Laboratorio di Filmmaking

di ChrisAndreini
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La Tempesta ***
Capitolo 2: *** Carrie ***
Capitolo 3: *** Piovono Polpette ***
Capitolo 4: *** Una notte da leoni ***
Capitolo 5: *** Lo squalo ***
Capitolo 6: *** La sostituta ***
Capitolo 7: *** Colpo di Fulmine ***
Capitolo 8: *** Invito a cena con delitto ***
Capitolo 9: *** Frozen ***
Capitolo 10: *** Mission Impossible ***



Capitolo 1
*** La Tempesta ***


Laboratorio di Filmmaking

 

La Tempesta

 

La sessione di brainstorming era cominciata da soli cinque minuti, ma Noah Mendez si era già completamente perso e isolato in un angolo.

Era abituato a questo tipo di situazione, dato che era sempre stato il “ragazzo nuovo”, visti i suoi continui trasferimenti a causa del lavoro di sua madre, ma, ad essere onesto, sperava che almeno all’università, in una grande città come New Malfair, avrebbe incontrato altre persone nella sua stessa situazione e avrebbe fatto in fretta amicizia.

Purtroppo per lui, la sua prima lezione al DAMS era stato il laboratorio di filmmaking, e nel gruppo a cui era stato assegnato, composto da sei persone, sembravano conoscersi tutti.

E avevano iniziato a litigare un minuto dopo essere usciti dall’aula per condividere idee lontano dagli altri gruppi per la prima esercitazione.

-Il tema è “gioventù”, non “idee bigotte!”- si stava lamentando  un ragazzo bassino dall’aria punk e i capelli ricci e rossi, vicino di stanza nel dormitorio di Noah, che lo aveva incrociato durante il trasferimento.

Si era presentato con il nome di Kenneth Neri, l’aveva squadrato dalla testa ai piedi con aria di giudizio, e poi gli aveva chiesto in tono minaccioso qual fosse la sua opinione sulla lotta LGBT+.

Noah aveva francamente risposto di essere un fiero sostenitore, sebbene etero, e Kenneth gli aveva fatto l’occhiolino e dato l’okay, improvvisamente più amichevole. L’aveva anche aiutato a portare le valigie.

-La “gioventù” non è solo quello che vuoi tu, sai? Credo che dovresti abbassare la cresta e smetterla di rendere ogni cosa una questione politica!- rispose irritata una ragazza che lo superava di almeno cinque centimetri, dai lisci capelli biondo miele e abiti chiaramente molto costosi.

Queenie Neige, un nome e un programma da quel che Noah aveva capito, dato che sebbene al secondo anno era già la non eletta reginetta dell’università, l’aveva portato a fare il giro durante l’orientamento, e i suoi genitori possedevano il più importante teatro di New Malfair. Non sembrava la persona migliore da farsi come nemica, soprattutto al DAMS.

-Sentite, ragazzi, cerchiamo di trovare un compromesso. Il tema della gioventù può essere centinaia di cose! Potremmo andare in giro a intervistare la gente, o fare una compilation di momenti delle nostre vite!- una giovane dai capelli a caschetto colorati di rosa e turchese e i tratti asiatici provò a fermare il litigio, mettendosi tra i due litiganti e snocciolando varie idee.

Noah non l’aveva incontrata prima del laboratorio, ma appena messa dentro gli si era immediatamente presentata con il nome di Aria Park, e poi nella fretta di porgergli la mano era caduta a terra di faccia facendo ridere l’intera scolaresca, lei compresa, che sembrava, almeno ad un primo impatto, prendere sempre il lato positivo delle cose.

-No, grazie. Non vorrei mai vedere momenti privati della vita di Kenneth, ho una dignità e buon gusto- ribatté Queenie, arricciando il naso con disgusto.

-Guarda che è reciproco, regina di ghiaccio! E ritieniti fortunata che non inizio mai le risse!- nonostante le sue parole, Kenneth sembrava in procinto di saltarle addosso, e venne fermato dal suo compagno di stanza al dormitorio.

-Come dice Benedetto Croce, “la violenza non è forza, ma debolezza”. Facciamo un profondo respiro e proviamo a riflettere in maniera calma della questione e trovare un compromesso- citò e suggerì in tono calmo e gentile, frenando senza problemi gli istinti di Kenneth grazie alla sua grossa massa.

Adam Roberts, afroamericano, super gentile. Noah lo aveva conosciuto nel momento stesso in cui era sceso dal taxi che l’aveva portato al dormitorio, all’ingresso. Gli aveva spiegato dove fosse la sua stanza, aveva preso le valige e lo aveva accompagnato fino al piano, prima di scendere ad accogliere altre persone.

Sembrava il totale opposto di Kenneth, ma erano compagni di stanza da un anno e sembravano andare d’accordo.

-Va bene, va bene. Solo perché me lo chiedi tu, ma dubito che Miss Ghiacciolo accetterà compromessi- i gesti di Kenneth si fecero meno aggressivi, ma continuò a provocare la bionda, che non perse la calma e l’aria di superiorità.

-Non sono io ad averti minacciato. E ringrazia che sono buona, perché i miei avvocati sarebbero ben felici di iniziare un caso contro di te- lei si affrettò a rispondere, e il litigio si protrasse ulteriormente con paroloni e brutti epiteti.

Noah rimase ad ascoltare e girarsi i pollici qualche altro secondo, poi decise di ignorare la situazione e si girò verso la ragazza seduta accanto a lui, l’unica a non essersi messa in mezzo, e che al momento riprendeva tutta la scena con una telecamera che aveva cacciato da chissà dove.

-Ehm… tu hai qualche idea per il corto?- provò a chiederle, cercando di fare conversazione, ma lei si limitò a mettere il dito sulle labbra e continuò a riprendere.

Si chiamava Catherine, e Noah non aveva scoperto il cognome. Ci aveva parlato circa un’ora prima, appena arrivato in classe, quando li avevano divisi in gruppi, e aveva provato a fare amicizia.

Lei lo aveva degnato appena di uno sguardo, presentandosi brevemente, e poi ignorandolo completamente.

Al momento tra tutti era la più grande incognita.

Non che Noah avesse ancora del tutto inquadrato i caratteri, anche se per via dei suoi costanti trasferimenti era diventato abbastanza bravo a capire le persone in poco tempo.

Tornò in silenzio, e riprese a girarsi i pollici, osservando un po’ i dintorni per controllare se anche gli altri gruppi fossero in situazioni analoghe, ma non c’era più nessuno all’esterno.

Il professore aveva chiesto loro di rientrare non appena avessero trovato una base per il cortometraggio, certo che erano stati davvero rapidi.

Un po’ troppo forse?

Noah si guardò un po’ meglio intorno, e alzò la testa al cielo, dove già da un po’ avevano iniziato a formarsi grosse nuvole grigie e minacciose.

Iniziavano ad essere sempre più dense e preoccupanti.

-Ehm… ragazzi?- provò a richiamare l’attenzione del gruppo, ma nessuno lo ascoltò, troppo impegnati nella discussione.

-Oh, molto maturo da parte tua ricacciare quello che è successo al ballo di fine anno!- si stava lamentando Queenie.

-Hai impedito a me e al mio ragazzo di andare insieme, se permetti ricaccerò questa questione tutte le volte che mi pare finché il problema omofobo alla base non verrà sradicato!- insistette Kenneth, infiammandosi nuovamente.

-Beh dai non è colpa di Queenie, era il preside che non lo vedeva di buon occhio- osservò Aria, pensierosa, prendendo le difese della ragazza.

-Esatto, ho solo fatto valere ciò che mi ha chiesto il preside- annuì Queenie, senza sbilanciarsi.

-Ehm… ragazzi!- Noah provò nuovamente a richiamare l’attenzione, indietreggiando appena e in tono più urgente. La nuvola che iniziava a sovrastarli si era fatta viola molto scuro… un colore davvero innaturale, e Noah era del tutto certo di non essere daltonico.

C’era qualcosa di strano nell’aria.

Catherine si voltò verso di lui, e alzò la testa a sua volta, smettendo di riprendere. Gli altri continuarono a parlare completamente ignari della situazione.

-Eri la responsabile del comitato studentesco, e ti avevamo eletta per parlare a nome degli studenti, non per eseguire come un burattino tutti gli ordini del preside- continuava a lamentarsi Kenneth, ormai il discorso principale era completamente andato a farsi benedire.

-In effetti un rappresentante dovrebbe portare i messaggi del popolo, altrimenti si rischia di entrare in una dittatura. Anche in quel caso avreste dovuto raggiungere un compromesso di qualche tipo- Adam prese le parti del coinquilino, in tono pratico.

-Già è tanto che vi abbiamo permesso di partecipare al ballo, dovresti ringraziarmi- Queenie non si smosse di un millimetro dalle proprie idee.

-Hai ragione, è stato un ballo talmente bello!- Kenneth era ovviamente sarcastico -Ho dovuto chiedere a mia cugina di accompagnarmi!- si irritò poi, indicando con la mano la direzione dove Noah e Catherine erano seduti, proprio mentre Catherine si alzava per avvicinarsi al gruppo.

-Scusate, ma non dovremmo cercare un tema per il cortometraggio? Come siamo arrivati a discutere di questo?- chiese Aria, ritornando al filo principale.

-Ragazzi!- nel vedere il primo fulmine che solcava il cielo che fino a poco prima era completamente sereno, Noah richiamò in tono deciso l’attenzione del gruppo, avvicinandosi a sua volta, pochi istanti prima che il tuono accompagnato al fulmine si facesse sentire, allertando tutti quanti, che alzarono in contemporanea gli occhi al cielo.

-Ma cosa…?- chiese Queenie, sobbalzando vistosamente e aggrappandosi inconsciamente al braccio di Aria, che la strinse con forza, sorpresa quanto lei.

-Wooo, due secondi fa c’era il sole- commentò Kenneth, sorpreso, mettendo un braccio intorno alle spalle di Catherine come a proteggerla. Adam li coprì entrambi con la propria giacca.

-Ho visto le previsioni stamattina, il cielo dovrebbe essere sereno- osservò, sorpreso quanto loro.

-Dovremmo rientrare- suggerì Noah, indicando l’entrata dell’aula.

-Mi pare un’ottima idea, prima che si metta a piovere- gli diede man forte Aria, iniziando a trascinare Queenie con lei.

Il trio male assortito fu subito dietro di loro, seguiti a ruota da Noah, che voleva assicurarsi che tutti rientrassero senza problemi.

Purtroppo, a pochi metri dall’aula, Aria inciampò, facendo cadere Queenie insieme a lei, che presero alla sprovvista Adam, Kenneth e Catherine, che nella fretta di non inciampare a loro volta indietreggiarono dritti verso Noah, cadendo inesorabilmente insieme a lui.

-Aria, sei un pericolo per te stessa e per gli al…- la critica di Kenneth nei confronti della ragazza più giovane venne interrotta da un boato fortissimo, provocato da un fulmine che cadde a pochi metri da loro.

A Noah sembrò che gli esplodessero i timpani, sentì una fortissima scarica di energia, e fu seriamente convinto per qualche secondo di essere appena morto, notizia che prese con una certa filosofia perché almeno avrebbe smesso di soffrire, e poi vivere senza udito sarebbe stato impossibile per lui, dato che era un musicista e il suo sogno era di comporre colonne sonore per i film.

Poi quel momento finì, lentamente sentì le prime gocce d’acqua bagnargli il viso, avvertì chiaramente la terra sotto i piedi, il corpo di Catherine che nella caduta era finita sopra di lui, e la vide parlargli senza però riuscire ad ascoltarla.

-Cosa?- provò a chiederle, senza sentire neanche sé stesso.

“Cosa?!” lesse il suo labiale, e decise di lasciar perdere. Provò ad alzarsi.

Le sue gambe erano molli, si sentiva davvero intontito, e si guardò intorno per essere sicuro che nessuno si fosse fatto male, ma sembravano tutti completamente illesi e solo molto scossi.

Porse la mano a Catherine per aiutarla ad alzarsi, ma lei non la prese, e si alzò con un balzo prima di andare vero Kenneth e controllare le sue condizioni.

Mano a mano che l’udito iniziava fortunatamente a tornare, la prima cosa che Noah sentì furono le parolacce molto colorite del ragazzo, e resosi conto che lui e Adam stavano bene, dato che quest’ultimo era già in piedi e aveva preso in braccio l’amico senza sforzo per controllare le sue condizioni, si avvicinò a Queenie e Aria, che erano ancora a terra.

-Siamo morte?- chiese Aria a voce così alta che Noah riuscì a sentirla.

-Non credo- rispose con lo stesso tono.

-Non posso morire, sono ancora troppo giovane! Non sono mai andata a Hollywood, non ho mai incontrato Lin Manuel Miranda. Tra un mese devo andare a vedere Hamilton a Broadway, non posso morire adesso!- si stava nel frattempo lamentando Queenie, e Noah si rese conto che l’udito era ormai tornato quasi del tutto, perché sentì chiaramente ogni cosa, e le diede ragione sulla questione Lin Manuel Miranda. Anche lui avrebbe tanto voluto conoscerlo.

-Non siamo morti, grazie al cielo. Ma ci è mancato poco- Kenneth si controllò tutti i posti per essere certo di avere ancora tutto, e fece particolare attenzione alla zona inferiore del suo corpo, prima di riunire il gruppo, e provare a rassicurare Queenie, dimenticandosi completamente del litigio avuto fino a pochi minuti prima.

-Siamo vivi?- chiese la ragazza, alzando la testa e guardandosi intorno sorpresa.

-Se fossimo morti Adam e Aria sarebbero sicuramente in un posto migliore del nostro quindi credo proprio che siamo ancora vivi- la prese in giro Kenneth, dando una pacca sulla spalla ai due ragazzi citati.

-Molto maturo!- si lamentò Queenie, alzandosi e provando a ripararsi dalla pioggia. Era tornata la rigida ragazza di sempre.

-Aww, pensi che io andrei nella parte buona?- chiese Aria, commossa.

-Era più un insulto verso Queenie, ma sì, sei a posto- Kenneth sollevò la mano per battere il pugno, e Aria ricambiò.

-Scusate, ma non mi sembra il caso di restare qui!- fece notare loro Adam, guardandosi intorno preoccupato che qualche altro fulmine potesse colpirli.

Noah annuì, in effetti erano completamente fradici, anche se, stranamente, non avevano accusato nessun effetto, almeno non immediato.

Il ragazzo si sarebbe aspettato che con in un incontro così vicino con un fulmine avrebbe almeno avuto i vestiti bruciacchiati, o i capelli, ma sembrava tutto a posto, e anche l’udito era tornato normale.

Anzi, si sentiva quasi meglio di prima, che fosse solo l’adrenalina del momento?

Beh, non era il caso di soffermarcisi. 

-Concordo pienamente, meglio rientrare- indicò la porta, che proprio in quel momento di spalancò facendo uscire il volto preoccupato del professore.

-Ragazzi, state bene? Rientrate subito!- li incoraggiò, spalancando la porta per incoraggiarli ad attraversarla il prima possibile.

I ragazzi non se lo fecero ripetere due volte.

Appena entrarono, li accolse un mormorio e parecchie occhiate curiose e preoccupate degli altri gruppi che avevano avuto l’accortezza di rientrare per tempo.

Noah cercò di asciugarsi al meglio i capelli per non bagnare troppo l’aula 4, e fu il primo ad avviarsi in fondo alla classe, verso la propria borsa, per riprendere la lezione.

Il resto del gruppo lo seguì lentamente, chi imbarazzato e a disagio, come Catherine e Queenie, chi vantandosi con alcuni amici della scampata morte, era il caso di Kenneth e Aria.

Noah non conosceva nessuno con cui vantarsi, e in ogni caso si sentiva strano.

Era la prima volta che viveva un’esperienza del genere.

Una volta a posto provò a concentrarsi sul resto della lezione, anche se temeva il momento in cui il professore avrebbe chiesto cosa avevano deciso.

Per fortuna verso la fine della lezione annunciò che avevano tempo fino a quella successiva per pensare a come strutturare il cortometraggio che avrebbero dovuto realizzare entro la fine del corso, e li congedò, uscendo cautamente dalla classe.

Il tempo sembrava essersi rimesso, ma i sei rimasero ai loro posti più del resto dei loro compagni.

-Allora… ci vediamo più tardi per decidere meglio cosa fare?- propose Adam, dopo qualche secondo di silenzio.

-Io sono libera domani a pranzo- rispose Queenie, prendendo uno specchietto e sistemandosi al meglio i capelli.

-Mi va bene- annuì Kenneth, monosillabico, trattenendo a fatica un commento sprezzante nei confronti della reginetta.

-Okay- lo seguì a ruota Catherine, ancora più monosillabica.

-Io avrei un impegno, ma posso rimandarlo senza problemi- Aria sollevò i pollici per dare la propria adesione.

-Io non ho nulla da fare- acconsentì infine Noah, ancora turbato ma cercando di non darlo a vedere.

-Ottimo…- Adam chiuse il discorso, ma nessuno dei sei si alzò.

Nessuno lo esplicitò, ma erano tutti preoccupati per cosa poteva attenderli fuori dalla porta.

Alla fine Noah decise di fare il primo passo.

-Vado a controllare- borbottò, alzandosi e dando un’occhiata.

Il cielo era limpido come una gemma, sembrava farsi beffe di lui come se non fosse successo assolutamente nulla di strano.

-Le nuvole si sono diradate completamente- asserì, in direzione del gruppo.

-Stai scherzando?- Kenneth si affrettò a raggiungerlo e guardare fuori anche lui -Il cielo ci prende in giro!- esclamò poi, rivolto verso gli altri.

Catherine si affrettò verso di lui e diede una timida occhiata.

-Pare sicuro- commentò, facendo cenno agli altri di avvicinarsi.

Adam e Aria seguirono l’indicazione, Queenie rimase al suo posto.

-Voi andate, io aspetto il mio ragazzo, ci siamo dati appuntamento qui- fece loro cenno di andare senza di lei, e iniziò a scrivere un messaggio al cellulare.

Noah decise di non insistere con lei, e fece il primo passo all’esterno.

-Certo che è stata una prima lezione davvero strana- commentò Kenneth, cercando di alleggerire l’atmosfera.

-Puoi dirlo forte! Non so voi, ma io non ero mai quasi morta- ammise Aria, dicendo a parole quello che tutti stavano pensando, e facendo rabbrividire il gruppo come colto da un’improvvisa gelida brezza.

-Neanche io, è stato terrificante. D’ora in poi controllerò tutti i siti di previsioni del tempo, e non solo quello dell’aviazione. Dicono che sia il più affidabile, ma inizio a dubitarne- Adam iniziò a farsi paranoie, e si sistemò a disagio gli occhiali sul volto.

-Tranquillo, amico. Basta ascoltare Noah- Kenneth sorprese quest’ultimo non poco tirandolo in causa e dandogli una pacca sulla spalla.

-Che, io?- 

-Sei stato gentile a provare ad avvertirci nonostante stessimo facendo i cretini. A proposito, scusa se ti abbiamo isolato. Ma quando c’è Queenie non riesco a trattenere la mia furia selvaggia!- Kenneth dimostrò una forte maturità e spirito di osservazione inaspettato.

-È tutta colpa mia, sono inciampata- Aria si autocommiserò, rischiando di inciampare nuovamente ma venendo afferrata al volo da Adam.

-Non è colpa tua, dovevamo accorgercene prima- la rassicurò.

-Vabbè, devo andare a Storia dell’arte contemporanea, che pizza, ci vediamo più tardi o domani!- Kenneth cambiò discorso controllando l’orario e dirigendosi in aula 2.

-Aspettami, vengo con te. Ci vediamo- Adam lo seguì a ruota.

-Io ho appuntamento con mia sorella per pranzo, ci si vede- anche Aria salutò allegra e corse verso l’uscita, rischiando di cadere due volte.

Rimasero solo Noah e Catherine.

-Ehm… io devo andare a Storia del cinema- illustrò il ragazzo, indicando un punto che sperava conducesse in aula 1.

-Anche io, è di là- Catherine indicò la direzione opposta, con sguardo impassibile e senza guardarlo negli occhi.

Noah si sentiva davvero a disagio.

-Okay, andiamo insieme?- propose, senza sapere bene che altro fare.

La ragazza alzò le spalle, e iniziò a dirigersi nella direzione corretta.

Noah la seguì, ripensando a ciò che era appena accaduto.

Certo che proprio non si aspettava che sarebbe stato così il suo primissimo giorno di università.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(A.A.)

Sto scrivendo questa storia solo ed esclusivamente perché è un periodo molto ansioso per me e la mia terapia preferita quando sono giù è progettare e scrivere nuove storie.

Non mi aspetto che qualcuno la legga o la apprezzi, anche se mi farebbe molto piacere, e darò comunque priorità ad altre storie che ho in corso.

Ma in ogni caso, avevo bisogno di una cosa molto leggera, e spero che questa storia si rivelerà leggera abbastanza, anche se so che a primo acchito non lo sembra. Conoscendomi ci sarà un po’ di angst, ma per il momento il progetto è solo molto happy e tranquillo… circa… boh, si vedrà, non ho progettato molto, ho solo delle basi sui personaggi.

Se siete interessati a qualcosa di simile che è già andato più avanti (fin troppo) vi consiglio “Corona Crew”, che si svolge nello stesso universo di questa storia.

Praticamente in questo periodo dell’anno mi sale la voglia di buttarmi sulle cose.

Per il resto, spero che vi piaccia, ci vediamo al prossimo capitolo.

Un bacione e alla prossima :-*

 

 

Nel prossimo episodio: Gli effetti della tempesta iniziano a farsi sentire

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Capitolo 2
*** Carrie ***


Carrie

 

Una volta finite le lezioni, Noah era davvero stanco, e si era anche fatto pomeriggio inoltrato.

Non aveva ancora avuto occasione di conoscere bene nessuno, ma non se ne lamentava, e sperava che presto sarebbe riuscito a farsi degli amici. Per queste cose non aveva fretta, e poi era abituato a stare da solo, anche se non era una sua scelta, il più delle volte.

Immerso nei suoi cupi pensieri, che comunque erano meno cupi della consapevolezza di essere quasi morto poche ore prima, per poco non andò a sbattere contro una ragazza appostata fuori dall’università, che distribuiva volantini.

-Oh, scusami, ero distratto- si affrettò a fare un passo indietro per non rischiare nuovamente di cadere e far cadere altre persone. Si era messo già abbastanza in ridicolo.

-Non preoccuparti! Per farti perdonare perché non prendi un volantino e senti cosa ho da dire?- lei gli fece un occhiolino, e gli agitò un volantino davanti al viso.

-Certo, perché no- Noah lo prese e si fermò ad ascoltarla.

Dopotutto non aveva fretta, ed era una ragazza piuttosto carina. Capelli castani leggermente mossi, e occhi verdi e magnetici. 

-Sono un membro del consiglio studentesco, e come ogni anno organizziamo la festa di inizio semestre, per tutti coloro che vogliono festeggiare l’università e conoscere nuove persone- spiegò la ragazza, piena di energia.

-Figo- Noah guardò il volantino. La festa sarebbe stata quel weekend, poco lontano dal dormitorio. Sembrava un’ottima occasione per conoscere gente più nelle sue corde.

Non che i membri del laboratorio di Filmmaking gli stessero antipatici, ma insomma… meglio conoscere più persone possibili.

Magari anche meno litigiose e più collaborative.

-Ci sarò sicuramente- promise, sorridendo alla ragazza, che ricambiò, entusiasta.

-Fantastico! È la prima festa che organizzo, e spero sarà straordinaria. Di solito se ne occupa sempre Queenie- la sconosciuta roteò gli occhi, stizzita.

Noah ripensò alla rigida ragazza con cui doveva fare gruppo, e non si trattenne dall’annuire leggermente tra sé. Non si stupiva che fosse incaricata anche delle feste.

E visto quello che aveva sentito su di lei, probabilmente era una fortuna che il suo compito fosse passato ad un’altra persona.

-Buona fortuna, sono sicuro che sarà una festa universitaria stupenda- le sorrise, incoraggiante, e mise con cura il volantino nello zaino.

Alla ragazza iniziarono a brillare gli occhi.

-Sono Carrie… Jenner- si presentò, porgendogli la mano e ignorando altra gente che passava e che sembrava interessata a prendere un volantino, Noah gliela strinse, con un gran sorriso.

-Noah Flores-Mendez- 

-Beh, spero di vederti alla festa, Noah- Carrie gli fece un occhiolino, gli strinse la mano un secondo di più, e tornò a distribuire volantini.

Beh, dai, la giornata si era appena risollevata parecchio. Non capitava tutti i giorni a Noah che una ragazza davvero molto carina flirtasse con lui.

Anzi, era quasi troppo bello per essere vero.

-Allora buona fortuna con la distribuzione di volantini- la salutò, iniziando ad avviarsi verso il dormitorio e chiedendosi se magari sarebbe stato carino da parte sua proporsi di aiutarla. Ma non sapeva neanche esattamente dove fosse la festa, o altre informazioni da dare, non sarebbe stato di grande aiuto, probabilmente.

-Hey, hey, Cathy!!- l’attenzione di Noah venne interrotta quando sentì Carrie chiamare qualcuno che stava uscendo dall’università proprio in quel momento, e si girò, preso da una curiosità che non capì neanche lui.

Sorprendentemente, la persona che la ragazza stava chiamando con tale entusiasmo si rivelò essere Catherine “cognome sconosciuto”, che accennò un sorrisino chiaramente finto, e si avvicinò alla ragazza.

-Carrie…- la assecondò semplicemente, senza neanche salutarla per davvero.

-Quest’anno ho organizzato io la festa d’istituto. Devi venire per forza, dai!- le spinse contro un volantino, e Catherine si ritirò e irrigidì, ma lo prese educatamente.

-Non lo so, vedremo- lo piegò e se lo mise in tasca, già pronta ad andare via. 

Carrie la fermò.

-Dici sempre così e poi non vieni mai da nessuna parte. Dai, ci tengo questa volta. Vieni con Kenny e ti fai degli amici. Ti aiuto a truccarti e vestirti se vuoi- propose, battendo le mani allegra.

-No, tranquilla. Avrai tanto da fare. Ci penserò, davvero, ma sono un po’ impegnata, questo weekend- Noah non aveva mai sentito Catherine dire tante parole di fila. In realtà non credeva fosse possibile.

E se doveva essere onesto, forse sarebbe stato meglio se non avesse parlato proprio. Non era proprio carino da parte sua comportarsi così con una ragazza che sembrava davvero gentile e la trattava parecchio bene.

-Davvero, impegnata a fare cosa?- la provocò Carrie, divertita e con tono eloquente.

Catherine non perse l’espressione impassibile sul volto.

-Cose di famiglia- rispose, alzando le spalle.

-Beh, pensaci, okay? Ti do un volantino anche per Kenneth, sono sicura non voglia perdersi la festa. Dovresti essere un po’ più come tuo cugino- osservò Carrie.

Oh…

Oh!

Ecco perché Catherine e Kenneth sembravano così uniti! Erano cugini.

Si spiegavano alcune cose.

-Sarà felice di partecipare, ne sono certa- Catherine accennò un sorriso, e prese il secondo volantino, che questa volta tenne in mano -Scusa ma ora devo andare. Ci si vede- salutò la ragazza e le diede le spalle senza neanche permetterle di ricambiare il saluto.

-Spero proprio alla festa!- le urlò dietro Carrie, ritornando poi al suo lavoro.

Certo che Catherine era decisamente rude.

Noah non riuscì a trattenersi dal guardarla storto.

E purtroppo, lei incrociò il suo sguardo.

Colto in flagrante, Noah si affrettò a distoglierlo e prendere il telefono per fingere di avere qualcosa da fare e non dare a vedere che aveva sentito tutta la conversazione.

Purtroppo Catherine gli si avvicinò.

-Ehm… hey?- Noah provò a salutarla, lei non ricambiò il saluto.

-Ti consiglio di stare attento, con Carrie- disse solo, prima di dargli le spalle e allontanarsi.

Okay, quella tipa era davvero tanto strana.

E se Noah doveva stare attento a qualcuno, quel qualcuno di certo era lei, non l’amichevole Carrie.

Scrisse un messaggio a sua madre per avvertirla che il primo giorno di università era andato bene, e iniziò a camminare verso il dormitorio, ripensando alle lezioni, ai suoi compagni di avventura, e soprattutto alla tempesta.

Osservò il cielo, confuso. Era limpido e ancora azzurro nonostante si stesse avvicinando il tramonto. Non c’era una nuvola in cielo, e non c’era stata per il resto del giorno, solo quei venti minuti che avevano preceduto la tempesta più breve della storia, e con più fulmini.

Certo, che sfiga essere quasi morto in quel brevissimo lasso di tempo.

Mentre rifletteva sul fatto che in realtà era una fortuna l’essere sopravvissuto, perché lui guardava il bicchiere mezzo pieno di solito, continuava a camminare, sovrappensiero.

E mentre abbassava la testa per controllare dove stesse mettendo i piedi, si rese conto che era a pochissimi istanti dal calpestare una profonda pozza d’acqua, e non c’era assolutamente nulla che potesse fare per interrompere il movimento senza cadere a terra e sporcarsi ancora di più.

Si preparò quindi, infastidito, a sentire l’acqua schizzare da tutte le parti e bagnargli scarpe e calzini, ma non sentì nessuno “splash”, nessuna sensazione bagnata, e alcun fastidio.

Si fermò, confuso, e controllò il piede finito dritto nella pozza d’acqua.

O meglio, nella pozza dove l’acqua si era ritirata attorno al suo piede formando un buco asciutto.

Preso in contropiede (è il caso di dirlo), Noah indietreggiò di qualche passo, confuso, e l’acqua tornò a prendere il suo corso naturale.

Cosa diamine era successo?!

Il ragazzo scosse la testa, e cercò di convincersi che probabilmente era solo molto stanco, dopo le lezioni e la quasi morte.

Era proprio il caso di tornare in camera, farsi una doccia e guardare un video di Black Cat per risollevarsi l’umore.

Adorava quella youtuber, si considerava uno dei suoi più grandi fan, e nonostante il pubblico maggiore fosse composto da ragazzi del liceo, era fiero di considerarsi un “Blackitten” dall’inizio della sua carriera nella piattaforma.

Controllò il telefono sperando che avesse aggiunto un nuovo video, e sorrise tra sé quando notò che qualche minuto prima, puntuale come un orologio svizzero, aveva pubblicato un gameplay di Ace Attorney.

Un video leggero, gli ci voleva proprio dopo una giornata simile.

Dai, magari la serata si poteva ancora recuperare.

 

La serata stava andando malissimo per Queenie.

Beh, in generale la giornata era stata un disastro, a partire dalla divisione in gruppi del professore del laboratorio di Filmmaking.

Ed era tutta colpa di Kenneth! 

E non si riferiva solo al litigio, ma proprio a tutto quanto, dal litigio al rischio di morte, perché Kenneth rovinava sempre tutto, portava sfortuna!

E neanche una cena elegante nel ristorante preferito di Queenie con il suo ragazzo stava riuscendo a migliorarle l’umore.

-Allora, come è andato il primo giorno?- chiese Jack, il suo ragazzo, provando a fare conversazione mentre mangiava la sua proteica bistecca.

Beato lui che poteva mangiare tanto. Queenie era in dieta costante da anni e si era dovuta accontentare di un’insalata. Una buona insalata, per carità, ma avrebbe dato di tutto per mangiare qualcosa di sostanzioso.

Ugh, non doveva pensarci, doveva perdere un chilo e mezzo.

-È andato tutto bene- rispose la ragazza, fissando il proprio piatto e giocherellando con una foglia d’insalata rimasta in un angolo.

L’altra mano stava battendo le dita contro il tavolo nervosamente.

Jack non sembrava molto convinto, ma non indagò oltre.

-Bene… anche a me non è andata male- le disse, continuando a mangiare.

Ci furono parecchi minuti di silenzio, dove Queenie rimase completamente sovrappensiero a battere le dita sul tavolo.

Poi Jack riprese la parola, cercando di sollevare l’atmosfera.

-Allora… pensi che verrai alla festa di inizio anno, questo weekend? Mia sorella è entusiasta dell’organizzazione- le chiese, sorridendo incoraggiante.

Queenie si rabbuiò leggermente.

Per qualche strano motivo, la temperatura nella sala sembrò scendere di qualche grado.

-Lo so che è entusiasta, sono stata io ad affidarle il compito, dato che ero troppo impegnata con le prove. Tu pensi di andare?- Queenie, chiaramente infastidita dall’aver nominato Carrie, rigirò la domanda.

-Beh, sì. È più per quelli del primo anno ma Carrie ci tiene tanto- rispose il ragazzo, accennando un sorriso.

-Allora immagino che verrò con te, anche per vedere come se l’è cavata- alzò le spalle e diede il suo assenso.

-Ottimo, sarà divertente. A proposito, come vanno le prove?- Jack provò a continuare la conversazione, e finalmente riuscì a strappare un sorriso alla ragazza.

-Bene, lavoriamo in corso d’opera ma le scene più importanti le stiamo già provando. A Natale faremo uno spettacolo meraviglioso- rispose, orgogliosa di sé.

-Sono sicuro che sarà stupendo- la incoraggiò Jack, prendendole la mano che la ragazza si ostinava a battere contro il tavolo.

Il contatto del suo ragazzo, che in teoria avrebbe dovuto farle piacere, fu per Queenie fastidioso, e si trattenne a stento dal ritirarsi.

Ma non poteva esternare quei sentimenti, dato che ci si aspettava da lei che amasse e apprezzasse il proprio ragazzo, con il quale stava insieme dal secondo anno di liceo.

Eppure…

Una chiamata al cellulare le diede la scusa perfetta per ritirare la mano, e la accolse al volo, prendendo il telefono e illuminandosi quasi letteralmente quando vide chi la stesse chiamando.

-È Aria! Ti dispiace se rispondo?- chiese, accettando la chiamata senza neanche aspettare risposta dell’accompagnatore, che in ogni caso avrebbe detto sì, ma che osservò il comportamento della ragazza con un sorriso triste.

-Aria, ciao, come stai?- esordì Queenie con un entusiasmo che non aveva mai mostrato dall’inizio della serata. 

-Stavo provando alcune battute, e cercando di non pensare a quello che è successo oggi… no, ci ho appena ripensato! Devo distrarmi, posso chiederti un consiglio su alcune intonazioni? O sei impegnata?- dall’altra parte della cornetta, Aria era la solita strana e simpatica ragazza.

Lei e Queenie si conoscevano solo da qualche mese, quando Aria era entrata nel gruppo di teatro che frequentava anche Queenie.

Inizialmente non erano andate molto d’accordo, visti i caratteri completamente discordanti, ma con il passare del tempo si erano molto avvicinate, e nessuna delle due avrebbe saputo dire esattamente come.

Ma a Queenie Aria piaceva molto. Era allegra, simpatica, autentica e una delle poche persone che non la giudicavano e additavano come raccomandata solo perché i suoi genitori erano i proprietari del teatro.

Queenie si impegnava davvero in tutto quello che faceva.

E Aria non esitava a chiederle aiuto, dimostrando di stimare davvero il lavoro della compagna. 

-Non sono impegnata, di cosa hai bisogno?- Queenie si mise immediatamente a disposizione, felice della distrazione.

Rimasero per almeno dieci minuti in chiamata, davanti ad un Jack imbarazzato e silenzioso, che cercò di non intromettersi e rispettò i tempi della ragazza, felice del suo essere riuscita a distrarsi e a recuperare il sorriso, ma allo stesso tempo un po’ abbattuto dalla piega che già da parecchio aveva preso la loro relazione.

-Sento già dalla tua voce che sei migliorata tantissimo- Queenie si complimentò con la ragazza non appena finirono la prova.

-Tutto merito della migliore attrice e insegnante di New Malfair- Aria rigirò il complimento, facendo sorridere Queenie a trentadue denti.

-Che adulatrice, guarda che non ho il potere di darti più battute e scene- la prese in giro.

Sentì Aria ridacchiare.

-Peccato, ci ho sperato. Ma scherzi a parte, mi ha fatto davvero piacere parlare con te. Ammetto che ero un po’ turbata per quello che è successo oggi- ammise Aria, sospirando.

Il sorriso di Queenie divenne meno ampio.

-Anche io- ammise infine -Insomma, abbiamo rischiato di morire- la voce le si spezzò, e scosse la testa cercando di non pensarci.

Jack, che era rimasto sovrappensiero a giocare al telefono tutto il tempo (subito dopo aver finito di mangiare), alzò la testa di scatto, sorpreso. Queenie non gli aveva detto nulla della “quasi morte”. Cosa era successo?

-Sai, ti ho chiamato anche per questo. Volevo assicurarmi che stessi bene- le confessò Aria, un po’ incerta.

Queenie sentì una sorta di calore riempirle il petto. Era quasi commossa all’idea che una ragazza come Aria potesse preoccuparsi per lei.

-Ora che mi hai chiamato sto certamente meglio- la rassicurò con un sorrisino impossibile da trattenere.

-Anche io sto meglio dopo averti sentito, potrei parlarti per ore- ribatté la ragazza.

-Anche io…- Queenie iniziò a pensare ad un nuovo argomento di conversazione per prolungare la chiamata, ma alzando la testa notò che teoricamente era ad un appuntamento con Jack, e che il ragazzo era tornato a distrarsi e al momento si rigirava il bicchiere tra le mani e lo fissava in imbarazzo e a disagio.

Sospirò, sentendosi un po’ in colpa.

-…purtroppo però adesso devo andare. Ci vediamo domani a pranzo- si rassegnò a salutare la ragazza, con l’umore che crollava immediatamente.

-Certo! Non vedo l’ora. A domani, Queenie!- Aria la salutò con entusiasmo, e Queenie chiuse la chiamata, e tornò a guardare Jack, che posò il bicchiere e la guardò, aspettando che dicesse qualcosa.

Dopo alcuni secondi di silenzio, Queenie intascò il telefono.

-Era Aria, aveva bisogno di aiuto- spiegò, provando a giustificare il lungo tempo passato al telefono.

-Sì, ho sentito- Jack annuì, poi strinse i denti -Ho anche sentito che oggi hai rischiato di morire- aggiunse poi, assumendo un’espressione seria.

Queenie evitò il suo sguardo.

-Non è successo niente di grave, solo… non preoccuparti- scosse la testa, cercando di surclassare la questione.

-Certo… capisco. Beh, vuoi un dolce?- chiese il ragazzo, assecondando la ragazza ma chiaramente infastidito dal fatto che evitava di parlargli.

Queenie lo guardò eloquente.

-Sono a dieta- gli ricordò.

-Giusto… allora vado a pagare- Jack prese le sue cose e si alzò, lasciando Queenie al tavolo.

La ragazza aspettò qualche secondo prima di iniziare a sistemarsi per uscire, e ricominciò a battere le dita contro il tavolo.

L’atmosfera era tornata gelida e spessa come una lastra di ghiaccio, come purtroppo era fin troppo spesso tra lei e Jack.

A volte, una piccola ma sempre più insistente voce nella mente di Queenie si chiedeva perché stesse ancora con lui, quando era chiaro che non provavano più nulla l’uno per l’altra, e forse non lo avevano mai provato.

Ma la risposta a questi dubbi era chiara: loro dovevano stare insieme. E poi Jack era un bravo ragazzo, perfetto per Queenie, i suoi dubbi erano solo un periodo che sarebbe passato, la loro relazione sarebbe ritornata in auge eccetera eccetera.

Tutte frasi standard che si ripeteva costantemente per convincersi che la sua vita era perfetta, che le scelte dei suoi genitori erano le migliori per lei, e che di certo, decisamente, la sua relazione con Jack era sensata.

Venne violentemente sbalzata via dai suoi pensieri quando si rese conto che le sue dita erano rimaste incastrate in qualcosa, e quando girò la testa, confusa, aspettandosi che magari Jack le aveva appena ripreso la mano, dato che la sensazione era la stessa fredda e indifferente che aveva provato prima, rimase di stucco quando si rese conto che accanto alla sua mano si era formata una lastra abbastanza spessa di ghiaccio che sembrava essere partita dai punti che le sue dita avevano toccato.

Ritirò immediatamente la mano, sconvolta, e fissò la lastra di ghiaccio come se venisse dallo spazio.

-Queenie, sei pronta ad uscire?- proprio in quel momento Jack ritornò, e le fece cenno di seguirlo fuori dal locale.

Queenie fu in procinto di indicare il ghiaccio e chiedergli se lo vedesse anche lui, o se fosse normale, o qualsiasi altra cosa, ma si interruppe.

Probabilmente era solo molto stanca, e stressata, e turbata. Non c’era bisogno di scomodare il suo ragazzo.

Prese la giacca, la borsa, e lo raggiunse, pronta a farsi riaccompagnare a casa.

Una bella notte di sonno avrebbe risolto tutto.

 

Qualcuno che non sarebbe riuscito a dormire tanto presto era Kenneth, che era sdraiato sul suo letto e giocava con l’accendino nervosamente, mentre ascoltava Adam spiegargli con attenzione la trama della Corazzata Potemkin.

-E quindi arriviamo alla meravigliosa sequenza della Scalinata di Odessa, possiamo cominciare osservando…- Adam aveva sistemato un proiettore per mostrare il film, bloccarlo e analizzarlo come un professore universitario, ma siccome stoppava ogni due secondi e si perdeva in commenti per almeno dieci minuti, avevano iniziato alle nove di sera ed erano ancora alla scalinata di Odessa alle…

-Adam, è mezzanotte passata, non è che possiamo continuare domani?- chiese Kenneth, che aveva preso appunti come uno studente diligente per circa metà serata ma ormai era quasi addormentato.

Adam si accorse solo in quel momento che il suo unico studente era completamente disattento.

-Ma è la scena più bella…- provò però ad obiettare, guardando l’immagine bloccata con reverenza.

-Appunto perché è la scena più bella è meglio che me la mostri quando sono più sveglio e attento, devo godermela- gli fece notare Kenneth, sbadigliando enfaticamente e stiracchiandosi per mostrare tutto il proprio sonno.

Adam, sospirò, e spense il proiettore con il telecomando, un po’ deluso ma comprensivo.

-Continuiamo domani sera. Ma devi stare attento, perché questo film lo ritroverai in almeno tre esami- Adam iniziò a sistemare gli appunti, e Kenneth sembrò svegliarsi completamente, e si alzò dal letto, per mettersi in pigiama e andare a dormire.

Notando l’improvvisa carica di energia, Adam si abbatté leggermente.

-Sono noioso, vero?- chiese, stringendo al petto i numerosissimi fogli preparati per quella lezione di recupero.

Kenneth si voltò vero di lui, e limitò l’energia, anche se era chiaro che Adam avesse ormai capito che aveva esagerato la stanchezza per concludere la lezione.

-No! Non sei noioso!- provò comunque a rassicurarlo. Adam non sembrò convinto.

-Davvero, sei un ottimo insegnante, il problema sono i film russi. Ejstej non lo sopporto proprio- ammise Kenneth, ributtandosi a faccia in giù sul letto per enfatizzare meglio il concetto.

-Ejzenstejn è un regista pazzesco- obiettò Adam, che adorava i film russi degli anni ’20.

…in realtà Adam adorava tutti i film vecchi. Kenneth non l’avrebbe mai capito.

-Sei unico- ridacchiò, divertito dall’entusiasmo dell’amico, rimettendosi a sedere -Ma sul serio, sei un bravo insegnante, sono io ad essere un pessimo alunno. Preferisco i film più contemporanei, e magari anche un po’ più omosessuali- Kenneth gli fece un occhiolino, e Adam alzò gli occhi al cielo.

-Curiosità, il primissimo bacio in un film è stato tra due uomini- si limitò a dire, per attirare la sua attenzione.

-Davvero?! Ma che figata!- Kenneth tornò pieno di energia e interesse, e Adam ridacchiò.

-Perché non usavano attrici donne agli inizi, un po’ come a teatro- aggiunse, riabbattendolo un po’.

-Il mondo deve cambiare- Kenneth scosse la testa.

-Un passo alla volta- annuì Adam, più mite.

-Lasciamo stare, questi argomenti mi infiammano- Kenneth ricominciò a cambiarsi, Adam distolse subito lo sguardo e si mise a sistemare tutti i fogli nelle cartelline appropriate.

-Prima ho visto Catherine, mi ha dato il volantino della festa d’inizio anno. Vogliamo andarci? È questo weekend- Kenneth cambiò argomento. Adam esitò.

-Non è soprattutto per le matricole?- chiese, incerto.

-Sì, ma è aperta a tutti. Posso tenere fede alla mia parte di accordo- Kenneth gli fece l’occhiolino, e Adam non riuscì a non arrossire.

-Oh, ti prego, sai che ti do ripetizioni gratis!- provò a scoraggiarlo, ma Kenneth era deciso.

-No, non mi piace avere debiti! Tu mi aiuti a studiare, e io ti trovo una ragazza. Era quello l’accordo iniziale, e mi sembravi entusiasta al riguardo- ricordò i termini dell’accordo che avevano stipulato l’anno prima, quando avevano iniziato a fare amicizia.

-Sì, lo ero, ma…- Adam era ancora molto incerto.

-Allora è fatta. Dai, ti troverò una ragazza che ama i film vecchi, la filosofia, e gli occhiali da nerd- gli assicurò, sollevando i pollici per dare l’okay.

Adam sospirò.

-Morirò solo- borbottò tra sé.

-Un po’ di ottimismo, amico- Kenneth fece un aeroplano di carta con il volantino e glielo lanciò addosso. Sperava che Adam lo prendesse, ma aveva una coordinazione occhio mano imbarazzante, e gli finì in testa.

-In mia difesa non mi aspettavo l’attacco- giustificò la sua pessima presa, prendendolo prima che cadesse a terra.

Kenneth rise come un matto, e si mise più comodo sul letto.

Adam iniziò a cambiarsi a sua volta, e poco dopo si posizionò nel letto accanto, accendendo la luce accanto al comodino e prendendo un libro da leggere finché non avesse preso sonno.

Kenneth sbirciò il titolo, e notò che era un saggio su Fritz Lang… un lunghissimo saggio di ottocento pagine.

Sorrise tra sé. Adam era proprio un nerd sul cinema, il suo entusiasmo era ammirevole.

-Domani che lezioni abbiamo?- chiese, per protrarre leggermente la conversazione prima di andare a dormire.

Avevano fatto l’orario insieme per avere sempre compagnia. E poi perché così Kenneth aveva qualcuno che lo aiutasse a studiare perché era pessimo a concentrarsi.

-Abbiamo solo Filosofia teoretica, e a pranzo dobbiamo vederci per capire che cortometraggio fare al Laboratorio di Filmmaking- rispose Adam, distrattamente, aprendo il libro sul regista tedesco e cominciando a leggerlo. 

Kenneth sbuffò.

-Pranzo irritante con la regina di ghiaccio- borbottò, ripensando alla mattinata e iniziando ad infiammarsi. Mise la testa sotto al cuscino, come se nascondendosi dal mondo avrebbe evitato il pranzo del giorno successivo.

Detestava caldamente Queenie.

-Non mi hai ancora detto perché la odi tanto- osservò Adam, sempre senza guardarlo.

-Ho tutti i motivi del mondo. E se anche non li avessi, il mio odio sarebbe comunque giustificato. È un’ipocrita- si irritò Kenneth, stringendo i pugni.

-Ipocrita? Addirittura?!- Adam scosse la testa -Senti, capisco che ti possa stare antipatica, ma puoi provare a seppellire l’ascia di guerra almeno per la scelta del tema, poi magari possiamo dividerci i compiti. Io mi occuperei volentieri del montaggio- provò a proporre Adam.

-Io non ho problemi a seppellire l’ascia di guerra, se lei non ha problemi a smettere di provocarmi e guardare tutti dall’alto in basso! Quella piccola figlia di…- Kenneth alzò leggermente la voce.

-Kenneth!- lo riprese Adam, lanciandogli un’occhiata da dietro il libro, e cacciando immediatamente un acuto urlo, che fece sollevare di scatto la testa di Kenneth, ancora sotto il cuscino.

-Cosa c’è?- chiese, sorpreso, ma lo vide immediatamente da solo.

Le sue coperte, infatti, avevano preso fuoco.

-MA CHE?!- Kenneth urlò e cadde dal letto, sorpreso e spaventato. Adam si affrettò a prendere una bottiglietta d’acqua che teneva sempre sul comodino e gettare il contenuto sul letto, mostrando una grande prontezza di riflessi.

Ma non era l’unica cosa che stava andando a fuoco.

Infatti le mani di Kenneth continuavano ad essere circondate da due fuocherelli che sembravano farsi sempre più forti, e sembravano quasi essere generati da lui.

-Ahhh, altra acqua, altra acqua!- urlò contro Adam, che in assenza di acqua prese la coperta ormai spenta e gliela avvolse intorno alle mani sperando di eliminare l’ossigeno e spegnere il fuoco.

-Ma come è successo? Stavi giocando con l’accendino?!- chiese poi, preoccupato a morte, e in tono sempre più acuto.

-Ma certo che no! Avevo la testa sotto il cuscino e mi stavo lamentando di Queenie, non sono così irresponsabile- si lamentò Kenneth, preoccupato quanto lui.

Quando sembrò che l’incendio si fosse spento, Adam tolse con attenzione la coperta dalle mani di Kenneth, che non guardò, temendo di aver perso le mani, dato che non sentiva alcun dolore o bruciatura.

-È tanto grave?- chiese, in un sussurro.

Adam non rispose. Era rimasto a bocca aperta.

-Non farmi preoccupare così! Cosa è successo alle mie mani?!- chiese Kenneth, aprendo lentamente gli occhi, terrorizzato, e restando a bocca aperta a sua volta.

-Ma… come…?- era senza parole, evento abbastanza raro, per lui.

Perché le sue mani, nonostante fossero appena state circondate da grosse e pericolose fiamme, erano perfettamente illese.

Mentre la coperta era un ammasso bruciato informe e nero, le mani di Kenneth erano completamente normali, per niente attaccate, come se fosse ignifugo.

-Kenneth, hai idea di cosa questo significhi?- chiese Adam, sconvolto.

-Sì…- ammise il ragazzo, guardandolo ad occhi sgranati.

-SONO LA REGINA DEI DRAGHI!!! CHE FIGATA!!!- esclamò poi, entusiasta, non capendo minimamente la gravità della situazione.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(A.A.)

Ci sono i Queenie (“se ignoro la cosa andrà via”) e ci sono i Kenneth (“che figo c’ho i poteri”). Voi cosa siete?

Questo capitolo introduce alcuni personaggi e le loro dinamiche, elabora meglio quelli già conosciuti (anche se non tutti, Catherine è ancora strana) e mette le basi di qualcosa di strano che sta succedendo a chi è rimasto coinvolto dalla tempesta.

Conto di fare capitoli abbastanza brevi e tranquilli, questa storia non ha molte pretese, lo dico subito.

Ma spero comunque possa piacervi, perché c’è un certo impegno, almeno nella caratterizzazione dei personaggi.

Per il momento avete qualche commento o osservazione da fare su di loro?

Siamo ancora all’inizi, ma sentitevi liberi di scrivere qualcosa.

Incoraggiamenti a parte, spero che il capitolo vi sia piaciuto, un bacione e alla prossima :-*

 

 

Nel prossimo episodio: Il gruppo si vede per pranzo

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Capitolo 3
*** Piovono Polpette ***


Piovono Polpette

 

-Va bene, ragazzi, vi devo assolutamente chiedere una cosa!- era stata la prima cosa detta da Kenneth quando si erano finalmente riuniti tutti quanti.

-Queenie non è ancora arrivata- replicò Aria, molto assente, giocherellando con un tovagliolo.

Era molto distratta quel giorno, dato che tra il pomeriggio del giorno prima e quella mattina erano successi una serie di numerosi stranissimi eventi.

Aria era abituata alla sua goffaggine. Fin da quando era piccola aveva una pessima coordinazione, e inciampava spesso, cadendo rovinosamente a terra. Aveva iniziato il corso di recitazione gratuito al Neige Theatre proprio per diventare più consapevole del proprio corpo, ma non aveva ancora avuto grossi risultati.

Di certo non aiutava il suo essere costantemente di fretta, esagitata e iperattiva.

Perché iperattività e goffaggine non vanno molto a braccetto, bisogna dirlo.

Il fatto è che Aria era abituata a cadere.

…un po’ meno abituata era a non cadere.

E per non cadere intendeva inciampare, rischiare di cadere di faccia, e ritrovarsi spinta all’indietro da un’improvvisa folata di vento che la rimetteva in equilibrio.

Ecco, a questo proprio non era abituata. E dubitava fosse tanto normale.

Eppure era successo già tre volte in meno di ventiquattrore.

Doveva dirlo a qualcuno? No, l’avrebbero presa per pazza.

Ma se continuava si sarebbe scoperto comunque.

Da cosa era dovuto? Perché succedeva? Era impazzita per davvero o era diventata magica? Dubitava la seconda ipotesi, sarebbe stato fantastico ma quello era il mondo reale, non si svendevano poteri a caso, giusto?

Eppure…

-Proprio perché la regina di ghiaccio non è ancora arrivata preferisco discutere della questione adesso- la voce di Kenneth era così intensa che attirò l’attenzione di Aria, che lo guardò storto.

Ammetteva anche lei che Queenie non fosse Miss simpatia, ma c’era davvero bisogno di parlare sempre male di lei alle sue spalle? Non era viziata e fredda neanche la metà di quanto la gente pensasse. Anzi, era gentile, e si impegnava, e… sì, forse era un po’ rigida, ma non era colpa sua, ma delle persone che non provavano neanche a conoscerla.

-Guarda che anche se ti sta antipatica è comunque parte del gruppo e deve essere presente per la scelta del progetto- lo rimproverò, cercando di essere comunque incoraggiante e allegra.

-Sì, lo so. Ma non voglio parlare del progetto, ma farvi una piccola domanda personale- Kenneth era insolitamente insicuro e incerto.

Adam gli lanciò un’occhiata allertata.

-Kenneth, non mi pare il caso- provò a dissuaderlo, guardandosi intorno preoccupato. Erano in un tavolo molto isolato, e non c’era nessuno che potesse vederli.

Ed era strano… che Kenneth avesse scelto il tavolo di proposito?

L’attenzione di Aria venne del tutto presa dalla situazione assurda che iniziava a formarsi. Era insolito che Kenneth e Adam si comportassero così, sembravano spaventati da qualcosa.

Ma da cosa?

-Lo so che è strano, ma è meglio parlarne- insistette Kenneth, rivolto verso Adam, non del tutto certo, e lanciando un’occhiata a Catherine per cercare la sua assistenza.

La ragazza sollevò le spalle, e lo guardò in difficoltà. Non sembrava avere idea di cosa consigliargli.

-È successo qualcosa?- provò a chiedere Noah, iniziando a preoccuparsi.

-No!-

-SÌ!- risposero Adam e Kenneth, all’unisono.

Poi si guardarono storto.

-Sentite, per caso a voi è successo che…?- alla fine Kenneth prese coraggio e iniziò a chiedere, ma venne interrotto dall’arrivo di Queenie, che li raggiunse elegante e rilassata, per niente consapevole dell’aria tesa che già tirava al tavolo.

-Scusate il ritardo, la lezione è durata più del previsto- si scusò, sedendosi accanto ad Aria e lanciandole un allegro sorriso che non lasciò indifferente la ragazza.

Insomma, dai, Queenie era decisamente una bella ragazza, e non era un segreto che Aria fosse pansessuale.

Poi, che fosse più attratta dalla persona che dall’aspetto era un altro conto, e anche in quel caso Queenie le piaceva. Era gentile, e si impegnava tanto, ed era anche molto più divertente di quanto apparisse all’esterno.

-Non fa niente, anzi, potevi anche ritardare di più- la accolse Kenneth, sgonfiandosi come un palloncino e diventando molto più restio a dare l’informazione che era in procinto di condividere.

-Per quanto mi piaccia l’idea di ritardare il più possibile qualsiasi interazione con te, è giunto alla mia attenzione che più rinvio i problemi, più tardi vengono risolti, quindi vogliamo discutere del soggetto del cortometraggio e prendere poi vie traverse?- Queenie aveva la risposta pronta, con lingua affilata come un coltello ma mantenendo la compostezza.

Era proprio una queen, il nome era decisamente azzeccato.

Kenneth non replicò, e si limitò a sbuffare, stravaccandosi sulla sedia irritato.

-Non dovremmo ordinare da mangiare, prima?- chiese Noah, incerto, ma sperando di trovare un terreno comune.

-Sì, vi prego, il mio stomaco sembra una lavatrice impazzita per quanto fa rumore- gli diede man forte Aria, che quando si trattava di cibo era un pozzo senza fondo.

-Buona idea, meglio mangiare e parlare del corto- Adam accolse con piacere il cambio di argomento, e chiamò una cameriera. Sembrava sollevato che Kenneth non avesse rivelato quello che stava per dire.

Purtroppo il suo sollievo non durò molto, perché dopo aver ordinato e una volta in attesa dei piatti, Noah riprese la parola, e si rivolse direttamente a Kenneth.

-Che stavi dicendo, prima?- chiese, curioso.

-Uh…- Kenneth esitò, lanciando un’occhiata a Queenie, che era troppo impegnata a scrivere un messaggio al telefono per badare a loro.

-Come va?- le chiese Aria, notando le sopracciglia inarcate.

-Oh, bene! Mi ha scritto l’insegnante di teatro. Dice che dovremo spostare le prove di questa settimana a martedì prossimo. Mi ha incaricato di dirlo a tutti- spiegò Queenie, un po’ preoccupata.

-…forse non è il caso di dirlo davanti alla regina dei ghiaccioli- commentò infine Kenneth, dopo una breve pausa riflessiva.

Sentendosi chiamare in causa, Queenie alzò la testa dal telefono, e fulminò Kenneth con lo sguardo.

-Guarda che sono qui davanti- gli ricordò, irritata.

-Appunto! Preferiresti che ti parlassi male alle spalle?- la provocò Kenneth, rigirando la frittata.

-Come se non lo facessi comunque- lo accusò Queenie, scuotendo la testa.

-Che tenera, credi davvero di essere nei pensieri di tutti costantemente? Un po’ piena di te, non pensi?- continuò a provocarla Kenneth.

-Quando ti deciderai a crescere e smetterla di comportarti così?- senza sapere che rispondere, Queenie alzò gli occhi al cielo e chiamò in causa il suo comportamento infantile.

-Quando tu la smetterai con questa costante aria di superiorità- continuò Kenneth, iniziando ad infiammarsi… letteralmente?

Forse era solo Aria ad essere impazzita, ma le sembrò per un attimo che i suoi occhi si facessero rossi, e che del fumo iniziasse a sollevarsi dalle sue mani.

-Kenneth, lascia stare- Adam gli mise una mano sulla spalla, incoraggiandolo a calmarsi, e qualsiasi illusione di fuoco sembrò sparire.

-Hai ragione, non ne vale la pena. Parliamo del corto- Kenneth provò a cambiare argomento.

-Qualcuno di voi ha qualche idea?- chiese Adam, introducendo l’argomento e risollevandosi parecchio.

-Un filmato documentaristico che illustra la gioventù dei giorni nostri, con una voce fuori campo e riprese dei classici luoghi di ritrovo, magari gli hobby, e qualche intervista- rispose subito Queenie, pratica.

-Dovrebbe essere un corto, non un documentario- la riprese Kenneth, sempre polemico.

-Tu hai qualche idea?- chiese Queenie, stringendo i denti.

-Sai benissimo la mia idea: un corto che denuncia le disuguaglianze della nostra società, che si ripercuotono soprattutto sui giovani. Un cortometraggio di protesta!- rispose lui.

-Non devi fare di ogni cosa una questione politica- si lamentò Queenie, riprendendo il litigio che avevano avuto il giorno prima.

Proprio in quel momento, un potente tuono fece sobbalzare sulle sedie i sei studenti, che si girarono di scatto verso la fonte, mostrando chiaramente il loro terrore.

Ma non era un nuovo fulmine a ciel sereno, bensì un semplice vassoio caduto per sbaglio a terra.

Aria fu la prima a tirare un enorme sospiro di sollievo.

-L’esperienza di ieri mi ha proprio traumatizzato, ho i nervi a fior di pelle- commentò, respirando profondamente per calmare il battito del suo cuore.

-A chi lo dici- le diede man forte Noah, giocherellando con il tovagliolo.

-Beh, dai, non è successo nulla, non succederà nulla, stiamo bene e non accadrà più niente del genere- cercò di cambiare argomento Queenie, che tra tutti sembrava quella più agitata dall’improvviso forte rumore.

-Queenie, stai bene?- le chiese Aria, mettendole una mano sul braccio e iniziando ad accarezzarglielo amichevolmente.

Queenie sembrò rilassarsi parecchio al suo tocco, ma rimase alquanto all’erta, e dopo qualche secondo, si scansò.

-Sì, sì, sto alla grande!- rispose, in tono acuto -Allora, ci sono altre idee?- chiese poi, provando a tornare all’argomento principale.

-Io stavo pensando di fare sprazzi della nostra vita, magari tipo un video su noi che cerchiamo di fare il video, pertanto una specie di esperimento o metanarrazione- Noah venne in sui soccorso condividendo timidamente la sua idea.

-Potrebbe essere interessante- diede il suo consenso Adam.

-Piace anche a me, anche se la mia idea era di creare una specie di storia adolescenziale, non reale, ma realistica, che illustra i problemi dei giovani- provò a proporre Aria, cercando di distrarsi sia dai propri problemi, che dai chiari problemi di Queenie.

Avrebbe voluto aiutarla, ma era difficile se l’amica si rifiutava di farsi aiutare.

-Mi piace l’idea di fare una storia, hai davvero delle proposte interessanti, Aria- si complimentò Queenie, sorridendole incoraggiante, e facendola arrossire come un pomodoro.

Sfido chiunque a non trasformarsi in un frutto (i pomodori erano frutti, giusto?) davanti al complimento della bella e intelligente reginetta della scuola.

Guardando le due ragazze interagire, Kenneth roteò gli occhi, e borbottò tra sé un commento che sembrò quasi un “ipocrita del casco”, anche se Aria non avrebbe saputo dire se avesse pronunciato proprio quelle parole o si fosse immaginata tutto lei.

-Tu Catherine, hai qualche idea?- chiese Noah verso la ragazza silenziosa, e Aria si ricordò solo in quel momento che era presente anche lei. 

A sua discolpa doveva dire che era davvero tanto silenziosa, e con Queenie vicino, Aria aveva la priorità di concentrarsi su altro. 

Si rese conto che Catherine, di nascosto a tutti, ma allo stesso tempo completamente alla luce del sole, aveva iniziato a filmare la conversazione.

Si sorprese molto dall’essere chiamata in causa in quel modo.

-Non ho idee particolari, mi va bene tutto- sollevò le spalle, e continuò a riprendere la scena.

-Qualcosa mi dice che la tua idea preferita è quella di Noah- la provocò Kenneth, con una gomitata amichevole, indicando la telecamera che teneva in mano. Si ritirò immediatamente come colpito da una piccola scossa. La cugina lo guardò storto.

-Riprendo tutto per sicurezza- si giustificò, impassibile.

-È un’ottima idea, in effetti. Bisogna sempre cogliere le occasioni perché gli imprevisti sono sempre dietro l’angolo, nel mondo del cinema- Adam prese le sue parti, pensieroso.

-Tipo morire a causa di un fulmine- borbottò Kenneth, molto tra sé, ma riuscendo comunque a farsi sentire da tutti e a ghiacciare l’atmosfera.

…letteralmente, all’improvviso si era fatto freddo.

-Potresti piantare di parlare di quello che è successo ieri?! È acqua passata!- si lamentò Queenie, fredda.

-Noi possiamo chiudere con il passato, ma il passato non chiude con noi- obiettò Kenneth, mostrando una profondità poco in linea col personaggio.

-Che?- Queenie lo guardò come se fosse pazzo.

Adam schioccò le dita.

-Aspetta, aspetta, non dirmelo… Magnolia, vero?- chiese, verso Kenneth, colto da un’illuminazione.

-Yup, grande!- Kenneth sollevò il pugno, che Adam gli batté, soddisfatto.

Noah, Queenie e Aria rimasero a guardarli molto confusi.

-Citazione dal film “Magnolia”, del 1999- spiegò Catherine, in un sussurro.

-Oh! Non l’ho mai visto- Aria scosse la testa, ammettendo la propria ignoranza.

-E quindi? Non cambia il fatto che puoi tranquillamente astenerti dal nominare fatti passati!- continuò ad insistere Queenie, stringendo i pugni.

-Va bene, basta parlare di quello che è successo ieri- Aria prese le sue parti, rassicurante, Queenie accennò un sorrisino.

Kenneth però non aveva ancora finito.

-So che è molto da te evitare un argomento che ti disturba, ma sei innaturalmente agitata su questa cosa- osservò, squadrandola dalla testa ai piedi.

-Io non ho idee particolari, ma mi piacerebbe lavorare sul montaggio, dato che è il mio oggetto di studio preferito- Adam tentò invano di cambiare bruscamente argomento, ma Kenneth era troppo occupato a guardare Queenie per pensare a lui. Non lo ignorò con malizia, semplicemente la sua mente riusciva facilmente a concentrarsi solo su un pensiero alla volta.

E al momento era invasa da Queenie.

Wow, se Kenneth Neri non fosse la persona più omosessuale di cui io abbia mai scritto (Daniel Sleefing escluso), si potrebbe quasi pensare che abbia una cotta nascosta per la ragazza, visto quanto frequentemente fosse al centro dei suoi pensieri. 

Ma i pensieri riguardo a lei erano perlopiù negativi, fidatevi.

-Per caso è successo qualcosa di strano dopo il tuono? Qualcosa che ti preoccupa, e ti agita, e magari di estremamente innaturale?- continuò ad indagare, avvicinandosi a lei.

Queenie strinse i denti, e sgranò gli occhi, dando chiaramente la sua risposta.

Poi scosse violentemente la testa, con fin troppa veemenza.

-No certo che no! Che eventi strani dovrebbero essere capitati?- chiese, guardando Kenneth come se fosse pazzo, ma stringendo con forza le mani una sull’altra e poi contro il petto.

In circostanze normali, Aria avrebbe cercato di fermare Kenneth e di rasserenare Queenie, ma quello che il ragazzo aveva appena detto catturò tutta la sua attenzione.

-Aspetta, di che eventi strani parli? È successo qualcosa di strano anche a te?- chiese, raddrizzandosi sul posto e iniziando a sentirsi molto meno pazza riguardo i tre avvenimenti sovrannaturali.

Kenneth si girò di scatto verso di lei, sorpreso.

-Anche a te?!- chiese, mentre il suo umore cambiava completamente.

-Oh mamma!- Adam si seppellì il volto tra le mani, a disagio.

Venne salvato dall’arrivo della cameriera, tornata proprio in quel momento con i piatti.

-Allora, l’insalata per la signorina Neige- iniziò a servire. Queenie era cliente abituale, quindi la conosceva bene, senza contare che la cameriera era stata sua compagna al liceo, anche se questa informazione Aria non la conosceva -…spaghetti per Ken…-

-..neth! Kenneth, Zoey. Non sono il pupazzo di Barbie- Kenneth la corresse e prese il piatto di spaghetti al sugo con polpette.

-Scusa, Kenneth, vecchie abitudini- la cameriera gli fece un occhiolino complice, e passò oltre -…zuppa per Adam, è uscita particolarmente buona oggi- a sentire quel commento ottimista l’umore di Adam salì leggermente, e riuscì addirittura ad abbozzare un sorriso in mezzo alla chiara sofferenza che svettava sul suo volto.

-Poi un doppio cheeseburger con patatine…- la cameriera guardò Noah, aspettandosi fosse lui ad averlo ordinato, ma Aria si affrettò ad alzare la mano, e iniziare a saltellare sul posto per attirare la sua attenzione. Non vedeva l’ora di mangiare.

-Oh, ecco a te. Quindi mi rimane una piadina e una pasta in bianco- la cameriera guardò prima Noah poi Catherine.

-Piadina- si affrettò a dire Noah, prendendole il piatto direttamente dalle mani per aiutarla.

-Pasta- sussurrò Catherine, aspettando invece che fosse la cameriera a posarle il piatto davanti. Stava ancora riprendendo tutto quanto.

Certo che aveva parecchia memoria in quella videocamera. 

Visto l’arrivo dell’agognato cibo, i sei iniziarono a mangiare, evitando di riprendere in mano l’argomento preoccupante.

Ma non durò molto.

-Allora, a te cosa è successo?- ruppe il ghiaccio Kenneth, dopo aver preso un paio di bocconi della sua pasta.

Aria aveva già divorato completamente il panino e metà delle patatine, quindi era pronta a parlarne.

…beh, circa… quasi… non del tutto. Insomma, si sentiva ancora stupida a parlare di quello che le era successo, ma se a Kenneth era successo qualcosa di strano poteva confidarsi, no?

E aveva decisamente bisogno di confidarsi.

-Allora… non prendetemi per pazza, ma… cioè, premetto che sono goffa, okay? Non è un segreto- iniziò a tergiversare, un po’ a disagio.

-Sì lo sappiamo- le diede man forte Kenneth, ridacchiando e tagliando corto.

-Ecco, sì, ecco… di solito cado a terra di faccia, e non c’è niente di male, sono abituata, ma ieri… e oggi… tre volte a dirla tutta, non sono caduta…?- la ragazza continuò a spiegare, senza spiegare del tutto.

Tutto il tavolo la guardò stranita e confusa.

Queenie sembrava sollevata.

Ma Aria stava cercando di non guardare Queenie perché non voleva sentirsi ridicola davanti a lei.

-È questa la cosa strana? Che non sei caduta neanche una volta?- chiese Noah, a bassa voce e molto incerto.

-Mi aspettavo di meglio, devo ammetterlo- Kenneth sembrava davvero deluso, e iniziò a giocherellare con gli spaghetti.

-Probabilmente gli esercizi di coordinazione che facciamo a teatro iniziano a dare i loro frutti- commentò Queenie, soddisfatta.

E solo allora Aria si rese conto che non aveva rivelato la parte più importante.

-Ah, no! Non è che non sono inciampata, sono inciampata più volte, ma mentre cadevo una specie di forza d’aria mi ha rimesso in equilibrio- spiegò meglio, attirando l’attenzione di tutti, che sollevarono di scatto la testa verso di lei, smettendo di mangiare.

-Cosa?!- chiesero Kenneth, Adam e Noah all’unisono, il primo eccitato, il secondo preoccupato, il terzo sorpreso.

-Beh, lo so che è strano, okay? Ma è successo, lo giuro, e non so che significa, ma non mi era mai successo niente del genere prima del temporale- Aria mise le mani avanti, sperando di non pentirsi di aver parlato.

-Che figata!- esclamò Kenneth, battendo il pugno sul tavolo.

Queenie fissava Aria come se venisse dallo spazio.

-E a te cosa è successo?- provò a chiedere Aria, per distogliere l’attenzione da sé.

-Una cosa un po’ più preoccupante, in realtà. Ma prima devo chiederlo anche a voi… a Noah- dopo aver lanciato un’occhiatina a Queenie, Kenneth decise di ignorarla per rivolgersi direttamente all’unico membro del gruppo che non aveva condiviso opinioni riguardo eventuali avvenimenti strani.

Neanche Adam e Catherine avevano detto alcunché, ma sicuramente Kenneth con loro aveva già parlato in separata sede, dato che Adam era il suo coinquilino, e Catherine sua cugina e migliore amica, da ciò che Aria sapeva di loro.

-Oh, io? Beh, non so…- Noah prese un morso della piadina, a disagio.

-Non devi rivelarci niente, ma se ti viene in mente qualcosa potremmo aiutarci a vicenda- provò ad incoraggiarlo Kenneth, sporgendosi verso di lui e rischiando di sporcarsi di sugo.

-Ammetto che una cosa c’è, ma non è granché spettacolare- ammise Noah, dopo qualche secondo di esitazione e dopo aver deglutito il cibo.

-Ci va bene tutto- lo incoraggiò Kenneth.

-Beh, ieri, mentre tornavo al dormitorio, ero un po’ distratto, e sono finito con il piede dentro una pozzanghera, ma non mi sono bagnato. L’acqua è come defluita lontano da me, non so, è stato un po’ strano- spiegò, a disagio.

-Quindi i vostri poteri vi hanno in un certo senso salvati. Cavolo, io ho solo mandato a fuoco il dormitorio- commentò Kenneth, un po’ imbarazzato.

Di nuovo tutti sobbalzarono e si girarono verso di lui, sorpresi, tranne Adam che si limitò a seppellire il volto tra le mani a disagio per la situazione.

-Aspetta, l’allarme antincendio non è scattato per sbaglio?!- chiese Noah, che la sera prima era stato svegliato da un “falso allarme” che l’aveva spaventato parecchio.

-Eh… diciamo che quando è scattato il fuoco era già stato domato quindi non serviva più- Kenneth provò a tirarsi fuori dai guai, ridacchiando a disagio.

Adam sprofondò ulteriormente nella sedia.

-Wow, è assurdo. Quindi tre di noi hanno acquisito tipo degli strani poteri...- osservò Aria, iniziando a credere che quello che era successo non fosse una coincidenza.

-Io l’acqua, tu l’aria e Kenneth il fuoco. Manca la terra- osservò Noah, poco convinto ma decidendo di avere la mente aperta.

Era comunque leggermente pallido.

-Ad Adam e Cathy non è successo nulla di strano, ma la mia teoria era che forse il temporale di ieri centrasse qualcosa. Per questo volevo chiedere a voi- continuò Kenneth, pratico.

-Aspetta, tipo Mistfits?- chiese Noah, ricordando una vecchia serie tv.

-Esatto! Esattamente come Misfits!- Kenneth gli diede man forte -Tu sì che mi capisci- gli fece poi un occhiolino complice.

-Cercate di non uccidere assistenti sociali, però- borbottò Adam a voce così bassa che si sentì a malapena.

-Dovremmo imparare a controllare i nostri poteri, sempre se non scompaiono dopo un po’. Meglio rispolverare i miei vecchi fumetti per capire cosa fare in questa situazione- Aria iniziò a riflettere, battendo le ginocchia tra loro esagitata.

-Uhhh, supereroi, questa idea mi piace molto- Kenneth annuì intrigato, massaggiandosi il mento.

-Ma dico, vi sentite? Siete completamente pazzi- sussurrò Queenie, fissandoli allucinata.

Il sorriso di Kenneth crollò, e si girò verso di lei.

-Mi ero quasi scordato che c’eri anche tu… era molto meglio se non parlavi- la provocò, irritato.

-No, era molto meglio se tu non parlavi. Non vi rendete conto di cosa state dicendo? Poteri magici? Per colpa della tempesta? È più probabile che vi siate fatti una canna di troppo. Mi fate quasi paura per quanto sembrate crederci- continuò la ragazza, facendosi indietro con la sedia e guardandoli come se fossero completamente pazzi.

Le guance di Aria si imporporarono. La imbarazzava parecchio pensare che Queenie la considerasse pazza. Un po’ si consolava del fatto che in tutto il suo discorso, Queenie non aveva girato la testa verso di lei neanche una volta.

Ma le parole erano chiare.

E iniziò seriamente a dubitare della sua teoria.

Eppure per un attimo era stata così eccitata all’idea di avere poteri di aria, avrebbe persino potuto provare a volare. Wow, sarebbe stato meraviglioso.

Ma… sicuramente impossibile.

-Quindi siccome tu sei rigida come un blocco di ghiaccio…- Queenie si irrigidì ulteriormente a commento di Kenneth -…cinque persone hanno torto? Adam ha visto tutto, e lui non si era fumato alcuna canna- 

-Neanche tu- osservò Adam, iniziando a dubitare a sua volta della storia che, onestamente, se non avesse visto con i propri occhi avrebbe ritenuto completamente impossibile.

Kenneth ci pensò un attimo, poi annuì.

-No, ieri no, infatti- ricordò, soddisfatto.

-Se anche il dormitorio è andato a fuoco è molto più probabile che tu ti sia messo a giocare con l’accendino. E aggiungiamo anche piromania alla tua lista di reati- Queenie però non voleva sentire ragioni, e si teneva le mani sempre di più strette al petto.

Sembrava… spaventata.

Molto più spaventata che snob o pronta a giudicare.

Come se stesse cercando di convincere sé stessa, e non insultare Kenneth.

Aria iniziò a preoccuparsi per lei, e un’idea assurda iniziò a formarsi nella sua mente.

Non è che anche Queenie…

-Non sono così incosciente, e non avrei mai messo Adam in pericolo con una sciocchezza simile- Kenneth si alzò dalla sedia, e posò le mani sul tavolo.

Queenie rimase seduta, ma comunque i loro visi erano quasi alla stessa altezza, perché obiettivamente Kenneth era proprio basso.

-Certo, come no. Sei la persona più insensibile e incosciente che conosca. Non ti interessa affatto delle altre persone- ribatté Queenie, sempre più rigida.

-A me interessa il bene degli altri, ma scusa se sono onesto con le persone a cui tengo, a differenza tua che non fai altro che ignorare tutto ciò che non ti fa comodo per vivere nel tuo mondo perfetto!- la discussione tra Kenneth e Queenie iniziò a deviare dai poteri, per andare molto più sul personale.

-Ti ignoro perché di te non mi è mai importato assolutamente nulla! Fattene una ragione!- l’ultima frase di Queenie fu la goccia che fece traboccare il vaso.

O forse è più appropriato dire la scintilla che provocò l’esplosione.

Perché Kenneth si infiammò completamente, dai palmi delle mani fino alle spalle.

Queenie sobbalzò e mise le mani avanti, provocando un muro di ghiaccio tra lei e il ragazzo.

E Aria, presa alla sprovvista, fece un movimento brusco e cadde dalla sedia.

O meglio, non cadde.

Rimase a volteggiare a mezz’aria e per la sorpresa sollevò a mezz’aria anche tutto ciò che c’era sul tavolo.

Ci fu un secondo di stasi dove i sei ragazzi si resero conto di cosa fosse appena successo.

Poi Kenneth indietreggiò sollevando le mani per evitare di bruciare qualcuno.

Aria si rimise in equilibrio e fece inconsciamente cadere tutti i piatti che si infransero al contatto con il tavolo. Il cibo non ancora consumato andò a finire da tutte le parti.

Noah sollevò la mano verso Kenneth e lo spense con un improvviso getto d’acqua uscito dal nulla.

E Queenie corse via dal locale così in fretta che Aria fu l’unica ad accorgersi della sua assenza appena riuscì a capire cosa fosse successo.

-Queenie!- provò a chiamarla, ma era già troppo lontana.

-Quella maledetta ipocrita! Diceva tanto a noi e poi è Elsa di Frozen!- commentò Kenneth, mentre provava ad asciugarsi al meglio i vestiti fradici. 

-Fico- borbottò Catherine, che… non aveva mai smesso di riprendere tutto il tempo?! Poteva essere un bel problema.

Ma Aria aveva problemi più urgenti da risolvere.

-Vado a parlarle!- si offrì, buttando sul tavolo un paio di banconote per pagare il pranzo e correndo fuori.

Per fortuna non ci mise molto a trovarla.

Perché… esattamente come Elsa di Frozen, aveva lasciato una specie di leggera scia di ghiaccio dietro di sé.

Aria la trovò pochi metri oltre l’edificio, in un vicolo nascosto, seduta a terra e circondata da qualche fiocco di neve che cercava invano di togliere.

-Queenie, va tutto bene?- chiese, avvicinandosi lentamente.

-Ah!- la ragazza sobbalzò preoccupata, ma sembrò rilassarsi vedendo Aria.

-Sì, alla grande. Torna pure dagli altri- provò a dire, mettendo su il sorriso più falso del mondo, e stringendosi più nelle spalle.

Aria non se la bevve neanche per un secondo, e continuò ad avvicinarsi.

-Capisco che tu sia un po’ agitata. Lo sono anche io, ma possiamo aiutarci a vicenda per questa cosa- provò a proporre incoraggiante.

-Non c’è niente in cui aiutarci. È tutto un enorme incubo, e tra un po’ mi sveglierò e sarò una ragazza normalissima circondata da gente normalissima e litigherò con Kenneth in maniera normalissima!- Queenie però non voleva ancora accettare la realtà, e Aria un po’ la capiva.

Insomma, per lei avere dei poteri era una figata assurda, ma sapeva che Queenie era fondamentalmente molto abitudinaria, e perfezionista, e realista, e un potere che non riusciva a controllare e che in teoria non era fisicamente possibile sviluppare era per lei come la kryptonite per Superman.

Aria le si sedette accanto, e rimase in silenzio, dandole il suo tempo per accettare la realtà e decidendo di non forzarla a credere nell’evidenza.

-Che stai facendo?- chiese Queenie dopo qualche secondo, lanciandole un’occhiata confusa.

-Condivido l’incubo con te, sperando che la mia presenza possa trasformarlo in un bel sogno- Aria le sorrise raggiante, e contagiò Queenie, le cui labbra si arcuarono leggermente.

Rimasero in silenzio qualche altro secondo, e il ghiaccio intorno a Queenie iniziò a sciogliersi, letteralmente e metaforicamente. La neve sparì, ma rimase comunque un senso di gelo.

-Ho paura, Aria… ho paura e ho freddo- ammise alla fine Queenie, stringendosi in un abbraccio e tremando visibilmente.

L’amica le si avvicinò un altro po’ e le cinse le spalle, per darle un po’ di calore.

-Quindi in fin dei conti non sei proprio Elsa, il freddo ti nuoce- osservò Aria, buttandola sul ridere.

-O forse è solo il terrore- la voce di Queenie era ancora spaventata, e si torturava le mani cercando invano di scaldarle.

Aria gliele prese tra le sue e iniziò a strofinarle con affetto.

Queenie si irrigidì, ma non si scansò.

E per essere più efficace, Aria alitò appena per riscaldarle ancora meglio, sollevando inconsapevolmente un venticello tiepido, che fece rilassare Queenie.

-Questo sì che è piacevole- borbottò molto tra sé, chiudendo gli occhi e beandosi del vento e del conforto dell’amica.

-Allora, è un incubo meno invivibile?- chiese Aria, provando a ributtarla sul ridere.

Questa volta Queenie sorrise con molta più sincerità.

-Con te nessun incubo può restare tale a lungo- ammise, con un sorrisino che, ma forse era solo l’impressione di parte di Aria, sembrava alquanto malizioso.

A prescindere dall’intenzione di Queenie, la ragazza arrossì fino alla punta delle orecchie.

-Ah ah, mi fa piacere- rispose, intrecciandosi con le parole ma cercando di apparire sicura di sé, impresa molto difficile.

Ma doveva prendere le distanze, perché sì, aveva una cottarella per Queenie, era innegabile, ma Queenie era molto fidanzata e anche molto etero, quindi Aria si era già rassegnata a non approfondire quei sentimenti e mantenerli prettamente platonici.

-Allora, nel caso ti sentissi di nuovo in un incubo, chiedi pure a me- si mise a disposizione, amichevole.

Queenie sospirò profondamente, calmandosi, ma poi le venne una nuova paura.

-Spero che nessuno abbia visto nulla- rifletté, battendo nervosamente la mano contro la sua gamba.

In effetti… chissà cosa era successo poi agli altri.

 

-Non riesco a credere che Zoey ci abbia banditi a vita!- esclamò Kenneth, irritato, e ancora fradicio, mentre si asciugava al meglio con dei fazzoletti che gli aveva porto Adam.

-Hai bruciato la tovaglietta e il tavolo, Aria ha rotto tutti i piatti, e la pozza di Noah l’ha quasi fatta cadere. Ringrazia che non ha fatto domande prima di cacciarci fuori a calci- osservò Adam, che stava sudando freddo, agitato da tutta la situazione.

-Ho agito d’impulso, non intendevo annaffiarti così tanto, mi dispiace- Noah si grattava il retro del collo molto imbarazzato.

-No, figurati, mi hai spento, ti dovrei proprio ringraziare. Finché non imparo a controllare questa cosa devo stare lontano da Queenie- osservò Kenneth, ripensando alla ragazza che più odiava al mondo -Cavolo, questa era una delle mie magliette preferite- commentò poi, controllando le maniche bruciate. Per fortuna non si era scottato la pelle, ma la maglietta era ormai irrecuperabile.

-È ingiusto che Queenie non sia stata bandita. È quasi la totale responsabile del problema- rifletté Adam, molto tra sé, ma non trattenendo l’irritazione.

-Woo, amico, da dove viene questo comportamento passivo aggressivo?! Lo adoro, passa al lato oscuro!- Kenneth ridacchiò e gli fece un occhiolino.

Adam arrossì leggermente, ma cercò di non farlo notare.

-Dico solo le cose come stanno. Neanche io sono molto convinto da tutta la cosa dei poteri… cioè, ora lo sono, ma prima non lo ero… e ho ancora qualche incertezza al riguardo, ma il punto è che lei è sempre inutilmente aggressiva nei tuoi confronti… e lo sei anche tu, ma a differenza tua lei non lo ammette- si spiegò meglio, balbettando un po’.

-Grazie! Visto, il tipo migliore del gruppo mi da ragione, quindi ho ragione!- Kenneth provò a cingergli il collo con le mani in maniera fraterna… ma si portavano troppi centimetri, quindi gli cinse il fianco… e uscì un gesto più romantico di quanto non dovesse essere.

Adam sperò con tutto il cuore di non essere rosso come un pomodoro. Kenneth non ci fece neanche caso.

-Beh, è anche il tuo migliore amico, quindi è un po’ di parte- borbottò Noah, che obiettivamente preferiva Kenneth a Queenie, di gran lunga, ma allo stesso tempo credeva che fossero entrambi nel torto, almeno in parte.

-No, la mia migliore amica è Cathy, Adam è il mio miglior coinquilino/insegnante!- obiettò Kenneth, separandosi da un leggermente deluso Adam per scompigliare i capelli della cugina, che però lo evitò con prontezza di riflessi invidiabile, soprattutto considerando che non lo stava guardando ma controllava le riprese che aveva fatto.

Adam si agitò.

-Ehm, Catherine, stai cancellando, vero?- chiese. Insomma, era ovvio che avrebbe cancellato la chiara prova che loro avevano dei poteri, ma era meglio essere sicuri.

-Perché?- chiese infatti lei, confusa, piegando la testa.

-Ehm… non credo sia il caso di far sapere in giro che hanno dei poteri- spiegò Adam, in un sussurro.

-Già… potrebbero rinchiuderci da qualche parte per studiarci- rifletté Noah, ripensando a tutti i film di di questo genere. 

-Guardate che non dovete temere, Cathy è una regina nel tenere segreti i vid… ahi- la difesa di Kenneth venne interrotta quando la cugina gli diede una discreta ma evidentemente potente gomitata -… insomma, a tenere i segreti- si corresse poi, rendendosi conto dello scivolone.

Né Noah, né Adam notarono cosa potesse esserci di strano nella frase di Kenneth, e non indagarono.

-E se anche per qualche motivo qualcuno dovesse vedere qualcosa, penso che il primo pensiero di qualsiasi persona normale, in questo secolo, sarebbe: “begli effetti speciali”- osservò Catherine, a bassa voce, senza emozione, e mimando le virgolette con le dita alla fine.

-Ottima osservazione- ammise Noah, sorpreso dal ragionamento della ragazza, e dal numero di parole che aveva pronunciato di fila. 

Era proprio vero lo stereotipo che le persone silenziose quando parlavano dicevano cose intelligenti e interessanti.

-Giusto! Sei grande, Cathy- Kenneth provò nuovamente a scompigliarle i capelli, ma la cugina si scansò e lo guardò storto.

-Smettila!- gli ordinò, categorica.

-Va bene, va bene… in tutto questo non abbiamo neanche scelto il soggetto per il cortometraggio- osservò Kenneth, lasciando perdere la dimostrazione di affetto per tornare alle cose serie.

-In effetti…- notò Adam, preoccupato.

-Va bene, abbiamo ancora fino a lunedì, riusciremo a trovare qualcosa. Non possiamo decidere senza Queenie e Aria- rifletté Noah.

-Sarebbe bello poter escludere almeno Queenie- borbottò Kenneth, ma non insistette ulteriormente dopo che Catherine lo urtò con la spalla.

-Allora, immagino che ci vedremo alla festa di inizio anno… o direttamente lunedì- disse poi, verso Noah.

-Spero alla festa. Andate tutti e tre?- chiese quest’ultimo, lanciando un’occhiata sorpresa verso Catherine. Era convinto non ne avesse la minima intenzione.

-No, solo io e Adam- Kenneth rispose prendendo l’amico a braccetto e provocandogli un altro momento di rossore in zona guance.

-Oh, okay. Adesso devo andare, ma ci vediamo- salutò il trio e iniziò ad avviarsi all’università, dato che aveva un’altra lezione.

-Ci vediamo- lo salutarono Kenneth e Adam. Catherine si limitò a fare un cenno.

-Gli piaci- commentò poi Kenneth con un sorrisino, rivolto verso la cugina, che arrossì di botto.

-Non è affatto vero!- scosse violentemente la testa, rifiutando l’ipotesi.

-Beh, è abbastanza interessato da volerti conoscere- insistette Kenneth, allargando il sorriso e avvicinandosi alla ragazza, che gli diede le spalle.

-Ho lezione- tagliò corto, seguendo i passi di Noah e ignorando ulteriori discussioni.

-Li shippo- commentò Kenneth, tra sé, prima di girarsi verso Adam e proporgli di tornare al dormitorio o farsi un giro insieme.

Il proposito venne bloccato quando, nel girarsi, inciampò in una zona irregolare del marciapiede, rotto a causa di una radice che aveva deciso di uscire in superficie proprio in quel punto.

A differenza di Aria, Kenneth non era affatto abituato a cadere, quindi fu molto più sgraziato mentre si preparava all’inevitabile tracollo, ma fu abbastanza fortunato da portare Adam con sé, e quindi cadere sul morbido.

Per un secondo rimasero a fissarsi, uno sull’altro, i visi davvero tanto vicini.

Poi Kenneth scoppiò a ridere, rendendo l’atmosfera ben poco romantica.

-È la seconda volta in due giorni, non è che con i superpoteri otteniamo anche l’imbrana…?- le parole però gli si interruppero in gola, quando notò che sulla testa di Adam era spuntata dal nulla una coroncina di fiori.

Si guardò intorno, e si rese conto che la radice del marciapiede non era casuale. L’albero accanto sembrava mosso di vita propria, e Adam sembrava davvero tanto in difficoltà, con l’amico sopra di lui.

Kenneth si affrettò ad alzarsi per cercare di calmarlo, capendo che probabilmente per un etero avere un ragazzo sopra di lui poteva essere strano.

E poi Adam era poco incline ai contatti fisici troppo prolungati.

-Beh, abbiamo trovato la terra- commentò, porgendogli una mano per aiutarlo ad alzarsi a sua volta, dato che sembrava ancora molto assente.

-Eh, cosa?- chiese lui, riscuotendosi come appena svegliato da un sogno, e iniziando a guardarsi intorno.

-Tu, sei la terra- Kenneth indicò la coroncina di fiori.

-Oh… OH NO!- Adam iniziò ad agitarsi ulteriormente.

Kenneth raggiunse una consapevolezza.

-Aspetta… Bloom e Flora erano compagne di stanza… io sono Bloom e tu Flora… tutto torna! Siamo le winx!- osservò, divertito.

Adam voleva morire.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(A.A.)

Ci ho messo più di quanto pensassi, ma sono giorni molto molto intensi, dato che ho parecchie lezioni e sto anche frequentando un laboratorio di filmaking che però, a differenza di quello dei miei personaggi, richiede un cortometraggio a settimana ed è difficile. 

Almeno il capitolo è uscito più lungo dei precedenti.

I ragazzi scoprono i poteri (non vi aspettavate succedesse così presto, eh) e ne aggiungiamo altri due: Aria ha l’aria (wow… che fantasia) mentre Adam la terra.

Ora resta Catherine. Ma vi dico che nel capitolo c’è un indizio.

Per il resto spero che il capitolo vi sia piaciuto, sto cercando di caratterizzare meglio i personaggi e rendere interessanti le loro interazioni. E immagino che ora le coppie principali iniziano ad essere più chiare ;)

È stato divertente scrivere la scena al ristorante. 

Grazie di leggere questa storia, un bacione e alla prossima :-*

 

 

 

 

 

Nel prossimo episodio: Il gruppo partecipa alla festa di inizio anno

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Capitolo 4
*** Una notte da leoni ***


Una notte da leoni

 

Kenneth era il tipo di persona che arrivava sempre ad una festa elegantemente in ritardo. Non è che facesse una qualche entrata trionfale, ma non gli piaceva aspettare e preferiva arrivare quando le persone interessanti erano già lì.

Adam, al contrario, era eternamente in anticipo. Viveva secondo il famoso motto agaliriano che “la puntualità è dei gentiluomini, l’anticipo è dei re” e sebbene non avesse intenzione di diventare un re o qualcosa del genere, preferiva di gran lunga aspettare invece di far aspettare gli altri, per non mancare di rispetto a nessuno.

Quindi, dato che alla festa di inizio anno Kenneth e Adam andarono insieme, arrivarono con una certa puntualità, quando c’era già un po’ di gente, ma ancora qualche posto libero dove sedersi.

Posto che Adam prese immediatamente, dato che di essere obbligato a ballare non se ne parlava proprio.

-Devo dire che Carrie non mi piace affatto, ma con i rinfreschi è al top- Kenneth, al contrario, si gettò immediatamente sui drink, e raggiunse Adam solo dopo aver preso una quantità industriale di alcool.

-Kenneth, non so se è il caso di bere troppo, oggi- Adam provò a dissuaderlo, nervosamente.

Kenneth piegò la testa confuso.

-Perché? Cathy è venuta solo per fare da autista, sarebbe irrispettoso non ubriacarci come spugne e rendere il suo sacrificio inutile- ridacchiò, bevendo uno shottino in un sorso.

Adam provava molta pena per Catherine, costretta a venire solo in veste di “amica sobria con la patente”. Si sarebbe offerto di guidare, ma non aveva l’auto con sé, e non era molto educato proporsi di guidare l’auto di un altro.

-L’alcool è infiammabile- provò a suggerire a Kenneth, sottovoce e cercando di non farsi sentire da nessuno. Dubitava che si sarebbe capito il messaggio implicito, ma non voleva rischiare.

La consapevolezza dei poteri magici che avevano sviluppato era ancora terrificante per lui, ed era anche imbarazzante, considerando che i suoi si erano manifestati in una coroncina di fiori. Ma che razza di potere fa apparire una coroncina di fiori quando il tuo migliore amico ti cade addosso?!

Adam cercò di non pensarci, dato che non voleva rischiare di esternare altre prove floreali davanti a Kenneth, e al resto del mondo, quindi si limitò a cercare di evitare che Kenneth bevesse e mandasse a fuoco l’edificio per sbaglio.

Ma Kenneth non sembrò capire il significato nascosto della frase dell’amico, perché lo guardò con occhi socchiusi per qualche secondo, si guardò intorno, prese un altro shottino, e poi scosse la testa.

-Scusa, non ti seguo, in che senso l’alcool è infiamm…- e poi gli venne l’illuminazione -Ohhhhh, giusto! Hai paura che venga fuori la torcia umana che c’è in me!- suppose poi, quasi eccitato all’idea.

Adam strinse i denti, e annuì leggermente, riflettendo nel frattempo su quanti personaggi con poteri di fuoco esistevano al mondo, dato che Kenneth ne citava sempre uno diverso ogni volta che si riferivano ai suoi poteri.

Gli prese l’alcool dalle mani.

-Esatto, forse dovremmo andarci piano- provò a consigliargli.

Kenneth ci pensò, poco convinto.

-Ora che ci penso… se i poteri sono collegati alle emozioni, potrebbe essere un problema rimorchiare qualcuno. Ho letto parecchie fanfiction su una coppia con poteri di fuoco dove la situazione si scaldava fin troppo letteralmente- commentò, pensieroso, facendo ad Adam un occhiolino complice.

Per tutta risposta, Adam arrossì di scatto, distolse lo sguardo e prese uno shottino perché la sola immagine di Kenneth che “scaldava la situazione” con qualcuno era impossibile da affrontare da sobrio.

-Che tenero, ti imbarazzi ancora per queste cose- Kenneth fraintese completamente, e lo punzecchiò divertito.

-Nessun ragazzo in camera- gli ricordò Adam. Dopotutto Kenneth non aveva ancora rimorchiato nessuno dalla fine delle vacanze estive, ed era meglio rispolverare le regole della convivenza.

-Ehi, amico lo so! Nessun ragazzo e nessuna ragazza quando siamo entrambi in camera- recitò Kenneth, con sicurezza.

Adam lo guardò allarmato.

-…Nessun ragazzo e nessuna ragazza in camera, punto- lo corresse, prendendo un altro shottino, perché era molto più forte di lui.

Era dalla festa di fine anno che non uscivano insieme la sera.

Quella serata sarebbe stata disastrosa, Adam se lo sentiva.

-Sì, sì, certo. Tranquillo- Kenneth gli diede qualche pacca sulla spalla, e prese un drink dai vassoi che passavano in giro -Però, sai, se ti andasse di scaldarti con una ragazza mentre io sono a dormire da Catherine o qualcosa del genere sentiti libero. Non ti giudico. Occhio non vede, cuore non duole- gli diede qualche gomitata complice, mentre finiva il drink praticamente in un sorso.

Sì, una disastrosa, disastrosa serata.

Adam si coprì il volto con le mani nella speranza che non si notasse il rossore.

-Lo sai che non mi piacciono le avventure di una notte- borbottò, incapace di dire molto altro -Cioè, non che io giudichi le tue scelte di vita, solo che…- si affrettò a sottolineare. Sapeva che Kenneth era molto permaloso quando si toccava la sua vita sentimentale.

Non sembrava però offeso, per fortuna.

-Sì, sì, lo so, tranquillo. Ma prima o poi te la troverò una ragazza, e allora mi ringrazierai per darti il via libera- Kenneth sembrava estremamente soddisfatto da sé, e prese un altro drink.

-La sobrietà è fuori discussione, vero?- borbottò Adam, notando l’accumularsi di bicchieri vuoti. Kenneth aveva una buona tolleranza all’alcool, soprattutto vista la sua altezza, ma molto meno di quanto pensasse.

-Certo che è fuori discussione. È dalla festa di fine anno che non usciamo insieme a ubriacarci e rimorchiare qualcuno, dobbiamo recuperare. Oh, guarda, quella ragazza sembra una seria. Vado a parlarci- Kenneth prese un altro drink dai vassoi e iniziò ad avviarsi verso la ragazza, prima che Adam potesse pregargli di non farlo. 

Osservò la situazione da lontano, nervosamente, e si svolse esattamente come le solite volte.

Kenneth si avvicinava alle ragazze, le ragazze ridacchiavano, lo adocchiavano interessate, poi Kenneth indicava Adam, e il sorriso sui loro volti si congelava, guardavano il ragazzo distante molto poco convinte, e Kenneth si affrettava a parlare con enfasi e sicurezza nella speranza di far tornare loro interesse, ma raramente ci riusciva.

Certo, riceveva comunque i loro numeri, ma Adam non se la sentiva proprio di imporre a qualcuno che chiaramente non era interessato a lui la propria presenza.

Non era quel tipo di ragazzo.

Come da copione, Kenneth ritornò qualche minuto dopo con due numeri di telefono scritti su un tovagliolo, e li porse verso Adam.

-Allora, quella con gli occhiali mi sembrava la più giusta per te, l’altra era un po’ fredda- spiegò, porgendo all’amico il tovagliolo.

Adam lo prese con ben poca convinzione e lo mise in tasca, sospirando e rassegnandosi a prendere un altro shottino.

-Forse è meglio arrendersi- provò a scoraggiare Kenneth dal riprovarci. Sia perché ormai era stanco di essere sempre guardato con giudizio dalle ragazze, sia perché c’era un motivo più che valido per non uscire con nessuno, al momento.

Ma non poteva rivelarlo a Kenneth.

-Sciocchezze, un giorno la troverò la ragazza giusta per te, devo solo raffinare la mia tecnica. Ma pagherò i miei debiti, come i Lannister… anche se ora come ora sono palesemente un Targaryen- Kenneth ricominciò con i riferimenti al Trono di Spade, e Adam sorrise tra sé, contagiato dalla sua tranquillità, che già iniziava ad essere contaminata dall’alcool nel suo corpo.

Ignaro di essere con un piede nell’ubriacatura, Kenneth prese un altro drink.

-Kenneth, e se per oggi non cercassi una ragazza per me? Almeno oggi?- Adam provò nuovamente a scoraggiare l’amico dall’adempiere alla sua parte dell’accordo.

Kenneth lo squadrò, confuso, ma alla fine decise di cedere.

-Okay, dopotutto è la prima volta che usciamo insieme da parecchio. Possiamo passare l’intera serata solo noi due!- propose quindi, prendendolo sottobraccio con entusiasmo, e finendo il drink.

Con il cuore che batteva fin troppo furiosamente nella cassa toracica, il volto ormai del colore del fuoco di Kenneth, e la consapevolezza di essersi scavato maggiormente la fossa, Adam si arrese a prendere l’ennesimo shottino, anche se si impose che fosse l’ultimo.

Perché se anche Kenneth si fosse ubriacato, Adam non poteva permettersi il lusso di fare altrettanto. 

Non dopo l’ultima volta che avevano passato una serata insieme solo loro due…

 

Catherine malediva il giorno in cui aveva preso la patente, perché da allora Kenneth non faceva che sfruttarla per avere il passaggio in auto ad ogni serata.

E la parte peggiore era che la maggior parte delle volte finiva per non tornare in macchina con lei, e la ragazza restava lì come un’idiota, avendo sprecato la giornata, e rientrava maledicendo il cugino con termini ben poco carini, promettendo a sé stessa che non gli avrebbe mai più fatto alcun favore.

Ma alla fine era sempre lì quando lui le chiedeva il passaggio.

Almeno quella volta c’era anche Adam con lui, quindi, se anche Kenneth fosse scomparso, avrebbe avuto comunque qualcuno da accompagnare.

Ma non cancellava il fatto che avrebbe sprecato completamente la serata seduta in un angolo ad armeggiare con il telefono completamente ignorata da tutti.

Dai, almeno nessuno avrebbe attaccato bottone, quindi era libera di leggersi qualche fanfiction o controllare i commenti sotto l’ultimo video di Black Cat.

Erano sempre uno spasso da leggere, e quella sera il video era sulla serie TV delle Winx, ci sarebbero stati tantissimi commenti interessanti.

-Cathy! Non ci credo che sei venuta!- una voce, l’ultima che Catherine avrebbe voluto sentire in quel momento, ritardò i suoi piani asociali.

-Carrie…- salutò la ex compagna di scuola, che le si avvicinò saltellando.

Era incantevole, sprizzante di energia, e sorridente come al solito, forse ancora di più.

Il suo sguardo brillante era uno che Catherine conosceva molto bene. Mandò le sue condoglianze mentali al povero sventurato che la mangiatrice di uomini aveva sicuramente puntato e probabilmente già agganciato.

-Ti prendo qualcosa da bere? La festa sta andando alla grande! Sono così felice che sei venuta anche tu, non vieni mai a queste feste! Devo dirlo a Queenie, sarà verde di invidia!- batté le mani entusiasta, con sguardo malefico.

Catherine la guardò con indifferenza.

-Sono l’autista di Kenneth- spiegò brevemente, in tono impassibile.

-Sì, beh, non dobbiamo dirlo a Queenie, giusto. Vuoi un drink?- Carrie propose di nuovo, prendendo qualcosa da un vassoio vagante e porgendoglielo.

Catherine mascherò bene l’espressione di giudizio, e si limitò a ripetere.

-Sono l’autista, non posso bere- specificando una cosa che sarebbe dovuta risultare ovvia.

-Suvvia, un drink non ti ucciderà- Carrie provò a convincerla, spingendoglielo in mano.

Catherine lo posò su un altro vassoio vagante.

-Preferisco non rischiare- scosse la testa, distogliendo lo sguardo da Carrie come dallo scoraggiarla dal continuare la conversazione.

Ma Carrie non era molto brava a capire i segnali, e si sedette accanto a lei, sospirando stancamente.

-Certo che è difficile organizzare, ma sono felice che tutto stia procedendo bene- commentò, guardandosi intorno soddisfatta -Tu che facevi qui in un angolo- chiese poi, adocchiando il telefono che Catherine teneva ancora in mano nella remota speranza di poterlo sbloccare presto per tornare a fare le sue cose.

Purtroppo l’avrebbe sbloccato per altri motivi.

-Niente di che- rispose, alzando le spalle e mostrando i commenti di Black Cat.

-Uhhh, nuovo video? Su cosa?- Carrie le rubò il telefono dalle mani e iniziò a scorrere i commenti.

-Oh, un commentary su una serie. Poco interessante! Voglio i gameplay! Quando lo riporta Yandere Simulator?!- commentò, rilanciando il telefono a Catherine, preso per un pelo, e stravaccandosi meglio sulla sedia.

Catherine si trattenne dal commentare qualsiasi cosa, e si limitò a bloccare nuovamente il telefono e metterlo in tasca.

-Oh, Noah! Eccoti finalmente!- l’esclamazione di Carrie, rivolta verso qualcuno che si stava avvicinando a loro, attirò immediatamente l’attenzione di Catherine, che alzò di scatto la testa verso il povero ragazzo che la mangiauomini aveva puntato.

Cavolo!

Perché proprio Noah?

Non meritava di finire nella trappola di quella malefica ragazza.

No, Catherine doveva tenersi fuori.

Non le doveva interessare il futuro di un tipo che dopotutto neanche conosceva poi così bene.

-Ho preso da bere al tavolo- Noah porse uno dei due drink che aveva in mano verso Carrie, con un sorrisino imbarazzato.

Catherine lanciò un’occhiata incredula verso Carrie.

Davvero aveva mandato il ragazzo al tavolo in fondo alla stanza per prendere dei drink quando aveva predisposto vassoi che passavano in mezzo a tutti proprio per non costringere le persone ad affollarsi al tavolo?! Che brutto test, e crudele sfruttamento. 

Catherine scosse appena la testa, convinta di non essere notata, ma rimase sorpresa quando Noah si girò verso di lei, e sgranò gli occhi, sorpreso.

-Catherine? Pensavo non saresti venuta- si rivolse a lei ignorando per un attimo Carrie, sorridendo sinceramente, e porgendole inconsciamente il drink preso per sé stesso.

Catherine lo guardò come se fosse pazzo.

Davvero si stava rivolgendo a lei in tono così amichevole, davanti a Carrie?! Oh no, era rischiosissimo. Non poteva permettere che Carrie la vedesse come una minaccia.

-Aspetta, vi conoscete?- infatti Carrie si mise subito sull’attenti, avvicinandosi a Noah e squadrando i due con curiosità e attenzione.

-Non molto, siamo solo nello stesso gruppo in un laboratorio- si affrettò a spiegare Catherine, per far presente che no, tranquilla Carrie, non si stava affatto mettendo tra lei e la sua preda.

-Oh, davvero? Fico! Che bello, quindi conosci già la mia migliore amica!- Carrie cambiò immediatamente atteggiamento, e tornò completamente amichevole, dando una ben poco apprezzata pacca sulla spalla della fantomatica “migliore amica” che non l’aveva mai considerata tale, ma non l’aveva neanche mai corretta.

-Migliore amica?- chiese Noah, molto sorpreso, soprattutto nel notare l’espressione chiaramente a disagio e a tratti disgustata di Catherine.

-Sìì, dai tempi delle superiori! Eravamo compagne di banco. L’ho aiutata parecchio durante i compiti in classe. Eri un po’ una schiappa, vero?- la prese in giro, ridacchiando.

Catherine rimase impassibile, e annuì appena. Non le importava minimamente che Carrie cercasse di abbassarla agli occhi di Noah. Dopotutto, più il ragazzo prendeva le distanza da lei, meglio sarebbe stato per tutti.

-Dai, povera, non mi sembra molto carino- borbottò Noah, guardando Catherine dispiaciuto.

Catherine scosse leggermente la testa, guardandolo allertata. Non era il momento di fare il gentiluomo, Carrie poteva fraintendere e non era il caso.

-Beh, dai, ognuno ha i suoi punti forti. Cathy per esempio è una genia informatica! Quando andavamo in sala computer era la migliore, senza dubbio- Carrie capì l’errore e tornò sui suoi passi, mantenendo la voce gioiosa e incoraggiante.

Poi guardò Catherine come se si aspettasse qualcosa.

-Sì, beh, tu eri senza dubbio la seconda della classe in quella materia- tessé le sue lodi, sempre abbastanza impassibile, ma cercando di risuonare autentica.

Era vero che Carrie era brava in informatica, dopotutto.

-Io sono negato con i computer- ammise Noah, osservando la situazione come se si stesse chiedendo se qualcosa gli sfuggisse. Iniziava a non essere molto convinto da Carrie.

E Catherine non avrebbe saputo dire se fosse una cosa buona o cattiva, a questo punto. 

-Oh, ci ha unito anche essere grandi grandi fan di Black Cat! La conosci? È una youtuber famosissima- Carrie cambiò argomento, e i suoi occhi si illuminarono.

Catherine fu felice che cambiasse argomento e smettesse di parlare di lei.

Anche se forse Black Cat non era l’argomento migliore a cui passare.

-Sì, la adoro! Sono il suo fan numero 1- Noah, al contrario, adorò il nuovo topic.

Il sorriso di Carrie si fece più radioso che mai.

-Mettiti in fila, perché io la seguo dagli inizi. Sono il membro fondatore della sua fanpage più famosa su instagram- Carrie iniziò a vantarsi, scuotendo la folta chioma soffice come una nuvola.

-Blackittens united?- chiese Noah, curioso.

-No, “Unmaskatted”- Carrie fece il gesto fittizio di togliersi la maschera. Catherine vide chiaramente il sorriso di Noah crollare.

Carrie non sembrò notarlo, e si affrettò a spiegare.

-La pagina che si occupa di cercare indizi per capire la sua vera identità. Che scava e nota ogni singolo dettaglio della sua vita personale alla ricerca della verità- spiegò, entusiasta.

-Oh… ho visto un video dove Black Cat faceva una reaction ad alcuni post- commentò Noah, senza sapere bene che dire.

-Sì, l’ho visto anche io. Molto divertente!- Carrie ridacchiò -Segui la pagina?- chiese poi, speranzosa.

-Eh… no, a dire il vero. Non sono molto interessato all’identità di Black Cat- ammise lui, un po’ a disagio.

-Davvero?- Carrie era incredula.

-Beh, non mi cambia niente chi sia. Mi piace comunque. Alla fine è la sua personalità che conta, non la sua identità- spiegò Noah.

Catherine trattenne a stento un sorrisino.

-Aww, carino. Ma sei fuori dalla competizione per chi è più fan. Il mio impegno mi mette al primo posto- Carrie gli diede una pacca sulla spalla. Noah accennò un sorriso che non gli raggiunse gli occhi. Sembrava leggermente offeso.

-Sto scherzando, ovviamente, ognuno è fan a suo modo- Carrie però ritornò subito sui suoi passi.

Proprio in quel momento una ragazza molto ben vestita che Catherine conosceva come membro del corpo studentesco si avvicinò al trio, e disse qualcosa all’orecchio di Carrie.

-Oh, capisco. Scusatemi un secondo, Queenie vuole parlarmi. Questioni di organizzazioni. Fraternizzate tra voi!- Carrie diede ad entrambi una pacca sulla spalla, prima di seguire la ragazza.

-Ma non troppo, o mi ingelosisco- aggiunse poi, ridacchiando per far capire che stava scherzando.

Catherine sapeva che era mortalmente seria.

Così riprese il telefono e ignorò completamente il ragazzo che comunque aveva tutta la sua pietà.

-Alla fine sei venuta- Noah però non aveva capito l’antifona, e provò ad attaccare bottone.

-Sono l’autista di Kenneth- spiegò Catherine sottovoce.

-Oh, capisco… quindi anche tu fan di Black Cat?- Noah provò a continuare la conversazione.

-Sì- rispose Catherine monosillabica, cercando di non far vedere che stava parlando con lui.

-Segui la pagina di Carrie?- Noah continuò ad indagare, curioso.

-No. Non ho Instagram- Catherine scosse la testa.

-Oh, okay- 

Ci fu qualche secondo di silenzio.

-Per me sei più fan tu, rispetto a lei- alla fine Catherine non riuscì a trattenersi dal rassicurare Noah, che sembrava essere stato parecchio turbato dall’accusa di Carrie.

-Uh?- il ragazzo si girò verso di lei, sorpreso.

-Se Black Cat non vuole far vedere il suo aspetto ha i suoi motivi, e rispettare la sua privacy ti rende più fan di chi vuole scoprire la verità a tutti i costi- insistette Catherine.

Noah le sorrise, rasserenato.

Sembrava un cagnolino a cui avevano appena dato un dolcetto.

Era davvero adorabile.

Catherine evitò di guardarlo per non rischiare di arrossire o altre stranezze del genere.

-Sai, lo penso anche io. Il rispetto viene prima di tutto- le diede man forte, felice che il suo stato di grande fan gli fosse riconosciuto, e sfiorando il punto vicino al gomito dove si poteva scorgere il tatuaggio con il simbolo di Black Cat.

-È importante rispettare gli altri, anche se non condividi del tutto la loro visione del mondo- continuò Catherine, iniziando a guardarsi intorno nella speranza di trovare Kenneth o Adam e avere la scusa per allontanarsi da Noah. Non poteva continuare a parlare con lui, si stava esponendo troppo.

E non riusciva a smettere.

Per qualche motivo, quel ragazzo la faceva sentire a suo agio. Non era una cosa positiva!

-Esatto!- Noah annuì vigorosamente.

Finalmente Catherine scorse Kenneth, chiaramente ubriaco e intento a parlare in modo veemente con Zoey, la cameriera che li aveva cacciati dalla tavola calda quando i loro poteri erano esplosi, e che al momento era stata assunta per portare bevande in giro. 

-Scusami un attimo, devo andare da mio cugino- Catherine approfittò al volo della situazione per salutare distrattamente Noah e correre in fretta via da lui.

Okay, forse non era il gesto più rispettoso del mondo, ma aveva i suoi motivi per volergli stare lontano.

Ed erano davvero molto validi, fidatevi.

Beh… almeno nella sua ottica.

In quanto a Noah, rimase qualche minuto seduto solo in un angolo bevendo un drink, finché non fu nuovamente raggiunto da Carrie, che gli si sedette accanto e fece di tutto per stargli il più vicino possibile.

-Scusa il ritardo! Queenie è insopportabile! Non riesco a credere che un giorno sarà mia cognata. Mio fratello deve davvero trovarsi di meglio- sbuffò, e prese un drink al volo da uno dei vassoi.

-Che ha fatto di male?- chiese Noah, distrattamente, ripensando ancora alla conversazione avuta con Catherine.

Avrebbe voluto avere più occasioni di parlare con lei, dato che sembrava molto più interessante di quanto apparisse in superficie, ma era scappata come una furia.

-È un’insopportabile perfettina!- si lamentò Carrie.

 

-Sei un’insopportabile perfettina!- Carrie glielo aveva anche detto in faccia, mentre Queenie si lamentava dello sforo del budget e di alcune pecche dell’edificio, che non aveva superato gli ultimi controlli di sicurezza e che non era abbastanza ampio da ospitare tutte quelle persone.

E, obiettivamente, aveva completamente ragione a farglielo notare.

Certo, forse sarebbe stato più carino non fare i suoi reclami a metà serata, quando non c’era assolutamente nulla che si potesse fare per risolvere i problemi, ma Jack non aveva nulla da dire contro il perfezionismo della sua ragazza.

Solo che era sempre molto difficile per lui prendere una parte quando si trattava di Carrie e Queenie.

Da un lato sua sorella, a cui voleva bene nonostante un po’ lo preoccupasse, alle volte. Dall’altro la sua ragazza che oltretutto aveva quasi sempre ragione.

Era meglio non immischiarsi per non finire con una donna che gli faceva il muso e lo guardava storto per giorni.

Quindi lasciò le due a litigare e prese una bottiglia di birra, per avere qualcosa da fare.

Si fermò dopo il primo sorso ricordandosi che doveva guidare quel giorno, e sospirò, rigirandosi la bottiglia tra le dita e cercando un luogo dove buttarla.

Certo, era un peccato sprecare una bibita, ma doveva essere responsabile prima di tutto.

Alla fine notò un cestino vicino al tavolo, e decise di andare a buttare la birra proprio lì. Era un’ottima scusa per allontanarsi il più possibile dalle due ragazze, dopotutto.

-Hey vicino!- una voce femminile poco distante lo fece sobbalzare proprio mentre era in procinto di buttare la bottiglia.

Si girò di scatto verso la fonte da cui proveniva, e si ritrovò vicino ad una ragazza della sua età che aveva incrociato qualche volta davanti al portone dell’appartamento che aveva affittato un mese prima. Ci aveva messo un sacco a convincere i suoi genitori a farlo trasferire altrove, più vicino all’università. Non ne vedevano il motivo, e obiettivamente non aveva molto senso, ma Jack aveva bisogno di allontanarsi da quella casa soffocante, e da tutte le regole impostegli per mantenere l’immagine di buona famiglia.

Quella ragazza era la figlia maggiore dei vicini dell’appartamento di sinistra, che gli avevano portato un cesto il giorno in cui si era trasferito.

-Oh, ciao! Eva, giusto?- cercò di ricordarsi, sperando di non sbagliare.

A sua discolpa, erano quattro figlie.

-Ava, ma tranquillo, sei andato più vicino di molti altri- lo corresse la ragazza, con una risatina.

-Stai lavorando?- Jack notò che portava un vassoio in mano, e aveva la divisa da cameriera che Carrie aveva imposto a tutti i lavoratori. Sarebbe stato normale imporre un’uniforme, se quella di Carrie non fosse stata tanto scomoda e ridicola.

-No, voglio bere tutti questi drink da sola e finire in coma etilico- rispose lei, sacrale e sarcastica.

-Domanda stupida- le concesse Jack, alzando le mani.

-Più che altro questa uniforme è la più riconoscibile dell’universo. E sappi che ne ho fatti di lavoretti strani, ne ho viste tante di uniformi assurde- si lamentò lei, offrendo nel frattempo i drink alle persone accanto.

-Mi dispiace, purtroppo mia sorella ha fisse un po’ strane- si scusò Jack da parte di Carrie.

-E il potere di realizzare tutte le sue fisse. Tranquillo, non mi lamento. È solo un lavoro… oh, la butti quella?- Ava notò la bottiglia che Jack teneva ancora vicino al cestino.

-Oh, sì, mi ero scordato che oggi devo guidare- spiegò, un po’ abbattuto.

-Beh, è un peccato- Ava mise il pesante vassoio in equilibrio su una mano sola, prese la bottiglia con l’altra, e la bevve in un sorso, lasciando Jack parecchio disorientato.

-Prometti che non lo dici a tua sorella? Di solito non bevo sul lavoro- Ava gli fece un occhiolino complice, e lanciò la bottiglia nel cestino, centrandolo con precisione.

Jack era davvero strabiliato.

-Promesso- annuì in un sussurro.

-Grande! Mia sorella Zoey ha delle bibite analcoliche comunque, se vuoi favorire e hai sete- Ava indicò una ragazza poco più giovane che era impegnata in quella che sembrava un’accesa discussione con Kenneth poco lontano. Catherine e Adam stavano provando a separarli.

Jack decise di aspettare prima di andare in quella direzione.

Non aveva mai avuto assolutamente nulla contro Kenneth, ma era il ragazzo di Queenie, quindi le poche conversazioni che avevano avuto non erano mai andate a finire molto bene.

E Jack preferiva sempre evitare conflitti.

-Grazie per il consiglio, ti lascio lavorare- la salutò notando la folla di persone che iniziavano ad accalcarsi nella loro direzione per prendere un drink.

-Ci becchiamo al portone, o al balcone- lo salutò lei, con un cenno e un occhiolino, prima di tornare ai suoi doveri.

Sembrava una ragazza simpatica.

-Eccoti qui, dov’eri finito?- la voce impaziente della sua ragazza distolse Jack dall’osservarla ulteriormente, e il giovane si voltò di scatto verso Queenie, cercando di non sembrare colpevole.

Dopotutto non c’era nulla per cui essere colpevoli.

-Oh, hey, ero andato a buttare una cosa- spiegò, un po’ imbarazzato.

Queenie incrociò le braccia.

-Hai bevuto?- chiese, avvicinandosi al suo viso per controllare se sapesse di alcool.

Jack cercò di non pensare al fatto che erano secoli che i loro volti non erano così vicini… e teoricamente stavano insieme.

-Ho preso un sorso di birra light, poi mi sono ricordato che oggi devo guidare. Tranquilla, sono ancora completamente sobrio- cercò di rassicurarla, dandole un leggero bacio sulla guancia.

Queenie si irrigidì e si ritirò inconsciamente, guardandolo storto.

Jack si impose di allontanarsi a sua volta.

Uff, certo che era davvero difficile stare con Queenie.

-Spero per te che sia vero, Carrie ha messo troppi drink a questa festa. Lo sai che i decessi a causa di incidenti stradali stanno aumentando a causa delle feste universitarie?! E New Malfair è salita nelle classifiche dello stato- Queenie iniziò una lunga filippica sui pericoli del bere e guidare. 

E non aveva torto, Jack lo sapeva. Queenie raramente aveva torto.

Però era pesante.

-Non ho bevuto, sono decisamente lucido- la rassicurò ulteriormente, a voce bassa, così bassa che Queenie non lo sentì, e continuò a rimproverarlo.

-L’ultima volta che ho controllato avevamo addirittura superato Harriswood! E lo sai che a Harriswood fanno le corse clandestine di auto!- il discorso iniziò ad allontanarsi da Jack e andare più sul generale, e al ragazzo andava benissimo così.

Lanciò un’occhiata alle bibite analcoliche e annuì fingendo di ascoltare quello che Queenie stava dicendo.

Quando tornò a guardare la sua ragazza, per poco non sobbalzò notando che l’aveva affiancata Aria, che pendeva dalle sue labbra.

-Santo cielo, davvero a Harriswood succedono queste cose? E pensare che avevo valutato l’idea di andare all’università lì!- esclamò, interrompendo il monologo.

Queenie sobbalzò leggermente, e si voltò verso di lei, accorgendosi solo un quel momento che era entrata nella conversazione.

Se Jack si fosse intromesso così in un discorso, sapeva con assoluta certezza che Queenie si sarebbe offesa.

Ma quella era Aria, era ovvio che la ragazza si rilassasse e accennasse un sorrisino.

-Oh, fortuna che non sei andata! Le gang lì sono pericolose. Soprattutto visto che è una piccola città. Succede di tutto- insistette, dimenticandosi completamente di Jack e concentrandosi del tutto su Aria.

Ottimo, magari poteva scappare e prendere una bibita analcolica. Grazie Aria! Jack non era mai stato così felice di essere il terzo incomodo tra lei e la propria ragazza.

Uff… un giorno di quelli doveva davvero lasciare Queenie.

Ormai la loro era più una facciata che una vera e propria relazione.

-Io sapevo solo che c’era stato lo scandalo della principessa Veronika, l’anno scorso- ammise Aria, appoggiandosi alla spalla di Queenie per ascoltarla meglio.

Queenie non si ritirò.

Queenie si ritirava sempre quando Jack provava ad iniziare un contatto.

-Lo ricordo. Su Instagram dicevano tutti che le somigliavo, e mi prendevano per lei- osservò Queenie, rigirandosi una ciocca di capelli tra le dita.

-Ma che dici?! Tu sei più carina!- flirtò Aria, non molto velatamente.

Jack adocchiò finalmente Zoey, e praticamente le corse contro, cercando di non farsi notare mentre scappava dalla conversazione che nonostante tutto non gli faceva molto piacere ascoltare.

-Posso fare qualcosa per te, Jack?- chiese Zoey, porgendo il vassoio.

-Sono analcoliche, vero?- indagò Jack per sicurezza. Si fidava di Ava, ma magari aveva cambiato vassoio in quei minuti, chi lo sapeva?

-Sì, e le scorte sono limitate. Per fortuna sei tipo la terza persona che si rifornisce da me in tutta la serata, quindi penso che avanzeranno- spiegò Zoey, ridacchiando.

-C’è troppo alcool a questa festa, e l’edificio è troppo lontano dalla città- borbottò Jack tra sé, dimostrando di essere completamente dalla parte di Queenie quando si era lamentata.

-Già, speriamo che tutti abbiano la decenza di chiamare un taxi- gli diede man forte Zoey, offrendogli un succo di frutta.

Jack annuì.

-Jack, mi stai per caso evitando?- quando Queenie lo raggiunse, Jack non riuscì a non sbuffare, seccato.

-Avevo sete. È un succo di frutta!- si affrettò a mostrare che non c’era alcool lì dentro.

-Sì, confermo. Tutte bibite analcoliche- confermò Zoey -A proposito, Queenie, mi puoi dire cosa è successo l’altro giorno? Sei scappata come una furia dopo che tu e il tuo gruppo avete distrutto il tavolo- aggiunse poi, verso la ragazza, molto sospettosa.

-Aspetta, cosa?- Jack non sapeva nulla di quella storia.

Queenie impallidì, all’improvviso Jack iniziò a sentire freddo. Qualcuno aveva aperto una finestra?

-È tutta colpa di Kenneth- rispose a Zoey. Si voltò poi verso Jack, che la guardava interrogativo -Non è successo niente, non preoccuparti- il suo tono era improvvisamente molto più gentile. Gli prese timidamente la mano -Ti va di ballare?- propose, sorridendo amabilmente.

Tattica per impedire che Jack indagasse? Probabile. Ma era parecchio che non facevano qualcosa insieme, quindi il ragazzo accettò.

Tanto valeva provare a divertirsi, dato che non era il caso di lasciarla adesso.

Alla fine la serata non fu così disastrosa, nonostante fosse uno dei pochi ad essere sobri.

 

Adam era felice che Catherine fosse stata l’autista della serata, perché nonostante i suoi propositi, era ben lungi dall’essere sobrio.

Ma non era neanche abbastanza ubriaco da fare qualcosa di cui si sarebbe pentito, quindi, quando finalmente lui e Kenneth tornarono al dormitorio (e con “tornarono” si intende “quando Adam trasportò un super ubriaco Kenneth a mo’ di principessa”) aveva ancora abbastanza facoltà mentali da mantenere le distanze dal migliore amico.

Anche se lui non era dello stesso avviso, perché mentre si faceva trasportare, era aggrappato a lui come un koala su un eucalipto, con il volto premuto sulla sua spalla.

-Odori di pino. È per via del tuo potere o usi un profumo speciale? Perché è davvero buonissimo- commentò all’improvviso in tono sornione. Adam per poco non lo lasciò cadere a terra, e si affrettò a lasciarlo sul letto prima di accendere la lampada sulla scrivania.

Non si vedeva nulla in quell’oscurità, e il lampadario era troppo luminoso per il povero Kenneth.

Non rispose nemmeno alla sua domanda, così quest’ultimo continuò a parlare, massaggiandosi le tempie e cercando di recuperare lucidità mentale.

-Oggi ci siamo divertiti, vero? Tranne con Zoey. Non se la prende con Queenie, non è giusto- le dita di Kenneth iniziarono ad irradiare calore.

Adam si voltò verso di lui e lo guardò allertato.

-Non è molto il caso di parlare di Queenie- gli fece notare, indicando le mani.

Kenneth se le guardò, rimase parecchi secondi in silenzio, in uno stato di profonda contemplazione, poi ridacchiò leggermente tra sé.

-Mi sono appena accorto che Queenie è Icy- commentò, ridacchiando sempre più forte.

-Che?- chiese Adam, che in quanto alla lore delle Winx era decisamente poco ferrato.

-Io sono Bloom, tu sei Flora, e Queenie è Icy, la mia nemica. Tutto torna! Siamo noi il vero remake, mica quella roba di Netflix!- spiegò Kenneth, senza fornire ad Adam un vero e proprio contesto per la sua spiegazione.

Il coinquilino provò ad ignorarlo, e si cambiò d’abito in fretta, mettendosi in pigiama.

-Mai pensato di ignorare Queenie e basta?- borbottò tra sé, certo che però il suo consiglio sarebbe rimasto inascoltato.

-No, perché io odio Queenie! Ma non perché è omofoba, cioè, anche perché è omofoba. Queenie è una tremenda omofoba che fa tanto la “woke” ma poi non accetta niente e nessuno tranne quando magari le fa comodo perché dai, com’è possibile che Aria le piaccia così tanto? Cioè è ovvio che le piace tanto, e quindi fa quella che accetta perché le piace e… che stavo dicendo? Ah, sì, non è che Queenie la odio… no, aspetta, sì, Queenie la odio! La odio tanto. Perché è omofoba… ma non la odio per questo, la odio perché è ipocrita, ecco. Sì, perché è la persona più gay dopo di me, e solo perché io sono la bandiera arcobaleno fatto a persona.  Cioè, è così chiaramente omosessuale, Queenie, e fa tante storie a me! Ma come osa?!- mentre parlava male di Queenie, provocando piccole nuvolette di fumo quando iniziava a scaldarsi troppo, Kenneth si stava lentamente spogliando per mettersi in pigiama e poi sotto le coperte, e Adam era molto combattuto tra il provare ad aiutarlo, dato che sembrava ogni secondo in procinto di cadere, o voltarsi per non rischiare di vedere qualcosa che era meglio non vedesse.

-Perché sei così convinto che Queenie sia omosessuale?- si ritrovò a chiedere, molto confuso.

Sapeva la visione di Kenneth, che le dava sempre dell’ipocrita, ma non vedeva in Queenie un’omosessuale repressa, anzi, sembrava la classica ragazza etero reginetta della scuola.

Quasi uno stereotipo vivente.

Forse troppo? Adam non era abbastanza esperto né di persone, né di sentimenti, per dirlo.

Ma Kenneth… come mai ne era così certo?

-Adam, piccolo figlio dell’estate- Kenneth, a petto nudo e con una calza sola, gli si avvicinò incerto e gli mise una mano sulla spalla.

Adam fu felice che l’unica fonte di luce fosse la lampada sulla scrivania che aveva acceso da poco e ci metteva parecchio tempo ad illuminare bene la stanza, perché il suo primo e unico istinto fu quello di fissare insistentemente il petto dell’amico, e sapeva benissimo che era un pensiero tutt’altro che platonico.

Perché quando Kenneth era così ubriaco diventava anche così sfacciato?!

…no, Kenneth era sempre sfacciato.

Ma quando era ubriaco era ancora peggio, soprattutto per Adam controllarsi.

Provò a scansarsi, ma la presa di Kenneth era ferrea, e finì per trasportarlo con sé.

-Io ho un potere- continuò la spiegazione, avvicinandosi di più e sussurrandogli all’orecchio.

Il fiato di Kenneth contro il suo orecchio, caldo e dall’odore fruttato, fece diventare Adam più rosso di quanto già non fosse.

Riusciva ad avvertire fisicamente i fiori che iniziavano a crescergli addosso, ma cercò di trattenere il respiro e non pensarci.

-Sì, lo so, abbiamo tutti un potere, ma non capisco cosa c’entri- doveva pensare ai poteri, i poteri sono spaventosi, pensa a questo e non al tuo coinquilino seminudo e aggrappato a te.

-Sì, è vero, sono Leo Valdez, ma a parte questo, ho anche il gaydar più sviluppato del mondo. Io sono il presidente della comunità omosessuale, il messia! E se una persona è omosessuale, io lo capisco da metri di distanza- spiegò, in tono sacrale, facendo un enfatico gesto con la mano e sollevando una fiammata che fece sobbalzare Adam e gli diede l’occasione di sfuggire alla sua presa.

Valutò però con attenzione le parole di Kenneth.

-Quindi capisci la sessualità di una persona? Con certezza? Anche quando magari questa persona inizia ad avere qualche dubbio, o non è fuori dall’armadio?- chiese, un po’ balbettante, sperando di non dare chiari segni delle proprie emozioni, ma fallendo miseramente.

Fortuna che quando Kenneth era ubriaco raramente ricordava con precisione quello che accadeva. Adam l’aveva scoperto a sue spese.

Erano passati mesi eppure non riusciva ancora a pensarci con serenità.

-Beh… sì e no? Cioè, vale principalmente per l’omosessualità… i bisessuali, pansessuali e gente così sono più difficili da capire. Tipo Aria ha dei vibes, e infatti è pan, ed è chiaro, ma c’è un tipo che ho conosciuto su un sito d’incontri l’anno scorso che pensavo fosse etero dalla faccia, ma poi ho letto il profilo e ho capito che era bi- spiegò Kenneth, con più sicurezza -Però lo so che tu sei etero, tranquillo- poi si avvicinò ad Adam e provò a dargli qualche pacca sulla testa.

Era troppo basso per raggiungerla senza perdere l’equilibrio già quasi nullo, quindi alla fine si limitò alla spalla.

-E se non fossi etero?- sussurrò Adam, più rivolto a sé stesso che a Kenneth, che però lo sentì, e lo guardò sorpreso.

-Oh, pensi di essere bi?- chiese, senza nessuna traccia di giudizio.

Adam non era ancora pronto ad esporsi troppo, ma forse poteva partire con una piccola mollica di pane, sperando che Kenneth la mangiasse.

-Non lo so- ammise, incerto, con il cuore che batteva a mille.

Kenneth rimase immobile qualche secondo, poi annuì, fece dietro front, e si sedette sul proprio letto.

Proprio quando Adam iniziava a credere che avrebbe completamente ignorato la questione sollevata dal coinquilino, gli fece cenno di sedersi accanto a lui.

Adam esitò.

Lo scenario iniziava a somigliare troppo a quello dopo la festa di fine anno, per i suoi gusti.

Ma quella volta almeno era sobrio… o quasi.

Quindi decise di assecondarlo, sedendosi però al limite del letto.

Kenneth gli si avvicinò, non lasciandogli molto spazio di manovra, e gli diede qualche altra pacca sulla spalla.

-Va tutto bene, sei comunque super valido- lo rassicurò, incoraggiante.

-Sì, lo so… ma non so se…- Adam esitò, era molto meglio non parlare a Kenneth dei suoi dubbi, perché sapeva che poi Kenneth avrebbe proposto cose che era meglio non portare alla luce, e Adam non voleva fare un bis di quanto già successo.

…o lo voleva fare?

Il problema vero stava proprio nei propri sentimenti, ed enorme confusione.

-Capisco… beh, se vuoi ti cerco qualche ragazzo che può essere il tuo tipo. Finora mi sono concentrato sulle ragazze, ma magari se ti trovo un bravo ragazzo capirai meglio i tuoi dubbi- propose Kenneth.

Adam cadde dalle nuvole.

-Cosa?- chiese, sorpreso. Si aspettava che Kenneth dicesse un’altra cosa.

Il coinquilino non sembrò rendersi conto della strana atmosfera, e della leggera delusione del compagno.

Si sdraiò sul letto, continuando a parlare.

-Speriamo di non avere cotte per gli stessi ragazzi, non voglio litigare con te per cose così stupide- iniziò a commentare, pensando a come sarebbe cambiata la loro vita sentimentale nell’eventualità che Adam fosse bisessuale. Ne parlò con grande naturalezza, ma ad Adam cominciò comunque a battere il cuore.

-Guarda, non credo di essere bisessuale, sono solo forse un po’ confuso- provò a fare dietro front, ma Kenneth era troppo concentrato sui propri pensieri, e aveva già chiuso gli occhi.

Si avvicinava sempre più in fretta al regno di Morfeo.

-Nah, non credo che litigheremmo, dato che ti lascerei… tutti i ragazzi che vuoi. Lo so che tu sei… relazioni serie, io invece… avventure di una notte. Hai la priorità… tu. Tanto non mi innamoro… io- lo rassicurò, facendogli solo più male.

-Kenneth, lascia perdere…- la voce di Adam era più urgente e acuta. Si alzò di scatto dal letto, e pregò con tutto il cuore che si dimenticasse della conversazione appena avuta.

Sapeva che Kenneth non voleva una storia seria. Lo sapeva benissimo.

Ma comunque non era così piacevole sentirlo di nuovo.

-Sta solo… atten…- Kenneth ormai era più addormentato che sveglio -…a non inna… di me- sussurrò, prima di crollare addormentato.

Adam non aveva sentito molto bene tutte le parole, ma capì perfettamente il contesto della frase.

Sospirò, coprì al meglio Kenneth con una coperta leggermente bruciacchiata, e si buttò sul proprio letto, a faccia in giù contro il cuscino, ricordandosi a malapena di togliere gli occhiali.

Che razza di situazione!

Lo sapeva che quella serata sarebbe andata uno schifo, ma non si aspettava che il finale l’avrebbe ferito così tanto.

Perché purtroppo aveva già sentito l’avvertimento di Kenneth una volta.

E l’aveva anche già infranto.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(A.A.)

Ho due premesse prima di passare all’angolo autore vero e proprio: 

1) Grazie davvero, davvero tantissimo a tutti quelli che stanno commentando e leggendo, non mi aspettavo tale partecipazione

2) Vi siete accorti di ciò che accomuna tutti i titoli dei capitoli?

Ma domande strane a parte, passiamo all’angolo autore vero e proprio.

Molto incentrato su Kenneth e Adam, anche se ci sono momenti anche delle altre coppie, e tornano Carrie e Jack.

Allora, ho notato che tutti amate Kenneth, e non vi biasimo. Volevo finire il capitolo con un’altra frase meme di Kenneth, ma alla fino ho optato per una specie di confessione di Adam, e sappiate che di solito per arrivare a questo punto in una relazione ci metto almeno una ventina di capitoli, quindi spero vi piaccia comunque.

Poi, non pensavo che il punto di vista del secondo paragrafo sarebbe stato di Catherine, perché volevo tenerla un po’ nel mistero, ma alla fine non mi sono trattenuta, perché è un personaggio che mi piace molto.

Mentre Jack… volevo illustrare ancora meglio il suo rapporto con Queenie e in generale il suo carattere.

Devo dire che mi fa pena, poraccio.

Ma anche Adam non scherza, con Kenneth.

Spero che il capitolo vi sia piaciuto, per il momento sto ancora andando un po’ a braccio ma prometto che farò uno schema più approfondito per i prossimi capitoli.

Un bacione e alla prossima :-*

 

 

 

 

Nel prossimo episodio: Il gruppo deve presentare l’idea per il corto

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Capitolo 5
*** Lo squalo ***


Lo Squalo

 

Nonostante avessero avuto l’intera domenica per tornare sobri, una volta giunto il lunedì, metà del gruppo non si reggeva ancora in piedi.

E la metà in questione era formata da Kenneth, Aria e Noah, i primi due addormentati l’uno sull’altro nell’attesa che il laboratorio cominciasse, e l’ultimo appoggiato con la testa sul banco e intento ad armeggiare con il telefono.

Gli altri tre membri però, sebbene sobri, non sembravano passarsela tanto meglio.

Ad eccezione di Catherine, che fondamentalmente era normale e scriveva qualcosa sul quaderno indifferente al mondo che la circondava, Adam sembrava parecchio distratto e fissava Kenneth con sguardo depresso, mentre Queenie non era ancora arrivata.

Non che a Catherine importasse qualcosa della situazione psico-fisica del gruppo del laboratorio, ma era un po’ all’erta, perché quel giorno avrebbero teoricamente dovuto annunciare il tema, e dato che non l’avevano ufficialmente deciso, probabilmente quei minuti prima della lezione sarebbero dovuti servire a discuterne.

Solo che nessuno ne sembrava in grado, e Catherine iniziava a temere che avrebbero fatto scena muta.

Vabbè, non era un suo problema. A lei sarebbe andato bene tutto, e avrebbe fatto il lavoro assegnato. Non aveva la minima intenzione di uscire dalla sua comfort zone per un progetto che comunque non l’avrebbe portata a nulla di concreto.

Analizzò le idee che erano state proposte durante l’unico pranzo di organizzazione, e doveva ammettere che non erano male, solo poco fattibili, o poco originali. La migliore sembrava quella di Noah: la metanarrazione. E non è che pensasse fosse la migliore perché Noah le piaceva. No, signore! Non era così superficiale… e Noah non le piaceva!

Ma l’idea non era male, era molto realizzabile, e se anche non fossero riusciti a organizzarsi per realizzarlo potevano semplicemente utilizzare il materiale che Catherine registrava costantemente durante le riunioni. 

Solo che non toccava a lei decidere, quindi dubitava che alla fine avrebbero fatto questo.

Anche se aveva avuto abbastanza consensi durante la riunione.

Catherine decise di non pensarci. Tanto alla fine Kenneth e Queenie avrebbero litigato per il proprio video e il professore ne avrebbe scelto uno, li avrebbe rimproverati, o altre cose del genere. E lei si sarebbe tenuta fuori dalla cosa.

…ma dov’era Queenie?

Si guardò intorno. Ormai il professore era alla cattedra, il quarto d’ora accademico era passato, e la lezione stava per cominciare. Eppure della bionda e puntuale reginetta dell’università non c’era traccia.

-Allora, ragazzi, faccio un veloce appello e possiamo cominciare…- il professore prese la parola, e Catherine svegliò il cugino con una gomitata.

Kenneth si mise in fretta dritto, guardandosi intorno confuso e assonnato. Aria, senza più il supporto del ragazzo, cadde dalla sedia e si svegliò di scatto con un piccolo urletto che attirò l’attenzione di tutta la classe ma per fortuna non venne notato dal professore. O forse lo notò, ma decise di ignorarlo.

-Che ore sono, la lezione è finita?- chiese Kenneth, stropicciandosi gli occhi.

-La lezione è appena cominciata- gli fece notare Adam, con un sorrisino che era un misto tra esasperato e sognante.

Catherine non era tipa da impicciarsi nelle cose, ma persino lei aveva ormai notato che la cotta di Adam iniziava a farsi fin troppo palese.

-Che pizza!- si lamentò Kenneth, appoggiando la testa contro il banco.

-Noah Mendez!- l’appello nel frattempo era arrivato a loro.

-Presente- Noah, che sembrava il più addormentato del gruppo, sollevò prontamente la mano e cercò di darsi un certo contegno, anche se aveva due occhiaie da far spavento.

-Queenie Neige- continuò il professore.

Queenie non si vedeva da nessuna parte.

-Prof, oggi non viene, aveva dei problemi con il gruppo di teatro- spiegò Aria, che nel frattempo si era messa a sedere con difficoltà aiutata da una folata di vento sospetta che per fortuna non sembrava essere stata notata da nessuno.

-Capisco. Catherine Neri?- 

-Presente- Catherine rispose immediatamente e con sicurezza, ma non troppa sicurezza. Sperava che la voce non avesse fatto suoni troppo strani.

-Kenneth Neri- 

-Eccomi!- Kenneth sollevò la mano e sbadigliò subito dopo.

-Preferirei che ci fosse più professionalità in questo ambiente. Si tratta comunque di una lezione- lo rimproverò il professore, con cipiglio severo.

-Scusi prof. Ho dormito male- si giustificò Kenneth, con un sorrisino colpevole.

Il professore si limitò a sbuffare e continuare.

-Aria Park l’ho vista… Adam Roberts?- il professore tornò al gruppo e lo notò subito, ma Adam alzò comunque la mano per mostrare la sua presenza.

-Bene, continuando…- il professore ricominciò l’appello, e i ragazzi ne approfittarono per chiacchierare un po’ prima dell’inizio effettivo della lezione.

O meglio, Kenneth lanciò a Noah un’occhiata maliziosa.

-Allora… perché così stanco, ragazzo? Una serata interessante?- chiese, tirandogli qualche amichevole gomitata e rischiando di farlo cadere dalla sedia perché, seriamente, non sembrava nel pieno delle sue facoltà mentali.

-Uh? Io? Che?- chiese, confuso, stropicciandosi gli occhi e posando il telefono che continuava a mostrare insistenti messaggi.

-Sei tu che sembri aver avuto una serata interessante- Catherine si ritrovò a prendere le sue difese senza nessun motivo, rivolgendosi a Kenneth, e si pentì immediatamente di averlo fatto.

Chissà cosa pensava ora Noah di lei! Ma dopotutto stava rimproverando suo cugino. Aveva tutto il diritto di rimproverare suo cugino.

-Io sono pulito! Ho passato tutta la notte in giro per bar con Aria! Siamo diventati amicissimi!- Kenneth le cinse il collo, Aria annuì.

-Ci siamo incontrati per caso ma è stato super divertente. Da rifare assolutamente!- dopo la botta di energia, Aria tornò più morta che viva con la testa sul tavolo.

-Mi sembri completamente il contrario di “pulito”- osservò Adam, scuotendo appena la testa.

Catherine annuì, dandogli completa e totale ragione.

-Sarebbe stato ancora più divertente se fossi venuto anche tu, ma no, dovevi studiare- Kenneth sembrava parecchio deluso dall’assenza di Adam, e lo dimostrò prendendolo per un braccio e posando con invadenza il suo volto sul petto del compagno di stanza, che si irrigidì e arrossì appena.

-Lo studio è importante- si limitò a borbottare. 

-Ma aspetta, abbiamo cambiato argomento! Noah, tu che hai fatto quindi ieri sera?- Kenneth tornò ad indagare con Noah, che si destò dal torpore nel quale era sprofondato, e rispose dopo qualche secondo di confusione.

-Niente… c’era una live di Black Cat- rispose.

Catherine aggrottò le sopracciglia. La live di Black Cat era finita alle undici e mezza, non giustificava un tale sonno.

-CAVOLO! L’ho persa!- si lamentò Aria, sollevando la testa e guardando Noah con occhi assonnati.

-Scusa, ma non è finita tipo super presto?- chiese Kenneth, guardando la cugina come a chiedere conferma.

Catherine annuì appena.

-Alle undici e mezza- rispose, in un sussurro.

-Sì, ma l’ho vista in contatto… tipo… con Carrie, che stoppava ogni due secondi perché voleva trovare indizi- Noah sbuffò, lanciò un’occhiata al telefono, e sbuffò di nuovo.

Catherine soffocò l’istinto di fargli pat pat sulla spalla in segno di conforto, perché sarebbe stato inappropriato.

E poi era colpa sua se si era avvicinato a Carrie. Lei aveva provato ad avvertirlo.

…forse non nel modo migliore, ma non aveva alcuna colpa dell’improvviso interesse della ragazza vero il povero Noah.

E poi dai, magari si divertiva con lei.

-È stato orribile- borbottò, stanco.

Come non detto.

-Trovato qualche indizio?- chiese Kenneth, incuriosito.

-Ovviamente no, grazie al cielo- Noah scosse la testa, poi tornò a riposare gli occhi.

-Bravo! Sei un vero fan!- si complimentò Kenneth, dandogli una pacca sulla spalla e facendo un occhiolino a Catherine, che non capì minimamente il motivo del gesto ma diede un leggero calcio sotto la sedia al cugino. Perché sì!

-Okay, okay… svegliatemi a fine lezione- Kenneth seguì Noah e Aria nel mondo dei sogni, e a prendere appunti e stare attenti rimasero solo Catherine e Adam.

…almeno finché Adam non cominciò ad osservare Kenneth distratto. Anche lui sembrava particolarmente stanco, e Catherine suppose che forse era rimasto sveglio ad aspettare che Kenneth tornasse. Preoccupato, o forse geloso? Non erano affari suoi.

Ma non si aspettava proprio di essere l’unica con un cervello del tutto funzionante quella mattina.

Nè si aspettava che il professore si rivolgesse a loro così presto.

-Allora, il gruppo M-R, cosa avete intenzione di fare? Avete finalmente trovato l’idea? Siete rimasti solo voi- chiese infatti, in tono sbrigativo, adocchiando il gruppo addormentato con profonda disapprovazione.

Catherine provò ad attirare l’attenzione di Kenneth. Lui se la cavava alla grande a parlare. Lui alzò la testa, biascicò qualche parola incomprensibile, e tornò di nuovo a dormire.

-Che comportamento estremamente inappropriato. Allora, avete deciso o no? Neri, Catherine, sembri l’unica sveglia. Ci illustri il progetto- il professore si rivolse a lei direttamente, e la ragazza sbiancò.

Non si aspettava di dover parlare.

Non si era preparata psicologicamente. Non avevano deciso niente, ma non poteva certo dirlo.

Ma non poteva neanche inventarsi qualcosa sul momento!

Non voleva che se la prendessero con lei.

Guardò il foglio su cui stava prendendo appunti, e cercò di pensare ad una soluzione.

Alla fine improvvisò, e rispose, cercando di togliersi da quella scomoda posizione il prima possibile.

-Pensavamo un corto metanarrativo dove illustriamo la nostra vita e il nostro tentativo di fare un corto- spiegò, cercando di cacciare la voce ma non cacciandola troppo.

Noah sollevò la testa verso di lei, aprendo con difficoltà gli occhi, e la guardò molto sorpreso.

-Confermate?- chiese il professore al resto del gruppo, giusto per essere certo che ne avessero davvero parlato.

-Sì. È l’idea che ha convinto tutti- Adam si affrettò a darle manforte. 

-Confermo, confermo!- lo raggiunse subito dopo Noah.

-Figo- Aria annuì.

Kenneth si limitò a mugugnare qualcosa di completamente incomprensibile.

-Va bene, va bene. Per chi vuole davvero imparare e non dormire in classe, oggi andremo a studiare le inquadrature. La composizione, i vari tipi di inquadratura, e…- il professore cominciò la lezione, e Catherine tornò con il volto fisso sul suo quaderno, evitando di attirare l’attenzione più di quanto avesse già fatto.

Sperava davvero che nessuno la stesse guardando, o la ricordasse. Aveva fatto qualche strafalcione totale? Le intenzioni della sua voce erano giuste? Catherine odiava parlare in pubblico, e detestava dal profondo del cuore l’attenzione delle persone.

Aveva sempre, costantemente, paura di sbagliare qualcosa, quindi il suo motto era diventato “fai prima a non provare proprio”.

Bah, non doveva pensarci.

Segui la lezione, prendi appunti, e una volta fuori di qui ti metti in un angolo angusto e respiri un po’.

Almeno era quello che Catherine aveva progettato di fare mentre scriveva distrattamente sul foglio, piegata su sé stessa quasi fino a nascondersi sotto il banco.

Ma nel suo ignorare gli altri per paura che la fissassero, non si rese conto che c’era una singola persona che la stava fissando.

Noah infatti, con occhi socchiusi, la guardò per tutta la lezione. Confuso, preoccupato, e sperando di poterla in qualche modo incoraggiare.

 

-Hey, tutto bene?- a fine lezione, Noah si affrettò a seguire Catherine, che era uscita in tutta fretta dall’aula come se stesse scappando.

Il ragazzo si rendeva conto che forse poteva risultare invadente, ma non riuscì a fare a meno di volerla rassicurare.

Catherine gli piaceva.

Badate bene, non è che avesse una cotta per lei, sia chiaro… almeno non credeva… comunque le piaceva come persona. Lo intrigava. Gli interessava davvero tanto scoprire cosa si nascondesse dietro la sua facciata seria e apparentemente fredda. Perché dalle poche interazioni che avevano avuto era convinto che oltre i suoi muri c’era una ragazza davvero interessante e con cui aveva parecchie cose in comune.

Comunque, anche se non fosse stato interessato a lei, gli sarebbe venuto naturale avvicinarla per parlarle, soprattutto perché si sentiva parecchio in colpa per il suo stato all’inizio della lezione.

Di solito andava a dormire presto, perché si conosceva e sapeva benissimo che se non dormiva la notte era poco più che uno zombie il giorno dopo, ma era stato davvero difficile dire di no a Carrie, la notte prima.

E visto che era l’unica amica che si era fatto da quando era lì non se l’era sentita di insistere nel lasciarla sola nella sua stupida analisi.

Che fastidio!

Perché si ostinava a cercare di scoprire l’identità di Black Cat?! Non le bastava godersi i video e le live che organizzava?! 

Uff… forse doveva trovarsi nuovi amici lì a New Malfair.

Tipo Catherine.

E ritorniamo al presente, dove Noah stava chiamando la ragazza da lontano cercando di non farla scappare via dalla scena.

-Sì, tutto bene- rispose lei in un borbottio, senza neanche girarsi verso di lui e continuando imperterrita a camminare a passo fin troppo svelto per una persona che stava davvero bene.

-Posso parlarti un secondo?- Noah continuò ad affrettarsi, con una certa difficoltà.

Aveva preso un caffè… due caffè… in realtà tre caffè, durante la pausa, ma era ancora stanco morto, anche se leggermente più attivo.

-Che c’è?! Non è colpa mia se ero l’unica abbastanza sveglia da parlare. Dovevate pensarci prima di fare tardi ieri sera!- Catherine si girò di scatto di lui e si mise immediatamente sulla difensiva.

Noah sobbalzò, non aspettandosi una tale veemenza.

Anche Catherine non sembrava aspettarselo, o forse non si aspettava che fosse stato Noah a seguirla, perché sgranò gli occhi, arrossì parecchio, e si rigirò di scatto, ritornando a correre via.

-Ehi, aspetta!- Noah la seguì, e alla fine la raggiunse in un angolo isolato del cortile dell’università, dove non sembrava esserci nessuno.

-Senti, scusa, pensavo fossi Kenneth. Sto bene, che vuoi?- Catherine, rassegnandosi del fatto che Noah l’avrebbe seguita all’infinito, si girò di nuovo verso di lui, questa volta con tono molto più composto, e cercò di scrollarselo di torno.

-Volevo ringraziarti- alla fine, con il fiato corto, finalmente Noah riuscì a parlarle.

E Catherine si aspettava tutto fuorché quelle parole, perché spalancò la bocca, sconvolta.

-Che?- chiese, inarcando le sopracciglia.

-Ci hai veramente salvato la vita a lezione. Volevo dirtelo alla pausa ma non volevo disturbarti- spiegò Noah, con un grande sorriso incoraggiante.

Le guance già rosse di Catherine divennero molto più paonazze.

Era completamente senza parole, così Noah continuò.

-Di solito non sono così assente, lo giuro, non avevo programmato di restare sveglio così tanto la notte- decise anche di giustificarsi, imbarazzato per la pessima figura che aveva fatto.

-No, no, figurati- Catherine si affrettò ad interromperlo, scuotendo la testa -Ero… davvero pensavo fossi Kenneth, prima, non… non ti giudico per le tue scelte di vita- la voce della ragazza era un sussurro, il suo sguardo si posava ovunque tranne che su Noah, che sorrise tra sé, intenerito.

Quando era piccolo aveva sofferto tantissimo di ansia sociale. Era sempre il ragazzo nuovo, dato che sua madre si trasferiva costantemente per lavoro e lo portava con sé, quindi le altre persone lo spaventavano, con i loro giudizi, i loro gruppetti, e a volte anche il loro razzismo. Ma durante il liceo aveva imparato a superare questi suoi limiti, e adesso tendeva a non dare poi così tanto peso al giudizio che gli altri avevano di lui, anche se cercava sempre di essere gentile, incoraggiante e amichevole.

Però capiva bene come doveva sentirsi Catherine, preoccupata che ogni singola parola fosse pesata, analizzata e ricordata da tutti coloro che la circondavano.

E con un’amica come Carrie, Noah non biasimava che fosse un po’ così.

-Almeno la live ti è piaciuta?- chiese poi la ragazza, distogliendo Noah dai suoi pensieri.

Il ragazzo si rabbuiò.

-Sono sicuro che mi sarebbe piaciuta di più se ci avessi capito qualcosa. A furia di interrompere, Carrie mi ha fatto perdere un sacco di cose- commentò, sbuffando un po’ seccato.

Catherine annuì appena.

-Beh, era solo un gameplay di The Sims 4, non ti sei perso poi molto- cercò di rassicurarlo, ma Noah scosse la testa.

-Oh, no! Adoro The Sims! Black Cat ha una fantasia immensa, crea sempre intrighi e famiglie troppo forti. Anche se preferisco The Sims 3, è più pieno- ammise poi, tessendo le lodi della youtuber che era stata in parte responsabile per la sua apertura verso gli altri.

Non esagerava dicendo che Black Cat era stata una parte fondamentale della sua adolescenza, tra un trasferimento e l’altro.

-Anche io preferisco the sims 3, la saga della famiglia Morgan è stata davvero fantastica- ammise Catherine, molto tra sé.

-Oh! I Morgan e la città dei gay! Una gemma sottovalutatissima! Chissà perché tutti quanti erano gay in quella città- commentò Noah, iniziando ad esaltarsi.

-Sono esperta in informatica e non ho mai capito che razza di algoritmo l’ha reso possibile- ammise Catherine, molto più tranquilla, e davvero incredula sulla questione.

-Il sogno segreto di Kenneth. Anche se forse la mia preferita su The sims 3 è stata la vicenda di Lady Morte- aggiunse, chiedendosi se Catherine se la ricordasse. Ma se conosceva i Morgan, che erano stati la prima famiglia su the sims 3 portata sul canale, sicuramente non poteva essersi persa Lady Morte.

Catherine trattenne a stento un sorriso, e cercò di restare seria, ma annuì.

-Ovunque andava moriva qualcuno a caso. Era troppo assurdo- ammise.

-Soprattutto quando doveva mollare il suo ragazzo e lui è morto prima che ci riuscisse, così l’ha resuscitato solo per mollarlo- ricordò Noah, scoppiando a ridere al ricordo.

E nonostante i suoi sforzi immani, anche Catherine non trattenne una risatina, che cercò di nascondere dietro le mani.

-Mi ero dimenticata del suo primissimo omicidio involontario- ammise, dopo essersi calmata.

-Sei davvero più esperto di quanto ti dessi credito- aggiunse poi, e finalmente guardò Noah, con l’ombra del sorriso ancora sul suo volto, e il cuore del ragazzo ebbe un fremito.

Era la prima volta che la vedeva sorridere sinceramente, ed era davvero carina. Il suo sguardo era sincero, gli occhi leggermente chiusi, ma brillanti.

No, non era carina, era molto bella.

Diamine, la voleva davvero troppo come amica.

-Ho visto i suoi video decine di volte- confessò, un po’ imbarazzato.

-È fortunata ad avere un fan come te- nello sguardo di Catherine non c’era però alcun giudizio, anzi, sembrava quasi ammirata. Forse… non è che si capisse molto cosa passasse nella mente della ragazza.

La conversazione venne interrotta da un messaggio che arrivò sul telefono di Noah, che si affrettò a controllare dato che poteva essere sua madre.

Non riuscì a trattenere un sospiro seccato quando si rese conto che era Carrie.

Era tutto il giorno che lo tartassava di messaggi.

Dove la trovasse tutta quella energia il ragazzo non ne aveva idea.

“Heyyyyy 

Sei libero? 

Ti va di pranzare insieme? 

Heyy

Ci sei?

Sei ancora a lezione?

Scusa se ti disturbo è solo perché così mi regolo

Io sono libera ;)”

Ugh, che stress.

Ma sarebbe stato maleducato non rispondere, dato che era libero, e Noah odiava mentire, anche se a volte sembrava necessario.

Ma non quella volta.

“Ho appena finito. Dove pensavi di vederci?” chiese, provando a convincersi che pranzare con qualcuno era di certo meglio che farlo da solo, giusto?

Carrie gli scrisse l’indirizzo, un locale un po’ lontano da dove era lui ma facilmente raggiungibile con una bella passeggiata.

Noah accettò l’invito.

Poi sollevò la testa su Catherine, che si stava guardando intorno, un po’ a disagio e cercando di non sembrare invadente.

-Era Carrie, mi ha invitato a pranzo- spiegò lui, giustificandosi per la disattenzione.

Era stato pessimo. Avrebbe dovuto ignorare Carrie e continuare a chiacchierare con Catherine.

Sia dannato il suo cercare sempre di accontentare tutti!

-Bene, andate d’accordo- commentò Catherine, in tono impassibile.

La complicità che si era creata fino a quel momento sembrava essersi appena spezzata in mille pezzi, e il volto della ragazza era tornato una maschera impenetrabile.

-Circa… vuoi unirti a noi?!- dopo un istante di esitazione, Noah si illuminò, e le fece una proposta che sperava davvero con tutto il cuore che accettasse.

Dopotutto lei e Carrie erano amiche, e potevano andare insieme fino al ristorante e continuare a chiacchierare, e fare amicizia, e condividere passioni e poi magari chissà, da un’amicizia poteva…

-Oh, no. Non mi sembra il caso di mettermi in mezzo a voi due. Non mi piace fare la terza incomoda- Catherine però scosse la testa, con enorme convinzione, abbattendo il castello in aria che Noah aveva iniziato a costruirsi.

Spalancò gli occhi alla supposizione.

-No, no! Io e Carrie  non siamo… siamo solo amici… circa… più o meno… neanche tanto in realtà! Non saresti affatto di troppo, anzi… cioè…- Noah arrossì vistosamente e si affrettò a negare con veemenza.

Catherine però rimase impassibile.

-Non è a me che devi dirlo, ma a Carrie. Comunque buon pranzo- gli disse, ritornando parecchio fredda, e dandogli le spalle.

-Aspetta, sei sicura di non voler venire? Mi piacerebbe pranzare anche con te- provò a fermarla Noah, sperando di non essere risultato troppo disperato (anche se un po’ disperato lo era).

Catherine si fermò, e dopo qualche istante si girò verso di lui, dandogli speranza.

Speranza non destinata a durare, perché il suo sguardo rimase indifferente.

-Mi dispiace, ma in ogni caso devo vedermi con Kenneth- ammise, alzando le spalle, e mostrandosi leggermente dispiaciuta.

Noah sospirò, e non insistette oltre.

-Va bene, ma spero di recuperare un giorno- le sorrise speranzoso.

Catherine ricambiò appena il sorriso, e annuì.

-Certo. Ora però devo andare. Buon pranzo- si girò nuovamente e iniziò ad andare via.

-Anche a te! Ci sentiamo sul gruppo!- lo salutò Noah, agitando la mano nonostante sapesse benissimo che la ragazza non poteva vederlo.

Poi si preparò mentalmente, e decise di raggiungere Carrie nel ristorante da lei indicato.

Si rese presto conto che doveva rivedere il suo concetto di distanze, perché quella che sembrava una semplice passeggiata di venti minuti, si rivelò essere una scampagnata di un’ora che sarebbe stato molto meglio fare in autobus, e quando arrivò finalmente a destinazione, era sudato, stanco, e parecchio fuori luogo, dato che il ristorante di pesce sembrava decisamente raffinato.

-Hey, Noah! Eccoti finalmente!- lo accolse Carrie, da un tavolo, sbracciandosi per farsi vedere.

Noah fece del suo meglio per sorridere, e le si avvicinò.

-Scusa il ritardo, non pensavo di metterci così tanto a piedi- ammise, sedendosi e cercando di recuperare il respiro.

-Sei venuto a piedi? Non potevi prendere un taxi, o l’autobus?- chiese Carrie, inarcando le sopracciglia, quasi divertita dalla situazione.

Noah ridacchiò imbarazzato.

-Ho sottovalutato la strada da fare, ma al ritorno sicuramente prenderò un autobus- le diede ragione, evitando di dire che non aveva i soldi per permettersi un taxi.

Cercava addirittura di evitare gli autobus se non erano estremamente necessari.

Anzi, era probabile che avrebbe comunque rifatto la strada a piedi, a ritorno. 

-Mi sembra un bel piano. Allora, cosa vuoi ordinare? Qui fanno parecchie portate interessanti. La mia preferita è la spigola, ma tu ordina pure quello che vuoi- Carrie gli porse il menù, e lo fissò con attenzione, dando chiaramente a vedere che aveva scelto da parecchio e stava aspettando solo lui.

Noah non era fan della spigola, ma non era schizzinoso sul cibo, quindi per non farla aspettare troppo decise di assecondarla.

-Una spigola anche per me allora- cedette alla pressione, mettendo da parte il menù. Il sorriso di Carrie si fece più ampio.

-Perfetto!- esclamò, battendo le mani, e chiamando poi il cameriere.

Per sfizio, Noah controllò quanto costasse la spigola, e per poco non si strozzò con la sua stessa saliva quando notò che era il piatto più costoso del menù già parecchio costoso di suo, secondo solo all’aragosta.

Si preparò mentalmente le scuse che avrebbe scritto per messaggio a sua madre quando avrebbe inevitabilmente usato la carta che lei gli aveva dato per le emergenze, e iniziò a riflettere su quali potessero essere dei buoni moti per evitare che una situazione del genere si ripetesse nell’immediato futuro, ignorando che Carrie aveva iniziato a parlargli e non sembrava minimamente rendersi conto che l’attenzione del suo accompagnatore era altrove.

-Ehi, Noah, mi stai ascoltando?- chiese dopo parecchi minuti, agitando una mano davanti al suo viso.

-Uh? Eh? Sì!- mentì lui, e ovviamente Carrie non se la bevve neanche un istante.

-Allora ripetimi le ultime parole da me pronunciate- lo interrogò, avvicinandosi e guardandolo dall’alto in basso.

Noah cercò di pensare, ma si arrese subito all’evidenza che non aveva prestato un briciolo di attenzione alla ragazza, neanche inconsciamente.

-Scusa, sono ancora stanco per la camminata- provò a giustificarsi, prendendo un bicchiere d’acqua.

-Beh, stavo dicendo che la live di ieri è stata fantastica, e dovremmo rifarlo ad ogni live. Che ne dici? Ci stai? Ti sei divertito, vero?- Carrie ripeté ciò che stava dicendo, e Noah per poco non le sputò l’acqua addosso.

Beh, a dire il vero un po’ di acqua finì davvero addosso a Carrie, ma per fortuna solo qualche goccia che schizzò dal bicchiere della ragazza, probabilmente controllata da Noah, che però la vittima non sembrò notare, troppo concentrata sull’interlocutore.

Noah cercò di non apparire troppo demoralizzato da quella richiesta, e accennò un sorrisino.

-Sarebbe fantastico, ma non credo di riuscirci ogni sera. Di solito vado a dormire molto presto, e quando ci sono le live di Black Cat il giorno dopo ho lezione, quindi non è il caso di perdere il sonno- provò a spiegare, dispiaciuto, e sperando che la ragazza non ci rimanesse troppo male.

La faccia che Carrie gli fece era la quintessenza della delusione e dell’esserci rimasta male, e Noah si sentì parecchio in colpa.

-Ma proverò a organizzarmi, qualche volta. Davvero, magari non prima del laboratorio di filmmaking, però. Oggi non riuscivo a tenermi in piedi e ho messo Catherine in una brutta situazione- ritornò sui suoi passi, ma non troppo, e provò a cambiare argomento per non finire in una situazione ancora peggiore.

…finì in una situazione ancora peggiore.

Perché Carrie si mise subito sull’attenti, come un segugio che fiuta una preda succosa.

-Catherine?- chiese, sorpresa, e sospettosa? Ma perché doveva essere sospettosa di una sua amica?

Noah provò a non pensare all’energia negativa sprigionata dalla sua accompagnatrice, e si concentrò sul ricordo della breve conversazione avuta con la compagna di corso.

-Sì, il professore ha chiesto il tema, ma non l’avevamo deciso, e dato che tutti i membri del gruppo erano stanchi è stata lei a parlare- spiegò la situazione. Si sentiva davvero in colpa per non essere stato in grado di intervenire. Anche se una parte di sé si sentiva parecchio lusingato che Catherine avesse scelto proprio la sua idea da esporre.

-E quindi? Era ora che Catherine parlasse in pubblico- Carrie cercò di mascherare la sua irritazione, ma non le riuscì parecchio bene.

-Come?- chiese Noah, sorpreso dal cambio di tono. Soprattutto perché stava parlando di quella che definiva la sua “migliore amica”. 

Carrie sembrò rendersi conto di essere risultata sgradevole, perché le tornò il sorriso sul volto.

-Cioè, io la adoro, lo sai. È una ragazza fantastica, ma non serve conoscerla da sempre per capire che è davvero chiusa, e fredda, e decisamente poco amichevole. Dico solo che magari parlare un po’ di più la potrebbe aiutare, tutto qui- cercò di essere più incoraggiante, ma Noah percepì comunque il giudizio negativo che permeava le sue considerazioni non propriamente oggettive.

-A me sembra solo un po’ timida, ma simpatica- iniziò a difenderla, senza sapere che così facendo sembrava peggiorare la situazione.

-La linea tra timida e completamente indifferente a tutti è molto sottile- osservò Carrie, con una frecciatina non molto velata.

-Già, ma Catherine non la supera affatto- continuò a difenderla Noah, a spada tratta.

Non sapeva neanche lui perché, dato che era il primo che vedeva la ragazza  un po’ fredda, e all’inizio non gli era stata particolarmente simpatica, ma c’erano molti fattori che lo spingevano inconsciamente a prendere le sue parti.

Innanzitutto era parecchio infastidito che, dopo essersi definita sua “amica”, Carrie ne parlasse male alle spalle.

E poi, c’era qualcosa, in Catherine, che lo attirava a lei in modo particolare.

Non una semplice attrazione, come quella che aveva avuto per Carrie la prima volta che lei aveva flirtato con lui (e che onestamente era quasi scemata del tutto), ma un profondo interesse soprattutto dal punto di vista di personalità, affinità. Non le aveva parlato molto, ma tutto quello che si erano detti li aveva trovati sulla stessa lunghezza d’onda.

Non la vedeva affatto come una fredda e indifferente ragazza a cui non importava di niente tranne che di sé stessa.

E gli dava fastidio che Carrie provasse a convincerlo che in realtà era proprio così.

-Non voglio assolutamente cercare di abbatterla ai tuoi occhi, ma siccome mi sei simpatico voglio avvertirti. Quella ragazza sembra davvero tranquilla, ma non è il caso di avvicinarsi troppo a lei. Rischieresti solo di restare ferito- continuò Carrie, passando alla strategia “mi preoccupo per te, ascolta il mio consiglio”.

Noah sapeva riconoscere una causa persa quando ne vedeva una, e sospirò, rassegnato a non continuare la conversazione, e annuendo tra sé per fingere di aver ascoltato quello che la ragazza gli stava dicendo.

Non riuscì comunque a non distogliere lo sguardo da lei e a non apparire infastidito. Erano i problemi di indossare il proprio cuore in bella vista.

E Carrie notò il suo fastidio, e strinse i denti, infastidita il doppio, ma senza sapere bene cosa fare per risollevare la situazione.

Con un tempismo che aveva dell’incredibile, e sicuramente non era una coincidenza, l’acquario dietro a Noah sembrò esplodere, e i pezzi di vetro si abbatterono sui due ragazzi, concentrandosi in particolar modo su Carrie.

La reazione del ragazzo fu istantanea.

Sentendosi particolarmente in colpa, si alzò di scatto e dimenticò completamente la sua irritazione per concentrarsi sulla sua accompagnatrice, che si era tagliata le mani e le braccia nel tentativo di proteggersi, e sembrava sinceramente sconvolta.

-Carrie, stai bene?- chiese, prendendo un tovagliolo e iniziando a tamponare il sangue mentre controllava che non ci fossero pezzi di vetro rimasti incastrati.

Sua nonna era davvero un’esperta di cure casalinghe, quindi lui sapeva più di quanto si sarebbe detto circa il primo soccorso.

Lo staff del ristorante di affrettò a controllare le loro condizioni e cercare di salvare il salvabile dell’acquario.

Noah sperò davvero che i pesci se la cavassero, ma era un pensiero secondario rispetto a Carrie e gli altri feriti.

Non aveva intenzione di far esplodere l’acquario.

Non era abbastanza arrabbiato da fare una cosa del genere.

Non gli sembrava neanche plausibile che fosse stato lui, dato che non aveva nemmeno notato l’acquario alle sue spalle.

Ma guardando i fatti, era l’unico con dei poteri di acqua lì dentro, forse… no, sicuramente. Quante probabilità c’erano che qualcun altro avesse ricevuto gli stessi suoi poteri dell’acqua e avesse fatto esplodere proprio l’acquario dietro di lui andando a finire dritto su Carrie e stranamente non colpendo Noah se non di striscio?

Molte meno di zero.

-Sto bene, solo qualche graffio, e tanta paura. Cavolo, Noah, mi sono spaventata un sacco- Carrie, aveva gli occhi lucidi e la voce tremante, abbracciò il ragazzo con forza, facendolo irrigidire, ma non ritirare.

Come poteva trattare male una ragazza che aveva inavvertitamente ferito.

-Mi dispiace tanto, Carrie- ricambiò l’abbraccio, accarezzandole la schiena per confortarla, e sperando di poter in qualche modo rimediare a ciò che aveva appena fatto.

-Sei così gentile- commentò Carrie, in tono molto tenue, quasi sussurrato, allontanandosi abbastanza da riuscire a guardarlo negli occhi.

Le sue guance erano rosse, le sue labbra socchiuse.

I loro volti a pochi centimetri di distanza.

Oh no!

Noah provò ad allontanarsi, ma le braccia di Carrie lo tenevano fermamente ancorate al posto.

Oh, no!

Il volto della ragazza iniziò ad avvicinarsi, i suoi occhi a chiudersi.

Oh, no!

Lo staff del ristorante divenne solo un rumore di sottofondo, e sembrò capire che tra i due c’era un momento di intimità.

Oh, no!

Noah era in procinto di scansarsi con forza e dirle chiaro e tondo che non gli piaceva in quel senso, che era meglio conoscersi meglio prima, che forse era meglio decisamente non conoscersi proprio in realtà, ma non ce la fece.

Perché Carrie era vulnerabile, e ferita, e scossa, e probabilmente era tutta colpa di Noah.

Alla fine Noah cedette.

Era single, lei era carina, era solo un bacio, e il giorno successivo poteva benissimo dirle che era stato l’impulso del momento ed era meglio restare solo amici.

Così chiuse gli occhi, e la baciò.

E un nuovo senso di colpa gli invase il petto, mentre l’immagine degli grandi occhi sinceri di Catherine, e del suo sorriso, iniziarono ad invadergli la mente.

Oh, no! 

 

Oh, sì!

Quando Carrie era tornata a casa, dopo un bel pranzo pieno di ottime svolte e un bacio davvero carino che sicuramente si classificava nella sua top 10 di primi baci migliori, era in brodo di giuggiole, felice come una pasqua, ed estremamente soddisfatta di sé.

Certo, doveva ancora lavorare parecchio su Noah, e non poteva rilassarsi solo perché era riuscita a baciarlo, ma era già un inizio, e lui era parecchio debole, quindi non sarebbe stato troppo difficile piegarlo al suo volere.

Saltellando allegramente, la ragazza si mise alla sua scrivania, e prese il suo diario segreto, a forma di cuore, e una penna rosa con i glitter.

“Caro diario…” iniziò a scrivere, dopo aver messo la data del giorno.

“Oggi mi sono svegliata tardi, dato che non avevo lezioni, e ho messaggiato quasi tutto il giorno con Noah. È un ragazzo molto carino, appena trasferito, e ieri ho fatto con lui una lunga live investigativa su Black Cat. Non ho trovato indizi, ma lui è rimasto tutto il tempo senza lamentarsi, quindi è proprio il ragazzo perfetto” iniziò a raccontare, con tanti cuoricini intorno al nome di Noah.

“Poi l’ho invitato a pranzo nel mio ristorante preferito, e ha ordinato il mio stesso piatto! Siamo fatti per stare insieme, non pensi? Ero davvero emozionata per quella uscita, ma poi lui ha iniziato a parlare di Catherine, la mia migliore amica. Non sono preoccupata di lei, ovviamente, dato che non è mai stata interessata ai miei ragazzi, per questo è la mia migliore amica, ma mi ha dato comunque molto fastidio che lui continuasse a parlarne bene. Credo che dovrei cercare di toglierla dai piedi per sicurezza. Magari convinco mio padre ad espellerla dall’università, non so. Un po’ mi dispiace però… vabbè, vedrò.

Comunque poi è successa una cosa fantas…” Carrie interruppe la scrittura perché la penna smise di funzionare.

Provò ad insistere, ma l’inchiostro sembrava finito, così, con uno sbuffo seccato, la ragazza la gettò dentro al cestino, e ne cercò un’altra, ma la scrivania sembrava completamente priva di penne dello stesso tipo di quella appena buttata.

Essendo una grande perfezionista, Carrie si rifiutò di usarne altre, e si girò sulla sedia per controllare la stanza, notando una sosia glitterata sulla mensola sopra il letto.

Con un sorriso soddisfatto, sollevò la mano nella sua direzione, e come se seguisse i suoi ordini, la penna si sollevò in volo e planò delicatamente verso di lei.

Sogghignando sotto i baffi, Carrie riprese a scrivere.

“…tica. Ho usato i miei poteri per far esplodere l’acquario che si trovava alle spalle di Noah, e ho controllato alcuni vetri per venirmi addosso. Mi sono solo ferita un po’ le mani e le braccia, ma ne è valsa la pena, perché Noah ha completamente dimenticato Catherine e si è affrettato a soccorrermi. È stato davvero davvero tanto carino, ho fatto bene a non rovinarlo con altri cocci vaganti, anche se ero davvero pronta a ferirlo nel caso non si fosse preoccupato per me.

Dopotutto che razza di gentiluomo ignora una donna in difficoltà, giusto?

Comunque, l’ho abbracciato, lui mi ha stretto a sé, e una volta che ci siamo separati mi ha baciata. Ahhhh, è stato magico. È davvero bravo a baciare, anche se sembrava un po’ timido.

Ma sono sicura che si sbloccherà, dimenticherà completamente Catherine, e vivremo per sempre felice e contenti.

O se anche così non fosse, beh, sai che ottengo sempre quello che voglio, in un modo o nell’altro :D

Alla fine quindi il pranzo è andato davvero alla grande. Soprattutto perché, a causa dell’incidente dell’acquario, lo staff si è offerto di farci mangiare gratis.

Non che a me sia cambiato qualcosa, dato che in ogni caso avrebbe offerto Noah, ma sono stati comunque gentili.

Così potrò ordinare qualcosa di ancora più costoso al prossimo appuntamento senza sentirmi in colpa, ahahah :p

Ti scrivo più tardi, appena succede qualcosa di entusiasmante. Ora corro a scrivere a Noah!!

NoahXCarrie 4 ever!!!!”

E tanti, piccoli e grandi, cuoricini intorno ai loro nomi.

Quella sì, che era stata una giornata entusiasmante per Carrie.

E tutto grazie ai suoi nuovi e strani poteri.

Li usò giocosamente per chiudere il diario e rimetterlo a posto.

Ah, erano la cosa più bella che le fosse mai capitata!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(A.A.)

Teoricamente dovevo metterci un altra scena dove Aria e Queenie andavano al gruppo di teatro, ma ho deciso che a questo punto divido il capitolo in due, dato che voglio che questa storia abbia capitoli più brevi, e altrimenti sarebbe stato troppo lungo.

Inoltre è da parecchio che non aggiorno.

Quindi spero che questo capitolo vi sia piaciuto, sappiate che sto ancora andando un po’ a braccio per questa storia ma ho progettato i punti salienti, e sarà una bella montagna russa.

Forse dovrò aumentare il rating.

Carrie è davvero inquietante e manipolatrice.

Mentre Noah è troppo buono.

E a proposito di Carrie… ha anche lei dei poteri!

E potrebbe essere un grande problema.

Piccola curiosità, il nome di Carrie è un riferimento proprio al personaggio di Stephen King con i poteri telecinetici. Era un foreshadowing al fatto che anche lei ha ricevuto dei poteri.

Chissà invece Catherine, è l’unica che ancora non si è esposta.

Sempre che abbia dei poteri.

Grazie a tutti quelli che continuano a leggere e seguire questa storia.

 

 

 

 

 

Nel prossimo episodio: Aria e Queenie hanno le prove di teatro.

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Capitolo 6
*** La sostituta ***


La sostituta

 

Queenie non sapeva cosa aspettarsi dalle prove teatrali di quel pomeriggio.

Stava battendo nervosamente le dita contro il fianco nell’attesa che ci fossero novità, ma l’atmosfera era ghiacciata, e solo in parte a causa della sua presenza.

Non che lei credesse di avere dei poteri. Tsk, che assurdità! 

…sì, okay, lei aveva dei poteri, ma non era a causa di tali poteri incomprensibili e incontrollabili che lì dentro faceva freddo.

-Per caso qualcuno ha acceso l’aria condizionata?!- chiese uno dei ragazzi, cercando di riscaldarsi con un abbraccio.

-Deve esserci un malfunzionamento. Questo posto sta crollando a pezzi- commentò un’altra ragazza, una delle persone che più stavano antipatiche a Queenie in quel gruppo: Donna Prime.

Queenie strinse i denti cercando di ignorare il commento rivolto particolarmente a lei, dato che il teatro era di proprietà dei suoi genitori, e cercò di controllare il suo nervosismo e la sua tensione per regolare il freddo.

…che però aumentò.

-S_su, D_D_Donna… n_no_n fa c_cos_così f_fr_freddo!- Aria provò a difendere Queenie, ma tremava visibilmente e aveva il naso rosso. Era quella vestita più leggera e la più vicina a Queenie, che si sentì davvero in colpa.

Avrebbe voluto riscaldarla in qualche modo, ma temeva che avvicinandosi a lei avrebbe finito per peggiorare la situazione, quindi optò per allontanarsi il più possibile.

-Piuttosto, qualcuno ha notizie dell’insegnante, è in ritardo- un altro ragazzo cambiò argomento, indicando l’orologio e lanciando occhiate a Queenie, sempre la più informata riguardo a quelle faccende.

La ragazza sospirò, a dire il vero la situazione era confusa anche per lei.

La regista, infatti, aveva avuto parecchi problemi ultimamente, e Queenie aveva provato ad aiutarla, ma era stata prontamente allontanata dalla situazione dai suoi genitori.

I signori Neige, infatti, erano tempestivamente intervenuti, senza dire assolutamente nulla alla figlia, ma assicurandole che quel giorno le prove si sarebbero svolte come da programma.

-L’insegnante sarà in ritardo per un bel po’. Buon pomeriggio, ragazzi- alla domanda del giovane rispose una voce completamente sconosciuta, appartenente ad una donna che entrò in quel momento con un pacco di fogli e una grandissima energia.

-E lei chi sarebbe?- chiese Queenie, subito sull’attenti, pronta ad assumere il proprio ruolo di capo.

-Sono la sostituta, chiamatemi Miss Jeller. La vostra ex insegnante è stata licenziata- spiegò la nuova venuta. Sembrava giovane e piena di idee, ma lanciò a Queenie un’occhiata carica di disprezzo, pertanto la ragazza la prese immediatamente in antipatia.

-Non mi è stato riferito niente del genere. Ha un contratto che certifichi la cosa?- chiese, pratica, avvicinandosi con le braccia incrociate e squadrando la “sostituta” con sospetto.

-Puoi chiedere ai tuoi genitori, se vuoi, non devo rendere conto a te, ragazzina- la donna non rimase per niente impressionata, e lasciò subito perdere Queenie per rivolgersi al resto del gruppo -Allora, ragazzi. Per lo spettacolo invernale sarò io a prendere le redini. Ho sentito che non avete ancora un copione. Di solito gli spettacoli invernali sono più semplici, è corretto?- 

-Gli spettacoli in lizza erano l’Antigone, il musical Tutti insieme appassionatamente e una rielaborazione di Canto di Natale di Dickens- spiegò Queenie, cercando di catturare l’attenzione della sicura impostora e nel frattempo scrivendo un messaggio ai suoi genitori per informarli dell’accaduto.

-Semplici un corno- commentò la sostituta, storcendo il naso -Beh, siccome ora ho preso io le redini dello show, ho già stampato i copioni del musical che andremo a fare. Sono sicura che tutti voi lo conoscono, ma pochi sanno le differenze della versione di Broadway. Ho avuto i permessi di replicarlo qui, quindi le audizioni per l’assegnazione dei ruoli saranno oggi, dato che non abbiamo tempo da perdere. Ecco, distribuisci i copioni- ignorando Queenie come se fosse invisibile, la sostituta iniziò a distribuire i fogli in giro per il gruppo.

Queenie fu l’ultima a ricevere il copione.

-Frozen?- chiese, storcendo il naso -Il film Disney, Frozen?- si rivolse poi alla sostituta, incredula.

-La versione di Broadway di Frozen, cara mia- le rispose lei, trattandola con condiscendenza.

-Wow! Adoro Frozen! Queenie, tu saresti la Elsa migliore del mondo!- l’entusiasmo di Aria, che corse immediatamente verso l’amica per mostrare i personaggi e il copione, fermarono la replica di Queenie, che le fece un piccolo sorriso.

Dopotutto era piuttosto ovvio che sarebbe stata lei Elsa. Oltre alla somiglianza fisica, Queenie era anche il membro più anziano del gruppo, e ci voleva una certa esperienza per portare sul palco un protagonista in così poco tempo.

-Vi do un’ora per prepararvi, e poi procediamo con le audizioni, che ne dite? Ognuno di voi scelga un personaggio principale da provare, mi raccomando- chiese Miss Jeller, avviandosi verso le quinte per sistemare il necessario a procedere con le audizioni.

Queenie avrebbe avuto tanto da obiettare, ma proprio in quel momento le arrivò un messaggio di suo padre.

“Non disturbarci per futili motivi, la signora Jeller è stata raccomandata da ottime fonti”

Quindi era davvero la sostituta.

Tsk, non sembrava affatto professionale, ma Queenie non poteva disobbedire ai suoi genitori, quindi tenne a freno la lingua e cominciò a controllare il copione.

Effettivamente Elsa era il personaggio che più le si addiceva, sia come caratterizzazione che come aspetto, anche se la questione dei poteri la metteva molto a disagio.

-Sembri turbata, reginetta. Paura che ora che non sei più raccomandata non ti verrà dato il ruolo principale?- chiese Donna, avvicinandosi a lei e iniziando a sbeffeggiarla con sguardo malefico.

Queenie non la degnò di un’occhiata.

-Non è raccomandata! È solo molto brava ed esperta! E merita tutti i ruoli che le sono stati affidati!- ci pensò Aria a difenderla, e Queenie si sentì inondare da un piacevole calore nel petto.

Sorrise grata all’amica, che le diede un’amichevole pacca sulla spalla.

-Beh, Aria, vedi di non fare l’audizione nel ruolo di Anna, perché potrebbe istigare all’incesto!- la provocò Donna, lanciando alle due un’occhiata disgustata.

Il calore appena provato si dissipò immediatamente, e Queenie per poco non ghiacciò la sala mentre si allontanava violentemente da Aria e impallidiva.

-Che stai insinuando, Donna?!- chiese, punta sul vivo.

-Che c’è? Toccato un tasto dolente?- continuò Donna, rigirando il coltello nella piaga.

-Mi sa che hai frainteso, cara mia. Probabilmente la nozione ti è sfuggita, dato che non hai amiche, ma due donne, sai, tipo me e Queenie, possono anche essere amiche, tra di loro, non solo rivali o amanti- le fece presente Aria, parlandole come se fosse una bambina, e non perdendo neanche per un attimo il sorriso.

-Tsk, certo, come no!- Donna roteò gli occhi, ma non insistette.

-E comunque non voglio fare Anna. Credo che proverò per la parte di Olaf, è in assoluto il mio personaggio preferito! È poi è anche più nelle mie corde!- Aria lasciò stare la discussione e iniziò a controllare le battute di Olaf.

-E poi se cadi in scena l’effetto comico aumenta- osservò Queenie, un po’ turbata ma cercando di stemperare la tensione.

Aria scoppiò a ridere.

-Stavo pensando la stessa identica cosa!- esclamò, rilassata -Pensi che alle audizioni dovremmo anche cantare oltre che recitare le battute? So la canzone di Olaf a memoria, ma non so se sono così brava a cantare- aggiunse poi, sedendosi a terra e iniziando a leggere ciò che le sarebbe piaciuto portare.

-Ti ho sentita cantare, hai molto talento- la incoraggiò Queenie, che obiettivamente adorava la sua voce. Non l’aveva sentita cantare tantissime volte, ma le poche volte che si erano esercitate insieme, l’aveva trovata davvero di talento.

-Awww, Queenie!- Aria le sorrise rasserenata. Queenie si sentiva già un po’ più sicura e a suo agio.

Era felice di avere un’amica come Aria. Così gentile, dolce, incoraggiante e serena. Senza una sola preoccupazione al mondo e che in questo modo sembrava eliminare anche le centinaia di preoccupazioni di Queenie.

-Ragazze, posso ripetere con voi?- l’arrivo di una ragazza, un novellina che però già mostrava grande talento, interruppe il momento di intimità, e Aria rivolse il suo splendido sorriso verso di lei, facendole cenno di sedersi al suo fianco.

-Certo, Harriett! Che ruolo vuoi provare?- chiese, mentre Harriett si sedeva a terra.

-Beh, il mio personaggio preferito è Elsa, quindi vorrei provare lei, ma so già che sicuramente finirò nel supporto. Sono troppo poco esperta- rispose lei, imbarazzata, rigirandosi una treccina tra le dita.

-I ruoli di supporto sono molto importanti. Sono fondamentali perché lo spettacolo esca davvero bello, soprattutto quando si parla di musical- la incoraggiò Queenie, professionale.

Harriett le sorrise.

-Infatti! E poi io non somiglio affatto ad Elsa. Tu invece sarai perfetta! Sembra un musical scritto apposta per te. Anche se riusciresti a fare qualsiasi cosa con il tuo talento- Harriett si complimentò, e Queenie arrossì appena.

-Oh, beh, faccio teatro da molti anni, è normale diventare poliedrici- Queenie cercò di tagliar corto, sebbene molto soddisfatta dai complimenti.

Solo che non aveva ancora imparato a riceverli senza risultare piena di sé, e si imbarazzava sempre molto quando le arrivavano così di scatto, senza preavviso.

Tranne quelli da parte di Aria. 

Con Aria era facile ricambiare.

Perché Aria era davvero incredibile.

Non che Harriett non lo fosse a sua volta, ma Queenie non la conosceva abbastanza bene da farle qualche complimento sincero.

Per fortuna venne salvata dal ritorno dell’insegnante impostora, che cominciò i primi provini.

Per Queenie non era difficile.

Era una grande performer, anche con il minimo preavviso, e conosceva molto bene Frozen, sia la sua versione cinematografica, che il musical di Broadway, perché Queenie ha tanti difetti, ma non scredita un’opera mediale solo per il target a cui è riferita o alle critiche ad essa fatte.

E apprezzava parecchio tutti i prodotti della Disney, oltre ai musical più impegnati e alle opere teatrali classiche.

Era versatile, e molto professionale e aperta a qualsiasi ruolo.

Tenete a mente questa frase, ci servirà tra qualche pagina.

-Allora, cominciamo da chi si propone per il ruolo di Anna, la protagonista- l’insegnante si mise in prima fila tra il pubblico, con un blocco per appunti, pronta a giudicarli.

-Mi scusi, come sono strutturati i provini? Bisogna cantare, recitare o mostrare qualche ballo improvvisato?- chiese Queenie, notando la confusione di tutti. Era un’audizione molto poco professionale.

-Ognuno di voi faccia quello che si sente. Provi ad entrare nel personaggio, e cerchi di fare il provino che mostri maggiormente il personaggio che vuole rappresentare. Vi lascio briglia sciolta. Non voglio perfezione, voglio il talento, e la capacità di improvvisare anche un po’- spiegò l’insegnante, con un brillio negli occhi.

Queenie roteò i propri.

Ecco qui una di quelle che credeva nel teatro come semplice dimostrazione artistica. Era un ambiente sacro! Bisognava fare le cose del modo più professionale e serio possibile! Almeno in quel contesto. Non era un gruppo scolastico. Sì, erano giovani, e c’erano molti novellini, ma era comunque serio! Era il teatro Neige, perdiana!

Gli altri ragazzi sembrarono molto soddisfatti dal nuovo regime, e le audizioni per il ruolo di Anna andarono piuttosto bene, bisogna dirlo. Donna, in particolare, spiccò particolarmente su tutti, a causa della sua voce abbastanza parecchio straordinaria, bisognava ammetterlo.

E poi aveva esperienza, bisognava riconoscerglielo.

Non tanta quanto Queenie, ma esperienza, in ogni caso.

Queenie pensò che probabilmente essere una persona falsa di natura aiutava le sue doti recitative.

Buona questa! 

-Ottimo lavoro, ragazzi. Ora è il turno della sorella di Anna, la cara, amata, difficile Elsa- con grandissima aspettativa, l’insegnante incoraggiò il secondo gruppo a presentarsi.

Un gruppo che fu decisamente molto meno consistente.

Infatti comprendeva solo Queenie e Harriett.

Qualcuno (Donna) avrebbe sicuramente iniziato a spargere rumor che Queenie aveva minacciato la concorrenza o qualcosa del genere.

-Queenie, il tuo talento ha spaventato tutti- ridacchiò Aria al suo orecchio, prima che la ragazza salisse sul palco.

Probabilmente c’era un fondo di verità al commento, ma Queenie non poteva farci niente se era la reginetta del corso di teatro. Dopotutto se lo meritava, si impegnava tantissimo!

-Sarà una grandissima sfida- commentò l’insegnante con sarcasmo, estremamente delusa dalla poca competizione in quel turno.

Queenie fu la prima ad esibirsi.

Si era preparata a cantare Let it go. Un classico, forse un po’ banale, ma anche il momento più importante per esprimere il personaggio al meglio, sia recitativamente, che nel ballo e nel canto. Il pacchetto completo in pochi minuti.

C’era sola una cosa che non aveva calcolato.

Quei maledetti, indesiderati, disturbanti poteri.

Queenie era brava a cadere nel personaggio, in qualsiasi personaggio. Poteva recitare la cattiva (e adorava recitare la cattiva), poteva fare il ragazzo, un mostro, un vecchio o un bambino. Poteva essere deplorevole, gentile, potente e debole.

Ma aveva un tallone d’Achille.

Ovvero i ruoli che si avvicinavano un po’ troppo ai suoi problemi personali, quelli molto sepolti in fondo al suo animo. Quelli che una canzone come Let it go, che incoraggia ad aprirsi al mondo, e mostrarsi per come uno era… beh, tendeva a far uscire fuori.

L’inizio non fu difficile, per Queenie, e probabilmente non lo sarebbe stata neanche la fine, se non avesse avuto esattamente lo stesso identico potere della protagonista che voleva provare ad interpretare.

Infatti, arrivata al momento del primo ritornello, quando la regina di ghiaccio iniziava a liberare i propri poteri, le mani della ragazza si ricoprirono di un sottile e quasi impercettibile strato di ghiaccio.

E nel momento in cui la ragazza se ne accorse, la sua voce si spezzò appena.

Continuò a cantare, perfettamente, ma strinse i pugni, e si strinse inconsciamente su sé stessa.

Aveva intenzione di improvvisare un balletto, ma sotto i suoi piedi rischiavano di formarsi piccoli strati di ghiaccio.

Non doveva provare emozioni intense. Doveva cantare e basta, e… cavolo! Quella audizione stava diventando la peggiore dell’intero universo!

Ma era sola contro una super novellina, quindi probabilmente il talento canoro sarebbe bastato, giusto?

O almeno la sua esperienza, decisamente maggiore di quella di tutti gli altri.

Certo, la sicurezza assoluta che avrebbe ottenuto il ruolo in ogni caso non cancellava la scottante delusione che provò per sé stessa, ma cercò di non pensarci.

Ringraziò educatamente, e scese dal palco.

Una volta tornata dietro le quinte, dal gruppo, fu accolta da Donna che scoppiò a ridere, sguaiatamente, e trascinando con sé qualcuno dei suoi scagnozzi.

Queenie strinse i denti, ma non commentò.

Aria lanciò a Donna un’occhiataccia, e si affrettò ad avvicinarsi all’amica per assicurarsi che stesse bene.

-Che ti è successo, reginetta? Sai già che non otterrai la parte e hai deciso di non provarci nemmeno?- anche Donna si avvicinò, prendendola in giro e asciugandosi le lacrime uscite per le risate.

Queenie provò a regolare il respiro. 

Iniziava a sentire un freddo agghiacciante, ed era convinta che avrebbe ghiacciato qualcosa (o qualcuno) se fosse rimasta lì ancora a lungo.

-Tutto bene? È a causa di… quella cosa?- le chiese Aria, molto preoccupata, riscaldandola con la sua sola presenza, e una leggera aria calda che sembrava portare con sé.

Queenie non sapeva se il controllo del suo potere le venisse naturale, o se si stesse esercitando, ma era davvero brava a controllarlo, a differenza di Queenie, che ogni giorno si sentiva sepolta dalle proprie emozioni e dal gelo che portavano con sé.

Annuì appena in direzione di Aria, per far capire almeno a lei che il suo smacco era dovuto a cause di forza maggiore.

-Hai le tue cose?- chiese un ragazzo che aveva male interpretato la domanda di Aria, facendo arrossire di scatto Queenie.

Donna scoppiò nuovamente a ridere.

Con i primi fiocchi di neve che iniziavano a cadere dal soffitto, Queenie rinunciò a rispondere o a difendersi e scappò in bagno, per cercare di calmarsi meglio, e perdendosi la seconda audizione che, comunque, sapeva non sarebbe stata all’altezza per batterla, nonostante non avesse dato il meglio.

Doveva calmarsi, doveva respirare.

Celare, domare, non mostrare.

Cavolo, era davvero diventata Elsa.

 

-C’era davvero bisogno di scoppiare a ridere?- una volta che Queenie fu fuori dalla situazione, Aria affrontò Donna, esasperata dal suo continuo bullismo nei confronti dell’amica.

Donna la guardò storto.

-Che ti cambia, scusa? Me la prendo con Queenie, non con te. E lei merita che qualcuno la metta in riga, ogni tanto. Credo che ne abbia bisogno- si difese, agitando i lunghi capelli rossi.

-Nessuno merita di essere bullizzato, e di certo non lo merita Queenie dopo tutto quello che fa per il gruppo!- Aria incrociò le braccia, per niente disposta ad abbandonare la battaglia.

-Perché ti ostini a difenderla? Non ti può sentire dal bagno- la provocò Donna, cambiando argomento e indirizzando ad Aria i suoi insulti.

-La difendo perché è mia amica, non c’è niente di troppo complicato da capire- obiettò Aria, con sicurezza e tranquillità.

Poteva capire chi considerava Queenie solo una figlia di papà viziata, cattiva e intrattabile, ma non condivideva il loro punto di vista pieno di pregiudizio. Queenie era rigida, sì, ma non cattiva, né viziata, né intrattabile. Era incompresa, e si impegnava tantissimo. Giudicava gli altri, forse, ma mai quanto giudicava se stessa.

E Donna le andava contro senza motivo.

-Aria, tu mi sei simpatica, ma i tuoi tentativi di fare la lecchina con lei, aspettandoti di ricevere chissà cosa, sono ridicoli. Puoi fare molto meglio di così- insistette Donna, avvicinandosi con aria solidale.

Aria strinse i denti, per un attimo sembrò quasi che le parole avessero centrato l’obiettivo.

Una leggerissima brezza spostò i capelli colorati della ragazza.

Che subito dopo sorrise, rilassata, pienamente padrona delle proprie emozioni e per niente colpita dalle parole della bulletta davanti a sé.

-Pensa pure che io sia solo un’opportunista. Tanto io so di avere la coscienza a posto- concluse solo, scuotendo la testa, prima di prepararsi per il proprio provino, che sarebbe stato di lì a breve.

Erano solo in tre a provare per il ruolo di Olaf, ma uno dei suoi avversari era un ragazzo, quindi era avvantaggiato. Doveva fare del suo meglio! 

Andò dietro le quinte e cercò qualche materiale che di solito utilizzavano per le improvvisazioni di esercitazione. Costumi strani, oggetti di scena vari ed eventuali.

Il sogno di Aria era quello di diventare una costumista, in realtà, più che un’attrice, e sebbene il suo senso dello stile fosse spesso messo in discussione, sapeva arrangiarsi e sembrare chic con abiti usati dalle sue sorelle e cugine maggiori. O presi a pochissimi dollari dai mercatini. 

Creare un costume da Olaf fai da te non era affatto difficile, per le sue abilità, nonostante il poco tempo.

Finì di vestirsi pochi minuti prima che toccasse a lei, e nella fretta di correre sul palco, quando l’insegnante chiamò quelli che volevano fare l’audizione nel ruolo di Olaf, per poco non cadde sfracellandosi con la faccia al suolo, ma per fortuna venne salvata dal suo caro amico vento, che le diede anche una spinta per farla arrivare in tempo.

Aria non aveva la più pallida idea di come controllare i suoi poteri, a differenza di quanto pensasse Queenie, ma non le davano alcun problema. Forse anche a causa della loro natura discreta e tranquilla, ma per il momento la stavano solo aiutando, e sembravano capire perfettamente quando Aria aveva bisogno di qualcosa… solitamente quel qualcosa era “non cadere di faccia”.

-Oh, originale!- commentò l’insegnante appena notò il costume di Aria.

-Volevo entrare di più nel personaggio!- scherzò Aria, per niente a disagio nell’essere l’unica ad aver pensato ad un costume, e ad essere pertanto anche la più buffa e inappropriata sul palco.

-Bene, cominciamo- 

Aria fu la prima ad esibirsi, con la canzone di Olaf, anche se non era del tutto sicura di farla bene.

Solo che anche lei, come Queenie, pensava fosse meglio dare prova anche delle abilità canore, per fare un provino completo.

A proposito di Queenie, non era ancora tornata dal bagno. Aria sperò che stesse bene, e si concentrò sull’audizione.

Steccò qualche nota, la vocina le uscì un po’ strana, ma improvvisò un balletto molto divertente (che la fece inciampare due volte) e alla fine fu parecchio soddisfatta della performance.

Perché si era davvero divertita un sacco!

E si era divertita anche l’insegnante, evidentemente, perché aveva quasi le lacrime agli occhi.

-Stupendo. Il prossimo- incoraggiò i successivi, e Aria rimase in costume e si mise tra il pubblico, per osservare le audizioni di tutti quanti.

Non rimanevano molti ruoli da provare.

Quando Queenie tornò nella sala, e si sedette accanto a lei, mancava solo una persona, che si esibiva nel ruolo di Sven.

Era l’unica ad aver optato per Sven.

Si mise a quattro zampe e fece un verso che tutto sembrava fuorché una renna.

-Affascinante- commentò Queenie, impassibile, facendo rendere conto ad Aria della sua presenza.

Batteva nervosamente le dita contro il bracciale della poltrona, e lasciava delle piccole tracce biancastre dove le sue dita si fermavano.

Il suo potere le stava davvero dando dei problemi.

-Perlomeno è originale- le rispose, a bassa voce, cercando di ignorare la crisi agghiacciante per metterla più a suo agio.

Queenie accennò un sorrisino.

-Di certo non sarà stato più originale di te. Mi dispiace essermi persa il tuo provino- guardò Aria mortificata, e indicò il suo costume casalingo.

-Figurati! È stato un mezzo disastro. Ho steccato un paio di note e ho rischiato di cadere due o tre volte- Aria ridacchiò al pensiero, Queenie assunse un’espressione estremamente dispiaciuta.

-È tremendo. Non è la nostra giornata, a quanto pare- il ghiaccio sul bracciale aumentò appena.

Aria si affrettò a rassicurarla.

-Oh, no! È stato divertente. Non me la sono presa per niente. E poi ho fatto del mio meglio- sorrise, radiosa.

Queenie si risollevò appena.

-Beh, sono felice per te- 

-Allora, ragazzi, so perfettamente a chi assegnare i ruoli, quindi vi chiamerò in ordine da quelli più marginali ai protagonisti. Oltre a Elsa, Anna, Kristoff, Hans e Olaf, tutti gli altri ruoli sono anche parte dell’ensemble, in maggiore o minore forma- spiegò l’insegnante, incoraggiando tutti a scendere sugli spalti e prendere posto, mentre lei saliva sul palco per annunciare i risultati.

Con ensemble, si intende l’insieme di attori che formano i personaggi nello sfondo, che cantano insieme, e ballano elaborate coreografia di gruppo, senza avere un ruolo principale.

Si poteva dire, in modo semplice, che fossero solo comparse senza nome.

(Non sapevo in che modo tradurlo in italiano)

-I nomi che non chiamerò sono direttamente nell’ensemble e basta, ve lo dico per evitare che ci siano persone che mi chiedano “Mi scusi, e io?” Non ci sono molti ruoli, e l’ensemble è una parte fondamentale dello spettacolo- prima di cominciare ad enunciare i nomi, Miss Jeller fece una piccola premessa.

E sembrò guardare Queenie dritta negli occhi mentre la faceva.

Sicuramente era solo un’impressione di Aria, e non significava nulla.

Queenie però iniziò a battere sul bracciolo con più forza e velocità.

-Bene, la madre di Elsa e Anna verrà interpretata da…- Miss Jeller cominciò l’enunciazione. Aria era super agitata, e un leggero e fresco venticello si alzò intorno a lei, non abbastanza forte da creare fastidio, ma che i più vicini notarono. Ma non sembrarono attribuirlo a lei, e si limitarono a guardarsi le spalle o lanciare occhiatacce verso i condizionatori.

-Spero davvero di essere Olaf… mi andrebbe bene qualsiasi ruolo, ma adoro Olaf! E Frozen!- commentò Aria con la vicina di posto, cercando di stemperare la tensione.

-Sono sicura che la tua audizione sia stata abbastanza. Ma se così non fosse, ricorda che non ci sono piccole parti, ma…-

-…piccoli attori! Lo so! E lo condivido! Ma la speranza è l’ultima a morire, giusto?- Aria ridacchiò imbarazzata, con un orecchio attento verso l’enunciazione.

Un nome attirò la sua attenzione, e tornò a rivolgersi a Queenie.

-Il mio unico avversario maschio per Olaf ha ottenuto il ruolo del Duca di Weselton! Magari ho speranza!- iniziò ad agitare il braccio di Queenie.

-Direi proprio di sì!- la incoraggiò l’amica, a bassa voce.

Ora, voi lettori potreste pensare che sia un po’ egocentrico da parte di Aria pensare solo al proprio ruolo, e non preoccuparsi neanche un secondo di rassicurare Queenie che sicuramente aveva ottenuto la parte di Elsa.

Ma la verità era che entrambe le ragazze, Aria di più, Queenie leggermente di meno, erano fermamente convinte, con sicurezza assoluta, che Queenie avrebbe ottenuto la parte.

Perché Queenie otteneva sempre la parte, era Queenie!

-Olaf verrà interpretato da Aria Park- Miss Jeller annunciò il nome, e Aria saltò sul posto, entusiasta.

-Complimenti. È un ruolo importante- Queenie le diede qualche pacca sulla spalla.

-Dovrò impegnarmi un sacco! Mi puoi aiutare, vero? Tu che hai esperienza!- Aria le fece gli occhi da cucciolo.

Queenie arrossì appena, e sorrise soddisfatta.

-Certo, quando vuoi, proviamo le battute insieme- le assicurò, incoraggiante.

Aria era davvero, davvero, contenta del risultato.

-Siamo arrivate alle due sorelle. Anna verrà interpretata da Donna Prime, come immagino tutti avevate già intuito- dopo aver chiamato praticamente tutti quanti nella sala, anche in ruoli minuscoli, tranne Donna e Queenie, Miss Jeller arrivò anche a loro.

Donna esultò, e ringraziò i vicini di posto e l’insegnante neanche le avesse appena consegnato l’oscar. Aria roteò gli occhi, ma Donna si meritava il ruolo. Era stata brava all’audizione, e aveva esperienza.

-Mentre per il ruolo di Elsa, ho optato per… Harriett Ulrich- concluse Miss Jeller, facendo piombare il gelo nella sala.

Gelo soprattutto causato dalla presenza di Queenie, che sgranò gli occhi, sorpresa.

Aria rifece mentalmente il conto delle persone chiamate a recitare in qualsiasi ruolo, e si rese conto che effettivamente, oltre a Queenie, neanche Harriett era stata chiamata fino a quel momento.

E Queenie era a tutti gli effetti l’unica a non avere un ruolo, e ad essere esclusivamente parte dell’ensemble.

Aria portò una mano alla bocca, sconvolta, e sebbene Harriett stesse per svenire dall’emozione e snocciolava ringraziamenti e incredulità, tutte le persone della sala erano girate verso Queenie, aspettando la sua reazione, pronti a fare video, entusiasti all’idea di assistere alla caduta della regina di ghiaccio, considerata per anni intoccabile.

Ma Queenie era troppo controllata per cedere alla rabbia che sicuramente provava in quel momento.

Era troppo elegante per sollevare un polverone come avrebbe sicuramente fatto Donna nel caso non avesse ricevuto il ruolo che voleva.

Ma i suoi poteri parlavano per lei.

Aria per poco non rimase attaccata sul posto dal trasparente ghiaccio che iniziava a dipanarsi per i sedili.

Era l’unica alleata di Queenie, doveva rassicurarla.

-Queenie, mi dispiace tantissimo, è un’ingiustizia!- le mise le mani sulle spalle, ma la ragazza si scansò immediatamente, e sembrò svegliarsi da una trance.

Si alzò in piedi, prese le sue cose, e si avviò all’uscita del teatro, discretamente ma attirando comunque l’attenzione di tutti.

Anche Aria si alzò, per provare a seguirla, ma prima che potesse fare un qualsiasi passo venne fermata dalla voce dell’insegnante.

-Signorina Neige, non ho finito la lezione- le fece notare, in tono fermo.

Queenie si voltò lentamente, con espressione impassibile.

-Ha un ruolo da assegnarmi?- chiese, cortese.

-No, lei è nell’ensemble, sto dando indicazioni per la prossima lezione- rispose Miss Jeller, ovvia, e confermando ciò che tutti avevano già intuito, ma volevano sentire uscire dalla bocca dell’insegnante.

Queenie strinse i pugni, ma non disse altro, diede le spalle all’insegnante, e uscì con la massima dignità possibile dal teatro dei suoi genitori.

Aria si affrettò a seguirla, dopo essersi scusata velocemente con l’insegnante, che nel suo caso non disse nulla, e si limitò a continuare a spiegare come si sarebbero svolte le lezioni.

Aria si segnò mentalmente di chiedere a Harriett di aggiornarla più tardi, ma al momento aveva altre priorità.

-Queenie, stai bene?- chiese una domanda dall’ovvia e negativa risposta, avvicinandosi alla ragazza, che camminava a passo svelto e stava scrivendo un messaggio al telefono, forse ai suoi genitori per lamentarsi, o al ragazzo per farsi venire a prendere.

La domanda era così ovvia che Queenie non le rispose nemmeno, e anzi affrettò il passo.

Aria era ancora vestita da Olaf, quindi era parecchio rallentata, e rischiava di cadere ad ogni passo. Sarebbe stato difficile raggiungerla, ma voleva davvero raggiungerla.

Cercò di concentrarsi, e un forte ma controllato vento l’alzò a pochi centimetri da terra e la spinse verso la ragazza, che affiancò in pochi istanti, e rischiò di essere sbalzata via a sua volta.

-Scusa, non lo controllo bene. Queenie, posso fare qualcosa per aiutarti?- offrì il proprio appoggio, come una brava amica.

Queenie sospirò.

-Senti, Aria, sono orgogliosa di te e ti voglio bene, ma preferisco restare sola- cercò di levarsela di torno, ma Aria non era tipa da abbandonare così facilmente.

-Capisco che tu sia delusa. Sarei delusissima anche io. È stata una vera ingiustizia! Sei andata bene all’audizione, e hai esperienza! Magari posso rivedermi Frozen per l’ennesima volta e trovare un ruolo figo da aggiungere e farti fare- provò a venirle incontro, e a mettersi nella sua stessa barca.

Queenie però sembrava irragionevole.

-Un ruolo figo da farmi fare?- chiese, assumendo un’espressione che le si addiceva poco, e si addiceva molto di più a Donna. O alla reginetta viziata che tutti credevano fosse -Il mio ruolo era quello di Elsa. La protagonista. Non un ruolo “figo” da aggiungere a caso solo per darmi il contentino- si lamentò, iniziando ad irritarsi.

Il freddo che emanava sembrò placarsi appena.

La neve però iniziò a scendere.

Aria non capì se fosse un buon segno o no.

Ma continuò a provare a calmarla.

-Sì, è giusto. Con il tuo talento meriti quel ruolo, ed è normalissimo essere delusa, lo sarei anche io. Ma anche l’ensemble è un bel ruolo. Non esistono piccole parti, ma…- provò a rigirare la sua filosofia su di lei, ma Queenie la interruppe.

-Per voi, non per me!- sbottò, facendo sobbalzare Aria, che non si aspettava tale veemenza.

-Noi?- chiese, iniziando ad offendersi.

Capiva benissimo la delusione di Queenie, ma si aspettava che fosse un tantino più coerente con ciò che diceva sempre agli altri. Che non si considerasse una categoria a sé.

Queenie sembrò rendersi conto di aver fatto una gaffe, perché fece un metaforico passo indietro.

Ma non perse l’irritazione palese nel suo sguardo.

-Non tu, ma… insomma, dai! Harriett non merita quel ruolo, non ha mai fatto niente del genere. E l’insegnante ha chiaramente dato ruoli importanti a persone inesperte solo per dare fastidio a me- iniziò a sparare teorie complottiste.

Beh, era un po’ vero che l’insegnante era chiaramente di parte, ma Queenie non aveva visto nessuna audizione, non sapeva come fosse andata Harriett, che aveva sbagliato qualche nota, aveva dovuto ricominciare una volta perché aveva sbagliato l’attacco per l’ansia, ma che alla fine aveva recitato con una passione e un’emozione che obiettivamente avevano superato la performance mediocre di Queenie. 

Aria non sapeva bene cosa fare in quel momento.

Ma siccome non era una che nascondeva quello che provava, e non cercava affatto di accontentare tutti, decise di fare la scelta giusta e dire ciò che sentiva davvero.

E poi… ruoli importanti a persone inesperte comprendeva perfettamente quello che era successo ad Aria. Era inesperta, ma aveva ottenuto il ruolo di Olaf, e voleva pensare che se lo fosse meritato. Come Harriett si era meritata un’opportunità.

-Queenie, è giusto sfogarsi, ma non prendertela con Harriett solo perché è stata scelta al posto tuo- cercò di mantenere un tono mite, ma era parecchio delusa da come Queenie stava reagendo alla notizia -E poi l’ensemble sta in scena più di tutti gli altri, praticamente. Sarai lì per quasi tutte le canzoni!- cercò di farle notare poi, più incoraggiante.

-Non mi interessa! Io merito di meglio che essere un misero  e insignificante personaggio senza nome!- esclamò Queenie, ormai fuori di sé.

Ricordate la frase che vi avevo detto di ricordare, prima. Ecco, ci serviva per adesso. Perché a Queenie andavano bene tutti i tipi di personaggi… ma non i non-personaggi. Lei era troppo superiore per non ottenere alcun ruolo.

Aria, che aveva recitato tale personaggio senza nome in un’opera precedente, indurì lo sguardo.

All’epoca Queenie non aveva fatto altro che elogiare il ruolo dell’ensemble, importante per rendere il musical bellissimo, eccetera eccetera, menzogne menzogne a cui non credeva.

-E allora vai a lamentarti con i tuoi genitori. Sono sicura che ti daranno il ruolo che tanto brami!- sbottò infine, delusa, dandole le spalle e rientrando nel teatro.

Aria non si girò indietro, ma sentì davvero un freddo bestiale provenire dalla zona in cui Queenie era rimasta.

E anche il vento, con il loro litigio, si era fatto piuttosto forte.

La ragazza scosse la testa, cercando di non pensarci.

Aveva altro di cui occuparsi.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(A.A.)

Ugh, i punti di vista di Queenie sono difficili.

Devo cercare di non renderla odiosa ma far comunque capire che un po’ odiosa lo è.

Insomma, si vede che questo capitolo è stato difficile da scrivere. Poi ho tipo mille altre storie da scrivere perché non mi regolo, quindi è andata così per questo.

Ma il prossimo capitolo non vedo l’ora di scriverlo, quindi dovrebbe arrivare più in fretta… spero.

Comunque spero che il capitolo vi sia piaciuto. 

Vi ringrazio per leggere questa storia, vi mando un grande bacione e alla prossima.

 

 

 

Nel prossimo episodio: Sono tutti irritati durante la nuova lezione di Laboratorio di Filmmaking. I tre ragazzi del gruppo organizzano un pigiama party 

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Capitolo 7
*** Colpo di Fulmine ***


Colpo di fulmine

 

Quando il laboratorio di filmmaking si riunì per la lezione successiva, l’atmosfera era estremamente disastrosa.

Dovevano lavorare sulle prime scene del cortometraggio, con il professore che sarebbe girato tra i gruppi, distribuiti in esterno, per valutare la loro organizzazione, ma era chiaro che il loro gruppo era quello messo peggio, non solo come idee, ma soprattutto come alchimia.

-Non riesco a credere che abbiate scelto il soggetto senza avvertirmi o chiedere la mia opinione!- si stava infatti lamentando Queenie, appena venuta a conoscenza di ciò che avevano deciso durante la lezione precedente.

-Beh, dovevi pensarci prima di scappare dalla riunione e poi… oh, non venire a lezione!- le fece notare Kenneth, prendendo le difese della cugina, che sembrava davvero a disagio, dato che era stata lei a rivelare il progetto al professore.

-Ero impegnata. Esistono i messaggi, e potevate semplicemente dire al professore che non avevamo ancora deciso a causa di forze maggiori- insistette Queenie, che quel giorno era più nervosa del solito, e lo mostrava sia con la sua gestualità eccessiva che con leggeri fiocchi di neve che comparivano intorno a lei sporadicamente.

-Già, principessa di ghiaccio, potevi scrivere tu un messaggio. E dirlo tu al professore. Senza aspettarti che tutti siano sempre ai tuoi comodi- Kenneth abbozzò un inchino per prenderla in giro.

Anche lui si stava innervosendo parecchio, e i suoi capelli sembravano più rossi e focosi del solito.

-Ero impegnata! Per questo mi aspettavo che foste voi ad intervenire, ma a quanto vedo devo fare sempre tutto io, giusto?- Queenie rigirò la frittata.

-No, non devi fare tutto tu, infatti abbiamo deciso un tema che andava bene alla maggioranza e se dipendesse da noi adesso staremmo lavorando e non perdendo tempo a discutere- Kenneth questa volta prese il coltello dalla parte del manico, e Queenie sembrò parecchio in difficoltà per qualche secondo.

Poi cambiò argomento, perché sapeva che Kenneth aveva ragione ma voleva comunque avere l’ultima parola.

-Sei tu che salta sempre alla prima occasione per discutere, io volevo fare un discorso tranquillo al riguardo, e tu mi aggredisci sempre- 

Di solito a quel punto della discussione, con Kenneth che sembrava in procinto di saltarle addosso e Queenie per niente intenzionata a retrocedere, Aria o Adam intervenivano per separare i due litiganti, ma mente Adam era impegnato a controllare le inquadrature e segnare delle idee su un blocchetto per appunti per fare uno storyboard decente, Aria fissava i due imbronciata, scuotendo appena la testa, ma per niente intenzionata a prendere le difese di Queenie, con la quale era ancora parecchio irritata.

Un leggero venticello le scompigliava i capelli, mostrando le sue emozioni ad un occhio attento.

Noah sarebbe volentieri intervenuto, in realtà, per placare gli animi e non prendendo le parti di nessuno, ma era troppo distratto dal proprio telefono che non faceva che notificarlo di messaggi sempre più pressanti provenienti da qualcuno che, era chiaro dalla espressione del ragazzo, non voleva proprio sentire in quel momento.

E Catherine non sarebbe mai intervenuta neanche se ne fosse andata della sua vita, quindi stava riprendendo tutto come faceva sempre perché così, dato che chiaramente non avrebbero mai lavorato insieme, avrebbe comunque avuto del materiale da utilizzare.

-Sono enfatico, fammi causa! Per me questo è un discorso molto tranquillo, e comunque non c’è bisogno di discutere di qualcosa che è stato già deciso, e che non ti dispiaceva nemmeno tanto, e che quindi possiamo tranquillamente fare senza che tu faccia sempre la primadonna!- Kenneth si scaldava sempre di più, ormai era chiaro che tra i suoi capelli ci fossero davvero delle fiamme.

-Non sono una primadonna! Voglio solo cercare di fare un buon lavoro, ma non posso se continuate ad escludermi!- 

-Sei tu che ti escludi da sola! Non sono stato io a causare i tuoi imprevisti- 

-Chi lo sa?! Magari è vero! Sei così ossessionato da me e dal rovinarmi la vita!- 

-Io?! Sei tu ad avere rovinato la mia! E ti sorprendi se ti odio?!-

-Non è stata colpa mia! Io non ho fatto nulla di male!-

-Esatto, non hai fatto NULLA! Non solo hai…- la discussione, che iniziava a farsi davvero davvero accesa… letteralmente, perché sembrava che Kenneth stesse per andare a fuoco da un momento all’altro, venne interrotta, e sedata, dall’arrivo di una nuova persona.

-Tutto bene, ragazzi? State lavorando?- chiese il professore, senza sapere se rimproverarli o preoccuparsi.

-Sì, stiamo girando una scena- si affrettò a mentire Catherine, prendendo le loro difese e mostrando la telecamera.

-Wow, estremamente professionale come videocamera. Posso vedere il girato fino a questo momento?- chiese il professore, tranquillizzandosi, e avvicinandosi a Catherine, e si ritirò appena portandosi la telecamera al petto, come se temesse che il professore gliela rubasse, ma poi preparò il video girato fino a quel momento e lo mostrò.

-Dobbiamo riprendere la scena anche in punti diversi, e non so se la terremo nel prodotto finale- borbottò, molto tra sé.

-Bella inquadratura, il movimento di macchina è fluido e perfettamente allineato con i soggetti ripresi. L’avete provata più volte? Si vede che c’è lavoro dietro. Non me l’aspettavo, continuate così- dopo aver osservato la ripresa fatta, il professore restituì la telecamera, e passò ad altri gruppi.

Queenie e Kenneth erano senza parole, Catherine fece un profondo respiro per calmare i nervi, che però rimasero a fior di pelle. Anche i suoi capelli sembravano essersi gonfiati.

-Che è successo, mi sono perso qualcosa?- Adam si accorse finalmente della situazione e si avvicinò.

-No, niente… solo che qui c’è qualcuno di davvero professionale, e quel qualcuno non è Queenie!- Kenneth fece una linguaccia verso la reginetta di ghiaccio, che alzò gli occhi al cielo ma questa volta decise di non ribattere, poi il ragazzo si avvicinò ad Adam, per controllare cosa avesse fatto fino a quel momento.

Aria invece si avvicinò a Catherine.

-Sei stata grande prima, con la ripresa. Per fortuna che hai questo hobby- si complimentò, dandole una pacca sulla spalla, e facendola arrossire e irrigidire.

-Non è un hobby. Conosco molto bene Kenneth e so che rischia di fare casini, quindi riprendo per precauzione- la ragazza alzò le spalle.

-Posso vedere la ripresa?- Aria si sporse verso di lei, che si scansò e mostrò la telecamera nel tentativo di togliersela di torno.

-Oh! Scusa! Spazio personale! Capito! Sono espansiva, ahah- Aria capì il suo errore e si allontanò, per non soffocarla.

Catherine accennò un sorrisino. Insieme, e a distanza, le due iniziarono a vedere il video.

Queenie, distante e in un angolo, fissava la scena a denti stretti e con un fastidioso nodo sullo stomaco, ma non commentò, né si intromise, e si limitò a battere nervosamente con le dita sul fianco, rischiando di congelarselo.

Sentiva proprio freddo in quel momento.

-Queenie, tesoro! Tutto bene?! Vi ho visti litigare! Quel Kenneth è davvero insopportabile- da uno dei gruppi vicini, una ragazza dai capelli neri, lisci e lunghissimi, si avvicinò con attenzione, e si rivolse a Queenie con affetto.

Queenie le sorrise, mettendo su la sua migliore maschera sicura di sé, da ape regina.

-Oh, tranquilla, Patty, è sempre il solito, non capisco perché si accanisce contro di me- alzò gli occhi al cielo, agendo come se fosse lui l’unico responsabile del litigio, e lei non avesse minimamente contribuito ad alzare i toni.

-Non lo capisco neanche io! Tu sei perfetta! Probabilmente quel ragazzo è solo invidioso perché sa che non potrà mai eguagliarti- Patty iniziò ad elogiarla e ad abbattere Kenneth.

Queenie si sentì meglio. Era comodo che il suo braccio destro nel consiglio studentesco, e migliore amica dalle elementari, fosse così lecchina.

-Sei un tesoro, Patty- si sistemò i capelli, lusingata dall’attenzione.

Ah, se solo avesse potuto lavorare nel gruppo con lei! Sarebbe stato tutto molto più facile.

Purtroppo la prima cosa che il professore aveva detto appena iniziato il corso era stato “Non provate neanche a chiedere di cambiare gruppo. Nell’industria ci si troverà sempre a lavorare con persone che non piacciono, meglio imparare già da adesso”.

Queenie sperava davvero che fuori da lì non avrebbe mai dovuto lavorare con nessun membro di quel gruppo, soprattutto con Kenneth!

-Yo, Pats, che ci fai in territorio nemico?- sentendosi chiamare in causa, Kenneth si avvicinò alle due, accompagnato da Adam, che sembrava voler controllare alcune possibili inquadrature da fare in quella zona. 

Okay, forse Adam era qualcuno con cui sarebbe stato possibile lavorare. Se non fosse stato amico di Kenneth.

Patty si raddrizzò, pronta a difendere l’onore di quella che considerava da sempre la sua migliore amica.

-Mi assicuro che tu non crei grattacapi a Queenie, che è un angelo e non se li merita- rispose, prendendo la citata sottobraccio per dimostrare che sarebbe sempre e per sempre stata dalla sua parte.

I suoi gesti però contraddicevano ampiamente le emozioni che si leggevano nella sua faccia, perché all’arrivo di Kenneth era arrossita in viso, e lo guardava con occhi quasi adoranti.

In effetti c’era un lato molto negativo di Patty, dal punto di vista di Queenie.

Era chiaramente, perennemente e imbarazzantemente innamorata di Kenneth dalla prima elementare.

E sembrava non voler accettare che fosse estremamente gay.

Ogni volta che Queenie vedeva quell’espressione sul suo viso, le venivano i brividi di disgusto.

-Credo che una gara di urla ha bisogno di due concorrenti, quindi ammetto di aver creato grattacapi a Queenie la splendida, ma anche lei a contribuito- Kenneth rispose senza esitazioni e senza vergogna.

Patty si morse il labbro inferiore, rapita dal suo ragionamento, ma si mise subito a difesa dell’amica.

Almeno la cotta non le impediva di essere coerente.

-Beh, di certo non è stata lei a cominciare. Si è solo difesa dai tuoi attacchi ingiusti- strinse più forte il braccio di Queenie, che sorrise soddisfatta dalla protezione, ma si rabbuiò quando per un secondo il suo sguardo incontrò quello di Aria, che scosse appena la testa, delusa, prima di tornare a guardare i video dalla telecamera di Catherine.

-Si vabbè non mi va più troppo di litigare, sono solo venuto per chiederti se ti va bene utilizzare la meravigliosa scena girata da Catherine, che ci ha salvato un sacco, tra parentesi, per il cortometraggio- Kenneth ignorò Patty e si rivolse a Queenie cercando di non infiammarsi davanti a testimoni che non erano a conoscenza dei suoi poteri.

-Ovviamente no, anzi, gradirei che venisse immediatamente cancellato- Queenie non perse tempo a rispondere, fredda ma cercando a sua volta di controllarsi in modo da non congelare letteralmente Patty. Tutto voleva fuorché far capire alla più pettegola dell’istituto che aveva dei poteri di ghiaccio.

-Solita regina di ghiaccio- il commento di Kenneth per poco non le fece congelare tutto, in ansia che Patty scoprisse tutto quanto, ma lei non sembrò capire la freddura (ah, freddura, ghiaccio, sono troppo divertente).

-Patty, il tuo gruppo ha bisogno di aiuto?- Queenie cercò di cambiare argomento, rivolgendosi all’amica, che annuì vistosamente.

-Siamo poco organizzati, avremmo proprio bisogno di una leader che ci aiuti almeno un po’- subito si mise a disposizione, tornando a fare la lecchina.

-Ehi, ehi, ehi. Non si possono cambiare i gruppi… purtroppo- le ricordò Kenneth.

-Infatti do un aiuto esterno, dato che sembra che voi non vogliate farmi fare nulla- lo provocò Queenie.

Kenneth strinse i denti.

-Guarda che sei tu che…- iniziò ad infiammarsi, ma Adam gli mise una mano sulla spalla, e lo interruppe prima che le cose potessero prendere una brutta piega.

-Forse è meglio parlare con il gruppo delle riprese?- propose Adam, cambiando argomento e incoraggiando l’amico ad andare in direzione di Catherine, Noah e Aria.

Kenneth si rilassò immensamente al suo tocco, che sembrò spegnere le sue fiamme incombenti, e gli sorrise, tornando rilassato.

-Buona idea, prima che il professore capisca che siamo quelli con le idee meno chiare- l’occhiataccia che lanciò verso Queenie sembrava aggiungere “per colpa di una certa persona”.

Queenie gli rispose con uno sguardo che aveva il chiaro sottotesto “hai ragione, e quella persona sei tu”, e prese nuovamente Patty sottobraccio, approfittando che Aria si fosse girata nuovamente a guardarle.

-Andiamo, tesoro. Vi do un aiuto- la incoraggiò ad allontanarsi, osservando di sottecchi che Aria, al nomignolo, aveva storto in naso.

Queenie non utilizzava mai nomignoli affettuosi con le sue amiche… se per questo neanche con il suo ragazzo, o con nessun altro, in generale. Non voleva rischiare che le persone fraintendessero l’affetto estremamente platonico che provava per le sue amiche… cioè, non che provasse aspetto platonico per il suo ragazzo, ma… insomma, i nomignoli non le piacevano.

E non sapeva nemmeno lei perché avesse ricambiato quello di Patty.

E sebbene in un primo momento fu soddisfacente osservare la reazione chiaramente infastidita dell’amica che le aveva, nella visione di Queenie, voltato le spalle, subito iniziò a farsi mille paranoie su come quello scivolone di lingua sarebbe potuto essere frainteso.

Probabilmente avrebbe inavvertitamente congelato tutto, se non fosse stata salvata da un’improvvisa folata di vento che la spinse a lasciare Patty per proteggersi i capelli.

L’amica non fu fortunata, e il fermaglio che glieli teneva in ordine volò in aria.

-Oh, no!- esclamò la ragazza, cercando di recuperarlo.

Queenie lanciò un’occhiata accusatoria verso Aria, che sembrava confusa e leggermente colpevole, e si affrettò a tornare alla videocamera, che ormai aveva praticamente rubato dalle mani di Catherine, che guardava la scena con il solito sguardo indifferente che sembrava giudicare tutti quelli che le stavano attorno.

Per fortuna di Patty, il suo fermaglio venne afferrato al volto da Adam, che si affrettò a riconsegnarglielo con un sorriso cortese.

-Ecco- 

Patty arrossi vistosamente, e lo prese un po’ imbarazzata, cercando di sistemarsi i capelli ancora leggermente mossi dal vento.

-Grazie mille, sei un vero salvatore- flirtò, civettuola, sbattendo le lunghe ciglia.

La discrezione non era proprio il suo forte. Non che a Queenie importasse se si prendeva una cotta per Adam. Anzi, molto meglio Adam rispetto a Kenneth.

-Oh, figurati, non è niente- Adam agitò la mano come a surclassare la questione, un po’ a disagio.

Sembrava a tutti gli effetti la scena di un film romantico.

Se non ci fosse stato il terzo incomodo.

-Beh, Adam, meglio lavorare prima che scada il tempo. Patty, buon lavoro anche a te. Queenie, se non torni nel gruppo mi fai un piacere. Andiamo!- Kenneth infatti, non li lasciò parlare oltre e prese Adam sottobraccio, trascinandolo via dalla conversazione.

-Buon lavoro!- li salutò Patty, presa molto de entrambi, e facendosi poi trascinare da Queenie via da lì.

Adam, a contatto così diretto e improvviso con Kenneth, era arrossito vistosamente, e si era irrigidito appena.

Kenneth, completamente ignaro dell’effetto che aveva sul suo compagno di stanza, lo interpretò come un segno che Patty gli piaceva.

-Amico, fidati, Patty non è la ragazza giusta per te- gli sussurrò all’orecchio, in tono confidenziale, mentre superavano Catherine e Aria per avvicinarsi a Noah e soprattutto allontanarsi dalle due ragazze ormai dirette in un altro gruppo.

Adam cadde dalle nuvole.

-Uh? Patty?- chiese, confuso dalla supposizione.

Le aveva solo recuperato il fermaglio, non ci vedeva niente di strano e soprattutto romantico.

-Fidati. È carina… credo. Insomma, per un etero suppongo che sia carina. Ma ha una pessima personalità. Non è un caso che Patty Batcher sia soprannominata da tutti Petty Bitch- lo mise in guardia, scuotendo appena la testa.

-Peggio di Queenie?- indagò Adam, sorpreso che Kenneth avesse preso una tale posizione. Di solito era molto tranquillo riguardo le altre persone, Queenie esclusa.

-Non esageriamo! Ma Queenie è un altro discorso. Patty è abbastanza inaffidabile, sempre attaccata a chi le può dare di più, e… non dico che sia cattiva, okay. Ma tu meriti di meglio. E ti troverò una ragazza fantastica, promesso. Solo non Patty, okay? Perché dopo Queenie, è la ragazza peggiore che ti potrebbe capitare- mentre parlavano e camminavano, ormai arrivati dove Noah era ancora intento a scrivere sul telefono e sembrava sempre più seccato, Kenneth non aveva lasciato il braccio di Adam neanche per un secondo, e il ragazzo non riusciva a non essere sempre più consapevole della cosa.

Sentiva già i fiori iniziare a crescere. E la terra fremere sotto i suoi piedi. Doveva distrarsi.

E soprattutto doveva fermare gli interventi da matchmaker dell’amico perché rischiavano di farlo impazzire.

-Kenneth, riguardo al trovarmi una ragazza, non devi…- provò ancora una volta a farlo recedere dall’accoppiarlo, ma Kenneth, pensieroso, lo interruppe senza neanche aver notato che aveva cominciato ad obiettare qualcosa.

-Anzi, no! Dopo Queenie la ragazza peggiore è senz’altro Carrie. Carrie è terrificante- si corresse, pensando alla figlia del preside, dell’assistente del sindaco e figliastra del sindaco dopo che aveva sposato la sua assistente.

Insomma, una ragazza che aveva nel palmo della sua mano l’intera città.

Senza contare che suo zio era magistrato.

-Non me ne parlare- arrivò il tono depresso di Noah, che non aveva distolto lo sguardo dal telefono ma aveva ascoltato tutta la conversazione, soprattutto quando aveva sentito nominare Carrie Jenner.

-Wo. Ti sta ancora addosso?- chiese Kenneth, lasciando andare il braccio di Adam (che ricominciò a respirare) e avvicinandosi al ragazzo, interessato e già preoccupato.

-Non mi lascia in pace! Ho provato ad allontanarmi ma non ho abbastanza scuse da rifilarle, e non ho abbastanza amici da aggiungere scuse, e ugh… mi sembrava simpatica all’inizio, ma non avrei mai pensato fosse così ossessiva- si lamentò Noah, armeggiando con il telefono irritato. Sembrava in procinto di gettarlo a terra da un momento all’altro.

Kenneth gli fece pat pat sulla spalla per confortarlo, e lanciò un’occhiata in direzione di Catherine, che incrociò il suo sguardo, ma fece finta di non essere interessata a ciò che Noah stava dicendo.

E per una persona normale, poteva davvero sembrare che non fosse interessata, dato che era impassibile, immobile, e intenta ad ascoltare Aria che commentava con interesse sempre crescente anche i precedenti video che Catherine aveva girato delle loro riunioni, e alcuni anche alla festa di inizio anno.

Ma Kenneth conosceva benissimo sua cugina, e poteva notare con chiarezza che non stava perdendo una parola, e che sembrava anche parecchio irritata, come mostrava il suo ginocchio leggermente ballerino, e il suo torturarsi molto discretamente le unghie.

-Amico, vorrei aiutarti, ma Carrie spaventa anche me, quindi posso solo farti le mie condoglianze- lo guardò come se fosse già morto.

-Dai, non è così grave. Prima o poi si stancherà- Noah provò ad essere ottimista, anche se l’ennesimo messaggio mise a dura prova i suoi nervi.

-Sì, si stancherà e poi finirai davvero nella tomba- borbottò Adam.

Era così strano che fosse Adam a parlare male di qualcuno, che Noah iniziò a spaventarsi davvero.

-Stai scherzando, vero?- chiese per sicurezza, consapevole che sicuramente era uno scherzo, perché era impossibile che fosse serio riguardo ad un possibile omicidio. Anche se Adam non sembrava tipo da scherzi.

-No, non scherza. Carrie è chiamata la “vedova nera” in città. Anche se lei si considera solo molto sfortunata, e la considera molto sfortunata anche il suo zio magistrato- spiegò Kenneth, mortalmente serio.

-Tsk, privilegio dei bianchi- borbottò Adam, scuotendo la testa seccato.

-Concordo pienamente da bianco- gli diede man forte Kenneth, annuendo solennemente.

Noah iniziava a preoccuparsi sul serio.

-Cosa è successo, esattamente?- chiese, non del tutto certo di volerlo sapere.

-Da dove comincio… allora, il suo primo ragazzo delle scuole elementari è stato bocciato… alle elementari, perché lo avevano beccato a rubare oggetti alle compagne di classe. Ha sempre costantemente negato, e so che adesso è dallo psicologo per superare il trauma infantile che l’ha reso cleptomane- cominciò Kenneth, sollevando un dito per elencare sulla mano tutti gli ex di Carrie che ricordava.

Noah era già a bocca aperta, e forse era uno dei crimini meno peggiori che Carrie aveva commesso.

-Poi, ricordo che c’era un tizio alle medie che è stato espulso e quasi arrestato perché sul suo cellulare erano state trovate foto, diciamo, compromettenti, scattate a studentesse- continuò Kenneth.

Noah impallidì.

-Alle superiori, dopo aver mollato un ragazzo, questi è stato arrestato per possesso e spaccio di droga e condannato al riformatorio. La sua ex ragazza con lui, anche se non si sentivano da parecchio tempo, ormai- Kenneth era tranquillo mentre elencava. Adam annuiva. Kenneth aveva fatto il riassunto anche a lui, il primo semestre di università, quando Adam aveva osato commentare che quella ragazza all’uscita dell’università intenta ad aspettare il fratello maggiore fosse carina. Quella sera Kenneth gli aveva raccontato un film dell’orrore.

Per fortuna Carrie non l’aveva puntato prima che loro due diventassero amici e Kenneth potesse metterlo in guardia.

Noah, a quanto pare, non era stato così fortunato.

Povero Noah.

-In realtà ce ne sono un’infinità che hanno avuto problemi con la legge per qualche crimine minore o maggiore, alcuni sono stati accusati anche di violenze, e non da lei, niente può risalire a lei, è metodica e perfezionista- Kenneth intanto stava continuando la sua favoletta horror.

Noah era sempre più pallido.

-E non può essere solo una terribile coincidenza? Tipo che lei è attratta solo dai cattivi ragazzi, e io sarò un’eccezione a cui non capiterà niente di male perché il mio unico sogno è comporre colonne sonore?- provò a sperare, con ben poca sicurezza.

-Potrebbe anche essere, se non fosse che molti dei suoi ex, o ragazzi che l’hanno respinta, o ragazze che ci provavano con i suoi ex o con i ragazzi che l’hanno respinta… sono finiti coinvolti in parecchi incidenti- Kenneth ruppe le sue speranze.

-Incidenti?- Noah aveva il tono così acuto che probabilmente poteva essere udito solo dai pipistrelli.

Kenneth a quanto pare era un pipistrello.

-Sì, non scenderò nei dettagli perché sennò potresti svenire, ma l’ultimo ragazzo che ha avuto, questa estate, ha avuto un incidente d’auto che l’ha ferito parecchio gravemente. Penso che stia ancora in ospedale, e ha rischiato di restare paralizzato dalla vita in giù- Kenneth assunse un’espressione molto triste. Era chiaro che non stesse esagerando.

-Cavolo, l’ultima vittima mi era sfuggita- commentò Adam, portandosi una mano alla bocca, sconvolto.

Mai quanto lo era Noah, che iniziava davvero a rasentare il panico, e pregava che fosse tutto un elaborato scherzo, che magari Catherine stava riprendendo per includerlo nel corto.

Ma la telecamera di Catherine era ancora in mano ad Aria, l’unica non intenta ad ascoltare la storia.

-Scusa, ma se… se ha fatto tante vittime, come mai non è mai stata accusata di nulla?- chiese, sperando fosse tutto un enorme equivoco.

-Privilegio bianco- risposero in contemporanea Adam, Kenneth, e anche Catherine, più sottovoce.

Noah, che era di etnia latino americana, era completamente fregato.

-Cavolo… cavolo… cavolo!- iniziò a borbottare tra sé, preoccupato, e tenendo il telefono in mano come se fosse una bomba.

-Dai, magari non è così interessata, e se si disinteressa in fretta potresti anche non avere un impatto così forte su di lei da farla vendicare- provò a consolarlo Kenneth, ma era chiaro che non ci credeva neanche lui.

All’ennesimo messaggio sul cellulare, che oltretutto smentì l’ipotesi che Carrie non fosse poi così interessata a lui, Noah agì di puro istinto impanicato.

Ovvero lanciò il cellulare a terra.

Solo che non prese bene la mira, e colpì il bordo della panchina.

E ottenne uno stranissimo effetto rimbalzante.

Che portò il telefono a finire dritto in faccia a Catherine.

Fu questione di un singolo istante pieno di sfiga.

Catherine sollevò la mano per proteggersi.

Aria si scansò con la telecamera stretta al petto a qualche metro di distanza grazie a una folata di vento.

E il cellulare esplose per una specie di scarica elettrica proveniente da Catherine, lasciando solo una carcassa fulminata e chiaramente non più funzionante.

Per fortuna il resto dei gruppi erano troppo lontani per accorgersi di tutto, perché fu davvero spettacolare.

E dopo un istante di sbigottimento generale, Catherine e Noah si alzarono di scatto, nello stesso istante, e si diressero l’uno verso l’altra.

-Mi dispiace tanto!- esclamarono insieme, la prima cercando di recuperare il telefono, il secondo prendendole il volto per controllare che non si fosse fatta niente di male.

Adam, Kenneth e Aria erano di sasso e guardavano la scena sconvolti.

-No, ma che dici?! Dispiace a me!- continuarono a dire i due coinvolti nell’incidente, nello stesso momento.

-Giuro che ti ricomprerò immediatamente un nuovo telefono. Non l’ho fatto apposta!- Catherine controllò il cellulare per vedere se ci fosse qualcosa da salvare, e per fortuna la sim sembrava intatta.

-Non mi interessa il telefono. Tu come stai? Ti sei fatta male? Non ti ha colpito nessun pezzo, vero?- Noah era molto più interessato a lei che a un pezzo di metallo bruciacchiato.

Aveva brutte esperienze con ragazze che finivano colpite da pezzi taglienti.

-Sto bene, sto bene, la sim è recuperabile. Domani ti porto un nuovo telefono, te lo prometto. Mi dispiace così tanto!- Catherine sembrava davvero in procinto di un attacco di panico. I suoi capelli ricci erano così gonfi da sembrare nuvole temporalesche, e probabilmente portavano davvero con loro dei fulmini.

Un nuovo potere, l’ultimo, da quello che i sei del laboratorio di filmmaking potevano supporre, era stato rivelato. 

-Non devi ricomprarmi il telefono. Mi basta che tu stia bene. Non dovevo lanciarlo così, è solo colpa mia- continuò ad insistere Noah, con priorità ben diverse.

-No, ti prego! Insisto nel ricomprartelo. Non intendevo farlo esplodere, ma mi hai preso alla sprovvista e…- Catherine aveva le lacrime agli occhi, e mandava letteralmente scintille, nervosa.

Noah la prese per le spalle, cercando di calmarla, e la guardò negli occhi.

-Va bene, va bene, se ti fa stare meglio. Ma davvero non mi interessa del telefono, ma solo della tua salute- cercò di farle capire il suo punto di vista, e la ragazza arrossì, e inavvertitamente gli fece prendere la scossa. Noah si ritirò, massaggiandosi le mani.

Catherine sbiancò nuovamente, e ricominciò a scusarsi a profusione, nonostante Noah l’avesse presa quasi con divertimento.

Kenneth fu il primo dei tre spettatosi a sbloccarsi, e si rivolse ad Adam con sguardo furbetto.

-Non so tu, ma…- cominciò.

Adam capì immediatamente dove volesse andare a parare.

-No, non ci provare- tentò di fermarlo, senza alcun successo.

-…tra quei due è proprio…- continuò infatti Kenneth.

-Kenneth ti supplico, no!- Adam mise le mani sulle orecchie, ma niente gli avrebbe potuto fare da scudo impedendogli di sentire quelle parole.

-…scoccata la scintilla!- concluse Kenneth, con soddisfazione.

-Nooo- Adam scosse la testa, rabbrividendo alla battuta.

-Anche se non sono…- continuò Kenneth, pensieroso.

-Cosa adesso?-

-…proprio sulla stessa lunghezza d’onda-

-Oh santo cielo-

-Ma sono certo…-

-Ancora?!-

-…che hanno avuto…- 

Questa volta Aria avvicinatasi ai due durante il fiume di battute, concluse insieme a lui, capendo perfettamente come finire la frase.

-…un colpo di fulmine!- dissero insieme, prima di darsi il cinque.

Adam se ne andò tenendosi le mani sulle orecchie, incapace di sopportare oltre.

Ancora una volta, il laboratorio di filmmaking non aveva fatto nulla durante le ore di lezione.

 

Quella sera, verso le dieci, Noah era finito, non sapeva ancora come, in un pigiama party con Kenneth e Adam.

Beh, in realtà sapeva come, dato che non aveva più un telefono e Kenneth aveva messo a disposizione il proprio in modo che riuscisse a contattare sua madre.

Poi dormiva nella stanza accanto quindi non era troppo strano socializzare.

E probabilmente entrambi i vicini di stanza avevano deciso di rendergli i suoi ultimi giorni di vita il più piacevoli possibili, dato che senza telefono non poteva rispondere ai messaggi di Carrie, e questa sembrava una strada a senso unico verso la morte.

Anche se… era piacevole non ricevere messaggi ogni dieci secondi. Si era quasi dimenticato cosa si provasse ad avere una vita tranquilla e privacy.

E stavano vedendo anche un bel film, tutto sommato, nonostante fosse obbligatorio per il programma di storia del cinema.

Adam e Kenneth, che avevano già fatto l’esame, sembravano conoscerlo a memoria, e ogni tanto recitavano le battute o cantavano le canzoni.

Kenneth aveva tirato fuori parecchie birre da non si sapeva dove, e avevano ordinato delle pizze che avevano mangiato quasi interamente.

Noah non si ricordava l’ultima volta che aveva passato una serata in compagnia di alcuni amici… in realtà non era certo di aver mai passato una serata in compagnia di alcuni amici, almeno non in quel contesto, con confidenza, tranquillità, e senza pressioni sociali.

Una volta finito il film, Kenneth era parecchio brillo, Adam era parecchio sobrio, e Noah si considerava leggermente alticcio, abbastanza da non pensare alla sua morte, ma non troppo da agire in maniera strana o sentirsi male.

-Allora, che si fa adesso? Oh! Adam!- Kenneth tolse il film, e prima si rivolse a tutti e due, poi sembrò ricordarsi una cosa, e si concentrò sul suo coinquilino.

-Cosa c’è?- chiese Adam, con un certo timore, ritirandosi e arrossendo leggermente.

Noah aveva notato da un po’ che Adam sembrava sempre molto consapevole e imbarazzato quando Kenneth si avvicinata troppo, o quando gli dedicava la sua attenzione.

E c’era anche parecchia alchimia tra i due.

Non è che…

-Ti ho preso un regalo! Volevo dartelo prima ma me n’ero dimenticato- Kenneth si alzò con una certa difficoltà e si avviò verso la sua borsa, che aprì per poi tirarne fuori una piantina molto carina -Oh, cavolo! È appassita- commentò poi, notando come in assenza di luce si era piegata un po’ su sé stessa.

La porse comunque verso Adam, con reverenza, come se gli stesse chiedendo la mano in matrimonio, e immediatamente la piantina si rivitalizzò completamente, crebbe, e ne spuntarono altre due uguali intorno.

-Wo! Sei già pazzesco con i tuoi poteri!- esclamò Kenneth, riprendendosela e osservando la crescita con occhi brillanti.

Adam si prese il volto tra le mani, imbarazzato.

-Perché mi hai preso una pianta?- chiese, sottovoce, ma facendosi sentire perfettamente da entrambi.

-Per esercitarti! Io non posso troppo farlo perché rischio di bruciare tutto, ma tu puoi esercitarti con i tuoi poteri con questa piantina- spiegò Kenneth, molto soddisfatto per la sua pensata.

-In effetti è un’ottima idea. Dovremmo imparare a controllarli, dato che non sappiamo per quanto li avremo, se aumenteranno, e di certo non è il caso che vengano scoperti- gli diede man forte Noah, pensieroso, e provando a muovere il liquido della bottiglia di birra mezza piena.

Non sembrò ottenere molti risultati.

-Beh, suppongo di sì- Adam cedette e prese la piantina, facendo particolare attenzione a non toccare le dita di Kenneth mentre avveniva il passaggio.

-Yay! E ora che la mia buona azione giornaliera è compiuta… che facciamo di bello? Non ho ancora voglia di andare a dormire- Kenneth si buttò a terra, e sbadigliò sonoramente.

-Dovremmo, però. Domani abbiamo lezioni- gli ricordò Adam, come sempre molto logico e responsabile.

-Ma è il nostro primo pigiama party con un ospite. Che penserà di noi Noah se non nostriamo… no, aspetta, mostriamo, con la m… mi sto impappinando- Kenneth non era solo brillo, ma davvero ad un passo dall’ubriacatura -Il pavimento è scomodo- commentò, per poi trascinarsi verso Adam e mettere la sua testa sulle sue gambe -Molto meglio, commentò, con un sorrisino soddisfatto.

Sembrava un gatto in cerca di coccole.

E a Noah non sfuggì che alla piantina era nato un ulteriore fiorellino.

Ridacchiò leggermente tra sé.

-Allora, che si fa di solito in un pigiama party?- chiese, cercando di togliere Adam dall’imbarazzo della situazione.

Kenneth non si mosse.

-Beh, si parla di roba, si vedono film, si mangiano schifezze e si beve. Oh, si potrebbero fare dei giochi, ma in tre è noioso- spiegò con tono impastato e occhi chiusi, che poi aprì di scatto -Io so che fare!- esclamò con sicurezza e gioia.

-Ah, sì? Cosa?- chiese Noah, un po’ preoccupato.

-Parliamo di ragazze! Cioè, voi due etero parlate di ragazze, e io di ragazzi. Ma prima voi due, anzi, soprattutto tu, Noah!- indagò, con sguardo cospiratore.

Noah distolse lo sguardo, imbarazzato, poi si rese conto della scelta di parole usata.

-Un momento, Adam è etero?- chiese, sorpreso.

Era convinto che fosse quantomeno bisessuale.

Insomma, agiva proprio come se avesse una cotta per Kenneth.

E Kenneth…

-Sì sì, è super etero- confermò Kenneth con sicurezza, mettendosi più comodo sulle sue ginocchia, completamente inconsapevole che in quel momento lo sguardo e i movimenti di Adam erano tutto fuorché etero.

Ma non lo contraddisse.

Forse parlare di ragazze e ragazzi non era proprio una cattiva idea.

Noah non era tipo da farsi i fatti degli altri, ma iniziava ad essere abbastanza curioso.

-Beh, non credo di avere un tipo di ragazza particolare…- cominciò, mettendosi in gioco.

In effetti non ci aveva mai pensato a fondo.

Sì, probabilmente aveva qualche piccola preferenza generale, ma l’aspetto esteriore contava molto poco in una ragazza, per lui.

-Dai, non fare il buonista. Cosa ti piace in una ragazza?- Kenneth lo incoraggiò a lasciarsi andare.

-Beh, mi piace se siamo sulla stessa lunghezza d’onda, se le piace la musica. Di certo mi piacerebbe se anche lei fosse una fan di Black Cat, o che quantomeno non la considerasse per bambini- aveva avuto esperienza con ragazze che gli avevano riso in faccia quando avevano scoperto che Noah era un blackitten convinto.

-Eh eh- Kenneth ridacchiò con aria di chi la sapeva lunga a quel commento. Noah cercò di non farci caso, e continuò.

-…poi non so mi piacerebbe una persona gentile, e simpatica. Onestamente, sul serio, non ho particolari ambizioni, mi basta solo trovarmi bene con lei e conoscerla poco a poco- Noah era un vero romantico, sotto sotto.

-Sì, okay, molto interessante, ma di aspetto? Avrai pur qualche preferenza?- Kenneth insistette sul lato estetico, ed effettivamente Noah, come un po’ tutte le persone del mondo tranne aromantici e asessuali, probabilmente, aveva delle preferenze.

-Beh, mi piacciono le lentiggini- ammise, ricordando una sua ex con lentiggini in tutto il corpo davvero adorabile -… e i capelli ricci- aggiunse poi. Erano così belli, come una nuvola.

-Wo! Amico, non pensavo di essere il tuo tipo- scherzò Kenneth, che effettivamente aveva sia lentiggini, anche se giusto qualcuna sul naso, che capelli ricci.

-Castani! Mi piacciono i capelli castani… e le ragazze- Noah lo contraddisse in fretta, facendolo scoppiare a ridere.

-Ah, beh, non sai che ti perdi. Ma sappi che neanche tu sei il mio tipo- Kenneth gli fece una linguaccia di scherno.

-Chi è il tuo tipo?- indagò Noah, lanciando uno sguardo complice ad Adam, che però sembrava più che altro spaventato da quella domanda.

-Mmmmm, se proprio devo dare preferenze, direi un ragazzo forte e possente, un po’ particolare. E ovviamente con attributi di un certo livello- Kenneth sembrava avere una sola cosa in mente -Purtroppo tutti quelli migliori si rivelano sempre essere etero in cerca di conferme- aggiunse poi, in tono più serio -Ma onestamente mi va più che bene. Rende tutto sempre privo di qualsiasi attaccamento emotivo, che è il mio ideale di relazione- concluse, sistemandosi più comodamente sulle ginocchia di Adam, che si era morso il labbro inferiore e cercava di non dare a vedere quanto quelle parole l’avessero ferito.

La sua pianta si era accasciata su sé stessa, sofferente.

-Okay… non giudico le tue scelte di vita. Ma se dovessi scegliere qualcuno con cui condividere dei sentimenti, ipoteticamente, che tipo di persona ti piacerebbe?- chiese Noah, con nonchalance, cercando di non sembrare troppo curioso o indagatore, e lanciando ad Adam un’occhiata incoraggiante.

Adam gli rispose con uno sguardo dal chiaro sottotesto “Ti prego cambiamo argomento mi stai uccidendo” che però Noah non colse.

Forse era più brillo di quanto pensasse.

-Non ci ho mai pensato in realtà… sono anni che non intrattengo una relazione- borbottò Kenneth, pensieroso.

-Anche cose molto generiche…- lo incoraggiò Noah.

La pianta di Adam soffriva parecchio durante quel discorso.

-Beh, intelligente, così da intrattenere dei discorsi piacevoli. Rispettoso, e gentile, immagino, che sono le basi, ma non si trovano spesso. E poi calmo, in modo che mi bilanci quando sono un casino. Ma credo di non poter pretendere che qualcuno stia dietro ai miei casini, quindi dubito che una persona così potrebbe mai interessarsi a me. Poi mi piacerebbe avere complicità… tipo poter dire quello che voglio e sapere che lui capirebbe cosa intendo, o avere delle battute personali, e in generale sentirmi bene con questa persona. Vorrei un amico, più che un ragazzo- Kenneth, dopo aver affermato di non avere idee, si lanciò in una descrizione precisa di Adam, e del rapporto che già aveva con Adam, finendo per buttarlo nella friendzone.

Adam sospirò, rassegnato, e prese un sorso di birra perché era troppo depresso per restare completamente sobrio.

-E tu, Adam?- Noah provò ad indagare anche per lui, improvvisandosi matchmaker.

Adam aprì la bocca per rifiutarsi di rispondere, ma Kenneth fu più veloce.

-Adam vuole qualcuno che lo accetti per quello che è, studioso, e che lo faccia ridere- ripetè, come recitando un mantra.

-Kenneth…- provò a lamentarsi il chiamato in causa, seppellendo il volto tra le mani ormai ad un passo dal tracollo.

-Che c’è? Sei stato tu a dirmelo, quando mi hai chiesto di aiutarti a trovare una ragazza, l’anno scorso- ricordò Kenneth.

Uhh, la trama si infittiva, per Noah.

-Perché qualcuno che lo accetti per quello che è?- chiese però, non trovando granché di inusuale in Adam. Era un bel ragazzo, era molto tranquillo, studioso, e sembrava davvero boyfriend material.

E Noah lo pensava da completo etero, badate.

-Per la vitiligine. Sai, un sacco di persone pensano dia malato- spiegò Kenneth, indicando le macchie bianche che gli avevano schiarito simmetricamente la pelle scura, nelle mani e attorno alla bocca.

Oh, giusto! 

Noah non ci aveva praticamente fatto caso. Non che fosse cosa di tutti i giorni vedere una persona affetta da vitiligine, ma si era abituato molto in fretta, e sapeva perfettamente che non fosse una malattia contagiosa, ma solo una condizione della pelle.

-E l’ignoranza le ferma? Eppure Adam è proprio un bel ragazzo- si indignò Noah, chiaramente molto più brillo di quanto pensasse.

-Esatto! È quello che gli dico sempre! È proprio attraente. Se non fosse etero e se non fossimo amici me lo sarei portato a letto da parecchio- con una certa innocenza, di chi non ha la minima idea di cosa una frase del genere potrebbe scatenare nel cuore della persona a cui è rivolta, Kenneth complimentò l’amico, prendendogli la mano con forza e dandogli un leggero bacio su una delle macchie chiare.

Questo fu troppo per Adam, che ritirò immediatamente la mano, e scansò Kenneth dalle sue ginocchia.

-Ora basta!- esclamò, con voce rotta. Sembrava quasi avere le lacrime agli occhi, o forse era solo un’impressione di Noah.

-Che ho detto di male?- chiese Kenneth, sinceramente confuso.

-Niente, solo… dobbiamo andare a dormire, domani abbiamo lezione, e io devo andare in bagno!- Adam si alzò in fretta e scappò in bagno, nervoso.

-Che ho detto di male?- chiese nuovamente Kenneth, questa volta verso Noah, che non sapeva bene come rispondergli.

La piantina da lui regalata al coinquilino era ormai un fusto morente.

Noah si avvicinò e riuscì con un po’ di concentrazione ad aiutarla con dell’acqua, sperando di ritardare la sua inevitabile dipartita.

-Forse è solo stanco- mentì, cercando di non immischiarsi oltre. Forse aveva esagerato con la curiosità.

Solo che… li vedeva davvero bene insieme.

-Capisco… oh, aspetta!- Kenneth sembrò capire qualcosa, e si mise di scatto a sedere, colto da un fulmine.

Noah pensò che avesse effettivamente capito, e si aspettò una qualche dichiarazione di amore.

Ma il fulmine aveva mancato di parecchio il bersaglio giusto.

-Probabilmente è a disagio perché pensa che gli stia facendo della avanches, ma non era mia intenzione. Non ho assolutamente alcun interesse romantico verso di lui. Vado a chiarire il malinteso- Kenneth si alzò con sicurezza e soddisfazione, e Noah fece altrettanto, per niente ansioso di assistere ad un “chiarimento” che avrebbe portato solo maggiore disperazione al povero Adam.

Non si aspettava che Kenneth fosse così ignaro dei sentimenti che altri provavano per lui.

-Io torno in camera a dormire, domani ci vediamo alle nove?- chiese, adocchiando la via di fuga.

-Sì, alle nove davanti all’entrata, ti starò attaccato finché Cathy non ti restituisce il nuovo cellulare- Kenneth gli fece cenno con la mano per salutarlo, e sparì nel bagno dove Adam si era ritirato a disagio e nervoso e probabilmente in gay panic, per dirgli che rispettava la sua eterosessualità e non ci voleva provare con lui.

…c’era un modo in cui le cose potevano andare peggio?

Noah sapeva solo di non voler essere lì quando tutto avrebbe preso fuoco, quindi si affrettò a raggiungere camera sua sentendosi un po’ in colpa e promettendosi di non interferire più con la vita romantica dei suoi due nuovi amici.

Vi risparmio la conversazione avuta in bagno tra Adam e Kenneth, perché si concluse come tutte le conversazioni che avevano su quell’argomento.

Con Kenneth soddisfatto di aver chiarito, e un Adam sempre più sconsolato per i sentimenti che si facevano sempre più incontrollabili dentro di lui.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(A.A.)

Perché io mi creo problemi scrivendo ventimila storie diverse.

È ovvio che poi le aggiorno con enorme distanza un capitolo dall’altro!

Uff, sono pessima.

Comunque ora che ho finito la sessione d’esami (è stato faticoso da morire) posso concentrarmi nuovamente sulla scrittura, quindi spero di aggiornare ogni storia un po’ più in fretta.

Intanto sappiate che questo capitolo l’ho scritto praticamente tutto oggi dopo aver dato l’esame. Se non è devozione questa… e poi non vedevo l’ora di scrivere scene con Kenneth.

E si introduce anche un nuovo personaggio, Patty.

E nuovi dettagli sui personaggi.

E il potere di Catherine.

Insomma, capitolo parecchio pieno, spero vi sia piaciuto nonostante la lunga attesa :D

Un bacione e alla prossima :-*

 

 

 

 

 

 

Nel prossimo episodio: Carrie indaga sul laboratorio di filmmaking. Queenie e Jack cenano insieme

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Capitolo 8
*** Invito a cena con delitto ***


Invito a cena con delitto

 

Carrie era non poco irritata al momento, dato che erano più di venti ore che scriveva al suo ragazzo e non aveva ancora ricevuto risposta. Anzi, i suoi messaggi non gli erano neanche arrivati, quindi iniziava a credere che l’avesse bloccata, e Carrie non era tipa da accettare che un ragazzo la bloccasse su whatsapp. Aveva provato a chiamarlo, a inviargli messaggi normali, a scrivergli su Instagram, Facebook, e per e-mail, ma niente, nessuna risposta.

E questo significava una sola cosa: morte!

Non letterale… forse… ma di certo Carrie non ci sarebbe andata giù leggera.

Come osava quel tipo lasciarla sulle spine in quel modo?!

Quella mattina, prima dello scadere delle ventiquattrore che avrebbero sancito la fine metaforica e forse letterale del giovane, Carrie si avviò al DAMS per controllare in prima persona la situazione.

E sorprendentemente, non dovette cercare molto segni del ragazzo, perché lo trovò all’ingresso, che parlava con Catherine.

Sì, Carrie doveva necessariamente elaborare un tremendo piano di vendetta.

Si nascose tra i cespugli e si avvicinò discretamente, per osservarli meglio e capire cosa si stessero dicendo. Non si aspettava un tale tradimento da parte della sua migliore amica. Come osava parlare con il suo ragazzo. E stava anche sorridendo appena!! Inaccettabile! L’avrebbe fatta espellere dall’università seduta stante. E avrebbe trovato un modo per ucciderla socialmente… non che avesse una vita sociale da uccidere… un momento, cosa poteva usare Carrie contro di lei? Non conosceva nessun dettaglio della sua vita, tranne che Kenneth era suo cugino. Non sapeva neanche dove abitava, né chi fossero i suoi genitori.

Mmmm, doveva informarsi.

Ma prima doveva vendicarsi di Noah. Gli avrebbe giocato un tiro molto mancino. Magari utilizzando i suoi nuovi e straordinari poteri!

-Ma è l’ultimo modello! Non posso accettare un telefono tanto costoso- si stava lamentando proprio Noah, cercando di restituire una piccola scatola che Catherine gli aveva appena porto.

…telefono? Catherine gli aveva comprato un telefono?! Come osava fare un regalo così intimo! E poi perché proprio un telefono? AH! OVVIO! Voleva cambiare numero per ignorare Carrie! 

Si sarebbe vendicata con grande crudeltà!

-È il minimo che io possa fare! È colpa mia se lo hai rotto!- obiettò Catherine, con voce più forte di quanto Carrie fosse abituata a sentire. E con anche più parole di quanto fosse abituata a sentire.

…telefono rotto?

La rabbia di Carrie iniziò a scemare, e si mise più in ascolto, cercando di capire esattamente cosa stesse succedendo tra i due.

-Ma sono stato io a lanciarlo. Si sarebbe rotto comunque- ribatté Noah, continuando a cercare di restituire il regalo.

-Ti prego, accettalo e basta e non ne parliamo più!- Catherine glielo spinse contro, rossa come un pomodoro, e allontanandosi poi il più possibile per evitare che glielo porgesse nuovamente.

Carrie decise di intervenire, per indagare un po’ meglio.

-Noah!- lo chiamò, con gioia, avvicinandosi al ragazzo e mettendogli affettuosamente una mano intorno alle spalle.

Noah si irrigidì, ma Carrie non ci fece troppo caso. Probabilmente era solo sorpreso dal suo imminente arrivo, era riuscita a sorprenderlo.

-Carrie… hey- la salutò lui, con voce tremante, e un tirato sorriso.

-Ciao Carrie- Catherine agitò la mano, diventando di colpo completamente impassibile.

-Vedo che la mia migliore amica e il mio ragazzo sono in rapporti amichevoli, di cosa parlavate?- chiese Carrie, indagando meglio su quello scambio e lanciando un’occhiata alla scatola del telefono nuovo.

Era l’ultimo modello di samsung, con un costo considerevole, ma comunque niente di che. Carrie, se avesse dovuto regalare un cellulare a Noah, gli avrebbe decisamente comprato un iPhone.

Lei non era una tirchia come Catherine.

Non si poteva neanche considerare un bel regalo, il suo.

-Il tuo ragazzo?! Cosa…?- cominciò ad obiettare Noah, ma Catherine gli salvò la vita interrompendolo.

-Non direi proprio rapporti amichevoli, siamo solo compagni di laboratorio. Ieri c’è stato un incidente e il suo telefono si è rotto, così gliene ho comprato uno nuovo perché era colpa mia. Tutto qui- spiegò la situazione, in tono impassibile, e guardando Carrie dritta negli occhi per mostrare la propria sincerità.

…forse poteva anche non indagare su di lei per rovinarle la vita. Alla fine si riconfermava la sua migliore amica.

Carrie sorrise, soddisfatta.

Noah era pallido come un fantasma.

-Quindi è per questo che non mi rispondi da ventidue ore e quattordici minuti- osservò Carrie, guardando Noah con attenzione per controllare se confermasse la versione di Catherine.

Lui annuì.

-Sì, purtroppo non ho imparato il tuo numero a memoria, e non ho avuto tempo di collegarmi al computer, quindi non ho potuto avvisarti, mi dispiace- ammise, abbassando la testa.

Okay, la sua vendetta poteva aspettare.

-Meglio scrivertelo su un foglio di carta allora, così se dovesse succedere un altro imprevisto, sarò io stessa a comprarti un nuovo telefono, ahahah. Magari un iPhone!- si propose, stringendogli con più forza il braccio.

-Oh, no, non preoccupartene. Poi non mi piacciono gli iPhone, non riesco ad usarli- Noah provò a mettere le distanze, infastidendo non poco Carrie, che non lo lasciò andare, e guardò Catherine come se fosse colpa sua.

La ragazza non li stava neanche guardando, ed era al proprio cellulare.

-Neanche io sono grande fan della apple- borbottò, dando le spalle ai due -Ciao Carrie- salutò solo l’amica, e senza attendere risposta entrò nell’edificio.

-Noah, mi stai evitando?- chiese Carrie, facendo due enormi occhi da cucciolo e tornando a guardare il ragazzo, stringendogli il braccio più forte.

Il ragazzo le sorrise.

-No, certo che no. Solo…- quel “solo” non le piacque per niente -Sai, Carrie… sono molto impegnato con le lezioni. Devo provare a laurearmi il prima possibile. E so che sono al primo anno, ma sono comunque in ritardo dato che ho preso un anno sabbatico, e non posso stare troppo al telefono o uscire, o avere troppi amici…- Carrie aveva sentito scuse tutta la sua vita, ma mai qualcuno le aveva detto scuse tanto inverosimili e assurde. Però poteva lavorarci.

-Lo capisco bene, in effetti gli amici prendono tanto tempo. Ma un po’ di attenzione alla tua ragazza la puoi dedicare, no?- se non voleva avere amici, a Carrie andava anche meglio. Sarebbe stato tutto suo!

Noah impallidì, e cercò di liberare il braccio dalla sua presa.

-Carrie… tu mi piaci un sacco…- era chiaramente la premessa per un “ma”. Carrie lo interruppe.

-Anche tu mi piaci un sacco, Noah. Che ne dici se andiamo a pranzo fuori dopo le lezioni?- propose, in tono civettuolo.

Era uno che si arrendeva alle cose, quindi sicuramente non avrebbe insisti…

-Non posso, oggi, mi dispiace- rifiutò, liberandosi definitivamente il braccio -Ho già un impegno. Mi vedo con Kenneth e Adam- spiegò, contraddicendo ciò che aveva detto poco prima.

-Pensavo non volessi farti degli amici e concentrarti sull’università- gli fece notare lei, mettendolo maggiormente in difficoltà.

-Infatti, sono compagni del laboratorio di filmmaking. Dobbiamo parlare del cortometraggio!- però lui si recuperò subito.

-Okay…- Carrie finse di crederci e cedere, ma tornò immediatamente all’attacco -…allora a cena?- 

-Carrie…- Noah sospirò, e si guardò intorno come ad accertarsi che ci fossero altre persone. Purtroppo per Carrie, che non amava fare scenate, l’ingresso dell’università era gremito, e c’era anche qualcuno che osservava il confronto tra i due.

-…io penso che… potremmo… essere una buona coppia…- Noah provò di nuovo a fare il discorso™, che Carrie avrebbe evitato a qualsiasi costo.

-Ma lo siamo!- annunciò infatti, gioiosa, e sperando che cedesse. Era un tipo arrendevole, era palese che lo fosse. Doveva cedere dal provare a mollarla. E sembrava davvero in procinto di cedere.

-No, non lo siamo!- …appunto, sembrava.

Carrie doveva sfoggiare le armi pesanti. Portò una mano alla bocca, e i suoi occhi si riempirono di lacrime. Ahhh, benedetto il giorno in cui aveva imparato a piangere a comando. Non se lo ricordava perché aveva imparato quando era ancora molto molto piccola, ma benedetto quel giorno, davvero!

Gli occhi di Noah, infatti, si riempirono di panico, e questa volta si guardò intorno nella speranza che non fossero in troppi ad osservare la scena. Carrie era riuscita a portare la situazione a suo vantaggio, come faceva sempre.

-Ho fatto qualcosa di male? Ho qualche mancanza. Non ti chiamo abbastanza spesso?- chiese, fingendo di tentare di non singhiozzare, ma singhiozzando parecchio.

-No, no! Mi chiami abbastanza, anche troppo. Insomma, come ti dicevo, mi piacerebbe stare con te…- non stava affatto dicendo quello, ma Carrie era felice di essere alla fine riuscita a manipolarlo a suo piacimento.

-E allora possiamo stare insieme, nulla ci ferma- lo incoraggiò, tornando sorridente.

-Sì… infatti, ma…- ma? Ancora ma? Noah era più tosto di quanto Carrie pensasse. Non sapeva se irritarsi o essere affascinata. Una sfida, dopotutto, è molto più divertente di avere il ragazzo che voleva immediatamente. Alla fine l’importante era averlo, e lo avrebbe avuto, in ogni caso.

Carrie lo fece continuare, chiedendosi con una certa curiosità che sciocchezza si sarebbe inventato questa volta.

-…ma io sono all’antica. Non mi piace buttarmi in una relazione, così, su due piedi. Preferisco farla procedere lentamente, uscire, corteggiarti, per mesi… o anche solo settimane, insomma, preferisco prenderla lentamente… è una cosa di famiglia…- la conclusione della frase di Noah era più interessante di quanto Carrie avrebbe pensato.

-Corteggiarmi?- chiese la ragazza, intrigata all’idea.

-Sì! Lentamente… ma non troppo lentamente… insomma… magari non stasera a cena, ma… vorrei fare io i primi passi! Sì! Essere io ad invitarti… portare fiori! Magari sentirci anche meno per rendere la relazione più speciale…- continuò ad illustrare il suo pensiero.

A Carrie sembrava una cavolata abissale… ma allo stesso tempo l’idea di un amore d’altri tempi non la dispiaceva affatto.

Sembrava piuttosto romantico, come le commedie che adorava guardare. Molto diverso da Gorgeous, dove in ogni episodio succedeva di tutto, e che per essere una serie di centinaia di episodi, andava davvero troppo veloce.

Era più simile a… Pretty, un’altra soap opera che adorava, dove tutto accadeva estremamente lentamente, ma i risultati erano sempre molto più soddisfacenti, proprio perché dopo venti episodi di preparazione, si raggiungeva l’agognato bacio, o l’appuntamento, o il flirt.

Era molto meno famosa rispetto a Gorgeous, ed era stata cancellata dopo appena sette stagioni (contate che Gorgeous ne ha più di trenta), ma Carrie riusciva ad apprezzare un amore lento e soddisfacente.

Decise di concedere a Noah il beneficio del dubbio. Non solo poteva essere un’interessante novità, ma poi Noah era troppo carino, le sarebbe dispiaciuto liberarsi di lui così in fretta.

-Che tenero che sei…- commentò, squadrandolo con interesse crescente.

Noah sembrò davvero sorpreso dal suo commento. Accennò un sorrisino.

-Davvero? Non ti sembra… strano? Noioso… o altro?- chiese, come se volesse incoraggiarla a non perdere tempo con lui e i suoi modi lenti.

Carrie decise di ignorare i segnali palesi e dargli un’occasione.

-No, anzi, lo trovo estremamente romantico! Sono pronta ad essere corteggiata. Però non lasciarmi troppo sulle spine, okay?- Carrie ridacchiò, esaltata all’idea.

Noah sembrò spaventato e rassicurato al tempo stesso… strana accoppiata contraddittoria, ma le persone sono contraddizioni, molto spesso, e in quel momento lui ne era una vivente.

Alla fine il sollievo vinse sulla paura, e sorrise, prendendo poi la mano di Carrie e dandole un fugace bacio sul dorso.

Proprio un gentiluomo di altri tempi. Che carino!

-Aspettati un appuntamento per questo weekend!- le promise, prima di lasciarla e allontanarsi -Ora però scusami, ma devo proprio andare a lezione- si congedò, guardando l’orologio, e salutandola prima di correre verso l’edificio.

Carrie ricambiò il saluto, soddisfatta. Sabato sarebbe stato presto, dopotutto, quindi non serviva insistere maggiormente.

Ma allo stesso tempo, non riuscì a non pensare a Catherine, Adam, Kenneth e in generale al laboratorio di filmmaking che sembrava stare molto a cuore a Noah.

Potevano essere un problema, e allo stesso tempo un’ottimo modo per tenere d’occhio il ragazzo.

Ma come ottenere informazioni sul laboratorio di filmmaking? Catherine era silenziosa, e non era ancora fuori dai sospetti di tradimento. Kenneth era il cugino di Catherine, quindi Carrie non poteva fidarsi di lui. Adam era il suo cagnolino fedele. lui e Carrie non si erano mai parlati.

Poi… chi altri c’era nel gruppo di Noah? Noah gliel’aveva detto una volta, ma non ricordava proprio gli ultimi due nomi. 

Una chioma bionda che si dirigeva elegantemente all’interno dell’edificio, senza neanche salutarla, le fece venire un colpo di genio.

Queenie!

Queenie era perfetta per lo scopo.

Carrie prese il telefono e fece uno dei numeri più usati, dopo quello di suo zio magistrato.

-Carrie, sono a lezione, cosa ti serve?- chiese la voce preoccupata di suo fratello, dopo due squilli, dall’altro lato della cornetta.

-Stasera hai una cena con Queenie, giusto?- chiese, sperando di ricordare bene. Era troppo egocentrica per pensare agli impegni degli altri.

-Sì, a casa mia, perché? Hai bisogno di me per qualcosa? Devo disdire?- chiese lui, quasi speranzoso.

-No! Assolutamente no! Ma mi unisco a voi!- si autoinvitò lei, con un ghigno soddisfatto.

-Cosa?! Ma…- provò ad obiettare Jack, preoccupato, ma lei gli chiuse il telefono in faccia.

Quella serata le avrebbe dato parecchie risposte sul fantomatico laboratorio di filmmaking.

 

Jack detestava caldamente quando Queenie e Carrie si riunivano per qualsiasi motivo.

Soprattutto se tale motivo era una cena, a casa sua, dalla quale lui non poteva scappare.

Ancora di più quando quella cena teoricamente sarebbe dovuta essere quella in cui voleva finalmente lasciare Queenie, ma sebbene lui fosse un pessimo ragazzo, non era ancora così pessimo da lasciarla quando Carrie era a cena con loro. Sapeva che poi Carrie non avrebbe perso tempo a gettare sale sulla ferita.

Jack era suo fratello, ma quella ragazza lo inquietava. 

E ovviamente, la cena stava andando non male… peggio che male. Proprio uno schifo.

-Non so cosa ti aspetti di ottenere da me, ma non ho intenzione di rivelare nulla circa il progetto del laboratorio di filmmaking- stava ripetendo Queenie, come un disco rotto, da qualche ora, ogni volta che Carrie provava ad indagare al riguardo.

La ragazza di Jack era rigida come un blocco di ghiaccio, e teneva le mani strette a pugno l’una sull’altra come se si stesse trattenendo dal prendere a pugni la sua interlocutrice.

Nonostante fosse solo l’inizio di Ottobre, tirava già un’aria gelida, ed era molto strano a New Malfair, dove il clima era piuttosto mite, e le mezze stagioni esistevano ancora.

Si vede che questa storia è inventata.

E non per i poteri.

Ma meglio non tergiversare. 

Jack mangiava il dessert con estrema concentrazione, cercando di metterci più tempo possibile ma contemporaneamente tenendo la bocca costantemente impegnata in modo da non essere costretto ad intervenire.

Odiava intervenire tra Carrie e Queenie. Erano un’accoppiata disastrosa.

-Ma dai, non è mica un progetto segreto! Non vuoi vantarti un po’ dei vostri successi con la tua sorellina preferita?- Carrie aveva il suo tono più zuccheroso, anche se la sua facciata adorabile stava scemando mano a mano che Queenie continuava a rifiutarsi di aiutarla.

Effettivamente, conoscendo Queenie, doveva essere esaltata all’idea di condividere i propri successi, in qualsiasi cosa. Quindi Jack era da un pezzo arrivato alla conclusione che probabilmente non c’era alcun successo da condividere, e il laboratorio di filmmaking non le stava dando alcuna soddisfazione personale.

Ma non era abbastanza masochista da provare a dirlo ad alta voce, dato che Carrie avrebbe cavalcato l’onda dell’insuccesso della cognata, e Queenie gli avrebbe lanciato un’occhiata di ghiaccio. Se avesse parlato, insomma, avrebbe solo peggiorato le cose.

-Non capisco perché debba interessare una studentessa di giurisprudenza- Queenie continuò a chiudersi a riccio.

-Anche le persone che fanno università davvero utili a volte si divertono ad ascoltare storie di università inferiori- ridacchiò Carrie, facendo irrigidire Queenie.

Jack mise tutto il dessert rimanente in bocca e cercò di mangiarlo più in fretta possibile, per avere la scusa di portare i piatti in cucina ed evitare la bomba che di lì a poco sarebbe esplosa.

Queenie diventava estremamente permalosa quando si sentiva demolita per la facoltà che aveva scelto. E Jack sapeva benissimo che con le sue capacità sarebbe stata in grado di fare qualsiasi università. Si potevano dire molte cose negative su di lei… MOLTE cose negative, ma era determinata, e intelligente. Se faceva il DAMS non era perché era la sua seconda opzione, ma perché il suo sogno era di entrare nel mondo del teatro professionale, del cinema, dell’intrattenimento generale, e si impegnava al massimo delle sue possibilità per raggiungerlo.

Certo, la sua strada era abbastanza spianata, con i genitori che possedevano il teatro più importante della città, e suo fratello che lavorava a Broadway da qualche anno, ma ciò non significava che non dava il massimo per perseguire i suoi obiettivi.

-Non ho nulla di interessante da raccontare a chi fa un’università “davvero utile”- stranamente, questa volta Queenie non si mise immediatamente sulla difensiva, ma cavalcò l’onda del non velato insulto, per evitare nuovamente di dare informazioni alla ragazza.

-Oh, quindi ammetti che la mia università è superiore alla tua- Carrie era così sorpresa dall’essere riuscita a far ammettere a Queenie di essere inferiore, che per un attimo lasciò perdere il laboratorio di filmmaking.

L’atmosfera si fece così gelida che Jack era convinto che gli sarebbe venuto un raffreddore.

O forse era solo il gelato che gli stava congelando il cervello per quanto in fretta lo stava mangiando.

-Socialmente la tua università sarà maggiormente considerata, ma l’utilità di un’università è relativa all’uso che ne fai, e dubito che una ragazza come te, abituata a far affidamento solo sugli altri per ogni tuo capriccio riuscirà mai a meritare qualsiasi laurea prenderà, in qualsiasi università. E quando i contatti finiranno, e sarai sola al mondo, io sarò a Broadway, o a Hollywood, o ancora qui, forse, ma almeno la mia inutile università mi avrà dato i mezzi per raggiungere il mio obiettivo. E ho intenzione di far fruttare la mia inutile università molto meglio di quanto farai tu con la tua utile. Quindi… la tua università sarà anche migliore della mia, ma io sono migliore di te- Queenie non si fece intimorire, e Jack interruppe la sua abbuffata per lanciarle un’occhiata piuttosto ammirata. Era parecchio che non era più innamorato di lei (sempre se lo fosse mai stato effettivamente), ma in momenti come quello si ricordava cosa lo avesse spinto a mettercisi insieme. Adorava il suo modo di usare le parole, la sua intelligenza, e la sua enorme sicurezza in sé stessa. Era piuttosto ammirevole.

Ma Jack doveva scappare.

Perché se Queenie non era esplosa, e aveva detto quelle cose, significava solo che da un momento all’altro…

-COME OSI?!- gridò Carrie, alzandosi e sbattendo i pugni contro il tavolo.

…troppo tardi.

-Come oso cosa? Dire la verità?- la provocò Queenie, con un sorrisino vittorioso. Aveva appena vinto la gara a chi sarebbe rimasto calmo più tempo.

Jack avrebbe preferito che vincessero entrambe.

Ora si ritrovava nel mezzo di un campo minato, e dubitava che stare fermo e zitto come una statua l’avrebbe aiutato ad evitare di esplodere.

-COME OSI INSINUARE CHE IO SIA MENO DI TE?! SENTI CHI PARLA, POI! SEI PIÙ RACCOMANDATA TU DI QUANTO IO SARÒ MAI!- Carrie iniziò ad urlare al massimo delle sue forze. Cosa che sarebbe stata quasi accettabile nella loro casa in periferia, ma non lo era minimamente nel suo minuscolo appartamento con i muri di carta. Se continuava così rischiava che qualche vicino chiamasse la polizia.

-Carrie… i vicini…- provò a richiamarla. La sua voce piccola come il pigolio di un pulcino.

E si pentì di averla tirata fuori, perché la sorella gli lanciò uno sguardo molto assassino.

-SEI DALLA SUA PARTE?! GUARDA CHE HA INSULTATO ANCHE TE! PENSA SIAMO DUE RACCOMANDATI!- Carrie iniziò a sfogare la propria rabbia anche su di lui. Jack alzò le mani.

-Non sono dalla sua parte!- si affrettò a tirarsi fuori, anche se era obiettivamente vero che loro due fossero raccomandati. Padre preside, patrigno sindaco, madre assistente del sindaco e zio magistrato… avevano parecchi contatti, che Carrie utilizzava più e più volte.

-Già, quando mai sei dalla parte della tua ragazza…- lo accusò Queenie, lanciandogli a sua volta un’occhiata gelida che gli provocò un vero brivido lungo la spina dorsale.

-No, non sono neanche dalla parte di Carrie!- provò a tirarsi nuovamente fuori, del tutto. Ma entrambe le ragazze lo guardavano storto.

-DA CHE PARTE STAI?!- Carrie gli puntò il dito contro. Queenie lo guardò con cipiglio severo.

Jack voleva seppellirsi.

-Da nessuna parte, risolvetevela voi!- si alzò, e nel momento stesso in cui lo fece, la sedia che fino a pochi secondi prima lo stava sorreggendo si ruppe. Fosse stato pochi istanti più lento si sarebbe fatto non poco male.

Guardò con confusione e una certa paura la sedia, le cui gambe si erano staccate contemporaneamente senza alcuna spiegazione logica.

-SEI UN TRADITORE DEL TUO STESSO SANGUE!- lo accusò Carrie, furiosa, prendendo i piatti ammassati sul tavolo e sbattendoli a terra. I cocci volarono da tutte le parti, e non colpirono Carrie per puro miracolo. La ragazza poi si fiondò nella camera degli ospiti, senza dare tempo a nessuno dei due di commentare oltre.

-Queenie, stai bene?- Jack decise di non pensare a lei, e si affrettò a controllare le condizioni della ragazza, che si era alzata a sua volta e si era allontanata dai piatti rotti.

Sebbene fosse molto più lontana di Carrie dal punto di impatto, era stata meno fortunata di lei, e parecchi cocci appuntiti le avevano colpito le gambe e alcuni punti delle braccia che aveva portato davanti al viso.

Una scheggia molto piccola si era infilata nella sua guancia, che iniziava a sanguinare.

Jack si sentì parecchio in colpa per come sua sorella reagiva a quel tipo di provocazioni, e corse verso il mobile dove teneva i medicinali, tra cui disinfettante e cerotti.

-Non te ne preoccupare- lo dissuase Queenie, scuotendo la testa, e prendendo un fazzoletto per pulire il sangue sul volto.

-Cosa? Ma sei ferita! Ti disinfetto e…- provò ad insistere, ma la ragazza lo spinse via con una certa violenza, e prese la borsa e il cappotto pesante che aveva portato nonostante non facesse così freddo fuori.

-Non voglio il tuo aiuto in queste cose! Non ci sei quando conta, quindi perché dovrei fidarmi di te per le sciocchezze!- la sua voce rimase bassa, ma era molto più di impatto di quella di Carrie.

-Io…- Jack provò a giustificarsi, ma Queenie scosse la testa.

-Non ho bisogno delle tue stupide scuse! La prossima volta che inviti anche Carrie alle nostre cene, assicurati di dirmelo prima, così troverò una scusa per non esserci!- si infilò il cappotto, e raggiunse in fretta la porta.

-Aspetta, Queenie…!- Jack provò a fermarla, ma era congelato sul posto. Non sapeva minimamente cosa fare, ed era chiaro che Queenie non voleva averlo vicino al momento.

Però… era quasi mezzanotte, ed era rischioso camminare o aspettare un taxi a quell’ora in quella zona della città.

Jack avrebbe dovuto quantomeno accompagnarla.

Ma non aveva proprio voglia di seguirla, litigare, e poi rendersi conto che aveva sbagliato a preoccuparsi per lei perché aveva sempre, costantemente tutto sotto controllo.

Era davvero impossibile essere il fidanzato di Queenie Neige.

Ed era ancora più difficile smettere di essere il fidanzato di Queenie Neige.

Sospirò, e decise di uscire sul balcone, per fumare di nascosto una sigaretta, e magari guardare la ragazza da lontano per assicurarsi che stesse bene e intervenire se necessario.

Dopotutto il suo balcone dava sulla strada, e c’era una buona visuale.

Queenie era troppo intelligente per camminare a quest’ora, quindi sicuramente avrebbe chiamato un taxi e avrebbe aspettato lì, dove sarebbe stato facile chiedere aiuto nel caso si fosse trovata in difficoltà.

E Jack doveva quantomeno assicurarsi che prendesse il taxi, prima di chiudersi in camera e provare a dormire e dimenticare la pessima serata.

Avrebbe pulito tutto il giorno successivo.

Una volta fuori dal balcone, dopo aver acceso una sigaretta, vide distintamente la sua ragazza che camminava a passo svelto verso lungo il cortile, verso la strada. Sembrava più agitata di quanto avesse dato a vedere in casa, e dove passava sembrava… sembrava che lasciasse qualcosa di… bianco? Ghiacciato? Cosa?

-Tutto bene, vicino? Ho sentito urlare- una voce alla sua sinistra per poco non lo fece cadere di sotto, e si affrettò a nascondere la sigaretta dietro la schiena, agitato all’idea di essere beccato.

Non era un gran fumatore, ma quando era troppo stressato indugiava in un tiro o due. Era solo per lo stress. E non lo doveva sapere nessuno.

-Woah, attento! Scusa, avrei dovuto sapere che eri così agitato da rischiare di cadere di sotto- dal balcone accanto comparve la testa di Ava, la vicina di casa, che Jack aveva visto alcune volte di sfuggita. Era in pigiama, e aveva una sigaretta a sua volta tra le mani. Evidentemente quello era il balcone di camera sua, e si stava fumando l’ultima sigaretta prima di andare a dormire.

-No, tranquilla… mi hai solo preso alla sprovvista. Non mi aspettavo di vederti qui- Jack si affrettò a spegnere la propria sigaretta, e lanciò un’altra occhiata verso il cortile, alla ricerca di Queenie, che però era sparita.

Non si era avviata a piedi, vero?

-Tutto bene? Ci siamo un po’ preoccupati quando abbiamo sentito urlare- Ava insistette, guardandolo con attenzione, come se cercasse di leggere i suoi pensieri.

Poi guardò la strada vuota.

-Aspetti qualcuno?- chiese, attirando l’attenzione del ragazzo.

-No! Nessuno… spero. Scusa per le urla, mia sorella è molto enfatica quando discute, ma non è successo niente di ché- era successo molto di ché, ma niente di nuovo. Carrie era ingestibile.

-Capisco… lo supponevo. Insomma, conosco Carrie, e quando mia madre voleva chiamare la polizia le ho detto: “no, mamma, è solo Carrie”… al ché lei ha detto “Proprio per questo dobbiamo chiamare la polizia”…- Ava continuò la conversazione occasionale, e le preoccupazioni di Jack sembrarono scemare mentre inalava il fumo passivo e sentiva la calda e rilassata voce della giovane.

Non aveva tutti i torti.

-….poi io le ho ricordato che “ma visto che è Carrie anche se chiamiamo la polizia non le faranno niente, quindi rischiamo solo una denuncia. Meglio non immischiarsi”- continuò il racconto Ava, facendo ridacchiare il ragazzo tra sé. Aveva molto ragione su questa cosa -… senza offesa, eh, so che è tua sorella, ma è…- 

-… un incubo- borbottò Jack, sbuffando.

-Stavo per dire “privilegiata”, ma credo che “un incubo” renda meglio la mia idea. Sei più obiettivo di quanto pensassi- Ava gli sorrise.

Jack ricambiò.

-È stata una serata disastrosa- ammise, sospirando.

-Non ho molti consigli su come badare a sorelle indisciplinate perché le mia sono molto meno peggio della tua… e affatto privilegiate, quindi tutto ciò che posso offriti al momento è una sigaretta e una spalla su cui sfogarti- Ava gli passò la sigaretta che fino a quel momento era stata tra le sue dita e tra le sue labbra, e Jack fu parecchio tentato di prenderne un tiro o due. Sollevò istintivamente la mano nella sua direzione, ma la ritirò quasi immediatamente, e distolse lo sguardo da Ava. Sapeva che era solo una sigaretta, ma era come un bacio indiretto, e lui stava ancora con Queenie… Queenie… chissà se Queenie stava bene.

Ava ritirò l’offerta, un po’ delusa, ma non dandolo troppo a vedere.

-Scusa, ma davvero non posso- Jack tornò a guardare la strada, e si arrese ad uscire per andare a controllare.

-Sei proprio un bravo ragazzo- borbottò Ava, finendo la propria sigaretta e spegnendola su un posacenere.

Prima che Jack potesse ribattere, anche se non sapeva bene con cosa, un lampo di luce bianca, seguita da ciò che sembrò il rumore di un muro che crollava, proveniente da poco lontano fece sobbalzare sia lui e che Ava, che si sporsero dal balcone per cercare di capire cosa stesse succedendo.

Un brivido di freddo gelido li colse entrambi, e fu Ava ad accorgersi per prima che qualcosa proprio non andava.

-…sbaglio o… sta iniziando a nevicare?- chiese, confusa, indicando dei piccoli fiocchi di neve che iniziavano a cadere dal cielo notturno.

Quando parlò, una nuvoletta di condensa si formò dalla sua bocca.

Ma non aveva il minimo senso. Fino a poco prima c’erano più di venti gradi fuori, e all’improvviso, il gelo totale.

-Sarà meglio rientrare, prima di prendere freddo- suggerì Jack, estremamente confuso e spaventato. Ava annuì, e lo precedette all’interno.

Jack prese il telefono, e cercò di chiamare Queenie per assicurarsi che stesse bene, ma il telefono lo mandò in segreteria.

Queenie… dove si era cacciata?!

 

Queenie sentiva freddo, un freddo insopportabile.

Sapeva benissimo di non doversi aspettare più nulla da Jack. Sapeva benissimo che la voleva lasciare, che il loro rapporto era una copertura, e che non aveva abbastanza spina dorsale per prendere le parti di qualcuno, soprattutto se si trattava di andare contro sua sorella. Ma era stata lei a cominciare, era stata Carrie ad insistere, e assecondare i suoi capricci da bambina che alzava la voce, sbatteva i piedi, e si aspettava di ottenere tutto ciò che voleva, non l’avrebbe mai fatta crescere.

Queenie non sopportava più questa situazione.

E sentiva un freddo insopportabile mano a mano che si tratteneva dall’esplodere e urlare.

Grazie al cielo trattenere le sue emozioni stava funzionando alla grande per evitare ghiaccio e neve che NON poteva evocare! Ma ogni tanto sentiva come se non si sentisse più le mani per il freddo, e aveva seriamente paura di morire di ipotermia. Almeno le ferite che aveva sulle gambe e sulle braccia avevano smesso di sanguinare a causa del freddo, ma era un minuscolo lato positivo.

Perché era talmente tanto desiderosa di tornare a casa il prima possibile e farsi una doccia bollente, che non riusciva a pensare lucidamente, e prima che si rendesse conto esattamente di cosa stesse facendo, si ritrovò a camminare per le strade di uno dei quartieri che le piacevano meno a New Malfair, a mezzanotte, senza neanche aver chiamato un taxi.

Armeggiò nella borsa per trovare il telefono, ma neanche il tempo di prenderlo tra le mani ormai quasi bloccate dal freddo, che lo ritrovò completamente ghiacciato, bloccato e inutilizzabile.

Queenie si fermò, iniziando a farsi prendere dal panico, e sentendo ancora più freddo. Provò a scongelarlo, ma le sue mani erano diventate difficilissime da muovere, e aveva ormai perso la sensibilità.

Iniziò ad essere davvero tanto, troppo spaventata. Il suo cuore batteva furiosamente nel petto, ma invece di mandarle calore, sembrava solo raffreddarla sempre di più, sempre di più…

Non era tanto quello che era successo con Carrie, né il non agire di Jack, o le sue ferite.

Era tutto quello che stava succedendo dalla tempesta. I poteri, i litigi, con Kenneth, ma anche con Aria.

Soprattutto con Aria. E il ruolo nello spettacolo, nel laboratorio. Ultimamente Queenie si sentiva trascinata da una corrente che non riusciva a combattere, e più ci provava, più affondava nei suoi meandri.

Ma poteva ancora risalire, poteva ancora risalire.

Doveva solo respirare, provare a calmarsi, camminare fino ad un locale ancora aperto e chiedere di usare il loro telefono per chiamare un taxi.

Doveva solo respirare, sarebbe andato tutto bene.

-Wee, bella- sentì una voce chiamarla alle spalle, facendola irrigidire più di quanto già non fosse… anche se non credeva potesse essere possibile.

Provò a convincere le proprie gambe a correre via, a collaborare con lei, per una volta, ma era ghiacciata sul posto.

-Stammi lontano- provò a dire, con voce tremante. Riuscì comunque a risultare abbastanza minacciosa.

-Oh, perché così evasiva? Ti sei persa? Potremmo aiutarti- una seconda voce si unì alla prima, e Queenie riuscì a girarsi per vedere a chi apparteneva.

Erano due uomini di mezza età, ubriachi, e con due identici ghigni poco raccomandabili.

Queenie non riusciva a credere che una cosa del genere stesse succedendo proprio a lei.

Era praticamente il suo peggior incubo.

Beh, dopo… un’altra cosa. Ma in quel momento era il suo peggior incubo.

-Non ho bisogno di aiuto. Sto aspettando qualcuno- mentì, riuscendo a fare un passo indietro. La voce le stava uscendo meglio, e i suoi muscoli iniziarono a funzionare di nuovo.

Però… l’aria intorno a lei si fece davvero fredda.

No! Non poteva permettere a quel potere di uscire fuori.

-Se vuoi potremmo aspettare con te. A noi farebbe tanto tanto piacere un po’ di compagnia- il primo uomo si avvicinò, barcollando. Dalla sua bocca uscivano nuvolette di condensa, segno che anche lui e il suo amico erano entrati nel vortice di freddo. Freddo che Queenie stava portando ovunque.

Doveva trattenere, doveva respirare, doveva trovare una soluzione per quella situazione e non farsi scoprire.

Non poteva far scoprire i suoi poteri.

…ma non voleva restare alla mercé di quei tipi loschi, che continuavano a fissarla come fosse un prelibato pezzo di carne.

Che schifo! Che schifo! Che schifo!!

-Sì, dai, facci un po’ di compagnia, non ci vorrà molto, eheh- il secondo tipo la prese per un braccio, e l’istinto di combatti o fuggi di Queenie si attivò

NON AVREBBE MAI PERMESSO A NESSUNO DI FARLE NULLA! LEI ERA QUEENIE NEIGE, MALEDIZIONE!

La ragazza, letteralmente, esplose.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(A.A.)

Wo, cliffhanger. Chissà cosa è successo con i poteri di Queenie.

Ma parlando in modo ordinato del capitolo.

Carrie è determinata ad ottenere il suo principe azzurro, ma Noah inizia a resistere. Chissà se la sua strategia funzionerà. Per chi non avesse capito bene la strategia, tra un paio di capitoli verrà illustrata meglio.

Comunque Carrie è uno dei personaggi più inquietanti che io abbia mai scritto. Una yanderissima!

La parte di Jack è stata un po’ meh da scrivere, anche se spero che la personalità di Queenie sia uscita un po’ meglio. Mi piace comunque scrivere di una coppia che non sta bene insieme non per qualche strano motivo particolare, o perché uno dei due è una cattiva persona, ma solo perché non stanno bene insieme, fine. Anche se le parti con Queenie sono sempre le più difficili da scrivere. Aggiungiamoci poi Carrie la yandere, e capirete perché questo capitolo ci ha messo tanto ad uscire.

Spero però che Ava vi sia piaciuta. Lei è una forte.

E passiamo a Queenie… wow! La situazione si è fatta brutta molto in fretta. Alla faccia di “voglio scrivere una storia bella piena di cose carine e poco angst”. Povera Queenie. Per fortuna la regina di ghiaccio ha cacciato gli artigli… o meglio… le stalattiti.

Insomma, sembra che si sia difesa… ma starà bene? E gli altri tizi? Al prossimo capitolo per scoprirlo!

 

 

 

 

 

 

Nel prossimo episodio: Aria va presto alle prove di teatro, Kenneth e Adam studiano insieme

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Capitolo 9
*** Frozen ***


Frozen

 

Aria non era una tipa puntuale, bisogna riconoscerlo. La sua goffaggine mista alla testa tra le nuvole la rendevano poco affidabile se si trattava di ricordare orari e appuntamenti, ma ciò non significava che non fosse responsabile quando ci si metteva. E quel giorno avvertiva un’aria particolare, e leggermente preoccupante, che probabilmente aveva a che fare con la nevicata inaspettata che aveva colpito una parte della città in piena notte.

E c’erano due possibilità per una nevicata inaspettata in Ottobre: 

-O Queenie aveva avuto qualche problema;

-O da qualche parte una ragazza di nome Max aveva scoperto di poter tornare indietro nel tempo e da lì a cinque giorni un tremendo tornado avrebbe distrutto la città.

Sebbene la seconda possibilità fosse la più letale, Aria sperava fosse quella giusta.

Ma purtroppo era consapevole che fosse piuttosto inverosimile, quindi, se Queenie aveva qualche problema, era il caso di assicurarsi che stesse bene.

Certo, Aria non le doveva niente, ed era ancora piuttosto seccata da come aveva reagito all’assegnazione dei ruoli, ma comunque era sua amica, e se arrivare in anticipo alle prove mattutine di teatro l’avrebbe aiutata a capire qualcosa su ciò che era accaduto il giorno prima, non le costava niente presentarsi in anticipo.

Quindi fu la prima a raggiungere il Teatro Neige, quella mattina, e capì immediatamente che qualcosa non andava, prima ancora di aprire la porta.

Perché non ebbe bisogno di aprire la porta.

Era già spalancata.

E ghiacciata.

…e chiaramente era successo qualcosa con Queenie.

Aria cercò di non mettere i piedi in luoghi scomodi, ed entrò nella sala rischiando almeno sei volte di scivolare sul ghiaccio che ricopriva interamente il pavimento.

Per fortuna piccole folate di vento riuscirono ogni volta a rimetterla in piedi, e alla fine Aria raggiunse il palco, dove una scena la colpì così tanto da farla definitivamente scivolare e cadere a terra.

Perché al centro del palco, illuminata come un’eroina Shakespeariana da fari fuori controllo, circondata da ghiaccio, e avvolta da un turbinio di neve, c’era Queenie, calata in un sonno agitato.

Era una scena terrificante e affascinante al tempo stesso, scenograficamente eccelsa. Anche quando crollava, Queenie riusciva ad avere una presenza scenica ammirevole.

Ma non era il momento di rimirare l’opera artistica, perché la preoccupazione e la paura erano molto più forti del fascino.

Aria riuscì a controllare una folata di vento che la portò dritta sul palco, poco distante dalla letterale regina di ghiaccio.

Il freddo era insopportabile, ma Aria riuscì a contrastare l’aria carica di neve con del vento proveniente da lei, più caldo, amichevole, pieno di buone intenzioni.

-Queenie…- provò a chiamarla, avvicinandosi e inginocchiandosi accanto a lei.

La neve e il ghiaccio aumentarono, per poco Aria non venne bloccata al pavimento, e si salvò per un pelo, sollevandosi in aria.

-Queenie!- iniziò a scuoterla, per svegliarla.

Non ci volle molto, dato che Queenie si alzò di scatto. 

Purtroppo lo shock del risveglio improvviso le fece emettere una serie di stalattiti ghiacciate che per poco non impalarono Aria, che però fu abbastanza rapida da togliersi di torno.

O meglio, l’aria che controllava la tolse di torno, trasportandola a parecchi metri di distanza.

-Cosa vuoi?! Stammi lontano!- esclamò Queenie, chiaramente nel panico, stringendosi su sé stessa e guardandosi intorno spaesata.

-Queenie, calmati! Sei al sicuro! Voglio solo aiutarti- Aria provò ad avvicinarsi, lentamente, tenendo le mani in alto per mostrarle che non voleva causare alcun male ed era perfettamente innocua. 

Il freddo era quasi insopportabile, e Queenie era spaventosa, circondata dalla neve, con i capelli mossi dal vento e gli occhi per niente a fuoco, ma anzi, che sembravano bianchi, al punto che non si riusciva a notare la differenza tra sclera e iride.

Aria doveva aiutarla, a tutti i costi.

Sia perché era sua amica, sia per evitare che l’intera città finisse sepolta dalla neve. Frozen le piaceva un sacco, ma non era il caso di replicarlo nella vita reale. Sembrava poco conveniente.

Ed estremamente pericoloso.

-A_Aria…?- Queenie batté le palpebre un paio di volte, e dopo un’iniziale confusione, il panico la avvolse maggiormente, e la neve si fece più fitta -Aria! Stammi lontana! Non lo controllo!- si ritirò su sé stessa e si allontanò maggiormente da Aria, spaventata per ciò che stava facendo.

Wow, era letteralmente Frozen. Identico.

E Aria non avrebbe mai immaginato che una scena così emotivamente forte e bella potesse essere anche così spaventosa. Il tremore che l’aveva assalita non era solo per il freddo, ma anche perché non sapeva come aiutare Queenie nel suo attacco di panico e poteri.

A lei veniva naturale controllare il vento, era come respirare, o il battito del suo cuore. Qualcosa che non controllava affatto ma funzionava perfettamente quando lei ne aveva bisogno. Non escludeva che se si fosse impegnata, sarebbe riuscita ad usarlo a piacere, ma non aveva ancora avuto motivo di farlo.

Però non aveva idea di come consigliare Queenie, che sembrava venir mangiata dal freddo e dal ghiaccio.

Ma forse gli insegnamenti di Frozen potevano aiutare.

-Respira, Queenie, pensa a qualcuno a cui tieni. L’amore scioglie il ghiaccio, giusto? Pensa ai tuoi genitori!- provò a consigliarle.

Queenie si irrigidì ulteriormente.

-Oddio, i miei genitori! Non sanno dove sono, mi uccideranno quando scopriranno cosa è successo!- Queenie però si spaventò ulteriormente, e la bufera di neve si fece così forte che Aria fu costretta a fermarsi e non avvicinarsi ulteriormente. Neanche i suoi poteri erano abbastanza.

-No, no, non pensarci! Pensa a Jack! Sì! Jack è il tuo ragazzo, lo ami, e lui ti ama, e…- Aria cambiò target per l’affetto di Queenie, anche se con un minimo di esitazione, dato che il suo petto le faceva sempre male quando pensava a Queenie e Jack insieme. Non che avesse alcun diritto di provare qualsiasi cosa nei confronti della relazione di Queenie e Jack, ma al cuor non si comanda, giusto?

E poi non era il momento di farsi prendere dalle emozioni.

Dato che ci pensava già abbastanza Queenie a farsi prendere dalle emozioni.

-Jack! È tutta colpa sua! Se non fosse stato per lui e Carrie! Non gli importa niente di me! Sono sicura che neanche si chiede dove sto al momento!- esclamò infatti, furiosa, prendendosi la testa tra le mani e aumentando il ghiaccio per terra.

Bene… neve era l’ansia e la paura, ghiaccio era la rabbia. Buono a sapersi.

…e meglio non far arrabbiare troppo Queenie.

-Allora pensa… pensa… pensa a me!- alla fine Aria cercò di andare sul sicuro, e ricominciò ad avvicinarsi.

Queenie sollevò la testa e la guardò confusa.

-A te?- chiese, in un sussurro. La distrazione servì, perché la potenza del vento invernale si smussò appena.

-Sì! Siamo amiche! E io ti sono accanto, qualsiasi cosa ti serva. E ti sarò accanto finché non supererai questa cosa! Non so quanto riuscirò ad aiutarti perché non ci sto capendo molto neanche io, ma ci proverò. E non sono spaventata da un po’ di ghiaccio o neve- sollevò una mano verso di lei, per mostrarle tutta la sua partecipazione.

-Non mi odi? Dovresti odiarmi. Sono insopportabile- commentò Queenie, senza credere al discorso incoraggiante di Aria, ma facendo qualche passo indietro, e scivolando sul suo stesso ghiaccio.

Aria la afferrò appena in tempo, ma non riuscì a rimetterla in piedi e cadde appresso a lei.

Questa volta il proprio vento non la aiutò granché.

Ma forse fu per il meglio, perché nel momento in cui Aria cadde addosso a Queenie, con una certa paura, doveva ammetterlo, di finire infilzata da una stalattite improvvisa, la neve si fece immobile, il ghiaccio smise di espandersi, e fu come se il tempo si fosse fermato.

Queenie la fissava ad occhi sgranati, sembrava trattenere il respiro, ma non si mosse di una virgola. Come se temesse che il suo solo muoversi avrebbe fatto ricominciare tutto.

Fu Aria la prima a sollevarsi, mettendosi seduta accanto a lei.

-Non potrei mai odiarti, Queenie. Io non odio nessuno, in generale, e poi non odio te, sei mia amica. Mi hai aiutata e sostenuta quando ho iniziato a teatro, siamo nello stesso gruppo di filmmaking, e soprattutto ti ammiro tantissimo lo sai. Certo, abbiamo discusso, e alcuni tuoi comportamenti non mi hanno fatto impazzire, ma questo non cambia l’affetto che provo per te. Semmai mi incoraggia a volerti stare ancora più accanto per aiutarti- …anche a diventare una persona migliore. Ma questo Aria non lo disse. Voleva essere più incoraggiante possibile.

Aria vedeva sempre del buono in tutti, e Queenie, di buono da dare, ne aveva tantissimo. Aveva solo bisogno di una guida che l’aiutasse a tirare fuori quel buono.

-Aria…- Queenie sembrava commossa, inspirò bruscamente, dando prova che stava davvero trattenendo il respiro, e si guardò intorno immediatamente dopo, temendo che tutto avesse ricominciato, ma venendo subito rassicurata notando che la neve iniziava a non scendere più, e il ghiaccio lontano iniziava a sciogliersi.

-Sta funzionando!- esclamò Aria, entusiasta, avvicinandosi a Queenie e prendendole la mano, per incoraggiarla maggiormente, e aiutandola a mettersi seduta.

Queenie eseguì, e iniziò a respirare con più calma, stringendo forte la mano di Aria.

-Non devi dirmi cosa è successo se non vuoi, ma se hai bisogno di sfogarti sono qui- quando ormai la neve era sparita e il ghiaccio quasi del tutto sciolto, Aria tirò fuori l’argomento, con estrema esitazione, temendo che da un momento all’altro potesse tornare tutto come prima.

Ma Queenie si era calmata, e il suo volto era tornato una maschera di ghiaccio… ops, pessima battuta.

Si teneva le braccia come se sentisse freddo, ma almeno l’aria intorno si era fatta meno ghiacciata, quindi c’era un miglioramento, forse.

Aria provò a portare un leggero vento caldo intorno a loro, e ci riuscì senza troppi problemi. Queenie abbozzò un sorrisino.

-Non preoccuparti, sto bene. Ho solo… non mi va di parlarne. E mi faresti un favore se non dicessi a nessuno che…- 

Aria la interruppe immediatamente.

-Ma per chi mi hai preso?! Certo che non lo dirò mai a nessuno! Ho la bocca cucita, e sono brava a tenere i segreti!- le assicurò, atteggiandosi a grande eroina con tanto di vento tra i capelli.

Queenie non trattenne una risatina. Sembrò sentire anche meno freddo.

-Sei davvero una cara amica, Aria, grazie. Non so come avrei fatto senza di te- ammise poi, rabbuiandosi.

-E non devi pensarci, perché io c’ero, e ci sarò ancora a lungo- le promise, cingendole le spalle.

Queenie si irrigidì appena, ma non fece alcun segno di volersi liberare dalla stretta, perché si rilassò un attimo dopo, e il freddo sembrò diradarsi ormai del tutto.

-Come fai a controllarlo così bene?- chiese a sorpresa Queenie, dopo qualche secondo di silenzio, indicando l’aria intorno a loro.

Aria suppose si riferisse ai poteri.

Temeva molto che le facesse quella domanda.

Alzò le spalle.

-Non è che lo controllo proprio, in realtà. Cioè… sì, lo controllo, ma a volte è come se lui controllasse me, tipo quando mi salva dal cadere, o cose così. Ma se devo creare un piccolo tornado a caso non è che…- Aria cercò di sminuirsi, e iniziò a roteare il dito come a creare un piccolo vortice.

L’espressione di Queenie, che sobbalzò e fissò il dito, la interruppe e la fece girare a sua volta.

Aveva appena creato un tornado in miniatura.

-Wooo!- esclamò, sorpresa, smettendo di fare il movimento. Il tornado scomparve -Che figata!- esclamò poi, provando a rifarlo, e mandandolo poi in giro per il palco. Era perfettamente controllato.

-Dicevi?- la prese in giro Queenie, guardandola in modo eloquente.

Aria arrossì appena, presa in castagna.

-Okay… lo controllo bene, è vero, ma non so come. Credo abbia a che fare con le emozioni. Forse è perché faccio yoga tutte le mattine, o solo perché sono emotivamente consapevole. E con questo non dico che tu non sia emotivamente consapevole o che dovresti fare yoga, solo che penso che le cose per me vadano così, ma per te potrebbero andare diversamente, o mi sbaglio. Insomma sono poco esperta- Aria non aveva alcuna idea di come rispondere alla domanda di Queenie, e iniziò a fare avanti e indietro per il palco, pensierosa.

Queenie era affascinata dal fatto che nonostante fosse chiaramente in confusione, non ci fosse alcuna folata di vento sospetta, o tornado in lontananza. Era come se i poteri non li avesse proprio.

Ma come faceva ad essere così controllata, quando in ogni istante Queenie rischiava o di morire di freddo, o di causare una tormenta?!

Forse doveva provare lo yoga.

-Ti prego, mi potresti aiutare? Insegnarmi qualche mossa di yoga, o a controllare meglio le emozioni?- chiese, interrompendo lo sproloquio.

Aria la guardò sorpresa.

-Vorresti fare yoga con me?- chiese, entusiasta all’idea.

-Qualsiasi cosa per evitare di replicare quanto successo ieri sera- Queenie si alzò a sua volta, e le si avvicinò per mostrare la sua buona volontà.

Aria annuì.

-D’accordo. Farò del mio meglio- le promise, sollevando il mignolo per fare un accordo.

Infantile, ma Queenie fece altrettanto, stringendo una promessa.

Un vociare proveniente dall’ingresso le fece sobbalzare.

Queenie creò un’altra lastra di ghiaccio sul pavimento, anche se molto più sottile e quasi impossibile da notare.

-Non posso farmi vedere così, sono un disastro!- esclamò, preoccupata.

-Tranquilla, non ti vedranno- la assicurò Aria, avvicinandosi a grandi falcate e prendendola per la vita.

-Cos…?!- Queenie arrossì e si irrigidì, ma non era il momento di fare le schizzinose, perché le due schizzarono in aria celandosi alla vista prima che i membri del gruppo di teatro entrassero nella sala.

Queenie si strinse ad Aria, preoccupata, ma lei era perfettamente controllata.

Wow, volare era fighissimo! Anche se un po’ difficile con Queenie appresso.

-Hai sentito dell’enorme blocco di ghiaccio qui vicino?- stava commentando David, l’attore che avrebbe interpretato Kristoff.

-Sentito? Ho visto! Ci vivo vicino, pensavamo che fosse un terremoto!- rispose Corey, l’attore che avrebbe interpretato Hans, con enfasi.

-Che ansia! Ma secondo te che è successo? Cioè, ho sentito che due persone sono rimaste ferite e sono in ospedale, giusto?- continuò David, posando la borsa e continuando il gossip.

-Yup, sono gravemente ferite, ho visto l’ambulanza che sfrecciava via. Sembra che siano state ritrovate sepolte in mezzo al ghiaccio! L’ipotermia era forte. Forse uno dei due perderà la gamba- commentò Corey, facendo altrettanto.

Aria era congelata… e stranamente non era per la presenza di Queenie, anche se era tornata fredda come una montagna.

-Ti prego, Aria, andiamo via!- le sussurrò all’orecchio, tremante.

Aria si sentiva in procinto di cadere, vista la confusione causata dalla mole di informazioni, quindi decise di eseguire, e usò l’aria per portare entrambe dietro le quinte, dove Queenie poteva cambiarsi d’abito con uno di quelli di scena, o uno dei numerosi cambi che lasciava sempre per ogni evenienza, come se quello fosse il suo camerino privato, cosa che in parte era, dato che era il teatro dei suoi genitori.

Una volta a terra, Aria provò a sollevare l’argomento.

-Queenie…- 

-Non voglio parlarne!- Queenie la interruppe decisa, fulminandola con lo sguardo, e prendendo un maglione e una gonna per andarsi a cambiare.

Aria decise di non insistere, ma fece una muta promessa a sé stessa di impegnarsi al massimo per aiutare Queenie a controllare meglio il suo potere. Sia per lei, che per gli altri.

E poi, Queenie non era tipa da ferire volontariamente qualcuno, sicuramente quello che era successo l’altra sera era stato un incidente!

O almeno, quella sarebbe stata la versione a cui Aria avrebbe creduto, con tutto il suo cuore.

 

Adam non riusciva a credere di essersi davvero preso una cotta per un tale idiota, ma più tempo passava con Kenneth, più si rendeva conto che la cotta per quell’idiota era mille volte più forte di quanto si sarebbe mai aspettato.

-No, okay, no, okay, me la devi spiegare. Non ha senso che le persone apprezzino davvero il neorealismo- stava infatti commentando Kenneth, mentre osservavano e studiavano il classico intramontabile “Ladri di biciclette”.

Se Adam non avesse avuto una cotta stratosferica per Kenneth, infatti, l’avrebbe ammazzato per la blasfemia che aveva appena detto.

Invece, con i suoi modi aperti e gestualità eccessiva, lo stava quasi facendo ridere.

Quasi.

-Kenneth! Come puoi non apprezzare il neorealismo?! È una testimonianza della forza e del desiderio di rivalsa degli italiani dopo il tempo di guerra. Quando i set erano inaccessibili e la strada diventava il nuovo set. Nessuno può non apprezzare il neorealismo!- provò a fargli notare, mite ma deciso.

Dopo il cinema russo d’avanguardia, il neorealismo era la sua corrente preferita. Se la batteva un po’ con la Nouvelle vague francese, ma in ogni caso, era una corrente cinematografica che apprezzava parecchio, soprattutto Ladri di biciclette.

-Guarda, capisco l’importanza generale, ma vedendoli come normali film sono noiosi- obiettò Kenneth, sbadigliando.

-Dato che studiamo cinema, non possiamo vederli come normali film!- Adam iniziò a prendere più posizione, sperando di irritarsi abbastanza da convincersi che non poteva avere una cotta per qualcuno che non apprezzava il neorealismo.

-Ma sono così cupi e pessimisti, e reali! Non sopporto i film così reali. Il cinema dovrebbe mostrarti cose impossibili da raggiungere, non la vita di tutti i giorni che le persone vivono. Sappiamo tutti quanto fa schifo la vita di tutti i giorni, almeno nel cinema possiamo dimenticarcelo per qualche ora- Kenneth provò a spiegare il suo punto, senza la minima irritazione, ma con ovvietà e tranquillità.

Adam non concordava affatto.

-Beh, noi non viviamo la stessa vita che vivevano gli italiani nel neorealismo, quindi questi film sono una testimonianza delle difficoltà che hanno dovuto superare. Penso che il cinema debba essere testimonianza del reale, e non un mero oggetti di svago!- obiettò.

Oh, no. Non poteva prendersi una cotta per una persona che non riusciva ad apprezzare la bellezza della realtà rappresentata nel cinema, non poteva proprio. Doveva superare quella cotta che si stava prendendo per Kenneth!

-Concordo sul non concordare. Ma devo ammettere che adoro quando prendi posizione così, Adam. Mi fai quasi convincere- Kenneth chiuse la discussione e fece un occhiolino ad Adam.

-Wo! La pianta che ti ho regalato sta fiorendo benissimo! Sembra che quando ti esalti per le cose che ti piacciono la condizioni anche a questa distanza- Kenneth poi si alzò e osservò la pianta sul comodino di Adam, che si tirò un facepalm interiore odiandosi per la sua debolezza.

Perché non poteva smettere di avere una cotta per Kenneth, quando Kenneth era una persona così!

Con le sue idee, ma che rispettava quelle di Adam. Lo supportava, lo incoraggiava, era proprio una brava persona, sotto quella corazza da sprezzante per il mondo.

…beh, era un po’ sprezzante verso il mondo, in realtà, ma con i suoi amici era davvero aperto.

Persino con Adam.

Persino quando erano ad un passo dal litigare.

…non che Adam volesse litigare con lui su una cosa così stupida come i gusti cinematografici, ma… insomma… delle persone normali si sarebbero messe a litigare, non avrebbero avuto una discussione così tranquilla.

-Mi piace il neorealismo- borbottò Adam, cercando di non mostrare la sua palese cotta all’ignaro Kenneth, che osservava la pianta con estrema soddisfazione.

-Se ti piace così tanto forse dovrei davvero guardarlo con altri occhi. La prossima volta farò uno sforzo, promesso- Kenneth tornò da lui, e iniziò a sistemare le proprie cose.

-Perché la prossima volta? Non possiamo continuare adesso?- chiese Adam, tentando di non mostrare troppo la propria delusione ma fallendo, probabilmente.

Per fortuna Kenneth non sembrò notarla.

-Mi dispiace, amico, ma ho fatto il pieno di cinema vecchio per oggi. E poi devo uscire tra un po’- spiegò Kenneth, mettendo i libri nello zaino e controllando i propri vestiti.

-Uscire? Dove vai?- Adam si lasciò sfuggire, mordendosi subito il labbro inferiore. Non aveva alcun diritto di indagare. O almeno non doveva suonare così accusatore mentre lo faceva.

Kenneth gli lanciò un’occhiata obliqua. Non era seccato dall’invadenza, ma ci mancava poco.

-Esco. Catherine mi viene a prendere, e andiamo a bere qualcosa. Beh, io bevo qualcosa, lei probabilmente torna a casa. Vuoi venire anche tu? Ti cerco una ragazza mentre mi trovo un ragazzo- propose.

Adam dovette sforzarsi al massimo per nascondere il proprio fastidio alla proposta, e riuscì a sorridere.

-No, grazie. Preferisco restare qui a studiare. Domani abbiamo lezione- rifiutò. Non voleva più che Kenneth gli cercasse una ragazza, e dubitava che uscendo con lui sarebbe riuscito ad evitare che si trovasse un ragazzo con cui passare la notte.

Meglio evitare completamente la situazione.

-Okay, ma se cambi idea, chiamami. O chiama Cathy- Kenneth alzò le spalle e tornò a prepararsi.

-Stai solo attento, okay? L’alcol è infiammabile- borbottò Adam, pentendosi immediatamente dopo di essersi lasciato sfuggire quella chiara provocazione.

Solo che gli era risalito un tremendo groppo in gola, e temeva che se non avesse detto nulla l’avrebbe potuto soffocare.

Kenneth si voltò nuovamente verso di lui, questa volta con espressione chiaramente ostile.

-Scusa?- chiese chiarimenti.

Adam alzò le mani.

-Sono solo preoccupato per i tuoi poteri, soprattutto dopo quello che è successo con la neve e il blocco di ghiaccio!- provò a difendersi, stringendo i denti ed evitando di ammettere il vero motivo del suo astio nei confronti delle uscite dell’amico.

Kenneth alzò gli occhi al cielo.

-Non sono la regina di ghiaccio! Io li controllo alla grande i miei poteri!- obiettò, irritandosi maggiormente.

-Hai delle fiamme tra i capelli- gli fece notare Adam, indicando la chioma fulva.

Le fiamme aumentarono.

-Questo è solo perché hai nominato tu-sai-chi! Mi irrito solo con lei! Per il resto mi controllo benissimo. Guarda…- si indicò i capelli, fece un respiro, e le fiamme sparirono.

-…sono sparite, vero?- chiese poi, non potendo guardarsi i capelli.

-Sì, sono sparite- Adam sospirò, sconfitto.

-Visto? Li controllo alla grande!- Kenneth incrociò le braccia, irritato e soddisfatto al tempo stesso.

-Okay… se lo dici tu. Stai solo attento, tutto qui- Adam decise di non insistere, e gli diede le spalle, tornando a fare le sue cose, e con il groppo in gola più insistente.

-Che ti prende, Adam? Non è da te fare il passivo aggressivo- osservò Kenneth, avvicinandosi a lui.

-Non sono passivo aggressivo!- si lamentò quest’ultimo, girandosi, trovandoselo faccia a faccia, e rigirandosi immediatamente imbarazzato.

-Vabbè, ho capito! Meglio lasciar perdere. Vado a fumarmi una sigaretta. Se Catherine mi cerca dille che sono sulla scala antincendio- Kenneth decise di non insistere, prese la borsa, e andò via dalla stanza, lasciando Adam solo con i suoi pensieri e il suo groppo in gola.

Neanche il tempo di calmarsi, che circa cinque minuti dopo, sentì bussare alla porta.

Sospirò e si diresse ad aprire.

-Kenneth è nella scala antincendio a fumare- rispose prima ancora di aprire del tutto.

Ma tanto non poteva essere altri che Catherine, dato che era l’unica che visitava quella stanza del dormitorio, oltre ai due ragazzi che vivevano lì.

Ed infatti era proprio Catherine alla porta.

-Okay- rispose… entrando nella stanza.

-Che fai?- chiese Adam, confuso.

-Vado un attimo in bagno- rispose lei, con la massima tranquillità, chiudendosi dentro la stanza.

Degna cugina di Kenneth, avevano entrambi l’abitudine di fare come gli pareva.

Anche se Catherine era molto più discreta al riguardo, quindi il suo “fare come le pareva” passava spesso inosservato.

Ma Adam ormai aveva imparato a conoscerla, e sapeva che dietro quella facciata timida e discreta, c’era un caratterino inaspettato.

Che mostrava perlopiù con occhiatacce e frasi sarcastiche dirette al cugino, ma che c’era.

Non che ad Adam interessasse Catherine, ma dato che aveva una cotta per Kenneth, gli risultava naturale cercare di conoscere meglio anche sua cugina. Ed era anche inevitabile dato che per forza di cose finivano spesso per passare del tempo insieme.

Si mise alla scrivania e iniziò a rivedere gli appunti, per avere qualcosa da fare e non pensare a nessun Neri.

Cosa difficile quando metà dei suoi appunti avevano dei disegnini e note fatti a tradimento da Kenneth.

Si distrasse osservando una caricatura del professore estremamente accurata sebbene offensiva. 

…cosa gli stava facendo Kenneth?! Non aveva mai riso di queste stupidaggini prima di conoscere lui! Lo portava proprio sulla cattiva strada!

Ma era una strada così affascinante.

-Posso darti un consiglio?- la voce di Catherine, dietro di lui, lo fece sobbalzare così forte che per poco non provocò un terremoto.

-Catherine!- esclamò sconvolto, girandosi verso di lei. Da quando era lì?! Come riusciva ad essere così silenziosa?!

La ragazza rimase impassibile, e osservò il disegno fatto da Kenneth che Adam aveva fissato fino a pochi attimi prima.

-Posso darti un consiglio?- ripeté, con la sua solita voce indifferente, bassa e apatica.

-Riguardo a cosa?- Adam non capiva cosa volesse da lui, ma gli venne spontaneo coprire il disegno, come a nascondere di averlo fissato.

Fu un pessimo gesto da fare, perché Catherine scosse la testa.

-Sei un bravo ragazzo, Adam, ma la tua cotta per Kenneth… ti conviene tenerla a bada- la ragazza non perse tempo.

Adam impallidì. La sua pianta iniziò ad appassire.

-Cosa?! Di che stai parlando?! Io non… io non ho una cotta per…- mentre negava, la voce gli si spezzò in gola, mentre il groppo che aveva già da un po’ iniziava ad impedirgli di respirare.

-Tranquillo, Adam, non lo dirò a Kenneth, non lo userò contro di te, vi shippo eccetera. Ma conosco Kenneth, e al momento, non è nelle condizioni di cominciare una relazione o altro, quindi ti prego, se proprio non riesci a trattenerti, almeno non dirglielo, e aspetta un po’- Adam non aveva mai sentito Catherine dire così tante parole di fila, e avrebbe preferito che non parlasse proprio.

Il suo cuore batteva a mille, e sembrava in procinto di vomitare per l’ansia.

Non credeva che avere la propria cotta esposta gli avrebbe provocato tale emozioni, ma non gli piacevano affatto.

-Non c’è nessun… rischio. Non ho la minima intenzione di dire nulla- borbottò, sperando che questo la convincesse ad andare via.

Catherine annuì.

-Bene. Non lo dico solo per Kenneth, ma soprattutto per te. Rischiereste di soffrire entrambi- con un cenno di saluto, e un’ultima frase enigmatica, Catherine se ne andò, e Adam sospirò e si buttò sul letto, incapace di restare concentrato.

Forse Catherine aveva ragione, doveva solo ignorare i suoi sentimenti, seppellirli in fondo al cuore, e aspettare che andassero via da soli. Dopotutto erano solo sentimenti non ricambiati, non era questione di vita o di morte, e l’amicizia di Kenneth bastava a renderlo felice.

Il groppo alla gola si fece sempre più forte, e infastidito Adam tossì appena, cercando di liberarsi da qualsiasi cosa lo stesse soffocando.

Un paio di petali rossi uscirono dalla sua bocca.

…petali?

Aspetta, cosa?!

CHE CI FACEVANO DEI PETALI ROSSI NELLA SUA BOCCA?!

 

Kenneth era distratto quella sera. Era rimasto distratto tutta la sera, e non era affatto da lui pensare così tanto, specialmente se l’oggetto del suo pensiero era un ragazzo.

La sua filosofia di vita, infatti stava nel vivere la vita senza pensieri. Hakuna Matata. E se qualcuno si comporta male con te, mandalo tu sai dove e fregatene.

Eppure non riusciva a smettere di pensare ad Adam e a chiedersi cosa gli stesse succedendo, quei giorni.

Badate bene, il suo cuore non batteva forte pensando a lui, non aveva strane fantasie, e non gli piaceva in quel senso, perché Adam era etero, Kenneth era gay, e dato che niente poteva succedere tra loro Kenneth era molto bravo ad evitare che gli si sviluppasse una qualche attrazione.

No, Kenneth era solo confuso dal suo comportamento, preoccupato che fosse improvvisamente diventato omofobo, o che condannasse il suo stile di vita.

Cosa che ci poteva stare, ma che a Kenneth avrebbe dato non poco fastidio.

Perché lui e Adam erano amici. Era uno dei pochi amici che considerasse davvero tale, e gli sarebbe dispiaciuto perderlo come amico, perché era stato per un anno davvero un ottimo amico. Divertente, intelligente, aperto e incoraggiante. Forse uno dei migliori amici che Kenneth avesse mai avuto.

E, certo, non aveva mai avuto grandi amici, quindi non c’erano molte persone con cui fare un paragone, ma ciò non toglieva il fatto che Kenneth aveva passato davvero dei bellissimi momenti, con lui.

Ma non poteva continuare a fingere che le scenate che ogni tanto faceva, dall’inizio del nuovo anno scolastico, non gli dessero fastidio, perché gli davano non poco fastidio, a dirla tutta.

Forse era solo a causa dei poteri, però. Magari stava davvero solo cercando di metterlo in guardia per il suo bene. Dai, poteva dargli il beneficio del dubbio.

Sì, dai, meglio fare finta di niente e dargli un’altra possibilità. Adam la meritava. 

-Non credo di averti visto mai così assorto nei tuoi pensieri- una voce alle sue spalle attirò la sua attenzione, ma Kenneth non si scompose di una virgola, e non si girò neanche a guardare verso la direzione dalla quale proveniva.

Anche se avrebbe preferito non conoscere il proprietario della voce, almeno non così bene.

-Un tiro, David?- chiese, porgendo la sigaretta che stava fumando verso il ragazzo che aveva rimorchiato quella sera… beh, più un vecchio amico con il quale ogni tanto si divertiva un po’… amico per modo di dire, più un conoscente.

A Kenneth non piaceva stare troppe volte con la stessa persona, soprattutto se la conosceva bene come conosceva David, ma per fortuna avevano da tempo messo in chiaro che tra loro due c’era un legame occasionale, quasi lavorativo.

-Nah, sto cercando di smettere. Se vuoi farti una doccia il bagno è libero- David rifiutò, e si appoggiò alla balaustra del balcone. Erano in camera sua. Da parecchio Kenneth sarebbe dovuto tornare alla propria, ma esitava nel timore di incontrare Adam ancora sveglio, anche se a quell’ora stava sicuramente dormendo.

-Se tu smetti di fumare, io sono etero- Kenneth scosse la testa. David non avrebbe mai rinunciato al suo bastoncino giornaliero. Erano troppe le volte in cui diceva basta e poi ricominciava il giorno dopo.

-Ben tornato nella sponda dei vincenti- David rispose alla presa in giro, e Kenneth gli soffiò il fumo della sigaretta in faccia, facendolo ritirare -Sei proprio insopportabile- 

-Grazie, ce la metto tutta- Kenneth si finse lusingato -Non preoccuparti per la doccia, finisco qui e me ne torno in camera. La farò lì- rispose poi alla proposta di prima, tornando a fissare l’orizzonte.

-Hai litigato con il tuo coinquilino? Di solito non resti mai così a lungo qui- David lo osservò incuriosito, e Kenneth gli lanciò un’occhiataccia.

-In generale non sono affari tuoi, ma se lo fossero, a dire il vero sono rimasto perché volevo chiederti notizie sul corso di teatro. È successo qualcosa alla regina di ghiaccio?- in realtà Kenneth non aveva alcun interesse a chiedere di Queenie, ma era meglio che ammettere di aver pensato ad Adam per tutta la durata di quella serata, e in ogni caso aveva notato da un po’ che la sua arcinemica era più irritabile del solito, in quei giorni.

-Per essere uno che la odia, è incredibile quanto spesso finisci per parlare di lei. Forse quando hai detto di essere etero eri serio- David non rispose, e lo continuò a prendere in giro, probabilmente irritato dalla vicinanza del fumo che però non poteva avere per sé.

-Devi conoscerla bene una persona se vuoi antagonizzarla al meglio. Thomas Jefferson aveva un costoso busto di Alexander Hamilton a casa sua per il solo gusto di insultarlo quando gli pareva- spiegò, in tono saccente. Perfetta imitazione di Queenie Neige.

-Dove ti è uscita questa informazione?- chiese David, sorpreso.

Kenneth non poteva certo dire che era stato Adam a dirgliela durante una serata a tema musical dove Kenneth lo aveva fatto ballare al ritmo di quasi tutte le canzoni di Hamilton. Era stata una bella serata.

Ma non era un’informazione che avrebbe dato a David.

-Sai, parlo con le persone, le persone mi dicono cose, io ricordo le cose che mi dicono le persone, il solito. Allora, Queenie sta svalvolando, per quale motivo?- Kenneth tornò al punto.

-Il tuo sensore per Queenie è ottimo. Sì, c’è un motivo a dire il vero: la nuova insegnante ci farà fare Frozen come recita finale, e, udite udite, la regina di ghiaccio non farà la regina di ghiaccio- spiegò David, con malefico divertimento.

Kenneth dimenticò completamente Adam e si concentrò sulla succosa informazione appena ottenuta.

-Mi stai prendendo in giro? Queenie è letteralmente la reincarnazione di Elsa, e non fa Elsa? Che ruolo fa, Anna?- chiese, spegnendo la sigaretta e guardando il ragazzo in cerca di informazioni.

-Nah- David scosse la testa.

-Strano… un ruolo maschile? Tipo Hans o Kristoff?- sarebbe stato divertente vederla flirtare con qualche ragazza e avere un gay panic.

-Nope. Tra parentesi, farò io Kristoff- 

-Congratulazioni… allora… la regina? Nah, è un ruolo troppo minore per la grande Queenie Neige- Kenneth era a corto di idee, e dubitava che la proprietaria del teatro sarebbe stata relegata ad un ruolo minore.

-Già… no, farà un ruolo che le permetterà di stare in scena il 90% del tempo- David gli diede un indizio, sghignazzando sotto i baffi.

-Non ti seguo…- Kenneth non aveva idee.

-Ensemble- alla fine rivelò David.

Ci furono alcuni secondi di silenzio.

Poi Kenneth scoppiò a ridere.

-Ohhhh! Cavolo! Che gioia! Ti prego, dimmi che hai un video del momento in cui hanno assegnato i ruoli! Devo vedere la faccia di quella reginetta crollare inesorabilmente!- Kenneth si prostrò ai piedi dell’uomo che gli aveva appena dato la notizia migliore del mondo, che ridacchiò a sua volta.

-Purtroppo non ti sei perso molto, è stata super controllata. Ma non vedo l’ora di vederla non fare niente durante le prove- David ruppe le sue speranze, ma l’informazione che aveva già dato era abbastanza per sollevare l’umore di Kenneth per tutta la settimana.

Il suo livello di felicità era sempre direttamente proporzionale al livello di desolazione e disgrazia di Queenie, sempre e comunque.

E aveva tutti i motivi del mondo per odiarla.

-Va bene, amico. Grazie della serata, grazie della notizia, è il caso che torni in camera- con il morale alle stelle, Kenneth rientrò, prese la borsa, ed uscì per dirigersi alla propria camera.

Dove tutta la sua neoritrovata serenità mentale sparì quando si rese conto che tutti i mobili in legno erano marciti, la pianta che aveva regalato ad Adam era ormai morta, e quest’ultimo era sepolto nelle coperte come ogni volta in cui prendeva un brutto voto (che nel suo caso equivaleva a qualsiasi voto sotto il 27) o stava male.

Ormai era chiaro, c’era qualcosa di davvero strano in Adam.

E forse era peggio di una sua possibile omofobia.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(A.A.)

È sempre bello scrivere di Adam e Kenneth… tranne quando litigano.

Sì, questo capitolo è arrivato davvero tardi, ma tanto tanto tardi. 

È stato davvero difficile da scrivere, e dopo l’intero mese di settembre dedicato alla Corona Crew avevo un sacco di storie da recuperare e questa, siccome difficile, è anche passata in secondo piano.

Ma ho progettato alcune cose future, e ho anche anticipato dei momenti in questo capitolo che sarebbero dovuti arrivare più in là.

Spero che comunque vi sia piaciuto, anche se… ammetto che poteva uscire meglio.

Il prossimo capitolo dovrebbe essere migliore, e tornano finalmente Noah e Catherine. Non vedo l’ora.

Spero che ci metterò meno tempo.

Un bacione e alla prossima :-*

 

 

 

 

 

Nel prossimo episodio: Noah e Catherine lavorano insieme al cortometraggio, Kenneth e Adam discutono di faccende preoccupanti.

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Capitolo 10
*** Mission Impossible ***


Mission Impossible

 

Catherine era piuttosto convinta che il loro gruppo non avrebbe fatto granché al laboratorio di Filmmaking, quindi cercava di approfittare delle lezioni per riprendere il più possibile e provare poi a mettere insieme un irriverente cortometraggio sui retroscena del gruppo, dato che era francamente l’unica cosa che sarebbero stati in grado di fare, vista la distrazione di tutti i membri.

Non che al momento stesse riprendendo, dato che erano nel mezzo di una lezione del professore riguardo il montaggio, ma Catherine era l’unica a prendere appunti lì in mezzo, visto che Kenneth adocchiava Adam, che pallido e smunto provava a seguire senza il minimo successo e fissava il foglio bianco nel tentativo di evitare lo sguardo dell’amico.

Aria dormiva sul banco, con un leggero vento che le scompigliava a caso i capelli, e Queenie la fissava discretamente e le stava il più vicino possibile perché tale vento era anche piuttosto caldo.

Ed infine Noah aveva due enormi borse sotto agli occhi, e alternava la presa di appunti a dei messaggi al telefono, che non smetteva di accendersi, ogni cinque secondi.

Catherine provava molta pena per quel ragazzo, era troppo buono per morire così giovane a causa di Carrie, cosa che purtroppo sarebbe successa prima o poi.

Più prima che poi.

Già, povero ragazzo.

Ma Catherine non doveva immischiarsi.

Aveva provato ad avvertirlo, andando anche molto fuori dalla sua comfort zone, quindi non era colpa sua se era finito dritto nella trappola della yandere fuori di testa.

Ma gli faceva comunque una certa pena, perché era davvero un bravo ragazzo che non meritava quella sorte.

…non che gli altri ragazzi di Carrie avessero meritato tale sorte, ma Noah era particolarmente un bravo ragazzo, da ciò che Catherine aveva potuto intuire.

O forse la sua pena derivava dal fatto che era l’unico di questi ragazzi con il quale aveva intrattenuto più di una conversazione di poche parole, dato che non aveva potuto evitarlo come aveva sempre evitato gli altri.

Ma doveva smettere di pensarci: la propria sopravvivenza veniva sempre al primo posto.

-Bene, ragazzi, e ora che abbiamo chiaro il concetto, vi chiedo di realizzare un corto di circa un minuto con questo stile di montaggio, entro la settimana prossima. Potete iniziare a lavorarci già dalla fine di questa lezione- il professore concluse la spiegazione, e solo allora Catherine si rese conto che si era distratta per gli ultimi minuti, troppo intenta a pensare all’ordalia di Noah Mendez.

Cavolo! Lei non si distraeva facilmente, e di certo non a causa di un ragazzo! Cosa le stava succedendo?!

Lanciò un’occhiataccia verso Noah, causa del suo mal, e rivide gli ultimi appunti presi per controllare quale tipo di montaggio dovessero utilizzare.

Erano senza ombra di dubbio il gruppo messo peggio in quel laboratorio, dato che intorno a loro, tutti quanti avevano iniziato a parlare entusiasti tra loro.

-Cathy, ti prego, dimmi che almeno tu hai preso appunti- Kenneth fece sobbalzare Catherine abbracciandola di scatto e posando il volto sulla sua spalla per controllare i suoi fogli.

-Non devi contare sempre su di me, Kenneth- lo riprese, guardandolo storto.

-Ma allora su chi altri dovrei contare- Kenneth le scompigliò i capelli e le diede un bacio sul capo.

Catherine si ritirò, spazientita.

-Facciamo brainstorming sul corto della prossima settimana?- chiese Noah, rivolto a tutto il gruppo, mettendo da parte il telefono felice di avere una scusa per ignorare i messaggi.

-Sì… ehm… voi come pensate di fare quel… ehm… quel tipo di montaggio?- Queenie cercò di prendere in mano la situazione, senza però avere la minima idea di cosa dovessero fare.

-Eh… che… che dobbiamo fare?- Aria si destò improvvisamente dal suo sonno e si guardò intorno spaesata.

-Era un montaggio parallelo o alternato? Mi sono perso, mi dispiace un sacco!- anche Adam cadde dalle nuvole, ma viste le sue enormi borse sotto agli occhi e il fatto che per tutta la lezione era stato pressato da Kenneth, Catherine non riuscì ad avercela con lui.

Solo che ora tutto il peso gravava sulle sue spalle distratte, e tutti la fissavano aspettando che fosse lai a rispondere. Era lei ad aver seguito, ad aver preso appunti, era l’unica in grado di aiutarli in quella situazione.

Solo che… non aveva idea di cosa dovessero fare.

Iniziò a sudare freddo, in ansia, e a controllare al meglio gli appunti per cercare un qualche indizio.

-Dobbiamo fare un corto di circa un minuto con montaggio alternato. Non deve esserci una trama particolare, basta essere precisi tecnicamente- Noah intervenne, controllando i propri appunti che Catherine non si era neanche resa conto stesse prendendo, impegnato com’era a rispondere alla sua futura assassina. 

Nonostante l’astio che provava nei suoi confronti per nessun motivo particolare, Catherine si sentì infondere di un moto di gratitudine profonda per il ragazzo che l’aveva appena salvata dalla responsabilità di tenere il peso del gruppo sulle sue spalle.

-Però sarebbe comunque meglio creare una trama, per spiccare rispetto agli altri- Queenie, più sicura di sé, iniziò a pensare a qualcosa.

-In un minuto non possiamo essere troppo creativi- borbottò Kenneth, cercando di antagonizzare Queenie per principio.

-Senti, ma ti danno uno stipendio per essere sempre contro di me?- si irritò la regina di ghiaccio.

-Era una riflessione più che legittima, forse sei tu che ricevi uno stipendio per ogni volta che dubiti delle mie buone intenzioni- si infiammò subito Kenneth, non letteralmente per fortuna.

Catherine sospirò, e prese la sua fedele telecamera per riprendere il litigio. 

Era materiale per il loro corto finale, dopotutto.

Rimasero il resto della lezione a provare a farsi venire una qualche idea senza il minimo successo, e l’ora finì senza nulla di fatto, come sempre.

Catherine avrebbe seriamente voluto lamentarsi sulla scelta del gruppo, perché Kenneth e Queenie non potevano minimamente lavorare insieme.

Catherine non conosceva nel dettaglio il trascorso tra i due, e i motivi per i quali si odiassero tanto, ma a prescindere da chi avesse torto o ragione, erano entrambi insopportabili se messi insieme.

-Che fate ora?- chiese Aria, rivolta verso i non litiganti, per fare conversazione mentre sistemava la borsa.

-Io devo andare in biblioteca, devo fare un saggio per un corso e sono in alto mare- rispose Adam, sospirando rassegnato.

Nell’opinione di Catherine sarebbe dovuto andare a letto a dormire per recuperare il sonno perso, ma non disse nulla.

-Vengo con te! Sono ancora più indietro- si prenotò Kenneth, dimenticandosi Queenie e prendendo l’amico per un braccio.

Era proprio crudele nei confronti dei sentimenti del povero Adam, ma Catherine non commentò.

-Io e Queenie dobbiamo andare alle prove di teatro. Non vedo l’ora di cominciare!- Aria batté le mani entusiasta.

Queenie si incupì.

-Bisogna essere professionali- borbottò, seccata alla prospettiva.

-Io non ho…- Noah cominciò a dire, poi gli arrivò un messaggio al telefono, e sbiancò -…non è che posso unirmi a voi?- chiese, rivolto a nessuno in particolare.

-Le prove di teatro sono a porte chiuse- Aria scosse la testa, dispiaciuta.

-E i posti in biblioteca sono prenotati- Kenneth alzò le spalle.

-Okay… a pranzo? Pranzate da qualche parte? Posso unirmi a voi? Vi prego, ho bisogno di un impegno! Possiamo parlare del corto! Sono disposto a fare tutto il lavoro! Compongo le musiche- Noah era supplicante e terrorizzato.

-Woo, amico. Che succede? Perché questa urgenza?- chiese Kenneth, iniziando a preoccuparsi.

-Carrie mi ha chiesto di pranzare insieme, ma non ce la faccio! È tutto il giorno che mi tormenta!- si lamentò Noah, abbassando esponenzialmente la voce mentre parlava di lei come se temesse fosse appostata da qualche parte ad ascoltarlo, cosa che, conoscendo Carrie, era capace di fare.

-Ah… condoglianze, amico- Kenneth gli diede qualche pacca sulla spalla, e poi gli diede le spalle. Non voleva avere niente a che fare con quella pazza.

-Io rinuncerei anche alla biblioteca, ma è una settimana che l’ho prenotata, e poi nel pomeriggio ho un’altra lezione- Adam sembrò molto più dispiaciuto nel lasciare Noah a sé stesso.

-E noi dobbiamo essere professionali- Queenie scosse la testa, indicando lei e Aria.

Catherine era in procinto di andarsene senza dire nulla, dato che non era neanche stata interpellata direttamente, quindi poteva benissimo fingere che la situazione non la riguardasse minimamente.

Purtroppo Noah si girò verso di lei prima che potesse fuggire.

-Catherine, tu hai qualcosa da fare a pranzo?- chiese, speranzoso, supplicante, adorabile.

Il cuore della ragazza perse un battito.

-Io…- voleva rifiutare. Aveva degli impegni nel pomeriggio, e soprattutto non aveva la minima intenzione di finire nel mirino di Carrie. Se Noah fosse uscito con Kenneth, o con Adam, potevano salvarsi, ma lei sarebbe stata sepolta dall’onda, soprattutto se lei e Noah pranzavano da soli e Carrie li vedeva.

Noah sembrò intuire tutto questo dal semplice “io…” di Catherine, e abbassò la testa, abbattuto.

-Non sei costretta, scusa, è solo che sono disperato- si tirò indietro, comprendendo la sua ansia.

-Va bene- si lasciò sfuggire Catherine, pentendosi nell’istante in cui le parole le uscirono dalle labbra.

Noah la guardò stupito, Kenneth completamente sconvolto.

Ma ormai il dado era tratto.

-Possiamo portarci avanti con il cortometraggio, ed è solo un pranzo… prendiamo un panino da qualche parte e riprendiamo qualche scena. Dopotutto abbiamo poco tempo- provò a razionalizzare la sua decisione, con l’ansia crescente nella bocca dello stomaco.

-Oh, grazie! Grazie tantissimo! Offro io! Ti sarò per sempre debitore!- Noah la guardò con occhi brillanti. Il suo entusiasmò preoccupò non poco Catherine, che si guardò intorno a sua volta sperando che Carrie non li avesse notati.

-No! Ognuno paga per se, e pensa ai fatti suoi! Dobbiamo lavorare!- mise dei paletti precisi, evitando il suo sguardo e pregando di non essere arrossita.

Noah sembrò capire.

-D’accordo, certo. Grazie mille, comunque. Aspetta che avverto Carrie e possiamo andare- prese il telefono e iniziò a scrivere, sollevato.

-Beh, buona fortuna. Noi andiamo- Queenie salutò e si avviò fuori, seguita da Aria, che agitò la mano con più entusiasmo.

-Andiamo anche noi, Kenneth?- Adam indicò l’uscita, ma Kenneth continuava a fissare la cugina, che evitava il suo sguardo imbarazzata.

-Sì, intanto avviati, io ti raggiungo tra un minuto- Kenneth fece cenno all’amico di andare avanti senza di lui, e approcciò Catherine.

-Hai bisogno che venga anche io?- chiese in tono serio, preoccupato per la situazione.

-No, tranquillo, ho tutto sotto controllo- lo rassicurò lei, anche se non aveva niente sotto controllo.

-D’accordo… alle cinque ci vediamo comunque in camera mia, okay?- Kenneth confermò l’appuntamento che avevano.

-Sì, non fare tardi. Sai che ho i tempi stretti- gli ricordò Catherine, fulminandolo con lo sguardo.

-Sì, sì, lo so. Spero di riuscire a far vuotare il sacco ad Adam entro quell’ora- Kenneth lanciò un’occhiata verso l’esterno.

-Non pressarlo troppo- gli consigliò Catherine, conscia di cosa probabilmente avesse Adam, ma per niente intenzionata a dirlo al cugino.

-Lo sai che sono discreto. Tu stai attenta alla yandere pazza- Kenneth le scompigliò i capelli, e si avviò fuori.

-Tu non fare tardi questo pomeriggio!- gli ricordò Catherine.

-Sì, sì, sì…- promise Kenneth, uscendo camminando all’indietro e rischiando di andare a sbattere.

-Ci sono. Carrie è stata stranamente comprensiva. Dove andiamo?- Noah raggiunse la ragazza pochi secondi dopo, e sembrava completamente rinato.

-Prendiamo un panino da qualche parte- rispose Catherine, alzando le spalle.

Sperò davvero di non pentirsi del suo gesto di altruismo.

Ma Noah aveva questo potere incredibile di trascinarla dolcemente fuori dalla sua comfort zone.

Forse perché si sentiva estremamente in debito nei suoi confronti.

Ugh! Perché Carrie si era presa una cotta proprio per Noah Mendez?!

 

Noah aveva un piano! 

Un piano stupido e rischioso e a breve termine, ma era meglio di niente.

Anche se era così a breve termine che già stava iniziando a fallire, e il ragazzo ricominciava a disperarsi.

Ma comunque un piano ce l’aveva, e comprendeva il fingersi un ragazzo all’antica d’altri tempi per tenere Carrie a distanza e sperare che prima o poi si stancasse di lui perché noioso e decidesse di lasciarlo perdere.

Purtroppo al momento sembrava sempre più interessata perché “difficile da ottenere” e allo stesso tempo lo pressava pretendendo che si velocizzasse per lei, e Noah non sapeva più che scuse inventarsi.

Non era bravo a mentire o ad ingannare, era sempre stato un libro aperto per tutti.

Un altro degli svantaggi di essere sempre il ragazzo nuovo, infatti, era che per integrarsi doveva lavorare il doppio più in fretta rispetto agli altri, perché non aveva il tempo di farsi conoscere a step.

Al momento, però, era stato tratto in salvo da un vero e proprio angelo dai capelli ricci, che stava mangiando un panino accanto a lui seduta sul muretto e intenta a discutere con lui del cortometraggio che avrebbero fatto entro la settimana successiva.

Più che altro Noah ascoltava, mentre mangiava un panino particolarmente buono che gli era stato consigliato dalla sua accompagnatrice.

O meglio, lei lo aveva preso, e lui aveva deciso di provarlo, rimanendone piacevolmente sorpreso.

Era economico, particolare, e tipo venti volte meglio della spigola costosissima che aveva mangiato con Carrie durante quel disastroso pranzo di qualche tempo prima.

Forse proprio perché non era un cibo costoso, forse a causa della compagnia molto più piacevole.

-Ti sto annoiando?- chiese ad un certo punto Catherine, a disagio, distogliendolo dai suoi pensieri.

-Cosa? No! Io… scusa, sono un po’ distratto- Noah arrossì, imbarazzato per essere stato colto con la mente altrove.

-Tranquillo. Sono io ad avere una voce poco interessante da seguire. Ho buttato giù qualche idea per il corto- Catherine gli mostrò il quaderno su cui aveva scritto gli appunti. Aveva una scrittura molto piccola e fitta. Rappresentava perfettamente la sua personalità.

-Wow… sei la migliore del corso. Mi dispiace che sei finita nel nostro gruppo- si complimentò Noah, facendole un sorriso incoraggiante, molto colpito da quanto in fretta avesse elaborato il cortometraggio.

Catherine sobbalzò, e si guardò intorno, preoccupata.

-Noah, non mi sorridere- sussurrò, con urgenza.

Noah si ritirò, abbandonando completamente il sorriso.

-Scusa…- alzò le mani, poi ci pensò un attimo -…perché?- indagò, confuso. Sorridere era semplice cortesia. Aveva forse qualcosa tra i denti? O solo un brutto sorriso? O un pessimo alito? Iniziò a farsi mille paranoie.

-Se Carrie ci vedesse troppo amichevoli potrebbe pensare male, e non voglio finire nel suo mirino- spiegò Catherine, a bassa voce e fingendo indifferenza nei confronti di Noah. 

-Pensi che sia qui in giro?- chiese Noah, preoccupato, guardandosi bene intorno.

-Non essere così palese!- lo riprese Catherine, facendolo fermare di scatto -Comunque sì, è quasi certo che Carrie ci stia osservando. Penso sia dietro quei cespugli- indicò poi discretamente un punto alle sue spalle, da dove si aveva una visione perfetta di entrambi, ma soprattutto di Noah.

-Sei esperta- commentò Noah, con il cuore che batteva a mille per l’ansia della situazione.

-La conosco da anni. Ho elaborato parecchie strategie per restare fuori dal suo radar- spiegò Catherine, alzando le spalle.

-Mi farebbe comodo conoscerne qualcuna- Noah ridacchiò, anche se era effettivamente inquietato da Carrie, e avrebbe accettato ogni consiglio o strategia come manna dal cielo.

Ma non voleva coinvolgere troppo Catherine. Era chiaro che non volesse avvicinarsi neanche lontanamente a Carrie, e per estensione a lui. Noah si sentiva un po’ in colpa per averla spinta a vedersi a pranzo. Era chiaro che non volesse essere lì. 

Il ragazzo iniziava a sentirsi sempre più in trappola. Forse avrebbe dovuto semplicemente scappare. Scappare da Carrie, dall’università, dalla città stessa. Non è che avesse qualcosa che lo ancorasse lì, dopotutto. L’unico problema erano i soldi che avrebbero perso per fare il trasferimento. Sua madre faceva già troppi sacrifici, Noah non poteva chiederle anche quello. Doveva risolvere tutto con le proprie forze.

-Hai già in mente una qualche strategia?- chiese Catherine, con indifferenza, ma a voce leggermente più alta. Non abbastanza da farsi sentire da Carrie, ma abbastanza da attirare l’attenzione del terrorizzato e distratto interlocutore.

Noah le lanciò un’occhiata timorosa, come se temesse che solo guardandola avrebbe potuto metterle un bersaglio in testa da parte di Carrie.

-Beh…- si grattò nervosamente il collo -…speravo di prenderla per sfinimento, fingendo di essere uno all’antica che vuole corteggiare qualcuno per anni e anni e anni… ma non sta funzionando granché bene- spiegò, un po’ imbarazzato dal doversi confidare proprio con lei.

Avrebbe dovuto ascoltare il suo consiglio, la prima volta che aveva provato a metterlo in guardia su Carrie!

-È una strategia intelligente… anche se a breve termine. Ma ci puoi lavorare. Di solito Carrie perde interesse in fretta se non è continuamente stimolata, e i ragazzi che lascia subito sono quelli che ottengono le vendette meno impegnative. Ma essere originale e corteggiarla all’antica potrebbe anche interessarla maggiormente- Catherine si portò una mano sul mento, pensierosa -Aspetta un secondo- riprese il quaderno dalle sue mani, e lo sfogliò fino a raggiungere la fine, dove c’era una piccola tasca, dalla quale tirò fuori un foglio piegato più volte su sé stesso. Lo spiegò, e lo guardò con attenzione.

Noah la lasciò fare, curioso ma cercando di non superare il limite.

Non riuscì a non notare però che nei fogli che aveva sfogliato velocemente c’erano parecchi schizzi, e qualche disegno del logo di Black Cat. Era un segugio, quando si trattava della sua youtuber preferita.

-Okay… gli unici ragazzi di cui non si è crudelmente vendicata sono quelli che erano troppo più ricchi e potenti di lei, quelli che si sono rivelati omosessuali, e quelli che ha frequentato meno di una settimana e ha mollato lei… tu sei etero, giusto?- Catherine lo squadrò interessata.

Noah si ritrovò ad arrossire, e annuire.

-Sì, sono etero… e alleato- confermò, sottolineando la seconda cosa, ricordando che comunque la ragazza davanti a lui era la cugina di Kenneth la bandiera del pride umana.

-Peccato… mai pensato di provare l’altra sponda?- insistette Catherine, completamente impassibile.

-Eh… per finta, intendi?- Noah iniziò a capire il suo piano. Catherine scosse la testa.

-Una volta un ragazzo l’ha mollata dicendo di essere gay… cinque anni dopo Carrie ha scoperto che si era fidanzato con una ragazza e al momento entrambi scontano una pena di diciassette anni per rapina a mano armata- controllò un appunto sul foglio.

-Cosa?!- Noah era a bocca aperta, sempre più spaventato.

Catherine alzò le spalle.

-Prenderla in giro e farle capire che vuoi mollarla è una strada diretta verso la morte- aggiunse poi, scannerizzando con gli occhi il foglio con gli appunti. Noah diede un’occhiata: era uno schema estremamente dettagliato, FBI style, di tutti gli ex ragazzi di Carrie.

Era… inquietante. 

Catherine sembrò accorgersi dello sguardo sorpreso di Noah, perché arrossì appena, coprì i complicati schemi, e i suoi capelli si fecero leggermente più crespi, come se avessero dell’elettricità all’interno.

-Non sono una stalker, solo una buona osservatrice- si giustificò, in un sussurro.

-Non ho mai pensato fossi una stalker. Sono molto affascinato dal tuo zelo- si affrettò a difendersi Noah, e a rassicurarla.

-Comunque, non puoi farle capire che vuoi allontanarti… ma allo stesso tempo fare in modo che sia lei a stufarsi di te. Dovresti annoiarla, ma non ignorarla- Catherine continuò a dare consigli, come se stesse parlando della lista della spesa.

-Sembra… difficile- ammise Noah, poco esperto di imbrogli e manipolazione mentale.

-Un po’ lo è in effetti. Se fosse facile non ci sarebbero state così tante vittime. I consigli specifici che posso darti sono di essere molto accondiscendente ma parlare molto poco con lei a meno che non sia lei a cominciare il discorso. Darle però buongiorno e buonanotte e usare emoticon quando le rispondi per trasmettere affetto anche quando l’affetto non c’è. Riduci le interazioni con le altre persone al minimo, soprattutto con le ragazze, me compresa. Se però usi la scusa dell’università dovrebbe andare bene. Le piacciono le persone che si impegnano e possono mantenerla in futuro- Catherine probabilmente non aveva mai parlato così tanto con qualcuno che non fossero Kenneth o i suoi genitori, ma Noah era un buon ascoltatore. Annuiva, era attento, e a metà discorso aveva iniziato a prendere appunti per non dimenticarsi nessuno di quei consigli. Era davvero una salvavita.

-No, non prendere appunti a meno che non siano criptati. Se li trovasse sarebbe un disastro- gli consigliò Catherine rendendosi conto di cosa stesse facendo, e arrossendo appena per l’estremo interesse che Noah stava mostrando nei suoi confronti.

-E a proposito di cose che non deve vedere… cerca di non rivelarle mai qualcosa che ti sta davvero tanto a cuore. Se possibile menti al riguardo. Tipo… sa che suoni la chitarra, probabilmente, ma fingi che sia solo un passatempo, e che la cosa che ti sta più a cuore al mondo non è la musica ma… non so… un vecchio maglione di tuo nonno che in realtà hai comprato al mercatino. Cose del genere. Così se dovesse andare per il peggio, eviterà di vendicarsi puntando le cose che ti stanno davvero a cuore- Catherine continuò i consigli, indicando il maglione che Noah portava.

In realtà era davvero un vecchio maglione di suoi nonno Arturo, ma evitò di dirlo a Catherine… e avrebbe di certo evitato di dirlo a Carrie. Aveva litigato per giorni con suo cugino Diego per averlo, non avrebbe permesso ad una pazza di distruggerglielo per vendicarsi di qualcosa.

Anche se c’era un’altra cosa che al momento a Noah premeva scoprire.

-Sai che suono la chitarra?- chiese infatti, sorpreso che Catherine conoscesse questa sua passione. Non che fosse un segreto, dato che su Instagram postava spesso video di lui che suonava, e aveva anche realizzato la fansong di Black Cat più famosa su youtube che era anche diventata la sigla del canale, ma, beh, dubitava che Catherine sapesse che lui era quel Noah, e aveva anche detto di non avere Instagram.

-Sì… ne abbiamo parlato… mi pare… una volta- rispose Catherine, un po’ in difficoltà.

-Oh… figo che te lo ricordi- ammise il ragazzo, con un sorrisino imbarazzato e felice.

-Noah… ti sembro una che si dimentica le informazioni?- lo prese in giro Catherine, indicando la sua lista con un’espressione di superiorità.

Il cuore di Noah ebbe un fremito.

Aveva appena fatto una battutina?! L’indifferente Catherine aveva fatto una battutina a lui?! Era così adorabile!

Ma durò un secondo, perché, come resosi conto che era uscita dal personaggio, Catherine tornò impassibile, e si sistemò una ciocca di capelli dietro l’orecchio, imbarazzata.

-Comunque… sono una buona osservatrice, e ho buona memoria. Quindi… ecco… ne so molto di Carrie. Ma se ti da fastidio che io…- 

-No!- Noah la interruppe subito -Anzi… le tue informazioni sono veramente una manna dal cielo. Sono onorato che tu abbia deciso di condividerle con me- Noah le sorrise.

Catherine non perse tempo a rimproverarlo.

-Non sorridermi. Carrie potrebbe confondere una qualsiasi smorfia per un sorriso innamorato, quindi sta attento- gli ricordò. Noah finse indifferenza, ma non era bravo quanto l’amica e compagna di laboratorio.

Si guardò intorno per vedere se Carrie fosse in giro, ma non la vedeva da nessuna parte.

-Direi di riprendere qualche scena per il corto della prossima settimana e poi ognuno va per la sua strada. E ti consiglio di rimproverarmi ogni tanto durante queste riprese- Catherine prese la videocamera e iniziò a regolare le impostazioni per ottenere una buona inquadratura.

-Rimproverarti? Perché mai dovrei farlo?- Noah la guardò confuso.

-Se Carrie ti chiede di vedere i video glieli puoi mostrare e se vede che mi rimproveri capirà che non hai la minima considerazione di me. Se ti rimproverassi io potrebbe volersi vendicare per conto tuo e preferirei evitarlo- spiegò Catherine distrattamente.

Noah non riusciva a capire come riuscisse a pensare a delle strategie così in fretta e con tale naturalezza, ma era sempre più affascinato dalle sue brillanti doti.

…e inquietato dai motivi che le stavano facendo uscire fuori.

-Più parliamo di Carrie, e più mi sembra il cattivo di un videogioco. Troppo assurda per essere vera- ammise, un un certo timore.

-Oppure è la protagonista, se prendiamo i giochi che vanno di moda adesso, con antieroi o protagonisti “moralmente ambigui” che francamente sono solo cattivi e basta- gli diede man forte Catherine, molto tra sé.

-Tipo Yandere Simulator?- chiese Noah, ricordando le parole che Black Cat aveva detto quando aveva espresso in un vlog l’intenzione di non continuare la serie di Yandere Simulator per questioni personali e morali. Molti l’avevano criticata definendola esagerata, ma Black Cat aveva ribattuto che conosceva persone che avevano preso le idee messe in pratica da lei e le avevano usate nella vita vera, e questo l’aveva piuttosto turbata. 

-Non parliamo di Yandere Simulator, guarda!- Catherine sbuffò, e si affrettò a cambiare argomento -Sono pronta per girare, quando vuoi tu- 

-Anche subito- Noah accettò il cambio di argomento e si mise a disposizione.

Girarono senza problemi. Anzi, si ritrovarono davvero bene a lavorare insieme, sulla stessa lunghezza d’onda e complementari nella lavorazione, anche se dovettero fingere il contrario per non far insospettire Carrie, ma anche nella finta disorganizzazione risultarono organizzati.

E quando conclusero il lavoro, e si salutarono, sembrò che entrambi non volessero separarsi, perché iniziarono a camminare nella stessa direzione.

-Ehm… dove sei diretta? Alla fermata dell’autobus? Posso accompagnarti se vuoi, visto che è sulla stessa strada- rendendosi conto della cosa, Noah la raggiunse.

Catherine esitò qualche istante, ma poi scosse la testa.

-In realtà… devo andare al dormitorio dell’università. Tra un paio d’ore devo vedermi con Kenneth e poi andiamo insieme a casa mia. Oggi dorme da me- spiegò, a bassa voce.

Noah accennò un sorriso, ma si corresse subito, e assunse un tono indifferente.

-Beh, allora, visto che già ci siamo, possiamo fare la strada insieme. È un po’ una seccatura visto che sei noiosa, ma almeno faccio il brav’uomo che protegge la ragazza inferiore- si finse disinteressato, e si sentì terribilmente in colpa. Lui non le pensava neanche lontanamente quelle cose. E come poteva farlo?! I modelli di forza della sua famiglia erano tutte donne! Da sua madre, a sua zia, alla ragazza di suo cugino Diego. Aveva visto quella donna solo un paio di volte, ma era il tipo che ti poteva aprire in due se solo la guardavi storto… mmmm, forse poteva chiederle aiuto per la questione Carrie… nah, meglio non fare crossover troppo evidenti.

Sentì un verso strano ma stranamente familiare, e si girò di scatto verso Catherine, che però era perfettamente impassibile, e lo guardava annuendo appena.

-Sì… stai migliorando. C’è la quantità giusta di sessismo- gli sussurrò, prima di alzare la voce -Non vorrei chiedertelo, ma effettivamente sono in pericolo a stare per strada a quest’ora- disse senza emozioni evidenti nella voce. Erano solo le quattro del pomeriggio, non era un orario particolarmente pericoloso, soprattutto a New Malfair, ma dettagli.

Alla fine fecero la strada insieme. La compagnia di Catherine era estremamente rilassante per Noah, proprio perché non sentiva il bisogno di essere brillante, o parlare, o fare gesti particolari. Certo, doveva stare attento a Carrie, ma Catherine, in sé, lo metteva molto a suo agio.

Se solo avesse ascoltato il suo consiglio prima di restare invischiato con Carrie!

 

Kenneth sapeva di essere in ritardo al suo appuntamento con Catherine, ma prima di tornare al dormitorio, dove sicuramente la cugina lo stava aspettando, doveva spezzare Adam!

O meglio, prima che vi facciate strane idee, doveva spezzare la ferrea resistenza che Adam stava mostrando nel non volergli rivelare cosa gli stesse succedendo.

Kenneth non era un tipo invadente, sapeva benissimo l’importanza dei segreti e quanto fosse necessario tenerli per sé e non rivelarli alle persone sbagliate. Un piccolo segreto aveva rovinato la sua intera vita.

Ma qualsiasi cosa Adam stesse tenendo per se lo riguardava, quindi Kenneth aveva tutto il diritto di sapere perché tutti i mobili di legno della loro stanza erano marciti.

…okay, al risveglio erano tornati come prima, perché evidentemente Adam aveva il potere di riportare allo splendore oggetti distrutti, cosa che era davvero utile e conveniente ai fini della trama per non avere conseguenze economiche, ma comunque Kenneth aveva il diritto di sapere cosa stesse succedendo, anche per prepararsi all’eventualità di svegliarsi un giorno perché il suo letto era crollato su sé stesso durante la notte.

E poi, magari, poteva anche aiutarlo. Kenneth era affidabile quando si trattava di mantenere i segreti, come Catherine avrebbe potuto tranquillamente confermare. E Adam era suo amico, voleva aiutarlo al massimo delle sue possibilità.

Quindi al momento erano nel bagno vicino alla biblioteca dove Kenneth aveva portato Adam quando erano stati cacciati per il troppo rumore.

Era un bagno ben poco frequentato perché qualche anno prima c’era stato un litigio sfociato con un accoltellamento (un ex di Carrie con una ragazza che per tutto il tempo del processo aveva obiettato che non aveva la minima idea di chi fosse il tipo accoltellato perché si erano parlati solo una volta quando lei aveva chiesto informazioni) e quindi c’erano ancora i nastri della polizia e tutti si tenevano alla larga. 

Era soprannominato “il bagno di Psycho”, anche se nessuna doccia era coinvolta.

Comunque, Kenneth non era superstizioso, quindi aveva trascinato Adam all’interno, ignorando i nastri della polizia. 

-Quello è sangue?- aveva chiesto Adam una volta dentro, indicando una macchia sul pavimento.

-Nah, è solo sporco. Il tizio è stato accoltellato lì- Kenneth rispose, indicando un punto del bagno poco distante, che era stato ripulito alla fine del processo.

Adam sobbalzò, e provò ad uscire, ma Kenneth lo tenne fermo sul posto.

-Qui non ci disturberà nessuno… allora… cosa succede?- indagò, diretto. 

-Non succede niente, cosa ti fa pensare sia successo qualcosa?!- continuò a negare Adam, distogliendo lo sguardo. Non si doveva essere dei geni per capire che stesse evitando la domanda.

-Adam, io so di essere un idiota, ma anche un idiota come me si rende conto che se tutti i mobili di legno di una stanza marciscono quando all’interno è presente un dominatore della terra, c’è una grossa probabilità che sia lui il responsabile della cosa, e dato che i nostri poteri derivano dalle emozioni, ne deduco che ci sia qualcosa che non va!- Kenneth era consapevole che usare la logica, con Adam, era un mezzo perfetto per vincere la sua resistenza, ed infatti il coinquilino appariva piuttosto rapito dalle sue deduzioni. Ma durò pochi secondi, perché assunse subito uno sguardo sofferente, deglutì a fatica, e distolse lo sguardo.

-Sto bene, davvero. Ti prego, non indagare!- supplicò, come se gli facesse male fisico anche solo parlare di quello che stava succedendo.

-Qualsiasi sia il tipo di preoccupazione che hai, ne puoi parlare con me. Non ti giudicherò, e posso aiutarti. Sfogarti è utile, impedisce complicanze future- Kenneth insistette, in tono incoraggiante.

-Non posso dirlo a te- sussurrò Adam, stringendo poi i denti e deglutendo nuovamente. Che aveva alla gola?! Catarro? Coronavirus? No, l’unica corona di questo universo è la Corona Crew, ed è a Harriswood, non a New Malfair.

-Guarda che sono un tipo affidabile. Chiedi a Cathy! E giuro che se anche mi dicessi che hai ucciso qualcuno, o che hai iniziato a farti di eroina, o che sei stato bocciato ad un esame, non ti giudicherei affatto. Ti aiuterei a seppellire il corpo, cercherei di farti smettere con la droga perché l’abuso è pericoloso, e… non posso aiutarti a studiare, ma non ti giudicherei, giuro! Quindi puoi dirmi qualsiasi cosa- Kenneth cercò di risultare il più affidabile possibile.

Adam sembrava ancora più terrorizzato.

-Credi davvero che io potrei mai uccidere qualcuno? O farmi di eroina?! O ESSERE BOCCIATO AD UN ESAME?! La prospettiva è agghiacciante!- si portò una mano al petto e iniziò a respirare a fatica.

-Erano solo esempi per dirti che non ti giudicherei, e sicuramente il tuo problema è meno grave di questi, quindi puoi dirmelo- Kenneth provò a mettergli una mano intorno alle spalle in modo cospiratore, ma era troppo basso per Adam, quindi si limitò a mettergliela intorno alla vita.

Adam si scansò immediatamente.

Strano… non aveva mai fatto nulla del genere prima. 

Era poco da lui evitare Kenneth così tanto.

-Non è che sia grave in sé… spero. Oh spero tanto non sia grave…- Adam iniziò a massaggiarsi la gola -…ma il punto è che non posso dirlo a te. Ti prego, non insistere. Perché se te lo dovessi dire sono sicuro che ti pentiresti di avermelo chiesto- Adam prese un profondo respiro, e spiegò con calma i motivi che lo spingevano a non voler parlare.

La sua spiegazione non convinse affatto Kenneth a lasciar perdere, anzi, aumentarono il nodo in gola che provava già da un po’ di giorni, forse addirittura dall’inizio dell’anno scolastico. Adam era strano, sembrava evitarlo, e giudicarlo.

-Questo problema che hai… ha a che fare con me?- indovinò, e quando vide Adam sgranare gli occhi, capì che ci aveva preso. Si incupì appena, ma cercò di non scendere a conclusioni affrettate.

-Non… non è una questione di…- il suo coinquilino provò ad evitare di rispondere, ma Kenneth lo interruppe.

-Se è un problema che riguarda me, parlarne con me sicuramente ti aiuterà più che tenerlo dentro o parlarne con altri. Quasi tutti i problemi possono essere risolti, se si interviene in tempo. Allora, dimmi. Tranquillo, non mi arrabbio. Cioè… forse un po’ mi arrabbio se scopro che sei diventato omofobo, ma mi apro alla possibilità di parlarne e farti capire che l’omofobia è una gran cavolata da ignorante!- il ragazzo provò a restare calmo, ma iniziava a scaldarsi, letteralmente.

-Ma certo che no! …cioè, certo che è una cavolata da ignorante! Non sono omofobo, non potrei mai essere omofobo, perché io…- Adam si interruppe, deglutì di nuovo.

-Tu…?- Kenneth lo incoraggiò a continuare, felice di star arrivando da qualche parte, e sollevato dal fatto che Adam non fosse diventato omofobo. Sarebbe stato molto deludente.

-Io…- Adam provò a parlare, ma richiuse la bocca, distolse lo sguardo, e scosse violentemente la testa -No… no.. io non…- strinse i denti, e si portò una mano alla gola, che iniziò a massaggiarsi.

-Adam, prendi un respiro e dimmelo, basta. Non hai nulla da temere. Non c’è nessuno qui e qualsiasi problema tu abbia con me… se ti da fastidio qualcosa del mio stile di vita, se torno troppo tardi, o esco troppo presto, o se sono irritante durante le nostre lezioni, puoi dirmelo. So di non essere una persona facile, quindi sono pronto ad accettare una qualche critica, non serve fare i passivi aggressivi o evitarmi. Sono davvero tanto tranquillo!- …ed egocentrico, probabilmente, ma a sua discolpa, Kenneth era convinto che Adam avesse solo qualche problema con lui che evitava di dire per non ferirlo. Adam era quel tipo di persona, che cerca di far contenti tutti a scapito della propria felicità.

Non pensava fosse grave, il suo problema, perché Adam non era tipo da avere problemi gravi, né morali, né scolastici, né legali, e sicuramente non romantici.

Certo, i poteri potevano complicare un po’ le cose, ma Kenneth dubitava avesse estremi problemi emozionali che potessero giustificare dei problemi gravi con i suoi poteri.

-No, Kenneth, io…- Adam si coprì la bocca di scatto e scosse la testa, autocensurando qualsiasi cosa stesse per dire.

Poi sgranò gli occhi, portò una mano al petto, deglutì molto rumorosamente, senza particolare successo, e prima che Kenneth potesse chiedere qualsiasi altra cosa, Adam corse alla toilette più vicina, e si piegò sulla tazza del water.

Kenneth rimase qualche secondo congelato sul posto, sorpreso dal suono dei conati, no, aspetta, della tosse. Adam tossiva furiosamente.

Riuscì a sbloccarsi in tempo record, e raggiunse l’amico dentro il cubicolo, preoccupato per lui.

-Adam, cos…?- ma prima che potesse indagare ulteriormente, rimase di sasso nel notare numerosi petali rossi tutti intorno.

E l’ipotesi che fossero spuntati a caso venne completamente eliminata quando Adam fu scosso da un altro attacco di tosse, che espulse petali e qualche goccia di sangue.

-Oh, porca poiana!- esclamò Kenneth, inorridito e terrorizzato, rendendosi finalmente conto della gravità della situazione.

 

In un primo momento Catherine era rimasta piuttosto scontenta nel non aver trovato suo cugino in camera prima del loro appuntamento, ma si era consolata quando Noah le aveva proposto di aspettare in camera sua.

Cioè, non che morisse dalla voglia di entrare in camera della preda di Carrie e rischiare che lei li vedesse e la puntasse, ma… beh… non era una brutta prospettiva entrare in camera di Noah, in generale, e aspettare il cugino seduta su una sedia e non per terra.

E teoricamente Carrie non poteva vederli da lì, dato che non era mai stata in camera di Noah quindi non poteva aver installato delle telecamere, e Noah aveva chiuso tutte le tende per evitare che li spiasse.

Quindi finalmente potevano parlare liberamente.

E Noah era davvero fantastico!

Cioè, era un ragazzo in gamba.

Sì, tutto qui. Un bravo ragazzo. 

Che amava la musica, che era gentile, rispettoso, un nerd totale soprattutto quando si parlava di Black Cat e molto legato alla sua famiglia.

E nel parlare liberamente, Catherine si era completamente dimenticata di Kenneth e del motivo per cui aveva fretta di tornare a casa.

Si trovava davvero troppo bene con lui.

-E quindi niente… alla fine ha vinto il Dams di New Malfair, e mia cugina Juanita mi odia- stava raccontando il motivo per il quale aveva scelto l’università a New Malfair.

-New Malfair è meglio per questo dipartimento, anche se Harriswood ha un migliore corso di informatica- rifletté Catherine, ricordando le ricerche che aveva fatto prima di scegliere l’università.

-Sì, ricordo che a te piace molto l’informatica, era un’altra possibilità che avevi in mente?- indagò Noah, per fare conversazione.

-A dire il vero era quello il mio obiettivo. Ho avuto una borsa di studio per la facoltà di informatica di New Malfair, un corso estivo di preparazione, ma… non mi sono trovata per niente bene, quindi ho rinunciato. Harriswood è lontana e non volevo lasciare i miei genitori, quindi alla fine ho optato per il DAMS, così stavo anche con Kenneth, ne ha sempre parlato tanto bene- spiegò Catherine, aprendosi più di quanto volesse.

Ma Noah sembrava davvero ascoltarla.

-La comfort zone…- annuì, comprendendo perfettamente le motivazioni di Catherine.

-Sì… è un po’ difficile uscirne. Anche se… mi sarebbe davvero piaciuto fare informatica. Adoro i computer. È il linguaggio che più capisco- Catherine si morse il labbro prima di lasciarsi sfuggire altro, sentendosi anche un po’ ridicola per le informazioni che stava condividendo.

-Non posso dire che per me sia lo stesso perché non ne so nulla di computer, ma potrei fare un discorso simile per la musica. È quello il linguaggio che capisco meglio- Noah, però, si mostrò estremamente comprensivo.

La ragazza accennò un sorrisino, e annuì.

Conosceva il suo amore per la musica.

-Componi le tue canzoni- non suonò come una domanda, dato che era una vera e propria affermazione che Catherine conosceva, ma Noah la prese come tale.

-Sì, ne ho parecchie di originali! Anche se… beh, non sono un granché. Ho pubblicato un paio di cose su youtube, ma mi vergogno troppo quindi metto solo fansong o qualche cover. Sai, io sono… non voglio vantarmi o altro, ma hai presente la sigla di Black Cat?- le guance di Noah si fecero un po’ rosse, ed evitò lo sguardo di Catherine, ma la ragazza vedeva con chiarezza che i suoi occhi brillavano. 

Fu oltremodo impossibile trattenere un sorriso intenerito. Fortuna che lui non la stava guardando.

-Wow, non dirmi che è opera tua? È la fansong più bella di Black Cat- finse di essere sorpresa, anche se a dire il vero lo sapeva dall’inizio.

Noah si illuminò. 

-Eh eh… grazie! Sì, è opera mia. Gliel’ho fatta per i due anni del canale, e poi lei mi ha contattato su Youtube chiedendomi di usarla come sigla, è stato stupendo!- raccontò con entusiasmo e fangirlaggine massima.

-Spero ti paghi regolarmente i diritti d’autore. La canzone è tua, quindi meriti di ricevere un profitto- gli fece presente Catherine, quasi come se stesse cercando di convincerlo.

-No! No, no! Cioè, aspetta! Lei voleva pagarmi, voleva acquistare i diritti d’autore perché temeva che io potessi farle causa, credo…- spiegò, riflettendo tra sé. Catherine arrossì appena, senza motivo apparente, e distolse lo sguardo, posandolo fuori dalla finestra.

Un momento… riusciva a vedere fuori dalla finestra.

-…ma io l’ho assicurata che non avrei mai fatto una cosa del genere, e comunque le ho regalato i diritti, e la canzone è legalmente sua. Era un regalo per i due anni del canale, e lei ha fatto così tanto per me, era il minimo- Noah continuò senza rendersi conto di nulla, ma Catherine lo ascoltava distrattamente. Sapeva quella storia, dopotutto.

Perché riusciva a vedere fuori dalla finestra?!

-Mi sembra che Black Cat ci abbia fatto un vlog, poco prima di cambiare la sigla. Mi ha anche fatto pubblicità… ma non avevo molti contenuti sul mio canale quindi non è servito a molto, e aveva anche molti meno iscritti all’epoca. Comunque è stato davvero un onore, soprattutto è un onore che tenga la sigla ancora oggi…- Noah procedette imperterrito, e sempre più entusiasta.

Le tende erano state tirate, Catherine era convinta di questo! E adesso erano tutte spalancate!

-Hey… tutto bene? Sei pallida come un fantasma- Noah si rese conto della confusione di Catherine, e le si avvicinò.

Se lei poteva vedere fuori, qualcuno poteva vedere dentro.

Si girò di scatto verso Noah, e lo spinse lontano. 

Nello stesso istante, lo scaffale più alto della libreria di Noah cedette, facendole cadere tutti i libri in testa.

Nel piegarsi verso terra, la ragazza afferrò la tenda, e la chiuse di scatto, molto più preoccupata di essere vista da Carrie che dal bernoccolo che di certo le sarebbe uscito in testa dopo quella brutta botta.

-Catherine!- Noah si precipitò su di lei, preoccupato, per controllare le sue condizioni. Catherine si massaggiò la testa.

Fortuna che i suoi capelli si erano gonfiati per l’elettricità. Avevano attutito.

-Tutto bene, tutto bene, non preoccuparti- sminuì ciò che le era accaduto, come era solita fare.

-Mi dispiace tantissimo! Non ho idea di come sia potuto succedere. Ti prendo del ghiaccio? Dove lo trovo del ghiaccio?! Ne avranno un po’ giù alla caffetteria. Vado e torno- Noah era decisamente molto più nel panico rispetto a lei. Catherine iniziò a temere che sarebbe stato praticamente impossibile per lui liberarsi di Carrie. Se era così sinceramente premuroso e attento, poteva essere il sogno di ogni donna.

…o forse solo di Catherine.

No, no! A Catherine non piaceva Noah! Aveva solo un soft spot per lui per motivi professionali, nulla di più!

-Tranquillo, è solo una botta in testa, non è niente di mortale- gli fece presente, indicando il punto di impatto.

-Oh no! Verrà un bernoccolo? Ti fa male? Credo che il ghiaccio sia necessario! Che sfiga ho con le ragazze di questi tempi!- si lamentò lui, agitandosi sempre di più.

Catherine si trattenne a stento dal ridere. Era davvero adorabile.

-Non verrà nessun bernoccolo, ha già smesso di farmi male. I libri che tieni lassù sono anche piuttosto leggeri- lo rassicurò, alzandosi e mettendogli le mani sulle spalle per calmarlo -Sono più preoccupata per questa pioggia, a dire il vero- aggiunse poi, indicando l’aria intorno a loro, dove aveva iniziato a scendere una lieve pioggerellina.

-Ah!- Noah sobbalzò, e si allontanò di scatto da Catherine, temendo di bagnarla. L’agitazione fece aumentare la pioggia, che iniziò a battere piuttosto fitta, bagnando davvero la giovane, dato che era presente in tutta la stanza, quindi a nulla serviva il tentativo di Noah si spalmarsi al muro.

-Mi dispiace tantissimo! Non lo intendevo! Non lo controllo! TI posso offrire un asciugamano? Un phon? Un… oh no! Il computer! Non posso far bagnare il computer!- più Noah si agitava, più la pioggia si faceva fitta. A Catherine non importava bagnarsi, ma le sarebbe dispiaciuto far bagnare le cose di Noah, quindi si affrettò a provare a calmarlo, anche se la situazione, doveva ammetterlo, era esilarante. 

Ma lei non poteva ridere davanti a Noah.

Intanto lei non rideva in generale davanti agli altri, ma davanti a Noah era vietatissimo!

Si asciugò al meglio i capelli con la tenda, che… sembrava essersi leggermente riaperta da sola di nuovo, e dopo averla bloccata chiusa con una sedia, si avvicinò a Noah per rassicurarlo.

-Tranquillo, respira, guardami, sto bene, tu stai bene, il computer e i libri e i vestiti staranno bene, perché il primo al massimo te lo risolvo io con il mio potere perché questa storia al momento non ha conseguenze economiche derivate dai poteri (tranne il tuo elefono ma quello serviva per la trama), e gli altri due si asciugano. Respira, va tutto bene- lo rassicurò.

Noah respirò, e la pioggia iniziò a calmarsi.

-Sì, okay… hai ragione, va tutto bene…- ma durò poco -…tu stai bene?! Non mi importa del computer o dei libri o dei vestiti! Tu stai bene?! Ti prendo l’asciugamano- Noah si riagitò a tempo record, e Catherine non trattenne un risolino, che lo fece bloccare sul posto, e girare verso dei lei.

La ragazza si premette una mano sulla bocca, per trattenere le risate, ma esse ebbero la meglio, anche se per fortuna riuscì a non far uscire neanche un suono, ma solo evidenti movimenti muscolari.

-Ti burli di me?- chiese Noah, dopo qualche secondo di silenzio affascinato, facendo l’offeso. Ma la pioggia smise completamente di cadere.

-Forse un pochino?- ribatté Catherine, coprendosi il volto per non mostrare la sua espressione divertita.

-Io mi preoccupo per te e tu mi prendi in giro?- Noah scosse la testa, ma accennò un sorrisino.

-Grazie della preoccupazione, ma come ti ho detto, sto bene. E il mio prenderti in giro ha funzionato. Guarda, ha smesso di piovere- Catherine si scoprì il volto, e controllò la pioggia con le mani. Noah si guardò intorno, e ampliò il sorriso.

-Hai una bella risata… stranamente silenziosa- ormai calmo, Noah tornò con la completa attenzione su di lei, facendola arrossire.

-Io sono silenziosa di mio- Catherine surclassò la questione.

-Ma tornando al punto… ti prendo un asciugamano?- Noah, sebbene calmo, fece di nuovo l’offerta.

-No, tranquillo, ne prenderò uno da Kenneth, se si degnerà di tornare prima delle…- la voce di Catherine si perse mentre prendeva il telefono, per controllare l’ora.

-Guarda che non mi pesa prestarti un asciugamano, e Carrie non saprà mai nulla, giuro. E se Kenneth non torna subito, ti va di cominciare la live di Black Cat insieme? È quasi ora- Noah, nonostante il rifiuto di Catherine, aprì comunque un cassetto per prendere un asciugamano, e guardò l’ora a sua volta, eccitato per la live imminente.

-È quasi ora…- sussurrò Catherine, impallidendo, e prendendo distrattamente l’asciugamano che Noah le stava offrendo.

-Sì, mancano pochi minuti. Posso controllare se il computer funziona? Non ho problemi a perdere la prima parte della live se non vuoi vederla, è giusto per essere sicuro che l’acqua…- dopo aver assolto il suo dovere da brava persona, Noah prese il portatile che prima aveva con difficoltà nascosto in modo che non prendesse la pioggia, e lo aprì, controllando le sue condizioni. Non sembrava aver preso acqua.

-Devo andarmene immediatamente!- esclamò Catherine, con occhi colmi di panico, rilanciando l’asciugamano a Noah e beccandolo il pieno volto.

-Ma che… cos?! Tutto bene? È successo qualcosa?!- iniziò a preoccuparsi il ragazzo.

-Non ancora, ma se Kenneth non torna entro dieci minuti, domani sarò in lutto per la perdita di un cugino, perché lo ammazzerò con le mie mani!- borbottò lei, con irritazione crescente, facendo il numero del cugino e uscendo dalla stanza come una furia, prima che Noah potesse chiedere chiarimenti sulla frase ben poco da Catherine che aveva appena pronunciato.

Si convinse che probabilmente aveva sentito male, e rimase il resto del pomeriggio a chiedersi quante cose avesse sbagliato (perché di certo aveva fatto un casino con Catherine).

A dire il vero, però, non aveva fatto niente di sbagliato.

Era Kenneth il problema.

Perché era in ritardo! 

E Catherine aveva una maledetta live che non poteva perdersi!

E non perché fosse una fan così sfegatata di Black Cat da non poter perdere neanche i primi minuti di una live che poteva benissimo recuperare.

Ma perché lei ERA Black Cat!

E non poteva mancare alla propria live!!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(A.A.)

Catherine è la famosa Black Cat?! Ma chi se lo sarebbe mai aspettato! 

…tipo tutti quanti, probabilmente, era il segreto di Pulcinella. Ed è proprio per questo che l’ho rivelato in questo capitolo, perché era diventato fin troppo evidente, e così almeno posso mostrare meglio i punti di vista di Catherine. 

Ma parlando del resto del capitolo…

Kenneth ha scoperto il segreto di Adam prima di quanto ci si aspettasse. Beh… non il segreto principale, ma i fiori interni sono usciti fuori… letteralmente.

Ma soprattutto Catherine e Noah sono riusciti a passare un po’ di tempo insieme ed elaborare un piano anti-Carrie.

È stato carino scrivere di loro.

Avrei voluto pubblicare prima questo capitolo, ma ultimamente l’ispirazione è molto scarsa, complice, come ho scritto anche in altre storie, una situazione di salute in famiglia poco rosea. Nessuno sta malissimo, ma abbiamo dei positivi in famiglia e io sto ancora aspettando il risultato del tampone e al momento sono in quarantena… insomma… un Natale particolare. Fisicamente però io sto bene, non preoccupatevi, è la mente a giocare brutti scherzi.

Ma autocommiserazione a parte, spero che il capitolo vi sia piaciuto, nonostante ormai ci metta mezzo secolo a pubblicare questa storia. Ma tra tutte le storie che ho è difficile tenere il passo. Maledetta la mia mente piena di idee. Ho anche pubblicato il sequel di Corona crew… sono troppo impegnata.

Quantomeno è uscito più lungo dei precedenti, spero valga qualcosa.

E la presenza Carrie era al minimo.

Insomma, capitolo ricco, e spero interessante.

Un bacione e alla prossima :-*

 

 

 

 

 

 

Nel prossimo episodio: Kenneth prova ad aiutare Adam. Aria inizia a dare a Queenie lezioni di Yoga.

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