Tutte le donne della tua vita

di MaryFangirl
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo Uno ***
Capitolo 2: *** Capitolo Due ***
Capitolo 3: *** Capitolo Tre ***
Capitolo 4: *** Capitolo Quattro ***
Capitolo 5: *** Capitolo Cinque ***
Capitolo 6: *** Capitolo Sei ***
Capitolo 7: *** Capitolo Sette ***
Capitolo 8: *** Capitolo Otto ***
Capitolo 9: *** Capitolo Nove ***
Capitolo 10: *** Capitolo Dieci ***
Capitolo 11: *** Capitolo Undici ***
Capitolo 12: *** Capitolo Dodici ***
Capitolo 13: *** Capitolo Tredici ***
Capitolo 14: *** Capitolo Quattordici ***
Capitolo 15: *** Capitolo Quindici ***
Capitolo 16: *** Capitolo Sedici ***
Capitolo 17: *** Capitolo Diciassette ***
Capitolo 18: *** Capitolo Diciotto ***
Capitolo 19: *** Capitolo Diciannove ***
Capitolo 20: *** Capitolo Venti ***
Capitolo 21: *** Capitolo Ventuno ***
Capitolo 22: *** Capitolo Ventidue ***
Capitolo 23: *** Capitolo Ventitré ***
Capitolo 24: *** Capitolo Ventiquattro ***
Capitolo 25: *** Capitolo Venticinque ***



Capitolo 1
*** Capitolo Uno ***


Questa è la traduzione di una fanfiction dal francese, realizzata e postata in seguito a consenso dell'autrice. Di seguito i dettagli.
 
 
Titolo originale: Toutes les femmes de ta vie
Link storia originale: http://hojofancity.free.fr/WorkDisplay.php?v=2&st=1&series=1&choix=0&fm=&status=&s=1238&t=
 
 
Ciao a tutti ^^ vi presento un'altra traduzione della mia lista (abbastanza lunga ma a cui non escludo mai di aggiungere qualche novità a me gradita) che ritengo, come sempre, una di quelle storie che mi sono piaciute al punto di volerle far conoscere al fandom italiano. Ringrazio sempre tutti per l'entusiasmo dimostrato anche per questi lavori che, seppur non miei, mi impegnano, e ci tengo molto a renderli al meglio.
 
La storia in questione è abbastanza tranquilla e leggera come atmosfera, ovviamente non mancheranno un po' di movimento e questioni note in CH; spero vi piaccia, se vorrete sarò contenta di sapere cosa ne pensate.
 
Buona lettura ^^

 
 
In una bella giornata di maggio, mentre le nuvole sfilavano alte nel cielo azzurro, mosse da una calda brezza, Kaori tornava a casa dopo il suo giro mattutino con passo leggero. La lavagna era vuota di messaggi, il che non la disturbava più di tanto poiché avevano appena terminato una serie di missioni che avevano ben riempito il loro conto e chiedere un giorno di riposo non sarebbe stato troppo per recuperare tutto quello che aveva da fare.
 
Posando le buste della spesa sul tavolo della cucina, si accorse che Ryo non si era ancora alzato, la colazione era ancora in forno.
 
“Solo perché non abbiamo un lavoro non significa che rimarrà a letto tutto il giorno...” borbottò, dirigendosi al piano di sopra. “Ryo! Alzati!” gridò, entrando nella sua stanza.
 
“Kaori, mia piccola Kaori...facciamo mokkori...” lo sentì mormorare.
 
Lei sentì le proprie guance arrossire; Ryo la stava sognando? Il suo cuore iniziò a battere più forte e la speranza giunse con forza. Forse quello era il giorno in cui...
 
“Kaori, la mia coniglietta preferita...” continuò lui, stringendo il cuscino mentre si girava, mostrando il suo mokkori eretto.
 
Il rossore che invadeva il viso di lei non tradì più la sua emozione ma la sua rabbia e un martellone da cento giga tonnellate si materializzò tra le sue mani. Senza alcun preavviso, lo schiantò sul suo partner, facendolo attraversare il pavimento, poi si lanciò fuori dalla stanza con i pugni chiusi e il viso accigliato.
 
“Forse ho esagerato un po'” mormorò Ryo, intrappolato sotto la prigione di legno.
 
Doveva ammettere che ebbe difficoltà a sollevare il martello e a rimettere a posto tutte le sue vertebre. Si chiese se persino le dita dei suoi piedi non avessero sofferto per quell'attacco...con una smorfia ad ogni passo, si diresse in bagno e scivolò sotto il getto di acqua calda che fece miracoli.
 
“So cosa devo fare questo pomeriggio...” disse, fissando il buco nella sua stanza. “A me le signorine mokkori!” gridò felice, alzando un pugno conquistatore al cielo.
 
Doveva trovare un'occupazione visto che non poteva oziare a letto, pensò mentre un corvetto vestito di una giacca blu inseguiva libellule dalle lunghe ciglia. Con passo cadenzato si avviò in cucina dove la sua partner era impegnata a mettere via la spesa appena acquistata.
 
“Buongiorno Kaori!” disse.

In risposta, ricevette un'occhiataccia e indietreggiò. Forse ci era andato un po' pesantemente...si sedette al tavolo con noncuranza e aspettò.

“Ebbene, la mia colazione...” chiese.

“Non sai servirti da solo?” fece lei di cattivo umore.

“Non vorrei starti in mezzo ai piedi...” sorrise lui.

“Ipocrita” mormorò lei, prendendo comunque il piatto dal forno per metterglielo davanti.
 
Lui fece un leggero sorrisetto divertito, come ogni volta che la stuzzicava, poi guardò il piatto, aggrottando la fronte prima di storcere il naso.

“Quante?” chiese, tirando fuori il flacone di pillole per lo stomaco.

Kaori guardò lui e il flacone e, senza mezzi termini, lo abbatté con un martellone. Ryo finì con la testa sul piatto e un enorme bernoccolo apparve sulla sua testa.

“Dipende: con o senza antidolorifici?” rispose lei, trattenendosi per non massacrarlo.

Doveva essere una bella giornata, pensò malinconicamente. Finendo di svuotare le buste, gli piazzò davanti due giornali.

“Cos'è questa roba? Non è il mio giornale” disse lui contrariato.

“Lo so. L'ho comprato in più” disse lei pazientemente.

“Spese inutili...poi mi fai sgobbare come un matto perché non abbiamo soldi” la rimproverò, scartando con noncuranza il giornale indesiderato per prendere quello abituale.

Venne colpito da un martello sul bernoccolo precedente, facendone apparire un altro appena sopra.

“Oh che carino...sembra una religieuse*...” fece Kaori. “Ti faccio sgobbare come un patto perché tu spendi tutti i nostri soldi in cose inutili! Il motivo per cui ho comprato questo giornale era perché c'era un articolo che poteva interessarti” gli disse. Afferrò il quotidiano e lo aprì alla pagina desiderata, piegandolo e posandolo accanto a lui.

“Mi sembra che questa sia una delle ultime cliente che hai avuto con Hide” disse con tono addolcito, come ogni volta che parlava di suo fratello.
 
Ciò bastò a distogliere Ryo dalla sua apparente concentrazione sul proprio giornale e, dopo una rapida occhiata alla sua partner, notando un barlume di tristezza nel suo sguardo, lesse il titolo indicato: 'Scomparsa del coraggioso medico: la dottoressa Megumi Iwasaki è deceduta a causa del cancro che la stava divorando'. Pur rimanendo apparentemente impassibile, lo sweeper avvertì una leggera fitta al cuore.
 
“Beh, è durata molto più a lungo del previsto. Una signorina mokkori in meno sulla terra, è un peccato” disse con tono neutro.
 
Si voltò quando sentì un boato accanto a lui e trovò Kaori sdraiata sul pavimento. Lei si alzò, massaggiandosi la testa.

“Pensi solo a questo, incredibile!” gridò indignata, tirando fuori un altro martello. Ryo non attese la punizione e scappò.

“Non dimenticare di aggiustare il buco nella mia stanza!” esclamò prima di sbattere la porta.

Kaori si fermò, senza fiato, quando lo vide sparire. Si calmò, tornò in cucina e finì di pulire, borbottando. Raccogliendo il giornale, fissò a lungo la foto. Hideyuki le aveva riassunto il caso a grandi linee. La donna aveva assunto Ryo per uccidere l'assassino del suo fidanzato, un pugile che aveva già dovuto superare un lungo calvario dopo un grave incidente, ed era stato assassinato dal suo avversario sul punto di tornare sul ring. Il suo partner aveva portato a termine l'incarico ma, una volta terminato, aveva stracciato l'assicurazione sulla vita che avrebbe dovuto pagarlo alla morte della dottoressa. Era proprio da Ryo, pensò sorridendo. Un'altra bella donna per cui aveva lavorato gratuitamente, ma poteva comprendere mentre osservava il suo sguardo. Avvertiva una certa benevolenza nel guardarla ma allo stesso tempo una punta di tristezza, come quando lei pensava al fratello scomparso. Sospirando appena, ripiegò il giornale e lo mise via prima di darsi alle pulizie.
 
 
Scacciando il pensiero della dottoressa deceduta, Ryo vagò per le strade di Shinjuku e si guardò intorno. Soddisfatto della relativa calma che regnava nelle vie della città, avvertì i dolci effetti della primavera e le temperature miti prendere possesso del suo corpo.
 
“A me le signorine mokkori...” gongolò, sfregandosi le mani.
 
Si mise allora a camminare per le strade che si riempirono di urla di stupore e di spavento fino a fine giornata. Correndo come un folle, tornò al suo appartamento ed entrò frettolosamente...solo per essere schiacciato da un martellone.

“Pensi che non sappia cos'hai fatto tutto il giorno?” gridò Kaori. “Ho sentito le urla fin qui!”
 
Ryo si alzò e si spolverò i vestiti, con aria seria.
 
“Io...ma no, andiamo Kaori, non ero io. Era...Mick” mentì sfacciatamente.

“Mick, dici?” ripeté lei, sembrando ammorbidirsi.

“Sì, Mick. Come avrei potuto comportarmi così quando ho appena perso una mia ex cliente? Anche io ho un po' di rispetto...” disse molto seriamente.

“Oh...perdonami, allora” rispose lei, falsamente pentita.

“Ti perdono, ma che non succeda più” rispose reprimendo una stupida risata.

Si voltò verso l'attaccapanni e si tolse la giacca, appendendola al gancio. Quando si girò, tuttavia, si trovò bloccato da una catena di mutandine e reggiseni che correva dalle dita di Kaori alla tasca della giacca. Deglutì.

“Il tuo rispetto mi scalda il cuore” ringhiò Kaori. “E la prossima volta che vuoi incolpare il tuo amico, assicurati che ci sia! Ti ricordo che Mick e Kazue sono andati al nord del paese per trovare la famiglia di lei!”

“Oops...” fece Ryo.

“Sì, oops” disse lei.
 
Non ebbe tempo di reagire che un martellone 'Speciale aldilà' lo schiacciò prima che Kaori si allontanasse furiosamente. La serata trascorse senza intoppi e, fedele a se stesso, lui scappò di casa prima possibile dopo cena, tornando a casa brillo. Esausto, crollò sul letto dopo essersi spogliato nel tragitto fino a camera sua, spargendo i vestiti in giro per casa.
 
“Saeba...”

La voce era eterea, irreale, come un sussurro proveniente da molto, molto lontano.

“Saeba...”

Ryo si voltò e vide una figura leggermente sfocata apparire dietro di lui.

“Saeba...”

La figura divenne più chiara e lui riconobbe Megumi Iwasaki, avvolta nel suo impermeabile, una sciarpa legata al collo come la prima volta che l'aveva vista. Incontrò i suoi occhi nocciola contenenti quella tristezza straziante. Senza uno sguardo, lei lo oltrepassò e lui la seguì meccanicamente, un po' sorpreso. Perché chiamarlo se voleva ignorarlo?
 
Si rivide mentre tentava di palpeggiarla nel suo studio, sentì il dolore alla mascella, poi, prima ancora di capire come, si ritrovò sulla passerella che attraversava la strada. La vide parlare ma non udì una parola, eppure sapeva tutto quello che gli stava dicendo. Inagaki aveva investito il suo fidanzato e, quando questi si era ripreso ed era finalmente stato in grado di rientrare nel campionato, lo aveva ucciso dopo averlo minacciato. Lei gli aveva chiesto di ucciderlo e lui le aveva detto di andare dalla polizia, le sarebbe costato di meno, ma lei non aveva voluto. Non aveva tempo, afflitta com'era dal cancro. Sarebbe stato pagato, profumatamente, quando lei fosse morta. Lui aveva preso il contratto di assicurazione sulla vita, accettando l'incarico.
 
“In fondo, per essere un donnaiolo, sei piuttosto serio” gli disse infine.

Lui si guardò alle spalle, eccolo che faceva il pagliaccio come al solito.

“Sei sicura di parlare con la persona giusta?”

“Sì, Saeba. Sei solo apparenza. Ti nascondi perché nessuno legga dentro di te” rispose lei con un sorrisetto ironico. “Fai l'indifferente ma non lo sei così tanto, altrimenti non mi avresti spinta a combattere, a smettere di affogare il mio lutto e il mio dolore nell'alcool. Avresti portato a termine il tuo incarico e basta” gli disse.
 
Lui si passò una mano nervosa tra i capelli e lasciò che un sorriso enigmatico si diffondesse sul suo viso.

“Penso che tu sia troppo romantica” ribatté.
“Davvero?” disse lei, inarcando un sopracciglio.
“Cercavo solo di impressionarti per una bottarella” le disse.
“Un cavalier servente non dà bottarelle, Saeba” rispose lei.
“Chi ha parlato di cavalier servente?” fece lui, a disagio.
 
Sapeva che quelle erano state le sue ultime parole.

“Lo sai molto bene ma continui a ignorarlo” rise lei. “Sai farlo molto bene, vero?” aggiunse, fissandolo con uno sguardo intenso.

“Quello che so è che tu sei ancora molto mokkori!” le disse, saltandole addosso con una smorfia perversa.

Con suo grande stupore, Megumi svanì quando la raggiunse e atterrò a terra, abbracciando il vuoto. Spolverandosi istintivamente i vestiti, si alzò e la cercò, trovandola dietro di sé. Osservò lo scenario che era cambiato e si ritrovò nel parco, con Maki non lontano che gli diceva quello che sapeva della relazione di Ogino e Megumi.
 
“Anche nei tuoi sogni vai in bianco. Dovrebbe dire qualcosa, no?” disse lei maliziosamente.

“Dire qualcosa? Cosa?” sbottò lui, accigliandosi. “Ah sì, non sono un necrofilo, hai ragione” aggiunse.
 
Megumi rise forte e gli si avvicinò, mettendogli un braccio sotto al suo, guidandolo lungo i corridoi.
 
“Mi sono presa cura di Shun per molto tempo prima che nascesse qualcosa tra noi. Lui si considerava un fallito, un uomo finito che non sarebbe mai tornato sul ring in vita sua, e incapace di fare qualsiasi altra cosa” gli spiegò.

“Se lo avessi ascoltato, noi avremmo potuto stare insieme” disse lui, allungando una mano per toccarle il seno.

Si ritrovò di nuovo a toccare l'aria e Megumi ricomparve dall'altra parte.

“Puoi avere solo ciò che vuoi veramente” lo informò.

“Ma io ti voglio” obiettò lui, gettandosi su di lei.

“Ne sei così sicuro?” gli rispose, evaporando nuovamente.

Ryo atterrò ancora con la testa sul vialetto di ghiaia e si alzò, sputando sassi, nel tunnel che dalle gradinate conduceva all'uscita. Si sentiva un po' fuori fase con tutti quei cambiamenti di luogo e impiegò alcuni secondi per trovare Megumi nella semioscurità.
 
“Sì, ne sono sicuro” rispose.

“Sei un bugiardo, Saeba” gli disse, senza un accenno di rimprovero nella voce.

“Davvero? Eppure ti ho mostrato il mio affetto dalla prima volta che ci siamo incontrati” rispose Ryo offeso.

“Sì, mostrato. Tu mostri ciò che vuoi far vedere. Sei anche molto dimostrativo quando serve che si veda senza che rimangano dubbi. Per quanto ti riguarda, più ti devi nascondere, più ti mostri” disse.

“Sono abbastanza trasparente riguardo ai miei desideri verso le donne” ribatté, col mokkori che si drizzò orgogliosamente.

“Sei un illusionista, Saeba” asserì lei.

Si fissarono per un lungo momento, poi Ryo rise forte, nascondendo il disagio che lei gli aveva causato. Era strano farsi mettere a nudo da un fantasma, anche se essere nudo con quel fantasma lì...
 
“Smettila di fingere anche con te stesso. Sono nel tuo sogno, Saeba. So cosa nascondi. Tu hai un cuore” gli disse, avvolgendogli le braccia intorno al collo.

“Come tutti, uno strumento che fa circolare il sangue nel mio corpo” rispose con tono fermo.

“No, non sto parlando della pompa cardiaca. Parlo di sentimenti” gli sussurrò.

“Io non ho sentimenti. Sono un assassino, un assassino che uccide a sangue freddo, ma tu già lo sai” rispose duramente. “I soli sentimenti che provo si trovano sotto la cintura” aggiunse, abbassando il viso su quello di lei.

Le sue labbra non incontrarono altro che il vuoto e riaprì gli occhi. Megumi fluttuava nell'aria come se fosse seduta, i piedi ondeggiavano leggermente nel vuoto. Vide apparire tra loro, mentre si fronteggiavano, le loro due figure il giorno del match in seguito all'omicidio di Inagaki.
 
“Hai detto che mi avresti pagato con la tua vita” diceva lui. “Una promessa è una promessa. Accetto la tua vita, non i tuoi soldi” aggiungeva, stracciando la polizza di assicurazione sulla vita che gli avrebbe sicuramente coperto le spalle per un po' di tempo.

La risata cristallina di Megumi riportò la sua attenzione su di lei.

“Per un assassino freddo e senza scrupoli, per qualcuno senza cuore, è stata una risposta bizzarra, Saeba” disse maliziosamente. “Se ricordo bene le mie lezioni di psicologia, tu rientri piuttosto nel tipo generoso che in quello orribile” aggiunse.

“Le tue lezioni di psicologia lasciano molto a desiderare” borbottò lui in malafede.

“Se lo dici tu...” rispose lei divertita. “Sei cambiato ancora molto, Saeba. Hai più calore e umanità” osservò.
 
“Hai davvero una pessima comprensione del genere umano...” la contraddisse.
 
Non gli piaceva sentirsi psicoanalizzato, soprattutto perché non poteva negare, anche se lo stava facendo, ciò che lei diceva. Era anche piuttosto interessante vedere come poteva essere ottuso nei suoi sogni come lo era nella realtà.

“Perché io, Saeba? Perché appaio nel tuo sogno?” gli chiese.

“Perché ho visto il tuo viso nel giornale del cavolo che Kaori mi ha portato” rispose come se fosse ovvio.
 
“Davvero? È questo l'unico motivo?” insistette lei.

“Perché dovrebbero essercene altri?” esortò lui.
 
“Non saprei. Sono la donna che si è occupata di un uomo che si è sentito isolato dalla società e si è sentito riportato alla vita grazie a lei, sono la donna di cui hai rifiutato il pagamento tramite la sua morte...”

“E allora?” disse, infastidito.

“Sono stata l'ultima per cui hai accettato una richiesta di omicidio” concluse, lanciandogli uno sguardo penetrante.

Ryo distolse lo sguardo, desiderando svegliarsi ma, stranamente rimase lì.

“Ho ucciso ancora dopo” obiettò.

Aveva eliminato il generale, il barone e gli assassini di Hideyuki, per cominciare, e altri in seguito.

“Non su contratto” gli ricordò lei.

Abbassò lo sguardo e tacque. Era la verità. Non aveva più accettato di essere assunto per uccidere dopo di lei. Hideyuki era morto poco dopo, Kaori era diventata la sua assistente e, senza nemmeno discuterne, non aveva più accettato quel tipo di incarichi, nonostante le opportunità che aveva avuto. Ricordava la prima volta che Kaori gli aveva evocato una richiesta del genere. Lei aveva cercato di rimanere neutrale, di non mostrare i suoi sentimenti per non influenzarlo, ma lui aveva percepito la sua riluttanza e, senza nemmeno farsi delle domande, aveva rifiutato richieste del genere. Il suo sorriso era valso qualsiasi ringraziamento, anche se lui aveva finto di ignorarlo.
 
“Sei più umano di quanto tu voglia mostrare, Saeba” ripeté lei, con un leggero ghigno. “Bene, devo andare” gli disse, balzando dalla sua sedia invisibile.
 
Gli si avvicinò, si appoggiò al suo avambraccio e gli lasciò un bacio sulla guancia, bacio che a Ryo apparve caldo anche se era di un fantasma. Si chiese anche brevemente perché lei potesse toccarlo e lui no.

“Ricorda, Saeba. Puoi avere solo quello che vuoi” gli ricordò, svanendo gradualmente.

Finalmente uscendo dal suo sogno, Ryo aprì gli occhi e vide la sua partner ai piedi del suo letto, visibilmente pronta a svegliarlo.

“Per una volta non ti devo tirare giù dal letto” rise lei con un sorriso raggiante sulle labbra.

Avere...volere...
 
 
 
 
*dolce francese composto da due bigné, uno più grande e uno più piccolo, disposti l'uno sopra l'altro. Online troverete tante foto :)

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Capitolo 2
*** Capitolo Due ***


“È passato molto tempo...”

Kaori si voltò sentendo la voce dietro di lei mentre usciva dall'immobile per fare la spesa. Si accigliò quando vide la giovane donna appoggiata con noncuranza all'auto parcheggiata davanti all'ingresso.
 
“Sayaka? Che ci fai qui?” gli chiese.
“Sono venuta a prendere il mio fidanzato” disse la giovane con tranquillità.
 
La sweeper inarcò un sopracciglio, divertita; come se Ryo l'avesse seguita senza problemi...

“Buona fortuna” disse, voltandosi per andarsene.
 
“Non ne avrò bisogno. Mi sarai di grande aiuto” confessò la sua vecchia rivale.

“Davvero? Perché tu credi...?”

Kaori si voltò e si fermò quando vide l'arma puntata contro di lei dalla nuova leader del clan Drago Divino.

“Io non credo. Ne sono sicura. Sali in macchina” ordinò Sayaka. “Sbrigati” la esortò.
 
La sweeper obbedì, consapevole del pericolo che correva. Avrebbe trovato una via d'uscita e sapeva di poter contare su Ryo che sarebbe giunto in suo aiuto se non ci fosse riuscita da sola. Fu condotta al porto e rinchiusa in una stanza sporca e umida di un magazzino in una zona abbandonata.

“Non vincerai per l'originalità...” disse.
 
“Non sono qui per un concorso. L'unica cosa che voglio vincere è Ryo” rispose Sayaka scrollando le spalle. “Ti lascio. Vado a raggiungere il mio fidanzato” la informò.
 
“Spero che tu abbia delle scarpe da ginnastica, perché lui non corre mai così veloce come quando viene inseguito da una donna che vuole accalappiarlo” le disse la sweeper.
 
Aveva già avuto molte occasioni di notare l'avversione a qualsiasi forma di attaccamento definitivo con una donna del suo partner, che se la squagliava senza nemmeno provarci con lei. Aveva finito per accettare la cosa e pensare che la loro collaborazione lavorativa sarebbe stata il massimo che avrebbero potuto ottenere.

“Sono ostinata. Lo avrò” disse Sayaka, andandosene.
 
“Buona fortuna” disse Kaori, iniziando a ispezionare i dintorni.
 
 
Ryo stava tornando dal suo giro di informatori quando trovò Sayaka sulla soglia di casa. Erano passati circa sette anni da quando l'aveva vista e la graziosa studentessa delle superiori si era trasformata in una bellissima giovane donna...molto seducente, anche.
 
“Sei venuta a salutarmi?” le chiese, con un sorriso da pervertito e bavoso e il mokkori necessario per salutare appropriatamente la bellezza femminile.
 
“Buongiorno Ryo” rispose la giovane donna con voce sensuale. “Fedele alla tua reputazione a quanto vedo” aggiunse, accarezzandogli il petto.
 
“Eri un po' troppo giovane allora, ma oggi...” disse guardandole la scollatura.
 
La giovane sorrise e tirò giù un po' la maglietta per offrirgli una visuale migliore. Gli occhi dello sweeper saltarono fuori dalle orbite e le sue dita si dimenarono per accarezzare il seno generosamente offerto. All'improvviso si fermò e iniziò a cercare ansiosamente dappertutto.
 
“Qualcosa non va, Ryo?” chiese Sayaka, strofinandosi contro di lui.
 
“No no, tutto bene...” disse lui, riprendendo la sua manovra precedente mentre lanciava uno sguardo timoroso all'ambiente circostante.
 
“Sei preoccupato per lei? Per la tua partner?” gli chiese.
 
Lui la guardò con aria sciocca e Sayaka gli allacciò le braccia intorno al collo.
 
“Non preoccuparti, amore mio. Non verrà a disturbarci...” gli sussurrò, avvicinando le labbra alle sue.
 
“Perché?” domandò lui con voce normale.
 
La giovane aprì gli occhi e incontrò lo sguardo dello sweeper. Non aveva più un pervertito davanti a sé, ma un uomo determinato.
 
“Le ho dato qualche ora di vacanza. Volevo parlare con te in pace” gli disse, separandosi da lui. “Saliamo di sopra, amore mio?” gli chiese.
 
“Dov'è Kaori?” fece lui cupo.
 
“Al sicuro. Non intendo farle del male...a meno che tu non mi costringa” rispose.
 
Senza una parola, Ryo si voltò e si diresse verso l'edificio, Sayaka alle sue calcagna.
 
“Cosa vuoi?” sbottò lui a bruciapelo, appena entrato nell'appartamento.
 
“Te” rispose semplicemente. Si accasciò sul divano e accavallò le gambe con noncuranza, le braccia appoggiate sullo schienale. “Mio padre è morto l'anno scorso” disse con un lampo di tristezza negli occhi.
 
“Lo so e so che sei a capo del Divino Drago” disse Ryo.
 
“Sì. Devo sposarmi e assicurare la discendenza della famiglia. Ho bisogno di un compagno che sia all'altezza del compito e che sappia essere rispettato dall'ambiente” gli spiegò, gli occhi fissi su di lui.
 
“In che modo questo mi riguarda?” chiese lui.
 
“Il tirchio...”

“Non è il modo di parlare di un defunto padre” la rimproverò.
 
“Mio padre e io avevamo divergenze su molte cose, ma ce n'era almeno una su cui eravamo d'accordo” gli disse.
 
Con le mani in tasca, Ryo si appoggiò al bancone e aspettò che lei finisse con la sua invettiva, anche se aveva già un'idea di cosa gli avrebbe detto.
 
“Saresti il marito perfetto. Tutti ti conoscono, ti temono o ti rispettano” affermò.
 
“Non sono l'uomo da sposare. D'altra parte, se ci stai per una bottarella...” offrì, virando in modalità maniaco.
 
“Vuoi una bottarella con me? Prima sposami” ribatté con un sorriso trionfante sulle labbra.
 
“Per quanto tu sia mokkori, il matrimonio è no” asserì lui.
 
“Saresti potente, Ryo, e ricco”
 
“Non mi interessa” disse lui scrollando le spalle.
 
Sayaka si imbronciò, irritata, incrociando le braccia. Ryo la guardò, con aria seria. La Sayaka che aveva conosciuto era una ragazzina determinata, capricciosa ma relativamente innocua nonostante le sue arie da spaccona. Li aveva persino aiutati nel caso di quel padre che aveva rappresentato una minaccia per il primo ministro in modo che potesse ritrovare la sua bambina, dovendo collaborare con Kaori che aveva definito come rivale.
 
“Io ti amo, Ryo. Ti amo da quando ci siamo conosciuti. Senza Kaori, oggi vivremmo felicemente. Se quella lagna non fosse intervenuta...” cominciò Sayaka.
 
“Kaori non c'entra niente. Non volevo sposarmi allora e non lo voglio adesso” le disse.
 
“Eppure lei...”

“È la mia partner. Solo la mia partner” la contraddisse.
 
Non lasciò trasparire alcun sentimento sui suoi lineamenti. Kaori rappresentava un po' di più per lui, ma non lo avrebbe ammesso davanti a nessuno, tantomeno a una donna che la riteneva una rivale e la stava trattenendo.
 
“Questo significa che non mi ami?” fece lei, aggrottando le sopracciglia.
 
“Vi amo tutte. Ci sono troppe belle ragazze sulla terra per legarmi a una sola” rispose lui con occhi brillanti.
 
“E se ti lasciassi andare con altre donne come desideri?” gli suggerì.
 
“Perderesti ogni credibilità. Non fare promesse che non puoi mantenere” le disse bruscamente. “Mi costringeresti a rimanerti fedele”

Sayaka strinse le labbra, arrabbiata perché il suo stratagemma era stata scoperta, anche se lo sospettava, Ryo era tutt'altro che stupido.
 
“Se non mi sposi, ucciderò la tua partner” gli disse.
 
“Sai cosa succederà se lo fai” rispose lui noncurante.
 
“Non aggredisci mai le donne” replicò lei con sicurezza.
 
“C'è una prima volta per tutto” ribatté lui, guardandola duramente.
 
Non era sicuro di riuscire a rompere quel tabù ma, se c'era una persona in grado di apportare tale cambiamento, quella era Kaori.
 
“Ma non lo farai, Sayaka. Sotto le tue arie da dura, sei la stessa di prima. Sei ancora una bambina che cerca l'approvazione o forse l'immagine di suo padre. E io sono troppo giovane per esserlo...” disse Ryo.
 
“Troppo giovane?” si stupì la giovane donna.
 
Lei lo guardò e rise forte, calmandosi con difficoltà dopo pochi minuti.
 
“Troppo giovane, stai scherzando?” riprese.
 
“Ho solo vent'anni, signora!” esclamò Ryo, assumendo una posa gloriosa.
 
“Venti?” ripeté lei, sbattendo le palpebre incredula. “Aspetta...se hai vent'anni, sei più giovane di me”

“Oh, cougar...cattiva cougar...*” la prese in giro.
 
“Non sono una cougar! Sei tu che rifiuti di invecchiare!” si innervosì lei, arrossendo di rabbia, balzando sul posto.
 
“Sei una cougar e sei gelosa!” continuò lui stuzzicandola.
 
“Non è vero! Tu sei insopportabile, irresponsabile, rozzo, maleducato!” urlò.
 
“Allora perché dici che mi ami?”

“Perché...”

Lo guardò e non fu in grado di rispondere subito.
 
“Perché, nonostante tutti i tuoi difetti, sei una brava persona. Sei stato il primo a farmi battere il cuore, non solo perché mi hai difeso, ma anche per la tua gentilezza” disse. “Avresti potuto approfittarti di me, continuare a ospitarmi, ma mi hai rimandata da mio padre e abbiamo ripreso il dialogo che si era interrotto qualche anno prima. Per questo ti sono debitrice” confessò.
 
“Dov'è Kaori?” le chiese.
 
Sayaka lo fissò per un lungo momento senza rispondere, cercando di capire cosa le stesse nascondendo, se poi stesse nascondendo qualcosa.
 
“Perché è così importante per te?” gli domandò.
 
“È la mia partner” rispose semplicemente.
 
“E allora? Puoi cambiarla. Cosa succederebbe se lei scomparisse?” replicò Sayaka.
 
Cosa sarebbe successo? Il suo mondo sarebbe caduto a pezzi, lui avrebbe perso il raggio di luce della sua vita, la sua casa come la sua anima sarebbe diventata di nuovo oscura e lugubre, e quello era solo quanto riusciva a immaginare. Ma nulla trasparì sui suoi lineamenti, se non un'espressione annoiata.
 
“Dovrei addestrare qualcun altro. Ci vorrebbero anni senza avere la sicurezza di trovare una come Kaori, anche se cucina male, è scontrosa e non sa sparare. Alla fine mi ci sono abituato” sbottò sprezzante. “Niente più spesa da fare, niente lavori domestici, lei si mantiene attiva, fa il bucato, gestisce le crisi di pianto dei clienti e chiama la banca. Beh, non posso darle una botta ma ha comunque i suoi lati positivi” aggiunse compiaciuto.
 
Sayaka si ritrovò con una spalla scoperta e un corvo che gracidava dietro di lei.
 
“Ehi, sei bravo a fare i complimenti...capisco meglio perché ti colpisce con il martello. Quasi la compatisco...” mormorò.
 
“Sono io da compatire per ritrovarmi con una furia del genere” si offese Ryo.
 
“E tu che ti vanti di essere senza legami...se ti pesasse così tanto, l'avresti licenziata molto tempo fa” rise lei. “Io sono stata gentilmente rinviata al mittente dopo qualche giorno e su quel caso ero stata molto più coinvolta di lei” gli ricordò.
 
“Tu avevi tuo padre, lei non aveva più una famiglia. Ho fatto una promessa a suo fratello” rispose lui, cercando di eludere ulteriori domande.
 
“Sono abbastanza sicura che ci sia qualcos'altro” osò lei.
 
Ryo la guardò, appoggiandosi casualmente sull'angolo bar più e più volte. All'improvviso si chiese perché continuasse ad ascoltare Sayaka mentre lei teneva Kaori in ostaggio, ma qualcosa lo fece rimanere a sentirla.
 
“Davvero? Cosa?” le chiese.
 
“Una fiducia reciproca, qualcosa in più di quanto tu possa ottenere con chiunque altro” replicò lei.
 
“So cosa posso avere di meno...”

“Idiota...quando hai sparato alla macchina, come facevi a sapere che Hagio non c'era più?” gli chiese.
 
Ricordava di aver parlato severamente di Ryo, rimproverandolo di non essersi preoccupato di aver ucciso il suo cliente e ricordava ancora meglio la risposta di Kaori: lui aveva avuto fiducia in loro.
 
“Mi sono fidato di voi” rispose semplicemente.
 
“Di lei soprattutto. Non mi conoscevi abbastanza bene” affermò Sayaka.
 
Lo sweeper non distolse lo sguardo ma dentro di sé ammise che lei aveva ragione. Kaori si era guadagnata la sua fiducia durante la loro caccia vendicativa contro l'Union Teope e si era decisamente garantita una promozione al parco, accettando di fare da esca contro il generale. Non era la partner più abile che avesse mai avuto, ma era di gran lunga la migliore. Erano più che soci o colleghi. Erano complici, complementari, sulla stessa lunghezza d'onda.
 
“Le dai qualità ben al di sopra della realtà...” eluse lui, non volendo percorrere quel cammino.
 
“Bene, quindi se non è così, niente ci impedisce di sposarci” esclamò Sayaka.
 
“Sei di coccio, non voglio sposarmi!” gridò Ryo. “Voglio che liberi la mia partner e collaboratrice domestica e che te ne vada di qui” le disse. “Sono stato abbastanza paziente, credo” ribadì, aggrottando la fronte.
 
Si allontanò dal bar e afferrò Sayaka per il gomito, trascinandola fuori. Lei non si smontò e lo seguì alla Mini dove lui la gettò all'interno senza mezzi termini.
 
“Dov'è?” le chiese di nuovo.
 
“Non te lo dirò” disse lei col broncio, incrociando le braccia.
 
“Sempre con un brutto carattere a quanto vedo...” disse. “Non importa. Mi arrangerò”
 
Aprì il vano portaoggetti e accese il sistema di localizzazione. Dopo aver apportato alcune modifiche, un punto iniziò a lampeggiare.
 
“Il porto...che originalità...” sussurrò.
 
“Non partecipo a un concorso...” ripeté lei, seccata, ricordando l'osservazione di Kaori.
 
“Almeno l'hai legata?” le chiese.
 
“Beh, no, perché?” domandò Sayaka, sorpresa. “È in una stanza con la porta chiusa a chiave” spiegò.
 
“Non impari dai tuoi errori?” la rimproverò.
 
Sayaka lo guardò un po' stupidamente, poi ricordò il giorno in cui aveva mandato due dei suoi tirapiedi per malmenare Kaori, che considerava come la ragazza di Ryo, sperando di fare pressione su di lui. I due uomini si erano ritrovati legami sotto il controllo della giovane donna armata ed erano così terrorizzati da essersi dileguati, non vedendo mai più rivedere la rossina arrabbiata.
 
“Oh dannazione...” fece.
 
“Come dici tu...” sospirò Ryo, stanco.
 
Dentro, sorrideva alla grande. Aveva al suo fianco una giovane donna dall'aspetto duro, cresciuta in quell'ambiente e che alla fine si rivelava molto ingenua e tratteneva la sua partner, una donna che tutti i membri del loro ambiente, o almeno tutti quelli che non avevano visto la loro casa distrutta dalle sue belle azioni, prendevano per una donna dolce e fragile, innocua anche quando avevano tra le mani una bomba a orologeria, una giovane donna che, prima dei suoi vent'anni, aveva solo intravisto quel mondo oscuro e duro.
 
Quando giunsero al magazzino, tutto era tranquillo e silenzioso. Scesero dall'auto e Sayaka sospirò voltandosi verso Ryo, sorridendo.
 
“Beh, vedi, tanto rumore per niente...” ironizzò lei.
 
“Niente...è vero, anche le guardie appostate fuori non ci sono più” notò Ryo.
 
“Cosa?!” esclamò la giovane leader del clan.
 
In effetti, non vide nessun uomo di guardia davanti alle porte. Furiosa per la nuova fuga, si mise a correre e spalancò la porta, pronta a saltare dentro. Tuttavia, Ryo la fermò e le indicò il filo teso attraverso la soglia. Istintivamente, guardarono in alto e videro il peso di cento tonnellate sospeso in aria.
 
“Pensavo arrivassi prima” disse Kaori, arrivando sorridendo, con la pistola che pendeva tranquillamente dalla punta del suo dito indice. “Stavi facendo il casanova?” chiese sospettosa.
 
“Io? Ma che idea...cercavo la via diplomatica per liberarti” si difese.
 
Lei lo guardò, stringendo gli occhi, per un lungo momento prima di rilassarsi.
 
“Per una volta non dovrai intervenire. Ta-dam! Un bel gruppetto di delinquenti del Divino Drago” li presentò con orgoglio. Tutti gli uomini erano legati insieme, un po' verdi per la paura, forse per le granate attaccate alla corda che li stringeva.
 
“Non ci credo...dovrò ricominciare la campagna di reclutamento...” borbottò Sayaka. “Oltre che trovarmi marito, non sarà una passeggiata” sospirò.
 
“Quindi ha rifiutato” disse Kaori.
 
Ryo la guardò di sottecchi e sorrise al suo tentativo di nascondere il suo sollievo, che ebbe successo davanti agli altri ma non con lui, specialmente quando incontrò il suo sguardo e un leggero rossore le colorò le guance.
 
“Mi conosci, non sono l'uomo che si lascia attrarre dalle chimere” le disse. “E comunque, dato che non posso smettere di venire in tuo aiuto...” bofonchiò.
 
“Ripeti un po'?!” protestò Kaori. “Ti informo che me la sono cavata da professionista questa volta e senza fare alcun pasticcio! Potresti almeno riconoscerlo e complimentarti con me, razza di cafone!” gridò.
 
“Come una professionista? Forse l'idea migliore era quella di non farti rapire tanto per cominciare, cretina!” rispose.
 
“A causa di chi sono stata rapita, idiota?”

“Non posso farci niente se ho successo mentre tu solo fallimenti” ribatté.
 
“Pervertito!”
 
“Maschiaccio!”
 
“Maniaco!”
 
“Tavola da surf!”

Sayaka li guardò aggredirsi come due matti, un corvo passava dietro di lei gracchiando. Partner, loro? Bello scherzo...con sollievo vide Kaori andarsene come una furia seguita da un Ryo, mentre continuavano a scambiarsi epiteti. All'improvviso vide il peso legato sopra la porta crollare e schiantarsi su Ryo. Kaori si fermò e si voltò, deglutendo.
 
“Oops, ho rotto il filo” sussurrò desolata.
 
“Cretina!” gridò Ryo, sollevando il peso di colpo.
 
“Tieni, prendi questo se ancora non ti sei calmato!” gli urlò lei sbattendogli un martello in testa.
 
Poi volò via a passo di carica e Sayaka si avvicinò a Ryo.
 
“Non vuoi proprio sposarmi?” gli chiese, tentando la fortuna un'ultima volta.
 
“E lasciare un tale pericolo pubblico fuori controllo? Mai nella vita” rispose lui, balzando in piedi e correndo dietro la sua partner.
 
Lei lo osservò allontanarsi e raggiungere alla macchina una Kaori arrabbiata. Lo vide dire poche parole e il viso della sweeper si addolcì prima che l'auto scomparisse. Due tipi strani, si disse...però era un po' gelosa...
 
Un sorriso...
 
 
*termine che definisce le donne mature che intrattengono rapporti con uomini molto più giovani.

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Capitolo 3
*** Capitolo Tre ***


“Ryo, alzati, abbiamo un appuntamento di lavoro!” gridò Kaori, entrando nella stanza del suo partner di buon mattino.
 
Si diresse prima alle finestre di cui tirò le tende, poi al letto, pronta a dover usare il suo martello se necessario ma, sorpresa, trovò il suo socio seduto sul bordo del letto, a grattarsi i capelli e sbadigliando vistosamente.
 
“Un giorno di tregua eppure non è stata granché riposante...” borbottò.
 
“Che vuoi farci? Abbiamo appuntamento alla sede della Watabe Productions tra un'ora” lo informò, cominciando a rifare il letto per abitudine.
 
“Watabe Productions...mi dice qualcosa, ma cosa?” si chiese, sistemando le lenzuola dal suo lato.
 
Non ottenne risposta ma sentì un tonfo e si voltò verso Kaori che si stava massaggiando la testa, una libellula era stesa a terra.
 
“Beh, che ti succede?” chiese.
 
“Da quando mi aiuti a rifare il letto?” domandò lei.
 
“Scusa, ho sbagliato...uh, voglio dire, dovresti essere contenta, no?” rispose lui, scappando per andare a fare la doccia.
 
La sweeper lo guardò allontanarsi e fissò il punto in cui era sparito alcuni secondi prima prima di riprendere il suo compito.
 
“Da qualche giorno è strano...” mormorò prima di scendere in salotto a mettere un po' in ordine in attesa del suo partner.
 
Sotto la doccia, Ryo si sentiva a disagio. Ce l'aveva con se stesso di essersi lasciato andare ad aiutare Kaori. Cioè, no, non ce l'aveva per quello, ma soprattutto per aver tentato ancora una volta di eludere la questione. Non aveva fatto niente di tragico, dopotutto. Tirare su un lenzuolo non era come saltarle addosso e...sentiero pericoloso, si disse, fermando i suoi pensieri. Uscì dalla cabina con altrettanta velocità e si asciugò abbastanza rudemente da scacciare il tipo di calore che lo aveva invaso prima di tornare in camera a vestirsi.
 
“Ok, andiamo? Te la prendi comoda...” fece notare alla sua partner, prendendo la giacca dall'armadio.
 
“Come se non fossi io quella che ti ha aspettato finora” disse lei con tono agro.
 
“Dovresti smetterla di avere quell'aria imbronciata. Non è affatto femminile” la rimproverò con sguardo malizioso.
 
“Pensavo di dover dimenticare di essere una donna...” disse lei, contenendo una replica che avrebbe incluso fracasso e disordine.
 
Ryo non seppe cosa dire ma, sempre flemmatico, si diresse verso la porta e uscì, non lasciando alla sua partner altra scelta che raggiungerlo nel garage dove presero la Mini per arrivare alla sede della produzione.
 
“Ah, mi ricordo: Yumiko Sato. Avevamo avuto appuntamento qui con il suo produttore per garantire la sua protezione. In effetti, lei aveva ordinato la sua stessa morte...ricordò Ryo. “Mi domando se sia ancora così bella” disse, sognante.
“Bene, andiamo. Faremo tardi” gli disse Kaori, prendendolo per mano e trascinandolo all'ascensore mentre Ryo si perdeva a contemplare i manifesti delle attrici nell'atrio.
 
Quando giunsero a destinazione, Kaori si rese conto di quello che aveva appena fatto e gli lasciò subito la mano, arrossendo vistosamente. Nessuno dei due disse una parola e si ignorarono appositamente, sebbene l'effetto fosse stato lo stesso per entrambi: era stato un momento piacevole, parecchio. Un po' troppo precipitosa perché imbarazzata, la sweeper uscì dall'abitacolo insieme al suo partner e si ritrovarono a faccia a faccia sulla soglia, quasi petto contro petto.
 
“Peccato che non ci sia niente da sentire...” mentì Ryo per nascondere il suo disagio.
 
Senza una parola, si ritrovò sotto un martello di cento tonnellate e vide i piedi della sua partner muoversi verso la scrivania di una segretaria sgomenta.
 
“Buongiorno, sono Kaori Makimura. Io e il mio partner abbiamo appuntamento con il signor Watabe” la informò.
“P...prego, accomodatevi. Il signor Watabe vi sta aspettando” disse loro la donna, guardando entrambi con aria preoccupata.
 
Aprì la porta dell'ufficio che Ryo aveva visitato in precedenza e i due entrarono, il loro interlocutore si alzò non appena apparvero.
 
“Signor Saeba, che piacere rivederla” lo salutò Watabe.
“Idem” rispose lo sweeper con nonchalance.
“Kaori Makimura, partner di Ryo Saeba” aggiunse Kaori compensando alla mancanza di buone maniere del suo socio.
“Piacere di conoscerla” assicurò il cliente con tono caloroso.
“Allora, perché siamo qui?” intervenne Ryo con tono annoiato.
“Yumiko Sato. È tornata a Tokyo per qualche giorno e stasera deve partecipare a una manifestazione. Per ragioni di sicurezza, dobbiamo assegnarle una guardia del corpo e lei ha insistito per chiamarla” li informò il direttore.
“Sarò il cavaliere di Yumiko! Wow!” esclamò lo sweeper con i cuoricini negli occhi.
 
Kaori si mise una mano sulla fronte, sopprimendo a malapena la voglia di schiacciarlo. Immaginava già il tipo di pensieri che doveva avere e fece un passo di lato per nascondere il mokkori appena apparso, pestandogli volontariamente un piede per richiamarlo all'ordine.
 
“Ahia!” gridò Ryo, tenendosi il piede.
“Che tipo di manifestazione?” chiese Kaori, ignorando le lamentele del partner.
“Una serata di premiazioni. Yumiko riceverà un premio. Dovrebbe arrivare tra meno di un'ora. Abbiamo affittato per voi dei vestiti più adatti in modo che possiate mimetizzarvi tra la folla” disse Watabe. “La festa inizia tra due ore. Vi do il tempo di cambiarvi. Venite, seguitemi” lo invitò.
“Bah, non abbiamo nemmeno detto che accettiamo il lavoro” disse Ryo. “Io, se non ho la certezza di ricevere la mia ricompensa in nat...”
 
La sua frase morì sotto la presa strangolatrice di Kaori, gesto che eseguiva ripetutamente sulla bambola a immagine di Ryo, ma molto meno sul modello reale.
 
“Pagamento in contanti, e accettiamo. Qualcosa da dire a riguardo?” domandò Kaori, i suoi occhi si trasformarono in cannoni di bazooka.
“No, no. È fantastico. Grandioso” rispose Ryo, alzando i due pollici.
“Molto bene, ero sicura che avremmo trovato un'intesa” approvò lei, lasciandolo.
 
Raggiunsero Watabe che non si era accorto di niente, a differenza della segretaria che si fece piccolissima al passaggio della sweeper.
 
“Signorina, che ne direbbe di...” iniziò Ryo con tono seducente.
“Ryo!” abbaiò Kaori rabbiosa.
“Sua moglie non sembra d'accordo” disse la donna.
“Mia...mia...mia moglie...quella cosa?” balbettò lui, diventando verde.
 
Un collare si strinse sul suo collo e fu violentemente tirato, costretto a seguire Kaori fino ai camerini. La donna si guardò intorno, poi si rivolse al produttore.
 
“Uh, uno spogliatoio per entrambi?” balbettò arrossendo.
“Sì, mi dispiace. C'è una perdita d'acqua nell'altro” si scusò.
“Beh, comunque non c'è niente da vedere. Un uomo rimane un uomo” disse Ryo, beccandosi una panchina in faccia.
“Vi...vi lascio” disse Watabe, un po' livido.
 
Kaori si rifugiò in un angolo della stanza e si voltò in modo che Ryo non la vedesse. Si affrettò indossare l'abito da sera previsto, dovendosi togliere il reggiseno a causa della schiena che rimaneva nuda. Quando sentì il suono del gancetto che veniva aperto, Ryo non poté fare a meno di lanciare un'occhiata allo specchio e vide il riflesso della sua partner che indossava solo le mutandine. Per sua grande sfortuna, o fortuna a seconda dei punti di vista, lei non aveva una delle sue perenni mutandine con i panda ma un grazioso perizoma di pizzo nero. Soppresse il mokkori che minacciò di apparire, ma gli scese un po' di sangue dal naso che rapidamente spazzò via.
 
“Sono pronta. Fammi sapere quando sei a posto” informò Kaori, sistemando la scollatura un po' troppo profonda per i suoi gusti.
 
Sospirando irritata, abbassò lo sguardo sulla lunga gonna con spacco sulla coscia e infilò le scarpe col tacco in abbinamento.
 
“Sono pronto” le disse, terminando in fretta di annodare la cravatta.
 
Kaori si voltò e guardò il suo partner, incantata dal suo fascino. Le piaceva già quando era vestito in modo trascurato, ma non poteva negare che in smoking era molto attraente. Deglutì, abbassando lo sguardo per non lasciarsi soggiogare dal suo aspetto, e vide il nodo della cravatta leggermente storto.
 
“Il tuo...il tuo nodo, aspetta” sussurrò, sistemandolo, arrossendo mentre gli era così vicino da poter sentire il suo profumo intorno a sé. “Ecco”
“Grazie. È un bel cambiamento vederti così” disse lui.
 
Lei alzò lo sguardo sorpresa, prendendo quella frase come un surrogato di complimento.
 
“Sì, per una volta forse nessuno penserà che sei un uomo” aggiunse con una risata sciocca.
“Non sono un uomo!” urlò lei, schiantandogli un martello sulla testa.
 
Uscì dagli spogliatoi e tornò nell'ufficio del signor Watabe, bussando piano alla forta. Fu invitata entrare e non fu sorpresa di trovare Ryo dietro di sé.
 
“Yumiko!” esclamò lo sweeper, precipitandosi verso l'attrice. “Sei sempre così attraente. Che ne dici io, te, un hotel?” chiese con aria seducente.
“Ryo, non sei cambiato” rise lei.
“Per quale scopo? È così che ti piaccio, no?” scherzò.
“Nei tuoi sogni...ma devo ringraziarti, perché grazie a te ho ritrovato l'amore. Mi sono sposata con Robert Pacino” disse.
“Perché?” piagnucolò, infastidito.
 
La giovane donna non credette un istante alla pagliacciata della sua guardia del corpo. Aveva già avuto a che fare con le sue qualità di attore quando le aveva fatto credere di essere ferito a morte e che lei aveva dovuto eliminare quello che aveva assunto al suo posto...per lo meno era quello che aveva creduto fino a che lui non aveva rivelato la verità.
 
“Kaori, se non le dispiace, andiamo a prendere i pass alla reception. Le fornirò anche le planimetrie della sala. Così quei due potranno godersi un po' questa reunion” propose Watabe.
 
La sweeper lanciò un'occhiata al suo partner e represse il cipiglio che avrebbe tradito la sua preoccupazione e gelosia nel lasciare Ryo con Yumiko. Sforzandosi di sorridere, accettò di seguirlo.
 
“È la tua partner?” chiese improvvisamente l'attrice alla sua guardia del corpo.
“Sì” rispose lui, cercando di guardare nella scollatura del suo vestito.
“È molto bella” osservò Yumiko.
“Kaori? Stiamo parlando della stessa persona, il maschio che si traveste da donna?” chiese inarcando un sopracciglio.
“Sei spregevole” lo rimproverò severamente. “Ha un'aria da maschiaccio ma è molto grazioso. Ha tutto quello che serve dove serve” disse.
“Io non lo vedo...” rispose lui alzando le spalle. “Con te, si vede” disse, mettendole una mano sulla coscia.
 
Lei lo guardò muovere la mano in su lentamente, il suo viso si trasformò gradualmente in una maschera perversa. Lo spinse via bruscamente quando iniziò a sbavare sul suo vestito.
 
“Tu, se davvero vuoi riuscire...credi davvero che a una donna piaccia ricevere della bava addosso?” lo rimproverò.
“La tua bellezza mi fa perdere la testa” piagnucolò lui. “L'ultima volta non ho potuto approfittarne. Oggi vorrei celebrare il nostro amore”
“Peccato che sia sposata e felicemente...ed è a te che lo devo”
 
Si voltò verso di lui e lo fissò con quello sguardo al contempo dolce e malinconico che lo aveva emozionato quando l'aveva incontrata.
 
“Mi hai costretta a guardare al futuro, a vivere per me stessa e non per il fantasma del mio fidanzato scomparso” spiegò. “Quando ho premuto il grilletto, ho lasciato andare Saeki, mi sono liberata dalle sue catene. Il ricordo del nostro amore non dovrebbe essere una prigione ma la sede di momenti gioiosi, che dovrebbero aiutarmi ad affrontare il futuro senza di lui, ad aprirmi agli altri” aggiunse guardandolo con molta dolcezza.
“Sono contento che tu abbia potuto guardare al futuro e trovare la felicità” ammise lui.
 
Era sincero. Amava aiutare le sue clienti e, a volte, ciò andava oltre i suoi doveri contrattuali. Talvolta si beccava anche delle martellate per quel motivo...
 
“Anche io. Non pensavo di poter essere felice dopo la sua morte, tu mi hai dimostrato che mi sbagliavo” confessò. “Oggi sto con Robert. Facciamo lo stesso lavoro e non pensavo che avrei trovato qualcuno con cui poter avere progetti per il futuro nel mio mondo. Ma è una cosa seria tra noi e presto daremo il benvenuto a un bambino” gli disse, mettendosi le mani sul ventre.
“Congratulazioni, Yumiko. È davvero un grande passo” si complimentò Ryo, cancellando l'attrice dalla sua lista di potenziali obiettivi. “Peccato per me...”disse con un sorrisino.
 
Lei lo guardò e gli sorrise. Si voltò verso la finestra e si perse per un momento nella contemplazione del paesaggio di Tokyo.
 
“Ho pensato molto a te pochi mesi dopo che ci siamo conosciuti” confessò lei, voltandogli ancora le spalle.
“Davvero? Sono lusingato” si vantò lui. “Pensavi all'opportunità persa di una bottarella insieme?” le chiese.
 
Yumiko sentì una libellula voltare dietro di sé.
 
“Ma no! Incredibile, pensi solo a questo!” urlò.
“Bah, a cos'altro vuoi che pensi? Una donna non pensa a un uomo in termini sessuali? Non mi immaginavi certo a ricamare?” esclamò inorridito.
 
Questa volta, un corvo passò dietro la donna gracchiando.
 
“No! Mi preoccupavo per te” spiegò, voltandosi bruscamente.
 
Ryo la guardò e sbatté le palpebre.
 
“Ti preoccupavi per me? Beh, non è necessario. Sono il migliore” obiettò.
“Non in termini professionali. Ma in quelli personali” lo corresse con pazienza.
“Personali? Forse non ho avuto successo con te, ma se può rassicurarti, ho avuto la mia buona quantità di donne” la rassicurò.
“Lo fai apposta. Non ti sto parlando del tuo successo come dongiovanni!” gli disse.
“E di cosa allora?” disse, facendo l'idiota.
 
Avvertiva che Yumiko aveva in mente un argomento più serio e sperava che lei avrebbe lasciato stare se le avesse fatto perdere la pazienza.
 
“Del tuo cuore, Ryo” sbottò lei, lanciandogli un'occhiata seria. “Hai aperto il mio cuore, ma chi c'è per te? So che sei più che quel fanatico casanova. Quell'uomo mi avrebbe soltanto salvato la vita, non avrebbe cercato di aprirmi alla felicità” aggiunse.
“Non sono un uomo che può amare una donna” rispose cupo.
“Non è vero. Puoi avere paura di impegnarti e vivere la tua vita, ma ne vale la pena, Ryo. Ti giuro che ne vale la pena”
“Non viviamo nello stesso mondo. Non abbiamo lo stesso passato” replicò lui.
“Sei un brav'uomo, Ryo. Qualsiasi cosa tu abbia fatto, hai il diritto di essere felice” ripeté.
“Se avessi qualcuno nella mia vita, lo metterei in pericolo. Non correrò questo rischio” si oppose.
 
Lei lo guardò per un momento, poi abbassò gli occhi. Fu quello il momento in cui Watabe e Kaori scelsero di tornare. Entrambi osservarono i due, che apparvero leggermente tesi. Mentre Watabe elaborava gli ultimi dettagli con Yumiko, Kaori mostrava la planimetria della sala al suo partner. Lui li studiò, poi indicò due punti sulla mappa a Kaori che annuì.
 
“La serata inizierà tra mezz'ora. Dobbiamo andare” disse il produttore.
 
Tutti e quattro lasciarono l'ufficio e si diressero al parcheggio, dove salirono sulla limousine. Giunsero alla sala della cerimonia e scesero dall'auto, con Kaori in testa e Ryo per ultimo. Una folla compatta era radunata fuori dall'ingresso, i flash dei fotografi lampeggiavano e le grida dei giornalisti provenivano da tutte le parti. Le due guardie del corpo osservavano discretamente l'ambiente circostante, avanzando al passo di Yumiko, rimanendo fuori dai campi delle macchine fotografiche ma abbastanza vicine per poter intervenire rapidamente.
 
Ryo osservava l'ambiente circostante e notò rapidamente lo sguardo acuto che la sua partner posava sui dintorni. Aveva acquisito riflessi eccellenti da quando si conoscevano. Si chiese per un breve momento dove avesse nascosto la pistola e cercò di vedere se indossava una fondina alla coscia. Sebbene la denigrasse apertamente, conosceva la sagoma della sua partner, ogni sua curva e cavità. Percependo un movimento, fece scivolare una mano sotto la giacca, pronto ad agire. Si rilassò quando vide che era un fotografo a cui era caduta la sua macchina fotografica, spinto dagli altri. Lo sweeper fece un cenno a Watabe, esortandolo a proseguire.
 
La cerimonia si svolse senza intoppi. Ryo e Kaori rimasero ai margini della sala, pronti a intervenire. Senza parlarsi, si coordinarono. All'improvviso tutte le luci si spensero. Ryo andò a cercare Yumiko e Watabe e li indirizzò a una delle due uscite di emergenza che aveva designato a Kaori. Come previsto, lei li stava aspettando, avendo già messo in sicurezza l'area. Avanzarono, tenendo d'occhio i due, nella completa oscurità e infine lasciarono l'edificio.
 
Improvvisamente sentirono delle urla e passi in corsa che si avvicinavano. I due sweeper si guardarono e Kaori corse con Watabe e Yumiko alla limousine parcheggiata a un centinaio di metri di distanza mentre lui li copriva. Vide una dozzina di giornalisti seguiti da fan e fece una smorfia: come ritardarli senza ferirli? Cercò e sentì un oggetto metallico rotolare ai suoi piedi. All'erta, lo raccolse e trovò una granata lacrimogena. Sorridendo, la sganciò e la gettò sotto un'auto per smorzare la potenza del gas, creando una cortina fumogena che sarebbe bastata per dare loro tempo prima di raggiungere gli altri alla limousine che si mise in moto.
 
“Ben fatto!” esclamò Watabe.
“Questo è un lavoro di squadra!” aggiunse Yumiko.
“Routine...una granata lacrimogena, Kaori?” mormorò Ryo, guardando maliziosamente la sua partner che sorrise di rimando.
“Sempre pronta” rispose lei con leggerezza.
 
Arrivati alla sede della Watabe Productions, salirono nell'ufficio del direttore dove Watabe pagò il compenso a Kaori, lasciando Ryo da solo con Yumiko.
 
“Vedo una donna che non hai bisogno di proteggere...e qualcosa mi dici che tu sai meglio di me il posto che occupa nella tua vita” gli sussurrò. “Tocca a te sparare al tuo spettro, Ryo” lo esortò, con uno sguardo serio.
“Ryo, qui abbiamo finito” disse Kaori.
“Vai a cambiarti, arrivo” fece lui.
 
Lei annuì e li lasciò dopo aver rivolto uno sguardo sospettoso.
 
“Spara, Ryo” disse di nuovo Yumiko.
“Ci penserò” rispose lui, desiderando tagliare la conversazione.
 
La salutò e raggiunse la sua socia negli spogliatoi. Lo stava aspettando, le braccia incrociate e la fronte aggrottata.
 
“Restituiscimelo” gli disse senza mezzi termini.
“Che cosa?” le chiese con aria stupita.
“Il mio reggiseno, Ryo. Mi hai preso il reggiseno. Restituiscimelo” gli ordinò.
 
Sorridendo, lui estrasse dalla tasca l'indumento e con rammarico lo restituì, costringendola ad avvicinarsi.
 
“Devo dire che non immaginavo che tu avessi quella taglia” le sussurrò all'orecchio.
 
Preparandosi a picchiarlo per il suo sguardo beffardo, Kaori si tirò indietro e alzò gli occhi. Fu sorpresa di trovare un bagliore di apprezzamento e si mise ad arrossire furiosamente, dimenticandosi di schiacciarlo sotto un martello.
 
Uno sguardo...

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Capitolo 4
*** Capitolo Quattro ***


“Lo fai apposta, vero?” chiese Ryo alla sua partner, stringendo gli occhi.
 
“Cosa?” fece lei senza capire.
 
Lui la scrutò attentamente, poi sospirò.
 
“In tre settimane, questa è la quarta cliente che rivedo” le spiegò, dirigendosi verso la residenza dei Kataoka.
 
“È vero. Non ci avevo fatto caso” osservò Kaori. “C'è da credere che, nonostante i tuoi difetti, tu le abbia impressionate...” disse con aria maliziosa.
 
Si fermarono all'ingresso, aspettando che qualcuno aprisse loro la porta.
 
“Ma perché dici quattro? Con questa sono tre” disse lei all'improvviso.
 
“È vero. Ho incluso anche Megumi” si giustificò.
 
“Trovi strano rivederle? Credi che cerchino di ingannarci?” gli chiese lei molto seriamente.
 
Lui la guardò, impedendosi di rimettere a posto la ciocca ribelle che le era appena sfuggita dall'orecchio e le lanciò un'occhiata canzonatoria.
 
“È il mio magnetismo animale” disse. “Dovrai avvertirlo anche tu. In questo periodo dell'anno, è al suo apice” sussurrò guardandola profondamente.
 
Kaori lo guardò ipnotizzata e si sentì arrossire percependo un certo calore salire in lei.
 
“Peccato che tu...” iniziò lui.
 
Si ritrovò con un martello conficcato tra i denti, impedendogli di dire la frase, martello che sputò appena prima che la porta si aprisse.
 
“La signora Presidente vi aspetta” disse il maggiordomo.
 
“Saeba!” gridò Yuko, precipitandosi verso di lui e abbracciandolo. “È passato così tanto tempo! Mi sei mancato. Non ho smesso di pensare a te da quanto te ne sei andato” disse con occhi brillanti di mille stelle.
 
“È un grande onore per me...” disse lui leggermente ironico.
 
“Sei fantastico” affermò la giovane donna.
 
Ryo la spinse via delicatamente. Provava affetto per Yuki, che aveva salvato due volte a distanza di pochi anni, ma non si sentiva a suo agio nel ruolo del cavaliere senza macchia che lei sembrava ancora vedere in lui.
 
“Mi idealizzi, signorina” disse dolcemente.
 
“Allora, signorina Kataoka, perché vuole assumerci?” intervenne Kaori, avvertendo il lieve imbarazzo del suo partner.
 
“Il mio consiglio di amministrazione e mia madre vogliono che assuma una guardia del corpo a tempo pieno per la posizione che ricopro nell'azienda” spiegò loro, conducendoli in un ufficio luminoso con vista sul giardino.
 
Li invitò a sedersi e fece servire il the.
 
“Ho visto di recente un rapporto sul conglomerato Kataoka. Sembra che l'attività sia prospera” sottolineò la sweeper. Non poteva dire di considerare volentieri quel lavoro, ma non poteva fare a meno di ascoltare la proposta della giovane dirigente.
 
“Sì, continuiamo a crescere nonostante le battute d'arresto in alcuni mercato. Ovviamente questo ha creato delle animosità e i miei parenti sono preoccupati” rispose Yuko. “Saeba, vorrei che tu fossi la mia guardia del corpo” disse posando su di lui uno sguardo determinato.
 
“Vuoi assumerci entrambi per la tua sicurezza?” replicò lui impassibile.
 
“No...solo te” rispose lei senza nemmeno voltarsi verso Kaori.
 
“Noi siamo una squadra. O entrambi, o niente” ribatté calmo, rassicurando la sua partner.
 
“Non mi servono due guardie del corpo. Mi servi tu” lo rassicurò, posando le mani sulla scrivania.
 
“Signora, una chiamata per lei” informò il maggiordomo, sbucando dalla porta.
 
I due City Hunter si alzarono e uscirono dall'ufficio, lasciandola alla sua conversazione in tutta intimità.
 
“Vuoi lasciarmi e tornare da sola?” chiese Ryo alla sua partner.
 
“Vuoi poter passare un po' di tempo da solo con lei e negoziare la tua ricompensa?” interrogò lei, incrociando le braccia.
 
Ryo rise, divertito dalla gelosia della sua coinquilina. Le mise un braccio intorno alle spalle, facendola arrossire leggermente per l'improvvisa vicinanza, e la condusse fuori dalla villa.
 
“Hai capito tutto. Le mostrerò la portata delle mie capacità e non solo quelle professionali” scherzò.
 
“Se te ne approfitti per...” si irritò lei.
 
“Oh sì, la inviterò a un ristorante vegetariano, la corteggerò e la inviterò a condividere la stalla dello Stallone di Shinjuku” disse assumendo un'espressione pervertita.
 
Immediatamente dopo, venne schiacciato sotto un enorme martello 'Parodia di un cavaliere romantico' della sua partner che era rossa di rabbia.
 
“Questa ragazza ti idolatra e tu intendi approfittarne? Sei pazzesco!” urlò.
 
“Fcherfavo...” balbettò.
 
“Le tue battute sono di pessimo gusto!” lo rimproverò.
 
Lui si alzò, pulendosi i vestiti e si rimise a posto il collo. Poi si rivolse alla sua partner infastidita.
 
“Rischiando di prendermi un secondo martello, rifiuterò questo lavoro” le disse, tirando fuori una sigaretta e accendendola.
 
“Troppo noioso?” gli chiese.
 
“Completamente...passerò il mio tempo a seguirla nei suoi viaggi, aspettando in qualche stanza senza alcun divertimento...è già tremendo quando succede per qualche giorno, ma per tutta la vita? Niente più rimorchio per le strade, niente più mattinate a dormire, fine dei nostri battibecchi, basta a jeans e giacca...” ridacchiò.
 
Kaori lo guardò sorpresa alla menzione dei loro bisticci. Era una cosa che gli piaceva? In qualche modo le faceva piacere, ma si trattenne di soffermarsi sull'argomento.
 
“Quindi questo non ha niente a che fare col fatto che ti considera ancora un prode cavaliere?” disse lei maliziosamente.
 
Non sentendo la sua risposta, alzò lo sguardo e incontrò il suo lieve sorriso. Aveva visto giusto e ne era abbastanza orgogliosa.
 
“Ho capito. Ti aspetto in macchina. Non approfittarne per fare il pervertito con lei. Se tu avverti le auree assassine, io sento i maniaci e potrei precipitare dalla vetrata senza preavviso” lo minacciò, stringendo gli occhi.
 
Lui rise in apparenza, ma dentro fu toccato dalla sua preoccupazione. Eppure non aveva ancora voglia di dirle che non aveva niente da temere.
 
“Se non mi vedi tornare entro un'ora, significa che sono riuscita a convincerla a una bottarella” scherzò.
 
“Nei tuoi sogni...è l'unico posto in cui ancora ci riesci” ribatté lei, con uno sguardo stanco.
 
“Tutto è destinato a cambiare, mia cara” rispose lui tornando alla villa.
 
Kaori aggrottò la fronte, osservandolo allontanarsi e chiedendosi cosa volesse dire. Che intenzioni aveva? Scosse il capo per togliersi dalla mente quelle idee folli. Ryo era quello che era: fedele ai suoi amici ma libero da ogni legame. Preparandosi a dover attendere a lungo, Kaori si sedette nella Mini e accese la radio.
 
“La tua partner non è tornata con te?” chiese Yuko quando lo vide tornare.
 
“No, volevo parlarti da solo” rispose Ryo, sedendosi nello stesso posto dove si era messo in precedenza. “Hai fatto un buon lavoro con la tua riqualificazione professionale, Yuko” si complimentò.
 
“Sì, è vero, ed è grazie a te. Mi hai insegnato ad affrontare le mie paure” lo ringraziò, felice, sedendosi accanto a lui.
 
“Però manca qualcosa qui...” notò lo sweeper.
 
“Davvero? Cosa?” chiese lei incuriosita.
 
Ryo si appoggiò allo schienale, portandosi le dita al mento e scrutandola attentamente.
 
“Una foto di tuo marito e dei tuoi figli”
 
“Non sono sposata” rispose lei, abbassando gli occhi e arrossendo. “Non ho ancora avuto la fortuna di trovare l'uomo perfetto” aggiunse.
 
“L'uomo perfetto? È una ricerca impossibile” disse Ryo.
 
“No, ti sbagli. So che esiste perché è davanti a me”
 
“Io?” disse lo sweeper.
 
Lei annuì, guardandolo meravigliata, e Ryo rise forte. Si calmò dopo pochi minuti e affrontò una Yuka un po' scombussolata.
 
“Non ho niente dell'uomo perfetto, Yuko. Sono egoista, pigro, spendaccione, maleducato...” iniziò.
 
“Non è vero! Mi hai salvato la vita due volte. Non hai giudicato mia madre nonostante quello che aveva fatto e mi hai spinta ad affermarmi e a crescere. Sei un brav'uomo” si oppose lei.
 
“Non ho un destriero, Yuko. Non ho un destriero ma ho un bagaglio pesante che porterò con me per tutta la vita e tu non hai le spalle per sopportarlo”

“Non mi interessa cos'hai fatto! Io ti amo!” gli gridò.
 
“No, tu ami l'uomo che ti ha impressionata. Non sai niente dell'uomo che sono realmente” disse con calma.
 
Si fissarono a lungo prima che Yuko abbassasse lo sguardo.
 
“Allora permettimi di conoscerti. Accetta la mia offerta e diventa la mia guardia del corpo. Così potremo conoscerci a vicenda. Non ho paura di affrontare i tuoi demoni” lo rassicurò con veemenza. “Sono pronta a tutto per te”
 
“Anche a morire?” chiese lui con voce posata.
 
Lei lo guardò con occhi spalancati, un po' più pallida. Scrutò i suoi lineamenti per giudicare la sua serietà, per indicare la falla che indicava che stava scherzando, ma non trovò nulla.
 
“Io...non lo so” sussurrò.
 
“Non faccio parte del tuo mondo, Yuko. Tu sei nella tua villa, ben lontana dal mio mondo. Il mio mondo è oscuro e duro. Anche se ricambiassi i tuoi sentimenti, non ti adatteresti al mio ambiente e il mio ambiente ingombrerebbe per forza il tuo. Hai molte qualità, Yuko, ma non hai i difetti che vanno bene per il mio mondo” disse.
 
“Ma...quali sono?” disse lei, turbata.
 
“Dovresti essere testarda, irascibile, caparbia, non avere senso di conciliazione, non avere peli sulla lingua e usare il linguaggio più colorito. Dimenticavo, serve anche una buona dose di violenza. La cosa ti riguarda?” le chiese.
 
“N...no” ammise, infastidita.
 
Ryo si sentì un po' in colpa ma doveva farle vedere la realtà. Si alzò con le mani in tasca.
 
“Yuko, sei una giovane donna meravigliosa ed è stato un onore per me incrociare la tua strada, ma non ci può essere altro. I nostri cammini non sono fatti per unirsi. I nostri mondi sono troppo diversi e tu hai la stoffa per essere un'amministratrice delegata, ma non per essere mia moglie” affermò.
 
“Accetteresti comunque di lavorare per me?” chiese speranzosa.
 
“No, non hai bisogno delle mie capacità. Un'ordinaria guardia del corpo sarà più che sufficiente per te. Ho altri obblighi” le disse.
 
“Ti darò tutto quello che vuoi” offrì.
 
Lo sweeper sentì una scarica elettrica corrergli lungo il corpo, annunciando un fenomeno a cui era abituato. Fissando la sua mente su un pensiero, riuscì a spegnere la reazione e si rivolse alla giovane amministratrice.
 
“Non mi lascio comprare, Yuko. L'ultima volta il tuo caso mi ha toccato, ma non questa volta”
 
“Perché? Ti piace lavorare per una bella donna, no? Sono anche pronta a darti quello che ti piace” lo supplicò.
 
“Ora diventi volgare e capricciosa, signora Presidente” la rimproverò. “Non hai torto, ma c'è una cosa che amo ancora di più: la mia libertà”

“Eppure lavori con qualcuno. Ciò impone dei vincoli” obiettò lei.
 
“La mia partner mi conosce e mi rispetta. Trova il compagno che farà lo stesso, Yuko, ma dimenticami: non sono quello che fa per te” concluse.
 
Senza nemmeno salutarla, uscì dall'ufficio e si diresse all'uscita. Fermandosi in veranda. Accese una sigaretta e la fumò con calma. Avrebbe potuto vivere una vita molto più tranquilla accettando quella posizione. Le visite notturne avrebbero potuto essere vittoriose lì, ma...osservò l'auto con la coda dell'occhio e incontrò lo sguardo della sua partner, uno sguardo calmo e caloroso che lo faceva sempre sentire bene.
 
Non metteva in dubbio i sentimenti di Yuko, ma lei vedeva solo il lato romantico del suo personaggio. Non conosceva il guerrigliero, l'assassino, l'ex drogato, lo sweeper che era. Aveva i suoi scheletri e non era pronto a parlarne con nessuno, a volte però lo raggiungevano. Persino Kaori aveva appreso frammenti del suo passato per caso. Non aveva voluto parlargliene. Non aveva voluto spaventarla. Non aveva voluto...rischiare di perderla.
Inaspettatamente, lei non era fuggita e, a modo suo, era persino riuscita ad alleviare un po' il suo dolore. Kaori aveva quella forza che Yuko non aveva. Kaori aveva le spalle per affrontare i fantasmi del suo passato, per affrontare la violenza del suo mondo. Se un giorno avesse ceduto, sarebbe stato con lei.
 
Gettando il mozzicone nel posacenere discretamente nascosto all'ingresso, raggiunse la sua socia nella Mini e lasciarono la residenza.
 
“Allora, non ti sei annoiata troppo?” le domandò con un piccolo sorriso.
 
“Stavo quasi per intervenire ma un uccellino mi ha detto che non ne valeva la pena” rispose lei ironica.
 
“Il tuo uccellino aveva ragione” confidò. “Saresti stata orgogliosa di me. Non le sono nemmeno saltato addosso”
 
“Finalmente un po' di saggezza in quella testa d'asino?” lo prese in giro.
 
“Blaa...blablablabla” lui fece una smorfia, mettendosi le dita in bocca e tirando fuori la lingua, rivolto verso di lei.
 
“Guarda dove vai, idiota!”

Lei afferrò il volante e lo girò a sinistra mentre un'auto giungeva nella direzione opposta. Così facendo, beccò il marciapiede e Ryo riprese il volante, appoggiando le mani sulle sue con rabbia.
 
“Idiota! Vuoi ucciderci o cosa?” la sgridò.
 
“Sei stato tu! Non si lascia il volante per fare le boccacce! Sei solo un bambino!” ribatté Kaori.
 
“Tu una matrigna cattiva!”

“Specie di scemo totale!”

“Megera acida!”

“Degenerato della biancheria intima!”

Senza accorgersene, le loro mani erano ancora aggrappate al volante e portavano la macchina a destra e a sinistra, facendola zigzagare pericolosamente. Un improvviso colpo di clacson li riportò alla realtà e videro un camion diretto verso di loro. Di colpo, senza consultarsi, virarono a sinistra e riuscirono a fermarsi in un parcheggio. Riprendendosi, osservarono il suolo dell'auto, poi alzarono gli occhi. Gli sguardi inizialmente indignati si ammorbidirono e si fecero ridenti. All'improvviso scoppiarono entrambi a ridere fino a rendersi conto che le loro mani erano ancora strette sul cuoio del volante, quelle di Ryo su quelle di Kaori.
 
Poi ci fu silenzio e, dopo un momento di imbarazzo, Ryo ritirò le mani, liberando quelle della su partner rossa in viso. Kaori appoggiò i palmi sulle ginocchia, incapace di pronunciare una parola. Per quanto ricordava, era la prima volta che le teneva la mano e, anche se non era stato un contesto romantico, non l'aveva lasciata indifferente. Lanciò una rapida occhiata al suo partner che, indecifrabile, reinserì l'auto nel traffico.
 
“Mi lasci al supermercato? Devo fare un po' di compere” gli chiese, osando rompere il silenzio un po' imbarazzante che si era stabilito.
 
“Vengo con te” disse lui, sorprendendola.
 
“Davvero?” si lasciò scappare.
 
“Beh, sì...devo consigliarti sull'acquisto dei preservativi”
 
Si ritrovò sepolto sotto un martello che nascose il suo leggero sorriso divertito.
 
“Idiota!” sbottò, nascondendo il sorriso dietro la mano.
 
“Pazza col martello” rispose lui, lo sguardo scintillante.
 
Perfetta, no, solo quella giusta...

 

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Capitolo 5
*** Capitolo Cinque ***


Indifferente alla pioggia di metà giugno che lo stava bagnando, Ryo si aggirava per i vicoli di Shinjuku, facendo il giro dei suoi informatori. Dopo alcuni giorni frenetici in seguito all'attacco del Loto Blu al Dragone d'argento, le cose tornarono alla normalità dopo un fermo promemoria dello stato delle cose da parte sua. Uscendo da un vicolo, un sorriso si diffuse sulle sue labbra. Ecco un'immagine che gli riportava alla mente dei ricordi.
 
“Reiko Yuki, questa è una posizione che ti piace” scherzò, facendola sobbalzare.
 
“Saeba, mi hai spaventato a morte” disse la giovane donna, una mano sul cuore.
 
Si alzò dal suo punto di osservazione, accovacciata in un angolo del vicolo, esattamente nella posizione in cui si era trovata quando lui aveva dovuto proteggerla qualche anno prima. Si appoggiarono al muro.
 
“Allora, chi stai seguendo questa volta? Aspetta, fammi indovinare” disse, con un dito sul mento. “Il presidente della Tomoka Inc...” propose.
 
“Giusto, ma come fai a saperlo?” gli chiese.
 
“Sono al corrente di tutto...o quasi” rispose.
 
“E che tipo di informazioni ti mancano?” rise lei.
 
“Sapere se il tuo cuore ha trovato un compagno” rispose con voce affascinante.
 
Ricordava l'appello che lei aveva fatto alla fine del lavoro, cosa che gli era valsa l'inseguimento per giorni degli ammiratori arrabbiati della donna.
 
“È sulla strada giusta” gli disse lei con un leggero sorriso. “Comunque, immagino di non avere la minima possibilità di acchiapparti” aggiunse.
 
“Quando penso che non mi volevi, che avevi anche cercato di prendermi in giro...” rise lui, ricordando il momento in cui lei si era fatta seduttrice per beccarlo in una posizione equivoca e farlo così licenziare dal suo produttore.
 
“Non capisco nemmeno perché non ne hai approfittato” confessò Reiko.
 
“Cercando di ingannarmi, non avevi più niente della ragazza che mi era piaciuta...” la informò con un lieve sorriso.
 
“Sono una pessima attrice” fece lei.
 
“No, sarebbe andata se io non avessi avuto un radar speciale” ribatté, indicando il mokkori che era appena apparso.
 
Reiko si colpì la fronte con la mano, di cattivo umore.
 
“Se intendi propormi una bottarella, è no” borbottò. “Comunque, dov'è la tua partner?” lo interrogò, ricordandosi del duo folle del ruolo di guardia del corpo della guardia del corpo della rossina.
 
“È uscita per il suo giro quotidiano come io ho il mio” rispose lui, domandandosi se Kaori sarebbe tornata con un XYZ dalla stazione. “Non ti proporrò di andare in un love hotel. Sei impegnata, non hai più niente di interessante. Non mi diverto a distruggere le coppie”
 
“Potrei considerarmi quasi offesa” disse lei maliziosa. “Sono io che non ho più nulla di interessante o tu che non hai più interesse?” gli domandò, con un'occhiata acuta.
 
“Io? Io sono sempre libero come l'aria” esclamò trionfante.
 
Lei lo osservò per qualche istante, poi sorrise scuotendo la testa.
 
“Libero come l'aria? Eppure non ti ho sentito arrivare e la strada è piena di belle ragazze. Incredibile che oggi tu non ti sia preso la briga di salutare la bellezza femminile...” gli fece notare.
 
“Che mancanza di tatto da parte mia!” esclamò Ryo. “Ti lascio” disse, scappando.
 
La strada si riempì presto di grida indignate di signorine e rumori sordi, e dieci minuti dopo lo sweeper tornò con la faccia gonfia, i fazzoletti nelle narici.
 
“Va meglio così?” chiese.
 
Lei lo guardò sbalordita, poi, mettendosi una mano davanti alla bocca, rise.
 
“Non so come lei faccia a sopportarti” sbottò infine, gli occhi brillanti di divertimento.
 
“L'abitudine...” disse Ryo.
 
“Ah, ecco il mio obiettivo” sussurrò improvvisamente la giovane, appoggiandosi al muro per non rischiare di essere vista.
 
Ryo la seguì e lanciò un'occhiata per vedere un uomo sulla cinquantina con i capelli brizzolati uscire da un edificio qualunque. La giornalista tirò fuori la macchina fotografica e scattò alcune foto a lui e agli uomini che lo accompagnavano.
 
“Non lo segui?” si stupì Ryo.
 
“No, voglio sapere con chi aveva appuntamento” gli spiegò, scattando foto di altre persone che uscivano.
 
“L'edificio è grande. Come fai a saperlo?”
 
“Cercherò di identificare tutti quelli che fotografo” rispose lei.
 
“Un lavoro davvero minuzioso. Ti sei appassionata ai reportage” osservò, piuttosto orgoglioso di lei.
 
“Sì, lo ammetto. Presento ancora le edizioni del week end ma durante la settimana mi dedico alle inchieste” ammise lei.
 
Scattò nuove fotografie e Ryo osservò le persone che uscivano dall'immobile.
 
“Stai mirando persone discutibili, Reiko...” le disse, riconoscendo il capo di un clan nato in Corea, noto per la sua durezza.
 
“Lo so, ma è un argomento che mi sta a cuore. Tratta di donne” riassunse.
 
“Lo immagino. Perché questo argomento? Non hai più niente da dimostrare” si incuriosì.
 
“Devo sempre dimostrare quello che valgo. È la dura legge quando si è donne, e non solo nel mio lavoro” rispose cupamente. “Non sarò io a dovertelo spiegare. Per la tua partner sarà sicuramente lo stesso” aggiunse.
 
“Lei non ha più niente da dimostrarmi” disse Ryo.
 
Tuttavia, si rese conto che era vero, che Kaori sembrava sempre avere la sensazione di dover giustificare il posto che ricopriva, per provargli di essere la partner di cui aveva bisogno anche se le aveva già detto che formavano una squadra.
 
“Non dovresti stare qui da sola” sottolineò.
 
“Sto solo scattando delle foto. Non mi avvicinerò. Ho imparato da te. Il mio compagno è su un altro lato dell'indagine. Domani saremo insieme” lo informò con voce più dolce.
 
“A quanto pare, compagno professionale e personale...” la stuzzicò lo sweeper.
 
“Sì, è vero. Ho trovato la mia metà e ti assomiglia un po' nel modo di fare. È una persona disinvolta e l'ho scosso a più riprese all'inizio della nostra collaborazione, ma oggi ho capito che sotto le sue arie calme dormiva un leone. È forte, giudizioso e testardo. Mi sa calmare quando mi lascio trasportare” gli spiegò.
 
“È un bene. Ciò significa che non sarebbe più la mia faccia ad apparire sugli schermi se un giorno ti lasciasse” rise lui.
 
Reiko abbassò lo sguardo, arrossendo.
 
“Ho un po' esagerato in quel caso, lo ammetto. Tu...non mi avevi lasciato indifferente. Volevo tentare la sorte anche se non avevo molte speranze” si scusò.
 
“Perché non avevi speranze? Ero single, lo sono ancora” replicò Ryo, avvicinandosi a lei.
 
Poteva permettersi di seminare il dubbio nella sua mente su di lui dal momento che lei aveva qualcun altro nella sua vita. Poteva anche permettersi di giocare a fare lo struzzo dato che non avrebbe ferito la sua partner.
 
“Davvero, Saeba? Mi stupisce che dopo così tanti anni e il legame tra voi, tu e la tua partner non siate andati oltre” osservò, stupita.
 
Ryo la guardò e nascose il suo disagio dietro un'aria idiota.
 
“Io con quella pazza che mi colpisce in ogni momento arrivando all'elettroshock? Mai nella vita” si lamentò. “E poi l'hai vista? Non ha niente di femminile” continuò. “Niente seno, niente sedere, capelli da maschio che non sa gestire, e non sa vestirsi” concluse.
 
“Sai cosa dice la gente nel mio ambiente? Che non c'è più bugiardo di chi si confessa volontariamente” rispose.
 
Attese qualche secondo per vedere cosa le avrebbe risposto, ma Ryo si limitò ad assumere un'aria annoiata e si accese una sigaretta.
 
“Ti lascio a fare lo struzzo, Saeba, ma non puoi negare che avete fiducia l'uno nell'altra. Mi piacerebbe raggiungere quel livello di complicità con il mio partner. Ci vorrà del tempo, però” sospirò.
 
“La fiducia si guadagna e si coltiva” disse Ryo. “Non è da tutti e ciò che si può fare con una persona, non è detto che si riesca a farlo con un'altra” aggiunse, pensieroso.
 
“Dipende anche dalle circostanze, no? In altri tempi, in altri luoghi, potreste non aver raggiunto una tale alchimia” rifletté Reiko.
 
“Non lo so. Tutto quello che so è che lei ha avuto il coraggio e la forza di battersi. Li ha ancora, d'altronde” ammise.
 
“Ricordo una cosa che disse: 'Non posso essere una donna fragile'” rammentò la giornalista.
 
Era stato subito dopo che Kaori era stata preso in ostaggio dai delinquenti che ce l'aveva con lei. Ryo si era rifiutato di alzare un dito, cosa che l'aveva indignata ma, a modo suo, aveva aiutato la sua partner a liberarsi e lei ci era riuscita.
 
“E tu le avevi risposto che se potevi batterti era perché ti fidavi di lei. Scherzavi o eri serio?” gli chiese.
 
“Ero serio...ma perché mi fai domande di cui hai già le risposte?” ribatté, con un sorrisetto sulle labbra.
 
“Per esserne sicura, per sentirtelo dire, tu che sembri infischiartene di tutto” rispose lei.
 
“Forse è così...non sono noto per essere serio, dopotutto” rispose disinvolto, gettando via il mozzicone.
 
“Sei un bugiardo, Saeba. Sotto le tue arie da buffone, sei molto serio. Solo che non vuoi che nessuno lo sappia”

Ryo si voltò e guardò dietro di sé, con un'espressione goffa.
 
“Ma di chi parli?” chiese, con aria sciocca.
 
“Non fare il finto tonto” gli disse, la fronte aggrottata, battendogli il petto con il dito.
 
“Ti assicuro, non capisco...”
 
“Sei stato tu a proteggermi dal freddo per lunghe ore sotto la neve, sei stato tu a salvarmi da quei delinquenti mentre ero al telefono e ti sei accampato nel retro di quella macchina troppo piccola. Sei una persona seria, ma è importante che non si sappia, vero? Bisogna pensare che niente arrivi a toccarti” gli disse, le braccia in conserte. “Qualcuno ha guadagnato la tua fiducia abbastanza da poter ascoltare i tuoi veri pensieri? Perché non è possibile vederti come un uomo serio?” aggiunse, sembrando dispiaciuta per lui.
 
Lo sweeper accese una seconda sigaretta ed esalò a lungo il fumo, guardandolo salire nell'aria.
 
“Perché non voglio” rispose lui semplicemente.
 
“Ma perché?” esclamò Reiko.
 
“Ho le mie ragioni”
 
“Sei molto meglio di quello che mostri”

“Mi dai più valore di quello che ho” obiettò lui.
 
“È quello che pensa anche lei?” chiese Reiko.
 
Ryo rimase in silenzio, osservando il fumo che evaporava. A volte avrebbe voluto evaporare allo stesso modo, scomparire dalla faccia della Terra, sfuggire al dolore, ai ricordi, ma non poteva. Non era un codardo. Kaori...anche gli lei gli dava dei meriti che non gli sembravano proprio guadagnati, ma, poco a poco, lui si lasciava conquistare e, a volte, ci credeva...brevemente...
 
“Ha torto a fidarsi di te? Tu ti sbagli nel fidarti di lei? Non siete più forti in due che ognuno da solo?” gli chiese, mettendogli una mano sul braccio.
 
Lui la guardò, impassibile. Lei non era assolutamente in grado di sapere a cosa stesse pensando, quale fosse la sua risposta. All'improvviso, il suo viso cambiò e assunse una maschera da pervertito.
 
“Ho battuto il mio record. Sono rimasto serio per più di quattro minuti. Reiko, dimentica il tuo partner e andiamo a divertirci insieme. Ti farò dimenticare tutto questo tempo di attesa” gli propose, mentre il mokkori appariva.
 
Recuperando una vecchia abitudine, tanto rapidamente appresa quanto dimenticata, lei incastrò Ryo contro il muro con un martello.
 
“Ho del lavoro da fare. Devo andare a sviluppare queste foto. È stato un piacere, o almeno credo...” brontolò lei, scivolando nel traffico.
 
“Non posso crederci...dovrò di nuovo intervenire” disse Ryo, uscendo dalla sua prigione e poi dal vicolo, trovando Reiko alle prese con due delinquenti.
 
“Ehi, ragazzi, che ne dite di andarvene e lasciare stare la signorina. Ci stavo parlando io...” disse annoiato, con le mani in tasca.
 
“Vai avanti per la tua strada, amico. Dobbiamo parlare alla signorina” rispose uno.
 
“C'ero prima io” rispose lo sweeper.
 
“Vattene, ti abbiamo detto” ribatté il secondo, puntandogli contro la pistola.
 
Ryo si sporse in avanti e, con aria scema, strizzò gli occhi verso la canna dell'arma, pronunciando un 'Oh' di ammirazione.
 
“È vera?” chiese.
 
I due caddero all'indietro, circondati da corvi che volarono via quando si alzarono improvvisamente.
 
“Beh, sì, è vera. Sei stupido o cosa? Ehi, Robert, lo faccio fuori, giusto?” disse quello che non teneva Reiko di mira.
 
“Vai, Maurice, piantagli una pallottola in mezzo agli occhi” insistette l'altro.
 
“Scusami, l'ho chiesto perché i vostri giocattoli non assomigliano per niente al mio...” disse Ryo.
 
“Non ci credo, farà ancora una volta lo scherzo del mokkori...” borbottò Reiko, attirando l'attenzione dei due tizi increduli.
 
Ryo sorrise alla risposta della sua ex cliente: ne sarebbe stato capace...prima. Tuttavia, si accontentò, in modo più classico, di infilare una mano nella giacca e di estrarre la sua arma.
 
“Una Ma-ma-ma...gnum...357...Py...thon...” balbettò Robert, livido.
 
“Cosa c'è?” fece Maurice, non capendo la reazione del collega.
 
“Scappiamo!” gridò quest'ultimo, dandosela a gambe.
 
Maurice guardò il suo compare fuggire e si voltò verso Ryo, impugnando coraggiosamente la sua pistola.
 
“Sei nuovo nel mestiere?” chiese lo sweeper.
 
“Ho iniziato ieri. Sono un apprendista” rispose.
 
Reiko sentì una libellula schiantarsi sulla sua testa. Quindi anche i criminali facevano gli stage?
 
“Non hai ancora avuto la lezione sui buoni, sui cattivi e su chi evitare?” chiese Ryo.
 
“No. Quella è la lezione...di domani” disse orgoglioso Maurice.
 
“Per mia grande bontà, ti darò un vantaggio. Io sono quello da evitare” disse Ryo. “Visto che sei nuovo, ti do anche la possibilità di arrivare alla lezione di domani. Quindi levati prima che cambi idea” ordinò seccamente.
 
L'uomo fissò lo sweeper e si voltò prima di scappare.
 
“Che diavolo era quello show?” chiese Reiko a Ryo.
 
“Cosa? Avresti preferito sangue e proiettili? Scusa se ho preferito la modalità più elegante. La prossima volta, perlomeno romperò loro il naso” le promise.
 
“I criminali ti temono, almeno quelli che ti conoscono” ammise la giornalista. “Kaori non ha mai paura per la sua incolumità? Sono sicura che ci siano stati tentativi di attaccarla per arrivare a te”
 
“Stammi bene, Reiko. Sai come contattarmi se hai bisogno di una guardia del corpo” eluse lui, agitando la mano mentre si allontanava.
 
Tornò all'edificio di mattoni rossi mentre la notte calava sulla città. Non accese le luci dell'appartamento e si diresse all'angolo bar dove si servì un bicchiere di whisky e versò del vino bianco in un bicchiere. Pensieroso, si mise alla finestra e guardò il cielo assumere vari colori, ripensando alla conversazione avuta con Reiko. All'improvviso sentì una presenza familiare avvicinarsi e abbassò lo sguardo per vedere apparire Kaori che correva, con la borsa della spesa in mano, da dietro l'angolo. Meno di due minuti dopo, lei entrò in casa e accese la luce, senza mostrare alcuna sorpresa quando lo vide alla finestra.
 
“Scusa, sono passata al Cat's Eye e Mick era in gran forma oggi” si scusò. “Mi metto subito a cucinare”

“Aspetta. Non abbiamo fretta, no?” la chiamò.
 
Kaori lo guardò, poi annuì e si avvicinò quando lui le porse il bicchiere di vino bianco.
 
“Solo un goccio. Non vorrei che tu rovinassi ulteriormente la cena” scherzò.
 
“Idiota...” sbottò lei con un sorrisetto.
 
“Ho rivisto Reiko Yuki oggi. Sai, la conduttrice del telegiornale che voleva fare inchieste” le ricordò.
 
“Sì, mi ricordo. Aveva carattere. Eri stato licenziato, anche.” rammentò, accigliandosi. “Due volte!” precisò.
 
Ryo la guardò e rise. Kaori aveva la memoria di un elefante...soprattutto per quelle cose.
 
“È vero, ma alla fine abbiamo comunque portato a termine la missione, no?” si difese.
 
“Sì, è vero” ammise lei, facendo tintinnare il bicchiere contro quello del suo partner, prima di bagnarsi le labbra.
 
“Abbiamo parlato un po'...” le disse prima di fermarsi, sentendo montare un'aura familiare.
 
“Avete parlato o ci hai provato con lei?” lo rimproverò.
 
“Parlato! Giuro!” rispose frettolosamente.
 
Kaori lo scrutò e si calmò. Qualche mese prima non gli avrebbe creduto, ma il suo intuito le diceva che lui era sincero.
 
“E allora? Continua con i reportage?” gli chiese, tornando a uno stato normale, come se nulla fosse.
 
“Sì, sempre. Peccato per il notiziario...” sospirò Ryo.
 
Venne colpito da un martello di una tonnellata in testa e sorrise leggermente. Gli piaceva ricordarsi che lei teneva a lui.
 
“Da brava giornalista, mi ha tormentato di domande, predicando nel deserto” le disse.
 
“Del tipo?”
 
“Tu pensi che io sia serio?” le chiese, lanciandole un'occhiata cupa.
 
“Penso che tu abbia visto cose troppo serie per volerlo essere tutto il tempo. Sai esserlo quando è necessario” rispose lei, dopo un momento di riflessione. “Ryo, so che hai vissuto cose orribili e io ci sarò se avrai bisogno di parlarne, ma so che non vuoi farlo, sia per te stesso che per proteggere chi ti sta intorno” aggiunse guardandolo negli occhi, assicurandogli il suo incrollabile sostegno.
 
“Come puoi stare al mio fianco senza conoscermi? Non hai mai avuto paura di me?”

“No, mai” lo rassicurò.
 
Lui osservò la luce nei suoi occhi e capì che era vero.
 
“Non hai mai avuto paura per la tua sicurezza?” le chiese.
 
“No. Ricordi cosa ti ho detto quel giorno nel parcheggio in cui una macchina mi aveva quasi investito?” gli domandò. “Anch'io mi fido di te...tu vieni ad aiutarmi quando c'è un vero pericolo” gli ricordò.
 
“Come puoi fidarti così tanto di me?” sussurrò lui.
 
“E tu?” ribatté lei.
 
Si fissarono a lungo, occhi negli occhi, immergendosi in quella bolla di serenità e fiducia reciproca che solo loro potevano condividere.
 
Fiducia...

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Capitolo 6
*** Capitolo Sei ***


“Etciù!”

“Non stai meglio, tu...” fece notare Ryo alla sua coinquilina, sdraiata sul divano sotto un piumone mentre giugno volgeva al termine.
 
Kaori alzò lo sguardo lucido di febbre e trasalì quando sentì di nuovo il naso che colava. Si soffiò il naso prima di rilasciare un sospiro stanco. Lo sweeper si avvicinò dopo aver posato la giacca nell'armadietto del corridoio.
 
“Mi sento moscia...” grugnì lei.
 
“Io invece sono sempre duro” scherzò lo sweeper.
 
“Oh, ma basta con le tue battute a doppio senso! Sono malata!” gemette.
 
“Se fossi stata una donna, avrei detto che i lamenti erano un segno di buona salute, ma...”
 
Venne interrotto dal cuscino che lo colpì violentemente in faccia. Disinvolto, lo raccolse e lo rimise sul divano.
 
“Sei fortunato che non posso sollevare il martello” disse lei accigliata. “C'era un messaggio alla stazione?” gli chiese.
 
“No, niente. Potrai riposarti” rispose lui sollecito.
 
“Tanto meglio. Non mi sento affatto bene” sospirò lei, chiudendo gli occhi.
 
All'improvviso sentì una mano fresca sulla fronte e aprì le palpebre, sorpresa, incontrando lo sguardo serio del suo partner.
 
“Hai ancora la febbre. Hai bisogno di una compressa?” le chiese.
 
“Sei sicuro che sia io quella malata?” fece lei, birichina.
 
“Scema. Approfitta dei miei secondi di gentilezza”
 
“Grazie. Ne ho presa una un'ora fa” gli disse. “Hai guardato la posta?”

“Sei malata e pensi a questo? Sei una tiranna!” si lamentò lui. “No, l'ho dimenticato”
 
Era strano, quel cambio. Di solito, quando lei era malata, lasciava che se si arrangiasse da sola, ma questa volta, per un motivo che non voleva identificare, l'aveva costretta a riposare e svolgeva alcune delle faccende che solitamente sbrigava lei.
 
“Vado io” disse lei, sollevando la coperta e alzandosi.
 
“Certo, stai a malapena in piedi” le disse, raggiungendola mentre lei barcollava. “Vai a sdraiarti. Vado io” le ordinò.
 
Le costrinse a stendersi di nuovo e le rimboccò la coperta prima di lasciarla. Cinque minuti dopo, tornò e appoggiò un'intera pila di buste sul tavolino prima di sedersi accanto a lei.
 
“Le apro io. Immagino che vorrai sapere cosa c'è dentro” grugnì senza cattiveria.
 
Lei gli rivolse un piccolo sorriso imbarazzato che lui ricevette dritto al cuore ma non lo diede a vedere.
 
“Allora, bolletta dell'elettricità” annunciò. “Una lettera della banca per dirci che siamo sempre scoperti...ah, no, è solo l'estratto conto. Oh oh potrò uscire stasera” esclamò vedendo l'ammontare del saldo.
 
“Neanche per idea! Dammelo subito” gli ordinò, gettandosi su di lui.
 
Lo bloccò, allungandosi sopra di lui, cercando di raggiungere la lettera. Ryo si trattenne dal far apparire il mokkori rendendosi conto delle forme appetitose che si muovevano su di lui. All'improvviso, lei lasciò cadere il braccio e il suo corpo si afflosciò.
 
“Kaori?” si preoccupò.
 
“Non ho più forze” sussurrò lei.
 
Lui sorrise teneramente, cosa che si permise dato che lei non poteva vederlo, la testa appoggiata sul suo petto. Le mise una mano sulla schiena e, dopo alcuni secondi trascorsi a godersi il momento, la fece spostare raddrizzandosi. A manovra completata, lei era appoggiata sulle sue ginocchia, contro di lui, le braccia avvolta intorno a lui. Lui abbassò lo sguardo e notò il rossore sulle sue guance, qualcosa gli diceva che non aveva niente a che fare con la febbre.
 
“Scusa” disse lei.
 
“Devono mancarti i tuoi martelli” scherzò lui.
 
Lei lo guardò e annuì, con un sorriso leggero sulle labbra. Non appena ne ebbe la forza, o meglio, non appena ebbe sufficientemente approfittato di quella posizione, o ancora non appena ritenne che restare più a lungo tra le sue braccia avrebbe significato abusare della situazione, Kaori scivolò di nuovo sotto la coperta, tirandola fin sotto il naso per nascondere il piccolo sorriso sciocco che le stava apparendo.
 
“Beh, allora, bolletta del gas” annunciò lui, strappando un grugnito alla sua partner. “Pubblicità, pubblicità, pubblicità, bolletta dell'acqua...” descrisse le seguenti buste.
 
“Nessuna buona notizia?” gli chiese, sospirando in anticipo per le spese incombenti.
 
“Aspetta, ne resta una. Viene dalla Repubblica di Emaria” osservò Ryo.
 
“Emaria? Non c'era stato quel colpo di stato e noi avevamo protetto quel ragazzino e la sua insegnante?” chiese Kaori, soffiandosi di nuovo il naso.
 
“La sua insegnante...sì, Takuya e Atsuko” si ricordò.
 
“Che dicono?”

Lo sweeper aprì la busta e iniziò a leggere la lettera in silenzio.
 
“Allora? Cosa dice?” chiese Kaori, curiosa. “È Takuya che ti scrive?” insistette.
 
“No, Atsuko” rispose lui, piegando la lettera.
 
“Oh...bene” sussurrò lei, sentendo nascere la gelosia.
 
“Hanno appena avuto una bambina e sentiva il bisogno di ringraziarmi per averli salvati allora” riassunse lui.
 
“Quindi Takuya ha una sorellina” sospirò la sweeper. “È bello sentire che la vita ha ripreso i suoi diritti” disse soffocando uno sbadiglio. “E Takuya?” gli chiese.
 
“Comincerà l'università con un anno di anticipo. Giornalismo come suo padre, a quanto pare” rispose Ryo, risistemando la coperta della sua partner.
 
La guardò mentre lottava contro il sonno, poi finalmente cedette e si addormentò. Se ne sarebbe potuto andare in camera sua e lasciarla come aveva l'abitudine di fare, ma si limitò ad appoggiare i piedi sul tavolino e aprì di nuovo la lettera di Atsuko per rileggerla.
 
'Caro Saeba,
 
Ci tenevo a scriverti questa lettera dopo tutti questi anni per ringraziarti dal profondo del cuore per aver aiutato me e Takuya.
 
Mio marito ed io abbiamo appena dato il benvenuto a una bambina e, senza di te, noi quattro ora non saremmo una famiglia felice. Non potremo mai esprimere la gratitudine che proviamo.
 
Takuya comincerà l'università il prossimo anno scolastico. È molto più avanti rispetto alla sua età e il calvario che ha attraversato e gli insegnamenti che tu gli hai dato hanno contribuito molto e continuano a dargli benefici anche oggi. È un giovane uomo determinato e coraggioso. So che sarà una brava persona, soprattutto perché le stranezze che aveva preso da te sono scomparse. Spera che Kaori non ce l'abbia più con lui.
 
Spero che tu non mi biasimi per essermene andata dopo quello che avevamo vissuto. Da parte mia, non dimenticherò mai il bacio che abbiamo condiviso, anche se amo profondamente mio marito. Avrai sempre un posto speciale nel mio cuore.
 
Non mi aspetto di ricevere una risposta a questa lettera. Sii felice.
 
Atsuko Matsuoka'.
 
Ryo si lasciò andare sulla poltrona, fissando il soffitto. Un sorrisetto illuminò i suoi lineamenti mentre pensava a quella particolare missione. A come aveva invidiato quel ragazzino che poteva vedere la sua istitutrice nuda, toccarla senza farsi sgridare...se si fosse trattato di lui, senza dubbio i martelli sarebbero stati molti di più...
 
Ricordava la volta in cui gli aveva portato della biancheria intima per insegnargli a sparare come un uomo, per proteggere se stesso e lei. Era stato intenerito da quel ragazzino, dalle sue ragioni, e aveva accolto la sua richiesta. Gli aveva insegnato i gesti, le posture con pazienza, con molta più pazienza di quella che aveva avuto per Kaori, e soprattutto con un'arma ben calibrata.
 
“Forse un giorno sarò abbastanza forte da permetterti di diventare brava a sparare” sussurrò, guardando la sua partner che dormiva.
 
Ripensò alle curve formose di Atsuko, al suo seno voluttuoso, al suo ventre piatto e fermo, alle sue natiche ben disegnate. Sorrise nell'avvertire i primi impulsi di desiderio. Era una donna molto bella che aveva tutto ciò che serviva per piacergli ma, per una volta, le cose erano andate diversamente. Il suo sguardo era cambiato la sera in cui lei gli aveva spiegato come si era trovata in compagnia di Takuya, come da un inganno fosse nata una profonda amicizia, poi un affetto che l'aveva spinta a salvare un bambino non suo. L'aveva ammirata e non aveva saputo fare mokkori per lei finché lei non aveva cambiato atteggiamento nei suoi confronti.
 
Rise ripensando alle condizioni in cui si era ritrovato, sanguinando dal naso in ogni momento quando sarebbe dovuto apparire il mokkori. Era stata la prima volta e non riusciva a capire perché con Kaori non fosse mai successo. Eppure si era represso perché, sebbene continuasse a denigrarla, lei aveva un folle effetto su di lui. Persino Takuya lo aveva visto quando gli aveva sventolato davanti una foto di lei in biancheria intima. Si era eccitato come un toro, non sapendo di avere davanti a sé il corpo della sua partner. Quel ragazzetto era arrivato al punto di dirgli che quella era una maniera indiretta di mostrare il suo amore. L'aveva definita perfino contorta, il che non era proprio sbagliato visto come si tormentava per non mostrare alla persona che amava che l'amava.
 
“Ahi, ahi, ahi, mi viene il mal di testa” sospirò.
 
Tutto sarebbe potuto cambiare in quel momento. Aveva persino quasi confessato a Kaori che l'amava ma, incapace di andare fino in fondo, aveva glissato all'ultimo momento e ci aveva riprovato ma aveva baciato Atsuko involontariamente. Per una volta che non aveva voluto baciare una donna diversa dalla sua partner, l'aveva fatto. Fortunatamente o sfortunatamente, non era sicuro di poter affrontare la situazione in quel momento, Kaori li aveva sorpresi e tutto era tornato alla normalità. Tutto sarebbe potuto essere diverso oggi.
 
Guardò la sua partner che dormiva, le guance leggermente rosse. Le sistemò una ciocca di capelli, sentendo tornare la febbre, e si alzò per prendere un panno umido e metterglielo sulla fronte. Lei doveva essere davvero esausta perché non batté ciglio nonostante la freddezza del tessuto.
Lui era già diverso da alcune settimane. Si sentiva avanzare lentamente verso di lei. Era un po' più presente, un po' meno spregevole anche se l'impulso di porre distanza lo afferrava a volte, per paura, per timidezza. Aveva voglia di andare ancora oltre?
 
Guardò la lettera, ripensando a quei minuti trascorsi nella sua stanza chiedendosi come dichiararsi. Allora si era sentito pronto. Qual era la differenza oggi? Avevano vissuto maggiormente insieme, avevano attraversato l'inferno mano nella mano, si erano ritrovati ancora più vicini. Controllava sempre meno il suo mokkori in sua presenza. Significava che era pronto? Takuya aveva ragione: l'amava, non doveva fare altro che dichiararsi, prendere il coraggio a due mani e dirglielo.
 
Prendere il coraggio a due mani, si disse...avvertì il sudore freddo. Sospettava che lei sarebbe stata d'accordo, ma poi cosa sarebbe successo? L'avrebbe portata nel suo letto per fare l'amore con lei come sognava da anni? L'avrebbe lasciata per andare a farsi un giro? L'avrebbe abbracciata senza andare oltre? Qual era l'atteggiamento giusto da assumere se decideva di lasciarsi andare ad amarla? Prendere il coraggio a due mani...meglio domani*, ironizzò. Non era ancora pronto. Il suo piano doveva essere perfezionato. La miglior difesa non era attaccare ma aspettare e vedere...come avevano fatto con Atsuko e Takuya, alla fine. La bandiera bianca era stata alzata, la storia si era risolta senza colpi di arma da fuoco né schizzi di sangue. Takuya aveva ritrovato suo padre, Atsuko il suo fidanzato e lui e Kaori erano rimasti insieme.
 
“Ryo...” sussurrò Kaori, svegliandosi con difficoltà.
 
“Sono qui” rispose lui.
 
Lei aprì gli occhi e lo guardò, un po' confusa, come se non sapesse più dove si trovava. Lui non la prese in giro e restò al suo fianco.
 
“Sei rimasto qui?” gli chiese dopo un lungo momento.
 
“Sì, non avevo niente di meglio da fare” si giustificò, sbadigliando vistosamente.
 
“Grazie” sussurrò lei sorridendo.
 
“Per non aver fatto niente? Beh, non c'è di che, posso ricominciare” disse lui, strofinandosi i capelli con aria sciocca.
 
Kaori lo guardò e rise piano. Lui la guardò stupito, poi le rivolse quel piccolo sorriso ironico che a lei piaceva molto.
 
“Mi fa piacere che tu sia rimasto qui...a non fare niente” disse divertita, togliendosi il panno dalla fronte. “Bisognerà stare attenti. Se gli oggetti iniziano a muoversi da soli...”
 
“Vero. Non so come sia arrivato lì” affermò Ryo.
 
“Voglio una tazza di the. Tu vuoi qualcosa?” gli chiese alzandosi.
 
“Che resti sdraiata...non voglio rischiare il mio mokkori con una colata di liquido bollente” le disse, spingendola indietro.
 
“Dovresti stare attento, Ryo. Potrei quasi credere che tu ti stia prendendo cura di me” disse lei furbetta.
 
Lui si voltò e la osservò, notando la luce compiaciuta nei suoi. Avrebbe potuto essere sempre così se si fossero messi insieme?

“E se fosse così?” chiese lui curioso.
 
“Mi renderebbe felice” rispose lei, sforzandosi di controllare i battiti del suo cuore.
 
“Non ti aspetteresti di più?”

“Non voglio mentirti. Lo spererei ma non lo pretenderei. Accetto quello che mi viene dato, Ryo. Non sono un'attrice, un'eroina o una donna di mondo. Sono solo io. Non ho diritti su di te e tu non mi devi nulla ma, se vuoi condividere qualcosa con me, io sono qui” gli disse con calma. “In effetti, su questo punto, io e Atsuko condividiamo la stessa idea” riassunse, osservando la lettera sul tavolo.
 
Lui la guardò per un altro momento, poi andò in cucina. Sapeva tutto quello che lei gli aveva appena detto. Lo sapeva ed era ciò che lo aveva spinto a mantenere lo status quo in tutti quegli anni. Lo aveva rassicurato sapere che lei era lì, disponibile, incrollabile nonostante tutto quello che lui le faceva vivere. Forse era tempo che ciò lo aiutasse ad andare avanti. Lei aveva aspettato abbastanza, lui anche, soprattutto ora che si ricordava che tutto avrebbe potuto essere diverso da anni.
 
“Tieni, il tuo the” le offrì, tendendole la tazza.
 
“Grazie” gli disse, raddrizzandosi sul divano. “Che succede, Ryo? Ti sento un po' smarrito da un po' di tempo su alcune cose” si preoccupò.
 
Lui la osservò un istante, grato che lei fosse lì senza insistere troppo apertamente per non mettergli fretta, lasciandogli una via d'uscita se ne avesse avuto bisogno.
 
“Non lo so. Ci sono tutte queste clienti che sembrano tornare improvvisamente dal mio passato e questo mi fa riflettere” ammise.
 
“Ed è un bene o un male?” gli chiese sollecita.
 
“Non lo so. Voglio credere che potrebbe essere un bene” confessò.
 
“Penso che tu lo sappia. Dentro di te lo sai, Ryo. Devi solo fidarti di te stesso” gli disse.
 
“Non mi dici di fidarmi di te, di lasciare che tu mi guidi? Non immagini che ti riguardi?” chiese lui, stupito.
 
Lei abbassò gli occhi e si rifugiò nella sua tazza di the, sorpresa. Era talmente raro che lui fosse così diretto.
 
“Io...ehm...sono contenta di sentirlo...insomma, credo...” balbettò arrossendo.
 
“Sei incredibile, Kaori” disse divertito. “Allora, non vuoi spingermi un po'?” le chiese di nuovo, più seriamente.
 
“No. Spero che tu ti fidi di me e, per questo motivo, non devo spingerti in un senso o nell'altro. Tu sai che ti amo, penso che tu sappia che darei qualsiasi cosa per te, anche la mia vita, ma non voglio chiederti di ricambiarmi. So che ci tieni a me. Mi basta. Se vuoi darmi di più, ci sarò per riceverlo, ma non ti darò in cambio il mio cuore, perché ce l'hai già” gli disse.
 
Lui la fissò per un lungo momento, sorpreso di sentire che lei lo amava tanto, anche se lo sapeva già. Il suo amore incondizionato, il suo fervore, erano tutte cose che non meritava secondo i suoi criteri, eppure lei l'aveva lasciato solo una volta quando l'aveva licenziata. Anche quando l'aveva visto baciare Atsuko subito dopo aver pensato di ricevere una dichiarazione d'amore da lui, non se n'era andata. Si era arrabbiata, era rimasta ferita certamente, ma era rimasta e aveva dato il meglio per la missione, e l'aveva sempre fatto in tutti quegli anni mentre lui inseguiva tutte quelle donne, per che cosa alla fine? Niente o molto poco.
 
“Ti ricordi di quel bacio che ho dato ad Atsuko?” le chiese all'improvviso.
 
“Come se potessi dimenticare...” sussurrò.
 
“Non era lei che pensavo di baciare” confessò.
 
“Cosa? Ma allora, chi?” si chiese.
 
“Pensaci, testolina” le disse a disagio.
 
Perché di colpo aveva sentito il bisogno di chiarire quel punto con lei? Avrebbe fatto meglio a trattenersi...all'improvviso, il disagio fu un po' troppo per i suoi gusti e si sentì sul punto di dire una grossa cazzata. Non voleva farlo. Era andato avanti, l'aveva resa contenta e non voleva rovinare tutto.
 
“Perché quel giorno tu non eri dove avresti dovuto essere?” sussurrò lui.
 
Si rese conto di aver espresso il suo pensiero ad alta voce e girò leggermente il capo per trovare i suoi occhi spalancati per la sorpresa. Schiarendosi la gola, si voltò e si voltò verso di lei.
 
“Bene, ti lascio. Non sei un'attrice una donna di mondo ma sei la mia partner e ho bisogno di te...in piena forma” aggiunse frettolosamente.
 
Ryo si allontanò, astenendosi dal colpirsi la fronte per aver fatto una tale gaffe, e preferì ignorare la nuvola di fumo proveniente dal divano. Era certamente la febbre che era riemersa, mentì a se stesso.
 
Accessibile?
 

 
*in francese 'deux mains' e 'demain', rispettivamente 'due mani' e 'domani' hanno una pronuncia simile, ecco il piccolo gioco di parole.

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Capitolo 7
*** Capitolo Sette ***


“Chi è la nostra cliente?” chiese Ryo, prendendo posto sulla terrazza di un caffè.
 
“Non mi ha dato il suo nome, solo un segno di riconoscimento: un anello alla mano destra” confessò Kaori.
 
“Stai scherzando? Me ne vado” disse lo sweeper, alzandosi.
 
“No, aspetta. Le ho fatto delle domande e sembra seria. Possiamo aspettare e vedere, no? Nel peggiore dei casi, avremo bevuto un drink in terrazza in una bella giornata estiva” suggerì la sua partner.
 
Lui esitò ma, di fronte al bel sorriso che lei gli rivolse, cedette e si accomodò.
 
“Buongiorno” sentirono improvvisamente.
 
Alzarono lo sguardo e si trovarono davanti una bella giovane donna sui vent'anni con gli occhi nocciola, il cui volto era loro familiare.
 
“Guarda, tesoro, ho ancora l'anello di fidanzamento” annunciò.
 
Ryo deglutì e guardò Kaori che sembrava sorpresa quanto lui prima di guardare la mano tesa di fronte a lui...una mano destra...ornata di un tirapugni.
 
“Nagisa” capì lo sweeper.
 
“Buongiorno Saeba, Kaori. È bello rivedervi. Scusatemi per questo sotterfugio ma non sapevo come contattarvi altrimenti” spiegò.
 
“Nessuna missione, allora?” chiese Kaori.
 
“No...in realtà, vorrei parlare con Ryo da sola” disse con un sorriso di scuse.
 
Kaori lanciò al suo partner una rapida occhiata, ansiosa, poi si alzò e si allontanò. Proprio mentre gli passava accanto, lui le afferrò il polso, attirando la sua attenzione, e i loro sguardi si legarono brevemente per alcuni istanti. Quando lei sorrise lievemente a cui lui rispose impercettibilmente, la lasciò andare e lei se ne andò.
 
“Come stai, Ryo?” chiese la cantante, sedendosi al suo fianco.
 
“Bene, e tu?” rispose.
 
“Molto bene. Il successo è sempre all'ordine del giorno, non ho nulla di cui lamentarmi” gli spiegò. “Quanto tempo è passato? Sette anni, credo” notò.
 
“Sì, sei cresciuta. Sei bellissima” apprezzò lui nel vedere le sue forme sbocciate. “Imbottisci ancora i tuoi reggiseni?” la prese in giro.
 
“Sei insopportabile!” lo rimproverò. “No, è tutto naturale”
 
Ryo adocchiò la scollatura della giovane donna ed ebbe difficoltà a distogliere lo sguardo. Tuttavia, non aveva voglia di palpeggiare come in precedenza.
 
“Vuoi toccare?” gli offrì lei, civettuola.
 
“No, no, va bene così” rispose lui.
 
“Eppure ora dovrei essere nella fascia d'età che ti interessa. Ho quasi la stessa età della mia manager quando la corteggiavi” osservò.
 
“È vero” ammise lui. “Cosa vuoi, Nagisa?” le chiese.
 
La giovane donna gli rivolse un sorriso affascinante e accavallò le gambe, rivelando le sue cosce, piegandosi leggermente verso di lui.
 
“Te. Eravamo fidanzati e tu mi hai lasciato a causa della mia età. Mi hai suggerito di aspettare qualche anno. Gli anni sono passati ed eccomi qui...tesoro mio” esclamò, incollandosi a lui.
 
Ryo si sentì impallidire anche se non lo lasciò vedere. Ricordava di averglielo detto, incapace di sopportare le lacrime della ragazza. Che idea! Ora era bello sistemato. Si ritrovava con una fidanzata tra le braccia. Avrebbe potuto immaginare il viso di Kaori se fosse stata lì. La reazione che aveva avuto all'epoca era già stata nucleare.
 
“Già devo sopportare il tuo debole per le donne! Se ti sposi, cosa ne sarà di me!” aveva urlato.
 
Certo, piuttosto che negare, se l'era cavata con una piroetta ed era finita, come al solito, con la violenza.
 
“Allora, quando ci sposiamo, tesoro?” gli sussurrò la ragazza all'orecchio.
 
“Ehi, sei sicura che sia ragionevole stare così vicini? Potremmo essere visti dai paparazzi...” suggerì Ryo a disagio.
 
“Sei così carino...ti imbarazzi ancora a parlare di sentimenti? Va tutto bene, tesoro. Il nostro amore è già stato rivelato molto tempo fa. La gente apprezzerà il ritorno di fiamma. È molto romantico, sai” gli rispose. “Allora, tesoro, questo matrimonio? A proposito, aspetto ancora l'anello sulla mano sinistra” gli fece notare, agitando le dita davanti a lui.
 
“Ah ah, l'anello per la mano sinistra...” disse Ryo ridendo forzatamente.
 
“Vedi, la mia situazione non è migliorata, anzi. Il lavoro manca...non mangiamo tutti i giorni e non voglio cacciare Kaori...poverina, si ritroverebbe sola, senza famiglia, senza nessuno a cui rivolgersi” spiegò con aria compassionevole. “Per il tuo bene, Nagisa...oh, è così difficile da dire...dimenticati di me. Trova un brav'uomo. Io non ti merito” disse, apparendo disperato mentre la teneva per le spalle.
 
“Oh tesoro...” si lamentò la giovane donna, nascondendosi il viso tra le mani.
 
Lui sentì le sue spalle tremare e capì di averla ferita, ma era meglio così. Lei non gli interessava più. Doveva percorrere il suo cammino senza rimpianti, dimenticandolo per poter aprire il suo cuore a qualcun altro.
 
All'improvviso, sentì uno scoppio di risa e vide la cantante allegra che ridacchiava.
 
“Ti ho fregato!” gli disse, finendo per calmarsi.
 
Lui la guardò incredulo e sbatté le palpebre. Lei aveva recitato con lui? Non poteva credere di essersi lasciato ingannare come uno sciocco. Di solito non si riusciva a fare quel tipo di cose con lui. Sicuramente aveva abbassato la guardia, conoscendola.
 
“Non sono venuta per sposarti, ma terrò comunque questo anello di fidanzamento” disse lei ammiccando, indicando il tirapugni. “A dire il vero, è sempre con me in concerto. Mi è stato utile un paio di volte e mi permette di ricordarti” confessò arrossendo leggermente. “Sei il primo uomo per cui abbia mai provato dei sentimenti. Avrai sempre un posto speciale nel mio cuore...e anche nella mia memoria, ma per altri motivi, signor Casanova” lo prese in giro.
 
“Sono contento di sapere che almeno tu abbia imparato qualcosa da questa esperienza” osservò lo sweeper.
 
“Tra pochi giorni mi sposerò con un uomo serio e responsabile. Non ho dovuto nemmeno tirare fuori la mia minigonna per sedurlo” gli disse, ricorcandogli quell'episodio in cui aveva cercato di flirtare con lui, offesa che lui non fosse interessato a lei.
 
“Sono sicuro che ti avrei fatto i complimenti se oggi ne avessi indossata una...” le disse Ryo.
 
Lei gli lanciò una lunga occhiata, stringendo leggermente gli occhi.
 
“Davvero? Pensavo che non fossi più interessato...” disse.
 
“Guardare senza toccare. Sei diventata più alta e ti sei sviluppata, sei molto più armoniosa. I tuoi piedoni non sono più un problema, Berta*” la prese in giro.
 
“Non chiamarmi così! È fastidioso!” lo rimproverò. “Dì, Ryo, se io non avessi avuto nessuno, forse tu saresti stato interessato?” gli chiese timidamente.
 
Lui la osservò un momento e sorrise. Era carina, anche mokkori secondo i suoi criteri, ma...
 
“No, Nagisa. Troppe cose ci separano” rispose con calma.
 
“Lo sospettavo...e hai qualcuno nella tua vita, no?” gli domandò.
 
“Cosa? No!” protestò.
 
“Eppure, con Kaori...” si lasciò scappare.
 
“Kaori, cosa?” domandò lui, sorpreso.
 
La giovane donna si guardò le dita. Ovviamente la conversazione le era sfuggita ed era a disagio.
 
“Beh, non so. State ancora insieme. Trovo difficile credere che le cose tra voi non siano evolute dopo tutti questi anni” spiegò.
 
“Con quel maschiaccio?” sbottò lui stupidamente.
 
Nagisa lo guardò con occhi scintillanti e rise.
 
“Non è molto carino da parte tua” lo sgridò. “Allora, parlami ancora di questa storia di comportamenti infantili. Dici cose sgradevoli su di lei per attirare la sua attenzione?” chiese dolcemente.
 
Lui aveva effettivamente detto qualcosa del genere e, per una volta, si trattava di una verità, forse inconscia all'epoca, per allontanarsi da una conversazione imbarazzante. Dopotutto, doveva essere un po' matto e un po' bambino per divertirsi a ricevere colpi in testa senza nemmeno cercare di evitarli...non poté fare a meno di sorridere a quel pensiero e gettò indietro il capo.
 
“Se ti rispondo, potrei doverti uccidere dopo” rispose scherzosamente.
 
“Correrò il rischio. In ogni caso, sotto le tue arie da tipo indifferente, so che mi vuoi bene” lo prese in giro.
 
Lui le lanciò uno sguardo benevolo perché lei aveva ragione. Provava affetto per lei. Lo aveva provato fin da quando si erano incontrati, nonostante le frecciatine che si erano lanciati l'un l'altra.
 
“Altre illusioni da ragazzina...ma hai ragione, il mio comportamento non è cambiato molto da allora” confessò.
 
“È peggiorato?” insistette lei, curiosa.
 
L'unica risposta che ricevette fu un sorrisetto.
 
“La ami?” gli chiese.
 
“Dimentichi che sono un dongiovanni, un terribile cascamorto...” fuggì lui.
 
“Un uomo timido che non sa come rivelare i suoi sentimenti a chi ama” ribatté lei. “Non capisco, Ryo. Ho passato un solo minuto, due al massimo, in vostra compagnia e la vostra complicità mi è stata evidente. È ancora più lampante ora di molti anni fa. Già allora eravate insieme, anche in situazioni imbarazzanti...” gli ricordò.
 
“Situazioni imbarazzanti?” chiese Ryo, domandandosi di cosa stesse parlando.
 
“Quanto ti sei bruciato cercando di andare a letto con una della mia security. Ti ho visto coprirti con il lenzuolo quando sono arrivato, ma non l'avevi fatto con lei” rammentò.
 
“È vero. Avevo dimenticato...” fece una smorfia, ricordando il dolore come fosse stato il giorno prima.
 
Nagisa posò una mano sulla sua, compassionevole.
 
“Sono abbastanza sicura che abbiate condiviso molto insieme dopo tanto tempo. Allora perché avere ancora paura di dirle cosa senti? Temi di non essere ricambiato?” gli chiese.
 
“No. Semplicemente non so come farlo...” ammise lui.
 
“Dille che l'ami”
 
“Già provato. Le parole mi sono rimaste bloccate in gola” confessò pietosamente. “In effetti, le ho già fatto una sorta di dichiarazione ma non ho saputo andare oltre. Quindi se lo rifaccio adesso, non ho diritto di sbagliare. Dovrei muovere le chiappe ma non so cosa devo fare” si infuriò.
 
Nagisa lo guardò e gli diede una piccola pacca sulla mano.
 
“Sicuramente hai avuto modo di conoscerla molto bene dopo tutto questo tempo. Ascolta il tuo cuore e lo saprai” gli consigliò. “Potrebbero essere alcune parole, un mazzo di fiori, una scatola di cioccolatini, una cena romantica...tu sai cosa le piace. Ne sono sicura” lo rassicurò.
 
“Nagi...” udirono entrambi dietro di loro.
 
Nagisa si voltò e Ryo alzò lo sguardo vedendo un giovane uomo in jeans e polo, sorridendo alla sua interlocutrice.
 
“Takeshi, ti presento Ryo Saeba, un vecchio amico” li presentò.
 
“Modera i termini, ragazzina” sbottò Ryo con un leggero sorriso.
 
Lei gli rispose con una linguaccia.
 
“Ti saluto, Ryo. È stato bello poter chiacchierare un po' con te. Lanciati quando avrai trovato la soluzione al tuo problema” gli disse prima di alzarsi e andarsene, mano nella mano col suo fidanzato.
 
“Ragazzina...in cosa mi lascio coinvolgere...” mormorò, ma non era serio.
 
A sua volta si alzò e andò al Cat's Eye dove trovò, come aveva immaginato, Kaori che chiacchierava con Miki. Non deviando dalla tradizione, si librò in aria, spargendo i suoi vestiti in volo, in direzione della barista, ma fu intercettato, e una smorfia nascose il suo sorriso di soddisfazione, da un martello di cento tonnellate che lo spedì nel muro.
 
“Non ti chiedo neanche se Nagisa sia rimasta traumatizzata dal vostro incontro” sbottò Kaori con voce aspra.
 
Era delusa. Aveva davvero avuto la sensazione che fosse avvenuto un cambiamento e si era appena resa conto che era solo un altro passo di danza nella coreografia che ballavano da anni. L'ultimo passo li aveva avvicinati e ora lui faceva due salti indietro.
 
“È venuta a chiedermi di sposarla” le disse Ryo, valutando la sua reazione.
 
“Devi aver colto al volo l'occasione: era stupenda...persino mokkori, no?” propose cupamente la sweeper.
 
“Bah, è solo una ragazzina fastidiosa che non sa stare zitta. Bella ma fastidiosa” rispose lui disinvolto.
 
“Da quando questo ti impedisce di saltarle addosso?” obiettò lei, aggressiva, gelosa.
 
Ryo sorrise interiormente, rassicurandosi ancora sull'attaccamento della sua partner.
 
“Mi conosci, no? Non sono un uomo da matrimonio, quindi quando mi ha chiesto l'anello per la mano sinistra, me la sono filata più velocemente di Flash Gordon” mentì. “E poi, chi mi ha fatto gentilmente notare che avevo un obbligo nei suoi confronti all'epoca?” le chiese, posandole un braccio intorno alle spalle.
 
Kaori si sentì arrossire ricordando la sua crisi di gelosia quando aveva saputo che il piano di Ryo era andato storto e aveva notato soprattutto che Nagisa lo aveva preso sul serio, credendo veramente nella questione del matrimonio. L'imbarazzo fu però oscurato dalla tristezza e lei si liberò dal suo abbraccio.
 
“Non hai alcun obbligo nei miei confronti. Sono abbastanza grande per badare a me stessa” ammise, con voce spenta. “Se ti fa sentire meglio, puoi considerarti libero dalla promessa di mio fratello” gli disse, trattenendosi dal correre via dal locale a tutta velocità.
 
“Kaori...” intervenne Miki, rattristata di vedere la sua amica in quello stato.
 
“Impossibile...” sospirò Ryo. “Ho fatto una promessa a tuo fratello. Io mantengo sempre le mie promesse, lo sai, no? Sei incollata a me finché non trovi qualcuno con cui sistemarti” disse. “Ah, ho un'idea. Umibozu, che ne dici di sposare Kaori? Io mi occuperò di Miki” propose.
 
La sentenza fu rapida e si ritrovò schiacciato sotto un martello di un milione di tonnellate prima di sentire la sua partner lasciare il caffè a testa bassa.
 
“Idiota!” sbottò Umibozu, rimuovendo il martello.
 
“Sei veramente un bambino imbecille! Non so come lei faccia a sopportarti!” grugnì Miki, furiosa.
 
“Nemmeno io...” sussurrò lui.
 
Avrebbe potuto semplicemente stare zitto e lasciar passare la tempesta che regnava nella sua testa dalla conversazione con Nagisa. Avrebbe potuto, ma le cose sarebbero cambiate e all'improvviso aveva avuto paura. Era idiota ma era lui, l'eterno ragazzino a cui nessuno aveva insegnato a dire 'Ti amo'. Avrebbe presto trovato il modo.
 
Osare...
 
 
*Berta dai grandi Piedi, alias Bertrada di Laon, fu regina carolingia e ha ispirato un poema di Adenet le Roi, dove appunto è evidenziata la grande taglia dei piedi della principessa.

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Capitolo 8
*** Capitolo Otto ***


A metà mattinata, Ryo fu svegliato dallo squillo del telefono. Ringhiando, gemendo, brontolando, finalmente si alzò sentendo gli squilli ripetersi all'infinito.
 
“Kaori, il telefono! Potresti muovere le chiappe e rispondere, no?”
 
Solo la suoneria gli rispose e capì di essere solo in casa.
 
“Saeba” annunciò alla cornetta, sbadigliando fino a slogarsi la mascella.
 
Non avrebbe dovuto bere così tanto la sera prima, ma era stato necessario per dimenticare lo sguardo ferito sul viso della sua partner dopo tutto quello che le aveva detto durante la cena, in seguito a diversi giorni in cui non aveva fatto che superare se stesso. Che idiota, che idiota incredibile a non riuscire a chiudere la sua boccaccia e a smettere di trattarla così male quando stava cercando il coraggio di andare avanti con lei...
 
“Ryo! Sono Shoko! Svelto, ho bisogno di te. Vogliono uccidermi!” gridò al telefono la giovane donna in preda al panico.
 
“Dove sei?” le chiese.
 
“All'aerodromo Kodama” gli disse prima di buttare giù la cornetta, che sbatté contro il ricettacolo, e mettersi a correre.
 
La notizia riuscì a farlo tornare improvvisamente sobrio e andò a vestirsi in meno di due minuti prima di precipitare giù per le scale e saltare sulla Mini, facendo stridere le gomme. Guidò a velocità record per andare in auto della sua ex cliente, un'altra, si disse sorridendo, pronto a combattere. Si sentiva responsabile anche dopo la fine della missione. Sperò solo di non rimanere bloccato su un aereo...
 
Giunto all'aerodromo Amano, nuovo nome dopo il fallimento di Kodama, incarcerato per traffico di droga, frenò bruscamente prima di balzare giù dall'auto verso gli edifici. Con l'arma in mano, cercò un'aura malvagia ma non avvertì nulla. D'altra parte, trovò sulla sua strada un dvd di un film pornografico su cui saltò prima di riprendersi e lasciarlo lì, zittendo il rimpianto. Continuò a camminare con cautela, trovò un altro dvd. Chiudendo gli occhi, lo ignorò con tutte le sue forze, dicendosi di pensare solo a Shoko e alla sua sicurezza.
 
Tuttavia, qualsiasi uomo aveva i suoi limiti, anche il numero uno degli sweeper, quindi non poté resistere al terzo dvd ben decorato con un reggiseno di pizzo. Ci saltò sopra e affondò il naso nel tessuto, godendosi il delizioso e dolce profumo che emanava dall'indumento che si ficcò frettolosamente in tasca, ignorando il pensiero lampo che quell'oggetto non gli era estraneo. Tutto pimpante, continuò ad avanzare, i sensi ancora in all'erta non lo ingannarono su ciò che scoprì in seguito: un nuovo dvd insieme a un paio di mutandine. Quasi perse i sensi davanti a quel grazioso indumento in pizzo coordinato con il reggiseno già intascato, ma si trattenne quando vide un nuovo regalo a pochi metri di distanza. Da lì in poi, null'altro ebbe più importanza, il suo talento leggendario guidato dal mokkori lo portò su una pista disseminata di tesori di ogni tipo.
 
Quando vide davanti a sé una pila di biancheria intima femminile, non trovò nemmeno strano affrontare una seconda volta quella situazione nello stesso punto e vi si buttò, tuffandosi e rituffandosi, non rendendosi conto che, discretamente, le porte venivano chiuse, la scatola in cui si trovava si stava muovendo e qualcuno era salito. Fu un rumore diverso che gli provocò lunghi brividi che lo strapparono dalla sua nuotata e lui emerse, dapprima con la testa dalla pila di vestiti, con un reggiseno tra i denti, vedendo una pista che si srotolava davanti a sé e, a pochi metri di distanza, Kaori che lo salutava con un sorriso soddisfatto.
 
Deglutì quando sentì i primi sobbalzi dell'aereo e si voltò verso il pilota.
 
“Shoko?” sussurrò, incredulo.
 
“Buongiorno Ryo” lo salutò lei beffardamente.
 
“Non eri inseguita da un assassino?” chiese, la gola annodata mentre sentiva l'aereo decollare.
 
“Se fosse stato davvero così, sarei morta da tempo” rispose lei secca. “Ultima possibilità di venire a sederti prima del decollo” lo avvertì.
 
Ryo saltò sul sedile anteriore, livido.
 
“Fammi scendere” la implorò.
 
“No, ho un patto con la tua partner” gli disse.
 
“Kaori? Vuole guarirmi? Ma non è possibile, ci abbiamo già provato!” gridò, ricordando le altre esperienze di volo che aveva avuto.
 
Il suo stomaco si rivoltò al pensiero e si trattenne dal vomitare sul posto.
 
“Allaccia la cintura di sicurezza e, se vuoi una risposta, tieni” disse, porgendogli una busta con il suo nome.
 
Ryo la prese e l'aprì come meglio poteva, le sue dita erano molto tese. Spiegò il foglio e lesse il messaggio:
 
'Ryo,
 
ecco una piccola vendetta per tutti questi anni e soprattutto per questi ultimi giorni in sui sei stato orribile con me. Spero che ti farà riflettere. Kaori'
 
Ahi, si disse. Kaori che si vendicava, era brutto, molto brutto. Non era mai arrivata fino a quel punto. Quando si arrabbiava, la questione era istantanea e dolorosa, ma ora si era presa tempo per elaborare il suo piano e lui sapeva che gli avrebbe fatto male. Lei non aveva intenzione di picchiarlo o urlargli contro, ma lui avrebbe sofferto come non mai, il che significava che ultimamente aveva sicuramente oltrepassato il limite e doveva ammettere che non ci era andato leggero.
 
“Non so cosa tu le abbia fatto ma era dannatamente arrabbiata. Era pronta a pagarmi per aiutarla ma, quando mi ha detto che ancora non avevi fatto progressi con lei e quando ho capito che ti stavi comportando in modo spregevole, anche se lei non ha detto niente, mi sono offerta volontaria” ammise l'aviatrice.
 
“Pfff...sciocchezze” sbottò lui sprezzante.
 
Shoko fece un'improvvisa virata a destra e Ryo sbatté contro la cabina, una mano sulla bocca.
 
“Allora?” chiese di nuovo.
 
“Forse le ho fatto una o due battute, ma lei non ha senso dell'umorismo...” rispose lo sweeper.
 
La virata fu ora a sinistra e lui atterrò sul petto della pilota, che virò subito a destra per allontanarlo.
 
“Piano, per pietà...” supplicò, gocce di sudore gli imperlavano la fronte.
 
“Confessa!” gli ordinò.
 
“Sono stato cattivo, molto cattivo. Un bambino cattivo, merito la sua rabbia” sbottò. “Per favore, lasciami scendere. Morirò qui...” implorò.
 
“Perché, Ryo? Perché le fai vivere un inferno quando la ami?” gli chiese Shoko.
 
“Io, amare quel...” cominciò a obiettare.
 
Shoko non attese la fine della frase e lanciò l'aereo in un'acrobazia, facendo urlare il suo passeggero per il terrore.
 
“Stavi dicendo? Non ho capito la fine della frase” gli chiese di nuovo, dandogli un'occhiata di traverso.
 
“Ho detto che non amOOOOOOOOOOOOOOOOOO!” urlò quando lei fece una seconda acrobazia con il suo mezzo.
 
“Continuerai a negare quello che mi hai già confessato? Perché io non ho alcun problema a continuare a fare quello che sto facendo. Ho carburante per poter volare quattro ore e, anche se vado oltre la missione che Kaori mi ha confidato, non sarà un problema” ammise.
 
“La missione di Kaori?”

“Voleva solo che ti spaventassi per dieci minuti. Quando ho proposto di più, ha rifiutato. Voleva inviarti un messaggio ma senza abusare della sua posizione. Quella donna ti ama troppo, Ryo. Sarebbe ora che la trattassi meglio” gli disse. “Quindi ti rifaccio la domanda: perché la ferisci, quando la ami?” gli chiese molto seriamente. “Puoi parlare liberamente. Kaori è tornata a casa. Non aveva voglia di trionfare davanti a te” lo rassicurò.
 
Lui sentì l'aereo virare di nuovo e un'ondata di panico si alzò in lui, così afferrò un fazzoletto dalla tasca. Si rese conto che il fazzoletto era il reggiseno che aveva preso in precedenza e se lo portò al naso per cercare di dimenticare dove si trovava. Così facendo, si rese conto che l'odore non gli era sconosciuto e nemmeno l'indumento: erano di Kaori. Il pensiero lo calmò un po'.
 
“È proprio da lei” disse. “Non so come dirglielo” confessò.
 
“Non sai come dirle cosa?” chiese Shoko, accigliandosi.
 
“I miei sentimenti” rispose Ryo.
 
L'aereo si abbassò improvvisamente, la risposta dello sweeper causò la caduta di una libellula che mise ko Shoko.
 
“WAAAAAAAAAAA! Svegliati, non scherzare! Shoko! SOS, Mayday, Help I need somebody! AIUTOOOOO!” urlò, mettendosi a frugare freneticamente sotto la biancheria cercando qualcosa che li aiutasse.
 
“Smettila, Ryo! Non vedo più niente!” gemette Shoko, che aveva ripreso il controllo dell'aereo.
 
“Non farlo mai più!” le gridò, tenendola per il braccio.
 
“Lasciami andare o per colpa tua ci schianteremo” gli ordinò.
 
Aveva dimenticato quanto fosse penoso volare con lui. Perché aveva accettato? Ah sì, ora ricordava.
 
“Non sai come dirle che l'ami e quindi le dici delle scemenze?” gli chiese.
 
“Sì” ammise lui timidamente. “So che quando mi colpisce con un martello o mi rimprovera, significa che ci tiene” aggiunse.
 
Riuscì a malapena ad afferrare una nuova libellula che quasi stordì nuovamente la pilota.
 
“Ma sei stupido o cosa? Non puoi dirle solo queste tre parole: io ti amo?” urlò. “Provaci!”
 
“Io...” cominciò lui, la voce si strozzò in un dannato gorgoglio.
 
“Prova ancora!” ripeté lei.
 
“Io...” ricominciò.
 
“E se dovessi dirlo a me?” tentò.
 
“Io ti amo” disse normalmente.
 
“Ed è vero?” gli chiese.
 
“Uh...no” confessò, ridendo stupidamente.
 
Shoko si accigliò, irritata, ma non disse nulla. Sapeva che Ryo amava Kaori da quando era riuscito a salire sull'aereo che la stava portando via senza un accenno di paura, quando di norma ne era terrorizzato.
 
“È offensivo, Ryo...” gli confidò. “Puoi mentirmi sfacciatamente ma sei incapace di dire a lei la verità” aggiunse. “Non so chi sia da compatire di più tra noi. Che intendi fare?”
 
“Saltarti addosso e offrirti una bottarella?” suggerì lui per cambiare argomento.
 
In risposta, lei fece un altro giro e lui si aggrappò al suo sedile, gli occhi fuori dalle orbite.
 
“Seriamente, continuerai a fare l'idiota con la tua partner o finalmente avrai le palle per dirle quello che provi?” gli chiese duramente. “Perché a parte offrire bottarelle di continuo, ho l'impressione che non usi molto quello che hai nei pantaloni...” lo rimproverò, cercando di colpirlo.
 
“Ehi! Non ti permetto!” disse lui offeso.
 
“Allora? Una risposta o una piccola acrobazia?” offrì lei.
 
Lui incrociò le braccia e mise il broncio, consapevole dell'infantilità del suo comportamento, ma meglio che ammettere di fare qualcosa che non poteva fare.
 
“È un peccato, stiamo arrivando alla pista di atterraggio. Penso che allungherò il volo” disse lei.
 
“No, no, no...io...glielo dirò!” fece lui preso dal panico. “Prometto, giuro, glielo dirò. Ti prego, atterra, non ce la faccio più” supplicò.
 
“Se stai mentendo e non agirai, verrò a perseguitarti e troverò il modo per farti salire nuovamente su un aereo” lo avvertì.
 
“Promesso! Glielo dirò appena tornerò a casa” affermò.
 
Shoko lo giudicò con un'occhiata, poi si spostò per atterrare. Ryo ghermì il sedile quando vide l'asfalto avvicinarsi, pregando tutte le divinità in cielo che l'aereo non finisse in un mucchio di acciaio frantumato. Grosse gocce di sudore gli imperlavano la fronte, chiuse gli occhi appena prima del contatto con il suolo e li riaprì solo quando sentì l'aria fresca sfiorarlo, Shoko aveva aperto la porta della cabina di pilotaggio.
 
“Siamo a terra. Il calvario è finito” disse con un sorriso. “Dai, vieni. Ti offro una tazza di caffè e una bella doccia. Ne hai bisogno” rise.
 
Ryo abbassò lo sguardo sulla sua maglietta, inzuppata dei sudori freddi che aveva provato. Annusò l'odore pungente del sudore indotto dalla paura e le fu grato.
 
“Non mi dispiacerebbe” la ringraziò.
 
“Tieni, Kaori ti ha lasciato questo” disse, porgendogli una borsa. “Una vera mammina” disse ironicamente.
 
“Una moglie, intendi” la corresse Ryo ben consapevole che, nonostante tutti i suoi rifiuti, Kaori non aveva mai smesso di prendersi cura di lui.
 
“Finalmente te ne accorgi?” fece lei.
 
“Finalmente lo ammetto” affermò lui.
 
Si lasciò guidare alle docce e approfittò dell'acqua calda per rilassare i muscoli tesi e pensare da dove iniziare, soprattutto dopo gli ultimi giorni in cui era stato particolarmente odioso. Non riusciva neanche a immaginare di dirglielo. Non voleva sentire di nuovo le parole soffocarsi nella sua gola come era successo durante lo scontro con Mick.
 
Quando uscì dalla doccia, aveva trovato quello che pensava fosse il modo migliore per dirglielo.
 
“Posso approfittare della tua ospitalità per un po'?” chiese a Shoko.
 
“È un altro modo per squagliartela? Devo trascinarti di nuovo sull'aereo?” lo minacciò.
 
“No, no. Ho solo bisogno di un po' di tempo” la rassicurò.
 
“D'accordo, ma attento alle tue chiappe” disse, la fronte aggrottata.
 
Lui sorrise e andò a sedersi alla scrivania. Mezz'ora dopo, recuperò la sua Mini e tornò a casa. Prendendosi un minuto per raccogliere il suo coraggio e soprattutto calmare i nervi messi a dura prova fin dal suo risveglio, si appoggiò al volante dell'auto prima di uscire. Giunto all'ingresso, si ritrovò faccia a faccia con Kaori. Lei lo fissò per un momento prima di abbassare lo sguardo.
 
“Devi essere furioso. Forse ho esagerato un po', ma ero davvero arrabbiata” si scusò.
 
Lui non rispose, portò un dito sotto il suo mento per sollevarlo. Guardò nei suoi occhi per attingere il coraggio di cui aveva bisogno e vi si perse per un momento. Rassicurato, fece scivolare una mano nella tasca della giacca e tirò fuori un fascio di fogli. Si separò da lei e le porse il primo. Lei lo prese chiedendosi cosa stesse succedendo e non si sorprese di vedere il foglio tremare mentre lo apriva per leggere.
 
“Non scusarti. Sono io l'idiota” lesse a voce alta. “Ryo?” mormorò, guardandolo.
 
Lui le porse un secondo foglio.
 
“Era ampiamente meritato dopo tutto il male che ti ho fatto, tutte le lacrime che hai versato per colpa mia, le cose cattive che ti ho detto” lesse lei, con le lacrime agli occhi. “Soprattutto in questi ultimi giorni...” decifrò sul nuovo foglio attraverso lo sguardo offuscato.
 
“Non sono stata così infelice con te” rispose con voce strozzata. “Abbiamo anche avuto buoni momenti” aggiunse.
 
Lui le sorrise, leggermente teso perché la parte più difficile doveva ancora arrivare. Le porse il foglio successivo, che trattenne per qualche decimo di secondo prima di lasciarlo, beccandosi un'espressione accigliata.
 
“È un po' strano ma, dato che tendo a dirti molte cose offensive senza pensarle davvero, ho preferito scrivere e tacere” lesse lei.
 
“Cosa vuoi dirmi, Ryo?” gli chiese ansiosamente. “Mi chiederai di andarmene?” balbettò, la voce spezzata.
 
Lui la osservò per un momento, chiedendosi se avrebbe avuto il coraggio di andare fino in fondo, se valesse la pena rischiare, se...poi ripensò a tutti quegli anni, agli ultimi incontri che lo avevano portato su quel cammino, alla minaccia di Shoko di rimetterlo su un aereo, anche se lui aveva giurato di non rispondere mai più a una delle sue chiamate, prese un altro foglio dalla tasca sinistra e glielo porse.
 
“Io ti amo” sussurrò lei.
 
Dovette riguardare due volte per capire appieno e rendersi conto che non stava sognando quello che stava leggendo. Sentì le lacrime scorrere lungo le guance e due braccia che la circondavano, non oppose resistenza quando la trascinarono verso l'uomo che amava così tanto. Si aggrappò a lui, il foglio ancora tra le mani, e si calmò sotto la tenera carezza delle sue mani sulla schiena e sui capelli.
 
Era strano sentirla contro di sé sapendo che piega stava prendendo la loro relazione. Non era più un abbraccio amichevole ma innamorato e cambiava molte cose, cose che lo spaventavano e lo attiravano al tempo stesso, pensò Ryo. Nonostante tutto, non voleva tirarsi indietro. Si separò leggermente e prese un ultimo foglio dalla tasca. Era l'ultima svolta, la pista di atterraggio era in vista, pensò con un mezzo sorriso sulle labbra.
 
“Ti va di provarci?” lesse lei, incredula. “Forse ti sei sbagliato. Di solito non è 'ti va una bottarella'?” scherzò, sentendo la tensione crescere.
 
Lui scosse il capo, ridendo leggermente.
 
“È davvero quello che vuoi? Non cambierai idea domani o tra qualche giorno?” chiese con ansia.
 
Lui le mise una mano sulla guancia e la accarezzò teneramente.
 
“No” disse. “Per davvero e, con un po' di fortuna, per sempre” le promise. “Forse sarò maldestro a volte. Forse potrò prendere la strada sbagliata. Ma tu sei il mio faro e voglio vedere la tua luce risplendere nella mia vita. Le piccole fiamme non mi interessano più” disse.
 
“Allora?” fece lui, con ansia.
 
“Sì. Sì, Ryo. Ti amo. Ti amo così tanto” rispose lei, gettandosi al suo collo.
 
Non si sarebbe mai aspettato di sentirsi così emozionato quando lei gli avrebbe detto quelle parole.
 
“Avrò solo bisogno di un po' di tempo per ufficializzare, Kaori”
 
“E io per...beh, hai capito” sussurrò lei, imbarazzata.
 
Si guardarono un attimo, poi annuirono: avevano tempo. Ryo si avvicinò e vide la sua partner mordersi il labbro. Il loro primo vero bacio...
 
All'improvviso la porta si spalancò e lo sweeper si fece avanti per proteggere la sua compagna, arma in mano.
 
“Take it easy, man. Sono libero stasera. Usciamo?” chiese Mick, ignaro di aver appena interrotto i due innamorati. “Oh mia adorata Kaori...” fece poi, cercando di lanciarsi su di lei.
 
“Sbrigati, è ancora shockata dalla sorpresa” disse Ryo, tirandolo per il bavero.
 
“Ma...” obiettò l'americano.
 
La sweeper non sentì la fine della frase. Si sentì arrossire quando Ryo fece capolino dalla porta con un caloroso occhiolino e un promettente 'Più tardi'.
 
Amare...

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Capitolo 9
*** Capitolo Nove ***


Quando si alzò la mattina dopo, Kaori si chiese quale sorte l'avrebbe attesa quel giorno. Ryo le aveva detto che non sarebbe tornato indietro, ma era pur sempre il re della retromarcia quando voleva. Chi sapeva cosa sarebbe successo ora che si era fatto avanti? Chi sapeva come sarebbe stato ora che si era certamente ripreso dalla paura? Forse le avrebbe urlato che non era in sé e che tutto ciò che aveva detto, o scritto, non valeva niente e che la odiava per avergli fatto uno scherzo del genere e averlo costretto a confessare i suoi sentimenti attraverso il ricatto...ma non era ciò che lei aveva chiesto a Shoko. Le aveva solo chiesto di farlo volteggiare per dieci minuti per punirlo a causa degli ultimi giorni in cui era stato particolarmente detestabile.
Non aveva capito perché il giro fosse durato così a lungo, anche se si era immaginata alcune cose dato che lui era rientrato a metà pomeriggio.
 
Emettendo un lungo sospiro frustrato, chiedendosi quando le cose sarebbero state finalmente facili per loro, si alzò e filò sotto la doccia. Si rilassò per qualche minuto prima di uscire, vestirsi e poi scendere canticchiando al piano di sotto per preparare la colazione, cercando di dimenticare per qualche minuto l'incontro incombente.
 
Ryo si svegliò sentendo Kaori uscire dalla sua stanza. Era stata molto discreta come al solito ma lui aveva uno scopo ben preciso e approfittò del suo tempo sotto la doccia per andare nella sua stana a frugare tra le sue cose. Trovando quello che cercava, tornò nella sua camera in silenzio e aspettò che lei scendesse prima di andare a fare la doccia. Senza emettere un suono, scese e si appoggiò allo stipite della porta, osservando la sua partner che si muoveva per la stanza. Quando lei si voltò e lo vide, si fermò bruscamente, un cucchiaio in mano e la bocca aperta.
 
“Buongiorno socia” le disse con un sorrisetto ironico.
 
“Buongiorno Ryo” sussurrò lei.
 
Kaori deglutì e sentì il nervosismo aumentare a grande velocità, chiedendosi cosa fare. Avrebbe dovuto lasciarlo avvicinarsi? Avrebbe dovuto saltargli al collo? Non lo sapeva e nemmeno sapeva che le stesse domande stavano attraversando la testa del suo partner. Ma lui aveva trovato una scorciatoia.
 
“Kaori, vorrei che rimettessi questi” le disse, avvicinandosi a lei e tendendo la mano.
 
Di riflesso, lei aprì il palmo teso verso di lui e sentì due piccoli pezzi di metallo cadervi sopra. Quando guardò in basso per vedere di cosa si trattava, sbarrò gli occhi per lo stupore.
 
“Io...ti sbagli. Non li ho mai messi” mentì, fissando i pendenti che Eriko le aveva fatto indossare al suo appuntamento con Ryo, quando lui l'aveva chiamata Cenerentola.
 
“Oh...devo essermi confuso con un'altra delle mie conquiste, allora” disse lui, sondando il suo viso. Sapeva che gli stava mentendo. Non capiva perché si intestardisse tanto, ma se voleva continuare a negare...
 
“Adesso mi ricordo. Avevo conosciuto una ragazza di buona famiglia. Sai, una di quelle rinchiuse in una gabbia dorata, protette dal mondo esterno” spiegò disinvolto.
 
“Sì, capisco” balbettò lei a disagio. Si voltò verso i fornelli e si occupò delle sue preparazioni prima di portarle in tavola.
 
“Aveva deciso di scappare per una sera prima di partire per gli Stati Uniti e finalmente conoscere la vita reale” continuò.
 
“E ora mi dirai che sei capitato per caso nel bar dove lei beveva tranquillamente qualcosa e l'hai salvata da un uomo disonesto che voleva approfittarsi di lei” si innervosì la sweeper.
 
Si sentiva ancora offesa per tutto ciò che lui aveva concesso al suo alter ego e che lei non aveva mai avuto, anche se era un po' strano essere gelosa di se stessa, pensò. Miki e Umi le avevano detto che Ryo sapeva che era lei, ma perché allora non gliene aveva mai parlato?

“Come lo sai?” fece lui, alzando un sopracciglio.

 
“Ah, ah!” rise lei, imbarazzata. “Non lo so...semplice supposizione” si difese nervosamente.
 
Si voltò di nuovo verso la stufa, rimproverandosi per il suo errore. Così imparava a essere sempre impulsiva e a lasciarsi andare alla minima osservazione. Fece un profondo respiro ed espirò lentamente, cercando di rimanere il più discreta possibile.
 
“Hai indovinato” confessò finalmente Ryo, nascondendo il proprio divertimento.
 
“Quindi l'hai incontrata in un bar e dopo?” chiese lei, nel modo più naturale che poteva.
 
“Abbiamo passeggiato. Niente di particolare in realtà” rispose. “Ehi, è raro che ti interessi su quello che faccio con le mie conquiste da una sera...in genere, mi colpisci prima” si stupì.
 
“Io...mi adeguo. Dato che entrambi vogliamo provarci, non ho motivo di essere gelosa delle tue ex, no?” mentì con faccia tosta.
 
Ryo la guardò e trattenne una risata. La gelosia dava una luce speciale ai suoi occhi, una luce che lui amava molto...anche se non avrebbe più cercato di provocarla.
 
“Assolutamente, Sugar” rispose, guardandola calorosamente.
 
“Non hai nemmeno tentato di portarla in un love hotel?” chiese, al limite della pazienza.
 
“No, perché? Era una brava ragazza, avrebbe rifiutato” mentì lui.
 
Ricordava molto bene che era una tappa che le aveva proposto ma lei l'aveva gentilmente schivata, opponendosi dicendo che doveva prendere una nave. In effetti, non sapeva neanche se sarebbe andato fino in fondo. Avrebbe potuto portarla in camera da letto, ma avrebbe davvero provato ad andare con lei? Non ne era così sicuro. Il solo fatto di aver interrotto il bacio era un segno per lui.
 
“È davvero strano da parte tua” mormorò lei, il coltello con cui tagliava le verdure le scivolò dalle mani e atterrò proprio di fronte al naso che balzò indietro.
 
“Ehi, attenzione!” gridò.
 
“Scusa, mi è scappato dalle mani” sussurrò lei con sguardo eloquente. “Quindi avete solo passeggiato. Niente nightclub, niente love hotel, niente? Almeno l'hai baciata?” continuò.
 
Non sapeva perché stesse continuando quel giochino che le faceva male. Con chi ce l'aveva di più? Con lui che fingeva di non averla riconosciuta o con se stessa perché non riuscire ad affrontarlo per non infastidirlo, per non urtarlo quando aveva appena fatto un passo avanti?
 
Ryo osservò la sua partner. Notò la tensione nelle sue spalle, la contrazione nella sua voce e immaginò cosa stesse pensando. Non capiva il suo bisogno di fustigarsi in quel modo, di aggrapparsi a quella bugia, ma sapeva che era ora di metterci un punto. Non erano più due entità separate. Dal giorno prima erano diventati qualcosa, una coppia in formazione che non condivideva ancora molto fisicamente, ma anche quello sarebbe cambiato.
 
Si alzò e le si avvicinò, avvolgendola tra le braccia. Sentì la sua sorpresa per quel gesto inedito tra loro. Per qualche secondo non disse una parola, lasciando a lei e a se stesso il tempo di domare i sentimenti che scaturivano da quella prossimità.
 
“Sai bene che non l'ho fatto” le sussurrò all'orecchio. “Parliamo chiaro, Kaori. So che eri tu, so che ci siamo divertiti entrambi quella sera. Avrei potuto andare oltre con lei ma non volevo” le confessò.
 
“Perché? Non sono abbastanza per te?” gli chiese con un singhiozzo. “Perché non sarà diverso. Non sarò mai più di quella che sono, la stessa di ieri e dell'altro ieri. Il maschiaccio, la ragazza senza forme, l'unica donna che non ti eccita...” continuò, sentendo le lacrime agli occhi.
 
“Lei non era te. Se dovevo baciarti, non volevo che succedesse sotto false apparenze. Non sono un principe azzurro né tu sei Cenerentola. Ho i miei lati negativi e tu li hai accettati. Sei impetuosa, selvaggia, impulsiva e la ragazza che avevo conosciuto quella sera non era così. Era vivace, sorridente, ma ordinaria. Non aveva condiviso la mia vita come hai fatto tu” le rispose. “Mi ha solo mostrato fino a che punto eri riuscita a mantenere in te la speranza e la gioia di vivere, mi ha mostrato un lato di te quando non ti faccio arrabbiare e questo mi piacerebbe rivederlo” disse. “Ma non era la donna che volevo baciare”
 
Kaori lasciò cadere la testa all'indietro e l'appoggiò sulla spalla del suo partner, meditando sulle sue parole. Ricordava anche che aveva provato rimorso per non avergli detto chi era quando la stava per baciare, ma che si era sentita intrappolata, che lo aveva voluto davvero sapendo che, se si fosse rivelata, non sarebbe successo.
 
Capiva cosa lui le stava dicendo sul suo alter ego e non poteva negare di aver intravisto a sua volta un aspetto di lui che non conosceva. Conosceva lo sweeper professionista, il tipo dissoluto, il pervertito e l'uomo oscuro. Quella sera aveva scoperto il suo sorriso rilassato, il suo lato disponibile e affascinante senza strafare, l'uomo che aveva dovuto far cadere ai suoi piedi diverse donne...e quell'uomo era stato con lei per poche ore.
 
“Anche tu mi hai mostrato un lato di te che mi nascondevi, vero?” gli chiese.
 
“Sì” ammise lui dopo un momento di silenzio. “Quella sera ho lasciato esprimere l'uomo che vorrei essere con te”
 
“Ryo, ti amo come sei anche se ammetto che, se posso avere un po' più quell'uomo e meno quello che continua a denigrarmi, non mi farà male” disse girandosi.
 
Lo guardò negli occhi, con un leggero sorriso sulle labbra. Lui le accarezzò la guancia prima di passare una mano tra i suoi capelli e attirarla a sé, facendole poggiare la testa contro la sua spalla. Kaori non se l'aspettava, pensava che l'avrebbe baciata, ma le andava bene anche così.
 
“Sai, non ho cercato di ingannarti quella sera. Eriko mi aveva proposto di uscire...” iniziò lei.
 
“Lo so. L'ho capito quando mi sono ritrovato all'appuntamento e tu eri lì mentre lei no. Mi chiedo cos'avrebbe pensato se avesse saputo che non è successo niente” pensò Ryo ad alta voce.
 
Kaori rise, ricordando l'aria delusa della sua amica quando lei le aveva raccontato della serata e dell'assenza di un evento degno di nota.
 
“Ci era rimasta male. Aveva la sensazione di aver fatto tutto per niente, ma io avevo passato una serata davvero piacevole” sussurrò Kaori, mettendo a tacere la delusione per la mancanza del bacio.
 
“Anch'io, ma penso che avrebbe potuto essere ancora più bella” disse lo sweeper.
 
“Davvero?” si stupì lei, alzando lo sguardo.
 
“Sì, davvero” sussurrò.
 
Le posò una mano sulla guancia e l'accarezzò delicatamente prima di lasciare che il pollice tracciasse il contorno delle sue labbra, gli occhi fissi su di esse. La giovane donna sentì il cuore batterle forte, le guance arrossire, e c'era un solo pensiero nella sua mente: 'Mi sta per baciare'.
 
“Chiudi gli occhi” le ordinò con voce dolce, ricordandole ciò che le aveva detto nello stesso momento in cui era Cenerentola.
 
Lei lo guardò negli occhi un'ultima volta prima di abbassare le palpebre e lasciarsi guidare. Sentì prima il suo respiro caldo sulle labbra, poi il calore delle sue due secondi prima di avvertire la pressione della sua bocca contro la propria. Era caldo e morbido, esaltante e rassicurante...si separarono pochi istanti dopo e si osservarono a lungo prima di avvicinarsi ancora, condividendo un nuovo bacio un po' più intenso, familiarizzando, mettendosi alla prova a vicenda, assaggiandosi piano.
 
Si allontanarono di nuovo e Ryo vide l'aria leggermente incredula della sua partner. Con un lieve sorriso sulle labbra, le pizzicò il braccio.
 
“Ahia! Ma perché?” esclamò lei rabbiosa.
 
“Per provarti che non stai sognando” le rispose, approcciandosi di nuovo a lei.
 
Kaori si lasciò baciare ancora, rendendosi conto che, in effetti, si stava proprio chiedendo se fosse tutto vero o no. Lo era. Ryo le aveva chiesto di fare parte della sua vita personale e la stava baciando. Il cuore le balzò di nuovo in petto e alcune delle sue preoccupazioni mattutine svanirono. Altre avrebbero impiegato un po' per evacuare, ma si sentiva già molto meglio.
 
Con una leggera esitazione, passò le braccia intorno al suo collo e premette un po' di più le labbra. Quando sentì la sua lingua tracciarle la linea delle labbra, tutto il suo corpo rabbrividì e le aprì per lasciarlo passare. Istintivamente, gli andò incontro e si sentì gemere quando le loro lingue iniziarono a danzare insieme, perdendo gradualmente la ragione.
 
La mancanza di aria li fece separare, ansimando, con il cuore che batteva forte e i sensi che scalpitavano. Ancora un po' storditi dalle emozioni, si rannicchiarono l'uno contro l'altra, cercando la distensione di cui entrambi avevano bisogno per riprendere piede con la realtà. Ci volle qualche minuto e finalmente si lasciarono andare, andando a tavola senza una parola, ancora un po' sorpresi dalla forza delle emozioni che li avevano agitati. Mangiarono in silenzio, osando appena guardarsi. Tutti e due si davano degli stupidi, quasi infantili, una per mancanza di esperienza, l'altro perché non voleva calcare le sue precedenti esperienze su una definitivamente diversa.
 
“Mi sento idiota” sbottò improvvisamente Kaori.
 
“E io, allora...” sospirò Ryo.
 
Sorpresi, si guardarono a vicenda e scoppiarono a ridere.
 
“Pensavo che sarebbe stato più facile ma ho paura di fare un passo falso” confessò Kaori.
 
“Io so cosa voglio fare ma temo di risultare troppo frettoloso” disse lui.
 
La vide arrossire e immaginò il corso dei suoi pensieri. Sarebbe rimasta sorpresa del fatto che forse non si sarebbero spinti fin lì...sempre che non fosse lei quella che lo voleva e fosse lui a non essere pronto.
 
“E...cosa...cosa vuoi fare?” gli chiede, non osando incontrare il suo sguardo, arrossendo un po' di più.
 
“Baciarti...ancora...e ancora...” rispose con voce sensuale. “Assaporare di nuovo le tue labbra e magari esplorare un po' altrove, ma ho davvero, davvero...davvero voglia di baciarti ancora e ancora” confessò.
 
“Oh” fece lei, sorpreso e un po' sollevata di avere ancora un po' di tempo per il resto.
 
“Devi andare alla stazione stamattina?” le domandò.
 
“Se ci sarà un messaggio, immagino che ci sarà anche questo pomeriggio” rispose lei, sorprendendo se stessa della propria pigrizia e anche lui.
 
“Mi piace questa risposta” mormorò, alzandosi, gli occhi fissi su di lei.
 
Lo vide fare il giro del tavolo, deglutendo, sentendo milioni di farfalle volare nel suo stomaco.
 
“Spesa? Cat's Eye?” le chiese con voce roca.
 
“No, possono aspettare” replicò, accettando la mano che lui le tendeva.
 
L'attirò bruscamente a sé e le prese le labbra in un bacio ardente al quale lei rispose con trasporto e una leggera goffaggine che lo deliziarono. Lui esplorò ogni centimetro quadrato delle sue labbra, della sua bocca, prima di separarsi e immergere il suo sguardo febbrile in quello di lei.
 
“Staremo meglio sul divano” sussurrò.
 
“Ryo, io...non voglio andare oltre i baci per il momento” lo avvertì, temendo di deluderlo.
 
“Va bene, nemmeno io. Abbiamo tempo” la rassicurò. “Voglio che entrambi siamo sicuri prima di fare il passo successivo” spiegò, vedendo il suo sguardo sospettoso.
 
“D'accordo” annuì, tranquillizzata.
 
Mano nella mano, andarono in salotto e si sedettero sul divano, abbracciandosi. A poco a poco, si avvicinarono e le loro labbra si sfiorarono di nuovo, si toccarono e si divorarono, soddisfacendo finalmente un desiderio represso per diversi anni.
 
Scoprirsi...

 

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Capitolo 10
*** Capitolo Dieci ***


“Ma vuoi lasciarla andare!” tuonò Umibozu, che cercava di staccare Ryo dal petto di Miki da tre minuti.
 
Era stata una delle poche volte in cui era riuscito a raggiungerla, con sua grande sorpresa. All'improvviso lo sweeper lasciò la presa e fu gettato contro la parete opposta, sentendo il dolore irradiarsi in tutto il corpo. Si astenne dal sospirare perché, in fondo, era l'unico responsabile: se si fosse finalmente deciso a rivelare la sua relazione con la sua partner, non avrebbe più dovuto interpretare il ruolo del pervertito ambulante. Ma il grande e temerario Ryo Saeba non voleva ancora affrontare lo sguardo scrutatore dei suoi amici sulla sua relazione. Aveva ancora bisogno di un po' di tempo per adattarsi alla situazione. Erano passate solo tre settimane da quando avevano compiuto il passo e la novità era ancora troppo fresca. Non si sentiva ancora abbastanza a suo agio nel suo nuovo stato di...cosa, poi? Compagno? Amante? Fidanzato? Non riusciva nemmeno a pensare al termine giusto per descrivere la sua relazione con la propria partner.
 
La campanella suonò improvvisamente e lo tirò fuori dai suoi pensieri.
 
“Eriko! Mia bella Eriko, sei venuta a trovare Ryuccio!” disse, precipitandosi verso la stilista.
 
Lei lo incastrò sotto un martello e si avvicinò al bancone come se non fosse successo niente.
 
“Kaori non c'è? Avrei bisogno di lei” chiese a Miki.
 
“No, ma dovrebbe essere qui tra poco” rispose la barista.
 
“Ma ci sono io qui, mia cara” sussurrò Ryo, avvicinandosi a lei.
 
“Sì, l'avevo notato. Sempre vestito male. Quando ti deciderai a fare uno sforzo? Lo stesso giorno in cui ti deciderai a fare il grande passo con Kaori?” lo punzecchiò con tono aspro.
 
Ryo si trattenne dal dirle che era già stato fatto e, con aria sciocca, guardò i propri abiti.
 
“Beh, cos'hanno che non vanno i miei vestiti?” chiese. “Questa è la mia giacca blu preferita, la mia t-shirt rossa e i jeans neri...mi stanno bene, no?”
 
“Se ti piace il genere perdente senza gusto, sì. A me fanno male gli occhi per quanto siano brutti e inadatti” rispose lei. “Quando ti sarai deciso, passa dalla boutique. Sono sicura che potremo trovarti abiti più eleganti e convenienti al tuo stile di vita” gli offrì.
 
“A me piacciono i miei vestiti” disse lui col broncio, sedendosi su uno sgabello. “E se devo ritrovarmi con una delle tue creazioni adatte per la sopravvivenza, lascia stare” ribatté.
 
Ripensò allo spolverino che lei aveva realizzato dopo che lui aveva distrutto il proprio mentre la proteggeva, e che gli aveva mostrato con orgoglio insieme a una serie di armi e munizioni visibili. Sapeva che la cosa la irritava ancora e infatti non fallì.
 
“Oh, dai! Non vorrai di nuovo parlare di quella storia! Capita a tutti di sbagliarsi” si arrabbiò.
 
“Ehi, se passo alla boutique, potrai anche realizzare dei boxer speciali?” le chiese.
 
“Tutto dipende da ciò che intendi con speciali” rispose Eriko cautamente.
 
“Mah, niente di che. Veleno, sonniferi e altri farmaci. Avrai bisogno delle mie misure a riposo e da sveglio” disse, con un'espressione da pervertito. “Potremo approfittarne per una bottarella!” esclamò, precipitandosi su di lei.
 
Miki fu più rapida a reagire e abbatté un martello sulla sua testa mentre Kaori entrava nel caffè. Osservò la scena, poi si fece avanti, aggrottando la fronte.
 
“Che succede?” domandò.
 
“Il signorino qui voleva che prendessi le sue misure mentre era 'attivo' per realizzare dei boxer” disse Eriko, seccata.
 
La sweeper si fermò e si voltò lentamente verso il suo partner, lo sguardo nero.
 
“Immagino che in seguito abbia fatto un'offerta inappropriata...” sbottò, gonfiandosi di rabbia.
 
“Ahi, ahi, ahi” fece Ryo, rifugiandosi in un angolo della stanza, spaventato. “Prometto, non mi muoverò da qui. Non dirò un'altra parola. Farò il bravo” disse in preda al panico. “Non colpirmi, per favore, non colpirmi” la pregò, proteggendosi il cranio con entrambe le mani.
 
Lei emise uno sbuffo come un toro arrabbiato, poi, sorridendo, si rivolse ai suoi amici.
 
“Come state oggi?” chiese allegramente.
 
“Bene, grazie e tu?” fece Miki.
 
“Molto bene. Nessun messaggio alla stazione. Avremo un giorno libero” rispose la sweeper.
 
“Volevo vederti, Kaori. Devo preparare la prossima collezioni di costumi da bagno e ho bisogno di un'indossatrice. Ci stai?” le chiese Eriko, con uno sguardo da cane bastonato.
 
“Finché non avremo un lavoro, sì. Se può esserti d'aiuto...” concedette Kaori.
 
“Eccellente! Così ho già una modella!” esclamò la stilista.
 
Tutti la osservarono mentre saltellava sul posto, entusiasta. Eriko dava sempre l'impressione di vivere in un mondo a parte.
 
“Ehi, mi hai richiesta per fare da indossatrice, non come modella. Non è il mio lavoro” obiettò Kaori.
 
“Ma...non mi mollerai ora che hai accettato” disse la sua amica in lacrime.
 
“Ma non ho accettato! Sei stata tu a capire male, Eriko!” si difese la sweeper.
 
“Ma tu hai detto che...”

“Fare da indossatrice non significa fare da modella, Eri” le ricordò Kaori.
 
“Quindi mi abbandoni? Mi lasci dopo tutto quello che ho fatto per te?” si lamentò Eriko, con le lacrime agli occhi.
 
Sentendosi in colpa, Kaori guardò lei, poi Miki e infine Ryo, non sapendo cosa rispondere.
 
“Dovresti farlo, Kaori. Sarà solo per qualche giorno e questo qui saprà cavarsela senza di te, no?” esortò Miki.
 
“Ehi” si offese Ryo.
 
“Ti prego...” supplicò Eriko. “Se tu sarai tra le mie modelle, so già che sarà un grande successo” assicurò.
 
“Evita di rifare i tuoi disegni basandoti su formule chimiche...” disse Ryo, andando a sedersi accanto alla sua partner.
 
“Come potevo sapere...” esclamò Eriko, arrossendo al ricordo di quell'avventura. “Ehi, Ryo. Magari anche tu potresti fare il modello?” gli suggerì.
 
“Per fare il prezzemolo, no grazie!” esclamò lo sweeper con aria annoiata.
 
Miki e Umibozu si guardarono senza capire l'allusione mentre le due donne risero per un momento.
 
“L'ultima volta Kaori ha spiegato a Ryo che i modelli maschili nelle passerelle femminili servono solo come comparse” fece la stilista.
 
“Come il prezzemolo sulle pietanze” concluse Kaori, con occhi scintillante.
 
“In effetti non sono loro quelli che attirano gli sguardi” ammise Miki “È strano, Ryo, che tu non voglia accettare. Saresti circondato da un sacco di belle ragazze semi-nude” osservò.
 
“Beh, se succede come l'ultima volta in cui abbiamo passato ore e ore a chiedergli di raddrizzare la schiena per camminare normalmente, forse non ne vale la pena” ammise Eriko.
 
Ryo si ricordò di quel momento e avrebbe potuto riderne se non fosse stato così imbarazzato. Non avrebbe mai immaginato di perdere il controllo dei suoi impulsi nel vedere la sua partner in costume da bagno. A forza di denigrarla, aveva pensato di aver acquisito un riflesso pavloviano e di non poter sbandare in sua presenza. Vederla semi-nuda, però, era stato uno stimolo troppo forte per riuscire a trattenersi e aveva vacillato follemente davanti al suo corpo più che femminile e alle sue curve più che appetitose.
 
Sentì sorgere in se stesso le prime ondate di desiderio. Non era una novità ed erano sempre più frequenti da tre settimane, ma non voleva dare dimostrazioni lì. In primo luogo per rispetto verso di lei, e poi perché non voleva che i suoi amici notassero il cambiamento nel suo comportamento e facessero domande.
 
“Perché camminavi così?” chiese Miki incuriosita.
 
“Non mi ricordo più. Tutto quello che ricordo è che siamo finiti nell'isola dei sogni, che di meraviglioso aveva solo il nome...” disse, ricordando le tonnellate di immondizia che erano state quasi la loro tomba. “Comunque, non mi interessa. Avrò un po' di tempo libero. Non sarà un male” si vantò.
 
“Non preoccuparti. Posso benissimo trovare il modo per occupare il tempo libero” lo avvertì la sua partner.
 
Senza aver tempo di fermarli, alcuni flash passarono davanti ai suoi occhi con occupazioni che sarebbero state molto adatte ma che includevano la sua presenza. All'improvviso si sentì molto stretto nei jeans e immerse lo sguardo pieno di desiderio in quello della sua partner.
 
“Possiamo rifletterci...” sussurrò lui con voce appena contenuta.
 
Kaori si sentì arrossire quando avvertì le onde raggiungerla e alle quali non era immune, tutt'altro.
 
“Vado a salutare le signorine mokkori” disse di colpo, balzando dal suo posto.
 
“Aspetta un po'!” gridò Kaori, seguendolo di corsa fuori dal caffè.
 
“Uh...ci siamo persi qualcosa?” dissero Eriko e Miki nello stesso momento, non capendo cosa fosse appena successo.
 
“Niente di insolito” rispose stoicamente Umibozu, non volendo soffermarsi su ciò che aveva percepito e che non aveva niente di abituale.
 
I due sweeper terminarono la loro corsa in un vicolo, senza fiato, e, riprendendo a camminare, si diressero verso il loro edificio.
 
“Non vai a caccia di signorine mokkori?” fece Kaori.
 
Doveva ammettere che era già difficile vederlo comportarsi così prima, ma ora lo era anche di più, anche se sapeva che era solo per apparenza. Aveva voglia di lasciarsi tutto alle spalle, ma Ryo non era ancora pronto a parlare della loro relazione, così fino a quel momento avrebbe dovuto sopportare gli atteggiamenti da pervertito e le buffonate con gli amici.
 
“Ne ho catturata una. Spero che vorrà concedermi i suoi favori” rispose lui con un leggero sorriso, guardandola.
 
“Oh...” fu tutto ciò che lei rispose, sentendosi arrossire.
 
“Se si sente pronta, naturalmente” concluse, avvertendo il suo turbamento.
 
Arrivando davanti al loro immobile, Kaori non rispose ed entrarono nell'atrio, dove si fermò ai piedi delle scale.
 
“Penso di sì, anche se ho ancora un po' di paura” ammise.
 
“Non ti forzerò. Se vuoi fermarti, ci fermeremo” le assicurò.
 
“So che mi rispetterai” gli disse.
 
Lui l'attirò a sé e la baciò teneramente. Non voleva spaventarla e si sarebbe preso il suo tempo per costruire la sua fiducia. Mano nella mano, salirono all'appartamento e si guardarono un momento, esitanti, dopo essersi tolti le giacche.
 
“Sei sicuro che è quello che vuoi?” gli chiese lei.
 
“Sì, se tu lo vuoi” rispose lui con calma.
 
“Ma non ti sei mai eccitato per me. Perché dovrebbe cambiare? Io sono sempre la stessa” gli disse con ansia.
 
Lui rise sommessamente, anche con un po' d'amarezza nel constatare il successo del suo lavoro di minare le sue basi perché, se da parte sua aveva avuto qualche lacuna, con lei ci era ben riuscito.
 
“Mi sono già eccitato per te, Kaori. All'inizio della nostra relazione ma anche qualche volta in seguito, anche se ho sempre cercato di nasconderlo. Credi davvero che abbia camminato rannicchiato per la sfilata di Eriko perché mi divertivo?”

“Non lo so. Hai sempre fatto cose strane...” ribatté lei.
 
“È vero...” ammise lui, sfregandosi la testa. “Quando ti ho vista in costume da bagno quel giorno, non potevo nascondere a me stesso che tu fossi una donna, una donna molto bella e desiderabile con forme che mi piacevano e che eccitavano la mia immaginazione...ma non solo...” aggiunse, vedendo il suo sopracciglio alzato. “Non puoi nemmeno immaginare il numero di volte in cui tu hai quasi distrutto tutto il mio autocontrollo. Tu eri lì, Kaori. Eri lì ma io mi impedivo di toccarti” confessò.
 
Le si avvicinò e le passò una mano sul viso, spostando qualche ciocca dietro l'orecchio.
 
“Ho voglia di te. Voglio toccarti, baciarti, accarezzarti e fare l'amore con te. Ne ho voglia anche io ma se tu...”
 
Kaori posò le dita sulle sue labbra per zittirlo, guardandolo con sicurezza. Dopo qualche secondo, sorrise leggermente e lasciò scivolare le dita lungo la sua guancia per poi rifugiarsi tra i suoi capelli.
 
“Lo voglio anch'io” ammise “È ora che la mia pillola venga usata per qualcosa” scherzò, facendogli capire che non correvano il rischio di affrontare conseguenze impreviste.
 
Lui l'attirò a sé e la baciò appassionatamente. Quando si separarono, lui la condusse nella sua stanza dove si stesero sul letto e diedero inizio a una nuova ondata di baci più o meno tranquilli, facendo alzare lentamente la temperatura. Le mani iniziarono dolcemente a viaggiare sui vestiti, poi, con calma, scivolarono sulle aree esposte e poi sotto gli indumenti. Rimasero molto soft per diverso tempo, divertendosi a scoprirsi così prima di togliersi i primi vestiti e partire all'esplorazione. Gli indumenti inferiori furono eliminati un po' dopo e le loro membra si intrecciarono, assaporando il semplice piacere del contatto pelle contro pelle che gradualmente aumentò il loro desiderio.
 
I sospiri e i gemiti divennero più forti quando caddero gli ultimi capi di biancheria intima. I primi momenti, un po' timidi e imbarazzati, furono sostituiti da lunghi istanti di condivisione sensuale. Nessuna tappa fu affrettata o precipitata, con grande sorpresa di entrambi che si aspettavano molta meno pazienza da parte di uno di loro.
 
Dopo il primo momento di dolore, la loro unione divenne tenera e premurosa prima di diventare selvaggia. Trovarono il loro ritmo, i loro movimenti si coordinarono e, anche se nessuna parola fu pronunciata, i loro occhi parlarono, le loro dita si intrecciarono, le loro mani li placarono fino al momento del gran finale che li lasciò senza fiato, i cuori che battevano con forza mentre la lucidità tornava.
 
“Ti amo” le sussurrò lui prima di baciarla dolcemente, ancora sepolto profondamente in lei.
 
Si sentiva bene, forse non si era mai sentito così bene in tutta la sua vita, come se fosse pieno, come se tutto il suo corpo e la sua mente avessero finalmente trovato appagamento. La osservò per un momento, notando le sue guance arrossate dall'amore, il suo sguardo ancora un po' smarrito e stupito, e sorrise per la sua emozione.
 
“Anch'io ti amo, Ryo” rispose lei, tornando piano alla realtà.
 
Lo abbracciò e lo attirò a sé, senza preoccuparsi di essere schiacciata dal suo peso. Amava la sensazione di essere tutt'uno con lui, di essere così vicini da poter sentire il suo cuore battere contro il proprio, da non sapere più se il calore che avvertiva era il proprio o il suo, se l'odore era il proprio o il suo. Tutto si mescolava e si fondeva e lei stava bene.
 
Dopo un po', lui cambiò le posizioni e si mise sulla schiena, lasciandola scivolare al suo fianco senza separarsi da lei. Accarezzandole delicatamente la schiena con la punta delle dita, fissò il soffitto, lasciando che i pensieri gli attraversassero la mente, senza cercare di analizzarli o canalizzarli. Voleva solo rimanere in quel momento di beato piacere e disattenzione. Non voleva pensare, solo percepire. Sentì le dita della sua partner passare leggermente sul suo ventre, il suo sguardo si posò su di lui e lui abbassò il proprio su di lei, un po' apprensivo di scoprire che non stava bene. Il suo sorriso lo sollevò. Per un momento aveva temuto che l'assenza di parole l'avrebbe messa in imbarazzo, ma notò che non era così. Come lui, lei sembrava compiacersi di fare il bagno nei silenziosi rimasugli del loro amplesso.
 
“Ehi...” iniziò lei, fermandosi e mordendosi il labbro, arrossendo.
 
“Ti ascolto” la incoraggiò.
 
“Ho ancora voglia di...è normale?” azzardò, diventando cremisi.
 
Lui la guardò e rise leggermente prima di farla inclinare sulla schiena e baciarla languidamente.
 
“Sembra che ti sia piaciuto...” le sussurrò contro la pelle del collo, depositandole una pioggia di baci sulla gola.

“Sì, molto” ammise.
 
“È un buon segno per me” scherzò, facendo scivolare le dita sul suo corpo.
 
“E a te...è piaciuto?” gli domandò, nervosa.
 
Lui avvertì tutta la sua ansia in quelle parole. La guardò negli occhi e lesse tutta la mancanza di fiducia che aveva in se stessa, la paura di non essere abbastanza per lui, di non essere all'altezza. Aveva bisogno di essere rassicurata. Fermandosi, le incorniciò il viso con entrambe le mani e tornò a guardarla negli occhi.
 
“Sì, molto. È stato nuovo anche per me...ma so che non sarà l'unica volta tra noi. Anch'io ho voglia di riapparecchiare”
 
“Vuoi farmi saltare in padella?” gli chiese con un leggero sorriso.
 
“Tutte le volte che vuoi”

“Cominciamo con oggi” suggerì Kaori.
 
“E con oggi, cosa intendi?” le chiese, baciandola sul collo e il petto. “Nel tardo pomeriggio? Di sera? Di notte?”
 
Lei sentì tutto il suo corpo fremere mentre lui ricominciava ad accarezzarla.
 
“Almeno finché non ci addormenteremo...ma possiamo considerare qualche risveglio inaspettate se necessario...” soffiò lei.
 
“La signora è ambiziosa fin dall'inizio” approvò Ryo, baciandola sull'ombelico.
 
“Sento spuntare delle ali con te” sospirò, inarcandosi sotto le sue carezze.
 
“Spero che tu non senta solo le ali” le sussurrò, facendosi più avventuroso.
 
Kaori si lasciò sfuggire un grido di sorpresa per la carezza inedita che lui le riservò, prima che i gemiti prendessero il sopravvento.
 
Più tardi, molto più tardi nella notte, Ryo guardava la sua compagna dormire profondamente, con un leggero sorriso. Non aveva mai visto quel sorriso schiarire il suo volto e si sentì felice di averlo provocato. Sperava solo di non fallire e di riuscire a combattere i vecchi demoni. Le ultime tre settimane gli avevano dato fiducia per raggiungere quella nuova fase. Doveva solo mantenere la rotta. Alla fine, avere una relazione non sembrava così complicato...
 
Unirsi...

 

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Capitolo 11
*** Capitolo Undici ***


Pensieroso, Ryo contemplò la stele del suo amico. Non sapeva più cosa fare. Aveva l'impressione di essere bloccato nelle sabbie mobili e non sapeva come uscirne. Lei era quasi morta. Per colpa sua, per un secondo di disattenzione da parte sua, Kaori era quasi morta. Aveva appena avuto il tempo di intercettare il proiettile che avrebbe dovuto colpirla, ma un frammento l'aveva colpita sulla guancia, ferendola superficialmente. Non era niente, non le sarebbe rimasta nemmeno la cicatrice, ma per lui era un simbolo.
 
“Mi sono sbagliato, Maki. Pensavo fosse possibile ma non lo è. Ho esitato, ho abbassato la guardia per una frazione di secondo. Non l'avrei mai fatto prima” osservò con amarezza. “Se voglio conservare ciò che ho di più caro al mondo, devo lasciarla andare...anche se questo mi uccide” sbottò.
 
Kaori doveva immaginarlo a sua volta. Dopotutto, era passata una settimana da quando era successo e da allora lui era stato distante, tornando a uscire di sera, lasciandola sola senza informarla su un'ora di rientro. Aveva visto il suo sguardo nel momento in cui era uscito, la sua sofferenza, il suo dolore, la sua rassegnazione...lei sapeva di aver usato tutti gli argomenti per trattenerlo, per fargli capire che non era grave, che dovevano solo adattarsi, per trovare l'equilibrio che si confaceva loro ma lui si era dimostrato impermeabile. Nulla di quello che lei aveva potuto dirgli apparentemente lo aveva toccato...anche se non era vero perché, se non avesse ascoltato le sue parole, avrebbe già messo fine alla loro storia da sei giorni, una storia che sarebbe durata solo poche settimane, ma che settimane...
 
“Ringrazi il tuo amico per averti salvato la vita?” sentì dietro di sé.
 
Si voltò e, sorpreso, si stupì di vedere Sonia vicino a lui. Con un leggero sorriso, lei si approcciò e si fermò accanto a lui.
 
“Sonia...che ci fai qui?” le chiese.
 
“Una trasferta in Giappone. Ho sentito il bisogno di tornare nel luogo che ha cambiato il corso della mia vita” gli disse.
 
Si fissarono a lungo, ripensando a quella notte in cui tutto sarebbe potuto cambiare.
 
“Non hai avuto altri contatti con la mala, rassicurami” le domandò Ryo, aggrottando la fronte.
 
“No, ho trovato lavoro come traduttrice in un'azienda internazionale. Viaggio molto ed evito la gente della mala. Non mi aspettavo di trovarti qui” gli spiegò.
 
“Bene. Tuo padre sarebbe fiero di te” si congratulò, sollevato.
 
“Ma dimmi che c'è, hai un'aria molto cupa” osservò preoccupata.
 
“Non ho incontrato una giovane donna carina in questo posto” scherzò lui. “Ma visto che sei qui, la questione è risolta” disse, avvicinando le dita a lei.
 
Lei lo schiaffeggiò bruscamente sulla mano e gli lanciò uno sguardo severo.
 
“Non sono qui per questo, Ryo. La mia volontà di sposarti è svanita quando ho capito cos'ero arrivata a fare grazie a Miki. Avrei potuto fare del male a così tante persone” si colpevolizzò.
 
“Tu non sapevi, Sonia. Tuo padre ha voluto proteggerti fino alla fine e io ho rispettato la sua volontà. Questo è ciò che ti ha spinta in un circolo vizioso. Forse avrei dovuto dirti la verità quando eri abbastanza grande” si scusò.
 
“Forse. Io avrei dovuto ricordare quello che gli avevo detto, che mi sarei sempre fidata di te. Ho preferito credere alle parole di qualcun altro e tu e Falcon siete rimasti feriti. Vi ho quasi uccisi...ed ero pronta ad uccidere Kaori se ne fossi uscito vincitore” confessò, abbassando gli occhi.
 
“Tu non avresti...” disse, sbalordito.
 
Lei gli voltò le spalle, sentendosi ancora in colpa per il pensiero che l'aveva agitata per tanto tempo. Era una cosa che non aveva detto neanche a Falcon. Sapeva che lui le avrebbe impedito di andare fino in fondo e lei aveva bisogno di vendetta, di fare soffrire l'assassino di suo padre tanto quanto aveva sofferto lei. Uccidere Kaori le era sembrato un modo efficace per raggiungere il suo scopo.
 
“Sì, l'avrei fatto. Volevo che soffrissi quanto soffrivo io” ammise.
 
Lui sentì il cuore stringersi al pensiero che avrebbe potuto perdere Kaori prima ancora di avere il tempo di vivere la loro storia. Era sollevato di aver avuto quel tempo...e se...
Schiacciò il pensiero che aveva appena cercato di spuntare.
 
“Perché pensi che mi avresti fatto soffrire?” cercò di eludere.
 
“Smettila, Ryo. Lo so. Ho visto come la guardavi, ho avvertito i vostri sentimenti...per lei è palese, mentre tu fai di tutto per nasconderlo, anche troppo” gli disse.
 
Ryo si incupì e, senza una parola, si diresse verso l'uscita del cimitero.
 
“Argomento delicato, a quanto pare...” disse lei con sguardo malizioso. “Ancora nessuno sviluppo tra voi due?”
 
“Perché dovrebbero esserci sviluppi? Ti immagini delle cose, Sonia” rispose con tono neutro.
 
“Quindi non provi niente per lei? Quando penso alla forza dei suoi sentimenti, mi sento male per lei” confessò la giovane donna. “Perché ti intestardisci? Perché tenerla con te se non è per provarci?” esclamò arrabbiata.
 
Lo sweeper si fermò e guardò la figlia del suo defunto amico. La studiò, cercando di non lasciar trasparire niente, soprattutto di non far vedere che le sue parole avevano una risonanza particolare in lui.
 
“È una brava partner ma tu come me sai che nel mondo della mala non ci si deve affezionare a nessuno. Altrimenti è morte assicurata” le ricordò.
 
“Non è vero! Sì, è un mondo pericoloso e io ho perso mio padre, ma non significa che non si possa amare. Al contrario, bisogna dare il meglio di sé ogni giorno, apprezzare ciò che la vita ha da offrire perché non si sa cosa porterà il domani!” lo implorò.
 
“Non fa parte di questo mondo. Ci è caduta dentro. Deve uscirne” decretò lo sweeper con la mascella serrata.
 
“Non lo farà e tu lo sai quanto me” affermò lei. “Quando l'ho portata via per costringerti a venire, Falcon voleva liberarla. Lei si è rifiutata. Voleva impedire il combattimento. Non voleva che vi uccideste a vicenda. Voleva trovare un modo per farvi ragionare” gli disse.
 
Ryo fece un sorrisetto divertito: era proprio da Kaori, voler ricordare alle persone i buoni sentimenti per evitare battaglie.
 
“Ryo, sai che se fosse stata un'altra, non l'avresti cercata il giorno in cui me ne sono andata, nemmeno se fossi stata io. Non so cosa temessi quel giorno, non so perché volessi vederla, ma l'hai fatto e questo parla per te. Quando smetterai di combattere contro te stesso?” lo rimproverò.
 
“Hai una reazione esagerata per poca roba, Sonia. Se n'era andata senza preparare il pranzo. Avevo fame. Tutto qui” rispose, sbadigliando apertamente.
 
Internamente, il suo cervello correva veloce. Perché l'aveva cercata quel giorno? Era ferito e stanco e, nonostante tutto, quando aveva letto che lei era andata a cercare Sonia, aveva avuto improvvisamente un cupo presentimento. Non sapeva di cosa aveva avuto paura, ma aveva dovuto trovarla. Aveva capito solo quando l'aveva trovata vedendola parlare con l'americana. Aveva avuto paura che lei lo abbandonasse e non era stato pronto.
 
“Sei un pessimo attore, Ryo Saeba. So che sei capace di affezionarti e di amare. Mi volevi bene come una sorellina o un'amica ma mi volevi bene, mentre ami lei come una persona indispensabile per la tua vita...e lei lo è, Ryo. Sei cambiato. Non so se te l'hanno già detto, ma sei cambiato. Non sei più l'uomo che se ne frega di tutto, pronto ad andare incontro alla morte senza rimpianti. So che combatterai tutte le battaglie utili senza lamentarti, ma adesso vuoi rientrare a casa e di tornare da lei” gli disse. “Lei ha quella forza. Ti ha riportato al mondo umano. Tu non lascerai mai del tutto questo ambiente, e lei non ci entrerà mai del tutto. Vi proteggete a vicenda dall'oscurità” spiegò Sonia.
 
“Sei molto romantica...” disse Ryo ironicamente, commosso suo malgrado.
 
“Sei un idiota” replicò lei.
 
“Se davvero non avessi alcun attaccamento verso di lei, l'avresti licenziata molto tempo fa o forse l'avresti addestrata professionalmente, ma il fatto è che non vuoi vederla cambiare. L'hai messa su un piedistallo, la idolatri ma non vuoi toccarla, rovinarla. È una donna come le altre, Ryo, solo che è la partner giusta per te in ogni senso del termine. Devi solo avere coraggio e accettarlo” gli disse con un sorrisetto.
 
“Pfff, per chi mi hai preso? Io sono coraggioso!” si vantò.
 
“Di fronte a un'arma, forse, ma non a colei che ami. Sei un codardo” rispose.
 
Ryo si strinse nelle spalle e voltò i tacchi prima di andarsene. Stava facendo il duro ma Sonia ancora una volta aveva colpito nel segno. Udì dei passi frettolosi avvicinarsi e un braccio scivolò sotto il suo.
 
“Dai, dimmi che le parlerai e vi darai una possibilità” sussurrò. “Forza, Ryo...”
 
“Ci rifletterò” concedette lui.
 
“Sì...magari tra qualche mese un piccolo Saeba si unirà alla squadra” lo prese in giro.
 
“Non ci contare. Io e lei saremmo già abbastanza” rispose seccamente.
 
“Se erediterà i tuoi lati negativi, quella poverina avrà un sacco da fare...” rise Sonia.
 
“Disse quella che voleva sposarmi” rispose lui falsamente offeso.
 
Raggiunsero l'uscita del cimitero e si fermarono al parcheggio.
 
“È stato bello vederti, Ryo” sussurrò Sonia.
 
“Anche per me. Abbi cura di te” le disse, abbracciandola.
 
“Anche tu...e di Kaori” rispose.
 
“Insisti...” la rimproverò dolcemente.
 
“Se non funziona tra voi due, non so chi potrebbe farcela” disse lei, separandosi da lui. Ryo annuì e la lasciò andare prima di infilarsi le mani in tasca e dirigersi in centro. Rivisse l'intera storia, un altro fantasma del suo passato aveva riacceso la vecchia rivalità tra lui e Umibozu, ed era quasi costata la vita a uno di loro e a Kaori. L'aveva quasi persa. Kaori lo sapeva? Se sì, perché non gliene aveva parlato? Sicuramente per preservarlo, e certamente anche per non dargli un motivo supplementare di volerla allontanare.
 
Nonostante tutta la sua esperienza, poteva solo ammettere di essere stato fortunato: nessuno era morto ed entrambi ne erano usciti più resistenti. Si fermò, ricordando che in quell'occasione avevano deciso di trascorrere insieme tutti i loro compleanni. Per lui, che non aveva avuto una data di compleanno fino a un paio di anni prima, promettere una cosa del genere era stato un grande impegno. Si era impegnato non solo a vivere, a pensare al futuro, ma a integrare lei nella sua vita e non per qualche mese, ma per tutta la sua esistenza.
 
Ora aveva Kaori interamente nella sua vita, una partner sia nel lavoro che nella sfera personale. Non si era mai sentito così bene come nelle ultime settimane in cui avevano potuto creare dei ricordi e rafforzare i legami tra loro. Senza quel caso, non avrebbe mai nemmeno pensato di fermare tutto. Si rese conto che aveva ancora più paura di perderla di prima, ma d'altra parte non aveva più paura di pentirsi di non aver agito sui suoi sentimenti. Se l'avesse persa oggi, l'avrebbe almeno resa felice per un po' e lui stesso sarebbe stato felice durante quel periodo, ed era sicuramente una prima volta per lui. Ne valeva la pena? Sì, indubbiamente. Aveva il diritto di sprecare tutto per tenerla più vicina a lungo senza poterla toccare, amarla, sentirla ridere? Aveva il diritto, ma quale sarebbe stato lo scopo di vivere con il fantasma di quello che avevano passato, di essere l'uno vicino all'altra senza poter stare insieme? Non ne valeva la pena.
 
Doveva correre il rischio, vivere con la paura di perderla ma anche vivere ogni giorno la felicità di averla, di poterla tenere tra le braccia od osservarla, vederla meravigliarsi delle piccole cose, di arrabbiarsi quando lui sbagliava qualcosa, per poi sorriderle con uno sguardo così caldo che avrebbe sciolto un iceberg. Sonia aveva ragione: Kaori aveva il potere di risvegliare l'umanità in lui e ciò era bello e confortante.
 
Senza nemmeno rendersene conto, arrivò all'edificio e osservò il tetto. Lei era lassù a osservare il cielo, apparentemente persa nei suoi pensieri. Sapeva che in una settimana era riuscito a indebolirla, che lei doveva aspettare il fatidico momento in cui lui le avrebbe detto che tra loro era tutto finito. Lo conosceva così bene...senza ulteriori indugi, salì le scale e la raggiunse. Nervoso, le si avvicinò e si fermò dietro di lei, una mano appoggiata su entrambi i lati della ringhiera per impedirle di fuggire.
 
“Ci siamo? Hai preso una decisione?” sussurrò lei, cercando di controllare la voce.
 
Non voleva che finisse, ma non sapeva più cosa dirgli per fargli cambiare idea. Litigavano da sei giorni e lei sapeva che era solo questione di tempo prima che lui mettesse fine alla loro relazione. Non dormiva da due giorni e, in fondo, sarebbe stato un bene se l'attesa fosse finita, anche se la caduta sarebbe stata dolorosa.
 
“Sì” disse lui. “Mi dispiace, Kaori” sussurrò.
 
Lei abbassò la testa e sentì le lacrime scorrerle lungo le guance. Non voleva ma era più forte di lei. Aveva finito per acquisire fiducia in loro, dicendosi che quella era la volta giusta e che niente si sarebbe messo tra di loro...
 
“Non importa. È meglio che ci fermiamo qui” rispose, sforzandosi per non crollare. “Ti amo Ryo, ma se non basta, non ti supplicherò più” aggiunse, voltandosi per andarsene.
 
Si scontrò contro il suo petto e si rese conto di essere in qualche modo imprigionata.
 
“Fammi passare” gli chiese.
 
“No, non mi hai capito. Mi dispiace, Kaori. Mi dispiace per aver dubitato e averti ferita questa settimana. Mi dispiace di aver avuto tanta paura di perderti che ci ho quasi smarriti” ammise. “Ti amo, Sugar, e la prospettiva che tu te ne vada troppo presto mi terrorizza. Volevo proteggerti, tenerti più a lungo vicino a me ma avevo dimenticato che vivere è meglio di sopravvivere, che vivere la nostra vita insieme, anche se sarà più breve, sarà sempre meglio che aver passato la nostra vita insieme senza essere davvero insieme” aggiunse.
 
“Allenami di più, Ryo. Insegnami come difendermi ancora meglio così che potremo avere questa vita insieme” gli chiese.
 
“Va bene, ma tu dovrai insegnarmi a non temere più per la tua vita” domandò lui.
 
“Missione impossibile. Tremo per te da più di sette anni. Non è che non mi fidi, ma ogni volta che sfidi la morte mi chiedo 'e se...'; anche oggi è così, ma almeno posso dirmi che in fondo ho la felicità di questi momenti insieme. Voglio ancora molti momenti, Ryo. Mi riscaldano quando ho paura per te”
 
Lui l'abbracciò e la strinse a sé. Lo rassicurava sapere che non era l'unico a provare quelle sensazioni, che non era stata solo una vita passata ad assorbire sentimenti e debolezze a spingerlo su quella strada. Diamine, era bello sentirsi vivi e vibranti, ma era ugualmente difficile affrontare quella paura. Non aveva quel tipo di preoccupazione quando era solo un'arma vivente...
 
“Devi fidarti di noi, Ryo. Devi fidarti di me e parlarmi quando qualcosa non va. Non sono qui solo per il sesso e i momenti piacevoli. Voglio condividere tutto con te” gli disse. “E poi, se devo adattarmi, dimmelo. Sono pronta a tutto per te” lo rassicurò.
 
“No, non voglio che tu cambi. Resta come sei. Sei la donna per me” le disse, accarezzandole il viso.
 
“Va bene” Kaori annuì. “Ho avuto così paura” gli confidò, facendogli scivolare le braccia intorno al collo, avvicinando la fronte contro la sua.
 
“Anch'io, Kaori” ammise lui.
 
Rimasero così per un po', rassicurandosi l'uno tra le braccia dell'altro prima di tornare in casa e riprendere la loro vita come l'avevano lasciata pochi giorni prima, prima delle liti e dell'allontanamento. A essere onesti, le cose non erano cambiate molto dalla loro situazione precedente, a parte i pochi gesti intimi, qualche bacio scambiato qua e là, un'unica porta che si chiuse una volta giunta la notte. Il cambiamento più grande era la diminuzione del numero di volte in cui il parquet o le pareti dovevano essere rattoppate...sì, era una grande novità nella loro vita...e soprattutto, un risparmio di tempo per attività molto più interessanti...e condivise.
 
Perdurare...

 

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Capitolo 12
*** Capitolo Dodici ***


“A cosa stai pensando?” chiese Kaori.
 
Erano seduti su una panchina del parco, a godersi gli ultimi giorni di sole di fine novembre, come tante altre persone, adulti e bambini. I sentieri erano punteggiati di foglie in tonalità ocra, rosso e marrone.
 
“Mi conosci...non sono il tipo che pensa” rispose con disinvoltura.
 
“Come dici tu, ti conosco. Sei anzi il tipo che pensa troppo” rispose lei, sorridendo.
 
“Che reputazione mi dai...” mormorò lui falsamente infastidito.
 
Ryo osservava i passanti che camminavano, le madri che tenevano per mano i loro bambini, i padri che portavano i più grandi verso i giochi.
 
“Mi chiedevo se non ti pentiresti di non avere figli” confessò seriamente.
 
“No. Mi piacerebbe diventare madre, ma è un viaggio che si fa in due. So che tu non vuoi bambini, lo sapevo prima ancora che ci mettessimo insieme e l'ho accettato. Sono già fortunata che tu ci abbia dato una possibilità, Ryo. Non chiedo di più” lo rassicurò.
 
“Stiamo insieme da tre mesi ormai e tu non insisti per rivelare la nostra relazione, per avanzare più velocemente...come fai? Sono sicuro che non vedi l'ora di parlarne a Miki...” disse.
 
“Non vedo soprattutto l'ora di non dover usare i miei martelli e pagare riparazioni inutili” scherzò lei. “Sto bene così e non ho voglia di affrettare le cose con il rischio di perderti” lo tranquillizzò.
 
“Non capisco ancora come puoi fare tanti sacrifici per me” sussurrò.
 
“Non sono sacrifici, ma condizioni alle quali mi adatto” gli disse filosoficamente, alzandosi.
 
Ryo la imitò e presero la strada del ritorno, fianco a fianco. Solo per apparenza, lui si avventò su qualche passante, molestandole per qualche istante prima di essere punito con un martello.
 
“Dimmi, Ryo. Se non fossi in questo ambiente, vorresti dei bambini?” gli chiese Kaori.
 
Vide il suo sguardo incupirsi e posarsi su un punto fisso nel vuoto. Si incolpò della propria curiosità e gli si avvicinò, posandogli una mano sul braccio.
 
“Scusami. Sono stata invadente. Era solo una domanda che mi è passata per la mente. Non avrei dovuto...” si scusò.
 
Ryo tornò alla realtà ed emise un piccolo sospiro prima di passarsi una mano tra i capelli.
 
“No, va tutto bene. Solo che...non mi sono mai posto la domanda” ammise.
 
“Davvero?”
 
“A che pro? Non avevo una relazione stabile né alcun desiderio di averne una e non posso avere un figlio” riassunse.
 
“Io...sì, hai ragione. È logico. Sono io la stupida” si scusò nuovamente.
 
Si voltò e fece per allontanarsi ma Ryo la prese per il polso. Lei lo fronteggiò, sorpresa, aspettando di sapere cosa avesse da dirle.
 
“No, non sei stupida. Ti poni delle domande normali. Sono io che sono un caso a parte, Kaori” rispose. “Se fossi cresciuto in un mondo normale, avrei potuto pensarci, ma non è così. Non ho mai avuto una famiglia prima di te. Ho avuto compagni d'armi, partner, ma nessuna famiglia. Non so cosa sia, non sento di averne bisogno” aggiunse. “Perché mi guardi così?” le domandò poi, sorpreso dal suo sguardo commosso.
 
Lei aveva le guance rosse e gli occhi luminosi.
 
“Mi commuovi sempre quando dici che siamo una famiglia” confessò.
 
“Sei troppo sentimentale...” la prese in giro, imbarazzato.
 
“Non fare il bambino!” lo rimproverò.
 
“Eh, sì! Vedi, non hai bisogno di un bambino, hai me, un adolescente di vent'anni...” scherzò.
 
“Vent'anni! È da un pezzo che ne hai più di trenta! Cresci un po'!” si arrabbiò.
 
“Ti permetterò di coccolarmi, di trattarmi come un bambino quanto vuoi...” suggerì lui. “Magari mi darai anche la tetta” disse con una faccia da pervertito.
 
“Ryo!” si offese lei, sbattendogli un martello sul naso prima di andarsene.
 
“Scherzavo...” farfugliò lui.
 
Vide Kaori partire in cucina e rimase solo per un momento dopo essersi estirpato dal martello. Si avviò alla finestra e osservò la notte prendere il sopravvento sul cielo di Tokyo, udendo i rumori familiari della sua compagna che preparava la cena. Esitò ad andare ad aiutarla, ma rimase solo perché ne sentiva il bisogno, limitandosi a fissare l'oscurità.
 
“La cena è pronta” gli disse dopo un lungo momento di cui lui non si era reso conto.
 
Ryo si voltò stupito e andò a sedersi davanti a lei. Mangiarono in silenzio, accontentandosi della presenza dell'altro.
 
“Non sarei un gran padre” disse lui a un certo punto, posando le bacchette.
 
Kaori lo guardò e attese pazientemente il seguito. Se Ryo aveva voglia di parlare, lo avrebbe ascoltato.
 
“Quello che mi ha cresciuto è diventato completamente folle e viveva solo per la guerra. Mi ha drogato e insegnato molte cose che mi hanno plasmato, ma non tutte erano vere. Non ho parametri di riferimento, Kaori. Non posso permettermi di far soffrire un bambino come ho fatto soffrire te. Non avrà la tua capacità di incassare e difendersi” spiegò.
 
“Non hai un padre di riferimento, Ryo, ma questo non significa che tu non possa esserlo. Ti ricordi di Shiori?” gli chiese.
 
Ryo cercò nella sua memoria e alla fine annuì. Ricordava bene quella bambina che si era svegliata nel suo letto dopo una notte di bevute, una bambina che sua madre Yukari aveva voluto proteggere da Komori, l'assassino che aveva voluto uccidere Shoko. Ricordava in particolare la martellata che era seguita e le risate di Umibozu quando l'aveva visto arrivare al Cat's Eye con marsupio per bambini sulla schiena, con la piccola all'interno.
 
“Sì. Un'adorabile bambina della quale per lungo tempo hai voluto rifilarmi la paternità” disse lanciandole uno sguardo di rimprovero.
 
“Va bene, mi sono lasciata trasportare un po'...” disse lei, ridendo nervosamente al ricordo della sua gelosia e poi della sua euforia quando avevano giocato a fare la famigliola con la piccola. “Ti sei preso cura di lei anche se hai fatto di tutto per far credere che la cosa ti pesasse” sottolineò.
 
“Ma mi pesava!” affermò. “Giocava ad acchiappa la talpa con il mio mokkori!” le rammentò.
 
“Ah beh, quando si fanno cose strane e inappropriate...” lo sgridò.
 
“Non faccio cose strane e inappropriate e tu lo sai bene” ribatté con espressione calorosa.
 
La sweeper si sentì arrossire all'allusione appena mascherata e si controllò per non lasciare che il desiderio si impossessasse di lei. Avevano il resto della serata per quello. Ora stavano discutendo seriamente.
 
“L'hai portata sulla schiena, ti sei avvolto in un futon per farla divertire e hai vegliato gelosamente su di lei per tutto il tempo in cui è rimasta qui. Le hai persino fatto dimenticare l'odore della polvere da sparo per aiutarla a vivere normalmente. Ti sei comportato come avrebbe fatto un padre” gli disse. “Ti sei persino assicurato di rimuovere i dubbi di Yukari sulla sua partenza per concederle una vita normale” aggiunse Kaori.
 
Ricordava il momento in cui tutti i loro amici erano arrivati con le loro armi da far revisionare alla figlia di Kenichiro Mashiba, solo per ricordare alla giovane donna come sarebbe stata la sua vita se fosse rimasta lì.
 
“Se avessimo un figlio io e te, avresti questa possibilità solo se mi lasciassi, Kaori” le disse cupamente.
 
“Non voglio andarmene e non sto cercando di convincerti a mettere su famiglia. Stiamo solo chiacchierando, Ryo” lo rassicurò.
 
“Eppure parlando di questo...” iniziò.
 
“Stiamo parlando del tuo diritto di essere felice, di vivere la tua vita, di dimostrare a te stesso che c'è un'altra persona in te, semplicemente un uomo” lo interruppe. “So che ti sottovaluti. Voglio solo farti capire che l'uomo in te ha il diritto di esprimersi, che tu hai il diritto di sognare, di avere dei progetti o, al contrario, di non averne. Non sei solo l'assassino imprigionato in questo uomo oscuro e violento. Sei un uomo libero” gli disse.
 
“Non posso avere figli, Kaori. Vorrei accontentarti ma non posso. Riesci a immaginare come sarebbe la sua vita? Riesci a immaginare se un giorno dovessi scegliere tra proteggere lui o te? Non potrei”
 
“Lo capisco. Lo so, Ryo” lo rassicurò.
 
Si alzò e andò a sedersi accanto a lui. Senza preavviso, lui l'afferrò e la mise sulle proprie ginocchia.
 
“Un giorno mi spiegherai come hai potuto presentarti due volte con Shiori in braccio sapendo che avresti affrontato dei criminali” gli sussurrò “Il mio primo istinto sarebbe di mettere il bambino al sicuro”
 
Ryo appoggiò il mento sulla sua spalla e fissò un punto dietro di lei, riflettendo su quello che aveva appena detto. Aveva tenuto la bambina stretta a sé nel parco quando avevano cercato di attirare Shiori con un'arma, dopodiché l'aveva portata a cercare sua madre, estraendo la pistola davanti a lei mentre la piccola si aggrappava al suo soprabito.
 
“Vedi, sono un incosciente. Un padre non metterebbe in pericolo i suoi figli” ribatté cupamente.
 
“Tranne un uomo che non ha paura, che sa che vincerà. Non saresti un padre convenzionale, Ryo, ma daresti ai tuoi figli una forza e una sicurezza straordinarie come hai fatto con altre persone più cresciute” gli assicurò.
 
“Mi dai troppo credito, no Sugar?” la prese in giro, cercando di ritrovare un'atmosfera più leggera.
 
“Sei tu che ti sottovaluti” rispose lei, accarezzandogli il viso. Si guardarono per un momento, poi finalmente si sorrisero.
 
“Mi chiedo come stiano loro...” sussurrò improvvisamente la sweeper.
 
“Anch'io, ma immagino che stiano bene lì dove sono” suggerì Ryo.
 
“Lo spero”

Attirato dalla linea della sua nuca, proprio davanti al suo naso, Ryo vi appoggiò le labbra e iniziò a baciarla e mordicchiarla dolcemente, facendo ridere la compagna.
 
“E se andassimo a letto?” suggerì, facendo scivolare la mano lungo la sua coscia.
 
“Approvo” sussurrò lei, appoggiando le labbra sulle sue.
 
Quando si separarono, ansimando, si alzarono per andare nella stanza di Ryo. I vestiti volarono via veloci e i due si amarono a lungo prima di rilassarsi l'uno tra le braccia dell'altra.
 
“Forse sarebbe ora che ti trasferissi qui, non credi?” fece lui, con un leggero sorriso.
 
“Come vuoi...non cambierà molto visto che è da settimane che non dormo nel mio letto” ammise.
 
“Allora trasferisciti” le disse semplicemente.
 
“Con piacere” concordò lei, posandogli un bacio sulle labbra. “La mia stanza potrebbe tornare ad essere quella degli ospiti” aggiunse felice.
 
Lui la guardò, un po' sorpreso e a disagio. Era un'esca perché lui le dicesse di lasciarla libera per un bambino o un semplice suggerimento? Doveva chiarire. Non poteva lasciar proseguire la loro storia se lei pensava davvero di convincerlo ad avere un figlio.
 
“Non vuoi trasformarla in una stanza per un bambino?” le chiese innocentemente.
 
“Non avremo figli, Ryo. Non è un tuo desiderio e l'ho accettato. L'argomento è chiuso, no?” rispose lei, determinata.
 
“Sì, scusami” sussurrò lui.
 
“Tu mi basti. Senza di te, il resto non avrebbe senso” gli disse. “Amami, è tutto ciò che ti chiederò” lo rassicurò Kaori, fissandolo negli occhi.
 
“Non ti merito ma farò di tutto per renderti felice” le promise, facendola ribaltare e baciandola appassionatamente.
 
Si amarono di nuovo e si abbracciarono dopo aver raggiunto il culmine un'altra volta. Cullata dalla carezza del pollice del compagno sulla schiena, Kaori si addormentò contro di lui e Ryo rimase sveglio a contemplare il soffitto.
 
Si sentiva un po' in colpa per il sacrificio che imponeva alla sua compagna. Ricordò gli sguardi addolorati di Kaori quando Shiori iniziava a piangere ogni volta che la prendeva in braccio e la sua confusione quando si era resa conto che anche Miki e Umi potevano tenere la piccola senza farla strillare. Kaori amava i bambini ed era dolce e affettuosa con loro. Li rispettava e li difendeva con le unghie e con i denti. Anche lui, pur sapendo perché Shiori piangeva, si era dispiaciuto per lei. Si era ulteriormente emozionato dal suo viso sereno e pacifico quando la piccola aveva finalmente accettato la sua presenza, dal suo sorriso felice nel prendersi cura di lei. Era fatta per essere madre, ma non avrebbe mai potuto diventarlo stando con lui.
 
La strinse inconsciamente. Qualche settimana prima, di sicuro avrebbe fatto qualcosa di stupido come cercare di riportarla a una vita normale. Oggi non ci pensava nemmeno e, comunque, lei era stata chiara: era con lui che avrebbe voluto quelle cose e, se lui non le voleva, lei non le voleva. Si sentiva un po' sopraffatto da quel sacrificio, ma avrebbe trovato un modo per compensare. Non sapeva come, ma l'avrebbe trovato. Per cominciare, si sarebbe battuto per loro fino alla fine. Forse era anche ora di annunciare la loro relazione...Forse avrebbe procrastinato un po', ma non era così tragico, no? Cos'erano pochi giorni o settimane a fare il cretino quando aveva ora tutta una vita davanti a sé per amare?
 
Lentamente, sistemò una ciocca dietro l'orecchio della sua compagna, tirò su un po' la coperta mentre l'aria si raffreddava e le lasciò un bacio tra i capelli.
 
“Saremo io e te, Sugar. Non potrà mai esserci nessun altro al tuo posto” sussurrò.
 
La osservò ancora per un momento, poi si addormentò. Avevano una vita intera davanti a loro.
 
Aprirsi...

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Capitolo 13
*** Capitolo Tredici ***


Quando rientrò nel cuore della notte, esausto, ancora assorbito dai rimasugli di tensione del duello che aveva appena affrontato, trovando una borsa da viaggio vicino alla porta, Ryo si bloccò, ansioso. Di chi erano le cose che conteneva? Sue o di Kaori? Perché si trovava lì? Quale messaggio doveva capire?
 
“Sei qui...” sospirò all'improvviso una voce femminile.
 
Ebbe giusto il tempo di legare la voce all'immagine di Kaori prima di sentirla stringersi brevemente contro di lui. Come un automa, si separò da lui altrettanto rapidamente e si mise a scrutarlo, scostando i lembi della giacca e girandogli intorno per vedere se era ferito. Sembrò sollevata quando vide che era sano e salvo e lo abbracciò di nuovo. Lui la strinse a sua volta, intuendo che quella borsa non aveva niente a che fare con loro due.
 
“Grazie al cielo non hai niente. Non avrei potuto accettare un'altra brutta notizia” sospirò.
 
“Che succede, Kaori?” le chiese.
 
“Ho...ho ricevuto una chiamata dall'America. Sayuri ha avuto un incidente d'auto. È in coma. Io...devo andare, Ryo. Non ha nessun altro” disse, il nervosismo che cresceva nella sua voce.
 
Lui si allontanò e le posò una mano sulla guancia, notando il suo pallore. I suoi grandi occhi sembravano mangiarle il viso tanto la preoccupazione la rodeva.
 
“Ssh...vai, non preoccuparti per me. Capisco. È tua sorella” cercò di calmarla.
 
“Sì, mia sorella...” sussurrò lei, raggomitolandosi contro di lui. “Avrei voluto che uno di voi mi avesse detto la verità” aggiunse.
 
Ryo si bloccò, chiedendosi come sarebbe finita la conversazione. Le aveva nascosto la verità proprio come Sayuri, per proteggerla. Era stata la decisione della sorella Kaori, ma lui avrebbe potuto dirglielo da un pezzo. La sua compagna era forte: avrebbe certamente sopportato quella rivelazione...che apparentemente non era tale per lei.
 
“Da quanto lo sai?” le chiese senza lasciarla.
 
“Da pochi giorni dopo la sua partenza. Avevo una sensazione che mi tormentava, una frase che continuava a tornarmi in mente, quel momento in cui mi aveva confessato che ero la sua sorellina. Poi l'ha negato, ma pensando a tutto quello che era successo in quei pochi giorni, solo questa conclusione aveva senso” gli spiegò.
 
“Cos'è successo?” le domandò.
 
“Prima c'era stato quello sguardo quando mi aveva vista la prima volta, poi la sua gentilezza e disponibilità a passare così tanto tempo con me. Mi ha fatto tante domande, pensavo volesse dimenticare la sua paura, ma in realtà era interessata a me” rispose, persa nei ricordi.
 
“È vero. Voleva conoscerti” ammise Ryo.
 
“E portarmi via di qui, vero?” gli chiese.
 
“Voleva il meglio per te. Voleva proteggerti e renderti felice. Hai già preso il biglietto aereo?” le domandò.
 
“Parto alle nove” sospirò lei.
 
“Quindi abbiamo qualche ora prima che tu vada” rifletté lui.
 
Ryo la lasciò e, circondandole la vita, la condusse nella loro stanza. Si sdraiarono ma non si addormentarono. All'improvviso, Kaori rise.
 
“Cosa c'è?” le chiese Ryo, sorpreso.
 
“Mi sono ricordata della faccia di Sayuri quando mi ha sorpresa a esercitarmi a sparare. Sembrava che gli occhi le uscissero dalle orbite e aveva un'espressione spaventata...”
 
“Per te è una cosa normale ma molti non vedranno mai un'arma nella loro vita se non in tv. Lei ha una vita normale, Kaori. È stata cresciuta con amore e gioia benché avesse solo vostra madre. È andata a scuola, ha seguito le sue ambizioni, ha imparato a comportarsi come una giovane ragazze e poi come una donna, ha trovato un lavoro...lei non è te” disse Ryo.
 
“Anch'io ho avuto un infanzia normale...beh, quasi...Hide ha fatto del suo meglio ma non era un segretario né un banchiere. Era un poliziotto. Ho imparato a vivere alla giornata, a godermi tutti i bei momenti che potevamo avere. Ho imparato” si difese.
 
“Ed è per questo che oggi tu sei qui e non con Sayuri. La mia vita non è l'ideale per una giovane donna, ma tu non sei una donna qualunque e soprattutto non sei una donna normale. Ci voleva una testa di mulo per riuscire ad acchiapparmi” la prese in giro.
 
“Idiota...” soffiò lei, gli occhi scintillanti prima di baciarlo.
 
Ryo la guardò per un momento prima di sistemarle una ciocca. Sorrise scioccamente pensando che era diventata un'abitudine da parte sua, lui che si era tenuto lontano da lei per molto tempo.
 
“Vorresti sapere di più sul tuo passato?” le chiese.
 
Kaori lo guardò, sorpresa. Lui lesse il dubbio, la speranza e la voglia nei suoi occhi, poi lei annuì.
 
“Ti dirò cosa ho imparato io sia da tuo fratello che da Sayuri” rispose.
 
“Mio fratello?” si sorprese Kaori.
 
“Sì, tuo fratello. Il giorno...il giorno in cui è morto mi ha raccontato come sei entrata nella sua vita. Voleva raccontarti tutto quella sera stessa, così come aveva desiderato vostro padre. Mi aveva confidato questa missione, ma sono riuscito a darti solo l'anello. Non ho avuto il coraggio di confessarti tutto...neanche dopo” confessò, sentendosi in colpa.
 
“Raccontami” gli disse, posandogli una mano sul cuore.
 
Ryo la guardò negli occhi e trovò la forza di continuare.
 
“I tuoi genitori si sono separati quando eri piccola. Sei rimasta con tua madre e tua sorella per un po', ma tuo padre non ha sopportato la situazione e ti ha portato via. Viveva di piccoli furti, fino a quando un giorno si è spinto troppo oltre. Tuo padre, intendo Makimura, era di pattuglia e l'ha inseguito. Il tuo padre biologico gli ha sparato e Makimura ha risposto al fuoco. Lo ha ferito a morte. Lui ha avuto solo il tempo di dire il tuo nome, che tua madre era morta e di darle l'anello. Il padre di Hide ti ha trovato in macchina e non è riuscito a convincersi a lasciarti in un orfanotrofio. Ti ha portato a casa, dando a Maki una sorellina”
 
Kaori lo guardò e, dopo un momento, si asciugò le lacrime.
 
“Deve essere stato molto strano trovarsi con una sorellina in braccio. Non doveva esserne contento” disse lei.
 
“Non credo. Hide non era un tipo espansivo, ma c'era tenerezza nella sua voce quando mi ha raccontato tutto questo. Penso che ti abbia accettata molto rapidamente e che ti abbia amata sinceramente” replicò.
 
“Lo penso anch'io. Mi manca, Ryo” sospirò.
 
“Anche a me”
 
Rimasero in silenzio per un momento, lasciandosi circondare da quel bozzolo di benessere.
 
“Quando ha saputo Sayuri? Te l'ha detto?” lo interrogò Kaori.
 
“Quando sua madre è morta, due anni prima che ti trovasse. Fino ad allora, non si ricordava di te. Era troppo giovane quando sei stata rapita e sua madre credeva che foste morti entrambi, quindi ha deciso di proteggerla tacendo la tua esistenza” le rispose.
 
“In poche parole, tutti proteggono tutti e, alla fine, ci ritroviamo ancora e sempre divisi” concluse Kaori amaramente.
 
Di colpo, si mise a sedere e si piazzò sul bordo del letto, voltandogli le spalle. Si sentiva offesa e arrabbiata. In fondo, forse non era stata una buona idea voler sapere. Avrebbe fatto meglio ad astenersi.
 
“Kaori, tutti facciamo delle scelte in base a ciò che sappiamo. A volte è la scelta giusta. Altre volte, quella sbagliata. Forse ci siamo tutti sbagliati in questo caso” si difese Ryo.
 
“Io...non lo so...ho paura, Ryo. Ho paura di perdere un nuovo membro della mia famiglia. Ho l'impressione di portare sfortuna...” disse lei a bassa voce.
 
Sentì due braccia circondarla e stringerla, riempiendola di calore e conforto.
 
“Smettila di dire sciocchezze. Non porti sfortuna. Senza di te, io non sarei in questo mondo da molto tempo. Vale lo stesso per Sayuri e molte altre persone. Tua sorella è forte, Kaori. Si batterà e ne uscirà e lo farà ancora più velocemente visto che tu sarai lì ad aiutarla” la incoraggiò. “Amala, prenditi cura di lei, sostienila. Lei combatterà per te, per avere il tempo di conoscerti”
 
“Ma tu? Rimarrai qui tutto solo? Come farai?” si preoccupò.
 
Lui la spinse di nuovo nel letto accanto a sé. La distanza non sarebbe stata facile, ma doveva rassicurarla...e forse rassicurare un po' anche se stesso.
 
“Ho già vissuto da solo, sai...” le fece notare.
 
“Sì, sappiamo entrambi com'era” disse lei, inarcando un sopracciglio.
 
La sua osservazione lo divertì e ne rise. Era vero che, quando lei era arrivata, gli scatoloni non si erano mossi molto in tre anni...la maggior parte era ancora nello stesso posto della prima volta in cui lei era stata a casa sua.
 
“Farò degli sforzi” le promise.
 
“Vietato fumare in casa in mia assenza” lo avvertì. “Lo saprò...” minacciò.
 
“Che tiranna che sei...” si lamentò lui.
 
“Non avrai da lamentarti la sera” lo stuzzicò.
 
“Le notti mi sembreranno molto tristi per un po'...e anche le giornate” confessò Ryo.
 
Kaori abbassò lo sguardo, preoccupata. Sapeva che lui l'amava e non le aveva dato motivo di inquietarsi da quando stavano insieme, ma non poteva fare a meno di chiedersi se non l'avrebbe tradita mentre era vita. Forse per lui non si sarebbe nemmeno trattato di tradimento, forse l'avrebbe incluso tra i bisogni primari come fare la spesa, ma se avesse frequentato un'altra donna, anche una prostituta, lei l'avrebbe presa molto male.
 
“Se intendi lasciarmi mentre sarò via, sii onesto e dimmelo per iscritto o al telefono, senza aspettare il mio ritorno” gli chiese, tesa.
 
Lui le passò un dito sotto il mento e la costrinse a guardarlo. Non era sorpreso che lei si facesse quella domanda, anche se si sentì un po' offeso. Sapeva che Kaori aveva acquisito fiducia in se stessa, ma Ryo aveva comunque notato alcuni sguardi disillusi che lei rivolgeva ad alcune delle ragazze a cui ancora lui si avvicinava per strada.
 
“Non ho intenzione di lasciarti, Kaori. Intendo solo procurarmi un taccuino e annotare tutte le volte in cui avrò voglia di fare l'amore con te mentre non ci sarai e dovrai restituirmele tutte quando tornerai” la informò con voce calda. “Forse ne aggiungerò anche un altro paio” le disse con un sorriso malizioso.
 
La vide arrossire compiaciuta e la fece girare sulla schiena, posizionandosi sopra di lei.
 
“E visto che non ho ancora il mio taccuino, dovrai prenderti questo” le disse, chinandosi per baciarla.
 
“Sei ferreo...” sussurrò lei con un tono ambiguo che fece sorridere il suo compagno.
 
“Completamente” ammise Ryo prima di mostrarle quanto aveva voglia di lei.
 
 
 
“Spero che Sayuri si rimetta presto” soffiò Ryo, un po' più tardi, mentre giacevano nudi nel letto.
 
“Anche io. Mi mancherai, Ryo, ma non posso lasciarla sola” gli disse Kaori.
 
“Lo so. Non preoccuparti. Ti aspetterò pazientemente. Se serve, tirerò fuori le mie vecchie letture per passare il tempo” scherzò.
 
“Pfff, le hai buttate tutte” disse lei.
 
Ryo incrociò le braccia, mentendo deliberatamente.
 
“Non è vero. Le ho nascoste. Ti ho fatto credere che le avevo buttate via” affermò.
 
“Bugiardo! L'hai fatto davanti ai miei occhi, senza accenno di rimorso, anche se io non ti avevo chiesto niente” gli ricordò.
 
“Va bene...mi autorizzi a farti una foto nuda per poi occuparmi di me stesso?” tentò lui, assumendo un'espressione perversa.
 
“No! Sei impazzito, sporco pervertito!” gridò Kaori, saltando sul letto, martello in mano.
 
Ryo la osservò e, davanti al suo sguardo vorace, lei arrossì.
 
“Questa posa non l'ho vista in nessuna rivista” le disse. “Rimarresti così se facessi scivolare le mie mani tra le tue cosce?” le chiese.
 
Il martello scomparve magicamente e Kaori si rifugiò sotto le coperte, portandole fino al naso.
 
“Le sorelle dai capelli rossi e i loro martelli...” rise Ryo.
 
“Anche Sayuri?” fece Kaori, sorpresa.
 
“Eh sì...diciamo che la prima volta che l'ho vista, le ho riservato un'accoglienza a modo mio e lei mi ha sistemato velocemente come fai tu. Un bel martello, solo un po' più leggero...” ammise lui, sfregandosi i capelli.
 
“È comico” osservò Kaori.
 
“Non ho proprio colto il lato umoristico” fece lui.
 
“Dopo così tanto tempo, dovresti esserci abituato...” osò lei, maliziosa.
 
“Sì...almeno avrò qualche giorno di riposo. Forse rifletterò su come parlarne agli altri. Forse festeggeremo i nostri compleanni dopo aver ufficializzato, non come a Natale...” aggiunse Ryo, con una leggera amarezza.
 
Percependo il suo umore incupirsi, Kaori si sollevò su di lui e lo guardò dritto negli occhi.
 
“Sai, avremo altri Natali insieme. Quindi se questo non lo abbiamo trascorso come una coppia ufficiale, non è un gran problema. Noi lo sapevamo e poi grazie a Miki abbiamo potuto baciarci” si ricordò, ringraziando ancora l'amica per il ramo di vischio posizionato strategicamente.
 
“Dì a tua sorella di venire a passare il Natale con noi quest'anno. Siamo una famiglia e le famiglie si riuniscono per gli eventi felici” le disse.
 
“Da quanto festeggi il Natale? Pensavo ti infastidisse dato quanto ti sei lamentato ancora quest'anno...” gli fece notare.
 
“Quest'anno è stato diverso. Quando ti ho vista scendere con quel vestitino rosso e ho notato il completino di pizzo nero, avevo solo voglia di fare mokkori con te” le rivelò. “Altrimenti, è da circa sette anni che mi piace festeggiare il Natale, da quando una rossina ha invaso il mio salotto con un albero, palline, ghirlande e un sacco di canzoni noiose e irritanti, cantate a squarciagola con un sorriso enorme e gli occhi brillanti più di molte stelle in cielo” rispose, serio.
 
Si guardarono per un lungo momento in silenzio, poi lui fece scorrere delicatamente un dito sulla sua fronte.
 
“Sono tutte le piccole cose che hai introdotto nella mia vita, tutta la tua gioia, il tuo buon umore, la tua dannata speranza che hanno cambiato la mia esistenza, tutto questo e il tuo amore traboccante e incondizionato. Senza, sarei ancora quello che si ubriaca in un nightclub la vigilia di Natale” aggiunse.
 
“Grazie” rispose lei in un sussurro dopo pochi secondi.
 
“Di cosa?” si stupì lui.
 
“Di avermi confessato tutto questo, di essere onesto con me. Non pensavo che ti saresti aperto così tanto” spiegò.
 
Ryo non seppe cosa replicare, un po' imbarazzato, e distolse lo sguardo verso il cielo ancora scuro di gennaio. Notando l'ora, sospirò leggermente.
 
“Sono le sei. Sarà meglio prepararsi per andare all'aeroporto” le disse.
 
Senza una parola, si alzarono e lasciarono la stanza. Sul punto di separarsi, Kaori trattenne il suo compagno e lo costrinse a seguirla in bagno.
 
“Anticipo i miei rimborsi” gli disse.
 
La doccia fu un po' più lunga e calda del previsto ma ne uscirono sereni e un po' tranquillizzati, vestendosi velocemente per uscire.
 
Sulla strada per Narita, Ryo notò il crescente nervosismo della sua partner e le mise una mano sulla sua per sostenerla.
 
“Sono preoccupata. Tutta la conversazione ha fatto passare la questione in secondo piano, ma mi chiedo in che condizioni la troverò” confessò Kaori.
 
“Andrà tutto bene, vedrai. Nel peggiore dei casi, dille che ti sto maltrattando e che non sei felice. Aveva detto che sarebbe venuta a prendermi a calci se non ti avessi resa felice e poi ti avrebbe portato con sé a New York. Forse così si sveglierà” scherzò Ryo.
 
“Un'altra decisione che sarebbe stata presa al mio posto” si lamentò lei.
 
“Che vuoi farci? Ti amiamo. Vogliamo la tua felicità” rispose lui.
 
Scesero dalla Mini e, con una mano sulla spalla, Ryo condusse Kaori ai banconi del check-in.
 
“Mi avresti lasciato andare?” gli chiese all'improvviso.
 
“Se fosse stato quello che volevi, sì” ammise Ryo. “Ma per fortuna non ho dovuto farlo” aggiunse, quasi suo malgrado.
 
Kaori si voltò verso di lui e dopo aver ottenuto la sua carta d'imbarco, lo sondò, chiedendosi come avrebbe reagito, cos'avrebbe fatto se lei se ne fosse andata.
 
“Sarebbe stato un po' come oggi. Ho voglia di dirti di rimanere pur sapendo cosa devi fare. Voglio abbracciarti e non lasciarti andare. Voglio che il tempo si fermi così da non doverci separare” le spiegò lui, come se le avesse letto nel pensiero. “Ma c'è una differenza oggi, so che tornerai” sottolineò.
 
“Mi mancherai, Ryo” gli sussurrò, abbracciandolo.
 
“Anche tu, Sugar. Ma devi andare. Altrimenti non te lo perdoneresti. Abbiamo tutta la vita davanti a noi” la incoraggiò.
 
“Quando si sveglierà, le dirò quanto sono felice con te” gli promise. “Non avrà alcun motivo per trattenermi e tornerò” lo rassicurò.
 
“Lo so”

“Non appena si sarà rimessa e sarà in grado di cavarsela da sola in tutta sicurezza, tornerò” ripeté Kaori.
 
Ryo si staccò da lei e le prese il viso tra le mani, accarezzandole le guance.
 
“Prenditi il tuo tempo e goditi tua sorella. È la tua famiglia ed è importante quanto la nostra. Ci sarò al tuo ritorno” le disse. “Lei ha saputo lasciarti andare per il tuo bene. Adesso tocca a me. Parti serena, Kaori. Pensa solo a te e a lei, okay?”
 
“D'accordo...ti amo, Ryo” gli disse, sentendo la chiamata per l'apertura dell'imbarco del suo volo.
 
“Anch'io”
 
Contro ogni aspettativa, lui si chinò verso di lei e la baciò davanti a tutti, indifferente al fatto che un informatore potesse vederli e parlare della loro relazione all'intero ambiente della mala. Quando si separarono, si guardarono per qualche secondo, dicendosi tante cose, poi Kaori si allontanò e, dopo un'ultima occhiata, se ne andò e scomparve dietro le porte di sicurezza, il cuore pesante.
 
Anche se non potevano stare insieme, Ryo rimase all'aeroporto finché il suo aereo non decollò e lo guardò librarsi in aria con apprensione. Nonostante tutta la fiducia che aveva dimostrato, sperava che non fosse l'ultima volta in cui la vedeva. Sapeva che era irrazionale ma non poteva fare a meno di pensarci. Volendo lottare contro quella brutta sensazione, tornò a Shinjuku ma non si fermò a casa. Si diresse al Cat's Eye dove sapeva che i suoi amici lo avrebbero aiutato a pensare ad altro. Avrebbe colto l'occasione per avvertire della partenza improvvisa di Kaori.
 
In seguito...forse sarebbe passato al cimitero. Dopotutto, era lì che tutta la storia era iniziata per lui e Maki meritava una piccola visita e un leggero calcio in modo da spingere la sua sorellastra adottiva a rimettersi rapidamente. Non aveva davvero più voglia di trascorrere intere settimane da solo e ancora meno lontano dal suo raggio di luce.
 
Allontanarsi...

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Capitolo 14
*** Capitolo Quattordici ***


-Quando è troppo è troppo!- si disse, fissando la giovane donna di fronte a sé. Doveva esserci un complotto dietro a tutto ciò. Aveva perso il conto, ma come era possibile incontrate così tante sue ex clienti in pochi mesi? Ormai era a più di dieci, no?
 
“Saeba!” gridò Akemi, posando la macchina fotografica con un grande sorriso.
 
“Ti avverto subito che non sono nato il 31 marzo 1965, quella è la mia partner e al momento non è disponibile” le disse, -né lo sarà mai del resto-, pensò.
 
“Lo so, ma ho trovato quello che fa per me” rispose lei.
 
“Con o senza astrologia?” le chiese.
 
“Senza, ma...ho comunque controllato che fossimo compatibili” ammise ammiccando.
 
“Ti sei dimenticata presto di me...” finse di lamentarsi Ryo.
 
“Bugiardo, non credi a una sola parola. Dato che non sono vendicativa, ti farò anche un piccolo regalo. Devo fotografare delle ragazze in costume da bagno. Vuoi entrare?” gli suggerì.
 
“Se me lo proponi così gentilmente” accettò Ryo.
 
Akemi lo guardò e aggrottò la fronte. Gli si avvicinò e gli toccò il petto con un dito.
 
“So come sei fatto, quindi sforzati e comportati bene, okay?” lo avvertò.
 
“Promesso, starò buono come un angelo” rispose lui, un sorrisetto sulle labbra.
 
“A proposito, dov'è la tua partner?” chiese la giovane, preparandosi a vedere una folle con il martello.
 
“A New York a prendersi cura di sua sorella” le rispose con tono neutro, seguendola nello studio.
 
Kaori era via da una settimana ormai. Si parlavano ogni giorno al telefono e Ryo sapeva che per lei era difficile. Le condizioni di Sayuri erano stazionarie ma era ancora in coma con prognosi riservata. Era paralizzata dalla vita in giù a causa di un grosso ematoma che comprimeva il midollo spinale e i medici non potevano dire se avesse subito danni al cervello. L'attesa era dunque lunga.
 
“Niente di grave, spero” si preoccupò la giovane.
 
“Non lo sappiamo ancora. Allora, dove sono queste belle modelle?” chiese Ryo, desiderando cambiare argomento.
 
Non era noto per rimanere serio a lungo. Era un aspetto della sua personalità che al momento lasciava percepire a una sola persona. Con gli altri continuava a fingere.
 
“Stanno arrivando” gli disse, indicando la porta che dava agli spogliatoi.
 
“Guarda, sarò bravissimo e mi siederò lì tranquillamente” le promise con tono esagerato.
 
Ryo si voltò verso la sedia non lontana ma si fermò poco prima di sedersi, guardandosi intorno.
 
“Hai perso qualcosa?” si preoccupò lei.
 
“No...no, no...Atsushi è nei paraggi?” chiese lui innocentemente.
 
Akemi lo guardò e rise, ricordandosi i trucchi sporchi che suo fratello minore aveva scatenato contro tutti quando faceva la modella. Ryo ne aveva pagato il prezzo sedendosi su una sedia e ritrovandosi sepolto sotto i riflettori.
 
“No, è all'università. Sta studiando per diventare avvocato” gli disse con orgoglio.
 
“Davvero? Ottimo” approvò lui.
 
“Lo penso anch'io. Vuole difendere i più deboli. C'è da chiedersi da chi abbia preso” notò, guardando divertita lo sweeper.
 
“Non guardarmi così, ragazzina” la rimproverò, falsamente severo. “Viene da pensare che tu abbia incontrato un cavaliere dall'armatura immacolata, invece non è così. La mia armatura è molto imbrattata” aggiunse burbero.
 
“Non credo a una parola. So che sei un brav'uomo” rispose lei divertita. “Anche Atsushi alla fine l'ha riconosciuto, nonostante i tuoi difetti”
 
Per quanto avesse maledetto e si fosse mostrato scortese con quel moccioso, Ryo doveva ammettere che ci si era affezionato. Mister X li aveva fatti impazzire e, anche se le sue azioni avevano mascherato per un po' quelle di Silver Fox, era stato comunque molto coraggioso nel cercare di proteggere la sorella dai finti assalti senza scomporsi davanti all'assassino. Gli aveva dato del filo da torcere, pensò divertito.
 
“Sì, beh, smettila di chiacchierare e fammi ammirare le bellezze” sviò, annoiato.
 
Mentre osservava Akemi che fotografava le giovani donne, Ryo ricadde nei suoi ricordi; come si era ritrovato bloccato con una ragazzina di neanche quindici anni che, truccata e vestita, ne dimostrava una ventina, con la quale aveva accettato di giocare a fare i fidanzati per scoprire ciò che lei nascondeva e chi voleva farle del male, prima di sapere che lei aveva inavvertitamente scattato una foto proibita: quella di Silver Fox che usciva dall'edificio doveva aveva appena ucciso qualcuno. Era stata l'obiettivo di un vero criminale, non di un adolescente strano e iperprotettivo.
 
Ascoltò le indicazioni della fotografa e si divertì vedendo la sua aria concentrata, senza poter ignorare la passione che faceva brillare i suoi occhi. Akemi gli aveva confidato di aver accettato di fare la modella per capire cosa significasse, per poterle dirigere meglio in seguito...con innocenza si era trovata nella morsa di un contratto che voleva fare di lei una star. Ciò l'aveva spinto ad accettare di fingere il loro fidanzamento. Ciò gli era valso un bel bernoccolo alla fine quando Kaori aveva scoperto che non sarebbero stati pagati a causa delle perdite causate dalla notizia. Si mise a sorridere: era proprio da lei arrabbiarsi per così poco...beh, così poco per lui, perché era ben contento che fosse lei a gestire i banchieri, anche se ciò significava che non poteva più fare quello che voleva con il denaro che guadagnava.
 
Guardò le ragazze che si pavoneggiavano seminude davanti a lui. Apprezzava la vista di quei corpi procaci che lo avevano fatto sognare ed eccitare per anni. Ora tutto ciò gli ricordava che Kaori non c'era. Avrebbe potuto fingere e gettarsi tra loro sbavando e palpeggiando, ma non ne aveva molta voglia. Così, dopo un'ora, si alzò e andò a salutare Akemi.
 
“Già te ne vai?” si stupì la ragazza.
 
“Sì, ho da fare. È stato bello vederti, Akemi” la rassicurò.
 
“Anche per me, tesoro” lo prese in giro con un grande sorriso.
 
Ryo si stava approcciando all'uscita quando la fotografa lo chiamò.
 
“A proposito, ho ancora l'anello di fidanzamento. Vuoi che te lo renda? Può esserti utile, no?” gli chiese, nascondendo il proprio diletto dietro un sorriso innocente.
 
Lo sweeper rise al pensiero della linguetta della lattina che le aveva messo al dito. Ne avrebbe mai dato una Kaori? Non ne era sicuro, ma se l'avesse fatto...
 
“Puoi tenerlo come ricordo. Comprerò un'altra lattina se necessario” le rispose facendole l'occhiolino.
 
Senza un'altra parola lasciò lo studio e si diresse verso Kabukicho. Il pomeriggio avanzava e lui doveva ancora fare il giro degli informatori prima di rientrare e riuscire per il giro dei cabaret. Probabilmente avrebbe ricevuto una telefonata la mattina dopo da New York, sperando di ricevere notizie finalmente diverse...in positivo.
 
Si rese improvvisamente conto della strana coincidenza tra la sua situazione e l'incontro con Akemi. In effetti, era la prima volta in cui si trovavano separati, la prima da quando aveva allontanato Kaori da sé quando Silver Fox era tornato per vendicarsi. Già all'epoca gli era costato. Metterla a distanza per la sua sicurezza, pensare di renderla a una vita normale, allontanarla definitivamente da lui, tutto ciò era stato di per sé un calvario. Eppure aveva preso una decisione ragionevole secondo i suoi criteri.
 
Aveva fallito. Per la prima volta nella sua vita da sweeper, si era lasciato ingannare dal cuore. Non era stata come quella volta in cui, accecato dalla rabbia, non era riuscito a uccidere Kaibara. Era stata la paura di perdere qualcuno a cui teneva a guidare le sue azioni. Se avesse reagito freddamente, avrebbe capito immediatamente che era stato il tallone di Kaori a essere colpito e non lei. Se non avesse avuto tanta paura di vederla morire, non avrebbe sparato alla cieca in quel nightclub. Quelle due mancanze sommate alla paura, formidabile nemico nella sua professione, lo avevano portato a prendere le distanze temporaneamente prima della separazione definitiva.
 
E quelle poche ore senza di lei? Un buco nero, una volta oscura e fredda...come se la luce avesse cessato di esistere nel suo mondo. Si era trovato di nuovo solo ed era dura anche per lui che era abituato a vivere da solitario. Se quello doveva essere il sacrificio perché lei vivesse, tuttavia, si era sentito pronto a farlo. L'aveva persino ferita intenzionalmente, svalorizzandola. Aveva pensato che sarebbe stato meno difficile per lei piuttosto che andarsene dopo, che sarebbe stata così arrabbiata con lui da fare le valigie e abbandonarlo..così non avrebbe avuto rimpianti né tristezza.
 
Aveva solo dimenticato, o forse omesso o ignorato, un fatto importante: Kaori non era il tipo da autocompatirsi e lo aveva bluffato andando a sfidare Silver Fox. E per sfidarlo, lo aveva fatto. Il poveretto era stato malmenato anche se, alla fine, era stato lui a salvare le chiappe della sua assistenze che aveva dimostrato fino a che punto il suo posto era al suo fianco...con suo grande piacere, anche se non glielo aveva mostrato.
 
“Siamo onesti, quel giorno mi hai tradito e mi hai fatto beccare una martellata pazzesca” disse rivolto al suo mokkori, che si era goduto la vista di una Kaori in una tutina molto attillata che sottolineava piacevolmente le sue natiche. “Non posso biasimarti. Adoro il suo sedere. Mi manca il suo sedere...e anche il resto” sussurrò sognante.
 
Gli mancava ancora di più di quanto era andata a rifugiarsi dal Professore, forse perché il loro legame era ancora più forte, forse perché finalmente avevano un futuro insieme, forse perché potevano finalmente esplorare la totalità della loro relazione...lei era la sua vita adesso. Se oggi Silver Fox fosse tornato a sfidarlo secondo gli stessi termini, non avrebbe più negato il suo attaccamento come aveva fatto in passato, quando non era ancora in grado di affrontare i suoi sentimenti. Lo avrebbe ammesso e non sarebbe stato solo a combattere. Lei ci sarebbe stata. Beh, Silver Fox avrebbe dovuto essere in grado di impugnare un'arma, cosa impossibile senza il dito indice...
 
“Ne troveremo un altro per esercitarci se necessario...” mormorò realisticamente.
 
Vedendo il suo primo informatore, Ryo spazzò via ogni pensiero intruso e si concentrò sulla pesca di informazioni, diverse e varie, più o meno importanti, fino alla fine del pomeriggio. La notizia della partenza di Kaori si era già diffusa a Tokyo. Aveva sentito che alcuni la cercavano ma, per il momento, le tracce non lasciavano il Giappone, cosa che gli andava bene. Sarebbe rimasto vigile in futuro. Emettendo un lungo sospiro davanti al suo guardaroba mentre si cambiava, osservò i vestiti appesi della sua compagna, sperando di vederla tornare presto a casa. Lui che aveva sempre pensato che saperla lontana dal loro mondo sarebbe stato un sollievo, comprese che si era pesantemente sbagliato. Non sarebbe mai stata così al sicuro come con lui. Finché lui ci fosse stato, l'avrebbe difesa a tutti i costi e, se un giorno fosse scomparso, il pericolo se ne sarebbe andato automaticamente con lui. Nel peggiore dei casi, ci sarebbero stati Mick e Umi per lei...
 
“Allora il tuo cane da guardia se n'è andato a quanto pare? Magari potremmo passare a casa tua dopo il mio turno” gli offrì una coniglietta mentre girava per i cabaret.
 
Lui la guardò, con un leggero sorriso sulle labbra, e rifletté. Quanto tempo era passato dall'ultima volta che aveva avuto una donna nel suo letto, o meglio, una diversa da Kaori? Più di sette anni ormai, dal caso dell'assassino in BMW, se ricordava bene. Shiori non contava, pensò con affetto, anche se gli era valsa una martellata.
 
“Mi scuserai, bellezza ma, per la tua sicurezza, eviteremo” rispose.
 
“A casa mia, allora?” suggerì lei, un po' delusa.
 
“Ho altro da fare e mi conosci, non vado mai a letto due volte con la stessa ragazza” disse, sapendo di risultare particolarmente scortese.
 
L'effetto non mancò e la giovane donna, offesa, se ne andò. Per non farsi notare, lo sweeper si alzò, lanciò delle banconote sul tavolo e lasciò il luogo dirigendosi a un altro centro di dissolutezza. Kaori sarebbe stata orgogliosa di lui. Aveva a malapena toccato le ragazze e aveva bevuto solo un drink, il tutto senza provare astinenza. L'unica che esisteva era alta un metro e sessantanove, e forse si era ristretta col lavaggio*, pensò con un sorriso, e aveva una criniera rossa che a lui piaceva provare a domare come la sua proprietaria, senza davvero sforzarsi per farcela. Lei aveva domato lui, pensò senza dispiacersi.
 
Quella separazione, si rese conto, non aveva niente a che fare con quella precedente. La prima era stata amara e dalla finalità destabilizzante, una sorta di anticamera verso il nulla. Quella di ora, anche se dolorosa, non lasciava presagire nulla di male, anzi. Si sarebbero rivisti a breve, sicuramente anche più forti di prima perché sarebbero riusciti a mantenere il loro legame nonostante la distanza. Ryo fu sul punto di schiaffeggiarsi: chi sapeva che un giorno il grande Ryo Saeba sarebbe stato un romantico? Mantenere il legame nonostante la distanza, ancora un po' e avrebbe detto frasi del tipo lontano dagli occhi, vicino al cuore...
 
“Cosa ne hai fatto di me, Sugar?” mormorò fintamente arrabbiato.
 
Rientrato a casa, salì direttamente nella loro stanza e si spogliò, scivolando tra le lenzuola fredde. Rabbrividì. Si era abituato a ritrovare il letto riscaldato da un corpo addormentato. A volte lo faceva apposta a incollarsi subito a lei per svegliarla, sentirla rantolare e zittirla con un bacio spesso seguito da un incontro rovente. Era il minimo, no? Lei poteva contribuire al benessere del guerriero.
 
Si voltò su un lato e incontrò lo sguardo di Maki sulla cornice.
 
“Ci approveresti?” chiese.
 
Era una delle sue più grandi paure, una a cui non avrebbe mai ottenuto risposta. Spostando lo sguardo sulla persona a destra, sorrise quando vide Kaori ridere di cuore e chiuse gli occhi a quella visione.
 
Quando il telefono squillò alle nove del mattino successivo, Ryo si limitò ad afferrare la cornetta e, senza alzare il naso dal cuscino, la portò all'orecchio.
 
“Saeba” ringhiò, con voce semi soffocata.
 
Sentì una leggere risata e non poté fare a meno di sorridere di rimando.
 
“Sono le nove, pigrone. Alzati!” lo esortò Kaori.
 
“Le nove, non è l'ora...” borbottò, apprezzando quel loro piccolo rituale.
 
“Forza, te lo ripeto, sono le nove” rispose lei divertita.
 
“Tiranna...”
 
Si mise a sedere sul letto e fissò la sua immagine allo specchio, pensieroso.
 
“Novità?” le chiese, tornando serio.
 
“Va un po' meglio. Oggi ha rigettato l'intubazione. È stato impressionante, ma è un buon segno” spiegò, sollevata.
 
Ryo avvertì la stanchezza nella sua voce e desiderò essere con lei per sostenerla.
 
“Coraggio, Kaori. Te l'ho detto, è una che combatte. Le hai detto che ti facevo soffrire per farla svegliare?” la interrogò.
 
“No, stavo per arrivarci, ma mi ha preceduta” ammise, con un sorriso nella voce.
 
“Fallo. Non ti senti troppo sola?” si preoccupò.
 
“Sì, mi manchi. Ho trovato un amico ma ci limitiamo ad ammazzare la noia” confessò Kaori.
 
Ryo spense il piccolo accenno di gelosia che lo stuzzicò e si sforzò di continuare la conversazione con tono normale.
 
“Chi è?” domandò, curioso.
 
“Si chiama Mike. Veglia su sua madre, anche lei in coma” gli disse.
 
“Mi sei infedele...” la prese in giro lui.
 
“Chi lo sa?” fece lei sullo stesso tono. “Mi manchi, Ryo” ammise, con voce più spenta.
 
“Anche tu. Ma ripetiti una cosa: tra poco ci rivedremo. Non è niente di definitivo, okay?” l'assicurò.
 
Sentì il leggero tremore del suo respiro e sorrise all'emotività che nutriva quella donna così forte.
 
“Sì” rispose lei tranquillizzata.
 
“Sembri stanca, Kaori. Vai a riposare. Devi prenderti cura di te stessa per lei” le consigliò.
 
“Va bene. Buona giornata” gli augurò.
 
“Pensa a me nei tuoi sogni” le sussurrò Ryo, un lieve sorriso malizioso sulle labbra.
 
“Vuoi che dorma o che sogni ad occhi aperti?” rispose Kaori con tono scherzoso.
 
Ryo non aveva alcun dubbio sul fatto che le sue guance avessero una bella tinta peonia come ogni volta che approcciavano l'argomento intimità.
 
“Io ti sogno ogni notte. Questo non mi impedisce di dormire ma di svegliarmi” le disse.
 
La sentì ridere, una risata chiara e felice, e sapeva di averle fatto del bene nonostante la distanza.
 
“Anch'io ti sogno” rivelò lei. “A volte mi sembra addirittura di sentirti al mio fianco durante la giornata” aggiunse, un po' imbarazzata.
 
“Ah! Allora non mi insapono abbastanza. Forse perché non voglio rimuovere il tuo profumo dalla mia pelle” le sussurrò.
 
“Ti amo, mio idiota” rispose Kaori, divertita.
 
“Anch'io, mia furia. Il mio cranio saluta con gratitudine tua sorella, non il mio mokkori d'altra parte” scherzò. “Abbi cura di te, Kaori” le disse dolcemente.
 
“Anche tu e saluta tutti” gli rispose.
 
Rimasero in silenzio al telefono per qualche secondo, poi riattaccarono entrambi felici di aver parlato e già malinconici e impazienti per la successiva chiamata, sperando che lei potesse annunciare il suo ritorno.
 
Decisamente, quella separazione non aveva nulla a che fare con la precedente: c'era un'evidente mancanza ma, ancora più evidente, l'attesa del ricongiungimento. Sarebbero stati di nuovo uniti...presto...
 
Pazientare...
 
 
 
*come sappiamo, Kaori al liceo saltava le visite perché non voleva superare il metro e settanta, quindi 1,69 potrebbe essere meno di quello che è in realtà...

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Capitolo 15
*** Capitolo Quindici ***


“Il giornale Yomikai, eccoci qui” mormorò Ryo, osservando l'edificio di una decina di piani. “Ancora una volta un lavoro come guardia del corpo, ma bisogna tenere a galla il conto corrente, mi direbbe Kaori” sospirò, disilluso.
 
Entrò nell'immobile e si diresse verso la reception dove una giovane e graziosa segretaria stava rispondendo a una telefonata.
 
“Buongiorno, signorina. Ryo Saeba, ho appuntamento con il signor Ogawai” si presentò con un sorriso affascinante.
 
Era un vecchio riflesso, ma non era sua intenzione andare oltre. Anche se l'assenza di Kaori iniziava a pesargli, non voleva cercare nulla altrove.
 
“Buongiorno signore” balbettò la donna arrossendo. “L'ufficio del signor Ogawai è al terzo piano. Può andare. Lo avviso del suo arrivo” lo informò, alzando il telefono.
 
Ryo le sorrise e salì le scale avvertendo, con piacere, lo sguardo della ragazza indugiare su di lui. Essere fedele non significava che non potesse apprezzare gli omaggi delle donne...purché non ci fosse contatto.
 
Salì rapidamente i tre piani e si presentò alla segretaria di fronte all'ufficio del signor Ogawai. Non poteva sfuggirgli: il nome era scritto a caratteri cubitali sulla porta. Fece scorrere lo sguardo intorno all'open space della sala stampa, dove molte persone erano indaffarate.
 
“Signor Saeba, venga pure, prego” lo invitò un uomo sulla quarantina.
 
Ryo notò lo sguardo innamorato della segretaria rivolto al suo capo, ignaro, assorto nel suo fascicolo. Anche Kaori guardava lui così? Sì, parecchie volte, e lui l'aveva deliberatamente ignorata, rifiutandosi di farle pensare che avesse una possibilità. Che idiota...
 
“Tenga” disse Ogawai, porgendogli la cartella.
 
Conciso, diretto, come piaceva a lui, pensò lo sweeper, afferrando il fascicolo e aprendolo alla prima pagina.
 
“Ha pescato proprio un bel pesce” osservò.
 
“In effetti...vorrei che proteggesse la nostra reporter. Si è attirata le mire di questo capo clan rovistando un po' troppo tra i suoi affari” spiegò, togliendosi gli occhiali per pulirli.
 
Ryo lo osservò. Quel gesto gli ricordò Makimura che tendeva a fare la stessa cosa quando spiegava un caso che lo rendeva nervoso.
 
“Yoko mi ha informato che le servivano ancora una decina di giorni per completare il suo articolo e si sentiva spiata da circa quattro giorni. Ieri hanno tentato di investirla mentre attraversava l'incrocio per raggiungere l'ingresso della metro” proseguì, visibilmente preoccupato. “Vorrei proteggerla io stesso ma penso che la mia sola presenza non sarà sufficiente a dissuaderli dall'attaccare” precisò.
 
“Ha ragione. Questi uomini sono temibili. Non esiteranno a uccidervi entrambi se necessario” ammise Ryo. “Dov'è la giornalista?”
 
Il direttore andò alla porta e chiamò Yoko. Poco dopo, un'altra bella giovane donna fece la sua apparizione, ma non gli era sconosciuta.
 
“Yoko Tono...” disse.
 
“Saeba...che strana coincidenza” sussurrò la sua ex cliente.
 
“A quanto pare non c'è bisogno di fare le presentazioni. Tanto meglio. Yoko, ho assunto il signor Saeba per assicurare la tua protezione finché finirai il reportage, dato che comunque non intendi fermarti” sospirò Ogawai.
 
“Fermarmi? Non mi lascerò impressionare da due yakuza e un lieve incidente!” protestò la donna.
 
“Mi ricorda qualcosa...” sussurrò lo sweeper.
 
“La tua vita è più importante di un reportage, Yoko!” disse il capo.
 
“Sei impossibile!” sbottò la giornalista.
 
“Calmi, piccioncini, fermiamoci qui” intervenne Ryo con calma.
 
I due distolsero lo sguardo, ovviamente imbarazzati per essere stati scoperti.
 
“Non stiamo insieme...” iniziò Yoko.
 
“Il nostro rapporto è puramente professionale” si difese Ogawai.
 
“Anche questo mi ricorda qualcosa” disse lo sweeper, pensando a tutti gli anni in cui lui e Kaori avevano rifiutato l'idea di essere una coppia. “Sì, puramente professionale. Capisco perfettamente” rispose con un sorrisetto ironico. “Bene, Yoko, penso che sarebbe meglio se venissi a dormire a casa mia” la informò.
 
“Cosa? A casa sua?” esclamò Ogawai, un po' livido.
 
“Sì, infatti. È un posto sicuro” spiegò lo sweeper.
 
Il direttore guardò Yoko, poi la guardia del corpo, apparentemente esitante. Era giunta alle sue orecchie voce che Ryo Saeba fosse un tremendo donnaiolo. Tuttavia, nonostante la titubanza, poteva solo constatare che lo sweeper si era comportato bene fino a quel momento.
 
“Kaori non è con te?” chiese Yoko.
 
“No, si è dovuta assentare per un po'” rispose Ryo.
 
“Oh...beh, spero che torni il prima possibile...” disse la giornalista con un sorriso un po' tirato, pensando alla sua abilità nell'usare il martello.
 
“Che intendi dire?” si preoccupò Ogawai.
 
“Niente, non preoccuparti. Ricorda, so come difendermi” lo rassicurò ammiccando. “Andiamo? Ho del lavoro da fare” aggiunse.
 
Ryo e Yoko se ne andarono e si diressero verso l'appartamento della giovane donna. Avevano appena lasciato l'edificio che lui avvertì una forte presenza negativa, non si soffermò sul marciapiede e fece salire Yoko sulla Mini.
 
“Allora, bottarella a casa tua o a casa mia?” le chiese subito.
 
Yoko cadde all'indietro nonostante il poco spazio nella Mini e lui ne approfittò per saltare al volante mentre due proiettili attraversarono il parabrezza perforando il sedile posteriore. Se lei fosse stata ancora dritta, sarebbe stata la sua testa a esplodere...
 
“Sto scherzando” si difese, vedendo la giovane donna armata di martello.
 
“Non era divertente!” si lamentò.
 
“Neanche questo” disse lui, indicando i buchi nel vetro.
 
La giovane donna si voltò e vide i fori nel sedile, calcolando mentalmente il percorso. Lui si rese conto che lei capì cosa sarebbe potuto succedere quando la vide impallidire.
 
“Non preoccuparti. Non ho mai perso una cliente” la rassicurò.
 
“Io...grazie, Saeba” sussurrò lei.
 
“Chiamami Ryo” offrì per alleggerire l'atmosfera.
 
“Ryo o Ryoji?” chiese lei, inarcando un sopracciglio.
 
“Tutti mi chiamano Ryo, quindi fai come preferisci” rispose maliziosamente.
 
Non voleva riaccendere ricordi forse sepolti e preoccuparsi se a lei fosse tornato l'impulso di fare un reportage su di lui.
 
“So chi sei, Ryo. Ti custodisco qui come il mio primo amore” disse lei, con una mano all'altezza del cuore.
 
“Con questo Ogawai, se ti piace, farai meglio ad avanzare” le consigliò.
 
“Giochi a fare da Cupido?” rise lei.
 
“Se vuoi...so solo che è sciocco perdere tempo quando si può semplicemente essere felice” rispose Ryo, con uno sguardo molto serio sulla strada.
 
“Allora non sei più libero. Hai risolto le cose con la donna che ti faceva già battere il cuore quando ci siamo conosciuti” disse Yoko, ricordando la conversazione che avevano avuto attraverso la porta del bagno.
 
Ryo sorrise. Ce l'aveva quasi fatta ma la sua libido incontrollata aveva preso il sopravvento quando aveva visto la biancheria della giovane donna...sgusciando anche dalla sua confessione e ingannare Kaori che aveva avvertito nei paraggi.
 
“Sì” ammise.
 
“Quindi non ho più niente da temere da te?”
 
“No”

“Per questo Kaori non è con te? Tua sorella ti lascia campo libero per stare con la tua amante?” dedusse la giornalista.
 
“Per essere del tutto onesto, Kaori non è mia sorella” le rivelò con un leggero sorriso.
 
Yoko osservò il suo sorriso caloroso e si sentì un po' gelosa.
 
“È la tua compagna?” sussurrò.
 
“Sì. Non è ancora ufficiale, ma sì. Grazie alla mia grande generosità, hai uno scoop” la stuzzicò, fermando il motore nel parcheggio del condominio della giovane donna.
 
Salirono all'appartamento che trovarono devastato, senza grande sorpresa. Lo sweeper non le diede tempo di tergiversare e la portò nella sua stanza dove chiuse le tende prima di fare lo stesso nelle altre camere.
 
“Sbrigati a prendere quello che ti serve. È meglio non soffermarsi, il tuo appartamento è molto esposto” le disse.
 
La giornalista non attese e preparò alcuni vestiti, articoli da toletta e soprattutto tutti i suoi fascicoli di lavoro, il computer e le macchine fotografiche. Annuì per fargli sapere che aveva tutto e tornarono velocemente all'edificio di mattoni rossi. Senza indugio, Ryo la fece trasferire nella stanza degli ospiti e la lasciò un po' sola a digerire gli eventi della mattinata.
 
Tornando in salotto, accese la segreteria telefonica e udì il breve messaggio di Kaori. Dopo aver guardato l'orologio, si disse che l'avrebbe chiamata di sera. Di certo doveva essere a letto e non voleva svegliarla. L'avrebbe accolta al suo risveglio, pensò sorridendo.
 
 
 
“Lo conosci?” gli chiese Yoko durante il pomeriggio, mostrandogli una foto del suo bersaglio.
 
“Sì. Non è tra i più teneri...” disse lui.
 
“Lo so. Voglio farlo crollare” disse lei, fissando attentamente l'immagine.
 
“Perché?”

“Serve una ragione specifica?” fece Yoko sulla difensiva.
 
Ryo sorrise a quel tentativo di depistaggio. Si alzò e andò alla finestra, guardandosi intorno. Come sospettava, gli uomini erano postati in diversi luoghi, ma nemmeno lui si nascose. Avrebbe comunque avuto quel piccolo vantaggio se avessero deciso di attaccare, quella sensazione che lo aveva salvato numerose volte.
 
“Quindi non c'entra niente la morte di tua cugina un mese fa?” fece senza nemmeno voltarsi verso la donna.
 
Non ne aveva bisogno: gli bastava vedere il suo riflesso nel vetro, avvertire le vibrazioni nell'aria per conoscere la sua reazione. Yoko si irrigidì e lo guardò nervosamente prima di rilassarsi ed emettere un lungo sospiro.
 
“Come facevi a saperlo?” gli chiese a bassa voce.
 
“So tutto...aveva assistito a uno scambio di merci e l'hanno eliminata prima che potesse parlare”

“Mi chiamò mentre correva. Mi disse quello che aveva visto, poi solo un forte rumore e nient'altro” spiegò Yoko.
 
“È stata investita da un'auto mentre attraversava, un conducente che non c'entrava niente con questa faccenda” aggiunse lo sweeper.
 
“Sì. Il poveretto è traumatizzato. Non lo biasimo. Ce l'ho con quegli uomini che volevano raggiungerla e sicuramente le avrebbero fatto del male. Sono loro gli assassini” disse Yoko, arrabbiata. “Vuoi aiutarmi a mettere fine a questa storia e buttare quei bastardi e il loro capo dietro le sbarre?” gli chiese.
 
Ryo la guardò per un momento prima di annuire.
 
“Ti proteggerò in modo che tu possa completare il tuo reportage, ma ti lascerò seguire le tue tracce per il tuo lavoro” le disse.
 
“Non chiedo di più” concordò lei. “Ho bisogno di rivedere i miei appunti e continuare il mio articolo questo pomeriggio ma domani dovrò essere sul campo” lo informò.
 
“Va bene. Fammi sapere dove vuoi andare”

“Lo farò. Grazie Ryo”

Gli si avvicinò e lo abbracciò. Dire che lei lo lasciava completamente indifferente sarebbe stata una bugia, ma non doveva lottare contro se stesso per tenerla tra le braccia per qualche istante senza cercare di andare oltre.
 
“Quando tutto questo sarà finito, dovrai solo chiedere e ti darò quello che vuoi” gli promise, la voce piena di fervore.
 
Lui rise e si allontanò, ricordando che quelle parole avevano avuto la tendenza a suscitare in lui reazioni eccessive, che era stato sul punto di rivelare la sua vera identità in diverse occasioni solo ascoltando le parole 'Io ti darò...'. Per fortuna quei giorni erano finiti. La frustrazione sessuale era passate ed era in grado di gestire quegli stimoli involontari, anche senza martello.
 
“La giustizia per tua cugina sarà sufficiente. Ti chiedo solo di non provocare caos, di non decidere di rimanere sequestrata per futili motivi o altre sciocchezze” la prese in giro.
 
Yoko arrossì, vergognandosi ancora dei discutibili stratagemmi che aveva usato per incontrare il grande Ryo Saeba, giustiziere dei tempi moderni. Ricordava di essersi rifiutata di seguire quello che aveva creduto essere il fratello idiota e pervertito, solo perché giungesse quello vero in suo soccorso. Era stata ingenua e soprattutto sconsiderata in quella vicenda, per uno scoop e per amore.
 
“Non mi chiedi quando l'ho capito o quando mi sono ricordata?” gli chiese, sorpresa.
 
“Penso che tu non abbia mai dimenticato davvero, no?”
 
“No, è vero. Ho avuto le idee confuse per qualche ora, tutto qui” ammise. “Ma la mia posizione non è cambiata. Non appartengo al tuo mondo. Ero sinceramente innamorata di te, ma non era possibile. Il tuo mondo...è troppo diverso dal mio. Non so come tu ci sia entrato né come l'abbia fatto Kaori, ma non è il mio posto” aggiunse, un po' triste.
 
“Io ci sono cresciuto...Kaori no. È stato il caso a farla immergere in questo mondo e non ho mai saputo come farla uscire. Forse non lo volevo, dopotutto” sospirò lui.
 
“Siete fatti l'uno per l'altra. Siete vicini e vi conoscete bene. C'erano alcune cose che mi sembravano strane in una relazione tra fratello e sorella ma, data la verità, ora capisco meglio cosa mi infastidiva. Quindi ora andate a Kabukicho insieme?” gli chiese, curiosa.
 
Ryo la guardò, sbalordito, poi si mise a ridere forte. Rise per diversi minuti, avendo un po' di difficoltà a riprendersi.
 
“Io...no, Kaori non mi segue. Rischierebbe di avere più successo di me con il suo aspetto da maschiaccio” scherzò. “Ammetto che le mie serate sono un po' più tranquille da quando siamo insieme, anche se esco ancora spesso, il lavoro lo impone” spiegò.
 
“E lei non ha paura a lasciarti solo, date le tue piccole manie?” lo provocò Yoko.
 
“Non direi che è serena ma cerca di fidarsi di me e io...beh in realtà non ho voglia di cercare da nessun'altra parte”
 
“Quindi nessuna stranezza mentre sarò qui? Non devo dormire col martello?” chiese lei.
 
“Solo per proteggerti dai criminali che entreranno in casa...cosa che non succederà” rispose lui disinvolto.
 
Lei lo guardò, sbatté le palpebre, poi gli fece un bel sorriso.
 
“Figo! Potrò dormire serenamente” disse entusiasta. “Bene, mi metto al lavoro” aggiunse, scappando rapidamente.
 
Ryo la osservò allontanarsi, poi si sedette al tavolo e smontò la pistola prima di pulirla a fondo. Fatto ciò, andò in cucina e preparò la cena. Kaori gli mancava in quel senso. Doveva ammettere che lei aveva molte più idee per i pasti di lui, che in dieci giorni avrebbe probabilmente proposto due volte gli stessi menu.
 
 
 
“Era delizioso” disse Yoko estasiata. “Sei un ottimo cuoco, Ryo. Kaori ne sarà felice” disse maliziosamente.
 
“A dire il vero, non le ho mai preparato una cena” realizzò lui.
 
“Che peccato...” fece lei.
 
“Già”
 
“Beh, ho ancora del lavoro da fare” disse lei, scappando di nuovo.
 
Ryo sparecchiò la tavola, lavò i piatti e fu contento di vedere che erano le otto quando ebbe finito. Prese il telefono e compose il numero dell'appartamento di Sayuri, senza nemmeno guardare il foglietto dove era annotato.
 
“Pronto?” rispose una voce assonnata.
 
“Buongiorno, mia bella. Ancora dormivi?” chiese dolcemente.
 
“Sì” ammise Kaori, destandosi con difficoltà.
 
“Non pensavo di svegliarti alle sette. Di solito sei già in piedi” si scusò.
 
“Lo so, ma sono stanca” spiegò lei. “Sayuri si è svegliata ieri seria. Ha subito una serie di esami ed era così disorientata che sono rimasta con lei fino a che non si è riaddormentata”

“Questa è una bella notizia! Dopo più di sei settimane cominciavo a farmi delle domande” confessò, sollevato.
 
“Anch'io...ha un'amnesia, Ryo. Non ricorda niente” disse lei, la gola annodata.
 
Lui si trattenne dal sospirare. Non voleva essere egoista, ma aveva pensato che finalmente sarebbe potuta tornare a casa, tuttavia se Sayuri non sapeva più niente, avrebbe avuto bisogno di aiuto, soprattutto con la sua paralisi che non era ancora del tutto guarita.
 
“Forza, Kaori. Tua sorella è una combattente. È sveglia. La parte più dura è finita” la esortò.
 
“Sì...ma mi manchi. Voglio bene a mia sorella, voglio esserci per lei, ma mi manchi così tanto” gli confessò.
 
“Anche tu, Sugar. Ancora un po' di pazienza. E se Sayuri volesse venire a trascorrere la sua convalescenza qui, per me andrebbe bene. L'accoglieremo con piacere”

“Grazie, Ryo. Ci penserò...ma...devo dirti una cosa...” gli disse nervosamente.
 
“Ti ascolto” la invitò, a sua volta teso.
 
La sentì fare un profondo respiro e l'ascoltò senza dire una parola, il suo cuore batteva forsennatamente e si stringeva nello stesso tempo. Quando lei ebbe finito, lui rimase in silenzio per un momento, non sapendo cosa dire.
 
“In queste condizioni, sarebbe meglio che restassi a New York” disse infine, col cuore pesante.
 
Improvvisamente, fu colto da una strana sensazione e sfoderò la sua Magnum.
 
“Devo lasciarti” disse riattaccando.
 
Avrebbe potuto fare di meglio, si disse, sentendo la finestra che andava in frantumi. Individuò il suono metallico in una frazione di secondo e afferrò la granata che rigettò facendola esplodere in aria, rompendo altre finestre attigue.
 
“Resta di sopra” gridò, avvertendo Yoko giungere sul pianerottolo.
 
Combattere...

 

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Capitolo 16
*** Capitolo Sedici ***


 
Accigliato, Ryo mise giù la cornetta. Come sempre, era stato contento di avere sentito Kaori al telefono. Erano ormai tre mesi che era partita. Tre mesi erano poco tempo considerata una vita ma, data la vita della loro relazione amorosa, era tantissimo. Altri due mesi e sarebbero arrivati al tempo che avevano trascorso insieme come coppia. Tre mesi era un lasso di tempo molto lungo soprattutto per lui, troppo lungo per pensare, per procrastinare...riflessioni alimentate dalle varie notizie portate dai suoi informatori: Kaori era ricercata da diversi clan in tutto il paese e alcuni di loro non pensavano esattamente di tenerla come esca per arrivare a lui...quindi era preoccupato.
 
E riguardo a quell'ultima telefonata...lei gli era sembrava distante. Aveva la testa altrove e sembrava anche un po' infastidita, come se non avesse voluto davvero stare al telefono con lui. Non era neanche la prima volta, notò. Quel tipo di chiamate si erano moltiplicate nelle ultime tre settimane. Aveva ovviamente capito che doveva aver preparato il ritorno a casa di sua sorella, con tutto ciò che questo implicava dato che Sayuri era su una sedia a rotelle e apparentemente la stava vivendo molto male. Bastava a giustificare la sua freddezza? Non lo sapeva. Quindi, dopo tre settimane in cui non faceva che sentire due nomi, Sayuri e Mike, aveva finito per farsi qualche domanda, soprattutto da quando Kaori aveva dimenticato di fargli gli auguri di compleanno, ricordandosene solo il giorno dopo rispetto a quello di lei, scusandosi mille volte per la sua disattenzione dovuta alla stanchezza e alla mole di lavoro che stava svolgendo.
 
Lui non le aveva detto niente se non di fare attenzione, poi aveva riattaccato. Quando aveva chiamato la mattina successiva, ed era sera per lei, era stata Sayuri a rispondere e non gli aveva fatto molto piacere sapere che Kaori era uscita, che Mike era passato a prenderla e l'aveva portata fuori a cena. Lui non ne aveva fatto parola la volta seguente. Non aveva più avuto voglia di sentire parlare di quel nuovo americano che le ronzava intorno.
 
Quei pensieri furono interrotti dall'arrivo di un visitatore. Tornando impassibile, Ryo aprì la porta e trovò Mick e Kazue sulla soglia di casa.
 
“Stiamo andando al cinema e ci chiedevamo se non volessi venire con noi” spiegò l'amico.
 
“Mi conosci, a parte i film porno...” fece Ryo con aria annoiata.
 
Avvertì l'aura collerica di Kazue espandersi attorno a lui e provò una certa nostalgia, anche se era più debole di quella di Kaori. Vide Mick con un sorriso divertito sulle labbra mettere una mano sul braccio della sua compagna, poi voltarsi verso di lui. Ryo trattenne un sospiro irritato. Aveva voglia di stare solo, rimuginare sui suoi pensieri oscuri, magari rinchiudersi nel poligono e svuotare caricatore su caricatore finché la sua rabbia non si fosse esaurita.
 
“Andiamo, ti schiarirà le idee. Il titolo è Un'ombra sulla città. È un film d'azione e l'eroina è super carina” celebrò Mick.
 
“Un altro film americano?” fece Ryo, stanco.
 
“No, giapponese. Dai, fai il bravo. Ho bisogno di sostegno così da non sembrare idiota quando non capirò i dialoghi” lo supplicò, assumendo l'aria di un cane bastonato.
 
“Se è un film d'azione, non ci saranno molti dialoghi” rispose lo sweeper.
 
“Sì, ma scommetto che ci saranno scene romantiche e avrò bisogno della tua conoscenza per cogliere alcune delle complessità della cultura giapponese” spiegò Mick con un occhiolino complice.
 
“Capisco...” fece Ryo. “E va bene. Dopotutto non ho niente di meglio da fare” aggiunse, prendendo la giacca.
 
“Vi avverto, ho con me tutta la mia attrezzatura” li minacciò Kazue, accarezzando la borsa.
 
I due si guardarono e assunsero un'espressione innocente.
 
“Noi? Saremo tranquilli come angioletti” promise Mick.
 
“Vero. Tranquilli, molto tranquilli” aggiunse Ryo.
 
“Ci crederò quando lo vedrò” sospirò la giovane donna.
 
Così i tre si diressero verso il cinema più vicino e presero posto in sala, aspettando che fosse immersa nell'oscurità.
 
“Allora, che ne pensi dell'attrice?” chiese Mick. “Mokkori, no?” fece, complice.
 
“Dici?” fece Ryo.
 
Era di nuovo sprofondato nei suoi pensieri e aveva nascosto la propria presenza agli amici. Doveva riprendersi. Era al sicuro e non rischiava chissà ché, ma se fosse stato fuori da solo non sarebbe stata la stessa cosa.
 
“Ehi, dove sei?” chiese il suo amico.
 
“A New York, forse...” disse Kazue con uno sguardo intenso.
 
Ryo si trattenne dal distogliere gli occhi, non volendo mostrarle che aveva ragione. Fece un sorriso stupido e rise.
 
“In realtà stavo facendo due conti per capire se avevo tempo di squagliarmela durante il film per andare a vederne uno vero per adulti e tornare prima che questo finisse” mentì, con aria sognante.
 
La punizione non tardò ad arrivare e si ritrovò incastrato sotto un martello, fiero di essere riuscito nel suo diversivo.
 
“Il film inizia. Stai buono” lo rimproverò lei.
 
Ryo ignorò lo sguardo penetrante del suo amico e si concentrò sullo schermo sul quale le prime immagini cominciavano a scorrere. All'improvviso vide apparire due occhi che non gli erano sconosciuti, capì meglio quando l'inquadratura si allargò sulla loro proprietaria.
 
“Keiko Kashiwagi” sussurrò Ryo.
 
“Bel pezzo di figliola, no?” fece Mick.
 
“Non dirlo a me. Ha persino dormito nel mio letto” rise lo sweeper.
 
“Cosa?!” gridò l'americano, balzando sul posto.
 
“Zitti!” li sgridò Kazue.
 
Mick si risedette e tacque, lasciando Ryo solo con i suoi ricordi. Aveva dormito con Keiko, l'unica cliente ad essere finita nel suo letto mentre c'era anche lui e per puro caso. In quel senso, poteva ringraziare Saeko. Kaori non aveva nemmeno scagliato il suo martello, ma il fatto che Keiko in quel momento si chiamasse Keichi aveva contribuito molto. Un'attrice dannatamente brava, pensò. Non si era accorto di nulla per un bel po' e Kaori era stata messa al corrente della copertura solo molto tempo dopo la fine della missione. A lui era bastata una pallottola finita in un tubo dell'acqua per accorgersi dell'inganno e aveva cercato di approfittarne, ma la fortuna aveva remato contro di lui, anzi a volte gli si era ritorta contro. Si era eccitato per un ragazzo...che vergogna...si era fatto parecchie domande, anche se Keichi assomigliava parecchio alla sua presunta sorella gemella...
 
Ryo non poté fare a meno di sorridere nel vedere l'attrice vestita più o meno come quando si era 'travestita' da donna per uscire con Kaori. Quel giorno era andata benissimo fino a quando non era stata quasi spazzata via da una granata. Lui avrebbe potuto perdere un cliente solo perché non aveva voglia di occuparsi di un uomo. Non poté fare a meno di chiedersi perché le avesse seguite. Era perché gli piaceva la versione femminile di Keichi o perché si era chiesto cosa sarebbe successo tra lui e Kaori? Non lo sapeva ma, come molte delle sue azioni, doveva ammettere che era stata presa a causa della sua rossina e un accenno di gelosia aveva guidato i suoi passi.
 
Aveva effettivamente notato i segni dell'attrazione che Kaori aveva provato. Gli sguardi di sottecchi, i soliti rossori abitualmente riservati a lui. Si era arrabbiato molto quando Keichi aveva sorpreso Kaori nuda mentre usciva dal bagno ma la sua curiosità aveva preso il sopravvento e non aveva potuto fare a meno di interpretare il ruolo del pervertito, facendo domande sul corpo della sua partner che si divertiva a denigrare. Non aveva potuto fare a meno di prendere Kaori in giro per quell'attrazione, proponendole di offrirsi per confortare il ragazzo. Era da lui, aveva nascosto la gelosia dietro stupide osservazioni, cercando di infastidirla per deviare la sua attenzione.
 
D'altra parte, chiedere a Keiko di interpretare Keichi di fronte a Kaori era stato più per istinto di protezione. La cliente sarebbe rimasta con loro solo per pochi giorni, in seguito sarebbe uscita dalle loro vite. Tuttavia, l'effetto di Keichi su Kaori sarebbe durato più a lungo. Le aveva dato, non del tutto inconsciamente, lo sguardo valorizzante di un uomo, che Ryo allora non poteva avere su di lei. Per qualche giorno si era sentita vivere come una vera donna, bella e desiderabile, anche se Keichi si era dimostrato solo gentile con lei.
 
“Cavoli, che paio di...” soffiò Mick.
 
“Mick...” ringhiò Kazue.
 
“Manette. È acciaio rinforzato no, Ryo?” si riprese l'americano con aria innocente.
 
Lo sweeper guardò lo schermo e vide che si trattava di una scena di tortura in cui Keiko appariva in biancheria ammanettata a una sedia.
 
“Sì” rispose ridendo. “E sì, ha davvero un bel paio di manette” sussurrò al suo amico.
 
“No, tu hai...”
 
“Sì...magari te lo racconterò più tardi”

“Non so se ho voglia di sapere” rispose Mick cupamente, pensando alla loro amica lontana.
 
“Vedi tu. È stata una storia piuttosto divertente in realtà” spiegò Ryo.
 
Piuttosto divertente, sì, fino al momento in cui Kaori li aveva trovati nel momento in cui lui stava per baciare Keiko, o meglio Keichi, e se n'era andata, furiosa. Era stata rapita dall'uomo assunto per eliminare Keiko. Salvarla non era stato difficile una volta che era riuscito a localizzarla. Non aveva avuto davvero paura per lei. Lei era coriacea e coraggiosa e per quello aveva fatto l'idiota, cercando ancora una volta di sedurre Keiko, che si era precipitata a capofitto nella stanza accanto per salvare Kaori. Aveva dovuto solo aspettare e sentire la voce del delinquente. Lo aveva localizzato e, senza nemmeno vederlo, attraverso la parete sottilissima della camera, aveva sparato e disarmato l'uomo, offrendo così a Saeko un nuovo testimone.
 
Tornando alla realtà, guardò la scena del finale del film. Incrociò le dita sperando che Mick e Kazue non gli facessero domande perché non aveva seguito nulla. Le luci in sala si riaccesero, gli spettatori si alzarono e uscirono. I tre amici aspettarono che quasi tutti se ne fossero andati prima di uscire, la cautela era necessaria. I tre si avviarono al Cat's Eye, trovandovi i loro due amici insieme a Kasumi.
 
“Allora...Keiko, mi spieghi ora?” chiese Mick al suo amico.
 
“Se vuoi...” concedette lo sweeper.
 
“Un'altra conquista?” fece Miki, guardandolo male.
 
“Un'ex cliente. Keiko Kashiwagi. Saeko ci aveva affidato la sua protezione prima di un processo in cui doveva testimoniare. Solo che, per proteggerla da me, l'ha fatta passare per un uomo” spiegò Ryo, sorridendo.
 
“E tu hai accettato ti proteggere un uomo?” si stupì Mick.
 
“Beh sì, visto che la sua gemella si era offerta di uscire con me” rise Ryo.
 
Tutti sospirarono irritati per il comportamento da pervertito dell'amico.
 
“Quindi quando dici che hai dormito con lei, in realtà era con lui” comprese Mick.
 
“Sì” ammise Ryo, facendolo ridere. “Ma le colline che ho toccato erano molto femminili” aggiunse con un sorrisetto.
 
“Dannazione, e che paio di...manette...” fece l'americano, percependo l'aura rabbiosa della compagna.
 
“E Kaori cosa ne pensava?” chiese Miki.
 
“Si era invaghita di Keichi” confessò Ryo.
 
“Deve averti infastidito un po', no?” fece la barista.
 
“Perché?” replicò lui disinvolto.
 
Non voleva confessare i suoi sentimenti, non in quel momento. Non voleva spiegare che lui e Kaori avevano finalmente fatto il grande passo ed erano diventati qualcosa, non quando non sapeva cosa sarebbe diventato quel qualcosa, se sarebbe durato.
 
“Perché lei si era affezionata a qualcun altro oltre te” rispose lei.
 
“Non c'è da preoccuparsi, no? Alla fine, è rimasta. Non poteva privarsi del mio traboccante fascino” disse, compiaciuto.
 
“Sei un idiota, Ryo! Se c'è un momento in cui dovresti reagire, sarebbe oggi. Chissà se alla fine non incontrerà davvero qualcuno e rimarrà con lui piuttosto che tornare a casa. Pensi di essere così indispensabile per la sua vita?” attaccò Miki, furiosa.
 
Ryo dovette fare uno sforzo considerevole per non dimostrare che era ciò che temeva davvero. Con noncuranza, tirò fuori il pacchetto di sigarette e ne accese una prima di alzarsi.
 
“Se devo essere sgridato mentre la mia furia personale è lontana, preferisco andarmene. Buona serata” rispose annoiato.
 
Senza guardarsi indietro, lasciò il locale e si diresse verso Kabukicho. Aveva voglia di distrarsi, non sapendo davvero se voleva fermarsi prima di oltrepassare la linea invisibile che lo avrebbe reso un infedele. Le ultime conversazioni che aveva avuto con la sua compagna, i sentimenti contrastanti e soprattutto la rabbia gli tornarono in mente insieme al desiderio di buttare via tutto. Solo una cosa lo tratteneva dal farlo fino a quel momento. Poteva rovinare così facilmente ciò che aveva impiegato molto tempo per accettare e attuare? Il vecchio Ryo l'avrebbe fatto senza rimorsi né rimpianti. L'uomo che era nato e diventato il compagno di Kaori Makimura, colei che l'aveva trascinato nel suo mondo di sentimenti e speranza, non poteva, non così facilmente.
 
Appena attraversato l'arco di entrata di Kabuki fu trascinato in un cabaret, coccolato dalle conigliette. L'alcool annebbiava i suoi pensieri, iniziò a sedurre una di loro e, all'ora di chiusura, uscì dal locale con lei.
 
“A proposito, come ti chiami?” le chiese mentre si dirigevano verso l'appartamento della giovane donna che era aggrappata al suo braccio.
 
“Keiko, dolcezza. Sono sicura che io e te ci divertiremo” sussurrò, stringendosi un po' più contro di lui.
 
Il nome ebbe l'effetto di una doccia fredda. Cosa pensava di fare? Andare a casa sua, scoparla e andarsene come se non fosse successo niente? E Kaori, in tutto ciò? Certo, il momento non era dei migliori e si chiedeva come sarebbe finita la loro storia, ma doveva essere lo stronzo che era già stato? Cos'avrebbe fatto se avesse deciso di andare fino in fondo con quella Keiko? Avrebbe taciuto o confessato e chiesto scusa?
 
Non era un uomo che si nascondeva sulle questioni serie. Si era già scusato con Kaori, la prima volta addirittura era avvenuta durante la missione con Keiko. Si era sentito in colpa per aver lasciato che le cose degenerassero al punto che lei era finita in pericolo. Lei era rimasta sorpresa e si era incolpata a sua volta per il suo caratteraccio e temperamento, ma lui era stato il responsabile e Ryo lo sapeva.
 
Proprio come quella sera, sarebbe stato l'unico responsabile se fosse andato oltre con quella ragazza, responsabile e colpevole. Chi era lui per perdere la fiducia? Sapeva che ogni coppia attraversava momenti difficili. Lo aveva visto con Umi e Miki nel momento della questione con Sonia. Mick gli aveva confidato di aver avuto difficoltà con Kazue, il desiderio di rinunciare a tutto e tornare alla vita da scapolo. Una volta passato tutto, era stato sollevato di aver resistito.
 
Kaori si era già infatuata di un altro. C'era stato Keichi ma anche il padre di Mayuko e Mick ma, alla fine, era rimasta con lui. Lui era il più importante per lei, l'unico che contasse a livello amoroso e glielo aveva dimostrato molte volte, proprio come aveva dimostrato la sua lealtà nei suoi confronti. Poteva trovare in sé la capacità di concederle il beneficio del dubbio? Glielo doveva, no?
 
Ritornando a una dimensione più ragionevole, si fermò ai piedi di un edificio.
 
“Non vieni? È qui che vivo” disse Keiko.
 
“No. Rientra pure” le disse semplicemente.
 
“Cosa? Stai scherzando? Ci provi con me per tutta la sera e poi mi pianti come un'idiota sotto casa mia? Chi ti credi di essere?” iniziò a urlare.
 
“Un uomo che ha ritrovato le sue priorità e tu non ne fai parte. Arrivederci” rispose.
 
Senza ulteriori considerazioni, si voltò e si diresse verso il suo immobile, ignorando le grida della ragazza. Di certo aveva contaminato la sua reputazione di seduttore, ma non era un problema. C'erano cose più importanti nella vita. Quando arrivò a casa, prese il telefono e compose il numero dell'appartamento di Sayuri. Nessuno rispose e lasciò un messaggio, chiedendo a Kaori di richiamare il prima possibile. Era un po' deluso di non sentirla, si chiese dove fosse, con chi, ma cercò di controllare le sensazioni nefaste che stavano riemergendo. Le risoluzioni a volte erano facili da prendere ma difficili da mantenere, pensò con amarezza.
 
Incapace di dormire, salì sul tetto per fumare una sigaretta. Senza rendersene conto, rimase lì per il resto della notte e vide il sole sorgere, annunciando un nuovo giorno. Accigliandosi, si avviò in casa, notando di sfuggita che non c'erano messaggi in segreteria. Avrebbe preferito sapere di aver perso la chiamata che scoprire che non ce n'era stata alcuna. Nervoso, andò a prepararsi la colazione che toccò a malapena prima di fare la doccia. La mattinata non trascorse abbastanza velocemente per i suoi gusti, soprattutto visto che girava in tondo, non osando lasciare il salotto per paura di perdere la telefonata. Più volte incontrò il proprio sguardo arrabbiato nello specchio e cercò di controllarsi meglio, senza successo. Per il pranzo, trovò una rapida soluzione. Non aveva voglia di mangiare e lo saltò, concedendosi un'altra sigaretta per calmare i nervi a fior di pelle.
 
Quando finalmente alle due del pomeriggio il telefono squillò, Ryo quasi lo lanciò via. Era l'una di notte a New York. Cosa aveva potuto fare dalle due del pomeriggio fino all'una di notte per non poterlo chiamare dato che sua sorella era tornata a casa? Era furioso e lasciò che la suoneria squillasse a lungo prima di rispondere.
 
“Saeba” rispose lapidario.
 
“Ryo...” sussurrò lei, palesemente esausta. “Se solo sapessi come sono felice di sentirti” gli disse, con evidente sollievo nella voce.
 
“Io...non posso, Kaori. Vorrei essere forte e dirti che va tutto bene ma non ci riesco” le confessò, con voce tesa.
 
“Non farmi questo. Ho bisogno di te” balbettò lei.
 
“Anch'io. Ma non può più continuare così” le disse con una voce che avrebbe voluto meno secca, ma il nervosismo accumulato gli rendeva difficile controllarsi.
 
“Sayuri deve essere operata. Forse potranno fare qualcosa per lei e non sarà più paralizzata” gli disse, disperata.
 
Ryo tacque un attimo e chiuse gli occhi. Un'operazione...era un'opportunità per la giornalista ma ciò significava che Kaori avrebbe prolungato ulteriormente la sua permanenza negli Stati Uniti.
 
“Lo vedi ancora?” chiese Ryo cupo.
 
“Chi?”

“Mike”

Il nome risuonò come una frusta e lui avrebbe quasi potuto giurare di averla sentita sussultare.
 
“Allora è questo che ti infastidisce? Che io abbia un amico? È solo un amico Ryo, e sì, lo vedo ancora perché non faccio niente di male. Ci sosteniamo a vicenda, tutto qui. Quando lo capirai?” gli spiegò, furiosa e delusa.
 
Lui non rispose, incapace di immaginare che un uomo potesse interessarsi a lei senza volere di più. Lei forse vedeva solo un amico in lui, ma era persuaso che l'altro si aspettasse di più.
 
“Se hai solo la tua mancanza di fiducia da offrirmi, preferisco non proseguire oltre. Mi manchi, Ryo, ma le tue parole...le tue parole fanno molto male. Se continui a pensarla così, non richiamarmi. Ho bisogno che ti fidi di me, di noi. Pensi che io sia serena mentre tu sei a Tokyo, circondato dalle tue vecchie abitudini? Non lo sono, ma mantengo la promessa, mi fido di te. Riflettici seriamente. Se non ne sei capace, vale la pena continuare a provare?” chiese con le lacrime nella voce.
 
Senza un'altra parola, Kaori riattaccò e lui rimase con la cornetta in mano, sentendo il 'bip' risuonare senza fine. Rimproverò se stesso. Nonostante la voglia di resistere, aveva lasciato che il dubbio e la rabbia parlassero per lui. Era sul punto di richiamare ma preferì non farlo. Era l'una di notte. Lei doveva essere esausta e la conversazione appena avuto sicuramente l'aveva turbata. E comunque cosa le avrebbe detto? Che non pensava a una sola delle parole che aveva detto? Era falso. Erano bastate poche parole per fargli capire il suo problema. Si era cristallizzato su se stesso quando c'erano molte altre cose di cui avrebbero potuto parlare. No, il suo problema era quell'uomo di cui la sua onesta e trasparente Kaori non aveva cessato di parlare, oltre a sua sorella. Lui, stupido com'era, si era concentrato su quel nome, ma in fondo di cos'altro avrebbe potuto parlargli, lei, stando al capezzale di sua sorella tutto il giorno?
 
Forse l'aveva appena persa.
 
Dubitare...

 

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Capitolo 17
*** Capitolo Diciassette ***


Mentre rientrava a casa dopo il suo giro di informatori, preoccupato, Ryo percepì una presenza provenire dall'edificio di mattoni rossi. Nonostante l'inquietudine, un sorriso lo illuminò anche se si chiese cosa ci facesse lei lì. Salendo le scale quattro alla volta, si fermò sul pianerottolo e si trovò di fronte a una splendida giovane donna dai capelli biondi, una figura che non avrebbe mai dimenticato ma che non pensava di rivedere. Rise: era già la seconda volta che succedeva...
 
“Buongiorno Mary. A cosa devo il piacere? Che io sappia, Kaibara non è tornato dall'inferno” chiese, ironico.
 
La donna gli lanciò un'occhiataccia e, senza attendere un secondo, gli rifilò un forte schiaffo. Ryo si portò la mano sulla guancia, sorpreso. Non aveva percepito la rabbia di Mary e non era riuscito a schivarla.
 
“Buffa accoglienza” disse.
 
“Anche se sei mio amico, la stupidità ha i suoi limiti, Ryo Saeba” gli disse.
 
“Beh, che dici se entriamo in casa così mi spieghi la tua aggressività?”

“Toh, non mi proponi una bottarella?” si sorprese lei.
 
“Perché, non ci pensa Eric?” scherzò.
 
“Sono molto soddisfatta della mia vita” lo rassicurò.
 
Buttò la borsa sul divano prima di rivolgersi al suo ex partner.
 
“Allora perché sei qui? Una nuova taglia sulla mia testa? Eric è stato rapito?” chiese Ryo con noncuranza.
 
“No. Eric sta bene. È a casa con Reese” rispose lei, senza farsi ingannare dal suo atteggiamento.
 
“Reese? La sua amante? Sei molto tollerante” la prese in giro.
 
“Nostra figlia di 18 mesi”

Ryo la osservò un momento, sorpreso, notando di sfuggita che il suo corpo era leggermente cambiato.
 
“Avete avuto una figlia...congratulazioni” disse sinceramente. “Dovresti essere a casa tua” ribatté, a disagio. “Tutto bene in America? Non ti annoi troppo?” le chiese per cambiare argomento.
 
“Oh, sai, è molto più movimentato di quanto si pensi e, sì, stiamo molto bene” rispose lei. “E tu? Come va con Kaori?” gli chiese, fissandolo intensamente.
 
“Oh, sai, la routine. Corro dietro le ragazze e lei corre dietro a me” disse, con un sorriso stupido.
 
“Ah sì...è passato molto tempo da quando ho assistito a questo spettacolo. Aspetterò la tua partner. A proposito, è migliorata? Perché era rimasta al livello palla al piede, no?” fece con tono acerbo.
 
Ryo non poté fare a meno di accigliarsi di fronte all'aperta critica di Mary verso Kaori.
 
“Dimentichi che ti ha aiutato a salvare il tuo Eric nonostante tutto quello che le hai detto. Forse non è la migliore professionista, ma è la migliore partner che abbia mai avuto” la difese.
 
“Davvero? Eppure, le hai taciuto la maggior parte della tua vita. Sono stata io a doverle dire perché non sapevi la tua data di nascita e la tua età, come sei cresciuto...hai una maniera buffa di trattare la migliore partner che tu abbia mai avuto” replicò lei, mimando le virgolette sull'ultima espressione.
 
“Lei è diversa, Mary. Non è cresciuta in questo ambiente come noi. Io...volevo solo proteggerla” si giustificò.
 
“L'ho notato. Per tenerti una ragazza così imbranata, doveva avere qualcosa di speciale. Oh, è vero, è la tua cib-assistente!” si ricordò, schiaffeggiandosi la fronte come se le dispiacesse di aver dimenticato qualcosa di così importante.
 
“Smettila, Mary. Kaori non è la mia governante. È la mia partner a pieno titolo” ringhiò.
 
“Anche nella vita privata?” gli chiese, lasciandosi cadere sulla poltrona, lo sguardo sempre fisso su di lui.
 
Ryo si voltò verso il ripostiglio, riponendo diligentemente la giacca. Cosa dire? Lui stesso non sapeva più a che punto fossero. Aveva sognato una vita con lei, una parvenza di vita normale o qualcosa che ci si avvicinasse di più nel loro mondo. Da quando lei se n'era andata, le sue paure erano aumentate sempre di più al punto da dubitare. La sua gelosia non aveva aiutato. Credeva alla sua compagna quando gli diceva che Mike era solo un amico ma, nonostante ciò, non era tranquillo. Le sue paure oggi si erano riaccese quando aveva appreso che un clan aveva iniziato a cercarla fuori dal paese, e più precisamente sulla costa orientale degli Stati Uniti. Cosa fare? Riportarla accanto a sé per proteggerla o farla sparire definitivamente per farla uscire dall'ambiente e metterla al sicuro?
 
“Non so di cosa parli, Mary. Non c'è niente tra noi” eluse, cercando di apparire il più calmo possibile.
 
“Sono delusa, Ryo” disse la sua amica. “Quando ti ho rivisto, sono rimasta sorpresa, Ryo. Sembravi più...umano. Sembravi persino un po' felice della vita che conducevi nonostante le martellate che lei ti gettava sulla testa. Ho fatto fatica a capire cosa lei ti apportava, ma ci sono arrivata. Lei ti ha dato un equilibrio. C'è qualcosa che vi lega e, quando non siete insieme, non siete felici. Lo vedo, Ryo. Lo vedo ora in te” gli spiegò. “L'ho visto anche in Kaori” aggiunse.
 
Ryo si voltò, stupito, e fissò Mary intensamente. Lei sostenne il suo sguardo senza fallo.
 
“Tu...hai visto Kaori?” sussurrò.
 
“È raro riuscire a sorprenderti” sottolineò lei. “Sì, l'ho vista. Non sono qui per una visita di cortesia, sappilo” gli disse, alzandosi e andando alla finestra a scrutare l'ambiente circostante.
 
“Allora cosa sei venuta a fare?” chiese Ryo, teso.
 
Kaori le aveva affidato una missione, un messaggio? Forse, non volendo rientrato, aveva chiesto a Mary di fare il lavoro sporco per lei, annunciandogli che voleva rompere con lui per evitare, magari per risparmiare a entrambi, un'eccessiva carica emotiva? Non poteva crederci ma conosceva la situazione e non era stato gentile con lei...
 
“Vedi, le voci circolano anche nel mio buco sperduto” cominciò lei. “Quando ho saputo che un clan aveva rintracciato la partner di City Hunter a New York, non ho dovuto nemmeno convincere Eric. Sono partita subito sulla costa orientale. Ho pensato che sarebbe stato difficile trovarla, ma Falcon mi ha aiutata. È disposto a fare molte cose per lei, sai” gli disse.
 
“Lo...lo so” ammise Ryo. “Dov'è Kaori?”

“L'ho portata con me, insieme a sua sorella. Sono rimaste al ranch per qualche ora, mentre noi trovavamo una soluzione” rispose lei.
 
Erano stati molto più veloci di quanto avesse pensato. A causa della sua negligenza, Sayuri e Kaori sarebbero potute rimanere ferite...o peggio.
 
“Quando mi sono offerta di riportarle qui, Kaori ha rifiutato. Non voleva imporre la sua presenza. Dato che non capivo, alla fine lei ha ceduto e mi ha raccontato tutto mentre sua sorella dormiva. Come hai osato, Ryo? Come hai potuto dubitare dei suoi sentimenti al punto da dirle di non tornare a casa?”
 
“È...è più complicato di quello che pensi, Mary. La mia vita...non c'è posto nella mia vita per una donna. Ci ho creduto, giuro che per un po' ci ho creduto, ma...” cominciò.
 
Si fermò, incapace di finire la frase, gli faceva davvero male pensare di aver commesso un errore, di aver ferito la donna che amava, di averla messa in una situazione rischiose e di poterla perdere per una ragione o l'altra. Si sentiva male per tutto ciò che questo implicava.
 
“Allora non impari proprio mai?” gli chiese con veemenza. “Se non riesci a imparare dai tuoi errori dato che la situazione era inedita per te, avresti potuto imparare dai miei!” ribatté.
 
“Come?” chiese lui senza capire.
 
“Anch'io volevo lasciare Eric perché pensavo meritasse di meglio, che tutto quello che potevo offrirgli fosse una vita in cui dovevamo sempre essere all'erta. Sono scappata come una ladra, pronta a condurre una nuova vita lontano dall'uomo che amavo senza tenere conto dei suoi sentimenti” gli ricordò.
 
“Il tuo passato è cancellato, Mary. Non il mio” obiettò cupamente.
 
Era riuscito a convincere a Saeko di mettere la loro morte sul conto di David Clive. Così da lasciare Mary ed Eric tranquilli. Non rimpiangeva minimamente i dieci colpi che gli erano costati. Gli si avvicinò e gli mise una mano sul braccio, con uno sguardo fiducioso.
 
“Dimentichi una cosa, Ryo. Sei un professionista eccezionale. E dimentichi una seconda cosa...” aggiunse, sospendendo volontariamente la frase.
 
Ryo la fissò, cercando cos'altro si era potuto dimenticare da poter far pendere la bilancia.
 
“Avanti, sputa il rospo”

“Hai la migliore partner che tu abbia mai avuto in tutta la tua vita, sia professionale che personale. Sei diventato un uomo, Ryo. Oggi hai delle cose da perdere ma hai vinto tanto. Lei ti rende più forte e tu lo sai. Ha questo potere su di te, sicuramente quello che ti impediva di evitare i suoi martelli, il potere di farti sperare in qualcosa di migliore, più bello, di farti sentire amato nonostante i tuoi difetti. Siete una coppia forte, eccezionale, speciale”
 
“Non così forte dato che non sono nemmeno capace di fidarmi di noi” mormorò lui.
 
Si separò da Mary e, a sua volta, si posizionò davanti alla finestra, pensieroso.
 
“Lei è al sicuro?” chiese.
 
“Secondo i tuoi criteri, sì”

Ryo si voltò verso di lei, accigliandosi, non comprendendo la risposta.
 
“Kaori ha scelto il luogo. Ha detto che era il posto che sicuramente tu avresti scelto, né troppo vicino né troppo lontano al momento opportuno. Mi ha lasciato un messaggio per te” lo informò Mary.
 
“Forza, ti ascolto” fece lui, ansioso.
 
“È dispiaciuta. Si è resa conto di non avere avuto tatto, di averti trascurato...ce l'ha molto con se stessa” rimarcò. “Voglio solo aggiungere che è emotivamente e fisicamente esausta. Ci tiene a prendersi cura di sua sorella, ma è un onere molto pesante. Sayuri non è autosufficiente ed emotivamente fragile. Fa molti incubi e ogni volta Kaori rimane con lei. Hanno passato una notte intera a casa nostra e lei a malapena è riuscita a dormire tre ore. Non so se questo ti aiuterà a capire, ma penso sia utile che tu lo sappia”

“Fa troppo e dimentica se stessa...come al solito...” mormorò lo sweeper, fissando un punto nel vuoto.
 
Ryo rimase in silenzio per un momento, poi annuì, l'espressione turbata.
 
“Grazie, Mary”

“Fa parte del mio lavoro. È ora che torni a casa” gli disse, recuperando la borsetta. “Ryo, ne vale la pena. Non dico che tutti i giorni sia facile, ma ne vale la pena. Quindi, supera le tue paure e ascolta il tuo cuore. Se non vuoi farlo per te o per lei, fallo per me. Se voi non ce la fate, potrei avere dei dubbi e fare una sciocchezza. Ho bisogno che siate forti. Senza di voi...senza di voi, sarei sola e disperata, forse anche morta. Oggi sono felice con l'uomo che amo e nostra figlia. Puoi farcela, Ryo” lo rassicurò.
 
Lo abbracciò teneramente e lo strinse a sé, riconoscente per quello che aveva fatto per lei.
 
“Qualche anno fa ne avresti approfittato per palpeggiarmi. Il cambiamento è un bene, no?” scherzò.
 
“Sì, capita” rispose lui stringendola a sua volta senza secondi fini.
 
“Tieni, si trovano qui. Quando sarai pronto, potrai andare da loro” gli disse, porgendogli un foglietto.
 
Lui lo prese, lo aprì e sorrise quando vide il luogo indicato.
 
“Ottima scelta...” approvò.
 
“Ha buone risorse. È maldestra, a volte grossolana, ma in altri momenti è molto sottile. Ti conosce, Ryo. Forse sa meno della tua vita di me, ma ti conosce meglio di me. È la donna che fa per te, la migliore partner che tu possa trovare” gli ripeté, riprendendo di proposito le sue parole.
 
“Non sono sicuro di essere il miglior partner per lei” rispose, ombroso.
 
“Non è quello che pensa lei. Ti ama nonostante tutto quello che è successo. Sono sicura che tutto ti sembrerà più chiaro quando vi rivedrete” obiettò.
 
“Forse sarebbe meglio se non ci vedessimo più” mormorò Ryo.
 
“Quanto puoi essere testardo...” sospirò la donna. “Qualcuno una volta mi ha chiesto se volevo avere dei rimpianti riguardo Eric...” gli ricordò.
 
Ryo sorrise, pensieroso. Erano state le sue parole. Lui, quello che se ne fregava di tutte, le aveva detto quelle parole circa la sua relazione con l'uomo che amava. Anche Mary ricordava quel momento. Quando aveva voluto lasciare Eric. Era stato allora che si era resa veramente conto del cambiamento che era avvenuto in Ryo. Quando erano stati partner, sapere se lei era felice o no era l'ultima delle sue preoccupazioni. Anche lei aveva insistito perché lui lavorasse, respingendo le sue avances. Ritrovandolo, si era presto resa conto che ucciderlo sarebbe stato più difficile di quanto avesse pensato. C'era Kaori che era visibilmente innamorata anche se cercava di nasconderlo nel miglior modo possibile, e c'era soprattutto il nuovo Ryo, umano, protettivo...nonostante le sue perpetue stranezze.
 
“Quel qualcuno aveva capito bene: ne avrei avuto uno per tutta la vita” concluse Mary. “Pensaci” gli consigliò.
 
Senza un'altra parola, si voltò e si avviò verso la porta.
 
“Mary” la chiamò Ryo mentre lei varcava la soglia. “Grazie” disse soltanto.
 
Lei lo osservò per un momento, poi se ne andò, lasciandolo solo con i suoi pensieri. Ryo si sentì sollevato di sapere che Kaori era al sicuro. Ora doveva ritrovare in se stesso, di nuovo, il coraggio di credere in loro, oppure di abdicare definitivamente e lasciarla andare...si sentì stringere il cuore e una vertigine lo colse a quel sinistro pensiero. Non poteva. Non sarebbe mai riuscito a vivere chiedendosi se...no, non poteva lasciarla andare. Sarebbe riuscito a ritrovare la fiducia necessarie per consentire loro di esistere come coppia? Kaori era la sua famiglia, il suo cuore, la sua anima.
 
Aveva bisogno di un po' di tempo prima di andare a trovarla, il tempo di riordinare i suoi pensieri, dissipare i dubbi, prepararsi a scusarsi e accettare chi erano.
 
Rivivere...

 

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Capitolo 18
*** Capitolo Diciotto ***


 
“Un invito per un compleanno?” si sorprese Ryo.
 
Girò la busta come a cercare una trappola nascosta, poi finalmente aprì i due lati e scoprì il corpo del testo.
 
“La signorina Sara Nishikujo vi invita alla sua festa di compleanno che avrà luogo il 15 maggio nella villa di famiglia” lesse.
 
15 maggio...15 maggio? Ma era quello stesso giorno, si disse. Che gaffe, aveva completamente dimenticato quel pezzo di carta arrivato il mese precedente.
 
“Penso che sia troppo tardi per rispondere” sussurrò. “Peggio per me. Per una volta avrei avuto diritto a un pasto sontuoso...”
 
All'improvviso qualcuno bussò alla porta e lui aprì senza timore, avendo avvertito una sensazione familiare.
 
“Akiko...sei sempre incantevole e molto...in forma...” disse, osservando la figura florida della giovane donna incinta. “Il fantasma del papà di Sara è passato a trovarti?” scherzò, ricordando l'affetto della governante per il padre della sua protetta.
 
“Buongiorno, Saeba. Hai sempre un senso dell'umorismo particolare...” disse con tono forzato. “Ho sposato il cugino di Shigenobu, un uomo affascinante che adora Sara...per davvero”
 
“Ed è per questo che sei venuta qui? O hai rimpianti?” le chiese con voce soave, chinandosi leggermente verso di lei.
 
“Sono qui su richiesta della signorina Sara, convinta che tu avessi smarrito il suo biglietto d'invito” gli rispose respingendolo gentilmente.
 
Ryo cercò di nascondere la busta, ma lei gliela strappò dalle dita. Beccato, si mise a ridere stupidamente.
 
“Forse è rimasto nascosto sotto un mucchio di posta” si difese.
 
“Se fossi un po' più ordinato, non avresti questi problemi” lo rimproverò.
 
“Hai detto la stessa cosa l'ultima volta! Io non ho detto niente ma, francamente, Kaori si occupa molto bene della casa. Non è stato rispettoso da parte tua” la sgridò lui con aria severa.
Era ciò che avrebbe dovuto dire lui, d'altronde, piuttosto che continuare a ripetere alla sua partner che voleva licenziarla.
 
“Forse ultimamente è stata occupata, perché si vede che le faccende domestiche vengono fatte ma non bene come l'ultima volta” ammise lei, un leggero sorriso sulle labbra.
 
“È via da un po' per prendersi cura di sua sorella” le disse.
 
“Si vede...” disse lei con tono un po' altezzoso. “Ma devo ammettere che, per essere un uomo, non te la cavi male” aggiunse, lo sguardo brillante.
 
Lui si rilassò un po' e seguì Akiko che faceva il giro dell'appartamento, scrutandolo.
 
“Ispezione?” scherzò lui.
 
“No. Mi tuffavo nei ricordi...” ammise, abbassando gli occhi. “Hai salvato Sara. Ci hai salvate entrambe. Il tempo che abbiamo passato qui ci ha trasformate. Ecco perché quando si è accorta che non avevi risposto al suo invito, mi ha detto di venire a cercarti. Vuole assolutamente che tu sia presente per il suo quindicesimo compleanno” gli spiegò.
 
“Perché quindici? Pensavo che i venti fossero quelli più importanti” si stupì lo sweeper.
 
“Da oggi Sara avrà voce negli affari dell'azienda di suo padre. Prima erano gestiti ufficialmente solo da mio marito. Ufficiosamente, Tomo chiedeva il suo parere mentre le insegnava le basi ma, d'ora in poi lei sarà agli occhi di tutti la futura leader”
 
“A te e a tuo marito non dispiace farvi buttare fuori da lei?” si preoccupò Ryo.
 
Akiko si posò una mano sul ventre e un sorriso la illuminò.
 
“No. Entrambi consideriamo Sara come nostra figlia anche se il nostro bambino sta per nascere. L'azienda è la sua eredità e ce ne occuperemo in attesa che possa farlo lei. Poi continueremo a vegliare su di lei e ci prenderemo cura di nostro figlio. Inoltre Sara vuole che Tomo rimanga come suo braccio destro. Si fida di lui e basterà che lei insista un po' perché lui accetti” rise la giovane donna, controllando l'orologio. “Vuoi venire? Altrimenti faremo tardi” lo avvertì.
 
“È che...non ho un regalo da darle” balbettò Ryo, imbarazzato.
 
“Lo sospettavo. Ci ho pensato io” gli disse facendogli l'occhiolino.
 
I due scesero le scale e Ryo seguì Akiko con la sua Mini. Presto giunsero alla villa Nishikujo ed entrarono.
 
“Akiko! Eccoti finalmente! Cominciavo a preoccuparmi” gridò Sara.
 
La ragazza si voltò verso Ryo e lo guardò un momento, il rossore tinse i suoi zigomi.
 
“Sei cresciuta” disse lo sweeper, un po' a disagio nel sentirsi così osservato.
 
“Ryo!” esclamò Sara, gettandosi tra le sue braccia.
 
Lui l'accolse, dapprima imbarazzato, poi intenerito da quel contatto inaspettato. Aveva ancora molti aspetti di una bambina, un affetto traboccante e semplice, senza secondi fini.
 
“Grazie per essere venuto. Non immagini quanto mi faccia piacere” gli disse con una vocina che non era cambiata molto. “Dov'è Kaori?” chiese, guardandosi intorno alla ricerca della sweeper.
 
“Kaori non è potuta venire. Sua sorella ha avuto un incidente e deve prendersi cura di lei. Sono sicuro che sarebbe stata felicissima di vederti però” la rassicurò.
 
“Anch'io, anche se siamo rivali” rispose lei con aria maliziosa, sorridendo.
 
“Rivali? Per cosa?”

“Per il tuo cuore, ma penso che lei abbia più chance di me” gli sussurrò all'orecchio.
 
Sapeva, avendolo letto in ciascuno di loro, che quei due si amavano. Si era invaghita di lui quando l'aveva salvata al parco ma sapeva di non avere possibilità e quell'amore si era trasformato in profondo affetto.
 
“Saeba?” sentì poi due voci gridare all'unisono.
 
“Lo conosci?”
 
“Sì e tu?”
 
“Certo. Quando sarò più grande, gli chiederò di sposarmi”

“Cosa? Che sciocchezza! Lui non fa per te! Ama Kaori ed è lei che sposerà!”

“Che scemenza!”

“È vero!”

“No, non voglio!”
 
Due ragazzine iniziarono a litigare e lui le identificò facilmente.
 
“Mayuko, Kozue, non sposerò nessuno” dichiarò con calma.
 
“Cosa? Nemmeno Kaori?” chiese Mayuko, infastidita.
 
“Nemmeno Kaori. Ho le mie ragioni” disse, alzando la mano per fermare le loro domande.
 
“Quando penso che Kaori sarebbe potuta diventare la mia mamma...” sospirò Mayuko.
 
“Davvero? Ma vuoi bene alla tua mamma, no?”

“Sì, è fantastica...ma Kaori è molto più carina. E dire che mi avevi fatto pensare che fosse brutta!” fece, sgridandolo.
 
Ryo rise ricordando quell'episodio. Quando lui aveva detto alla ragazzina ancora cieca che la sua partner non era bella, bugia spudorata da parte sua, lei si era appassionata all'idea di una storia d'amore tra Kaori e suo padre, vedendo nella sweeper una nuova figura materna. Lui si era ritrovato a fare da intermediario tra la donna che amava e un altro uomo, lasciandosi dietro un sentimento agrodolce ancora più intenso quando Kaori aveva scoperto la loro conversazione e aveva pensando che lui stesse cogliendo l'opportunità per sbarazzarsi di lei. Avevano sofferto entrambi, lui per non essere più al centro della sua attenzione, lei per l'apparente desiderio di Ryo di non averla più al suo fianco.
 
“Sai, de gustibus...” si difese lo sweeper.
 
“A me ha fatto credere che fosse il suo fratellino” si ricordò Kozue. “Che delusione quando ho saputo che mia sorella non avrebbe voluto sposarlo per il suo lato da pervertito e che io non avrei potuto sposare Kaori perché era una ragazza...ma non è grave, tra meno di un anno potrei chiedergli di sposarmi. Dirai di sì, Ryo?” sorrise.
 
“No, dirà di no. Lui ama Kaori. Hanno un legame che li unisce e non potrai mai allontanarli l'uno dall'altra” disse Mayuko che se n'era accorta quando li aveva seguiti nel momento in cui Kaori era stata rapita.
 
“Peccato che non abbiate qualche anno in più. Vi avrei riempito una vasca di fango e prestato dei costumi da bagno per combattere” rise Ryo. “Sul serio, state facendo tanto chiasso per nulla” eluse, riluttante a svelare la sua vita privata ad altri.
 
Non si accorse della mano di Sara che scivolava sulla sua e dello sguardo intenso che lei posò su di lui per un momento. Solo quando percepì l'emozione della ragazza si voltò verso di lei, rivolgendole uno sguardo serio e leggermente preoccupato. Aveva dimenticato l'abilità telepatica che l'avevano costretta a fuggire dalla villa popolata di persone che desideravano farle del male.
 
All'improvviso, lei sorrise e lo tirò.
 
“Venite tutti. È ora di mettersi a tavola” li invitò.
 
Lo sweeper si astenne dal chiederle cos'avesse letto in lui. Ricordava il suo sguardo serio la prima volta che l'aveva fatto, poi il suo imbarazzo nei momenti più...osé. Cos'aveva visto che le aveva fatto piacere?
 
Il pasto trascorse all'insegna dell'allegria e buon umore. Ryo era seduto tra Sara e Kozue, poi c'era Mayuko e lui le ascoltava mentre raccontavano delle loro vite frenetiche come giovani studentesse, dei ragazzi che cominciavano a ronzare loro intorno, delle lezioni più o meno interessanti, di ciò che progettavano per il futuro. Anche se la conversazione non gli interessava, lui ascoltava con piacere non dissimulato, chiedendosi se una tavolata con adolescenti fosse sempre così vivace, allegra...e stordente.
 
A metà pomeriggio, mentre si prendevano una pausa prima del dessert, Sara lo condusse in giardino e passeggiarono un attimo in silenzio tra i vialetti fioriti.
 
“Lei ti ama” disse infine, rompendo il silenzio. “Kaori. Ti ama” spiegò, notando il suo sguardo interrogativo. “E tu l'ami, vero?”
 
“Cosa vai a immaginare...” fece, divertito.
 
“Non mentirmi. L'ho letto nel tuo cuore” rispose lei, accigliandosi.
 
“Akiko ti ha già detto di non leggere i miei pensieri, Sara” la rimproverò gentilmente. “Ci sono delle cose in me che non dovresti vedere. Cose oscure e violente che io stesso preferirei dimenticare”
 
Sara fece scivolare un braccio sotto il suo e lo condusse di nuovo lungo i vialetti.
 
“Non mi interessa il tuo passato, ma il presente e il futuro. Ovviamente non posso prevederlo, ma so come potrebbe essere se prenderai la decisione giusta” gli disse.
 
“E qual è la decisione giusta?”

Era sorpreso dalle sue parole anche se non lo diede a vedere. Voleva rimanere indifferente, non lasciarsi influenzare, e si ritrovava a chiedere il parere di una ragazzina di quindici anni.
 
“Tu la conosci. Ascolta il tuo cuore e ti dirà ciò che sai essere la cosa migliore. Hai la risposta dentro di te. Devi solo accettarla” gli consigliò prima di correre via per raggiungere Akiko che li chiamava per la torta.
 
Il resto del pasto trascorse senza urti né altre confidenze e Ryo finalmente si congedò.
 
“Ricorda quello che ti ho detto” gli sussurrò Sara all'orecchio prima che se ne andasse.
 
Lui annuì e raggiunse la sua Mini. Accelerando verso Shinjuku e l'edificio di mattoni rossi, improvvisamente si recò fuori città. Parcheggiò sul retro di una dimora, entrò in incognito e trovò senza problemi la stanza che cercava, guidato dall'aura familiare che avvertiva. Prima ancora di raggiungere la porta, la vide aprirsi e Kaori apparve, impassibile, ma i suoi occhi tradivano la sua ansia.
 
“Buonasera Kaori” sussurrò.
 
“Buonasera Ryo” rispose lei sullo stesso tono.
 
Rimasero in silenzio per un momento, fissandosi senza sapere come cominciare.
 
“Mi dispiace” disse lei. “Non sono stata lungimirante. Ti ho abbandonato, lasciandoti pensare che non contavi, ma non era così. Avrei dovuto rendermi conto che avevi dubbi e che avevi bisogno di me, ma io ho pensato solo a Sayuri. Ti ho trascurato, Ryo. Mi...mi dispiace” balbettò, la gola annodata.
 
“Dispiace anche a me. Non avrei dovuto aver paura di perderti e avrei dovuto avere più fiducia in noi. Avrei dovuto ascoltarti e sostenerti invece di dare la caccia alle streghe con quel Mike”
 
Si osservarono un altro istante prima di fare un passo l'uno verso l'altra.
 
“Vuoi ancora che ci sia un noi?” gli chiese, ansiosa.
 
“Più che mai”
 
Lui allungò una mano e lei vi fece scivolare la sua, lasciandosi trascinare tra le sue braccia. Ryo pot* apprezzare tutte le piccole cose che gli erano mancate; l'odore del suo shampoo nelle narici, il calore delle sue mani appoggiate sui lombi, le sue forme premute contro di lui, il suo respiro che gli attraversava la maglietta e gli solleticava piacevolmente il petto.
 
“Mi sei mancata, Sugar” mormorò.
 
“Anche tu. Ho avuto tanta paura di perderti”

Lui non fu in grado di rispondere tanto la sua gola era serrata. E pensare che per un momento aveva contemplato l'idea di fermare tutto. Si sarebbe privato di quell'istante e di molti altri...rimasero stretti così per un po' prima che un rumore riportasse Ryo alla realtà.
 
“Andiamo in camera” suggerì, conducendola nella stanza da cui lei era uscita. “Come sta Sayuri?”

“Ha riacquistato l'uso delle gambe. Deve fare ancora fisioterapia” gli spiegò, rannicchiandosi di nuovo contro di lui che intanto si accomodava sulla poltrona.
 
Lui la sollevò sulle ginocchia e fece scivolare le mani intorno alla sua vita, assaporando il piacere di toccarla.
 
“E la memoria?”
 
“Le torna in mente qualche pezzo. Ci stiamo lavorando lentamente” sospirò.
 
“Fa ancora molti incubi?” le chiese, preoccupato. Esaminò i lineamenti del suo viso e vide i suoi occhi nocciola cerchiati.
 
“Sì. Ce ne serviamo per andare avanti. Procedendo con calma”

“Kaori, vorrei che tornassi a casa, ma con Sayuri sarebbe troppo pericoloso. Qui siete al sicuro” le spiegò, stringendola a sé.
 
“Lo so. Tornerai? Ho bisogno di te” gli disse.
 
“Non potrò venire spesso ma farò del mio meglio. Devo proteggervi e andare avanti e indietro frequentemente potrebbe attirare l'attenzione qui” affermò.
 
“Fai quello che puoi. Mi occuperò di noi due pensando a te. Non mi pianterai in asso, Ryo?” gli chiese timorosa.
 
Ryo la guardò e le accarezzò teneramente la guancia.
 
“No, mai più. Non dubiterò più di noi anche se siamo lontani. Io e te, è per la vita” la rassicurò abbracciandola dolcemente.
 
Kaori si sporse in avanti, tranquillizzata, e sfiorò le sue labbra. Arrossendo leggermente, si tirò indietro e osservò i suoi occhi grigio notte che scintillavano. Non poté fare a meno di rubargli un altro bacio prima di ritrovarsi a sua volta catturata.
 
“Che ne dici di restare ancora un po'? Ho un letto matrimoniale che sembra piuttosto vuoto e freddo stasera” suggerì Kaori, arrossendo ulteriormente.
 
“Credo sia mia dovere assicurarmi del tuo benessere e riscaldare questo letto” le rispose con un sorriso da predatore.
 
Kaori si alzò e, prendendolo per mano, lo condusse in camera sua.
 
Ritrovare la strada...

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Capitolo 19
*** Capitolo Diciannove ***


Seduto tranquillamente al bancone del Cat's Eye in attesa del ritorno di Falcon che gli aveva detto di avere informazioni per lui, Ryo sorseggiava il suo caffè mentre avvertiva regolarmente lo sguardo di Kasumi posarsi su di lui.
 
“Se vuoi saltarmi addosso, non farti problemi” scherzò.
 
La giovane donna, colta in fallo, si concentrò sul bicchiere che stava asciugando e che era lucidissimo per quanto tempo ci stava dedicando.
 
“Lo romperai se continui” la stuzzicò ancora. “Cosa vuoi chiedermi?” fece con un sorriso divertito.
 
“Io...uh...” si mise lei a balbettare.
 
Smise di pulire e posò bicchiere e strofinaccio sul bancone prima di fare il giro e sedersi accanto a lui.
 
“Ti ricordi il motivo per cui sono venuta qui, vero Ryo?” gli chiese, incrociando le snelle gambe.
 
A lui il caffè andò di traverso e cominciò a boccheggiare sotto la risata divertita della donna. Se ricordava il motivo per cui Kasumi aveva iniziato a lavorare lì? Ovviamente. Era stata allontanata dalla sua famiglia e non sarebbe potuta tornare finché non avesse conquistato il suo cuore. Il problema era che lui non era affatto interessato e che era impegnato anche se non voleva parlarne, almeno non ancora. Dopotutto, lui e Kaori avevano deciso di rivelarsi quando lei sarebbe potuta tornare, a modo loro.
 
“Sì, mi ricordo...ma la situazione non è cambiata, Kasumi...” disse cautamente.
 
“Lo sospettavo. Ammetto che è un colpo per il mio orgoglio ma non sono sorpresa. Se non ci fosse Kaori...”

“Kaori, cosa?” la interruppe.
 
“È ovvio che la ami e che lei ama te. Non so cosa vi trattenga dal tentarci ma sappiamo che non potrà succedere nulla finché sarete insieme...” riassunse.
 
“Da un'altra persona, la considererei una dichiarazione di guerra” disse Ryo, divertito.
 
Kasumi lo fissò, sorpresa. Non era la risposta che si aspettava da lui. Si era preparata a vederlo negare ad alta voce, a vederlo diventare verde per il disgusto che potesse amare quel maschiaccio, quella tavola da surf, quella furia di Kaori. Ryo la guardò interrogativamente.
 
“Cosa?” le chiese.
 
“Non hai negato che l'ami” gli fece notare.
 
“Che mancanza di tatto da parte mia!” esclamò teatralmente. “Beh, immagino che non siamo qui per discutere di me ma di te” riprese, reindirizzando la conversazione.
 
“No, è vero” ammise lei. “Io...ho incontrato qualcuno, un uomo che è innamorato di me e che anch'io amo. Ho bisogno del tuo aiuto perché...”

Si fermò, imbarazzata, e guardò in basso. Ryo guardò la giovane donna con un leggero sorrise e posò una mano sula sua.
 
“Vorresti tornare dalla tua famiglia ma non sarai in grado di farlo fintanto che non avrai rispettato la condizione, vero?” completò.
 
“Sì”

“Hai un'idea?” le chiese.
 
“In realtà, Akihiro è un ladro” confessò la giovane donna, arrossendo.
 
“Oh no...” mormorò Ryo, sentendo che il pezzo forte doveva arrivare.
 
“Quindi ho pensato che tu potresti chiedermi di sposarti. Akihiro interverrebbe. Faremmo la prova ed ecco fatto” gli offrì con tono allegro.
 
“Ti ricordi cosa mi è costato l'ultima volta?” si innervosì lo sweeper.
 
Kasumi si reclinò di fronte alla sua rabbia, con un piccolo sorriso imbarazzato.
 
“Mi ci sono voluti mesi per ricostruire la mia reputazione. C'è voluto un colossale investimento personale da parte mia. Sono dovuto andare con innumerevoli...”

Non riuscì a terminare la sua filippica che venne sepolto da un martello di cento tonnellate 'Confessioni da non confessare' scagliato da una furiosa Kasumi. Uscendo, Ryo si mise a cercare dappertutto.
 
“Kaori non c'è, allora chi-” fece senza capire.
 
“Sono stata io, idiota! E pensare che sono stata innamorata di te per molto tempo, quindi sentirti dire che hai...beh, mi rende furibonda! Se questo non ti basta, sappi che è solidarietà femminile” brontolò.
 
“Solidarietà con Kaori?”

“Non è la prima volta, ahimè! Ti avevamo già seguito a casa della bambina sulla sedia a rotella. Così Kaori ha scoperto cosa stavi facendo!”

“È a causa tua se non sono riuscito a combinare nulla con la sorella di Kozue!”

“Come se un pervertito come te potesse combinare qualcosa con lei! Kaori mi ha detto tutto!”

Entrambi si voltarono le spalle, irritati. Dopo alcuni minuti passati a tenere il broncio, Ryo si mise a sorridere, vinto dall'umorismo della situazione.
 
“Beh il tuo Akihiro non è un ipnotizzatore come quell'altro?” le chiese.
 
“No, è solo uno scassinatore” rispose lei, tornando a un migliore umore.
 
“Me lo giuri? Perché mi rifiuto di stare senza mokkori per giorni” l'avvertì.
 
“Lo giuro...comunque, per quello che ci fai...” sussurrò.
 
“Scusa?” le chiese minaccioso, la testa che cresceva enormemente. “Sappi che ho dei programmi per stasera, quindi muoviti a dirmi posto e ora”

Non poteva mancare all'appuntamento con la sua compagna dato che era passato quasi un mese da quando si erano visti.
 
“Perché non ora? Avviso Aki e ci raggiungerà alla villa. Avrai tempo di chiedere la mia mano a mia nonna” suggerì.
 
“Nessun trucco, Kasumi. Non ti sposerò” le ricordò.
 
“Promesso”

“Beh, va bene, chiamalo e andiamo a dire alla nonna la bellissima notizia” disse con aria cinica.
 
Kasumi chiamò il suo ragazzo e i due lasciarono il bar non appena Miki tornò. Per le informazioni, sarebbe tornato prima di andare da Kaori. Giunti alla villa della famiglia Aso, furono indirizzati nel salotto dove la nonna li raggiunse.
 
“È passato molto tempo, Kasumi” la salutò Yayoi.
 
“Buongiorno nonna. Ryo voleva parlarti” le disse Kasumi.
 
Entrambe guardarono lo sweeper che rimase impassibile, contemplando la stanza.
 
“Ryo...” lo chiamò Kasumi.
 
“Eh? Ah, sì, devo intervenire io, è vero” disse ridendo stupidamente. “Uhm, nonna, ormai è da diversi mesi, anzi anni che Kasumi mi corteggia...uh, no, voglio dire che io e Kasumi condividiamo teneri sentimenti e notti di folle passione” iniziò.
 
“Ryo!” esclamò Kasumi indignata.
 
“Cosa? Beh, stavo dicendo..cosa stavo dicendo. Ah sì! Ci sono. Sono dunque venuto qui per chiedere molto solennemente...” fece, con aria seria. Improvvisamente sentì il proprio sorriso allargarsi e non poté trattenersi.
 
“Sono venuto a chiederle il permesso di concretizzare la frenesia sessuale con sua nipote!” gridò, prendendo un'espressione da pervertito, lanciandosi verso Kasumi.
 
Lei non perse un secondo e lo fermò con un martellone, sotto lo sguardo sgomento della nonna.
 
“Beh...devo dire che mi deludi, ragazzo mio. Avevo un'immagine molto diversa di te” disse l'anziana signora, infastidita.
 
“Erano passati i tre minuti...” si difese Ryo, uscendo dalla sua prigione. “Allora, ho il diritto di sposare sua nipote?” le chiese.
 
“Kasumi! Kasumi, dove sei?” sentirono urlare.
 
Il viso della giovane donna si illuminò con un grande sorriso per un breve momento prima di riprendere il controllo dei suoi lineamenti. Si avvicinò alla porta e l'aprì.
 
“Aki? Ma che ci fai qui?” gli chiese, fingendosi sorpresa.
 
Un giovane uomo, alto, della stessa età di Kasumi, molto elegante e tutto sorrisi, le si avvicinò e le prese le mani, portandole alle labbra. Rilasciando solo una mano, si voltò verso la nonna di Kasumi.
 
“Buongiorno signora. Mi scuso per l'inconveniente del mio arrivo ma non potevo permettere che questo matrimonio si realizzasse” le disse molto seriamente.
 
“Buongiorno, giovanotto. Perché dovrei rifiutare questo matrimonio? Mia nipote è innamorata da tempo di Saeba e lui ha già dimostrato il suo valore alla nostra famiglia” intervenne.
 
“Amo Kasumi e sono pronto a superare questa prova e dimostrarle che sono un marito molto migliore per sua nipote” obiettò lui.
 
“Che foga...l'apprezzo. Tuttavia, giovanotto, ci sono alcune tradizioni nella nostra famiglia che vanno rispettate”
 
“Kasumi mi ha spiegato. La mia...vocazione rientra nelle vostre tradizioni. Sono conosciuto come il Tulipano Nero” la informò.
 
Ryo e la nonna si guardarono stupiti. Il Tulipano Nero operava da due anni in tutto il Giappone e, francamente, nessuno dei due avrebbe immaginato che quell'uomo potesse essere quel ladro così eccezionale.
 
“Il Tulipano Nero...la tua reputazione ti precede, giovanotto, ma cosa mi dimostra che sei più propenso a unirti a questa famiglia di Saeba?” chiese l'anziana signora.
 
“Amo Kasumi. Non aggiungerò altro, né 'dal profondo del mio cuore', né 'appassionatamente'. La amo. Penso che potremo essere felici insieme, formare una coppia serena e armoniosa, fondare una famiglia e crescerla in un ambiente adeguato e nel rispetto delle vostre tradizioni” disse, stringendo ancora la mano della sua amata.
 
“E cosa sai delle nostre tradizioni?” gli domandò.
 
“Tutto. Kasumi non mi ha nascosto nulla e mi piacciono perché mi ci ritrovo”

“Saeba, cosa ne pensi di questo amico che appare all'improvviso?” disse Yayoi, rivolgendosi allo sweeper.
 
Ryo si lasciò cadere a terra e mise il broncio, incrociando le braccia.
 
“Penso di non poter competere con il ladro. D'altra parte, sono sicuro che lei si divertirebbe molto di più con me” si vantò. “Avrebbe pronipoti molto più vigorosi con me” aggiunse, balzando in piedi e gonfiando il petto, il mokkori ben eretto.
 
“Ci sono cose che non cambiano, a quanto pare” fece la signora con un lieve sorriso divertito. “Quindi saresti pronto a batterti per sposare Kasumi e renderla la tua sola e unica compagna sessuale” aggiunse, un sopracciglio leggermente inarcato.
 
“La mia sola e unica...eh? La mia adorata capirà che un uomo generoso come me non può farlo con una sola donna. Non posso lasciare così tante donne depresse sulla terra” obiettò.
 
“Kasumi ti ha spiegato le regole del tradimento?” fece la nonna.
 
“Ah? Perché, avete regole anche per quello?” chiese, toccandosi con due dita con aria preoccupata.
 
Kasumi lasciò Akihiro e si avvicinò a Ryo, posandogli una mano sulla spalla.
 
“Sì, caro. Per chi viene sorpreso a tradire sua moglie, succede questo” fece, imitando le forbici con le dita.
 
“Il...” mormorò Ryo, indicando il suo membro.
 
Kasumi annuì e lo sweeper diventò blu, stringendo le cosce. Improvvisamente si raddrizzò con aria molto seria.
 
“Kasumi, mia cara, dovrai essere forte. Penso che Akihiro sia un candidato al matrimonio molto più adatto di me. Devo arrendermi e lasciarti andare nonostante l'amore che provo per te. Sii forte” le disse, tenendola per le spalle.
 
Una volta finito, l'attirò con veemenza tra le braccia e la strinse, assumendo un'aria drammaticamente angosciata. Rimasero così per qualche secondo prima che lui la lasciasse, rivolgendosi alla nonna.
 
“Nonna, è stato un onore conoscerla e aver sfiorato la possibilità di fare parte di questa bella e grande famiglia. Adesso me ne vado e vi lascio con il cuore pesante e dispiaciuto” disse, versando una piccola lacrima.
 
La nonna lo guardò, poi si mise una mano davanti alla bocca prima di mettersi a ridere genuinamente. I tre giovani la fissarono perplessi, aspettando pazientemente che si calmasse per capire cosa stesse succedendo.
 
“Almeno mi avete doppiamente rischiarato la giornata” fece, riprendendo fiato. “Non potevi farla semplice, Kasumi? So dei vostri incontro da un po'” disse, indicando con il bastone la nipote e il suo innamorato che furono costretti ad apparire imbarazzati. “Quanto a te, Saeba, so che vuoi bene a mia nipote al punto di aiutarla, ma non la ami. Sono un po' delusa di non vederti entrare a far parte della nostra famiglia perché sei una persona retta con principi forti e giusti, ma sono onorata di sapere che hai vegliato su Kasumi, che ci sei stato per aiutarla quando ha avuto bisogno di te con quel Takashi. Ti auguro di trovare la felicità, Ryo Saeba. La persona che ami sarà molto fortunata” gli augurò, un sorriso benevolo a illuminarle i lineamenti.
 
“Sono io ad averne, signora” disse lui senza timore.
 
Lei non aggiunse altro ma annuì. Voltandosi verso la coppia, si avvicinò a loro.
 
“Perché non sei venuta a dirmi che il tuo cuore era stato rubato da un altro uomo, Kasumi?” le chiese senza rimprovero nella voce.
 
“Io...non volevo ammettere il mio fallimento” ammise la giovane donna.
 
“Quale fallimento? Hai trovato l'amore, nipotina mia. Non è un fallimento ma una grande vittoria, no?” la riprese gentilmente.
 
“Davvero, nonna? Tu...non ce l'hai con me?” esclamò Kasumi sorpresa.
 
“Come potrei, tesoro? Sono così felice di rivederti. Che ne dici se liberiamo Ryo e parliamo un po' di questo matrimonio” le suggerì.
 
Ryo si congedò discretamente dall'anziana signora e da Akihiro e si lasciò accompagnare da Kasumi. Arrivato all'ingresso, lei lo trattenne per un momento.
 
“La nonna ha ragione. Grazie di tutto, Ryo. Grazie per avermi aiutato anche oggi”

“Sai, non è stato chissà che. Possiamo vederci per una bottarella, se vuoi” le disse facendole l'occhiolino.
 
“Bugiardo...dimmi, se ti avesse costretto a sposarmi?” gli chiese, abbassando lo sguardo.
 
Lui la guardò, tutto un sorriso, poi guardò in lontananza.
 
“Niente da fare. Non posso sposarmi, Kasumi” le disse.
 
“Cosa?” chiese lei, alzando il viso.
 
“Sì, ufficialmente sono morto. Non ho stato civile” spiegò.
 
“Ma, allora...” iniziò, pensando a Kaori.
 
“Buona serata, Kasumi. Magari ci rivediamo al Cat's Eye” la salutò, non volendo approfondire l'argomento.
 
Le fece un cenno con la mano, poi tornò alla Mini prima di dirigersi verso il confine esterno della città. Dopo aver girato un attimo per vedere se era stato seguito, parcheggiò dietro l'edificio, nascose l'auto e si diresse verso la costruzione. Non appena entrò, Kaori uscì dalla stanza.
 
“Senza un'arma? Sei avventata” le disse abbracciandola.
 
“Riconoscerei la tua aura in una folla enorme” rispose lei, inclinando la testa all'indietro per mostrargli il suo miglior sorriso.
 
“Perché è il modo migliore per rintracciarmi?” scherzò.
 
“Perché ti amo” ribatté lei con gli occhi luminosi.
 
“Oh...è per questo che ti riconosco anch'io” sussurrò, mettendole una mano sulla guancia. “Perché ti amo...” concluse, con uno sguardo caloroso.
 
Vide i suoi occhi brillanti e si chinò per baciarla. Fu accolto con gioia e calore e sentì le braccia della giovane donna circolargli il collo. Senza indugio, la strinse ancora di più, se possibile. Separandosi, entrarono nella stanza e Ryo vide Sayuri voltarsi verso di lui.
 
“Sayuri, è Ryo. Ti ricordi. Te ne ho parlato” lo presentò.
 
Sayuri si avvicinò allo sweeper e lo fissò intensamente. Ryo non batté ciglio e la lasciò fare.
 
“Ci siamo già visti?” chiese lei.
 
“Sì. Una volta, per una settimana” le rispose.
 
“Ci conosciamo bene?”

“Quanto due persone che tengono ad una stessa persona” disse, abbracciando Kaori e tirandola a sé.
 
“Quindi tu ami mia sorella?”
 
“Sì”

“E intendi sposarla? Dovrete regolarizzare la situazione. Vivete insieme da più di sette anni...” iniziò Sayuri, innervosendosi.
 
Kaori si staccò da Ryo e prese sua sorella per le spalle, mettendola a tacere.
 
“Calmati, Sayuri. Non ho bisogno che Ryo mi sposi per essere sicura dei suoi sentimenti. Sono felice così” la rassicurò.
 
“Come puoi essere felice vedendolo di tanto in tanto? È già sposato? È per questo che non si è sistemato con te?” si arrabbiò.
 
“Sayuri...no, Ryo non è sposato. Viviamo la nostra vita come ci sentiamo. Capirai quando avrai recuperato totalmente la memoria. Credimi” disse Kaori.
 
“Gli uomini che si approfittano di giovane donne innocenti mi danno i nervi. Ma fai come vuoi. In ogni caso, fai solo di testa tua!” sbraitò la giornalista, liberandosi della sua presa e rifugiandosi in camera sua.
 
Kaori la guardò, sospirando, sentendo subito le mani di Ryo sulle sue spalle.
 
“L'atmosfera sembra tesa...” notò.
 
“Ha recuperato buona parte della sua memoria ma più le cose brutte che quelle buone...anche riguardo a noi” gli spiegò.
 
“Ci arriverà” la rassicurò, facendo scivolare le mani sul suo ventre, sorridendo.
 
Lasciandosi trasportare dal momento, lei si abbandonò a lui e posò le mani sulle sue, chiudendo gli occhi con piacere. Rimasero così per un momento prima che Ryo appoggiasse le labbra alla sua tempia prima di scendere lungo la mascella e raggiungere la sua bocca piena. Si scambiarono un altro lungo bacio, poi lei lo condusse in camera da letto.
 
“Ho molta voglia di unirmi al mio uomo” gli disse con un sorriso malizioso.
 
“Oh...si può fare” fece lui con tono accomodante.
 
La sollevò e l'adagiò dolcemente sul letto, ammirandola per un momento, immobile e ancora stupito che fosse sua...e apparentemente il sentimento era condiviso.
 
“Kaori...” sussurrò, prima di tacere.
 
“Sì?”

“No, niente” disse, chinandosi su di lei per baciarla.
 
Si amarono appassionatamente e in seguito rimasero rannicchiati l'uno contro l'altra, accarezzandosi pigramente, attraversando ogni linea e curva, come per ricordarsi il corpo dell'altro.
 
“Non posso sposarmi, Kaori” sussurrò, la voce leggermente tesa.
 
“Lo so, Ryo, e non è un problema per me” lo rassicurò, intrecciando le loro dita e baciandole prima che lui la tirasse un po' più al petto, una mano sul suo ventre. “Finché mi ami, sono la donna più felice” aggiunse sorridendo.
 
“Nel mio cuore, tu...tu sei mia moglie” le soffiò all'orecchio.
 
Sentì il suo cuore mettersi a battere fuori e non ebbe modo di provare a calmarlo che lei si girò tra le sue braccia e gli prese le labbra con tutto l'amore che provava per lui. Posandole una mano sulla guancia, sentì l'umidità sul suo viso e il sorriso che le muoveva gli zigomi.
 
Impegnarsi...

 

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Capitolo 20
*** Capitolo Venti ***


Osservando la folla intorno a loro, Ryo sospirò e tirò il colletto della camicia.
 
“Smettila di fare il bambino. Non è poi così drammatico partecipare a una serata tra champagne e pasticcini, accompagnato da una donna attraente, no?” lo rimproverò la sua accompagnatrice.
 
Lo sweeper guardò la bruna aggrappata al suo braccio. Non poteva negare che era molto sexy in quell'abito senza spalline che metteva piacevolmente in risalto i suoi seni voluttuosi, e che in tempi cosiddetti normali ne avrebbe sicuramente approfittato per palpeggiarla, soprattutto dato che in mezzo alla folla lei avrebbe osato meno per rimetterlo al suo posto, ma era storia vecchia.
 
“Sarebbe più divertente se tu non mi sventolassi davanti un contratto di matrimonio ogni volta che suggerisco attività per adulti, Reika” replicò, seccato.
 
Voleva ancora imbrogliare il suo mondo per un po' e infatti aveva fatto una o due allusioni sul fatto di dedicarsi a una o due bottarelle una volta conclusa la serata, con la risposta quasi pavloviana della donna.
 
“E poi, non vado matto per lo champagne. Preferisco gli alcolici veri” aggiunse, indifferente.
 
“Bene, allora consolati con il fatto che presto fermeremo un vero e proprio traffico di droga e che, per una volta, non dovrai badare a proteggere le chiappe della tua partner, ma sarà lei ad aiutarti” ribatté, acerba.
 
“Sappi che posso appoggiarmi a lei” disse, con un lieve sorriso sulle labbra.
 
Letteralmente e figurativamente, pensò, ricordando il giorno in cui lei lo aveva aiutato a prendere la mira mentre aveva la febbre, sia le volte in cui si era svegliato con la testa sul suo seno, il più comodo dei cuscini. Il pensiero gli stuzzicò un sorriso malizioso che lasciò perplessa la detective.
 
“Togliti quel sorriso ebete dalla faccia. Si potrebbe credere che stai fantasticando su di lei” brontolò.
 
“Dato che non posso fantasticare su di te, mi arrangio con quello che ho” replicò divertito.
 
“Perché adesso ti piacciono anche gli uomini?”

“Forse la mia vista è migliorata” rispose lui, con occhi brillanti. “O forse ho solo voglia di prenderti in giro. Sei adorabile quando sei gelosa”
 
“Sii un po' serio” lo rimproverò. “Guarda, il nostro uomo è arrivato” annunciò.
 
Osservarono un uomo in abito scuro entrare con aria da conquistatore nella sala del ricevimento. Ryo avvertì la tensione invadere la sua attuale partner e si voltò discretamente verso di lei. Le mise una mano sul fianco e la tirò a sé come in uno slancio di tenerezza nei suoi confronti.
 
“Rilassati, Reika. Avverto la tua ostilità e, se lui è un professionista come si dice, la sentirà anche lui, quindi mantieni un profilo basso” consigliò con voce calma, un caldo sorriso sulle labbra.
 
Sottilmente, fece scivolare una mano sulle sue natiche e cominciò a palpeggiarle oltraggiosamente. Lei lo guardò male, lo spinse via violentemente e lo schiaffeggiò.
 
“Specie di pervertito!” gridò, facendo girare tutti e attirando l'attenzione del loro obiettivo.
 
“Ahi, non ci vai di mano leggera...” gemette Ryo.
 
“Che ti salta in mente di mettermi le mani sul sedere?” ringhiò lei.
 
“Lui ti ha notata. Gli ho dato una buona ragione per abbassare la guardia” replicò Ryo, guardandola seriamente.
 
“Oh...” fece lei, abbassando lo sguardo.
 
“Nemmeno Kaori fa più questi errori” assestò, sapendo che l'avrebbe punta sul vivo e costretta a controllarsi.
 
Notò l'offesa tingere la sua espressione, poi sollevò il mento con orgoglio. La risposta lo soddisfece e rivolsero nuovamente la loro attenzione alla folla per decidere come avvicinarsi all'uomo. A poco a poco, virarono attraverso i gruppi finendo per raggiungere l'obiettivo. Il punto non era parlargli ma attaccargli un ricetrasmettitore che avrebbe permesso a Saeko di intervenire quando fosse arrivato il momento. Sì, Ryo si era fatto ancora una volta, di proposito, fregare dalla bella ispettrice che gli aveva promesso tre colpi che sapeva non avrebbe pagato, il tutto per smantellare una nuova rete.
 
“Tesoro, usciamo da questo buco. Mi annoio da morire...” si lagnò Ryo.

“Sii un po' paziente. Resisti” grugnì lei, allontanando le sue mani vaganti.
 
“Dai, amoruccio, sii tenera con il tuo adorato” le sussurrò avvicinandosi a lei.
 
Reika indietreggiò, spingendo via le mani del suo partner, finendo per urtare contro la schiena di qualcuno, che cortesemente l'afferrò. Sorpresa, lei gli mise le mani sulle spalle per ritrovare l'equilibrio. Qualcuno...il loro obiettivo, su cui la giovane donna aveva appena incollato il microscopico trasmettitore.
 
“Mi scusi, signore. Non intendevo...sono desolata” si scusò, vergognandosi.
 
“Non si scusi, affascinante signorina. Penso che la colpa sia piuttosto del suo amico” disse l'uomo, lanciando a Ryo uno sguardo sprezzante.
 
“È un po' pudica. Io volevo solo dimostrarle il mio affetto” rispose lo sweeper senza battere ciglio.
 
“Dovrebbe essere più rispettoso, signore” lo rimproverò il bersaglio.
 
“Sì, ci penserò. Forza, tesoro, andiamo” disse, afferrando Reika e tirandola verso di sé.
 
“Grazie ancora, signore, e mi scusi” fece lei, seguendo Ryo.
 
Uscirono da lì e, dopo essersi allontanati dall'edificio, raggiunsero Saeko in un furgone. Non appena entrarono, lei fece segno che stava captando il segnale e rimasero in silenzio aspettando il momento giusto.
 
“Ci siamo...” sussurrò dopo un'ora. “Tutti in posizione” disse nel walkie-talkie. “Voi due restate qui” ordinò prima di partire.
 
“Grazie anche a te. Come al solito, sono sempre gli stessi a divertirsi” disse Ryo, seccato. “È proprio da tua sorella. Mi manipola senza darmi nulla in cambio, nemmeno un grazie” brontolò.
 
“Avanti, Ryo, la conosci. Dovresti esserci abituato ormai” sussurrò Reika.
 
“Cosa vuoi? Spero sempre di farmi pagare i debiti” sospirò.
 
Reika rise forte, poi si voltò verso di lui quando si fu calmata.
 
“Ci credi davvero?” gli chiese.
 
“Come te che pensi che firmerò il tuo pezzo di carta, penso...” replicò lui, lanciandole uno sguardo intenso.
 
Reika abbassò lo sguardo, arrossendo leggermente.
 
“Cosa vuoi farci? Non posso fare a meno di pensare che saremmo un incredibile duo di professionisti. Con le nostre rispettive capacità, saremmo a un livello senza precedenti”

“Davvero?”

“Sì. Ryo, non puoi negare che Kaori sia fuori luogo. Io sarei una partner molto migliore per te. Guarda, quanto tempo è passato ormai? Sei mesi da quando se n'è andata...”

“Sette” la corresse.
 
“Sette mesi e che novità hai? Preferisce fare l'infermiera, Ryo. Mi sembra evidente, no?” sostenne.
 
“Tu non faresti lo stesso per una persona cara? Se Saeko fosse completamente sola e nella stessa situazione di Sayuri, la lasceresti per il tuo lavoro?”

Reika lo guardò, stupita. Non si era aspettata di ricevere indietro la domanda. La trappola le si stava ritorcendo contro. Se gli avesse detto di no, avrebbe approvato ciò che faceva Kaori. Se avesse detto il contrario, sarebbe passata per una megera.
 
“No, certo” sussurrò. “Ma a parte quello, ti trascina in situazioni impossibili. Non smette di farsi rapire...” aggiunse.
 
“Sì e ha imparato a liberarsi. È un po' brusca e disordinata a volte ma efficace e quando ha bisogno di me sa cosa fare per facilitarmi il compito” obiettò Ryo con calma.
 
“Non sa sparare” ribatté lei.
 
“Mira molto bene con un'arma correttamente regolata ed è impareggiabile nell'usare un bazooka o nel piazzare trappole. Ha quasi eguagliato il maestro a riguardo...e non era un'impresa da poco” osservò, piuttosto orgoglioso della sua partner.
 
“Non è di tuo gusto e non sa cucinare”

“E cosa c'entra con una partner professionale?”
 
Reika si morse il labbro, non sapendo cosa dire.
 
“Io potrei apportarti qualcosa di più” suggerì, posandogli una mano sulla spalla con aria seducente.
 
“Vuol dire che cucineresti per me?” chiese interessato.
 
“Sì e cucino molto bene” gli assicurò.
 
“Significa che potrei frugare nella tua biancheria?” chiese, con gli occhi che si trasformavano in piccoli cuori.
 
Vide la leggera contrazione delle sue labbra prima che Reika forzasse un sorriso.
 
“Sì, certo”
 
“Potrei sbirciarti sotto la doccia?” insistette ancora un po'.
 
Lei ebbe un gesto di riflesso verso la borsetta prima di immobilizzarsi.
 
“Si può fare...” ammise.
 
“Wow. Beh allora possiamo anche parlare di bottarelle!” esclamò, iniziando a spogliarsi.
 
“Non prima che tu abbia firmato questo!” obiettò Reika, interponendo tra loro un contratto di matrimonio.
 
Ryo si risedette, vestito, con un sorriso stampato in faccia.
 
“Hai resistito...” disse divertito.
 
“Cosa?”
 
“Pensavo che ti saresti arresa più velocemente” ammise.
 
“Significa che non ti interessa diventare partner definitivamente?” sospirò la detective.
 
“No. Kaori è la mia partner. Anche se in questo momento è assente, non cambia nulla e nulla cambierà finché lei vorrà restare al mio fianco. Forse è meno abile di te, e dopotutto ciò che era vero inizialmente potrebbe non esserlo più oggi, ma non voglio nessun'altra al mio fianco”
 
Reika guardò in basso, rattristata. Ryo, intenerito, le mise una mano sulla coscia senza alcuna intenzione particolare se non quella di sostenerla.
 
“È una confessione che non ti si addice...cos'ha lei di più?” gli chiese a bassa voce.
 
“Non saprei spiegartelo. Non abbiamo bisogno di parlare per capirci. Sappiamo come agirà l'altro. Lei ha capacità che io non ho, che alcuni di noi vedono come una debolezza ma che in realtà sono punti di forza” rispose serio. “In effetti, sono più forte da quando c'è lei...anche se è vero che ha talento per infilarsi in situazioni complicate...” ammise con un sorriso.
 
“È l'uomo o lo sweeper che ha reso più forte?” gli domandò.
 
Lui la guardò e sorrise amichevolmente. Cos'aveva fatto Kaori di lui? Perché all'improvviso si stava aprendo con Reika quando, di solito, quello era il tipo di conversazioni che evitava come la peste?

“Probabilmente entrambi” confessò.
 
“Quindi mi stai dicendo che non vuoi un'altra partner a parte lei, anche una più attraente, comprensiva e gentile?”

“Forse è quello che sto dicendo...ma lo negherei forte e chiaro se qualcuno mi facesse la domanda” scherzò.
 
“Beh, non mi resta che raccogliere le briciole del mio amor proprio” disse Reika con tono disinvolto.
 
“Non ho dubbi che presto troverai un'anima calorosa pronta a consolarti” la rassicurò.
 
“Non lo so. Insomma, sotto le tue arie da idiota degenerato, sei una brava persona, Saeba. Trovare qualcuno meno pervertito non sarà difficile. Trovare qualcuno con il tuo cuore sarà più complicate”

“Penso che tu mi abbia messo su un piedistallo, Reika”

“Non è quello che fai tu con Kaori? Cerchi sempre di proteggerla, di mantenere le sue mani pulite”

Ryo guardò in basso e osservò le proprie mani giunte. Reika non aveva torto. Dietro tutta la denigrazione, aveva solo cercato di nascondere i suoi indugi: Kaori non era del suo mondo. Era pura e luminosa. Aveva principi, una morale, virtù...tutto ciò che lui non aveva. No, in effetti, tutto ciò che lui non credeva di avere, tutto quello che negava di avere perché un uomo che aveva tanto sangue sulle mani non poteva avere tali qualità morali. Le sue qualità si riducevano a poche cose: eccellente cecchino, sweeper numero uno e atleta sessuale.
 
“Lei è migliore di me, no? Quindi è normale. Beh, mi hai annoiato con le tue domande. Ancora contraria all'idea di una bottarella?” le offrì, facendo scivolare una mano verso di lui.
 
Lei la picchiettò, sorridendo.
 
“Non dire cose che non pensi” lo sgridò. “Io...mi ha fatto piacere che tu mi abbia parlato sinceramente, Ryo. Volterò pagina. Spero che tu troverai di che scrivere sulla tua” gli augurò. “A proposito, forse è il momento che tu parli così con Kaori. Sono sicura che entrambi troverete qualcosa...magari la vostra strada” gli consigliò.
 
Non volendo dilungarsi, lui annuì con un leggero sorriso e tacquero di nuovo. Poco dopo, Saeko tornò, visibilmente soddisfatta.
 
“L'abbiamo colto in fallo. Avete fatto un buon lavoro” si congratulò con loro.
 
Nessuno dei due rispose e lei li guardò sorpresa.
 
“State male?” si preoccupò.
 
“No, perché?” fece Ryo con un sorriso ironico.
 
“Lei non ti è saltata addosso offrendosi di diventare la tua partner” notò la poliziotta.
 
“Già fatto” eluse Ryo.
 
Saeko osservò il furgone intatto, uscì di nuovo e guardò l'asfalto intorno, tornando sul veicolo.
 
“Tutto bene, Saeko?” chiese divertita sua sorella.
 
“Il furgone è intatto, nessuna traccia sulla strada. Non ti è balzato addosso?” si stupì Saeko.
 
“No. Abbiamo soltanto discusso come due adulti” rispose Reika.
 
“Discusso? Con Ryo?” ripeté la poliziotta, sbalordita.
 
“Sì, discusso. Comunque, ne ho avuto abbastanza. Vi lascio” disse lo sweeper prima di alzarsi e andarsene.
 
Controllò l'orologio e, benché morisse dalla voglia, pensò che fosse troppo tardi per andare a trovare Kaori. Lei aveva bisogno di riposo e non di essere svegliata alle tre del mattino. Sarebbe andato da lei la sera successiva. Percorrendo le strade di Shinjuku, ricordò il caso in cui tutti e tre avevano collaborato per smantellare un'altra rete di traffico di droga. Reika aveva corso i rischi maggiori investigando, era un dato di fatto. Ma quando era arrivato il momento di incastrare il grande capo, era stata Kaori ad attaccare il microfono e non era stata una coincidenza. Lui aveva fatto affidamento sulla sua apparenza innocua per ingannare il nemico, facendogli abbassare la guardia. Così, quando nel bel mezzo di un attacco isterico lei aveva afferrato una lampada, nessuno aveva sospettato per un secondo che lei vi avesse infilato un microfono sotto. Nessuno si era stupito nemmeno di vedere la sorella di un ex collega aggirarsi per i corridoi della questura, un'aria nostalgica impressa sul viso, presa da singhiozzi dietro la consolle che gestiva tutte le trasmissioni fuori e dentro la stazione.
 
Chi avrebbe potuto credere che quella ragazzina di vent'anni sarebbe riuscita a battere ogni previsione e diventare, in sette anni, la miglior partner che avesse mai avuto...e anche di più...non era la partner che lui aveva scelto. Lei si era imbattuta in lui quando Hide gli aveva chiesto di vegliare su di lei e si era detto che se ne sarebbe andata una volta completata la loro vendetta, ma lei era rimasta, nel bene e nel male, nonostante tutto ciò che aveva visto e passato.
 
Reika sarebbe stata una partner molto professionale come Hideyuki, Mick e Mary ancora prima, ma non ci sarebbe mai stata quella complicità tra loro, quel legame che lui aveva sfiorato con il fratello ma raggiunto solo con Kaori. Sapeva perché in sette mesi, nonostante i bassi che avevano avuto nella loro relazione, non si era chiesto chi avrebbe potuto succederle se lei avesse mollato, se si fossero separati. Semplicemente non ci sarebbe stato nessun altro perché nessuno o nessuna avrebbe potuto raggiungere il suo livello e sarebbe stato certamente un suicidio tentare di ritrovare il rapporto che avevano loro con un'altra persona.
 
In tutto ciò, sapeva che qualunque cosa fosse successa in futuro, Kaori sarebbe stata la sua ultima partner permanente. Avrebbe lavorato di nuovo per Saeko, ma nessuno l'avrebbe sostituita se avesse deciso di smettere e sarebbe stata una decisione per cui non l'avrebbe biasimata, anche se la temeva un po'.
 
Affermare...

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Capitolo 21
*** Capitolo Ventuno ***


“Se non vieni al porto stasera alle dieci, uccideremo la ragazza” sentì Ryo al telefono.
 
“Quale ragazza?” chiese con tono neutro.
 
Ryo rimase calmo più che possibile. Sapeva che non si trattava di Kaori, sempre nascosta con Sayuri. I clan continuavano a cercarla ovunque tranne che a Tokyo. Quindi non era preoccupato per lei. Chi era dunque l'ostaggio?

“Ryo, ti prego...” implorò una voce femminile che conosceva bene.
 
“Kazue, rimani calma. Andrà tutto bene” la rassicurò.
 
“Hai capito! Alle dieci al porto” gli fu ricordato.
 
“Aspetta!” gridò Ryo.
 
“Cosa? Non hai capito?” si innervosì il rapitore.
 
“Beh se non mi dici su quale porto e il punto, come ti trovo, genio?”
 
“Parlami con un altro tono!” disse l'altro arrabbiato.
 
“D'accordo, genio” rispose ironico.
 
Lo sentì vantarsi di aver intrappolato il grande City Hunter. Idiota, pensò Ryo.
 
“Allora, dove, genio?”
 
“Porto di Tokyo, edificio 1169, molo D”
 
“Ok, allora a stasera. E se tocchi la ragazza, sei doppiamente morto” lo avvertì.
 
“E se non la tocco?” scherzò.
 
“Pensaci. Un genio come te dovrebbe indovinare”
 
Ryo riattaccò e, senza aspettare un minuto, si recò a casa di Mick. Bussò più volte ma l'americano non c'era. Doveva essersi messo a caccia di signorine ancora una volta...nonostante le indicazioni fornite, lo sweeper non attese l'orario indicato e andò dritto al porto. Non aveva davvero voglia di lasciare la giovane dottoressa nelle mani di quei delinquenti. Se avessero tentato di infastidirla, lei non avrebbe saputo difendersi bene come Kaori. Doveva approfittare dell'effetto sorpresa per liberarla senza troppi danni.
 
Avvicinandosi all'edificio, sentì due uomini ridere forte e chiaro, spiegando come avrebbero messo fuori combattimento City Hunter, per poi eliminare la fastidiosa testimone. Sarebbero rimasti sorpresi. Silenziosamente, fece un giro e vide attraverso una finestra Kazue inginocchiata in un angolo. Aveva visibilmente pianto e non cercava modo di uscire. Non poteva biasimarla, non era preparata in alcuna maniera. Curava le loro ferite, conosceva il loro mondo, ma era sempre rimasta nell'ombra e il fatto che Mick si fosse ritirato avrebbe dovuto proteggerla. Tuttavia bisognava mettere in conto i due imbecilli che avevano deciso di rapirla per fare pressione su di lui, sicuramente in assenza della sua partner abituale. Ryo sorrise nell'osservare il posto. Kaori avrebbe già fatto esplodere i muri e abbattuto entrambi con un martello. Avrebbe gestito il resto con granate e altre cosette. In salsa Kaori, insomma...forse a quest'ora sarebbe stata in giro a fare la spesa e lui avrebbe appreso le sue avventure dai suoi informatori.
 
Scrollandosi, bussò alla finestra e incontrò lo sguardo sorpreso di Kazue, che si alzò e si avvicinò. Le fece cenno di tacere quando la vide aprire la bocca e mimò con le labbra una frase impercettibile, chiedendole di rimanere com'era e di stare pronta. La speranza tornò negli occhi di lei e annuì, tornando alla posizione originale. Le fece un piccolo segno e scomparve dalla sua vista. Percorse ancora qualche metro e trovò una porta sul retro, che si aprì con un leggero cigolio. Entrò nel corridoio buio e si diresse verso la stanza dove era tenuta Kazue, forzando rapidamente la serratura.
 
“Coraggio, bellezza, andiamocene da qui” annunciò.
 
“Ryo!” sussurrò sollevata, gettandosi tra le sue braccia.
 
Rimase così per alcuni secondi prima di rendersi conto in che posizione era, facendo un passo indietro con cautela.
 
“Uh...ehm...scusa” disse, aspettandosi di vederlo partire in modalità pervertito. “Forse sarebbe meglio andare, no?” suggerì con un sorriso tirato.
 
“Aspettavo te. Non sono stato io a lanciarmi tra le tue braccia” ironizzò, trascinandola per il gomito.
 
Avanzarono lungo il corridoio verso la porta da cui Ryo era entrato, quando sentirono dei passi giungere verso di loro. Da solo o con la sua partner avrebbe tentato la fortuna ma, con Kazue, optò per la prudenza e tornò indietro, cercando un'altra via di uscita.
 
“Ehi, non ci farai passare attraverso le fogne?” chiese Kazue preoccupata. Ricordava vividamente che quella era la strada che lui aveva preso per condurli nella casa dei Kitagawa, dove avevano dovuto eliminare le api assassine create dal suo fidanzato.
 
“Se ci tieni, possiamo farlo, ma non era previsto” rispose lui, un sorriso divertito sulle labbra, girandosi per sparare contro un tubo che cedette, rilasciando un getto di vapore.
 
“Sei impazzito! Come facevi a sapere se si trattava di un tubo dell'acqua o del gas?” gridò lei.
 
“Non lo sapevo” mentì, avendo notato di sfuggita cosa il tubo trasportasse.
 
“Cosa?! Sei un totale incosciente! Se si fosse trattato di prodotti chimici, saremmo stati in grossi guai!” lo rimproverò.
 
“Tu credi?” fece ingenuamente.
 
Non gli importava di venire sgridato dall'amica. Mentre lei gli urlava contro non pensava al pericolo e non si faceva prendere dal panico. Era la cosa principale. Ben presto entrarono nell'hangar principale e Ryo portò Kazue verso la porta, nascondendo entrambi dietro delle casse.
 
“Da dove pensi di uscire?” gli chiese a bassa voce.
 
“Da là” disse, indicando la porta d'ingresso.
 
“Che cosa?! Ma hai visto quanti uomini ci sono?” esclamò.
 
“Quindici al massimo” contò Ryo, stanco. “Sai come usare questa?” le chiese, porgendole una granata. La trattenne quando lei cercò di balzare indietro; avrebbe rovesciato una dozzina di casse, segnalando la loro presenza.
 
“Beh, immagino che la risposta sia no. Tienila per due secondi, per favore” disse dandole la sua Magnum.
 
Vide Kazue deglutire mentre prendeva l'arma e, alzandosi in fretta, slegò la granata e la spedì attraverso il magazzino prima di chinarsi e raccogliere la sua arma, con grande sollievo della giovane donna.
 
“Odio le armi anche se so che voi le usate con buonsenso” disse Kazue.
 
“Ti capisco ed è un bene che ci siano persone come te. Abbiamo meno motivi per sfoderarle. Bene, ora li disarmo. Preparati a correre”
 
Non era sicuro che lei ce l'avrebbe fatta, ma dovevano fare un tentativo. Ryo si alzò e disarmò diversi uomini prima di ordinare a Kazue di scappare. Lei esitò un secondo, poi si alzò e corse. Ryo la seguì senza indugio e uscirono.
 
“Non fermarti, corri” ordinò, prendendole la mano. La condusse verso la Mini, la fece salire velocemente e partì subito.
 
“Sei...sicuro che siano stati neutralizzati?” chiese Kazue con voce tremante.
 
“No, non lo sono, ma me ne occuperò più tardi. Per il momento, ti porto al sicuro...sperando che il tuo amato sia rientrato”

“Mick è uscito?”

“Forse è andato a fare la spesa...” suggerì lui, non volendo mettere nei guai il suo amico.
 
“Forse...” mormorò lei, dubbiosa.
 
Arrivarono rapidamente e Ryo accompagnò la giovane donna a casa sua. Dato che Mick non c'era, lo sweeper preferì restare con lei per assicurarsi che fosse al sicuro.
 
“Vuoi un caffè?” offrì Kazue.
 
“Finché non è la robaccia che prepara Kaori” scherzò, sapendo di essere in malafede.
 
“Utilizziamo lo stesso caffè”
 
“Non morirò” rispose, con aria fatalista.
 
Kazue tornò dopo pochi minuti con due tazze e ne porse una all'amico.
 
“Grazie per avermi salvata, Ryo, e per averlo fatto senza indugio. Ero terrorizzata” confessò, stringendo la tazza tra le mani. “Non so come faccia Kaori a sopportare tutto questo. Io non potrei”

“Ha smesso di vedersi come una vittima. Ha imparato da ogni rapimento che ha subito, cercando di liberarsi”

“Io non avrei il suo coraggio” sospirò Kazue.
 
“Eppure hai avuto il coraggio di batterti contro i Kitagawa, di entrare due volte in casa loro per cercare di distruggere le api. Sei arrivata persino a fingere di voler sposare il giovane Kitagawa nonostante il pericolo”

“Ero in preda alla rabbia. Avevo bisogno di vendetta, ma lo sai, no?” replicò, con uno sguardo intenso.
 
Lui lo sostenne e annuì.
 
“Non posso più nascondermi” disse sorridendo e alzando le mani. “Sei sempre stata troppo intelligente, mia sposina. Quando penso che non ho nemmeno avuto la prima notte di nozze...” fece divertito.
 
“Non avresti potuto fare niente allora...”
 
“Di chi è la colpa?”

Si guardarono e risero, ricordando quella dannata ape che l'aveva punto e il rimedio che lo aveva privato per qualche giorno del mokkori e subendo effetti collaterali particolarmente sgradevoli.
 
“Avresti potuto fare uno sforzo e sistemare la situazione da tempo”

“Ci ho provato” confessò lei, arrossendo.
 
Ryo la fissò, sorpreso.
 
“Quando Kaori è venuta dal Professore durante il caso di Silver Fox, le ho suggerito di scambiarci i posti. Volevo diventare la tua assistente per avvicinarmi a te” ammise.
 
“Era davvero ciò che avresti voluto?” le chiese.
 
Non immaginava affatto Kazue nel ruolo di Kaori. Era così distante dalla sua personalità...come Kaori all'inizio, dopotutto. Ryo si mise a sorridere: no, non come Kaori. Lei aveva sempre avuto quel lato intraprendente e ribelle, qualcosa che Kazue non aveva.
 
“È stato prima o dopo che ti ho offerto il suo posto?” chiese incuriosito.
 
“Prima. Mi avresti voluto?” domandò Kazue, arrossendo appena.
 
Non dimenticava che per un po', fino a che non aveva incontrato Mick, era stata innamorata di Ryo.
 
“Non so se saresti stata felice in quel tipo di ruolo” disse lui, non volendo offenderla.
 
Lei lo guardò e rise.
 
“Sei troppo gentile. Sarei stata del tutto fuori luogo, intendi. Hai visto come ho reagito di fronte alla tua pistola o alla granata. Non so cosa o come Kaori abbia fatto per avere questo ruolo, ma io non potrei. Non ho il suo carattere” ammise.
 
“Il suo dannato carattere, vorrai dire” la corresse gentilmente, con un pensiero intenerito per la sua compagna.
 
“È necessario per sopportarti, no? Lei tiene le redini del portafogli, della casa, di te. Se non avesse avuto questo carattere forte, se non avesse avuto la capacità di incassare, se non avesse mostrato una tale abnegazione, non avrebbe mai potuto resistere così a lungo in questo ambiente né con te...” affermò.
 
“Non so chi sostenga l'altro...ma non hai torto. E ad essere sincero, a parte per una bottarella, non ti avrei voluta al mio fianco. Non saresti sopravvissuta più di qualche mese ed era fuori discussione minare le mie statistiche di successo” scherzò Ryo.
 
“Hai mai paura per lei?” chiese Kazue, sedendosi accanto a lui.
 
“Sempre...come lei per me, penso” rispose onestamente.
 
“Sì, è vero” rispose lei, ricordandosi le confidenze di Kaori.
 
Aveva spiegato bene a lei e a Miki che aveva piena fiducia in Ryo ma, nonostante tutto, la paura c'era. Rimasero in silenzio per un momento, bevendo il loro caffè e fissando un punto nel vuoto.
 
“Non ti sei mai chiesto cosa sarebbe successo se Mick fosse riuscito a convincerla?” gli chiese la dottoressa.
 
“Sarà meglio che vada” replicò Ryo, posando la tazza e alzandosi.
 
“Io a volte mi chiedo ancora se non cambierà idea, rivolgendosi a lui perché si sarà stancata di aspettarti. Non so cosa deciderebbe di fare lui se dovesse scegliere tra noi due” confessò Kazue.
 
“Lo sai molto bene, Kazue. Sceglierebbe te. Mick ti ama sinceramente anche se fa l'idiota con le altre. Ha amato Kaori e probabilmente è ancora così, ma non come ama te. Sei la donna di cui ha bisogno, non dubitarne e non dubitare che lui lo sappia. Oggi per lei è più un fratello che un potenziale amante” cercò di rassicurarla.
 
“Non so cosa sarei senza di lui” sussurrò, con la gola annodata.
 
Ryo lasciò andare la maniglia che aveva afferrato e si voltò verso di lei, toccato dalla sua angoscia.
 
“Smettila di pensare a queste sciocchezze. Mick non ti lascerà. Kaori non romperà la vostra coppia. Sei stanca. Faresti meglio a riposare un po'. Cercherò di mettere le mani sul tuo uomo e di riportartelo”
 
“Ryo...se Kaori non torna, è per via di Sayuri o per la vostra relazione?”

“In parte a causa di Sayuri che non ha ancora recuperato completamente la memoria. Ci si avvicina ma le manca tutta la parte della loro separazione e Kaori non vuole che se ne ricordi dato che era rimasta sola”
 
“Dici 'in parte'. Vuol dire che c'è qualcos'altro, giusto?” insistette, preoccupata.
 
Ryo abbassò lo sguardo, pensieroso, prima di alzare la testa.
 
“Sì, è vero. Da quando è partita, alcuni clan hanno iniziato a cercarla per ucciderla. Dov'è ora è al sicuro” le spiegò.
 
“Aspetta, vuoi dire che non è a New York?” chiese, sorpresa.
 
“No”

“Ma perché non è tornata qui?” si inquietò Kazue.
 
“Perché non avrei potuto proteggerle entrambe nelle condizioni attuali. Ci sono momenti in cui bisogna saper mollare il colpo per proteggere. Con Kaori, questo momento è arrivato, se può rassicurarti tornerà presto”
 
“Davvero?”

“Sì. Sto facendo ordine in modo che possa rientrare in sicurezza...per quanto possibile nel nostro mondo” rispose Ryo.
 
Kazue lo osservò per qualche istante, poi sorrise rassicurata.
 
“Sono contenta di sentirlo. Mi manca...e se avete bisogno di aiuto, non esitate a chiedere” gli offrì.
 
“Ci penserò qualche sera...” le disse facendole l'occhiolino.
 
“Ryo!”

“Non so a cosa tu stia pensando, ma io sono sicuro che non sia la mia stessa cosa e, per una volta, non sono io quello con la mente deviata...ecco, sta arrivando il tuo uomo. Potrò andare a prendere a calci i delinquenti che ti hanno rapita”
 
La dottoressa lo guardò seriamente, poi si avvicinò a lui e lo abbracciò.
 
“Grazie Ryo. Grazie per avermi salvata. Fai attenzione” gli sussurrò.
 
La porta si aprì e Mick fece la sua comparsa, trovando la sua compagna tra le braccia del migliore amico. Un cipiglio gli incupì il viso e si schiarì la gola.
 
“Forse disturbo?”
 
“Cercavo di convincere Kazue a fare un cambio di palcoscenico” ironizzò Ryo.
 
“E io gli ho assicurato che non è un ruolo che mi appartiene” completò Kazue. “O forse è il contrario...in effetti, ognuno di noi sa dov'è il proprio posto...e so che non vorrei essere in quello di Kaori” concluse.
 
“Non conosceresti il calore delle mie braccia, darling” disse Mick, circondandole la vita e tirandola a sé.
 
Lei gli sorrise e gli mise una mano sul petto e la testa sulla spalla. Ryo li guardò, chiedendosi se lui e Kaori fossero così a volte. Lo sperava, sperava di avere quel legame e quella serenità quando erano insieme. A lui pareva di sì.
 
“Avrà bisogno delle tue braccia. Consolala per quello che ha appena passato. Io vado a dare una lezione a quei bastardi” disse loro, lasciandoli.
 
“Cos'è successo?” sentì, mentre si allontanava lungo il corridoio.
 
Senza crederci troppo, tornò al porto e verso l'edificio dove Kazue era stata tenuta prigioniera e fu sorpreso e un po' desolato di trovare i rapitori ancora presenti. Dopo averli messi ko senza troppe difficoltà, li legò tutti insieme e avvertì Saeko. Poco prima di partire, si accucciò di fronte all'apparente leader della banda.
 
“Perché lei?” chiese.
 
“Non siamo riusciti a trovare la tua partner, quindi abbiamo beccata la ragazza del tuo amico” rispose quello pietosamente.
 
“Siete davvero dei codardi...forse è stato un bene per voi non aver catturato la persona giusta” disse Ryo, divertito.
 
“Oh, davvero?” disse l'altro dubbioso.
 
“È sicuramente meno umiliante farsi prendere a calcio da un uomo piuttosto che da una furia con il martello, no? Ringraziami, non sarai lo zimbello della prigione” disse, con una pacca sulla spalla.
 
Con quelle ultime parole si allontanò, sentendo le sirene delle auto della polizia in arrivo. Tornò alla Mini e si mise in viaggio verso la sua visita programmata. La missione di sicurezza proseguiva. Era ora di mettere un termine.
 
Un posto, il proprio posto...

 

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Capitolo 22
*** Capitolo Ventidue ***


La campanella tintinnò annunciando l'arrivo di un nuovo cliente e, contro ogni previsione, non fu un sorriso di benvenuto ad apparire sul volto dei proprietari ma uno sguardo deciso e pronto alla battaglia.
 
“Potete mettere via le armi” scherzò Ryo, tutto sorrisi.
 
Diffidenti, Umibozu e Miki lo osservarono avvicinarsi e sedersi al bancone, la donna aveva un vassoio in mano, l'uomo teneva la mano sotto il bancone, probabilmente pronto ad afferrare il bazooka.
 
“Posso avere un caffè, per favore?” chiese Ryo alzando un sopracciglio.
 
“Sì...certo” fece Miki, con uno sguardo sorpreso e sospettoso.
 
Lasciò il vassoio e preparò una tazza fumante che gli porse, rilassandosi completamente mentre suo marito si dirigeva verso il magazzino. Ne uscì un minuto dopo senza grembiule, la giacca tenuta dietro la schiena.
 
“Vado a fare la spesa” annunciò.
 
“Umi?” fece Miki.
 
Era raro vederlo uscire quando c'era Ryo, persino inedito, pensò lei. Di solito quando si trovava da sola con lo sweeper, accadeva quando lui se n'era già andato e Ryo arrivava dopo. Altrimenti, non la lasciava mai sola con lui o Mick.
 
“Non hai paura di lasciarmi con la tua metà, Testa di polpo? Potrei convincerla a lasciarti” ironizzò Ryo.
 
“Vuoi che ne discutiamo di persona?” ribatté Umibozu con tono calmo.
 
“Vai a sbrigare le tue faccende...” replicò lo sweeper, consapevole che stava giocando col fuoco anche se il suo amico era di una discrezione leggendaria.
 
Il gigante sorrise appena prima di uscire dal caffè. Ryo avvertì subito la tensione di Miki aumentare.
 
“Ti avverto, sono armata” lo minacciò.
 
“Perché tanto astio, mia cara Miki?” la stuzzicò. “Non hai niente da temere da me. Dovresti saperlo, no?”

“Mi fido del professionista, non necessariamente dell'uomo”

“In effetti non ho mostrato il mio lato migliore” ammise lui. Sentì di colpo il rumore di qualcuno che cadeva e si sporse oltre il bancone. Miki era stesa a terra, con una libellula accanto a lei.
 
“Stai bene, Miki?” chiese divertito.
 
“Non lo so. Kazue ti ha punto con una delle sue siringhe?” domandò lei preoccupata.
 
“No. Perché?”

“Non lo so. Tu...non sei tu” replicò Miki, scrutandolo attentamente.
 
“Ah davvero? E in cosa?”

“Per cominciare, non mi sei saltato addosso. Non approfitti dell'assenza di Falcon per innervosirmi. Ammetti di esserti comportato male” dichiarò, contando con le dita ogni affermazione.
 
“È vero. Vuoi che faccia la mia solita entrata? Se può rassicurarti, tra amici si può fare...” scherzò. “Posso proporti una bottarella se vuoi, per il resto cosa devo fare?” chiese, una luce ilare negli occhi.
 
Lei lo guardò, gli occhi ristretti, poi sorrise, rimettendosi a lavare le stoviglie dell'ora di pranzo che era terminata da poco.
 
“Sei cambiato, Ryo. Mi ci è voluto un po' per accorgermene perché è successo gradualmente, ma sei cambiato”

“Eppure non ho fatto niente ai capelli” disse lui, passandosi con disinvoltura la mano nella chioma.
 
“Vuoi negare, fa' pure, ma anche se è sorprendente e bisogna abituarsi, mi piace il nuovo te, più serio e sincero” dichiarò con un leggero sorriso. “Anche se immaginavo che ci fossero molte facciate prima di arrivare al vero te...” aggiunse.
 
Ryo sospirò e, sentendo il bisogno di tenersi occupato per non fuggire dalla conversazione, si alzò, fece il giro del bancone e afferrò uno strofinaccio, sostituendo Falcon per asciugare i piatti.
 
“L'ho scampata bella” fece Miki, schivando una libellula che cadeva dal cielo vedendo le azioni di Ryo.
 
“Perché?”

“Stai asciugando i piatti” gli fece notare.
 
“Sì, e allora?” disse lui senza capire.
 
“Non te l'ho mai visto fare”

“Sai, da quando Kaori è andata via, ho pur dovuto mangiare, badare alla casa, fare il bucato...” rispose, alzando le spalle.
 
Ryo saltò di lato, arma in mano, sentendo il rumore di spari. Si rilassò vedendo che non erano stati attaccati da criminali ma che Miki era solo sepolta sotto una tonnellata di libellule.
 
“Ce l'hanno con te oggi” constatò Ryo, stupito.
 
“No, tu dici? O loro o il cielo mi sta cadendo sulla testa, il mondo è sottosopra, la Terra ha cominciato a girare dall'altro lato...mi stai dicendo che, se ora andassi a casa tua, dopo otto mesi di assenza di Kaori, lo troverò perfetto, non ci saranno pasti precotti in una metà del tuo frigo e birre nell'altra, che non si respirerà nicotina e che nessuna ragazza è venuta a occupare il tuo letto” disse Miki, incredula.
 
“Perfetto, non come quando c'è Kaori, i pasti precotti e le birre le troverai accanto ad alimenti freschi e analcolici perché devo ammettere che non ho sempre tempo per cucinare. Per quanto riguarda la nicotina, non voglio essere ucciso quando tornerà ed è più piacevole e no, nessuna ragazza nel mio letto”

“E fuori?” gli chiese, sospettosa.
 
“Intendi nella sua camera da letto, in cucina o in salotto?” la prese in giro.
 
Miki gli lanciò uno sguardo cupo che lo fece indietreggiare di un passo.
 
“Sai benissimo cosa intendo. Devo aspettarmi di raccogliere la mia migliore amica con un cucchiaino quando tornerà?” ringhiò.
 
“Ti farei notare che è una faccenda privata...ma no, non dovrai farlo” replicò, distogliendo lo sguardo.
 
Miki lo fissò per un momento, poi sorrise e si mise a saltellare.
 
“Non ci credo! Hai intenzione di dichiararti? Le dirai che la ami e che la renderai la tua metà? È vero, Ryo? La renderai felice?” disse, estasiata.
 
“Uh, Miki...” cercò di intervenire.
 
L'esuberanza dell'amica l'aveva già fatta partire per terre lontane e si entusiasmava su quello che lui avrebbe fatto, secondo lui, il modo in cui si sarebbe dichiarato, come Kaori avrebbe reagito...impedendo a Ryo di informarla che non c'era bisogno di dichiararsi perché l'aveva già fatto.
 
“Sai che c'è? Chiuderemo il locale e andremo a pulire l'appartamento come se lo facesse lei. Sarà così orgogliosa di te. Non voglio che sia distratta da nulla e si concentri totalmente su di te. Andremo a fare la spesa e cucinerò io così lei non dovrà preoccuparsi di niente e potrete passare giorni a fare l'amore senza fermarvi. È quello che vi ci vuole per rimediare a sette anni di astinenza” programmò, senza disturbarsi a chiedere il suo parere.
 
Ryo quasi si sentì soffocare dalle affermazioni di Miki e capiva un po' meglio Kaori quando tornava color cremisi dopo essere scappata dal caffè e da una discussione scabrosa.
 
“Sai, sono sette anni per lei ma non per me...”

“Sì, beh, sarà meglio che tu non ne faccia menzione perché ha già sofferto abbastanza per colpa tua!” lo rimproverò. “Spero che tu non l'abbia tradita durante la sua assenza! Beh, mi dirai che non puoi tradirla se non state insieme...” pensò ad alta voce. “Comunque, spero che tu te ne sia stato buono in questo periodo”

“Ehm, Miki, non pensi di essere indiscreta?” azzardò Ryo, imbarazzato. Trasalì allo sguardo cupo e minaccioso che lei gli rivolse.
 
“Nessuna, neanche una ragazza, niente” confessò, alzando le mani e deglutendo.
 
“Meglio così. Mi congratulo con te, piccolo Ryo” si complimentò.
 
Ryo si girò di scatto sentendo un corvo che gracchiava beffardamente e si rotolava ridendo sul pavimento. Si trattenne dal tirare fuori la sua Magnum e farlo fuori.
Quando arrivarono all'appartamento, Miki lasciò un fischio ammirato, poi iniziò a ispezionare sotto i tappeti, gli angoli della stanza, gli scaffali.
 
“È pulito come se ci fosse Kaori. In effetti, sei molto bravo. Non facevi che prenderla in giro!” lo rimproverò, furiosa.
 
“Mi crederai se ti dico che mi rifacevo gli occhi?” disse, passandosi una mano tra i capelli.
 
“Mah” disse lei scettica.
 
Entrò in cucina e lui la seguì, guardandola aprire il frigo. Prese un cucchiaio da un cassetto e assaggiò gli avanzi di un piatto che aveva preparato la sera prima. Emise un piccolo grido di estasi.
 
“Ma è buonissimo! Da quando cucini?” chiese sorpresa.
 
“Da molto tempo. Quando vivi da solo e devi stare attento alla linea, impari a cucinare” spiegò.
 
“Tu fai attenzione alla linea?” ripeté, sbalordita.
 
Ricordava vividamente il modo in cui mangiava, inghiottendo il cibo, e non aveva mai considerato che prestasse attenzione alla linea.
 
“Come Umi, no?”
 
“Sì, è vero. Quando penso che ti lamentavi di continuo che lei non sapeva cucinare...avresti potuto farlo tu!”

“Mi crederai se ti dico che la sua cucina mi piace?” domandò, abbassando lo sguardo per evitare la sua espressione, maliziosa o arrabbiata.
 
“Se stai solo cercando di sfuggire alla punizione...” lo avvertì minacciosamente.
 
“No, è vero. Cosa vuoi, dovevo trovarle dei difetti per non cedere alla tentazione” sbottò ridendo.
 
Miki abbassò i pugni ai fianchi e lo guardò, stringendo gli occhi.
 
“Vuoi dire che la svalutavi per tenerla a distanza?”

“In effetti” ammise Ryo, senza vergogna.
 
“Hai uno strano modo di amare, Ryo Saeba. Nasconderti per non confessare...”

“Anche tu hai i tuoi piccoli segreti, Miki. Anche tu hai nascosto delle cose alla persona che ami” sottolineò.
 
La giovane donna apparve stupita e lo guardò.
 
“Di cosa parli?”

“Di Kimiko...o meglio, di te che sei venuta a chiedermi di proteggere Testa di polpo sotto copertura per via di una conversazione sentita casualmente. Ti ricordi, no?” le chiese, con uno sguardo intenso.
 
La donna era senza parole. Per un momento si era chiesto se lui non avesse capito l'inganno, ma alla fine aveva pensato di no, altrimenti gliene avrebbe parlato usandolo contro di lei. Non sapendo cosa dire, si diresse verso l'uscita.
 
“Non devi vergognarti, Miki” le disse lui raggiungendola.
 
“Ne hai parlato a Falcon?” lo interrogò a voce bassa.
 
“No mai. Avevi paura per lui dopo che aveva perso la vista. In qualche modo non ho fatto che rendergli il favore per tutte le volte in cui lui è stato accanto a Kaori”

“Falcon prova molto rispetto e affetto per lei” disse Miki. “Si sente investito di una missione verso di lei, deve esserci per proteggerla quando tu non puoi farlo, ma non lo ammetterà mai” aggiunse con un sorriso.
 
“Perché? Pensa che sia troppo debole per il nostro mondo?” chiese Ryo.
 
Nella spiegazione di Miki poteva percepire la forza di quell'impegno per Falcon. Sapeva che Umi apprezzava Kaori, ma non sapeva che fosse così preoccupato per il suo destino, anche se non c'era da essere molto sorpresi.
 
“No, anzi...dice che lei è la forza di tutti noi, che ci è essenziale e per questo dobbiamo proteggerla. Credo di non averlo capito finché lui non se n'è andato” ammise. “Io sono una donna forte, Ryo. Sono cresciuta in guerra, ho impugnato armi e ucciso persone. Potrei alzarmi e sfidare chiunque si opponga a noi”
 
“Kaori non è come te” osservò lo sweeper.
 
“Lo so. Lei non ha ucciso come ho fatto io. Brandisce le armi, ma sei sempre riuscito a tenere le sue mani pulite, ed è un bene per lei e per noi. Non l'avevo capito prima. D'altronde, solleverebbe montagne per lottare per qualcosa che ritiene giusto e per te, per ciascuno di noi, sarebbe pronta a dare la sua vita. Ha la capacità di sollevarci verso l'alto, si spingerci a dare il meglio di noi stessi, sia nel combattimento che nella vita, per portare alla luce la parte migliore della nostra anima” dichiarò con le lacrime agli occhi.
 
Asciugandole brevemente, aprì la porta del locale e si sedettero uno accanto all'altro al bancone.
 
“So che senza di lei non starei con Falcon perché forse non ci sarebbe stato quel duello. Penso che tu sospettassi che avrebbe fatto una cosa del genere, e aspettavi solo una piccola apertura”

“Se lo dici tu...” rispose Ryo con un sorrisetto.
 
“Saresti davvero venuto a letto con me se avessi vinto?”

“Vado a letto solo con donne libere. Cerco di evitare quelle che hanno il cuore impegnato”

Miki lo scrutò per un momento, poi annuì. Era la risposta che si aspettava e riconsiderò il suo giudizio: poteva fidarsi anche dell'uomo.
 
“Per tornare al tema iniziale, io sono forte ma lei lo è più di me e, quando siete insieme, siete invincibili. È strano, è la stessa impressione che ho vedendoti negli ultimi mesi, come se lei fosse al tuo fianco”
 
“Non è lontana, Miki. Per un momento ho pensato che fosse l'occasione giusta di restituirla a una vita normale, ma mi sono reso conto che era da più di sette anni che non potevo più farlo. Da lì in poi...”

La suoneria del telefono li interruppe e Miki si scusò andando a rispondere. Ascoltò l'interlocutore, lanciando un'occhiata a Ryo, poi riattaccò.
 
“Era il Professore. Ha delle informazioni per te. A quanto pare è piuttosto urgente” gli disse.
 
Rimanendo impassibile, Ryo controllò l'orologio prima di alzarsi.
 
“È meglio che vada”

“Ryo, Kaori tornerà presto?” gli chiese con un accenno di tristezza.
 
“Non credo che manchi molto. Ho sistemato le cose con i clan. C'è solo un'ultima cosa da fare”

“Quale?” domandò Miki curiosa.
 
“Devo andare”

Lasciò il bar e tornò di corsa al suo immobile per recuperare la Mini e andare in clinica dove il suo amico lo aspettava.
 
La nostra forza...

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Capitolo 23
*** Capitolo Ventitré ***


“Buongiorno Ryo”

Lo sweeper si voltò e osservò la nuova arrivata. Una vera bellezza come al solito, una bellezza che spesso avrebbe potuto essergli fatale ma, nonostante tutto, non se n'era mai allontanato...e non l'avrebbe mai fatto.
 
“Buongiorno Saeko. Cosa ti porta qui?” la salutò.
 
“Una cosa da nulla” rispose lei con un sorrisetto.
 
“Con te, 'una cosa da nulla' è spesso esponenziale e a doppio taglio”

“Ho un lavoro per te. Solo per qualche ora” gli disse.
 
“Perché non sono sorpreso?” fece lui, tornando a guardare lo stagno che stava osservando da un po'.
 
Tirò fuori una sigaretta dall'astuccio e la sgualcì. Era l'ultima, si disse, l'ultimissima sigaretta che avrebbe fumato, un gesto per la salute e il futuro. L'accese e inalò la prima boccata, sentendo il fumo scendere nelle vie respiratorie prima di espirare lentamente, guardandolo salire nel cielo.
 
“Come mi hai trovato?” le chiese con tono neutro.
 
“Ti ho chiamato ma, non avendo avuto risposta, sono passata ieri sera al Cat's Eye e Miki mi ha detto che il Professore ti aveva chiamato per delle informazioni. Quando ho provato a chiamare stamattina presto e ancora non c'eri, ho tentato la fortuna. Dev'essere stata un'enorme quantità di informazioni per farti passare la notte qui” disse con aria interessata.
 
La sua curiosità divertì lo sweeper e un sorriso si distese sulle sue labbra. Se solo avesse saputo, di sicuro non avrebbe creduto alle proprie orecchie.
 
“Non lo immagini nemmeno...” sussurrò, guardando il vuoto.
 
“Sei strano, Ryo. Qualcosa non va?” si preoccupò. “È per Kaori? Hai notizie? È in pericolo?”

Ryo avvertì crescere la tensione di Saeko, una sincera inquietudine che lo stupiva da parte di chi voleva essere vista come una persona fredda e insensibile, a volte anche con la sua stessa famiglia.
 
“Sta bene. Non preoccuparti. Tornerà presto a casa” la rassicurò.
 
“Perché tanto mistero intorno a lei, Ryo? Perché non vuoi dire a nessuno dov'è?”

Lui la guardò e notò nei suoi occhi lo stesso luccichio che aveva visto in altre persone: incomprensione. Sapeva che tanta segretezza doveva ferire i suoi amici, portandoli a credere che non avesse fiducia in loro, ma sapeva che non aveva margini di errore in quel caso e sebbene i suoi amici non avrebbero mai detto dove Kaori si trovava, bastava un microfono, un registratore o altro per ascoltare una conversazione apparentemente privata e metterla in pericolo.
 
“Perché non ho avuto scelta e non posso lasciare che il caso la consegni nelle mani sbagliate. Ho piena fiducia in voi, ma non posso in nessun caso lasciare che la sorte decida il suo destino” rispose. “Capirai presto. Capirete e mi perdonerete...beh, lo spero” aggiunse pensieroso.
 
“D'accordo. Mi fido del tuo giudizio” ammise lei. “E cosa ti porta all'alba a contemplare lo stagno? Raramente ti ho visto così serio”

“Stavo facendo il punto sulla mia vita” confessò.
 
Saeko avvertì una libellula volarle intorno, scompigliandole i capelli nel passaggio e, una volta passato il momento di stupore, ravviò una ciocca dietro l'orecchio.
 
“Il punto sulla tua vita? Cavoli, se qualcuno mi avesse detto che queste parole sarebbero uscite dalla tua bocca...” disse, sbalordita.
 
“Sedici mesi fa, sarei stato il primo a sorprendermi” rispose lui ridendo.
 
Quante cose erano successe da quel mese di maggio in cui aveva letto la notizia della morte di Megumi Iwasaki. In sedici mesi il caso gli aveva fatto incontrare, in un modo o nell'altro, più di una ventina di sue ex clienti e, guardando Saeko, si disse che lei era una di più: anche lei lo era stata in una certa maniera, amica, cliente, signorina mokkori per eccellenza...era la donna che conosceva da più tempo, frequentandola regolarmente, non sempre così profondamente come avrebbe voluto...o come aveva pensato di volere, non lo sapeva davvero.
 
“Alla fine, non dovrai pagare i tuoi debiti” concluse ironico.
 
“Come?” si stupì lei, prima di riprendersi e avvicinarsi a lui in modo seducente. “Sei morto? Ho davanti il tuo spettro e non me ne accorgo? Eppure mi sembri reale...” sussurrò, posandogli una mano sul petto prima di risalire sulla spalla.
 
“Non morto, no. Ho ancora molte ragioni per aggrapparmi alla vita. In ogni caso, è una discussione inutile perché non hai mai avuto intenzione di pagarmi i colpi che mi dovevi” affermò.
 
“Dopo questo caso, se vuoi. I colpi che avrai guadagnato più gli arretrati ancora dovuti” gli offrì con voce soave.
 
“E se per una volta fossimo onesti, Saeko?” suggerì Ryo.
 
La poliziotta lo guardò, immobile come una statua, poi, come a rallentatore, cadde all'indietro.
 
“Tutto bene?” chiese l'amico, inginocchiandosi e toccandole gentilmente la guancia.
 
“Devo avere avuto un ictus” fece lei. Guardò lui, poi il proprio corpo, la gonna con piccolo spacco scopriva ampiamente le sue gambe fino al limite della biancheria intima, tornò su Ryo, pronta a sfoderare i suoi coltelli, ma trovò solo una mano tesa e un sorriso amichevole.
 
“Posso aiutarti ad alzarti?”

“Sei stato drogato? Sei malato? In punto di morte?” chiese, ansiosa.
 
“No, sono io, al cento per cento...beh, quasi quando avrò finito l'ultima sigaretta” disse, tirando l'ultima boccata e schiacciando il mozzicone. “Ecco, al cento per cento” affermò.
 
“Sembrano le parole di un condannato a morte” sussurrò Saeko, alzandosi aiutata da lui.
 
Ryo rise, a cuor leggero, sotto lo sguardo ametista sorpreso.
 
“No, sei di fronte a un condannato alla vita”

“Non capisco cosa stia succedendo, Ryo...ho bisogno di un caffè, credo” sospirò lei.
 
Lui annuì, tutto sorrisi, e si diressero alla clinica dove presero il caffè all'ingresso, prendendo posto nelle poltrone lì vicino. Rimasero in silenzio per un momento prima che lui si voltasse verso di lei.
 
“Non sei ancora riuscita a liberarti di lui, vero?” le chiese improvvisamente.
 
“Di chi parli?” fece lei goffamente, sapendo benissimo di chi.
 
“Makimura” esplicitò Ryo, la voce carica di tristezza.
 
“Non capisco di cosa stai parlando, Ryo...” mormorò cupamente.
 
“Lo sai benissimo ma sei libera di non voler affrontare la realtà o di nasconderti dietro una cortina di fumo. Me ne sono servito abbastanza da non potermi ergere come giudice in materia” disse lui, rivolgendole uno sguardo amichevole. “Ho smesso di fingere, Saeko. Ho finalmente affrontato la verità e mi sento benissimo. Sono nuove sfide per me, ma finalmente posso vivere la mia vita come voglio”

Lei lo fissò e fu sorpresa di vedere un sorriso sereno...e felice. Se lo spiegava con una sola possibilità e si sentiva a pezzi perché ora sarebbero state in due a soffrire e Kaori non se lo meritava.
 
“Hai conosciuto qualcuno?” gli chiese con voce tesa.
 
Ryo la guardò e sorrise leggermente. Si appoggiò allo schienale della poltrona e incrociò le gambe con noncuranza.
 
“Sì” rispose semplicemente.
 
“Kaori lo sa?”

“Sì, fin dall'inizio”

“Come hai potuto farle questo, Ryo? Lei ti ama e pensavo che anche tu l'amassi. Come hai potuto metterti con un'altra donna?” chiese con voce assente.
 
“Dice quella che per anni ha giocato con il cuore di due uomini...”

“Non ho giocato, Ryo. Non riuscivo a decidermi e, quando l'ho fatto...era troppo tardi” mormorò con le lacrime agli occhi.
 
Toccato dall'emozione dell'amica, lo sweeper si alzò e andò a sedersi accanto a lei, avvolgendole un braccio intorno alle spalle e tirandola a sé.
 
“Penso che lo sapessi, che tu l'avessi sempre saputo, ma era troppo difficile aprirti a lui. E mettendoci in competizione era un'occasione per prendere la rincorsa...ma ti sei dimenticata di saltare” le disse con voce dolce.
 
“Lo amavo e provavo davvero qualcosa per te”

“Lo stesso vale per me. Per molto tempo ho pensato che fosse la cosa più vicina all'amore che avrei mai sperimentato, ma mi sono sbagliato. Avevo trovato la mia controparte femminile e tu mi attiravi tanto quanto mi evitavi. Eri diventata una sfida e io mi lasciavo prendere in giro perché lo volevo, perché provavo rispetto e amicizia per te, perché mi andava bene anche così. Mi impediva di guardarmi intorno per una relazione seria” spiegò con calma.
 
“Questo significa che non ci sarà mai niente tra noi?” gli chiese.
 
“Una profonda amicizia, Saeko. Questo non cambierà. Se intendi aggrapparti ancora a questa ipotesi per nasconderti, dovrai trovare qualcos'altro. Ho incontrato la donna di cui avevo bisogno”

La guardò dritto negli occhi e abbassò il viso verso di lei. Come ipnotizzata, lei lo osservò senza muoversi e si stupì quando lui la baciò sulla fronte in modo molto fraterno.
 
“Prova a lasciar andare i fantasmi del passato. Maki non avrebbe voluto vederti da sola. Vorrebbe che vivessi e che fossi felice” le sussurrò all'orecchio.
 
“Non pensavo che fossi così filosofo” disse con le lacrime agli occhi. “Avrei capito che ti mettessi con Kaori, ma un'altra mi fa male, per lei e per me” ammise. “Allora, chi hai incontrato?” osò comunque chiedergli.
 
Lui inclinò la testa all'indietro e fissò il soffitto per un momento.
 
“In realtà, delle ex clienti” rispose.
 
“Ex clienti? Non capisco, Ryo”

“Ho incontrato alcune ex clienti e mi hanno aperto gli occhi”

“Davvero? E...”

Furono interrotti dalla suoneria del telefono di Saeko, che rispose e uscì dalla clinica per non disturbare. Ryo si alzò e si mise a camminare su e giù per l'ingresso, guardando lungo il corridoio che portava alle stanze. Il Professore gli aveva detto che tre di esse erano occupate da persone poco raccomandabili. La clinica era un luogo neutro dove, normalmente, gli attacchi erano proibiti. Tuttavia, tutto il personale e il Professore in primis rimanevano vigili. Non c'era certezza sulla follia umana.
 
“Era un mio collega. Se vogliamo procedere, dobbiamo essere pronti tra un'ora”

“Per cosa?”

“Per il lavoro di cui ti volevo parlare. Abbiamo avuto informazioni su una nuova organizzazione che vuole implementare una propria rete di traffico di droga. Sono tipi tosti e preferirei occuparmene prima che si mettano davvero all'opera. Al momento hanno pochi uomini ma a quanto pare agiranno in fretta” gli spiegò.
 
“Dai, ammettilo, c'è dell'altro” la stuzzicò lui.
 
“Perché dici così?” fece lei sulla difensiva.
 
“Perché le tue missioni partono sempre in sordina. Mi assumi per rubare un microchip in una mostra d'arte e mi ritrovo nel bel mezzo di un colpo di stato tra due fratelli gemelli, uno dei quali è allergico agli uomini. Mi cerchi per farmi fare la guardia del corpo, Kaori viene rapita e finiamo in un traffico con a capo un travestito” ricordò, ancora tremando per il disgusto che aveva provato nel momento in cui aveva scoperto che quella magnifica donna era un uomo.
 
Saeko ebbe la decenza di apparire imbarazzata e abbassò lo sguardo.
 
“Senza contare i casi che mi hai rifilato di soppiatto...”

“Davvero?”

“Tua sorella, Keiko...” iniziò.
 
“Keiko non te l'ho rifilata di soppiatto. Ero d'accordo con Kaori” si difese.
 
“Facendola passare per un uomo perché non le saltassi addosso?” rise.
 
“Dovevo pur proteggerla...” disse lei sorridendo.
 
“Va bene...tua sorella...” riprese.
 
“L'hai già citata” gli fece notare.
 
Lui la guardò male e lei fece un piccolo sorriso contrito.
 
“L'altra tua sorella” ringhiò.
 
“Oh...sì, è vero. C'è stata anche Yuka...” ricordò Saeko.
 
“L'ultima che mi ricordo, Hazuki. E non mi metto a ricordarti cosa c'è stato dopo”

“No, ricordo. L'attacco del generale Kreutz al matrimonio di Umi e Miki” disse lei.
 
“La ferita di Miki e il rapimento di Kaori. Avremmo potuto perderle quel giorno” rammentò cupamente.
 
“Non potevo prevedere che ti avrebbe ritenuto responsabile di un colpo di stato fallito” contestò lei.
 
Ryo la osservò per un momento, poi annuì. Non aveva torto. Nessuno aveva previsto che quel pazzo si sarebbe presentato ad aggredirli, sbarcando con le sue truppe sul suolo giapponese senza nemmeno essere visto, attaccando durante il matrimonio dei loro amici, rapendo Kaori per adescare lui e uccidere entrambi.
 
“Comunque le tue richieste sono sempre...beh, siamo indulgenti per una volta, diciamo spesso incomplete, spesso mancano piccoli dettagli importanti a lungo termini e che ci mettono sempre in situazioni impossibili” riassunse.
 
“Vuol dire che non potrò più contare su di te in futuro?” sussurrò Saeko, la voce leggermente sbiadita.
 
“No, non intendo questo, ma in futuro vorrò sapere tutto, qualsiasi cosa sia. Non voglio più che mi manipoli e che mi nascondi la verità” le disse con aria determinata.
 
“Però un paio di volte ti ho salvato” gli ricordò.
 
“Lo so e lo apprezzo. Continuiamo questo scambio di favori positivi. Diciamo che cambiamo solo alcune condizioni di base” offrì.
 
“Sei cambiato, Ryo” disse lei.
 
“Certo, ma non me ne lamenterei” rispose lui con calma.
 
Sentendo una porta che si chiudeva in lontananza, lui guardò in fondo al corridoio prima di voltarsi di nuovo sulla sua amica.
 
“Com'è lei?” chiese Saeko.
 
“Chi?” replicò Ryo, momentaneamente distratto.
 
“Quella che hai incontrato” spiegò.
 
Lui guardò verso la porta vetrata dell'ingresso, con un'aria sognante come mai lei gli aveva visto. Era sorpresa dal cambiamento del suo amico, dalla sua improvvisa leggerezza, anche se lo sapeva vigile, dalla sua serenità. Lo aveva visto indolente, festaiolo, con un'esagerata avventatezza che sapeva essere falsa. Sapeva che era serio, determinato e freddo da professionista qual era. Non lo aveva mai avvertito sereno o a cuor leggero. Si era sicuramente calmato a contatto con Kaori, durante quei sette anni di convivenza burrascosa ma segnata da un affetto sincero, seppur nascosto. La giovane donna aveva aperto porte a colpi di martelli, mazze, konpeito e scontri verbali. Lo aveva circondato di una tenerezza sincera e goffa che l'aveva toccato più di quanto fosse disposto a confessare. Saeko conosceva quella sensazione e sapeva che solo un Makimura poteva riuscire a riscaldare un cuore congelato. Kaori aveva lasciato il segno. Sfortunatamente, era un'altra ad approfittarne e lei pensava che non fosse giusto.
 
“Penso che ti piacerà” rispose semplicemente.
 
“Mi riservo di rispondere” replicò lei testarda.
 
Ryo sorrise alla lealtà della sua amica. Sospettava quali fossero i suoi pensieri dal suo piccolo broncio. Nonostante le sue arie fredde, Saeko voleva molto bene a Kaori anche se non riusciva a capire se fosse così per Kaori in sé o perché era la sorellina del suo defunto amore.
 
“Beh, vedo che non otterrò nulla da te, quindi non insisterò” si arrese Saeko. “Andiamo?” gli chiese.
 
“Dove?”

Frustrata, Saeko si trattenne dal colpirsi la fronte e si voltò verso di lui, leggermente infastidita.
 
“La missione. Ho bisogno del tuo aiuto, Ryo. La rete di droga...” gli ricordò.
 
“Chiedi a Umi o Mick. Sono già occupato” si oppose.
 
“Cosa?” esclamò, sbalordita. “Tu...non vuoi aiutarmi?” ripeté.
 
“Non posso, Saeko. Ho già una missione in corso” le disse.
 
“Questo non ti ha mai impedito di aiutarmi prima. È solo per poche ore...” gli promise.
 
Ryo la osservò e scosse la testa. Per la prima volta in vita sua e sebbene fosse per una nobile causa, saltava il turno.
 
“Non questa volta, Saeko. Non è che non voglia più aiutarti, ma non oggi. Ho un'altra missione ed è importante”
 
“Di cosa si tratta? Ryo, cosa può esserci di così importanti da non volermi aiutare oggi?” gli chiese. “Non ti capisco. Non ti capisco più, Ryo. Lasci Kaori per un'altra. Ti rifiuti di aiutarmi. Quale sarà la prossima tappa? Te ne andrai da Tokyo piantandoci tutti?” gridò.
 
Ryo la guardò, non sapendo cosa fare. Sentendo un rumore in corridoio, si voltò di nuovo e, dopo pochi secondi, tornò a guardarla.
 
“Vieni, ti spiego” gli disse.
 
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Capitolo 24
*** Capitolo Ventiquattro ***


Camminando lungo il corridoio, Ryo condusse Saeko in una stanza e bussò alla porta prima di entrare. Avanzò e lei lo seguì, chiudendo la porta dietro di sé silenziosamente. Quando vide l'occupante della camera, rimase senza parole. Kaori era di fronte a lei, visibilmente stanca ma con un'espressione serena e felice come non aveva mai visto prima...anzi, la stessa espressione la mostrava Ryo, che nel frattempo si era avvicinato al letto della sua partner.
 
“Come ti senti?” le chiese, accarezzandole la guancia.
 
“Stanca ma bene” rispose lei, baciandogli il palmo della mano.
 
“Quindi era Kaori...” sussurrò Saeko, che aveva compreso il gesto tenero del suo amico.
 
La coppia si voltò verso la poliziotta con aria leggermente colpevole prima di sorridere.
 
“Sì, era Kaori. Non c'è un'altra donna, Saeko. Non poteva esserci nessun'altra” rispose con calma.
 
“Quando sei ritornata? Cosa ci fai qui?” si preoccupò l'amica.
 
“Sono rientrata da quattro mesi, credo” disse Kaori, consultando Ryo per ricevere conferma. Lui annuì e si girò verso Saeko.
 
“I clan hanno iniziato a cercarla quando è partita. Inizialmente si sono concentrati a Tokyo, poi in Giappone, ma Mary ha sentito che la cercavano sulla costa orientale americana, è andata a prenderla e l'ha portata qui” spiegò Ryo.
 
“Vuoi dire che per tutto questo tempo tu sei stata in clinica?” chiese Saeko.
 
“Sì, con Sayuri. Era la cosa migliore per lei che aveva ancora bisogno di cura ed è un posto sicuro” si giustificò Kaori.
 
“Sei stata aggredita? Perché sei qui?” si inquietò Saeko.
 
La coppia si guardò per un breve momento e Ryo si voltò brevemente prima di tornare da loro, con un fagotto tra le mani.
 
“Ti ho spiegato che avevo una missione. Ti presento la mia nuova cliente, l'altra donna della mia vita” disse avvicinandosi a Saeko.
 
Si fermò davanti alla donna e scostò leggermente la copertina per scoprire il viso di una neonata.
 
“Saeko, ti presento nostra figlia, Kimi. È nata stamattina presto e, per ragioni che comprenderai, almeno spero, è la mia missione per la giornata, insieme a sua madre. Mi rifiuto di prendere dei rischi oggi e far coincidere il giorno della sua nascita con un altro giorno di lutto. So quanto sia doloroso” spiegò rivolgendo uno sguardo amorevole alla sua compagna, che lo ricambiò.
 
La poliziotta osservò il visino addormentato e l'accarezzò con la punta delle dita, le lacrime agli occhi.
 
“È stupenda” sussurrò, commossa.
 
“Tutto il ritratto di sua madre” concordò Ryo, rivolgendo uno sguardo caloroso alla compagna che arrossì sorridendo.
 
“Congratulazioni a entrambi. È sorprendente” disse Saeko.
 
“Grazie”
 
Riprendendosi leggermente, Saeko si avvicinò a Kaori e, dopo un breve momento di esitazione, si chinò e l'abbracciò.
 
“Sono contenta che sia tu. Puoi stare serena e non preoccuparti di nulla. È tuo, Kaori, tutto tuo. Siate felici tutti e tre” augurò.
 
“Grazie Saeko” mormorò Kaori, emozionata.
 
“Ok, ho una missione da svolgere. Vado a vedere se Umi può aiutarmi. Non avrò molto tempo per persuaderlo” disse la poliziotta, riacquistando la sua superbia.
 
“Saeko, non voglio correre rischi oggi...” iniziò Ryo.
 
“Non preoccuparti. Non dirò niente. Tu...voi potrete annunciarlo quando vorrete”
 
“Stasera o al massimo domani. Oggi voglio solo godermi le mie due donne senza preoccuparmi della loro sicurezza. Dovrà farlo abbastanza in futuro”
 
“Capisco. Puoi contare sul mio silenzio”

“Lo so”
 
Saeko li salutò e se ne andò a cuor leggero. La porta si richiuse, Ryo si sedette accanto a Kaori e le porse Kimi, che iniziava a piagnucolare. Senza una parola, preparò il biberon e glielo passò.
 
“Dovresti chiamare Umi e convincerlo ad aiutare Saeko” gli consigliò Kaori, nutrendo la neonata. “So che sei felice di essere qui e lo sono anch'io. Ma so anche che ti preoccupa aver dato forfait” disse, notando la sua espressione accigliata.
 
“No, io...”

“Ryo, ti conosco. So che sei sincero quando dici che vuoi passare la giornata con noi, ma so anche che avresti voluto andare a prendere a calci quei criminali. Allora, facilita il compito per Saeko, telefona a Umi e approfittane per dire loro di passare stasera, ma brevemente perché ammetto che la nottata è stata lunga” propose.
 
Lui la guardò per un lungo momento, sentendo il cuore battere forte. Aveva fatto la scelta giusta nonostante i dubbi e le paure che avevano segnato il suo cammino. Non si era sbagliato. Si chinò e la baciò a lungo, teneramente, prima di accarezzare la testolina della figlia e uscire dalla stanza, dirigendosi verso la sala break delle infermiere.
 
“Cat's Eye, buongiorno” disse una voce grossa.
 
“Umi, sono Ryo. Ho un favore da chiederti. Saeko sta venendo da te...” iniziò.
 
“È appena arrivata” rispose Umi, vedendo la Porsche rossa accostare davanti all'insegna.
 
“Le serve aiuto per una missione e io non posso esserci. Puoi darle una mano, per favore?” chiese Ryo.
 
“È la prima volta che me lo chiedi così educatamente” notò il gigante.
 
“Le cose cambiano...” disse lo sweeper.
 
“Lo so. Ne parlerai quando sarai pronto”
 
“Dì a tutti di venire tutti in clinica alle sei. La visita dovrà essere breve ma sarà un bene per tutti” lo informò.
 
“Molto bene” concluse Umibozu prima di riagganciare, mentre Saeko entrava nel caffè.
 
La poliziotta fece un profondo respiro, pronta a doversi battere per ottenere aiuto.
 
“Seguimi e spiegami la situazione” le disse il gigante, girando il cartello su 'Chiuso' prima di dirigersi verso il seminterrato per attrezzarsi.
 
Saeko impiegò due secondi per riprendersi dalla sorpresa, poi lo raggiunse rapidamente, informandolo lungo il tragitto.
 
Quando lasciò la sala break, Ryo tornò nella stanza di Kaori, ma la superò e bussò a quella successiva.
 
“Avanti” sentì.
 
“Buongiorno Sayuri. Come stai?” le chiese chiudendo la porta.
 
“Sto bene. Come sta Kaori? Ha partorito?”

“Sì, alle cinque del mattino” rispose, massaggiandosi leggermente il collo per allentare la tensione dovuta alla stanchezza.
 
“Femmina o maschio?” domandò lei con gli occhi lucidi.
 
“Femmina, una piccola Kimi. Tre chili e cento per cinquantadue centimetri” annunciò fieramente. “Sembra un grosso gambero” scherzò. “Kaori è stanca. Il travaglio è iniziato ieri pomeriggio. Se puoi, dalle un po' di tempo per riposare e godersi la bambina. Penso che in tarda mattinata o nel primo pomeriggio tu possa andare a fare loro visita” suggerì.
 
“Aspetterò, non preoccuparti. Dopo quello che ha fatto per me, posso pazientare un po'” gli promise. “Sono felice per entrambi, Ryo. Ho sempre avuto i miei dubbi sull'aver fatto la scelta giusta lasciandola qui. Sono sollevata di non essermi sbagliata, anche se ci è voluto un po'”
 
“Ci ho messo un po' ma non è stato spontaneo per me. Anche dopo aver fatto il grande passo, è stata dura, soprattutto quando se n'è andata. Quello che sembrava chiaro a un certo punto si è ingarbugliato e mi sono quasi arreso. Avrei commesso un errore monumentale” ammise lui.
 
“Sì, ma hai trovato la tua strada”
 
“Quando è tornata. Non so se ci sarei riuscito senza rivederla”
 
“Tutto questo è passato, Ryo. Ora dovete guardare al futuro e costruire una vita felice tutti e tre” lo esortò la cognata.
 
“E tu come ti senti, Sayuri?”

Lei si alzò, fece qualche passo per la stanza, osservandola attentamente, poi si voltò verso di lui.
 
“Viva. Cammino di nuovo quando non pensavo fosse possibile. Ho recuperato gran parte della mia memoria, la più importante comunque, anche se non si tratta di momenti sempre felici. Mi sento pronta a tornare alla mia vita e lo devo a voi due” gli disse con gratitudine.
 
“Lo devi a Kaori” rispose, modesto.
 
“Anche a te, Ryo. Quando ci siamo rivisti ero furiosa con te, ma quando sei venuto a trovare Kaori, ti sei preso del tempo anche per me, rispondendo alle mie domande con pazienza. Mi hai rassicurato su mia sorella e sul suo futuro, ho visto che ti prendevi cura di lei e che tenevi a lei e questo mi ha permesso di avanzare su altre cose” confessò. “Dovresti andare da lei, approfittare dei vostri momenti in tre. Oggi è un giorno speciale. Vieni da me quando sarete pronti. Ho tutto il tempo” gli assicurò.
 
Ryo annuì, sorridendo, poi la lasciò, andando nella stanza accanto. Quando entrò, trovò Kaori e Kimi addormentate, la culla attaccata al letto. Delicatamente, prese sua figlia tra le braccia e si sedette sulla poltrona accanto, osservando il suo viso esile. Ne tracciò dolcemente il contorno, facendola imbronciare leggermente, poi infilò un dito tra le sue, la piccola mano spuntava dalla coperta. Si sentì emozionato quando lei gli strinse il dito indice, quelle piccole di lei a malapena riuscivano ad avvolgerlo.
 
“Prometto di fare di tutto per farti vivere una bella vita, Kimi. Una vita bella e lunga. Ti proteggerò da chi vorranno farti del male, farò in modo che nulla disturbi il tuo ambiente affinché tu possa crescere serena e fiduciosa nel futuro, tua madre e io staremo con te il più a lungo possibile” disse a bassa voce per non svegliare Kaori.
 
La sua unica risposta fu un piccolo sospiro della bambina che scosse lievemente la testa. La guardò, di nuovo, con un leggero sorriso sulle labbra. Doveva ammettere che non se l'era aspettato anche se lo aveva sperato: tenere tra le braccia la sua prole addormentata. Pensava che la bambina si sarebbe agitata non appena si fosse avvicinato a lei, che avrebbe pianto, urlato, perché in fondo lui era cattivo, il suo cuore era sbagliato...ma Kimi dormiva pacificamente tra le sue braccia come se non temesse niente e poteva essere vero per i pericoli provenienti dall'esterno, ma lo era altrettanto se si trattava di lui? Era quello che gli era piaciuto credere, che Kaori lo avesse reso abbastanza buono e umano da poter amare e crescere quella bambina. Oggi, davanti a lei, sperava di non essersi sopravvalutato.
 
“Kimi, ti confesso una cosa. Ho paura. Non so cosa significhi essere padre. Non so cosa significhi avere una famiglia o essere un bambino. Probabilmente commetterò degli errori ma posso assicurarti due cose: farò sempre del mio meglio e ti amerò cercando di mostrartelo come posso, meglio di quanto abbia fatto con tua madre”
 
“Sua madre non si lamenta del modo in cui la ami. Lei sa da dove vieni. La ami a modo tuo, ma la ami, ed è tutto ciò che conta” gli assicurò Kaori, che si era svegliata pochi secondi prima. “Siamo cresciuti come coppia, Ryo. Cresceremo come famiglia. Tutto ciò che conta è che non te ne penti e che continui a fidarti di noi” aggiunse, sedendosi sul bordo del letto.
 
Lui si alzò e andò a sedersi accanto a lei, tenendo Kimi tra le braccia.
 
“Mi insegnerai?”

“Impareremo entrambi, insieme. Nemmeno la mia famiglia era molto convenzionale, sai”
 
“È vero, ma avevi Maki”

“Sì, ho un vantaggio rispetto a te” ammise Kaori. “Saremo in due per lei, due per amarla, due per proteggerla. Mi fido di te, Ryo. Tocca a te fidarti di te stesso”
 
“Sono terrorizzato, Kaori, ancora più di quando ho deciso di dare a noi una possibilità. Se sbaglio, è il suo futuro che metto in pericolo” confido.
 
“Ryo, sai cosa fare. Sai amare. Me l'hai dimostrato. So che l'aiuterai a crescere e sbocciare. Kimi è fortunata ad averti come padre e io come compagno. Ascolta il tuo cuore. Non chiederemo di più”

Lui la guardò e ne trasse la sicurezza di cui aveva bisogno prima di rilassarsi e sorriderle.
 
“Va bene, ascolterò il mio cuore, sweetheart” rispose.
 
Lei gli sorrise affettuosamente e appoggiò la testa sulla sua spalla. La giornata trascorse velocemente, Sayuri li raggiunse per un po' per conoscere sua nipote e tornò la sera poco prima dell'arrivo dell'intera banda. Nervoso, Ryo si diresse all'ingresso e aspettò che ci fossero tutti, facendo fremere d'impazienza i primi arrivati. Saeko era l'unica a sapere la verità e rimase serena, mostrando uno sguardo divertito alla fretta di alcuni. Quindi, quando finalmente Mick arrivò con Kazue, tutti li rimproverarono per essere in ritardo.
 
“Il signore qui non ha trovato niente di meglio da fare che provarci con la poliziotta che lo ha fermato per un controllo” spiegò la donna furiosa. “Di conseguenza, si è beccato una multa salata che ha cercato di annullare offrendole una cena, cosa che gli è valsa una seconda multa” aggiunse, lanciandogli uno sguardo omicida.
 
“Incorreggibile...” disse Miki. “Puoi spiegarci perché ci hai chiesto di venire, Ryo?” chiese la barista.
 
Lui li guardò tutti e un piccolo sorriso illuminò i suoi lineamenti.
 
“Immagino che tutti vogliate rivedere Kaori” iniziò, vedendo gli sguardi brillare e i sorrisi allargarsi.
 
“È qui, ma prima di portarvi da lei, detterò le regole perché è stanca. La visita sarà breve per oggi ed eviterete di farle trentamila domande. Le spiegazioni arriveranno più tardi”
 
Tutti annuirono e Ryo li condusse nella stanza della compagna. Quando entrò, Kaori lo guardò leggermente ansiosa. Si chiedeva come avrebbero reagito i loro amici alla nuova arrivata e soprattutto a tutto ciò che la sua nascita comportava. Ryo le fece un leggero cenno del capo e lasciò che tutti entrassero. Miki, Umibozu, Mick, Kazue, Eriko, Saeko, Reika e Kasumi avanzarono rapidamente, seguiti dal Professore. Tutti fissarono con stupore l'immagine di Kaori con un neonato tra le braccia.
 
“Tu...hai avuto un bambino?” sussurrò Miki, stupita.
 
“Sì. È nata stamattina” rispose Kaori, con la gola stretta dall'emozione di rivedere i suoi amici.
 
“È per questo che è rimasta via per tutto questo tempo?” chiese Eriko.
 
“Era per Sayuri, ma in seguito sì, è stato per lei” ammise la sweeper.
 
“E il padre dov'è?” chiese Mick, stringendo gli occhi.
 
Ryo si avvicinò a Kaori e si sedette sul letto accanto a lei.
 
“Per fortuna che avevo detto niente domande...” disse ironicamente.
 
“Ah no, hai detto di non fare trentamila domande” lo corresse Saeko. Lui sorrise beffardo, poi si rivolse all'amico.
 
“È nostra figlia” rispose, avvolgendo un braccio intorno alla vita della sua partner. “Per queste domande, aspetterete” interruppe in anticipo, avvertendo la bufera in arrivo.
 
“Perché non me l'hai detto, Kazue?” chiese Mick, sorpreso.
 
“Non lo sapevo” rispose lei incredula.
 
“Solo due persone lo sapevano oltre a Sayuri, Kaori e me: il Professore e Mary” intervenne Ryo, non volendo scatenare un'ondata di domande e rimproveri che avrebbero rovinato il momento. “Mary perché ha riportato qui Kaori e Sayuri dopo averle recuperate da New York e il Professore che ha accettato di ospitarle nell'ala in ristrutturazione durante questi mesi” spiegò.
 
Si alzò e si avvicinò agli amici, mettendosi tra loro e Kaori, bloccando inconsciamente qualsiasi critica potessero fare.
 
“Ho e avrò sempre fiducia in voi, ma Kaori era incinta e, come Sayuri, non nelle condizioni di difendersi. Si sono messe al sicuro tornando qui e ho considerato una buona soluzione far pensare a tutti che fossero ancora lontane. Era la migliore protezione per tutte e tre” disse, pronto ad affrontare la loro rabbia.
 
“Mentre quelli cercavano altrove, loro erano tranquille” riassunse Mick.
 
“Sì. So che non avreste detto niente per tradirle, ma non potevo permettere che casualmente la loro posizione venisse scoperta” aggiunse. “Mi scuso se siete delusi o arrabbiati. È vostro diritto. Ho fatto ciò che ritenevo necessario per proteggere la mia famiglia”

“Hai fatto bene” dichiarò Umibozu.
 
Ryo lo guardò e annuì anche se era improbabile che lo vedesse. Mick gli diede una pacca sulla spalla mentre avanzava verso Kaori.
 
“Allora, come si chiama questa bellezza?” chiese, guardando la bambina.
 
“Kimi” rispose Kaori, girandola un po' di più verso di lui.
 
“È bellissima come sua madre. Così almeno avrà la possibilità di trovare la persona giusta un giorno” scherzò, lanciando uno sguardo ironico al suo amico che rispose con un'espressione falsamente oltraggiata.
 
“A che ora è nata?” chiese Kazue.
 
“Alle cinque di stamattina” disse Kaori.
 
“Proprio la figlia di sua madre” scherzò Miki.
 
“È il mio compleanno o cosa?” si lamentò Ryo. “Sono responsabile di metà dei suoi geni” esclamò.
 
La piccola iniziò a piangere e Kaori prese il biberon che Miki le porse.
 
“Si capisce quali...” disse Reika, divertita. “Potrei quasi avere dei rimpianti vedendo quanto è bella”
 
“Io avrei potuto averne un bel po'” sussurrò Ryo, non accorgendosi dello sguardo interrogativo della detective.
 
“A proposito, grazie Ryo” disse Saeko, posizionandosi sull'altro lato.
 
“Per cosa?”

“Per aver convinto Umi. La missione è stata un successo e la rete è stata sistemata”
 
“Una buona cosa”
 
La banda rimase ancora qualche minuto prima di sgomberare il campo e lasciare il medico con i giovani genitori.
 
“Kimi sta bene” li assicurò dopo averla visitata.
 
“Grazie Professore” disse Kaori sollevata.
 
“Vi lascio. Riposate un po'. Le prime settimane sono spesso faticose, quindi abbiate cura di voi” consigliò.
 
“Professore, grazie per averle accolte e per aver vegliato su di lei” disse Ryo con gratitudine.
 
“Sai, Babyface, da stamattina sento di essere diventato nonno. È un grande regalo per un uomo che non ha avuto figli. Tuttavia sono stato abbastanza fortunato da vederti crescere e diventare un uomo buono e responsabile, un uomo che sarei stato orgoglioso di chiamare mio figlio. Spero che le mie parole non ti sconvolgano” disse con occhi che brillavano.
 
Ryo non seppe cosa dire per un momento, poi sentì la mano di Kaori stringere la sua. La guardò per un momento e sorrise prima di rivolgersi al suo anziano amico.
 
“Non ci lega il sangue, ma il cuore sì, da molto tempo, Professore. Io credo...” iniziò prima di fermarsi e schiarirsi la gola. “Credo sinceramente che Kimi sia fortunata ad averti come nonno” concluse.
 
L'uomo sbatté le palpebre e chinò la testa prima di alzare il bastone verso la porta.
 
“Io...penso che mi stiano chiamando” balbettò prima di affrettarsi a uscire.
 
La coppia lo osservò andarsene ma nessuno dei due pensò di ridere di lui. Ognuno di loro aveva il proprio background ma, alla fine, ciascuno aveva trovato il proprio posto in quel gruppo.
 
“Ci hai resi tutti sentimentali, Kaori” la rimproverò falsamente Ryo.
 
I loro sguardi si incontrarono senza accuse né fastidi, come testimoniò il sorriso che si scambiarono.
 
“Mi dai troppo potere, Ryo. Al massimo potrò aver rivelato alcuni aspetti della vostra personalità sepolti nel profondo dopo anni trascorsi all'inferno” disse lei, appoggiandosi al cuscino con aria stanca.
 
“E oggi mi dai accesso al paradiso...beh, rimaniamo modesti, diciamo che posso passeggiare nell'anticamera del paradiso perché rimarrà sempre l'ombra del nostro ambiente sulle nostre teste” dichiarò. “Con voi due al mio fianco...forse questa è la strada verso il paradiso” concluse, lanciando un'occhiata a Kimi che dormiva.
 
“Non so dove andremo ma finché saremo noi tre circondati dai nostri amici, mi basta” sussurrò Kaori.
 
“Dormi, Sugar. Vieni qui” disse, sdraiandosi accanto a lei e stringendola.
 
La sentì addormentarsi in fretta e rimase lì, a vegliare il sonno delle sue due donne.
 
Un nuovo capitolo...

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Capitolo 25
*** Capitolo Venticinque ***


“La vita riprende i suoi spazi, amico mio” sussurrò Ryo, guardando la stele di Hideyuki.
 
Al suo fianco, Kaori posò il mazzetto di garofani che aveva comprato all'ingresso nel vaso che rimaneva sempre lì.
 
“Vivremo tutti e tre senza limitarci a esistere, aniki. Kimi conoscerà suo zio anche se non lo incontrerà mai” disse Kaori prima di rivolgersi alla figlia che dormiva tra le braccia del padre.
 
“Proprio come già vive in noi. So che senza di lui non sarei qui con voi due” ammise lo sweeper, guardando amorevolmente la sua compagna.
 
“Neanch'io. Sarà meglio andare. Non vorrei che Kimi si ammalasse appena uscita dalla clinica” annunciò Kaori dopo aver avvertito una fredda raffica di vento colpirla.
 
Tornarono alla Mini e si diressero verso il centro della città ma, inaspettatamente, non si fermarono a casa.
 
“Pensavo che rientrassimo” disse la giovane madre, stupita.
 
“Miki ha organizzato una festa per l'arrivo di Kimi. Mi ha fatto chiaramente capire che se non vi avessi portato lì, avrebbe fatto a pezzi il mio mokkori e ti desidero ancora troppo per correre il rischio” confessò, facendola arrossire.
 
“Dovrò aspettare che ti stanchi per potermi riposare, allora” disse lei maliziosa.
 
“Non succederà. Anche in paradiso ti salterò addosso, Sugar” le disse, attirandola a sé per un languido bacio. Sentì le sue dita scivolare tra i capelli e approfondì il bacio con piacere prima di separarsi ansimando.
 
“Bisognerà aspettare ancora un po' prima del mokkori...” gli disse.
 
“Lo so. Sono stato ben informato dal nostro amico che mi ha chiarito che il mio compare dovrà rimanere buono per almeno un mese senza insistere troppo all'inizio. Sarà difficile ma tu ne vali la pena. E poi avrò un'altra donna che occuperà le mie notti nell'attesa” scherzò, lanciando un'occhiata a Kimi che stava aprendo gli occhi.
 
“Vuoi dire che ti alzerai la notte?” chiese lei.
 
“Io vado a letto tardi, tu ti alzi presto” disse, indicando prima se stesso e poi lei. “Tanto vale combinare i nostri punti complementari, no?” dichiarò.
 
“Buona idea, socio” annuì lei sorridendo.
 
Ryo le posò un breve bacio sulle labbra prima di uscire e afferrare il seggiolino dell'auto mentre Kaori afferrava la borsa del cambio, così la famigliola entrò nel bar, accolta calorosamente dai loro amici.
 
“Allora dov'è la mia signorina mokkori?” chiese Mick, fregandosi avidamente le mani.
 
“È qui!” disse la sua compagna, afferrandolo per il bavero.
 
“Grazie Kazue, mi hai salvato dal dover tirare fuori la Magnum. Ehi, americano, che si tratti di mia figlia o la mia donna, nessuna delle due è una signorina mokkori, capito?” avvertì Ryo.
 
“Ok, man...” capitolò il biondo, felice per l'amica che mostrava un sorrisetto soddisfatto.
 
“Va bene, passiamo ai regali!” esclamò Miki.
 
Senza avere il tempo di capire cosa stesse succedendo, i due genitori si ritrovarono seduti a un tavolo, una sedia tra loro due venne usata per lasciare Kimi che si era addormentata nonostante il trambusto circostante. Senza indugio, i pacchi affluirono e la piccola ricevette una serie di vestitini, giocattoli e libri.
 
“Non so come metterò tutta questa roba nella Mini...” sospirò Ryo.
 
“Non preoccuparti, ne porterò una parte nella mia macchina” si offrì Mick.
 
Improvvisamente la porta si aprì, facendo volteggiare il campanello per la forza dell'impatto. La nuova arrivata si fece avanti senza aver paura neanche per un secondo nonostante le sei canne di pistole puntate verso di lei, non vi prestò nemmeno attenzione, come non prestò attenzione a Kaori che si era gettata a terra proteggendo Kimi. Si piazzò davanti alla coppia, spinse via i regali sparsi sul tavolo, aprì il pc e il file di cui aveva bisogno, batté sui tasti per qualche secondo prima di alzare la testa.
 
“Allora, potete spiegarmi come siete finalmente diventati una coppia?” chiese Yuka.
 
Una pioggia di libellule si abbatté sul locale dove tutti i presenti si ritrovarono con una goccina all'angolo della fronte e la spalla denudata...tranne Kimi, sempre addormentata.
 
“Yuka! Non hai dimenticato niente?” chiese Reika, indignata.
 
“Cosa? Ah, sì è vero. Buongiorno a tutti!” disse alla folla.
 
“Non quello, Yuka!” la riprese Saeko.
 
“Cosa c'è? Ah sì! Congratulazioni. È un bel bambino”
 
“È una bambina, Yuka” la corresse Ryo, riprendendosi.
 
“Si chiama Yuka come me? È fantastico. Sono onorata” esclamò la giovane
 
“No, si chiama Kimi” intervenne Kaori, che lasciò il seggiolino in mezzo a loro e riprese posto.
 
“Ok. Va bene, ora che le presentazioni sono finite, ditemi com'è successo. Finalmente potrò finire il mio libro su voi due. Ce ne avete messo di tempo...”

Una nuova ondata di libellule invase il bar, disturbando tutti tranne le più giovani. Quando gli insetti furono allontanati, l'intera banda si sedette e circondò la scrittrice. La coppia si guardò, sentendosi come degli imputati davanti a una giuria, e per un attimo regnò il silenzio.
 
“Ok, ho capito, devo togliervi le parole di bocca” sospirò Yuka. “Da chi è arrivato il cambiamento?”

“Da me” ammise Ryo. “Non poteva che essere così. Ero l'ultimo muro rimasto”

“Cosa ti ha fatto cambiare idea?” lo interrogò lei.
 
“Ho incontrato altre donne” disse Ryo.
 
Tutti gli occhi si voltarono preoccupati su Kaori per valutare la sua reazione, ma lei rimase calma e sorridente, così tornarono a rilassarsi.
 
“Tu avresti potuto esserne parte d'altronde...in qualche modo, darai una chiusura a questa faccenda. Durante poco più di un anno, ho rivisto o sentito delle ex clienti. È iniziata quando ho saputo della morte di una delle ultime clienti che ho avuto con Hideyuki. Ho capito che ero l'unico che poteva decidere della mia vita e del senso che volevo darle, ma soprattutto che agivo contro me stesso e che i miei fallimenti...diciamo sentimentali erano più o meno voluti” spiegò Ryo.
 
“Mi stupisci, non ti avevo mai visto prendere così tanti due di picche” disse Mick.
 
“In effetti prima riscuotevi successo. Solo che mostravi meno la tua faccia da degenerato...” confermò Saeko.
 
“Non torniamo sul passato. Non è quello che mi interessa. Continuiamo, Ryo. Dunque è stato allora che hai detto a Kaori che l'amavi, l'hai ribaltata, l'hai baciata e avete fatto sesso sul divano?” lanciò Yuka, il naso nel computer.
 
“Cosa?!” fu l'esclamazione generale.
 
La ragazza alzò lo sguardo e vide la tinta cremisi di Kaori, lo sguardo più o meno imbarazzato di Ryo, e osservò l'espressione sconcertata degli altri.
 
“Cosa? Cos'ho detto di male” chiese.
 
Lo sweeper si schiarì la gola e, dopo un'occhiata alla sua compagna, si voltò di nuovo verso Yuka.
 
“No, non è andata così rapidamente” ammise.
 
“Perché non mi sorprende? Il Lucky Luke della pistola e del mokkori ma non della profonda e sentita dichiarazione d'amore. Ecco, questa è una bella immagine. L'annoto” disse, battendo furiosamente sulla tastiera. “Cos'aspetti? Forza, ti ascolto” lo incitò.
 
“Mi sto facendo ancora prendere in giro da una sorella Nogami...” borbottò lui. “Mi ci è voluto un po' di più per prendere fiducia e avanzare”
 
“Cos'hai pensato, Kaori? Non avevi voglia di scuoterlo dopo tanto tempo?” chiese la giovane.
 
La sweeper guardò il suo compagno e gli prese la mano sopra il seggiolino.
 
“No. Avevo aspettato sette anni. L'atmosfera si è riscaldata lentamente. L'ho lasciato avvicinarsi, cercando solo di rassicurarlo, di fargli capire che rimanevo sua per sempre”, ha risposto.
 
“Nel frattempo, abbiamo chiarito alcuni punti che avrebbero potuto ferirci” ammise Ryo. “È stata un'occasione per scoprirmi, per rendermi conto che da tempo negavo la verità e mi nascondevo dietro scuse più o meno valide…” aggiunse.
 
“No, tu dici?” fece Miki, ghignando.
 
Si scambiarono uno sguardo divertito.
 
“Ed è andato tutto liscio? Come se aveste preso le scale senza mai tornare giù?” chiese Yuka.
 
“No, non è stato così facile. Alcune fasi sono state complicate da superare” confidò. “Come quando ho incontrato Nagisa. Ti ho ferito quel giorno, lo so. Ti ho fatto credere che mi ero di nuovo tirato indietro ma, in realtà, non sapevo come avanzare e dirti che ti amavo. Ho usato quella storia della promessa per allontanarti e ritornare nella mia comfort zone. Mi dispiace, Kaori” si scusò.
 
“È vero che non ci sei andato leggero quel giorno, e soprattutto tutti i giorni a seguire, ma te l'ho fatta pagare” rispose la compagna, abbassando gli occhi, ancora imbarazzato per aver sfruttato la sua fobia degli aerei per vendicarsi.
 
“Allora cosa ti ha fatto decidere?”

Tutti si voltarono sorpresi perché non era stata Yuka ma Reika a intervenire, coinvolta nella storia.
 
“Un giretto in aereo” disse Ryo, sentendosi nauseato solo al ricordo di quelle curve strette e dei giri.
 
Avvertì il sospiro di tutti perché nessuno ignorava la sua paura.
 
“Come sei finito su un aereo? Sei stato rapito?” chiese Mick con compassione.
 
“Sono stata io. Mi sono vendicata” confessò Kaori. “Ho contattato una delle nostre ex clienti, pilota d'aereo, che ha finto di essere stata aggredita. Ryo non ha potuto fare a meno di correre a salvarla, così si è ritrovato su un aereo a svolazzare” spiegò.
 
“La mia Kaori che si vendica? Dovevi aver superato i limiti...” osservò Mick.
 
“Sì, è vero, ma quel giretto mi ha aiutato a superare i miei limiti” rispose Ryo.
 
“Non vedo l'ora di sapere come ti sei dichiarato. Ricordo la tua incapacità a pronunciare certe parole” lo prese in giro l'amico.
 
“Le ha scritte” annunciò Kaori, gli occhi brillavano al ricordo di quella dichiarazione.
 
“Sentirono un collettivo sospiro femminile accompagnato da “Adorabile”, “Che romantico”, “Lo voglio anch'io...”
 
“Dopo ti ha baciato, no?” chiese Yuka con le guance leggermente arrossate.
 
“No, è arrivato Mick” disse Kaori.
 
Un certo americano si rannicchiato sotto il peso degli sguardi neri e accusatori che lo fissarono.
 
“Non uccidetemi...per favore, non uccidetemi. Non so nemmeno quando sia successo” si difese.
 
“Allora, quando è arrivato questo primo bacio?” chiese Eriko.
 
“Quando e soprattutto come?” specificò Yuka.
 
“Le ho rubato gli orecchini che ha indossato una sera, una sera in cui avrei potuto baciarla ma non l'ho fatto” replicò Ryo.
 
“Quella sera?!” esclamò la stilista, fissando l'amica con un grande sorriso.
 
“Sì, quella sera. Non è vero che non è servita” replicò Kaori sorridendo ampiamente.
 
“Quale sera?” chiese Kazue.
 
“È vero, di cosa parlate?” insistette Reika.
 
“Chi se ne importa! Voglio il seguito. La prima volta che avete fatto l'amore? Com'è stato? Frettoloso? Una serata romantica? Tu eri ancora vergine? Lui si è protetto?” mitragliò la giovane scrittrice.
 
Kaori guardò in basso, arrossendo, Ryo fissò il soffitto, Mick pendeva dalle loro labbra per sapere se la sua teoria era fondata, le ragazze avevano le orecchie ben aperte mentre quelle di Umi emettevano fumo.
 
“Uh, Yuka...no. È privato e io...non ne parleremo” rispose lo sweeper.
 
“Sono delusa. Tu che sei sempre pronto a parlare di questo...” brontolò Yuka, seccata.
 
“Dai, sii buono, Ryo. È per i posteri, è cultura” l'esortò Mick.
 
“So quello che vuoi sapere tu ed è no!” replicò Ryo, lanciando uno sguardo minaccioso all'americano.
 
“Non sei simpatico...” sbuffò Mick.
 
“Cosa vuole sapere?” sussurrò Kaori incuriosita.
 
“Niente” rispose lui, con uno sguardo che la invitava a non fare altre domande.
 
Lei annuì e prese Kimi che si stava svegliando.
 
“Beh, visto che vi rifiutate di parlare della vostra vita sessuale, anche se sappiamo che ce n'è una dato che c'è lei...” disse Yuka, indicando Kimi.
 
“A proposito, quando avete saputo di Kimi? Questa gravidanza dev'essere stata un'assoluta sorpresa” intervenne Miki.
 
La coppia si guardò di nuovo, un leggero sorriso sulle labbra.
 
“Una sorpresa non proprio anche se non pensavamo sarebbe arrivata così presto” ammise Kaori.
 
“In effetti sono stato io a proporre di avere un figlio. Era una specie di regalo di Natale” confidò Ryo, ricordando quel regalo fatto a immagine della sua dichiarazione, su un foglio di carta.
 
Ricordò la sorpresa della sua compagna, lei che gli chiedeva se fosse sicuro, l'assicurazione che gli aveva dato che non avrebbe dovuto farlo sacrificandosi per lei, e le lacrime che aveva versato quando lui le aveva detto che, come per la loro relazione professionale, si sentiva più forte da quando erano stati insieme, abbastanza forte da considerare di proteggere un'altra vita. Inutile dire che i tentativi avevano avuto un inizio molto appassionato quella sera stessa.
 
“Che bello...vi siete trovati e siete riusciti a mantenere la rotta nonostante la distanza...” sospirò Yuka.
 
“No, non è stato così facile” ammise Ryo. “Io...quasi...” sussurrò con la gola stretta. “Ho pensato di lasciarla” confessò, non osando incontrare lo sguardo della sua compagna.
 
“Cos'è successo?” chiese Kazue, emozionata.
 
“Con Sayuri è stata dura all'inizio. Ci è voluto molto tempo perché si svegliasse ed era emiplegica. Quando è uscita dal coma...” ricordò Kaori, il cuore serrato.
 
“Quando sono uscita dal coma sono stata colpita da amnesia” aggiunse la giornalista. “Non ricordavo niente, non potevo camminare e l'ho vissuta molto male. Tutti mi dicevano che era temporaneo ma io non volevo crederci. Non sono stata molto gentile e Kaori si è beccata tutto il peggio” spiegò la giornalista, lanciando a sua sorella uno sguardo di scuse.
 
Ci fu un breve silenzio prima che Kaori riprendesse a parlare.
 
“Avevo incontrato un uomo nel reparto di terapia intensiva. Era lì per sua madre. Abbiamo simpatizzato e l'uno era la sola compagnia dell'altro oltre al personale. Ero così stanca e preoccupata che a un certo punto parlavo a Ryo solo di lui e Sayuri. Ho persino dimenticato di fargli gli auguri di compleanno. Mi ero dimenticata che una coppia comunica anche a distanza. Per me eravamo abbastanza forti” spiegò, sentendosi in colpa.
 
“Ma non per me...” continuò Ryo. “Quando mi ha annunciato la sua gravidanza, poche settimane dopo la sua partenza, sapevo che la stavano cercando ed era un bene che fosse lontana. Con il passare delle settimane, ho iniziato a dubitarmi dicendomi che avevamo commesso un errore e che alla fine lei sarebbe stata meglio lontano da me, specialmente con un bambino in arrivo. C'erano sicuramente uomini migliori di me, come questo Mike per esempio, per prendersi cura di lei, di loro” affermò, preferendo tacere sull'episodio in cui era quasi andato a letto con una coniglietta.
 
“È te che amo” sussurrò Kaori, lasciando il seggiolino di Kimi sul pavimento e avvicinandosi a lui.
 
“Tu meriti il meglio”
 
“Anche tu” rispose lei sorridendo.
 
“Quando penso che ho rischiato di non avere un finale per il mio libro...” soffiò Yuka, sollevata.
 
“Yuka!” la rimproverò Saeko, seccata dalla mancanza di tatto della giovane sorella.
 
Quest'ultima si voltò verso la sorella maggiore, con i palmi in aria, non capendo cosa avesse detto di sbagliato.
 
“Beh, com'è andata poi?”

“Io sono tornata. Ci siamo incontrati, abbiamo parlato” riassunse Kaori.
 
“Ho girato le ultime pagine del mio libro prima di chiuderlo, capendo cosa rendeva Kaori la donna della mia vita” disse Ryo, osservando le diverse donne presenti. “E ho aperto quello successivo” concluse, circondando la vita della sua compagna con un braccio. “Quando Kaori è tornata, mi sono ricordato di cosa ci rendeva quello che siamo. Abbiamo bisogno l'uno dell'altra e, da una settimana, siamo cresciuti ancora di più. Kimi era il risultato logico della nostra equazione, il simbolo che insieme siamo molto più forti che separati. È quello che ho finalmente capito nel dicembre dello scorso anno e sono contento di essermene ricordato prima di commettere la più grande stronzata della mia vita” terminò.
 
Si voltò verso la compagna e la guardò amorevolmente.
 
“Mi hai cambiato la vita da quando ci sei entrata. Sei stata forte e dolce allo stesso tempi, sei stata al mio fianco quando ne avevo bisogno, hai lottato contro di me e le mie cattive inclinazioni, ti sei aggrappata a noi anche quando non ti ho lasciato speranza...ho corso dietro a molte donne che mi attiravano quando avrei dovuto accettare che le avevo tutte al mio fianco, incarnate in te. Ti amo, Kaori”
 
“Alleluia! È riuscito a dirlo senza balbettare!” gridò Mick.
 
“Zitto, idiota!” lo sgridò la compagna, asciugandosi gli occhi con un fazzoletto.
 
Solo una persona sentì la risposta della donna al suo compagno mentre tutti osservavano gli altri due che litigavano.
 
“Ci sono molte cose che avresti dovuto accettare, la prima è che sei una persona buona che merita di amare ed essere amata. Ti amo, Ryo. Sei stato il mio unico amore da quando avevo sedici anni e spero che resterai tale fino a quando ne avrò settantasei” rispose.
 
“Tutto qui?” scherzò lui.
 
“Va bene, fino ai centosedici” concesse lei con un sorriso.
 
“A me va bene. Ad ogni modo, avrò sempre vent'anni...”
 
Si guardarono e risero prima di baciarsi, fiduciosi dei sentimenti che provavano.
 
“Si sposarono ed ebbero molti figli...naah! Troppo smielato e troppo lontano dalla realtà. Si amarono e affrontarono molte sparatorie...non molto romantico...come concludo?” si chiedeva Yuka.
 
Due braccia sbucarono da entrambi i lati e dieci dita ben curate cominciarono a battere sulla tastiera.
 
“Versione Bob Marley o U2, ci sta molto bene” disse Saeko, strizzando l'occhio.
 
Yuka si voltò verso lo schermo e lesse ciò che c'era scritto. Ci stava proprio bene: due persone che erano riuscite a ritrovarsi nonostante i dubbi, il dolore e le paure.
 
“Hai ragione” disse, mettendo il punto finale al suo libro.
 
One love.
 
 
 
 
Fine ^__^ spero che anche questa storia sia stata di vostro gradimento, come sempre ringrazio chiunque l'abbia apprezzata e soprattutto chi ha commentato: Stekao, Bettxyz812, Alice21, robysaeba, martiperla9620, sfenoide, Brume, Kaory06081987, Kyoko_09, maryanne1990, tinettichan, Valeria 78.
 
Ammetto che al momento sono un po' presa con altri fandom ma dovrei comunque ritornare in quello di CH con altre fanfiction, prima o poi ^^ intanto grazie ancora e a presto.

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