Il Destino del Labirinto - Parte II

di Fiore del deserto
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Presentazione ***
Capitolo 2: *** Prologo ***
Capitolo 3: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 16: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 17: *** Capitolo 15 ***
Capitolo 18: *** Capitolo 16 ***



Capitolo 1
*** Presentazione ***


PERSONAGGI CONOSCIUTI
 
Jareth: il re dei Goblin, Sidhe, protagonista maschile.
 
Sarah Williams: protagonista femminile.
 
Hoggle: nano e grande amico di Sarah.
 
Ludo: bestia gigante dall’incredibile forza fisica, le sue urla riescono ad evocare le rocce.
 
Sir Didymus: cavaliere illogicamente eroico dall’aspetto di un fox-terrier, è solito cavalcare il suo “fido destriero” Ambrogio.
 
ALTRI PERSONAGGI
 
Rastaban: zio materno di Jareth. Dopo aver sopportato a lungo le angherie da parte dell’ex moglie Linaris del figlio Onyx, vive con la nuova compagna Silyn. Il suo nome significa “testa del drago”.
 
Silyn: nuova compagna di Rastaban, ha un carattere dolce e mite.
 
Lavandula: regina di Dullahan, moglie di re Algol. Scioccamente vanitosa e disdegnosa, nutre interesse per il lusso e per tutto ciò che abbia a che fare con lo sfarzo.
 
Laduguer: dio della guerra e patrono di Dullahan dal quale persino re Algol deve guardarsi. Il dio, infatti, ha avuto una relazione adulterina con Lavandula dalla quale ha avuto una figlia. Viene solo citato.
 
Lavernia: nata da un rapporto illegittimo tra Lavandula e Laduguer, prenderà il posto di Laryna. Il suo nome deriva dalla divinità della mitologia romana, la dea dei ladri e degli impostori.
 
Lizarda: confidente, amica e dama di compagnia di Lavernia, la quale segue dappertutto. Incredibilmente ruffiana, ammira moltissimo Lavernia, nonostante quest’ultima sia spesso sprezzante nei suoi confronti. Speso complice nelle sue cattiverie, spera ogni giorno di fare colpo su Lavernia.
 
Algol: marito di Lavandula, padre di Laryna, sovrano di Dullahan. Il suo nome significa “mostro”. Dalla fine della prima parte, viene spiegato il motivo del suo temperamento.
 
PERSONAGGI DELLA PRIMA PARTE CHE VENGONO SOLO CITATI
 
Laryna: figlia del re Algol e Lavandula, ex promessa sposa di Jareth. Viziata, acida, lasciva e perversa, il suo nome è una variante di “Larina”.
 
Onyx: figlio di Linaris e Rastaban e, dunque, cugino di Jareth.
 
Linaris: madre di Onyx ed ex moglie di Rastaban. Deve il suo nome alla pietra preziosa “linarite”.
 
Rosheen: madre di Jareth e sorella di Rastaban. Non appare fisicamente nel racconto, viene solo citata. Amorevole e succube al marito per timore che egli possa fare del male a lei e, soprattutto, al figlio, il suo nome è la variante irlandese di “Rosa”.
 
Aristos: padre di Jareth e marito di Rosheen. Come lei, non appare nel racconto e viene solo citato. Di animo spietato, il suo nome significa “il migliore”.
 
COMPARSE
 
Titanya: amica di Lavernia, viscontina di Dullahan.
 
Vinyse: amica di Lavernia, marchesina di Dullahan.
 
Benakty: amica di Lavernia, contessina di Dullahan.
 
Cordula: amica di Lavernia, contessa di Goblin.
 
Pevla: amica di Lavernia, duchessa di Goblin.
 
Amada: amica di Lavernia, marchesa di Goblin.      
 
 
LUOGHI
 
Regno di Goblin: regno di Jareth, luogo pacifico e caratterizzato dalla presenza di Goblin.
 
Regno di Dullahan: regno di Algol. Il nome del regno deriva dall’omonima creatura del folklore celtico, ovvero una figura negativa che porta sventura a chiunque la incroci. Stando al mito, chiunque sia incuriosito dai rumori provenienti dall’esterno delle proprie case e apra la porta, si ritroverà davanti il Dullahan, il quale a sua volta getterà addosso allo sfortunato il sangue contenuto all’interno di un recipiente, annunciando l’imminente presagio di disgrazia e morte. Gli abitanti del regno, infatti, hanno tutti i capelli rossi per richiamare il mito del sangue versato dal Dullahan.
 
N.D.A.: per aiutare il lettore a capire in quale dimensione si trovano i personaggi, scriverò “UNDERGROUND” per indicare il mondo magico e “ABOVERGROUND” qualora il momento sarà ambientato nel mondo di noi comuni mortali.
Inoltre, questa storia è la seconda parte della storia “Il Destino del Labirinto”. Per evitare di fare confusione, invito a leggere la prima parte. Infine, in questa storia molti dei personaggi del film occuperanno per lo più un ruolo marginale. Mi sembra giusto tenerlo presente sin dall’inizio per non deludere le aspettative dei lettori. 
Infine, di tanto in tanto posterò degli schizzi relativo ai profili dei personaggi per aiutarvi meglio. Se siete curiosi, li troverete in questa pagina. 
Grazie per la vostra pazienza, vi auguro una buona lettura.
SCHIZZI PERSONAGGI

LAVERNIA E LIZARDA
lavernia-e-lizarda-n

LAVANDULA


Lavandula

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Capitolo 2
*** Prologo ***


UNDERGROUND
 
Il cuore di Sarah picchia forte dentro il petto come sul punto di scoppiare da un momento all’altro. Batte come un tamburo di gioia palpitante alla vista di Jareth inginocchiato davanti a lei, con il viso in altezza del suo ventre mentre la guarda dritta negli occhi offrendole il suo dono, aspettando che pronunci una sola parola.
Sarah sente le proprie labbra muoversi da sole per formulare la piccola parolina che segnerà la decisione di accettare la proposta di matrimonio con il re di Goblin.
Una voce lontana che chiama ripetutamente Jareth interrompe il “sì” di Sarah, insieme alla magica atmosfera carica di sentimenti ed emozioni che circondavano i due.
«Maestà!» il capitano delle guardie si affretta a raggiungere il suo re, per poi fermarsi ed eseguire il dovuto inchino.
«Cosa c’è?» domanda Jareth seccato, ancora in ginocchio davanti a Sarah.
«Chiedo le mie più umili scuse, sire.» dice il capitano riprendendo fiato, offrendo a Jareth un rotolo di pergamena ancora sigillato da un nastro rosso.
Jareth si rialza da terra e afferra con modi bruschi, ancora adirato, la pergamena. Ne identifica immediatamente il sigillo, marchiato con la lettera “A” in un elegante corsivo gotico. Non può che appartenere al re Algol, ma per il momento non se la sente di leggere il messaggio mandatogli dal sovrano di Dullahan. Per lo meno, non davanti a Sarah. Riconosce, comunque, di essere pur sempre un re e come tale ha dei doveri da rispettare.
Schiarendosi la voce e tentando di nascondere un filo di imbarazzo, Jareth guarda Sarah.
«Riprenderemo dopo.» le promette afferrandole la mano, inserendole gentilmente l’anello all’anulare sinistro «Tu, nel frattempo, pensaci.»
«Ma, Jareth...» Sarah, chiaramente dispiaciuta anche lei, tenta di opporsi.
«Ogni cosa a suo tempo.» la ferma lui «Ti prometto che torneremo da dove abbiamo sospeso.» minaccia con lo sguardo il capitano delle guardie, incolpandolo di quell’interruzione.
Sarah, delusa, si limita ad annuire. Per consolarla, Jareth le posa un bacio sulla fronte prima di seguire il capitano in un luogo tranquillo, dove poter analizzare il messaggio del re di Dullahan.
 
Tre giorni prima
 
Tanta, ormai, è la vergogna addossata sui sovrani di Dullahan dopo l’irreparabile guaio causato dalla figlia Laryna. Considerata dalla nascita il motivo di orgoglio dei genitori, ora non altro che il simbolo del fallimento dal punto di vista genitoriale e politico. In fin dei conti, non c’è da meravigliarsi se una notizia che riporta una principessa divenuta un’umile sguattera sia volata velocemente di bocca in bocca. Non si era mai sentito in nessun regno dell’Underground un avvenimento simile, tantomeno nessuno avrebbe mai osato immaginare che proprio il regno di Dullahan sarebbe stato il primo a coprirsi di un tale disonore.
I sentimenti degli abitanti del regno sono alquanto contrastanti, anche se la maggior parte dei sudditi sembra ben rallegrarsi del destino a cui Laryna sia andata incontro. Qualcuno afferma che il potere le abbia fatto bere il cervello e che, dunque, abbia avuto quello che meritasse e che se la sia andata cercare. Qualcun altro - più che altro i parenti dell’ex principessa - sostiene che sia stata influenzata dalla malalingua della suocera Linaris. Altri ancora additano il re Algol e la regina Lavandula come dei pessimi genitori che, nuotando nell’oro e nel potere, hanno trascurato l’educazione della figlia che avrebbe dovuto un giorno occupare il ruolo di regina. Un giorno che, ormai, non vedrà mai più la luce.
Per quanto riguarda il re e la regina di Dullahan, entrambi non hanno fatto altro che manifestare la loro irreparabile frustrazione in maniera differente l’uno dall’altra. Re Algol passava le giornate nel totale silenzio, vivendo come un’ombra senza sentimenti, come avesse subito una crudele sconfitta da parte di un nemico ben più grande di lui. La regina Lavandula, invece, non faceva che versare fiumi e fiumi di lacrime, lamentandosi di eventuali pettegolezzi che giravano nel regno. Vanagloriosa com’è, azzardiamo, il suo unico pensiero ruota intorno alle malelingue che la coinvolgono, dipingendola come una regina dalla figlia sconsiderata.
Per tentare di trovare una soluzione di fronte ad una situazione così imbarazzante, così vergognosa e immorale, il re e la regina avevano saggiamente deciso di ricorrere all’aiuto divino. D’altro canto, si sa, di fronte alle situazioni più disperate può essere confortante cercare aiuto attraverso un aiuto di entità divina.
Nel caso di re Algol e della regina Lavandula, avevano scelto di avviarsi nel Tempio Grigio per rivolgersi al patrocinatore di Dullahan, nella tiepida speranza di poter ricevere un saggio consiglio. Laduguer, il feroce dio della guerra e dei suoi aspetti più spietati. L’edificio sacro si erge a pochi passi dal castello del re, perché quest’ultimo possa godere di tutta la sua protezione. Una volta arrivati in cima ai diciassette gradini di pietra, vi è una spianata rettangolare da cui si passa allo spazio interno riprodotto dalle fauci di un gigantesco leone in pietra, camminando su di un bassorilievo a mo’ di regale tappeto rappresentato dalla lingua del grosso felino.   
In entrambi i lati si ergono due sculture in pietra che rappresentano due valorosi guerrieri, riprodotti con addosso l’armatura, reggendo una lancia nella mano destra e lo scudo in quella sinistra, dando l’impressione di fare la guardia davanti all’ingresso del tempio.
Il nome del luogo di culto dedicato al patrono di Dullahan, deriva dal colore predominante riprodotto dai materiali con cui esso è stato creato, la pietra grigia e l’argento per l’appunto.
Il tempio è molto semplice e scarno, caratterizzato dalla presenza di prigioni e un’arena di battaglia.
Nell’abside è presente un semicerchio dove sono stati collocati ai lati due leoni d’argento su due capitelli, mentre al centro trionfa una statua colossale che ritrae fedelmente la divina figura del dio Laduguer.
La scultura lo fa apparire come un sidhe alto, calvo e un po’ magro, con una lunga barba e dal corpo robusto coperto da un’impressionante armatura. La sua posa in movimento, come se non vedesse l’ora di scendere in battaglia e fare assaggiare ai nemici il gusto amaro della sua enorme ascia doppia che regge tra le mani, coinvolge chi lo guarda una suggestione di pura ansietà.
Ai piedi della statua del dio, vi è un vassoio d’argento dove devono essere collocate delle offerte. A detta dei chierici di Laduguer, i quali passano molte ore pregando ripetitivamente, oltre a sottoporsi ad estenuanti prove di resistenza fisica per compiacere il dio della guerra, più l’offerta è generosa e prima Laduguer si occuperà di rispondere alle preghiere.       
Non deve lasciare sorpresi l’idea di quanto brillino gli occhi dei Chierici del Grigio – il nome dei sacerdoti – quando vedono entrare il re e la regina, in quel momento inginocchiati di fronte alla statua colossale.
Quel giorno, tuttavia, re Algol è stato chiarissimo: desidera pregare il patrono di Dullahan in totale pace con la consorte. Naturalmente, l’ordine non è stato messo in discussione.
Sebbene siano solo i Chierici del Grigio a riconoscere l’effettiva orazione che possa metterli in diretto contatto con il dio, questo discorso non vale per la regina Lavandula.
«Mio signore, abbiamo bisogno del tuo aiuto.» chiede lei semplicemente, annegando nei singhiozzi supplichevoli.
Per la risposta di fronte a tanta semplicità nel rivolgersi ad un dio così temuto bisognerà pazientare, per il momento possiamo solo limitarci ad affermare che la supplica della regina viene ascoltata nell’immediato. Davanti ai sovrani, la statua prende vita e assume la forma naturale di Laduguer. La divinità dai raggelanti occhi di ghiaccio e la pelle grigia trionfa all’interno del tempio a lui dedicato, nutrendosi del timore dei sovrani di Dullahan che gli si prostrano davanti.
«Perché mi disturbate?» domanda Laduguer, ben propenso alla malvagità.
«Mio signore,» è Lavandula a rispondergli con sorprendente genuinità «ti abbiamo invocato perché abbiamo disperatamente bisogno del tuo aiuto. Il regno che proteggi ha bisogno del tuo aiuto.»
Quando re Algol ottiene il permesso dal dio di poter spiegare, comincia a raccontare come la loro figlia Laryna li abbia trascinati nel fango. E con loro, l’intero regno.
Una fragorosa risata di Laduguer fa eco per tutto il tempio. Una risata da fare rammollire le ginocchia e le membra persino ad un re come Algol, simile ad un lugubre ilarità dell’oltretomba. Il dio torna ad essere improvvisamente serio.
«Non dovete considerare questo avvenimento come una disgrazia.» sibila lui «La vostra sciocca figlia si è rivelata più utile del previsto.» ride ancora di fronte agli sguardi confusi dei sovrani «La sua stupidità ha permesso che si togliesse dai piedi,» carezza maliziosamente una guancia di Lavandula con il grosso dito indice «così adesso, sarà nostra figlia a prendere il suo posto senza più nessun impiccio.»     
La regina Lavandula guarda Laduguer come se stesse per sciogliersi, scioccamente infatuata di fronte alle lusinghe del dio, ignorando la presenza del marito. Re Algol, con un sospiro di ansia, cerca di esprimere il suo parere.
«Mio signore,» dice abbassando la testa «confido nella tua immensa saggezza e mi inginocchio umilmente di fronte alla tua impareggiabile potenza, ma perdonami se mi permetto di aggiungere che...»
Laduguer picchia un piede contro il pavimento, facendo tacere re Algol.
«Voglio ricordarti» gli ruggisce contro «che come ti ho fatto salire così in alto, come ti ho lasciato distinguere in battaglia, posso anche farti scendere più in basso di quanto tu possa immaginare.» gli punta minacciosamente contro la doppia ascia «Se ostacolerai il mio volere, io cancellerò ogni traccia della tua potenza e Dullahan non sentirà mai più parlare di giorni di gloria.»
Re Algol, sospirando forte e tentando di non perdere la sua dignità regale, annuisce obbediente.
«Perdonami, mio signore.» si scusa «Non si ripeterà mai più un evento simile.»
«Molto bene.» si placa l’irascibile dio «Dichiara al regno che da oggi la figlia mia e di tua moglie occupa la primogenitura. Da questo momento in poi, Dullahan ha una nuova principessa.»    
«Sì, mio signore.» accetta re Algol rassegnato.
«Oh, grazie mio signore.» la regina Lavandula inizia a tempestare di baci la mano del dio della guerra.
Laduguer accenna un sorriso maligno, indietreggiando di qualche passo, ritorna sottoforma di statua colossale.
 

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Capitolo 3
*** Capitolo 1 ***


UNDERGROUND
 
Infastidito all’idea di avere avuto noie durante un momento così importante, Jareth non si preoccupa di mettere in mostra il suo disappunto. Da quando si era allontanato da Sarah e fino a che non ha raggiunto la sala del trono dove poter leggere il messaggio di re Algol, il re di Goblin non ha fatto altro che lamentarsi e sfogarsi sul povero capitano.
«Leggi.» gli ordina dopo aver sciolto il sigillo ed essersi seduto scompostamente sul trono e guardando altrove, domandandosi cos’altro voglia da lui il re di Dullahan.
«Maestà, non oso.» balbetta il capitano «Non spetta a me un simile compito.»
«Leggi.» insiste Jareth biecamente «O ti dimezzo il salario per i tuoi prossimi anni di servizio.»
«Subito, sire.» deglutisce il capitano delle guardie e abbassa gli occhi verso la cartapecora, scorrendo tra le righe dell’elegante grafia. Tuttavia, il capitano non sta ancora leggendo.
«Allora?» domanda spazientito Jareth «Sto aspettando.»
«S-sire,» farfuglia il povero capitano, consapevole di dover dare una notizia che manderà il suo re su tutte le furie «qui dice che il re di Dullahan vi impegna a sposare sua figlia.»
«Ma cosa stai farneticando?» Jareth lo guarda tra il faceto e il serioso «Probabilmente qualche messaggero di re Algol avrà spedito questo messaggio in largo ritardo.»
«Mi duole dirlo, sire, ma il protocollo parla chiaro.» il capitano mostra una data, scritta in fondo a sinistra e firmata dal re Algol e dalla regina Lavandula «La data è di oggi.»
Jareth strappa la pergamena dalla mano del capitano, volendo constatare lui stesso la veridicità di quelle parole. La data, in effetti, è giusta.
«Ma cosa?» il sovrano del Labirinto comincia ad adirarsi, anche se spera con tutto sé stesso che debba esserci per forza un errore. Dopotutto, era stato molto chiaro con il sovrano di Dullahan. Il matrimonio con sua figlia Laryna non si sarebbe mai più svolto per nessuna ragione, dati i problemi causati da quest’ultima. Ora perché mai aveva cambiato idea? Quando Jareth apprende la risposta, non sa nemmeno lui quale forza divina lo stia trattenendo dallo scoppio di un’ira come una bomba ad orologeria.    
 
Re Jareth, sovrano di Goblin,
è doveroso annunciare che il regno di Dullahan e il regno di Goblin sono ancora in attesa per la valevole suggellazione di un’alleanza.
Per far sì che la coalizione dei regni sia legittima, come sanciscono le Antiche Leggi, è necessario lo svolgimento del matrimonio politico che possa garantire le sorti delle dinastie.
Pertanto, avendo conseguito il diritto assoluto della primogenitura per via della deposizione di Laryna di Dullahan.  il re Algol e la regina Lavandula offrono la principessa Lavernia come futura moglie e futura regina del re Jareth,
In caso di rifiuto da parte del re di Goblin, il regno di Dullahan non si riterrà mai più disposto a sancire eventuali alleanze. Di conseguenza, il regno di Dullahan ed ogni suo abitante verrà sollevato da ogni accordo politico e militare, inoltre non sarà vincolato a prestare i propri soccorsi al regno di Goblin in caso di aiuto di qualsivoglia natura.
 
Re Algol di Dullahan
 
Sono così tante le parole che Jareth desidera vomitare con tutta la rabbia che sente dentro, evita di farlo solo perché un simile linguaggio non si attiene al suo titolo di re. Si limita solo a chiudere la mano a pugno, lasciando che la tensione si espanda per tutto il braccio per via della furia che non può sfogare. Con estrema calma, il sovrano del Labirinto rivolge la parola al capitano.
«Manda a chiamare Rastaban. Digli che ho un urgente bisogno di parlargli.»
Il capitano si limita ad annuire, non ritenendo saggio disturbare il suo re con altre domande che potrebbero incrementare ulteriormente il suo nervosismo. Di conseguenza, corre immediatamente a cercare il duca di Goblin.
 
Dullahan
 
Che il lettore possa crederci o meno, non tutti nell’Underground sono a conoscenza dell’esistenza della principessa Lavernia. Il motivo ruota intorno al fatto che la sua nascita è a dir poco strana da credere, persino per gli abitanti del magico mondo dove niente va dato per scontato. Prima di procedere alla descrizione fisica di questa sconosciuta principessa, è necessario fare qualche passo indietro.
La regina Lavandula è sempre stata tanto superbamente superficiale quanto bigottamente devota al dio Laduguer, patrono del suo regno, vantando di essere lei l’unica tra le sidhe a provarne un fortissimo senso di adorazione grazie alla ferrea educazione della sua famiglia di origine. Proprio per comprovare a tutta Dullahan la loro bigotta devozione portata avanti da molte generazioni, i membri della famiglia della regina hanno da sempre chiamato i loro figli e le loro figlie con nomi che cominciassero con almeno le prime due lettere del nome del dio.
Per dare una piccola prova, desideriamo mostrare l’ascendenza patrilineare della regina Lavandula.
 
1. Laymis I, re di Dullahan.
2. Lacelot I, re di Dullahan.
3. Landicia, regina di Dullahan.
4. Laertes, re di Dullahan.
5. Landbert, re di Dullahan.
6. Laban, re di Dullahan.
7. Lantolf, re di Dullahan.
8. Lazar, re di Dullahan.
9. Labib, re di Dullahan.
10. Latyf, duca di Dullahan.
11.Layth, conte di Dullahan.
12. Layzvis, duca di Dullahan.
13. Laymonas, re di Dullahan.
14. Layyah, contessa di Dullahan.
15. Laymute, regina di Dullahan.
16. Laysvidas, re di Dullahan.
17. Laymona, regina di Dullahan.
18. Laysvunas, re di Dullahan.
19. Lauma, regina di Dullahan.
20. Layzvide, principessa di Dullahan.
21. Lan, re di Dullahan.
22 Laecy, re di Dullahan.
23. Lamiya, principe di Dullahan.
24. Lavre, re di Dullahan.
25. Laimutis, duca di Dullahan.
26. Lavisha, regina di Dullahan.
27. Ladyno, re di Dullahan.
28. Lavandula, regina di Dullahan.
29. Laryna, principessa di Dullahan.
30. Lavernia, principessa di Dullahan.
 
Come si può notare, la regina Lavandula non si è di certo tirata indietro di fronte alla risoluta tradizione familiare, chiamando entrambe le figlie attenendosi alla rigida regola di tutta la sua ascendenza. Entrambe le figlie, di cui una di esse il lettore non ha ancora avuto il piacere di conoscere.    
Dopo qualche anno dalla nascita di Laryna, il re Algol era partito in guerra contro il paludoso regno di Bo men giurando di non fare ritorno a Dullahan fino a che non avesse vendicato la morte dei suoi fratelli avvenuta per mano di quei “limacciosi folletti”, come era solito chiamarli spregiativamente.
A questo punto, diverse versioni girano di bocca in bocca riguardo alle circostanze avvenute successivamente. Secondo alcuni, il dio Laduguer aveva approfittato dell’assenza del marito di Lavandula per presentarsi a lei sotto le spoglie dello stesso re Algol, trascorrendo la notte insieme. Altri, invece, sostengono che Lavandula avesse tradito il marito con il dio all’interno del Tempio Grigio per poi confessare il tradimento. Re Algol, secondo le voci, aveva cercato di uccidere Lavandula, ma l’intervento provvidenziale di Laduguer aveva fermato l’ira del re, costringendolo a perdonare la moglie e di crescere Lavernia come se fosse sua figlia di sangue.
Indipendentemente dalle numerose versioni, tutti sono consapevoli che Lavernia non sia figlia di re Algol. Come prova in relazione all’illegittimità, Lavernia non ha i capelli rossi come tutti i “purosangue” del suo regno. O, per meglio dire, a differenza di tutti quanti Lavernia ha sempre tinto i propri capelli scuri – spesso confuso tra il bruno e il castano – con un colorito che le permettesse di assumere il tipico colore che ha sempre contraddistinto gli abitanti di Dullahan. Peccato, però, che il colore desiderato avesse riportato solo degli effetti collaterali sulla sua riccia chioma scura. A causa dei ripetuti cambi di tonalità e degli svariati trattamenti a cui erano sottoposti regolarmente i suoi capelli, Lavernia si era ritrovata ad avere un colorito aranciato dall’aspetto poco naturale. Inoltre, aveva perduto la fluenza dei suoi ricci, dando a tutti l’impressione che indossasse una crespa parrucca.
Per il resto, come la sorella, Lavernia ha ereditato tutto dalla madre. Proprio tutto, dagli aspetti caratteriali a quelli fisici. Per cui, se il lettore vuole farsi un’idea dell’aspetto esteriore della nuova principessa, basta solo immaginare Laryna con i capelli più aranciati, il corpo un po’ sformato dalla pigrizia tipico di colei che ha sempre oziato come ogni principessa che si rispetti. Infine, c’è da aggiungere un piccolo dettaglio. Se Laryna amava sottomettere i servi e tutti coloro da lei giudicati inferiori in quanto figlia di un re, Lavernia adora schiacciare chiunque lei reputi inferiore in quanto figlia di una regina e di un dio. E non di un dio qualsiasi.

 

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Capitolo 4
*** Capitolo 2 ***


UNDERGROUND
 
Dullahan
 
Come obbliga la tradizione, ogni abitante di Dullahan che si rispetti mette in mostra la propria appartenenza a cominciare dai colori del proprio abbigliamento. Di conseguenza, ogni cittadino che tiene a dimostrare la propria appartenenza con orgoglio non usa mai su di sé colori sgargianti, attenendosi solo a quelli tenui che richiamano il grigio o il nero. Solo la regina Lavandula, durante le cerimonie importanti, si permette il lusso di osteggiare la rigida etichetta del suo regno, pavoneggiando i suoi pomposi abiti esageratamente impreziositi con l’intento di prendersi gioco delle classi povere e di tutti coloro che ricoprono un rango inferiore al suo. Un modo ridicolo, insomma, per spiattellare a tutti il suo ruolo di regina che la nascita le ha predestinato. Una sfrontata maniera per far capire a tutti che solo lei può avere questo onore. Lei e quelle come lei, ovvero coloro che appartengono alla sua famiglia. Tuttavia, la sua nuova figlia prediletta sembra essere completamente estranea a questo desiderio di andare contro alla tradizione, poiché nessuno ricorda di aver mai visto la principessa Lavernia indossare qualcosa che ricordasse un colore diverso dal grigio. A cominciare dalla sua pelle. Come prima eredità lasciatale dal padre – il dio Laduguer, vogliamo ricordare – la tonalità della pelle di Lavernia è spenta e opaca. Non è, infatti, come tutte le principesse che conserva un colorito luminoso e candido, contrassegnando il suo ceto di una certa superiorità. Lavernia, tuttavia, è incredibilmente insensibile di fronte a questa caratteristica che la differenzia da molte fanciulle, anzi sembra andarne molto fiera. In fin dei conti, il grigio è il colore per eccellenza del dio protettore di Dullahan e, perciò, perché non mostrare il proprio colorito con orgoglio? Tale grigiore, va detto per dare un’idea al lettore, è tipico di chi ha l’abitudine di legarsi alla nicotina e al vizio del fumo. Infatti, chiunque veda Lavernia, al primo impatto ha l’impressione di trovarsi davanti ad un’accanita fumatrice. Oltretutto, la principessa di Dullahan non è grigia solo nell’abbigliamento e nella carnagione. Lo è, soprattutto, nell’anima.
Mandata a studiare nella migliore scuola femminile di Dullahan, il collegio di Madama Amber, il re Algol aveva istruito sin dall’inizio la direttrice a non badare ad alcuna spesa, assicurandosi che sua figlia Lavernia – come il povero Algol ha sempre cercato, invano, di far credere che lo sia – si sentisse a suo completo agio. Intimorita dalla vasta fortuna di avere nel suo collegio proprio Lavernia, Madama Amber aveva riservato alla principessa un trattamento privilegiato: prima di tutto, le offrì la stanza più grande e lussuosa della scuola, le permetteva di fare tutto quello che voleva, si preoccupava perché tutti, dalle signorine agli inservienti, dagli educatori ai camerieri, elogiassero Lavernia e la prendessero ad esempio come la migliore studentessa del collegio. Inoltre, solo a Lavernia era permesso poter prendere il posto vicino alla cattedra e quello accanto alla direttrice durante i pasti. Infine, per non farle mancare nulla, Madama Amber le aveva riservato il diritto di poter avere una cameriera personale. Nonostante fosse circondata dalla ricchezza, dai privilegi, dalle soddisfazioni, dal rispetto verso tutti, Lavernia non ha mai mostrato generosità, né gentilezza, né nessun sentimento di bontà verso ogni rango sociale. Nemmeno verso le sue compagne.
Per fare qualche esempio, tra le signorine c’era una bambina di nome Hiltrude, presa di mira da Lavernia perché considerata dalla stessa Madama Amber come la peggiore studentessa della scuola. Oltre a peccare di un basso rendimento scolastico, la povera Hiltrude era anche presa in giro da Lavernia per via della sua goffaggine, della sua scarsa bellezza dovuta ad un leggero sovrappeso e, soprattutto, per via del suo basso reddito. Tutti, infatti, sapevano che la famiglia di Hiltrude era molto limitata per poter pagare le spese della scuola, ma per apparire al meglio di fronte alla società la bambina doveva a tutti i costi frequentare il collegio di Madama Amber. Non era solo Hiltrude, tuttavia, ad essere ridicolizzata da Lavernia.
Lavernia, infatti, amava ridicolizzare e mettere in risalto la povertà di quasi tutte le studentesse e, in particolare, amava riservare questa attenzione alla sua cameriera personale di cui avevamo parlato poco fa. Quest’ultima era una giovane sguattera costretta da Madama Amber ad occuparsi dello svolgimento dei lavori pesanti. Come se non bastasse, ogni giorno Madama Amber aveva cura di procurarle un trattamento molto duro e severo. Naturalmente, poco importava se anche Lavernia si divertisse ad emulare il comportamento della direttrice, dilettandosi ad umiliare la povera cameriera personale in qualsiasi modo. D’altro canto, Madama Amber andava pazza per Lavernia – più che altro, andava pazza per le immense ricchezze della sua famiglia e per il sangue di Laduguer che scorreva in lei – e chiudeva sempre un occhio di fronte alle angherie causate dalla principessa di Dullahan.
Solo una signorina del collegio, tuttavia, era riuscita ad entrare nelle grazie di Lavernia. Figlia del duca e della duchessa di Dullahan, la duchessina Lizarda aveva ricevuto l’onore di essere divenuta sua migliore amica e confidente. Con il tempo, infatti, Lizarda aveva seguito la principessa Lavernia anche fuori dalle mura del collegio e, a furia di seguirla letteralmente come un fedele cagnolino, rimanendo attaccata a lei come un’appendice, Lavernia l’aveva ricompensata facendole ricoprire il ruolo di dama di compagnia a vita.
Proprio come lei, Lizarda ha sempre avuto una personalità venefica, ma per ora proseguiremo con la descrizione del suo aspetto. Sin da giovanissima, Lizarda è sempre stata molto magra, ma il suo grosso naso irregolare e dalla punta importante, ereditato dalla madre, le ha sempre conferito un’aria sgraziata e tipica di una “sorellastra cattiva delle favole”. I suoi occhi castani e a palla sono poco evidenziati da un paio di sopracciglia molto sottili, inarcuate al punto da donarle un’immutabile espressione perennemente disgustata. Ad incrementare la sensazione che guardi chiunque con disprezzo, è la sua bocca sottilissima - privata anche da un solo filo di labbra – piegata in una smorfia ripugnata.  I suoi ricci capelli rosso mogano sono sempre ben raccolti in una strettissima acconciatura, così stretta da impedirle spesso di muovere la testa, sormontati da una frangia riccia, voluminosa e cotonata.
È sempre stata molto fedele a Lavernia e si è sempre comportata in modo da poter fare colpo su di lei in qualsiasi occasione, a cominciare anche dalla scelta dell’abbigliamento. Per dimostrare, infatti, il suo rispetto, Lizarda si è sempre vestita di grigio proprio come la principessa. E sempre proprio come lei, Lizarda possiede un carattere acido, velenoso ed egoista. In più è anche molto pigra e ha sempre amato sfruttare la servitù insieme a Lavernia, divertendosi e ridacchiando insieme ad ogni umiliazione da loro causata.
Ciò che, però, Lizarda ha sempre ignorato è che a Lavernia poco interessa della sua amicizia. Anzi, non le è mai importato un bel niente. Dopotutto, una principessa come lei, figlia del grande Laduguer, non ha mica bisogno di amicizie, specie se si tratta di qualcuno appartenente ad una classa inferiore. Poco importa se Lizarda è la figlia del più considerevole duca e della più celebre duchessa di Dullahan.
Tornando al tempo presente, nel grande cortile regale del castello di Dullahan, la principessa Lavernia e la sua dama di compagnia Lizarda stanno parlottando – anzi, cianciando come oche – mentre stanno sedute comodamente su delle sedie, intorno ad un tavolino. Come al solito, Lavernia ha invitato Lizarda a trascorrere il pomeriggio insieme. Sventolando i loro ventagli, Lizarda rompe il continuo ciarlo con una domanda improvvisa.
«E così, sposerai il re di Goblin al posto di Laryna?» l’entusiasmo della domanda viene spezzato di fronte alla smorfia infastidita di Lavernia.
«Lizarda,» Lavernia incrina di poco la voce «sai benissimo che cosa penso riguardo quella futile sguattera. Non accetto che il suo nome insozzi le mura del mio castello.» precisa lei, dimenticandosi completamente di essersi riferita in questo modo nei riguardi di una sorella. Sembra, infatti, che covi per lei un forte odio «Ora che finalmente si è tolta dai piedi, sono io la principessa di Dullahan e la futura regina. Nella mia famiglia non c’è posto per le pidocchiose come lei.»
«Oh, scusami Lavernia.» Lizarda abbassa la testa «Me ne ero dimenticata, non succederà mai più. È solo che...»
«Comunque, sì.» Lavernia risponde alla domanda che la sua dama di compagnia le aveva formulato in precedenza «Sposerò il re di Goblin e così, presto, sarò la regina.» le sfugge una ridarella smorfiosamente soddisfatta.
«Solo una cosa non capisco.» arrischia Lizarda «Non ti dà fastidio la fama del re di Goblin? Voglio dire, tutti i regni sanno la sua storia riguardo il suo interesse verso l’Aboverground e... beh...» Lizarda si ferma un attimo.
«Beh?» Lavernia smette di agitare il ventaglio «E cos’altro?»
«Beh...» Lizarda cerca di stare attenta alle parole da usare «Al fatto che abbia preferito un’umana a Laryna...»
«Pff!» per fortuna, Lavernia sembra non interessarsi al fatto di aver sentito il nome della sorella «Questo non è affatto un problema. C’è un patto al quale il re di Goblin è vincolato, se vuole che il regno di mio padre» si riferisce ingannevolmente a re Algol «si allei con il suo. Quella disgustosa umana di cui tanto si parla non ci darà nessun fastidio.»
Lizarda osserva Lavernia con profonda ammirazione, desiderando di voler essere come lei.
In quel momento, una cameriera si avvicina al tavolo disturbando la quiete delle due.
«Chiedo perdono, principessa. I bagagli per la partenza sono...» la cameriera viene immediatamente interrotta da un improvviso e sonoro schiaffo datole dritto in faccia dalla mano di Lavernia.
«Quante volte te lo devo dire?» le urla veneficamente contro Lavernia, mentre osserva gli occhi atterriti della povera cameriera «Devi chiamarmi principessa Lavernia
«Esatto.» la spalleggia Lizarda «Ti consiglio di tenerlo bene a mente, se non vuoi che la principessa Lavernia ti butti in mezzo alla strada.»
Il cuore grigio di Lavernia non si scompone di fronte alle lacrime della giovane cameriera che, come una cerbiatta ferita, chiede umilmente scusa per l’errore. 

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Capitolo 5
*** Capitolo 3 ***


UNDERGROUND
 
Goblin
 
Rastaban fa fatica a credere alle parole di Jareth e fa ancora più fatica quando legge le parole riportate sul rotolo della pergamena. Si augura di stare sognando, o che sia tutto quanto uno scherzo prodotto da quel buontempone del nipote che, a furia di circondarsi di goblin, ha assunto una natura scherzosa e dispettosa. Sa, tuttavia, che non è affatto così. Jareth è molto serio e il sigillo del re di Dullahan non può essere falso.
«Jareth, cosa faremo adesso?» è evidente per Jareth come Rastaban non si vergogni nel definire i problemi del nipote come anche problemi propri. Avrebbe potuto domandare “cosa farai adesso”, anziché “cosa faremo”. C’era una bella differenza. Il sentimento di serenità, però, non può prendere il sopravvento nell’animo di Jareth.
«Rispettare le Antiche Leggi.» sentenzia il re di Goblin «Non c’è altra via d’uscita.»
Rastaban non si arrende e, rileggendo accuratamente il messaggio di re Algol, riga per riga, tenta di trovare un’alternativa.
«Puoi sempre dichiarare di sciogliere le alleanze.» propone lo zio «Non possono costringerci ad allearci con il loro regno. Oltretutto, ormai sappiamo tutti nel regno di che pasta sono fatti i sovrani di Dullahan e..» piccola pausa «E, nondimeno, ormai il tuo cuore appartiene a Sarah.»
Jareth alza gli occhi spaiati in direzione di quelli dello zio, cercando di non apparire debole né affranto. Deve essere forte.
«Zio Rastaban,» la voce di Jareth si mescola tra il serioso e l’intenerito «la viscida Laryna, il traditore Onyx e la malefica Linaris hanno avuto quello meritavano. Tuttavia, l’esperienza che ho crudelmente affrontato per mano loro mi ha insegnato una lezione molto importante. Il mio popolo ha rischiato di andare incontro ad una conseguenza spiacevole ed io non sono disposto a ripetere l’errore.» crea una piccola sfera e da essa intravede insieme a Rastaban una sorridente Sarah che, piena di gioia, mostra ad una commossa Silyn l’anello che lui stesso le aveva appena donato «L’egoismo sentimentale non può essere messo al primo posto di fronte ai doveri di un re.»
«Ma Sarah?» Rastaban ha notato che la voce del nipote non è del tutto composta e cerca ancora, disperatamente, di dissuaderlo «Cosa farai con lei? Non vedi quanto è felice adesso? Come puoi spezzare di nuovo il cuore a quella povera creatura? Ti è sempre stata vicino, nonostante tutto. Non ti ha mai lasciato solo nemmeno quando aveva il diritto e la possibilità di poterlo fare, ha sempre creduto in te. Ed ora che, finalmente, avete aperto le porte dei vostri sentimenti, hai intenzione di sgretolare tutto? Jareth, sai bene che se la perderai adesso, la perderai per sempre.»
«Basta così.» gli ordina Jareth con disperata gentilezza «Non credere che non ci abbia pensato. I miei doveri verso il mio popolo, tuttavia, mi mettono con le spalle al muro. Non posso fare altrimenti.» fa una breve pausa prima di dire ciò che più temeva di pronunciare «Vai da Silyn e da Sarah e portala qui da me. Desidero dirle la verità.»
«Ma, Jareth...»
«Questo è un ordine, duca di Goblin.» Jareth assume un tono imperativo, ma senza mancare di rispetto e di educazione di fronte al suo amato zio «È giusto che vada così. Se dovessi ostacolare l’alleanza con il regno di Dullahan, sappiamo bene quale sarà il destino del mio regno. Io non voglio vedere i miei sudditi patire sotto gli attacchi di manacce nemiche.» consiglia a Rastaban di leggere per bene la riga in cui re Algol ha affermato “non sarà vincolato a prestare i propri soccorsi al regno di Goblin in caso di aiuto di qualsivoglia natura” «È chiaro che questo sia un avvertimento. Una volta sciolto l’accordo da parte mia, re Algol non solo non si sentirà mai più obbligato ad offrirci i suoi aiuti, ma chi ci assicura che non sarà lui stesso ad attaccarci?» una breve pausa «Lo so, abbiamo visto tutti quanti come ci sia venuto incontro riguardo la condanna di Laryna, ma quella vipera è pur sempre sua figlia. Nessuno può darci la sicurezza che, nel profondo, re Algol possa covare rancore nei confronti del nostro regno. E poi, lo sanno tutti che in realtà quella principessa è la figlia del dio Laduguer. Non credo sia necessario aggiungere altro.»
Rastaban tira un sospiro e realizza la saggia veridicità del nipote.
«Non possiamo più rischiare.» sentenzia Jareth.
Rastaban ripone la pergamena nelle mani del nipote e fa un breve inchino.
«Ai tuoi ordini, maestà.» si avvia verso l’uscita della sala e ad ogni passo il suo cuore continua a spezzarsi sempre di più. La sua unica consolazione, semmai così potrebbe essere definita, ruota intorno al lato positivo di non dover essere lui a dover riferire a Sarah la brutta notizia.
Cammina a passo veloce, nella speranza di togliersi il pensiero il più presto possibile. Raggiunge finalmente Sarah e Silyn. È un duro colpo al cuore vederle così felici, così ignare da quanto sta per accadere.
Realizza che non sia saggio farsi vedere con una faccia desolata e tenta, con tutte le sue forze, di apparire sereno.
«Sarah,» la chiama lui con cordialità «il re di Goblin vuole parlarti.»
Sarah sorride ancora di più e guarda Silyn con aria di intesa. Nei loro sguardi si può leggere un pensiero che possa ricordare qualcosa come “Ci siamo, finalmente Jareth si farà avanti!”. Così, Sarah si lascia accompagnare da Rastaban e Silyn fino al cospetto del sovrano del Labirinto. Si sente emozionata e cerca di regolare il respiro, non le va di mostrarsi eccessivamente emozionata. Desidera apparire felice, sì, ma anche equilibrata.
Arrivati nella sala dove li attende Jareth, Rastaban chiede al nipote il permesso di entrare. Il sovrano del Labirinto acconsente. Non appena vede Sarah, abbellita più che mai dal suo sorriso, seguita da Rastaban e Silyn, Jareth le fa cenno di avanzare.
Sarah obbedisce e quando anche Rastaban e Silyn, fraintendendo, fanno altrettanto, Jareth alza con educazione il palmo della mano destra.
«Per favore,» dice loro «lasciateci soli.»
Silyn è confusa, ma credendo che voglia stare solo con Sarah per potersi dichiarare il suo amore per lei con più riservatezza, non obietta. Rastaban le mette una mano sulla spalla, accompagnandola lontano dalla stanza.
Sarah li osserva andarsene e, quando Rastaban chiude la porta, gli occhi di lei si direzionano verso la fiera e maestosa figura del sovrano del Labirinto. Non ha però il tempo di poter accorgersi degli occhi tristi di Rastaban, rispecchiati su quelli confusi di Silyn. Né ha il tempo di poter rendersi conto che il raggiante sorriso di Silyn perde vita quando nota lo sguardo afflitto dell’amato compagno.
 
Dullahan
 
Di fronte al tempio dedicato al dio Laduguer, sul balcone di pietra dell’immenso castello dei sovrani di Dullahan, alcune donzelle ridono e folleggiano, adulando la figlia della regina Lavandula. A giudicare dalla finezza e dalla ricchezza degli abiti impreziositi dai costosi veli, sete e velluti che li rivestono di morbidi drappeggi e, soprattutto, le mani bianchissime che le dichiarano abitualmente oziose, è facilissimo individuare in ognuna di loro nobili e ricche ereditiere. Si tratta, infatti, delle amiche di Lavernia. L’immancabile dama di compagnia e duchessina Lizarda, la viscontina Titanya, la marchesina Vinyse e la contessina Benakty. Tutte figlie di buone casate, ospiti in quel momento della principessa e della regina Lavandula.
Le damigelle sono sedute su dei cuscini di velluto di Utrecht dagli angoli d’oro e ognuna tiene in mano un ventaglio, scongiurando una falsa calura.
Parlottano tra loro con quella voce sussurrante e quelle risatine soffocate che accompagnano sempre un conciliabolo di ragazze quando c’è di mezzo un matrimonio. Soprattutto se la protagonista in questione è Lavernia.
D’un tratto, la regina Lavandula, lanciando alle fanciulle dai sorrisi e piccoli segni, dalle strizzatine d’occhio che scocca verso Lavernia, parlando a mezza voce, infatuata di sua figlia come ogni povera madre, fa notare a tutte l’infinita grazia con cui è stata creata la bellezza della figlia.
«Guardate com’è bella.» dice loro sospirando di vanità «Avete mai visto un visino più avvenente di quello della mia adorata Lavernia?»
«Chi può mai essere più bella e rossa di lei?» Lizarda accompagna le moine della regina, gonfiandosi di compiacimento nel vedere che Lavernia abbia apprezzato il suo elogio, giocherellando con i suoi capelli aranciati per metterli in bella mostra.
In questo modo, le altre invitate vengono spronate a fare altrettanto, non volendo fare una magra figura di fronte alla principessa e alla regina.
«E non è perfetta?» aggiunge Titanya «Ha la grazia e l’eleganza di un cigno.»
«Oh, come la invidio certe volte.» continua Vinyse «Che fortuna per lei essere così insuperabilmente bella.»
«E come invidio il re di Goblin, che può sposarla.» aggiunge Benatky.
L’intento delle amiche è compiuto: Lavernia non sta facendo altro che pomparsi di appagamento davanti a quelle cascate di complimenti e ammirazioni. La regina Lavandula, da parte sua, non può che suggerire alla figlia di mostrare alle ospiti il nuovo abito che indosserà per presentarsi per la prima volta al re di Goblin.
Ci mette dieci minuti prima di ritornare con indosso il costosissimo abito grigio argento, costosissimo fino all’ultimo lembo di stoffa e l’ultimo filo di cucitura, facendo una lenta giravolta per dare a tutte la possibilità di ammirarla.
«Oh, che meraviglia!» esclama Lizarda.
«Sei elegantissima!» enfatizza Titanya.
«Sei a dir poco fantastica!» la loda Vinyse.
«Una vera bellezza, Lavernia!» afferma affascinata Benatky.
Lavernia non fa altro che ammirarsi allo specchio e, non ancora del tutto contenta di apparire come una vera principessa con il suo nuovo abito, decide di alzare la posta continuando a sfoggiare tutti i gioielli, cappelli e ninnoli, specchiandosi come se volesse baciare il proprio incantevole riflesso.
Un solo commento accomuna le amiche di Lavernia.
«È la più bella di Dullahan.»
 
Goblin
 
Jareth non poteva aspettarsi di certo una reazione bilanciata da parte di Sarah, né che potesse accogliere la notizia con razionalità, specie se fino a qualche minuto prima si era inginocchiato davanti a lei per proporle di divenire la sua regina.
Di sicuro, mai poteva essere preparato alle sfuriate lacrime di un povero cuore consumato dalla tristezza, ridotto ad un ammasso di carne che batte solo per mantenere il corpo in vita.
Piovente di fiumi di pianto, Sarah è costretta a sedersi su di un gradino mentre si copre il viso con una mano, tentando invano di asciugarsi le lacrime che puntualmente continuano a scorrerle.
Non è giusto, grida Sarah e questa volta ha tutte le ragioni per poterlo dire. Come poteva essere giusto un evento del genere?
Sconfitto di fronte all’indescrivibile dolore di Sarah, Jareth non se la sente di offrirle il suo contatto fisico, né per una carezza, né per un abbraccio. Se ne sta lì, accanto alla finestra, lontano da lei. Guarda verso l’esterno come per fuggire via dalla tristezza di Sarah, ma sa che non può scappare. Le lacrime e la disperazione di lei sono come lame affilate. Abbassa di poco gli occhi e tira un sospiro affranto. Si volta verso lei e ha una nuova fitta interna nel vederla in quel modo, anche se di schiena. È piegata, Sarah. Seduta sul gradino mentre abbraccia le proprie ginocchia, come un riccio in cerca di protezione.
«Lo so che non è giusto, Sarah.» prova a dirle «Purtroppo non...»
«Fammi il favore!» Sarah si alza di scatto e, con occhi arrossati, affronta Jareth «E anche se dovessi annullare il matrimonio con questa nuova principessa, poi chi dovrai sposare? La cugina? La zia?»
«Sarah, ti chiedo di stare calma.» insiste Jareth.
Tutti sanno bene che di fronte ad una situazione simile, l’ultima cosa da fare è invitare a mantenere la calma. Difatti, Sarah non fa che aumentare la propria frustrazione. Sfoga tutta la sua rabbia contro Jareth, che a sua volta sembra essere impassibile. Sopporta Jareth, sopporta perché non ha nessun diritto di reclamare. Sarah ha tutte le motivazioni valide per sentirsi in quel modo ed è giusto che tiri fuori dal proprio petto tutta la sua ira e la sua tristezza.
Pare “svegliarsi” quando vede Sarah armeggiare contro qualcosa. La mano destra di lei, infatti, sta lottando contro quella sinistra. Per essere precisi, contro qualcosa che si trova su di un dito della mano sinistra.
Jareth spalanca gli occhi.
«Sarah, no. Non farlo...» il re di Goblin alza una mano in direzione di lei.
Sarah, tuttavia, non gli dà retta. Fa scivolare via l’anello regalatole prima da Jareth dal proprio anulare. Con la rabbia di una donna tradita e con il cuore in frantumi, Sarah getta l’anello per terra facendolo cadere chissà dove in qualche angolo della sala. Si sente solo il tintinnio dell’anello, ma Jareth lo perde di vista. Incontra successivamente lo sguardo di Sarah, arrossato di pianto, con il triste tempismo di sentirle pronunciare una frase che gli dona la sensazione di un’ennesima lama affilata all’interno delle carni.
«Desidero che i goblin mi portino via, all’istante.»

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Capitolo 6
*** Capitolo 4 ***


 UNDERGROUND
 
Il giorno dopo
 
Jareth sa bene che lo sguardo di Sarah rimarrà per sempre inciso dentro di sé. Del resto, sa di esserselo meritato. Ed è stato un miracolo se Sarah, ferita com’è, non ha deciso di inveire ulteriormente contro di lui. In fin dei conti, volendo mettersi nei suoi panni, non serviva proprio a niente assalire chi ferisce. O, probabilmente, la rabbia provata da Sarah era così forte da averle impedito di trovare altre parole e altre dosi di forza per poter continuare ad agire contro di lui. È bastato, tuttavia, solo uno sguardo per stringere Jareth in un turbinio di agonia.
Tentando di scacciare, anche se con seria difficoltà, l’immagine degli occhi di Sarah, Jareth aveva deciso di concentrarsi a trovare l’anello che Sarah, in preda allo straziante dolore, aveva gettato per terra.
Come se non bastasse, quella mattina doveva accogliere l’arrivo della nuova futura moglie proveniente da Dullahan. Jareth era fuori dal castello, insieme a Rastaban e a Silyn e ad alcune guardie. Gli occhi spaiati del re di Goblin si posano di sottecchi sullo zio e sulla sua compagna. Mentre Rastaban sembra essersi quasi rassegnato alla realtà, lo sguardo di Silyn segna tutta lo sconforto di un’amara circostanza che non riesce ad accettare. Il sovrano del Labirinto, però, non deve mostrare segni di demoralizzazione. Deve richiamare a sé tutto la sua rigidità, a qualunque costo.
Un goblin che sta in cima alla torre, ricoprendo il ruolo di vedetta, urla istericamente e a gran voce l’arrivo di una carrozza.
Il segnale passa di voce in voce, da goblin a goblin, guardia a guardia, fino ad arrivare a Jareth.
Come prevede il protocollo, Jareth e i presenti si mettono sull’attenti per accogliere la nuova futura sposa e, in segno di rispetto, ordina che venga sciolto per terra un lunghissimo tappeto rosso.
Tanta è la tensione e tanta è la goffaggine delle piccole creature maldestre che, accidentalmente, non riescono inizialmente a fare le cose per bene. Qualcuno di loro, infatti, finisce sotto il lungo tappeto rosso, altri inciampano e altri ancora corrono di qua e di là presi dal panico preliminare.
«Imbecilli!» urla Jareth, già nervoso di suo «Riuscite a rimanere composti per una dannatissima volta?»
Richiamati all’ordine, i poveri goblin riescono a ricomporsi e un attimo prima della comparsa della carrozza, tutto viene presentato nel miglior modo possibile.
Il suono di chiarine accompagnate dal rullo di tamburini annuncia l’arrivo della principessa di Dullahan ed è una grande sorpresa per Jareth e gli altri assistere ad una scena del genere. Tutti realizzano che se Laryna aveva un’indole narcisistica ed esibizionista, la nuova sposa era addirittura peggio.
In ordine di apparizione, fanno la loro comparsa un sidhe che porta con smodato orgoglio il gonfalone di Dullahan, accompagnato da un drappello di mazzieri e dalle chiarine che eseguono l’inno personale dell’arrivo della principessa Lavernia. 
Subito dopo lo squillo delle chiarine e il rullo dei tamburini, appare una schiera formata sbandieratori, acrobati e artisti che si esibiscono in una rigida coreografia di danze e spettacoli di giocolieri e fachiri mangiafuoco.  
Infine, compare la carrozza che asserisce tutto l’eccessivo lusso di cui la principessa è disposta a mettere in mostra.   
Trainata da ben dodici cavalli neri purosangue, la carrozza di gala d’oro in stile berlina è dotata di due sportelli laterali, uno per parte, provvisti di vetri non abbassabili. Dotata di una serpa anteriore ad un posto per il cocchiere, la serpa è coperta con una ricchissima gualdrappa.  
Naturalmente, le decorazioni della carrozza personale della principessa non sono affatto sobrie, rappresentate per lo più da vari stemmi nobiliari che richiamano fortemente il regno di Dullahan e degli elementi tanto cari al dio Laduguer.
Non appena la carrozza si ferma, l’esagerata coreografia degli artisti si ferma e i suonatori eseguono l’annuncio della presentazione della principessa nel regno di Goblin.
Un paggio si fa avanti, rimanendo distante di un braccio dallo sportello della carrozza.
«È per noi un immenso onore annunciare l’arrivo della bellissima principessa Lavernia, figlia di re Algol e della regina Lavandula di Dullahan, nel regno di Goblin.» esclama il paggio.
Jareth, tira un sospiro fino a gonfiare il proprio petto. La tensione è alta anche per Silyn e Rastaban quando vedono il paggio aprire lo sportello della carrozza per far scendere la principessa.
Un nuovo squillo di chiarine, divenuti così irritanti che Jareth non può ammettere che desirerebbe tanto voler distruggere, segnala la tanto attesa – si fa per dire – comparsa della principessa.
Una figura femminile varca la soglia della carrozza e mette piede per terra. Indossa un abito da cerimonia grigio topo con sopra un top grigio ardesia. La parte posteriore della gonna è rialzata per via del tournure inserito sotto l’abito, dando l’impressione di possedere un sedere disarmonicamente gonfio. Le spalle dell’abito sono gonfiate a piccolo palloncino, mettendo in evidenza le braccia magre e coperte da un paio di lunghissimi guanti grigiastri. Il collo è decorato da un girocollo abbinato al colore predominante dell’abito e, come ultimo tocco di eleganza, i suoi capelli rossi sono decorati da una fascia adagiata sulla testa con una grossa piuma color grigio tortora.       
Nel vederla, Jareth sente dentro sé un senso di repulsione e giura a sé stesso di non aver mai visto una principessa più brutta di lei. Cerca di nascondere un sospiro di sollievo quando si accorge che la sidhe effettua un inchino verso la carrozza. Per fortuna, pensa il re di Goblin, non è lei la principessa. La sidhe in questione, infatti, è Lizarda.
Finalmente, la vera principessa scende dalla carrozza e si mostra in tutta la sua superbia. Il suo abito ricco di argentato sfarzo, dotato di ampie spalle a sbuffo, un corsetto e di un’ampia gonna allargata grazie alla crinolina, decorata ai lati superiori con un paio di grossi fiocchi grigi, denotano tutta la sua volontà di apparire quanto più perfetta possibile. Un paio di guanti abbinati, la splendida collana di perle intorno al collo accompagnano l’abbinamento dell’abbigliamento impeccabile della principessa di Dullahan. I capelli arancioni, divisi in grossi e increspati boccoli, manifestano una strana tonalità brunastra sulla radice della testa – cosa alquanto strana, pensano gli abitanti di Goblin, per un’appartenente al regno di Dullahan.
Nuovamente, Jareth non può sentirsi consolato nel vedere Lavernia. In tutta franchezza, oltre a considerare il suo aspetto di poco più “accettabile” rispetto a quello di Lizarda, percepisce nei suoi confronti un sentimento che può essere collegato solo all’alessitimia. Lo sente a pelle, anzi, non sente proprio nulla. Dentro ha solo una forte mancanza di emozioni nel vederla. Ai suoi occhi, oltre ad essere oggettivamente brutta, Jareth la vede solo come colei che le ha impedito di essere felice con Sarah. Inoltre, il rancore aumenta all’idea che si tratti della sorella di quella tarantola di Laryna. Ha il presentimento che Lavernia non abbia nulla da invidiarle a riguardo.
E immagina bene.
La vede avvicinarsi con insopportabile lentezza, seguita da Lizarda, leggendole in faccia tutta la sua sproporzionata mancanza di umiltà, intuendo il suo insaziabile desiderio di essere ammirata.
Povera illusa, sta sicuramente pensando il re di Goblin.
Quando giunge dinanzi al sovrano del Labirinto, Lavernia e Lizarda mostrano rispetto eseguendo un inchino.
«Benvenuta nel mio regno.» si limita a dire Jareth «Spero che il viaggio sia andato bene.»
Ora che, come da etichetta, il re le ha rivolto per primo la parola, Lavernia può finalmente esprimersi.
«È un onore essere al cospetto del re di Goblin, maestà.» afferma Lavernia con viscida educazione.
Jareth avverte sin da subito un senso di fastidio nel sentire la sua voce melodiosamente gracidante. Per sua natura, non può fare a meno di punzecchiarla.
«Il re e la regina di Dullahan avevano commesso uno sbaglio ad offrirmi tua sorella Laryna come moglie, per cui mi auguro che non ricaschino nello stesso errore con te, principessa.» Jareth non nasconde il suo sorriso beffardo quando nota che Lavernia sembra essere innervosita davanti a quelle parole.
«Chiedo perdono per l’invadenza, maestà.» ora è Lizarda che prende parola «Ma la principessa Lavernia non consente a nessuno di nominare quella traditrice. Come può ben immaginare, è considerata la vergogna dell’intero regno.»
Jareth si accorge che la voce di Lizarda è addirittura peggiore di quella di Lavernia, domandandosi se il timbro nasale sia dovuto alle grosse e sproporzionate dimensioni del suo lungo e grosso naso. Riesce a paragonare il suono della voce come delle unghie che grattano sulla superficie di una lavagna.
«Sai usare le parole, principessa?» chiede Jareth a Lavernia. Quando la principessa ammette di non aver capito il senso della domanda, Jareth continua con tagliente sarcasmo «Se le mie parole ti hanno arrecato fastidio, ti bastava dirlo a parole tue. Non credo che ti serva l’aiuto di un procuratore per farlo al posto tuo. Anche se non credo che questa nasona abbia l’aspetto di un procuratore.»
Prima che Lizarda possa esprimere il suo disappunto per essere stata chiamata con l’appellativo di “nasona” – che ha causato nei goblin delle risate soffocate, incapaci di trattenersi a dovere – Lavernia tenta di ricomporre la propria dignità.
«Maestà,» Lavernia stringe letteralmente i denti per cercare di rimanere composta «so usare molto bene le parole. Ad ogni modo,» indica con il palmo della mano Lizarda «lei è la mia dama di compagnia e, a dire il vero, a volte pur di prendere le mie difese si lascia prendere dalla stupidità.»
Lizarda abbassa la testa, chiaramente dispiaciuta per aver fatto sfigurare la sua principessa.
“Cominciamo bene”, si dicono Rastaban e Silyn guardandosi semplicemente negli occhi.
«Capisco.» Jareth allarga il suo sorriso beffardo «Non è successo niente. Avete viaggiato tanto e credo che l’ultima cosa di cui avete bisogno è quello di creare e ricevere ulteriori nervosismi.» offre la mano a Lavernia «Intanto, rinnovo il benvenuto e ti chiedo se vuoi farmi l’onore di accompagnarti dentro il mio castello.»
Lavernia si accinge finalmente a sorridere.
«Sì, maestà.» appoggia la mano sul palmo di Jareth, pronta a farsi accompagnare.
Prima di proseguire il primo passo all’interno del castello, Jareth ha un’ultima domanda per lei.
«Come hai detto che ti chiami?»
Che lo abbia fatto per giocarle una nuova frecciatina, o se si tratti della solita distrazione di Jareth nel ricordare i nomi, non è dato saperlo. L’unica certezza è che Lavernia ritorna ad avere una faccia contrariata, seguita da una risata sonora da parte dei goblin che hanno tentato di resistere alla comicità dell’evenienza fino alla fine.   

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Capitolo 7
*** Capitolo 5 ***


ABOVERGROUND
 
Sicuramente, parlare del cuore infranto di una donna, arpionato da un’evenienza molto più grande di lei che non ha potuto in alcun modo deviare, non è sicuramente facile. Lasciamo che sia il lettore ad immedesimarsi nel dolore di Sarah – soprattutto se il lettore è una donna. Possiamo limitarci nell’augurare a chi sta leggendo di non sapere mai quale sia il dolore straziante provato dalla povera Sarah.
Saranno passati sì e no due giorni, all’incirca. Nemmeno Sarah si è resa conto dell’effettivo scorrere del tempo. Del resto, non è raro che in certe situazioni i giorni possano sembrare settimane, i mesi in anni e via dicendo. Sebbene si tratti di una giovane donna dal carattere forte, questo non comprova che non abbia dei momenti in cui sente mancare le forze, sentendosi così distrutta da non avere un briciolo di energia per potersi alzare dal letto.
Il suo stato d’animo, di conseguenza, non è passato inosservato. Prima di proseguire, ci teniamo ad aprire una breve parentesi: Sarah vive ancora nella casa paterna e, da un po’ di tempo, le cose con la sua famiglia sembrano essere migliorate. Il rapporto con Karen, soprattutto, è maturato molto rispetto a quando Sarah aveva circa sedici anni e, anche se non potrà mai vedere in lei una madre, è riuscita lentamente a creare un tenero e sensibile rapporto tra matrigna e figliastra. Forse, detto così, potrebbe suonare male, dato che Karen non ha mai voluto prendere le parti di una “matrigna cattiva delle favole” – come Sarah la considerava e trattava nei primi tempi. Al contrario, ha sempre cercato di rappresentare per lei una figura materna sempre pronta a proteggerla in qualsiasi contesto, usando anche un po’ di polso e severità quando serviva. Gli adolescenti, in fin dei conti, sono sempre molto testardi e scapestrati e Karen si è dimostrata molto paziente nei confronti di quella ragazzina così cocciuta, riuscendo con il tempo a conquistarla e a legare insieme a lei. Dal canto suo, Sarah aveva fatto la sua parte e, crescendo, aveva cominciato ad accettare la realtà. Era inutile continuare a sognare il ritorno della vera madre, la quale aveva preferito allontanarsi per inseguire i propri obiettivi, lasciando egoisticamente il marito e la figlia. Tanto valeva guardare le cose sotto un altro punto di vista, pensava Sarah, a cominciare dal poter concedere a Karen almeno una possibilità La scelta colma di maturità della giovane aveva avuto un esito positivo.
Malgrado abbia fatto di tutto per nascondere il dolore sul proprio volto, la sofferente Sarah non è riuscita ad ingannare proprio Karen. Era facile poter mentire al padre o al fratellino Toby – ormai divenuto grandicello – inventando la scusa della stanchezza o di una giornata no. Karen, tuttavia, essendo donna aveva intuito sin dall’inizio che qualcosa non andasse. A qualunque prezzo, quel pomeriggio Karen ne avrebbe parlato con Sarah. Desidera poter fare qualcosa per poterla aiutare, anche un minimo aiuto per riuscire a farla reagire a trovare una soluzione al problema che la sta macinando.
Bussa alla porta della camera di Sarah. Due colpi piccoli ed educati.
«Posso entrare?» Karen entra non appena Sarah le concede il permesso. La trova nuovamente sdraiata sul proprio letto, di spalle. Karen si siede ai piedi del letto e raccoglie le idee per cercare di usare le parole adatte per non essere indiscreta «Come ti senti?»
Non desiderosa di voler effettivamente parlare, Sarah rimane riduttiva e fa spallucce. Sta per mentire di nuovo e sta per liquidare la donna con la solita giustificazione della stanchezza. Karen, con la pazienza di una buona madre, le mette una mano sul viso.
«Stai, forse, attraversando un periodo difficile?» i suoi modi sono molto caldi e gentili «Sarah, sappi che se c’è qualcosa che non va, posso sempre aiutarti.»
Sarah esita un attimo. Dopotutto, è proprio di questo di cui sente di avere bisogno in una situazione così delicata che le è piombata addosso. Ha bisogno di parlare con qualcuno, ma con chi può farlo? Karen, essendo innanzitutto una donna, può darle realmente quell’aiuto di cui tanto desidera? Ma come potrebbe farlo? E, soprattutto, Sarah da dove dovrebbe cominciare? Senza fare giri di parole, sa perfettamente che non può parlare dell’Underground, del mondo magico e tutto il resto. Tirando un sospiro, però, riconosce che può raccontare una mezza verità.
«C’entra un uomo.» dice Sarah tutto d’un fiato, come per liberarsi.
A giudicare dal suo sguardo, Karen capisce benissimo che si tratta di una faccenda piuttosto delicata. Non le ci vuole molto a capire che il padre di Sarah sia all’oscuro di tutto e, come spesso accade nelle famiglie, per evitare ulteriori imbarazzi, è meglio che vi rimangano ancora per un bel po’. Per farle capire che di lei si può fidare, Karen si alza per un attimo e si accinge a chiudere la porta della stanza di Sarah.
«Così possiamo parlare tranquillamente.» la rassicura Karen, sorridendole, per poi ritornare seduta accanto a lei.
Quel semplice gesto rincuora la fiducia di Sarah. È pronta a parlare.
Omettendole naturalmente i dettagli riguardanti la magia e tutto ciò che riguarda l’Underground, Sarah racconta a Karen di aver avuto un forte problema sentimentale per colpa di un uomo che lei credeva essere cambiato. Karen non spiccica una parola, ascolta attentamente le parole della giovane.
«Era ufficialmente impegnato,» continua Sarah, sforzandosi di non versare nemmeno una lacrima per rimanere stabile «solo che si era reso conto di non essere felice con la donna che doveva sposare. Diceva e dimostrava apertamente di aver trovato la felicità solo con me. Non aveva timore nel mostrarsi pubblicamente in mia compagnia. Dopo qualche giorno, era riuscito a rompere l’impegno e ad evitare il matrimonio, sembrava che tutto si fosse sistemato a nostro favore.» prende un bel respiro «Ma proprio quando stava per dichiararsi...» fiotti di lacrime cominciano a solcarle le guance e il respiro si fa debole. Ci vuole qualche secondo perché Sarah si riprenda, è determinata a concludere «Proprio quando eravamo così vicini alla felicità, arriva la notizia che non può in nessun modo sottrarsi all’impegno matrimoniale.» si sfoga con un pianto e Karen la porta istintivamente accanto a sé. Per quanto sia dispiaciuta, la donna non sembra volersi tirare indietro. Aspetta solo che Sarah si riprenda.
«Tu come lo hai scoperto?» domanda gentilmente Karen.
«È stato lui ad aver avuto la faccia tosta di dirmelo.» risponde Sarah con amarezza.
«Beh,» Karen ce la mette tutta per non ferirla ulteriormente «io credo che, se avesse voluto, non ti avrebbe detto niente e avrebbe potuto benissimo fare il gioco sporco con te.» breve pausa «La tua è una faccenda molto spiacevole, però questo non vuol dire che tu debba essere triste per tutta la vita. Non starò qui a dirti di voltare pagina e di guardare oltre, tu sai bene cosa è meglio per te. Posso solo dirti cosa fare per cercare di stare un po’ meglio. Io non conosco quest’uomo di cui mi parli, né conosco i suoi modi di fare. Da come ne hai parlato, però, penso che eravate molto uniti. Se così fosse, non credo che per lui debba essere stato facile essere costretto a sposare qualcuna che non ama, né doverti mettere al corrente di tutto quanto. Immagino quanto debba essere stato doloroso per te, però, puoi sempre pensare che non sia stata tutta colpa sua.»
Sarah ascolta la donna con attenzione, anche se è ancora abbattuta.
«Io credo che se ti ama davvero,» continua Karen «riuscirà a trovare una soluzione per poter chiarire insieme a te. Certo è che non possiamo prevedere il futuro, quindi può darsi che si farà avanti lui per primo e ti chiederà di perdonarlo. Oppure, può darsi che vi rincontrerete e proverete indifferenza. O ancora, vi basterà uno sguardo per far scattare una nuova scintilla. Può succedere di tutto, Sarah. Nel frattempo, tu non dimenticarti di vivere. Capisco che sei distrutta ed è più che naturale che vada così. Se lo hai amato sul serio, non puoi restare indifferente. Ti chiedo solo di andare avanti e cercare di reagire facendo tutto quello che desideri fare, purché ti faccia stare bene.»
«E se non si farà avanti?» la domanda di Sarah suona come quella di un’adolescente alle prime armi, anche se non esiste un’età per essere confusi di fronte ad un rapporto sentimentale andato in fumo.
«In quel caso,» la rassicura Karen «sarà comunque lui ad averci perso. Se non vuole fare niente per evitare questo impegno matrimoniale di cui mi hai parlato, evidentemente gli sta bene così. Vuol dire che è “felice di essere infelice”, non capendo di quanto possa essere stupido ad aver perduto una persona preziosa come te.»
Sarah si sente sollevata di fronte a quel caldo conforto.
«Hai davvero tanto da dare, Sarah.» conclude Karen «Non sprecare il tuo valore con chi non ti merita e con chi non vuole meritarti.» come segno di apprezzamento, Sarah si adagia sul corpo di Karen per aderire ad un tenero abbraccio.
 
UNDERGROUND
 
Jareth ci aveva visto benissimo riguardo la natura di Lavernia e ha avuto poco da meravigliarsi di fronte ai suoi atteggiamenti. Ben sapendo che gonfiarsi il fegato per via dell’insopportazione dovuta alla sua compagnia era solo una perdita di tempo, Jareth ha optato per una scelta molto più salubre: evitare a tutti i costi la presenza di Lavernia, anche con la più stupida delle giustificazioni. Trovava persino i suoi goblin meno intollerabili di lei, per non parlare di quella nasona che la seguiva come una cagnolina senza nessuna coscienza propria.
In cuor suo, Jareth non sapeva se provare più pena verso Lizarda che si massacrava di fatica pur di leccare per bene i piedi della futura regina, o verso Lavernia che si sentiva glorificata verso la sua dama e tutte le altre donzelle di buona famiglia che la osannavano solo per il suo titolo. Personalità così, diceva Rastaban, senza un po’ di umiltà, non andranno mai e poi mai molto lontano.
Per evitare i guai avuti con Laryna, Jareth aveva permesso a Lavernia di fare tutto quello che voleva – purché non gli desse il tormento, per dirlo in maniera schietta – ma questa volta aveva delle condizioni. Inoltre, queste regole erano persino state messe a punto pubblicamente, in modo che Jareth non riscontrasse nessun guaio.
 
1. Chiunque a Goblin deve portare rispetto verso la principessa Lavernia, purché ella non comprometta l’equilibrio della corona.
2. Solo il re di Goblin è superiore alla principessa Lavernia, a patto che ella non danneggi l’equilibrio del regno di Goblin e della corona.
3. In quanto ricoprente una carica inferiore solo a quella del re, ogni desiderio della principessa Lavernia va esaudito, fatta eccezione se questo implica guai verso il re, il regno di Goblin e i suoi abitanti.
 
Solo tre semplici regole, ma per Lavernia non erano affatto un problema. In verità, in merito al contesto “ogni suo desiderio va esaudito”, c’era già stato un primo problema. Pareva fatto apposta, ma proprio quando Jareth le aveva fatto fare il giro panoramico del castello e dei giardini, come aveva visto la statua della compianta regina Rosheen, Lavernia aveva subito emesso il primo capriccio.
«Voglio anche io una bellissima statua in mio onore.» aveva detto con sicurezza.
«Non se ne parla neppure.» è stata la sentenza di Jareth, guadagnandosi un sussulto di sgomento da parte di Lavernia e di Lizarda, come se avessero sentito dirgli un sacrilegio.
«Cosa? E perché rifiuti di farmi questo regalo?» Lavernia non demordeva, non essendo abituata ai “no” «Alla fine, io sarà la futura regina e non vedo perché non posso avere anche io una statua in mio onore.»
«Perché ho già avuto diversi problemi con quella dispotica di Laryna.» afferma Jareth con ironica autorità «Nessuna statua verrà issata nei giardini del castello, all’infuori di quella della mia defunta genitrice. La storia finisce qui.» è la sua ultima parola, lasciando Lavernia e Lizarda sempre più scandalizzate e Rastaban e Silyn – che erano presenti – ben soddisfatti.
«Ma è inaudito!» esclamava Lavernia «Da quando una futura regina non ha il diritto di vedere innalzata una scultura in suo onore?»
«Da quando si mette piede nel regno di Goblin, il mio.» Jareth sorrideva con modi di sfida, ben deciso di non lasciarsi mettere i piedi in testa per nessuna ragione al mondo. Silyn e Rastaban riuscivano a malapena a nascondere un ghigno di gratificazione, facendo di tutto per apparire seri e composti.
Lizarda si era apprestata a sussurrare qualcosa all’orecchio della principessa, ma Jareth l’aveva ripresa. Non poteva perdere l’occasione di fare sfigurare nuovamente quella nasona dalla faccia di salamandra.
«Prima che la tua dama di compagnia finisca,» Jareth si stava ancora rivolgendo a Lavernia «ho una domanda da farti. Immagino che, come ogni damigella di ottima casata che si rispetti, tu abbia frequentato una scuola di buone maniere.»
«Sì, ma questo cosa c’entra?» domandava Lavernia, senza capire.
«Pura curiosità.»
«Visto che ci tieni tanto a saperlo,» Lavernia si sistemava con leziosità i capelli aranciati come il guscio di un gambero «ho avuto l’onore di aver studiato nel prestigioso collegio di Madama Amber.»
«Niente male.» affermava Jareth con finto stupore «E vuoi perdonarmi se, mi permetto di dire, ho il presentimento che la tua dama di compagnia sia stata la peggiore studentessa dell’istituto?»
«Cosa?» osava ribattere Lizarda, ferita nell’orgoglio «Cosa te lo fa pensare? Sappi che la principessa Lavernia è stata la studentessa modello del collegio di Madama Amber e, come tale, non perdeva tempo a dare confidenza con le peggiori studentesse.»
«Allora mi sono sbagliato.» Jareth non era affatto mortificato «A questo punto, la verità è che il collegio di Madama Amber è solo chiacchierato.» alla domanda di chiarimento dalle due donzelle offese, Jareth aveva continuato a sorridere beffardamente «Non serve, comunque, una scuola di buone maniere per sapere che è maleducazione sussurrare all’orecchio.»
Silyn e Rastaban, intanto, continuavano a lottare per trattenere le risate. Lavernia aveva lanciato una brutta occhiata contro Lizarda, provando un forte desiderio di polverizzarla.
«Maestà,» tentava di difendersi Lavernia assumendo la sua postura più orgogliosa possibile «ti assicuro che il collegio di Madama Amber merita tutta la sua reputazione. Per di più, per tutta la mia permanenza, sono stata la studentessa che ha rappresentato tale collegio e non è mia responsabilità se la mia dama di compagnia ha delle lacune riguardo le buone maniere.»
«Se lo dici tu.» Jareth fingeva ancora di essere stato preso in contropiede. Sorrideva, infatti, quando la sua ultima risposta aveva fatto raggelare Lavernia «Tuttavia, penso che tu, da brava studentessa modello, avresti dovuto riprendere all’istante il gesto maleducato della tua dama nasona.»
Rastaban soffocava una risata, ci aveva pensato Silyn a farlo ricomporre. Era stato molto divertente per Jareth aver fatto sfigurare di nuovo quelle due oche insopportabili.
Morale della favola, in conclusione, Jareth era stato molto chiaro. Lavernia non avrebbe mai avuto una statua in suo onore.

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Capitolo 8
*** Capitolo 6 ***


UNDERGROUND
 
La notizia del nuovo matrimonio combinato di Jareth aveva fatto il giro del regno in pochissimo tempo. Una novella del genere aveva scombussolato gli animi di tutti quanti gli abitanti nel comprendere che il loro re avrebbe dovuto nuovamente unirsi in matrimonio con un’altra figlia di re Algol. Tutti, ahimè, credevano aver superato l’incubo della permanenza di Laryna ed ora dovevano fare i conti con un’altra principessa ancora più squilibrata di lei. Dato che la storia della nascita illegittima di Lavernia era un vero e proprio segreto di Pulcinella, tutti quanti i sudditi di Jareth cercavano di non avere problemi con quest’ultima, ben pensando che non sarebbe affatto giudizioso inimicarsi la figlia di un temutissimo dio.
Purtroppo, anche se Lavernia non sembrava intenzionata a cospirare contro Jareth come aveva fatto in precedenza l’odiata sorella, il suo pessimo temperamento smorfioso e altezzoso non era di certo passato inosservato.
E che dire di Hoggle, Ludo, sir Didymus e Ambrogio nell’apprendere tutto quanto? Ovviamente, il primo pensiero era rivolto verso la loro povera amica Sarah. Come starà adesso? stanno pensando. Non sopportando l’idea di pensare all’ennesima batosta a cui è andata incontro, Hoggle non vuole perdere tempo e decide di sincerarsi di persona dello stato d’animo della sua più cara amica.
Didymus, però, lo aveva fermato.
«Oh tu, mio stolido e gaglioffo amico dalla mediocre statura e incompiuto intelletto.» gli aveva detto con un tuffo al cuore «Non ritieni che la nostra Sarah sia già bastantemente affranta? Consiglio con calor e con lutto nel cuor mio di darle tregua, per il momento.»
«Ma cosa stai farneticando?» si era ribellato il nano «Io credo che abbia bisogno di noi, in questo momento. Non possiamo lasciarla sola.»
«Niuno di noi signori ambisce alla mestizia della nostra amica.» spiegava Didymus «Eppur, i tempi son acerbi. Lasciamo che, dapprima, Sarah accolga la sua afflizione con onorabilità. Giungerà il momento amico per poter farci avanti e donarle il nostro sostegno morale.»
Hoggle non poteva obiettare. Certo, gli dispiaceva non poter aiutare Sarah nell’immediato, ma forse Didymus aveva ragione. Non era ancora il momento.
 
Sebbene Jareth faccia di tutto per stare alla larga da quell’antipatica di Lavernia, non può sottrarsi all’impegno preso per doverla sposare. È suo dovere, quindi, prendere parte all’organizzazione della cerimonia di fidanzamento e del matrimonio. Come il lettore è già a conoscenza, la durata dell’evenienza è di tre giorni. Tuttavia, Jareth ha lasciato che Lavernia prendesse le redini di ogni cosa, dandole il permesso di non badare a spese.
Per Lavernia, naturalmente, questo permesso è un vero e proprio lasciapassare. Inutile dire che la parola d’ordine per la cerimonia era “appariscenza”. Più che una ricorrenza che dovrebbe consacrare il suo fidanzamento e il suo matrimonio, Lavernia considera tale evenienza come una vera a propria sfida. Vuole sfidare tutte le spose del regno, se non addirittura tutte le spose dell’Underground, per far intendere loro che non esiste matrimonio migliore del suo. Ogni cosa verrà curata nei minimi dettagli, tutto sarà assolutamente perfetto, dagli allestimenti all’abito, dal cibo agli spettacoli. Soprattutto, sarà Lavernia ad essere al centro di tutto. Sarà lei, con la sua bellezza, con il suo fascino, a rendere tutto assolutamente perfetto. Se Jareth avesse avuto il potere di leggerle nel pensiero, di sicuro le avrebbe riso in faccia.
Eppure, il re di Goblin aveva altro di cui preoccuparsi. Sarah.
Gli manca, ammette. Non può più nasconderlo. Seduto sulla finestra della sala del trono, Jareth scruta il sole che tramonta. La mano destra fruga all’interno della propria tasca e tira fuori qualcosa.
L’anello che aveva regalato a Sarah. Lo stesso anello che deve ritornare alla sua legittima proprietaria.
 
ABOVERGROUND
 
Sarah si rende conto di aver fatto bene a parlare con Karen, visto che si sente molto più leggera. È come se si fosse tolta un grosso peso dalla bocca dello stomaco. Rispetto a prima, sta di sicuro abbastanza bene.
È pronta a coricarsi, desidera solo andare a dormire e rilassare completamente la povera testa. La giornata è finita e non c’è nient’altro a cui debba pensare. Raggiunge il letto e sta per spegnere l’abatjour, quando sente uno strano rumore che picchia dalla sua finestra. Sarah rivolge l’attenzione su di essa e avverte come una spina dentro l’anima quando intravede la figura di un elegante barbagianni che, con il becco, bussa sul vetro. Sembra che le stia chiedendo il permesso di entrare.
Sarah, tuttavia, non vuole lasciarsi prendere dalle emozioni e decide di ignorare il bianco rapace. Spegne la luce e offre le spalle alla finestra, la sua intenzione è solo quella di addormentarsi. Il barbagianni sembra aver smesso di picchiettare, forse è volato via. Meglio così.
Sarah chiude gli occhi, ma le sue orecchie colgono un nuovo rumore. La finestra. Sembra che qualcuno l’abbia aperta dall’esterno. Si alza di scatto a sedere e il suo cuore manca un battito quando vede le ante aperte. Le tende danzano leggere, guidate dal lieve vento come lembi di vesti di bianchi fantasmi.
Preso un bel respiro, accertatasi che non ci sia nessun pericolo, Sarah chiude immediatamente la finestra. Niente panico, si rassicura, va tutto bene.
«È permesso?» una voce maschile alle sue spalle quasi la fa sobbalzare. Sarah si volta e vede una figura in penombra che riconoscerebbe tra mille, anche in assenza totale di luce.
La figura avanza, a favore della luce della luna. È lui. È Jareth. Sarah lo contempla per un po’ in silenzio, ripensando alle parole di Karen.
Io credo che se ti ama davvero, riuscirà a trovare una soluzione per poter chiarire insieme a te. Certo è che non possiamo prevedere il futuro, quindi può darsi che si farà avanti lui per primo e ti chiederà di perdonarlo. Oppure, può darsi che vi rincontrerete e proverete indifferenza. O ancora, vi basterà uno sguardo per far scattare una nuova scintilla. Può succedere di tutto, Sarah.
Ed eccolo lì, il re di Goblin. Davanti a lei. Nel suo mondo, nella sua stanza. Karen si era rivelata profetica, ma Sarah non sembra affatto felice di rivederlo.
«Oh, ciao.» dice lei solamente, rimanendo apparentemente fredda e restia.
«Come stai?» domanda Jareth, non aspettandosi un trattamento diverso da parte di lei.
«Ti sei fatto attendere.» Sarah è irremovibile, non vuole apparire fragile per nessun motivo «Comunque, sto bene. Perché sei qui?»
«Voglio sincerarmi che tu stia bene, Sarah.» la voce di Jareth sembra incrinarsi «Sono davvero dispiaciuto per quello che è accaduto... e ho sentito la tua mancanza.»
Quali strani parole sente Sarah, pronunciate proprio dal fiero re di Goblin? Sta forse sognando? Non crede affatto. Sa che è tutto vero, lo sa perfettamente. Anche se tutto questo le fa uno strano effetto, Sarah non cede ai sentimenti. Vuole imporre la sua posizione.
«Fatico a crederti, Jareth.» gli risponde «Per quanto io sia lieta che tu sia qui, non ti posso nascondere che mi faccia troppo strano parlarti. Tu mi hai fatto del male.»
«Ti chiedo scusa, Sarah.» riesce a dirle Jareth, ammettendole di essere in seria difficoltà e di non trovare le parole giuste per poterle manifestare il senso di colpa che porta dentro.
Sarah è confusa. Non sa esattamente cosa vuole fare. Ripensa ancora alle parole di Karen, ma sembra che non ci sia nulla in grado di poterla aiutare in quel preciso istante.
Jareth le si avvicina e, senza che Sarah abbia il tempo di realizzare, le afferra la mano sinistra. Fulmineamente, le adagia all’anulare l’anello che le aveva regalato.
«Sei tu tutto ciò che voglio, Sarah. Non esiste nessuna creatura in grado di eguagliarti o sostituirti.»
«Jareth, io non...» balbetta lei.
«Ti ho fatto del male, ne prendo atto.» la ferma il re di Goblin «Ma desidero rimediare. Ti chiedo solo di darmi una possibilità, se nel tuo cuore c’è ancora spazio per il perdono... mia preziosa.»
Sarah vorrebbe resistergli, non vuole dargliela vinta. Non può cavarsela così. Eppure, sente che il suo cuore le suggerisce di offrirgli il perdono, di concedergli l’occasione di poter trovare una soluzione al chiarimento.
Sarah è troppo confusa, la tensione scorre in lei rendendola tremante. Jareth se ne accorge.
«Vorrei solo abbracciarti...» le confessa «per sincerarmi che vada meglio.»
Sarah non lo fa continuare e, come se la sua mente si sia separata dal corpo, si butta letteralmente sul petto del sovrano del Labirinto. Dapprima lo abbraccia con riluttanza, ma appena sente le braccia di Jareth stringerla con più sicurezza, Sarah aumenta l’intensità dell’abbraccio.
Non ci sono parole da dire in un simile momento. Un solo gesto è sufficiente per richiamare infinite parole. Un solo abbraccio per dare inizio ad una prima fase di chiarimento.
«Io non voglio più perderti.» gli confida Sarah, ancora immersa nel petto del sovrano del Labirinto.
«Nemmeno io voglio più perderti.» è la dichiarazione di Jareth.
I due, però, sanno che Jareth ha dei doveri da rispettare e dai quali non può in alcun modo allontanarsi. Come facciamo? è la triste domanda di Sarah, che lo guarda come per implorargli di trovare una soluzione.
Jareth non vuole in alcun modo deluderla. Non ora che ha nuovamente riposto in lui la sua fiducia. La guarda intensamente e trova un’unica alternativa da percorrere. Un’alternativa molto pericolosa.
Pur di amarla, di passare in pace la sua vita con la sua vera amata, Jareth propone a Sarah di vedersi clandestinamente nell’Aboverground.
«Ma Jareth...» sussulta Sarah «Tu sei il re di Goblin, non un semplice cittadino. La tua assenza nel tuo mondo non passerà inosservata.»
«Inventerò una scusante.» la rassicura «E poi, è da quando ho visto per la prima volta quell’acida di Lavernia che faccio di tutto per passare il tempo lontano da lei.»
Lavernia. Dunque, è così che si chiama la nuova rivale, pensa Sarah. Se prima mal sopportava il nome di Laryna, adesso è quello di Lavernia a causarle un pugno nello stomaco. Che nome terribile, starà sicuramente pensando la povera Sarah per difendere il proprio cuore e il proprio orgoglio.
«Tale nome, tale faccia.» le dice ironicamente Jareth, come se le avesse letto nel pensiero, causando un tanto desiderato sorriso da parte di lei.
Che bello rivederla sorridere.
«Non c’è niente che io tema, Sarah.» è la decisione finale del re di Goblin «Starò con te e che io sia maledetto se non troveremo sempre il tempo per stare insieme. Che ti piaccia o no.»
Per quanto sia felice nel sentirgli dire quelle parole, Sarah sente che c’è ancora qualcosa che non va.
«È il discorso di saperti impegnato con un’altra donna che mi tormenta, Jareth.» confessa Sarah con amarezza «Io non voglio essere la tua amante. Io voglio essere...»
«Dipende dal punto di vista, mia preziosa.» Jareth le poggia un dito sulle labbra, silenziandola «I miei doveri mi obbligano a dover sposare qualcuna che non amo, né amerei nemmeno se mi offrissero tutti i poteri degli dei. Ma non sei stata tu a dire che “le leggi possono essere interpretate?”.» a giudicare dal suo sguardo, Jareth percepisce che Sarah non abbia capito «Sei confusa? Tranquilla, è nella norma. Ogni cosa ha il suo tempo. Per il momento, quell’acida Lavernia è sottomessa al mio potere e ho espressamente detto che non deve in nessun modo osare oltraggiare la mia maestà, né intromettersi nei miei affari. Quindi, non ci darà nessun fastidio.» le offre un nuovo abbraccio «Ti prometto che farò di tutto per trovare una soluzione che ci permetta di non avere mai più intralci.»
«E se volessi tornare nell’Underground?» è l’ultimo dubbio di Sarah «Corro dei pericoli, se dovessero vedermi?»
«Chi l’ha mai detto?» sorride beffardamente Jareth «Suppongo che tu abbia qualcuno che ti vuole bene nel regno di Goblin. Chi ti vieta di andarci? Il re di Goblin, forse?»
Sarah, fiduciosa, lo stringe ancora più forte.
«Allora, tu mi vuoi bene?» gli domanda.
Come risposta alla sua domanda, Jareth le posa un dolce bacio sulle labbra.
 
UNDERGROUND
«Non ci vado!» Hoggle incrocia le braccia saldamente, come per incatenarsi da solo.
«Dobbiamo adempiere al dover nostro, scervellato marrano.» persevera Didymus.
«Non ci andrei nemmeno se mi pagassero i sovrani di Dullahan.» Hoggle resta fermo nella sua posa e nella sua decisione.
Era giunto il primo giorno della cerimonia di fidanzamento tra Jareth e Lavernia e tutti i sudditi di Goblin erano stati invitati, per lo più obbligati a partecipare perché Lavernia vuole a tutti i costi dare dimostrazione di sé stessa. Per non fare nessuno sgarbo alla sua amica Sarah, Hoggle si sentiva in dovere di non prendere parte a questa festa. È come se le facesse un torto, secondo il suo tenero cuore nascosto in una burbera corazza. Nemmeno Didymus e Ludo avevano voglia di andare e la pensavano esattamente come il nano, ma i doveri chiamavano e andavano rispettati.
Per cercare di convincerlo, Didymus aveva fatto ricorso alle maniere forti: picchiettava Hoggle da ogni angolo del suo corpo con lo scettro. Hoggle non demordeva e, come ultima carta da giocare, Didymus aveva ordinato a Ludo di “divorare” il nano – per lo più, intendeva limitarsi a far finire la testa di Hoggle nelle fauci dell’enorme bestia.
Per essere brevi, alla fine l’intento del prode cavaliere in groppa al suo fido Ambrogio era riuscito e Hoggle si era unito a loro. Rischiare di finire dentro la bocca di Ludo non era certo il massimo.
 
Nel frattempo, Lavernia è chiusa dentro la propria spaziosissima camera circondata dalle sue dame, la stessa stanza che prima ospitava l’odiata sorella Laryna. Il motivo di tanto odio tratta diversi argomenti, ma il motivo principale è concentrato sulla primogenitura e sulla discendenza legittima.
Laryna e Lavernia erano simili di carattere e di aspetto, fatta eccezione per qualche dettaglio, ma avevano ricevuto un trattamento molto diverso. Nonostante venissero abitualmente viziate e coccolate, cresciute senza mai ricevere un freno in nessun fronte, Lavernia era trattata come una principessa, mentre Laryna come una reginetta.
Partendo dalla sorella maggiore, Laryna era la cosiddetta “cocca di mamma e papà”, la preferita in assoluto in quanto primogenita ed effettiva futura regina. Era, soprattutto, re Algol a preferirla per via della discendenza. Laryna poteva letteralmente fare tutto quello che voleva, era perfetta, la principessa di Dullahan da portare come esempio.
Lavernia, come il lettore ha avuto modo di riscontrare durante l’avventura di questa storia, è una figlia illegittima nata da un tradimento da parte della regina Lavandula. Non deve essere di certo facile essere considerata come la figlia della vergogna, ma Lavernia aveva avuto un’alternativa. Andandoci con ordine, fuori dalle mura, Lavernia faceva letteralmente la padrona, sfruttando al massimo la sua familiarità con Laduguer. Se qualcuno osava andarle contro, era piuttosto facile poter evocare anche solo il nome del dio di Dullahan. Non ci vuole molto per intuire che nessuno si permetteva di andare contro lei, nemmeno con il pensiero.
Dentro le mura del castello, al contrario, era malvista da re Algol, il quale non voleva averci molto a che fare. Non doveva essere, di certo, stata una passeggiata per lui dover crescere la figlia di sua moglie, nata da una storia clandestina con il sanguinario Laduguer. Chiunque, al suo posto, avrebbe potuto ripudiare la moglie e la figliastra, ma questo non valeva per re Algol. O meglio, non se voleva evitare serissimi problemi con il dio protettore di Dullahan. Per essere riduttivi, a re Algol non restava che accettare Lavernia e cercare a tutti i costi di non farle mai mancare nulla, se voleva tener buono il dio crudele.
Tuttavia, questo non impediva a Lavernia di “rifarsi” con le sue superbe angherie. Per fare un esempio sulla meschinità della secondogenita, c’è un episodio da narrare che ha scosso tutti gli abitanti di Dullahan.
Secondo l’usanza del regno, durante la festa in onore del dio Laduguer si organizzava una celebrazione con una serie di giochi stravaganti che avevano come tema la scelta del dio di divenire il protettore del regno, unendosi in matrimonio con Lavynia, la primissima regina di Dullahan la cui esistenza è sempre stata velata da un alone di mistero – così come l’appartenenza consanguinea con la regina Lavandula. Un paggio aveva suggerito a re Algol e sua moglie una coreografia di sidhe popolani, vestiti di fili di lino attaccati con la pece a una veste aderente, in modo da rappresentare delle creature selvagge che lodavano Lavynia. I costumi erano molto belli, ma altamente infiammabili. Tuttavia, la regina Lavandula, volendo come sempre mettersi in mostra nel contesto della sua estrema devozione verso Laduguer, specialmente nel giorno a lui dedicato, voleva anche lei prendere parte ai giochi. Nel suo caso – nulla di cui sorprendersi – voleva vestire i panni dell’antica regina di Dullahan. Così, Lavandula aveva dato ordine ai partecipanti di tenere le torce ai bordi del salone, perché la sua apparizione doveva essere suggestiva e sorprendente. Mentre la festa era al massimo del divertimento e i “selvaggi” stavano facendo il loro ingresso eseguendo delle danze acrobatiche, il sopraggiungere solenne di Lavandula con le torce aveva provocato un tragico incidente. La regina si era salvata grazie alla prontezza delle guardie, ma gli altri sidhe “selvaggi” bruciavano come torce umane. Lo spavento era stato enorme e la celebrazione era stata immediatamente sospesa.
Si era scoperto che non era stato affatto un incidente. Tra i popolani che vestivano il ruolo delle creature selvatiche, non c’erano solo adulti, ma anche giovani sidhe di ambo i sessi. Tra questi, vi era una coetanea di Lavernia che aveva osato fare un commento ambiguo circa il colore dei suoi capelli. L’incendio era scoppiato perché, per vendicarsi, Lavernia aveva dato di nascosto uno spintone alla giovane e quest’ultima, involontariamente, aveva fatto cadere la propria torcia addosso ad un altro popolano, causando così una reazione a catena.
In principio, la colpa era stata affibbiata all’incompetenza della giovane popolana che rischiava di essere messa a morte per aver messo in pericolo la vita della regina – poco importava, a quanto pare, l’incolumità degli altri ballerini che, per fortuna, erano tutti sopravvissuti ma avevano riportato delle gravi ustioni. La vendetta di Lavernia stava per essere compiuta, se non fosse stato per le sollecitazioni dei sudditi. Per la prima volta, tutti gli abitanti si erano coalizzati per far fare pressione sul re e sulla regina, infischiandosene della discendenza divina di Lavernia. Non potevano accettare che una principessa, a causa dei suoi “capricci”, giocasse con la vita dei sudditi, né tantomeno che la passasse liscia. C’erano stati dei testimoni pronti a giurare di averla vista spintonare la povera popolana, accusata ingiustamente. Infine, i sovrani avevano ceduto alle pressioni del popolo e la popolana era stata liberata. Dai sudditi, ancora, erano arrivate altre insistenze che invitavano il re e la regina a far mettere a Lavernia la testa a posto e a comportarsi responsabilmente. Per dare prova del proprio pentimento – che ovviamente non era affatto pentita, ma era stata obbligata dai genitori – Lavernia era andata a piedi nudi dalla porta del castello al Tempio Grigio, chiedendo scusa a Laduguer per aver mandato all’aria la festa in suo onore.  
In quanto ad incutere timore, ad ogni buon conto, Laryna e Lavernia erano quasi alla pari.   

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Capitolo 9
*** Capitolo 7 ***


UNDERGROUND
 
Messi più a guardia della sua dote che della sua persona, Lavernia trasportava oltre all’anticipo di una cospicua somma di denaro, un’irrefrenabile voglia di spendere e spandere, tracciando la sua insaziabile fame di scialacquare quanto più denaro possibile per lasciare che tutta Goblin comprendesse che Jareth le lasciasse fare tutto quello che voleva. Un po’ come dire che adesso, anche se il re le aveva dato delle regole, anche lei aveva molto potere e aveva il diritto di soddisfare tutti i suoi capricci. E questo contesto non è collegato solo con la festa di fidanzamento e con il matrimonio.
Infatti, Lavernia non aveva badato a spese tra stoffe di lusso, ceramiche preziose con pezzi artistici di oro, argento, avorio, ambra, corallo, cristalli di rocca, il tutto ornato da pietre preziose, smalti e cammei. Tra le pietre sono state contate oltre centocinquanta diamanti, ventotto smeraldi, più di trecento zaffiri, ottanta rubini e settemila perle. In aggiunta, Lavernia aveva comprato anche una meravigliosa collana di diamanti, costellata di pietre preziose grosse come noci e lucenti come stelle. È stata l’eccentrica madre ad educarla con “l’arte dell’apparire”, infondendole la filosofia che una vera signora di sangue reale si distingueva dal lusso di cui si circondasse. È bene dire che Lavernia aveva comprato la costosissima collana con i soldi di Jareth – o, per la precisione, con il denaro degli abitanti di Goblin. Inoltre, era stata proprio Lavandula ad indicarle i migliori gioiellieri di Dullahan che, per anni, avevano collezionato le pietre preziose con l’intento di creare quel maestoso collier dalla cifra da capogiro. Dopotutto, Lavandula aveva tanto a cuore che la nuova figlia preferita indossasse un lusso di tali proporzioni in occasione del suo matrimonio.
Proprio come si aspettava, Lavernia aveva lasciato le sue dame letteralmente a bocca aperta di fronte alle sue inestimabili ricchezze e al nuovo gioiello che stava per mettere al collo.
Quello era il giorno in cui veniva festeggiato il primo giorno di fidanzamento tra lei e il re di Goblin, per cui deve essere perfetta sotto ogni punto di vista.
Concentrandoci sulle nuove dame presenti nella camera di Lavernia, tutte quante appartenenti ad ottime casate di Goblin, non sono diverse da quelle di Dullahan, poiché accomunate dall’obiettivo quello di oleare per bene la futura regina di Goblin. Un’amica molto potente come lei, secondo la loro mentalità, può essere sempre molto utile.
Per non fare confondere chi sta leggendo, le dame presenti sono la contessa Cordula, la duchessa Pevla e la marchesa Amada.      
«Oh, ma è stupenda.» la loda Cordula, ammirando lo scintillante collier «Non credo che esistano gioielli simili in tutte le corti dell’Underground. Solo i gioiellieri di Dullahan potevano creare una simile meraviglia.»
«Oh, sei fortunata, principessa Lavernia.» la osanna Pevla, ricordandosi di quanto la principessa ci tenga al suo titolo “impreziosito” dal suo nome «Qualunque cosa desideri, ti viene subito regalato. Permettimi che te lo dica, ma io ti invidio molto.»
«Sei splendida, principessa Lavernia.» anche Amada non si tira indietro ad elogiarla «Chiunque ti vedrà, diventerebbe verde d’invidia.»
Lavernia non risponde alle cascate di esaltazioni, preferisce guardare la sua immagine nella toeletta e donare di tanto in tanto alle dame uno sguardo come per dire “lo so perfettamente”. Indossa con leziosità la preziosissima collana, con smielata delicatezza, scatenando ancora di più l’entusiasmo adulatore delle dame.
«Che collana meravigliosa!» aggiunge Cordula «Indossata da te, diventa ancora più bella.»
Finalmente, Lavernia prende la parola e si rivolge a Cordula.
«Volevo dirti, contessa Cordula, riguardo la nomina di tuo marito di cui abbiamo parlato...» Lavernia sorride come un vampiro davanti ad un donatore di sangue nel vedere Cordula interessarsi all’argomento «che ne ho accennato a sua maestà il re. Ecco, si è pensato di nominarlo comandate delle guardie di palazzo. Probabilmente, l’annuncio ufficiale verrà dato il giorno dopo il mio matrimonio.» Lavernia continua a gasarsi quando Cordula si getta sul suo ventre per ringraziarla, piangendo di gioia e continuando a riversarle parole piene di gratitudine.
In realtà, Lavernia non ha mai parlato di nulla con Jareth. La povera Cordula non poteva sapere che era tutta una frottola inventata dalla lingua bugiarda di Lavernia.
All’improvviso, qualcuno irrompe nella stanza senza nemmeno bussare, non preoccupandosi dell’etichetta. È Lizarda e sembra essere piuttosto agitata. Lavernia e le dame si voltano in direzione della dama e, a giudicare dal suo stato, deve averle raggiunte dopo una corsa molto precipitosa.
«Principessa Lavernia!» Lizarda riprende fiato «È successa una cosa terribile! Sua maestà...»
«Cos’è successo a sua maestà?» domanda tranquillamente Lavernia, come se la cosa non le riguardasse.
«Sua maestà Jareth...» risponde Lizarda «Ha portato l’umana a palazzo!»
Lavernia si gela nell’udire una simile notizia, ben sapendo chi sia l’umana a cui Lizarda si stia riferendo. Com’è può essere possibile una cosa del genere? Che ci fa l’umana nel castello? Perché Jareth l’ha portata lì?
“Cos’ha in mente quel villano?” pensa Lavernia, chiedendosi a che gioco stia giocando Jareth. Scrutando attraverso lo specchio il riflesso di due cameriere nascoste in un angolo buio della camera – Lavernia non voleva che la sua stanza venisse insozzata dalla presenza di cameriere quando aveva delle illustri ospiti, per cui ordinava sempre loro di nascondersi in qualche parte dove non era illuminato dal sole – Lavernia le richiama subito all’ordine.
«Voi due!» ordina autoritariamente, mentre le due cameriere si fanno avanti come se avessero la coda tra le gambe «Andate subito in città e andate a comprare l’abito più costoso che ci sia in tutta Goblin.»
«Ma, principessa...» come il lettore si aspetta, Lavernia tira un ceffone alla povera cameriera che ha dimenticato come rivolgersi a lei.
«Dovete chiamarmi “principessa Lavernia”!» ribadisce lei, sottolineando veneficamente e decide di dare ad entrambe una lezione «E adesso andate! Fate come vi ho detto! Se entro mezz’ora non ritornate con il vestito secondo le mie aspettative, domani salterete tutti i pasti e svolgerete il doppio delle vostre mansioni. Sono stata chiara?»
«Sì, principessa Lavernia.» questa volta, la povera cameriera schiaffeggiata si è ben riguardata nel non commettere di nuovo lo stesso l’errore. Così, insieme alla collega, lascia la stanza a passo molto veloce.
Nonostante Lizarda le avesse consigliato di andare ad indagare ed affrontare Jareth e l’umana, Lavernia si era imposta di seguire una strada diversa. Malgrado il desiderio di guardare in faccia la sua rivale, Lavernia si era imposta di dover fare di tutto per poter apparire ancora meglio di come aveva pensato di fare. “Perfetta”, ormai, suonava riduttivo. Deve essere “più che perfetta”.
Per loro fortuna, le due cameriere erano arrivate appena in tempo con l’abito richiesto e, senza tanti complimenti, Lavernia le caccia via dalla camera.
Tutta la gentilezza riversata alle sue nuove dame subisce un’acida trasformazione, rivelando quindi la vera natura arida e prepotente di Lavernia. Ordina a Cordula di sistemarle i capelli, mentre Pevla e Amada devono occuparsi di aiutarla ad indossare il costosissimo vestito appena comprato, scegliendo persino con cura i gioielli da indossare. Lizarda deve occuparsi della scelta degli accessori che devono essere perfettamente abbinati.
 
La grande sala brulica di innumerevoli abitanti arrivati da ogni angolo di Goblin, come erano stati gentilmente obbligati a partecipare. Tra questi, ci sono anche Hoggle, Ludo, sir Didymus e Ambrogio. Anche Silyn e Rastaban sono presenti. Stanno tutti quanti confabulando tra loro riguardo queste stupidissime nozze, tutti quanti ben contrari all’inevitabile matrimonio di Jareth con la sorella della famigerata Laryna. Hanno tutti quanti ancora bene impressa nella mente l’esperienza che quella pazza aveva fatto passare al loro regno, augurandosi di non ripeterla.
«Il re è stato ben chiaro con la nuova principessa.» diceva qualcuno «Non dovremmo più correre rischi.»
«Si dice che il re le fa fare tutto quello che vuole, purché non gli rompa le scatole.» c’è sempre qualcuno che deve rendere le notizie più colorite.
«Ho sentito dire che la principessa si diverte a sperperare il nostro denaro.» è il pettegolezzo che fa velocemente il giro tra gli invitati «Compra tutto quello che vuole esclusivamente con i soldi ricavati dalle nostre tasche.»   
Il mormorio della folla viene interrotto dall’apertura di un sipario, scelto appositamente da Lavernia per dare alla festa un tocco più coreografico.
Il ciambellano di corte fa il suo ingresso ed è pronto ad annunciare l’arrivo dei protagonisti della festa di fidanzamento. Come vuole la tradizione, prima Lavernia.
«Sua Altezza Reale, Lavernia, principessa di Dullahan.» esclama solennemente il ciambellano.
Accompagnata da Lizarda che ha l’onore di stare a due passi da lei per reggerle lo strascico, Lavernia sfoggia con immenso orgoglio l’abito di seta grigio scuro con un corpetto aderente e dalla profonda scollatura, la gonna allargata dalla crinolina sottostante, ampie maniche a doppio sbuffo di seta separate dai guanti argentati. I lati superiori della gonna sono ornati da grossi fiocchi bianchi, mentre un lungo velo a strascico parte dalle spalle del corsetto come un lunghissimo manto di seta grigia. Il collier al collo fa da padrona al prezioso corredo, insieme ai diamanti presenti sugli orecchini e sui capelli intrecciati in un nodo nella parte posteriore, ma collocati in riccioli sciolti sulle orecchie.
L’abito di Lizarda, invece, mostra un corpetto in raso liscio, aderente e conico con una spalla scesa. Le maniche tagliate sono catturate da fermagli ingioiellati su maniche di chemise voluminose e, naturalmente, anche lei ha scelto un colore che richiamasse il grigio per fare il verso alla sua principessa.
Mentre tutti gli appartenenti alle ottime casate fanno a gara a chi sussurra i complimenti più glorificanti nei confronti di Lavernia – che, sentendoli, non fa che gonfiare il proprio ego – il discorso è ben diverso tra quelli appartenenti alla plebe.
«Quanto è brutta.» sussurra qualcuno di loro.
«E questa sarebbe la futura moglie del re?» un altro.
«Non so se fa più ridere il fatto che si creda bella, o se crede di esserlo con tutte quelle pietruzze addosso.» ancora un’altra voce.
«Ma per favore.» un’altra ancora.
In ogni caso, tutti quelli che le hanno riversato solo commenti negativi, hanno in comune un solo contesto.
«Ha la cattiveria negli occhi.»
Che la natura di tali critiche nasca dal risentimento di avere come futura regina la sorella di Laryna e il fatto che sperperi il denaro pubblico, o se siano state pescate dalla fonte della verità, non è certo. Sta di fatto che Lavernia li ha sentiti e il suo volto si è tinto in una smorfia stizzita.
«Mia principessa Lavernia, non badarci.» sussurra Lizarda «Sono solo dei villici pidocchiosi.»
Lavernia sembra tranquillizzarsi e Lizarda si sente appagata nel vederla in quel modo. Cambia idea quando sente dire su di lei dagli stessi “villici” dei giudizi che non le piacciono affatto.
«Quella nasona è proprio una racchia.»
Grazie al cielo, Lizarda non può lamentarsi. Anche perché il ciambellano sta per annunciare un nuovo arrivo.
Se fino a prima Hoggle e gli altri erano più che contrariati al pensiero di essere presente alla cerimonia di fidanzamento di Jareth e Lavernia, i loro sentimenti cambiano vertiginosamente quando il ciambellano di corte annuncia nel salone il nome di qualcuno a loro molto familiare.
«Sua Maestà Jareth, re di Goblin, e Sarah Williams, la Campionessa.»
Un sussulto collettivo inonda la sala, colmo di sorpresa. Persino Silyn e Rastaban sono a dir poco stupiti.
«Tu ne sai niente?» domanda Silyn, ma Rastaban fa “no” con la testa. È confuso tanto quanto lei, anche se entrambi sono ben felici di rivedere Sarah. A turbarli, però, è il dubbio sulle intenzioni di Jareth. Perché ha portato lì Sarah?
 Lavernia, tornando a lei, non è da meno e fuma di rabbia nel sapere che Jareth stia facendo il suo ingresso con qualcun’altra che non sia lei. Dunque, è così che si chiama? Sarah.
Sarah è lì, con un elegante Jareth che indossa un completo color notte, squarciato da una luminosa camicia bianca come la luna. Sarah, nominata come la “Campionessa”, che lo accompagna con il suo corpetto semplice, senza spalline, con scollo a cuore, dove dalla vita si stacca una gonna poco voluminosa, riccamente decorata e dotata di stoffe preziose ma leggere, di seta candida per dare una struttura romantica. Sembra essere lei la principessa, sembra essere lei la protagonista in questione e Lavernia non nasconde la rabbia sul proprio volto.
Jareth se n’è accorto e, per darle un nuovo colpo di grazia, chiede a Sarah di offrirgli la mano per accompagnarlo. Sarah, inizialmente, è riluttante. Jareth, tuttavia, la rassicura con lo sguardo e la invita a fidarsi di lui.
Anche se ancora spaventata, Sarah obbedisce e regge il gioco del re di Goblin.
Facendo un piccolo passo indietro, Jareth aveva detto a Sarah di partecipare alla festa in veste di vero ospite d’onore. Sarah, in principio, si era assolutamente rifiutata. Non voleva in alcun modo dare spettacolo di sé stessa, né voleva apparire come pretesto per rovinare una cerimonia.
“Devi fidarti di me”, le aveva detto “Non accadrà niente che possa comprometterti”. Ed era stato Jareth ad offrirle quel semplice ma bellissimo abito perlato, lo stesso che le donava un aspetto romantico, dolce e angelicamente principesco.
Ed ora era lì, a farsi strada nella sala con il re di Goblin, mentre tutti quanti i presenti – tra nobili e plebei, Hoggle e gli altri – non facevano altro che rimanere come folgorati dalla sua soave figura, ricca di splendore e fascino. Giudizi che facevano arrossare Lavernia a più non posso.
«Cos’è questa storia?» abbaia Lavernia contro Jareth e Sarah «Cosa ci fa questa umana qui? Perché un’umana si trova a palazzo?»  
Jareth sorride con tanta soddisfazione, come se non aspettasse altro.
«La damigella che mi sta accompagnando,» risponde Jareth con classe «è la Campionessa dell’Underground, nonché salvatrice della mia corona e del mio regno quando tua sorella aveva giocato a fare l’usurpatrice.» si carica di maggiore compiacimento quando vede Lavernia sempre più irrigidita dalla rabbia «Tutti qui, nel mio regno, le sono profondamente grati per ciò che ha fatto. Io per primo. E non vedo perché non debba ricevere l’onore di assistere alla cerimonia.»
Lavernia sta per ribattere, ma si accorge che tutti gli invitati – soprattutto tra i nobili – vige il commento di rispetto nei riguardi di Sarah. Per non sfigurare ulteriormente, Lavernia accetta la situazione.
«Chiedo scusa, sire.» si sforza a dire Lavernia, come se scusarsi per lei sia un grosso sacrificio.
Jareth sorride sempre di più, sempre più appagato.
«Molto bene.» Jareth ha un’altra carta da giocare «Lavernia, credo che tu debba delle scuse alla nostra Campionessa.»
Sarah spalanca gli occhi verso Jareth, esprimendo la sua sorpresa, come per domandargli “ma cosa dici?”. Non c’è nessuna traccia di superbia nei suoi occhi, ma si attiene al gioco di Jareth. Ha promesso di fidarsi di lui.
Per Lavernia sembra essere troppo da sopportare, ma non può rifiutare.
«Chiedo scusa, Campionessa Sarah.» marca di odio le ultime due parole.
Sarah si limita ad annuirle, in segno di perdono avvenuto.
Successivamente, Jareth ordina che sia dato il via al banchetto cerimoniale. Anche in questa occasione, per sorprendere ancora di più chi sta leggendo, Jareth sta per estrarre un nuovo coniglio dal cilindro.
Nella sala sono stati distribuiti diversi tavoli, dove tutti quanti gli abitanti di Goblin possono avere la possibilità di essere serviti e riveriti di deliziose pietanze. In un angolo più illuminato della sala, invece, vi è una lunga tavola dove possono sedere solo il re, la principessa e tutti gli appartenenti alle classi nobili più rilevanti. A Sarah sembra stare in una location di un qualche lussuosissimo ristorante. Tuttavia, per non sembrare indiscreta, si avvicina ad un tavolo dove sono seduti Hoggle e gli altri, intenta ad unirsi a loro. I suoi amici, purtroppo, non hanno il tempo di salutarla in quanto Jareth la raggiunge istantaneamente.
«Come sarebbe?» domanda scherzoso Jareth, mentre tutti i presenti prestano attenzione a quanto stia facendo «La Campionessa dell’Underground non siede al tavolo del re?»
«Ma...» Sarah non fa in tempo a proferire parola, in quanto Jareth la blocca immediatamente.
«Avrai tutto il tempo per poter parlare con chiunque tu desideri, ma il re desidera che la Campionessa sieda alla sua tavola.»
Sarah guarda dispiaciuta Hoggle e gli altri, ma questi ultimi la incoraggiano ad obbedirgli facendo “sì” con le teste. Tutti i presenti sono sbalorditi dalla scelta di Jareth, ma in compenso la sua scelta è giusta: Sarah è la Campionessa e ha il diritto di essere trattata con rispetto.
Silyn e Rastaban sono felicissimi della scelta del re, lieti di poter avere Sarah accanto a loro. Il protocollo prevede che Jareth si sieda al centro della lunga tavola, la principessa e futura sposa alla sua destra seguita dalla sua dama di compagnia, mentre alla sinistra di lui Rastaban – in quanto duca – seguito da Silyn.
«Spero che il pranzo sia di tuo gradimento. Puoi accomodarti.» dice Jareth a Sarah e dà a tutti il permesso di sedersi.
Lavernia sta occupando il proprio posto, ma Jareth la ferma.
«Lavernia, con Lizarda, devi spostarti più giù di un posto. La sedia alla mia destra è per Sarah, da oggi.»
Lavernia esclama un sospiro di sgomento, persino tutti i presenti sono molto sorpresi della scelta del re.
«Ma questo è il posto della futura regina, sire.» si ribella Lavernia.
«Lavernia.» basta solo assumere un tono autoritario, perché Jareth si faccia rispettare.
Sospirando forte per l’orgoglio ferito, abbassando gli occhi, Lavernia obbedisce all’ordine di Jareth e ringhia a Lizarda di eseguire altrettanto.
Quando sono finalmente tutti quanti ai propri posti, Jareth dà inizio al banchetto. Seduta a pochi passi da Sarah, Lavernia si augura velenosamente che quell’umiliante incubo finisca il prima possibile.

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Capitolo 10
*** Capitolo 8 ***


 
UNDERGROUND
 
Chiunque al posto di Sarah si sentirebbe caricato di compiacenza, specialmente se donna, nell’assistere che il proprio amato abbia pubblicamente umiliato la propria rivale in amore. Sarah, però, non è affatto soddisfatta. Per meglio dire, non lo dimostra. Non possiede un animo malevolo e tipico di chi gode delle sofferenze altrui, per cui i suoi occhi non denotano nessun segno di entusiasmo per essere stata messa al di sopra di Lavernia. È vero che tra le due non scorre buon sangue e in un certo senso Sarah è onorata dal fatto che Jareth la stia innalzando, ma forse così è troppo.
«Qualcosa non va, mia cara?» le domanda Jareth, essendosi accorto dell’espressione un po’ abbassata di Sarah.
Lavernia arrugginisce internamente nell’averlo sentito chiamare quell’umana “mia cara”, ma per non sfigurare ancora di più tenta di ignorare quelle parole e quell’atteggiamento troppo benevolo nei confronti di quell’odiosa umana – come da adesso in avanti verrà giudicata dalla principessa di Dullahan. Quantomeno, ci prova finché ne ha la pazienza... decisamente scarsa.
«Va tutto bene, maestà.» risponde Sarah, mentre armeggia con la stranissima pietanza di carne adagiata nel proprio piatto. Ne ignora le origini, ma il profumo è molto invitante e, come se non bastasse, le risulta molto difficile da tagliare. Jareth le sorride.
«Vuoi che chieda ai servi di tagliarla per te, cara Sarah?» le domanda Jareth gentilmente e incuriosito.
Sarah è leggermente imbarazzata e sente addosso a sé gli sguardi della maggior parte dei commensali.
«Umpf.» lo sbuffo di fastidio di Lavernia non passa inascoltato alle orecchie di Jareth.
«C’è qualcosa che ti turba, Lavernia?» è la composta e aguzza domanda del re di Goblin.
«Assolutamente nulla.» risponde la principessa con superiorità «Non potrebbe mai turbarmi l’idea che un’umana non sappia come ci si comporti a tavola. Del resto, è da sciocchi farsene meraviglia.» termina con una pugnalante risatina, accompagnata da Lizarda e da tutte le dame che parteggiano per la futura regina.
Sarah è pronta a risponderle a tono, ma Jareth la blocca istantaneamente mostrando davanti a lei il palmo della propria mano in segno di silenzio. Ci pensa lui a parlare e a far tacere quelle ridarelle vuote da gallinelle prive di cervello.
«Vedi, Sarah, forse nel tuo mondo avete delle usanze diverse dalle nostre che a te posso sembrare molto strane. Però, parola di re, ti assicuro che l’educazione fa anche parte del nostro mondo... anche se la cosiddetta principessa Lavernia» pronuncia con sprezzo il termine “cosiddetta” «ti ha appena dimostrato che lei è un caso a parte. Insieme a coloro che intendono seguire il suo esempio.»
Le risate delle dame si gelano in un imbarazzante silenzio. Tutte le colpevoli volgono lo sguardo verso quello di sidhe uomini – che Sarah intuisce si trattino dei loro mariti – che a loro volta ricambiano con occhi di silenzioso ammonimento. Sarah non lo sa, ma i mariti delle dame ricoprono ruoli di un certo calibro che ha permesso loro di poter sedere alla stessa tavola del re. Nobili signori, distinti baroni, egregi visconti, illustri conti, esimi marchesi stavano vedendo il loro rispetto da parte del re andare in fumo per colpa delle loro superficiali mogli. Per non danneggiare la carriera dei loro mariti, le dame preferiscono ritornare nella propria compostezza e tornare a consumare il cibo con lo sguardo ben basso.
Lavernia, nel frattempo, non riesce a trattenersi e si lascia sfuggire uno dei suoi soliti lunghi sospiri di turbamento accompagnato da un lieve gridolino di scandalo.
«Come osi darmi della maleducata davanti ad un’umana?» sbraita lei contro Jareth, alzandosi dalla sedia e poggiandosi una mano al petto.
«Principessa,» la voce profonda di Rastaban attira l’attenzione di Sarah, di Jareth e di tutti i commensali «il nostro re ti aveva detto sin dall’inizio di mostrare rispetto nei confronti di Sarah. Non solo perché è la Campionessa e perché qui, a Goblin, è considerata colei che ha salvato la corona del nostro re Jareth, ma soprattutto perché è un’appartenente dell’Aboverground.» Rastaban ha una tonalità vocale misurata e austera, Silyn lo guarda meravigliata «Per cui, dovresti sapere molto bene che le Antiche Leggi invitano a rispettare gli esseri umani. Se proprio tu, che sei una principessa, ignori una condizione così rilevante, mi dispiace ammetterlo ma non stai dimostrando a noi di sudditi di Jareth di essere una regina meritevole.» breve pausa, quanto basta per vedere Sarah ringraziarlo con lo sguardo e Lavernia arrossire di rabbiosa vergogna «E poi, non capisco il motivo del tuo vergognoso atteggiamento nei confronti di Sarah, che si sta comportando molto bene e non sta dando fastidio a nessuno.»
«Siete tutti quanti stregati da questa ignobile umana!» quasi urla Lavernia, suscitando lo sgomento degli invitati – ai quali è decisamente passata la fame.
Didymus sta per alzarsi dal suo posto, pronto a servire il suo aiuto alla sua amica Sarah come un bravo cavaliere, ma Hoggle ordina a Ludo di tenerlo fermo. Gli animi degli amici si placano fulmineamente quando assistono ad uno scenario che ha dell’incredibile.
Alzatosi dalla propria sedia, Jareth mette a tacere l’isteria di Lavernia lanciandole un rigoroso ceffone.
Silenzio.
Nessuno ha il benché minimo coraggio di fiatare. Un re ha appena dato uno schiaffo ad una principessa, alla figlia di re Algol. Anzi, alla figlia del dio Laduguer.
Se Sarah è sorpresa da quanto ha visto, Jareth è furioso.
«Lavernia, non mi importa se sei figlia del re Agol, se tua madre è devota al dio Laduguer o se sei la principessa di Dullahan, ma non mi piacciono quelli che la pensano come te.» non si lascia intenerire dalle lacrime che sgorgano dagli occhi rabbiosi di Lavernia «Hai oltraggiato l’ospite d’onore del regno di Goblin, hai insultato i miei sudditi, hai schernito la mia maestà con la tua isterica maleducazione.» si calma appena «Come re, tuttavia, ti offro la possibilità di rimediare. Chiedi scusa ai miei sudditi e a Sarah per la tua insolenza e tutto ti sarà perdonato.»
Lizarda si avvicina a Lavernia, poggiandole le mani sulle spalle come per consolarla, ma viene scontrosamente scacciata dall’offesa principessa. Lizarda rimane sbigottita di fronte alla reazione di Lavernia.
«Mai!» urla Lavernia al culmine della rabbia «Non posso sopportarlo! Io non intendo diventare regina di un regno di volgari zotici che si fanno abbindolare da una schifosa umana!»
«Silenzio!» comanda Jareth, facendo tremare le gambe di tutti, comprese quelle di Sarah «Lavernia, ti ho offerto la possibilità di riparare i tuoi errori, ma in merito a quanto ha detto il duca Rastaban non stai dimostrando al mio popolo di possedere i valori di una vera regina. Specialmente una regina degna del mio regno.»
«Chi vuoi che governi un regno come questo? Ve la vedrete con il re e con la regina di Dullahan!» si allontana dalla tavola, seguita a fatica da Lizarda - che per poco non inciampa sui lembi della propria gonna - ma prima di lasciare la sala e gli ospiti, largamente delusi e sbalorditi, Lavernia indica Sarah con il dito indice, maledicendola «Maledetta Sarah, me la pagherai!» scappa via, scoppiando in lacrime.
«Aspettami, principessa Laver...» Lizarda cade, infine, per terra e causa una risata sganasciante da parte degli invitati che occupano un ruolo umile nella società. Potete immaginare come si stiano spanciando dal ridere Hoggle, Ludo e Didymus. I membri delle alte classi, per questioni di etichetta, sogghignano appena, inclusi Rastaban e Silyn. Sarah è leggermente turbata dalle parole malauguranti di Lavernia, ma è divertita nell’aver visto come Lizarda sia cascata sul pavimento come succede ai cattivi dei cartoni animati che vedeva da bambina. La sua ilarità si ferma quando incontra lo sguardo molto serio di Jareth. Perché non sta ridendo, si domanda.
«Silenzio.» il re di Goblin richiama tutta la sala all’ordine e ha un annuncio da fare «Popolo di Goblin, quanto è successo è a dir poco mortificante. Come vostro re, vi chiedo scusa per aver assistito ad una simile vergogna. Immagino che tutti voi abbiate sacrificato il vostro tempo nella speranza di assistere ad una cerimonia, ahimè rivelatasi uno spettacolo pietoso. Vista la situazione, vi annuncio che da domani potrete svolgere regolarmente le vostre giornate fino a che non verrà il momento in cui Goblin non troverà una vera regina, meritoria di dominare accanto al sottoscritto re di Goblin.»
Un sussulto collettivo invade la sala. Sarah si chiede se le sue guaste orecchie abbiano capito male.
«Jareth.» lo chiama Rastaban «Vuoi dire che...»
«Per chi non avesse compreso,» prosegue Jareth per essere più chiaro «il matrimonio è annullato. Lavernia non è la regina che Goblin merita di avere.»
La bocca di Sarah si apre in una piccola “o”, marcando il suo stupore.
Rastaban ha un sussulto.
«Perdonami se mi permetto, maestà.» lo zio tenta di dissuaderlo «Ma come faremo con le alleanze? Re Algol non accetterà...» solo a Rastaban, in quanto zio di Jareth, era consentito parlare di politica.
Jareth non sembra essere per niente turbato e placa subito gli animi dei presenti.
«Non sono stato io il primo tra i due a rifiutare le nozze.» Jareth ricorda a tutti che è stata Lavernia a dire per prima di non avere l’intenzione di diventare la regina di Goblin «Se Lavernia decide di non diventare più la mia regina, né io, né il re di Dullahan, né nessun altro possiamo farci niente.»
Il re di Goblin evoca una sfera e da essa fa materializzare la pergamena inviatagli giorni prima da re Algol. Dopo averla letta ad alta voce, fa notare a tutti quanti che non sta scritto da nessuna parte che le alleanze non possano essere comunque saldate, in caso fosse stata Lavernia a rifiutare le nozze. Tutti i presenti ci riflettono su e, come prova della veridicità del re, tra i nobili ci sono anche diversi notai ed esperti in campo a confermare la tesi di Jareth.
«Inoltre,» conclude il sovrano del Labirinto «Se re Algol declinerà le alleanze tra i regni, Dullahan dovrà risarcire il regno di Goblin per le spese effettuate da Lavernia, per il prezzo di oltre un milione e seicentomila monete d’oro. Non c’è altro da aggiungere.»  
Mentre tutti quanti sono sereni di sentire la notizia del re, Sarah è solo confusa. Sta per raggiungere Jareth e chiedergli delucidazioni riguardo il suo comportamento. Lo conosce molto bene e riconosce che Jareth sia stato troppo calcolatore per tutta la durata della cerimonia. Che abbia previsto tutto quanto? Che sia stato tutto quanto ben architettato per sbarazzarsi di Lavernia? Non può saperlo, non per il momento, visto che Jareth le fa un cenno autoritario di non parlare.
«Sarah,» le dice «tra gli invitati, di sicuro tu sei colei che ha ricevuto più disagi per colpa del comportamento della principessa di Dullahan. Non volermene male se ti chiedo di farmi perdonare celebrando un nuovo tipo di festa.»
«Festa?» Sarah inclina la testa di lato in senso interrogativo.
«Dopotutto, tutti quanti sono venuti fin qui per una festa.» annuncia Jareth «Quindi, quella che doveva essere una festa di fidanzamento, oggi viene trasformata in una festa in tuo onore. Dopotutto, per me e per il mio popolo è un grande privilegio avere qui l’eroina della corona di Goblin.»
«Ma io...» Sarah si mette una mano alla tempia, come per bloccare un improvviso mal di testa.
«Sarebbe un vero onore per noi.» aggiunge Rastaban, chiaramente compiaciuto dell’idea del nipote.
«Per favore, Campionessa, concedi a noi questo privilegio.» si fa avanti Silyn.
«Sì, Sarah, permetticelo.» urla Hoggle dal suo posto.
«Onore alla nostra lady.» esclama Didymus e in pochi secondi la sala si riempie di suppliche nei riguardi di Sarah. Alla fine, dopo aver incrociato gli occhi sorridenti del re di Goblin, Sarah prende una decisione.
«Ne sarei molto onorata.» è la sua risposta definitiva.
«Evviva!» esclamano Hoggle e gli altri, mentre Rastaban e Silyn accolgono la scelta di Sarah con gioia.
«Molto bene.» dice Jareth «Signori, che la festa per la Campionessa abbia inizio.»
Se Sarah sente il suo cuore gonfiarsi dalla gioia per tutto l’affetto dimostratole non solo dai suoi amici, da Jareth, ma anche da tutto il popolo di Goblin, dall’altra parte del castello le cose vanno diversamente.
Nella sua stanza, insieme ad una Lizarda che non sa decisamente che cosa fare, rimanendo confusa come uno stoccafisso, Lavernia non fa che piangere per l’umiliazione subita e maledicendo Sarah con tutte le sue forze.

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Capitolo 11
*** Capitolo 9 ***


UNDERGROUND
 
La festa in suo onore si era rivelata un vero e proprio successo, Sarah non ricorda nemmeno quand’è stata l’ultima volta che si sia divertita così tanto. Volendo essere sincera con sé stessa, riflette sul fatto che era davvero da tanto tempo che non partecipava ad una festa, men che meno a lei dedicata. Aveva trascorso una giornata diversa ed era stata ben felice di passare così allegramente il suo tempo in compagnia di così tanta gente che le aveva mostrato rispetto e affetto. Per Sarah, specialmente, era anche stata un’occasione per esorcizzare un ricordo a lei sgradito: l’ultima volta che si era trovata circondata da tanta gente nel salone di Jareth, è stato quando era sotto l’effetto della pesca avvelenata, dove tutti si prendevano gioco di lei, deridendola e mettendola a disagio. Ora, però, tutto era stato diverso. Non poteva scacciare lo spiacevole ricordo in modo migliore. C’erano anche Hoggle, Didymus, Ambrogio e Ludo con lei, in quel momento. Ogni singolo dettaglio del festeggiamento a lei dedicato, la faceva sorridere fino a che non le facevano male le guance.
A festa conclusa, quando ogni invitato aveva lasciato il salone e il castello, Silyn e Rastaban stavano ancora manifestando la loro lietezza per la sua presenza. Sarah, da parte sua, ringraziava i due sidhe per la loro gentilezza. Successivamente, Silyn aveva dato una leggera gomitata al compagno.
«C’è una notizia che vorremmo darvi.» aveva detto Rastaban, mentre Sarah e Jareth li guardavano incuriositi «Io e Silyn abbiamo deciso di sposarci.»
Quelle parole avevano sorpreso non poco Jareth e Sarah. Per meglio dire, avevano tantissimo da dire, ma sembrava così complicato saper esprimere tutta la loro gioia nell’apprendere un annuncio così bello.
Sarah vorrebbe tanto tuffarsi tra le braccia di Rastaban e Silyn, ma non le sembra educato.
«Sono davvero così felice per voi.» può solo dire, al vertice della felicità.
«Era ora che vi decideste.» è il commento sarcastico, ma allegro, di Jareth.
Silyn arrossisce e si lascia abbracciare dolcemente dal suo Rastaban.
«Ho atteso così tanto per trovare la felicità,» dice Rastaban accoccolandosi a Silyn «ma n’è valsa la pena. Ho passato tanti anni con una strega, ma adesso posso vivere il resto della mia vita con la creatura più bella e più dolce del mondo.»
«Per favore,» Jareth interrompe il momento tanto magico «avete già una vostra camera dove poter manifestare il vostro grande amore. Qui nessuno ha il desiderio di prendere lezioni da voi.»
«Ma Jareth...» Sarah cerca di riprenderlo, non accogliendo i suoi modi non molto gentili.
«Non fa niente, Sarah.» risponde Silyn «Sua Maestà ha ragione. Io e Rastaban non volevamo offendere nessuno, per cui ci ritireremo nelle nostre stanze.»
«E poi,» aggiunge Rastaban «si è fatta una certa ora. È arrivato il momento di riposare un po’. Domattina sarà una giornata movimentata.» conclude alludendo al fatto che Jareth dovrà provvedere per comunicare a re Algol l’annullamento del matrimonio e i riscontri per saldare le alleanze.
«Invero.» è l’unica cosa detta dal re di Goblin.
Non appena Rastaban e Silyn si allontanano, Jareth e Sarah approfittano del loro momento di solitudine per poter parlare in pace. Hanno, infatti, tantissimo di cui parlare.
«Non qui.» dice inizialmente il sovrano del Labirinto.
Creata dalle proprie mani una piccola sfera di cristallo, Jareth la lancia sopra entrambi. Quando la sfera tocca il terreno, i due si ritrovano nella camera del re di Goblin. L’unico posto del castello più sicuro, lontano da occhi e orecchie indiscrete. Adesso potevano parlare in tutta libertà.
 
Nel frattempo, Lavernia non fa che consumare il suo tempo e la sua energia continuando a maledire Sarah con tutto il proprio odio, il tutto condito da lacrime di rabbia che le scorrono sulla faccia grigiastra e arrossata dalla cieca rabbia.
Lizarda tenta, come meglio riesce, ad invitarla alla calma ma tutto risulta vano.
«Stai zitta tu!» le abbaia contro Lavernia «È tutta colpa tua! Sei un’incapace! Avresti dovuto difendermi! Ma con la tua stupidità, non hai fatto altro che cacciarci in pessime figure! Sei solo una... una...» Lavernia non riesce a terminare la frase, tante sono le lacrime di odio da dover versare «Vattene via!» riesce solo a dirle «Non voglio più vedere la tua insulsa faccia!»
La povera Lizarda, con un’espressione inebetita, non riesce a fare altro che obbedire alla sua principessa. Decide, quindi di tornare nella propria stanza, dato che ormai Lavernia non ha alcun bisogno di lei. La colpa, in fin dei conti, è davvero tutta sua? In buona sostanza, Lizarda è solo una dama di compagnia, non una consigliera o una guardia del corpo. E se Lavernia fosse solo una ragazzina smorfiosa e infantilmente viziata da non volersi assumere le proprie colpe, trovando più comodo incolpare gli altri al posto suo? Lizarda non riesce a trovare una risposta corretta alle proprie domande, anche se ammette che più di tutto, a farla rimanere male, è la consapevolezza di avere deluso le aspettative di Lavernia. Dopo tanti anni di amicizia, l’aveva trattata in questo modo? Tutti i suoi pensieri svaniscono come fumo quando sente delle voci provenire da dietro una porta, quasi vicino a quella della sua stanza.
Voci strane, discorsi strani. Si abbassa per poter sbirciare all’interno dell’occhiello, ma non riesce a vedere nulla. Non le resta, quindi, che appoggiare l’orecchio e sperare di poter sentire qualcosa.
Per non confondere il lettore, naturalmente verrà descritta la scena secondo il suo punto di vista.
«Hai calcolato ogni cosa, non è vero?» domanda Sarah, mentre Jareth si toglie la giacca per stare più comodo.
«Non capisco a cosa tu ti stia riferendo.»
«Jareth, non prendermi per stupida.» Sarah è molto calma «Lo sai di cosa sto parlando. Adesso, però, dimmi la verità. Non credo di meritare di avere altri dubbi.»
Appoggiata la giacca in qualche angolo della stanza, Jareth scrolla le proprie spalle e prende un respiro.
«Sì, è così. Ho calcolato ogni cosa.» ammette senza giri di parole «Portarti qui, elogiarti e far sì che Lavernia si mostrasse per la viscida e velenosa serpe quale è, lasciando che il mio popolo aprisse gli occhi sul suo velenoso conto, ha fatto parte del mio piano sin dall’inizio.»
«E adesso cosa succederà?» chiede Sarah.
«Hai sentito tu stessa, no?» continua lui, riferendosi all’annullamento delle nozze e dall’allontanamento di Lavernia «Peraltro, ora che finalmente si è tolta dai piedi, non avremmo più alcun motivo per nasconderci.» si avvicina a Sarah, carezzandole i capelli scuri «E tu non meriti di restare nascosta, mia preziosa.»
Ed ora, chiediamo al lettore di spostare l’attenzione verso Lizarda che, come avrà ben capito, ha sentito ogni cosa.
Sorpresa, ma non basita, Lizarda sorride come chi ha appena trovato un’eccellente occasione per potersi riscattare con Lavernia. Nutrendo la forte speranza che la principessa possa rivedere in lei la sua più fedele dama, magari cominciando anche ad avere un certo occhio di riguardo nei suoi confronti, Lizarda si incammina a passo veloce verso la stanza di Lavernia.
Bussa alla porta, ma non attende che Lavernia le dia il permesso di entrare talmente è emozionata nel doverle dare la notizia. Ne consegue una sfuriata di Lavernia, che le ordina di andare via.
«Perdonami, principessa Lavernia.» Lizarda, con fare viscido con tanto di sorrisetto spregevole, tenta di farle cambiare idea «Ma sono tornata per dirti che non tutto è perduto.»
Lavernia si asciuga le lacrime e tenta di ricomporsi. Dall’aspetto della dama, Lavernia crede che questa volta abbia qualcosa di veramente importante da dirle.
 
Il gesto e le parole affettuose di Jareth non sono sufficienti per spegnere un piccolo argomento che compromette l’orgoglio di Sarah.
«Non era necessario che mi difendessi da lei.» la giovane donna ripercorre il momento in cui era Jareth a prendere le sue difese dalle offese di Lavernia.
«Qualsiasi cosa avessi detto, sarebbe stato usato contro di te.» spiega lui «Sarai anche la Campionessa, ma lei ricopre il ruolo di principessa e avrebbe fatto di tutto per poterti sopraffare. Solo la mia parola vale più della sua, in quanto sovrano.»
Sarah annuisce.
«Anche se,» Jareth trova il tempo per aggiungere un pizzico di ironia «con il suo cervellaccio di gallina, non è difficile tenerle testa. Persino uno dei miei goblin più idioti sarebbe in grado di farla zittire.» si rallegra nel vedere Sarah sorridere e apprezzare il suo sarcasmo.
Portandola al suo petto, come per dirle “vieni qui”, Jareth la tiene al sicuro tra le sue braccia. Ormai non esiste più niente che possa impedire loro di amarsi e Sarah si lascia coinvolgere, stringendo il suo re di Goblin. Dimentica ogni torto subito, dimentica ogni rancore provato. Dimentica persino ogni cosa di brutto capitatole durante tutta la propria esistenza. Ci sono solo loro due, in quel momento. Non li sta disturbando nessuno e non c’è nulla da dire. Nulla se non un bacio che blocca le parole all’interno di labbra palpitanti. Niente da cui sottrarsi, nemmeno alle mani del sovrano del Labirinto che si occupano di dedicare diverse attenzioni d’amore al caldo corpo di Sarah.
Parole fatte di sospiri emanati da corpi nudi, distesi, stretti, uniti in un unico mare di emozioni. Un sano e palpitante momento che li lega in una notte, tra calde coperte e bollente passione, il tutto nell’unica via che li porta all’amore di un legame troppo stretto.
 
Con una risata degna di un cuore annerito dall’odio, Lavernia sente una luce di speranza accendersi per la sua vendetta e riprendersi ciò che suo. Tutto suo.
«Per una volta, sei stata davvero molto utile, Lizarda.» dice Lavernia sorridente.
«Oh, per la principessa Lavernia questo e altro.» è la sviolinata di Lizarda.
«Vedrai che terremo il re sotto scacco... e quella schifosa umana, finalmente, pagherà per tutto quello che mi ha fatto passare.»
«Ma come faremo?» domanda Lizarda ottusamente.
«Non mi aspettavo che tu avessi un piano, al contrario di me. Spero che, a furia di frequentarmi, imparerai ad essere più perspicace.» solo Lavernia può trasformare un’offesa in un discorso motivante e solo Lizarda può essere così stupida da non capire che Lavernia l’abbia presa per un’ottusa.
Difatti, rimane zitta e, in religioso silenzio, ascolta con attenzione il piano di Lavernia.

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Capitolo 12
*** Capitolo 10 ***


UNDERGROUND

Adagia la testa sul petto di Jareth, sentendone il vigoroso calore che le offre la sicurezza di una dolce protezione. È un momento in cui Sarah riconosce di non dover più temere nulla, non si sente più sola. Sa che ora c’è Jareth con lei, che ci sarà per sempre. L’ha difesa dall’arroganza della principessa di Dullahan, l’ha fatta amare dal suo popolo. Le ha regalato un attimo di pure passioni irripetibili e inimmaginabili. Ed ora è lì, sul suo petto bianco e ricco di caldo sentimento che palpita solo per lei. Gli occhi spaiati del re di Goblin affondano in quelli verdemare di Sarah, glorificandosi in uno specchio di sentimenti animati da sensazioni pure e sincere. In un sorriso, Jareth avvicina il volto a quello di lei, preparandosi a posarle un bacio. Sarah chiude le palpebre, lasciandosi trasportare dal sognante momento impresso in un soffio di labbra. A pochi istanti dall’unione del bacio, la magia viene bruscamente interrotta dal frastuono della porta della stanza, rumorosamente spalancata, che squarcia la serenità di Jareth e di Sarah.
«Ma cosa?» si adira Jareth, chiedendosi chi mai ha il fegato di irrompere in questo modo nella propria camera privata. Chi mai potrebbe osare così tanto, se non Lavernia e Lizarda che non sembrano affatto scandalizzate nel vedere il re di Goblin steso nel letto insieme a Sarah?
Jareth sta per ruggire tutta la sua furiosa contrarietà, mentre Sarah tenta di coprirsi con le lenzuola. Lavernia, tuttavia, inizia a ridere soddisfatta e divertita, impedendo al sovrano del Labirinto di esprimersi.
«Allora la mia dama non si sbagliava affatto.» gracchia Lavernia, mentre Lizarda sogghigna «Il re di Goblin oltraggia la corona giacendo con una ripugnante umana? Guarda, Lizarda, il re di Goblin è appena andato contro la sacralità delle Antiche Leggi.» ride accompagnata da Lizarda.
Jareth si alza dal letto e, coperto solo dalla vita in giù da una calzamaglia, corre ad affrontare Lavernia.
«Ah-ah!» Lavernia fa un cenno di negazione con la mano e indica la porta aperta dietro di sé «Non credo che tu voglia che a palazzo si venga a sapere cos’hai appena combinato, se tieni veramente alla tua corona.»
«Esattamente.» incalza Lizarda con divertita e crocidante voce nasale «Quindi, se non vuoi che parliamo, ti consiglio di stare zitto e ascoltare la principessa Lavernia.»
«Lizarda...» Lavernia si rivolge alla sua dama e sembra essere piuttosto seccata «Quante volte ti ho detto di non parlare senza il mio permesso?»
«Ma io...» prova a difendersi Lizarda, perdendo la propria arroganza e, senza dire un’altra sola parola, si zittisce e lascia che sia Lavernia a parlare.
«Che cosa vuoi?» sibila Jareth contro di lei.
Lavernia emette un’insopportabile sghignazzata.
«Temevo che non me lo avresti chiesto.» riprende fiato «Sai, Jareth, ero pronta ad andarmene domani stesso visto come mi hai trattata oggi. Ma quanto ho appena visto, è sufficiente a farmi cambiare idea.» guarda Sarah con aria di sfida, la quale è ancora dentro le lenzuola con espressione atterrita «Prima di tutto,» Lavernia indirizza di nuovo gli occhi verso Jareth «vi do la mia parola che se farete tutto quello che vi dirò, né io, né la mia dama, diremo ad anima viva quanto abbiamo assistito. Ma questo dipende solo da voi.» sogghigna come chi è consapevole di avere il coltello dalla parte del manico.
Jareth lotta con tutto il suo animo per non apparire debole di fronte ad uno sporco ricatto emanato dalla principessa di Dullahan, ma Sarah – che nel frattempo si è messa addosso una veste alla meno peggio – ai avvicina verso il re di Goblin.
«Jareth, non abbiamo scelta.» gli dice solamente. Nel suo cuore alberga il desiderio di non trascinare il suo Jareth in altri guai molto pesanti ed è disposta a fare di tutto perché la storia non si ripeta. Lo ha già visto una volta soffrire per mano di Laryna, una volta è stato più che sufficiente per lei.
«Sarah, non...» Jareth cerca di non farla mettere in mezzo, ma Sarah è determinata.
La giovane donna si mette in mezzo tra il re di Goblin e la principessa di Dullahan.
«Ti ascoltiamo.» afferma Sarah con voce serena.
«Molto bene.» Lavernia ordina a Lizarda di assicurarsi che la porta rimanga ben aperta, in modo da poter tenere Sarah e Jareth per il collo. Se oseranno andare contro di lei, non costerebbe nulla alla principessa spifferare ogni cosa «Proprio saggia, per essere un’inferiore umana.» Lavernia guarda Sarah con occhi sprezzanti e, in seguito, rivolge la parola a Jareth «Ora ascoltami, Jareth. Quanto è successo oggi durante la cerimonia è un avvenimento da cancellare. Quindi, dato che non abbiamo mai ufficializzato l’annullamento del matrimonio, domani stesso enuncerai al tuo popolo che le nozze proseguiranno regolarmente.»
Jareth emette uno sbuffo divertito.
«Dimentichi che sei stata tu, Lavernia, a dichiarare di annullare il matrimonio. Inoltre, hai anche offeso il mio popolo e...»
«Oh, suvvia, re di Goblin. Mi deludi molto.» Lavernia scrolla le spalle «Credi davvero che io sia così ingenua da non sapere che per annullare le nozze non basti così poco? Il tuo stupido popolo può anche berla così facilmente, ma non io.»
Lavernia, infatti, mette a punto la sua consapevolezza a riguardo, scandendo ogni dettaglio parola per parola. Chiaramente, ancora una volta, daremo una mano al lettore per lasciargli capire quali siano le effettive pratiche da affrontare per annullare il matrimonio tra sovrani nell’Underground.  
Quando due sovrani intendono sciogliere le nozze, o i patti del matrimonio combinato, le Antiche Leggi prevedono la comunicazione diretta all’ufficiale di stato civile del regno dove il matrimonio è stato annunciato o registrato.
In un secondo tempo, bisogna recarsi dai sacerdoti e chiedere loro il permesso di proseguire con la dichiarazione di scioglimento del matrimonio. A permesso accordato, dunque, è necessario compilare un atto con tanto di bolla regale. Per essere precisi, si tratta di una dichiarazione assistita da parte di un sacerdote che stenderà un documento, controfirmato dalle parti, che dovrà essere trasmesso all’ufficiale di stato civile entro una settimana dalla stesura. Alla fine, dopo aver ottenuto l’effettivo permesso dell’annullamento delle nozze, la coppia può stabilire autonomamente la volontà di separarsi.
Nel caso di Jareth e Lavernia, c’è un dettaglio in più da considerare. Se Jareth aveva detto che avrebbe ricattato re Algol al pagamento di un’importante somma di denaro per dissuaderlo dall’annullamento delle alleanze, Lavernia non solo può fare in modo che le alleanze vadano distrutte e che entrambi i regni vadano incontro ad una sanguinosa guerra, ma ha adesso anche la possibilità di accusare Jareth di adulterio. E non un adulterio qualunque, ma con un’umana. Le Antiche Leggi, aggiunge Lavernia, parlano molto chiaro.
 
Quando un sovrano si macchia di adulterio prima o durante il matrimonio, quest’ultimo è punito con pesanti sanzioni pecuniarie e dovrà restituire la dote alla sposa. Se il sovrano ha violato la fedeltà coniugale con un essere umano, esso viene punito con la pena di morte per mano dei parenti maschi della moglie, o fidanzata, tradita.  
 
Che odiosa gioia invade gli occhi di Lavernia quando vede Jareth iniziare a perdere la propria sicurezza, mentre Sarah sembra avere il volto di chi si sente sprofondare. Ormai non c’è dubbio, Lavernia li ha bene in pugno.
«Allora?» prosegue la principessa gonfia di compiacimento «Ho dimenticato qualcosa, forse?»
«Maledetta!» sibila Jareth digrignando i denti.
Lavernia gli lancia uno schiaffo in volto, rendendogli il favore e, quindi, vendicandosi di quello ricevuto prima in pubblico.
«La prossima volta che oserai rivolgerti così a me,» lo minaccia «farò in modo che tutto il palazzo venga a conoscenza del nostro segreto
Jareth respira velocemente, infuriato come un toro. Lavernia guarda Sarah.
«Visto che nessuno di noi qui vuole che Jareth perda la corona, o la vita,» evidenzia veneficamente l’ultima parola appena detta «e nemmeno che il regno di Goblin vada incontro ad un triste destino, tocca a te, Sarah, fare in modo che tutto vada liscio come l’olio.»
Sarah, anche se spaventata dalle misteriose intenzioni di Lavernia, decide di non tirarsi indietro. Per nulla al mondo permetterebbe che Jareth e il suo regno vengano compromessi, non per colpa sua.
«Va bene. Farò tutto ciò che è necessario.» giura Sarah coraggiosamente.
«Benissimo.» Lavernia sogghigna malignamente «Viste le circostanze, da oggi dimenticherai il tuo titolo di “campionessa”» si esprime malamente riguardo il termine «e passerai il resto dei tuoi giorni come mia cameriera personale.»
Jareth ha sentito anche troppo e non è disposto ad accettare una cosa simile. La sua Sarah non merita questo per colpa sua. Desidera farsi avanti, proteggerla, assumersi le proprie colpe. Sarah, però, gli impedisce di parlare.
«Se accetto,» Sarah non stacca gli occhi da quelli di Lavernia «mi assicuri che accetterai di sposare Jareth, mantenendo salde le alleanze tra i vostri regni?»
«Umpf.» sbuffa Lavernia maleficamente divertita «Certo. Ma dipende solo da te.»
Sarah prende un bel respiro, senza permettersi di guardare gli occhi carichi di colpa di Jareth.
«Accetto.»

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Capitolo 13
*** Capitolo 11 ***


Vipera, carogna, calunniatrice, meschina, iniqua. Questi sono solo alcuni degli aggettivi che partorisce la mente di Jareth nei confronti di Lavernia. E il suo disprezzo aumenta quando Lavernia non concede a Sarah nemmeno la possibilità di alloggiare in una delle baracche dei servi: Lavernia, infatti, ordina che Sarah si stabilisca nelle stalle del castello.
«Che rimanga lì insieme agli animali, per l’animale quale è questa schifosa umana.» è la frase che brucia di odio detta dalla principessa con la marcia contentezza alle stelle, gradendo sempre di più lo sguardo umiliato di Sarah rivolto verso il pavimento «Volevate stare insieme? Bene, adesso avrete l’occasione per vivere sotto lo stesso tetto. Ammesso si possa dire così.» ride iniquamente, seguita da Lizarda.
Questo è troppo da sopportare per Jareth.
«Aspetta, Lavernia.» si fa avanti il re di Goblin «C’è un’altra soluzione. Tu odi Sarah e questo è ben chiaro, lascia quindi che io la esili dall’Underground.» in un primo momento, Sarah è sbigottita da ciò che sente ma cambia idea quando intuisce che Jareth stia reagendo in questo modo per poterla proteggere «Rimarrà lì, nel suo mondo con i suoi simili e non ti recherà più nessun fastidio. Nel frattempo, tu ed io potremmo sposarci regolarmente e..»
«Mi prendi per stupida?» ringhia Lavernia.
«Già, la prendi per stupida?» ripete Lizarda.
«Pappagallo, ne mangi uova?» la sgrida Lavernia non avendo gradito che Lizarda abbia ripetuto la sua frase come, appunto, un pappagallo e quando ottiene un umiliato silenzio dalla sua fedele dama, prosegue rivolgendosi a Jareth «So perfettamente che tu sei in grado di andare nell’Aboverground quanto ti pare. Credi che io non possa immaginare che tu, nel frattempo, possa andare a fare una visitina a questa ripugnante umana? E poi,» appare sul suo volto un ghigno acido «non trovo nessun piacere nel sapere che se la cavi con un semplice esilio. Quest’essere nauseante deve pagare per tutte le umiliazioni che mi ha riservato.»  
Jareth riprova a difendere la dignità della sua Sarah, ma Lavernia sembra tenergli testa.
«Se mi accorgo» lo avverte perfidamente «che le riserverai anche solo un gesto di pietà, sai bene che cosa potrebbe succedere.» è chiarissimo che Lavernia si riferisca nel rompere il silenzio e di distruggere l’equilibrio della pace di Goblin.
Sarah guarda Jareth, sconfitta e accettando il suo nuovo destino. A dimostrazione della sua accettazione, annuisce in segno di non opporre resistenza al volere di Lavernia. La povera Sarah non intende essere responsabile della distruzione della pace del regno del suo Jareth. Il sovrano del Labirinto sospira dispiaciuto, rassegnandosi totalmente.
«Hai la mia parola.» conferma alla principessa.
«Perfetto.» il sorriso malefico di Lavernia si allarga visibilmente «E allora, dimostralo.»
«E come?» è la domanda confusa di Jareth, anche se comincia a immaginarsi il peggio.
«Dalle uno schiaffo.» ordina Lavernia «Uno schiaffo più forte che hai dato a me oggi.»
Sarah e Jareth sentono la stessa sensazione di un battito mancato. Le labbra del sovrano del Labirinto tremano di rabbia, mentre gli occhi di Sarah si spalancano di sgomento.
«Allora?» insiste Lavernia, nutrendosi dell’umiliazione che sta infliggendo ad un’umana e al re di Goblin «Sto aspettando.»
«Non vorrai mica fare attendere la principessa Lavernia?» si intromette Lizarda, ma questa volta Lavernia approva quanto ha detto.
Jareth è pronto ad opporsi, ma Sarah glielo impedisce.
«Devi farlo.» sussurra appena.
Nei suoi occhi mortificati, Jareth riesce a leggere tutta la sua comprensione, quasi a voler dire “sarà come se non mi avessi fatto nulla”.
Jareth esita ancora per un po’, ma l’insistenza e le minacce opprimenti di Lavernia hanno la meglio su di lui. Alla fine, Jareth colpisce la guancia di Sarah con una forza tale da scaraventarla per terra.
Si maledice. Si maledice con tutto sé stesso per averlo fatto. Si maledice maggiormente e con tutte le sue forze quando vede Sarah massaggiarsi la parte colpita, mentre il tutto è orchestrato dalle perfide risate di Lavernia e Lizarda.
«Bene, Sarah.» dice Lavernia «Da oggi la tua vita cambia. E anche la mia, se è per questo. Peccato che, nel mio caso, la mia cambi in meglio. Ah, non ti invidio sai?»
Lizarda ridacchia in favore della principessa.
Jareth è tentato di aiutare Sarah a rialzarsi, darle il suo sostegno morale, ma Lavernia è stata molto esplicita. Un solo gesto di pietà e sarà la fine. Non gli resta che tremare internamente per la forte rabbia, maledicendo il proprio essere e la marcia anima di Lavernia.
 
Il giorno dopo
 
“Mi rivolgo a tutti voi, popolo di Goblin, per esprimervi la mia sincera amicizia e il mio sincero pentimento, nella speranza di trasmettervi tutto il mio affetto. Benché non sia facile, confido comunque nel vostro buon cuore. Sappiate che per me, principessa Lavernia di Dullahan, è molto importante il bisogno del vostro perdono, perché una principessa e una futura regina deve innanzitutto servire il proprio popolo. A vergognosa memoria degli errori commessi in passato, vi chiedo umilmente scusa per aver ferito le vostre aspettative. Condanno i miei errori nel devoto rispetto verso il vostro amato re di Goblin e verso il suo adorato popolo.”
 
Sono le parole pronunciate da Lavernia nell’enorme sala del trono, seduta alla destra di Jareth. A sorpresa dei presenti – appartenenti alla classe della nobiltà e alla corte del re di Goblin – quella mattina, Jareth aveva fatto il suo ingresso nella sala accompagnato da Lavernia, sostenendole il palmo della mano come una sposa. In più, dopo essersi seduti sui rispettivi troni – Lizarda era in piedi, alla destra di Lavernia come un’ombra sempre pronta a pettegolare nell’orecchio della principessa.
Perché è ancora qui? è l’unisona domanda che aleggia tra i cortigiani, riferendosi alla cattiva condotta di Lavernia. Oltre a Silyn e Rastaban – che si stanno chiedendo cosa stia succedendo – tra loro vi sono anche la contessa Cordula, la duchessa Pevla e la marchesa Amada, ormai in disaccordo con la principessa che le aveva fatte sfigurare davanti ai loro mariti e a tutto il popolo il giorno prima.
Tutto cambia solo quando il re di Goblin annuncia che la principessa ha intenzione di scusarsi con tutto il regno, lasciando i cortigiani confusi.
Udendo, poi, il discorso di scuse citato in precedenza da Lavernia, tutta la corte sembra essere rimasta incantata dall’umiltà della principessa e le concedono immediatamente il perdono. Una voce, tuttavia, interrompe la poesia del momento. È la voce di Rastaban.
«Principessa,» lo zio di Jareth ha un tono che impressiona persino Silyn che cerca, invano, di trattenerlo «le tue doti teatrali possono anche incantare la corte, ma non me. Non ha senso chiedere scusa solo davanti a dei cortigiani che temono le parole di un re o di una principessa, nel tentativo di salvare la propria carriera e il proprio rango. Perché, invece, non hai pensato di scusarti davanti al resto del popolo? È la gente comune che tu hai soprattutto ferito. Cosa ti vieta di chiedere a loro il perdono? Temi, forse, che loro non abbiano nulla da perdere? Temi che dalle loro bocche possa uscire la verità? Se vuoi, te lo dico io la verità: non è possibile che fino a ieri hai espresso tutto il tuo disprezzo nei nostri confronti, per giunta redarguita dal nostro re, ed ora ti presenti a noi come se non fosse accaduto nulla...»
«È abbastanza, duca di Goblin.» lo interrompe autorevolmente Jareth «Non approvo questo tipo di comportamento nella mia corte. La principessa Lavernia ha pubblicamente chiesto scusa e questo deve essere sufficiente. Mi meraviglio di te, per la tua mancanza di rispetto.»
«Basta!» urla Rastaban, scatenando lo stupore collettivo «Non c’è da aggiungere altro. È evidente che la principessa ti abbia fatto il lavaggio del cervello, come aveva fatto sua sorella Laryna tempo fa.»
«Duca di Goblin,» Lavernia lo affronta solo per aver sentito pronunciare il nome dell’odiata sorella «io ti avverto, l’oltraggio alla corona è un’offesa che non sono disposta a tollerare. Come futura regina, ti ordino immediatamente di inginocchiarti e di implorare perdono a me e al re di Goblin per aver oltraggiato il nome della nostra Maestà. Altrimenti...»
«Altrimenti cosa?» Rastaban non si piega «Vuoi allontanarmi dalla corte? Non serve, me ne vado di mia spontanea volontà. Non sarò disposto ad accettare una simile buffonata!» si volta e corre via verso l’uscita della sala.
“Me la pagherai!” ringhia nella mente di Lavernia, ma le sue parole assumono un tono più composto.
«Se qualcun altro la pensa come lui, non ha che da seguire il suo esempio.» dice Lavernia con smorfiosa autorità.
Rimangono tutti fermi nella loro posizione. Solo Silyn ha il coraggio di allontanarsi, seguendo il suo futuro marito e indubbiamente disposta a stargli accanto come una compagna fedele. Non sa, purtroppo, che nella mente di Lavernia si sta schiudendo il seme della vendetta nei loro confronti.
La principessa, infatti, avvicina il volto all’orecchio di Lizarda. Dalle sue labbra, Jareth sente solo qualcosa del tipo “ricordami di...”, ma non osa indagare. In realtà, non sembra voler andare contro Lavernia e, per sua sfortuna, nessuno tra i cortigiani sembra avere la stessa lucidità di Rastaban.
Al contrario, tutti cominciando a farfugliare giudizi malevoli nei confronti del duca di Goblin e della sua compagna, mentre elargiscono smancerosamente elogi nei confronti di Lavernia.
“Dovremmo prendere le distanze dal duca di Goblin”, “Dovremmo mostrarci più riguardevoli davanti alla futura regina”, sono più o meno i chiacchiericci che aleggiano nella sala. La contessa Cordula, la duchessa Pevla e la marchesa Amada sussurrano tra loro, coperte dai rispettivi ventagli, di dover fare di tutto per rientrare nelle grazie di Lavernia. Per la gioia di Lizarda, le sue orecchie percepiscono voci che evidenziano il suo invidiabile ruolo fedele dama di compagnia della futura regina e il suo sguardo non fa che caricarsi di un’espressione tipica di chi vuole darsi molte arie.
Nessuno lo sa, ma Jareth dentro il suo cuore sta implorando il proprio zio di perdonarlo di nuovo, se mai gli sarà possibile. I suoi pensieri vengono interrotti quando Lavernia gli fa un cenno con la mano.
Tentando di non vacillare e assumendo il suo timbro autoritario, Jareth annuncia il proseguimento del matrimonio il giorno dopo.

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Capitolo 14
*** Capitolo 12 ***


UNDERGROUND
 
Il giorno dopo
 
Per Lavernia non potrebbe esistere giorno migliore e continua a ripeterlo a sé stessa mentre ammira il proprio riflesso sullo specchio, orchestrata dagli osanni di Lizarda, Cordula, Pevla e Amada. La stanno aiutando ad essere la sposa più bella di tutta Goblin, benché Lavernia sia stata molto chiara con il suo ordine: non si accontenterebbe né ora né mai di essere la sposa più bella di Goblin, o di Dullahan, ma di tutti i regni messi insieme. “Ci vorrebbe un miracolo” penserebbe il lettore – e farebbe bene – ma questo pensiero non si sa se è condiviso anche dalle dame che stanno facendo di tutto per ingraziarsi la futura regina. Che siano veri o meno i loro fiumi in piena di commenti carichi di incensamenti e sviolinate adulazioni, poco importa.
«Lizarda, dov’è l’umana?» chiede Lavernia ma non ottiene risposte e, vedendo la confusione nei volti delle altre dame, Lavernia emette un ghigno divertito «Oh, giusto, le nostre amiche non lo sanno. Da oggi ho una nuova cameriera personale.» ottiene una risata collettiva.
«Mia principessa Lavernia,» interviene Cordula finendo bruscamente di ridere «è la stessa umana elogiata dal nostro re? La Campionessa che...»
«Non è più nulla di tutto questo.» afferma Lavernia soddisfatta «E per quanto mi riguarda, per me non lo è mai stata. Dico bene?» fulmina tutte con gli occhiacci, riuscendo ad ottenere da loro la risposta che vuole sentirsi ricevere.
“Sì, principessa Lavernia” è ciò che dicono. Poco importa alle dame dell’importanza di Sarah, quando c’è di mezzo la parola della futura regina.
Lavernia sbatte i palmi delle mani per richiamare l’attenzione di Lizarda, che puntualmente si fa avanti come una cagnolina in attesa di ricevere una crocchetta.
«Lizarda, porta l’umana da me. Ho bisogno che mi aiuti a prepararmi.»
«Ma, principessa Lavernia,» si permette Lizarda «non credi che sia oltraggioso farti preparare dalle mani di una lurida umana? Penso che questo onore debba spettare a delle nobildonne come...»
«Ed io credo che le sue luride mani siano adatte a prepararmi, quanto tu non sia adatta per pensare con quel cervellaccio di gallina che ti ritrovi in quella testa vuota.» è la cordiale osservazione di Lavernia, orchestrata da un unisono sussulto delle dame – per lo più sprezzanti verso Lizarda, per essersi permessa di andare contro il volere della futura regina.
«Domando scusa.» Lizarda abbassa la testa.
«Beh?» gracchia Lavernia, battendo alternativamente le mani «Cosa ci fai ancora qui? Su, vai a chiamare l’umana. Subito!»
Lizarda fa un inchino ed esce dalla stanza, alla ricerca di Sarah.
Lavernia butta giù un sospiro di frustrazione.
«È proprio un’incapace.»
 
Nel frattempo
 
Le ore si erano come letteralmente fermate. Lavare per terra, spazzare, lucidare, spolverare, pulire, pulire e solo pulire. Sarah si era resa conto da subito che non era come vivere nella storia di Cenerentola e non di certo avrebbe voluto prendere il suo posto nel mondo delle fiabe. Specialmente se non c’era uno spiraglio di speranza in tutto questo. Aveva le mani legate e nemmeno Jareth poteva fare più nulla per lei.
In questo momento, Sarah si sta occupando di mettere bene in ordine la stanza che dovrà ospitare i genitori di Lavernia, che a loro volta giungeranno tra non molto per assistere al matrimonio. Con addosso un lugubre abito nero, spaccato dal contrastante bianco del grembiule legato alla vita, Sarah sta lucidando uno dei piatti in porcellana da esposizione adagiati su di una mensola, ma il piatto sembra essere ricoperto di scivoloso sapone dato che le sguscia via dalle mani, finendo rovinosamente per terra.
«Oh, no...» che guaio, sta pensando la povera Sarah.
Proprio in quel momento, Lizarda fa il suo ingresso nella stanza e la coglie con le mani nel sacco.
«Brutta stupida!» le urla contro, facendola sobbalzare «Guarda cos’hai combinato! Lo dirò alla regina Lavernia e oggi puoi scordarti la zuppa!»
Potrebbe anche supplicarle di non farle saltare i pasti dopo tanto lavoro, ma Sarah non ha ancora sotterrato la propria dignità.
«Forse volevi dire “la principessa”.» dice Sarah, raccogliendo i cocci da terra «Non mi pare che sia già stata incoronata.»
«Tu morditi la lingua quando parlo!» le ringhia contro Lizarda con la sua voce nasale, afferrandola malamente per un braccio «Ci penserà qualcun altro a rimediare al disastro che hai combinato: Lavernia ti sta aspettando. Muoviti!»
Senza lasciarle il braccio, Lizarda la conduce fuori dalla stanza dandole uno spintone, ma Sarah sa come farsi valere.
«Conosco la strada senza essere spinta da nessuno.»
«Come osi? Guarda che dirò a Lavernia...» Lizarda viene interrotta subitaneamente da Sarah.
«Mi sono sempre chiesta cosa ci trovi di tanto gratificante nel godere della compagnia di Lavernia o di cercare di piacerle.»
«Come ti permetti?» le lancia uno schiaffo e le ordina di camminare «Quando saremo nella stanza di Lavernia, vedrai come ti farò passare la voglia di non frenare la lingua.»
Sarah, però, non si dà per vinta e non ha usato a caso quelle parole contro Lizarda. Si è accorta, infatti, sin dall’inizio dell’indole lecchina di Lizarda e tutti sappiamo quali siano le considerazioni del mondo riguardo certe personalità. Sarah è sicura che questa “legge” valga anche per un mondo magico come l’Underground.
Infatti, appena sono davanti alla porta della stanza di Lavernia, Sarah non apre subito la porta dato che è riuscita a captare delle voci mescolate a delle risatine che le hanno fatto germogliare un’idea adatta a stuzzicare quella nasona di Lizarda.
«Allora?» gracida Lizarda, chiedendole perché non stia entrando.
«Perché tanta fretta?» Sarah le sorride con sfida e, prima che la dama di compagnia della principessa possa proferire altre parole, aggiunge «Credo che la tua principessa stia parlando di te. Non sei curiosa?»
Cascando nella sua trappola, Lizarda appoggia l’orecchio sulla porta e realizza la veridicità dell’umana. In effetti, Lavernia sta parlando di lei... peccato che quanto stia sentendo non sia così piacevole per le sue orecchie e per la sua autostima di per sé sepolta sotto i tacchi delle costose scarpe.
“Sembra una cagnolina ai miei ordini”, “È sempre stata convinta di avere notorietà, ma tutto il regno di Dullahan l’ha presa in ridicolo perché brilla di luce riflessa”, sono le prime due frasi che sente da Lavernia.
«E il bello è che mi crede sua amica.» è la voce di Lavernia compromessa dalle soffocanti risate «E che pena mi fa, ogni volta che si crede importante solo perché è sempre stata mia dama di compagnia. Ah, se non ci fossi io, quella nasona scimunita non sarebbe nessuno. Anzi, non sarebbe proprio niente.» altre risate collettive «Sapete, mie care, stavo pensando cosa farne di lei non appena diventerò regina.» ride ancora, già divertita al pensiero della propria idea riguardo il destino di Lizarda e si esalta non appena Cordula, Pevla e Amada la pregano di non tenerle sulle spine «Credete che solo lo zio del re di Goblin perderà il suo titolo non appena sarà regina?» la rivelazione e la risata raggelante di Lavernia, accompagnata dalle dame, è una fitta al cuore di Lizarda «Ho già parlato con il re di Goblin ed è già tutto deciso. Non vedo l’ora di vedere la faccia di quella stupida nasona non appena annuncerò il suo allontanamento dalla corte.» ride a crepapelle e quando le chiedono cosa ne sarà di Lizarda, Lavernia a stento trattiene altre risate «Sarà un vero piacere vederla sgobbare insieme a quella lurida umana, se vuole guadagnarsi il pane.» ride, ride e ride fino a che non ha più fiato.
Se il lettore stia provando o meno un senso di compassione nei confronti di Lizarda, questo non lo sappiamo. La certezza ruota intorno al fatto che Sarah abbia visto molto dolore negli occhi di Lizarda ed è come se la dama si sia trasformata di colpo. I suoi occhi scuri diventano lucidi, la faccia, le orecchie e il naso si arrossano e la povera Lizarda scappa via coprendosi il volto, mentre sfoga un triste pianto. Immediatamente, spinta da un sentimento di empatia nei suoi confronti, Sarah mette da parte l’ostilità provata contro Lizarda e si lascia guidare dall’istinto di umanità che non ha mai lasciato il suo buon cuore.
La segue e la trova fuori dal castello, a pochi passi dai giardini che piange per terra. Inginocchiata e con il viso nascosto dalle mani coperte da grigi guanti, Lizarda piange tutta la sua delusione.
«Lizarda?» la chiama Sarah, dietro di lei, con voce amichevole.
«Vattene via!» Lizarda prova a scacciarla, mantenendo la propria arroganza nonostante abbia il cuore a pezzi «Hai avuto la tua soddisfazione, cos’altro vuoi ancora da me?» piange ancora, coprendosi il volto.
Sarah si siede per terra, accanto a lei e comincia a provare pietà nei riguardi di Lizarda. Non è bello vedere qualcuno in questo stato, soprattutto se tradito così. Certo, Lizarda meritava una lezione, ma per Sarah non è gradevole vederla così abbattuta.
Benevolmente, le appoggia una mano sulla spalla e Lizarda smette per un attimo di piangere. Di sicuro non si sarebbe mai aspettata un simile gesto ed è ulteriormente confusa.
«Non fare così,» le dice Sarah dimenticando tutti i risentimenti «vedrai che si aggiusterà tutto.»
«Perché perdi il tuo tempo per me?» chiede Lizarda, ma questa volta senza arroganza «Dopo tutto quello che ti ho fatto?»
«Lo so, ma ora credo che le cose siano diverse, non credi?» solo chi ha sofferto capisce la sofferenza altrui, per questo Sarah è disposta a rincuorare Lizarda. La dama di Dullahan si getta tra le braccia di Sarah, piangendo a dirotto. Sarah non se lo sarebbe mai aspettato, specialmente dopo che Lizarda – insieme a Lavernia – non aveva mai mancato di mostrare il suo disprezzo verso gli esseri umani. Ed ora è lì, tra le sue braccia che cerca conforto. Sarah accetta l’abbraccio e cerca di tirarle su il morale.
Quando Lizarda smette di piangere, le due si alzano da terra. Come se le sorprese non fossero finite, Lizarda le chiede persino perdono per tutto e Sarah, naturalmente, accetta le sue scuse.
«Sarah, ti ho giudicata male.» ammette Lizarda «Ma ora voglio rimediare.» non da il tempo a Sarah di formulare una domanda «Ed io so perfettamente cosa fare. Oh, se lo so...»

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Capitolo 15
*** Capitolo 13 ***


UNDERGROUND
 
Se al matrimonio di Laryna – andato in fumo – la regina Lavandula si era messa in mostra con il suo abito improponibile, il lettore può stare certo che questa volta, in occasione delle nozze di Lavernia, ha ampiamente esagerato. Inoltre, anche questa volta la storia si stava ripetendo per quanto riguarda le notevoli difficoltà per salire e scendere dalla propria carrozza a causa del suo assurdo abito. Così esagerato da sembrare finto, potrebbe dire chi ha la sfortuna di vederlo senza avere la libertà di poter scoppiare in una sganasciante risata. Per non tenere troppo sulle spine il lettore, risparmieremo la “disavventura” della regina durante il tragitto tra Dullahan e Goblin e passeremo direttamente alla descrizione dei chilometri di stoffa che porta addosso. Possiamo solo chiudere la premessa dicendo che re Algol – siete liberi di immaginare il suo stato d’animo – è stato costretto tempo prima a fare costruire una carrozza privata per la regina, in occasione dell’avvenimento. Dopo aver visto, infatti, il gigantesco obbrobrio di tessuti, l’incredulo re di Dullahan ha ordinato che venisse creata una carrozza adatta alle dimensioni della regina – e del suo abito – in modo che potesse viaggiare comoda. Per lo più, si riferiva alla propria comodità. Detto ciò, lasciamo che il lettore sia a conoscenza dell’abbigliamento scelto da Lavandula, sperando di potergli offrire la possibilità di poter farsi quattro risate, al contrario degli abitanti di Dullahan e di Goblin.
Partendo dalla testa, Lavandula si era fatta acconciare un esagerato pouf, un’acconciatura alta il doppio della regina. Inoltre, Lavandula aveva speso una cifra esorbitante perché il suo parrucchiere personale si scomodasse anche in campo “ingegneristico”, dato che pettinatura – che una volta realizzata doveva sembrare una vera e propria opera d’arte – nascondeva... un’impalcatura. Sulla testa della regina, difatti, c’è una costruzione composta da un leggero telaio metallico e cuscini imbottiti su cui sono stesi i capelli dopo essere stati impomatati e suddivise in ciocche, dove si mischiano metri di stoffe impreziosite da luccicanti diamanti, dividendo la testa con riccissimi boccoli guarniti con piume di struzzo e gioielli. A ridosso della corona, Lavandula ha sfogato la sua eccessività con la decisione di fare installare sulla “cima” della testa una piccola scultura con le caratteristiche del tempio del dio Laduguer – elemento immancabile per sottolineare, come sempre, la sua insuperabile e fanatica devozione.
Andando verso il basso – per così dire – Lavandula si era fatta collocare sul retro dell’abito una specie di gigantesca “coda di pavone”, disposti grazie a delle resistenti stecche metalliche, decorata con i colori adatti all’abbinamento del vestito. Il cuore del modello, è rappresentato dalla piece d’estomach, ovvero un triangolo di stoffa ricamata applicata ai lembi del vestito per coprire il corsetto. L’immensa gonna, larga quanto l’entrata di un portone di una nobile reggia, costellata di grossi fiocchi rosso rubino su ambi i lati e distribuiti con metri e metri di strisce scarlatte sono stati accuratamente decorati con rubini grossi come fragole mature. Gli stessi fiocchi ingioiellati sono stati cuciti sulle maniche corte fino agli avambracci, finendo con una breve cascata di bianchi merletti. Un abito di varie tonalità rosseggianti – sfumato da decorazioni che ricordano una dorata fantasia floreale - tempestato di polvere di stelle procurato dai piccoli diamanti installati su ogni parte del vestito, nessun lembo di stoffa escluso.
Indescrivibile la fierezza con cui Lavandula porta il suo costosissimo vestito, ben abbinato con il trucco incipriato e risaltato dal rossetto rosso fiammante, insieme alla costosa collana di perle e diamanti adagiata sul decolté e agli eleganti guanti rossi, accompagnati da un paio di immancabili anelli con pietre preziose da esibire con sfacciata superiorità. 
E il re Algol? Un justaucorps nero e con ricami dorati e poteva considerarsi abbastanza elegante per la cerimonia. Il che, tale considerazione, non era affatto sbagliata. Inutili i suoi possibili tentativi di fare capire alla moglie che non occorra esagerare per essere notati.
 
Nel frattempo, Lavernia non fa altro che sbuffare arrogantemente e lamentarsi per la lunga attesa. Sta aspettando Lizarda e Sarah da troppo tempo e sta per perdere la pazienza. Sembra calmarsi quando tre colpi battono alla porta.
«Avanti.» ordina Lavernia e, per la sua gioia, Sarah fa il suo ingresso e la futura sposa non perde tempo a redarguirla «Sarah, potresti per favore farmi attendere ancora un’altra ora? Probabilmente, con un po’ di buona volontà, riuscirai con la tua negligenza e la tua stupidità a farmi arrivare in ritardo al mio matrimonio.» le dame Cordula, Pevla e Amada cinguettano in frivole risate per compiacere Lavernia.
«Ti chiedo scusa, principessa Lavernia.» Sarah è molto cauta.
«Ma dov’è Lizarda?» chiede Lavernia accorgendosi solo ora dell’assenza della sua dama «Poco importa. Avanti, Sarah, aiutami a prepararmi.»
Sarah obbedisce senza fiatare e si avvicina silenziosamente alla principessa.
Il primo passo è l’abito da sposa – scelto rigorosamente grigio argento per il volere di Lavernia. Il corsetto ben stretto e decorato sul decolté con merletti bianchi spicca con il suo colore nero, su cui è stato ampiamente ricamato un tema fantasia con fili d’argento e fili neri, richiamando tassativamente la stoffa dell’ampia gonna e delle spalline, sulle quali sono state cucite su entrambe le estremità una lunga fila di perle. Le grosse maniche a sbuffo si alternano con dei fiocchi argentati e decorati su tutti bordi con le stesse perle usate sulle spalline.
Dopo averle allacciato la lussuosissima collana di perle e diamanti intorno al collo, adagiato i dispendiosissimi orecchini con le stesse pietre preziose del collier e acconciato – con serie difficoltà – i capelli aranciati di Lavernia, Sarah le colloca la tiara di perle accompagnata dal velo da sposa.
«Allora,» domanda Lavernia guardandola con sfida attraverso lo specchio «ti sembro abbastanza bella ed elegante, Sarah?»  
«Sì,» risponde tranquillamente Sarah «sei molto bella ed elegante... principessa Lavernia.» è molto attenta a come parla pur di compiacerla.
«E dimmi,» Lavernia la guarda di sottecchi e, a giudicare dal suo sguardo, ha in mente qualcosa per ferirla «saresti stata bella anche tu nel caso ti fossi sposata?»
Sarah è confusa e balbetta qualcosa, non capendo il senso di quella domanda.
«Su, rispondi!» le comanda Lavernia mettendosi davanti a lei con un portamento da superiore «Voglio sapere chi tra noi due è la più bella!» le dame, ridacchiano nel vedere Sarah in difficoltà.
«Chiedo scusa,» risponde Sarah un po’ spaesata «ma come faccio a risponderti ad una domanda del genere?»
«E invece voglio sentirtelo dire.» le impone Lavernia «Avanti, rispondi!»
Sarah, per fortuna, trova una risposta che potrebbe salvarla.
«A dire il vero, non ho mai pensato di poter essere più bella o più elegante di qualsiasi altra donna. Per me, non fa alcuna differenza.» se queste parole possono suonare per chiunque come cariche di umiltà, per Lavernia – e per le sue dame che le fanno il verso – è un asso nella manica.
«Allora sono io la migliore.» si autodefinisce Lavernia, gonfia di smorfiosa contentezza. Mette il palmo della propria mano inguantata davanti a Sarah «E adesso, devi darmi il tuo regalo per il mio matrimonio.»
Regalo? Quale regalo? si chiede Sarah visibilmente disorientata.
«Ti ho presa alla sprovvista?» chiede Lavernia con finta desolazione «Non importa se non hai avuto modo di comprarmi un regalo, posso sempre accettare qualcosa di tuo... come l’anello che porti al dito, per esempio.» accentua un ghigno malvagio «Sì, il tuo anello andrà benissimo.»
Sarah è pietrificata, Lavernia non può averle chiesto una cosa simile. Vuole l’anello che Jareth le ha regalato. Dentro di sé, Sarah non sa che cosa fare e, come per proteggerlo, nasconde l’anello poggiandoci sopra la mano destra.
«Cos’è?» domanda Lavernia sottolineando la sua soddisfazione nel vederla in difficoltà «Sei diventata timida, all’improvviso?» e senza aspettare oltre, Lavernia afferra Sarah per un braccio e le sfila via l’anello dal dito.
«No, aspetta...» Sarah prova a ribellarsi, ma Lavernia la butta rumorosamente a terra con uno spintone.
«Come ti permetti di assumere con me un tono così arrogante?» le tuona contro, per poi inserirsi l’anello in tutta compiacenza, elogiata dalle sue dame.
“Ti sta benissimo”, “Sei sempre un incanto”, “Sei la migliore tra tutte”, “La più bella regina di tutti i regni messi insieme” sono le lodi che escono dalle bocche delle dame.
La vanitosa gioia di Lavernia viene interrotta dal suono di altri colpi alla porta. È Lizarda.
«Alla buon’ora.» le ringhia contro Lavernia.
«Perdonami, principessa Lavernia.» Lizarda, che ormai ha perso tutta la sua stima verso Lavernia, ce la mette tutta per non spazientirsi «Volevo avvisarti che il re Algol e la regina Lavandula sono appena arrivati.»
Lavernia si esalta e mette in mostra la mano sinistra per farsi accompagnare dalla sua dama d’onore. Lizarda che, poverina, ha frainteso, si permette di obiettare.
«Vorrei accompagnarti, ma non sono ancora pronta. Se mi dai il tempo di prepararmi, io...»
Lavernia sbotta in una sfacciata risata.
«E chi ti ha mai detto che sarai tu la mia damigella d’onore?» emette una sfrontata smorfia «Credi davvero che io possa perdere altro tempo prezioso aspettando i tuoi comodi? Saranno Cordula, Pevla e Amada ad essere le mie damigelle d’onore. Tu, se proprio ci tieni ad essere presente, ci raggiungerai dopo.»
«Ma, principessa Lavernia...» con finta delusione, Lizarda prova a ribellarsi.
«Hai qualcosa da ridire, stupida nasona?» la provoca altezzosamente e quando Lizarda abbassa la testa, in segno di sottomissione, Lavernia fa cenno alle dame di accompagnarla «Andiamo signore, dimostratevi delle dame piene di valore, prima che Lizarda vi immischi la sua stupidità.» seguita dalle sue nuova “cagnoline”, prima di uscire dalla stanza, Lavernia guarda ancora Sarah con arroganza «Ah, un’ultima cosa Sarah. Naturalmente, tu non sei invitata al mio matrimonio.» si allontana seguita dalle sue dame.
Una volta sole, Sarah non può fare a meno di notare come Lizarda stia tremando per il forte nervosismo e per la forte frustrazione. Come per consolarla, Sarah si limita ad offrirle un’amichevole carezza sulla guancia.

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Capitolo 16
*** Capitolo 14 ***


UNDERGROUND
 
Non volendo prendere parte ad un evento di per sé così assurdo con un peso nel cuore, qualche momento prima delle nozze, Jareth era intenzionato quantomeno a riappacificarsi con Rastaban. È all’oscuro, tuttavia, del fatto che Lavernia – a matrimonio compiuto – lo costringerà a togliere allo zio il suo grado di duca (come Lizarda le aveva sentito dire, poco prima di aggiungere che avrebbe allontanato dalla corte anche lei). Per essere più chiari, Lavernia si era legata al dito il fatto che Rastaban fosse stato il primo a ribellarsi a lei, seguito poi da Silyn, e per questo gliel’avrebbe fatta pagare molto cara. Per sua rivincita, o come una sorta di legge del taglione, visto che lo vedeva così tanto affezionato alla sua serra, lo avrebbe declassato a giardiniere e avrebbe dovuto guadagnarsi il pane come chiunque altro servo. Silyn avrebbe fatto la stessa e identica fine, colpevole di averlo spalleggiato. Jareth, purtroppo, tutto questo non lo sa ancora.
Trova lo zio proprio dove immaginava, nella serra per curare le sue amate rose variopinte. L’unico luogo in cui il lettore sa che Rastaban si sente in piena pace. Appena sente Jareth entrare nel suo floreale santuario di pace, Rastaban non sembra essere molto lieto della sua presenza.
«Se sei venuto qui per dissuadermi, perdi il tuo tempo.» gli dice calmo, dandogli le spalle e continuando a curare delle rose gialle appena sbocciate «Io non voglio prendere parte a questa... buffonata.»
«Non è come pensi.» cerca di assicurargli.
«Jareth, io non riesco più a starti dietro.» irrompe Rastaban, lasciando perdere per un po’ le sue rose e decidendo di affrontare il nipote «Ti sono stato accanto durante la cospirazione di Laryna, non ti ho abbandonato quando sei stato costretto da re Algol a dover proseguire il matrimonio con Lavernia, ma ora basta. Io credo che tu non sappia ciò che tu voglia veramente per te. Un giorno ti vedo rassegnato all’idea di rinunciare ai tuoi sentimenti per quella povera Sarah per compiere i tuoi doveri con Lavernia, poi ti vedo annunciare pubblicamente che intendi fare di tutto per ripudiarla e il giorno dopo, come se nulla fosse, annunci che le nozze proseguiranno visto che è sufficiente che Lavernia chieda scusa? Perdonami, ma io sono veramente stanco dei tuoi continui sbalzi di decisione.»
«Per favore, ascoltami...» seppure mortificato, Jareth prova a giustificarsi. Cosa può, tuttavia, dirgli? Che Lavernia lo ha scoperto intimamente con Sarah? Dopotutto, è un dettaglio troppo imbarazzante da ammettere e ciò lo mette in seria difficoltà.
«Non c’è niente da aggiungere.» taglia corto Rastaban «Ad ogni buon conto, io non intendo partecipare alle nozze. E ho anche perduto l’interesse di chiederti di benedire il matrimonio tra me e Silyn. Quando sarà il momento, celebreremo la nostra unione in forma privata. Mi dispiace.»
L’agghiacciante rivelazione segna il momento di rottura tra zio e nipote, Jareth si augura di aver sentito male. Purtroppo, le sue orecchie hanno percepito molto bene. Rastaban, l’unico elemento della sua famiglia – dopo la madre Rosheen – che ha sempre creduto in lui, ora lo sta abbandonando.
Una fitta di dolore si espande lungo il petto del sovrano del Labirinto.
 
Uno squillo di tromba solenne annuncia l’entrata dei regali di Dullahan e tutti gli invitati presenti nella sala si voltano verso di loro. Mentre re Algol ha un portamento fiero, elegante, rigido, austero e ben posato, la regina Lavandula non perde l’occasione per mettere in mostra il suo lato più ridicolo a cominciare dal pesante e ingombrante abito. Dei sussulti invadono la sala e Lavandula comincia ad esaltarsi.
«Hai visto, caro?» sussurra al marito «Li ho lasciati tutti a bocca aperta.»
Il silenzio di re Algol illude Lavandula che stia acconsentendo, mentre in realtà è a dir poco imbarazzato per via della pessima figura a cui sta andando incontro per colpa della moglie, deducendo che quei sussulti siano di natura negativa. Infatti, la sua deduzione è esatta. I commenti riguardanti la regina vertono sulla sua ridicolezza, niente di diverso. Nessuno, naturalmente, si permette il lusso o la libertà di poter ridere. Solo le dame possono avere la possibilità di ridacchiare, coprendosi metà del volto con i grandi ventagli colorati e piumati.
Lavandula continua ad avanzare, accompagnata dal marito, con ridicola alterigia e illudendosi di essere ammirata.
«Sua Altezza Reale Lavernia, principessa di Dullahan.» annuncia il dignitario di corte, il momento che tutti stavano aspettando.
Seguita dalle sue tre dame di compagnia che le reggono il velo e lo strascico, Lavernia fa il suo ingresso con superba regalità. A giudicare dalla sua andatura, sembra che sia già una regina e Lavandula esprime il suo orgoglio verso la figlia attraverso il suo sguardo così infiammato di fierezza. Re Algol, al contrario, rimane sempre composto e aspetta che Lavernia si inchini davanti a lui e alla madre. Lavernia si inchina e Algol e Lavandula chinano di poco il capo.
«Sua Maestà Jareth, re di Goblin.» lo presenta il dignitario di corte. Tutti gli occhi dei presenti sono puntati verso l’entrata, aspettando con ansia il re di Goblin. Con loro grande sorpresa, Jareth si addentra nella sala con un elegantissimo habit à la francaise bianco. Con sentimenti contrastanti, la decisione del colore dell’abito di Jareth è molto discussa. Da un lato, alcuni sostengono che abbia scelto tale colore per onorare la cerimonia con una tonalità pura, piena di luce e che possa pronosticare un buon augurio tra le alleanze. Dall’altro lato, quello che più si avvicina alla verità, il bianco è stata una provocazione e a confermarlo è lo sguardo incattivito di re Algol, della regina Lavandula e di Lavernia. Solo in pochi a Goblin, infatti, sapevano che il bianco è il colore del lutto dei regali di Dullahan. Senza scomporsi, Jareth prosegue dinanzi ai sovrani e alla futura sposa con regale dignità e offre a Lavernia il palmo della mano per accompagnarla davanti ai troni. Al centro di essi vi è un sacerdote, incaricato per la celebrazione delle nozze. Si tratta dello stesso Lunantishee che, tempo prima, aveva unito in matrimonio Laryna e Onyx per ordine di Jareth.
Appoggiandosi sul suo lungo bastone, il sacerdote fa segno ai due sposi di avvicinarsi e inizia a recitare un’omelia, invitando Jareth e Lavernia ad inchinarsi. Li fa rialzare per benedirli con un’altra omelia e, una volta compiuta, il sacerdote esclama la fatidica e obbligatoria richiesta.
«Se qualcuno, tra i presenti, ha un motivo perché il re Jareth e la principessa Lavernia non debbano unirsi in matrimonio, parli ora... o taccia per sempre.»
Non passa nemmeno un secondo, poiché una strana nube nera spegne tutte le luci della sala, chiudendola in un’atmosfera tetra. La nube nera si moltiplica, formando una lunga serie di coltre oscure che si intrecciano tra loro, unendosi in un unico punto e formando un tornado nero come la pece, illuminato internamente da un’inquietante luce grigio bluastra come le fiamme dei fuochi fatui. Una breve scossa di terremoto scuote il pavimento e alcuni tra i presenti perde l’equilibrio – Lavandula inclusa, a causa del pesante abito.
«Ma che succede?» esclama Jareth, senza capire.
Il vortice di fumo nero continua a turbinare fino a che non viene materializzata l’oscura figura divina del dio Laduguer. Nessuno ha il tempo di inginocchiarsi dinanzi a lui, visto il giustificato sgomento.
«Chi lo ha evocato?» solo il sacerdote trova la forza di parlare, avendone comunque il diritto vista la sua posizione da chierico.
«Sono stata io.» esclama una voce femminile da lontano.
Si voltano tutti, in direzione della voce.
«Tu...» gli occhi di Lavernia esprimono tutto il suo sbigottimento misto a rancore quando vede Lizarda.
«Sono stata io ad invocare il nostro potente dio Laduguer.» afferma Lizarda senza timore.
Laduguer rimane fermo nella sua posizione, attendendo il momento esatto.
Alla richiesta perentoria di re Algol dell’esigere una spiegazione, Lizarda lo squadra come per volergli dire “non aspettavo altro”.
«Maestà,» gli dice Lizarda «ho le mie buone ragioni per impedire che la principessa si unisca in matrimonio con il re di Goblin e per darvi la prova che non ha il diritto di ricoprire il suo ruolo di principessa.»
«Come ti permetti?» le urla contro Lavandula, ripresasi dal turbamento precedente «Io ti...» sta per colpirla con un ceffone per punirle il torto che ha inflitto alla sua amata figlia, ma la sua azione viene fermata dall’urlo del sacerdote.
«Ferma, ti prego! Nessuno deve sfiorare chi ha invocato un dio.»
Lizarda sorride con soddisfazione in faccia a Lavandula, per poi lanciare la stessa occhiata di sfida verso Lavernia. Dai suoi occhi, si può leggere tutta la rivalsa che intende riversarle contro dopo tutti quegli anni. Lavernia sembra essere stata presa alla sprovvista, non avendo mai visto Lizarda così, ma non si arrende e riprende in mano la sua arroganza.
«Non fatevi ingannare da questa pezzente.» urla Lavernia che, nel frattempo, è corsa tra le braccia della madre come ogni povera figlioletta in cerca di protezione «È solo una povera pazza. Vuole solo gettarmi fango addosso perché l’ho rimpiazzata con altre dame realmente degne della mia compagnia.»
«Sì, voglio gettarti fango addosso... Lavernia.» ha mancato volontariamente di chiamarla “principessa” «Ma solo perché la prova esistente mi ha fatto aprire gli occhi. E la prova esistente, si chiama Sarah.»
L’odiato nome udito da Lavernia non le dà il tempo di realizzare – in realtà, non lo dà a nessuno tra i presenti, nemmeno a Jareth – dato che il dio Laduguer, grazie alle sue doti divine, agita le braccia e fa apparire dal nulla la citata Sarah.
Jareth la guarda confuso, spaesato e inorridito. È vestita di stracci e ha un aspetto molto stanco, ma i suoi occhi verdemare non sono affatto spenti. Al contrario sono ruggenti come quelli di una tigre pronta ad attaccare.
«Ma cosa succede?» strilla Lavernia, guardando il dio.
«Silenzio!» pronuncia finalmente Laduguer «Ne ho abbastanza di tutte queste lagne!» nessuno osa più fiatare – persino Sarah e Lizarda hanno avuto un sussulto.
Laduguer fluttua verso Lavernia e i sovrani di Dullahan.
«Sono stato evocato» la sua voce echeggia tenebrosamente «perché Lizarda e l’umana, di nome Sarah, hanno confessato un terribile delitto compiuto da Lavernia. Un delitto che nessuno dell’Underground, nemmeno un dio, deve macchiarsi.»
Re Algol guarda Lavernia, pensando dentro di sé di vedere in lei lo stesso fallimento veduto in precedenza sulla primogenita Laryna.
«Non è vero, non è vero.» piagnucola Lavernia «Quelle due sono solo delle bugiarde! Cosa mai hanno detto?»
«Hai usato violenza contro Sarah, un essere umano!» dichiara Lizarda e Laduguer la lascia parlare, mentre la sala pullula di sussulti di sbigottimento e intanto Jareth continua a chiedersi a che gioco stia giocando Lizarda «L’hai costretta a divenire una tua schiava personale, le hai negato ogni diritto, l’hai umiliata con innumerevoli prepotenze e hai anche violato il suo matrimonio.»
«Ma cosa stai dicendo?» Lavernia non si arrende «Ve l’ho detto, è solo una povera pazza.»
«Ah, sì?» sogghigna Lizarda «E dimmi una cosa, Lavernia... Perché stai indossando l’anello di fidanzamento che il re di Goblin aveva regalato a Sarah, come proposta di un futuro matrimonio?»

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Capitolo 17
*** Capitolo 15 ***


UNDERGROUND
 
Qualche ora prima
 
Ormai redimente, Lizarda aveva promesso a Sarah che avrebbe fatto di tutto per aiutarla e per vendicarsi di Lavernia, per tutti gli anni che le aveva fatto passare rendendola succube alle sue volontà, dilettandosi a schiacciarla come se nulla fosse. Averle sentito dire quelle frasi oltraggiose nei suoi riguardi, era stata la goccia che aveva fatto traboccare il vaso.
Nel frattempo, la nobildonna di Dullahan aveva cominciato a spiegare a Sarah le origini di Lavernia, della scappatella della madre Lavandula con il dio Laduguer, delle malefatte sempre insabbiate, della sua natura fredda e calcolatrice e delle vulnerabilità dei sovrani di Dullahan.
«Evocheremo il dio Laduguer.» era il piano di Lizarda «Solo lui può aiutarci, ma dovrai essere tu, tra noi due, la prima a chiamarlo e a spiegargli tutto.»
«Perché io?» domandava Sarah un po’ perplessa, dopo aver ascoltato da Lizarda l’indole violenta del dio protettore di Dullahan.
«Per forza.» spiegava Lizarda «Tu sei un’umana e non potrà mai farti del male. È un dio crudele, non c’è dubbio, ma tu sei completamente protetta dalle Antiche Leggi. Anzi, non appena lo evocherai, rivendica immediatamente i Diritti Speciali
Sarah era completamente a conoscenza di tali diritti e, in un certo senso, si sentiva rincuorata. Un bel respiro, prima di prendere la decisone.
«Facciamolo.» aveva detto Sarah con sicurezza e, insieme a Lizarda, erano uscite dalle mura castello per recarsi in un angolo della foresta adiacente, in modo da poter evocare il dio Laduguer lontano da occhi indiscreti.
Nonostante all’inizio di questa storia avevamo detto che solo i Chierici del Grigio e la regina Lavandula siano a conoscenza della formula, Lizarda – a furia di frequentare Lavernia – ne era venuta a conoscenza, anche se non le era mai passato per la mente di poter mai evocare il temutissimo dio.
«Stupida, Lavernia.» commentava Lizarda, riferendosi alla formula «Almeno, tutti questi anni avvelenati con la tua presenza potranno avere un senso.»
Sotto il suggerimento della dama, Sarah aveva iniziato a ripetere la frase rituale per l’evocazione.
 
Prostrati e sguarniti
evochiamo i tuoi aiuti infiniti.
 
Eccellenza, perfezione assoluta
non render la mia preghiera muta.
 
Tu che tra tutti sei il più grande e temuto,
mio signore, abbiamo bisogno del tuo aiuto.
 
Nei primi dieci secondi, sembrava non fosse accaduto nulla. Solo quando il vento aveva cominciato a sollevarsi tra gli alberi e una coltre nera – come quella descritta in precedenza – aveva fatto la sua comparsa, Lizarda aveva detto immediatamente a Sarah di prostrarsi per terra. L’unico e solo modo che avevano per entrare da subito nelle grazie del dio. In pochi a Dullahan sapevano, infatti, che Laduguer si alimentava del terrore altrui e invocarlo con estrema umiltà, ben inginocchiati per terra e il più possibile con la faccia rivolta verso il basso, era per lui un motivo sufficiente per dare ascolto a chi lo avesse chiamato.  
«Aspetta che sia lui a parlare per prima.» sussurrava Lizarda, attendendo che il dio si materializzasse completamente.
«Chi ha osato disturbarmi?» sibila Laduguer una volta completata la sua apparizione.
Sarah non perse tempo e, ricordando le parole di Lizarda, non lo aveva fatto attendere.
«Sono stata io, sommo Laduguer e invoco i Diritti Speciali.» esclama Sarah rimanendo umilmente per terra.
Lo sguardo di Laduguer si sposta verso Sarah e si sorprende nell’averle sentito dire tali parole.
«Dunque,» stride il dio «devi essere un’umana.» le dà il diritto di alzarsi «È la prima volta in tutta la mia eterna vita che vengo evocato da un essere umano e voglio guardarti in faccia.»
Sarah obbedisce e quasi si sente svenire alla vista della divinità, il quale trasuda ogni tratto infernale descritto da Lizarda. Riesce a malapena a rimanere ben salda.
«Oh!» esclama Laduguer quasi divertito «E anche piuttosto carina.» le appoggia un dito indice sul mento, mentre Sarah lotta per non farsi intimidire «Dimmi il tuo nome, così che nel mio mondo possa vantare un evento così raro. Sai, non capita tutti i giorni che un essere umano invochi il mio nome, per giunta un trionfo di bellezza come te.»
«Sarah.»
«Bene, Sarah.» sogghigna «Ora che ti conosco, dimmi perché mi hai evocato e perché ti stai appellando ai Diritti Speciali. Per farlo, probabilmente c’è qualcosa che ti fa pensare che potrebbe farmi alterare.»
«Sì, è così.» ammette Sarah, facendo tornare serio il dio «Questa è una mia amica» indica Lizarda «ho invocato il tuo aiuto anche grazie a lei. Puoi permetterle di alzarsi e di farla parlare? Si chiama Lizarda ed è un’abitante di Dullahan.»
Laduguer acconsente e Lizarda si alza, ancora un po’ sorpresa nell’essersi sentita chiamare da Sarah “amica”. Nemmeno Lavernia per tutti quegli anni l’aveva mai chiamata in quel modo.
«Prima di spiegare ogni cosa,» aggiunge Sarah «ricorrendo ai Diritti Speciali, ti chiedo di non fare alcun male alla mia amica, secondo le Antiche Leggi del sommo Finvarra...»
«Può bastare.» la ferma Laduguer quasi offeso «Ho capito che conosci le Antiche Leggi, ebbene le conosco anche io. Non c’è bisogno che me le illustri.»
Sarah si scusa immediatamente e, a perdono ottenuto, inizia a spiegare. Come si aspettavano, non appena annunciano che l’elemento centrale di tutto è sua figlia Lavernia, Laduguer sembra esplodere.
«Osate insudiciare il nome di mia figlia?» le minaccia puntando loro il dito contro.
«Stiamo dicendo la verità.» Sarah si sente al sicuro dopo essersi appellata ai Diritti Speciali e anche se Lizarda è impaurita non la abbandona, avendo un grosso debito nei suoi riguardi «E se sei un grande dio come tutti ritengono, allora dovresti sapere riconoscere se qualcuno ti stia mentendo o no.»
Laduguer, richiamato nell’orgoglio divino, sembra calmarsi un attimo.
«Parlate.» dice.
«Sommo Laduguer,» è Lizarda ora che si fa avanti «Lavernia ha sempre nutrito un forte odio verso la mia amica Sarah a causa di una spiacevole evenienza. È vero, Lavernia doveva sposare il re di Goblin, ma lei all’ultimo istante aveva deciso di declinare le nozze e a quel punto il re di Goblin era esente da ogni impegno con lei.» si arma di altro coraggio quando vede che il dio la sta ascoltando «Il problema era che non riusciva a liberarsi dal suo odio, così ha trovato l’occasione per poter ricattare Sarah e il re di Goblin nei modi più subdoli. In altre parole, ha costretto Sarah a vivere come una sua schiava personale e ha obbligato il re di Goblin a sposarla e...» piccola pausa «più di una volta ha riservato sofferenze e umiliazioni verso Sarah. Se lei e il re di Goblin si fossero ribellati, Lavernia avrebbe distrutto l’equilibrio e la pace del regno di Goblin.» Laduguer, in effetti, nota che Sarah sta indossando degli abiti fatti di stracci e tace per un attimo.
Chiude gli occhi e sembra essere caduto in una sorta di incantamento. Lizarda e Sarah non lo sanno, ma Laduguer sta ripercorrendo quanto ha detto la dama di Dullahan, per sincerarsi che non abbia mentito. Le due attendono.
«Sembra proprio che non abbiate detto il falso.» dice Laduguer, mal nascondendo la rabbiosa delusione di dover andare contro la figlia «Tuttavia,» aggiunge guardando Lizarda «sembra che anche tu ti sia macchiata delle stesse colpe di Lavernia. Perché mai non dovrei punire anche te?»
Sarah interviene immediatamente in suo soccorso.
«Mi ha chiesto perdono.» esclama «Ed io l’ho perdonata.»
Laduguer sembra arrendersi, non trovando più nessuna via d’uscita. Stando alle Antiche Leggi, se un umano perdona chi gli ha fatto del male, costui è automaticamente liberato da ogni colpa – ovviamente se il colpevole è sinceramente pentito.
Come segno di riconoscimento nei confronti dell’amica, Lizarda ha un’altra cosa molto importante da dire.
«Sommo Laduguer,» prende fiato «Lavernia mi ha detto che ha un’ultima umiliazione da infliggere a Sarah prima di sposarsi con il re di Goblin. Lo so perché me lo aveva confidato lei stessa in questi giorni.» afferra la mano sinistra di Sarah, mostrando al dio l’anello che indossa «Questo è un dono che le aveva fatto il re di Goblin. Lavernia costringerà Sarah a regalarglielo come dono di nozze. Se oggi Lavernia, per il suo matrimonio, avrà al dito l’anello di Sarah, quella sarà la prova regina delle sue malefatte.»
Sarah è allibita tanto quanto Laduguer, non riuscendo a credere che Lavernia possa spingersi a tanto.
 
Tempo presente
 
E, invece, Lavernia si è spinta a tanto. L’ha fatto. Ha costretto Sarah a farle rinunciare al solo regalo rimastole che potesse ricordarle il suo amore verso il re di Goblin.
Mentre Lavernia guarda Lizarda con gli occhi che sembrano voler schizzare fuori dalle orbite, Jareth va su tutte le furie.
«Che significa?» domanda lui minacciosamente, avvicinandosi ai sovrani di Dullahan e a Lavernia, intimandole di fargli vedere la mano colpevole.
«Non sono affari che ti riguardano.» lo allontana Lavernia con le parole.
«Lavernia!» rintrona Laduguer «Potrai anche avere l’insolenza di sottrarti al rispetto di un re, ma non della mia divinità, quindi ti ordino di fare come ti è stato detto. Hai tu l’anello di Sarah?»
Lavernia esita, guardando la mamma come per chiederle aiuto. E Lavandula non la fa attendere.
«Mio signore,» interviene la regina «io credo che qui siamo andati troppo oltre. La mia bambina non merita simili umiliazioni e non merita che il suo matrimonio subisca un triste destino come quello di Laryna. Oh, quale maledizione! Questo regno è maledetto! Non può essere un caso che anche la mia adorata Lavernia vada incontro ad una sorte simile. Oh sommo Laduguer, maledici quindi il re di Goblin e il suo regno, maledici tutti affinché la mia adorata Lavernia abbia un destino felice.»
«Taci, somara!» Laduguer interrompe l’insopportabile valanga di parole vacue.
Se Lavandula e Lavernia emettono un sospiro di scandalo, Sarah e Lizarda si guardano negli occhi con aria complice e tentando di soffocare una risata.
«Cosa? Somara? A me?» Lavandula si mette una mano nel petto come per bloccare un improvviso infarto «Io sono la discendente della purissima Lavynia, la prima regina di Dullahan.»
Lavandula viene interrotta dalla grottesca risata di Laduguer e quando il dio si calma ha una nuova sorpresa per la regina, una nuova occasione per farla sospirare di scandalo.
«Se credi che sia un grande onore essere la discendente di una grande meretrice come la regina Lavynia, non mi sorprende che tu e tutta la tua famiglia ne abbiate ereditato delle tare come la sua stupidità e la sua scelleratezza.» questa rivelazione distrugge completamente il mito da sempre portato su di un piedistallo d’oro da tutti gli appartenenti al regno di Dullahan, in particolar modo da parte di Lavandula, colei che si è sempre vanagloriosamente vantata della sua discendenza collegata alla regina Lavynia, la madre del regno di Dullahan. Va detto che anche per Lizarda non è piacevole venire a conoscenza di una cosa simile, provando vergogna nell’apprendere di appartenere ad un regno creato da una regina viziosa e ben diversa da come era stata descritta e ricordata per diversi secoli. Sarah non può fare a meno di mostrarle vicinanza prendendole una mano.
Per mettere ancora di più il dito nella piaga, Laduguer comincia a rivelare la verità sul mito di questa figura tanto nominata.
Secondo la reale versione di Laduguer, Lavynia era la figlia di Lamont e Larah, re e regina di Lamya molto devoti al culto di Laduguer e della sua consorte Lavy, dea della gelosia famosa per le sue terribili vendette.
Sin dal primo giorno di vita, Lavynia aveva subito la manipolazione della famiglia a cominciare dal proprio nome: era chiarissimo come i genitori avessero voluto omaggiare la dea Lavy dando alla figlia un nome che ricordasse quello della dea. Inoltre, essendo una figlia cadetta, Lavynia era stata indirizzata alla vita di chierica nel Tempio Grigio: quando avrebbe raggiunto l’età adulta, secondo il volere del re Lamont e della regina Larah, Lavynia avrebbe dovuto dedicare tutta la sua vita al culto di Laduguer e di Lavy, mentre il fratello maggiore, Latar, sarebbe divenuto il prossimo re di Lamya. Sin dalla prima infanzia, Lavynia aveva maturato un fortissimo sentimento di invidia verso le sue coeve destinate ad un matrimonio felice o forzato, tuttavia – con l’andare del tempo – aveva imparato a mascherare la sua invidia vantandosi del suo futuro di Somma Chierica del Tempio Grigio. Il rancore verso le coetanee, però, continuava ad incrementare e aveva cominciato a maturare un altro sentimento più spontaneo di quello di divenire una Somma Chierica del Tempio Grigio, ovvero unirsi direttamente con lo stesso Laduguer. Ovviamente, Laduguer aveva accettato immediatamente la richiesta di Lavynia, provocando l’ira di Lavy che si vendicò uccidendo tutta la famiglia di lei. Quest’ultima, rimasta sola con un regno da governare, aveva implorato Laduguer di proteggerla dalle ire di Lavy, promettendogli in cambio sé stessa e il suo regno. Deliziato dall’idea, Laduguer non ci aveva pensato due volte a ripudiare Lavy e ad unirsi in matrimonio con Lavynia, tracciandole intorno un cerchio che l’avrebbe protetta dalla vendetta della dea. Così, salita al trono come regina protetta dal potente Laduguer, Lavynia aveva dato origine ad un nuovo regno frutto della sua unione con il dio. Tutto ciò, però, aveva un prezzo: Lavy non era rimasta ferma a guardare e, con l’andare del tempo, aveva cominciato a corrompere il carattere – di per sé invidioso e vizioso – della regina, coscienziosa del fatto che prima o poi Lavynia avrebbe fatto un notevole passo falso.
Lentamente, infatti, Lavynia era diventata così disinibita, dissoluta e scellerata che, per fare in modo che il suo comportamento fosse “normale” agli occhi del popolo, aveva promosso una legge attraverso la quale tutti i sudditi dovevano essere altrettanto lussuriosi, iniqui e orgogliosi come lei. Ormai compromessa dai vizi e dai suoi capricci, una notte Lavynia era stata sorpresa da Laduguer in compagnia di numerosi amanti e, per punirla, dapprima il dio l’aveva ripudiata e poi l’aveva maledetta facendo sì che tutti i figli di Lavynia, tutti i suoi discendenti e - di conseguenza – tutto il suo popolo fossero marchiati con i suoi stessi capelli rossi come segno di riconoscimento di una discendenza di un regno nato da una regina privilegiata all’invidia e all’infedeltà matrimoniale. Da quel momento in poi, infatti, nessuno dei regni dell’Underground voleva patteggiare con il regno di Lavynia e, fino alla sua morte, gli abitanti di Lamya stavano attraversando un lungo periodo di carestie, guerre e tante altre disgrazie. La vendetta della dea Lavy era stata compiuta.
Perduta ormai tutta la sua bellezza e tutto il rispetto verso il suo popolo, Lavynia era morta in acida vecchiaia, segnata da una vita corrosa dai vizi. Solo dopo l’ascesa al trono del figlio Laymis I – il primo della lista della discendenza di Lavandula che avevamo citato agli inizi della storia – qualcosa sembrava essere cambiato. Laymis I, infatti, per chiedere perdono a Laduguer delle malefatte di Lavynia, aveva fatto innalzare un colossale tempio in onore del dio, ovvero il Tempio Grigio. Rimasto colpito da tale dono, Laduguer si era lasciato dissuadere e aveva premiato Laymis I cambiando il nome del regno di Lamya in “Dullahan”, in modo che i suoi abitanti potessero ricominciare daccapo e cominciare una nuova vita, nonostante ormai fossero stati marchiati dal temperamento laido e dal colore dei capelli della lussuriosa Lavynia.

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Capitolo 18
*** Capitolo 16 ***


UNDERGROUND
 
Lavandula si rifiuta categoricamente di credere ad una sola parola pronunciata dal dio, spalancando gli occhi azzurri come per farli sparare via dalle orbite. Il suo volto pallido contrassegnato da un’eccessiva polvere da trucco, più pallida della bianchissima farina, dà spazio ad un intenso rossore segnato da una forte vergogna e la regina non perde tempo a manifestare il suo dissenso.  
«Oltraggioso! Ah, povera me! Povera me!» e se Lavandula riempie la sala con il suo delirio lagnoso, Lavernia fa decisamente peggio.
«Menzogne!» il suo azzardo nel voler andare contro Laduguer – il dio che nessuno osa contraddire – mette a tacere le lagne della madre, provocando frattanto lo sbigottimento dei presenti «Tutte infamanti menzogne!» ribadisce con graffiante arroganza «Non prestate ascolto. La mia antenata Lavynia non ha nulla a che fare con queste oscene diffamazioni...»
A questo punto, Laduguer le comanda imperiosamente di chiudere la bocca, offeso più che mai dalla presunzione della principessa.
«Lavernia!» la sua voce è come un pericoloso fulmine di una violenta tempesta «Tu non sei degna né del tuo sangue reale, né del tuo sangue divino!» è palese per tutti che l’ultimo aggettivo sia riferito al suo rapporto familiare con il dio stesso «La tua blasfema arroganza verrà vessata a dovere!»
Lavandula tenta di mettersi in mezzo, ma re Algol la blocca subitaneamente, stanco oramai delle continue umiliazioni subite per colpa della sua sconsideratezza. Il problema è che re Algol non ha ben chiaro fino a quanto si possa spingere l’ira di Laduguer.
«Algol!» lo richiama all’ordine il dio, facendolo rabbrividire – benché stia attento a non darlo a vedere «Ti ho affidato una figlia in modo che la destinassi per il suo ruolo di impeccabile regina, in modo da farla invidiare da tutto l’Underground... e mi ritrovo innanzi ad un’irriverente linguacciuta priva di rispetto e cervello! Questo disonore è inaccettabile!»
«Ne sono addolorato.» re Algol si mostra a tutti come un semplice individuo che prova timore, anche se continua a conservare la sua dignità. Jareth, dal canto suo, non riesce a non ammirarlo. Nonostante la sua posizione, il re di Dullahan ha la capacità di non perdere la propria onorabilità degna di un sovrano. Lavandula, nel frattempo, può solo limitarsi a correre in soccorso della figlia stringendola tra le braccia.
«Sommo Laduguer,» continua re Algol «ti imploro tuttavia di perdonare la sfrontatezza di Lavernia, considerando la sua giovane età. E anche i vaniloqui di mia moglie, dovuti alla sua fragilità nell’essere venuta al corrente della verità nei riguardi della nostra tanto venerata regina Lavynia, nonché sua antenata...»
«Silenzio!» impone il dio «Non vi sarà nessun perdono!» ma prima che possa pronunciare la sua punizione divina, Laduguer punta un dito contro Lavernia e, con l’ausilio della sua potente magia, le fa alzare la mano “incriminata”. In questo modo, Lavernia è costretta con la forza a mettere in pubblica mostra l’anello al dito. L’anello di Sarah. Tutta la sala si riempie di un eco intonato da uno stupore mischiato a scandalo, avendo visto la prova schiacciante inerente alle accuse di Lizarda.
Adesso non ci sono più dubbi e tutti sono al corrente del subdolo piano di Lavernia. Lizarda aveva detto la verità e anche se nessuno – all’infuori di lei e di Jareth – potevano essere al corrente del fatto che Lavernia avesse costretto Sarah a farne una sua schiava e a farle subire le peggiori angherie, rimaneva la prova essenziale che la principessa di Dullahan avesse pianificato la violazione del matrimonio tra Sarah e il re di Goblin.
«Sciagurata!» le urla contro Jareth alla vista dell’anello, bloccandosi non appena Laduguer si volta verso di lui.
«Ammetti, dunque, re di Goblin, di riconoscere questo gioiello?» sibila.
«Sì, Sommo Laduguer.» risponde Jareth cercando di darsi una calmata, anche se divorato dall’ira «È il dono che avevo dato a Sarah per chiederle la mano,» guarda re Algol e Lavernia con aria di sfida «prima che venissi costretto a sposare questa perfida vipera.»
«È così, Sommo Laduguer.» garantisce Sarah quando Laduguer le volge lo sguardo, chiedendole conferma con un solo sguardo.
Se re Algol non si permette di aggiungere una sola parola, accogliendo l’insulto di Jareth con la consapevolezza di meritarlo, Lavandula non sta ferma.
«Bugiarda!» Lavandula sottolinea con odio lo sprezzante termine «Bugiarda! Maledetta bugiarda! Maledetta umana! Hai rovinato la pace della mia casa e del mio regno una volta, non ti permetterò di farlo di nuovo!» si avventa contro Sarah come per colpirla con la mano, aperta come la zampa di una leonessa pronta a graffiare. Qualcuno le afferra il braccio, fermandola. È re Algol.
«Fermati.» gli basta poco per farsi ubbidire «Non è Sarah la rovina della nostra pace.»
«Ma cosa dici?» domanda Lavandula basita e tremante di rabbia, mentre Jareth si para istintivamente davanti a Sarah, pronto a proteggerla.
«Se Laryna e Lavernia sono andate incontro ad un simile destino, la colpa è solo nostra.» ammette re Algol alla moglie, davanti a tutti, non avendo ormai più niente da perdere. Successivamente si avvicina a Jareth e a Sarah, chinando il capo «Anche il sommo Laduguer ha deciso il nostro destino, io chiedo comunque a voi... di concedermi il vostro perdono.» tale richiesta spiazza sia la folla, sia Lavernia e sua madre, sia Lizarda, Sarah e Jareth.
Jareth non fa in tempo a parlare, poiché viene interrotto da Laduguer.
«Ora basta con queste stupidaggini!» il dio non vuole più perdere tempo, ha atteso anche troppo. Sarah sta per ribattere, vuole farsi avanti per cercare di difendere quantomeno re Algol, ma Lizarda la ferma. Le fa “no” con la testa, ma non perché impaziente di sapere quale sarà la punizione di Laduguer contro i sovrani di Dullahan e di Lavernia, ma perché non è saggio fare troppe richieste a Laduguer. In fin dei conti, è pur sempre un dio molto temuto e non è affatto saggio pretendere troppo da lui. A Sarah non resta che sgonfiare le spalle e accettare.
Dopo che Laduguer ha sfilato l’anello dal dito di Lavernia – naturalmente, sempre con l’uso della propria magia – e averlo fatto fluttuare fino a raggiungere le mani di Sarah, la quale chiude il gioiello dentro i palmi, il dio urla la sua maledizione.
 
Qualche giorno dopo
 
«Promettete di onorarvi, di amarvi, nella giusta e nell’ingiusta sorte, nel rispetto reciproco, fino al giungere della fine della vita?»
«Lo promettiamo, lo vogliamo.»
«Così, io unisco nel legame, come marito e moglie.»
Avvolta in un abito dal puro colore bianco, Silyn si getta dolcemente tra le braccia di Rastaban per donargli il primo bacio da moglie, mentre lui la abbraccia alla vita e ne accoglie il gesto come marito.
Hanno deciso di celebrare la loro unione proprio lì, nell’angolo più fiorito dei giardini del castello, circondati dalla fioritura più bella che potessero creare con la loro magia.
In prima fila ad applaudire per loro ci sono Jareth e Sarah, eleganti e ben presentati in quanto scelti come testimoni delle nozze dei due sposi.
Il giorno stesso che Lavernia era stata smascherata, Jareth aveva comunicato a Sarah del suo litigio con Rastaban e quest’ultima non aveva perduto tempo. Si era, infatti, precipitata dallo zio di Jareth e. brevemente parlando, gli aveva spiegato ogni cosa. Ora che era tutto chiaro, il povero Rastaban aveva chiesto a Jareth di perdonarlo, quasi maledicendosi per essere andato contro suo nipote. Inutile dire che Jareth non aveva bisogno che lo zio gli chiedesse perdono, in quanto nel suo cuore lo aveva già scusato da molto prima. Per sotterrare ogni ascia di guerra, i due si erano fatti un “regalo” reciproco. Rastaban, con l’amorevole approvazione di Silyn, aveva chiesto a Jareth e a Sarah di far loro da testimoni.
Jareth, invece, aveva fatto sì che lo zio e Silyn si sposassero nei giardini del castello, luogo assolutamente adatto per manifestare il loro amore attraverso la magnificenza che solo la natura è in grado di donare attraverso i suoi colori e i suoi profumi. In più, non aveva badato a spese per la cerimonia, d’altronde i soldi non erano un problema... visto che il tutto sarebbe stato pagato con i risarcimenti versati dai sovrani di Dullahan. Già, i sovrani di Dullahan? Che fine hanno fatto? si starà chiedendo il lettore.
Come appena detto, innanzitutto re Algol e la regina Lavandula dovevano pagare una smisurata somma di denaro per restituire le spese effettuate da Lavernia durante la sua permanenza a Goblin e, inoltre, dovevano risarcire Sarah per essere stata maltrattata da Lavernia. Una simile somma composta da tantissimi zeri avrebbe mandato i sovrani al lastrico, ma non potevano sottrarsi. Inoltre, non era solo questa la pena a cui dovevano andare incontro. Il lettore ricorderà senz’altro che Laduguer aveva lanciato loro una maledizione per punire la sfrontatezza di Lavernia.
Come una specie di legge del taglione, il dio aveva riservato loro una condanna alla pari di quella inferta a Lavynia – visto che Lavandula aveva passato l’esistenza a vantarsi del suo legame genealogico, adesso l’avrebbe seguita nel destino. Infatti, Laduguer aveva proclamato che tutti i discendenti di Lavynia – quindi, gli abitanti di Dullahan - sarebbero stati in eterna lotta contro tutti i regni. Ovviamente una notizia del genere era volata in poco tempo di regno in regno e nessun sovrano aveva la minima voglia di allearsi con Dullahan. Ironia della sorte, Lavandula aveva iniziato ad invecchiare acidamente proprio come Lavynia. Per concludere, non avendo propriamente imparato la lezione, Lavandula aveva costretto Lavernia a divenire una Chierica del Tempio Grigio, sperando che la sua devozione potesse in qualche modo placare l’ira del dio.
A re Algol, per finire definitivamente, era andata molto peggio: passava tutti i giorni della sua vita a restituire le somme impostogli al regno Goblin e... in compagnia delle continue ed incessanti lamentele di Lavandula.
Inoltre, Jareth non era rimasto indifferente di fronte a chi aveva deciso di seguire Lavernia durante la sua ingombrante presenza a Goblin: come provvedimento di fronte al loro atteggiamento da non prendere come esempio, Jareth aveva riversato i suoi rimedi contro i mariti di Cordula, Pevla e Amada, degradandoli e mandando a rotoli le loro carriere.  
Tornando alla cerimonia, anche se Jareth non aveva badato a spese, Rastaban e Silyn hanno deciso di eseguire un matrimonio composto da gente a loro sinceramente cara. Non c’era bisogno di circondarsi di troppi individui che, magari, di loro importava poco o nulla. C’erano anche Hoggle, Ludo, Didymus e Ambrogio alle nozze, così felici che tutto si fosse risolto per il meglio.
A richiesta degli invitati, Rastaban e Silyn avevano effettuato il loro primo ballo da marito e moglie e, a ballo concluso, tutti gli invitati potevano seguirli nella lenta danza.
Sarah, naturalmente, ha scelto Jareth come suo cavaliere ed entrambi si lasciano guidare dalle note dei musicisti e dalla magica atmosfera creatasi intorno a loro. Mentre è immersa tra le braccia del re di Goblin, gli occhi di Sarah incontrano la figura di Lizarda. Anche lei è stata invitata al matrimonio e le sfugge un sorrisetto nel vederla danzare insieme ad un impacciato, ma lusingato, signorotto di buona famiglia. Lizarda la saluta da lontano con la mano e sorridendole, mentre continua a danzare con il giovane signore.  
Che tra loro potesse nascere qualcosa, questo Sarah non lo sa. Sa solo che Jareth, mentre continua a danzare con lei, si avvicina al suo orecchio per sussurrarle qualcosa che le fa battere il cuore.
«Desideri che io possa amarti?»
«Per quanto tempo?» domanda Sarah, con il cuore che le batte forte.
«Solo per sempre.»
Solo per sempre. Non è poi tanto tempo. E il bacio di Sarah conferma l’accettazione di fronte ad un desiderio così dolce che solo il re di Goblin può donarle. Solo per sempre.
 
Fine

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