché priva dell'influenza di Thomas Corvonero, sono certa che senza il Vinculum Pateret, la ragazzina avrebbe seguito le orme del padre, per la poca gioia dei Malandrini e il silenzioso orgoglio di Lily. 
Sul risveglio: Emma viene quindi lasciata indietro. Questo apre ovviamente un bel po' di scenari. 
Ho adorato scrivere la parte di Narcissa e inserire Bellatrix al suo fianco. 
Potrete anche pensare che non sia Canon l'atteggiamenteo della Lastrange: ma lo è. 
Bellatrix è ossessionata da Voldemort, eppure anche nell'originale nasconde lui delle cose, come il Voto Infrangibile tra la sorella e Piton. 
Mi è sempre sembrata un elemento totalmente incredibile e su cui pochi si sono soffermati, per questo ho deciso di portarlo qui. 
Per non esporre Narcissa, Bellatrix questa volta non omette: mente.
Ricordiamo inoltre che la Mangiamorte è in debito con la piccola emoor. 

Sembra incredibile, ma ora mancano solo 2 capitoli alla fine + un epilogo. 
Vi devo dare però una notizia un po' cosìcosì, questa settimana fortunatamente mi arriva un carico immenso di lavoro e non so quando e se potrò pubblicare. 
Sono sempre stata molto onesta con voi sulle pubblicazioni e non voglio proprio buttare questi ultimi capitoli, anche perché di tutti sono quelli più abbozzati e che preferisco scrivere con il massimo risultato. Potrebbe essere che io riesca, inespattatamente ad anticipare la pubblicazione, ma potrebbe essere che dovrete aspettare fino a lunedì prossimo. Non arrabbiatevi: lo faccio anche per voi. 

Sono curiosissima di sapere i vostri pareri e sensazioni su questo capitolo. 
Vi mando tanto affetto. 
Un abbraccio.

vi

Ritorna all'indice


Capitolo 66
*** La battaglia ***



.La battaglia.



“No! Harry NO! Ti prego no...”
La violenza dell'urlo angosciato di Ginny investì Emma di dolore anche a quella distanza, ma fu il grido rauco della McGranitt a colpirla come uno schiaffo in pieno volto, bruciante, tanto la colse di sorpresa. L'emoor non aveva mai pensato che quella donna, tanto forte, rigida e ferma, potesse emettere un suono di tale scomposta disperazione e sentì il cuore spezzarsi e i polmoni contrarsi dolorosamente, mentre la consapevolezza di quel che l'amica di sempre e la professoressa stessero provando in quel momento, la faceva tremare sul posto. 
Per loro due Harry era morto e con la sua morte, la speranza vana. La sensazione di fallimento e impotenza che illuminava di amarezza i loro volti era schiacciante, così come lo sconforto che serpeggiava tra le file di tutta la Resistenza, davanti alla vista di Hagrid che avanzava nel cortile devastato, tenendo tra le braccia il corpo apparentemente senza vita del Grifondoro.

 Per un istante l'emoor desiderò uscire allo scoperto e attraversare a passo svelto lo spazio che la divideva da Ginny, semplicemente per abbracciarla e dirle che andava tutto bene. Desiderò di essere in grado di dimenticarsi di Voldemort, della guerra, delle Ombre, della sofferenza che provava e del suo destino non ancora completamente scritto, per fare da scudo all'amica e portarla lontano da quel dolore.
Ginny Weasley se lo sarebbe meritato di avere speranza per un futuro migliore, di essere confortata. Tutti loro se lo meritavano, ma a far desistere Emma dai suoi intenti fu la vista della barriera di Mangiamorte alle spalle dell'Oscuro Signore, immobili e servili, come nei suoi peggiori incubi, ma soprattutto numerosi: troppe persone erano ancora dal lato sbagliato di quella lotta.
 La guerra, la rabbia, l'odio andavano fermati.
 La Corvonero inspirò lentamente, ma con decisione, scostando lo sguardo dalla rossa Grifondoro e spostandosi lentamente sulla destra del cortile, cauta, camminò con attenzione dietro le spalle dei Mangiamorte, strettamente avvolta nel suo mantello dell'invisibilità.
 Forse, anche se fosse stata visibile, nessuno avrebbe fatto caso a lei, perché gli occhi di tutti, erano ancora rivolti al corpo di Harry, minuscolo nelle braccia di Hagrid e nessuno sembrava notare la polvere che i suoi passi invisibili e quelli di Zabini, nascosto insieme a lei sotto il mantello, alzavano tutto intorno, mentre superavano le schiere di Voldermort, sempre più vicini all'Ordine e all'ES.
 “Sei tra due fuochi O'Shea” le sussurrò il Serpeverde nell'orecchio destro ed Emma giurò di averlo sentito tremare.
 “Ci siamo in due” mormorò “Anzi ci siamo tutti”
 “Sempre con te” sorrise l'altro.

. . .

I Mangiamorte risalivano il versante della collina verso il castello, festanti mentre camminavano a ritmo con le grida divertite di Bellatrix, inconsapevoli che quello che stavano trasportando non era affatto il cadavere di Harry Potter e che Emma O'Shea in persona li stesse osservando da lontano. 
 L'emoor, dopo un attimo di incertezza, in cui aveva inutilmente pensato ad un piano di attacco sensato, si era messa di istinto alle loro calcagna, camminando tanto svelta quanto le permettevano le gambe stanche e il fiato spezzato. 
Aveva appena superato la capanna di Hagrid, gli occhi sempre puntati verso le sagome ancora lontane dei nemici, quando le parve di sentire dei sussurri ovattati provenire dell'orto. Si voltò, scrutando quello stesso posto che ad Halloween si riempiva di zucche, prima che venissero accuratamente tagliate per decorare magnificamente la Sala Grande e assottigliò lo sguardo, cercando di distinguere qualcosa tra le sagome scure e stupendosi quando scorse la testa arruffata di Joanne, accovacciata accanto a quella perfettamente curata di Zabini.
 L'emoor rallentò l'andatura e si tolse il mantello, muovendosi verso di loro.
 “Blaise” sussurrò, per attirare l'attenzione del ragazzo ed entrambi i Serpeverde trasalirono, spaventati, ma parvero illuminarsi nel riconoscerla.
 “Sei viva” mormorò Joanne evidentemente sollevata “Quei Mangiamorte che andavano al castello dicevano di averti ucciso!”
 “Ci hanno provato” rispose l'emoor, abbozzando una smorfia divertita e si voltò verso Zabini che, forse per la prima volta da quando Emma lo conosceva, era rimasto senza parole, annichilito, fino a quando non si alzò, correndo verso di lei per abbracciarla, a lungo: aveva il volto contratto e gli occhi lucidi di chi era sul punto di piangere, ma si sforzava di non cedere.
 “Merlino, Emma” esalò, le lunghe braccia a stringerla protettive.

 “Che cosa facevate qui?” chiese l'emoor, stretta contro l'ampio petto del ragazzo.
 “Volevamo trovare Draco, speravamo che fosse con gli altri” spiegò Blaise “E abbiamo accompagnato Daph ai cancelli, sta cercando sua sorella”
 “
Ma poi abbiamo visto i Mangiamorte risalire” intervenne Joanne “Ci siamo spaventati e abbiamo deciso di stare nascosti”
 “Draco è da qualche parte al castello: vivo, ci siamo visti” disse l'emoor, sfuggendo leggermente alla stretta di Blaise per guardarlo in volto e rassicurarlo.
 “Oh” esalarono pieni di sollievo i due Serpeverde e lo sguardo di Zabini si fece tanto grande e brillante a quella notizia che Emma provò tenerezza nel vederlo.
 “
Hanno ucciso Potter, Ems” intervenne allora Joanne, di slancio e piuttosto a disagio, la smorfia seria e piena di dispiacere “Abbiamo visto il suo corpo, lo stanno portando al cortile”
Si torceva le mani, come se temesse che quella rivelazione potesse fa arrabbiare l'altra, o forse ferirla troppo a fondo, ma l'emoor scosse la testa debolmente.
 “Pensavano di aver ucciso anche me, ma non è così” rispose, osservando la confusione sul volto dei due ragazzi evaporare quasi nello stesso istante.
 “Potter è vivo?” chiese incredulo Zabini ed Emma annuì, piena di nervosismo, sentendo nuovamente l'urgenza di raggiungere il resto dei combattenti.
 “
Esatto. È vivo e devo raggiungerlo il prima possibile”
 “Veniamo con te” disse subito lui e anche la Rowling annuì decisa, propositiva, ma la Corvonero sorrise in risposta e scosse la testa mestamente, il cuore gonfio di gratitudine per i due ragazzi.
 “Vi ringrazio, ma non ci stiamo sotto il mantello, ci scopriranno”
 “Allora vengo io” ribadì subito Blaise “Joanne può stare qui, al sicuro.”
 “Al sicuro un ricciocorno, Zabini. Vengo anche io” soffiò la ragazza, offesa.
 Emma trattenne un sibilo di nervosismo, capendo che i due avrebbero potuto andare avanti a litigare per ore, ma prima di farsi prendere dallo sconforto ebbe un'illuminazione improvvisa.
 “In realtà se vuoi aiutare Joanne c'è una cosa da fare.” disse e la ragazza in questione  le lanciò un'occhiata torva prima di dire: “Sputa”
 “Il professor Piton è quasi morto ed è all'interno del Platano Picchiatore” spiegò l'emoor “È dei nostri, Voldemort ha cercato di ucciderlo. L'ho salvato io”
 Emma vide solo distrattamente a quanto fossero sorpresi i volti degli altri due.
 “È dei nostri?” domandò Joanne incredula
 “Esattamente” assentì l'emoor “Ma non si deve far assolutamente vedere. Nessuno deve sapere che è sopravvissuto. Conoscendolo però il rischio che l'ansia di non sapere cosa stia succedendo lo faccia uscire è piuttosto alto. Non posso permettere che gli succeda qualcosa, puoi andare a stare con lui? Sarà dura trattenerlo, ma devi obbligarlo a stare lì fino a quando non veniamo a chiamarvi”
 La Serpeverde annuì risoluta, come se quell'incarico le desse improvvisa energia.
 “Puoi fidarti di me Emma.” disse secca.
 “Grazie, lo so”
“Posso fare lui domande per il mio libro?”
 “Tutte quelle che vuoi.”
 “Che libro?” chiese perplesso Zabini.
 “Joanne scriverà un libro su Potter e le nostre gesta” disse spiccia Emma, finendo la sua pazienza e afferrando il mantello, pronta a sparirci sotto, ma la ragazza le afferrò un polso, guardandola in volto, con risolutezza.
 “Mi racconterete come li batterete?” chiese e l'emoor annuì, grata che almeno qualcuno di loro avesse una speranza. 
 Felice, che Joanne fosse in grado di pensare al dopo. Ai propri progetti, alle storie che avrebbe raccontato. Le sorrise sincera, spiegò come accedere al Platano Picchiatore e la osservò allontanarsi con un affetto che le si scioglieva nel petto.

“Siamo io e te Zabini allora” mormorò al ragazzo, immobile al suo fianco.
 “Era ora O'Shea” ghignò lui “Hai un'aspetto orribile comunque”
 “Sono tornata dai morti, concedimelo” sussurrò la ragazza.
 “Non è mai concesso avere un aspetto orribile” soffiò lui, con un leggero ghigno divertito e l'emoor alzò un sopracciglio in risposta.
 “Muoviti” lo esortò con un cenno perché anche lui si infilasse sotto il mantello e svelti si spostarono verso la curva dietro cui erano spariti i Mangiamorte. 
 Non avevano molta voglia di parlare, avanzavano in silenzio, tenendosi per mano come a farsi forza a vicenda, fino a quando non rividero da lontano la fila scura di maghi, diretti verso il cortile. Lo sguardo dell'emoor si mosse sul versante del parco, poco distante dal punto in cui aveva trovato i corpi di Richard e Sarah e d'istinto si irrigidì con il respiro chiuso nel petto, mentre cercava di ricacciare indietro le lacrime che non era stata in grado di versare quando aveva trovato l'amica. Il peso dei sopravvissuti a farle tremare le ginocchia.
 “Emma” mormorò dolcemente Zabini “Che succede? Dobbiamo and..”
 “Devo dirti una cosa” lo interruppe lei, alzando lo sguardo per osservarlo, e gli occhi chiari e obliqui del ragazzo si abbassarono a sua volta su di lei, stranamente cauti.
“Immagino non sia una bella notizia” disse amaro e l'emoor scosse appena il capo in risposta, trattenendo un singhiozzo. 
 “No, non lo è, in effetti, ma forse potrebbe darti la forza di combattere”
 Blaise serrò la mandibola, contraendo per un istante i lineamenti perfetti e facendole controvoglia cenno di parlare.
 “Sarah è morta” ammise l'emoor, con il tono più delicato possibile, ma senza giri di parole e si sentì più leggera nel confidargli quella perdita terribile e nel condividere così insieme un dolore. 
 Sapeva che c'era il rischio che il cuore di Blaise si spezzasse e la notizia lo rendesse troppo fragile, ma qualcosa le diceva di non poter mentire all'amico e il volto olivastro del ragazzo si illuminò di dolore, mentre prendeva consapevolezza di quelle parole, rendendo gli occhi obliqui velati di lacrime. 
 Si irrigidì, disperato, mentre cercava di prendere respiro senza però riuscirci, fino a quando Emma non gli prese il volto tra le mani e appoggiò la fronte sulla sua.
 Invisibili al mondo, in una muta comunione di fragilità e dolcezza, la piccola emoor e il possente Serpeverde rimasero uniti e immobili.
 “Blaise...”
 “Come è successo?” chiese lui in un mormorio indistinto ed Emma sentì il petto sprofondare davanti a quell'infelicità così adulta e composta.
 “Non lo so. La guerra” disse solo e anche se le sembrava una risposta vuota, era l'unica che si sentiva di dare.
 Zabini restò immobile e in silenzio per qualche altro secondo, poi scostò il viso da quello dell'emoor e rapido, come colto da una nuova energia, intrecciò la sua mano con quella di lei e si assicurò che il mantello coprisse entrambi a dovere.
 “Andiamo” disse semplicemente, con voce neutra e concentrata ed Emma annuì in risposta, senza aggiungere altro, avvertendo la rabbia di lui sprizzare intorno a loro, ma lasciando rispettosamente che arginasse il dolore nel suo cuore, mentre attraversavano in silenzio il prato buio, uno accanto all'altra, determinati a chiudere per sempre quella faccenda, gli sguardi fissi sulla meta.
 “Era una ragazza speciale” disse Blaise, mentre si approcciavano al cortile.
“Lo era” concordò Emma con un nodo in gola. 
 “Non lo meritava” sussurrò Zabini e l'emoor gli strinse la mano più forte.
 “Nessuno lo merita, Bla.”
 “Già...”
Nell'aria, a parte i passi lontani dei Mangiamorte che marciavano compatti e le grida scomposte di Bellatrix, c'era un silenzio che sapeva di morte.
 L'emoor, pensò alla dolcezza dell'amica, mentre i volti di Remus, Lilith, Fred e Tonks le galleggiavano davanti, facendo breccia nella sua determinazione.
 “Vinciamo questa guerra O'Shea. Per loro. Per noi” sussurrò il Serpeverde e lei fu felice di averlo al suo fianco.

. . .

L'emoor guardò con affetto tutti i combattenti, continuando a stringere la mano di Blaise, guidandolo in silenzio. Erano visibilmente tutti stanchi, coperti di polvere, sudore e speranza, gli occhi pieni di lacrime, ma in piedi.
 Vide David ed Emily dall'altra parte del cortile rispetto a lei, abbracciati, spaventati e fragili e individuò Luna e Neville al centro del gruppo, affiancati da Gabriel Tullier e Kingsley. 
 Il signor Weasley invece tratteneva ancora Ginny, agitata e determinata come una leonessa e accanto a loro c'erano Bill e Fleur, lui simile a un guerriero d'altri tempi, con le cicatrici traslucide nella luce lunare e lei bellissima e fiera, lo sguardo affilato e combattivo.
 Hermione e Ron arrivarono correndo, per mano, fermandosi con sguardi terrei e vuoti dietro ad alcuni Tassorosso del settimo anno, tra cui Ernie McMillan, mentre Cho Chang, accanto a Lumacorno e Carmen, piangeva sommessamente e vedendo la compagna di Casa, Emma si chiese, con dolore, se avesse scoperto della morte di Sarah, ma immaginava di no perché la ragazza si guardava intorno, come se si aspettasse di scorgere l'amica da un momento all'altro.
L'emoor strinse le labbra e continuò a scivolare di lato, insieme a Blaise, ora alle spalle dell'Ordine, dei professori e degli studenti, stando attenta a non alzare polvere con i suoi passi, il cuore in gola e il respiro coordinato con quello del ragazzo accanto a lei.
 “Harry Potter è morto!” gridò Voldemort, raggiante e dalle fila dei Mangiamorte si alzarono grida selvagge di gioia “Harry Potter è morto mentre fuggiva, la vostra compagna Emma O'Shea ha provato a fermarlo, ma lui l'ha uccisa”
 Mormorii indistinti attraversarono la folla a quell'affermazione, Emma sussultò e sentì Blaise scuotere la testa sdegnato accanto a lei.
 Di scatto, la Corvonero tornò a guardare i suoi amici, in cerca di qualche reazione e i suoi occhi individuarono George, pallido e affranto accanto a Lee Jordan e infine scovarono i capelli biondi di Draco, immobile nelle ultime file.
 “Emma O'Shea era l'emoor discendente da Serpeverde” continuò pomposamente l'Oscuro “Era sangue del mio sangue e portava con orgoglio il mio marchio, molto ci legava.”
 “Non è vero. Menti!” 
Artemius
Prima che Blaise la spingesse a continuare a camminare, la Corvonero rimase incantata a guardare il timido amico fronteggiare con coraggio Lord Voldemort, gli occhi chiari e lucidi, il volto pallido e risoluto. Accanto a lui c'era James, bianco come la morte, ma coraggioso e stoico, con la bacchetta stretta convulsamente nella mano destra e lo sguardo determinato e tranquillo. 
 A quella vista le labbra dell'emoor si piegarono appena in un sorriso dedicato solo a loro, 
i suoi due grandi amici, i suoi piccoli eroi, prima che i suoi occhi tornassero preoccupati sul volto affilato di Draco, separato dagli altri, affranto e combattuto.
 Voldemort fece un ghigno pericoloso, lo sguardo rosso che dardeggiava sulla folla e si fissavano su Artemius.

Giovane Artemius Geller Hope” rise con sarcasmo e freddezza “Già una volta sei sfuggito alle mie file, è piuttosto deludente vederti tra quelle dei perdenti”
 Il padre adottivo del Serpeverde, fermo tra i Mangiamorte, si agitò leggermente sul posto ed Emma non riuscì a vedere se ci fosse anche la matrigna, perché ipnotizzata dal volto di Artemius che sembrava accartocciato dalla rabbia.
 “Non sputare falsità su di lei. Non osare nemmeno nominare il nome di Emma. L'hai marchiata contro la sua volontà” gridò il ragazzo contro il mago “Io c'ero. Tutti noi lo sappiamo”
 Voldemort rise nuovamente, freddo, terribile ed Emma si avvicinò all'orecchio di Blaise, cauta, tirandolo per il braccio.
 “Vai subito da David ed Emily e avvisali che sono viva. Dì loro di tenersi pronti” sussurrò.
 “Tu cosa fai?” disse teso il Serpeverde, che non sembrava affatto intenzionato ad abbandonarla.
 “Draco” spiegò lei in una parola “Draco e poi Artemius” aggiunse asciutta, indicando con il mento l'emoor discendente di Tassorosso, solo pochi passi davanti al biondo.
 La ragazza sentì Blaise scivolare silenziosamente via dal suo fianco e lo vide continuare ad avanzare alle spalle dei combattenti, protetto dal porticato. Si sentì stranamente scoperta senza la presenza di lui accanto e il mantello le parve improvvisamente troppo grande solo per lei. Inghiottì saliva e represse un brivido, mentre avanzava lenta, passando a meno di un metro da George. 
 I suoi occhi osservarono velocemente il volto del gemello coperto di polvere, sangue e lentiggini sparse e si morse il labbro per costringersi a continuare a camminare e impedirsi di allungare la mano per stringere quella dell'amico, dandogli il supporto di cui sembrava avere un gran bisogno.
“Chi di voi vuole raggiungere i vittoriosi, quindi?” tubò Voldemort alle sue spalle, gli occhi ancora fissi su Artemius e il sorriso dilatato come un taglio sottile sul volto pallido, mentre avanzava di un passo e Nagini, ancora chiusa nella sua sfera, rotolò in avanti al fianco dell'uomo, osservando i presenti minacciosa.
 “Chi è pronto ad aggiungersi alle mie file?”

“Draco”
 Il sussurro rauco di Lucius Malfoy sembrò squarciare il silenzio, mentre tutti si voltavano a guardarlo e anche gli occhi di Emma corsero sul volto pallido dell'uomo, con pena. 
 Lucius sembrava l'ombra di sé stesso, senza più forze, mentre Narcissa, immobile e altera alle sue spalle, lo sosteneva con una mano posata sulla spalla, il viso illeggibile e contratto, rivolto verso il suo unico figlio dall'altra parte del cortile.
 “Draco...” ripeté lentamente il Mangiamorte, emettendo un suono debole e patetico, la mano protesa verso di lui.
 Anche Voldemort si girò con nuovo interesse a guardare i due Malfoy e poi verso il Serpeverde, il sorriso divertito ancora steso sul volto, gli occhi pieni di scherno pericoloso.
 “La tua amata è morta per la causa, giovane Malfoy” disse mellifluo “Non vorrai deluderla scegliendo di stare dal lato sbagliato”
 Draco abbassò il capo, fissando terra e anche a quella distanza Emma si accorse che il ragazzo stava tremando e ne capì l'orrore:  Voldemort l'aveva violato, umiliato e distrutto moralmente e fisicamente per un anno intero: era il suo più grande incubo.
 L'emoor aumentò il passo, infischiandosene della polvere che poteva tradirla, mentre vedeva il dubbio correre sul volto pallido del biondo e le sembrava di sentirlo ragionare e mettere a posto i pezzi traballanti della sua coscienza. 
Era evidente che Draco non credesse a una sola parola di Voldemort, ma i suoi occhi grigi vibravano incerti ed Emma intuì che si sentiva perso. Perché Malfoy aveva scelto da che parte voleva combattere, si era esposto, ma se lei era morta, questo significava che lui era solo al mondo e stava probabilmente cercando di capire se c'era qualcuno, tra quelli della Resistenza, disposto a fare un passo avanti nei suoi confronti. 
 Se c'era qualcuno che avrebbe osato dire lui che c'era spazio anche per uno sporco ex Mangiamorte tra le loro file e se questo fosse in fondo un motivo sufficiente, per il suo cuore e nuovo orgoglio, da dargli forza per abbandonare i suoi genitori al loro destino.
 Emma lo raggiunse mentre il silenzio intorno a lui si era fatto imbarazzante e il ragazzo chinava il capo, arreso all'odio che gli si riversava addosso. Gli artigliò il polso in una mano, sussurrando solo un '
No' perentorio e lo vide impallidire e voltarsi impercettibilmente verso di lei, riconoscendola, anche se nascosta dal mantello.
 “Stai dal lato giusto Malfoy” gridò George Weasley in quel momento, ignaro della presenza dell'emoor accanto al biondo “Fallo per lei. Lei ti vorrebbe al nostro fianco. Ti ho visto combattere dentro la scuola, ti sono grato, ci sarà sempre posto per te nelle nostre file, perché hai sempre occupato una parte molto speciale nel cuore di Emma e io mi fido di lei.”
 Gli occhi di Draco brillarono di sollievo, mentre annuiva seccamente in direzione del rosso e il cuore di Emma rombò di affetto e gratitudine per il gemello: George, anche se lei fosse morta, non avrebbe permesso a Draco di perdersi e questo pensiero le infuse uno strano coraggio.
 Voldemort invece scoppiò a ridere e Lucius e Narcissa arretrarono di un passo, forse temendo di essere puniti. Il Serpeverde accanto a lei non osava muoversi, lo sguardo ora fisso sui suoi genitori. 
Faceva corti e brevi respiri e l'emoor vide i suoi occhi grigi tremare e la mandibola distendersi e strinse appena di più la presa sul suo polso, cercando di non fargli sentire quanto fosse scossa e spaventata, mentre ascoltava il battere del suo cuore sotto i suoi polpastrelli, attraverso la pelle chiara e sottile.
 “Sei viva” mormorò il ragazzo in un leggero accenno e lei gli accarezzò la schiena in muto supporto.
 “Signor Malfoy” disse una voce secca che li fece sobbalzare entrambi, mentre si voltavano verso la McGranitt, apparsa accanto a loro con il suo cipiglio sicuro e combattivo.
 “Professoressa” mormorò Draco.
La donna si mise al suo fianco, l'aria come sempre dura e severa, tagliente e lo sguardo rivolto ai nemici e a Voldemort.
 “Nonostante le sue discutibili passate scelte, sono molto felice di averla tra noi oggi” gli disse con un leggero sorriso ironico a far breccia nella stanchezza “Ho fatto una promessa a Emma tempo fa e intendo mantenerla. Quando tra poco scoppierà la battaglia mi stia accanto. Avrò bisogno di un compagno di combattimento”
 Draco annuì in risposta, con un leggero sorriso e l'emoor sentì l'affetto per la professoressa invaderle il petto. Lasciò andare con gentilezza il polso del ragazzo, sapendo di affidarlo a buone mani e avanzò di un passo, scendendo lentamente verso James ed Artemius.
 Con uno sguardo alla sua destra, vide Zabini fermo alle spalle di David ed Emily, entrambi pallidi, ma segretamente sollevati.
 “Allora?” insistette Voldemort sornione “Ora che il casato Malfoy è decaduto a causa della loro mancanza di nervi, non c'è nessuno che vuole farsi avanti? Non c'è nessuno che ambisce al potere, alla sicurezza, alla mancanza di limiti? Nessuno che vuole conoscere le sue possibilità e abbattere le catene che ci costringono nell'oscurità?” disse e si muoveva in circolo nel cortile, ma il silenzio era greve.
Nagini rotolò di nuovo nella sua sfera, attirando l'attenzione dei presenti e le labbra di Voldemort si stesero in un sorriso pericoloso.
 “Siete solo degli stolti. Combattete in nome di maghi più grandi di voi che vi hanno indottrinato di false certezze. Sono 
secoli che la magia vive nascosta nel nome dei Babbani. Sono secoli che non possiamo mostrare al mondo né la nostra forza, né le nostre capacità. Nessuno di voi vuole un riscatto?”
 Emma trattenne il respiro, mentre passava alle spalle di Demelza Robbins e Ernie McMillan, attenta a non farsi scoprire. Doveva ammettere che anche se stremato e privo di tutti i suoi Horcrux, Voldemort sapeva usare ancora il suo fascino e lo scrutò con torva attenzione, facendo un altro passo avanti.
 “Neville no” gridò Hermione alla sua destra e l'emoor, seguì la traiettoria del suo sguardo e vide il ragazzo che camminava verso le file dei Mangiamorte, attraversando il cortile.
 Zoppicava visibilmente e perdeva molto sangue dalla tempia destra, ma avanzava inesorabile, nel pesante e immobile silenzio. 
 Voldemort sorrise crudele alla sua vista e poi schiuse le labbra inesistenti in un risata rauca e qualcuno dei Mangiamorte alle sue spalle lo imitò nello stesso modo, riempiendo il cortile di suoni gelidi.
 “Speravo in qualcosa di meglio” sibilò l'Oscuro, osservando con scherno il Grifondoro “Devo ammetterlo.”
 Neville si fermò per ricambiare lo sguardo del mago e Hermione accanto a Emma fece un singhiozzo, stretta nel braccio di Ron.
 Nagini rotolò nella sua sfera, guardando curiosa Paciock.
 “Chi sei tu?” chiese Voldemort "”urosangue presumo”
 “Sono Neville Paciock” rispose il ragazzo con strano coraggio, il mento alto, la posa ferma.
 “Paciock di nuovo tu!” rise Bellatrix tra le file dei Mangiamorte, facendo un passo verso il suo Signore.
Emma scivolò oltre la prima fila, gli occhi fissi sulla schiena di Neville, fino a quando non fu a un solo passo di distanza da James. Se avesse allungato il braccio avrebbe potuto accarezzare lui la schiena. Erano vicini. E Artemius, accanto al Corvonero, si tese all'improvviso e si voltò di scatto verso di lei. Emma sentì il sangue nelle sue vene scorrere più velocemente e vide gli occhi grandi e vacui dell'amico farsi più attenti: la stava percependo. 
 La ragazza fece un altro passo in avanti.
 “Allora Neville Paciock, benvenuto nelle mie file!” rise Voldemort  “Il coraggio di certo non ti manca. È una buona qualità, quando dosata e non accecata dalla vanagloria.”
 Emma rialzò il capo verso il centro del cortile, tornando concentrata. Gli occhi di Artemius ancora fissi sul punto in cui si trovava, in allarme, scandagliando l'aria attenti.
 “Posso dire una cosa?” chiese Neville con voce ferma e perentoria.
 Le labbra di Tom Riddle si tesero appena con stupore, ma chinò il capo in un gesto elegante, facendogli un cenno perché continuasse e Neville prese un profondo respiro, alzando il mento con aria di sfida.
 “Harry è morto, è vero, ma la gente muore tutti i giorni. Non per questo dobbiamo fermarci. Anche se lui non c'è più questa è la nostra battaglia. Lui non avrebbe voluto che ci arrendessimo. Avrebbe voluto che combattessimo tutti, insieme”
 Voldemort arricciò le labbra in un'espressione sardonica e delusa.
 “Un dispiacere sentirti dire queste parole. Grifondoro, presumo”
 Neville annuì con orgoglio, senza muoversi di un passo ed Emma pressò le labbra, inalando aria nei polmoni e scivolando di un altro poco in avanti. Da dove si trovava poteva vedere Ginny, immobile tra Bill e suo padre, orgogliosamente senza lacrime in volto, Fleur con la bacchetta stretta in mano e Zabini pallido alle spalle degli altri due emoor come lei confusi e in attesa. 
Emma sentiva il sangue nelle sue vene scorrere sempre più veloce e le tempie pulsare quasi dolorosamente, ma il suo istinto era come dormiente: non aveva idea di quale fosse il suo ruolo come emoor, nessuno di loro quattro l'aveva mai avuta e sembrava che non fosse in procinto di arrivare nessuna rivelazione.
 Con delusione e un po' di panico, i suoi occhi si fissarono nuovamente su Nagini, mentre faceva un altro passo avanti, lo sguardo di Artemius che ancora la seguiva attento, nonostante il mantello di James Potter a proteggerla. 
 Emma ebbe la curiosa sensazione di essere in grado di percepire a sua volta l'amico, ma Voldemort la distrasse quando fece un gesto secco con la bacchetta e qualcosa di simile a un vecchio straccio marrone, arrivò a grande velocità dall'interno della scuola.
 Solo quando l'oggetto si calcò sulla testa di Neville l'emoor riconobbe il Cappello Parlante.
 “Non ci saranno più smistamenti ad Hogwarts” sibilò Voldemort con tono solenne “Non c'è altra Casa ad accogliervi se non 
Serpeverde, la mia ragione e le mie parole: che Paciock vi sia di insegnamento”
 Ci furono altre grida e schiamazzi tra i Mangiamorte. I Malfoy arretrarono di un altro passo nelle schiere, due ululati ruppero il silenzio subito seguiti da ovazioni gutturali, mentre il Cappello Parlante prendeva improvvisamente fuoco e Neville cominciava ad urlare, cercando disperatamente di toglierselo di dosso.
 Ci fu un breve momento di gelo dove nulla si mosse, persino Voldemort era immobile, il ghigno come un taglio tra i lineamenti rarefatti e sfuggenti, ma poi Emma scattò, togliendosi il mantello di dosso con un gesto secco, incapace di stare ferma a guardare. 
 La mano stretta intorno alla bacchetta, si gettò in avanti gridando un 
Aguamenti a squarciagola sul corpo di Neville, ormai rannicchiato a terra e alzò lo sguardo furente, sulle schiere dell'Oscuro.

Il bollore del sangue nelle vene era ormai insopportabile, sentiva tutto il corpo che tremava e vibrava, in cerca di far uscire qualcosa che non riusciva a riconoscere.
 “Molto coraggioso da parte vostra” sibilò l'emoor “Un'intera schiera Oscura contro un ragazzo solo. Vili.”
 Il volto di Voldemort sembrò liquefarsi di stupore nel vederla, confuso nel provare sentimenti contrastanti: sollievo e terrore.
 “Tu!” sussurrò, gli occhi brillanti e duri.
 “Io, Tom. 
Non sono morta sibilò l'emoor in serpentese.
 L'uomo la guardò per un secondo esterrefatto, ma poi rise sguaiatamente e nonostante il calore che la pervadeva Emma sentì un brivido gelido correrle lungo la spina dorsale nell'udire quel suono e fece un passo in avanti verso il mago, cercando di ostentare un coraggio che non aveva.
 “Non osare più toccare Neville” disse tranquilla, aiutando l'amico ad alzarsi “Non davanti a me, Tom”
 “Non ti è bastato perdere Piton e tutti i tuoi amici?” sibilò l'Oscuro ed Emma deglutì “Non ti è bastato perdere Remus Lupin e Lilith Bitterblue? Non ti è bastato soffrire? Non hai ancora capito? 
Tu sei mia. Puoi tentare di fuggire quanto vuoi, ma sei sangue del mio sangue, Emma Piton O'Shea e dovresti all'abbraccio dell'oscurità e impedirti di provare questo dolore. Perché non ti fidi di me? Chi altri vuoi vedere morire, oltre questo Grifondoro? Magari il nostro Artemius Geller Hope, o il giovane Malfoy? Quanto ancora vuoi dare credito all'amore? Devi accettare il fatto che io e te siamo uguali: potenti, assetati di conoscenza, inarrestabili, antichi.”
 “Anche Alicia e Salazar avevano lo stesso sangue e molto in comune, Tom, ma non la pensavano nello stesso modo” si difese lei, tagliente “Alicia voltò le spalle al fratello e andò contro la sua stessa famiglia per preservare questa scuola”
Sentiva gli sguardi di tutti fissi sulla sua schiena e avvertiva i respiri di speranza che si ridestavano e il sangue scorrere sempre più bollente. Si accorse di riuscire a percepire ancora più chiaramente Artemius appena dietro di lei, quasi come fossero una cosa sola e si chiese se non avrebbe semplicemente dovuto lasciare che i loro corpi agissero di istinto.
 “Forse Salazar non fece soffrire abbastanza Alicia, giovane Piton” sillabò il mago “Ma io di certo non sarò altrettanto ingenuo. So dove colpirti.
 Nagini, uccidi Paciock
 Fu un lampo, la sfera sparì intorno al serpente e Nagini, finalmente libera, si arcuò e innalzò verso il povero Neville, ma Emma balzò in avanti disperata, la bacchetta in pugno, gli occhi fissi sull'animale.
 “
Nagini: No.
 Il serpente parve tremolare su sé stesso e fermò il suo attacco, incerto, mentre il volto di Voldemort si irradiava di stupore e sconcerto. L'emoor udì distintamente la tensione avvolgere tutti i combattenti di entrambe le fazioni, che immobili assistevano a quella scena spettacolare: il corpo di Nagini, temibile e possente, era fermo, teso e in attesa di ordini, in bilico tra la volontà di Emma e Voldemort, ondeggiante sopra il corpo di Neville.
 “
Nagini. Attacca sibilò l'Oscuro di nuovo, ma l'emoor fece un passo avanti, arrivando a toccare con la mano il corpo dell'animale.
 “
No. Ferma per favore disse fredda, lo sguardo in quello del serpente “Ti chiedo di non attaccare.
 Lo vide inclinare il capo curioso, attento, mentre la osservava, con assoluta lucidità, non solo ascoltandola, ma offrendole fiducia.
 “
Emma O'Shea” sibilò il rettile "Grandi cose si sentiranno dire su di te e l'impresa che compirai oggi
 Voldemort era stravolto, confuso e inorridito ed Emma capì che cosa stava succedendo e perché l'animale non stesse attaccando.
Nagini, ritta di fronte a lei, rappresentava ciò che sarebbe potuto essere Tom Riddle se solo avesse accettato un po' di amicizia nella sua vita, era il rimorso che non era stato in grado di provare, era l'amore fraterno che un tempo aveva unito Salazar e Alicia. 
 L'anima di Voldemort, intrappolata sotto forma di Horcrux nel serpente, si stava ribellando e si rifiutava di ferire la ragazza per cui provava affetto e a Emma sembrò di vedere tremare qualcosa negli occhi antichi di Nagini prima che Neville spezzasse l'attimo.
 Il ragazzo si alzò urlando, brandendo la spada di Grifondoro che fuoriusciva dal Cappello Parlante ormai a pezzi e a sorpresa tagliò con un gesto secco la testa del serpente. Gli occhi di Nagini non abbandonarono mai l'emoor, anche mentre la testa cadeva con un tonfo sul terreno coperto di sangue.
 Ci fu un momento di teatrale silenzio. Una sospensione dove tutti parvero perdere il senso del suono e dello spazio, fino a quando il grido animalesco e disperato di Voldemort si insinuò nelle menti di tutti i presenti, facendoli stridere i denti con forza.  
 Emma si portò le mani alle tempie, mentre lei e Neville venivano sbalzati all'indietro, investiti dalla potenza della rabbia e del dolore del mago, ma prima di cadere a terra l'emoor sentì le braccia di Artemius afferrarla in vita.
 “Mius” sussurrò, piena di sollievo, mentre gli occhi chiari dell'amico indugiavano sul suo volto.
 “È il momento Ems” le disse serio e lei annuì sicura, ricambiando lo sguardo e intrecciò le sue dita con lui.
 Avrebbe voluto voltarsi e assicurarsi che tutti stessero bene, che Draco stesse correndo al sicuro, ma intorno a loro la battaglia riprese con violenza. I combattenti della resistenza si gettarono in
avanti lanciando fatture e incantesimi che si infransero contro gli scudi degli avversari, prima di rispondere con violenza.
Era il caos: le fatture e le maledizioni volavano ovunque e i due emoor si guardavano intorno confusamente.
 Emma corse verso il punto dove stava Voldemort fino a poco prima, seguita velocemente da Artemius, ma il mago non c'era e si imbatté invece in Angelina Johnson che lottava ferocemente contro Mulciber, aiutata da Katie Bell. 
 Poco distante Gabriel Tullier cercava di coordinare le persone intorno a lui con una certa maestria, prima di voltarsi e atterrare Rokwood con uno Schiantesimo ben assestato.
 Emma sentì il respiro spezzarsi nel suo petto e aggrappata ad Artemius, torse il capo, cercando Voldemort senza risultato, anzi rischiando di scivolare mentre si addentrava nella calca. 
 Poco lontano vide Hermione e Ron correre e attaccare con ferocia i Mangiamorte e Bill Weasley combattere accanto a Fleur Delacour coperta di polvere e sangue, simile a una dea di guerra.
 “Che cosa vuoi fare?” le chiese Artemius con il fiatone, aggrappato disperatamente alla sua mano.
 “Prendere tempo” rispose Emma “Harry è vivo e deve combattere contro Voldemort dobbiamo trovarlo”
 Artemius sgranò leggermente gli occhi, ma annuì, evocando uno scudo che parò alcune maledizioni volanti. La Corvonero corse in avanti e lanciò una fattura in aiuto di Charlie Weasley che lottava contro un incappucciato, mentre Calì Patil veniva sbalzata indietro da un Bombarda Maxima. Strinse i denti, seguendo la fiumana di persone, lo sguardo che scattava attento in cerca di Potter, o Voldemort, il fiato che le si mozzava nel petto, il bruciore nelle vene che stava diventando insopportabile.
 “Di qua” le gridò Artemius, guidandola alle spalle di George e Lee Jordan che combattevano insieme a Blaise Zabini, concentrato e letale come Emma non lo aveva mai visto. 
Passarono accanto Draco Malfoy che duellava in coppia con Minerva McGranitt e il ragazzo lanciò all'emoor uno sguardo tanto infuocato e sicuro, che le fece battere ferocemente il cuore, di felicità e sollievo, ma lei e Artemius vennero trascinati in avanti dalla folla.
 Scartarono a sinistra, evitando un'Acrumantula e un troll di montagna impazzito e cercarono di raggiungere Emily e David, mentre passavano davanti a Dan e Luke Harrods, che correvano in aiuto di Sean, solo contro Rodolphus Lastrange.

Quando infine scivolarono di nuovo in avanti, raggiungendo gli altri due emoor, sospirarono tutti e quattro di sollievo, come se la presenza degli altri desse loro nuova energia.
 “Cosa 
dobbiamo fare?” urlò David, sopra il fragore dei duelli, lanciando un potente Schiantesimo alle sue spalle “Avete un piano?”
 “Devo trovare Voldemort, o Potter” rispose Emma, atterrando un incappucciato che passava alla loro sinistra.
 “Potter è vivo quanto te?” domandò Emily, intuitiva e la Corvonero annuì, correndo sul lato destro del cortile, nell'istante in cui parte del portico crollava, innalzando polvere e grida. 
 I quattro emoor si scambiarono sguardi affannati, ma determinati,  David si mise a capo del quartetto, portandoli verso l'ingresso del castello, lontano dagli incantesimi volanti, Emily al suo fianco pallida e risoluta, lo sguardo fisso sugli altri due, pronta a scattare.  
 Vennero sospinti verso la Sala Grande e la Corvonero avvertì i suoi sensi farsi improvvisamente acuti, il sangue rovente, mentre un gruppo di elfi domestici si riversava nella battaglia, capitanati da Glimpsy e Kreacher, Carmen evitò per un soffio una luce verde volante e finalmente Emma vide Voldemort che combatteva contro Lumacorno e Vitous. L'emoor vide gli occhi rossi del mago scostarsi dai suoi avversari e soffermarsi con rabbia sul suo volto.
La ragazza avanzò, saltando agilmente il corpo di un lupo mannaro, abbattuto da dei Tassorosso e vide con la coda dell'occhio David ed Emily spostarsi verso il lato destro della sala, mentre Artemius si avvicinava di un passo al suo fianco. 
 L'Oscuro mosse la bacchetta con un gesto secco, scaraventando lontano i due professori che lo stavano attaccando, come fossero mosche e la ragazza avanzò inesorabile verso di lui, lo sguardo tremante che cercava solo distrattamente Potter. 
 Alle spalle del Mago Bellatrix si avvicinò correndo e per un assurdo istante Emma pensò che stesse venendo ad aiutarla, ma gli occhi della donna tremarono e si mossero bramosi su Voldemort
 “Mio Signore” sussurrò, il labbro che sporgeva in fuori, implorante “Non ascolti la ragazza. Non la ascolti, per favore”
 Emma strinse le labbra, osservandola mentre fissava adorante l'uomo e si sentì, per la seconda volta, quasi dispiaciuta per lei e per quell'amore non corrisposto e disperato. Bellatrix sembrava pregare il suo Signore di darle la possibilità di sognare un futuro, di potersi prendere cura di lui, di fuggire lontano.
 “Mio Signore" implorò di nuovo, infatti “la prego andiamocene. Potter è morto. Non rischi che...”
 L'emoor fece un altro passo, gli occhi fissi sui due e vide con la coda dell'occhio Ginny Weasley spuntare dal nulla alla sua destra, con rabbia, mentre scagliava un Diffindo ben assestato verso la strega.
 Gli occhi nocciola che lanciavano fiamme e i capelli rossi che mulinavano nell'aria, i muscoli tesi e pronti, il volto contratto di dolore e determinazione: sembrava inarrestabile.
 Emma trattenne il respiro mentre Bellatrix stupita, rispondeva veloce all'attacco e Ginny sdrucciolava indietro di parecchi passi, pur rimanendo in piedi con sguardo furente.
 Determinata, abile e pericolosa quanto la sua avversaria.

“Gioca con il tuo cibo, Bella” sibilò Voldemort davanti alla scena e un nuovo guizzo divertito brillò nel suo sguardo, mentre lo muoveva dall'emoor alla rossa Grifondoro.
 Ginny attaccò di nuovo con coraggio e precisione, forse con un pizzico di incoscienza, decisa a battersi e si riparò dietro un incantesimo scudo a una tale velocità che Emma ne rimase sorpresa e subito si lanciò in avanti pronta ad andarle in aiuto. 
 Voldemort però la fermò con un movimento della bacchetta e la rispedì rudemente indietro, facendola sbattere contro Artemius.
 “Non rovinarti lo spettacolo giovane Piton O'Shea” sibilò allegro “La morte di un'altra giovane vita forse ti aprirà gli occhi?”
 Emma digrignò i denti piena di rabbia, incapace di muoversi, probabilmente bloccata da un incantesimo di Voldemort stesso, ma con sollievo vide che a Ginny si era aggiunta Luna e che le due ragazze erano potenti abbastanza da contrastare Bellatrix, anche se non a sufficienza da vincerla. 
La donna e la sua bravura erano in effetti sconvolgenti, sembrava nata per la guerra, i suoi gesti erano veloci e letali, spietati come una danza di morte, mentre le due ragazze si affannavano nella loro difesa, trascinate per lo più da dolore e speranza, potenti, ma discontinue.
 “Che grazioso spettacolo” gracchiò Voldemort, quasi divertito “sarà la bionda, o la rossa a morire per prima? Quale delle due morti sarà in grado di sconvolgerti più a fondo, emoor?”
 “Non oserai” rispose la Corvonero.
 “Ho usato uccidere Piton per i miei scopi e lui era un servo utile. Pensi davvero che mi importi qualcosa di queste due? Pensi che sarei così sciocco da darti il potere di influenzare le mie scelte?”
“Piton non è morto” rispose fredda Emma, con vibrante trionfo nella voce che, pur bassa, tagliò il frastuono della battaglia, creando uno strano momento di pace.
Lord Voldemort la osservò, senza riuscire a frenare la sorpresa. e lei sostenne il suo sguardo con coraggio inaspettato, mentre il mago inclinava curioso il capo, le narici dilatate e vibranti, sciogliendo l'incantesimo e ridandole libertà di movimento
 “Come dici?” chiese, con voce quasi dolce.
 “Severus Piton non è morto e non era affatto il padrone della bacchetta di Sambuco come credevi” ribatté l'emoor, continuando a sostenere lo sguardo rosso e sanguigno di lui “Non l'hai vinto. Hai fatto male i tuoi calcoli, Tom.”

Uno degli incantesimi di Bellatrix andò a segno, colpendo Luna a una spalla e al gemito della bionda, Ginny si mosse in fretta di fronte a lei, evocando di nuovo un Protego, mentre le labbra di Bellatrix si piegavano di trionfo e il cuore di Emma rombava nel petto.
 “Non mia figlia bastarda” gridò una voce e la Corvonero si stupì di vedere Molly Weasley avanzare nella folla con agilità insperata, lo sguardo furente di chi ha perso troppo e si vuole ribellare.
Voldemort si distrasse a guardare quella scena paradossale solo per un secondo, con un ghigno divertito nel notare la tozza donna combattere contro la sua migliore guerriera, ma subito annoiato, voltò il capo, dando di nuovo tutta l'attenzione all'emoor, che tremava senza sapere cosa fare, il respiro coordinato con quello di Artemius, ancora stoicamente fermo alle sue spalle.
 David ed Emily corsero invece sul lato della stanza, difendendosi dalle fatture volanti e attaccando con maestria, Blaise alle loro calcagna, pronto ad aiutarli, insieme a un furente Percy Weasley.
 “Piton non può essere sopravvissuto” disse quieto il mago.
 “Può. L'ho salvato io” ribatté lei con orgoglio.
 “E come?” domandò lui, senza riuscire a nascondere la sua vorace curiosità ed Emma ricambiò attenta lo sguardo. 
“Lacrime di Fenice. La fenice di Silente. Fanny”
 “Astuto” sibilò asciutto l'altro, incredulo e l'emoor si morse il labbro, sentendosi improvvisamente potente.
 “Nemmeno Harry Potter è morto” disse con sfida e la sicurezza di Voldemort, per un istante, tremò.
 “Hai salvato anche lui?” berciò e poi rise con forza, ma dovette rendersi velocemente conto che la ragazza non mentiva, perché subito si allarmò, guardandosi intorno attento. 
Qualcosa di animalesco e pericoloso si mosse rapido sul suo volto, quasi dimentico delle due donne che combattevano feroci accanto a lui ed Emma inghiottì un groppo di saliva. Si sentiva stanchissima.
Molly Weasley alle sua destra continuava a lottare come una furia e i capelli corvini di Bellatrix sferzavano l'aria. Ginny era terrea e tesa, alle spalle della madre, pronta a intervenire, ma non sembrava ce ne fosse bisogno, perché la signora Weasley era letale, contro ogni pronostico, tanto quanto l'altra donna.
“Come faranno i tuoi figli senza una madre quando sarai morta?” chiese Bellatrix leziosa, il riso sulle labbra e bastò quell'attimo di soddisfazione, un battito di ciglia, per permettere a Molly di colpirla.
 Bellatrix sgranò gli occhi sorpresa e sembrò accartocciarsi su sé stessa ed Emma si accorse di come, l'ultimo spasmo che attraversò il corpo della donna, la fece disperatamente voltare mentre crollava. Le sembrò che gli occhi scuri incrociassero per un attimo i suoi, ma subito corsero via in cerca di altro.
 La Mangiamorte cadde a terra con un tonfo solenne, senza vita, lo sguardo adorante, ormai vuoto, rivolto disperatamente verso Tom Riddle: la sua unica ragione di essere.
 L'emoor trasalì nel leggervi una tristezza profonda, mischiata a una grande paura e qualcosa di simile a un dispiacere sincero per quell'amore mai nato le si rimestò nello stomaco.
Cadde il silenzio e Voldemort sembrò trasformarsi in pietra.
 Guardò il corpo senza vita della sua migliore combattente con freddo stupore, per un lungo istante e sembrò perdersi nei suoi pensieri, ammutolito. L'emoor giurò di vedere i suoi occhi luccicare di rabbia e dolore quasi umani e svelta, approfittò di quella distrazione, attaccando al fianco del mago.
 L'uomo parò con facilità, quasi offeso per quell'interruzione nei suoi pensieri e contrattaccò con ferocia, facendola barcollare sul posto.
 “Sei solo una povera stolta” le sibilò.
 La ragazza non riusciva a dargli torto: stava attaccando qualcuno che non poteva certo battere per abilità, o conoscenze, ma non sapeva che altro fare, così rispose alle fatture dell'Oscuro con falsa sicurezza, gli occhi socchiusi per la concentrazione, il sudore che le colava lungo il collo, il cuore che pompava rapido il sangue nelle sue vene, sperando che Potter apparisse e facesse qualche miracolo.
 Poteva vedere la stanchezza di Tom Riddle di fronte a lei, come il corpo e l'anima mutilata si sgretolassero ad ogni colpo, pur rimanendo comunque abbastanza potente da farla arretrare, mentre parava le sue offese. Emma piegò le ginocchia, sforzandosi di non lasciarsi prendere dal panico, i crampi, la stanchezza e lanciò un Sectumsempra, prima di scartare di lato con rabbia.

I volti di Lilith, Remus, Sarah, Fred le galleggiavano davanti gli occhi, dandole una malsana energia e un'inaspettato coraggio. 
I colpi che lei e l'Oscuro Signore si scambiavano erano tanto letali e pericolosi che Vitious, Lumacorno e la McGranitt, accorsi ad aiutarla, non riuscivano a intervenire ed Emma scartò ancora di lato, e ancora, e ancora, con la presenza di Artemius alle sue spalle a infonderle una strana sicurezza, mentre il ragazzo seguiva teso e attento tutti i suoi movimenti. 
Voldemort attaccò di nuovo, con un grido rauco e disperato, sofferente e l'emoor lanciò un altro Schiantesimo e insieme una fattura di quelle che aveva letto nel libro di Piton, che nera e macabra si diresse a velocità pericolosa verso il mago.
Gli occhi dell'Oscuro brillarono di divertimento pericoloso a quell'attacco, le labbra appena ritratte sui denti bianchi, ammaliato da quel gioco violento e l'emoor era troppo concentrata su di lui per accorgersi che la battaglia intorno a loro si stava esaurendo e tutti sembravano come calamitati dalla violenza poetica del loro duello. 
Una ragazzina contro il Signore Oscuro, entrambi potenti, complessi, arcaici, così pieni di abilità e desiderio di arrivare a una fine.
Si scambiavano colpi frementi e fatture oscure, con velocità e maestria rare ed erano duri, letali, splendenti. Voldemort lanciò una gabbia nera ed Emma strinse i denti nella concentrazione per farla evaporare e subito creò uno stormo di uccellini che direzionò contro il mago, ma all'ennesimo contraccolpo traballò sul posto, madida di sudore, mentre racimolava altre forze. E ancora, e ancora, e ancora. 

Dolohov si mosse silenzioso alla sinistra del duello, gli occhi iniettati di sangue, mentre Emma lanciava un'altra maledizione, che creò un'ombra nera che si frappose tra lei e Voldemort e costrinse il mago a fare un incantesimo complesso per liberarsene, lasciandolo stupito della sua audacia. 
E Dolohov, scivolava di lato di un altro passo, senza che la Corvonero lo vedesse: era sempre stato la sua spina nel fianco Antonin. 
E forse, se Emma lo avesse notato, si sarebbe distratta, travolta dalla rabbia che provava per l'uomo che aveva ucciso i suoi genitori e torturato davanti a lei Draco Malfoy e forse non sarebbe riuscita a rispondere alle fatture dell'Oscuro. Forse, se lo avesse visto, sarebbe stata la sua fine, il suo passo falso, ma non lo vide.
Per lei era Lord Voldemort il nemico da battere in quel momento, non Antonin Dolohov e l'emoor non si accorse nemmeno del grido di avvertimento di Ginny, troppo impegnata a deviare un'altra fattura, ma Antonin Dolohov era un uomo ferito nell'orgoglio con l'unico obbiettivo di dimostrarsi un servo ancora valido al suo Oscuro Signore e quando Emma si accorse del lampo verde diretto dal Mangiamorte verso di lei, era semplicemente troppo tardi.
 Si voltò arresa, stupita, sapendo che non si sarebbe potuta tirare indietro abbastanza velocemente da evitare la Maledizione che tante volte aveva sognato e chiuse le palpebre, nel secondo in cui assunse la consapevolezza di stare per morire, amareggiata dall'idea che le capitasse in modo così assurdo. 
 Eppure udì il tonfo di un corpo che cadeva e poi le grida di Voldemort che la riportarono bruscamente nella realtà.
 “Hai rischiato di ucciderla” urlò il mago oscuro rivolto verso il Mangiamorte, che si fece piccolo “Per la seconda volta”
 “Mio Signore...” tentò Dolohov “Volevo solo aiutare.”
“Tu, stupido idiota. L'ho detto già una volta. È sangue del mio sangue
Ad Emma sembrava di vedere tutto dal fondo di un lungo tunnel. Le urla dell'Oscuro erano lontane ed ovattate, così come la battaglia intorno a lei. Non provò nulla. Il suo corpo non reagì. Nemmeno quando Draco entrò nel suo campo visivo, bello come un angelo della morte e si mise con coraggio di fronte a lei.
 “Sei morto Antonin. Sei morto da tempo” disse Malfoy.
 Emma non reagì, nemmeno quando il biondo Serpeverde puntò la bacchetta di Goyle contro Dolohov e iniziò un violento duello: feroce e letale nella scelta delle sue maledizioni, pallido e preciso, abile e potente ed Emma lo osservò battersi e notò persino lo sguardo di Voldemort dilatarsi per lo stupore nello scoprire il suo giovane adepto così capace, ma continuò a non provare nulla.
non provò niente, nemmeno quando Draco si mosse agile tra fatture e incantesimi, rischiando forse infinite volte di morire, ma poi lanciò la sua prima e ultima Maledizione senza Perdono contro il gigante biondo, uccidendolo in un lampo di luce verde. 
E non provò nulla nemmeno nel vedere il corpo dell'uomo cadere in terra, con l'ombra dello stupore ancora sul suo viso, né nel rendersi conto che l'omicida dei suoi genitori e del piccolo Steph era appena morto e non le avrebbe più fatto del male, grazie a Draco Malfoy e il suo improvviso coraggio.
 “Ben fatto, giovane Malfoy” sibilò Voldemort sorpreso “Se non lo avessi fatto tu, lo avrei fatto io”

Il Serpeverde stava di fronte ad Emma, pronto a difenderla, pronto a morire forse, ma l'emoor non reagì, nemmeno quando gli occhi color metallo fuso del ragazzo si agganciarono ai suoi, in uno sguardo pieno di mille parole che sapeva di tempesta e le chiese “Stai bene?” prima che tornasse a voltarsi verso il suo Oscuro Signore.
 “Spostati giovane Malfoy” disse Voldemort alzando la bacchetta.
“No. Ora è il tuo turno” rispose Draco, fissando in volto il mago che aveva rovinato la sua adolescenza “Sono pronto a morire e portarti con me. Non toccherai mai più Emma, né mia madre e mio padre, né Severus, né nessun altro. Io ti disprezzo. Non volevo il tuo marchio, mi ha disgustato e anche se morissi, anche se fosse un fallimento, sono sicuro che Potter ti farà fuori. Sei finito”
 Voldemort inarcò un sopracciglio e rise, sopra il fragore dei combattimenti che erano ripresi intorno a loro.
“Togliti di mezzo, sei patetico” disse gelido “non ho intenzione di ucciderti, non hai ancora imparato a giocare vero? Se ti uccidessi ora perderei Emma, la renderei disperata, ma tenendovi vivi entrambi, ricattandovi, lasciandovi nella paura siete molto più utili”

 Il Signore Oscuro puntò la bacchetta rapido su Malfoy, cogliendolo di sorpresa e lo fece sdrucciolare all'indietro, Draco tentò di contrattaccare due volte, ma poi scivolò sul terreno polveroso e Voldemort lo scagliò con violenza contro la parete di sinistra.
 Il suono del tonfo del suo corpo sul pavimento riscosse 
finalmente l'emoor dalla sua apatia: Emma sussultò appena e mosse lentamente lo sguardo verso il biondo riverso a terra. 
 
Qualcosa dentro di lei gridò di rabbia e dolore, alla vista del ragazzo che sapeva di amare e che aveva appena rischiato la vita per lei, immobile a terra e vulnerabile, ma ancora non si mosse e si rese conto solo blandamente che una volta di più, il malsano legame di sangue che aveva con Riddle, lo aveva spinto a scelte diverse che ferire e uccidere senza remore. 
 Il respiro le si spezzò nel petto, gli occhi si fecero tremanti e pieni di lacrime, mentre Vitious e Lumacorno scattavano in avanti per combattere al suo posto e la McGranitt correva verso Draco. 
 Lei rimase ghiacciata, provando solo un vago sollievo quando vide che anche James correva verso il Serpeverde per controllare che stesse bene, 
ma non reagì nemmeno allora. Perché qualcosa non tornava.

Emma abbassò lo sguardo ai suoi piedi e capì perché sentisse così freddo. Capì perché non era morta per la maledizione di Dolohov, capì perché non aveva avvertito subito la stretta rassicurante di Artemius alle sue spalle, pronto a sostenerla e portarla al sicuro.
 Capì di chi era il tonfo sordo che aveva udito quando aveva chiuso gli occhi e le cose intorno a lei smisero di andare a rallentatore. 
 Il gelo le prese la gola e i polmoni e le cristallizzò le lacrime prima che potesse anche solo pensare di piangere. Perché Artemius Hope, il suo amico, giaceva a terra immobile. Gli occhi grandi e chiari, vitrei, spalancati a guardare il soffitto senza più vita.
Artemius Hope aveva preso per lei l'Anatema che uccide lanciatogli da Dolohov. Artemius Hope era morto per salvarla, come aveva sempre immaginato di fare e l'emoor piegò le ginocchia, tremante, mentre il dolore e la confusione le squarciavano il petto.
 Si chinò verso il petto dell'amico e scoppiò infine a piangere, accarezzandogli il volto e le mani. Lasciò che la disperazione scorresse con il suo sangue ormai rovente e che la rabbia la soffocasse. 
Non le importava. Non le importava più nulla. 
 Non le importava più nulla, ma quando il sangue ribollì di nuovo nelle vene, scaldandole il petto, la furia si liberò da lei, cambiando qualcosa e alzò la testa e si rese conto che una strana luce verde irradiava dai suoi palmi e intorno a tutto il suo corpo, mentre una più flebile e gialla avvolgeva quello di Artemius. 
 Si sentiva potente, invincibile, non si sentiva più sola.
 Emma rimase stupita a guardarsi le mani per un istante e si accorse che intorno a lei la battaglia si era completamente fermata e tutti gli occhi, della Resistenza, o dei Mangiamorte, erano rivolti verso di lei e il corpo senza vita dell'amico, che ancora stringeva affannata.
 Voldemort, si liberò nuovamente dei suoi avversari, facendoli contorcere in aria e si tese, pieno di stupore, gli occhi fissi su di lei. 
 Il sangue ribolliva nel corpo della ragazza, qualcosa vibrò ed Emma trattenne il respiro. Si accorse che anche Emily e David poco distanti erano avvolti da una luce colorata, blu per la ragazza, rossa per il ragazzo. I loro corpi sembravano vibrare con forza e maggiore intensità di quello senza vita di Artemius.
 “Emma” l'emoor sentì una voce sopra di sé e alzando il capo riconobbe la figura sbiadita di Alicia Serpeverde e per un attimo si chiese se fosse l'unica a vederla e mosse lo sguardo per notare le figure delle altre ombre che incombevano sopra David ed Emily, sconvolti quanto lei. 
Sembravano fantasmi, ma i loro corpi erano stranamente più solidi, simili a quelli usciti dalla pietra della resurrezione. Solo Andrew Tassorosso era più pallido e indefinito degli altri e la osservava galleggiando sopra il corpo di Artemius
 “Mi dispiace per il tuo amico” le sussurrò, gentile.
 “Non doveva morire” rispose Emma.
 “Il suo sacrificio è colpa mia. Era mio dovere proteggere Alicia”
 “La amavi?” chiese l'emoor di getto, mentre tutti intorno a lei tacevano e l'ombra del ragazzo sorrise, alzando lo sguardo verso la sua antenata, ma non rispose.
 Alicia ricambiò l'occhiata con l'amico con una smorfia dolce, sembrava tranquilla e osservò piena di affetto anche Thomas e Angela e la luce intorno agli emoor si irradiò e cambiò forma.
 “Non ero innamorato di lei” disse Andrew, attirando di nuovo l'attenzione di Emma “Non nel senso dell'amore che intendi, almeno, ma ormai dovresti aver capito che esistono tanti tipi di amore. Pensavo che Alicia meritasse di più e che non dovesse  sacrificarsi per tutti noi. Che meritasse un futuro” disse Andrew
 “Come Severus” mormorò l'emoor.
 “Come Severus” assentì Alicia, al posto che l'amico

Da Emily e David sottili fili di luce colorata si mossero per la stanza, formando una rete intricata, che allontanava i Mangiamorte dagli studenti e la Resistenza. Il potere passato dal loro sangue, divideva i giusti dagli insorti, modellandosi intorno a loro e formando una rete più grande e sicura al cui centro c'erano solo Voldemort e i quattro emoor, lasciando gli altri all'esterno. Emma riusciva ad avvertire gli amici anche a quella distanza, ma non chiaramente quanto Artemius e si accorse che anche ciò che rimaneva di Tom Riddle si guardava intorno sconvolto.
I Mangiamorte si dimenarono, cercando di superare le barriere di luce blu e rossa senza riuscirci e attaccavano inutilmente, tentando di trovare uno spiraglio ed Emma notò che Narcissa e Blaise Zabini, coperti di sangue e polvere come tutti gli altri, erano stati accolti dalla parte della Resistenza: le Ombre sbiadite di Corvonero e Grifondoro, stavano difendendo gli occupanti della scuola e i giusti.
Sarà un posto sicuro per tutti coloro che la chiameranno Casa.
Voldermort urlò, rendendosi probabilmente conto di quel che stava succedendo e lanciò una maledizione mortale contro Hanna Abbott, ma il lampo verde si infranse sulla barriera, che si contorse e modificò, lasciando la ragazza illesa. 
 Il mago rimase immobile un secondo, poi la bacchetta si mosse e saettò veloce verso Emily e David, che si tenevano per mano. La luce che avvolgeva Emma si tese come fosse tangibile e veloce formò uno scudo sugli altri due, dissolvendo la maledizione del mago e lasciando anche Emily e David illesi.
 Voldemort si voltò di scatto a guardarla, incredulo e tentennò un secondo prima di puntarle la bacchetta contro, tremò appena prima di attaccarla, ma di nuovo la maledizione rimbalzò indietro, sbattendo contro il corpo traslucido di Andrew Tassorosso, mentre il cadavere di Artemius tremava tra le mani dell'emoor.
 
Erano in uno stallo. David ed Emily difendevano gli abitanti del castello e la Resistenza, Emma difendeva gli emoor e il sacrificio di Artemius difendeva lei. Con lucidità spaventosa la Corvonero si rese conto di sapere esattamente cosa doveva essere successo tra le quattro ombre e quali fossero i loro Vinculum.
 Andrew Tassorosso doveva essersi reso conto che qualcuno avrebbe dovuto fare un passo indietro, che qualcuno doveva prendersi cura di Alicia Serpeverde, troppo pronta a sacrificarsi per gli altri in nome di un obbiettivo più alto. 
Quando Salazar e Godric si erano attaccati, Angela Grifondoro e Thomas Corvonero avevano giurato di difendere la scuola che avevano costruito a costo della loro vita e Alicia, credendo in loro più di ogni altra cosa, aveva promesso di difendere i suoi amici, a costo di tradire il fratello di sangue che pure amava. Forse aveva persino sfidato Salazar ad ucciderla se voleva batterla, riducendosi a un nulla, rinunciando all'amore del fratello e della sua stessa famiglia in nome di qualcosa di più grande. 
Rinunciando al suo sangue.
Andrew aveva avuto pietà di lei, aveva provato amore, empatia ed amicizia e con il suo Vinculum aveva garantito lei un po' di pace, giurando all'insaputa di Alicia che sarebbe stato il suo scudo. 
 Pronto a difenderla da qualunque attacco, che fosse da parte di Godric, di Salazar, o persino di un sofferente Thomas per la fine della loro relazione. Perché Alicia era 
l'ago della bilancia nel loro gruppo e nulla è più importante dell'equilibrio.
 “
È andata così vero?” mormorò Emma, lanciando uno sguardo agli occhi verdi della donna che la sovrastava, così simili ai suoi eppure così antichi e consapevoli “L'equilibrio andava preservato.”
 Le quattro Ombre sopra di lei, compresero i suoi pensieri e si scambiarono a loro volta sguardi affettuosi, pieni di parole, ma nessuno le rispose, si fecero solo più nitidi.
 “Cosa pensi di fare giovane Piton O'Shea?” intervenne infine Voldemort, lo sguardo livido e nero, attirando la sua attenzione.
 “Batterti” rispose tranquilla la Corvonero.
 “Non puoi combattere me e difendere tutti loro. Vi spezzerete”
 La ragazza sapeva che l'uomo aveva ragione perché ci voleva molta concentrazione per mantenere la luce verde attiva, in modo che difendesse gli altri emoor e anche Emily e David erano visibilmente pallidi e sotto sforzo nel mantenere eretta la loro rete, non sarebbe riuscita a duellare e proteggere allo stesso tempo.
“Non sono io che devo batterti Tom” rispose Emma con dolcezza  “Io e te ci siamo già chiariti. Nagini è stata la prova che saremmo potuti andare davvero d'accordo, come Alicia e Salazar. Sei tu che vuoi restare solo. Hai sprecato la tua opportunità, hai cercato di ferirmi al posto che comprendermi. Mi hai tolto persone che amavo e hai cercato di cancellare persino Severus, ma hai fallito.”
 Le Ombre si agitarono sopra di lei, specchio della sua rabbia e nella stanza calò il silenzio.
 “Io non posso fallire” sibilò Voldemort.
 “
Lo hai già fatto rispose la ragazza nella lingua dei loro avi  “Bisogna mettere solo la parola fine”
 “Allora battiti” gridò lui.
 “Te l'ho già detto, Tom. Noi ci siamo già chiariti” sussurrò l'emoor e quasi provò dispiacere per lui e si chiese cosa sarebbe successo se gli si fosse avvicinata per abbracciarlo “batterti 
non è mio compito”
 “E allora chi...”
 “È il mio” disse una voce tranquilla “Non penserai di aver creato tanti anni fa la tua nemesi per nulla”
 Gli occhi del mago si ridussero a due fessure, mentre Harry Potter entrava al di sotto della grata di luce degli emoor, come fosse impalpabile. Emma sentì l'affetto sciogliersi nel petto alla vista del Grifondoro vivo e vegeto, così 
reale e scambiò un veloce sguardo con lui e subito la luce di Alicia si avvolse intorno al bambino che era sopravvissuto, come una carezza gentile.
 Voldemort osservò il ragazzo, le labbra strette “Tu” mormorò.
 “Io” rispose tranquillo Harry un sorriso disteso sulle labbra “Hai fatto male i tuoi conti, vero Riddle?”
 “Come osi?” sibilò l'altro.
 “Oso” rispose Harry con quel tono sicuro che Emma gli aveva sempre invidiato “Lei ha ragione, Tom. Hai fallito.”
“Io non fallisco mai, Potter. Non fallirò oggi”
 “Ma hai provato a distruggere Emma e non ci sei riuscito, hai provato a distruggere me e ti sono sfuggito, più volte. Hai provato a ottenere la bacchetta di Sambuco, persino uccidendo Piton, ma ti è scivolata via anche quella occasione.”
 “Se Piton è sopravvissuto come dice l'emoor, posso andare ad ucciderlo appena finito con voi e lo farò portandogli il corpo della ragazza sotto il naso per farlo soffrire” ringhiò il mago, ma la sua voce tremava nervosismo.
 “Sarebbe inutile. Emma te l'ha detto: Piton non era il padrone della bacchetta” disse Harry tranquillo e il volto di Vodemort si contrasse in un guizzo serpentesco e confuso. 
 “Lui ha ucciso Silente” mormorò.
 “Piton non ha ucciso Silente” specificò il Grifondoro, con calma ferma “Lui e Albus avevano già deciso insieme ogni cosa, sapevano mesi prima che sarebbe andata così. Silente stava già morendo e voleva che il potere della bacchetta sparisse con lui. Piton non è mai stato un tuo uomo, ha eseguito degli ordini”
 “Piton ha ucciso per me Potter, ha combattuto per me” sbraitò Voldemort “Non una volta ma infinite.”
 “È davvero dura rendersi conto di essere solo, Tom?” chiese il ragazzo ed Emma serrò le labbra, osservando la confusione sul volto dell'Oscuro Signore.
 “Severus Piton era un debole solo quando si trattava della sua protetta” berciò quello “Fragile e manipolabile.”
 “Intendi Emma?” chiese Harry sorridendo “Perché Emma non era la 
sua protetta. Emma era molto di più per lui, ma non sei mai arrivato a capirlo. Emma è sua figlia, Tom, mia sorella, avuta in segreto con mia madre Lily che Piton ha amato per tutta la vita. Non ti aveva forse chiesto di risparmiarla?”
Il volto di Voldermort parve accartocciarsi, mentre un sibilo usciva dai denti. La folla trattenne il respiro nello stupore.
 “La desiderava forse” disse il mago con astio “Ma convenne con me che esistevano altre streghe nel caso morisse. Più pure.”
 “Ti sbagli. Silente aveva ragione a dirti di non sottovalutare l'amore, ma non lo hai mai ascoltato”
 “Allora chi, Potter? Se non era Piton, a causa di questo così detto grande amore segreto. Chi è stato?” urlò Voldemort “Chi è il nuovo padrone della bacchetta di Sambuco.”
 Il Grifondoro sorrise, alzando la bacchetta che stringeva nella mano destra: La bacchetta di Draco Malfoy.
 “Draco ha disarmato Silente quella notte per primo. Io ed Emma eravamo lì. Come vedi tutto torna a lei. L'amore di Severus e mia madre, il suo rapporto con Draco, il suo legame con me. Tra tutti non avresti dovuto essere debole proprio con lei, Tom. Avresti dovuto ucciderla e capire quanto era pericolosa per te. Invece hai provato pietà, hai provato interesse e attrazione per qualcosa di così vicino al tuo sangue Serpeverde, che ammaliava tutti, persino Bellatrix e Nagini. Ti sei fatto manipolare. Non hai potuto privarti di qualcosa di così antico e potente come Emma e hai fallito. Dimostrando che anche tu hai le tue debolezze”
 Gli occhi di Voldemort tremolarono sull'emoor che annuì in conferma, mordendosi appena il labbro inferiore.
 “La piccola Piton O'Shea mi appartiene, dovrò solo darle un'altra lezione di sofferenza per farle capire quanto il dolore può diventare potere e quanto il potere sia il motore del mondo” disse il mago con sfida, lanciando un'occhiata al corpo riverso a terra di Malfoy, al di là della grata, accanto a James che lo controllava.
 “Non toccherai Draco” disse lei, stringendo appena la mano di Artemius, ancora tra le sue “Non più Tom.”
“Non toccherai più nessuno, Tom” confermò Harry, una luce solenne negli occhi verdi, così simili a quelli della madre “Siamo io e te. Senza più trucchi. Senza protezioni. Senza più nessuno che si possa mettere tra noi. Finiamola come hai iniziato”
 Voldemort rise amaro, famelico e pericoloso. 
 “Come pensi di battermi Potter? Sono molto più potente di te”
 La magia nera vibrava nell'aria ed Emma avvertì Alicia farsi più vicina a lei e Andrew allargare le spalle per proteggerla. Anche Harry si voltò a guardarla, facendole un leggero cenno. Un sorriso quieto e consapevole sul volto pallido e la luce verde che si irradiava da Emma brillò intorno a lui e gli altri emoor.
 “Vedi Tom” riprese il ragazzo con tono fermo e conciliante “Emma ha ancora una volta ragione. Non toccherai Draco Malfoy. Sarebbe inutile. Perché sono arrivato prima, l'ho battuto io, 
settimane fa e questa è la sua bacchetta. Quindi, se non erro, Tom... Sono io il padrone della bacchetta di Sambuco”
 Un lampo di consapevolezza selvaggia trapassò il mago Oscuro, mentre il suo sguardo si muoveva acuto tra Emma e il Grifondoro. 
 I lineamenti si contorsero di nuovo pieni acida rabbia prima di lanciare un grido soffocato. Lanciò un'ultima breve occhiata all'emoor, gli occhi rossi tremolanti di confusione e poi attaccò.
 
“AVADA KEDAVRA” gridò Lord Voldemort.
 “EXPELLIARMUS” si difese Harry Potter.


*Angolo Autrice*


Ciao Lettori! 
Come state? Sono tornata tra voi. Mi siete mancati. 
Scusate se pubblico a tarda ora, ma non potrei fare diversamente, sono ancora un po' oberata di lavoro. 
Capitolo lunghissimo, ma di grande importanza questo. Manca ora solo un capitolo (+ epilogo). 

Vi lascio un pò di punti/spunti.
. Adoro che sia Blaise ad accompagnare Emma fino al cortile, simbolo di come un Serpeverde possa essere coraggioso e ferito dagli eventi. 
. Joanne che va a "intervistare" Severus per tenerlo buono mi fa ridere.
. Mi ha sempre colpito la recitazione di Tom Felton nella scena del cortile, è stato molto bravo a dare un senso di incertezza nei suoi gesti, come se stesse aspettando la mano tesa di qualcuno. Ho provato a rendere qui una cosa simile qui. Draco non fa passi indietro, ma sta per scendere a patti con il fatto che verrà per sempre odiato dalla fazione per cui ha scelto di combattere e che si ritroverà anche solo al mondo, prima che George e Minerva porgano lui il loro sostegno. 
. Un cuoricino a George e Minerva in fondo. 
. Ho voluto lasciare a Neville il suo momento di gloria. 
. La morte di Nagini era necessaria, adoro che in questa FF sia più simile a un sacrificio e adoro che il serpente possa rappresentare (pur essendo un animale) la parte più umana di Voldemort.
. Ho provato a far spuntare volti e persone pur in un grande caotico caos, come mi immagino la seconda ripresa della battaglia. 
. Voldemort in questa scena in cui parla con la folla me lo immagino quasi sconcertato dal poco successo del suo discorso, nella sua follia è davvero convinto di fare il bene per la comunità magica, liberandoli dal difficoltoso fardello della segretezza con i babbani.
. Mius ed Emma che attraversano insieme la battaglia, e in generale Mius: un cuore. 
. Ginny 🤍 che Leonessa.
. Ho sempre saputo che sarebbe stato Draco a uccidere Dolohov e il pensiero mi ha sempre dato sufficiente buon umore per superare la scrittura di tutto quel che succede al povero serpeverde, dai crolli emotivi, le torture e lo spaesamento. Il fatto che in fondo si riscatti, anche vendicando Emma è secondo me molto importante.
. Le Ombre e le loro funzioni vengono infine alla luce. Nel momento in cui Alicia/Emma rischia di morire, mentre difende la scuola, Andrew/Artemius si sacrifica per lei e Thomas/Emily e David/Angela si attivano a difendere i giusti e gli studenti. è il dolore di Emma il motore dei quattro emoor, così come quello di Alicia è stato quello delle Ombre. è questa la natura del Vinculum: due Ombre proteggono la scuola come da accordi, ma Alicia decide di proteggere tutti e per mantenere l'equilibrio Andrew decide di proteggere Alicia. L'idea della gabbia/rete di luce arriva dall'Incanto Fidelius del quarto libro. Ancora una volta si sottolinea non solo come l'amore abbia tante forme, ma anche come l'equilibrio in ogni cosa sia importante e come Alicia andasse difesa perché aveva la capacità di mantenerlo e distruggerlo. 
. Ho voluto mantenere la strafottenza epica di Harry vs Voldemort "Io oso" perché l'ho sempre adorato nel libro.  
. Mi piace sempre ragionare sulla solitudine di Voldemort.

Se questo capitolo vi ha messo tristezza nel suo finale, vi assicuro che il prossimo vi darà grande sollievo.
Pubblicherò sabato, perché il finale e l'epilogo sono ancora un po' scritti di getto e van sistemati. 
Grazie mille per le recensioni e per essere con me quasi alla fine di questa storia. 
Vi abbraccio.
vi

Ritorna all'indice


Capitolo 67
*** Nuova alba ***



.Nuova alba.



AVADA KEDAVRA” gridò Lord Voldemort.
EXPELLIARMUS” si difese Harry Potter.

Le due voci, quella del bambino che era sopravvissuto e dell'Oscuro Signore, echeggiarono nel silenzio della Sala Grande come fossero amplificate ed Emma digrignò i denti, il corpo inerte di Artemius ancora stretto contro il suo petto, mentre la maledizione mortale di Tom Riddle e l'incantesimo di disarmo di Potter si scontravano con violenza a metà strada e la luce verde che la Corvonero irradiava scattava in avanti ad avvolgere Harry, proteggendolo.
 L'emoor vide 
chiaramente la Maledizione Senza Perdono rimbalzare all' indietro, ma dovette socchiudere gli occhi, per riuscire a scorgere nella luce abbagliante che ferì la notte, il corpo di Voldemort inarcarsi grottescamente, per poi cadere in modo poco solenne al suolo. Come un sacco vuoto. Banale.
Ci fu silenzio. Fu un silenzio di quelli che riempiono il cuore e le orecchie e ti lasciano attonito come se in realtà avessi sentito un gran boato ed Emma avvertì ogni muscolo del corpo vibrare di stanchezza e la vista le si offuscò piena di lacrime, mentre la rete creata dagli emoor si ritirava e lei percepiva la luce che la avvolgeva affievolirsi. Il sangue bollente nelle sue vene placò la sua corsa, smettendo di bruciare sotto la sua pelle. 
I secondi passarono
Emma si rese conto di aver trattenuto il fiato a lungo e si costrinse ad espandere la sua cassa toracica per poi lasciarsi cadere sul petto di Artemius con un singhiozzo, 
stremata, senza riuscire a gioire completamente di quella evidente vittoria, troppo svuotata e priva di forze per accorgersi che era tutto finito.
 Le Ombre di Hogwarts, i loro loro antenati, con i loro sorrisi appena accennati, osservarono la scena sotto di loro e si dissolsero davanti agli sguardi di tutti i presenti, tranne Alicia. 
Lei rimase.
 
Il silenzio e la sua densa immobilità solenne durò solo un istante di più, poi i suoni ritornarono all'improvviso: per prime le grida dei Mangiamorte che tentavano di fuggire, rendendosi conto di essere tra i perdenti e dopo, il caos di coloro che provavano a fermarli.
 Emma li ignorò, rifiutandosi di partecipare a quella frenesia e si strinse ancor di più contro il corpo di Artemius, come fosse la cosa più preziosa rimasta al mondo, come se dipendesse da lui la sua stessa vita e Alicia altera e potente, persino in quella sua forma non corporea e sbiadita, la guardò benevola e commossa, gli occhi verdi con ombre che brillavano sul suo volto aggraziato, privi della luce severa con cui avevano fissato Lord Voldemort.
 “Non devi rinunciare a tutto, Emma” le sussurrò l'Ombra, con un tono simile a quello di una madre amorevole e la Corvonero la guardò di rimando, con strana sfida, gli occhi identici a quelli della sua antenata colmi di dolore e ferite ancora non sanate.
 Perché Emma aveva dato 
tutto quella notte. Aveva perso amici, energia e speranza, aveva persino scoperto di avere un sangue diverso da quello con cui era nata e aveva accettato il suo destino, si era battuta, aveva difeso gli emoor e così la scuola. 
 Emma O'Shea aveva persino accettato di morire.
 Era morta per Harry Potter, suo fratello, senza battere ciglio e poi era tornata e aveva combattuto di nuovo, senza esclusione di colpi.
Le era stata risparmiata la morte veloce dell'Anatema che uccide solo per rimanere immobile ad osservare il cadavere di Artemius ed ora si sentiva tremendamente stanca e 
smaniava per avere un poco di pace. Per questo le parole di Alicia la offendevano, quella frase  che sembrava quasi accusarla di aver lasciato che le togliessero ogni cosa in cambio di un mondo migliore. “Non devi rinunciare a tutto”.
Non doveva, certo, ma lei lo aveva fatto. 

“Nemmeno Artemius doveva rinunciare a tutto, ma è morto” rispose graffiante, un groppo che le stringeva la gola, le labbra serrate in un'espressione simile a quella che di solito sfoggiava Severus: quella di chi ha perso ogni cosa e resiste da troppo tempo.
 L'Ombra di Alicia annuì gentilmente, senza farsi sconvolgere dal tono rancoroso della ragazza e con un movimento fluido e veloce, si chinò su di lei: maestosa, dolcissima.
 “Grazie di aver difeso la scuola, 
Emma. Grazie di aver ripulito il nome di Serpeverde” sussurrò e lei riuscì solo ad annuire, il capo appoggiato contro quello dell'amico, gli occhi incatenati a quelli dell'Ombra, i singhiozzi che le squassavano il petto magro.
 Alicia le sfiorò la fronte in una carezza impalpabile che sembrava consolatrice e poi chinò lo sguardo sul corpo immobile del Serpeverde e parve valutarlo, prima di tornare a guardare Emma.
 “Non lo meritava” sussurrò ancora l'emoor, quasi tra sé.
 “Non lo meritava, no” ammise Alicia, sempre più sottile, fino a quando, in un battito di ciglia, non scomparve e avrebbe dovuto esserci una strana pace nell'aria,
 ora che era tutto finito, ma non c'era.
 Emma rimase immobile, mentre sentiva le grida di gioia circondarla, stridendo stonate nel suo petto e pensò che si sarebbe rannicchiata lì, contro il fianco dell'amico, insensibile a quella vittoria, insensibile alla morte di Voldemort.
Si sarebbe annullata nel suo dolore, ora che il suo destino era compiuto, dimentica persino di Draco che forse era ancora riverso a terra, o di Severus, che la stava certamente aspettando.
 Il suo busto si chinò in avanti, proteso verso il corpo del Serpeverde e il respiro le si mozzò in un rantolo privo di speranza. Avvertì appena i passi alle sua spalle, di qualcuno che stava osando avvicinarsi a quel momento così intimo e doloroso.
 “Emma” 
Harry
 Harry era accanto a lei e cercava di dividerla da Artemius.
 “Emma, devi lasciarlo andare ora” insistette il Grifondoro con voce rotta, stringendo appena di più la sua presa e l'emoor, nonostante la connessione non esistesse più, avvertì qualcosa di tiepido e rassicurante che si mosse nel suo petto e per un momento si rese conto che, con Harry al suo fianco, avrebbe potuto fare un respiro e lasciare andare il corpo dell'amico ormai morto, senza affogare definitivamente nel suo dolore.
 Emily e David furono gli unici due ad avvicinarsi cauti ai due fratelli ritrovati, la smorfia dei loro volti piegata dalla sofferenza e dalla preoccupazione. Le persone si scostarono rispettosamente al loro passaggio ed Harry alzò verso di loro lo sguardo, in cerca forse di supporto, ma entrambi apparivano fragili e increduli. 
 David osservava Emma in silenzio, incerto, una volta tanto privo della sua sicurezza 
così Grifondoro e gli occhi azzurri di Emily erano invece pieni di lacrime e tremore.
 I tre emoor sopravvissuti erano semplicemente 
spezzati, come se non sapessero come superare quel personale dolore, così profondo, come se avessero strappato loro un arto e sebbene il sangue nelle loro vene avesse smesso di scorrere infuocato, rompendo infine il loro strano legame, Emma li capiva entrambi: la morte di Artemius per loro era troppo difficile da accettare.
Ma proprio mentre, 
lentamente, la Corvonero si stava di nuovo abbandonando sul corpo del ragazzo, ignorando l'insistenza stanca di Potter e la presenza degli altri due, lo sentì: qualcosa di flebile e spezzato, un leggerissimo battito attraverso il petto magro di Artemius e quel respiro appena reale contro la sua pelle.
 Emma lasciò scivolare le braccia sul busto dell'amico, liberandolo dalla sua stretta, gli occhi pieni di stupore e vide anche Emily e David tendersi davanti a lei, mentre tutto intorno le grida di felicità si estinguevano lentamente, riempiendo l'aria di attesa.
 “Ems” la chiamò di nuovo Harry, ma lei non rispose, la mano a stringere quella del giovane Serpeverde, mentre fissava sconvolta il suo volto pallido con quei suoi lineamenti asimmetrici per cui aveva imparato a provare affetto e le sue dita si affrettarono a scostare i capelli lisci e scomposti sulla fronte pallida del ragazzo, con tenerezza e a quel tocco qualcosa vibrò dentro di lei. 
Consapevolezza.

Artemius aprì gli occhi e fu come se i tre emoor avessero ricordato come si vive. Il calore invase i loro corpi, il cuore prese a pompare il sangue nelle vene, il respiro uscì dolcissimo dai loro polmoni.
 “Sei vivo” soffiò Emma “Artemius” lo chiamò, con lacrime e sorrisi mischiati insieme e il ragazzo mosse il capo lentamente, con aria vagamente sofferente, gli occhi grandi e vacui, ma sorrise.
 “Emma. Che è successo?”
 “Sei morto” rise lei, quasi isterica, felice “E sei tornato.”
 Artemius schiuse le labbra 
confuso, ma strinse la sua mano.
 “Ah” esalò “Allora bene. Gli altri due?”
 “Siamo qui” disse la voce profonda e emozionata di David ed anche Emily si accovacciò accanto al compagno di Casa, sorridente.
 Emma si asciugò bruscamente le lacrime nel vedere l'amico vivo, sospirò di sollievo, stretta da Emily e David.
Ringraziò mentalmente Alicia Serpeverde, l'Ombra che, ancora una volta, aveva avuto pietà e aveva spezzato il Vinculum di Andrew, lasciando ad Artemius la possibilità di vivere la sua vita e non quella per cui secoli prima l'Ombra di Tassorosso si era impegnato, ma d'altronde, se la morte di Andrew avrebbe potuto salvare Alicia, quella di Artemius non avrebbe salvato Emma.
 Stavano tutti e quattro vicini gli emoor, protesi verso il ragazzo steso a terra, le mani intrecciate, il capo della Corvonero appoggiato a quello di David, le dita di Emily ad accarezzare il volto di Artemius, incatenati da promesse antiche e affetto reale. Uniti da qualcosa che non riuscivano nemmeno a comprendere. 
 E davanti a quel quartetto composto e affiatato Harry si tirò indietro e i quattro emoor si abbracciarono di fronte all'intera Hogwarts, regalando a tutti quel momento di timida speranza.
 “Sei morto e sei tornato” ripeteva senza fiato Emma, mentre una strana felicità le vibrava nel petto e Artemius si accigliò appena.
 “Abbiamo vinto almeno?” chiese e l'amica annuì energicamente, singhiozzando e ridendo insieme, e David ed Emily la imitarono, confusi, ma felicissimi.

“Ci serve Madama Chips” gridò Harry alle loro spalle, riportandoli alla realtà “È vivo. Hope è vivo!”
 Altre grida di gioia, passi, voci, spostamenti. A Emma dolevano la guance da tanto sorrideva e si sentiva felice, felice davvero. Osservò attenta Artemius mentre Madama Chips si prendeva cura di lui, prima di portarlo via verso l'infermeria.
 “Ci vediamo dopo, Ems. David. Emily” li salutava l'emoor discendente di Andrew Tassorosso e lei annuì con un sorriso e un breve cenno di saluto.
 “Mi prendo cura io di questo giovanotto” sorrise loro l'infermiera.
“Incredibile” sussurrò il Grifondoro, accovacciandosi accanto a lei.
 
Harry. Harry Potter. Suo fratello.
 “
Ce l'hai fatta, Harry” sussurrò l'emoor “Hai vinto”
 “Ce l'abbiamo fatta” disse lui con un sorriso goffo e sembrò smettere all'improvviso le vesti dell'eroe per tornare ad essere un normale ragazzino con troppo peso sulle spalle.
 Si scambiarono un lungo sguardo. 
Avrebbero avuto tempo per parlare, ricucire e scoprire. Harry le afferrò la mano e la aiutò a tirarsi in piedi e David ed Emily li imitarono.
 Per la prima volta Emma si guardò intorno e vide volti stanchi eppur pieni di sollievo, vide persone delle quattro Case mischiate, abbracci, lacrime e timidi sorrisi e in mezzo a tutto ciò il corpo di Tom Riddle e come una automatismo strinse la mano di Harry e insieme si avvicinarono al cadavere.
 Lord Voldemort giaceva immobile a terra, le braccia spalancate, il volto inespressivo. Era solo un 
corpo reale e così fragile e senza la sua malizia, maestosità e carisma, sembrava quasi banale.
 “È morto” mormorò Emma e finalmente vide un sorriso incerto, spuntare sul volto accartocciato del bambino che è sopravvissuto.
 “È morto” confermò lui “È finita”
 “Ce l'abbiamo fatta” mormorò David alle loro spalle ed Emma sentì il desiderio di urlare di felicità, ma si trattenne, strinse solo più forte la mano di Harry e rise piano, tra i denti, in un modo che forse a Remus, se fosse stato lì, avrebbe ricordato Sirius Black.
 “E ora?” chiese l'emoor e Potter scrollò le spalle, insieme si scambiarono un altro lungo sguardo, stanco e adulto.
 
Ora avrebbero avuto tempo. Si abbracciarono infine e un grosso applauso di gioia e liberazione partì tra i presenti.

. . .

La prima persona che raggiunse Emma O'Shea, stringendola con forza al suo petto, fu Blaise Zabini. Il Serpeverde usò le lunghe gambe per fare uno scatto ferino, superando persino lo slancio di Ginny e la foga di James e le sue braccia muscolose si avvolsero intorno al corpo magro della Corvonero con tale impeto che la sollevò da terra in uno svolazzo, ridendo contro la sua spalla.
 “Emma Piton O'Shea” disse il giovane alla ragazza, con un sorriso brillante e sincero “Meravigliosa ragazza”
 “Zabini” sussurrò Emma con dolcezza, fissando il volto incredibilmente radioso di lui e il ragazzo inarcò un sopracciglio, tendendo la pelle olivastra del viso in un moto di disappunto.
“Da quando sono solo Zabini?” rise rauco e felice “Salvatore del mondo magico suona meglio”
“Oh ma smettila” lo rimbeccò la voce secca di Ginny e nell'istante successivo i suoi capelli rossi mulinarono vicini a loro, insieme al suo sguardo di fuoco e al sorriso che la ragazza riservò ad entrambi.
Emma si gettò contro di lei e la abbracciò, come a controllare che fosse davvero viva e Ginny rise nella sua stretta, sollevata.
 “Merlino, Emma, sei sopravvissuta” disse la rossa raggiante, gli occhi nocciola pieni di una luce viva, tagliente.
 “Confermo” sussurrò la ragazza con voce impastata “Sono viva”
 “È stato incredibile” riprese Ginny e sembrava un fiume in piena, come la stessa ragazzina che l'aveva accompagnata per la prima volta a Diagon Alley “le Ombre, Malfoy che ti ha difeso, i Vinculum e la tua lotta contro Voldemort. Tu... e poi...”
“... e Blaise eroe” la interruppe il Serpeverde ed Emma arricciò le labbra in un sorriso, mentre la rossa alzava gli occhi al cielo.
 “Smettila Zabini” lo rimbeccò subito “Non hai fatto nulla di più di quel che abbiamo fatto di tutti noi”
 “Questo lo dici tu, piattola” ribatté smagliante lui.

 James raggiunse Emma in quel momento. 
 Era pallido e coperto di polvere, scarmigliato ed evidentemente stanco, ma gli occhi azzurri brillavano duri e bellissimi sul suo volto affilato. Si scambiarono uno sguardo pieno di parole, affetto e comprensione e subito l'emoor si mosse per abbracciarlo e soffocare contro il suo petto la mancanza di Lilith. 
 Si strinse al ragazzo con foga, temendo quasi di affondare contro di lui e lo baciò sulle guance, sulla fronte, sulle palpebre, singhiozzando di sollievo nel vederlo vivo, scompigliandogli i suoi capelli neri, come aveva sempre fatto e James rispose a quei gesti di affetto con dolcezza, carezzando il volto di lei, spostandole ciocche di capelli chiari dagli occhi, cercandola con gesti automatici e confortanti.
 Poi li raggiunse Luna e poi Seamus, e Paciock, e Sean, e poi Dan e Luke, e poi tutti gli altri e si strinsero tra lacrime e sorrisi e si lasciarono mischiare dal sollievo e dalla speranza. 
 La dolcezza del momento inframmezzata solo da Ginny e Blaise che continuavano a borbottare sommessamente tra loro, in mezzo a quell'abbraccio scomposto e collettivo e c'era qualcosa di incredibile nell'udire i loro battibecchi accanto al corpo vuoto e abbandonato di Lord Voldemort, da cui Emma non riusciva a staccare lo sguardo.

Parvero rendersene conto anche gli altri, di quanto stonasse quel cadavere grigio e Charlie e Bill Weasley si avvicinarono con sorrisi tenui e con le loro bacchette spostarono il corpo del mago Oscuro verso un'altra stanza, facendolo levitare davanti ai presenti, che si persero per un'istante per osservare quella scena, allo stesso tempo straniante e solenne. La testa pallida e calva di Lord Voldemort penzolava nel vuoto, vulnerabile, le labbra inesistenti schiuse in un'espressione sorpresa, gli occhi chiusi a celare il loro rosso sangue. 
Lord Voldemort. Tom Riddle.
Un uomo che era stato un intelligente e privo di limiti che aveva finito con il distruggere sé stesso e ancora una volta, guardando il corpo galleggiare fuori dalla stanza insieme a quello di Bellatrix, i lunghi capelli corvini, simili a serpenti, scomposti intorno al volto pallido e bellissimo, Emma si chiese come dovesse aver passato i suoi giorni ad Hogwarts Tom. Quali libri aveva letto? Quale ragazza aveva osservato assorto? In quale corridoio si era passato una mano sul volto per scacciare la stanchezza?
 L'emoor non avrebbe mai potuto saperlo ora e qualcosa, in fondo al suo sangue Serpeverde, ribollì di dispiacere. Perché Lord Voldemort aveva fatto tante vittime nella sua vita, 
la prima delle quali era stata proprio Tom Riddle. 
 “
Zabini, smettila di gonfiare il petto come un barbagianni” sibilò Ginny, rompendo la solennità del momento.
 “Ehi” rimbeccò offeso il Serpeverde, sistemandosi il colletto intonso della camicia “La mia è una posa naturalmente elegante, da vero eroe, non da barbagianni. Come Emma sicuramente vi racconterà ero io sotto il mantello con lei e...”
 “Confermo” sorrise la Corvenero divertita, cercando di fermare subito la diatriba e il ragazzo accanto a lei assunse una smorfia enormemente soddisfatta, mentre Ginny alzava di nuovo gli occhi al cielo, scuotendo la testa.
 “Mi spieghi come fai ad essere l'unico ad aver partecipato alla battaglia, arrivando in fondo con i polsini della tua fottuta camicia pregiata inamidati?” chiese la rossa.
 “Do delle priorità” soffiò lui sornione “E l'eleganza è piuttosto alta nella mie priorità, rossa.”
 “Forse perché sei una stupida Serpe” lo punzecchiò lei, senza astio.
 “
Stupida serpe... Non lo so, Weasley” ghignò Blaise “Siamo arrivati in fondo a questa brutta notte e siamo vivi entrambi.”
“Cosa vuoi dirmi quindi?” chiese Ginny con un mezzo sorriso.
 “Che l'unica differenza tra me e te è che io sono dannatamente attraente, pulito ed elegante, tu no”
 Ginny lo fulminò con lo sguardo, incrociando le braccia sotto il seno in una posa che assumeva sempre quando sgridava Ron, ma Luna rise della battuta, persino Neville si fece sfuggire un sorriso ed Emma scosse il capo, ma si rese conto che ad ogni punzecchiatura che i due si riservavano si sentiva più leggera.
 “A me lei sembra molto più attraente di te, Zabini” intervenne Harry e con sguardo dolce e luminoso si avvicinò di un passo a Ginny, cingendole la vita con un braccio, tenero e incerto, come se temesse di essere scacciato. Gli occhi di lei però si illuminarono di una luce dura, bramosa e consapevole. 
Piena di amore.
 “Merlino, Potter” soffiò Zabini “Ci credo che la preferisci. Sarai un eroe, ma non sai nulla di moda.”
 “Vanesio” lo rimbeccò la rossa, sorridendo mesta da sopra la spalla del Grifondoro, ma non riusciva a nascondere la sua felicità.
 “Grazie del complimento” ammiccò il Serpeverde.

Era un quadretto di battute scherzi e sorrisi che fece provare ad Emma, per la prima volta, una speranza sincera per il futuro. 
 Quel futuro così nebuloso e incerto che ora pareva vicino, tangibile, realizzabile. Ci sarebbero state le lacrime, ci sarebbe stato il dolore per i morti a coglierli di improvviso in mezzo a quella sensazione di vittoria. Ci sarebbe stati nuovi incubi e ostacoli da superare e forse persino un genuino spaesamento dato dall'assenza di terrore e missioni dietro l'angolo, ma il futuro per la prima volta era davanti a loro e li apparteneva. Emma alzò la testa a guardare l'amica di sempre, trionfante nell'abbraccio di Harry Potter, mentre scherzava bonariamente con Blaise e si sentì felice.
Si guardò intorno, cercando altri sopravvissuti e inconsciamente forse la figura sottile di Draco Malfoy, ma i capelli color carota di Ron le coprirono all'improvviso la visuale, mentre il ragazzo si avventava su di lei, per sollevarla giocosamente in aria, ridendo.
 “Weasley” esalò l'emoor, senza riuscire a sembrare severa.
 “Emma O'Shea, 
Godric, benedetta ragazza” rise il rosso, facendola girare in aria come fosse una bambina.
 “Ron Weasley, 
Salazar, benedetto ragazzo. Mettimi giù” rispose l'emoor divertita e lui le fece fare altri due volteggi prima di ubbidire e di posarla a terra.
 “George ti cerca” le disse poi, con quel sorriso largo e infantile che metteva tranquillità “è con Draco” 
 L'emoor sussultò, ma vide il sorriso che la Granger, appena apparsa alle spalle del rosso, stese subito nella sua direzione e si sentì rassicurata. Perse un momento per osservare i capelli scarmigliati della grifona, le occhiaie sotto gli occhi color cioccolato che quasi scomparivano nella luce di gioia e soddisfazione che irradiava.
 “Ciao Hermione” sorrise.
 “Compagna di Biblioteca” la salutò lei.
 “Ti conviene andare, Ems” le interruppe Ron, rivolto verso l'emoor “George era davvero impaziente”
 Un'ombra passò sul volto di Emma: 
George solo. Senza Fred.
 “
Dove sono? Draco e George intendo...” chiese.
 Ron fece un cenno veloce verso il fondo della sala e la ragazza annuì con una breve occhiata ad Hermione, che le sorrise sincera. 
Avrebbero avuto tempo. Di farsi raccontare ogni cosa. Gli Horcrux. I doni. Ogni cosa e osservò per un veloce istante tutti i suoi amici amici, ancora festanti e felici, stretti in gli uni agli altri, Harry sorridente, i compagni di Casa fragili e uniti e poi Ginny, dura e splendente come un fiore raro in mezzo a tutte quelle teste. 
L'emoor si soffermò infine su James, con un affetto dolce e amarissimo e gli occhi azzurri del ragazzo si incatenarono ai suoi e senza che ci fosse bisogno di parlare, il Corvonero si avvicinò a lei e la prese per mano ed Emma sorrise.
 Camminarono nella folla urlante. Non di dolore, ma di gioia. Fecero cenni di saluto a Susan Bones, Calì Patil e Demelza Robbins che li guardavano piene di gratitudine e rispetto ed Emma scorse da lontano anche Molly Weasley abbracciata a Fleur Delacour e Kingsley parlare a voce sommessa con Vitious. 
 C'era felicità e sollievo. 
Si respirava qualcosa di nuovo.
 “Sta bene Artemius?” chiese James.
 “Penso di si” annuì stanca Emma “L'hanno portato in infermeria, è in buone mani, forse ha solo bisogno di un po' di riposo”
 Lui fece un cenno di assenso “E tu?”
 Le labbra dell'emoor si tesero in un guizzo incerto, rendendo il sorriso più falso, mentre una stilettata di dolore spazzava via il buon umore e di nuovo le lacrime si formavano dietro le ciglia. Mancava Lilith a quei festeggiamenti. 
Dolorosamente
 “Sto” mormorò infine, perché sapeva di poter essere sincera con James “e tu invece?”
 “Anche io sto” rispose il ragazzo, con l'ombra di un sorriso sul volto, gli occhi assorti su qualche pensiero lontano.
 “Ci aggiusteremo James”
 “Per forza” disse lui e si strinsero la mano con più forza.
 “Ho bisogno di raccontarti molte cose” sussurrò l'emoor, rendendosi improvvisamente conto in quel momento 
di quante cose fossero nelle ultime ore. Non solo la guerra era finita e molti amici scomparsi, ma anche lei era cambiata. Le sue origini.
 “Immagino tu debba raccontarmi molto” annuì il ragazzo “Avremo tempo, Emma”
“Anche cose belle” cercò di dire lei con un mezzo sorriso.
 “Tipo il ruolo di Piton in tutto questo”
 “Tipo” mormorò la Corvonero e scostò lo sguardo nel dirlo dal punto in cui sapeva ci fosse il corpo di Remus, cercando di farsi forza e concentrandosi sulla presenza confortante del Corvonero al suo fianco “Alcune cose devo ancora capirle anche io” 
 “Sai che cosa avrebbe detto Lilith?” chiese James ed Emma si rese conto di essere fragile, pronta a spezzarsi. 
 Si rese conto che quella vittoria era solo un piccolo passo e che quando l'adrenalina avrebbe smesso di scorrere nelle vene, si sarebbe trovata ad affrontare la realtà, i pezzi di sé stessa irrimediabilmente feriti, lacerati e sarebbe stato doloroso.
 “Che cosa avrebbe detto Lilith?” chiese, con voce tremula.
 “
Merlino quel dannato pipistrello” disse James e le sue lentiggini si contrassero mentre rideva sommessamente tra i denti, gli occhi azzurri brillanti di un amaro divertimento.
 E anche le labbra di Emma si incurvarono appena in un sorriso involontario, perché sapeva che l'amico aveva ragione: Lilith avrebbe detto esattamente quella frase. 
Sospirò, il cuore tremante.
 “Non pensarci” disse James, capendo al volo i suoi pensieri “Non ora” aggiunse e il suo tono era dolce e confortevole, tanto che Emma annuì con convinzione e sorrise lui con maggiore dolcezza.
 Sentiva il bisogno improvviso di correre da Severus, di dire lui che tutto era finito, di farsi avvolgere dalle braccia magre del tutore e calmare dal suo sguardo scuro e lucido, ma cercò invece di respirare e mettere le cose con ordine, controllandosi.
 
Prima doveva andare da George, che la stava cercando e aveva bisogno di lei, poi Draco che probabilmente era altrettanto solo e confuso e poi Severus, ovviamente Severus.
James fece un cenno verso Sean, che festeggiava felice con altri Corvonero più grandi di un anno. Videro anche Seamus Finnigan con un braccio intorno alle spalle di Dean Thomas e rimasero per un istante ad osservare la felicità sui loro volti, sentendosi due estranei che si tenevano per mano.
 “Vado da Sean” disse infine il ragazzo “non gli ho ancora parlato e tu non hai bisogno di me per ora”
 Emma si sentì annaspare, la Sala Grande le sembrò gigante, troppo per lei e alzò lo sguardo di scatto verso di l'amico in cerca di aiuto.  
 Subito le braccia di James la avvolsero in una stretta conosciuta e rassicurante. Pieno di affetto.
 “Niente panico, Ems. Sono qui. Non c'è più una guerra. Abbiamo vinto” sussurrò contro la sua nuca, cullandola “Ci sono sia George che Malfoy ad aspettarti ed entrambi sono due persone che morirebbero pur di vederti al sicuro. Non succederà nulla”
 “Lo so, ma tu.. Io non voglio...” balbettò l'emoor con tono spezzato, come se temesse di vedere Voldemort apparire all'improvviso per uccidere l'amico ed era, in effetti, la sorda paura che non fosse tutto finito a farla tremare: aveva perso Lilith, aveva perso Remus, aveva perso molto, non poteva perdere James.
 “Io sono solo con Sean” la tranquillizzò lui “Se hai bisogno grida, ma non avrai bisogno. Stiamo bene, Emma. Stiamo bene”
 Le sorrise ed Emma provò a fare lo stesso e non si dissero 'ti voglio bene' non cercarono nell'altro il dolore per la perdita di Lilith, non si dissero null'altro. Si lasciarono andare, prendendo direzioni diverse.

E rimasta sola per Emma, arrivare in fondo alla sala senza James fu un viaggio infinito. Si sentiva vulnerabile e scoperta e ogni passo era carico di stanchezza, ogni sorriso che qualcuno le inviava, ogni cenno di condivisione di quella vittoria sanguinosa, la feriva.
Eppure i suoi muscoli continuavano a contrarsi e portarla avanti, sotto il cielo della Sala Grande, che sopra la sua testa cominciava lentamente a schiarire: l'alba era vicina. 
 Avevano combattuto per l'intera notte, ma ad Emma sembrava un vita intera. Scorse George da lontano, seduto accanto a Draco su una panca divelta usata solitamente per i pasti. Stavano parlando a voce bassa, vicini e la ragazza si perse un istante per osservarli. 
 Un tempo avrebbe dato qualunque cosa per assistere a quella scena: un Weasley e un Malfoy che chiacchieravano pacatamente, con naturalezza. Ora invece, il dolore e la stanchezza le facevano provare a malapena un delicato sollievo anche a quella vista.
 
Si chiese se sarebbe stata mai più in grado di essere felice, si accorse che stava ancora stringendo la bacchetta con panico e si costrinse a metterla nella tasca interna della sua divisa e improvvisamente fu come aver tolto un'armatura e si sentì fragile e umana, ma anche incredibilmente libera.
 I due ragazzi si voltarono verso di lei nello stesso istante, due sguardi pieni di amore in maniera diversa, ma gli occhi di Emma si costrinsero a muoversi in quelli del rosso “George” sussurrò.
 Il gemello fece un sorriso falsamente largo, ma di affetto sincero, spalancando le braccia verso di lei e l'emoor ci si buttò senza tentennare un solo secondo e venne investita dall'odore di pane e fuochi d'artificio che per lei aveva sempre significato i gemelli Weasley e che ora significava solo George.
 “È un sollievo vedere che nonostante tutto quello che è successo  abbracci ancora me per primo” rise quello e l'amarezza che stava per invadere la ragazza passò, quando si rese conto che il gemello non si riferiva a Fred, ma a Mafoy, ancora seduto alle sue spalle.
 “Come potrei privarti di questa abitudine?” sorrise quindi debolmente “Sei il mio preferito Georgie.”
“Infatti mi aspetto che le cose continuino così” disse il rosso, la baciò sulla fronte con affetto fraterno ed Emma lo strinse più forte, provando un sincero conforto nel sapere che fosse vivo e si rese conto di quanto avesse avuto paura di perderlo.
 “Il biondino qui presente è passabile” le sussurrò in un orecchio il ragazzo, arruffandole ancor di più i capelli chiari.
 “Mi stai dando la tua benedizione, Weasley?” domandò l'emoor e cercò di guardare Draco oltre il gemello, ma vide che il Serpeverde teneva il capo chino, lasciando rispettosamente loro dello spazio.
 “No” soffiò il rosso, con una smorfia velatamente furba sul volto magro “Lo sto solo facendo morire di gelosia. È sempre divertente”
 Emma rise, mentre George le baciava ora sulla guancia sinistra e poi la destra e poi di nuovo la fronte.
 “Smettila Weasley” disse debolmente lei “Perché mi cercavi?”
 “Vederti è sempre bello, ma non ero io a cercarti, era lui” disse lui tranquillo, con un cenno al biondo “Però stava qui a struggersi, pensando che tu non lo volessi tra i piedi mentre stavi con i tuoi amici. Ho forzato un po' la mano, sapevo che per me, se avessi sospettato che volevo il tuo aiuto, saresti accorsa”
 George ghignò divertito e anche se Emma vide il dolore e la tristezza in fondo ai suoi occhi nocciola, provò a sperare in un futuro per lui. Ci sarebbe stato il tempo per la sofferenza e il conforto. Ora era solo un primo momento di pace e sollievo, ma le labbra tese in un mezzo sorriso del gemello facevano avvertire il sapore di resilienza e rivalsa che scuoteva i nervi dei sopravvissuti.
 “Vado da Lee è un po' giù di morale...” sorrise il ragazzo “Grazie di averci salvato tutti, O'Shea” aggiunse, con un leggero sbuffo e una carezza sulla guancia, poi si allontanò dopo aver detto tra i denti un “
Malfoy” a cui il ragazzo rispose con un cenno del capo.
 Emma e Draco rimasero da soli. 
Soli in mezzo a tutta quella gente.
La Sala Grande, attraversata da quel buonumore precario, era piena di persone troppo impegnate a cercare di sorridere per fare davvero caso a loro due. L'emoor fu la prima a fare un passo avanti, gli occhi fissi sul capo biondo del ragazzo di fronte a lei, che se ne stava quasi rannicchiato, 
spezzato, evitando il suo sguardo.
 “Draco” lo chiamò dolcemente, mentre gli occhi verdi con ombre scandagliavano la pelle pallida di lui, piena di polvere e sangue, senza capire se fosse il suo, o quello di altri.
 Gli accarezzò la fronte, scostando alcune ciocche bionde dal suo sguardo e il ragazzo alzò il capo verso di lei, gli occhi grigi ardenti, scuri, simili a metallo fuso, che la fissavano persi, brillanti. 
 Era fragile e bellissimo, ma c'era qualcosa di orgoglioso in lui e brillante, come quando si era messo di fronte a lei per 
proteggerla, come quando per lei aveva ucciso Antonin Dolohov ed Emma si rese conto con chiarezza, ricambiando lo sguardo del Serpeverde, che sarebbe stata ancora in grado di essere felice.
 Nonostante le ferite, le paure, il dolore. Sarebbe stata di nuovo felice costruendo il suo futuro respiro per respiro, con tutti i suoi amici e le persone che amava, ma soprattutto con Draco.
 Erano due spezzati, due grigi e in maniera diversa due aghi della bilancia. Malfoy con il suo dolore, Emma con la sua forza. Aveva avuto ancora una volta ragione Silente in fondo: forse, senza Draco, Emma non avrebbe colto molte cose. Forse, senza il ragazzo, non sarebbe stata in grado di comprendere l'umanità di Voldemort in Nagini, né di apprezzare Blaise, Daphne e Joanne.
 Forse, senza di lui, Narcissa non avrebbe mentito per loro, non avrebbe detto quel “
è morto” che aveva salvato più di una vita.
 L'emoor sorrise debolmente e fece scivolare le mani sulle spalle del ragazzo, in un movimento carico di dolcezza e lui si chinò in avanti, arreso, poggiando la fronte contro il suo sterno.
Si resero conto nello stesso momento quanto i loro respiri fossero coordinati, eran vivi e avrebbero cancellato insieme, giorno per giorno, quella sofferenza che li dilaniava e quello sprezzo che il ragazzo sembrava avere per sé stesso. Si sarebbero feriti, aggiustati e amati. 
Come era giusto che fosse. Avrebbero imparato a riconoscere le cicatrici dell'altro, placato i loro incubi, coordinato i loro respiri.
 “Grazie” sussurrò la Corvonero e lo sguardo del ragazzo scattò in alto nei suoi occhi e si fece confuso.
 “Emma, per cos...”
 Lei si avvicinò a lui, gli prese il volto tra le mani e premette le labbra sulle sue con urgenza, fregandosene della Sala Grande, dell'Ordine, dei Mangiamorte, lasciando che il suo cuore finalmente battesse a ritmo con quello del ragazzo e anche Draco le afferrò il volto tra le mani, in una perfetta sincronia e poggiò la fronte sulla sua senza parlare, portandola a sedersi accanto a lui. 
 Sorrisero quasi nello stesso momento e poi singhiozzarono, tenendosi stretti, increduli di essere arrivati in fondo a quella follia insieme. 
Pioggia in arrivo, menta, caffé. Emma avrebbe potuto cadere dentro di lui e rimanerci per sempre.
 “Di cosa mi ringrazi?” domandò Draco, a un soffio dalle sue labbra.

 “
Di aver scelto” disse lei con tono sicuro “Di essere stato coraggioso, di aver combattuto per Hogwarts, di non esserti tirato indietro, di aver contribuito a creare un mondo dove amarci, di non aver seguito Voldemort, di aver duellato insieme alla Mcgranitt, di avermi fatto da scudo, di aver sfidato Voldemort, di aver ucciso Dolohov salvandomi e vendicando persino i miei genitori, di aver accettato il mio aiuto”
 Aveva parlato tutto d'un fiato, fissandolo negli occhi e vide lo stupore sincero pervadere i lineamenti di lui, trasfigurarlo, renderlo ancora più bello.
Tutto quel che lui aveva fatto d'istinto, con nuova consapevolezza, cercando disperatamente di rinnegare il marchio che gli insozzava il braccio sinistro, tra le labbra di lei sembrava più eroico e coraggioso di quanto non si fosse reso conto.
 “Emma io l'ho fatto per te, non stavo pensando...” balbettò.

Emma lo baciò. 
E ancora. E ancora
 Lasciando che le sue dita si aggrappassero ai morbidi capelli biondi di lui, che i loro corpi si cercassero, che la consapevolezza che niente avrebbe potuto dividerli li inondasse di sollievo e speranza.
 “Non importa perché lo hai fatto. Lo hai fatto” gli disse sicura “Tu per me, io per te. Non importa. Siamo qui.”
 Il ragazzo annuì 
commosso, il petto che si alzava e abbassava veloce.
 “Voglio dire, ma tu... sei l'eroina, capisci? Perché ringrazi me...”
 Emma rise, scuotendo il capo, gli diede un altro bacio leggero e osservò quel volto pallido e affilato con amore, mentre con i pollici carezzava i suoi zigomi, scacciando polvere, lacrime e sangue.
 “Io ti 
ringrazio perché anche tu sei l'eroe della tua giornata Draco” disse con tranquillità “Sei il primo Malfoy ad aver rinnegato il suo sangue per qualcosa di meglio. Hai molto dei Black”
 Le labbra del biondo si incresparono appena in un sorriso stupito, ma pieno di una sottile soddisfazione, che ricordava il ghigno ironico del Draco di cui si era innamorata ed Emma lo baciò di nuovo.
 C'era così tanto non detto tra loro, tante fragilità, tanto dolore. 
 Ci sarebbero stati incubi, pianti e crisi. Si sarebbero forse svegliati a vicenda nel sonno, a lungo, annaspando in cerca di aria, cercando l'altro, ma l'avrebbero fatto insieme. Si sarebbero guariti. Cellula per cellula. Sanando le cicatrici, o imparando ad apprezzarle.
 Lo sguardo di Emma si abbassò sul suo marchio sbiadito e quasi sorrise, notando che anche quello di Draco ora era grigio.
“Sai grazie a chi abbiamo vinto?” chiese la ragazza dopo un istante.
 Draco scosse il capo e la afferrò per la vita, avvicinandosela a sé.
 “Potter?” tentò e si strinsero l'un l'altra, accartocciandosi su quella vecchia panca della Sala Grande, come fossero una cosa sola.
 “Certo, Harry era il nocciolo” annuì lei “ma non sarebbe mai sopravvissuto se non fosse stato per tua madre”
 Draco sgranò gli occhi ed Emma sorrise, pensando che c'erano molte cose che potevano raccontarsi. 
Avevano tempo ora. Avevano anche un mondo intero in cui amarsi.
 “
Mia madre?” chiese confuso.
 “Tua madre ha mentito a Lord Voldemort” sorrise “Per tutti noi”
 Il Serpeverde fece scorrere lo sguardo sulla Sala Grande e si fermò, con la mandibola tesa, quando scorse la figura di Narcissa e persino coperta di polvere e sangue, Lady Malfoy era bellissima, regale.
 Il modo altero e sicuro con cui si guardava intorno, la piega composta del collo, le mani strette in grembo. Appariva come una dama d'altri tempi, fredda e bellissima, a differenza del marito, che piegato e fragile le stava accanto, con stampata in volto un'espressione incerta, come se temesse di non poter rimanere lì.
 Entrambi erano appoggiati contro la parete accanto all'ingresso, tesi, pronti a scivolare via al primo problema, ma se gli occhi di Lucius tremavano di vergogna, quelli di Narcissa erano incredibilmente tranquilli ed Emma ebbe la curiosa sensazione che la donna li stesse aspettando. Lì, ferma e paziente, la mano stretta intorno al braccio dell'uomo che amava sinceramente e che cercava silenziosamente di supportare. 
Stoica. Dignitosa.
 Mentre Emma e Draco osservavano i due Malfoy da lontano, notarono un paio di ragazzi di Tassorosso rallentare di fronte alla coppia, videro il primo tirare per la manica il compagno e il secondo che si mise a quadrarli con odio.

Ma voi siete Mangiamorte”
 Le parole volarono attraversando la Sala come se fossero stati ad un passo, Emma strinse le labbra e Malfoy trattenne il respiro, mentre Narcissa, con posato distacco, abbassava lo sguardo sullo studente, come se lo stesse salutando con gentilezza.
 “Devo andare da loro” si affrettò subito Draco, a disagio.
 “Ti accompagno” rispose l'emoor “Io devo andare da Severus” 

Si alzarono insieme e la Corvonero afferrò lui la mano in un gesto istintivo e chiaro, sorridendo appena. Pronta a non fare nessun passo indietro, pronta a rendere evidenti i suoi intenti.
 “Potter diceva davvero?” le chiese Draco, lanciandole appena uno sguardo “Severus. È Davvero tuo padre?”
 “Sì, Severus è mio padre” rispose Emma con un sorriso, felice in quella piccola presa di posizione, in cui si appropriava della sua identità e sentì il corpo formicolare al pensiero di ritrovarsi di nuovo a stringere il tutore in un abbraccio. 
Il tutore miracolosamente vivo.
 “
Quindi Potter è tuo fratello” concluse il ragazzo accanto a lei, con uno sguardo esasperato ed Emma annuì, trattenendo con difficoltà la risata nel vedere il Serpeverde alzare gli occhi al cielo, esalando un “Salazar! Un Potter in famiglia” tra i denti.
 Attraversarono la Sala uno accanto all'altra, le mani intrecciate, lasciando che gli sguardi perplessi e confusi degli occupanti scivolassero loro addosso. C'era una confusione meravigliosa. Cacofonica. 
Sublime. Le persone di tutte le Case mischiate, insieme agli abitanti della foresta e quelli di Hogsmeade: non c'era più divisione, né sospetto, solo speranza, abbracci e supporto e in mezzo a tutta quella felicità Emma O'Shea e Draco Malfoy che avanzavano insieme, come un manifesto vivente di quel nuovo mondo più inclusivo. Bellissimi e spezzati, giovani e innamorati.
Draco inghiottì saliva a disagio, ma Emma sorrise lui.
 “Devi fidarti di me Draco” disse piano “Andrà tutto bene”
 “Mi fido completamente di te”
 “Allora perché hai così paura?”
 “Perché sono felice” disse lui “Non sono mai stato tanto felice in vita mia e fa paura tutta questa felicità”
 Emma pensò che fosse la cosa più bella che il ragazzo potesse dirle.

. . .

Le schiene dei tre Malfoy, i biondi capelli distinguibili persino nella luce tenue, si allontanarono lungo il ponte di Hogwarts, sostenendosi l'un l'altro, seguiti dalla figura di Kingsley che li scortava.
Emma rimase a guardarli con leggera apprensione, fino a quando non sparirono oltre i confini e si smaterializzarono, sorridendo appena tra sé quando colse il gesto di saluto di Draco, carico di dolcezza e promesse, così diverso dallo sguardo disperato che le aveva lanciato l'ultima volta che lo aveva visto smaterializzarsi oltre i confini della scuola, la notte della morte di Silente.
 “La McGranitt ha ragione” disse Gabriel Tullier, fermo al suo fianco “è più sicuro per loro andare al Manor e aspettare il processo. Ho sentito Potter dire che la Black lo ha aiutato e io ho visto Draco combattere per noi e abbattere quel Mangiamorte biondo. Se la caveranno, Emma, non ti preoccupare.”
 L'emoor annuì lentamente, pensando all'abbraccio sincero e affettuoso che le aveva dato Narcissa, prima di seguire il consiglio della McGranitt e scortare il figlio e il marito al Manor. 
Pensò a quella frase spezzata ed emozionata sussurrata velocemente dalla donna “Sono così felice per Severus” e allo sguardo orgoglioso e felice con cui aveva osservato lei e Draco che si stringevano la mano, al sorriso luminoso sul suo volto chiaro.

 “Emma” la richiamò Gabriel con dolcezza e l'emoor lo guardò con maggiore attenzione e sorrise.
 “Scusa Gab, dicevi?”
 “Ho detto che se la caveranno” disse il ragazzo.
 “Lo so” annuì lei “Se la caveranno”
 Si avviarono in silenzio verso il castello. Il francese tendeva lei la mano per aiutarla ad avanzare sul terreno sconnesso ed Emma accettava silenziosamente il suo supporto. 
 C'era un silenzioso rispetto tra loro. Era esistito fin dal primo giorno, quando Gabriel l'aveva invitata al Ballo del Ceppo, salvandola dal triste destino di '
ruota di scorta' e sebbene non avessero mai approfondito la loro conoscenza, dopo la loro breve e impacciata relazione, Emma sentiva dell'affetto sincero per il ragazzo.
 “Hai risposto subito al mio Patronus.” gli disse seria, osservandolo con rispetto “Sei accorso qui e non solo hai combattuto, ma hai guidato i combattenti attraverso la battaglia”
 “Potevo dirti di no?” chiese il ragazzo, un angolo delle labbra appena inclinato in un sorriso.
 “Non era la tua guerra” fece notare lei.
 “Quale guerra è di qualcuno?” ribatté lui con tranquillità “A me bastava sapere che un folle voleva uccidere quella ragazzina che al Ballo del Ceppo non la smetteva di parlarmi di pozioni agitando le mani, per decidere che non potevo stare semplicemente a guardare”
 Emma ridacchiò in risposta e con dolce amarezza capì che forse il ragazzo non l'aveva mai completamente dimenticata.
 “Non c'era nulla che non andasse in noi, vero?” chiese infatti Gabriel con gentilezza, pacato, 
rispettoso.
 “Non lo so Gab” rispose lei “Forse semplicemente non eravamo...”
 “Non ero lui” concluse per lei il francese, scuotendo le spalle con un sorriso garbato e triste.
“Lui chi?” domandò stupita l'emoor.
 “Malfoy” sussurrò l'altro ed Emma sbatté le ciglia, presa in contropiede, prima di scuotere energicamente il capo, ridendo.
 “Draco nemmeno mi parlava quando stavo con te, non c'entr...”
 “Ti mangiava con gli occhi. In ogni momento. In un modo in cui io non sarei mai stato in grado di guardarti”
 La Corvonero si fermò, perplessa e guardò il ragazzo ammutolita  “Gabriel cosa dici?”
 “La verità” disse lui, scompigliandosi i capelli lunghi e castani, lo sguardo chiaro incredibilmente lucido e tranquillo, come se stessero chiacchierando di cose di poco conto “Draco Malfoy non riusciva a smettere di guardarti. Mai. 
Credimi. Sembrava respirare solo perché c'eri tu lì a un passo”
 “Non capisco” sussurrò lei, confusa “Non me ne sono accorta”
 “Quel che sto cercando di dirti è che sono contento che sia Draco al tuo fianco perché mi ricordo il suo sguardo.” mormorò il ragazzo “E l'ho visto attaccare quel tipo biondo gigante, te l'ho detto, ho visto la sua disperazione, la sua paura. Se avrà bisogno di un testimone al processo: io ci sono. Posso dire che ti ha difesa, che ha combattuto con noi. L'ho visto affatturare più di un Mangiamorte questa notte”
 L'emoor lo guardò con serietà, vagamente confusa e accigliata.
 “Chi sei tu Gabriel Tullier?” chiese incredula “Cosa fai qui? Non puoi essere semplicemente 
così buono”
 Il ragazzo rise di gusto, scuotendo appena il capo e mise una mano sulla sua spalla, in un gesto amichevole. Erano quasi arrivati oltre le serre di Erbologia, vicini al castello.
 “Non lo sono infatti” le rispose “Ad essere sincero ho rischiato di affatturare Malfoy più volte quando io e te ci siamo lasciati, ma poi mi sono calmato. Avevamo ragione, difficilmente io e te avremmo avuto un futuro”
“Sono d'accordo” disse Emma con tatto “Ma allora cosa ti ha fatto tornare? Cosa ti ha portato qui?”
 “Fleur mi parlava di te e io ti immaginavo crescere e diventare sempre più forte e bella ed ero davvero orgoglioso del tuo percorso. Sei sempre stata una bella testa, Emma. Quando ci siamo visti al matrimonio e ho assistito all'attacco, ho capito che non avevo dubbi su chi fossero i buoni e i cattivi e che non potevo semplicemente stare a guardare. Poi mio fratello... te lo ricordi? Quell'idiota che ha interrotto il nostro primo bacio...” Emma annuì lentamente, continuando a guardare il francese negli occhi “Beh lui è stato quasi ucciso da una branca francese di ispirazione a Voldemort, solo perché ha difeso un ragazzino Babbano e...”
 L'emoor lo abbracciò e poi lo fissò ammutolita, piena di gratitudine e rimasero immobili per molti secondi, con tante cose in comune, senza che davvero lo sapessero.
 “Ringraziamo il giorno in cui hai scelto di invitami al Ballo del Ceppo, allora” mormorò infine lei e Gabriel annuì di rimando.
 “Non smetterò di ringraziare di averti scovata Emma O'Shea. Se c'era qualcosa per cui quel pazzo di Voldemort aveva ragione è che c'è qualcosa di strano in te, di affascinante e antico”
 “Sono l'ago della bilancia tutto qui” disse lei e strinse le labbra, senza sapere cosa aggiungere.
 Gabriel cominciò a ridere e senza sapere perché Emma lo imitò. Non riuscirono a fermarsi, continuarono a ridere nella fine della notte, da quasi sconosciuti quali erano, uniti da una manciata di motivi e un animo buono. Risero di amarezza, di 
sollievo, di dolore e di affetto. Si sostennero nel silenzio, fino a quando Gabriel non sciolse l'abbraccio.
 “Vado dentro a dare una mano”
 “Fatti controllare quella ferita”
“Sarà fatto. Tu dove vai?”
 “Severus Piton”
 Gabriel annuì e le fece un cenno di saluto, ad Emma sembrò di tornare indietro nel tempo, quando avevano ballato, riso e scherzato insieme al Ballo del Ceppo. Invece erano solo ragazzi, ma avevano combattuto una guerra nel frattempo e lo osservò allontanarsi di qualche passo e sorrise quando il francese andò quasi a sbattere contro David ed Emily e il Serpeverde gli lanciò un'occhiata fintamente bieca.
 “Tullier” lo salutò, allargando il ghigno.
 “David, giusto?” sorrise l'altro.
 “David. Giusto. Ti ho minacciato di venirti a cercare se avessi fatto del male ad Emma, ricordi?”
 Gabriel rise “Ricordo” disse amichevole e diede una pacca sulla spalla del Serpeverde annuendo piano, come perso nei ricordi e David ridacchiò per un istante con lui.
 “Ci vediamo dentro” disse Tullier con un ultimo cenno ad Emma.
 “Alla fine avevi ragione tu” disse David all'amica “è davvero un bravo ragazzo quel francese”
 “Lo è” ammise lei “Cosa fate qui?”
 “Stai andando da Severus?” chiese Emily guardandola in volto.
 “Sì” rispose la Corvonero, con un filo di emozione.
 “Joanne” le disse la ricciolina “Gli avrà fatto un sacco di domande per il suo libro, sarà stata pressante.”
 “Sembrava essere la sua intenzione. Era molto determinata.”
 David ed Emily annuirono, quasi a disagio. 
 “Io e David le chiederemo di non esserci” disse poi la ragazzina.
 “In che senso?” chiese la Corvonero, confusa.
 “Nel libro” chiarì Emily “Conosco Joanne, comincerà a scrivere stasera per non pensare al dolore.”
“Ognuno affronta il dolore come vuole no?” domandò Emma.
 “Avrà il libro pronto in meno di una settimana '
Harry Potter e gli emoor delle Ombre', cose così e noi non vogliamo esserci.” spiegò Emily quieta “Vogliamo rimanere nell'ombra, come i fratelli dei fondatori e ci chiedevamo se tu fossi d'accordo.”
 La Corvonero li fissò assorta, pensando sinceramente che parlare dell'ipotetico libro di Joanne in quel momento fosse assurdo, ma si accorse del ghigno storto sul volto di David.
 “Se stai pensando che parlare di questo adesso non sia la priorità, non conosci Joanne” rise il ragazzo “Emily non mente, è molto produttiva e dannatamente Serpeverde”
 “Perché non volete apparire?” chiese allora l'emoor, vagamente confusa “Non che io voglia... ma...”
 “Le Ombre di Hogwarts non volevano essere conosciute, non volevano gloria, né premi e sono rimasti amici tutta la vita” disse Emily “Vogliamo seguire i loro passi. Siamo piuttosto sicuri che Artemius sia d'accordo. Ci chiedevamo se tu...”
 “Sono d'accordo” rispose subito Emma. 
 Le sembrava una scelta giusta. 
Perfetta in realtà.
 “L'unico peccato è che a prendersi la gloria sarà un Grifondoro” esclamò David, facendo ridere le due ragazze, di gusto “Merlino quel Potter è sempre in mezzo e ora è pure tuo 
fratello
 “Vado” disse Emma con dolcezza “vi mando Joanne”
 Non aggiunsero nient'altro. Non si abbracciarono. Non si fecero altri sorrisi. Qualcosa più antico di loro li univa e rendeva vicini. Non c'era bisogno d'altro. Emma osservò i suoi amici che si tenevano per mano: David grande e forte, gli occhi scuri e attenti ed Emily delicata come un giunco, il volto circondato da ricci neri in contrasto con gli occhi chiari e pensò che se Artemius fosse stato lì avrebbe detto 
“Sono proprio una bella coppia” e avrebbe avuto ragione.
Emma O'Shea continuò a pensare all'amico, al fatto che fosse vivo e la aspettasse probabilmente in infermeria con i suoi vacui occhi sgranati e si sentì grata, mentre scendeva lungo il versante della collina verso il Platano Picchiatore, il cuore 
piacevolmente pesante, il respiro tranquillo. All'orizzonte cominciava ad albeggiare. 
 Era un nuovo inizio.
 Camminò nell'erba umida e insensibile alla battaglia che aveva accolto e a ogni passo si sentiva più leggera. Entrò nei corridoi della sua mente, come tante volte aveva fatto in passato, raccolse i libri stropicciati e li sistemò sugli scaffali, curando le barriere spezzante, calmando il suo inconscio e tornando in equilibrio. 
 Quando arrivò di fronte al Platano Picchiatore, dove Joanne la aspettava con cipiglio arrabbiato e i capelli più arruffati che mai, Emma si sentiva completamente in pace con sé stessa.
 “È un diavolo a quattro” sibilò la Serpeverde con fervore “Ho dovuto praticamente immobilizzarlo. Non ascolta”
 Un sorriso increspò le labbra dell'emoor.
 “Te lo avevo detto che sarebbe stato difficile, Joanne.”
 La ragazza scosse il capo, il broncio a incupirle il volto paffuto.
 “Mi devi un favore, O'Shea” ribatté subito “Sono certa di aver lottato contro qualcosa peggio di Voldemort per tenerlo buono e non mi ha dato 
una sola informazione utile per il mio libro, non faceva che cercare di uscire di lì per raggiungerti”
“A proposito del tuo libro Joanne...” iniziò la Corvonero.
 “Oh, non me lo dire” disse esasperata la ragazza “Hai parlato con Emily e David e avete deciso di 
rimanere nell'ombra lalalalala. Corretto? Questa è davvero la peggiore giornata della mia vita, forse, al posto che fare la balia a quel folle di Piton, avrei dovuto combattere con voi. A proposito è morto? È finita no?
 “Sì è finita” sorrise Emma, divertita dalla sua esasperazione.
“Grazie a Merlino” esalò la Serpeverde “di certo non sarei entrata a 
dargli che avevo brutte notizie. Mi avrebbe incenerita prima di finire e io che pensavo di stargli simpatica, dato che sono Serpeverde.”
 Emma rise, mentre Joanne si allontanava borbottando che, 
fortunatamente, Potter era uno stupido Grifondoro in cerca di attenzioni e le avrebbe concesso di scrivere un buon romanzo
 “Ma non finisce qui, O'Shea” gridò la ragazza “Io ottengo sempre quel che voglio e prima o poi avrò la mia storia”
E la Corvonero fu certa che fosse una promessa.

Emma si voltò lentamente verso il Platano Picchiatore, emozionata e sospirò piano: era l'ultimo atto.  
Sto arrivando, Papà.
 Fece un
 primo passo verso l'albero, ma sussultò e rimase immobile, guardando i rami del Platano fremere e poi fermarsi, mentre Severus usciva dal suo tunnel interno. Era pallido, ma in piedi, i capelli neri scomposti intorno al viso con i suoi lineamenti aspri, l'espressione assorta, le labbra sottili serrate.
 Lo sguardo dell'emoor corse al collo, dove, sopra la tunica nera come sempre perfettamente abbottonata, rilucevano le cicatrici dell'attacco di Nagini e sorrise debolmente. 
 Avrebbe voluto correre lui incontro, abbracciarlo al petto e ridere piena di libertà, come aveva fatto tanto tempo prima sulla collina alle spalle di Spinner's End, ma si trattenne e rimase ad osservare a lungo quel viso amato, soffermandosi sugli occhi lucidi e scuri, c
osì simili a due lunghi tunnel. Severus era immobile e la guardava, come una figura solenne, nel suo svolazzante mantello scuro ed Emma si riconobbe in quella posa incerta, nel taglio degli occhi, nel modo in cui pressava le labbra e studiò il volto dell'uomo in modo analitico, rivalutando ogni minuscolo aspetto, cercando dettagli che le confermassero la verità: che lei era sua figlia
Ne trovò molti e si chiese come avesse fatto a non capirlo prima.
 “Papà...” sussurrò, così piano che non fu sicura che lui potesse udirla, ma qualcosa scosse l'uomo, perché si avvicinò lentamente, il volto stranamente disteso.
 “Emma” disse roco, guardandola appena “Ho avuto paura”
 “Anche io” rispose, con emozione.
 “Passeggiamo” propose lui con tono monocorde ed era una proposta così curiosa da parte di Severus Piton che l'emoor non provò nemmeno a ribattere e lo seguì sul versante della collina.
 “Sev...” tentò l'emoor dopo vari minuti di silenzio denso e tranquillo e gli occhi di lui si posarono distrattamente su di lei.
 “Mandarmi la Rowling è stata quasi una tortura” disse apatico ed Emma si fece sfuggire un mezzo sorriso.
 “Ti ha pressato sulla sua idea di scrivere un libro su questa guerra?” chiese e Piton inarcò un sopracciglio.
 “In modo molto fastidioso. Mi deve molti favori per avermela fatta sorbire” disse serio, lo sguardo ai piedi.
 “Lei pensa lo stesso. Non devi essere stato molto gradevole. Lo sai che non stai simpatico alla gente, Sev non ti ci applichi” mormorò Emma, facendogli un piccolo sorriso.
 “Se mai scriverà quel 
dannato libro, penso mi farà fare una fine orribile” sputò l'uomo e subito fece un suono rauco e soffocato che l'emoor si rese conto essere una risata trattenuta.  Una risata di gusto.
 Camminavano lentamente, in silenzio, con quella calma pacifica che spesso calava tra loro e che conoscevano così bene. Mille domande cozzavano nella testa della Corvonero, ma qualcosa di dolce nella sensazione di poter essere di nuovo accanto al tutore, 
a suo padre, la tratteneva dal farle, godendosi invece quella pace.
 “Tutto sommato, non credo che mi dovrai più spiegare perché non sopporti Harry” disse dopo un po' la ragazza.
Severus roteò gli occhi al cielo, le labbra serrate di disappunto.  
 “Quel ragazzo è davvero insopportabile quando vuole, non importa chi sia il padre” borbottò, ma l'emoor sorrise, scuotendo leggermente il capo, in disaccordo.
 “Sai anche tu che non è così male. Harry ha molte qualità” disse, ma Piton soffiò dal naso con sdegno ed Emma ghignò leggermente “Beh, avrete modo di chiarirvi immagino”
 Severus scrollò le spalle a quelle parole, accigliandosi appena. 
 “Ce l'ha fatta almeno quel maledetto ragazzo? L'ha battuto?”
 Il silenzio cadde per un istante e l'emoor vide un lampo di preoccupazione attraversare il volto del tutore nel fargli quella domanda e sorrise lui dolcemente, nel rendersi conto di quanto angoscia dovesse aver provato bloccato dentro la Stamberga, sperando freneticamente che lei fosse viva e che il mondo magico venisse salvato dal figlio del suo bullo e della donna che amava.
 “Voldemort non c'è più” confermò lui la ragazza e vide il suo volto distendersi improvvisamente, apparendo più giovane e fresco, come se fosse stato finalmente liberato di un dolore insopportabile.
Dopo vent'anni Severus Piton era tornato padrone di sé stesso. Era libero. L'uomo abbassò lo sguardo sul suo marchio nero. Non pulsava più. Era grigio e banale come quello di Emma e Draco ora.
 “È andato” sussurrò debolmente, con tanto sollievo da spezzare il cuore dell'emoor di tenerezza “Non è più”
 “Non è più” confermò Emma con le lacrime agli occhi.
Severus si girò verso di lei, gli occhi rilucevano di una strana luce.
 “Ci sono così tante cose che vorrei raccontarti, Emma” mormorò e lei sorrise annuendo piano “Lo so, Sev. Abbiamo tempo”, 
 E continuarono a camminare, in silenzio, Severus prese la mano dell'emoor e la teneva fra le sue, con fragile attenzione, come fosse la cosa più importante al mondo.
Emma lo osservò stupita davanti a quel gesto di tenerezza: l'ultima volta che Piton aveva teso la mano verso di lei era stato davanti a Voldemort, prima di essere attaccato da Nagini, ma non c'era più quella disperazione, non c'era più quell'angoscia.
 “Narcissa?” chiese Piton e l'emoor sentì dell'affetto sincero per l'amicizia tra i due, in parte così simile a quella sua con James.
 “Narcissa sta bene. Se abbiamo vinto contro Voldemort è stato anche grazie a lei, ora è al Manor” rispose pacata e gli occhi di Piton brillarono per un istante, ma non chiese di approfondire, lo sguardo assorto e pensieroso perso verso l'orizzonte sempre più chiaro.
 “Draco?” domandò incerto, dopo un'altra manciata di secondi.
 “Sta bene” lo tranquillizzò l'emoor.
 “Voi due ora...”
 “Draco è molto importante per me, Sev” ammise lei “Ne abbiamo passate tante. Impareremo ad curarci le ferite a vicenda”
 “Ho fatto bene a mettervi in coppia a quel corso di Pozioni” disse il mago e la ragazza sorrise debolmente e annuì, dando lui ragione, anche se dentro di sé aveva l'impressione che lei e Draco avrebbero trovato comunque il modo di incontrarsi.
 “I Malfoy comunque stanno tutti bene. Anche Lucius” disse, intuendo le domande successive di Severus e vide le labbra di lui formare una linea, mentre comprendeva il non detto di quella frase.
 “Chi è morto invece?” chiese infatti tremante e anche il cuore di Emma vibrò e la ragazza sospirò lentamente, senza avere la forza di elencare chi li aveva lasciati.
 Il volto di Lilith, sorridente accanto a Fred che la guardava innamorato, le premeva nella mente, ferendola nel profondo.
 “Molti sono morti” rispose rauca “Troppi”
 E Severus le strinse la mano e non fece altre domande, assumendo però un'aria assorta e dolorante.
“Remus mi mancherà” disse infine.
 Emma si voltò a guardarlo stupita, perdendosi nello sguardo liquido e sofferente del padre. Ricordò Voldemort che parlava della morte di Lupin nella Stamberga strillante, ricordò Remus all'Ordine quando prendeva sempre le parti di Severus, pensò al mannaro nei ricordi del tutore, le numerose conversazioni, l'annuncio della sua nascita. Tutti quei momenti fragili e quasi intimi.
 “Eravate amici in fondo” mormorò l'emoor.
 “Avremmo potuto esserlo” ammise forse per la prima volta Severus.

Si fermarono in mezzo al prato, Hogwarts incombeva su di loro lontana. 
Bellissima e ferita. Erano entrambi consapevoli che stessero girando intorno all'argomento principale, ma il fantasma di Lily premeva su di loro, quasi desiderasse che ne parlassero.
 “Lily, Sev. Mia madre” mormorò Emma e rimase sconvolta nel vedere la trasfigurazione dell'uomo di fronte a lei.
 Le labbra gli si schiusero, gli occhi brillarono, i lineamenti si addolcirono, come se solo il fatto che la ragazza nominasse Lily di fronte a lui potesse farlo rinascere ed Emma fu travolta da quel sentimento così 
genuino e sincero, se ne sentì commossa e quasi sconvolta nel vederlo inalterato sul suo volto dopo tutti quegli anni.
 Piton aveva la stessa luce in viso del sé stesso da ragazzino quando guardava la giovane Lily e i suoi capelli rossi, del sé stesso adolescente che la baciava incredulo in un corridoio, del sé stesso giovane uomo che irradiava felicità davanti al caminetto di Spinner's End, dopo aver bevuto con l'amica di infanzia vino elfico ed essersi abbandonato a lei.  Lily Evans aveva detto addio e Severus Piton lo aveva accettato, scivolando rispettosamente via dalla sua vita, rinchiudendo i suoi sentimenti dentro il suo petto, ma questo non voleva dire che l'avesse dimenticata. 
Per Emma fu chiarissimo in quel momento e si sentì tremare.
 “Lily” sorrise Severus e quella smorfia non stonava più come un tempo sul suo volto pallido.
 “Lei...” azzardò Emma commossa “Ti amava a suo modo. In un modo potente e diverso, sai?”
 Gli occhi di Piton si fecero liquidi di dolcezza e il sorriso si perse all'orizzonte pieno di malinconia, mentre probabilmente vagava nei ricordi colmi di Lily Evans. Di loro due bambini e ragazzi che vivevano Hogwarts negli angoli quieti, tra segreti e affetto.
 “Io e Lily...” iniziò lui rauco “Abbiamo condiviso moltissimo. Molto più di quanto tu e Potter possiate aver visto nei miei ricordi. Ti racconterò forse, un giorno. Lily era la creatura più incredibile che io avessi mai incontrato e mi sembrava impensabile e irreale che, tra tutti, avesse scelto me come amico”
 Emma lo guardò, stupita da quella lucida consapevolezza, dalla calma e dal sorriso che aleggiava sul volto del tutore. Si sentì fragile e desiderò poter abbracciare il piccolo Severus che ancora albergava nei ricordi dell'uomo.
 “Sev. Lei...”
 “Lily non mi amava, Emma” riprese lui tranquillo “Non sono triste per questo. Non devo essere consolato a riguardo. È una cosa che ho sempre saputo. James era 
semplicemente perfetto per lei. Per me e Lily non poteva essere possibile amarci in questa vita, troppe cose ci dividevano, ma evidentemente il mio sentimento era troppo vasto, troppo profondo, troppo adulto ed è straripato fuori da me, riversandosi in lei e dando vita... a ciò che sarebbe potuto essere”
 “Me” mormorò Emma, guardando l'uomo commossa.
 Lui annuì brevemente, il suo profilo scuro che diventava sempre più definito nella luce del giorno in arrivo. Le rovine di Hogwarts come vedette a quel momento di condivisione.
“Ho amato Lily Evans per una vita intera, in ogni istante e con tutto me stesso, Emma e non smetterò mai di farlo, ma negli ultimi anni sto imparando a farla scivolare via, a soffrire meno la sua mancanza e sai perché?” chiese l'uomo e lei scosse il capo, trattenendo il respiro, mentre gli occhi scuri di lui la fissavano attenti in volto.
 “Per te, Emma. 
Tu sei la personificazione del mio sentimento e di quello di molti altri, da Lily fino persino a James Potter. Sei mia figlia. Mia e di Lily Evans. La mia Lily, non Potter: Lily Evans. Quella Lily che si arrabbiava se usavo le arti oscure e mi abbracciava all'improvviso. Quella ragazzina che mi ascoltava con occhi sgranati quando nessun altro era disposto a farlo, che mi ha difeso, fatto sentire apprezzato e mi ha persino baciato quando io provavo solo disgusto per me stesso. E tu non sei l'immagine sbiadita di un ricordo di lei come temevo, Silente aveva ragione: Tu sei tu. E mi hai salvato. Molte volte. Non solo da Nagini. Ti ricordi quando mi hai chiesto se ti odiassi, tanto tempo fa? Come avrei potuto odiare la mia felicità? Stavo solo cercando di comprenderti, perché a volte, tanta felicità tutta insieme, fa paura.”
 L'emoor lo guardò in silenzio per una manciata di secondi, incredula per aver assistito a un discorso tanto lungo e profondo da parte dell'uomo. Inspirò a fondo, mentre le lacrime colavano sulle guance e si lanciò contro di lui, stringendosi al suo petto magro e lasciando che lui la abbracciasse e cullasse per lunghi minuti.
 “Le assomigli così tanto. Avrei voluto dirtelo così tante volte” sussurrò Severus, mormorando contro la sua nuca, tremante, mentre le accarezzava i capelli con dolcezza “Ma hai anche così tanto di me quando ero un ragazzo. Vedo entrambi dentro di te ed è quello che più mi rende felice al mondo”
 “E a volte fa paura così tanta felicità” sussurrò l'emoor di nuovo, rendendosi conto che era la stessa frase che le aveva detto Draco.
Stavano bene. Avevano vinto ed erano insieme. Ci sarebbe stato un futuro ad attenderli, a Spinner's End. Passeggiate sulle colline, risate sarcastiche, pozioni da distillare insieme. 
 Avrebbero imparato ad essere una famiglia. Forse persino Harry ne avrebbe fatto parte. Avrebbero festeggiato il Natale con i Weasley, passeggiato nella Londra Babbana, chiacchierato di tutte quelle cose che ancora Emma non conosceva. Si sarebbero presi a piene mani la loro possibilità di essere felici. 
Se lo meritavanoLo meritavano così tanto.

Severus si scostò da lei, carezzandole una guancia e riprendendo l'abituale distanza tra loro. Sorrise furbo.
 “È un piano molto interessante il tuo” disse, con il suo tono strascicato “Ma non cederò agli inviti di Natale dei Weasley”
 “Non leggermi nella testa, Sev” lo ammonì scherzosamente la ragazza “Non senza il mio permesso”
 “Non hai fatto nulla per impedirmelo” le fece notare lui e l'angolo delle sue labbra sottili si curvò in un leggero sorriso, lo stesso che sfuggiva lui quando una Emma poco più di bambina lo osservava incantata distillare le sue pozioni, o quando leggeva avida qualche libro sulla sua poltrona, rendendolo silenziosamente orgoglioso.
 L'emoor sapeva che Piton aveva ragione: aveva lasciato che lui le leggesse dentro. Non aveva motivi per mentire, chiudere la mente, tenere a distanza Severus. Abbassò completamente le barriere, lasciando che l'uomo si infiltrasse liberamente nei suoi pensieri e vedesse le immagini sfarfallanti della felicità che avrebbero potuto ottenere. Non erano mai stati così uniti. Così sinceri. Così intimi forse. I cuori che battevano insieme.
 “Cos'era quello?” chiese l'uomo, incappando nell'immagine della possibile vita di Emma, quella dove i Malandrini, Harry, Lily, lei e Severus vivevano in equilibrio.
“Una possibilità” disse l'emoor.
 “Sembrava una bella possibilità”
 “Un uomo saggio mi ha detto, un giorno, che non si deve piangere per qualcosa che non è mai esistito” disse Emma.
 “Albus Silente scommetto” ribatté acido lui.
 “Esatto” sorrise l'emoor.
 “Albus era un pazzo, ma di solito aveva ragione. Era comunque irrealistico che io e James Potter potessimo andare così d'accordo”
 Emma rise di gusto “Te l'ho detto Sev. Tu non puoi andare d'accordo con le persone. Non ti ci applichi, ma sono certa che potrai rivalutare Harry e forse anche James.”
 Piton fece uno sbuffo in risposta, mentre la brezza leggera muoveva le cime della Foresta Proibita e la luce dell'alba era sempre più chiara, illuminando il castello di fronte a loro.

C'era una strana calma, bellissima, cristallina, che sembrava essere in grado di tenere a distanza ancora per un poco il dolore e le difficoltà che avrebbero dovuto affrontare. Emma strinse la mano dell'uomo un po' più forte e lo sentì ricambiare dolcemente la stretta.
 “Sai una cosa Sev?” sussurrò l'emoor “Sei l'uomo più coraggioso che io abbia mai conosciuto. Sono così tanto orgogliosa di te. Sono così fiera di essere tua figlia”
 Il volto dell'uomo ebbe un guizzo di tenerezza e il sorriso si distese, mentre il cuore rombava nel suo petto, pieno di assordante felicità.
 “Anche io sono orgoglioso di te, Emma.”
 Gli occhi color onice dell'uomo, simili a due lunghi tunnel, si incatenarono allo sguardo verde liquido, con ombre, della ragazza.
 Rimasero in silenzio, senza il bisogno di ulteriori inutili discorsi.  
 L'uno accanto all'altra. 
In silenzio. Quasi immobili nel parco di quella scuola teatro di tante avventure. Con i suoi fantasmi e le sue ferite.
La figura austera e scura di lui, affiancata da quella sottile della Corvonero, con i lunghi capelli biondi e ramati che le accarezzavano la schiena in un'onda. 
 Sorridevano entrambi, guardando verso il castello che si stagliava maestoso contro l'orizzonte rosa. Osservarono il giorno in arrivo. 
 Erano solo loro due e forse il fantasma di Lily ad avvolgerli, ma anche quello si dissolse. Erano un mago e un strega, protetta e tutore, mentore e alunna, Mangiamorte e emoor. Erano un uomo e la sua bambina. Forse, semplicemente, erano Emma e Severus e nella luce dell'alba, contro il rosa tenue del cielo, si stagliavano all'orizzonte come due 
ombre.


*Angolo Autrice*

Miei fidati lettori. 
Ammetto di essere un po' emozionata a pubblicare questo ultimo capitolo. 
Passata da poco la mezzanotte, è il 2 maggio, il giorno della battaglia di Hogwarts. 
è stato un caso, ma mi ha fatto tremare. Non c'è, in fondo, giorno migliore in fondo per salutare i nostri personaggi. 
Prima di mettere la parola fine a questa storia, manca ancora un LUNGO epilogo, l'ultimo atto, ma ammetto che leggere questa frase:
Forse, semplicemente, erano Emma e Severus e nella luce dell'alba, contro il rosa tenue del cielo, si stagliavano all'orizzonte come due ombre.
E sapere che l'avete appena letta anche voi, mi ha fatto tremare il cuore.Ho voluto bene a questa storia e questi personaggi per molto tempo. 
Non voglio lasciarvi altri punti/spunti, ma mi piacerebbe molto sapere cosa ne pensate, anche voi lettori normalmente silenziosi, su questo ultimo capitolo, o la prossima volta sull'EPILOGO che ci attende.

La mia piccola Emma O'Shea e tutti i personaggi creati, gli emoor, i Corvonero, James e Lilith, ma anche Draco, Harry, Ginny,George e tutti i personaggi già conosciuti e soprattutto il mio Severus, mi hanno a lungo tenuto compagnia, creando per me un luogo confortevole e sicuro in cui rintanarmi. 
C'è molto di me in tutti loro e sono felice di aver condiviso con voi questa storia. In attesa del capitolo finale (Lasciatemi una attimo per correggerlo degnamente tra un impegno e l'altro, voglio fare le cose per bene e penso di pubblicare la prossima settimana, il 12 o 13 maggio, perché sono in trasferta per quasi 7 giorni) mi riservo di dedicare questa storia a Isotta, che mi ha supportato in questo lungo viaggio, Saretta, che l'ha vista nascere tantissimi anni fa, Fabio che mi ha spinto a pubblicarla e poi i miei recensori e lettori, tutti voi, ma in particolare i più assidui e presenti, che con le loro analisi e commenti mi hanno aiutato moltissimo a migliorare e correggere ogni capitolo: GattyP, Arisky, Keira Lastrange, Thranduil Laufeyson, Megumi. 

Vi abbraccio più forte del solito. 
Ci vediamo con l'epilogo.
Sarà un ultimo viaggio insieme con questi personaggi. 

Con affetto. 
vi

Ritorna all'indice


Capitolo 68
*** EPILOGO ***



.EPILOGO.
All was well
*Capitolo molto lungo, ma consiglio di leggerlo tutto in una volta*

 

“Perché avete voluto rimanere nell'ombra, O'Shea?”
 Joanne Rowling non era più la ragazzina con le guance paffute e i capelli arruffati che si era distinta nella battaglia di Hogwarts, andando contro il suo primo istinto Serpeverde di auto conservazione e tenendo al sicuro Severus Piton. 
 La goffezza e la timida noncuranza erano sparite, lasciando spazio ad una donna sicura di sé, circondata del giusto fascino e carisma.  Portava i capelli accuratamente acconciati in una piega semplice, ma elegante, i vestiti pregiati in linea con la casa raffinata dove viveva, il viso perfettamente truccato appena illuminato da un sorriso composto. Solo gli occhi, intelligenti e brillanti, erano gli stessi che aveva avuto da ragazza.
 Joanne Rowling sedeva comodamente su una poltroncina in velluto dietro una scrivania ordinata e fissava l'emoor in volto, priva di imbarazzo, lo sguardo illuminato da una smorfia amichevole ed Emma O'Shea, seduta di fronte a lei, giocherellò con l'anello che aveva al dito e sorrise brevemente in risposta, osservando attentamente la vecchia amica. 
 Era passato parecchio tempo dall'ultima volta che si erano viste, abituate com'erano a stili di vita diversi, quasi opposti: Emma completamente immersa nel mondo magico e Joanne invece in quello Babbano. 
Né tantomeno si sentivano, o scrivevano, anche perché Joanne ormai era piuttosto famosa tra i non magici e affollare il cielo di gufi fuori della sua finestra avrebbe decisamente attirato l'attenzione.

 La Corvonero inclinò il capo da un lato, mentre afferrava la tazza di the bollente che la Rowling le porgeva.
 “Sono passati tanti di quegli anni, Joanne e ancora ti  ostini a farmi la stessa domanda. Ti arrenderai mai?”
 “Te l'ho sempre detto: ottengo quello che voglio e di certo non mi arrendo facilmente, Emma” rispose sorniona l'altra, prima di bere un sorso di the con aria assorta e l'emoor la imitò senza fretta, poi poggiò con cura la tazza sulla scrivania in mogano di fronte a lei e osservò per qualche istante il fumo che si muoveva pigro verso l'alto, prima di rialzare lo sguardo verso la vecchia amica.
 “Quindi perché mi hai invitato qui oggi? Non capita più così spesso. L'ultima volta che ci siamo viste è stato l'anno scorso al compleanno di Emily, sbaglio?” si decise infine a chiedere, senza giri di parole.
 “No, non sbagli” sorrise l'altra con fare pacato “È passato in effetti un po' di tempo, ma ora sono cambiate alcune circostanze e avevo davvero bisogno di parlarti, soprattutto perché ci sono domande a cui ancora non ho risposta: perché avete voluto rimanere nell'ombra, O'Shea?” insistette.
 “Perché ti importa tanto di questa storia?” ribatté l'emoor.

Emma non amava particolarmente rimestare il passato, soprattutto non in quelle prime giornate di maggio, che nonostante gli anni trascorsi, le ricordavano ancora Lilith e la sua assenza. 
 Era andata oltre, aveva curato le sue ferite e non ci teneva a riaprirle, ma la donna di fronte a lei sembrava più decisa che mai ad arrivare al nocciolo della questione, mentre si stringeva nelle spalle con un gesto elegante.
“So che non ami parlarne, Emma” disse spiccia, sorridendo appena, in una perfetta maschera da Serpeverde, che l'emoor, negli anni passati accanto a Draco e Severus, aveva imparato a riconoscere “soprattutto non vicino al due maggio, lo so. Ma devo conoscere la verità, perché la vera storia di ciò che è accaduto è molto più complessa, densa e affascinante di quella che voi quattro e quel terribile Severus Piton mi avete forzato a scrivere per milioni di Babbani, che hanno pianto solo per Harry Potter...”
 “Sei diventata schifosamente ricca per questo” concluse Emma per lei “Non ti è bastato?”
 E l'altra fece una risata secca e divertita, prima di bere lentamente un altro sorso di the, scuotendo appena il capo.
 “Non mi sono mai importati i soldi, O'Shea. Non sono Zabini d'altronde. A proposito, lo frequenti ancora?”
 “Certo” sorrise appena l'emoor al pensiero dell'amico, distendendosi sullo schienale “Bla è una vera serpe, lo sai meglio di me: non hai potere decisionale con lui, se vuole averti come amico lo fa sembrare una tua scelta.”
La Rowling ridacchiò tra sé di gusto, annuendo piano e per un istante sembrarono solo due vecchie amiche, anche se Emma sapeva perfettamente che era lì per qualche altro motivo e conosceva abbastanza la ragazza che Joanne era stata per leggere nei suoi lineamenti una leggera tensione.
 “Quel vanesio di Zabini” disse la Serpeverde tra i denti.
 “Perché sono qui Joanne? Cosa ti spinge a cercare ancora risposte?” chiese pigramente Emma, esortandola a continuare.
 “Lo sai anche tu.”
 “No, non lo so”
“Voglio raccontare una storia vera, O'Shea” rispose l'altra “una storia che resista al tempo, una di quelle storie che diventano leggenda”
Sembra scegliere con cura ogni parola ed Emma annuì una volta, brevemente, perché aveva già sentito molte volte quel discorso negli anni e la sua posizione e quella degli altri emoor non era mai cambiata, anche solo per coerenza: non volevano diventare degli eroi di guerra, non volevano riportare l'attenzione su di loro, o le Ombre di Hogwarts, volevano mantenere la pace.
 “Raccontare la storia di Harry non ti è bastato?” chiese quieta la Corvonero “è molto bella”
 “Ho avuto anche fin troppo successo tra i Babbani, non hai idea di quanti appassionati ci siano nel mondo, è quasi commovente. Se Voldermort gli avesse visti così pieni di amore adorante, forse non avrebbe fatto cominciare una guerra, ma ammettiamolo, tuo fratello è uno stronzo narcisista quasi peggio di Zabini”
 Fu il turno di Emma di ridere sommessamente, annuendo piano.
 “Posso riferirglielo a cena.” disse “Ginny per altro potrebbe essere piuttosto d'accordo con il tuo puto di vista”
 “La Weasley è sempre stata troppo intelligente per lui”
 L'emoor alzò appena gli occhi al cielo a quel commento, senza smettere di sorridere, era dell'idea che il fratello e la migliore amica fossero la rappresentazione dell'amore fatto a persona.
“Quindi Joanne?” chiese gentile “A parte appurare che mio fratello sia un narcisista e che ti reputi migliore di Zab, cosa vuoi ottenere? Conosci la nostra scelta, vogliamo rimanere nell'ombra, come hanno f...”
 “Sì, lo so” la interruppe secca l'altra “Ma non voglio fare un bestseller, Emma. Voglio solo scrivere come è andata. Solo per maghi. Serve che qualcuno lasci il segno di quel che è successo, anche solo perché ne rimanga ricordo, a titolo accademico. Questa storia del rimanere nell'ombra la capisco anche, ma qui non si sta parlando di onore, gloria e ribalta. Siamo più vecchie che giovani ormai, anche se odiamo ammetterlo, non abbiamo più vent'anni”

 “Ti stai accanendo molto, Jo. A chi credi che importi se nessuno sa che è accaduta? La storia la scrivono i vincitori, tra qualche anno il tuo libro per Babbani sarà la verità e...”
 “Ma non sarebbe giusto” la interruppe Joanne “Perché non è la verità. Ci sono persone che hanno perso molto, ci sono Lilith e Sarah che vanno ricordate, ci sono tutti i discendenti delle Ombre che hanno vissuto senza magia per colpa di una promessa non fatta da loro. Si tratta solo di raccontare una storia, Emma”
 L'emoor sospirò con vaga stanchezza, pensando alla quantità di consegne che la aspettavano sulla sua scrivania ad Hogwarts, che con ogni probabilità Joanne non le avrebbe permesso di finire.  
 L'amica era diventata ancora più brava e subdola a convincere le persone con il passare degli anni, essere il punto di riferimento di un migliaio di ragazzini doveva aver aiutato, ma l'emoor si chiese se non giocasse a favore della Serpeverde anche la sua stanchezza. 
 Alzò lo sguardo verso lo specchio contro la parete e vi si ritrovò perfettamente riflessa, tanto che per un istante pensò che Joanne l'avesse posizionato accuratamente.

Il passare del tempo era stato clemente con Emma Piton O'Shea, disegnando solo poche rughe intorno agli occhi verdi con ombre, identici a quelli di Alicia Serpeverde e lasciandola sottile e minuta, nonostante i tre figli. I capelli erano ancora lunghi come quando era ragazza, stretti in una treccia, ma ormai invasi da ciocche bianche che si mischiavano nel biondo ramato. 
 Era una donna vissuta e ancora bella, come le ricordava Draco ogni mattina, vestita di morbidi abiti e con quella serietà nello sguardo che non l'aveva mai abbandonata. Gli emoor, la guerra, la sofferenza, tutto quello che avevano passato insieme sembrava appartenere a un ricordo lontano. 
Vivido, brillante nella sua memoria, ma tanto assurdo che sembrava irreale, lontano da quella donna più anziana che giovane che ricambiava il suo sguardo sulla superficie lucida dello specchio.
 “Ho già convinto David e Emily in realtà, la tua è una cortesia” disse a sorpresa Joanne, finendo il suo the e subito rabboccando la tazza, evitando lo sguardo dell'emoor ed Emma alzò di scatto il capo, osservandola confusamente.
 “Convinto David ed Emily? Ma... quindi...”
 “È esatto” concluse di nuovo per lei Joanne “Loro due sono d'accordo. Ci è voluto un po' ma abbiamo trovato una linea comune. Niente Best Seller, solo pura accademia. Mancherebbe anche Hope all'appello, ma è scomparso da anni e dubito voglia dare il suo parere, quindi mi resti solo tu.”
 Emma serrò le labbra con asprezza, maledicendo silenziosamente la coppia di amici e per un istante rivide davanti a sé il profilo sottile di Artemius e ne sentì l'acuta mancanza, mentre il sangue scorreva più caldo e veloce nelle sue vene come ogni volta che pensava a lui. 
ArtemiusChissà dov'era ora? Respirò lentamente, riprendendo il controllo e alzandosi dalla sedia leggermente indispettita.
 “Se hai già pensato a tutto per me va bene, Joanne. Scrivi quel che vuoi. Sei più che brava a farlo. Io ora devo andare.”
 “Non così in fretta O'Shea” scosse teatralmente il capo la donna “Ti ho invitato per un the e non hai nemmeno finito il tuo. Ho bisogno che mi racconti le parti in ombra, quelle che non conosco. Tuo padre è un acido scorbutico con me, Draco si rifiuta di parlare di te senza il tuo consenso, io so la storia a grandi linee e per quel che vedevo, o mi raccontava Emily, ma non è molto. Voglio i dettagli. Soprattutto del dopo.” disse pacata, senza nemmeno alzare lo sguardo dal bloc-notes che aveva davanti, mentre afferrava una biro Babbana e sorrideva soddisfatta.
Emma si fermò, facendo un altro respiro pesante, combattuta.
David ed Emily gliela avrebbero fatta pagare.
 
Non puoi chiedere agli altri due visto che hanno acconsentito per primi?” chiese aspra, ma Joanne scosse la testa e in risposta fece svolazzare davanti a lei un pezzetto di pergamena , dove figurava la scrittura appuntita di Emily.
 L'emoor lo afferrò controvoglia, leggendolo velocemente.

Ciao Ems!
Ci ha presi per stanchezza, perdonaci non è così male però, no?
Che qualcuno ricordi. Scusa l'imboscata.
Ci vediamo venerdì. Un bacio. Emy

“Eri tu l'ago della bilancia O'Shea” disse tranquilla la Serpeverde, lanciandole infine un'occhiata scintillante, mentre si metteva comoda, accavallando le gambe, disposta all'ascolto “Loro mi han detto quel che han potuto, manca la tua versione”
 “Cosa vuoi sapere?” si arrese Emma, ficcandosi la pergamena di Emily in tasca, mentre tornava a sedersi sulla comoda poltroncina di velluto che aveva abbandonato, decisa a chiudere il prima possibile la conversazione.
Joanne sorrise famelica “Ogni cosa” rispose.

*

La guerra era finita e non restava che ricominciare.
 Simile a una ferita aperta, grondante di sangue, la scuola appariva come un rudere traballante nella luce tenue del mattino, sotto gli sguardi stanchi, ma ancora pieni di ottimismo dei combattenti. 
 Bisognava rimettere insieme i pezzi, non solo aggiustare quei muri tanto amati e quel parco pieno di voragini e silenzio, ma anche i membri della Resistenza che erano una massa di urlante apatia e ferite troppo profonde.
Tutti, in fondo, avevano visto la morte in faccia, o riflessa negli occhi di coloro che amavano e ne era nata una consapevolezza matura, fragile e dolorosa che aveva reso i ragazzi adulti e gli adulti vecchi stanchi. 
 Curare i cuori infranti e i corpi maciullati, farsi forza l'un l'altro, aggiustare le crepe dell'anima e della muratura, seppellire i morti, prepararsi a vivere, erano i primi difficili passi da compiere, ma nessuno sembrava essere abbastanza forte da fare il primo, o guidare gli altri. Nemmeno gli emoor, nemmeno Harry Potter.
 Lilith. Remus. Fred. Dora. Sarah. I nomi dei morti sembravano troppi persino per essere pronunciati. Anime innocenti, mandate al macello per un mondo migliore. Senza contare tutti i Mangiamorte e coloro che non avevano qualcuno ad amarli nemmeno per quell'ultimo saluto. Anime perse, combattenti che si ritrovavano dal lato sbagliato. Ci furono funerali, funzioni, addii.
Il primo fu quello di Fred.

. . .

Emma si voltò lentamente verso Ginny, con apprensione. 
 Ancora non lo sapeva, di quella giornata non avrebbe serbato altri ricordi se non quello delle sue stesse lacrime, ma in quel momento tutta la sua attenzione era rivolta all'amica di sempre, quella persona con cui era cresciuta giorno dopo giorno, affrontando le peggiori situazioni con coraggio e ostinazione e che ora invece sembrava sul punto di dissolversi per un respiro troppo profondo.
 “Tutto ok?” chiese alla rossa e lei le lanciò uno sguardo vuoto e un sorriso tremulo, per una volta senza la solita maschera di forza, ma sembrando solo fragile e consumata, avvolta da un abito nero troppo largo per il suo corpo reso ferocemente affamato dal dolore. 
 Emma si avvicinò a lei senza aggiungere nulla, afferrandole la mano e rimasero in silenzio, mentre attraversavano il prato fuori dalla Tana, fino al luogo scelto da George per Fred: un campo con un piccolo rudere nel centro, invaso dall'erica. 
 “Non riesco a crederci” mormorò la ragazza con voce sottile “Non riesco semplicemente a crederci che Fred sia morto.
“Nemmeno io” rispose la Corvonero, ragionando su quanto fosse tagliente quell'affermazione, su quanto fosse sbagliato il concetto di morte accanto al nome di Fred Weasley e accorgendosi solo vagamente della folla di persone presenti.
 C'erano volti noti e meno noti e Molly Weasley che passava in alternanza dal fianco del marito al stritolare il braccio di Severus, ancora fragile e seduto in disparte, chiedendo confusamente grazie e scusa.
 Emma, che aveva sperato di essere di supporto e conforto per i Weasley, pianse invece disperatamente insieme a loro, senza vergogna. La mano stretta in quella tremante di Ginny e lo sguardo rivolto all'angoscia sul volto di George, per la prima volta solo nell'affrontare qualcosa. 
 Singhiozzò liberamente al fianco dell'amica, senza avere la forza di muoversi, il pensiero rivolto a Lilith e all'amore che lei e il gemello non avevano potuto vivere e lasciò che la sofferenza la attraversasse impietosa, senza arginarla e fu un qualcosa di talmente spossante e sentito, che ne rimase completamente svuotata e dopo quel giorno non riuscì a versare a lungo nemmeno una lacrima, nemmeno nel salutare Remus, né Dora, né Sarah.
 Neppure per Lilith.

. . .

L'emoor rimase stoica, ferma e immobile a osservare quelle persone con cui aveva riso e scherzato diventare terra. Si ritrovò fredda, distaccata, troppo devastata per avvertire l'emozione che l'attraversava, tanto da sentirsi gelosa della visibile disperazione di Carmen, che urlò il nome di Sarah strappandosi i lunghi capelli, fino a quando Dan e Luke, impietositi, non la portarono via.
 Avrebbe voluto anche Emma esternare quella rabbia e quella sofferenza che la bruciavano dentro, ma non ci riusciva. Gli occhi le rimasero fastidiosamente aridi, il respiro lento, lo sguardo vuoto, mentre Remus, il suo dolce padrino che aveva fatto così tanto per lei nel suo silenzio, diveniva terra e Lilith la sua amica, con cui aveva condiviso ogni cosa, diventava nulla.
L'emoor si sentì insensibile. Spezzata.

 “Dici che sono rotta?” chiese in un soffio, gli occhi fissi sulla lapide bianca, dove dalla sua foto Lilith, le sorrideva come sempre, gli occhi scuri brillanti, il caschetto biondo scomposto.
 “Non sei rotta” le rispose James dolcemente ed Emma si sentì gelosa persino del tono spezzato che aveva il ragazzo.
 “E allora perché non piango?” chiese in un sussurro, desiderando di far capire al mondo quanto si sentisse devastata da quel vuoto che aveva dentro di sé e il ragazzo sospirò, avvicinandosi a lei di un altro passo, non disse nulla e avvolse solo l'amica in un abbraccio muto e fraterno.

L'immagine di Lilith, fiera e potente, durante la battaglia, balenò davanti agli occhi di Emma, quasi dolorosa, insieme a tutti i ricordi delle giornate passate insieme ad Hogwarts, gli abbracci, la complicità, le ore di studio e chiacchiere mischiate insieme e l'emoor non riusciva ad accettare che non avrebbe più avuto accanto l'amica con la sua risata contagiosa, il suo malumore altalenante, la sua zazzera di capelli chiari sempre scombinati e lo sguardo furbo e attento. Non riusciva nemmeno ad andare a fare le condoglianze, non riusciva a muoversi.
 Lilith era morta. Non avrebbe più riso, sbuffato, o baciato Fred. Non era più.
 E uno accanto all'altra, uniti da molto, ma soprattutto dalla sofferenza, James ed Emma rimasero a fissare il volto dell'amica chiuso in una cornice, per interi minuti, mentre lentamente i Corvonero sfilavano via, seguiti dagli emoor, i professori, il magico trio e persino i pochi Serpeverde all'appello.
 Draco mancava, ancora rinchiuso al Manor ed Emma lo avrebbe voluto lì.
 “
È andata” sussurrò James.
 “È andata” mormorò Emma contro la sua spalla ed erano 
soli in un certo senso, i due lati di un triangolo oramai inesistente e guardandosi negli occhi, stringendosi e poi cadendo a terra: lui senza riuscire a trattenere le lacrime ed Emma arida e devastata, sentirono per la prima volta, inesorabile, il peso dei sopravvissuti: Lilith era morta.

. . .

Emma trovò Severus in solitudine, seduto di fronte alla lapide di Remus Lupin.
Sembrava un vecchio corvo, così solo e rannicchiato nella luce morente del sole e l'emoor gli si avvicinò lentamente e poggiò la mano sulla sua spalla, sentendolo trasalire bruscamente sotto il suo tocco.
 
Emma” sussurrò lui, vagamente sorpreso.
 
Severus” rispose lei dolcemente, gli occhi che le si colmavano di tenerezza “Ti sei smaterializzato, di nuovo. Non dovresti”
L'uomo sbuffò con sdegno, riportando lo sguardo sulla lapide, senza rispondere.
Severus” lo richiamò di nuovo l'emoor “Papà.” insistette, vedendo che lui si ostinava al silenzio.
 
Che c'è?” rispose Piton, arrendendosi davanti la dolcezza di quell'appellativo.
 Emma fece un profondo respiro e afferrò lui la mano, rimanendo per un istante in silenzio, mentre insieme a lui osservava la lapide di Lupin, il suo padrino, con un dolore sordo che le affondava nello stomaco.
 
Se ti continui a smaterializzare di nascosto ti si riapriranno di nuovo le ferite.” disse infine pragmatica “Con tutta la fatica che io e Poppy abbiamo fatto per rimetterti insieme mi sembra poco carino, Sev.”
 
Chips esagera” ribatté secco l'altro.
 
Devi solo stare tranquillo qualche settimana, è così complicato?”
“È un mese che mi tenete chiuso lì, mentre tutti voi...”
 
Hai già fatto molto e ora devi...”
 
Non trattarmi come un vecchio” ribatté secco Piton, strappando un mezzo sorriso alla ragazza.
 Un vento leggero scosse la chioma di lei, mettendo in luce le sue venature ramate, Emma prese un profondo respiro, godendo di quella strana pace.
 
Non voglio semplicemente che tu ti faccia male solo perché vuoi dimostrare di essere guarito” disse piano, con dolcezza “Chips forse esagera, ma sta facendo molto per te. Avevi squarci in tutto il corpo...”
 
Ho uno specchio. Grazie” rispose lui aspro.
 E tornarono al silenzio.
L'uomo rimase accigliato e la ragazza invece con un accenno di sorriso davanti a quelle bizze. Severus Piton non era mai stato avvezzo al mostrare debolezza, non aveva mai avuto bisogno e si sentiva a disagio in quella sua nuova posizione, l'emoor lo capiva, ma non poteva lasciare che si ferisse da solo. Perché ormai Piton non era più solo e questo era un sollievo, ma anche una responsabilità.
 Il sole era quasi tramontato alle loro spalle, dando inizio a una fresca sera di estiva, si sentiva uno strano cicaleggio e una calma irreale.
 
Puoi farlo per me?” chiese l'emoor e lui si  accigliò appena 
 “Cosa?” domandò controvoglia.
 
Startene buono in infermeria fino a quando quelle ferite non saranno stabili. Per favore. Sei stato torturato e attaccato da un serpente che ti stava per uccidere davanti ai miei occhi. Non ti voglio perdere.”
 Quell'ultima frase sembrò smuovere infine il professore e un guizzo brioso passò nel suo sguardo scuro, prima che annuisse brevemente in risposta.
 
D'accordo. Starò buono”
 
Grazie Sev” mormorò l'emoor, appoggiandosi alla sua spalla, sotto lo sguardo divertito di Remus Lupin, che li osservava dalla sua foto sulla lapide.

Non gli ho mai chiesto scusa” disse lui con tono basso e tranquillo.
A Remus?” chiese lei “Per quello torni sempre qui ogni volta che fuggi?”
Severus annuì brevemente “Io e Lily abbiamo trovato il modo di chiederci scusa. In un certo senso persino io e Potter, visto che son stato dietro al figlio per mezza vita. Io e Black non dovevamo scusarci di niente, ma Remus era diverso e non mi sono mai scusato con lui”.
 Emma si fece sfuggire un sorriso e strinse appena più forte la mano del padre.
 
Remus lo sapeva”
 
Cosa?” chiese l'uomo.
 
Che eri un burbero dal cuore d'oro”
 Piton assottigliò lo sguardo e l'emoor rise.
 
Andiamo a casa, Sev” disse tranquillamente “Andiamo a casa”

*

Fu qualcosa di enorme da superare.” mormorò l'emoor
 “C'ero anche io O'Shea” disse Joanne con gli occhi lucidi “chi ti aiutò? I tuoi amici ti erano vicino, no?”
 “Tutti ci aiutammo” ribatté l'altra bevendo un altro sorso di the “ma era difficile e io mi sentivo come distaccata, avevo troppi pensieri. Severus era ancora sotto osservazione a causa delle sue ferite, la scuola andava sistemata, così tanti di noi erano spezzati...”
 “E Draco aspettava processo, no?”
 L'emoor annuì e Joanne aggrottò la fronte come in uno sforzo di ricordare anche i più piccoli dettagli. 
 “E Bellatrix?”
 “Cosa Bellatrix?” domandò sorpresa l'altra.
 “Ci fu il funerale. No?” 
 La Corvonero serrò le labbra con fastidio e annuì. 
 “Non mi piace ricordarlo però” disse secca e Joanne la guardò con sincera confusione. 
 “Perché no? Pensavo fosse stato un grande momento di pace ristabilita, voglio dire: la Mangiamorte per eccellenza e al suo funerale c'erano un sacco di tuoi amici e persone dell'Ordine, tra cui Hermione Granger, se ne parlò per giorni.”
 Emma annuì controvoglia con un sospiro spezzato. 
 “Vennero a rendere omaggio alle sorelle Black, non per Bellatrix”
 L'altra scrollò le spalle, minimizzando con non chalance.
 “Che fosse solo per Andromeda e Narcissa è un altro conto, la sepoltura era di Bellatrix e fu comunque un grande momento, no? L'eroina di guerra Granger che si presenta al funerale della donna che l'ha torturata, un gesto impressionante. Perché non vuoi parlarne? Mi sembra qualcosa che i maghi dovrebbero ricordare: il perdono dei sopravvissuti”
“Non è il funerale il problema,  Joanne” sbottò l'emoor “è il dopo.”
 La donna corrugò di nuovo per un istante la fronte, ma poi sgranò leggermente gli occhi in un gesto di comprensione.
 “Oh... McGregor, giusto?”

*

Ti devo parlare.”
 Emma lanciò solo una veloce occhiata a James, prendendo coscienza della richiesta fatta. Camminavano nel prato curato del Manor verso l'ingresso, osservando i pavoni bianchi che si muovevano pigri.
 Poco più avanti Narcissa Malfoy e Andromeda Tonks passeggiavano l'una accanto all'altra, con sospetto, ma rinnovata empatia, seguendo il curioso gruppo di ragazzi capitanato da Draco che deciso più che mai a dimostrare la sua voglia di pace, scortava i suoi ospiti verso il Maniero per un improbabile the caldo. 
 C'erano Sean, Dan e Luke, George, Lee, Luna e la testa arruffata di Hermione che svettava tra i presenti. Emma si perse a guardare con ammirazione l'amica, che aveva avuto il coraggio di presentarsi, proprio nella casa dove era stata torturata, solo per sostenere Andromeda e Narcissa. 
 Coraggiosa e testarda come il migliore dei Grifondoro, aveva osato dove nemmeno Harry, Ron ed Ginny erano arrivati, mettendo da parte il rancore. 
 Stoica, ferma, superiore. Era il simbolo di quella nuova rinascita.
 
Emma” la richiamò di nuovo James, in un sussurro e l'emoor tornò a voltarsi verso di lui, socchiudendo gli occhi a causa del sole, per poter osservare il profilo chiaro e lentigginoso dell'amico, con il suo sguardo azzurro perso nell'orizzonte. 
 Si sentiva così stanca di tutti quei funerali e quegli addii, e non le piaceva che il tono di James, solitamente fonte di tranquillità, la mettesse in allarme.
 “Cosa c'è?” domandò e l'altro sospirò piano.
 “Parto, Emma” disse e ci fu un lungo momento di silenzio dopo le sue parole.  
 “Quando torni?” chiese la ragazza, forse già temendo la risposta.
 “Non credo tornerò.”

 Si fermarono poco distanti dall'albero dove tanto tempo prima Emma e Draco si erano tenuti per mano per la prima volta, aspettando il ritorno di Severus. 
 Si guardarono negli occhi a lungo senza proferire parola, fino a quando le lacrime, che la ragazza aveva creduto di aver esaurito, non cominciarono a scorrerle copiose sulle guance.
 “Non puoi lasciarmi sola, Jam. Perché lo fai?” esalò e lui scosse subito la testa, lo sguardo morbido e gentile, mentre con la punta delle dita cercava di fermare inutilmente le lacrime di lei.
 “Non sei sola, o non andrei e io non posso più semplicemente stare qui, Ems... nulla di ciò che eravamo esiste più, persino tu sei un'altra persona. Non sei più la piccola emoor orfana che cercavo di confortare, sei un'eroina di guerra con delle nuove origini e una storia complicata”
 “Ma sono sempre io, Jam” insistette lei in un sussurro, quasi pregandolo e il ragazzo si avvicinò di un passo, stringendola appena a sé, delicatamente, come se temesse di spezzarla, ma allo stesso tempo non volesse lasciarla andare.
 
Sono sempre io, Jam” sussurrò di nuovo l'emoor, pur sapendo che non era vero.
 C'era qualcosa di indefinibile ad unirli, a unire tutti loro: la guerra, le responsabilità, il passato e quella nuova speranza che li animava, ma nessuno di loro era più la stessa persona che aveva cominciato quella battaglia e sul volto del ragazzo si aprì un sorriso amaro, che sapeva di comprensione e malinconia.
 “Sai cosa intendo” sussurrò delicatamente, continuando a stringerla tra le braccia “Io ti voglio bene davvero, Emma. Insieme ne abbiamo passate così tante che onestamente non so come farò senza di te. Mi mancherai, ma qui mi sento diverso. Lilith è morta e tutto quello che c'era è cambiato. Non posso rimanere solo per la nostra amicizia. Forse impazzirei, forse finiremmo per litigare, o con l'odiarci e tu sei una cosa preziosa che non voglio perdere, o rovinare. Non ho la forza di ritornare a Hogwarts l'anno prossimo. Non penso di farcela”
 Provò a sorridere, senza davvero riuscirci, mentre Emma affondava nel suo petto, con lacrime che le rigavano liberamente le guance. Era come se James le avesse strappato il cuore, eppure non riusciva a sentire altro che affetto per lui.
L'idea di superare l'assenza di Lilith senza l'amico al suo fianco le sembrava un destino troppo crudele, eppure riusciva a capire il suo stato d'animo, le sue motivazioni: avevano senso. E questo le faceva ancora più male, perché rendeva il tutto molto più reale e definitivo.
 “Che cosa farai?” sussurrò arresa, con un filo di voce.
 “Viaggerò, cercherò avventure per non pensare” rispose lui ed era vago. Apposta.
 Emma capì improvvisamente che chiedere di più, stringerlo, obbligarlo a restare tra le lacrime, non sarebbe servito a nulla. Ne sarebbero usciti solo feriti più a fondo. James voleva andare e lei doveva essere generosa abbastanza da permettere lui di trovare la sua strada, senza alcun rimpianto. Forse, in fondo, aveva ragione: non poteva stare più lì.

Tra loro non c'era ma stato il bisogno di troppe parole o spiegazioni. 
 James era sempre stata la sua ancora, l'amico che aveva saputo tutto e l'aveva accettato, il punto di vista saggio e pacato, la persona che la capiva con un solo sguardo. Non c'era mai stato un solo momento in cui non l'avesse supportata, o non le avesse dato piena fiducia e al solo pensarci l'emoor pianse di nuovo con forti singhiozzi. 
Si abbracciarono stretti. 
 Ultimi lembi di ricordi maciullati di un passato sempre più fragile ed entrambi sentirono la presenza di Lilith gravare su di loro. Nel parco del Manor, in silenzio, sciolsero un'ultima volta la loro stretta e si lasciarono con la promessa di scriversi, impossessandosi dell'immagine dell'altro per non dimenticarsi. 
 Emma allungò la mano a scompigliare i capelli scuri di James come faceva sempre e lui sorrise in risposta e la strinse e le baciò tutto il volto.
 
Quante volte si erano abbracciati?
 Quante cose si erano raccontati in quegli anni?
 Quante volte aveva scompigliato lui i capelli?
 “Ti voglio bene Jam”
 
Anche io, Ems. Anche io”

*

Come ne sei uscita?” chiese Joanne e c'era nel suo tono l'ombra di un dispiacere sincero, che fece rilassare Emma leggermente.
 James le mancava terribilmente ogni giorno.
Più tardi fu Draco a raccogliere le mie lacrime e poi Severus ad asciugarle, come tante volte aveva già fatto. Non c'era troppo tempo per il dolore e il dispiacere, bisognava andare avanti”
 
Joanne annuì distrattamente, prese un appunto sul suo foglio e poi alzò lo sguardo contrito verso l'emoor.
 “
Ma io mi ricordo di voi due” disse “Tu e James. Eravate sempre insieme, non ti sei sentita tradita?”
 
“Anche Lilith era sempre insieme a noi, ma è morta e ci ha lasciati soli. Ci sono certe cose semplicemente che non si possono controllare. Io e James ci volevamo troppo bene per vedere la nostra amicizia sgretolarsi nel dolore che stavamo provando.”
 “L'hai più rivisto?” chiese Joanne e l
e labbra dell'emoor tremarono appena a quella domanda e per un momento si chiese, incerta, se non dovesse tenere quell'informazione per lei.
 Se non dovesse nascondere tutte quelle lettere che erano arrivate negli anni, fiumi di parole che custodiva gelosamente e che dimostravano come lei e James non si fossero mai lasciati andare, come non avessero mai smesso di cercarsi tra scritte, appunti, lettere.
 Ogni volta che il gufo fulvo del ragazzo picchiettava sulla finestra Draco alzava gli occhi al cielo dicendo 
'Di nuovo un maledetto gufo di McGregor', ma poi lasciava alla moglie tutto il tempo per leggere le parole dell'amico e rispondere lui con lunghi racconti.
 “
Emma” la richiamò Joanne “Ti ho chiesto se l'hai più rivisto”
Sì” rispose la Corvonero e fece un leggero sospiro che la fece apparire stanca “Solo una volta, anni e anni dopo, per caso. Eravamo in vacanze con le rispettive famiglie, ci vedemmo da lontano e ci siamo riconosciuti, è stato un momento molto bello.”
James aveva sorriso. Emma aveva sorriso. Avevano corso come se fossero tornati ragazzini. Si erano abbracciati, solo un po', lentiggini contro lentiggini.

Emma. Sei davvero tu?”
James. Sei davvero tu?”

 Joanne sbatté le ciglia stupita, nascondendo l'emozione. 
 “E non avete mai ripreso a frequentarvi, dopo esservi ritrovati?”
 
Emma scosse il capo “No” rispose tranquilla “Una parte di noi forse non lo trovava giusto, probabilmente la distanza dava il giusto equilibrio, tenendo a bada il dolore, ma siamo rimasti in contatto. Il fatto è che quando penso a lui immagino ancora il ragazzino che era e non l'uomo che è diventato. Non so se posso essere amica del James adulto come lo eravamo da ragazzi. È stato giusto così. Mi manca a volte, ma come dicevo, ci sono cose che non si possono controllare e che prendono la loro strada.”
Si è mai sposato?” indagò l'altra ,riprendendo appunti.
 
Sì” disse Emma con un sorriso “Viola Prewin”
 
“La ragazzina che hai salvato dalle Cruciatus di Richard Done?” domandò la Rowling con stupore.
Lei” annuì l'emoor “Hanno due gemelle: Emma e Lilith”
 
Ovviamente” annuì Joanne.
 
Ovviamente” rispose l'emoor.

Ci fu un silenzio piuttosto denso, mentre Joanne ricontrollava meticolosamente i suoi appunti ed Emma si lasciava andare ai ricordi, poi la Serpeverde tossicchiò e si alzò dalla sedia.
 
Faccio dell'altro The. Ti va di continuare a raccontare alla biro intanto?” chiese, mentre la penna Babbana che aveva usato si metteva ritta sul foglio senza alcun aiuto, pronta a scrivere.
Di cosa vuoi che parli?” chiese l'emoor grata, capendo che l'amica stava usando tutta la sua sensibilità e la stava lasciando un suo spazio, con molta delicatezza.
 
Di quello che ti senti” rispose infatti l'altra, uscendo dalla stanza “Del dopo guerra, della ricostruzione, dei processi, quel che vuoi.”

*

Gli accampamenti intorno ad Hogwarts, creati perché i volontari alla ricostruzione potessero rimanere lì giorno e notte, erano sempre impressionanti da vedere: un'accozzaglia di tende colorate, persone, rumori e speranza. 
 Ad Emma piaceva sempre attraversarli a quell'ora del tramonto, per poi dirigersi verso il lago nero, annusando nell'aria fresca della sera quel sentore di libertà e pace. Camminava piano, con Severus aggrappato al suo braccio, senza fretta.  
 L'uomo stava uscendo da una convalescenza dolorosa e difficile, tornando lentamente ad essere il solito tagliente Severus Piton di sempre. 
Emma faticava insieme a Madama Chips affinché riposasse il giusto per riprendersi completamente, ma per mediare alla cocciutaggine del padre, aveva dovuto concedere lui almeno quelle passeggiate serali.
Ollivander mi ha detto che inizierai da lui dopo il corso del Ministero” disse l'uomo ed Emma sorrise, cercando di trattenere l'entusiasmo per quella notizia.
 “Te lo avrei detto a cena.” rispose “Era una sorpresa”
 
La prigionia al Manor l'ha reso particolarmente entusiasta nell'interagire con le persone, lo ha raccontato a tutti, temo. Ad ogni modo: sono orgoglioso di te.”
 
L'emoor arrossì leggermente, ancora non abituata a quel Severus così privo di filtri e maschere, seppur sempre secco e burbero.
 
Grazie Sev.”
 
Sembra stravedere per te” disse acido lui.
 
Chi?” domandò l'emoor.
 
Ollivander”
 “Mi è affezionato, sì.” e Severus sbuffò dal naso ed Emma sorrise.
Le
i e l'anziano avevano parlato a lungo di nuclei e bacchette durante la ricostruzione della scuola, tra incantesimi, lavorazioni e notti insonni. 
 La ragazza aveva trovato nel vecchio mago una mente sopraffina e lucida a cui si accompagnava volentieri e l'anziano vedeva nella curiosità di lei e nella sua meticolosa preparazione una speranza per il futuro. Emma aveva intuito come Severus fosse un po' geloso del suo nuovo rapporto con Ollivander, forse timoroso di perdere la sua figura di mentore, ma la cosa la faceva sorridere.
Diventerai davvero un'artigiana di bacchette alla fine” mormorò il professore.
 
Quello era il piano.” sussurrò l'emoor, lanciando, lui un'occhiata “E se dobbiamo dar retta alle voci di corridoio, pare che Hogwarts avrà di nuovo il suo temibile professore di Pozioni. O sbaglio?”
“Non sbagli. Così pare” rispose l'altro con un vago borbottio ed Emma rise “Non che Minerva mi abbia lasciato molto scampo.”
 
“Ha ragione: sei un ottimo professore, non poteva certo lasciarti scappare, ma come mai non la cattedra di Difesa?”
 
Severus si strinse appena nelle spalle, lo sguardo assorto.
 “Silente cercò di tenermici lontano, perché nessun professore durava mai più di un anno. In qualche modo voglio seguire un'ultima volta un suo consiglio.”
 
Saggio”
Folle, ma saggio certo.”
 
“Ma non ti sembra di rinunciare ancora a qualcosa che ti piace solo in onore di un vecchio amico che non ti può nemmeno più giudicare?” domandò lei.
 
Non so se mi importano più le Arti Oscure, Emma.” rispose mesto Piton “Pozioni mi piace. Sono state a lungo un mio rifugio e penso comunque che siano un'ottima scelta. Lumacorno vuole una pausa e io ho un lavoro, sono vivo, ho te. Ho tutto quello che potessi desiderare. Chiedere di più sarebbe arrogante.”
 
L'emoor sorrise “Quasi come Potter”
 
Quasi come Potter.”

*

Emma” gridò Harry, avvicinandosi di corsa e l'emoor, seduta con Ginny sugli spalti appena ricostruiti del campo da Quidditich, si voltò di scatto verso di lui.
 
Che succede?” chiese subito con voce rotta, ma prima di riuscire a provare angoscia, si rese conto che Harry sorrideva felice.
Narcissa Malfoy” urlò il ragazzo “è assolta”
 
L'emoor scattò in piedi, piena di adrenalina, un brivido lungo la schiena.
 “E Draco? Lucius?” domandò svelta Ginny, anticipandola, ma il moro scosse la testa, finalmente fermando la sua corsa, il fiato corto.
 “Non lo sappiamo ancora. Draco ha un processo tra un mese e gli è concesso stare al Manor nel frattempo, potrà portare quanti testimoni vorrà, Severus ha fatto pesare la sua parola. Lucius dovrà aspettare invece e per ora dovrà stare ad Azkaban, ma li garantiscono processo entro l'anno e avrà diritto a un testimone”
 
Posso andare da loro?” chiese con foga Emma, serrando le labbra ed Harry sorrise, porgendole con aria trionfante una pergamena stropicciata.
 “Sono qui per questo in effetti. Ho ottenuto un permesso da Shackelbolt in persona, puoi andare a far visita loro quando desideri e ti è concesso un colloquio con Lucius, ma questo solo se lo vorrai”
 
Un peso si smosse dal petto della Corvonero e improvvisamente le sembrò di tornare a respirare, mentre Ginny afferrava la sua mano e le sorrideva.. Non si era accorta di aver trattenuto così a lungo il respiro, ma l'aria ora sibilava quasi dolorosamente nei suoi polmoni. 
 Non si era data pace fin da dopo la battaglia. Si era affaticata a cercare di dare il massimo lavorando alla ricostruzione della scuola, forse con troppa enfasi. Occupando la mente, evitando di fermarsi, spaziando tra ore di magia lenitiva, assistenza a Madama Chips, impegni ufficiali con il Ministero dove doveva presenziare insieme agli altri emoor, la guarigione di Severus da seguire, amici da confortare e Occlumanzia per non perdere la ragione. Aveva cercato disperatamente di non pensare troppo a Draco Malfoy, escluse le ore passate china sui trattati di tribunali magici in cui aveva preso, con l'aiuto di Hermione, tutte le informazioni utili a Draco e i genitori.
Emma credeva fermamente che, dei tre Malfoy, Lucius fosse l'unico a dover fare spese delle sue scelte, eppure aveva fornito anche per lui elementi utili alla sua difesa, perché la pena fosse giusta. E si era affannata per liberare di ogni accusa Narcissa e il ragazzo che amava. Non aveva più voglia di guerre.
 
Posso andare da loro anche ora?” sussurrò stupita: non vedeva Draco dal funerale di Bellatrix, tre settimane prima e le mancava terribilmente.
 “Certo Emma, vai.” rispose Harry, afferrandola per le spalle.
 Avevano bisogno l'uno dell'altra Emma e Draco, avevano bisogno di sostenersi e capirsi, di colmare il vuoto che c'era tra loro. Gli mancava così tanto.

 L'emooor guardò Potter negli occhi, emozionata, si voltò per osservare anche il volto raggiante di Ginny che le sorrideva. 
 “Merlino Emma, che cosa stai aspettando?” la esortò la rossa “Corri dal tuo furetto e dagli un pugno da parte mia”
 Emma annuì tra le lacrime e corse via, attraversando il parco del castello tanto velocemente che le sembrò un battito di ciglia e appena fu oltre il confine si smaterializzò in un istante con un forte 'Crack', tenendo bene a mente la destinazione, come le avevano insegnato in quei giorni.

Il cancello del Manor era aperto. 
Non serviva più il marchio di Severus per attraversare il metallo come fosse fumo e accedere al giardino e l'emoor corse liberamente verso la il maniero, senza fiato nei polmoni. 
 La prima volta che aveva visto quel posto ne era stata intimorita e successivamente vi aveva vissuto l'orrore e la paura, eppure, mentre arrancava sulla via principale, ignorando gli alberi in fiore, i pavoni bianchi e il profilo lontano della serra, Emma non riusciva a far altro che considerarlo come una nuova casa, solo per il fatto che Draco e Narcissa erano lì ad aspettarla. 
 S
i ritrovò a ridere felice quando da lontano vide la figura sottile della donna bionda, che avanzava verso di lei, dimentica della sua solita eleganza, le braccia spalancate e le corse incontro, con tante parole da dire e il cuore che batteva feroce, come se stesse per prendere il volo dal suo petto. 
Si strinse a quella madre coraggiosa e ferma, come fosse la sua, inspirando il suo profumo di fiori e vaniglia, così buono e dolce e il suo cuore perse invece un colpo quando alle spalle di lei vide Draco.
 Sottile, pallido e bellissimo. Vestito di scuro, i lineamenti affilati e i capelli pettinati indietro come la prima volta che lo aveva visto, ad eccezione di qualche ciocca che sfuggiva sulla fronte, nascondendo quello sguardo grigio, che sapeva di metallo e tempesta, se non fosse stato per le minuscole pagliuzze azzurre, visibili solo quando erano vicini: Draco.
 Pioggia in arrivo, menta e caffé.
 Il suo Draco.

. . .

Emma era stanchissima.
Aveva lavorato tutto il giorno, insieme agli altri emoor alla ricostruzione delle serre, cercando di salvare tutte le piante possibili sotto la direzione di Neville.
 Erano coperti di terra e stanchezza da capo a piedi. David ed Emily camminavano per mano qualche passo avanti a lei, sussurrando piano tra loro come se non esistesse niente se non l'altro al mondo, mentre Artemius scuoteva la testa nel guardarli, con leggero disappunto, strascicando i piedi accanto ad Emma, evidentemente annoiato. 
 Un nugolo di abitanti di Hogsmeade, venuti ad aiutare a ristabilire la torre di Corvonero, si accorsero della loro presenza e salutarono animatamente, prodigandosi di inchini. Emma fece un cenno in risposta, sorridendo educatamente insieme a David, ma Emily incassò le spalle, proteggendosi nel braccio del ragazzo e Artemius sbuffò sonoramente, gli occhi vacui al cielo.
 
Cosa ti turba?” chiese l'emoor divertita, lanciando uno sguardo al profilo pallido dell'amico “Fa parte del gioco Mius, diamo speranza, sei fortunato a non essere Harry, o ti troveresti anche i lecchini del Ministero alle calcagna. Le persone hanno voglia di sapere che noi siamo qui per loro, devi solo fare un cenno ed essere gentile, tutto qui.”
Il ragazzo alzò le spalle con insofferenza, ignorando il gruppo di maghi e fissando invece la coppia di amici di fronte a loro.
 “
Non mi turba niente, Ems. Di sicuro non un gruppo di maghi che si agita in modo ridicolo solo perché ci vede”
 
E allora perché sbuffi?” chiese lei, pur sapendo già la risposta e il Serpeverde infatti roteò gli occhi e fece un cenno verso gli altri due emoor, le teste vicine.
 “Non si staccano nemmeno un secondo.”
 “
Una volta dicevi che erano una bella coppia.” lo stuzzicò l'amica.
Lo sono” borbottò il ragazzo “Ma Merlino! Nemmeno un secondo!”
La ragazza rise divertita e David rimbeccò il compagno di Casa con un 'Guarda che ti sento Artemius' che fece arrossire il ragazzo fino alla radice dei capelli.    
 Emma decise di andar in suo soccorso, prendendolo a braccetto e allontanandolo svelta dagli altri due, dirigendosi verso la Foresta Proibita.
 “
Lasciamoli tranquilli” disse lui, sorridendo.

 Emma li capiva. David ed Emily sembravano semplicemente increduli di essere sopravvissuti alla guerra e trovavano ogni momento per stare insieme, come per assicurarsi che non stessero sognando. 
Se Draco non fosse stato confinato al Manor avrebbe fatto probabilmente lo stesso, perché in fondo era percepibile nell'aria un urgente bisogno di amore e affetto. 
 Artemius, meno abile a comprendere i sentimenti e stanco delle continue attenzioni che tutti riservavano loro, era diventato invece irritabile e impaziente. Emma capiva anche lui, forse anche più a fondo: non era semplice.
 Scesero insieme verso la Foresta in cerca di un angolo di pace, in silenzio, senza bisogno di parlarsi. Nonostante con la sparizione di Alicia il legame che aveva unito i quattro emoor sembrasse essersi dissolto, così come il Vinculum, Emma e Artemius si sentivano spesso ancora legati.
 A volte, quando uno dei due provava particolare rabbia, o stanchezza, il sangue dell'altro prendeva a ribollire nelle vene, o se stavano troppo a lungo distanti avvertivano uno strano senso di agitazione.

 L'emoor pensava che fosse il prezzo da pagare per aver riavuto l'amico indietro e tutto sommato lo aveva accettato e Artemius sembrava essere dello stesso avviso.
 “
Come stai?” chiese la ragazza con dolcezza ed era una domanda che faceva spesso lui, anche più volte al giorno, per costringerlo a parlare ed evitare che si nascondesse dentro sé stesso.
 
Mai stato meglio” rispose l'altro, come ogni giorno, ma sorrise sincero e anche
Emma fece un leggero sorriso in risposta, sospirando lentamente, con stanchezza.
 Si sentiva svuotata da quelle giornate, da quella necessità che loro quattro avevano di dimostrarsi sempre forti, inarrestabili, luminosi, per dare speranza alle persone. Harry era molto più bravo di lei in questo.

Un movimento alla loro destra li fece sobbalzare e come un automatismo consolidato Artemius sfoderò la bacchetta e si mise velocemente di fianco alla ragazza, in posizione di attacco. Le orecchie di Emma fischiarono di allarme, ma i suoi muscoli si distesero subito quando scorse la fonte del rumore: George.
 
L'emoor mise una mano sul braccio di Artemius, costringendolo lentamente ad abbassare la bacchetta e si ritrovarono senza volerlo con i respiri coordinati.
 “George?” chiese in un sussurro la ragazza, Artemius ancora teso al suo fianco.
 Il gemello aveva pianto. Disperatamente. Il volto pallido era sgradevolmente macchiato di chiazze rosse, gli occhi lucidi e grandi, i capelli arruffati. Improvvisamente la guerra, il dolore e la sofferenza ripiombarono di nuovo addosso ai due emoor alla vista di quanto il Grifondoro fosse devastato.
 
Ciao Emma. Artemius” li salutò rauco il rosso, riconoscendoli, tendendo le labbra in una smorfia terribile, che ricordava solo lontanamente un sorriso tirato, come una caricatura mal riuscita.
 
George” mormorò la ragazza, facendo un passo verso di lui, mentre il ragazzo crollava sulle ginocchia, riprendendo a singhiozzare.
 
“Mi sento morire, Emma.” pianse il rosso disperatamente “Non respiro”
 
Non muori, George” sussurrò lei, con il cuore sbriciolato in mille pezzi “Ci sono io con te, tranquillo.”
Si avvicinò lui, avvolse le sue spalle in un abbraccio e goffamente si accovacciò a terra al suo fianco lasciandogli poggiare il capo sul suo petto.
 Lo tenne contro di sé come fosse un bambino fragile e troppo cresciuto, lo cullò, cercando di confortarlo e rimasero in silenzio, incatenati, mentre George si aggrappava all'emoor esternando tutto il suo dolore ed Emma e Artemius si guardavano negli occhi cercando di dividersi il peso di quella sofferenza.
 Sembrarono passare ore ad ascoltare il pianto del gemello, che riecheggiava dolorosamente nelle loro menti, fino a quando George non si addormentò privo di forze e Artemius non  aiutò Emma a farlo levitare fino all'infermeria.
Anche quella era la pace. Anche quello era ricostruire.

*

Prima che se ne rendessero conto Hogwarts era tornata al vecchio splendore e i campi erano stati smontati. Maghi e streghe che avevano lavorato alla ricostruzione, ora privi di un obbiettivo, rimasero a lungo assorti, dondolando sui talloni pieni di indecisione, prima di cominciare a raccogliere le loro cose e tornare dopo mesi verso le loro case.
 “E ora, che si fa?” chiese Ron.
 Erano seduti vicino al lago Nero, in una sorta di semicerchio scomposto. Emma, il magico Trio, Ginny e Zabini, insieme a Daphne e alle parole del rosso, 
Harry si sistemò gli occhiali, guardando verso il castello ormai completo, senza più ferite, prima di lanciare lui un'occhiata.
 “Ora si vive, Ron”
 “Non dite che sarà un po' troppo noioso?” continuò l'altro con una smorfia.
 Hermione saltò in piedi tirandogli una manata sulla testa, piena di nervosismo.
 “Ronald Weasley! Ma allora è vero che non hai sale in zucca!” quasi strillò, facendo ridacchiare i presenti e sogghignare Zabini.
 Ron si riparò frettolosamente borbottando un “Stavo solo scherzando”
 “
Il nostro re però ha ragione” soffiò Blaise “Che si fa?”
Attento a come parli di mio fratello, Bla” lo rimbeccò Ginny.
Io non sbandiererei in giro di essere imparentata con lui, piattola” la stuzzicò Zabini di rimando, ma nessuno dei due era serio nel ferire l'altro, si sorridevano complici ed Emma li guardò felice di quella nuova strana amicizia.
 “
Noi torniamo alla Tana” riprese Ron, borbottando un poco tra sé “E anche Hermione verrà con me in attesa di capire cosa fare”
 La Grifondoro annuì in risposta, arrossendo appena sulle gote, prima di parlare velocemente, quasi senza prendere fiato.
 “A settembre voglio tornare ad Hogwarts a finire l'ultimo anno però”
 “
E i tuoi genitori?” chiese Emma, che era rimasta molto impressionata della scelta della grifona di cancellare la memoria dei genitori per proteggerli.
 
Il Ministero si è offerto di assistermi per ritrovarli e provare a togliere l'incantesimo di memora” rispose Hermione con un sorriso leggero “Potrebbe volerci un po' e avranno bisogno di tempo. Tornare a scuola mi sembra scelta più consapevole per riuscire a seguire loro e concludere la mia preparazione”
 “Come se tu avessi bisogno dei MAGO per dimostrare di essere terribilmente pericolosa, Granger” disse Zabini con un ghigno e gli occhi verdi di Daphne lampeggiarono subito di rimprovero verso di lui, prima che si voltasse a guardare l'emoor Corvonero con leggera curiosità.
“E tu Emma che farai?” disse pacata “So che il processo di Draco non ci sarà prima di ottobre, se hai bisogno di un posto dove stare i miei genitori sarebbero onorati di aiutarti, hanno diverse proprietà”
 “No Daph, ti ringrazio, ma i
o torno a Spinner's End con Severus per la fine dell'estate” rispose l'emoor “Abbiamo ancora cose da raccontarci. L'anno prossimo poi sarò ad Hogwarts insieme a Hermione, fino al processo di Draco a cui parteciperò. Ne ho già discusso con la McGranitt”
 Il silenzio imbarazzante che si sarebbe potuto creare a quell'affermazione, riguardo la sorte del biondo, fu, miracolosamente, interrotto da Ron.
 “Miseriaccia. Tutti parteciperemo a quel processo, pare che il furetto non possa fare a meno di farsi salvare da noi e onestamente avrà bisogno di tutto il gruppo al completo a testimoniare quanto lui sia solo un idiota e non malvagio”

Emma sorrise in risposta e anche gli altri ridacchiarono, ma gli occhi di Zabini brillavano di felicità e gratitudine, per il fatto che quel gruppo di ragazzi tanto diversi, non avrebbe abbandonato l'amico.
 “E tu Potter?” continuò Daphne “Che farai?”
 
Vai anche tu alla Tana insieme a tutte le teste rosse?” chiese Zabini velatamente divertito “Sposerai prematuramente la donnola Junior? Diventerai il nostro precoce Ministro della Magia?”
 
Il ragazzo con la cicatrice scosse leggermente il capo, carezzando con infinita dolcezza i lunghi capelli rossi di Ginny, che gli sorrise complice, impermeabile alle punzecchiature di Zabini.
 “No, Zabini. Credo ti stupirò: andrò a Spinner's End” rispose.
Spinner's End?” chiese Emma con il cuore in gola, quasi strozzandosi nella sua stessa saliva ed Harry sorrise.
 “Piton mi ha offerto di venire a vivere con voi per un periodo” le disse “mentre sistemo Grimmauld Place, prima di capire dove starò durante il corso Auror”
Merlino. Dal pipistrello?” esalò Ron.
 
Ronald Weasley! Ora basta” lo sgridò Hermione, facendolo sbiancare, mentre tirava lui un'altra manata “Possibile che non ci arrivi?”
Scoppiarono tutti a ridere, ma Daphne sobbalzò e si sporse verso Emma.
 “
Con Potter come fratello e tutta questa gente manesca come amici le nostre lezioni sul Bon Ton Purosangue diventano piuttosto urgenti, O'Shea. Sono un po' rozzi” soffiò con un ghigno benevolo.
L'emoor rise a sua volta divertita, ma i suoi occhi non si staccarono da Harry e il suo cuore si gonfiò di orgoglio per Severus, apprendendo il passo che aveva fatto. Era felice all'idea che avrebbe potuto vivere con il fratello.

*

Joanne tornò nella stanza con un sorriso appena accennato, la teiera bollente tra le mani e si risedette sulla sua poltrona dando una veloce occhiata agli appunti che erano stati scritti in sua assenza.
Non sapevo che Ollivander ti avesse offerto il posto durante la ricostruzione” disse pacata, come se temesse di indispettire l'altra donna con una parola sbagliata.
 
Invece è andata così” sorrise però Emma “molte persone si sono avvicinate in quel periodo se ricordi”
 
“Ti ha poi lasciato il negozio in eredità sbaglio?”
 “
Non sbagli” rispose l'emoor “Ma non ho mai cambiato l'insegna. Figura ancora come Ollivander. Mi piaceva così”
 
Ora lo gestisce il tuo primogenito, no?”
 
L'emoor sorrise divertita, rendendosi conto che Joanne doveva essersi preparata accuratamente a quella giornata, molto più di quel che voleva farle credere.
 “
Esatto, mi sembra che tu sappia ogni cosa, Joanne.”
 La Serpeverde fece un leggero sbuffo, riappropriandosi della penna, mentre si portava una ciocca di capelli dietro l'orecchio, prima di spingere la teiera verso Emma, perché si servisse.
 
Sono anni che non frequento il mondo magico, O'Shea. Lo sai bene. Non volevo risultare impreparata. Non quando finalmente sarei riuscita a convincerti a parlare.”
 
Saprai quindi anche che dopo tanti anni a lavorare come Artigiana di Bacchette ho sostituito mio padre alla cattedra di Pozioni a Hogwarts” disse l'emoor.
 
Mi è giunta voce sì” rispose Joanne con misurata distrazione “Ti trovi bene? Tuo padre ha mollato la poltrona facilmente?
 
Era giunto a completa saturazione del numero di teste di legno a cui insegnare, è stato ben felice di cedere a del meritato riposo e forse anche sollevato di aver lasciato a me il posto.”
 
Quel Piton” borbottò acida la donna, mentre i suoi occhi scorrevano su e giù sui nuovi appunti ancora una volta ed Emma sorseggiò il suo the, assorta per qualche secondo.
“Hai bisogno altro, o mi liberi finalmente?” chiese infine Emma alla vecchia amica, con un tono appena velato di impazienza.
 
“Ho bisogno d'altro” rispose l'altra con un ghigno furbo.
 
Allora spara” borbottò Emma in risposta “Non ho tutto il giorno”
Gabriel Tullier, l'eroe di guerra, avevate una storia?”
 
“Intendi al tempo della battaglia? No, eravamo solo amici”
 
Lo frequenti ancora?”
 
Ogni estate, è un medico piuttosto riconosciuto ormai, lui e Draco collaborano spesso insieme. Mio marito si occupa di Alchimia e sperimentazioni su pozioni. Lavora anche per il Ministero occasionalmente e fa ricerca insieme a Gabriel, sono un bel team.”
Un bel salto per lui” sorrise l'altra ragazza.
 “Intendi per Draco?”
 “Beh, sì” chiosò la Rowling “Da reietto ad Alchimista internazionale, mi sembra un bel miglioramento. O mi sbaglio?”
 
Draco si merita tutto questo” la interruppe l'emoor, giocherellando con una ciocca di capelli “Ha perso tanto durante la guerra, a rinunciato a molto ed è diventato una persona migliore.”
 
Non ne dubito” sorrise benevola Joanne “Immagino che le parole di Potter abbiano avuto il loro peso però”
 “Le parole di Potter?”
 “Si spese molto al suo processo.” sorrise Joanne.
 “Harry si spese per chiunque lo meritasse” rispose Emma “Più di tutti desiderava 
giustizia. Sapeva che Draco meritava il suo supporto e devo ammettere che, se non si fosse messo dalla sua parte in modo così netto, sarebbe stata più dura.”
 
Nessuno si fidava di Draco all'inizio, no?” indagò la Rowling.
 
No, esatto. Aveva una famiglia ingombrante e un passato fumoso, ma Harry era un eroe ed era deciso chiamare Malfoy amico.”
 
Immagino la gioia di Draco” rise la Rowling.
L'emoor sorrise brevemente al ricordo del teso imbarazzo che aveva pervaso il volto del biondo, davanti alla estenuante battaglia portata avanti dal Grifondoro, deciso a non lasciare indietro nessuno. 
 Il rapporto tra Harry e Draco era stato costruito lentamente, con molto silenzio e tanta nervosa accettazione, mischiati grazie alla testardaggine del primo e la voglia di cambiamento del secondo

Come è stato il tuo ritorno a Spinner's End?” chiese Joanne, cambiando bruscamente discorso e le labbra della Corvonero si piegarono istintivamente in un sorriso più sereno.
 “Spinner's End è casa mia, tornare lì è stato come tornare a respirare. Non era cambiato nulla. Il fuoco nel caminetto, Glimpsy che mi sorrideva felice, i libri sugli scaffali. Anche la mia stanza era sempre lì. Era esattamente quello di cui io e Severus avevamo bisogno. La possibilità di passare del tempo insieme, scoprire le carte del passato, rinsaldare il nostro rapporto, rimanere senza maschere”
Ma c'era anche Potter con voi.”
 
Vero, ma Harry si è inserito nel nostro quotidianità meglio di quanto credessi” annuì l'emoor “è stato bravo”
 Il sopracciglio di Joanne si inarcò, pieno di scetticismo.
 “Davvero? Voglio dire conoscendo Piton...”
 
“Credimi, Severus ha imparato a tenere a bada il sarcasmo per la maggioranza del tempo. Harry occupava la stanza che aveva avuto Codaliscia, ovviamente rimessa a nuovo e ci lasciava molto spazio. È un ragazzo d'oro ed era davvero intenzionato a far funzionare le cose. Certo è stato strano, conoscere dopo tanti anni mio fratello, imparare a rapportarci tra noi, senza la connessione a cui eravamo abituati, ma ne siamo usciti molto uniti”
 
Non riesco a immaginare Piton con Potter in casa, devo essere sincera. Voglio dire, come sono sopravvissuti?”
Interazioni al minimo. Io passavo molto tempo con Harry e molto tempo con Severus, loro si evitavano il giusto. Ci sono alcune cose da cui Harry è sempre rimasto escluso, come la preparazione delle Pozioni, o le passeggiate sulle colline mie e di mio padre, lui era libero di andarci, ma mai con noi, era una cosa nostra. Ma su altri aspetti abbiamo trovato un equilibrio tutti insieme, in fondo avevamo molto da raccontare, tutti e tre, e non solo a proposito di Lily. E poi, nonostante la connessione fosse scomparsa Harry ed io ci sentivamo molto vicini e mio padre l'ha capito. È stato bello. Sono grata a Severus per avermi dato questa possibilità”
 La penna di Joanne svolazzava sulla pergamena con decisione.
 
Hai mai avuto contatti con la famiglia di tua madre?” chiese.
“Intendi Petunia?” domandò Emma “Sì, ho avuto contatti. In alcuni periodi persino via gufo”
 “Davvero?” domandò scettica l'altra.

*

Severus dondolava sui talloni con agitazione, una mano posata sulla spalla di Emma, con fare possessivo. L'emoor poteva avvertire la sua preoccupazione e cercò di sorridergli per calmarlo, mentre si avvicinavano al giardinetto curato.
 
Papà” disse con dolcezza, mentre Harry li superava per suonare il campanello all'ingresso di una casa particolarmente inamidata anche all'esterno.
 
Non capisco perché dobbiamo fare questa cosa...” sibilò Piton.
Credo che sia importante professore” ribatté quieto Potter “È anche la famiglia di Emma dopotutto, è giusto che li conosca, per quanto possano essere sgradevoli”
 
L'uomo fece uno sbuffo nervoso dal naso adunco ed Emma gli afferrò la mano.
 “
Avanti Sev, è solo un the, sono certa tu possa resistere.”
 La porta del numero 4 di Privet Drive si aprì in quel momento, rivelando la figura secca di una donna bionda ben vestita. Era alta e magra, con un viso aspro che svettava in cima al lungo collo. 
Ci fu un momento di silenzio in cui tutti e quattro si guardarono pieni di curiosità e sospetto, poi la donna si avvicinò loro di un passo, incerta.
 “
Ciao zia Petunia” salutò Harry con educata freddezza, ma lei lo ignorò completamente, gli occhi fissi sulla figura di Severus, le labbra serrate.
 
Petunia” sibilò Piton in un cenno secco “Non è affatto un piacere vederti, ma tuo nipote riteneva imprescindibile presentarti mia figlia, Emma”
 L'emoor rimase in silenzio, osservando la nuova arrivata, mentre gli occhi di lei si spostavano lentamente da Piton per osservarla. La vide scandagliare ogni centimetro del suo volto, lo sguardo che si riempiva di lacrime e le labbra ora tremanti, mentre si portava una mano al petto, senza fiato.
 “Zia...” iniziò Harry, tentando di rompere la tensione “Come ha detto il signor Piton, questa è Emma e...”
 “O taci sciocco ragazzo” esalò la donna, tornando invece a fissare Severus, una gran confusione dipinta sul volto “
Piton! ... lei... lei è....”
 “Sì, Petunia è mia figlia e...” balbettò l'uomo, improvvisamente pallido.
 
“Emma è figlia di Severus e Lily, quindi sì, è mia sorella” intervenne Harry, sistemandosi gli occhiali sul naso, con un gesto secco “È tua nipote”
 
Emma ancora taceva, mentre la donna cercava di prendere respiro con fatica, le gote del volto magro che si tingevano di rosa. Piton tossicchiò imbarazzato e l'emoor si voltò verso di lui, forse inconsapevolmente in cerca di supporto.
 “Sev” lo chiamò dolcemente, ma lui sembrò farsi ancora più pallido, forse sconvolto dai ricordi, da tutto quello che lui e Petunia avevano condiviso da bambini, tra rancore e differenze, “Papà è tutto ok” insistette Emma e si mosse verso di lui, ma due braccia magre la trattennero all'improvviso, facendola sobbalzare: Petunia Evans la stava abbracciando. 
 Emma spalancò lo sguardo piena di stupore rendendosi conto che la donna singhiozzava contro il suo capo, mormorando “La figlia di Lily e Severus. Una bambina” davanti allo sguardo scioccato di Harry e Piton, forse per la prima volta sulla stessa linea d'onda. L'emoor sorrise e ricambiò l'abbraccio di lei.

*

Joanne mordicchiò la punta della penna, esalando un 'incredibile' tra i denti e prendendo altri appunti.
 
Quanto hai vissuto con Potter e Piton?”
 
Tre anni”
 
E poi?”
 
“Poi Harry e Ginny si sono sposati e sono andati a vivere a Grimmauld Place, ho aiutato Harry a renderla un luogo piacevole all'inizio, ma Ginny e il suo buon gusto hanno fatto il resto”
“È 
stato dopo il loro matrimonio che Artemius è scomparso. Corretto? Ricordo che era presente, eravate su tutti i giornali.”
 
Emma annuì in risposta, velata di malinconia “Sì, esatto”
“Ma dove è andato? E perché?” domandò Joanne, evidentemente avida di sapere “Voglio dire è scomparso
 L'emoor scrollò le spalle e tornò a giocare con l'anello al dito. 
 “Non lo so, Joanne. Artemius non si è mai sentito completamente parte di tutto questo. Forse avrebbe voluto sparire da subito ma...”
C'eri tu.” la anticipò la donna “C'era il vostro legame a trattenerlo. Le promesse dei vostri avi che vi scorrono nel sangue”
 L'emoor annuì con stanchezza, osservando di nuovo il suo riflesso minuto, mentre la mancanza del Serpeverde le pungolava lo sterno.
 “Artemius è morto per me, Joanne, io ho pianto per lui e la mia antenata l'ha riportato in vita. Siamo legati, con qualcosa che non è il Vinculum, né la nostra amicizia, ma il sangue e tanta magia. Non era destinato a questo mondo, ma qualcosa di scomparso da secoli l'ha trattenuto. Non è un evento che sia mai accaduto prima, abbiamo dovuto accettare e capire insieme quel che ci era successo”
 
Se fosse morto lo sapresti?” chiese timorosa la Serpeverde e l'emoor chiuse gli occhi, sulle palpebre si disegnò il profilo asimmetrico dell'amico, con il suo sguardo vacuo e assorto e il sangue nelle sue vene divenne bollente e inquieto all'istante.
“Sì, certo, lo saprei” disse in un sussurro “Artemius è vivo. È probabile che lasceremo insieme questa vita. Ne avevamo discusso al tempo e abbiamo preso strade diverse per evitare di dipendere uno dall'altra, ma siamo destinati a ritrovarci prima o poi” 
Joanne la fissò impressionata, ma non disse nulla.

*

Lo sguardo raggiante di Ginny Weasley sembrava illuminare tutto il tendone bianco montato nello stesso giardino dove anni prima si erano sposati Fleur e Bill ed Emma aveva ballato con Gabriel Tullier. L'emoor scambiò con la migliore amica un'occhiata complice e sorrise, non riuscendo a distogliere lo sguardo da lei, colma di affetto per quella coppia di disgraziati, commossa dal fatto che fossero riusciti finalmente a coronare il loro sogno.  
 Era una giornata bella, semplice e luminosa, proprio come loro. Emma e Neville erano i testimoni della sposa, Hermione e Ron dello sposo. L'emoor sentì la sensazione di pace e felicità invaderla lentamente, mettendola di buon umore e non in allarme come avrebbe fatto in passato.
 Draco, in piedi al suo fianco, elegantissimo nel suo completo scuro, sembrava stranamente a suo agio, le guance rosate dal caldo sole estivo, che lo rendevano giovane e arruffato. Emma lo guardò con tenerezza, lasciandosi sfuggire un sorriso e intrecciò una mano a quella di lui.
 “San Potter e Donnola Junior.” borbottò tra i denti il Serpeverde, senza cattiveria, bevendo un sorso dal suo calice.
 
Smettila Draco, lo stai ripetendo da ore”
 “Merlino, che coppia terribile” disse bevendo un altro sorso ed Emma rise perché sapeva che stava scherzando e che ormai da tempo si era abituato ai due.
 “Balli?” sorrise dolcemente lei, tirandolo verso di sé.
Amava ballare con lui, fin dal loro primo Capodanno insieme, al Manor, anni prima. Si sentiva al sicuro avvolta dalla musica tra le sue braccia, era uno dei rari momenti in cui Draco sembrava smettere di pensare e lei si lasciava andare.
Malfoy le sorrise, sfiorandole la fronte con le labbra, subito attento e presente, poggiò il calice su un tavolino pronto a guidarla in pista.
 “
Prima di lei la sposa esige un ballo dal più bel furetto platinato sulla piazza” li fermò Ginny, apparsa alle loro spalle, con un largo sorriso.
 Era splendida nel suo vestito lungo color crema, fili d'oro tra i capelli rossi, intrecciati insieme a piccoli fiori chiari.
 
Non ci sperare Donnola” soffiò Draco, l'angolo delle labbra che si alzava leggermente, in un ghigno, ma Emma già lo spingeva divertita verso l'amica.
 
Ginny le fece l'occhiolino, trascinando Malfoy proprio in mezzo alla pista e l'emoor rimase a guardarli, trattenendo a stento una risata, davanti al volto rosso del fidanzato e quello estremamente soddisfatto di Ginny.

Balli con me tu?” chiese una voce alle sue spalle. Artemius.
 
Emma si voltò verso l'amico, accettando la mano che gli porgeva e si mise a dondolare sul posto con lui. Non erano mai stati molto bravi a ballare insieme.
 “
Non se migliorato nel tempo.” disse allegra “Sei ancora un pessimo ballerino”
 
“Ammetto che la danza non è tra le mie priorità” sorrise il ragazzo, con ciuffi scuri di capelli che cadevano davanti agli occhi grandi e vacui.
 
Quali sarebbero le tue priorità?” chiese Emma con un sorriso.
Ancora non lo so” sorrise lui.
 Rimasero abbracciati, mentre Ginny obbligava Draco a un secondo ballo, mettendolo enormemente in imbarazzo, cosa che sembrava esilarare Ron.
 
“È bella la pace, no?” chiese Artemius con un tono soffice e malinconico.
 
“È bella” confermò Emma con un leggero sorriso “ce la siamo meritata”
 
“Vero” annuì l'altro, fin troppo seriamente, e tentò un goffo volteggio
 “
Come stai, Mius?” chiese Emma, come sempre e Artemius sorrise in risposta ed era un sorriso sincero, grato, che arrivava fino agli occhi grigi e ad Emma, nella luce chiara di quel pomeriggio di fine estate, con le guance arrossate e la camicia stropicciata, l'amico sembrò quasi bello e sicuro di sé e si sentì fortunata e privilegiata ad averlo con sé.

Sto bene Emma. Mi sento solo un po' a metà, come se non appartenessi a tutto questo.” guancia guancia con lei, i respiri coordinati il sangue che rallentava.
 
Ma tu appartieni a tutto questo” ribatté subito la ragazza, corrucciandosi appena “Ti appartiene quanto a me, quanto a tutti noi”
 
“Solo perché ci sei tu, lo sai meglio di me” rispose subito l'altro “A volte ho l'impressione che se tu non fossi qui io smetterei di esistere”
Emma si morse il labbro, capendo perfettamente cosa intendesse l'altro: era il loro pagamento di pegno. Il legame di sangue. Alicia che non aveva potuto tutto contro la morte. Artemius era vivo, ma quel loro legame non si sarebbe dissolto, avrebbero sempre provato angoscia per l'altro e la sensazione di volersi proteggere.
 “
Partirai?” chiese Emma secca, tirando su con il naso in un'espressione contrariata “In cerca di un equilibrio, di un posto dove sentirti a casa?”
 
Come fai a saperlo?” chiese il ragazzo.
 
Ho la stessa sensazione di quando se ne è andato James”
 Artemius fece un debole sorriso triste e la strinse un po' più a sé ed Emma si rese conto di quanto fosse cresciuto e che il suo corpo maturato non era più quello fragile del ragazzino che aveva conosciuto.
 “Abbiamo bisogno di un momento di solitudine, Emma, non possiamo essere sempre in due. Non possiamo sempre dipendere dall'altro.”
 “Non è una cosa che possiamo controllare Mius, eppure mi abbandoni come James, sembrate così tutti pronti a cercare altro e...”
“È diverso da James” disse il ragazzo dolcemente e lei annuì.
 
“Lo so volevo solo lamentarmi un poco. So che James ha potuto scegliere e che abbiamo deciso insieme di non smettere di scriverci, anche con mezzo mondo in mezzo. Noi invece non possiamo scegliere Mius, un po' ci apparterremo sempre”
 “
Almeno una parte di noi” sorrise il Serpeverde “Però da un lato dovrebbe confortarti. Non mi perderai. Siamo legati. Probabilmente per sempre.”
 
Forse anche un po' di più” disse lei e Artemius si mise a ridere.
Emma non lo aveva mai visto così di buon umore. 
 Ballarono insieme. Risero. Si strinsero. 
Il loro sangue che scorreva bollente nelle vene parlando per loro. Per Alicia. Per Andrew. Per il loro passato, presente e futuro. Non si rividero più, anche se sapevano che l'altro c'era da qualche parte.

*

Non si è mai fatto più sentire?” domandò perplessa Joanne.
 
Non ti parlerò di Artemius, Joanne” rispose Emma pacata, ma ferma “Non oggi né mai. Nel tuo libro puoi scrivere che ha scelto di allontanarsi dal mondo magico per trovare il suo posto. Basterà. Quello che mi lega a lui è qualcosa che forse non avrebbe potuto nemmeno spiegare Albus Silente. Siamo tornati entrambi dalla morte, ma se per me c'era un posto dove andare, una speranza, qualcuno d'amare, lui non era preparato. Aveva sempre pensato che non sarebbe sopravvissuto, in fondo.”
 
Ma la vita di uno dipenda dall'altro?” chiese Joanne.
 
Così crediamo” rispose l'emoor, il sangue bruciante “Hai altre domande che non trattino questo?”
 
Sì” rispose ovviamente Joanne ed Emma non alzò nemmeno più gli occhi al cielo, ma bevve un'altro sorso di the “Tu e Severus?”
 
Cosa vuoi sapere?”
 “Il vostro rapporto.”
 
“È un rapporto meraviglioso ed è anche migliorato con il tempo. Severus è mio padre, un mio amico, il mio mentore.”
 
“È una persona acida e testarda.” borbottò la scrittrice, inarcando le sopracciglia ed Emma si fece sfuggire un leggero ghigno.
 
“È una persona sensibile e intelligente e un padre e un nonno amorevole, ma sì è anche acido e testardo quando vuole”
 
Non mi ha mai perdonato la fine che gli ho fatto fare nel libro dei Babbani, ogni volta che lo incrocio me lo rinfaccia”
 
Vorrei ben vedere, è una fine orribile.” disse l'emoor.
Risero brevemente. Fuori dalla finestra la luce calava. Joanne si stropicciò gli occhi, in un gesto che ad Emma ricordò la ragazzina che aveva conosciuto a Hogwarts.
 “Vuoi sapere altro Joanne?” chiese, paziente, vagamente intenerita da quel ricordo, da quella bimba che le aveva portato le lettere dei fondatori, che girava per la scuola a braccetto con Emily, sospettosa di tutti, acutamente intelligente.
Tutte le persone che hanno fatto parte della battaglia, i tuoi amici, che fine hanno fatto?” interruppe i suoi pensieri la donna.
 
Vuoi sapere di tutti?” chiese l'emoor con un sospiro.
 
Di tutti” confermò l'altra.
 
Beh, Ginny ed Harry hanno avuto tre figli. Lo sai”
 
Con dei nomi discutibili” puntualizzò la Rowling.
 
“Prova a dirlo a mio padre, si è quasi commosso quando Harry gli ha messo in braccio Albus Severus”
 
Discutibili” rincarò Joanne “Non smetterò di sostenerlo e non riesco a credere che Ginny non si sia opposta."
 
Oh, ma si è opposta” rise Emma, ricordando la furia dell'amica ogni volta che Harry le proponeva un nuovo nome “Ma è una donna innamorata e soprattutto è pragmatica.”
 
Sei stata madrina di qualcuno di loro?” chiese l'altra.
 
No” rispose Emma “Nessun padrino e madrina tra migliori amici. Ma sono la madrina del figlio di George: Fred”
 
E quella del non più piccolo Teddy Lupin”
 
Sì” ammise l'emoor con un sorriso “Io ed Harry ce ne siamo occupati insieme ad Andromeda, ma bisogna ammettere che Teddy ha sempre avuto una predilezione per mio fratello. Ha vissuto anche da lui per un periodo. Era un bambino adorabile, stare tutti insieme quando era piccolo era un piacere. Narcissa gli vuole molto bene”
La Granger e il rosso invece hanno avuto due bambini, no?”
Come scritto nel tuo libro per Babbani” la stuzzicò Emma “Rose ha il cervello di sua madre e il volto di suo padre, Hugo è la copia sputata di Hermione con i capelli di Ron”
 “E g
li altri?” insistette Joanne.
 
Beh, David ed Emily si sono sposati piuttosto presto, poco dopo Harry e Ginny. Ci siamo trovati adulti quasi senza essercene resi conto e in un attimo formavamo famiglie. Loro hanno avuto tre figli si chiamano: Jeremy, Matt e Rachel, ma dovresti saperlo”
 
Lo so, ma volevo sentirlo da te. Li vedi ancora, no?”
 
Certo” sorrise l'emoor al pensiero dei due vecchi amici “Venerdì abbiamo una cena per il compleanno di Rachel”
 
“Continuate a sentirvi per via del vostro legame o...”
 
Sono buoni amici” la interruppe l'emoor “David è sempre stato un po' un fratello geloso per me, lo è ancora in realtà, ma va molto d'accordo con Draco. Li vediamo spesso.”
 
“E i gemelli Harrods?” andò oltre Joanne.
 
Luke vive all'estero, non lo vedo da anni” spiegò l'emoor “Sono in contatto con Dan però, ha spostato Carmen”
 
Carmen Hole? Come sta?” chiese l'altra curiosa e le labbra di Emma si strinsero appena di incertezza.
 Non vedeva molto l'ex compagna di Casa, nonostante le insistenze di lei e il marito di fare una rimpatriata. Carmen non si era mai davvero ripresa dalla morte di Sarah e l'emoor non capiva come Dan, così pieno di gioiosa voglia di vivere, si fosse innamorato di quella ragazza fragile e ferita.
 “Sta a
bbastanza bene” rispose infine tranquilla “Hanno una figlia bellissima: Sarah Ginger”
 
“Già l'ho sentito dire, ma non fanno molta vita sociale, quindi non ne ero sicura. Chi altri frequenti ancora?” chiese di nuovo Joanne, prendendo appunti freneticamente.
George ovviamente, ci vediamo quasi ogni giorno e anche Bill e Fleur, piuttosto spesso.” snocciolò l'emoor “Sean è forse l'unico amico con cui invece ho un rapporto molto simile al tempo di Hogwarts. Scherziamo molto, giochiamo a scacchi ed è diventato un buon amico di Draco, in realtà. Si è sposato con Holly Clarke hanno due gemelli Zach e Zoe.”
 
Deliziosi” tubò Joanne “E Luntica Lovegood?”
 
“Oh Luna è molto amica di Ginny ed Hermione, qualche volta la incrocio alla Tana, ma la vedo raramente, anche perché lei è sempre in viaggio col marito. Anche Neville l'avevo un po' perso di vista, anche se ora che siamo diventati colleghi ad Hogwarts abbiamo rispolverato la nostra vecchia amicizia.”
 “
E dei Serpeverde? Abbiamo detto Zabini e consorte no?”
 “
Blaise e Daph sono nostri cari amici, sì. Harper, loro figlio, è coetaneo del mio secondogenito ed è il figlioccio di Draco, quindi ci frequentiamo spesso, quasi ogni settimana. Amiamo chiamarli 'i nostri amici sofisticati', per divertimento. A volte credo che Draco ami passare del tempo con loro perché fanno parte di una vita agiata che quasi dimentica di aver vissuto prima dell'arrivo di Voldemort e che forse in parte gli manca. Io mi trovo molto bene con entrambi in fondo e posso divertirmi ad essere Lady Malfoy di tanto in tanto e poi nel tempo Daphne è diventata un'amica, non solo per me, ma anche per Hermione e Ginny e soprattutto Blaise è una persone che rimane molto importante sia per Draco che per me.”
 
E le altri Serpi? Nott, la Parkinson, Goyle...”
 
Tu li frequenti?” chiese Emma sinceramente curiosa e Joanne arricciò il naso in una mossa sdegnata.
 “
Che Merlino me ne scampi, no” disse secca “Non siamo molto simili, non lo eravamo nemmeno ad Hogwarts,  ma sai Malfoy ci era piuttosto legato...”
Nott non si è mai completamente ripreso dalla morte di suo padre a parere mio e non ha retto l'anno ad Azkaban, ma è rinato quando Pansy ha accettato di sposarlo. Non li vediamo spesso, ho sempre avuto l'impressione che in fondo Pansy non abbia mai smesso di odiarmi, il che è un peccato, perché Theodore si è rivelato essere una persona molto più simile al padre di quel che pensassi”
 
E gli altri?”
 
Se intendi Goyle, Mulciber, Flint e il resto dei Serpeverde non li abbiamo più frequentati.”
 
Meglio per voi” rise sincera Joanne.
 
Abbiamo finito?” chiese Emma con un sospiro stanco, ma l'altra alzò lo sguardo verso di lei. Brillante.
 “
Non proprio”
 
Ti prego Rowling” sbottò l'emoor “ora comincio a capire l'antipatia di Severus nei tuoi confronti.”
La donna
 piegò le labbra in un sorriso furbo, gli occhi divertiti.
 “
Beh, O'Shea” disse sorniona, versandosi di nuovo del the nella tazza “Secondo me puoi arrivare alla domanda finale, manca un importante tassello in tutto questo”
 
L'emoor sbatté le ciglia perplessa “Quale?”
 “
Ma come quale” sorrise Joanne “Ma Draco Malfoy, Emma: la vostra incredibile storia d'amore da copertina, che ha fatto tremare per anni il cuore di tutti noi. Vi siete così affannati a tenere tutto così intimo e lontano dai pettegolezzi e l'ho apprezzato, però ammettilo, vi ho lasciato spazio, ma tutti questi anni dopo: me lo devi”
 
Cosa vuoi sapere?” esalò Emma arresa, un sorriso vagamente divertito a incresparle però le labbra.
 
Tutto, O'Shea. Voglio sapere tutto”

*

Il Wizegamont al completo, sulle panche di legno del tribunale, incuteva timore.
 Emma, rannicchiata nel suo angolo, cercò di respirare a fondo per mantenere la calma, osservando la folla di persone. Narcissa, elegantemente vestita e composta, era seduta al suo fianco e si tese leggermente, ma le sorrise, afferrandole la mano.
 “Andrà bene, Emma” disse, lo sguardo fisso sul palchetto dove sedeva il figlio.
 Draco era elegante e bellissimo nella sua camicia chiara, il volto affilato e serio, i capelli chiari accuratamente pettinati e lo sguardo assorto.  Severus stava ritto a una manciata di passi da luo, lo sguardo gelido e concentrato, ma Harry, Ron ed Hermione, che avevano testimoniato con fervore a favore del Serpeverde, raccontando come avesse mentito per loro al Manor, sorrisero in direzione dell'emoor, quasi festanti dalla loro panca ed Emma si costrinse a prendere un altro respiro, mentre il giudice rientrava in aula.
 Era un ometto piccolo e pallido, con una zazzera scomposta di capelli chiari sul cranio tondo e al suo ingresso ci fu un mormorio e tutti si alzarono sulle panche, mentre quello stendeva un rotolo di pergamena di fronte a sé. Emma trattenne il respiro e le lacrime, senza distogliere lo sguardo dal volto di Draco.
 “
Questa giuria, ha deliberato, dopo aver raccolto la testimonianza dei testi: Harry Potter, Emma O'Shea, Severus Piton, Hermione Granger, Ronald Weasley, Ginevra Weasley, Blaise Zabini, Luna Lovegood, Narcissa Black, Gabriel Tullier, Daphne Greengrass, Dean Thomas e Minerva McGranitt, che il signor Draco Lucius Malfoy può considerarsi assolto da tutte le accuse e libero di esercitare le sue scelte e la sua libertà illimitatamente, purché rinunci seduta stante alle Arti Oscure, la loro applicazione, il loro studio e suoi manufatti, fatto salvo per l'alchimia per cui Draco Lucius Malfoy si è dimostrato versato, proponendo di mettere le sue conoscenze al servizio del Ministero.”
 Il cuore di Emma schizzò nel petto e il suo sguardo si legò a quello di Malfoy per un istante, ne vide il sollievo, l'orgoglio, l'amore.
 “Rinuncio alle Arti oOscure e alla loro applicazione, fuorché accademica e ringrazio la giuria del verdetto, sono onorato.” disse il ragazzo con voce ferma.

Ci fu un lungo attimo di silenzio e poi un boato di felicità, talmente genuino che persino i membri della giuria sorrisero commossi, invase la sala.
 Harry Potter e i suoi amici uscirono dalle panche per correre verso Malfoy, imbarazzato e confuso da quelle esternazioni di gioia che non sentiva di meritarsi e Narcissa strinse forte la mano ad Emma, gli occhi lucidi.
 “Lo sapevo che il mio ragazzo aveva bisogno di una persona come te” sorrise la donna “Va da lui, Emma”
 
L'emoor annuì, senza fiato, si allontanò dalla Black con un sorriso, scavalcò le panche e si fece spazio tra la folla, il cuore in gola, la labbra tremanti. Vide Draco scrollarsi di dosso Ginny e Blaise e voltarsi verso di lei.
 Si guardarono, metallo fuso, come cielo in tempesta e verde con ombre, liquido e innaturale e poi Draco Malfoy sorrise, come un ragazzo della sua età, felice, di istinto ed Emma sorrise con lui. Si avvicinarono, intrecciarono le mani l'una con l'altro, si appoggiarono fronte contro fronte, tremando piano, i respiri coordinati, l'amore profondo, la gioia che si spandeva intorno a loro.

. . .

Non mi importa se la madre dei rossi sarà contenta se lo indosso: è orribile” borbottò Malfoy “Davvero orribile.”
 
Emma rise, arrancando nel giardino pieno di neve di fronte alla Tana, la mano stretta in quella del ragazzo, le guance arrossate dal freddo pungente. 
 Il rampollo Malfoy non sembrava nemmeno lui con il maglione verde adornato di boccino che aveva fatto per lui Molly Weasley, i capelli arruffati e il broncio leggero, in contrasto con il suo solito aspetto elegante e curato. L'emoor lo trovava stupendo ed era silenziosamente felice di quella visione assurda.
 “Oh, smettila Draco è un maglione adorabile” gli disse allegra “Anche io ne ho uno e lo uso tutto il tempo.” 
 “Credimi. Lo so” sbuffò il ragazzo, facendola ridere. 
 “Oh andiamo. Cerca di non farti odiare dai Weasley. Sono la mia famiglia"
 “Merlino, se mi vedesse Blaise con questo addosso...”
“Direbbe che è vintage” sorrise quieta l'emoor, l'aria furba.
 “Io ne dubito” sibilò il biondo “Non riesco proprio a capire come mia madre abbia potuto accettare di passare il Natale qui. Voglio dire, un conto è essere amichevoli con Donnola e co, ma addirittura lasciare il Manor a Natale e...”
 “Glielo ha chiesto Harry e Narcissa l'ha trovata una bellissima proposta e ha accettato ben volentieri. Mio fratello sa essere molto convincente”
 “Salazar, non ripeterlo” esalò il ragazzo, scuotendo il capo.
 “Cosa? Che Harry è mio fratello?”sorrise l'emoor.

Si fermarono all'ingresso, alzando entrambi lo sguardo verso un rametto di vischio appeso sopra la porta. Emma sorrise al ragazzo, afferrando lui la mano.
 “Vuoi darmi un bacio prima di entrare e togliere quel broncio?”
 Il biondo fece scivolare le sue mani sulla vita di lei, stringendola a sé. Le baciò la fronte e lo zigomo, sospirando piano.
 “Merlino Emma, oggi mi stai sottoponendo ad una tortura”
 “Ti divertirai Draco, vedrai. Ginny era felicissima che ci fossi”
 Il ragazzo la baciò sul mento, sul naso.
 “Dovrò sopportare i capelli della Granger tutto il tempo e Potter, Merlino: Potter! Se ci penso preferisco quasi Lenticchia”
 “Allora siediti vicino a George, andate d'accordo no?” rise l'emoor.
 “Fino a quando ti sta abbastanza a distanza sì” 
 Emma ridacchiò,
 di nuovo e il ragazzo le baciò una guancia, la palpebra, la tempia, stringendola dolcemente a sé.
 “E s
e George ti fa arrabbiare perché è troppo affettuoso, puoi sempre metterti a fare il broncio vicino a Sev. È allergico quanto te alle cene Natalizie”
 “Non riesco a credere che persino lui abbia accettato tutto questo” soffiò il biondo, baciandole il collo, la nuca “È davvero inaccettabile.”
 “Severus è un burbero, ma ama festeggiare con me il Natale e in realtà anche con tutti gli altri” spiegò l'emoor paziente.
 “Anche io adoro festeggiare con te” sorrise Draco “Non con i rossi però”
Le baciò un orecchio, il mento, Emma rise e strofinò il naso contro quello di lui.
 “Lo so che sei felice in realtà di essere qui.” gli disse “Che sei felice persino che ci sia Harry. Sei felice di poter essere con me e di poterci amare alla luce del sole e di essere accettato da queste persone e di essere libero. Lo so”
 Le labbra di Malfoy si inarcarono in un leggero ghigno, gli occhi ora dolci.
 “Beccato” soffiò, baciandola sulle labbra.
 Pioggia in arrivo, menta, caffé. Emma rispose al bacio.
 “
Questo non toglie che Zabini inorridirebbe a vedermi con questo maglione”
 “Puoi chiederlo direttamente a lui” sorrise Emma.
 “
C'è anche Zabini?” chiese allarmato Malfoy ed Emma annuì di rimando, rubando lui un altro bacio e ridendo cristallina.
 “Merlino, San Potter è proprio degno del suo nome” sibilò Malfoy e poggiò la fronte sulla sua, in un gesto dolce e tranquillo.
 “Ehi piccioncini” li interruppe George chiamandoli dalla finestra della cucina, un sorriso divertito a illuminare il suo volto “Avete intenzione di entrare?”

. . .

Ringrazio ancora i donatori che quest'anno hanno reso possibile il ripristino di nuove aree del castello e migliorato i sistemi di collegamento e sicurezza di Hogsmeade” disse Harry Potter, raggiante, alla folla di fronte a lui “Ringrazio anche la Fondazione Black per la sua operatività nel supporto ai sopravvissuti e alle famiglie che hanno perso i loro cari. Auguro a tutti voi un buon anno”
 Harry alzò il calice e la sala, gremita e illuminata a festa, applaudì in trionfo. 
 “Bisogna ammettere che Potter ci sa fare” disse Draco con uno sbuffo, bevendo un piccolo sorso dal calice ed Emma gli sorrise. 
 Erano su un lato poco affollato della sala, cercando di non attirare l'attenzione, come sempre quando partecipavano a quegli eventi pubblici in cui erano costretti.
 “Sembra nato per tutto questo, è strano che abbia scelto in effetti una carriera così poco a contatto con la gente, come quella di Auror” disse l'emoor. 
 “Quella è per il suo complesso di eroe” rispose quieto Draco, stringendola a sé.
Emma rise e subito arricciò il naso pronta a ribattere, mentre Malfoy ghignava di rimando, ma Ginny apparve alle loro spalle, interrompendoli. 
 “Mi scoccia, come sempre, dare credito al tuo furetto, Emma” sorrise la rossa “Ma ha tendenzialmente ragione, Harry non sarebbe Harry senza fare l'eroe”
 “Ginny” la salutò l'emoor con un sorriso, stringendola in un abbraccio.
 “Ciao Ems, questo vestito ti sta di incanto” le disse l'amica allegra.
 “Parli tu” sorrise l'emoor divertita.
 Emma aveva un lungo abito azzurro chiaro con ricami argentati, che le aveva regalato Draco per Natale e che lei sospettava fosse piuttosto costoso, ma Ginny era semplicemente stupenda nel suo stretto tubino dorato, i capelli raccolti in una coda alta che le lasciava scoperta la schiena lentigginosa.
 Alcuni flash di fotografi immortalarono quel momento di saluto tra le due ragazze ed Emma con un mezzo sospiro sciolse la stretta sulla rossa, arretrando  al fianco di Draco, ma Ginny si voltò smagliante, fece un paio di pose per i fotografi e diede loro di nuovo le spalle, per tornare a parlare con i due amici.
 “Questi sono i momenti in cui esce tutto il tuo lato Purosangue, Donnola” gli fece notare il biondo, con un mezzo ghigno “Devo ammetterlo.”
 “Oh, lo dice anche Blaise” sorrise la Weasley, facendo lui un occhiolino “Daphne mi ha anche insegnato le pose migliori per essere fotografata, è stato davvero molto utile. Finalmente degli studi da famiglia Purosangue che non siano fandonie. Ho provato a convincere anche Hermione a migliorare un poco le sue apparizioni pubbliche, ma lei adora le sue pose con braccia incrociate, ognuno ha la sua. Emma non ne ha bisogno, appare naturalmente irresistibile, specie al tuo fianco, ma essere compagna del Prescelto ti da un po' di responsabilità nell'apparire, Malfoy, anche se quando sei semplicemente eroina magica di mezzo mondo come Mione non ti cercano certo per il tuo bel sorriso”
 “Non capirò mai come siate diventati amici” disse Draco e Ginny si accigliò.
 “Chi? Io ed Hermione dici?” chiese confusa.
 “No, Piattola, tu e Zabini” rispose il ragazzo secco, mentre Emma lo ammoniva con un mezzo sguardo divertito “Anche tu e Daph in realtà.”
“Oh, pare che a Serpeverde qualche volta spunti fuori una persona intelligente” disse Ginny “Con il fatto che sento di dover contare Zab, Daphne e persino i tre emoor credo che tu rimanga fuori, furetto.”
 “Fastidiosa” ghignò Draco.
 “Arrogante” ribadì Ginny.
 “E schifosamente ricco” li interruppe Emma “Conosciamo tutti le indubbie qualità di Draco, Gin, ma ha anche dei difetti”
 Risero e Malfoy la strinse a sé, baciandola sulla fronte. Altri Flash scattarono.
 “Sei davvero romantico con la mia piccola Ems, furetto” lo punzecchiò Ginny “Un vero peccato che odiate i fotografi e le copertine” 
 “Non li odiamo, Gin, ma ci piace essere discreti” sorrise l'emoor. 
 “Non che questo vi impedirà di essere su tutte le prime pagine di domani, piccioncini” disse la rossa “ma detto questo, io ed Harry ci siamo accorti con  questa situazione della ricostruzione abbiamo dimenticato una cosa importante”
 “Che cosa?” domandò l'emoor. 
 “La nostra uscita a quattro, Ems!” 
 “Ma ci vediamo tutte le settimane, Gin!” rise la Corvonero.
 “Certo” esalò la rossa con un sorrisetto “ma ci sono anche le serpi, gli emoor, mio fratello ed Hermione e tutti. Credevo che avessimo battuto Voldemort per la nostra uscita a quattro. Solo noi. Ce la meritiamo, Emma!”
 “Non sapevo che avessimo battuto Voldemort per questo” disse scettico Malfoy.
 “È uno dei motivo in effetti” ghignò furba l'emoor verso l'amica.

 “Questa cosa non mi piace” sibilò di nuovo il biondo, guardando verso l'emoor allarmato “Li sopportiamo già abbastanza, Emma.” ma lei sorrise, osservandolo dolcemente, gli carezzò la guancia e ci furono altri flash.
 “Beh, in effetti Ginny non ha tutti i torti, Draco” disse quieta “Questa è un'uscita che dobbiamo fare e poi me lo avevi promesso, no?”
 Malfoy assunse una smorfia contratta e bevve un grosso sorso dal suo calice, facendo ridere le due ragazze ed Harry li raggiunse in quel momento con un sorriso, liberandosi di alcune persone e finanziatori assillanti lungo il percorso.
“Eccovi qui. Scusare il ritardo. Che succede di bello? Malfoy ha ingoiato un rospo?” chiese, baciando Emma su una guancia e stringendo la mano in saluto a un distratto Draco, prima di cingere la vita di Ginny con dolcezza.
 “Nulla di che” rispose Emma “Draco si è appena ricordato di avermi promesso una cosa tempo fa e che le promesse vanno mantenute”
 “E che cosa?” chiese divertito Potter, lanciando uno sguardo a Draco che alzava teatralmente gli occhi al cielo. 
 “Un'uscita a quattro tra noi” anticipò Ginny l'emoor, sfoggiando un altro sorrisetto, mentre osservava anche il volto di Harry farsi rosato. 
 “Oh, sarà divertente” disse Emma, lasciando un leggero bacio sulla mandibola di Draco e ridacchiando divertita “Non fare il melodrammatico”
 “Oh sì” le diede corda Ginny, furba “Sarà davvero divertente.”

*

Papà, prima o poi si cresce” ripeté Emma, esasperata.
 “
Ma io non voglio lasciarti andare” borbottò Severus, accigliato.
 “Ma devi farlo... cosa dirò a Draco?” rise l'emoor, mentre Glimpsy, gli occhioni sgranati, cercava di sistemarle il velo.
 “Non lo so” disse burbero Piton, terribilmente serio “Ma non mi va di perderti tanto presto. Io sono tuo padre e ti ho avuta con me troppo poco tempo”
 L'emoor alzò gli occhi al cielo, sorridendo appena, le mani sui fianchi.
 “Sev, non rimedierai alla tua assenza durante la mia infanzia chiudendomi in casa fino alla mezza età! Ti prego, Draco è quello giusto. Lo sappiamo entrambi... non sei stato proprio tu a formare la nostra coppia in quell'aula di Pozioni?” sorrise e lui strinse le labbra in quella tipica espressione che di tanto in tanto riaffiorava dai lontani tempi andati. 
 
Emma si avvicinò, afferrandogli le mani “Mi accompagni all'altare, papà?”
 
Era una richiesta smielata, decisamente, ma sincera. Quando ero bambina l'emoor avevo sognato che colui che credeva suo padre, Alan, la desse in mano a un principe biondo, come nelle favole.
Il principe c'era e anche se Alan e Lydia non avrebbero mai smesso di essere parte di lei così come il ricordo dell'amico d'infanzia Steph, che a volte ancora la tormentava nei sogni, con il suo sorriso gentile e i suoi occhioni blu, Emma non poteva immaginare nessun altro se non Severus per quel giorno.
 La mano ruvida dell'uomo che stringeva la sua, fu uno dei ricordi più vividi di quella giornata, più del volto emozionato di Narcissa, più dei fiori che Hermione e Luna avevano intrecciato insieme, più della commozione di George e Harry e del volto rosato di Ron che la invitava in un goffo ballo. Persino più della luce di felicità di Ginny e Zabini nel vederli finalmente convolare a nozze.
 La mano ruvida di Severus e gli occhi grandi e pieni di emozione di Draco.

. . .

È un nome orribile!” sputò Lucius.
 “
Non è affatto così, è un nome importante per me” spiegò Emma mite, continuando a leggere il libro che teneva in mano e giocherellando distrattamente con il ciondolo che anni prima le aveva regalato Ginny Weasley e quello che le aveva dato in dono Narcissa Malfoy.
 Il salotto del Manor era caldo nella sua penombra e l'emoor se ne stava comodamente accoccolata tra le braccia di Draco, che ridacchiava per la situazione, carezzando distrattamente il ventre gonfio della ragazza. 
 Severus invece, seduto davanti alla scacchiera insieme a Narcissa, osservò torvo il consuocero, come fosse pronto a prendere la bacchetta e indire un veloce duello.
 “Artemius!” sbottò di nuovo Lucius “è un nome veramente terribile”
 “Anche Scorpius lo è!” borbottò Emma tra i denti.
 “Ehi!” intervenne Draco, fingendosi offeso.
 “
Il fatto che io abbia accettato di dare quel nome a nostro figlio... non significa che mi piaccia” disse l'emoor con un mezzo sorriso al marito, rubandogli un bacio a fior di labbra “So che è importante per i Black e le costellazioni e tutto il resto, capisco la tradizione, credimi, per questo ho accettato, ma è un nome davvero terribile”
Lui rise, stringendola mentre le sussurrava piano “Per me Artemius è perfetto”
 “Ma dove l'hai tirato fuori questo appellativo?” disse nuovamente Lucius, rude.
 “Non l'ho tirato fuori” disse Emma a denti stretti, assottigliando lo sguardo “Severus ha 'tirato fuori' te da Azkaban, Lucius. Artemius è il nome del ragazzo che mi ha salvato la vita senza tirarsi indietro, pur sapendo, da sempre, che avrebbe perso la propria. Se non fosse per lui io non sarei qui, Draco non mi avrebbe sposato e tu non avresti il tuo piccolo erede discendente da Serpeverde e saresti ancora in compagnia dei tuoi Mangiamorte in quella prigione. Quindi nessuna discussione. Il secondo nome sarà Artemius”
 Nella stanza gravò per un istante il silenzio, velocemente interrotto dalle risate appena soffocate di Narcissa e Severus che, complici, si scambiarono un mezzo sguardo, come due bambini troppo cresciuti e dal “Dieci a zero per Emma, Pluffa al centro!” che Draco disse, levando un bicchiere di fwhiskey incendiario verso il padre.

. . .

Malfoy urlò nel sonno, il corpo orribilmente contratto ed Emma scattò seduta.
 “Draco” sussurrò gentile, cercando la bacchetta per accendere la luce e i
l corpo del ragazzo si inarcò e inizio a tremare, squassato dagli urli.
 “
Draco” lo chiamò Emma, scuotendolo appena “Draco svegliati”
 
Lo sentì singhiozzare contro il suo collo e mormorare “Mi dispiace” più volte.
 L'emoor sospirò. Malfoy era schiacciato dai suoi incubi quasi ogni notte. Stritolato dalla paura e dal senso di colpa. Gridava come se lo stessero cruciando. Spezzato. Ferito. Singhiozzava i nomi dei morti di cui sentiva il peso sulle spalle, balbettava scuse scomposte, si contraeva e cercava di fuggire da mostri inesistenti.
 “
Draco” lo chiamò Emma “Svegliarai Scorpius”
 Gli occhi grigi del biondo si schiusero di un poco ed Emma subito lo accolse tra sue braccia, cullandolo lentamente e scostando ciocche chiare dal suo volto
 
L'ho sognato ancora” bisbigliò il marito.
 
Cosa?” mormorò l'emoor paziente, baciandolo sul capo.
Lui, Emma. Tu-Sai-Chi”
 
“Voldemort” disse per lui l'emoor e lo sentì tendersi.
 “
Io. È tutta colpa mia...” balbettò il ragazzo e lei lo trattenne con la forza. 
 “Draco. Amore. Draco ascoltami attentamente” sussurrò dolcemente e lo vide guardarla con occhi grandi e spersi e tremare come un pulcino bagnato 
Harry ha battuto Voldemort tanti anni fa. È tutto a posto. Non tornerà”
Sì giusto” mormorò lui e lei lo baciò sulle labbra, carezzandogli la schiena in movimenti circolari fino a quando non lo sentì rilassarsi.
 
Sai cosa devi sempre ricordare?” chiese Emma con tono morbido.
Cosa?” chiese rauco Malfoy.
 
Harry ha sconfitto Lord Voldemort con la tua bacchetta Draco.”
 
Lui sorrise appena. Si misero fronte contro fronte. Respiro contro respiro.

. . .

Zabini. Smettila di ingurgitarti” lo rimbeccò Ginny, l'enorme pancione da nono mese di gravidanza, teso quasi ad esplodere ed Emma ridacchiò divertita, scuotendo la testa insieme all'amica.
 
Ma sono incinto” si lamentò il Serpeverde, facendo ridere tutti i presenti, tranne Daphne che, con la pancia altrettanto tonda come quella della rossa, alzava gli occhi al cielo piena di esasperazione.
 
Vi prego” disse la Serpeverde “qualcuno gli dica qualcosa”
Beh, tecnicamente è vero: aspettate un bambino” disse Ron.
 
Sì, ma è Daphne a portarlo, questo non giustifica il fatto che Blaise debba mangiare tanto cibo” rise Hermione “Non può avere lui le voglie.”
 
Si chiama tensione” si difese Zabini.
 
Si chiama: come rovinare la propria linea lasciando che Malfoy rimanga l'unica serpe affascinante” disse ridendo Draco, sporgendosi per versare del vino Elfico ad Harry, che gli fece un cenno di ringraziamento.
 
“Aspettate che facciate il secondo” aggiunse Ginny “Poi voglio documentare il nervosismo di Zabini”
 Emma sorrise appena, accarezzandosi a sua volta la pancia, mentre scambiava uno sguardo con l'amica. Lei e Ginny stavano affrontando quella gravidanza insieme, per la rossa era il terzo figlio, per Emma solo il secondo, ma si erano molto divertite a fare shopping per piccoli maghi insieme ed erano felici di poter coinvolgere ora anche Daphne, più spaventata alla sua prima esperienza.

Come va la carriera O'Shea?” chiese Zabini per cambiare discorso.
 
“A gonfie vele” sorrise Emma “Ollivander ormai mi lascia quasi sempre le redini del negozio. Sto facendo molta ricerca è soddisfacente”
 “
E con i bambini?” domandò Daphne curiosa “Riesci a gestire tutto?”
 
Io sono un ottimo Babysitter e mia madre aiuta” rispose Draco, baciando la moglie sullo zigomo “Emma è quella che tira avanti la famiglia”
 
Merlino Malfoy come un elfo domestico” ridacchiò Ron, imitato dai presenti.   
 
Parla quello che si è sistemato con il Ministro della Magia per non lavorare mai più nella vita.” lo rimbeccò con un ghigno Draco.
 “È un complimento questo, Malfoy?” sorrise Hermione, poggiando una mano sulla spalla di Ron “Perché sembrava.”
 
Prendilo come tale, Granger” soffiò il biondo, stringendo Emma più contro il suo fianco “Se la cosa ti fa così piacere. Hai bisogno della mia approvazione?”
 
L'emoor afferrò lui la mano “Non tirare troppo la corda, biondo” disse e lui rise appena contro la sua spalla ed Emma alzò lo sguardo sui presenti. 
 C'era Ginny appoggiata ad Harry, innamorati come sempre, Hermione che riprendeva dolcemente Ron, che era piegato in due dalle risate insieme a Zabini, Daphne pallida e bellissima, George che chiacchierava serenamente insieme a Sean vicino alla cucina, con il piccolo Fred in braccio.
 
Il campanello suonò ed Harry si alzò per andare ad aprire.
 “Vado io. Devono essere Emily e David” disse, mentre il piccolo James Sirius gli afferrava una gamba, imitato un secondo dopo da Scorpius.
Mius lascia stare lo zio Harry” lo richiamò Emma, ma Potter si chinò con un sorriso, afferrando entrambi i bimbi tra le braccia, facendoli ridere.
“Fai cadere mio figlio, Potter e ti faccio un'altra cicatrice” sbuffò Draco, senza rabbia, senza cattiveria, senza intenzione di ferire.
 Harry fece lui un leggero ghigno ed Emma scambiò con lui uno sguardo.
 Stavano bene. Bene davvero.

*

Perché non chiamarlo Argon?” disse Draco, sorridendo appena.
 
Erano a Spinner's End, Severus stava seduto sulla vecchia poltrona ed Emma sulla sua, come sempre. Draco invece, semi sdraiato sul divano, giocava con Scorpius. Il bimbo lanciava gridolini di gioia mentre si divertiva a tirare le ciocche di capelli biondi del padre.
 “Draco tesoro"”sospirò Emma, scuotendo la testa “Hai davvero tante qualità, ma ti manca il buon gusto dei nomi”
 “Come no!? Scorpius adora il suo nome! Non è vero, ometto?”
 Il bimbo fece un buffa smorfia contratta prima di strillare “Ntemius!” e Malfoy boccheggiò “No, ometto! Non farmi questo! Così vincerà tua madre. Dì bene: Scor-pius. Scorpius. Non Artemius.”
 
L'emoor rise, scuotendo la testa con dolcezza, prima di voltarsi verso il padre, che osservava la scena stranamente silenzioso.
 “
Sev, papà? Che c'è? A che pensi?”
 “Come? Nulla” rispose lui “Pensavo al nome, non hai nessuna opzione?”
 “
La mia unica opzione è Remus” rispose delicatamente l'emoor, cauta, perché nonostante tra i Malandrini Lupin fosse quello più tollerato dal padre, anzi nonostante fosse certa che i due fossero arrivati a costruire una strana amicizia, Emma non voleva che il figlio ricordasse ogni secondo al padre il passato.
 Severus aggrottò le sopracciglia “Remus è un bel nome”
 “
A me non piace molto però” intervenne Draco, lottando con Scorpius che strillava felice e ripetizione il nome Artemius.
 
A che nome stavi pensando tu papà?” chiese la ragazza, conoscendo bene l'espressione accigliata che svettava sul volto dell'uomo.
Piton fece infatti un leggero sorriso in risposta, appena accennato.
 “Ecco, stavo pensando a Silas. È un bel nome, è semplice e lineare e comincia e finisce con esse, come Scorpius!”
Emma sbatté le ciglia sorpresa. Silas era un bellissimo nome
 “Mi piace. Allora è deciso” disse allegra “Tu che dici Draco?”
 “Silas mi piace” annuì il biondo, portando infine il figlioletto all'emoor perché lo tenesse un poco in braccio “ma dovrai affrontare mio padre”
 Emma scrollò le spalle scambiando uno sguardo d'intesa con il tutore.
Silas Remus Malfoy.

. . .

Sei bellissima”.
 Draco glielo diceva quasi ogni mattina, ma con una tale intensità nello sguardo grigio che Emma ci credeva sempre, ciecamente. Si avvicinò al marito scostando le coperte in cui si erano impigliati nel sonno, per poterlo abbracciare. Il suo profumo che le invadeva le narici, riempiendola di calma.
 
Sei bellissimo tu.” sorrise, scostando ciocche di morbidi capelli ancora biondi dal volto di lui, Draco seguì il profilo di lei con la punta del dito, facendole un leggero sorriso ed Emma alzò il capo per potergli rubare un bacio a fior di labbra, sorridendo a sua volta contro la pelle del suo collo.
 “
Tuo padre ieri mi ha detto che sono strana, come la nostra famiglia”
Mia madre dice sempre che siamo stupendi” ribatté Draco.
 Emma si strinse a lui. Pioggia in arrivo, menta, caffé. 
 Si lasciò andare contro il petto dell'uomo, lasciandosi cullare dalle sue carezze, il pensiero solo distrattamente rivolto al caffé amaro di cui sentiva un gran bisogno e agli ordini che la aspettavano da Ollivander.
 
Mi devo alzare” sospirò, ma Draco la trattenne, stringendola contro il suo fianco, carezzandole con la punta delle dita chiare il costato, cullandola piano.
 
Subito?” sussurrò con tono implorante, che fece ridere l'emoor.
 
Sì, subito Dra” sussurrò lei, ma trascinò con sé il marito fuori dal letto.
Malfoy
 ghignò, ma la seguì nel bagno ordinato senza parlare e poi nella doccia, divertito da quel gioco. Negli anni avevano imparato a conoscersi come le proprie tasche, ogni piccola cicatrice, ogni millimetro della pelle dell'altro.
 Eppure Emma osservò il suo volto chiaro del marito come fosse la prima volta, perdendosi nei lineamenti spigolosi addolciti dalla tenerezza, baciando il ghigno non più amaro sul volto di lui, la mandibola più marcata di quando era ragazzino, carezzando il velo di barba che sapeva sarebbe scomparso con l'accurata rasatura mattutina.
Salazar” disse lui, sorridendo contro le sue spalle, prima di cominciare a insaponarle la schiena con dolcezza “Sia lodato Salazar Serpeverde per il giorno in cui io e te ci siamo incontrati.”
 
Emma gli punzecchiò il petto con un dito, sorridendogli tra l'acqua. 
 “Intendi quello in cui non mi hai rivolto la parola?”
 Draco rise apertamente, tra i denti, la strinse a sé, le baciò il naso. 
 “Allora sia lodato il tuo buon cuore e la tua testardaggine”
 “
E il tuo coraggio” rispose Emma, rubandogli un altro bacio.
 
Si abbracciarono stretti, lasciando che l'acqua scorresse sopra di loro.
I marchi neri sbiaditi che si sfioravano appena, i respiri coordinati, gli occhi quieti. Si amavano terribilmente.

*

Dubhe! Sbrigati per favore.” disse Draco, trattenendo il nervoso.
Lasciala Draco, manca ancora un poco alla partenza” intervenne subito Severus, in difesa della bimba “Non serve correre.”
 
Emma si voltò per guardare la figlia che, incantata alla vista dell'espresso di Hogwarts aveva rallentato il passo e le sorrise dolcemente.
 Dubhe Narcissa Malfoy le assomigliava moltissimo, o meglio, assomigliava terribilmente a Lily Evans, con i lunghi capelli rossi e gli occhi verdi chiari identici a quello dello zio, l'emoor non faticava a capire perché dei suoi figli fosse la prediletta di suo padre.
Con il tempo però aveva compreso che Severus non vedeva in lei Lily, ma piuttosto sé stessa bambina, Eileen, la figlia che non aveva potuto crescere.
 “
Vieni Dubhe, stai vicino a noi” l'emoor richiamò dolcemente la bimba, prima di avvicinarsi all'orecchio di Severus “Papà, non essere troppo morbido con lei, soprattutto ad Hogwarts, visto che sei professore. È furba” 
 
Ci proverò” rispose lui divertito, già sapendo che non ci sarebbe riuscito.
 
Mamma, ho lasciato a casa la scopa!” si lamentò Silas.
 Aveva i colori di Draco, pallidi e chiari, ma i capelli ricci come quelli di Emma ed era l'unico dei suoi figli ad aver ereditato gli occhi di Alicia, di cui Emma era tanto orgogliosa.Verdi con ombre.
 
Te la spediamo con Rubrick, ometto” intervenne Draco abbracciando il figlio.
 
Quel gufo è vecchio” borbottò lui “Ma non doveva esserci lo zio Harry?”
 
Draco alzò gli occhi al cielo a quella domanda: considerava nefasta la passione del secondogenito per lo zio e non si era ancora abituato all'idea di avere un figlio in Grifondoro, a differenza di Piton, che Emma sapeva essere segretamente contento dello smistamento di Silas, forse pensando che Lily sarebbe stata felice.
 “
Certo, San Potter e tutta la combriccola sono proprio lì” sibilò Malfoy, indicando il gruppo più avanti “Ma non gioire troppo vistosamente, ragazzino”
 
Draco” lo ammonì Emma giocosa, afferrando lui la mano,
 Scorpius li aspettava invece insieme agli zii, mano nella mano con Rose Weasley, emozionato. Era la copia sputata di Draco da ragazzo sia nei tratti delicati, che nel portamento, ma nell'animo e nel carattere era identico ad Emma.
 
Merlino e dire che era l'unico figlio Serpeverde che mi era rimasto” esalò il biondo, scuotendo teatralmente il capo alla vista della giovane coppietta.
 
Pensa che Rose è la mia unica figlia e sta con un Malfoy” ribatté Ron, dando una pacca sulla spalla al biondo, mentre Emma si sporgeva ad abbracciare sia Ginny che  Hermione “Zabini?” chiese.
 
Sono in ritardo anche quest'anno” rispose la Granger “Oh guarda c'è Luna!” aggiunse, agitando la mano verso l'amica ed Emma salutò la compagna di Casa, distrattamente, affiancandosi al fratello.
Severus” disse Harry l'ex professore di Pozioni con un gesto secco.
Potter” sibilò l'uomo in risposta.
 
“Oh, smettetela voi due” li rimbeccò Emma, circondando le spalle della figlia, in un abbraccio “non vi crede più nessuno.”
 
Mamma” sussurrò la bambina “Papà pensa che non finirò in Serpeverde?”
Perché dici così?” chiese l'emoor “Tu puoi finire dove desideri”
“Ma ha detto che Mius è il suo unico figlio Serpeverde.”
 
Draco apparve chinandosi di fronte alla bimba e stringendola affettuosamente.
 “Questo solo perché
 tu hai il cervello di tua madre, Dubhe e hai buone possibilità di finire nella Casa di Corvonero”
 “Che è molto bella” disse allegra Luna.
 
Siete una famiglia strana in effetti, vi manca solo Tassorosso” intervenne la voce di Blaise, apparso alle loro spalle insieme a Daphne, Emily, David e i figli.
Emma sorrise agli altri emoor, prima di rivolgersi al Serpeverde.
 “
Non attentare alla vita di Draco con queste notizie, Bla.”
 
Ma io non posso diventare Tassorosso zio Blaise, è impossibile” intervenne Dubhe con candore “Nonno Sev ha detto che mi disereda”
Ci fu un istante di silenzio perplesso, poi Emma scoppiò a ridere. 
 “Papà” lo ammonì, il cuore gonfio di gioia nel vedere gli occhi di Severus brillare di felicità. 
Severus Piton. Suo padre. Felice.
 Stavano bene. Stavano tutti bene. Avevano un mondo in cui stare insieme.

Avevano combattuto per quello.

*

Joanne aveva gli occhi stranamente lucidi, mentre si sforzava di continuare i suoi appunti.
 
Hai altre domande?” chiese Emma, trattenendo anche lei a stento lacrime di commozione.
 
No” rispose la donna di fronte, appoggiando la penna sul tavolo “Sei stata molto esaustiva. Una bella storia”
Bellissima, sì” assentì l'emoor con un sorriso dolce.
 
Era troppo tardi per andare a Hogwarts, ma poteva tornare a casa dal marito, che improvvisamente la mancava terribilmente. 
 Aveva voglia di guardare il volto chiaro solcato dalle poche rughe che conosceva a memoria, sedersi insieme sul divano a leggere un libro, respiro contro respiro.
 “Ti andrebbe di fare un'ultima cosa?” chiese Joanne e l'emoor fece un leggero sbuffo stanco. 
 “Ormai, Rowling, mi hai rubato tutta la giornata.”
 
Scrivi qualcosa.” disse l'altra “di tuo pugno, una prefazione”
Non ne sono capace” si difese subito la Corvonero.
 
Sì che lo sei” insistette Joanne “Hai appena finito di raccontarmi una storia stupenda, merita una tua prefazione.”
 
Emma pressò le labbra in una smorfia contrariata, mentre la Rowling le porgeva piuma e pergamena “Ti lascio sola” le disse alzandosi con aria soddisfatta “E grazie.” aggiunse sincera.
 
L'emoor annuì appena, prima di fissare il foglio di pergamena di fronte a lei, indecisa. Rimase immobile per qualche minuto, ripensando a tutto quel che aveva raccontato, la smorfia che si addolciva al pensiero di ogni persona che aveva fatto parte della sua vita, nel bene e nel male. Si rigirò la piuma tra le dita, gli occhi chiusi, il sangue che le scorreva bollente nelle vene e prese un profondo respiro, intingendo la punta nell'inchiostro.


Questa è la nostra storia.

 La vera storia che ho deciso di raccontare e che forse mai nessuno conoscerà, ma che è davvero importante che sia esistita. 
 È importante per noi, che l'abbiamo vissuta, che abbiamo lottato affinché i nostri figli potessero vivere in un mondo migliore. 
È importante per coloro che non sono più e che non dovrebbero essere dimenticati.  È importante per me, per gli emoor e per le Ombre di Hogwarts: Alicia, Andrew, Thomas e Angela, che hanno fatto molto senza volere nessun riconoscimento. 
 È importante per Lucius e Narcissa Malfoy che sono stati riabilitati, per me e Draco che abbiamo un nuovo mondo dove amarci. Per Nott Senior che ha fatto del suo meglio e tutti quelli come lui.

Di tutta la mia vita non cambierei un solo giorno. Nemmeno i momenti più duri, difficili e dolorosi, perché alla fine hanno portato a un felice epilogo.
 Ho conosciuto persone meravigliose e persone crudeli, ho amato e in parte odiato, ho vissuto e rischiato di morire e fino all'ultimo sono rimasta l'ago della bilancia e non mi sono mai contraddetta, salvando chi amavo e perdonando chi mi feriva.
 S
e tu lettore hai seguito le nostre avventure e hai pianto e gioito con noi... Grazie.
Grazie perché in fondo non siamo altro che i nostri ricordi e finché qualcuno non dimenticherà la nostra storia, non finiremo nell'oblio, anche quando arriverà l'ora del nulla. Anche se, come disse Albus Silente, per una mente ben organizzata la morte non è altro che una nuova straordinaria avventura.

Noi siamo state pedine di una svolta, di un pezzo di storia.
 Una storia che potrebbe essere cominciata quando due ragazzi che ancora non si amavano hanno volato insieme su una scopa, abbattendo i pregiudizi. O forse quando un'esile ragazzina è entrata nella vita di un uomo solo, gli occhi verdi con ombre che si sono incrociati con i suoi due occhi scuri da un uomo amaro, simili a due lunghi tunnel. O ancora prima, quando un bambino e una bambina si sussurrarono segreti in una radura.
 O forse, questa storia è cominciata nella notte dei tempi quando quattro ragazzi decisero di rimanere nell'
ombra.

 Emma Eileen Piton O'Shea

. . .

Emma appoggiò la piuma.
 Le ombre della sera accarezzavano la sala. Sapeva che Joanne non sarebbe tornata a salutare, indossò la mantella che un tempo era appartenuta a Eileen Prince e uscì dalla casa, perdendosi nelle brulicanti strade Babbane di Londra.  
Raggiunse un piccolo vicolo pronta per smaterializzarsi dal marito, nella loro amata casa dove continuavano a condividere ogni cosa, così calda e intima rispetto al vecchio Manor. Riusciva già a immaginare il sorriso con cui Draco l'avrebbe accolta, appoggiando gli occhiali dorati sul divano accanto al libro che stava leggendo per andarle subito incontro, il suo profumo, pioggia in arrivo, menta, caffé che l'avrebbe accolta, il caminetto acceso e il the già pronto per lei sul tavolino a fare da cornice, ma all'ultimo cambiò idea. 
Le mani strette intorno alla bacchetta che continuava ad essere sua fedele compagna da quando aveva tredici anni, Emma visualizzò l'immagine di una collina coperta di fiori di un passato lontano, dove una bambina correva a perdifiato verso il suo tutore, le braccia spalancate, il sorriso gigante e un Patronus argenteo, a forma di volpe, si mosse sinuoso di fronte a lei ed Emma lo indirizzò a Draco per avvisarlo che avrebbe fatto tardi, poi si smaterializzò.

Riapparve in uno stretto vicolo maleodorante che ben conosceva, lanciò solo un veloce sguardo alle colline verdeggianti alla sua destra, nascoste dalle case malmesse e uscì sulla strada principale con passo sicuro, scivolando tra le vie buie, nell'ombra della sera.
 Si fermò solo una volta davanti al giardinetto come sempre disordinato, ma che negli anni aveva provato a sistemare con qualche fiore e arbusto e bussò la porta.
 Severus venne ad aprirle, i capelli striati di bianco e le solite vesti nere sul corpo magro e sottile, i lineamenti aspri e gli occhi scuri.

 “Emma” disse sorpreso “Che ci fai qui?”
 “Ciao, papà. Mi mancavi stasera, pensavo potessimo mangiare qualcosa insieme e fare due chiacchiere, se non disturbo.”
 
Certo. Non disturbi mai. Entra” sorrise l'uomo, facendosi da parte “Draco non è venuto? Va tutto bene?”
 
“Sì, è a casa. Lo raggiungo dopo, volevo solo stare un po' con te”
 
All'interno del salotto il caminetto era acceso, nonostante fosse primavera, come sempre, i libri erano ovunque, le due poltrone al loro posto sul tappeto consunto. Una pozione sobbolliva piano in un angolo, il fumo denso che saliva verso il soffitto.
 “
Stavo distillando un po' di bevanda della Pace per passare il tempo.” le disse Piton “Ti va di aiutarmi?”
 
L'emoor sorrise, si tolse la mantella e si mise al suo fianco in un gesto automatico, mentre afferrava il primo ingrediente, come sempre e avvolti nei fumi della pozione, in cui entrambi si sentivano a loro agio, lavorarono in silenzio, senza bisogno di parole, un mezzo sorriso sulle labbra, uniti come lo erano stati per tutta la vita.
 “Ti ricordi quando ti aiutavo da bambina?” chiese lei.
 “Me lo ricordo” rispose con dolcezza l'uomo “Non hai mai smesso”
 Lei annuì appena e passò all'ingrediente successivo, mentre le labbra sottili dell'uomo si inarcavano in quello che 
sembrava un sorriso, l'emoor canticchiò qualcosa tra i denti, a suo agio. 
Erano insieme.  Emma e Severus. 
 
Andava tutto bene.

*Angolo Autrice*


Ciao Lettori miei. 
Eccoci per un ultimo saluto, un po' come Emma scompiglia per l'ultima volta i capelli di James.
Mentre leggete queste parole io ho spuntato la casella "completa" su questa storia e ancora stento a crederci. 
Ho cercato di scrivere questo lungo epilogo disseminandolo di dettagli che vi portassero a scoprire piano piano come sono andate avanti le vite dei personaggi che ci hanno fatto compagnia tanto a lungo. Spero di essere riuscita a darvi una degna conclusione, completa, nelle sue parti in luce e in quelle in ombra, di avervi fatto sorridere ed emozionare, anche solo per un attimo. Vi ringrazio di cuore, un po' come Emma ringrazia i suoi lettori, di avermi seguita fin qui, di avermi concesso il vostro tempo, le vostre parole, i vostri consigli. 

Trovate QUI la versione PDF che io chiamo "formato libro" della storia, divisa in 4 volumi, ognuno con la sua copertina.
Se volete supportare invece il mio lavoro e le tante ore che dedico alla scrittura potete farlo QUI offrendomi un caffé.

Ho altre storie che ci attendono, ma le metterò qui pian piano, sistemandole con cura. 
Per quanto riguarda Emma, Severus, Draco, Ginny, gli emoor e i personaggi che ci hanno accompagnato in questo racconto è ora di salutarli. 
Vi abbraccio con affetto ed emozione. 
Spero a presto, tra altre storie e parole.
Con immenso affetto. 
vi

 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3945141